Eusebio di Cesarea Storia ecclesiastica/2
Venticinque anni di instancabile lavoro: tan· to fu il tempo che impiegò Eusebio di Cesa rea nella stesura dei dieci libri della Storia ecclesiastica. Nella sua monumentale opera lo scrittore palestinese intendeva tracciare un'apologia storica del cristianesimo, per di· mostrare come la vittoria finale di questo sulle awerse potenze statali fosse la prova tangibile della sua origine divina e della sua legittimità. Ponendo !"'economia" di Cristo, l'incarnazione del Logos, al centro della sto ria, della quale costituisce nello stesso tem po il punto di arrivo e di partenza, Eusebio propone una visione unitaria del processo storico che "farà scuola". Una storia della
Chiesa che passa attraverso vicende dram
matiche di persecuzioni, eresie, scismi, ma soprattutto un vero e proprio mosaico di informazioni e di fonti sia pagane sia cristia ne, che ha il pregio di accostarci a testi e documenti altrimenti sconosciuti e di fornire informazioni preziose sulle vicende della Chiesa primitiva. Di Eusebio di Cesarea, Città Nuova ha an· che pubblicato: Contro ferocie (a cura di A. Traverso - 1997), Teologia ecclesiastica (a cura di F. Migliore - 1998) e Commento ai Salmi (a cura di M.B. Artioli- 2004).
COLLANA DI TESTI PATRISTICI diretta da
ANTONIO QUACQUARELLI 159
Eusebio di Cesarea
STORIA ECCLESIASTICA/2 Traduzione e note Libri VI-VII a cura di Franzo Migliore Traduzione e note Libri VIII-X a cura di Giovanni Lo Castro
Città Nuova
II edizione, giugno 2005 Copertina di Gyorgy Szokoly. Restyling di Rossana Quarta
© 200 1 , Città Nuova Editrice Via degli Scipioni, 265 - 00 1 92 Roma tel. 063216212 - e-mail:
[email protected] Con approvazione ecclesiastica ISBN 88-311-3159-1
Finito di stampare nel mese di giugno 2005 dalla tipografia Città Nuova della P.A.M.O.M. . Via S. Romano in Garfagnana, 23 00148 Roma - tel. 066530467 e-mail:
[email protected] Eusebio di Cesarea STORIA ECCLESIASTICA (VI-X)
LIBRO VI
Il sesto libro della Storia ecclesiastica comprende i seguenti argomenti: l . La persecuzione sotto Severo. 2 . La formazione di Origene dalla sua infanzia. 3 . Come , pur giovanissimo, professava la parola di Cristo. 4 . Quanti da lui catechizzati conseguirono il martirio. 5. Potamiena. 6 . Clemente Alessandrino. 7. Lo scrittore Giuda. 8. Audace gesto di Origene. 9. I miracoli di Narciso. 10. I vescovi di Gerusalemme. 1 1 . Alessandro. 12. Serapione e le sue opere che ci sono rimaste. 13 . Le opere di Clemente. 14. Le Scritture che ha citato. 15 . Eracla. 16. Zelo con cui Origene si occupò delle divine Scritture. 1 7 . Il traduttore Simmaco. 1 8 . Ambrosio. 19. Ciò che si ricorda di Origene. 20. Opere rimasteci degli scrittori di quel tempo. 2 1. I vescovi che erano famosi in quel tempo. 22 . Gli scritti di Ippolito giunti fino a noi.
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23 . Lo zelo di Origene e come fu ritenuto degno del presbiterato nella Chiesa. 24. I commentari che scrisse ad Alessandria. 25 . Come ha menzionato le Scritture canoniche. 26. Come i vescovi giudicavano Origene 1 . 27. In che modo Eracla ottenne l'episcopato di Alessan dria. 28. La persecuzione sotto Massimino. 29. Fabiano è designato in maniera miracolosa da Dio vescovo di Roma. 30. I discepoli di Origene. 31. Africano. 32. Commentari scritti da Origene a Cesarea di Palestina. 33. L'errore di Berillo. 3 4 . Avvenimenti accaduti sotto Filippo. 35. Dionigi succedette ad Eracla nell'episcopato. 36. Altre opere composte da Origene. 3 7. Il contrasto con gli arabi. 3 8 . L'eresia degli elcesaiti. 3 9. Ciò che accadde sotto Decio. 40. Ciò che accadde a Dionigi. 41. Coloro che subirono il martirio ad Alessandria. 42 . Gli altri martiri di cui parla Dionigi. 43 . Navata: la sua condotta di vita e la sua eresia. 44. Storia di Dionigi su Serapione. 45. Lettera di Dionigi a Navata. 46. Le �ltre lettere di Dionigi.
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Nell'indice i titoli dei capitoli 26 e 27 ristùtano invertiti.
Libro VI, 1-2
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l. LA PERSECUZIONE SOTTO SEVERO
Quando anche Severo scatenò una persecuzione contro le Chiese 2, dappertutto ebbero luogo fulgide testimonianze da parte dei campioni della religione, ma esse furono più frequen ti soprattutto ad Alessandria, dove dall'Egitto e da tutta la Te baide 3, come in una grande arena, furono inviati gli atleti di Dio e dove ricevettero da Dio le loro corone a motivo della lo ro salda resistenza a sevizie e morti di vario genere. Tra loro vi fu Leonida, detto il padre di Origene, che fu decapitato e lasciò il figlio ancora molto giovane. Di costui, soprattutto perché la sua fama è diffusa presso la maggior parte degli uomini, non è fuori luogo raccontare brevemente la venerazione che ebbe da allora per la parola divina. 2. LA
FORMAZIONE
DI 0RIGENE DALLA SUA INFANZIA
l . Chi, dunque, si apprestasse a riferire scrupolosamente per iscritto la vita di quest'uomo, avrebbe da dire molte cose e la testimonianza completa su di lui richiederebbe un'opera spe cifica. Tuttavia, nella presente circostanza, riassumendo breve mente per quanto ci è possibile la maggior parte degli avveni menti, racconteremo su di lui pochi fatti, desumendo le cose che diremo da alcune lettere e dalle indicazioni di suoi disce poli che si sono mantenuti in vita fino ai nostri giorni. 2 Sia nella presente opera (cf. in/ra, VI, 2 , 2), sia nella Cronaca, Eusebio data la persecuzione al decimo anno di Severo, vale a dire al 202 , datazione che è confermata dagli Scriptores Historiae Augustae (cf. Vz"ta di Severo, 1 6). 3 L'interesse d i Eusebio nei confronti di Alessandria e dell'Egitto è do vuto al fatto che la biografia di Origene occupa gran parte di questo libro VI. Egli perciò trascura i martiri in Africa e in Gallia che furono egualmente nu merosi (si pensi al martirio di Perpetua, Felicita e compagni awenuto in Afri ca nel 202 e a quello, awenuto probabilmente nello stesso anno, di Ireneo e altri martiri lionesi in Gallia).
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2. La vita di Origene mi sembra degna di essere ricordata fin da quando, per così dire, egli era in fasce. Severo era, dun que, al decimo anno del suo principato, Leto governava Ales sandria e il resto dell'Egitto 4 e da poco tempo, succedendo a Giuliano, Demetrio aveva allora ottenuto l'episcopato di quel le diocesi. 3. Quando l'incendio della persecuzione raggiunse il culmine e numerosissimi fedeli cinsero la corona del martirio, un tale ardore di esso s'impossessò dell'animo di Origene che egli, pur essendo ancora un ragazzo 5, desiderò esporsi ai peri coli, balzare in avanti e gettarsi nella lotta. 4. E poco mancò che non fosse sul punto di morire, se la divina e celeste Provvidenza, in vista dell'utilità di parecchie persone, non avesse interposto, per mezzo di sua madre, degli ostacoli al suo ardore. 5 . Ella, infatti, dopo averlo da principio supplicato a parole, lo esortò ad avere rispetto nei confronti dell'affetto di madre che ella provava per lui, ma, quando (Ori gene) , avendo appreso che il padre era stato messo in prigione, fu del tutto preso dal desiderio di martirio, ella, avendogli na scosto i vestiti, lo costrinse a rimanere in casa. 6. Ma (il giova ne) , poiché non gli era possibile fare altro e il suo desiderio, che era di gran lunga superiore oramai alla sua età, non gli permet teva di starsene inattivo, fece pervenire al padre una lettera 6 in cui lo esortava al martirio e nella quale lo incitava dicendo que ste testuali parole: «Bada di non cambiare idea per causa no stra». Questo fatto deve essere tramandato per iscritto come prima prova della giovanile vivacità di spirito di Origene e del suo genuino amore verso la religione.
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Quinto Mecio Leto fu governatore (prefetto) d'Egitto dal 201 al 203 . 5 A quell'epoca Origene, che era nato intorno al 184-185, non aveva più di 17/ 1 8 anni. Cf. in/ra, VI, 2, 12. 6 Anni più tardi, nel 235, durante la persecuzione di Massimino il Tra ce, Origene scriverà un'altra Esortazione al martirio ai suoi amici, il diacono Ambrosio e il prete Protocteto, in carcere in attesa del martirio.
Libro VI,
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7 . Egli, infatti, aveva già gettato solide fondamenta nelle discipline della fede, poiché si era esercitato fin dall' adolescen za nelle divine Scritture: si era inoltre dedicato al loro studio in maniera non comune, dato che suo padre, non contento di averlo fatto educare secondo il ciclo ordinario di studi, non considerò un di più lo studio delle Scritture stesse. 8. Pertanto, ancor prima di fargli studiare le discipline greche, [il padre] lo avviò in ogni modo ad esercitarsi in quelle sacre, esigendo che ogni giorno apprendesse a memoria e declamasse brani. 9. E queste cose non erano fatte controvoglia dal fanciullo, che, an zi, vi si dedicava con così grande zelo che non lo soddisfaceva no le letture semplici e usuali dei libri sacri, ma vi cercava qual cosa di più e già da allora ne scopriva i sensi più profondi, al punto da mettere in imbarazzo il padre col chiedergli che cosa la Scrittura divinamente ispirata volesse in realtà esprimere. 10. n padre in apparenza fingeva di rimproverarlo, racco mandandogli di non cercare nulla che fosse al di sopra della sua età o che andasse al di là del senso evidente, ma in cuor suo ne gioiva vivamente e rendeva grazie infinite a Dio, che è la causa di tutti i beni, per il fatto che si era degnato di farlo diventare padre di un tale figlio. 11. E si racconta che spesso si fermava accanto al figlio che dormiva, gli scopriva il petto, come se vi fosse consacrato dentro uno spirito divino, lo baciava con de vozione e si riteneva felice per quella prole fortunata. Queste notizie, ed altre conformi a queste, sono quelle che si ricorda no su Origene quando era ragazzo. 12. Quando il padre coronò la sua vita col martirio, a non più di diciassette anni d'età, Origene rimase solo con la madre e con sei fratelli più piccoli. 13 . Poiché i beni del padre erano stati sequestrati dagli agenti del fisco imperiale, insieme ai suoi familiari si ritrovò nell'assoluta mancanza del necessario a vive re, ma fu giudicato degno dalla Provvidenza di Dio e trovò ac coglienza, e nello stesso tempo consolazione, presso una donna assai ricca di mezzi necessari a vivere e molto considerevole an-
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che nel resto, che colmava di cure un uomo famoso tra gli ere tici che a quell'epoca vivevano ad Alessandria 7: costui era d'o rigine antiochena e la donna di cui stiano parlando lo teneva presso di sé come un figlio adottivo e lo circondava di riguardi più di tutti gli altri parenti. 14 . Ciò nonostante Origene, che vi veva inevitabilmente con lui, da quel momento cominciò a da re inequivocabili prove della sua ortodossia nella fede, perché, allorquando una grande folla non solo di eretici, ma anche dei nostri, si radunava presso Paolo (questo era, infatti, il nome di quell'uomo), dato che egli appariva un assai abile parlatore, Origene non si fece mai persuadere ad unirsi a lui nella pre ghiera, attenendosi fin da ragazzo ai dettami della Chiesa e pro vando orrore, come egli stesso dice testualmente, nei confronti degli insegnamenti delle eresie. 15. Avviato dal p ad re alle disci pline greche, dopo la morte di lui si dedicò interamente e con tale ardore all'esercizio delle belle lettere che riuscì ad acqui stare un'apprezzabile preparazione letteraria e, dedicandosi ad essa, non molto dopo la morte del padre, si procurò mezzi di sostentamento più che abbondanti per quell'età. 3. COME, PUR GIOVANISSIMO, PROFESSAVA LA PAROLA DI CRISTO
Come egli stesso racconta nelle sue opere s, mentre si dedicava all'insegnamento e poiché ad Alessandria, essendo stati allontanati tutti dalla minaccia della persecuzione, nessu no era impegnato nella catechesi, alcuni pagani andarono da lui per ascoltare la parola di Dio. 2. Tra costoro egli annota che il primo fu Plutarco, il quale, d opo aver condotto un a vita eseml.
7 Non sappiamo chi sia il personaggio in questione, nè che eresia pro fessasse. 8 Ignoriamo di quali opere si tratti.
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plare, ebbe l'onore del divino martirio 9; il secondo fu Erada, fratello di Plutarco, che avendo dato anch'egli un grandissimo esempio di vita ascetica e dedita alla filosofia, dopo Demetrio fu ritenuto degno dell'episcopato di Alessandria 10. 3. Origene era appena diciottenne quando assunse la di rezione della scuo la di catechesi 11: egli continuò a far progressi anche durante le persecuzioni che ebbero luogo sotto Aquila, governatore di Alessandria 12, e conseguì allora grandissima notorietà tra colo ro che erano mossi dalla fede a motivo della benevolenza e del l' attenzione che egli dimostrava nei confronti di tutti i santi martiri, siano essi stati sconosciuti che famosi. 4. Egli, infatti, li assisteva non solo mentre erano in carcere o nel corso dell'in terrogatorio fino alla sentenza finale, ma anche dopo di essa ri maneva con i santi martiri quando erano condotti a morte, di mostrando notevole coraggio ed esponendosi al pericolo; in tal modo, quando avanzava coraggiosamente e con grande ardi mento salutava i martiri con un bacio, la moltitudine circostan te dei pagani inferociti spesso mancò poco che lo assalisse, 5 . m a ogni volta trovò l a mano soccorritrice di Dio e riuscì mira colosamente a salvarsi. La stessa grazia divina e celeste altre in finite volte, quante fossero è impossibile dire, lo protesse quan-
9 Cf. in/ra, VI, 4. lO Dopo la conversione
fu preso da O rige ne come coadiutore nell'inse gnamento catechistico nel Didaskaleion di Alessandria (cf. infra, VI, 15), che diresse quando nel230 il maestro dovette abbandonare la città per andare in esilio a Cesarea. Ordinato presbitero dal vescovo Demetrio, alla sua morte gli succedette nella carica episcopale. Nonostante l'amicizia che lo legava ad Ori gene, da vescovo mantenne le misure già adottate contro di lui dal suo pre decessore e non consentì all'antico maestro il ritorno ad Alessandria. Morì nel 247, dopo 16 anni di episcopato, gli successe nella carica Dio nigi già suo suc cessore nella direzione della scuola. 11 Siamo dunque nel202-203. 1 2 Dallo scarno accenno di Eusebio non è possibile ricavare se Suba ziano Aquila sia stato semplice governatore di Alessandria o anche prefetto d'Egitto come confermerebbero altre fonti. ,
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do gli furono tese insidie a causa del suo eccesso di zelo e di au dacia nei confronti della dottrina di Cristo. Così grande era l'o stilità dei non credenti contro di lui, che si radunavano in mas sa e mettevano dei soldati intorno alla casa dove abitava, a cau sa del numero di quanti erano da lui catechizzati nella sacra fe de. 6. Ogni giorno divampava a tal punto contro di lui la per secuzione, che non vi fu più posto per lui nell'intera città, ma andò di casa in casa, cacciato da ogni luogo a causa della folla che si accostava per mezzo suo all'insegnamento divino; poiché in effetti le sue opere racchiudevano i risultati mirabili di una filosofia autenticissima 7. ( quale è la parola, dicono, tale è la condotta, ed egli dimostrò che quale è la condotta, tale è la pa rola) 1 3, e fu soprattutto per questo che, soccorso da divina po tenza, indusse moltissimi ad imitarlo. 8. Allo rquando poi vide che diventavano sempre più nu merosi i discepoli che si recavano da lui, a cui era stata affidata dal capo della Chiesa Demetrio soltanto la scuola di catechesi, avendo ritenuto incompatibile l'insegnamento della grammati ca e l'esercizio delle discipline divine, abbandonò prontamente l'insegnamento della grammatica, in quanto la ritenne inutile e antitetica agli studi sacri. 9. Quindi, per un motivo legittimo, vale a dire per non aver bisogno dell'aiuto d'altri, si disfece di tutte le opere di letteratura antica allora in suo possesso, che egli fino a quel momento aveva mirabilmente trascritto, accon tentandosi dei quattro oboli al giorno 14 che gli venivano dati dal loro compratore. Per parecchi anni mantenne questa con13 Si tratta di un proverbio popolare già noto a Platone (cf. Repubbli ca, 3, 400d)), ma anche a Seneca: «Hoc quod audire vulgo soles, quod apud
graecos in proverbium cessit: talis hominibus fuit oratio qualis vita» (cf. Let
tere a Luci/io, 114, 1).
14 Le opere di cui si sta parlando, sicuramente di autori classici, costi tuivano dunque la biblioteca personale di Origene, che egli dà via per una somma irrisoria, equivalente a 2/3 di denario in un periodo in cui la rendita di un denario al giorno assicurava un modesto livello di vita.
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dotta di vita tipica dei filosofi, allontanando da sé tutti gli effetti delle sue passioni giovanili a e dedicandosi tutto il giorno ai grandi travagli dell'ascesi, mentre trascorreva la maggior parte della notte applicandosi allo studio delle divine Scritture: per severava in tal modo in una vita la più austera che fosse possi bile, ora dedicandosi all'esercizio del digiuno, ora misurando il tempo da dedicare al sonno, che faceva in modo di prendere non su un giaciglio, ma sbrigativamente per terra. 10. Egli rite neva che innanzi tutto dovessero essere osservate le parole evangeliche del Salvatore, quelle in cui Egli ci esorta a non pos sedere due tuniche, a non servirei di sandali h, e quelle in cui ci ammonisce a non trascorrere il nostro tempo nella inquietudi ne per il futuro c . 11. Per di più, dimostrando un entusiasmo di gran lunga più grande della sua età, perseverò a vivere nel fred do e nella nudità d, giungendo fmo al culmine della più estrema povertà. Giunse così al punto da spaventare grandemente i suoi discepoli e da addolorare numerosissimi di loro, i quali, a mo tivo delle fatiche che lo vedevano sostenere per l'insegnamento divino, lo scongiuravano di dividere con essi i loro beni: tutta via egli non rinunciò assolutamente alla sua ferma decisione. 12. Si racconta anche che per parecchi anni camminò senza ser virsi mai di sandali e che per moltissimi altri si astenne dall'uso del vino e di tutti quei cibi che non fossero ritenuti indispensa bili, al punto che incorse nel serio rischio di ammalarsi e di dan neggiarsi il petto. 13. Fornendo a coloro che lo osservavano si mili esempi di vita �scetica 15, spinse com'è naturale numerosi a Cf. 2 Tm 2, 22 . d Cf. 2 Cor 1 1 , 27 .
b Cf. Mt
10, 10;
Le
10, 4.
c Cf. Mt
6, 34.
15 A motivo di questa rigida condotta di vita non manca chi ritiene Ori gene un «precursore del monachesimo, legato alla mistica del martirio» (cf. G. Peters, I Padri della Chiesa, vol. l. Dalle origini al Concilio di Nicea (325), Roma, 1984 , p. 442. Sulla problematica cf. H . Croutzel, Origine, prècurseur du monachisme, in Thèologie de la vie monastique, Paris 196 1 , pp. 15-38 . Da
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discepoli ad uno zelo identico al suo, al punto che ormai col suo insegnamento attirava a sé pagani che non credevano, per sone importanti per la loro cultura e la filosofia e non i primi venuti. Accadde inoltre che costoro, dopo aver da lui accolto con sincerità nel profondo del cuore la fede nella parola divina, si distinguessero nel momento della persecuzione di allora, al punto che alcuni di loro, dopo essere stati arrestati, giunsero al la perfezione attraverso il martirio.
4. Q UANTI DA LUI CATECHIZZATI CONSEGUIRONO IL MARTIRIO
l. Il primo dunque di costoro fu Plutarco, di cui abbiamo parlato poco sopra 16. Allorquando costui fu condotto a morte, il personaggio di cui stiamo parlando 17, rimasto al suo fianco fino all'ultimo istante della sua vita, rischiò di essere ucciso dai suoi concittadini, in quanto esplicitamente fu ritenuto respon sabile della morte di Plutarco. Anche allora, tuttavia, la volontà di Dio lo risparmiò. 2. Dopo Plutarco, il secondo tra i discepo li di Origene ad essere consacrato martire fu Sereno, il quale mediante il fuoco diede la prova della fede che aveva ricevuto. 3 . Il terzo martire della stessa scuola fu Eraclide e, dopo di lui, quarto fu Erone: il primo era ancora catecumeno, il secondo neofita; entrambi furono decapitati 18. Oltre a loro, il quinto
notare che ai tempi di Eusebio la vita monastica veniva chiamata «una vita fi losofica». 1 6 Cf. supra VI, 3, 2 17 Vale a dire Origene. 18 Catecumeni (dal gr. katechoumenos =nuovo discepolo della fede) erano i convertiti che ricevevano l'istruzione religiosa in vista dell'ammissio ne al battesimo, i neofiti (dal gr. neophutistos) erano invece coloro che erano stati battezzati da poco. Martirologio geronimiano questi martiri figura no alla data del28 giugno.
Nel
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della stessa scuola ad essere proclamato atleta della religione fu un altro Sereno, diverso dal primo, del quale si racconta che fu decapitato dopo aver sopportato innumerevoli torture. Tra le donne Eraide, che era ancora catecumena, morì, come raccon ta lo stesso Origene in un suo passo, dopo aver ricevuto il bat tesimo col fuoco t9. 5. POTAMIENA l. Settimo tra questi martiri si deve contare Basilide, il quale condusse a morte la famosa Potamiena, il cui nome è ce lebrato ancora oggi dai suoi concittadini, non solo perché so stenne innumerevoli combattimenti contro coloro che tentava no di usarle violenza, in difesa della castità del suo corpo e del la sua verginità, in cui si distinse (e infatti oltre alla bellezza del l'anima era nel pieno dello splendore anche quella del suo cor po) , ma anche perché, dopo aver sopportato innumerevoli tor menti, dopo torture tremende e orribili a dirsi, fu distrutta dal fuoco insieme alla madre Marcella. 2. Si narra, infatti, che il giudice (il suo nome era Aquila) zo, dopo aver sottoposto il suo corpo a crudeli tormenti, alla fine minacciò di consegnarla ai gladiatori perché la violentassero; dopo che ella rifletté per un istante, le fu chiesto che cosa avesse deciso; diede allora una ri sposta tale che sembrò loro che avesse detto qualcosa di bla sfemo. Mentre parlava, ricevette la sentenza e Basilide, uno di coloro che tra i soldati accompagnavano i condannati, la prese e la condusse a morte. Dato che la folla tentava di importunar la e di insultarla con parole disdicevoli, egli trattenne con mi nacce e respinse coloro che la insultavano, mostrando per lei 19 Sconosciuto il passo in questione. TI prefetto d'Egitto di cui si è parlato in precedenza, cf. supra, VI, 3,
2o
3, 11. 12.
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grandissima pietà ed umanità. La donna, apprezzando la com passione di lui nei suoi confronti, esortava l'uomo ad essere co raggioso, poiché, una volta ritornata presso il suo Signore, avrebbe pregato per lui e gli avrebbe presto reso quanto egli aveva fatto per lei. 4. Dopo aver detto queste cose, ella andò nobilmente incontro alla morte, mentre dalla punta dei piedi fi no alla testa, lentamente e a poco a poco, le si versava della pe ce bollente su varie parti del corpo. 5. Questo fu il combatti mento sostenuto dall'insigne fanciulla. Trascorso non molto tempo, Basilide, ai compagni d'arme che per un qualche moti vo gli chiedevano di prestare giuramento, dichiarò che non gli era assolutamente consentito giurare: diceva, infatti, di essere cristiano e lo confessava apertamente. In un primo momento essi pensarono che egli scherzasse, ma, dato che insisteva con ostinazione, fu condotto al cospetto del giudice: poiché a costui confermò il proprio rifiuto, fu gettato in catene. 6. Allo rquan do i suoi fratelli in Dio si recarono da lui e gli chiesero il moti vo di questo suo ardore inatteso e singolare, si dice che abbia risposto che, tre giorni dopo il suo martirio, gli era apparsa in sogno Potamiena: ella gli aveva cinto il capo con una corona, gli aveva detto di aver chiesto per lui la grazia al Signore e aveva ottenuto ciò che aveva richiesto, cosa che presto e gli avrebbe ri cevuto. Allora i fratelli gli imposero il sigillo del Signore 21 e il giorno seguente, dopo che si distinse nella testimonianza del Si gnore, fu decapitato. 7 . Alcuni raccontano che, al tempo dei personaggi di cui stiamo parlando, molti altri abitanti di Alessandria si accosta rono numerosi alla dottrina di Cristo, poiché in sogno era ap parsa loro Potamiena e li aveva chiamati. Ma queste cose sono per ora sufficienti.
2 1 Ovviamente
il battesimo.
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6. CLEMENTE ALESSANDRINO
A quel tempo, succeduto a Panteno, dirigeva la cate chesi di Alessandria, Clemente, tra i cui discepoli c'era anche Origene 22. Commentando la materia degli Stromati, nel primo libro Clemente presenta una cronologia che comprende tutto il periodo fino alla morte di Commodo 23: è dunque evidente che l'opera fu da lui composta sotto Severo, la cui epoca è descrit ta dal presente libro. l.
7 . Lo SCRITTORE GIUDA A quel tempo anche Giuda 24, un altro scrittore, disser tando per iscritto delle settanta settimane di Daniele, stabilì la cronologia fino al decimo anno del regno di Severo: egli ritene va anche che allora fosse ormai imminente la venuta dell'Anti cristo di cui tutti parlavano, a tal punto la persecuzione scate nata contro di noi con tanta violenza sconvolgeva la mente dei più. 8. AU DA CE GESTO DI 0RIGENE l. In quel tempo, mentre Origene svolgeva la sua opera di catechesi ad Alessandria, compì un gesto che fu prova grandis22 Non è certo che Clemente sia stato maestro di Origene, come pure che abbia diretto la scuola di Alessandria (cf. R. Cadiou, La jeunesse d'Orig,è ne, Paris 1936, p. 7). 23 Cf. Clemente Alessandrino, Stromati, I, 2 1 , 144-147 (ed. Stahli.n, p. 89). 24 Quest'autore ci è noto solo attraverso questa testimonianza di Euse bio e da un'annotazione di Girolamo che ne dipende (cf. Gli uomini illustri, 52).
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sima, da un lato, di una mente inesperta e giovanile, dall'altro, di fede e di moderazione. Avendo infatti ascoltato in modo troppo semplice e giovanile le parole: Vz" sono degli eunuchi i quali si sono /atti eunuchi da sé a causa del regno dei cieli e e pen sando sia di compiere la parola del Salvatore, sia perché, pur essendo in giovane età, si occupava di cose divine, non solo con uomini, ma anche con donne, volendo togliere ai pagani ogni possibile pretesto di vergognosa calunnia, fu indotto a mettere in pratica le parole del Salvatore, facendo tuttavia in modo che la cosa rimanesse nascosta alla maggior parte dei discepoli che erano intorno a lui. 3 . Tuttavia, per quanto lo volesse, non gli fu possibile tenere segreto un tale gesto. In seguito, infatti, es sendo la cosa venuta a conoscenza di Demetrio, costui, nella sua qualità di capo di quella Chiesa, non solo ammirò grande mente Origene per la sua audacia, ma avendo lodato il suo fer vore e la semplicità della sua fede, lo esortò anche a essere co raggioso e a dedicarsi ora maggiormente all'opera di catechesi. 4. Questo fu allora l'atteggiamento tenuto da Demetrio; tutta via, non molto tempo dopo, egli stesso, vedendo che Origene aveva successo e che era popolare, rinomato e noto a tutti, avendo provato sentimenti umani, cercò di accusarlo presso i vescovi di tutto il mondo per il ge st o (da lui stimato) inoppor tuno che egli aveva commesso, mentre invece i vescovi più ri spettati e famosi della Palestina, quelli di Cesarea e di Gerusa lemme, avendo reputato O rigen e degno della più grande stima, lo ordinarono presbitero con l'imposizione delle mani 25. 5. Dunque, dopo che Origene giunse ad un alto grado di gloria ed acquistò notorietà presso tutti gli uomini di ogni luogo e note vole fama di virtù e assennatezza, Demetrio, non avendo accu se da muovergli, lo biasimò calunniosamente per il gesto da lui e Mt 19,
12.
