William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt William L. Shirer Storia del Terzo Reich Giulio Einaudi editore Q/51
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William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt William L. Shirer Storia del Terzo Reich Giulio Einaudi editore Q/51
INDICE p. xui 2 13 19 23 34 5° 60 65 68 71 78 85 101 108 irò Premessa Elenco delle abbreviazioni LIBRO PRIMO L'ascesa di Hitler i. La nascita del Terzo Reich L'avvento di Adolf Hitler La giovinezza di Adolf Hitler " II periodo più triste della mia vita " La formazione ideologica di Adolf Hitler il. Nascita del partito nazista L'avvento del " Fiihrer " ni. Versailles, Weimar e il " putsch " della birreria L'ombra di Versailles La Germania divisa in due La rivolta in Baviera II " putsch " della birreria II processo per alto tradimento iv. Hitler e le basi dell'ideologia nazista Le basi storiche del Terzo Reich Le basi ideologiche del Terzo Reich La singolare vita e le opere di H. S. Chamberlain
129 136 142 148 LIBRO SECONDO Trionfo e consolidamento V. La via verso il potere (1925-1931) Entra in scena Paul Joseph Goebbels Un intermezzo romantico e distensivo nella vita di Adolf Hitler La grande crisi del 1929 e il nazismo Vili Indice p. 165 vi. Gli ultimi mesi della Repubblica (1931-1933) 171 Hitler contro Hindenburg 180 II fiasco di Franz von Papen 193 L'ultimo cancelliere della Repubblica: Schleicher 208 vii. La nazificazione della Germania (1933-1934) 211 L'incendio del Reichstag 216 " Gleichschaltung ": il " coordinamento " del Reich 225 " Non vi sarà una seconda rivoluzione! " 229 L'esordio della politica estera nazista 235 La purga cruenta del 30 giugno 1934 248 La morte di Hindenburg Vili. La vita nel Terzo Reich (1934-1937) La persecuzione delle Chiese cristiane La nazificazione della cultura II controllo della stampa, della radio e del cinema L'educazione nel Terzo Reiah L'agricoltore nel Terzo Reich [L'economia nel Terzo Reich La schiavitù del Pagina 1
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt lavoro La giustizia nel Terzo Reich II governo nel Terzo Reich LIBRO TERZO Verso la guerra mondiale 307 ix. I primi passi (1934-1937) 309 La violazione del trattato di Versailles 312 La sorpresa del sabato 318 II colpo di mano in Renania 329 1937: " Nessuna sorpresa " 332 La fatale decisione del 5 novembre 1937 340 x. Uno strano e fatale intermezzo: la caduta di Blomberg Fritsch, Neurath e Schacht 342 La caduta del feldmaresciallo von Blomberg 346 La caduta del generale barone Werner von Fritsch 355 XI. L'" Anschluss ": l'Austria è matura 358 12 febbraio 1938: l'incontro di Berchtesgaden 364 Quattro settimane di agonia: 12 febbraio - n marzo 1938 370 II crollo di Schuschnigg Indice IX
392 396 401 408 421 427 439 441 451 459 469 471 478 485 xii. Verso Monaco La prima crisi: maggio 1938 I generali esitano Nascita di una cospirazione contro Hitler 15 settembre 1938: Chamberlain a Berchtesgaden Chamberlain a Godesberg: 22-23 settembre L'undicesima ora II " mercoledì nero " e il complotto Halder contro Hitler La resa di Monaco: 29-30 settembre 1938 Le conseguenze di Monaco xiii. La fine della Cecoslovacchia " La settimana dei cristalli " La Slovacchia " conquista l'indipendenza " II dottor Hacha alla prova 498 504 506 510 514 519 525 527 533 540 543 550 552 559 561 566 574 5/8 584 593 599 606 612 617 634
xiv. L'ora della Polonia Una piccola aggressione Ai ferri corti con la Polonia II " caso bianco " La risposta di Hitler a Roosevelt L'intervento della Russia: I II patto d'Acciaio 23 maggio 1939: l'irrevocabile decisione di Hitler L'intervento della Russia: II Piani per una guerra totale L'intervento della Russia: III . Esitazioni fra gli alleati della Germania Ciano a Salisburgo e all'Obersalzberg: n, 12 e 13 agosto xv. Il patto germano-sovietico 14 agosto: la conferenza militare all'Obersalzberg 15-21 agosto 1939: le conversazioni nazi-sovietiche La conferenza militare del 22 agosto 1939 Le trattative alleate a Mosca a un punto morto 23 agosto 1939: Ribbentrop a Mosca xvi. Gli ultimi giorni di pace Mussolini indietreggia Gioia e confusione tra i " cospiratori " Gli ultimi sei giorni di pace La Germania e la Gran Bretagna all'undicesima ora L'ultimo giorno di pace
Indice Pagina 2
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt p. 648 xvii. L'inizio della seconda guerra mondiale 654 L'intervento all'ultima ora di Mussolini 659 Dalla guerra di Polonia alla seconda guerra mondiale LIBRO QUARTO Dai trionfi iniziali alla grande svolta 679 xvin. Il crollo della Polonia 680 L'invasione russa della Polonia 689 xix. Il Sitzkrieg a occidente 692 L'affondamento deWAthenia 695 Hitler propone la pace 704 II " complotto " di Zossen per rovesciare Hitler 709 Un ratto nazista e una bomba nella birreria 712 Hitler parla ai generali 716 II terrore nazista in Polonia: la prima fase 721 Attriti fra i regimi totalitari 732 xx. La conquista della Danimarca e della Norvegia 734 La comparsa di Vidkun Quisling 743 Hitler s'incontra con Sumner Welles e con Mussolini 751 Nuovo insuccesso dei cospiratori 754 L'occupazione della Danimarca e della Norvegia 760 I norvegesi resistono 766 Le battaglie per la Norvegia 775 xxi. Vittoria a occidente 779 Piani contrastanti 782 La guerra delle sei settimane: io maggio - 25 giugno 1940 783 La conquista dell'Olanda 786 La caduta del Belgio e l'intrappolamento degli eserciti anglo-francesi 791 La capitolazione di re Leopoldo 794 II miracolo di Dunkerque 801 II crollo della Francia 802 II " duce " pugnala alle spalle la Francia 804 II secondo armistizio di Compiègne 810 Hitler perora la pace 823 xxii. L'operazione " leone marino " e la fallita invasione dell'Inghilterra 840 La battaglia d'Inghilterra Indice xi " 848 Se l'invasione fosse riuscita 851 Appendice: il complotto nazista per rapire il duca e la duchessa di Windsor 860 xxiil. Barbarossa: il turno della Russia 867 Molotov a Berlino 880 Sei mesi di delusioni 889 " II mondo tratterrà il fiato " 891 Preludio nei Balcani 898 II terrore pianificato 903 La fuga di Rudolf Hess 907 La situazione critica del Cremlino 924 xxiv. La corrente cambia direzione 930 La grande avanzata verso Mosca 943 xxv. Il turno degli Stati Uniti 950 " Evitare incidenti con gli Stati Uniti! " 955 II Giappone fa il suo giucco 961 Alla vigilia di Pearl Harbor 965 Hitler dichiara la guerra agli Stati Uniti 970 ti dicembre: Hitler parla al Reichstag 977 xxvi. La grande svolta. 1942: Stalingrado ed El Alamein 977 I cospiratori riappaiono 983 Le ultime grandi offensive tedesche 988 L'offensiva tedesca dell'estate 1942 in Russia 994 La prima disfatta: El Alamein e gli sbarchi anglo-americani looo II disastro di Stalingrado LIBRO QUINTO II principio della fine 1015 xxvii. Il Nuovo Ordine 1020 II saccheggio nazista dell'Europa 1024 II lavoro coatto nel Nuovo Ordine Pagina 3
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 1029 I prigionieri di guerra 1033 II regime del terrore nazista nei paesi occupati 1040 La " soluzione finale " 1044 I campi di sterminio " II ghetto di Varsavia non esiste più " Gli esperimenti medici 1067 La morte di Heydrich e il massacro di Lidice XII Indice p. 1074 xxvni. La caduta di Mussolini 1094 xxix. Lo sbarco alleato in occidente e il fallito attentato a Hitler 1099 1109 1118 1124 1127 1131 L'" operazione Lampo " La missione del conte von Stauffenberg 6 giugno 1944: l'invasione anglo-americana La cospirazione dell'undicesima ora I preparativi dell'attentato II 20 luglio 1944 La sanguinosa vendetta 1173 "77 1187 LIBRO SESTO La caduta del Terzo Reich xxx. La conquista della Germania L'ultimo disperato tentativo di Hitler II crollo delle armate tedesche 1197 xxxi. " II crepuscolo degli dèi ": gli ultimi giorni del Terzo Reich t 1201 L'ultima grande decisione di Hitler 1205 Gò'ring e Himmler cercano di prendere le redini 1209 Gli ultimi due visitatori del " Bunker " 1214 Le ultime volontà e il testamento di Hitler 1222 La morte di Hitler e della sua sposa 1228 La fine del Terzo Reich 1231 Breve epilogo 1237 1247 Bibliografìa Indice dei nomi PREMESSA Benché abbia vissuto e svolto la mia attività nel Terzo Reich durante la prima metà della sua breve esistenza, e abbia avuto modo di osservare direttamente Adolf Hitler nel corso del consolidamento del suo potere dittatoriale in questa grande, sconcertante nazione, e poi durante la sua marcia verso la guerra e la conquista, pure la mia esperienza personale non mi avrebbe spinto a tentare di scrivere questo libro, se alla fine della seconda guerra mondiale non si fosse verificato un avvenimento unico nella storia. Questo avvenimento è stato il sequestro di tutti gli archivi segreti del governo tedesco, compresi i documenti del Ministero degli Esteri, dell'Esercito e della Marina, del Partito nazionalsocialista e della polizia segreta di Stato di Heinrich Himmler. Mai, forse, prima d'oggi, un fondo di tale importanza era caduto nelle mani degli storici contemporanei. Nel passato ogni grande Stato aveva conservato i propri archivi anche quando era stato sconfitto in guerra e una rivoluzione ne aveva rovesciato il governo - come accadde alla Germania e alla Russia nel 1918-6 alla fine erano stati pubblicati solo i documenti che potevano servire agli interessi del nuovo regime subentrato al vecchio. Il rapido crollo del Terzo Reich nella primavera del 1945 fece cadere nelle mani degli Alleati un'ingente quantità di documenti segreti e di altro materiale di valore incalcolabile: diari privati, resoconti di colloqui e di conferenze di carattere particolarmente riservato, carteggi e perfino registrazioni di conversazioni telefoniche dei capi nazisti compiute da un ufficio speciale del Ministero dell'Aviazione creato da Hermann Goring. Pagina 4
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Il generale Franz Halder, per esempio, aveva tenuto un diario voluminoso, stenografato col sistema Gabelsberger, con annotazioni non solo giornaliere ma perfino ora per ora. Esso costituisce una fonte di notizie, in forma concisa, unica nel suo genere, per il periodo 14 agosto 1939-24 settembre 1942, durante il quale Halder, nella sua qualità di capo di Stato maggiore dell'esercito, ebbe quotidiani contatti diretti con Hitler e gli altri dirigenti della Germania nazista. Dei diari tedeschi, esso è senz'alerò il più rivelatore; ma ve ne sono anche altri di grande valore, come quelli del dot-tor Joseph Goebbels, ministro della Propaganda e compagno di partito vicinassimo a Hitler, e del generale Alfred Jodl, capo del reparto operazioni dell'alto comando delle forze armate (OKW). Inoltre, vennero afta luce i
xiv Premessa diari dello stesso OKW e dell'alto comando della marina. I sessantamila incartamenti degli archivi della marina tedesca sequestrati a Schloss Tambach, presso Coburgo, contengono praticamente tutte le segnalazioni, i giornali di bordo, i diari, i memorandum, ecc. della flotta germanica lungo il periodo che va dal 1868, anno in cui fu creata la moderna marina tedesca, sino all'aprile 1945, data in cui tali documenti furono scoperti e sequestrati dagli Alleati. Le quattrocentottantacinque tonnellate di documenti del Ministero tedesco degli Esteri, sequestrate dalla prima armata statunitense in vari castelli e miniere dei monti dello Harz, dove stavano per essere bruciate per ordine di Berlino, non solo coprono tutto il periodo di storia del Terzo Reich, ma risalgono all'inizio del Secondo Reich bismarckiano includendo anche la Repubblica di Weimar. Dopo la guerra, tonnellate di documenti nazisti furono custoditi per molti anni, in casse suggellate, in un grande magazzino dell'esercito statunitense di Alexandria, in Virginia, senza che il nostro governo mostrasse il minimo interesse ad aprire le casse, se non altro per accertare che cosa potevano contenere su un piano documentario di valore storico. Finalmente dieci anni dopo il loro sequestro, nel 1955, grazie all'iniziativa dell'American Historical Association e di alcuni istituti privati, le casse dei documenti di Alexandria vennero aperte e un numero purtroppo esiguo di studiosi, con l'aiuto di un gruppo di collaboratori e con mezzi inadeguati, si mise al lavoro esaminando e fotografando i documenti prima che il governo americano, dimostrando in ciò una gran fretta, li restituisse alla Germania. Risultarono una fonte ricchissima. Grande valore hanno i verbali stenografici parziali di cinquantun " conferenze del Fiihrer " sulla situazione militare, così come fu vista e discussa giorno per giorno al quartier generale di Hitler; nonché il testo completo delle conversazioni che durante l'ultimo conflitto " il signore nazista della guerra " ebbe a tavola coi suoi vecchi compagni di partito e i suoi segre-tari: i primi furono recuperati tra i resti bruciacchiati di alcuni documenti di Hitler a Berchtesgaden da un ufficiale del servizio segreto della centune-sima divisione aereotrasportata statunitense, il secondo fu trovato fra le carte di Martin Bormann. Centinaia di migliaia di documenti tedeschi sequestrati furono raccolti in gran fretta a Norimberga per essere usati come prove nel processo contro i principali criminali di guerra nazisti. Avendo seguito in qualità di giornalista la prima parte del processo, raccolsi fasci di copie ciclostilate, e in seguito mi procurai i quarantadue volumi stampati delle testimonianze e dei documenti, integrati dai dieci volumi delle traduzioni inglesi di molti importanti incartamenti. Prezioso risultò anche il testo dei documenti pubblicati in una serie di quindici volumi dedicati ai dodici successivi processi di Norimberga, benché in tali volumi molti documenti e molte testimonianze siano stati omessi. Oltre a questa raccolta' senza precedenti di documenti, vi sono infine i verbali dei minuziosi interrogatori subiti da ufficiali e funzionari tedeschi del partito e del governo, nonché le loro testimonianze giurate rese più tardi Premessa xv in diversi processi del dopoguerra; esse contengono un materiale mai fornito, a mio parere, da fonti analoghe dopo altre guerre. Naturalmente io non ho letto tutta questa immensa documentazione, trattandosi di un'impresa che va assai oltre le possibilità di una sola persona. Mi sono tuttavia inoltrato in una parte considerevole di essa, anche se il mio lavoro è stato ritardato (come quello d'ogni altro vendemmiatore in questa vasta vigna) Pagina 5
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt dall'assenza di indici adatti allo scopo. Stupisce quanto poco quelli di noi - giornalisti o diplomatici - che soggiornarono in Germania nel periodo nazista, conobbero veramente quel che si svolgeva dietro la facciata del Terzo Reich. Per sua natura, ogni dittatura totalitaria lavora nel più grande segreto e sa come nascondere tale segreto agli sguardi indiscreti degli estranei. Era stato abbastanza facile annotare e descrivere gli avvenimenti - singolari e spesso ripugnanti - che si svolgevano nel Terzo Reich: l'assunzione del potere da parte di Hitler, l'incendio del Reichstag, la purga cruenta che costò la vita a Rohm, l'Anschluss austriaco, la resa di Chamberlain a Monaco, l'occupazione della Cecoslovacchia, gli attacchi contro la Polonia, la Scandinavia, l'Occidente, i Balcani e la Russia, gli orrori dell'occupazione nazista, dei campi di concentramento e della liquidazione degli ebrei. Ma le decisioni fatali prese segretamente, gli intrighi, i tradimenti, i moventi e le aberrazioni che condussero a tutto ciò, la parte svolta dietro le quinte dai principali protagonisti, le proporzioni del terrore da essi esercitato e le tecniche usate nell'organizzarlo - queste, e molte altre cose ancora, erano rimaste celate prima che i documenti segreti tedeschi venissero in luce. Qualcuno può ritenere che sia ancora prematuro il tentativo di scrivere una storia del Terzo Reich, e che tale compito spetti a una successiva generazione di scrittori, cui il tempo permetta di vedere le cose nella giusta prospettiva. Questa è l'idea che vidi prevalere soprattutto in Francia. Quando mi recai in quel paese per svolgere alcune ricerche, mi sentii dire che la storiografia non può stabilire nulla di preciso sugli avvenimenti posteriori all'età napoleonica! C'è molta verità in questo punto di vista. La maggior parte degli storici ha fatto passare cinquanta, cento anni e anche più prima di mettersi a trattare di un paese, di un impero, o di un'intera epoca. Ma ciò non è forse accaduto soprattutto perché era occorso tutto quel tempo prima che i documenti corrispondenti venissero alla luce e fornissero agli storici il materiale autentico di cui abbisognavano? E se, da un lato, si veniva così a raggiungere una esatta prospettiva storica, d'altro canto non è forse vero che qualcosa andava perso, cioè la conoscenza diretta, da parte degli autori, della vita e dell'atmosfera dei tempi e delle figure storiche che essi intendevano ricostruire? Nel caso del Terzo Reich - un caso unico davvero - quasi tutto il materiale documentario si è reso disponibile in seguito al crollo della Germania, e.s.'^. arricchito, in seguito, grazie alle testimonianze dei suoi capi militari e civili superstiti, testimonianze rese, in certi casi, prima che fossero giustiziati. •Basandomi su queste fonti eccezionali divenute cosf presto utilizzabili e sui xvi Premessa ricordi della vita nella Germania nazista, delle figure, della condotta e del carattere degli uomini che la governarono - soprattutto di Adolf Hitler -ancor vivi nella mia mente e nel mio cuore, ho dunque deciso di tentare di scrivere la storia dell'ascesa e della caduta del Terzo Reich. " Io ho vissuto tutta la guerra, - notò Tucidide nella sua Storia della guerra del Peloponneso, una delle più grandi opere di storia di tutti i tempi, avendo un'età che mi permetteva di capire gli avvenimenti e su questi concentrando la mia attenzione per conoscerne l'esatta verità ". Non sempre mi è stato possibile, e comunque è stato estremamente difficile, conoscere l'esatta verità sulla Germania di Hitler. Se la valanga del materiale documentario mi ha consentito di procedere lungo la via della verità più di quanto non sarebbe parso possibile vent'anni or sono, la sua stessa vastità può spesso confondere. E in tutti i racconti e in tutte le testimonianze umane sono inevitabili contraddizioni sconcertanti. Non v'è dubbio che di tanto in tanto serpeggino, nelle pagine di questo libro, i miei pregiudizi personali, frutto inevitabile delle mie esperienze e della mia stessa formazione intellettuale. Io detesto per principio ogni dittatura totalitaria e mi sono trovato ad aborrire più che mai quella hitleriana, per essere vissuto in essa e aver assistito personalmente ai suoi odiosi attentati contro lo spirito umano. In questo libro, comunque, ho cercato di essere rigidamente oggettivo, ho lasciato che i fatti parlassero da sé e ho indicato le fonti da me utilizzate per ciascuno di essi. Non vi sono episodi, scene o citazioni dovuti ^lla mia immaginazione; tutto, in questo libro, si basa su documenti, sul racconto di testimoni oculari o su mie osservazioni personali. Nei pochi punti dove ho supplito alla mancanza di fatti con qualche mia congettura, l'ho sempre indicato esplicitamente. Pagina 6
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Non dubito che le mie interpretazioni saranno oggetto di molte contestazioni. È cosa inevitabile, perché le opinioni non sono mai infallibili. Quelle che qui mi sono arrischiato a proporre per rendere più chiara ed esauriente la narrazione sono semplicemente le conclusioni più accettabili cui mi è parso di poter pervenire in base alle prove raccolte, alle conoscenze e alle esperienze avute. Probabilmente Adolf Hitler è stato l'ultimo dei grandi avventurieri-conquistatori, sulla falsariga di un Alessandro, di un Cesare e di un Napoleone; e il Terzo Reich l'ultimo degli imperi costruiti lungo la via già intrapresa dalla Francia, da Roma e dalla Macedonia. Il sipario è calato su tali episodi della storia con l'improvvisa invenzione della bomba all'idrogeno, dei missili balistici e dei razzi lunari. Nella nostra nuova era caratterizzata da terribili ordigni letali e che ha soppiantato con tanta rapidità l'epoca precedente, una guerra aggressiva, se scoppiasse, sarebbe scatenata da piccoli pazzi suicidi premendo semplicemente un pulsante elettronico. Una guerra del genere non potrà durare a lungo e sarà certamente l'ultima. Non vi saranno né conquistatori né conquiste, ma soltanto le ossa carbonizzate dei morti su un pianeta deserto. Ringraziamento. Benché per questo libro, come per tutti gli altri da me scritti, io abbia fatto ricerche personali e seguito un mio schema, pure vado debitore a varie persone e istituzioni per il generoso aiuto da esse concessomi durante i cinque anni che mi occorsero per stenderlo. Il compianto Jack Goodman, della casa editrice Simon & Schuster, e Joseph Barnes, redattore della stessa casa, mi hanno spinto ad intraprendere il lavoro, e Barnes, mio vecchio amico del periodo in cui eravamo entrambi corrispondenti di giornali in Europa, mi ha incitato a continuare, nonostante molti miei tentennamenti, aiutandomi ogni volta con utili critiche. Il dottor Fritz T. Epstein, della Biblioteca del Congresso, acuto e autorevole studioso per quel che riguarda i documenti tedeschi sequestrati dagli Alleati, mi ha guidato in mezzo alle montagne delle carte tedesche. In ciò, anche molti altri mi sono stati d'aiuto, fra cui Telford Taylor, presidente del collegio di accusa nei processi di Norimberga ai criminali di guerra, che ha già pubblicato due volumi sulla storia militare del Terzo Reich. Egli mi ha prestato documenti e libri della sua collezione privata e mi ha dato molti buoni consigli. Il professore Oron J. Hale, dell'Università della Virginia, presidente del Comitato americano per lo studio dei documenti di guerra, creato dall'Associazione Storica Americana, mi ha additato molto materiale utile, compresi i risultati di alcune sue ricerche, e in una calda giornata dell'estate 1956 mi ha reso un segnalato servizio tirandomi via dalla sala dei manoscritti della Biblioteca del Congresso e esortandomi con severe parole a tornare alla stesura del libro, a meno che non volessi passare tutto il resto della mia vita a esaminare i documenti tedeschi, il che avrebbe potuto benissimo accadere. Il dottor G, Bernard Noble, capo della sezione storica del Dipartimento di Stato, e Paul R. Sweet, funzionario dei servizi stranieri del Dipartimento, che è stato uno dei redattori americani che hanno curato l'edizione dei Documents on German Foreign Policy, mi ha parimenti aiutato guidandomi attraverso il labirinto dei documenti nazisti. Aiuti generosi mi sono stati poi dati dalla signora Hildegard R. Boeninger per corrispondenza, e dalla signora Agnes F. Peterson personalmente, l'una e l'altra della Hoover Library della Stanford University. Al Dipartimento dell'esercito il colonnello W. Hoover, capo effettivo dell'ufficio per la storia militare, e un suo collaboratore, Detmar Finke, mi hanno segnalato le relazioni militari tedesche più utili ai miei scopi, fra tutte quelle di cui tale ufficio possiede una collezione unica nel mondo. Hamilton Fish Armstrong, direttore di " Foreign AfFairs ", si è offerto di rivedere personalmente il presente libro: al pari di Walter H. Mallory, allora direttore dell'esecutivo della Commissione per le relazioni con l'estero. Sono assai grato alla Commissione, a Frank Altschul e alla Overbrook Foundation per la generosa elargizione che mi ha permesso di dedicare tutto il mio tempo a quest'opera nell'ultimo anno della sua stesura. Devo anche ringraziare il personale dell'eccellente biblioteca della Commissione, al quale ho dovuto rivolgere molte tediose domande: e ne ho dovute rivolgere anche al Personale della New York Society Library, che tuttavia si è dimostrato assai paziente e comprensivo. Lewis Galantière e Herbert Kriedman sono stati così cortesi da voler leggere in XVIII Pagina 7
