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JOHN SANDFORD PREDA NUDA (Naked Prey, 2003) Per Deborah Howell, che era presente all'inizio. 1 Giovedì notte, buio pesto, turbinio di neve. Nuvole pesanti, niente luna. La Buick scomparve nel garage e la serranda cominciò ad abbassarsi. L'omone, percorsa l'autostrada in una Cherokee scassata, spense i fari, s'infilò nel vialetto d'accesso e prese la doppietta dal sedile. La neve scricchiolò sotto i suoi piedi, una neve che cadeva più sotto forma di pallini che di fiocchi, pungendogli il viso accaldato. S'avviò a lunghi passi, per un attimo completamente esposto, quindi si fermò all'angolo del garage, in un cono d'ombra sotto la luce di sicurezza. Jane Warr aprì la porta laterale e, volgendo la schiena all'uomo, se la chiuse alle spalle, uscendo. «Jane», la chiamò. Lei trasalì, la mano alla gola per reprimere un urlo, ruotò su se stessa e si appoggiò alla porta. Mentre sentiva la bocca del fucile e intravedeva l'omone con barba e passamontagna, chiese con voce stridula: «Cosa? Chi sei? Vattene...» Lui non si mosse, seguendola lentamente con l'arma. «Jane, questa è una doppietta. Se urli, ti farò scoppiare il cuore», disse come se parlasse a un bambino. Lei fissò l'arma, era proprio una doppietta, una calibro 12, ed era puntata al cuore. Si immobilizzò, pensò a Deon in casa. Se avesse guardato fuori e li avesse visti... Deon avrebbe pensato a se stesso. «Cosa vuoi?» «Joe Kelly.» Rimasero immobili per un paio di secondi, i pallini di neve che tempestavano il garage, che imbiancavano la barba dell'uomo. Poi: «Joe non è qui». Con un tono un tantino assertivo: tutto questo non aveva niente a che vedere con lei. «Cazzate», ribatté lui. Spostò la canna verso sinistra, indicando la casa. «Entriamo, devo parlargli, mi deve dei soldi. Non voglio farti del male, né a te né a nessun altro, ma parlerò con Joe. Se dovrò fare del male a tutti voi, lo farò.»
Ha un che di familiare, pensò lei. Forse uno dei ragazzi del Missouri, di Kansas City? «Sei uno di quelli di Kansas City? Perché noi non...» «Chiudi il becco», la zittì. «Muoviti ed entra in casa. E tieni la bocca chiusa.» Obbedì. Non era la prima volta che le capitava di trovarsi davanti a un uomo ostile che le puntava contro un'arma, né la seconda o la terza, ma era preoccupata. D'altra parte aveva detto che stava cercando Joe. Quando avrebbe scoperto che non c'era, se ne sarebbe andato. Forse. «Joe non è qui», ripeté, mentre saliva i gradini. «Zitta!» La voce dell'uomo s'abbassò. «Una cosa che ho appreso giù a Kansas City e che voglio condividere con te, è che quando iniziano i guai, si deve premere il grilletto. Non si deve cercare di immaginare niente, solo premere il grilletto. Se Joe o Deon cercano di reagire, potrai dire addio alla vita.» «D'accordo.» Cercò di calmarlo abbassando il tono di voce. Ora si trovava a fianco dello sconosciuto. Andrà tutto bene, si disse, a patto che Deon non faccia nulla. Eppure c'era qualcosa di strano in quel tipo. E che voglio condividere con te? Un idiota non si esprimeva così. Raggiunsero la veranda posteriore e da lì passarono in un disimpegno e, attraverso un'altra porta, in cucina. Nessuna delle porte era chiusa a chiave. Broderick era un villaggio, e non ci si mette molto ad assumere abitudini da paese. Come entrarono nella cucina, che puzzava di popcorn e carote vecchie di una settimana, Deon Cash gridò dal soggiorno: «Ehi», e sentirono i suoi passi risuonare sul pavimento. Un attimo dopo entrò nella stanza un nero esile, alto circa un metro e settantacinque, che indossava jeans e un pesante pullover con motivo indiano, con una lattina di Budweiser in mano. Vide Jane, l'omone alle sue spalle, e solo un attimo dopo si accorse della doppietta. A quel punto l'uomo aveva spostato la canna per puntarla alla testa di Cash. «Non pensarci neppure.» «Calma», ribatté Cash. Posò la lattina rimanendo a mani libere. «Chiama Joe.» «Joe non c'è», replicò Cash, confuso. «Chiamalo», ripeté l'intruso. Cash alzò le spalle. «Ehi, Joe», gridò. Niente. «Dannazione, dov'è?» chiese dopo un po' l'uomo con la doppietta. «Se ne è andato il mese scorso. Non è più tornato. Non sappiamo dove
sia», spiegò Jane. «Te l'avevo detto che non era qui.» «Mettiti accanto a Deon.» La donna si spostò vicino a Cash e l'omone infilò la mano sinistra nella tasca del parka, estraendone una catena aggrovigliata. Manette. Le gettò a terra e fissò Jane. «Mettigliele. E tu, Deon, girati.» «Ehi, amico...» «Dipende da te. Non voglio farvi del male, ma lo farò se sarà necessario. Lo aspetteremo anche tutta la notte.» «Ma non è qui», esclamò esasperata Jane. «E non tornerà.» «Manette», ordinò. «Riconosco il suono, quando si chiudono.» «Ehi, amico...» «Forza.» La doppietta si spostò sulla testa di Cash: Jane si chinò e ne raccolse un paio. «Girati, voglio vederti», intimò l'uomo, e la donna serrò le manette, bloccando le mani di Cash dietro la schiena. L'uomo infilò di nuovo la mano nella tasca e tirò fuori un rotolo di robusto nastro adesivo. «Bloccagli i piedi.» «Ehi, amico, stai cominciando a farmi incazzare», esclamò Cash. Benché avesse le mani legate, cercava di apparire feroce. «Meglio incazzato che morto. Siediti e allunga i piedi.» Borbottando, Cash si sedette e Jane si accovacciò accanto a lui. «Ho paura», gli bisbigliò. «Andrà tutto bene. Che vada a frugare tra le cose di Joe, capirà che non è qui», cercò di tranquillizzarla Cash. L'omone le fece fare otto giri di nastro attorno alle caviglie. Poi ordinò alla donna di togliersi il giaccone e di ammanettarsi. Lei riuscì a sistemarsi un solo bracciale, l'uomo con la doppietta le urlò di girarsi e di indietreggiare verso di lui e subito dopo anche il secondo era sistemato. Intimò poi a entrambi di sdraiarsi sulla pancia e, puntando sempre la doppietta, controllò prima l'uno e poi l'altro, giusto per essere sicuro. Soddisfatto, s'infilò un paio di guanti di cotone, s'inginocchiò accanto alla donna e le legò le caviglie con il nastro adesivo, quindi si avvicinò a Cash e avvolse il resto del rotolo attorno alle sue. «Su, va' a controllare. Joe non è qui», gli disse Cash quando ebbe finito. «Ti credo», mormorò alzandosi in piedi. Apparivano tanto impotenti che stava per fare marcia indietro. Si riprese. «So dov'è Joe.» «Dov'è?» domandò Cash dopo un attimo di silenzio. «In una buca sotto terra, un paio di chilometri a sud di Terrebonne. Non credo che riuscirei a ritrovarlo. Ho chiesto di lui solo perché così avreste
pensato che...» Scrollò le spalle. «Che avevate una possibilità.» «Santo cielo, Deon, ascolta la sua voce», proruppe Jane dopo un momento di silenzio. Cash mise insieme i pezzi, quindi gracchiò ad alta voce: «Non abbiamo fatto niente, amico. Non abbiamo fatto niente». «Io so cosa avete fatto.» «Non farci del male», implorò la donna. Si dimenò sul pavimento, cercò di girarsi sulla schiena. «Per favore, non farci del male. Dirò ai poliziotti tutto ciò che vuoi.» «Ci processeranno», disse Cash. Si contorse per vedere meglio il volto dell'uomo e per verificare il nastro adesivo attorno alle caviglie. «Siamo innocenti, finché non viene dimostrata la nostra colpevolezza.» «Innocenti», esclamò con violenza l'uomo. «Non abbiamo fatto niente», gli gridò Cash. «So cosa avete fatto», e iniziò a prendere Cash a calci nella schiena, nelle reni, nel sedere e nella nuca, mentre rotolava per l'angusta cucina cercando di sfuggirgli, e urlava, gemeva come un uomo ferito a morte da una coltellata, come un uomo che vede il sangue fluirgli dal collo, e continuò a tirargli calci nella schiena anche quando Cash crollò sulla faccia; il naso gli si ruppe con il rumore di un cracker e il sangue schizzò sul pavimento. Dall'altro lato della cucina, Jane, lottando con il nastro e le manette, rotolò a metà sotto il tavolo e rimase incastrata tra le sedie, e le gambe di legno schioccarono, sbatterono e ticchettarono sul pavimento, mentre cercava di passarci in mezzo, dimenandosi come un verme, con Cash che continuava a urlare e a schizzare sangue. Alla fine smise di gridare, esausto, il sangue che gli usciva a fiotti dal naso. L'uomo si scostò da lui, si asciugò la bocca con la manica, quindi estrasse dalla tasca un coltellino e si diresse a gran passi da Jane, afferrò il nastro alle caviglie e la tirò fuori da sotto la tavola. «Gesù Cristo, non tagliarmi!» strillò la donna. Non lo fece. Iniziò invece a tagliuzzarle i vestiti, a farli a brandelli. Lei si mise a piangere, ma l'uomo non l'udì; finì il suo lavoro, lasciandola a terra nuda, a parte i brandelli sotto il nastro alle caviglie, e iniziò a tagliare gli abiti di Cash. «Che stai facendo, amico? Che diavolo stai facendo?» Cash riprese a dimenarsi. Frustrato dagli sforzi di Cash, l'uomo indietreggiò e ricominciò a colpirlo sul viso. Il nero gemette e l'uomo lo fece rotolare sulla pancia, gli posò il ginocchio tra le scapole e pazientemente gli fece a pezzi la ca-
micia e i jeans, finché non ridusse anche lui nudo come Jane. «Che stai facendo?» chiese la donna. Nella sua voce, ora, sotto la paura, c'era una nota di curiosità. «Pubbliche relazioni.» «Ti ucciderò», gemette Cash, il sangue che ancora gli gorgogliava dal naso. «Ti taglierò quella testa di cazzo...» L'uomo lo ignorò. Serrò il coltello, lo prese per le caviglie e lo trascinò verso la porta. Anche se esausto, Cash riprese a dibattersi inutilmente. Fu trascinato attraverso il disimpegno sulla veranda, lasciando dietro di sé una scia di sangue, e poi giù per i gradini sul prato, la testa che sbatteva su ogni scalino. «Mamma, mamma», singhiozzò. «Oh mio Dio...» Non aveva nevicato molto quell'inverno, ma la testa di Cash incise un solco in quei pochi centimetri, macchiandoli di altro sangue. Arrivati alla jeep, l'uomo aprì il portellone posteriore, lo sollevò per il collo e lo gettò all'interno. Rientrato in casa, prese la donna e la trascino come un sacco di patate, quindi la buttò sopra Cash e sbatté la portiera. Prima di partire, esaminò attentamente la casa, temendo di avere toccato qualcosa e aver lasciato le sue impronte. Non trovò nulla, quindi raccolse la doppietta e uscì. «Dove stiamo andando?» gli gridò Jane. «Sto morendo di freddo.» Nessuna risposta. A circa quattrocento metri a nord della cittadina, l'uomo iniziò a cercare la West Ditch Road, una sterrata che portava a est. Per poco non la mancò, confuso dalla neve; si fermò, ingranò la retromarcia e svoltò nella stradina. Superò una vecchia fattoria che credeva abbandonata, ma ora notò una finestra illuminata al primo piano, anche se non vi era altro segno di vita. Troppo tardi per cambiare i piani, pensò, e in una notte come questa, poi... Il vento, ora più forte, sollevava la neve da terra. Sarebbe rimasto tanto lontano dalla casa da non essere visto. Continuò ad avanzare, mentre la luce della fattoria svaniva dietro di lui. Al buio, nella neve, non c'era alcun punto di riferimento. Si concentrò sulla strada e sul contachilometri. Circa seicento metri dopo avere lasciato la Highway 36 rallentò, sbirciando dal finestrino di sinistra. Dapprima non vide altro che neve. Dopo un'altra trentina di metri si profilarono degli alberi; accostò, indietreggiò con prudenza, avanzò e indietreggiò di nuovo finché non riuscì a parcheggiare.
«Che succede?» gemette Cash. L'uomo aprì il portellone, lo afferrò per il nastro attorno alle gambe e lo trascinò fuori come se stesse scaricando legname. Cash batté violentemente le spalle sul terreno ghiacciato. Venne trascinato oltre il primo albero in quello che nel buio, dall'automobile, pareva un boschetto. Uno degli alberi, una quercia palustre, si stagliava minaccioso alla luce dei fari. A uno dei rami, a circa quattro metri dal suolo, erano sospese delle corde. L'uomo, barcollando per il peso del suo prigioniero, lo scaricò lì sotto, quindi tornò a prendere la donna e la trascinò accanto al nero. «Questo non lo puoi fare, amico», gridò Cash. «Questo è omicidio.» La tempesta attorno a loro si placò per un attimo, ma i fiocchi di neve continuarono a sferzare attraverso gli alberi, pungenti come spilli. «Aiutami, ti prego», gridò Jane a Cash. «Per favore, ti prego...» «Omicidio?» gridò l'omone a Cash, alzando la voce sopra il rumore del vento. Vide un ramo che spuntava dalla neve, lo spezzò e tornò da Cash. «Omicidio?» Cominciò a picchiarlo con il lungo bastone, martoriandogli la pelle della schiena e delle gambe, mentre l'uomo di colore si dibatteva a terra, strisciando sulla neve, cercando di scappare. «Omicidio, miserabile bestia, omicidio...» Si fermò per un attimo, troppo stanco per continuare, lanciò il bastone tra gli alberi. «Omicidio», quasi ringhiò. «Te lo farò vedere io un omicidio.» L'uomo grande e grosso prese una corda e gli strinse un cappio attorno al collo con nodi robusti. Fece lo stesso anche alla donna, che tremava violentemente per il freddo. Completata l'opera, indietreggiò e li fissò. «Che Dio maledica le vostre anime immortali», e iniziò a tirare la corda legata al collo di Cash. Il nero smise di urlare appena la corda gli segò la pelle. Era pesante e l'omone dovette lottare contro quel peso e con l'attrito della corda sul ramo. Alla fine, non riuscendo a tirarlo su, lo tenne sollevato tirando simultaneamente la corda, e i piedi di Cash sì staccarono dal terreno di una quindicina di centimetri. Deon smise di lottare. Rimase semplicemente appeso. L'uomo legò l'estremità inferiore della fune attorno al tronco e verificò se reggeva. Reggeva. Jane lo imploro, ma quell'uomo grande e grosso non poteva sentirla; in seguito non avrebbe ricordato nulla di ciò che lei aveva detto, a parte un sacco di per favore che non le erano serviti a nulla. Come a nulla le era servito lottare.
Non riuscì a issarla tanto da sollevarle i piedi da terra e, mentre si sforzava, espose una zona tra l'orlo della manica e il guanto della mano destra. Quell'area, carne calda, sbatté contro la faccia di Jane che, lesta come un gatto, gli addentò il braccio e, girando la testa lo morse ferocemente. Lui lasciò la presa e lei cadde, senza mollargli il braccio, tirandolo a terra, smettendo di mordere solo quando lui la colpì alla tempia. Quando la sollevò di nuovo, lei cercò di segnare un punto a suo favore. «Non siamo i soli», disse con voce lamentosa. Per un attimo quelle parole lo bloccarono. «Cosa?» «Ti troveranno, bastardo.» Sputò tra i denti mancanti e lo colpì in faccia. Lui sbatté gli occhi, l'afferrò per la vita e la issò più in alto, i guanti resi scivolosi dal sangue; quindi, sollevatala a un'altezza sufficiente, fece un passo indietro, tenendo stretta la corda, e lei dondolò libera e i suoi lamenti terminarono. La tirò su ancora di un paio di centimetri, quindi legò la cima al tronco. Li osservò oscillare nella neve, nella luce fioca, le teste inclinate, i corpi allungati come martiri in un quadro di El Greco... Poi si girò e se ne andò. Forse erano già morti o forse la morte sarebbe arrivata nel giro di alcuni minuti. Non gli interessava, non era importante. Percorse la stradina, lentamente, con prudenza, attraversò Broderick e proseguì verso sud. Si era allontanato di parecchi chilometri prima di rendersi conto del dolore al polso e del sangue che gli scorreva lungo la manica. Voltò il braccio e, nella fioca luce dell'auto, vide che lei gli aveva strappato un pezzo di carne, un cuneo che stava ancora sanguinando copiosamente. Se un poliziotto l'avesse fermato e avesse visto... Accostò nel buio, si avvolse il polso con alcuni fazzoletti di carta e un pezzo di nastro adesivo, scese dal furgone, si lavò mano e braccio nella neve, gettò la giacca insanguinata nel retro della jeep e ne prese una più leggera da una sacca. Andare a casa, pensò. Bruciare la giacca, eliminare l'auto. Andare a casa. 2 Weather Davenport scese, assonnata, dal letto. Il bambino stava strillando nella cameretta in fondo al corridoio. Lucas si svegliò. «Ci penso io, Weather, sono sveglia», gridò la governante.
«Ah, bene», ringraziò la donna. Tornò a letto, si sedette e guardò l'orologio. «Ti alzi?» le chiese Lucas. «La sveglia suonerà tra quindici minuti», rispose. Sbadigliò, inspirò, espirò, si spinse giù dal letto e si diresse in bagno, sfilandosi la camicia da notte. Lucas, mezzo sveglio sotto la trapunta, non vide altro che buio dall'altra parte delle persiane. Gennaio nel Minnesota: il sole spunta alle undici e quarantacinque e tramonta a mezzogiorno, pensò. Girò la testa, cercò di mettersi comodo, di riprendere a dormire. Cosa improbabile: era da un mese che si sentiva giù, e la depressione è nemica del sonno. Il matrimonio andava bene, il bambino era favoloso. Il suo umore non aveva niente a che fare con la famiglia, era solo una faccenda chimica, e tuttavia gli rendeva impossibile dormire. Se la situazione fosse peggiorata, si sarebbe rivolto a un medico. Forse era solo colpa dell'inverno che, quell'anno, era iniziato in ottobre. Sentì aprirsi la doccia e poi Ellen, la governante, scendere rumorosamente le scale con il piccolo Samuel Kalle Davenport in braccio. Kalle, nome finnico, in onore del defunto padre di Weather. La governante era un'ex infermiera di cinquantacinque anni che adorava i bambini. I quattro andavano d'amore e d'accordo. Dopo alcuni minuti la doccia si spense e Lucas si tirò su a sedere. Ormai era lucido, non aveva più senso sforzarsi di riprendere sonno. Scese dal letto, si ricordò della sveglia e spense la suoneria. In quel momento la moglie uscì dal bagno, asciugandosi i capelli con una salvietta. «Ti alzi?» gli chiese allegramente. Era una donna minuta, mattiniera. Nulla le piaceva di più che levarsi all'alba. «Ah-ah», borbottò Lucas. Si avviò verso il bagno, ma lei aveva un odore tanto buono che non poté evitare di passarle un braccio attorno alla vita, sollevarla e stamparle un caldo bacio sotto l'ombelico. Lei si dimenò e rise. «Mettimi giù, stupido», lo rimproverò. «Pazzo violentatore aggredisce casalinga nuda in camera da letto.» Lucas la portò verso il letto, ve la gettò sopra e atterrò lui stesso accanto a lei, le mani che andavano dove non avrebbero dovuto. «Togliti», disse Weather, spostandosi. «Dai, Lucas, maledizione.» Gli schiaffeggiò dolorosamente l'orecchio e lui crollò sul letto. Lei si alzò e riprese a strofinarsi i capelli. «Voi uomini avete erezioni al mattino e ne siete tanto fieri da sventolarli in aria. Non potete evitare di mettervi in mostra.»
«Cerca di non usare il verbo sventolare, è un termine da omosessuale», ribatté Lucas. «Il sesso al mattino è per gli adolescenti e noi non lo siamo.» Lucas si mise sulla pancia. «Mi hai offeso.» «Questo ti offenderà ancora di più», replicò lei. Aveva arrotolato la salvietta e con quella gli colpì il sedere. Ahi, gli fece ancora più male dello schiaffo sull'orecchio, per cui Lucas scese dal letto commentando: «Agh, casalinga nuda aggredisce marito addormentato». Lei indietreggiò ridendo, riavvolgendo la salvietta. «Marito addormentato colpito alle palle con un asciugamano bagnato.» «Siete in piedi?» gridò dalle scale la governante. Entrambi si bloccarono. «Be' sei sveglio. Che devo risponderle?» sussurrò Weather. Weather era un chirurgo e tagliuzzava qualcuno quasi ogni mattina. Quel giorno aveva tre operazioni, tutte al Regions Hospital, tutte riguardanti ustioni, due innesti cutanei e un'espansione del cuoio capelluto sulla testa di un ex guardafili, per cercare di tirare i pochi capelli rimasti sopra le cicatrici da bruciature provocate da un cavo ad alta tensione. Si stava affaccendando in cucina, già in perfetta tenuta da ospedale, quando Lucas scese al pianterreno. Ellen aveva messo il piccolo nel seggiolone e gli stava propinando una pappa vegetale arancione. «Tornerò a casa per le tre e mezzo, Ellen, ma non potrò essere contattata dalle sette e mezzo fino alle dieci», stava istruendo Weather. «Per qualsiasi problema, sai cosa fare. L'operaio di Harper verrà stamattina per dare un'occhiata ai gradini sul davanti...» Squillò il telefono e tutti lo fissarono. Forse un intervento annullato? Lucas sollevò il ricevitore. «Pronto?» «Lucas? Rose Marie.» Il nuovo capo del dipartimento di Pubblica Sicurezza di stato. «Mh-mh.» «Hai capito bene. Tra quanto potrai essere qui?» «Quindici minuti», rispose. «Che è successo?» «Ti spiegherò tutto al tuo arrivo. Affrettati. Oh, Weather è ancora in casa?» «Si sta preparando per uscire.» «Passamela, per favore.» Lucas allungò la cornetta alla moglie. «Rose Marie. È successo qualco-
sa, devo andare.» Weather prese il ricevitore, ascoltò per un momento, poi disse: «Sì, Lucas me lo ha dato. Inizieremo questa sera. Mh-mh. Mh-mh. Non credo che salteremo alcun pezzo, ieri sera ho ascoltato il flauto giapponese...» Mentre stavano parlando, Lucas aprì l'armadio e prese cappotto e valigetta, da cui tolse la calibro 45 che fissò alla cintura, poi infilò il cappotto, continuando ad ascoltare Weather chiacchierare con il suo capo. Rose Marie sosteneva la teoria per cui i bambini diventavano più intelligenti se veniva fatta loro ascoltare musica classica già nel grembo della madre e continuando fino ai quarantacinque anni. Aveva scoperto una serie di dischi creati specificamente per i più piccoli. Weather aveva creduto a tutta la storia e ora stava per iniziare il programma. «Esco», le gridò Lucas. «Aspetta, aspetta...» lo bloccò lei, quindi, al telefono: «Devo salutare Lucas. Ci risentiamo stasera». Appese la cornetta e si avvicinò al marito e, mettendosi in punta di piedi, lo baciò sulle labbra. «Ha detto che dovrai andare fuori città. Per cui...» «Oh, maledizione», esclamò Lucas. La baciò di nuovo, quindi schioccò un bacio in cima alla testa di Sam. «Ciao a tutti.» In ritardo di alcuni minuti rispetto ai quindici promessi, Lucas Davenport percorse un isolato lungo Wabasha Street, verso il vecchio magazzino in cui ora si trovava il dipartimento di Pubblica Sicurezza. L'ufficio di Lucas a St. Paul era a circa un chilometro e mezzo, nell'edificio principale del Bureau of Criminal Apprehension nella University Avenue, per cui aveva dovuto parcheggiare in un garage. Attorno a lui, leggerissimi fiocchi di neve si adagiavano sui marciapiedi e sulle spalle dei passanti, si accumulavano tra il traffico, rallentando e mitigando il solito trambusto dell'ora di punta mattutina. Lucas, un uomo alto e sportivo, senza niente in testa, in abito blu e cappotto grigio di cachemire, faceva dondolare la valigetta nera senza sapere ancora nulla del nord e di gente morta impiccata in un querceto ghiacciato. Cappotto e valigetta erano un regalo di Natale di Weather e, pur avendogli creato qualche difficoltà, erano considerati un po' troppo stravaganti per un poliziotto, gli piacevano. Il cappotto era morbido e caldo e la valigetta aveva quel tocco di classe che colpiva quasi tutti i burocrati. E lui era circondato da burocrati, una conseguenza di una situazione
complessa che aveva coinvolto diversi rappresentanti politici. Quando il polverone si era calmato, l'ex capo della polizia di Minneapolis era diventato commissario di Pubblica Sicurezza del Minnesota e Lucas doveva ora risolvere i crimini per il governatore. Ufficialmente il suo lavoro era quello di «direttore della Sezione Studi Regionali». L'SSR faceva parte del Bureau of Criminal Apprehension da cui riceveva stipendio e supporto, ma Lucas riferiva direttamente a Rose Marie Roux e, tramite lei, al governatore. Il governatore era già stato scottato da un paio di omicidi irrisolti e ora ne aveva abbastanza. In entrambe le occasioni, i dipartimenti locali avevano svolto indagini sugli omicidi prima di rivolgersi al BCA. Quando i casi si erano rivelati troppo complessi o politicamente delicati, avevano chiesto aiuto, per poi accusare il BCA e lo stato quando non ne erano venuti a capo. Il fatto che quei casi fossero stati ingarbugliati dagli sceriffi locali aveva lasciato completamente indifferente la stampa. Dov'erano quelle meraviglie della Scientifica tanto propagandate in TV? Perché inviavano tutti i soldi dei contribuenti a St. Paul? Che cosa stava facendo il governatore, oltre a stare seduto sulle sue chiappe? Domande che non piacevano a un politico eletto con il quarantaquattro per cento dei voti. Per questo motivo aveva creato la Sezione Studi Regionali, collegata alla Roux. La sezione doveva, come ben sapevano i collaboratori, «risolvere i guai». Il direttore del BCA, John McCord, odiava quel concetto, ma a nessuno più in alto di lui importava. Quello che volevano era che i guai venissero risolti. Lucas sorrise: finora non aveva sistemato ancora nulla di importante, ma questa telefonata assomigliava ad altre fatte dalla Roux nel corso degli anni. Lucas sorrideva spesso, gli piacevano il suo lavoro e la sua vita, ma gli anni avevano indurito il suo volto e gli antenati franco-canadesi gli avevano lasciato un paio di occhi d'un azzurro cristallino. I capelli erano ancora scuri, con qualche ciuffo grigio, una cicatrice bianca gli attraversava la fronte e un sopracciglio, scendendo fino alla guancia. La gola era segnata da un'altra cicatrice, una brutta macchia bianca e tonda con una vistosa coda. Gli aveva sparato una bambina e la lingua e il sangue della ferita stavano per soffocarlo; era svenuto e un chirurgo, la donna che in seguito avrebbe sposato, gli aveva aperto la gola e le vie aeree con un coltello a serramanico. Tutto ciò era successo anni prima.
Ora, pensò, passava troppo tempo seduto in poltrona. Per combattere questa pigrizia, o così almeno la chiamava lui, giocava a pallacanestro con un gruppo di amici non più giovani di Minneapolis. Aveva spalle larghe, rapidità di movimento e non era proprio magro. Lungo il marciapiede superò in tutta fretta una donna dai capelli rossi che portava a passeggio un cane fulvo grande come un bruscolo con indosso un cappottino natalizio. La donna sorrise e lo salutò: «Ciao, Lucas.» Senza fermarsi, si girò e ricambiò il sorriso. «Ciao, come va?» Dove l'aveva conosciuta? Boh. Era entrato nel magazzino commerciale che portava al dipartimento di Pubblica Sicurezza e poi nell'ascensore. Una barista, pensò. Era una barista. Dove? Da O'Brien's? Forse... L'ufficio di Rose Marie Roux era una stanza di nemmeno sei metri quadri che aveva arredato a proprie spese: una bella scrivania in legno di ciliegio, due comode poltrone in cuoio verde, alcune stampe e fotografie di politici, una libreria piena di testi di consultazione e manuali legislativi. Rose Marie era allungata su una sedia dietro la scrivania, una donna sovrappeso con una svolazzante capigliatura d'un biondo assurdo, un abito azzurro spiegazzato, una sigaretta spenta all'angolo della bocca. In città si diceva che, quando aveva accettato quel posto, aveva spostato l'ufficio del commissario dall'altra parte dell'edificio, pur di avere una finestra che si potesse aprire. Si sussurrava che in qualsiasi momento del giorno era facile vedere la sua testa, sovrastata da un pennacchio di fumo, sporgere da quella finestra. «Che c'è?» le chiese Lucas. «Siediti», rispose lei, indicando una poltrona. «Il governatore arriverà tra un paio di minuti. Nel frattempo ti spiego a grandi linee la faccenda.» Trasse un respiro. «Ecco...» «Cosa?» «C'è stato un linciaggio.» La dichiarazione rimase sospesa a mezz'aria come un dirigibile floscio della Goodyear. «Racconta.» «Su a nord, ad alcuni chilometri da Armstrong. Sai dov'è?» «Da qualche parte lungo il Thief River.» «Bravo. Un uomo di colore e una donna bianca sono stati trovati impiccati a un albero in campagna. Erano nudi. Ammanettati, le gambe legate con nastro adesivo. Vìvevano insieme in un paese nei pressi di Ar-
mstrong.» «Linciati», sussurrò Lucas. Rifletté sulla questione per alcuni secondi. «Linciati vuole dire che qualcuno è sospettato di un crimine. Gli abitanti del villaggio decidono di farsi giustizia da soli e la legge non fa nulla al riguardo. È così...» «No. Ciò che è accaduto è che sono stati assassinati», lo interruppe Rose Marie, dimenandosi sulla sedia. «A un'ora imprecisata la notte scorsa. Ma si tratta di un nero e di una bianca, impiccati a un albero e nudi. Appena si divulgherà la notizia, scoppierà un pandemonio e potremo urlare fin che vogliamo che si tratta di un omicidio, la televisione griderà linciaggio. Dobbiamo sistemare le cose.» «Bemidji lo sa?» domandò Lucas. L'ufficio del BCA di Bemidji si occupava delle investigazioni nella parte settentrionale dello stato. «Non lo so, da me non l'hanno saputo. Ciò che abbiamo avuto è stato un contatto informale con Ray Zahn, il poliziotto di servizio nella zona di Armstrong», rispose lei. «Ha chiamato circa quarantacinque minuti fa e hanno deviato la telefonata a casa mia. Mi è parso un tipo in gamba. È stato il primo a giungere sulla scena del delitto, un paio di minuti prima dei vicesceriffi.» «Forse lo sceriffo risolverà la faccenda», insinuò. «Zahn sostiene di no. Dice che lo sceriffo è nuovo di lì e ha paura della sua stessa ombra. È convinto che ci chiamerà, appena avrà ispezionato il luogo del crimine.» «E io devo partire.» «Assolutamente. È la prima cosa che ha detto il governatore, quando gli ho telefonato. Abbiamo chiesto che venisse preparato al volo un elicottero della Guardia Nazionale. Ti porterà direttamente sul luogo.» «È tutto ciò che sappiamo?» domandò. «Tutto qui», rispose la Roux. «Allora parto», disse Lucas alzandosi dalla poltrona. Sentì un ronzio, una piccola fitta di piacere che sfondava la depressione. Un maledetto bastardo da inseguire: nulla di meglio per tirare su il morale. «Puoi chiamarmi in volo, se ci fosse qualche cambiamento.» «Aspetta il governatore. Dovrebbe arrivare a momenti.» Nell'attesa, Lucas prese il cellulare e chiamò Del. «Dove sei?» «A letto.» Del Capslock aveva seguito Lucas da Minneapolis. «Alzati. Ti passo a prendere tra quindici, venti minuti. Porta con te vesti-
ti per un paio di giorni. E scarpe pesanti. Andiamo su a nord. Staremo molto all'aperto.» «Mh-mh.» «Già. Ti spiegherò tutto appena ci vediamo.» Il telefono di Rose Marie squillò e lei sollevò il ricevitore, ascoltò per un secondo, quindi lo ripose nella forcella. «Il governatore è appena entrato nel palazzo.» Il governatore Elmer Henderson era alto, snello, con i capelli biondi che sfumavano al grigio, leggermente impomatati, mani lunghe e occhi d'un azzurro pallido. Portava occhialini dalla montatura dorata che gli davano un'aria da studioso, classici abiti grigi, blu o neri tagliati su misura a Londra, e scarpe fatte a mano, sempre a Londra. La famiglia di Henderson aveva soldi e una storia nella politica del Minnesota, ma non aveva previsto che sarebbe stato Elmer a portare la bandiera di famiglia. Di fatto, era sempre stato la pecora nera di casa, con un'aura di diversità sessuale attorno alla sua persona dagli anni del college e degli studi di giurisprudenza all'università. Tutti avevano pensato che avrebbe trascorso la vita come giocatore di riserva nel consiglio d'amministrazione di grandi corporazioni del Minnesota, mentre i suoi due fratelli venivano educati per diventare governatori e senatori e forse presidenti. Uno di loro, tuttavia, si era dato alla cocaina e ai divorzi, mentre l'altro si era ubriacato, aveva lanciato il suo Chris Craft sotto un pontile e ne era uscito quadriplegico. In mancanza di meglio, era toccato a Elmer continuare la tradizione di famiglia. E lui aveva trovato in sé gusto per il potere e talento per l'intrigo. Aveva creato una cricca di democratici conservatori che aveva decapitato la macchina del partito democratico, per poi prenderne possesso. Aveva usato quella vittoria per ottenere l'elezione a governatore. Era passato poco più di un anno dalla prima nomina e un secondo mandato era più che probabile. Henderson era anche un democratico conservatore cattolico del nord di quarantacinque anni, di bell'aspetto, con una moglie attraente e due bei figli, un maschio e una femmina, che però sembravano quasi dei robot, non avevano mai fumato erba, non avevano mai usato skateboard, non si erano mai fatti fare tatuaggi o piercing, anche se un conduttore di un talk show locale aveva pubblicamente affermato che la figlia diciottenne di Hender-
son aveva due clitoridi. Cosa che, anche se rispondente al vero, difficilmente poteva essere imputata al padre. Se il partito avesse scelto un protestante liberale del sud per la campagna presidenziale e avesse avuto bisogno di un contrappeso... ecco, chi può dire cosa sarebbe potuto succedere? Henderson entrò di corsa, senza bussare, seguito dall'odore di Bay Rum e dal suo assistente esecutivo che emanava un tanfo di aglio non metabolizzato. I due erano una strana coppia, quasi sempre insieme, lo slanciato aristocratico e il suo Igor, Neil Mitford. Questi era basso, tarchiato, aveva capelli scuri e vestiva male ed era costantemente preoccupato. Sembrava un barista, anzi, ai tempi del college lo era stato, e aveva una memoria quasi fotografica per volti e nomi. «La contea di Custer ha già chiamato?» domandò Henderson alla Roux, senza preamboli. «Non ancora, ufficialmente non siamo ancora coinvolti», rispose lei. «È per questo che l'abbiamo ingaggiata. Sistemi la faccenda. Vada lassù, lasci che gli agenti regolari del BCA facciano il loro lavoro, lasci che lo sceriffo faccia ciò che deve fare, ma io conterò su di lei. D'accordo?» disse il governatore rivolgendosi a Lucas. Lucas annuì. «Sì.» «Affinché tutti raggiungano lo stesso parere», interloquì Mitford. Aveva preso un fermacarte in cristallo da una delle mensole di Rose Marie e lo stava lanciando in aria come fosse una palla da baseball. «Questo è un omicidio, non un linciaggio. Contesteremo il termine linciaggio, appena qualcuno lo pronuncerà.» «Lo pronunceranno», affermò la Roux da dietro la scrivania. «Lo sappiamo», confermò Henderson. «Ma dobbiamo annientarlo... l'uso del termine, intendo.» «Non è un linciaggio», ripeté Mitford. «Prima scopriamo qualcosa che sostenga il nostro punto di vista, meglio sarà per noi. Qualsiasi brandello d'informazione. Me lo comunichi e io farò arrivare la notizia a quelli della televisione», concluse parlando a Lucas. «Dobbiamo smantellare quell'idea alla svelta», insisté Henderson. «Non possiamo permettere che prenda piede.» Lucas annuì di nuovo. «Io farei bene a partire», disse. «Prima arriviamo lassù...» «Vada. Stronchi quel termine e risolva l'omicidio.»
«Ti chiamerò appena la contea di Custer si farà sentire. Il Bureau of Criminal Apprehension di qui organizzerà i tuoi rapporti con quello di Bemidji», aggiunse La Roux. «Bene», salutò Lucas. «Ci vediamo.» «Bella valigetta», si complimentò Henderson, mentre usciva dalla porta. Mentre si recava da Del, Lucas chiamò Weather all'ospedale, ma gli venne detto che era appena scesa nello spogliatoio. Lasciò allora un messaggio alla sua segretaria: avrebbe richiamato con un numero d'albergo, appena l'avesse avuto. Del viveva a un chilometro e mezzo da Lucas, in un quartiere di villette e fattorie del dopoguerra ristrutturate così tante volte che la zona aveva assunto lo charme di un villaggio inglese. Lo stava aspettando vicino al garage, in parka e pantaloni di velluto a coste blu che coprivano scarpe da corsa. Sulla spalla, una sacca. «Scarpe da corsa?» si stupì Lucas, mentre Del saliva in macchina. «Gli scarponi sono nella borsa», borbottò. Non si era preso la briga di radersi, ma l'alito sapeva di menta. Era un uomo solido, più basso di Lucas, temprato dalla vita di strada, astuto, un tipo che poteva essere scambiato per un tossico, per un senzatetto o per qualsiasi altra cosa che non richiedesse un colletto bianco. «Weather lo sa?» «Le ho lasciato un messaggio. E Cheryl?» domandò Lucas. La moglie di Del era infermiera. «Sì, l'ho chiamata. Sta facendo il primo turno; le ho detto due o tre giorni, con ogni probabilità. Che è successo?» «Un caso interessante», rispose. Mentre guidava verso casa sua, gli raccontò brevemente ciò che sapeva delle impiccagioni. «Un fottuto linciaggio e noi dobbiamo risolverlo. Per il nostro stesso bene, assieme a tutto il resto», esclamò Del, quando Lucas ebbe terminato il racconto. «Non si tratta di un linciaggio.» «Cammina come un linciaggio, schiamazza come un linciaggio...» Rimasero in silenzio per un attimo, fissando la neve che scendeva attorno a una luce rossa. «Potremmo divertirci, sai?» Lucas si cambiò d'abito e preparò la valigia in dieci minuti, infilando biancheria intima, jeans, un portatile e un caricacellulare in una sacca nera di nylon. Salutò la governante, baciò il piccolo che stava dormendo e che,
avvolto in una coperta beige, sembrava un grosso sandwich; raggiunse poi Del, che aveva chiamato un taxi. L'autista si perse, cercando l'entrata della base della Guardia Nazionale all'aeroporto internazionale Minneapolis-St. Paul. Quando finalmente arrivarono, il pilota e il copilota, impazienti, li fecero salire alla svelta sull'elicottero. Il volo fu faticoso: il vecchio elicottero militare era stato costruito più per l'utilità che per la comodità. Era difficile parlare, per cui smisero subito. Era duro anche solo pensare e alla fine si sistemarono sugli scomodi sedili in tela, bloccati nella puzza di combustibile e creosoto militare, le teste abbassate, intenti a combattere una nausea incipiente. Dopo un'eternità, il rumore dell'elicottero si fece più profondo e si accorsero che iniziava a virare. Del si slacciò la cintura di sicurezza, si tirò in piedi, guardò in avanti e diede un colpetto sulla spalla di Lucas. «Eccolo là», gridò. Lucas premette la fronte contro il gelido finestrino dell'elicottero e cercò di guardare. Trecento metri sotto di loro, la pianura del Red River nel Minnesota settentrionale si stendeva a nord e a ovest, verso il Canada e i due stati del Dakota. Sebbene fosse gennaio e la temperatura all'esterno dell'elicottero registrasse sei gradi sotto lo zero, il terreno sotto di loro era solo chiazzato di neve. Le poche strade sembravano linee su un blocco da disegno tecnico, assolutamente diritte attraverso il paesaggio piatto come un foglio di carta. A sudest, lungo la rotta che avevano appena compiuto, il paese era apparso più aspro e la neve più alta. Decine di laghi e stagni gelati disposti come grani di un rosario lungo le piste delle motosUtte; campi agricoli, stalle rosse e strisce verticali di fumo proveniente dai camini avevano dato al paesaggio un carattere più familiare. A est si stendeva una landa di torba punteggiata dalla struttura irsuta dei salici. A ovest potevano intravedere l'accenno ombroso del Red River che scorreva a nord verso Winnipeg. Avevano sorvolato il villaggio di Broderick, nella contea di Custer, e ora si stavano avvicinando a una fila di auto della polizia parcheggiate su quella che gli avevano detto essere la West Ditch Road. Due delle auto avevano i lampeggianti in funzione. Oltre le auto, in una delle chiazze di neve
più grandi, notarono un bosco di alberi spogli. Il copilota si sporse nello scompartimento passeggeri. «Vi faremo scendere sull'autostrada, non vogliono che i rotori facciano volare terra sulla scena del crimine. Verrà a prendervi un'auto di pattuglia», gridò sovrastando il rumore dell'elica. Lucas gli indicò di avere capito alzando il pollice e il copilota rimise la testa nella cabina. Del si tolse le Nike, le infilò nella sacca e cominciò a legare le stringhe degli scarponi da escursione. Lucas lanciò un'occhiata all'orologio: le undici e quindici. Il volo a Broderick aveva richiesto più di due ore. Il Minnesota era uno stato lungo e la contea di Custer lontana da St. Paul quanto era possibile esserlo, senza sconfinare nel North Dakota o in Canada. Il pilota fece scendere l'elicottero a circolo per osservare l'autostrada dove sarebbe atterrato. Nello stesso tempo, un'autopattuglia, seguita dalla macchina dello sceriffo, percorreva la strada laterale. All'incrocio, bloccarono la strada principale a nord e a sud. «Fareste meglio ad abbottonarvi per bene», gridò loro il copilota. «Fuori fa un freddo cane.» L'elicottero atterrò sull'asfalto tra le due auto della polizia e il copilota fece scorrere il portello. Lucas e Del scesero nella corrente d'aria discendente dei rotori. Il freddo era pungente. Terra e cristalli di ghiaccio li sferzarono come un getto di sabbia ed essi corsero, chini, verso l'auto di pattuglia, i pantaloni incollati alle gambe, l'aria gelida che frustava la pelle esposta. Il poliziotto aprì la portiera posteriore e quella del passeggero per farli salire e l'elicottero si levò in un'altra nuvola di cristalli di ghiaccio. «Che vortice», borbottò il poliziotto, mentre loro si accomodavano. Era sulla quarantina inoltrata, sopracciglia bianche e capelli brizzolati, il viso segnato dalle intemperie. «Non avevo mai neppure immaginato l'effetto delle eliche.» Si allacciò la cintura di sicurezza e guardò Del; annuì, quindi porse la mano a Lucas. «Ray Zahn. Mi spiace d'avervi svegliato tanto presto», si scusò. «Lucas Davenport, quello dietro è Del Capslock», si presentò Lucas, stringendogli la mano. «Non hanno ancora tirato giù i corpi, vero?» «No. Stanno aspettando il medico legale. Non siamo riusciti a trovarlo subito, ma è per strada.» Zahn fece una inversione a U e s'infilò nella strada in terra battuta, seguito dall'auto dello sceriffo.
«Conosce quelle persone? Quelle che sono state impiccate?» domandò Del. Zahn raddrizzò l'auto e rispose alla domanda di Del. «Sì. È una coppia di Broderick. Li abbiamo identificati come Jane Warr e Deon Cash. Vivevano in una vecchia fattoria.» «Cash è di colore?» «Già.» Zahn sorrise. «L'unico nero in tutta la contea, e qualcuno è venuto fin qui e lo ha impiccato.» «Un fatto che la fa imbestialire», azzardò Del. «Ha capito perfettamente», osservò Zahn schiettamente. «La nostra diversità culturale si è appena azzerata.» 3 Il suolo gelato della West Ditch Road era compatto, ma in qualche momento durante l'inverno c'era stato un rialzo della temperatura e un trattore aveva inciso dei solchi nella superficie ricoperta di ghiaia. Mentre procedevano sobbalzando tra i solchi induriti come basalto, Zahn, indicando una casa dall'altra parte del fosso, disse: «È lì che vive la ragazza». «Quale ragazza?» chiese Lucas. Lui e Del guardarono fuori del finestrino. Un canale di scolo largo quasi dieci metri correva parallelo alla strada, il fondo ricoperto da uno strato di ghiaccio color acciaio. Dall'altra parte del fossato una stretta fattoria a due piani, la pittura bianca ormai grigiastra e scrostata. La casa dava sull'autostrada, ma distava da essa una trentina di metri. Nel cortile, davanti alla veranda cadente, una Cherokee arrugginita. Zahn lanciò un'occhiata a Lucas. «Che sa della faccenda? Nulla?» «Nulla», rispose Lucas. «Ci hanno sbattuti sull'elicottero e questo è quanto.» «D'accordo. In breve, una ragazzina di nome Letty West vive in quella casa con la madre. È una monella.» Ripensò un attimo alle sue parole, poi si fregò il sopracciglio con il dorso della mano sinistra. «Be', no, non è vero. È una testa matta. Se ne va in giro con un vecchio fucile calibro 22, un machete e una manciata di trappole. L'ho beccata un paio di volte alla guida della jeep della madre. In ogni caso, la notte scorsa, aveva guardato l'orologio quando si era svegliata e sostiene che era appena passata la mezzanotte, quando aveva visto dei fari di automobile lungo la strada e si era chiesta cosa stesse succedendo. Quaggiù non c'è niente e tirava un vento pazzesco. Questa mattina, verso l'alba, stava controllando le sue trappole
lungo il fossato ed è salita a dare un'occhiata a quel gruppo di alberi. Ecco come li ha trovati. Se non li avesse visti, sarebbero rimasti lì appesi fino a primavera.» Stavano guardando tutti e tre la casa della ragazzina. Il luogo sembrava abbandonato, non ci fosse stata una luce che brillava da una finestra vicino alla porta d'ingresso e delle orme tra la veranda e la jeep. Il prato non era stato tagliato negli ultimi anni e ciocche d'erba gialla spuntavano dal sottile strato di neve. Un dondolo arrugginito era appoggiato al lato della casa, come se fosse stato buttato via. Una sola tavoletta penzolava dalla stanga che avrebbe dovuto reggerne due. In fondo alla proprietà, un capanno degli anni Quaranta era accasciato a terra. Lucas notò una fila di alberi di Natale in carta verde incollata su una finestra del piano superiore. «Quanti anni la ragazzina?» domandò Del. «Undici o dodici, credo.» «A che le serve il machete?» chiese Lucas. «Ha a che fare con le trappole», rispose Zahn. «È sulla scena del crimine o...?» «L'hanno portata in città con la madre, per rilasciare una dichiarazione.» «Chi conosce questa strada?» chiese Lucas. «Deve trattarsi di uno del posto, o no?» Zahn scrollò le spalle. «Forse. Secondo me, però, questa è la prima strada che si dirama dall'autostrada, fuori Broderick, notata dall'assassino. Il primo posto in cui poteva fare quello che aveva da fare in tutta tranquillità.» «Deve, tuttavia, avere fatto una ricognizione del luogo», osservò Lucas. La strada era appena più larga dell'auto di pattuglia, senza banchina a sinistra e, a destra, neppure due metri di terra gelata e poi un pendio scosceso fino al canale. «Quel fossato potrebbe essere tremendamente pericoloso. Come ha fatto a girare?» «Ci sono alcune impronte, le vedrà più avanti. Quel poco che è rimasto, almeno. Ha fatto manovra e l'ha messa in posizione. Ma ha ragione, deve avere perlustrato la zona.» «Se quella ragazza ha potuto vedere l'auto, come mai ha pensato di essere fuori vista?» «C'è stato un bel vento qui, la notte scorsa, un tormenta bassa», spiegò il poliziotto. «A terra, dal boschetto, forse non è riuscito a vedere la casa, ma
dal secondo piano della fattoria si potevano notare i fari. In ogni caso, Letty ha detto di averli visti, e non c'è motivo di pensare che menta. Non ha mai acceso la luce in camera sua.» «Mmm», annuì Lucas. Gli era capitato di trovarsi in una tormenta bassa e di non riuscire a vedere nulla al di là di un metro in ogni direzione, ma, guardando in alto, poteva vedere il cielo azzurro con nuvole bianche a sbuffi. «E così le vittime vivevano a Broderick?» «Sì, in una vecchia fattoria. Ecco perché le abbiamo identificate tanto rapidamente. Un'occhiata e avevamo capito chi fosse l'uomo. Essendo nero.» «Da quanto tempo viveva qui?» «Era stato in carcere a Kansas City, qui è arrivato in luglio un anno fa ed è andato a vivere con la Warr. Jane Warr lavorava nel casinò di Armstrong, distribuiva le carte del blackjack. Abbiamo saputo il particolare del carcere solo questa mattina.» «La Warr era di qui?» domandò Del. «No. Anche lei di Kansas City», rispose Zahn. «Era arrivata a Broderick circa un mese prima di Cash, per cui pensiamo fosse la sua ragazza e che sia venuta qui quando lui stava per uscire dal carcere per trovare un lavoro. A dire la verità, però, ancora non conosciamo i dettagli.» «Che mi dice di Broderick?» chiese Del. «Niente da quella parte? Che fanno? Sono tutti agricoltori?» «Ecco, finché Gene Calb non ha impiantato la sua officina meccanica specializzata in gipponi, era più che altro un paese fantasma. C'è sempre stata una pompa di benzina e un negozio, un bar che apriva e chiudeva, per gli agricoltori locali. Nient'altro che un incrocio stradale. Poi alcune persone si sono trasferite qui per essere vicine al lavoro nell'officina di Calb, le case erano veramente economiche, e ora ci saranno venti o trenta abitanti.» «Che diavolo ci faceva allora qua una coppia interrazziale di Kansas City?» chiese Lucas. «Bella domanda», concordò Zahn. Erano arrivati alla schiera di auto della polizia, parcheggiate lungo entrambi i lati della stretta strada. Cinque o sei poliziotti se ne stavano lì in giro, la schiena rivolta al vento. Uno di loro inclinò la testa per vedere chi stava portando Zahn. Zahn s'infilò tra loro, rallentò, indicò un uomo alto, capelli bianchi e occhiali da sole, giacca mimetica e pantavento in nylon che, mani in tasca, stava parlando con altri due uomini. «È lo sceriffo, Dick Anderson», spiegò Zahn. «Vi faccio scendere qui. Io andrò a cercare un posto dove voltare l'auto. Provo un
senso di claustrofobia quando il muso della mia auto punta nella direzione sbagliata.» Lucas e Del smontarono e lo sceriffo e i due uomini li fissarono, poi lo sceriffo disse qualcosa ai due ed entrambi sorrisero. «Siamo due dandy», borbottò Del, arrancando dietro Lucas. «Almeno per un po'», concordò Lucas. Sorrise avvicinandosi allo sceriffo. Gli occhi azzurri di Lucas erano carichi di allegria, ma a volte il suo sorriso innervosiva la gente. «Sceriffo Anderson? Lucas Davenport e Del Capslock del BCA. Abbiamo sentito che lei ha un bel problema.» «Se è così che lo vuole chiamare», ribatté lo sceriffo. L'uomo, sulla quarantina e con una pelle rosea, tendeva al grasso, come un impiegato, anche se era ancora in forma. Tenne le mani in tasca. «Sono i vicesceriffi Braun e Schnurr», disse Anderson indicando con il capo i due uomini che erano con lui. «Credevamo che da Bemidji arrivasse Hank Dickerson con una squadra della Scientifica.» Lucas annuì, continuando a sorridere. «Sì. Dovrebbero arrivare a momenti. Del e io siamo stati inviati qui dal governatore per assicurarci che tutto venisse affrontato in modo giusto.» «Il governatore è al corrente di questa storia?» chiese dubbioso Anderson. «Sì. Ho parlato con lui questa mattina prima di partire. Ha detto di salutarla e che sperava riuscissimo a risolvere la faccenda alla svelta.» «Forse dovrei telefonargli», insinuò Anderson. «Sono sicuro che sarebbe felice di sentirla.» Lucas si guardò in giro. «Dove sono le vittime?» Anderson si voltò verso il boschetto a nord della strada, tirò fuori la mano di tasca e la puntò. «Là dentro, dove vede quei tipi con il cappello arancione.» «Andiamo a dare un'occhiata», propose Lucas a Del. «Chi dirige questa operazione, lei o Hank?» domandò Anderson. «In un certo senso, entrambi», rispose Lucas. «Io riferisco direttamente al commissario di Pubblica Sicurezza e al governatore. Hank fa rapporto attraverso la catena di comando del BCA.» «In breve, che fa lei esattamente?» s'intromise il vicesceriffo Schnurr. «Si occupa di politica o cosa?» «Io tratto duramente la gente», rispose Lucas. I suoi occhi saettarono oltre Schnurr e l'altro vicesceriffo, per tornare sullo sceriffo. «Quando ha bi-
sogno di essere trattata duramente.» Lui e Del fecero contemporaneamente un passo verso gli uomini con i berretti arancione. Lo sceriffo e i due vicesceriffi esitarono, Del e Lucas si allontanarono di un altro po'. «Sei stato fantastico», si complimentò Del. «Ehi, quel tipo non ci ha nemmeno stretto la mano.» «Già.» Passarono attraverso un viluppo di cespugli e intravidero i corpi appesi alle corde; superati alcuni alberi li ebbero in piena luce. Lucas si concentrò su di loro e, dimentico di ogni cautela, spostò un ramo elastico e venne colpito in faccia dal virgulto. Con la guancia che bruciava, consigliò a Del di fare attenzione, quindi riprese a fissare i cadaveri. Sembravano dei dipinti, pensò, o forse una vecchia foto a colori sbiadita degli anni Trenta, due corpi grigi e allungati che oscillavano da un albero, uno quasi di fronte all'altro, le corde che segavano i colli, quattro uomini che non li guardavano, che disperatamente non li guardavano. «Non hai mai notato come gli impiccati in un certo senso si assomiglino tutti, come se avessero perso razza o genere? Sembrano tutti fatti di argilla», domandò Del arrivati in cima. Lucas annuì. L'aveva notato anche lui. «A parte quelli con i capelli rossi», soggiunse. «Quelli sembrano sempre giunti da un altro pianeta.» «Hai ragione», osservò Del. «Tranne quelli con i capelli rossi che diventano ancora più pallidi.» I quattro uomini con i berretti arancione si erano sistemati ai quattro punti cardinali, come se fossero arrivati di corsa da ciascuna direzione. Accanto ai corpi era stata posta una corta scala a libro e la neve attorno era stata totalmente calpestata per una quindicina di metri. Due degli uomini stavano lottando contro il gelo ballando il tip tap, un ritmo lento che rivelava quanto fossero gelati. All'arrivo di Lucas e Del, uno di loro si voltò e chiese: «Chi siete?» «BCA», rispose Lucas. «E lei?» «Dave Payton.» L'uomo si rivolse ai cadaveri e rabbrividì. «Vvicesceriffo.» «Che state facendo?» chiese Del. «T-teniamo tutti lontani dai corpi. Dovrebbe arrivare una squadra della Scientifica, ma voi non mi sembrate farne parte.» «Arriverà tra poco», disse Lucas, con voce più cortese. «Siete arrivati qui presto?» «La mia auto è stata la prima ad arrivare, dopo quella della pattuglia di stato. Mi si sta congelando il culo.»
«Dov'è la traccia sulla quale sono stati portati qui... orme o altro?» Payton puntò il braccio verso la strada. «Da quella parte, ritengo. Piuttosto calpestata ora.» Lucas guardò in quella direzione e tutto ciò che riuscì a vedere fu quel genere di squarcio sinuoso nel sottobosco che spesso indicava una pista lasciata dalla selvaggina. Se i corpi erano stati portati lungo quel sentiero, allora chi li aveva impiccati doveva sapere esattamente dove stava andando. Del fece un paio di passi verso i corpi penzolanti. «La donna ha del sangue sul volto», osservò. «A-anche l'uomo è conciato male», farfuglio Payton. «Sembra che qualcuno l'abbia picchiato duramente prima di fare... questo.» «Non credo che il sangue sia della donna», soggiunse Del. «Ce n'è un po' di lato e sul labbro superiore e sul naso.» «Lo faremo controllare dal laboratorio», disse Lucas. «Non sarebbe male se fosse dell'assassino.» «D-D-D-DNA», balbettò Payton. «L'anno scorso abbiamo fatto un esame del DNA per un caso di stupro.» «Avete preso lo stupratore?» «N-N-No», rispose Payton. «Santo cielo, perché non va a sedersi in macchina per un po' a scaldarsi?» chiese Lucas. «Sta tremando come una foglia.» «Perché Anderson s'incazzerebbe», ribatté Payton. «Prendiamo noi il comando della scena del crimine», disse Lucas. «Cioè il BCA. Le ordino di andarsene, chiaro?» Guardò gli altri agenti che lo stavano fissando, un barlume di speranza negli occhi. «Andatevene tutti. Cercatevi un posto caldo. Prendetevi un caffè.» Payton chinò la testa. «Ai suoi ordini, capitano». I quattro aggirarono alla larga i due corpi, uno di loro mormorò un grazie, poi attraversarono di corsa il boschetto di alberi spogli. «Anderson potrebbe rivelarsi un problema», osservò Del in tono colloquiale, appena i vicesceriffi non furono più a portata d'orecchio. Lui e Lucas stavano ancora guardando i morti. La cosa spaventosa era che Cash e Warr penzolavano a solo pochi centimetri dal suolo e nessuno dei due era alto. Lucas e Del stavano fissando quasi direttamente gli occhi spenti, socchiusi, i volti violacei, e i due cadaveri oscillavano insieme come se danzassero sullo stesso suolo su cui stavano i due poliziotti. «Non sa quello che fa», continuò Del. «Metà scena del crimine è attaccata alle suole degli
stivali dei vicesceriffi. Poi li ha lasciati qui fuori a congelare.» «Già.» Lucas decise che stavano guardando con aria sciocca i due corpi. «Li stiamo fissando allocchiti», commentò. «Lo so», ribatté Del fissando la Warr. «Quanti morti abbiamo visto in vita nostra? Un migliaio?» «Forse meno», rispose Lucas, continuando a guardarli. «Non sogno nessuno di loro, tranne forse un tipo completamente bruciato, tutto nero e ancora vivo... è morto mentre aspettavamo l'ambulanza. E una bambina annegata in un torrente, il mio primo cadavere appena uscito di pattuglia.» «Io ricordo il mio primo bambino.» «Succede a tutti.» Del si mise a battere i piedi per il freddo ed emise un po' di vapore. «Ricorderò questo per un bel po'.» «Sono come in mostra», osservò Lucas dopo un po'. «Pensi che potrebbe trattarsi di una faccenda di motociclisti? A volte combinano questo genere di schifezza.» «Mai visto quel genere di cose», ribatté Del dubbioso. Una folata di vento improvvisa fece ruotare lentamente i due corpi verso di loro. «Nemmeno io, ma ho letto qualcosa», insisté Lucas. «L'hai letta o l'hai vista in un film?» «Forse in un film», ammise Lucas. «Il fatto è che chi ha fatto questo voleva che tutti ne rimanessero scioccati. Non è semplicemente un omicidio. È qualcos'altro. Voleva dimostrare qualcosa.» «Niente vestiti», disse Del. «Deve averglieli tolti da qualche altra parte, oppure li ha portati via.» «Da qualche altra parte. Ha pianificato tutto», commentò Lucas. «L'assassino non si è dato da fare al buio per denudarli. Non ha dovuto cercare questo posto improvvisando. Sapeva cosa avrebbe fatto. Aveva elaborato tutto in anticipo.» Stavano parlando del percorso compiuto dall'assassino attraverso gli alberi e dell'angolo visivo verso la casa della ragazzina, della distanza dal paese e dell'esposizione dei corpi, quando udirono qualcuno avvicinarsi. Anderson stava attraversando a fatica la macchia con Braun e Schnurr, seguito da tre uomini che indossavano voluminose uniformi con parka e pantaloni. «Devono essere quelli di Bemidji», osservò Del. Lo erano. Dickerson, un uomo alto che indossava un giaccone marrone,
capelli color paglia e occhiali con montatura dorata, presentò se stesso e gli altri due agenti, Barin e Woods. Tutti parlarono, fissando i corpi con aria istupidita. «Gli agenti operativi speciali e quelli della Scientifica arriveranno tra cinque minuti», disse Dickerson. «L'ispettore medico è per strada. Gli agenti operativi speciali filmeranno il tutto e noi esamineremo la scena, poi potremo tirarli giù dall'albero.» «Abbiamo bisogno di una perlustrazione accurata», osservò Lucas. «Voglio dire, tremendamente accurata.» «È già tutto un bel macello», commentò Dickerson. Poi, ripensandoci, con lo sceriffo lì accanto, aggiunse diplomaticamente: «Ora allestiamo il tutto. Portiamo una stufetta al propano, quindi, dopo avere esaminato attentamente il luogo, scioglieremo la neve e ci assicureremo che niente vi sia finito sotto». «Bene.» «Lei e io dovremmo andare da qualche parte e decidere cosa deve fare ciascuno di noi.» Un'altra cauta frase burocratica. «Del e io non abbiamo nulla a che fare con le investigazioni sulla scena del crimine», affermò Lucas. «È tutta vostra, ma si assicuri che l'ispettore medico osservi attentamente la bocca della donna. Quel sangue potrebbe non essere suo. Vogliamo che venga eseguito un esame del DNA e anche che le ispezionino a dovere il cavo orale.» «D'accordo.» «Quel che facciamo Del e io è andarcene in giro e parlare con la gente», continuò Lucas. «Dovreste fare la stessa cosa anche voi, intervistate chiunque volete. In parallelo. Nessun problema.» «E così non siamo... un'unica indagine.» Dickerson pareva scettico. «No.» Lucas scrollò la testa. «Del e io ci siamo comportati spesso così a Minneapolis. È risultato utile, con quelli duri, avere due investigazioni che si svolgevano fianco a fianco, se si riesce a farlo senza troppe lotte interne. In questo modo si sviluppano più idee.» Dickerson alzò le spalle. «Per me va bene. Questi due agenti», indicò con un pollice Barin e Woods, «sbrigheranno tutto il lavoro. Io mi assicuro che tutto sia sistemato, rimarrò qui oggi e forse anche domani, poi sarò reperibile a Bemidji. Ho saputo che il governatore si è interessato a questa storia.» «Vero. È l'immagine che lo preoccupa», ammise Lucas. «Due persone impiccate, nude. E perdipiù l'uomo è nero.» «E ha anche un bel cazzo», esclamò Schnurr, il vicesceriffo.
Lucas si girò verso di lui, mostrando i denti. «Chiuda quella boccaccia. Parola mia, se sento qualcuno parlare così, lo prendo a schiaffi personalmente.» «Non significava nulla», borbottò Schnurr. Strisciò i piedi come un bambino che si era comportato male in classe, ma aveva occhi cattivi. «Se un giornalista avesse udito quelle parole o avesse addirittura sentito lei pronunciarle, un vicesceriffo che fa battute simili, avremmo il doppio di problemi. Per cui tenga la sua fottuta bocca chiusa», sbottò Lucas. «Non so quanto le piaccia il suo lavoro, ma tutta la sua maledetta contea sta per essere diffamata dai mezzi di comunicazione nazionali. Questo lo capisce?» disse poi si rivolgendosi ad Anderson. «Io... non so», balbettò lui. «Mi creda, succederà. E uno solo che fa un commento come quello, potrebbe volere dire che non solo lei perderà il posto, ma anche che dovrà trasferirsi in Arizona e cambiare nome.» «Li terremo a freno», lo rassicurò Anderson lanciando un'occhiata nervosa a Schnurr. Dickerson stava scrutando i corpi, imbarazzato, pensò Lucas, di appartenere alla sua stessa agenzia. «Lo spero per il suo bene», ringhiò Lucas. Guardò di nuovo Schnurr, inchiodandolo sul posto, quindi chiese ad Anderson: «La ragazzina che ha trovato il corpo, è in città?» «Sta rilasciando una dichiarazione», rispose. «Le saremmo grati se qualcuno telefonasse in sede, avvisandoli di non mandarla via fino a che Del e io non avremo l'opportunità di parlare con lei.» Anderson annuì. «Buona fortuna. Voi ragazzi avete capito», disse Lucas rivolto a Dickerson. «Abbiamo capito.» «Dobbiamo contattare quella ragazzina», disse Lucas, mentre tornavano alla fila di macchine. «Se la squadra dello sceriffo vale quanto sembra, abbiamo bisogno di parlare con lei prima che qualcuno la confonda.» «Dobbiamo procurarci quattro ruote», osservò l'altro. «Le troveremo da un concessionario, se arriviamo là alla svelta», replicò Lucas. «Domattina non riuscirai a noleggiare un'automobile da nessuna parte a nord di Fargo.» «Zahn dovrebbe conoscerne uno.»
Zahn ne conosceva uno. «Holme's Motors, ad Armstrong», disse. «Vi sistemo subito. Quante ne volete?» «Due?» Mentre percorrevano la sterrata, oltre la casa della ragazzina verso l'autostrada, Zahn prese il cellulare, premette un tasto per la composizione rapida e disse: «Qui Ray Zahn. Vorrei parlare con Carl». Un attimo dopo: «Salve. Ho qui in città un paio di poliziotti di St. Paul. Hanno bisogno di due auto, in buono stato. Mh-mh». Si rivolse a Lucas. «Che genere di carta di credito?» «American Express o Visa, quella che prendono», rispose Lucas. «American Express o Visa... sì. Sì. Dieci minuti. Sì, ci vediamo.» Spense il telefonino. «Tutto sistemato. Uno di voi avrà una Oldsmobile di tre anni ben accessoriata, l'altro una Mustang da cinque litri di cilindrata, vecchia di sei anni.» «Io mi prendo quella con il riscaldamento migliore», esclamò Del. «Dobbiamo raggiungere il più rapidamente possibile il dipartimento dello sceriffo», disse Lucas. «È il tribunale?» «La centrale della polizia», rispose Zahn. «È stata costruita tre anni fa, modernissima, dietro il tribunale e proprio di fronte al parco macchine di Holme. È grazie alla centrale di polizia che Anderson è lo sceriffo.» «L'ha costruita lui?» domandò Lucas. «No. Lo sceriffo precedente. Bobby Carter.» Zahn sorrise a Lucas e inarcò le sopracciglia. «Non riferisca a nessuno quello che ho detto, Bobby è un mio amico, ma era troppo legato all'impresa. Nessuno è finito in prigione, ma la gente di qui pensa che gli siano rimasti attaccati alle dita molti soldi. E questo li ha fatti imbestialire. Ha ripreso a fare l'agricoltore.» «Anderson che faceva? Era vicesceriffo?» «Era un avvocato con studio privato. Più che altro trattava immobili. A volte ha lavorato con il procuratore della contea. Quando Bobby è finito nei guai e ha pensato bene di andarsene, ha cercato di mettere uno dei suoi al suo posto, facendo incavolare ancora di più la popolazione. Anderson si è buttato nella lizza all'ultimo minuto ed è stato eletto.» «Un mago della politica, eh?» ridacchiò Del. Zahn sorrise senza distogliere gli occhi dal volante, mentre superavano sobbalzando le ultime rotaie prima di imboccare l'autostrada, quindi svoltò verso sud diretto a Broderick e Armstrong. «Mai sentito nessuno usare il termine mago per lui», disse. «Obbedisce quasi totalmente a Barry Wilson,
il capo della commissione della contea. Tutto bene, quasi sempre, ma non troppo bene quando c'è un crimine vero.» Broderick era a circa un chilometro lungo l'autostrada e Zahn fece loro attraversare il paese lentamente. La cittadina era costruita lungo due strade che incrociavano l'autostrada ad angoli retti. All'estremità settentrionale, sul lato ovest della strada principale, c'era una grossa fattoria. Nel vialetto d'accesso, di fronte al garage, era posteggiata un'automobile dello sceriffo. «Quella è la casa delle vittime», spiegò Zahn. Sembrava la scena di un omicidio rurale presentato sulla CNN, una bianca fattoria solitaria circondata dalla neve, con una macchina della polizia nel cortile. Più a sud, sempre sul lato occidentale dell'autostrada, videro il Wolf's Café, che sembrava un ranch coperto di assicelle da un solo lato; il Night Owl Club; e un edificio con una croce in legno fissata sopra la porta e uno spazio vuoto dove era stata tolta un'insegna. «Quella era la chiesa pentecostale dello Spirito Santo», disse Zahn. «Se ne sono andati. Ora lavora lì un gruppo di donne. Religiose, delle specie di benefattrici, credo. Alcune cattoliche, altre luterane dei servizi sociali, e ho sentito dire che una di loro è quacchera. Una delle cattoliche è bella. Le altre sono del tipo calzettone al ginocchio.» Sparse tra gli edifici, c'erano alcune casette, un paio di camper, un silo per il grano in acciaio ondulato con un tetto a forma di cono e un fienile rosso. Il lato orientale dell'autostrada era meno abitato: l'Handy Mart, una stazione di benzina e bazar; il garage di Calb, una lunga costruzione gialla su pali con le pareti in metallo; Gene's 18, l'officina meccanica per gipponi e altre due case. «Tutto qui?» «Tutto qui. Quello è il paese», rispose Zahn, mentre s'inoltravano nella campagna. «E tutti quei gipponi, il garage? Non è un po' troppo grosso per un posto simile?» chiese Del. «Ecco... non so. Porterebbe a far riparare il suo fuoristrada a quindici chilometri di distanza? Siamo a quindici chilometri da Armstrong.» «Penso di sì», ammise Del. «Anzi, so che lo farei, perché mi è capitato.» «Gene ha ereditato il garage dal suo vecchio, poi vi ha aggiunto l'offici-
na meccanica per i fuoristrada. Quella ci sta bene dappertutto e gli affari gli vanno a gonfie vele. È merito suo, se il paese ha ripreso vita. La maggior parte della gente che vive qui lavora per lui. È una brava persona.» «Un posto isolato», commentò Del. «Ad alcune persone piace starsene sole», ribatté Zahn. «Ad altre no.» Ed eccoli fuori città, in piena campagna. Un corvo o una cornacchia stava volando verso sud, parallelo all'autostrada, una macchia nera svolazzante contro il cielo nuvoloso, l'unica cosa oltre loro che si stava muovendo. «Mio Dio, quanto è piatto questo paesaggio», esclamò Del. Avanzarono in silenzio per un paio di minuti, poi Zahn iniziò a fischiettare sottovoce, inconsciamente. Lucas riconobbe vagamente il motivo. «Che cos'è?» «Non mi sono accorto che stavo fischiando», si scusò Zahn. «È Il fantasma dell'Opera», rispose dopo un attimo di riflessione. «Giusto. E non mi sembra che i due cadaveri l'abbiano sconvolta più che tanto.» «Ecco, se si è un poliziotto di pattuglia, s'impara a non essere una femminuccia, come lo è un poliziotto della Omicidi.» «D'accordo, femminuccia», disse con tono affettato Del dal sedile posteriore. Zahn gli lanciò un'occhiata e soggiunse. «Ogni volta che vado sul luogo di un incidente e mi trovo davanti due studentelli che stanno sanguinando a morte, invocando il papà o la mamma, li conosco. Sono due ragazzi del quartiere. Dopo alcuni anni di simili esperienze, un paio di forestieri impiccati a un albero non mi danno poi tanto fastidio. A differenza di alcune femminucce della Omicidi.» 4 Katina Lewis si alzò alle nove e cinquantanove, rabbrividendo nella gelida aria del mattino. A piedi nudi sul freddo pavimento in legno, andò in bagno. Era una donna rotondetta che aveva smesso di combattere con la bilancia, trentasei anni, divorziata da cinque. I capelli castano scuro erano una rarità in quell'angolo dello stato, dove pareva che tutti avessero i capelli biondi. Dal padre aveva ereditato una bella pelle inglese, dalla madre tedesca naso corto e labbro arcuato, e aveva le sue speranze e le sue credenze. Sperava disperatamente di avere dei figli, anche se sentiva che il tempo
si stava esaurendo. Pregava il Signore di aiutarla e aveva fede. Qualcosa di più della fede: possedeva una moralità discriminante che la portava a smerciare droga per Dio, sapendo che compiva una missione d'amore, sapendo che Dio era amore. Katina Lewis non guardava con ingenuità all'amore, non se ne andava in giro con una luce trasognata sul viso, e si irritava come qualsiasi altra donna. Considerava l'amore come qualcosa di tangibile, reale e quotidiano, come i cracker o il sapone, qualcosa che non era ancora riuscita a conquistare. Credeva, tuttavia, che, se si continuava a cercare l'amore, se si serbava questa idea nel cuore, se si aveva fede, alla fine lo si trovava. Dio non l'avrebbe negato. Ora l'aveva trovato in questo posto improbabile, in questa piatta, grigia e desolata pianura. Dirigendosi verso il bagno, lanciò un'occhiata al letto e al ciuffo di capelli color stoppa di Loren Singleton. Lo amava, pensò. Sarebbe stato un ottimo padre, se si fosse lasciato andare. Se si fosse rilassato. Non avrebbe però voluto che si rilassasse troppo. Amava quel suo tratto da cowboy, la mascella come carta vetrata al mattino, le parole smozzicate, lo stoicismo che si leggeva sul suo volto. Amava il suo aspetto, il modo in cui stava appoggiato con una spalla al muro, i piedi incrociati, mostrando gli stivali, una Marlboro all'angolo della bocca. Aveva cominciato a parlargli di quella cosa. Ne avrebbe parlato ancora, forse oggi, in ogni caso presto. Il tempo scorreva, ecco una cosa che aveva appreso già a vent'anni e durante il suo primo matrimonio. Il tempo passava e non c'era più e non lo si poteva recuperare. Katina Lewis aveva regolato la sveglia sulle dieci. Per la fretta di correre in bagno se ne era dimenticata. Esattamente alle dieci, il notiziario sul bestiame ripetuto ogni ora sgorgò dall'altoparlante a un metro e mezzo dall'orecchio di Loren Singleton. Sottovoce. Come se uno strano uomo fosse entrato in casa sua per sussurrargli nell'orecchio: «...giovenche da macello, scelta da due a tre, da cinquecentodieci a settecentoquaranta chilogrammi, da sessantun dollari a sessantadue e settantacinque centesimi. Selezione e scelta da due a tre, da cinquecentocinquanta a seicentodieci chilogrammi, da sessantuno a sessantuno e dieci...» La voce ci mise un minuto a penetrare nel suo inconscio, poi Singleton
si stirò, sprimacciò il cuscino e diede un'occhiata alla sveglia. «Questa è la radiocronaca dal recinto del bestiame di St. Paul South. Ed Wein vi aggiornerà durante tutta la giornata, proprio qui sulla vostra stazione radio del bestiame da ingrasso. E ora, un servizio da Broderick, nel Minnesota, dove due persone sono state trovate impiccate in un bosco appena a nord della città. Le prime notizie riferiscono di una donna bianca e un uomo di colore trovati impiccati...» Le parole erano tanto monotone e incredibili che ci misero qualche secondo a connettersi. Quando lo fecero, la testa di Singleton scattò. «Cosa?» «Hai detto qualcosa?» gridò Katina dal bagno. «Sta' zitta», le urlò lui. La voce alla radio continuò: «...Anderson ha confermato che le due persone erano morte, ma ha rimandato altri commenti a dopo l'arrivo sulla scena del crimine del medico legale. Seguiremo questa storia durante la giornata, per cui tenete la radio sintonizzata su All-News Central del North Dakota...» La voce era metallica e bassa. Singleton si girò sul fianco, afferrò la sveglia, cercò di trovare il comando del volume, udì la voce del meteorologo che diceva: «Non si sa mai cosa ci porterà la vita, Dick...», poi la voce si perse nello scroscio dello sciacquone. Katina uscì dal bagno, tirandosi la camicia da notte sui fianchi, muovendo a scatti le gambe pesanti: era infastidita. Non le piaceva che alzassero la voce con lei, che le dicessero di stare zitta. Aprì la bocca per lamentarsi, ma Singleton, gli occhi ancora fissi sulla radiosveglia, disse: «Hai sentito?» «Ti ho sentito gridarmi di chiudere il becco», rispose, lasciando trapelare l'irritazione. «Qualcuno ha ucciso Deon e Jane», spiattellò Singleton. Ogni irascibilità svanì. «Cosa?» «Devo chiamare...» disse. «Li hanno trovati impiccati a un albero», aggiunse poi, senza girarsi. Corse nudo fuori della camera da letto giù per il corridoio. Quando si muoveva, nulla ballonzolava o sobbalzava: era solido. Katina Lewis fissò la radio, che ora stava dando le previsioni del tempo. Ancora più cupo. Era quella l'essenza: freddo e grigio e forse, se eravamo sfortunati, un sacco di neve seguita da ancor più freddo e grigio.