25 Cf. in/ra, VI, 23 , 4.
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compiuto in gioventù ed osò coinvolgere nelle accuse quelli che lo avevano elevato al presbiterato 26 . 6. Queste cose tuttavia ebbero luogo un poco più tardi. Allora Origene portava a compimento ad Alessandria la sua opera di insegnamento divino a beneficio di quanti senza di stinzioni si recavan o da lui notte e giorno, sacrificando senza esitazione tutto il suo tempo libero per dedicarlo agli insegna menti divini e a coloro che lo seguivano. 7. A Severo, che detenne l'autorità imperiale per diciotto anni, succedette il figlio Antonino 27. A quel tempo tra coloro che si erano comportati eroicamente durante la persecuzione ed erano stati risparmiati dalla Provvidenza divina, dopo le lot te sostenute nelle confessioni, c'era un certo Alessandro, che abb i am o indicato in precedenza quale vescovo della Chiesa di Gerusalemme 28; essendosi distinto per le sue professioni di fe de in difesa di Cristo, egli fu stimato degno del suddetto epi scopato, mentre era ancora in vita Narciso, che era stato vesco vo prima di lui.
26 ll Bardy si chiede se Demetrio abbia «realmente approvato il gesto di Origene» (cf. Eusèbe de Cèsarèe, Histoire ecclèsiastique, Livres VeVII, p. 96, n. 3): in effetti all'epoca non esisteva ancora una norma che regolamen tasse l'ordinazione sacerdotale di eunuchi: solo un secolo più tardi, il conci lio di Nicea stabilì la necessità dell'integrità fisica degli aspiranti al sacerdo zio. Dd gesto giovanile lo stesso Origene si pentirà anni più tardi (cf. Com
mento a Matteo, 15, 3).
27 Alla morte di Settimio Severo, awenuta a York in Britannia il4 feb braio 2 11, assunsero il potere i due figli Marco Aurelio Severo Antonino, det to Caracalla e Geta, che avevano assunto il titolo di Augusto mentre il padre era ancora in vita. Circa un anno dopo, Geta fu soppresso dal fratello che re gnò da solo. 28 In effetti l'ultimo vescovo di Gerusalemme nominato da Eusebio è Narciso (cf. supra, V, 12, 2): poco prima (cf. par. 4) ha fatto un'allusione ad Alessandro senza tuttavia nominarlo esplicitamente. ·
22
Storia ecclesiastica
9. I MIRACOLI DI NARCISO l. I cittadini della diocesi ricordano anche molti miracoli di Narciso, che essi hanno appreso dalla tradizione dei fratelli che si sono succeduti; tra gli altri si narra il seguente prodigio da lui compiuto. 2. Narrano che un giorno, durante la grande veglia della notte di Pasqua, ai diaconi venne a mancare l'olio; per questo motivo tutta la folla fu colta da profondo scoraggia mento, allora Narciso ordinò a coloro che stavano preparando le lampade di prendere dell'acqua e di portargliela. 3. La cosa fu fatta immediatamente ed egli, dopo aver pregato sull' acqua, con fede sincera nel Signore ordinò che fosse versata nelle lam pade. Eseguito anche quest'ordine, per potere straordinario e divino che trascende ogni ragione, la natura dell'acqua si tra sformò e si mutò in olio: per lunghissimo tempo, da quel gior no fino a noi, da p arte di un gran numero di fratelli di quella Chiesa ne è stato conservato un poco come prova del miracolo allora avvenuto. 4. Della vita di quest'uomo si raccontano moltissimi altri episodi degni di ricordo, tra essi c'è anche il seguente. Alcuni infami omiciattoli, incapaci di sopportare la sua forza e il rigo re della sua vita, nel timore, se fossero stati presi, di subire una punizione, dato che erano consapevoli delle loro numerose scelleratezze, prevennero la cosa e organizzarono una macchi nazione contro di lui, lanciandogli contro un'infamante calun nia . 5. In seguito, nel tentativo di convincere coloro che li ascol tavano, confermarono le loro accuse con giuramenti: uno giurò, se non era vero, di morire bruciato; l'altro, che il suo corpo fos se distrutto da una funesta malattia e il terzo, di perdere la vi sta. Ma anche così, nonostante giurassero, nessuno dei fedeli prestò loro attenzione a causa della costumatezza di Narciso, il quale brillava da sempre al cospetto di tutti, e del suo compor tamento assolutamente integerrimo. 6. Narciso, tuttavia, non sopportando la malignità delle cose dette e inoltre poiché da
Libro VI, 9-10
23
tempo desiderava abbracciare la vita ascetica, essendosi sot tratto a tutta la moltitudine della Chiesa, essendosi ritirato nel deserto e nella solitudine, vi rimase per parecchi anni. 7 . Ma il grande occhio della giustizia non rimase incurante nei confron ti di quanto era accaduto e ben presto castigò quei malvagi con quelle maledizioni mediante le quali si erano legati nel momen to in cui avevano giurato contro se stessi. n primo, dunque, co sì senza alcun motivo apparente, banalmente, essendo caduta una piccola scintilla sulla casa dove egli abitava e che durante la notte fu completamente bruciata, morì interamente bruciato. Per quanto riguarda il secondo, improvvisamente si ritrovò il corpo riempito, dalla punta dei piedi fino alla testa, della ma lattia a cui si era condannato da solo. 8 . n terzo, dopo aver vi sto la fine dei primi due, avendo temuto l'inevitabile giustizia di Dio che è custode di tutte le cose, confessò pubblicamente le trame che avevano ordito in comune fra loro; mentre si penti va, fu debilitato da così grandi gemiti e piangendo così tanto giunse al punto da rovinarsi entrambi gli occhi . Questi furono i castighi che essi subirono per la loro menzogna.
10.
l
VESCOVI
DI GERUSALEMME
l. D ato che Narciso si era allontanato e nessuno era in gra do di dire dove egli si trovasse, i vescovi delle Chiese vicine ri tennero giusto imporre le mani ad un altro vescovo: costui si chiamava Dios. Dopo che egli ebbe presieduto quella Chiesa per breve tempo, gli succedette Germanione e a costui Gor dio 29. Sotto l'episcopato di costui, come se fosse risorto, ti comparve da qualche luogo Narciso, che fu nuovamente chia29 I tre vescovi di Gerusalemme nominati in questo capitolo da Euse bio, Dios, Germanione e Gordio, ci sono noti esclusivamente da questa testi monianza dd nostro e degli storici che a lui si sono successivamente rifatti.
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Storia ecclesiastica
mato dai fratelli alla loro guida: tutti, infatti, lo veneravano an cora di più a motivo del suo ritiro, della sua vita ascetica e, so prattutto, a motivo della vendetta di cui era stato giudicato de gno da Dio.
1 1 . ALESSANDRO l. Dato che Narciso, a causa della sua età avanzata, non era più nelle condizioni di esercitare il suo ministero, la volontà di Dio chiamò l'Alessandro di cui abbiamo parlato in prece denza 3o, e che era vescovo di un'altra diocesi, ad unirsi nel mi nistero a Narciso, in seguito ad una rivelazione da lui avuta in sogno di notte 31 . 2. In tal modo, dunque, come per ordine di vino, dalla regione della Cappadocia, dove in un primo tempo era stato considerato degno dell'episcopato 32, si mise in viag gio verso Gerusalemme per pregare e visitare i luoghi santi; gli abitanti del luogo, dopo averlo accolto assai benevolmente, non gli permisero di ritornare a casa in seguito a un'altra rivelazio ne che anch'essi ebbero di notte e ad una voce chiarissima che vaticinò ai più zelanti tra loro: la voce, infatti, disse loro di an dar fuori dalle porte per accogliere il vescovo che Dio aveva lo ro predestinato. Avendo fatto ciò, d'accordo con gli altri vesco vi che erano a capo delle Chiese vicine, lo costrinsero con la
30 Cf. supra, VI, 8, 7 .
31 S ul problema d d trasferimento dei vescovi e l a presenza di due ve scovi nella stessa sede prenderà posizione il concilio di Nicea. 32 Secondo Harnack (cf. Die Mission und Ausbreitung des Christentums in den ersten drei Jahrhunderten, t. II, Leipzig 1924', p. 744) , che si appoggia sulla testimonianza di Gregorio di Nissa ( Vita di Gregorio Taumaturgo) , Ales sandro sarebbe stato vescovo di Cesarea di Cappadocia: la data dd trasferi mento a Gerusalemme risalirebbe al secondo anno dell'impero di Caracalla, cioè al 212 . Qui tuttavia Eusebio parla di ordinazione e non di trasferimento.
Libro VI, 10- 1 1
25
forza a rimanere presso di loro 33. 3 . D' altronde Alessandro stesso, in una sua lettera personale agli antinoiti 34, che si con serva ancor oggi, ricorda l'episcopato di Narciso insieme con lui, scrivendo testualmente alla fine della lettera: «Vi saluta Narciso, che prima di me ha retto la carica del locale episcopa to e che adesso, all'età di centosedici anni compiuti, è associa to a me nelle preghiere e vi esorta, come vi esorto io, ad essere concordi». 4. Questi fatti si svolsero così. Per quanto riguarda la Chie sa di Antiochia, alla morte di Serapione, assunse la carica epi scopale Asclepiade, distintosi anch'egli per la sua confessione al tempo della persecuzione 35. 5. Alessandro fa menzione del suo insediamento, scrivendo così agli Antiocheni: «Alessandro, ser vitore e prigioniero di Gesù Cristo f, saluta nel Signore la beata Chiesa di Antiochia. ll Signore ha reso sopportabili e leggere le mie catene, allorquando, al tempo della mia prigionia, ho ap preso che, in conformità col volere della divina Provvidenza, Asclepiade, il più adatto secondo il merito di fede, ha ricevuto l'episcopato della vostra santa Chiesa di Antiochia». 6. In seguito fa sapere di aver inviato questa lettera trami te Clemente, scrivendo alla fine in questo modo: «Vi invio que sta lettera, miei signori e fratelli, tramite Clemente, beato pre sbitero, uomo giusto e apprezzato, che conoscete anche voi e che amerete 36 ; la sua presenza qui, conformemente alla Provf
Cf. Fm
33 34
L
Per altri episodi analoghi cf. in/ra, VII, 1 1 , 26; 3 2, 5 e 2 1 . Si tratta degli abitanti di Antinoopoli, città romana dd medio Egitto (oggi Sheikh Ibadah), detta anche Antinoe o Adrianopoli, fondata nd 130/131 dall'imperatore Adriano in onore del favorito Antinoo. La notizia di Eusebio attesterebbe già in quest'epoca la presenza di una comunità cristiana. 35 L'elezione di Asclepiade è fissata nella Cronaca al primo anno del l'impero di Caracalla (2 1 1) . 3 6 Potrebbe trattarsi di Clemente Alessandrino, il quale, dopo aver di morato ad Alessandria d'Egitto dal 1 90 al 20 2, anno in cui con Settimio Se-
26
Storia ecclesiastica
videnza e alla vigilanza del Padrone, ha fortificato ed accre sciuto la Chiesa del Signore g».
12 . SERAPIONE E LE SUE OPERE
CHE CI
SONO RIMASTE
l. Dell'attività letteraria di Serap ione 37 è probabile che siano conservate presso altri anche altre testimonianze, ma a noi sono pervenuti soltanto gli scritti A Domno, un personaggio che al tempo della persecuzione passò dalla fede in Cristo alla su perstizione giudaica 38; quelli A Pontio e Carico, uomini eccle siastici 39, ed altre lettere indirizzate ad altre persone. 2. C 'è inoltre un altro libro da lui composto Sul cosiddetto Vangelo se condo Pietro 40, che egli scrisse per confutare le menzogne con tenute in questo vangelo, a motivo di alcuni fedeli della diocesi di Rhosos 41, che, con il pretesto del suddetto scritto, si erano
g Cf. At 15, 4 1 . vero si riaccendono l e persecuzioni contro i cristiani, si era ritirato in Cappa docia: di quest'opinione A. Pieri (d. Clemente Alessandrino, Protreptico, Al ba 1967, p. 8); a giu dizio di Bardy (op.cit. , p. 1 02 , n. 1 1 ) potrebbe trattarsi di un altro Clemente a noi sconosciuto. 37 Cf. supra, V, 1 9. 38 Null a sappiamo di questo personaggio che con ogni probabilità pas sò dal cristianesimo ad un'eresia giudaizzante. 39 Cf. supra, V, 1 9, 1-2 . 40 Il vangdo apocrifo di cui si tratta era sconosciuto fino al 1 887 , anno in cui fu rit rovato ad Akhmim, antica Panopolis, nell'Alto Egitto, un fram mento la cui conoscenza ha modificato le ipotesi fino ad allora formulate sul la scorta delle notizie di Origene e di Eusebio. A giudizio di Craveri (d. I van geli apocrifi, Torino 1990, pp. 289-290) nd frammento è da negare recisa mente, o al più limitare ad un solo punto, il carattere docetico; inoltre il tono antisemitico dello scritto farebbe «escludere che il Vangdo potesse rappre sentare la tradizione di Pietro o almeno della corrente che da lui prendeva nome». 41 La Chiesa di Rhosos, città della Cdesiria o della Cilicia, era sotto la giurisdizione dd vescovo di Antiochia.
Libro VI, 11-12
27
accostati ad insegnamenti eterodossi. Di quest'opera appare utile citare un breve passo, nel quale motiva l'opinione che egli ha dell'opera, quando scrive così: 3. «Quanto a noi, infatti, o fratelli, accogliamo Pietro e gli altri apostoli come Cristo, ma in quanto uomini accorti rigettiamo i falsi scritti che portano il lo ro nome, nella certezza che non ci è stato tramandato nulla di simile. 4. Quando sono stato tra voi, infatti, presumevo che tut ti voi foste legati alla retta fede e, non avendo letto il Vangelo da loro presentato col nome di Pietro, ebbi modo di dire che se solo è questo ciò che sembra spaventarvi, lo si legga pure. Ma, poiché adesso ho appreso, da quanto mi è stato riferito, che la loro mente celava un'eresia, al più presto tornerò tra voi: per ciò, fratelli, aspettatemi presto. 5. Ma noi, fratelli, poiché ab biamo capito di quale eresia fosse Marciano 42, che si contrad diceva da solo non sapendo ciò che diceva, come apprenderete dalle cose che vi sono state scritte. 6. Allora abbiamo preso, in fatti, in prestito questo stesso Vangelo da altri che lo avevano praticato, vale a dire dai successori di coloro che l'hanno intro dotto per la prima volta, che noi chiamiamo doceti (infatti la maggior parte delle loro idee appartiene a questo insegnamen to) 43; abbiamo avuto modo di scorrerlo e di ritrovarvi insieme a gran parte della dottrina vera del Salvatore anche alcune ag giunte, che abbiamo altresì sottoposto alla vostra attenzione 44». Ecco ciò che dice Serapione.
42 Il personaggio ci è sconosciuto. 43 L'unico demento docetico riscontrabile nd frammento in nostro possesso dd Va ngelo di Pietro si trova al cap. 4, 10 : «Poi presero due malfat tori e crocifissero in mezzo a loro il Signore: ma egli taceva, come se non sen tisse alcun dolore>> (trad. di M. Craveri, op. cit. , p. 292 ) . Gesù non avrebbe sentito alcun dolore in quanto che il suo corpo era pura apparenza, dottrina sostenuta dal docetismo. 44 A giudizio di Serapione, dunque, l'insieme delle dottrine contenute nd Vangelo di Pietro è ortodosso, tuttavia mette in guardia i lettori in quanto vi sarebbero delle aggiunte all'insegnamento di Gesù.
28
Storia ecclesiastz'ca 1 3 . LE
OPERE
DI CLEMENTE
l . Per quanto riguarda Clemente 4 5 , conserviamo tutti gli otto libri degli Stromatt", ai quali assegnò il seguente titolo: Stro
mati di memorie gnostiche secondo la vera filosofia, di Tito Fla vio Clemente; 2. di uguale numero sono i libri intitolati Ipotipo si, nei quali egli ricorda per nome come suo maestro Panteno e illu stra le interpretazioni delle Scritture e le tradizioni che da lui apprese. 3 . Ci sono poi anche un suo discorso ai greci, il Pro trettico, e tre libri dell'opera intitolata il Pedagogo, e un'altra sua opera così intitolata: Quale ricco si salva. Vi sono poi uno scrit to Sulla Pasqua e i trattati Sul digiuno e Sulla maldicenza; l'E sortazione alla pazienza o Ai neobattezzati; l'opera Canone ec clesiastico o Contro i giudaizzanti, che egli dedicò ad Alessan dro, il vescovo che abbiamo nominato in precedenza 46. 4. Negli Stromati, dunque, egli ha fatto una compilazione non soltanto della divina Scrittura, ma anche delle dottrine di autori greci, almeno allorquando gli sembrava che anche da lo ro fosse stato detto qualcosa di utile. Ricorda inoltre le opinio ni di molti altri, spiegando dettagliatamente sia le dottrine dei greci che quelle dei barbari 47; 5 . corregge poi le false dottrine degli eresiarchi, dimostra copiosa informazione, fornendoci materia di vasta erudizione. Oltre a tutte queste cose, egli rac coglie anche le opinioni dei filosofi, per cui senza dubbio il ti tolo di Stromati dato al lavoro è appropriato all'argomento trat tato. 45 Eusebio fornisce un elenco di alcll.t);e delle opere di Clemente; per il catalogo completo cf. A. von Harnack, Die Uberlie/erung und der Bestand der altchristlichen Literatur bis Eusebius, Leipzig 1 893 , pp. 296ss. Ri cordiamo che la migliore e più completa edizione delle opere dello scrittore alessandrino è quella a cura di O. Stiihlin, in Griechische christliche Schri/tsteller, Leipzig 1905 - 1 936. 46 Cf. supra, VI, 1 1 . 47 Vale a dire ebrei e cristiani.
Libro VI,
29
13-14
6. In quest'opera egli si è servito anche di testimonianze tratte da scritti contestati: dalla cosiddetta Sapienza di Salomo ne e da quella di Gesù figlio di Sirach; dalla Lettera agli ebrei e da quelle di Barnaba, Clemente e Giuda; 7 . menziona inoltre il Discorso ai greci di Taziano, e ricorda Cassiano 48 quale autore di una Cronografia. Nomina quindi Filone, Aristobulo, Giu seppe, Demetrio ed Eupolemo, scrittori ebraici, in quanto tut ti costoro comproverebbero nelle loro opere che Mosè e la stir pe degli ebrei sono più antichi dei greci -19. 8. Questi suoi libri di cui stiamo parlando sono fittissimi di parecchie informazio ni utili: nel primo di essi a proposito di se stesso dice di essere vicinissimo alla successione degli apostoli 50; inoltre, nell'opera promette di commentare la Genesi 5 1 . 9. Nel suo libro Sulla Pa squa ammette di essere stato obbligato dai compagni ad affida re alla scrittura, a beneficio dei posteri, le tradizioni che egli aveva ricevuto dalla viva voce degli antichi presbiteri; in que st'ultima opera ricorda anche Melitone, Ireneo ed alcuni altri, dei quali inserisce le storie. 1 4 . LE SCRITTURE CHE HA CITATO l . Per dirla in breve, nelle
Ipotiposi Clemente ha fornito
concise spiegazioni di tutta la Scrittura testamentaria, non tra lasciando gli scritti cont r overs i , vale dire la Lettera di Giuda e le altre lettere cattoliche, la Lettera di Barnaba e l'ApocaliSse 4 8 Giulio Cassiano era un eretico gnostico, della setta degli encratiti, vissuto intorno al 170. Col personaggio, che non è ricordato dagli scrittori eresiologi Ireneo e Ippolito, polemizza Clemente (cf. Stromati, l , 2 1 , 1 0 1 ; 3 , 13 , 9 1 ; 3 , 1 4 , 94) che gli attribuisce due opere: Esegetici e u n trattato Sulla
continenza.
49 Cf. 50 Cf.
51 Cf.
Stromati, l , Stromati, l, Stromati, 4,
15, 72; 22, 150; 2 1 , 147 e 1 4 1 ; 23 , 153 - 156. l, 1 1 . l , 3 ; 6, 18, 168. ·
30
Storia ecclesiastica
detta di Pietro. 2 . Per quanto riguarda la Lettera agli ebrei, di ce che è di Paolo, ma che fu scritta in lingua ebraica per gli ebrei e che Luca, dopo averla tradotta con cura, la diffuse tra i greci: è questo il motivo per cui si coglie una somiglianza su perficiale fra la traduzione di questa lettera e gli Atti. 3 . È na turale che la lettera sia priva della soprascritta «Paolo aposto lo» perché - sostiene (Clemente) - «rivolgendosi agli ebrei, che erano prevenuti nei suoi confronti e ne diffidavano, mol to prudentemente egli non volle allontanarli già dall'inizio, mettendo il suo nome». 4 . Quindi, più avanti, prosegue di cendo: «Inoltre, come diceva il beato presbitero 52, poiché il Signore, che era apostolo dell'Onnipotente, era già stato in viato agli ebrei, Paolo, allorquando era stato inviato ai gentili, non si intitolò apostolo degli ebrei, sia per rispetto dovuto al Signore, sia per il fatto che si rivolgeva agli ebrei per sovrab bondanza, in quanto egli era evangelizzatore ed apostolo dei gentili». 5. Ancora, negli stessi libri, Clemente riferisce la seguente tradizione degli antichi presbiteri sull'ordine dei Vangeli: dice va che i Vangeli che comprendono le genealogie furono scritti per primi, 6. e che quello secondo Marco fu scritto nelle se guenti circostanze. Quando Pietro predicava pubblicamente la dottrina cristiana a Roma e, ispirato dallo Spirito, annunziava il Vangelo, i presenti, che erano molti, pregarono Marco di tra scrivere ciò che egli diceva, in quanto da lungo tempo lo segui va e ricordava le cose che egli diceva; egli lo fece e tramandò il Vangelo a coloro che glielo avevano chiesto 53 . 7. Pietro, aven do appreso ciò, né lo dissuase, né lo esortò con i suoi consigli. Quanto a Giovanni, l'ultimo, avendo visto che nei Vangeli era-
52 Non sappiamo chi sia questo presbitero qui ricordato da Eusebio: c'è chi pensa a Panteno. 5 3 Cf. supra, Il, 15, 1 -2.
Libro VI, 14
31
no già stati esposti gli eventi materiali, esortato dai discepoli e divinamente ispirato dallo Spirito, compose un Vangelo spiri tuale. Ecco ciò che riferisce Clemente. 8. Inoltre il vescovo Alessandro, di cui abbiamo parlato in precedenza 54, in una lettera ad Origene, menziona Clemente insieme con Panteno come personaggi a lui noti. Egli scrive co sì: «Anche questa, come sai, fu volontà di Dio h: che l'amicizia che ci è pervenuta dagli antenati rimanesse inviolabile e fosse piuttosto più calda e sicura. 9. Riconosciamo, infatti, come pa dri quei beati che ci hanno preceduto, presso i quali noi sare mo tra poco: Panteno, veramente beato e signore, e il santo Clemente, che fu mio signore e mi aiutò ed altri ancora, se ve ne è qualcuno simile. È per mezzo loro che ho conosciuto te 55 , il migliore in ogni cosa, mio signore e fratello». 10. Ma quanto a queste cose, basta così. Quanto ad Ada mantio (dato che Origene aveva anche questo nome) , al tempo in cui Zefirino reggeva la Chiesa dei romani 56, egli stesso scri ve, in un passo, di aver soggiornato a Roma, «poiché aveva de siderato vedere l'antichissima Chiesa dei romani». Dopo un breve soggiorno, ritornò ad Alessandria, 1 1 . e con grande zelo riprese il consueto compito della catechesi, mentre Demetrio, vescovo della città, lo esortava anche allora e quasi lo supplica va di fare con diligenza ciò che era utile ai fratelli 57 .
h Cf.
5 4 Cf.
l Ts 4, 3 . supra,
VI , 1 1 .
55 Impossibile ricavare da questa affermazione che Alessandro sia sta to condiscepolo di Origene al didaskaleion di Gemente. 5 6 Zefirino fu vescovo di Roma tra il l98 e il 2 17 . TI soggiorno di Ori gene a Roma è collocato solitamente intorno al 2 1 1 -2 15 . 57 Cf. supra, VI, 3 , 2 .
Storia ecclesiastica
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15 . ERACLA
Quando Origene capì che non era più in grado di perse verare nello studio approfondito delle cose divine, nell'indagi ne e nella traduzione delle Sacre Scritture, ed anche nella cate ch esi di coloro che si recavano da lui, che non lo lasciavano neppure respirare, poiché gli uni dopo gli altri frequentavano la sua scuola da mattina a sera, ne divise il numero; scelto tra i discepoli Eracla 5 8, studioso delle cose divine e per di più uomo coltissimo e non ignaro di filosofia, lo nominò suo collega nel la catechesi, affidando a lui l'istruzione iniziale di coloro che imparavano i primi elementi e riservando a sé l'insegnamento delle verità superiori.
SI
1 6. ZELO CON CUI 0RIGENE OCCUPÒ DELLE DIVINE SCRITTURE
l. Lo studio compiuto da Origene sulla parola divina fu così scrupoloso, che egli apprese anche la lingua ebraica ed ac quistò i testi originali in caratteri ebraici conservati presso gli ebrei. Ricercò altresì le edizioni degli altri che, oltre ai Settanta, avevano tradotto le Sacre Scritture, e, oltre alle traduzioni cor renti, cioè quelle di Aquila, Simmaco e Teodozione, ne trovò al tre ancora e le portò alla luce traendole fuori da non so quali nascondigli in cui erano rimaste dimenticate per lungo tempo. 2 . A motivo delle incertezze che c'erano su di loro, non sapen do di chi fossero, indicò solamente questo: una l'aveva trovata a Ni co poli, vicino ad Azio e un'altra in un altro luogo simile. 3. In ogni caso, negli Hexapla dei Salmi, alle quattro edizioni co nosciute, non solo aggiunge una quinta traduzione, ma anche una sesta e una settima e dice ancora di averne trovata una a
58 A proposito di Eracla, cf. supra, VI, 3 , 2 .
Libro VI,
15- 1 7
33
G erico, dentro una giara, al tempo di Antonino, figlio di Seve ro .j 9. 4. Messe insieme tutte queste traduzioni in una sola ope ra, le divise in cola 60 , le mise una di fronte all'altra insieme con il testo ebraico, !asciandoci gli esemplari di questi cosiddetti Hexapla 6 1 ; nei Tetrapla ripubblicò a parte le edizioni di Aqui la, Simmaco e Teodozione insieme con quella dei Settanta.
1 7 . IL TRADUTTORE SIMMACO Di questi stessi traduttori, comunque, occorre sapere che Simmaco era ebionita 62 . L'eresia cosiddetta degli ebioniti è quella di coloro che sostengono che Cristo è nato da Giuseppe e da Maria; essi considerano Cristo un semplice uomo, e affer mano che è necessario osservare rigorosamente la Legge giu daica, come abbiamo già visto in un passo precedente di que sta storia 63 . Ancora oggi si conservano i commenti di Simmaco nei quali egli sembra confermare la suddetta eresia facendo al lusione al Vangelo secondo Matteo. Origene ci informa di aver 59 Si tratta di Caracalla, il cui nome ufficiale era appuntÒ Antonino; cf.
mpra, VI, 8, 7.