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Ringraziamento manoscritto gran parte del libro, facendomi poi preziose critiche. Il colonnello Truman Smith, che era stato addetto militare all'ambasciata americana di Berlino quando Adolf Hitler iniziò la sua carriera politica, nei primi anni del '20, e anche dopo che fu salito al potere, ha messo a mia disposizione alcuni dei suoi quaderni e dei suoi rapporti che illuminano i primordi del nazionalsocialismo e certi aspetti che in seguito tale movimento presentò. Sam Harris, già membro del collegio americano di accusa a Norimberga e attualmente procuratore a New York, mi ha dato modo di consultare i volumi degli atti dei processi celebrati a Norimberga contro i principali criminali di guerra (TMWC), insieme a molto altro materiale inedito. Il generale Franz Halder, capo dello Stato maggiore generale tedesco durante i primi tre anni della guerra, è stato cosi gentile da rispondere alle mie domande e da indicarmi il modo di pervenire a varie fonti tedesche. Altrove ho già menzionato il valore che ha avuto per me il suo diario inedito, di cui ho tenuto sempre una copia sottomano durante la stesura di gran parte del presente libro. George Kennan, che fu in servizio all'ambasciata americana a Berlino all'inizio della guerra, mi ha rinfrescato la memoria su certi punti di interesse storico. Molti vecchi amici, amiche e colleghi del periodo trascorso in Europa, come John Gunther, M. W. Fodor, Kay Boyle, Sigrid Schultz, Dorothy Thomson, Whit Burnett e Newell Rogers, hanno discusso con me vari aspetti del libro, con mio grande profitto. E Paul R. Reynolds, mio agente letterario, ha saputo incoraggiarmi nei momenti in cui ne avevo maggior bisogno. Infine devo molto a mia moglie, che con la sua conoscenza delle lingue straniere, con i suoi precedenti personali europei e con la sua esperienza della Germania e dell'Austria mi è stata di grande aiuto nella mia ricerca, oltre che nello scrivere e nel verificare le notizie. Le nostre due figlie, Inga e Linda, in vacanza dal collegio, mi sono state assai utili in una quantità di lavori indispensabili ma faticosi. Esprimo la mia riconoscenza a tutti coloro che ho qui nominato e a tutti quegli altri che, in un modo o nell'altro, mi hanno aiutato. Quanto alle deficienze e agli errori del libro, la responsabilità, naturalmente, è soltanto mia. STORIA DEL TERZO REICH Ho spesso provato un'amara tristezza nel pensare al popolo tedesco, un popolo così degno di stima nei singoli individui e cosi miserabile nel suo insieme. GOETHE Hitler era il destino della Germania e questo destino non potè essere arrestato. WALTHER VON BRAUCHITSCH feldmaresciallo e comandante in capo dell'esercito tedesco dal 1938 al 1941 Potranno passare mille anni, ma la colpa della Germania non sarà cancellata. HANS FRANK governatore generale della Polonia: parole da lui pronunciate prima di essere impiccato a Norimberga Coloro che non ricordano il passato saranno condannati a viverlo di nuovo. GEORGE SANTAYANA Elenco delle abbreviazioni. VBrFP Documents on British Foreign Policy - tratti dagli archivi del Ministero degli Esteri britannico. DDI Documenti diplomatici italiani - tratti dagli archivi del governo italiano. DGFP Documenti on German Foreign Policy - tratti dagli archivi del Ministero degli Esteri tedesco. FONA Fiihrer Conferences on Naval Affairs - resoconti sommari delle conferenze avute da Hitler col comandante in capo della marina tedesca. NCA Nazi Conspiracy and Aggression - si tratta di una parte degli atti del processo di No-rimberga. ND Atti del processo di Norimberga. NSR Nazi-Soviet-Relations - documenti tratti dagli archivi del Ministero degli Esteri tedesco. TMWC Trial of thè Ma/or War Criminale - documenti e testimonianze del processo di Norim-berga. TWC Trials of War Criminah before thè Nuremberg Military Tribunati. libro primo
L'ASCESA DI HITLER Pagina 8
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I. LA NASCITA DEL TERZO REICH Alla vigilia della nascita del Terzo Reich una tensione febbrile s'impossessò di Berlino. Tutti sentivano che la Repubblica di Weimar stava ormai per scomparire. Il suo rapido sgretolarsi era cominciato più di un anno prima. Il cancelliere, generale Kurt von Schleicher, che sulle orme del suo immediato predecessore, Franz von Papen, poco si era curato delle sorti della repubblica e ancor meno del suo sviluppo democratico, aveva governato con decreti presidenziali, senza far ricorso al parlamento, e dopo soli cinquantasette giorni era venuto a trovarsi in una situazione senza via d'uscita. Cosf il sabato 28 gennaio 1933 von Schleicher venne bruscamente destituito dall'anziano presidente della Repubblica, il feldmaresciallo von Hin-denburg. Adolf Hitler, capo dei nazionalsocialisti, che formavano il più forte partito politico della Germania, chiese per sé la carica di cancelliere di quella stessa repubblica democratica che aveva giurato di distruggere. In quel fatale week-end corsero per la capitale voci e congetture fra le più strane e allarmanti: ma nessuna, nemmeno la più cupa, si dimostrò, alla prova dei fatti, lontana dal vero. Secondo certe informazioni, Schleicher, d'accordo col generale Kurt von Hammerstein, comandante in capo dell'esercito, stava preparando un putsch con l'appoggio del presidio militare di Potsdam allo scopo di arrestare il presidente e instaurare una dittatura militare. Si parlava insistentemente di un putsch nazista. Le truppe d'assalto di stanza a Berlino appoggiate dai simpatizzanti nazisti infiltratisi nella polizia, avrebbero dovuto irrompere nella Wilhelmstrasse, la via ove si trovavano il palazzo presidenziale e i ministeri. Si parlava anche di uno sciopero generale. L'indomani, domenica 29 gennaio, circa centomila lavoratori scesero nel Lustgarten, al centro della città, per confermare la loro opposizione alla nomina di Hitler a cancelliere. Uno dei dirigenti operai cercò di prender contatto col generale von Hammerstein per concertare un'azione comune fra l'esercito e le forze organizzate del lavoro qualora Hitler fosse stato designato a capo di un nuovo governo '. Già in un'altra occasione, all'epoca del putsch di Kapp del 1920, era stato lo sciopero generale a salvare la Repubblica quando ormai lo stesso governo aveva dovuto abbandonare la capitale. Hitler passò quasi tutta la notte tra la domenica e il lunedf misurando in lungo e in largo la sua stanza dell'albergo Kaiserhof, situato nella Reichs6 L'ascesa di Hitler kanzlerplatz, a pochi passi dalla Cancelleria2: malgrado un evidente nervosismo, era assolutamente certo che l'ora culminante del suo destino era ormai scoccata. Da circa un mese conduceva trattative segrete con von Papen e gli altri capi della destra conservatrice. Vista l'impossibilità di formare un governo esclusivamente nazista aveva dovuto accettare un compromesso. Avrebbe potuto essere nominato cancelliere in un governo di coalizione i cui membri - otto non nazisti e tre nazisti - si erano accordati con lui per abolire il regime democratico di Weimar. Soltanto l'anziano e ostinato presidente sembrava tener duro. Ancora il 26 gennaio, due giorni prima di quel fatale week-end, l'anziano feldmaresciallo aveva detto al generale von Hammerstein di " non avere alcuna intenzione di nominare ministro della Difesa, e tanto meno cancelliere del Reich, quel caporale austriaco "3. Ma sotto l'influsso del figlio, maggiore Oskar von Hindenburg, di Otto von Meissner, segretario di Stato del presidente, di von Papen e di altri membri della camarilla di palazzo, il presidente aveva cominciato a cedere; aveva ormai ottantasei anni ed era in piena senescenza. Il pomeriggio di domenica 29 gennaio, mentre Hitler in compagnia di Goebbels e di altri suoi collaboratori prendeva il caffè con pasticcini, irruppe Hermann Gbring, presidente del Reichstag e luogotenente di Hitler nel partito nazista, per recare la notizia ormai certa che l'indomani Hitler sarebbe stato nominato cancelliere ". Lunedf 30 gennaio 1933, poco prima di mezzogiorno, Hitler si recò al palazzo della Cancelleria per un incontro con Hindenburg, incontro che doveva dimostrarsi fatale per lui, per la Germania e per il resto del mondo. Da una finestra dell'albergo Kaiserhof, Goebbels, Rohm e altri capi nazisti guardavano ansiosamente la porta del palazzo da dove di lì a poco sarebbe uscito il Pagina 9
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Fiihrer. " Dall'espressione del suo viso sapremo com'è andata " -disse Goebbels. Essi non erano ancora completamente sicuri: " I nostri cuori erano divisi tra il dubbio, la speranza, la gioia e la disillusione, - avrebbe annotato Goebbels nel suo diario. - Troppe volte eravamo stati delusi per poter credere senz'altro al grande miracolo "5. Ma pochi minuti dopo, assistettero proprio al miracolo: l'uomo coi baffetti alla Charlie Chaplin, l'antico, irrequieto vagabondo dei tempi di Vienna, l'anonimo soldato della prima guerra mondiale, il derelitto di Monaco di Baviera dei primi amari giorni del dopoguerra, il tragicomico capo del putsch della birreria, il tribuno austriaco (non tedesco!), a soli qua-rantatre anni tornava dal prestare giuramento quale cancelliere del Reich germanico. Percorse in macchina i cento metri che separavano la Cancelleria dall'albergo Kaiserhof per raggiungere i suoi vecchi camerati, Goebbels, Goring e le altre camicie brune che l'avevano aiutato lungo l'ardua e tempestosa strada del potere. " Non ci parlò, e nessuno di noi disse parola, - scrisse Goebbels, - ma i suoi occhi erano pieni di lacrime " '. Dal crepuscolo di quella sera fino a dopo mezzanotte, una massa di truppe d'assalto naziste marciò in perfetta parata al lume delle torce per celeLa nascita del Terzo Reicb 7 brare la recente vittoria. Decine di migliaia di " camerati ", schierati in disciplinatissime colonne, sbucarono dall'oscurità del Tiergarten, passando sotto l'arco trionfale della porta di Brandeburgo e lungo la Wilhelmstrasse, accompagnati dal ritmo vibrante delle marce e dal rullio dei tamburi, scandendo a squarciagola le note dello Horst-Wessel-Lied, il nuovo inno, e di altri antichi inni germanici, facendo risuonare il selciato coi loro pesanti stivali, tenendo in alto le torce che formavano un nastro di fuoco illuminante a giorno la via e scatenando gli applausi degli spettatori che s'ammassavano lungo i viali. Da una finestra del suo palazzo, Hindenburg guardava quella massa in marcia, accompagnando col bastone la cadenza delle marce militari, evidentemente lieto di aver scoperto un cancelliere capace d'infiammare il popolo germanico al modo tradizionale. Non sappiamo se l'anziano generale, ormai rimbambito, fosse in grado di presentire anche lontanamente ciò che lui stesso quel giorno aveva scatenato. Secondo una storiella, probabilmente apocrifa, diffusasi rapidamente a Berlino, Hindenburg, nel corso della parata, si sarebbe rivolto a un vecchio generale dicendogli: " Non sapevo che avessimo fatto tanti prigionieri russi ". Pochi passi più in là, affacciato a una finestra della Cancelleria, in preda all'eccitazione e alla gioia, saltellando, facendo scattare continuamente il braccio nel saluto nazista, si trovava Adolf Hitler, che rideva o sorrideva finché gli occhi non gli si riempivano nuovamente di lacrime. Assistendo quella sera a tali eventi un osservatore straniero provò ben altri sentimenti: " II fiume di fuoco scorreva davanti all'ambasciata di Francia, scrisse l'ambasciatore Andre Francois-Poncet. - Col cuore grosso e pieno di tristi presagi, osservai il suo passaggio luminoso "7. Stanco ma felice, Goebbels quella notte tornò a casa alle tre del mattino. Prima di andare a letto scarabocchiò nel suo diario: "È quasi un sogno... un racconto di fate... Il nuovo Reich è nato. Quattordici anni di lavoro sono stati coronati dalla vittoria; la rivoluzione tedesca è finalmente cominciata! "8. Hitler dichiarò che il Terzo Reich, nato il 30 gennaio 1933, sarebbe durato mille anni', e nel linguaggio nazista esso fu sovente designato come l'" Impero dei Mille anni". In realtà, durò appena dodici anni e tre mesi, ma in questo breve lasso di tempo riuscì a provocare un'eruzione più violenta e devastatrice di ogni altra mai registrata dalla storia, innalzando il popolo tedesco al culmine del potere, fino a un punto sconosciuto in più di un millennio, e facendolo assurgere a padrone dell'Europa - dall'Atlantico al Volga, dal Capo Nord al Mediterraneo - per precipitarlo subito dopo in un abisso di distruzione e di desolazione alla fine di una guerra Mondiale che la nazione tedesca aveva provocato a sangue freddo e duranf la quale fu istituito il regno del terrore sui popoli conquistati, con una,9 diata carneficina di vite umane e un'oppressione dello spirito che s; quella delle più selvagge tirannidi di ogni tempo.
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William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt L'ascesa di Hitler II fondatore del Terzo Reich, colui che riuscì a governare la Germania senza pietà e con non comune astuzia, portandola ad altezze vertiginose e poi a una fine tremenda, sebbene malvagio era certamente un uomo geniale. È vero che il popolo tedesco era stato misteriosamente predisposto a quell'evento da secoli di esperienza, e che egli trovò in esso uno strumento naturale che seppe plasmare come volle per raggiungere i suoi fini sinistri; ma non c'è dubbio che senza la personalità demoniaca di Adolf Hitler, senza la sua volontà di ferro, i suoi strani istinti, la sua fredda mancanza di scrupoli, la sua intelligenza eccezionale, la sua potente immaginazione e la sua quasi incredibile capacità di dominare uomini e situazioni fino alla fine, quando ebbro di potere e di successi oltrepassò ogni limite, il Terzo Reich non sarebbe mai esistito. " Hitler è uno dei grandi esempi, - osserva Friedrich Meinecke, eminente storico tedesco, - della singolare incalcolabile potenza della personalità nella vita storica " 10. Alcuni tedeschi e, di certo, la gran parte degli stranieri, videro in lui un ciarlatano che s'era impadronito a Berlino del potere; ma per la stragrande maggioranza dei tedeschi Hitler era già circondato, o doveva esserlo in seguito, dall'aureola di condottiero inviato dalla provvidenza. Quei tedeschi gli ubbidirono ciecamente, come se fosse dotato di una mente divina, nei tempestosi dodici anni che seguirono. L'avvento di Adolf Hitler. Date le sue origini e i suoi precedenti, sarebbe difficile immaginare una figura meno indicata a raccogliere l'eredità di Bismarck, degli imperatori Hohenzollern e del presidente Hindenburg, di questo strano austriaco di origine contadina, nato alle sei e mezzo di sera del 20 aprile 1889 al Gast-hof zum Pommer, una modesta locanda di Braunau sull'Inn, al di qua della frontiera bavarese. Il luogo di nascita sul confine austro-tedesco doveva assumere agli occhi di Hitler un particolare significato, giacché fin dalla prima giovinezza egli fu ossessionato dall'idea che nessuna frontiera avrebbe dovuto dividere i due popoli di lingua tedesca e che entrambi avrebbero dovuto appartenere a un medesimo Reich. La forza e la tenacia di questi suoi sentimenti furono tali che a trentacinque anni, dettando in una prigione tedesca il libro che doveva divenire la " guida " del Terzo Reich, consacrò le primissime righe al significato simbolico da lui attribuito al suo luogo di nascita. Mein Kampf, infatti, comincia con queste parole: Provvidenziale e fortunata mi appare oggi la circostanza che il destino mi abbia assegnato come luogo di nascita precisamente Braunau, sull'Inn. Giace difatti questa cittadina sulla frontiera dei due Stati tedeschi, la cui riunione sembra, se non altro a noi giovani, un compito fondamentale che va realizzato a tutti i costi... Questa piccola città di frontiera mi sembra il simbolo di una grande missione ". 8
La nascita del Terzo Reich 9 Adolf Hitler era il terzo figlio di terzo letto di un modesto doganiere austriaco che, essendo figlio illegittimo, portò nei primi trentacinque anni della sua vita il cognome della madre, Schicklgruber. Il cognome Hitler figura sia fra gli ascendenti materni che fra quelli paterni; tanto la nonna materna quanto il nonno paterno portavano il cognome di Hitler, o sue varianti, il cognome essendo scritto in vari modi: Hiedler, Huetler, Huettler e Hitler. La madre di Adolf era cugina in secondo grado di suo padre, per cui fu necessaria una speciale dispensa vescovile per il matrimonio. Gli antenati paterni e materni del futuro Fùhrer della Germania erano vissuti per intere generazioni nel Waldviertel, un distretto della Bassa Austria compreso tra il Danubio e le frontiere della Boemia e Moravia. In occasione del mio soggiorno a Vienna dovetti talvolta attraversare questa regione per recarmi a Praga o in Germania. Si tratta di un territorio collinoso, coperto di boschi, di villaggi di contadini e di piccole fattorie, e benché si trovi a sole cinquanta miglia da Vienna ha un aspetto alquanto remoto e povero, come se le principali correnti della vita austriaca non l'avessero raggiunto. I suoi abitanti sono inclini all'ostinazione, al pari dei contadini cèchi residenti un po' più a nord. Come nel caso dei genitori di Hitler, fra essi i matrimoni fra consanguinei sono frequenti, e i figli illegittimi numerosi. Gli ascendenti materni di Hitler avevano abitudini alquanto sedentarie; la famiglia di Klara Poelzl viveva da quattro generazioni nel podere agricolo numero 37 del villaggio di Spital12. Completamente diversa era invece l'indole degli antenati paterni; come abbiamo visto, lo stesso cognome era cambiato e con Pagina 11
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt esso il luogo di residenza. Fra gli Hitler si può constatare una continua irrequietezza, un impulso a spostarsi da un villaggio all'altro, a cambiare continuamente mestiere, a rifuggire da rapporti umani duraturi e inoltre una condotta piuttosto incostante nei rapporti con le donne. Il nonno di Adolf, Johann Georg Hiedler, era un mugnaio ambulante che esercitava il suo mestiere spostandosi da un villaggio all'altro della Bassa Austria. Cinque mesi dopo il suo primo matrimonio, nel 1824, gli nacque un figlio, ma né la madre né il bambino sopravvissero. Diciotto anni dopo, quando lavorava a Dùrenthal, sposò una contadina di quarantasette anni del villaggio di Strones, Maria Anna Schicklgruber. Cinque anni prima del matrimonio, il 7 giugno 1837, Maria aveva avuto un figlio illegittimo al quale aveva imposto il nome di Alois e che doveva essere il padre di Adolf Hitler. Benché non esistano prove precise al riguardo, è molto probabile che il padre di Alois sia stato Johann Hiedler. È vero che Johann sposò la donna; ma, contrariamente a quanto avviene di solito in questi casi, non si curò di legittimare il figlio dopo il matrimonio. Il bambino crebbe col nome di Alois Schicklgruber. Anna morì nel 1847, e Johann Hiedler scomparve per trent'anni per ricomparire soltanto, ormai ottantaquattrenne, nella città di Weitra, nel Waldviertel, con l'ortografia del nome mutata in Hitler, per dichiarare dinanzi a un notaio e a tre testimoni di essere il padre di Alois Schicklgruber. Per quali ragioni il vecchio abbia atteso tanto a legittimare il figlio, e perché 10 L'ascesa di Hitler alla fine abbia preso tale decisione, non risulta dai documenti a nostra disposizione. Secondo lo Heiden, Alois confidò più tardi a un amico di averlo fatto per poter accedere all'eredità lasciata da uno zio, fratello del mugnaio, che aveva allevato il ragazzo nella propria casa ". Quale che sia la vera ragione, il tardivo riconoscimento avvenne il 6 giugno 1876, e il 23 novembre dello stesso anno il parroco di Dollersheim, alla cui parrocchia venne trasmesso l'atto notarile, cancellò il nome Alois Schicklgruber nel registro dei battesimi sostituendolo con quello di Alois Hitler. Da quel momento, il padre di Adolf venne ufficialmente chiamato Alois Hitler, e il cognome naturalmente passò al figlio. Solo tra il '30 e il '40 alcuni solerti giornalisti viennesi, frugando negli archivi parrocchiali, scoprirono questi fatti sugli antenati di Hitler e, trascurando la tardiva decisione del vecchio Johann Georg Hiedler di agire rettamente riconoscendo un figlio illegittimo, vollero attribuire al capo dei nazisti il nome di Adolf Schicklgruber. La strana vita di Adolf Hitler è ricca di curiosi capricci del destino, ma 11 più bizzarro fu quello che avvenne trent'anni prima della sua nascita; in fatti se l'ottantaquattrenne mugnaio ambulante non fosse ricomparso all'im provviso per riconoscere il figlio ormai trentanovenne, circa trent'anni dopo la morte della madre, Adolf Hitler sarebbe nato come Adolf Schicklgruber. Un cognome forse vuoi dire poco o niente, eppure ho sentito dei tedeschi arzigogolare e chiedersi se Hitler sarebbe o no divenuto il padrone della Germania se fosse stato noto al mondo col cognome Schicklgruber, che in bocca a un tedesco meridionale ha un suono leggermente comico. Si possono forse immaginare le masse frenetiche della Germania acclamare Schicklgru ber con i loro tonanti Heil'? Heil Schicklgruber! Va ricordato che lo Heil Hitler! venne usato dalla folla non solo quale antifona wagneriana e pagana nel fasto mitico delle colossali adunate naziste, ma divenne altresì, durante il Terzo Reich, la forma obbligatoria di saluto fra i tedeschi *. I genitori di Alois, a quanto pare, non vissero mai insieme, neppure dopo sposati; e il futuro padre di Adolf Hitler crebbe con lo zio, che pur essendo fratello di Johann Georg Hiedler, scriveva in modo diverso il proprio cognome ed era noto come Johann von Nepomuk Huetler. Tenuto conto dell'odio irriducibile che il Fùhrer nazista nutrì fin dalla sua prima giovinezza contro i cèchi, di cui in seguito distrusse lo Stato, vai la pena di soffermarsi brevemente a considerare questo nome di battesimo. Johann von Nepomuk (Giovanni Nepomuceno) era il santo patrono della nazione cèca e il fatto che un Hitler abbia portato tale nome starebbe a convalidare l'opinione di alcuni storiografi che vi fosse sangue cèco nella famiglia. Alois Schicklgruber imparò dapprima il mestiere di calzolaio nel villag* Lo stesso Hitler sembra essersi reso conto di tutto ciò. Nella sua giovinezza, infatti, confidò all'unico suo amico d'infanzia che nulla gli era piaciuto tanto quanto il cambiamento di cognome di suo padre. Egli raccontò ad August Kubizek che il cognome Schicklgruber " gli sembrava molto rozzo e goffo, Pagina 12
William oltre ad essere pesante soltanto Hitler suonava Young Hitler I Knew, p.