Jane e Deon? «Che ha detto la radio?» gridò. «Che intendevano dire con impiccati?» Poi lo sentì parlare al telefono, per cui si girò, come un cane nella cuccia, cercando i jeans senza riuscire a trovarli, e udì la cornetta sbattere nella forcella. Un attimo dopo Singleton tornò. «Deon e Jane sono stati trovati impiccati a un albero dall'altra parte del Nine Mile Ditch. Li ha trovati quella bambina, Letty. Questa mattina, circa due minuti dopo che sono smontato dal servizio. Erano nudi e morti. Qualcuno li aveva massacrati prima di appenderli.» «No.» Era stupita, ma non sconvolta. «Già. Sta arrivando gente da ogni dove. La polizia di stato in elicottero da St. Paul. Forse è già qui. Ray Zahn sta andando ad accoglierli per portarli in giro.» Le riferì qualche altro particolare, ma non molto. «Devo andare», disse lei. Si voltò, fece un passo verso il bagno e lo sentì dire: «Sai di vaniglia». «Quel profumo... mi chiedo se tua madre sa qualcosa», rispose lei, distrattamente. «Non lo so.» Katina non aveva conosciuto molto bene né Cash né la Warr, e non le erano piaciuti, ma la loro morte poteva creare dei problemi. «Devo andare alla chiesa. Alcune sorelle erano pronte per una consegna. Meglio che chiami subito Ruth.» Scomparve, mezza svestita, lungo il corridoio e Singleton rimase lì, a scervellarsi, fissando i costosissimi stivali da cowboy in fondo al letto. Deon e Jane? «L'ha già saputo, cinque minuti fa. Devo andare là. Che pensi di fare, cowboy?» disse Katina tornando di corsa. «Non so. Devo recuperare ancora un po' di sonno. Poi andrò a vedere cosa sta succedendo.» Singleton si sedette sulla sponda del letto e si passò le mani tra i capelli, preoccupato. Che diavolo era successo? Impiccati? Non riusciva ad andare oltre quel punto. Forse sarebbe dovuto andare a vedere, ma troppa curiosità... chi sapeva che lui aveva frequentato Jane e Deon? Katina, naturalmente, ne sapeva qualcosa. Anche Calb sapeva che lui era stato a casa loro qualche volta. E forse anche qualcuno dei lavoranti dell'officina che si trovava proprio sull'autostrada potevano averlo visto infilarsi nel vialetto d'accesso di Deon. Lui però era stato attento a non farsi vedere. Quando andava là, par-
cheggiava sempre accanto al garage, dove non si poteva assolutamente vedere l'auto. Non si era trattato di un brutto presentimento, ma di semplice buonsenso. Ora forse quella prudenza motivata dal buonsenso si sarebbe rivelata utile. Che pensi di fare, cowboy? gli aveva chiesto Katina. Loren Singleton era un cowboy, anche se senza cavallo e ranch. Avrebbe voluto amare i cavalli, ma i cavalli avevano sempre cercato di morderlo, per cui aveva smesso di tentare di cavalcare. D'altronde, le Cadillac erano migliori: vecchie, stravaganti Cadillac degli anni Settanta e Ottanta che, per un cowboy, erano quasi come cavalli. Singleton si era sempre sentito un cowboy e un artista della verniciatura delle macchine e, solo in un secondo e meno importante piano, un vicesceriffo alla caccia di una banda di ladri d'automobili. Si era reso conto, tuttavia, che alla sua vita mancava qualcosa. Aveva sentito che tutti i particolari erano presenti, ma non il colore. Si era sentito come una fotografia in bianco e nero e, solo quando aveva conosciuto Katina, nella sua vita aveva iniziato a diffondersi un po' di colore. Secondo l'opinione degli altri, Loren Singleton era, quando capitava loro di pensare a lui, un solitario, un estraneo conosciuto, un uomo che se ne stava sempre ai margini. Alcune donne avevano cercato di comunicare con lui, aveva un bell'aspetto e gli abiti da cowboy gli davano un tocco di personalità, ma l'avevano trovato apatico, emotivamente bloccato. Nella sua carica di vicesceriffo, aveva fama di essere di una brutalità indifferente, caratteristica che faceva il paio con la sua freddezza. Anche le sue automobili, le sue Caddy, tendevano ad avere colori freddi, brillanti capaci di dare sui nervi. Tutti lo salutavano con un cenno del capo per strada; quasi nessuno gli rivolgeva la parola. Poi, a lavorare con le suore, era arrivata Katina Lewis. Singleton non era certo di avere mai amato qualcuno prima di averla conosciuta. Di tanto in tanto rifletteva su questo fatto. Con ogni probabilità amava Katina, pensava, non c'era altra spiegazione per ciò che provava quando era con lei, ma amava sua madre? L'aveva mai amata? Lei era l'unica altra possibilità d'amore nella sua vita, e si riteneva che tutti amassero le loro madri. C'era chi si tatuava la parola «mamma» sul braccio. Chi mangiava in locali chiamati Da mamma, perché la mamma mai ti avrebbe fatto del male, perché la
mamma avrebbe sempre avuto quella fetta di torta in più per il suo bambino. La mamma di Singleton invece l'aveva maltrattato per anni; l'aveva picchiato tanto violentemente quando aveva sei mesi che uno zio l'aveva portato all'ospedale, sostenendo che era uscito dal box e che era ruzzolato per le scale. Suo padre, Edgar Singleton, era morto investito dal vapore uscito direttamente dalla caldaia nella fabbrica di cartone quando Loren aveva due anni. Singleton aveva sentito sua madre raccontare, con gusto, storie su come suo padre fosse rimasto «cotto» dal collo in giù quando si era rotta una tubatura nella vasca di lavorazione, e di come fosse rimasto in un letto d'ospedale, con bruciature sul novantacinque per cento del corpo, in attesa di morire, senza dolore, ma anche senza più intelletto: aveva delirato per sette giorni sul fare fieno nella vecchia fattoria, e poi era deceduto. Quando Eg era morto, la madre aveva cominciato a vestire Singleton con abiti femminili. Aveva sempre desiderato una bambina; le bambine erano più facili. Aveva fatto l'impossibile per trasformare Singleton in femmina, e ce l'avrebbe fatta se quella vecchia ficcanaso direttrice dell'asilo non fosse riuscita a convincere le autorità a costringerla a vestire il piccolo con abiti adeguati al suo sesso. Singleton ricordava tutto ciò solo vagamente. Dopo l'ordine del tribunale lei aveva continuato, di tanto in tanto, a fargli indossare abitini e a fargli servire il tè ad alcuni suoi pomeriggi di poker tra signore. Questo fino agli undici anni, quando era diventato troppo grande per la sua età. Lei gli aveva ordinato di indossare un abito e lui si era rifiutato. Aveva cominciato allora a picchiarlo con un manico di scopa che aveva già usato su di lui in passato, e lui era fuggito nell'oscurità invernale. Quando era tornato, lei era nella vasca da bagno. Lui era entrato in bagno e lei si era messa a urlare e aveva cercato di coprire la sua nudità, ma non era quella che gli interessava. Undicenne grande, robusto e maltrattato, l'aveva afferrata per i capelli e le aveva spinto la testa sott'acqua. Lei si era dimenata e aveva lottato e l'aveva graffiato, ma lui l'aveva tenuta sott'acqua fino a che non aveva smesso di lottare. L'aveva tenuta sotto per altri quindici secondi. Quando l'aveva liberata, lei era rimasta sdraiata nella vasca, apparentemente senza fiato. Aveva poi inspirato, un breve respiro, e poi un altro. Dopo cinque minuti, ancora debole, aveva cercato di uscire dalla vasca, ma Singleton l'aveva sentita, era tornato e le aveva spinto di nuovo la testa sott'acqua, finché non era svenuta una seconda volta.
Dopo essersi ripresa, non aveva più accennato alla faccenda; era strisciata su per il bordo della vasca, aveva raggiunto la porta del bagno a gattoni e l'aveva chiusa a chiave. Era rimasta lì, nuda, fino al mattino seguente, quando l'aveva sentito uscire fischiettando, diretto a scuola. Quando era rientrato quella sera, aveva scoperto che l'aveva chiuso fuori casa. Aveva preso a calci la porta sul retro fino a rompere la serratura e l'aveva trovata accucciata con una mazza da baseball in mano. Le aveva puntato un dito contro e, ragazzino di solo undici anni, le aveva detto: «Non provocarmi mai più». Avevano poi vissuto per sette anni insieme, le porte delle camere da letto chiuse a chiave di notte. Dopo il diploma di scuola superiore, Singleton si era arruolato nell'aeronautica militare, era stato addestrato per entrare nella polizia dell'arma ed era stato mandato alla base aerea militare di Eielson, nelle vicinanze di Fairbanks in Alaska. Tutto quello che ricordava di quel posto erano le nuvole e il freddo: più di duecento giorni di cielo nuvoloso all'anno, un gelo pungente per sette mesi, freddo per altri tre e zanzare per gli ultimi due. Proprio come a casa. Dimessosi dall'aeronautica militare, aveva lavorato per un po' a East Grand Forks, spostando legname in un centro di bricolage, quando aveva sentito che si era liberato un posto di vicesceriffo nella contea di Custer. Grazie alla sua preparazione nella polizia dell'aeronautica aveva ottenuto quella posizione. Non ci aveva però mai messo molto impegno, come in nessun'altra cosa, e dopo due anni gli avevano assegnato il turno notturno permanente da sabato a giovedì. Se avesse accettato, avrebbe potuto restare, gli aveva detto lo sceriffo. Altrimenti, sarebbe stata l'autostrada. Aveva accettato. Di notte non c'era quasi nulla da fare nella contea di Custer. In dodici anni c'erano stati tre incendi di case, iniziati durante il suo turno, e forse una volta al mese un'emergenza medica per la quale doveva soltanto farsi vedere. Aveva fermato alcuni guidatori troppo veloci su strade di campagna, messo in prigione alcuni ubriaconi, interrotto qualche zuffa da bar con la sua brutalità indifferente. Dato l'orario di lavoro, non faceva vita sociale. Non seguiva alcuna squadra sportiva, non andava a caccia né a pesca, non guidava moto ATV a quattro ruote, né motoslitte, non faceva giardinaggio, non leggeva, non ascoltava musica né andava al cinema. Non guardava neppure la televisio-
ne. Il suo unico interesse erano le vecchie Cadillac. Ne portava una nel suo garage, ne riparava il funzionamento meccanico per riportarla in vita e poi la smontava con cura e amore fino a che non rimaneva altro che il telaio. Dopo mesi di preparazione, la portava nel garage di Gene Calb, dove noleggiava l'attrezzatura per verniciarla. Cambiava macchina quasi ogni anno, guidandone una finché non ne aveva rimesso a posto un'altra. Attualmente guidava una Eldorado Biarritz del 1982 con mascherina Rolls Royce fuori serie. La rifinitura era una scaglia arancione fiamma verniciata a mano su una base color caffè scuro. Tutto qui. Oltre alle Caddy, la sua vita si riduceva a prendere numeri di targa, a far passare gli anni. Poi, quattro anni prima, Gene Calb gli aveva offerto di estendere il loro rapporto, un ampliamento che avrebbe dato a Singleton uno spazio per lavorare sulle sue auto gratis e un migliaio di dollari alla settimana, con un pagamento anticipato di diecimila dollari. Un anticipo di diecimila dollari, e un migliaio di dollari, in contanti e non tassati, ogni venerdì. Tutto quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato tenere gli occhi aperti... I soldi avevano cambiato ogni cosa. In primo luogo, sua madre aveva iniziato a interessarsi a lui. Poi, una sera, al casinò, lui le aveva presentato Deon Cash e Jane Warr. E poi era comparsa Katina Lewis. Singleton sentì Katina uscire da sotto la doccia, muoversi, infilarsi i pantaloni e le scarpe. La donna uscì dal bagno come un missile, gli diede due rapidi baci, uno sulla bocca, l'altro sul pene, una veloce succhiatina e poi disse: «Wally dovrà aspettare». «Dai, trenta secondi», ribatté lui. «Quindici secondi.» Gli fece un pompino per quindici secondi, quindi corse via, ridendo. Singleton e Katina Lewis erano finiti a letto un paio di mesi dopo essersi conosciuti, cosa che era successa nel garage di Calb. Katina era entrata con sua sorella Ruth, che la stava presentando a tutti prima che facesse il suo primo viaggio al di là del confine. A Ruth, Singleton non piaceva, ma Katina ne fu immediatamente attratta. Il loro padre amava lavorare sulle vecchie auto, aveva raccontato a Singleton in seguito. A Ruth neppure quello
piaceva, era sempre stata più vicina a sua madre e a Gesù. Katina aveva pensato di poter avere una relazione con Singleton. Aveva menzionato l'amore, aveva detto che forse stava per innamorarsi di lui. Glielo aveva detto una sera dopo una cena al Red Red Robin, il ristorante soprannominato Bird, e poi l'aveva scrutato sopra la piccola candela votiva rossa sulla tavola. Mentre guardava la donna seduta di fronte, Singleton aveva sentito qualcosa sbocciare in lui. Dopo tutto quel tempo, una donna gli voleva veramente bene? Qualcuno gli sarebbe stato vicino, avrebbe cucinato per lui e gli avrebbe dato dei figli? Come era potuto succedere? Aveva allungato il braccio, le guance rigate di lacrime, e le aveva preso la mano. «Va tutto bene», gli aveva detto lei. Più tardi, quelle lacrime l'avevano fatto sentire poco virile e aveva cominciato a scusarsi e lei aveva riso e gli aveva dato una strizzatina. «Loren, sei stato perfetto. Proprio perfetto», gli aveva detto, e in qualche modo, pensò, lo era stato. Singleton aveva lavorato fino alle sette quel mattino e, tornato a casa, aveva trovato Katina nel letto. Si era infilato accanto a lei, anche se non era troppo stanco. Ora, alle dieci, aveva sonno; chiuse gli occhi e cercò di riaddormentarsi. Deon e Jane, pensò. Impiccati. Sentì la paura fluirgli nel petto. Cercò di neutralizzarla, si rigirò a destra e a sinistra, lottando con il cuscino. Forse qualcuno stava venendo da lui, pensò. Un boia. Katina non sapeva nulla di quella cosa. Ruth e Katina Lewis entrarono nell'ufficio surriscaldato del garage, si sfilarono le manopole e Ruth si chiuse la porta alle spalle. Gene Calb stava lavorando alla scrivania. Era un uomo tarchiato sui quarantacinque, pochi capelli, un viso segnato dalle intemperie e grosse mani da meccanico, segnate da cicatrici. Appollaiato sul naso un paio di occhiali da lettura. «Ragazze. Dovete averlo saputo», disse guardandole al di sopra delle lenti. «Poco fa, in città», ammise Ruth. «Jane e Deon, ma si dice che sono stati impiccati?» Ruth infilò le manopole nella tasca della giacca e aprì la cerniera. Ruth Lewis era come sua sorella, ma non le assomigliava. Era una donna snella, mentre Katina era rotondetta, e aveva occhi verdi dietro lenti
con montatura in filo metallico, mentre quelli di Katina erano più dolci, più sbiaditi. Ruth portava i capelli cortissimi, da asceta; Katina li aveva lunghi. Le guance di Ruth erano rosee dal freddo, come quelle della sorella, ma a differenza di Katina, non portava né rossetto né gioielli. Una bella donna che non faceva nulla per il suo aspetto. Ruth era la maggiore e il capo, Katina la subordinata. «Impiccati in un boschetto dalle parti della strada che costeggia il fossato. Li ha trovati questa mattina Letty, quella ragazzina», spiegò Calb. Controllò l'ora. Erano le undici e quarantacinque. Da quando aveva sentito la notizia alle dieci, la mattinata sembrava essersi allungata all'infinito. «Che si fa, allora?» domandò Katina. A Calb ricordava sempre una gallina chiocciante, una donna indaffarata, leggermente soprappeso, ma dalla bocca sensuale. Faceva parte di un gruppo religioso cattolico ma, a quanto pareva, un gruppo che non aveva niente contro il sesso; Katina andava a letto con Loren Singleton e Singleton sembrava felice come non era mai stato, anche se un po' provato. «Facciamo qualcosa?» «Chiudo la baracca», rispose Calb. «Per il momento almeno. Fino a che non si scopre cosa sta accadendo.» «Non mi sta bene», borbottò Ruth. «Io...» Una macchina passò sull'autostrada e Ruth, Katina e Calb girarono la testa all'unisono, si seguiva sempre con lo sguardo un'automobile che passava per Broderick. Un'auto di pattuglia con dei passeggeri in più. «Ray Zahn», osservò Ruth. «Loren mi ha detto che sono arrivati due poliziotti da St. Paul e che Zahn li sta portando in giro», disse Katina. Calb scrollò la testa. «Sentite un po', ragazze: collegheranno Deon a me e io non so cosa dire loro.» «Di' loro tutta la verità che puoi dire», gli consigliò Ruth. «Che hai assunto Deon come autista, dietro raccomandazione di un vecchio compagno d'armi di Kansas City, che tu ripari gipponi che vengono da tutto il Midwest e che lui li andava a prendere.» «Non è esattamente...» «Questo è quello che faceva», lo interruppe Ruth. «Puoi dimostrarlo.» «Già. È quello che faceva», ammise lui. «E voi, ragazze?» «Non possiamo smettere», ammise Ruth, il mento deciso, duro, squadrato. «Dobbiamo continuare a lavorare.» «Mi spiace, ma dobbiamo fermarci, finché non si sa cosa sta succedendo», obiettò lui. «Potrebbe essere qualcosa che dipende da Kansas City. Se
così fosse, potremmo dare qualche informazione ai poliziotti e loro potrebbero sistemare le cose, ma prima...» «Gene, noi non possiamo fermarci», s'impuntò Ruth. «Ultimamente non abbiamo fatto viaggi sufficienti. La rete dell'Ontario, dopo la morte di Jeanette, si è appena riformata.» «Che posso farci», replicò Calb. «Ieri, al suo ritorno, ho parlato con suor Mary Ann, e mi pareva soddisfatta.» «Si era comportata bene, ma la roba non era tanto buona. Non possiamo smettere», insisté Ruth. «Ehi, ho una partita di macchine decrepite proprio ora. George sta per rientrare con il suo gippone e, cazzo, dobbiamo portarli via... scusate il linguaggio. Mi spiace.» Temeva sinceramente di averle offese. Una volta Ruth era stata una suora. «Non m'importa come parli», sbottò Ruth. Accennò brevemente un sorriso. «Tutto quello che mi interessa è continuare a lavorare, e noi non ci fermeremo. Dovessimo impilare davanti alla tua porta le vecchie auto, lo faremo.» «Oh, perdio», esclamò Calb, perdendo le staffe. L'affare era complesso, ma proficuo per tutti. Un certo Shawn Davis di Kansas City nel Missouri, che lavorava con trafficanti di droga a St. Louis, Des Moines e Omaha, scovava e rubava Toyota appena uscite sul mercato. Né Nissan, né Ford né Chevrolet. Nient'altro che Toyota, il che rendeva semplice la provvista delle parti di ricambio e dei colori. I veicoli rubati venivano portati, uno alla volta, dal sito di Davis a Kansas City alla carrozzeria di Calb a Broderick. Calb aveva fatto il militare con Davis e in Turchia si erano dedicati al mercato nero, vendendo carne del governo statunitense. Si fidavano l'uno dell'altro, almeno fino a un certo punto. Le macchine rubate venivano portate a nord da Deon Cash, cugino di Davis, o da Joe Kelly, un amico di Cash. Mentre Cash o Kelly si dirigevano a nord, una del gruppo di religiose, chiamate «suore» dalla gente della contea di Custer - e alcune lo erano davvero - acquistava una Toyota d'ultimo modello, ma con alto chilometraggio e a mal partito, in Canada, di solito a un'asta di venditori d'auto. La suora portava il rottame in Minnesota e lo consegnava a Calb. Nell'officina, l'auto rubata veniva riverniciata come quella vecchia. Alcune parti, come il contatore sul cruscotto che indicava chilometri all'ora
invece di miglia, i numeri di identificazione e i documenti della Toyota ad alto chilometraggio venivano poi trasferiti sull'auto dal basso chilometraggio. Una suora riportava poi il veicolo oltre confine, dove veniva rivenduto. I resti dell'auto vecchia finivano in un deposito di rottami, dove venivano schiacciati e compressi e inviati in una fonderia. I soldi erano tanti: una malconcia Toyota Land Cruiser di due o tre anni, di proprietà spesso di quel genere di commesso viaggiatore sulle lunghe distanze che percorreva anche ottantamila chilometri all'anno, a un'asta d'auto usate veniva via per poche migliaia di dollari canadesi. Tre settimane dopo, riappariva in un agriturismo a Saskatchewan o nell'Alberta, in uno stato quasi nuovo, con tutti i documenti giusti. L'acquirente pagava l'equivalente di cinquantamila dollari statunitensi per un veicolo che ne valeva ventimila. Completato il lavoro, pagati i dipendenti e tenuto conto dell'investimento nel veicolo che sarebbe scomparso, Calb e Shawn Davis si dividevano all'incirca cinquemila dollari per ogni Toyota venduta. Due alla settimana significavano un quarto di milione di dollari esentasse all'anno per ciascuno dei due. Nascondere i contanti era quasi altrettanto complesso quanto farli, ma trovavano i sistemi per riuscirci. Nel loro piano c'erano, tuttavia, alcuni piccoli difetti. Le suore rendevano tutti nervosi. Non venivano pagate, il che voleva dire che Davis e Calb non avevano alcuna presa su di loro. Le donne utilizzavano i gipponi e la competenza dell'officina meccanica per introdurre di contrabbando farmaci a sud del confine. Pur non avendo alcuna presa finanziaria sulle donne, Calb riteneva di essere al sicuro. Le donne erano delle mezze fanatiche. Belle fanatiche, come Ruth Lewis, ma sarebbero andate in prigione prima di parlare dell'operazione. Un altro difetto era costituito da Deon Cash e la sua donna, Jane Warr. Cash non era del tutto a posto. Shawn Davis gli aveva offerto quel lavoro di malavoglia, gli dava quattrocentotrentadue dollari a consegna, perché era suo cugino e perché aveva dimostrato in prigione di saper tenere la bocca chiusa. Cash, però, era cattivo e, cosa ancora peggiore, stupido. Un terzo difetto, che ultimamente si era rivelato assai grosso, era l'amico di Cash, Joe Kelly. Kelly abitava con Cash e la Warr tra una consegna e l'altra. Un mese prima era scomparso. Nessuno sapeva dove fosse finito. Tutti volevano saperlo. Calb aveva cominciato a sospettare che Kelly a-
vesse fatto delle avances a Jane e che Cash l'avesse sepolto nel bosco. E ora questa storia. Calb non stava ascoltando la richiesta di Ruth. Stava fissando oltre le sue spalle, riflettendo su tutto quel pasticcio e facendo calcoli. Doveva avere qualcosa nel garage per quando fossero arrivati i poliziotti. Forse poteva portare uno dei suoi gipponi, smontarlo e iniziare a ridipingerlo. L'officina non poteva essere vuota, con un gruppetto di meccanici seduti a fissare le pareti... «Gene! Gene!» Calb posò di nuovo gli occhi su Ruth. «Scusami, stavo pensando a... mettere qualcosa in lavorazione nell'officina. Prima dell'arrivo dei poliziotti. Sarebbe strano fosse vuota.» «Dacci i soldi per comperare un gippone», insisté Ruth. «Uno solo.» «Sentite. Dobbiamo capire cosa sta succedendo. Dovete riuscire a capirlo anche voi, voglio dire, siete voi che li guidate. Avevo pensato che Joe Kelly se ne fosse semplicemente andato via, ma nulla faceva prevedere che se ne sarebbe andato e Deon ha detto che tutti i suoi vestiti sono ancora nell'armadio...» «Ritieni che Joe sia morto, non è vero?» chiese Katina. «Ebbene, dov'è?» ribatté Calb. «A Kansas City nessuno ha avuto sue notizie.» «Sabato mattina, a Edmundston, c'è un'asta che dovrebbe avere il gippone perfetto», s'intromise Ruth. «Tre anni, duecentocinquantamila chilometri, funziona ancora abbastanza bene per poterlo guidare fino qui.» «Devo parlare con il mio socio di Kansas City...» «Dobbiamo assolutamente fare questo viaggio», ripeté lei. «Abbiamo un carico che ci aspetta. Siamo disperate.» «Lasciatemi parlare con il mio socio.» Si guardò attorno. «Sapete, se questa storia non viene risolta alla svelta, dovremmo cominciare a preoccuparci del luogo in cui parliamo. Di ciò che diciamo.» «Puoi sempre venire alla chiesa per parlare», suggerì Katina. «Non credo che avrebbero il fegato di piazzare microspie in chiesa.» «Bah...» Calb lanciò un'occhiata fuori della finestra. «Mi chiedo cosa sia successo. Ho sentito che erano lì appesi, come ghiaccioli,... malridotti.» «Jane Warr. Lei non era una donna gentile. Deon era anche peggio», commentò Katina, poi si rivolse a Ruth: «La Strega era spesso in compagnia di Jane. Spero non sia coinvolta in questa faccenda».
«Chiedi a Loren», le suggerì Ruth. «Lo farò. Ma Jane e Deon...» «Che Dio abbia misericordia delle loro anime», concluse Ruth, facendosi il segno della croce. 5 Armstrong, il capoluogo della contea, apparve all'orizzonte come una ciminiera in cemento giallo alta trenta metri con un pennacchio di vapore sospeso sopra la prateria, poi come un paio di torri per la radio con rosse luci lampeggianti, poi come una fila di silos in acciaio ondulato lungo una doppia serie di binari ferroviari. Seguirono i binari oltre i silos, superarono alcune baracche sfasciate in quella che una volta era stato il lato brutto della città, entrarono in un tranquillo quartiere di case vecchiotte stile Cape Cod, tutte dipinte di bianco o di rosa o azzurro pastello, attraversarono il ponte Cross River ed arrivarono nel quartiere commerciale. «Che è questo odore?» domandò Del entrando in città. Zahn lo fissò. «Quale odore?» «Fabbrica di carta o di cartone», cercò di indovinare Lucas. «Cartone», ammise Zahn. «Non lo sento più.» «Mio Dio. C'è una puzza come se qualcuno stesse arrostendo un pollo bagnato senza averlo spennato», commentò Del. «Non è tanto cattivo», borbottò Zahn. «Sì, lo è», insisté Del. Il centro città era un reticolo piatto, per lo più mattoni gialli e rossi, con spazi a parcheggio libero lungo vie bitumate, tre o quattro semafori. Lucas notò un Motel 6 e un Best Western, due stazioni di benzina Conoco e BP con emporio una di fronte all'altra, un Fran's Diner seguito da un Fran's Bakery seguito da un Fran's Rapid Oil Change, un McDonald's in un angolo e un Pizza Hut poco più avanti e un bar sport Dugout. Nel cuore della città, nel bel mezzo di un misero spiazzo di erba marrone, chiazzato di neve grigia, si ergeva il tribunale a due piani in mattoni rossi stile anni Cinquanta. Attaccata al retro del tribunale la centrale di polizia, un edificio in mattoni rossi più nuovo, e ancora più dietro, la caserma dei vigili del fuoco. Tre poliziotti e un paio di pompieri stavano fumando, al freddo, appoggiati alle mura dei loro edifici. Holme's Motor si trovava dall'altra parte della strada rispetto alla centra-
le di polizia, in un edificio in metallo con un'unica vetrata che dava su una decina di auto americane usate. Bandierine rosse, bianche e blu pendevano dà un filo sopra l'appezzamento; c'era quel tanto di vento da farle sbattere nervosamente. Zahn entrò nel parcheggio e, attraverso la finestra, videro un uomo battere dei numeri su una calcolatrice. «Quello è Carl», annunciò Zahn. Carl Holme era grosso e calvo, con un sorriso allegro. «Ho sentito del nero che è stato impiccato», disse a Zahn appena li vide entrare. «Questo solleverà un polverone, eh?» «Io alzerei i prezzi prima dell'arrivo della televisione», insinuò Zahn. «Davvero? Lo credi?» Cinque minuti dopo essere entrati, uscirono di nuovo al freddo. Lucas prese la Oldsmobile e Del avviò la Mustang e partirono dietro Zahn, un corteo di tre macchine, venti metri di fronte alla centrale di polizia. I poliziotti che fumavano salutarono Zahn, guardarono con indifferente curiosità Lucas e Del. I tre vennero fatti passare attraverso una porta in vetro antiproiettili in un atrio, dove Zahn li presentò a Zelda Holme, la moglie del concessionario, una bella donna dal viso rotondo che era anche la segretaria dello sceriffo. «Lo sceriffo Anderson ha telefonato per avvisare che volevate parlare con Letty. L'abbiamo riportata nella saletta degli interrogatori», li avvisò lei sorridendo amichevolmente. «Seguitemi.» «Io me ne devo andare», disse Zahn a Lucas, tendendogli la mano. «Ha il mio numero. Mi chiami se ha bisogno.» «Ci vediamo», lo salutò Lucas. «E grazie.» Lui e Del seguirono la Holme e, mentre percorrevano un corridoio in blocchi di cemento con pareti color crema, Lucas le disse che avevano appena noleggiato due auto dal marito. «Spero che abbiate contato le dita dopo avergli stretto la mano», scherzò lei allegramente. «Carl sa essere duro.» La saletta era dietro l'ultima porta a destra, un cubicolo in cemento giallo pallido con sedie da sala d'aspetto acquistate in un Office Max, distributori automatici e un'esile ragazzina in jeans, immersa nella lettura di una copia di Outdoor Life. «Letty?» la chiamò la Holme. «C'è qualcuno che vuole parlare con te.» Letty West girò la testa e li esaminò. Era bionda, i capelli tirati indietro in una corta coda di cavallo. Aveva
caldi occhi azzurri che Lucas credette, per un attimo, di avere già visto da qualche altra parte, in un altro momento; un viso quasi ovale, ma con mento squadrato e lentiggini. Indossava jeans, felpa blu e scarpe da ginnastica che una volta dovevano essere state bianche, ma che ora avevano assunto il colore della terra. A un'estremità del tavolo, alla sua destra, una lattina di Coca-Cola. Avrebbe potuto essere un Huckleberry Finn in gonnella, ma i suoi occhi erano velati da una certa tristezza, una tristezza strana in una ragazza tanto giovane. Lucas aveva già visto quello sguardo, di solito negli occhi di una donna che aveva perso un figlio. Una bella ragazzina, pensò, a parte il viso e le mani segnati dalle intemperie che, non si fosse notata la sua figura preadolescenziale, si poteva pensare fosse la figlia ventenne di un agricoltore che aveva passato troppo tempo a raccogliere fagioli. «Questi signori sono venuti da St. Paul per parlare con te», spiegò la Holme. Era china su di lei come fanno le donne anziane quando parlano con i bambini, e usava un tono di voce troppo gentile. «Poliziotti?» domandò Letty. «Polizia di stato da St. Paul», sottolineò la Holme. «Poliziotti», ribatté Letty. «Ciao», disse Lucas fissando la ragazzina. «Ora ce la sbrighiamo da soli», continuò rivolto alla Holme. «D'accordo.» La donna guardò Del una sola volta, come se avesse le pulci, quindi uscì. Lucas ebbe l'impressione che si fosse fermata dietro la porta. «C'era per caso una fontanella nel corridoio?» chiese a Del. «Vado a vedere», rispose Del, sorridendo. Mise fuori la testa e guardò da ambo le parti. «No. Non c'è niente. Se ne sta andando», aggiunse a bassa voce. La saletta aveva due distributori di caramelle e due di bibite, una della Coca-Cola, l'altra della Pepsi, e puzzava di cera per pavimenti e caffè rovesciato, con un accenno di flatulenza. «Vuoi un'altra Coca?» le chiese Lucas. «Questa non era mia», rispose lei, indicando la lattina. «Allora vuoi la prima?» «Se paga lei.» La sua serietà lo fece sorridere; prese una Diet-Coke per sé, lanciò una lattina di Coca zuccherata a Del e lei disse. «Io prenderei una Pepsi, se non le dispiace.»
«Benissimo.» Infilò un dollaro nella macchinetta e premette il tasto per la Pepsi. «Dov'è tua madre?» domandò Del, aprendo la sua Coca. «Probabilmente al Duck Inn», rispose Letty. «Abbiamo pensato che avrei potuto affrontare questa cosa da sola.» «Davvero?» Del inarcò le sopracciglia. «A volte perde il controllo», spiegò Letty. «È pur sempre tua madre», replicò Lucas. «Potremmo chiamarla.» «Non servirebbe», insisté la ragazzina. «Con ogni probabilità è già ubriaca. Ci ha dato dentro dalle dieci.» «Beve un po', eh?» domandò Del, che si era lasciato cadere su un divano vicino alla porta. «No, beve tantissimo. Quasi sempre», rispose Letty mentre sorseggiava la sua Pepsi. «E tuo padre dov'è?» Lei scrollò le spalle. «Chi lo sa? L'ultima volta che qualcuno ha avuto sue notizie, viveva a Phoenix. E allora ero piccola.» «Ah», commentò Lucas. «È dura... Senti, hai già parlato con qualche vicesceriffo questa mattina? Hai reso una deposizione?» «Sì.» «Di che cosa hai parlato con loro?» Il suo viso s'incupì e lei distolse rapidamente gli occhi dai suoi. «Dei cadaveri.» «Partiamo dall'inizio. Ieri sera eri a casa tua...» La sera prima, raccontò Letty, era a letto nella sua stanza al primo piano della casa, proprio dall'altra parte del fossato che partiva da West Ditch Road. Sebbene le finestre ai lati nord e ovest della casa fossero state serrate con assi e le stanze chiuse per diminuire i conti del riscaldamento, lei aveva la sua cameretta nel lato orientale della casa, con una finestra. Era a letto, addormentata, quando un veicolo era passato davanti alla casa sulla West Ditch Road, una cosa che d'inverno non capitava mai. La strada veniva usata da un agricoltore locale come vialetto d'accesso posteriore a un paio di campi, ma era utilizzata soprattutto per la manutenzione del canale ed era stata proprio la stranezza di quel veicolo che la stava percorrendo a svegliarla. «Quando ho sentito l'auto, ho temuto che fosse mamma», spiegò. «Era uscita ieri sera e c'era vento e nevicava un po' e se superava il nostro via-
letto... a volte... non so. Se avesse bevuto e avesse cercato di girare in quella strada lungo il fossato, avrebbe potuto finirci dentro. Per questo mi sono alzata e ho guardato fuori della finestra e ho osservato l'auto che si è fermata su per la strada, e ho pensato che avrebbe iniziato a girarsi ed ero veramente preoccupata, ma poi ho sentito mia madre tossire al piano di sotto e sono andata a chiamarla. Lei si è avvicinata al fondoscale e le ho detto che qualcuno aveva risalito la strada del fossato e che forse si era perso. Lei è salita e ha guardato fuori della finestra e abbiamo continuato a guardare insieme e l'auto è rimasta là per un po', poi è ripartita.» «Questo è successo attorno a mezzanotte?» «Due minuti dopo la mezzanotte. Quando mi sono svegliata ho guardato l'orologio e segnava le dodici e zero due.» «Hai visto le persone?» domandò Del. «Non ho visto neppure la macchina, solo i fari. Stava soffiando il vento e tutto quello che potevo vedere erano la neve e i fari.» «Per quanto tempo siete rimaste a guardare?» chiese Del. «A lungo. Non so esattamente quanto. Non ho controllato l'ora quando sono tornata a letto.» «Non l'hai più vista, dopo che è partita?» «No. Non l'ho più vista.» Al mattino, raccontò loro, si era alzata per sistemare una serie di trappole. Nel fossato e negli acquitrini intorno poneva trenta trappole per topi muschiati. Si alzava alle cinque del mattino, raccoglieva i topi catturati durante la giornata, risistemava le trappole, metteva i topi in un sacchetto delle immondizie e li portava a casa per le sette. Dato che era buio fino verso le sette e mezzo, lavorava alla luce di una torcia ricaricabile. Questa mattina, dopo avere sistemato le trappole, aveva ripreso la strada lungo il fossato per tornare a casa. Non aveva pensato all'automobile della sera prima, finché non aveva visto le tracce nella neve e i solchi che indicavano che qualcuno aveva trascinato qualcosa nel boschetto. «Cosa avevi pensato fossero?» chiese Lucas. «Ho pensato che si trattasse di cadaveri», rispose Letty, senza distogliere lo sguardo. «È stata la prima cosa cui ho pensato, e mi sono spaventata nel buio, ma quando la gente butta via qui le proprie immondizie, non le trascina per la strada del fossato. Si ferma semplicemente al bordo dell'autostrada e le lancia nel canale. Non le nasconde. Per questo non potevo pensare ad altro se non a... cadaveri.» «E allora...»
«Ecco sono tornata lassù, non li ho visti subito perché era ancora buio.» Aveva gli occhi grandi ora, fissi su Lucas, mentre ricordava e riviveva la scena. «Sono arrivata in quel posto dove c'era un grande quadrato di neve calpestata senza niente sopra. Io, non so, mi è sembrato di vedere una cosa nera che pendeva, e ho puntato in alto la luce, ed erano là. Gli occhi del nero erano spalancati. Mi hanno spaventata a morte. Sono tornata di corsa sulla strada, ho preso i miei topi muschiati, sono corsa a casa e ho svegliato mia madre. Dapprima non voleva credermi, ma poi l'ha fatto e abbiamo chiamato i poliziotti.» «Tutto qui?» «Sì.» Annuì e bevve un'altra sorsata di Pepsi. «Tua madre è andata al boschetto a controllare?» «No. Aveva paura. Le cose morte non le piacciono. Non vuole nemmeno consegnare i topi, e sono dentro un sacco.» «Che fai con i topi?» s'informò Del. «Li vendo a Joan Wickery. Lei è quella che compra le pelli da queste parti», rispose Letty. «Quanto ti danno?» domandò Lucas. Non aveva mai conosciuto un cacciatore di pelli. «Dipende dal tipo. Mi dà un dollaro e settantacinque per un topo comune e sei dollari per un procione. Il problema con i procioni è che sono furbi e capiscono che stai dando loro la caccia. Sono dovuta andare in macchina fino alla discarica per prenderli. Per questo vado là solo due volte alla settimana, e ne prendo due o tre al massimo. Nel fossato e nella palude al di là della strada riesco a prendere anche venti topi muschiati e finisco prima di andare a scuola.» «Non devi scuoiarli o... altro, vero?» chiese Lucas. «No. Quello lo fanno i figli di Joan. Io porto loro solo le carcasse.» Del era affascinato. «Che ne fanno dei corpi dei topi?» «Li triturano, li trasformano in alimento. Per quello però non vengo pagata. Mi pagano solo le pelli. Joan dice che le carcasse le permettono di mandare avanti gli affari e le pelli sono il suo profitto.» «Alimento per chi?» domandò Del. «Per i visoni. Joan ha un allevamento di visoni.» «Null'altro da raccontarci?» le domandò Lucas dopo averla fissata per un minuto.
«Spero di non morire per impiccagione», rispose Letty. Rifletterono tutti e tre sulle sue parole per un po'. «Ruotavano. Lassù appesi», aggiunse lei. «Ruotavano.» Accennò al movimento con le dita. Considerarono quel fatto in silenzio, con Lucas che cercava qualcosa da dirle per consolarla, senza riuscire a trovare nulla. «Senti, perché avevi pensato fosse l'auto di tua madre quella che percorreva la strada? Cosa aveva attirato la tua attenzione?» le chiese dopo un attimo. Letty rifletté un momento, poi annuì. «Sì. Era una jeep. Almeno credo lo fosse. Le Cherokee hanno questa grossa luce posteriore quadrata e rossa...» Disegnò un quadrato in aria. «E poi una grossa luce posteriore gialla sempre quadrata, la freccia. E poi ancora una piccola luce bianca, il fanalino della retromarcia, all'interno della luce gialla. Ecco cosa ho visto sulla strada. Quei fari posteriori rossi come quelli di mia madre e poi, mentre stava facendo retromarcia, quando avevo paura che lei finisse nel fossato, quelle luci bianche nel grosso fanale quadrato giallo, le luci gialle non si erano accese, ma si potevano vedere perché il fanalino bianco le illuminava.» «Una Cherokee», commentò Lucas, «Già. Questa mattina, quando ho parlato con gli altri poliziotti, non mi è venuto in mente.» Parlarono per un paio di minuti ancora, poi Lucas le sorrise. «Bene. Non ho più domande.» «Ne ho una io», s'intromise Del. «Io sono un ragazzo di città. Come si cacciano i topi muschiati con le trappole?» Lei spiegò in due parole la differenza tra piattaforme per il cibo e nidi. «I nidi sembrano piccole tende indiane fatte di bastoncini e tifa e altro. Se ne vedono dappertutto nella palude. Tanti mucchietti. Una volta sono andata con mamma alle Twin Cities, cioè Minneapolis e St. Paul, e ho visto un posto vicino all'aeroporto con più nidi e piattaforme di quante ne avessi viste in vita mia.» «Davvero?» Del era incantato. «Vicino all'aeroporto?» «Proprio così. In ogni caso, dopo una gelata, si possono aprire i nidi e alcune delle grosse piattaforme per cibo con un machete o un falcetto e infilarvi dentro la trappola; nei grandi nidi ci sono tantissime stanze. E così si infila dentro la trappola alla quale è collegata una catena che si fissa fuori dal nido. Poi si rappezza il buco, in questo modo dentro è buio, e loro finiscono direttamente nella trappola. Alla base del nido c'è un foro che porta sotto il ghiaccio, è così che se ne vanno in giro dopo che la superficie
dell'acqua si è gelata e quando la trappola scatta, saltano attraverso il buco per fuggire e annegano. Io di solito uso trappole a molla Numero 1.» «E poi che fai, tiri la trappola per vedere se c'è un corpo?» Lei scosse la testa, infilò la mano in tasca, trovò un mozzicone di matita e prese un tovagliolo di carta. «La catena esce dalla casa così...» Disegnò una catena con un anello più grande all'estremità. «S'infila un picchetto in questo anello, così che il topo muschiato non può liberarla. Bisogna sistemarlo al centro dell'anello, così, quando qualcosa finisce nella trappola all'interno del nido, tira l'anello verso il picchetto. In questo modo, ci si avvicina al nido e si capisce subito se qualcosa è entrato nella trappola.» «Mh-mh.» «Di solito si possono tirare fuori da un nido quattro o cinque topi. Bisogna sempre lasciare alcuni riproduttori.» «Quanto guadagni in un inverno?» s'informò Lucas. Lei sorrise e scrollò il capo. «Questa non è una domanda cortese.» «Sei una bambina», ribatté lui. «Lo dica ai federali quando esigono le tasse.» «Pensate di potermi dare un passaggio fino a casa?» chiese Letty. Schiacciò la lattina di Pepsi tra le mani e la lanciò in un cestino per la carta straccia. «E tua madre?» chiese Lucas. «Può sempre farsi dare un passaggio da uno dei suoi amici. Non voglio stare qui tutto il giorno.» Lucas annuì. «D'accordo. Andiamo prima a chiedere alla signora Holme, se hanno già pensato a questo.» «Preferirei venire con voi. Non mi piacciono i vicesceriffi. Mi rompono le scatole.» «Finisci spesso nei guai?» «Soprattutto perché guido l'auto di mia madre. Ma non ho altro mezzo per andare in giro e la città è troppo lontana per andarci a piedi.» «Quanti anni hai?» le domandò Del. «Dodici.» «Troppo pochi per guidare, non ti pare?» «Per qualcuno, forse», replicò, «se mi date un passaggio, vi mostro Broderick. Conosco ogni casa di questo posto.» «Affare fatto», disse Lucas.
La Holme si mostrò ben felice di lasciare a Lucas il compito di riportare a casa Letty. Fuori, nel parcheggio, decisero che Del avrebbe visitato i motel della zona per chiedere se avessero visto dei forestieri che guidavano jeep. Lucas avrebbe dato un'occhiata alla casa delle vittime a Broderick. Più tardi nel pomeriggio si sarebbero incontrati per mangiare qualcosa e infine sarebbero andati al casinò per parlare con i colleghi di lavoro della Warr. Letty li ascoltò parlare. «Ci sono quattro motel. Vuole sapere dove sono?» chiese rivolgendosi a Del. Del acconsentì e Letty cominciò a spiegare la configurazione della città, disegnando con un sassolino sulla superficie bitumata, le mani ruvide, rosse, ma a quanto pareva insensibili al freddo. A un certo punto Lucas la interruppe, rientrarono insieme nel palazzo di giustizia, trovarono un impiegato e comperarono delle mappe della città e della contea. Letty le interpretò bene e, con l'aiuto dell'impiegato, localizzarono i motel. Del partì sulla sua Mustang, Lucas e Letty si diressero verso Broderick. Mentre attraversavano il ponte, Lucas notò una fitta espansione di baracche per la pesca nel ghiaccio a un'ansa a nord. Alcune erano soltanto delle scatole dal tetto piatto con porte, altre erano più elaborate, con tetti spioventi e bandierine a stelle e strisce su pali alle porte. Poi il fiume fu alle loro spalle ed essi seguirono i binari ferroviari oltre le case in stile Cape Cod dai colori pastello e i miseri negozi e rapidamente si ritrovarono nella prateria. «È mai stato qui prima?» chiese Letty dopo un po'. «Esattamente qui, no», le rispose. «Sono stato a Oxford.» «Ha con sé un'arma?» «Sì.» «Ha mai sparato a qualcuno?» «Forse.» «Che cosa vorrebbe dire, forse?» «Vuole dire che tu dovresti pensare ai fatti tuoi.» Aveva cercato di non essere sgarbato, ma Letty non mollò. «Non ne vuole parlare, vero?» gli domandò. «Perché non cambiamo argomento?» Lei fece spallucce. «D'accordo, se non ne vuole parlare.» «Ha dei figli?» gli chiese poco dopo. «Due», rispose Lucas. «Una figlia e mia moglie ha appena avuto un ma-
schietto.» «Che fa sua moglie?» «È un dottore.» «A me piacerebbe diventare un dottore», disse Letty, osservando il paesaggio. La campagna ricordava a Lucas un quadro moderno che aveva visto una volta al Walker Art Center, quando, giovane poliziotto, era stato chiamato per un'aggressione sessuale. Il quadro era stato dipinto in due colori, una sottile striscia nera alla base, una striscia più ampia sopra. Ricordava ancora il titolo: Fischiatore nell'oscurità: composizione in bianco e grigio. Se l'artista avesse conosciuto questa zona, l'avrebbe intitolato: Paesaggio invernale, Broderick, Minnesota. «O forse dirigere un salone di bellezza», stava raccontando Letty. «Ad Armstrong abbiamo tre saloni di bellezza, due buoni e uno che non vale niente.» «Mmm», borbottò Lucas. «Se fossi un poliziotto, metterei agenti segreti in ogni salone di bellezza della città. Farebbero finta di voler imparare a fare i parrucchieri, ma avrebbero registratori e videocamere nascoste. Come spie.» «Sarebbero necessari molti poliziotti», replicò Lucas. «Già, ma lei verrebbe a sapere tutto. Io vado da Harriet's Mane Line con la mamma, e le lavoranti sanno tutto ciò che succede in città. Ogni cosa. Sarebbe molto utile per un poliziotto.» Lucas la guardò di nuovo, con maggiore attenzione. «Hai ragione. Sarebbe utilissimo. Forse diventerai un poliziotto da grande.» «Perché no», disse lei serenamente. «Non mi dispiacerebbe girare con una pistola. Se questa mattina avessi avuto un vero fucile, non avrei avuto assolutamente paura. Tutto quello che avevo era quello schifoso calibro 22.» Ciò che rendeva il viaggio attraverso la campagna tanto strano, pensò Lucas, era il fatto di non fare niente: si stava seduti in macchina e il tempo passava. In qualsiasi altro posto, la strada cambiava: si salivano e scendevano colline, si facevano curve e si superavano case, si entrava e si usciva da zone a velocità limitata, si vedevano passare automobili e camion e saltava fuori sempre qualcosa di nuovo. Qui la strada era assolutamente diritta, piatta, senza nulla ai lati. Invece di sbucare fuori da una curva in cima alla cresta di una collina e di trovarsi all'improvviso davanti una città nascosta, qui le città comparivano come una zolla che cresceva lentamente
all'orizzonte; le si vedevano, o così pareva, per ore prima di raggiungerle. Broderick comunque apparve abbastanza alla svelta; Lucas rallentò entrando in paese. «Ebbene, che c'è da vedere?» «Okay. Allora, c'è la chiesa», disse lei, indicando dall'altra parte dell'autostrada. «Prima era gestita da Don Sanders. È un po' pazzo e io cerco di stargli alla larga. Da, non saprei, forse due o tre anni, vive lì un gruppo di donne. La gente le chiama suore.» «Sono delle vere suore?» «Un paio di loro sì. Indossano abiti antiquati.» «Okay. Le conosci?» «Parlo con loro nel ristorante, quando le incontro, ma mamma dice che dovrei stare alla larga, perché potrebbero essere lesbiche. Sostengono di essere gente di chiesa e dicono che raccolgono cibo e vestiti per i poveri.» «Lo fanno?» Lei annuì. «Credo di sì. Una volta mi hanno dato dei jeans. Eleganti. Conosco un paio di loro, delle suore intendo, e una di loro, Ruth Lewis... mi piace molto. Non si fa pestare i piedi da nessuno. Sostiene che io valgo quanto chiunque altro e che dovrei ricordarmene.» «E che mi dici dell'amico Sanders? Perché pensi sia pazzo?» «È che non mi piace come mi guarda. Provo una brutta sensazione.» «Tipo? Come se potesse farti del male?» «Come se potesse cercare di farmi fare qualcosa con lui», replicò Letty. «D'accordo.» Non espresse alcun commento; decise di archiviare l'informazione finché non l'avesse conosciuta meglio. Le giovinette, secondo la sua esperienza, avevano a volte una capacità medianica di riconoscere i predatori. Altre volte, erano capaci di accusare con espressione assolutamente seria un innocente. «È stato sostituito da lesbiche?» «Quella è solo l'opinione di mia madre», ribatté Letty. «So che la sorella di Ruth esce con un tipo, quindi non è lesbica.» «Oh», disse Lucas, lanciandole un'altra occhiata. Pensò che forse era arrossita. Lei si affrettò a cambiare argomento e indicò davanti a sé, sopra il cruscotto. «Quei due grossi edifici gialli appartengono a Gene Calb, lui ripara automobili e gipponi. È un tipo a posto. Se sono fuori con le trappole, mi fa entrare a scaldarmi. Non posso entrare nel bar o nel caffè, perché a volte puzzo un po', ma a lui non importa. Credo che mamma si fosse presa una cotta per lui, ma è sposato. Ho sentito che a volte le lesbiche guidano per lui, come quando ha bisogno che venga consegnato un veicolo da qualche parte. Lo potrei fare anch'io, se avessi la patente.»
«Dovrai aspettare per quello», osservò Lucas. «Già.» Puntò il dito. «Quello è il bar, il gestore si chiama Pete. Mamma andava spesso lì quando lo gestiva Randy Pearce, ma ora dice di non sentirsi la benvenuta. Dice che adesso è una bettola, un gruppo di sniffatori di vernici che lavorano nell'officina. Dice che sono tutti avanzi di galera.» «E lo sono?» Lei scrollò le spalle. «Alcuni di loro sono stati in prigione, credo, ma sembrano tipi a posto.» Dall'altra parte dell'autostrada: «Il caffè è gestito da Sandra Wolf, lei è gentile, e John McGuire ha la stazione di servizio, anche lui è a posto. È laggiù, proprio dall'altra parte del fienile...» Indicò una stradina laterale, dove c'era una bassa casa sghemba. «... Non so cosa facciano quei tipi, ma se fossi un poliziotto, andrei a controllare.» «Ah sì? E perché?» «Stavo passando di là, una scorciatoia dal lago, e quel tipo è uscito dalla casa urlandomi di andarmene dalla sua proprietà. Avevo fatto solo pochi metri. E lui ha dei cani, grossi cani neri e marrone. Per un certo periodo attorno alla proprietà aveva messo delle bandierine in carta che dicevano ADDESTRAMENTO CANI, RECINTO INVISIBILE, penso però che, se avesse aizzato i cani contro qualcuno, quel recinto non sarebbe servito a niente. Ci sarebbero passati attraverso come se fosse stato... invisibile.» «Tutto quello che aveva fatto, tuttavia, era stato solo urlarti contro.» «Ho pensato che fosse una cosa piuttosto sospetta. Voglio dire, ha ben tre acri e io ero penetrata di solo tre passi.» «Che mestiere fa?» «Lavora da Calb. A volte c'è una donna da lui. Ne ho viste un paio, donne diverse. Di certo sa come tenerti fuori dalla sua proprietà.» Stavano arrivando all'estremità settentrionale del paese e alla casa dove avevano vissuto Jane Warr e Deon Cash. All'esterno erano ora parcheggiate due macchine dell'ufficio dello sceriffo e una delle auto del BCA di Bemidji. «Se vuole fermarsi, posso aspettare», disse Letty. «Forse avrà bisogno di farmi qualche altra domanda dopo avere dato un'occhiata dentro la casa.» Era stato manovrato, pensò Lucas, la ragazzina aveva mostrato segni del tipico gene manovratore femminile durante l'intervista alla centrale di polizia e ancor più durante il viaggio verso Broderick. D'altra parte, aveva ragione. Entrò e parcheggiò. Un vicesceriffo scese dalla veranda e si avviò
verso di loro. Lucas scese e si presentò. «Sono Lucas Davenport, del Bureau of Criminal Apprehension.» Il vicesceriffo annuì. «D'accordo. Uno dei vostri è là dentro.» Lucas infilò la testa nell'auto e disse. «Aspetta», quindi chiuse la portiera e seguì il vicesceriffo. «Dove ha preso la ragazzina?» domandò il vicesceriffo, chinandosi per dare un'occhiata a Letty, che lo salutò alzando una mano. «Era in città per rilasciare una deposizione. La conosce?» «Certo. Qui conosco tutti. Una ragazzina interessante. Non si perde in sciocchezze, questo è sicuro. Diventerà ricca.» «Dice delle belle stronzate», commentò Lucas. «È la prima cosa che si nota», ammise il vicesceriffo. Aprì la porta spingendola e Lucas entrò nella casa, in un'anticamera con solo un armadio per cappotti. Passò nel soggiorno, dove uno degli agenti del BCA, cui era stato presentato al mattino, se ne stava ai piedi di un ampio scalone, parlando al cellulare. Vide Lucas e alzò un dito. Lucas annuì e si guardò attorno. Il posto sapeva di pasta, formaggio, marijuana e sangue, un odore che aveva già sentito nelle centinaia di case che aveva visitato nei casi di omicidio. Alla sua destra, in un angolo, un televisore Panasonic dallo schermo ampio e su una tavola vicina un grosso Sony. Una console per giochi era connessa al Sony, mentre al Panasonic erano collegati DVD e un ricevitore satellitare. Di fronte ai televisori una poltrona in pelle e un divanetto a due posti. Dietro l'agente del BCA, dall'altra parte della base dello scalone, un corridoio portava in cucina. Lucas notò su un bancone, vicino a un forno a microonde, un apparecchio per fare il pane. A destra, un passaggio ad arco portava in un'altra stanza con al centro una tavola da pranzo. La tavola era coperta di scatole, che per la maggior parte avevano contenuto piccoli elettrodomestici. Cinquanta o sessanta riviste erotiche, di automobili o viaggi, erano accatastate lungo una parete. Capovolta sotto tavola, come se fosse caduta a terra, una radio Bose Wave ancora collegata a una presa a muro. Una cuffia, con un auricolare rotto, giaceva dall'altra parte del tavolo, assieme a una boccetta di ibuprofen. In cima alla confusione di scatole, una confezione di cracker Wheat Thins. Il disordine generale non sembrava dovuto a premeditazione o a ricerca, ma semplicemente a una cattiva gestione della casa. «Ehi...» L'agente del BCA gli arrivò alle spalle. «Guardi qui», e lo condusse in cucina. «Sono Joe Barin, ci hanno presentato...»
«Questa mattina», completò Lucas. «Qui», indicò Barin. «Stia attento a dove mette i piedi. Ci sono degli schizzi di sangue.» Stava indicando un cestino della carta straccia sul pavimento accanto alla porta della cucina. Quando Lucas vi guardò dentro, vide due minuscoli sacchetti con chiusura a zip, del genere usato nei negozi di ferramenta per contenere viti, rondelle, coppiglie e altro, e dagli spacciatori per distribuire quantità calcolate di cocaina, eroina e cristalli di metedrina. Nessuna coppiglia in vista. «Ne ha già tirato fuori uno?» «Non ancora. Può notare che vi sono dei residui. Non scommetterei la testa di mio figlio, ma è cocaina.» «Erano spacciatori?» «Abbiamo dato un'occhiata in giro, ma non abbiamo trovato altri sacchetti. Forse era solo per uso personale. O forse troveremo altra droga in seguito... e poi, abbiamo questi vestiti.» Indicò un altro angolo dove vi era un mucchio di vestiti. «Tutto a brandelli. È qui che l'assassino li ha spogliati, tagliando loro via i vestiti.» «Quindi entra con un'arma, li ammanetta, li lega e poi toglie loro i vestiti tagliandoli.» «Malmena a sangue Cash.» «Malmena a sangue Cash e poi li trascina entrambi fuori e li getta nella jeep e li porta al boschetto e li impicca.» «Già.» «Un tipo duro.» «Un pazzo.» Lucas esaminò la cucina per qualche altro secondo: per lui non c'era nulla, questo l'aveva capito. Forse la Scientifica avrebbe scoperto qualcosa. «Che c'è di sopra?» «Tre camere da letto e due bagni», rispose Barin. «Una delle stanze da letto non sembra usata molto. Una delle altre due contiene un letto a due piazze e, appesi in un armadio, alcuni vestiti, vestiti da uomo, e alcune cose in bagno, ma non pare sia stata utilizzata di recente. Gli abiti non erano di Cash, ma per un uomo più grande. La terza stanza da letto, quella grande, era la loro camera. Abiti di Cash e della Warr. Un sacco di abiti. Un sacco di cachemire.» «Facciamo venire qui la Scientifica il più rapidamente possibile», consi-
gliò Lucas. «Che mettano sottosopra tutta la casa. Se fossero stati spacciatori, questo spiegherebbe molto. Potrebbero essere stati uccisi per punizione.» «D'accordo.» Barin esito. «Non ho ben capito come sia qui la linea gerarchica...» «Dov'è Dickerson?» «Ancora sul luogo del delitto, credo.» «Lui è il vostro responsabile, io lavoro separatamente. Quello che ho appena suggerito era... un consiglio.» Lucas gli sorrise. «Naturalmente parlo con il commissario cinque o sei volte al giorno.» Barin alzò le spalle. «La burocrazia non m'interessa. Mettere sottosopra questo posto mi pare la cosa giusta.» «Il poliziotto che è con me, Del, conosce ogni nascondiglio per la droga inventato dall'uomo moderno. Lo porterò qui più tardi.» «Bene.» Il vicesceriffo si affacciò alla porta. «Questa ragazzina...» Lucas e Barin si voltarono. Letty era accanto al vicesceriffo e si guardava attorno con interesse. «...dice che deve andare in bagno.» «Ecco... qui no. Ti porto subito a casa», disse Lucas. «Lei sa cosa sta facendo. Manderò qui Del» aggiunse rivolto a Barin. «D'accordo.» Barin stava guardando con curiosità Letty. «È lei la giovane che ha trovato...» Inclinò la testa verso nord. «Sì», rispose Lucas. «Per un attimo ho creduto fosse sua figlia. Ha i suoi stessi occhi», osservò Barin. «Posso tornare al caffè a piedi», borbottò Letty. «È ad appena due isolati.» «No, ti ci porto io», ribatté Lucas. «Andiamo.» Uscendo, Letty indicò il televisore Panasonic nell'angolo. «È stato a lungo nella vetrina di Lute's. Sa quanto costa?» «Mille, millecinquecento?» Letty sbuffò. «Era in vendita per novemila e novecentonovantanove dollari. Diecimila verdoni. Un televisore ad alta definizione. È rimasto nella vetrina per sei settimane e poi, un giorno, non c'era più. Non sapevo che fosse finito qui.» Lucas guardò Barin, alzò un sopracciglio. Barin fece un cenno con il capo, avrebbe verificato. Un televisore da diecimila dollari avrebbe dato più
peso al teorema dello spaccio di droga. «Andiamo, dai», ripeté Lucas. «Non devo andare a fare la pipì. Volevo solo dare un'occhiata», ammise Letty appena fuori. «Buon Dio», sbottò Lucas irritato. «Sto cercando di aiutarti. Hai bisogno di tutto l'aiuto possibile», replicò lei, passando al tu. «Perché non potevo fare lì pipì?» «Devono esaminare tutta la casa. È la scena del crimine. Come negli spettacoli alla televisione. I bagni sono luoghi buoni da analizzare, perché hanno superfici utili per le impronte digitali e così via. A volte si riesce a trovare qualcosa per l'esame del DNA nei bagni.» «Va bene. Il motivo è valido.» «Forza, andiamo a casa tua», concluse Lucas. 6 Dalla casa di Cash si vedeva quella di Letty: una macchia grigia sul filo dell'orizzonte. «Che diavolo stanno facendo?» domandò Letty, scrutando dal finestrino, mentre uscivano dal paese. «Cosa?» Lucas inclinò la testa per guardare. Sopra uno dei campi coltivati, direttamente a sud della fila di auto della polizia sul luogo del crimine, due elicotteri volteggiavano a dieci metri dal suolo, sollevando una piccola tempesta di cristalli di ghiaccio e terra, mentre si spostavano lateralmente e lentamente, allineati, verso il fossato e le auto. «La televisione», rispose Lucas. Controllò l'ora: non erano ancora le due del pomeriggio. La notizia era volata. «Sta filmando la scena.» Le lanciò un'occhiata. «Davvero non devi andare in bagno?» «Non proprio.» «D'accordo. Sarà meglio che tu rimanga con me per un po'.» Dall'altra parte della strada in terra battuta era parcheggiata un'auto del dipartimento dello sceriffo e Lucas, svoltando nella stradina, allungò fuori del finestrino la sua carta d'identità. Un vicesceriffo sbirciò dal parabrezza, era uno di quelli cui Lucas aveva detto di andare a scaldarsi," e gli indicò di proseguire con un cenno della mano. Era calato il numero di auto presenti, ma, quando si fermarono, videro tre uomini trasportare un sacco mortuario nero tra gli alberi.
«Sono quelli i morti?» chiese Letty, sbirciando al di sopra del cruscotto. «Uno dei due», replicò Lucas. Aprì la portiera e stava per scendere quando squillò il cellulare. Si risedette e premette il tasto di risposta. «Sì?» «Lucas. Neil Mitford.» L'assistente del governatore. Nella sua voce, un rumore elettronico che ricordò a Lucas che si trovavano al margine del nulla. «Ancora nulla?» «Una delle vittime, il nero, è stato in carcere nel Missouri, finché non si è trasferito quassù, circa un anno e mezzo fa. Gli agenti di Bemidji stanno verificando questa notizia. Nella casa dove vivevano, nel cestino della carta straccia, sono state trovate due bustine, del genere usato per vendere la droga per strada, con dentro qualche residuo, probabilmente cocaina.» «Ottimo», commentò Mitford. «È ancora troppo presto per iniziare a diffondere la notizia che si tratta di una faccenda di droga?» «Che non sia il governatore a darla. Dovrà poterla negare, se fosse necessario», rispose Lucas. «Ritengo comunque che reggerà. Stanno portando i cadaveri fuori dal boschetto proprio ora.» «La televisione è già sul posto?» Lucas gli riferì la presenza dei due elicotteri. «Non so cosa possano vedere da lassù. Potranno, tuttavia, scattare immagini dei corpi portati fuori nei sacchi mortuari.» «Ma niente degli alberi?» «Non so. Vado a chiedere e la richiamo.» «Siamo piuttosto impazienti», spiegò Mitford. «La richiamo subito.» Spense il cellulare. «Questa volta rimani in macchina, Letty.» «Questo è un paese libero», ribatté lei. «Metti un piede sulla scena del crimine, e questa lo è, e ti sbatto in una macchina dello sceriffo e ti mando ad Armstrong a riflettere sulla faccenda per alcune ore, seduta nel suo ufficio.» «Non è giusto.» «Allora prendi un paio di aspirine e sdraiati», disse Lucas. Mentre stava per scendere dall'auto, Letty riassunse la situazione. «Ex carcerato con bustine di cocaina, eh? Proprio un bel quadretto.» «Non ti muovere», sbottò Lucas. Sceso dall'auto, vide Ray Zahn, appoggiato al paraurti della sua auto di pattuglia in fondo alla fila, osservare gli uomini caricare i sacchi su una Suburban. Lucas si avvicinò, Zahn girò la testa e gli fece un cenno. «Li
stanno portando via», gridò. «Il medico legale è ancora lassù?» «Sì, ha dato una mano a tirarli giù. Ha fatto tagliare la corda, lasciando il cappio attorno ai loro colli per poter capire se erano stati uccisi con quella.» «Pensa che qualche elicottero della televisione sia riuscito a catturare delle immagini?» domandò Lucas, avviandosi verso gli alberi. Zahn lo seguì. «Sì. Non so quanto abbiano potuto vedere, ma se si sposta diagonalmente e guarda verso il campo, avrà una linea visuale aperta verso l'albero dell'impiccagione. Il sottobosco impedisce che la si noti immediatamente, ma da cinque, sei metri di altezza, guardando da una certa angolatura... gli elicotteri erano esattamente in quel punto. Hanno continuato a spostarsi dentro e fuori quell'apertura.» «Merda.» «Forse non hanno potuto vedere un granché.» «Qualsiasi cosa era già troppo.» Ora vedevano l'albero degli impiccati circondato da un gruppo di uomini. «Il medico legale è quello con il cappotto nero?» «Sì, Henry Ford.» «Davvero? Henry Ford?» «Già. Viene da Thief River. Una brava persona. Non capisce niente di automobili.» Lo sceriffo Anderson, il sovrintendente del BCA Dickerson e un paio d'altri uomini erano raggruppati a sinistra del secondo sacco mortuario nero, il fumo delle sigarette fluttuante sopra di loro. «Fa freddo», borbottò Zahn dietro di lui. «La radio dice che siamo a sedici gradi sotto lo zero.» «L'ho sentito», confermò Lucas. «Questa sera però la temperatura salirà. E allora forse nevicherà.» «Un po' di neve ci farebbe comodo», osservò Zahn. Anderson li aveva visti sbucare di tra gli alberi e si voltò verso il medico legale, cui pendeva dall'angolo della bocca quella che sembrava una sigaretta senza filtro, disse qualcosa e Ford si girò verso di loro. Era un uomo canuto, ma non pareva tanto vecchio da avere i capelli così bianchi, sui trentacinque anni, pensò Lucas, con antiquati occhiali tondi dalla montatura dorata. Lucas si avvicinò, Zahn un passo dietro di lui, fece un cenno di
saluto. «Lucas Davenport», si presentò, «lei è il dottor Ford?» Si stinsero la mano inguantata. «Qualcosa di utile?» domandò Lucas. «Sono di certo morti qui, se ciò le può servire», rispose Ford, senza far cadere la sigaretta. «La corda ha tagliato il collo di Cash e il sangue è gocciolato lungo il corpo e c'erano alcune gocce sul suolo, nella neve sotto il piede destro, per cui era vivo quando l'hanno appeso. Immagino che lo stesso valga per la Warr, ma lo sapremo con certezza più tardi. Il sangue sul volto della Warr, non credo sia suo. Avevo paura di perdere qualcosa movendola, tirandola giù, per cui ho prelevato un po' di sangue con un tampone. Abbiamo trovato anche tre capelli biondi corti che non appartengono né alla Warr né a Cash.» «Bene. Eccellente. Nessun segno di uso di droga?» Ford si tolse la sigaretta di bocca. «Entrambi avevano la zona attorno alle narici irritata, come se fossero consumatori di cocaina. Cash aveva delle cicatrici sugli avambracci e la Warr sull'avambraccio destro e sotto entrambi i piedi, provocate, forse, da aghi. Non posso ancora affermare che consumassero cocaina, ultimamente non ne abbiamo vista molta. Naturalmente faremo un'analisi tossicologica ad ampio raggio.» «Bene. E quanto più rapida sarà, tanto meglio.» Lanciò un'occhiata agli elicotteri che ancora sorvolavano la scena del crimine. Li poteva vedere chiaramente, proprio sopra la boscaglia. Avevano di certo avuto una visione diretta dei cadaveri impiccati all'albero. «Non è che siete riusciti a tirare giù i corpi prima dell'arrivo degli elicotteri?» chiese a Dickerson. «No.» L'agente del BCA scrollò la testa. «Con videocamere adeguate sono di certo riusciti a scattare immagini perfette. Avessimo avuto altri venti minuti...» «Hanno cercato di venire qui, ma li abbiamo allontanati», soggiunse Anderson. «Non potevamo fare nulla di più.» «Inutile piangere sul latte versato», osservò Lucas. Gli uomini della Scientifica stavano già ispezionando la zona e Lucas si avvicinò a loro e parlò per un attimo con il sovrintendente. «Niente. Nessuna impronta buona, tutto è gelato e la neve non ha trattenuto alcunché», disse l'uomo. «La lunghezza del passo e la dimensione del piede dovrebbero indicare che l'assassino è un uomo, ma, che diavolo,... non abbiamo mai pensato che una donna potesse trascinarli fin qui. Sembra si sia trattato di un solo uomo, se ciò significa qualcosa.» «Sì, è importante», osservò Lucas.
«E così si tratta di un solo uomo. Non c'è molto di più, ripuliremo comunque tutta la zona, fino alla terra.» Lucas si voltò per tornare da Dickerson, ma in quel momento il telefonino squillò di nuovo. «A questo non crederai mai», iniziò subito a dire Del. «C'era un tipo al Motel 6 l'altra sera, guidava una Cherokee del '95 e ha pagato in contanti. Ho qui la scheda di registrazione, con i numeri della targa del Minnesota. Chiederò di identificare il proprietario dell'auto, vediamo che succede. Il portiere di notte dice di averlo visto di nuovo la notte scorsa, era entrato nel parcheggio come se volesse registrarsi di nuovo, ma non l'ha fatto. È rimasto seduto per alcuni secondi e poi è ripartito. L'impiegato dice che era un bianco con una barbetta corta, un tipo grosso che parlava bene. Indossava un giaccone blu e un berretto da sci. Se Letty avesse ragione riguardo l'ora, si sarebbe trovato nel parcheggio dell'albergo suppergiù un'ora prima. Forse un po' meno.» «Mh-mh. Qualcun altro ha soggiornato nella sua stanza dopo di lui?» «Un uomo, la notte scorsa. Se ne è già andato e la stanza è stata ripulita. Abbiamo il numero della carta di credito di quest'ultimo, per cui dovremmo riuscire a rintracciarlo per prendergli le impronte digitali. Ho esaminato la camera e sigillato le porte con del nastro adesivo.» «Che altro?» «Se non mangio qualcosa entro i prossimi dieci minuti, muoio.» «Ti sei fatto dare il nome di un buon ristorante?» «C'è un locale chiamato Red Red Robin. Mi è stato consigliato con una certa riluttanza.» «Ci vediamo là tra un quarto d'ora.» Lucas tornò da Dickerson e i due si allontanarono di qualche passo per parlare. Lucas gli riferì delle bustine contenenti droga nella fattoria di Cash. «Stavo proprio per tornare là», disse Dickerson. «Nient'altro?» «Abbiamo chiacchierato con la ragazzina, ritiene che l'auto dell'assassino fosse una Cherokee», raccontò Lucas, quindi riferì a grandi linee la conversazione con Del. «L'impiegato del motel ha visto la jeep non molto prima di quando Letty ha visto i fanali sulla strada. Mi inquieta dirlo, ma tutto concorda.» «Bisognerà analizzare la stanza», ammise Dickerson con tono decisamente interessato. «È la prima cosa da farsi.» «È sigillata con nastro adesivo ufficiale», disse Lucas. «Faccia pure.»
«Potrebbe servirci parlare con la ragazzina?» «Non credo. Lei li ha semplicemente trovati. Può comunque parlarci, se vuole.» «Abbiamo altre cose da fare, se ritiene di avere saputo tutto da lei.» «La riporto con me in città, vorrei tenerla lontana dai giornalisti per un po'», disse Lucas. «E continuare il discorso.» Quando Lucas tornò, trovò Letty seduta, per nulla infreddolita, sul cofano dell'Oldsmobile. «Non riuscivo a respirare là dentro», si scusò lei. «Ma sono rimasta sempre qui.» Saltò giù dalla parte del passeggero, aprì la portiera e salì. «I cadaveri nei sacchi parevano rigidi, come sacchi pieni di assi», mentre Lucas saliva e cercava in tasca le chiavi. «Mh-mh. Conosci un locale chiamato Red Red Robin?» «Ah, quello che chiamano Bird, in centro città. Un locale carino. Ci sono stata una volta con mamma per la festa del Ringraziamento.» «Vado a mangiare là con Del. Non mi piace l'idea di lasciarti sola senza tua madre.» Non aggiunse che odiava ancora di più lasciarla con un branco di giornalisti fuori dalla porta di casa. «Vuoi venire?» «Buona idea. Se paghi tu.» «Pago io.» «Parevano rigidi in quei sacchi. È il rigor mortis?» Lucas scrollò la testa. «No. Erano congelati. Come ghiaccioli.» Il Red Red Robin era un ristorante con vetrate sulla strada e un pettirosso dipinto su un'insegna oscillante fuori della porta, come nei pub inglesi. All'interno, una decina di sgabelli con sedile rosso erano allineati lungo il bancone del bar. Oltre il bancone, e oltre un cartello che diceva, PER FAVORE, ACCOMODATEVI, sedici séparé ricoperti con la stessa similpelle rossa degli sgabelli. Il locale puzzava di uova fritte, cipolle fritte, patate fritte e manzo fritto. Nei séparé, otto clienti, divisi in tre gruppetti. Sembravano essersi sistemati per tenere d'occhio Del che sedeva a metà della parete di destra. «Niente di nuovo?» domandò Lucas, infilandosi nel séparé con Letty. «Ho controllato i numeri. Non esiste una targa simile», rispose Del. «Merda.» Guardò Letty. «Peccato.» «Penso che un uomo che viene qui con l'intenzione di fare qualcosa come impiccare due persone dovrebbe essere pazzo, se girasse per il paesello con la sua macchina. Dovrebbe sapere che verrà notato.»
«Hai ragione.» «Forse non mentirebbe sullo stato in cui è stata immatricolata l'auto, nel caso l'impiegato la notasse. Potrebbe avere semplicemente invertito i numeri. Ho chiesto a quelli di St. Paul di controllare i trasferimenti di proprietà di vecchie Cherokee più recenti ed è venuto fuori che le nuove jeep non hanno quei fanali posteriori. Anche l'impiegato del motel aveva pensato che si trattasse di un modello vecchio.» «Forse saremo fortunati», commentò Lucas. «Non potete parlare mangiando?» chiese Letty. «O è troppo complicato?» Del la guardò aggrottato. «Mia figlia ha solo tre anni meno di lei», gli disse Lucas. «Pensi che potrei rinchiuderla in un freezer? Voglio dire, che succederebbe se diventasse chiacchierona come questa?» «Ah ah», ghignò Letty, porgendo a Lucas un menu patinato di grasso. «Paghi tu.» Letty si rimpinzò. Lucas e Del si fecero in quattro per dimostrare di essere capaci di parlare mentre mangiavano. Il cibo faceva di tutto per essere mediocre, ma, pensò Lucas mentre assaggiava le patate, non ci riusciva del tutto. Metà fettina di carne pareva appena uscita dal frigorifero, l'altra metà dal forno a microonde, tanto era calda. Verso la fine del pasto, battendo i piedi e tirando su con il naso per il freddo, entrò un uomo alto che indossava una tuta Carhartt. «Ehi, Bud», lo apostrofò Letty. L'uomo si guardò in giro, finché non individuò Letty, poi si diresse verso di lei. Sui cinquant'anni, pensò Lucas, e sottile e duro come un'asta di quercia, con un rosso naso bulboso e bianchi occhi crudeli. «Ciao, Letty», la salutò, l'uomo, senza guardare Lucas e Del. «Come va la caccia?» «Bene», rispose lei. «Ho sentito che hai ripreso a sparare ai castori.» «Già. Su a Spike. Che cos'è questa storia che sei stata tu a trovare quella gente? L'ho sentito da Jerry's.» «È vero.» Letty si gonfiò d'orgoglio. «Erano nudi.» «Basta», s'intromise Lucas, seccamente. «Finisci di mangiare.» «Bud è un trapper come me», spiegò loro Letty. «Questi due sono agenti di stato. Mi stanno portando in giro», proseguì rivolta a Bud. L'uomo annuì. «Ho sempre pensato che Jane avrebbe fatto una brutta fine.» «Come mai?» gli domandò Lucas.