60 Nelle lingue classiche i cola, (sing. c6lon) erano il segmento ritmico di un testo, individuato da pause metriche o logiche: in questo caso si tratta va di righe di testo, delimitate, quanto alla loro estensione, dal senso. 6 1 Come indica il loro stesso nome, gli Hexapla (= sei colonne) riporta vano, su sei colonne affiancate, tutto il testo del Vecchio Testamento: il testo ebraico in caratteri ebraici, il testo ebraico trascritto in caratteri greci, la ver sione dei Settanta, quindi le versioni greche di Aquila, Simmaco e infine quel la di Teodozione. Sembra che l'opera completa sia stata edita in un unico esemplare che fu conservato per diversi secoli nella biblioteca di Cesarea, di strutta nel 63 8 circa, quando la città fu m essa a ferro e a fuoco d agli arabi. Oggi non ne restano che numerosi frammenti. Nei Tetrapla, su quattro co lonne affiancate, furono trascritte solo le traduzioni greche. 62 Simmaco attenuava l'antropomorfismo del Vecchio Testamento e la sua traduzione accentuava l'interpretazione moralistica. 63 Cf. supra, III, 27 .
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ricevuto queste opere insieme con altre interpretazioni di Sim maco sulle Scritture da parte di una certa Giuliana, che, egli di ce, aveva ereditato questi libri dallo stesso Simmaco. 1 8 . AMBROSIO l. A quel tempo anche Ambrosie, sostenitore delle idee dell'eresia di Valentino 64, fu convinto dalla verità proclamata da Origene e come se la sua mente fosse stata illuminata da una luce, aderì alla dottrina ortodossa della Chiesa. 2 . Quando la fa ma di Origene si diffuse dovunque, anche molte altre persone istruite si recarono da lui per avere un prova delle sue abilità nelle dottrine sacre: numerosi eretici e non pochi dei più famo si filosofi si accostarono a lui con entusiasmo, per essere da lui istruiti non solo nelle cose divine, ma anche nella filosofia pa gana. 3 . Infatti avviava quanti vedeva che erano ben dotati per natura allo studio delle discipline filosofiche, alla geometria, al l' aritmetica e alle discipline preliminari e faceva poi conoscere loro le sette esistenti tra i filosofi, ne spiegava ed analizzava mi nuziosamente le opere, al punto che fu considerato grande fi losofo anche tra gli stessi greci. 4. Tuttavia non mancò di avvia re agli studi ordinari anche molti dei discepoli meno dotati, so stenendo che essi sarebbero stati di non trascurabile utilità per lo studio e l'esame delle divine Scritture. Pertanto stimò che fosse assolutamente irrinunciabile anche per sé istruirsi nelle discipline profane e filosofiche.
64 Secondo Girolamo (cf. Gli uomini illustri, 56) prima di essere con vertito da Origene fu seguace di Marcione; secondo Epifanio (Contro gli ere tici, 64, 3) fu marcionita o sabelliano.
Libro VI, 17-19
35
19. Ciò CHE S I RICORDA D I 0RIGENE l. Testimoni della sua abilità anche in queste cose furono gli stessi filosofi greci che fiorirono ai suoi tempi e nei cui scrit ti troviamo numerose citazioni di quest'uomo; non solo gli de dicarono i propri scritti, ma come a un maestro sottoponevano al suo giudizio anche i loro lavori. 2. Ma che bisogno c'è di di re queste cose, quando anche ai nostri giorni Porfirio, stabili tosi in Sicilia, ha composto degli scritti contro di noi 65 e si è sforzato per mezzo di essi di denigrare le divine Scritture? Al lorquando egli ricorda coloro che le hanno commentate, poi ché non è in condizioni di muovere ai nostri insegnamenti nes suna accusa infamante, dalla mancanza di argomentazioni è spinto alle insolenze e a calunniare gli stessi commentatori e tra essi soprattutto Origene. 3 . Dopo aver affermato di averlo co nosciuto in gioventù, cerca di screditarlo, non accorgendosi che invece lo raccomanda, tanto quando dice la verità nei casi in cui non può parlare diversamente, tanto quando mente su quei punti in cui pensava di non essere scoperto; talora poi lo accusa come cristiano, altre volte descrive la sua applicazione negli studi filosofici. 4. Ascoltate ciò che dice testualmente: «Alcuni, desidero si di trovare una spiegazione alla malvagità delle Scritture giu daiche, ma senza più rigettarle, hanno fatto ricorso ad inter pretazioni incoerenti e discordanti con le cose scritte, prospet tando in tal modo non tanto un'apologia di ciò che appare stra-
65 Originario della Siria o della Palestina, Porfirio visse tra il 232-33 e gli inizi del N secolo. Fu fJJ.osofo neoplatonico e in gioventù conobbe Grige ne, di cui probabilmente fu discepolo. Fu dapprima seguace di Longino ad Atene e successivamente di Plotino, alla cui morte diresse la scuola da costui fondata a Roma e di cui pubblicò le Enneadi. Acerrimo avversario dei cri stiani, intorno al 268 scrisse una poderosa opera polemica in 15 libri intitola ta Contro i cristiani, confutata tra gli altri anche da Eusebio in un'opera an data perduta dal titolo Contro Por/irio.
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no, quanto un consenso e una lode delle loro proprie opere. Spacciando, infatti, per enigmi le cose dette con chiarezza da Mosè e proclamandole come oracoli divini di misteri nascosti, prospettano le loro interpretazioni dopo aver incantato le fa coltà critiche della mente con la fatuità». 5 . Dopo altre osservazioni aggiunge: «Questo genere di assurdità proviene da un uomo che anche io ho incontrato quando ero ancora molto giovane: allora egli godeva di grande stima, di cui gode ancora oggi grazie agli scritti che ha lasciato, vale a dire Origene, la cui popolarità si è diffusa enormemente fra coloro che insegnano queste dottrine. 6. Egli fu, infatti, al lievo di Ammonio 66 , che nelle nostra epoca ebbe immenso suc cesso nella filosofia: dal suo maestro egli acquisì grande profit to nell'abilità della scienza, ma nella retta scelta della vita prese una strada opposta alla sua. 7. Ammonio, infatti, pur essendo cristiano 67 , educato dai genitori nella dottrina cristiana, allor quando cominciò a ragionare e ad interessarsi di filosofia, ben presto si indirizzò a un genere di vita conforme alle leggi; al contrario Origene pur greco, educato negli studi greci, deviò verso la protervia barbara. Comportandosi in tal modo, egli guastò la sua abilità negli studi e visse la sua vita da cristiano in opposizione alle leggi; inoltre, riguardo alla concezione del mondo e di Dio, ellenizzò e inserì le idee dei greci in favole stra niere. 8. Viveva, infatti, sempre insieme a Platone e frequenta va gli scritti di Numenio, Cronio, Apollofane, Longino, Mode6 6 Ammonio Sacca, fondatore dd neoplatonismo, visse ad Alessandria tra il 175 e il 242. Fu maestro di Plotino, Origene, Longino ed Erennio. Non possediamo nessuno scritto, tuttavia possiamo ricostruire almeno parzial mente il suo pensiero dalle opere dd filosofo neoplatonico cristiano dd IV secolo Nemesio e da quelle dd neoplatonico dd V secolo !erode, oltre che da Fozio (cf. Biblioteca, codd. 2 14 e 25 1 ) ; sul problema cf. G. Bruni, Ammo nio Sacca e i suoi «/rammenti», Roma 1 959 (estratto da «Aquinas» 1 958-59). 6ì Porfirio fa qui un po' di confusione, poiché è difficile ammettere che Ammonio sia stato cristiano.
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rato, Nicom a co e dei più famosi tra i pitagorici 68 ; si avvalse an che dei libri dello stoico Cheremone e di Cornuto 69: da costo ro apprese il metodo dell'interpretazione allegorica dei misteri greci, che applicò poi alle Scritture giudaiche». 9. Questo è quanto Porfirio riferisce nel terzo libro del trattato che egli ha scritto Contro i cristiani; e, mentre dice la verità a proposito della preparazione e dell'erudizione di Ori gene, è evidente che egli la altera (che cosa, infatti, non era in grado di fare l'avversario dei cristiani? ) quando sostiene che Origene si era convertito dalle dottrine greche e che Ammonio, dopo aver abbandonato una vita secondo religione, è piomba to nel paganesimo. 10. Origene, infatti, tenne fede all'insegna mento di Cristo che gli era stato tramandato dagli antenati, co me mostrano i fatti riferiti in precedenza. Per quel che riguar da Ammonio, egli visse fino al termine della sua vita nell'inte grità e nell'infallibilità della sua filosofia divinamente ispirata, come in qualche modo confermano ancor oggi le opere di que st'uomo, famoso ai più per gli scritti che lasciò, come, per
6 8 Si tratta di un gruppo di filosofi neoplatonici. Numenio di Apamea,
vissuto nel II secolo, fuse neopitagorismo e medioplatonismo, anticipando,
più di altri filosofi di queste tendenze, il neoplatonismo. Di lui possediamo solo qualche testimonianza e rari frammenti. Cronio, fu anch'egli filosofo neopitagorico-medioplatonico, vissuto nd WIII secolo. Non conosciamo la patria di origine e dalle fonti è spesso associato al precedente, di cui proba bilmente fu discepolo e seguace. Apollofane di Antiochia, filosofo stoico del III secolo, fu discepolo di Aristone di Chio. Cassio Longino, retore e Hl.osofo ateniese del III secolo. Legato al circolo ne opl at on ico fondato da Ammonio S acca, fu maestro di Porfirio. Moderato di Gades, Hl.osofo neopitagorico del I secolo. Nicomaco di Gerasa, filosofo neopitagorico vissuto tra il I e il II se colo, noto soprattutto per i suoi lavori matematici. 69 Cheremone, dotto alessand rino di origine egiziana, interpretò la teologia egiziana in chiave allegorica. Fu filosofo neostoico, storico e bi bliotecario di Alessandria, oltre che maestro del giovane Nerone . Lucio An neo Cornuto Hl.osofo neostoico del secolo, maestro d ei poeti latini Persio e Lucano, fu autore di un manuale di teologia pagana interpretata in chia ve allegorica.
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esempio, quello intitolato Sulla concordanza tra Mosè e Gesù e tutti gli altri che si trovano presso gli studiosi 70. 1 1 . Siano, dunque, riferite queste notizie come prova sia dell'insirmazione di questo bugiardo, sia della grande compe tenza di Origene anche nelle discipline greche, a proposito del la quale, rimproverato da alcuni, egli difende il suo zelo scri vendo così in una lettera: 12 . «Quando mi consacrai alla paro la e si divulgò la fama della nostra inclinazione, vennero da me innumerevoli eretici e conoscitori delle discipline greche e so prattutto di filosofia: mi parve opportuno allora di dover esa minare tanto le opinioni degli eretici quanto le affermazioni che i filosofi promettevano di dire sulla verità. 13 . Facemmo ciò imitando Panteno, il quale prima di noi aveva recato beneficio a molti, egli che possedeva un'immensa preparazione in queste materie, ed anche Eracla, che siede adesso fra i presbiteri di Alessandria e che io allora trovai presso il maestro di discipline filosofiche 7 1 , che egli frequentava già da cinque anni prima che io cominciassi ad ascoltare le sue lezioni. 14. Sotto l'influenza di questo maestro, pur avendo in precedenza indossato sempre un abito comune, se ne disfece e ne indossò uno da filosofo 72 che usa ancor oggi; ed egli non smette mai di studiare, per quanto gli è possibile, libri greci». Ecco quanto è stato detto da Origene in difesa del suo stu dio della cultura greca.
7 0 Fondandosi sulla notizia di Porfirio, Eusebio non ha dubbi sull a conversione al cristianesimo di Ammonio Sacca: la notizia tuttavia, come si diceva prima (cf. supra, n. 67) , non è certa. Poiché del filosofo neoplatonico non possediamo scritti, è probabile che il Nostro faccia un po' di confusione e che l'opera di cui egli parla sia invece da attribuire a un omonimo autore cristiano (forse Ammonio, vescovo di Thmuis, discepolo di Origene) . 7 1 D riferimento è ad Ammonio Sacca. 72 L'abito in questione è il pallium, caratterizzato da un corto mantello, che Tertulliano, nell'opera Il pallio, assunse a simbolo di vita ascetica. All'e poca vescovi ed presbiteri non portavano ancora un abito particolare.
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1 5 . A quell'epoca, mentre viveva ad Alessandria, soprag giunse un soldato e consegnò alcune lettere a Demetrio, vesco vo della diocesi e all'allora prefetto d'Egitto 73 da parte del le gato dell'Arabia 74, affinché inviassero in tutta fretta Origene in modo che avesse un colloquio con lui. Egli si recò dunque in Arabia e, portato prontamente a termine l'oggetto della sua missione, fece nuovamente ritorno ad Alessandria. 16. Trascor so poco tempo, scoppiò nella città una grave guerra 75 ed Ori gene, fuggito di nascosto da Alessandria, si recò in Palestina e soggiornò a Cesarea. Qui, pur non avendo ancora ricevuto l'or dinazione sacerdotale, i vescovi del luogo lo ritennero degno di tenere conferenze e commentare le divine Scritture pubblica mente in chiesa. 1 7 . È quanto si rileva chiaramente anche da quanto Alessandro, vescovo di Gerusalemme e Teoctisto, ve scovo di Cesarea, scrissero per giustificarsi a proposito di De metrio: «Nella sua lettera egli ha aggiunto che non si era mai sentito dire e che non era mai avvenuto, che dei laici predicas sero alla presenza di vescovi: non so come egli possa dire una cosa così manifestamente inesatta. 1 8 . Infatti, dove si trovano uomini in grado di aiutare i fratelli, essi sono invitati dai santi vescovi a predicare al popolo, come è accaduto per esempio a Laranda 7 6 dove Euelpis fu invitato da Neone, ad !conio 77 , 73 Anteriormente alla rivolta dd 215 ricordata poco dopo (cf. in/ra, VI, 19, 16) furono prefetti d'Egitto nd 213 L. Bebio Aurelio Uncino e nd 2 15 Aurelio Settimio Eraclito. 74 Si tratta della provincia romana che comprendeva l'Arabia Petrea e la Transgiordania, con capitale Bostra. In qu anto provincia imperiale, era di norma governata da un legato di classe senatoriale: tra il 2 13 e il 214 fu retta da Sesto Fumio Iuliano. 75 Nd 2 15 Caracalla , in visita ad Alessandria, ricevette una pessima ac coglienza da parte dei cittadini: si vendicò facendo saccheggiare la città, cac ciò gli stranieri, chiuse le scuole, sciolse le scuole filosofiche e la fece divide re in due mediante l'erezione di un muro (cf. Cassio Dione, Storia romana, 77, 22 , Erodiano, 4, 8, 6ss.). 76 Città della Cilicia. 77 Città della Galazia.
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Paolino da Celso, a Sinnada 78 Teodoro da Attico, tutti nostri beati fratelli. È verosimile che questo avvenga anche in altri luoghi, ma noi non ne siamo a conoscenza». In questo modo, dunque, pur essendo ancora giovane, Origene veniva onorato non solo dai suoi compatrioti, ma an che da parte di vescovi stranieri. 1 9. Ma Demetrio lo richiamò · di nuovo con lettere e lo sollecitò per mezzo di diaconi della sua Chiesa a ritornare ad Alessandria: egli, rientrato, riprese il suo lavoro abituale. 20. OPERE RIMASTECI DEGLI SCRI TTORI
DI
QUEL TEMPO
l. Fiorivano in quel tempo numerosi dotti ecclesiastici , le cui lettere, che si scrivevano l'un l'altro e che sono conservate fino ad oggi, sono facilmente reperibili. Esse sono state custo dite sino a noi nella biblioteca di Elia 79, fondata da Alessandro, che a quel tempo governava quella Chiesa e dalla quale anche noi abbiamo potuto mettere insieme il materiale del presente argomento. 2 . Tra questi uomini suddetti, Berillo ha lasciato, oltre a delle lettere, varie opere pregevoli (egli era vescovo degli ara bi a Bostra) so. Allo stesso modo inoltre Ippolito, anch'egli ve scovo di un'altra Chiesa in un'altra regione s1. 3 . Anche di 7 8 Città della Frigia. Da notate che tutti i personaggi qui nominati non sono noti da altre fonti. 79 Si tratta di Elia Capitolina, cioè Gerusalemme, dove esisteva forse la più antica biblioteca della cristianità. 80 Cf. in/ra, VI, 3 3 . 81 Si tratta di Ippolito di Roma che, secondo l'ipotesi tradizionale, fu un personaggio vissuto tra il 170 e il 236ca. Discepolo di Ireneo di Lione, fu avversario del vescovo di Roma Callisto (2 17 -222) che accusò di lassismo ver so i penitenti e di sabellianismo e fondatore di una chiesa scismatica. Esiliato in Sardegna per ordine dell'imperatore Massimino, morì martire poco tempo dopo essersi riconciliato con la Chiesa. Per quanto riguarda le sue opere cf.
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Gaio 82 , uomo assai dotto, vissuto a Roma al tempo di Zefiri no, è giunto sino a noi un Dialogo contro Proclo, che combat teva in difesa dell'eresia catafrigia: in quest'opera biasima l'impudenza e la sfrontatezza degli avversari nel compilare nuove Scritture 83 ; egli ricorda soltanto tredici lettere del san to Apostolo, senza contare con le altre quella agli ebrei 84 , poi ché anche oggi alcuni romani non ritengono che essa sia del l' Apostolo. 2 1 . l VESCOVI CHE ERANO FAMOSI IN QUEL TEMPO l . Dopo che Antonino regnò per sette anni e sei mesi, gli succedette Macrino. Morto costui dopo un anno, un altro An tonino resse a sua volta l'impero dei romani 85. Durante il suo primo anno di regno morì Zefirino, vescovo dei romani 86, do po aver esercitato il ministero episcopale per diciotto anni in-
in/ra, VI, 22. Sulle critiche alla ricostruzione biografica tradizionale cf. G. Bo sio - E. dal Covolo - M. Maritano, Introduzione ai Padri della Chiesa. Secoli II e III, cit., pp. 43 ss. 82 Cf. supra, Il, 25 . 83 Caio rigettava l'Apocalisse e il Vangelo di Giovanni, testi particolar mente apprezzati dai montanisti. 84 Cf. supra, III, 3 . 8.5 Bassiano Marco Aurelio Severo Antonino, detto Caracalla , che era salito al trono nel 2 1 1 , fu ucciso in Mesopotamia 1'8 aprile del 2 17 mentre conduceva una campagna militare contro i parti in seguito ad una congiura di palazzo a capo della quale era il prefetto del pretorio M. Opellio Macrino, che i pretoriani acclamarono imperatore. Sgradito al senato in quanto cava liere, sconfitto dai parti, ben presto Macrino si alienò il favore dell'esercito in seguito ad alcuni provvedimenti deflazionistici impopolari. Nel giugno del 2 1 8 fu prima deposto e poi ucciso dalle truppe che acclamarono imperatore il piccolo Vario Avito Bassiano, noto col soprannome di Elagabalo, dal culto del dio Sole di Emesa, di cui era sacerdote, nipote di Iulia Mesa, sorella di Iu lia Domna, madre di Caracalla . L'8 giugno fu proclamato Augusto ad Emesa e assunse il nome di Marco Aurelio Antonino. 86 Eletto vescovo di Roma nel 199, Zefirino morì nel 2 1 7 .
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teri. 2 . Dopo di lui assunse l'episcopato Callisto: egli visse an cora per cinque anni 87 , e lasciò il ministero ad Urbano. Anto nino regnò solamente per quattro anni, poi gli succedette nel l'impero dei romani Alessandro 88 . Sempre in quest'epoca Fi leto succedette ad Asclepiade nella guida della Chiesa di An tiochia. 3 . La madre dell'imperatore, di nome Mamea, era una donna religiosissima: quando giunse alle sue orecchie la fama di Origene che si era diffusa ovunque, attribuì grande importanL;a all'essere giudicata degna della sua vista e mettere alla prova la sua conoscenza delle cose divine che tutti ammiravano. 4. Men tre soggiornava ad Antiochia, quindi, lo mandò a chiamare dai soldati della sua scorta. Dopo essere rimasto presso di lei per un certo tempo ed averle svelato molte cose per la gloria del Si gnore e la virtù dell'insegnamento divino, egli si affrettò a ri prendere le sue abituali occupazioni. 22. GLI
SCRITTI DI lPPOLITO GIUNTI FINO A NOI
A quel tempo Ippolito compose numerosi altri commenti, egli scrisse anche un trattato Sulla Pasqua, nel quale, dopo aver fissato una cronologia e aver proposto per la Pasqua un cano ne costituito da un ciclo di sedici anni, calcola le date a partire dal primo anno dell'imperatore Alessandro. Delle altre sue 87 Callisto, la cui vicenda ci è nota dalla Confutazione di tutte le eresie dd suo avversario Ippolito, divenne vescovo di Roma dopo essere stato ban chiere del liberto imperiale Carpoforo, di cui era schiavo. Morì nel 222, ucci so in un tumulto popolare. 88 Poiché Elagabalo si rivelò poco adatto a governare l'impero, nel 22 1 Iulia Mesa e la figlia Mamea lo persuasero ad adottare come Cesare, col no me di Marco Aurelio Severo Alessandro, il figlio tredicenne di Mamea, Ges sio Bassiano. Nel marzo del 222 Elagabalo e la madre Soemia furono uccisi dai pretoriani, i quali proclamarono imperatore Severo Alessandro.
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opere, ci sono pervenute le seguenti: Sull'Hexaemeron, Su ciò che segue l'Hexaemeron, Contro Marcione, Sul Cantico, Su bra m' di Ezechiele, Sulla Pasqua, Contro tutte le eresie e diverse al tre che si possono trovare conservate presso molti 8 9, 23 . Lo
ZELO DI
ORIGENE E
COME FU RITENUTO DEGNO
DEL PRESBITERATO
NELLA CHIESA
l. Da allora anche Origene iniziò i suoi Commentari alle
divine Scritture 9o, Ambrosio lo incoraggiò non solo con innu merevoli sollecitazioni ed esortazioni a parole, ma gli procurò anche con larghezza i mezzi necessari di cui egli aveva bisogno. 2. Allorquando egli dettava, infatti, gli erano accanto più di set te tachigrafi che si alternavano ad ore stabilite e un numero non inferiore di copisti, come anche di ragazze esperte in calligrafia. 89 La lista delle opere di Ippolito, o almeno di una parte di esse, figura sulla cdebre statua marmorea scoperta nd 155 1 a Roma tra la via Nomenta na e la via Tiburtina: essa raffigura un personaggio seduto in una cathedra, sui lati dell a quale è inciso un computo pasquale, calcolato «in base al primo an no di principato dell'imperatore Alessandro» (Severo Alessandro, anno 222). S u uno dei bordi laterali è riportato, probabilmente in ordine cronologico, l'denco delle opere di Ippolito. Le opere citate sono: Intorno al Vangelo se
condo Giovanni e all'Apocalisse, Intorno ai carismi, Tradizione apostolica, Cro naca, Contro i greci, Contro Platone e Sull'universo, Protrettico a Severina,
Esposizione della cronologia della Pasqua, Su Dio e sulla risurrezione della car ne e infine Intorno al bene e all'origine del male. L'denco non comprende tre scritti, posteriori a quelli indicati sulla statua e che ci sono pervenuti: Confu tazione di tutte le eresie (o Philosophùmena) , /}Anticristo e il Commentario a Daniele. Come già per altri autori occidentali, l'elenco di Eusebio è dunque assai incompleto e per di più impreciso, dato che il Nostro sembra ammette
re l'esistenza di due diverse opere sulla Pasqua. 90 A giudizio di Eusebio, dunque, l'inizio dell'attività esegetica di Ori gene è da collocare intorno al 222 dato che il Commento a Giovanni, che egli
considera la prima opera esegetica di Origene, fu iniziato all'incirca in quel periodo : altri elementi invece inducono a pensare che l'inizio dell'attività ese getica dell'Alessandrino sia da far risalire agli anni 2 14-218.
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Provvedeva con abbondanza di mezzi al sostentamento di tutti Ambrosia, che alimentò in lui un indicibile ardore per lo studio e la passione degli oracoli divini e sollecitandolo, soprattutto, alla stesura dei suoi commentari. 3 . Stando così le cose, ad Urbano, che era stato vescovo della Chiesa dei romani per otto anni, succedette Ponziano 9 1 , mentre Zebenno presiedette la Chiesa di Antiochia dopo Fileto. 4. A quel tempo Origene, per un'urgente necessità relati va agli affari ecclesiastici, recatosi in Grecia attraverso la Pale stina, ricevette a Cesarea dai vescovi di quella regione l'ordina zione sacerdotale mediante l'imposizione delle mani 92. Lo scompiglio provocato allora attorno alla sua persona da questo fatto e le decisioni prese in proposito da coloro che governava no le Chiese, come pure tutta la p ro duzi on e della sua maturità sulla Parola divina, sono argomenti che necessitano di un'espo sizione a parte, cosa che abbiamo opportunamente fatto nel se condo libro dell'Apologia per Origene che abbiamo scritto in sua difesa 93 .
24.
l COMMENTARI CHE SCRISSE AD ALESSANDRIA
l . A questo si dovrebbe aggiungere che nel sesto libro del suo Commento a Giovanni, Origene dichiara di aver composto i primi cinque libri mentre era ancora ad Alessandria, ma di questo suo lavoro sull'intero Vangelo in questione ci sono giun-
91 Ancora una volta la cronologia di Eusebio sui vescovi di Roma del TII secolo è approssimativa. L'awenimento risale al 23 0. 9 2 L'ordinazione sacerdotale di Origene sembra si debba collocare nel 23 1 . 93 L'apologia di cui parla Eusebio, redatta in collaborazione con Panfi lo, è andata perduta, ad eccezione del primo libro di cui possediamo una tra duzione ad opera di Rufino. Cf. Storia ecclesiastica, vol. I, p. 1 1 .
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ti solamente ventidue tomi 94 . 2. Nel nono libro del
alla Genesi 95
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23-25
Commento
essi sono in tutto dodici - dice che quelli pre. cedenti al nono sono stati redatti ad Alessandria, come pure i commentari ai primi venticinque Salmi e alle Lamentazioni, di cui ci sono pervenuti cinque tomi, nei quali egli ricorda anche quelli Sulla risurrezione, che sono due 96. 3 . Inoltre, prima di an darsene da Alessandria, scrisse i libri Sui principi 97 . Quanto ai libri intitolati Stromati, che sono dieci di numero, li compose, come mostrano le intestazioni autografe all'inizio dei volumi, nella stessa città, durante il principato di Alessandro.
25 .
-
COME HA ,'vlENZIONATO LE SCRITTURE CANONICHE
l. Nel commentare il primo Salmo, Origene espone un ca talogo delle Sacre Scritture dell'Antico Testamento, scrivendo testualmente così: «Non bisogna ignorare che, secondo la tra94 Quest'opera, che è considerata il c ap ol avo ro di O rigine iniziata ad Alessandria intorno al 225 e continuata a Cesarea, non fu mai completata dal lo scrittore alessandrino. Ci sono pervenuti i libri l , 2, 6, 1 0 , 1 3 , 19 (incom pleto) , 20, 28 e 32, oltre a numerosi frammenti. 95 TI Commento alla Genesi è perduto, ad eccezione di qualche fram mento: anche quest'opera, forse in 12 o 13 libri, fu cominciata ad Alessandria e condotta a termine a Cesarea. 96 I commentari dei primi salmi risalgono agli anni 2 14-2 18; l op era sembra fosse costituita da 46 libri. Allo stesso periodo appartengono i 5 libri dedicati alle Lamentazioni, opera di cui possediamo alcuni frammenti perve nuti nell'opera Catene sull'Ottateuco di Procopio di Gaza. Del trattato Sulla risu"ezione, opera anch'essa perduta, e che sembra sia stata pubblicata pri ma dei commentari alle Lamentazioni, ci restano ampi frammenti conservati in Panfilo (Apologia per Origene) , in Metodio (La risu"ezione dei mortt} e for ,
'
se in Girolamo (Contro Giovanni di Gerusalemme, 25-26) . 97 Scritta ad Alessandria intorno al 220-225 , l'opera, (pur con le modi fiche apportate dal traduttore) , ci è pervenuta per intero nella traduzione la
tina di Rufino, in ampi frammenti greci nella Filocalia (antologia di passi scel ti composta da Basilio e Gregorio di Nazianzo nel 358ca) e in alcune citazio ni presso vari autori.