L. Shirer - La storia del terzo reich.txt e poco pratico. Hiedler gli sembrava troppo... fiacco; bene ed era facile da ricordare " (AUGUST KUBIZEK, The 40).
La nascita del Terzo Reich 11 gio di Spital, ma essendo irrequieto quanto il padre, partì giovane per Vienna in cerca di fortuna. A diciotto anni s'arruolò nella polizia di frontiera delle dogane austriache di stanza a Salisburgo; divenuto effettivo alla dogana, sposò nove anni dopo Anna Glasl-Horer, figlia adottiva di un impiegato di dogana, che, insieme a una piccola dote, gli procurò un certo elevamento nella scala sociale, secondo le tradizioni della piccola burocrazia austro-ungarica. Ma il matrimonio non fu felice. Lei aveva quattordici anni più di lui e una salute alquanto cagionevole e non gli diede dei figli. Dopo sedici anni si separarono e tre anni dopo, nel 1883, essa morì. Prima della loro separazione, Alois, già legalmente noto col cognome di Hitler, ebbe una relazione con una giovane cuoca d'albergo, Franziska Matz-elsberger, che nel 1882 gli diede un figlio chiamato Alois. Un mese dopo la morte della moglie egli sposò la cuoca e tre mesi più tardi gli nacque una figlia, Angela. Il secondo matrimonio di Alois Hitler non durò a lungo; entro l'anno Franziska morì di tubercolosi. Sei mesi dopo Alois Hitler si sposò per la terza e ultima volta. Klara Poelzl, la nuova sposa e la futura madre di Adolf Hitler, aveva venticinque anni, mentre suo marito ne aveva quarantotto. Si conoscevano da lungo tempo e anche Klara era originaria di Spital, il villaggio degli antenati di Hitler. Suo nonno era Johann von Nepomuk Huetler, presso il quale suo nipote, Alois Schicklgruber-Hitler, era cresciuto. Essendo cugini di secondo grado, Alois e Klara dovettero chiedere, come abbiamo detto, una speciale dispensa vescovile per potersi sposare. Si trattava di una unione che l'impiegato alle dogane aveva progettato già molti anni prima, quando, all'epoca del suo primo matrimonio, aveva accolto Klara come figlia adottiva nella propria casa senza figli. La bambina era vissuta per molti anni con gli Schicklgruber a Braunau e sembra che già durante la malattia della prima moglie, Alois avesse pensato di sposare Klara non appena l'ammalata fosse morta. Alois era già stato legittimato ed era entrato in possesso dell'eredità lasciatagli dallo zio, dal nonno di Klara, quando la ragazza compì i sedici anni, limite minimo di età per potersi sposare legalmente. Ma, o perché la malattia della moglie si protraeva dopo l'avvenuta separazione, o perché nel frattempo Alois s'era messo con la cuoca Franziska Matzelsberger, Klara, a vent'anni, abbandonò la casa e si trasferì a Vienna, dove trovò lavoro come domestica. Tornò dal cugino quattro anni dopo per occuparsi dei lavori di casa, dato che negli ultimi anni di vita anche Franziska aveva abbandonato l'abitazione del marito. Alois Hitler e Klara Poelzl si sposarono il 7 gennaio 1885 e quattro mesi e dieci giorni dopo nasceva il loro primo figlio, Gustav, che al pari di Ida, loro seconda figlia nata nel 1886, morì nell'infanzia. Adolf fu il terzo figlio nato da quel matrimonio. Un fratello minore, Edmund, nato nel 1894, visse soltanto fino all'età di sei anni. La quinta e ultima figlia, Paula, nata nel 1896, doveva sopravvivere al suo celebre fratello. Anche il fratellastro di Adolf, Alois, e la sorellastra Angela, ambedue 12 L'ascesa di Hitler figli di Franziska Matzelsberger, raggiunsero la maggiore età. Angela era una bella ragazza e sposò un agente delle imposte chiamato Raubal. Alla morte di questi, lavorò a Vienna come governante, e se le notizie raccolte da Hei-den sono esatte, anche come cuoca presso una istituzione ebraica di carità H. Nel 1928 Hitler la prese con sé a Berchtesgarden quale sua governante, e da allora si parlò molto, nei circoli nazisti, dei meravigliosi pasticcini viennesi da lei preparati, che il fratello divorava con voracità. In seguito, nel 1936, Angela lo lasciò per sposarsi con un professore di architettura di Dresda. Hitler, che era divenuto cancelliere e dittatore, si sentf offeso e non volle inviarle neppure un regalo di nozze. Sembra che Angela sia stata l'unica parente con la quale Hitler abbia mantenuto stretti rapporti durante i suoi ultimi anni, con una sola eccezione: Angela aveva una figlia, Geli Raubal, una bella ragazza bionda con la quale, come vedremo, Hitler intrecciò l'unica relazione amorosa veramente profonda della sua vita. Adolf Hitler non volle mai sentir parlare del fratellastro, Alois Matzelsberger. Legittimato in seguito come Alois Hitler, costui era diventato cameriere e per molti anni ebbe grane con la giustizia. Lo Heiden riferisce che Pagina 13
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt a diciott'anni il giovane fu condannato a cinque mesi di prigione per furto e a vent'anni scontò otto mesi di carcere per un analogo reato. Alla fine si trasferì in Germania, ma anche qui si trovò coinvolto in altri imbrogli. Nel 1924, mentre Adolf Hitler languiva in prigione per aver inscenato una rivolta politica a Monaco, Alois Hitler venne condannato a sei mesi di prigione per bigamia da una corte di Amburgo. Successivamente, secondo lo Heiden, egli si trasferì in Inghilterra dove mise su una famiglia che poi abbandonò15. Con l'avvento al potere dei nazionalsocialisti, Alois Hitler migliorò la sua sorte: apri una Bier• stube - una piccola birreria - in un sobborgo di Berlino, e poco prima della guerra si trasferì nella Wittenbergplatz, nel centro mondano della capitale. La birreria era molto frequentata dai gerarchi nazisti e durante la prima metà della guerra, quando i generi alimentari cominciarono a scarseggiare, il locale ne era sempre abbondantemente provvisto. Io stesso, allora, vi andavo qualche volta. Alois, che in quei giorni stava per compiere i sessant'anni, era un uomo semplice, corpulento e di buon carattere, poco somigliante al suo famoso fratellastro, per niente diverso da tanti e tanti osti proprietari di piccoli spacci di birra della Germania e dell'Austria. Gli affari andavano bene e qualunque fosse il suo passato, era evidente che ora Alois godeva di una vita prospera; la sua unica paura era che in un momento di rabbia o di disgusto il suo fratellastro potesse fargli ritirare la licenza. Qualche volta nella piccola birreria si mormorava che il cancelliere e Fùhrer del Reich si rammaricasse dell'esistenza di questo testimone delle umili origini della famiglia Hitler. Ricordo che lo stesso Alois respingeva ogni conversazione che potesse riferirsi al fratellastro: precauzione quanto mai saggia, è vero, ma alquanto deludente per chi, come me, cercava di chiarire il più possibile gli antecedenti dell'uomo che già allora aveva incominciato a conquistare l'Europa. La nascita del Terzo Reich 13 Rare volte Hitler fece menzione - o acconsentì che si parlasse in sua presenza - della sua famiglia, dei suoi antenati e della sua giovinezza. Unica eccezione, Mein Katnpf, dove però il materiale biografico è scarso, spesso confuso e non privo di fondamentali omissioni. Fin qui abbiamo visto i precedenti familiari del futuro Fiihrer. Dobbiamo ora occuparci della sua giovinezza. La giovinezza di Adolf Hitler. L'anno stesso in cui il padre, cinquantottenne, si ritirò dalle dogane, Adolf, che allora aveva sei anni, si iscrisse alla scuola pubblica del villaggio di Fischlham, a poca distanza da Linz, a sud-ovest della città. Ciò avvenne nel 1895, e nei quattro o cinque anni successivi l'irrequieto vecchio pensionato si trasferì da un villaggio all'altro, sempre nelle vicinanze di Linz. A quindici anni, suo figlio poteva ricordare non meno di sette cambiamenti di domicilio e ben cinque scuole diverse. Per due anni aveva frequentato la scuola del monastero benedettino di Lambach, nelle cui vicinanze suo padre aveva acquistato una fattoria. Là aveva cantato nel coro, preso lezioni di canto e, secondo quanto egli stesso racconta ", sognato di prendere un giorno gli ordini sacri. Infine il doganiere in pensione si stabilì definitivamente nel villaggio di Leonding, sobborgo meridionale di Linz, dove la sua famiglia si era sistemata in una modesta casa con un giardino annesso. A sette anni Adolf venne inviato alla scuola media di Linz: un sacrificio non indifferente da parte del padre, che sta a indicare come questi nutrisse l'ambizione che il figlio, seguendo le sue orme, diventasse a sua volta impiegato statale. Ma era l'ultima cosa che il giovane avrebbe sognato di fare. " Allora ero appena undicenne, - Hitler raccontò più tardi ", - e mi vidi costretto ad opporrai per la prima volta a mio padre... Non volevo diventare un impiegato statale ". La storia della lotta inesorabile e amara del ragazzo, che aveva da poco compiuto gli undici anni, contro il padre rigido e, come lui stesso riferisce, autoritario, è uno dei pochissimi tratti autobiografici che Hitler descrive minuziosamente e con evidente sincerità e verosimiglianza in Mein Kampf. Questo conflitto suscitò le prime manifestazioni di quella sua volontà violenta e inflessibile che doveva condurlo tanto lontano, malgrado ostacoli apparentemente insormontabili, volontà che doveva abbattere chiunque gli sbarrava la strada e lasciare un marchio indelebile in Germania e in Europa. Io non volevo diventare impiegato. Né persuasioni né severe minacce poterono ridurre siffatta resistenza. Io non volevo diventare impiegato, mai e poi mai. Tutti i tentativi di svegliare in me simpatia o gusto per tale carriera, mediante le descrizioni tolte dalla esemplare camera paterna, ottenevano l'effetto opposto. Pagina 14
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Sentivo fastidio e sbadigliavo all'idea di dovermi chiudere in un ufficio, legato a un orario, di non essere padrone del mio tempo, anzi, di dover forzare lo scopo della mia vita in moduli da riempire...; ma un bel giorno capii chiaramente che volevo diventare pittore...
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L'ascesa di Hitler Pittore? Artista? Mio padre dubitò della mia intelligenza, credette di avere capito o udito male. Ma dopo che ebbe chiarito tale dubbio, e sentito tutta la serietà delle mie intenzioni, vi si oppose con tutta l'irruenza della sua natura... Pittore, mai, finché io viva. Mai!... Il padre restò sul suo giammai, e io mi trincerai nel mio, malgrado tutto... ". Stando a quello che Hitler riferì in seguito, la conseguenza di questa ostilità fu I'interru2ione dei suoi studi scolastici. " Pensai che una volta che mio padre si fosse reso conto del mio scarso profitto nella scuola media, mi avrebbe permesso, volente o nolente, di consacrarmi al mio sogno " ". Ma queste parole, scritte a distanza di trentaquattro anni, potrebbero anche essere, almeno in parte, un tentativo di giustificare i propri insuccessi scolastici. I voti da lui riportati nelle elementari erano stati tutti buoni, ma alla scuola media di Linz essi furono talmente scadenti che alla fine il giovane dovette essere trasferito, senza avere ottenuto il certificato abituale, alla scuola media statale di Steyr, una cittadina non molto lontana da Linz. Ma non vi rimase per molto e l'abbandonò prima di aver ottenuta la licenza media. Per Hitler il fallimento scolastico costituì un argomento scottante per il resto della sua vita: egli non perdeva occasione per deridere " quegli accademici ", coi loro titoli, i loro diplomi, i loro atteggiamenti professorali. Perfino negli ultimi tre o quattro anni della sua vita, quando al Quartier Generale delle forze armate era oppresso da infiniti problemi di strategia militare, di tattica e di comando, era capace di spendere un'intera serata per ricordare ai suoi vecchi camerati la stupidità dei maestri da lui avuti durante la giovinezza. Sono rimaste alcune delle divagazioni cui si abbandonò il suo genio malato nel periodo in cui, quale comandante supremo, dirigeva personalmente le sue poderose armate dalla Volga fino alla Manica. Quando penso a coloro che sono stati miei professori, mi rendo conto che per la maggior parte erano piuttosto matti; coloro che potevano essere considerati dei buoni maestri erano delle eccezioni. È tragico pensare che tale gente abbia il potere di sbarrare la strada all'avvenire di un giovane [3 marzo 1942] 20. Ho il più sgradevole ricordo dei miei maestri. La loro apparenza esteriore trasudava sporcizia; avevano i colletti trasandati... Erano il prodotto di un proletariato privo di ogni indipendenza di pensiero; caratterizzati da una ignoranza senza pari, erano quindi molto adatti per essere le colonne su cui poggiava un logoro sistema di governo, che grazie a Dio è ormai un ricordo del passato. [12 aprile 1942] 21. Quando ricordo i miei maestri di scuola, mi rendo conto che metà di loro erano anormali... A noi alunni della vecchia Austria si insegnava a rispettare i vecchi e le donne. Ma noi con i nostri professori non avevamo clemenza, per noi essi rappresentavano i nostri nemici naturali. La maggior parte di loro era alquanto anormale e non pochi finirono la loro esistenza come veri dementi... Io godevo di una pessima reputazione presso i miei professori. Non avevo la minima disposizione per lo studio delle lingue straniere, ma avrei potuto acquistarla se il mio professore non fosse stato un idiota congenito. Non lo potevo vedere. [29 agosto 1942] a. I nostri professori erano dei tiranni assoluti. Non avevano alcuna simpatia per la gioventù e il loro unico obiettivo era d'imbottirci il cervello allo scopo di trasformarci in La nascita del Terzo Reich 15 immie erudite come loro. L'allievo che dimostrava la benché minima traccia di originarti veniva incessantemente perseguitato e tutti gli allievi esemplari di cui ho avuto notizia sono stati invariabilmente dei falliti nella vita. [7 settembre 1942] ". È evidente che Hitler non perdonò mai ai suoi maestri i brutti voti che eli avevano dato. La sua distorsione dei fatti rasentava il grottesco. Quando Hitler era ormai diventato un personaggio d'importanza mondiale, alcuni suoi maestri descrissero brevemente l'impressione che ne avevano avuto. Uno dei pochi insegnanti che pare sia piaciuto a Hitler era il professor Theodor Pagina 15
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Gissinger, il quale si era sforzato di insegnargli le scienze naturali. Gissinger notò in seguito: " Per quanto mi concerne, Hitler a Linz non lasciò nessuna impressione, né favorevole né sfavorevole. Non era affatto primo della classe. Era snello e eretto, aveva la faccia pallida e affilata, quasi come quella di un tisico, lo sguardo particolarmente fisso e gli occhi splendenti " ". Il professor Eduard Huemer, insegnante di francese - e, pare, " l'idiota congenito " menzionato da Hitler - si recò a Monaco nel 1923 per testimoniare nella causa per tradimento intentata contro il suo ex allievo in seguito al putsch della birreria. Pur lodando le aspirazioni di Hitler, lo Huemer, dopo aver dichiarato di sperare fervidamente che il suo ex alunno riuscisse a realizzare i suoi ideali, tracciò questo ritratto del giovane studente di scuola media: Hitler era certamente ben dotato, anche se solo in alcune materie; ma non sapeva controllarsi e, a dir poco, era considerato un attaccabrighe, un testardo, un presuntuoso di cattivo umore, incapace di sottomettersi alla disciplina scolastica. Non era diligente, altrimenti con le sue doti avrebbe potuto conseguire risultati molto migliori ". C'era stato, alla scuola media di Linz, un insegnante che a suo tempo aveva esercitato sul giovane Adolf Hitler una grande influenza, destinata in seguito a rivelarsi fatale: era un professore di storia, il dottor Leopold Poetsch, originario dell'area meridionale della lingua tedesca, al confine col territorio abitato dagli slavi del Sud. La lotta razziale, propria di quella zona, aveva fatto di quel professore un fanatico pangermanista. Prima di stabilirsi a Linz, egli aveva insegnato a Marburgo, città passata alla Jugoslavia dopo la prima guerra mondiale, e che si chiamava ora Maribor. Benché il dottor Poetsch avesse dato appena la qualifica di " discreto " in storia al suo allievo, fu l'unico maestro cui Hitler rivolse calde parole di lode in Mein Kampf. Hitler ammise volentieri il suo debito verso quest'uomo. ... E può darsi che fosse provvidenziale per tutta la mia vita avvenire il fatto che la fortuna mi avesse destinato precisamente un simile maestro, che capiva e sapeva far trionfare questo punto di vista, sia nell'insegnamento come negli esami. Nel mio professore di storia, il dottor Leopold Potsch della scuola tecnica di Linz, questo ideale si era perfettamente incarnato. Era un vecchio signore dall'aspetto bonario seppure deciso, e sapeva, mediante una eloquenza appassionata, non soltanto attirare la nostra attenzione, ma proprio rapirci. Ancora oggi io ricordo con dolce commozione quell'uomo grigio che nel fuoco della sua esposizione ci faceva a volte dimenticare il tempo presente, ci trasportava mirabilmente nel passato e sapeva estrarre dalla nebbia dei secoli il nudo fatto storico trasformandolo in realtà viva. E noi stavamo a sentirlo a volte infiammati di ardente enr 16 L'ascesa di Hitler tusiasmo, a volte commossi fino alle lacrime... Il nostro giovane fanatismo nazionale gli era diventato un mezzo per la nostra educazione... appellandosi più di una volta al nostro orgoglio patrio... Questo maestro ha fatto per me, della storia, la materia prediletta-Certo, forse suo malgrado, egli fece di me anche un giovane rivoluzionario... M. Circa trentacinque anni dopo, nel 1938, il cancelliere Hitler, durante il giro trionfale in Austria, da lui annessa con la forza al Terzo Reich, si fermò a Klagenfurt per salutare il suo vecchio maestro, allora in pensione. Provò grande piacere nell'apprendere che il vecchio era stato membro dell'organizzazione clandestina delle SS, dichiarata fuori legge quando l'Austria era ancora indipendente. S'intrattenne col vecchio a quattrocchi per un'ora, e più tardi confidò ad alcuni membri del partito: " Non potete immaginare quanto io debba a questo vecchio signore " ". Alois Hitler mori d'emorragia polmonare il 2 gennaio 1903, a sessantacinque anni. L'attacco lo colse durante una passeggiata mattutina. Alois spirò pochi minuti dopo in una locanda tra le braccia di un conoscente. Quando il figlio tredicenne vide la salma di suo padre, s'accasciò e pianse28. La madre, allora quarantaduenne, si trasferì in un modesto appartamento a Urfahr, sobborgo di Linz, dove cercò di mantenere se stessa e i due figli superstiti, Adolf e Paula, con gli scarsi risparmi e la pensione che le era rimasta. Essa si senti obbligata, come rileva Hitler in Mein Kampf, a proseguire l'educazione del figlio secondo i desideri del padre: " in altri termini, secondo le sue parole, - a farmi studiare in vista della carriera d'impiegato Pagina 16
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt statale ". Malgrado l'indulgenza della giovane vedova verso il proprio figliolo, che sembra nutrisse per lei un tenero affetto, egli era " più che mai risoluto, - disse, - a non abbracciare tale carriera ". Cosf, malgrado l'affetto tra madre e figlio, gli attriti non mancavano e Adolf continuò a trascurare i suoi studi. " Allora mi venne improvvisamente in aiuto una malattia e in poche settimane si decise il mio destino e si risolse l'eterna lite familiare " ". La lunga malattia che afflisse Hitler poco prima dei sedici anni lo costrinse a sospendere gli studi per almeno un anno: Adolf fu inviato per un certo periodo al villaggio della sua famiglia, Spital, per rimettersi in salute presso la sorella della madre, una contadina di nome Theresa Schmidt. Una volta guarito, riprese a frequentare per un breve periodo la scuola media di Steyr. Nell'ultima sua pagella, in data 16 settembre 1905, Hitler ha " sufficiente " in tedesco, chimica, fisica, geometria e disegno geometrico, " buono " in geografia e storia e " ottimo " in disegno libero. Hitler si sentì talmente felice al pensiero di lasciare definitivamente la scuola che, per la prima e ultima volta nella sua vita, s'ubriacò. Molti anni dopo ricordava di esser stato raccolto all'alba, disteso per una strada di campagna fuori di Steyr, da una lattaia che l'aiutò a tornare in città. Giurò allora che la cosa non si sarebbe mai più ripetuta *. Almeno in questo egli rimase fedele alla propria * Egli raccontò questo episodio della propria vita in uno di quei momenti particolari in cui si sentiva incline ai ricordi e precisamente la sera tra l'8 e il 9 gennaio 1942 al suo quartier generale (Hitler's Secret Conversations, p. 160). La nascita del Terzo Reicb 17 parola, poiché divenne astemio e vegetariano e abolf il fumo, anzitutto per necessità - quando faceva il vagabondo squattrinato a Vienna e a Monaco di Baviera - successivamente per convinzione. Hitler descrisse i due o tre anni seguenti come i più felici della sua vita *. Mentre sua madre lo pregava e i suoi parenti lo incitavano a lavorare e imparare un mestiere, egli si limitava a sognare un avvenire d'artista e a fare la bella vita lungo il Danubio. Non dimenticò mai la " soffice mollezza " di questo periodo tra i sedici e i diciannove anni quando come " cocco di mamma " godette " la falsità di una vita comoda " w. Mentre la vedova afflitta affrontava grandi difficoltà per sbarcare il lunario, il giovane Adolf si rifiutava di aiutarla trovandosi un impiego. L'idea di guadagnarsi il pane con un qualsiasi impiego fisso gli ripugnava, e questa ripugnanza gli rimase per tutta la vita. Evidentemente la grande felicità provata da Hitler in questi ultimi anni prima di raggiungere l'età virile era legata al fatto di non dover lavorare: ciò che gli permise di almanaccare e sognare in libertà, di trascorrere le sue giornate vagando per le strade della città o in campagna, infervorandosi coi suoi compagni contro i mali del mondo e discutendo il modo di raddrizzarli, mentre la sera leggiucchiava qualche libro oppure ascoltava in piedi, rapito, nel loggione del Teatro dell'Opera di Linz o di Vienna, le opere mistico-pagane di Riccardo Wagner. Un suo amico d'infanzia lo ricorda come un giovane pallido, esile e malaticcio che, malgrado un'abituale timida reticenza, era capace d'improvvisi accessi di furore isterico contro coloro che non andavano d'accordo con lui. Per quattro anni s'invaghì profondamente di un'avvenente fanciulla bionda di nome Stefania, e benché spesso la fissasse con ardore mentre lei passeggiava in compagnia della madre per la Landstrasse di Linz, pure non prese alcuna iniziativa per parlarle, preferendo conservare la sua immagine, con tante altre simili, nel mondo ombroso delle sue sublimi fantasie. Nelle innumerevoli poesie d'amore che scrisse per lei senza mai inviargliene alcuna (una di queste s'intitolava Inno all'amata) e che volle assolutamente leggere al suo paziente amico August Kubizek **, essa diventava infatti una fanciul* " Questi furono i giorni più felici della mia vita; mi sembrarono quasi un sogno... " (Metti Kampf, p. 18). In una lettera in data 4 agosto 1933, sei mesi dopo essere diventato cancelliere, Hitler scrisse al suo amico d'infanzia August Kubizek: " Sarei molto lieto di rivivere... ancora una volta con te questi ricordi degli anni migliori della mia vita " (KUBIZEK, The Young Hitler I knew, p. 273). ** II Kubizek, il quale sembra sia stato l'unico e solo amico che Hitler abbia avuto durante la giovinezza, ha dato nel suo libro The Young Hitler I knew un quadro molto interessante del suo compagno negli ultimi quattro anni prima che questi si abbandonasse, all'età di diciannove anni, al vagabondaggio a Vienna. Questo ritratto non solo colma un vuoto biografico della vita del Pagina 17