«Non erano delle brave persone», rispose Bud. «Lei pensava che noi fossimo degli zoticoni. Rideva sempre alle spalle della gente e non faceva che parlare di Las Vegas, come se quella città fosse il centro dell'universo. Ogni volta che apriva la bocca, iniziava dicendo 'a Las Vegas noi eravamo soliti... qualsiasi cosa'.» «Mi pare che lei la conoscesse piuttosto bene», insinuò Del. «Solo per giocare a blackjack», rispose il trapper. «Distribuiva le carte su a Moose Bay.» Esitò, quindi continuò, abbassando la voce. «Quello che dovreste fare, quando andrete al casinò, sarà parlare con un tipo di nome Terry Anderson. Lui conosceva veramente bene Jane Warr.» Aveva accentuato quel «veramente» quanto basta. «Lo farò. Grazie», disse Lucas. «Terry Anderson.» «Nessuna parentela con lo sceriffo?» chiese Del. Il trapper, perplesso, guardò Letty e poi Del. «Terry? E perché mai?» «Si chiamano entrambi Anderson?» suggerì Del. Il trapper ridacchiò. «Cazzo, amico, metà della gente di qui si chiama Anderson.» Chiacchierarono per altri quindici secondi, poi Bud tornò al bancone e chiese il menu. «Un diavolo di trapper e si dice sia anche un incredibile cacciatore. Ne sa più sugli animali di quanto essi sappiano su se stessi», disse Letty. «È da anni il migliore da queste parti.» «Ti ha insegnato tutto ciò che sai?» Letty scosse la testa. «Non insegna niente a nessuno. Ha i suoi segreti e li tiene ben stretti.» Lucas abbassò la voce per adattarsi alla sua. «Pensi che abbia avuto qualcosa a che fare con Jane?» «No.» Ora stava quasi sussurrando. «Non guardarlo, o capirà che stiamo parlando di lui. Ma, ecco, tutti dicono che Bud è un po'... gay.» Quando ebbero finito di mangiare, Lucas mandò Del a Broderick per cercare i possibili nascondigli della droga. «Andiamo a prendere la mamma di Letty», annunciò Lucas, «poi ci vediamo lassù.» Mentre lui e Letty stavano per entrare nell'auto, Lucas si ricordò di Mitford. «Dannazione... perché non vai a guardare una vetrina per un minuto?» disse alla ragazzina, tirando fuori il cellulare. Mitford rispose al primo squillo e Lucas gli diede la brutta notizia. «Sono riusciti a catturare le immagini. Non so quanto bene, perché erano a un
paio di centinaia di metri di distanza, ma qualcosa hanno ottenuto.» «Maledizione, è terribile. Niente sulla droga?» «Non ancora. Il mio socio sta andando adesso alla casa. Se c'è qualcosa, lui la troverà. Che mi dice di Cash e del perché era finito in prigione?» «Stiamo ricevendo ora le informazioni, tramite Rose Marie», rispose Mitford. «Eccole un sunto: una lunga serie di infrazioni di poco conto, alcune collegate alla droga, condotta contraria all'ordine pubblico, cose simili. E poi quest'ultima, in primo luogo era stato accusato di aggressione aggravata. Aveva colpito qualcuno con un pesante appendiabiti a stelo in un albergo. Hanno ridotto l'accusa e si è preso solo un anno in un carcere della contea per aggressione minore. Ha scontato nove mesi.» «Non sembra qualcosa per cui finire impiccati.» «Il tribunale del Missouri sta cercando di capirne qualcosa. Hanno detto che si rifaranno vivi nel pomeriggio con quello che saranno riusciti a scoprire. Oh, ho altre due parole per lei.» «Quali parole?» «Washington Fowler.» «Sta scherzando.» Washington Fowler era un avvocato per i diritti civili di Chicago, che aveva abbandonato la legge per dedicarsi a fomentare disordini. «No», ribatté Mitford. «Terrà una conferenza stampa qui, all'aeroporto, tra un'ora, e mezz'ora dopo volerà a Fargo su un aereo privato. Il governatore lo ha invitato alla sua residenza per un colloquio, ma lui ci ha detto di andare al diavolo. Lo vedrà lassù stasera.» «Ahi-ahi.» «Già. Lucas, dobbiamo colpire duramente Cash. Anche la donna. Prima delle notizie. Prima che quel film arrivi quaggiù. Prima che Fowler arrivi lassù.» «Ci stiamo dando da fare.» Quando Lucas spense il cellulare, Letty gli disse che forse avrebbero trovato sua madre al Duck Inn, a due isolati da lì. Vi andarono a piedi, con Lucas che osservava le vetrine dei negozi. Le piccole città, si era reso conto molto tempo prima, erano come piccole astronavi, o anche come normali navi, con un esemplare di qualsiasi cosa: un McDonald's o un Burger King (uno dei due non sarebbe sopravvissuto), un grande emporio, un posto dove cambiare rapidamente l'olio, un negozio di ferramenta, uno di generi alimentari, una stazione TV satellitare, uno o due bar. Un negozio su
quattro era vuoto e i padroni non si erano presi neppure la briga di mettere sulle vetrine il cartello AFFITTASI. Il Duck Inn era un tipico rifugio in plastica per cacciatori fasulli, che puzzava di birra, con un jukebox falsamente antiquato che suonava CD accanto a doppi tavoli per biliardo che funzionavano a monetine. Un cliché, ma la madre di Letty non c'era. «È venuto un poliziotto e l'ha portata con sé. Credo siano andati al palazzo di giustizia», riferì il barista. Il palazzo di giustizia era in fondo all'isolato e incontrarono Martha West mentre usciva dalla centrale di polizia. Era una bionda naturale, come Letty, ma aveva tinto i capelli di un improbabile color ruggine. Non aveva la pelle sciupata dalle intemperie come la figlia, ma un'infinità di minuscole venuzze rosse dava alle sue guance un color rosato. Indossava un parka e calzoni in tela cachi, stivali appuntiti e reggeva una malconcia custodia per chitarra. «Dov'eri? Ti ho cercata dappertutto», gridò appena vide Letty e Lucas. «I poliziotti mi hanno portata in giro», rispose la ragazzina, indicando con il pollice Lucas. «Questi è l'agente Davenport.» «Lucas Davenport», si presentò lui. «Martha West.» Gli occhi di Martha si muovevano lentamente, per poi tornare di colpo indietro, come un ubriaco che si sposta lentamente dalla sua corsia, per poi riportare di colpo l'auto in carreggiata. Era ubriaca, ma si controllava. «Stavo per portare Letty a casa, ma non volevo lasciarla là sola», spiegò Lucas. «Abbiamo mangiato al Bird», disse Letty, con un leggero tono di disapprovazione nella voce. «Davvero?» La donna fissò Lucas come se avesse fatto qualcosa di sconveniente. «Ha preso un panino con carne, purè di patate, fagiolini e una fetta di torta di mele», raccontò Lucas. «E almeno sei bicchieri di Coca-Cola.» «Due», ribatté Letty. «Gli altri erano gratis.» Fecero salire dietro Martha con la chitarra, quindi si diressero verso nord. Nello specchietto retrovisore Lucas catturò il suo sguardo. «Ci saranno dei giornalisti che vorranno parlare con voi. Se fossi in lei, entrerei in casa, cercherei di capire bene la situazione, riassetterei la casa. Posso farvi parlare con un agente del Bureau of Criminal Apprehension per definire le vostre dichiarazioni. Vi spiegherà cosa potete o non potete dire o se non sia meglio che non parliate affatto. Potete sempre dire ai giornalisti di
andarsene.» «La televisione?» chiese Martha. Si raddrizzò, si toccò i capelli. «Certo», ammise Lucas. «Ma quelli possono essere dei bbb...» Cambiò direzione. «...cretini. Sarebbe una buona idea parlare prima con un agente del BCA, lui sa come trattare i mezzi di comunicazione.» «D'accordo, parlerò con lui», accettò Martha. «Ma sono già stata in televisione.» «Bene. Allora sa come affrontarla.» «Ho lavorato per la camera di commercio e la TV si rivolgeva a me per qualche commento.» Gli occhi ruotarono verso il fossato a ovest. «E ho sempre fatto la cantante. Conosco la televisione.» «D'accordo.» «Ma parlerò con il suo uomo. Male non farà.» Attraversando Broderick, vicino al caffè, videro una serie di furgoni dei mezzi di comunicazione e, appena fuori, la Mustang di Del alla casa delle vittime, accanto a quella di Dickerson. Rallentò e fece una inversione a U. «La persona che vi presenterò si chiama Hank Dickerson, è il capo del Bureau per il nord dello stato. Vi aiuterà lui» concluse Lucas. Le lasciò in macchina. «Non crederà a ciò che hanno trovato», gli gridò il poliziotto che si trovava all'esterno della casa, mentre attraversava il cortile. «Cosa?» Joe Barin, l'agente del BCA, in piedi in fondo alla scala, nel vedere Lucas, indicò la veranda. «Vada a vedere», disse. Lucas salì gli scalini scricchiolanti e trovò Del con Dickerson e un agente della Scientifica diretta da Dickerson nella camera da letto padronale. La stanza sapeva di makeup e dopobarba; un poster incorniciato di Michael Jackson era appeso a una parete, di fronte a un'insegna pubblicitaria della birra fintamente antica. Nel sentire Lucas entrare, i poliziotti si girarono. «Del ha trovato un nascondiglio», disse Dickerson. Il nascondiglio era nell'armadio della camera da letto ed era stato fatto su misura. Quello che a prima vista sembrava un supporto incrociato per il palo appendiabiti nascondeva, in realtà, una cavità lunga un metro e venti e alta quindici centimetri. All'interno Lucas vide ciò che poteva essere un chilo di cocaina suddiviso in decine di piccoli sacchetti; un revolver Colt Magnum Carry, come quello che teneva a casa nella cassaforte delle armi; e contanti. I contanti, avvolti in strisce di carta e ammucchiati uno accanto
all'altro, occupavano una novantina di centimetri del nascondiglio, tra la cocaina e la parete posteriore. «Perbacco. Quanti soldi sono?» «Li tireremo fuori solo dopo averli fotografati, ma immagino una cifra superiore ai trecentomila dollari, se sono tutte banconote da cento», rispose Del. «I pacchetti in cima sono composti da banconote da cento dollari usate. Non c'è una sola banconota nuova, per quanto posso dire esaminando i lati.» «Finché non verranno contati, dovrà tenere sempre qui con i soldi tre agenti», suggerì Lucas a Dickerson. «Si assicuri che uno o due di loro siano vicesceriffi locali. Devono essere coinvolte entrambe le agenzie di polizia. La gente si chiederà quanti di quei soldi sono finiti nelle tasche dei poliziotti.» Dickerson annuì. «Giusto, lo faremo. Un'altra cosa. Ho attraversato l'autostrada e ho parlato con Gene Calb, nell'officina dei gipponi. Cash lavorava per lui. Ha detto di non avere idea di ciò che stava accadendo, ma che, di tanto in tanto, qui viveva un altro uomo, un certo Joe Kelly. Ha detto che Kelly era scomparso un mese fa e che da allora nessuno aveva più saputo niente di lui. I vestiti nell'altra camera da letto sono suoi. Abbiamo trovato un paio di ricevute di carta di credito per acquisti con il suo nome.» «Faccia le debite verifiche.» «Già in corso.» «Abbiamo scoperto un'altra cosa», s'intromise Del. «Forse.» «Cosa?» «Dai prima un'occhiata», rispose Del. «Poi mi dirai.» Lucas lo seguì, Dickerson alle calcagna, giù per le scale fino allo scantinato. Mentre scendevano, informò Dickerson su Washington Fowler. Dickerson rimase impassibile. «La cosa non la sconvolge», commentò Lucas. «Quel tipo non fa che appiccare incendi.» Dickerson sorrise. «Quello è un suo problema, generale, non mio. È lei che deve risolvere i guai.» Lo scantinato era in blocchi di cemento non rifiniti e travi a vista, ma aveva una fornace che pareva nuova, un nuovo boiler per l'acqua calda, un nuovo impianto elettrico e lampade a fluorescenza. In un angolo era stato costruito un piccolo bagno con pareti color beige, un water e un lavandino, una doccia in fibra di vetro e porte scorrevoli in vetro.
«Allora?» domandò Del. «Ecco, l'avranno appena ristrutturato», rispose Lucas. Si guardò attorno, ma non notò alcunché di chiaro interesse. Del doveva aver avuto in mente il bagno, per cui si avviò in quella direzione. Lo stanzino era spazioso, spoglio e puzzava di disinfettante. Lucas spalancò la porta, poi vi picchiò contro. Sembrava legno, echeggiava come una porta antincendio metallica. Picchiò contro le pareti: non erano in cartongesso, come s'era aspettato, ma in pannelli di compensato dipinto. E robusto, con ogni probabilità, spesso quasi due centimetri. Serratura Yale con chiavistello che si poteva chiudere dall'esterno. Nessun buco della serratura all'interno... «È una dannata cella», disse a Del e Dickerson facendo un passo indietro. Del si voltò verso Dickerson: «Questo l'ha sentito qui per la prima volta». Venti minuti dopo, Lucas, Del e Dickerson attraversarono il cortile passando tra le auto della polizia. Letty era seduta sul cofano dell'auto, mentre sua madre attendeva all'interno. Quando li vide avvicinarsi, uscì e Lucas la presentò a Dickerson. «Hank l'aiuterà con la telecronaca. E vi porterà a casa.» «I poliziotti hanno detto che avete trovato un sacco di soldi là dentro, è vero?» domandò Letty a Del. «È solo una voce», rispose lui. Guardò prima Lucas poi Del. «Qual è la vostra prossima mossa?» domandò Dickerson. «Parleremo con St. Paul, poi andremo ancora un po' in giro», rispose Lucas. Lanciò un'altra occhiata alla casa. «Questa faccenda si sta facendo sempre più interessante.» 7 Dopo essersi liberati di Letty e di sua madre, Lucas e Del discussero accanto alle loro auto. «Moose Bay?» domandò Del. «Quello è un punto importante», rispose Lucas. «Perché non andiamo prima a parlare con quel Calb?» Lanciarono un'occhiata al grande capannone metallico dall'altra parte della strada, davanti al quale erano parcheggiate i gipponi, e Del annuì. Calb possedeva un garage carrozzeria e un'officina dove venivano re-
staurati i fuoristrada, due edifici connessi da un passaggio coperto da una tettoia. Entrarono nel garage carrozzeria, che consisteva in un piccolo ufficio e una serie di spazi per le riparazioni; nell'ufficio, una donna disse loro di passare nell'area restauro. Quella zona era più grande e più aperta, dodici metri di lunghezza e nove di larghezza, e un soffitto di nove metri; puzzava di olio diesel ed esalazioni di saldatura. Sul fondo una fila di cassette portautensili rosse e, in alto su una parete, una stufetta elettrica che illuminava un camion Peterbilt rosso. Tre uomini sbirciavano all'interno. «Che diavolo hanno caricato qui? Che sia gocciolato dell'acido?» domandò uno di loro. «Non so...» Poi uno dei tre scorse Lucas e Del e toccò con il gomito l'uomo più massiccio che indietreggiò, li vide e si raddrizzò. «Desiderate?» «Siamo del Bureau of Criminal Apprehension», rispose Lucas. Del mostrò la sua tessera di riconoscimento. «Dobbiamo parlare con Gene Calb.» «Sono io... datemi un secondo.» L'uomo si rivolse a uno degli altri due. «Non saprei, Larry. Cercherei di smerigliarlo, ma, se il metallo fosse ormai corroso, tagliamo via un pezzo da un rottame e lo saldiamo qui. C'è una carcassa giù a Worthington, andata a fuoco, dovrebbe funzionare.» «Sembra corroso fino in fondo. Potrei farci passare un chiodo», disse un tipo emaciato che indossava una tuta Mr. Goodwrench macchiata d'olio. «D'accordo, fendi e scopri in che stato è.» Calb si girò verso Lucas e Del, scrollando la testa. «L'intero pavimento dalla parte del passeggero è corroso. Non la parte del guidatore, solo quella del passeggero. Non si tratta di ruggine, ma è completamente rovinato. Come se avessero rovesciato dell'acido o qualcosa di simile e poi l'avessero lasciato infiltrare per anni.» «Piscio di gatto? Il piscio di gatto riesce a bucare pavimenti in legno duro», suggerì uno degli altri uomini. «Oddio, come poteva sopportarne la puzza?» Calb scosse di nuovo la testa. «Se fossi in te, Larry, non c'infilerei le mani.» «Cazzo, puoi starne sicuro», replicò Larry. Calb si rivolse a Lucas e Del. «Da questa parte, ragazzi. Torniamo nel mio ufficio. Volete sapere qualcosa di Deon? Ho già parlato con alcuni di voi. Siete del BCA, non è vero?» «Stiamo facendo una doppia verifica», lo informò Lucas. «Conosceva bene il signor Cash?» Aperta un porta, entrarono in un altro piccolo ufficio e Calb indicò un
paio di sedie, quindi si accomodò dietro la scrivania. Sulla parete erano appesi una bandierina gialla firmata da Richard Petty e un calendario a foglietti staccabili degli anni Ottanta di una ditta di attrezzi. Per il resto, solo elenchi di pezzi di ricambio. «Lavorava per me», rispose Calb, inclinandosi verso Lucas. Aveva una grossa testa e un naso arrotondato e denti quadrati e verdastri grandi come Chiclets: la faccia di un idraulico o di un falegname o di un caratterista che interpreta la parte di un gran lavoratore. «Non eravamo amici. Un mio vecchio compagno d'armi giù a Kansas City mi aveva chiesto se potevo dargli un impiego da autista. Sapevo che era appena uscito di prigione e, per dirle la verità, non sono certo che fosse tornato sulla retta via. Dopo quello che è successo, si può dire che non lo era.» «Cosa pensa sia successo?» domandò Del. «Ecco», rispose Calb. «Qualcuno lo ha malmenato e impiccato. So che non è stato nessuno dei miei ragazzi, nessuno di loro potrebbe fare una cosa simile. Ucciderli tutti e due, anche Jane. Credo sia una faccenda nata a Kansas City. Era in prigione, ecco cosa deve essere. Qualcuno di là.» «E Jane Warr?» s'informò Lucas. «La conosceva bene?» «Bene no. Non frequentava nessuno. Era venuta qui con Deon, da Kansas City. Non era un granché, distribuiva le carte su a Moose Bay, sono certo che questo già lo sa.» «Insomma... erano in affitto in quella casa? Ne erano proprietari? Qual era la situazione?» «L'avevano acquistata, a basso prezzo, trentaseimila dollari, credo. Poi l'hanno sistemata. Joe Kelly aveva dato loro una mano, era stato un uomo tuttofare una volta, e avevano fatto venire un paio di uomini dalla città.» «In città si mormora che la Warr potrebbe avere avuto una relazione con qualcuno al casinò», disse Del. «Non ne so niente», borbottò Calb, scuotendo la testa. «Come ho già detto, non era intelligente, non credo però fosse tanto stupida da spassarsela alle spalle di Deon. Deon aveva una vena di malvagità. Ecco perché era finito in carcere. Se avesse scoperto una cosa simile, l'avrebbe percossa come una grancassa.» «Mmm.» Calb raccolse un pezzo di carta, qualcosa su cui era stampato un sigillo dell'Internai Revenue Service, l'ufficio tasse americano, lo fissò e lo mise da parte. «Poi c'è tutta la faccenda di Joe. Joe se n'è andato e nessuno sa dove. Non ha mai detto nulla a nessuno. Un giorno era qui, il giorno dopo
non c'era più. Anche lui veniva da Kansas City.» «Pensa sia possibile che sia stato Joe a ucciderli? Che ci sia stata una discussione e che per qualche motivo...» Calb scrollò la testa. «Nooo. Joe non aveva il fegato per fare una cosa simile. Impiccarli e doverli guardare diritti negli occhi.» «Allora forse se ne è semplicemente andato», concluse Del. «O forse...» «A me è venuta in mente un'altra cosa, dopo che i ragazzi del BCA sono stati qui», continuò Calb. «Se tutta questa storia non partisse dalla prigione di Kansas City, e secondo me è da lì che viene, ma se così non fosse, allora dovreste andare a Moose Bay. È lì che dovreste indagare, oltre che a Kansas City.» «Perché?» domandò Del. «In città si dice che Letty West li ha visti là fuori al rintocco della mezzanotte», rispose Calb. «È vero?» Lucas annuì. «Suppergiù a quell'ora.» «Jane faceva il turno dalle tre alle undici. Non poteva essere rientrata molto prima delle undici e mezzo, e la notte scorsa, con quella bufera bassa, sarà probabilmente arrivata anche più tardi. Se li ha portati lassù per impiccarli a mezzanotte, deve averla catturata appena arrivata a casa, per cui la stava aspettando, o l'aveva seguita.» Lucas e Del annuirono. Chiacchierarono per altri cinque minuti e Lucas ebbe l'impressione che quei due omicidi avessero sinceramente sconcertato Calb. Cash aveva avuto di tanto in tanto qualche diverbio con alcuni meccanici, ma nulla di serio, nulla che avrebbe potuto portare a uno scontro. «Sapete, i meccanici e i tipi come Deon non vanno d'accordo. Lui pensava di essere un divo della pallacanestro. Un tipaccio da Street gang, o come diavolo li chiamano. Ecco cosa pensava di essere.» «Ho riflettuto sul fatto che smontava alle ventitré e che è stata impiccata a mezzanotte», disse Lucas mentre riattraversavano l'autostrada. «Anch'io», ammise Del. «Ma lo tenevo in serbo per dopo.» «Bastardo», esclamò Lucas. «In ogni caso, qualcuno conosceva i suoi orari.» «Forse l'obiettivo era la Warr», continuò Del. «Non abbiamo fatto altro che parlare di Cash.» «Dobbiamo informarci su di lei, investigare sul suo passato. Ne parlerò con Dickerson.» «E ora dobbiamo andare a Moose Bay», commentò Del. «Come funzio-
na il riscaldamento della Olds?» «Bene.» «Allora prendiamo la tua auto. Il riscaldamento della Mustang non ammorbidirebbe neppure il burro.» Moose Bay era gestito dai Chippewa di Black River, sulle rive di un fiume le cui acque erano tanto annerite dalla vegetazione in decomposizione che, quando ghiacciavano, anche il ghiaccio pareva nero. Ventiquattro minuti per andare dalla casa di Cash al centro d'intrattenimento, nove minuti per raggiungere Armstrong e altri quindici fino al casinò. «Esprimi le tue teorie», disse Del. «Sono sempre buone.» «Sto pensando... spaccio di droga», rispose Lucas. «Con ogni probabilità Calb aveva doppiamente ragione: la faccenda è collegata sia a Kansas City e ai contatti di Cash in carcere, sia al casinò. Gli indiani del casinò non hanno molto a che fare con le droghe, ma chi va là per giocare, per spassarsela... non disdegna un po' di cocaina.» «E così quei soldi vengono dallo spaccio di droga», acconsentì Del. «Tutti in contanti, tutti impacchettati, ma nessuna banconota nuova di zecca. Cash stabilisce i contatti all'ingrosso, andando avanti e indietro per Calb. La Warr ha i suoi contatti al casinò e distribuisce la droga ai singoli spacciatori. O la spaccia lei stessa.» «Poi sfidano qualcuno. O qualcuno sa che hanno quei soldi e li va a cercare.» «In quel caso però li ammazzerebbe e basta, non li impiccherebbe», osservò Del. «Voleva forse farli parlare?» «È più probabile che abbiano sfidato qualcuno e che siano stati puniti per essere d'esempio ad altri», disse Del. «Una rete più grande che funziona ancora, dove, di tanto in tanto, c'è bisogno di infliggere una punizione che sia d'esempio.» «Forse. E Calb, come entra in tutto ciò?» «Non c'entra. Non necessariamente.» «Pensa alla fattoria, hanno fatto un sacco di lavori, di ristrutturazioni e devono essere costati parecchio. Credimi, lo so.» La Nuova Grande Casa a St. Paul gli era cosata ottocentosettantamila dollari. «Se Calb sapesse che Cash riceve soldi solo dal suo lavoro di autista e che la Warr fa il mazziere al casinò e nient'altro, da dove penserebbe abbiano ricavato i soldi per sistemare la casa? Hanno fatto lavori per almeno centomila dollari e c'è un
televisore da diecimila dollari.» «Senti, se il totale ammontasse a centotrentacinquemila dollari, non sarebbe poi tanto per una casa, non con due redditi e un ospite al piano superiore che potrebbe pagare un affitto», osservò Del. «Dai», sbottò Lucas. «Quanti spacciatori con ipoteche conosci? Quanti di loro hanno acquistato una casa?» «Jimmy Szuza aveva comperato una casa per sua madre.» «Jimmy Szuza lavorava per sua madre, quella perfida vecchia strega. Lui le faceva da copertura.» «Tuttavia.» Dopo un paio di minuti. «Che mi dici della cella?» «Quella proprio non la capisco.» «Calb aveva ragione sul tempo necessario per il tragitto», rilevò Lucas, dando un'occhiata all'orologio mentre entravano nel parcheggio del casinò. Il casinò sembrava una versione più grande dell'officina di Calb, un'officina che aveva assunto steroidi: un enorme edificio metallico a due piani, giallo e verde, mal strutturato, con un'entrata in vetro a forma di prisma, che avrebbe dovuto assomigliare a una tenda indiana in cristallo. «Alcol davanti, poker nel retro», disse Del. «Pubblicità», ribatté Lucas. «Ma non credo vendano alcolici.» Il capo della sicurezza di Moose Bay era un allegro Chippewa di nome Clark Hoffman che corse giù per incontrarli dopo una telefonata dalla ricezione. «Immaginavo che sareste venuti prima o poi», disse, stringendo loro la mano. Scrutò attentamente Del. «Non frequentavi Meat's nelle Cities?» «Sì, andavo spesso lì prima che chiudesse», rispose Del. «Ha chiuso? Merda.» «Un paio d'anni fa.» Hoffman rifletté su quelle parole per un attimo. «Ti stracciavo a shuffleboard. Pensavo tu fossi un ubriacone», asserì poi. Del sorrise e alzò le spalle. «Me lo ricordo. E tu mi raccontavi d'essere stato a Wounded Knee.» «Sono proprio io», ammise Hoffman. «A strisciare tra le erbacce con quarantacinque chili di wurstel congelati nello zaino. Fottuta FBI, senza offesa. Seguitemi.» Lo seguirono nel suo ufficio al primo piano, con Del che lo aggiornava su Meat's. «Guai con gli ispettori sanitari. Nomina qualsiasi cosa, l'avevano: topi, ratti, scarafaggi, malattie. L'unica cosa che ti evitava la morte era
l'alcol.» «Ogni cosa aveva un... sapore particolare», ricordò Hoffman. «Non te n'eri mai accorto?» «Già.» «In un certo senso mi piaceva. Che è successo a Meat?» «Si è trasferito a San Clemente e ha aperto un negozio porno.» «Non si fanno più tanti soldi nel porno al dettaglio», osservò Hoffman, scrollando la testa. «Non da quando hanno cominciato a trasmetterlo in ogni stanza d'albergo del paese.» Hoffman aveva già messo sulla scrivania il libretto di lavoro di Jane Warr spingendolo verso Lucas. «Non dice molto. Aveva imparato a distribuire le carte in una scuola a Las Vegas, dove aveva poi lavorato in un paio di locali, per un po' era stata commessa in un Walmart alle porte di Kansas City e infine è venuta qui.» «Abbiamo sentito dire che potrebbe avere avuto una relazione con un certo Terry Anderson.» Hoffman corrugò la fronte. «Dove l'avete sentito dire?» «In città. Non posso dirle chi è stato», rispose Lucas. «Controllerò e lo scoprirò. Io non ho sentito nulla, ma, forse non l'ho saputo. Avrei sentito chiacchiere su chiunque altro, ma non su Terry.» «Perché non Terry?» domandò Del. «È mio cognato», rispose Hoffman. Sorrise a Lucas, ma non c'era nulla di allegro nel suo viso. «È sposato con mia sorella.» «Oh, merda», esclamò Lucas. «Senta, è stato un solo uomo a parlarcene, uno cui non piaceva la Warr, ma che forse era stato rifiutato da lei e che sapeva che saremo venuti qui a parlare con lei. Forse solo un furbacchione.» «In un caso o nell'altro, saprò la verità entro mezz'ora», ribatté Hoffman. Intrecciò le dita, stese le braccia davanti a sé e fece schioccare le nocche. «Vi farò sapere.» «Prenditela con calma», suggerì Del. «Me la prenderò con calma», replicò Hoffman. «Mia sorella, invece, potrebbe fargli il culo, fosse vero.» «Di' anche a lei di stare calma», insisté Del. «Dico sul serio, perdio.» «Si fa uso cocaina qui?» chiese Lucas. Hoffman allargò le braccia. «Certo. Nel centro d'intrattenimento e alcuni clienti la portano con sé. Noi cerchiamo di tenerla fuori, facciamo così tan-
ti soldi che tentiamo di non sporcarci. Non voghamo dare a qualche fottuto senatore una scusa per costruire casinò gestiti dallo stato. Appena ne vediamo, chiamiamo la polizia. A chiunque venga beccato con droga viene interdetto l'ingresso, qualsiasi cosa facciano i poliziotti.» «C'è la possibilità che la Warr spacciasse?» domandò Del. «Qui dentro no di certo», rispose Hoffman. «Controlliamo i mazzieri e loro lo sanno. Li filmiamo per tutto il tempo che lavorano.» «Davvero? Avete ancora i nastri di ieri sera?» chiese Lucas. «Certo. Abbiamo i nastri registrati nell'ultimo mese e nastri di qualsiasi cosa possa servire in futuro. Se becchiamo persone a rubare, rimarranno su nastro fino alla comparsa del prossimo ghiacciaio.» «Non abbiamo idea di chi abbia compiuto questa cosa, ma ci piacerebbe vedere un tipo, un uomo grosso con barbetta, berretto di lana nero, parka scuro e jeans; guida una Cherokee.» «Della Cherokee non so nulla, ma so di chi state parlando. L'abbiamo su nastro», disse Hoffman. «Lo conosce?» chiese Lucas. «Chi è?» «Non so chi sia, ma l'ho guardato per benino. Dovrebbe essere sui nastri, anche se tutto ciò che vedrete sarà la cima della testa. La copertura della videocamere nella zona delle slot machine non è buona come quelle ai tavoli, perché quegli apparecchi non creano grossi problemi.» «Quando possiamo visionarle?» chiese Lucas. «E come fa a sapere che si tratta di lui?» «Immediatamente. E so di chi state parlando, perché alcune persone non si comportano in modo normale e allora le si nota. Questo tipo non era interessato al gioco. Non riuscivo, tuttavia, a capire a cosa s'interessasse. L'avevo già notato due giorni fa, poi è tornato anche ieri sera», spiegò Hoffman. «Infilava gettoni da un dollaro nelle slot machine, ma lentamente e quasi senza prestare attenzione quando vinceva, come se non gliene importasse. Nessuno si comporta così nei casinò. Di solito se ne vanno in giro contando le monete e fissando le slot machine o se ne stanno appollaiati su uno sgabello e iniziano a tirare le leve. Una cosa che di certo non fanno è fregarsene.» Del guardò Lucas. «Un filo dannatamente lungo, dal tipo del motel a qui.» «Dobbiamo tirarlo», concluse Lucas. «Andiamo a vedere i nastri.» Hoffman li condusse in una stanza di sorveglianza, dove cinque o sei donne si spostavano tra una ventina di monitor, osservando l'attività al pia-
no sottostante. «Pensate veramente che l'informazione su Terry sia vera?» chiese strada facendo. «Santo cielo, spero di no», rispose Lucas. I monitor mostravano ottime riprese generali dei tavoli del blackjack, ma la maggior parte delle videocamere sopra le slot machine erano puntate verso il basso. Solo alcune guardavano le slot machine da angolature basse e quelle erano più lontane. «Il problema principale con le slot machine è il furto, gente che ruba monete dai cestini degli altri», spiegò Hoffman. Indicò su un monitor una donna seduta di fronte a una slot machine, in cui infilava monete da venticinque centesimi. Tutto quello che potevano vedere era la cima della sua testa, le spalle e le braccia. «Vedete, ha spostato il cestino dei soldi quasi dietro la macchina. Se state giocando nella fila dietro, potete allungare il braccio e derubarla. Ne becchiamo uno alla settimana, gente che non pensa mai alle videocamere. Stupidi. Non li si vedrebbero rubare con una videocamera laterale, solo da una che li riprende dall'alto.» Li portò in un cubicolo in fondo alla stanza, dove un indiano con due trecce fissate con nastri rossi, stava battendo tasti sul computer. «Les, sulla dodici stiamo ancora usando i nastri di ieri sera?» «Sì. Serviranno per altri due giorni almeno.» L'uomo lanciò un'occhiata curiosa a Lucas e Del. «Polizia di stato», disse Hoffman. «Stanno investigando su Jane Warr.» «Impiccati», asserì Les, giocherellando con l'estremità di una delle sue trecce. «Sono rimasto scioccato quando l'ho sentito. Ma non sarà sulla dodici...» «Stiamo cercando un'altra persona. Torna alle dieci di sera e parti da lì.» Il tipo al computer batté un gruppo di codici e loro aspettarono quindici secondi, venti, e finalmente comparve una ripresa al grandangolo a colori. La gente nel video si muoveva a scatti, il che indicava che la videocamera registrava a una velocità ridottissima. «Eccolo lì», esclamò Hoffman, picchiettando il monitor. La videocamera era puntata su una lunga serie di slot machine. A due terzi della fila, un uomo alto che indossava un cappotto scuro, un berretto da sci e occhiali stava giocando a una delle macchine. «Si può avere una inquadratura più ravvicinata?» chiese Lucas. «Non da quella videocamera, avremmo potuto fare una zumata, se avessimo pensato che aveva in mente qualcosa, ma non ha mai fatto niente», spiegò Hoffman. «L'ho notato solo quando ero dabbasso, perché mi era parso strano. Mi ero però dimenticato degli occhiali.»
«Nessun'altra videocamera?» «Quella dall'alto non servirà a niente, ma ce ne è una che riprende di lato, che però sarà parzialmente coperta dalle slot machine.» «La ventotto», disse Les. «Possiamo controllarla, se volete.» «Lo vogliamo.» La ventotto mostrava porzioni del viso di un uomo, appena un poco più chiare della prima videocamera. «Niente di meglio?» «Con ogni probabilità l'abbiamo ripreso mentre entrava e usciva sulla trentasei, ma non so quando è arrivato. Mentre usciva, avremmo solo la sua nuca... Richiederà un po' di tempo. Non so però quanto migliore sarà la ripresa», ribadì Hoffman. «Potremmo prendere le immagini che abbiamo sulla ventotto, bloccare i fotogrammi e poi metterli insieme e avremo la sua faccia completa», spiegò Les. «Potrei farlo con Photoshop.» «Quanto ci metterà?» «Non lo so. Non l'ho mai fatto, ma penso di riuscirci. Potrei anche stampare le migliori riprese parziali.» «Proviamo tutto», disse Lucas a Hoffman. «Possiamo ottenere una richiesta formale per rendere il tutto legale.» «Buona idea», annuì Hoffman. «Potrebbe servire, se qualcuno facesse domande, ma possiamo iniziare subito. Guardate, guardate dove continua a guardare.» «Cosa?» Hoffman picchiettò il monitor. «Vedete, continua a guardare oltre la cima della slot machine, lateralmente. È là che sta Jane. Lei non è nell'immagine, ma lui continua a guardare dalla sua parte. Ecco che arriva Piccola Orsa...» Nell'inquadratura apparve una donna che spingeva il carrello del cambio monete. Arrivata all'altezza dell'uomo, si fermò e parlò con lui. Lui annuì, estrasse il portafogli e le diede una banconota. Lei gli rese un mucchietto di monete, pronunciò qualche altra parola, poi continuò lungo il corridoio. «Chi è?» «JoAnne Piccola Orsa. Lavora al casinò da quando è stato aperto.» «Dobbiamo parlare con lei.» disse Lucas. «Avremo anche bisogno di tutti i nastri che inquadrano quell'uomo. Anche quelli ripresi dall'alto. Potrebbe avere un anello o un orologio, e sarebbe utile saperlo», aggiunse. Hoffman annuì. «Certo. Dirò a Les di tirare fuori tutto quello che c'è. Siete sicuri al cento per cento che si tratta di lui?»
«No. Solo al novanta per cento», rispose Lucas. «Un novanta per cento che sta crescendo.» «Che mi dici di questa Piccola Orsa», domandò Del. «Dove possiamo trovarla?» Hoffman controllò l'ora. «Dovrebbe essere già qui. Lavora dalle quindici alle ventitré. Andiamo a cercarla.» JoAnne Piccola Orsa non assomigliava affatto a un'orsa, piuttosto a un lampone. Alta non più di un metro e mezzo, era vivace e grassa, con occhi neri e lucenti denti bianchi; indossava jeans scampanati, una camicetta a quadri e una collana turchese. Ricordava l'uomo con il berretto di lana. «Sembrava solo e triste», disse. «Di bell'aspetto, tuttavia. Educato.» «Non ha notato qualche caratteristica che potrebbe svelarci qualche cosa di lui?» domandò Del. «Forse», rispose lei. «Pensate che abbia ucciso Jane Warr?» «Dobbiamo parlare con lui», interloquì Lucas. «Jane era una persona sgradevole», disse Piccola Orsa. «Non s'impicca la gente solo perché è sgradevole», ribatté Del. «Non le sarebbe piaciuto vederla questa mattina quando l'hanno tirata giù.» Piccola Orsa espirò. «So una cosa che potrebbe rivelarsi importante. Quando ha aperto il portafogli per darmi alcune banconote, ho visto che aveva una black card. Una di quelle black card dell'American Express.» Del lanciò un'occhiata a Lucas che alzò le spalle. Piccola Orsa li guardò entrambi. «Non sapete cosa sono le black card, vero?» «Non so di che cosa stia parlando», ammise Lucas. «Qui arrivano carte di credito di tutto il mondo», spiegò Hoffman. «La black card è chiamata Centurion Card. Per averne una, bisogna spendere centocinquantamila dollari all'anno con American Express. Scommetto che in tutto il Minnesota non ce ne sono nemmeno cento.» «Mi sta prendendo in giro?», chiese Lucas. «Centocinquantamila dollari all'anno?» «Così ho sentito dire.» «Questo dovrebbe ridurre l'elenco», disse Del a Lucas. Lucas si allontanò, prese il cellulare, trovò un pezzetto di carta con il numero del telefono personale di Neil Mitford e lo compose. Mitford rispose al secondo squillo. «Sono Davenport. Quaggiù le cose si stanno mo-
vendo. Potremmo avere una foto e forse anche un nome tra poco, ma abbiamo bisogno di aiuto.» «Dica.» «Qualcuno deve andare all'American Express. Forse c'è un'agenzia locale o un funzionario locale cui fare una richiesta ufficiale, ma ci servono tutti i nomi dei possessori di una Centurion Card del Minnesota e della zona di Kansas City. Ne abbiamo bisogno il più presto possibile.» «Aspetti un attimo, mi annoto il tutto.» disse Mitford. «Che diavolo è una Centurion Card?» chiese dopo alcuni secondi di silenzio. «Una specie di carta di credito esclusiva», rispose Lucas. «Quelli del casinò sostengono che è piuttosto rara.» «Cercherò di scoprire qual è la via più rapida per saperlo, poi la richiamo.» «Veda se può ottenere un elenco stampabile, e me lo faxi all'ufficio dello sceriffo di qui. Dica loro che vi è implicato un duplice omicidio. Li metta sotto pressione.» «Questo lo so fare bene. La richiamo.» Hoffman si era allontanato, mentre Lucas parlava al telefono. «Hoffman è andato a prendere Anderson. Suo cognato», lo informò Del conclusa la telefonata. «Dannazione. Avrei voluto essere presente, per vedere come reagiva all'accusa.» «È andato da quella parte, ha detto che sarebbe tornato immediatamente, forse possiamo ancora raggiungerlo.» Trovarono Hoffman e Anderson davanti a una mensa per dipendenti al piano principale. Anderson era un bianco, esile, dai capelli scuri con grossi denti storti e baffetti sottili. Agitava le braccia, un'espressione dura e insistente sul volto, mentre parlava con Hoffman che se ne stava appoggiato a una parete, le braccia conserte. «Maledizione, Clark, mi conosci bene, ho appena pranzato...» lo sentì dire Lucas. Con Del alle calcagna, Lucas si avvicinò loro. «Eccola qui», disse. Hoffman si voltò, staccandosi dal muro. «Questi sono i poliziotti», disse ad Anderson. Anderson puntò un dito contro Lucas. «Che diavolo mi combina, dire a Clark che tradivo Suzie?» «Non ho detto esattamente questo», replicò Lucas. «Abbiamo saputo da
un uomo in città che lei era molto in amicizia con Jane Warr.» «Quale uomo?» «Glielo potrei dire solo se l'arrestassimo. Allora avrebbe il diritto di saperlo», rispose Lucas, irrigidendosi. «Potrà ottenere quel nome il suo avvocato.» Anderson raggelò. «Il mio avvocato? Che diavolo sta succedendo?» Del s'intromise, facendo la parte del poliziotto buono. «Ascolti, ci dica semplicemente... quanto a fondo la conosceva?» «Non me la scopavo, se è questo che intende dire.» «Quanto?» insisté Del. Anderson fece un passo indietro e la tensione nella sua voce calò di un gradino. «Un po'. Aveva fatto il mazziere a Las Vegas e io avevo lavorato là, anni fa. A quel tempo non la conoscevo, non eravamo neppure là nello stesso periodo, ma, sa aver lavorato a Vegas era qualcosa d'importante per tutti e due. Quando eravamo in pausa nello stesso momento, a volte pranzavamo insieme, qui alla mensa. Eravamo quasi sempre in gruppo, tranne una o due volte, quando ci siamo ritrovati solo noi due.» lanciò uno sguardo al cognato. «Clark, non ti direi mai delle balle.» «Va bene», concesse Hoffman. «Ha mai incontrato uno dei suoi amici, Deon Cash o Joe Kelly?» chiese Del. «Non li ho mai conosciuti veramente, ma sapevo chi erano, perché erano neri», rispose. E a Hoffman: «C'è un altro motivo per cui non l'avrei mai fatto, Clark. Neppure se l'avessi voluto. Hai mai visto il suo amichetto? Quel tipo sembrava un ghetto killer o qualcosa di simile». «Va bene», ripeté Hoffman. «Le ha mai raccontato nulla di loro?» chiese Lucas. «Non le è mai parsa preoccupata per qualcosa? Sembrava timorosa o spaventata?» «Alcune settimane fa, non so, tre o quattro settimane, quel Joe se ne era andato. O era scomparso. Non sapeva dove fosse andato, diceva che era semplicemente svanito. Era preoccupata per lui, ma questo è tutto ciò che so. Non ha mai detto se poi si è rifatto vivo.» «Era spaventata per quella scomparsa?» Anderson abbassò il mento, pensieroso, si grattò la testa, tirandosi i capelli. «Forse spaventata lo era. O meglio sconcertata, come quando si scopre qualcosa di strano su qualcuno. Come se qualcuno le dicesse che il suo migliore amico è un pedofilo o qualcosa di simile», affermò infine. «Ha visto un uomo osservarla la notte scorsa? Un tipo grande e grosso?»
«La notte scorsa non ero qui. Ero uscito con mia moglie», spiegò Anderson, accentuando la parola moglie. «D'accordo» disse Lucas. «Allora risponda a questo: quanta coca spacciava qui?» «Cosa?» «Cocaina», interloquì Del. Anderson fissò i due come se fossero pazzi. «Non smerciava cocaina. Impossibile. L'avrei saputo. Se tra i mazzieri ce ne fosse uno che spaccia, lo si saprebbe subito. Di Jane nessuno ha mai detto nulla.» «Ne faceva uso?» domandò Lucas. Anderson distolse brevemente lo sguardo. «Forse... io non l'ho mai vista usarla.» Inconsciamente si fregò il naso con il dorso della mano. «A volte era un po' eccitata e una o due volte ho pensato che fosse andata nel bagno delle signore e avesse fatto qualcosa.» «Non ce lo hai mai detto», borbottò Hoffman. «Non ne ero certo», ribatté Anderson. «Che diavolo, se qui solo si accenna a una cosa simile, un attimo dopo qualcuno è alla ricerca di un nuovo lavoro, e lei mi piaceva.» «Ma non troppo», sbuffò Hoffman. «No, perdio, Clark.» Poi i suoi occhi si strinsero e si rivolse a Lucas. «È stato quel fottuto di un Bud Larson a fare il mio nome?» Lucas non cambiò espressione e scrollò la lesta. «Mai sentito parlare di un Larson», disse. «Perché?» «Niente», rispose Anderson. E a Hoffman: «Era il tipo che sosteneva che l'avevamo imbrogliato a poker. La settimana scorsa? Un tipo squallido.» Del guardò Lucas e scrollò la testa. Terminato con Anderson, che era ancora preoccupato malgrado Hoffman gli avesse detto che gli credeva, andarono a cercare altri dipendenti che ricordassero quell'omone. Les, quello del computer, portò giù il primo elaborato della faccia dell'uomo: era un po' sfocato, ma sarebbe stato riconoscibile faccia a faccia. Nessun altro ricordava di avere parlato con lui. Quando terminarono di parlare con gli altri dipendenti, Les aveva digitalizzato una dozzina di inquadrature dell'uomo e due immagini combinate su un CD che si poteva aprire su qualunque PC con un qualsiasi programma di disegno.
«Abbiamo sempre bisogno dei nastri autentici», gli disse Lucas. «Li stiamo scaricando. Ce li terremo stretti», commentò lui. Erano al casinò da un'ora e mezzo quando Mitford richiamò. «Siamo in contatto con Amex. Hanno accettato una richiesta ufficiale via fax e ci stanno preparando una lista. Dicono che sarà pronta entro mezz'ora. Invieranno delle copie all'ufficio dello sceriffo e a noi. Ci saranno, dicono, circa duecento nomi.» «Noi siamo diretti in città», lo informò Lucas. «Ho un CD con delle fotografie.» «Le vorremmo vedere anche noi.» «Ve le invierò via mail. Lei si trattiene lì?» «Fino a che non andrete a dormire», rispose Mitford. «Washington ha appena tenuto una conferenza stampa a Grand Forks e sostiene che la polizia deve essere implicata in questo crimine... sto leggendo... o effettivamente o moralmente. Poi... ah, bla, bla, bla. Credo stia venendo su da voi per montare una manifestazione.» «Ah sì? Ad Armstrong? E chi vi parteciperà?» «Non lo so. Le sto solo riferendo quello che ha detto.» «La richiamerò», concluse Lucas. Uscendo, ringraziarono Hoffman, si dichiararono d'accordo sul fatto che con ogni probabilità Anderson non aveva fatto le corna a sua sorella e si accordarono per far ritirare i nastri da un agente della Scientifica del BCA. «E così abbiamo un volto e alcune centinaia di nomi», osservò Del. «Pensi che lo beccheremo entro mezzanotte?» aggiunse controllando l'ora. «Le cose si stanno muovendo», rispose Lucas. «E ti dirò di più: ha lasciato materiale sufficiente sui corpi per incastrarlo, quando lo identificheremo. Scommetto che il capello è suo come il sangue sulla faccia della Warr.» «Potrebbe essere di Cash.» «Non avrebbe gocciolato in quel modo. Era fresco, quando lei era appesa.» «Sia benedetto il DNA», esclamò Del. Mentre tornavano in città, Lucas chiamò Dickerson e lo aggiornò. «Ricavato nulla dalla stanza del motel? Impronte digitali, capelli, qualsiasi altra cosa?» gli chiese poi.
«Abbiamo un mare di impronte digitali, ma anche dei punti in cui sembra siano state cancellate», rispose Dickerson. «Non sarei tanto speranzoso al posto tuo.» «Saputo niente da St. Paul su quella Cherokee?» «Risali di un mese, e scoprirai che ci sono state almeno trenta transazioni di compravendita di Cherokee nel Minnesota. Abbiamo ottenuto i nomi e stiamo lavorando con il North e il South Dakota, il Missouri e lo Iowa. Lo Iowa ha già risposto, gli altri ancora no. Non credo che il South Dakota sia tanto computerizzato da farci avere ciò che ci serve alla svelta.» «Prendiamo tutto il possibile.» Un gruppo di poliziotti, appoggiato al muro esterno della centrale di polizia, stava fumando, quando Lucas e Del entrarono nel parcheggio. Lucas era appena sceso dall'auto, quando squillò il suo cellulare. «Sì?» «Lucas, sono Neil. Ho la Usta di quelle carte di credito, le arriverà entro pochi minuti. Non penso che sprecherà molto tempo a controllarle.» «Perché no?» «Perché penso di sapere di chi si tratta.» «Cosa?» «Nella lista c'è il nome di un certo Hale Sorrell. Lo ricorda?» «Sorrell? Lui è..., oh, merda.» «Cosa?» chiese Del. Lucas lo ignorò. «Lo conosce?» chiese a Mitford. «Sì. Una volta ho cercato di indurlo a dare dei soldi al nostro amico, sostenendo che il nostro amico era un ragionevole democratico conservatore. Sorrell non ci è cascato, è un repubblicano convinto. Mi era parso una persona a posto. Un sacco di soldi con Medlux.» «È un tipo grande e grosso ma non grasso, spalle robuste, capelli scuri, sui quarantacinque, occhiali, di recente si è fatto crescere la barba...» «Non so se porta gli occhiali, ma ha l'età giusta per doverli portare. Quarantasei anni. Potrebbe essersi fatto crescere la barba. Tutto il resto coincide.» «Le invierò via mail una fotografia. Anzi, un paio di foto», disse Lucas. «Mi dia un indirizzo.» «Cosa?» chiese Del, appena Lucas spense il cellulare. «L'abbiamo individuato?»
«Forse», rispose Lucas. «Hale Sorrell. Te lo ricordi?» Del rifletté un attimo, poi una luce gli lampeggiò negli occhi. «Oh, merda.» «È quello che ho detto io. Andiamo a prendere quella lista. Se avessero una linea ADSL o T1, potremmo inviare le foto da qui.» Attraversarono il parcheggio a passo svelto. Un vicesceriffo si scostò dal muro. «Capo Davenport... si ricorda di me?» chiese. Lucas rallentò. Lo ricordava sì e no. Alcuni anni prima aveva pestato il suo partner in un'altra contea, non molto distante da questa. «Certo», rispose Lucas. «Che è successo, ha accettato un trasferimento?» «Mi sono trasferito quando lo sceriffo Mason è andato in pensione. I miei vivono qui. Ha visto la televisione, le notizie?» «No. Brutta situazione?» «Piuttosto. Quella ragazzina, Letty, è stata fantastica, ma perbacco, hanno scattato immagini di quei corpi appesi negli alberi e le stanno mostrando dappertutto. Le hanno fatte vedere i telegiornali della CBS e dell'ABC e della NBC e la CNN le mostra quasi ininterrottamente. Hanno ripreso dei video dei corpi che dondolano nel vento.» «Ah, Cristo.» «Poi quel Washington ha tenuto una conferenza giù a Grand Forks e alle sue spalle c'erano le immagini dei corpi impiccati e sembrava che lui fosse là con loro, e gridava che si era trattato di un linciaggio.» «Sarà meglio risolvere la questione alla svelta.» «Sono sicuro che ci riuscirà», lo blandì il vicesceriffo. «Stavo raccontando di lei ai miei compagni.» «Spero non abbia raccontato troppo», scherzò Lucas. «Sì, quella parte l'ho detta», ribatté il vicesceriffo. «È la parte migliore. Uau, che è successo poi a quella ragazza? La sua assistente?» «Marcy Sherrill. Ora è tenente a Minneapolis. Dirige l'unità dell'Intelligence.» «Davvero... perbacco.» Era visibilmente colpito. «Devo andare», si scusò Lucas. «È stato un piacere parlare con lei.» Mentre entrava con Del nella centrale, sentì la voce del vicesceriffo dire: «...aveva un paio di tette come cantalupi e...» «Hai degli ammiratori», commentò Del. «Ammiratori che s'intendono di tette», ribatté Lucas divertito. «Cantalupi... sono meloni, non è vero?»
Il dipartimento dello sceriffo aveva una connessione rapida a Internet. Lucas e Del trovarono Anderson e un'altra decina di poliziotti e lo sceriffo andò loro incontro. «Novità?» «Forse abbiamo un nome», rispose Lucas. «Abbiamo bisogno di inviare alcune foto a St. Paul, immediatamente.» Anderson rimase a bocca spalancata per un attimo, fissando un vicesceriffo che l'aveva seguito. «Allora, chi è? Vuole dire che ha un nome per l'assassino?» domandò poi. «È probabile. Lo sapremo subito, se posso avere una connessione a Internet su un computer con un lettore CD.» «Ne ho uno nel mio ufficio.» Lucas lo seguì in un grande ufficio dalle pareti perlinate e moquette azzurra, una scrivania in mogano lunga più di due metri e una parete piena di fotografie. Lo sceriffo con politici locali, sua moglie, i suoi figli, altri sceriffi, poliziotti. Un computer era appoggiato su un tavolino davanti al quale vi era una sedia Aeron. Lucas prese posto, accese il computer, infilò il CD e stabilì una connessione. Dieci secondi dopo, la migliore delle foto era già in viaggio per St. Paul; un minuto dopo era partita anche la seconda. Nell'ufficio si erano riuniti ora sei vicesceriffi e Lucas pensò all'altra squadra del BCA. Compose il numero di Dickerson. «Dickerson...» «Qui Davenport. Dove si trova?» «Alle porte di Armstrong. Pensavo di andare a casa.» «Abbiamo un nome. Siamo nell'ufficio dello sceriffo. Fosse giusto, il nome collegherebbe un sacco di cose. I soldi, la cella nello scantinato.» «Qual è il nome?» «Hale Sorrell.» Una lunga pausa. «Oh, merda.» «Hale Sorrell?» domandò Anderson appena Lucas terminò la conversazione telefonica. «Vuole dire l'uomo di Rochester?» Lucas annuì, si appoggiò allo schienale della sedia, incrociò le gambe. «Sua figlia è stata rapita un mese fa e non è più riapparsa», spiegò. «Non ne siamo ancora certi, ma è una possibilità.» «Ha delle sue fotografie?» chiese uno dei vicesceriffi. «Abbiamo queste», rispose Lucas, picchiettando una foto sul monitor. «Non sono buone, ma potrebbero bastare. Appena il forse sarà più solido,
e il medico legale ci farà avere qualche risultato dell'esame del DNA, lo sapremo.» «Ciò significa che sua figlia è là... potrebbe essere stata nella... sua...» «Potrebbe essere ancora là, da qualche parte, nella casa», confermò Lucas. «Sapeva che Sorrell era di queste parti», domandò un altro vicesceriffo. «Voglio dire, non proprio di qui, ma di Red Lake Falls? Suo padre vive ancora laggiù. Credo sia in una casa di riposo.» «Interessante», osservò Lucas. «Forse qualcuno di qui lo ha incastrato?» «Potrebbe essere.» «Forse amoreggiava con qualche ragazza. Red Lake Falls è famosa per le sue bellissime donne», azzardò un altro vicesceriffo. «Questa è sempre un'informazione utile.» Il cellulare di Lucas squillò di nuovo, era il governatore. «Lucas. Neil mi ha aggiornato sulla faccenda di Hale Sorrell. Lo conosco bene, ho guardato le foto.» «Che ne pensa?» «Neil e io siamo d'accordo. Sembra proprio lui. Non siamo sicuri al cento per cento, ma, perbacco, sembra proprio lui.» «Abbiamo un sacco di DNA, signore. Se qualcuno puntasse il dito in modo ufficiale, potremmo ottenere l'autorizzazione per fare l'esame ad alcuni campioni di DNA e risolvere la faccenda.» «I dettagli potrebbero rovinarci la giornata. Non vogliamo sbagliare. Succedesse, ci sarà un modo per rifilare questo errore allo sceriffo di lassù?» «Lo sceriffo è un tipo astuto, signore», rispose Lucas, alzando gli occhi su Anderson che, perplesso, gli chiese, movendo solo le labbra: «Chi è?» Lucas riportò lo sguardo sul telefono. «Penso che potremmo escogitare qualcosa, dovessimo farlo, ma prima di fare qualsiasi passo ufficiale, mi piacerebbe ricevere alcune foto di Sorrell, mostrarle assieme ad altre a una donna di qui che ha parlato con lui. Se lo identificasse, avremmo una base solida per richiedere il test del DNA.» «Buona idea. Lo faccio fare immediatamente a McCord. Devono esserci delle foto di propaganda in giro. Ha fatto parte di parecchi comitati. Possiamo inviarvele lassù?» «Credo di sì. Dovrò parlare con gli agenti locali, non so esattamente quali sistemi di stampa abbiano qui... attenda.» Posò il cellulare sul tavolo.
«Avete una stampante per le foto?» «Certo. Ne abbiamo di due o tre tipi, stampanti standard», rispose un vicesceriffo. «Tutto bene, signore. Appena avranno trovato una fotografia, che la inviino al dipartimento dello sceriffo.» «Sarà fatto», disse Henderson. «Accidenti, si è mosso alla svelta, proprio ciò che volevo. Quello stupido di un Washington non è ancora partito da Grand Forks. Si dice che terrà un discorso accanto all'albero degli impiccati.» «Signore, non possiamo permettere che ciò accada. È un luogo veramente tetro, sembra sia stato inventato per una impiccagione. L'immagine sarà tanto forte che nient'altro riuscirà a fare una differenza, nessuna nostra dichiarazione. Forse potremmo tenerlo lontano con la giustificazione che è la scena del crimine.» «Possiamo appioppare anche questo allo sceriffo?» «Ritengo si possa pianificare anche questo, signore.» «È lì che ascolta?» «Sissignore.» «Mi faccia parlare con lui. Dica qualcosa che mi induca a volergli parlare.» Lucas annuì. «Credo che dovrebbe parlare di questo con lo sceriffo Anderson, signore.» «Bene. Me lo passi.» «Il governatore. Ha bisogno di parlare con lei», disse Lucas passando il cellulare a Anderson. Mentre Anderson era al telefono con il governatore, Lucas si rivolse al gruppo di vicesceriffi. «C'è qualcuno tra voi che si occupa di foto? Abbiamo bisogno di cinque o sei fotografie di uomini bianchi con capelli scuri, con indosso un completo, aspetto affascinante. Tipo foto per campagna politica.» Osservò le fotografie sulla parete. «Come quelle. Come quella.» Puntò il dito verso una testa sorridente. «Ne abbiamo», rispose uno. Per raccoglierle ci misero mezz'ora. Lucas era emozionato, smanioso e in quel momento arrivò Dickerson, la sirena e i lampeggianti accesi, desideroso di essere presente, se tutto si fosse risolto. Quaranta minuti dopo la telefonata di Lucas con il governatore, il settore delle identificazione dello sceriffo ricevette due fotografie recenti di Hale Sorrell, una un ritratto formale, l'altra scattata durante una conferenza stampa dopo la scomparsa di sua figlia. Un vicesceriffo mise insieme due raccolte di fotografie: una di uomini
bianchi dai capelli scuri in situazioni informali, l'altra in pose formali. Trasmise poi tutte quelle fotografie a se stesso, sarebbero state così stampate sullo stesso tipo di carta e avrebbero avuto lo stesso aspetto generale. Hoffman era ancora al casinò. Piccola Orsa, li informò, stava spingendo il suo carrello del cambio. «La trattenga», gli disse Lucas. «Stiamo arrivando.» Lucas, Del e Dickerson viaggiarono con Anderson su un gippone dell'ufficio dello sceriffo, un comodo GMC Yukon XL con un fantastico sistema di riscaldamento. Al casinò Hoffman li accolse all'entrata. «Piccola Orsa è di sopra», li avvisò. «Come vanno le cose?» «Lo scopriremo subito», rispose Lucas. Piccola Orsa era seduta a un tavolo in una sala delle conferenze, le mani giunte davanti a sé, un'espressione un po' spaventata sul viso. Lucas le spiegò rapidamente cosa avrebbero fatto. «Abbiamo due raccolte di fotografie. Gliene mostreremo una, poi le chiederemo se è presente l'uomo che era qui la notte scorsa, quindi le mostreremo l'altra. D'accordo?» Lei annuì. Lucas le sparpagliò davanti il primo lotto di foto. Lei le osservò lentamente, spostandole di lato una dopo l'altra, finché non le rimase che quella di Sorrell. «Potrebbe essere lui. Non è una fotografia molto buona.» «Bene.» Lucas le raccolse, le rimise nella busta marrone, aprì una seconda busta e prese le foto formali. Questa volta Piccola Orsa non esitò. «Sono certa che è lui», disse, picchiettando la foto di Sorrell. Rimasero tutti in silenzio, si udiva solo qualche respiro. «Santo cielo!» borbottò Anderson. Lucas si girò e fissò Del. Del annuì. «L'abbiamo preso.» 8 Margery Singleton assomigliava a un airone verde, un uccello lungo e sottile dal becco acuminato con una bocca simile a uno squarcio nel cuoio, un naso a punta di freccia, occhi da serpente a sonagli; le sopracciglia erano depilate e ridisegnate con una matita verde. Faceva il primo turno all'Elysian Manor, spingendo su e giù i pazienti, lavandoli, dando loro le pillole quando l'infermiera diplomata non era disponibile. La sua migliore amica, Flo Anderson, era un'infermiera diplomata, avendo lavorato due anni a Fargo, e insieme avevano escogitato un sistema, per cui, se qualcu-
no avesse avuto bisogno di un'iniezione o di un prelievo di sangue, Margery lo poteva fare e Flo avrebbe firmato. I pazienti, la maggior parte dei quali soffriva del morbo di Alzheimer, non si accorgevano di niente. Margery aveva sentito dell'impiccagione di Cash e della Warr da una giovane aiutoinfermiera che era tornata dal pranzo con gli occhi raggianti e una storia sentita da un vicesceriffo al minimarket. «Penzolano laggiù, completamente nudi, tutti violacei e congelati. La lingua della donna sporgeva così.» Inclinò la testa, fece pendere la lingua da un angolo della bocca e incrociò gli occhi. «Hanno detto che il nero aveva un pene lungo venticinque centimetri.» «Questa è una stronzata», commentò Margery, gli occhi da serpente fissi sulla giovane donna. «Ho visto duemila cazzi da quando lavoro qui e nessuno era più lungo di diciotto centimetri.» «Quanti uomini di colore hai visto qui dentro?» domandò l'infermiera, alzando un sopracciglio. Un punto a suo favore contro la vecchia megera. «Impiccati a un albero?» «Così hanno detto. Pensi che Loren ne sappia di più?» «Lo scoprirò», rispose Margery. Controllò l'ora: ancora due prima di smontare. Un sorvegliante di nome Burt infilò la testa nella stanza dove stavano chiacchierando. «Il vecchio Barrows ha smerdato tutto il divano. Ripulitelo, d'accordo?» Burt proseguì lungo il corridoio. «Puliscilo tu, cretino», borbottò Margery. Andò, tuttavia, a prendere la bottiglia di spray e la spugna. «Se Loren ti racconta qualcosa, fammelo sapere. Voglio dire, Cristo santo», aggiunse l'aiutoinfermiera mentre usciva. Loren Singleton scese dal letto alle due del pomeriggio. Non era riuscito a dormire molto e, quando si appisolava, nei suoi sogni aveva visto Deon e Jane penzolare da un albero. Si stirò, si grattò, andò in bagno. Mentre si faceva la barba, guardandosi allo specchio, cominciò a pensare al restauro della sua ultima Cadillac. L'auto era da Calb, un fatto che poteva rivelarsi inopportuno. Più si radeva, più la cosa si faceva inopportuna. Dopo la barba, fece una doccia, si lavò i denti, si vestì e telefonò a Gene Calb. Calb rispose e disse: «Katina ha detto che lo sai». «La radiosveglia mi ha svegliato con quella notizia stamattina», confermò lui. «Ho pensato che sarebbe una buona idea portare via la mia Caddy, finché le cose non si calmano.»
Calb annuì. «Sì. Hai ragione. Dove la vuoi?» «Nel mio garage. C'è qualcuno che la possa portare qui per me? Io poi lo riporterei da te.» «Ti mando Sherm, non sta facendo niente. Allora, che ne pensi?» Singleton scosse la testa. «Non so. Mi chiedo se non ha a che vedere con Joe? Credi che si stessero azzuffando? Voglio dire, Deon non ha mai detto nulla.» «Sono sconcertato», ammise Calb. «Non ci capisco assolutamente niente.» «Nemmeno io. Quando puoi farmi portare qui l'auto?» «Immediatamente. Chiudiamo tutto, sgomberiamo tutto. Sherm sarà da te tra quindici minuti.» «Lo aspetterò fuori.» «Senti, Loren, contiamo su di te. Devi tenere gli occhi aperti e scoprire cosa succede. È per questo che hai avuto il lavoro.» «Capito. Contaci.» Il trasferimento dell'auto richiese quaranta minuti. Alla fine Singleton andò in centro, indagò per avere informazioni, venne a sapere qualcosina, ma anche una cosa importante: nessuno sapeva niente. Telefonò a Calb, e glielo riferì. Alle quindici e trenta tornò a casa. Come faceva sempre, appena rientrato, controllò i soldi. Li teneva nel seminterrato, dentro un buco in una fila di blocchi di cemento. Forse, pensò, avrebbe fatto meglio a spostarli. Prendere una cassetta in una banca lontana, a Minot o da qualche altra parte. Se qualcuno, tipo gli agenti del BCA, gli avesse dato un'occhiata, avrebbero trovato i soldi e il segreto non sarebbe più stato tale. I soldi. Non sapeva che fare con quei soldi. Aveva acquistato degli stivali costosi, un'altra vecchia Caddy, alcune buone pistole a spruzzo per verniciare le auto. Quando aveva ricevuto il primo pagamento forfettario da Calb, aveva commesso l'errore di mostrarlo alla madre. Lei l'aveva preteso, almeno la maggior parte della somma e da quel momento era tornata da lui ogni settimana, chiedendo altri soldi. Poi lui l'aveva presentata a Jane e le due donne avevano unito le loro menti e, quando era arrivato il malloppo grosso, lei se l'era preso quasi tutto. Singleton si era opposto, un poco, almeno, e aveva preteso cinquantamila dollari. Quella cifra sarebbe bastata per acquistare una piccola officina da qualche parte. Un edificio di qualità, con uno spazio per lavorare su un paio di Cadillac simultaneamente, e forse anche per allestirvi un'area per la
verniciatura. Grandi sogni... Bang! La porta sul retro si spalancò con fragore. Una sola persona entrava in quel modo, senza avvisare. Singleton aveva alcune centinaia di dollari in mano che infilò alla svelta in tasca, tirò la cordicella della lampada appesa al soffitto e si avviò su per le scale. Margery lo aspettava in cucina. Era una donna piccola, esile e rugosa; una donna che rispetto alle altre era ciò che un acino era rispetto al grappolo. Aveva occhi di un azzurro slavato e i capelli, una volta biondi, apparivano a una prima occhiata grigi, ma in realtà erano quasi privi di colore, semitrasparenti, come il ghiaccio su una finestra. Labbra sottili, mento appuntito. Katina la chiamava la Strega. «Che diavolo stavi facendo?» chiese la madre. «Perché diavolo non mi hai telefonato per dirmi di Deon e Jane?» Arricciò il naso, annusò, gli si avvicinò. «Hai fatto entrare qui quella puttana, non è vero? Sento il suo odore.» «Non è una puttana, mamma...» Lei lo schiaffeggiò, con forza, a mano aperta. «È una puttana, se io dico che lo è», gridò. «E lei è una puttana.» Singleton arretrò, una mano sul viso, furiosamente adirato. Sua madre aveva un collo sottile e a volte gli veniva voglia di spezzarlo. Afferrare quel dannato collo esile come lo stelo del granturco e spezzarlo. Le mostrò i denti, li digrignò, sentì il cuore pulsare. Margery non aveva dimenticato la vasca da bagno. Si allontanò da lui, abbassò il tono della voce. «Chiunque l'abbia fatto, potrebbe tornare per noi», affermò. «Quel fottuto negro ci venderebbe per un quarto di dollaro e tu lo sai.» «Mamma, che posso fare?» Sentì il lamentoso piagnucolio nella sua voce. Non odiava quel piagnucolio, ma solo perché c'era sempre quando affrontava sua madre e non lo riconosceva. «Avresti potuto telefonarmi», urlò lei. «Eri qui con la tua puttana invece di telefonarmi. La cosa mi fa riflettere.» Si guardò in giro, gli occhi stretti. «Che stai facendo a casa, in ogni modo? Dovresti essere in città, per sentire tutto quello che puoi.» «Sono già stato in città e non ho sentito praticamente nulla. I poliziotti hanno trovato i soldi di Deon. Erano nascosti in casa sua, da qualche parte.
Li hanno presi tutti.» «Dannazione», esclamò Margery. «Hanno preso tutto? Dannazione.» «È quello che ho sentito. In città sono arrivati poliziotti di stato, e si dice siano in gamba. Credo sia meglio per noi starcene tranquilli.» «Non c'è niente che possano collegare a noi.» «No, finché... voglio dire, e se avessero preso Joe?» «Joe è morto», asserì Margery. «Lo crediamo tutti.» «Ma se non lo fosse?» «Allora lo siamo noi», ribatté lei. Puntò contro di lui un dito tremante. «Adesso torni in città, scopri cosa sta succedendo. E poi mi chiami. Pezzo di cretino.» Si girarono entrambi nel sentire un'auto percorrere il vialetto d'accesso. «Katina», disse Singleton. «Me ne vado», borbottò Margery. «Non parlo con quella puttana.» Le due donne s'incontrarono sull'uscio e Margery proseguì lanciandole un'occhiata di traverso, senza dire una parola. «Ciao, mamma», la salutò invece Katina, sorridendole. Entrata in casa e con la porta chiusa, domandò: «Cosa voleva la Strega?» «Soldi in prestito», rispose Singleton. Quella era sempre una buona scusa, perché sua madre amava sinceramente i soldi. Katina s'affaccendò, preparò del caffè. «Che si dice su Deon e Jane?» domandò. «Nessuno sa cosa sia successo, ma quelli del BCA hanno trovato un mucchio di soldi e della droga nella camera da letto di Deon», rispose Singleton. «Si butteranno sul motivo droga.» «Lo sceriffo Anderson è stato estromesso? Del tutto?» Singleton inclinò la testa. «È fuori. È abbastanza furbo da sapere che questa storia è troppo grossa per lui, e, se non lo fosse stato, le autorità della contea sono andate nel suo ufficio a dirglielo. Harvey Benson gli stava addosso, mentre faceva quella telefonata a St. Paul.» «Oh, mio Dio», esclamò Katina. Si tolse i guanti, il parka e il berretto, si scosse i capelli. «Non riesco a credere che siano morti. Gene sta impazzendo. Gli hai già parlato?» «Sì. Lui pensa che Jane spacciasse coca al casinò. Erano proprio tanto stupidi?» «Deon era stupido e Jane non era molto più intelligente di lui», affermò Katina. Prese due tazzine dallo scolapiatti. «Quello che voglio sapere è: che diciamo noi alla polizia?»
«Tu non dirai nulla», replicò Singleton. «Lascia parlare Gene. Non c'è alcun motivo per farci coinvolgere. Deon lavorava per Gene, non per noi. Se Gene è furbo, alla polizia indicherà il casinò. Succedono tante schifezze lassù, potrebbero esaminare quel posto per il resto della loro vita e non arrivare al fondo.» «C'è un solo problema con quell'idea», disse Katina. «Quale?» «Joe. Dov'è Joe? Jane mi ha detto che tutta la sua roba è ancora nella casa. Se Joe fosse morto, allora non sarebbe il casinò.» «Forse. Potresti avere ragione, se spacciavano cocaina. Non si può mai sapere con gli spacciatori. D'altra parte, se Joe fosse tornato e avesse fatto lui quel macello? Se avesse cercato quei soldi?» «Mmm.» Rimasero in silenzio, mentre Katina si dibatteva tra le varie possibilità in conflitto. «Qualsiasi cosa sia capitata a quei tre, noi dobbiamo preoccuparci della nostra posizione», disse alla fine, alzando gli occhi su di lui. «Hai ragione. Dovremmo starcene tutti alla larga. Se gli agenti di stato trovano un filo e lo tirano con sufficiente forza, tutto il maglione si disferà.» Parlarono ancora un po' sorseggiando il caffè, una coppia di mezza età che andava d'accordo. Singleton non era come gli altri uomini che aveva conosciuto nelle Cities, pensò Katina. C'era qualcosa di duro come l'acciaio in lui, qualcosa di duro come la pietra. Qualcosa di brutto. Questo le piaceva, un uomo che si sarebbe fatto valere. Solo che non sapeva. La festa a casa West iniziò quando due cronisti, accompagnati da due fotografi, apparvero alla loro porta e chiesero se potevano intervistarle. Letty fu felice di farlo, Martha un po' imbarazzata dal disordine di casa sua, che non parve dare alcun fastidio ai fotografi che scattarono delle foto di Letty seduta nella vecchia sedia a dondolo della madre. Poi arrivò il primo furgone della televisione. I primi due giornalisti le erano piaciuti, ma, paragonati a quelli della TV, sembravano dei bastardini a una esposizione canina. I giornalisti televisivi erano delle star, Letty ne aveva addirittura visti alcuni in televisione. Quelli della televisione concordarono per un set di luci e le installarono nel soggiorno, mentre Martha si affrettava a sistemare i pezzi migliori dell'arredamento e a spostare in cucina quelli più brutti. Arrivò un tipo con due sacchetti di patatine fritte, crema di formaggio e Coca-Cola, poi un al-
tro portò una confezione di dodici lattine di birra Bud Light. Chiesero a Letty di andare a prendere alcune trappole, cosa che lei fece, quindi le misero sul pavimento ai suoi piedi e alcuni cameraman le si avvicinarono per riprenderle, usando le lampade montate sulle telecamere. Qualcun altro sfidò i cameraman a infilarvi le dita, e loro lo fecero, anche se nessuno dei giornalisti televisivi li avrebbe imitati. Poi domandarono a Martha della sua carriera di cantante e lei tirò fuori la chitarra e cantò una vecchia canzone di Pete Seeger, Where have all the flowers gone, e le luci si accesero e vennero regolate e la prima intervistatrice, una biondina con faccia da volpe e una leggera e soffice sciarpa color cremisi, disse: «Letty, parlami di ieri». «Ero su in camera mia...» iniziò a raccontare. Letty parlò loro delle trappole e dei topi muschiati e del fucile calibro 22 e dei corpi che penzolavano nell'oscurità. Ripeté poi il tutto a un tipo dai capelli scuri e aspetto italiano della Fox e di nuovo alla CNN e ripeté ogni cosa per tutti, sempre fresca e sicura di sé. A quelli della televisione piacque: quella ragazzina aveva una faccia che sembrava dovesse essere sporca di terra, anche se era stata ben lavata, una faccia ribelle con un lieve accenno di sessualità selvaggia, preadolescenziale. Le chiesero di mostrare come funzionavano le trappole e il fucile, e a cosa servisse il machete. Lei tenne il fucile stretto nel braccio sinistro mentre parlava, mentre i reporter le svolazzavano attorno come passeri sopra briciole di pane sparse a terra. Sentivano il rapporto tra la ragazza e la televisione... «Diventerai una star, mia cara», esclamò l'astuta biondina. Era una donna bella e intelligente, i cui calzini costavano più dell'intero guardaroba di Letty, e Letty le credette. L'agente del BCA, Dickerson, cacciò infine i telecronisti. Parecchi chiesero se potevano tornare il mattino seguente. «Naturalmente», rispose loro Martha. Poi, allegra e vivace come Letty non l'aveva mai vista, la donna cominciò a fare piani per il giorno seguente. «Sembro un troll», disse, guardandosi allo specchio della cucina. La casa, improvvisamente silenziosa, sembrava fredda, abbandonata, isolata dal mondo. «Devo avere un altro cappotto, e i miei capelli, ah, bambina mia, mi chiedo se Harriet avrà tempo per me. Che ore sono?» Mentre sua madre parlava con il salone di bellezza Harriet's Mane Line,
Letty salì in camera sua, si buttò sul letto e chiuse gli occhi. Chiudere gli occhi era bello quasi come la televisione. Mentre la riprendevano, si era sentita a suo agio e ne era rimasta sorpresa. Aveva intuito ciò che quelli della televisione volevano e l'aveva dato: mento in alto, un'espressione un po' risoluta, un po' tesa, il fucile nella piegatura del gomito. Di tanto in tanto, un sorriso. Sentiva di poterli commuovere. Era cresciuta con la televisione e sapeva come funzionava. Letty si alzò e chiuse la porta. Sulla porta aveva montato uno specchio che aveva trovato nel negozio Goodwill. Aveva un aspetto decisamente duro, pensò, girandosi per cercare di vedersi di profilo. Il vento e il ghiaccio l'avevano segnata, ma per quello non poteva fare nulla. Forse, però... Si sdraiò di nuovo e chiuse gli occhi. Un po' di rossetto, solo un lievissimo cenno di rossetto. Poteva pulire le scarpe, questo sì. Aveva visto una ragazza in un film con John Wayne, un'ardimentosa ragazza poco più grande di lei, ed era quello l'aspetto che voleva per sé. Quell'atteggiamento. Martha West corse su per le scale. «È arrivato Dick, mi porterà lui da Harriet», disse. Martha aveva con Dick una relazione intermittente; lui aveva sentito della conferenza stampa. «Tutto bene? Da Harriet mi laveranno e sistemeranno i capelli, poi Dick e io usciremo insieme. Solo per poco.» «Nessun problema. Devo prendere delle trappole, per quando torneranno i reporter domattina. Potrei anche dare una riassettata alla mia stanza, una signora ha detto che potrebbero voler guardare fuori della mia finestra, se decidessero di fare una ricostruzione.» «Va bene. Potresti mettere in ordine anche la cucina, d'accordo? E passare l'aspirapolvere in soggiorno. Lucida anche i mobili con del Lemon Pledge, d'accordo?» «Okay. Ma non fare tardi. Domattina dobbiamo alzarci presto», rispose Letty. «Andremo in giro solo per pochi minuti, per sentire cosa dice la gente.» Martha corse giù per le scale e Letty si sedette sul letto e si infilò gli stivali di gomma, il cappotto e i guanti; pronta per sistemare alcune trappole. «Non dimenticare di guardare il telegiornale delle diciotto. Hanno detto forse alle diciassette e di certo alle diciotto», le gridò la madre. «D'accordo.» Era come essere in paradiso.
