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LA NUOVA ITALIA
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Saggi storici sul rapporto tra cristianesimo ...
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LA NUOVA ITALIA
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natura
Saggi storici sul rapporto tra cristianesimo e scienza a cura di David C. Lindberg e Ronald L. Numbers
Titolo originale:
God and Nature. Historical Essays on the Encounter between Christianity and Science (London-Berkeley-Los Angeles, University of
California Press) © Copyright 1986 by The Regents of the University of California
Traduzione e aggiornamenti bibliografici a cura di Paolo Lombardi © Copyright 1994 by La Nuova Italia Editrice, Scandicci (Firenze) Prima edizione: maggio 1994 Fotocomposizione: Saffe, Firenze Stampa: SAT, San Giustino (Perugia) Progetto grafico e coperta: C.D.&V., Firenze L'editore potrà concedere a pagamento l'autorizzazione a riprodurre una por zione non superiore a un decimo del presente volume. Le richieste di riprodu zione vanno inoltrate all'Associazione Italiana per i Diritti di Riproduzione delle Opere a Stampa (AJDROS), via delle Erbe, 2 - 20121 Milano, tel. 02/86463091, fax 02/89020865. e natura : saggi storici sul rapporto ira cristianesimo e scienza. - (Idee; 8) - ISBN 88-221-1406-X L Cristianesimo - Rapporti con la scienza I. Lindberg, David C. II. Numbers, Ronald 261.55
Dio
INDICE
David C. Lindberg e Ronald L. Numbers Introduzione
IX
David C. Lindberg La scienza e la Chiesa delle origini
1
Atene e Gerusalemme, p. 8 La Chiesa e la scienza na turale, p. 18 Praticanti della scienza, p. 24 Conclu sioni , p. 34 -
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Edward Grant Scienza e teologia nel Medioevo
39
La scienza ancella della teologia, p. 40 La rivolta delle ancelle: la sfida della filosofia naturale alla teologia, p. 42 L ' influsso della teologia sulla scienza, p . 4-7 L'impatto della scienza sulla teologia, p. 56 La teologia fu di im pedimento alla ricerca scientifica?, p. 69 -
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v
INDICE
Rohert S. Westman I copernicani e le Chiese
75
Il successo di Copernico , p. 77 - Le prime reazioni pro testanti: il circolo di Melantone e l' «interpretazione di Wit tenberg» , p. 84 Le prime reazioni cattoliche e il Conci lio di Trento, p. 91 - La teoria copernicana e l'esegesi della Bibbia, p. 97 I gesuiti, p. 1 03 - Cosmologie coperni cane, p. 1 0 7 Galileo: un riformatore cattolico progres sista, p. 1 12 - Conclusione , p. 122 -
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William R. Shea Galileo e la Chiesa
1 23
Un'epoca di ortodossie soffocanti , p. 124 La sfida ese getica di Galileo, p. 129 La concezione scientifica gali leiana, p. 135 - Lo scontro e la condanna, p. 138 -
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William B. Ashworth ]r. Il cattolicesimo e le origini della scienza moderna
1 53
Le diverse esperienze scientifiche dei cattolici , p. 155 La scienza e la Chiesa istituzionale, p . 1 73 - La scienza all'interno degli ordini religiosi , p. 182 -
Gary B. Deason La teologia riformata e la concezione meccanicistica della natura
1 95
Dall'aristotelismo alla fùosofia meccanica, p. 195 Giu stificazione e sovranità assoluta nel pensiero protestante, p. 204 - Dio e il mondo della natura, p. 208 La so vranità divina e la passività della natura, p. 2 12 Con clusione, p. 223 -
-
-
Charles Wehster Puritanesimo , separatismo e scienza
227
Definizioni , p. 228 - I puritani e la rivoluzione scientifi ca, p. 2 31 La scienza e il mutamento sociale, p. 235 Le divisioni settarie all'interno della scienza inglese, p. 2 3 7 -
-
VI
INDICE
- Il puritanesimo fu antiscientifico? , p. 240 - L'etica pro testante e la scienza, p. 244 - La purezza originaria della Scrittura, p. 246 - Edificazione, p. 25 1 - I puritani al potere, p . 253 - Conclusione, p. 259
Richard Wesifall L' ascesa e il declino del cristianesimo ortodosso : saggio su Keplero, Descartes e Newton
261
Giovanni Keplero: u n cosmologo cristiano, p . 262 René Descartes: uno scettico renitente, p. 269 - Isaac Newton: un nemico dell'irrazionalità, p. 2 76 Conclusione, p. 284 -
-
Guida a ulteriori letture
287
Indice dei nomi
299
VII
AVVERTENZA
Nella presente edizione non sono stati tradotti i capitoli 9-18 dell'edizione inglese . Di conseguenza anche nell'lntrodl.lzione e nella «Guida a ulteriori letture» risultano tagliate le parti relative. Tra parentesi quadre nelle note sono stati indicati gli inserti del traduttore. Delle citazioni è stata fornita, qualora non esistesse un'edizione italiana an che parziale (comunque controllata sull'originale), la traduzione diretta dalla lingua originale.
VIII
INTRODUZIONE David C. Lindberg e Ronald L. Numbers
Gli storici hanno discusso per più di un secolo la relazione storica esistente tra scienza e cristianesimo, che alcuni hanno concepito co me una rivalità capitale, altri come un'alleanza, mentre altri hanno ritenuto che né ••scontro» né «concordia» fossero termini adatti a descrivere tale relazione . I «termini della questione•• , secondo l'espressione di Donald Fleming, furono impostati verso la metà del XIX secolo da due americani, John William Draper ( 1 8 1 1 - 1 882) e Andrew Dickson White ( 1 83 2- 1 9 1 8) , le cui opere sottolinearo no con forza lo «Scontro» o cclotta» tra la scienza e il cristianesimo . Nato in Inghilterra, figlio di un sacerdote metodista, Draper emigrò negli Stati Uniti nel 1 832 , laureandosi quattro anni dopo in medicina, per poi ottenere una cattedra alla New York Uni versity, dove insegnava chimica e fisiologia. Nella sua carriera, si lasciò alle spalle la fede paterna a favore di un teismo raziona lista. Poco dopo la metà del secolo, Draper si volse alle questioni storiche , redigendo in successione una Storia del progresso intellet tuale europeo ( 1 862) in due volumi , e una Storia della guerra civile ame ricana 1 ( 1 867- 70) in tre tomi . 1 Cfr. D. Fleming, fohn William Draper and the Religion of Science, Phil adelphia, Univ. of Pennsylvania Press, 1 950.
IX
INTRODUZIONE
All ' inizio degli anni settanta, Edward L. Youmans, il primo divulgatore scientifico americano , richiese a Draper una Storia dello scontro tra religione e scienza (1874) come contributo alla sua «Inter national Scientific Series» scientifica internazionale di testi scritti da scienziati di grande statura. Stimolato dalle recenti prese di posizione romane che proclamavano l'infallibilità papale e che in nalzavano la «rivelazione» al di sopra dei «saperi umani» , Dra per accolse volentieri l ' occasione di fustigare la Chiesa cattolica per la sua presunta ostilità di vecchia data nei confronti della scien za. Benché il titolo della sua opera evocasse un ' indagine dei rap porti tra la religione e la scienza, la disputa mossa da Draper era in realtà indirizzata quasi solo al cattolicesimo romano , che , sin da quando aveva raggiunto il potere temporale nel IV secolo, ave va ostentato un' «acredine aspra e capitale» verso la scienza. Con un linguaggio studiatamente ad effetto, Draper accusava il Vati cano di avere le mani cclorde di sangue» 2 della persecuzione de gli scienziati e di altri dissidenti . Altri organismi religiosi ricevevano qualche parca lode. Gli stu diosi dell 'Islam, sosteneva Draper, avevano gettato le basi di di verse discipline; la Chiesa ortodossa greca aveva, generalmente parlando, accettato la scienza con favore ; i protestanti avevano coltivato uno «stretto rapporto amichevole» , guastato solo da al cune «incomprensioni» occasionali. In effetti, Draper concepiva la Riforma protestante , con la sua insistenza sull' interpretazione personale delle Scritture , come la «sorella gemella» della scienza. Se C alvino aveva mandato al rogo Michele Serveto, ciò era do vuto al fatto che «egli era mosso , non dai principi riformati , ma da quelli cattolici, da cui non era stato capace di affrancarsi com pletamente». E, se alcuni pastori protestanti dell'Ottocento ac cusavano con astio gli scienziati di empietà, era per quello stesso motivo che si comportavano così 3• Per Draper, la lezione da trarre dalla storia non poteva essere più lampante: 2 J . W . Draper, History of the Conflict hetween Religion and Science, New York, D. Appleton & Co. , 18 74, pp. X-Xl, - 3 3 5 , 364; J . R . Moore, The Post Darwinian Controversies: A Study of the Protestant Struggle to Come to Terms with Darwin in Great Britain andAmerica, 1870-1900, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 1979, pp. 20-29. 3 J . W . Draper, History ojthe Conflict hetween Religion and Science, cit . , pp. X-Xl, 1 02 , 363-364.
x
INTRODUZIONE
La religione deve deporre quell' atteggiamento imperioso e tirannico che ha mantenuto tanto a lungo contro la scienza. La libertà di pensiero de ve essere totale. L 'uomo di Chiesa deve restare entro i limiti del ruolo che ha scelto, cessando di spadroneggiare sulla testa del filosofo, il qua le, ben cosciente della propria forza e della purezza delle proprie inten zioni , non tollererà più una simile ingerenza 4•
Non c'è da meravigliarsi del fatto che il racconto 'di Draper di ccteologi feroci» a caccia dei pionieri della scienza con ccuna Bibbia in una mano e una torcia accesa nell ' altra» , come un critico ha descritto la sua ricostruzione, attraesse una vasta gamma di let tori . La Storia dello scontro vendette più copie di qualsiasi altro li bro uscito nella cclnternational Scientific Series», ebbe almeno cin quanta ristampe e dieci traduzioni, tra cui una versione spagno la che finì all ' Indice. Draper, con umiltà, previde che il suo libro sarebbe stato solo ccil proemio, o il precursore, di un ' intera lette ratura, che le vicissitudini e le esigenze dei nostri tempi avrebbe ro evocato» . In questo caso la sua capacità di prevedere il futuro si dimostrò più puntuale della sua conoscenza del passato; non passò quasi anno, verso la fine del XIX secolo , che non vedesse la pubblicazione di qualche nuova opera che riecheggiava - o attaccava - le tesi di Draper 5 • Lo studio storico sui rapporti tra scienza e religione di gran lunga più influente dopo quello di Draper fu l ' opera di White , Storia della lotta della scienza con la teologia nella Cristianità (1896) . White , storico educato nella fede episcopale , teneva una cattedra all' Università del Michigan, e fece parte del senato dello stato di New York, prima di diventare il primo rettore della Cornell Uni versity. White aveva iniziato la sua attività di saggista in materia di scienza e religione nel quadro di uno sforzo teso a discreditare i suoi critici nelle file religiose , che vedevano di malocchio i fondi concessi alla sua università appena fondata, a Ithaca, e cui spia ceva il suo spirito inflessibilmente laico , spirito espresso dal desi derio dichiarato di White di creare ccun rifugio per la scienza ave la verità possa essere ricercata per se stessa, e non forzata
4 s
pp.
lvi . , p. 367 . lvi p . rx ; D. Fleming, fohn William Dro.per o.nd the ReligùJn oj &imce, cit. , 129- 134-;J.R. Moore, The Post-Do.rwinian Controversus, cit. , pp. 28, 46.
XI
INTRODUZIONE
o censurata per adeguarsi alla rivelazione» 6• Per quasi tre decen ni - dal 1 869, quando tenne la sua prima conferenza su cci cam pi di battaglia della scienza», fino al 1 896 , quando pubblicò il suo saggio storico in due tomi - , White intraprese una guerra senza quartiere contro i denigratori della scienza. Assorbendo del tutto la retorica marziale onnipresente nell' età vittoriana, egli descris se con accenti drammatici non un mero scontro, ma una guerra totale : «una guerra di durata più lunga, fatta di battaglie più fe roci , di assedi più ostinati, di una strategia più sottile che in tutte le guerre, fugaci al confronto, mosse da Cesare, da Napoleone o da Moltke» 7• Sulla scorta delle proprie ricerche storiche, White giungeva all a conclusione che in tutta la storia moderna , ogni ostacolo frapposto alla scienza nel sup posto interesse della religione, per quanto coscienziosamente tale osta colo sia stato elevato, ha prodotto il più diretto pericolo tanto alla scien za che alla religione e invariabilmente ; e, d ' altra parte, ogni libera in vestigazione scientifica, per quanto questa in taluni periodi possa esser sembrata pericolosa alla religione, ha invariabilmente portato i più grandi vantaggi tanto alla religione che alla scienza 8•
Benché White indirizzasse i suoi primi strali alla «religione» e al «clericalismo» , alla fine egli tracciò una netta linea di demar cazione tra la teologia, che compiva asserzioni dogmatiche sul mon do, e che scorgeva nella Bibbia un testo scientifico, e la religione, che consisteva nel riconoscimento di un «potere universale» , e in una vita vissuta moralmente. La religione , in questa accezione, ha spesso favorito la scienza, mentre la teologia l'ha ostacolata 9• 6 B. Mazlish, Prefazione a A . D . White, A History of tke Waifare of Sci ence witk Religion in Ckristendom, abridged ed. , New York, The Free Press, 1 965 , p . 1 3 . Su White, cfr. anche G . C . Altschuler, Andrew D. White Educator, Historian, Diplomai, lthaca (N. Y . ) , Comell Univ. Press, 1 979. 7 A.D. White, A History oJ tke Waifare of Science witk Religion in Ckristen dom, New York, D. Appleton and Co. , 1876, p. 7 ; J.R. Moore, Tke Post Darwinian Controversies, cit. , pp. 29-40 . 8 A . D . White, A History oJ tke Waifare of Science witk Religion in Ckristen dom, cit. , p. 8 [ci t. in Storia della lotta della scienza con la teologia nella Cristianità, tr. di G. Peron i , Torino, Unione Tipografico-editrice, 1 902, p. 5 ) . 9 A . D . White, Storia della lotta del la scienza , cit. , p. 5 . Nel primo riassunto delle sue idee che fu pubblicato («First of the Course of Scientific Lectures
XII
INTRODUZIONE
Il testo di White , a quanto pare , non vendette così tante copie quante quello di Draper, ma alla lunga dimostrò di avere un mag giore ascendente , in parte, forse, a causa dell 'urtante anti cattolicesimo di Draper, che ne rendeva datata l ' opera, e a causa dell' imponente documentazione di White, che dava l 'impressio ne di un solido bagaglio culturale 1 0 • In pieno xx secolo, un linguaggio marziale dominava ancora le discussioni su scienza e religione, soprattutto negli anni venti, quando i fondamentalisti tutti citazioni bibliche cercarono di ban dire l 'insegnamento della teoria evolutiva dalle scuole statali 1 1 • Ancora nel 1 955, il grande storico della scienza di Harvard, George Sarton , lodava di nuovo White - e suggeriva che la sua tesi ve nisse ampliata fino a comprendere le culture non-cristiane 1 2 • Ancora più tardi, nel 1 965 , lo storico Bruce Mazlish , introdu cendo un' edizione ridotta della Storia della lotta, osservava che quel libro meritava sempre un «enorme rispetto e di continuare a es- Prof. White on "The Battle-Fields of Science"» , New York Daily Tribune, 1 8 Dee. 1 869, p. 4), White faceva cenno più volte ai rapporti tra religione e scienza; nel 1 8 76 (A. D . White, Storia della lotta della scienza, cit. , p. 1 47), faceva riferimento alla «lunga lotta tra il clericalismo e la scienza»; infine nel 1 896 dette alla sua opera il titolo di Lotta della scienza con la teologia. 10 J . R . Moore, The Post-Darwinian Controversies, cit. , p. 36; G . C . Altschu ler, Educator, Historian, Diplomat, cit . , p. 208 . Per un giudizio critico sulla cultura di White, cfr. O. Zi:ickler, Geschichte der Beziehungen zwischen Theologie und Naturwissenscha.ft, mit hesonderer Riicksicht auf &hopjungeschichte, 2 voli. , Gu tersloh, C. Bertelsmann, 1 8 7 7 , 1 879; T. Dwight, «Dr. Andrew D. White' s Warfare of Science», Boston Medicai and SurgicalJournal, 1 25, 1 891 , pp. 122-1 23; J .J . W alsh, The Popes and Science: The History of the Papal Relations to Science during the Middle Ages and Down to Our Own Time, New York, Fordham Univ. Press, 1 908 . Devo a Ronnie Schoepflin l'aver richiamato la mia attenzione sulle osservazioni di Dwight. 11 C fr. , ad esempio, M . Shipley, The War on Modero &ience: A Short His tory of the Fundamentalists Attack on Evolution and Modemism, New York, A.A. Knopf, 1 92 7 . 12 G . Sarton , «lntroductory Essay» , i n J . Needham (ed . ) , Science, Reli gion and Reality, New York , G . Braziller, 1 955, pp. 3-2 2 . Per una concezio ne meno negativa, cfr. il saggio di C. Singer contenuto nel medesimo libro, «Historical Relations of Religion and Science», pp. 89- 1 52 , poi ripubblicato a sé stante come Religion and Science Considered in Their Historical Relations, New York, R. McBride, s . d . Il testo curato da Needham apparve per la prima volta nel 1 925.
XIII
INTRODUZIONE
ser letto» . Secondo Mazlish , White aveva dimostrato il proprio punto di vista «al di là di ogni ragionevole dubbio» 13 • Giudizi del genere , tuttavia, tralasciavano la montante certez za del fatto che la visione di White era scaturita da uno sguardo deformato dall'ostilità. Un certo numero di studiosi, tra cui Alfred N . Whitehead e Michael Foster, avevano preso , a partire dagli anni venti e trenta, a sdrammatizzare lo scontro tra scienza e cri stianesimo . In effetti, Whitehead e Foster si erano persuasi che il cristianesimo, lungi dal costituire un ostacolo per la scienza, l'avesse in realtà favorita, in quanto dava per scontato il fatto che la natura operasse secondo un ordine regolare e metodico - un postulato essenziale della scienza moderna 1 4 • Per molti studiosi, l' esempio più stringente dei servigi resi dalla religione alla scienza era dato dall' Inghilterra del Seicento, ove un gran numero di puritani, a quanto pareva, si era dedicato con passione alla scienza. L' asserzione classica di questa tesi apparve in un testo del 1 938 redatto dal sociologo Robert K. Merton , il quale riteneva che il puritanesimo avesse contribuito alla nascita della scienza moderna per avere apprestato un sistema di valori atti a dare alla scienza un riconoscimento ufficiale. Dal momento che il rapporto tra puritanesimo e scienza è stato spesso rappre sentato come un modello in scala della relazione più grande tra scienza e cristianesimo, le argomentazioni a favore e contro me ritano più di un cenno fugace . Secondo Merton, gli studiosi medievali tenevano in spregio l'in dagine della natura, a causa dell' «ascetismo monastico e del sen timento della temporaneità e della conseguente mancanza di va lore della materia» . Nel migliore dei casi , costoro ritenevano pri va di utilità la scienza naturale ; nel peggiore , la identificavano con la magia nera, giudicandola affatto illecita. Al contrario la 13 B. Mazlish, Prefazione, cit . , pp. 9, 1 8 . 14 A.N. Whitehead, Scùnce and the Modero World, New York, Macmillan, 1 925 [ trad . it. La scienza e il mondo moderno, Milano, Bompiani , 1 945 ) ; M . B . Foster, «The Christian Doctrine of Creation and the Rise of Modem Nat ura! Science» , Mind, 43 , 1 934, pp. 446-468; Id. , «Christian Theology and Modem Science of Nature», Mind, 44, 1 935, pp. 439-466; 45 , 1 936, pp. 1 -2 7 . Per una nuova asserzione di questa tesi , cfr. E . K.lareen, Religious Origins ofModero &ience: Belief in Creation in Seventeenth-Century Thought, Grand Rapids ( Mi. ) , Wm . B. Eerdmans, 1 977 .
XIV
INTRODUZIONE
Riforma protestante, per il tramite dell 'etica puritana, concede va un valore positivo all ' impresa scientifica. Quando concepiva la scienza naturale come un' occupazione «Socialmente accettabi le» e > . Tuttavia, il mon do materiale non deve occupare il centro dell 'umana occupazione : Non votare te stesso a quella luce di cui godono gli uccelli e i serpen ti , gli animali selvatici e quelli domestici , le mosche e i vermi . Afferra con la sensibilità la luce materiale, e abbraccia con ogni movimento del l'anima quella vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mon do ( Gv 1 ,9 , N. d. T. ) [ . . . ) . Giacché, se noi siamo il tempio di Dio, e lo spirito di Dio abita in noi , ciò che ciascun fedele contiene dentro di sé , è ben più di ciò che egli ammira nei cieli . Non vi dico questo, miei ca rissimi, per questo motivo, per convincervi a disprezzare le opere di Dio, o a pensare che , in quelle che sono le buone opere di un Dio buono, vi sia qualcosa in contrasto con la vostra fede; ma che potete disporre di tutte le creature, di tutto ciò che compone questo mondo meraviglio so, in modo ragionevole e misurato [ . . . ] perciò , dacché siamo nati alle 55 De gen. ad litt. , 1 ,9,39, p. 5 3 .
in
Opere di Sant 'Agostino, cit . ,
22
IX,
2 , La Genesi,
LA
SC IENZA E LA CHIESA DELLE ORIGINI
cose presenti, ma rinati a quelle della vita futura, non votiamo noi stessi ai beni temporali, ma teniamoci fissi a quelli eterni [ ] 56• . . .
Il mondo della materia non va dunque amato, ma usato , non essendo un fine in sé , ma un mezzo per la contemplazione di co se più elevate. Che conseguenze aveva, quest' atteggiamento, nei confronti del l ' impresa scientifica? Impiegando come criterio di confronto una sorta di mondo ideale, una specie di eden scientifico in cui i valo ri e le risorse a disposizione della società fossero tutti scrupolosa mente sottomessi al servizio della ricerca scientifica, allora il giu dizio nei confronti dei cristianesimo dovrebbe essere crudo : la Chiesa non stimolava affatto la fondazione di istituzioni dedicate alla ricerca scientifica, né esercitava alcuna pressione sui giovani capaci perché intraprendessero carriere scientifiche. La maggior parte dei giudizi negativi dati sulla Chiesa delle origini in riferi mento alla scienza sembra scaturire dall ' anacronistica applicazione di un simile criterio. Ciò di cui si deve tenere conto, tuttavia, è il fatto che la Chiesa delle origini stava esprimendo valori che ri cavava pur sempre da un ambiente culturale pagano. Nell' intera gamma di valori pagani che andavano dalla religione cosmica al ripudio gnostico verso il mondo, i Padri della Chiesa scelsero una posizione mediana. Non può esserci dubbio che la lezione bibli ca sulla creazione in quanto opera uscita dalle mani di Dio ebbe una certa influenza nella determinazione della posizione che i cri stiani avrebbero occupato, ed è perciò chiaro che il loro esser cri stiani ebbe gran peso in questa materia; ma va ammesso il fatto che le alternative tra le quali i Padri scelsero venivano dalla cul tura pagana. Pertanto pare improbabile che l 'entrata in scena del cristiane simo abbia fatto qualcosa per diminuire il sostegno dato all ' atti vità sd. entifica, o il numero delle persone che vi prendevano par te . Lo studio della natura manteneva una posizione assai preca ria nelle società antiche ; eccezion fatta pe r la medicina e per un poco di astronomia, la scienza non compiva alcuna funzione pra tica, e raramente veniva concepita come un' attività socialmente 56
In natiuitate Domini sermo
ries Latina,
uv ,
VII,
in Migne, Patrologiae cursus completus, Se
coli . 96-9 7 .
23
DAVID C. LINDBERG
utile. Conseguenza di ciò era il fatto che essa riceveva scarso pa trocinio politico o sostegno sociale, e dipendeva da mezzi propri e dall ' iniziativa individuale 57 • Quando , nella tarda antichità, l'e conomia e le fortune politiche dell ' impero romano declinarono , il numero di coloro che avevano a disposizione mezzi propri sce se , e l 'iniziativa fu indirizzata altrove . Inoltre , il mutamento di valori pedagogici e filosofici spostò l ' attenzione lontano dal mon do naturale; inevitabilmente, la ricerca scientifica ne soffrì. Il cri stianesimo fece ben poco per modificare questa situazione ; d ' al tro canto, fu pur sempre meno distaccato dalle cose terrene delle altre grandi ideologie rivali ( lo gnosticismo, il neoplatonismo e la religione dei misteri ) , e offrì un incentivo lievemente maggio re verso lo studio della natura 58 • I cristiani reputavano la scien za importante solo nella misura in cui era di ausilio alla fede; tut tavia essa, occasionalmente , era di ausilio alla fede .
• PRATICANTI DELLA SCIENZA Finora si è discusso a livello teorico; ma qual era, in termini con creti , il livello di coinvolgimento dei cristiani nella scienza o nel la fùosofia naturale? Fino a che punto era conosciuta la scienza? 57 L. Edelstein, «Moderni indirizzi nell' interpretazione della scienza an tica.. , �it. , pp. 1 2 1 - 1 22 ; G . E. R . Uoyd, La scienza. dei Greci, cit. , pp. 1 22- 1 2 7 . 58 E vero che l a religione cosmica annetteva grande importanza al mon do visibile come manifestazione dell 'Ente divino, ma la sua attenzione per i corpi celesti , e la sua tendenza ad adorarli le precluse la via per diventare un sostegno importante dell'attività scientifica; inoltre, come ha sottolinea to A . H . Armstrong, la religione cosmica aveva pur sempre una propria «CU riosa sorta di trascendentalismo materiale» (cfr. «The Materia] Universe» , cit. , p. 33). Armstrong ha sottolineato anche che la propensione della reli gione cosmica a fondere scienza e teologia non doveva avere, probabilmen te, effetti benefici per nessuna delle due discipline (ivi , pp. 39-40). Cfr. A. H . Armstrong, St. Augustine and Christian Platonism, cit. , pp. 9-24; Id. , «Man in the Cosmos: A Study of some Differences between Pagan Neoplatonism and Christianity», in W. den Boer et al. (eds. ) , Romanitas and Christianitas, Am sterdam, North Holland , 1 973, pp . 5-14, e ristampato in Id . , Plotinian and Christian Studies, cap. 22 . Le mie conclusioni circa gli atteggiamenti cristiani verso la natura sono notevolmente simili a quelli di Amundsen nei confronti degli atteggiamenti cristiani verso la medicina secolare; cfr. D. W. Amund sen , «Medicine and Faith in Early Christianity» , Bulletin of the History of Me dicine, 56, 1 982, pp. 326-350.
24
LA
SCIENZA E LA CHIESA DELLE ORIGINI
Che contributo dettero i cristiani alla sua conservazione e al suo sviluppo ulteriore? E tutto ciò, che rapporto aveva con la teolo gia? Sono domande estremamente difficili , perché la ricerca fon damentale che avrebbe permesso di rispondere deve essere anco ra intrapresa. Tuttavia, è possibile fare alcuni passi preliminari prendendo rapidamente in esame l' opera di tre cristiani che rap presentavano tre gradi differenti di coinvolgimento nella filosofia naturale - Basilio di Cesarea, Agostino e Giovanni Filopono . Basilio (330ca . - 3 79) proveniva dalla C appadocia, nell 'Asia mi nore orientale, dove, nell'ultimo decennio di vita, divenne vescovo di Cesarea. Nelle Omelie sull 'Esamerone (ossia sui sei giorni della creazione) , Basilio cercò di arrecare quanta fùosofia naturale po teva in difesa e spiegazione del racconto biblico della creazione. Egli cominciava la sua opera attaccando i materialisti (senza dubbio i fùosofi ionici e gli atomisti), che non erano stati capaci di scor gere la bellezza e la finalità della creazione , prodotto di un Crea tore intelligente. Le stesse inclinazioni fùosofiche di Basilio si chia rivano all ' atto della sua identificazione del Creatore con il De miurgo platonico e della sua accettazione di una gerarchia plato nizzante di intelligenze celesti . Inoltre , contro i materialisti e in accordo con la dottrina cristiana e platonica, Basilio difendeva un universo temporale - ossia, un universo che aveva avuto un inizio e che avrebbe avuto una fine 59• Nelle Omelie compare una parte generosa di cosmologia e fisi ca aristoteliche, in larga misura riportata - senza approvazione come vacua fantasia e proclami privi di senso da parte dei filo sofi . Basilio accettava la dottrina dei quattro elementi e riferiva le tesi a sostegno di un quinto elemento celeste 60, riportando an che l' idea (di Anassimandro e Democrito) secondo cui esiste un'in finità di mondi , cui egli però contrapponeva il parere negativo 59 Sulla Genesi (Omelie sull'Esammme), a cura di M. N aldini, Milano, Fon dazione L. Valla-Mondadori, 1 990, 1, 5-6, pp. 1 7-2 1 . Su Basilio, cfr. an che L P . Sheldon-Williams, «St. Basi! ofCesarea», in A. H. Armstrong (ed . ) , Cambridge History, cit . , pp. 432-438; L. Thorndike, A History of Magie and Experimental Science, 8 voli . , New York, Columbia Univ. Press, 1 923-48 , I , p p . 48 1 -494. Sulla letteratura dei primi secoli relativa all ' Esamerone, Basi lio compreso, cfr. F. Robbins, The Hexaemeral Literature: A Study of the Greek and Latin Commentaries on Genesis, Chicago, Univ. of Chicago Press, 1 9 1 2 . 60 Sulla Genesi, IV , 5 , trad . it. cit. , pp . 1 23- 1 25 ; 1 , 8 , p . 2 7 .
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DAVID C. LINDBERG
di Aristotele, il quale argomentava su basi geometriche l ' impos sibilità dell ' esistenza di più di un mondo 6 1 • Basilio discuteva la posizione della Terra nell 'universo e richiamava la dottrina ari stotelica in favore di una Terra immobile in posizione centrale , situata in un luogo verso il quale tutti i gravi naturalmente cado no; e questo richiamo dava per scontata la sfericità della Terra. Secondo la sua abitudine , Basilio rifiutava di pronunciarsi sulla verità di questo sistema - benché in apparenza non paresse tro varlo inverosimile; si limitava a dichiarare come la nostra merac viglia avrebbe dovuto essere indirizzata verso la fonte dell 'ordi ne universale , piuttosto che verso i particolari : Se qualcuna di queste ipotesi ti sembra plausibile, rivolgi la tua am mirazione alla sapienza di Dio che queste cose così ha ordinato. Lo stu pore di fronte alle realtà più grandi non diminuisce quando si scopre il modo in cui avviene una di tali meraviglie ; in caso diverso, sia alme no la semplicità della fede più forte delle dimostrazioni razionali 62 •
Non si può fare a meno di restare impressionati dalla notevole padronanza dei fondamenti della cosmologia greca e della fil oso fia naturale da parte di Basilio - la maggior parte dei quali rica vata, senza dubbio, da manuali e compendi piuttosto che trami te il ricorso alle fonti originali. Basilio tuttavia non si fece sopraf fare dall ' ammirazione nei confronti degli autori pagani; talvolta etichettava le loro argomentazioni come «ridicole» e faceva ripe tuti cenni alla loro incapacità di concordare tra loro : «Perché mai dobbiamo darci da fare nel confutare le menzogne dei filosofi, quando ci basta mettere a confronto l'uno con l ' altro i loro libri e sederci in tutta tranquillità a vedere la guerra che costoro si fan no?» 63 • Soprattutto, Basilio era inflessibile nella negazione di ogni importanza specifica a questioni del genere. È possibile sapere altro sul modo in cui la dottrina biblica e la filosofia pagana si incontravano nel pensiero di Basilio , pren dendo in esame la sua discussione sui diversi cieli . La difficoltà riguardava l ' apparente discrimine tra Aristotele , per il quale al 61
62 63
Sulla Genesi, Sulla Genesi, Sulla Genesi,
3 , trad. it. cit . , 1 0 , trad. it. cit . , m , 8, trad . it. cit . , m,
I,
pp . p.
26
p.
77-79.
33 .
99 .
LA
SCIENZA E LA CHIESA DELLE ORIGINI
di là delle sfere planetarie si trova un solo cielo (quello delle stelle fisse) , e i primi versetti della Genesi, dove a prima vista si accen na a due cieli , il primo creato durante il primo giorno , e il secon do creato il giorno successivo . Il passo in questione della Genesi recita: «In principio creò Dio il cielo e la Terra [ ] . E tra sera e mattina si compì un giorno . Disse ancora Dio : " Si faccia il fir mamento in mezzo alle acque e divida acque da acque" . Così fu . Dio chiamò cielo il firmamento. E tra sera e mattina si compì il secondo giorno» 64 • Basilio, che ricusava un'interpretazione allegorica di questo pas so (e che perciò attaccava i suoi predecessori cristiani che aveva no invece accettato una simile esegesi) 65, si vedeva costretto a ri conoscere l 'esistenza di due cieli, e oltre a ciò di una massa d ' ac qua iperurania, posta tra i due cieli . In seguito , la distinzione di Basilio tra le tre entità celesti separate avrebbe dato origine al si stema medievale basato su tre cieli; il cielo supremo o empireo , che costituiva la dimora degli angeli; poi il cielo acquoso o cri stallino , formato da acqua cristallizzata, e infine il firmamento, in cui sono incastonate le stelle 66• Si vede qui con chiarezza co me le esigenze bibliche potessero irrompere nella filosofia natu rale e plasmare la teoria cosmologìca. Agostino, che raggiunse la fama cinquant 'anni dopo Basilio, ebbe una padronanza molto maggiore della filosofia naturale pa gana di quest 'ultimo . L ' opera agostiniana rivela un uomo assai colto in tutto il campo delle arti liberali . Nelle Confessioni, egli ri percorre la propria scoperta delle Categorie aristoteliche e riferisce le giovanili letture di tutti i libri sulle arti liberali che poté trova re, ivi compresi testi di retorica, di logica, di geometria, di arit metica e di musica 67 • Nel De ordine, scritto agli inizi del suo cam. . .
64
Gn 1 , 1 -8. Sulla Genesi, m , 9, trad . it. cit . , pp. 99- 1 0 3 . 66 Cfr. F . S . Benjamin, G .J . Toomer (eds. ) , Campanus oj Novara and Me dieval Planetary Theory: Theorica planetarum, Madison , Univ. of Winsconsin Press , 197 1 , pp. 393-394; E. Grant, «Cosmology», in D . Lindberg (ed . ) , Science in the Middle, Ages, cit . , pp. 275-278. 6 7 Conf IV , 16. E importante tenere conto che l'educazione di Agostino , molto simile a quella di quasi ogni altra persona colta di quel periodo , fu con forte prevalenza improntata a un orientamento letterario. Forse ci fu qualche considerazione verso le arti del Quadrivio (aritmetica, geometria, 65
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mino , Agostino delinea un programma pedagogico che include la matematica e le scienze matematiche come studi propedeutici per la filosofia; e, nelle Ritrattozioni, riferisce di aver avuto in ani mo, in gioventù, di scrivere manuali di tutte le arti liberali , arit metica, geometria, musica e rudimenti filosofici inclusi 68• Cen ni a molte fonti pagane sono sparsi un po ' dappertutto nelle sue opere . Nonostante i suoi studi, Agostino giunse con il passar del tempo a concepire la conoscenza della natura, in sé e per sé , sen za entusiasmo maggiore di quello di Basilio . Dobbiamo fissare , suggeriva Agostino , i nostri cuori alle cose celesti ed eterne , piut tosto che a quelle terrene e temporali . Nondimeno , il temporale è capace di servire l' eterno, e spesso Agostino riconosceva il va lore della conoscenza della natura per lo schiarimento della dot trina cristiana e per l' interpretazione delle Scritture . Frammenti di filosofia naturale greca, dunque, spuntano attraverso tutti i suoi scritt !i un bell ' esempio ( uno solo tra tanti) è l'uso frequente da parte di Agostino di idee greche sulla luce e sulla visione per lo sviluppo di una teologia e di un 'epistemologia proprie. Così Ago stino adopera la dottrina neoplatonica dell 'emanazione , spiegata con la metafora dell 'irradiazione della luce, per svelare la natura della Trinità 69 • Egli usava i fenomeni relativi all a luce in chia ve epistemologica, sostenendo che, siccome il sole deve illumina re le cose per renderle visibili all ' occhio corporeo, la luce divina deve illustrare le cose intelligibili se l' occhio della mente deve co glierle: Una cosa diversa è però la Luce, dalla quale è illuminata l'anima per ché possa vedere, comprendendole conforme alla verità, le cose sia in se stessa sia in questa Luce . Questa Luce è infatti Dio stesso, mentre l ' anima è una creatura [ . . . ] e quando si sforza di contemplare quella
astronomia e musica) , ma sia tra i cristiani che tra i pagani queste ultime erano ugualmente sopravanzate dalla cura verso la grammatica, la retorica e i classici . 68 Cfr. H. l. Marrou, Saint Augustin et la fin de la culture antUJ.ue, Paris , Boe card, 1 958 .. pp. 187- 197 [trad . it. Sant 'Agostino e la fine della cultura antica, Milano, Jaca Book, 1 987, pp. 1 74- 184] ; P. Brown, Agostino, cit . , pp. 1 1 0- 1 1 5 . Solo i l manuale dedicato alla musica sopravvive; gli altri , nota Agostino in Retract. , l , 5 , furono solo abbozzati e andarono perduti. 69 Cfr. De trinitate, 4, 20.
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LA
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Luce, batte le palpebre a causa della sua debolezza e non riesce a veder la interamente 70 •
Quest ' interpretazione in chiave epistemologica della luce , è un tema platonico , ripreso e cristianizzato da Agostino 71 • Durante le tante discussioni sulla psicologia e sull ' epistemologia della per cezione , Agostino si affida alla teoria estrusiva della luce, secon do la quale la luce scaturisce a percepire l'oggetto dall 'occhio del l' osservatore . Nel De Genesi ad litteram , ad esempio , Agostino ri badisce che senza dubbio i raggi emessi dai nostri occhi sono veramente emissione di una specie di luce che può restringersi quando guardiamo l' aria vici na ai nostri occhi e allungarsi quando guardiamo nella stessa direzione oggetti si ti a distanza [ . ] . È tuttavia certo che la luce, che si trova nel senso di chi vede, è tanto debole che, senza l ' aiuto di una luce esterna, non potremmo veder nulla 72 • . .
Ancora una volta, la fonte di Agostino era platonica. Un secondo esempio dell'impiego della conoscenza naturale da parte di Agostino, e del suo impegno a venire a patti con le pro blematiche della scienza naturale, è la sua teoria delle rationes se mina/es; qui il problema era riconciliare il concetto biblico di una créazione temporale dell 'universo da parte di Dio con il fatto fa cilmente esperibile che esiste uno sviluppo progressivo delle for me naturali, in particolar modo di quelle biologiche. Per sciogliere la difficoltà, Agostino richiamava un · concetto stoico, che anche Platino aveva fatto suo , secondo il quale ogni natura contiene i germi o i principi seminati che indirizzano e determinano il suo sviluppo futuro. Secondo Agostino, Dio ha creato in principio tutte 70
De Gen. ad litt. , 1 2 , 3 1 ,59, in Opere di Sant 'Agostino, cit. , rx, 2 , p. 7 1 2 . Sulla teoria agostiniana relativa all' illuminazione divina, cfr. R.A. Markus, «Augustine : Reason and Illumination», in A. H . Armstrong (ed . ) , Cambridge History, cit. , p p . 362-373 ; E. Gilson , The Christian Philosophy of &int Augustine, New York, Random House, 1 960, pp. 77-96. 72 Dt Gen. ad litt. , 1 , 1 6 , 3 1 , in Opere di Sant 'Agostino, IX, 2 , p . 45 . Sulle conoscenze agostiniane in fatto di ottica e sull'uso di metafore luminose, cfr. F . -J . Thonnard, «La notion de lumière en philosophie augustinienne» , Re cherches Augustt."niennes, 2 , 1 962 , pp. 125- 1 75 ; D. Lindberg, Roger &con 's Philo sophy of Nature, Oxford, Clarendon Press, 1 983 , p p . xxxix-xli. 71
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le cose , ma alcune in atto e alcune in potenza - queste ultime sotto forma di rationes seminales, principi seminali destinati a evol versi più tardi in esseri compiuti , siccome un seme si evolve in una pianta completa. In questo modo, Agostino metteva a frutto la filosofia naturale greca per risolvere un problema esegetico dando per scontato il fatto che la creazione da parte di Dio è af fatto compiuta sin dal principio, e tuttavia tenendo pienamente conto di concetti derivati dall' osservazione e dal senso comune, che riguardavano lo sviluppo degli esseri natJ.Irali 73• È rimarche vole il fatto che Agostino impieghi la dottrina dei principi semi nali anche in relazione all ' origine di Adamo ed Eva 74• R . A . Markus ha sottolineato come dalla dottrina agostiniana dei principi seminali conseguisse un concetto di legge naturale. Que sta implicazione della teoria fu riconosciuta dallo stesso Agostino in De Genesi ad litteram : Il corso ordinario della natura presa nel suo insieme ha le sue deter minate leggi naturali, secondo le quali anche lo spirito vitale [ . . . ] ha certe tendenze naturali proprie [ . . . ] . C osì pure gli elementi di questo mondo fisico posseggono delle potenzialità e proprietà che per ogni cosa deter minano ciò che essa è capace o non è capace di produrre. Tutti gli esseri che sono generati da questi , diciamo così , germi primordiali delle cose, hanno la loro origine, la loro crescita, come anche la loro fine e scom parsa ciascuno a suo tempo e conforme alla sua specie 75 •
Ciascun essere si comporta in modo aderente all ' indirizzo di vino - la legge della sua natu ra. Non c'è che un passo , qui , per approdare alla distinzione tra Dio in quanto causa prima e un ordine creato di cause secondarie:
73 Sui principi seminali , cfr. R.A. Markus, «Augustine: God and Na ture», in A . H . Armstrong (ed . ) , Cambridge History, ci t. , pp. 398-399; E. Gil son, Christian Philosophy ofAugustine, cit . , p. 206-208; J . M . Brady, «St . Au gustine' s Theory of Seminai Reasons», New Scholasticism, 38, 1 964, pp. 1 4 1 - 1 58 ; C .J . O ' Toole, The Philosophy of Creation in the Writings of St. August ine, Washington (D. C . ), Catholic Univ. of America Press, 1 944. 74 De Gen. ad litt. , 9 , 1 7 , 3 2 . 7 5 De Gen. ad litt. , 9, 1 7 , 3 2 , i n Opere di Sant 'Agostino, c it . , IX, 2 , pp. 489-49 1 . L' argomentazione di fondo e la scelta delle citazioni sono dovute a R.A. Markus, uAugustine: God and nature» , cit . , pp . 398-402 .
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LA SCIENZA E LA CHIESA DELLE ORIGINI
Infatti altra cosa è costruire e governare la creazione dal centro e dal la sommità del cardine delle cose , chi fa questo è l 'unico creatore, Dio; altra cosa intervenire dal di fuori secondo le forze o le possibilità da lui distribuite , per portare alla luce ciò che viene da lui creato in questo o quel momento, in questa o quella materia. Senza dubbio tutte le cose che noi vediamo sono già state create originariamente in una specie di trama degli elementi, ma solo quando ci sono le occasioni favorevoli ven gono fuori 76 •
Vi era una sorta di doppia serie causale ; da un lato, le cose si trasformano e si sviluppano in modo conforme alle nature che Dio ha dato loro; dall ' altro , Dio governa la creazione ccdalla som mità del cardine delle cose» . Questa considerazione ci conduce alla questione dei miracoli , sulla quale Agostino non è completamente coerente . In un caso , egli argomenta il fatto che un avvenimento è miracoloso quando è causato da un intervento diretto di Dio e in violazione dell' or dine naturale che prende corpo nelle cause secondarie create . Più spesso , Agostino sostiene invece che la volontà divina di violare quell ' ordine è pur sempre un fatto non meno naturale ( e dunque non maggiormente miracoloso) della Sua volontà di mantenerlo : «Come dunque non è stato impossibile a Dio creare delle nature secondo la sua volontà, così non gli è impossibile mutarle come vuole>> 7 7 • In ultima analisi, tutto ciò che esiste dipende da Dio , e la nozione di «miracolo» , se deve avere un senso, non può si gnificare che la violazione di ciò che ci attendiamo : Noi diciamo infatti che tutti i prodigi sono contrari alla natura, ma ciò non è vero. Come può essere contro natura ciò che accade per vo lontà di Dio, dal momento che è proprio la volontà di un essere così gran de che costituisce la natura di tutte le cose create? Il portento dunque non accade contro natura, ma contro quella parte della natura che noi conosciamo 78 •
76 De
trinitate, 3 , 9 , 1 6 , in Opere di Sant 'Agostino, cit . , IV, La Trinità, p. 1 5 1 . XXI, 8, 5 , a cura di L. Alici, Milano, Rusconi, 1 984 ,
77 La città di Dio, p. 1079.
78 La città di Dio, XXI , 8, 2 , ivi, p. 1077. Sulle opinioni di Agostino ri guardo ai miracoli, cfr. R.A. Markus, «Augustine: God and Nature», cit. , pp. 400-402 ; P. Brown, Agostino, cit. , pp. 423-42 7 .
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Un ultimo esempio dell'atteggiamento di Agostino nei confronti della filosofia naturale pagana è costituito dalla sua concezione dell 'astrologia. Nella Città di Dio , Agostino lancia un attacco ro busto contro la scienza astrologica, in particolar modo contro i suoi precetti fatalistici . Egli argomenta a lungo che , se due ge melli , concepiti nello stesso momento e nati quasi al contempo , sono tuttavia diversi in modo impressionante per quanto concer ne la personalità, il carattere e l ' andamento della vita, non è dun que possibile sostenere ragionevolmente che siano le stelle a de terminare il destino di ciascuna persona: Come spiegare che nella vita, nel comportamento, nelle azioni , nelle professioni, nelle arti , negli onori e negli altri aspetti della, vita umana e persino della morte di due gemelli ci sia per lo più una difformità tale, da esser più simili a loro , per questo riguardo, molti estranei? Eppure essi furono separati nel momento della nascita soltanto da un brevissi mo intervallo di tempo e concepiti con un unico atto e nello stesso mo mento 79•
Agostino era disposto ad ammettere l' influenza degli astri sul le cose materiali , ma la volontà umana doveva permanere intat ta; solo così era possibile salvarne la libertà. Esisteva quale pre supposto della discussione, come si vede, un fattore teologico . Re stava tuttavia un 'ultima domanda: se le stelle non determinano il destino degli uomini , se gli astrologi non sono altro che ingan natori , come è possibile spiegare il successo che le previsioni astro logiche incontrano di tanto in tanto? Le predizioni astrologiche azzeccate , secondo Agostino, non hanno nulla a che vedere con il fatto di trarre gli oroscopi, ma dipendono invece dalla consul tazione di spiriti maligni, «preoccupati di infondere in modo sta bile nella mente dell 'uomo queste idee false e perniciose sulla fa talità degli astri» 80 • L'ultima figura presa in esame in questo studio è Giovanni Fi79 La città di Dio, v, 1 , ed . cit . pp. 262-263 . L' argomento antiastrologi co dei gemelli non era originale agos tiniano. 80 La città di Dio, v, 7, ed . cit. p. 270. Sulle opinioni astrologiche di Ago stino, cfr. T . O . Wedel The Mediaeval Attitude toward Astrology, particularly in England, New Haven, Vale Univ. Press, 1 920, pp. 20-24-; L. Thorndike, His tory of Magie, ci t. , 1, pp. 504--522. ,
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LA SC IENZA E LA CHIESA DELLE ORIGINI
lopono (cristiano di Alessandria vissuto nella pn " �.:'ltt età del � VI secolo) , che fa vedere bene la conciliabilità tra i ..,.r)Js tale mo e un' attività molto vivace nel campo della filosofia Filopono era un insegnante, con una cattedra di filosofia alla scuola di Alessandria, e fu uno degli ultimi , grandi commentatori ari stotelici dell' antichità; compose commenti a parecchie delle ope re logiche di Aristotele, come pure alla Fisica , alla Metereologia , · al De anima, al De generatione et corruptione - testi in cui intraprese l' attacco più forte alla filosofia naturale aristotelica. La tesi di fondo dell ' anti-aristotelismo di Filopono era la negazione della dicoto mia posta da Aristotele tra regioni terrestri e regioni celesti del mondo ; a tal fine , Filopono sostenne che stelle diverse sono di diverso colore ; che la diversità di colore comporta differenze nel la composizione; che la composizione comporta la possibilità della decomposizione e del disfacimento ; da ciò si deduce che i cieli non sono meno soggetti alla corruzione di quanto lo siano le cose poste nelle regioni terrestri . Filopono asseriva che il Sole era com posto di fuoco (una sostanza terrestre), piuttosto che di una quinta essenza, quinta sostanza di origine celeste , e che l ' astronomia (e senza dubbio egli pensava all 'astronomia tolemaica) scalzava l ' i dea aristotelica secondo la quale i corpi celesti sarebbero dotati di moto semplice attorno al centro dell'universo. Ne consegue che i cieli non possono essere divini, e ciò metteva Filopono in grado di tirare una netta linea di demarcazione tra il Creatore e il resto della sua creazione (tanto celeste quanto terrestre) . Una dottrina aristotelica fondamentale crollava così di fronte alla dottrina cri stiana; ma ciò non significa che l' attacco di Filopono fosse privo di sostanza da un punto di vista filosofico . Al contrario , egli pro cedeva con acutezza argomentativa, in modo alquanto rigoroso e - come gli storici della scienza non hanno mancato di sottoli neare - con effetti positivi per l' andamento a venire della co smologia 8 1 • La campagna anti-aristotelica di Filopono conteneva molte al'
81
Su Filopono, cfr. S. Sambursky, ujohn Philoponus» , Dictionary of Scientific Biography, 7 , pp. 1 34- 1 39; Id. , The Physical World of Late Antiquity, London, Routledge & Kegan Pau), 1 962 , pp. 1 54- 1 75 e passim; I. P. Sheldon Williams, uThe Reaction against Proclus» , in A . H. Armstrong (ed . ) , Cam bridge History, cit . , pp. 477-483 .