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Fiihrer tedesco, ma in un certo senso rettifica le idee correnti circa il suo carattere da giovane. Kubizek era tutto l'opposto di Hitler: aveva una regolata vita familiare a Linz, faceva il tappezziere come suo padre, lavorando con diligenza, studiando contemporaneamente musica e conseguendo il diploma con lode nel Conservatorio di musica di Vienna. La sua promettente carriera di direttore d'orchestra e compositore venne sconvolta dalla prima guerra mondiale. 18 L'ascesa di Hitler la uscita dalla Walkiria, che in una veste di velluto azzurro scuro cavalcava un bianco destriero in mezzo a prati fioriti31. Benché Hitler fosse deciso a diventare un artista, preferibilmente pittore o almeno architetto, era tuttavia ossessionato dalla politica fin dall'età di sedici anni. In quel tempo si era andato sviluppando in lui un odio violento contro la monarchia asburgica e contro tutte le razze non germaniche del plurinazionale impero austro-ungarico, nonché un amore ugualmente violento per tutto quanto fosse tedesco. A sedici anni era già l'uomo che doveva rimanere fino alla fine: un fanatico nazionalista germanico. Malgrado tutto il suo vagabondare, non sembra che avesse molto dello spirito incurante proprio della gioventù. Era assillato dai problemi del mondo. Kubizek doveva in seguito ricordare: " Egli vedeva dappertutto soltanto ostacoli e ostilità... Era sempre alle prese con qualcosa e in conflitto col mondo... Non l'ho mai visto prendere niente alla leggera..."32. Fu in quell'epoca che il giovane insofferente della scuola, divenne un vorace lettore e s'iscrisse alla biblioteca per l'educazione degli adulti di Linz e alla Società per il museo, prendendone in prestito i libri in grande numero. Il suo giovane amico lo ricorda sempre in mezzo ai libri, tra i quali prediligeva quelli sulla storia e la mitologia tedesche ". Linz era una città di provincia, e non passò molto tempo che Vienna, la splendente capitale barocca dell'impero, cominciò ad esercitare la sua attrazione su quel giovane dotato di tanta ambizione e immaginazione. Cosi nel 1906 subito dopo il diciottesimo compleanno, Hitler s'accinse a passare due mesi nella grande metropoli coi fondi che sua madre e altri parenti gli avevano messo a disposizione. Benché Vienna dovesse diventare in seguito il luogo dove visse gli anni più amari della sua vita, letteralmente sul lastrico, è certo che durante la sua prima visita essa lo avvinse. Vagò per le strade per giorni e giorni, entusiasmandosi dinanzi agli imponenti palazzi del Ring e in continua estasi per ciò che vedeva nei musei, all'Opera e nei vari teatri. Egli, inoltre, s'informò presso l'Accademia delle Belle Arti di Vienna circa le pratiche d'iscrizione e un anno dopo, nell'ottobre 1907, tornò alla capitale per sostenervi l'esame di ammissione, primo passo concreto verso l'agognato sogno di divenire pittore. Aveva diciotto anni ed era pieno di grandi speranze. Esse però furono infrante, come dimostrano queste righe contenute nella graduatoria per l'ammissione all'Accademia. I seguenti candidati hanno ottenuto nella prova risultati insufficienti, o non sono stati ammessi... Adolf Hitler, nato a Braunau sull'Inn il 20 aprile 1889, tedesco, cattolico. Padre: impiegato statale. Quattro anni di frequenza alla scuola media. Scarse attitudini. Prova di disegno: insufficiente34. Hitler si ripresentò l'anno successivo, ma questa volta i suoi disegni furono talmente scadenti che non venne nemmeno ammesso alla prova. Questo incidente, per l'ambizioso giovane, fu un vero fulmine a ciel sereno: a tal punto egli era convinto di venire senz'aitro accettato. Stando a ciò che egli stesso racconta in Metti Kampf, Hitler chiese spiegazioni in proposito al rettore dell'Accademia. La nascita del Terzo Reich 19 Cosi mi presentai al rettore e gli chiesi di chiarirmi i motivi della mia bocciatura; quel signore mi assicurò che dai disegni che avevo presentato risultava con ogni evidenza che non ero assolutamente adatto a fare il pittore, ma che il mio talento mi portava piuttosto verso il campo dell'architettura; non c'era per me altra prospettiva che la scuola di architettura dell'Accademia stessa...3S. Il giovane Adolf fu incline ad accettare il suggerimento, ma presto dovette disilludersi, giacché la mancanza della licenza media costituiva un ostacolo insuperabile per l'ammissione alla scuola di architettura. Nel frattempo la madre si era ammalata di cancro al seno ed egli fu costretto a rientrare a Linz. Da quando aveva interrotto gli studi, Adolf era stato mantenuto per altri tre anni dalla madre Klara Hitler e dai parenti della madre, senza che nessuno di loro potesse vedere i propri sacrifici coronati da Pagina 18
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt successo. Il 21 dicembre 1908, quando la città cominciava ad assumere un aspetto natalizio, la madre di Adolf Hitler moriva. Due giorni dopo venne seppellita a Leonding accanto a suo marito. Per il giovane diciannovenne la morte di mia madre segnò la fine improvvisa di quei bei piani... quel colpo mi abbattè terribilmente. Io avevo onorato mio padre, ma amavo mia madre... La necessità, una dura realtà, mi costrinsero a prendere una rapida decisione... mi toccava dunque, in un modo o nell'altro, guadagnarmi il pane... ". In qualche modo! Egli era senza un mestiere e aveva sempre disdegnato il lavoro manuale. Non aveva mai cercato di guadagnarsi neppure un centesimo, ma non si perse d'animo. Accomiatandosi dai suoi familiari, ebbe a dire che non sarebbe tornato se non avesse fatto fortuna. Con una valigia piena di vestiti e di biancheria, con un'indomita volontà nel cuore, partii per Vienna. Ciò che era riuscito a mio padre cinquant'anni prima, speravo anch'io di poterlo strappare al destino; anch'io, certo, volevo diventare qualcuno, ma a nessun costo un impiegato!... ". " II periodo più triste della mia vita ". I successivi quattro anni, tra il 1909 e il 1913, sarebbero stati per il giovane conquistatore venuto da Linz un periodo di nera miseria e di sconforto. Nei brevi anni che precedettero la caduta degli Asburgo e la fine di Vienna capitale di un impero di cinquantadue milioni d'abitanti nel cuore d'Europa, la città aveva una gaiezza e un fascino unici tra tutte le capitali del mondo. Vi si respirava un'atmosfera barocca e rococò che nessun'altra città occidentale conosceva, non solo nell'architettura, scultura e musica, ma soprattutto nello spirito colto, gioioso e godereccio dei suoi abitanti. Stesa lungo l'azzurro Danubio presso le colline boscose del Wienerwald ricoperte dal verde giallastro dei vigneti, la sua bellezza naturale incantava i visitatori inducendo i viennesi a credere a un debole della Provvidenza per loro. Ovunque c'era musica nell'aria, la musica dei suoi geniali figli, la più sublime che l'Europa avesse mai conosciuto: Haydn, Mozart, Beethoven e 20 L'ascesa di Hitler Schubert. In quegli anni, vera estate di san Martino della sua esistenza, risuonavano anche i ritmi gai e travolgenti dei valzer viennesi del popolaris-simo Johann Strauss. Per un popolo cosf felice, immerso in uno stile di vita barocco, tutto sembrava un sogno. La brava gente della città passava giorni e notti piacevolmente, ballando e assaporando vini, oppure chiacchierando negli accoglienti caffè, ascoltando la musica e ammirando il mondo fittizio del teatro, dell'opera e dell'operetta, amoreggiando e consacrando una grande parte della propria vita ai sogni e ai piaceri. C'era, è vero, un impero da governare, un esercito e una marina da equipaggiare, le vie di comunicazione da mantenere, c'erano affari da sbrigare e, naturalmente, c'era anche del lavoro, ma pochi a Vienna avevano voglia di applicarsi più del necessario. Ovviamente la medaglia aveva il suo rovescio: come ogni altra città, Vienna aveva i suoi poveri, aveva gente denutrita e mal vestita che abitava in tuguri; ma, essendo il più grande centro industriale dell'Europa centrale e la capitale di un impero, era una città prospera la cui ricchezza raggiungeva vasti strati della popolazione. La gran massa della piccola e media borghesia controllava politicamente la città; e le forze del lavoro non solo si organizzavano in sindacati, ma avevano creato anche un potente partito politico, il Partito socialdemocratico. La vita della città era in fermento, la popolazione a quel tempo aveva raggiunto i due milioni di abitanti; l'idea democratica cominciava a scuotere la vecchia autocrazia degli Asburgo e l'educazione e la cultura s'erano aperte alle masse. Nel 1909, quando Hitler si trasferì a Vienna, un giovane privo di mezzi poteva accedere ai corsi d'istruzione superiore o trovare un lavoro decente e vivere sotto l'influsso civilizzatore della capitale, come il milione di salariati e stipendiati della città. Forse che Kubizek, l'unico amico intimo di Hitler, povero e oscuro quanto lui, non s'era già fatto da solo un nome all'Accademia di Musica? Ma il giovane Adolf rinunciò all'ambizione d'iscriversi alla scuola d'architettura, cui poteva ancora accedere pur non essendo in possesso della licenza media: i giovani che avessero dimostrato di possedere un " talento particolare " erano infatti ammessi anche senza licenza. Per quanto ne sappiamo, Hitler non fece nessuna domanda d'ammissione, né si diede da fare per apprendere un mestiere o trovarsi qualche impiego fisso. Preferì invece sprecare il suo tempo spalando neve, sbattendo tappeti, lavorando come facchino alla stazione ovest e a volte, per qualche giorno, come manovale nei cantieri edili. Nel novembre del 1909, dopo meno di un anno dal suo speranzoso arrivo a Vienna, fu Pagina 19
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt sfrattato da una camera mobiliata della Simon Denk Gasse. Questo fu il preludio alle sue successive peripezie: nei quattro anni che seguirono, visse in abitazioni di fortuna, e per qualche tempo anche nel dormitorio pubblico maschile situato al numero 27 della Melde-mannstrasse, nel ventesimo distretto di Vienna, in vicinanza del Danubio, frequentando le varie mense per poveri della città per calmare la fame. Non sorprende quindi che circa vent'anni dopo Hitler abbia potuto scrivere: La nascita del Terzo Reich 21 Vienna, la città che a molti sembra l'ideale della gioia innocente, la residenza di eente felice, rappresenta per me il ricordo vivente del tempo più triste della mia vita. Ancora oggi questa città risveglia in me soltanto grigi pensieri. Il suo nome evoca per me cinque anni di miseria e di desolazione. Cinque anni durante i quali dovetti guadagnarmi il pane come operaio avventizio e più tardi come misero pittore: un pane scarso, che non bastava mai a sfamarmi 3i. Ricordando quei tempi, Hitler non può fare a meno di parlare della fame che ebbe a patire. La fame fu in quel tempo la mia fedele compagna, che non mi abbandonò mai, che divise con me ogni cosa...; la mia esistenza era una lotta continua con questa spieiata amica... 3'. Ma la fame non lo spinse mai agli estremi; non lo costrinse mai a cercare un impiego fisso. Agiva in lui la paura, propria della piccola borghesia, di essere declassato fra le file del proletariato, tra i lavoratori manuali; una paura che in seguito seppe sfruttare, fondando il Partito nazionalsocialista sul consenso della classe media, fino allora trascurata e malpagata, e costituita da milioni di persone senza una guida, che si cullavano nell'illusione di essere superiori ai " lavoratori ", se non altro dal punto di vista sociale. Benché Hitler sostenga di avere provveduto almeno in parte 'al proprio sostentamento lavorando come " pittore di genere ", nella sua autobiografia non fornisce altri particolari riguardanti questa sua occupazione, tranne quando nota che tra il 1909 e il 1910 la sua situazione era talmente migliorata da non dover più lavorare come giornaliero. " In quell'epoca, - egli afferma, - lavoravo per conto mio come acqua-rellista e pittore di genere " ". Quanto precede, insieme alle altre notizie biografiche contenute nel Mein Kampf, può facilmente trarre in inganno. Quantunque non sembri che le testimonianze di coloro che frequentarono Hitler in quel periodo siano più attendibili, è stato possibile raccogliere quanto basta per tracciare di lui un quadro che molto probabilmente è più esatto e certamente più completo *. Che Hitler non sia stato un imbianchino come vollero far credere i suoi avversari politici, è quasi certo. Almeno, non vi sono prove in tal senso. La sua attività consisteva invece nel dipingere quadretti grossolani di Vienna, per lo più vedute di alcuni dei punti più noti della città, come il Duomo di Santo Stefano, l'Opera, il Burgtheater, il Castello di Schonbrunn o le rovine romane del parco di Schonbrunn. Stando a quanti lo conobbero, si trattava di copie di altre opere, giacché sembra che non fosse capace di dipingere dal naturale. Sono quadretti piuttosto pretenziosi e scialbi, qualcosa come gli * Cfr. Das Ende des Hitler-Mythos, di JOSEF GREINER, il quale conobbe Hitler durante una Parte del soggiorno di quest'ultimo a Vienna. Vedi anche Hitler thè Pawn di RUDOLF OLDEN. Il libro delFOlden contiene delle dichiarazioni di Reinhold Hanisch, un girovago proveniente dai sudeti che per un certo periodo era stato compagno di camerata di Hitler nel dormitorio pubblico e cne era anche andato in giro a vendere i quadri di quest'ultimo. Konrad Heiden in p . uer Fùhrer cita anch'egli delle informazioni fornite dallo Hanisch, compresi i verbali giudiziari di una causa intentata da Hitler contro il vagabondo per mancato pagamento della parte a lui spettante della vendita di un quadro che, secondo la querela, Hanisch avrebbe venduto per como di Hitler. 22 L'ascesa di Hitler schizzi trascurati e ancora acerbi d'un architetto debuttante, mentre le figure umane che talvolta introduceva erano talmente scadenti da ricordare i fumetti. Ho trovato una mia nota scritta dopo aver esaminato una cartella di schizzi originali di Hitler: " Alcuni volti. Pittura rozza. Uno dei volti è alquanto spettrale ". Per Heiden " le figure si mantengono in piedi come dei piccoli sacchi imbottiti accanto a palazzi alti e solenni " "'. È probabile che Hitler abbia venduto centinaia di questi miseri quadretti ai Pagina 20
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt piccoli commercianti e ai negozianti di cornici, che li impiegavano per riempire cornici vuote in vendita, e ai fabbricanti di mobili che talvolta li applicavano agli schienali di sedie e poltrone di poco prezzo, secondo la moda allora imperante a Vienna. All'occorrenza, quindi, Hitler sapeva dimostrare una certa attitudine commerciale. Spesso dipingeva manifesti pub-blicitari per conto dei bottegai per presentare prodotti d'ogni genere, tra cui uno per il borotalco Teddy e un altro, forse dipinto per racimolare un po' di denaro per Natale, che mostra appunto Babbo Natale nell'atto di vendere delle candele a colori vivaci; mentre un terzo manifesto mostra la cuspide gotica di Santo Stefano (che Hitler non si stancava mai di dipingere) svettante sopra una montagna di saponette. Questo fu il limite dei successi " artistici " di Hitler, benché sino alla fine dei suoi giorni egli si ostinasse a considerarsi " artista ". Negli anni di vagabondaggio a Vienna, Hitler aveva indubbiamente l'aspetto di un bohémien. Chi lo conobbe in quell'epoca ricorda il suo cappotto nero troppo lungo e sgualcito che gli arrivava fino alle caviglie e che aveva piuttosto l'aspetto di un caffettano (dono di un ebreo magiaro, negoziante di vestiti usati, da lui incontrato nel tetro dormitorio e diventato suo amico occasionale), la sudicia bombetta nera che portava tutto l'anno, i capelli ispidi spazzolati all'ingiù sulla fronte, secondo la pettinatura che mantenne anche negli anni successivi, e che gli scendevano dietro sul colletto sporco della camicia. Sembra infatti che egli si facesse tagliare i capelli e radere la barba assai di rado, sicché il suo volto di solito era ricoperto da un principio di barba nericcia. A prestar fede a Hanisch, diventato in seguito un artista da strapazzo, Hitler aveva l'aspetto di " uno spettro, di quelli che raramente si osservano tra cristiani " ". A differenza dei giovani traviati con i quali viveva, Hitler non era dedito a nessuno dei vizi propri della gioventù: non fumava, non beveva alcolici e non aveva nemmeno rapporti con donne; questo non perché fosse affetto da qualche anomalia (non risulta nulla di simile), ma solo a causa della sua innata timidezza. " Io penso, - osservò successivamente in Metti Kampf, in uno dei suoi rari momenti d'umorismo, - che coloro che mi conobbero in quei giorni dovettero prendermi per un eccentrico "4Ì. Essi avrebbero ricordato, come i suoi maestri, gli occhi sfolgoranti e lo sguardo fisso che dominava nel suo volto, esprimendo alcuni elementi essenziali della sua personalità in disaccordo con la meschina esistenza di un vagabondo incurante della pulizia personale. Avrebbero ricordato altresì che, La nascita del Terzo Reich 23 sebbene quel giovane fosse pigro riguardo al lavoro manuale, era invece un lettore accanito che passava gran parte del giorno e della notte a divorare libri su libri. ... Io lessi, in quel periodo, enormemente e anche profondamente. Il tempo libero dal lavoro lo passavo studiando. E in pochi anni raccolsi il capitale di scienza di cui vivo tuttora... ". Sempre in Mein Kampf Hitler discorre a lungo sull'arte del leggere. ... Quando parlo del leggere, però, io intendo dire una cosa molto diversa da coloro che si chiamano normalmente gli intellettuali. Io conosco persone che leggono enormemente, e che pure non vorrei chiamare colti. Essi possiedono naturalmente una gran massa di sapere, ma il loro cervello non è capace di registrare e di distribuire l'enorme materia accumulata... Chi invece possiede l'arte della buona lettura, il suo sentimento Io porta a stare attento a ciò che va conservato per sempre, poiché o è universalmente valido, o serve a qualche scopo preciso... L'arte del leggere, come dell'imparare, è anche qui ritenere l'essenziale e dimenticare il contingente *... Solo così la lettura ha uno scopo e un significato... Visto cosf, il mio periodo di Vienna fu certamente fecondo e positivo... **. Perché positivo? La risposta di Hitler è che dalle sue letture e dalla sua vita tra i poveri e i diseredati di Vienna egli imparò tutto quanto gli sarebbe servito nella sua vita successiva. Vienna rimase però per me la più seria e profonda scuola della mia vita. Io vi ero giunto come adolescente e la lasciai uomo fatto, serio e silenzioso... In quel tempo si formò in me una visione del mondo e della vita, che è diventata il fondamento granitico della mia attività odierna. Né mi toccò di Pagina 21