Dieci minuti dopo, con le immagini di MTV che ancora le ballavano nella testa, uscì di casa con il sacco delle trappole. Aveva preso anche il fucile, pur sapendo che non ne avrebbe avuto bisogno, e il machete nel suo lungo fodero verde, che invece le sarebbe servito. Ma chi poteva dirlo? Forse la televisione sarebbe tornata e a quelli della TV piaceva il fucile. Lanciò un'occhiata dietro la spalla, attraversò lentamente la strada e si diresse verso la palude gelata a nord, desiderando che fossero già tornati. Passò un'ora con le trappole, lavorando mentre il sole scompariva alla sua vista. Tornata a casa, alla luce dell'unica lampadina nella sua camera, si guardò di nuovo allo specchio e pensò agli uomini arrivati da St. Paul, Davenport e Del, e come avessero un'aria di città. Aveva detto a Davenport che le sarebbe piaciuto diventare un medico o una parrucchiera o addirittura un poliziotto. Forse avrebbe potuto fare quei lavori, ma non pensava più fossero quelli che desiderava fare. Le piacevano le luci, sarebbe diventata una giornalista. Una star. Scese dabbasso, prese una delle Coca-Cola rimaste e vide le chiavi della jeep sul tavolo della cucina. Aveva centoventisei dollari nascosti in un vecchio thermos di metallo sotto il letto. Perché non una fetta di torta dalla Wolf? Dopo una giornata simile, se la meritava. La chiesa Holy Roller di Broderick era stata trasformata in un dormitorio. Tramezze in legno dividevano l'ex spazio della preghiera in nove stanze, per fornire un po' di privacy. Ogni cubicolo conteneva un letto pieghevole, un cassettone, un comodino, un estintore e una tenda che fungeva da porta, secondo l'antica tradizione degli alberghi d'infimo ordine. Un elettricista cristiano di Bemidji aveva sistemato dei cavi tra le stanze, per cui ciascuna cameretta aveva una presa per alimentare una lampada. Radio e televisori personali erano vietati, non per motivi religiosi, ma perché il rumore avrebbe potuto infastidire gli altri. La maggior parte delle donne possedeva walkman e lettori CD e piccole librerie stipate con romanzi polizieschi e manuali spirituali. Le donne che vivevano nella chiesa mangiavano di solito tutte insieme, il cibo veniva preparato nella cucina della chiesa, anche se non vigevano regole precise. In uno stanzino vi erano alcuni morbidi puff, un televisore con impianto satellitare, un lettore DVD e sessanta o settanta commediole sentimentali raccolte nel tempo. Un balcone sul retro, una volta galleria dell'organo, veniva usato da chi voleva stare un attimo in pace, da sola. Due delle donne erano suore. Nessuna, o forse solo una, ma nessuno po-
teva dirlo con certezza, era lesbica. A nessuna di loro importava ciò che si mormorava in città. Ruth Lewis era il capo. Pianificava orari e tattiche con Calb, per l'operazione droga, e coordinava tramite associazioni caritatevoli cattoliche e servizi sociali luterani la distribuzione di cibo e indumenti. La distribuzione di cibo e indumenti aiutava forse qualche famiglia, ma il Minnesota era uno stato socialista e quel genere di assistenza veniva fatta in modo più efficiente dagli enti statali locali. Neppure questo importava alle donne: importante era mantenere una buona copertura. Dopo avere informato le altre donne dell'omicidio di Jane Warr e Deon Cash, Ruth ascoltò per un'ora preoccupazioni e discussioni, ma la maggior parte delle sue compagne era sicura di sé e poco incline al panico. Al termine di quell'ora di discussioni, concordarono che non c'era altro da fare che attendere, far funzionare al meglio il trasporto di droga, sviluppare l'attività di distribuzione alimentare rurale e mantenere un basso profilo. Katina Lewis prese poi sua sorella da parte. «Loren ci terrà informate sulla polizia. C'è la possibilità che, se succedesse qualcosa... se scoprissero i nostri traffici, ci avvertirà prima che si muovano», le disse. «Se sanno qualcosa di voi due, della vostra relazione, Loren potrebbe cadere con noi», rispose Ruth. Sorrise freddamente. Loren Singleton non le piaceva, e Katina questo lo sapeva. «È disposto a rischiare», ribatté Katina. «L'unico problema potrebbe essere... ecco, lui è dominato da sua madre. Se lei sapesse ciò che accade qui, ci venderebbe al miglior offerente. Quella vecchia strega.» «Mettilo in guardia.» «Lo sto facendo, in qualche modo. Quello che sto realmente facendo è...» Sorrise. L'atteggiamento solenne della sorella maggiore la faceva sempre ridacchiare. «Cosa?» chiese Ruth. «Stiamo cambiando chi lo domina», rispose Katina. «Io al posto della stregaccia.» Più tardi, nel buio pomeridiano, Ruth percorse la strada principale per andare a prendere un sandwich salato con uova sode e cipolle fritte al Wolf's Café. Quei panini la facevano sentire in colpa, erano molto unti e aggiungevano un dito in più di colesterolo nelle vene ogni volta che ne mangiava uno, il sale faceva salire la pressione sanguigna e la cipolla cruda le faceva puzzare l'alito per ore. D'altra parte, non aveva problemi di cuore, la
pressione sanguigna era perfetta e i sandwich erano ottimi, una pausa dalla tetraggine dell'inverno e dal tetro cibo salutare della cucina della chiesa. Il locale aveva una porta doppia, puzzava sempre di grasso ed era surriscaldato. «Salve, baby Ruth», la salutò Sandy Wolf. «Ciao.» Ruth fece un timido cenno con la testa. Non era tipo da far amicizia con tutti come la Wolf, ma la cordialità della donna le faceva piacere. A metà bancone sedeva un'altra donna... no, non una donna, pensò Ruth, ma una ragazza che stava mangiando una fetta di torta. Letty West. «Letty?» Ruth si avvicinò al bar, sorridendo. Quella ragazzina le era piaciuta dal primo momento che l'aveva conosciuta e da allora avevano chiacchierato insieme una dozzina di volte. «Come stai?» Letty sorrise a sua volta, agitando la forchetta. «Io sto bene. Questo pomeriggio ho avuto una conferenza stampa.» «Sì, l'ho saputo.» Ruth assunse un'aria solenne, cercò le parole giuste. «Ho sentito che hai trovato tu... quelle persone.» «Ne stavamo proprio parlando», s'intromise la Wolf. «Letty dice che erano congelati come ghiaccioli.» «Li hanno messi nei sacchi neri per portarli via e lì dentro sembravano un mucchio di assi», soggiunse Letty. «La polizia ha idea su chi possa essere stato?» domandò Ruth. Letty scrollò la testa. «No. Ne sanno molto meno di me. Non sanno nulla di Broderick, li sto informando. Ci sono quei due, Lucas e Del, sto dando loro una mano. Questo pomeriggio abbiamo mangiato al Bird.» «Cosa... hai visto veramente? Nel luogo dell'omicidio?» Sandy Wolf si chinò sul bancone e Ruth balzò su uno sgabello accanto alla ragazza e Letty ripeté tutta la storia come l'aveva raccontata alle telecamere quel pomeriggio. Arrivata alla fine del racconto, soggiunse che il giorno seguente le telecamere sarebbero tornate per fare un servizio a tema completo. «Verranno con me per controllare le trappole. Questo pomeriggio sono dovuta andare a sistemarne, per avere alcuni topi muschiati da mostrare nel servizio di domani.» «Ti pagheranno?» domandò la Wolf. «Forse», rispose Letty. Non ne era sicura, a quello non aveva pensato. «Dovrebbero farlo», insisté la Wolf. «Voglio dire, tu hai un prodotto da vendere. Potresti apparire da Oprah.» «Davvero?» A Letty Oprah piaceva. «Non si sa mai dove portano queste cose. Potresti finire a Hollywood. Sono accadute cose anche più strane», disse Sandy Wolf.
«Non so nulla di Hollywood», disse Ruth. Provò un formicolio di apprensione. «Letty, c'è qualcuno a casa tua con te e tua madre? Intendo, un poliziotto?» «No. Pensi che sarebbe meglio?» «Ecco.» Si mordicchiò un labbro. «D'accordo. Ora sono spaventata», esclamò Letty. Aveva visto tutti i film polizieschi. Gli assassini tornavano sempre. «Tutto ciò che ho è quello schifoso fucile.» «Quel tipo non tornerà», borbottò la Wolf in tono sprezzante. Stava pulendo il grill e sbatté lo straccio nella direzione di Letty. «Il tipo che ha fatto questa cosa è a un milione di chilometri da qui. Ormai sarà a Miami Beach.» «Lo spero», ribatté Ruth. «Un panino all'uovo con cipolle fritte?» chiese alla Wolf. «Ben fritte? Arrivano.» Rivolta a Letty, la Wolf chiese: «Un'altra fetta di torta? Una fettina?» «Se la paghi tu», rispose Letty. Sorrise a Ruth. «Avrò una fetta di torta gratis per la storia?» «Avrai un passaggio gratis alla prigione, se la pattuglia vede quel gippone parcheggiato là dietro», borbottò la Wolf. «Ha guidato di nuovo l'auto di sua madre. Piccola sciocca delinquente.» «Una piccola sciocca delinquente che parteciperà a Oprah», replicò lei. Lanciò poi un'occhiata all'orologio sulla parete. «Le quattro e mezzo. Posso restare ancora dieci minuti. Hanno detto che saremo nel telegiornale delle cinque.» «Diva cinematografica», ridacchiò la Wolf, allungandole una mezza fetta di torta alle ciliegie. Quando Ruth tornò in chiesa, raccontò a Katina di Letty, sorridendo mentre descriveva l'entusiasmo della ragazzina. Katina non sorrise tanto. «Quella bambina è dappertutto. Se parla con la polizia, spero non parli di noi. O dell'officina di Calb.» «Non è che possa saperne molto», replicò Ruth. «Alcune auto che vengono restaurate.» «Speriamo. È solo per come è sempre in giro. Voglio dire, Ruth, noi siamo delle criminali. Dovremmo comportarci da criminali, almeno ogni tanto.» «Lei si sta divertendo. Non credo sia un pericolo per noi», asserì Ruth.
«È solo una bambina.» «Se lo dici tu», ribatté Katina, un accenno di scetticismo nella voce. «Inoltre, di questo abbiamo già parlato, prima o poi una di noi verrà presa mentre attraversa il confine. O qualcuno dirà a qualche ambizioso e meschino pubblico accusatore ciò che stiamo facendo, e verranno ad arrestarci tutte. Potremmo finire in carcere, Katina. È un fatto concreto.» Katina scrollò la testa. «Non ci ho mai creduto. Se siamo prudenti. Se siamo caute in modo psicopatico, non credo che ci beccheranno.» La discussione non era stata un alterco, e nulla era stato risolto. Più tardi Katina, nel vedere Singleton fermarsi nel parcheggio di Calb, attraversò la strada. Singleton aveva un telecomando che apriva la porta basculante del garage, che si sollevò e lui entrò, per non lasciare l'auto in vista, suppose Katina. Davanti alla fattoria di Cash vi erano ancora due auto della polizia e un furgone della polizia di stato; faceva però tanto freddo che tutti i poliziotti erano entrati nella casa. Singleton notò Katina attraversare la strada e le tenne aperta la porta, lasciandola cadere solo dopo che lei fu entrata. «Gene è nel retro», disse Singleton. Nel suo ufficetto, Calb stava fissando un vecchio computer Dell. Alzò gli occhi e salutò Singleton, poi si inclinò all'indietro per guardarsi attorno e disse: «Ciao, Katina». «Hai già parlato con gli agenti statali?» domandò Singleton. «Con due squadre. Questo pomeriggio. I primi erano a posto, sono stati qui un'ora e hanno preso appunti. L'altra squadra, erano solo due uomini, se ne stavano qui, le mani in tasca. Come la fottuta Gestapo.» «Davenport e Capslock», affermò Singleton. «Si dice siano in gamba. Cosa hai detto loro?» «La verità», rispose Calb. «Avevo parlato con Shawn giù a Kansas City prima del loro arrivo, per riferirgli cosa avevo intenzione di fare, cioè dire la verità. Che avevo conosciuto Shawn nell'esercito e che sapevo che aveva questo cugino piantagrane e che, quando quel cugino era uscito di prigione, lo avevo assunto per fare un favore al mio compagno d'armi. Poi ho detto loro che stavo per licenziarlo, perché era un pasticcione, e che sospettavo assumesse droghe, ma non che le vendesse. Ho detto loro che pensavo che i problemi potessero arrivare dal lavoro al casinò di Jane...» «Bene», lo interruppe Singleton. «Era proprio ciò che volevo suggerirti. Ora che li hai spinti a riflettere sul casinò, dovremmo rafforzare quell'idea.»
Katina si tirò il labbro. «Mi preoccupa Letty West. Passa un sacco di tempo con la polizia e bighellona anche qui intorno.» Calb scosse la testa. «Niente di che preoccuparsi. Viene qui per scaldarsi e io non le permetto di entrare nell'officina, perché non voglio che si faccia male, con tutta quella roba in giro. Non credo abbia mai parlato con Deon.» Chiacchierarono per qualche minuto ancora, poi, andandosene, Singleton ignorò un'allusione di Katina, un po' di conforto le sarebbe servito in quel momento difficile, e si diresse ad Armstrong. Entrò nel supermarket di Peske per acquistare una confezione da sei di Coca-Cola senza caffeìna, e s'imbatté in Roger Elroy, che stava esaminando il refrigeratore in fondo al negozio. «Niente di nuovo?» «L'hanno beccato», rispose Elroy con calma. «L'hanno beccato?» Elroy era giovane ed entusiasta e pieno di notizie. «Sanno chi è, quei due agenti del BCA l'hanno capito su al casinò», rispose Elroy. Singleton pensò al casinò, si sentì attraversare da un'ondata di sollievo e guardò dentro il refrigeratore. «È stato quel tipo cui hanno rapito la figlia, Hale Sorrell, quello di Rochester. Ricordi, il mese scorso?» Mancò poco che Singleton si tradisse. E si sarebbe tradito, se Elroy avesse visto la sua faccia, che invece aveva infilato nel frigorifero con tutto il busto. Si bloccò, riprese controllo di sé e afferrò la confezione. «Come ci sono arrivati?» disse indietreggiando. Elroy glielo spiegò rapidamente, quindi scrollò la testa. «Anderson ha parlato con il governatore. Ritengono che il corpo della figlia di Sorrell potrebbe trovarsi da qualche parte nella fattoria di Deon Cash. Tu li conoscevi quei due, non è vero?» «Sapevo chi erano», replicò Singleton. «Ho parlato con Cash un paio di volte... Perdio. Hanno già arrestato Sorrell?» «Lo faranno domani. Stanno controllando ancora alcune cose, hanno delle informazioni sull'auto che ha usato, stanno mostrando delle fotografie a una testimone. Non vogliono metterlo in guardia.» «Gesù.» «Quegli agenti del BCA, sono due tipi in gamba», disse Elroy. «Ho conosciuto Davenport un paio d'anni fa, quando era impegnato in un altro caso. Credimi, è il poliziotto più intelligente dello stato. È lui che ha teso l'imboscata a quell'assassina a Minneapolis. Se lui ritiene che sia Hale Sorrell, allora lo è.»
«Forse più che intelligente è fortunato.» «Tu non l'hai conosciuto», ribatté Elroy. «Lui è un'altra cosa. Quando l'ho incontrato, era qui con una donna poliziotto, se la faceva, aveva un paio di tette...» Singleton aveva ora un sacco di cose su cui riflettere, cosa che fece, aggirandosi per le vie di Armstrong. Rifletté su Letty West. Pensò a lei per circa cinque minuti, cercando di ricordare esattamente dove l'aveva vista attorno alla fattoria. Sapeva di averla vista dalle parti della discarica, ma non quando... Si fermò a un angolo di strada per un po', fece schizzare fuori una Marlboro dal pacchetto, l'accese con un gelido Zippo. Pensò a Hale Sorrell. Alla fine, turbato e adirato per l'ingiustizia della situazione, si diresse verso il Logan's Fancy Meats, usò il telefono a muro dell'esterno e compose un numero che conosceva a memoria. Rispose un uomo. «Pronto?» Appese, tornò all'auto. Disfare maglioni. Si accese un'altra Marlboro, riflettendoci su. Singleton non si considerava un omicida, perché non aveva ucciso nessuno materialmente, ma questo alla legge non sarebbe importato. La legge l'avrebbe considerato un killer, perché era presente quando le ragazzine erano state uccise. Era successo in modo molto delicato; mamma era entrata nella stanza con le due bambine e aveva detto loro che le avrebbero riportate a casa, ma che non avrebbero avuto il permesso di vedere niente. Avrebbe perciò fatto loro un'iniezione e, quando si fossero svegliate, si sarebbero ritrovate con mamma e papà. Naturalmente, non si erano più svegliate. Singleton le aveva trascinate fuori in un sacco della spazzatura in plastica nera, ancora calde, nella notte, la vanga per seppellirle che sbatacchiava nel retro del gippone. Erano morte rapidamente, tranquillamente, misericordiosamente. Non avevano provato nulla. Sarebbe piaciuto anche a lui andarsene in quel modo. In un certo senso, erano state fortunate. Ora era sorto il problema Sorrell. Non era Joe; era Sorrell. Sorrell aveva avuto un solo modo, a suo parere, per venire a sapere di Deon e Jane, e cioè attraverso Joe. Sorrell l'aveva catturato.
Joe aveva spifferato anche il suo nome? O quello di mamma? Li avevano spifferati Deon e Jane? Dannazione. Come un maglione che si sta disfacendo. Rimuginò ancora un po', poi telefonò alla madre. 9 Del aveva prenotato due stanze al Motel 6, ma, dopo che Piccola Orsa aveva identificato Sorrell dalle foto, stabilirono di tornare alle Twin Cities. L'elicottero era già rientrato, per cui decisero di andarci in auto. «Dobbiamo ideare un approccio», disse Lucas a Dickerson, mentre tornavano ad Armstrong sul fuoristrada di Anderson. «Si dia da fare con i campioni di DNA. Il laboratorio vorrà prendersi tre o quattro giorni, ma lei può costringerli a fare le analisi in due giorni, se insiste. Abbiamo inoltre bisogno di una dichiarazione formale di Piccola Orsa. Se la faccia rendere, finché è ancora tanto sicura.» «Lo arresterete?» «Parlerò con il governatore», spiegò Lucas. «Preferirei che prima vengano eseguiti gli esami del DNA, per essere certi che ciò che abbiamo è valido. In tutta la faccenda c'entra però anche la politica, per cui, non so. Se gli esami del DNA saranno buoni, lo beccheremo e quello che vorrei sarebbe parlargli senza avvocati tra i piedi. Scoprire che diavolo è successo. Come ha fatto a immobilizzarli? In quale sequenza? C'erano altre persone coinvolte?» Dickerson annuì. «Va bene. Ha fatto il militare, per cui devono esserci le sue impronte digitali. Me le procurerò e le confronterò con qualsiasi cosa troveremo nella sua stanza d'albergo, per cui avremo anche quella prova. Esaminerò tutti i video di Moose, per vedere se riusciamo a individuarlo mentre la segue fuori dal casinò...» «Ci sarà bisogno delle dichiarazioni di tutti...» «Vorrei che lei fosse qui quando arriverà Washington», interloquì Anderson, seduto dietro il volante. «Non so che fare con lui.» «Non parli con lui», gli intimò Lucas. «Si mostri indaffarato a risolvere il delitto. Questo tipo si guadagna da vivere con i confronti, e lei non può vincere. Dia a qualcuno il compito di occuparsi delle informazioni e di trattare con lui, una donna sarebbe meglio, una persona anziana e materna, in questo modo, se la aggredisse con forza, farebbe la figura del bastardo. Lei deve starsene alla larga.»
«Dovrò dire qualcosa», protestò lui. «Questa è la mia città.» «Amico, glielo ripeto, se parlerà con lui, lui la fregherà», insisté Lucas. «Se vuole andare in televisione, mi sta bene. Faccia tenere sott'occhio Washington e parli con quelli della televisione, mentre lui sta facendo un pisolino o mangiando. Parli di lui con cortesia, gli dia il benvenuto nella comunità, ma non parli con lui.» Anderson guardò Dickerson. «Che ne pensa?» «Lucas ha ragione. Se parla con lui davanti a una telecamera, la distruggerà. Se proprio deve parlare con lui, lo faccia segretamente, nel suo ufficio. Non faccia entrare alcuna telecamera.» «Se riuscisse a evitarlo fino a dopodomani, allora forse tutta la faccenda sarà stata risolta», disse Lucas. «Tartassiamo Sorrell e facciamo trapelare rapidamente la storia. Con ogni probabilità Washington non vorrà essere identificato come colui che difende delle persone che hanno rapito e ucciso una bambina.» «Va bene, va bene», mormorò Anderson. Borbottò ancora qualcosa sottovoce. «Voi mi state trattando come l'idiota del villaggio», si lamentò. Ci fu attimo di silenzio. «Lei pensa di poter eseguire una buona operazione chirurgica?» domandò Lucas. «Cosa?» disse Anderson. «Chirurgia. Crede che domattina, se ce ne fosse bisogno, riuscirebbe a fare un bypass al cuore?» Ora Anderson era veramente incavolato. «Dove vuole arrivare?» «A questo: Washington sta al confronto e alla pubblicità come un cardiochirurgo al bypass al cuore. Il fatto di non essere bravo come lui in questo non dovrebbe metterla in imbarazzo. Nessuno di noi lo è. È la sua specialità. Non gli interessa affatto conoscerla, o comprendere il problema, o risolvere il crimine. Lui è qui soltanto per fregare qualcuno e ottenere soldi. Gli dia un bersaglio e lui la fregherà. Nulla di personale, è solo il suo lavoro.» Continuarono per un po' in silenzio. «Mi pare di vedere delle stelle», annunciò Dickerson. «Dovrebbe rischiararsi tanto a lungo da far calare di molto la temperatura, domani arriveranno altre nuvole», disse Anderson. Del chiamò il Motel 6 dalla centrale di polizia e disdisse le loro stanze, mentre Lucas chiedeva al concessionario, Holme, se la Oldsmobile ce l'avrebbe fatta fino alle Cities. «È un buon veicolo», rispose Holme. «Nessun
problema. Ma come me la farete riavere?» «Troverò qualcuno che la riporti o gliela riporterò io stesso», rispose Lucas. «Mi dia una settimana.» Considerò la possibilità di un cadavere alla casa di Cash: sarebbe tornato. Telefonò poi a Mitford, che era ancora in ufficio. «Abbiamo una solida identificazione», lo informò Lucas. «Torno stanotte, dovremmo arrivare attorno alle due del mattino, per cui sarò da lei in mattinata, sul presto. Se sente il governatore stasera, la successiva domanda è: quando andiamo ad arrestarlo?» Gli spiegò che l'esame del DNA richiedeva tempo. «Il fatto è che, se lo inchiodiamo fin dall'inizio, prima che abbia la possibilità di elaborare con i suoi avvocati delle strategie... ecco, allora forse riusciremo a scoprire cosa è successo. O almeno cosa è successo con il rapimento della figlia.» «Due al prezzo di uno», commentò Mitford. «Risolve il rapimento e il linciaggio, l'impiccagione. Parlerò stasera con il governatore. Terrà acceso il cellulare?» «Sì, ma qui ci sono alcuni grossi buchi nella rete dei telefoni cellulari. Potrebbe non riuscire a collegarsi con me per un paio d'ore, a meno che non stia attraversando una città. Appena imboccherò la I-94 verso sud, saremo di nuovo collegati.» «Se non riesco a raggiungerla, ci incontreremo domattina. Che ne dice delle sette in punto?» «Ha una sua vita, Neil?» «Quale?» Uscendo dalla centrale di polizia, Lucas salutò Anderson e Dickerson e questa volta lo sceriffo gli strinse la mano. Lucas ebbe l'impressione che non si sarebbe tenuto alla larga da Washington, ma quello era un problema di Anderson. «Ragazzi, ci siamo fatti valere oggi.» Sistemarono le sacche nella Oldsmobile e Lucas si mise al volante. Passando davanti al palazzo di giustizia, videro il bagliore dei fari della televisione sui gradini d'entrata. «Si stanno preparando per Washington», osservò Del. «Come la fiamma per una falena. Scommetto mille dollari che Anderson si farà vedere lì.» «Nessuna scommessa.» Le Twin Cities si trovavano a sudest di Armstrong, ma la via più veloce
per arrivare a casa era una statale che puntava verso ovest per circa sessantacinque chilometri, dove incrociava la I-29 nordsud nel North Dakota. Avrebbero preso la I-29 fino a Fargo, dove avrebbero imboccato la I-94 Est. Un giro lungo, ma sia Anderson sia Dickerson avevano detto che quella era la strada più rapida, di almeno un'ora. Uscendo dalla città, chiamarono casa per avvisare le mogli che stavano rientrando. La governante disse a Lucas che Weather era al supermercato in Ford Parkway, ma che le avrebbe riferito il messaggio. Lucas pose il tachimetro sui centocinquanta chilometri all'ora e si diressero, nel buio senza luna, verso il confine del North Dakota. «Dovrei portare qui la Porsche, lasciarla libera», osservò Lucas. «Completamente diritta, nessun'altra automobile in vista, e noi sappiamo dove sono tutti i poliziotti.» «Naturalmente potremmo investire una mucca», ribatté Del. Continuarono per qualche minuto in silenzio, poi Lucas disse. «Ehi, non ho visto nessuna mucca.» «A ben pensarci, non ne ho viste neppure io.» «Moose Bay deve pur avere preso il nome da qualcosa. Magari investiremo un alce», scherzò Lucas dopo un minuto. Del non rispose. Lucas gli lanciò un'occhiata e vide che stava guardando fuori dal finestrino. «Cosa?» «Mio Dio. Guarda quelle stelle. L'aurora boreale.» Lucas non poteva vedere nulla dalla sua parte, per cui si fermò, ed entrambi scesero dall'auto e rimasero fermi accanto alla Olds. Le stelle erano tanto vicine che sembravano fanali anteriori in una strada cittadina a più corsie, ma il vero spettacolo era a nord, dove una cortina ondeggiante d'un giallo pallido e di un viola ancora più pallido pendeva dalla volta del cielo. La cortina si muoveva, fluttuava, diventava più luminosa e poi si smorzava, per esplodere in un'altra zona. Rimasero a guardare fino a che il freddo non iniziò a infiltrarsi nelle ossa, per cui salirono in macchina e partirono. Del continuò a guardare fuori dal finestrino. Sospirò. «Troppa luce per poterle vedere a Minneapolis. Voglio dire, si possono vedere, ma non così». «Dalla mia capanna le vedo benissimo», disse Lucas. «Sono tanto luminose che i fari non servono.» «Ah, sì?» Lucas allungò la mano e spense i fari. Piombarono di colpo nell'oscurità totale.
«Riaccendi quei fottuti fari», gridò Del dopo pochi secondi. «Potrebbe esserci una curva da qualche parte.» «Nessuna curva», lo rassicurò Lucas. «Potrei legare il volante, passare sul sedile posteriore e dormire.» Accese, tuttavia, i fari e, trentatré minuti dopo essere usciti a gran velocità da Armstrong, attraversarono il Red River ed entrarono nel North Dakota. Lucas guidò per le prime due ore, poi Del per altre due e Lucas entrò nelle Twin Cities sei ore dopo essere usciti dalla centrale di polizia. Lasciò Del a casa sua, quindi percorse le silenziose strade che portavano al Mississippi River Boulevard e alla Nuova Grande Casa. Lasciò la Olds nel vialetto d'accesso, prese la sacca dal bagagliaio, tirò fuori dalla tasca le chiavi di casa ed entrò. Weather si svegliò, appena entrò in punta di piedi in camera da letto: era accesa solo la luce in corridoio. «Sei tu?» «No. È un pazzo stupratore.» «Come è andata?» «Abbiamo risolto il crimine», rispose, iniziando a spogliarsi. «Cosa?» Weather si mise a sedere sul letto. «Puoi accendere la luce. Ecco...» La lampada sul comodino si accese. «Lavorerai domattina?» chiese Lucas. Weather operava quasi tutti i giorni. «No. Dovrò forse sistemare una malformazione del palato nel pomeriggio, ma prima devo completare alcune analisi sul bambino, per cui non è una cosa certa. Che è successo con il linciaggio?» «Non era un linciaggio», replicò Lucas. «È stato un omicidio per vendetta. Ricordi quel Sorrell che era sui giornali un mese fa, quello cui avevano rapito la figlia?» «Allora?» «È stato lui.» Era sbalordita, ma anche un po' divertita. «Lucas, stai scherzando.» «No. Non abbiamo ancora arrestato nessuno, ma i corpi erano ricoperti con il DNA di qualcun altro e ascolta bene: sarà quello di Sorrell. Ha scoperto chi gli aveva ucciso la figlia, li ha rintracciati e li ha impiccati. Non conosco i dettagli, ma li scopriremo.» «Oh, mio Dio. Quella povera famiglia. Quella povera famiglia.» «Non è che si possa andare in giro a impiccare gente», notò Lucas. «Che faresti se qualcuno rapisse Sam e lo uccidesse?»
Lucas s'infilò nel letto senza rispondere. «Che faresti?» insisté lei. «Non lo so.» «Oh, stronzate, Lucas, io so cosa faresti e lo sai anche tu. Aspetteresti fino a che la polizia non li cercasse più, poi li troveresti e li uccideresti.» «D'accordo», ammise Lucas, poi, dopo un attimo, «fai il cucchiaio.» Lei si staccò da lui e Lucas si rannicchiò contro di lei, le braccia attorno alla vita. «Visto nulla al riguardo in TV?» «Sì. Quel Washington e lo sceriffo hanno tenuto una conferenza stampa e Washington ha perso il controllo e ha iniziato a gridare allo sceriffo che era solo uno stupido bianco, razzista e bigotto e lo sceriffo non faceva che scusarsi. Era come se lo ammettesse.» «Ahi, ahi, glielo avevamo detto...» «È stato divertente, se ti piacciono gli omicidi», disse Weather. «Poi ho visto quella ragazzina. Ha un volto straordinario, come in quei quadri dalla Dust Bowl, il sud rurale del Texas.» «Letty West. Ti parlerò di lei domattina.» Rimasero abbracciati ancora un po', poi Lucas si scostò e disse. «Devo dormire. Alle sette in punto dovrò essere in città.» «Punta la sveglia», gli intimò Weather. «Lo arresterai? Sorrell?» «No, no. È solo che quel dannato assistente del governatore è un maniaco. Vuole che ci incontriamo prestissimo. Con Sorrell non possiamo fare nulla per un giorno o due.» Loren Singleton e sua madre, per nulla colpiti dalla chiarezza cristallina della notte e dall'aurora boreale, stavano attraversando Fargo, mentre Lucas si accoccolava contro il sedere di Weather. E mentre Lucas si svegliava al suono della sveglia e cercava il pulsante per fermarla, i due stavano risalendo il lungo vialetto d'accesso che portava alla casa di Hale Sorrell nella campagna a est di Rochester. Sorrell in persona, con indosso un pigiama in seta blu, li fece entrare in casa. «Sua moglie non si è ancora alzata?» chiese Singleton, nella sua uniforme di vicesceriffo. «Oh, mio Dio. Oh, mio Dio, l'avete trovata?» domandò Sorrell, gli occhi spalancati. Lanciò un'occhiata a Margery, ma non pose alcuna domanda: forse era un'assistente sociale. «Mary! Mary!» gridò voltandosi. «Chi è?» chiese dall'alto delle scale. «Faresti meglio a scendere.»
«C'è qualche parente con voi?» domandò Singleton. «Amici, personale di servizio?» «No, no, Mary potrebbe chiamare sua madre...» Mary Sorrell scese le scale e chiese: «Si tratta di Tammy?» «No, non si tratta di Tammy», rispose Singleton. Pensò al pacco caldo che aveva portato fuori casa. «Allora cosa?...» chiese Sorrell. C'era paura nei suoi occhi? Pensava che Singleton fosse lì a causa delle impiccagioni? Meglio farla finita. «È solo che...» disse Singleton, infilando la mano in tasca. Lanciò un'occhiata alla madre: avevano escogitato questo piano insieme. «È solo che...» I Sorrell stavano fissando la sua tasca, come se stesse per tirare fuori un foglio o una fotografia. Singleton estrasse invece un revolver calibro 38 a canna corta, lo puntò verso gli occhi di Sorrell e premette il grilletto. All'ultimo momento, Sorrell si spostò. Anche da breve distanza Singleton avrebbe potuto sbagliare il colpo, ma si spostò dalla stessa parte e il proiettile colpì l'uomo tra gli occhi, facendolo cadere all'indietro. Dopo un attimo di sbalordito silenzio, colmo solo del fumo della pistola, Mary Sorrell indietreggiò di un passo e cominciò a gridare, fissando prima il corpo del marito, quindi, rendendosi conto di ciò che stava accadendo, Singleton. Il revolver era puntato contro la sua testa e Singleton premette il grilletto e si spostò di nuovo, proprio mentre Mary Sorrell si spostava dalla parte opposta, e, sebbene lui fosse a un solo metro da lei, la pallottola le intaccò solo l'angolo dell'orecchio e lei barcollò all'indietro, si voltò e cercò di fuggire. «Maledetta», strillò Margery. «Sparale. Sparale!» ordinò a Singleton. Ora era a quasi due metri da lui e Singleton, tremando paurosamente, le sparò nella schiena e lei cadde, ferita ma ancora capace di muoversi, debolmente, carponi. Emise una specie di colpo di tosse, come un leone, per il sangue nei polmoni e si allontanò strisciando, lasciando una traccia di sangue rosso vivo. Sempre tremando, lui le si avvicinò, evitando con cura di calpestare il sangue, e le sparò un colpo alla nuca e lei cadde definitivamente. Singleton e la madre rimasero lì, immobili, finché l'uomo non esclamò con voce lamentosa: «Oh, mio Dio». «Stai zitto, stupido idiota», esclamò lei. «Ascolta.» Tesero le orecchie per sentire passi di corsa, un grido, una domanda. Tutto quello che sentirono fu il crepitante silenzio della grande casa.
Tammy aveva loro detto che i Sorrell non avevano una servitù stabile, anche se una governante arrivava ogni giorno dopo le otto. «Dovremmo controllare in giro», disse Margery, esaminando il grande vestibolo. «Ci sono soldi qui. Li sento.» «Mamma, dobbiamo andarcene alla svelta», ribatté Singleton. «Non possiamo toccare niente, te l'avevo detto. Hanno microscopi, ogni genere di merda. Non toccare alcunché.» E così se ne andarono, nella pallida luce della notte prima dell'alba, chiudendo la porta alle loro spalle. Avevano almeno un paio d'ore prima dell'arrivo della governante. A Singleton non bastavano per raggiungere Armstrong, ma erano sufficienti per arrivarci sul presto, e mostrarsi stupefatto, fosse stato il caso di mostrarsi stupefatto. «Abbiamo lasciato là un bel po' di soldi», commentò la madre mentre uscivano dal vialetto. «Un bel po' di maledetti soldi sul tavolo.» 10 Lucas dormì quattro ore, allo squillo della sveglia, gemette e Weather gli tirò un calcio. «La sveglia, la sveglia», borbottò. Gemette di nuovo e colpì con tale forza il pulsante da avviare lo snooze per trent'anni. «Alzati. Ti rimetterai a dormire, se non ti alzi subito», insisté la moglie. «No, dammi un minuto.» «Forza, alzati, mi tieni sveglia.» «Cristo...» Scese dal letto, stupito fosse tanto presto. Si avvicinò alla finestra, controllò il termometro interno/esterno, era bloccato sui sedici gradi sotto zero, poi spalancò le due ante della persiana e sbirciò fuori in un'imbronciata e buia mattina. Il sole non sarebbe spuntato che tra un po', ma l'illuminazione stradale gli permise di vedere muoversi i rami spogli di un arboscello di lillà. Non un freddo pungente, ma vento. Bene. Si infilò a letto, ma Weather gli ingiunse: «Va' in bagno». «Brutta strega», borbottò lui, avviandosi verso il bagno; alle sue spalle udì una crudele risata. A Lucas non piaceva il mattino, a meno di non sorprenderlo. Amava le ore dell'alba, ma solo se poteva andare a casa e a letto dopo lo spuntare del sole. Alzarsi prima dello spuntare del sole era invece una cosa innaturale. La scienza aveva dimostrato che gli uccelli mattinieri non erano intelligenti, sessualmente vigorosi o belli come le civette, anche se questo non poteva dirlo a Weather che si alzava allegramente ogni mattina alle cinque
e mezzo e che per le sette spesso stava già aprendo qualcuno con il bisturi. Anche il governatore era un tipo mattiniero. Indossava una fresca camicia bianca, le maniche perfettamente arrotolate, una concessione al fatto che fosse sabato, calzoni grigio scuro e mocassini neri. Su un antico appendiabiti, in un angolo dell'ufficio, era appesa una giaccia grigia. Aveva un bell'aspetto, mentre Neil Mitford sembrava uscito da uno scontro tra un'auto e un treno, il che provocò un moto di consolazione a Lucas. Indossava jeans e giacca di tweed sopra una felpa nera e oro degli Iowa Hawkeyes, e sembrava avesse perso da qualche parte le scarpe, si notavano solo i calzini in lana grossa grigi e rossi. John McCord, il sovrintendente del BCA, era rannicchiato in un angolo, pantaloni color cachi e un maglione con una renna dal naso rosso sul petto. Rose Marie Roux era ancora tra quelli che mancavano all'appello. «Caffè?» domandò allegramente Henderson. «Mi chiedo dove sia Rose Marie?» «Uccisa dal freddo, probabilmente», rispose in tono sgarbato Lucas. «O investita da un'auto nell'oscurità. Mi dia almeno sei zollette di zucchero.» «È un bene alzarsi a quest'ora», replicò Henderson. «Dà un vantaggio di quattro ore su chiunque altro. Li si acciuffa prima che si rendano conto di ciò che li ha colpiti.» «A meno di non avere un attacco di cuore e restarci secchi», ribatté Lucas. McCord teneva in tasca una lattina di Diet Pepsi da mezzo litro, la sua personale fonte di caffeina. Mitford vuotò una tazza di caffè in quindici secondi, quindi se ne versò un'altra. Il governatore si accomodò dietro la scrivania e sorseggiò il suo caffè. «Che sta succedendo e come affrontiamo la questione?» Lucas spiegò a grandi linee la sua teoria, con la quale concordarono tutti, e cioè che Sorrell aveva in qualche modo scoperto chi aveva ucciso la figlia e li aveva assassinati. «Questo richiede palle d'acciaio», commentò McCord. «Forse le ha», affermò Mitford. «Ho fatto qualche ricerca...» Rose Marie sgusciò nella stanza. «Scusatemi, ma era tanto freddo e buio», disse. Henderson l'aggiornò brevemente, quindi si rivolse a Mitford. «Stavi dicendo?» «Ho tirato fuori tutto ciò che si poteva scoprire su di lui. Dopo la laurea al Cal Tech, ha rifiutato alcuni lavori importanti e si è arruolato nell'eserci-
to. Ha trascorso sei anni in fanteria, e poi è diventato ufficiale delle forze speciali. Si faceva accenno a decorazioni in battaglia, ma non c'era in corso alcuna guerra, per cui...» «Per cui ha rubacchiato e forse anche sgozzato qualcuno», lo soccorse Henderson. Sembrava gli piacesse quell'immagine di furti e tagli di gola. «È quello che penso», confermò Mitford. «Bene.» Henderson si appoggiò allo schienale della sedia e si mise a giocherellare con una biro. «Quando andiamo ad arrestarlo? Abbiamo abbastanza elementi, penso», chiese guardando il soffitto. «Dovremmo avere una risposta dal test sul DNA domattina», rispose Lucas. «Potremmo andarci domani, ma, dovesse succedere qualcos'altro, forse sarebbe meglio attendere fino a lunedì mattina.» Mitford lo guardò stupito. «Lunedì?» Si rivolse poi a Henderson. «Non possiamo aspettare fino a lunedì.» Henderson scrollò la testa. «Lucas, quando ho chiesto quando... intendevo dire prima di colazione o dopo? Non possiamo aspettare fino a stasera o a domani. Washington ci sta distruggendo. Cinquanta stati, la CBS...» «Sì, sì, capisco.» «Mi vogliono su Canale Tre per un servizio alle undici», spiegò Henderson. «Poi passeranno a Fargo per intervistare Washington. Voglio poter dire che abbiamo arrestato qualcuno, e anche qualcosa su ciò che pensiamo sia successo. Se posso farlo, freghiamo quel tipo. Washington. Mi farebbe un gran piacere fregarlo. Mi piacerebbe da matti.» Fece roteare la sedia, un giro completo, la lingua rosa incollata sul labbro inferiore come se assaporasse il verbo fregare, gli occhiali che riflettevano il luccichio delle lampade al soffitto. «Adoro fregarlo.» «Sarebbe bello», ammise Mitford. «E sarebbe su scala nazionale.» «Se cerchiamo di creare un caso...» iniziò Lucas. «Non importa. Senta, abbiamo informazioni sufficienti per arrestarlo e ottenere da lui campioni di DNA. Poi dovremo attendere un giorno o due per esaminare quei campioni. E allora... perché non arrestarlo ora?» «È solo che...» Lucas guardò Rose Marie. «Non mi sembra un procedimento regolare.» «Posso avere un po' di caffè?» chiese Rose Marie. «Parlo meglio quando vedo.» «Certo», rispose Henderson. «Lasci che...» «Lucas, hanno tutti ragione e tu torto», disse Rose Marie mentre Henderson le versava il caffè. «Abbiamo due pezzi di carne sul fuoco: un gros-
so crimine e un grosso problema di pubblicità. Possiamo eliminare il problema della pubblicità prima che ci sfugga di mano, senza recare troppo danno al caso criminale.» «Se danneggiamo il caso criminale», affermò Mitford, «ciò che avremmo fatto sarà stato incasinare una causa contro un gran lavoratore che impiega centinaia di cittadini del Minnesota e che ha ucciso un paio di delinquenti che avevano rapito e ucciso a sangue freddo sua figlia. E allora?» «Non si preoccupi», disse Lucas a Mitford. Quindi al governatore: «Se lei ci dice di arrestarlo, lo arrestiamo. Sono le sette e mezzo. Sbatto Del giù dal letto e andiamo a prenderlo. L'avremo nelle nostre mani per le, diciamo, le dieci e lei potrà fare il suo annuncio. Ho il numero del cellulare di Neil, se sarà con lei». «Lo sarò», confermò Mitford. Balzò in piedi e si fregò le mani come un uomo gelato di fronte a un fuoco. «Perfetto. Siamo venuti, abbiamo visto, l'abbiamo preso. Inoltre... lui è un repubblicano.» «Povero bastardo», commentò Rose Marie. «Si prende lei la responsabilità?» domandò Lucas a Henderson. «Lo arresti», rispose Henderson. Anche Del non era un tipo mattiniero e non fu certo felice di venire sbattuto giù dal letto da Lucas. La moglie di Del, Cheryl, che era già sveglia e stava controllando delle fatture, l'aveva spedito in camera da letto, dicendogli di sbrogliarsela da solo. Lui infilò la testa oltre l'uscio. «Alzati, dormiglione, è ora di mettersi al lavoro», chiocciò. Niente. «Dormiglione, svegliati...» «Spero tu muoia di lebbra», piagnucolò Del. Si sollevò sui gomiti. «Che vuoi?» «Non è ciò che voglio io», rispose Lucas. «È ciò che vogliono il governatore e Rose Marie e McCord. Vogliono Sorrell ammanettato per le dieci di questa mattina, e tu e io, assieme a un paio di agenti del BCA, andiamo giù a prenderlo e lo trasciniamo urlante e scalciante fuori da casa sua.» «Non puoi farlo da solo?» domandò Del. «Potrei, ma starei male al pensiero di te rannicchiato in un caldo letto a dormire fino a tardi, mentre io devo portare il mio culo giù a Rochester.» «D'accordo.» Del si lasciò ricadere sul cuscino. «Un solo minuto ancora.» Lucas non si lasciò commuovere.
Jankins e Shrake erano i piedipiatti ufficiali del BCA. La maggior parte degli altri agenti aveva diplomi in psicologia o in sociologia o in ragioneria o in informatica e si allenava per due ore in palestra ogni giorno. Jenkins e Shrake avevano ottenuto all'Hennepin Community College diplomi di agenti di polizia e, per quello che ne sapevano gli altri, quella era stata l'ultima volta che i due avevano aperto un libro che non avesse sulla copertina il nome di Tom Clancy. Entrambi bevevano e fumavano troppo, entrambi avevano alle spalle un paio di divorzi e Lucas sapeva per certo che portavano con sé sfollagente. Era la coppia di agenti che più spesso veniva mandata a compiere arresti, perché, per loro stessa ammissione, amavano quel compito. Lucas e Del stavano mangiando uova strapazzate in un ristorante di Baker Square in Ford Parkway, a sei isolati dalla casa di Lucas, quando arrivarono gli altri due. Jenkins era un uomo robusto, non rasato, con capelli grigi e occhi sospettosi. Shrake era alto e snello, perfettamente rasato con baffi bianchi sottilissimi, capelli grigi e occhi sospettosi. Portavano entrambi cappelli e cappotti in lana abbottonati fino in cima e Shrake, una sigaretta spenta appiccicata al labbro inferiore. Non si sedettero, ma rimasero fuori dal séparé, gli occhi bassi, le mani in tasca, come una coppia di erranti agenti della Stasi. Ciascuno finiva la frase dell'altro. Jenkins: «Se riuscissimo ad arrestare questo stupido alle dieci...» Shrake: «Potremmo tornare qui in tempo per guardare una partita dei playoff». Jenkins: «A patto che voi due non incasiniate qualcosa». Shrake: «Nel qual caso, perderemo la partita». Jenkins: «E allora diremo a tutti che siete due checche». Shrake: «E che Davenport è la ragazza». Lucas continuò a masticare e Del si mise in bocca una pezzetto di bacon, fissando dalla finestra la fabbrica Ford dall'altra parte della strada. «Penso che dovremmo farcela per le dieci», li informò Lucas, inghiottendo l'ultimo boccone. «Voi due però dovreste sapere che, ecco, Del è realmente gay e che avete violato circa sei direttive sulla diversità.» Del si voltò e, senza sorridere, fissò la coppia. «Non che sia poi tanto importante», disse Jenkins e tutti cercarono di ridere, ma era troppo presto e faceva troppo freddo e la roca risata di Shrake si affievolì in uno spasmo di tosse da fumatore. Il sole era appena spuntato e gli scarichi delle auto stavano sciogliendo il ghiaccio sulle strade, lasciandosi dietro una brutta
striscia di ghiaccio nero. Era maledettamente presto. Il tragitto attraverso la campagna gelata richiese un'ora e mezzo, durante la quale un sole arancione si levò all'orizzonte. C'era più neve attorno alle Cities che nel nordovest, e per circa venti minuti percorsero l'autostrada a fianco di una adunata di motoslitte nei canali laterali, cinque o sei veicoli che correvano verso sud. «I canadesi le chiamano autoslitte», disse Del, scuotendosi dal dormiveglia e fissando dal finestrino i guidatori. Stavano viaggiando nella nuova Acura di Lucas che, secondo lui, era un minivan camuffato. «Cosa?» «Le chiamano autoslitte, invece di motoslitte. O semplicemente slitte.» «Fottuti canadesi.» «Sono generati dal diavolo», concordò Del. «Vuoi che guidi io per un po'?» «Se ci fermiamo, quei dannati piedipiatti accosteranno la Dodge sulla banchina, e poi rimarranno impantanati e ci metteremo mezz'ora in più per arrivare là, e saremo gelati e con i calzini fradici.» «Okay. Non ho voglia di guidare. Svegliami quando saremo arrivati.» La casa di Sorrell era a tredici chilometri da Rochester, situata su un terreno ondulato, ideale per un campo da golf. Benché il vialetto d'accesso fosse privo di cancello, Lucas provò la sensazione di avere fatto partire sensori di sicurezza nel momento in cui erano passati tra due colonne di pietra che segnavano l'entrata. Il viale che portava alla casa era bitumato, ben curato e, sebbene sembrasse attraversare un bosco, gli alberi erano troppo perfetti per essere naturali. Da lontano, l'abitazione sembrava modesta, una specie di bungalow alla Pasadena in mattoni e legno rosato, con un'ala. Solo quando si trovarono vicini, Lucas si rese conto di quanto fosse grande, e che l'ala era il garage. «Nella rimessa potrei farci stare la Nuova Grande Casa», disse, mentre raggiungevano la cima della collina. «Quanto hai pagato per quella, un milione e mezzo?» chiese Del, che da tempo cercava di carpirgli il prezzo. «Un cifra che non si avvicina neanche lontanamente a quella», rispose Lucas. «Questa casa, questa sì potrebbe costare un milione e mezzo.» «O sei e mezzo...» Il vialetto scomparve dietro l'angolo del garage, forse per non mostrare
la banali porte del garage. Si fermarono davanti alla casa, smontarono dalla macchina e attesero che i poliziotti li raggiungessero. Jenkins posteggiò accanto alla SUV di Lucas, bloccando il vialetto. Salirono tutti assieme i gradini della bassa veranda, soffiando vapore nell'aria fredda. Sulla veranda c'era un dondolo, come nella Nuova Grande Casa di Lucas, mentre un sentiero in pietra correva lungo la parte frontale, sotto un cornicione. Lucas guardò Jenkins e Shrake. «Pronti?» si assicurò. «A meno che non voglia che io entri dal retro», replicò Jenkins. Scrollò la testa. «Comportiamoci educatamente.» «In ogni caso saranno al lavoro», commentò Shrake. «Questo posto dà l'impressione di essere vuoto.» Lucas premette il campanello e lo si sentì riecheggiare. Shrake aveva ragione: c'era qualcosa di strano. La maggior parte dei poliziotti intuiva ancora prima di mettere piede dentro una casa, se dentro c'erano persone o no. Uno dei vecchi amici di Lucas in forza alla polizia di Minneapolis, Harrison Sloan, aveva teorizzato che le persone che camminavano in punta di piedi o che solo respiravano, emanavano vibrazioni che la casa amplificava, e quelle vibrazioni le si potevano sentire in modo inconscio. Lucas gli aveva detto che era matto, ma segretamente aveva pensato che potesse avere ragione. Premette nuovamente il campanello, lo premette una terza volta. Jenkins si diresse lungo il sentiero verso una serie di finestre e cercò di sbriciarci dentro. A metà strada si bloccò e mosse la testa in su e in giù, la mano contro il vetro, per eliminare i riflessi. «Torno subito», disse scrollando la testa. Si avvicinò alla Dodge, spalancò il bagagliaio ed estrasse una mazza dal manico giallo, pesante una decina di chili. «Che intenzioni hai?» gli chiese Lucas mentre risaliva in veranda. «Sbatto giù la porta.» «Che cosa fai?» domandò Del. Jenkins sospirò, come se stesse istruendo uno studente lento. «Se guardaste attraverso quella finestra, vedreste una mano e un braccio. Solo una mano e un braccio che spuntano da un corridoio nella cucina. A me pare una mano morta, ma non ne sono sicuro. Potrebbe essere ancora viva, che muore mentre ce ne stiamo qui fuori a dire cazzate. Per cui, indietreggiate...» Lucas si girò verso Del, che esclamò: «Oh, merda», e verso Shrake che
commentò, cupamente: «Niente partita dei playoff». Jenkins si mosse come un taglialegna e la punta della mazza finì appena sopra la maniglia della porta, aprendola, indietreggiò e Lucas sfilò la 45 dalla fondina e spinse la porta. Del, appostato all'altro lato della porta, la Glock puntata sopra la testa, avvisò: «Io entro...» e subito dopo era dentro con Lucas due passi dietro di lui e Jenkins alle spalle di Lucas. Shrake si era portato sul retro. «Uno è quaggiù», urlò Del e Lucas avanzò. «Un altro», ripeté Del e Lucas vide il primo corpo steso scompostamente nel corridoio, un braccio come l'artiglio di un pollo verso la cucina. Sorrell. Lucas lo riconobbe dalle fotografie, anche se nelle foto non aveva un foro in fronte. Del si spostò e Lucas si mosse con lui e allora vide la donna, a faccia in giù in una pozza di sangue. Come Sorrell, anche lei indossava un accappatoio da cui spuntava una gamba. Si chinò e le toccò la gamba con le nocche. Ancora tiepida. «Non è successo molto tempo fa», affermò Lucas. «Controlliamo tutto il pianterreno», disse Del. Senza voltarsi, Lucas si rivolse a Jenkins. «Tenga d'occhio le scale. Noi controlliamo il piano.» «Ricevuto», rispose Jenkins, appostandosi alla base della scalinata a spirale con la balaustra in legno, la pistola puntata sui gradini. Lucas e Del ci misero due minuti per verificare che non ci fosse nessuno al piano, e solo alla fine aprirono la porta sul retro per fare entrare Shrake. Accertatisi che il piano era sgombro, Shrake e Jenkins andarono a controllare lo scantinato, mentre Lucas e Del salirono al primo piano, sebbene tutti ritenessero che la casa fosse vuota. E lo era. Lucas ridiscese le scale e ripose la pistola. «Usciamo sulla veranda, devo fare alcune telefonate», annunciò. La prima fu per l'ufficio dello sceriffo della contea di Olmsted. Lucas si presentò, fece un breve riassunto della situazione e si fece dare il numero del cellulare dello sceriffo. Lo sceriffo rispose al secondo squillo, ascoltò, quindi disse: «Oh, Cristo, vengo subito». «Porti con sé il medico legale e gli dica che avremo bisogno di una rapida verifica della temperatura dei corpi.» Poi chiamò il governatore al numero di Mitford. «Neil. Mi dia un numero per raggiungere il governatore. Immediatamente.»
«È nell'ufficio qui accanto. Aspetti. Gli porto il telefono. L'avete preso?» «Non esattamente», rispose Lucas. «L'avete arrestato?» gli domandò subito Henderson. «Abbiamo buttato giù la porta di casa sua e abbiamo trovato Sorrell e una donna che presumo sia sua moglie, morti in anticamera. Sono stati uccisi. Sembra un'esecuzione. Devono essere scesi con indosso l'accappatoio e qualcuno li ha ammazzali. Devono averli svegliati. I corpi non sono ancora freddi.» «Buon Dio. Li ha... toccati?» «Sì. Lo sceriffo è per strada con il medico legale», rispose Lucas. Era sulla veranda e poteva vedere, ai piedi della collina, un'auto di pattuglia percorrere a gran velocità la strada d'accesso e rallentare per infilarsi nel viale. «Qualcuno sta entrando nella proprietà proprio ora.» «Che ne pensa?» «Non saprei. Sono perplesso. Ma direi che, o Joe non è morto ed è tornato, o c'è qualcun altro in gioco.» «Che dico alla CBS?» «Quanto manca, un'ora? Dirò allo sceriffo di avvisare i parenti stretti, che è importante muoversi alla svelta. Se ci riuscissimo, potrà dare lei la notizia. Tuttavia non farei nulla prima di aver avvisato i parenti. Non prima che ci sia qui la stampa o la televisione come copertura. Se desse troppo presto la notizia, le si rivolterebbe contro. Potrebbero accusarla di aver ricevuto la notizia da lei in TV e quanto sia stato scioccante.» «Ci rifletterò», replicò Henderson. «Nel frattempo convinca lo sceriffo a trovare un parente al più presto.» «D'accordo.» «Si annoti questo numero», soggiunse Henderson. Lesse ad alta voce un numero e Lucas lo annotò sul palmo della mano. «È quello del cellulare 'rosso'. Questo numero lo conoscono solo una decina di persone, per cui non lo usi troppo spesso. Mi telefoni qui.» «Okay.» «Ecco, se guarda alla vicenda da un certo punto di vista... il nostro problema si è risolto rapidamente.» «Non la guarderei in quel modo», ribatté Lucas. «Non in pubblico, in ogni caso.» «Mi richiami», sbottò Henderson, chiudendo il collegamento. L'auto dello sceriffo raggiunse la cima della collina, aggirò la Dodge di
Jenkins e si fermò slittando, nella neve. Dalla parte del guidatore scese un vicesceriffo dai pomelli rossi come mele. Si teneva dietro l'auto, una mano sulla sei colpi nella fondina, l'altra puntata contro i poliziotti sulla veranda. «Va tutto bene, va tutto bene», gridò. «Gesù, calmati», gridò Shrake, appoggiato alla ringhiera della veranda. Soffiò un filo di fumo verso il ragazzo. «Noi siamo poliziotti di stato molto importanti e tu un ragazzo per nulla importante.» Le sue parole sconcertarono il vicesceriffo e lo calmarono. «Dove sono le vittime?» domandò, senza più gridare. «Dentro. Hale Sorrell e, pensiamo, sua moglie», rispose Lucas. «Oh, mio Dio.» Il ragazzo balzò nell'auto e lo videro armeggiare con il telefono. In quel momento squillò il cellulare di Lucas: era Rose Marie. «Mi stai prendendo in giro, vero?» sbottò. Lucas si portò sul sentiero sotto il cornicione. «No. Non sappiamo nulla a parte il fatto che con ogni probabilità in casa non c'è nessuno, a parte i due morti. Non ho avuto il tempo di pensare ad altro.» «Si tratta senza alcun dubbio di Sorrell?» «Sì. Hai mai incontrato la moglie?» «Un paio di volte. Ha l'età di Sorrell, sui quarantacinque, capelli scuri, struttura pesante, bassa.» «È lei, al novantanove per cento», confermò Lucas. «È necessario che venga là?» «No. Stanno arrivando gli agenti locali e ho parlato con Henderson sulla sua linea diretta. Se fossi in te, mi terrei vicina al governatore e guiderei i suoi passi, per fargli evitare la cacca di cane.» «Lo farò. Chiama se dovessi avere bisogno di qualcosa», concluse lei, e chiuse la comunicazione. Lo sceriffo si chiamava Brad Wilson ed era arrivato dieci minuti dopo la prima auto, quando sulla scena si trovavano già quattro vicesceriffi, due sulla veranda e due dietro la casa per coprire il retro, ma soprattutto per toglierseli dai piedi. Lo sceriffo era un uomo anziano, con un cilindro per torace, una calibro 45 dal calcio in madreperla nella cintura. Lui e Lucas si erano già incontrati una volta, quando Lucas era nella polizia di Minneapolis. Lucas lo riteneva competente, anzi, forse qualcosa di più. «Attrai un sacco di dannati guai, Davenport», lo canzonò lo sceriffo. «Hale è morto? E Mary?»
«Entra e dà un'occhiata. Abbiamo tenuto tutti fuori, affinché la Scientifica possa avere qualche chance.» Lo sceriffo annuì e lo seguì dentro casa, camminando con cautela. Si fermarono a una certa distanza dai cadaveri. Lo sceriffo si chinò su Sorrell. «È Hale. E lei è Mary», affermò. «Come mai li hai trovati?» «Eravamo venuti qui per arrestarlo per omicidio», rispose Lucas. «Sorrell è l'uomo che ha impiccato quelle due persone su a nord.» Lo sceriffo spalancò la bocca per lo stupore, e la chiuse di colpo. «Non mi stai prendendo in giro, vero?» chiese dopo un attimo. «No. Le due persone che ha impiccato erano, probabilmente, quelle che avevano rapito sua figlia.» «Sarà meglio che mi spieghi tutto», gli ingiunse lo sceriffo. Guardò un'ultima volta le due persone a terra. «Merda. Devo chiamare i federali. Saranno felicissimi». Chiamò l'FBI e Lucas gli chiese di inviare dei vicesceriffi nelle case vicine. «Vogliamo sapere se qualcuno ha visto passare da queste parti un veicolo di qualsiasi genere questa mattina o ieri notte sul tardi. O qualsiasi altra cosa. Chiedete se hanno visto Sorrell alla guida di una Cherokee rossa.» I primi furgoni dei mezzi di comunicazione di Rochester iniziarono ad arrivare quindici minuti dopo. Venti minuti più tardi, un elicottero dei media dalle Twin Cities volò sopra le loro teste. I genitori di Hale Sorrell e la madre di Mary Sorrell erano stati informati dal cappellano e avevano detto che avrebbero avvertito loro gli altri parenti. Lucas chiamò Henderson. «Può partire. I parenti sono stati informati.» «Perfetto. Come vanno le cose laggiù?» «Ce ne stiamo con le mani in mano, in attesa del medico legale. Era da qualche parte, ma ora sta arrivando.» Alle undici, ancora in attesa del medico legale, entrarono nella stanza dell'home theatre, accesero il televisore con schermo piatto da cinquanta pollici e guardarono Henderson rispondere alle domande della CBS. Qualcuno, con ogni probabilità Mitford, l'aveva scompigliato. I capelli non erano in ordine come al solito e sul tavolo di fronte a lui era posata una grossa busta marrone. Sembrava un executive manager con cattive notizie e le fornì direttamente, senza alcuna esitazione. «Mio Dio, sembra quasi... duro», commentò Del.
Entrò in scena Washington, un nero dal viso tondo, completo scuro e camicia bianca, un uomo che sapeva di essere stato seriamente battuto. I morti erano spacciatori di droga e rapitori di bambini? L'uomo che li aveva impiccati e sua moglie erano stati giustiziati nell'atrio di casa loro? «Ho l'impressione che nella contea di Custer ci siano state alcune gravi mancanze investigative e invito il governo federale a... bla bla bla bla bla...» «Cazzate, cazzate», borbottò Del. «Non funziona.» Un quarto d'ora dopo l'intervista alla TV, Henderson chiamò Lucas. «Nulla di nuovo?» «No. Lei aveva un ottimo aspetto.» «Grazie. Abbiamo saputo che Washington sta tornando a Chicago.» «Che Dio lo benedica.» Jenkins e Shrake erano nella stanza della televisione e stavano guardando i playoff seduti su eleganti poltroncine in pelle. Del stava vagando per la casa, controllando scrivanie, cassettoni, agende e file di computer. Venti minuti più tardi allungò a Lucas un pezzo di carta: un modulo di trasferimento di proprietà da un certo Curtis Frank di Des Moines a un certo Larry Smith di Oelwein, nello Iowa, per l'acquisto di un fuoristrada Cherokee, datato tre mesi prima ed emesso nello Iowa. «Già controllato l'indirizzo a Oelwein?» domandò Lucas. «No, ma scommetto un centone che è falso.» Il medico legale aveva esaminato il sangue e preso la temperatura dei corpi. Sorrell e la moglie erano stati uccisi qualche ora dopo la mezzanotte, dichiarò, e che solo dopo aver controllato la precisione del termostato di casa e le temperature a livello del pavimento, avrebbe potato essere più preciso. «Io direi che sono stati uccisi questa mattina», asserì. «Sono troppo caldi per avere passato tutta la notte sul pavimento e il sangue è ancora troppo fluido. «Avremmo comunque bisogno di esami più approfonditi per poterlo dire con certezza.» «Ecco i federali», disse lo sceriffo Wilson fermo sull'uscio. «Proprio quelli di cui avevamo bisogno». «Chi sono?» «Lanny Cole e Jim Green. In verità, due tipi in gamba.» «Mirai. Conosco Cole, ma non Green.»
Tornò Del. «A Oelwein non esiste quell'indirizzo. È fasullo. C'è un Curtis Frank, ma dice di avere venduto il gippone in contanti. Ho parlato con quelli della Omicidi di Des Moines, gli faranno vedere una fotografia di Hale Sorrell per una identificazione.» Vide gli uomini in nero avvicinarsi alla porta. «Federali», osservò. Cole, l'agente dell'FBI, strinse la mano allo sceriffo. «Come stai, Brad?» Salutò con un cenno del capo Lucas. «Hanno qualche posto libero al BCA?» s'informò. «Ce n'è uno disponibile per una investigatrice», rispose Lucas. «Nessun problema a investigare le femmine», scherzò Cole. «Allora, che è successo?» Wilson e Lucas lo informarono e Lucas collegò Sorrell alle impiccagioni nella contea di Custer. «Dovrò informare la centrale», disse Cole, accovacciandosi accanto a Sorrell. «Degli agenti di salvaguardia dei diritti civili stanno andando a dare un'occhiata. Hai detto che è stato Hale?» «Più che probabile.» Cole annuì e lanciò un'occhiata al suo partner. «Avevamo capito che qualcosa si era incasinata malamente», replicò. «Non sapevamo però che fosse tanto incasinata», ammise Cole. «Dannazione, Hale, che hai combinato?» aggiunse guardando di nuovo il corpo. «Volete entrare in questa faccenda?» domandò Lucas. Cole scosse il capo. «Vorremmo sapere tutto a proposito, se puoi farci avere tutto ciò che hai scoperto... ma non ci faremo coinvolgere direttamente. Non abbiamo uomini disponibili, con quelle trame terroristiche arabe al palazzo di giustizia della Contea di Washington.» «Non ha senso che ce ne occupiamo noi, sembra che il killer non sia di qui. Per cui è tutto vostro. Chiamerò John McCord e chiederò di passare la faccenda a voi», disse Wilson guardando Lucas. «Mi sta bene», rispose Lucas. «Se i suoi agenti scoprono qualcosa, possono avvisarmi e io coordinerò il tutto con Lanny e Jim.» Ai federali chiese: «Nessun problema a farci avere il vostro dossier sul rapimento?» «Parlerò subito con il SAC. Dovremmo riuscire a farvi avere il dossier questo pomeriggio.» «Si occuperà lei della stampa quaggiù?» domandò rivolto a Wilson. «Nessun problema.» «Tutto sistemato, allora.»
Gli agenti dell'FBI erano venuti solo in visita, niente di più, e a mezzogiorno se ne andarono. Una squadra della Scientifica del BCA arrivò dalle Twin Cities e infine Lucas aiutò Del a buttare per aria la casa, alla ricerca di fogli di carta. Non scoprirono nulla di interessante, ma non riuscirono a entrare in tre dei quattro computer di Sorrell. I due desktop, quello in biblioteca e l'altro nello studio, e il portatile nella ventiquattrore di Sorrell, erano protetti da password e avrebbero dovuto consegnarli a esperti informatici per riuscire ad accedervi. Un quarto portatile, che a quanto pareva apparteneva a Mary Sorrell, non era protetto, ma conteneva soltanto delle lettere, un'agenda personale e alcuni documenti riguardanti una fondazione di ricerca per malattie cardiache. Lucas stava infilando il laptop di Sorrell nella ventiquattrore quando trovò una busta con l'intestazione di una banca. All'interno c'erano venti cedole di assegni bancari, ciascuna di cinquantamila dollari, e ogni assegno era per un diverso, importante albergo di Las Vegas. «Un milione di dollari», commentò Del. «Uno spendaccione. Avranno avuto a che fare con il rapimento? Debiti di gioco o altro?» «Non possono essere tutti per lui», replicò Lucas, fissando le cedole. «Ciascun albergo è diverso.» «Forse si tratta di affari, un convegno.» «È strano. Dobbiamo investigare a fondo.» All'una, con Del sempre più irrequieto, Lucas si sentì pronto a partire. Passò il comando della casa a Carl Driscoll, il capo della Scientifica del BCA, che gli assicurò che avrebbe portato i computer a St. Paul. «Qualsiasi cosa salti fuori, telefonami», disse Lucas. «Tutte le cose di routine, mettile nel tuo computer, con ogni probabilità Del e io torneremo nella contea di Custer, potrai inviarmi lassù qualsiasi cosa via e-mail.» Lo sceriffo, dopo aver parlato con i reporter, era tornato sulla collina. «Tutto questo è pazzesco. La dichiarazione del governatore... finirà male», borbottò scrollando la testa. «S'era capito fin dall'inizio», ammise Lucas. «Non poteva essere altrimenti, con quelle due persone appese a un albero.» Lucas s'infilò il cappotto, andò a prendere Del e, mentre si avviavano verso la porta, vide un uomo sulla quarantina che indossava un soprabito grigio aggirare la fila di auto della polizia nel vialetto d'accesso, seguito da vicino da un vicesceriffo. Aveva con sé una scatola grande come un portafogli e, nel vedere lo sceriffo uscire sulla veranda con Lucas, gridò:
«Salve, Brad». «George... hai saputo di Hale, suppongo.» A Lucas disse: «È l'avvocato di Hale». «Santo cielo. Ero a un matrimonio, il figlio di Ken Hendrick», spiegò l'avvocato avvicinandosi. Lanciò un'occhiata ai piedi della collina. «Sono venuto qui il più velocemente possibile, ma non è stato facile superare i tuoi agenti.» «Non c'è molto che tu possa fare qui, George.» «E invece sì. Una settimana fa, Hale mi ha dato una scatola...» La porse allo sceriffo. Era grande circa dieci centimetri per dodici e alta due centimetri e mezzo. Sul bordo della superficie in acciaio ben lucida era stata sistemata una robusta serratura. «Mi ha detto, lo giuro su Dio, che, se fosse morto, avrei dovuto consegnarla alle autorità. Gli avevo chiesto se si trattasse di qualcosa di illegale, e lui mi ha risposto di no, che erano solo informazioni che sentiva dovevano ottenere l'attenzione ufficiale. Avevo pensato si trattasse di affari, ma ora...» «Cosa contiene?» «Non lo so», rispose l'avvocato. «Me l'ha data, mi ha detto di archiviarla e di dimenticarmene. Mi ha informato che non si poteva aprire senza distruggerne il contenuto, a meno che non si usasse una chiave. Ha detto che la chiave era assieme a quelle dell'auto.» Wilson osservò la cassettina, quindi la diede a Lucas. «Mai visto nulla di simile?» «Sì. Sembra una di quelle cassette di sicurezza per schede magnetizzate, tipo Smart Card e simili. È più grande della maggior parte e non ho mai visto una serratura simile.» «Le chiavi dell'auto sono sul comodino in camera sua», riferì Del. «Avevo controllato per vedere se c'era una chiavetta della jeep.» «Andiamo a prenderle», disse Lucas. «Forse dovremmo farlo in un laboratorio», propose Wilson dubbioso. «Non è una bomba. C'è dentro qualcosa che voleva arrivasse a noi», ribatté Lucas. Del andò a prendere il portachiavi, in cui c'era una chiave con lama circolare. Lucas aprì il coperchio della scatola: all'interno, un antiquato floppy disk da 3.5. «Il portatile», confermò Del. Presero il notebook IBM di Mary Sorrell, lo appoggiarono sul pavimen-
to dello studio. L'unità base non disponeva di un floppy drive, ma trovarono il drive in una tasca e lo collegarono. Lucas accese il computer, infilò il floppy e apparve un solo file. Lo cliccò e sullo schermo si aprì Word e il file. Un appunto, una breve nota. Tammy Sorrell è stata rapita da Joe Kelly, Deon Cash e Jane Warr. Cash è un autista dell'officina di restauro gipponi di Gene Calb a Broderick, una cittadina vicina ad Armstrong, nel Minnesota. Jane Warr fa il mazziere al casinò di Moose Bay vicino ad Armstrong. La Warr e Cash vivono insieme in una fattoria a Broderick. Hanno ucciso Tammy il 22 dicembre e l'hanno sepolta da qualche parte nei dintorni. Il luogo esatto è sconosciuto. Questa informazione è stata confermata. «Perbacco. C'è tutto», esclamò Wilson, alzando gli occhi su Lucas. «Dove avrà ottenuto queste informazioni? L'FBI sostiene che i rapitori non hanno mai telefonato. I federali avevano addirittura cominciato a controllare il passato di Hale per vedere se poteva avere qualcosa a che fare con Tammy... capisci.» Lucas toccò lo schermo del computer. «Dice che Kelly, Cash e la Warr hanno eseguito il rapimento e che Cash fa l'autista per quella officina. Non dice nulla di Joe. Penso abbia avuto queste informazioni da Joe. Da chi altri avrebbe potuto averle?» Wilson contrasse le labbra. «E così Joe...» «Penso che Joe sia qui da qualche parte», disse Lucas. «Se Sorrell ha fatto parte delle Forze Speciali... forse ha una certa esperienza con pinze e unghie.» «Non pensi sia stato Joe?» Wilson indicò la cucina, dove i corpi erano ancora stesi a terra. «È possibile, ma come poteva Sorrell sapere di Cash e della Warr? Credo che abbia catturato Joe quando è venuto a prendere i soldi», ribatté Lucas. Guardò di nuovo l'appunto, aggrottò le sopracciglia. «Sbaglio o tutti gli articoli parlavano di una ragazzina ricca che era stata rapita la vigilia di Natale, dei regali sotto l'albero...» «Lei è stata...» Wilson scrollò la testa. «Forse è un errore di battuta. Forse voleva dire il ventiquattro e ha scritto ventidue.» «Decisamente improbabile», grugnì Del. «In un appunto simile, proprio
a quel dettaglio si presterebbe grande attenzione.» «Quelle cedole di assegni circolari, quelli finiti a Las Vegas...» Lucas li aveva rimessi nella valigetta per esaminarli in seguito. Ora li tirò fuori e controllò le date. «Sono datati 20 dicembre. Ha portato un milione di dollari in assegni circolari a Las Vegas il venti.» «Che ne pensi?» chiese Wilson. «Può far controllare a uno dei direttori di banca quando quegli assegni sono stati incassati?» domandò Lucas. Wilson controllò l'ora. «È sabato. Forse. Provo a chiamare una persona.» «Forse...» Lucas si grattò il mento e fissò Del. «Forse stava raccogliendo soldi a Las Vegas. Dalla banca ha avuto gli assegni, poi per tre giorni ha ritirato soldi dai suoi conti a Las Vegas. Stava mettendo insieme contanti per pagare i rapitori.» Del annuì. «Non si può di certo entrare m una banca e farsi dare un milione in contanti. In che altro modo si possono recuperare? Un plico di assegni bancari per alberghi di Vegas, però... Poteva addirittura fare passare il tutto come una questione d'affari, con le banche.» «E così Tammy non è stata rapita il ventiquattro», osservò Lucas. «L'avevano presa prima di quella data.» Erano rimasti accovacciati accanto al computer e si alzarono solo ora. «C'è qualcosa che Sorrell non ha saputo né da Joe né da Cash né dalla Warr. Deve esserci un quarto uomo. O donna. O forse un quinto o un sesto. Qualcuno che ha capito il significato dell'impiccagione di Cash e della Warr.» «E non ha voluto che Sorrell parlasse», continuò Del. «Non poteva correre quel rischio.» «Perché no?» domandò Wilson. «Perché non sapeva se Sorrell avesse finito», rispose Del. «Non sapeva se Sorrell conoscesse il suo nome. Non sapeva cosa potevano avergli rivelato Jane e Deon.» «Merda», sbottò Wilson grattandosi la testa. E un attimo dopo: «Dannazione». «Dobbiamo tornare su a nord», decise Lucas. Del annuì. «Partendo ora non arriveremo prima che faccia buio. Facciamoci un pisolino questo pomeriggio e partiamo prestissimo domattina. Alle tre del mattino. Arriviamo al sorgere del sole e mettiamo sottosopra il paesello.» 11
Sabato pomeriggio, subito dopo il calare del buio, Loren Singleton percorse la Highway 36, ascoltando la radio. Era stanco, nonostante il sonnellino, per il viaggio di andata e ritorno alla casa di Sorrell. Una raffica di neve infastidì i tergicristalli, puntolini di ghiaccio turbinarono da nord. La sparatoria l'aveva sconvolto, a differenza dell'uccisione delle bambine che sembravano essersi addormentate, e poi non era stato lui in persona a farlo. Era stato solo presente. Nello stesso tempo c'era qualcosa nell'uccisione dei Sorrell che lo faceva sentire... più grande. Cercò di trovare le parole esatte: più macho? Il termine lo imbarazzava, ma era quello più vicino a ciò che provava. Di colpo, attraverso il turbinio di neve, comparvero le luci di Broderick, il caffè, la stazione di servizio, due finestre fiocamente illuminate della chiesa, l'insegna di una birra in un bar, e infine notò la luce nel retro dell'officina di Calb. L'ufficio era illuminato, come se fosse in corso una riunione. Entrò con la Caddy nel parcheggio, controllò che non ci fossero ombre alle finestre, qualcuno che guardava fuori per vedere chi aveva parcheggiato, quindi, rassicurato, scese dall'auto, si avviò verso l'officina e provò ad aprire la porta. Era chiusa, come doveva esserlo la sera del sabato. Eppure, quelle luci. Camminò lungo il fianco dell'edificio, sbirciò attraverso una finestra e vide che c'era veramente una riunione: Gene Calb, Ruth e Katina Lewis, più un uomo di colore che Singleton non aveva mai visto. Le due donne erano senza cappotto, come se fossero lì già da un po'. Il nero era appoggiato allo schienale di una sedia e ruotava oziosamente un po' a destra, un po' a sinistra. Singleton fissò la scena per un po', ma non riuscì a sentire nulla. Perché l'avevano escluso? Sospettavano di lui? Tornò alla Cadillac, salì, fece retromarcia fino a trovarsi perpendicolare alla porta basculante e premette il pulsante del telecomando. La porta si alzò, lui fece entrare la Cadillac, premette di nuovo il telecomando e scese dall'auto, mentre la porta cominciava a chiudersi. Calb e Katina erano usciti dall'ufficio. «Entra. Stiamo discutendo», lo apostrofò l'uomo con una tazza di caffè in mano. «Chi noi?» domandò distrattamente. «Io, Shawn Davis, Ruth e Katina», rispose Calb. «Shawn è venuto da Kansas City. Hai saputo di Sorrell?» «Dalla radio, un attimo fa», rispose Singleton. «Che ne pensate?»
«È di questo che stavamo parlando», rispose Katina. «Ho cercato di chiamarti, ma non ho ricevuto risposta.» «Ero in giro», replicò lui, fissandole il naso e non gli occhi, non voleva capisse che stava mentendo. Poi pensò: bene. Avevano cercato di rintracciarlo, non lo stavano tagliando fuori. Cercò di passarle davanti, ma lei lo afferrò per il braccio, si mise in punta di piedi e gli schioccò un bacio sulla guancia. «Sei impegnato stasera?» «Troverò senz'altro il tempo, se ne hai anche tu», rispose. Lei gli passò davanti e lui le toccò il sedere. Nell'ufficio, Calb lo presentò a Davis, un uomo duro sui quarantacinque anni, che di certo non si lasciava impressionare facilmente. Sollevò la mano, annuì e Singleton gli rivolse la sua migliore occhiata cupa alla cowboy. «Ha capito qualcosa di questo pasticcio?» gli chiese Davis con una leggera cadenza del Missouri. «Gene dice che lei conosceva Deon, Jane e Joe meglio di tutti gli altri quassù.» Singleton si affrettò a fargli cambiare idea. «Non so cosa stia accadendo. Venivo qui e chiacchieravo con Deon, ma questo faceva semplicemente parte dell'accordo. Tenere gli occhi aperti. Per me è stato Joe, forse hanno litigato.» «Joe è morto», affermò Davis bruscamente. «Non si era mai allontanato di più di qualche chilometro dalla madre, prima di venire qui. Le telefonava ogni giorno, poi una sera hanno chiacchierato e il giorno seguente era scomparso. Non l'ha più sentito. È morto.» «Dannazione», esclamò Calb. Si alzò e si mise a camminare in tondo, le mani infilate nelle tasche dei jeans. «Questo rapimento... se pensano che sia avvenuto qui, mi staranno addosso. Anche a te, Shawn. Se iniziassero a esaminare seriamente i miei registri, se vedessero quanta gente impiego e quante riparazioni facciamo... potrebbero crearmi problemi.» «Potrebbe esser giunta l'ora per un bel fuoco», suggerì Singleton. Tutti lo fissarono. «Non stai parlando seriamente», sbottò Calb. «Risolverebbe il problema dei registri», ribatté Singleton. Come se stesse pregando, Calb ruotò gli occhi al cielo. «Non servirebbe a nulla, Loren. Tu non sei mai stato un uomo d'affari, ci sono note dappertutto in questo dannato posto. Ricevute di imposte sul ruolo paga, assicurazioni, indennità per infortuni sul lavoro, imposte sul reddito. L'unica cosa che succederebbe, se bruciassi l'officina, sarebbe ritrovarmi con un'officina distrutta. Allora sì che inizierebbero a interessarsi a me. E se cominciassero a interessarsi seriamente, controllerebbero tutti noi, incluso te e le donne.»
