Vulvodinia
Alessandra Graziottin • Filippo Murina
Vulvodinia Strategie di diagnosi e cura
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Prof.ssa Alessandra Graziottin Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano Professore ac., Università di Firenze Presidente della Fondazione Alessandra Graziottin per la cura del dolore nella donna
Dott. Filippo Murina Primo referente Servizio di Patologia Vulvare Ospedale V. Buzzi Università di Milano Direttore scientifico Associazione Italiana Vulvodinia
Gli Autori desiderano ringraziare la Fondazione Alessandra Graziottin per aver contribuito alla realizzazione di questo volume, a testimonianza del costante impegno sul fronte della formazione dei Medici in ambito di diagnosi e terapia del dolore.
ISBN 978-88-470-1898-3
e-ISBN 978-88-470-1819-0
DOI 10.1007/978-88-470-1819-0 © Springer-Verlag Italia 2011 Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore, e la sua riproduzione è ammessa solo ed esclusivamente nei limiti stabiliti dalla stessa. Le fotocopie per uso personale possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni per uso non personale e/o oltre il limite del 15% potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail
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Prefazione Perché un libro sulla vulvodinia?
Perché un libro sulla vulvodinia? Perché molte donne soffrono di un problema intimo e grave: il dolore vulvare cronico, noto in termini medici come “vulvodinia”. La vulvodinia colpisce il 12-15% delle donne: si tratta quindi di un disturbo diffuso, che ogni medico di famiglia, ogni ginecologo può osservare nella propria pratica clinica quotidiana. Una seconda buona ragione per scrivere e leggere questo libro è che la vulvodinia, pur essendo una patologia frequente, può rimanere non diagnosticata e non curata per anni. Questa forma di dolore è trascurata dalla maggior parte dei medici perché viene percepita come difficile da affrontare, oppure come “psicogena”, e quindi di competenza dello psicologo. Va invece affermato con chiarezza che questa è una lettura obsoleta della patologia: la vulvodinia è un disturbo con solidissime basi biologiche che ricadono nell’ambito della competenza medica. Terza ragione. Come ogni tipo di dolore, la vulvodinia può essere multifattoriale. E come in ogni altro ambito medico, la diagnosi richiede un ascolto attento dei sintomi riportati dalla donna, un’analisi accurata dei segni clinici che essa presenta, una conoscenza approfondita dei meccanismi fisiopatologici della malattia, e una particolare attenzione alle frequenti comorbilità – mediche e sessuali – a cui il dolore vulvare si può associare. A livello medico la vulvodinia può associarsi a sintomi vescicali (cistite post-coitale, sindrome della vescica dolorosa), endometriosi, sindrome del colon irritabile, fibromialgia, cefalea, per citare i più frequenti. Vulvodinia. Alessandra Graziottin, Filippo Murina © Springer-Verlag Italia 2011
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Prefazione
In ambito sessuale, il sintomo primario associato alla vulvodinia è il dolore coitale (dispareunia), che a sua volta può provocare perdita di desiderio, secchezza vaginale, difficoltà orgasmiche e insoddisfazione sessuale, con conseguenze potenzialmente anche molto serie sulla qualità della relazione di coppia. Il metodo clinico per affrontare il dolore, qualsiasi tipo di dolore, è ben noto a ogni medico: nel caso della vulvodinia, esso richiede solo di essere focalizzato sull’area vulvare, ma con un approccio improntato a particolare sensibilità e gentilezza. Perché? Perché la vulvodinia coinvolge la parte più segreta del corpo femminile: la vulva e l’introito della vagina. Apprendere l’arte di questo approccio è la quarta ragione per cui questo libro viene pubblicato. In positivo, curare la vulvodinia può essere estremamente gratificante, perché offre alle donne che ne sono affette la possibilità di tornare a uno stato di pieno benessere, a una vita intima soddisfacente e alla possibilità di vivere ancora l’amore con gioia e passione. La versione inglese del volume si intitola “Vulvodynia: tips and tricks”, un’espressione che significa all’incirca “Consigli sintetici e trucchi del mestiere”. Consigli e trucchi – in realtà strategie cliniche concise – che cercano di facilitare la diagnosi da parte dei medici realmente motivati ad aiutare le donne affette da dolore vulvare. La vita professionale dei medici di oggi è contraddistinta da impegni sempre più pressanti: abbiamo sempre meno tempo per aggiornarci e sempre più cose da fare, e sentiamo il bisogno di informazioni concise, che vadano rapidamente al cuore dei problemi clinici che ci troviamo ad affrontare. Ecco perché abbiamo accettato la sfida di scrivere un volume diverso dal solito, un volume, appunto, “tips and tricks”: per offrire ai Colleghi una sintesi facile da leggere e da consultare, che andasse velocemente al punto, capace di migliorare la loro capacità di formulare una diagnosi corretta e prescrivere un’efficace terapia di prima linea. In una parola, per rafforzare la capacità dei medici di affrontare con concisa competenza la vulvodinia e le comorbilità ad essa associate. Buona lettura! Milano, novembre 2010
Alessandra Graziottin e Filippo Murina
Gli Autori
Prof.ssa Alessandra Graziottin – Curriculum breve Alessandra Graziottin, medico, specialista in Ginecologia-Ostetricia e Oncologia, Psicoterapeuta in Sessuologia, è Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica dell’H. San Raffaele Resnati di Milano, e Professore a contratto all’Università di Firenze. Nel 2008 ha costituito la “Fondazione Alessandra Graziottin per la cura del dolore nella donna”, di cui è Presidente. Nel 2010 è stata eletta Co-Presidente dell’86° Congresso Nazionale della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), organizzato a Milano dal 14 al 17 novembre 2010. È Coordinatore dell’Area di Speciale Interesse “Dolore Pelvico” della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), vicepresidente della Società Italiana per la Psicosomatica in Ginecologia e Ostetricia (SIPGO), membro dell’European Working Group di FSDeducation.eu, che sviluppa materiale certificato ai fini ECM sui disturbi sessuali femminili. Fa parte dei Direttivi della International Society for Sexuality and Cancer (ISSC) e della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS). E’ stata Presidente della International Society for the Study of Women’s Sexual Health (ISSWSH), ed è Membro Onorario della Society of Obstetricians and Gynecologists of Canada (SOGC). Autore di oltre 970 relazioni scientifiche, ha pubblicato 14 libri scientifici e 5 divulgativi, oltre 70 capitoli di libri scientifici, 6 manuali educazionali per le donne e più di 310 articoli scientifici, di cui oltre 80 referati, su diversi aspetti della ginecologia e della sessuologia medica. Ha fatto parte del Scientific Programme Committee del XIX Congresso Mondiale di Ginecologia e Ostetricia, tenutosi dal 4 al 9 ottobre 2009 a Cape Town (South Africa). Si occupa con passione della salute e della qualità di vita della donna e della coppia in ambito clinico, didattico ed educazionale.
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Gli Autori
Dott. Filippo Murina – Curriculum breve Filippo Murina, medico, specialista in Ginecologia-Ostetricia, è Primo Referente del Servizio di Patologia Vulvare dell’Osp. V. Buzzi-Università di Milano. Nel 2006 ha ispirato la nascita in qualità di socio fondatore dell’Associazione Italiana Vulvodinia Onlus, della quale è attualmente Direttore Scientifico. È Componente del Comitato Direttivo della Società Italiana Interdisciplinare di Vulvologia (SIIV), Fellow dell’International Society of Vulvovaginal Disease (USA), Membro dell’European College for the Study of Vulval Diseases e Componente dell’Health Care Professional Referrals della National Vulvodynia Association (USA). È Consulente in qualità di Reviewer delle seguenti riviste scientifiche internazionali: European Journal of Obstetric & Ginecology and Reproductive Biology, American Journal of Obstetric and Gynecology, Journal of American Academy of Dermatology ed il Journal of Women’s Health. Autore di numerose relazioni a corsi e congressi e pubblicazioni scientifiche su riviste italiane ed internazionali,tra le quali il British Journal of Obstetrics and Gynecology. Ha pubblicato 6 libri scientifici in qualità di autore e coautore in ambito di patologia vulvare e di sindromi da dolore vulvare cronico.
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Letture consigliate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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2 Vulvodinia: che cos’è in realtà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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1 Epidemiologia del dolore vulvare e comorbilità sessuali
Caratteristiche del dolore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Impatto della vulvodinia sulla salute fisica e psicosessuale . . . . . . . . . 9 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Letture consigliate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 3 Vulvodinia e dispareunia: come affrontarle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Affrontare i problemi sessuali nel setting clinico . . . . . . . . . . . . . . . . . Vaginismo e dispareunia: in che modo possono contribuire alla vulvodinia? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Fisiopatologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Approccio clinico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . - Storia clinica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Consigli pratici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Letture consigliate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
16 19 20 23 23 26 27 27
4 Vulvodinia: che cosa dicono le donne? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 Letture consigliate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 5 Vulvodinia: che cosa la provoca. Fisiopatologia del dolore vulvare
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Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 IX
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Quanto è complessa la trasmissione del dolore vulvare all’interno del sistema nervoso centrale? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Che cosa accade nel dolore neuropatico, e perché si considera la vulvodinia come una sindrome da dolore neuropatico? . . . . . . . . . . Questioni aperte sull’eziopatogenesi della vulvodinia . . . . . . . . . . . . . - Che relazione c’è fra vestibolodinia e vulvodinia generalizzata? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Quale ruolo giocano le disfunzioni del pavimento pelvico? . . . . . . . . Quale ruolo hanno le alterazioni ormonali come potenziale causa di vulvodinia? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Quanto sono rilevanti i fattori psicosessuali nelle pazienti con vulvodinia? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Perché c’è una frequente associazione fra la vulvodinia e altre forme di dolore cronico? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Letture consigliate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
37 39 48 48 48 49 51 52 52
6 La vulvodinia e le sue comorbilità: come fare una diagnosi globale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 Storia medica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Esame fisico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Diagnosi per esclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Valutazione del pavimento pelvico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ispezione vaginale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Test . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Letture consigliate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
55 58 60 66 67 68 69 69
7 La vulvodinia: come curarla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 Riduzione dei fattori scatenanti e degli stimoli irritativi . . . . . . . . . . . Come ridurre il dolore della vulvodinia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Trattamento delle complicanze psicosessuali della sindrome dolorosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . E ora traduciamo la teoria in pratica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Letture consigliate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
73 77 86 87 90 91
Appendice - Il tessuto che cura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
Epidemiologia del dolore vulvare e comorbilità sessuali
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La vulvodinia non è un disturbo raro: secondo gli studi più recenti, il 15% della donne ne soffre nel corso della vita.