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt aggiunger poi gran cosa a quello che avevo accumulato allora; né mai dovetti mutarne anche una briciola... **. Cosa aveva mai imparato alla dura scuola delle molteplici vicissitudini che Vienna gli aveva così generosamente riservato? Quali erano le idee tratte dalle letture e dall'esperienza che, a sentir lui, non dovevano subire nessun mutamento sostanziale sino alla fine? Che fossero per lo più superficiali e ristrette, spesso grottesche, sciocche e avvelenate da strambi pregiudizi, risulta evidente anche all'esame più frettoloso. È altrettanto ovvio che tali idee hanno un interesse notevole per la nostra trattazione e per il mondo intero, giacché contribuirono a porre le fondamenta del Terzo Reich, che questo vagabondo dalle idee libresche avrebbe tra breve edificato. La formazione ideologica di Adolf Hitler. Tranne una, le idee di Hitler non erano originali; egli le ricavò in forma grossolana dal turbinoso vortice della politica e della vita austriaca dei primi ?nni del secolo xx. La monarchia danubiana moriva di " disturbi digestivi ". Una minoranza di austriaci di lingua tedesca aveva governato per secoli un lnJpero plurilingue costituito da una dozzina di nazioni diverse, imponendo * II corsivo è di Hitler. 24 L'ascesa di Hitler loro la proprig lingua e la propria cultura. A partire dal 1848 l'impero aveva cominciato a sfaldarsi. L'Austria non fu un crogiolo: non riuscì mai ad assimilare le minoranze. Negli anni immediatamente successivi al 1860 gli italiani si staccarono, mentre nel 1867 i magiari ottennero la parificazione con gli austriaci di lingua tedesca nella cosiddetta " monarchia bicipite ". Proprio allora, agli inizi del secolo xx, i vari popoli slavi - cèchi, sloveni, serbi, croati, ecc. - cominciarono a reclamare la parità di diritti o almeno l'autonomia nazionale. La politica dell'Austria era ormai dominata da aspri conflitti nazionalistici. E questo non era tutto. C'erano anche moti sociali che spesso superavano per asprezza le lotte razziali. Le classi inferiori, prive del diritto elettorale, chiedevano il suffragio universale; mentre i lavoratori insistevano per ottenere il diritto di organizzarsi in sindacati e di ricorrere allo sciopero in caso di necessità, cercando di assicurarsi non solo salari più alti e migliori condizioni di vita ma anche di tradurre in realtà i loro ideali democratici. Uno sciopero generale, infatti, era riuscito a imporre finalmente il suffragio universale maschile, ponendo cosf fine alla supremazia politica degli austriaci di lingua tedesca che costituivano appena un terzo della popolazione nella parte austriaca dell'impero bicipite. Hitler, il giovane fanatico nazionalista austro-germanico di Linz, s'opponeva tenacemente a questi sviluppi. A suo giudizio l'impero stava precipitando in una " lurida palude " e la sola maniera di salvarlo era che la razza dei padroni, i germanici, riaffermasse la sua antica autorità assoluta, poiché le razze non germaniche, specie gli slavi, e soprattutto i cèchi, erano razze inferiori. I germanici erano dunque chiamati a governarli con mano forte. Il parlamento avrebbe dovuto essere abolito: bisognava finirla con le " scioc-chezze " democratiche. Pur non partecipando attivamente alla politica del tempo, Hitler seguiva febbrilmente l'attività dei tre maggiori partiti politici della vecchia Austria: i socialdemocratici, i cristiano-sociali e i nazionalisti pantedeschi. Fu allora che incominciò a formarsi nella mente di questo rozzo frequentatore di mense pubbliche l'acume politico che gli consentf di vedere con sorprendente lucidità le cause della forza e della debolezza dei movimenti politici contemporanei, e che coll'andare del tempo avrebbe fatto di lui il magistrale dominatore della politica germanica. Fin dal principio, Hitler concepì un odio violento contro i socialdemocratici, " Ciò che più suscitava la mia avversione, - scrisse, - era il loro atteggiamento ostile nei confronti della lotta per la preservazione del ger-manesimo [e] la loro vergognosa corte al " compagno " slavo... In pochi mesi arrivai a qualcosa che altrimenti avrebbe richiesto decenni: a cogliere la mascherata di una sgualdrina * pestifera dietro il mantello delle virtù sociali e dell'amore fraterno " "'. * Questa parola fu soppressa nella seconda e in tutte le seguenti edizioni di Mein Kampf, e sostituita col sostantivo " pestilenza ". La nascita del Terzo Reich 25 Ma Hitler era abbastanza intelligente da attenuare il suo odio contro il partito della classe operaia per poter esaminare minutamente le ragioni del suo Pagina 22
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt successo popolare, arrivando alla conclusione che tali ragioni erano molteplici. Le doveva ricordare e utilizzare anni dopo, organizzando il Partito nazionalsocialista della Germania. In Mein Kampf egli racconta come un giorno assistesse a una dimostrazione di massa dei lavoratori viennesi: " Per circa due ore rimasi in piedi a osservare col fiato sospeso quel gigantesco drago umano che si snodava lentamente. In preda a un'ansia opprimente abbandonai finalmente il mio posto, bighellonando verso casa "4". Una volta a casa, prese a leggere la stampa socialdemocratica, a esaminare i discorsi dei capi, a studiare la loro organizzazione, a riflettere sulle loro tecniche psicologiche e politiche e a ponderare i risultati da loro raggiunti. Arrivò in questo modo a tre conclusioni che spiegavano, secondo lui, il successo dei socialdemocratici: essi sapevano come creare un movimento di massa, senza il quale qualsiasi partito politico diventa inutile; avevano imparato l'arte della propaganda fra le masse; conoscevano infine il valore dell'impiego di ciò che egli chiamò il " terrore spirituale e fisico ". Questa terza conclusione, pur basandosi su osservazioni errate e riflettendo anche i suoi fatali pregiudizi, affascinò il giovane Hitler. Dieci anni dopo avrebbe saputo metterla in pratica per i suoi scopi. Compresi l'ignobile terrore spirituale che questo movimento esercita, in modo speciale sulla borghesia, la quale non è moralmente né mentalmente in grado di tener testa a questi attacchi; esso scatena a un dato momento un'autentica valanga di calunnie e di menzogne contro qualunque avversario che sembri davvero pericoloso, fino al momento in cui i nervi delle persone attaccate crollano... È, questa, una tattica basata sul calcolo preciso di tutte le debolezze umane, e i suoi effetti conducono con certezza quasi matematica al successo... Raggiunsi una uguale comprensione dell'importanza del terrore fisico nei riguardi dell'individuo e delle masse... Cosi, mentre nelle file dei sostenitori la vittoria riportata sembra essere un trionfo della giustezza della loro causa, nella maggior parte dei casi l'avversario battuto dispera del successo di qualsiasi ulteriore resistenza49. È questa l'analisi più precisa che sia mai stata scritta sulla tattica nazista, cosf come in seguito Hitler doveva applicarla. Due erano i partiti politici che esercitavano una forte attrazione sull'ancora inesperto Hitler di Vienna; e ad entrambi egli applicò la sua crescente capacità di fredda e penetrante analisi. Anzitutto si sentiva attratto dal Partito nazionalista pangermanico fondato da Georg Ritter von Schònerer, originario di un paese vicino.a Spital, nella Bassa Austria, la stessa regione della famiglia di Hitler. In quel tempo i pangermanisti avevano ingaggiato una lotta accanita per tutelare la supremazia germanica nell'ambito dell'impero plurinazionale degli Asburgo. Benché Hitler considerasse Schònerer un " pensatore profondo " e ne abbracciasse con entusiasmo i principi basilari (l'esasperato nazionalismo, l'antisemitismo, l'antisocialismo, l'unione del-1 Austria con la Germania, l'opposizione contro gli Asburgo e la Santa Sede) si rese conto ben presto delle cause dell'insuccesso di quel partito: 26
L'ascesa di Hitler L'inadeguata attenzione che questo movimento concede al problema sociale l'ha allontanato dalla massa veramente attiva e militante del popolo, mentre col suo ingresso al parlamento ha perduto il suo impeto potente, risentendo invece delle debolezze proprie di questa istituzione; la sua lotta contro la Chiesa cattolica... lo priva di un gran numero di ottimi elementi che la nazione può chiamare suoi figli *°. Una delle lezioni che Hitler ebbe a imparare nei suoi anni viennesi e che sottolinea esplicitamente nel Mein Kampf, - anche se doveva dimenticarla dopo aver assunto il potere in Germania, - riguarda l'inanità di ogni tentativo d'opposizione alle Chiese da parte di un partito politico. " Indipendentemente dal margine che qualsiasi confessione religiosa lascia alla critica, - egli scrisse, spiegando perché il movimento Los-von-Rom (Liberiamoci da Roma) di Schonerer commetteva un errore di tattica, - un partito politico non dovrebbe perdere di vista neppure per un momento il fatto che nessuna precedente esperienza storica ci mostra un partito esclusivamente politico che abbia mai ottenuto successo nel produrre una riforma religiosa " ". Ma agli occhi di Hitler il maggior difetto del Partito pangermanista era la sua incapacità non solo di risvegliare le masse, ma perfino di capire la psicologia della gente ordinaria. Da questa ricapitolazione delle idee che cominciarono a formarsi nella sua mente quando aveva da poco superato i ventun anni, risulta chiaro che per lui tale incapacità costituiva la debolezza Pagina 23
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt fondamentale dei pangermanisti. Egli non vi sarebbe incorso nel fondare il proprio movimento politico. Un altro errore dei pangermanisti che Hitler non avrebbe commesso era quello di non essersi assicurato l'appoggio di almeno una delle istituzioni più potenti della nazione: se non proprio della Chiesa, almeno dell'esercito, del gabinetto o del capo dello Stato. Il giovane Hitler s'avvide che è molto difficile o addirittura impossibile, per un partito politico, impadronirsi del potere senza l'appoggio di una di queste istituzioni. Un appoggio di tal genere fu precisamente ciò che Hitler, a Berlino, ebbe l'accortezza d'assicurarsi nei giorni cruciali del gennaio 1933; e soltanto questo aprf a lui e al Partito nazionalsocialista la via del potere. Durante il suo soggiorno a Vienna, agiva nella città un dirigente politico che aveva capito tutto questo e anche la necessità di creare un partito appoggiato dalle masse: era il dottor Karl Lueger, borgomastro di Vienna e dirigente del Partito cristiano-sociale. Egli, pili di ogni altro, divenne il mentore politico di Hitler, benché i due non si fossero mai incontrati. Hitler 10 considerò sempre " il più grande sindaco germanico di tutti i tempi... un uomo di Stato superiore a tutti i cosiddetti " diplomatici " dell'epoca... Se 11 dottor Karl Lueger fosse vissuto in Germania, sarebbe stato annoverato tra le grandi menti del nostro popolo " K. In seguito vi sarebbero stati pochi punti di contatto tra Hitler e questo grasso, disinvolto e gioviale idolo dello strato inferiore delle classi medie viennesi. Certo Lueger, nella sua qualità di capo di un partito fondato La nascita del Terzo Reich 27 sulla piccola borghesia scontenta, divenne l'uomo politico più influente dell'Austria, e in politica trasse, come in seguito lo stesso Hitler, il massimo profitto dal più grossolano antisemitismo. Eppure Lueger, che era cresciuto modestamente e si era procurato col proprio lavoro i mezzi per gli studi universitari, era un uomo di notevole cultura e persino i suoi oppositori, ebrei compresi, erano pronti a riconoscere che, in fondo, era una persona onesta, generosa e tollerante. Stefan Zweig, l'eminente scrittore austriaco d'origine ebrea che passò i suoi anni giovanili a Vienna in quel periodo, ha testimoniato che l'antisemitismo ufficiale di Lueger non gli impedì mai di essere generoso e cordiale cogli ebrei. " II suo modo di amministrare la città, - racconta lo Zweig, - era assolutamente onesto, anzi tipicamente democratico... Gli ebrei che avevano tremato al momento del trionfo del suo partito antisemita continuarono a vivere godendo gli stessi diritti e la stessa stima di prima " ". Questo non piaceva al giovane Hitler, secondo il quale Lueger era troppo tollerante e sottovalutava il problema razziale nei confronti degli ebrei. Non gli garbava, d'altro canto, la mancata adesione del borgomastro al pan-germanesimo e si mostrava contrario al suo clericalismo cattolico e al suo lealismo verso gli Asburgo. Il vecchio imperatore Francesco Giuseppe non si era forse rifiutato ben due volte di approvare l'elezione di Lueger a borgomastro? Hitler però fini per riconoscere l'ingegno di quest'uomo che aveva saputo guadagnarsi l'appoggio delle masse e che dimostrava di avere una vera comprensione dei problemi sociali contemporanei, nonché dell'importanza della propaganda politica e dell'oratoria come mezzi di agitazione di massa. Hitler non poteva non ammirare il modo con cui Lueger trattava una istituzione come la Chiesa: " la sua politica era forgiata con infinita accortezza ". Infine, Lueger " era pronto a usare ogni mezzo disponibile per ottenere l'appoggio delle antiche e stabili istituzioni, ricavando pel suo movimento il maggior vantaggio possibile da tali fonti tradizionali del potere " H. Abbiamo qui in nuce le idee e le tecniche che Hitler doveva usare in seguito per creare il suo partito politico e portarlo al potere in Germania. La sua originalità consiste nell'esser stato l'unico uomo politico di destra ad applicarle in terra tedesca dopo la prima guerra mondiale. Per questo il movimento nazista potè diventare l'unico partito nazionalista e conservatore appoggiato dalle grandi masse. Una volta giunto a tanto, esso ottenne l'appoggio dell'esercito, del presidente della Repubblica e delle associazioni della grande industria: tre "istituzioni di vecchia data" munite di grande autorità, grazie alle quali potè accedere alla carica di cancelliere della Germania. Le lezioni imparate a Vienna si dimostrarono proficue. Il dottor Karl Lueger era un oratore brillante, ma il Partito pangermanista mancava, nel complesso, di abili oratori. Anche di questo Hitler prese nota, e nel Mein Kampf mise bene in risalto l'importanza dell'oratoria in politica. 28
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William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt ... La forza che mette in moto le grandi valanghe sia religiose che storiche, è sempre stata in funzione della magia della parola pronunciata. I larghi strati del popolo soggiacciono sempre alla violenza della parola. E tutti i grandi movimenti sono sempre movimenti di popolo, sono scoppi vulcanici di passioni umane e di sentimenti dell'animo, messi in azione o dalla crudele dea della necessità, o dalla fiaccola incendiata delle parole scaraventate nella massa; ma non sono mai l'espressione gracile di letterati estetizzanti e di eroi da salotto...55. Pur astenendosi dal partecipare alla vita politica dei partiti austriaci, il giovane Hitler cominciò a esercitare la sua oratoria dinanzi a uditori occasionali, nei dormitori pubblici, nelle mense popolari di Vienna e persine agli angoli delle strade. In seguito doveva svilupparsi in lui un vero talento oratorio (io, che ho ascoltato parecchie decine dei suoi più importanti discorsi, posso attestarlo personalmente); un talento unico e insuperato nella Germania tra le due guerre mondiali, e che doveva contribuire in alta misura al suo stupefacente successo. Nell'esperienza viennese di Hitler figuravano infine gli ebrei. A Linz, egli scrisse, c'erano pochi ebrei. " A casa non ricordo di aver mai sentito la parola " ebreo " in tutto il tempo che mio padre rimase in vita ". Alla scuola media c'era un ragazzo ebreo, " ma noi non pensavamo mai alla sua razza... Io li scambiavo persine per tedeschi "56. Secondo l'opinione dell'amico d'infanzia di Hitler ciò non sarebbe vero. " Quando incontrai Adolf Hitler per la prima volta, - disse August Ku-bizek, ricordando i giorni vissuti insieme a Linz, - il suo antisemitismo era già molto spinto... Al suo arrivo a Vienna, Hitler era già un antisemita convinto, e sebbene le sue esperienze viennesi abbiano acuito tale sentimento, non ne furono di certo l'origine "!7. Hitler scrisse: Fu così che venni a Vienna. Gonfio delle impressioni ricevute, schiacciato dal peso del mio destino, non ebbi nei primi tempi la possibilità di guardare pili da vicino le varie stratificazioni che compongono il popolo della gigantesca città. Per quanto Vienna contasse in quegli anni quasi duecentomila ebrei su due milioni di abitanti, io non li vidi affatto... Vedevo nell'ebreo soltanto la religione, e sulla base del principio di tolleranza continuai a non ammettere la possibilità di una lotta religiosa, neanche in questo caso. Perciò il tono della stampa antisemita di Vienna mi pareva indegno della cultura di un grande popolo...ss. Un giorno, racconta Hitler, egli passeggiava nel centro della città: " All'improvviso incontrai una figura avvolta in un caffettano nero e con riccioli neri ai lati della testa. Il primo pensiero che mi venne in mente fu di chiedermi se per caso non fosse un ebreo. Quelli di Linz non avevano di certo un tale aspetto. Osservai l'uomo furtivamente e meticolosamente, e quanto più guardavo quella faccia straniera, esaminandone i tratti a uno a uno, tanto più la mia prima domanda prese una diversa forma. Mi chiesi: Costui è un tedesco? " ". È facile immaginare quale fosse la risposta di Hitler. Egli però sostiene che, prima di giungere a una conclusione definitiva, cercò di " farsi nascere La nascita del Terzo Ketch 29 dei dubbi leggendo dei libri ": s'immerse nella lettura di opere antisemite, opere che allora trovavano un largo smercio a Vienna; poi se ne andò per le strade ad osservare il " fenomeno " da vicino. " Dovunque andassi, - egli afferma, - cominciai a vedere degli ebrei, e quanto più guardavo tanto più netta appariva ai miei occhi la differenza tra loro e il resto dell'umanità... In seguito cominciai a sentirmi nauseato dall'odore che emanavano questi esseri avvolti nel caffettano "60. Successivamente Hitler doveva scoprire la " macchia morale di questo popolo eletto... C'era forse una qualsiasi forma di licenziosità o di sudiciume, specie nella vita culturale, nella quale non avesse parte almeno un ebreo? Se tagliate con cura cedesti ascessi, vi ritroverete sempre, come il verme dentro la carogna, spesso abbagliato dalla luce improvvisa, un miserabile ebreo! " Disse di aver constatato che gli ebrei erano in gran parte responsabili della prostituzione e della tratta delle bianche: " Allorché per la prima volta identificai negli ebrei i freddi dirigenti, svergognati e calcolatori, di questo disgustoso traffico del vizio nella feccia della grande città, un brivido mi attraversò la schiena " ". Vi è una forte dose di sessualità morbosa nei deliri di Hitler riferentisi agli ebrei. Tale era, del resto, la caratteristica della stampa antisemita del tempo, e più tardi dell'ignobile settimanale di Norimberga, " Der Stùrmer ", Pagina 25
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt diretto da uno dei compagni favoriti di Hitler, Julius Streicher, gerarca nazista della Franconia, noto pervertito e personaggio fra i più sinistri del Terzo Reich. Mein Kampf è cosparso di turpi allusioni a brutali ebrei che seducono innocenti fanciulle cristiane inquinando in tal modo il sangue della razza. Hitler non risparmiava parole sulla " visione d'incubo offerta dalla seduzione di centinaia di migliaia di ragazze ad opera di ripugnanti, storpi ebrei bastardi ". Come è stato accennato da Rudolf Olden, una delle radici dell'antisemitismo di Hitler potrebbe essere stata la sua tormentosa invidia sessuale. Benché avesse superato da poco i vent'anni, sembra che egli durante il suo soggiorno a Vienna non abbia avuto rapporti di nessun genere con donne. " A poco a poco, - racconta Hitler, - cominciai a odiarli... Quella fu per me l'epoca di maggior elevazione spirituale che abbia mai vissuto: cessai di essere un incerto cosmopolita e diventai un antisemita " ". E antisemita cieco e fanatico egli doveva restare sino alla sua amara fine. Il suo ultimo testamento spirituale, scritto poche ore prima della morte, contiene la maledizione finale degli ebrei, responsabili della guerra che invece lui stesso aveva scatenato e che aveva finito col travolgere lui e il Terzo Reich. Quest'odio cocente che doveva contagiare tanti tedeschi portò in definitiva a un massacro così mostruoso e di tali dimensioni da lasciar sull'umanità intera un'orribile cicatrice che di certo resterà finché l'uomo vivrà sulla terra. L'ascesa di Hitler Nella primavera del 1913 Hitler abbandonò definitivamente Vienna per recarsi a vivere in Germania, dove, cerne egli ebbe a dire, aveva sempre battuto il suo cuore. Aveva allora ventiquattro anni e a tutti, fuor che a se stesso, doveva di certo sembrare un fallito sotto ogni riguardo. Non era riuscito a divenire né pittore, né architetto; non era riuscito a combinare nulla; per ciò che si poteva constatare, non era altro che un vagabondo eccentrico dalle idee libresche. Non aveva amici, né famiglia, né lavoro, né casa. Ma era animato da un'irriducibile fiducia in se stesso e dall'ardente, profonda convinzione di avere una missione da compiere. È probabile che Hitler abbia lasciato l'Austria per sfuggire agli obblighi di leva *. Ciò non per codardia ma perché detestava servire nell'esercito a fianco di ebrei, slavi e altre minoranze etniche dell'impero. Hitler afferma in Mein Kampf di essersi recato a Monaco nella primavera del 1912, ma ciò è inesatto. Infatti, da un registro di polizia, risulta che egli abitò a Vienna fino al maggio del 1913. Le ragioni da lui addotte per spiegare la sua partenza dall'Austria erano molto esaurienti. Nello stesso tempo cresceva sempre pili la mia avversione per lo Stato asburgico... Quel conglomerato di razze che era il quadro della capitale, quella miscela di boemi, di polacchi, di ungheresi, di ruteni, di serbi e di croati mi diventava sempre più odiosa, e soprattutto quei funghi che prosperano in tutte le crepe dell'umanità: ebrei, sempre ebrei... La grande capitale mi appariva come la personificazione dell'incesto... Quanto più durava la mia permanenza a Vienna, tanto più aumentava il mio odio contro quel coacervo di popoli stranieri che corrodeva l'antica città tedesca... Per tutte queste cose si faceva sempre più forte in me la nostalgia di recarmi colà, dove fin dall'infanzia mi attiravano desideri segreti, un segreto amore... ". In quella terra da lui tanto amata, l'attendeva un destino che egli non avrebbe immaginato neppure nei suoi sogni più sfrenati e ardenti. Fino a poco tempo prima di divenire cancelliere, egli nel Reich tedesco, almeno per 10 stato civile, era uno straniero, avendo conservato la nazionalità austriaca. * Fin dal 1910, quando compi i venturi anni, Hitler era soggetto all'obbligo del servizio militare. Secondo lo Heiden, le autorità austriache non riuscirono a rintracciarlo a Vienna; scovatolo infine a Monaco di Baviera gli ingiunsero di presentarsi per l'abituale esame medico a Linz. Josef Greiner, nel suo Das Ende des Hitler-Mythos, pubblica parte della corrispondenza intercorsa tra Hitler e le autorità militari austriache. In essa egli negò di essersi recato in Germania per evitare 11 servizio militare austriaco. Adducendo a giustificazione la mancanza di denaro, chiese di sotto mettersi all'esame medico a Salisburgo, data la vicinanza di questa città a Monaco. Qui venne esaminato il ; febbraio 1914 e dichiarato inabile, per cattiva salute, tanto per Pagina 26