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dizione ebraica, i libri testamentari canonici sono ventidue, tan ti quante sono le lettere del loro alfabeto». 2. Quindi soggiunge: «Secondo gli ebrei i ventidue libri sono i seguenti: quello che per noi è intitolato Genesi, è quello che presso gli ebrei, dalla parola con cui ha inizio il libro, si in titola Bresith, cioè "In principio " ; Esodo, Ouellesmoth, cio è " questi sono i nomi " ; Levitico, Ouikra, " ed egli ha chiamato " ;
Numeri, Ammesphekodeim; Deuteronomio, Elleaddebareim, " queste le parole" ; Gesù figlio di Nave, Iosouebennoun; Giudi ci e Ruth, per loro in un solo libro: Sophteim; l e 2 dei Re, per loro un solo libro, Samuel, "l'eletto di Dio " ; 3 e 4 dei Re, per loro un solo libro, Ouammelch David, cioè "regno di Davide " ; Cronache, l e 2 libro, in uno solo: Dabreiamein, cioè "parole dei giorni " ; Esdra, l e 2 libro, in uno solo, Ezra, cioè " soccorrito re" ; libro dei Salmi, Spharthelleim; Proverbi di Salomone, Me Ioth; Ecclesiaste, Koelth; Cantico dei Cantici (non, come alcuni pensano, Cantici d ei Cantici) , Sirassireim; Isaia, Iessia; Geremia, con le Lamentazioni e la Lettera in un solo libro, Ieremia; Da niele, Daniel; Ezechiele, Ezekiel; Giobbe, ]ob; Ester, Esther. Ol tre a questi vi sono poi i Maccabei, che si intitolano Sarbethsa nabaiel». 3 . Ecco quanto stabilisce Origene nell'opera sopra citata. Nel primo tomo del Commento a Matteo, mantiene il canone ecclesiastico e testimonia di conoscere solo quattro Vangeli, quando scrive così: 4. «Come ho appreso nella tradizione rela tiva ai quattro Vangeli, che sono anche i soli indiscussi nella Chiesa di Dio che è sotto il cielo, per primo fu scritto quello Se condo Matteo, il quale fu un tempo pubblicano 98, poi apostolo di Gesù Cristo. Egli lo pubblicò per i credenti che proveniva no dal giudaismo, dopo averlo composto in lingua ebraica. 5. Quindi il Vangelo secondo Marco, che scrisse secondo quanto Pietro gli indicò; quest'ultimo, nella sua lettera cattolica, lo ri98 I pubblicani erano gli esattori delle imposte.
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conosce anche come figlio, quando dice: La Chiesa eletta che è in Babilonia vi saluta; e così fa Marco, figlio mio i. 6. Terzo è il Vangelo secondo Luca, scritto lodato da Paolo i e composto per coloro che provenivano dal paganesimo. Infine il Vangelo se condo Giovanni». 7 . Nel quinto libro del Commento a Giovanni, lo stesso [Origene] così dice a proposito delle lettere degli apostoli: «Re so capace di diventare ministro del Nuovo· Testamento, non della lettera, ma dello spirito k, Paolo, dopo aver compiuto la predicazione del Vangelo da Gerusalemme e dintorni fino al l'illiria I, non scrisse a tutte le Chiese cui insegnò ed anche a quelle cui scrisse non inviò che poche righe. 8. E Pietro, sul quale è fondata la Chiesa di Cristo che le porte dell ' Ade non prevarranno m , ha lasciato una sola lettera indiscussa, e forse anche una seconda, ma essa è controversa 99. 9. E che cosa bi sogna dire di colui che si chinò sul petto di Gesù n, di Giovan ni, che ha lasciato un solo Vangelo, confessando che avrebbe potuto scriverne tanti, quanti neppure il mondo avrebbe potu to contenere? 10. Egli scrisse anche l'Apocalisse, in cui gli fu or dinato di tacere e di non scrivere le parole dei sette tuoni 0 • Egli ha lasciato anche una lettera di pochissime righe wo , e forse an che una seconda e una terza, dato che non tutti dicono che es se siano autentiche: entrambe, messe insieme, non superano le cento righe». i l Pt 5 , 13. i Cf. 2 Cor 8, 18-19; 2 Tm 2 , 8; Col 4, 14; Rm 2 , 16. m Cf. Mt 16, 18. I Cf. Rm 15, 19. k a. 2 Cor 3, 6. n Cf. Gv 13, o Ap 10 , 4. 25 ; 2 1 , 20.
99 Sull'autenticità della 2 Pt e sulla problematica connessa cf. F. Mi gliore, Introduzione al Nuovo Testamento, Soveria Mannelli 1 992, pp. 249254. I OO In realtà la prima lettera di Giovanni è abbastanza lunga (centocin que versetti) , se la si confronta alla seconda e alla terza, che contano rispetti vamente tredici e sedici versetti.
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1 1 . Inoltre, a proposito della lettera agli ebrei, Origene così ragiona nelle Omelie su di essa: «ll carattere dello stile della lettera Agli ebrei non ha, nel discorso, la semplicità del l' Apostolo, il quale ammette egli stesso di essere inesperto nel linguaggio P, cioè nello stile, ma la lettera è certamente greca nella struttura della frase, cosa che può riconoscere ogni per sona in grado di distinguere le differenze di stile. 12. Del resto, che i pensieri della lettera siano straordinari e per niente infe ri o ri a quelli delle lettere indiscusse degli apostoli, chiunque legga attentamente le lettere degli apostoli ammetterà che ciò è vero». 1 3 . Dopo altre cose, aggiunge dicendo: «Quanto a me, do vendo esprimere la mia opinione, direi che i pensieri sono del l'Apostolo, mentre lo stile e la composizione sono di un o che ri cordava la dottrina apostolica, per così dire di un redattore che ha trascritto quanto era detto dal maestro. Se dunque qualche C hie s a considera questa lettera veramente di Paolo, essa stessa si rallegri anche di questo: non è a caso, infatti, che gli antichi l'hanno tramandata come se fosse di Paolo . 1 4 . Quanto poi a chi ha scritto la lettera, Dio sa la verità. Secondo la tradizione giunta sino a noi, alcuni sostengono che la abbia scritta Cle mente, colui che fu vescovo di Roma; secondo altri invece a scriverla fu Luca, l'autore del Vangelo e degli Atti». Ma su queste cose basta così.
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Cf. 2 Cor 1 1 , 6.
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26. [IN CHE MODO ERACLA OITENNE L'EPISCOPATO DI ALES SAN DRIA ]
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Era il decimo anno del principato suddetto 1 02 , allorquan do Origene si trasferì da Alessandria a· Cesarea 1 0 3 e lasciò ad Eracla la scuola di catechesi della città. Non molto tempo do po morì Demetrio, vescovo della Chiesa di Alessandria, dopo aver retto il ministero per quarantatré anni interi; gli succedet te Eracla.
27. [COME I VESCOVI GIUDICAVANO ORI GENE] A quel tempo si segnalava Firmiliano to4 , vescovo di Cesa rea in Cappadocia, il quale nutrì nei confronti di Origene un ta le affetto che una volta lo chiamò nel suo territorio per l'utilità d elle Chiese e un 'altra volt a egli stesso si recò in Giudea e tra scorse qualche tempo con lui per perfezionarsi nelle cose _c;livi ne 1 05 . Inoltre il vescovo della Chiesa di Gerusalemme, Ales sandro e Teoctisto, vescovo di Cesarea, che si affidavano stabil mente a lui, come al loro unico maestro, gli permisero di occu parsi di ciò che concerne l'interpretazione delle divine Scrittu re e di ogni altra cosa relativa all'insegnamento ecclesiastico 106 .
1 0 1 I titoli dei cc. 26 e 27 nell'indice risultano invertiti. 102 L'anno dovrebbe essere il 23 1 . 103 Demetrio era ancora vivo quando Origene s i trasferì
definitivamen te a Cesarea, cf. supra, VI, 8, 4-5 . 104 Firmiliano divenne vescovo di Cesarea di Cappadocia intorno al 23 0; morì verso il 248. 105 Cf. supra, VI, 23 , 4; 19, 17-18. 1 0 6 Stabilitosi a Cesarea di Palestina, Origene vi aprì una nuova scuola e svolse la sua predicazione. Scoppiata la persecuzione di Massimino, abban donò temporaneamente la città e trascorse due anni interi, forse dal 235 al 238, a Cesarea di Cappadocia, ospite di Giuliana, personaggio di cui si è par lato in precedenza (cf. supra, VI, 17).
50
Storia ecclesiastica
28. LA PERSECUZIONE SOTTO MASSIMINO Alessandro, imperatore dei romani, tenne l'autorità impe riale per tredici anni 1 07 : alla sua morte gli succedette Massimi no Cesare. Costui, per risentimento nei confronti della casa di Alessandro, costituita per lo più di credenti, avendo suscitato una persecuzione, ordinò che fossero uccisi solo i capi delle Chiese, in quanto ritenuti i responsabili dell'insegnamento se condo il Vangelo 1 08 . In quel tempo Origene compose il tratta to Sul martirio, che egli dedicò ad Ambrosio e a Protocteto, presbitero della diocesi di Cesarea 1 09 , poiché difficoltà incon suete li avevano colti entrambi durante la persecuzione. Si nar ra che questi uomini si misero in luce nella loro confessione di fede durante il principato di Massimino, che non durò più di tre anni 1 10 . Origene ha analizzato questo momento della per secuzione nel ventiduesimo libro del Commento a Giovanni e in diverse lettere.
1 07 Severo Alessandro, dopo tredici anni di regno, fu ucciso nei pressi di Magonza, nel marzo del 235 , insieme con la madre Mamea, durante una ri volta militare, nel corso della spedizione contro gli alamanni. Poco prima, i soldati avevano acclamato imperatore un rozzo soldato nativo della Tracia, Massimino . 1 08 L' a tteggiam ento di Severo Alessandro e di Mamea nei confronti del . la religione e la cultura in genere fu improntata al sincretismo, cosa che in dusse molti a interpretare in senso filo-cristiano il suo governo. A differenza delle fonti pagane dd tempo (Erodiano e Historz'a Augusta), Eusebio è il so lo a sostenere che la persecuzione di Massimino traesse origine dalla reazio ne nei confronti dell'atteggiamento benevolo tenuto da Alessandro verso i cristiani. Tali misure non ebbero carattere generale, ma miravano a colpire i capi delle comunità nel tentativo di bloccare il proselitismo. 1 09 Protocteto, che era presbitero di Cesarea di Palestina, e Ambrogio non morirono nel corso della persecuzione. Ambrogio era ancora in vita nel 248, anno in cui sappiamo che indusse Origene a scrivere il Contro Celso. L'o pera in �uestione ci è pervenuta nell'originale greco. 1 1 La persecuzione ebbe termine con la morte dell'imperatore.
Libro VI,
28-29
51
29. FABIANO È DESIGNATO DA DIO IN MANIERA MIRACOLOSA VESCOVO DI ROMA l . Quando Gordiano succedette a Massimino nell'impero
dei romani m, a Ponziano, che era stato vescovo della Chiesa di Roma per sei anni, s u cc e dett e Antero e a quest'ultimo, che esercitò il suo ministero per un mese, Fabiano. 2. Si narra che, dopo la morte di Antero, Fabiano, venu tosi a stabilire a Roma dalla campagna insieme con altri, fu de signato in modo assolutamente miracoloso, per grazia divina e celeste. 3 . Tutti i fratelli, infatti, erano riuniti per l'elezione di colui che doveva ricevere la carica episcopale e molti avevano in mente numerosi uomini noti ed illustri; nessuno pensava a Fabiano, che era presente. Tuttavia, all'improvviso, discese dal cielo una colomba che, a quanto si racconta, si posò sulla sua testa, richiamando palesemente la discesa dello Spirito Santo sul Salvatore in forma di colomba q_ 4. In seguito a ciò, t u tt o il popolo, come mosso da un'unica ispirazione divina, d'un solo slancio gridò all'unanimità che egli ne era degno: senza alcun indugio lo presero e lo posero sul seggio episcopale. In quel tempo, essendo venuto meno anche il vescovo di Antiochia Zebenno, gli succedette Babila; ad Alessandria, es sendo stato eletto Eracla alla carica episcopale dopo Demetrio, q
Cf. Mt 3 , 16; Mc
l , 10;
Le 3 , 22; Gv l, 32.
1 1 1 A motivo delle sue crudeltà, Massimino il Trace si alienò ben presto le simpatie dei più e in Mrica scoppiò una rivolta militare capeggiata dal pro console Gordiano, che fu proclamato imperatore. Massimino riuscì a repri mere la sollevazione, ma dovette combattere contro le forze riunite di Pupie no e Balbina suscitategli contro dal senato. Intanto Gordiano I veniva ucciso insieme al figlio Gordiano IL Deciso a marciare su Roma, Massimino, insie me con il figlio già nominato Cesare, fu ucciso dai suoi stessi soldati ad Aqui leia nel giugno del 23 8. li Senato proclamò quindi imperatori congiunti Bai bino e Pupieno, che furono uccisi qualche mese più tardi dai pretoriani, i quali proclamarono imperatore Gor diano III, nipote tredicenne di Gordiano I, che in precedenza era stato nominato Cesare.
52
Storia ecclesiastica
gli succedette nella guida della scuola di catechesi di questa città Dionisio, anch'egli uno dei discepoli di Origene.
30.
l
DISCEPOLI DI
0RIGENE
Nel tempo in cui Origene svolgeva a Cesarea m i suoi do veri abituali, si recavano da lui non solo innumerevoli persone del luogo , ma anche numerosi allievi stranieri che avevano ab bandonato la loro patria: tra costoro conosciamo come parti colarmente illustri Teodoro, chiamato anche Gregorio, che è ora vescovo illustre 1 ! 3 , e suo fratello Atenodoro, entrambi for temente interessati alle discipline greche e romane. Tuttavia Origene, dopo aver destato in loro un grande amore per la fi losofia, li esortò a trasformare il loro primo interesse in amore per l'ascesi divina. Dopo essere vissuti con lui per cinque anni interi, si inoltrarono talmente nella perfezione divina che, an cora giovani, furono entrambi ritenuti degni dell'episcopato delle Chiese del Ponto.
31.
AFRICANO
l . A quel tempo era famoso anche Mricano
l'opera intitolata Kestoz"
m.
autore del Di costui possediamo anche una let1 14 ,
1 12 Si tratta naturalmente di Cesarea di Palestina. 1 13 G regorio il Taumaturgo (2 13 -275 ca . ) , è uno dei personaggi più fa mosi dell'antichità cristiana. Nativo di Neocesarea, nd Ponto, era pagano di nascita e di cultura e incontrò Origene a Berito in Fenicia, dove studiava di ritto. Fu discepolo dell'Alessandrino a Cesarea di Palestina dal 233 al 23 8 e successivamente vescovo della sua città natale. 1 1 4 Giulio Africano, di origine ebrea, era nativo di Gerusalemme; viag giò moltissimo e ricoprì incarichi pubblici (a Roma fu architetto alla. corte di
Alessandro Severo) .
1 15
L' opera (alla lettera
=
ricami) , di cui non restano che pochi fram-
Libro VI,
53
29-32
tera scritta ad Origene, nella quale nutre il dubbio sul fatto che la storia di Susanna nel libro di Daniele 1 1 6 sia apocrifa e inventata; ad essa Origene risponde in maniera quanto mai esauriente m. 2. Dello stesso Africano ci sono pervenute anche altri cin que libri di Cronografie, scritti con accuratezza 1 1 8 , nei quali racconta di aver fatto un viaggio ad Alessandria a motivo della grande fama di Eracla, che, come abbiamo detto, era un pro fondo conoscitore della filosofia e delle altre discipline greche, ed aveva ricevuto l'episcopato della Chiesa della sua città. 3 . Possediamo anche un'altra lettera dello stesso Africano ad Ari stide a proposito dell'apparente disaccordo esistente nelle ge nealogie di Cristo in Matteo e in Luca. In questa lettera, egli stabilisce molto lucidamente la corrispondenza degli evangeli sti in b ase a un racconto a lui pervenuto , che io ho op p o rtuna mente esposto nel primo libro del presente lavoro w>. .32 . COA1MENTARI SCRITTI DA 0RIGENE A CESAREA DI PALESTINA l . In quello stesso periodo
120,
Origene compose anche il
Commento a Isaia e, contemporaneamente, quello Ad Ezechiementi, era una compilazione enciclopedica e raccoglieva in ventiquattro libri estratti di argomento vario. 1 1 6 Nell a Bibbia ebraica la storia
di Susanna (cf. Dn 1 3 ) è stata consi derata aggiunta al libro di Danide e non era pertanto ritenuta canonica. I.: e pisodio è presente nell'edizione di Teodozione, dal cui testo dipende la tra duzione in latino di Girolamo. 1 1 7 L a corrispondenza tra Giulio Africano e Origene è datata al 240ca. , quando cioè lo scrittore era in età avanzata. 1 1 8 N ell ope ra , di cui rimangono scarsi frammenti e che esercitò un considerevole influsso sulla storiografia posteriore, .Africano suddivideva in sei millenni gli avvenimenti dalla creazione dd mondo al 22 1 d. C. o, secon do altri, al 2 17-2 1 8. '
119
120
Cf. supra, l , 7 , 2 .
Vale a dire sotto il regno di Gordiano III
(238-244) .
54
Storia ecclesiastica
le: del primo sono giunti fino a noi trenta tomi che commenta no un terzo dell'opera di Isaia m , fino alla visione delle bestie nel deserto r , mentre su Ezechiele ne sono giunti venticinque, gli unici che abbia scritto su tutta l'opera del profeta 122 . 2 . Re catosi in quel tempo ad Atene 123 , vi portò a termine i libri su Ezechiele e cominciò quelli sul Cantico dei Cantici, giungendo fino al quinto libro 1 24. In seguito, ritornato a Cesarea, li portò a termine, vale a dire fino al decimo libro. 3 . Ma che bisogno c'è di fare in questa sede l'accurato elen co delle opere di quest'uomo, cosa che richiederebbe uno studio particolare? Noi d'altronde l'abbiamo trascritto nella narrazione della vita di Panfilo, il santo martire della nostra epoca, nella qua le, facendo conoscere quale zelo Panfilo ebbe nei confronti del le cose divine, abbiamo registrato le liste dell a biblioteca dell e opere di Origene e degli altri autori ecclesiastici da lui raccolte: mediante tali cataloghi, chi lo desidera può conoscere in manie ra completa i lavori di Origene che sono giunti fino a noi m. Ma adesso dobbiamo proseguire con la nostra storia. r
Cf. l s 30, 6 .
1 2 1 D i questi commentari non sono giunti che scarsi frammenti. 122 La cifra fornita da Eusebio potrebbe essere errata, infatti, nel suo catalogo delle opere di Origene, Girolamo p arla di ventinove tomi; l'opera è comunque perduta. 1 23 ll viaggio ad Atene di cui qui parla Eusebio, e che avvenne nel 240, dev'essere senz' altro distinto da quello ricordato dallo storico in precedenza (cf. supra, VI, 23 , 4). 1 24 D i quest'opera, che esercitò u n notevole influsso p e r tutta l'anti chità e il Medioevo, particolarmente per quel che concerne la letteratura mi stica, ci restano, nella traduzione di Rufino, il prologo, i libri 1 -3 e una parte del libro 4 . 12 5 Sull a vita d i Panfilo cf. I Martiri di Palestina, 1 1 , 3 . I c at aloghi di cui parla Eusebio sono andati perduti, ne possediamo una copia, pur se parziale, fatta da Girolamo nella lettera 33 a Paola. L'elenco non è completo in quan to vengono ricordati solo 800 dei 2000 tomi contenuti nel catalogo di Euse bio (d. Girolamo, Contro Ru/ino, 2, 22) . È probabile che la lista geronimia na registri soltanto le opere presenti nella biblioteca di Alessandria.
Libro VI, 32-33 33 .
55
L'ERRORE DI BERILLO
l . Berillo, il vescovo di Bostra, in Arabia, di cui si è parla
to in precedenza 126 , alterando l'insegnamento ecclesiastico, tentò di introdurre concetti estranei alla fede e osò dire che il nostro Salvatore e Signore non era preesistito secondo un'esi stenza individuale prima della sua venuta tra gli uomini, e che egli non possedeva una divinità propria, ma soltanto quella del Padre che abitava in lui m. 2 . Allora, dato che parecchi vesco vi avevano già avuto dissensi e polemiche con costui, chiamato insieme con altri, Origene entrò subito in colloquio con lui nel tentativo di scoprire qual era il suo pensiero; poi, non appena apprese ciò che egli sosteneva, correggendo quanto non era or todosso e persuadendolo mediante un ragionamento, lo con dusse di nuovo alla verità della dottrina e lo restituì alla prima, autentica opinione. 3 . Ancora oggi si conservano sia gli scritti di Berillo , sia quelli del sinodo tenutosi per causa sua, e che contengono tanto i problemi postigli da Origene, quanto le po lemiche che avvennero nella sua diocesi, in breve tutto ciò che fu fatto allora 128 . 4 . A proposito di Origene i presbiteri dei nostri tempi ci hanno tramandato oralmente molte altre cose, che a me sembra opportuno tralasciare in quanto non attinenti alla presente ope ra. Ma tutte quelle cose che era necessario conoscere su di lui, possono essere desunte dall'Apologia scritta in sua difesa da noi 12 6 Cf. supra, VI, 20, 2 . 12 7 TI pensiero di Berillo
si riallaccia alle tendenze giudeo-cristiane preoccupate di salvaguardare la concezione monoteistica. In evidente pole mica col subordinazionismo tipico degli ambienti più ellenizzati, la teologia di Berillo è un chi aro esempio di monarchianismo radicale. Sulla sua line a si colloca Paolo di Samosata. Sul problema cf. G. Bardy, Paul de Samosate, Lou vain 1 929'l pp. 23 1 -234. 1 28 E p robabile che il viaggio di Origene a Bostra si sia svolto negli an ni 23 8-244.
56
Storia ecclesiastica
e da Panfilo, il santo martire della nostra epoca, opera che noi abbiamo composto con cura lavorando insieme a causa dei suoi contestatori 12 9 .
3 4 . AVVENIMENTI ACCADUTI SOTTO FILIPPO
Dopo che Gordiano tenne l'impero dei romani per sei an ni interi, conquistò il potere Filippo insieme con il figlio Filip po no . Si racconta che egli, che era cristiano, il giorno dell'ulti ma veglia di Pasqua volle partecipare insieme alla folla alle pre ghiere che si tenevano nella chiesa, ma da parte di colui che presiedeva la celebrazione non gli fu permesso di entrare prima di essersi confessato ed essersi iscritto tra coloro che erano con siderati peccatori ed occupavano il posto dei penitenti: diver samente, infatti, se non avesse fatto ciò, non sarebbe mai stato accolto dal presidente dell'assemblea a motivo delle innumere voli accuse che gli si facevano. E si dice che egli obbedì di buon grado, dimostrando coi fatti la sincerità e la devozione del suo sentimento riguardo al timore di Dio m .
12 9 DO
Cf. supra, VI, 23 , 4 . Nel febbraio 244, mentre guidava una grande spedizione contro i persiani, Gordiano III fu ucciso nel corso di una rivolta militare, guidata, a quanto sembra, dal prefetto al pretorio M. Giulio Filippo, soprannominato l'Arabo per le sue origini, che fu proclamato imperatore. Filippo riprese l'a spirazione sincretistica che tendeva all'unificazione religiosa che si era mani festata da Caracalla in poi, tanto che la tradizione ecclesiastica lo considerò cristiano, nonostante in qualità di ponti/ex maximus, nel 248, presiedesse le solenni celebrazioni in occasione del millenario della fondazione di Roma. 1 3 1 La testimonianza di Eusebio sull'episodio è alquanto cauta («si rac conta», «si dice») e generica (non dà come certa la penitenza e omette il no me del vescovo che la impose) . Secondo la testimonianza di Giovanni Criso stomo il fatto accadde ad Antiochia e il vescovo era Babila (cf. discorso Su Ba bila, 6; Girolamo, Gli uomini illustri, 54; Paolo Orosio, Storia, 7, 20) .
Libro VI, 33-3 6
35 .
57
DIONIGI SUCCEDETTE A D ERACLA NELL'EPISCOPATO
Nel corso del terzo anno di principato del suddetto impe ratore m , morì Eracla, dopo aver presieduto per sedici anni le Chiese di Alessandria: Dionigi assunse la carica episcopale. 3 6. ALTRE OPERE COMPOSTE DA 0RIGENE
l . Allora in verità, come era naturale, diffondendosi sem
pre più la fede ed essendo predicata liberamente fra tutti la no stra dottrina, narrano che Origene, avendo superato la soglia dei sessant'anni m ed avendo oramai acquisito grazie alla sua lunga esperienza una vastissima conoscenza, cosa che non ave va mai autorizzato in precedenza, acconsentì che dei tachigrafi trascrivessero i discorsi da lui tenuti in pubblico. 2 . Nella stes sa epoca egli compose anche gli otto libri in risposta all'opera diretta contro di noi dell'epicureo Celso 134 e intitolata Discor so vero, i venticinque tomi sul Vangelo secondo Matteo m e quelli sui dodici profeti, dei quali ne abbiamo trovati solamen te venticinque 1 3 6 . 3 . Di lui possediamo anche una lettera al1 32 L'imperatore è evidentemente Filippd l'Arabo e l'avvenimento risa
le al 247 .
1 33 Siamo dunque intorno al 245 , in quanto, come si è detto, Origene era nato verso il l 85 . 1 3 4 Cdso, che in realtà non fu epicureo, ma medio-platonico, aveva scritto il suo Discorso vero più di sessant'anni prima, vale a dire nd 178-180 ca. L'opera origeniana, che è una confutazione sistematica del libello dell'av versario, fu scritta a qud tempo, su richiesta dell ' amico Ambrogio, forse in concomitanza coi festeggiamenti pagani in occasione dd millenario della fon dazione di Roma (cf. G. Bosio - E. dal Covolo - M. Maritano, Introduzione ai Padri della Chiesa. Secoli II e III, cit., pp. 3 15-3 17 ) . 1 3 5 D i questo commentario possediamo in greco i tomi 10- 18; c i è per venuta altresì una traduzione latina, nota col titolo di Commentariorum series, che inizia dal cap. 9 dd libro 12 e termina col commento di Mt 27 , 60. 1 3 6 Nulla è pervenuto dei venticinque libri sui profeti minori.
58
Storia ecclesiastica
l'imperatore Filippo stesso, una a sua moglie Severa m e varie altre dirette a persone diverse. Tutte quelle lettere che noi ab biamo potuto riunire, nonostante fossero conservate separata mente da persone differenti, affinché non si disperdano più, le abbiamo raccolte in speciali volumi: esse sono più di cento. 4. Origene scrisse anche a Fabiano, vescovo d i Roma e a numero si altri capi di Chiese a proposito della sua ortodossia 1 3 8 . La narrazione di questi eventi si trova nell'ottavo libro dell'Apolo gia che noi abbiamo scritto su di lui.
3 7.
IL CONTRASTO CON GLI ARABI
All'epoca di cui stiamo parlando, in Arabia altre persone ancora divulgarono un insegnamento estraneo alla verità: co storo sostenevano che, nel tempo presente, al momento del tra passo, l'anima dell'uomo muore col corpo e provvisoriamente si corrompe; ma che un giorno, al momento della risurrezione, tornerà di nuovo a vivere insieme con esso. Anche allora si riunì un importante sinodo e Origene, convocato ancora una volta e avendo tenuto dei discorsi all'assemblea sulla questione in di scussione, si comportò in maniera tale da far cambiare opinio ne a coloro che prima erano stati ingannati 1 3 9 ,
1 3 7 Si tratta di Marcia Otacilia Severa, dall a quale l'imperatore ebbe un figlio cui impose il suo stesso nome. 13 8 Dall e parole di Eusebio non traspare che vi fossero dubbi sull'orto dossia di Origene, malgrado essa fosse messa in dubbio da qualcuno. Anche Girolamo, nella già ricordata lettera 33 (cf. supra, n . 125 ) , ci informa che, pur se la dottrina dell'Alessandrino destava qualche sospetto, il vero motivo del la sua condanna era da ricercare altrove (nelle sue capacità letterarie e nella sua cultura: «quia gloriam eloquentiae eius et scientiam ferre non poterant») . 139 ll concilio di cui parla Eusebio dovette aver luogo tra il 244 e il 248: su di esso non possediamo altre notizie.