Negli Stati Uniti, il 15% delle donne soffre di dolore vulvare cronico, che può associarsi a vulvodinia, in un qualche momento della vita. Quattordici milioni di donne, prima o poi, soffrono di vulvodinia, e questo comporta 14 milioni di visite mediche ogni anno. Le ricerche epidemiologiche sulla distribuzione e le cause della vulvodinia hanno contribuito in misura decisiva a definire e comprendere l’importanza del problema.
La vulvodinia è stata descritta per la prima volta da I.G. Thomas, nel 1880, come un’iperestesia della vulva determinata da “un’eccessiva sensibilità delle fibre nervose deputate all’innervazione della mucosa vulvare in una parte ben precisa delle vulva stessa”.
La prevalenza della vulvodinia è, a nostro avviso, sottostimata per due motivi: – molti medici pensano che il problema sia di natura psicologica e, in ogni caso, lo considerano relativamente poco importante; – le donne sono riluttanti a parlare di sintomi che percepiscono come insoliti e con ogni probabilità originati “dalla loro testa”.
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Un sondaggio validato è stato recentemente somministrato a 5.000 donne fra i 18 e i 64 anni: 3.358 (67,16%) di esse hanno risposto. Dal sondaggio risulta che il 15,6% delle donne soffre di bruciore cronico, dolore acuto o a pugnalata, dolore al contatto (iperalgesia), per un periodo non inferiore ai tre mesi, in un qualche momento della vita (Harlow BL, et al., 2003).
Il fatto che la vulvodinia riceva oggi più attenzione dai medici e dai media spinge un numero maggiore di donne a cercare con determinazione una diagnosi accurata e una terapia efficace. Si comprende così come anche la prevalenza della patologia risulti in aumento: proprio perché le donne colpite riescono finalmente a dare un nome ai propri sintomi. Vanno allora dal medico con una diversa convinzione sulla verità del proprio dolore e la sua dignità di malattia. Uno studio condotto nel 2001 su un gruppo di donne di Boston, sostanzialmente in linea con la ricerca di Harlow e Stewart, indica che il 16% di loro sperimenta nel corso della vita sintomi riconducibili alla vulvodinia: bruciore cronico, dolore a pugnalata, dolore al contatto, localizzati nel basso tratto genitale e di durata non inferiore ai tre mesi. I sintomi sono riportati da donne bianche, afro-americane e ispaniche di ogni età. Circa il 40% di esse sceglie di non andare dal medico; delle restanti, il 60% consulta tre o più specialisti prima di ottenere una diagnosi corretta. L’incidenza dei sintomi è maggiore nelle giovani fra i 18 e i 25 anni, e minore dopo i 35.
In confronto ai controlli, le donne affette da dolore vulvare hanno una probabilità sette volte maggiore di incontrare difficoltà di inserimento, o provare dolore, la prima volta che usano il tampone. Dato di immediata rilevanza clinica: ogniqualvolta un’adolescente riferisca questa difficoltà, è indispensabile valutare se non esistano un ipertono del muscolo elevatore dell’ano, spesso in comorbilità con una stipsi ostruttiva presente fin dall’infanzia, e/o una più rara anomalia imenale (imene cribroso, fibroso, cercinato o setto). Fattori predisponenti al dolore coitale (dispareunia) e alla possibile evoluzione in vulvodinia, se non opportunamente corretti.
Nonostante i sintomi siano più frequenti durante l’età riproduttiva, dallo studio emerge che ne soffre anche circa il 4% delle donne fra i 45 e
1 Epidemiologia del dolore vulvare e comorbilità sessuali
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i 54 anni, e un altro 4% fra i 55 e i 64: nel 50% dei casi, il dolore limita o impedisce i rapporti sessuali.
Negli Stati Uniti, la dispareunia è riportata, in vario grado, dal 21% delle donne sessualmente attive, e dal 10,5% delle donne fra i 40 e gli 80 anni. In Europa, lamenta dolore coitale il 14% delle donne fra i 20 e i 70 anni. Il 10-15% delle donne soffre di vaginismo cronico lieve, che contribuisce a sua volta alla dispareunia cronica. Il vaginismo severo, ossia di gravità tale da impedire la penetrazione, compare nello 0,5-1% delle donne in età fertile: mancano però al riguardo stime più precise.
In confronto ai controlli, le donne affette da vulvodinia hanno una probabilità significativamente maggiore di soffrire di altre patologie croniche, come la sindrome della vescica dolorosa – cistite interstiziale (IC), la fibromialgia e la sindrome del colon irritabile. Si stima che il 51,4% delle donne con una diagnosi urologica di cistite interstiziale riceva anche una diagnosi di vulvodinia. Questa forte, evidente correlazione può essere dovuta a una comune eziologia fra le due patologie.
Embriologicamente, la vulva e la vescica derivano entrambe dal seno urogenitale e condividono le vie di innervazione del nervo pudendo (S2-S3-S4): i fattori neurogeni che determinano una sofferenza della vescica possono quindi produrre sintomi anche nella vulva, e viceversa. Accanto al possibile “cross-talk”, al dialogo incrociato tra fibre nervose viciniori, esistono altri fattori che aumentano il rischio di comorbilità: a) l’ipertono del muscolo elevatore, che per ragioni meccaniche predispone contemporaneamente alle cistiti ricorrenti e post-coitali, preludio alla sindrome della vescica dolorosa, al dolore introitale al rapporto (dispareunia superficiale o introitale) e alla stipsi ostruttiva; b) l’iperattività del mastocita, cellula infiammatoria circolante che aumenta di numero e attività nelle aree contigue – quali introito vaginale e uretra – quando coivolte da comuni fattori infiammatori.
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Box 1. Vulvodinia e comorbilità ●
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Il 50% delle pazienti con sindrome del colon irritabile soffre di sindrome della vescica dolorosa fino alla cistite interstiziale Il 38% delle pazienti con cistite interstiziale soffre di sindrome del colon irritabile Il 26% delle pazienti con cistite interstiziale soffre di vulvodinia Il 12-68% delle donne con sindrome del colon irritabile e cistite interstiziale manifesta sintomi riconducibili alla vulvodinia
Letture consigliate Arnold LD, Bachmann GA, Rosen R et al (2007) Assessment of vulvodynia symptoms in a sample of US women: a prevalence survey with a nested case control study. Am J Obstet Gynecol 196:128.e1-6 Graziottin A (2007) Prevalence and evaluation of sexual health problems – HSDD in Europe. J Sex Med 4 Suppl 3:211-219 Gunter J (2000) Is there an association between vulvodynia and interstitial cystitis? Obstet Gynecol 95:S4 Harlow BL, Stewart EG (2003) A population-based assessment of chronic unexplained vulvar pain: have we underestimated the prevalence of vulvodynia? J Am Med Womens Assoc 58:82-88 Kennedy CM, Nygaard IE, Bradley CS et al (2007) Bladder and bowel symptoms among women with vulvar disease: are they universal? J Reprod Med 52:1073-1078 Laumann EO, Paik A, Rosen RC (1999) Sexual dysfunction in the United States: prevalence and predictors. JAMA 10;281:537-544
Vulvodinia: che cos’è in realtà
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Il termine “vulvodinia” indica un dolore cronico localizzato nell’area vulvare e persistente da 3 a 6 mesi. Si tratta in realtà di un vocabolo che include un ampia varietà di condizioni cliniche vulvari, con differenti eziologie e fisiopatologie, ma tutte con un sintomo comune: un dolore cronico, continuo o intermittente, spontaneo o provocato, e invalidante.
Caratteristiche del dolore La vulvodinia può essere cronica, continua o intermittente, episodica (e spesso esacerbata in fase premestruale). Può non essere causata da alcun fattore noto (spontanea), o può manifestarsi in risposta a uno stimolo tattile (dolore provocato), inclusi un abbigliamento troppo stretto o la stimolazione fisica dell’area vulvare, in occasione del rapporto sessuale o della visita medica. Può essere generalizzata, ossia estesa a tutta l’area vulvare, o circoscritta all’area vestibolare (si parla allora di “vestibolite vulvare”, VVS), al clitoride (“clitoralgia”), alla mucosa periuretrale o a una porzione limitata della vulva (Fig. 2.1). Dal punto di vista clinico, un’accurata “mappa del dolore” consente di identificare con chiarezza la sede e l’intensità del dolore stesso, risultante dall’anamnesi e dalla valutazione dei sintomi che la donna riferisce durante l’esame pelvico. A tutt’oggi non c’è consenso sui termini da utilizzare per definire e classificare le condizioni soggiacenti il dolore. Tuttavia, alcune espressioni possono risultare di grande utilità nella pratica clinica. La vulvodinia, per esempio, può essere il solo sintomo che la donna lamenta (si parlerà allora di “vulvodinia isolata”), o manifestarsi in comorbilità con: Vulvodinia. Alessandra Graziottin, Filippo Murina © Springer-Verlag Italia 2011
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Clitoralgia
Vulvodinia generalizzata
Vestibolodinia (vestibolite vulvare)
Fig. 2.1 Terminologia descrittiva del dolore vulvare, a seconda della localizzazione del dolore
1. patologie mediche: infezioni vulvovaginali da Candida, distrofie e neoplasie vulvari, dermatiti da contatto, atrofia ipoestrogenica e ipoandrogenica, sindrome della vescica dolorosa, endometriosi, sindrome del colon irritabile, fibromialgia, cefalea, ansia, depressione. Fra gli altri disturbi medici che possono associarsi al dolore vulvare cronico vanno ricordate patologie neurologiche come la sindrome da intrappolamento del nervo pudendo e la sclerosi multipla, le mialgie (soprattutto del muscolo elevatore dell’ano) e i fattori iatrogeni, come il dolore secondario a interventi chirurgici (episiorrafia, emorroidectomia, colporrafia posteriore) o a radioterapia pelvica e perineale; 2. disturbi sessuali: il dolore coitale (“dispareunia”) è il disturbo più frequente, con perdita del desiderio, secchezza vaginale e anorgasmia, soprattutto durante il rapporto. Nei casi più gravi, il dolore può indurre evitamento sessuale.
2 Vulvodinia: che cos’è in realtà
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Tabella 2.1 Caratteristiche della vulvodinia Il dolore vulvare può essere: • Cronico/ininterrotto • Intermittente/episodico • •
Spontaneo Provocato
• •
Generalizzato Localizzato/limitato a: - area vestibolare (vestibolite vulvare) - clitoride (clitoralgia) - mucosa periuretrale - una porzione limitata della vulva
• •
Isolato In comorbilità con: patologie mediche: - vaginiti ricorrenti da Candida - sindrome della vescica dolorosa - sindrome del colon irritabile - endometriosi - fibromialgia - cefalea - ansia e depressione disturbi sessuali: - dispareunia introitale - perdita del desiderio - secchezza vaginale - anorgasmia coitale - evitamento sessuale
Definizioni Le definizioni di vulvodinia sono ampiamente mutate nel corso del tempo, a dimostrazione delle difficoltà incontrate dalla comunità scientifica nel comprendere e descrivere compiutamente la verità biologica e la fisiopatologia del dolore vulvare. Riconosciuta a livello ufficiale solo nel 1898, la patologia fu sostanzialmente dimenticata per più 80 anni, e riemerse nei testi di Ginecologia solo nel corso degli anni Ottanta del secolo scorso. La definizione messa a punto da Bachmann e coll. nel 2006 parla di “dolore cronico localizzato nella regione vulvare, perdurante da tre a sei mesi, senza cause definibili”.