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt il servizio militare propriamente detto che per i servizi ausiliari: sembra che fosse ancora affetto da una malattia polmonare. Il fatto di non essersi presentato per adempiere agli obblighi di leva finché le autorità preposte non riuscirono a rintracciarlo quando aveva già ventiquattro anni, doveva infastidire Hitler quando la sua stella cominciò a salire in Germania. Greiner conferma una notizia che cir colava nei circoli nazisti all'epoca del mio soggiorno a Berlino, cioè che quando le truppe tedesche nel 1938 occuparono l'Austria, Hitler ordinò alla Gestapo di rintracciare i documenti ufficiali ri guardanti il suo servizio militare. Le ricerche condotte nei registri militari di Linz ebbero esito negativo, e Hitler montò su tutte le furie. Erano stati trafugati da un membro del governo lo cale, che a guerra ultimata li esibì a Greiner. La nascita del Terzo Reich 31 Aveva raggiunto la maggiore età come cittadino austriaco durante l'ultimo decennio precedente la caduta dell'impero degli Asburgo; incapace di mettere radici nella sua civilissima capitale, aveva abbracciato tutti i più assurdi odi e pregiudizi allora in voga tra gli estremisti di lingua tedesca, senza riuscire a comprendere quanto di buono e d'onesto c'era nella stragrande maggioranza dei suoi concittadini, fossero cèchi, ebrei o tedeschi, poveri o ricchi, artisti o artigiani. Sarebbe difficile affermare che possa esserci stato un altro tedesco, del Nord o della Renania, della Prussia orientale e perfino della Baviera che, dopo esperienze più o meno analoghe, abbia avuto nel sangue e nella mente un miscuglio di idee simile a quello che portò Adolf Hitler fino alle più alte vette. Ma non va dimenticato che in lui vi era anche una buona dose di genio dagli aspetti imprevedibili. Questo genio però non era ancora sbocciato nella primavera del 1913; a Monaco come a Vienna Hitler restò uno squattrinato, senza amici, senza un impiego fisso. Poi nel 1914 venne la guerra, nel cui vortice spaventoso fu afferrato come tanti milioni d'esseri. Il 3 agosto si offerse al re Luigi III di Baviera come volontario in un reggimento bavarese. La domanda fu accettata. Per il giovane vagabondo, quello fu un dono del ciclo: adesso era in grado di soddisfare non solo la brama di servire la sua amata patria d'adozione in una lotta - come egli dice - per la sopravvivenza - " essere o non essere " - ma perché in tal modo poteva superare gli insuccessi e le frustrazioni della sua precedente esistenza. " Per me, - scrisse in Mein Kampf, - quei momenti vennero come la liberazione dalle sventure che mi affliggevano sin dai giorni della giovinezza. Non mi vergogno di dire che, trasportato dall'entusiasmo del momento, caddi in ginocchio e ringraziai con tutto il cuore il Ciclo per avermi accordato il privilegio di vivere in un'epoca come quella... Come per tutti i tedeschi, per me cominciava il periodo più memorabile della vita. Rispetto agli eventi di questa gigantesca lotta, tutto il passato svaniva nell'oblio " ". Per Hitler il passato con tutta la sua miseria, la solitudine e le delusioni doveva restare per sempre nell'ombra, anche se aveva impresso un marchio duraturo sulla sua mente e sul suo carattere. La guerra, che stava per portare la morte a tanti milioni d'esseri, significava per lui, allora venticinquenne, l'inizio di una nuova vita. 1 II memorandum Hammerstein, citato da Wheeler-Bennett nel suo libro The Nemesis of Power, p. 285. Il memorandum fu scritto per Wheeler-Bennett dal dottor Kunrath von Hammerstein, figlio del generale, sulla base di note e diari del padre. S'intitola: Schleicber, Hammerstein e la conquista del potere. JOSEPH GOEBBELS, Vom Kaiserhof zur Reichskanzlei, p. 2.51. Memorandum Hammerstein, citato da WHEELER-BENNETT, op. cit., p. 280. GOEBBELS, Op. CÌt., p. 250. Ibid., p. 2.52. Ibid. 7 ANDRE FRANCOIS-PONCET, The Fateful Years, p. 48. L'autore fu ambasciatore francese a Berlino dal 1930 al 1938. 8 GOEBBELS, Vom Kaiserhof eco., pp. 251-54. ' Proclama del 5 settembre 1934, letto a Norimberga. Pagina 27
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 10 FRIEDRICH MEINECKE, The German Catastrophe, p. 96. " Le citazioni da Mein Kampf di A. Hitler sono state controllate sulla traduzione italiana dell'opera (Bompiani, Milano 1934). 12 KONRAD HEIDEN, Der Fiihrer, p. 36. Tutti coloro che hanno scritto sul Terzo Reich sono in debito verso lo Heiden per il materiale riguardante il primo periodo della vita di Hitler, da lui fornito. " Ibid., p. 4114 Ibid., p. 4315 Ibid. 16 Mein Kampf, p. 6. " Ibid., p. 8. 18 Ibid., pp. 8-10. 19 Ibid., P. io. 20 Hitler's Secret Conversations 1941-1944, p. 287. 21 Ibid., p. 346. 22 Ibid., p. 54723 Ibid., pp. .566-67. 24 AUGUST KUBIZEK, The Young Hitler I Knew, p. 50. 25 Ibid., P. 4926 Mein Kampf, pp. 14-15. 27 KDBIZEK, op. cit., p. 52 e Hitler's Secret Conversations, p. 567. 28 Ibid., p. 44. 29 Mein Kampf, p. 18. 30 Ibid., p. 21. 31 KUBIZEK, Op. CÌt., p. 59. 32 Ibid., p. 76. 33 Ibid., pp. .54-55. 34 HEIDEN, Der Fiihrer, p. 62. 35 Mein Kampf, p. 20. 36 Ibid., p. 18. 37 Ibid. 38 Ibid., p. 21. 39 Ibid., pp. 21-22. 40 /"j^) 193 aveva più fiducia in lui, nemmeno il presidente, che egli aveva raggirato per così lungo tempo. Quasi tutti erano convinti che i suoi giorni al sommo della gerarchla politica fossero strettamente contati: solo lui non se ne rendeva conto. Invece i nazisti ne erano sicuri. Il 2 dicembre Goebbels annotò nel suo diario: " Schleicher è stato nominato cancelliere. Non durerà a lungo ". Lo pensava anche Papen. La sua vanità ferita e k sua sete di rivincita nei riguardi del suo " amico e successore " - come egli lo chiama nelle sue memorie - lo faceva soffrire. Per levarsi di mezzo Papen, Schleicher gli offrì la carica di ambasciatore a Parigi, ottenendo un rifiuto. Papen dice che il presidente desiderava che egli rimanesse a Berlino, " a portata di mano ". Quello era il luogo strategicamente più adatto per tessere la propria rete di intrighi contro il superintrigante. Industrioso e agile come un ragno, Papen si mise all'opera. Verso la fine di quell'anno così pieno di lotte, il 1932, Berlino divenne un luogo di intrighi e di intrighi all'interno di intrighi. Óltre a quelli di Papen e di Schleicher, se ne intesseva uno nel palazzo del presidente, dove il figlio di Hindenburg, Oskar, e il suo segretario di Stato, Meissner, esercitavano la loro influenza da dietro il trono. Un altro intrigo si svolgeva nell'albergo Kaiserhof, dove Hitler e gli uomini intorno a lui complottavano non solo per Pagina 135
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt impossessarsi del potere, ma anche gli uni contro gli altri. Ben presto la rete degli intrighi divenne così fitta, che al principio del nuovo anno, il 1933, nessuno di questi tessitori di intrighi sape più chi tradiva e chi veniva tradito. Ma non occorse molto tempo per saperlo. L'ultimo cancelliere della Repubblica: Schleicher. Una volta Schleicher disse all'ambasciatore francese, che lo ascoltava attentamente: " Non sono rimasto al potere che cinquantasette giorni e in tale periodo sono stato ingannato cinquantasette volte. Non venite a parlarmi della " lealtà tedesca "! " ". La sua carriera e le sue gesta avevano certamente fatto di lui un'autorità in proposito. Egli iniziò il proprio cancellierato con l'offrire a Gregor Strasser la carica di vicecancelliere della Germania e di primo ministro della Prussia. Non essendo riuscito a guadagnare Hitler al suo governo, egli ora cercava di provocare scissioni fra i nazisti adescando Strasser. Vi erano ragioni di credere che la mossa sarebbe riuscita. Strasser era l'uomo numero due del partito, e fra gli elementi dell'ala sinistra, tra quelli che credevano sinceramente in un socialismo nazionale, egli era più popolare di Hitler. Come capo del settore organizzativo del partito, era in contatto diretto con tutti i dirigenti provinciali e locali e sembrava essersi conquistata la loro fedeltà. Era ormai convinto che Hitler aveva portato il movimento su di un binario morto. I seguaci più radicali stavano passando al comunismo. Lo stesso partito era, finanziariamente, in bancarotta. Nel novembre Fritz Thyssen aveva avvertito che 194 Trionfo e consolidamento non poteva finanziare ulteriormente il movimento. Non vi erano fondi per i mensili di migliaia di funzionari del partito e per mantenere le SA, che da sole costavano due milioni e mezzo di marchi alla settimana. Le tipografie dove si stampavano le numerose pubblicazioni naziste minacciavano di non lavorare più per il partito, qualora le fatture da tempo presentate non venissero pagate. Goebbels accenna a questo punto nell'annotazione dell'11 novembre nel suo diario: " La situazione finanziaria dell'organizzazione di Berlino è disperata. Non vi sono che debiti e obbligazioni ". E in dicembre deplorava che gli stipendi del partito dovessero venir ridotti. Infine le elezioni provinciali tenutesi nella Turingia il 3 dicembre - il giorno in cui Schleicher aveva convocato Strasser - registrarono una perdita del 40 per cento dei voti per i nazisti. Almeno a Strasser, era ormai evidente che i nazisti non sarebbero mai giunti al potere per mezzo delle schede. Per questo egli aveva fatto pressioni su Hitler che abbandonasse la sua politica del " tutto o nulla " e, unendosi a Schleicher in un governo di coalizione, si assicurasse tutto il potere che fosse riuscito a ottenere. Egli temeva, altrimenti, che il partito andasse in pezzi. Strasser aveva insistito su questi punti per alcuni mesi. Nel diario di Goebbels del periodo compreso fra la metà dell'estate e il dicembre abbondano amari riferimenti alla " infedeltà " dello stesso Strasser nei riguardi di Hitler. Si venne a un chiarimento il 5 dicembre, in una riunione dei capi del partito tenutasi al Kaiserhof di Berlino. Strasser richiese che i nazisti, per lo meno, " tollerassero " il governo di Schleicher, nel che ebbe l'appoggio di Frick, capo del gruppo parlamentare nazista al Reichstag, molti membri del quale temevano di perdere i loro seggi e i loro emolumenti di deputati qualora Hitler avesse provocato nuove elezioni. Gbring e Goebbels si opposero risolutamente a Strasser ed ebbero Hitler dalla loro parte. Hitler non avrebbe " tollerato " il regime di Schleicher, ma - egli disse - era sempre pronto a " negoziare " con esso. Di ciò egli però incaricò Gò'ring: Goebbels riferisce che Hitler aveva già saputo della conversazione privata di Strasser col cancelliere svoltasi due giorni prima. Il 7 dicembre, al Kaiserhof, Hitler e Strasser ebbero un colloquio che degenerò in un'aspra lite. Hitler accusò il suo principale luogotenente di cercare di pugnalarlo alle spalle, di togliergli la direzione del partito e di provocare la frattura del movimento nazista. Strasser si riscaldò, respinse l'accusa, giurò di essere rimasto fedele accusando però Hitler di portare il partito verso la distruzione. Sembra che non abbia detto tutte le cose che si agitavano nel suo petto fin dal 1925. Tornato nella sua stanza all'albergo Excelsior, egli mise però tali cose per iscritto in una lettera a Hitler, che si concludeva con le sue dimissioni da tutte le cariche nel partito. Come dice Goebbels nel suo diario, la lettera, che Hitler ricevette l'8 dicembre, " fece l'effetto di una bomba ". L'atmosfera del Kaiserhof era quella di un cimitero. Goebbels annotò: " Siamo tutti abbattuti e depressi ". Era il peggiore colpo che Hitler avesse ricevuto da quando, nel 1925, aveva ricostituito il partito. Ora, mentre stava alle soglie del potere, il suo prinPagina 136
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Gli ultimi mesi della repubblica (1931-1933) 195 cipale seguace lo abbandonava e minacciava di distruggere tutto ciò che in sette anni egli aveva costruito. Goebbels scrisse: La sera il Ftihrer è venuto a casa nostra. È difficile mostrarsi allegri. Siamo tutti depressi, specie per il pericolo che l'intero partito si sfasci e che tutta la nostra opera risulti inutile... Telefonata dal dottor Ley. La situazione, nel partito, peggiora d'ora in ora. Il Fiihrer deve tornare immediatamente al Kaiserhof. Goebbels fu invitato a raggiungerlo in quell'albergo, alle due della mattina. Strasser aveva trasmesso un resoconto della vicenda ai giornali della mattina, che proprio allora stavano apparendo nelle vie. Goebbels descrive come segue la reazione di Hitler: Tradimento! Tradimento! Tradimento! Per ore, il Fiihrer va su e giù per la stanza dell'albergo. È amareggiato e profondamente ferito per questo tradimento. Alla fine si ferma, e dice: Se il partito va a pezzi, metterò un termine a tutto in tre minuti, con un colpo di pistola. Il partito non si sfasciò e Hitler non si sparò. Strasser avrebbe potuto provocare l'una e l'altra cosa, - il che avrebbe mutato radicalmente il corso della storia, - se nel momento cruciale egli non fosse venuto meno. Con l'autorizzazione di Hitler, Frick si mise a cercarlo per tutta Berlino, essendosi accordati che la controversia doveva essere, in qualche modo, composta per salvare il partito da un disastro. Ma Strasser, che ne aveva fin sopra i capelli, aveva preso il treno per andarsene in vacanza sotto il sole dell'Italia. Hitler, che sapeva sempre a meraviglia sfruttare la situazione quando scopriva una debolezza in un suo avversario, colpì subito e duramente. La direzione dell'" organizzazione politica ", che Strasser aveva creato, fu assunta dallo stesso Fùhrer, col dottor Ley, Gauleiter di Colonia, come suo capo di Stato maggiore. Si fece una purga degli amici di Strasser e tutti i dirigenti del partito furono convocati a Berlino per firmare una nuova dichiarazione di fedeltà a Hitler. Essi firmarono. L'astuto austriaco si era tirato fuori ancora una volta da un brutto impiccio, che avrebbe potuto facilmente avere conseguenze disastrose. Gregor Strasser, che tanti avevano creduto essere un uomo più grande di Hitler, fu presto demolito. " È un cadavere ", disse di lui Goebbels nell'annotazione del 9 dicembre del suo diario. E ciò sarebbe stato fin troppo vero due anni dopo, quando Hitler decise di regolare i conti. Il io dicembre, una settimana dopo che il generale von Schleicher gli aveva fatto lo sgambetto, Franz von Papen cominciò a tessere la propria rete d'intrighi. Dopo un discorso da lui tenuto quella sera, nello Herrenklub, il chiuso circolo aristocratico, fra i cui membri aveva reclutato i componenti del suo gabinetto dalla breve vita, egli ebbe un colloquio privato col barone Kurt von Schroeder, banchiere di Colonia che aveva fornito fondi al Partito nazionalsocialista. Propose al finanziere di far in modo che si incontrasse con Hitler di nascosto. Nelle sue memorie Papen afferma che, invece, fu Schroeder a fargli quella proposta; comunque, dice di avere aderito. Per una strana 196 Trionfo e consolidamento coincidenza, Wilhelm Keppler, consigliere economico di Hitler e una delle persone incaricate di mantenere i contatti col mondo degli affari, fece la stessa proposta, da parte del capo nazista. I due uomini, che solo fino a poche settimane prima si erano trovati in cosf aspro contrasto, si incontrarono la mattina del 4 gennaio nell'abitazione di Schroeder, a Colonia, certi che tutto si svolgesse nel più grande segreto. Papen fu stupito nel vedere qualcuno che lo fotografava nell'atto di entrare, ma fino al giorno dopo diede poco peso alla cosa. Hitler era accompagnato da Hess, Himmler e Keppler, però lasciò i suoi aiutanti in salotto e si ritirò nello studio di Schroeder, rimanendovi chiuso per due ore con Papen e il loro anfitrione. La conversazione non ebbe un buon inizio - Hitler si lamentò assai per il modo con cui Papen aveva trattato i nazisti quando era cancelliere; tuttavia presto prese un diverso sviluppo, in un senso che doveva dimostrarsi fatale sia per i due uomini che per il loro paese. Per il capo nazista, quello fu il momento cruciale. Con uno sforzo sovrumano egli aveva salvato l'unità del partito dopo la defezione di Strasser. Aveva viaggiato su e giù pel paese tenendo tre o quattro comizi al giorno ed esortando i dirigenti del partito a restare stretti intorno a lui. Ma il morale, fra i nazisti, rimaneva basso e, finanziariamente, il partito era in bancarotta. Molti dicevano che, per Hitler, Pagina 137
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt era ormai finita. Questo sentimento generale si riflette in quel che Goeb-bels scrisse nel suo diario nell'ultima settimana dell'anno: " II 1932 è stato, per noi, un anno di continua sfortuna... Il passato era stato difficile e il futuro si presenta oscuro e tempestoso; sparite interamente ogni prospettiva e ogni speranza ". Così Hitler, per negoziare il potere, si trovava in una posizione assai meno favorevole di quella dell'estate e dell'autunno precedenti. Ma ciò valeva anche per Papen; egli non aveva più una carica. Nell'avversità, le loro menti s'incontrarono. È controverso in che termini esse s'incontrarono. Al processo di Norim-berga e nelle sue memorie Papen ha sostenuto che, sempre fedele verso Schleicher, egli si limitò a suggerire a Hitler di associarsi al governo del generale. Tuttavia, data la lunga serie degli inganni da lui orditi, dato il suo naturalissimo desiderio di presentarsi, a Norimberga e nel suo libro, nella luce più favorevole e dati gli avvenimenti che seguirono, sembra certo che il resoconto, affatto diverso, che a Norimberga Schroeder diede dell'incontro sia il più veritiero. Il banchiere affermò che quel che Papen suggerì era di sostituire al governo di Schleicher un governo Hitler-Papen, in cui entrambi fossero pari. Ma Hitler... disse che, qualora fosse stato nominato cancelliere, egli avrebbe dovuto essere il capo del governo, mentre i sostenitori di Papen potevano entrare nel governo in qualità di ministri solo se erano disposti a seguirlo in una politica intesa a cambiare molte cose. Questi cambiamenti includevano l'eliminazione dei socialdemocratici, dei comunisti e degli ebrei dai posti direttivi della Germania e il ripristino dell'ordine nella vita pubblica. Von Papen e Hitler raggiunsero un accordo di massima... Furono d'accordo che si dovessero elaborare ulteriori particolari, cosa che poteva essere fatta a Berlino o in altro luogo adatto ". Gli ultimi mesi della repubblica (1931-1933) 197 Naturalmente, il tutto nel più grande segreto. Grande fu quindi la costernazione di Papen e di Hitler quando la mattina del 5 gennaio i giornali di Berlino uscirono con titoli cubitali sull'incontro di Colonia, e con articoli di fondo che attaccavano Papen per il suo comportamento sleale nei confronti di Schleicher. L'astuto generale, col suo solito acume, aveva appostato delle spie; una di esse - come in seguito Papen venne a sapere - era l'individuo che lo aveva fotografato quando era entrato nella casa di Schroeder. A parte le trattative con Papen, Hitler nell'incontro di Colonia apprese altre due cose che per lui avevano una grande importanza. Seppe dall'ex cancelliere che Hindenburg non aveva dato a Schleicher la facoltà di sciogliere il Reichstag. Ciò significava che i nazisti con l'aiuto dei comunisti avrebbero potuto rovesciare il generale non appena l'avessero voluto. In secondo luogo, nell'incontro si fece capire a Hitler che gli uomini d'affari della Germania occidentale avrebbero assunto l'onere dei debiti contratti dal partito nazista. Due giorni dopo il colloquio di Colonia Goebbels rilevò " favorevoli progressi nello sviluppo politico ", pur continuando a deplorare la " brutta situazione finanziaria ". Dieci giorni dopo, il 16 gennaio, riferì che " dalla sera alla mattina la posizione finanziaria del partito era fondamentalmente migliorata ". Intanto con un ottimismo che era, per lo meno, miope, il cancelliere Schleicher cercava di costituire un governo stabile. Il 15 dicembre fece, alla radio, un appello alla nazione chiedendo agli ascoltatori di dimenticare che egli era un generale e assicurando loro che egli non sosteneva " né il capitalismo né il socialismo " e che " concetti, come quelli dell'economia privata o dell'economia pianificata avevano cessato di impaurirlo ". Disse che il suo compito principale sarebbe stato procurar lavoro ai disoccupati e rimettere economicamente in piedi il paese. Non vi sarebbero stati né aumenti di tasse né ulteriori riduzioni di salari. In effetti, egli aveva anzi revocato l'ultima decurtazione dei salari e dei sussidi stabilita da Papen. Inoltre aveva abolito le quote agricole fissate da Papen a vantaggio dei grandi proprietari terrieri, studiando invece il progetto di acquistare 800 ooo acri delle terre degli Bunker dell'Est in bancarotta per distribuirle a 25 ooo famiglie di contadini. Si sarebbe stabilito anche un severo controllo sui prezzi dei generi di consumo essenziali, come il carbone e la carne. Egli chiedeva così l'appoggio proprio a quelle masse che fino ad allora aveva disprezzato e alle cui rivendicazioni si era opposto, e continuò questa tattica in conversazioni coi sindacati, dando ai loro dirigenti l'impressione di considerare un futuro nel quale le organizzazioni del lavoro e l'esercito sarebbero stati i due pilastri della nazione. Ma i rappresentanti dei lavoratori non erano così ingenui da lasciarsi abbindolare da un uomo nel quale non avevano Pagina 138