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tre cose; egli attaccò la dottrina di Aristotele sull 'eternità del mon do, cercò di dare una nuova valutazione dell 'ottica aristotelica 82 e intraprese un forte assalto alla dinamica aristotelica, negando sia che attraverso un mezzo un corpo cada con una velocità pro porzionale al suo peso , sia che la velocità di caduta sia infinita nel vuoto , sia il fatto che sia l ' azione del mezzo a mantenere in moto un proiettile dopo che quest' ultimo si sia staccato, dall 'og getto propulsore . È rimarchevole come l ' attacco di Filopono alla dinamica aristotelica non affondasse su una qualche base teolo gica, ma - in misura rilevante - su argomenti empirici 8 3 • Il lavoro di Filopono, che in parte prendeva le mosse dalla fede cri stiana, e in parte no , rappresenta un'evidente confutazione della pretesa secondo cui il cristianesimo e la filosofia naturale fatta con serietà erano per essenza e necessità avversari .
• CONCLUSIONI Una concezione equilibrata del rapporto tra cristianesimo e scienza durante l ' epoca patristica si è dimostrata molto difficile da rag giungere. Un motivo ne è il fatto che gli studi in merito sono sta ti spesso intrapresi tenendo ben in mente fini polemici o apologe tici quali espressioni di preferenze religiose. I critici del cristia nesimo sono rimasti assorti sui casi di ostilità da parte dei cristia ni verso la cultura pagana e li hanno caricati di significato fino a farne un rifiuto sistematico dell' impresa scientifica operato dal l 'istituzione religiosa. I difensori del cristianesimo, svolgendo lo stesso ruolo, hanno invece esagerato i contributi cristiani alla scien za, facendone episodi emblematici e simboli di una relazione po sitiva tra cristianesimo e scienza. La verità di questo rapporto , tuttavia, è ben più complessa di quanto mostrino queste due po sizioni estreme. 82 J . A . Christensen , Aristotle and Philoponus on Light, tesi di Ph. D. , Har vard Univ. , 1979. 83 Una traduzione inglese dei documenti principali in M . Cohen, l . Drabkin, A Source Book in Greek Science, Cambridge (Ma.), Harvard Univ. Press, 1 948 , pp. 2 1 7-223 ; per una loro discussione, cfr. M . Clagett, Greek Scimce in Antiquiry, eit. , pp. 1 69- 1 76.
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LA
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Tentando di indicare le caratteristiche di quel rapporto, dob biamo iniziare ponendo una condizione : quando si parla dell' «at teggiamento cristiano» , si può intendere solo quel «Centro di gra vità» attorno a cui ruotava la ripartizione della grande varietà delle opinioni dei cristiani , perché ne esistevano molte. La Chiesa non era monolitica e non esisteva alcuna concezione intorno alla filo sofia pagana e alla scienza naturale che fosse universalmente cri stiana. Gli atteggiamenti cristiani verso la cultura classica erano tanto differenziati tra di loro , quanto gli atteggiamenti analoghi dei pagani . Ogni comunità comprendeva uomini che avevano in stima la filosofia e altri uomini che la svilivano; uomini che rite nevano utile la scienza naturale e altri che la reputavano una per dita di tempo o addirit_tura dannosa. Y\tteggiamenti simili erano determinati non solo dalle pretese dei teologi , ma anche da altri fattori . Nella tarda antichità, esistevano forze sociali e intellet tuali che puntavano a scoraggiare e modificare la natura del di scorso filosofico, specialmente ad allontanare l ' attenzione da una fùosofia naturale ritenuta impossibile, per volgerla alla ricerca della vera felicità e ad altri problemi degni del massimo interesse 84• I cristiani, com'è ovvio , reagivano in modo differenziato a que ste forze, proprio come davano reazioni diverse alle pretese della teologia cristiana. Come definire dunque il coinvolgimento dei cristiani nella scien za e nella filosofia naturale? Erano pochi i cristiani che conside ravano lo studio del mondo naturale più che una questione di se conda, e forse anche di terza, importanza; paragonato alla salva zione e allo sviluppo della dottrina cristiana essenziale , tale stu dio era decisamente trascurabile . Non c ' è motivo di allarmarsi , sottolineava Agostino, per l ' «ignoranza da parte dei cristiani ri guardo le proprietà e il numero degli elementi [ . . ] . Per il cristia no , è sufficiente credere che la causa di tutte le cose [ . ] non è altro che la divina bontà» 85 • Ritenere che il cristianesimo offris se uno stimolo più grande di questo all' attività scientifica, sareb be una deformazione grossolana. .
. .
8 4 Sono molti gli studiosi che hanno sottolineato il fatto che, nell'anti chità, il termine filosofia prese con sempre maggior frequenza a indicare la ricerca della felicità o della salvazione. 85 Cfr. n. 54.
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Tuttavia, sarebbe una distorsione anche dare l 'impressione che non vi fosse un impegno , da parte dei cristiani, nel campo della filosofia naturale, o che la Chiesa ponesse ostacoli o schiacciasse la scienza. Molti Padri non soltanto avevano a disposizione un bagaglio notevole in fatto di conoscenze naturali, ma considera vano quest'ultimo utile per l 'interpretazione della Scrittura e per la difesa della fede. Agostino, nel suo tentativo di formulare una Weltanschauung cristiana, attinse a parti consistenti della filosofia naturale greca, e specialmente platonica. In questo modo , i Pa dri misero a frutto la scienza greca della natura, e nel mentre la sfruttavano, la tramandavano. Dobbiamo tenere questa tradizione nel giusto conto come uno dei contributi più significativi dei cri stiani alla scienza. Fino al xn secolo , quando un'ondata di tra duzioni produsse una grande disponibilità di nuove fonti all' Oc cidente latino , le opere patristiche costituirono uno dei principali depositi della cultura scientifica. Ciò che la Chiesa tramandava, tuttavia, modificava - e a lo ro volta le dottrine ecclesiastiche ne venivano modificate. La dot trina cristiana e la filosofia greca della natura devono essere con cepite non come edifici intellettuali del tutto separati e immuta bili, posti l'uno a lato dell ' altro durante l 'epoca patristica, e che occasionalmente si scambiavano qualche colpo basso, ma come concezioni del mondo che interagivano tra di loro e che si tra sformavano l ' un l'altra. Il cristianesimo modificò la tradizione filosofica, in primo luogo , svolgendo un ruolo selettivo . Giacché i Padri avevano una preferenza assai marcata per la filosofia pla tonica, contribuirono a decidere la prevalenza della concezione platonica per più di un millennio, fino a che, nel XII secolo , si acquistò la possibilità di accedere direttamente alle fonti aristote liche. Nondimeno una modifica era possibile anche allorché la rivelazione veniva a confronto diretto con i problemi della scien za della natura; ad esempio , l'eternità del mondo era un fatto di squisita pertinenza scritturale , e si è già visto come l' interpreta zione dei primi versetti della Genesi da parte di Basilio conduces se alla proliferazione delle sfere celesti. Inoltre, effetto dell'incontro tra fùosofia naturale e teologia cristiana fu il fatto che i cieli per sero il loro rango divino . Dall ' altro lato , i cristiani appresero a leggere la Bibbia con occhi greci, e soprattutto platonici , e la loro teologia si permeò sempre più a fondo della metafisica e della co36
LA SCIENZA E LA C HIESA DELLE ORIGINI
smologia greche 86 • La portata di questa mutua modificazione non fu , con ogni probabilità, né avvertita né voluta da coloro che la subivano; ma, a meno che non se ne tenga ben conto , non è possibile cominciare a comprendere il decorso successivo della teo logia, della filosofia, della scienza occidentali .
86 Per una discussione sull'influenza del pensiero greco sulla dottrina cri stiana, cfr. E. Hatch, The lnflumce of Greek ldeas on Christianity, New York, Harper & Brothers, 1957; H . B . Timothy, Early Greek Apologists, cit. , pp. 8 1 -98.
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Il. SCIENZA E TEOLOGIA NEL MEDIOEVO Edward Grant
L ' interrelazione tra scienza e teologia non è mai stata così stretta come nell ' Europa occidentale di lingua latina durante il Medioe vo . In questo rapporto talora burrascoso, la teologia fu il mem bro che , con ogni evidenza, dominava; sfide circoscritte a quel predominio vennero soltanto quando una filosofia naturale suffi cientemente robusta fu pronta a porgere interpretazioni alterna tive della costituzione e dei processi dell 'universo. Lo scontro tra scienza e teologia di rado sorse nel campo delle discipline mecca niche , ma progredì piuttosto in quel settore della filosofia natu rale che si occupava dei principi universali che governano il co smo , soprattutto in quella regione ove teologia e scienza cercava no di dar conto dei medesimi fenomeni 1 . Prima del XII secolo ,
1 Benché vi siano differenze semantiche tra il termine moderno scienza e il vocabolo medievale filosofia naturale, i due termini verranno qui usati co me sinonimi. In pratica, la filosofia naturale (o «scienza naturale», come ve niva talvolta chiamata), veniva per lo più identificata con i «libri naturali» (libri natura/es) di Aristotele, i quali trattavano argomenti di cosmologia, di fisica, ed esponevano una concezione della materia. Essendo una delle tre branche in cui era suddivisa la filosofia teoretica, la filosofia naturale aveva
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allorché il nutrimento scientifico della cristianità latina era scar so, la scienza era priva di robuste fondamenta metafisiche e com prendeva poco più che qualche trattato logico aristotelico , alcuni testi medici , due terzi del platonico Timeo , qualche opera astrolo gica e, soprattutto , una schiera di manuali enciclopedici redatti in latino da Plinio, da Salino, da Calcidio, da Macrobio, da Mar ziano C apella, da Boezio, da Cassiodoro , da Isidoro di Siviglia e da Beda il Venerabile. Un tratto importante di questo corpus di cultura secolare era costituito dalle celebri sette arti liberali , con la loro ulteriore ripartizione in discipline linguistiche e disci pline matematiche , con le prime che comprendevano grammati ca, retorica e dialettica (o logica) , e venivano indicate con il vo cabolo trivium , e le seconde che incorporavano aritmetica, geo metria, astronomia e musica, e che venivano indicate sotto la co mune denominazione di quadrivium . La ristretta nozione di scienza che prendeva corpo nel quadri vium delle sette arti liberali sfociò nell ' accezione più vasta di fi losofia naturale durante il XII e il XIII secolo, allorché , in un' epo ca in cui si ebbe un' attività senza precedenti di traduzioni lati ne dall ' arabo e dal greco , il grosso della scienza e della filoso fia naturale greche fu finalmente importato all 'interno della cri stianità di lingua latina, quasi undici secoli dopo l' avvento del cristianesimo .
come unico oggetto il moto dei corpi e i mutamenti di questi ultimi . Benché la filosofia naturale si differenziasse dalla matematica, le scienze che faceva no impiego di strumenti matematici , come l'ottica e l 'astronomia, ma che tuttavia si occupavano anch 'esse di corpi in moto, potevano ricadere all ' in terno del dominio della filosofia naturale. Sulla collocazione della filosofia naturale nella suddivisione medievale dei saperi, cfr. R. Kilwardby, De ortu scientiarum, ed. by A . G . Judy, Toronto, British Academy and the Pontificai Institute of Medieval Studies , 1 976, pp. 1 5-29 ; D. Gundisalvi, De divisione philosophiae, Una traduzione inglese parziale condotta da M . Clagett ed E . Grant i n E . Grant (ed.), A Source Book in Medieval Science, Cambridge (Ma.), Harvard Univ . Press, 1 974, pp . 62-65 . [II testo del De divisione philosophiae è stato edito da L. Baur, Beitriige zur Geschichte der Philosophie der Mittelalters, Miin ster, 1 903 . Una parte del De divisione philosophw relativa all'astronomia anche in appendice a C . Burnett, ccA New Source for Dominicus Gundissalinus' Account of the Science of Stars?», Annals of Science, 47, 1 990, pp. 361 -374) .
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• LA SCIENZA ANCELLA DELLA TEOLOGIA Durante tutto il corso del Medioevo , la scienza ricevette la quali fica di «ancella della teologia•• (philosophia ancilla theologiae) , condi zione assegnatale per primo da Filone Ebreo nel I secolo a. C . , e in seguito fatta propria da Clemente Alessandrino ( 1 50ca. -2 1 5ca.) e da sant 'Agostino nella tarda antichità, e consolidata appieno secoli dopo , ad opera di Ugo di San Vittore (morto nel 1 1 4 1 ) e da san Bonaventura ( 1 1 2 1 - 1 274) . In base alla concezione ancil lare , la scienza non doveva venir perseguita per se stessa, ma so lo per il sostegno che poteva fornire all' esegesi scritturale . San Bonaventura dedicò un trattato apposito al ruolo ancillare e au siliario delle arti rispetto alla teologia. In quest 'opera, cui dette titolo Le arti ricondotte alla teologia (De reductione artium ad theologiam), Bonaventura concepiva le «arti» (artes) come quasi equivalenti al la filosofia e alla scienza, e riteneva di aver dimostrato che tutte le branche del sapere sono ancelle della teologia, per la ragione che la teologia impiega esempi e concetti appartenenti a ogni cam po del sapere . Era questo lo scopo e il «frutto di tutte le scienze, affinché in tutte si edifichi la fede , si renda onore a Dio» 2 • La glorificazione di Dio era il fine ultimo dello studio scientifico del la natura. Q.Iasi due secoli pri�a, Pier Damiani ( 1007- 1072) aveva anch'egli rispecchiato un atteggiamento patristico e alto-medievale nei confronti del rapporto Dio-natura. Poiché era stato Dio a creare il mondo traendolo dal caos, Damiani Lo reputava 3 causa diretta
2 De reductione arlium ad theologiam, in Opere di san BOTUlventura, 1 4 voli. , Ro ma, C ittà Nuova, 1 990- , Opusculi teologici, v/ 1 , p. 5 7 . Sulla subordinazione della matematica alla teologia operata da Roger Bacon , cfr. D. Lindberg, «On the Applicability of Mathematics to Nature: Roger Bacon and His Pre decessors», Britishjournalfor the History of Science, 1 5 , 1982 , pp. 3-26. I passi biblici citati più spesso a sostegno della concezione ancillare, erano Es 3 , 2 2 e 1 2 , 36, ove s i accenna alla spoliazione dei tesori egiziani perpetrata dagli Ebrei . Nel 1 23 1 , quando volle giustificare la censura delle opere fisiche ari stoteliche, Gregorio IX fece riferimento alla spoliazione degli Egiziani da par te degli Ebrei . Cfr. E. Grant (ed . ) , A Source Book in Medieval Science, cit . , pp . 62-65 . 3 A . Cantin , Les sciences séculières et la Joi: Les deux voies de la science au ju gement de S. Pie"e Damien (1007-1072), Spoleto, Centro Italiano di Studi sul l' Alto Medioevo, 1 975, pp. 5 5 7 , 578.
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e immediata delle leggi e della composta bellezza naturale . Dio favorisce lo studio del mondo esteriore e materiale, con un duplice proposito : predisporre dentro di noi la contemplazione della sua natura invisibile e spirituale, così che ci si disponga ad amare e ad adorare meglio il Signore ; e renderei capaci di conseguire un dominio sul mondo siccome sta scritto in Sl 8 , 6-9 4 • Il raggiun gimento di questi fini è reso possibile dalla conoscenza dei numeri e delle quantità contenute nel quadrivium 5• Secondo Pier Damia ni , come più tardi per Bonaventura , lo studio della natura e delle sue leggi non era fine a se stesso, perseguito per un mero amore di sapere ; esso doveva essere al servizio di più alte necessità della religione e della teologia. In condizioni simili , le scienze secolari non poteyano sfuggire al declassamento alla posizione ancillare .
• LA RIVOLTA DELLE ANCELLE:
LA SFIDA DELLA FILOSOFIA NATURALE ALLA TEOLOGIA
La sussidiarietà della scienza rispetto alla teologia, comunque, fu un fatto sempre relativo ; la subordinazione fu più totale nel l ' alto Medioevo che in seguito, situazione imputabile in misura non piccola alla fragilità della filosofia naturale in quei cinque o sei secoli che dettero l' impronta all 'epoca alto-medievale . Il grosso della scienza e della filosofia greche, semplicemente , non era pre sente all ' interno di quella raccolta di conoscenze secolari che al lora venivano valutate come scienza. Il livello scientifico era tal mente basso da non costituire alcuna minaccia di sorta per la tra dizione e la dottrina cristiane. Eccezion fatta per il platonico Ti meo , la maggior parte di quella cultura era formata da un enci clopedismo poco omogeneo , e spesso arruffato o incoerente; pri vo di vera unità, o di principi ispiratori , esso non poteva che for nire una scarsa ispirazione in materia di nuovi punti di vista o intuizioni sulla natura del mondo capaci di dimostrarsi pericolo se per la cristianità. A partire dal XII secolo si vennero sviluppando mutamenti di
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lv i , p . 580 . lv i , p p . 536
ss.
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rilievo destinati infine a costituire una sfida per l ' interpretazione teologica dell 'universo e del Dio che l ' aveva creato . La minaccia nei confronti della teologia e della Chiesa non provenne dall ' a strologia o dalla magia, che , per quanto potenzialmente perico lose, furono tuttavia tenute a freno con successo nel Medioevo; essa giunse invece dalla filosofia naturale e dalla scienza greche, che all ' inizio si presentarono in una forma benigna, platonica e neoplatonica, nel XII secolo , tralignando poi nel XIII secolo nella forma più gagliarda e realmente pericolosa costituita dali ' aristo telismo. Le mosse di quest ' importante processo sono già eviden ti nell ' entusiasmo diffuso nel XII secolo per lo studio del Timeo , ove è facile scorgere il significativo mutamento in atto. Ispirati forse dai gioiosi sentimenti di Onorio di Autun (attivo intorno al 1 1 22) secondo cui ccl ' intera creazione di Dio reca gran delizia a tutti coloro che si degnano di prenderla in esame» 6, sentimenti condivisi dal contemporaneo di Onorio, Teodorico di Chartres 7 , mort o' nel 1 1 55 ca. , e d a autori anteriori come Pier Damiani, gli studiosi giunsero a indagare la natura per se stessa. Guglielm o di Conches (l 080ca. - 1 1 54ca. ), che riteneva che le leggi fisiche aves sero la precedenza sulle autorità ecclesiastiche, rispecchiava que sto mutato atteggiamento , allorché bollava coloro che , ccignoran do le forze della natura, [ . . . ] vogliono che si resti legati alla loro ignoranza, ci rifiutano il diritto di ricerca, e ci condannano a re stare come zotici in una fede senza intelligenza» 8 • Pretendere di dar conto delle cause e dei fenomeni grazie al solo richiamo al l 'onnipotenza di.v ina o a un passo biblico , equivaleva adesso a una franca ammissione d ' ignoranza 9• Spettava alla ftlosofia, non 6 «Omnis itaque dei creatio consideranti magna est delectatio», Elucida rium, 1, 1 2 , cit . in M . D . Chenu , Nature, Man and Society in the Twelfth Cen tury: Essays on New Theological Perspectives in the Latin West, Chicago, Univ. of Chicago Press, 1 968, p. 8 n. 15 [trad . it. La teologia nel Medio Evo. La teolo gia nel sec. XII, Milano, Jaca Book, 1 972 , p. 5 1 , n . 1 4] . 7 Cfr. T . Stiefel, «The Heresy of Science: A Twelfth-Century Concep tual Revolution» , Isis, 68, 1 9 7 7 , p. 350 . 8 M . D . Chenu, La teologia nel Medio Evo, cit . , p . 29 . Sull' atteggiamento di Guglielmo verso il rapporto tra legge naturale ed esegesi tradizionale di Gn, cfr. H. Lemay, «Science and Theology at Chartres: The Case of the Supracelestial Waters , British joumalfor the History oj Science, 1 0 , 1 9 7 7 , pp. 229-23 3 . 9 M . D . Chenu, L a teologia nel Medio Evo, cit . , pp. 30-3 1 . ..
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alla Scrittura, indicare la dottrina della natura e delle sue cause e dei processi ordinati. Era così sorta una rinnovata fiducia nella ragione umana e nell'esperienza sensibile. Persino la Bibbia, so prattutto il racconto della creazione contenuto nella Genesi, do vette adeguarsi alle esigenze della scienza fisica. La novella au dacia con cui si sottolineava l 'indagine razionale , cui erano asso ciati i nomi di Abelardo di Bath , di Guglielmo di C onches, di Bernardo Silvestre , di Clarenbaldo di Arras e di altri personaggi del XII secolo, segnava l ' inizio di uno sforzo, vigoroso ma infrut tuoso, in direzione della separazione tra scienza e teologia. Tale separazione , tuttavia, non significava automaticamente il perse guimento della scienza di per sé soltanto; al contrario , il fatto di tenerne conto ai fini dell ' interpretazione delle Scritture e dello schiarimento dei problemi teologici , avrebbe condotto a un rove sciamento di ruoli, perché la scienza prese a usurpare i diritti della teologia. Si gettarono così i semi di un raffronto tra scienza e teo logia, i cui frutti amari sarebbero venuti a maturazione nel . XIII secolo, dopo l ' importazione delle opere scientifiche aristoteliche che costituivano il nucleo essenziale della scienza greco-araba introdotta nell 'Europa occidentale . A partire dall ' inizio del XIII secolo, le versioni latine dall' arabo delle opere scientifiche , logi che e metafisiche di Aristotele avevano preso d ' assalto l' Euro pa. Incapace di reggere il confronto con la profondità e con la ricchezza di contenuti dei trattati aristotelici , raffinati quanto a metodologia scientifica e a strumentazione concettuale di fon do, il Timeo , che aveva costituito il fondamento e l' impulso gui da della concezione del mondo del XII secolo , cadde in una sorta di limbo . I trattati aristotelici sulla fisica, sulla metafisica, sulla logica, sulla cosmologia, sugli elementi , sulla gnoseologia e sull 'essenza del mutamento, provvidero il Medioevo di una concezione della costituzione e dei processi del mondo materiale . Tali trattati as sunsero questa funzione fondamentale a causa del fatto che la lo ro importazione nell ' Europa occidentale coincise con, e con ogni probabilità favorì , la nascita di quell ' istituzione tipicamente me dievale che fu l'università. Grosso modo per 450 anni , dal 1 200 al 1 650, le università dell' Europa occidentale sostennero con for za un corso di studi fondato sulle opere aristoteliche , ove la lo gica e la filosofia naturale di Aristotele venivano studiate da tut44
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ti coloro che si laureavano in arti . Poiché quest'ultimo titolo era di solito un prerequisito per chi volesse accedere alla laurea in teologia, titolo di studio più alto, la maggior parte dei teolo gi aveva una certa familiarità con la cultura scientifica contem poranea. Non è possibile sottovalutare l 'influsso del pensiero aristoteli co sul tardo Medioevo. Per la prima volta nella storia della cri stianità, un vasto corpo di cultura secolare, sontuoso in fatto di metafisica, di metodologia e di sillogistica, veniva a mettere in campo una minaccia per la teologia e per i suoi concetti tradizio nali. Laddove il racconto platonico della creazione contenuto nel Timeo, che ritraeva un Dio creatore il cui scopo era condividere la propria bontà, edificando un universo a partire da una mate ria e da una forma eterni e coesistenti, era convenientemente com patibile con il cristianesimo, il sistema universale di Aristotele, il quale prendeva le mosse dal concetto di un mondo senza inizio né fine, e di un Dio che non possedeva coscienza alcuna di quel mondo, non possedeva quella compatibilità. Quando poi a tali ostacoli si aggiunsero quelli relativi all' anima (che, a quanto pa reva, moriva assieme al corpo) e una forte propensione verso l ' im piego di schemi esplicativi naturalistici, e persino deterministici, risultò chiaro che il sistema universale aristotelico non poteva es sere ridotto con facilità alla condizione ancillare rispetto alla teo logia. Nel mentre numerosi teologi e quasi tutti i professori di arti si gettavano avidamente sui nuovi corsi aristotelici tenuti al l 'Università di Parigi, che vantava la più prestigiosa e influente Facoltà di Teologia del mondo cristiano, l 'inquietudine comin ciò a montare tra i teologi di tendenze più tradizionali, come di mostrano le condanne dei libri naturali di Aristotele emanate nel 1 2 1 0 e nel 1 2 1 5 , e un fallito tentativo di espurgarle nel 1 23 1 10 • Ogni tentativo del genere finì nel nulla e, a partire dal 1 25 5 , i
'0 Le condanne del 1 2 1 O e del 1 2 1 5 furono emanate dal sinodo provin ciale di Sens, the comprendeva il vescovo di Parigi. L ' ordine del 1 2 3 1 di espurgare i libri aristotelici venne da Gregorio IX, che nominò a tal fine una commissione di tre membri. Per qualche ragione, la commissione non portò mai a termine il proprio incarico. La traduzione inglese dei documenti del 1 2 1 0 e del 1 2 3 1 si trova in E. Grant (ed.), A Source Book in Medieoal Science, cit . , pp. 42-43 .
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testi aristotelici non soltanto ricevettero l 'approvazione ufficiale , ma andarono a costituire l 'ossatura dei corsi universitari delle Fa coltà di Arti 1 1 • Coloro che avevano desiderato una relazione d i consonanza tra teologia e filosofia, dovevano subire un' amara delusione . Nel corso degli anni sessanta e nei primi anni settanta, si produsse un ' ampia spaccatura; da un lato , si schieravano i professori di arti di tendenze radicali, e i teologi di orientamento liberale , che ritenevano la filosofia aristotelica indispensabile per una conoscenza puntuale di Dio e della creazione ; dal lato opposto , stavano i teo logi legati alla tradizione, per i quali gli aspetti più salienti della filosofia greca erano sovvertitori in modo pericoloso per la fede cristiana 1 2 • I professori di arti di tendenza più radicale , sul mo dello costituito da un Sigeri di Brabante e da un Boezio di Dacia, concepivano la filosofia naturale aristotelica come il perno fon damentale di una concezione rigorosa dell'universo , e traevano la conclusione che la filosofia non soltanto era autonoma dalla teo logia, ma si trovava su un piano di parità con essa, e forse addi rittura superiore . Molti teologi, dal canto loro , benché pronti a negare la pari dignità di filosofia e teologia, reputavano la filo sofia meritevole di uno studio autonomo e le attribuivano una funzione centrale. Il membro più illustre di questo gruppo di teologi fu senz' altro Tommaso d'Aquino ( 1 225ca. - 1 2 74) , il qua le riteneva la teologia come la scienza più elevata, in quanto ra dicata nella rivelazione. Al di fuori della rivelazione, la verità della metafisica riscontrabile dai filosofi non sarebbe che incompiuta e insufficiente 13• Tuttavia, Tommaso non soltanto andava in contro con entusiasmo alla filosofia, ma reputava Aristotele il fi losofo sommo, colui che aveva conseguito la vetta massima rag giungibile dal pensiero umano senza il sostegno della rivelazio11 La traduzione inglese del documento del 1 255 si trova in E. Grant (ed.), Sourct Book in Medieval Scitnce, cit . , pp. 43-44. 12 Le diverse reazioni alla filosofia gentile . sono descritte da J. Wippel, «The Condemnations of 1 270 and 1 2 7 7 at Paris» , ]ouma/ ojMedieval and Re naissance Studies, 7 , 1 9 7 7 , p. 1 9 5 . 13 Cfr. F. Copleston, A History of Philosopky, 9 voli . , Westminster, New man Press, 1 946-7 5 , [trad. it. Storitl dellajiloso.fia, 9 voli. , Brescia, Paideia, 1 9 77-85 , II , pp. 40 1 -402] .
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ne 14• All ' interno di un'interpretazione adeguata, la fùosofia, che comprendeva la scienza secolare, non poteva contraddire la teo logia né la fede 15• Guardando con sospetto il rilievo dato alla filosofia e alla cul tura secolare durante gli anni sessanta, e preoccupati dell ' impie go della filosofia aristotelica in campo teologico, i teologi tradi zionalisti e conservatori, che si rifacevano all' esempio di Bona ventura, si sforzarono di arginare la marea crescente con una con danna totale delle idee che ritenevano pericolose . Giacché i ripe tuti moniti circa i pericoli derivanti dalla filosofia e dal suo im piego non avevano recato molto frutto 16, i teologi tradizionali sti, molti tra i quali erano francescani neo-agostiniani, si appel larono al vescovo di Parigi, Etienne Tempier, che rispose nel 1 2 70 condannando 1 3 proposizioni , cui seguì nel 1 2 7 7 una condanna in blocco di 2 1 9 proposizioni , professare ciascuna delle quali era proibito sotto pena di scomunica.
• L ' INFLUSSO DELLA TEOLOGIA SULLA SCIENZA Difficile da interpretare e valutare in modo univoco, la condan na del 1 2 7 7 assume grande importanza nel quadro dei rapporti tra teologia e scienza. Eccezion fatta per alcuni articoli diretti in modo specifico contro Tommaso d'Aquino, che furono annullati 14 F. Copleston, Storia della filosofia, cit. , II, p. 399-40 1 . Edith Sylla no ta («Autonomous and Handmaiden Science : St. Thomas Aquinas and Wil liam of Ockham on the Physics of the Eucharist», in J . Murdoch, E. Sylla (eds . ] , The Cultural Context of Medieval Leaming, Dordrecht and Boston, D . Reidel, 1979, pp . 354, 363) che, nonostante i l riconoscimento d a parte di Tommaso dell'autonomia della filosofia (che include la filosofia naturale) dalla teologia, egli spesso assoggettava la prima alla seconda, come dimo stra la sua discussione sull' Eucaristia. Al contrario, Guglielmo di Ockham ( 1 285ca. - 1 349) rifiutava di piegare la fisica e la filosofia naturale alle esigen ze teologiche, preferendo invece spiegare tramite il ricorso al diretto inter vento di Dio, quegli eventi della storia religiosa che non potevano essere com presi con una trattazione fisica. 15 J. Wippel, cél'he Condemnations of 1270 and 1277 at Paris», cit., p. 175. 16 Per alcuni di questi moniti, cfr. L. Elders, Faith and Science: An lntro duction to St. Thomo.s ' «Expositio in Boethii de Trinitate», Roma, Herder, 1 974, p. 5 1 e nn . 42 e 43 .
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nel 1 325 , la condanna rimase in vigore durante il XIV secolo ed ebbe una risonanza che andava oltre la regione di Parigi, ove aveva valore legale . Compilazione frettolosa a partire da una vasta con gerie di fonti scritte e orali, le 2 1 9 proposizioni erronee condan nate erano prive di un ordine apparente , ripetitive e spesso an che in . contrasto tra di loro 1 7 • Le tesi ortodosse e quelle eterodos se erano affastellate assieme 18 • un certo numero di queste pro posizioni giudicate erronee , tuttavia, erano di qualche interesse scientifico ; tra queste , molte erano state proibite allo scopo di sal vaguardare l 'onnipotenza divina (potentia Dei absoluta) , potenza che i filosofi naturali erano accusati di avere indebitamente ristretto, all orché avevano appassionatamente voluto concepire il mondo seguendo i principi aristotelici 19• Se le tesi erronee condannate 1 7 Il testo latino delle 2 1 9 proposizioni, nell 'ordine originario, si trova in H . Denifle, E. C hatelain, Chartularium Universitlltis Parisiensis, 4 voli . , Pa ris, ex typis Fratrum Delalain, 1 889-9 7 , 1, pp. 543-555; un loro riordina mento metodico, al fine di facilitare il lettore, si trova in P. Mandonnet , Siger de Brahant et l 'Averroisme latin a u XIII" siècle, II� partie: Textes inidits, Louvain, lnstitut Supérieur de Philosophie de l'Université, 1 9082• Una tra duzione inglese degli articoli , basata sul riordinamento di Mandonnet, in R. Lerner, M . Mahdi (eds. ) , Medieval Politica/ Philosophy: A Sourcehook, New York , Free Press of Glencoe, 1 963, pp . 337-354, versione poi ristampata in A. Hyman, J. Walsh (eds. ) , Philosophy in the Middle Ages: The Christian, Islamic and Jewish Traditions, lndianapolis, Hackett Pubi. Co. , 1 973, pp. 540-549. Singoli articoli di un certo interesse scientifico sono tradotti in E. Grant (ed . ) , A Source Book in Medieval Science, cit . , pp. 45-50. Per una discus sione di ciascun articolo, e delle sue fonti, cfr. R. Hisette, Enquite sur les 219 articles condamnis a Paris le 7 Mars 1277, Philosophes médiévaux, xxii , Lou vain, Publications Universitaires; Paris, Vander-Oyez, 1 9 7 7 . [Il lettore ita liano troverà gli articoli del 1 270 e del 1 2 77 nel loro testo originale in S . Thomae Aquinatis, Liher de Veritllte catholicae Fidei contra errores Injidelium seu Summa contra Genti/es, cura et studio C . Pera, 3 voli . , Torino, Marietti, 1 96 1 -6 7 , m, app. II, pp. 492-502; singoli articoli in L. Bianchi, Il vescovo e i,filosoji. La condanna parigina del 1277 e l 'evoluzione dell 'aristotelismo scolastico, Bergamo, P. Lubrina, 1 990, passim; e, in traduzione, in E.J . Dijksterhuis, Il meccanicismo e l 'immagine del monJ.o, Milano, Feltrinelli, 1 980, pp. 2 1 5-2 1 7 . ] 18 J . Wippel, uCondemnations of 1 2 70 an d 1 277 at Paris» , cit . , p. 1 86. 19 Su questo punto, e nella discussione susseguente della condanna del 1 27 7 , seguo il mio articolo uThe Condemnation of 1 2 7 7 , God' s Absolute Power, and Physical Thought in the late Middle Ages••, Viator, 1 0 , 1 979, pp. 2 1 1 -244 (per la distinzione tra onnipotenza divina e potenza ordinatrice di Dio, cfr. p. 2 1 5 ) .
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rispecchiano con accuratezza le concezioni diffuse a quel tempo , allora alcuni filosofi naturali erano pronti a negare la creazione del mondo da parte di Dio ; che Dio potesse creare più di un solo universo ; che potesse muovere l 'universo in linea retta, lascian do indietro uno spazio vuoto ; che potesse creare un accidente che non fosse carattere inerente ad alcun soggetto, e così via. Quan do negavano a Dio la possibilità di compiere queste e altre azioni impossibili in un mondo fisico obbediente ai principi aristotelici, i filosofi stavano restringendo in modo netto la potenza divina. I teologi che compilarono la lista delle proposizioni erronee con dannate vollero porre un freno alle pretese della filosofia natura le aristotelica, ponendo l 'accento sull' onnipotenza divina di com piere qualsiasi azione , tranne ciò che comportava una contraddi zione in termini . In effetti , l 'articolo 1 47 aveva esplicitato que st ' idea, quando aveva refutato la rivendicazione che «ciò che è assolutamente impossibile non può esser compiuto da Dio né da alcun altro agente» , proposizione che veniva giudicata «Un erro re, se si intende " Impossibile" nel suo significato naturale» 20 • In riferimento alla natura, dunque, tutti erano tenuti ad ammet tere che Dio poteva compiere azioni in contrasto con la concezio ne scientifica comunemente accettata circa la composizione e i processi universali . In breve, Dio poteva compiere azioni che, dal punto di vista aristotelico , erano invece naturalmente impossibi li. Perciò , fu la filosofia naturale aristotelica quella su cui la con danna del 1 2 7 7 pesò maggiormente. Per quanto si può giudicare dalle proposizioni erronee che sostenevano che «le discussioni teo logiche si basano su favole» ; che «nulla si conosce meglio per il fatto di conoscere la teologia» 2 1 ; che «gli unici sapienti al mon do sono i filosofi» e che «nessuna condizione è migliore dello stu dio della filosofia» 22 , la condanna del 1 2 7 7 servì dunque come strumento di sospirata vendetta per i teologi che ne compilarono la lista; essa, infatti , offriva il destro per umiliare i professori che 20 E. Grant (ed . ) , A Source Book in Medieval Science, cit. , p. 49 [cfr. Sum ma contra Genti/es, p. 500) . 2 1 A rtt . 1 52 , 1 53 e 1 54, in Source Book in Medieval Science, cit . , p. 50 [cfr. Summa contra Genti/es, p. 500) . 22 Art. 40, cit . in J . Wippel , «Condemnations of 1270 and 1 27 7 at Paris» , cit . , p. 187 [cfr. Summa contra Genti/es, p. 495) .
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seguivano la filosofia naturale aristotelica, verso i quali i teologi nutrivano questi sentimenti di ostilità. La condanna parigina dei 2 1 9 errori nel campo della teologia e della filosofia naturale fu un avvenimento della massima im portanza nella storia della filosofia naturale medievale. Al di là delle polemiche dottrinali e filosofiche, o delle rivalità personali o di gruppo che la mossero, il rilievo dato all'onnipotenza divina fu il tratto più efficace di tale condanna. Benché la dottrina della divina onnipotenza non fosse un prodotto del XIII secolo 2 3 , la mi naccia proveniente dalla filosofia naturale e dalla fisica aristoteli che, e, in termini più generali, dal pensiero greco-arabo, la dotò di un nuovo significato ! L'inclinazione più diffusa, prima del 1 2 7 7 , era l a tendenza a interpretare i fenomeni universali seguendo le cause naturali e gli schemi esplicativi tratti dalla fisica e dalla co smologia di Aristotele. All ' indomani del 1 277 , continui accenni all' onnipotenza divina si introdussero sempre più spesso nei di battiti su questioni fisiche e cosmologiche . Che vi facessero cen no implicitamente o per esteso , molti degli articoli contenuti nel la condanna sostenevano un potere divino infinito e capace di com piere qualunque azione , contro coloro che usavano restringere tale potenza ricorrendo ai principi della filosofia naturale aristo telica. Ne conseguiva che gli eventi naturalmente impossibili, so litamente messi in un canto come «esperimenti mentali» furono da allora in poi presi in seria considerazione con una frequenza crescente e talvolta con risultati sorprendenti. Le spiegazioni al ternative sovrannaturali prese in esame durante le ripercussioni della condanna del 1 2 7 7 vincolavano gli Scolastici a esaminare eventualità naturali oltre la possibilità di comprensione fornita dalla filosofia naturale aristotelica, e spesso contraddittorie con quest'ultima. Nel tentativo di afferrare tali eventualità ipotetiche, 23 Tale dottrina era già stata annunciata da Pier Damiani nell 'xi seco lo , nel De diviruz omnipotentia (per una traduzione inglese della quale, cfr. J. Wippel , A. Woller (eds . ) , Medieval Philosophy.from St. Augustine to Nicholas to Cusa, New York, The Free Press, 1 969, pp. 1 43- 1 52 e soprattutto pp. 1 48- 1 49 [in italiano, S . Pier Damiani, De divina omnipotentia e altri opusculi, testo criti co e traduzione a cura di P. Brezzi e B. Nardi, Firenze, Vallecchi, 1 943)) e, nel X I I secolo, da Pietro Lombardo, in un passo delle Sententiae citato in E . Grant, «The Condemnation of 1 27 7 , God' s Absolute Power, and Physi cal Thought in the late Middle Ages», cit . , p. 2 1 4, n. 1 0 .
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si ricorreva all 'onnipotenza divina; in effetti, le possibilità ipote tiche fondate su azioni sovrannaturali divennero un tratto carat teristico del pensiero della Scolastica tardo-medievale. Per getta re luce su queste attitudini, è sufficiente prendere in esame due articoli relativi alla possibilità dell 'esistenza di altri universi e al movimento del nostro . Tanto Aristotele quanto la Bibbia erano unanimi nel sostene re l 'esistenza di un solo mondo . Con un gran dispiego di argo mentazioni , Aristotele aveva dimostrato l ' impossibilità di altri mondi e, per alcuni dei suoi entusiasti seguaci medievali , era sta to facile concludere che Dio non avrebbe potuto creare altri mondi per quanto avesse voluto farlo. A questo modo, si era posto un limite alla divina potenza, limitazione che fu condannata nell ' ar ticolo 34, che minacciava di scomunica chiunque mantenesse l'i dea che Dio non potesse creare più di un solo mondo . Benché il fatto di credere in una pluralità di mondi non fosse un requisi to indispensabile - e in effetti nessuno nel Medioevo credette ciò - , ma solo l ' ammissione ipotetica che Dio avrebbe potuto farlo , l ' articolo 34 finì con il favorire un attento esame delle con dizioni e delle circostanze che si sarebbero raggiunte se Dio aves se realmente creato altri mondi . Con questa disposizione d ' ani mo , un certo numero di Scolastici prese a formulare argomenta zioni tese a rendere intelligibile la possibile esistenza di altri mondi. Verso il 1 295 , Riccardo di Middleton (morto nel 1300ca.) nel suo commento alle Sententiae di Pietro Lombardo sostenne che, se Dio avesse creato altri mondi identici al nostro , del tipo discusso da Aristotele , ciascuno di essi avrebbe avuto un andamento uguale a quello del nostro mondo , giacché non poteva esser arrecata al cuna ragione per pensare altrimenti . Ne conseguiva che ciascun mondo sarebbe stato un sistema autosufficiente e chiuso, dotato di un centro e di una circonferenza proprie 24• Se ne doveva de durre con certezza che se Dio avesse realmente creato più di un mondo, non sarebbe esistito alcun punto centrale unico e privile giato, deduzione che rovesciava le basi della cosmologia aristote lica, ossia la premessa che il centro e la circonferenza del nostro 24 Per i rimandi e per una discussione più approfondita, cfr. E. Grant, «The Condemnation of 1 27 7 , God 's Absolute Power, and Physical Thought in the late Middle Ages», cit . , pp . 220-22 3 .
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mondo sono unici . Questa conclusione straordinaria, che sareb be stata replicata nel XIV secolo da personaggi come Guglielmo di Ockham , Giovanni Buridano e Nicola Oresme , fu raggiunta sulla scorta della sola speculazione su mondi possibili e ipotetici , non su mondi reali . La speculazione su altri mondi pose immediatamente il pro blema dello spazio tra di loro; prima del 1 27 7 , l ' eventualità di uno spazio vuoto tra tali mondi era rifiutata, perché Aristotele aveva dimostrato l 'impossibilità del vuoto all ' interno e all ' ester no del nostro mondo , il solo esistente . Alla luce dell ' articolo 34 della condanna del 1 2 7 7 , tuttavia, Nicola Oresme e altri inizia rono a sostenere con audacia l 'esistenza di uno spazio vuoto tra i mondi. In effetti , era facile dedurre subito la necessità di am mettere uno spazio vuoto al di là del nostro mondo - e dunque la possibilità di esistenza di uno spazio vuoto tra il nostro mondo e altri, possibili mondi - da un altro articolo, il numero 49 , che ingiungeva di ammettere che , se avesse voluto, Dio avrebbe po tuto muovere il cielo empireo, o l ' intero mondo, con un moto rettilineo, anche a costo di lasciare dietro il vuoto 25 • Alcuni Scolastici del XIV secolo andarono oltre le mere specu lazioni, fino a proclamare arditamente l'esistenza reale di uno spa zio vuoto e infinito tra i mondi, che identificarono con l 'immen sità divina. Gli Scolastici tardo-medievali inserirono Dio nello spa zio in modo ancora più esplicito di quanto suggerissero le meta fore vaghe tratte dalle precedenti tradizioni patristiche, cabalisti che ed ermetiche 26. Nel XIV secolo , Tommaso Bradwardine,
2� Una discussione dettagliata di questo punto in E. Grant, ccThe Con demnation of 1 2 7 7 , God's Absolute Power, and Physical Thought in the la te Middle Ages», cit . , pp. 226-232 . 26 Per «tradizione ermetica» si intende qui quella quindicina di trattati in lingua greca, scritti all'incirca tra il 1 00 e il 300 d.C . , e attribuiti al dio egiziano Hermes Trismegisto («Il tre volte grandissimo»). Raccolta varia di testi mistici e spirituali che comprendevano una filosofia greca volgare as sieme con elementi ebraici e persiani, i trattati ermetici esercitarono un cer to ascendente durante il Medioevo, ma ebbero il loro influsso maggiore du rante il Rinascimento. Per un ragguaglio del notevole ruolo da loro svolto nel pensiero occidentale, cfr. F. Yates, Giordano Bruno and the Hermetic Tradi tion, Chicago, Univ. of Chicago Press, 1 964 [trad. it. Giordano Bruno e la tra dizione ermetica, Bari-Roma, Laterza, 1 989] .
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Giovanni de Ripa e Nicola Oresme sostennero l'esistenza di uno spazio vuoto , reale e infinito tra i mondi, riempito da una divini tà onnipresente. Oresme identificò in modo esplicito lo spazio in finito e indivisibile con l ' immensità divina. Tali idee vennero ul teriormente sviluppate dagli Scolastici del XVI e del XVII secolo ; il concetto scolastico medievale secondo cui Dio deve avere una relazione stretta con lo spazio restò una nozione praticabile anco ra nel tardo XVII secolo e giocò un cer_to ruolo nel pensiero scien tifico e teologico dello stesso N ewton. ' Dal postulato secondo cui lo spazio infinito è l ' immensità divina, gli Scolastici dedussero che lo spazio possedeva la maggior parte delle stesse proprietà che in seguito gli attribuirono i non-Scolastici. In qualità di immensi tà di Dio, lo spazio doveva avere di necessità proprietà divine, quali l 'omogeneità, l ' immutabilità, l 'infinità, l' inestensibilità e la facoltà di coesistere con i corpi, cui non offriva alcuna resistenza. Tranne l'estensione , la divinizzazione dello spazio operata dalla Scolastica generò virtualmente tutte le proprietà che sarebbero state poi attribuite a esso nel corso della rivoluzione scientifica 27 • Benché nessun articolo della condanna del 1 2 7 7 riguardasse gli spazi vuoti tra i mondi, ne conseguiva in modo inflessibile che, se Dio poteva creare uno spazio vuoto al di fuori del nostro mon do e tra possibili mondi, allora poteva certamente creare uno o più spazi vuoti anche all' interno del nostro mondo. In tutto il XIV secolo e oltre, si concepì spesso Dio nell' atto di annientare la ma teria, tutta o in parte , all' interno del contenuto materiale del no stro mondo 28• Dopo il 1 2 7 7 , si giunse a fare ogni sorta di ipote si circa le condizioni all 'interno di uno spazio parzialmente o to talmente vuoto. I problemi sollevati divennero parte integrante di una vasta letteratura riguardante la natura del vuoto e il com portamento ipotetico dei corpi che vi fossero immersi. Le sfere celesti circostanti sarebbero collassate all 'istante verso il centro , nel tentativo della natura di impedire la formazione del detestato 27 Il compendio delle relazioni tra Dio e spazio qui riprodotto è tratto dal mio libro Much AdtJ about Nothing: Theories ofSpace and VacuumJrom the MiJdle Ages lo the &ientiftc Revolution, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 198 1 , soprattutto pp. 260-264. 28 Cfr. E. Grant, «The Condemnation of 1 27 7 , God's Absolute Power, and Physical Thought in the late Middle Ages» , cit. , pp. 240-24 1 .
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vuoto? Inoltre , un intervallo completamente vuoto , una nullità, era un vuoto oppure uno spazio? Un grave posto in un simile vuoto sarebbe stato capace di moto rettilineo? Le persone poste in vuo ti simili sarebbero state in grado di vedersi e èl i ascoltarsi l 'un l ' altra? Investigazioni su questi e altri «esperimenti mentali" del genere, nel tardo Medioevo , erano spesso compiuti impiegando i principi aristotelici , anche quando le condizioni pensate erano ••contrarie alla realtà" e impossibili nell ' ambito di una natura ari stotelicamente ordinata. Da tali indagini emersero alternative in telligibili e ammissibili alla fisica e alla cosmologia aristoteliche , a dimostrare che le cose potevano stare diversamente da quanto sognato nella filosofia di Aristotele . Se la condanna del 1 2 7 7 si rivelò uno stimolo benefico per una speculazione che andasse oltre i confini della filosofia naturale ari stotelica, tuttavia essa può anche aver avuto un effetto avverso allo sviluppo della scienza. Quando sottolineavano con forza l'im perscrutabile volere divino e la sua onnipotenza capace di realiz zare tutto quanto Egli desiderasse , i teologi di orientamento con servatore favorivano una propensione della filosofia, nella quale veniva meno la fiducia nella certezza dimostrativa, e, in ultima analisi, la fiducia nella capacità della scienza di conseguire una verità accertata sul mondo . Le condizioni fisiche ipotetiche spes so evocate nel Medioevo erano non di rado in contrasto con il «corso naturale ordinario" (communis cursus naturae) , che descrive va i processi naturali spiegati in accordo alla filosofia naturale ari stotelica. Tuttavia, ci si interrogava, se Dio ha la facoltà di intro mettersi a piacere nell 'ordinamento causale, com'è possibile che i principi scientifici e le leggi siano tanto rigorose da garantire l 'esistenza di un «corso naturale ordinario .. ? Giovanni Buridano ( 1 295ca. - 1 358 ca. ) , forse il rappresentante di molti professori di arti liberali il cui intendimento era difendere la scienza aristoteli ca come il miglior mezzo di spiegazione del mondo fisico , ammi se , come doveva, che Dio poteva intervenire in ogni momento negli accadimenti naturali e modificarne il corso . Nondimeno, per ridurre l'effetto di una simile incertezza, Buridano spronava i filosofi naturali ad andare avanti co nie se la natura agisse sempre in modo regolare, e seguisse il suo cccorso ordinario" 29 • A parti29
Fu l'atteggiamento adottato anche da Ockham (cfr. E. Sylla, ccAuto-
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re da questa premessa, Buridano giunse a reputare che «l' appren sione della verità in modo certo ci è possibile» 30• I principi scien tifici da cui dedurre queste verità certe , sono tuttavia, in sé , indi mostrabili , «ma sono accettati perché se rie è osservata la verità in molti esempi, ma in nessuno la falsità» 31 • Giacché i principi ultimi sono subordinati all 'esperienza piuttosto che a una rigoro sa dimostrazione logica o a fondamenti a priori, ciascuna delle ve rità certe di Buridano poteva essere rovesciata da un solo con troesempio empirico ; perciò , un qualche grado di incertezza si insinuava nella nozione buridaniana di «Certo» . Sul piano meto dologico, inoltre , Buridano faceva luogo per il principio del ra soio di Ockham: quando è possibile più di una spiegazione che «salvi i fenomeni» , allora la più semplice è quella da scegliere . Tuttavia, anche assumendo come vera la spiegazione più sem plice, restava il problema di come determinare in modo certo quale fosse la spiegazione migliore e quella più semplice . Nicola Ore sme ( 1 3 20ca. ; 1 382), uno dei filosofi naturali e dei teologi più lti cidi del XIV secolo, ritenne che l'esperienza e la razionalità umana fossero incapaci di riuscire a determinare in modo corretto la ve rità sulla natura; la sola fede ci arreca una verità indubbia. Il for te accento messo nel XIV secolo sulla libera e impronosticabile vo lontà divina, implicata nel concetto di potenza assoluta di Dio, aveva corroso la fiducia nella capacità degli uomini di giungere a verità dimostrabili sia nel campo della teologia che in quello della filosofia naturale� N el corso della difesa della potenza asso luta di Dio ad agire al di fuori di ogni vincolo , i teologi non si nomous and Handmaiden Science», cit. , p . 359), così come da altri che vol lero dare un senso compiuto all'espressione «ordinario corso naturale» . 30 Buridano, Qpestiones in meuzphysicam Aristotelis, n, q. 1 . L'interpretazione di Buridano e Oresme (vedi sotto) si basa sul mio articolo «Scientific thought in Fourteenth-Century Paris: Jean Buridan and Nicole Oresme>•, in M. Pelner Cosman, B. Chandler ( eds. ), Macii!Jut 's World: Science and Art in the Fourteenth Century, Annals of the New York Academy of Sciences, v. 3 1 4 , New York, New York Academy of Sciences, 1978, pp. 1 05- 1 24 (ma cfr. soprattutto p. 1 09). Per la citazione da Buridano, cfr. anche W. A. Wallace, Prelude to Galileo: Essays on Medieval and Sixteenth Century Sources of Galileo 's Thought, Dor drecht and Boston, D. Reidel , 1 981 , p. 345 . 31 Buridano, Qpestiones in metaphysicam, n , q. 2 . , cit. in A. Moody, «Bu ridan, Jean», in C . C . Gillispie (ed.), Dictionary of Scientific Biography, New York, Macmillan, 1 98 1 , n, p. 605.