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La più recente tassonomia messa a punto dalla International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD) (Haefner, 2003) suddivide le potenziali cause del dolore vulvare in quattro categorie: • • • •
infettive; infiammatorie; neoplastiche; neurologiche.
Secondo la ISSVD, per poter arrivare alla diagnosi di vulvodinia, intesa come “disagio vulvare, spesso descritto come dolore urente in assenza di rilevanti cause visibili o di uno specifico disturbo neurologico identificabile a livello clinico”, le varie condizioni che ricadono in queste categorie devono essere via via escluse. Per definizione, infatti, la vulvodinia non è causata da infezioni (candidiasi, herpes, ecc.), infiammazioni (lichen planus, pemfigoide benigno delle mucose, ecc.), neoplasie (malattia di Paget, carcinoma cellulare squamoso, ecc.), o da disturbi neurologici (nevralgia erpetica, compressione dei nervi spinali, ecc.). Sempre secondo la ISSVD, la classificazione della vulvodinia vera e propria si basa poi sull’area interessata dal dolore (generalizzata o localizzata) e sul fatto di essere provocata, spontanea o mista. La tassonomia risulta quindi essere la seguente: • Vulvodinia generalizzata – provocata (fattori sessuali, non sessuali, misti); – spontanea; – mista (sia provocata sia spontanea). • Vulvodinia localizzata – provocata (fattori sessuali, non sessuali, misti); - vestibulodinia provocata/vestibolite vulvare; – spontanea; – mista (sia provocata sia spontanea). Purtroppo queste definizioni inquadrano la vulvodinia come dolore vulvare “inspiegabile”, perdendo così di vista tutte le condizioni in cui il dolore ha una chiara eziologia. A nostro avviso, invece, il concetto di vulvodinia deve includere qualsiasi tipo di dolore vulvare: è responsabilità del medico effettuare una diagnosi differenziale fra le diverse cause biologiche del dolore, focalizzando la propria attenzione sulla fisiopatologia e l’istologia del tessuto vulvare.
2 Vulvodinia: che cos’è in realtà
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La vulvodinia può essere esacerbata da fattori psicobiologici (ansia, depressione, distress cronico) e psicosessuali (molestie, abusi fisici e sessuali) e da trigger sessuali come la penetrazione. Il dolore però ha pressoché sempre una causa biologica (la sola vera eccezione è costituita dal dolore da lutto): la causa può non essere immediatamente visibile a una prima sommaria analisi della vulva, ma può e deve diventarlo quando venga effettuato un esame medico obiettivo appropriato e competente, e/o quando i dati istologici rivelino con chiarezza la presenza di un’infiammazione: una condizione tipica della vestibolite vulvare.
Impatto della vulvodinia sulla salute fisica e psicosessuale La vulvodinia è un disturbo fortemente stressante, con importanti conseguenze a livello fisico, psicosessuale, interpersonale e sociale. • Aspetti biologici: oltre ad essere un serio problema medico in sé, la vulvodinia può innescare un processo algico ad ampio raggio che coinvolge tutta la regione pelvica, presentandosi come un vero e proprio segnale d’allerta generalizzato. Il processo infiammatorio cronico sotteso al dolore vulvare può infatti estendersi ad altri organi pelvici: la comorbilità più frequente, a questo proposito, è rappresentata dai sintomi vescicali (cistite post-coitale, sindrome della vescica dolorosa). Altre significative comorbilità riguardano, come abbiamo anticipato, l’endometriosi, il dolore pelvico cronico, la sindrome del colon irritabile, la fibromialgia, la sindrome da fatica cronica (“fatigue”), la coccigodinia, la cefalea e l’ansia/depressione. Evidenze – ancora da confermare pienamente – sembrano suggerire che la fisiopatologia di queste comorbilità presupponga: a) un processo infiammatorio cronico che coinvolge organi pelvici differenti. Il comune denominatore sembra essere l’iperattivazione del mastocita (vedi Figura 2.2, al termine del capitolo), vero “direttore d’orchestra” del processo infiammatorio, che produce e rilascia differenti molecole responsabili dell’infiammazione locale, dell’attivazione del sistema del dolore e della contrazione difensiva dei muscoli dell’area dolente. Il mastocita è una cellula mobile, che pattuglia tutto il corpo e in particolare le aree di “confine” come la mucosa vescicale e del colon, e l’area vestibolare: ciò può aiutare a capire le comorbilità fra organi e sistemi localizzati in punti diversi; b) il coinvolgimento dei nervi degli organi immediatamente vicini (per esempio, il nervo pudendo): il termine “dialogo incrociato” (cross-
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talk), già anticipato, esprime bene questo processo di condivisione dei segnali algici. • Aspetti psicosessuali: avere male in un’area “segreta” del corpo, la difficoltà di parlarne e la paura di essere giudicata dai medici come “una che il dolore se lo inventa”, può scatenare nella donna un profondo senso di solitudine, o la convinzione di essere “l’unica” a soffrire di un sintomo così imbarazzante e invalidante. La situazione può ulteriormente peggiorare se la donna, in passato, è stata molestata o abusata: il dolore può allora ricordarle ciò che ha sofferto e attraversato. Oppure può essere percepito come una punizione per desideri sessuali inappropriati, per aver praticato la masturbazione, o per avere vissuto una relazione adulterina. O, ancora, può associarsi a un disturbo post traumatico da stress. Poiché inoltre il dolore non voluto è il più forte inibitore del desiderio e dell’eccitazione mentale e fisica, la vulvodinia può associarsi – come abbiamo già sottolineato – a un progressivo impoverimento della risposta sessuale: con perdita del desiderio, secchezza vaginale, anorgasmia (specialmente coitale) e una crescente insoddisfazione, sino alla franca frustrazione nei riguardi dell’intimità. Il dolore cronico, di qualsiasi tipo, divora infine l’energia vitale, lasciando la donna indebolita, affaticata, priva di energie, di cattivo umore, impaurita, stressata, depressa, pessimista sino al catastrofismo: l’ombra della persona che era quando il dolore non aveva ancora devastato la sua vita. • Aspetti interpersonali e sociali: a) nella coppia: avere una donna che lamenta dolore cronico genitale è una sfida impegnativa anche per il partner più innamorato, e questo per una serie di motivi: 1. limita costantemente qualsiasi forma di intimità, sino all’evitamento sessuale; 2. focalizza il dialogo e la vita quotidiana sul dolore vulvare e i sintomi ad esso correlati; 3. irrita e provoca rabbia, aggressività, veri e propri abusi verbali e fisici quando il medico afferma che la donna “non ha niente, il dolore è tutto nella sua testa”, o che “il dolore se lo inventa”, o che “sta solo cercando di evitare i rapporti”; 4. determina costi crescenti: quantizzabili (per visite, esami, perdita di giorni lavorativi) e non quantizzabili (per lo spreco di tempo, i giorni neri, la depressione, la perdita di smalto e di serenità all’interno della relazione); b) in famiglia: quando la mamma sta male, i bambini se ne accorgono; inoltre ottengono meno attenzioni, tenerezza e cure, in misura direttamente proporzionale alla sofferenza della donna; c) al lavoro: le donne affette da vulvodinia perdono molti giorni di lavoro, fanno fatica a concentrarsi e persino a stare sedute per ore alla scrivania; molte sono costrette a chiedere un part time o a lasciare l’impiego, sentendosi relegate contro voglia al ruolo di “casalinga”.
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Conclusioni La vulvodinia è un disturbo diffuso e grave che va assolutamente diagnosticato e curato: – per ridurre la sofferenza nella donna, nella coppia e nella famiglia; – per scongiurare il progressivo peggioramento del disturbo stesso, con cronicità e comorbilità; – per ridurre i costi personali, familiari e sociali, quantizzabili e non; – per restituire una serena vita intima alla donna e alla coppia. La vulvodinia è una ben precisa entità medica, con un ampio spettro di eziologie e manifestazioni cliniche, che merita un approccio rigoroso, globale e multidisciplicare.
Fig. 2.2 Immagine del mastocita, cellula infiammatoria ubiquitaria densa di vescicole contenenti decine di mediatori chimici: citochine infiammatorie, vasodilatatori, prostaglandine, serotonina, fattori di crescita dei nervi, enzimi, tra cui triptasi, eparanasi, ecc. Il contenuto delle vescicole viene riversato nel tessuto in modo selettivo, in risposta a stimoli nocivi eterogenei, attivando i 5 correlati clinici dell’infiammazione secondo gli antichi medici (rubor, tumor, calor, dolor, functio laesa: rossore, gonfiore, calore, dolore, limitazione funzionale). Se il processo infiammatorio resta nei limiti fisiologici e la noxa è scomparsa o curata, si ha la guarigione con restitutio ad integrum, ossia con pieno recupero anatomico e funzionale. Se persistono le noxae patogene, se diagnosi e cura sono inadeguate e/o se esiste un’iper-reattività mastocitaria geneticamente modulata in risposta a diversi stimoli flogogeni, il mastocita può essere iperattivato, con viraggio verso l’infiammazione persistente e il dolore cronico, fino al dolore neuropatico. Più di 45.000 lavori scientifici, pubblicati negli ultimi 10 anni, attribuiscono al mastocita il ruolo di grande direttore dell’orchestra infiammatoria e protagonista cardinale nel viraggio del dolore da segnale di danno in corso (“nocicettivo”) a malattia in sé (“neuropatico”)
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Letture consigliate Bachmann G, Rosen R, Pinn V et al (2006) Vulvodynia: a state-of-the-art consensus on definitions, diagnosis and management. J Reprod Med 51: 447-456 Haefner HK (2007) Report of the International Society for the Study of Vulvovaginal Disease terminology and classification of vulvodynia. J Low Genit Tract Dis 11:48-49 Moyal-Barracco M, Lynch PJ (2004) 2003 ISSVD terminology and classification of vulvodynia: a historical perspective. J Reprod Med 49:772-777 Ren K, Dubner R (2010) Interactions between the immune and nervous system in pain. Nature Medicine, published online the 14th October 2010, pp 1-10
Vulvodinia e dispareunia: come affrontarle
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La vulvodinia (dolore vulvare) e la dispareunia (dolore ai rapporti) sono strettamente correlate, per motivi anatomici, funzionali, fisiopatologici, emotivi e relazionali. Le definizioni di dispareunia e di vaginismo (“disturbi sessuali con dolore”) sono mutate negli ultimi anni (Box 1).