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt alcuna fiducia; pertanto rifiutarono la collaborazione. D'altra parte, gli industriali e i grandi proprietari terrieri scesero in campo contro il nuovo programma del cancelliere, gridando che esso era né pili 198 Trionfo e consolidamento né meno che un programma bolscevico. Gli uomini d'affari erano costernati per le improvvise simpatie di Schleicher per i sindacati. I grandi proprietari erano infuriati per la riduzione della protezione agricola di cui godevano e lividi per la prospettiva di un frazionamento delle proprietà fallimentari della Germania orientale. Il 12 gennaio il Landbund, cioè l'associazione dei grandi agricoltori, attaccò violentemente il governo, e i loro dirigenti, fra i quali si trovavano anche due nazisti, si recarono dal presidente a protestare. Hindenburg che era diventato lui stesso uno Junker proprietario terriero, chiamò il suo cancelliere, a rendere conto del proprio operato. Schleicher rispose minacciando di pubblicare un rapporto segreto del Reichstag sui prestiti per la Osthtlfe (Aiuti alle regioni orientali): come tutti sapevano, si trattava di uno scandalo in cui erano coinvolte centinaia delle più antiche famiglie degli Junker, le quali avevano " unto le ruote " per ottenere dal governo " prestiti " a fondo perduto, e che indirettamente aveva coinvolto lo stesso presidente, dato che le proprietà della Prussia orientale a lui donate erano state illegalmente intestate a suo figlio per evadere la tassa di successione. Malgrado il tumulto degli industriali e dei proprietari terrieri e malgrado la freddezza dei sindacati, Schleicher era inesplicabilmente convinto che tutto andava bene. Il primo dell'anno nuovo, cioè del 1933, si recò insieme al suo gabinetto in visita dal vecchio presidente, il quale gli espresse la sua gratitudine per il fatto che " le maggiori avversità erano state superate e che si apriva la via di una nuova ripresa ". Il 4 gennaio, lo stesso giorno in cui Papen e Hitler conferivano a Colonia, il cancelliere fece in modo che Hindenburg ricevesse Strasser, di ritorno dalle sue ferie sotto il sole d'Italia. L'ex numero due del nazismo, incontrandosi col presidente pochi giorni dopo, si dichiarò pronto ad entrare nel gabinetto Schleicher. Questa mossa gettò nella costernazione il campo nazista, in quel momento impegnato nel piccolo Lana di Lippe dove Hitler e i suoi principali aiutanti si battevano furiosamente per ottenere un successo nelle elezioni locali al fine di rafforzare la posizione del Fiihrer nei suoi negoziati con Papen. Goebbels riferì nel suo diario l'arrivo di Goring alla mezzanotte del 13 gennaio e insieme le brutte notizie della decisione di Strasser, raccontando come i dirigenti del partito avessero discusso tutta la notte la faccenda e riconosciuto che se Strasser avesse avuto una carica ciò avrebbe significato un grave scacco per il partito. È quel che anche Schleicher pensava, e quando il 15 gennaio Kurt von Schuschnigg, allora ministro austriaco della Giustizia, gli fece visita, egli gli assicurò che " il signor Hitler ha cessato di costituire un problema, il suo movimento non rappresenta pili un pericolo politico, tutta la questione è risolta, non è più che una cosa del passato " ". Ma Strasser non entrò nel gabinetto, né vi entrò il capo del Partito nazionalista, Hugenberg, che il giorno prima, il 14, aveva assicurato Hindenburg che lo avrebbe fatto. L'uno e l'altro dopo non molto tornarono a Hitler, Strasser per essere freddamente respinto, Hugenberg con maggior successo. Il 15 gennaio, proprio mentre Schleicher si vantava con Schuschnigg per Gli ultimi mesi della repubblica (1931-1^3) 199 la fine di Hitler, i nazisti riscossero un successo locale nelle elezioni dello staterello di Lippe. Non era una gran cosa. Su 90 ooo voti i nazisti ne riscossero 38 ooo, cioè il 39 per cento, con un aumento di circa il 17 per cento rispetto alla precedente votazione. Ma, sotto la guida di Goebbels, i dirigenti nazisti fecero un gran chiasso intorno alla loro " vittoria " e, cosa strana, sembra che riuscissero a impressionare un certo numero di conservatori, comprese le persone che stavano dietro Hindenburg, di cui le principali erano il segretario di Stato Meissner e Oskar von Hindenburg, figlio del presidente. La sera del 22 gennaio questi due signori lasciarono di nascosto la residenza presidenziale, fermarono un taxi (Meissner disse: per evitare di essere notati) e con esso si recarono nell'abitazione suburbana di un nazista fino ad allora sconosciuto, Joachim von Ribbentrop, che era amico di Papen -erano stati insieme sul fronte turco durante la guerra. Là incontrarono Papen, Hitler, Goring e Frick. Secondo Meissner, fino a quella sera fatale Oskar von Hindenburg si era opposto a ogni baratto coi nazisti. Hitler può averlo saputo; comunque egli insistette per aver con lui un colloquio " a quattrocchi ", e con grande sorpresa di Meissner il giovane Hindenburg acconsentì e si ritirò con Hitler in Pagina 139
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt un'altra stanza rimanendo con lui per un'ora. Non si è mai saputo che cosa Hitler disse al figlio del presidente, il quale non era noto per essere una mente sveglia e per avere un forte carattere. Nell'ambiente nazista si credette che Hitler gli avesse fatto sia offerte che minacce: minacce di rivelare al pubblico che Oskar era coinvolto nello scandalo degli aiuti alle regioni orientali (Osthilfe) e il modo con cui si erano evase le tasse che avrebbero colpito la proprietà degli Hindenburg. Quanto alle offerte, se ne può giudicare solo dal fatto che pochi mesi dopo cinquemila acri di terra libera da imposte furono aggiunti alle proprietà della famiglia Hindenburg a Neudeck e che nell'agosto del 1934 Oskar passò di colpo dal grado di colonnello a quello di maggiore generale dell'esercito. Comunque, non v'è dubbio che Hitler abbia prodotto una viva impressione sul figlio del presidente. In seguito, nella sua deposizione a Norim-berga Meissner riferì: " Tornando in taxi, Oskar von Hindenburg fu quanto mai silenzioso e l'unico rilievo da lui avanzato fu che non c'era nulla da fare: bisognava prendere nel governo i nazisti. La mia impressione fu che Hitler era riuscito a fargli subire il suo ascendente ". A Hitler restava soltanto da far lo stesso col padre. Ciò era evidentemente più difficile perché, malgrado la sua mente un po' svanita, l'età non aveva corroso il carattere granitico del vecchio feldmaresciallo. Era più difficile, ma non impossibile. Affaccendato come un castoro, Papen ogni giorno si lavorava il vegliardo. Ed era facile vedere che Schleicher, malgrado tutta la sua astuzia, vacillava tanto da esser quasi sul punto di cadere. Non era riuscito a vincere i nazisti e neppure a provocare una scissione fra di essi. Non riusciva ad ottenere l'appoggio né dai nazionalisti, né dal Centro o dai socialdemocratici. Così il 23 gennaio Schleicher andò a trovare Hindenburg, ammise di non 2oo Trionfo e consolidamento essere riuscito a formarsi una maggioranza nel Reichstag e chiese lo scioglimento di esso nonché la concessione dei poteri di emergenza per governare mediante decreti, secondo l'art. 48 della costituzione. A credere a Meissner, il generale avrebbe anche chiesto " l'eliminazione temporanea " del Reichstag confessando francamente il suo intento di trasformare il proprio governo in una " dittatura militare " ". Malgrado tutte le sue tortuose manovre Schleicher ora si trovava allo stesso punto in cui al principio di dicembre si era trovato Papen, ma con le parti invertite. Allora Papen aveva richiesto i poteri di emergenza e Schleicher gli si era opposto, offrendosi di formar lui un governo di maggioranza con l'appoggio dei nazisti. Ora il generale insisteva che si istituisse un governo dittatoriale, mentre quella volpe astuta, che era von Papen, assicurava il feldmaresciallo di poter cattivare Hitler per un governo che al Reichstag avrebbe avuto la maggioranza. Una vera altalena di furfanti e di intriganti! Hindenburg ricordò a Schleicher le ragioni da lui addotte il 2 dicembre per rovesciare Papen e lo informò che esse erano sempre valide. Lo pregò di darsi di nuovo da fare per formare una maggioranza al Reichstag. Era la fine, per Schleicher, ed egli lo sapeva: come lo sapeva chiunque fosse addentro alle segrete cose. Goebbels, che era uno di questi pochi iniziati, l'indomani commentò: " Schleicher cadrà da un momento all'altro; lui, che ha buttato giù tanti altri ". La sua fine ufficiale fu segnata il 28 gennaio, giorno in cui si recò dal presidente per rassegnare le dimissioni del suo governo. " Ho già un piede nella tomba, - disse Hindenburg al generale disilluso, - e non sono certo che in seguito, in ciclo, non rimpiangerò una simile azione ". Schleicher rispose: " Non sono certo, signore, che dopo questo tradimento voi andrete in cielo ", e spari rapidamente dalla storia tedesca ". A mezzogiorno dello stesso 28 gennaio il presidente incaricò Papen di accertare quali possibilità vi fossero per formare un governo capeggiato da Hitler " nel quadro della costituzione ". Per un'intera settimana quell'uomo astuto e ambizioso aveva accarezzato l'idea di scavalcare Hitler per tornare nuovamente al cancellierato in un governo presidenziale sostenuto da Hu-genberg. Il 27 gennaio Goebbels scrisse: " È tuttora possibile che Papen venga nominato di nuovo cancelliere ". Il giorno prima Schleicher aveva mandato dal presidente il generale von Hammerstein, comandante in capo dell'esercito, per dissuaderlo dallo scegliere Papen. In quella Berlino, labirinto di intrighi, Schleicher, all'ultimo momento, si era deciso a favore di Hitler per soppiantarlo. Hindenburg assicurò il comandante in capo di non aver nessuna intenzione di nominare " quel caporale austriaco ". Pagina 140
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt L'indomani, domenica 29 gennaio, fu una giornata cruciale; i cospiratori giocarono disperatamente le loro ultime carte diffondendo nella capitale le dicerie più allarmanti e contrastanti, alcune delle quali, tuttavia, non erano affatto infondate. Ancor una volta Schleicher si servì del fedele Hammerstein, per agitare le acque. Il capo dell'esercito andò a trovare Hitler per avvertirlo daccapo che Papen avrebbe potuto piantarlo in asso e che per il Gli ultimi mesi della repubblica (1931-1933) 201 capo nazista sarebbe stata cosa più saggia allearsi col cancelliere caduto e con l'esercito. Hitler non si interessò molto a tale comunicazione. Tornò al Kaiserhof a bere un caffè e a mangiare delle paste coi suoi aiutanti, e fu durante questo piccolo trattenimento che Goring apparve con la notizia che il Fiihrer sarebbe stato nominato cancelliere l'indomani. Mentre quella sera i caporioni nazisti festeggiavano il grande avvenimento a casa di Goebbels, sulla Reichskanzlerplatz giunse un altro emissario di Schleicher con notizie sensazionali. Era, questi, Werner von Alvensleben, persona così amante delle cospirazioni che, quando non ne esistevano, ne inventava una lui. Egli informò l'allegra compagnia che Schleicher e Ham-merstein avevano messo in stato di allarme la guarnigione di Potsdam, che si accingevano a spedire il vecchio presidente a Neudeck e a istituire una dittatura militare. In ciò vi era molta esagerazione. Era ben possibile che i due generali accarezzassero una tale idea, però di certo non avevano preso nessuna iniziativa. Comunque, questo allarme mise i nazisti in uno stato di isterismo. Con tutta la velocità che il suo grosso corpo gli permetteva, Goring attraversò la piazza e corse ad avvertire il presidente e Papen. Ciò che Hitler fece, lo descrisse lui stesso in seguito. La mia reazione immediata a questo piano di un putsch militare fu di ordinare al comandante delle SA di Berlino, conte Helldorf, di mettere in stato d'allarme tutte le formazioni SA della capitale. Oltre a ciò, il maggiore Wecke, che godeva la nostra fiducia, fu incaricato di prevedere, in caso di bisogno, un'occupazione di forza della Wilhelm-strasse con sei battaglioni della polizia. Feci avvertire per mezzo di von Papen il vecchio maresciallo delle intenzioni della cricca di Schleicher. Infine, essendo diventata definitiva la scelta di Blomberg a ministro della Reichswehr, feci sapere a questi che, subito dopo il suo arrivo a Berlino, previsto per le 8 del mattino del 30 gennaio, doveva presentarsi da Hindenburg per prestare giuramento. Una volta comandante supremo della Reichswehr, avrebbe avuto il potere di soffocare immediatamente qualsiasi nuovo tentativo di putsch ". Alle spalle di Schleicher e del comandante in capo dell'esercito - in quel folle periodo ogni cosa veniva compiuta alle spalle di qualcuno - il generale Werner von Blomberg era stato richiamato da Ginevra, dove egli rappresentava la Germania alla conferenza per il disarmo, non da Hitler, che non era ancora al potere, ma da Hindenburg e da Papen, per essere nominato ministro della Difesa nel gabinetto Hitler-Papen. Come Hitler in seguito disse, von Blomberg era una persona che già godeva della sua fiducia e che era caduto sotto l'ascendente del proprio capo di Stato maggiore della Prussia orientale, il colonnello Walter von Reichenau, dichiarato filonazista. Quando arrivò a Berlino nel primo mattino del 30 gennaio, Blomberg trovò alla stazione due ufficiali dell'esercito con ordini contrastanti. Uno era l'aiutante di Hammerstein, un certo maggiore von Kuntzen, e questi gli trasmise l'ordine di recarsi a rapporto dal comandante in capo dell'esercito. L'altro era il colonnello Oskar von Hindenburg, aiutante di suo padre, che ordinò al disorientato Blomberg di andare a rapporto dal presidente della Repubblica. Blomberg si recò dal presidente, prestò subito giuramento quale ministro della Difesa, ottenendo l'autorità necessaria non solo per stroncare 2O2 Trionfo e consolidamento qualsiasi colpo di mano dell'esercito, ma anche per far sì che i militari appoggiassero il nuovo governo, che sarebbe stato nominato qualche ora dopo. Hitler fu sempre riconoscente verso l'esercito per averlo appoggiato in quel momento cruciale. In un'adunata del partito, non molto tempo dopo, egli disse: " Se in quei giorni della nostra rivoluzione l'esercito non fosse stato al nostro fianco, oggi noi non ci troveremmo qui ". Fu una responsabilità che doveva gravare pesantemente sul corpo degli ufficiali nei giorni a venire; fu una decisione di cui alla fine l'esercito si doveva pentire fin troppo. In quel mattino d'inverno del 30 gennaio 1933 si concludeva la tragedia della Repubblica di Weimar, tentativo raffazzonato, protrattosi per quattordici anni pieni di delusioni, di rendere la democrazia operante in Germania: ma non prima Pagina 141
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt che, proprio all'ultimo momento, quando il sipario cadde definitivamente, avesse luogo una piccola farsa fra il gruppo multi-colore dei cospiratori riunitisi per seppellire il regime repubblicano. Ecco come, in seguito, Papen la descrisse: Verso le dieci e mezzo i membri del gabinetto proposto si riunirono da me e poi attraversarono il giardino per raggiungere il palazzo presidenziale dove rimanemmo ad attendere nell'ufficio di Meissner. Hitler rinnovò subito le sue rimostranze per non essere stato nominato commissario per la Prussia. Pensava che ciò limitasse grandemente i suoi poteri... Io gli dissi ... che quella nomina poteva essere rimandata a più tardi. Allora, Hitler rispose che se i suoi poteri dovevano subire una tale limitazione, egli avrebbe dovuto insistere perché venissero indette nuove elezioni al Reichstag. Ciò veniva a creare una situazione del tutto nuova e la discussione si fece accesa. Hugenberg, in particolare, si oppose all'idea di nuove elezioni; Hitler cercò di calmarlo affermando che egli non avrebbe apportato mutamenti al gabinetto, qualunque fossero stati i risultati... Intanto le undici, ora fissata per il nostro colloquio col presidente, erano da tempo passate, e Meissner disse di por termine alla discussione, perché Hin-denburg non era disposto ad aspettare ancora. Vi era stato un tale improvviso scontro di opinioni che io temevo che la nostra nuova coalizione si spezzasse ancor prima di nascere... Alla fine fummo accompagnati dal presidente e io feci le necessarie presentazioni ufficiali. Hindenburg tenne un breve discorso sulla necessità di una piena collaborazione nell'interesse della nazione; dopodiché, giurammo. Il gabinetto Hitler era stato formato21. In tal guisa, per la porta di servizio, grazie a una meschina combutta politica con reazionari della vecchia scuola, da lui intimamente detestati, l'uomo che era già stato un vagabondo venuto da Vienna, il derelitto della prima guerra mondiale, il violento rivoluzionario, divenne il cancelliere di una grande nazione. Certo, i nazionalsocialisti nel governo erano in decisa minoranza; avevano soltanto tre degli undici posti del gabinetto, e, a parte il cancellierato, non si trattava nemmeno di posti chiave. Frick era ministro agli Interni, ma, a differenza di quel che è d'uso nella maggior parte dei paesi europei, non controllava la polizia; in Germania la polizia era in mano ai singoli Stati. Il terzo nazista membro del gabinetto era Gbring, ma per lui non si potè trovare una carica specifica; fu nominato ministro senza portafoglio, con l'intesa che egli sarebbe divenuto ministro dell'Aviazione non appena la Germania avesse avuto un'aviazione militare. Si diede poco rilievo al fatto Gli ultimi mesi della repubblica (1931-1933,) 203 che Gbring era stato anche nominato ministro dell'Interno della Prussia, il che gli assicurava il controllo della polizia prussiana; per il momento, l'attenzione generale era concentrata sul gabinetto del Reich. Con sorpresa di molti, il nome di Goebbels non figurò nella lista; per il momento era stato lasciato fuori. I ministeri più importanti toccarono ai conservatori, i quali erano sicuri di aver accalappiato i nazisti tanto da potersene servire ai loro fini: Neurath continuò ad essere ministro degli Esteri; il ministro alla Difesa fu Blomberg; Hugenberg assunse i ministeri riuniti dell'Economia e dell'Agricoltura; Seld-te, capo dello Stahlhelm, fu fatto ministro del Lavoro; gli altri ministeri furono dati agli " esperti " indipendenti che Papen otto mesi prima aveva nominato. Lo stesso Papen ebbe il posto di vicecancelliere del Reich e di primo ministro della Prussia, e Hindenburg gli aveva promesso che non avrebbe mai ricevuto il cancelliere se non accompagnato da lui quale vicecancelliere. Con questa posizione unica nel suo genere, Papen era sicuro di poter tenere in freno il radicalismo del capo nazista. Non solo: quel governo era stato concepito da Papen, era la sua creazione, ed egli confidava che con l'aiuto del vecchio presidente, suo fido amico, ammiratore e protettore, e con l'accorto sostegno dei suoi colleghi conservatori, il cui numero soverchiava in un rapporto da otto a tre quello dei nazisti recalcitranti, egli avrebbe potuto assicurarsi il predominio nel governo. Ma questo frivolo, connivente uomo politico non conosceva Hitler - nessuno conosceva realmente Hitler - né aveva un'idea dell'entità delle forze che l'avevano vorticosamente portato alla sommità del potere. Come tutti gli altri, a eccezione di Hitler, Papen non si rendeva nemmeno ben conto dell'inesplicabile debolezza, ormai confinante con la paralisi, delle istituzioni esistenti l'esercito, le chiese, i sindacati, i partiti politici - e altresì di quello della vasta classe media non nazista e del proletariato cosi bene organizzato Pagina 142
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt che, come Papen rilevò molti anni dopo con tristezza, dovevano " arrendersi tutti senza combattere ". Non v'è classe o gruppo, in Germania, che non abbia avuto la sua parte di responsabilità nella liquidazione della repubblica democratica e nell'avvento di Adolf Hitler. I tedeschi che si opponevano al nazismo commisero l'errore fondamentale di non far fronte unico contro di esso. Nel luglio 1932, quando godevano del massimo favore popolare, i nazionalsocialisti non avevano raccolto che il 37 per cento dei voti. Ma il 63 per cento dei tedeschi che votarono contro Hitler era troppo diviso e troppo miope per coallzzarsi contro il pericolo comune rappresentato da una forza che - essi avrebbero dovuto saperlo li avrebbe sopraffatti se, almeno temporaneamente, non si fossero uniti per batterla. Seguendo le istruzioni di Mosca, i comunisti sostennero fino all'ultimo la stupida idea che bisognava anzitutto distruggere i socialdemocratici, i sindacati socialisti e tutte le residue forze democratiche delle classi medie, basandosi sulla problematica teoria che, anche se una simile opera avrebbe condotto a un regime nazista, un tale regime sarebbe stato soltanto temporaneo e avrebbe provocato inevitabilmente il 2O4 Trionfo e consolidamento crollo del capitalismo; dopodiché i comunisti avrebbero assunto la direzione istituendo la dittatura del proletariato. Secondo la concezione bolscevico-marxista, il fascismo rappresentava l'ultimo stadio del capitalismo in agonia: dopo, sarebbe venuto il diluvio comunista. Nella Repubblica, quattordici anni di potere politico spartito, e di condiscendenza a tutti i compromessi, pur di mantenere in vita dei governi di coalizione, avevano fiaccato il vigore e l'entusiasmo dei socialdemocratici, finché il loro partito divenne poco più di un'organizzazione usata per esercitare pressioni al momento opportuno, pronta a mercanteggiare concessioni a favore di quei sindacati sui quali si basava in larga misura la sua potenza. Può esser vero quel che dissero certi socialisti, ossia che la fortuna non aveva loro arriso: i comunisti, privi di scrupoli e antidemocratici, avevano spezzato l'unità della classe operaia; la depressione economica aveva ulteriormente danneggiato i socialdemocratici, indebolendo i sindacati e facendo perdere al partito il sostegno di milioni di disoccupati che nella loro disperazione passarono al comunismo o al nazismo. Ma la tragedia dei socialdemocratici non si può spiegare soltanto con la cattiva fortuna. Nel novembre del 1918 si era loro presentata l'occasione di prendere la direzione della Germania e di creare uno Stato basato sul sistema che essi sempre avevano difeso: su di una democrazia sociale. Ma ad essi era mancata la forza di decisione a ciò necessaria. Ora, all'alba degli anni trenta, essi erano un partito stanco e disfattista, nelle mani di persone vecchie, animate certo da buone intenzioni, ma per lo più mediocri. Rimasero fedeli alla Repubblica sino all'ultimo, ma alla fine furono troppo incerti e troppo timidi per correre i rischi necessari per salvarla: quando Papen mobilitò una squadra di militari per distruggere -il governo costituzionale in Prussia, essi non seppero neppure muovere un dito. Mancò, in Germania, fra la sinistra e la destra, una classe media politicamente forte, classe che in altri paesi - in Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti - aveva dimostrato di essere la spina dorsale della democrazia. Nel primo anno della Repubblica i partiti della classe media, i democratici, il Partito popolare e quello del Centro, avevano raccolto un totale di dodici milioni di voti, appena due milioni meno di quello dei due gruppi socialisti. Ma dopo la loro forza andò scemando perché la base che li sosteneva cominciò a gravitare intorno a Hitler e ai nazionalisti. Nel 1919 i democratici avevano avuto 74 deputati al Reichstag; nel 1932 non disponevano più che di due seggi. La forza del Partito popolare scese dai 62 seggi del 1920 agli ii seggi del 1932. Solo il Centro cattolico dispose sino alla fine di un forte elettorato. Nelle prime elezioni repubblicane del 1919 il Centro aveva avuto 71 deputati al Reichstag; nel 1932 ne aveva 70. Però a partire dai tempi di Bismarck il partito di Centro aveva seguito, in larga misura, una politica opportunistica, perfino più di quella dei socialdemocratici, sostenendo qual-siasi governo che intendesse fare concessioni favorevoli ai loro particolari interessi. E benché tale partito sembrasse fedele alla Repubblica e aderisse alla sua democrazia, pure, come si è visto, i suoi dirigenti negoziarono coi Gli ultimi mesi della repubblica (1931-1933) 205 nazisti per dare a Hitler il cancellierato, prima di venir soppiantati da Pa-pen e dai nazionalisti quali migliori offerenti. Pagina 143