Libro VI,
3 6-38
59
3 8 . L'ERESIA DEGLI ELCESAITI
A quel tempo sorse un'altra perversione, l'eresia d ett a de gli elcesaiti 140, che si estinse sul nascere. Origene la ricorda in un'omelia pronunciata in pubblico sul Salmo 3 2 , parlando in questi termini: «Proprio ora è venuto un t ale che si gloria di po ter insegnare una dottrina atea e del tutto empia, detta degli el cesaiti e che di recente è sorta in opposizione alle Chiese. Io vi mostrerò quali opinioni erronee insegni questa dottrina affin ché voi non ne siate conquistati. Essa rigetta alcuni punti della Scrittura, si serve di termini desunti da tutto il Vecchio Testa mento e dal Vangelo e rigetta del tutto l'Apostolo w. 2. Sostie ne che è indifferente negare la propria fede e che l'uomo sag gio, se si trova in c as o di necessità, negherà con la bocca, ma non col cuore. «(Questi eretici) esibiscono anche un libro che essi dicono caduto dal cielo: chi l'ascolta e vi crede riceverà il perdono dei suoi peccati, un perdono diverso da quello che ci ha concesso Gesù Cristo 142 » . 14 0 In realtà l'eresia degli dcesaiti sembra abbia avuto inizio verso l'an
no 1 00 (nel terzo anno dell'impero di Traiano), ma ebbe grande fortuna ne
gli anni 245-250. Le nostre principali fonti in materia sono Ippolito (cf. Con futazione di tutte le eresie, 9, 13-17) e Epifanio (Contro gli eretici, 19, 30, 53 ).
S i trattava d i una setta eclettica che s i ispirava al giudaismo, d i cui mantene va la circoncisione, e nella quale confluivano astrologia, magia ed esoterismo; non priva di dementi gnostici, mostra affinità con le idee degli ebioniti e de gli esseni. Gli dcesaiti credevano in un Dio Padre, vedevano nd Figlio la più perfetta delle creature e ritenevano lo Spirito santo un essere simile al Figlio, ma di sesso femminile. La salvezza era garantita dalla fede cieca nd loro libro sacro. Permissivi sul piano morale, condannavano la continenza e la verginità e obbligavano al matrimonio. Uno di loro, Alcibiade di Apamea, tentò con scarsa fortuna di propagare queste idee a Roma. 1 4 1 È evidente che si tratta dell'apostolo Paolo e delle sue lettere. 1 42 Sembra che qui si alluda al battesimo praticato dagli dcesaiti, per i quali era un rito assai importante. Esso era impartito nd nome del Padre e di suo Figlio, il gran re, dopo che il penitente aveva confessato i propri peccati e dopo aver invocato dementi quali il cielo, l'acqua, gli angeli, l'olio, il sale e
60
Storia ecclesiastica
3 9 . Ciò CHE ACCADDE SOTTO DECIO l . Filippo regnò p e r sette anni, poi gli succedette D e 1 cio 43 . Questi, per odio verso Filippo, suscitò contro le Chiese
una persecuzione, durante la quale morì martire a Roma Fa bian o cui succedette nell'episcopato Cornelio 1 44 . 2. In Palesti na Alessandro, vescovo della Chiesa di Gerusalemme, a causa di Cristo comparve nuovamente a Cesarea in tribunale dinanzi al governatore e, messosi in luce per una seconda confessio ne w, sperimentò il carcere, coronato da una vigorosa vec chiaia e da una venerabile canizie. 3 . E allorquando, dopo la sua luminosa e chiara testimonianza in tribunale dinanzi al go vernatore, morì in prigione, Mazabane fu proclamato suo suc cessore nell'episcopato di Gerusalemme 4. In modo s imil e ad Alessandro, Babila morì in carcere 146 ad Antiochia dopo la sua confessione e Fabio fu preposto alla guida di quella Chiesa. ,
.
la terra. Poiché al rito si attribuivano straordinari poteri terapeutici, il batte simo poteva essere ripetuto. 143 Nell'autunno del 249, Filippo l'Arabo, insieme col figlio Filippo II, già nominato Augusto, fu sconfitto e ucciso a Verona ad opera di Messio Traiano Decio, senatore originario della Pannonia, legato di Mesia e Panno nia e vincitore dei goti in Tracia, che le legioni della Pannonia avevano già ac clamato imperatore nel giugno dello stesso anno. 1 44 Il regno di Decio fu caratterizzato da una reazione tradizionalista e da una radicale politica anticristiana. La persecuzione che egli scatenò ebbe tuttavia solo un apparente successo: all'inizio, come era già accaduto all'epo ca di Massimino il Trace, la persecuzione colpì soprattutto i capi delle Chie se. Intorno al 250 fu emanato un editto che imponeva a tutti i cittadini un sa crificio individuale agli dei dell'impero al cospetto di un'apposita commissio ne che rilasciava il relativo certificato (lat. libellus) . Molti furono i lapsi, colo ro cioè che prestarono il sacrificio, ma il successo della persecuzione fu assai limitato, dato che la Chiesa acquistò nuova forza di proselitismo. Fabiano morì il 2 0 gennaio 250 e il suo successore potè essere eletto solo un anno più tardi nel marzo 25 1 . 1 45 Sulla prima confessione d i Alessandro, al tempo della persecuzione di Settimio Severo, cf. supra, VI, 1 1 , 5 . 1 46 La morte d i Babila è collocata a l 2 4 gennaio 252 .
Libro VI, 39-40
61
5 . Quali e quanto grandi furono l e tribolazioni subite da Origene durante la persecuzione e quale ne fu la fine, allorché il demone maligno gli si schierò contro con tutte le sue forze e lottò contro di lui con tutte le sue insidie e la sua potenza e lo scelse in modo particolare sopra tutti coloro contro cui allora combatteva; qu ali e quanto grandi furono le sofferenze, le cate ne e le sevizie, le torture sul corpo, col ferro e nelle profondità del carcere, che patì quest'uomo per la parola di Cristo; e come per numerosi giorni subì il supplizio dei ceppi ai piedi che fu rono stirati al quarto foro; con quale coraggio sopportò la mi naccia del rogo e tutte le altre prove che gli furono inflitte dai suoi nemici e quale ne fu per lui l'esito, mentre il giudice cer cava con ogni mezzo in suo potere, con zelo, di evitarne la mor te; come, dopo tutto questo, egli lasciò delle parole piene an ch'esse di utilità per tutti quelli che avevano bisogno di essere rincuorati; tutte queste cose contengono in maniera veritiera e precisa le numerose lettere di quest'uomo w . 40. Ciò
CHE
ACCADDE A DIONIGI 1 48
l . Riferirò ciò che accadde a Dionigi, ricavandolo da una lettera a Germano 149, nella quale, parlando di sé, così raccon-
1 47 Origene sopravvisse ai supplizi e fu rimesso in libertà: spossato da questa terribile prova, morì poco tempo dopo, probabilmente a Cesa rea di Palestina. Una tradizione, riferita da Girolamo ( Gli uomini illustri, 54) e da Fozio (Biblioteca, cod. 1 18), lo fa morire, al tempo di Gallo e Vo lusiano, all'età di sessantanove anni a Tiro, dove si mostrò per lungo tem po il sepolcro. 14 8 A partire da questo capitolo la fonte principale di Eusebio diventa no le lettere di Dionigi di Alessandria: l'opera di Eusebio perde i tratti origi nali che l'avevano fino a qui distinta. 1 49 Questo personaggio, vescovo di una diocesi non identificata, aveva accusato Dionigi di essere fuggito durante la persecuzione di Valeriano. La ri sposta di Dionigi è dunque posteriore al 257 .
62
Storia ecclesiastica
ta: «Anch'io parlerò dinanzi a Dio ed egli sa se mento s . Non è di mia iniziativa e senza aiuto divino che sono fuggito. 2 . Ma, anche prima, quando fu ordinata la persecuzione sotto Decio, e Sabino 1 50 mandò immediatamente un /rumentarius 151 alla mia ricerca, per quattro giorni sono rimasto in casa, attenden do l'arrivo di costui, che, invece, girò per tutti i luoghi e perlu strò le strade, i fiumi, i campi, dove supponeva che io mi fossi nascosto o fossi andato; era così cieco che non riusciva a trova re la mia casa: infatti non pensava che io, essendo perseguitato, rimanessi a casa. 3 . A fatica, dopo quattro giorni, avendomi Dio ordinato di partire e avendomi miracolosamente guidato, io, i servi e molti dei fratelli ce ne andammo tutti insieme, e che quanto avvenne sia stato opera della Provvidenza di Dio lo mo strarono gli avvenimenti posteriori, nei quali forse siamo stati utili a qualcuno». 4. Quindi, dopo aver detto altre cose, fa sapere ciò che gli accadde dopo la fuga, continuando così: «Quanto a me, infat ti, verso il tramonto, catturato dai soldati insieme con coloro che erano con me, fui condotto a Taposiris 152 . Grazie alla Prov videnza di Dio, casualmente Timoteo 153 non era con noi e non
s
Cf. Gal l, 20.
15 0
Aurelio Appio Sabino era all ' epoca prefetto d'Egitto.
1 5 1 Originariamente addetti all'annona militare, da Adriano in poi ifru
mentarii svolsero mansioni investigative e si trasformarono in una sorta di spie politiche. Impiegati a partire dalla fine del II secolo anche come messi nel servizio postale, furono aboliti da Diocleziano che li sostituì con gli agen tes in rebus. 152 Città costiera, non lontana da Alessandria, l53 n personaggio non ci è altrimenti noto: poco probabile appare l'i potesi del Feltoe (il quale, seguito da altri commentatori, traduce il termine greco paides con «figli» e non «servi», cf. supra, 40, 3) secondo il quale si trat terebbe di uno dei figli di Dionigi, al quale quest'ultimo ha anche dedicato il trattato Sulla natura, (cf. in/ra, VTI, 26; cf. L. Feltoe, The Letters and other Re mains o/Dionysius o/ Alexandria, Cambridge 1904, p. 25 .).
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fu perciò catturato. Più tardi, infatti, quando ritornò a casa, la trovò deserta e delle guardie che la sorvegliavano, quanto a noi eravamo stati portati via prigionieri». 5 . E dopo altre cose aggiunge: «E in qual modo si ebbe lo straordinario intervento di Dio? Racconterò senza dubbio la verità. Uno dei contadini incontrò Timoteo che fuggiva scon volto e gli chiese il motivo della sua fretta. 6. Egli gli disse allo ra la verità e l'altro, dopo averlo udito, (andava a festeggiare un matrimonio, perché è usanza di questa gente trascorrere la not te intera in simili riunioni) , andò ad annunciarlo ai convitati. Essi allora, di slancio, come ad un segnale convenuto, si alzaro no tutti e correndo a tutta velocità, piombarono su di noi gri dando. I soldati che ci facevano la guardia si diedero alla fuga ed essi si avvicinarono a noi, così come eravamo, stesi su dei let ti senza coperte. 7 . Allora io (Dio sa che inizialmente supposi che fossero malfattori venuti a rubare e rapinare) , rimasi fermo sul mio giaciglio: ero nudo con addosso solo una veste di lino e offrii loro il resto dei miei abiti che erano accanto a me; ma es si mi ordinarono di alzarmi e di allontanarmi al più presto 154. 8. Avendo compreso solo allora perché erano venuti t , comin ciai a gridare, pregandoli e supplicandoli di andarsene e di !a sciarci stare; se poi volevano fare qualcosa di utile, a mio avvi so dovevano prevenire quelli che mi stavano portando via e ta gliarmi essi stessi la testa. Mentre gridavo così, come sanno i miei compagni che presero parte a questi avvenimenti, mi sol levarono a forza. Io mi stesi supino per terra, ma essi, dopo avermi afferrato per le mani e per i piedi, mi trascinarono via. 9. Mi seguivano i testimoni di tutti questi avvenimenti, Gaio, t
Cf. Mt 26, 50.
1 54 Il Bardy (Eusèbe de Cèsarèe, Histoire ecclèsiastique, cit., p. 144) os serva che l'episodio narrato da Dionigi richiama una storia di briganti narra ta da Apuleio (cf. Metamorfosi, 3, 28).
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Fausto, Pietro e Paolo 1 55 : essi, sollevatomi di peso, a forza mi portarono fuori dalla cittadina e, dopo avermi fatto montare sul dorso di un asino, mi condussero via». Queste le co se che Dionigi narra di se stesso.
4 1 . COLORO CHE SUBIRONO IL MARTIRIO AD ALESSANDRIA Lo stesso Dionigi nella lettera a Fabio, vescovo di An tiochia, racconta nel modo seguente le lotte di coloro che subi rono il martirio ad Alessandria sotto Decio 1 5 6: «Tra noi la per secuzione non cominciò con l'editto imperiale, ma lo precedet te di un anno intero 157, quando giunse un profeta ed artefice delle sventure per questa città, chiunque egli sia stato, che spin se e sollevò contro di noi la moltitudine dei pagani, istigando la loro superstizione. 2. Infiammati da costui e impadronitisi del potere in vi st a della loro opera empia 158, pensarono che il cul to dei demoni, cioè la strage di noi, fosse la sola vera religione. 3. Agguantarono quindi per primo un vecchio, di nome Metra e gli ordinarono di dire parole empie 159, ma poiché egli non obbedì, lo percos sero in tutto il corpo a bastonate e gli punse ro il viso e gli occhi con spilloni appuntiti; poi lo condussero al la periferia della città e lo lapidarono. 4. In seguito, dopo aver l.
1 55 Questi quattro compagni di cui parla Dionigi sono citati in un' altra lettera scritta dallo stesso Dionigi a Demetrio e a Didimo (cf. in/ra, VII, 1 1 ) , che narra l o stesso avvenimento e che Eusebio fa risalire, evidentemente per distrazione, alla persecuzione di Valeriano. 1 5 6 La lettera, che è posteriore alla persecuzione di Decio, è la fonte mi gliore in nostro possesso sugli avvenimenti svoltisi in quell'epoca ad Alessan dria e nell'intero Egitto. . 157 La persecuzione, dunque, ebbe inizio ad Alessandria già nd 248. 1 5 8 La frase non è molto chiara, probabilmente vuoi dire che «appro fittarono dd fatto che i loro delitti venivano autorizzati» (M. Ceva, op. cit., p. 366) .
159 Cf. l'episodio del martirio di Policarpo, supra, IV, 18 e 20.
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trascinato una credente, una donna di nome Quinta, nel tem pio dei loro idoli, volevano costringerla a fare atto di adorazio ne. Ma la donna si tirò indietro inorridita ed essi, dopo averla legata per i piedi, la trascinarono per tutta la città facendola sbattere contro le pietre del selciato e contemporaneamente frustandola; dopo ave rla condotta nello stesso luogo di Metra, la lapidarono. 5 . «Successivamente di comune accordo tutti facevano ir ruzione nelle case dei fedeli e, gettandosi ognuno su coloro che riconosceva come suoi vicini, li spogliavano, li rapinavano e si appropriavano degli oggetti più preziosi, gettavano poi sul fuo co quelli più m odesti e quelli che erano fatti di legno e li bru ciavano per le strade, offrendo lo spettacolo di una città con quistata dai nemici. 6. I fratelli se ne andavano, si nascondeva no e accettavano con gioia la rapina dei loro beni, come aveva no fatto coloro di cui testimonia Paolo u . E non so se qualcuno, tranne forse uno che era caduto nelle loro mani, finora abbia rinnegato il Signore. 7. Presero anche Apollonia, un'anziana vergine di esemplari qualità; dopo averle fatto saltare tutti i denti colpendola alle mascelle, eressero un rogo davanti alla città e minacciarono di bruciarla viva se non avesse pronuncia to con loro le formule dell'empietà. Ma la donna, dopo essersi scusata brevemente, si gettò prontamente nel fuoco e morì bru ciata. 8. Presero anche Serapione, mentre si trovava a casa e, dopo avergli fatto subire terribili torture e spezzato tutte le ar ticolazioni delle membra, le;> gettarono a capofitto dall'ultimo piano. «Non c'era nessuna via, viale o vicolo che fosse per noi praticabile, né di notte né di giorno e, sempre e dovunque, tut ti gridavano che se qualcuno non pronunziava parole blasfe me, lo si doveva agguantare e gettare sul rogo. 9. La situaziou
Cf. Eh 10, 34.
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ne rimase così violenta a lungo, ma poi una rivolta si rovesciò sui malvagi e una guerra civile fece ricadere su loro stessi la crudeltà che essi avevano usato contro di noi 160 . Per un po' di tempo ci sentimmo sollevati, dato che essi non avevano più il tempo di sdegnarsi nei nostri confronti, ma ben presto si an nunziò il cambiamento di questo regno che era stato benevo lo nei nostri confronti e tra noi si diffuse una grande paura. 10. E in verità sopraggiunse anche l'editto, quasi identico a quel lo che era stato predetto dal Signore nostro v, così spaventoso che scandalizzò, se fosse possibile, anche gli eletti. 1 1 . Tutti, del resto, erano atterriti. Molti dei più illustri cittadini si pre sentarono subito, alcuni spinti dalla paura, altri, che erano funzionari pubblici, pressati dalla loro stessa carica, altri an cora trascinati dagli amici. Chiamati per nome, essi si accosta vano a sacrifici impuri ed empi, alcuni pallidi e tremanti come se fossero essi stessi vittime da sacrificare agli idoli, non per sone che dovevano fare un sacrificio, al punto che erano ac colti dalle risate della grande folla che stava tutt'intorno e fu evidente che essi erano vigliacchi sia per morire, sia per fare il sacrificio. 12. Altri invece si accostavano agli altari in maniera più risoluta, sostenendo sfrontatamente di non essere mai sta ti cristiani: per essi è verissima la profezia del Signore che dif ficilmente saranno salvi w. Dei rimanenti, alcuni seguivano l'e sempio di questi di cui abbiamo parlato, altri fuggivano. 13 . Altri furono catturati: alcuni di loro, dopo essere stati condot ti alle catene e alla prigione, tenuti in carcere per diversi gior ni, abiurarono ancora prima di andare in tribunale; gli altri, v
Cf. Mt 24, 8-10.24 .
w
Cf. Mt 19, 23 ; Mc 10, 23 ; Le 18, 24 .
16 0 La guerra civile, ricordata anche dalle fonti pagane, che fece cessa re per breve tempo la persecuzione ad Alessandria è collegabile allo scontro che ebbe luogo tra Filippo l'Arabo e Decio dopo l'acclamazione ad impera tore di quest'ultimo nel giugno 249.
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dopo aver resistito per qualche tempo alle torture, si rifiutava no di andare oltre 16 1 , 1 4 . «Ma le solide e beate colonne del Signore x che furono da lui fortificate e che trassero dalla fede salda che era in loro una forza e una tenacia degne e appropriate, divennero ammi revoli testimoni del suo regno. 1 5 . Fra loro il primo fu Giulia no, un uomo malato di gotta, incapace di stare in piedi e di camminare, che fu condotto insieme con altri che lo sorregge vano. Uno di loro abiurò senza indugio, mentre l'altro, di no me Cronione, ma soprannominato Euno, e il vecchio Giuliano stesso, confessarono il Signore; dopo essere stati condotti su dei cammelli attraverso tutta la città, che come sapete è estesissima, e dopo essere stati frustati mentre erano lassù in alto, infine, mentre tutto il popolo li attorniava, furono bruciati con la cal ce viva. 1 6. Un soldato che stava accanto a loro mentre erano portati via, si era opposto a quelli che li oltraggiavano. Non ap pena quelli si misero a gridare, Besa 162 , valorosissimo guerrie ro di Dio, condotto in tribunale, dopo essersi messo in luce in questa grande lotta per la pietà, fu decapitato. 1 7 . Anche un al tro, di origine libica, Macario 163 , veramente beato per il suo no me e per la benedizione divina, nonostante le ripetute esorta zioni del giudice ad abiurare, non si lasciò sedurre e fu brucia to vivo. Dopo di loro anche Epimaco ed Alessandro, dopo es sere rimasti a lungo in catene ed aver sopportato innumerevoli patimenti, raschiatoi e scudisci, anch'essi furono fatti liquefare nella calce viva.
161 U na descrizione analoga si trova nel De lapsis di Cipriano: numero si, infatti, furono i cristiani che si macchiarono di apostasia. 1 62 ll nome di Besa (nel testo eusebiano «Besas») , si ritrova nel Marti rologio geronimiano alla data del 19 marzo, sotto la forma Bassus. 163 L a precisazione di Eusebio è dovuta al fatto che in greco il termine makarios significa «beato».
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1 8 . «Con essi c'erano quattro donne: Ammonaria, vergine santa, che il giudice torturò a lungo con ostinazione, poiché es sa aveva dichiarato in precedenza che non avrebbe detto nulla di quanto egli le avrebbe ordinato, mantenne la sua promessa e fu condotta a morte. Quanto alle altre, Mercuria, anziana ri spettabilissima, e Dionisia, madre di molti figli, che tuttavia non amava i suoi figli più del Signore, dato che il giudice si ver gognò di torturarle ancora senza risultato e di essere sconfitto da delle donne, senza che avessero a subire la prova di altre tor ture, furono fatte morire di spada: Ammonaria, che aveva com battuto per prima, le aveva infatti sopportate per tutte. 19. Fu rono inoltre condotti in tribunale Erone, Atero e Isiçloro, tutti egiziani e con essi un fanciullo di circa quindici anni, Dioscoro . Innanzitutto il giudice cercò d i sedurre l'adolescente con le pa role, in quanto riteneva che fosse facilmente ingannabile, e di costringerlo con le torture, pensando che potesse cedere facil mente, ma Dioscoro non obbedì né cedette. 20. Quanto agli al tri il giudice, dopo averli fatti barbaramente torturare, poiché resistevano ancora, li mandò sul rogo; quanto a Dioscoro, inve ce, che si era comportato magnificamente in pubblico ed aveva risposto in maniera molto saggia alle domande che gli erano state rivolte, il giudice lo lasciò libero, dicendo che gli conce deva una proroga perché, a motivo della sua età, potesse rinsa vire. Ancora oggi Dioscoro, veramente degno di Dio, vive tra noi, rimasto per una lotta più prolungata e una ricompensa più duratura. 2 1 . Un certo Nemesione, anch'egli egiziano, fu accu sato falsamente di convivere con dei briganti; discolpatosi da vanti al centurione da quella diffamazione a lui assolutamente estranea, fu accusato come cristiano e portato in catene al co spetto del governatore: quest'uomo molto iniquo, dopo avergli inflitto frustate e torture in misura doppia rispetto ai briganti, fece bruciare in mezzo ai briganti quel beato, onorato di segui re l'esempio di Cristo. 22 . Tutta una schiera di soldati, Ammo ne, Zenone, Tolomeo, lngenes e con loro il vecchio Teofilo, sta-
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va davanti al tribunale. Mentre veniva giudicato un tale come cristiano e poiché costui propendeva ormai per l'abiura, costo ro, che gli stavano accanto, cominciarono ad adirarsi e a fare cenni col capo, levavano le mani e si agitavano con tutto il cor po. 23 . Tutti si rivolsero verso di loro, ma prima che qualcuno di essi fosse arrestato altrimenti, si lanciarono di co rs a verso il banco degli accusati, dicendo di essere cristiani, al punto che il governatore e gli altri che sedevano con lui in tribunale erano terrorizzati e invece coloro che erano giudicati apparivano pie ni di coraggio di fronte ai patimenti che avrebbero subìto, men tre invece chi li giudicava, tremava. E costoro uscirono solen nemente fuori dal tribunale e gioivano per la loro testimonian za, poiché Dio li faceva trionfare gloriosamente». 42. GLI
ALTRI MARTIRI DI CUI PARLA DIONIGI
l . «Moltissimi altri nelle città e nei villaggi furono uccisi crudelmente dai pagani: tra essi ricorderò un solo caso a titolo d'esempio. Ischirione amministrava dietro compenso i beni di uno dei magistrati. n suo datore di lavoro gli ingiunse di sacri ficare; poiché egli non obbedì, lo oltraggiò e poiché persisteva nel suo proposito, lo insultò; quindi, poiché egli continuava ad opporre resistenza, preso un grosso bastone, glielo cacciò nel ventre e nelle viscere e lo uccise. 2. «Che dire della moltitudine di coloro che vagarono per i deserti e le montagne, che furono tormentati dalla fame, dalla sete, dal freddo, dalle malattie, dai briganti e dalle belve? Quel li tra loro che sopravvissero sono testimoni della loro chiamata e della loro vittoria Y e per provarlo riferirò un solo fatto che li riguarda. 3 . Cheremone, uomo d'età avanzata, era vescovo del-
Y
Cf. Ap l, 9 .
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la città chiamata Nilopoli. Essendo costui fuggito, insieme con la compagna, sui monti dell'Arabia, non tornò più indietro e i fratelli, nonostante li cercassero per lungo tempo, non furono capaci di vedere né loro né i loro corpi. 4. Su quelle stesse mon tagne dell'Arabia, molti furono ridotti in schiavitù da barbari saraceni 164: di costoro, alcuni furono riscattati a fatica, dietro pagamento di grandi somme di denaro, altri fino ad oggi non lo sono stati. Ho voluto raccontare questi fatti, o fratello, non sen za motivo, ma affinché tu veda quali terrificanti prove ci tocca rono; coloro poi che furono maggiormente messi alla prova po trebbero raccontarne ancora di più». 5 . Poi, poco dopo, aggiunge dicendo: «Di conseguenza i nostri stessi santi martiri, che ora siedono accanto a Cristo e partecipano al suo regno, giudicando insieme a lui e pronun ciando con lui le sentenze •, accorsero in aiuto di alcuni fratelli caduti, resisi colpevoli di aver sacrificato agli idoli; vedendo la loro conversione e il loro pentimento, stimando che potessero essere graditi a colui che non vuole assolutamente la morte del peccatore, ma il suo pentimento ••, dopo averli accolti, li hanno riuniti [alla Chiesa] , li hanno rinsaldati e associati alle loro pre ghiere e ai loro banchetti 165 .
z
Cf. Ap 20 , 4; cf. l Cor 6, 6.
aa
Cf. Ez 18, 23 ; 3 3 , 1 1 ; 2 Pt 3 , 9.