Box 1. Definizione di dispareunia e vaginismo ●
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Il termine “dispareunia” indica il persistente o ricorrente dolore al tentativo di penetrazione, o alla penetrazione completa, o al rapporto sessuale completo. Il termine “vaginismo” indica la persistente o ricorrente difficoltà della donna a consentire l’introduzione nella propria vagina del pene, di un dito e/o di un oggetto, nonostante il fatto che lo desideri. Spesso si osserva un evitamento e un’anticipazione del dolore, con paura e contrazione dei muscoli pelvici, involontaria e di intensità variabile. Nella diagnosi differenziale di vaginismo vanno verificate ed escluse anomalie fisiche strutturali o di altra natura. Il disturbo può essere:
– primario (lifelong) o secondario (acquired); – generalizzato o contestuale, limitato a uno specifico partner e/o a una determinata situazione;
– biologico, psicogeno, misto; e può causare, o meno, distress personale. Nella maggioranza dei casi, comunque, il dolore coitale è un potente detonatore di distress personale e relazionale.
Vulvodinia. Alessandra Graziottin, Filippo Murina © Springer-Verlag Italia 2011
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La vulvodinia può provocare dispareunia, e un rapporto doloroso può peggiorare il dolore vulvare, e concorrere a mantenerlo (Fig. 3.1). La sola eccezione è costituita dalla vulvodinia nelle bambine e nelle adolescenti vergini, o nelle donne che, indipendentemente dall’età e per qualsiasi ragione, non abbiano mai avuto rapporti completi. Un muscolo elevatore dell’ano – principale componente muscolare del pavimento pelvico - cronicamente iperattivo (iperattività “miogena”, associata o meno a fobia della penetrazione) riduce anatomicamente l’entrata della vagina (Fig. 3.1). Questo espone la mucosa vestibolare introitale alle microabrasioni meccanicamente provocate da ogni tentativo di penetrazione. Un fattore che può contribuire a questo processo è l’inadeguata eccitazione genitale, dovuta a propria volta: a) all’inibizione riflessa che il dolore provoca sulla lubrificazione vaginale e sulla congestione vulvare, e/o b) alla paura del dolore, sia esso primario (lifelong) o secondario (acquisito). Il danno meccanico alla mucosa attiva immediatamente la risposta dei mastociti. Quando i tentativi di penetrazione sono ricorrenti, e/o il danno coitale persistente, e/o fattori concomitanti come una vaginite da Candida contribuiscono ulteriormente allo stato infiammatorio, si verificano queste tre conseguenze (vedi Capitolo 5): 1. il mastocita viene iperattivato, con una sovrapproduzione di molecole dell’infiammazione e di neurotrofine come il Nerve Growth Factor (NGF). Questo a sua volta comporta: 2. una proliferazione delle fibre nervose del dolore, responsabile dell’iperalgesia introitale e dell’allodinia. Ciò provoca o peggiora: 3. l’iperattività del pavimento pelvico. Questo circolo vizioso può verificarsi anche a ritroso (Fig. 3.1): ossia iniziando con una ricorrente/cronica infiammazione della mucosa introitale, provocata da infezioni (da Candida, Herpes, Gardnerella, ecc.), danni fisici (terapia laser o diatermocoagulazione), agenti chimici (saponi, profumi, gel doccia o altre sostanze), allergia, fattori iatrogeni (episiotomia-episiorrafia, o qualsiasi altro intervento chirurgico perineale, come per esempio la rimozione di una cisti del Bartolini), stili di vita (come l’uso di jeans troppo stretti), stimoli neurogeni, che inducano l’iperattivazione del mastocita, la contrazione difensiva del muscolo elevatore dell’ano e la proliferazione delle fibre nervose del dolore indotta dal NGF. Nel tempo, si verifica una stretta reciprocità fra vulvodinia e dispareunia. Nei casi più gravi, ciò determina:
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Vulvodinia
1. Mucosa introitale infiammata (da vulvovaginiti recidivanti, sostanze irritanti, danni fisici, traumi meccanici, fattori iatrogeni, stimoli neurogeni) con iperattivazione dei mastociti
4. Proliferazione delle fibre nervose del dolore, con iperalgesia e allodinia
2. Ipertono acquisito del pavimento pelvico
2. Secchezza vaginale e disturbo dell’eccitazione secondari al dolore e/o alla paura del dolore
3. Proliferazione delle fibre nervose del dolore, con iperalgesia e allodinia
3. Microabrasioni della mucosa introitale, con iperattivazione dei mastociti
1. Ipertono cronico del pavimento pelvico (vaginismo primario e dispareunia cronica)
Dispareunia A. Graziottin, 2010
Fig. 3.1 Quando il sintomo – per una qualsiasi causa – si manifesta inizialmente come dolore vulvare, si associa innanzitutto a un’infiammazione della mucosa. Questa determina poi la contrazione difensiva del muscolo elevatore dell’ano e, infine, la proliferazione delle fibre del dolore. Quando invece, su una mucosa integra, il sintomo di partenza è il dolore al rapporto, la prima conseguenza è la contrazione difensiva dell’elevatore dell’ano (associata per esempio a vaginismo primario), cui seguono il blocco della lubrificazione, le microabrasioni con iperattivazione dei mastociti e, infine, la proliferazione delle fibre nervose del dolore, con vulvodinia neurogena e poi neuropatica
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una progressione della vulvodinia da provocata (da uno stimolo genitale o sessuale, o dall’esame ginecologico) a spontanea, da localizzata a generalizzata, con una progressiva comorbilità con sintomi vescicali; il passaggio dalla dispareunia alla perdita acquisita del desiderio, a disturbi dell’eccitazione mentale e genitale, disturbi dell’orgasmo sino al progressivo evitamento del rapporto sessuale (Fig. 3.2), con importanti conseguenze sulla qualità dell’intimità fisica ed emotiva e sulla relazione di coppia (per maggiori dettagli, vedi Capitolo 5).
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Desiderio sessuale ed eccitazione centrale
Dispareunia vaginismo
Eccitazione e recettività vaginale
Risoluzione e soddisfazione
Orgasmo A. Graziottin, 2010
Fig. 3.2 Funzione sessuale femminile, dispareunia e vaginismo. Il dolore coitale (dovuto a vaginismo o ad altri fattori di dispareunia) interferisce con i diversi aspetti della funzione sessuale. Direttamente inibisce la lubrificazione vaginale, provocando difficoltà di eccitazione con secchezza vaginale, e riducendo così la recettività (o abitabilità) vaginale. Indirettamente, causa difficoltà nell’orgasmo coitale fino all’anorgasmia, frustrazione, insoddisfazione, perdita secondaria del desiderio sessuale e dell’eccitazione mentale, con progressivo evitamento dell’intimità sessuale, per lo meno coitale, nella maggior parte delle coppie. Insoddisfazione e dolore agiscono anche sul tono dell’umore, causando depressione che ulteriormente inibisce il desiderio e la disponibilità sessuale, oltre ad amplificare la stessa percezione del dolore genitale
Affrontare i problemi sessuali nel setting clinico Nonostante la stretta relazione fra vulvodinia e dispareunia, i medici in genere hanno difficoltà a investigare il risvolto sessuale della vulvodinia: per la mancanza di formazione, per il timore di aprire un “vaso di Pandora” di lamentele e preoccupazioni, per mancanza di tempo, per la preoccupazione di essere percepiti in qualche modo come inappropriati o invadenti nel fare domande sulla sessualità della paziente. Di conseguenza, solo una piccola minoranza di medici pone routinariamente domande sul dolore coitale nel momento in cui approfondisce con la paziente le ragioni del dolore vulvare. E un numero ancora minore raccomanda l’astensione dai rapporti sino a quando non sia stato raggiunto l’obiettivo di una completa guarigione della mucosa introitale, un adeguato rilassamento del pavimento pelvico e la totale remissione del dolore vulvare. Consentire la prosecuzione dei rapporti sessuali, che sono un importante fattore predisponente,
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precipitante e di mantenimento della dispareunia e della vulvodinia, contribuisce alla cronicizzazione del dolore e al passaggio progressivo del dolore stesso da nocicettivo a neuropatico. Altre forme di intimità – come i preliminari, la reciproca masturbazione e i rapporti senza penetrazione – possono continuare ad essere praticate, per lo meno nei casi meno severi di vulvodinia. Alcune domande chiave sono invece assolutamente indispensabili per comprendere appieno il significato e la fisiopatologia della vulvodinia. Quando si investiga il risvolto sessuale della vulvodinia, è fondamentale: – affrontare il tema della sessualità come parte essenziale della storia personale della paziente, iniziando con una semplice domanda a risposta aperta: “Com’è la sua vita sessuale?”, oppure “Avverte dolore durante i rapporti, o ha altri problemi sessuali?”. Questo dimostra alla paziente che il medico si sente a proprio agio di fronte a questo tipo di problemi e ritiene che essi rappresentino un aspetto importante della salute e del benessere della paziente. E scongiura la “collusione del silenzio”, che si verifica quando la donna è troppo timida o riservata per parlare del problema, e il medico troppo preoccupato per sollevarlo; – prendere sul serio ogni problema di tipo sessuale, qualsiasi siano l’età della paziente o le sue condizioni mediche; – essere sensibili ai fattori di genere e culturali, ma non avere pregiudizi basati su stereotipi di genere o culturali, anche discutendo problemi di natura sessuale. È opportuno partire sempre dal presupposto che ogni paziente si presenta con una storia personale e bisogni unici; – prendere in considerazione il ruolo del partner (se esistente) nella relazione sessuale. In ogni tipo di intervento, tenere sempre presenti le dinamiche di coppia; – dedicare un’attenzione particolare al rispetto delle informazioni riservate e al consenso informato, ma anche ai potenziali limiti del concetto di “confidenzialità”, come per esempio nel caso si venga a conoscenza di un abuso sessuale, soprattutto nelle pazienti più giovani; – nel caso si debbano usare termini caratterizzati da una connotazione emotiva, come per esempio “abuso sessuale”, il chiedere “Ha mai avuto un’esperienza sessuale non desiderata?”, piuttosto che “È mai stata sessualmente abusata?”, ha una probabilità molto più elevata di ottenere l’informazione desiderata. La paziente potrebbe dire, per esempio: “Ero ubriaca quando ho avuto il mio primo rapporto e da allora mi sono sempre sentita in colpa per questo”, oppure “Da allora provo dolore”, suggerendo così importanti cofattori psicosessuali nell’eziologia e nella permanenza del dolore; – last but not least, essere consapevoli delle vostre aree di disagio nell’affrontare questioni sessuali delicate (Tabella 3.1 e 3.2).