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limitarono a mostrare la non-conclusività di certe prove filosofi che che tradizionalmente venivano impiegate per dimostrare ciò che Dio poteva compiere o meno, o per dimostrarne l ' esistenza e gli attributi, ma svelarono anche i limiti della filosofia natura le, quando dimostrarono la natura intrinsecamente contingente del mondo . Sotto la guida di Guglielmo di Ockham ( 1 285ca . 1 349) , molti teologi giunsero alla conclusione che n é l a ragione né l 'esperienza erano in grado di fornire una conoscenza certa dell' interconnessione necessaria che passa tra le cause e i presun ti effetti. Di conseguenza, tanto la ragione quanto l ' esperienza venivano reputate insufficienti allo scopo di dimostrare verità es senziali riguardo Dio e la sua creazion� oggetti entrambi ritenu ti, nel XIV secolo, in linea di principio, come meno conoscibili , rispetto al XIII secolo. Mentre la maggior parte dei filosofi natu rali del XIII secolo mirava a una dimostrazione certa nei confronti della natura, il massimo risultato stimato ottenibile da molti dei loro colleghi del XIV secolo era una conoscenza probabile . Ben ché questi ultimi non fossero veri scettici , il loro atteggiamento verso la natura, paragonato a quello degli Scolastici del secolo pre cedente, sembra contraddistinto da una perdita di fiducia nella capacità umana di conseguire una conoscenza certa sulla natura reale di Dio e del mondo, eccezion fatta per la fede e la rivelazio ne. : t.. ' espressione secundum iTTIIlginationem, «in· accordo all' imma ginazione» , era adoperata con regolarità per definire le infinite possibilità ipotetiche che venivano formulate sia nella filosofia na turale che nella teologia, senza tener conto della realtà fisica né dell 'applicazione a qualche referente esterno.) In secco contrasto, i personaggi-chiave della futura rivoluzione scientifica - Coper nico, Galileo, Keplero, Descartes e Newton , per ricordare solo i maggiori - erano fiduciosi (forse con una certa dose di inge nuità) nel fatto che le strutture di fondo e i processi fondamentali della natura fossero conoscibili ; furono perciò spronati a ricerca re le vere leggi naturali che regolano il mondo fisico . Per loro, le condizioni ipotetiche non furono che strumenti euristici per ar rivare a cogliere la verità fisica. Le cose erano invece molto differenti nel XIV secolo . ·
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• L ' IMPATTO DELLA SCIENZA SULLA TEOLOGIA Data la diminuzione della fiducia nella certezza delle pretese teo logiche e scientifiche, i teologi del XIV secolo si volsero a questioni ipotetiche impostate secundum imaginationem. Le Sententiae (ossia i Pensien) di Pietro Lombardo (morto nel 1 1 60ca . ) , redatte attorno al 1 1 50 , furono il principale punto di partenza per l 'indagine di questioni del genere . Ripartite in quattro libri, dedicati , rispetti vamente, a Dio, alla creazione , all ' incarnazione e ai sacramenti, le Sententiae svolsero per quasi quattro secoli il ruolo di manuale d' obbligo che tutti gli studenti di teologia erano tenuti a leggere e commentar� . l Per quanto il secondo libro , dedicato ai sei giorni della creazione, provvedesse un'ampia scelta di passi su temi scien tifici specifici come la natura della luce, i quattro elementi, il pro blema delle acque al di sopra del firmamento e l 'ordine e il movi mento delle sfere celesti e dei pianeti, vi fu un influsso anche più di retto della filosofia naturale sulla teologia, che riguardò il tentati vo di definire la relazione di Dio verso il mondo e le sue creature. L 'introduzione di parti scientifiche, matematiche e logiche nei commentari alle Sententiae di Pietro Lombardo crebbe a tal punto che nel 1 366 l ' Università di Parigi emise un decreto per cui - tranne i casi di stretta necessità - coloro che tenevano corsi sul le Sententiae dovevano evitare l'introduzione di materiali logici o filo sofici nella discussione delle questioni 32 • Nonostante appelli del genere, tuttavia, i commentatori scolastici a quanto pare trovarono «necessario» introdurre materie simili con frequenza e ampiezza. Né suscita sorpresa il fatto che la scienza e la matematica tro vassero impiego nell ' esegesi del racconto della creazione conte nuto nel libro secondo delle Sententiae; fin dalla tarda antichità, 32 Chartularium Universitatis Pariesiensis, m , p. 1 44. Lo statuto è citato e di scusso da J . E . Murdoch, «From Social into Intellectual Factors: An Aspect of the Unitary Character of Late Mediaeval Leaming» , in J . E . Murdoch, E. Sylla (eds . ) , Cultura/ context, p. 276. Quasi 1 60 anni dopo, John Major ( 1 469- 1 550) nell'introduzione al secondo libro del suo commentario alle Sen tentiae ( 1 528), dichiarava che «da quasi due secoli, i teologi non si sono peri tati di operare nei loro scritti su questioni che sono meramente fisiche, me tafisiche, e talvolta meramente matematiche•• . Citato in W. Ong, Ramus, Metlwd and the Decay of Dia/ogue: From the Art of Discourse to the Art oj Reason, Cambridge (Ma.), Harvard Univ. Press, 1 958, p. 1 44 .
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la scienza e la matematica avevano trovato vasto uso nei com mentari all'esamerone, ad esempio quelli di Basilio , di Ambro gio e di Agostino - prassi che era continuata attraverso tutto il Medioevo (e ancora nel xvrr secolo inoltrato) e che raggiunse pro porzioni enormi nel prolisso (oltre un milione di parole) commen tario enciclopedico divulgativo, scritto da Enrico di Langenstein tra il 1 385 e il 1 393 , e che utilizzava nell' esegesi della Bibbia quasi ogni tema scientifico, scoprendo la facilità con cui la scienza po teva essere introdotta ali' interno di una disamina della creazio ne 3 3 • Nel tardo Medioevo, inoltre, si applicarono con larghezza la scienza e la matematica a questioni teologiche che erano in gran parte, o in tutto , slegate dal racconto della creazione contenuto nella Genesi. Tematiche, idee e metodi tratti dalla filosofia natura le e dalla matematica venivano spesso impiegati in questioni rela tive tanto all' onnipresenza, all' onnipotenza e all ' infinità di Dio, quanto alla sua relazione con gli esseri creati e ai confronti tra le specie create. Dalla teoria delle proporzioni si desumevano con regolarità concetti matematici, come la natura del continuo ma tematico , le serie infinite convergenti e divergenti, l' infinitamente grande e piccolo, gli infiniti potenziali e quelli in atto, e i limiti che comprendevano le condizioni di demarcazione che riguarda vano i primissimi o gli ultimissimi istanti o punti spaziali 34 • N é questi concetti venivano impiegati soltanto all' interno del le questioni teologiche; spesso queste ultime venivano infatti de finite in termini matematici e misurabili. Si ricorreva a concetti del genere per descrivere il modo in cui le entità spirituali pote vano subire modifiche da un punto di vista intensivo , e per mo33 Le Lecturoe super Genesim di Enrico sono state esaminate da N. Steneck, Science and Creation in th6 Middk Ages: Henry oJ Langenstein (d. 1397) on Genesis, Notre Dame (lnd . ) , Univ. of Notre Dame Press, 1 976; cfr. soprattutto p. 2 1 . 34 La ricerca fondamentale sull'impiego di concetti e di misurazioni ma tematiche in teologia è stata compiuta da J . E . Murdoch in almeno due arti coli su cui mi sono basato: «Mathesis in Philosophiam Scholasticam intro ducta: The Rise and Development of the Application of Mathematics in Four teenth y entury Philosophy and Theology», in Arts libéraux et philosophie au Moyen Age. Actes du quatrihne Congrès intemational de philosophie mediévak (Uni versité de Montréal, 27 aoii.t-2 Septembre 1967), Montreal, Institut d' études mé diévales, Paris, J. Vrin, 1 969, pp. 2 1 5-254; Id . , «From Social into Intellec tual Factors», cit. , pp . 2 7 1 -339 .
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strare come variazioni del genere trovassero la migliore rappre sentazione per via matematica nell' applicazione di quella dottri na, tipicamente medievale, nota come ccintensità e decremento delle forme e della qualità» (e talvolta come ccconfigurazione delle qua lità»); quei concetti dovevano inoltre determinare il modo in cui fosse possibile assegnare i limiti superiori e inferiori , o i primi e gli ultimi istanti , a diversi processi e accadimenti, ad esempio nelle questioni relative a libero arbitrio, benemerenza e peccato. Nel XIV secolo, Robert Holcot concepì un dilemma che implica va o un' assegnazione di limiti al libero arbitrio, o l ' ammissione dell ' incapacità di Dio a ricompensare un individuo meritevole o a punime uno colpevole 3 5 • Dunque Holcot immaginò una situa zione nella quale un uomo, durante l 'ultima ora della sua vita, è, volta volta, meritevole di salvazione e peccatore; l 'uomo è me ritevole nella prima parte proporzionale di quell ' ultima ora, e pec catore nella seconda parte proporzionale; è ancora meritevole nella terza parte proporzionale e ancora una volta peccatore nella quarta, e così via, attraverso tutta una serie infinita di parti proporzio nali decrescenti dell' ultima ora di vita di quell ' uomo , fino all ' at timo della sua morte . Giacché l ' attimo della sua morte non può formare una parte della serie infmita di parti proporzionali de crescenti, se ne deduce che non c'è alcun ultimo attimo della sua vita, e dunque nessun attimo ultimo in cui costui possa essere o meritevole o peccatore . Ne risulta che Dio non sa se ricompense rà o punirà costui nell'oltretomba, conseguenza inaccettabile della dottrina del libero arbitrio 36 • A questo punto si poteva conclu dere soltanto che non è possibile ammettere che il libero arbitrio 35 L'esempio seguente si trova nel Commento di Holcot alle Sententiae, l. l , q. 3 , citato da j . E . Murdoch, «From Social into lntellectual Factors», cit . , p . 327, n. 102, nell' edizione di Lione del 1 5 1 8. Per l ' interpretazione di questa difficoltosa argomentazione , sono in debito con il mio allievo Peter Lang. [Per il concetto di «intensità e decremento delle qualità» (intmsio et rnnissio qualitatum seuform.o.rum), cfr. A.C . Crombie, Da S. Agostino a Galileo. Storia fklla scienztJ dal v al xvrr secolo, M ilano, Feltrinelli, 1 9822 , pp. 283-284. ] !16 Ockham sostenne che, se Dio avesse voluto, avrebbe potuto salvare un uomo che moriva escluso dalla Grazia. Cfr. E. Sylla, «Autonomous and Handmaiden Science» , cit. , p. 358. Posto di fronte all 'argomentazione di Holcot, Ochkam poteva obiettare che Dio avrebbe potuto salvare un uomo prescindendo dallo stato di grazia da quest' ultimo posseduto nell 'ora finale
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si estenda a ogni sequenza e campione di scelte , conclusione che Holcot rafforzò con otto nuove argomentazioni tratte dalla teo ria matematica del continuo. Sia le nozioni già ricordate , sia altre nozioni matematiche, fu rono impiegate in molte altre questioni , e soprattutto in quelle che riguardavano gli infiniti . Nella categoria di «infinito» veni vano sussunte le ipotesi speculative sugli infiniti attributi divini (ossia la potenza divina, la sua presenza e la sua essenza) ; sui ge neri di infinito che Dio poteva essere capace di creare ; sulla di stanza infinita che distingueva Dio dalle creature, problema questo legato al concetto ampiamente dibattuto della perfezione delle spe cie 37 ; sulla possibile eternità del mondo; sul fatto che Dio potesse apportare dei miglioramenti a qualche ente da Lui già creato, e in particolar modo sulla possibilità che Dio potesse creare via via mondi successivamente migliori, in una serie infinita, o se inve ce Egli fosse capace di creare un mondo ultimo , migliore di tut ti 3 8 • Una vasta congerie di questioni era riferita al comporta mento degli angeli, ossia se , e in che modo , un angelo poteva oc cupare uno spazio ; se un angelo fosse capace di trovarsi in due luoghi allo stesso tempo ; se due angeli o più angeli potessero tro varsi contemporaneamente all ' interno di uno stesso, medesimo spazio ; se gli angeli si muovessero da un luogo all' altro con velo cità finita oppure istantanea. In tutti questi problemi di angelo logia vennero impiegate, oppure adoperate come criteri di com parazione , le nozioni di fondo che erano state sviluppate nelle di scussioni sul moto dei corpi materiali. Il movimento degli angeli divenne uno degli ambiti più popolari per il vivace dibattito me dievale sulla natura del continuo matematico; si discuteva se tale continuo fosse formato da parti divisibili all 'infinito , o piuttosto della sua vita e nonostante che ignorasse tale stato. Il fatto allarmante del l'argomentazione di Holcot, comunque, è che Dio possa non conoscere lo stato di grazia o di peccato posseduto da un individuo al momento finale della propria vita. 37 Per l'impiego di scale di misurazione e di indici alla perfezione delle specie, cfr. J . E . Murdoch, «Mathesis in Phil9sophiam Scholasticam intro ducta», cit. , pp. 238-239. 3 8 C fr. S .J . Dick, Plurality of Worlds: The Origins of the Extraterrestrial L ife Debatefrom Democritus to Kant, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 1 982, pp. 3 1 -35; A. Maurer, «Ochkam on the Possibility of a Better World» , Me dieval Studies, 38, 1 976, pp. 29 1 -3 1 2 .
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da atomi matematici non ulteriormente divisibili e che potevano essere in numero finito o infinito 39• Tenendo bene in mente la vastità della gamma delle questioni teologiche nelle quali veniva no impiegate la matematica e le nozioni da essa tratte, è possibile concludere con una c�rta ragionevolezza che nel XIV secolo la teo logia era stata ridotta a quantità matematiche. Sarebbe cosa molto facile fornire ulteriori esempi della quan tificazione della teologia, visto che si trattava di un fenomeno on nipresente nei commenti alle Sententiae; tuttavia, proprio come l'in flusso della teologia, con la sua forte attenzione al concetto di «po tenza assoluta di Dio» , aveva favorito , e anche reso più agevole , la formulazione di ipotesi speculative sulle impossibilità naturali nell ' ambito della filosofia naturale, così anche l ' introduzione in teologia di concetti, di idee e di procedimenti tipici della mate matica e della filosofia naturale, costituì un impulso e un inco raggiamento per la teologia a esprimere molte delle sue questioni in una forma scientifica e logico-matematica che era, essenzial mente, ipotetica e speculativa, o, come si diceva nel Medioevo, secundum imaginationem . Il motivo per cui le argomentazioni teolo giche dovevano essere espresse in forma logico-matematica, co me ipotesi, tuttavia, non è affatto ovvio; il carattere ipotetico delle argomentazioni è probabilmente dovuto alla condanna del 1 2 7 7 e all e sue ampie ripercussioni. Che questo fosse l'andamento meno rischioso da tenere , oppure che il fenomeno fosse dovuto alla dif fusa convinzione che la natura divina e le motivazioni delle sue azioni non potessero essere conoscibili in modo diretto tramite la razionalità umana e l ' esperienza, nondimeno il fatto di espri mere le questioni teologiche in una forma ipotetica divenne una prassi codificata. Inoltre, il fatto che la forma di espressione dei problemi fosse spesso quantitativa e logico-matematica, e che com portasse misurazioni e confronti tra ogni sorta di entità spirituali e immateriali , può essere spiegato anche tenendo presente la for mazione degli studenti e dei professori di teologia; visto l 'enor me rilievo dato da loro alla filosofia naturale e alla logica, e la loro educazione abbastanza approfondita in campo geometrico, è ben possibile che essi trovassero affatto naturale il fatto di for39 J . E . Murdoch, «Mathesis in Philosophiam Scholasticam introducta», cit. , p. 2 1 7 , n. 4. 61
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mulare , e anche di rifondere, le questioni teologiche ipotetiche da loro poste in quei linguaggi quantitativi , che costituivano il loro comune retroterra culturale, e che erano stati imposti alla voga comune a opera dei filosofi naturali nei primi trenta o qua rant ' anni del XIV secolo. Qualunque fosse il motivo che stava dietro alla forma ipoteti ca e quantitativa, non è eccessivo ravvisare in tutto ciò un muta mento fondamentale e del tutto senza precedenti della teologia. Sotto l ' allettante influsso della scienza, della matematica e della logica, la teologia rinvenne la propria espressione più importan te in una forma quantitativa, al cui interno cercare le soluzioni a una vasta congerie di questioni teologiche ipotetiche tramite il ricorso a vari tipi di misurazione , in particolar modo nell' ambito delle questioni che coinvolgevano il rapporto tra Dio e le creatu re 40• Le questioni teologiche della tradizione spesso venivano ri fuse in una foggia quantitativa che consentisse il facile impiego degli strumenti analitici matematici e logici . Nondimeno, que st'imponente influsso dei dispositivi quantitativi sembra avere avu to un impatto minimo, se pure impatto c'è stato, sul contenuto teologico; se tuttavia il contenuto era rimasto intatto, il tradizio nale metodo teologico fu trasformato dal rilievo dato alla filosofia naturale e alla matematica. Ed è proprio questa trasformazione che segnala il XIV secolo e il tardo Medioevo come un periodo eccezionale nella storia delle relazioni tra la scienza e la teologia nel mondo culturale occidentale. D ' altro canto , l ' influsso della scienza sulla teologia non fu tut to di questo tipo. L 'impiego della scienza nell 'esegesi del raccon to della creazione contenuto nella Genesi era affatto tradizionale e di solito privo della natura quantitativa e ipotetica, fittizia, che de�tava legge nelle altre branche della teologia. I procedimenti fondamentali per l ' impiego della scienza nel racconto della crea zione erano stati formulati da Agostino nel suo commento alla Genesi 41 per essere poi fedelmente riassunti da Tommaso d'Aqui40 J . E . Murdoch, «From Social into Intellectual Factors» , cit. , p. 292 .
+l
De Genesi ad litteram, 1 , 1 8, 1 9 e 2 1 , in Opere di Sant 'Agostino, 33 voli . , Roma, Città Nuova, 1 969, IX, 2, pp. 50-59. Questi passi sono in parte rias sunti da S . L . Jaki, &ience and Creation: From Eternai Cycles to an Oscillating Uni verse, New York, Science History Publications, 1 974, pp. 1 82 - 1 8 3 .
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no ( 1 225ca. - 1 274) alla fine del suo commentario all 'esamerone nella Summa theologiae. Mentre prendeva in esame il problema se il firmamento fosse stato creato nel secondo giorno, Tommaso osservava che Agostino aveva insistito su due punti fermi erme neutici, nella spiegazione del testo scritturale : in primo luogo, la verità della Scrittura va tenuta come inalterabile . In secondo luogo, giacché tale verità può essere spiegata in diversi modi, dunque nessuno si tenga tanto stretto a qualche spiegazione, da osare sostenere che sia quello il senso della Scrittura, che si è rivelato falso in base a una ragione accertata, così che la Scrittura non sia esposta in tal modo alle derisioni dei non-credenti, e sia loro chiusa la via alla con versione 42 •
Questi due punti fondamentali formavano le linee guida es senziali nel Medioevo , che regolavano l ' impiego di un corpo di teorie scientifiche e di dati empirici in continuo mutamento nel l' ambito dell'interpretazione dei fenomeni fisici riportati nella Bib bia, e in particolar modo del racconto della creazione . Si doveva presumere in partenza la verità del testo scritturale . Dal momen to che fu Dio che «fece il firmamento, e divise le acque sotto il firmamento da quelle che erano sopra» 43 , non era possibile met tere in dubbio che acque di qualche genere dovevano trovarsi al di sopra del firmamento 44• La natura di quel firmamento e del le acque al di sopra di esso, in ogni caso , veniva inevitabilmente a dipendere dalle interpretazioni che di solito si traevano dalla scienza di quei tempi . Era qui che Agostino e Tommaso richia mavano alla cautela contro un' aderenza stretta a una qualsiasi interpretazione , nel timore che essa si mostrasse in seguito indi fendibile , e perciò nociva per la fede . In modo consono a questi moniti, Tommaso non fece propria alcuna interpretazione particolare sia del «firmamento» che delle «acque» poste al di sopra del firmamento ; al contrario, egli passò 42 Summa Theologiae, l a , q. 68 , l , in S. Thomae Aquinatis Opera Omnia, 7 voli. , curante A. Busa, Stuttgart - Bad Cannstatt, F. Fromann Verlag Gun ther Holzboo g KG, 1 980, II, p. 283 . 43 Gn 1 , 7 . 44 Era l 'opinione manifestata d a Agostino i n De Genesi ad litteram, 2 , 5 , e citata con consenso da Tommaso, Summa theo/ogiae, l a , q. 68, 2 , in S. Tho mae Aquinatis Opera Omnia, cit. , II, p. 283 .
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in rassegna diverse interpretazioni storiche conciliabili con la Scrit tura, spiegando con meticolosità in che modo l ' impiego di teorie scientifiche differenti comportasse effetti diversificati e, talvolta, in contrasto tra di loro . Il firmamento creato il secondo giorno era passibile di una duplice interpretazione ; poteva essere la sfe ra delle stelle fisse , oppure una parte dell ' atmosfera dove si con densavano i vapori 45 • La prima di queste tesi poteva a sua volta essere interpretata in parecchi modi , ciascuno dei quali era legato alla natura della materia attribuita al firmamento , ossia al fatto che il firmamento fosse composto dei quattro elementi (Empedocle) , di un solo ele mento , come il fuoco (Platone) , o ancora che fosse composto di un quinto elemento interamente differente dagli altri quattro (Ari stotele) . Per ciascuna di queste eventualità, Tommaso spiegava in che senso essa fosse o non fosse conciliabile con la creazione del firmamento il secondo giorno. Era in modo simile che Tommaso si accostò al significato delle «acque» poste al di sopra del firmamento. Ognuno tra i vari sensi possibili veniva a dipendere dalla natura della materia assegnata al firmamento 46• Perciò, se la sfera delle stelle fisse fosse stata il firmamento , e se fosse stata composta di tutti e quatt-';'O gli ele menti, allora era ammissibile l ' interpretazione delle acque al di sopra del firmamento come acqua comune, mentre se il firma mento non fosse stato formato dai quattro elementi ordinari , le acque al di sopra del firmamento dovevano essere qualcos 'altro ri spetto all a comune acqua. In quest'ultimo caso, era possibile inter pretare le «acque» siccome aveva fatto Agostino, come materia in forme di cui sono costituiti i corpi, e la cui connotazione «acquosa» proveniva forse dalla sua costituzione trasparente piuttosto che dalla sua fluidità. In fondo , queste acque ben potevano essere so lide come il ghiaccio, il quale è cristallino , siccome nel «cielo cri stallino nominato da alcuni» 47 • Interpretando per «firmamento» quella parte dell' atmosfera in cui si condensano i vapori, le acque al di sopra del firmamento sarebbero invece lo stesso che i vapori
Sum7111J theologiae, 1 a , Sum7111J theologiae, l a , 47 Ibidem. 45
46
q. q.
68, l , in Opera Omnia, cit . , 68 , 2, in Opera Omnia, cit . ,
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n, p. n, p.
283 . 283 .
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sollevatisi dal basso per poi ricadere sotto forma di piogge. A causa della massa solida delle sfere celesti , questi vapori non sarebbero in grado di sollevarsi oltre la Luna, e dunque a maggior ragione non si sarebbero mai levati al di là della regione celeste stessa. Inoltre, tali vapori non avrebbero potuto sopportare il calore della regione ardente posta subito al di sotto della Luna e non avreb bero mai potuto raggiungere le sfere celesti. Passando in rasse gna tutte queste opinioni disparate , Tommaso riteneva di avere adempiuto il proprio scopo ; in quanto esse erano tutte concilia bili con il testo biblico , egli non vedeva il motivo - e neppure la maniera - di operare una scelta tra di esse . ' Di tanto in tanto, il senso letterale degli enunciati scritturali veniva in contrasto diretto con teorie scientifiche e con dati em pirici universalmente accettati. In casi simili, era necessario rein terpretare il testo biblico , come nell' esempio del Salmo 1 03 , 2 , ove si dice che Dio ha steso il cielo come un padiglione. A causa della convinzione quasi unanime che la terra fosse sferica, era indispen sabile che anche il firmamento fosse sferico, obbligo che un padi glione non poteva soddisfare.] Stando così le cose, Agostino e gli Scolastici medievali erano concordi in linea di principio che toc casse all 'interprete biblico mostrare il fatto che la descrizione del firmamento come padiglione non era in conflitto con la verità scien tifica della sfericità del firmamento � . Agostino rendeva avver titi contro lo sviluppo di una specifica scienza cristiana che voles se tentare di spiegare il senso letterale di passi difficili che veni vano a contrasto con verità scientifiche ben solide. Velleità del genere avrebbero minato la credibilità del cristianesimo. L ' atteg giamento di Agostino era dunque conciliabile tanto con l 'inter pretazione letterale, quanto con quella allegorica della Bibbia; ma il senso letterale era sempre preferibile , anche allorché erano ine vitabili molteplici interpretazioni, come nel caso delle acque al
48 I rimandi all' agostiniano De Genesi ad litteram si trovano in S. L. Jaki , Science and Creation, cit . , pp. 182-183. È probabile che Guglielmo di Conches pensasse di tener fede al monito di Agostino, allorché insistette su un' inter pretazione allegorica del «firmamento» come aria, piuttosto che su una let terale come qualcosa di celeste, al di là o al di sopra della quale era impossi bile che esistesse qualsiasi tipo di acqua (cfr. H. Lemay, «Science and Theo logy at Chartres» , cit. , pp. 229-23 1 ) .
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di sopra del firmamento. Tuttavia, ogni qual volta un passo del la Scrittura entrava in conflitto con qualche affermazione scien tificamente dimostrata - come avveniva nel Salmo 1 03 , 2 - l'in terpretazione scientifica doveva essere quella preminente, allo sco po di evitare ogni sgretolamento della fiducia verso la verità scrit turale . Stando così le cose , si doveva ricercare un' interpretazio ne allegorica, di modo che la verità scientifica e la Bibbia fossero concordi. Nel corso del tardo Medioevo, le interpretazioni ampie e libe rali , piuttosto che ristrette e fedeli alla lettera, erano la norma nel campo dell 'esegesi biblica che riguardava gli eventi naturali . Un esempio importante di questa propensione è quel passo fa moso che rappresenta il miracoloso intervento di Dio a fianco del l'esercito guidato da Giosuè (Gs 1 0 , 1 2- 1 4). Quando ordinò al Sole di fermarsi sopra Gabaon, Dio allungò la giornata e permise la schiacciante vittoria di Israele sugli Amoriti . Dal momento che fu il Sole - non la Terra - a ricevere l 'ordine di arrestarsi , se ne doveva dedurre che il giorno e la notte erano gli effetti della rivoluzione giornaliera del Sole attorno a una Terra immobile, piuttosto che l'esito della rotazione giornaliera della Terra attor no al proprio asse . Su questo punto la Bibbia si trovava concorde con i migliori astronomi greci e medievali ; tuttavia, Nicola Ore sme sfidò quest'interpretazione che ormai appariva un fatto mec canico. «Allorché Dio compie un miracolo.. , spiegava Oresme , si deve supporre e credere che lo fa senza turbare il corso comune della natura più di quel tanto che è necessario per il miracolo . E perciò se si può affermare che Dio al tempo di Giosuè allungò il giorno fermando solo il moto della terra o della regione inferiore, che è così piccola e ad dirittura come un punto in confronto al cielo , senza distogliere dal suo corso tutto l'universo all'infuori di quel piccolo punto, e così pure i cor pi celesti , allora questo è molto più ragionevole 49 •
Nonostante la chiara affermazione scritturale che il Sole arre stò il proprio percorso , Oresme sosteneva che quel medesimo ef49 N . Oresme, Le livre du ciel et du monde, ed . A . D . Menut and A.J . De nomy, Madison , Univ. of Winsconsin Press, 1 968 , 11, 25, foll. 1 43d- 1 44b, p . 536, cit. da A . C . Crombie, Da S. Agostino a Galileo. Storia della scienza do.l v al XVII secolo, cit . , p. 280 .
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fetto poteva essere ottenuto in modo meno dispendioso e con una sospensione meno netta del corso ordinario e regolare della natu ra attribuendo un reale moto giornaliero attorno al proprio asse alla minuscola Terra. In questa guisa diventava possibile inter pretare l' arresto del Sole come un fatto di mera apparenza, non reale, apparenza indotta allorché Dio fece fermare la rotazione della Terra attorno al proprio asse, che invece avveniva davvero . In base alla premessa che Dio si comporta sempre nel modo più semplice e meno traumatico possibile, Egli avrebbe senz' altro ar restato la Terra, che è più piccola, e non il Sole ; se ne deduceva che il moto giornaliero apparente del Sole dipende da una rota zione reale della Terra. La Scrittura, tuttavia, afferma con chia rezza che fu il Sole , e non la Terra, ad arrestarsi . La premessa di Oresme sarebbe giunta a contrasto non soltanto con questa evi dente affermazione biblica, ma anche con molti altri passi che fa cevano anch essi cenno al moto del Sole e al geostaticismo 50• Passi simili , ribatteva Oresme, probabilmente non rispecchiano una verità letterale, ma si limitano ad adeguarsi, «in questa par te , al modo comune di parlare degli uomini , così come [ La Sacra Scrittura, scii. ] fa in numerosi passi, nei quali sta scritto che Dio si è pentito , si è irato e si è acquietato, e cose simili che non van no prese come suonano alla lettera» 51 • Tuttavia, nonostante le convincenti argomentazioni in favore della rotazione della Terra sul proprio asse, Oresme era ben co sciente del fatto che dare una dimostrazione scientifica di ciò an dava molto oltre le sue possibilità; all a fine, restando fedele ai mo niti di Agostino e di Tommaso d'Aquino , conservò il senso lette rale della Bibbia rifiutando la rotazione terrestre . Nondimeno, benché egli finisse per accogliere l ' opinione tradizionale, l'inter pretazione del passo di Giosuè data da Oresme fu più audace di quella data da Galileo nel 1 6 1 5. Da copernicano convinto, Galileo interpretava alla lettera il passo di Giosuè; egli partiva dal presup posto che fosse il Sole , posto al centro del sistema planetario , a condizionare i movimenti di tutti gli altri pianeti. Di conseguenza, •
Ad esempio, G� 1 5 , 1 2 ; Qo 1 , 5 ; 2Sm 2 , 24; Sl 92, 1 ; Ej 4,26; Gc 1 , 1 1 . Le livre du ciel et du monde, 11 , 2 5 , fol . 1 4 1 d , p . 530, cit . in G. Morpurgo-Tagliabue, I processi di Galileo e l 'epistemologia, Roma, Armando, 1 981 , p. 54, n. 1 09 . 50
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volendo Iddio che al comandamento di Iosuè restasse per molte ore nel medesimo stato immobilmente tutto 'l sistema mondano, bastò fermare il Sole, alla cui quiete fermatesi tutte l'altre conversioni, restarono e la Terra e la Luna e 'l Sole [ . . . ] . Ed in questa maniera col fermare il Sole, senza alterar punto o confondere gli altri aspetti e scambievoli costitu zioni delle stelle, si potette allungare il giorno in Terra, conforme esqui sitamente al senso literale del sacro testo 52 •
L ' interpretazione di Oresme era affatto differente e ben più esplosiva, in quanto era contraria al senso letterale del passo, che , in questo caso, era pienamente in accordo con la cosmologia ari stotelica e con l ' astronomia tolemaica. Giacché la riflessione di Oresme sulla rotazione giornaliera della Terra era, in ultima ana lisi, una mera ipotesi, non provocò, a quanto sembra, alcuna com mozione tra i teologi; ma la domanda se una simile indifferenza avrebbe potuto continuare a regnare, nel caso che Oresme aves se tratto una conclusione a favore della realtà della rotazione assia le giornaliera della Terra, semplicemente non può trovare rispo sta, esattamente come la domanda se egli avrebbe potuto subire un destino simile a quello che toccò a Galileo quasi 250 anni dopo. Si può dunque concludere con qualche ragione che l' impiego della scienza nell' ambito dell'esegesi biblica medievale ebbe luo go senza contrasti né ingerenze degne di nota. In effetti, il fatto che il testo biblico fosse forzato ad adeguarsi alle verità scientifi che accettate era più frequente del suo contrario. L ' impiego del la scienza in ambito scritturate, forse , può essere meglio definito in termini di flessibilità; benché si preferisse il senso letterale, non dimeno si era sempre pronti a un' esegesi allegorica. In ogni caso un potenziale conflitto si nascondeva in quei passi òve il senso letterale veniva a contraddire le verità date per scientificamente dimostrate . Mentre i teologi ebbero buon gioco a dare un' inter pretazione allegorica del passo del Salmo l 03 , 2 - nessuno cre deva infatti che il'firmamento fosse foggiato come un padiglione - , essi si sarebbero alla fme dimostrati inflessibili, come Galileo avreb be imparato a proprie spese, riguardo agli svariati testi che face52 Lettera a Madama Cristina di Lorena, in G. Galilei, Opere, Edizione Na zionale, 20 voli . , Firenze, Barbera, 1 968, v, p. 346; ristampata in Id. , Sul la libertà della scienza e l 'autorità delle Scritture, a cura di M . Montinari , Roma, Theoria, 1 983 , p. 1 26 .
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vano cenno al movimento del Sole e alla staticità della Terra.· Il rilievo dato da Galileo all ' interpretazione allegorica di questi passi, in base alla pretesa della propria capacità di dimostrare scientifi camente il moto della Terra, venne a cozzare con l 'esegesi avan zata dai teologi, che rifiutavano le sue dimostrazioni e che rima nevano fermi al senso tradizionale e letterale. Ironicamente , per dare legittimità alla propria posizione , entrambe le parti non le sinavano appelli all' autorità del concetto agostiniano di ermeneu tica biblica. Nel corso del Medioevo non esplose alcun conflitto del genere , neppure a riguardo della questione sempre pungente dell ' eternità del mondo . Il teologo-filosofo naturale del Medioe vo era in linea di principio libero di proporre e adottare un ' inter pretazione particolare - benché lo si invitasse a non adottarla senza riserve , se essa non era scientificamente dimostrata - , o di esprimere numerosi sensi possibili, senza aderire in modo stretto a nessuno di essi .
• LA TEOLOGIA FU DI IMPEDIMENTO ALLA RICERCA SCIENTIFICA?
In conclusione, si deve affrontare una domanda inevitabile sui rapporti tra la scienza medievale e la teologia: che effetto - se pure lo ebbe - ebbe quest 'ultima sulla libertà di ricerca della prima? I tentativi di mettere al bando e di censurare le opere fisi che di Aristotele durante la prima metà del XIII secolo testimo niano l 'esistenza di timori tra i teologi circa il potenziale effetto di una formazione filosofica libera da restrizioni. La condanna del 1 2 7 7 segnò l ' apice degli sforzi teologici per porre un freno e un controllo alla filosofia naturale. Il vescovo di Parigi e i teologi suoi colleghi si sforzarono di limitare , sotto pena di scomunica, le categoriche pretese di un certo numero di idee tratte dalla filo sofia naturale., Da allora fu proibito , ad esempio , negare la crea zione e sostenere l 'eternità del mondo, negare la possibilità di al tri mondi , e ancora negare che Dio fosse in grado di creare una qualità accidentale senza un soggetto di riferimento. Benché questi divieti ricadessero tanto sui pro�essori di arti, quanto sui teologi dell ' Università di Parigi , i professori di arti subirono un effetto ben maggiore dei loro colleghi teologi; non soltanto, infatti, erano 69
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tenuti a ubbidire alla condann � del 1 2 7 7 , ma, in assenza di refe renze professionali in teologia, i era imposto loro , fin dal 1 2 7 2 , un giuramento di astensione dalle dispute di questioni squisitamente teologiche, e insomma erano in linea generale scoraggiati dall' in trodurre materie teologiche nell ' ambito della filosofia naturale 53 • Nondimeno, pur con tali divieti, i professori di arti erano libe ri di sostenere quasi tutte le conclusioni e i principi scientifici di Aristotele , purché ammettessero il potere divino di creare acca dimenti e fenomeni capaci di contraddire tali conclusioni e prin cipi, i quali fossero pertanto naturalmente impossibili nel siste ma aristotelico. Dunque costoro erano liberi di sostenere la posi zione di Aristotele e di negare l 'esistenza di altri mondi, a patto di ammettere la capacità divina di crearli, se solo Dio l ' avesse voluto . Anche l 'eternità del mondo, che rappresentava per le re lazioni tra la scienza e la religione mediev�i ciò che la teoria co pernicana doveva rappresentare per il XVI e il XVII secolo e la teo ria evolutiva darwiniana per il XIX e xx secolo, poteva essere as serita dal punto di vista ipotetico , «parlando da un punto di vista naturalistico» (natura/iter loquendo), ossia, esaminando un proble ma nell' ambito della filosofia naturale . In effetti, a partire dal l ' assunto che nel mondo vi fosse una quantità data di mate ria , e che il mondo fosse eterno, Alberto di Sassonia giunse nel XIV secolo alla conclusione che , in un tempo infinito , tale quan tità data di materia avrebbe necessariamente provvisto corpi ma teriali per un numero infinito di figure umane . Se ne deduceva che , il giorno della resurrezione dei morti, allorché ogni anima avrebbe ricevuto il proprio corpo, una quantità finita di materia avrebbe accolto un numero infinito di anime umane, deduzione evidentemente eretica, giacché un unico e medesimo corpo sa rebbe stato allora il ricettacolo di una pluralità di anime. La ri sposta di Alberto a questo dilemma fu esemplare per un filosofo naturale che doveva ogni volta tener conto dei divieti posti dalla teologia: «quest ' argomentazione non riguarda da vicino il filosoS3 Per questo statuto delle facoltà di arti, cfr. A. Source Book in Medieval Science, cit . , pp. 44-45; sul lamento di Buridano contenuto nelle discussioni sul vuoto e relativo ai divieti teologici, cfr. pp. 50-5 1 . [In italiano, cfr. L. Bianchi, Il vescovo e i,ftlosofi, cit . , p . 122; e, per il testo latino delle rimostran ze di Buridano, p. 1 23 . ]
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fo naturale, giacché , quando egli postula l ' eternità del mondo, nega la resurrezione dei morti» 54-. Grazie a simili richiami ipo . tetici , ; i filosofi naturali del Medioevo potevano prendere in esa me quasi ogni tesi condannata e discutibile. Nondimeno , non era loro permesso sostenere in modo categorico tali opinioni e, nella misura in cui i loro ragionamenti giungevano a sconfinare nella teologia o ad avere conseguenze teologiche, essi erano oggetto di divieti e di delusioni, ; siccome Giovanni Buridano lamentava, nella sua discussione sul vuoto che toccava argomenti relativi alla fede e alla teologia, di venir rampognato dai professori di teologia per essersi immischiato in questioni teologiche 55 • Poiché ai professori di arti veniva proibito di impiegare la loro scienza in ambito teologico, la sola classe intellettuale medievale a impiegare la scienza in tale campo, e la teologia in ambito scien tifico, restava quella dei teologi. Non solo costoro ricevevano una formazione completa in fatto di filosofia naturale e di teologia, ma alcuni di loro dettero contributi rilevanti alla scienza e alla matematicaJ come dimostrano i nomi di Alberto Magno, di Gio vanni Pecham, di Teodorico di Freiberg, di Tommaso Bradwar dine, di Nicola Oresme e di Enrico di Langenstein. Giacché ave vano una solida cultura tanto in filosofia naturale quanto in teo logia, i teologi medievali erano in grado di correlare conoscenze scientifiche e teologiche con relativa facilità e confidenz,t:t_,_lsia che si trattasse di impiegare la scienza in questioni di ermeneutica, di applicare la potenza assoluta di Dio a possibilità alternative all ' interno del mondo naturale, o ancora di richiamare con una
54 Per questo testo, e per la discussione fondata sulle Quaestiones de gene ratione et corruptione di Alberto, cfr. A. Maier, Metaphysische Hintergritnde der spijtscholastichen Naturphilosophie, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1 955, pp. 39-40 . La Maier osserva anche (p . 41) che, affrontando la medesima questione, Marsilio di Inghen affermò che, veramente, il mondo aveva avu to un inizio e avrebbe avuto una fme. Dunque se, a partire dalla premessa dell'eternità del mondo, una medesima materia possa accogliere un nume ro infinito di anime, è una domanda riguardante la teologia e non è di com petenza di un'opera di filosofia naturale. Benché tentasse di evitare la do manda, Marsilio ammetteva la capacità di Dio, volendo, di attribuire la stessa materia a molti uomini . 55 Cfr. A Source Book in Medieval Science, cit. , pp. 50-5 1 per il testo del la mento di Buridano.
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certa frequenza testi biblici all ' interno di trattati scientifici allo scopo di rafforzare teorie o idee scientifiche. I teologi godevano di un grado notevole di libertà intellettuale 56 e la maggior parte di loro non permetteva che il loro sapere teologico fosse di osta colo alle ricerche relative all ' organizzazione e ai processi del mondo fisico. Se mai vi fu qualche tentazione verso la costruzione di una «scienza cristiana» , essi ebbero buon gioco nel resisterle . I passi scritturati non venivano impiegati per «dimostrare» verità scien tifiche grazie a un appello cieco all 'autorità divina. Allorché Ore sme introdusse all ' incirca cinquanta citazioni da ventitré testi bi blici differenti nel suo trattato scientifico De configuratione qualita tum et motuum, si comportò in tal modo solamente a scopo esem plificativo o per ottenere un sostegno supplementare , ma mai per dimostrare un ' argomentazione 57• Ironicamente, invece di ostacolare il dibattito scientifico, i teo logi ben poterono inconsciamente produrre il risultato opposto, come indica la previa descrizione dell' influsso della dottrina re lativa alla potenza assoluta di Dio ) I divieti teologici che presero corpo nella condanna del 1 2 77 acuirono forse il rilievo dato ad alternative probabili e improbabili e a possibilità ben al di là di quelle che altrimenti i filosofi naturali aristotelici avrebbero pre so in esame, se fossero stati lasciati ai loro soli procedimenti. Men tre queste ipotesi speculative non condussero all ' abbandono del la concezione aristotelica del mondo , esse contribuirono ad ali mentare il più audace ed elettrizzante dibattito scientifico del Me dioevo. Il fatto che i teologi medievali riunissero una formazione vasta per ampiezza e spessore sia nella filosofia naturale sia nella teolo gia, e fossero portatori di diritti esclusivi a porre in correlazione queste due culture, può fornire la chiave per spiegare l ' assenza di uno scontro tra scienza e teologia nell' ampia letteratura costi-. 56 Per una minuziosa difesa di questa pretesa, cfr. M . M . McLaughlin , Intellectual Freedom and its Limitations in the University oj Paris in the Thirteenth and Fourteenth Centuries, New York, Amo Press, 1 9 7 7 , tesi di Ph. D . , Colum bia University , pp. 1 70-237 e p. 238 . 57 Cfr. M . Clagett, Nicole Oresme and the Medieval Geometry of Qpalities and Motions: A Treatise on the Uniformity and Difformity of lntensities known as « Trac tatus de configurationibus qualitatum et motuum», Madison, Uni v . of Winsconsin Press, 1 968 , pp. 134- 1 3 5 .
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tuita dai commenti medievali alle Sententiae e ai libri sacri . Per quanto riguarda la gran messe di questioni sulle quali si trovaro no a confronto , i teologi-filosofi naturali del Medioevo erano ben consci di come mettere l ' una disciplina al servizio dell ' altra e di come evitare conflitti e confronti tra le due. In effetti , costoro si trovavano nella condizione migliore per ricondurre a concordia le due discipline, indagando al contempo ogni sorta di circostan za e possibilità ipotetica e controfattuale . In confronto alla situa zione esistente nella tarda antichità, allorché il cristianesimo lot tava per sopravvivere, e nei tempi duri a venire, il tardo Medioevo - eccezion fatta per gli anni sessanta e settanta del XIII secolo - , fu un periodo relativamente tranquillo nella lunga interrelazione tra scienza e teologia.
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III. I COPERNICANI E LE CHIESE Robert S. Westman
Nel 1 543 Niccolò Copernico ricevette sul letto di morte l 'edizio ne dei risultati del lavoro di tutta la sua vita, un libro autorevol mente intitolato De revolutionibus orbium coelestium libri sex, che pre sentava con forza la tesi fondamentale della rivoluzione della Terra intorno a un Sole immobile 1 • Nd 1 6 1 6, settantatré anni dopo la morte del suo autore, il libro fu posto all' Indice cattolico , con l ' ordine di non farlo leggere fino alla sua correzione . Sedici anni più tardi - ovvero novanta anni da quando Copernico aveva espo sto per la prima volta le proprie idee - , Galileo Galilei ( 1 564- 1 642) 1 Norimberga, 1 543 ; Basilea, 1 5662• Traduzioni inglesi in A . M . Dun can, Copernicus: On the Revolutions ofthe Heavenly Spheres, Newton Abbot, Da vid and Charles; New York, Bames and Noble, 1 976; cfr. anche E. Roseo, Nicholo.s Copernicus: On the Revolutions, in N. Copemicus, The Complete Works, Warsaw and Cracow, Polish Scientific Publishers, 1978, n . Sulla traduzio ne di Roseo, si rimanda il lettore ai moniti di N. Swerdlow, «On Establish ing the Text of ' 'De revolutionibus' ' " • journalfor the History ofAstronomy, 1 2 , 1 98 1 , pp. 35-46. [Per una traduzione italiana, cfr. N. Copernico, Opere, a cura di F. Barone, Torino, Utet, 1979, mentre Id. , De revolutionibus orbium caelestium. La costituzione generale dell 'universo, a cura di A. Koyré, Torino, Ei naudi, 1 970, comprende i primi undici capitoli del libro 1 . ]
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fu condannato dal tribunale dell ' Inquisizione per «haver tenuto e creduto» la teoria copernicana. Sono eventi ben noti , e tuttavia i drammatici avvenimenti che toccarono Galileo nel periodo 1 6 1 6-32 hanno incoraggiato la tendenza a oscurare le r�lazioni tra i copernicani pre-galileiani e le Chiese cristiane , e a suggeri re , qualche volta per via di deduzione , che l'affaire Galileo fosse stato il punto d ' arrivo di un annoso scontro tra scienza e cristia nesimo 2 . In questo capitolo , concentreremo l ' attenzione sul lungo pe riodo intercorso tra la pubblicazione del De revolutionihus e il de creto di condanna del 1 6 1 6 . Sarà utile sospendere le categorie di cotomiche spesso impiegate per descrivere gli avvenimenti di que st' epoca, ad esempio copernicani contro anti-copernicani, prote stanti contro cattolici, l ' individuo contro la Chiesa. II tema cen trale è esposto in modo migliore come contrasto intorno alle nor me sull ' interpretazione dei testi, poiché questo fu un problema comune ad astronomi , filosofi naturali e teologi di qualunque fe de . Nel caso della Bibbia, si doveva intendere ch:e le parole e le espressioni scritturali volessero esprimere sempre alla lettera ciò che dicevano , e che, per questo motivo, esse descrivevano eventi realmente accaduti e verità fisiche? Il contenuto del sacro testo veniva espresso sempre dal senso letterale o storico delle sue pa role? E dove riposava l ' autorità ultima per stabilire quale fosse la modalità ermeneutica da impiegare in un certo passo? Nell 'e sempio di un testo di astronomia, i suoi diagrammi andavano in tesi in modo da costituire un riferimento letterale a movimenti reali di corpi nello spazio? Date due interpretazioni differenti di uno stesso evento celeste , dove riposava l ' autorità per decidere sul particolare modulo interpretativo che avrebbe reso un 'ipotesi preferibile all ' altra? Allorché il contenuto di due tipi differenti di 2 Il locus classicus di questa tesi è A.D. White, A History of the Waifare of Science with Religion in Christendom, New York, D. Appleton and Co. , 1 876 [trad . it. Storia della loUa della scienza con la teologia nella Cristianità, tr. di G . Peroni, Torino, Unione Tipografico-editrice, 1 902 , p . 1 1 7] , benché qual che ingrediente della tesi sia rispecchiato nel libro - ancorché ben più raffi nato - di T. Kuhn, The Copemican Revolution, Cambridge (Ma.), Harvard Univ . Press, 1 957, pp. 1 9 1 - 1 97 [trad . it. La rivoluzione copernicana. L 'astrono mia planetaria nello sviluppo del pensiero occidentale, Torino, Einaudi, 1 97 2 , pp . 288-292] .
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testo (ad esempio, un libro di astronomia e uno biblico, oppure un libro di astronomia e uno di fisica) coincideva, quali norme di significazione e veridicità dovevano regolarne la valutazione? E da ultimo, che effetto avevano resoconti differenti della rela zione Dio-natura sulla valutazione della teoria copernicana? Erano domande del genere a determinare il tema con cui si dovevano confrontare i copernicani del xv e dell' inizio del XVII secolo .