164 n termine «saraceno» si trova già in Sestio Rufo intorno al 69-67 a.C.: «Sub L. Lucullo. . . phylarchi saracenorum in Osroene superati cessere . .. arabes et iudei in Palaestina vieti sunt» (Breviario, 1 4 ) . 1 65 È probabile che qui Eusebio voglia dire che i lapsi (come venivano chiamati i cristiani che nel corso della persecuzione di Decio, messi alla pro va, defezionarono e c addero nell ap ostasia) furono accolti nuovamente nella Chiesa e riammessi alla comunione. n problema della riammissione degli apo stati fu particolarmente grave in Africa tanto che, nel 25 1 , provocò lo scisma (noto col nome di «scisma di Felicissimo») del presbitero Novato, il quale, in opposizione al vescovo di Cartagine Cipriano, si fece sostenitore di un atteg giamento rigorista. '
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«Che cosa, dunque, o fratelli, ci consigliate a proposito di costoro? 6. Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo essere d'accor do con essi e aderire al loro punto di vista? Dobbiamo rispetta re la loro decisione e la loro clemenza? Dobbiamo essere bene voli nei confronti di coloro che sono stati da loro perdonati? O piuttosto giudicando come ingiusto il loro provvedimento ed er gendoci noi stessi a giudici della loro decisione, criticheremo la loro benignità e muteremo radicalmente la loro disposizione?». 43 . NOVATO: LA SUA CONDOTTA DI VITA E LA SUA ERESIA l. A ragion veduta Dionigi ha riferito quanto sopra, solle vando la questione di coloro che si mostrarono fragili al tempo della persecuzione, dal momento che Novate, presbitero della Chiesa di Roma 166, pieno di superbia nei loro confronti, anda va dicendo che essi non avevano più speranza di salvezza nep pure se avessero adempiuto ogni cosa in vista di una conver-
1 66 In questa circostanza Eusebio confonde Novato e Novaziano. Que st'ultimo personaggio, nativo della Frigia, uomo di grande ingegno e dotato di notevoli capacità oratorie, all'epoca della vacanza della sede di Roma in tervenuta tra la morte di Fabiano (gennaio 250) e l'elezione di Cornelio (mar zo 25 1 ) , era presbitero della Chiesa di Roma nell a quale occupava una posi zione di grande prestigio. Sulla questione dei lapsi inizialmente si schierò su posizioni concilianti, ma mutato radicalmente atteggiamento dopo l'elezione di Cornelio, si fece eleggere vescovo di Roma e fondò una setta che, più tar di, in Oriente si chiamò dei catari (= puri). Tale setta, che durò in Occidente fino al V secolo, e in Oriente sopravvisse fino al VII, sosteneva l'inutilità del la penitenza e l'impossibilità del perdono; i suoi membri scoraggiavano i pec catori e volevano costituire una chiesa composta appunto solo da puri, tanto che ribattezzavano i nuovi adepti. Su Novaziano (e i suoi s egu aci) cf. alla re lativa voce in DPAC, II, cit., pp. 2434-2436; K. Baus, La controversia romana e lo scisma di Novaziano, in H. Jedin (ed.), Storia della Chiesa, Vol. I, trad. ital., Milano 1 977', pp. 428-432; G. Bosio - E. dal Covalo - M. Maritano, In troduzione ai Padri della Chiesa. Secoli II e III, cit., pp. 2 1 9-233 . Sul proble ma dei lapsi cf in/ra, X, n. 25 .
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sione sincera e di una confessione pura. Costui capeggiò una particolare eresia i cui seguaci, nella sfrontatezza della loro mente, si definiscono essi stessi «catari». 2. Sulla questione si riunì a Roma un grandissimo concilio di sessanta vescovi e di un numero ancora più grande di pre sbiteri e diaconi. Nelle altre p ro vin ce i pastori esaminarono il da farsi separatamente, per regione. Fu presa una decisione va lida per tutti: Navata insieme con coloro che si erano schierati con lui e che avevano scelto di associarsi alla sua dottrina mi santropa e quanto mai disumana furono considerati estranei al la Chiesa; quanto a quei fratelli che erano caduti nella sventu ra, bisognava assisterli e guarirli con i rimedi della penitenza. 3 . Ci è pervenuta una lettera di Cornelio, vescovo di Ro ma 1 67 , a Fabio, vescovo di An tio chi a, che illustra gli avveni menti del concilio di Roma e le decisioni prese da quelli d'Ita lia, d'Africa e delle regioni di laggiù. Vi sono poi altre lettere, scritte in latino, di Cipriano 1 68 e dei suoi colleghi in Africa, dal· le quali risultava chiaro che anche essi erano del parere che si dovessero aiutare coloro che erano stati messi alla prova e che al contrario bisognasse giustamente allontanare dalla Chiesa universale il capo di quell'eresia insieme a tutti coloro che si erano fatti convincere da lui. 4. A queste lettere era unita un'al tra lettera di Cornelio sulle cos è che il concilio aveva approva to, e ancora un'altra su ciò che era stato fatto sotto l'influenza di Navata: niente mi impedisce di citare dei passi di quest'ulti ma, in modo che coloro che leggeranno questo libro sappiano ciò che lo riguarda 1 69 . 167 Dalla notizia di Eusebio sembra che Cornelio abbia scritto a Fabio tre lettere, ma non ci dice da quale delle tre egli ri c avi il brano che ci t a 168
.
Le lettere di Cipriano di cui parla Eusebio sono perdute. Nella cir costanza va notato che il Nostro dedica al vescovo di Cartagine, vissuto tra il 200 e il 258) uno dei personaggi più importanti della Chiesa dei primi secoli, solo due brevi menzioni, per la seconda delle quali cf. in/ra, VII, 3 . 1 6 9 S i intende Novato.
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5. Chiarendo dunque a Fabio il modo in cui si comportò Novato, Cornelio così si esprime: «Voglio prendere la parola affinché tu sappia che, pur nascondendo dentro di sé questo suo desiderio smodato, senza che lo si sapesse, da molto tempo questo singolare personaggio aspirava all'episcopato e che, a mo' di copertura della sua follia, si servì del fatto che aveva al suo seguito fin dall'inizio dei confessori. 6. Massimo, un nostro presbitero, e Urbano, che per due volte hanno conseguito som ma gloria ·dalla confessione, come anche Sidonio e Celerino, uomo che, grazie alla misericordia di Dio ha sopportato con straordinaria fermezza ogni sorta di torture, che ha fortificato la debolezza della carne con la forza della fede e che ha scon fitto con la sua forza l'avversario, questi uomini 170, dunque, do po aver conosciuto a fondo Navata ed aver scoperto la malva gità e la doppiezza che erano in lui, i suoi falsi giuramenti, le sue menzogne, il suo carattere asociale e la sua amicizia da lu po, sono rientrati nella santa Chiesa ed hanno svelato tutti i suoi raggiri e le azioni empie che egli nascondeva da tempo dentro di sé, alla presenza di numerosi personaggi, vescovi, presbiteri e laici. Essi piangevano e si affliggevano per essersi fatti persuadere da questa bestia astuta e maligna e per essersi allontanati per breve tempo dalla Chiesa 1 7 1 » . 7 . Poi, dopo poche righe, aggiunge: «Quale incredibile trasformazione, fratello diletto, quale cambiamento abbiamo visto operarsi in lui in breve tempo: quest'uomo illustrissi mo m , infatti, che anche mediante giuramenti terribili aveva as1 70 Su questi personaggi e sui fatti ricordati si hanno notizie nelle lettere di Cipriano o in quelle a lui indirizzate (cf. Lettere, 2 1 ; 22; 27, 3 ; 37, l ; 39; 49) . 1 7 1 Cf. Cipriano, Lettere, 53 e 54. La prima è indirizzata a Cipriano, do po il loro ritorno in seno alla Chiesa, da Massimo, Urbano, Sidonio e Maca rio. I.: altra è la risposta del vescovo di Cartagine. 1 72 Dalle lettere 30 e 36 dell'epistolario di Cipriano, scritte da Nova ziano e che si trovano nella corrispondenza del vescovo africano, si 1icava il grande valore intellettuale e la pregevole fmmazione letteraria di Novaziano.
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sicurato di non desiderare affatto l'episcopato, di colpo com pare improvvisamente vescovo, come se fosse stato scaraventa to fra di noi da un sortilegio. 8. Questo maestro di dottrina m , infatti, questo paladino della scienza ecclesiastica, allorquando cercò di carpire ed estorcere l'episcopato che non gli era stato dato dall'alto, scelse due compagni, che avevano ormai dispe rato della loro salvezza per inviarli in una piccola e insignifi cante località dell'Italia e là ingannassero con un espediente tre vescovi, uomini semplici e ingenui, affermando risolutamente e sostenendo che dovevano tornare in fretta a Roma, in modo che, grazie alla loro mediazione, cessassero ormai tutti i dissen
si sorti con gli altri vescovi. 9. Allo rquando giunsero questi uo mini, come abbiamo detto troppo semplici per gli intrighi e gli inganni di quei mascalzoni, essi furono rinchiusi da alcuni in dividui simili a lui che egli aveva corrotto; all'ora decima, quan do erano ubriachi e intontiti, egli li costrinse con la forza, con un'imposizione delle mani fasull a e vana, a dargli l'episcopato, che egli esigette con inganno e frode e che in effetti non gli spettava. 1 0 . Poco tempo dopo, uno di questi vescovi ritornò in seno alla Chiesa, piangendo e confessando il suo peccato e noi, poiché tutto il popolo presente intercedette per lui, lo abbiamo accolto nella comunità dei laici. Per quanto riguarda gli altri ve scovi, ne abbiamo ordinato i successori, che abbiamo inviato nei luoghi dove essi erano. 1 1 . «Questo vendicatore del Vangelo non sapeva che in una Chiesa cattolica ci deve essere un solo vescovo 174 ? Ep pure egli non ignorava (come avrebbe potuto?) che in essa vi sono quarantasei presbiteri, sette diaconi, sette suddiaconi, 173 Potrebbe trattarsi di un'allusione al trattato di Novaziano La Trinità. 174 Si tratta di un principio assoluto spesso affermato dall 'antichità cri
stiana (cf. Cipriano, I.:unità della Chiesa cattolica) . Si conoscono delle ecce zioni transitorie, come ad esempio il caso già visto di Narciso e Alessandro, cf. supra, VI, 1 1 .
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q u arantadue accoliti, cinquantadue esorcisti, lettori e ostia ti m, più di mille cinquecento vedove e poveri, tutti nutriti dalla grazia e dalla benevolenza del Signore. 1 2 . Nemmeno una moltitudine tanto grande e così necessaria nella Chiesa, che, per la Provvidenza di Dio, si accresce e moltiplica, con una popolazione immensa e innumerevole, ha distolto costui da un simile rifiuto e ostacolo, né lo ha ricondotto in seno al la Chiesa». 13 . E ancora, dopo altri dettagli, aggiunge: «Ma diciamo adesso a motivo di quali azioni e per quale genere di vita egli ha osato pretendere l'episcopato. Sarà forse per essere vissuto fin dall'inizio nella Chiesa ed avere sostenuto in suo favore nume rose lotte, o per essersi trovato in molti e gravi pericoli a causa della religione? Assolutamente no ! 1 4 . TI punto di partenza del la sua fede fu Satana, che venne in lui e vi abitò per un tempo notevole. Egli fu soccorso dagli esorcisti quando cadde in una grave malattia e, credendosi oramai prossimo alla morte, pro prio nel letto in cui giaceva, ricevette il battesimo per infusio ne 1 76, se pure è esatto dire che un simile uomo lo abbia rice vuto. 15. Ciononostante, dopo essere scampato alla malattia, non ricevette affatto tutte le altre [cerimonie] alle quali bisogna che ci si sottoponga secondo le regole della Chiesa e non rice175 Gli ordini superiori della gerarchia ecclesiastica erano costituiti dai vescovi, dai presbiteri e dai diaconi che assistevano i vescovi sia nell'ammini strazione dei beni ecclesiastici, sia nelle funzioni liturgiche. Non sempre chia ramente definiti furono i compiti e le attribuzioni degli ordini inferiori, che si svilupparono in maniera e forme diverse nelle varie diocesi. Dai dati riferiti nella lettera, A. Hamack dedusse che all'epoca la comunità romana poteva contare all'incirca su trentamila fedeli. Altri ritengono cinquantamila su un milione di abitanti. 1 7 6 Nella Chiesa del II e III secolo il battesimo era conferito, di norma, mediante triplice immersione in acqua di fonte (cf. Didachè, 7, 1 -4 ; Tertullia no, Il battesimo e Didascaliae apostolorum /ragmenta); sulla problematica cf. M. Metzger, Storia della liturgia, trad. ital, Cinisello Balsamo 1996, pp. 68-78, con ampia bibliografia.
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vette neppure il sigillo del vescovo m . Non avendo ricevuto tutto questo, come avrebbe potuto ricevere lo Spirito S anto ? » . 1 6 . Dopo poche righe, ancora aggiunge: «Per viltà e attac camento alla vita, durante la persecuzione negò di essere pre sbitero. Infatti, chiamato ed esortato dai diaconi ad uscire dal l a cella in cui si era egli stesso rinchiuso, per portare ai fratelli tutto l'aiuto che il dovere e la possibilità impongono a un pre sbitero di dare ai fratelli che si trovano in pericolo ed hanno bi sogno di assistenza, fu tanto lontano dall'obbedire alle esorta zioni dei diaconi, che anzi, in preda all'ira, se ne uscì e se ne andò. Disse infatti che non voleva più essere presbitero, in quanto era stato affascinato da un' altra filosofia 1 7 8» .
17 .
Dopo altre osservazioni, continua dicendo: «Que
st ' uomo illu s t re abbandonò d un q ue la Chiesa di Dio, nell a qua
le, dopo aver creduto, era stato onorato del presbiterato secon do la grazia del vescovo che gli aveva imposto le mani per con ferirgli dignità di prete, nonostante l'opposizione di tutto il cle ro. e anche di un gran numero di laici, dal momento che non era consentito a chi, come lui, aveva ricevuto il battesimo per infu sione nel suo letto per una malattia, di essere promosso a qual che ordine del clero; ma il vescovo aveva chiesto che gli fosse consentito di consacrare soltanto lui 179», 18. In seguito, a queste cose Cornelio ne aggiunge poi un 'altra, la peggiore delle stravaganze di Novato, così dicendo: «Dopo le oblazioni 1 80 , mentre distribuisce a ciascuno la sua
177 Vale a dire il sacramento della Confermazione che è l'indispensabi le com letamento del battesimo l 8 Cornelio è l'unico a muovere simili accuse a Novaziano, tanto che ci si chiede fino a che punto esse siano vere: infatti, le lettere 30 e 36, conser
�
vate nell'epistolario di Cipriano, testimoniano la grande considerazione che
Novaziano aveva per il sacerdozio e per il clero romano. 179 L'ordinazione sacerdotale di Novaziano sarà stata fatta senza dub bio da papa Fabiano, che Cornelio non nomina nella lettera probabilmente per non screditarne la memoria. 1 80 Si tratta delle offerte eucaristiche.
Libro VI, 43-44
77
p arte, nell'atto di consegnargliela, obbliga quegli uomini infeli ci a giurare, invece di rendere grazie. Dopo aver preso nelle sue mani quelle di colui che riceve il s ac ram ent o , non le lascia pri ma che costui abbia giurato dicendo (mi servirò, infatti, delle sue parole) : " Per il sangue e il corpo del Signore nostro Gesù C risto giurami che non mi abbandonerai mai per seguire Cor nelio " . 1 9 . E il pover'uomo non si può comunicare se prima non ha imprecato contro se stesso e, mentre riceve il pane, in vece di dire " Amen " , ripete: " Non tornerò a Cornelio " » . 20. E, dopo altre cose, continua dicendo così: «Sappi che ormai è emarginato e spogliato di tutto, dato che i fratelli ogni giorno lo abbandonano e ritornano in seno alla Chiesa. Anche Mosè, il beato martire che recentemente tra noi ha subito un martirio bello e m eraviglioso, quando era ancora in questo mondo, vedendo la sua audacia e la sua follia, lo scomunicò in sieme con i cinque presbiteri che insieme con lui si erano sepa rati dalla Chiesa» 1 8 1 .
2 1 . E, alla fine della lettera, Cornelio fa una lista dei ve scovi che intervennero a Roma e condannarono lo stolto gesto di Novate e, insieme con i loro nomi, indica anche la Chiesa di cui ciascuno di essi era a capo; 22 . ricorda anche coloro che non furono presenti a Roma, ma che, per lettera, diedero il lo ro assenso al voto dei [vescovi] anzidetti, i loro nomi e le città a cui ciascuno apparteneva e da dove scriveva. Queste cose scrisse Cornelio a Fabio, vescovo di Antiochia, per informarlo.
44.
STORIA DI DIONIGI SU SERAPIONE
l . A questo stesso Fabio, che simp atizzava in qualche mo do per lo scisma, scrisse anche Dionigi, vescovo di Alessandria,
1 81
Cipri11no, Lettere, 28, 31
e
33 .
78
Storia ecclesiastica
ragionando nelle lettere inviategli di molti altri p roblemi relati vi alla penitenza e descrivendo le lotte di coloro che avevano da poco subìto il martirio ad Alessandria. In esse racconta anche un fatto sbalorditivo, che è opportuno raccontare in quest' ope ra. Eccolo: 2. «Ti esporrò solo questo esempio che è giunto fi no a noi. C'era tra noi un certo Serapione, un vecchio creden te, vissuto a lungo in maniera irreprensibile, ma che cadde nel la tentazione. Quest'uomo aveva spesso invocato [il perdono dei peccati] , ma nessuno gli badava, perché egli aveva sacrifi cato. Essendosi ammalato, rimase per tre giorni di seguito sen za conoscenza e senza poter parlare. 3 . n quarto giorno, essen dosi un po' ripreso, mandò a chiamare il nipote e gli disse: "Fi no a quando mi ostacolerete, figliolo? Vi prego, fate in fretta, vi supplico, assolvetemi al più presto. Chiamami un presbitero " . Dopo aver detto queste cose, perse nuovamente la parola. 4. n ragazzo corse dal presbitero: era di notte e costui era ammala to. Egli non poté andare; d'altra parte poiché io avevo ordina to di assolvere coloro che stavano morendo, se lo avessero chie sto e, soprattutto, se l'avessero implorato anche in precedenza, affinché morissero nella speranza, [il presbitero] diede al ra gazzo un pezzetto dell'Eucaristia, ordinandogli di bagnarlo be ne e di introdurlo nella bocca del vecchio. 5. n ragazzo ritornò portando con sé [l'Eucarestia] e, quando fu vicino, prima an cora che fosse entrato, Serapione rinvenne di nuovo e gli disse: " Sei tornato, figliolo? n presbitero non è potuto venire, ma fa' tu in fretta ciò che ti è stato ordinato e !asciami morire " . n ra gazzo inumidì nell'acqua [il pezzetto d'Eucarestia] e contem poraneamente glielo introdusse in bocca ed egli, dopo averne inghiottito un po', subito rese l'anima. 6. Chiaramente egli non fu mantenuto in vita e non vi rimase, finché non fu assolto e, es sendo stato cancellato il suo peccato per le numerose buone azioni che egli aveva fatto, poté essere riconosciuto [come cri stiano] ». Questo ciò che racconta Dionigi.
Libro VI,
44-46
79
45 . LETIERA DI DIONIGI A NOVATO
Ma vediamo quali cose [Dionigi] scrisse anche a Novato, ch e all'epoca divideva la comunità dei romani: dato dunque che egli attribuiva la colpa dell'apostasia e del suo scisma ad al cuni fratelli, come se con la violenza egli fosse stato indotto da loro ad arrivare a quel punto, ascolta cosa [Dionigi] gli scrive: «Dionigi saluta il fratello Novaziano 1 82 . Se, come affermi, vi 1 83 sei stato trascinato contro la tua volontà, lo potrai dimostrare desistendo spontaneamente. Bisogna in effetti sopportare ogni cosa piuttosto che operare una divisione all'interno della Chie sa di Dio e la testimonianza resa per non fare lo scisma non sa rebbe stata affatto meno gloriosa ma anzi, secondo me, più grande di quella resa per non aver sacrificato agli idoli. In que sto caso, infatti, si subisce il martirio solamente per la salvezza della propria anima, nell' altro, invece, per la salvezza dell'inte ra Chiesa. E adesso, se tu riuscissi mediante la persuasione o la forza a persuadere i fratelli a tornare alla concordia, questa azione sarà per te più grande del tuo errore ed esso non ti sarà addebitato, mentre quella sarà lodata. Ma se tu non fossi capa ce di fare in modo che essi ti diano retta, salva almeno la tua anima. P reg o perché tu stia bene, vivendo nella pace del Si gnore». 46. LE ALTRE LETTERE DI DIONIGI
l . Queste cose ha scritto [Dionigi] a Novato. Inoltre egli scrisse anche agli egiziani una lettera Sulla penitenza, nella qua le, dopo aver descritto i vari gradi del peccato, espose le sue 182
smatico.
1 83
Da rilevare che Dionigi scrive correttamente il nome dd prete sci Ovviamente allo scisma.
80
Storia ecclesiastica
opinioni a proposito di quanti erano venuti meno [durante la persecuzione] . 2. Di lui si tramanda anche una lettera partico lare Sulla penitenza indirizzata a Colone (era costui vescovo della diocesi di Ermopoli) 184 , �d un'altra di rimproveri indiriz zata al suo. gregge di Alessandria. Tra le sue lettere c'è anche quella scritta ad Origene Sul martirio 1 85 , quell a ai fratelli di Laodicea, guidati dal vescovo Telimidre 1 86 ; allo stesso modo una ai fratelli dell'Armenia, della quale era vescovo Meruzane, sempre Sulla penitenza. 3 . Oltre a tutte queste lettere, egli scris se ancora a Cornelio, vescovo di Roma, dopo aver ricevuto la di lui lettera contro Novato, nella quale precisa chiaramente di es sere stato invitato da Eleno, vescovo di Tarso in Cilicia e dagli altri vescovi che erano con lui, Firmiliano di Cappadocia e Teoctisto di Palestina, a partecipare al sinodo di Antiochia, do ve alcuni cercavano di sostenere lo scisma di Novato. 4 . Scrive . inoltre che gli è stata annunciata la morte di Fabio, e che De metriano gli succedette nell ' episcopato di Antiochia. Parla an che del vescovo di Gerusalemme, dicendo: «Alessandro, uomo eccezionale, mentre era in prigione, morì da beato 1 87 » . 5 . Oltre a questa, esiste poi un'altra lettera di Dionigi ai romani, la lettera diaconale, recapitata da Ippolito 1 88. Per gli stessi fedeli ne scrisse un'altra Sulla pace, come pure una Sulla penitenza e un'altra Ai confessori di quella città che ancora fa vorivano lo scisma di Novato 1 89. A queste stesse persone ne 1 84 N on sappiamo chi sia questo personaggio designato come vescovo di questa città, oggi Ashmunein, posta al confme tra l 'Alto e il Medio Egitto. Nell a sua traduzione, Rufino non parla della lettera e Girolamo (Gli uomini illustri, 69) e parecchi manoscritti greci registrano il nome di Conone. 185 La lettera è purtroppo perduta . 1 8 6 A proposito di Telimidre, cf. infra, VII, 5 . 187 All ' epoca Alessandro di Gerusalemme doveva essere molto anzia no; cf. supra, VI, 8, 1 1 , 1 9 e 39. 1 8 8 n personaggio non è identificato. 1 89 .L e numerose lettere inviate da Dionigi alla comunità romana dim o strano l'importanza che il vescovo alessandrino riconosceva a questa Chiesa .
Libro VL
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81
scrisse altre due quando tornarono in seno alla Chiesa. Dialogò ugualmente per lettera con moltissimi altri, lasciando ogni sor ta di n oti zi e utili e varie a col o ro che ancor oggi mostrano inte resse per le sue opere.
LIBRO VII
Il settimo libro della Storia ecclesiastica comprende i seguenti argomenti I : l . La crudeltà di Decio e Gallo. 2 . I vescovi di Roma sotto Decio e Gallo. 3 . Cipriano, insieme con i vescovi suoi suffraganei, per primo affermò che dovessero essere purificati con il b agno battesimale coloro che si convertissero da un errore eretico. 4. Quante lettere scrisse Dionigi su questa questione. 5. La pace dopo la persecuzione. 6. L'eresia di S abellio. 7. L'abominevole errore degli eretici, la visione inviata da Dio a Dionigi e la regola ecclesiastica che egli ri cevette. 8 . L'eterodossia di Novato. 9. n battesimo empio degli eretici. 10. Valeriano e la sua persecuzione. 1 1 . Le cose che allora accaddero a Dionigi e a quelli d'E gitto. 12. Coloro che resero testimonianza col martirio a Cesarea di Palestina. 1 L'indice dei capitoli di questo libro presenta rilevanti differenze nei diversi manoscritti. I capitoli 17 e 30 non hanno titolo perché non figurano nell'indice.
Libro VIL Sommario
83
13 . La pace sotto Galliena. I vescovi che fiorirono in quel tempo. 15 . Come Marino rese testimonianza col martirio a Cesarea. 16. La storia di Astirio.
14.
17. (Senza titolo). 18. I segni della magnanimità del Salvatore nostro avvenu ti a Paneade.
1 9 . n trono di Giacomo.
20. Le lettere festali di Dionigi, nelle quali egli fissa il canone pasquale. 2 1 . Gli avvenimenti di Aless andria. 2 2 . L'epidemia scoppiata a quel tempo. 23 . n principato di Galliena . 24 . Nepote e il suo scisma. 25 . L'Apocalisse di Giovanni. 26. Le lettere di Dionigi. 27 . Paolo di Samosata e l'eresia da lui fondata ad Antiochia. 2 8 . I vescovi illustri allora conosciuti. 2 9 . Deposizione e scomunica di Paolo. 3 0 . (Senza titolo). 3 1 . La perversione eterodossa dei manichei iniziata pro prio allora. 32. Gli uomini ecclesiastici che si sono distinti nel nostro tempo e quelli tra loro che sopravvissero fino all' at tacco contro le Chiese .
. Nel settimo libro della Storia ecclesiastica Dionigi, il gran de vescovo di Alessandria, ci aiuterà ancora con le sue stesse parole, dato che egli fa conoscere, nelle lettere che ci ha lascia to, i singoli fatti accaduti al suo tempo : da qui prenderà avvio questo mio libro.
Storia ecclesiastica
84
l . LA CRUDELTÀ
DI
DECIO
E
GALLO
Decio non governò neppure due interi anni poiché fu su bito ucciso insieme con i suoi figli: gli succedette Gallo 2. A quel tempo morì Origene, all'età di sessantanove anni compiu ti 3 . Scrivendo a Ermammone 4, così dice Dionigi a proposito di Gallo: «Gallo tuttavia non comprese l 'errore di Decio, né si preoccupò di riflettere su cosa lo mandò in rovina 5 e inciampò nella stessa pietra che pur aveva davanti agli occhi •. Mentre il suo principato era prospero e le cose andavano secondo il suo desiderio, perseguitò gli uomini santi, coloro che pregavano Dio per la sua pace e la sua salute. Così, insieme a questi uo•
Cf. Mt 2 1 ,
44;
Le 20, 1 8 .
2 L a notizia d i Eusebio è imprecisa: Decio, infatti, morì nel giugno/lu glio 25 1 ad Abritto, nella Dobrugia, durante la campagna che egli stava con ducendo contro i goti e nella quale era morto anche il figlio maggiore Eren nio Etrusco, già nominato, insieme col fratello Ostiliano, Cesare nel 259 e Au gusto nel maggio del 25 1 . Rimase imperatore il figlio minore di Decio Osti liano Messio Quinto. I soldati proclamarono imperatore il legato delle Mesie Treboniano Gallo, che, per legittimare la propria elezione, adottò Ostiliano, che tuttavia morì (si disse di peste) nel novembre del 25 1 . Nel frattempo Gal lo si era associato nel governo il figlio Volusiano, nominato Augusto alla fine dello stesso anno. 3 Ancora una volta la cronologia di Eusebio è poco precisa. Infatti, la data della morte di Origene indicata dal Nostro solleva delle diffi coltà. In precedenza (cf. supra, VI, 2, 2 e 12 ) , Eusebio ha detto che nel 20 1/2 02 Ori gene non aveva ancora compiuto i diciassette anni: dunque era nato nel 1 85/ 1 86. Tenuto conto che lo scrittore alessandrino morì «a sessantanove an ni compiuti», la sua morte andrebbe collocata nel 254/255 . Ma a quella data Gallo e Volusiano erano già stati rovesciati. 4 Era probabilmente un vescovo d'Egitto: il personaggio non è comun
que identificabile.
5 Decio, a giudizio di Dionigi, sarebbe morto per aver perseguitato i cristiani. In effetti sotto il regno di Gallo, si ebbero solo sporadici episodi per secutori, i più notevoli videro coinvolti il vescovo di Roma Cornelio (25 1 253 ), che fu esiliato a Centocelle dove morì e quello del suo successore Lucio (253 -254), che subì la stessa sorte (cf. Cipriano, Lettere, 58-6 1).
Libro VIL
1-3
85
mm1, egli allontanò anche le preghiere che si facevano per lui 6» . Queste le cose che Dionigi dice a proposito di Gallo.
2.