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Tabella 3.1 Argomenti sessuali: elementi di scenario a) Un approccio proattivo ed empatico alla vita sessuale delle vostre pazienti trasmette un senso di disponibilità e accettazione. I problemi sessuali possono essere discussi e investigati in molti diversi contesti, per esempio: - quando si raccolgono informazioni sulla funzione sessuale; - analizzando le possibili conseguenze di malattie, traumi, procedure o medicazioni, e in particolare la potenziale comorbilità fra vulvodinia e dispareunia; - quando la paziente stessa solleva problemi o formula domande di natura sessuale. b) Ci vuole coraggio per svelare un disturbo o un trauma sessuale. Queste rivelazioni devono essere prese sul serio e affrontate con sensibilità. c) Le pazienti possono riflettere un’ampia varietà di esperienze, valori e attitudini: - tutte possono avere interessi o preoccupazioni di ordine sessuale, incluse le donne anziane, le disabili e quelle con patologie croniche come la vulvodinia o altre forme di dolore cronico; - è importante essere sensibili alle differenze di genere e culturali, ma non dare mai per scontato che una paziente debba necessariamente soddisfare uno stereotipo di genere o culturale. d) Quando possibile, è opportuno coinvolgere nella diagnosi e nella terapia sia la paziente sintomatica, sia il suo partner. Modificata da: Plaut M, Graziottin A, Heaton J (2004) Sexual Dysfunction. Fast Facts Series. Health Press, Oxford, UK
Tabella 3.2 Argomenti sessuali: come comunicare con la paziente -
saper cogliere il momento giusto per formulare le domande più delicate dal punto di vista emotivo;
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cercare e rispondere ai segnali non verbali che possono rivelare disagio, sorpresa, preoccupazione o dolore;
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essere sensibili all’impatto delle parole fortemente connotate dal punto di vista emotivo (per esempio, aborto, masturbazione, stupro);
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se non siete sicuri dell’orientamento sessuale della paziente, usate espressioni neutrali rispetto al genere quando vi riferite al partner;
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spiegate e motivate le vostre domande e procedure;
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informate e rassicurate la paziente, spiegando in particolare le diverse fasi dell’esame medico obiettivo e spiegando che cos’è la “mappa del dolore” alle pazienti affette da vulvodinia;
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strutturate il vostro intervento sulle vostre reali competenze: se necessario, inviate la paziente a specialisti qualificati, in ambito sia medico, sia psicosessuale.
Modificata da: Plaut M, Graziottin A, Heaton J (2004) Sexual Dysfunction. Fast Facts Series. Health Press, Oxford, UK
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Vaginismo e dispareunia: in che modo possono contribuire alla vulvodinia? Vaginismo e dispareunia (superficiale e profonda) sono i disturbi sessuali caratterizzati da dolore nella donna. Sono sempre stati tenuti distinti da una consolidata tradizione che ha radici soprattutto nel mondo della sessuologia di estrazione psicologica e psicodinamica. Le ricerche più recenti di sessuologia medica dimostrano invece che una diagnosi differenziale realmente precisa tra queste due entità cliniche è difficile e presenta persistenti problemi. Entrambi i disturbi possono infatti includere, in misura più o meno ampia: a. problemi di tensione: volontaria, involontaria, limitata allo sfintere vaginale, al muscolo bulbocavernoso, o estesa al muscolo elevatore dell’ano, ai muscoli adduttori, alla schiena, alle mascelle, o addirittura all’intero corpo; b. dolore al contatto genitale: localizzato superficialmente in corrispondenza dell’entrata vaginale, del vestibolo vulvare e/o del perineo; correlato alla durata del contatto o della pressione genitale, o tendenzialmente cronico, o comunque persistente per minuti, ore o giorni dopo la fine del contatto; correlato unicamente al contatto genitale durante l’attività sessuale o associato più in generale con qualsiasi tipo di pressione vulvare, vaginale e pelvica (per esempio, stare seduta, andare a cavallo o in bicicletta, vestire pantaloni stretti); c. paura del dolore sessuale: specificamente associata al contatto genitale e al rapporto, o a una più generale paura del dolore o del sesso; d. propensione all’approccio o all’evitamento: nonostante il dolore provato con il contatto genitale e i rapporti completi, un sottogruppo di donne continua ad essere disponibile nei confronti dell’iniziativa sessuale propria o del partner: questo comportamento può avere significati psicodinamici molto differenti. Può contribuire a mantenere un legame più stretto, se scelto consciamente o inconsciamente dalla donna, ma al prezzo di un peggioramento dell’infiammazione; oppure, al contrario, può essere percepito come un vero e proprio abuso, quando il partner lo impone perché esasperato dalla malattia della donna, o perché informato dal medico che “lei il dolore se lo sta inventando” o che “il dolore è tutto nella sua testa” (cosa che fa torto alla verità biologica della patologia). Comunque, la maggioranza delle pazienti affette da dispareunia e/o vulvodinia tende progressivamente a evitare i rapporti, come comprensibile forma di autoprotezione da ulteriore dolore e dal peggioramento della sintomatologia associata.
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In sintesi: Una moderata, cronica iperattività del muscolo elevatore dell’ano e degli altri muscoli del pavimento pelvico, che può essere osservata in corrispondenza dei gradi I e II del vaginismo secondo Lamont (Tabella 3.3), può consentire i rapporti nonostante il dolore, contribuendo così alla dispareunia cronica. Una forte iperattitività del muscolo elevatore dell’ano, associata a variabile fobia della penetrazione, comporta vaginismo severo: esso impedisce i rapporti sessuali ed è la più frequente causa femminile di relazione o matrimonio non consumato. Comunque, dal momento che a oggi non c’è consenso sull’unificazione dei due quadri clinici, essi saranno tenuti separati in accordo alle più recenti classificazioni.
Tabella 3.3 Valutazione clinica di gravità del vaginismo Gradi I Spasmo dell’elevatore, che scompare con la rassicurazione II Spasmo dell’elevatore, che persiste durante la visita ginecologica III Spasmo dell’elevatore e sollevamento delle natiche a ogni tentativo di visita ginecologica IV Moderata eccitazione neurovegetativa, spasmo dell’elevatore, inarcamento dorsale, adduzione delle cosce, difesa e retrazione V Eccitazione neurovegetativa e difesa estreme: la paziente rifiuta la visita Modificata da: Lamont JA (1978) Vaginismus. Am J Obst Gyn 131:632-636
Fisiopatologia
La ricettività vaginale è un prerequisito del rapporto sessuale, e presuppone l’integrità anatomica e funzionale dei tessuti, sia nello stato di riposo che in quello di eccitazione. Le condizioni biologiche per assicurare l’“abitabilità” vaginale sono indicate nella Tabella 3.4. Un aspetto trascurato è la compatibilità dimensionale tra membro maschile eretto e vagina: un terzo circa delle donne con vulvodinia presenta anche un problema di questo tipo. La minore compatibilità è più probabile se la donna ha genitali esterni ipoplasici (“infantili”) e/o vagina breve, naturale e in conseguenza di interventi chirurgici, per esempio in seguito a
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carcinoma del collo dell’utero che abbia richiesto una parziale amputazione della vagina. Patologie diverse che interessano l’introito vaginale (vulvodinia, episiotomia, colpoplastica anteriore o posteriore) possono causare dispareunia superficiale. Patologie quali la malattia infiammatoria pelvica (Pelvic Inflammatory Disease, PID), e l’endometriosi, se localizzata a livello del terzo vaginale superiore, dei ligamenti uterosacrali, del cavo del Douglas e/o del miometrio (“adenomiosi”) possono causare dispareunia profonda.
La ricettività della vagina può poi essere ulteriormente modulata da fattori psicosessuali, mentali e interpersonali, che possono determinare un’eccitazione inadeguata con secchezza vaginale.
Tabella 3.4 I fattori biologici che contribuiscono a mantenere l’“abitabilità” vaginale -
trofismo normale, ossia una mucosa introitale e una pelle vulvare sane;
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adeguata impregnazione estrogenica in vagina, e androgenica, nella vulva;
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normale tonicità dei muscoli perivaginali, primo fra tutti l’elevatore dell’ano;
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integrità vascolare, connettivale e neurologica;
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normale risposta immunitaria locale;
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nessun segno o sintomo di infiammazione, in particolare all’introito e/o nel terzo vaginale superiore, a livello dei ligamenti utero sacrali, e/o del miometrio e/o del cavo del Douglas.
La paura della penetrazione, e una generale tensione muscolare secondaria all’ansia, possono causare una contrazione difensiva dei muscoli perivaginali, determinando vaginismo cronico. Questo disturbo può essere anche il correlato clinico di una neurodistonia primaria del pavimento pelvico, come è stato recentemente dimostrato con l’elettromiografia ad ago. Può essere così severo da impedire completamente la penetrazione. La contrazione difesiva del pavimento può essere secondaria al dolore genitale, o ad altre cause. La dispareunia è il sintomo comune a una varietà di disturbi coitali dolorosi (Tabella 3.5). La vestibolite vulvare (VV), sottospecie della vulvodinia, ne è la più importante causa fra le donne in età fertile. La triade diagnostica è la seguente: 1. forte dolore al contatto con il vestibolo o al tentativo di penetrazione; 2. acuta sensibilità alla palpazione dell’area introitale con un cotton fioc (soprattutto alle 5 e alle 7, guardando all’introito come al quadrante di un orologio); 3. dispareunia.
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Tabella 3.5 Eziologia della dispareunia: cause differenti possono sovrapporsi in una complessa e dinamica interazione fisiopatologica A) Biologiche 1) dispareunia superficiale/introitale e/o mediovaginale 2)
infettive: vulviti, vestibolite vulvare, vaginiti, cistiti; infiammatorie: con iper-regolazione dei mastociti; ormonali: atrofia vulvo-vaginale; anatomiche: imene fibroso, agenesia vaginale, sindrome di Rokitansky; muscolari: iperattività primaria o secondaria del muscolo elevatore dell’ano; iatrogene: esiti di chirurgia genitale o perineale; radioterapia pelvica; neurologiche, incluso il dolore neuropatico; connettive e immunitarie: sindrome di Sjogren; vascolari; mutilazioni genitali femminili, con restringimento introitale e vaginale. dispareunia profonda
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endometriosi; malattia infiammatoria pelvica (pelvic inflammatory disease, PID); dolore pelvico cronico e dolore riferito; varicocele pelvico; esiti di chirurgia pelvica radicale o di radioterapia endovaginale; sindrome dell’intrappolamento del nervo cutaneo addominale; (abdominal cutaneous nerve entrapment syndrome, ACNES).
B) Psicosessuali -
comorbilità con disturbi del desiderio e dell’eccitazione, o vaginismo; pregresse molestie sessuali o abusi; disturbi affettivi psicobiologici: ansia e depressione; catastrofismo, come modalità dominante nell’affrontare la malattia.
C) Correlate alla coppia o al contesto -
mancanza di intimità emotiva; preliminari inadeguati; conflitti di coppia; partner abusante a livello verbale, fisico e/o sessuale; bassa compatibilità anatomica (dimensioni del pene e/o genitali femminili “infantili”); insoddisfazione sessuale e conseguente inadeguata eccitazione.