«Il che ci allontana dalla domanda a cui vorrei ricevere una risposta e la vorrei sincera e veritiera», s'intromise Ruth, squadrando Calb e Davis, sul viso un sorriso belligerante. «Questa faccenda del rapimento. La piccola Sorrell. Voi non ne sapevate niente, non ne avete preso parte in alcun modo. Non era un affare per fare soldi andato male.» «Mio Dio, Ruth. No. Mai. Non sono pazzo», replicò Calb. Il tono della risposta la indusse a credergli. Davis parlò con tono più calmo, ma altrettanto convincente. «Il fatto è che, se quello che si dice è vero, i rapitori volevano un milione di dollari per quella bambina. Li avrebbero poi divisi in tre, per quanto ne sappiamo, o forse in quattro, dato che pare vi sia un quarto uomo, per ora uccel di bosco. Il che vuole dire un quarto di milione a testa, per rischiare una sentenza capitale. Gene e io prendiamo altrettanto ogni anno, con il nostro piccolo e tranquillo commercio d'auto. Non avrebbe senso metterci in quell'altra faccenda.» «Avrebbe senso per qualcuno come Deon», osservò Singleton. «Non riceveva altro che spiccioli.» «Proprio come te, Loren, ed eravate entrambi soddisfatti», sbottò Calb. «Ehi, basta», esclamò Ruth. Fissò i due uomini, puntò loro un dito contro. «Non abbiamo bisogno di una lite. Forza... che dovrà dire Gene alla polizia?» «Deve fare il finto tonto», rispose Davis. «Funzionerà, se lascerai che funzioni. Se non cerchi di fare il furbo. Parla e suda, agitati e scusati, è un atteggiamento che a loro piace sempre. Ma soprattutto fai il tonto. Sì, certo, l'hai assunto perché sono stato io a chiedertelo, per allontanarlo dal suo quartiere. Verranno da me e io dirò loro: 'Diavolo, sì, mi ha fatto un gran favore togliendomi Deon di dosso, e anche la sua donna'.» «Diremo loro che quello che guadagnava non era sufficiente per un ragazzo di città che ama infilarsi cocaina su per il naso e che per questo si era messo in proprio», aggiunse Davis. «Voglio dire, quello che hanno fatto con quella bambina, Deon è pazzo, ma nessun poliziotto di Kansas City che mi conosce sosterrebbe mai che io possa fare una cosa simile. E nessuno qui penserebbe mai che la possa fare Calb.» S'interruppe e, nel silenzio, nella mente di Singleton si svolse un film a colori: rivide sua madre che tirava fuori dalla borsetta un flaconcino farmaceutico e la siringa e aspirava il liquido e sollevava l'ago e faceva uscire un po' di liquido e poi, prima di avvicinarsi alle due bambine, faceva una
faccia sorridente. La ragazzina più grande aveva forse capito cosa sarebbe successo. Aveva accettato l'iniezione con passività, gli occhi scuri fissi su Singleton. Aveva un fiocco azzurro tra i capelli, annodato nel mezzo. La bambina più piccola teneva in braccio un pupazzo di peluche che le aveva dato Jane, un topolino bianco, grande come una mano, con la coda rosa. Aveva detto «d'accordo», e si era sdraiata sul letto pieghevole e aveva girato il braccio per farsi fare l'iniezione. Una bimba coraggiosa: si era addormentata con il topino sul petto. Lui aveva spaccato la crosta di argilla e l'aveva adagiata sopra una pila di Pagine Gialle, nient'altro. Non era stato difficile. Non gli era parsa una pazzia: era e basta. Davis riprese a parlare, interrompendo il film mentale di Singleton. «Allora facciamo i finti, tonti: ciò che si vede è ciò che si ha. Tre tonti bastardi decidono di rapire una bambina perché vogliono più soldi e tanto disturbo porta loro solo la morte.» «Quattro stupidi bastardi», lo corresse Calb distrattamente. «Forse l'altra persona era all'altro capo della faccenda, aveva trovato la ragazza.» Guardò Singleton: «Hanno mai menzionato un amico o altro?» «No. Non facevano che parlare dei loro amici giù a Kansas City.» «Non importa», disse Ruth. «Il fatto è che ho bisogno di qualcosa da dire alle donne che lavorano con me. Alcune di loro temono che, in qualche modo, tutto sia collegato, le auto, i farmaci, e il rapimento. Se qualcuno le mettesse sotto pressione, parlasse loro nel modo giusto, con ogni probabilità spiffererebbero tutta la storia. Si sentirebbero moralmente obbligate a farlo.» «Merda», esclamò Davis. «Ecco, io sono d'accordo con loro», ribatté Ruth, sorridendo nuovamente in quel suo modo freddo. «L'unica differenza è che io conosco Calb.» Alzò una mano verso di lui. «Se pensassi che noi avessimo qualcosa a che fare con tutto ciò, andrei alla polizia io stessa. Ritengo, tuttavia, che siano stati Deon, Jane e Joe, per fare un po' di soldi. Purtroppo, anche se noi non ne sappiamo nulla, questa storia potrebbe trascinarci nei guai.» «Di' loro la verità, allora», sbottò Calb. «Di' che siamo spaventati e confusi quanto loro. Non sappiamo che diavolo stia succedendo e vorremmo disperatamente scoprirlo.» «Meglio fare i tonti», insisté Davis. «Credetemi, voi non sapete nulla di
nulla. Se non sapete niente, nessuno può cogliervi in fallo, né i vostri amici né i poliziotti.» Discussero per un'altra mezz'ora, poi si separarono. Davis disse che quella sera stessa, dopo avere cenato da Calb, sarebbe tornato a Kansas City. Katina uscì con Ruth e Singleton. Ruth non si fermò, ma attraversò la strada diretta alla chiesa. Katina si soffermò con Singleton. «Mi piacerebbe venire da te.» «Sei la donna più eccitata che abbia mai visto», scherzò Singleton. «Non preoccuparti. Ti preoccupi troppo», aggiunse sfiorandole il viso. «Voglio solo che tutto sia a posto», replicò lei. «Non hai mai parlato con Deon di niente, vero?» Singleton si rese conto che con quel niente, intendeva il rapimento. «Dai, Katina...» Era offeso. «Scusami, il fatto è che sono tanto agitata.» «Andrà tutto bene, tesoro.» «Non solo quello. È come se avessi bisogno di... stare vicino a qualcuno. Dopo tutto questo.» Gli si accostò e cercò la sua mano. «Vieni da me allora. Ce ne staremo soltanto... vicini.» «Verrò. Prenderò la mia auto per tornare alla chiesa. Si potrebbe andare a cena al Bird.» «Ti amo», le sussurrò, chino su di lei. Era la prima volta che pronunciava quelle due parole: non in un luogo romantico, ma lì, in piedi, in un parcheggio spazzato dalla neve nel bel mezzo del nulla. «Ti amo», ripeté. 12 Domenica. Lucas e Del si diressero a nord, ciascuno con la propria auto, Lucas davanti nella Acura, Del lo seguiva con la Oldsmobile. Lasciarono la Nuova Grande Casa alle tre e mezzo del mattino, superarono l'aeroporto, aggirarono quartieri periferici addormentati, quindi presero la I-94 e puntarono verso nordovest. Rose Marie aveva fatto delle telefonate e parlato con le pattuglie autostradali notturne e ora Lucas regolò il cruise control sui centoquaranta, con Del nella sua scia. In tre ore arrivarono alla deviazione a nord di Fargo, e, attraversando lo stretto ponte sul Red Rive, vennero investiti da alcuni fiocchi di neve. La nevicata s'infittì mentre percorrevano la I-29, ma non
tanto da rallentarli. Dopo avere fatto benzina e aver bevuto un caffè a Grand Forks, continuarono verso nord, quindi riattraversarono il confine per raggiungere Armstrong. Pochi minuti prima delle nove entrarono nel parcheggio della centrale di polizia. Ora il freddo si era fatto pungente, ma la neve aveva smesso di cadere. Ne era prevista altra durante la giornata, e Lucas voleva mettersi in moto a Broderick prima che le condizioni del tempo peggiorassero. Lo sceriffo non era nei paraggi, con ogni probabilità era in chiesa, disse loro l'operatore del centro comunicazioni, per cui gli lasciarono detto che li avrebbe trovati da qualche parte a Broderick o ad Armstrong, e infine si fermarono al Motel 6. Non ebbero problemi a trovare due stanze, con la scoperta dei cadaveri di Hale e Mary Sorrell, la maggior parte dei cronisti se ne era andata. «Sembrava di trovarsi in un ufficio del catasto, qui, l'altra sera», riferì l'impiegato. «Ora siamo di nuovo a Sleepy Hollow.» «Sono andati via tutti?» «Tutti tranne uno.» L'impiegato si allungò verso di loro e abbassò la voce. «Un nero di Chicago. Dice di essere un cronista, ma io non ne sarei tanto sicuro.» «Ehm», commentò saggiamente Lucas, prendendo la chiave della sua stanza. Mentre uscivano da Broderick e attraversavano quel paesaggio squallido, Del accese il lettore CD e trovò Turn the Page di Bob Seger nella versione dei Metallica. Per un po' ascoltarono in silenzio. «Preferisco Seger», disse Del. «Sono bravi entrambi», ribatté Lucas. «Io preferisco i Metallica. In ogni caso è un ottimo album.» «Vecchi stronzi contro teste metalliche; e tu sei sempre stato per il metallo», ricordò Del. «Già quando correvi per la città su quella moto. Ricordo quando sei andato al primo concerto degli AC/DC. Ne hai parlato per settimane.» «Ti tenevano il motore pulito», ribatté Lucas. Stavano arrivando a Broderick. «Senti, attraversiamo il paesello e cerchiamo quella ragazzina.» «Letty...» «West.» Nel cortile, accanto alla Cherokee di Martha West, era parcheggiata una
Ford Taunus. Lucas e Del salirono sulla veranda e Martha aprì loro la porta prima che avessero il tempo di bussare. «I poliziotti statali», disse alla stanza dietro di lei. Spalancò la porta e disse: «Avanti». Il soggiorno era surriscaldato e puzzava di lana e, pensò Lucas, di vino inacidito e forse anche di Windex o di Pledge al limone. Letty era seduta su uno sgabello da pianoforte davanti a un malconcio organo Hammond: un nero, basso e muscoloso, con un blocco per appunti era appollaiato su una poltroncina, quarantacinque gradi alla destra di Letty, una Nikon DIX ai piedi. Un cuscino, su cui a quanto pareva era stata seduta Martha West, era a terra, alla terza punta del triangolo. «Ciao, Lucas e Del», li salutò Letty, alzandosi e sorridendo. «Mi avete vista in televisione?» «Eri dappertutto», rispose Del. «Come Topolino.» «Ci stava intervistando il signor Johnson del Chicago...» li informò Martha, cercando invano di ricordare il nome intero.» «Tribune», completò l'uomo di colore, alzandosi. Portava occhiali tondi con montatura dorata e aveva l'aspetto di un guardafili della Northwestern. «Mark Johnson.» Porse la mano a Lucas, poi a Del. «Voi siete gli agenti Davenport e Capslock?» Lucas annuì. «Io sono Davenport e lui Capslock. Sono sorpreso di trovarla qui. I suoi colleghi sono partiti di corsa.» «Telecronisti, per lo più», li informò Johnson, come se ciò spiegasse ogni cosa. «Abbiamo bisogno di parlare con Martha e Letty, ma non vogliamo disturbare la sua intervista», disse Lucas. «Possiamo tornare, se preferisce.» Johnson scosse il capo. «Ho già ottenuto quasi tutto ciò che cercavo. Sto cercando di capire come mai Cash fosse finito quassù.» «Scoperto qualcosa?» «No. Il padrone dell'officina non parla, perché teme di venire arrestato o, peggio ancora, citato in giudizio. Quello con i cani non parla con me a causa dei suoi principi americani. E le donne della chiesa pensano che io sia uno stupratore, per il colore della mia pelle, ma sono troppo gentili per dirlo.» «Per quello che riguarda Cash non possiamo aiutarla», asserì Lucas. «Vorremmo capirlo anche noi. Non quadra.» «Era un purosangue», concordò Johnson. «Ho telefonato ad alcune persone giù a Kansas City e mi hanno detto che nessun impiego come autista
l'avrebbe trattenuto quassù. Avrebbe preferito sempre un qualsiasi lavoretto sporco, come derubare qualche 7-Eleven.» «Interessante», ammise Lucas. «Proprio così», disse Johnson, agitando il taccuino. «Mi dica ora lei qualcosa. Ritiene veramente che Cash e quel Joe e Jane Warr abbiano rapito la figlia di Sorrell? E se l'avessero fatto, perché mai avrebbero scelto questo posto in campagna, dove tutti li avrebbero visti andare e venire e avrebbero conosciuto ogni loro mossa?» «Non lo so», ammise Lucas. «Credo però che fossero implicati nel rapimento. Ritengo l'abbiano fatto per soldi e noi lo scopriremo. Una squadra della Scientifica sta smontando le loro automobili, alla ricerca di campioni per il DNA che potrebbero collegarli alla bambina.» «Mi può spiegare perché pensa fossero coinvolti?» Il bloc-notes volteggiava nuovamente. Lucas rifletté un attimo. «Conosce Deke Harrison?» chiese poi. «Certo. È il mio capo al Trib», rispose Johnson. «Dirige la nostra sezione.» «Veniva spesso alle Twin Cities», ricordò Lucas. «Per anni. Andavamo a bere qualcosa assieme.» «Già. Quello è il mio lavoro adesso. Lui ha fatto carriera.» «Gli dica di darmi un colpo di telefono», disse Lucas. «Ho un cellulare.» Lucas diede a Johnson il numero del suo cellulare, Johnson li salutò, uscì dalla porta, dopo un attimo infilò di nuovo la testa nella stanza. «Avete scoperto un buon ristorante?» «Il Red Red Robin», rispose Letty. «È quello il migliore? Che Dio ci aiuti», commentò Johnson e scomparve. Letty si mise le mani sui fianchi e fissò Lucas. «Ehi! Cosa voleva dire?» Lucas spiegò a Letty e a Martha ciò di cui avevano bisogno: un accenno qualsiasi a irregolarità attorno alla proprietà di Cash e della Warr. «All'interno della casa non ci sono cadaveri, l'abbiamo messa sottosopra, appena scoperti i soldi e la droga.» «Allora devono averla sepolta», affermò Letty, incrociando gli indici davanti alle labbra, riflettendo. Martha fremette a quell'idea e fissò sua figlia. Letty pareva più interessata che spaventata. «È quello che credo anch'io», commentò Lucas. «Ma, da queste parti...
ci saranno quindicimila chilometri quadrati di terreni e paludi vergini.» «Sì, ma anche da queste parti c'è sempre gente che va e viene. Nessuno potrebbe andare da qualche parte e scavare una tomba per un'ora ed essere sicuro che nessuno lo veda», ribatté la ragazza. «La gente lo vedrebbe, perché, in qualsiasi posto fosse, sarebbe strano. Lo noterebbe. Io potrei attraversare il lago dalle parti della vecchia discarica e due giorni dopo qualcuno mi direbbe: 'Ti ho vista alla vecchia discarica con quel tuo fucile'. E io non avevo visto nessuno.» «È una cosa che mi fa accapponare la pelle», esclamò Martha West. «Non c'è alcuna privacy.» Letty guardò fuori della finestra, la bianca luce invernale che si rifletteva negli occhi azzurri. Non c'era ancora molta neve. «Perché non andiamo in giro a dare un'occhiata?» propose. «Vi accompagno, forse io riuscirò a notare qualcosa. Passo sempre da quelle parti, quando vado al torrente. Se aspettiamo fino a domani, potrebbe esserci troppa neve.» «Deve aver nevicato da quando hanno portato via quella bambina», osservò Del. «L'hanno rapita prima di Natale.» «È nevicato, ma non molto», replicò Letty. «Se prendete con voi Letty, posso chiedervi di offrirle il pranzo o qualcosa da mangiare?» chiese Martha West. «Io devo andare in città per un po'.» «Certo», rispose Del. «La porteremo al Bird.» Martha West sembrava avesse improvvisamente una gran fretta e Del lanciò un'occhiata a Lucas e ruotò la testa come per dire: Martha West ha bisogno di un po' di alcol, subito. Lucas annuì. «Prendi la giacca», disse a Letty. «Volete che porti con me il fucile?» «Non sarà necessario.» «In ogni caso, è solo una schifezza», disse Letty, dirigendosi verso la sua camera al primo piano. Martha West se n'era andata prima che Letty scendesse. La ragazzina indossava un parka troppo grande, stivali di gomma e in mano teneva un paio di muffole. «Andiamo», disse, attraversando il soggiorno a passi pesanti. «Tua madre se n'è già andata», riferì Del. «Difilato al Duck Inn», disse Letty. «È una tragedia», commentò poi senza ironia, con una voce che pareva più vecchia dei suoi dodici anni.
L'Acura li riportò alla fattoria di Cash e della Warr, con Letty affascinata dallo schermo CRT sul cruscotto. «Si possono vedere anche film?» «No, dà solo una schermata di informazioni e una con mappe, tutto qui. A meno che tu non debba farti catapultare fuori.» Lucas mantenne un tono di voce piatto. Credeva fermamente che ai bambini si dovesse mentire. «Se devi eiettarti, vai sulla schermata delle informazioni, premi FINE e un attimo dopo sei finita, catapultata fuori dall'auto, attraverso il tettuccio.» Letty, seduta dietro, rifletté per un paio di secondi sulle sue parole. «Non è bello prendere per il culo i bambini». Del si girò. «Mio Dio, bada a come parli, piccola», borbottò. Nel vialetto d'accesso alla fattoria delle due vittime erano parcheggiati due veicoli: un furgone della Scientifica del BCA e un'auto del dipartimento dello sceriffo. Lucas si fermò dietro le due auto. Scesero tutti e tre. «I suoi sono nel garage, se li sta cercando», gridò un vicesceriffo uscendo sulla veranda. «Grazie», gridò di rimando Lucas. Si diressero al garage ed entrarono dalla porta laterale. Un tecnico del BCA era in piedi davanti al bagagliaio aperto dell'automobile di Jane Warr. «Salve, ragazzi», li salutò e, in quel mentre, un altro uomo, più basso e tarchiato, uscì indietreggiando dal gippone. Teneva in mano un sacchetto di plastica e un paio di pinze. Sopra gli occhiali aveva applicato una lente d'ingrandimento che faceva apparire i suoi occhi grandi come portacenere. «Niente di utile?» domandò Lucas. «Il fuoristrada è pieno di roba, abbiamo trovato dei capelli, forse del sangue, ma potrebbe anche trattarsi di qualcos'altro», rispose l'agente più basso. «Un bagagliaio tipico.» «E l'auto di Cash?» «Stesso risultato. Di tutto e di più.» «Tra quanto sapremo, se c'è qualcosa di utile?» Il tecnico più alto fece spallucce. «Dipende da quanta roba c'è... una o due settimane. Nulla che possiamo fare per voi?» «Andiamo a dare un'occhiata al terreno», rispose Lucas. «Per capire se c'è qualcosa.» «Ah, questa mattina ha chiamato Dickerson, ha parlato di qualcuno con un radar che penetra nella terra.» «Potrebbe essere», disse Lucas. «Non può però sondare tutto questo po-
sto. Ci metterebbe settimane. Andiamo a vedere se riusciamo a capire da dove iniziare.» «Buona fortuna.» Mentre i tre uscivano dal cortile, Lucas si girò e osservò la casa, il garage, una fila di vecchi alberi morenti che una volta segnavano il confine meridionale dell'aia, un recinto che forse aveva delimitato l'estremità occidentale. «Se tu dovessi seppellire qualcuno...» iniziò a dire Letty. «Non lo farei qui», la interruppe Del, voltandosi come Lucas. «La porterei da qualche parte.» «Tutti in questo stato la stavano cercando.» «Quando l'hanno uccisa, forse non la cercavano ancora. Se l'avessero uccisa prima che Sorrell facesse intervenire l'FBI...» «I rapitori non potevano essere certi che non l'avesse fatto immediatamente», osservò Lucas. «Se l'avessero tenuta qui, in quella cella, non l'avrebbero poi portata molto lontano. In particolar modo se, come dice Letty, qui tutti vedono tutto. Qui chiunque ricorderebbe un nero con una bambina bionda, anche se avesse ritenuto la cosa del tutto innocente.» «L'hanno tenuta nel bagagliaio?» «Troppo pericoloso», rispose Lucas. «L'hanno portata quassù direttamente da Rochester.» «Che dire? Credo di sì. Forse. Ma quando è arrivato il momento di liberarsene, pensi che l'avrebbero riportata giù, rischiando di nuovo?» «Non so», rispose Del. «Proprio non so da dove cominciare a cercare.» «Laggiù tra gli alberi», disse Letty puntando il dito. «Quello è il torrente. Una camminata di cinque minuti. Si potrebbe trasportare una sacca. Se si andasse laggiù al buio, nessuno vedrebbe niente, e si potrebbe tornare a casa al buio. Quanti anni aveva?» «Undici.» «Magra?» «Non grassa», rispose Lucas. «Un po' in carne.» «Magra alla Minnesota.» «Giusto.» «Pesava quindi sui trentadue, trentacinque chili. Una camminata di cinque minuti.» «Si lascerebbero delle impronte», sottolineò Del.
«In dicembre no. Ricordo il freddo che faceva, ma non stava nevicando. Non abbiamo avuto quasi neve a Natale.» «Andiamo a dare un'occhiata», propose Lucas. Il torrente iniziava come una depressione in un campo, si stringeva, una riga più che una depressione, verso il fondo del terreno di Cash e della Warr, quindi sprofondava nella terra nera, un incavo alto fino al ginocchio, attorniato da salici e sambuchi. Partirono dal primo albero, all'estremità nord della proprietà, e seguirono l'incavo sempre più profondo verso una fila più fitta di alberi e cespugli, camminando sul ghiaccio nel letto del piccolo avvallamento. La striscia di alberi era larga appena una trentina di metri. Camminarono nel torrente per circa duecento metri, finché non terminò in un pantano. Non notarono nulla di insolito, nessun pezzo di terra rivoltato, e le uniche impronte che videro, con ogni probabilità erano state lasciate dalla stessa Letty. Ritornarono sui loro passi; a metà strada, tre cani cominciarono ad abbaiare dal retro di una casa oltre quella di Cash, lungo l'autostrada. Erano neri e marrone, con musi squadrati, inferociti: pit bull. «Sono quelli i cani di cui vi ho parlato», disse Letty. «Mi fanno una paura da morire», ammise Del. «Letty, se mai li lanciassero contro di te, prima spara, poi fai domande.» Lucas era infastidito. «Tieniti lontana da questo posto», disse. «Non hai bisogno di sparare a nessuno.» «Forse hanno dato la piccola in pasto ai cani», suggerì Letty. «Perdio», sbottò Lucas. «Potremmo trovarci a un metro dalla ragazzina Sorrell e non saperlo», ripeté quando arrivarono in cima all'avvallamento. «Come vi comportereste?» domandò Letty. Guardò Del. «Se tu uccidessi una bambina e la portassi qui, dove la seppelliresti?» gli chiese passando al tu. «Non credo che dovresti essere qui», rispose Del. «Suvvia, Del. Guardati in giro. Che faresti?» insisté lei. Lucas si guardò attorno, poi fissò i suoi piedi. «C'è sempre acqua in questo torrentello?» «Non sempre, ma quasi sempre.» «Sotto il torrente?», domandò Del con tono scettico. «È una possibilità», rispose Lucas. «Se avesse avuto intenzione di scavare qui in giro, scommetto che l'avrebbe fatto nel letto del torrente. Forse ha scavato sul fondo o nell'argine. Non poteva essere visto, però avrebbe no-
tato se arrivava qualcuno.» «A meno che non fosse di notte», puntualizzò Letty. Camminarono su e giù per il torrente ghiacciato, esaminando l'argine, ma non notarono nulla di strano. Lucas sondò un argine basso con un bastone, quindi scosse la testa e gettò via il bastoncino. «Abbiamo bisogno della Scientifica, e del tipo con il radar e dei cani.» Scoraggiati tornarono alla casa, calpestando il sottile strato di neve scricchiolante. Lucas controllò l'ora. «È ancora troppo presto per il pranzo, però potremmo fare colazione», propose. «Posso vedere la cella?», domandò Letty. «La stanza nel seminterrato?» «Fottuta televisione», borbottò Del. La TV aveva parlato molto della cella. «Bada a come parli vicino a una ragazzina», gli rinfacciò Letty, ricordando che lui poco prima le aveva dato della piccola. «Mi piacerebbe molto andare là. Io sono una bambina, potrei pensare come una bambina», disse a Lucas. Lucas guardò Del e sospirò. «D'accordo. Due minuti», le concesse. Entrarono in casa, rivolsero un cenno del capo al vicesceriffo e portarono Letty nello scantinato. Entrata nel bagno, la cella, si girò un paio di volte, poi si sedette sul pavimento, quindi si sdraiò e fissò il soffitto, le braccia tese come se stesse facendo un angelo nella neve. Poi chiuse gli occhi. «Se mi avessero lasciata qui sola, se avessero lasciato me qui sola, avrei cercato di scrivere il mio nome da qualche parte», disse dopo un minuto. Aprì gli occhi e incontrò quelli di Lucas. «Che ne pensi?» gli domandò. «Mettiti seduta», gli intimò lui. Ubbidì. Lucas e Del si sedettero e iniziarono a esaminare le pareti. Niente. Lucas si alzò, tolse il coperchio dello sciacquone e guardò dentro. Nulla di visibile. Tirò l'acqua, la osservò scorrere, sollevò il galleggiante per bloccare l'accesso dell'acqua e con la mano cercò a tastoni sul fondo. La cabina doccia era vuota, non c'era neppure una saponetta. Spalancò l'armadietto dei medicinali, vuoto. Del guardò sotto il lavabo e vi trovò quattro rotoli di carta igienica. Scrutò attraverso i tubetti. Vuoti. Lucas controllò il bordo dell'armadietto, ma le dita trovarono solo polvere. «Io scriverei qualcosa», insisté Letty, sulla difensiva. «Inciderei il mio nome con qualcosa.» Si mise carponi e scrutò lo zoccolo. Poi Del strisciò verso il water. «Qui c'è qualcosa!» esclamò.
«Cosa?» Lucas si sdraiò sulla pancia e Letty si avvicinò a loro. Del era sdraiato faccia in su. «Qualcosa si è attorcigliato attorno al tubo dell'acqua... è una catena. Un momento...» Frugò sotto lo sciacquone. «Ahhh... eccola.» Scivolò fuori da sotto il water. Dalle dita pendeva un medaglione di forma ovale attaccato a una corta catenina d'argento. «Oh, Gesù», esclamò Lucas. «Non muoverti. Rimani immobile.» Lucas corse su per le scale e si precipitò alla porta dello sgabuzzino. «Ehi, voi... prendete qualcosa, sacchetti, pinze... forza, sbrigatevi», gridò quando raggiunse il garage. Un agente della Scientifica afferrò il medaglione con le pinze, lo sollevò lateralmente verso una delle lampade che pendevano dal soffitto e disse. «Sul retro vi è un'impronta parziale. Se non è vostra...» Guardò Del che scosse la testa. «Mia non è. Non ho mai toccato il medaglione, solo la catena.» «Sembra buona», affermò il tecnico. La rivolse di nuovo verso la luce. «C'è un'incisione. Sul medaglione, intendo.» «Cosa?» Le labbra dell'agente si mossero mentre decifrava l'incisione. «Chi diavolo sono Jean e Wally?» chiese aggrottando le sopracciglia. Lucas si grattò la testa. «Forse qualcuno che la bimba Sorrell conosceva. I suoi nonni, per esempio?» «Chiunque sia, è stata lei a metterlo qui», dichiarò Del. «Il medaglione non è caduto lì per caso.» «Dove l'ha trovato?» chiese l'agente della Scientifica. Del glielo disse e il tecnico si guardò in giro. «Avete controllato lo specchio? E le pareti del box doccia? Se qui dentro ha usato acqua calda, si coprono di vapore e lei avrebbe potuto scriverci sopra. Se aveva le dita unte di sapone o shampoo o olio, si potrebbe recuperare l'immagine». «È quello che faccio sempre dopo aver fatto il bagno», s'intromise Letty. «Scrivo sullo specchio quando esco dalla vasca.» «Penso valga la pena tentare», ammise Lucas. «Vado a mettere via il medaglione e a prendere la fotocamera», disse l'agente della Scientifica. «Ehi, Wally e Jean.» Mentre il tecnico metteva il medaglione al sicuro, Lucas, seguito da Letty, andò alla sua auto, prese l'indirizzario dalla ventiquattrore e cercò i
numeri telefonici degli agenti dell'FBI che avevano seguito il caso Sorrell. Al secondo squillo gli rispose la moglie di Lenny Cole che gli riferì che il marito stava spalando la neve sul vialetto. «Ne saranno scesi cinque centimetri», disse. «Di neve.» Lucas la sentì chiamare il marito, poi dei passi pesanti e infine la voce di Cole. Non conosceva i nomi sul medaglione. «Ci era stato detto che molto probabilmente non portava alcun gioiello quando è stata rapita, era solo una bambina e possedeva pochissimi gioielli. Nulla che assomigliasse a un medaglione, per quello che ricordo. Mi spiace.» «Pensavamo di avere qualcosa», disse Lucas. «È strano.» «Chiederò in giro», promise Cole. «Ma non tratterei il fiato. Forse l'incisione porterà a qualcosa.» Lucas spense il cellulare. «Niente?» gli chiese Letty. «Non ancora.» «Deve essere qualcosa», ribadì lei. «Non apparteneva di certo all'idraulico.» Quando Lucas e Letty ridiscesero le scale, entrambi gli agenti della Scientifica erano nello scantinato con Del, la doccia che spruzzava acqua calda. Socchiusero la porta del bagno, attesero quindici secondi. Lo specchio si coprì di vapore e rivelò parecchie righe tracciate da dita, ma nulla che dicesse loro qualcosa. Il tecnico scattò ugualmente una fotografia. Sulle pareti del box doccia si notarono segni che parevano fatti con una spugna. «Qualcuno l'ha pulita», affermò il tecnico. «È stato comunque un buon tentativo», disse Lucas. Un po' imbronciati, risalirono le scale e il corpulento agente della Scientifica li informò che avrebbe ricontrollato le pareti con la lente, appena l'umidità fosse svanita. «Forse qualcuno ha scritto qualcosa di veramente piccolo, è l'unica cosa che si potrebbe fare. Comunque è stata una buona idea quella di cercare un nome. Avete scoperto il medaglione. A qualcosa servirà.» Lucas lanciò un'occhiata a Letty. «Forse dovresti fare la poliziotta.» Letty scrollò il capo. «No. Farò la giornalista. È deciso.» Lucas si rivolse a Del. «Di questa decisione potremmo essere i responsabili.» «Non mi considererò più una brava persona», scherzò Del. «Andiamo al Bird? Il mio intestino dice che è ora di pranzo.» Si diressero al Red Red Robin senza quasi aprire bocca, tutti e tre pensa-
vano alla casa e al posto dove avrebbe potuto essere sepolta la figlia Sorrell. Alla fine parlò Del. «Se avessero mai pensato di poter essere sospettati di qualcosa, non avrebbero di certo tenuto un cadavere nei paraggi. Devono averlo portato in macchina da qualche parte in campagna. Va bene, se li avessero visti, li avrebbero visti, ma potevano fare in modo di non essere visti. Individuare un posto in anticipo, scavare una buca, buttarci dentro il corpo di notte, riempire la buca, il tutto non avrebbe richiesto che un paio di minuti, e poi allontanarsi.» «Lo so», commentò Lucas. «Con ogni probabilità non la troveremo mai.» Il Bird era sotto la media come le altre volte che avevano pranzato lì: caffè sotto la media, cibo sotto la media. Sotto la media. Letty mangiò di tutto, con la compulsione furtiva di una bambina che era già andata qualche volta a letto affamata e che temeva che il cibo potesse sparire. «Stai bene con tua madre?» chiese Del verso metà pasto. «Arrivare fin qui è stata la parte dura», rispose Letty, raccogliendo il purè con attenzione lungo i bordi per non fare uscire l'intingolo dall'incavo centrale. «Ora che sono alle medie, le cose vanno meglio. Io vado e torno con l'autobus, lei può fare ciò che deve fare.» «Era solo una domanda», replicò Del. «Ho avuto anch'io problemi con l'alcol. Non è facile liberarsene, ma ce la si fa.» «Tu bevi?» chiese la ragazzina a Lucas, fissandolo negli occhi. Lucas scrollò il capo. «Una birra, un paio di volte alla settimana. Non ho mai imparato a bere.» «Bene.» Dalla tasca di Lucas squillò il telefonino. «Davenport.» «Ehi, Lucas, sono Lanny Cole.» L'agente dell'FBI sembrava facesse fatica a prender fiato. «Hai detto che su quel medaglione c'erano incisi i nomi Wally e Jean. Un medaglione ovale in oro bianco con una catenina in oro bianco e i nomi incisi sull'ovale anteriore. All'interno la foto di una coppia anziana.» «Non abbiamo guardato dentro per non rovinare l'impronta, ma tutto il resto è giusto, tranne che credevo fosse argento», rispose Lucas. «Era di Tammy Sorrell?» «No.» «No?»
«Apparteneva a una ragazzina di nome Annie Burke, quindici anni, figlia del proprietario di una catena di case di riposo di Lincoln, Nebraska. Uno dei nostri ricordava il medaglione. Era stata rapita l'aprile scorso. È stato pagato un riscatto di un milione di dollari, ma non è mai stata riconsegnata, non si è più saputo nulla di lei. I rapitori avevano detto al padre della Burke che avevano accesso all'FBI e gli avevano lasciato un plico di fogli che sembravano degli stampati dell'FBI. Gli avevano detto che, se avesse contattato FFBI o qualsiasi forza di polizia, l'avrebbero saputo. Lui ci ha creduto e ha pagato. E senti questa: ha raccolto i soldi a Las Vegas, nello stesso modo usato da Hate.» «Oh, Cristo!» «Cosa?» s'informò Letty. «Stiamo venendo da voi», ribatté Cole. «Abbiamo bisogno di quel medaglione, di quell'impronta. Parlerò con il tuo capo. Hai bisogno di qualcosa lì?» «Avete gente capace di cercare punti morbidi nel terreno, sotto la neve?» «Sì. In California abbiamo una squadra che fa proprio questo. Potranno arrivare in quarantott'ore.» «Portali», disse Lucas. 13 Dopo pranzo riportarono una Letty recalcitrante a casa sua. «Posso ancora aiutarvi.» «Se avessimo ancora bisogno di te, passeremo da casa tua», la tranquillizzò Lucas. «Apprezziamo veramente ciò che hai fatto.» «Se preparassi più che rapidamente le trappole, potreste lasciarmi alla discarica? Sono solo cinque minuti in macchina. Poi tornerò a casa a piedi», domandò con un'espressione ansiosa sul viso. «Siamo piuttosto impegnati», borbottò Lucas. «Io vi ho aiutati», ribatté lei. «Devo cambiarmi. La TV potrebbe tornare.» Sospirò. «D'accordo, vai a prendere le trappole.» Lei ci mise dieci minuti a infilarsi un paio di jeans, gli stivali e il parka. Prese un barattolo di cibo per gatti, tonno, da sotto il lavandino in cucina, il sacco di juta con le trappole e il fucile calibro 22. Il fucile era un vecchio Harrington & Richardson a otturatore scorrevole e colpo singolo, costruito probabilmente negli anni Quaranta. Buttò il tutto nel retro dell'Acura.
Dieci chilometri a nord di Broderick, su una strada secondaria, la discarica era segnalata da un gruppo di cornacchie che vi volteggiavano sopra come piccole macchie d'inchiostro lanciate contro il cielo grigio. Lucas svoltò nel vialetto d'accesso, vicino a un cartello che recitava DISCARICA DELLA CONTEA DI QUAD, e arrestò l'auto accanto a un cancello chiuso a chiave. All'interno della discarica, un piccolo Caterpillar ai piedi di un muro di immondizie. Lucas scese dal gippone assieme a Letty e guardò al di là del cancello chiuso. La discarica, più grande di quanto si fosse aspettato, si stendeva per più di un chilometro quadrato. La maggior parte delle immondizie pareva composta di scatole per pizza d'asporto, anche se la puzza ricordava più vecchi pannolini. Letty recuperò i suoi arnesi dal retro dell'auto. «Dieci chilometri», disse Lucas, aprendole il portellone. «Come farai a tornare a casa?» «A piedi, oppure con l'autostop», rispose lei. Tirò fuori la sacca con le trappole, s'infilò il fucile sotto il braccio. «Non avrò con me le trappole. Lo faccio sempre.» «Oh, Gesù.» Lucas lanciò un'occhiata a quello strano, freddo paesaggio, alla neve che cadeva leggera, alle cornacchie che volteggiavano e alle montagne di immondizie. «Non sto chiedendo un passaggio», borbottò Letty. Lucas intuì la sua manovra. «Quanto ci metterai a sistemare le trappole? Come minimo?» domandò. «Un'ora, un'ora e mezzo, per farlo bene», rispose la ragazzina. «Hai un orologio?» «No.» «Maledizione. Hai bisogno di un orologio.» Lucas si tolse il suo e glielo porse. «Se lo perdi, ti uccido. Me lo ha regalato mia moglie. Torneremo tra un'ora e mezzo.» «Grazie.» «Sii prudente.» In quel momento entrò nel viale d'accesso una macchina ed entrambi la fissarono. L'uomo al volante sollevò una mano, come per salutare, quindi si allontanò in retromarcia. Raggiunta la stradina, si diresse verso la strada principale. Una vecchia Cadillac. «Ci vediamo», li salutò Letty, allontanandosi. Lucas chiuse il portellone e risalì sul fuoristrada. «Quella ragazzina è una seccatura più grossa di donne ben più vecchie», esclamò.
«Che facciamo ora?» domandò Del. «Iniziamo con il buttare all'aria Broderick.» «Partendo da?...» «Gene Calb. Torniamo da lui e lo inchiodiamo. E forse facciamo lo stesso con le donne della chiesa, se ci riesce di trovarle. Letty ha detto che a volte lavorano per Calb, consegnando automobili. Sono donne di chiesa, per cui forse ci diranno la verità.» «Una fottuta probabilità», commentò il suo socio. «Bella Caddy, quella di prima! Avevo pensato di acquistarne una di seconda mano. Le trovi sul giornale della domenica; se ne può comperare una in buone condizioni, anche se vecchia di dieci anni, per sei o settemila dollari, usata da qualche vecchietto fino alla morte, con un massimo di cinquantamila chilometri. Ce ne ha per altri dieci anni», aggiunse mentre si dirigevano verso Broderick. «Dieci anni di rogne, bravo, complimenti», scherzò Lucas. «Forza, offusca il mio sogno.» L'officina di Calb era chiusa. «È domenica. Non tutti lavorano», osservò Del. «Già. Però vicino alla chiesa ci sono due auto», affermò Lucas. Guardarono dall'altra parte dell'autostrada dove, sul passo carraio vicino alla chiesa, erano parcheggiate due Toyota Corolla degli anni Novanta, rosse. Da entrambe uscivano dei fili elettrici che alimentavano i «block heater», i riscaldatori che avviano il motore anche a temperature polari. «Andiamo a sentire che hanno da dire.» «Le suore mi rendono nervose», brontolò Del. «A parte Elle», osservò Lucas. «Elle mi rende nervoso», ribatté Del. «Temo sempre che si metta a tremare e a gemere e a gridare qualcosa su Gesù.» «Sbagliato», replicò l'altro mentre attraversavano lentamente la strada. «Lei brontola, urla contro l'arcivescovo, mai contro Gesù.» «Però potrebbe capitare», insisté Del. «È una di quelle donne magre dagli occhi grandi. Possono cominciare a tremare in qualsiasi momento. Lo so per esperienza.» Elle Kruger era la più vecchia amica di Lucas, suora e professoressa di psicologia in un'università femminile di St. Paul. La conosceva da prima dell'asilo. Insieme, accompagnati dalle loro madri, i cestini per il pranzo in mano, avevano affrontato il primo giorno di scuola. In seguito, quando era
entrato a far parte dell'Omicidi, l'aveva consultata su alcuni casi; quando poi aveva iniziato a programmare giochi di ruolo per guadagnare più soldi, lei aveva istituito al college un gruppo che testava quei giochi. L'aver parlato di Elle Kruger mentre attraversavano la strada rese la coincidenza ancora più strana. Salirono i gradini e bussarono alla porta della chiesa. A Lucas bruciavano le orecchie dal freddo. «Fottuto Minnesota», disse Del e batté i piedi per scaldarsi. Lucas stava allungando la mano per bussare di nuovo, quando la porta si aprì e una donna sbirciò fuori. Era una donna anziana, sulla sessantina, capelli bianchi, volto rotondo con piccoli puntolini rosa sulle guance, lenti bifocali e in mano qualcosa che poteva essere un panno per la polvere. I puntolini rosa la facevano assomigliare a Ronald Reagan. Le spiegarono cosa volevano. «Dovrete parlare con Ruth. Entrate», li invitò lei. Nel vedere i due uomini esitare contrasse il labbro inferiore e soggiunse: «Questo non è un convento né un dormitorio. Vi è permesso entrare». «Grazie», disse Lucas, sentendosi stupido. La seguirono attraverso la parte posteriore della chiesa, divisa in cellette, che ricordò a Lucas una vecchia pensione d'infimo ordine in Washington Avenue a Minneapolis, a parte il fatto che non puzzava di vomito. Superarono una stanza laterale dove due donne sedute su un divano stavano guardando Fight Club, ed entrarono in cucina. Al tavolo era seduta una donna minuta, che sbirciava in un taccuino attraverso occhiali dalla montatura dorata. Di lato, una pila di moduli simili a quelli dell'assicurazione. «Ruth, questi signori sono della polizia. Volevano parlare con qualcuno», disse la donna che li aveva accolti alla porta. «Lucas Davenport», concluse la donna, chiudendo il taccuino e rivolgendogli un sorrisetto freddo. «Mi scusi...» esclamò Lucas, sorpreso. Si alzò e gli tese la mano. «Sono Ruth Lewis, sono certa che non ricorda, ma sono un'amica di Elle Kruger. Ho fatto parte anch'io del suo gruppo di giochi, forse dieci anni fa, quando lo gestiva Elle. Ho dovuto essere George Pickett a Gettysburg», disse a Lucas che le stringeva la mano piccola e fredda. «Me lo ricordo», ammise Lucas, ed era un ricordo piacevole. Lei aveva imparato alla svelta ed era decisa a vincere. «Continuava a eliminare il generale Buford», soggiunse. «Per quante volte giocassimo, riusciva sempre
a sbarazzarsi di Buford e a raggiungere la cima della collina.» «Proprio così», disse Ruth, strofinandosi le mani. «Il Sud vince la battaglia e forse la guerra.» «Piano scadente», replicò Lucas. «Non è più tornata per Stalingrado.» «Nessuno mi ha invitata», rispose. «Ho pensato che fosse perché continuavo a pasticciare il primo.» «No, no, no», esclamò Lucas. «Lei è stata invitata, ma non è venuta.» «Ha visto Elle?» «Proprio due giorni fa...» Chiacchierarono per alcuni minuti, lei aveva conosciuto Lucas quando era poliziotto a Minneapolis e lui le parlò del suo trasferimento all'agenzia di stato. Lucas aveva saputo che lei era una suora e lei gli raccontò di essere uscita dalla congregazione religiosa. «Ho commesso l'errore di andare in Terra Santa», spiegò Ruth. «Ho visto che il mare di Galilea era un grosso e sporco lago e che il Monte degli Olivi era un quartiere. Gesù non sembrava più divino, ma reale, un altro di quegli uomini di cui è zeppo il Vecchio Testamento. Nel profondo del mio cuore non credevo più, in Gesù, voglio dire.» «E così se ne è andata?» «Sì. Sono entrata nelle opere pie cattoliche. Ho avuto un amico, anche se non è durata a lungo. Credo gli piacesse semplicemente l'idea di andare a letto con una ex suora.» «Certa gente», commentò imbarazzato. Lei sorrise, perdonandogli la sua virilità. «Lei è qui per indagare sui linciaggi.» «Omicidi», ribadì Lucas frettolosamente. «Non proprio, sappiamo chi ha compiuto quegli...» «L'uomo di Rochester. Ne ho sentito parlare, lui e la moglie. Difficile a credersi.» «Già. Ora stiamo cercando di capire che li ha uccisi. Ci è stato detto che a volte guadagnate qualcosa guidando le auto per Gene Calb. Dato che anche Deon Cash lavorava per lui come autista, abbiamo pensato che forse lo conoscevate.» Lei annuì. «Lo conoscevo, ed era un uomo malvagio. Veramente malvagio. Gene l'avrebbe licenziato, perché riteneva che Deon assumesse droghe, e lo preoccupavano le questioni assicurative. Che sarebbe successo se Deon, mentre gli faceva da autista, provocava un incidente, guidando sotto
l'effetto delle droghe? Gene temeva sempre di venire citato per qualcosa.» «E così tutti sapevano della droga?» «Alcuni di noi, almeno», rispose lei. «C'era qui un donna, Jeannette Raskin, che aveva lavorato per i servizi sociali luterani giù a Minneapolis e che se ne intendeva di droghe, ci aveva detto di avere visto una volta nella sua auto una pipa per il crack. Io non saprei neppure dire che aspetto hanno, ma questo è ciò che ci aveva riferito. Ho il suo numero di telefono se le dovesse servire. È tornata alle Cities.» «Conosco Jeannette», interloquì Del. «La conosci anche tu. Gestiva il Love Bug, quella struttura per tossicomani», disse a Lucas. «Ah, sì», ricordò Lucas. «Deve sapere molto sulle droghe.» «Come mai guidate per Calb?» domandò Del. Ruth si strinse nelle spalle. «Soldi in più. Quattro soldi. Soldi facili. Noi seguiamo l'auto delle consegne nella mia Corolla. Cinquanta centesimi ogni chilometro e mezzo, circa, per cui riceviamo cinquanta dollari per un viaggio di andata e ritorno di centosessanta chilometri, cosa che possiamo fare con undici litri di benzina. Non abbiamo molti soldi.» «Lo facevate spesso?» «Un paio di volte alla settimana», rispose Ruth. «Calb è un uomo retto?» domandò Lucas. «Sì. E un brav'uomo, in uno stile... alla carrozziere», rispose lei, incrociando il suo sguardo. Aveva occhi azzurri slavati, come la luna che si può vedere alla luce del sole. «A volte sua moglie ci dà una mano, per esempio quando andiamo a visitare un vecchio, gente costretta in casa.» «Lei non pensa che... se Cash e la Warr fossero stati implicati in un rapimento, non crede che anche Calb lo sarebbe stato?» «Mio Dio, no. Voglio dire, quella bambina... è morta, immagino.» Lucas e Del annuirono. Ruth continuò. «Gene avrebbe voluto dei figli, ma lui e sua moglie non potevano averne. Hanno tenuto almeno sei bambini in affido. Impossibile che abbia anche solo fatto del male a un bambino.» «D'accordo», accettò Lucas. «Ma Deon Cash avrebbe potuto farlo.» «Deon... Deon era pazzo. Non lo conoscevo molto bene, ma non era necessario. Una volta l'ho visto prendere a calci una porta per due minuti, perché non si apriva bene. Si era veramente infuriato con quella porta.» Distolse da loro lo sguardo per un minuto, ripensando a quell'evento, poi li fissò di nuovo e annuì. «Lui avrebbe potuto uccidere dei bambini.» «Che mi dice del suo amico, Joe?»
«Lo conoscevo appena, ma sembrava camminasse sempre dietro Deon. Credo che Deon gli facesse una certa impressione. Faceva impressione anche a Jane, a lei piaceva che fosse violento. Come se ciò le conferisse uno status particolare.» Distolse di nuovo lo sguardo, riflettendo, poi lo riportò su di loro. «È una cosa che notiamo spesso, a dire la verità. Donne che assumono una posizione grazie alla violenza dei loro uomini.» «Un senso di protezione, se si vive nei bassifondi», osservò Lucas. Lei scrollò la testa. «Non solo nei bassifondi. Ogni genere di donna. Anche le suore.» Sorrise leggermente e Del esclamò, rivolto a Lucas. «Uau!» «Mi dica qualcosa di utile. Una cosa che mi indichi una via. Qualcosa che lei sa, nascosta nella sua mente, su Deon.» «Ci ho riflettuto a lungo, da quando hanno trovato Jane e Deon», ammise. «Continuo a pensarci. Deon veniva dalla grande città, da Kansas City. Come Jane. Odiavano vivere qui. Non credo conoscessero qualcuno, tranne un paio di meccanici di Calb. Eppure restavano qui, per cui doveva esserci un motivo. Qualcosa che non potevano fare a Kansas City. Forse spacciavano droga, forse si trattava del rapimento. Qualsiasi cosa fosse, avveniva quassù.» «Grazie», si congedò Lucas. «Sorella Ruth assume droghe», affermò Del una volta usciti. «Davvero?» «Ne ho sentito l'odore su di lei. Leggero. Marijuana, non fumo.» «Cioccolatini?» «Forse.» Del si guardò in giro: un paesaggio bianco su bianco, la loro automobile solitaria in un parcheggio vuoto e spazzato dalla neve davanti al vuoto edificio giallo dall'altra parte della strada. «Non posso biasimarla. È come... o è la droga o la televisione. Qui non c'è altro.» «Chiederò informazioni su di lei a Elle», disse Lucas. «Non sono sicuro che la suora sia stata del tutto sincera con noi.» «Che cosa non ho afferrato?» Lucas scosse la testa. «Forse niente. Ho contato otto brande là dentro e le stanze parevano quasi tutte abitate. Questa è un'operazione ragguardevole. Che possono significare per loro un centinaio di dollari alla settimana? Voglio dire, se ciascuna di loro lavorasse ogni sera in un negozio Holiday, guadagnerebbero tre o quattro volte di più. Se hanno così tanto bisogno di soldi...»
«Forse è soltanto un metodo facile, saltuario. Soldi extra. Da prendere se hanno qualcuno, da farne a meno se non hanno nessuno. Non legati a una tabella fissa.» «Può essere», concordò Lucas. «Pareva avesse imparato a memoria cosa dire, potrebbe averci aspettati.» Guardò l'orologio e vide una macchia di pelle bianca dove avrebbe dovuto trovarsi il quadrante. Si rese conto che senza l'orologio sarebbe impazzito. «Il bar è chiuso. Andiamo a vedere se è aperto il caffè e poi la drogheria.» «Ti fa sentire impotente», disse Del. «Questo bussare a porte nel nulla.» Mentre si recavano al caffè, il cellulare di Lucas squillò e, quando lui rispose, una voce disse. «Sono Deke Harrison. Parlo con Davenport?» «Sì, sono io. Come stai, Deke?» «Interrotto. Ero a metà di un panino con formaggio al pepe e acciughe e tu sai cosa vuole dire essere interrotti a metà di un simile panino.» «E così sei...» «A metà panino quando qualcuno ha telefonato a nome di qualcun altro che aveva ricevuto una telefonata da Mark Johnson che diceva che volevi che qualcuno garantisse per lui.» «Garantisci tu per lui?» «Già. È un bravo ragazzo, sa cosa fa. Si occupa delle sue fonti.» «Allora parlerò con lui.» «Ottimo. Se mai dovessi essere in lizza per diventare governatore dello stato campagnolo in cui vivi - il Minnesota? - ricorda che il Tribune ti darà una mano.» «Una manata.» «Mi hai rubato la battuta», lo canzonò Harrison. «Già, lo so. Era proprio originale. Torna al tuo panino.» Sandy Wolf, che gestiva il caffè, raccontò loro che a Deon piaceva la torta ripiena di crema di noce di cocco e che Jane Warr era allergica ai conservanti. Disse di non averli mai sentiti discutere. Ogni volta che uscivano dal locale insieme, raccontò, la Warr oltrepassava la porta per prima e Cash allungava la mano e le pizzicava il sedere. La Wolf sapeva anche che a Cash piaceva la pallacanestro e che era un tifoso dei Los Angeles Lakers e che non gli interessava il football e che odiava particolarmente i Green Bay Packers e i Minnesota Vikings. Una volta aveva sintonizzato il televisore su una partita dei Vikings e Cash le aveva chiesto di spegnerla.
«Aveva un'espressione talmente cattiva, che ho subito spento», ammise. Il negozio famigliare annesso alla pompa di benzina era gestito da John McGuire e da sua sorella, Shelly. McGuire era un tipo smilzo che si poteva facilmente prendere per un agricoltore; sua sorella, altrettanto magra, ricordò a Lucas un fenomeno del biliardo, che aveva conosciuto a Minneapolis, diventato poi un esclusivista di successo nella pulizia dei tappeti. Entrambi conoscevano Cash che, oltre a essere un tossicomane, era anche un patito dei dolcetti di Halloween e che, per l'ultima festa, ne aveva acquistati una cinquantina, tutti quelli che aveva in negozio. Avevano conosciuto anche Joe Kelly e dissero che a loro era parso timido. Ogni sera, quando la sua auto era parcheggiata nel cortile di Cash, Kelly entrava e comperava una confezione da dodici di Budweiser. «Pensiamo avesse problemi d'alcolismo», li informò Shelly McGuire. «Avrei dovuto offrirmi di portarlo a una riunione degli Alcolisti Anonimi», continuò McGuire, «ma non ero sicuro che fosse lui a bere e non sono mai riuscito a farlo parlare. E ho pensato, capite, che essendo di colore... be' che forse la gente di colore può bere più dei bianchi.» Il bar era chiuso. La casa dei cani nella stradina di campagna era prefabbricata, costruita in fabbrica e trasportata sul posto, dove era stata rimessa insieme su una soletta colata in anticipo. Il rivestimento esterno pareva di latta. Del bussò e un uomo in canottiera si affacciò alla porta, mentre i cani impazzivano in una stanza sul retro. Lucas, senza guardare, sentì Del aprire la fondina della sua Smith. «Eh?» disse l'uomo e si appoggiò alla porta. Lucas fiutò l'odore di salsa di pomodori e cacca di cane nell'aria surriscaldata che fluiva dall'interno. L'uomo aveva una bandiera americana tatuata su una spalla e, sull'altra, un teschio con gli occhi trafitti da una spada e la scritta MORTE DALL'ALTO. «Siamo del Bureau of Criminal Apprehension. Stiamo facendo indagini su una serie di crimini...» «Avete una tessera di riconoscimento?» «Dick, chi è?» gridò una voce di donna dalla casa. Lucas gli mostrò il documento di identificazione, Dick lo guardò di sfuggita. «Sono poliziotti, vogliono sapere di Cash», gridò uscendo in veranda. «Che posso fare per voi?»
«Non vorrei prendesse freddo», disse Lucas. Gli sarebbe piaciuto dare un'occhiata dentro casa. «Sto bene», ribatté l'uomo, anche se le braccia stavano diventando rosse. «Non sento il freddo.» «Sappiamo che lavora nell'officina di Calb e siamo alla ricerca di informazioni...» L'uomo si chiamava Richard Block e la donna in casa era la sua ragazza, Elsie. Lui preparava i fuoristrada per la verniciatura. «Non avevo niente a che fare con gli autisti», spiegò. «Ero sempre in fondo, nel settore della carteggiatura; non faccio parte della direzione. Non credo di avere parlato con Cash più di una volta in vita mia. Non ho mai incontrato la sua donna, le avrò solo fatto un cenno di saluto nell'officina. Non è mai venuta al bar. Ho parlato con Joe, una o due volte. Gli interessava il lavoro preparatorio, voleva verniciare la sua auto. Comunque, non so nulla neppure di lui.» Gli porsero un paio di domande, cercando qualche spunto, ma non trovarono altro che sincera ignoranza. «Ha mai conosciuto una delle suore, o quello che sono, là nella chiesa?» domandò Del. «Mai viste, tranne che nel caffè o forse nell'officina, dove le chiamano le lesbiche», rispose. «Credevo facessero da autiste per Calb» argomentò Lucas. «Per quello che ne so io, no», rispose Block, distogliendo, momentaneamente, gli occhi. Stava mentendo. «Chiedete a Gene dei suoi dipendenti. Voglio dire, io non faccio parte della direzione e non voglio fare incavolare nessuno. Vorrei conservare quel lavoro.» Non aveva altro da dire, tranne che sperava di metter su un canile e allevare pit bull. «Bei tatuaggi», commentò Del, mentre indietreggiavano dalla porta. L'uomo lanciò un'occhiata al tatuaggio con il pugnale e per la prima volta accennò un sorriso. «A volte vorrei avere tatuato la parola MAMMA. Ma ero nell'esercito e solo quelli della marina possono tatuarsi la parola MAMMA.» L'uomo rientrò in casa indietreggiando e chiuse la porta. «Perché dovrebbe mentire sulle suore?» chiese Del, mentre si allontanavano. «Fino a quel momento si era comportato bene.» «Non lo so», rispose Lucas. «Facciamo altri tentativi.»
Attorno al paese c'erano alcune case su ruote. Una era circondata da un manto di neve vergine, evidentemente non ci abitava nessuno. Delle altre, tre erano abitate, ma nessuno era in casa. Nelle ultime due parlarono con uomini che lavoravano per Calb, ma che non sapevano cosa pensare degli omicidi. «Ce ne stiamo qui con la pistola in mano, se vuole sapere la verità», ammise uno dei due, uno che puzzava di birra. Si tese verso un tavolo, raccolse un grosso revolver e lo agitò verso il soffitto. «Sfido quel figlio di buona donna a venire qui. Se ne tornerà a casa con un chilo di carne in meno». «Guardi bene a chi sta sparando», gli intimò Lucas. «Non so, credo che la gente si spaventi di più quando pensa che tu sia pazzo e ubriaco. Allora sta attenta a non sfotterti», commentò l'uomo sorridendo come un mezzo matto. «Su questo potrebbe avere ragione», osservò Lucas. Mentre se ne andavano, guardò il segno di pelle bianca sul polso. «Andiamo a prendere Letty.» Letty li aspettava alla discarica, una piccola figura in abiti scuri, che prendeva a calci un mucchio di immondizie. Era concentrata su qualcosa e non li vide avvicinarsi. Lucas scese dall'auto. «Ehi, Letty», la chiamò. Lei si voltò, fece un cenno con la mano, scivolò giù dal mucchio di immondizie e attraversò lo strato di terra tra il bordo del mucchio di pattume e il cancello. Giunta al cancello, gli passò il fucile calibro 22 e il sacco di juta vuoto, quindi si arrampicò sul cancello. Quando si lasciò cadere accanto a lui, Lucas sentì una zaffata di spazzatura. «Dovresti tenerti alla larga dal pattume», osservò. «Non sai cosa potrebbe contenere.» «Nessuno sa cosa potrebbe esserci là in mezzo», replicò Letty. «Phil trova un sacco di cose utili là dentro.» «Chi è Phil?» «Guida il Caterpillar», rispose la ragazzina, indicando il bulldozer. «Recupera un computer funzionante alla settimana.» «Non servirebbe un granché se ti beccassi qualche strana malattia», ribatté Lucas. «Dovresti farti una doccia appena arrivi a casa.» «L'acqua distrugge il cancro?» «Puzzi anche», replicò Lucas. «Davvero? Ne varrebbe la pena, di puzzare intendo, se riuscissi a trovare un buon computer là in mezzo. Il mio è più malandato di questa schifez-
za.» Disse quelle ultime parole mentre stavano salendo sull'Acura. «Se il tuo fucile è una schifezza, perché non ne prendi un altro?» domandò Del. «Perché costano un sacco e questo funziona», rispose lei. «Voglio dire, è una schifezza, ma è ciò di cui ho bisogno. Il computer... quello è solo una schifezza.» Uscirono a marcia indietro. «Sapete cosa farei, se fossi un poliziotto? Direi a quello della discarica di consegnare tutti i computer che trova. La maggior parte funziona ancora, sono solo vecchi. Quando la gente li butta via, lascia dentro la corrispondenza e tutto il resto. Phil scopre cose fantastiche sulle persone, frugando nei computer. È il suo hobby. Una volta ha scoperto, ah...» Letty avvampò improvvisamente e chiuse la bocca. «Cosa?» domandò Lucas. «Non importa.» Entrambi la fissarono. «Devo recuperare il mio vecchio computer», disse Del. 14 Singleton non ricordava di essersi mai sentito così: incapace di respirare, incapace di pensare. Era uscito dalla discarica, aveva percorso il viale di ghiaia e aveva imboccato l'autostrada senza fermarsi allo stop. Era ormai diretto verso sud, quando si rese conto di avere commesso quell'infrazione. Sarebbe potuto morire a quello stop, pensò, se in quel momento fosse passato un camion della Molson proveniente dal Canada. Maledetta Letty West. Era sempre da quelle parti, a cacciare con le trappole quei fottuti procioni. Era sicuro che non era là quando aveva sepolto le bambine. Però non aveva controllato. Provava la stessa sensazione di disagio che lo sommergeva quando era sicuro di avere staccato il ferro da stiro prima di uscire dalla città o quando era convinto di avere chiuso a chiave le porte prima di andare a letto... Era sicuro, ma non era sicuro. Sapeva che la ragazzina andava spesso in quella zona, perché l'aveva vista camminare lungo l'autostrada di sera con la sacca e il fucile. Se lei l'avesse visto trasportare quei sacchi della spazzatura con i corpi delle ragazze, avrebbe pensato che stava gettando via immondizie. Anche se non era legale, la gente lo faceva, si liberava sempre, dopo essere andata a caccia e a pesca, delle viscere dei pesci o dei resti di un cervo.
Ciononostante la ragazzina non aveva fatto che girare per la città con i due poliziotti statali e, a quanto pareva, li aveva aiutati a intuire in modo incredibilmente rapido che i Sorrell erano implicati nell'impiccagione di Deon Cash e Jane Warr. E ora li aveva portati alla discarica. Sapeva forse qualcosa? Quei due poliziotti lo stavano cercando? Forse non avrebbe dovuto allontanarsi tanto velocemente, forse avrebbe dovuto fermarsi e parlare con loro. Avrebbe potuto dire che la discarica faceva parte del suo giro di controllo. Se però avessero iniziato a fargli delle domande, che avrebbe potuto rispondere? Non era ancora pronto per quelle. Poi: se i poliziotti l'avevano già preso in considerazione, come mai non ne aveva avuto sentore al lavoro? Non vi erano state occhiate curiose, nessuna velata domanda. Era possibile che i poliziotti di stato tenessero tanto segreta quella loro idea, da non metterne al corrente neppure lo sceriffo? O, altra ipotesi, avevano scoperto che lui bazzicava l'officina di Calb e, investigando su di lui, avevano parlato con Letty e lei aveva accennato al fatto di averlo visto trascinare dei sacchi alla discarica. Naturalmente, collegarlo a Calb non li avrebbe portati a Deon e Jane, dato che aveva tenuto segreto quel rapporto. Pensa. D'accordo, c'è un'altra possibilità: era tutta una coincidenza. Lei stava mettendo le sue trappole ed erano stati i poliziotti a portarla là. Ma perché mai avrebbero dovuto farlo? Non erano un servizio taxi. Pensa. Meglio parlare con mamma. La giornata era iniziata bene. Aveva dormito a lungo dopo un'intensa serata con Katina Lewis, si era alzato, si era vestito ed era andato in ufficio per vedere se c'era qualcosa di nuovo sugli omicidi dei Sorrell. Al centro comunicazioni aveva trovato Micky James. «I ragazzi di stato sono tornati», l'aveva informato. «Sono stati convocati anche per seguire gli omicidi Sorrell. Dovrebbero essere a Broderick. Che diavolo pensi stia succedendo?» «Spaccio di droga al casinò, secondo me», aveva risposto Singleton. «Deve essere tutto collegato.» A casa, aveva deciso che ficcanasare sarebbe stato più pericoloso che non fare niente, e i suoi pensieri erano tornati alla Caddy nel garage. Avrebbe dovuto smerigliare l'ultima mano e quel tipo di lavoro lo tranquillizzava sempre, come l'auto. Gli dava la possibilità di pensare.
Nel garage, si era reso conto che l'aerografo di cui aveva bisogno per quel tipo di vernice, era ancora nell'officina di Calb. Ciò voleva dire un viaggio a Broderick. Si era recato a Broderick senza alcun pensiero in testa. Entrando in città, aveva visto una SUV argentata uscire dall'officina, imboccare l'autostrada e dirigersi verso nord. Aveva parcheggiato nello spazio appena lasciato dalla SUV e scoperto che l'officina era chiusa. Nulla di strano, era domenica. Aperta la porta scorrevole con il telecomando, era entrato e aveva preso l'aerografo. La 4 x 4 argentata non gli aveva procurato alcun fremito. «Loren?» una voce di donna l'aveva chiamato. Aveva guardato indietro alla sua destra e aveva visto una donna anziana attraversare l'autostrada proveniente dalla chiesa. «Salve», l'aveva salutato la donna. «Hai sentito Katina?» «Non più da ieri sera. Aveva detto che sarebbe tornata qui...» Per un attimo Singleton aveva pensato che la donna gli avrebbe detto che Katina non si trovava più. Se fosse scomparsa, per qualsiasi motivo, lui sarebbe stato rovinato. «Era qui, fino a dieci minuti fa», l'aveva informato la donna che sembrava una caricatura della tipica nonna sul Saturday Evening Post. «Ha cercato di chiamarti, ora sarà giù a casa tua. Ha detto che se tu fossi passato di qui a cercarla, avrei dovuto riferirti che ti avrebbe aspettato.» «Bene.» «Hai parlato con i poliziotti di stato?» «No...» «Erano qui un momento fa. Erano andati in giro per il paese.» «Un gippone argentato?» La donna aveva annuito. «Sì. Li hai mancati per poco.» Erano diretti a nord. Da Letty? Aveva ringraziato la donna quindi, appena lei era rientrata in chiesa, aveva preso la stessa direzione della SUV argentata. Avevano un vantaggio di non più di quindici minuti, aveva pensato. Era uscito lentamente dal paese, cercando l'auto alla casa delle West. Lì non l'aveva vista, anzi, dalle West non c'era nessuna macchina. Potevano, naturalmente, essere ripassati davanti all'officina di Calb mentre lui stava prendendo l'aerografo, ma non aveva sentito né visto passare niente e l'officina era silenziosa. Erano diretti a nord... Poi un pensiero l'aveva colpito. Merda. La discarica. Aveva rigettato
quell'idea. Non poteva trattarsi della discarica. Era uscito dal parcheggio e aveva premuto l'acceleratore. La Cadillac poteva raggiungere i centottanta chilometri all'ora. Aveva dovuto lottare con la strada ondulata e la sospensione morbida, ma aveva continuato a spingere quanto più possibile l'automobile. Quattro minuti dopo aveva raggiunto la strada che portava alla discarica, senza avere visto il gippone argentato. Aveva rallentato, svoltato e imboccato la stradina... non aveva visto niente fino a che non era arrivato all'ingresso. Era entrato. Erano là, sorpresi come daini nella luce dei fari. Tutto il dannato gruppo, in piedi attorno alla SUV. Aveva sollevato una mano, la mente vuota, aveva messo la retromarcia ed era corso via... Quella scena si ripeteva nella mente di Singleton, senza che lui riuscisse a scacciarla. C'erano troppe ipotesi, ma alla fine tutto si riduceva a un problema: non credeva alle coincidenze. I poliziotti si erano trovati là con Letty per un solo motivo. Aveva messo le due ragazze nel centro della discarica sotto lo strato di argilla. Aveva scavato per un metro e venti attraverso il pattume, aveva gettato dentro i corpi, aveva riempito le buche e compattato con cura l'argilla. Anche se ora fosse andato a cercare i corpi, sarebbe stato fortunato se fosse riuscito a trovarsi entro sei metri da loro. Se Letty West si fosse trovata nei boschi e l'avesse visto scavare la buca, non sarebbe mai riuscita indicare il punto esatto ai poliziotti. Eppure: se sapevano che lui era implicato, avrebbero trovato un modo per acciuffarlo. Cristo, sarebbero potuti andare a casa sua. Anzi, quella sarebbe stata la prima cosa che avrebbero fatto. E se avessero trovato i soldi, per lui sarebbe finita. Che altro sapeva Letty? Aveva visto la sua Caddy da Deon? L'aveva sempre parcheggiata sul retro, ma aveva notato la ragazzina camminare lungo il torrente dietro la fattoria. Che avesse visto là la sua auto? Lui era andato spesso da loro. Sapeva che era andato a Las Vegas con James Ramone e poi anche con Deon e Jane? Doveva inventarsi qualche storia. Aveva bisogno di una storia, e che fosse buona. E doveva riflettere su Letty West. Dannazione. Si guardò, colse i suoi occhi nello specchietto retrovisore. Non erano mai stati così. Che fosse per la paura?
Katina era a casa sua, seduta sulla scala sul retro, al buio, un sacchetto marrone vicino alla gamba. Imboccò il vialetto d'accesso e lei si alzò, stringendosi il petto, saltellando su e giù, cercando di scaldarsi. «Dove sei stato?» «In ufficio per un paio d'ore», rispose Singleton. «Ci sono poliziotti dappertutto per questa storia di Deon.» Tirò fuori le chiavi, aprì la porta e lei raccolse il sacchetto e lo seguì dentro casa. Lui si tolse il cappotto, lo appese, si appoggiò alla parete e si sfilò gli stivali. «Qualcosa che non va?» domandò Katina. Lui non balzò proprio in aria, ma si sentì fremere. «Eh?» «Sembri un po' stressato.» «È solo che, ehm, vorrei non dover lavorare tutta la notte», dichiarò. «Nulla di nuovo riguardo Deon? Da Gene?» «Non ho sentito nulla. La polizia vaga per il paese, parlando con la gente. Hanno parlato a lungo con Ruth. Lei non aveva molto da dire.» «Bene. Fai la finta tonta.» «Il Signore protegge gli innocenti», disse lei. «Ho portato un paio di costate senz'osso e della verdura. Ho pensato che potevamo mangiare qui.» «Ottima idea.» Trascorsero un calmo pomeriggio, con Katina che cucinava e Singleton che sfogliava riviste commerciali di automobili. Calb aveva un computer e aveva mostrato a Singleton come entrare in Internet e curiosare tra i siti delle officine che restaurano automobili. Singleton l'aveva fatto, di tanto in tanto, ma preferiva la carta. Si fidava delle riviste, gli piaceva il colore e gli piaceva sdraiarsi sul divano e guardare a lungo le fotografie, pensando a ciò che lui avrebbe fatto con la stessa automobile. Quel pomeriggio, tuttavia, non riuscì a concentrarsi: continuava a pensare alla scena alla discarica, con i due poliziotti e la ragazzina. Alla fine si alzò, andò al telefono in corridoio e chiamò sua madre; nessuna risposta. Probabilmente è al casinò, pensò, ci andava sempre la domenica sera. Le piacevano le slot machine. Da quando aveva tutti quei soldi, era passata alle slot machine che mangiavano dollari. Si sdraiò di nuovo sul divano e si appisolò a tratti, con gli odori dalla cucina che, sempre più buoni, scacciavano dalla sua mente il demonio Letty West. Poi Katina lo chiamò in cucina, dove trovò la tavola apparecchiata con una tovaglia e un paio di candele bianche in due eleganti candelabri di
vetro. «Uau», esclamò. «Ho pensato che ti sarebbe piaciuto», fece lei. Avvampò leggermente, come se tutto quell'allestimento la intimidisse, o forse si trattava del calore del fornello. Come contorno aveva preparato un'insalata con semi bianchi che sembravano semi di girasole, ma non lo erano, e purè di patate. Singleton si accomodò. «Niente male», commentò, «ma hai dimenticato il ketchup», aggiunse alzandosi in piedi. Lei recitò una breve preghiera di ringraziamento, come faceva sempre, poi calò il silenzio, finché a metà pasto chiese: «Hai mai pensato a un figlio?» «Cosa?» Singleton non sapeva esattamente cosa fosse successo durante e dopo la cena. Avevano guardato la televisione e poi erano finiti a letto di nuovo, il che gli andava bene, ma verso le dieci si era alzato per ascoltare il notiziario e per indossare la divisa, e lei se ne era andata, a passo lieve, canticchiando allegramente. Lui guardò le notizie: stavano ancora parlando dei Sorrell e mostrarono anche un breve servizio con Letty West, una vecchia registrazione che vedeva da un paio di giorni. Si appisolò per un po', seduto davanti al televisore nella sua poltrona La-Z-Boy. Quando si svegliò, cercò a tastoni le sigarette, trovò anche la scatola di fiammiferi e strofinò un fiammifero. Nel bagliore del fiammifero, gli venne in mente che uccidere i due Sorrell non era stato difficile. Era andato là e l'aveva fatto, tutto qui. Nulla indicava lui ed era stata eliminata una minaccia. A dire il vero, si rese conto, mentre fissava la fiammella, che gli era piaciuto uccidere i Sorrell. Sua madre non c'entrava, gli era piaciuto e basta. Lì c'era quello stronzo d'un Sorrell, un sacco di grana, grande e furbo, che si aggirava per casa indossando un pigiama in seta, e qui c'era Singleton, con la sua piccola e vecchia madre... Ma chi aveva la pistola, grandissimo stronzo? Chi aveva agito rapidamente? Li abbatté nella sua mente, fece fuoco di nuovo, poi imprecò quando la fiamma gli punse le dita. «Maledizione», esclamò ad alta voce. Prese un altro fiammifero e si accese la sigaretta. Letty West, pensò, agitando il fiammifero per spegnerlo. Lassù nel pieno della notte, tutta sola a parte la madre.
Lucas e Del la lasciarono a casa sua e lei si cambiò d'abito, raggiunse l'autostrada e trovò un passaggio fino ad Armstrong. Non faceva l'autostop alla leggera. Aspettava sempre di riconoscere il veicolo prima di alzare il pollice. In quella parte della contea, ne riconosceva uno su venti e tutti si fermavano per lei. In biblioteca, si sedette davanti a un computer, si collegò a Internet e richiamò Google, immise le parole COME e TV REPORTER, e trovò alcuni strani siti web. Vide entrare tre ragazzi della sua classe, due con felpe dei Vikings e il terzo con una maglia con la scritta SCOUTS, il soprannome del liceo. A Letty piaceva uno dei Vikings. Si sedettero anche loro davanti ai computer, due di fronte a lei, e tutti si misero a navigare in rete. Due ore più tardi, turbata da ciò che aveva letto sui siti, e portando con sé una cinquantina di stampati, si fece riportare a casa da un ottantatreenne ubriaco che aveva trascorso la serata con un'amica e non riusciva a guidare diritto. Lo fece fermare e lui la lasciò guidare. Lo fece poi scendere a casa sua, a metà strada tra Armstrong e Broderick, e gli disse che gli avrebbe riportato il furgone il mattino seguente, quando sarebbe stato sobrio. Mentre attraversava Broderick, si fermò al negozio e comperò una bottiglia di latte e una scatola di cereali. Quando arrivò a casa, la trovò buia. Accese le luci, abbassò il riscaldamento, mangiò una tazza di cereali, poi entrò nella camera da letto della madre per guardarsi allo specchio. Niente male, decise. In verità era molto attraente. Avrebbe dovuto soltanto ammorbidire il viso. Adesso era ancora carina, ma se avesse continuato a corrugare la fronte, avrebbe finito per assomigliare a un coccodrillo. Non ci sapeva assolutamente fare con il makeup, ma per quello poteva affidarsi alle ragazze del salone di bellezza. Avevano un'intera biblioteca di libri e riviste e un sacco di esperienza. Letty non aveva mai speso un centesimo per il trucco. Avrebbe iniziato ora. I siti web avevano sottolineato che il giornalismo non era molto importante, ma che lo erano le capacità. Quello sarebbe stato il suo nuovo compito: stampare qualsiasi cosa avesse trovato sulle scuole di televisione. Poi pensò: scuola. Compiti a casa. Studi di scienze sociali. Salì le scale, trovò il suo libro di testo e cercò le domande cui doveva rispondere. Poi pensò: Non possono prendersela con me, se sto aiutando Lucas e Del... Lasciò cadere il libro, tornò dabbasso, accese il televisore, lo guardò per un po' leggendo gli stampati e andando a rimirarsi allo specchio ogni mezz'ora circa. Quella era una cosa che non faceva mai, eppure non era una
questione di vanità, ma di tecnica. Di capacità. Scoprì che, tenendo vicino all'occhio lo specchietto da borsetta della madre, poteva vedersi di profilo nello specchio sul cassettone. Su un sito aveva letto che bisognava avere un aspetto televisivo. Il sito sosteneva che ogni ospite donna del Today show era stata scelta perché sembrava brava a praticare la fellatio. Aveva annotato il termine fellatio su un pezzetto di carta, aveva sfogliato il New Shorter Oxford English Dictionary alla ricerca del significato di quella parola: «Stimolare con la bocca e la lingua l'organo sessuale maschile». Il suo primo pensiero era stato, Oh, e, un attimo dopo: Ogni organo sessuale? Aveva fatto a pezzettini il foglietto, per timore che uno dei compagni di classe lo vedesse, li aveva gettati nel cestino della carta straccia e cambiato la pagina del dizionario. Stava guardando il David Letterman Show e analizzandone la tecnica, quando dei fari illuminarono il cortile. Un attimo dopo si spensero e lei si avvicinò alla porta d'entrata. Degli stivali risuonarono sordi nel cortile, la porta cigolò ed entrò sua madre. Martha West era solo moderatamente ubriaca, i bar non erano aperti di domenica per cui, come il vecchio del furgone, aveva bevuto in casa di qualcuno. «Ciao, tesoro. Di chi è quel furgone?» «Reese Culver. Aveva bevuto e mi ha chiesto di accompagnarlo a casa. Glielo riporterò domattina.» «Okay. Hai sistemato delle trappole?» «Sì, giù alla discarica.» «Allora faresti meglio ad andare di sopra e a letto. Sono già passate le undici», la rimproverò Martha. Letty avrebbe dovuto alzarsi alle cinque per arrivare in tempo alla discarica. «Hai mangiato qualcosa?» «Fiocchi d'avena», rispose Letty. Si alzò e si stirò. «È rimasto qualcosa, e ho anche comperato una bottiglia di latte.» Martha sbadigliò. «D'accordo. Ora vai a letto.» Letty portò con sé il testo di studi sociali, chiuse la porta della camera da letto, tirò fuori un quaderno dalla cartella, si sdraiò a gambe larghe sul letto e iniziò a rispondere ai quesiti. Se non fossero spuntati Lucas e Del, avrebbe avuto bisogno delle risposte. Inoltre, con il furgone di Reese fuori casa, avrebbe potuto dormire tre quarti d'ora in più al mattino e andare con il furgone alla discarica prima di renderlo.