I VESCOVI Dl ROMA
SOTTO DECIO E GALLO
Nella città di Roma, dopo che Cornelio concluse circa tre anni di episcopato, Lucio fu designato suo successore. Egli esercitò il ministero per appena otto mesi e, morendo, trasmise la sua carica a Stefano. A lui Dionigi scrisse la prima delle sue lettere sul battesimo, poiché a quell'epoca fu sollevata un'im portante questione: se si dovessero purificare m e di an te il bat tesimo coloro che si convertissero da una qualunque eresia '· In simili circostanze era in vigore l'usanza, senza dubbio antica, di ricorrere soltanto alla preghiera con l'imposizione delle mani. 3 . CIPRIANO, IN SIEME CON I VES COVI SUOI SUFFRAGANEI, PER PRIMO AFFEfuvlÒ CHE DOVESSERO ESSERE PURIFICATI CON IL BAG N O BATTESIMALE COLORO CHE SI CONVERTISSERO DA UN ERRORE ERETICO
Primo tra i suoi contemporanei, Cipriano, pastore della cristianità di Cartagine, pensò che non dovessero essere am6 Gli anni di cui ci stiamo occupando furono caratterizzati da una serie di eventi che sconvolsero l'impero: la peste, la costante minaccia dei goti (ar rivarono fmo ad Efeso) e dei persiani sulle frontiere orientali (Shahpur giun se fino ad Antiochia), furono avvenimenti che la superstizione popolare attri buì al rifiuto dei cristiani di sacrificare agli dei tradizionali. Dal canto suo l'a pologetica cristiana li interpretò come giusta punizione divina nei confronti della condotta anticristiana degli imperatori. 7 È probabile che in questa circostanza Eusebio alluda al rescritto di Stefano (254-257) alle chiese africane e orientali e citato da Cipriano (Lette re, 74, 1): con quest ultim o Stefano si trovò in d isacco rd o a proposito della ri petizione del battesimo amministrato dagli eretici e che a Roma, in Egitto e '
86
Storia ecclesiastica
messi nella Chiesa se non coloro che in precedenza si fossero purificati dal loro errore mediante il bagno battesimale 8 . Ma Stefano, ritenendo che non si dovesse fare alcuna innovazione contraria alla tradizione prevalsa fin dall'inizio, si sdegnò profondamente contro di lui. 4. QUANTE LETTERE SCRISSE
D IO NIGI SU
QUESTA
QUESTIONE 9
Dionigi, dunque, si intrattenne a lungo con lui per lettera su questa questione e gli mostrò infine che, una volta cessata la persecuzione, le Chiese di ogni luogo, avevano rifiutato l'inno vazione di Novato e ritrovato la pace tra loro. Egli scrive in questo modo. 5 . LA PACE DOPO LA PERSECUZIONE
l . «Sappi ora, fratello, che si sono riunite tutte le Chiese d'Oriente e di più lontano ancora 1 0 , che erano precedente mente divise e che tutti i loro capi, dovunque, sono concordi e gioiscono oltre ogni limite per l'inatteso arrivo della pace: De-
in Palestina non si usava ripetere, al contr ario invece di quanto avveniva in Si ria, in Asia Minore e soprattutto in Africa. La questione decadde per la mor te di Stefano e lo scoppio della persecuzione di Valeriano. 8 Sulla posizione di Cipriano, cf. A. Aleès, La théologie de saint Cy p rien, Paris 1 922 , pp. 173-2 10; G. Bardy, La théologie de l'Eglise, de saint lrénée au conczle de Nicée, Paris 1947, pp. 226-247 ; G. Mangelli , La Chiesa di Cartagine contro Roma sotto san Cipriano, Milano 1960; L. Orabona, Etica "penitenziale" di Cipriano e aspetti p olitico-soàali del cristianesimo nel III se colo, in «Vetera Christianorum», 27, Bari 1990, pp. 273-302. 9 In realtà il titolo dd capitolo è inesatto: Eusebio, infatti, non indica affatto il numero delle lettere di Dionigi. 1 0 Probabilmente Dionigi si riferisce alle Chiese della Mesopotamia e dell'Osroene.
Libro vn
3-5
87
metriano ad Antiochia; Teoctisto a Cesarea; Mazabane ad Elia; Marino a Tiro, dato che era morto Alessandro; Eliodoro a Lao dicea, dove era venuto a mancare Telimidre 1 1 ; Eleno a Tarso e tutte le Chiese della Cilicia; Firmiliano e tutta la Cappadocia. Mi sono limitato a nominare soltanto i più famosi tra i vescovi per non dare lunghezza eccessiva alla mia lettera e pesantezza al mio discorso. 2. Le due Sirie e l'Arabia, che voi aiutate in ogni circostanza e a cui ora avete scritto, la Mesopotamia, il Ponto, la Bitinia e, per dirla in breve, tutti, glorificando Dio, dappertutto gioiscono per la concordia e l'amore dei fratelli». 3 . Questo è quanto ha scritto Dionigi. Dopo che Stefano resse il ministero episcopale per due anni, gli succedette Si sto 1 2 . A proposito del battesimo Dionigi scrisse a costui una se conda lettera, nella quale gli espone l 'opinione e la deliberazio ne sia di Stefano, sia degli altri vescovi. Riguardo a Stefano co sì si esprime. 4. «In precedenza a proposito di Eleno, di Firmi liano e di tutte le popolazioni della Cilicia e della Cappadocia, ed evidentemente anche della Galazia e di tutte le popolazioni limitrofe, aveva scritto che non sarebbe più stato in comunione con loro per questa stessa ragione, perché - egli dice - ribat tezzano gli eretici n. 5 . E tu considera attentamente la rilevan za della circostanza. Effettivamente, per quel che ne so, sulla questione, nei più grandi sinodi episcopali 14 , sono state adot tate decisioni in base alle quali coloro che provenivano dalle 1 1 Le espressioni «dato che era morto Alessandro» e «dove era venuto a mancare Telimidre» sembrano delle interpolazioni, non presenti nel testo di Dionigi. 1 2 La cronologia di Eusebio sui vescovi di Roma è a dir poco approssi mativa: Stefano muore il 2 agosto 257 1 3 Dal passo sembra si debba dedurre che Stefano avesse scomunicato realmente le Chiese di Cilicia, Cappadocia, Galazia ed altre ancora, come quelle d'Africa. 14 Si tratta dei sinodi di !conio e di Sinnada, tenutisi intorno al 230. Cf. Firmiliano di Cesarea, Lettere, 75, 7 , 5 (nell'epistolario di Cipriano) ; cf. in/ra, VII, 7, 5 .
88
Storia ecclesiastz"ca
eresie, dopo essere stati catechizzati, erano nuovamente lavati e purificati dal sudiciume dell'antico e peccaminoso lievito h. Ed io gli ho scritto per interrog arlo su tutte queste questioni». 6. Dopo altre considerazioni, aggiunge: «Ai nostri diletti colleghi nel sacerdozio, Dionigi e Filemone 15, che inizialmente si trovarono d'accordo con Stefano e mi scrissero a questo ri guardo, io ho risposto dapprima brevemente e adesso in ma niera più estesa». Queste cose per quanto riguarda la questio ne suddetta. 6. L'ERESIA DI
SABELLIO
Nella stessa lettera, a p rop o s ito dei seguaci dell'eresia di Sabellio 16 che a quel tempo erano numerosissimi, così si espri me: «A Tolemaide, nella Pentapoli 17 , è sorta una dottrina em pia e assai blasfema riguardo a Dio onnipotente, Padre del Sib
Cf.
l
Cor 5, 7.
15 Dionigi e Filemone sono due presbiteri romani (cf. in/ra, VII , 7, l e 6): nel 259 il primo dei due succederà nella carica episcopale a Sisto. 1 6 Scarse sono le notizie che possediamo su questo personaggio che, originario dell'Africa, visse a Roma al tempo dei papi Zefirino e Calli sto, sot to il cui pontificato (2 17-222) fu espulso dalla Chiesa di Roma insieme con lppolito, suo principale accusatore. Sabdlio non lasciò scritti e la sua dottri na ci è nota attraverso le testimonianze dei suoi oppositori lppolito, Nova ziano, Atanasio ed Epifanio. Già capo del patripassianismo romano, diede origine a un movimento eretico che si rifaceva ad una forma di monarchiani smo modalista: egli considerava Dio come una Monade indivisibile che si ma nifestava in modi diversi (come Padre e legislatore nel Vecchio Testamento, come Figlio e redentore nel Nuovo Testamento, come Spirito Santo in quan to operatore della santificazione degli uomini) . n movimento ebbe larghissi ma diffusione, ma sparì ben presto a motivo delle scomuniche e della fiera opposizione di scrittori come Atanasio e Basilio. 17 Era all ' epoca ancora così denominata la regione libica formata dalle cinque città di Apollonia, Cirene, Arsinoe, Berenice e Tolemaide appunto.
Libro VIL 5-7
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gnore nostro Gesù Cristo c , notevolmente incredula a proposi to del suo unico Figlio, il primogenito di ogni creatura d, il Lo gos che si è fatto uomo, e insensibile nei riguardi dello Spirito Santo. All o rquando mi pervennero dalle due parti documenti su questa dottrina e dei fratelli ne parlarono [con me] , io ho trasm ess o alcune lettere, come ho potuto con l'aiuto di Di o , presentando l' argomento in maniera alquanto divulgativa; di esse ti mando le copie». 7 . L'ABOMINEVOLE
ERRORE DEGLI ERETICI,
LA VISIONE INVIATA
DA DIO A DIONIGI
E LA REGOLA ECCLESIASTICA CHE
EGLI RICEVETTE
l . Nella terza lettera sul battesimo che scrisse a Filemone, presbitero di Roma, lo stesso Dionigi aggiunge queste cose: «An ch'io ho letto gli scritti e le tradizioni degli eretici, macchiando per breve tempo la mia anima con le loro abominevoli idee, ma ricavandone, tuttavia, il vantaggio di ribatterle da me stesso e di disprezzarle molto di più. 2 . Me ne allontanò un fratello presbi tero, che temeva mi macchiassi col fango della loro perversità e contaminassi la mia anima; e quando capii che egli diceva il ve ro, una visione inviatami da Dio mi temprò 3 . e mi giunse una voce che chiaramente mi ordinava: "Leggi tutto ciò che ti capi terà tra le mani, dato che tu sei in grado di correggere e giudica re ogni cosa e questo fin dall'inizio è stato la radice della tua fe de" . Io accolsi la visione in quanto conforme al detto apostolico rivolto ai più forti: "Siate dei cambiavalute scaltri " 18».
c Cf. 2 Cor l, 2; Ef
l, 3; l Pt l,
3.
d Cf. Col l , 15.
1 8 Il detto non è testamentario ed è un tigraphon (=parola appartenen te alla tradizione orale su Gesù) tra quelli più spesso citati dai Padri della Chiesa.
90
Storia ecclesiastù:a
4 . Quindi, dopo aver fatto diffusamente altre osservazioni sul problema, aggiunge dicendo: «Quanto a me ho ricevuto questa regola e questo modello dal nostro beato papa 19 Eracla. Quanti infatti provenivano dalle eresie e si erano sicuramente separati dalla Chiesa, o piuttosto, non se ne erano separati, ma, pur facendone apparentemente ancora parte, erano stati accu sati come fedeli di qualcuno dei falsi maestri 2o, egli li allonta nava dalla Chiesa e, quando essi lo chiedevano, non li accoglie va fin tanto che non avessero dichiarato pubblicamente tutte le cose che avevano udito dagli avversari; solo allora li riammette va, senza pretendere per loro un nuovo battesimo: essi, infatti, avevano in precedenza ricevuto da lui». 5 . Dopo aver discusso ancora a lungo il problema, ag giunge: «Ecco quanto io ho inoltre appreso, cioè che non solo ora gli africani hanno diffuso quest' usanza, ma già da tempo, sotto i vescovi che ci hanno preceduto, essa fu deliberata nelle Chiese più popolose e nelle assemblee dei fratelli, ad !conio, a Sinnada 2 1 e in molti altri luoghi. E io non oso rovesciare le lo ro decisioni e gettarli nella discordia e nell'antagonismo. Infat ti è detto: Non sposterai i confini del tuo vicino, posti dai tuoi an tenati e». 6. La quarta delle sue lettere sul battesimo fu scritta a Dio nigi di Roma, che allora fu stimato degno del presbiterato e che, non molto tempo dopo, ricevette anche l'episcopato dei fedeli di quella Chiesa. Da questa lettera è possibile venire a sa-
e
Dt 19, 14.
1 9 Fino quasi al IX sec . , ma soprattutto nei secc. III· V, il titolo (dal gr.
papas o pappas padre) fu dato ai vescovi quale segno di affettuosa deferen za. Cf. Atti di CiprùJno, III , 4 . =
2 0 In questo caso non s i tratta d i persone che hanno ricevuto il battesi mo da eretici, ma che sono diventati tali dopo averlo ricevuto. Per poter es sere riammessi nell a comunit à dovevano dare chiari segni di ravvedimento. 2 1 Cf. supra, VII , 5, 5. Non abbiamo notizie precise su questo sinodo.
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pere come anch'egli d a parte d i Dionigi d'Alessandria ebbe la testimonianza di essere uomo colto e ammirevole. Dopo altre considerazioni, ricordando la vicenda di No vato, così egli scrive: 8. L'ETERODOSSIA DI NOVATO
«È a ragion veduta, infatti, che noi siamo ostili a Novato, che ha operato divisioni all'interno della Chiesa e trascinato al cuni fratelli nell'empietà e nelle bestemmie, presentando su Dio un insegnamento assolutamente sacrilego 22 e accusando erroneamente il nostro dolcissimo Signore Gesù Cristo di esse re disumano; abolisce inoltre il battesimo, confutando la fede e la confessione che lo precedono e allontana del tutto lo Spirito Santo da coloro che l'hanno ricevuto, anche se c'era qualche speranza che vi restasse o che vi ritornasse». 9. IL
BATTESIMO EMPIO DEGLI ERETICI
La quinta lettera fu da lui scritta a Sisto, vescovo di Ro ma: in essa, dopo aver parlato a lungo degli eretici, racconta il seguente fatto avvenuto ai suoi tempi, dicendo: «In effetti, fra tello, ho veramente bisogno di consiglio e, dal momento che m'è capitata una simile faccenda, temendo di sbagliare, chiedo il tuo parere. 2. Tra i fratelli che si riunivano, infatti, c'era un uomo, considerato un anziano fedele anche prima della mia or dinazione e credo anche prima dell'elezione del beato Eral.
22 Gli errori attribuiti a Novaziano non riguardano, come a prima vista sembrerebbe, il dogma trinitario (la sua opera La Trinità, dimostra semmai il contrario) , bensì l'estremo rigore nei confronti dei peccatori che egli attri buisce a Dio.
Storia ecclesiastica
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d a 23 ; egli partecipava all'assemblea e, essendo accanto a colo ro che stavano per essere battezzati, avendo udito le doman de e le risposte 24, venne da me singhiozzando, versando l ac rime su se stesso e, prostratosi ai miei piedi, dichiarò e giurò che il battesimo con cui era stato battezzato dagli eretici non era co sì e che non aveva p rop rio niente in com un e con questo, ma che al contrario era pieno di empietà e di bestemmie. 3 . Egli disse che il suo cuore era adesso quanto mai contrito e non ave va neanche il coraggio di alzare gli occhi verso Dio f, d al mo mento che era stato iniziato con quelle parole e con quei riti sa crileghi: egli chiedeva pertanto di ottenere questa vera purifi cazione, ammissione 25 e grazia. 4 . Ma io non ebbi il coraggio di fare ciò e gli dissi semplicemente che la prolungata comu nione che aveva avuto [con la Chiesa] gli era sufficiente per questo. Aveva infatti ascoltato l'Eucaristia, aveva risposto l'A men g 26, era rimasto in piedi accanto alla [sacra] mensa ed ave va proteso le mani per ricevere il Santo Cibo, l'aveva ricevuto ed era stato a lungo partecipe del corpo e del s angue del Si gnore nostro; io non avrei più osato battezzarlo di nuovo. Gli ordinai, invece, di farsi coraggio e con fede ferma e buona spef Lc 1 8 , 1 3 .
g Cf. l Cor
1 4 , 16.
23 Poiché Eracla fu consacrato vescovo di Alessandria nel 23 1 -232, da quanto dice Eusebio, è da rit enere che il battesimo ricevuto dal vecchio risal ga ad un periodo precedente: ciò porta ad escludere che l'eresia nella quale egli era stato battezzato fosse quella novaziana: il Bardy (cf. La théologie de l'Eglise, de saint Irénée au conczle de Nicée, cit . , p. 174) pensa «a una forma di gnosticismo o al marcionismo». 24 Si tratta della professione di fede che i catecumeni facevano prima di ricevere il battesimo o durante la sua somministrazione. (Cf. lppolito, Tradi zione apostolica, 15-2 1 ; M. Metzger, Storia della liturgia. Le gra ndi tappe, trad . ital., Cinisello Balsamo 1 966, pp. 68-78). 25 n termine è di difficile interpretazione: escludendo che si tratti del l' ammissione alla Chiesa, di cui, in effetti, il vecchio fa già parte, sembra che designi l'accoglienza dello Spirito Santo. 26 Giustino, l Apologia, 66.
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ranza di accostarsi ai sacramenti. 5 . Ma egli, non cessando di piangere, temeva di avvicinarsi alla sacra mensa e, sebbene in vitato, a fatica sopportò di assistere alle preghiere». 6. Oltre a queste lettere di cui abbiamo parlato, sul batte simo si conserva anche un'altra lettera dello stesso Dionigi, in dirizzata d a lui e dalla diocesi di cui era a capo, a Sisto e alla Chiesa di Roma, nella quale egli tratta a lungo, mediante un' ap profondita dimostrazione, l'argomento in discussione. Oltre queste, se ne conserva ancora un'altra indirizzata a Dionigi di Roma, cioè quella su Luciano 27 . Queste cose per quel che riguarda quest'argomento. 1 0. VALERIANO
E LA SUA PERSECUZION E
l . Dopo che furono tolti di mezzo Gallo e i suoi fautori, i quali tennero l'autorità imperiale neppure per due interi anni, conquistarono il potere Valeriano e suo figlio Gallieno 2s. 2 .
27 Malgrado tutti i tentativi compiuti e le ipotesi prospettate, il perso
naggio
rimane di incerta identificazione.
28 Nella primavera dd 253 mentre l'impero era sconvolto dalla peste e dagli assalti di goti, persiani e germani, le truppe delle Mesie proclamarono imperatore il loro legato, Marco Emilio Emiliano. Gallo e il figlio Volusiano fu rono uccisi dai loro soldati presso Terni. Alla loro morte il senatore P. Lici nio Valeriano, comandante di un esercito che doveva aiutare Gallo, fu pro clamato imperatore dopo la morte di quest'ultimo. Tre mesi più tardi, Em i liano fu ucciso a sua volta dai suoi soldati presso Spoleto. Nell'autunno Vale riano restava unico imperatore e cooptava al trono il figlio Licinio Egnazio Gallieno. Le fonti cristiane (Cipriano, Dionigi d'Alessandria in Eusebio e Commodiano) attribuiscono a Valeriano due editti di persecuzione: il primo, dd 257 , prescriveva l' obbligo del sa crifi cio , pena l'esilio, e vietava le riunioni
nelle chiese e nei cimiteri; il secondo, dell'anno successivo, dispose la pena di morte per gli ecclesiastici, la riduzione in schiavitù per i cesariani (i funzio nari imperiali) e la confisca dei beni e l'esilio per i membri dell'ordine serr a torio ed equestre che avessero abbracciato il cristianesimo (cf. Cipriano, Let tere, 80, 2 ) .
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Ciò che Dionigi racconta a questo riguardo, lo si può appren dere ancora dalla lettera ad Ermammone, nella quale si espri me nel seguente modo: «Analogamente a Giovanni fu rivelato: E alla bestia fu data una bocca per pro/ferire parole arroganti e bestemmie e le /u dato il potere per quarantadue mesi h 2 9. 3 . En trambe le cose possono essere ammirate in Valeriano e, soprat tutto, bisogna considerare come andavano le cose prima di lui, come egli fosse mite e amabile nei confronti degli uomini di Dio: infatti nessun altro degli imperatori che governarono pri ma di lui fu così benevolo e disponibile nei loro confronti; neanche gli imperatori che si diceva fossero stati manifesta mente cristiani 30, li accolsero con la cordialità e la benevolen za che egli dimostrò all'inizio e tutta la sua casa era piena di uo mini pii ed era una chiesa di Dio 3 1 . 4. Ma il suo maestro, che era sinagogarca dei maghi d'Egitto 3 2 , lo persuase a sbarazzarh Ap 13 , 5 . 2 9 ll passo giovanneo (Ap 13 , 5) che Dionigi applica a Valeriano è quel Io relativo alla «bestia che sale dal mare», famosa allegoria dell'Anticristo (cf. E. Corsini, Apocalisse prima e dopo, Torino 1980, pp. 329ss.). Dalla citazione giovannea potrebbe dedursi che la persecuzione durò tre anni e mezzo. 30 È noto che nessuno dei predecessori di Valeriano (come pure poste riori fino a Costantino) fu cristiano. È probabile che Dionigi alluda alle leg gende cristiane fiorite su Severo Alessandro e Filippo l'Arabo. 3 ! Questa affermazione di Dionigi appare al Bardy (La théologie de l'E glise, de saint Irénée au concile de Nicée, cit., p. 177) una «manifesta esagera zione». 32 ll personaggio in questione è Macriano, definito da Dionigi «sinago garca dei maghi d'Egitto» forse in quanto capo di un'associazione pagana de dita a pratiche magiche. Marco Fulvio Macriano, ricordato da Commodiano (Carmen apologeticum) come ispiratore dei provvedimenti anticristiani di Va leriano, fu praepositus annonae, cioè direttore del fisco per l'Egitto nel 259/260. Sfruttando la confusione seguita alla cattura di Valeriano (cf. in/ra, n. 3 8 ) , scatenò una rivolta ad Alessandria e fece proclamare Augusti i suoi due figli cf. in/ra, VII , 10, 9. È probabile che i cristiani gli abbiano attribuito la re sponsabilità della persecuzione nel tentativo · di giustificare il padre di Gallie na, imperatore apprezzato dalla tradizione ecclesiastica (cf. in/ra, VII , 13).
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sene, ordinandogli di uccidere e perseguitare quegli uomini pu ri e santi in quanto avversari ed ostacoli delle loro blasfeme ed abominevole stregonerie (essi, infatti, con la loro presenza e il loro sguardo ed anche con il solo alito e il suono della voce, so no ed erano capaci di mandare a monte le insidie dei demoni malvagi) 33. Egli gli consigliò inoltre di compiere cerimonie im pure, sortilegi infami e riti infausti, di sgozzare sventurati fan ciulli, di sacrificare figli di padri miserabili, di squarciare le vi scere dei neonati, di trafiggere e fare a pezzi le creature di Dio, come se essi potessero diventare più fortunati in seguito a que ste cose 34». 5 . E a queste cose aggiunge dicendo: «Macriano, dunque, offrì ai demoni magnifici sacrifici propiziatori per l'impero spe rato, egli che, chiamato prima procuratore imperiale del fisco, non pensò a nulla di razionale né di universale 35, ma cadde nel la maledizione profetica che dice: Guai a coloro che profetizza no dal proprio cuore e non vedono l'universale i. 6. Egli infatti non capì la Provvidenza universale e non suppose il giudizio di colui che è prima di tutti, in tutti e al di sopra di tutti i; perciò da un lato egli divenne nemico della sua Chiesa universale, dal l' altro si allontanò e si separò anche dalla misericordia di Dio e fuggì il più lontano che poté dalla propria salvezza, confer mando in questo modo il suo nome 36». 7 . E ancora, dopo altre osservazioni, aggiunge: «Valeriano, i Ez
13, 3 .
i Cf. Ef 4, 6 ; Col l , 1 7 .
33 Sull 'azione dei cristiani contro i demoni cf. Minucio Felice, Ottavio,
27; Tertulliano, Apologetico, 23 .
34 Accuse simili non erano del tutto nuove (cf. supra, V, l , 1 4 ; Minucio Felice, Ottavio, 9, 7; Tertulliano, Apologetico, 7 -9; ecc. ) . 35 A proposito della carica di Macriano e delle sue funzioni, Dionigi, svolge un gioco di parole intraducibile in italiano. 3 6 Altro gioco di parole realizzato da Dionigi a proposito del nome di Macriano, che egli fa derivare dal greco makr6s, vale a dire .nto di Seleu cia in Siria, quando i soldati impiegati in lavori in quel porto acclamarono imperatore il loro comandante Eugenio. L'ammutinamento fu prontamente soffocato nel sangue. Cf. Labanio, Orazioni, 1 1 , 158- 162; 19, 45s.; 20, 1 8-20. Nulla sappiamo dei disordini. a Melitene, in Anatolia. 19 L'editto del 3 03 .
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9 . Lo spettacolo di quanto allora awenne supera ogni descri zione: una massa immensa fu imprigionata in ogni dove e ovun que le carceri, un tempo allestite per assassini e violatori di tombe, furono tanto piene di vescovi, presbiteri, diaconi, letto ri ed esorcisti che non rimase più posto per i condannati a mo tivo di del i tti comuni. 10. S ub it o dopo i primi editti ne venne ro altri, coi quali si ordinava di rimettere in libertà i detenuti che avessero sacrificato e di sottoporre invece a infiniti tor menti chi si fosse rifiutato. Come è possibile, ancora una volta, contare la moltitudine di martiri di ciascuna provincia, e in par ticolare dell'Africa, della Mauritania, della Tebaide e dell'Egit to? Alcuni, partiti da questo luogo per altre città e province, si resero insigni per il martirio. 7. l MARTIRI EGIZIANI DELLA FENICIA l . Tuttavia conosciamo quanti rifulsero tra quelli di Pale stina e conosciamo pure quelli di Tiro, in Fenicia. Chi, dopo aver visto costoro, non si sarebbe stupito delle innumerevoli frustate e dell a resistenza, sotto i colpi, di quei veramente straordinari atleti della religione? E, dopo le frustate, della lot ta con belve divoratrici d'uomini, dell'assalto di leopardi e di varie specie d'orsi, di cinghiali, di tori, aizzati con ferro e fuo co, come non meravigliarsi, dico, della s tup en d a resistenza di quei valorosi innanzi a ciascuna belva? 2. Noi stessi fummo pre senti a questi eventi 2 o e in quella occasione osservammo la pre senza e l'evidente azione su quei martiri della potenza divina di
2 0 Eusebio allude al suo viaggio a Tiro di Fenicia e poi proseguito (for se) per la Tebaide e l'Egitto (cf. in/ra VIIT, 9, 4 ) . La datazione di questo viag gio è incerta. Se la si colloca dopo il martirio e la morte del suo maestro ca rissimo, il presbitero Panfilo, che avvenne nel febbraio dd 3 1 0, questi eventi sono da porre negli ultimi tempi della persecuzione, cioè nel 3 10-3 1 1 .
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Gesù Cristo stesso, nostro Salvatore, da loro testimoniato. Quelle belve per lungo tempo non osarono sfiorare o avvici narsi ai corpi di quegli uomini cari a Dio. Si lanciarono invece contro quegli altri che dal di fuori -le incitavano e le provocava no, mentre soltanto i santi atleti, che pure erano privi di ripari e facevano cenni con le mani per attirarle su di sé (così infatti era stato loro ordinato di fare) , non erano per nulla toccati. Seppure qualche volta si slanciavano contro di loro, venivano però trattenute come da una forza divina, e di nuovo si ritira vano. 3 . Questo fatto durò a lungo e provocava non poco stu pore sugli spettatori, di modo che, dopo il fallimento di una prima belva, si scioglieva contro un unico e medesimo martire una seconda e una terza bestia. 4. Era motivo di sbalordimento l'intrepida fermezza di quei santi durante tali prove e la saldez za decisa e intrepida di quei giovani corpi. Avresti potuto ve dere un giovane di neppure vent'anni, ritto, senza catene e con le mani stese a forma di croce, il quale con mente impassibile e tranquilla, in tutta calma continuava le preghiere alla divinità; e neppure si spostava dal luogo dove stava, sebbene orsi e leo pardi, spiranti furore e morte, quasi toccassero la sua carne; ma la loro bocca - non so per quale divina, indicibile potenza - era serrata, e subito si ritraevano. Questo fu uno di quei martiri. 5 . Avresti inoltre potuto vedere altri (erano in cinque) gettati a un toro infuriato, il quale dilaniava con le coma quanti dal di fuo ri gli si accostassero, e li lasciava semimorti. Quando però, fu rioso e minaccioso, caricava i santi martiri neppure riusciva ad avvicinarsi, ma andava cozzando qua e là con le zampe e con le corna. Anche aizzato con ferri roventi, pur spirando furore e minaccia e, era ricacciato dalla divina provvidenza, cosicché non recava loro alcun danno. Furono allora sguinzagliate altre belve. 6. Ma dopo terribili e molteplici assalti di queste ultime, ,
e Cf. At 9, l .