• IL SUCCESSO DI COPERNICO Prima di procedere oltre , dobbiamo chiederci chi fosse Coperni co e quale fosse il suo scopo . Niccolò Copernico ( 1 47 3 - 1 543) fu un canonico nel vescovato di Lucas Watzenrode , che si trovava nella regione di Varmia, oggi nella Polonia del nord , ma che al lora faceva parte degli Stati prussiani 3• W atzenrode era zio e protettore di Copernico , e fu tramite il suo patronato che il gio vane fu in grado di studiare medicina e diritto canonico in Italia prima di tornare in patria ai propri doveri, . i quali comprendeva no il controllo delle transazioni commerciali, la distribuzione del grano e del bestiame nei villaggi rurali, e la supervisione della fortezza e delle difese civiche di Olsztyn . Benché fosse membro del consiglio vescovile, Copernico non era un sacerdote, ma un amministratore di beni ecclesiastici, un canonico . Nel tempo libero , Copernico si dedicava con ansia a un pro blema che aveva a lu p go affannato la Chiesa - la predizione esatta della caduta dei giorni delle feste consacrate , come la Pa squa o il N atale 4• La riforma del calendario era tuttavia un pro3 Sulla vita di Copernico, cfr. L. Prowe, Nicolaus Copemicus, 3 voli. , Ber lin, Weidemann, 1 883-84; L A . Birkenmajer, Mikolaj Kopemik, Cracow, Uni wersytet Jagiellonskiego, 1 9ÒO ; E. Rosen , «Nicholas Copernicus: A Bio graphy», in Id. , Three Copernù:ans Treatises, New York, Octagon Books, 1 9 7 1 3, pp . 3 1 3-408 [Per alcuni cenni biografici e una bibliografia, il letto re italiano può consultare A. Bertin, Copernico, Milano, Accademia, 1 973; C . Vasoli , «Copernico e la cultura filosofica italiana del suo tempo», in Id. , I miti e gli astri, Napoli, Guida, 1 97 7 , pp. 3 1 3-350 (sul periodo italiano di Copernico) . • Cfr. N . Swerdlow, «On Copernicus' Theory of Precession» , in R . S . Westman (ed . ) , The Copernican Achievement, Berkeley, Lo s Angeles and Lon don, Univ. of California Press, 1 97 5 , pp. 49-98 . .
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blema astronomico che esigeva in primo luogo non nuove osser vazioni , ma piuttosto l ' assorbimento di quelle antiche in un nuo vo modello capace di predire con esattezza equinozi e solstizi, os sia quei periodi in cui l ' ombra d_el Sole produce i giorni più lun ghi, più corti e di ugual durata. Ma l ' esattezza della predizione non aveva mai costituito l 'unico obiettivo dell'astronomo. La parte matematica dell' astronomia era completata da una parte fisica 5• L 'oggetto di quest' ultima era costituito dall a spiegazione della cau sa del moto dei pianeti , della loro composizione, del motivo per cui occupano lo spazio che occupano 6• Secondo la cosmologia aristotelica, il Sole, la Luna e gli altri pianeti si trovavano inca stona�i in grandi sfere formate da un elemento invisibile e perfet to, detto etere. Queste sfere compivano una rotazione uniforme sui propri assi, i quali passavano tutti per il centro dell ' universo. Tale modello consentiva un quadro attraente dell 'universo, vi sto come una sorta di cipolla celeste al cui centro stava la Terra; esso tuttavia era incapace di spiegare le variazioni di luminosi tà dei pianeti. Come alternativa, l 'astronomo Tolomeo (attivo in torno al 1 50 a.C . ) impiegava una tecnica matematica secondo la quale ciascun pianeta si muoveva di moto uniforme su di una piccola circonferenza (l' epiciclo), mentre a sua volta il centro del l 'epiciclo si muoveva di moto uniforme su di una circonferen-
5 Tra gli storici esiste ancora una contesa degna di nota sul modo in cui i contemporanei definirono i limiti della matematica e della fisica. Cfr. P . Duhem, To Save thl Apptaren&es, Chicago, Univ. o f Chicago Press, 1 969 [ trad. it. Sozein ta phainomena (salvare ifenomeni), Roma, Boria, 1 986) ; W . H . Dona bue, «The Solid Planetary Spheres in Post-Copemican Natural Philosophy», in R.S. Westman (ed.), Th Copemican Achievement, cit. , pp. 24-4-275; F. Krafft , uPhysikalische Realitat oder mathematische Hypothese? Andreas Osiander und die physikalische Erneuerung der antiken Astronomie durch Nicholas Copernicus», Philosophia Naturali"s, 1 4 , 1 973, pp. 243-275 ; G . E . R . Lloyd, uSaving the appearences», Clo.ssical Quarterly, 24, 1 978, pp. 202-2 2 2 ; R . S . Westman, «The Astronomer' s Role i n the Sixteenth Century: A Preliminary Study», History oj&ience, 18, 1 980, pp. 105- 147 ; E.J. Aiton, «Celestial Spheres and Circles», Hi"story of&ience, 1 9 , 198 1 , p. 75- 1 1 3 ; N. ]ardine, «The Signi ficance of the Copernican Orhs», Joumalfor the History ofAstronomy, 1 3 , 1982, pp. 1 68- 1 94 , soprattutto pp. 183-189. 6 Per un'ottima rassegna degli elementi di fondo della cosmologia me dievale, cfr. E. Grant , «Cosmology», in D. Lindberg (ed.), &ience in the Middle Ages, Chicago, Univ. of Chicago Press, 1 978, pp. 265-302 .
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za più vasta (il deferente) . Un modello del genere era in grado di tener conto delle variazioni tanto di velocità quanto di lumi nosità. Tolomeo aveva sviluppato inoltre un altro espediente ma ' tematico, detto «equante» (Fig. 1 , p . 80); qui , il centro di un epiciclo compiva una rotazione percepita come non-uniforme dal centro della circonferenza e dalla Terra, ma uniforme secondo le misurazioni prese a partire da un punto che non occupava il cen tro della circonferenza, e situato simmetricamente rispetto alla Terra alla stessa distanza dal centro. In quanto congegno predit tivo , il punto equante era un successo ; ma come diventava allora possibile che il pianeta, simile a un uccello o a un pesce, «Sapes se» come mantenere una rotta circolare uniforme attorno a un punto decentrato , mentre , al contempo, si muoveva senza uni formità rispetto al centro di quella stessa circonferenza? In rispo sta a obiezioni simili , era prassi comune per gli astronomi pren dere in esame le orbite planetarie tenendo/e distinte dalle sfere in cui quei pianeti si trovavano incastonati 7• Ciò voleva dire che il possibile conflitto tra la parte matematica e quella fisica dell' a stronomia poteva essere evitato dal fatto di tenere separati i prin cipi di queste due discipline . In ogni caso, se un astronomo era deci�o a mettere in armonia le conclusioni fisiche e quelle mate matiche , era prassi radicata all ' interno della tradizione aristote lica (che allora era preminente nell' università) demandare tutto 3.1 fisico, giacché nella gerarchia delle scienze che andava per la
7 La natura delle obiezioni medievali e rinascimentali al punto equante è tuttora vivacemente dibattuta dagli storici . Cfr. W. Hartner, «Coperni cus: The Man, the Work, and Its Theory», Procetdings ofthe Amerit:an Philosoph ical Society, 1 1 7 , 1 973 , pp. 4 1 3-42 2 , soprattutto pp. 416-4 1 7 ; N . Swerdlow, «The Derivation and First Draft of Copernicus' Planetary Theory: A Trans lation of the Commmtariolus with Commentary» , ivi, pp. 423-5 1 2 , soprattut to p. 424, 435-438; R . S . Westman, «Astronomer's Role in the Sixteenth Century», cit . , pp. 1 1 2- 1 16; E.J . Aiton, «Celestial Spheres and Circles», cit. , pp. 96-9 7 ; N. J ardine, ccThe Significance of the Copernican Orbs» , ci t. , pp. 1 74- 183. (Il lettore italiano troverà una traduzione del copernicano Commm tariolus in Opere, a cura di F. Barone, pp. 1 07 - 1 26 ; e in N . Copernico, Com mmtariolus. Breve trattato sulle ipotesi dei movimenti celesti, tr. it. di A. Quadrino, Roma, Theoria, 1 984, che comprende anche la versione delle note di E. Ro sen all'edizione inglese del 1939.]
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Centro deli' epiciclo
Pun to eccentrico
Linea visiva dalla Terra al pianeta
Fig. l . Una rappresentazione cinquecentesca del dispositivo planetario di Venere e dei pianeti superiori, tratta da Georg Pe.urbach, Novae theoricae planetarum (A ugusta, 1482; la prima edizione uscì verso il 1 4 74). La Terra si trova al centro dell 'universo e dell 'orbe scuro che racchiude l 'orbe dell 'eccentrico. Il pianeta compie un 'orbita uniforme attorno al centro dell 'epiciclo; il centro dell 'epiciclo, a sua volta, costituisce una circonferenza nei confronti del punto eccentrico. Si noti, peraltro, che il movimento del centro dell 'epiciclo viene percepito come uniforme solamente da un osservatore posto sul punto equante, e non sulla Terra o al centro del! 'eccentrico. In quest 'incisione l 'artista indica il modo in cui il circolo equante si introduce alt 'interno dell 'orbe dell 'eccentrico, senza che l 'autore del testo spieghi tuttavia la maniera in cui tale evento sia possibile, trattandosi di orbi formati da etere che non lascia permeare nulla.
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maggiore nel Medioevo , la fisica ossia la filosofia naturale era di rango superiore rispetto alla matematica 8 • Copernico, come tutti i grandi innovatori , s i pose a cavallo tra il vecchio mondo intellettuale nel quale era nato e quello nuovo che aveva prodotto egli stesso . Da un canto , egli era un riforma tore interessato alla conservazione, che tentava di riportare in ac cordo la filosofia· naturale e l'astronomia matematica tramite la rivendicazione del principio assoluto secondo cui tutti i moti so no uniformi e circolari, così che tutti gli orbi dovevano ruotare in modo uniforme attorno ai loro centri 9• Tuttavia, �in modo as sai più radicale, Copernico sosteneva che la Terra era un pianeta come gli altri, richiamandosi alle argomentazioni tratte dalla parte matematica dell'astronomia 1 0• Così facendo, Copernico addebita va l 'onere della prova dello status planetario della Terra alla di sciplina, più bassa gerarchicamente, della geometria, violando dun que la gerarchia tradizionale delle scienze . Se qualcosa può esse re definito «rivoluzionario» nell ' opera di Copernico , era questa modalità argomentativa, questo modo di sfidare l'asserzione cen trale della fisica aristotcr1ica 1 1 • Siamo dunque pronti a prendere in esame la struttura logica di fondo dell ' argomentazione di Copernico . In breve, essa suona così : Se ammettiamo come dato di partenza che la Terra ha un moto di rotazione attorno al proprio asse e un moto di rivoluzio ne attorno al Sole, allora ( 1 ) tutti i fenomeni celesti conosciuti 8 Nella divisione delle scienze risalente ad Alberto Magno, l' aristoteli co parigino del xm secolo, la matematica era ritenuta inferiore rispetto alla fisica. Questa tradizione di Divisio sèientiarum trovò opposizione nella tradi zione platonica di Oxford, la quale proclamava la supremazia della mate matica nell' intero campo della filosofia naturale; cfr. J .A. Weisheipl, «Clas sification of the Sciences in Medieval Thought», Medieval Studies, 2 7 , 1 965 , pp. 54-90 , soprattutto pp. 82-84. 9 De revolutionibus orbium caelestium, pp. 46-5 1 ; Copernico, Opere, cit. , pp. . 559-560. 1 0 De revolutionibus orbium caelestium, Al santissimo signore Paolo m , pp. 1 9-2 1 ; x, p. 9 1 ; cfr. R . S . Westman, «Astronomer' s Role in the Sixteenth Century», cit . , pp. 1 09- 1 1 1 . 1 1 Per un' interpretazione alternativa, secondo la quale l'onere fonda mentale della giustificazione riposava ancora nell' ambito della filosofia na turale, cfr. N. ]ardine, > 61 • È degno di nota anche il fatto che il cardinal Roberto Bellarmino , che conosceva di per sona il Lorin 62, tenesse nella propria biblioteca una copia del commento vergato da Pineda 63 . Benché i teologi gesuiti disapprovassero quello che si potrebbe 59 Commentariorum in Iob Libri Tredicim, Colonia, 1 600, p. 340 ; Z. War dc;ska, Teoria heliocentryczna w interpretacJi teolrJgow XVI wieku, cit . , p. 3 1 . 60 In Ecclesiasten Commentariorum Liber Unus, Anversa, 1620, pp. 1 1 1 - 1 1 8 ; Z . Wardc;ska, Teoria heliocentryczna w interpretacJi teo!Ogow XVI wieku, c it. , pp . 32a-h . 61 In Acta Apostolorum Commentarii, Lione, 1 606, p . 2 1 5 ; Z . Wardc;ska, Teoria heliocentryczna w interpretacji teo!Ogow XVI wieku, cit . , p . 22. 62 Cfr. J. Brodrick, The Life and Work oj Blessed Robert Francis Cardinal Bel larmine, 1542-1621 , 2 voli . , London , Burns and Oates, 1 928, 1 , p . 2 1 2 . 63 Come si può dedurre dall ' Indice degli interpreti biblici posto in ap pendice a R. Bellarmini Opera Omnia, 12 voli. , Paris, Vivès, 1870-74 (ristampa Frankfurt a . M . , Minerva, 1 965), XII , p. 478.
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definire il «Copernicanesimo commentatorio» di Zuiiiga - così come era stato codificato nel Commento a Giobbe - , è importante porre in rilievo ancora una volta lo spirito moderatamente pro gressista dell ' astronomia di Clavio. Il manuale di Clavio subì una revisione costante che permise di introdurvi cenni a nuove tema tiche . Copernico vi comparve nell ' edizione del 1 58 1 ; la discus sione di Francesco Maurolyco sulla Nova Stella del 1 5 7 2 fu citata nella quarta edizione ( 1 585) 64; le nuove stelle del 1 600 e del 1 604 furono prese in considerazione nell' edizione del 1 60 7 ; e, nel l' ultima edizione del suo commento In Sphaeram ( 1 6 1 1 ) , Clavio comprese un breve cenno alle scoperte compiute da Galileo tra mite il cannocchiale , che , sosteneva Clavio, avrebbero dovuto es sere ordinate in un nuovo sistema del mondo 65 • È fuor di dub bio che qui non c'era volontà di sostegno verso il sistema coper nicano ; né Clavio intendeva con ciò dare una pubblica adesione alla nuova cosmologia proposta da Tycho Brahe , sebbene ne fos se ven u to a conoscenza almeno fin dal 1 600 66• Soltanto dopo la morte di Clavio , nel 1 6 1 2 , i suoi studenti al Collegio Romano avrebbero fatto propria la cosmologia geoeliocentrica di Tycho [cfr. Fig. 2 , p. 90] .
• COSMOLOGIE COPERNICANE Nel clima di letteralismo dominante nel XVI secolo, i copernica ni dovettero affrontare il problema del vero senso della Bibbia allorché essa usa espressioni come Sole, Terra o Luna , e sostenere che il significato morale e simbolico di questi termini poteva es sere disgiunto da ogni riferimento letterale al mondo fisico . Tut tavia, la Scrittura conteneva altri passi che non facevano cenno ai corpi celesti , e in cui pure si riteneva fosse contenuto un con cetto particolare del rapporto di Dio nei confronti della natura. 64 Cfr. C . Doris Hellmann, ccMaurolyco' s " Lost Essay" on the New Star of 1 5 72,, Isis, 5 1 , 1 960, pp. 322-336. 6 5 Clavius, Opera Omnia, 5 voli . , Magonza, 1 6 1 1 , 1 1 1 , p . 7 5 . 6 6 Lettera di Tycho Brahe a Cristoforo Clavio, 5 gennaio 1 600, citata in W. Norlind, Tycho Brahe. En levnadsteckning med nya bidrag helysantk hans liv och verk, Lund, C . W. Gleerup, 1 970, pp. 3 76-38 1 , n. 9 .
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Rm l , 20, cui i cristiani si richiamavano secondo una tradizione risalente ad Agostino, forniva appunto un testo suscettibile di es sere interpretato in senso molto ampio , non da ultimo in un si gnificato che dava diritto di cittadinanza a una filosofia della na tura alternativa a quella di Aristotele : «Poiché le perfezioni invi sibili di Dio fin dalla creazione del mondo, comprendendosi dal le cose fatte , si rendono visibili [ . . . ] » . Da questo passo veniva ela borata un ' importante metafora, evocata tanto dai protestanti, quanto dai cattolici: la natura è un libro in cui il Dio invisibile si rivela agli uomini sensibilmente. Se tuttavia lo scopo degli au tori sacri era identico a quello dell'Autore della natura, allora do veva esserci un'unica verità rivelata - sebbene in forme lingui stiche differenti . In che lingua scrisse dunque Dio il libro della natura? Che scienze consentivano un accesso privilegiato al si gnificato di quest ' ultimo? I copernicani del XVI secolo si diversi ficarono tanto nelle loro scelte ermeneutiche e pedagogiche, quanto avevano fatto nei loro presupposti teologici . Pochi , brevi esempi saranno qui sufficienti. Il puritano Thomas Digges ( 1 546- 1 595?) fu il primo inglese a porgere una difesa della teoria copernicana, sotto forma di un trattato molto breve posto in appendice a un almanacco redatto da suo padre, Leonard Digges 67 • Assieme al testo di Digges si trovava un diagramma dell 'universo che ritraeva il sistema elio centrico circondato dalla sfera delle stelle fisse , che Digges rap presentava estesa all ' infinito in ogni dimensione (Fig. 3 ) . A un attento esame di questo diagramma, si può cogliere il fatto che esso non rappresenta soltanto uno schizzo del cosmo , ma anche un geroglifico con un messaggio salvifico . La sfera che porta la Terra era chiamata la «Sfera della mortalità>> , ossia l ' uomo nello stato di peccato in cui si trova dopo la caduta di Adamo . Il Sole immobile illumina le tenebre intellettuali umane, Sole che , come 67 L. Digges, Gentleman, A Prognostication euerlastinge of righte good ej fecte. . . Lately corrected and augmented by Thomas Digges his sonne, London , T. Marsh. 15 7 6. L'appendice è intitolata A Perjit description of the Caelestiall Orbes according to the most aunciente doctrine o/ the Pythagoreans, latelye reuiued by Copemi cus and by Geometricall Demonstrations approued, ed . F. Johnson and S. Larkey, con commento : • 82• Galileo era dunque libero di rompere con le forme fisse delle dispute accademiche, per espri mersi nel volgare italiano della nativa Toscana 83 • Nessun altro copernicano, eccezion fatta per Keplero , si era costruita sinora una posizione dotata di una libertà disciplinare e di un' influenza tanto potente. Lo spostamento alla corte fiorentina, tuttavia, non fornì a Ga79 Il cannocchiale fornì a Galileo l ' influenza istituzionale che gli occor reva per lasciare l'università e imbarcarsi in una serie di argomenti che avreb bero incontrato una certa resistenza da parte della gerarchia dei saperi ar roccata nelle accademie. Cfr. la lettera di Galileo a Belisario Vinta datata 7 maggio 1 6 1 0 , citata in W.A. Wallace, Prelude to Galileo, cit . , p. 1 39 . 80 L' amico veneziano di Galileo, Francesco Sagredo, immortalato nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, ritenne la partenza di Galileo un errore; cfr. la sua argomentazione in Le opere di Galileo, cit . , XI , pp . 1 70- 1 7 2 . 81 «Quanto al titolo et pretesto del mio servizio, i o desidererei oltre al nome di Matematico, che S . A . ci aggiugnesse quello di Filosofo, professan do io di havere studiato più anni in filosofia che mesi in matematica pura» (cfr. Le opere di Galileo, cit . , x, p. 353). 82 lvi , pp. 350-35 1 . 83 «La nostra favella fiorentina» scriveva Galileo, «bastevole a trattare e spiegare e' concetti di tutte le facoltadi» (cfr. Le opere di Galileo, cit . , v, pp. 1 89- 1 90) . Cfr. E. Cochrane, Florence in the Forgotten Centuries, 1527-1800: A History of Florence and the Florentines in the Age of the Grand Dulces, Chicago, U niv. of Chicago Press, 1 973, pp. 1 68- 1 7 1 ; L. Martines, Power and lmagination: City-States in Renaissance /taly, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1 9882 , pp. 3 1 7-322 .
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lileo tutta l ' immunità dagli attacchi che egli aveva sperato . Per quanto avesse riscosso un ' accoglienza calorosa da parte dei ge suiti per le sue scoperte astronomiche, Galileo incontrò a Firenze una certa ostilità su due fronti: da parte di alcuni filosofi pisani , soprattutto Lodovico delle Colombe ( 1 565ca. - 1 6 1 5 ) , e di un pre dicatore domenicano, Tommaso Caccini ( 1 574- 1 648), che era in possesso del trattato anticopernicano redatto da Tolosani e rima sto a lungo sepolto tra la polvere 84• Delle Colombe, che inizia va la sua argomentazione a partire dalla tesi tradizionale della superiorità di filosofia e teologia quali branche del sapere , soste neva che la matematica non dava certezze riguardo ciò che si muo ve e ciò che non si muove , giacché essa prescinde dalla materia, laddove la filosofia si occupa invece delle essenze . In breve , non si dovrebbe supporre, come ha fatto invece Copernico, che la Terra si muova, per poi indagare le conseguenze di una tale supposi zione; si dovrebbe invece domandarsi se il fatto che la Terra sia fisicamente idonea al moto sia un principio auto-evidente . E, con un occhio alle Scritture, delle Colombe affermava: "Tutti i teolo gi , che non ne manca pur uno, dicon, che quando la Scrittura si può intender secondo la lettera, non si dee interpretare altra mente» 85• L' attacco di Caccini fu ancor meno moderato. Nel di cembre 1 6 1 4, il domenicano tenne un sermone che denunciava la matematica come un ' arte diabolica, i matematici come sacri leghi della religione cristiana e nemici dello stato , e Galileo come propalatore di assurdità cosmologiche . C accini citava con astu zia un passo da Atti l , 1 1 : «Galilei, che cosa state guardando in cielo?», con un gioco di parole tra gli abitanti della Galilea e il nome di Galileo 86 • Si trattava di un' omelia popolare , e non di una discussione erudita come la critica del Tolosani del 1 546 o il commentario di Clavio del 1 58 1 . Un allievo di Galileo , il pa dre benedettino Benedetto Castelli, che occupava a Pisa una cat84 Cfr. nn . 36 e 3 7 ; una glossa autografa del C.accini appare sul fol . 3r. del manoscritto di Tolosani. 85 Le opere di Galileo, cit . , m , p . 255, 290. 86 Cfr. A. Ricci-Riccardi, Galileo Galilei e fra ' Tommaso Caccini, Firenze, Le Monnier, 1 902 , pp. 66-67 ; J .J . Langford, Galileo, Science and the Church , Ann Arbor (Mi . ) , Univ. of Michigan Press, 1 966, p. 5 5 ; S. Drake, Discover ies and Opinions oj Galileo, Garden City (N . Y . ) , Doubleday Anchor, 1 95 7 , p p . 1 53 - 1 54.
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tedra minore , quella di matematica, descrisse bene le caratteri stiche dell'avversario, quando scrisse di «quelli ladroni e votaborse etc . delli matematici» 87 • Le fortune copernicane nell ' Italia di quel tempo, come si può vedere oggi, non si prestano a facili dicotomie . L' ordine più po tente, la compagnia di Gesù, si opponeva al copernicanesimo , ma non era ermetica in modo adamantino ai nuovi fenomeni rivelati dal canocchiale. In effetti, esistevano ulteriori, importanti divi sioni anche all' interno di quell 'ordine: alcuni gesuiti avevano una volontà molto più critica verso Aristotele di quanto si sia soliti riconoscere 88• Due domenicani non-accademici , di orientamen to riformatore, provenienti dalla regione di Napoli in preda a tor bidi sociali, Bruno e Tommaso Campanella, avevano dato un fer mo sostegno, rispettivamente , a Copernico e a Galileo - benché entrambi fossero capitati male a causa delle loro opinioni politi che 89• Il benedettino padre Castelli e, in seguito, Bonaventura Cavalieri, gesuita, furono fedeli allievi di Galileo. Il salmanticense Zufiiga era stato un agostiniano. Inoltre, nel gennaio 1 6 1 5 , giunse un sostegno inatteso alla posizione copernicana da parte di un membro dell 'ordine carmelitano riformato di Napoli , Paolo Fo scarini ( 1 580- 1 6 1 6) . Il testo di Foscarini circolò con larghezza,
87 Le opere di Galileo, cit . , XII, p. 1 23 . Il commento di Castelli suggerisce ancora una volta la conclusione che l'opposizione non fosse confinata alle accademie, e che vi fosse una parte di sentimento popolare fiorentino. I se guaci di Galileo chiamavano se stessi Galileisti, mentre i loro avversari veni vano chiamati Colombi, gioco di parole sul nome di delle Colombe. La sim patia di Caccini per la Lega dei Colombi sembra resa sicura da una lettera di suo fratello Matteo, impiegato della curia romana: «Che idiozia da parte tua metterti a muggire dietro comando dei piccioni o di alcuni sciocchi o di certi colombi! » ; cfr. A. Ricci-Riccardi, Galileo Galilei efra ' Tommaso Caccini, cit . , p. 70. 88 Cfr. U . Baldini , ccA.dditamenta Galileiana, 1 . Galileo, La nuova astrono mia e la critica all' aristotelismo nel dialogo epistolare tra Giuseppe Biancini e i Revisori Romani della Compagnia di Gesù,, Annali dell 'Istituto e Museo di Sto.ria della Scienza di Firenze, 9 , 1984, pp. 1 3-43 . 89 Sulla situazione politica a Napoli alla fine del xvr secolo, cfr. R. Vii lari , «Naples: The Insurrection in Naples in 1 585,, in E. Cochrane (ed . ) , The Late Italian Renaissance, 1525-1630, New York, Macmillan, 1 970, pp. 305-330; C . Merchant, The Death oj Nature: Women, Ecology and the Scientific Revolution, San Francisco, Harper and Row, 1 980, pp. 1 1 5- 1 1 7 .
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e, in effetti, a partire dal 1 6 1 5 , esisteva molto più materiale in circolazione di quanto ce ne fosse nei primi anni ottanta, ali ' epo ca in cui Zuiiiga redasse il suo commentario a Giobbe: il Sidereus Nuncius di Galileo, l 'Astronomia nova di Keplero, l 'ultima edizione del commento di Clavio In Sphaeram , che suggeriva la necessità di una nuova cosmologia, e il De revolutionibus di Copernico . Fo scarini conosceva e citava tutti questi testi. La sua Lettera sopra l 'opinione de ' Pitagorici e del Copernico era una silloge ambiziosa di tutti i passi biblici rilevanti dal punto di vista della teoria coper nicana, raccolta allo scopo di dimostrare che era possibile conci liare tali passi con l 'eliocentrismo . Partendo in primo luogo dalle prove osservative sulle fasi di Venere ottenute con il cannocchia le di Galileo, Foscarini refutava la teoria tolemaica, sostenendo che tutte le asserzioni fisiche contenute nella Bibbia erano affatto accomodate al linguaggio popolare e concludendo che l 'opinione copernicana non era «improbabile» 90• Foscarini esponeva la que stione della scelta di una cosmologia come problema morale, e che dunque ricadeva nel campo del contingente, o di ciò che può diventare altro da ciò che è. In condizioni simili , tutto ciò che si può conseguire è una conoscenza opinabile, l 'espressione mi gliore della verità in un dato periodo, piuttosto che una conoscenza certa, che deve conseguire sempre dalle premesse vere 91 • Galileo , dunque , non era isolato . Benché non fosse un eccle siastico, egli apparteneva per stretta parentela a un piccolo mo vimento progressista di uomini di Chiesa, non tutti copernicani , che perseguivano la riforma delle tesi tradizionali sulla scienza naturale e regole più liberali sulla traduzione e sull ' interpreta zione della Bibbia. Questo movimento includeva una vasta gam ma di aderenti , dagli umanisti di Salamanca Luis de Le6n e Die go de Zuiiiga, al probabilista napoletano Foscarini ; dal matema ticismo accademico moderato di Clavio all' interno del Collegio
90
P. Foscarini , in Z. Ward�ska, Teoria heliocentryczna w interpretacji teoltf wieku, cit. , pp. 1 0a-z, soprattutto pp. 1 0e e l Oz. 91 Per una discussione eccellente del concetto di probabilità e di scelta morale in Tommaso d'Aquino, che ebbe notevole influsso su questa temati ca, cfr. E . F . Byrne, Prohahility and Opinion: A Study in the Medieval Presupposi tions of Post-Medieval Theories of Probahility, The Hague, M . Nijhoff, 1 968, pp.
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Romano 92 , alle metafisiche eterodosse concepite a N apoli dai monaci Bruno e Campanella; e, infine , gli allievi di Galileo , nu merosi e dotati di talento matematico , negli ordini minori . Con tro questo gruppo stava l 'eredità conservatrice di Trento - rap presentata nel modo più intenso dal maggior polemista gesuita dell ' epoca, il cardinale Roberto Bellarmino ( 1 542- 1 62 1 ) - seb bene il giovane Bellarmino avesse accarezzato in modo sorpren dente concetti extra-aristotelici e tolemaici nelle lezioni tenute a Lovanio tra il 1 570 e il 1 5 72 93 • Bellarmino era un vecchio ami co e un collega di Clavio , autore della prefazione alla Vulgata cle mentina del 1 592 (il simbolo stesso dell ' autorità tridentina), mem bro della commissione che aveva processato e condannato Bruno nel 1 599 9\ e nel 1 6 1 1 preside del C ollegio Romano , allorché re se onore a Galileo per le sue scoperte fatte tramite il cannocchia le . Nondimeno , nella sua famosa replica a Foscarini , Bellarmino tuonava con tutto il peso della tradizione : «Dico che [ ] il Con cilio prohibisce esporre le Scritture contra il commune consenso de ' Santi Padri» . I Padri della Chiesa, nell ' ottica di Bellarmino, erano concordi su un ' interpretazione letterale dei noti passi che accennavano alla cosmologia; si trattava dunque di una materia di fede, a causa dell'unanime consenso di coloro che si sono espres si . Pertanto i matematici avrebbero dovuto limitarsi a parlare per via di ipotesi (ex suppositione) , e non in modo assoluto, perché pro nunciarsi assolutamente avrebbe significato un torto alla fede e una provocazione nei confronti di tutti i teologi e i filosofi scola stici . Solo nel caso che vi fosse una dimostrazione stringente , sa. . .
92 Come ha sottolineato W.A. Wall ace allargando le ricerche di R. Vil loslada, esistevano legami stretti tra i gesuiti spagnoli e i domenicani, so prattutto a Salamanca e al Collegio Romano. Clavio stesso aveva studiato con Pedro Nuii.ez all'Università portoghese di Coimbra, e vi era un'inclina zione generale dei gesuiti romani a imitare le abitudini accademiche parigi ne e salmanticensi (Cfr. W.A. Wallace, Prelufk to Galileo, cit. , pp. 229, 2 4 1 ) . 93 U . Baldini , G.V. Coyne , «The Louvain Lectures (Lectiones Lovanien ses) of Bellarmine and the autography copy of his 1 6 1 6 Declaration to Gali leo», Vatican Observatory Publications (Special Series: «Studi Galileiani»), 1 , 1 984, pp . 3-48. 94 X. Le Bachelet ha stabilito che Bellarmino giocò effettivamente un ruolo minore nel processo di Bruno («Bellarmin et Giordano Bruno», Grego rianum, 4, 1923, pp. 1 93-2 1 0) .
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rebbe stato lecito a ciascuno accomodare la Bibbia al linguaggio popolare , per via assoluta - e Bellarmino riteneva che una di mostrazione simile non esistesse 95 • Galileo si procurò una copia della lettera di Bellarmino e rav visò subito la refutazione del probabilismo di Foscarini 96 • Fatto ugualmente significativo , egH accettava la condizione di una di mostrazione stringente posta da Bellarmino, condizione che Ga lileo aveva comunque accettato molto tempo prima sotto l 'influen za dei suoi legami con il Collegio Romano. ccNostra opinione scriveva Galileo esaminando la lettera di Bellarmino - è che le Scritture benissimo concordino con le verità naturali dimostrate. Guardinsi pure alcuni teologi non astronomi dal rendere false le Scritture con volerle interpretar contro proposizioni che possono esser vere e dimostrate» 97 • Questo breve inciso contiene in nuce la posizione che Galileo svilupperà nella Lettera alla Gran Duchessa Cristina (redatta nel giugno del 1 6 1 5 , ma pubblicata solo nel 1 635). Benché Galileo facesse pronto appello al libro della natura quale garante della sua filosofia matematica della natura, è interessan te osservare che, a differenza di Bruno e Keplero , egli non tentò di creare una sistematica giustificazione teologica della cosmolo gia copernicana. Al contrario , Galileo scelse di ingaggiare la bat taglia ai limiti della filosofia naturale, della matematica e della teologia biblica. Tuttavia, la Lettera a Cristina di Lorena, benché ricolma della retorica della necessaria dimostrazione e dell' espe rienza sensibile , era incapace di determinare la causa vera e ne cessaria del moto della Terra - sebbene Galileo a quel tempo avesse ideato un' argomentazione relativa alle maree che riteneXII , pp. 1 7 1 - 1 72 . S i s a che Galileo aveva ricevuto una copia del libro d i Foscarini dal l' amico Federico Cesi verso la metà del marzo 1 6 1 5 , e che quello stesso li bro era stato letto con favore dai suoi amici romani (Le opere di Galileo, cit. , XII , p. 1 65 ; pp . 1 7 1 - 1 72) e pisani ( ivi , p. 1 78). Molto di ciò che sappiamo sulla subitanea risposta di Galileo a Bellarmino si fonda su un essenziale do cumento privo di data, con ogni probabilità composto a cavallo tra il marzo e il giugno 1 6 1 5 , le Considerazioni circa l 'opinione copernicana, in Le opere di Gali leo , cit. , v, pp. 367-3 70; anche in Id. , Sulla libertà della scienza e l 'autorità delle Scritture, a cura di M. Montinari , Roma, Theoria, 1 983, pp. 1 53- 1 5 7 . 97 Le opere di Galileo, cit . , v , p. 367 ; Id. , Sulla libertà della scienza e l 'auto rità delle Scritture, cit. , p. 1 53 .
95 Lettera del 12 aprile 1 6 1 5 , in Le opere di Galileo, cit. , 96
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va definitiva 98• Al contrario , la strategia di fondo della Lettera stava nel contraddire l ' egemonia disciplinare dei teologi e dei fi losofi conservatori 99• Con l 'impiego di questa tattica, Galileo sperava di colpevolizzare i teologi e i filosofi conservatori con due accuse : in primo luogo la teologia non era la regina delle scienze in quanto capace di fornire i principi fondanti delle scienze meno elevate; essa ottiene piuttosto la propria autorità per il tramite della dignità del proprio oggetto , che è eterno e celeste , e dei par ticolari procedimenti con cui tale oggetto si rivela agli uomini (la rivelazione). La seconda accusa era che il decreto della quarta ses sione tridentina era stato inteso in modo scorretto sulla questio ne del consenso unanime dei Padri, e perciò non superava il sag gio della verità dimostrativa in teologia. I Padri , osservava Gali leo , non discussero mai il problema del moto della Terra, e nep pure ne fecero oggetto di polemica. Le loro asserzioni sull ' im mobilità della Terra erano tutte accomodate alla lingua popola re. ccNon basta dunque il dir che i Padri tutti ammettono la stabi lità della Terra etc. , adunque il tenerla è de Fide ; ma bisogna provar che gli abbino condennato l ' opinione contraria» 100 • Giunto a questo punto il discorso , Galileo introduceva la testi98 Nella Lettera a Cristina, Galileo adoperava varie espressioni, «necessa rie dimostrazioni», «Certezza di alcune conclusioni naturali», «le cause de' quali forse in altro modo non si possono assegnare» (Le opere di Galileo, cit . , v , p . 3 1 1 ; pp . 3 1 6-3 1 7 ; Id. , Sulla libertà della scienza e l'autorità delle Scritture, cit. , p. 83 ; pp. 89-90). Ma Galileo in nessun luogo fa cenno alle argomenta� zioni contenute nel suo Dialogo sulle maree, opera conclusa verso il gennaio 1 6 1 6 e destinata a diventare in seguito la Quarta Giornata del Dialogo sopra i due massimi sistemi ( 1 632). Sull'argomentazione delle maree, cfr. W . Shea, Galileo 's Intellectual Revolution: Middle Period, 1 61 0-1632, New York, Science History Publications, 1 9 7 2 , pp. 1 72- 1 89 [trad. it. La rivoluzione intellettuale di Galileo, Firenze, Sansoni, 1 974, pp. 2 1 7-234] . 99 Galileo esponeva il punto così : uPerché questo sarebbe come se un principe assoluto, conoscendo di poter liberamente comandare e farsi ubbi dire, volesse, non essendo egli né medico né architetto, che si medicasse e fabbricasse a modo suo, con grave pericolo della vita de'miseri infermi, e maniV:sta rovina degli edifizi» (cfr. Le opere di Galileo, cit . , v, p . 325; Id. , Sulla libertà della scienza e l 'autorità delle Scritture, cit. , p . 1 02). 100 Le opere di Galileo, cit . , v, p. 336; Id . , Sulla libertà della scienza e l 'auto rità delle Scritture, cit. , p. 1 1 2 . Cfr. anche l 'eccellente analisi di O. Pedersen , uGalileo and the Council of Trent: The Galileo Affair Revisited», Journal for the History of Astronomy, 1 4, 1 983 , pp. 1 -29, soprattutto pp . 1 6-24.
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monianza di Diego da Zufiiga: «Anzi, dopo che alcuni teologi l'hanno cominciata a considerare - scriveva - , si vede che non l'hanno stimata erronea>> 1 0 1 • Così facendo, egli dava dunque im plicito consenso all ' indirizzo di accomodamento parziale adotta to da Zufiiga, e si identificava con le propensioni dell ' umanesi mo liberale di Salamanca. Galileo non poteva sapere però che una copia della critica di Pineda al testo di Zufiiga si trovava nella biblioteca del cardinal Bellarmino; ed è significativo che la sua citazione di Zufiiga fosse seguita subito da un velato cenno al l ' interpretazione ultra-conservatrice data da delle Colombe, al ri guardo della tesi conciliare secondo cui le asserzioni relative al mondo fisico , laddove esiste il consenso dei Padri , sono una materia di fede . (cfr. Le opere di Galileo, cit . , v, p. 336; Sulla libertà dello. scien za e l 'autorità delle Scritture, cit. , p. 1 1 3). 102 Ibidem . .
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• CONCLUSIONE La risposta ufficiale della Chiesa alla teoria di Copernico data il 5 marzo 1 6 1 6 , vela la storia assai intricata che si è qui delineata - la varietà delle posizioni copernicane, la varietà delle strategie disciplinari ed esegetiche messe in campo da protestanti e cattoli ci , e infine la lotta all'interno della stessa Chiesa tra riformatori e tra dizionalisti 103 • Il decreto edito dalla Congregazione dell' Indice, che ordinava la sospensione donec corrigantur del De revolutionibus e del commentario di Zuiiiga a Giobbe, rappresentava una vitto ria limitata per il partito conservatore tridentino all 'interno della Chiesa, in favore del mantenimento della tradizionale autorità gerarchica presente nelle università e nell ' ordine gesuita. Quale fu l'effetto subitaneo di questo decreto? I cattolici potevano com prare e leggere i libri , ma erano tenuti a sapere che le dottrine in essi contenute erano false ed erano avvertiti dei passi che do vevano censurare 104• Tuttavia, far rispettare il decreto era diffi cile ; di più di cinquecento copie del De revolutionibus ancora esi stenti oggi , solo 1 ' 8 % circa è stato tagliato da parte dei proprieta r! seicenteschi 1 05 • I passi perniciosi nella copia del rarissimo li bro di Zuiiiga che si trova all 'Università di Salamanca sono sta ti cassati con mano pesante . Nella copia esistente alla British Library, riquadri di carta spessa sono stati incollati sui testi peri colosi - un lavoro tanto ben fatto, in effetti, che il libro si apre da solo a quella parte del commentario! Delle altre copie super stiti , non sappiamo. Quanto al trattatello di Foscarini , fu total mente condannato e proibito con il decreto del 1 6 1 6 ; la sua ope ra era considerata una minaccia maggiore, a causa del fatto che gli accomodamenti di ampie sezioni della Scrittura alla teoria co pernicana non potevano essere risolti altrettanto facilmente con il ricorso alle forbici, alla colla e all' inchiostro. Il nome di Galileo Galilei non viene mai richiamato nel decreto . xrx, pp. 322-323 . Le disposizioni effettive sulle correzioni da apportare al De revolutio nibus non furono rese pubbliche fino al decreto del 1 5 maggio 1 620; cfr. Le opere di Galileo, cit . , XIX, pp . 400-40 1 ; anche in A. Favaro, Galileo e l 'Inqui sizione. Documenti del processo galileiano, Firenze, Barbera, 1 907 ( rist. anastati ca, 1 983 ) , pp. 1 40- 1 41 . 105 Cfr. O. Gingerich, «The Censorship of Copernicus' De revolutionibus», Annali dell 'Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, 7, 198 1 , pp . 45-6 1 .
'03 Le opere di Galileo, cit . , tot
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La condanna di Galileo fu forse l ' evento più drammatico nella lunga e variegata storia dei rapporti tra scienze e credo religioso . I ricercatori onesti della verità sono rimasti shockati dal tentati vo di soffocare l ' affermazione della mobilità della Terra e hanno interpretato il processo a Galileo come prova definitiva della pe ricolosità della religione , non soltanto in quanto piegata talvolta a fini secolari , ma anche, e forse in modo anche più specifico , in quanto professata da uomini che in buona fede si ritengono gestori della verità rivelata divina 1 • La condanna di Galileo, tut tavia, va esaminata in una prospettiva storica. Bisogna rammen1 Per un profilo introduttivo ai problemi avuti da Galileo con la Chie sa, cfr. J. Langford, Galileo, Science and the Church, Ann Arbor, U niv. of Mich igan Press, 1 97 1 ; G. de Santillana, The Crime o] Galileo, Chicago, Univ. of Chicago Press, 1 95 5 , [trad. it. Processo a Galileo, Milano, Mondadori, 1 960) . Più di recente, Pietro Redondi ha sostenuto in Galileo eretico, Torino, Einau di , 1 983, che il processo per aver creduto e insegnato la mobilità della Terra fu una copertura per un'accusa più pesante secondo cui l' atomismo gali leiano avrebbe costituito un pericolo verso il do gma cattolico della transu stanziazione. La tesi di Redondi si fonda sull'attribuzione, in gran parte con getturale , di una lettera anonima al gesuita Orazio Grassi .
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tare il fatto che egli era nato nel 1 564, l ' anno successivo alla chiu sura del Concilio di Trento, ove fu fissato il carattere del cattoli cesimo romano, fino a che nel nostro secolo, con papa Giovanni XXIII , prevalse uno spirito nuovo . Gli ostacoli incontrati da Ga lileo possono venir compresi solo se posti in riferimento a un' e poca in cui i moderni valori liberali erano ben lontani dall 'ispira re quel consenso che oggi diamo per scontato .
• UN'EPOCA DI ORTODOSSIE SOFFOCANTI Per gli storici della cultura e delle religioni , l' Italia del XVI seco lo è ben nota per il suo ritorno ai rigori di età precedenti . È il rimprovero che si muove di solito alla Controriforma, salvo che concepire quest' ultima in quest ' ottica significa scambiare l ' effet to per la causa. Non ci si deve figurare la Controriforma come movimento esteriore e reazionario, o come una marea oscuranti sta che bandì senza colpo ferire ogni creatività intellettuale . Si trattò , piuttosto , di una crisi di sfiducia che ebbe luogo nell ' ani mo degli Italiani 2 • Il sacco di Roma del 1 52 7 e la caduta della Repubblica fiorentina nel 1 530, seguita dal dominio spagnolo sulla maggior parte della penisola, lasciò gli Italiani amaramente di sincantati . Molti persero fiducia in riforme il cui unico scopo era indirizzato al miglioramento delle istituzioni politiche e diventa rono non solo disposti, ma addirittura ansiosi di scambiare il ba sto della libertà per la certezza di un ordine ben regolato. Si può ravvisare questo fatto nel rilievo assai più grande dato all ' autori tà dei principi , e al nuovo accento posto sull ' importanza dei tito li, anche se coloro che portavano tali titoli erano tenuti a sta-
2 Per un profllo generale della Controriforma, cfr. A.G. Dickens, The Counter Reformation, London, Thomas and Hudson , 1 968 ; M . R. O'Connell, The Counter Rejormo.tion, New York, Harper and Row, 1 974. [In italiano, anche per quanto riguarda alcuni aspetti del pensiero galileiano sullo sfondo della Controriforma, si rimanda a M. Marcocchi, La Rijo17111l Cattolica. Documenti e testimonianze, 2 voll . , Brescia, Morcelliana, 1 967 ; e alla ricca bibliografia in appendice a W. Bouwsma, Venezia e la difesa della libertà repubblicana. l valo ri del Rinascimento nell'età della Controrijo17111l , Bologna, Il Mulino, 1 9 7 7 , pp . 527-54 1 . ]
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bilire alberi genealogici non autentici e a dotarsi di quella no biltà che , in un modo o nell ' altro, era intrinseca alle loro città natali . Le opere aristoteliche, che in precedenza avevano costituito uno stimolo per un dibattito assai vivace , stavano diventando sempre più un dogma inflessibile, e un criterio automatico di verità, mentre gli altri sistemi filosofici venivano guatati con sospetto. Allorché , con la morte di Francesco Patrizi ( 1 529- 1 597), la cattedra di Fi losofia platonica all'Università romana della Sapienza rimase va cante, papa Clemente VIII consultò il cardinale Roberto Bellar mino, recentemente richiamato da Napoli come teologo papale e consigliere del Santo Uffizio . Bdlarmino ritenne che il plato nismo contenesse insidie più sottili dell ' aristotdismo - non perché contenesse maggiori errori , ma in virtù della sua ingan nevole analogia con il cristianesimo. Dunque il platonismo era più pericoloso del paganesimo , e Bellarmino raccomandò la sop pressione della cattedra 3• L'autorità universalmente accettata di Aristotele contribuì a fare del suo seguace Tommaso d ' Aquino la guida più popolare al senso della fede verso la fine del XVI se colo; nominato nel 1 567 dottore della Chiesa, Tommaso era ri tenuto dal cardinale Bellarmino l ' autorità ultima in fatto di teo logia. La Ratio Studiorum gesuita, sebbene permettesse in certi ca si specifici qualche allontanamento dalla dottrina tomista, impo neva la decadenza dalla carica per quei docenti che si mostrava no contrari al sistema tomistico nella sua interezza. In circostan ze simili , il principale compito della teologia era di rendere siste matica e di schiarire la fede , con quest ' ultima intesa come corpo coerente di asserzioni intellettuali, in modo tale da far risaltare al massimo la sua certezza e il suo carattere definitivo . L ' arti colazione del credo cattolico divenne quasi un problema ammi nistrativo , e Bellarmino un amministratore di dottrine , che ordi nava in sistemi in modo da poterle dirigere , nella loro forma me no ambigua e più efficace , contro il dubbio e l' eresia. In effet ti, �lo scopo di rendere più agevole ogni paragone, Bellarmino
3 L. Firpo, «Filosofia italiana e Controriforma», Rivista di Filosofia, 4 1 , 1 950, p . 1 66, che si basa su l . Fuligatti , Vita Roberti Bellarmini Politiani S.j. , Antwerp, 1 63 1 , pp . 1 89- 1 90 .
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giunse a rendere sistematiche anche le opinioni dei suoi oppo sitori 4• L' autoritarismo papale nel campo culturale ricevette un forte contributo dal processo di italianizzazione della curia e dallo svi luppo di una burocrazia centralizzata all' interno della Chiesa. Al l 'inizio del XVI secolo , il Sacro Collegio cardinalizio contava tren tacinque membri , di cui ventinove (il sessanta per cento) italia ni; nel 1 598, allorché il numero dei membri era salito a cinquan tasette , gli italiani erano saliti a quarantasei (più dell ' ottanta per cento) 5• Un' analoga riduzione nella proporzione dei forestieri era in atto ai livelli più bassi dei quadri della burocrazia curiale . L'influenza italiana si era già mostrata decisiva al Concilio di Tren to , chiamato a dare una risposta alla sfida protestante ; a Trento , centottantasette dei duecentosettanta vescovi presenti a una ses sione o all ' altra, erano italiani, trentuno spagnoli , ventisei fran cesi e due tedeschi . Inoltre , in base alle norme procedurali adot tate nel 1 545 , soltanto i vescovi e i padri generali di un piccolo numero di ordini religiosi avevano diritto di voto nelle sessioni plenarie. Questo provvedimento rafforzava i delegati italiani, molti dei quali dipendevano economicamente dal papato, ed erano perciò sotto la sua influenza. Il netto incremento del novero dei cardi nali ridusse l ' importanza dei singoli personaggi , al pari dell ' in nalzamento di un clero di umili origini in up. 'epoca aristocratica. La nomina improvvisa, nel 1 583 , di diciannove nuovi cardinali compiuta da Gregorio XII I , senza consultazione né preavviso , fece rizzare il pelo ai membri effettivi del Sacro Collegio , suscitando tuttavia una resistenza aperta assai debole . Sisto v ( 1 585- 1 590) fece un altro passo in avanti ripartendo la burocrazia curiale in quindici organismi di minori dimensioni che svolgevano ciascu no funzioni a sé stanti , e che dunque di rado si adunavano tutti
4 Altro grande teologo sistematico fu Melchior Cano; il suo De Locis Theologicis Libri Duodecim fu pubblicato nel 1 563 e ristampato sei volte prima del 1 605 . Cfr. P. Mandonnet, ccMelchior Cano», in Dictionnaire de théologie catholique, 1 5 voli. , Paris, Letouzey et Ané , "1 930-50. n , p. 1 538. s J . Delumeau, Vie économique et sociale de Rome dans la seconde moitié du xv! siécle, 3 voli . , Paris, E. de Boccard, 1 957-59, 1 , p . 2 1 9 [traduzione italiana parziale: Vita economica e sociale di Roma nel Cinquecento , Firenze, Sansoni, 1979, p . 60] .