Il problema con Broderick, pensò Singleton, era la mancanza di strade laterali. Se si voleva andarci, bisognava prendere la Highway 36 o non ci si arrivava. Prese la calibro 380. Avrebbe dovuto liberarsene, pensò, e quel pensiero lo fece star male. L'aveva pagata trecentocinquanta dollari a uno show itinerante di venditori d'armi, i famosi gun shows, a Fargo, e odiava perderla. Aveva funzionato benissimo con i Sorrell. Non le si poteva chiedere di più, non per trecentocinquanta dollari. Alle undici, il cielo coperto dalle solite nuvole, chiamò con il radiotrasmettitore la centrale e avvisò un sonnolento addetto al centralino che avrebbe fatto un rapido giro verso sud, per farsi vedere: lo sceriffo sosteneva che, quando non succedeva nulla, i suoi vicesceriffi dovevano andare in giro per farsi vedere. L'addetto si dichiarò d'accordo e staccò il contatto. Lui si diresse a nord. Quando entrò nella parte sud di Broderick, notò solo poche luci sparse qua e là. Accostò dietro l'officina di Calb e scese, lasciò che il vento lo pungesse per un attimo, rimanendo in ascolto. Accertatosi d'essere solo, si tirò la giacca a vento sulla testa, curvò le spalle e si avviò. Aveva portato con sé una torcia tascabile e l'accendeva e la spegneva rapidamente per farsi strada lungo il retro dell'edificio, oltre la vecchia centrale elettrica, attraverso un terreno vuoto dietro il buio negozio di generi di prima necessità e raggiungere finalmente l'autostrada. Casa West era a circa mezzo chilometro lungo la strada. Non molto distante. Due o tre giri di pista al liceo Custer High. Sarebbe potuto finire in una miniera di carbone, per quello che vedeva. Non passò un solo veicolo in entrambe le direzioni. Gli unici suoni erano il vento, lo strascichio dei suoi piedi sulla strada e il suo respiro. Raggiunta la casa, notò che non era al buio. Della luce filtrava da dietro l'imposta di una finestra al primo piano, e una serie di piccole luci, la spia del televisore, una lampadina per la notte in bagno, una luce verde, forse di un telefono, una piccola fila di luci rosse, forse quelle di un alimentatore, fornivano ai suoi occhi dilatati sufficiente chiarore per spostarsi. Muovendosi lentamente cercò, tastando con i piedi, la stradina che portava nel vialetto d'accesso. Avvicinandosi alla casa, intuì alla sua destra qualcosa di grosso. La jeep di Martha? Troppo grande. Un pickup. Dannazione. Chi c'era? Si spostò dietro il furgone, verificò che non ci fossero movimenti nella casa, quindi puntò rapidamente la torcia contro la parte posteriore del veicolo.
L'aveva riconosciuto. I paraurti ammaccati lì dove il vecchio Reese Culver era solito sbattere, facendo retromarcia. Che diavolo ci faceva qui quel vecchio, con quasi tutte le luci di casa spente? Era girata voce che di tanto in tanto Martha scopasse per soldi, ma nessuno ci aveva mai prestato attenzione. In un paese che aveva bisogno che qualcuno scopasse per soldi, quella voce era più che altro un pio desiderio. Ma Reese Culver? Se quel vecchio spregevole rimaneva lì tutta la notte, era impossibile che non pagasse. Rifletté. Merda. Infilò la mano in tasca, strinse il revolver, lo tirò fuori una volta per accertarsi che non si impigliasse nella tasca, lo rimise dentro e si avviò verso la veranda. Martha West si era appena infilata a letto quando udì bussare alla porta. Pensò fosse Letty, al piano di sopra, finché non sentì bussare di nuovo. Controllò l'ora. Quasi mezzanotte. Chi poteva essere, a quell'ora di notte? Un brivido improvviso le percorse le spalle e pensò: Deon Cash e Jane Warr. Proprio a mezzanotte. Il colpo alla porta risonò una terza volta. Raccolse una logora vestaglia di spugna, se la buttò sulle spalle e, passando per il soggiorno buio, raggiunse la porta d'ingresso. La lampada della veranda era fulminata, per cui accese quella interna e sbirciò fuori dal riquadro in vetro della porta. La prima cosa che vide fu la stella ricamata sulla giacca a vento e poi il volto di Loren Singleton. Nessun fantasma, in ogni caso. Era accaduto qualcosa? Sconcertata, aprì la porta. «Salve...» «Martha, mi spiace disturbarti», esordì Singleton. «So che è tardi, ma in centrale ha chiamato Loretta Grupe, ha detto di essere preoccupata per Reese, aveva bevuto e voleva sapere se era arrivato a casa. Per caso ho visto il suo furgone qui fuori.» «Sì, ecco, lui aveva bevuto e, ehm, Letty si è messa alla guida del suo pickup e lo ha riaccompagnato a casa, e lui le ha detto che poteva portarlo fin qui, per non dover fare la strada a piedi. Sai com'è.» Singleton continuò a guardare oltre le sue spalle, cercando qualcos'altro. A Martha, Singleton non piaceva e spinse la porta di qualche centimetro, pronta per tornare a letto. «Nient'altro?» «Okay. Allora lui è a casa e Letty è a casa e va tutto bene.» «Sì, sta dormendo, va tutto bene.» Lei sorrise, anche se non mostrò il suo miglior sorriso. «Tutto a posto?»
Non aveva senso menar il can per l'aia. Singleton tese il braccio sinistro e spinse la porta che si spalancò facendo balzare all'indietro Martha West. Sbalordita e ora anche spaventata, lo vide estrarre di tasca il revolver e puntarglielo contro. «Di' a Letty di scendere. È in arresto», le intimò. Martha esitò un solo secondo, fissò la canna della pistola e comprese che Letty non era in arresto, che qualcosa di tremendo stava accadendo e che riteneva di sapere cosa fosse. Mimò una rotazione, come se volesse lanciare un grido su per le scale, poi si gettò contro Singleton, evitando la canna del revolver, afferrandogli il braccio, lanciandosi contro il suo corpo, urlando e sputando, artigliandolo; la manica della giacca si strappò e lei vide un po' di pelle, un po' di sangue. Lui reagì e lei si rese conto che si sarebbe liberato. «Letty scappa Letty scappa scappa...» gridò. Singleton la colpì e lei venne catapultata oltre il divanetto e cadde sopra un tavolino in vetro, frantumandolo; continuò a urlare e vide Singleton arrivare, allungare la mano verso di lei e allora comprese, nel minuscolo frammento di tempo che le era rimasto, che lui stava prendendo la mira e non allungando il braccio. «Letty scappa...» gridò. In quella piccola stanza, il rimbombo dell'arma fu assordante, ma il rumore cessò immediatamente. A Singleton non era mai piaciuto quel rumore, quello squittio carico di emotività delle donne e, quando sparò a Martha West in fronte e lo squittio cessò, la sua prima sensazione fu di un improvviso sollievo, poi pensò a Letty, e lanciò uno sguardo alla porta aperta al primo piano. Martha aveva gridato rivolta verso la scala... si diresse da quella parte, salendo i gradini a due a due. Letty aveva terminato l'ultimo dei problemi di scienza sociale e stava preparando la cartella, quando aveva sentito bussare alla porta d'ingresso. Dalla sua camera non poteva vedere il cortile sul davanti, per cui si era fermata, in ascolto. Era sua madre? Aveva udito bussare una seconda volta e aveva fatto un passo verso la porta quando aveva sentito i passi di sua madre che si allontanavano dalla stanza da letto al pianterreno. Aveva continuato ad ascoltare, aveva sentito la voce della madre e un borbottio maschile. Forse erano Lucas e Del con qualche notizia importante? Ma poi le voci erano salite di tono. «Letty scappa», aveva gridato sua madre e Letty si era girata, aveva attraversato la stanza, preso il fucile, scarico perché la madre le aveva fatto giurare di tenerlo scarico, aveva cercato nella tasca del parka una scatola di cartucce e poi aveva sentito un fragore
di vetri rotti e un altro «Letty scappa»: aveva caricato il fucile e in quel momento c'era stata una tremenda esplosione e i suoni della lotta erano cessati... Troppo tardi. Si guardò in giro ansiosamente, ruotò la serratura, afferrò la sedia con le gambe in acciaio che era in fondo al letto e senza pensarci la lanciò attraverso la finestra a est. Era una doppia finestra, una normale e una contro i temporali, ma la sedia era pesante e le attraversò entrambe. Passi che correvano su per la scala, come in un film dell'orrore, e Letty gettò il parka sopra il davanzale per proteggersi dai vetri rotti e, tenendo sempre stretto il fucile, saltò dalla finestra. Si tenne aggrappata alla giacca con la mano sinistra e cadde, tirandosela dietro; la giacca rimase impigliata nei vetri e forse anche a un chiodo, la trattenne per un secondo, poi precipitò. Atterrò malamente su un mucchio d'erba, sentì la caviglia storcersi, fece due passi zoppicando con la caviglia in fiamme, afferrò il parka, vide una figura alla finestra e si mise a correre e un'esplosione di luce e rumore, come se fosse caduto un fulmine, le sferzò i capelli e lei continuò a scappare zoppicando e ci fu un'altra detonazione che le bruciò il fianco e poi era dietro l'angolo della casa, al buio. Sono ferita, pensò. Si toccò il fianco e si rese conto di sanguinare sotto il braccio, e la caviglia le faceva un male boia e c'era qualcosa che non andava alla mano sinistra. Continuò ad allontanarsi saltellando e zoppicando. Freddo, pensò. Bloccò il fucile tra le gambe e s'infilò il parka. Non aveva né cappello né manopole, ma si tirò il cappuccio sulla testa e cominciò a correre quanto più poteva con la mano destra che non funzionava come doveva... Era a soli cento metri dalla casa quando si accorse di non essere sola nel cortile. Ci fu un lampo di luce e poi sentì un movimento, uno scricchiolio sulla neve. Lui la stava inseguendo, chiunque fosse. Pallottole. Mentre continuava a fuggire zoppicando, infilò la mano nella tasca della giacca e trovò un proiettile calibro 22, ma la mano non andava e lo fece cadere. L'aveva perso. Ne tirò fuori un altro con la destra, caricò il fucile. Uno sprazzo di luce, poi l'uomo gridò: «Letty. Tanto vale che ti fermi. Ti vedo». Stronzate. A stento poteva dire dove si trovasse l'uomo, e lui aveva la casa parzialmente illuminata alle spalle. Lei si stava muovendo alla stessa velocità dell'uomo, perché lui faceva fatica a seguire le sue impronte nell'erba che spuntava tra la neve e dietro di lei non c'era altro che buio. Se
continuava ad avvicinarsi, pensò... Doveva fare qualcosa, non sapeva quanto gravemente fosse ferita. Doveva trovare un posto dove andare. La sagoma dell'uomo appariva ora nitida ora sfocata e lei ricordò qualcosa che Bud, il suo amico trapper, le aveva detto sulla caccia con l'arco ai cervi. Se un cervo si stava muovendo troppo rapidamente per essere sicuri di prenderlo, si doveva fischiare e grugnire e l'animale si sarebbe fermato per ascoltare. In quel momento si poteva scoccare la freccia. Si girò, intuì dove fosse l'uomo e spianò il fucile. «Chi sei?» gridò. Lui si fermò come un cervo e lei sparò. Singleton era corso su per le scale. In cima si era guardato intorno, aveva sentito il fragore di vetri rotti, aveva guardato giù, pensando si trattasse di Martha West e, un istante dopo, aveva capito che doveva essere stata Letty, perché Martha era decisamente morta. Aveva individuato la porta dalla luce che filtrava e si era avvicinato. «Letty?» aveva chiesto. Aveva provato a girare la maniglia. Chiusa. Un calcio e si era piegata, senza rompersi. Un secondo, un vero calcio da poliziotto, e la porta si era spalancata. Letty era scomparsa. Finestra rotta, un movimento, la giacca che usciva. Aveva messo un piede sul bloc-notes e per poco non era caduto, aveva ripreso l'equilibrio, era corso alla finestra e aveva visto una figura scura, che zoppicava lungo il fianco della casa. Aveva sparato un colpo, l'aveva mancata e, accecato dal lampo uscito dalla bocca della sua pistola, ne aveva sparato un altro e poi non era più riuscito a vederla. Pensa. Lei era là fuori. Sola. Forse ferita. In quella zona di campagna non c'era nessun altro, poteva spararle con un mitra e nessuno l'avrebbe sentito. Era corso giù per le scale, rendendosi conto che gli bruciava il braccio. L'aveva esaminato rapidamente, mentre attraversava il soggiorno e usciva in veranda: sangue. Poi si era trovato dietro la casa e, sotto una finestra, aveva preso la torcia, l'aveva accesa e aveva iniziato a inseguirla. Sul retro della casa aveva notato del sangue, forse l'aveva colpita, forse si era tagliata da sola saltando dalla finestra... «Letty, posso vederti. Tanto vale che ti fermi», le aveva intimato dopo averla inseguita per un minuto. «Chi sei?» gli aveva chiesto lei. Lui si era fermato, cercando di mettere a fuoco in quella direzione. Il buio era fitto come carbone. Poi uno scoppio, il lampo di una bocca di fucile, e aveva sentito un acuto
colpo sul petto e involontariamente si era seduto. La sentì rimettersi a correre, ma non ci fece caso: mi ha colpito, pensò. Mi ha colpito. Mi ha colpito. Non riusciva a crederci. Era stato colpito. Aveva sparato e aveva sbagliato mira, gli avevano sparato e l'avevano beccato. Si mise quasi a ridacchiare. A questo si doveva riparare. Strisciò verso la casa, si mise in piedi, vacillando, entrò e si esaminò il petto. Niente: ma faceva un male cane. Dopo un attimo scoprì una fossettina nella stoffa del parka. Un foro, pensò, meravigliato. Aprì la chiusura lampo del parka, trovò un cerchietto di sangue sulla camicia della divisa. Aprì la camicia, trovò un cerchio più grande sulla canottiera. La tirò su e trovò un foro nel petto, appena sopra il capezzolo di sinistra. La pelle cominciava già a illividirsi, e, quando la toccò, il dolore si diffuse in tutto il petto. Merda. Era ferito. Però non gli faceva male quanto il braccio. Provò a respirare. Nessun problema. Poi ricordò un particolare. Lei aveva gridato: «Chi sei?» Davvero non lo sapeva? Quando avrebbe visto la sua faccia? Cominciò a scorgere delle possibilità, forse poteva ancora cavarsela. Ma poi pensò, DNA. Dannato DNA. Martha West l'aveva graffiato, avrebbero trovato il suo sangue... Letty aveva sparato, poi si era scostata, barcollando, dal punto in cui c'era stato il lampo, consapevole che avrebbe potuto rivelare dove si trovava. L'uomo aveva ripreso a camminare sulla neve, e lei aveva trovato un altro proiettile con la mano sana, che è successo alla sinistra? Proprio non funziona, e aveva cercato di infilarlo nel fucile. L'aveva fatto cadere, ne aveva trovato un altro, era riuscita a infilarlo, si era fermata ad ascoltare. Niente. Dov'era? Aveva cominciato a provare la raccapricciante sensazione che fosse proprio accanto a lei, respirando silenziosamente, e lei si era lasciata cadere sulle ginocchia, rannicchiandosi nei cardi russi secchi lungo il West Ditch. Aveva atteso. Dov'era... Passarono due minuti, anche se sembrarono un'eternità. Un altro minuto? Dov'era quell'uomo? Che era successo alla mamma? Le venne quasi da vomitare, perché pensava di sapere cosa fosse successo a sua madre. Eppure mamma aveva lottato con quel tipo quel tanto che le era stato necessario per saltare dalla finestra... Luce. Che era? Altra luce, un sacco di luce... La casa stava bruciando. Si sentì attratta verso la luce, c'era forse qual-
cosa che poteva fare o il pistolero la stava semplicemente attirando lì? Spaventata, indietreggiò ancora di più nel buio, sempre più indietro, mentre le fiamme s'ingigantivano. Quando arrivò il primo camion dei pompieri, venti minuti dopo, il fuoco era alto cinque piani e si alzava nella notte come un vulcano. 15 Lucas aveva rubato una vecchia copia di Fortune dalla hall del motel e ora era sdraiato a letto e leggeva un articolo su come avrebbe potuto andare in pensione ricco, quando squillò il telefono. Del? Era l'impiegata del centro comunicazioni della centrale di polizia. «Signor Davenport? Sono Susan Conrad dall'ufficio dello sceriffo. Abbiamo appena inviato i nostri vigili del fuoco a casa West. Chi ci ha chiamati ha detto che tutta la casa stava bruciando all'impazzata. Ho pensato che avrebbe voluto saperlo.» «Mio Dio. Grazie.» Lucas sbatté il ricevitore nella forcella e corse a piedi nudi e in mutande fuori della porta, raggiunse quella di Del e iniziò a bussare violentemente. «Alzati. Del. Alzati.» Senza aspettare risposta, tornò di corsa nella sua stanza, lasciò la porta aperta e s'infilò i jeans. Era rimasto in corridoio per non più di dieci secondi e aveva freddo, solo Dio sapeva che temperatura c'era. Si stava infilando la camicia quando Del entrò incespicando nella camera, tirandosi su i jeans, indossando ancora la giacca del pigiama. «Casa West sta bruciando. I pompieri sono già per strada», spiattellò Lucas. Del scomparve. Lucas s'infilò calze e scarpe mentre, in lontananza, sentiva la sirena che chiamava a raccolta i vigili del fuoco e il rombo del camion che passava. Vestitosi, Lucas prese chiavi, portafogli, cappotto e guanti e corse alla jeep, salì, vide Del corrergli incontro, gli aprì la portiera del passeggero e partirono. Del aveva ancora in braccio camicia, giacca e stivali e si vestì mentre si dirigevano verso l'autostrada. «Nessuna coincidenza», borbottò. «Siamo stati dappertutto con quella ragazzina, è come se avessimo portato in giro un'esca. Non ci avevo proprio pensato», ammise Lucas. Erano forse tre, quattro chilometri dietro il camion dei pompieri quando raggiunsero la Highway 36 ma, una volta superata l'ultima casa della città, Lucas
spinse l'acceleratore fino in fondo e lo tenne in quella posizione. Due minuti dopo lesse sul display che la temperatura esterna aveva raggiunto i venticinque gradi sotto zero. Dopo un altro minuto videro un bagliore a nord che ardeva debolmente sopra le luci rosse più vicine dei vigili del fuoco. «Mio Dio, non può essere quello», esclamò Del. «Siamo troppo lontani.» «Deve esserlo», replicò Lucas. «A meno che l'informazione non fosse sbagliata.» Si stavano avvicinando rapidamente al camion dei vigili del fuoco con soccorritore di prima assistenza, ma lo raggiunsero solo alle porte di Broderick. Ormai avevano capito che i rapporti erano stati precisi: l'incendio era a nord di Broderick ed era enorme e là non c'era nient'altro. Lucas, temendo che qualche abitante potesse trovarsi sull'autostrada, al buio, a guardare il fuoco, lasciò che il camion li guidasse attraverso la cittadina. Quando il camion si fermò davanti alla casa, Lucas continuò e svoltò in West Ditch Road. Anche da lì, dall'altra parte del fossato, il caldo era atroce. «Se là dentro c'era qualcuno, è morto di sicuro», osservò Del. Uno dei pompieri saltò giù dal camion, scivolò giù lungo l'argine del canale e cominciò a colpire con un'enorme ascia il ghiaccio sul fondo. Mentre era intento a questo compito, un altro stava srotolando un tubo, quindi, raggiunta una lunghezza adeguata, lo fece scivolare giù per l'argine e l'uomo con l'ascia lo trascinò nel foro e lo infilò sotto il ghiaccio. Un minuto dopo, un sottile fiotto d'acqua s'abbatté sulla casa, ma era evidente che non sarebbe servito a nulla, era come pisciare su un cannello per saldatura. Il fuoco stava divorando ogni cosa. Ora le luci erano aumentate. Erano giunte sul posto anche le auto della polizia e altri due camion dei vigili del fuoco. Poi: «Lucas». Una voce acuta e stridula, debole, che avrebbe potuto essere il sibilo di un travetto nel fuoco. Lucas corse verso quel suono lungo il sentiero ghiaioso. «Letty? Letty?» chiamò. «Da questa parte. Qui.» Riuscì a vedere il mezzo ovale del volto pallido dall'altra parte del fossato, metà faccia illuminata dal fuoco. «Sono ferita.» «Resisti», le gridò. «Non da quella parte», urlò Del, mentre Lucas si lanciava giù per il ripido argine, scivolando, riusciva ad arrampicarsi fino a metà dell'argine opposto, scivolava indietro, ci riprovava, scivolava di nuovo, faceva di corsa dieci metri fin dove notò delle erbe ancora ben radicate nell'argine e finalmente arrivava in cima. Del era corso all'estremità
del canale e si stava dirigendo verso di lui. «Letty?» Non la vedeva più. «Mi sono fatta molto male, e credo che mamma... che mamma sia là dentro. È venuto qualcuno e le ha sparato.» Cominciò a singhiozzare e Lucas le si avvicinò, si chinò per prenderla in braccio, ma lei si ritrasse e disse. «Mi fa molto male la mano e mi brucia il fianco, credo che mi abbia colpita e forse ho rotto la caviglia...» «Oh, Gesù.» Era arrivato Del e Lucas si tolse il cappotto e spiegò: «Facciamo una fascia ad armacollo, solo... oh, e chi se ne frega. Del...» Lucas si rimise il cappotto e borbottò: «La prendo in braccio. Quale fianco ti fa male, tesoro? Quale?» La prese in braccio, cullandola. «Dove sono le chiavi?» domandò Del. Le tirò fuori dalla tasca del cappotto e corse a prendere il veicolo. Uno dei pompieri corse da loro. «Sei ustionata?» domandò. «No, no sono ferita», rispose la ragazzina. Del tornò dopo pochi secondi e Lucas la depose sul sedile posteriore e si sedette accanto a lei e Del riportò la 4 x 4 sull'autostrada e si diressero verso Armstrong a tutta birra. «Come va?» «Mi fa male dappertutto...» e ricominciò a singhiozzare. Lucas accese il cellulare, trovò il segnale e chiamò il centralino dell'ufficio dello sceriffo. «Come raggiungiamo l'ospedale? Abbiamo una bambina ferita.» «State tornando in città?» «Di corsa.» «Dove siete?» «Appena fuori Broderick.» «Ci sarà un'automobile ferma con gli spot accesi al margine della città. Lampeggi un paio di volte quando sta per arrivare e vi porterà direttamente al centro sanitario.» «Stiamo arrivando...» Lucas riferì la conversazione a Del, quindi si rivolse a Letty. «So che ti fa male. Ma raccontami cosa è successo, se puoi.» «Ero in camera mia e mamma nella sua a pianterreno e ho sentito questo colpo...» Raccontò loro tutta la vicenda. «Cristo, Letty», borbottò Del alla fine. «Pensi di averlo colpito?» le chiese Lucas. «L'ho colpito. È caduto.» «Forse stava... ecco, chinandosi per non essere visto.»
«L'ho colpito», ripeté ostinata. «Non mancherei mai un bersaglio tanto vicino. L'ho colpito in pieno petto.» «D'accordo. Calibro 22 corto?» «Sì.» Tremava dal dolore e dalla paura. «Ha sparato a mamma. Lei mi stava gridando di scappare e lottava con lui e poi c'è stato uno sparo e lei ha smesso di gridare e lui si è precipitato su per la scala... Non l'hai vista all'esterno, nel cortile o da qualche altra parte?» «Non ho guardato», rispose Lucas. «Non volevo intralciare i vigili del fuoco. Non hai mai visto quel tipo?» «Solo la sua sagoma. Era molto buio. Ma... mi ha parlato. Sapeva chi ero. Mi ha chiamata Letty. E mi è parso che... che fosse di queste parti. Parlava come uno di noi.» «Hai visto la sua auto?» Letty rifletté per qualche istante. «Non aveva la macchina. Non aveva la macchina. Gli ho sparato e lui è caduto e poi si è alzato ed è tornato alla casa, mentre io cercavo di ricaricare il fucile e poi sono semplicemente rimasta lì, seduta, e la casa ha preso fuoco e io non mi potevo alzare e poi la casa bruciava e poi siete arrivati voi. Non si è allontanata nessuna automobile.» «Sei sicura?» «Nessuna automobile. Non era venuto in macchina.» «D'accordo. Ascolta...» Stava per dire qualcosa, ma lei spinse la mano fuori dalla manica e cercò di guardarla e Lucas vide un'enorme ferita che partiva dal polso, attraversava il palmo e scompariva tra il dito medio e l'anulare. «Faresti bene a tenere giù la mano», le disse. «Sanguina un po'.» «Ci stiamo avvicinando all'auto di pattuglia», li informò Del e Lucas guardò avanti e vide i lampeggianti. Del fece lampeggiare i fari e la gazzella s'immise sull'autostrada, avviandosi lentamente finché loro non le furono vicini, quindi accelerò e li condusse attraverso la città fino al pronto soccorso. Sulla rampa c'erano tre persone ad aspettarli e una quarta stava arrivando con una barella. Del accostò. I quattro misero Letty sulla lettiga e la spinsero dentro, e Lucas si avvicinò a un bidone della spazzatura e lo colpì con un calcio facendo schizzare la spazzatura sulla strada. «La mano», ringhiò a Del. «Quella mano sembra tagliata a metà.» «E il petto? È stata colpita al petto?»
«Era troppo sveglia per qualcosa di profondo», rispose Lucas. «Devo andare dentro.» «Io parcheggio...» Lucas si arrestò alla porta e guardò indietro: «Non sei ancora incazzato». «Sono già incazzato. Sì.» Un giovane interno, sbattuto giù dal letto dalla telefonata di Lucas, stava visitando Letty quando Lucas entrò nella sala diagnostica. «Come sta?» Letty cercò di drizzarsi e il medico si voltò, fissando Lucas sopra la mascherina. «E lei chi è?» «Un poliziotto. Come sta?» L'interno si rigirò sul paziente e, rivolgendosi a un'infermiera come se non volesse farsi sentire dagli altri, in un tono sbrigativo le ordinò: «Lo faccia uscire». «Ascoltami bene, cretino», sibilò Lucas. «non scendo in particolari, ma se vuoi conservare la tua licenza nel Minnesota, non provocarmi. Come sta? Le hanno sparato?» Il medico guardò l'infermiera che scrollò le spalle, ma non si mostrò disposta a cacciare fuori il poliziotto. «Ha quella che potrebbe essere una ferita da proiettile», si decise a dire il medico, «ma non è letale. La mano ha un brutto taglio. Non l'abbiamo ancora valutato a fondo. Dobbiamo fare una radiografia del piede. È gonfio e lei sostiene che le fa molto male. Potrebbe essere rotto, di certo c'è una brutta slogatura. Soddisfatto?» «Che mi dice della mano? Era proprio brutta.» «Me la sono tagliata sui vetri rotti della finestra», disse Letty. «Hai trovato mamma?» «La mano, ecco, avrà bisogno di cure particolari», rispose l'interno. «C'è un chirurgo a Fargo...» «Chi se ne frega di Fargo», sbottò Lucas. Se ne andò sbattendo la porta, uscì dall'ospedale, trovò Del e gli disse cosa aveva intenzione di fare, poi prese il cellulare e chiamò casa sua. Un'assonnata Weather gli rispose al terzo squillo. «Pronto?» «Sono io, con un problema.» La informò rapidamente sulla situazione. «Falla venire qui il più presto possibile. Abbiamo bisogno che sia qui con la ferita ancora fresca. Io non opero le mani, ma può farlo Harry Larson. Entro quanto potete farla arrivare?» chiese la moglie.
«Dovrò verificare. Torna a dormire, ti richiamo. Operi domattina?» «Solo alle dieci. Che hai intenzione di fare?» «Voglio vedere se mi riesce di trovare un aeroplano. Altrimenti la porterò io o troverò un'ambulanza.» «Ascolta: chiamo io il Regions, vediamo cosa hanno. Forse sarà più rapido far volare da qui un elicottero, invece di pasticciare le cose lassù.» «Bene. Richiamami.» «Chi paga?» «Noi. Io.» «Non sarà poco costoso.» «Chiamali.» «Che si fa?» domandò Del. «La porteremo via di qui in elicottero, se ne sta occupando Weather. Ci richiamerà.» «Non credo che sua madre ce l'abbia fatta», l'informò Del. «Mentre correvo lungo il fossato per raggiungervi... qualcuno all'interno della casa stava bruciando.» Arricciò il naso, quindi fece finta di sputare di lato. Le persone che bruciano puzzano come carne di maiale grigliata e lasciano un odore nel naso e nella bocca. «Lei lo sa, anche se ancora non l'ha ammesso. Sembra che sua madre abbia affrontato quel pazzo, chiunque egli sia.» «Mi chiedo perché abbia incendiato la casa. Se non l'avesse fatto, forse Letty sarebbe morta là fuori. Immagino fosse lei che cercava...» «Perché? Voglio dire, perché la cercava?» «Non lo so», rispose Del, dopo aver riflettuto. «E se fosse stata la madre quella che voleva?» Del scosse la testa. «No, non ha senso.» «D'accordo. Ma tutta la faccenda è interessante. Perché la cercava? Che cosa ha bruciato? Dov'è ora, soprattutto se è stato colpito?» «Non sono certo che sia stato ferito. Voglio dire, conosciamo entrambi dei poliziotti che hanno svuotato un'intera Glock semiautomatica a una persona in fondo al corridoio senza riuscire a colpirla.» «Mmm. Ho insinuato proprio questo, ma Letty ha sostenuto di averlo colpito. Ha detto che era impossibile mancarlo. Io ritengo che potrebbe averlo ferito.» «Allora informiamo gli ospedali locali.» «Buona idea.»
Ne stavano ancora parlando quando Weather li richiamò. «C'è un servizio di evacuazione aerea a Brainerd, cioè a metà strada tra qui e lì, e possono far decollare un elicottero entro mezz'ora. Ti chiameranno quando partono per darti un'ora approssimativa d'arrivo. Dicono che c'è una pista d'atterraggio proprio lì all'ospedale e che non dovrebbero metterci più di un'ora. Io andrò a prenderla quando arriverà qui.» «Ottimo.» Lucas rientrò nell'ospedale e informò il medico. «La trasporteremo con un'aeroambulanza all'Hennepin General dove c'è un chirurgo della mano. Tra un'ora o poco più arriverà qui un elicottero, per cui è necessario stabilizzarla.» «La mano è l'unico grosso problema», ammise il medico. «Ha una scalfittura nel fianco dove è stata colpita, ma nulla di importante. Lo stesso vale per la gamba. La mano... la mano è il problema.» «Tra quanto potrà partire?» «Le inietterò un sedativo contro il dolore e sarà pronta in mezz'ora. Se l'elicottero atterrerà qui, siamo a posto.» «Letty, ti ho già detto che mia moglie è un medico. Sta sistemando ogni cosa nelle Cities e sarà lì ad aspettarti. Guarirai, ma vogliono sistemarti la mano il più presto possibile.» «Okay. Vi siete informati su mia madre?» «Lo faremo ora», rispose Lucas. «Torneremo immediatamente là, andrà tutto bene, dovrai solo fare quello che ti dicono. Si prenderanno cura di te.» «Mamma è morta», dichiarò. «Andremo a vedere cosa è successo», promise Lucas. Le toccò la gamba sana. «E tu riguardati.» A casa West, il fuoco era praticamente sedato, non era rimasto quasi nulla da bruciare e ciò che era stata una fattoria era ora un buco nel terreno. Un vicesceriffo, che disse di avere conosciuto Lucas, scrollò la testa quando gli chiesero di Martha West. «Nessuno l'ha vista. La sua auto è qui. C'era questo...» Indicò la casa. «C'era questo odore...» «Lo so. Letty ha detto che sua madre era al pianterreno. Ha sentito qualcuno bussare, poi la madre ha cominciato a gridare, c'è stato uno sparo, poi le urla sono cessate e Letty è saltata dalla finestra. Non ha più visto né sen-
tito sua madre.» «Siamo certi che dica la verità? Non vorrei insinuare alcunché, ma erano qui sole.» «Hanno sparato anche a Letty, e non lo ha certo fatto da sé, credimi», ribatté. «Qualcuno le ha sparato da dietro e dall'alto. E nessuno farebbe a se stesso ciò che è capitato a lei, solo per nascondere qualcosa. E poi la mano, c'è la possibilità che la perda.» Il vicesceriffo trasalì. «Okay. Sai, qui, nella prateria... alle persone che sono troppo sole accadono strane cose.» «In città, succedono strane cose quando sono troppo insieme», osservò Del. «Le cose strane accadono», concluse il vicesceriffo. Lucas temette che stessero per imbarcarsi in qualche buco nero filosofico e s'intromise frettolosamente. «Dobbiamo avvertire gli ospedali locali e i medici che il killer potrebbe essere stato colpito da una pallottola.» «Questo è già qualcosa. Visto che non l'ha colpito in testa, spero che l'abbia colpito nelle palle», borbottò il vicesceriffo. «Riferisco la notizia in centrale.» Una volta acceso il fuoco, Singleton era uscito furtivamente dalla casa e si era messo a camminare lungo l'autostrada. Aveva pensato di dare un'ultima occhiata in giro, di cercare un'ultima volta Letty, ma lei aveva il fucile e l'avrebbe visto arrivare. Aveva rinunciato e si era allontanato lentamente. Il petto gli faceva molto male, ma non sputava sangue e non aveva difficoltà a respirare. Se solo fosse riuscito a continuare a camminare... Correre gli faceva male. Corse fino a che non fu a metà strada da Broderick, poi si fermò, si piegò in due, puntellò le mani sulle ginocchia e cercò di alleviare il dolore. Ora la sofferenza arrivava a ondate e, se non fosse stato colpito, avrebbe pensato di avere un attacco di cuore. Dietro di lui, il fuoco stava crescendo. Riprese a correre, soffrendo, nel buio, dietro il negozio e l'officina e raggiunse la sua auto. Quella era la parte pericolosa. In quel momento qualcuno avrebbe potuto vederlo. Uscì lentamente da dietro l'officina, puntò l'auto verso sud e partì. Per quello che poteva vedere, non c'era una sola finestra illuminata, ma nello specchietto retrovisore l'incendio divampava furiosamente. Un chilometro e mezzo dal paese, tre, sei, poi il suo telefono ruttò e sentì il centralino chiamare la caserma dei vigili del fuoco. A quella notizia ac-
celerò. Era ancora a tre chilometri dalla strada più vicina che l'avrebbe portato lontano dalla Highway 36. Ce la fece in dieci secondi. Aveva appena svoltato, quando vide i lampeggianti dei pompieri con il soccorritore di prima assistenza. Continuò verso est e, dal finestrino laterale, vide l'enorme palla di fuoco a casa West; poi ecco il centralino gracidare e lui rispose che stava tornando indietro, ma che si trovava ancora a sud e in quel momento udì la sirena... E soffriva. Maledetta Letty! Stava sudando per il dolore; sentiva il suo stesso odore. Percorse un altro chilometro e mezzo, attraversò una strada coperta di ghiaia che portava a sud, nella parte posteriore di Armstrong. Quattro minuti dopo era nel suo garage e stava chiudendo il portone scorrevole. Entrò in casa, si sfilò il parka, si tolse la camicia e la canottiera ed esaminò il foro nel petto. Era un foro: un punto violaceo di 22 millimetri, già circondato da un brutto livido. Premette la pelle attorno al foro e trasalì: meglio non rifarlo. Il sangue gocciolava costantemente dal buco, non molto, ma incessantemente. Andò in bagno, prese un rotolo di garza, formò una spessa compressa, andò in cucina, trovò del robusto nastro adesivo e attaccò la compressa sul petto. Non riuscì a evitare di armeggiare con la zona attorno al foro, schiacciando delicatamente per capire se poteva tastare il proiettile. Non ci riuscì, ma si fece di nuovo male. «Stupido pasticcione», esclamò. Squillò il telefono. Lo lasciò squillare. Probabilmente Katina, con notizie sull'incendio. Si era messo tanto di quel nastro adesivo sul petto che di certo non avrebbe inzuppato la camicia di sangue. Poi si esaminò il braccio. Martha l'aveva graffiato e avrebbero trovato della pelle sotto le sue unghie. L'incendio era stata proprio una buona idea. Si lavò i graffi con sapone e acqua calda, vi spalmò sopra dell'unguento disinfettante e lo coprì con il nastro adesivo. Tutto a posto. Non c'erano tracce di sangue. Poteva ancora andare in giro. Prese una camicia pulita e se la infilò lentamente. Si toccò il petto e il dolore si diffuse in tutto il corpo. Il telefono riprese a squillare. Lo ignorò, si toccò di nuovo il petto, annaspò, quindi uscì di casa e si avviò verso la sua auto. La caserma dei vigili del fuoco era illuminata e vuota. Tutti erano sul luogo dell'incendio. Singleton si fermò davanti all'edificio, spinse il porto-
ne principale e gridò: «Ehi. C'è qualcuno?» Non rispose nessuno, anche se una canzone di Hank Williams Junior si diffondeva attraverso gli spazi vuoti dei camion. «Ehi, c'è qualcuno?» No? Bene. Si avviò su per le scale, attraversò la camerata, e raggiunse il magazzino dove veniva tenuto il materiale medico. Il dipartimento dei vigili del fuoco era anche il servizio paramedico di supporto. Tirò giù la confezione di un paramedico, strappò il sigillo e aprì la chiusura lampo. Merda: niente pillole. Aveva bisogno di antidolorifici e lì non c'era nulla. Li aveva cercati lì, sicuro di trovarli, i pompieri avevano sempre delle pastiglie per le bruciature che si facevano al lavoro. A quanto pareva, non si trovavano nelle confezioni dei paramedici. Richiuse l'involucro, lo rimise al suo posto. Dove cercare? L'ospedale, il drugstore. L'incendio aveva di certo messo l'ospedale in stato di allarme, e, in ogni caso, lui non sapeva come trovare i farmaci. Il drugstore aveva una cassetta di sicurezza. Si toccò il petto. Maledizione, quanto faceva male. Stava dirigendosi verso l'uscita quando ebbe un colpo di fortuna. Tutti gli armadietti erano aperti e in uno notò un tubetto di pillole. Le esaminò. Troppo blande. Allora controllò tutti gli armadietti, velocemente, trovò una decina di flaconi, per lo più vitamine e antidolorifici venduti senza ricetta medica. Alla fine, nell'armadietto di uno dei due pompien a tempo pieno, trovò due confezioni di Dilaudid. In tutto, venti pasticche. Su entrambi i tubetti la scritta: UNA COMPRESSA OGNI QUATTRO, SEI ORE. Perfetto. Prese le confezioni. Frugò ulteriormente nell'armadietto e trovò un altro tubetto: penicillina. Bene. Prese anche quello. Ora doveva pensare a Katina. Sarebbe stato fuori uso per un po' e aveva bisogno di un motivo. Doveva riflettere. Raggiunse l'auto, si toccò il petto. Mio Dio, quanto faceva male. Poi pensò, chissà dove è finita Letty West. Era andato a casa sua per risolvere un problema e non c'era riuscito. Quella peste era ancora in circolazione. Salì in macchina e si diresse verso l'incendio. A metà strada, gli venne in mente un'altra cosa: mamma si sarebbe incavolata. 16
Il fuoco era domato, e un paio di pompieri stava vagliando con cura il mucchio annerito di legno e intonaco nel seminterrato ormai in vista. Lucas e Del, a turno, osservavano il lavoro e si scaldavano nell'auto. Arrivò Ray Zahn nella sua berlina di pattuglia e chiacchierarono per un po'. «Il centro comunicazioni ha chiamato lo sceriffo. Lui ha risposto di occuparsi della faccenda da soli e di avvisare voi, quindi è tornato a letto. Immagino non abbia ritenuto abbastanza importante questo incendio.» «Non siamo leali con lui», osservò Del. «No, non lo siamo», ammise Zahn. «Sono certo che non conosciamo tutti i problemi e gli imprevisti che deve affrontare. Quel miserabile coglione.» Zahn se ne andò per rispondere a una chiamata su gare di dragster e Lucas e Del rimasero a osservare. Arrivarono altri vicesceriffi, apparentemente fuori servizio. Zahn tornò e volle sapere come Rose Marie Roux avrebbe cambiato il sistema di pattugliamento delle autostrade. Si trovavano sul luogo dell'incendio da circa un'ora, quando una grigia Toyota Land Cruiser accostò al lato dell'autostrada e ne scesero due donne. Lucas riconobbe una di loro: era la donna con cui aveva parlato nella chiesa. Frugò nella mente, poi si sovvenne del nome, Ruth Lewis. Ruth si avviò verso un gruppetto di vigili del fuoco, mentre l'altra donna apriva il portello posteriore della Land Cruiser. La Lewis parlò per un attimo con gli uomini, poi due di loro la seguirono alla jeep. La seconda donna, che stava armeggiando nel retro, tirò fuori uno scatolone pieno di bianche tazzine di carta, i pompieri presero le tazze e si spostarono dietro il veicolo. «Caffè», commentò Del. «Vorrei parlare con quella donna», disse Lucas. «Vuoi del caffè?» «Prendimene una tazza», gli rispose. Scesero entrambi dall'Acura e si avviarono verso la Toyota, attorno alla quale si erano raggruppati altri vigili del fuoco e poliziotti, e Lucas e Del si misero in fila. Ricevuto il caffè, Lucas bevve un sorso, poi si avvicinò alla Lewis. «Ha sentito cosa è successo? Ha saputo di Letty?» «In parte. Ho sentito che è ricoverata in ospedale, che è stato lei a portarcela», rispose lei. «È ferita», la informò Lucas. «Le hanno sparato, nulla di grave, ma, per scappare, è dovuta saltare dalla finestra. Si è squarciata la mano, in modo grave, la portiamo in elicottero alle Twin Cities, un chirurgo della mano le darà un'occhiata. La caviglia è rotta o slogata tanto malamente che non rie-
sce a camminare.» «È terribile. Ho saputo che sua madre...» Gli occhi della Lewis puntarono verso la casa. «...Potrebbe essere ancora là dentro.» «Stiamo aspettando, ma Letty pensa che l'abbiano colpita a morte. Proprio all'inizio. A quanto pare ha lottato con quell'uomo tanto a lungo da permettere a Letty di scappare.» «Queste cose non succedono nella contea di Custer», borbottò la Lewis. «Qualcuno mi ha detto che, qui, l'ultimo omicidio è avvenuto quindici anni fa.» «Secondo la nostra teoria, Deon Cash, Jane Warr e probabilmente Joe Kelly hanno rapito e ucciso la piccola Sorrell e forse anche un'altra ragazzina di nome Burke.» «Due?» «Sì. Riteniamo che Hale Sorrell abbia in qualche modo catturato Kelly e l'abbia torturato fino a fargli confessare i nomi di Cash e della Warr. Pensiamo abbia scoperto che sua figlia era già morta e che lui abbia aspettato che i due avessero abbassato un poco la guardia, sia venuto quassù, li abbia presi e impiccati per l'uccisione della figlia. Crediamo inoltre che sia implicata almeno un'altra persona e che quella persona tema che qualcuno lo denunci. A proposito, si tratta di un lui, non di una lei, e ha parlato con Letty.» Lei sorrise, un sorriso fuggevole, svanito rapidamente quanto era apparso. «Grazie per le informazioni.» «Non sto semplicemente chiacchierando», disse Lucas. «Dalle parti di Broderick sta succedendo qualcosa di confuso e io non so cosa sia. È comunque la causa di tutte queste morti. E gli abitanti di Broderick sono elusivi con noi, non ci dicono ciò che sanno. Non so perché, ma le cose stanno così.» «Più o meno conosco tutti a Broderick. Alcuni dei meccanici di Calb non sono molto socievoli, ma nessuno di quelli che conosco potrebbe avere fatto una cosa simile. Rapire quelle ragazze o...» Indicò il buco nero nel terreno. Tre vigili del fuoco erano nelle rovine dello scantinato e, quando la Lewis fece quel cenno e sia lei sia Lucas guardarono da quella parte, uno dei vigili chiamò un altro uomo che era fuori dalla buca e che si voltò e trotterellò verso uno dei camion. Nello scantinato scesero altri due pompieri. «Oh, merda», esclamò Lucas. «Credo l'abbiano trovata.»
E così era. Lucas e Del rimasero nei paraggi per un'altra ora, osservando il medico legale scendere nella buca e uscirne dieci minuti dopo. «Martha West?» chiese Lucas. «Presumo di sì, da ciò che mi è stato detto. Impossibile dirlo guardandola. Dovremo fare un esame del DNA sul corpo e su sua figlia e fare dei raffronti. Ma... è lei.» «Bene.» Si soffermarono per qualche altro minuto, poi ripresero per Armstrong. Trovarono parecchio traffico, auto della polizia e dei vigili del fuoco, più alcuni curiosi che correvano a vedere cosa era accaduto. «Cos'hai raccontato a Ruth Lewis?» gli chiese Del quando furono in macchina. «Le ho dato qualcosa per cui sentirsi in colpa. Quel genere di donne cade facilmente preda di complessi di colpa.» «E tu vuoi che filtrino lentamente?» «Già, per tutta la notte. Poi andrò da loro domattina e chiederò alla Lewis di andare alle Cities per dire a Letty che sua madre è morta.» «Mmm», borbottò Del. «Vuoi colpirla con un martello.» «Forse andrà a pezzi.» Si fermarono all'ospedale dove regnava la calma. L'infermiera di notte disse loro che l'interno era tornato a letto e che Letty era in volo. «Sono arrivati prestissimo», disse. Lanciò un'occhiata all'orologio da parete. «Dovrebbe giungere all'Hennepin tra mezz'ora.» Lasciato l'ospedale, si diressero alla centrale di polizia e, al centro comunicazioni, trovarono due persone che stavano mangiando pizza. Lucas si accomodò davanti a un computer e scrisse un resoconto per lo sceriffo, delineando a grandi linee ciò che era successo e ciò che era stato fatto. Fece due copie, ne mise una nel vassoio della posta dello sceriffo e ne tenne una per sé. Al motel ognuno entrò nella propria camera e Lucas, benché stanco, accese la televisione, trovò un canale che trasmetteva solo film e guardò James Woods, Bruce Dern e Louis Gossett imbrogliarsi a vicenda in La notte dell'imbroglio. Quarantacinque minuti più tardi lo chiamò la moglie. «È atterrata», disse. «La mano non è un granché ma si può sistemare. Ci metterà un po' a guarire. Sai se ha una assicurazione? Lei crede di no.» «Non ne ha», rispose Lucas. «Pago io.» «Si tratta di un senso di colpa cattolico che devo trattare con psicologica cautela?»
«Già.» «Okay. Telefonami domani. Voglio tutti i particolari. Mi sembra una ragazzina interessante. È spaventata.» «È saltata da una finestra, le hanno sparato, l'hanno inseguita nel buio, ha sparato a un tizio, ha visto la sua casa bruciare e sua madre è morta. Questo ancora non lo sa con certezza. Spedirò qualcuno di quassù perché le dia questa notizia. Qualcuno che conosce.» «Oh santo cielo... D'accordo. Rimarrò con lei. Chiamami.» Dormire sarebbe stato difficile. Era sveglio dalle cinque del mattino, ma era ancora troppo su di giri. Fece un po' di zapping tra i canali, ma non trovò nulla di interessante. Alla fine si infilò le scarpe e scese nell'ufficio del motel. «Quel nero di Chicago è ancora qui?» chiese all'impiegato. «Sì. Ha detto che avrebbe liberato la stanza domattina.» «Il numero della sua stanza?» «Due-zero-otto. Problemi?» «No. Ho telefonato a Chicago e mi hanno detto che vincera il premio Nobel per il giornalismo. Volevo solo stringergli la mano.» Decisamente troppo presto per farlo, pensò, ma che diavolo, i giornalisti lo facevano incavolare anche troppo spesso. Bussò alla 208, attese, poi bussò di nuovo. «Che ore sono?» borbottò un uomo dall'interno. «Le cinque del mattino», rispose Lucas. «Tempo di lasciare libera la stanza.» «Cosa?» Una fessura di luce tra le tende alla finestra della camera, e un attimo dopo Mark Johnson sbirciò fuori dalla porta senza togliere la catena di sicurezza. «Davenport?» «Allora, che sta facendo?» «Cercando di dormire.» «Ed è anche tanto giovane.» Johnson staccò la catena e aprì la porta. «Che succede?» chiese sbadigliando. «Qualcuno ha bruciato fino alle fondamenta casa West, ha ucciso Martha West e ha sparato e colpito Letty. È stata portata alle Twin Cities per essere operata.» Johnson lo fissò, lanciò un'occhiata al letto, poi riportò lo sguardo su
Lucas. «Mi sta prendendo per il culo.» «Non la sto prendendo per il culo.» «Entri. Lasci che mi infili i pantaloni. Gesù... Che è successo?» «Ho parlato con Deke, mi ha detto che è relativamente sicuro parlare con lei.» «Relativamente un corno.» «Questo è il patto. Io le dico ciò che desidera sapere e l'avrà da una fonte informata. Ho molte altre cose che nessun altro ha colto.» «Per esempio?» Lucas gli raccontò tutto. Johnson fissò il portatile. «Riesco già a vederlo come articolo. Richiederà un po' di lavoro», commentò alla fine. «Cristo, il più bell'articolo della sua vita gli viene offerto su un piatto d'argento e tutto quello che sa dire è che richiederà del lavoro.» «La parte difficile è non poter citare la fonte», disse. «Questo è il patto, ma le dico una cosa. Si faccia vedere domani, indossando una giacca sportiva, e potrà citarmi come fonte di ciò che dirò, ma mi rifiuterò di fare dichiarazioni su alcune cose, come il medaglione. Per quello potrà porre domande all'FBI. Saranno qui domani, alla ricerca dei corpi delle bambine.» «Fantastico. Sono i peggiori amici dei mezzi di comunicazione al mondo. Non mi diranno niente.» «Forse sì. Il loro addestramento ai rapporti con i media è molto migliorato negli ultimi due o tre anni. E io metterò una parola in suo favore.» «Grazie... Senta, da parte mia, ho un nome per lei.» Batté alcuni tasti sul portatile, per salvare gli appunti e cambiare programma, quindi frugò nella sua cartella alla ricerca di una penna e di un foglio di carta, su cui scrisse qualcosa prima di porgerlo a Lucas. Un nome, Tom Block, e un numero di telefono con un prefisso sconosciuto. «Questo è un altro nome con cui Deke mi aveva messo in contatto, un anno fa circa, giù a Kansas City. È una specie di Lucas Davenport di Kansas City, anche se più giovane e più bello.» «Sarà anche più giovane», ammise Lucas. «Che fa?» «Gira per la città. Sa un sacco di cose sulla famiglia Cash e su ciò che tutta la banda combina laggiù. Forse le interesserà parlare con lui. Mi ha riferito alcune cose che non posso utilizzare, problemi di diffamazione, ma per lei non costituirebbero un problema.»
«Me ne dica almeno una.» «Ecco, l'intera famiglia Cash, più che altro un clan, con zie e zii, nipoti e via dicendo, ha iniziato con la droga, poi, quando è arrivato il crack e sono iniziate le uccisioni, ne è uscita. Si è dedicata a qualcos'altro. Tom dice che alcuni fratelli hanno seguito corsi di economia all'università del Missouri, sono tornati a Kansas City e si sono diversificati.» «Davvero?» «Davvero. Uno dei loro campi ora è il furto di automobili. Così si dice, almeno. Basso rischio, alto profitto. E dato che l'officina di Calb è implicata in questo affare...» «Crede che nell'officina di Calb si smontino auto rubate?» «Non lo so. Non avrebbe molto senso. Potrebbero smontarle e rivendere i pezzi a Kansas City senza problemi. Non so cosa possa fare Calb qua che non possano fare loro là.» «Mmm.» Lucas si alzò e si stirò. Forse ora sarebbe riuscito ad addormentarsi. «Bene. Con ogni probabilità ci vedremo domani, da qualche parte. Se ne andrà comunque?» «Merda, no.» «L'addetto alla reception pensa che lei stia combinando qualcosa. Essendo nero e tutto il resto.» «Lo stimolo io a pensare così», ammise Johnson. «A volte non riesco a farne a meno.» Lucas dormì come un bebè. Per quasi cinque ore, finché il telefono lo svegliò. Si girò su un fianco e prese il ricevitore. «Non riesco più a dormire.» Era Del. «Mettici più impegno», replicò Lucas. «Va bene, mi alzo», aggiunse. «Sarò da te tra quindici minuti. Andiamo a fare colazione al Bird.» Lucas si lavò i denti, ma non si fece la barba per poter stare alcuni minuti in più sotto la doccia. Si stava infilando la camicia quando Del bussò. Lo fece entrare, quindi si sedette sul bordo del letto e si mise calze e scarpe, prese il cappotto e gli lanciò le chiavi della macchina. «Guidi tu. Devo fare alcune telefonate.» Iniziò chiamando il centralino dello sceriffo, da cui ottenne il numero telefonico della chiesa a Broderick. Chiamò la chiesa e si fece passare Ruth Lewis. «Le telefono per chiederle di fare qualcosa per me», esordì, quando lei
rispose. «Cosa?» rispose con voce diffidente. «Vorrei che andasse alle Cities e dicesse a Letty che sua madre è morta. Lo sa, ma nessuno glielo ha ancora detto direttamente. Lei la conosce e so che piace a Letty. Sarebbe una bella cosa se fosse lei a darle la notizia.» «Oh, mio Dio», esclamò Ruth. «Potrei andarci questo pomeriggio.» «Grazie. È all'Hennepin General, telefonerò per accertarmi che la facciano passare. Se partisse sul presto, potrebbe parlarle questa sera stessa.» La telefonata seguente era diretta al cellulare di Weather. Rispose dopo alcuni squilli. «Sono nello spogliatoio, a ripulirmi un po'. Ho assistito all'operazione, ottimo lavoro. Quell'uomo sa come eseguire un nodo quadro.» «Già, già. Come sta?» «Sarà un po' intontita per il resto della giornata, devono anche ingessarle la mano.» «Ma la mano riprenderà a funzionare?» «Probabilmente avrà bisogno di altre operazioni per ridurre la tensione del tessuto cicatriziale, ma sì, dovrebbe andare a posto. Non potrà suonare il piano per un po'.» «E la gamba? E la ferita da proiettile?» «La ferita non è un problema. È stata ripulita, per cui non ci saranno conseguenze, il proiettile le ha solo scalfito la pelle del torace e della parte interna del braccio. La caviglia è slogata, ma nulla di grave. Dato che si tratta della gamba destra e l'ingessatura è a simstra, potrà utilizzare una stampella per un paio di giorni, se ne avesse bisogno.» «Niente di rotto?» «Niente di rotto.» «Sam come sta?» «È tanto carino. E così allegro. Ed è chiaro che è veramente intelligente... no, sono seria, è veramente intelligente. Non penso...» Fece scoppiare a ridere Lucas, soprattutto perché era sincera. «Ci sentiamo più tardi.» Raccontò a Del i progressi di Letty, mentre componeva un terzo numero. «St. Agnes. Dipartimento di psicologia», rispose una voce di donna. «Mi chiamo Lucas Davenport. Sono un funzionario di polizia e ho bisogno di parlare con suor Mary Joseph.»
«Un attimo, prego.» Ella Kruger arrivò un secondo dopo. «Come sta il bebè?» domandò. «Probabilmente il bambino più intelligente delle Twin Cities, se non di tutto il Midwest», rispose Lucas. «Ho una domanda per te. Una specie di domanda semiufficiale.» «Spara», lo incitò allegramente. Aveva dato consigli a Lucas in altri casi. «Tu conosci una donna di nome Ruth Lewis, non è vero? Era una suora. Ha partecipato a un paio dei nostri giochi?» Percepì una certa esitazione. «Conosco Ruth», rispose Elle. «Che combina?» «Che combini tu?» Lucas rimase sbalordito. Elle era la sua più vecchia e intima amica, e lui sentì che stava opponendo una certa resistenza, una cosa che non era mai successa prima. «Sto cercando di risolvere il rapimento Sorrell. Una ragazzina è stata colpita da un proiettile la notte scorsa, si è quasi tranciata via la mano e sua madre è stata uccisa, e poi le hanno incendiato la casa. La Lewis vive a qualche isolato da casa sua e sa qualcosa che non mi dice. Lo sento. Quest'uomo, quello che va in giro ad ammazzare, non smetterà, finché penserà di essere in pericolo.» «Lucas, stai parlando al cellulare?» gli domandò dopo un attimo d'esitazione. «Sì.» «Ti richiamo.» «Elle? Che diavolo succede?» «Probabilmente te lo dirò, ma voglio prima parlare con Ruth. Voglio essere certa che non esiste alcuna possibilità che lei sia coinvolta nel tuo caso. Non sarà implicata direttamente, ma voglio accertarmi che non vi siano... ramificazioni del suo lavoro che potrebbero creare qualche, ehm, coinvolgimento.» Lucas si stava arrabbiando. «Elle, mi stai prendendo per il culo.» «No, per niente. Mi hai solo messa in imbarazzo. Se ti dicessi perché, mi capiresti, ma prima devo parlare con Ruth.» «Dai.» «Ti richiamo, Lucas, promesso. Qualcosa su Ruth posso comunque dirtela. Non era una suora molto brava perché era... esagerata. Esigeva la perfezione ed era lei quella che avrebbe determinato cos'era la perfezione. Le
persone che più ammirava erano tutte martiri. Per cui...» «È una fanatica.» «No. Non lo è, ma farà ciò che vuole fare. E tu non potrai fermarla. Nessuno la fermerà. Se finisse per diventare lei stessa una martire per quello che sta facendo, non ne rimarrebbe turbata. Non la rallenterebbe. In un certo senso, è regredita.» «A quando, agli anni Cinquanta?» «Stavo pensando alle crociate», rispose Elle. «In ogni caso ti richiamo.» Stavano raggiungendo il Bird, quando Lucas smise di telefonare, confuso e adirato nello stesso tempo. «Che è successo?» domandò Del. «Elle sta facendo ostruzionismo. Conosce la Lewis e sa cosa sta succedendo, ma non vuole dirmelo.» «Che posso dirti, amico», disse Del. «È strano.» «Le ho anche raccontato di Letty.» «Una cosa ora la sappiamo e cioè che qualcosa sta accadendo e che probabilmente non è legale. Quali sono le probabilità che in un paese grande come Broderick accadano due grosse cose illegali e che non siano collegate in qualche modo tra loro?» «Scarse, se non nulle», rispose Lucas. «Mi richiamerà.» Elle richiamò mentre Lucas stava brontolando sottovoce contro le uova strapazzate. «Come cazzo fanno a rovinare le uova? Si sbattono semplicemente in una ciotola con del latte e poi si versano in una padella. Queste sembrano gomma gialla bruciata. Puzzano anche come gomma bruciata. Dove diavolo le prendono queste uova, in una fabbrica Firestone? E non farmi neppure iniziare a parlare del formaggio. Sembra una suola. Che è questa, una prugna? Assomiglia a...» «Non dirlo. Ho intenzione di mangiarla», esclamò Del. Il telefono squillò e Lucas rispose. «Davenport.» «Lucas, sono Elle. Ruth è in quella specie di chiesa o quello che è. Vuole parlare con te.» «Elle, che diavolo sta succedendo?» «Non conosco i dettagli. Ho solo... un'idea... di ciò che sta facendo. Le ho promesso che saresti andato da lei come un civile e non come un poliziotto, che il vostro colloquio sarebbe stato riservato. Non so se sarai d'accordo, ma è quello che le ho detto.» «Oh, perbacco. Contrabbandano marijuana, giusto? Usano i soldi per
reindorare la cupola della cattedrale.» «Parla con lei. Non so cosa dirà», rispose Elle esitando ancora. Rinunciarono alla colazione e tornarono a Broderick, con Del alla guida. Uscendo dalla città, rimasero intrappolati in un ingorgo creato da un carrello elevatore che stava tirando giù le illuminazioni natalizie. Per la prima volta da quando erano arrivati in quella città, c'erano degli squarci nelle nuvole e accenni di sole. Il termometro nell'automobile segnava meno ventun gradi e l'aria era quasi immobile. Da ogni casa, in cui ardeva della legna, il fumo dal camino saliva diritto per una quindicina di metri prima di dissolversi. Per strada Lucas compose il numero di Kansas City che gli aveva dato Mark Johnson quel mattino. La risposta era farfugliante e Lucas capì che si trattava di un cellulare e che la persona che stava rispondendo si trovava all'angolo di una strada. «Block.» «Sono Lucas Davenport del Bureau of Criminal Apprehension del Minnesota...» «Mark Johnson mi ha detto che forse avrebbe chiamato. Ha detto che lei è il Tom Block del Minnesota. Ma più carino.» «Questo è vero.» Block rise. «Mi ha raccontato cosa sta succedendo, il linciaggio e il rapimento.» «Non è stato un linciaggio.» «Se fosse accaduto qui, non si tratterebbe di linciaggio. Nel Minnesota è un linciaggio. In ogni caso, lei pensa che i Cash demoliscano auto rubate in un'officina di lì?» «No», rispose Lucas. «L'officina di cui stiamo parlando appartiene a un certo Calb e non sembra proprio un posto del genere. Pare sia ciò che dicono sia, una rivendita di pezzi di ricambio e un'officina per il restauro delle 4 x 4.» «Ha mai visto dei gipponi Toyota? Voglio dire, in quel posto?» Lucas rifletté, una ne aveva vista. «Una», rispose. «Una Land Cruiser.» «Ora ci intendiamo. Il fatto è che sappiamo che i Cash trasferiscono automobili rubate. Abbiamo arrestato i loro ragazzi su un paio di auto che stavano portando in officine illegali di qui. Si dice che rubino solo fuoristrada Toyota nuovi. Solo Toyota. Poi spariscono e non vengono più ritrovate. Mai più. Sparite. Non vengono mai vendute ai servizi addetti ai recuperi. Ho alcuni numeri di compagnie assicurative che sono interessate alla
faccenda, se vuole parlare con loro, ma io direi che qui si parla da settantacinque a un centinaio di fuoristrada l'anno, da tutto il Midwest e le pianure, a est fino a Cleveland e a ovest fino a Denver.» «Un bel numero.» «Si calcola per un valore di cinque milioni di dollari. Un uomo dall'altra parte del fiume a Kansas City aveva acquistato una Land Cruiser nuova, sessantamila dollari, gli era stata rubata, con i soldi dell'assicurazione ne aveva comperata un'altra e gli hanno rubato pure quella, la notte seguente l'acquisto.» «Mmm.» «Senta, devo prendere l'autobus. Se vuole continuare la nostra conversazione, venga qui o mi telefoni nel pomeriggio, dovrei avere del tempo libero. Posso dirle tutto quello che vuole sui Cash. Sono cresciuto con loro.» «Qualcosa di utile?» chiese Del. «Era una Land Cruiser Toyota quello con cui le donne hanno portato il caffè, vero? Ieri sera?» «Sì, credo di sì.» «Guidano per Calb per cento dollari la settimana e possiedono una Land Cruiser da sessantamila dollari. Qualcosa su cui riflettere.» «Perbacco. Forza, racconta.» Durante il tragitto, Lucas gli riferì la telefonata. «Attraversa la città. Vediamo se c'è qualcosa di nuovo da Letty», disse arrivati a Broderick. Mentre superavano la casa di Deon Cash, notarono alcune automobili nel vialetto d'accesso e nel cortile. «È arrivata l'FBI», commentò Del. «Parleremo con loro più tardi.» Alla casa di Letty non c'era molto da vedere: l'auto di un vicesceriffo e quella di un comandante dei vigili del fuoco erano ferme accanto alla fossa dove una volta c'era la casa. Il vicesceriffo, seduto in macchina, stava scrivendo su un blocco e salutò con un cenno della mano Lucas. Un altro stava scavando con attenzione nello scantinato. Lucas si identificò e l'uomo si arrampicò su per una scala. Indossava una tuta gommata e aveva il viso sporco di carbone. «George Puckett.» «Ha scoperto qualcosa?» «Niente», ammise. «Non vedo segni di accelerante. I vicesceriffi dicono che si è trattato di un incendio premeditato, ma non posso dimostrarlo.» «Non è vero che non ha scoperto niente», replicò Lucas. «Vuole dire che quell'uomo non è venuto qui con l'intenzione di distruggere la casa con il
fuoco. Probabilmente l'ha fatto d'impulso.» «Non sarà niente, ma non è molto», ribatté Puckett. «Vorrei essere di maggiore aiuto.» Lucas e Del si trattennero ancora qualche minuto, gironzolarono e trovarono una chiazza di sangue dove Letty si era rannicchiata nella neve. Nessuna traccia di sangue tra quel punto e la finestra, per quello che poterono vedere, anche se il resto della neve era coperto dalla fuliggine e dalle macerie. «Chiesa?» chiese Del. «D'accordo. Che altro c'è?» La donna dall'aspetto materno li accolse alla porta, li fissò duramente e senza dire una parola li accompagnò in cucina, dove, seduta al tavolo, la Lewis stava lavorando. Quando entrarono, si alzò. «Vorrei parlare a quattr'occhi con Lucas», disse guardando Del. Lui scrollò le spalle. «Sarò nella stanza della televisione.» «Si sieda», ordinò Ruth Lewis quando Del fu uscito. Lucas prese la sedia dall'altra parte del tavolo. «Desidera una tazza di caffè?» gli offrì lei. «No, grazie. Allora. Qual è la sua storia?» «La telefonata di suor Mary Joseph non mi ha sorpresa. Me l'aspettavo.» S'interruppe, ma Lucas non aprì bocca. «In ogni caso», continuò, «ne avevamo parlato tra noi e parecchie delle nostre sorelle se ne sono andate negli ultimi due giorni, persone non ancora troppo coinvolte, per cui, se decidesse di arrestarci, potranno continuare loro in seguito.» Lui tenne la bocca chiusa. «E così ne abbiamo discusso e non una sola di noi ha potuto immaginare come potessimo essere implicate in qualcosa che avesse a che fare con quelle bambine. Non siamo riuscite a trovare alcun collegamento.» «Bene», commentò Lucas. «I genitori dell'altra ragazza arriveranno oggi. Li potrà incontrare, se vuole.» Lei si portò la mano alla gola. «Questo è crudele.» «Continui a raccontare», ingiunse Lucas. «Che state facendo? Capirò io se c'è una connessione.» «Contrabbandiamo droghe», sbottò di colpo. «Le portiamo qui dal Canada. Indossiamo abiti da suore, così gli agenti alla frontiera non ci controllano con troppa attenzione, e le portiamo oltre la frontiera.» «Marijuana?» «Un po'. Ma la faccenda è più complessa. Di solito si tratta di tamoxife-
ne e zofran. Sono farmaci contro il cancro e delle persone in Canada li comperano per noi ai prezzi stabiliti dal governo canadese. Li facciamo passare alla frontiera e li distribuiamo alle persone che non possono permetterseli. In Canada, i farmaci sono venduti a un prezzo che va dal dieci al quindici per cento in meno che negli Stati Uniti. Qui il tamoxifene costa cento dollari al mese o più, e c'è chi deve assumerlo per anni. Chi è povero tende a saltare giorni o addirittura mesi e spera di cavarsela. Lo zofran è un antinausea molto costoso. Previene la nausea provocata da un solo trattamento chemioterapico, ma costa ben duecento dollari, per cui molti si accontentano di un farmaco economico che non funziona altrettanto bene e tollera la nausea. Mai avuto nausea per sette giorni di fila?» «No.» «Neppure io, ma deve essere molto sgradevole. Noi possiamo acquistare quel farmaco in Canada per trenta dollari.» «Farmaci anticancro», disse Lucas. «E un po' di marijuana. La marijuana è il metodo meno costoso per combattere la nausea, a volte l'unico e, per questo problema, la migliore marijuana è quella che viene dalla Columbia Britannica. Non la contrabbandiamo molto spesso per colpa dei cani. Ai cani non interessa se indossiamo abiti da suore o no. E, se proprio dobbiamo, la acquistiamo in California.» «Mh-mh», commentò Lucas. «Solo per, ecco, per mia conoscenza tecnologica, come fate a non farla fiutare ai cani?» «Alcuni nostri giovani religiosi, uomini e donne, di Winnipeg si sono fatti crescere i capelli. Li riforniamo di ciò che lei chiamerebbe 'indumenti da drogato' e loro attraversano la frontiera davanti a noi. I cani non tralasciano un solo furgone, per cui, appena i nostri vedono i cani, ci avvisano via walkie talkie. Se non ci sono cani, attraversiamo la frontiera.» «Okay. Farmaci anticancro.» «Sì.» «Non è facile credere a questa storia.» «Suor Mary Joseph ha detto che, se lei non mi avesse creduta, avrebbe dovuto rivolgersi a sua moglie. No so esattamente cosa ciò significhi... è una sopravvissuta al cancro?» «No. Un medico.» «Allora lo saprà. Gliel'assicuro e suor Mary Joseph le direbbe la stessa cosa, lo facciamo solo per le persone che morirebbero senza quei farmaci. Tutti ricevono la chemioterapia standard, in un modo o nell'altro, anche se
non hanno soldi, ma i farmaci ausiliari e quelli per il follow-up... un sacco di volte, tutto si riduce a una scelta tra il mangiare e l'assumere farmaci. Non sto scherzando, è a questo che si riduce. Le nostre spedizioni di farmaci hanno come destinatari circa quattromila pazienti.» «Quattromila...» «E stanno aumentando.» «Ed eravate implicati con Deon Cash o Jane Warr o Joe Kelly?» «No. A parte il fatto che guidavamo auto per Calb come loro.» «Non hanno mai cercato di inserirsi nel vostro traffico di farmaci?» «Non si fanno soldi con i farmaci. Non riceviamo nulla. Non compriamo né vendiamo alcunché, il tutto si basa sul fatto che i nostri clienti non possono permettersi di comperarli. Lei deve capire che, a parte la marijuana, tutti questi farmaci sono legali. Noi non stiamo tanto contrabbandando farmaci, quanto il prezzo pagato per acquistarli.» Rimasero a fissarsi per un minuto. «È una cosa assurda», sbottò alla fine Lucas. «Vuole sapere una cosa ancora più assurda? Con ogni probabilità non c'è altro modo per farla funzionare meglio. Chieda a sua moglie.» Lucas rifletté su quelle parole per alcuni secondi. «Il mio partner sostiene che in un paese piccolo come questo non possono sussistere simultaneamente due grossi piani criminosi senza che vi sia un rapporto tra loro. Io sono propenso a concordare con lui, ma se quello che mi ha raccontato è vero, non capisco quale possa essere quel rapporto». «Non c'è alcun rapporto.» «Mi dica un'ultima cosa», domandò Lucas. «Dove ha preso quella Land Cruiser che guidava la notte scorsa?» Lei ammiccò. «In Canada.» «In Canada?» «Sì. A un'asta. Abbiamo bisogno di un veicolo 4 x 4 per alcune strade di questa zona, per la nostra normale attività di volontariato. E un fuoristrada terribile, ha già percorso duecentocinquantamila chilometri, temiamo sempre che esploda. Il cambio poi... è come cambiare marcia attraverso mezzo chilo di fegato. Fa cic ciac», rispose lei. «Ehm, perché voleva saperlo?» Un po' imbarazzato, scrollò le spalle. «Non lo so. Lei mi aveva raccontato che guadagnavate un po' di soldi guidando auto per Calb.» «È vero.» «Ho visto jeep simili e costano sui sessantamila dollari. Per cui...» «Cosa? Abbiamo la ricevuta.» Ruth Lewis si stava accalorando. «L'ab-
biamo pagato millecinquecento dollari.» «D'accordo.» Lucas si alzò. «Andrà alle Cities e parlerà con Letty?» «Sarei già partita, se suor Mary Joseph non avesse telefonato. Prenderò una Corolla. La nostra costosa Land Cruiser potrebbe non arrivare tanto lontano.» «D'accordo, d'accordo. Avevo i miei buoni motivi per chiederlo.» «Che farà ora?» «Cercherò di scoprire chi è l'assassino. Le vostre droghe non m'interessano, ma se le venisse in mente qualcosa, qualsiasi cosa, che possa collegare il tutto, mi dovrà chiamare. Quest'uomo non smetterà, finché pensa di essere in pericolo.» Fece un paio di passi verso la stanza della televisione, poi guardò indietro e soggiunse: «Quando trasporta marijuana attraverso il confine, sia molto prudente. Il mio socio l'ha sentita su di lei l'altro giorno. Ha lavorato a lungo con i tossicomani ed è molto sensibile. E altrettanto devono esserlo quelli alla frontiera». «Quel giorno stavamo impacchettando la roba», spiegò la Lewis. «Siamo molto prudenti quando attraversiamo la frontiera. Qui non abbiamo un solo tossicodipendente. È una delle nostre regole. Le uniche persone cui permettiamo di assumere droghe sono i sopravvissuti. Alcuni di loro prendono ancora il tamoxifene.» Lucas uscì dalla cucina, alla ricerca di Del, poi si girò e tornò da lei. «Perché non c'è un metodo migliore per fissare il prezzo di farmaci?» «Perché le società farmaceutiche dicono, e potrebbero avere ragione, anche se mentono su tutto il resto, che non potrebbero creare nuovi farmaci o farmaci particolari a basso profitto, se non ricavassero un notevole profitto da quelli che vendono ora. E così è loro permesso far pagare ciò che vogliono negli Stati Uniti. «Il Canada è una piccola fetta del loro mercato e ha un grosso compratore centrale, il governo, e hanno raggiunto il miglior accordo possibile. Così le società farmaceutiche vendono al Canada per poco più del costo, perché il mercato è tanto piccolo da non avere un grosso effetto sul loro profitto generale.» «Perché non rendiamo semplicemente legale reimportare i farmaci?» «Perché il Canada diventerebbe un intermediario che vende all'ingrosso i farmaci negli Stati Uniti. Le società farmaceutiche non permetterebbero mai una cosa simile. Inizierebbero a far pagare al Canada il prezzo americano, per ricavare il profitto che sostengono sia loro necessario. Come
conseguenza, il Canada pagherebbe di più o non riceverebbe quei farmaci, e gli americani non pagherebbero di meno.» «Conosci quell'adesivo sui paraurti sugli arabi? ROMPI LORO IL CULO E PRENDITI IL PETROLIO? Perché gli Stati Uniti non rompono semplicemente il culo alle compagnie farmaceutiche e si prendono i farmaci?» «Chi creerebbe allora i nuovi farmaci di cui abbiamo bisogno? Il governo? Le persone che le hanno dato la CIA e la sicurezza agli aeroporti e l'elezione di Bush-Gore?» Lucas trovò Del intento a guardare La notte dei morti viventi con l'anziana donna che aveva loro aperto al porta. «Sei in un bel punto?» chiese. «Non ci sono bei punti», rispose Del. «Tutto a posto?» «Sì. Andiamocene.» «Almeno lei non ha aperto il fuoco contro nessuno», disse la donna a Del. «Questa è una bella cosa», ammise Del. «Hai intenzione di raccontarmi qualcosa?» chiese Del quando furono in macchina. «Sì.» Lucas sospirò e avviò l'auto. «Dobbiamo parlare con lo sceriffo e con la Scientifica di Bemidji, iniziare a spulciare le loro carte, vedere se c'è qualcosa. Dobbiamo rifletterci sopra. Perché non sono loro». «Allora... che stanno combinando?» chiese Del. Lucas gli riferì la conversazione con Ruth. «Avevo già sentito delle voci su di loro. Alle Cities. Ma non avevo mai fatto il collegamento. Avevo pensato fosse una stupida leggenda metropolitana di cospirazione femminista inneggiante alla dea terra», disse Del alla fine del racconto. «Dove l'hai sentita?» «Mia moglie.» «Davvero? Sai a chi la Lewis ha detto dovrei rivolgermi per ulteriori informazioni?» «A chi?» «A mia moglie.» Scoppiarono in una brevissima risata, poi Lucas soggiunse: «Andiamo a parlare con i federali». 17
In macchina Lucas riprese il cellulare e chiamò l'ufficio dello sceriffo. Appena lo ebbe in linea, gli spiegò ciò di cui aveva bisogno. «Non è una cattiva idea», concordò. «Ho tre agenti in servizio alle scuole, nulla di importante, posso far venire qui tutti quelli che sono in città entro quarantacinque minuti.» «Sarebbe fantastico», ammise Lucas. «Abbiamo bisogno di aiuto. Siamo bloccati.» La squadra dell'FBI era diretta da Lanny Cole e Jim Green, gli agenti che aveva incontrato a casa di Hale Sorreil. Cole era nel cortile e stava parlando con un uomo che indossava un giubbotto dell'aeronautica militare, la testa avvolta nel cappuccio di pelo lungo venti centimetri. Lucas e Del scesero dall'auto e Cole si avvicinò con l'uomo in parka e strinse loro la mano. «Questi è Aron Jaffe da Hollywood», disse, indicando l'uomo imbacuccato che li salutò con un cenno del capo. «Dirigerà lui la squadra di ricerca che utilizzerà il GPR.» «Mi può sentire là dentro?» chiese Lucas, parlando al cappuccio. «La sento benissimo», rispose Jaffe. «Sono le gambe a essere congelate.» «Questo terreno gelato le creerà problemi?» «No, anzi, potrebbe servire», rispose Jaffe. «Sarà più facile individuare il materiale non consolidato.» Chiacchierarono ancora un po', poi Cole disse: «La seconda ragazza, la Burke, i suoi genitori stanno venendo qui da Lincoln. Vogliono dare un'occhiata al medaglione, anche se secondo me non ci sono dubbi». «Okay», disse Lucas. «Nessun problema con la squadra del BCA?» «No, tutto a posto. E voi, avete qualcosa in ballo?» Scosse la testa. «Non molto. Ha sentito dell'incendio della scorsa notte?» «Sono andato a vedere la buca questa mattina.» «La ragazzina ferita pensa che il killer sia di queste parti. Per la voce, il modo in cui parlava.» «L'accento di Fargo», scherzò l'agente di Hollywood. «Già. Sappiamo che tre dei rapitori lavoravano nell'officina di Calb e che tutta la famiglia Cash si dedica al furto di automobili a Kansas City. E così... qualcosa c'è.» «Una parte essenziale», suggerì Del. «Un nesso», azzardò il tipo di Hollywood.