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alla fine tutti furono trucidati con la spada; e invece che alla ter ra e alle tombe, furono gettati nelle onde del mare. 8. I MARTIRI D'EGITTO
Quella narrata è la lotta degli Egiziani di Tiro, che sosten nero il combattimento per la religione. Devono tuttavia essere oggetto di ammirazione anche quelli che resero testimonianza nella loro terra 2 1 . Qui un numero immenso d'uomini, donne e bambini, per l'insegnamento del nostro Signore Salvatore di sprezzarono questa vita provvisoria e sopportarono diverse for me di morte. Alcuni di loro, dopo le unghie di ferro, gli stira menti, gli aspri flagelli e infinite altre molteplici forme di tor menti, terribili a udirsi, furono infine dati alle fiamme. Altri fu rono affogati in mare; altri morirono tra le torture; altri periro no per fame e altri ancora furono crocifissi. Tra questi ultimi, alcuni nel modo solito usato per i malfattori, altri invece in mo do peggiore: inchiodati a testa in giù, furono tenuti in vita fino a quando non morirono di fame sugli stessi pali. 9. I
MARTIRI DELLA TEBAIDE
l . Superano però ogni descrizione gli oltraggi e le soffe renze patite dai martiri dell a Tebaide, straziati a morte per tut to il corpo con cocci al posto delle unghie di ferro. Alcune don ne poi, legate per un piede e sollevate in alto con mangani, stan do a testa in giù e coi corpi interamente nudi, nemmeno mini mamente coperti, offrivano a quanti le vedevano una vista la più ignominiosa, crudele e disumana possibile. 2. Altri morivano,
2 1 Tiro infatti si trova in Fenicia.
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dopo essere stati legati ad alberi: con congegni venivano uniti tra loro i rami più robusti e a ciascuno di questi si fissavano le gambe dei martiri; poi si lasciavano tornare i rami alla loro po sizione naturale, squartando così con un sol colpo quelli contro cui avevano escogitato un tale supplizio. 3 . Questa persecuzio ne non d urò pochi giorni né p e r un breve lasso di tempo, ben sì per anni interi. A volte si mettevano a morte oltre dieci per sone, altre più di venti e altre ancora non meno di trenta o an che di sessanta. Una volta, in un sol giorno, furono uccisi persi no cento, tra uomini, bambini e donne, condannati a svariate e diverse pene. 4 . Noi stessi, quando fummo in quei luoghi, ne ve demmo un gran numero, dei quali alcuni in un sol giorno subi rono la decapitazione, altri il rogo. Addirittura il ferro della scu re si ottundeva e, smussatosi, si rompeva; e i ca rn efi c i per la stanchezza, si davano il cambio tra loro. 5 . Vedemmo allora lo stupendo ardore, la forza divina e il coraggio dei credenti nel Cristo di Dio. Appena pronunciata la sentenza contro i primi, altri si facevano avanti, da tutti i lati, innanzi alla tribuna del giudice e confessavano di essere Cristiani, incuranti delle atro cità e delle diverse forme di tormenti, a cui andavano incontro. Impassibili, in piena libertà parlavano della devozione al Dio dell'universo e accoglievano l'atto finale della sentenza di mo r te con gioia, sorrisi ed esultanza: cantavano inni ed elevavano ringraziamento al Dio di ogni cosa fino all'ultimo respiro. 6. Questi furono ammirevoli, ma molto di più lo furono quelli che, pur distinguendosi per ricchezza, nobiltà, fama, elo quenza e conoscenza filosofica, tuttavia posposero ogni cosa al la vera religione e alla fede nel Salvatore e Signore nostro Gesù Cristo. 7. Tale era Filoromo 22 , che ricopriva una carica non se,
2 2 Eusebio non sta seguendo un ordine cronologico nd riportare i vari martiri di questa persecuzione. Filorom o, di cui ignoriamo l'alta carica rico perta, fu decapitato quando era prefetto d'Egitto Culciano, cioè nell'arco di tempo che va dal 3 03 al 3 06.
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con daria nell'amministrazione imperiale d'Alessandria. Egli, per la considerazione e per il credito che godeva presso i Ro mani, ogni giorno amministrava la giu stiz i a , scortato da solda ti. Tale era anche Filea, vescovo della chiesa di Thmuis 23 , uo mo che aveva ricoperto in patria cariche cittadine e incomben ze pubbliche, e che spiccava per le conoscenze filosofiche. 8. Costoro, sebbene numerosi parenti e amici li supplicassero, co me anche alti funzionari, e persino il giudice li esortasse ad aver pietà di se stessi, dei figli e delle mogli, non si lasciarono in durre da nessuna di tali motivazioni a scegliere l'amore per la vita e il disprezzo per i p re c etti del nostro S alvat ore circa il d conoscerlo e il rinnegarlo f. Con coraggio degno di un filosofo e, ancor più, con animo pio e devoto, resistettero a tutte le mi nacce e ingiurie del giudice, e subirono ambedue la de capita zione. 10. RELAZIONE SCRITIA DAL MARTIRE FILEA SUI FATII D'ALESSANDRIA l.
Abbiamo detto che Filea fu oggetto di grande considera
zione nelle discipline profane. Si presenti all ora egli in persona,
quale testimone di se stesso, per rendere noto chi egli fu; e con temporaneamente narreremo con parole più precise delle nostre gli atti di quelli che furono sottoposti al martirio in Alessandria. Dalla lettera di Filea agli abitanti di Thmuis: «Tutti questi esempi, questi modelli e queste belle prove son o stati posti per noi nelle divine e sacre Scritture. Per quef Cf. Mt 10, 32s. 2 3 Questa città era situata nel Basso Egitto.
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sto motivo, senza esitazione, i beati martiri che stavano con noi, rivolsero con purezza l'o�chio dell'anima al Dio · dell'universo e presero intendimento di morire per la religione, mantenendosi saldi nella chiamata: essi avevano inteso che il Signore nostro Gesù Cristo si era incarnato per noi, per debellare ogni pecca to, al fine di offrirei il viatico utile ad entrare nella vita eterna: Non ritenne usurpazione essere eguale a Dio) ma spogliò se stes so prendendo /orma di servo; e dopo aver pigliato /orma J>uomo si abbassò /ino alla morte) alla morte di croce g . 3 . Perciò, bra mando i doni più grandi h , i martiri, portatori di Cristo, sop portarono ogni sofferenza, ogni tortura escogitata contro di lo ro; e non una sola volta, ma alcuni anche due volte. Sebbene le guardie, a gara, facessero ogni tipo di intimidazione, non solo a parole, ma anche coi fatti, essi . non mutarono proponimento, perché il perfetto amore scaccia la paura i. 4 . Quali sono le pa role capaci di narrare il loro ardire e il loro coraggio in ciascun tormento? A quanti lo volessero era data facoltà di infierire sui martiri: alcuni li picchiavano con bastoni, altri con verghe, altri con fruste, altri aricora con cinghie di cuoio e con corde. 5 . Pur variando, lo spettacolo delle torture p resentava sempre la me desima cattiveria. Alcuni erano fissati a ceppi con le mani lega te dietro la schiena, e con mangani erano stirati in tutte le mem bra. Mentre stavano in siffatta posizione, i tortm:atori li colpi vano, secondo gli ordini, per tutto il corpo, non soltanto, come si faceva con gli assassini, sui fianchi, ma li percuotevano coi lo ro strumenti al ventre, alle gambe e sulle guance. Altri, appesi per una sola mano a un portico, erano sollevati in aria, sicché la tensione delle giunture e delle membra era più terribile di ogni altra sofferenza. Altri ancora, col viso rivolto a una colonna, erano legati in modo che non potessero poggiare i piedi; e in tal modo i nodi si tendevano al massimo, per il peso del corpo. 6. g Fil 2, 6-8.
h Cf. l Cor 12, 3 1 .
i
Cf. l Gv 4, 18.
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E
sopportavano tali supplizi non soltanto durante il tempo in cui il governatore li interrogava, ma quasi per l'intera giornata. Quando infatti il governatore 24 passava ad altri, lasciava a cu stodia dei primi i suoi addetti, nel caso che qualcuno sembras se cedere, vinto dalle torture. Senza alcuna pietà ordinava di aggiungere altre catene e solo quando ormai erano in agonia, permetteva che fossero posti a terra e portati via. 7. Nei nostri confronti non si usava nemmeno il più piccolo riguardo, ma ci consideravano e si comportavano come se noi fossimo un nien te; e questa, dopo le percosse� era la seconda tortura escogitata contro di noi. 8. Dopo i supplizi alcuni venivano messi in ceppi, con am bedue i piedi stirati fino al quarto foro, sicché per necessità sta vano supini sui ceppi medesimi, non essendo in grado di reg gersi in piedi per le ferite prodotte dai colpi ricevuti su tutto il corpo. Altri, gettati sul pavimento, vi rimanevano immobili, a causa dell'ininterrotta applicazione delle torture; e in tale posi zione offrivano a chi li guardava una vista più terribile delle se vizie, in quanto recavano sui loro corpi i segni delle diverse tor ture. 9. In tali frangenti, alcuni morivano per i maltrattamenti, disonorando l'avversario con la loro fermezza; altri, rinchiusi già quasi morti in prigione, vi morivano dopo non molti giorni, sfiniti dalle sofferenze; i restanti, rimessisi grazie alle cure, con il tempo e per il carcere sopportato, divenivano più intrepidi. 10·. Così quando veniva loro ordinato di scegliere o di non es . sere più molestati, dopo aver compiuto l'empio sacrificio, otte nendo in tal modo una libertà maledetta, opp u re, se non sacri24 Questo alto funzionario imperiale, stando a quanto lo stesso Eusebio dice in I Martiri di Palestina, 5, 3, dovrebbe essere Sossiano Ierocle. Costui ri coprì la carica di legato nella Syria Phoenicies tra il 293 e il 303 . Fu prefetto d'Egitto nel 307 . Anche in Egitto, come precedentemente in Bitinia, nel 303 , organizzò la persecuzione contro i Cristiani. Contro d i lui, uomo di cultura e autore di almeno un libello anticristiano, Eusebio scrisse tra il 3 1 1 e il 3 13 il Contro lerocle. Cf. anche Lattanzio, La morte dei persecutori, 16, 4.
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ficavano, di subire la condanna a morte, essi senza alcuna esi tazioni andavano gioiosi verso la morte. Conoscevano quando è stato predetto dalle sacre Scritture: cht' sacrz/t'ca ad altrt' dà sarà sterminato i e non avrat' altro Dt'o al dt' /uort' dt' me k». 1 1 . Queste furono le parole del martire - veramente «filo sofo» e nello stesso tempo «filotea» 25 - che egli inviò ai fratel li della sua diocesi, prima della sentenza definitiva, quando an cora stava in carcere. Li informava della condizione in cui si trovava e contemporaneamente li esortava a perseverare nella devozione in Cristo, anche dopo la sua imminente morte. 12 . Ma perché p rolun g a re il rac conto e p arla re di sempre nuove lotte sostenute dai divini martiri in tutto il mondo? Tanto più che essi venivano combattuti non secondo il diritto comune, ma erano assediati come avviene in guerra. 1 1 . l MARTIRI DI FRIGIA
l . In quello stesso periodo - ad esempio - dei soldati, do po aver circondato una cittadina di cristiani in Frigia 26, appic catovi il fuoco, arsero vivi tutti gli abitanti, compresi i bambini e le donne, martiri del Dio dell'universo. Gli abitanti di quella città infatti, tutti indistintamente, anche lo stesso Curatore e i magistrati, insieme ai Curiali 27 , oltre che l'intera popolazione,
i
Es 22 , 20.
k Es 20, 3 .
25 Usando l e opportunità offerte nella lingua greca dalle parole com poste, Eusebio elogia il martire come vero filosofo, cioè amante della sapien za, e come vero /ilotheo, cioè amante di Dio. 26 L' episodio anche in Lattanzio, Istituzioni divine, 5, lOs. Anche lo scrittore latino non riporta il nome della città. 27 Carica amministrativa, con compiti ispettivi, anche sul fisco, e giudi ziari, in qualità di ausiliario del governatore. Cf. Codex lustinianeus, I, 54, 3 (23 9).
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si erano confessati Cristiani e non avevano in alcun modo ob bedito a quanti ingiungevano loro di adorare gli idoli. 2 . E voglio parlare anche di un altro, insignito di carica ro mana, di nome Adaucto, di nobile famiglia, originaria dall'Ita lia, il quale aveva percorso in modo irreprensibile ogni carica onorifica possibile sotto gli imperatori, ricoprendo anche le ca riche amministrative di magister e di Direttore Generale del te soro imperiale 28 . Oltre che in queste incombenze si era distin to per la saldezza nella religione e per la confessione di Cristo di Dio. Proprio mentre ricopriva la carica di Direttore Genera le, sostenendo la lotta per la religione, fu adornato dalla coro na di martire. 12.
l
NUMEROSISSIMI ALTRI, UOMINI
CHE
E
DONNE,
SOSTENNERO LOTTE DIVERSE
l. Perché debbo ora ricordare per nome tutti gli altri o nu merare la moltitudine di uomini o descrivere i diversi tormenti dei mirabili martiri? Alcuni furono soppressi con le scuri, come accadde a quelli d'Arabia; altri ebbero le gambe spezzate, come avvenne a quelli di Cappadocia; e anche furono appesi dai pie di a testa in giù e, acceso di sotto un fuoco lento, furono soffo cati dal fumo che si sprigionava dal materiale bruciato, come capitò a quelli della Mesopotamia; altri ancora subirono la mu tilazione del naso, delle orecchie e delle mani, ed ebbero le al tre parti del corpo dilaniate, come accadde ad Alessandria. 2 . 2 8 Funzionario dell'amministrazione imperiale, Adaucto aveva prima ricoperto la carica minore di dirigente del tesoro imperiale (magister rei pri vatae), poi quella di direttore generale del tesoro imperiale CRationalis rei pri vatae). La res privata imperiale era formata dal patrimonium, cioè dalle ren dite delle proprietà imperiale e dalle rendite derivanti dai monopoli. Accan to a questa alto funzionario ne esisteva un altro, che si occupava del /iscus, cioè del tesoro pubblico.
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. Storia ecclesiastica
Perché bisogna riaccendere il ricordo dei martiri di Antiochia, bruciati su graticole, non per farli morire, ma per rende�e più lungo il supplizio? Oppure il ricordo di altri, che hanno prefe rito piuttosto mettere la destra sul fuoco piuttosto che acco starsi al maledetto sacrificio? Alcuni di costoro, sfuggiti alla prova, prima di essere catturati e di cadere nelle mani dei per fidi, preferirono gettarsi da sé dall'alto delle case, ritenendo che la morte fosse un modo per sottrarsi alla malvagità degli empi. 3 . Una signora, donna nel corpo, ma santa e ammirevole per le virtù dell'anima, illustre tra tutti gli antiocheni per ric chezza, famiglia e rinomanza, aveva allevato nei precetti della religione le sue due figlie vergini, le quali eccellevano per bel lezza e si trovavano nel fiore degli anni 29, Poiché la grande in vidia scatenatasi contro di loro si adoperava in ogni modo per rintracciarne il nascondiglio, quando venne a sapere che vive vano in un altro paese, ebbe cura di richiamarle ad Antiochia, e così esse caddero nelle reti dei soldati. La donna però, quan do vide se stessa e le figlie senza scampo, le ragguagliò su quan to di terribile avrebbero subito dagli uomini, e la cosa più in tollerabile di tutte, la minaccia di essere prostituite. Le esortò a non voler udire tale cosa neppure con la punta delle orecchie, dicendo che il consegnare le anime alla schiavitù dei demoni era peggio di qualunque morte o di qualsiasi perdita. Unica li berazione da tutto ciò sarebbe stato il rifugiarsi nel Signore. 4 . Le giovani furono del medesimo avviso. All o rché giunsero a metà strada, dopo avere avvolto con modestia i vestiti intorno al corpo, chiesero alle guardie il permesso di fermarsi un istan te per appartarsi, e si gettarono nel fiume che scorreva lì ac canto. 5. Esse quindi si diedero la morte. Inoltre altre due vergi ni 30, sempre ad Antiochia, in tutto divine e veramente sorelle, 29
I nomi di queste martiri sono · Domnina, Bernice e Prosdocia.
30 Di queste due martiri si ignora il nome.
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insigni per famiglia, illustri per ricchezze, giovani d'età, belle di corpo, nobili d'anima, pie nel comportamento, ammirevoli nel lo zelo, come se la terra non sopportasse di portare tali meravi glie , furono gettate in mare per ordine dei servi dei demoni. Questi gli eventi lì a�caduti. 6. Nel Ponto· altri sopportarono cose terribili a udirsi. Eb · bero le dita della mani trapassate da spilloni acuminati; ad al cuni fu versato sulla schiena piombo fuso, bollente e infuocato, ed ebbero arrostite le parti più importanti del corpo. 7 . Altri soffrirono. nei genitali e nelle viscere sofferenze turpi e spietate, inenarrabili, che, dimostrando la loro crudeltà, giudici zelanti e !egalitari escogitarono a gara, come se fosse una prova di sag gezza. E tentavano di superarsi, l'un l'altro, inventando sempre nuovi supplizi, come se ci fossero in palio dei premi. 8 . La fine delle sciagure venne quando essi, gli Imperato ri, stanchi di uccidere, saturi e sazi di spargimenti di sangue, per l'eccesso dei mali addivennero a quel che ritenevano buo no e umano, tanto che sembrò che non volessero compiere più niente contro di noi 3 1 . 9. Dicevano che non si dovevano con tamin·are le città col sangue dei cittadini, né diffamare l'alto po tere dei sovrani con l'accusa di crudeltà, mentre esso era mite e benevolo verso tutti; era piuttosto necessario estendere a tutti il beneficio della clemente autorità degli imperatori e non punire più nessuno con la morte. E infatti questa pena, per l'umanità degli imperatori, venne abolita contro di noi. 1 0 . Allo ra l'ordine fu di strappare occhi e amputare gam be: queste er ano . per loro le pene più lievi e umane contro di noi. Perciò, grazie a questa forma di umanità degli empi, non è possibile enumerare la moltitudine di quanti ebbero l'occhio desti:o prima cavato con la spada e poi cauterizzato col fuoco; di quelli a cui fu paralizzato il piede sinistro con la cauterizza3!
Eusebio allude forse al periodo che va dal 307 al 309, quando sem
brò calmarsi la forza dell'attività persecutoria contro i Cristiani.
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zione delle giunture, e del gran numero dei condannati alle mi niere di rame della provincia 32 , non tanto per farli lavorare, ma piuttosto per maltrattarli e tormentarli. Oltre a costoro, altri caddero in diverse lotte, che non è possibile enumerare, perché i loro atti di coraggio vincono ogni parola. 1 1 . Poiché in queste lotte i magnifici martiri di Cristo brillarono per tutto il mondo, come era naturale, ovunque furono motivo di stupore per quanti assistettero alle loro prove di coraggio: attraverso se stessi offrirono chiare prove della potenza veramente divina e indicibile del nostro Salvatore. Ad ogni modo, sarebbe troppo lungo o addirittura impossibile ricordare per nome ciascuno di loro. 13 . l CAPI DELLE CHIESE CHE CON IL LORO SANGUE MOSTRARONO LA GENUINITÀ DELLA RELIGIONE DA LORO PROFESSATA l . Tra i capi delle chiese che subirono il martirio nelle città più importanti, il primo che nei monumenti dei santi noi dob biamo proclamare martire del Regno di Cristo è il vescovo del la città di Ni com e di a Antimo 3 3 , il quale subì la d e capit azion e 2 . Tra i martiri di Antiochia il più nobile per l'intera sua vita fu un presbitero di quella diocesi, Luciano 34, lo stesso che a Ni comedia annunciò, alla presenza dello stesso imperatore, il re,
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3 2 In I Martiri di Palestina, 7, 2 Eusebio è più preciso. Ci dice che cin que anni dopo l'inizio della persecuzione, nel 3 08, molti Cristiani furono con dannati alle miniere di rame a Feno, in Palestina, in una landa desolata a sud del Mar Morto. 33 Anche in questo passo Eusebio non rispetta l'ordine cronologico de gli eventi. Antimo, ad esempio, subì il martirio all'inizio della persecuzione, nel 303, mentre Luciano lo sostenne nel 3 12 , sotto Massimino Daia. 34 Luciano di Antiochia fu un insigne studioso di Sacra Scrittura e tra i più illustri sostenitori dell'interpretazione letterale dei testi sacri. Spesso vie-
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gno di Cristo, prima con parole in un'apologia e poi anche coi fatti. 3 . Tra i martiri della Fenicia i più celebri e in tutto cari a Dio furono i pastori degli armenti spirituali di Cristo, Tiramio ne, vescovo della chiesa di Tiro, Zenobio, presbitero di quella di Sidone, e Silvano, vescovo delle chiese intorno a Emesa. 4 . Quest'ultimo, insieme ad altri, fu dato in pasto alle fiere nella stessa Emesa e fu assunto nei cori dei martiri. Gli altri due, in Antiochia, glorificarono la parola di Dio con la perseveranza fi no alla morte: il vescovo fu gettato in mare, l'altro, Zenobio, ot timo medico, morì coraggiosamente per le torture inflittegli ai fianchi. 5. Tra i martiri di Palestina, Silvano, vescovo delle chiese intorno a Gaza, insieme ad altri trentanove, fu decapitato nelle miniere di rame, a Feno. Nello stesso luogo i vescovi egiziani Peleo e Nilo, insieme ad altri, morirono sul rogo. 6. Tra costo ro dobbiamo ricordare la grande gloria della diocesi di Cesarea, il presbitero Panfilo, il più ammirevole tra i contemporanei e di cui a tempo debito descriveremo il valore delle sue illu stri ope re 35 7. Tra quanti morirono gloriosamente ad Alessandria, nel l'intero Egitto e nella Tebaide, bisogna registrare per primo Pietro, vescovo della stessa Alessandria, divino esempio di maestro di devozione in Cristo; e tra i presbiteri che erano con lui Fausto, Dio e Ammonio, martiri perfetti di Cristo; e inoltre Filea, Esichio, Pachimio e Teodoro, vescovi delle chiese d'Egit to. Insieme con loro ce ne furono moltissimi altri, illu stri, i qua li sono commemorati dalle diocesi, secondo le regioni e le loca lità. ne citato come un anticipatore o addirittura ispiratore di Ario, di cui proba bilmente fu per qualche tempo maestro. Cf. A. Grillm eier, Gesù il Cristo nel la fede della Chiesa, Brescia 1 982, pp. 447 -449; 459-461 . M. Simonetti, La cri si ariana del N secolo, cit., pp. l9-20; 27-3 1 . 3 5 S u Panfilo e sull'influsso che ebbe nella formazione di Eusebio cf. Introduzione, p. 6. L'opera in cui Eusebio diffusamente tratterà dd martirio subito da Panfilo, nd 3 10, è I Martiri di Palestina, 1 1 .
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Mfidare a uno scritto i combattimenti di quanti sulla ter ra intera si sono battuti per la devozione alla divinità e raccon tare con precisione i fatti loro accaduti non è compito nostro, ma lo sarebbe piuttosto di quelli che coi propri occhi hanno vi sto tali fatti. Quelli a cui io stesso ho ·assistito di presenza sa ranno esposte ai posteri in un'altra opera 36. 8. Nel presente li bro a quanto detto aggiungerò brev�mente, poiché sono di grandissima utilità per i lettori, oltre ai fatti accaduti dall'inizjo della persecuzione, il racconto del fallimento delle azioni intra prese contro di noi. 9. Prima della guerra che l'impero romano mosse contro di noi e durante tutto il tempo in cui le autorità furono in ami cizia e in pace con noi, quali parole potrebbero narrare l'ab bondanza di beni e la prosperità di cui l'impero fu ritenuto de gno? Quando quelli che reggevano il p otere universale, com piendo i decennali e i ventennali 37 , trascorrevano il tempo in piena e stabile pace, in feste, celebrazioni, piacevolissimi ban chetti e letizia. 10. Così proprio mentre il loro potere cresceva senza ostacoli e progrediva ogni giorno di più, all'improvviso la loro pacifica disposizione d'animo mutò, e contro di noi scate narono una guerra senza quartiere. Ma prima ancora che si compisse il secondo anno da quel cambiamento, per tutto l'im pero scoppiò una sorta di rivoluzione, che sconvolse ogni co-
3 6 Il riferimento è a I Martiri di Palestina. 37 Al compiersi dd decimo e dd vent> k e O Signore ho amato la bellezza della tua casa e il luogo in cui ha sede la tua gloria I. 8 . E non ciascuno da solo, ma tutti insieme, con un solo spirito e una sola anima veneriamo e acclamiamo dicendo: Grande è il Signore e sommamente degno di lode nella città del nostro Dio, sul monte santo m . E infatti egli è veramente grande, e grande è la sua dimora, sublime, ampia ed eccelsa per bellezza, al di so pra dei figli degli uomini 1 2 . Grande è il Signore che solo com pie meraviglie "· Grande colui che compie opere grandi e imper scrutabzl� gloriose e meravigliose, di cui non v'è numero 0• Gran de è colui che alterna le stagioni e i tempz; che abbatte e innalza i re P, che solleva il misero da terra e rialza il povero dal letame q. Ha abbattuto i potenti dai troni e ha sollevato gli umili da terra; ha colmato di beni gli affamati r. Ha spezzato le braccia dei su perbi s. 9. Così Egli, l'autore di opere straordinarie e di opere grandi, ha confermato non solo per i credenti, ma anche per i non credenti, il ricordo delle narrazioni antiche; Egli che è il Si gnore dell'universo, l'Onnipotente, benevolo, unico e solo Dio, al quale cantiamo il canto nuovo, rivolgendoci a colui che solo compie prodigz; perché la sua misericordia è per sempre; a colui che umilia i grandi re, che ha fatto perire potenti re, perché eter na è la sua misericordia, perché nella nostra miseria si è ricorda to di noi e ci ha liberato dai nostri nemici t .
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m Sal 48, 2. n Sal 72 , k Sal l22, l . l Sal 26, 8. Sal 87 , 3 . P Dn 2, 2 1 . o Gb 9, 10. q Sal l 13 , 7 . r L e l , 52s.; cf. Gb t Sal 136, 4. 17s.23 s. 19; 5, 1 1 ; Sal 107, 9. s Gb 38, 15.
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1 2 Nell'oratoria sacra non di rado le citazioni scritturistiche erano trat te da brani anche distanti tra di loro o di più autori o riportati a senso, estra t>olando a volte solo le parole ritenute più efficaci allo scopo che l'oratore si Prop oneva. In questo caso i brani accostati sono Bar 3, 24s. e Sal 45 , 3 .
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10. Non cessiamo quindi mai di magnificare così l'opera tore di tutti i beni. Qu anto a colui che è la seconda causa dei nostri beni, l'esegeta della conoscenza di Dio, il maestro della vera religione, il distruttore degli empi, lo sterminatore dei ti ranni, colui che ha posto nella retta via la vita umana, il Salva tore di noi disperati, Gesù, p ortiamo il suo nome sulle labbra e veneriamolo. 1 1. Egli solo, essendo unicissimo Figlio benevo lissimo di Padre benevolissimo, in conformità alla decisione della filantropia paterna, di buon grado ha rivestito la natura di noi uomini 1 3 , che giacevamo quaggiù nella perdizione; e come un medico ottimo per la salvezza dei malati, "non solo osserva i mali, ma anche tocca ciò che è ripugnante, e per le sciagure al trui raccoglie dolori per sé" I