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assieme , il che trasformò effettivamente la curia dall 'organizza zione semi-costituzionale che era, in una burocrazia ordinata e specializzata. Nella sua legittimazione delle tesi pontificie, la Con troversia generalis de summo pontefice, Bellarmino sostenne che una forma monarchica di governo era da anteporre a una democrati ca, in quanto più vicina alla natura 6 • Né Bellarmino ebbe esi tazioni nell ' affermare che i principi cattolici avevano un obbligo morale a rafforzare la vera fede tra i loro sudditi 7 • Una simile riconferma dell' autorità papale potrebbe apparire anacronistica; la vita degli Europei si era secolarizzata troppo in profondità per concedere qualche speranza di successo a coloro che si sforzavano di imporle una tutela ecclesiastica. Niente di ciò , tuttavia, era scontato nell ' Italia della seconda metà del XVI secolo ; le disgrazie, la divisione e la debolezza dell' Italia rende vano le nuove conquiste secolari estremamente fragili , e l ' autori tà ecclesiastica sembrava trionfare e dunque portare a compimento i valori della Controriforma 8• Tuttavia, le aspettative romane si fondavano anche sulla fede in un andamento prefissato della sto ria, che nasceva non da un esame delle condizioni presenti , ma da una promessa divina. Per Roma, ciò che doveva essere , alla fine sarebbe stato . Nel frattempo , la Chiesa doveva fare tutto ciò che era in suo potere per accelerarne il corso . Verso la fine del XVI secolo , gli sforzi della Chiesa divennero più massicci. Rincuorato da alcuni segnali della non-invincibilità dei Turchi, e sostenuto da nuovi, potenti ordini religiosi quali i gesuiti, e da una burocrazia riordinata ed efficiente , il papato mise in scena una campagna sistematica contro le perniciose idee politiche e filosofiche del Rinascimento. La cronologia della con troffensiva papale è eloquente; nel 1 559 Paolo IV pubblicò il pri mo lndex Romanum Librorum prohibitorum ufficiale , una lista senza tante distinzioni , che comprendeva tutte le opere di Erasmo , tut te le pubblicazioni di sessantuno editori, tutte le traduzioni in voi, 6
Bellarmini Controversia generalis de summo pontefice, I, 2 , in Opera omnia, Paris, Vivès, 1 870-74, I , pp . 464-465. 7 Id . , De officio principis christiani libri tres, I , 1 1 , in Opera Omnia, c it vm , pp . 1 09- 1 1 0 . 8 Cfr.--H. Outram Evennett, The Spirit of the Counter-Reformation, Cam bridge , Cambridge Univ . Pres s , 1 968 , pp. 1 09- 1 1 0 . 12
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gare della Bibbia 9• La crudezza dell' Indice fu resa più mite dal Concilio di Trento, ma poco dopo , sotto il pontificato di Pio v ( 1 566- 1 572), esso divenne di una rigidezza implacabile . Pio mo dificò l ' indole dell ' Indice , concependolo non più come un cata logo dato di opere condannate, ma come uno strumento di vigi lanza e di censura costanti; nel 1 5 7 1 , egli nominò un' apposita Congregazione dell' Indice a soprintendere a quest ' attività. In tal modo , verso la fine del XVI secolo , la Chiesa cattolica sembrava uscita dotata di nuova energia dalla lotta con i prote stanti. Essa continuava a tener d 'occhio teologi come Michele Baio e Bartolomeo de Carranza, salvo dilatare adesso la propria vigi lanza a ogni forma di vita sociale e spirituale; in altri termini , andando oltre il campo religioso , per raggiungere l'etica, la poli tica, la filosofia, l ' arte e tutti gli usi e costumi . L 'ultimo decennio del XVI secolo e i primi anni del xvn pro dussero un flusso di impeti ideologici e di condanne. Benché Nic colò Machiavelli fosse stato posto all ' Indice sin dal 1 559, solo dal 1 589 comparvero refutazioni sistematiche del suo pensiero; in quel l ' anno, venne alla luce Della ragion di stato di Giovanni Botero , seguita dalle opere di stampo conservatore di Antonio Possevino, di Tommaso Bozio e dal Princeps Christianus di Pedro Ribadeneira. Nel 1 59 2 , si procedette alla condanna delle opere di jean Bodin; due anni più tardi Fabio Albergati ne confutò le idee politiche . Fu ancora in questo periodo che fu denunciato il platonismo del Patrizi, e che l 'anziano filosofo fu costretto a professare una sotto missione totale . L'opera di Bernardino Telesio fu bandita fin dal 1 596, in quanto sovversiva, e nove anni dopo le sue tesi vennero condannate in blocco. In quello stesso periodo, si rinnovò la condan na di Pietro Pomponazzi e Tommaso Campanella, mentre France sco Pucci e Giordano Bruno furono gettati in prigione a causa delle loro idee. Pucci salì sul rogo nel 1 59 7 , Bruno nel 1 600 1 0 • Sotto i pontificati di Gregorio XIII ( 1 5 7 2- 1 585) e di Sisto v ( 1 585- 1 590), la posizione radicalmente filo-papale di Agostino 9 H. Reusch, Die "lndices Librorum Prohibitorum " des sechzehnten Jahrhun derts, Nieuwkoop, de Graaf, 1 96 1 , pp. 1 76-208 . 10 L. Firpo, «Il processo di Giordano Bruno», Rivista Storica Italiana, 60, 1 948 , pp. 542-597; 61 , 1 949, pp. 5-59; Id. , «Processo e morte di Francesco Pucci», Rivista di Filosofia, 40, 1 949, pp. 3 7 1 -405.
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Triunfo ( XIV secolo) resuscitò nella forma del suo trattato Sum ma de potestate ecclesiastica. Questo testo , ristampato quattro volte a cavallo tra il 1 582 e il 1 585 , favoriva la tesi che tutti i singoli regni e repubbliche fossero sottoposti a un governo mondiale sot to la supremazia papale. Gregorio e Sisto erano persuasi che la cristianità dovesse diventare una vera e propria realtà politica; ogni suddivisione dell ' ordinamento sociale era ritenuta un male in sé , manifestazione e conseguenza del peccato. Individui e go verni venivano reputati sottoposti a un sistema giuridico unico ed eterno , il cui fondamento ultimo stava nella legge eterna e di vina, di cui la Chiesa cattolica era la sola custode e interprete. In questa temperie, una rivoluzione in campo scientifico o in una qualsiasi altra branca dell ' attività umana sarebbe stata facilmen te tenuta per minacciosa, a meno che non facesse mostra di esse re in accordo con i precetti della Chiesa.
• LA SFIDA ESEGETICA DI GALILEO La teoria eliocentrica aveva ricevuto dignità scientifica da parte di Niccolò Copernico nel suo De revolutionibus orbium caelestium del 1 543 , ma sino all ' invenzione del cannocchiale, nel primo decen nio del xvn secolo, non trovò corroborazione sufficiente da co stituire un problema per l 'immagine tradizionale del mondo im pressa nella Weltanschauung cristiana. Allorché Galileo puntò il suo capnocchiale sui cieli, nel 1 609 , scoprì nuove prove a favore del la centralità del Sole nelle fasi di Venere e nei satelliti di Giove . Sebbene le nuove osservazioni fossero fortemente allusive, non erano tuttavia definitive , e la discussione sul copernicanismo , in precedenza affievolitasi, ricevette nuovo slancio. Il Sidereus Nun cius di Galileo, dato alle stampe nel 1 6 1 0 , fu un successo imme diato, ·siccome il suo viaggio a Roma l ' anno successivo , quando i gesuiti confermarono in pubblico le sue scoperte astronomiche, e il principe Federico Cesi ( 1 585- 1 630) lo chiamò a far parte del l' Accademia dei Lincei . Tanto grande fu il plauso, che il car dinal Francesco Maria del Monte ebbe a scrivere al granduca Cosimo n : ccSe noi fussimo hora in quella Repubblica Roma na antica, credo certo che gli sarebbe stata eretta una statua in 1 29
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C3.1Ìl.pidoglio per honorare l ' eccellenza del suo valore» 1 1 • Galileo esultò per la calorosa accoglienza, ma un incidente edi toriale occorso quando il principe Cesi gli prospettò la pubblica zione delle Lettere sulle macchie solari, nel 1 6 1 2 , avrebbe dovuto ren derlo guardingo verso i teologi . Le cavillazioni dei censori lo co strinsero a una revisione dopo l ' altra, ed è forse da infortuni edi toriali simili che si può realmente valutare l ' operare giornaliero della C ontroriforma. Il libro doveva aprirsi con una lettera di Mare Welser, ove l ' au tore citava Mt 1 1 , 1 2 , «Il regno dei cieli si acquista con la forza, e i violenti se ne impadroniscono» . I censori ebbero a ridire sulla citazione , che aveva l ' aria di voler dire che gli astronomi spera vano di far proprio un dominio che rimaneva dote precipua dei teologi . Per lenire questi timori, il passo fu parafrasato in questo modo : «Già gli umani intelletti da dovero fanno forza al cielo, e i più gagliardi se 'l vanno acquistando» 1 2 • Benché non vi fos se alcun mutamento sostanziale dal punto di vista contenutisti co, il passo biblico era scomparso . In un altro testo , Galileo ave va scritto che la «divina Bontà» l ' aveva guidato a sostenere pub blicamente il copemicanismo. I censori sostituirono l ' espressio ne con «i propizii venti» 1 3• Una terza revisione mostra lo scopo dei censori di salvaguardare l 'incorruttibilità dei cieli, dottrina cui davano ancora pieno appoggio 1 4• Nel testo originale , Gali11 Lettera del 31 maggio 1 6 1 1 , in Le opere di Galileo, Edizione Naziona le, a cura di A. Favaro, Firenze, Barbera, 1 899- 1 909 , XI, p. 1 1 9 . Su Gali leo e il copernicanismo, cfr. W. Shea, Galileo 's Intellectual Revolution: Middle Period, 1 61 0-1632, New York, Science History Publications, 1 9 7 7 [trad . it . La rivoluzione intellettuale di Galileo, Firenze, Sansoni, 1 974] ; M . Clavelin, The Natura/ Philosophy of Galileo, Cambridge, Harvard Univ. Press , 1 978; E . McMullin, Galileo: Man ofScience, New York, Basic Books, 1 96 7 ; S . Drake, Discoveries and Opinions of Galileo, Garden City (N .Y.), Anchor, 1 95 7 ; A. Koy ré , Galileo Studies, Atlantic Highlands (N.J . ) , Humanities Press, 1 978 [trad . it. Studi galileiani, Torino, Einaudi, 1 976] . 12 Galileo Galilei, /storia e dimostrazioni intorno alle macchie solari, in Le opere di Galileo, cit . , v , p . 93 . 13 lvi, p. 238; cfr. l'apparato critico alle righe 29-30. 14 Ancora nel 1 6 1 8 , Federico Cesi ritenne necessario sostenere il fatto che i cieli non erano sfere cristalline. Cfr. la sua lettera del 14 agosto 1 6 1 8 al cardinale Bellarmino De caeli unitate, tenuitatefusaque et pervia stellarum moti bus natura ex sacris litteris, e la replica di Bellarmino, in Christoph Scheiner, Rosa ursina, Bracciano, 1 630, pp . 77 7-783 .
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leo aveva descritto l ' immutabilità dei cieli come «non solamente falsa, ma erronea e repugnante alle indubitabili verità delle Sa cre Lettere» , e aveva attribuito a un' ispirazione divina la nuova astronomia. Allorché i censori ebbero a ridire in merito, Galileo redasse una nuova bozza ove definiva la propria teoria «l ' opinio ne tanto conforme all' indubitabili veritadi delle Sacre Lettere» , e lodava i propri predecessori per la loro acutezza nell ' aver tro vato modi di accordare i passi biblici a favore della mutevolezza dei cieli con le prove a favore della loro immutabilità 15 • n presup posto tacito era che , dacché i teologi avevano a lungo inteso quei testi nel senso di una concordia con la dottrina aristotelica, per tanto esisteva già nella Chiesa una tradizione esegetica non-letterale riguardo ai passi biblici di argomento astronomico . I censori repu tarono insufficiente questa revisione, e richiesero una terza stesura, in cui Galileo tolse - di malavoglia - ogni cenno alle Scritture . L 'atteggiamento tanto dei censori quanto di Galileo è assai istruttivo ; da un lato, i censori furono inflessibili nel rifiutare a un laico il diritto di immischiarsi con la Scrittura; dall ' altro , Ga lileo mostrò la propensione a definire la propria posizione come «divinamente inspirata» , e a stigmatizzare quella dei suoi avver sari come «contraria alle Scritture» . L' immagine popolare di un Galileo martire della libertà di pensiero è una semplificazione ec cessiva; il fatto che le sue tesi fossero differenti da quelle tenute dall a maggioranza dei membri delle istituzioni accademiche non rendeva Galileo un fautore del liberalismo . Egli sostituì, in cam po filosofico, il dogmatismo aristotelico con una fede altrettanto dogmatica nella validità dell'interpretazione matematica della na tura. In campo politico , Galileo era stanco di perdere tempo per le esigenze della democrazia, e concepì un ardente desiderio per il rifugio costituito dalla corte di un principe . Nel 1 6 1 0 , egli mise in rilievo i n modo affatto inequivoco di aver abbandonato la Re pubblica veneta per il Granducato di Toscana, a causa del fatto che la libertà dagli obblighi accademici poteva esser garantita so lo da un sovrano assoluto 1 6 • 15 lstori'a e di'mostrazi'oni', in Le opere di Gali'leo, cit. , v , pp. 1 38- 1 39 , e ap parato critico alla riga 24. 16 Lettera del febbraio 1 609 a un corrispondente fiorentino, in Le opere di' Gali'leo, cit . , x, 233 .
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Galileo accarezzava senz 'altro la speranza che la Chiesa ne sup portasse le opinioni . Assieme a molti dei suoi contemporanei, egli levò lo sguardo a un papato illuminato , come a uno strumento efficace di progresso scientifico. Ciò che Galileo non sembra aver compreso , tuttavia, è il fatto che la Chiesa cattolica, sotto l ' accu sa dei protestanti di aver messo da parte la Bibbia, si trovò co stretta a rafforzare - per autodifesa - la propria posizione . Tutto ciò che appariva in contrasto con i sacri testi doveva esser ma neggiato con la massima cautela. L ' allievo prediletto di Galileo , il sacerdote benedettino Bene detto Castelli ( 1 578- 1 643) , fu chiamato nel novembre 1 6 1 3 a ri coprire la cattedra di matematica all ' Università di Pisa. Nel di cembre di quello stesso anno, Castelli fu invitato a pranzo dal gran duca Cosimo n , da sua madre la granduchessa Cristina di Lore na e da diversi dignitari della corte . La conversazione si volse al le scoperte astronomiche di Galileo ; tutti le lodarono , tranne la granduchessa, che, istigata da un professore di filosofia, comin ciò a sollevare obiezioni al moto della Terra tratte dalla Bibbia. C astelli le rispose al meglio delle sue possibilità, ripetendo in se guito la conversazione a Galileo , il quale gli spedì una lettera ove delineò le proprie idee al riguardo della Scrittura. Questa missi va doveva formare l' origine della Lettera alla Granduchessa Cristina di Lorena del 1 6 1 5 , l 'espressione più completa delle tesi galileiane sulle relazioni tra scienza e religione 1 7 • U n laico fiorentino , Lodovico delle Colombe , aveva accusato fin dal 1 6 1 0 Galileo per aver contraddetto le Scritture, ma non fu fino alla quarta domenica dell 'Avvento del 1 6 1 4 , che la que stione divenne seria, allorché il frate domenicano Tommaso Cac cini tenne una predica contro il moto della Terra, fulminando i matematici per averlo sostenuto. Galileo, irritato, si lamentò con il predicatore generale di quell' ordine , Luigi Maraffi , che si scu sò in modo assai cortese per la cattiva condotta del suo confratel lo , ben noto per la sua retorica sregolata e malaccorta 1 8 • Gali1 7 La lettera si trova in Le opere di Galileo,. ci t . , v , pp . 309-348 ; Id . , Sulla libertà della scienza e l 'autorità delle Scritture, a cura di M. Montinari , Roma, Theoria, 1 983 , pp . 8 1 - 1 28. 18 Lettera di Maraffi a Galileo del 1 0 gennaio 1 6 1 5 , in Le opere di Gali leo, c it xn, p . 1 2 7 . . ,
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leo scrisse inoltre a Federico Cesi, domandandogli in che modo ottenere riparazione . Il consiglio del principe Cesi, religioso ma assai esperto del mondo, avrebbe potuto giovargli molto per la conoscenza dell' ambiente curiale che egli doveva fraintendere in modo tanto doloroso :
Quant'all 'opinione di Copernico, Bellannino istesso, ch'è de'capi nella congregatione di queste cose, m 'ha detto che l'ha per eretica, e che il moto della terra, senza dubio alcuno, è contro la Scrittura: dimodo che V . S . veda. Io sempre son stato in dubio, che consultandosi nella Con gregation del' Indice , a tempo suo, di Copernico, lo farebbe prohibire [ . ) '9 . . .
Le cose precipitarono verso la conclusione con l ' arrivo a Ro ma, all' inizio del 1 6 1 5 , di un sacerdote carmelitano , Paolo Fo scarini ( 1 580 ca. - 1 6 1 6) , fresco di pubblicazione di una Lettera so pra l 'opinione dei Pitagorici e del Copernico circa il moto della Terra. Foscarini redasse un appello potente ma pacato per l' armonia del l 'ipotesi copernicana con la Scrittura; egli non sostenne la verità della nuova teoria, asserendo piuttosto il fatto che la Bibbia fosse stata scritta per la comprensione di tutti gli uomini, e che perciò era stata redatta in un linguaggio popolare, anziché scientifico. Dio aveva voluto rivelare solamente le cose che non potevano es sere scoperte alla luce della ragione; il resto era da Lui lasciato alle umane dispute 20 • Foscarini era ansioso di pubblicizzare le proprie opinioni, e scrisse dunque a Bellarmino stesso , inviando gli una copia del suo libro. Il cardinale rispose in modo riguardo so, che, a quanto ne sapeva, il moto della Terra non era stato ancora dimostrato , e che la maniera migliore di trattarlo era rite nerlo un utile strumento euristico, piuttosto che una verità fisi ca, giacché pareva contraddire evidenti dichiarazioni della Bib bia attorno al levarsi e al tramontare del Sole. Bellarmino aggiun geva ancora:
19 Lettera di Federico Cesi a Galileo del 14 gennaio 1 6 1 5 , in Le opere di Galileo, cit . , XII , p. 1 29 . 20 P . Foscarini, Lettera sopra l 'opinwm cle ' Pittagorici e ciel Copernico clelltJ mo bilità clelia terra, Napoli , 1 6 1 5 .
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Né si può rispondere che questa non sia materia di fede , perché se non è materia di fede ex parte obiecti, è materia di fede ex parte dicentis; e così sarebbe heretico chi dicesse che Abramo non habbia avuti due figlioli e lacob dodici , come chi dicesse che Christo non è nato di vergi ne, perché l'uno e l ' altro lo dice lo Spirito Santo per bocca de ' Profeti et Apostoli.
Il cardinale, in ogni caso , era ben lungi dall 'assumere un at teggiamento intollerante e senza compromessi: Dico che quando ci fusse vera dimostratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel terzo cielo , e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole, allora bisogneria andar con molta conside ratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie e più tosto dire che noi non l 'intendiamo, che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione, fin che non mi sia mostrata.
Bellarmino continuava sottolineando il fatto che l ' impiego di una teoria utile al calcolo della posizione dei pianeti non equivale all ' affermazione della sua realtà di fatto; l ' analogia copernicana della spiaggia che sembra spostarsi all ' indietro quando ci allon taniamo da essa su una nave, non aveva effetto sul cardinale. Nes suno, poneva in rilievo Bellarmino , ha mai sostenuto che fosse la spiaggia a muoversi , e non la nave 2 1 • La lettera di Bellarmino fu inviata a Galileo , che si stava ap plicando con accanimento alle questioni teologiche . Risponden do all ' obiezione che il moto della Terra è una questione di fede, se non ex parte obiecti, almeno ex parte dicentis, dal punto di vista di colui che lo asserisce, Galileo affermava che il Concilio di Trento aveva appoggiato l ' autorità scritturale solo nel campo della fede e della morale : Avendo detto dunque in rebus fidei, si vede che la sua (del Concilio di Trento , scii. ] intenzione è stata d 'intender in rebus fidei ratione obiecti. Che poi molto più sia defide il tener che Abramo avesse figli, e che Tub bia avesse un cane, perché la Scrittura lo dice , che non è il tener che la terra si muova [ . . ] perché, essendo al mondo stati sempre uomini .
2 1 Lettera di Bellarmino a Paolo Foscarini del 1 2 aprile 1 6 1 5 , in Le ope re di Galileo, cit. , XII, pp. 1 7 1 - 1 7 2 .
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che hanno avuto due, quattro, sei figli etc . , ed anco nissuno [ . . ] non apparisce ragione o rispetto alcuno per il quale lo Spirito Santo avesse ad affermare in tali proposizioni diversamente dal vero, essendo a tutti gli uomini ugualmente credibile la parte negativa e l'affirmativa; ma non così accade della mobilità della terra e stabilità del sole, essendo propo sizioni lontanissime dall ' apprensione del vulgo, alla capacità del quale in queste cose, non concernenti alla sua salute , è piaciuto allo Spirito Santo di accomodar i pronunciati delle Sacre Lettere, ben che ex parte rei il fatto stia altramente 22 • .
• LA CONCEZIONE SCIENTIFICA GALILEIANA Galileo pareva aver qui dimenticato il pericolo del tentativo di illuminare i principali teologi cattolici in materia di interpreta zione dei decreti del Concilio di Trento . Inoltre, egli metteva a rischio la propria posizione sopravvalutando il grado di prova che era in grado di fornire : Il non creder che ci sia demonstrazione della mobilità della terra sin che non vien mostrata, è somma prudenza; né si domanda da noi che alcuno creda tal cosa senza demonstrazione : anzi noi non ricerchiamo altro, se non che, per utile di Santa Chiesa, sia con somma severità, es saminato ciò che sanno e possono produrre i seguaci di tal dottrina, e che non gli sia ammesso nulla se quello in che eglino fan forza, non su pera di grande spazio le ragioni dell' altra parte ; e quando loro non ab bino più di 90 per 100 di ragione , siano ributtati [ . ] . E ben si può far sì larga offerta: perché è chiaro che quelli che terranno la parte falsa, non possono aver per loro né ragione né esperienza alcuna che vaglia; dove che con la parte vera è forza che tutte le cose si accordino e rincon trino. .
.
Facendo qualche osservazione sul moto relativo della nave e della spiaggia, Galileo scriveva ancora: L 'errore della apparente mobilità del lito e stabilità della nave è co nosciuto da noi doppo l 'essere molte volte stati sopra 'l lito a osservare il moto delle barche, e molte altre in barca a osservare il lito; e così se
22 Considerazioni sopm l'opinione copemù:o.na, in Le opere di Go.lileo, cit . , v, 367-368 ; Id . , SullA libertà deliA scienza e l 'autorità delle Scritture, p. 1 54 .
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potessimo ora stare in terra ed ora andare nel sole o in altra stella, forse verremmo in ogni cognizione sensata e sicura, qual di lor si muova 23 •
Ma una simile conoscenza sensibile offrirebbe davvero la cer tezza assoluta? Un abitante della Luna vedrebbe la Terra e il So le ruotare attorno al suo pianeta, e riterrebbe immobile la Luna. Per quale motivo Galileo sopravvalutò tanto la propria argo mentazione? Per renderei conto delle sue pretese, dobbiamo in tendere il concetto galileiano di scienza. A malapena si può so pravvalutare l 'importanza delle idee che uno scienziato reca nel suo lavoro scientifico , soprattutto di quelle concezioni che riguar dano l 'oggetto e il metodo della sua ricerca. Prima che uno scien ziato possa intraprendere il proprio lavoro deve avere pur qual che idea sul significato del conoscere - ovvero il conoscere scien tificamente - e almeno una strategia generale per spingersi ver so una tale conoscenza. Queste idee san� definibili come la strut tura euristica dello scienziato. Galileo non attestò mai una definizione della scienza, o una sistematica descrizione del procedimento impiegato dalla scien za; pure , la sua prassi scientifica è eloquente . Non c'è dubbio che egli si ritenesse un discepolo di Archimede , e che reputasse la ma tematica come la chiave dell ' interpretazione della natura: La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi ( io dico l'universo) , ma non si può inten der se prima non s' impara a intender la lingua e conoscer i caratteri , ne'quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli , cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è im possibile a intenderne umanamente parola 2 4 •
Quest'immagine della natura era la radice nascosta della scienza rinascimentale della natura. Galileo detestava coloro che ripete vano, come trombette, tutte le opinioni antiche, e pure aderiva dogmaticamente all ' idea di un mondo scritto in simboli materna-
23 Le opere di Galileo, ci t . , v, pp. 368-370; Id. , Sulla libertà della scienza e l 'autorità delle Scritture, cit . , pp. 1 55- 1 56 . 2 4 Il Saggiatore, i n L e opere di Galileo, cit . , V I , p . 232; cfr. anche Il Saggia tore, a cura di L . Sosio, Milano, Feltrinelli, 1 965 , p. 38.
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tici . Il suo istinto per l' eleganza teoretica gli diceva che Coperni co aveva ragione, e benché le osservazioni allora disponibili mili tassero solo in parte a suo favore, Galileo era sicuro che sarebbe stato vendicato alla fme. Egli esibì un'insofferenza sprezzante verso la complessità dei dati e una sorta di auto-legittimazione tipica degli intelletti i cui oggetti - quando si indirizzano alla ricerca naturale - sono l 'ordine e la semplicità. Quanto si accorda questo profilo con gli atteggiamenti del pri mo Seicento? Nonostante una notevole opposizione, l ' idea ari stotelica della scopribilità delle teori:e vere teneva ancora banco in fisica, laddove in astronomia dominava la fede tolemaica nelle argomentazioni geometriche per «salvare i fenomeni�, senza pre tendere necessariamente che tali argomentazioni si rivelassero poi vere in natura. Per questa via, l 'ortodossia. attuale faceva appello a un realismo ingenuo in fisica, mentre in astronomia allo stru mentalismo . La posizione di Aristotele era di particolare importanza, per ché , nonostante gli attacchi, molti suoi oppositori dell 'ultim' ora si serbavano molto più aristotelici di quanto sarebbero stati di sposti ad ammettere . Galileo attaccò numerose idee aristoteliche, ma non contestò mai il realismo scientifico di Aristotele - ovve ro la concezione che esista una sola teoria fisica vera, scopribile tramite le facoltà umane della ragione e dell 'osservazione , e che le teorie alternative siano dunque false . Laddove Galileo si di stingueva da Aristotele, era nell' idea della natura della realtà fi sica. Generalmente parlando, Aristotele guardava alla natura come a un processo attraverso il quale le cose adempiono alle loro po tenzialità, il che volse la speculazione lontano dall ' indagine delle strutture e dei meccanismi per dirigerla verso tematiche relati ve alla funzione e allo sviluppo. Questa premura per il finali smo si sposava alla convinzione che fosse possibile fondare la fi losofia naturale direttamente sulla percezione, e che la matema tica non fosse capace di spiegare gli aspetti qualitativi dell ' espe rienza comune. Galileo riteneva invece un simile approccio in genuo e fuorviante, e si sforzò di oltrepassare i limiti dell ' empiri smo aristotelico tramite il principio secondo cui la realtà possie de una forma matematica, e la teoria matematica determina la struttura stessa della ricerca sperimentale . Da questo punto di vi sta, Galileo era seguace di Archimede, l ' antico matematico che 137
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i contemporanei di Galileo ritenevano unanimemente un plato nico. L ' essenzialismo matematico di Galileo (la dottrina per cui la realtà è fondamentalmente matematica) va concepito sullo sfon do culturale della fioritura platonica di quel periodo, soprattutto a Firenze , nonostante il fatto che Galileo si distinguesse da Plato ne per il genere del proprio essenzialismo; Platone aveva ritenu to che il mondo naturale fosse una copia più o meno somigliante di un mondo trascendente e ideale di forme matematiche , e per tanto la fisica non poteva mai cogliere la verità assoluta, ma solo rappresentazioni verosimili . Galileo , al contrario , riteneva che il mondo fosse formato in effetti da qualità matematiche primarie e secondarie e dalle leggi che le regolano, e che fosse possibile sco prire per esteso e in modo assolutamente certo tali leggi .
• LO SCONTRO E LA CONDANNA Fu in questa disposizione d ' animo che Galileo , incoraggiato dai suoi sostenitori, ampliò la lettera a Castelli in un brillante tratta to sull 'esegesi , che dedicò alla madre di Cosimo , la granduchessa Cristina di Lorena. I suoi amici , veramente, lo avvisarono che •) comportassero l'incapacità divina di scegliere liberamente che tipo di mondo creare. I teologi nominalisti, imbevuti dello spirito della condanna, sottoposero a esame la cogenza logica delle argo mentazioni aristoteliche e dalla loro disamina crebbe la convinzio ne che Dio non avesse necessariamente tenuto presenti i principi aristotelici, e che Egli avrebbe ben potuto creare l'universo in altra guisa. Oakley e Klaaren ritengono che l 'insistenza dei meccanici sti sul fatto che le leggi naturali avrebbero potuto essere altre fos se una conseguenza del rilievo dato alla libertà divina da parte dei nominalisti . Da questo punto di vista, la persuasione dei mec canicisti che Dio avesse prescritto al mondo certe leggi naturali non era una mera risposta ad hoc alla necessità di una fondazione teorica dell ' impiego dei procedimenti matematici, bensì l ' apice di mutamenti iniziati quattro secoli primh in ambito teologico. Questo saggio vuole inoltre correggere le interpretazioni me no recenti abbozzando alcuni legami tra la passività della mate ria cara alla filosofia meccanicistica e la dottrina della sovranità assoluta di Dio presente nel pensiero teologico riformato , soprat tutto nelle teologie di Martin Lutero ( 1 483- 1 546) e di Giovan ni Calvino ( 1 509- 1564) . Per sovranità assoluta intendo una con cezione della sovranità tipica dei riformati e di alcuni dei loro seguaci , come i puritani in Inghilterra, per i quali la sovranità divina escludeva l 'apporto attivo all'opera della creazione da parte di esseri inferiori . A differenza della teoria medievale della coo perazione , nella quale la collaborazione di Dio con esseri inferio ri non ne comprometteva la sovranità, i riformati ritenevano che un concetto adeguato di sovranità escludesse necessariamente ogni apporto dato dagli esseri umani o dalla natura alla provvidenza divina. Per tutelare la gloria di Dio e sfuggire al rischio di rende re contingenti le azioni divine unendole alle azioni delle Sue creaCreation: The lmpact of an Idea, New York, Scribners, 1 969 , pp. 53-84; E. K.laaren, Religious Origins of Modem Science, Grand Rapids (Mi . ) , Wm. B. Eerdmans, 1977. L'impatto della condanna sulla scienza medievale è trat tato da E. Grant nel cap. n di questo volume.
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ture , i riformatori sostennero l' idea della sovranità assoluta con tro la tesi medievale della sovranità adattata, o della cooperazione. In questo capitolo, ho intenzione di sostenere che la filosofia meccanicistica si volse alla dottrina protestante dell ' assoluta so vranità di Dio per la dimostrazione della passività della materia. La convinzione che la materia non possedesse attività autonome, se Dio doveva essere sovrano siccome i riformati pensavano, for nì ai ftlosofi meccanicisti un' argomentazione di gran peso contro l 'aristotelismo. Inoltre, dal momento che molti sostenitori del mec canicismo provenivano dalle file protestanti, la conciliabilità tra le loro idee teologiche e il loro concetto della natura rafforzava la loro adesione alla ftlosofia meccanicistica, e rese le loro argo mentazioni a favore di tale filosofia più accettabili per gli altri pro testanti. Il saggio conclude dunque che la convinzione meccani cistica della passività della materia guadagnò terreno rispetto al le altre nel xvu secolo in parte grazie al riconoscimento di un ' a nalogia tra tale convinzione e la dottrina protestante della sovra nità radicale di Dio . Prima di volgersi a questi argomenti, devo tuttavia spendere una parola riguardo ad altre tematiche presenti nella produzione letteraria protestante e in quella scientifica, e nel loro rapporto rispetto a questo saggio. Nei dibattiti recenti sono emersi in par ticolar modo due punti; il primo prende in esame la relazione del l 'esegesi biblica protestante con le nuove teorie scientifiche, so prattutto l 'ipotesi copernicana. Gli studi apparsi negli ultimi an ni hanno corretto le tesi degli storici anteriori, i quali ritenevano che il letteralismo scritturale stimolasse i protestanti a rifiutare il copernicanesimo con molto maggior violenza di quanto faces sero i cattolici. John Dillenberger e Brian Gerrish hanno soste nuto in modo convincente che le concezioni ermeneutiche prote stanti comprendevano molti ingredienti capaci di permettere un riaccostamento tra le esigenze scritturali e le ipotesi astronomi che 3• Lutero , ad esempio , riconobbe l' importanza del contesto 3 B.A. Gerrish, «The Reformation and the Rise of Modern Science», in J. Brauer (ed . ) , The lmpact oj the Church upon its Culture, Chicago, Univ. of Chicago Press, 1 968 , pp . 23 1 -265 ; ]. Dillenberger, Protestant Thought and Nat ural Science, Nashville, Abingdon, 1960; cfr. anche il saggio di R . S . West man in questo stesso volume.
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linguistico , ove uno stesso oggetto poteva essere descritto tanto da un punto di vista religioso quanto da uno scientifico . La luce lunare, notava Lutero , può essere colta dai fedeli come un segno della provvidenza divina, anche se gli astronomi possono com prenderla come luce solare riflessa 4• In modo analogo, l ' impor tante principio accomodazionista di C alvino attribuiva un certo grado di licenza poetica al testo biblico, nel quale le verità divine venivano esposte in un linguaggio comune per il lettore digiuno di teologia. Nel commentario alla Genesi, Calvino dichiarava: Mosè scrisse in uno stile popolare cose che, senza un'adeguata pre parazione , tutti gli uomini dotati di buon senso sono capaci di intende re ; gli astronomi, tuttavia, esaminano con gran lavorio tutto ciò che la capacità umana di penetrazione può abbracciare . Nondimeno , questo studio non va rampognato, né questa scienza condannata, solo perché qualche pazzo ha voluto con tracotanza rifiutare tutto ciò che non cono sceva. Dacché l ' astronomia è non solo piacevole, ma anche molto utile da conoscere ; e non si può negare che questa scienza dischiuda la mera vigliosa saggezza divina [ . ]. Né Mosè ebbe mai alcuno scopo di allon tanarci da questo corso, quando ha tralasciato certi argomenti che sono peculiari a quella scienza; ma, poiché egli era preposto come pedagogo tanto verso i rozzi e gli incolti , quanto verso i colti , egli non poté adem piere il proprio ufficio altro che abbassandosi a questo metodo educati vo più grossolano [ ] . Mosè dunque adattò piuttosto il proprio linguag gio all 'uso popolare 5• . .
. . .
Riconoscendo il fatto che il testo era stato adattato alle capaci tà del lettore medio, l' esegeta poteva sfuggire al conflitto con l ' a stronomia di quel tempo sostenendo che l ' autore sacro aveva de scritto i cieli dal punto di vista dell ' osservatore ignorante , e non a partire dalle concezioni degli astronomi. In aggiunta a questo punto riguardante il protestantesimo e il copemicanesimo , il dibattito recente si è imperniato sulla tesi di Merton . In Scienza, tecnologia e società nell 'lnghilteffa del XVII se colo ( 1 938), Robert K. Merton ha concentrato l ' attenzione sulla concezione etica del ramo puritano del calvinismo inglese , soste• Cit. in B. Gerrish, «The Reformation and the Rise of Modem Sci ence» , cit. , p. 250. 5 J . Calvin, Commento.ries on the First Book of Moses Gal/ed Genesis, 2 voli. , Edinburgh, Calvin Translation Society, 1 847-50, 1 , pp . 86-87.
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nendo che fu quest ' ultimo a fornire uno sfondo di valori sociali capaci di stimolare la vocazione scientifica. La concezione etica puritana, riteneva Merton , si riassumeva nel motto spesso ripe tuto ccPer la gloria di Dio e per il bene dell 'umanità» . La scienza pareva predestinata ad adempiere a queste finalità; prometteva di svelare i misteri della creazione e di migliorare il livello di be nessere . Di conseguenza, tra il 1 640 e il 1 660 , allorché i puritani dominarono nel governo inglese , la scienza naturale divenne, per la prima volta, una vocazione affascinante . Merton citava stati stiche che dimostravano il rapido incremento nel numero di stu denti che si dedicarono a campi scientifici durante e poco dopo questo periodo , e ne deduceva che i valori puritani avevano dato un contributo sensibile allo sviluppo della scienza nell ' Inghilter ra della metà del xvn secolo . Fin dalla prima esposizione nel 1 938, la tesi di Merton ha da to la stura a una disputa ampia tra gli storici della religione e del la scienza 6• Alcuni critici hanno ritenuto l' analisi sociologica di Merton ininfluente per la storia della scienza, che , secondo co storo, ha più a che fare con le idee scientifiche che con i valori che possono aver avuto qualche influenza sul ruolo della scienza nella società. Altri ancora hanno abbracciato l 'approccio comples sivo di Merton, ma lo hanno criticato per aver circoscritto le pro prie osservazioni al periodo 1 640-60 , e per aver preso Richard 6 I testi più importanti che hanno preso in esame il rapporto tra puri tanesimo e scienza sono D. Stimson , ccPuritanism and the New Philosophy in 1 7'h Century England», Bulletin of the Institute of the History of Medicine, 3 , 1 935, pp. 321 -334; C . H ili , lntellectlllll Origins of the English Revolution, Ox ford, Oxford Univ. Press, 1 965 [trad . it. Le origini intellettllllli della rivoluzione inglese, Bologna, Il Mulino, 1 980] ; R . F . Jones, Ancients and Moderns, Berke ley and Los Angeles, Univ . of California Press , 1 965; R. Hooykaas, Reli gion and the Rise rifModem Science, Edinburgh, Scottish Academic Press, 1 972 [da questo testo è stata ricavata la traduzione parziale ccLa riforma prote stante e la scienza», Comunità, xxvm , 1 73 , 1 974, pp. 1 1 5- 1 59] ; T . K . Rabb, ccPuritanism and the Rise of Experimental Science in England», Cahiers d'His toire Mondiale, 7, 1 962 , pp. 46-67; R . Greaves, ccPuritanism and Science: The Anatomy of a Controversy», joumal of the History rif ldeas, 30, 1 969, pp. 345-368; J. Morgan, «Puritanism and Science: A Reinterpretation», The His torical Journal, 2 2 , 1 979, pp. 535-560 ; e lo scambio tra H . Keamey, C . Hill e T . Rabb i n Past and Present, 28 , 7/1 964; 29, 1 2/1 964 ; 3 1 , 7/1 965 ; 3 2 , 1 2/ 1 965 .
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Baxter quale puritano tipo . Entrambi questi indirizzi critici sono sfociati in un ' infuocata discussione intorno alla definizione di pu
ritanesimo
e di
scienza nel XVII
secolo intorno all ' ottica giusta in cui
porsi per redi gere la storia di ent rambe e intorno al senso reale di un loro ipotetico rapporto per la scienza . Neppure il recente , esauriente studio di C h arles Webster è riuscito a ridu rre al silen zio la disput a . L ' ampia prospettiva di Webster e l e sue osserva zioni ben fondate lasciano pochi dubbi sull ' esistenza di una rela zione tra il puritanesimo e la scienza, ma questioni di metodo , di definizione e semantiche rimangono sul tappeto e continue ranno a esser discusse per gli anni
a
venire
7•
Benché l ' ultima parola non sia ancora stata pronunciata, l e di scussioni cui si è fatto cenno sopra sono sfociate nell ' idea, gene ralmente accettata, di una relazione tra determinati tratti del pro testantesimo · e la nuova scienza . Questa relazione, com ' è ovvio , non può esser presa come base per sostenere la dipendenza cau sale della rivoluzione scientifica dal protestantesimo , o anche il fatto che quest ' ultimo fosse un postulato necessario per l ' ascesa della scienza. Numerosi fattori che apparentemente non aveva no connessione alcuna con il protestantesimo hanno avuto un in flusso sullo sviluppo scientifico , e la scienza moderna probabil mente sarebbe venuta alla luce anche senza la Riforma. Nuovi studi sul protestantesimo e sulla scienza, compreso questo sag gio , non hanno individu ato le origini della scienza nella ribellio ne luterana, ma hanno invece discusso le vecchie idee secondo le quali la Riforma e la rivoluzione scientifica erano eventi del tutto disgiunti . Sia che concentriamo la nostra attenzione sull ' a stronomia copernicana, sui valori puritani impliciti nella nuova scienza, sia sul concetto di passività della materia presente nella concezione meccanicistica, in ogni caso il protestantesimo ha mo strato d i possedere caratteristiche intellettuali
e
pratiche dotate
di analogie signi ficative con la scienza moderna ai suoi albori . 7 C . Webste r , The Great lnstauration: Science, Medicine and Reform 1 626-1660, London , Duckworth, 1 9 7 5 [trad . i t. La grande instaurazione. Scienza
e riforma sociale nella rivoluzione puritana , Milano, Feltrinelli , 1 980] . Lo studio di Webster ha ricevuto le critiche di L . Mulligan , «Puritanism and English Science: A C ritique of Webster», lsis, 7 1 , 1 980, pp . 456-469. Un profilo equili brato dei problemi associati allo studio del rapporto tra puritanesimo e scienza, nonché una risposta alla Mulligan , si trovano nel cap . vn d i questo volume .
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• GIUSTIFICAZIONE E SOVRANITÀ ASSOLUTA NEL PENSIERO PROTESTANTE
In un esame degli intrecci esistenti tra pensiero riformato e pen siero della filosofia meccanicistica, è allettante volgersi con im mediatezza alla concezione del mondo naturale tenuta dai rifor matori . Questo approccio , comunque , implicherebbe il fatto che gli esponenti di punta della Riforma avessero interessi scientifici paragonabili a quelli dei filosofi naturali seicenteschi, o che le lo ro opere concedessero un rilievo comparabile alla filosofia natu rale. In effetti, gli interessi di Lutero e di Calvino erano ben lun gi da quelli dei meccanicisti e queste distinzioni devono essere tenute ben presenti 8 • Non è possibile sostenere che la teologia ri formata contenesse una concezione sistematica o particolareggiata della natura; ben poco dell' opera dei riformatori potrebbe venire annoverato come filosofia naturale fine a se stessa, benché alcu ne delle intuizioni dei filosofi naturali venissero impiegate nei lo ro riflessi teologici, e alcuni di tali richiami avessero conseguenze anche dal punto di vista della filosofia naturale . È possibile co gliere tali accentuazioni date dai riformatori a patto di volgersi per prima cosa alla dottrina della giustificazione, perché era que st 'ultima a costituire il centro d ' interesse della Riforma, e a for nirne la chiave teologica. ccL' articolo della giustificazione» , ebbe a scrivere Lutero, ccè il padrone e il signore , il capo , il governato re e il giudice di tutti i vari rami dottrinari» 9• Secondo L utero, gli uomini non giustificano se stessi tramite uno sforzo verso la giustizia, ma solo tramite l ' accettazione della fede nel fatto che Dio , per il tramite di Cristo , li ha resi giusti. Lutero traeva una 8 C iò corona la difficoltà metodologica di molti studi di storia della re ligione e della scienza, inclusa gran parte degli studi su protestantesimo e scienza. La cernita di tematiche iniziali comuni, come ad esempio le temati che astronomiche e scritturali, introduce uno stravolgimento selettivo che sottolinea troppo gli elementi comuni a spese delle differenze . Ho cercato di evitare tali difficoltà selezionando tematiche centrali alla Riforma e alla rivoluzione scientifica (la dottrina della giustificazione e la matematizzazio ne della natura) e esaminando il genere di rapporto esistente tra queste te matiche. 9 D. Martin Luther 's Werke: Kritische Gesamtausgabe, 88 voli . , Weimar, Bohlau, 1 888- , XXXlX, p. 205 , r. 2 ss.
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distinzione netta tra la «giustizia attiva» (lo sforzo per diventare giusti attraverso un comportamento virtuoso) e la «giustizia pas siva» (il consenso alla fede della provenienza divina della giusti zia). La giustizia attiva, sosteneva Lutero, mantiene un ruolo pre ciso nel disbrigo della vita di tutti i giorni, ma non trova posto nel Vangelo. Il Vangelo di Cristo riguarda solamente la giustizia passiva: Q.Iesta eccellentissima giustizia, la giustizia della fede, che Dio ascrive a noi attraverso il Cristo, senza opere, non è né politica né cerimoniale, né legale né derivata dalla pratica della giustizia, ma è piuttosto l'oppo sto ; è una giustizia meramente passiva, mentre tutte le altre suddette sono attive. Giacché in essa noi non compiamo nulla, non rendiamo nulla a Dio, ma solo accogliamo e lasciamo che qualcun altro operi in noi, ossia Dio. Pertanto è conveniente chiamare la giustizia della fede, la giu stizia cristiana, passiva 1 0 •
L' insistenza di Lutero sul fatto che la giustizia passiva costi tuisse il nocciolo evangelico implicava una netta presa di distan za dalle dottrine medievali sulla giustificazione , le quali ricono scevano una compartecipazione attiva degli esseri umani alla lo ro salvezza. Per Tommaso d'Aquino , i fedeli all 'inizio ricevono il libero dono della grazia, che li rende capaci di collaborare con Dio alla propria salvazione , e solo nello stato di grazia essi posso no compiere quelle opere di carità che producono la giustizia e rendono degni dell 'unione con Dio . Per Guglielmo da Ockham ( 1 285- 1 349) , Dio provvede l ' infusione iniziale della grazia solo allorché il fedele ha fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità per compiere buone opere senza di essa. Dopo aver ricevuto la gra zia, come nel modello tomistico , i fedeli partecipano attivamente alla salvazione attraverso il compimento di opere caritatevoli, fi no a diventare giusti e a ricevere la vita eterna 1 1 • 10
Lutlur 's Works (d'ora in poi, L UI), 56 voli . , Philadelphia, Muhlenberg; St. Louis , Concordia Pubi. House, 1 955, xxvi , pp . 4-5 . 11 Si dovrebbe sottolineare il fatto che gli uomini , nell'ottica medieva le, non guadagnavano la salvazione; la sola grazia di Dio permetteva que st'ultima. Senza l'infusione iniziale della grazia, il pellegrino non sarebbe mai stato capace di compiere opere buone, e senza la volontà ultima di Dio di tenere in considerazione queste opere, la salvazione non sarebbe stata una
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Per Lutero e la Riforma, una simile dottrina pregiudicava la sovranità divina. Benché la teologia medievale ammettesse che la grazia era un prerequisito per la salvazione, le opere erano al trettanto necessarie ; la salvazione non poteva venir meritata, a meno che il pellegrino facesse uno sforzo attivo. I riformatori so stenevano che questo fatto rendeva la salvazione un evento con tingente basato sulle azioni umane e sottratto all' autosufficienza divina. «Perché è Dio che dispensa liberamente i propri doni» , scriveva Lutero , «ed è questa la lode della Sua divinità. Tutta via, Egli non può salvaguardare tale divinità contro gli uomini che si giustificano da soli e non hanno intenzione di accettarne liberamente la grazia e la vita eterna, ma che pretendono di gua dagnarsela attraverso le opere . Semplicemente , costoro Lo vo gliono spogliare della gloria della divinità» 1 2 • Per salvaguardare la gloria divina, i riformatori sottolineavano la sovranità assoluta di Dio : la salvazione non deriva dalle opere degli uomini, ma da Dio soltanto. Contro il sentimento comune e la tradizione della Chiesa, Lutero sosteneva con audacia questa tesi circa la salva zione : Dio compie tutto, gli uomini niente . Rifiutando ogni ruolo attivo degli uomini nella salvazione, i riformatori rifiutav.ano anche l 'impiego delle teorie dell'Etica ari stotelica nelle dottrine relative alla salvezza. Aristotele aveva af fermato nell'Etica che la virtù morale non si accresce senza lo sforzo e la pratica. Un uomo possiede potenzialmente la virtù , ma di venta virtuoso soltanto mettendo in pratica atti morali . La teolo gia medievale aveva adottato questa premessa, sostenendo che la collaborazione morale attiva all' interno di uno stato di grazia rende giusti e capaci di avvicinarsi a Dio . Da questo punto di vimercede. In entrambe le eventualità, Dio restava totalmente libero di agire in modo differente . Per questo motivo, i teologi medievali sostenevano che Dio restava sovrano al di là del processo di salvazione; Egli conciliava il pro prio dominio con la partecipazione attiva degli esseri umani , ma rimaneva nondimeno in pieno dominio, gi acché la loro partecipazione riposava co munque sulla Sua volontà favorevole. Un esame lampante delle dottrine me dievali sulla giustificazione e sulla rottura operata verso di esse da Lutero, si trova in S. Ozment, The Age oj Rejorm: An Intellectl.llll and Religious History of Late Medieval and Rejormation Europe, New Haven , Yale Univ. Press , 1 980, pp. 23 1 -239. 12 L W; XXVI , p. 1 2 7 .
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sta, la grazia divina contribuiva a perfezionare la natura umana coltivando il potenziale per la virtù intrinseco a tale natura. Ari stotele forniva l' analisi della natura umana; la teologia medieva le spiegava in che modo la grazia collaborasse con la natura, la portasse a perfezione e rendesse possibile la salvazione . Nel pensiero protestante predominava invece la concezione op posta. Agli occhi dei riformatori , la natura non poteva essere mi gliorata tramite la pratica della morale, almeno non in senso de cisivo per la salvazione . Per questo motivo, essi attaccavano con decisione l 'impiego teologico dell'Etica aristotelica, e nella sua di sputa Contra Scholasticam theologiam , Lutero dichiarava: «L'esecra bile etica aristotelica è la nemica mortale della grazia (contro gli scolastici), 1 3 • «Secondo Aristotele , la giustizia tien dietro alle azioni e trova in esse le proprie origini . Secondo Dio, però , è la giustizia a precedere le opere •• 14• Questa differenza era il no do cruciale della Riforma, giacché secondo i riformatori ogni im pegno teso a perfezionare la natura umana per la salvazione era basato su di una sopravvalutazione della capacità umana e su un concetto striminzito di grazia divina. Il lettore perspicace ha forse già anticipato il fatto che i filosofi meccanicisti sostennero la stessa argomentazione contro la con cezione aristotelica della natura. Laddove Aristotele riconduce va i mutamenti che avvenivano nel mondo all ' inclinazione delle cose alla perfezione, i meccanicisti ritenevano che egli desse troppa importanza alla natura, e troppo poca a Dio, e sostenevano con tro Aristotele che la natura non dava alcun contributo alla pro pria formazione e al proprio sviluppo . Essa non era dunque un'en tità capace di alcuna facoltà o finalità al di fuori di quelle dovute a Dio . Attribuire facoltà autonome e fini al mondo, siccome ave va fatto Aristotele , era una falsificazione antropomorfica della na tura e una diminuzione del ruolo particolare di Dio nel creare e nel sostenere il mondo . In ogni caso, prima di esaminare le ar gomentazioni dei meccanicisti, dobbiamo volgerei alla concezio ne riformata del mondo naturale . Benché la filosofia naturale non fosse al centro della teologia dei riformatori, e la loro concezione . . .