«Quale che sia, sono sicuro, al cinquanta per cento, che l'assassino non sia a più di duecento, trecento metri da noi. È qualcuno di qui, collegato a Calb.» «Vuole mettere sotto pressione quell'uomo? Potrei accompagnarvi, aggiungere un po' di pressione federale.» «Forse. Prima però voglio andare al dipartimento dello sceriffo. Dobbiamo parlare con i vicesceriffi, con chiunque conosca qualcuno di qui. Deve pur esserci qualche appiglio cui aggrapparsi.» Prima di andarsene, fecero vedere il luogo a Jaffe, indicandogli dei punti lungo il torrente, dietro la casa, dove avrebbero potuto essere sepolti i corpi. «Un bel pezzo di terreno», commentò Jaffe. «Richiederà del tempo.» Lasciarono gli agenti dell'FBI, si fermarono al caffè della Wolf, che trovarono vuoto a parte la padrona, ordinarono frittelle e le chiesero il nome di tutti quelli che conosceva in ogni edificio del paese. «Per favore, non dite a nessuno che vi ho aiutati. Quella povera Martha West, finita arrosto.» «Da noi non lo saprà nessuno», promise Lucas. Iniziò a elencare nomi e Lucas staccò un foglio di carta dal suo taccuino, tracciò una mappa schematica della città e inserì i nomi nelle case disegnate. Portarono la piantina nell'ufficio dello sceriffo, davanti alla porta stazionavano in attesa una ventina di vicesceriffi. «C'è un'aula di tribunale al piano di sopra. Alcuni sono già là, mando su gli altri. Solo due o tre non sono potuti venire», li informò lo sceriffo affacciandosi alla porta. Nell'aula si erano raccolte trenta persone, di cui metà in divisa. Erano entrate a curiosare due o tre persone che parevano perdigiorno da tribunale e Lucas ordinò che si allontanassero tutti coloro che non erano vicesceriffi giurati. I curiosi uscirono e uno dei vicesceriffi chiuse la porta. «Voglio che nessuno di voi parli di ciò che succede qui», esordì. «Se non potete evitare di parlarne con le vostre mogli, dite loro di tenere la bocca chiusa. Sarà dura, ma è solo per un paio di giorni. Ciò che ho è una lista di tutti gli abitanti di Broderick.» Sventolò il blocco per appunti di Del. «Penso di avere il nome di tutti. Abbiamo bisogno di pettegolezzi su ciò che ciascuno fa in quel paese. Chi è stato arrestato, chi è stato diffidato, in quale eventuale pasticcio si sono messi, abbiamo bisogno di tutto ciò che riuscite a scoprire. Vi assicuro, amici, dopo la notte scorsa... dobbiamo inchiodare quel bastardo. E non abbiamo molto tempo a disposizione.» «Niente DNA?» chiese uno dei vicesceriffi. Lucas lo riconobbe come uno degli agenti che aveva visto sul luogo dell'incendio.
«Non siamo molto fiduciosi», rispose. «La signora West è bruciata oltre ogni possibilità di riconoscimento e quelli di voi che sono stati alla casa sanno com'è ridotta. Un mucchio di carbone.» «Cash e Kelly lavoravano per Calb; avete già parlato con Gene?» «Sì, ma lui sostiene di non sapere niente di niente. Quindi quello che ho bisogno di sapere da voi è: che ne pensate di Gene Calb? È vero che non sa niente di niente?» «È sempre stato un tipo a posto», disse un altro vicesceriffo. «Non me lo vedo uccidere qualcuno.» «Mai finito nei guai?» «Qualche multa, penso. Forse da ragazzo qualcuna per guida in stato di ebbrezza.» Il vicesceriffo si guardò attorno, poi si rivolse a un uomo che indossava un cappotto grigio. «Che ne pensi, Loren? Tu vai spesso là.» L'uomo chiamato Loren si schiarì la gola. «Da lui affitto per un paio di giorni un ambiente per la verniciatura, un anno sì e uno no, rifinire automobili è il mio hobby. Il fatto è... lassù ci sono alcuni hombres piuttosto violenti. Mike Bannister o Kiley Anderson o Dexter Barnes, tutti li conoscono. Gene sa comunque come trattarli». «Che mi dice lei di quegli uomini, Bannister e Anderson e Barnes?» domandò Lucas. «Più che altro sono attaccabrighe, ma si sa che hanno rubato qualche auto. Ce n'è un altro, Durrell Schmidt, che di tanto in tanto ruba un vitello. Questo almeno è ciò che pensiamo.» «Circolava della marijuana», riferì un altro vicesceriffo. «Ce n'è dappertutto, più che altro di qualità scadente», aggiunse un terzo. Spettegolarono per un po', raccontarono a Lucas una o due storielle e risero. «Allora, chi di lassù potrebbe uccidere qualcuno? Chi, se veramente si trovasse con le spalle al muro, farebbe una cosa simile?» chiese Lucas alla fine. Loren esitò per un attimo. «Vedrei tre o quattro di quegli uomini ubriacarsi e poi succede qualcosa e quelli si arrabbiano e sparano, quasi come un incidente, ma se si trattasse di mettersi a ragionare su qualcosa e poi farla... io direi Gene Calb. Forse Dexter Barnes. Voglio dire, se si trattasse di dover fare qualcosa di veramente violento e di farla veramente, direi uno di quei due. Non penso l'abbiano fatto, ma non conosco nessun altro che... che...» Si grattò il petto come se fosse alla ricerca di una parola. «Che sia tanto organizzato da farlo. Organizzato non è il termine giusto, forse...»
Alcune teste annuirono, poi intervenne un altro vicesceriffo. «Sappiamo per certo che chi ha ucciso i due Sorrell e Martha West ha qualcosa a che fare con i rapimenti? O che l'uomo che ha ucciso i Sorrell è lo stesso che ha ucciso la West?» Lucas sorrise. Quella era una nuova idea, cioè che tutto fosse scollegato. «Noi riteniamo che debba esserci qualche legame, se non ci fosse, saremmo veramente al buio.» «Questa mattina ho parlato con il medico legale, hanno fatto la radiografia della West e le hanno trovato un proiettile in testa. Lo sapeva?» riferì un altro. «Oggi non ho ancora parlato con il medico legale», ammise Lucas. «Una pallottola utile?» «Era quasi tutta dentro, per cui se si tratta dello stesso tipo che ha ucciso i Sorrell, si potrà fare un raffronto.» «Bene. Sentite, desidero che andiate a fare domande a tutti quelli che conoscete. Non parlo di interrogatori, ponete solo domande. Stava accadendo qualcosa di strano a Broderick? Qualcosa di segreto nell'officina di Calb? Se sentite qualcosa, qualsiasi cosa da chiunque, che vi pare concreta, telefonatemi. Il centralino ha il mio numero di cellulare.» «E voi che fate?» domandò qualcuno. «Aspettate che vi chiamiamo?» «Riprenderemo a girare per Broderick. È arrivata anche l'FBI, si vocifera di una seconda vittima di rapimento e posso dirvi che è più che probabile che ci fossero almeno due ragazzine, non solo una. Per cui... chiedete in giro. E poi fatemi sapere.» Prima di andarsene, Lucas chiese a un'addetta al centralino se vi fosse un locale dove mangiare qualcosa che non fosse il Bird. Lei consigliò loro di provare il Logan's Fancy Meats, due strade più avanti, svoltato l'angolo, sulla destra. Decisero di provarlo e trovarono un uomo magro dalla parlata lenta dietro il bancone della carne. Portava occhiali con montatura in plastica nera da falco, del tipo che portano gli scrittori di New York, e stava leggendo una raccolta di poesie: The best-loved poems of Jaqueline Kennedy Onassis. Appoggiò il libro e sospirò. «Cosa posso fare per voi, signori?» «Sono belle quelle poesie?» domandò Lucas. Le sopracciglia dell'uomo smilzo si arcuarono in un'espressione scettica. «Lei legge poesie?» «Sì», rispose Lucas. «Ho visto il libro, ma non ho ancora trovato il tem-
po per sfogliarlo.» «È molto buono. Conosce Kubla Khan di Coleridge?» «Naturalmente», rispose Lucas. «Forse il poema con l'esordio più bello. È meraviglioso.» Senza che nessuno lo sollecitasse, l'uomo sollevò il libro e lesse: «Kubla Khan fece in Xanadu un duomo di delizia fabbricare, dove Alfeo, sacro fiume, verso un mare...» Quando terminò di leggere, gli occhi sognanti dietro gli occhiali scuri, Lucas e Del strisciarono i piedi, come farebbero dei poliziotti sorpresi ad ascoltare poesie. «Potrei avere un panino con prosciutto?» chiese Del schiarendosi la gola. Uscirono con due grossi sandwich di pane di segale, prosciutto per Del e pollo per Lucas, più due bottiglie di cream soda e mangiarono in macchina mentre tornavano a Broderick. «Battiamo di nuovo il luogo?» chiese Del. «No, le cose sono cambiate dall'incendio. Questa volta cerchiamo di farli parlare spaventandoli... ci fosse qualcosa di cui vale la pena di parlare.» Senza rifletterci, Lucas si diresse alla fattoria di Cash, dove almeno avrebbero potuto stare al chiuso. Mentre si fermavano, videro Cole, l'agente capo dell'FBI, uscire dalla casa. Nel cortile, dietro le auto dei federali, era parcheggiata una berlina Lexus nera. Una coppia sulla cinquantina era appena scesa dall'auto e se ne stava immobile vicino a un vicesceriffo. «Ahi-ahi», esclamò Del, mentre entravano nel cortile. «Devono essere i genitori della piccola Burke.» «Non posso pensare a una cosa peggiore, vedere il proprio figlio rapito e ucciso», commentò Lucas. «Vuoi parlare con loro?» «Tanto per sentire cosa hanno da dire.» «Bene. Vai a parlare con loro. Io non me la sento. Riprenderò a visitare tutte le case. Cercami quando hai finito.» «D'accordo. Andiamo poi da Calb? Mi sembra ci sia gente al suo garage.» Lucas guardò verso l'autostrada. Dal camino del garage usciva del fumo e cinque o sei automobili erano posteggiate nello spazio all'esterno. «Aspettiamo ancora un giorno», rispose Lucas. «Oggi ci facciamo tutto il paese e domani interroghiamo lui.»
18 Loren Singleton soffriva. Le pillole aiutavano, ma non sarebbero durate. La ferita, almeno, aveva smesso di sanguinare, ma dallo sterno all'ascella si stava estendendo un ematoma. Il foro di proiettile sembrava un'escrescenza nera, intasata di sangue rappreso. Fantasticava di andare a Fargo, comperare del fondotinta in un Wal-Mart, spalmarselo sul petto per farlo apparire normale, quindi entrare a torso nudo nello spogliatoio dei vicesceriffi. Poi pensò: Perché? Se volevano esaminargli il petto, l'avrebbero fatto, che l'avessero o no visto nello spogliatoio. Se l'avessero esaminato deliberatamente, il dipingersi il petto non sarebbe servito a nulla. Pensò di chiamare Katina Lewis, ma dopo un attimo accantonò l'idea. Si stavano innamorando, ma lei non avrebbe mai accettato l'uccisione di Martha West, per quanto necessaria fosse stata. Di fatto, avrebbe dovuto rompere con Katina, avrebbe potuto fingere di avere l'influenza per alcuni giorni, se fossero rimasti insieme, lei gli avrebbe tolto la camicia anche troppo presto. Un idea insopportabile, intollerabile. Doveva fare qualcosa. Qualcosa per sistemare tutto. Qualcosa che avrebbe risolto la faccenda. Quel Davenport, alla riunione dei vicesceriffi, aveva chiesto di ficcanasare in giro. Se tutti avessero parlato con tutti, alla fine avrebbero scoperto che l'amicizia tra Loren Singleton e quelli di Kansas City era stata più intima di quanto sarebbe loro piaciuto. Se qualcuno li avesse visti qui e qualcun altro là, e se avessero messo insieme questo con ciò che sapeva Katina, e ciò che sapeva Gene Calb... Era questo il guaio con i piccoli paesi: troppe persone conoscevano i tuoi affari, conoscevano la tua vita. Alla fine telefonò a sua madre. Margery sedeva al tavolo della cucina, la testa tra le mani. «Pezzo di cretino. Sei un pezzo di cretino. A cosa stavi pensando? Ora verranno a indagare qui. Quando i Sorrell sono stati uccisi, poteva essere stato chiunque da qualsiasi luogo. Da Kansas City. Ora... sei sicuro che la ragazzina non ti abbia riconosciuto?» «Sono ancora qui», rispose Singleton. «E anche tu». «Cosa vorresti dire?» Non gli si era rivolta gridando, quella domanda
l'aveva ringhiata. «Voglio dire, abbiamo bisogno di una via di scampo.» Lei lo fissò per alcuni secondi. «C'è una sola via di scampo. Dobbiamo consegnare loro un altro colpevole.» «Chi?» «Se ti guardano, con quel foro nel petto... se soltanto sospettassero, tutto quello che dovrebbero dire è: 'togliti la camicia'. Tutto qui. E allora sei finito.» «Lo so», ammise lui con tono depresso. Si toccò il petto e gli occhi gli si riempirono di lacrime. «Mio Dio, fa un male cane.» «Non so perché ti sto aiutando», sbottò lei. «Dovrei andarmene a lavorare, dimenticare tutto.» «Scopriranno cosa è successo. Finirai in prigione con me.» «Chi andrà a dirglielo?» Silenzio. «Io. Sei stata tu a tirarmi dentro, tu... strega. Eri tu quella che riteneva Jane tanto meravigliosa, tu quella che considerava Deon tanto furbo, tu quella che ha pensato di rapire le bambine, per l'amor di Dio. Io non sto penzolando da un albero per quello. Non sto penzolando per le bambine. Li porterò dove sono i corpi, loro li tireranno fuori e sai cosa scopriranno? Scopriranno tutte quelle schifezze della casa di riposo che hai iniettato loro, ecco cosa scopriranno.» Altro silenzio. Un intero minuto di silenzio, le serrature che si chiudevano di nuovo, proprio come quando vivevano insieme tanti anni fa, con serrature a tutte le porte. «Devi fare ciò che ti dico.» «Se avrà un fottuto senso.» Altre lacrime. «Maledizione, quanto soffro.» Lei gli spiegò cosa fare e Singleton se ne andò, barcollando, a letto, tirandosi i capelli. La testa gli bruciava, non per la ferita, ma per ciò che aveva detto sua madre. Una volta sdraiato a faccia in giù, s'addormentò. Si svegliò di tanto in tanto, solo per vedere Margery in soggiorno, che guardava la televisione, che lo osservava. Mamma. Alla fine, sul tardi quel pomeriggio, si costrinse a scendere dal letto, si lavò i denti e le mani, tornò in camera, aprì l'ultimo cassetto in basso e trovò la piccola semiautomatica calibro 380. La controllò e l'infilò in tasca. E ora un tubo. Lo scantinato era piccolo, umido, buio: un buco, in realtà, per la caldaia
e l'impianto di riscaldamento e alcune migliaia di ragni, grilli, formiche e topi. Singleton scese con prudenza i gradini in legno, tirò la corda della lampadina sopra la testa, frugò in una rastrelliera piena di cose vecchie e infine trovò ciò che stava cercando. Tubi di piombo. Era difficile trovarne. Resi illegali da decine di anni, quando se ne aveva bisogno si faceva fatica a reperirli. Se si voleva colpire qualcuno in testa, ci si ritrovava con tubi di ferro o rame, troppo duri per un buon lavoro. Con il rame o il ferro si rompeva la pelle, mentre un colpo ben assestato con un tubo di piombo era letale, senza sangue. Era proprio fortunato ad averne uno, pensò. Lo portò di sopra, girellò per la cucina picchiandosi il palmo della mano con il tubo, quindi si diresse nel soggiorno. «Andiamo», decise. Margery si alzò dalla La-Z-Boy. «Farai bene a non combinare guai, pezzo di cretino. Se non lo farai bene, moriremo.» «Lo so.» «Allora indossa qualcosa di diverso. Si presume che tu sappia come funzionano le cose, ma devi metterti qualcos'altro.» Singleton prese un vecchio giaccone blu scuro di nylon che non indossava da anni, guanti pesanti e un paio di stivali. Quando si chinò per allacciare gli stivali, il dolore al petto divampò improvviso e restò senza fiato ed emise uno stridulo: «Aaah!» «Stupido che non sei altro», esclamò Margery. Katina aveva salutato Ruth, poi era andata come al solito a visitare una decina di donne anziane che vivevano nei paesini dall'altra parte della campagna, donne che avevano bisogno di cibo, di medicine e di compagnia. Katina andava da loro tre volte alla settimana, quando non toccava a lei fare un viaggio. Queste sue visite non solo creavano una migliore copertura per il gruppo, pensò, ma le piacevano, e così faceva anche del bene. Tornando in città mezz'ora dopo il calare del buio, si trovò a sud di Armstrong. Decise di passare dalla casa di Loren, casomai fosse ancora sveglio. La casa era buia, ma lei andò a guardare dentro il garage. Le sue automobili erano tutte lì, per cui andò a bussare alla porta, attese e bussò di nuovo. Nessuna risposta. Mh-mh. Quando andava da qualche parte, di solito ci andava in macchina, a Loren non piaceva camminare. Eppure non rispondeva alla porta. Per un attimo, la cosa le parve sinistra. E se quell'assassino...
No. C'erano risposte migliori di quella. Si alzò in punta di piedi e cercò di sbirciare dentro, ma non c'era nulla da vedere. Dopo un minuto o poco più, tornò alla sua auto. L'avrebbe chiamato più tardi, pensò, mentre si dirigeva alla chiesa. Nella chiesa erano rimaste solo due donne, oltre a Ruth e, a quanto pareva, quelle due erano uscite. Non c'era in programma alcun viaggio e quelle due avevano fatto visite in campagna come lei. Accese la luce e trovò un appunto sul tavolo della cucina: 17:20. ANDATA A CENA AL RED RED ROBIN. PAGA LUCY. SE TORNI PER LE 18, RAGGIUNGICI. Controllò l'ora. Erano le cinque e mezzo. Erano uscite solo da dieci minuti. Un pasto al ristorante non le sarebbe dispiaciuto, pensò. Tornò all'auto, notò che l'officina di Calb era buia e ripartì verso Armstrong. Nella casa di Calb le luci erano accese, come nella maggior parte delle case che costeggiavano la corta strada. Singleton e sua madre restarono nell'oscurità quanto più a lungo fu loro possibile senza apparire furtivi. Passarono alcune macchine e loro si chinarono dietro gli alberi lungo il marciapiede. Singleton sì mise a frugare nella suola dello stivale, cercando di sembrare intento a fare qualcosa, se qualcuno avesse guardato dalla finestra da una delle case, anche se, con i giacconi tirati sul viso, era impossibile che qualcuno li riconoscesse. Ci avevano messo dieci minuti per raggiungere a piedi la casa di Calb e, nel frattempo, il dolore era scemato, come dopo avere preso la prima compressa. La sua mente, invece, era un po' sconnessa, nebulosa. Non avrebbe avuto problemi con Gloria Calb, ma con Gene avrebbe dovuto essere scaltro. Raggiunta la casa di Calb, Margery disse. «Bussiamo alla porta sul retro, dove non ci sarà la luce della veranda.» «D'accordo.» Era come un robot che prendeva ordini. Non poteva immaginare che Gloria diffidasse di lui, sapeva cosa faceva per Gene. Percorsero il vialetto d'accesso, entrarono dal cancello dello steccato tra la casa e il garage e si portarono sul retro. Bussò dolcemente. Bussò di nuovo, sentì qualcuno camminare all'interno. Bussò una terza volta. Gloria Calb si avvicinò alla porta e guardò fuori dalla finestra e lui spostò il cappuccio del giaccone. Quando lei vide la sua faccia, aprì la porta. «Loren, che c'è?» «Gene è già rientrato?»
«No. Sto preparando la cena.» «Dovevo incontrarlo qui. Abbiamo un grosso problema. La polizia di stato ha indetto una riunione questo pomeriggio... Posso entrare? Gene pensava che sarebbe stato a casa a quest'ora.» Lei era troppo cortese per non invitarlo a entrare, anche se avesse avuto un ripensamento. «Certo, scusami, entra. Di solito Gene è a casa a quest'ora...» Lui si chiuse la porta alle spalle e lei si voltò per fargli strada attraverso la cucina. Lui aveva il tubo in mano e la sua testa era proprio lì, come una palla da baseball congelata nello spazio, e notò i capelli pepe e sale sfiorale il piccolo orecchio rosa. Singleton la colpì dietro l'orecchio con il tubo di piombo. Un forte rumore sordo e Singleton sentì il morbido tubo sformarsi attorno al cranio di Gloria Calb. La donna emise un debole «ahhh», e cadde a terra. Cercò di alzarsi, ancora viva. Margery, che aveva aspettato lungo il fianco della casa, entrò e si acquattò accanto a lei. «È viva», osservò. «Dammi quel dannato tubo, pezzo di cretino.» Singleton le porse il tubo e Margery si mise a cavalcioni sulla Calb, si chinò e la colpì altre cinque o sei volte sulla testa, con forza, come se stesse frantumando delle pietre con un martello. Con ogni probabilità, il secondo o terzo colpo l'avevano già uccisa, gli altri furono solo per sicurezza. C'era del sangue e Singleton estrasse dalla tasca uno dei sacchetti di plastica, glielo porse e lei sollevò la testa della donna per i capelli e la infilò nel sacchetto. Sul pavimento della cucina c'era una macchia di sangue. Margery trovò un detergente sotto il lavello e pulì la macchia con un paio di tovaglioli di carta. I tovaglioli finirono nel sacchetto sopra la testa di Gloria Calb, poi insieme trascinarono il corpo lungo il corridoio e lo appoggiarono a una parete, in una posizione accasciata, mezzo seduta. Margery si strofinò le mani come per pulirle. «Bene. E uno. Dammi quella piccola pistola, non si sa mai. Gene è grande e grosso e tu sei ferito». Ansimava. Singleton entrò nel soggiorno, accese una lampada, quindi quella in corridoio che portava di sopra, così che Calb, rientrando, avrebbe visto una finestra illuminata al piano superiore. Voleva che l'uomo pensasse che la moglie era di sopra.
Lo spiegò alla madre e lei scosse la testa come se fosse tutto un tremendo errore. Si girò per andare a spegnere le luci, ma lei lo fermò. «No, no, lascia stare. Mettiti in posizione», disse Margery. «Oh, merda!» aggiunse battendosi la fronte. «Che c'è?» «Devo fare una telefonata... Tu mettiti in posizione.» Se Calb si fosse infilato direttamente nel garage, come faceva sempre, sarebbe poi entrato in cucina per la porta posteriore. Singleton attraversò la cucina mezzo illuminata e guardò fuori da una finestra laterale. Le luci nel garage si sarebbero accese, appena Calb avesse premuto il telecomando. Ancora niente. Sentiva sua madre mormorare al telefono in una stanza sul davanti. Di che si trattava? Un problema alla casa di riposo? Singleton si appoggiò alla parete e, per la prima volta in cinque minuti, sentì il dolore al petto. Non troppo forte, al momento. Non troppo forte, ma il petto sembrava bagnato. Infilò una mano dentro la camicia, tastò la ferita, sentì una certa umidità e tirò fuori il dito. Sangue. Maledizione, la ferita si era aperta. Doveva trovare qualcuno che la sistemasse, e presto. Dio solo sapeva cosa stava combinando dentro di lui la pallottola di piombo. Forse lo stava avvelenando. Questo pensiero lo fece correre al lavandino, dove si lavò le mani di nuovo e le asciugò con cura con tovaglioli di carta che poi si mise in tasca... DNA. Sua madre rientrò nella cucina. «Che stai facendo?» «Sto sanguinando di nuovo», rispose. «Non ne morirai», borbottò lei. «Ho visto di peggio.» Girò la testa e annusò. «C'è qualcosa nel forno?» Si avvicinò al forno e guardò nell'oblò. «Sembra un pasticcio.» «Braciole di maiale», disse Singleton, indicando con un cenno della testa la credenza, sulla quale vi erano tre spesse braciole di maiale. Una delle piastre del fornello era incandescente. «Spegni il fornello», ordinò. Margery lasciò acceso il fornello, ma vi pose sopra un pentolino, oscurando il colore arancione. Niente male, pensò Singleton: il gorgoglio del pentolino annullò il silenzio. «Meglio tornare nell'atrio», disse. «Gene non manca mai alla cena.» Calb arrivò, mentre Singleton pronunciava quelle parole. Margery sgattaiolò nell'atrio, mentre i fari illuminavano il fianco della casa e il vialetto d'accesso. Nel garage si accesero le luci. «È solo», disse Singleton ad alta
voce. Si schiacciò contro la parete della cucina accanto alla porta d'entrata. La porta del garage si aprì, si chiuse, e un attimo dopo Calb raggiunse la porta sul retro e batté i piedi sullo stuoino. «Gloria?» Chiuse la porta esterna ed entrò in cucina, chinato in avanti, cercando a tastoni l'interruttore. «Gloria?» Singleton lo colpì sulla calotta cranica e lui cadde sulle ginocchia. Sorridendo, lo colpì di nuovo e Calb, sempre inginocchiato, alzò una mano, girò la faccia e disse, «automobili», o qualcosa di simile e Smgleton lo colpì tra gli occhi e, questa volta, Calb stramazzò. Margery si avvicinò, prese il tubo, s'accucciò e cominciò a picchiarlo come aveva fatto con Gloria, sollevando e affondando il tubo una volta, due, tre, quattro, cinque... Ansimando, si raddrizzò, una luce nei suoi occhi da serpente a sonagli. Quante volte l'aveva colpito? si chiese Singleton. Non ne aveva idea, ma Calb era morto, decisamente morto, la testa simile a un sacchetto di frammenti d'ossa. «Quello l'ha finito», disse la vecchia signora con soddisfazione. «Hai mai ucciso qualcuno al lavoro? I vecchi che non ti piacevano?» Gli occhi da serpente a sonagli scivolarono via. «Di che stai parlando? Mettiamoci al lavoro. Pezzo di cretino.» Singleton guardò Calb e improvvisamente ricominciò a piangere. Sua madre borbottò qualcosa e si recò nel soggiorno, e Singleton si asciugò gli occhi sulla manica e tirò fuori un sacchetto di plastica e vi infilò la testa di Calb. Prese poi un tovagliolo di carta e il detergente universale 409, pulì la macchia di sangue sul pavimento, mise il tovagliolo nel sacchetto, chiamò sua madre e insieme trascinarono Calb nell'atrio e lo lasciarono lì, vicino alla moglie. Tornati in cucina, Margery si girò verso il fornello dove il pasticcio stava ancora cuocendo e schioccò le labbra: «Mmm che profumino», esclamò. Margery gli fece lavare di nuovo il pavimento; mentre era intento a pulire e lei era tornata nel soggiorno, «per controllare la situazione», aveva detto, squillò il campanello. Lui era carponi e udì la porta aprirsi e sua madre dire: «Entra». «Dove sono Loren e Gene?» Singleton riconobbe quella voce, spalancò gli occhi, si raddrizzò e gridò: «Katina?» In quello stesso momento sentì la porta chiudersi e ricordò di avere dato
a Margery la sua calibro 380; fece un passo verso la porta con lo straccio in mano e vide Katina fissarlo, un'espressione interrogativa sul viso, e Margery alle sue spalle, l'arma puntata alla testa di Katina e lui gridò: «No...» Bang! Katina cadde. Gli occhi ruotarono e lei cadde sulla faccia e neppure si contrasse e Singleton urlò qualcosa alla madre e si mosse verso di lei e lei gli spianò la pistola contro. «Stai lontano da me, stai lontano...» gridò. Tutto era chiuso a chiave. Poi Margery disse, tranquillamente: «Dobbiamo completare l'opera insieme. Lei doveva morire, in qualsiasi modo avessi cercato di spiegarle la situazione, l'avresti insospettita. Ora, vuoi aiutarmi o vuoi che ammazzi anche te?» La pistola non vacillò un solo istante. «Dannazione, che buon profumo», esclamò Margery. Ci aveva messo un po', ma Singleton non le avrebbe fatto del male. Non ora o, meglio, non ancora. Aveva cominciato a riflettere. Aprì il forno, prese un paio di guanti da un gancio accanto al fornello e tirò fuori la casseruola. Accese la piastra, prese una padella e vi mise dentro le braciole di maiale. Trovò piatti e scodelle e posate d'argento, rovesciò nelle scodelle il pasticcio di maccheroni con formaggio, rosolò le braciole e le fece scivolare su un piatto da portata. «Perbacco, che buono», commentò Margery. Rimasero seduti nella cucina semibuia e discussero la mossa successiva. Il petto gli doleva. Finirono di mangiare, lavarono i piatti e li riposero, gettarono gli avanzi del cibo nelle immondizie e cominciarono a rovistare per la casa. Due valigie, vestiti, scarpe, gioielli, la borsetta di Gloria Calb, cosmetici, alcune fotografie, ne presero due da delle cornici. Gettarono il tutto nelle valigie e le trascinarono alla Suburban di Calb. Mentre attraversavano la casa, raccogliendo le cose che i Calb avrebbe portato con loro all'inferno, frugarono dappertutto, alla ricerca di soldi. Se Calb avesse lasciato dei soldi in casa, spiegò Margery, e i poliziotti li avessero trovati, tutto poteva andare a pallino. Non trovarono nulla, a parte due chiavi di casette di sicurezza di una banca di Fargo. Margery le infilò nella borsetta.
Poi i corpi. Portarono Gene e Gloria Calb, il più velocemente possibile, alla Suburban, ma Calb era pesante e Singleton dovette trascinarlo. Lo sforzo quasi lo uccise e Margery non gli fu di alcun aiuto. A Singleton sembrò che il petto stesse per spaccarsi, e non era ancora arrivato alla parte più dura della serata. Katina, morendo, si era liberata sul tappeto. La portarono al piano di sopra, presero una sedia dalla camera da letto, aprirono la botola che portava nel vano di isolamento del tetto e spinsero il corpo attraverso l'apertura. Lei indossava un maglione e Singleton tirò con attenzione il maglione sopra un punto scabro della struttura attorno al portello, strappando così alcuni fili di lana. Tornarono dabbasso. Ho dimenticato qualcosa, pensò. Sto male. Aveva bisogno di un'altra pillola, ecco di cosa aveva bisogno. Cristo, poteva essere troppo... Che stava dimenticando? Ripercorse tutta la scena e ricordò il proiettile della calibro 380. Lo trovò in cucina, lo portò fuori, lo fece passare tra le dita di Gene Calb e si accertò di avere impresso una buona impronta sulla pallottola, come ci sarebbe stata se Gene avesse infilato il proiettile nel caricatore. Riportò il proiettile in cucina e lo gettò a terra. Sua madre ebbe un'ultima idea. Gene aveva un ufficio in casa... Sfogliarono il suo Rolodex e trovarono il numero di telefono di Davis a Kansas City. Lui compose il numero. «Pronto?» rispose una donna. «Mi chiamo Carl. Ci stiamo rivolgendo agli abitanti di Kansas City per una donazione all'associazione di polizia dello stato del Missouri, che appoggia i funzionari di polizia di stato, della contea e municipali...» «Abbiamo già dato», borbottò la voce. «Nei nostri registri non è annotato il vostro nome», ribatté Singleton. «Riteniamo che le nostre forze di polizia...» Prolungò la conversazione per altri dieci secondi, finché la donna, sempre più adirata, lo interruppe: «Basta», e sbatté giù il ricevitore. Sarebbe rimasta la registrazione di una telefonata fatta da Calb a Shawn Davis, a Kansas City, appena prima di scomparire. Niente male. Nel garage prese una pala, poi salirono sull'auto di Calb. Ancora tre ore e avrebbe ripreso servizio. Aveva bisogno di un'altra pasticca. Accidenti, quelle braciole di maiale erano veramente buone, pensò men-
tre uscivano a marcia indietro dal vialetto. E poi: Katina. «Stai attento alla cassetta della posta, pezzo di cretino», gridò Margery. Il resto della serata sembrava uscito direttamente da un film dell'orrore. Arrivato a casa, Singleton soffriva tanto da riuscire a malapena a respirare. Si tolse il giaccone, si sfilò l'interno in lana e vide una macchia di sangue larga almeno sette centimetri sulla camicia. Si tolse la camicia e la canottiera insanguinata, toccò la ferita e trasalì. La crosta sopra il foro si era aperta e, quando la toccò, il dolore si diffuse per la gabbia toracica fin quasi alla spina dorsale. A questa velocità, ben presto il braccio sarebbe diventato inutilizzabile. Guardandosi nello specchio del bagno, si mise a singhiozzare. Katina. Cosa le era successo? Era in paradiso? Lo stava guardando dall'alto, sapendo ciò che aveva fatto? Si puntellò al lavandino con entrambe le mani, chinò la testa e cercò di piangere, qualcosa di più di quei singhiozzi ansanti... niente. Dopo un attimo si riprese e tornò a esaminare la ferita. Bisognava fare qualcosa. Manipolò con cautela la pelle illividita con le dita, schiacciandola, come un foruncolo, lottando contro il male. Al punto d'entrata pelle e grasso non erano tanto spessi e pensò, immaginò, di avere sentito come un grumo che non si era mosso. Dolore. Non poteva comunque farci niente. Nel cassettone trovò il necessaire da cucito, prese un ago, fece scorrere l'acqua calda per un attimo, poi, usando la cruna, esplorò il foro di proiettile. Esplorare gli fece male, ma non tanto quanto schiacciare la ferita. Trattenendo il fiato, mosse l'ago, poi lo spinse un pochino in giù, lo spostò di qua e di là, gli parve quasi di avere spostato un muscolo e colpì qualcosa di duro. Non era un osso. Mosse l'ago con grande attenzione, cercando di capire le caratteristiche della massa. Trovò i margini. «Eccolo», borbottò. Trovò ciò che ritenne fosse il centro della pallottola e premette. Un leggero dolore, ma la massa non si spostò. Trovò il bordo e vi esplorò attorno. Dalla ferita sgorgava ora del sangue più brillante, senza dubbio dai capillari appena forati, che rendeva più complessa l'esplorazione, più scivolosa la massa. Continuò per un po'; stava sudando per il dolore, che però era sopportabile. Dopo un minuto, estrasse l'ago e lo esaminò. Il proiettile, pensò, si era incastrato in una costola, non l'aveva trapassata, ma vi era penetrato. Ogni volta che respirava o si piegava, il movimento veniva trasmesso attraverso la gabbia toracica, ed era questo che gli procurava gli spasmi di dolore. Ri-
fletté sul problema, poi si infilò una felpa e andò in garage. Se non avesse avuto l'attrezzo adatto a quell'operazione, non ci avrebbe mai provato. Aveva però lo strumento giusto, o ciò che tale gli pareva, nella scatola degli attrezzi: un paio di minuscole pinze a punte sottilissime che usava per lavori elettrici sulle auto. Avrebbe fatto un male tremendo. Ma se avesse funzionato... Rientrò in casa con le pinze, prese due pillole, strofinò le pinze con sapone antibatterico, quindi, non ancora soddisfatto, le buttò in una casseruola, le coprì d'acqua e le mise sul fornello. Le fece bollire per alcuni minuti, le raffreddò sorto l'acqua, mentre aspettava che le pillole facessero effetto. Lanciò un'occhiata all'orologio: quarantacinque minuti prima di entrare in servizio. Si poteva fare. Lo fece seduto al tavolo della cucina. Esplorò la massa con l'ago, quindi spinse lentamente le pinze fino a che non la toccò. Le pillole avevano attutito il dolore, ma quello che stava facendo faceva un male cane. La mano destra, quella che teneva le pinze, cominciò a tremare, la bloccò con la sinistra e si appoggiò al tavolo, puntellandosi. Con la destra, ora ben ferma, allargò lentamente le pinze, le spinse lungo la massa o almeno così gli sembrò di fare, la mano aveva ricominciato a tremare, e le strinse. Il dolore divampò in tutto il corpo. Forse ho pizzicato la carne, pensò. Strinse... e l'afferrò. Lentamente e saldamente. La tenne stretta, tirò, tirò... pizzicò della carne, ma poi, d'improvviso, sentì la massa staccarsi. La tenne stretta, tirò, tirò... E la tirò fuori. Emerse come una piccola larva grigia, viscida di sangue, un proiettile calibro 22 grande come un pisello. Il sangue sgorgò di nuovo, ma ora tutto era diverso. Il dolore era cambiato, prima aveva un che di brutto, di corrosivo, ora faceva soltanto male. Questo poteva sopportarlo. Barcollò fino in bagno e si guardò allo specchio. Il viso sembrava più stretto, più aguzzo, tipo lupo; e bianco, per il dolore, e le rughe sulla fronte più profonde. Ora però poteva toccarsi il petto senza trasalire. Poteva manipolare la zona ferita senza quell'arco di dolore. Assunse due compresse di penicillina e un antidolorifico, poi controllò l'ora. Doveva muoversi. Si sistemò con compresse di garza e nastro adesivo, mise nella lavatrice la camicia, la canottiera e la felpa insanguinate, versò una mezza tazza di Tide liquido e la fece partire. Indossò la divisa.
Tutto fatto o quasi, pensò, mentre si abbottonava la camicia. C'era ancora Letty West, ma se stavano indagando nella discarica, l'avrebbe saputo e finora non lo stavano facendo. Forse la ragazzina non lo sapeva. Forse aveva rischiato per niente. Aveva tutta la notte per rifletterci. E per riflettere sulla pallottola. Quella pallottola gli dava un senso di realizzazione. Che storia. Un giorno forse avrebbe potuto raccontarla. Quella fu la notte più lunga nella vita di Singleton, e, come la maggior parte delle notti della sua vita, non accadde nulla. Attraversò avanti e indietro la città, il suo solito percorso, quindi si diresse fuori città, passando per una serie di villaggi tipici della contea di Custer, facendosi vedere per soddisfare lo sceriffo. Cercò di pensare a Katina, ma dove una volta c'era Katina, ora c'era solo una grande e scura scatola. Cercò di concentrarsi sul suo viso, ma non gli pervenne alcuna immagine. Provò allora a pensare a ciò che poteva succedere nei giorni successivi e non gli venne in mente nulla. Alle sette timbrò il cartellino, andò a casa e crollò, completamente vestito sul letto, insensibile, finché non squillò il telefono. 19 Erano impantanati. Avevano passato il giorno precedente in giro per Broderick, a parlare con casalinghe e dipendenti di Calb, senza arrivare da nessuna parte. Il discorso che aveva tenuto ai vicesceriffi non aveva prodotto niente e Lucas cominciava a chiedersi, se sarebbe stato capace di ideare un modo per incastrare il killer. Il problema era la mancanza di esche. C'era Letty, ma non poteva usarla. Avrebbe potuto servirsi di lei, se fosse stata una stupida cinquantenne che si era cacciata da sola nei guai, ma non un'innocente adolescente. Si preoccupò di essersi anche solo preso la briga di prendere m considerazione i motivi per non servirsi di lei... Seduto sul letto nel Motel 6, leggeva un articolo dello Star Tribune sull'attacco a casa West, in attesa che Del bussasse. La televisione era sintonizzata sul canale meteorologico, perché avevano sentito dal portiere di notte che stava per nevicare. Quando, dopo essersi alzato, aveva guardato
dalla finestra, aveva visto alcuni grossi fiocchi volteggiare in aria, ma nulla di serio. Stava leggendo per la seconda volta l'articolo sull'incendio, quando squillò il telefono in camera. «Sono Ruth Lewis. Ha chiamato lo sceriffo. Domani seppelliranno Martha West e io accompagnerò in città Letty. Volevo farglielo sapere, lo sceriffo ha detto che forniranno agenti di sicurezza al funerale.» «Può viaggiare?» «Sua moglie, che è il medico responsabile dell'ospedalizzazione, ha detto che Letty dovrà tornare tra una settimana, ma che domani potrà viaggiare.» «Qualcuno si è preoccupato di trovarle un posto dove stare?» «Sì. Starà con me. Ho un sacco di stanze ora, e andiamo d'accordo.» «Bene. Vorrei aver saputo del funerale. Avrei cercato di rimandarlo di un paio di giorni.» «Non ne so niente», replicò Ruth. «Lo sceriffo ha detto che tutto era stato fissato... e questo è ciò che so.» «Venga a trovarmi quando arriva. Abbiamo altre cose di cui parlare.» «Forse.» «Ci occupiamo di Calb?» chiese Del entrando. «Non ho nient'altro», ammise Lucas. Montarono in macchina e partirono per Broderick, attraverso il paesaggio grigio, diretti al locale della Wolf, che offriva frittelle commestibili. La nevicata si era fatta più fitta e una stazione radio del North Dakota disse che entro sera sarebbero caduti da dieci a quindici centimetri di neve. All'esterno della casa di Cash c'erano ancora le automobili della Scientifica del BCA, dell'FBI e almeno una di un vicesceriffo, pensò Lucas. Il caffè era tranquillo, solo due clienti, entrambi appollaiati su sgabelli al bancone del bar, uno che diceva alla Wolf di voler andare a Palm Springs, l'altro che mangiava una fetta di torta di ciliegie, beveva caffè e origliava. Lucas e Del si sedettero nel séparé più lontano per poter parlare indisturbati. Attraverso la vetrina vedevano la carrozzeria di Calb e gente che andava e veniva. «Odio aspettare», sbuffò Del. «Stiamo aspettando che qualcun altro venga ucciso per avere qualcosa di più su cui lavorare.» «Sapremmo cosa stiamo facendo, se riuscissimo a capire perché stava cercando Letty. Amesso che stava veramente dando la caccia a Letty. Questo è ciò che supponiamo, ma se cercava Martha? Pensiamo fosse Letty
perché siamo stati in sua compagnia.» «No, no. Pensiamo fosse Letty, perché, dopo avere ucciso Martha, l'ha inseguita», ribatté il collega. «Ha cercato di stanarla, dopo avere ucciso la madre. Letty ha detto che sua madre le gridava di scappare... Martha si è soltanto trovata in mezzo.» Lucas annuì. «D'accordo. Ma cosa sa Letty da rendere necessario ucciderla? Deve sapere qualcosa.» «Forse non sa di sapere», osservò Del. «Parleremo con lei domani. Continuo a ripensare alla tua teoria sull'impossibilità che esistano due grossi crimini in un villaggio senza che, in qualche modo, siano collegati tra loro», disse Lucas. «Abbiamo due crimini separati, il traffico di droga e i rapimenti, e non mi sembra siano collegati.» «Sarà un'eccezione», replicò Del. «Ma...» Si fregò il mento, centellinò il suo caffè. «Forse dovremmo darci da fare con Ruth o con una delle altre donne e farci un quadro completo del perché siano finite qui. Perché qui? Come sono finite a lavorare per Calb? Sarà solo una coincidenza che Calb abbia quei legami con i ladri d'auto di Kansas City e queste donne...» La sua voce si affievolì e Lucas chiese: «Cosa?» «Cosa 'cosa'?» «Dove volevi andare a parare con quei ragionamenti? Perché devi avere ragione. Come hanno messo insieme tutto questo? Come sono finite da Calb qui, nel bel mezzo della prateria? Deve esserci sotto qualcosa di più.» «E questo ti rallegra?» «Ci dà qualcosa su cui riflettere», replicò Lucas. «Qualcosa cui attaccarci.» La Wolf portò loro le frittelle e, un paio di minuti dopo, mentre stavano mangiando, una Lexus nera uscì a marcia indietro dalla casa di Cash, svoltò a sud, entrò nel parcheggio e si fermò accanto alla Acura di Lucas. Dal lato del guidatore scese un uomo dai capelli bianchi e, un attimo dopo, si aprì la portiera del passeggero e uscì Jim Green, l'agente dell'FBI. Green indicò l'Acura di Lucas e disse qualcosa all'uomo canuto che risalì sulla Lexus e ne uscì con una valigetta. Entrarono nel caffè e si guardarono intorno e Lucas alzò una mano. I due uomini si infilarono nel séparé. Green fece le presentazioni. «Tom Burke, Lucas Davenport, BCA del Minnesota. Ha già conosciuto Del.»
«La squadra dell'FBI non ha trovato niente, nessuna tomba», disse Burke. «Non sappiamo, se essere sollevati o delusi.» Lucas scrollò la testa. «Ho dei documenti che Jim sostiene potrebbero interessarvi», soggiunse Burke. «Quando Annie è stata rapita, i rapitori ci hanno detto che. se avessimo contattato l'FBI o un altro organismo di polizia, l'avrebbero saputo, perché avevano una fonte all'interno dell'FBI. Ci hanno mandato questi moduli...» Tirò fuori un pacco di stampati e lo porse a Lucas. «Avevo fatto vedere questi fogli a un avvocato che aveva lavorato al dipartimento di Giustizia prima di aprire uno studio privato, e lui mi ha detto che sembravano autentici. E così abbiamo pagato, senza fare intervenire l'FBI. Mi ero sentito sciocco già allora, ma pensavo di non poter rischiare. I rapitori non si sono più fatti sentire.» Lucas fece scorrere i fogli. «Quelli non sono gli originali. Gli originali li ha l'FBI di Lincoln», precisò Burke. «Sembra materiale dell'FBI», ammise Lucas. «Chiunque li abbia fatti», s'intromise Green, «aveva un'idea sull'aspetto dei moduli, ma non precisa. I caratteri non sono perfetti, i formati non sono proprio esatti. È come se li avessero fatti a computer...» «Cash e la Warr avevano un computer...» «Vi abbiamo trovato solo giochi», precisò Green. «Non c'era neppure un word processor. Quei moduli dovrebbero essere dei memorandum all'interno di qualche unità antirapimento. Una stronzata: i rapimenti di cui parlano non sono mai avvenuti. Sono serviti, tuttavia, a convincere il signor Burke a non rivolgersi alle autorità prima di pagare il riscatto.» «Perché ai soldi non tenevamo», ammise Burke. «Un milione di dollari, in banconote non segnate da cinquanta e cento dollari con numerazione non in successione. Pensavamo che, se avessimo pagato, forse non l'avrebbero uccisa. Valeva la pena rischiare.» «Se non tenevate ai soldi», ripeté Del. «È così. Non troppo, almeno.» Sorrise brevemente, frugò nella ventiquattrore ed estrasse un altro plico di stampati. «Ho dato uno di questi a Jim. Stanno controllando le banconote che hanno trovato nella casa di Deon Cash... ho saputo che le ha trovate uno di voi due.» «È stato Del», disse Lucas. Prese il secondo plico di fogli. Erano degli stampati in formato 21,5 x 35,5 e su ciascuno erano fotocopiate parecchie banconote da cinquanta e cento dollari. «Ciò che abbiamo fatto», continuò Burke», «è stato prendere i soldi dai
casinò, banconote nuove, in mazzette di numeri sequenziali. Ogni mazzetta era composta di venti banconote. Abbiamo fotocopiato tutte quelle mazzette, ce n'erano ottocentocinquanta, e da quelle copie potete ricavare tutti i numeri. C'è il primo numero seriale e le altre diciannove banconote seguono in ordine. Le abbiamo poi mischiate, affinché non sembrassero sequenziali. Potete esaminare una qualsiasi banconota e dire se veniva dai soldi di Las Vegas.» «Una soluzione intelligente», confermò Lucas. «I soldi in casa Cash erano quelli del riscatto?» «Ancora non lo sappiamo», spiegò Green. «I soldi erano stati depositati in banca e abbiamo dovuto aspettare che aprisse questa mattina. Una cassetta di sicurezza con serratura ad apertura a tempo. In ogni caso non avevamo tanta fretta. Alla banca c'è ora un nostro agente.» «Ha mai avuto niente a che fare con Kansas City o con la famiglia Cash di Kansas City?» chiese Del a Burke. «Abbiamo case di riposo nella zona di Kansas City», rispose Burke. «Possiedo sei differenti catene di case di riposo nel Minnesota, nel Nebraska, nello Iowa, nel Kansas e nel Missouri. Ma quando Jim mi ha parlato della connessione con Kansas City... come parte delle nostre campagne di pubbliche relazioni, doniamo soldi a vari ospedali e scuole di medicina per la ricerca sulle malattie geriatriche. Un mese circa prima che Annie venisse rapita, abbiamo donato due milioni di dollari alla scuola di medicina dell'università del Missouri. I nostri addetti alle pubbliche relazioni hanno cercato di far pubblicare la notizia su tutti giornali delle località in cui abbiamo case di riposo. Ci sono riusciti benissimo, temo che quegli articoli siano stati la causa immediata del rapimento di Annie.» «Oh, santo cielo», esclamò Lucas. «Dove sono le sue case di riposo nel Minnesota?» chiese Del. «In questa zona?» «Sì, ad Armstrong, e a Red Lake Falls, Crookston, Detroit Lakes e Fergus Falls.» «Era uscito un articolo anche sul giornale di Armstrong?» «Temo proprio di sì», rispose Burke. «Devo dirvi che, se avessi scoperto chi erano, non avrei fatto quello che ha fatto il signor Sorrell, ma lo capisco. Vorrei avergli potuto stringere la mano. Ora dobbiamo catturare quest'ultimo criminale, o gli ultimi. Dobbiamo snidarli tutti.» «Stiamo facendo del nostro meglio», convenne Green. «Li prenderemo.» «Lo prenderemo», interloquì Lucas. «Si tratta di un solo uomo.»
«Come fa a saperlo?» domandò Green. «Una sensazione. È una sola persona.» Lucas guardò dalla finestra verso l'officina di Calb. Piccoli fiocchi di neve gelata stavano svolazzando dall'altra parte dell'autostrada. «Un bel freddo quassù», commentò Burke. Avevano finito di mangiare e si stavano infilando i giacconi, quando Green ricevette una telefonata sul cellulare. Erano alla porta, quando latrò: «Ehi», e fece cenno loro di tornare indietro. «I numeri combaciano. I soldi del riscatto», aggiunse Green quando si avvicinarono. Burke aveva gli occhi pieni di lacrime, ma sembrava non se ne fosse accorto. Lucas mise le carte di Burke in macchina, quindi si recarono da Calb. Nell'officina, due uomini stavano lavorando su un fuoristrada che avevano già visto, e a Lucas parve vi fossero troppe persone per una sola 4 x 4. «Calb è qui?» chiese interrompendo uno dei due. Il tipo scosse la testa. «Non riusciamo a trovarlo. Dovrebbe essere qui. Abbiamo bisogno delle chiavi dell'ufficio.» «Non riuscite a trovarlo?» «A casa non risponde. Di solito è il primo ad arrivare», aggiunse l'uomo. «Non saprei dove potrebbe essere andato.» Lucas e Del uscirono, salirono sull'Acura e partirono, il tutto di corsa. «Per favore, Signore, fa che sia al Logan's Fancy Meats.» Tornarono rapidamente in città, con Lucas che spingeva l'Acura al massimo. La neve, ora, stava scendendo copiosamente, i fiocchi più piccoli, ma spinti da un vento di nordovest. Una vera nevicata. A tre chilometri da Broderick, ottocento metri davanti a loro, un'automobile che procedeva nella loro stessa direzione, accese improvvisamente i lampeggianti rossi. «Maledetto radar», borbottò Lucas. Era Zahn, nella sua auto di pattuglia. Lucas lo superò, quindi si fermò sulla banchina, saltò fuori e, mentre Zahn sterzava, agitò il braccio. Zahn accostò e abbassò il finestrino. «Odio chiedere», starnazzò. «Nessuno riesce a trovare Calb», lo informò Lucas. «Non è al lavoro, non risponde al telefono. Siamo diretti a casa sua. Sa dove vive?» «Seguitemi», rispose Zahn. Partirono dietro di lui e Lucas lo vide parlare alla radio. «Sta chiamando lo sceriffo.»
Arrivarono nel momento in cui l'auto di un vicesceriffo si stava fermando davanti alla casa di Calb. Un vicino, dall'altra parte della strada, li osservò scendere dalle auto dalla sua finestra panoramica. «Che ne pensate?» domandò il vicesceriffo. «Bussi alla porta», rispose Lucas. Si diressero tutti alla veranda, premettero il campanello, lo sentirono squillare all'interno. Non successe niente. Lucas premette di nuovo e bussò. Del andò sul retro, guardò dentro da una finestra sulla porta posteriore, quindi tornò davanti alla casa. «Non riesco a vedere niente in cucina, credo siano semplicemente andati via.» Zahn cercò di aprire la porta del garage. La trovò aperta, guardò dentro, chiuse la porta. «Tutte e due le auto sono qui.» «Che siano andati a fare una passeggiata?», chiese Del. «Andiamo a chiedere a quel tipo», propose Lucas. Indicò, dall'altra parte della strada, il vicino alla finestra panoramica. Assieme a Del attraversò la strada e il vicino aprì la porta. Indossava una felpa blu e teneva una pipa tra i grossi denti gialli. «Non li ho visti», disse. «Che sta succedendo?» «Quando li ha visti per l'ultima volta?» Puff, puff. «Ho visto Gloria ieri sera, quando ha acceso le luci nel soggiorno. Questo è tutto.» «Non ha visto nessuno entrare o uscire?» «No. Cosa hanno combinato?» «Niente di cui io sappia», rispose Lucas. Guardarono su e giù per la strada. «Hanno degli amici nei paraggi?» Puff, puff. «I Carlson, in quella casa con la facciata in pietra... credo siano i loro migliori amici. Qui però, siamo tutti amici.» «Grazie.» Mentre si allontanavano, l'uomo soggiunse: «Quella Corolla rossa davanti alla casa. Non so a chi appartenga». La indicò con la pipa. «È rimasta lì tutta la notte.» «Davvero?» Si fermarono per dare un'occhiata nella Corolla, videro un blocco e quello che sembrava un'agenda sul sedile del passeggero e, dietro, due confezioni di cibo in scatola. «Sembra quello che distribuiscono le donne della chiesa», osservò Del. «Avevo visto una Corolla davanti alla chiesa.» «È rimasta qui tutta la notte?» Lucas provò a girare la maniglia e la porta si spalancò. Si allungò sul sedile e prese l'agenda. Sul retro della copertina
c'era scritto KATINA LEWIS. Lucas mostrò l'agenda a Del. «È quella... Ruth Lewis? O qualcun altro?» Del scrollò il capo. «Non saprei. E lei dove è?» Attraversarono la strada e parlarono con il vicesceriffo e con Zahn. «Katina... è la sorella», disse Il vicesceriffo. «Esce con uno dei nostri agenti. Loren Singleton. Passava la notte a casa sua, ma lui abita ad almeno un chilometro e mezzo da qui». «Gli telefoni», ordinò Lucas. A Zahn: «Potrebbe correre alla centrale di polizia e chiedere allo sceriffo un mandato di perquisizione? Dovrà giurare che stavamo cercando Calb per interrogarlo a proposito di un crimine... il che è vero». «Sono già per strada.» «Andiamo a parlare con i Carlson», disse Lucas a Del. Linda Carlson era una piacente quarantacinquenne dai capelli biondi, il cui marito faceva il rappresentante della State Farm. Aveva grandi occhi, leggermente all'insù, che la facevano apparire assonnata, come se fosse appena stata a letto con qualcuno. Mmm, pensò Lucas quando la vide. «Li ho chiamati ieri sera, ma non hanno risposto», spiegò lei mettendo una mano sul braccio di Lucas. Era anche una che amava toccare. «Sono rimasta sorpresa di non trovare nessuno in casa, perché avevo parlato con Gloria nel pomeriggio e non stavano progettando di andare da nessuna parte...» Indossava un maglione in angora con il collo a V, la sua mano salì lungo lo scollo finché non si fermò alla gola. «Non penserà che sia successo loro qualcosa?» mormorò. «Volevo solo contattarli», rispose Lucas. «Io ho una chiave», disse la Carlson. «Posso entrare ogni volta che...» Lucas tese le mani. «Non possiamo entrare senza un mandato di perquisizione. Se lei potesse soltanto dare un'occhiata, se ritiene che ai Calb non importi. Vogliamo solo sapere se stanno bene.» «A loro non importerebbe. Lasci che prenda il cappotto.» «Stai sbavando, maritino», gli mormorò Del. «Guardavo soltanto», replicò lui. Tornarono alla casa dei Calb. «Ho parlato con Loren», disse il vicesceriffo. «Era di servizio la notte scorsa e non ha visto la Lewis. Ha detto che credeva che sarebbe passata da lui prima di prendere servizio, ma non si è fatta vedere. Ha telefonato alla chiesa e lei non c'era.»
«Bene.» La chiave della Carlson apriva la porta sul retro. Lei entrò, mentre Lucas, Del e il vicesceriffo aspettavano sulla veranda posteriore. «Gloria? Gloria? Gene?» la sentirono chiamare. Scomparve dentro la casa, poi tornò. «Forse dovrebbe entrare», disse a Lucas. «Che c'è? Sono...» «In casa non c'è nessuno», lo informò lei. Era agitata, il viso arrossato. «Non me ne intendo di queste cose, ma Gloria è una donna di casa molto precisa... Se questo...» Condusse Lucas in un corridoio che partiva dalla cucina e indicò in basso. Sul tappeto c'era una macchia nera, grande come un piattino di carta. Né caffè, né Coca-Cola. Sembrava più denso, gommoso. Lucas si acquattò accanto alla macchia e le disse: «La prego di non toccare niente. Tenga le mani lungo i fianchi ed esca dalla porta camminando con attenzione, d'accordo?» La seguì sulla veranda e sì rivolse al vicesceriffo: «Aspetti qui fuori, d'accordo?» e a Del: «Vieni». Del lo seguì e, quando Lucas gli indicò il tappeto, si accovacciò. «Sì», disse. Poi si rialzò, entrò in cucina, strappò un pezzetto di carta da un rotolo che si trovava sul lavello, lo inumidì picchiettandolo sotto il rubinetto, quindi tornò in corridoio e toccò il punto scuro con la punta umida del tovagliolo di carta. Lo mostrò a Lucas. Il pezzo di carta si era tinto di rosso sangue diluito. «Un bel problema», disse Del. Lucas prese il cellulare, compose il numero della centrale di polizia e chiese di parlare con lo sceriffo. «Ha visto Ray Zahn?» gli chiese appena Anderson venne all'apparecchio. «È qui, stiamo elaborando il mandato.» «Senta, un'amica dei Calb che vive nella stessa strada aveva una chiave e il permesso di entrare in casa loro. È entrata, ha trovato del sangue e ci ha invitati a entrare. Non conosco gli aspetti legali, ma la vedo brutta. Abbiamo bisogno di quel mandato ora, prima di iniziare a mettere sottosopra la casa. Ne abbiamo bisogno adesso.» «Dieci minuti», promise. «Lo porterò io stesso.» Lucas chiamò poi Green, l'agente dell'FBI, e lo informò del sangue. «Per favore, mandi quaggiù la Scientifica. Forse c'è da esaminare un'altra scena del crimine.» «Immediatamente.»
«Vieni qui», lo chiamò Del quando Lucas finì di telefonare. Era acquattato in un angolo della cucina e Lucas gli si avvicinò. Contro il battiscopa vi era il proiettile di una pistola. «Una calibro 380», dichiarò Del. «Già. Maledizione. Senti, facciamo un'ispezione. Siamo d'accordo su quello... il sangue è ancora fresco. Un rapido giro della casa.» La casa era grande, ma la prima ispezione la fecero in cinque minuti. Nessun cadavere, ma la casa era a soqquadro. «Gli armadi sono stati mezzo svuotati», osservò Del. «Manca un sacco di roba, e avevano fretta.» «Di chi sarà quel sangue, se i Calb stavano fuggendo?» «Come sono fuggiti, se le loro automobili sono ancora nel garage?» «In taxi all'aeroporto?» «Hanno un servizio taxi qui? Ci sono aeroplani che li potrebbero portare ovunque?» «Merda, non lo so.» Si stavano aggredendo a parole, spinti dalla pressione. Tre persone scomparse, i Calb e la donna della chiesa, Katina Lewis. «Dove diavolo è lo sceriffo?» Anderson arrivò dieci minuti dopo. «Non riuscivo a trovare il giudice. Era in tribunale, ma nell'ufficio dell'ispettore, a dire stronzate. Ci hanno messo un sacco a rintracciarlo.» «Allora possiamo ficcanasare?» «Cominciate pure. Avete bisogno di altra gente?» «Non so», rispose Lucas. «Gli agenti della Scientifica del BCA stanno venendo qui da Broderick. Ci saranno forse i federali con loro... Per prima cosa dobbiamo scoprire se i Calb sono veramente fuggiti.» «Dov'è il sangue?» Lucas glielo mostrò e Anderson scrollò il capo. «Un sacco di sangue.» «Ma di chi è?» domandò Lucas. Dopo avere ispezionato rapidamente la casa, andarono a controllare le auto. I motori erano freddi, per cui non erano state usate nelle ultime ore. All'interno non trovarono nulla di utile. Arrivò l'agente capo della Scientifica con uno dei suoi subordinati e, con Del e Lucas alle calcagna, iniziarono dallo scantinato e lentamente arrivarono fino in cima alla casa. Il subordinato notò i fili di lana sulla botola che
portava allo spazio sotto la gronda. «Non potrebbero essere lì da sempre», disse. «Se erano di fretta, che facevano lassù?» «Nascondevano qualcosa?» suggerì Del. Presero una sedia, vi misero sopra uno sgabello e Lucas e Del lo tennero in equilibrio, mentre il subalterno si drizzava in cima allo sgabello; spinse la botola, accese la torcia e raggelò. «Oh, mio Dio», esclamò. «Oh, Gesù Cristo.» «Chi?» «Non lo so. Fatemi scendere.» Il giovane saltò giù e Lucas si arrampicò sullo sgabello. Quando infilò la testa nell'apertura, il volto di Katina Lewis si trovava a dieci centimetri dal suo. I suoi occhi spenti guardavano direttamente attraverso lui e a Lucas tornò in mente la scena dell'impiccagione, gli occhi privi di vita di Cash e della Warr e in questo viso riconobbe la faccia dell'altra donna, di Ruth Lewis. «È la Lewis», informò Del. «Proprio come gli altri.» «Solo lei?» Lucas non poteva vedere oltre il corpo, ma il sottotetto era completamente vuoto, a parte l'isolamento termico. «Non vedo nessun altro. Ho bisogno di salire di più...» Afferrò i bordi della botola, si issò per una trentina di centimetri, ma non aveva la forza per alzarsi ulteriormente. Riuscì a vedere dietro il corpo della Lewis, anche lì niente, a parte l'isolamento. «Nessuno. Credo ci sia solo lei.» «Scoprirò qualcosa sui Calb», disse Anderson. «Pensate che sia stato Gene?» «Sembra di sì», rispose Lucas. Scese dallo sgabello e dalla sedia. «Chiunque sia, sta andando a pezzi, sta subendo un crollo psicotico. Se si trattasse di Calb, direi che sua moglie è nei guai. Ora potrebbe uccidere chiunque.» 20 La Scientifica aveva sospeso le indagini a casa Cash e si era trasferita in quella di Calb. Il corpo della Lewis era ancora nello stretto spazio sotto il tetto e nessuno sapeva esattamente quando avrebbero potuto rimuoverlo: rimuoverlo non sarebbe stato semplice e volevano che girasse meno gente possibile per la casa, finché non fosse stata passata al setaccio.
Lucas e Del esaminarono con attenzione la vita che i Calb si erano lasciati alle spalle. Calb aveva un piccolo ufficio e uno dei cassetti dello schedario era aperto. Erano stati portati via dei documenti, pensò Lucas. Trovò alcune dichiarazioni dei redditi dal 1996 al 1999, ma niente di più recente. Nessuno dei documenti era collegato direttamente al reddito della carrozzeria ma, quando avevano parlato la prima volta con Calb, Lucas aveva notato nel suo ufficio una fila di casellari, per cui i documenti potevano essere là. Del rientrò dopo un momento con una piccola sacca chiusa da una zip. «Cos'è?» chiese Lucas aprendo il sacchetto. Un kit per l'insulina. «Qualcuno è diabetico e non ha portato con sé l'occorrente», rispose Del. «A meno che non sia una confezione di scorta.» «Anche in quel caso.» Passò un vicesceriffo e gli chiesero se nei paraggi vi fosse un aeroporto: solo uno per piccoli aerei e Calb non amava volare, per quello che ne sapeva il vicesceriffo. In città non c'erano neppure taxi. Uno degli investigatori del BCA di Bemidji, che prima era alla casa di Cash, telefonò per dire che lui e il suo partner erano all'officina di Calb, che avevano trattenuto tutti i dipendenti e che avrebbero fermato chiunque fosse arrivato. Poi, in casa Calb, la Scientifica trovò un'impronta sulla pallottola calibro 380. «Useremo il trucco dell'adesivo cianoacrilato, ma è la miglior impronta digitale singola che abbia mai visto», spiegò il tecnico. «Avremo qualcosa per voi.» Lucas, nel rovistare nell'armadio della stanza da letto della signora Calb, trovò due scatole da scarpe che contenevano delle scarpe nuove, usate forse una sola serata. Nell'armadio di Calb, sul pavimento sotto alcune scarpe, trovò una scatola in acciaio che conteneva mille dollari in banconote da dieci e un revolver Smith & Wesson calibro 38, carico. «Ho una brutta sensazione», ammise Del. «Avrebbe lasciato la pistola, se ne avesse avuta un'altra. Ma perché lasciare qui i soldi?» Pochi minuti dopo mezzogiorno, lo sceriffo tornò con un alto poliziotto che sembrava un cowboy e che lo sceriffo presentò come Loren Singleton. «Loren usciva con la signorina Lewis», disse Anderson. «Mi spiace», disse Lucas. «Per la sua amica.» Singleton era assente, un po' vago. Lucas aveva visto quell'espressione. «Io andavo, ehm, capisce, noi andavamo... ecco, noi andavamo a letto in-
sieme. Ma io, ehm...» Una lacrima gli scivolò lungo la guancia e se l'asciugò con la manica della camicia. «Cavolo. Come è potuto succedere? Pensate sia stato Gene?» «Non riusciamo a trovarlo. Sa se c'è un motivo per cui si sarebbe scontrato con la signorina Lewis?» «No», rispose Singleton. «So cosa stava facendo Katina... so cosa facevano quelle donne e sono certo che lo sapesse anche Gene... ma come diavolo, voglio dire, che importava a Gene?» «Che facevano le donne?» domandò Anderson, allontanandosi di un mezzo passo dal suo vicesceriffo. «Contrabbandavano farmaci dal Canada», rispose Lucas. «Avevano messo in piedi una specie di spaccio, per distribuire i farmaci ai poveri.» Anderson annuì, lanciò un'occhiata a Singleton. «Ecco, a dire la verità, è qualcosa che fa almeno metà degli abitanti della città. Il contrabbando, tuttavia, non ha alcun senso, si possono ordinare i farmaci via Internet», disse. «Bisogna avere Internet», replicò Lucas. «La maggior parte dei loro clienti è povera e molti di loro sono anziani, e non sanno usare Internet.» «Conosceva bene Gene Calb?», chiese Del a Singleton. «Sono cresciuto qui, per cui lo conoscevo piuttosto bene», rispose. «Non pensavo... non credevo che potesse fare una cosa simile. Voglio dire, io rifinisco e vernicio automobili come hobby e, circa una volta all'anno, prendo a nolo uno dei suoi spazi per verniciare... è così che ho conosciuto Katina. Nell'officina di Calb.» «Che faceva lì?» domandò Lucas. Singleton scosse la testa. «Stava semplicemente chiacchierando, credo. Voglio dire, in quel paese vi sono solo quaranta o cinquanta abitanti. Si cerca di ciarlare quando si può.» «Sa nulla delle Toyota?» chiese Lucas. «Toyota?» chiese a sua volta Singleton, guardando Anderson che guardò di traverso Lucas. «Toyota?» chiese Anderson. «Pare che giù a Kansas City, alcune persone legate a Deon Cash, membri della sua famiglia, rubino un sacco di Toyota che non vengono più ritrovate.» «Toyota», ripeté Singleton. Si grattò lo sterno. «Sa, a questo non ho mai pensato, ma passavano molte Toyota per l'officina di Gene. In questa zona non se ne vedono tante, ma le si trovava da Gene. A ben pensarci, le vede-
vo quasi ogni volta che andavo da lui. Non ci avevo trovato nulla di strano ma, ora che ne ha parlato lei, mi pare davvero una cosa strana.» «Che facevano con quelle Toyota? Le rimettevano a nuovo... o qualcosa di simile?» «A volte, era come se alcune parti fossero state smontate, ma non è che le demolissero. Più che altro le sistemavano e le riverniciavano. Verniciavano un sacco di Toyota.» «Perdio», esclamò Del. «Ecco dove finivano le Toyota rubate.» «Quando le ragazze... le donne... ripassavano la frontiera, tornavano sempre guidando Toyota Land Cruiser o forse qualche altro fuoristrada a trazione integrale. Ce n'è sempre uno fuori dalla loro chiesa.» «Non ha mai pensato che la faccenda avesse un che di strano?» gli chiese Lucas. Singleton scrollò il capo. «Ecco, sì. Ma sapevo cosa stavano facendo, e io... ecco, il contrabbando non mi creava problemi. Voglio dire, tutti qui lo fanno. Tutti vanno a... fare compere al di là del confine.» Discussero per qualche altro minuto, poi Singleton andò a vedere Katina Lewis. Ridiscese dopo due minuti, ancora più tremante, sudato. «Santo cielo... Santo cielo...» «Vada a casa e si sdrai un po'», consigliò Lucas. «Servirà a qualcosa?» «No, non molto, ma è sempre meglio che andarsene in giro con tutti che la fissano. È stravolto.» «Oh, perdio...» «Acquistavano vecchie Toyota dall'altra parte del confine», spiegò Lucas a Del, «le portavano quaggiù, prendevano ciò di cui avevano bisogno dalla carrozzeria, buttavano via il resto, quindi trasferivano i documenti a quelle che avevano rubato e le riportavano oltre confine. Con ogni probabilità le rivendevano da qualche parte nelle zone boschive, dove nessuno avrebbe mai dato loro una seconda occhiata. Anche se qualcuno avesse esaminato i documenti, non avrebbe trovato discordanze, perché erano documenti legittimi. Bisognava smontare completamente l'auto per capire che c'era qualcosa che non andava. «Le donne le portavano avanti e indietro e i meccanici dell'officina installavano nei gipponi qualche carrello inseribile, un pavimento finto, qualche scatola fissata al telaio che si poteva spostare da un veicolo all'al-
tro. Con i loro arnesi, potevano costruire qualsiasi cosa. Si può mettere un milione di pillole in un pavimento finto alto due centimetri e mezzo nella parte posteriore di una Land Cruiser.» «Non possono esserci due grossi crimini in un villaggio, senza che siano collegati tra loro», disse Del. «E così le donne non potevano non essere a conoscenza dell'attività secondaria di Calb che rendeva alcuni milioni di dollari l'anno», concluse Lucas. Del annuì ed entrambi rifletterono sulla faccenda. «D'accordo, riesco a immaginare Calb uccidere la Lewis», disse Del dopo un momento. «Ma perché diavolo avrebbe dovuto uccidere i Sorrell o Letty?» «Perché Sorrell aveva torturato uno dei suoi, Joe Kelly. Chi poteva sapere cosa Kelly gli avesse raccontato su tutto l'affare Kansas City? Ecco perché dovevano agire alla svelta, se Sorrell avesse trovato un modo per avvisare la polizia... Voglio dire, ci sarebbero bastate tre parole e avremmo capito ogni cosa. Se Sorrell avesse telefonato e avesse detto: 'un certo Gene Calb sta acquistando automobili in Canada e le scambia con quelle rubate a Kansas City dalla banda Cash', e noi avessimo fatto alcune telefonate, nel giro di cinque minuti avremmo tratto le debite conclusioni.» «Ma che mi dici di Letty?» «Non so che dire, ma e se si fosse trattato della madre di Letty? Ha vissuto lì a lungo. Avrebbe saputo cosa stava succedendo nell'officina di Calb? Era forse a conoscenza delle Toyota rubate? E così, con la figlia che andava in giro con noi, tutto quello che doveva fare era dire tre parole e ci saremmo gettati su Calb come le mosche sul miele.» «Sarà interessante parlare oggi con Ruth Lewis», osservò Del. Guardò l'ora. «Il funerale si terrà tra due ore. Dovrebbero essere qui.» Mezz'ora dopo, Ruth Lewis chiamò casa Calb. Rispose un vicesceriffo e lei chiese di Lucas. «È Ruth Lewis», disse il vicesceriffo porgendo il telefono a Lucas. «Rispondo io.» «Come è successo?» domandò Ruth, appena Lucas fu al telefono. Aveva la voce rauca, come se avesse pianto tutta la mattina. «Ancora non lo sappiamo. Non sapevamo nulla delle auto rubate, per cui non ci siamo interessati abbastanza a Calb. Deve essere successo qualcosa ieri sera, pensiamo che sua sorella sia sta ammazzata qui e i Calb non ci sono. Se me ne avesse parlato, forse avremmo evitato tutto questo.»
«Oh, mio Dio.» «C'è qualcosa che dovrei sapere adesso?» «Oh, mio...» Ruth stava piangendo. Poi la voce di un'altra donna. «Non credo ce la faccia a continuare.» «Chi è lei? C'è Letty lì con voi?» «Siamo alla chiesa e Letty è qui.» «Dica a Ruth di restare dov'è. Saremo da voi entro dieci, quindici minuti.» Continuava a nevicare, ma la situazione non era peggiorata. Alcuni mucchi si erano formati lungo i lati degli edifici e nei fossati, e l'autostrada era scivolosa. Quattro, cinque centimetri, non di più. Letty lo stava aspettando alla porta della chiesa con l'anziana donna che aveva guardato La notte dei morti viventi con Del. Letty si mostrò felice di rivederli. Sollevò la mano, chiusa in una ingessatura in fibra di vetro, sorrise automaticamente, ma poi il labbro inferiore tremò e iniziò a piangere. «Mamma è morta», disse. Lucas non sapeva come comportarsi davanti alle lacrime, nemmeno davanti a quelle di una ragazzina; cercò di darle un colpetto sulla schiena, ma lei gli cinse la vita e lo strinse a sé. «Dicono che Gene Calb...» Lucas la allontanò, poi si sedette su una sedia. «Letty, pensaci bene. Il tipo cui hai sparato... era Gene Calb?» «Penso di no», rispose, scuotendo la testa. «L'avrei riconosciuto. Era grasso e io non potevo vedere quell'uomo, ma non credo fosse grasso. E la sua voce non era quella giusta. Hanno sparato a Gene? Perché io ho colpito quell'uomo.» «Ci si chiede se l'hai veramente colpito.» «L'ho colpito.» «Ma se sparavi proiettili calibro 22, forse non sono nemmeno riusciti a trapassare il giaccone. La notte era fredda, sarà stato infagottato.» «Allora, perché è caduto sul sedere? Non si cade sul sedere se la pallottola rimane incastrata nella giacca.» «Forse si stava chinando.» «No, non si stava chinando. È caduto sul sedere. Poi è strisciato via per un po' e infine si è messo a correre verso la casa e poi ha appiccato il fuoco.» Alla fine, Lucas disse a Letty di andare a guardare la televisione con l'anziana signora, che disse alla ragazzina che era ora di cambiarsi per la
cerimonia. «Per il funerale», la corresse Letty. Lucas chiamò Del con un cenno della testa e i due attraversarono la chiesa diretti in cucina, dove trovarono Ruth seduta al tavolo. Aveva gli occhi e il viso arrossati. «È stato Gene? Con Gloria? Non è... Non è... Ne siete certi?» Si era stretta attorno alle spalle un cardigan marrone. «Non ne siamo sicuri. Non riusciamo a trovarli. C'era del sangue sul tappeto e abbiamo trovato sua sorella sotto il tetto.» «Perché prendersi la briga di nasconderla, se era tanto facile trovarla?» domandò Ruth. «Forse pensavano che nessuno sarebbe venuto a cercarla. O che, se qualcuno fosse venuto, non avrebbe cercato con tanta cura. Forse tutto ciò che volevano era un certo vantaggio.» «Non posso crederci. Gene non era cattivo, o almeno non pensavo lo fosse.» «Perché non ci ha detto nulla?» «Lei sa perché», rispose lei, sulla difensiva. «Avrebbe potuto lasciare noi in pace, una volta saputo cosa stavamo facendo, ma non avrebbe mai lasciato andare Gene.» «In che modo si è legata a lui?» Lei sospirò. «Uno dei nostri in Canada conosceva un uomo che aveva acquistato un'automobile da uno dei suoi... venditori. Avevamo un disperato bisogno di auto diverse per contrabbandare i farmaci... Non si può continuare ad andare avanti e indietro, due o tre volte alla settimana, senza che qualcuno vi chieda perché. E così, appena abbiamo capito da dove arrivavano le auto, sono venuta qui e ho parlato con Gene. Il nostro accordo non gli piaceva molto, ma, se avesse veramente fatto questo, se avesse ucciso Katina... perché non mi ha uccisa allora?» «Una situazione differente», suggerì Del. «Allora non c'era alcuna pressione.» «Forse. In ogni caso, ho parlato con lui. Gli ho fatto notare che avremo commesso dei crimini insieme, per cui nessuno avrebbe parlato degli altri. Lui aveva veramente bisogno di gente che portasse le auto dall'altra parte del confine, il volume di auto cominciava a crescere. Noi eravamo perfette. Donne anziane, sulla quarantina o cinquantina e sessantina. Chi ci avrebbe mai sospettate? E Gene aveva costruito delle... cose speciali... per noi, che si inserivano nelle Toyota, e ci permise di contrabbandare i farmaci. Tutto funzionava alla perfezione.» «Ha portato qui una Toyota la scorsa notte?» chiese Lucas.