Adattata da: Graziottin A (2005), Il dolore segreto, Mondadori, Milano
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Approccio clinico Storia clinica Nei disturbi sessuali con dolore, un’accurata storia clinica e un approfondito esame fisico sono essenziali alla diagnosi e alla prognosi (Figura 3.3). La localizzazione e le caratteristiche del dolore sono i fattori predittivi più significativi della sua eziologia. Nessun esame strumentale si è finora dimostrato più prezioso dal punto di vista informativo di un esame clinico condotto con cura. Focalizzandoci sulla dispareunia, e con la summenzionata attenzione alla delicatezza dell’argomento, le domande chiave da porre per ottenere le più rilevati informazioni possono essere riassunte così:
Fig. 3.3 I sintomi (dispareunia e dolore provocato al vestibolo vulvare) e i segni (vestibolite vulvare e ipertono del muscolo elevatore dell’ano) mostrano forte correlazione se il ginecologo ascolta con attenzione i disturbi riferiti dalla donna ed effettua un’accurata visita ginecologica con appropriata semeiologia del dolore
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• ha sempre provato dolore coitale, dall’inizio della sua vita sessuale in poi (dispareunia primaria o lifelong) o dopo un periodo di rapporti sessuali normali, senza dolore (dispareunia acquisita)? Se si tratta di un dolore che ha sempre avuto, aveva paura di provare dolore prima di avere il suo primo rapporto? Punto chiave: quando è primaria, la dispareunia può normalmente essere causata da un vaginismo lieve o moderato (che consente la penetrazione, pur con dolore) e/o da paralleli disturbi cronici del desiderio e dell’eccitazione.
• Se è un dolore acquisito, riesce a ricordare la situazione o ciò che accadde quando è iniziato? Punto chiave: la risposta può fornire informazioni sulla “storia naturale” dell’attuale disturbo sessuale, e sulla “lettura personale” che la donna ha del suo problema, dei cofattori più significativi e del loro significato.
•
Dove fa male? All’inizio della vagina, a metà vagina o al fondo? Punto chiave: la localizzazione e le caratteristiche del dolore sono i più forti fattori predittivi della presenza e del tipo di cause organiche.
– la dispareunia introitale può essere più frequentemente provocata da inadeguata eccitazione, vaginismo lieve, vestibolite, distrofia vulvare, esiti di terapie vulvari, chirurgia perineale (episiorrafia, colporrafia, perineorrafia posteriore), mutilazioni genitali femminili con restringimento dell’introito e della vagina, sindrome dell’intrappolamento del nervo pudendo e/o nevralgia pudenda, sindrome di Sjogren; – il dolore medio-vaginale, evocato in forma acuta durante l’esame obiettivo con una leggera pressione all’inserzione sulla spina ischiatica del muscolo elevatore dell’ano, è più frequentemente dovuta a una mialgia dell’elevatore dell’ano, la più frequentemente trascurata causa biologica di dispareunia; – il dolore vaginale profondo (dispareunia profonda) può essere provocato più frequentemente dall’endometriosi, dal dolore pelvico cronico o dalla malattia infiammatoria pelvica (PID) o dagli esiti di radioterapia
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pelvica o di chirurgia vaginale radicale. Varicocele, aderenze, dolore addominale riferito e sindrome dell’intrappolamento del nervo cutaneo addominale (ACNES) sono cause meno frequenti e ancora controverse, ma che comunque andrebbero prese in considerazione nella diagnosi differenziale. •
Quando sente male? Prima, durante o dopo il rapporto? Punto chiave: il momento in cui il dolore si manifesta è critico per capire la concatenazione degli eventi fisiopatologici, nonché la potenziale connessione fra vaginismo e dispareunia, e le principali comorbilità.
– il dolore prima del rapporto suggerisce un’attitudine fobica verso la penetrazione, solitamente associata a vaginismo, e/o la presenza di vestibolite vulvare cronica, clitoralgia e/o vulvodinia, che può favorire il dolore anche nella condizione di eccitazione che si determina durante i preliminari e immediatamente prima della penetrazione; – il dolore durante il rapporto è quello più frequente. Questa informazione, combinata con la precedente (“Dove fa male?”), è la più predittiva della base organica del dolore; – il dolore dopo il rapporto indica che il danno alla mucosa è stato provocato durante la penetrazione, probabilmente a causa di una inadeguata lubrificazione parallela a una vestibolite, al dolore e alla contrazione difensiva del pavimento pelvico. • Avverte sintomi correlati, secchezza vaginale, dolore o parestesie nei genitali e nell’area pelvica? Soffre di cistite 24-72 ore dopo il rapporto? Punto chiave: l’attenzione ai sintomi correlati è un fattore chiave per la diagnosi precoce delle comorbilità e per la corretta comprensione della fisiopatologia dei disturbi attuali.
– la secchezza vaginale, secondaria a carenza estrogenica e/o a inadeguata eccitazione genitale, può determinare la dispareunia o contribuirvi in misura determinante; – la clitoralgia e/o la vulvodinia, spontanee e/o peggiorate dal rapporto sessuale, possono associarsi a dispareunia, ipertono del pavimento pelvico e/o dolore neurogenico, inclusa la sindrome da intrappolamento del nervo pudendo;
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Vulvodinia
– la cistite post-coitale dovrebbe suggerire una condizione di ipoestrogenismo e/o la presenza di un ipertono del pavimento pelvico. Dovrebbe essere specificamente investigata nelle giovani che lamentino bruciori alla vescica in comorbilità con la dispareunia e nelle donne in postmenopausa che possano trarre beneficio da un trattamento estrogenico locale e dalla riabilitazione del pavimento pelvico, mirata a rilassare i muscoli perivaginali mialgici; – il prurito vulvare, la secchezza vulvare e/o la sensazione di bruciore alla vulva dovrebbero essere investigate, perché possono suggerire la presenza di un lichen sclerosus vulvare, che a sua volta può peggiorare la dispareunia introitale. Il dolore neurogenico può causare non solo dispareunia, ma anche clitoralgia. La secchezza degli occhi e della bocca, associata a dispareunia e a secchezza vaginale, dovrebbe suggerire l’ipotesi diagnostica della sindrome di Sjogren, una malattia connettiva e immunitaria. • Quanto è intenso il dolore che avverte? Punto chiave: l’analisi dell’intensità e delle caratteristiche del dolore è un approccio relativamente nuovo nella cura della dispareunia. Lo spostamento del dolore da nocicettivo a neuropatico è tipico della dispareunia cronica, e la terapia può richiedere un approccio analgesico sistemico e locale.
Consigli pratici Suggerite alla paziente di tenere un “diario del dolore” cadenzato, se la donna è in età fertile, sulle diverse fasi del ciclo mestruale (per esempio, iniziando ogni pagina dal primo giorno del ciclo, con la data in ascissa e le 24 ore del giorno in ordinata. L’intensità del dolore può essere annotata con tre colori: nessun dolore = bianco; da 1 a 3 = giallo; da 4 a 7 = rosso, da 8 a 10 (il peggior dolore possibile) = nero). Il diario può: 1) migliorare la registrazione e la comprensione degli attacchi di dolore prima, durante e dopo il ciclo, e il ritmo circadiano del dolore, per migliorare la diagnosi dell’eziologia e dei fattori che contribuiscono al dolore stesso; 2) suggerire un migliore adattamento del trattamento analgesico; 3) rendere più accurata la registrazione dell’impatto della terapia sulla percezione del dolore, in un agevole colpo d’occhio. Tipicamente, il dolore nocicettivo persiste e peggiora di notte, mentre il
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dolore neuropatico è significativamente minore, o del tutto assente, durante il sonno.
Conclusioni Il dolore è raramente psicogeno, e la dispareunia non fa eccezione. Come ogni sindrome dolorosa, essa è normalmente provocata da uno o più fattori biologici. I disturbi correlati all’iperattività del pavimento pelvico sono una componente costante, e la comorbilità con i disturbi urologici e/o proctologici è un’area ancora trascurata da esplorare per una terapia davvero globale. I fattori psicosessuali e relazionali, i disturbi del desiderio primari o acquisiti a causa del dolore, e i disturbi dell’eccitazione primari o acquisiti a seguito dell’effetto inibitore del dolore, dovrebbero essere affrontati in parallelo, in modo da garantire una terapia globale, integrata ed efficace. Il vaginismo, che può contribuire alla dispareunia cronica quando lieve o moderato, o impedire i rapporti quando severo, deve essere compreso meglio nella sua complessa eziologia neurobiologica, muscolare e psicosessuale, e affrontato del pari con un approccio multimodale. Anche i fattori di coppia dovrebbero essere diagnosticati, prevedendo un’appropriata consulenza specialistica quando anche il partner presenti un concomitante disturbo sessuale maschile. Nelle pazienti con vaginismo, la diagnosi e la prognosi si basano su tre variabili: • l’intensità dell’attitudine fobica (lieve, moderata, severa) verso la penetrazione; • l’intensità dell’ipertono del pavimento pelvico (quattro gradi, secondo Lamont); • la compresenza di problematiche psicosessuali personali e/o relazionali.
Letture consigliate Graziottin A (2001) Clinical approach to dyspareunia. J Sex Marital Therapy 27:489-501 Graziottin A (2003) Dyspareunia in the perimenopause. In: Studd J (ed) The management of the menopause. London, Parthenum Publishing Graziottin A (2005) Il dolore segreto. Mondadori, Milano Graziottin A (2006) Sexual pain disorders: dyspareunia and vaginismus. In: Porst H, Buvat J, (eds) ISSM (International Society of Sexual Medicine) Standard Committee Book, Standard practice in Sexual Medicine. Blackwell, Oxford, UK, pp 342-350. Disponibile su www.alessandragraziottin.it
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Vulvodinia
Graziottin A (2006) Iatrogenic and post-traumatic female sexual disorders. In: Porst H, Buvat J (eds) ISSM (International Society of Sexual Medicine) Standard Committee Book, Standard practice in Sexual Medicine. Blackwell, Oxford, UK, pp 351-361. Disponibile su www.alessandragraziottin.it Graziottin A (2007) Prevalence and evaluation of sexual health problems – HSDD in Europe. J Sex Med 4, Suppl 3:211-219 Graziottin A (2007) Vaginismo: fisiopatologia e diagnosi. In: Jannini EA, Lenzi A, Maggi M (eds) Sessuologia Medica. Trattato di psicosessuologia e medicina della sessualità. Elsevier Masson, Milano, pp 374-379 Graziottin A (2009) Mast cells and their role in sexual pain disorders. In: Goldstein A, Pukall C, Goldstein I (eds) Female Sexual Pain Disorders: Evaluation and Management. Blackwell Publishing, pp 176-179 Lamont JA (1978) Vaginismus. Am J Obst Gyn 131:632-636 Peters KM, Killinger KA, Carrico DJ et al (2007) Sexual function and sexual distress in women with interstitial cystitis: a case control study. Urology 70:543-547 Plaut M, Graziottin A, Heaton J (2004) Sexual Dysfunction. Fast Facts Series. Health Press, Oxford, UK
Vulvodinia: che cosa dicono le donne?