13
pp .
L W, XXXI , 84-85] . 1 4 L W, xxv ,
p.
1 2 [cit. in L. Febvre, Martin Lutero, Bari, Laterza, 1969,
p.
1 52 .
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della natura non possa venir definita meccanicistica, la .loro in telligenza degli oggetti naturali quali vasi passivi della potenza . divina era assolutamente coerente con la filosofia meccanicistica .
• DIO E IL MONDO DELLA NATURA Lutero e Calvino fondavano la loro interpretazione del rapporto di Dio rispetto alla natura, sulla convinzione che Egli avesse creato il mondo ex nihilo . In questa loro ottica, Dio non si era limitato a foggiare una materia preesistente, ma, semplicemente, si era espresso , e il mondo era sorto. All' atto della creazione del firma mento e di infondere il movimento ai corpi celesti , Dio non ave va avuto alcun legame di dipendenza dalla natura, che , nelle pa role di Lutero , ccè incapace di un risultato del genere» 1 5 • Con il Verbo , Dio aveva creato i cieli , e con il medesimo Verbo aveva creato le cose sulla terra. Calvino riteneva il Verbo lo strumento con cui Dio «conserva tutto ciò che ha creato dal nulla» . Se non fosse per la persistenza continua del Verbo, il mondo scivolereb be di nuovo nel nulla. Nel mentre conserva l'universo, Dio continua a svolgere un ruolo creatore. Benché molti fenomeni indichino , a prima vista, una causa naturale, Lutero e Calvino credevano che non potesse avvenire alcuna generazione, a meno che Dio non la ordinasse . Prendendo in esame la tesi aristotelica della generazione sponta nea, Lutero osservava: Alla domanda su quale potenza permetta una simile generazione, Ari stotele risponde che la materia in putrefazione è mantenuta calda dal calore del Sole e che è in questo modo che vien prodotto un essere vi vente, proprio nella maniera in cui vediamo gli scarabei stercorari na scere dagli escrementi di cavallo. Mi chiedo se questa sia una spiegazio ne soddisfacente. Il Sole riscalda; ma non farebbe nascere nulla, se Dio non avesse detto con il suo divino potere , ceChe dalla putrefazione nasca un topo» 1 6 •
15
16
L W, L W,
I, p. I, p.
25. 52.
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Lutero biasimava medici e filosofi per aver riportato la capa cità di generare a «Un composto di qualità che sono attive nella materia organizzata». «Aristotele» , sosteneva il riformatore, «cian cia invano che sono l'uomo e il Sole a generare l'uomo . Benché il calore del Sole riscaldi i nostri corpi , nondimeno la causa della loro generazione è qualcosa di ben lungi, ossia il Verbo divi no» 1 7 • In modo analogo, C alvino riteneva che «la fecondità non procede da nient' altro che dall'azione di Dio» 18 • Commentando Genesi 1 , 1 , egli scriveva che «laddove la terra era nuda e sterile, ora il Signore la rende feconda con il Suo Verbo [ . . ] giacché , né essa era naturalmente propensa a produrre null a , né possede va un principio generatore derivato da qualche altra fonte, fino a che Dio pronunciò il Suo Verbo» 19 • Nel suo esame della provvidenza dispiegato nell'Istituzione, Cal vino delineava una concezione sistematica del rapporto tra Dio e mondo della natura. Egli chiarificava che le azioni divine nella natura sono onnipresenti , e che non esisteva nulla nella natura che fosse riportabile alle sole cause naturali. Dio mantiene le crea ture nello stato di esistenza, le sostiene con la propria potenza e con il movimento che imprime loro, determina tanto i fini dei singoli enti quanto quelli dell'intera natura. In nessun caso la na tura può essere concepita come entità autonoma capace di indi rizzarsi da sola verso fini ad essa interni; nell 'Istituzione, Calvi no rifiutava ogni idea della natura quale causa ultima, o parzia le, dei fenomeni. Gli enti naturali non sono che gli strumenti del l 'azione divina; Egli avrebbe potuto scegliere di impiegare stru menti diversi, o anche nessuno strumento. Ad esempio, nel pren dere in considerazione il Sole quale causa della riproduzione ve getale , C alvino metteva in rilievo il fatto che la Genesi descrive la creazione delle erbe e dei frutti prima della creazione del Sole . Egli concludeva che ccper questo motivo il credente non conside rerà il Sole causa principale o necessaria delle cose esistite prima che il Sole stesso fosse creato o prodotto, ma lo considererà stru.
" t w, 18
•. p.
121.
Commentary on tM Book oj Psalms, 5
tions Society, 1 845-49 , IV , p . 1 54 . 19 Commentaries on Genesis, 1 , p . 82 .
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voli . , Edinburgh, Calvin Transla
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mento di cui Dio si serve come piace a lui ; egli può portare a ter mine la sua opera da se stesso , senza questo strumento» 20 • In quanto strumenti dell'opera divina, gli enti naturali non han no un' attività o un fine intrinseco ; benché abbiano forse accolto una particolare natura o caratteristica al momento della creazio ne, questo fatto non è che un' inclinazione del tutto priva di effi cacia al di fuori del Verbo divino. Agli occhi di C alvino, come a quelli di Lutero , il comportamento di un ente dipendeva affat to da Dio : Quanto alle cose inanimate, dobbiamo tenere per certo che sebbene Dio abbia assegnato a ciascuna la propria caratteristica, tuttavia esse non possono produrre i loro effetti se non nella misura in cui sono guidate dalla mano di Dio . Esse non sono dunque altro che strumenti in cui Dio colloca, in modo costante e durevole, l'efficacia che ritiene opportuno , e li adopera a suo piacimento e li dirige al fine che vuole 2 1 •
S e il fine d a Lui stabilito lo richiede , Dio può ordinare agli en ti naturali come l ' acqua, il vento, o gli alberi, un comportamen to aderente alla loro natura o in contrasto con essa. In entrambi i casi, le azioni compiute da tali enti e le loro fmalità vengono a dipendere da Dio. Ad esempio, C alvino concorda con Aristo tele nell' idea che la terra sia pesante, e che abbia una naturale propensione verso il centro dell 'universo , mentre l ' acqua, essen do più leggera, ha un'inclinazione inferiore verso il centro. Per ché allora, si domandava Calvino, l ' acqua non copre la superfi cie della terra? Ciò è dovuto al fatto che Dio ritrae le acque per rendere abitabile la terra: ccln breve sebbene l' inclinazione natu rale delle acque sia di coprire la terra, tuttavia questo desiderio
20 Istituzione della religione cristiana, a cura di G. Tourn, 2 voli . , Torino, Utet, 1 97 1 , I, xvi, 2, pp. 307-308. Analogamente, Lutero aveva notato che aDio può produrre bambini senza l 'impiego degli uomini e delle donne . . . in modo tale che sembri l'opera degli uomini e delle donne, e tuttavia Egli com pie ciò sotto il velo di simili maschere» (L W, XIV , p. 1 1 4) . 21 Istituzione della religione, 1, xvi , 2, p. 307 ; Cfr. l 'osservazione di Lute ro riguardante l'albero della conoscenza: «Quest' albero non era micidiale per natura; era micidiale perché il Verbo di Dio aveva stabilito che fosse così . Questo Verbo attribuisce a tutte le creature le proprie operazioni. » (L W, '• pp. 95-96). . .
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non si compie perché Dio , con il suo Verbo eterno , ha stabilito una regola contraria, e, dal momento che la Sua verità è eterna, questa regola deve restare incrollabile» 22 • Al contrario, al tem po del diluvio , Dio sospese la regola contraria e permise alle ac que di seguire la loro disposizione naturale . Ancora una volta, Calvino vedeva in questo fatto la sottomissione totale degli ele menti al Verbo divino : Deve sempre essere rammentato il fatto che il mondo si regge secon do un ordine grazie al solo potere divino, e che le cause secondarie trag gono da Lui la loro effi c ac ia e che esse danno effetti diversi a seconda del modo in cui Egli le indirizza. In questo modo il mondo fu fondato al di sopra delle acque, e tuttavia queste ultime non hanno alcuna po tenza autonoma, e sono piuttosto sottomesse alla Parola di Dio in quan to elemento inferiore. Non appena piacque a Dio distruggere la Terra, la stessa acqua mostra la propria obbedienza con un diluvio catastrofi co. Si può dunque scorgere che grande errore sia quello di coloro che si fermano ai nudi elementi quasi che in essi si trovasse qualcosa di eter no, e non piuttosto una natura sottomessa alla volontà divina 23 • ,
A partire da questi testi , diventa possibile trarre svariate con clusioni circa il rapporto tra Dio e natura nel pensiero riformato . Quale conseguenza della loro fede nella sovranità assoluta di Dio, i riformatori respingevano la concezione aristotelica di una natu ra dotata di facoltà intrinseche. In luogo della definizione aristo telica della natura quale ccprincipio del movimento e del cangia mento» , i riformatori concepivano quest 'ultima come un' entità affatto passiva 24• Per costoro, il Verbo o la prescrizione di Dio era il solo principio attivo nell 'universo. Inoltre, i riformatori re spingevano l ' idea aristotelica che le facoltà intrinseche degli enti 22 Commentary on the Book of the Psalms, cit. , IV, p. 1 5 2 ; e, commentando lo stesso passo, Calvino osservava che ccii mondo non si è creato da solo, e di conseguenza, l 'intero ordine naturale non dipende da nient'altro che dal fatto che Dio ha decretato in quel senso, per il quale ciascun elemento ha una caratteristica specifica» (ivi , p. 1 49). 23 Jean Calvin, Ca/vin 's New Testament Commentaries, ed . W. David and Thomas F. Torrance, 1 2 voli . , Grands Rapids (Mi. ) , Wm . B. Eerdmans, 1 960- XII , pp. 362-363 . 24 Aristotele, Fisica, in Id. , Opere, 1 1 voli . , Bari, Laterza, 1 9 73-80, m , p. 51 . ,
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ne determinassero i fini. Laddove Aristotele intendeva in modo finalistico il mutamento , come «adempimento di ciò che esisteva in potenza», Lutero e C alvino negavano che la potenzialità di un ente ne foggiasse i fini, dacché Dio solo ne governa il comporta mento e lo scopo 25 • In effetti, il concetto di Dio caro ai riformati rendeva inutile l ' essenzialismo aristotelico, quando negava che fossero le essenze a introdurre la causalità o la finalità nella natu ra. A differenza di Tommaso d 'Aquino, che sosteneva che la ri verenza divina per le creature comunicava a queste ultime la ccdi gnitas causandi» , i riformatori privavano la natura di una tale dignità pur di sostenere quella di Dio 26 • Prima d i volgerei alle argomentazioni con l e quali i fùosofi mec canicisti respingevano le vedute aristoteliche , dobbiamo ripetere un'avvertenza già espressa in precedenza. L 'opera dei riforma tori era troppo nettamente distinta da quella dei meccanicisti per ché si possa scorgere nel pensiero riformato una nascente fùoso fia della natura sfociata in seguito, inevitabilmente , in una con cezione meccanicistica. In effetti , dopo Lutero e Calvino, molti protestanti si allontanarono dalle espressioni più estreme sull' as soluta sovranità divina concepite dai loro maestri , ritornando a una concezione aristotelica della natura e ricomponendo l 'equili brio tra cause prime e cause seconde 27 • Nonostante questo allon tanamento , la dottrina della sovranità assoluta sopravvisse in al cuni gruppi riformati francesi, olandesi e inglesi, e, nelle com plesse vicende del secolo successivo, giunse a essere incorporata nella filosofia meccanicistica .
• LA SOVRANITA DIVINA E LA PASSIVITA DELLA NATURA La fonte principale delle idee dei filosofi meccanicisti fu la ripre sa rinascimentale dell ' atomismo antico. Benché i principi dell' a25 lvi , p .
26
52.
Tommaso d'Aquino, Summa TheowgiM, 61 voli. , Cambridge, Black friars, New York, Mc Graw-Hill , 1 964-8 1 , v, p. 99. 27 J. Dillenberger, Protestant Thought tJnd NtJturtJl Science, cit. , pp. 50-64; P . Petersen, Geschichte der tJristotelischen Philosophie im protestantischen Deutschlllnd, Leipzig, Meiner, 1 92 1 ; E. We ber, Die phiwsophische &holllstik des deutschen Pro-
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tomismo fossero ben noti agli Scolastici del Medioevo, la loro fonte fu Aristotele, le cui osservazioni sugli atomisti contenute e nel De caelo e nel De generatione et corruptione erano costantemente critiche . La riscoperta nel 1 4 1 7 del lucreziano De rerum natura rese dispo nibile una nuova fonte per la fùosofia atomistica, e verso la metà del XVI secolo esisteva già «un diffuso interesse per la concezio ne atomistica della materia» 28• Tuttavia, la ripresa dell' atomismo non fu che il primo stadio dell'affioramento della filosofia meccanicistica. L' atomismo, nella sua espressione antica, in quanto fùosofia della natura, aveva do vuto affrontare problemi spinosi, problemi che Platone e Aristo tele erano stati lesti a porre in rilievo , e tra i quali il principale era la difficoltà di ammettere la pretesa che l 'ordine e la regolari tà palesemente presenti in natura, avessero tratto la propria ori gine nell' incontro casuale degli atomi in movimento nel vuoto. Un problema strettamente collegato a questo era l ' associazione dell 'atomismo con l ' ateismo. Per Leucippo, Democrito, Epicuro e Lucrezio, gli atomi non erano stati creati, essendo eterni, e gli dei stessi erano sorti da aggregati di atomi, e dunque soggetti al mutamento , e incapaci di imporre principi atti a dotare la natu ra di un ordine razionale e di un finalismo . A differenza delle al tre filosofie antiche della natura, l 'atomismo, a causa del rilievo dato alla casualità e al materialismo , non offriva basi per una ra zionalità o per un finalismo nell 'universo . Per questo motivo la ripresa dell' atomismo nell' Europa cristiana non divenne una pos sibilità seria fino a che non si apportarono modifiche significati ve in quest'antica dottrina. Il cambiamento che prevenne questi problemi e impose l ' atomismo come una concezione accessibi le, fu la presentazione di Dio come legislatore universale, che aveva posto agli atomi le loro leggi allo scopo di creare un uni verso ordinato . Affidando a Dio una funzione simile , i mecca nicisti provvidero principi e fini universali di cui l ' antica teoria
testantismus im Zeitolter der Orthodoxie, Leipzig, Quelle & Meyer, 1 907; H. Hep pe, Rejormed Dogmatics: Set out and Illustratedfrom the Sources, Grand Rapids, (Mi.), Baker, 1 978. 28 M. Boas, «The Establishment of the Mechanical Philosophy», Osiris, 1 0 , 1952, p. 425 .
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atomistica era stata priva, deposero le associazioni con l ' ateismo e aprirono la strada alla fondazione di una concezione mecca nicistica. Il sacerdote francese Pierre Gassendi ( 1 592- 1 655) fu uno tra i più influenti di coloro che recuperarono l'atomismo antico ; il suo Philosophiae Epicuri Syntagma ( 1 649) seguiva i precetti epicurei ed era profondamente anti-aristotelico 29 • L ' opera riconosceva l ' esistenza del vuoto e ammetteva le qualità primarie della mate ria, quali la compattezza, la durezza, la resistenza, l ' impenetra bilità e l 'estensione; a differenza di Epicuro, tuttavia, Gassendi non pretendeva che il movimento fosse una caratteristica intrin seca della materia. Come primo passo verso l 'abbandono del mar chio ateistico di questa dottrina antica, Gassendi sostenne che Dio aveva conferito il movimento agli atomi ali ' atto della creazione dell'universo. Il fatto di aver introdotto Dio come fonte del mo vimento contribuiva a superare l ' autonomia della natura dell 'an tica teoria e a fondare in Dio la contingenza naturale . Nella riconduzione del moto degli atomi a Dio operata da Gas sendi , W alter Charleton ( 1 620- 1 707), già medico di Carlo d ' In ghilterra, intravvide nuove possibilità di presentare l 'atomismo antico come una filosofia della natura che fosse accettabile dal pun to di vista religioso . In The Darkness of Atheism Refuted by the Light of Nature ( 1 652) , Charleton andò oltre Gassendi, quando fece del movimento della materia una prova dell'esistenza divina. La ma teria disordinata, passiva della teoria atomistica non avrebbe mai potuto dar conto dell ' attività e dell 'ordine presenti nel mondo ; perciò , discuteva Charleton, il mondo, siccome noi lo conoscia mo , non sarebbe potuto sorgere al di fuori di Dio . Charleton di venne un seguace tanto devoto delle tesi gassendiane da pubbli care una poderosa parafrasi inglese dell'oscuro Syntagma, intito lata Physiologia Epicuro-Gassendo-Charltoniana; or, A Fabrick oJ Scien ce Natura/ upon the Hypothesis ofAtoms ( 1 654) . La Physiologia diven ne presto la principale fonte delle tesi epicuree in Inghilterra. Que29 B. Rochot, Les travaux de Gassendi sur Epicure et sur l 'atomisme, Paris, Vrin, 1 944; O . R . Bloch, La philosophie de Gassendi: Nominalisme, matérialisme et métaphysique, The Hague, Nijhoff, 1 97 1 ; R . H . Popkin , The History ojScep ticism.from Erasmus to Spinoza, Berkeley, Los Angeles and London, Univ. of Califomia Press, 1 979, capp. 5 , 7 .
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LA TEO LOG I A R I FOR MATA E LA CONCEZIONE MECC A N I C I STICA
st 'opera esponeva la stessa relazione tra Dio e la materia costitui ta dagli atomi sostenuta dal testo precedente di Charleton : A un uomo di giudizio assennato la più grande assurdità concepibile appare che gli atomi caotici possano essere eterni, auto-regolati, o in creati , o disposti e ordinati in una struttura tanto vasta, tanto splendi da, tanto proporzionata, tanto universalmente armonica o piena di con nessioni come quella del mondo . Giacché, siccome la disposizione degli atomi caotici in una configurazione tanto egregia non può essere ripor tata a nessun' altra causa, se non a una sapienza infinita, così neppure la produzione o la creazione di quegli stessi atomi può esser riportata a nes sun ' altra causa, che ad un potere infinito , come abbiamo già dimostrato in precedenza nella nostra opera The Darkness of A theism , cap . II 30 •
Robert Boyle ( 1 62 7 - 1 69 1 ) fu un critico fecondo della conce zione aristotelica della natura e uno dei più fermi sostenitori della filosofia meccanicistica. In A True lnquiry into the Vulgarf:)l Received Notion of Nature ( 1 686) , egli raffigurava il concetto medievale ari stotelico di una natura personificata, sostenendo che essa «Smi nuisce l' onore del grande autore e del rettore della natura, in quan to gli uomini riporterebbero la massima parte delle cose meravi gliose che si incontrano nell 'universo , non a Lui, bensì a una na tura data» 3 1 • Concepire la natura come un' entità vivente e atti v�, aggiungeva Boyle , •. Newton proponeva un racconto della creazione nella quale Dio aveva dotato le parti dello spazio di certe qualità sensibili (for ma, mobilità, imponderabilità e percettibilità) grazie al proprio volere soltanto . Distinguendo la propria concezione dalle esposi zioni che sostenevano che Dio aveva creato il mondo attraverso un intermediario , Newton osservava: Qualcuno forse preferirebbe supporre che Dio abbia imposto all'ani ma del mondo, da Lui creata, il compito di dotare lo spazio infinito con geli dai loro compiti mondani, i quali potevano esser compiuti con più faci lità, e maggior gloria, da Dio. «Sarebbe un'inutilità per la Provvidenza ave re angeli assegnati a questo servizio» , ebbe a dire John. Wilkins, «�ht: po trebbe essere sbrigato altrettanto bene dalla sola volontà divina» (cit. in S . Mason, A History of the &iences, cit. , pp. 1 8 7- 1 88) . 36 R. S. Westfall, «The Foundations of Newton's Philosophy of Nature», British journtll jor the History of Science, 1 , 1 962, pp. 1 72-182 .
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le qualità dei corpi, piuttosto che ritenere che una tale funzione sia stata compiuta direttamente da Dio [ . ] . Ma non vedo perché Dio stesso non avrebbe potuto dare direttamente forma allo spazio tramite i corpi; tan to più che noi facciamo una distinzione tra la ragione formale dei corpi e l 'azione della volontà divina 3 7 • . .
Rendere la materia direttamente dipendente dalla volontà di Dio , sosteneva Newton, è molto più accettabile dal punto di vi sta teologico delle tesi cartesiane e aristoteliche , giacché «non è possibile postulare quali principi corpi di questo genere, senza supporre allo stesso tempo l 'esistenza di Dio e la creazione dal nulla da parte Sua di corpi all' interno di uno spazio vuoto» 38 • Al pari di Charleton e Boyle prima di lui, Newton cercava di met tere al riparo la sovranità divina facendo propria un' idea di cor po materiale quale entità priva di realtà indipendente , ma dipen dente in tutto dal Creatore. I corpi materiali , osservava Newton , «non possono venire realmente compresi al di fuori dell' idea di Dio». La materia è una sostanza creata, donde «il suo concetto implica l ' idea di Dio non meno di quanto il concetto di accidente implichi l 'idea di una sostanza creata» 39 • Benché tali fossero i pensieri del giovane Newton, libero di spe culare sulle idee metafisiche , i concetti forgiati in questi anni gio vanili riapparvero nelle sue opere più tarde . Sempre più spesso , egli ritornò alla nozione di sovranità divina e a quella di dipen denza della materia, nello sforzo di comprendere i fenomeni na turali. Soprattutto dopo la pubblicazione dei Principia ( 1 687), quan do il problema della causa della gravità emerse appieno, Newton considerò la forza attrattiva della materia in un modo che richia mava la sua giovanile adesione alla dipendenza della materia dalla volontà divina. Nel mentre egli esaminava molte spiegazioni pos sibili delle forze gravitazionali, evitando in modo tipico afferma zioni definitive laddove trovava di non possedere prove salde, il quadro della presenza immediata di una volòntà divina che muo veva i corpi materiali in accordo a leggi stabilite liberamente era
37 Unpub/ished Scientific Papers of Isaac Newton , ed . R . " Hall and M. Boas Hall, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 1 962 , p. 1 42 . 38 Ibidem . 39 lvi, p. 1 44 .
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sempre presente alla sua mente . Si trattava di un quadro coeren te con le idee meccaniciste condivise anche dall a prima Riforma, secondo cui la natura era affatto passiva e Dio era la fonte unica dell'attività nel mondo . Nel progetto di Newton, i Principia erano un 'opera descritti va, il cui scopo era una descrizione matematica delle relazioni tra i corpi celesti e quelli terrestri . Il grande risultato newtoniano fu l ' unificazione della descrizione di tali relazioni , con l ' inquadra mento nella legge della gravitazione universale. Nel corso di que st'operazione, ovviamente, Newton introdusse nella fùosofia mec canicistica la nozione di forza gravitazionale, che divenne rapi damente tema di dispute tra i meccanicisti che in precedenza ave vano ristretto il concetto di forza al solo urto . In particolare, Leib niz fu critico verso Newton per avere reintrodotto nella fisica le «cause occulte» che la filosofia meccanicistica aveva posto al ban do. La nozione di gravità, quale forza che agisce tra i corpi, os servava Leibniz, era un ritorno all' essenzialismo aristotelico , in quanto faceva dell ' attrazione una proprietà misteriosa e invisibi le dei corpi . Newton, dal canto suo , negava di aver offerto una spiegazione qualunque della gravità, sostenendo più di una volta di averne inteso soltanto descrivere gli effetti, lasciando la spie gazione della sua causa alla posterità. In un famoso enunciato dello Scolio generale dei Principia, Newton scriveva: In verità non sono ancora riuscito a dedurre dai fenomeni la ragione di queste proprietà della gravità, e non invento ipotesi. Qualunque co sa, infatti , non deducibile dai fenomeni va chiamata ipotesi , e nella filo sofia sperimentale non trovano posto le ipotesi sia metafisiche , sia fisi che, sia delle qualità occulte , sia meccaniche. In questa filosofia le pro posizioni vengono dedotte dai fenomeni e sono rese generali per indu zione . In tal modo divennero note l 'imponderabilità, la mobilità e l'im pulso dei corpi, le leggi del moto e la gravità. Ed è sufficiente che la gra vità esista di fatto, agisca secondo le leggi da noi esposte, e spieghi tutti i fenomeni dei corpi celesti e del nostro mare 40 •
Pure, il fatto di lasciare sospesa la questione della causa della gravità appariva poco soddisfacente, soprattutto dal momento che 40
Principi matematici della filosofia naturale, a cura di A. Pala, Torino, Utet,
1 9892 , pp. 80 1 -802 .
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Newton faceva tutto fuorché negare la possibilità di una causa meccanica (ovvero , una causa risultante dal solo urto) . Se la gra vità fosse stata causata dall 'urto di particelle contro i corpi , come avevano sostenuto Descartes, Huygens e Leibniz , allora la sua azione sarebbe stata proporzionale all' area di superficie dei corpi stessi. Nello Scolio generale , però, e in tutti i Principia , Newton chiariva che la gravità «opera non in relazione alla quantità delle superfici delle particelle sulle quali agisce (come sogliano le cause meccaniche), ma in relazione alla quantità di materia solida» 41 • Avendo in tal modo , a prima vista, negato la possibilità di una causa meccanica, ai suoi critici Newton parve sotto sotto il soste nitore della gravità come proprietà essenziale della materia. Nondimeno, i critici avevano torto nel riportare quest 'opinio ne a Newton. Sebbene costui non avesse ritrovato una spiegazio ne soddisfacente della gravità, rifiutò con violenza la possibilità che la materia disponesse di facoltà intrinseche quali l ' attrazio ne . «Desideravo che tu non mi attribuissi una gravità connatura ta» , scrisse a Bentley nel 1 69 3 . ceChe la gravità possa essere inna ta, intrinseca ed essenziale alla materia [ . ] è per me una tale assurdità che io credo che nessun uomo capace di pensare in mo do coerente in materia di filosofia possa accettarla» 42 • A quanto pare, Newton aveva due ragioni per negare ciò : in primo luogo, al pari degli altri meccanicisti , ammetteva la dottrina della passi vità della materia. In secondo luogo , la sovranità assoluta di Dio esigeva che la capacità di agire della natura provenisse da Dio solamente, e non dalla materia 43• Mantenendo sempre questi due capisaldi , Newton si sforzò , . .
•1 lvi, p. 80 1 . Lettera di Newton a Richard Bendey del 25 febbraio 1 692/3 , in !stliJC Newton 's Papers and Letters on Natura/ Philosophy, ed. I . B . Cohen , Cambridge (Ma. ) , Harvard Univ. Press. 1 978 2 , pp. 302-303 [cit. in A. Rupert Hall, •2
La
rivoluzione scientifoa 1500-1800. La formazione dell 'atteggiamento scimtifico mo derno, Milano, Feltrinelli, 1 98 1 2 , p. 254; per un ' altra traduzione, cfr. Id. , Da Galileo a Newton 1630-1 720, Milano, Feltrinelli , 1 9802 , p . 285 ; P . Casi ni, L 'universo macchina. Origini della filosofia newtoniana, Bari, Laterza, 1 969, p . 69] 43 Queste due ragioni sottostanti alla nozione newtoniana della materia sono analizzate in E. McMullin , Newton on Matter and Activity, Notre Dame (Incl . ) , Univ. of Notre Dame Press, 1978. .
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tra la pubblicazione dei Principia nel 1 687 e quella dell' Ottica, nel 1 704, di giungere a una soluzione soddisfacente del problema co stituito dalla gravità. Benché egli non riuscisse mai a raggiunge re questo scopo, nel corso di tali tentativi venne a sviluppare una concezione che permetteva di ripartire i fenomeni naturali sotto due principi fondamentali: un principio ccpassivo» , che egli asso ciava alla materia, e un principio ccattivo•• , associato a Dio . Con il solo principio passivo , il mondo - siccome lo conosciamo non avrebbe mai potuto avere origine, né continuità; la mera pas sività della materia, non avrebbe reso possibile né il movimento, né la conservazione del moto. I principi attivi , al contrario, han no dato inizio al moto e l 'hanno conservato . Newton identificava tali principi con forze quali la gravità, la fermentazione e la com pattezza, giungendo a reputare che la vita e la struttura dell' uni verso fossero un prodotto di quegli stessi principi , senza i quali il mondo rovinerebbe riducendosi a morta materia. Giacché noi troviamo nel mondo una ben piccola quantità di moto, a parte quella che è dovuta all ' azione di questi principi . E se tali princi pi non esistessero, i corpi terrestri , i pianeti, le comete , il Sole e tutte le altre cose che essi contengono, congelerebbero e ghiaccerebbero, fino a diventare ammassi di materia inerte; e ogni putrefazione, ogni gene razione, ogni vegetazione e processo vitale cesserebbero, e tutti i pianeti e le comete uscirebbero dalle loro orbite 44•
Dividendo l'universo tra principi attivi e passivi, Newton giunse ancor più dei suoi predecessori a scorgere la natura, considerata in sé e per sé, come un mondo privo di vita propria, ma ricolmo della vita divina. I principi attivi divennero una manifestazione del potere sovrano di·Dio , capace di provvedere la vita alla mate ria priva di sensibilità e immota. Nello sforzo di raffigurare il pro cesso della sufficienza divina, Newton tornò alla nozione di spa zio e al modello di interazione tra corpo e mente da lui delineato per la prima volta nel De gravitatione. Egli si raffi gurò la presenza immediata di Dio nell 'universo , che costituiva lo stesso spazio , e la divina volontà che agiva sulla materia in maniera simile al-
44 l . Newton , Optìcks; or A Treatise in the Rejlections, Rifractìons, lnjlectìons and Colours of Light, New York, Dover, 1952, pp . 399-400.
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l'azione del volere umano sul corpo degli uomini. Nel saggio pre cedente , Newton aveva scritto che ccdal momento che ciascun uo mo è cosciente del fatto di star muovendo il proprio corpo secon do la sua volontà, e per di più ritiene che tutti gli uomini godano della stessa facoltà di muovere il loro corpo grazie al solo pensie ro, la libera facoltà di muovere i corpi secondo la volontà non può essere in nessun modo negata a Dio , la cui facoltà di pensie ro è infinitamente più grande e più rapida» 45 • E, in una prima stesura della Questione 23 per l 'edizione del 1 705 dell' Ottica, so stenne che "Vita e volontà sono principi attivi [ . ] . Se una vita universale esiste, e l 'intero spazio è il sensorio di un essere pen sante [ . ] allora le leggi del moto che provengono dalla vita e dall a volontà possono avere portata universale» 46• Grazie alla propria onnipresenza, Dio è in grado di agire , senza eccezione, in ogni parte dell'universo: ccDio [ . ] è sempre e ovunque», scriveva New ton nello Scolio generale; cc È onnipresente non per sola virtù , ma anche sostanzialmente [ . . . ] . In esso gli universi sono contenuti e mossi» 47 • Dunque tra il 1 687 e il 1 784, mentre era alle prese con la spie gazione della gravità, Newton giunse a scorgere non solamente la gravità, ma anche le altre forze naturali capaci di infondere la vita come manifestazioni della presenza immediata di Dio nel mondo . Sebbene non si fosse mai espresso pubblicamente per una spiegazione causale della gravità, per gran parte della propria vi ta intellettuale Newton mantenne in privato l ' idea che fosse Dio , con la propria attività onnipresente, e seguendo i principi da Lui stessi stabiliti (e che Newton chiamava «principi attivi» o ccleggi del moto») , ad essere la causa dell ' attrazione gravitazionale. Ope rando in armonia con tali principi, Dio infondeva il movimento alla natura, procacciando la vita a un mondo di materia inerte. Senza di Lui , non sarebbe esistita alcuna forza vitale nel mondo . . .
. .
. .
45
Unpublished Scientific Papers, eit . , pp . 1 38 - 1 3 9 . Biblioteca dell 'Università di Cambridge, MS. Add . 3 9 7 0 , fol. 61 9r, cit . in J . E . McGuire , «Force, Active Principles and Newton 's lnvisible Realm , Ambix, 1 5 , 1 968, p. 196. Assieme ·all 'opera di McMullin , Newton on Matter and Activiry, l' articolo di McGuire è stata una fonte importante per la mia analisi del pensiero newtoniano circa i principi attivi e la loro associa zione con Dio. 47 Principi matematici della filosofo naturale, cit. , p. 800. 46
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Samuel Clarke ( 1 675- 1 729), con cui Newton ebbe rapporti stret ti, riassunse le idee newtoniane in una lettera a Leibniz . Non ci sono , ebbe a dire Clarke, «poteri naturali indipendenti da Dio» 48 •
• CONCLUSIONE Il mondo , siccome Newton lo concepiva, pareva essere il prodot to dell ' attività divina su una materia bruta, rudimentale . A dif ferenza dell 'immagine aristotelica del mondo , nella quale intelli genti principi intrinsechi permeavano la materia in un processo finalistico, il mondo newtoniano non possedeva alcuna attività intrinseca né alcuna finalità intima. Se non fosse stato per la be nevola concessione da parte di Dio di certe forze , quali la gravi tà, il mondo sarebbe rimasto inerte e privo di scopo . In quanto perno fondamentale del significato e della struttura del nuovo uni verso meccanico , la gravità divenne il contrassegno della poten za e della grazia divine . Nei decenni che seguirono la pubblica zione dei Principia , teologi e predicatori popolari afferrarono la grazia data dalla gravità quale arma pregiata nella lotta continua contro l' ateismo, e sottolinearono la disparità tra la morta mate ria e la materia ravvivata dalla gravità, che il Creatore aveva con cesso e che sosteneva con la propria presenza. Essi non attribui vano alla mera materia alcuna potenzialità atta a creare l 'univer so; alla materia animata da Dio, essi riportavano l'origine, la strut tura e la conservazione del mondo. A Con.futation oJAtheismfrom the On"gin and Frame oJ the World ( 1 693) di Richard Bentley , Philosophical Principles oj Religion Natura[ and Revealed ( 1 705) di George Cheyne, Physico- Theology; or, A Demon stration oj the Being and Attn"butes of God from His Works of Creation ( 1 7 1 "1 - 1 7 1 2) di William Derham , Astronomica/ Principles oj Religion Natura[ and Revealed ( 1 7 1 7) di William Whiston, e molte altre opere simili , orientarono il pensiero protestante inglese verso la religio48 Leibniz-Clarke Co"espondence, ed . H . G . Alexander, New York, Philo sophical Library, 1 956, p. 22. Sul ruolo avuto da Newton in quest 'epistola rio, cfr. A. Koyré, I. B. Cohen, «Newton and the Leibniz-Clarke Correspon dence», Archives Internationa/es d'Histoire des Sciences, 1 5 , 1 962 , pp. 63- 1 26.
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ne naturale fondata sul sistema universale stabilito da Newton � . L ' analisi razionale della natura, agli occhi di questi autori , di mostrava l' impossibilità di spiegare il mondo grazie alle sole cause naturali, e la sua provenienza dall'opera divina; la scienza new toniana confermava la necessità di un Creatore, che per grazia mantenesse in essere un mondo affatto incapace di sostenersi da solo. Bentley, in A Confutation ofAtheism , giungeva alla conclusio ne che «Un potere di reciproca gravitazione , senza contatto diret to né stimolo esterno , non può essere in alcun modo attribuito alla sola materia [ . . . ] . La gravitazione universale, fatto la cui esi stenza in natura è certa, dipende prima di ogni altra cosa da cau se meccaniche e materiali , e procede da un principio superiore , un'energia e una manifestazione divine» 50• Secondo Bentley e gli altri espositori religiosi dell ' opera newtoniana, la natura era sen z ' altro un dono della grazia, anziché un prodotto della necessità. La concezione meccanicista, nelle loro mani, divenne una testi monianza recisa in favore della gloria di Dio . Se il mio esame si rivela esatto , la religione naturale del xvn secolo si fondò sul concetto di sovranità assoluta di Dio ritrovato nella teologia della Riforma e sviluppato dalla filosofia meccani cista. La sovranità intransigente del Dio protestante pare avere talmente schiacciato i poteri naturali, nella convinzione mecca nicista che la natura, ritenuta ora incapace di dar conto di se stessa, non faceva che additare la necessità di Dio . Prima di giungere a una conclusione tanto precipitosa, secondo la quale il concetto di sovranità assoluta provvedeva un vincolo ben definito tra la Riforma e la religione naturale del XVIII secolo, dobbiamo tutta via ripetere il monito all ' attenzione già espresso in precedenza. Nonostante certe analogie tra il pensiero dei riformatori e quello dei filosofi meccanicisti , esistevano anche differenze incolmabili; benché la nozione meccanicista di sovranità assoluta fosse , a ri gore, conciliabile con quella sostenuta dai riformatori, essa non rese giustizia alle intenzioni dei riformatori . Nei due secoli inter corsi tra il 1 520 e il 1 720, intervenne un simile spostamento di 49 H. Metzger analizza questi testi in «Attraction universelle et religion naturelle chez quelques commentateurs anglais de Newton» , Philosophie et Histoire de la Pensée Scientifique, 4-6, 1 968, pp. 1 -223. 50 Newton 's Papers and Letters on Natura/ Philosophy, cit. , p . 341 , 344.
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interessi e di attenzione, che il significato reale della sovranità di vina presente nel pensiero riformato fu smarrito. Dal punto di vista dei riformatori , la sovranità assoluta di Dio adempiva non soltanto a necessità intellettuali, ma anche a ne cessità spirituali e pastorali. Le teorie medievali della salvazione avevano posto un accento tale sulla partecipazione attiva degli uomini alla propria salvazione, che molti fedeli erano angustiati dal timore di non aver fatto abbastanza per la propria salvezza. Soffrendo egli stesso di un tale timore, Lutero scorse la sovranità assoluta divina come la sola certezza di salvazione possibile . Ac cettando come fatto di fede che Dio solo può salvare , il protestante era libero dalle opere buone e dalla penitenza quali precondizio ni della salvazione, e ancora dai traumi psicologici e spirituali che accompagnavano tali precondizioni. Quei medesimi propositi spi rituali e pastorali animavano le concezioni riformate su Dio e sulla natura; il rilievo che C alvino aveva dato alla sovranità divina nel discorso sulla provvidenza contenuto nella Institutio, mostra lo scopo principale di lenire le tensioni dei fedeli di fronte agli avvenimenti disposti dalla natura. Giacché è Dio, e non la natura, a dirigere il mondo , i cristiani non hanno bisogno di temere gli eventi. La fede nella sovranità assoluta di Dio infondeva la fiducia che la natura non fosse indifferente , ma che ogni avvenimento seguis se, al contrario, uno scopo divino . La sovranità divina sopra la natura metteva Dio nella posizione di essere sollecito verso cia scuna creatura. Per i riformatori, la «provvidenza generale», con la quale Dio mantiene l' ordine universale, veniva dopo la «prov videnza speciale» , nella quale Egli si prendeva cura dei singoli individui. In contrasto con una spiegazione filosofica del mondo, osservava C alvino, «La fede deve andare oltre e riconoscere qua le governatore e custode perpetuo colui che ha riconosciuto qua le creatore , e questo non solo per il fatto che egli guida il mondo e tutte le sue parti con movimento universale, ma perché sostie ne, nutre e cura ogni creatura fino ai piccoli uccelletti» 5 1 • Nulla poteva essere in contrasto più stridente con la nozione meccanicistica di Dio e del mondo . Per i meccanicisti, Dio era so vrano sul mondo che Egli stesso aveva creato, e, in teoria, poteva 51
Istituzione della religione cristiana, cit. ,
225
1,
xvi ,
l , p.
306 .
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sospendere o modificare le leggi naturali per portare a compimento uno scopo specifico , ma di fatto non si immischiava con le leggi di natura. Si trattava di un Dio dalla provvidenza generale, e soltanto di rado, nel caso dei miracoli, di un Dio dalla provvidenza specia le. Le necessità degli individui erano dunque subordinate alle leggi generali tramite le quali Dio conservava il bene comune : il bene dell'intero, ripeteva senza interruzione Boyle, viene di gran lunga prima del bene del singolo . Di conseguenza, il Dio dei meccanici sti, la cui esistenza e i cui attributi gli espositori religiosi di Newton avevano dimostrato con ogni cura, aveva soltanto una pallida ana logia con il Dio dei riformatori , nonostante la loro comune inter pretazione del concetto di sovranità. Nella concezione meccanici stica, Dio era diventato un legislatore universale, un ccsignore del l 'universo» , siccome si era espresso Newton nello Scolio genera le, senza esser più il ccDio mio» della locuzione tanto cara a Lutero. A che cosa era dovuta una distinzione simile? Qui nessuna ri sposta semplicistica è possibile, e tuttavia un ingrediente impor tante fu costituito dalla diversità dei problemi cui i riformatori e i meccanicisti si indirizzarono . I riformatori si trovarono ad af frontare una crisi religiosa conseguita a ciò che essi ritenevano un fraintendimento della grazia divina. Rivolgendosi alle neces sità dei fedeli, essi portarono a compimento una rivoluzione teo logica concentrando l'attenzione sulla sovranità assoluta della gra zia e sulla certezza della salvazione che la fede nella grazia avreb be, secondo costoro, recato. I meccanicisti si trovarono ad affron tare il problema affatto diverso dello sviluppo di una concezione accettabile della natura alla luce delle recenti scoperte delle leggi matematiche della natura. Essi adoperarono la sovranità divina per prescrivere leggi naturali ai corpuscoli delle dottrine atomi stiche antiche , rendendo l ' atomismo un ' immagine accessibile e gettando in tal modo le fondamenta teoriche della fisica matema tica. In questo processo , nondimeno, Dio mutò aspetto : il reden tore sovrano di Lutero e di Calvino divenne il rettore sovrano della macchina universale. La ricerca, operata dai riformatori, di una salvazione certa dette adito alla certezza della spiegazione scientifica. La sovranità assoluta divina·, tra Riforma e Illumini smo, seguì il percorso di molte nozioni nella storia complessa delle relazioni tra religione e scienza. Mentre le dimensioni tecniche rimanevano identiche, il contesto mutava, e con esso il significato. 226
VII. PURITANESIMO, SEPARATISMO E SCIENZA Charles Webster
Il periodo tra il 1 550 e il 1 660 è di interesse eccezionale per la storia inglese . Questo secolo contrassegnò l ' ascesa della nazione come grande potenza politica ed economica a livello europeo e l' ampliamento dei suoi orizzonti fmo a una prospettiva imperia le . La popolazione aumentò , l ' urbanizzazione crebbe e Londra divenne la città europea più grande e dall ' espansione più rapida. Alla fine, le tensioni generate in questo processo sfociarono nella rivoluzione . I decenni rivoluzionari , 1 640-60, videro il rovescia mento della Chiesa istituzionale , l'esecuzione del re e la nascita di una repubblica. Questi avvenimenti introdussero un periodo eccezionale di discussioni libere da pastoie e di sperimentazione di modelli alternativi di organizzazione sociale e religiosa. Le at tese , però , non trovarono un esaudimento corrispettivo ; nessuna forma praticabile o durevole di governo emerse durante la repub blica, e nel 1 660 fu restaurata la monarchia. Tra le caratteristiche più notevoli di questo sfondo drammati co , erano i movimenti interessati alla riforma della religione e al progresso della scienza, solitamente associati con il puritanesimo e con il baconismo. Questi due movimenti si svilupparono in modo parallelo e ciascuno di essi lasciò una duratura eredità culturale ; 227
C HARLES WEBSTER
ciascuno, per parte sua, presenta difficoltà che sfidano l 'interpre tazione. Tuttavia, dobbiamo affrontare la domanda ancor più dif ficile dell ' esatta relazione che intercorse tra di essi 1 • Fin dal 1 965 , il quesito del rapporto tra puritanesimo e scien za all'epoca della rivoluzione inglese è stato oggetto di un' ondata crescente di interpretazioni. Questo tema ha assunto la condizio ne di controllo cruciale nella più generale discussione relativa al le ramificazioni culturali che accompagnarono la nascita del ca pitalismo. L 'opera di Karl Marx dettò le condizioni della discus sione ; nei primi decenni del xx secolo, Ernst Troeltsch, Richard Tawney e Max Weber dettero importanti contributi alla compren sione dell' etica sociale dei gruppi religiosi in contrasto tra loro ; e , rispettivamente nel 1 938 e nel 1 965 , Robert Merton e Chris topher Hill riportarono la scienza al centro dell' attenzione, quale indicatore delle distinzioni ideologiche che le differenti sette reli giose mantenevano tra loro 2 • A causa dell 'eminenza della scien za nella cultura inglese e dell ' acutezza delle divisioni religiose, la maggior parte del dibattito si è incentrato sull ' Inghilterra.
• D EFINIZIONI Alcuni problemi definitori potrebbero con facilità assorbire l ' in tero spazio di questo breve profilo. Sull' esistenza e sull ' impor-
' Profili generali da ottiche differenti in C . Hill, The Century oj Revolu tion 1 603-1 71 4 , Edinburgh, Nelson, 1 96 1 ; C . Russell, The Crisis of Parlia ments: England History 1509-1660, London, Oxford Univ. Press, 1 97 1 ; C . Wil son, England's Apprentù:eship 1 603-1 773, London, Longmans, 1 965. 2 E. Troeltsch, Die Bedeutung des Protestantismus for die Entstehung der mo demer Welt, Miinich, Oldenbourg, 1 9 1 1 ; R. H. Tawney, Religion and the Rise ojCapitalism, London, Murray, 1 926 [ trad . i t. La religione e la genesi del capita lismo, Milano, Feltrinelli , 1 97 72] ; M. Weber, The Protestant Ethic and the Spirit of Capitalism, New York, Charles Scribner' s Sons, 1 930 [trad. it. L 'etica pro testante e lo spirito del capitalismo, Roma, Leonardo, 1 945]; R.K. Merton, «Scien ce, Technology and Society in Seventeenth Century England», Osiris, 4, 1 938, [trad . it. Scienza, tecnologia e società nell 'Inghilterra del XVII secolo , Milano, An geli , 1 9 7 5 ] ; C . Hill , The Intellectual Origins of the English Revolution , Oxford , Clarendon Press, 1 965 [trad. it. Le origini intellettuali della rivoluzione inglese, Bologna, Il Mulino, 1 980] .
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tanza tanto del puritanesimo quanto della scienza, non sussiste dubbio alcuno , e tuttavia sorgono alcune difficoltà definitorie , in quanto né il primo né la seconda sono esistiti in una forma unita ria, e bisogna ammettere il fatto che entrambi questi termini si riferiscono a una gamma di pratiche e di credenze senza soluzio ne di continuità, laonde non è semplice definire il campo di ap plicazione. Benché nominalmente si facciano critiche ai limiti e alle defi cienze delle definizioni meno recenti , nondimeno le valutazioni della scienza pre-newtoniana continuano a rinviare alle scienze matematiche , mentre la chimica, la storia naturale e le scien ze applicate sono ritenute di una classe inferiore; e l ' alchimia, la biologia speculativa e la medicina sono in gran parte guarda te con sufficienza, eccetto che dagli specialisti che si occupano soltanto di questi temi. È un fatto importante, giacché le di scipline scientifiche che i commentatori moderni reputano di minor valore erano precisamente quelle cui i puritani meno ortodossi si dedicavano . In conformità a questa veduta, mag giore è la restrizione implicita nella definizione di «scienza» , più grande sarà la possibilità che il contributo dei separatisti , o puritani radicali, sia tralasciato . Restrizioni insostenibili del concetto di ccscienza» compromettono ogni sforzo verso una va lutazione equilibrata della prospettiva scientifica dei vari gruppi religiosi . I puritani erano noti come ccgli impazienti» o le «teste più cal de» tra i protestanti, insoddisfatti soprattutto della forma com promissoria di governo ecclesiastico imposta da Elisabetta all 'i nizio del suo regno. D ' altro can�o, i puritani non furono mai un gruppo totalmente organico; rappresentavano un'intera gamma di atteggiamenti , che andavano dal riformismo più moderato , che caldeggiava rettifiche di minor conto nell 'amministrazione della Chiesa, al separatismo più intransigente , che perseguiva lo sci sma , lasciando l ' autorità ben stretta nelle mani delle congrega zioni separate o riunite . Esiste la propensione a restringere l'espressione ccpuritanesi mo» , da parte degli storici della Chiesa, ai riformatori che soste nevano l' idea di una Chiesa di vasta portata, che abbracciasse l'intera comunità, riservando il termine ccseparatisti» a coloro che andavano oltre quest ' ideale , per circoscrivere la Chiesa alle sin229
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gole congregazioni 3• Il fatto di esaminare puritanesimo e sepa ratismo in contesti distinti, come se si trattasse di alternative de finibili , è dovuto più all 'importanza associata alla dicotomia tra ideali «ecclesiastici» e «Settari» all' interno del protestantesimo che all' effettiva realtà degli eventi storici. Soprattutto dopo il 1 625 , le autorità ecclesiastiche trattarono alla stessa stregua tutti i pro testanti schierati per le riforme , facendo in tal modo di puritani e separatisti alleati stretti. Le comunità in cui lo zelo riformatore aveva maggior effetto mostravano una certa tendenza all'oscilla zione di vedute e di solito non occupavano una posizione distinta con troppa fermezza; le congregazioni puritane e quelle separati ste spesso si trovavano in disaccordo su punti piuttosto margina li. Allorché , all 'epoca della rivoluzione inglese, il movimento pu ritano iniziò la propria ascesa politica, i cosiddetti «indipenden ti» , che avevano il controllo del governo puritano , patrocinarono nella pratica politiche religiose che andavano dal riformismo al separatismo . A questo modo , gli indipendenti occuparono una gran parte delle posizioni tenute dai puritani e dai separatisti . Il puritanesimo era in uno stato continuamente fluttuante; pri ma del 1 642 , la maggior parte del movimento riformista guarda va con favore a qualche forma di organizzazione ecclesiale pre sbiteriana, e i separatisti non erano che una minoranza rumoro sa, ma insignificante . Dopo il 1 642 il pendolo si allontanò sem pre più dai riformatori moderati . Gli indipendenti, politicamen te radicali, guadagnarono posizioni, e i loro alleati più estremi, le congregazioni separatiste, aumentarono di membri e di influen za. All' epoca della caduta della repubblica, nel 1 660 , solo un pic colo pugno di superstiti tra i puritani moderati all'interno del cle ro venne assorbito nella Chiesa restaurata, mentre un gruppo eterogeneo di circa duemila sacerdoti che provenivano da tutta
3 C. Hill, Society and Pun"tanism in the Pre-Revolutionary England, London , Secker & Warburg, 1 964, pp. 1 3 -29 ; B. Hall, «Puritanism : The Problem of Definition», in G .J . Cuming (ed. ) , Studies in Church History, 2 voli. , Lon don , Ecclesiastica! History Society, 1 965 , 11, pp . 1 83- 1 96 . Per lo scambio di opinioni terminologiche più recente, cfr. P. Christianson, «Reformers of the Church of England under Elizabeth 1 and the Early Stuarts , Joumal of Ecclesiastica/ History, 3 1 , 1 980, pp. 463-48 2 ; P . Collinson, «A Comment con cerning the Name Puritan», ivi, pp . 483-488 . ..