«No. L'ultima è stata quella che ha visto all'incendio di casa West. Gene l'ha presa, anche se era un rottame. Non credo che sarebbe riuscita a fare altri trecento chilometri.» «Ricorda quali targhe avevano?» «Non ne ho idea.» «Va bene... Per colpa sua sono morte delle persone.» Lo disse a bassa voce, ma con tono maligno, stuzzicandola, come un bulletto che cerca di attirare in una zuffa un altro ragazzino. Facendo pressione. «Ma non c'era alcun legame tra i rapimenti, tra Deon e Jane e il nostro accordo», ribatté lei. «Mi ascolti: nessun legame. Conoscevo bene Gene e a lui quei due neppure piacevano. Non si fidava di loro. Deon non era importante in questo affare, era solo un autista. Un fattorino.» «Ma se avessimo avuto anche solo una minima idea...» «Non avrebbe fatto alcuna differenza», gridò Ruth, le guance rigate di lacrime. «Lei non mi sta ascoltando. I rapimenti e tutto il resto non erano collegati. Non lo erano.» Poco dopo Lucas parlò con Neil Mitford. «Non penso che il governatore debba necessariamente essere messo al corrente della nostra conversazione», esordì. «Ecco perché lavoro qui», disse Mitford. «Parli con me.» Lucas gli riassunse la situazione, inclusi l'assassinio della Lewis e la copertura del racket della auto rubate. «Le donne hanno nascosto informazioni importanti. Potremmo arrestarle per un sacco di motivi. Il fatto è che non sono sicuro che, se ce lo avessero detto prima, avrebbe fatto qualche differenza per l'assassino. Sta agendo secondo un altro piano, non riesco a capire perché Calb abbia ucciso la Lewis e poi sia fuggito. Per quanto possiamo dire, lei non sapeva nulla di più delle altre. Se avesse avuto intenzione di uccidere la Lewis, sarebbe venuto qui, avrebbe cercato di farle fuori tutte.» «E, se arrestassimo le donne, sarebbe la fine della loro piccola impresa di spaccio di farmaci.» «Giusto. E la cosa non mi piacerebbe, anzi, a dire il vero, penso che dopo ci sentiremo un po' spregevoli. Noi le arrestiamo e quattro o cinquemila donne non ricevono le loro pillole anticancro.» «Mi lasci riformulare la sua frase», ricapitolò Mitford. «Quattro o cinquemila elettori non riceverebbero le loro pillole e reclamerebbero presso uno dei più grossi gruppi d'interesse del paese, la coalizione del cancro al
seno.» «Pensa che dovremmo lasciar correre?» «Non penso niente. Non sono un funzionario di polizia. Non ricordo nemmeno di avere mai avuto questa conversazione. Di certo il governatore non lo verrà mai a sapere.» «Il che vuole dire che devo fare da solo.» «Benvenuto nell'organizzazione statale», disse Mitford. Lucas e Del lasciarono la chiesa per permettere a Letty e alle altre donne di prepararsi per il funerale, e attraversarono l'autostrada per andare nell'officina di Calb. I due agenti investigativi del BCA stavano esaminando l'ufficio, mentre un vicesceriffo era seduto nell'area di lavoro, sei meccanici seduti qua e là su sedie pieghevoli. Lucas ragguagliò gli agenti del BCA sul racket delle auto rubate, quindi andò a parlare con i meccanici. «Può darsi che vi troviate tutti nei guai, per cui forse avrete intenzione di chiamare un avvocato o un difensore pubblico... ma nessuno di voi verrà immediatamente accusato di qualcosa. Gli agenti nell'ufficio vorranno parlare con ciascuno di voi. Io desidero che uno qualsiasi di voi mi spieghi una sola cosa, che non avrà alcun effetto negativo... D'accordo?» Gli uomini si lanciarono occhiate, un paio alzarono le spalle e un tipo tarchiato che indossava una felpa sporca dei Vikings, disse: «Che vuole sapere?» «Voi sapete che una delle donne della chiesa, una delle suore, è stata trovata morta nella casa di Gene Calb. Un colpo di pistola in testa.» «Non è stato Gene», lo interruppe uno degli uomini. «Non è questo che voglio sapere», ribatté Lucas. «Non abbiamo ancora idea di cosa sia successo, ma sappiamo che le due automobili di Gene sono ancora nel garage. Quello che vorrei sapere è... è stata portata qui questa notte o la notte scorsa una Toyota? Una di quelle in buono stato?» Gli uomini si guardarono, alcuni alzarono ancora le spalle, altri distolsero gli occhi. «Non lo so», disse il portavoce. «Ce n'è una vecchia? Qui? Nella casa di qualcuno o sul retro? Non ho ancora dato un'occhiata dietro l'officina.» «Qui non c'è niente», lo informò il portavoce, senza guardarlo negli occhi. Uscirono. «E così i Calb sono fuggiti su una Toyota malconcia. Come mai? Perché non hanno preso una delle loro automobili?» chiese Del.
«Perché se fossero riusciti ad arrivare fino all'aeroporto di Thief River o di Fargo e se noi non l'avessimo scoperto... non avremmo mai saputo dove sono andati.» «Farò alcune telefonate», disse Del. Il funerale di Martha West venne tenuto nella banale cappella dell'impresa di pompe funebri, tanto banale che era difficile anche chiamarla confessionale, sembrava il bar di una scuola ed era fredda, come se l'impresa non avesse voluto sprecare energia elettrica per riscaldarla. Si presentarono diciassette persone, compresi i poliziotti. La bara era chiusa. Letty sedava in prima fila e piangeva, l'ingessatura appoggiata sulla sedia davanti a lei, la stampella tra le gambe. Un ministro luterano invitò gli amici di Martha a parlare di lei e alcuni lo fecero, senza dire molto. Non potevano dire che beveva troppo, che passava la maggior parte del suo tempo al Duck Inn. Alcuni ricordarono le sue canzoni e quanta dedizione dedicasse loro e quanto fosse bella la sua voce, per la contea di Custer almeno, e dimenticarono il resto. Un gruppo di donne servì cracker al formaggio e fettine di sedano e carote con crema di peperoni dolci in una stanza laterale alle persone che non si sarebbero recate al cimitero. Cioè quasi tutti. Lucas e Del seguirono il carro funebre, con Letty che piangeva sul sedile posteriore e Ruth che tentava di consolarla quando non stava piangendo lei stessa. La neve ora scendeva fitta e la tomba sembrava una grossa buca per i pescatori in un lago coperto di ghiaccio. La bara venne calata nella terra e tutti se ne andarono. Letty guardò indietro, finché riuscì a vedere il cimitero. Quando scomparve alla sua vista, si mise faccia in giù sul sedile e scoppiò in singhiozzi. Lo sceriffo aveva provveduto a trovare una famiglia che l'avrebbe tenuta in affido, ma alla fine non la portarono là. La lasciarono con Ruth, alla chiesa, con la donna anziana. La sistemazione sarebbe stata temporanea, finché non avessero trovato qualcos'altro. «Non dirmi che cercherai di trovare mio padre», sbottò Letty. «Non andrei mai a vivere con quel bastardo.» «Che fantastica giornata di merda», esclamò Del mentre si allontanavano dalla chiesa. «Se in città ci fosse un edificio di quattro piani, mi butterei giù.» «C'è la ciminiera. Ci sono i silos del grano.»
«Vaffanculo.» «Devo pensare a qualcosa, amico.» «Io ho pensato a qualcosa», replicò il suo socio. Di colpo sembrò a suo agio, pensò Lucas, il che era strano, date le circostanze. «Cosa?» «Te lo dirò tra un attimo. Devo prima essere sicuro di portarla a compimento.» «Cosa?» «Fammi scendere davanti allo spaccio. Devo comperare alcune cose.» «Che intendi fare?» «Capire come concludere questa faccenda.» «Parla.» «Tra un'ora.» 21 Un'ora dopo, Del bussò alla porta della camera di Lucas. Lucas stava guardando il telegiornale, si alzò e andò ad aprire a piedi nudi. Del aveva la sua sacca sulle spalle e, sotto il braccio, un pacchetto avvolto in carta marrone. Porse il pacchetto a Lucas. «Ci vediamo.» «Dove vai?» gli domandò, disorientato. «Torno alle Cities. Ho un aereo che parte da Fargo tra due ore. Dovrei arrivare a casa per le sette e mezzo. Cheryl verrà a prendermi all'aeroporto e la porterò al LeMieux, una cena francese e forse anche un po' di vino, poi, sulla strada di casa, le dirò quanto è carina con quella pettinatura, quale che sia quella di oggi.» «Di che diavolo stai parlando?» «Di fare sesso», rispose Del. Puntò l'indice contro Lucas. «Ho un biglietto andata e ritorno, sarò qui domani a mezzogiorno. In quel pacco troverai cinque pennarelli di colori diversi a punta sottile e un grosso blocco a spirale. Ti prendi un paio di birre, ti chiudi in camera e pensi. Disegna il tuo quadro sul blocco, tutte quelle frecce e quei quadrati e cazzate varie. Io tornerò domani e tu mi dirai chi è stato.» «Gesù, Del...» «Non abbiamo bisogno di dare la caccia alle persone», ribatté Del. «Dobbiamo capire che diavolo è successo. Credo che abbiamo informazioni sufficienti, ma tu non ci hai riflettuto abbastanza. E così, ci vediamo
domani.» Allungò la mano, afferrò la maniglia e tirò a sé la porta, chiudendola. Lucas fissò il pacco, lo sollevò, guardò la porta chiusa e pensò: questo è ridicolo. Aprì la porta giusto in tempo per vedere Del infilarsi nella Mustang, che aveva parcheggiato nel viale d'accesso. Del guardò dalla sua parte, alzò una mano e partì. «Ehi!» Non si fermò. Lucas rientrò in camera con il pacchetto, lo gettò sul secondo letto e si rimise a guardare la televisione. L'annunciatrice aveva labbra sorprendenti. Non potevano essere vere, pensò, forse tengono un'ape nello studio, addestrata a pungerle. Deve fare male... Si addormentò, si svegliò con un cattivo sapore in bocca. Del non capiva le frecce e i quadrati, pensò, mentre si lavava i denti. Le sue sedute al tavolo da disegno con frecce e quadrati funzionavano soltanto quando aveva la mente lucida, quando qualcosa nella parte primitiva del suo cervello diceva che una soluzione era a portata di mano... Quel messaggio ancora non l'aveva ricevuto. Smise di lavarsi i denti e si rimirò allo specchio. D'altra parte, qualcosa c'era. Non qualcosa che non aveva colto, solo qualcosa sugli omicidi che non aveva ancora digerito. Forse poteva immaginare qualcosa, disegnare un quadrato e un paio di frecce. Male non avrebbe fatto. Per prima cosa, un paio di birre... Si lavò la faccia, s'infagottò e si recò al Duck Inn. Il barista, che era stato al funerale quel pomeriggio, gli rivolse un cenno della testa. «Brutta giornata a Black Rock», disse. «Che desidera?» «Una confezione da sei di Leinies, se ce l'ha... Già. È a quella povera piccola che penso», rispose Lucas. «Una cosa dannatamente brutta per una ragazzina.» «È appena passata qui davanti, con una delle suore», l'informò il barista. Posò la confezione da sei di Leinenkugel sul bancone. «Adesso? È passata qui fuori?» chiese Lucas, sospingendo una banconota da dieci dollari sul bancone. «Un minuto fa. Hanno preso la strada che porta da Larson, penso. Lei zoppicava malamente. Avrà bisogno di vestiti, immagino.» Lucas prese il resto dei dieci dollari, ma lasciò la confezione di birra sul
bancone. «Me la può tenere un attimo? Voglio vedere, se riesco a raggiungerle.» «Da Larson, in fondo all'isolato.» Le trovò nel reparto corsetteria, dove stavano comperando delle mutante in cotone. Ruth Lewis lo vide arrivare e sorrise tristemente. «Ha saputo qualcosa?» Scrollò la testa. «Non ancora.» Si rivolse a Letty, che stava guardando uno scaffale di biancheria intima. «Come stai?» «Siamo entrambe tristi, io e Ruth, cerchiamo di immaginare cosa succederà», rispose Letty. Aveva gli occhi rossi e cerchiati. Le tremavano le labbra. «Non ho neppure potuto vedere mamma.» «Cosa cercate qui?» domandò Lucas a Ruth. Ruth girò la testa verso Letty. «Non ha più niente. Niente. Né scarpe, né biancheria intima. Abbiamo frugato nel nostro negozio alla chiesa, ma non abbiamo trovato molto.» «Adoro fare spese», ammise Lucas. «Uh-uh...» esclamò Ruth. Un sorriso scettico, una reazione da parte di una donna che aveva già sperimentato. «Sono serio. Mi piace veramente fare spese. Specialmente vestiti. Vuoi divertirti?» Letty lanciò un'occhiata a Ruth che disse: «Non abbiamo bisogno di tanto». «Vi confesso un piccolo segreto, che non vorrei diffondeste in giro», replicò Lucas. Entrambe annuirono. «Sono il poliziotto più ricco del Minnesota», continuò Lucas a voce bassa. «Lo sapevo», ammise Ruth. «Suor Mary Joseph ha detto che lei possiede un'assurda quantità di soldi.» «Posso quindi spendere qualche dollaro per divertirmi», replicò lui. «Cominciamo.» Comperarono di tutto, con Letty sempre più coinvolta: mutandine, un paio di reggiseni che secondo Lucas non erano necessari, sul cui acquisto, tuttavia, non avrebbe neppure pensato di discutere; tre paia di jeans, due di calzoni larghi e quattro felpe. Troppe secondo Lucas. «Indosso solo felpe», aveva obiettato Letty. Dietro insistenza di Lucas, acquistarono quattro camicie, un giubbotto, un orologio, della bigiotteria e un paio di orecchini con perle, un parka, delle manopole, due cappelli e una sacca che avrebbe trasportato tutto ciò che non indossava.
A dispetto dello scetticismo di Ruth, spesero una mezz'ora e trentacinque dollari nel reparto cosmetici. Lungo la strada, di fronte a un negozio di ferramenta Ace Hardware, misero i pacchi nella Corolla di Ruth. «Ti renderò ogni centesimo», promise Letty a Lucas. «Non accetterò quei soldi», ribatté lui. «Non un centesimo. Devi imparare a ricevere regali.» «È carità.» «No, non è carità», replicò Lucas. «Lo sarebbe, se non ti conoscessi e non ti trovassi simpatica. Questi sono regali, perché tu mi piaci.» «Mi presteresti dei soldi? Ora? Se te li rendessi fino all'ultimo centesimo?» Lui esitò. «Probabilmente. Per comperare cosa?» Letty indicò con la testa il negozio di ferramenta. «Voglio andare lì dentro e comperare un nuovo fucile. Hanno portato via il mio vecchio e schifoso calibro 22 e il vicesceriffo ha detto che non me lo avrebbero reso. È una prova, se mai riuscissero a catturare l'uomo cui ho sparato.» «Oh, Letty...» sospirò Ruth. «Lucas?» chiese Letty. Lui guardò Ruth. «D'accordo, a meno che Ruth non me lo vieti. Il fucile resterà in casa sua, almeno per un po'.» La ragazzina si voltò verso Ruth, che esclamò: «Non credo proprio che tu abbia bisogno di un'arma, Letty». «Ma tu non mi conosci molto bene, non è vero?» replicò Letty. «Ho bisogno del fucile.» Ragiona come una quarantenne, pensò Lucas. «Se vuole prestarle il denaro», disse Ruth a Lucas, «non dirò di no.» Nel negozio di ferramenta, Ruth si mise a guardare altro materiale, mentre Lucas e Letty entrarono nei dettagli dell'acquisto dell'arma. Letty voleva una carabina Ruger 10/22 semiautomatica, Lucas le consigliò una Ruger 77/22 a otturatore girevole scorrevole. Letty sostenne che costava troppo e che si sentiva più a suo agio con la semiautomatica più leggera. Il gestore del negozio, un uomo magro con irsuti capelli grigi, cacciatore lui stesso e amico di Letty, s'intromise nella discussione e disse di avere una semiautomatica ancora più leggera, una Browning, a un prezzo che stava a metà tra gli altri due. Alla fine Lucas disse a Letty che non avrebbe acquistato una semiautomatica, perché temeva che il meccanismo di autocaricamento non fosse
sufficientemente sicuro. «Voglio che tu sappia quando hai un colpo nella camera di scoppio, perché l'hai caricata tu stessa.» Allora Letty s'inalberò. «L'ho fatto per anni...» «Già, con un fucile a colpo singolo...» «... e so quando c'è un colpo nella camera di scoppio.» Lucas non cedette e il negoziante disse: «Senta, ho una Remington a pompa nel retro. È di seconda mano, ma in perfette condizioni. Potrei dargliela per trecento dollari». Lucas e Letty si guardarono. «La tiri fuori», disse lei. Acquistarono la carabina a pompa, che Letty riuscì ad avere per duecentosettancinque dollari, più cinque scatole di proiettili calibro 22 lungo in regalo. «Ne ho abbastanza delle calibro 22 corto. La prossima volta che quel cretino riappare, farà bene ad avere indosso un giubbotto antiproiettile», borbottò Letty. A Lucas piaceva la poesia, non poteva farne a meno, adorava soprattutto gli haiku giapponesi, e una volta si era imbattuto in discorsi sul buddismo Zen e sul concetto di koan. Un koan era una specie di indovinello o di paradosso, senza una soluzione. Venivano utilizzati dai maestri Zen per dimostrare la futilità della logica e per suscitare, almeno con alcuni allievi, una illuminazione immediata. Lucas sentì Letty pronunciare le parole «giubbotto antiproiettile» e fece un passo verso l'illuminazione, anche se in seguito pensò che l'illuminazione era stata provocata dal modo in cui lei aveva sottolineato il «farà bene». Del tornò il giorno successivo verso mezzogiorno e bussò alla sua camera. Lucas era sdraiato a letto, la porta chiusa ma non a chiave. «Entra», gridò. Del infilò la testa. «Sono arrivato troppo presto? O hai già capito tutto?» domandò. «Non ho ancora un nome», rispose Lucas. Sollevò il blocco da disegno e mostrò la prima pagina ricoperta di quadrati e frecce rosse e verdi. «Ho alcune idee.» Del gettò la sacca in un angolo e si sedette sull'altro letto. «Forza.» «Uno: alla sera abbiamo immaginato che Sorrell fosse il killer», esordì Lucas. «Poi andiamo a casa e, dodici ore dopo essere partiti da Armstrong, arriviamo a casa sua. Lo troviamo morto, e morto da poco. Ciò significa
che l'assassino aveva dovuto sentire che avevamo individuato Sorrell, aveva dovuto fare un piano e poi guidare per almeno sette ore, Rochester è un'ora d'auto a sud delle Cities, e trovare la casa di Sorrell, il cui numero telefonico non è sull'elenco, ucciderlo e allontanarsi. Una cosa straordinaria, a ben pensarci. «Due: trenta ore dopo avere impiccato due persone ad Armstrong, Sorrell fa entrare il suo stesso assassino in casa, con la moglie lì con lui. Non è armato e gli sparano a sangue freddo. Non prende alcuna precauzione, non immagina che la persona alla porta possa essere connessa agli omicidi. «Tre: perché quel tipo ha aggredito Letty? Non lo sappiamo. Sappiamo però che la madre di Letty lo ha fatto entrare dopo la mezzanotte, quando sia lei sia Letty sapevano che in giro c'era un assassino a piede libero. «Quattro: Letty sostiene di averlo colpito, ma nessuno degli ospedali entro un raggio di trecentoventi chilometri riferisce l'arrivo di un uomo ferito al petto da una pallottola calibro 22, il nostro probabile killer. Come mai? «Cinque: ho parlato con Burke, il padre di Annie, e lui mi ha mostrato dei moduli che sembrano usciti dall'FBI. Sembrano autentici. Come facevano a sapere come farli? «Sei: ieri sera, dopo la tua partenza per le Cities, ho parlato con Letty... Ehi, hai scopato?» «Sì.» Del annuì. «È stato meraviglioso.» «Ho delle fantasie su Cheryl. Potresti raccontarmi... Non importa.» «Dai, furbetto.» «Va bene. Allora, ho parlato con Letty e una cosa porta a un'altra e le compriamo un fucile nel negozio di ferramenta per sostituire quello che le hanno confiscato. E lei mi dice che se quel bastardo fosse tornato, aperte le virgolette, 'farà bene a indossare un giubbotto antiproiettile', chiuse le virgolette.» Lucas fissò Del e alzò le sopracciglia. «Tutto qui?» chiese Del. «Tutto qui.» Del scosse la testa. «Forse posso farmi rimborsare alcuni di quei pennarelli. A quanto pare hai usato solo il rosso e il verde.» «Riflettici per un minuto», replicò Lucas. «Quante probabilità ci sono che... quel tipo sia un poliziotto?» Del rifletté per un minuto. «Se quell'uomo fosse un poliziotto, avrebbe saputo subito di Sorrell. Indossava una divisa, la gente l'avrebbe fatto entrare in casa in qualsiasi ora del giorno. Ha avuto tra le mani materiale del-
l'FBI, per cui conosceva il formato. E se avesse indossato un giubbotto antiproiettile... tutto si spiegherebbe.» «Noi sappiamo che almeno due poliziotti erano in termini amichevoli con Gene Calb, Ray Zahn e quell'altro, l'amico di Katina Lewis. Zahn a volte bighellonava là in giro e l'amichetto verniciava le sue auto da Calb.» «Quanti punti hai segnato? Sei?» «Sei», concordò Lucas. Del annuì. «Allora ecco il numero sette. Se tu gestissi un importante racket di auto rubate, non ci sarebbe nulla di più prezioso di un poliziotto all'interno dell'unica importante stazione di polizia per chilometri. Di fatto, ti sarebbe assolutamente necessario.» «Ho un altro elenco», ammise Lucas. «Sì?» «Uno: tu sei una persona cortese come Gene Calb, con una spia nel dipartimento o anche no, questa è una piccola città e le voci circolano. Entra con l'inganno nella casa di Sorrell, lo uccide e torna qui. «Due: insegue Letty. Non ne conosciamo il motivo preciso, ma sappiamo che Letty bazzicava la sua officina e forse temeva che avesse visto o sentito qualcosa. E Calb è un tipo simpatico, piace a tutti, e se avesse bussato alla porta, forse Martha West l'avrebbe fatto entrare, Letty mi ha confessato che sua madre una volta si era innamorata di Calb. «Tre: Calb uccide Katina Lewis. Perché? Non lo sappiamo, ma, supponendo che Letty l'abbia veramente colpito al petto come dice, lui era ferito, anche se non gravemente. Forse la moglie lo ha incerottato o qualcosa di simile. Supponiamo invece che il sangue avesse sporcato la camicia o che lui avesse fatto qualcosa che ha fatto capire a Katina che gli faceva male il petto. Che ne so, forse gli aveva dato un colpetto sul petto. In ogni caso, appena fosse stata colta da quel sospetto, lui doveva liberarsene, perché tutto quello che lei avrebbe dovuto fare sarebbe stato andarlo a riferire a un qualsiasi poliziotto e noi saremmo corsi da Calb e gli avremmo tolto la camicia. Avessimo trovato una ferita o un livido, per lui era finita. Ecco perché doveva ucciderla. Forse l'ha fatto in modo tanto automatico, che è stato colto dal panico ed è fuggito.» Del si sdraiò sul letto e, dopo un minuto, disse: «Preferisco la prima versione. Il poliziotto». «Come mai?»
«Perché tutto parte dal rapimento delle bambine e tutti ci hanno detto che Calb non avrebbe mai fatto una cosa simile. Sarà anche stato un criminale, ma non era stupido. Se il racket delle automobili funzionava come pensiamo funzionasse, era immerso fino al culo nei soldi, perché mai avrebbe avuto bisogno di rapire qualcuno? Inoltre, e soprattutto, lui sembrava veramente ritenere Deon Cash e Jane Warr dei coglioni. Si sarebbe lasciato coinvolgere in un rapimento con soci che riteneva dei stupidi coglioni? Non credo proprio.» Lucas rifletté un attimo su quelle parole. «Andiamo a parlare con Letty e Ruth Lewis. Sono in chiesa. Penso che dovremmo tenerci alla larga dall'ufficio dello sceriffo fino a che non avremo qualcosa di più concreto», disse poi. «Non credo si tratti di Ray Zahn. Lui è uno di noi.» «Va bene, neppure io lo penso, ma... dobbiamo tenerlo nella lista. E dobbiamo riflettere sulla possibilità che si tratti di qualcuno che ancora non conosciamo. Forse un poliziotto, ma uno che non conosciamo.» «Pensi che riusciremo a beccarlo entro mezzanotte?» scherzò Del. «Non saprei. Per scommessa, direi entro una settimana. O forse anche meno.» 22 La donna anziana aprì la porta della chiesa e disse: «Se state cercando Letty e Ruth, sono andate alla discarica per provare la carabina che le ha comperato». Le labbra strette indicavano che non approvava. «Un'altra tua fan», commentò Del, mentre risalivano in macchina. «Alla discarica?» La Toyota Corolla di Ruth Lewis era parcheggiata al cancello della discarica e loro sentirono la calibro 22 sparare in lontananza. «Non penserai che sparino in questa direzione, vero?» chiese Del. «Gesù, spero di no.» A questo non aveva pensato. «Dove sono?» «Mi pare siano là a sinistra.» Camminarono con cautela verso il rumore degli spari. Quando un proiettile calibro 22 LR sfiora qualcuno, fa un suono particolare tipo frusta, ma non sentirono nulla di simile. Attraversarono infine il punto più alto della
discarica e individuarono Letty e Ruth al margine estremo sinistro del terreno, intente a sparare in un mucchio di argilla. Ruth aveva in mano il fucile. «Deve esserci stata una conversione», osservò Lucas. «Ruth non era molto contenta dell'acquisto della carabina.» «Bisogna iscriverla alla National Rifle Association», disse Del. «Se vuoi strapparmi il fucile, dovrai uccidermi... Charlton Heston.» «Per quello che so di lei, glielo strapperebbe», replicò Lucas. Letty e Ruth li videro arrivare e smisero di sparare. La stampella di Letty era a terra, il che voleva dire che la caviglia le faceva meno male. Quando si avvicinarono, Lucas notò che stavano sparando a lattine di minestra Campbell, ottimi bersagli reattivi. «Come va?» gridò Lucas. «La carabina è migliore di quanto pensassi», rispose la ragazzina. «Colpisce sempre la lattina, fin dall'inizio, anche con l'ingessatura. Ora sta cercando di colpire il tondo dorato», li informò Ruth. «Io non ho centrato la lattina una sola volta.» «Io non riesco nemmeno a vedere il tondo dorato da qui», ammise Del. Le lattine erano a venticinque metri di distanza. «Di certo è molto più veloce di quel vecchio pezzo di merda», disse Letty. «Anche con una sola mano...» «Letty...» esclamò Ruth. «Lo so: bada a come parli.» Prese il fucile da Ruth con la mano sana, lo appoggiò sull'altra sopra l'ingessatura, e mirò a una delle lattine. Tirò il grilletto e la lattina volò lontana. Con la mano sana capovolse la carabina, infilò la pompa sotto la parte superiore del braccio malato, la bloccò, pompò, mirò e sparò di nuovo, colpendo la lattina. Lanciò un'occhiata indifferente a Lucas. «Allora, che succede?» «Siamo passati alla chiesa e ci hanno detto che eravate qui.» Si guardò in giro. «Che è successo alle trappole che avevi sistemato prima dell'incendio? Sono ancora là?» Letty scrollò il capo. «No. Ho chiesto a Weather di chiamare Bud dall'ospedale. Lui è venuto a prenderle il mattino seguente. Abbiamo già controllato e non ce ne sono più. Dovrò andare da Bud a riprenderle.» Lucas annuì. «Bene. Sentite. Ho bisogno di parlare con voi due su... ehmmm... su chi potrebbe avere fatto tutto questo. Ci stavamo chiedendo, sapete nulla su qualche agente di polizia che potrebbe essere collegato a Gene Calb o a Deon Cash e Jane Warr?»
«Credete che questa... persona... potrebbe essere un agente di polizia?» chiese Ruth. «Ci sono alcune cose», rispose Lucas. E a Letty: «Chi avrebbe fatto entrare in casa tua madre dopo la mezzanotte? Sappiamo che non era il suo amichetto, perché lui era ancora al Duck Inn. Chi altri?» «Un uomo? Potrebbero esserci due o tre uomini, ma non saprei dire. Non è mai successo», rifletté Letty. «Un poliziotto che conosceva?» «Sì farebbe sempre entrare un poliziotto», rispose Letty. «Specialmente dopo le impiccagioni.» «Ray Zahn? O che mi dice dell'amico di Katina?» chiese Lucas guardando Ruth. «Loren io... oh, mio Dio.» «Senta, c'è una sola cosa che c'interessa: scovare il killer», s'intromise Del. «Tutte le altre fesserie, le auto e i farmaci e via dicendo, non ci interessano. Se sapesse qualcosa su un poliziotto...» «Loren teneva sott'occhio l'ufficio dello sceriffo per noi», rispose Ruth. «Davvero?» esclamò Letty. «Lo faceva a causa della sua relazione con sua sorella?» domandò Lucas. «No. Si erano incontrati da Calb. Loren veniva pagato da Gene prima che Katina arrivasse qui. Non credo che lui...» S'interruppe e loro attesero. «Stavo per dire che non penso che Loren avrebbe mai fatto del male a Katina, ma ripensandoci ora, non ne sono più tanto certa. Una cosa gliela posso dire, ho parlato con Loren dopo l'incendio della casa di Letty, e di certo non era ferito», continuò lei. «Mh-mh», commentò Lucas. «Anch'io ho parlato con lui e non ho visto alcun foro nel suo petto. Sembrava sconvolto per ciò che era successo a sua sorella.» «Lo era, ho parlato con lui quella sera. Era veramente agitato.» «Lo vede come rapinatore?» chiese Del. «Io non... ecco, non credo che fosse sufficientemente creativo, se questo è il termine adatto. Che fosse sufficientemente ambizioso. Non conoscevo molto bene Deon, ma lui era questo mare di voglio. Voleva soldi e voleva droga e voleva automobili e voleva vestiti e voleva andare a Las Vegas e a Los Angeles e voleva l'abbonamento per la pallacanestro... non penso, voglio dire, Loren non sembrava desiderare alcunché. Era come se non gli importasse niente, come se non facesse niente, a parte andare a letto con
Katina.» «Aveva le sue Caddy», s'intromise Letty. «Guidava sempre una vecchia Caddy, mentre lavorava su un'altra. Ho sentito che ha guadagnato bene vendendole.» «Una Caddy», ripeté Lucas. Guardò Del. «Dove abbiamo visto quella Caddy? Avevi detto qualcosa a proposito...» «Proprio qui», rispose Del, indicando con il pollice il cancello. «Quando Letty aveva portato qui le trappole.» «Il giorno dell'incendio», sottolineò Lucas. Fece scorrere lo sguardo su tutta la terra fresca della discarica. «Se uno volesse seppellire qualcuno d'inverno, con la neve, e non volesse una buca che somigliasse a una tomba...» Del si rivolse a Letty: «L'hai mai visto da queste parti? Singleton, intendo?» «No, per quel che ricordo.» «Però ci hai detto che venivi qui spesso. Un paio di volte alla settimana.» «Già.» «Gesù, e se avesse avuto paura che Letty l'avesse visto? E poi ci vede qui con lei», fece notare Lucas a Del. «Andiamo a togliergli la camicia.» Lucas scrollò il capo. «Non ancora. Se indossava un giubbotto antiproiettile che ha fermato la pallottola, allora lo metteremmo sull'avviso e ci ritroveremo con le mani vuote. Senti un po', perché non facciamo venire qui la squadra della California? Attorno alla casa di Cash non stanno trovando niente. Potrebbero venire qui, scegliere un buon punto e iniziare a scandagliarlo. Sapremmo tutto in un paio d'ore.» «È stato Loren?» domandò Ruth. Lucas scrollò la testa. «È una possibilità. Forse una probabilità su tre. Stiamo per tirare le fila, ma nessuno riesce a capire perché Letty e sua madre siano state aggredite e perché abbia dato la caccia proprio a Letty. Doveva essere per qualcosa che lei sa o che lui temeva sapesse. E ci ha visti qui, insieme, quel pomeriggio e poi si è allontanato di corsa senza dire una parola. Ha girato l'auto ed è partito.» Si fissarono stupefatte. «Loren Singleton?» chiese Letty. 23
La casa di Letty, dieci chilometri a sud, era all'estremità del campo di ricezione dei cellulari. La discarica era oltre quel punto. «Dobbiamo far venire gli agenti dell'FBI», insisté Lucas. «Posso andare da loro con il fuoristrada, se voi avete voglia di raspare qui in giro», propose Del. «Ottima idea», concordò Lucas. «I documenti dell'assicurazione sono nella tasca della portiera. Vedi di non utilizzarli.» «Che cosa potrei investire da queste parti?» Del partì e Lucas, Letty e Ruth cominciarono a camminare sulla superficie in terra della discarica. Letty usava la stampella ogni cinquanta passi. Sentiva lo strappo, disse, ma all'ospedale le avevano impacchettato la gamba nel ghiaccio e aveva tenuto il ghiaccio per quasi tutto il giorno seguente, ed era servito. «Entro una settimana correrò», disse. «Faresti comunque meglio a non appoggiarti troppo su quel piede», le raccomandò lui. «Il meno possibile, almeno.» «Mi fa impazzire.» «Già, ecco... lo so. Ha sempre fatto impazzire anche me.» Girovagando, parlarono un po' delle loro vecchie ferite. La discarica era grande, si stendeva per più di due chilometri quadrati, ma gran parte della superficie era ricoperta di neve. Lucas aveva già visitato delle discariche e sapeva come funzionavano: le immondizie e i rifiuti venivano scaricati nell'area di lavoro e ricoperti con uno strato di terra. Seguiva poi un altro strato di rifiuti, seguito da uno strato di terra. Quando veniva raggiunto un determinato livello, il tutto veniva ricoperto con un impenetrabile strato d'argilla che lasciava scorrere l'acqua lungo i fianchi. La discarica aveva anche una base in argilla, sotto tutti gli strati di immondizie, per non contaminare l'acqua freatica locale. In un certo senso era come una torta salata di argilla e rifiuti, con l'argilla come crosta e le immondizie come ripieno. Decisero che, se Singleton fosse stato l'assassino e avesse sepolto le sue vittime nella discarica, avrebbe scelto una zona già rimestata dal bulldozer. Sul resto dell'area, il gelo aveva solidificato la superficie e il guidatore del bulldozer avrebbe notato qualsiasi buca a forma di tomba. «Viene gente qui? Intendo, oltre all'addetto alla discarica e a te?» chiese Lucas a Letty. «Oh, sì. Specialmente durante la stagione della caccia. La gente che vuole liberarsi della pelle e della testa dei cervi mette tutto in un sacco e lo porta qui e lo getta nel mucchio. Se poi qualcuno deve liberarsi di qualcosa
di troppo grosso per il cassonetto, la porta qui con il furgone. Non dovrebbero farlo, ma lo fanno.» «Non dovrebbe quindi essere una cosa troppo strana vedere qualcuno qui?» «No. Quando metto le trappole in questa zona, vedo quasi sempre qualcuno.» Portava il fucile sull'ingessatura, la canna puntata verso il cielo. Lucas l'aveva osservata maneggiare la carabina e aveva deciso che era sufficientemente al sicuro. «Qui la terra sembra fresca», gridò Ruth. Corsero da lei. Ruth se ne stava su un pezzo di terra largo nove metri e lungo quindici, scompigliato sotto la neve, più morbido, una pista del bulldozer che portava al margine di stoccaggio della discarica. Lucas tolse un po' di neve con i piedi, poi si fermò e raccolse della terra, la esaminò, la buttò da parte e si pulì le mani. «Dobbiamo far venire qui l'addetto alla discarica», disse. «Potrebbe aver notato qualcosa di strano.» Dopo avere esplorato l'area di terra fresca, tornarono al poligono di tiro e Lucas si fece prestare la carabina da Letty e fece saltare una delle lattine. Letty gli chiese poi la sua pistola, Lucas estrasse la calibro 45 e le fece vedere come funzionava.» «Lo stesso tipo di mirino del fucile», spiegò. Si allontanò poi di un passo, puntò una delle lattine, che ora si trovava a dodici metri e sparò una volta, mancandola di quasi otto centimetri. Si accigliò, sparò di nuovo, la mancò, questa volta di poco più di un centimetro, in alto. Un terzo colpo fece rotolare via la lattina. «Lasciami provare», gli chiese Letty. «Sarà pesante, con una mano sola», disse Lucas. Le diede la pistola e le mostrò come funzionavano le sicure. Lei tese la pistola lateralmente, la testa girata per mirare oltre la spalla destra. «Tiro», disse dopo un attimo e sparò un colpo. Mancò la lattina di quasi un metro a destra, trenta centimetri troppo in basso. «Santo cielo!» esclamò. «Che ho fatto?» «Provaci un'altra volta», la incitò Lucas. Sentì il rumore di automobili al cancello. Letty puntò la pistola, ma la canna tremava e dopo pochi secondi l'abbassò. «Non sono abbastanza forte con una mano sola», ammise. Lucas riprese la pistola, prese lentamente la mira, esalò un mezzo respiro e colpì la lattina una seconda volta. «Hai legato una corda alla lattina, non è vero?» Era la voce di Del pro-
veniente dalla direzione del cancello. Lucas si voltò e vide Del con quattro uomini della squadra dell'FBI californiana attraversare la discarica, puntare verso di loro. Lucas tolse il caricatore della 45, estrasse la cartuccia dalla camera di scoppio, la infilò di nuovo nel caricatore, quindi prese un altro caricatore dalla fondina e lo sistemò nel calcio della pistola. Il caricatore mezzo usato finì nella fondina. «Un buon momento per smettere», disse uno dei californiani, la bocca coperta dal colletto del giubbotto. «Se aveste continuato, sarei stato tentato di tirare fuori il mio fucile e di farvi vedere come si fa. Senza offesa, signore.» «Non vorrei sembrare insolente o volgare, ma nessuna fottuta testa d'uovo dell'FBI sa sparare meglio di Del e io sparo molto meglio di lui», replicò Lucas. «Au contraire», esclamò Del. «Puoi farcela in un bel poligono riscaldato e ben illuminato. Ma qui, nel mondo reale, non mi puoi neppure lustrare le scarpe. Hai comunque ragione riguardo le fottute teste d'uovo dell'FBI.» «Santo cielo, Letty. Ecco perché non dovresti mai sposarti, tesoro. In queste persone scorre un rivoletto di testosterone e un niente può scatenarlo. Anche un panino al formaggio», disse Ruth. Il capo dei californiani frugò sotto il parka e tirò fuori una Smith calibro 40. «Non siete che un branco di gente di campagna che non ha mai visto sparare bene, per cui non occorre che vi scusiate per ciò che avete detto.» Uno degli altri californiani gli strattonò il giaccone e lui si girò, quindi parlottarono, cappuccio contro cappuccio. «Facciamo la gara gratis? O ci sono dei soldi in ballo?» chiese a Lucas il capo dei californiani. Passarono venti minuti a far rotolare lattine, senza arrivare a una conclusione, ma alla fine tutti si sentirono meglio. Lucas mostrò alla squadra la zona che dovevano ispezionare e il capo disse che non avrebbero avuto bisogno di rilevarla tutta. «Possiamo sondare il terreno a segmenti, senza neppure fissare degli indicatori, su questo sottile strato di neve possiamo vedere dove siamo già passati... Lo possiamo fare in un paio d'ore, alla svelta e superficialmente. In ogni caso finiremo prima che cali il buio.» La squadra aveva un radar installato su un carrello che i californiani fecero passare su e giù sul terreno fresco. Il radar era puntato verso il basso e rimandava echi dai mucchi di densità diverse. Le informazioni venivano inviate alla memoria del computer portatile che si trovava in uno dei fuoristrada dell'FBI. Il laptop elaborava poi una mappa di densità della superfi-
cie coperta. L'esame del terreno richiese un'ora e mezzo. A metà lavoro, Ruth e Letty, annoiate e infreddolite, decisero di tornare alla chiesa e di pranzare. «Fermatevi un attimo, quando tornate ad Armstrong», li pregò Letty. «Voglio sapere come è andata a finire.» Terminato il lavoro sul terreno, il capo dei californiani immise i dati nel portatile, lasciò che li analizzasse per alcuni minuti, quindi batté alcuni tasti ed ecco scorrere una piantina. A due terzi di percorso dal margine posteriore della striscia di terra, verso il bordo in attività della discarica, esclamò: «Oplà». «Trovato qualcosa?» «C'è una buca. L'abbiamo nel terzo e nel quarto percorso. Sembra sia, ah, lunga un metro e venti e larga novanta centimetri.» «Nient'altro?» «Per lo più tracce di battistrada del bulldozer, sia attuali sia sepolte... ma la buca penetra attraverso tutte. È come se ci fossero cinque, sette centimetri di materiale compatto, e poi diventa molle.» Picchiettò il monitor del computer. «Può vedere i bordi della buca.» «Sarà bene portare qui alcuni badili», notò Lucas. «Potreste fissare i margini della buca, mentre Del e io li andiamo a prendere.» «Porti anche dei panini», lo implorò uno dei californiani. «C'è un locale in città chiamato Logan's...» «Fancy Meats», concluse Lucas. «Ditemi cosa volete. Tanto vale farlo bene. Porterò anche delle torce.» Attraversarono Broderick senza rallentare e, appena entrati nel campo attivo dei cellulari, Lucas chiamò Ray Zahn. «Ho bisogno di contattare quello che guida il bulldozer della discarica. Sa dove posso trovarlo?» «Sì, è a tre isolati da qui, se è a casa», rispose Zahn. «Che vuole da lui?» «Abbiamo bisogno che ci faccia da guida alla discarica. È una faccenda seria.» «Lo porterò su. Quando volete vederlo?» Nel negozio di ferramenta Ace Hardware Lucas acquistò quattro pale dal manico lungo e cinque faretti con adattatori da collegare alla presa degli accendini nelle macchine. «È dalla stagione della caccia che non vendo tanti faretti», osservò il magazziniere. «Illuminano un cervo a centottanta metri.»
Lucas rifletté sulle sue parole, passò nel retro del negozio e prese dei pannelli in legno pressato da sessanta per centoventi centimetri con un lato bianco e un rotolo di nastro adesivo pesante. «Riflettori», spiegò a Del. Fuori stava calando il buio. Alla discarica, i californiani avevano segnato la buca e, usando un cacciavite a lama lunga, avevano determinato che vi erano da quindici a venti centimetri di terra compressa sopra uno strato più molle. Lucas utilizzò una leva per pneumatici per far saltare la serratura del cancello della discarica, quindi sistemarono a cerchio, attorno alla zona da scavare, la jeep di Lucas e i due veicoli dell'FBI. Lucas tirò fuori i fari, i californiani installarono i pannelli bianchi quindi, collegate le luci alle prese degli accendini, Lucas le puntò sui pannelli e la zona venne immersa in una morbida luce riflessa. «Fantastico», esclamò un agente. Iniziarono a scavare, tre alla volta, quattro spalatori sarebbero stati troppo, e liberarono il cappuccio compattato dal bulldozer in dieci minuti. «Sembra una tomba», osservò Del. Un altro fascio di luce illuminò la discarica e, un minuto dopo, Ray Zahn accostò accanto all'Acura di Lucas. Ray scese dall'auto con un altro uomo. «Phil Bussard. Guida il bulldozer», disse presentandolo a Lucas. «Ricorda di avere visto qualcosa come una buca o uno scavo, proprio qui, stamattina?» «Niente di simile», rispose Bussard. «Ho visto però un sacco di tracce di fuoristrada. Qualcuno aveva scaricato qualcosa là dietro. Niente di strano.» «Come sono passati attraverso il cancello?» domandò Lucas. «È sempre chiuso quando lei non è presente?» «Sì, ma metà degli abitanti della città conosce la combinazione», rispose Bussard. «L'autorizzazione per entrare qui l'ha gente di ogni genere e il numero si diffonde. È dieci-venti-trenta.» «Perché chiuderla allora?» «Per gli avvocati. Se qualcuno apre la serratura, entra e si fa male, credo si tratti di effrazione. Commettono un crimine e, se si fanno male nel compierlo, la colpa non ricade sulla contea.» «Dove stava lavorando un mese fa? Attorno a Natale?» «Proprio dall'altra parte», rispose Bussard, indicando con il dito. «Se va a vedere, troverà alcune decorazioni natalizie. È là che stavo.»
«Nessuna buca neppure là?» «Non che ricordi. Tracce di pneumatici ne vedo sempre.» Zahn tornò dalla buca sempre più larga. «Sembra proprio una tomba», convenne. Gli agenti nella buca stavano rallentando il ritmo, per cui il quarto californiano, Bussard e Lucas presero i loro posti e si misero a scavare. «Qualcuno mi passi quel cacciavite», disse il californiano quando giunse a novanta centimetri. Prese l'attrezzo, si acquattò e lo spinse nella terra alla base della buca, sondò per un minuto, poi si raddrizzò. «Direi che siamo a venti centimetri dal livello delle immondizie.» «Giusto», disse Bussard, oscillando la testa. Venti centimetri dopo, Lucas tagliò un sacco delle immondizie bianco, da cui uscì una zaffata. «Puzza di pizza vecchia», disse. «Come quella di un cassonetto dietro una pizzeria in un'afosa notte d'estate.» «Per fortuna non ha squarciato uno di quei sacchi pieni di pannolini», scherzò Bussard. «Puzzano come merda vecchia in un'afosa notte d'estate.» «Qui c'è qualcosa», disse il californiano. Stava ispezionando un sacco verde scuro. Tolsero ancora un po' di terra, poi Bussard prese dalla cintura un coltellino multiuso-Leatherman, fece scattare una lama e squarciò il sacco. Una gamba nuda femminile; le unghie dei piedi dipinte di rosso. «Ci siamo», esclamò Zahn. «Ci siamo!» «Loren Singleton», sibilò Del. «Arriviamo.» «Vengo con voi», dichiarò Zahn. «Voglio sentire cosa ha da dire a sua difesa quel figlio di buona donna.» 24 Tutto avvenne innocentemente. Tornata alla chiesa a Broderick, Letty raccontò alla donna anziana quello che era successo alla discarica, la gara di tiro a segno tra Lucas, Del e gli agenti dell'EBI. Poi prese una pillola per la mano, un libro e, trovato un letto vuoto su cui sdraiarsi, si mise a leggere. Ruth telefonò ai membri della sua rete in Canada. La donna andò al Wolfs Café, si fece dare una fetta di torta e un caffè e raccontò a Sandra Wolf della gara di tiro a segno e le riferì che l'FBI e la polizia di stato era-
no alla discarica. Poco dopo, nel caffè entrò un vicesceriffo e la Wolf gli riferì della gara e del fatto che l'FBI stava perlustrando la discarica. Il vicesceriffo si offese, perché aveva lavorato, o meglio osservato gli agenti dell'FBI esaminare la casa di Deon Cash e poi andarsene senza dirgli niente. Era anche più che sicuro che lo sceriffo fosse all'oscuro di tutto, per cui chiamò la signora Holme, la segretaria dello sceriffo, e le chiese di riferire ogni cosa allo sceriffo. Lo sceriffo non era in sede, ma lei trasmise la notizia a molte altre persone. L'informazione ci mise quasi un'ora per arrivare alle orecchie di Loren Singleton che in quel momento stava prendendo una Sprite dal distributore di lattine al comando dei vigili del fuoco. «Sono lassù a scavare buche», disse un tizio che l'aveva sentita da quello che l'aveva sentita dalla Holme. «Meglio loro che io. Quel posto puzza come una fogna anche quando è ricoperto di terra e gelato.» Margery Singleton era appena rientrata a casa con un sacchetto di carta che conteneva una scatola di cervello di manzo acquistato al Logan's Fancy Meats, farina e latte comperati al Kwik Shop e un chilo di patate, quando il figlio si precipitò dentro casa. «La festa è finita», gemette. «Mio Dio, la festa è finita. L'FBI e la polizia di stato stanno scavando alla discarica e hanno con loro tutta quell'attrezzatura speciale. Li troveranno. Quei californiani dicono di poter trovare una tomba vecchia di cento anni e i Calb non sono rimasti sottoterra tanto a lungo da diventare freddi.» Margery strinse gli occhi. «Credi sia a causa di quella ragazzina?» «Chi altri? Quando ho portato là le bambine non c'era in giro una sola automobile e le ho portate nell'angolo più lontano ed era quasi buio. Chi altri è spesso là e potrebbe avermi visto? Non c'è nulla lassù, a parte quei dannati procioni a cui lei dà la caccia.» «Da chi hai avuto questa informazione? Non è una stronzata, vero?» «No, l'ho saputo da Roland Askew. Ma ecco qualcos'altro: hanno tenuto lo sceriffo all'oscuro di tutto, anche se alla casa di Gene Calb erano amiconi. Perché l'avranno fatto? Perché io sono un vicesceriffo e loro sanno che sono stato io a sotterrarli. Mio Dio, mamma, ho paura.» Si sbatté una nocca in bocca e la morse. Margery guardò la lattina di cervello di manzo sul tavolo della cucina. Il
cervello, tagliato a fettine e fritto in pastella alla birra, era una rara leccornia, a patto di trovarlo fresco. Il cervello congelato diventava molle quando lo si sgelava. Rifletté sulle varie possibilità per un minuto. «Una ragazza morta non può testimoniare. Devi andare là e completare l'opera», disse poi. «Mamma, se credono che sia io... ho un foro nel petto e un ematoma. Non devono fare altro che togliermi la camicia.» «Allora vai là e ti occupi della ragazzina. Quando tornerai, avrò trovato una soluzione: avrai un incidente.» «Un incidente?» «Un incidente d'auto. Devi ricoprirti di lividi. Devo ancora pensare come. Devi farti veramente male da qualche altra parte, per esempio a Fargo, e lì dovranno ricoverarti in ospedale. Ti metti al volante della mia macchina, simuliamo lo scontro, poi tu simuli la ferita. Urta con violenza qualcosa, tanto da far fuoriuscire gli airbag. Quando ci troveranno, il foro sarà ormai chiuso... Possiamo inventare qualcosa. Riesco già a immaginare cosa faremo, ma non funzionerà se quella bambina parlerà.» «Ah, ci beccheranno.» «Farai meglio a sperare di no. Sai cosa fanno a persone come te a Stillwater? Non avrai alcun problema a defecare, te lo assicuro. Sarai carino e disponibile. Questo, se non saranno i federali ad arrestarti. I federali ti sbatteranno sulla sedia elettrica, dovessero acciuffarti.» «Oh, mio Dio.» Infilò di nuovo la nocca in bocca, chiuse gli occhi, la morse. Il dolore lo aiutava a schiarirsi le idee. Riaprì gli occhi. «Me ne vado, Ormai è quasi buio, ho ancora il telecomando per aprire la porta del garage dell'officina di Calb, posso mettere lì la macchina, attraversare la strada e raggiungere la chiesa. Ho sentito che le altre donne se ne sono andate dopo la morte di Katina; ci saranno solo Ruth Lewis e la bambina.» Riflettendo ad alta voce, stava persuadendo se stesso ad agire. «Potresti non avere molto tempo. Farai bene a darti una mossa. Nel frattempo io troverò una soluzione», disse Margery annuendo. Lo sceriffo seppe degli scavi alla discarica nello stesso momento in cui lo veniva a sapere Loren Singleton. Anderson ne fu informato da un vice procuratore della contea al Borna's Drugs. Lo sceriffo stava meditando sulla scelta di uno stick per labbra screpolate, quando era passato di lì il procuratore con un flacone di Medinait in mano. «Dobbiamo smettere di incontrarci così», aveva detto.
«Specialmente quando hai con te droghe.» «Maledettamente vero. Non so perché quegli stupidi pazzi si gingillano con i laboratori di metamfetamine, quando potrebbero comperarsi il Medinait... Allora, che hanno trovato alla discarica?» «La discarica?» Anderson era perplesso. «Sì, lo sa tutta la città, i federali e gli agenti della polizia di stato sono su alla discarica, e la stanno dissodando. C'è anche Ray Zahn, hanno svegliato il vecchio Phil Bussard, credo sia lassù con il bulldozer. Stanno cercando quelle bambine.» «Oh, accidenti», esclamò Anderson. Uscì dal drugstore, salì sul suo gippone, fece un'inversione a U e si diresse fuori città. Sempre più arrabbiato, si stava strofinando il burro di cacao sulle labbra, quando si rese conto di averlo rubato sotto gli occhi di un vice procuratore di contea. «Quella gente», borbottò a voce alta, intendendo gli agenti del BCA, ma soprattutto Lucas Davenport. Quell'uomo era tanto arrogante, tanto santarellino, mostrarsi in questa zona rurale con il suo costoso parka Patagonia e quel fuoristrada da quarantamila dollari che nessun vero americano avrebbe mai dovuto guidare. Mi piacerebbe vedere come farà a ripararlo dopo che è esploso sulla Highway 36, pensò; mi piacerebbe vederlo cercare parti di ricambio per la sua maledetta Acura da queste parti. Dovranno trainare quel bastardo fino alle Cities. Avevano il loro daffare nella capitale con quella checca di Henderson e non avevano capito che lui non poteva essere tenuto fuori da questa indagine, non poteva, se voleva conservare il suo posto, il miglior lavoro che avesse mai avuto e che mai avrebbe avuto. Quella gente. Fantasticò su come «combinare» un guasto all'Acura di Davenport, si rese conto di avere appena attraversato Broderick a centoquaranta chilometri l'ora, vide delle luci nell'officina di Calb e si chiese se ci fossero anche lì i federali, s'infuriò ancora di più e spinse la jeep sui centoquarantacinque. Calma, stai tranquillo, pensò giunto all'uscita per la discarica. Prese la strada laterale fino al cancello, dove non vide automobili parcheggiate, ma dall'alto del sedile scorse, oltre il rialzo della discarica, un brillante grappolo di luci alla sua destra. Persone al lavoro. Si diresse da quella parte, rimbalzando sui solchi lasciati dal bulldozer, vide Zahn camminare verso il suo veicolo, poi Davenport e Capslock avviarsi verso la lussuosa Acura. In queir attimo si accese la radio sulla frequenza di servizio. «Sceriffo, è lì?»
Lui la ignorò, frenò accanto a Davenport e Capslock e saltò giù. «Che sta succedendo qui?» domandò a Lucas. «Dia un'occhiata nella buca», rispose Lucas. «Credo sia la signora Calb.» «Oh, santo cielo... Come mai non ne ero al corrente?» «Per questo devo scusarmi», rispose Lucas, «ma pensavamo che, ecco, il tipo che stiamo cercando potesse fare parte del dipartimento dello sceriffo.» Anderson, che si era avviato verso la buca, si voltò. «Il mio dipartimento?» «Sì. Riteniamo che possa essere Loren Singleton. L'amico di Katina.» «Singleton? Io, io... oh, cavolo!» Andò a guardare nella buca. Avevano aperto quasi tutto il sacco e lui poté vedere la coscia e la gamba di una donna. Poteva essere Gloria Calb, dalle dimensioni. «C'è un altro sacco sotto», avvisò Bussard, appoggiandosi alla pala e alzando gli occhi sullo sceriffo. Puzzava come una zuppa di pomodoro in scatola andata a male. «Sembra una scarpa d'uomo. I ragazzi pensano sia Gene.» Lucas si avvicinò ad Anderson. «Stavamo venendo a prenderla e poi saremmo andati a prendere Singleton. Dato che è un suo agente, abbiamo pensato che avrebbe voluto essere presente per fare un arresto ufficiale...» Oh, cavolo. Tornarono tutti ai loro veicoli, Anderson convinto che non l'avrebbero mai chiamato, almeno non finché non avessero legato Singleton come un tacchino di Natale. Lo trattavano come l'idiota del villaggio e, se lui non fosse arrivato in tempo, nella contea di Custer l'avrebbero saputo tutti. Anderson salì in macchina. «Sceriffo, è lei? Sceriffo?» piagnucolò di nuovo la radio. Prese il ricevitore. «Sì, sono io. Che vuoi?» gridò. «Abbiamo ricevuto una strana telefonata da Margery Singleton. È la madre di Loren Singleton. Dice di temere che lui abbia fatto qualcosa di terribile e che potrebbe fare del male ad altre persone. Non so, non sembrava in sé, ma ho pensato di chiamarla...» Zahn stava guidando il corteo di auto fuori dalla discarica, Lucas dietro di lui, Anderson nel terzo veicolo. Nello svoltare fuori della stradina, Anderson cominciò a suonare il clacson e a lampeggiare i fari. Si fermarono tutti e Anderson corse da Lucas.
«La madre di Loren Singleton ha appena chiamato la centrale. Ha detto che teme che Loren abbia fatto qualcosa di tremendo e che ora è diretto a Broderick e pensa che potrebbe fare del male ad altre persone. Ha detto che aveva menzionato quella ragazzina, Letty.» «Oh, merda», sibilò Lucas. «Informi Ray», gridò e partì a razzo, dando appena il tempo ad Anderson di scostarsi. Anderson osservò Lucas aggirare l'auto di Zahn e infilarsi nella via d'accesso. Sentendo quelle strombazzate Zahn si era fermato ed era sceso dalla macchina. «Che c'è?» gridò, mentre Anderson scendeva dalla sua. «Loren sta andando a Broderick. Cerca quella ragazzina, Letty.» Zahn non commentò, salì in macchina e si lanciò dietro Lucas. Anderson risalì sul suo fuoristrada e li seguì fino alla strada d'accesso. Poi prese il telefono e chiamò il centralino. «Trovate il numero di telefono di quella chiesa a Broderick. Dite loro che sono in pericolo, che Loren sta andando lì per fare loro del male. Dite loro di chiudere a chiave le porte», urlò. Quella telefonata, pensò in seguito, era stata l'unica cosa buona che avesse fatto quella notte, era stata molto buona. 25 Loren Singleton aveva appena parcheggiato la sua jeep nel garage di Calb, quando un altro fuoristrada attraversò ad alta velocità il paese. Lo sentì soltanto, ma la sua fretta portava con sé un messaggio. Qualcosa era accaduto a nord di Broderick e l'unica cosa per molti chilometri a nord di Broderick era la discarica. In cuor suo capì che avevano trovato qualcosa. Rimase stravaccato nel suo gippone, la radio che borbottava qualcosa, per poi, in sottofondo, suonare un vecchio brano di Wayne Newton, Danke Schön. Alzò il volume e la canzone lo colpì emotivamente e lui cominciò a piangere, pensando a Katina, ma anche a se stesso. Le probabilità che la madre riuscisse a organizzare qualcosa erano quasi zero, pensò. Era condannato. Si asciugò gli occhi con il palmo, s'infilò i guanti, prese la calibro 380 da sotto il sedile, si mise il cappello da poliziotto, trasse un profondo respiro e si diresse alla chiesa. Ruth Lewis aveva concluso le sue telefonate in Canada. Letty, resa sonnolenta dagli antidolorifici, aveva messo da parte il libro e stava guardando Thelma e Louise in DVD, la gamba ferita adagiata su una pila di cuscini.
La donna anziana era nella sua stanzetta e recitava le preghiere del pomeriggio. Ruth, inquieta, pensò di chiedere a Letty di accompagnarla al ristorante o di prendere l'auto e di tornare alla discarica per vedere se avevano scoperto qualcosa. Thelma e Louise cominciava a vedersi male oppure, pensò Ruth, il lettore DVD si stava guastando. Era appoggiata all'uscio e guardava il film al di sopra della testa di Letty, quando squillò il telefono. Corse in cucina e sollevò il ricevitore. L'addetto al centralino dell'ufficio dello sceriffo le riferì rapidamente: «La madre di Loren Singleton dice che suo figlio sta venendo da voi con una pistola e che potrebbe farvi del male. Dovete allontanarvi alla svelta, lo sceriffo è già per strada ma Loren potrebbe essere davanti a lui...» Squillò il campanello dell'ingresso. Ruth lasciò cadere il ricevitore, corse verso la parte anteriore della chiesa e si fermò sull'uscio della stanza della televisione. «Loren Singleton sta venendo qui. Va' in soffitta e nasconditi», mormorò con tutta la calma possibile, ma con urgenza. Il campanello squillò di nuovo e Letty, senza porre domande, le passò accanto zoppicando e Ruth andò alla porta, sbirciò fuori da una finestrella sulla facciata. Loren Singleton, le mani in tasca, le spalle curve per proteggersi dal vento, era sul portico in cemento. Ruth indietreggiò. La cosa migliore era rimanere in silenzio, pensò. «Ruth? Sei andata alla porta?» gridò l'anziana, interrompendo le preghiere. Il campanello suonò di nuovo, la maniglia venne scossa. «Sono il vicesceriffo. Apra», sentì dire a Singleton ad alta voce. «Che sta succedendo?» domandò perplessa la donna anziana, uscendo dalla stanzetta. Ruth le afferrò il braccio, vide Letty sparire nella soffitta sul retro e trascinò la vecchia verso il fondo della chiesa. «Loren Singleton... lo sceriffo dice che potrebbe essere venuto qui per fare del male a Letty.» «Cosa?» Erano alla finestrella e Ruth sbirciò fuori, ma non vide niente eccetto, a una trentina di metri di distanza, alcuni edifici sferzati dalla neve, e la pianura. Se fossero corse fuori dalla porta posteriore e se Singleton le avesse scorte, non avrebbero più saputo dove andare o dove nascondersi. «Non so...» esordì, e in quel momento Singleton ruppe la serratura con un calcio. Lo fece come un poliziotto, un rapido e violento calcio alla maniglia e la porta si piegò, senza rompersi del tutto. Sferrò un altro calcio.
«Nasconditi. Da qualsiasi parte», ordinò Ruth all'anziana. Poi si girò verso la porta per affrontare Singleton. «Sta arrivando lo sceriffo. Hanno appena telefonato e sanno tutto!» gli gridò Ruth attraverso la porta. Singleton aveva la pistola in mano, ma il messaggio raggiunse la sua mente e si bloccò, ansimando, forse riflettendo. «Hai ucciso mia madre, bastardo!» urlò Letty dalla soffitta. Ruth si sentì sprofondare. «Ti ho sparato una volta e ti sparerò di nuovo, se non te ne vai», aggiunse Letty. Singleton la individuò nella soffitta. «Piccola...» gridò. Sollevò la mano con la pistola come prendendo la mira, Letty sparò e lui cadde. «Letty!» strillò Ruth. «Basta. Basta!» «Alzati e ti sparerò di nuovo, bastardo», gridò Letty. Ruth s'incamminò con cautela verso il fronte della chiesa, dove Singleton stava cercando di girarsi sul fianco. Ruth vide la pistola sul pavimento. Lo aggirò, mentre cercava di tirarsi su e non poteva vederla, e allontanò con un calcio l'arma facendo un cenno con la mano a Letty. «Allontanati da lui, Ruth», gridò la ragazzina. Singleton si rimise in piedi e guardò di traverso Ruth. «Quella piccola strega mi ha sparato nella pancia. Mio Dio che male», disse. «Possiamo portarla all'ospedale.» «'Fanculo l'ospedale», ringhiò Singleton. «Come faceva a sapere che stavo arrivando?» «Credo che sua madre abbia chiamato lo sceriffo. Temeva che lei potesse fare del male a qualcuno. È stato... è lei... è lei che ha ucciso Katina?» Singleton era sconcertato. «Mamma?» «Ha telefonato allo sceriffo», rispose Ruth. «Ha sparato lei a Katina?» «Allontanati da lui, Ruth. Allontanati», urlò Letty dal retro della chiesa. Ruth le fece un segno con la mano. «È stato lei...» «Ma, mamma...» Singleton era sempre più perplesso. «Cosa?» Lui la fissò, gli occhi roteanti. «Ma, mamma... voglio dire, ha fatto tutto lei. È stata sua l'idea. Ha fatto le iniezioni alle bambine. Ha preso i soldi. Ha sparato a Katina...» Riuscì a concentrarsi su Ruth e gli occhi gli si riempirono di lacrime. «Non avrei mai fatto del male a Katina. Non sono stato...» Si sentì all'esterno un rumore di ghiaia che veniva calpestata e schizzava
via, di macchine che entravano nello spiazzo. «Farebbe meglio ad allontanarsi», disse Singleton rimettendosi in piedi. Spinse indietro il parka, estraendo dalla fondina una pistola d'ordinanza. «Farebbe meglio ad allontanarsi...» ripeté. Lei indietreggiò e lui vacillò nel vano della porta. «Attenta, attenta!» strillò Letty, e gli sparò di nuovo nella schiena e lui barcollò in avanti, sollevò la pistola e Ruth udì degli uomini gridare all'esterno e Letty lo colpì ancora e Singleton tirò il grilletto una sola volta, poi si piegò sotto una raffica di colpi di pistole, fece due passi all'indietro e cadde nella chiesa. Poi Ruth sentì qualcuno gridare: «Del...Del...» L'Acura poteva correre a centosettanta chilometri l'ora, ma non le piaceva: non le piacevano i rappezzi in catrame dell'autostrada rurale e Lucas si era sentito come un pisello sbatacchiato in un barattolo di latta. «Corri, corri», aveva gridato Del e nello specchietto retrovisore Lucas aveva visto Zahn avvicinarsi lentamente. Nel giro di uno o due minuti, Zahn era a una cinquantina di metri dietro di loro e lì era rimasto. A più di un chilometro e mezzo dal paese avevano visto, in lontananza, qualcuno attraversare l'autostrada. A quella distanza era sembrato grande come una pulce vista dall'altra parte di una stanza. «È lui, non può essere che lui», aveva urlato Del. A poco più di un chilometro e mezzo l'avevano visto aprire con un calcio la porta della chiesa e Del aveva estratto la pistola. «Dirigiti alla porta», aveva gridato. «Stiamo correndo troppo. Non so dove finiremo. Colpa di tutta questa ghiaia.» Qualche secondo dopo, stavano sbandando sulla ghiaia, con Zahn che slittava di coda dietro di loro, cercando di evitare un tamponamento. Lucas si era fermato poco dietro la porta della chiesa e Del era sceso e poi era sceso anche Lucas e aveva visto Zahn puntare la pistola e mirare al di sopra del tetto della berlina della polizia e poi Singleton era nell'uscio e Lucas aveva spianato la pistola e aveva cominciato a gridare, neppure sapeva che stava gridando, stava gridando «... un rumore», e aveva sentito qualcosa come una sparatoria e poi Singleton, che si stava muovendo lentamente e a sobbalzi, aveva alzato improvvisamente e spasmodicamente una mano e nella mano c'era una pistola e aveva sparato e Del era caduto e Lucas e Zahn avevano fatto fuoco e Singleton era crollato all'indietro nella chiesa. Lucas era corso dall'altra parte della jeep. «Del...Del...»
Ruth Lewis si affacciò alla porta, con circospezione. Letty era dietro di lei con la carabina. La Lewis si fermò per guardare Singleton, Letty attraversò la porta e vide Del a terra. «Oh, no, è ferito gravemente? È ferito?» esclamò. Lucas era inginocchiato accanto a lui, con Zahn che incombeva sopra i due. «Quanto grave?» domandò Del. «La gamba è un casino», rispose Lucas. «Mi pare che non pompi sangue. Vuoi aspettare l'ambulanza o ti porto con la mia macchina?» «Ho già chiamato un'ambulanza, sarà qui entro sette minuti. Ho visto di molto peggio. Se aspetta, viaggerà in modo confortevole», disse Zahn dall'alto. «Aspetterò», dichiarò Del. «Mettiamogli sotto delle coperte», propose Ruth Lewis. «Loren è morto.» «Abbiamo trovato i Calb nella discarica, Loren ha ucciso sua sorella e i Calb e la madre di Letty e i Sorrell e probabilmente anche le due bambine», la informò Lucas. «Quell'uomo ha fatto un sacco di danni.» «Mmm», borbottò lei, con distacco. Lucas pensò che stesse per cadere in stato di choc. Poi Ruth soggiunse. «Vado a prendere le coperte. Il terreno è tanto freddo», e rientrò di corsa nella chiesa. Letty si acquattò accanto a Del. «Gli ho sparato altre tre volte», disse. «Vi ho sentiti arrivare e lui è andato alla porta con la pistola e io gli ho sparato tre volte, ma lui ha continuato a camminare.» «Oh, santo cielo», esclamò Lucas. «È terribile.» «Quell'uomo si è suicidato», ribatté Del. «Vorrei soltanto... vorrei soltanto...» Ruth Lewis corse dentro, vide la calibro 380 che aveva calciato contro la parete. Coperte. Aveva bisogno di coperte per Del. Andò all'armadio, tirò fuori delle coperte, poi ne prese altre dall'armadio di un'altra stanza. E pensò: Mamma? Nell'uscire, vide il grappolo di persone attorno a Del, fece un passo di lato, raccolse la piccola calibro 380 e se la mise in tasca. Ruth tornò con le coperte e, assieme agli altri, le infilò sotto il sedere e la schiena e la gamba buona di Del. «Non perderò la gamba, vero?» chiese a tutti, con il dolore negli occhi. «Con il nostro ospedale», rispose Zahn, «non si sa mai». Del strabuzzò
gli occhi. «Stavo solo scherzando. Tenga duro. Quel bastardo di un Loren», aggiunse Zahn rapidamente. 26 Del venne stabilizzato nell'ospedale di Armstrong e poi trasportato in aereo alle Cities, dove venne accolto da Weather, Rose Marie e dallo stesso governatore. Lucas passò altre due dure giornate ad Armstrong dopo che Singleton era stato colpito a morte. Fecero venire Margery Singleton, una donna che sembrava un uccello, scioccata da ciò che le stavano dicendo. «Non può essere il mio ragazzo; non può essere il mio ragazzo», ripeteva. «È morto? Ha detto che è morto?» Lo sceriffo infine le diede una pacca sulle spalle, la ringraziò per la telefonata e la congedò. Interrogarono a fondo Ruth Lewis, accompagnata da un influente avvocato di Minneapolis che lavorava per l'arcidiocesi di St. Paul e Minneapolis. Il traffico di farmaci non venne menzionato, ma lei raccontò loro ciò che «sospettava» sul racket dei furti d'auto. Vennero interrogati tutti i dipendenti di Calb, tranne tre che erano partiti per lidi ignoti. Tutti dichiararono di essere rimasti sbalorditi dal numero di Toyota che dovevano verniciare, ma che era stato loro detto che si trattava di un accordo con una società di assicurazioni. Letty venne interrogata, quindi rimandata alle Twin Cities con l'anziana donna della chiesa. Per lei c'erano in programma altri interventi chirurgici alla mano. La squadra dell'FBI trovò prima la tomba di Tammy Sorrell, guidati sul posto dalla carta natalizia al margine della discarica, quindi, più tardi nella stessa giornata, quella di Annie Burke. Lucas trasmise i particolari al gruppo di Bemidji e, il terzo giorno, lasciò la contea di Custer. Stava arrivando una di quelle rapide bufere chiamate Alberta Clipper, e lui rimase attaccato al suo fronte per tutta la strada, guidando, senza mai fermarsi, tra neve soffice e leggera e ascoltando le stazioni radio. Arrivò a casa e trovò la moglie che si stava infilando il cappotto. «Sto andando alla rosticceria. Pensavo che sarei stata di ritorno prima del tuo arrivo», gli disse, dopo il bacio di benvenuto.
«Posso andarci io, se vuoi», si offrì lui. «No, in quindici minuti vado e torno.» «Hai sentito Del oggi?» «Sì, sono andata all'ospedale, ho parlato con lui, ho visto le radiografie. Non sono un ortopedico, ma penso che ciò che hai saputo tu sia esatto», rispose Weather. «La frattura è brutta, alcune ossa sono esplose nel polpaccio. Venti anni fa, prima di diventare tanto bravi con gli innesti ossei, si sarebbe ritrovato a zoppicare. Ora, passerà un po' di tempo prima che possa riprendere a trotterellare, ma non credo che zoppicherà.» «Cheryl è incazzata con me», ammise Lucas. «Succede. La moglie s'incazza sempre un po' con il partner, quando qualcuno viene colpito.» «Ti senti in colpa?» «Un po'», rispose Lucas. «Ma non so che altro avrei potuto fare. Pensavamo le stesse uccidendo.» Il telefono squillò, Weather sollevò il ricevitore. «Sì, un secondo», disse. Coprì il microfono del telefono con la mano. «È lo sceriffo Anderson», spiegò a Lucas, «io vado alla rosticceria.» Il bambino era a letto, la governante nelle sue stanze. Lucas salì al primo piano, si fece una rapida doccia e scese dabbasso proprio mentre Weather tornava con i panini. Si accomodarono al tavolo della cucina, mangiarono e condivisero un sacchetto di patatine fritte. «Pensavo che le cose sarebbero state più tranquille con il nuovo lavoro», dichiarò Weather. «Credo che Cheryl pensasse la stessa cosa. Del era già finito nei guai, ma niente di tanto brutto da quella storia con le forbici seghettate.» «Quella era stata più... grottesca... che veramente brutta», osservò Lucas. «Voglio dire, non è che poi non abbia potuto lavorare per mesi e mesi.» «Allora, che aveva da riferirti questo Anderson? Lo sceriffo?» «Su cosa?» «Sull'autopsia, tanto per cominciare. Avevi detto che l'avrebbero eseguita oggi.» «Singleton aveva otto fori di pallottole. Due erano miei, due di Zahn e quattro di Letty, da due diverse armi. Lei ha detto di avergli sparato ed era vero, aveva un foro nel petto, ma in qualche modo era riuscito a tirare fuori il proiettile.» «Santo cielo.» «Già. Le due bambine sono state uccise con iniezioni. Non sono ancora
sicuri sull'agente, ma quell'informazione mi ha confuso. Non so che pensare.» Fissò il suo panino, corrucciato. «I Calb sono stati uccisi con la stessa arma usata per i Sorrell, ma non era la pistola di ordinanza di Singleton. Con ogni probabilità l'ha buttata da qualche parte. Sua madre dice che lui aveva un'altra pistola, più piccola, e questo è plausibile. Ma le iniezioni... questo mi preoccupa. Non si addice a Singleton. «Lo sceriffo ha buttato all'aria la casa di Singleton. In verità sono stati quelli di Bemidji e un paio di vicesceriffi, e hanno trovato un sacco di contanti nello scantinato. Altri soldi del riscatto. Buona parte manca, con ogni probabilità li avranno semplicemente spesi. Se il signor Burke lo desidera, potrà impugnare le proprietà di Calb e di Cash e recuperare qualcosa dalla vendita delle loro case e così via. Non so se ricaverà molto adesso, forse qualcosa dalla casa di Cash. Senza più l'officina di Calb, penso che Broderick sprofonderà di nuovo nella prateria.» «Mh-mh.» Weather diede un morso poco elegante al suo panino. «Hai visto Letty oggi?» chiese Lucas. «Sì», rispose la moglie, parlando a bocca piena. «Le hanno tolto l'ingessatura per dare un'occhiata, poi gliene hanno messa un'altra. Pensano di poter fare qualche ritocco la settimana prossima. Soffrirà per un certo periodo.» «Già. Era piuttosto infelice, quando l'ho sentita ieri sera», disse Lucas, con un mezzo sorriso. «Anderson le ha portato via la carabina. Non credo che gliela renderà.» «Deve essere traumatizzata», osservò lei. «Sua madre non avrà certo avuto intenzione di farlo, ma quella bambina è stata maltrattata. Tutto qui. Prendersi cura di un'alcolizzata a dodici anni? E l'ha fatto per così tanto tempo. Era l'adulta della famiglia. E poi le hanno sparato e lei ha risposto al fuoco e sua madre è stata ammazzata... È sorprendente che non sia in stato catatonico.» «Già...» Masticarono per un po'. «Anderson ha detto che Ruth Lewis se n'è andata. La sta cercando, ma la vecchia alla chiesa ha riferito che Ruth era andata in Canada, qualcosa a che fare con la sua rete. Che sarebbe tornata entro qualche giorno. Lo sceriffo ha detto di avere controllato e che gli agenti alla frontiera avevano preso nota del suo passaggio questa mattina. Per cui... sospetto che stia riorganizzando le cose. Contrabbanderanno i farmaci da qualche altra parte», continuò poi Lucas. «Spero ce la faccia», ammise Weather. «Sembrava stesse cercando di fa-
re la cosa giusta.» «Non lo so», ribatté lui. «Non sono abbastanza intelligente da risolvere tutti i 'se'.» Lucas si mise a picchiettare le dita sul tavolo, esaminando un'oliva che era schizzata fuori dal panino. «Cosa c'è?» gli chiese la moglie dopo un po'. Appoggiò il panino e assunse un'espressione ingenua, come quando voleva fare qualcosa che a Weather poteva non piacere. «Pensi, ecco, che Letty potrebbe trasferirsi da noi per un po'? Fino a che le cose non si sistemano?» Weather squarciò il sacchetto quasi vuoto di patatine fritte e lasciò cadere le ultime quattro sulla tavola. Ne prese due. «Mi chiedevo se l'avresti mai chiesto. Penso che potremmo farlo, anche se prevedo alcuni problemi. È dura, farà ciò che vuole e non le importa rendere la vita difficile agli altri.» «Chi ti fa venire in mente questa descrizione?» chiese Lucas. «Chi?» chiese lei perplessa. «Gesù, Weather, hai appena descritto perfettamente te stessa.» Prese una delle patatine rimaste. «Non è vero.» Era stupefatta. «Io sono la persona più docile che conosco.» «Oh, mio Dio...» Rinunciò. «Ma pensi che possiamo farlo?» «Penso di sì. Quella ragazzina mi piace molto», rispose Weather. «Abbiamo un sacco di stanze. Anche se arrivasse un altro figlio, i due piccoli potrebbero dormire insieme finché Letty non andrà al college...» «Un altro... ehm.» «Non sono incinta, stupido», esclamò lei. «Per ora sto solo parlando per ipotesi.» Lucas guardò la tavola. «Hai intenzione di mangiare quella patatina?» Quella stessa sera, rientrando a casa, Margery Singleton si sorprese nel trovare la porta sul retro aperta. La chiudeva sempre a chiave. O quasi sempre, vivendo in una piccola città, a volte se ne dimenticava. Entrò, cercando di cogliere la sensazione del mattino. Non le era rimasta incastrata la chiave nella serratura quella mattina? O era successo il giorno prima? Chiuse la porta, fece scattare l'interruttore della luce, fece un passo verso
la cucina e si bloccò. Alla tavola era seduta una donna e Margery indietreggiò di un passo. «Chi diavolo è lei?» Poi vide il mucchio di soldi sul tavolo. «Quelli sono miei.» Ruth Lewis prese la calibro 380 di Loren Singleton. «Lei ha ucciso mia sorella, mamma. E ha ucciso quelle bambine iniettando loro qualcosa. E Dio solo sa chi altri. Non si può lasciare correre tutto questo.» La pistola era puntata contro il petto di Margery. Era stato sorprendentemente facile far funzionare la pistola che Ruth aveva raccolto nella chiesa. Si era allenata un po' prima di mandare oltre confine un'altra suora con la sua patente. Ruth avrebbe attraversato la frontiera più tardi quella notte, con la carta d'identità di quella religiosa. Un alibi abbastanza semplice, aveva imparato a ragionare come un criminale. «Ecco, non mi può semplicemente sparare», disse Margery. Stava pensando alle mosse successive, come aveva sempre fatto con Loren. Loren era bell'e morto prima ancora di uscire dalla casa quella sera e lei l'aveva saputo. Loren non aveva un gran cervello e, se i poliziotti fossero riusciti a manipolarlo, avrebbe spifferato ogni cosa. E quando avessero trovato le bambine nella discarica e quelle punture d'ago... chi avrebbe mai pensato che avrebbero potuto farlo, dopo tutto quel tempo? «Non mi può semplicemente sparare», stava dicendo Margery. Se fosse riuscita ad avvicinarsi a sufficienza alla tavola... «Perché no», replicò Ruth. L'assordante esplosione nella piccola stanza fece balzare Ruth all'indietro. Esibì, però, quel suo sorriso freddo, invernale quando Margery Singleton cadde. FINE