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“Ho bruciore alla vagina per due-tre giorni dopo il rapporto sessuale. Prima era saltuario, ma adesso è presente ogni volta in cui facciamo l’amore e va sempre peggio”. “Non ho mai avuto problemi nei rapporti fino a due anni fa, quando mi è scoppiata una vaginite da Candida dopo una cura antibiotica. Da allora sono sempre infiammata, ho bruciore, dolore e tutti i sintomi di una Candida che non va più via”. “Ho avuto le prime cistiti da quando ho iniziato ad avere i primi rapporti sessuali, prima una volta al mese, adesso praticamente dopo ogni rapporto. E’ diventato un inferno. In più per la paura che mi è venuta non mi eccito più, ho secchezza vaginale e adesso ho dolore anche durante il rapporto sessuale. Come se avessi dei taglietti lì, all’entrata della vagina”. “Ho dolore ai genitali esterni, sempre. Un dolore sordo, continuo, che mi impedisce anche di stare seduta. Di rapporti, poi, non se ne parla proprio. Ho troppo male!” “Da ragazza avevo paura della prima volta, per cui per anni ho evitato di avere rapporti. Poi, piano piano, il mio attuale marito ha avuto tanta pazienza e mi ha convinto a provare. Ma ho sempre avuto male, solo che adesso va sempre peggio. Abbiamo rapporti sì e no una volta al mese, ma adesso vorremmo un figlio che non arriva. Ci può aiutare?”
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“Ho dolore in tutti i genitali, ma di più nella parte alta, dove ho il clitoride. Non posso farmi sfiorare in nessun modo, non sopporto più i pantaloni e neanche la biancheria. Tutto mi dà fastidio, posso lavarmi solo con acqua. E nessuno capisce che cos’ho”. “No, non ho mai avuto rapporti. No, non ho mai avuto un ragazzo. L’anno scorso ho dovuto fare una forte cura antibiotica perché mi ero presa la broncopolmonite. Da lì è cominciato un bruciore continuo ai genitali che non va più via”. “Ho avuto un parto difficile, mi hanno dovuto fare un taglio grande (l’episiotomia, NdR), che poi si è infettato. Ci sono voluti due mesi perché la ferita guarisse, ma mi è rimasto un dolore tremendo dove mi hanno cucito, come avere un coltello lì. La bambina ha già nove mesi, ma io non riesco più ad avere rapporti tanto è il male che ho!” “Che vergogna, è un disturbo brutto, non si può parlare con nessuno! Sono vedova da tanti anni, non ho più avuto rapporti. E adesso, a settant’anni, mi trovo in questa condizione: da tre anni mi è venuto questo bruciore sulla natura (la vulva, NdR) che non mi lascia più. Ho provato di tutto, senza nessun risultato e sono disperata! L’unico posto dove sto un po’ meglio è sdraiata a letto, ma non si può vivere così…” “Soffro di colite (sindrome del colon irritabile, NdR) da tanti anni e quando sono più stressata, e la colite va peggio, peggiora anche il bruciore che ho dopo i rapporti, lì, proprio all’entrata della vagina”. “No, guardi, non sopporto neanche la visita ginecologica. Se appena mi tocca lì, ho un dolore come se fossi scottata con un ferro bollente!!!” “Non ho più desiderio sessuale, per nessuno. Se ho mai avuto dolore ai rapporti, in passato? Sì, adesso che mi ci fa pensare sì, tanti anni fa. Poi, anche per non star male, si è fatto sempre meno. Adesso non ho rapporti da sei mesi, perché l’ultima volta ho avuto un bruciore pazzesco che mi è durato per una settimana. E chi si fida più di riprovare?” “Ho avuto per molto tempo dolore e bruciore vicino all’entrata della vagina. Il medico dice che probabilmente si tratta di vulvodinia”.
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L’attenzione alle parole con cui la donna descrive i propri sintomi è essenziale per cogliere la storia del disturbo – della vulvodinia – fin dall’inizio; per annotare i fattori che la donna ritiene importanti nella sua genesi e nel suo mantenimento; per riconoscere le comorbilità mediche e psicosessuali, spesso evidenti fin dalle prime parole; per registrare le diagnosi formulate e le eventuali cure, con attenzione a quello che si è rivelato utile, da continuare quindi, e migliorare, rispetto a quanto è stato inutile o dannoso. Il dolore è insidioso sul piano emotivo, e a livello conscio si cerca di evitarlo: tuttavia, è un fattore della massima importanza per la nostra sopravvivenza. La percezione del dolore è una delle variabili più difficili da misurare, perché risulta dall’aggregazione e interazione di numerosi fattori associati al funzionamento del sistema nervoso centrale e periferico, alle modalità di risposta allo stress e alla presenza di stati infiammatori, genitali e sistemici. Come anticipato, la vulvodinia – nella letteratura scientifica – è definita come un dolore vulvare cronico in assenza di evidenze oggettive cliniche o sperimentali capaci di spiegarne i sintomi. Il prurito è assente o secondario, e non provoca il bisogno di grattarsi. Tuttavia, con un corretto esame obiettivo la vulvodinia presenta nella maggior parte dei casi caratteristiche semeiologiche e istologiche peculiari (si veda il capitolo 6, sulla diagnosi clinica). Una buona definizione pratica di vulvodinia – quando si dialoga con la paziente – è quella di “condizione vulvare in cui il sintomo dominante è il dolore che può essere percepito dalla donna in modi diversi”.
Box 1. Il dolore vulvare ● ●
● ●
Il dolore vulvare si presenta spesso come bruciante, urente Altre pazienti descrivono il disturbo con termini come irritazione, puntura, sensazione spiacevole, formicolio o, semplicemente, “percezione” della vulva Il disagio viene espresso anche come “dolore lì sotto” o “dolore femminile” Il dolore vulvare può essere: - provocato: quando appare in risposta a uno stimolo (preliminari sessuali, rapporto sessuale, ma anche visita ginecologica e perfino il contatto con la propria mano per lavarsi nell’igiene intima; il dolore può essere provocato/peggiorato anche da saponi, da profumi spruzzati sui genitali, dalla cucitura dei jeans o da body attillati) - spontaneo: quando appare indipendentemente da qualsivoglia stimolo
Vulvodinia
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La dispareunia è una forma di dolore genitale che si prova immediatamente prima, durante o dopo il rapporto sessuale.
La pazienti possono lamentare un dolore ben definito e localizzato, oppure esprimere disinteresse e insoddisfazione nei riguardi dei rapporti intimi, che derivano a loro volta dal disagio provato. Nella maggior parte dei casi, il dolore viene avvertito durante la penetrazione, ma alcune donne lo percepiscono anche dopo, e altre ancora in entrambi i momenti. Il dolore prima del rapporto può essere provocato da un’irritazione dei genitali esterni, o dalla vasocongestione che si verifica durante la fase di eccitazione. Rispetto alla popolazione generale, le donne affette da dispareunia hanno una maggiore probabilità di provare dolore inserendo il tampone, o durante la visita ginecologica. La dispareunia si associa a un atteggiamento più negativo verso la sessualità, a una maggiore incidenza di disturbi sessuali e a maggiore insoddisfazione nella relazione di coppia, con aumento di conflitti, tensioni, allontanamento reciproco e minore adattabilità. Non sorprende inoltre che le donne con dispareunia abbiano rapporti meno frequenti, più bassi livelli di desiderio e di eccitazione, e orgasmi meno intensi, o assenti, sia con la stimolazione orale sia con la penetrazione. La scala di Marinoff permette di valutare l’intensità della dispareunia proprio in rapporto all’interferenza che essa esercita nei confronti dei rapporti sessuali. Box 2. Intensità della dispareunia: scala di Marinoff 0 1 2 3
Nessun dolore Il dolore causa disagio, ma non interferisce con la frequenza dei rapporti A volte il dolore impedisce il rapporto Il dolore impedisce sempre il rapporto
Quando la visita provoca dolore, il medico può verificare se esso è simile a quello che la donna prova durante i rapporti. Nel 90% dei casi, secondo una ricerca di Sophie Bergeron e collaboratori condotta alla McGill University di Montreal, la visita ginecologica (ben fatta!) può infatti evocare lo stesso tipo di dolore che la donna avverte durante il rapporto sessuale. Ci sono due principali tipologie di dolore, a seconda che la donna abbia
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una vulvodinia/vestibolodinia (vestibolite vulvare) oppure una vulvodinia generalizzata. La vestibolodinia è la forma più frequente di vulvodinia ed è definita come un dolore o un bruciore localizzato vicino al vestibolo della vulva, provocato dalla pressione o dalla frizione sul vestibolo stesso. Questo dolore è normalmente associato ai rapporti, all’uso del tampone, agli indumenti stretti e all’andare in bicicletta, e non è quasi mai spontaneo. La seconda tipologia è la vulvodinia generalizzata, in cui il dolore e il bruciore non sono limitati all’area del vestibolo, e possono comparire anche in assenza di contatto o pressione. Quando le viene chiesto di localizzare con precisione questo tipo di dolore, la donna spesso non ci riesce e si limita a indicare l’area approssimativa in cui lo avverte. La dispareunia è un’importante componente della vulvodinia e può comparire come sintomo isolato.
In altre parole, la dispareunia è una componente del dolore vulvare legata alla sollecitazione meccanica del rapporto sessuale e può essere l’unico sintomo che la donna avverte, soprattutto nella vestibolodinia provocata.