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la gamma puritano-separatista furono privati dei loro mezzi di sussistenza. Costoro , e le loro congregazioni ugualmente dissi mili, gettarono le basi della moderna dissidenza. Come è logico aspettarsi dallo stato degli eventi sopra compen diato, è improbabile che gli intellettuali puritani che avevano oc cupazioni scientifiche avessero assunto posizioni immediatamente definibili e fisse nella gamma puritano-separatista. In reazione a una situazione di caos religioso , gli scienziati furono in prima fila in un tentativo di ridefinizione dei limiti religiosi che faceva capo alla prospettiva di ricostituire un 'unità più grande ; questo fatto è visibile dagli anni venti in avanti, nell 'irenismo di Samuel Hartlib (morto nel 1 662) , John Dury e jan Amos Komensky (Co menio) e più oltre nella tolleranza dei fondatori della Royal So ciety . Iniziative del genere da parte degli scienziati non sono al tro che aggiunte alla difficoltà di inserire questi ultimi in uno dei canoni definitori convenzionali . Questo problema di difficile so luzione ha prodotto una rappresentazione un po ' sforzata di fi gure quali Robert Boyle , raffigurato da Hooykaas come «purita no nel cuore», se mai ce ne furono, ma nello stesso tempo «mode rato monarchico ed episcopale» ; mentre altri ancora l 'hanno ri tratto in ogni guisa, da «devoto anglicano» a emulo dei platonici di Cambridge 4 •
• l PURITANI E LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA Con l ' ascesa al trono inglese di Elisabetta I, l 'insediamento pro testante fu rafforzato . La Chiesa indipendente d ' Inghilterra, tut tavia, retta da un monarca, pareva a molti un compromesso in soddisfacente, un ripiego momentaneo , che faceva troppe con cessioni all 'organizzazione gerarchica della screditata Chiesa cat-
• R. Hooykaas, Religion and the Rise of Modem Science, Edinburgh , Scot tish Academic Press, 1973, p. 1 43 [trad. it. parziale «La riforma protestante e la scienza», Comunità, xxvm , 1 73 , 1 974, p. 1 54] ; C. Webster (ed . ) , The Intellectual Revolution oj the Seventeenth Century, London, Routledge and Kegan Pau), 1 974, pp. 234, 296; (articolo di H. F. Keamey sulle simpatie di Boyle per i platonici di Cambridge, e articolo di B . Shapiro sulle idee anglicane di Boyle).
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tolica. Su questo punto , iniziò una lotta, lunga e dolorosa, per ccpurificare» la Chiesa. Dal momento che la Chiesa svolgeva un ruolo tanto decisivo nella vita culturale della nazione , e dacché le vertenze religiose invadevano quasi tutti gli aspetti della vita secolare , il puritanesimo si situò al centro dell' intero processo di mutamento religioso e secolare. C 'era ben poco, nelle spire intri cate della discussione economica e sociale, che fosse libero dalla terminologia e dai concetti radicati nei principi religiosi. Di con seguenza, e in ragione della sua importanza come principio or ganizzativo e come trait d 'union , non c ' è da stupirsi del fatto che il puritanesimo sia stato considerato il nucleo dell' ideologia di ciò che oggi chiamiamo solitamente rivoluzione puritana, o rivolu zione inglese. Il significato della dimensione religiosa può essere dedotto dal fatto che il partito di opposizione con forza era iden tificato con i puritani dai suoi avversari fautori della monarchia o legati alla politica di Laud 5, mentre le concentrazioni politi che dei decenni rivoluzionari acquisirono i nomi di parti del mo vimento puritano. Sulle origini e sulla natura della rivoluzione , tuttavia, non c'è accordo; questo tema mantiene il suo fascino inesauribile e la sua controvertibilità. Tra gli storici delle istituzioni e la maggior par te degli studiosi delle comunità rurali, esiste al momento una certa propensione a sottostimare il ruolo dei fattori ideologici , religio ne compresa. Tuttavia, recenti studi sulla dissidenza religiosa nelle campagne vanno in direzione opposta. A ogni modo, nessuna spiegazione della rivoluzione inglese vergata in termini politici potrà mantenere credibilità alcuna senza dare qualche riconosci mento al grado in cui i temi religiosi agirono come trait d'union dell' opposizione . Senza una profonda penetrazione delle idee pu ritane, il movimento di opposizione sarebbe stato privo del gra do di appoggio indispensabile per mandare avanti una lotta rivo luzionaria. Il puritanesimo provvide l ' opposizione di una corni ce ideale vasta e conseguente, capace di trovare sostegno a ogni livello sociale , che innalzò la condizione della lotta a quella di una guerra santa ordinata dalla provvidenza per perseguire il ro5 Il gruppo interno alla Chiesa d'Inghilterra che sosteneva la politica di William Laud, arcivescovo di Canterbury dal 1 633, fino alla sua esecuzio ne, nel 1 644.
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vesciamento finale dell'Anticristo. La compattezza interna del pu ritanesimo fu sufficiente per sostenere una rivoluzione, ma insuf ficiente a garantire la stabilità del regime repubblicano, come di mostrò la restaurazione monarchica del 1 660 . L' influsso cultu rale del puritanesimo si propagò anche dopo il 1 660 , ma in un quadro di congregazioni in dissenso , senza pretendere di occu pare una posizione di centralità all' interno della Chiesa. Qualunque criterio si usi per definire la scienza, l ' Inghilterra emerse da una posizione trascurabile da un punto di vista cultu rale a una di grande rilievo , assunta nel secolo che si chiuse con la restaurazione di Carlo n nel 1 660 e la formazione - in quel lo stesso anno - della Royal Society. Prima dell' ascesa al trono di Elisabetta, la rinascita umanistica aveva avuto un effetto mi nore ; gli umanisti inglesi occuparono una nicchia secondaria sul la scena europea, e gruppi di umanisti si assicurarono una base a Oxford e Cambridge. Il loro influsso letterario tuttavia non fu significativo, e l ' istituzione umanistica tipo , il Collegio medico di Londra, fu sempre sull'orlo della fine. Forse con una certa esa gerazione, il riformatore francese Pietro Ramo, nel 1 503 , non riu sciva a rammentare il nome di un solo dotto inglese . Verso la fine del XVI secolo, la situazione era mutata da cima a fondo . Il raggiungimento della maturità da parte della scienza inglese fu segnato dalla pubblicazione del De magnete ( 1 600) di Wil liam Gilbert . Un nuovo spirito di presunzione culturale è avver tibile in Advancement of Learning ( 1 605) di Francis Bacon. Gilbert non aveva pari nel Collegio medico ; nessun altro filosofo ingle se, prima di Thomas Hobbes, poté rivaleggiare con il talento di Bacone. Tra i personaggi di secondo rango, tuttavia, e tra gli spe cialisti , un forte spirito di innovazione e di conoscenza tecnica aveva già preso solidamente piede; lo prova, ad esempio , la dife sa di Copernico intrapresa da Thomas Digges ( 1 5 76); la ricezio ne da parte di J ohn Banister della teoria della circolazione polmonare del sangue sostenuta da Realdo Colombo ( 1 5 78); l 'opera botanica estremamente competente redatta da William Turner; e soprattutto i contributi alla matematica, all' astrono mia e alla navigazione recati da J ohn Dee, da Thomas Harriot, da Henry Briggs e dai loro colleghi . Tanto Bacone che Gilbert presero le mosse da questa tradizione. Da allora, gli Inglesi non furono più relegati alla stregua di traduttori e imitatori; si col233
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locarono da pari a pari con i filosofi naturali del continente. Al cune delle loro opere più importanti furono composte in lati no e conobbero un ' ampia diffusione all ' estero . I loro apporti in lingua latina furono sostenuti da una letteratura volgare di quali tà egregia. Nonostante un quadro istituzionale e sociale assai più burra scoso, il periodo che preluse alla guerra civile non segnò alcun abbassamento sensibile nel livello di impegno verso la nuova scien za. Verso il 1 640, il Collegio medico annoverava un certo nume ro di giovani fisiologi pronti a mettere a frutto le lezioni impara te dal De motu cordis ( 1 628) del loro collega William Harvey ( 1 5 78- 1 65 7 ) . I farmacisti, sotto la guida di Thomas Johnson , erano impegnati nell' organizzare l ' analisi del mondo vegetale; l ' astronomia continuava a prosperare a Oxford e a Londra; al la vigilia della guerra civile, Jeremiah Horrocks e William Ga scoigne sembrarono proporsi per un contributo importante nel campo della fisica astronomica. Hobbes, dal canto suo, con le sue riflessioni, iniziava allora a farsi notare quale rivale di Descartes. La guerra civile e la rivoluzione aumentarono ancora di più la confusione , e la scienza subì tutte le ovvie difficoltà cagionate dalle guerre civili e dai mutamenti di regime . Nondimeno, come mostrerò più sotto , il ritmo di sviluppo scientifico accelerò . Mol te organizzazioni scientifiche embrionali si erano formate, e un forte impulso fu dato alla Royal Society all' epoca della sua fon dazione , nel 1 660 , con la restaurazione . In quell ' anno, l ' Inghil terra era forse già diventata il centro di attività scientifica orga nizzata più importante in Europa. L' esistenza di un 'età dell' oro della scienza che ebbe luogo subito dopo la restaurazione può es sere a malapena creduta, se non si tien conto dello stimolo prov visto durante i decenni rivoluzionari 6 •
6 R . G . Frank, HtzTVey and the Oxjord Physiologists, Berkeley, Los Angeles and London, Univ. of California Press, 1 980 [trad . it. Harvey e ijisiologi di Oxford. Idee scientifiche e relazioni sociali, Bologna, Il Mulino, 1 983 ] ; F . R . J ohn son, Astronomica/ Thought in Renoissance England, Baltimore, Johns Hopkins Univ. Press, 1 937; C . E . Raven, Natura/ Religion and Christian Theology, 2 voll . , Cambridge, Cambridge Univ. Press, 1 95 3 .
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• LA SCIENZA E IL MUTAMENTO SOCIALE Si potrebbe argomentare che l' evoluzione parallela del puritane simo e della scienza, e anche la prossimità stretta del momento in cui entrambi raggiunsero il culmine della loro ascesa, sia poco più di una curiosa coincidenza statistica. Si tratta di una possibi lità da tener presente; ugualmente importante è riconoscere il fatto che la religione non è che uno nel novero degli ingredienti da pren dere in esame , in un' analisi della dinamica del movimento scien tifico inglese . La direzione dello sforzo scientifico fu influenzata da un ' intera gamma di fattori sociali ed economici. Ad esempio , gran parte degli interessi matematici, fisici e botanici può essere posta in rapporto alla ricerca di innovazioni nel campo della na vigazione , del commercio, dell 'industria, dell ' agricoltura e del l' orticoltura. Furono pochi gli addetti alla scienza che sfuggirono a un impegno nell ' ambito della scienza applicata. Il baconismo , la filosofia dominante nella scienza inglese, doveva il suo fascino al suo empirismo e alla metodologia induttiva, uniti con una li nea di condotta esplicitamente diretta alla partecipazione in eco nomia. Il saggio stimolante di Boris Hessen , seguito dai più ri gorosi contributi di Edgar Zilsel e di Robert Merton , hanno in dicato la stretta connessione esistente tra scienza e sviluppo capita listico in Gran Bretagna 7 • Ulteriori ricerche compiute da Chris topher Hill e da me hanno dato conferma a questi risultati con un ampio spettro di esempi 8• Alcuni studi pionieristici sul perio do della restaurazione stanno puntando nella medesima direzio7 B. Hessen, «The Social and Economie Roots of Newton ' s Principia», in N. Bukharin (ed . ) , Science at the Crossroads, London, Kniga, 1 93 1 , pp . 1 49- 192; E. Zilsel , uThe Sociological Roots of Science», American journal of Sociolog;y, 47 , 1 942, pp. 544-562 ; Id. , «The Origins of William Gilbert's Scien tific Method», ]oumal oj the History of Idtas, 2, 1 94 1 , pp. 1 -3 2 [trad . it . «Le origini del metodo scientifico di Gilbert», in P . P . Wiener, A. Noland (a cu ra di) , Le radici del pensiero scientifico, Milano, Feltrinelli, 1 9 7 7 , pp. 228-259) ; R . K . Merton , Scienza, tecnologia e società, cit . , pp. 205-3 1 3 . Per un punto di vista opposto, cfr. G . Clark, Science and Social Weifare in the Age of Newton, Oxford , Clarendon Press, 1 93 7 , 1970. 8 C. Hill, Le origini intellettuali della rivoluzione inglese, cit . , pp. 43- 1 33 ; C . Webster, The Great lnstauration: Science, Medicine and Reform 1 626-1 660, Lon don, Duckworth, 1975, sez. 5 [trad. it. parziale La grande instaurazione. Scienza e riforma sociale nella rivoluzione puritana, Milano, Feltrinelli , 1 980 , p. 305 ss. ] .
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ne 9; ad esempio, le discipline tecniche , o commerciali, che ne gli altri paesi erano virtualmente ignorate o che occupavano un posto secondario , in Gran Bretagna formavano la pietra angola re dello sforzo e dell 'organizzazione scientifica 1 0 • Simbolo del ruolo centrale del capitalismo era il Gresham College , fondato dal magnate dell' epoca elisabettiana Sir Thomas Gresham , che aveva fondato anche il Royal Exchange. Il Gresham College era stato concepito come luogo di incontro per gli intellettuali e i mer canti. Al volgere del secolo, esso si segnalava come foro della ma tematica pura e applicata, e al tempo della restaurazione diven ne il domicilio della Royal Society, più comunemente nota come ccGresham•• che con il proprio, vero nome 1 1 • Nondimeno, introdurre il problema delle radici economiche aumenta, piuttosto che diminuire, l 'importanza della religione, in virtù dell' intreccio degli affari economici e religiosi . Forse può non essere possibile difendere in termini assoluti le tesi di Taw ney e di W eber intorno alla dipendenza del capitalismo dall'etica protestante , eppure costoro hanno messo in luce il grado in cui l 'iniziativa economica era giustificata in termini religiosi 1 2 • Non soltanto la Chiesa fu una forza economica diretta; l ' etica sociale di ciascun gruppo religioso determinava gli atteggiamenti da te nere verso problemi importanti come l' usura, la recinzione dei liberi pascoli e il monopolio . Tutti gli uomini impegnati in atti vità pratiche, scienziati compresi, avevano necessità di dimostrare che le loro azioni erano coerenti con i principi della pietà. 9 J.U. Nef, Th Rise of the British Goal lndustry, 2 voli., London, Routledge Kegan Paul, 1932; M . Hunter, Science and Society in Restoration England, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 198 1 , cap. 4. IO W.E. Houghton, ccThe History of Trades : Its Relation to Seventeenth Century Thought>•, Journal ofthe History ofldeas, 2 , 1 941 , pp. 33-60; M. Den ny, ccThe Early Program of the Royal Society andjohn Evelyn», Modero Lan guage Quarterly , 1 , 1 940, pp. 48 1 -49 7 . 11 F . R . Johnson, ccGresham College: Precursor o f the Royal Society» , Journal of the History of ldeas, 1 940, pp. 4 1 3 -438 [trad. it. ccii Gresham Colle ge precursore della Royal Society», in P.P. Wiener, A. Noland (a cura di), Le radici del pensiero scientifico, cit. , pp. 337-36 1 ] ; l . Adamson, ccThe Royal Society and Gresham College, 1 660- 1 7 1 1 », Notes and Records of the Royal So ciety, 33 , 1 978, pp. 1 -2 1 . 12 M . Weber, L 'etica protestante e lo spirito del capitalismo , cit. ; R . H . Tawney, La religione e la genesi del capitalismo, c it . &
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• LE DIVISIONI SETTARIE ALL'INTERNO DELLA SCIENZA INGLESE Una viva coscienza religiosa e frequenti richiami alla teologia so no questioni di spicco in ogni analisi della sociologia del movi mento scientifico inglese . Un lungo catalogo delle figure princi pali nella scienza è formato da uomini di Chiesa, e molti di loro occupavano posizioni ecclesiastiche di un certo rilievo. Questi ec clesiastici e fùosofi naturali comprendevano scienziati professio nisti di eccezione, quali William Tumer, Willam Oughtred, Henry More, Ralph Cudworth, Isaac Barrow, John Ray, John Wilkins , John Wallis e Seth Ward. Boyle e Isaac Newton, benché laici , perseguirono la scienza come una missione religiosa. Gli scienziati contribuirono in piena libertà alla letteratura reli giosa. Dall 'inizio alla fine del XVII secolo, i fùosofi naturali, a par tire da john Napier fino a Newton e William Whiston, diventaro no i commentatori esperti, per riconoscimento comune, dei li bri profetici della Bibbia. Furono costoro a creare il genere del la fisico-teologia. L 'opera Religio Medici ( 1 642- 1 643) di Thomas Browne ebbe un influsso profondo e un'ampia schiera di imitatori. I testi scientifici erano spesso costellati di incisi religiosi o introdotti da prefazioni di vasto respiro teologico . Come esempio limite , il Treatise of Fruit Trees (Trattato degli alberi da frutto) , redatto dal modesto Ralph Austen per scopi pratici, era congiunto al suo pon deroso Spiritual Use of an Orchard (Uso spirituale dell' ortica) 1 3 • Sorge spontanea la domanda se quest' ampio corpo di elemen ti riferiti alle attività religiose degli scienziati possa venir sfrutta to per determinare quali furono i singoli gruppi religiosi che sta vano recando il maggior contributo alla scienza. Il mero appello numerico parrebbe il modo più elegante per ridurre questo tema complesso a una materia ordinata in modo semplice. Simili eser cizi trovarono il loro pioniere in Augustus de Candolle , e furono resi comuni da J ean Pelseneer, nello sforzo di dimostrare che i propri correligionari protestanti erano i responsabili della nasci ta della scienza moderna 1 4 • 1 3 R . Austen, A Treatise of Fruit Trees. . . The Spirituall Use oj a n Orchard, Oxford, Robinson, 1 653. •• A . P . de Candolle, Histoire des sciences et des saMnts, Genève, Georg, 1 8 7 3 ; J. Pelseneer, «La Reforme et le progrès des sciences en Belgique au
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Dal mio punto di vista, a ogni modo, questo approccio, portato avanti sia su una scala nazionale che su una europea, deve af frontare tali difficoltà metodologiche e concettuali che è probabi le conduca a conclusioni tanto grossolane quanto irrimediabilmente sofistiche . L 'intricata complessità del puritanesimo inglese e del separatismo costituisce una barriera insuperabile per l' applica zione di un' analisi numerica tanto banalizzante . È difficilissimo ravvisare in che modo i metodi quantitativi anche più significati vi possano risultare altrettanto validi di questa nostra valutazio ne impressionistica. Una gran mole di lavoro sprecato potrebbe venire risparmiata a patto di essere pronti ad accettare il fatto che ogni analisi imparziale della comunità scientifica inglese nel XVII secolo, condotta in riferimento a ciascuno dei settori delle scienze specialistiche , mostrerà con ogni probabilità che le sco perte scientifiche provenivano da ogni parte della gamma religiosa, e forse che minoranze come i cattolici romani dettero un contri buto maggiore , e i separatisti minore, rispetto alla percentuale che ci si aspetterebbe sulla base delle loro consistenze numeri che. Al contempo , la presenza di cattolici come il matematico Thomas Allen, come l ' astronomo William Gascoigne , l' eclettico Sir Kenelm Digby, il neo-scolastico Thomas White, e il medico Richard Towneley, ciascuno dei quali lasciò un segno assai si gnificativo , ma in branche scientifiche completamente diverse, addita i rischi racchiusi nella quantificazione del concetto di «con tributo scientifico». Il catalogo cattolico potrebbe essere più ampio, e sarebbe pos sibile stilare simili elenchi per ciascuna posizione compresa all ' in terno della gamma religiosa, come allorché, ad esempio , fu solle vata con forza la questione dell'impegno scientifico all' interno del partito legato a Laud 15• William Harvey, probabilmente, avrebsiècle», in E. Underwood (ed. ) , &ience, Medicine and History, 2 voli . , London , Oxford Univ. Press , 1 953, I , pp . 280-284; Id . , «L'origine protes tante de la science moderne» , Lycknos, 1 946-47, pp. 246-248; Id . , «Les in fluences dans l'histoire des sciences», Archwes Intemationales d'Histoire cks &ieru:es, 1 , 1 948, pp . 348-353 . 15 N . Tyacke , «Science and Religion at Oxford before the Civil War», in D. Pennington , K. Thomas ( eds. ) , Puritans and Revoltdionaries: Essays in Seventeenth Century History Presented to Christopher Hill, Oxford, Clarendon Press, 1 978, pp. 73-93 . XVI"
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be visto di buon occhio un ' inclusione in questa categoria. Mag giore è il numero delle suddivisioni, maggiore diventa la difficol tà di impiegare criteri rigidi di classificazione ; e perciò vi sono casi insoliti che suscitano perplessità, come quello di john Graunt, che pare esser nato come separatista, e aver concluso la propria carriera come cattolico . Persino entusiasti estremamente appassionati come john Web ster ( 1 6 1 0- 1 682) sono noti per essere approdati a posizioni più conformiste in età più avanzata. I tentativi di sfuggire agli in convenienti della rigida separazione, dividendo la gamma di opi nioni religiose in due grandi ripartizioni, incontrano anch 'essi le loro difficoltà. Assumendo come dato di partenza che la disposi zione delle opinioni religiose seguì una curva statistica normale, come ben può essere accaduto, i gruppi più numerosi devono con centrarsi verso il centro della curva, con il risultato che il nume ro maggiore di persone si dovrà trovare in una posizione ambi gua rispetto alla nostra immaginaria linea di demarcazione arbi trariamente tracciata. Inoltre, secondo quali criteri di fede reli giosa si dovrebbe operare questa divisione? I risultati dipende rebbero in gran parte dal fatto di assumere quale criterio l' atteg giamento verso l 'episcopato o l' accettazione della teologia calvi nista, o qualche altro indice. La metodologia dell' appello numerico , implicitamente o espli citamente impiegata, che proceda da una distinzione rigida o da un raggruppamento all'ingrosso, si è dimostrata controproducente come metodo per fissare le radici confessionali della scienza mo derna. Le rassegne apparentemente conclusive di scienziati puri tani e protestanti hanno prodotto una costante ricerca di eccezio ni e diverse dispute categoriali. Il risultato finale è stata la confu sione , palesata in una forte propensione recente a disconoscere ogni legame sensibile tra scienza e religione. Ad esempio, Adamson preferisce definire Henry Biggs «Uno scienziato e un puritano .. , piuttosto che «Uno scienziato puritano .. , e Nicholas Tyacke giun ge alla conclusione che le proprie ricerche sull 'epoca dell ' ascesa della fazione di Laud conducano ali ' «inesistenza di un rapporto tra la religione e la scienza» . Inoltre, lo studio di Lotte Mulligan sulla Royal Soc i ety giunge a un risultato affatto sfavorevole : «La scienza ha avuto un rapporto minore con il puritanesimo o con la tolleranza, che con il ruolo sempre più evanescente svolto dalla 239
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religione» - un recupero della concezione datata di W. Lecky secondo cui la genesi della scienza fu espressione di una secola rizzazione crescente avvenuta nel corso del xvn secolo 1 6 •
• IL PURITANESIMO FU ANTISCIENTIFICO? Il fallimento dei tentativi intrapresi con metodi quantitativi non dovrebbe far perdere di vista il fatto, ben evidente a partire dai dati più elementari , che sono esistite le correlazioni più profonde tra scienza e religione all' interno del movimento scientifico in glese , dalla data di nascita fino alla sua piena maturità. Allo stes so modo , la presenza di forti tensioni tra le sette all ' interno della Chiesa inglese non deve condurre a misconoscere il fatto che i protestanti inglesi, di qualunque confessione fossero , condivise ro un ampio ventaglio di credenze religiose comuni. La teologia calvinista formava l ' intelaiatura intellettuale di tutte le fazioni, nonostante molte sfumature interpretative e disaccordi con Cal vino su questioni specifiche. Sarebbe dunque poco realistico aspet tarsi che la Weltanschauung puritana fosse totalmente differente da quella degli altri protestanti inglesi. Su temi fondamentali che ri guardavano la cosmologia e la cosmogonia, i protestanti ingle si si basavano su fonti comuni e condividevano categorie co muni; essi concordavano sulla provvidenza divina, sulle leggi na turali e sull' esistenza di un rapporto tra il libro della natura e quello della rivelazione. Anglicani e puritani discutevano a fa vore della stregoneria o contro il materialismo , alla fin fine, in termini identici, e, cosa assai significativa, nessuno dei due grup pi era completamente omogeneo . Le divisioni di opinioni su te matiche simili non distinguevano in modo preciso anglicani e puritani. All ' interno del protestantesimo inglese esisteva un'approvazione generale verso l ' indagine della natura, che sorgeva dalla convin16
lvi, p. 77 (ove cita l . Adamson), p. 93·; L. Mulligan, «Civil War Pol itics, Religion and the Royal Society» , in C . Webster (ed.), The Intellectuo.l Revolution ofthe Seventemth Century, cit . , pp . 3 1 7-339; W . E . H . Lecky, History ofthe Rise and Injluence ofthe Spirit of Rationalism in Europe, 2 voli. , New York, Appleton, 1 889.
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zione che tale indagine si sarebbe risolta in una glorificazione di Dio e avrebbe dato un contributo alla comprensione dei Suoi at tributi . Le scienze sperimentali in specie raggiunsero una repu tazione elevata, grazie al loro sviluppo in parallelo alle opere de dicate alla religione naturale e alla fisico-teologia. I pionieri che contribuirono a questo genere popolare , compresi Robert Boyle, Nehemiah Grew, Henry More , John Ray e John Wilkins , ap partennero alla fascia di mezzo della gamma religiosa, e la mag gior parte di essi ebbe rapporti stretti con il movimento purita no , benché il fascino della religione naturale si sia allargato an che agli uomini di Chiesa e ai dissidenti di tutti i tipi . Una volta dato per scontato un nucleo comune di vedute su questioni teologiche riferite alla scienza, non è irragionevole l ' at tendersi che le varianti anglicane e puritane della fùosofia natu rale mostrassero una certa affinità. L ' erede spirituale del botani co puritano William Turner fu l 'anglicano Thomas Johnson. I matematici e astronomi puritani Henry Briggs e John Bain bridge trovarono le loro controparti anglicane in William Ough tred e John Greaves . L'astrologo puritano William Lilly strinse una solida amicizia con il proprio analogo anglicano, Elias Ashmo le; ed esempi simili sarebbero facili da moltiplicare. Ciascuna nuo va, significativa fase di innovazione trovò sostenitori tanto angli cani quanto puritani . Questi due gruppi parlavano una lingua ampiamente condivisa ed entrambi avevano necessità di difen dere le proprie posizioni contro una classe di opinioni diffuse tra i propri correligionari , e che erano assai sospettose verso la nuo va scienza. Nel XVII secolo, come in periodi posteriori, ogni setta compren deva un part i to influente persuaso che i valori della religione e della scienza fossero incompatibili in linea di principio . Esisteva, verso l 'innovazione scientifica e fùosofica, un ' opposizione molto netta tra gli anglicani, i puritani e i separatisti , provocata dal ti more di un allontanamento dagli scopi principali della vita reli giosa, attraverso i rischi della vuota curiosità. Il calvinismo, co me le teologie rivali, poteva associarsi a un rifiuto della nuova scienza a favore di una vieta conoscenza tratta da un corpo di teologia dogmatica di orientamento scolastico. Il timore verso le novità è espresso nel modo migliore dal disperato appello di Ro bert Baillie, il principale accademico presbiteriano di Scozia, af24 1
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finché le università protestanti redigessero una raccolta di sana filosofia, per combattere il cartesianesimo. L' opera di Bacone, Advancement of Learning, dovette confrontarsi con un testo dal tito lo analogo, e che esprimeva uno scetticismo estremo nei confron ti della scienza, redatto dal puritano Fulke Greville, amico di Ba cone e primo lord Brooke. Il figlio di quest ' ultimo , il leader par lamentare Robert Greville, lasciò adito a simili riserve nei con fronti della conoscenza secolare, nel suo celebre attacco all 'epi scopato . Allo stesso modo, i separatisti sostennero con fermezza che la comprensione spirituale delle Scritture procedeva «non dalla dottrina umana, dalla cultura e dalla conoscenza delle lingue, bensì dallo spirito di Dio». C itazioni come questa, che proviene dal coc chiere john Spencer, potrebbero corrispondere alle espressioni del calzolaio Samuel How o , secondo una certa tipologia, a quelle del quacchero john Fox 17• Per questa via è facile decorare la ve nerabile caricatura del puritanesimo bigotto per avanzare un' im magine della tipica mentalità puritana tutta intenta nell' interio rità e chiusa rispetto ai valori della nuova scienza 18 • A tutt' og gi , ci troviamo di fronte a una ripresa del concetto di puritanesi mo quale simbolo della «ristrettezza intellettuale, della mancan za di ricettività alle nuove idee [ ] , del dogmatismo, della chiu sura mentale e della netta adesione ai valori repressivi» . L 'inca pacità di dare il giusto rilievo a questa verità viene bollata alla stregua di un «errore metodologico di fondo» 19 • . . .
1 7 R . Baillie, Letters and Journals, 3 voll . , Edinburgh, Bannatyne , 1 84 1 -42 , m, pp . 268 , 274; F . Greville, «Treatise of Humane Leaming» , in Poems and Dramas oJ F. Greville, 2 voll. , Edinburgh , Oliver & Boyd, 1 939, t , pp. 52-6 1 ; R. Greville, The Nature of Episcopacy ( 1 642), in W. Haller (ed . ) , Tracts o n Liberty, 3 voll. , New York, Columbia Univ. Press, 1 934, 1 1 , p. 5 3; J . Spencer, A Short Treatise Concerning. . . Mans Exercising His Gijt, London, Bales, 1 64 1 ; S. How, The Sufficimcy of the Spirits Teaching, London , 1 640. 18 D . S . Kemsley, «Religious lnfluence i n the Rise of Modem Science» , Annals of Science, 24, 1 968, pp. 1 99-226; J . Morgan, «Puritanism and Sci ence: A Reinterpretation», The Historicaljournal, 22, 1 979, pp. 535-560; R . B . Schlatter, «The Higher Leaming i n Puritan England», Historical Magazine of the Protestant Episcopal Church, 2 3 , 1 954, pp. · 1 67- 1 87 ; L. Mulligan, uPur itanism and English Science : A C ritique of Webster» , lsis, 7 1 , 1 980, pp . 456-469 . 19 L. Mulligan, «Puritanism and English Science», cit. , p. 469; J . Mor gan, «Puritanism and Science: A Reinterpretation», cit . , p. 540 .
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Conclusioni simili sono soggette a critiche da due punti di vi sta. In primo luogo , lo scetticismo di orientamento teologico cir ca i valori culturali, le tesi a favore della supremazia dei beni spi rituali, il discredito della carne, e così via, sono tutte cose che vanno poste nel loro giusto contesto . Di rado , esse venivano concepite come un disincentivo di fondo verso la cultura secolare ; più spes so , esse erano il segno di un banale rilievo dato alla preminenza dello spirituale e un monito contro la corruzione della rivelazio ne tramite il contatto della cultura secolare . Una volta dato per scontato questo fatto , ogni forma di cultura secolare capace di dar frutti poteva essere perseguita senza alcun imbarazzo religioso. Perciò , per quanto riguarda gli esempi citati in precedenza, il pri mo lord Brooke aderiva senza riserve alla riforma del sapere sul le orme delle idee di Ramo e Bacone, mentre Robert Greville , secondo lord Brooke , sosteneva la teoria pansofica di Comenio . Espressioni esattamente simili a quelle degli entusiasti Spencer e How venivano impiegate da john Webster in apertura della sua critica delle università, le quali trascuravano la scienza empirica e la medicina 20• In secondo luogo, le argomentazioni riportate falliscono il ber saglio ; gli errori che denunciano non sono stati affatto sottoscrit ti , ed esse rischiano piuttosto di negare verità autoevidenti quan do sottintendono che i puritani medi non potessero mai dedicarsi ad attività scientifiche. Nessun tasso di avversione alla scienza che promani dalle fonti puritane implica logicamente il fatto che tut ti i membri di quel gruppo giungessero tutti alla stessa conclusio ne , né comporta che le inclinazioni scientifiche venute alla luce tra i puritani dovessero essere affatto separate dalle motivazioni religiose puritane . Se questa deve essere un' arma anti-puritana, può essere usata altrettanto bene contro tutti gli altri gruppi reli giosi . Se accettiamo la «metodologia» sopra descritta, dovremmo finire per forza con l ' accettare il fatto che ogni gruppo religioso era, nella propria essenza, contrario alla scienza, e che nessuna attività scientifica poté aver origine a partire da uno schietto mo2° C. Hill , Le origini intellettuali della rivoluzione inglese, cit. , pp . 1 98-200; R. Rebholz, The Lift of Fulke Grevi/le, Oxford, Clarendon Press, 1 97 1 ; C . Webster, La grande instaurazione, cit . , p . 29; J . Webster, Academiarum Ex amen, London , Calvert, 1 654.
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vente religioso. Ogni prova contraria verrebbe messa da parte qua le eccezione che non fa testo, e perciò da ignorare senz' altro . Conclusioni così negative sono in netto disaccordo con le as serzioni degli stessi scienziati , le cui testimonianze personali de vono essere concepite come più che meri gesti simbolici nei con fronti della riconciliazione di scienza e religione ; testimonianze del genere indicano chiaramente che i puritani ritenevano di de rivazione religiosa i motivi che li avviavano allà scienza. Questo stimolo religioso all' attività scientifica non fu prerogativa di nes suna setta in particolare; ciascuna sviluppò un fondamento reli gioso per la scienza secondo un modo peculiare, e con conseguenti diversità di accento nel modello scientifico che ne emerse .
• L' ETICA PROTESTANTE E LA SCIENZA Si deve adesso cercare di dare una definizione delle caratteristi che del sistema assiologico puritano per poter comprendere l ' at teggiamento puritano verso la scienza. Il principale indirizzo di approccio a questa tematica, nato con W e ber e adottato da Mer ton e Hill, riconosce ai puritani il merito di possedere l 'essenza delle qualità protestanti a favore della scienza 2 1 • Secondo Rejier Hooykaas, recente seguace di questa tesi , le qualità collettive dei puritani e la nuova filosofia erano ccl ' anti-autoritarismo , l 'ottimi smo circa le possibilità umane, l'empirismo razionalista e la net ta valorizzazione dell ' esperimento•• 22 • Meno certezza esiste tra questi studiosi sulle radici teologiche di questo atteggiamento men tale favorevole nei confronti della scienza. Weber riponeva la sua fede in un ascetismo intramondano (innerweltliche Askese) , conce pendo la scienza come un sottoprodotto della pratica delle opere buone, che derivava da una ricerca inesausta di un segno di ele zione, reso necessario a sua volta dalla dottrina calvinista della grazia e della predestinazione . Svariati critici , tra cui perfino coloro che si schieravano con Weber, hanno insistito sull a sopravvalutazione del ruolo della pre destinazione all ' interno del puritanesinio inglese, sottolineando 21
22
Cfr. nn. 2, 7, 8. R. Hooykaas, «La riforma protestante e la scienza», cit. ,
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p.
1 54.
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il fatto che la tesi weberiana doveva tener conto di una serie di prove contrarie 23 • Al contrario, questi critici accettano l' opinio ne di Weber secondo cui il calvinismo dava molto valore alle opere buone , sostenendo che queste opere venivano considerate in pri mo luogo come mezzo per assicurarsi segni certi del favore divi no verso l ' eletto. Provvisti della sanzione aggiuntiva costituita da Rm l , 2 0 , gli scienziati inglesi concepivano la scienza sperimen tale come una sorta di opera buona conciliabile con l 'ideale della glorificazione di Dio tanto cara alla teologia riformata. Rm l , 2 0 , e ancor più l a glossa fatta a questo versetto nella versione gine vrina, evidenziava che «tutti gli uomini hanno uno specchio as solutamente limpido e manifesto ove contemplare la natura sem piterna e onnipotente di Dio , anche nelle Sue creature» . L' opera di john Wilkins ( 1 6 1 4- 1 672), A Discourse Conceming the Beaury qfProv idence ( 1 649) , che tenne dietro al classico testo puritano dello stes so Wilkins, Ecclesiastes, or A Discourse Concerning the Gift of Preaching ( 1 646) , si dimostrò il primo libro di una lunga serie che palesava la pietà di fondo posseduta dalla filosofia sperimentale 24• Le ragioni che sostengono la tesi, avanzata di tanto in tanto, che l ' idea moderna delle leggi immutabili di natura riposino sul la dottrina della predestinazione 25, sono molte meno buone. Questa concezione può essere riportata con facilità a un tempo ben precedente a quello della Riforma. I protestanti fecero sem plicemente propria un' idea di provvidenza assai diffusa tra i no minalisti medievali 26• Nondimeno, pare che il volontarismo, che 23 Per un giudizio equilibrato su questo tema, da un punto di vista sto rico, cfr. P. Seaver, ccThe Puritan Work Ethic Revisited » , ]oumal of British Studies, 1 9 , 1 980, pp. 35-53; per i temi teologici cfr. invece R . Hooykaas, «La riforma protestante e la scienza>•, cit. , pp. 1 1 8-120; 1 23 - 1 24; J . S . Coo lidge, The Pauline Renaissance in England: Puritanism and the Bible, Oxford, Cla rendon Press, 1 970, p. 72 e passim. •• R. Hooykaas, «La riforma protestante e la scienza>•, cit. , pp. 1 40-1 43 ; R . S . Westfall, Science and Religion in the Seventeenth Century England, New Haven , Yale Univ. Press , pp. 1 06- 1 45 . 2 5 R . K . Merton , Scienza, tecnologia e società nell 'Inghilterra del xvm secolo, cit . , p . 1 66 ; S . F . Mason, Main Currents of Scientific Thought, London, Rout ledge & Kegan Pau! , 1 953 , pp. 1 3 7 , 1 40. 26 F. Oakley, «Christian Theology and the Newtonian Science: The Rise of the Concept of the Laws of Nature», Church History, 30, 1 96 1 , pp. 433-457; H . A . Oberman , Masters of the Reformation , Cambridge, Cambridge Univ.
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dava rilievo all' imposizione diretta della volontà divina sopra il mondo creato dall 'ordine incondizionato del Verbo provviden ziale, ricevesse nuovo slancio dal pensiero riformato e calvinista. Quest 'ultimo favoriva l ' idea di una creazione sostenuta diretta mente dal volere divino , nel quale i reami morale e naturale ri spondevano agli editti e alle leggi imposte dalla sovranità divina. Questo quadro non lasciava spazio per intermediari appartenen ti ai reami della materia o dello spirito, quali l 'etere o lo spirito > 2 . Allorché Keplero giunse a buttar giù il capitolo IX, punto più alto tanto del libro v quanto dell 'intera opera, ove sve lava l ' armonia ultima del mondo , egli scrisse una preghiera in troduttiva che intrecciava insieme tematiche cristologiche e co smologiche, in una struttura ininterrotta: Padre Santo, conservaci nella consonanza dell'amore reciproco in mo do tale che siamo una sola cosa, siccome Tu sei uno con tuo Figlio, No stro Signore, e con lo Spirito Santo, e siccome Tu hai reso una cosa sola tutta la Tua opera, attraverso i dolcissimi legami della consonanza, e così sia edificato il corpo della Tua Chiesa sulla terra a partire dalla ri trovata concordia del Tuo popolo, siccome Tu hai creato gli stessi cieli a partire dali ' armonia 3 .
1 J . Kepler, Lettera a Maestlin del 22 dicembre 1 6 1 6 , i n Id. , Gesammelte Werke, Hrsg. W. von Dyck, M . Caspar und F . Hammer, Miinchen, Beck, 1 938-75, XVI I , p. 203 . 2 J . Kepler, Gesammelte Werke, ci t. , VI, p. 287 . 3 lvi, p. 33 1 .
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Keplero portava il capitolo alla conclusione con una seconda preghiera, ove impetrava che la sua opera non contenesse nulla che fosse indegno di Dio, e terminava l ' intero Harmonices con un inno alla gloria del Creatore. È vero che è possibile distinguere in Keplero inclinazioni che mirano a un rapporto diverso tra scienza e cristianesimo . Jiirgen Hiibner ha preso in esame queste propensioni in modo assai det tagliato, in uno studio recente del pensiero religioso di Keplero 4• Il mutamento fondamentale, nell' analisi di Hiibner, era stato uno spostamento di attenzione rispetto agli interessi centrali della teo logia cristiana medievale. Questi interessi si erano concentrati sul rapporto di redenzione di Dio rispetto all 'uomo ; Dio si era rive lato venendo al mondo per restaurare l'umanità caduta, e aveva ratificato quella rivelazione in una raccolta scritta, la Bibbia, fonte cui l 'umanità deve volgersi per conoscere la vita eterna. Al con trario, Keplero fissava il proprio punto di vista in Dio creatore. Anche il Dio kepleriano si era rivelato ; aveva rivelato la propria sapienza nell ' atto della creazione, e l ' interesse teologico prima rio di Keplero si centrava sulla sapienza divina. Senza volere ne gare la nozione di redenzione , egli dava scarsa attenzione a que st'ultima, mentre con pietà incantata percorreva i singoli elementi della creazione. Perciò, Keplero non soltanto dette un nuovo orien tamento al pensiero cristiano, ma innalzò inoltre la natura, in quanto rivelazione divina, a una condizione di parità rispetto a quella della Bibbia. «Tu sostieni che Dio si è calato nella natura» scriveva a David Fabricius ; mentre «Secondo me , è la natura che cerca di avvicinarsi a Dio» 5 • Anche dando per scontata l a tesi d i Hiibner, ciò non costitui sce un serio danno all ' argomentazione iniziale secondo cui in Ke plero il cristianesimo tradizionale era rimasto virtualmente incon taminato dall ' influsso della scienza. È ben vero che il suo Dio pi tagoreo, che aveva manifestato in eterno recondite relazioni geo4 J. Hiibner, Die Theologie Johtmnes Keplers_ zwischen Orthodoxie und Natur wissenschajt, Tiibingen, Mohr, 1 975; Id . , «Johannes Kepler als theologischer Denker», in Kepler Festschrift 1 971 , Regensburg, Naturwissenschaftlicher Ve rein Regensburg, 1 97 1 , pp . 2 1 -44. 5 Lettera a Fabricius del 4 luglio 1 603 , in Gesammelte Werke, cit. , XIV , p . 42 1 .
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metriche e armoniche nella creazione del mondo , era una cosa piuttosto diversa dal Dio tradizionale della teologia cristiana; ma questo fatto riguarda tutto un altro livello di discorso . La vene razione di Keplero per la rivelazione scritta era tanto viva che noi ben avremmo potuto trascurare questo lieve spostamento di prospettiva, se non fossimo stati coscienti del futuro indirizzo del pensiero occidentale. Qualunque fosse il suo interesse per Dio crea tore, la nozione di redenzione giocò comunque un ruolo decisivo nella vita di Keplero . L'esclusione dai sacramenti - ossia, dal suo punto di vista, l'esclusione dalla presenza dello spirito di Cri sto - , fu per lui una tragedia, che egli rifiutò di accettare ma contro cui lottò per il resto della vita. Non è troppo saggio dare eccessivo rilievo a questo allontanamento dalla tradizione ricevuta. Allorché ci volgiamo alla filosofia naturale di Keplero , riscon triamo un concetto della natura idoneo a sostenere direttamente i suoi sentimenti religiosi; di importanza capitale è il fatto che agli occhi di Keplero l'universo restava un cosmo, un mondo or dinato . È ben noto che gran parte del valore di Keplero nella sto ria della scienza trae origine dallo stimolo che egli dette alla spie gazione causale dei fenomeni e alla concezione delle leggi mate matiche . In effetti , le leggi di Keplero non furono affatto leggi impersonali, né l' universo da esse regolato fu mai il prodotto ca suale della loro cieca azione. Si trattava piuttosto di un universo ordinato attentamente progettato . Il sistema filosofico di Giorda no Bruno , «quella tremenda filosofia,. , significava per Keplero la cieca attività di cause impersonali 6 • Egli avversava quest' idea, e ne rifuggiva. Laddove i mezzi vengono preordinati a fini preci si , sottolineava Keplero , «ivi si trova l 'ordine, e nessuna casuali tà, ivi è il mero ordinamento razionale , la pura ragione» 7 • «Dio» , scriveva a Maestlin, «nulla intraprende a caso» 8 • Esisteva inoltre la persuasione da parte di Keplero che Dio aves se impiegato i principi geometrici nella creazione dell 'universo. 6 Disserlatio et narratio, a cura di E. Pasoli e G . Tabarroni , Torino, Bot tega d ' Erasmo, 1972, p. 5 7 . 7 Mathematici serena seu de nive sexangula, i n Gesammelte Werke, cit . , IV, p. 275. 8 Lettera a Maestlin del 2 agosto 1 595, in Gesammelte Werke, cit. , xm, p. 2 7 .
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I cinque solidi regolari, che definiscono i rapporti tra le sei sfere che possono essere iscritte al loro interno e circoscritte al loro ester no , e da cui dunque (dal momento che esistono soltanto cinque solidi regolari) egli deduceva la necessità dei sei pianeti del siste ma copernicano , erano la manifestazione più alta dell ' universo kepleriano geometricamente ordinato. Né essi erano affatto il so lo esempio ; sostanzialmente , lo stesso modulo di pensiero si esi biva quasi a ogni questione sollevata nella filosofia naturale. Il numero dato dei giorni in un anno , 365 e un quarto , è prossimo a uno dei numeri archetipici, 360, e Keplero si convinse con pron tezza del fatto che Dio avesse creato la forza motrice della Terra per farla ruotare 360 volte all' anno, e non 365 e un quarto, ccuna frazione incoerente e volgare» . La presenza del Sole, che eccita le facoltà della Terra, disturba la purezza primitiva del rapporto matematico , che il cosmologo sagace riesce nondimeno a coglie re 9• Allo stesso modo, su un argomento assolutamente differen te , la scoperta compiuta da Galileo dei quattro satelliti in orbita attorno a Giove spingeva subito Keplero a una ricerca del mo dello che avrebbe permesso di stabilire il numero dei satelliti in orbita attorno a ciascun pianeta 10, giacché Dio non fa nulla a ca so , ed egli ordina il proprio lavoro secondo quei principi mate matici coeterni a Lui . Non c'è bisogno di insistere sull ' armonia evidente , e assoluta mente necessaria, tra convinzioni simili e una concezione teistica delle cose. D ' altro canto, il teismo non è la stessa cosa del cristia nesimo ; Keplero , quando costruiva la propria filosofia, contrae va debiti pesanti verso la concezione platonica di una realtà ma tematicamente ordinata, piuttosto che verso la Bibbia. Allorché egli impiegava la nozione cristiana secondo cui l 'uomo è a im magine di Dio , allo scopo di spiegare la conoscenza da parte del l ' umanità dell 'universo geometrico , Keplero superava di molto il teismo , e lo stesso faceva quando dava forte rilievo all 'unicità del sistema solare nell 'universo . La fusione finale di cristianesimo e scienza nel pensiero keple riano , però, si trova in un altro aspetto della sua concezione della 9 Epitome Copemicanae astronomiae, in Gesammelte Werke, cit . , 3 1 6-3 1 7 . 1 0 Dissertatio et narratio, cit . , p. 1 9 .
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natura, caratteristica resa possibile solo dal fatto che il suo uni verso rimaneva un cosmo ben ordinato. Ovunque egli fissasse lo sguardo, e Keplero fissava lo sguardo ovunque , scorgeva un uni verso organizzato secondo complessi di tre, e non solo gruppi qua lunque formati da tre elementi , ma complessi di tre che erano, al contempo , unità. Non era per caso che l 'universo di Keplero restasse finito , finito e sferico, proprio perché ai suoi occhi la sfe ra simboleggiava un ' incarnazione della Trinità : Giacché difatti, nella sfera, che è l'immagine di Dio creatore e l' ar chetipo del mondo [ ] , vi sono tre regioni, simboli delle tre persone della santissima Trinità - il centro, simbolo del Padre; la superficie, simbolo del Figlio; lo spazio intermedio, segno dello Spirito Santo; e al trettante sono le parti specifiche del mondo, una per ciascuna nelle di verse regioni della sfera, il Sole nel centro, la sfera delle stelle fisse nella superficie, e infine il sistema dei pianeti nella regione di mezzo tra il Sole e le stelle fisse 1 1 • . . .
Keplero era pronto a introdurre l a Trinità in discussioni pro priamente scientifiche; in questo modo , fu in grado di calcolare le densità del Sole , la sfera delle stelle fisse e lo spazio celeste po sto tra i due, ricorrendo a un ragionamento secondo cui l 'ugua glianza delle tre persone della Trinità esigeva nella materia pre sente nell' universo una divisione analoga tra le sue tre compo nenti principali 1 2 • Parimenti, questa immagine dette un impul so alla critica mossa da Keplero al pagano Tolomeo (n secolo d . C . ), il quale aveva ritenuto le stelle alla stregua di divinità visi bili . Una simile congettura, osservava Keplero , «non è possibile ammetterla all ' interno di una disciplina cristiana>> 13• Né Keplero si limitò alla sola immagine della Trinità, ma ne perseguì le implicazioni fino ai risvolti ultimi , intagliandone un meraviglioso gioiello sfaccettato , ciascuna delle cui sfaccettature rifletteva lo splendore della dottrina cristiana. Nella creazione, chiariva Keplero , Dio ha espresso la differenza tra la linea retta e quella curva, l ' immagine della creatura e quella di Dio . Tutte
1 1 Epitome Copernicanae astronomiae, in Gesammelte Werke, cit . , lvi , pp. 287-288 . 13 lvi, p . 292 .
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le figure rettilinee sono necessariamente imperfette ; dal momen to che partecipano delle tre dimensioni, partecipano anche della materia. In quanto possono essere descritte tramite il movimen to dei punti , delle linee e dei piani, tali figure sono logicamente posteriori ai punti e allo spazio in cui si muovono i punti 14• La linea curva, invece, si comporta altrimenti; una sfera non viene generata dall a rotazione di un cerchio, proprio perché la sfera viene prima del cerchio . In confronto alle altre figure , si può dire che la sfera non sia passibile di generazione , in quanto non viene pro dotta da tali figure , ma preesiste a esse, quale prodotto di un pro cesso affatto differente, nel quale il punto centrale diffonde se stesso in tutte le direzioni . Perciò la sfera-, che è l' effusione di un punto, istituisce lo spazio che le altre figure , in quanto sono prodotte dal movimento finito dei punti, assumono. Inoltre una sfera possie de una forma immateriale, essendo libera da una solidità inter na; essa si differenzia da un globo, ossia da una sfera riempita da un corpo solido 15 • Dunque l a sfera rappresentava per Keplero ben più della for ma dell' universo . In qualità di immagine del divino , essa costi tuiva la forma che ogni essere che aspiri alla perfezione deve as sumere , nella misura delle proprie capacità. I corpi , pur essendo limitati dalle proprie superfici, si espandono nondimeno in senso sferico , a guisa di sostituzione, grazie alle facoltà di cui sono do tati. L ' anima - e per Keplero ogni essere era fornito di anima fuoriesce dalla sua dimora puntiforme, sia nell' atto di cogliere le cose esterne che la circondano secondo una disposizione sferica, sia nell' atto di reggere il proprio corpo, che pure è situato attor no a essa 16• Inevitabilmente, Keplero estendeva la medesima analogia anche alla luce , in quanto questa era uno dei principali poteri intrinseci al corpo: Perché dunque meravigliarsi , se quel principio che regola tutta la bel lezza del mondo, e che il divino Mosè introduce subito il primo giorno della creazione nella materia appena appena creata, per così dire, quale strumento di Dio a dar forma e vita a tutte le cose - perché meravi1•
lvi,
p.
50.
15 lvi, pp. 50-5 1 . 16 Harmonice mundi, in Gesammelte Werlce, cit . , VI, p . 2 7 5 .
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gliarsi , dico, se questo principio e questa sostanza eccellentissima che pervade tutto l'intero mondo materiale, questa scaturigine di tutte le fa coltà animali e questo ponte tra il mondo fisico e quello intelligibile si è mutato in quelle stesse leggi dalle quali il mondo doveva essere ordi nato? Perciò il Sole è un certo corp o in cui si ritrova quella facoltà di comunicare se stesso a tutte le cose, e che noi chiamiamo luce , e a cui per questa ragione è stato dato un luogo mediano e centrale nell 'univer so, proprio perché potesse in eterno diffondere se stesso in ugual misura in tutto il mondo. Tutti gli altri esseri che sono partecipi della luce imi tano il Sole 1 7 •
Tuttavia Keplero poteva innalzare ancora di più l ' immagine trinitaria; un punto, il centro della sfera, non è visibile, e si rive la soltanto quando si rovescia verso l ' esterno, in tutte le direzio ni . La superficie è la sua immagine, l ' itinerario verso il centro . Chi scorge la superficie, scorge anche il centro , e solo così può scorgerlo 18 • Quest' immagine spiega senz' altro il motivo per cui Keplero insisteva sul fatto che la luce non è costituita dai raggi che sgorgano dai punti luminosi e illuminati; i raggi, infatti , so no soltanto le linee del movimento. La luce in sé è la superficie sferica formata dal loro moto uniforme , superficie che rimanda al Figlio nella sfera della Trinità. Pertanto , nell ' ottica come in gran parte della sua scienza, la concezione della natura ricondu ceva Keplero non tanto al teismo, quanto al nucleo stesso del V an gelo. Gesù aveva detto : cclo sono la luce del mondo».
• RENÉ DESCARTES: U N O SCETTICO RENITENTE C on Descartes ( 1 596- 1 650), che fu attivo una generazione dopo Keplero, si incontra un uomo diverso, diverso soprattutto nel grado di esaltazione spirituale . Nondimeno , Descartes non fu meno at taccato al cristianesimo ; ostentatamente rimandò sempre al giu dizio della Chiesa in questioni di fede, ed escluse in modo espii1 7 Paralipomma, in Gesammelte Werke, cit. , I I , p. 1 9 , cit. in W. Pauli, «The lnfluence of Archetypal ldeas on the Scientific Theories of Kepler», in C . G . Jung, W . Pauli , The lnterpretation of Nature and the Psyche, New York, Pan theon, 1955, pp. 1 69- 1 70 . 1 8 Epitome Copernicanae astronomim, in Gesammelte Werke, VII , p. 5 1 .
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cito la propria fede religiosa dal procedimento del dubbio siste matico . Egli preferì introdurre Le Monde come una fantasticheria capace di dare un contributo alla comprensione delle leggi all 'o pera nella natura, ccsenza sminuire il miracolo della creazione» 19, e tolse di mezzo il libro dopo la condanna di Galileo , sebbene ri siedesse ben oltre il raggio d ' azione del Santo Uffizio . Quando finalmente dette alle stampe la sua opera di filosofia naturale , i Principia, non soltanto la ritoccò allo scopo di sostenere l ' immo bilità della Terra, ma dette ancora una volta forte rilievo alla pro pria deferenza verso la Chiesa. L' opera si concludeva con un' as serzione generale circa il grado di certezza raggiunto, rivendicando almeno una certezza morale, e spingendosi fino ad asserire che alcune delle proprie dimostrazioni conseguivano una certezza as soluta e che la propria descrizione dei fenomeni generali della na tura era la sola possibile . ccTuttavia» , concludeva, ccpoiché non voglio fidarmi troppo di me stesso, io non asserisco nulla qui , e sottometto tutte le mie opinioni al giudizio dei più saggi ed al l'autorità della Chiesa>• 20• Esaminare qui le motivazioni cartesia ne sarebbe andare fuori del tema proposto ; senza dubbio, tutta via, tali motivazioni erano complesse e traevano origine da più che una mera pietà. Nondimeno resta il fatto che Descartes pose una grande attenzione nel mantenersi nel favore della Chiesa e fu molto sollecito nel non fare apparire la propria filosofia come un attacco , tanto totale quanto parziale, al cristianesimo . Oltre a ciò , Descartes non si limitò al ruolo passivo di colui che non ha intenzione di recare offesa; dedicò le Meditazioni alla Facoltà di Teologia della Sorbona, come dimostrazione delle due dottrine essenziali da cui dipende la fede cristiana: l ' esistenza di Dio e l 'immaterialità dell ' anima 2 1 • Né questo fu un gesto me ramente esteriore, giacché queste due dottrine erano tanto essen ziali per la filosofia cartesiana quanto lo erano per il cristianesi mo. Al di fuori dell ' esistenza divina, l 'epistemologia cartesiana non può restar salda, e proprio quest 'epistemologia, l'esibizione della certezza assoluta destinata a salvare la filosofia dal pantano dello scetticismo in cui essa aveva smarrito la propria direzione , 19 20
21
Cartesio, Opere filosofiche, 4 voli . , Bari-Roma, 1 986, lvi, m, p. 36 5 lvi, n , pp . 3 - 7 . .
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1,
p. 320.
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era la pietra angolare su cui Descartes si riprometteva di rifonda re l 'impresa filosofica. È possibile tradurre in termini più prosai ci la fase finale del dubbio sistematico cartesiano , il timore che uno spirito malvagio lo ingannasse , come la finitezza irriducibile delle facoltà dell 'uomo : E se noi vogliam fingere che un Dio onnipossente non è autore del nostro essere , e che noi sussistiamo per noi stessi o con qualche altro mezzo, pel fatto di supporre questo autore meno potente , noi avremo sempre tanto più motivo di credere che non siamo così perfetti, da non poter essere continuamente ingannati 2 2 ,
osservava Descartes nei Principi della filosofia. Solamente andan do oltre i limiti umani, per rifarsi a un' autorità che , per defini zione , è infinita, egli poteva riscontrare la certezza assoluta che ricercava. Tanto garante delle facoltà umane, all ' atto del loro uso corretto, quanto autore delle verità eterne che le facoltà impiega te a quel modo potevano cogliere, Dio era il saldo fondamento su cui si basava l'epistemologia cartesiana. Allo stesso modo, Dio era essenziale per mantenere la creazione nel proprio essere, giac ché dal punto di vista cartesiano essa era priva di ogni capacità di mantenere se stessa nell'esistenza da un istante all ' altro 23 • L' immaterialità dell' anima, che ne implicava l 'immortalità, era una conseguenza del suo dualismo, e in quanto tale era non me no essenziale alla sua intera filosofia di quanto lo fosse l 'esistenza di Dio . Può forse sembrare che io voglia giungere alla conclusione che il rapporto di Descartes con il cristianesimo fosse pressoché iden tico a quello di Keplero - semmai, meno turgido di cambiamento, dacché Descartes non mise mai in questione la confessione cri stiana nella quale era stato allevato. Le cose , tuttavia, non stava no così. Per come la vedo io, Descartes rappresentò un movimento ideale verso un ordine nuovo e differente ; e se egli mantenne sot to uno stretto controllo le conseguenze che egli stesso ne avrebbe tratto, ulteriori conclusioni implicite restavano a disposizione delle deduzioni delle generazioni a venire . 22
23
lvi, m , p. 23 . Cartesio, Meditazioni metafisiche, in Opere filosofiche, cit . ,
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n, p.
46 .
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Prendiamo in esame per prima cosa il procedimento di dub bio sistematico , e, assieme , le obiezioni mosse alle Meditazioni dal gesuita Bourdin (le obiezioni settime) 24• A uno sguardo superficia le , le eccezioni mosse da Bourdin erano viziose; esse concepiva no il dubbio sistematico come uno scetticismo perenne , laddove Descartes piuttosto intendeva tale dubbio come procedimento tem poraneo con il quale togliere di mezzo una volta per tutte lo scet ticismo . Nondimeno, dobbiamo chiederci se Bourdin avesse avuto qualche motivo per questo timore lampante . Il dubbio sistemati co non era un processo capace di auto-limitarsi; esso si era con cluso solamente nell ' attimo in cui Descartes riuscì a trovare una proposizione di cui non poteva più dubitare e, a partire da que sta, a rifondare una struttura gnoseologica. Lo stesso Descartes escluse il dominio della fede dal processo di indagine . Se mai è esistita una posizione di equilibrio precario , fu senz ' altro questa, ove tutti i temi di importanza minore venivano riesaminati men tre la questione riconosciuta come della massima importanza, e proprio per questo più bisognosa di un solido fondamento, resta va fuori dal discorso . Descartes poteva legittimare il proprio mo do di procedere ritenendo la rivelazione un dominio autonomo della conoscenza, dipendente immediatamente dal Dio della ve rità. Come aveva capito Bourdin , le verità di fede non potevano essere separate una volta per tutte dalla ricerca di dimostrazioni stringenti , una volta che tale ricerca avesse preso le mosse . La sola ragione naturale era capace di stabilire se una presunta rive lazione proviene davvero da Dio; dunque toccava alla ragione na turale anche spiegare quest 'ultima. Quelle che l' età precedente aveva accettato con prontezza quali verità sovrarazionali - le tre persone della Trinità, che non sono che un 'unica divinità, o l ' i postasi della natura umana e divina in Gesù Cristo - potevano a buon diritto apparire contrarie alla ragione in un 'età di dubbio sistematico . Direi che Bourdin aveva ragione nel temere che nes sun corpo di verità accettate potesse restare a lungo immune da un simile spirito indagatore . È possibile andare ancora oltre. Il nuovo punto di partenza nel-
2• Opere .filosofiche, cit. , zioni.
n, pp.
4 1 3-522 , con le note di Descartes alle obie
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l' ambito della filosofia naturale incarnata da Descartes aveva ri mosso il fondamento stesso su cui si basava con fermezza l 'unità kepleriana di cristianesimo e scienza. Descartes rifiutava il con ' cetto di un universo ordinato e prendeva l ' avvio, come aveva dichiarato in modo esplicito , da ccii più confuso e ingarbugliato caos che i poeti possano descrivere» per dimostrare come la necessità naturale, regolata dalle leggi del movimento , doveva produrre un mondo simile al nostro 25 • Nulla, forse, illustra meglio la diffe renza esistente tra i due uomini , della loro discussione sui fiocchi di neve . Keplero ricusava di credere che la forma esagonale del fiocco di neve , ccquesta figura ordinata» , potesse essere prodotta casualmente 26• Descartes chiariva invece come essa risultasse di necessità dalle gocce d ' acqua ravvicinate che congelavano assie me 27 • Il mondo cartesiano, che si estendeva indefinitamente in tutte le direzioni , privo di una propria struttura interna eccezion fatta per il modello ripetuto all 'infinito dei vortici (conseguenza necessaria, questi ultimi , del movimento in un pieno}, universo perennemente in movimento poiché i soli si raggrumavano e mo rivano, e i vortici sparivano, esigeva dunque di essere sostentato nell' essere e di venire regolato da Dio. D ' altro canto, esso non mostrava alcun segno di una pianificazione intelligente . Des cartes sosteneva che la conoscenza delle cause finali va ben oltre le capacità umane ; l' umanità non può comprendere gli scopi di vini 28• E , in effetti , l ' impossibilità di conoscere le cause finali aveva una radice più profonda; nel mondo cartesiano non esisto no cause finali. Allo stesso modo, non ci sono tracce di un Dio trino . La filo sofia cartesiana era teistica, in quanto esigeva l 'esistenza di Dio , ma è difficile trovarla specificamente cristiana in qualche senso . Il Dio di Descartes era il Dio dei filosofi, necessario per richia mare il mondo all ' essere e a mantenerlo tale ; non il Dio redento re dell 'umanità con il proprio sangue. Tutto il movente del pen siero cartesiano costituisce un 'esemplificazione della caratteristi25
Il Mondo, VI , in opere filosofiche, cit. , 1 , p . 1 45 . De nive sexangula, i n Gesammelte Werke, cit . , IV, p . 275. 27 Le meteore, i n René Descartes, Opere scientifiche, a cura di E. Lojacono, 2 voll . , Torino, Utet, 1 983 , II, pp. 434-443 . 28 Opere filosofiche, cit. , I I , p . 52. 26
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ca riscontrata da Hiibner in Keplero; ossia, egli dava forte rilie vo a Dio nell' aspetto di creatore , a spese del Dio redentore . Que sto movente aveva conseguenze nel campo della sua filosofia eti ca, e i teologi avevano qualche motivo per accusarlo di pelagia nesimo (la dottrina teologica secondo cui l 'uomo può giungere da solo alla salvazione , senza l ' aiuto della grazia divina) 29• Se Dio non si rivelava a Descartes nella struttura ordinata del l 'universo , si rivelava nella regolarità ordinata dei fenomeni, e da ciò poteva provenire un riconoscimento della legge naturale, ma non un sentimento di adorazione e stupore religioso . Questo sentimento di stupore ripugnava a Descartes; uno degli scopi della sua fùosofia naturale era l' abolizione dello stupore, tramite la chia rificazione della necessità fisica di tali presunte meraviglie: Per natura siamo più disposti - osservava Descartes nell' Introdu zione alle Meteore - ad ammirare le cose che son sopra di noi che quelle che si trovano alla nostra altezza o sotto di noi . Nonostante le nubi su perino appena le cime di qualche montagna e per quanto, anche spesso, se ne vedano alcune più basse delle guglie dei nostri campanili , tutta via, per il solo fatto che per guardarle bisogna volgere gli occhi al cielo, le immaginiamo tanto alte che persino i poeti e i pittori ne fan materia per costruire il trono di Dio e fingono che lassù Egli usi le sue mani per aprire e chiudere le porte dei venti, per versare la rugiada sui fiori e per scagliare folgori sulle rocce. Ciò mi fa sperare che , se riuscirò qui a spiegare la natura delle nubi in tal modo che non rimanga più nessun motivo di stupore né per quello che si vede né per ciò che ne consegue, si crederà facilmente che sia possibile, nello stesso modo, scoprire le cause di tutto quello che v'è di più ammirabile al di sopra della Terra 30• Le Meteore continuavano quindi con la spiegazione di tutti questi oggetti (nubi, venti, rugiada, fulmine e altre cose) , spiegazioni che richiedevano soltanto la necessità fisica - il tutto inteso, co me sosteneva Descartes nella conclusione, a rimuovere tutto ciò che costituisce «oggetto di stupore>> riguardo ai fenomeni cele sti 3 1 • Né Descartes muoveva obiezioni tanto allo stupore in sé ,
29 Cfr. le Obiezioni seconde e la risposta di Descartes nelle Meditazioni me tafisiche, in Opere filosofiche, cit . , n, pp . 1 1 5- 1 40. 3 0 Le meteore, discorso p ri m o, in Opere scientifiche, cit. , n , pp. 359-360. 31 lvi, p. 508 .
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quanto al concetto di Dio che tale stupore implicava. Il Dio car tesiano, il Dio dei filosofi, non si abbassava a produrre meravi glie da baraccone producendo una serie ininterrotta di meravi glie . Eternamente immutabile , Egli si rivelava, piuttosto, nelle leggi immutabili da Lui promulgate : Noi conosciamo anche che è una perfezione in Dio non solamente di essere immutabile nella sua natura, ma anche di agire in un modo che egli non cambia mai ; talmente che, oltre i cambiamenti che vedia mo nel mondo, e quelli cui crediamo, perché Dio li ha rivelati , e che sappiamo accadere od essere accaduti nella natura senza alcun cambia mento da parte del Creatore, non ne dobbiamo supporre altri nelle sue opere, per paura di attribuirgli incostanza 32 •
Ne Il Mondo, Descartes delineava con brevità il significato di una simile concezione di Dio ; come puntualizzava, si trattava di una supposizione che nel mondo così descritto ccDio non farà mai miracoli, e che le intelligenze o anime ragionevoli che in seguito potremo supporvi, non turberanno in nessun modo il corso ordi nario della natura» 33 • In effetti , il tema dei miracoli mostra che tutta la pretesa sot tomissione alla Chiesa non poteva trattenere Descartes dal mani polare , sotto sotto , il cristianesimo , per allinearlo ai dettati della filosofia naturale. A prima vista, il concetto stesso di miracolo , la persuasione che Dio non fosse stato in grado di creare il mon do secondo la propria volontà, urtava Descartes, e spesso egli si spingeva a dare spiegazioni naturalistiche dei presunti miracoli, cosa che ovviamente aveva, ai suoi occhi , l ' effetto di privarli del la loro miracolosità. Le meraviglie di cui le Meteore davano una spiegazione includevano eventi simili; Descartes ritraeva, ad esem pio , il modo in cui le esalazioni potevano venire compresse e ad densate all' interno della materia con la densità del sangue, del latte, del ferro , della pietra, o della materia in putrefazione che · genera gli insetti ; «leggiamo infatti spesso , tra i prodigi , di piog ge di ferro , di sangue, di locuste o di simili cose» 3.. . Se il cenno
32 Principi, II, 36, in Opere filosofiche, cit . , 33 Opere filosofiche, cit . , r , p . 1 54. 34 Opere scientifiche, ci t. , II, p . 457 .
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m, p.
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a Mosè non era stato abbastanza esplicito , Descartes aveva già spiegato che la manna era una sorta di esalazione 35• La spiega zione dell ' arcobaleno lo condusse ancora oltre ; egli espose come una fontana i cui olii fossero provvisti ciascuno di un potere di rifrazione diverso fosse capace di produrre arcobaleni di grandezze differenti, tanto che, fondendo questi ultimi in un'unica, grande fontana, diventava possibile riempire gran parte del cielo di co lore. Chiudendo allora certi getti, era possibile far sparire alcune parti dell' arcobaleno, fino a che le restanti porzioni non avessero preso «la forma di una croce, o di una colonna, o di qualsiasi al tro oggetto capace di destare meraviglia. Confesso perÒ» , conti nuava Descartes, «che sarebbe necessaria abilità e larghezza di mezzi per poter adattare queste fontane , e far sì che i liquidi si levino tanto in alto che queste figure possano essere viste da mol to lontano da una massa di gente senza che se ne scoprano gli artifici>> 36• C iò significava esporre un miracolo basilare del V ec chio Testamento e uno basilare nella formazione del cristianesi mo, come spettacoli allestiti deliberatamente per influenzare la massa. I filosofi, capaci di comprendere le argomentazioni meta fisiche, non sollecitavano un simile gioco di prestigio. Esistevano miracoli lasciati intatti da una spiegazione del genere? Restava intatto il miracolo maggiore di tutti, l 'incarnazione? Descartes non si pose mai questa domanda. Ma quanta strada poteva per correre nella direzione cartesiana il pensiero religioso , prima che qualcuno se la ponesse?
• ISAAC NEWTON: UN NEMICO DELL'IRRAZIONALITA In effetti, non passò molto tempo che qualcuno se la pose . Prima della fine del secolo , un gran numero di persone aveva iniziato a mettere in dubbio la divinità di Gesù Cristo, e tra di loro lsaac Newton ( 1 642- 1 727). Questa conclusione, tuttavia, non potreb35 lvi, n , p . 445 . Tanto per la manna quanto per i miracoli egiziani, Descartes si richiamava ai passi del commento conimbricense a Aristotele, benché il carattere di tale commento fosse assai differente dal suo. Cfr. E . Gilson, lndex scolastico-cartésien, Paris, Vrin, 1 9792 , pp. 1 66 , 234. 36 Opere scientifiche, cit . , n , p . 486.
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be essere tratta dalle opere edite di Newton, ove s1 mcontrano ben note espressioni di fede religiosa, meno frequenti di quelle di Keplero, ma non meno ardenti . > - e della punizione del l 'umanità da parte di Dio per avere prostituito se stessa ai falsi dei 45 • Newton non riprese il dubbio sistematico cartesiano; sono co munque pronto a interpretare il procedimento cartesiano come una versione particolare dell' esperienza dell' intero XVII secolo, quella che Basil Willey ha chiamato «il tocco di una filosofia fred da» 46• Una tradizione di filosofia naturale che era stata salda per duemila anni, era stata rifiutata, e una nuova tradizione era agli albori . Come ogni scienziato di quell'epoca, Newton era ben con scio di quel mutamento; egli stesso lo aveva ripetuto nella pro pria vita, rigettando l ' aristotelismo accademico per abbracciare la nuova filosofia meccanicistica. In Newton , benché non soltan to in lui , fu portato a compimento il passo in avanti che Des cartes aveva ricusato di fare . Nelle sue mani, la teologia cristiana avvertì il tocco di una filosofia fredda, e molto del suo materiale non riuscì a superare quell' esame. Non c'è dunque motivo di sorpresa nel fatto che le opinioni bibliche di Newton fossero sensibilmente differenti da quelle del la tradizione cristiana. Sebbene Newton accettasse l' idea di una
H The Corresporul.ence of lstlllC Newton, cit. , m, p. 108. 45 Yahuda MSS 1 . 4 , fol . 50, e 1 1 , fol . 7. Mi riferisco alla sua interpre tazione originaria, riscontrata in primo luogo in Yahuda MS 1 , e non all'o pera sconnessa che Newton vergò in vecchiaia, edita postuma. 46 «The Touch of Cold Philosophy» , in R . F . Jones et al. , The Sevent4enth Century, Stanford, Stanford Univ. Press, 1 95 1 , pp. 369-3 76.
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parola divina rivelata, ciò che egli intendeva come tale era ben diverso da ciò che avevano inteso i cristiani precedenti . Nelle Ori gines egli aveva descritto i libri storici vetero-testamentari quali annali della nazione ebraica, che non possedevano più verità ine renti delle consimili registrazioni degli Egiziani , dei Fenici e dei Caldei . In nessun passo Newton si accostava alla Scrittura come rivelazione di verità al di sopra della ragione umana verso la vita eterna. Né era probabile che egli, come ariano , mantenesse con cezioni del genere . Agli occhi 'newtoniani , il nucleo della Bibbia era costituito dalle profezie e la chiave ne era l 'Apocalisse: «Nes sun libro scritturate è tanto favorito e salvaguardato dalla prov videnza, quanto questo•• �7 • E quelle profezie non parlavano tan to dell ' amore redentore di Dio , ma del suo predominio sopra la storia umana. Per Newton, che aveva portato avanti l ' inclinazione presente in Keplero e Descartes, la natura era rivelazione di Dio al pari della Bibbia, e forse in misura maggiore; tale era parte del mes saggio delle Origines. I templi, simili a quelli di Vesta, ove Noè e i suoi figli officiavano i loro riti , pritanei al cui centro stavano fuochi, erano i simboli dell ' universo : «Costoro ritenevano che i cieli nella loro inteiezza fossero il vero e genuino tempio di Dio , e perciò perché un pritaneo potesse meritare il nome di tempio di Lui , lo disponevano in un certo modo affinché potesse rappre sentare, nella maniera più acconcia, l 'intero sistema dei cieli . Que sta è una posizione religiosa di cui nulla può essere più raziona le» � . Va notato en passant che l 'universo raffigurato dal tempio era eliocentrico; la vera religione era accompagnata dalla vera fi losofia, prima della corruzione . Uno scopo della vera religione era incoraggiare l ' umanità, per il tramite della struttura del tem pio, allo studio della natura «quale genuino tempio del gran Dio che costoro adoravano•• , «Così che allora la prima religione era la più razionale di tutte , fino a che le nazioni la corruppero, dal momento che non c'è modo ( al di fuori della rivelazione) di giun gere alla conoscenza di una divinità, se non tramite l' architettu ra della natura» 49• Al di sopra di questo rigo , Newton aggiun47 Yahuda MS 7 ,2i, fol. 4. 48 Yahuda MS 4 1 , fol . 6 . 4 9 lvi , fol . 7 .
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geva tra parentesi l 'espressione «al di fuori della rivelazione» co me un ripensamento. Allorché confrontiamo la concezione newtoniana della natura con quella di Descartes, Newton pare avere fatto un passo indie tro rispetto alla franca asserzione cartesiana secondo cui ogni en te presente nel mondo naturale è stato foggiato dall 'attività ne cessaria di leggi impersonali. In effetti , uno dei punti di svolta decisivi nella carriera di Newton era stata la conclusione che la filosofia naturale cartesiana, in cui il mondo materiale era auto nomo , fosse un ricettacolo di ateismo. Egli aveva rifiutato di per seguire una filosofia che incarnava il dominio dello spirito 50 • Agli occhi di Newton la natura dimostrava indubbi segni di pro g�ttualità a monte. Perciò egli accettava l' esistenza di cause fina li e riteneva che esse offrissero l ' argomentazione migliore per l ' e sistenza di Dio . Inoltre, egli reputava che Dio continuasse la pro pria attività nella creazione . Per tutti questi motivi, la concezione newtoniana della natura continua a sembrarmi molto simile a quella di Descartes per quanto riguarda il predominio della legge naturale. Gottfried Leibniz ( 1 646- 1 7 1 6) si arrestò alla bizzarra nozione avanzata da Newton di un riaggiustamento periodico operato da Dio e lo innalzò al ridicolo ; seguendo Leibniz , gli storici hanno dato a questo con cetto un rilievo oltre misura, non essendo quest ' ultimo di valore essenziale nel pensiero di Newton . L'immanenza di Dio rispetto alla natura aveva prevalentemente a che fare con la difesa della legge. Newton non reputava che l'attrazione gravitazionale uni versale di tutti i corpi , la forza con cui nei Principia spiegava il funzionamento del sistema dei cieli, fosse una facoltà inerente al la materia. Il senso della sua concezione del mondo come senso rium Dei era il fatto che il Creatore fosse «l ' agente che opera in modo costante in accordo a determinate leggi» (come egli ebbe a dire a Richard Bentley), e che fa muovere i corpi in modo tale che essi si attraggano l 'un l ' altro 5 1 • Il libro 1 dei Principia con teneva implicitamente un 'argomentazione dell'esistenza di Dio 5° Cfr. De gravitatione et equipondio jluit.l.o rum, composto verso la fine degli anni sessanta, in Unpublished Scientific Papers of lsaac Newton, cit. , pp . 90- 1 2 1 . 51 Lettera a Bentley del 2 5 febbraio 1 693, in The Comspondence of lsaac Newton , cit. , m , pp. 253-254.
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nella dimostrazione del fatto che soltanto la legge dell ' attrazione secondo l ' inverso del quadrato - leggc5"la cui esistenza sarebbe stata dimostrata empiricamente nel libro III è compatibile con un universo razionalmente ordinato . Ancora una volta si tratta va di un' argomentazione volta a identificare Dio con la legge na turale. Il Dio newtoniano era il Dio pantocrator dello Scolio gene rale , il cui potere si estende su tutto ciò che esiste , e che parimen ti si rivela nella storia, non attraverso la sua premurosa provvi denza, ma tramite un potere analogo sul corso degli eventi. Ben presto, David Hume avrebbe messo in risalto come non sia pos sibile ascrivere alcuna caratteristica a un Dio dedotto dalla natu ra, escluse quelle qualità dalle quali se ne deduce l' esistenza. Il Dio newtoniano non era dedotto unicamente a partire dalla na tura; mi pare, nondimeno, che Egli fosse in primo luogo una proie zione metafisica della creazione. Non può esservi dubbio che New ton Lo ammettesse e Lo venerasse con profonda emozione . Pur tuttavia, Egli aveva perso molte delle qualità del Dio redentore della tradizione cristiana. «Non c'è nulla che io brami di scoprire e di conoscere con più urgenza di questa cosa» scriveva Keplero in una lettera del 1 6 1 3 , «di sapere se per caso io possa qtrovare Dio , che quando io contemplo l 'universo quasi mi pare di poter toccare con mano, anche all' interno di me stesso>> 52 • Anche Newton trovò Dio nell 'universo in modo analogo , senza cercarlo altrove . -
• CONCLUSIONE Passando in rassegna gli sviluppi del pensiero religioso da Keple ro fino a Newton , attraverso Descartes , mi pare che tali sviluppi siano stati, in un certo senso , inevitabili . Non che io voglia dire che le concezioni di questi tre uomini fossero le sole risposte pos sibili alla genesi della scienza; piuttosto, ho in mente alcuni pro blemi , problemi che paiono necessariamente connessi a propen sioni generali inseparabili dalla scienza moderna. Nessuno era oh-
52 Lettera a un nobile sconosciuto del 23 ottobre 1 6 1 3 , in Gesammelte Wn-ke, cit . , xv11 , p . 80 .
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bligato a rispondere a tali problemi in una sola, identica manie ra, e neppure ad ammettere che problemi del genere erano stati posti, e tuttavia la cultura nella sua totalità non poteva evitarli. Keplero , Descartes e Newton erano geni di statura enorme, e ca paci, in quanto tali, di trovarsi all' avanguardia, indagando pro blemi che divennero evidenti alla coscienza pubblica solo in epo ca posteriore. Poiché le generazioni seguenti e penmo l'intero corso a venire della civiltà occidentale testimoniano che erano in que stione gli stessi identici problemi, c'è qualche motivo di ritenere inevitabili quegli sviluppi . La nuova fùosofia naturale ritrovava prove dell'esistenza di Dio nella natura. Pure , Keplero, benché vi scoprisse la Trinità, non poté ritrovarvi anche la redenzione . In modo inevitabile , i filoso fi naturali concentrarono la loro attenzione su ciò che la filosofia naturale soltanto poteva rivelare , Dio creatore, e fecero ciò in mi sura tanto maggiore quanto più progrediva la rivoluzione scien tifica. In modo altrettanto inevitabile, una volta avvenuta la spinta della nuova concezione della natura, essi ritrovarono un Dio che rivelava se stesso nelle leggi immutabili, e non nella cura premu rosa della provvidenza personale o nei miracoli. Il razionalismo, che indagava i fondamenti dell' assenso religioso, era un aspetto necessario di un movimento filosofico basato sulla negazione di una tradizione antica quanto l 'uomo occidentale ; un razionali smo simile era diretto , in ultima analisi, a mettere in discussione convinzioni del cristianesimo che un tempo erano ritenute al di sopra della ragione . La filosofia naturale , ovviamente , non deve avere nulla a che fare con Dio , almeno nella nostra epoca; ma, dacché la rivoluzione scientifica avvenne in una società domina ta da inquietudini religiose, non poté evitare di affrontare conte nuti simili . Il suo effetto preciso fu di porre in questione quegli aspetti del cristianesimo che lo differenziavano dal teismo . Fu la sciato a un 'età a venire, erede della stessa fonte intellettuale , il compito di porre in questione anche il teismo . Non che io voglia sostenere qui che la rivoluzione scientifica abbia logicamente im plicato il declino in primo luogo del cristianesimo, poi della reli gione in generale. Mentre c'è qualcuno che vorrebbe afferma re questa tesi, io sono ben lungi dal trovarla indubbia. Mi pa re che la rivoluzione scientifica abbia sollevato alcune sfide ad aspetti fondamentali del cristianesimo tradizionale, e che sfide si285
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mili sorgessero in modo inevitabile dalla natura stessa di tale ri voluzione. Come ho fatto cenno all' inizio, la rivoluzione scientifica non fu un avvenimento isolato. Molti altri mutamenti nella civiltà oc cidentale , ivi compresi altri mutamenti nei suoi modelli intellet tuali , erano al contempo all ' opera per indebolire la posizione di predominio del cristianesimo. Nondimeno, fu l'ascesa della scienza moderna che affrontò il cristianesimo sul terreno più delicato , la pretesa di quest ' ultimo di spiegare la natura del reale . Nel corso del XVII secolo , agli occhi dei maggiori pensatori, il mondo in cantato della Chiesa medievale si era dissolto del tutto . I pensa tori più coscienziosi non potevano ignorare questo fatto. Newton cercò di recuperare il cristianesimo, liberandolo dall'irrazionali tà. Non molti suoi contemporanei si spinsero tanto oltre . Nondi meno, quando Robert Boyle ( 1 62 7- 1 69 1 ) , dopo aver trascorso una vita a confutare l ' ateismo , lasciò per testamento parte dei suoi beni allo scopo di offrire una serie di conferenze tese a nuove con futazioni, attest.ò che la sua valutazione della situazione non era poi molto lontana da quella di Newton . Due secoli e mezzo più tardi, si potrebbe pensare che nessuno dei due uomini abbia va lutato appieno il mutamento che allora era in atto . Tra i princi pali effetti della nascita della scienza moderna si può annoverare il tramonto definitivo , per l 'uomo occidentale, dell 'età della fede indiscussa.
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GUIDA A ULTERIORI LETTURE
La seguente bibliografia, benché lungi dall'essere esaustiva, offre un sag gio della produzione storica su scienza e cristianesimo apparsa in lingua inglese e maggiormente autorevole , pregevole e significativa. I testi so no raggruppati per classi .
• ARGOMENTO GENERALE Barbour, Ian G . , Issues in Science and Religion , Englewood Cliffs (N.J . ) , Prentice Hall, 1 966 . I l primo terzo d i questo libro, redatto d a u n fisi co e teologo , passa in rassegna le relazioni tra scienza e religione a partire dal xvii secolo . Dillenberger, John , Protestant Thought and Natura[ Science: A Historical ln terpretation, Garden City (N.Y . ) , Doubleday, 1 960 . Dillenberger ri tiene l' interpretazione della natura e della Scrittura e l 'autorità del l' una sull ' altra come «il problema fondamentale» . Draper, John W . , History of the Conjlict hetween Religion and Science, New York, Appleton , 1 874. Un'influente polemica contro la Chiesa cat tolica di Roma. Feuer, Lewis, The Scientific /ntellettual: The Psychological and Sociological Ori gins ofModern Science, New York, Basic Books, 1 963 . Un tentativo au dace ma insufficiente di ritrarre la scienza quale prodotto dell' etica edonistico-libertaria.
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GUIDA A ULTERIORI LETTURE
Jaki , Stanley, The Road oJ Science and the Ways to God, Chicago , Univ. of Chicago Press, 1 978 [trad . it . La strada della scienza e le vie verso Dio, Milano, Jaca Book, 1 988) . Un sacerdote e scienziato sostiene, in modo non troppo convincente , che ccla fede nella creazione e nel Creatore [ . . . ] formò lo sfondo da cui sorse la scienza» . Koesùer, Arthur, The Sleepwalkers: A History oJ Man 's Changing Vision of the Universe, New York , MacMillan , 1 959 [trad. it . I sonnambuli. Sag gio sulla storia delle concezioni dell 'universo, Milano, Jaca Book , 1 982] . Uno studio godibile, ancorché idiosincratico e inaffidabile , sull' in terrelazione tra teologia e fisica dall ' antichità alla fine del x v n seco lo, allorché esse divisero le loro strade , «non nell 'ira ma nella pena» . Moore , James R. , «Historians and Historiography» , in Id . , The Post Darwinian Controversies: A Study ojthe Protestant Struggle to Come to Terms with Darwin in Great Britain and America, 1870-1900, Cambridge, Cam bridge Univ. Press, 1 979, parte 1. Un brillante saggio storiografico di cento pagine che ripercorre la vita della metafora bellica e ne rav visa le mancanze . Numbers, Ronald L . , «Science and Religion» , Osiris, l , 1 985 , pp. 59-80. Un panorama storiografico su scienza e religione in America. Raven, Charles E . , Natura[ Religion and Christian Theology, 2 voli. , Cam bridge, Cambridge Univ. Press, 1952-53 . Raven ritiene che sia pre valsa una relazione tutto sommato armoniosa fino al XIX secolo, quando in campo geologico e biologico esplose il conflitto . Rudwick, Martin ] . S . , «Senses of the Natural World and Senses of God: Another Look at the Historical Relation of Science and Religion» , in A . R . Peacocke (ed . ) , The Sciences and Theology in the Twentieth Cen tury, Notre Dame, Univ . of Notre Dame Press, 1 98 1 , pp. 2 4 1 -26 1 . Prende in esame l' applicabilità del «programma forte» nella sociolo gia della scienza per la comprensione delle relazioni storiche tra scienza e religione. Russell , C .A . (ed . ) , &ience and Religious Beli�/: A Selection of Recent Histor ical Studies, London , Univ. of London Press, 1 97 3 . Un' utile silloge di saggi , che coprono il periodo di tempo che va da Copernico a Dar . wm . White, Andrew D . , A History oJ the Waifare oJ &ience with Theology in Chris tendom, 2 voli . , New York, Appleton , 1 896 [trad. it . Storia della lotta della scienza con la teologia nella Cristianità, Torino, Unione Tipografico editrice, 1 902) . L'esposizione classica della tesi bellica .
• ANTICHITÀ E MEDIOEVO Armstrong, A . H . (ed . ) , The Cambridge History oJ Later Greek and Early Medieval Philosophy, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 1 970. Q,..esta
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storia contiene alcuni studi di livello eccellente sui Padri della Chiesa e sulla filosofia nell 'età patristica. Armstrong, A. H . , Markus, R.A. , Christian Faith and GreeJc Philosophy, Lon don , Darton , Longman and Todd, 1 960. Uno studio poco noto ma di grande pregio sui primi atteggiamenti cristiani verso la natura. Chenu M . -D. , Nature, Man and Society in the Tweljth Century: Essays on New Theological Perspectives in the Latin West, Chicago , Univ. of Chicago Press, 1 968 [trad . it. La teologia nel Medioevo. La teologia nel Xli secolo, Milano, J aca Book, 1 972] . Una stimolante messa a punto della rela zione tra la teologia e gli altri settori della cultura del XII secolo, ivi compresa la filosofia naturale . Cochrane, Charles N . , Christianity and Classica[ Culture: A Study of Thought and Actionfrom A ugustus to A ugustine, Oxford , Clarendon Press, 1 940 [trad . i t. Cristianesimo e cultura classica, Bologna, Il Mulino, 1 969] . Esa mina in modo brillante l 'influsso del cristianesimo sul mondo greco romano . Gilson , Etienne , Reason and Revelation in the Middle Ages, New York, Charles Scribner' s Sons , 1 93 8. Un ragguaglio datato e un po' sem plicistico, ma utile e lucido. Grant , Edward, ccThe Condemnation of 1 2 7 7 , God ' s Absolute Power and Physical Thought in the Late Middle Ages» , Viator, 1 0 , 1 979, pp. 2 1 1 -244. Prende in esame un punto fondamentale di incontro tra teologia e filosofia naturale . Grant, Edward , Much Ado about Nothing: Theories ofSpace and Vacuumfrom the Middle Ages to the Scientific Rt!Volution, Cambridge , Cambridge Univ . Press, 1 98 1 . Colloca i concetti di spazio e di vuoto all ' interno di un contesto teologico. Grant , Robert , Miracle and Natural Law in Graeco-Ro'!,'fln and Early Chris tian Thought, Amsterdam, North Holland, 1 95 2 . E ancora il solo stu dio monografico sulla scienza e la Chiesa delle origini . Hooykaas, Reijer, ccScience and Theology in the Middle Ages», Free Uni versity ofAmsterdam Quarterly, 3 , 1 954, pp. 7 7- 1 63 . Giunge alla conclu sione che la teologia medievale non costituì un ostacolo per lo svilup po della scienza. Laistner , M . L . W . , Christianity and Pagan Culture in the Later Roman Em pire, Ithaca ( N . Y . ) , Cornell Univ . Press, 1 95 1 . Espone il declino del la cultura pagana e lo sviluppo di un sistema educativo cristiano . Lindberg, David C . (ed . ) , &ience in the Middle Ages, Chicago, Univ. of Chicago Press, 1 978. Fornisce un'ampia panoramica sulla scienza nel l'Occidente cristiano . McEvoy, James, The Philosophy of Robert Grosseteste, Oxford, Clarendon Press, 1 982 . Una disamina magistrale dell 'interazione di scienza e teologia in un filosofo medievale di capitale importanza. Murdoch, John E. , Edith D. Sylla (eds. ) , The Cultura[ Context ofMedieval Learning: Proceedings of the Firsl International Colloquium on Philosophy,
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Science and Theology in the Middle Ages, September 1973 («Boston Studies in the Philosophy of Science, vol. 26»), Dordrecht, Reidel, 1975, Com prende alcuni saggi eccellenti sulla teologia e la filosofia naturale. Olson, Richard , Science Deified and Science Dejied: The Historical Significan ce of &ience in Western Culture .from the Bronze Age to the Beginnings of the Motkm Era, ca. 3500 B. C. to A . D. 1460, Berkeley, Los Angeles and London, Univ. of C alifornia Press, 1 982 . Un'esposizione acuta del la relazione tra scienza e religione. Pieper, Josef, Scholasticism: Personalities and Problems of Medieval Philo sophy, New York , Pantheon, 1 960. Un'introduzione alla Scolastica medievale . Steneck, Nicholas H . , &ience and Creation in the Middle Ages: Henry of Lan genstein (d. 1397) on Genesis, Notre Dame (lnd . ) , Univ. of Notre Da me Press, 1 976. Ricerca sopra un tipico filosofo naturale cristiano del Medioevo. Walsh, James, The Popes and Science: The History of the Papal Relations to &ience during the Middle Ages and Down to Our Own Time, New York, Fordham Univ. Press, 1 908. Replica all'esposizione di White della presunta opposizione cattolica all a scienza, in particolar modo nel Me dioevo e in campo biomedico. White, Lynn, Machina ex Deo:. Essays in the Dynamism of Western Culture, Cambridge, MIT Press, 1 968. Comprende il saggio, controverso ma autorevole, «The H istorical Roots of our Ecological C risis» , che af fibbia la colpa al cristianesimo.
• LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA Allen, Don Cameron The Legend of Noah: Renaissance Rationalism in Art, &ience and Letters, Illinois Studies in Language and Literature, 33 voli. , Urbana, Univ. of Illinois Press, 1 949 . Si concentra sugli sforzi sei settecenteschi per dimostrare l'effettività del diluvio universale. Burtt , Edwin A . , The Metaphysical Foundations of Modern Physical Science, New York, Harcourt, Brace and Co. , 1 9 3 2 . Indagine classica- delle radici metafisiche (ivi comprese quelle teologiche) della scienza mo derna. Dick, Steven J . , Plurality of Worlds: The Origins of the Extraterrestrial Life Debatefrom Democritus to Kant, C ambridge, Cambridge Univ. Press, 1 98 2 . Dimostra il modo in cui il concetto di altri mondi passò dall 'e resia all 'ortodossia nel pensiero occidentale. Hall, Rupert A. , «Merton Revisited , or Science and Society in the Sev enteenth Century», History oj &ience, 2 , 1 963 , pp. 1 - 1 6 . Una refuta zione della tesi di Merton, e un attacco alla spiegazione sociologica del progresso scientifico.
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Hannaway, Owen, The Chemists and the Word: The Didactic Origins of Chem istry, Baltimore, J ohns Hopkins U niv. Press, 1 97 5 . Prende in esame il ruolo giocato dalla religione nell' emergere della chimica quale di sciplina a se stante . Hobart, Michael E . , Science and Religion in the Tlwught ojNicolas Malebranche, Chapel Hill, Univ. of North C arolina Press, 1 982. Un' analisi dello sforzo di Malebranche di trovare una sintesi di scienza cartesiana e teologia cattolica. Hodgen, Margaret T. , Early Anthropology in the Sixteenth and Seventeenth Cen tury, Philadelphia, Univ . of Pennsylvania Press, 1 964. Pone in rilie vo il contesto biblico in cui ebbero luogo le discussioni sulla storia umana. Hooykaas, Reijer, Religion and the Rise of Modern Science, Grand Rapids (Mi . ) , W m. B. Eerdmans, 1 972 [ trad . it . parziale uLa riforma prote stante e la scienza,, Comunità, xxvm , 1 73 , 1 974, pp. 1 1 5- 1 59] . Di in tonazione apologetica, questo saggio breve sostiene che la scienza mo derna è stata un prodotto della Weltanschauung biblica, in particolar modo del puritanesimo calvinista. J acob , J ames R. , Robert Boyle and the English Revolution, New York, Burt Franklin , 1 9 7 7 . Colloca la sintesi di scienza e religione operata da Boyle nel contesto della rivoluzione inglese . Klaareen , Eugene M . , Religious Origins of MC'dern Science, Grand Rapids (Mi . ) , Wm. B. Eerdmans, 1 9 7 7 . Impiegando Boyle come figura ti pica, l' autore cerca di dimostrare che la teologia creazionista fu fon damentale per il sorgere della scienza moderna. Kocher, Paul H . , Science and Religion in Elizabethan England, San Marino (Ca.), Huntington Library, 1 953 . Ricerca le aree di armonia e quel le di tensione, concentrandosi sulla relazione tra spirito e materia. Koyré , Alexandre, From the Closed World to the Infinite Universe, Baltimo re, Johns Hopkins Univ . Press, 1 95 7 [trad. it. Dal mondo chiuso all'u niverso infinito, Milano, Feltrinelli, 1 970] . In quest' opera egregia la teologia è tenuta ovunque presente. Kubrin, David uNewton and the Cyclical Cosmos: Providence and the Mechanical Philosophy , Journal of the History oj ld.eas, 28, 1 96 7 , pp . 325-346 . Dimostra che la concezione newtoniana del mondo, in pri vato se non in pubblico, non fu statica. Langford, J erome J . , Galileo, Science and the Church, Ann Arbor, Univ. of Michigan Press, 1 97 1 . Un ' introduzione alla condanna galileiana, che cerca di stemperare lo stereotipo di Galileo quale vittima dell 'in giustizia e della povertà di spirito. Manuel, Frank E. , The Religion oj Isaac Newton, Oxford, Clarendon Press, 1 974. Afferma che il credo religioso newtoniano fu , in primo luogo, storico e scritturale, e non metafisico. Merton , Robert K. , uScience, Technology and Society in Seventeenth Century England» , Osiris, 4 , 1 938, pp. 360-632 [trad . it. Scienza, tec..
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nologia e società nell'Inghilterra del XVII secolo, Milano, Angeli, 1 975) . Nu merose ristampe: l'esposizione classica della tesi della stretta relazio ne tra il puritanesimo e la nascita della scienza moderna. Morgan , John, «Puritanism and Science : A Reinterpretation» , The His toricaljoumal, 2 2 1 1 979, pp. 535-560. Una disamina sottile degli at teggiamenti puritani nei confronti della ragione durante il periodo precedente alla rivoluzione . Pedersen, Olaf, «Galileo and the Council of Trent : The Galileo Affair Revisited», ]oumal.for the History ofAstronomy, 1 4 , 1 983, pp. 1 -29. Un'e sposizione sintetica, che mette in rilievo i temi teologici . Popkin, Richard H . , The History of Scepticism from Erasmus to Descartes, New York, Humanities Press, 1 964. Svolge la relazione di «fideismo» e «scetticismo•• , e del loro influsso sulla scienza. Redwood, John, Reason, Ridicule and Religion: The Age of Enlightenment in England, 1660-1750, Cambridge (Ma.), Harvard Univ. Press, 1976. Di scute l'influenza della scienza sul mutamento delle credenze religiose. Santillana, Giorgio de, The Crime of Galileo, Chicago, U niv. of Chicago Press, 1 955 [trad . it . Processo a Galileo, Milano, Mondadori , 1 960) . Concepisce la condanna di Galileo come un risultato della confusione e delle macchinazioni all'interno di una porzione della Chiesa cattolica. Shapiro, Barbara J . , Prohahility and Certainty in Seventeenth Century England: A Study of the Relationships hetween Natura[ Science, Religion, History, Law and Literature, Princeton , Princeton Univ. Press, 1 983 . Tanto nella scienza quanto nella religione, la ricerca della certezza ha dato adito all'approvazione di una conoscenza probabile. Thomas, Keith, Religion and the Decline ofMagie, New York, Charles Scrib ner's Sons, 1 9 7 1 [trad. it. La religione e il declino della magia, Milano, Mondadori , 1 985). Una citatissima storia della magia e della strego neria nei secoli XVI e XVII , che indaga l' influsso della Riforma sulle credenze e sulle pratiche relative al sovrannaturale. Webster, Charles, From Paracelsus to Newton: Magie and the Making ofMod em Science, C ambridge, C ambridge Univ. Press, 1 982 [trad. it. Ma gia e scienza da Paracelso a Newton, Bologna, Il Mulino, 1 984] . Suggeri sce che le questioni scientifiche e religiose continuarono a rimanere inseparabili durante la rivoluzione scientifica. Webster, Charles, The Great lnstauration: Science Medicine and Rejorm 1626-1660, London, Duckworth, 1 97 5 [trad. it. ridotta di circa 1 00 pagine La grande instaurazione. Scienza e riforma sociale nella rivoluzione pu ritana, Milano, Feltrinelli , 1 980) . Una ricerca minuziosa sull ' influs so del millenarismo puritano sulla scienza inglese , con un particolare rilievo ai risultati pratici. Westfall , Richard S . , Science and Religion in Seventeenth Century England, New Haven, Yale Univ. Press, 1 958. Una lucida rassegna dei pareri significativi per le relazioni tra scienza e cristianesimo, dati dai «vir tuosi» della scienza.
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Westman , Robert S . ,