Il dolore vulvare deve essere valutato in modo approfondito: e poiché il dolore è, in generale, un’esperienza eminentemente soggettiva, la storia personale della donna è la fonte principale della valutazione clinica. L’esame obiettivo e ogni ulteriore esame agevolano la comprensione della sindrome dolorosa e aiutano ad escludere altre ipotesi diagnostiche. Box 3. Valutazione clinica del dolore vulvare ●
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Valutazione e quantizzazione con scala analogica o numerica della gravità del dolore, alla prima visita e ad ogni controllo successivo La storia personale iniziale deve includere: cronologia dell’esordio del dolore e della sua progressione, caratteristiche del dolore, localizzazione del dolore e sua irradiazione, fattori che aggravano o alleviano il dolore e i sintomi associati (comorbilità) Domande sui pensieri, le emozioni e gli atteggiamenti associati al dolore Esame obiettivo dettagliato, non solo dell’area dolente ma di tutta la paziente, e in particolare dell’apparato muscolo-scheletrico e del sistema nervoso
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Il dolore vulvare può essere misurato solo in termini soggettivi. Il metodo più affidabile, e più facile da capire per la paziente, è la scala di valutazione numerica, graduata da 0 (assenza di dolore) a 10 (dolore massimo), con evidenziazione dei valori intermedi secondo un tasso pari a 0,5. Questo metodo è più efficace della scala analogica visuale (VAS), pur ampiamente usata, che è una semplice linea di 10 centimetri, numerata. In alternativa, si può usare una semplicissima scala di valutazione verbale, in cui il dolore può essere qualificato come assente, lieve, moderato, severo. Le scale numeriche e verbali hanno il vantaggio di poter essere utilizzate anche senza carta e matita, a differenza della scala analogica visuale. Dato che però il dolore è una variabile multidimensionale, una singola scala di valutazione aggrega senza analizzarlo il differente contributo di queste dimensioni. In base agli obiettivi clinici e agli specifici problemi della paziente, può quindi essere utile verificare separatamente l’intensità del dolore, il distress che ne deriva, e l’interferenza con le attività quotidiane. Può inoltre essere utile indagare il livello del dolore medio, del dolore massimo (anche se si verifica raramente, può essere importante per individuare i fattori precipitanti, che la paziente dovrebbe quindi evitare) e, per esempio, l’intensità del dolore durante la minzione. La riduzione del dolore può essere misurata tramite una scala percentuale graduata da 0% (nessun sollievo) a 100% (totale scomparsa del dolore). Tipicamente, il dolore può essere analizzato anche in base alle seguenti tre dimensioni: sensitivo-discriminativa, motivazionale-affettiva e cognitivovalutativa. Lo strumento multidimensionale validato più usato da questo punto di vista è il McGill Pain Questionnaire, nella versione breve e lunga (Fig. 4.1). Il questionario si articola in tre gruppi di definizioni – a livello sensoriale, affettivo e cognitivo – che la paziente può usare per specificare la propria esperienza soggettiva. Esso contiene inoltre una scala di “intensità” e altri elementi utili a determinare le caratteristiche dell’esperienza dolorosa. Una volta compilato, il questionario è in grado di fornire delle misurazioni quantitative del dolore clinico che possono essere elaborate con strumenti statistici.
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McGill Pain Questionnaire – versione breve Nome della paziente:
Data:
Definizione del dolore
Assente
Lieve
Moderato
Severo
Pulsante
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Lancinante
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
A pugnalata
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Pungente
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
A morsa, crampo 0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Sordo
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Urente
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Penoso
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Violento
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Leggero
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Acuto
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Sfinente
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Sgradevole
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Spaventoso
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Crudele
0) ……………
1) ……………
2) ……………
3) ……………
Fig. 4.1 Versione breve del questionario di McGill: questionario di autosomministrazione costituito da alcune serie di parole idonee a descrivere i diversi caratteri del dolore. Modificata da: Melzack R (1987) The short-form McGill Pain Questionnaire. Pain 30(2):191-197
Conclusioni L’ascolto attento delle parole della donna nella prima consultazione sono essenziali per il rigoroso inquadramento del disturbo. La valutazione, l’analisi e la quantificazione del dolore vulvare, soggettiva e obiettiva, è poi fondamentale per comprendere in modo globale l’esperienza della paziente e pianificare una terapia efficace, dopo aver integrato le informazioni anamnestiche con adeguato esame obiettivo (si veda il capitolo 6, sulla diagnosi clinica).
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Vulvodinia
La valutazione quantitativa della sensibilità vulvare prima e dopo il trattamento può inoltre favorire l’ottimizzazione della terapia stessa.
Letture consigliate Bergeron S, Binik YM, Khalife S et al (1997) Vulvar vestibulitis syndrome: A critical review. Clinical. Journal of Pain 13:27-42 Goldstein A, Pukall C, Goldstein I (2009) Female Sexual Pain Disorders, 1 edn. Blackwell Publishing Graziottin A (2005) Il dolore segreto. Mondadori, Milano Marinoff SC, Turner MLC (1992) Vulvar vestibulitis syndrome. Dermatologic Clinics 10:435-44 Melzack R (1987) The short-form McGill Pain Questionnaire. Pain 30:191-197
Vulvodinia: che cosa la provoca. Fisiopatologia del dolore vulvare
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Introduzione La vulvodinia è una sindrome complessa caratterizzata da dolore vulvare associato a disfunzione sessuale e sofferenza psicologica. La sua eziologia rimane elusiva, ma diverse linee di ricerca suggeriscono l’ipotesi di una eziopatogenesi neuropatica del disturbo. Le manifestazioni della vulvodinia possono essere provocate da più di un fattore, e possono variare da paziente a paziente. Il dolore vulvare è un’esperienza sensoriale spiacevole e con pesanti riflessi emotivi, che invade la coscienza della donna. Il dolore si definisce cronico (o “persistente”) quando dura per almeno tre mesi. Tuttavia, i meccanismi che lo sottendono sono più importanti della durata in sé. Il dolore cronico si associa infatti a rilevanti modificazioni nel sistema nervoso centrale, il che può determinare una persistenza della percezione algica anche in assenza di un danno acuto. Le evidenze più recenti hanno significativamente ampliato la nostra comprensione della percezione del dolore e hanno dimostrato che in essa è coinvolta una complessa serie di strutture spinali, mesencefaliche e corticali.
Quanto è complessa la trasmissione del dolore vulvare all’interno del sistema nervoso centrale? La trasmissione del dolore dalla periferia ai centri cerebrali corticali superiori, passando per il midollo spinale, non è un processo semplice e passiVulvodinia. Alessandra Graziottin, Filippo Murina © Springer-Verlag Italia 2011
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vo che coinvolge vie esclusive. La relazione fra uno stimolo algico e il modo in cui esso è percepito da un individuo è drasticamente influenzata dai circuiti nervosi all’interno del midollo spinale e del cervello. Mentre viene trasmessa dalla periferia alla corteccia, la sensazione di dolore viene anche modulata a livello segmentale e con un controllo discendente dai centri superiori, in un processo in cui i principali neurotrasmettitori coinvolti sono la serotonina, la noradrenalina e gli oppioidi endogeni. Vediamo in sintesi le diverse fasi del processo. - I nocicettori periferici sono semplici fibre nervose caratterizzate da una terminazione sensibile e diffuse negli strati superficiali della pelle. Sono classificati come: Aδ, di piccolo diametro e con una sottile guaina di mielina; e fibre C, prive di mielina. I neuroni nocicettori si collegano ai nervi periferici ed entrano nel midollo spinale a livello del dermatomero definito dalla loro inserzione. L’innervazione della vulva è assicurata dal nervo pudendo, che origina dalle radici S2-4, e dai nervi ileoinguinale e genitofemorale, che originano da L1-2. Questi ultimi due nervi sono prevalentemente sensoriali, mentre il nervo pudendo contiene anche fibre motorie e fibre simpatiche, che governano i complessi riflessi autonomici degli organi pelvici. La vagina in sé è relativamente insensibile al dolore, mentre la vulva e, in particolare, il vestibolo vulvare, sono riccamente innervati di fibre nervose sensoriali. - Il midollo spinale integra i diversi input afferenti periferici, dopo di che i neuroni di secondo livello li trasmettono ai centri superiori attraverso vie ascendenti. La via ascendente tipicamente interessata dalla trasmissione del dolore è quella spinotalamica; altre vie rilevanti nella modulazione del dolore sono la spinomesencefalica, la spinoreticolare e la colonna dorsale. - Corteccia cerebrale. La percezione corticale del dolore si basa approssimativamente su un sistema laterale somatosensoriale, che si occupa di localizzare il dolore e misurarne l’intensità, e un sistema mediale che elabora le caratteristiche emotivo-affettive del dolore attraverso strutture limbiche. In termini semplici, la percezione del dolore è composta da elementi relativi alla percezione e alla localizzazione, e da altri elementi correlati alla memoria, al pensiero e alle emozioni. - Vie discendenti. Parte delle fibre spinotalamiche si proiettano verso la sostanza grigia periacqueduttale (PAG) e l’ipotalamo, e di lì verso il corno dorsale del midollo spinale. La PAG è un’area cerebrale ricca di recettori per gli oppiodi e che, di conseguenza, è coinvolta nel sistema degli oppioidi endogeni. Queste vie discendenti, quindi, svolgono una funzione inibitoria a livello del corno dorsale, riducendo l’intensità degli input nocicettivi ascendenti.
5 Vulvodinia: che cosa la provoca. Fisiopatologia del dolore vulvare
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Corteccia frontale e cingolata Risposta psicologica e interpretazione del dolore
Corteccia somatosensoriale Discriminazione degli elementi del dolore
Talamo Via discendente Vie spinotalamica e spinomesencefalica Midollo spinale Fig. 5.1 Rappresentazione schematica delle vie del dolore
Che cosa accade nel dolore neuropatico, e perché si considera la vulvodinia come una sindrome da dolore neuropatico? Si definisce “neuropatico” il dolore determinato da una lesione primaria o da una disfunzione del sistema nervoso. Il danno può essere localizzato in qualsiasi punto del corso del sistema nervoso: nel sistema periferico, nel sistema spinale o sopraspinale, nel cervello. Sotto il profilo clinico, il dolore neuropatico è caratterizzato da due processi sensoriali anomali, detti “iperalgesia” e “allodinia”. Per “iperalgesia” si intende una risposta amplificata a un stimolo doloroso in sé normale, dovuta alla moltiplicazione delle fibre del dolore e quindi ad un’amplificazione delle “antenne” che captano lo stimolo potenzialmente nocivo. Per “allodinia” si intende il viraggio della percezione dello stimolo da tattile a doloroso urente, dovuta alla dislocazione delle fibre del dolore, che da profonde nel tessuto si superficializzano verso gli strati esterni della mucosa. Le pazienti affette da vulvodinia manifestano entrambi questi elementi.
Vulvodinia
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Box 1. Glossario Allodinia: percezione algica di dolore urente evocata da uno stimolo che in condizioni normali non provoca dolore, ma stimolo tattile: è sottesa da una dislocazione delle fibre del dolore, che, in risposta al Nerve Growth Factor prodotto dal mastocita iperattivato, proliferano verso gli strati più superficiali della mucosa Sensibilizzazione centrale: mutamento fenotipico nelle vie del sistema nervoso centrale, che determina un’amplificata elaborazione degli stimoli nocicettivi Iperalgesia: amplificata percezione del dolore evocata da uno stimolo che in condizioni normali non provoca dolore, sottesa da un aumento numerico delle fibre del dolore, oltre che da un’aumentata produzione di sostanze algogene da parte del mastocita iperattivato Nocicezione: dolore e reazione dolorosa evocata dall’applicazione di un breve stimolo algico Nocicettori: fibre nervose primarie che reagiscono al danno tissutale o a stimoli capaci di attivarli
Aumento della concentrazione dei mastociti, anche degranulati, più elevata (p