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Ma se la Repubblica tedesca era priva di una classe politica che tenesse la via di mezzo, essa mancava anche della stabilità garantita, in molti altri paesi, da un vero partito conservatore. Nel 1924, quando si trovavano all'apogeo, i nazionalisti tedeschi avevano raccolto sei milioni di voti mandando al parlamento 103 deputati, in modo da costituire, per grandezza, il secondo partito politico. Ma sia allora che durante quasi tutto il regime di Weimar essi rifiutarono di assumere una posizione di responsabilità nel governo o all'opposizione, con la sola eccezione di una loro partecipazione a due gabinetti dalla breve vita negli anni '20. Ciò che voleva la destra tedesca, che dette in larga misura i suoi voti ai nazionalisti, era la fine della Repubblica e il ritorno a una Germania imperialista in cui fossero ripristinati tutti i suoi antichi privilegi. Di fatto, la Repubblica aveva trattato la destra, come singoli individui e come classe, con un'estrema generosità, anzi, a considerare i fini perseguiti dalla stessa destra, con un'eccezionale tolleranza. Come si è visto, aveva permesso all'esercito di continuare a costituire una specie di Stato entro lo Stato, aveva dato modo agli uomini di affari e ai banchieri di realizzare ampi profitti e agli Junker di mantenere le loro proprietà improduttive mediante prestiti del governo, che non venivano mai pagati e che solo di rado venivano usati per la miglioria delle loro terre. Eppure in tutti costoro queste generosità non avevano destato né gratitudine né lealismo nei riguardi della Repubblica. Con una ristrettezza mentale, con un insieme di pregiudizi e con una cecità che, retrospettivamente, a noi che scriviamo la cronaca di quel periodo, sembra inconcepibile, essi scalzarono le fondamenta della Repubblica finché, in lega con Hitler, la abbatterono. Nell'ex vagabondo austriaco le classi conservatrici pensavano di aver trovato un uomo che, pur rimanendo loro prigioniero, li avrebbe aiutati a raggiungere i loro fini. La distruzione della Repubblica era soltanto il primo passo. Quel che essi desideravano era una Germania autoritaria che all'interno mettesse fine all'" assurdo " della democrazia e alla potenza dei sindacati, e che in campo internazionale distruggesse il verdetto costituito dal trattato di pace del 1918, spezzasse i ceppi di Versailles, ricostituisse un grande esercito e assicurasse, col potere militare, il suo " posto al sole " al paese. Questi erano anche i fini di Hitler. E benché egli avesse con sé ciò di cui i conservatori mancavano, il seguito delle masse, la destra era convinta di riuscire a tenerlo in proprio potere: nel gabinetto del Reich essa forse non aveva, su di lui, una maggioranza di otto a tre? Una simile posizione di preminenza avrebbe anche permesso ai conservatori di realizzare i loro fini senza la barbarie di un nazismo scatenato: almeno, è quel che essi pensavano. Erano uomini onesti e timorati di Dio, questa era, almeno l'opinione che essi avevano di se stessi. L'impero degli Hohenzollern era stato costruito sulla base dei trionfi delle armate prussiane, la Repubblica tedesca su quella della disfatta inflitta 200 Trionfo e consolidamento alla Germania dagli Alleati dopo una grande guerra. Invece il Terzo Reich non dovette nulla alle fortune della guerra o a influenze straniere. Fu inaugurato in tempo di pace e pacificamente, a opera degli stessi tedeschi, delle loro stesse debolezze e energie. Furono i tedeschi a imporre a se stessi la tirannide nazista. Molti di essi, forse la maggioranza, non se ne rese conto in quel mezzogiorno del 30 gennaio 1933, quando il presidente Hindenburg, agendo in modo perfettamente costituzionale, affidò a Hitler il cancellierato. Ma presto se ne sarebbero accorti. 1 Secondo HEIDEN, Der Fiihrer, p. 433. 2 HEIDEN, History of National Socialism, p. 166. 3 GOEBBELS, Kaiserhof, pp. 19-20. 4 Ibid., pp. 80-81. s WHEELER-BENNETT, NemeSÌS, p. 243. 6 Le citazioni di cui sopra sono tratte da GOEBBELS, Kaiserhof, pp. 81-104. 7 FRANCOIS-PONCET, Op. CÌt., p. 23. 8 FRANZ VON PAPEN, Memoirs, p. 162. 9 NCA, Suppl. A, p. .508 (ND, 3309-PS). 10 HERMANN RAUSCHNING, The Voice of Destructioti. 11 Goebbels non fu colto alla sprovvista, come già gli era successo Pagina 144
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt il 13 agosto. Trasmise subito alla stampa la corrispondenza, che fu pubblicata nei giornali del mattino del 2j novembre. Essa figura nel " jahrbuch des òffentlichen Rechtes ", voi. XXI, 1933-40. 12 PAPEN, op. cit., pp. 216-17. " Ibid., p. 220. 14 Ibid., p. 222. 15 FRANCOIS-PONCET, op. cit., p. 43. Egli dice erroneamente " settanta giorni ". " NCA, II, pp. 922-24. 17 KURT VON SCHUSCHNIGG, Faretaell, Austria!, pp. 165-66. 18 Dichiarazione giurata di Meissner, NCA, Suppl. A, p. jn. " Memorandum Hammerstein, in WHEELER-BENNETT, Nemesis, p. 280. 20 Hitler's Secret Conversations, p. 404. 21 PAPEN, op. cit., pp. 243-44. VII. LA NAZIFICAZIONE DELLA GERMANIA (1933-1934) La convinzione che Hitler si era formato nella sua modesta vita a Vienna, e che egli non aveva mai abbandonato - e cioè che per un movimento rivoluzionario la via al potere è l'alleanza con alcune delle più potenti istituzioni dello Stato - ora era stata praticamente convalidata assai più di quanto egli avesse calcolato. Il presidente, appoggiato dall'esercito e dai conservatori, l'aveva nominato cancelliere. Però il suo potere politico, per grande che fosse, non era completo. Hitler lo divideva con queste tre fonti dell'autorità a cui doveva la carica, le quali erano al di fuori del movimento nazionalsocialista e che, in una certa misura, diffidavano di tale movimento. Così il compito più immediato di Hitler era di eliminare quelle forze dai posti di comando, e di far del suo partito il padrone assoluto dello Stato, per poi attuare la rivoluzione nazista col potere di uno Stato autoritario e della sua polizia. Erano passate appena ventiquattro ore dal suo insediamento che egli fece la prima mossa decisiva, preparando una trappola ai suoi creduli " guardiani " conservatori e mettendo in moto una catena di avvenimenti di cui riusci a mantenere il controllo, avvenimenti che nel giro di sei mesi dovevano portare alla completa nazificazione della Germania e alla sua ascesa a dittatore del Reich, Stato unificato e non più federale per la prima volta in tutta la storia tedesca. Il 30 gennaio 1933, alle cinque pomeridiane, cinque ore dopo aver giurato, Hitler tenne la prima riunione del suo gabinetto. I resoconti di tale riunione, affiorati a Norimberga fra le tonnellate dei documenti segreti sequestrati, dimostrano la rapidità e l'abilità con cui Hitler, assistito dall'astuto Goring, cominciò a preparare lo sgambetto ai conservatori suoi colleghi*1. Hindenburg aveva nominato Hitler capo non di un gabinetto presidenziale, ma di un gabinetto basato su di una maggioranza del Reichstag. * Naturalmente questa riunione di gabinetto ebbe carattere privato. Come nella maggior parte delle conferenze, svoltesi spesso nella massima segretezza, tenute da Hitler e dai suoi aiutanti politici e militari durante il Terzo Reich, i verbali delle decisioni non furono accessibili al pubblico prima che i documenti tedeschi venissero sequestrati ed esaminati al processo di Norimberga. A partire da questo punto gran numero di tali discussioni strettamente confidenziali con le relative decisioni - tutte riguardanti segreti di Stato servirà da base per la cronaca tracciata nel presente libro, il quale ha utilizzato sino alla fine, in larga misura, i verbali stesi a loro tempo. Anche a rischio di appesantire le pagine con un gran numero di note, citerò regolarmente tali fonti. Nessun'altta storia di una nazione risulta cosi ampiamente documentata, per un dato peLa nazificazione della Germania (1933-1934) 209 Senonché i nazisti e i nazionalisti, unici partiti rappresentati nel governo, avendo solo 247 dei 583 seggi del parlamento, non disponevano della maggioranza. Per raggiungerla, abbisognavano dell'appoggio del partito di Centro, che aveva 70 seggi. Nelle primissime ore del nuovo governo Hitler aveva incaricato Goring di conferire coi capi politici del Centro. Ora riferì al gabinetto che il Centro esigeva " alcune concessioni ". Allora Goring propose che il Reichstag venisse sciolto e che si tenessero nuove elezioni. E Hitler aderì. Hugenberg, uomo dalla mentalità rigida malgrado tutti i successi avuti nel mondo degli affari, si Pagina 145
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt oppose all'ammissione del Centro nel governo ma, d'altro canto, si oppose anche a nuove elezioni, ben sapendo che i nazisti, con tutte le risorse dello Stato a loro disposizione, avrebbero ottenuto la maggioranza assoluta e sarebbero quindi stati in grado di far a meno dei suoi servizi e di quelli dei conservatori suoi amici. Egli propose semplicemente di sopprimere il partito comunista; una volta eliminati i cento seggi di questo partito, i nazisti e i nazionalisti sarebbero stati in maggioranza. Ma Hitler per il momento non voleva spingersi cosi lontano, e alla fine si decise che lo stesso cancelliere avrebbe conferito coi dirigenti del partito di Centro la mattina seguente e che se il colloquio non avesse dato frutti il gabinetto avrebbe chiesto di indire nuove elezioni. A Hitler riuscì facile far sì che il colloquio non desse risultati positivi. Per invito di Hitler, monsignor Kaas, capo del partito di Centro, presentò quale base della discussione un elenco di richieste, ponendo come condizione la promessa, da parte di Hitler, di governare nei limiti della costituzione. Ma Hitler imbrogliò sia Kaas che i membri del proprio gabinetto, riferendo a quest'ultimi che il Centro aveva fatto richieste impossibili e che non vi erano prospettive per un accordo. Propose dunque che il presidente scio-gliesse il Reichstag indicendo nuove elezioni. Hugenberg e Papen furono presi in trappola, ma dopo una solenne assicurazione, da parte del capo nazista, che il gabinetto sarebbe rimasto immutato qualunque fossero stati i •risultati delle elezioni, accettarono di stare dalla sua parte. Le nuove elezioni furono fissate per il 5 marzo. Ora, per la prima volta, il partito poteva impiegare tutte le vaste risorse del governo per guadagnare voti in queste elezioni che dovevano essere le ultime elezioni relativamente libere che la Germania ebbe. Goebbels giubilava. Il 3 febbraio scrisse nel suo diario: "Ora sarà facile condurre la nostra battaglia, perché possiamo aiutarci con tutte le risorse dello Stato. La radio e la stampa sono a nostra disposizione. Insceneremo un capolavoro di propaganda. E, naturalmente, questa volta il denaro non mancherà "2. Ai grandi uomini di affari, contenti del nuovo governo che avrebbe messo al loro posto le organizzazioni operaie e che avrebbe lasciato i dirigenti gestire le aziende come meglio credevano, si chiese di sputare quattrini. Essi riodo, come quella del Terzo Reich, e all'autore è sembrato che l'omettere i riferimenti ai documenti avrebbe grandemente diminuito il valore che il presente libro può avere come esposizione storica veritiera. 210 Trionfo e consolidamento aderirono alla richiesta in una riunione tenutasi il 20 febbraio al palazzo del presidente del Reichstag, che ora era Goring, riunione nella quale il dottor Schacht fece da anfitrione e Goring e Hitler indicarono le direttive a un paio di dozzine di magnati della Germania, fra cui si trovavano Krupp von Bohlen, divenuto dalla sera alla mattina un fervente nazista, Bosch e Schnit-zler, della IG-Farben, e infine Vogler, capo delle Vereinigte Stahlwerke. Il resoconto di questa riunione segreta è conservato. Hitler cominciò un lungo discorso per cattivarsi gli industriali. Disse: "Nell'era della democrazia, non è possibile mantenere l'impresa privata; essa è concepibile solo se il popolo ha una sana idea dell'autorità e della personalità... Tutti i beni terreni che possediamo li dobbiamo alla lotta di una élite... Non dimentichiamoci che tutti i benefici della civiltà debbono essere introdotti, più o meno, con un pugno di ferro ". Promise agli uomini d'affari di "eliminare" i marxisti e di ricostruire la Wehrmacht (a ciò erano soprattutto interessate quelle industrie, come i Krupp, le Vereinigte Stahlwerke e l'IG-Farben, che più avevano da guadagnare dal riarmo). " Ci troviamo dinanzi alle ultime elezioni", concluse Hitler, e assicurò gli ascoltatori che " qualunque sarà il loro esito noi non ci ritireremo ". Se non avesse vinto coi voti, sarebbe rimasto al potere "con altri mezzi... usando altre armi". Attenendosi maggiormente al problema più immediato, Goring sottolineò la necessità di " sacrifici finanziari " che, " per l'industria, sarebbero stati certamente più facili da sostenere se essa si rendeva conto che le elezioni del 5 marzo sarebbero state sicuramente le ultime dei prossimi dieci anni, probabilmente perfino dei prossimi cento anni ". Tutto questo fu detto ben chiaro agli industriali convenuti, ed essi reagirono con entusiasmo alla promessa che la si sarebbe fatta finita con le infernali elezioni, con la democrazia e col disarmo. Krupp, il re delle munizioni che, secondo Thyssen, il 29 gennaio aveva fatto pressioni su Hinden-burg affinchè non nominasse Hitler, balzò in piedi e espresse al cancelliere la " gratitudine " degli uomini di affari " per aver loro dato un quadro così chiaro della situazione". Quindi il dottor Schacht fece il giro Pagina 146
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt della colletta. A Norimberga dichiarò: "Raccolsi tre milioni di marchi"3. Il 31 gennaio 1933, ossia il giorno dopo che Hitler era stato nominato cancelliere, Goebbels scrisse nel suo diario : " In una conferenza col Fùhrer abbiamo fissato le linee per la lotta contro il terrore rosso. Per il momento ci asterremo da immediate contromisure. Occorre che prima il tentativo rivoluzionario bolscevico divampi. Al momento giusto, colpiremo". Malgrado le crescenti provocazioni delle autorità naziste, non c'era segno alcuno che una rivoluzione, comunista o socialista, scoppiasse nel corso della campagna elettorale. Al principio di febbraio il governo di Hitler aveva vietato ogni comizio comunista e aveva messo a tacere la stampa comunista. Le adunate dei socialdemocratici vennero ugualmente vietate, oppure disperse dalle bande delle SA, e i principali giornali socialisti subirono contiLa nazificazione della Germania (1933-1934) 211 nue sospensioni. Perfino il partito cattolico di Centro non fu risparmiato dal terrore nazista. Stegerwald, capo dei sindacati cattolici, fu pestato dalle Camicie Brune quando tentò di prender la parola in un comizio, e Brùning fu costretto, in un altro comizio, a chiedere la protezione della polizia, dopo che uomini delle SA avevano ferito un certo numero di suoi seguaci. Complessivamente durante la campagna elettorale si contarono cinquantun antinazisti uccisi, mentre i nazisti pretesero che diciotto dei loro erano stati colpiti a morte. Ora si cominciò a riconoscere la posizione chiave che Gbring occupava, quale ministro agli Interni della Prussia. Ignorando le prudenti raccomandazioni di Papen, che come primo ministro di Prussia avrebbe dovuto essergli superiore, Goring destituì centinaia di funzionari repubblicani sostituendo ad essi dei nazisti, per lo più ufficiali delle SA e delle SS. Ordinò alla polizia di evitare " ad ogni costo " urti con le SA, le SS e lo Stahlhelm, ma, nel contempo, di non aver pietà per coloro che " erano ostili verso lo Stato ". Esortò la polizia " a far uso delle armi da fuoco " e avverti che coloro che se ne fossero astenuti sarebbero stati puniti. Era un invito esplir cito alla polizia di uno Stato (la Prussia), che controllava i due terzi della Germania, a sparare su tutti coloro che si opponevano a Hitler. Affinchè il lavoro fosse fatto a fondo, il 22 febbraio Goring istituì un corpo ausiliario di polizia di 50 ooo uomini, 40 ooo dei quali erano stati reclutati dalle file delle SA e delle SS, e il resto dallo Stahlhelm. Cosi in Prussia le funzioni della polizia furono espletate in gran parte da canaglie naziste. Bisognava che un tedesco avesse un bel coraggio per rivolgersi a una tale " polizia " per essere protetto di fronte ai terroristi nazisti. Malgrado tutto il terrore, la " rivoluzione bolscevica " attesa da Hitler, Goebbles e Goring non " divampò ". Se non si poteva provocarla, non si poteva forse inventarla? Il 24 febbraio la polizia di Goring fece irruzione nel Karl-Liebknecht-Haus, quartier generale comunista a Berlino. Era stato abbandonato qualche settimana prima dai dirigenti comunisti, un buon numero dei quali si erano già nascosti oppure erano fuggiti clandestinamente in Russia. Ma nello scantinato erano stati lasciati mucchi di opuscoli di propaganda, cosa sufficiente per dar modo a Goring di annunciare, in un comunicato ufficiale, il sequestro di " documenti " che provavano come i comunisti fossero sul punto di scatenare una rivoluzione. Tale notizia lasciò scettico il pubblico e perfino alcuni dei conservatori al governo. Era ovvio che si doveva trovare qualcosa di più sensazionale per mettere in agitazione il pubblico prima delle elezioni del 5 marzo. L'incendio del Reichstag. La sera del 27 febbraio quattro degli uomini più potenti della Germania si incontrarono a cena a Berlino in due luoghi separati. Nello Herrenklub 212 Trionfo e consolidamento della Vosstrasse - il chiuso circolo aristocratico - il vicecancelliere von Pa• pen s'intrattenne col presidente von Hindenburg. Nel contempo, il cancelliere Hitler si era recato nell'abitazione di Goebbels per un pranzo in famiglia. Secondo Goebbels, l'atmosfera era distesa, si suonavano dischi al grammofono e si raccontavano storielle. Nel suo diario Goebbels in seguito scrisse: " A un tratto, telefonata dal dottor Hanfstangl: " II Rèichstag è in fiamme! " Sono sicuro che è una panzana, e al Fiihrer io non ne parlo nemmeno " ". Ma i due personaggi che cenavano allo Herrenklub si trovavano proprio dirimpetto al Rèichstag. In seguito von Papen scrisse: A un tratto notammo un rosso bagliore dietro le finestre e udimmo grida nella via. Uno dei domestici venne in fretta da me sussurrando: " II Rèichstag è in f mme! ", e io lo dissi al presidente. Egli si alzò in piedi e dalla finestra Pagina 147
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt potemmo scorgere la cupola del Rèichstag che sembrava illuminata da riflettori. Di tanto in tanto vampate e turbini di fumo ne offuscavano il profilo5. Il vicecancelliere accompagnò a casa il vecchio presidente con la propria macchina, poi si affrettò a raggiungere l'edificio in fiamme. Nel frattempo Goebbels, a quanto racconta, aveva ripensato alla " panzana " di Putzi Hanfstangl, aveva fatto alcune telefonate e appreso che il Rèichstag era veramente in fiamme. In pochi minuti lui e il Fùhrer correvano in macchina " a sessanta chilometri all'ora per la Charlottenburger Chaussée, verso la scena del delitto ". Era un delitto, un delitto comunista, essi dichiararono immediatamente, una volta giunti sul luogo. Goring, ansante e sudato, fuori di sé dall'eccitazione, era già là, in prima fila, proclamando dinanzi al ciclo - come Papen in seguito ricordò - che " era un crimine comunista diretto contro il nuovo governo ". Al nuovo capo della Gestapo, Rudolf Diels, egli gridò: " La rivoluzione comunista è iniziata! Non v'è un minuto da perdere! Saremo senza pietà. Ogni funzionario comunista deve essere fucilato sul posto. Ogni deputato comunista deve essere impiccato questa notte stessa " '. Probabilmente non si verrà mai a sapere l'intera verità circa l'incendio del Rèichstag. Quasi tutti coloro che furono al corrente della cosa ormai sono morti, per la maggior parte uccisi da Hitler nei mesi che seguirono. Perfino a Norimberga il mistero non ha potuto essere completamente svelato, benché vi fossero prove sufficienti per stabilire, seppure con minimo margine di dubbio, che furono i nazisti a progettare l'incendio e a eseguirlo per i loro fini politici. Dal palazzo del presidente del Rèichstag, che allora era Goring, un passaggio sotterraneo, costruito per le condutture del riscaldamento centrale, portava all'edificio del Rèichstag. Attraverso questa galleria, Karl Ernst, ex inserviente d'albergo divenuto capo delle SA di Berlino, la notte del 27 febbraio aveva guidato un piccolo reparto di uomini dei reparti d'assalto nel Rèichstag, dove essi sparsero benzina e sostanze chimiche autocomburenti, tornando poi rapidamente nel palazzo da cui erano venuti. Nello stesso tempo un comunista olandese semideficiente che aveva una mania per La nazificazione della Germania (1933-1934) 213 gli incendi, Marinus van der Lubbe, era penetrato nel gigantesco edificio, da lui non conosciuto e immerso nell'oscurità; per conto suo aveva appiccato qua e là qualche fuoco. Per i nazisti, questo piromane semideficiente sembrò inviato dal ciclo. Era stato fermato dalle SA un paio di giorni prima, essendo stato sorpreso mentre si vantava in un bar, di aver tentato di dar fuoco a diversi edifici pubblici e diceva che prossimamente avrebbe tentato di incendiare il Reichstag. La coincidenza che i nazisti avessero trovato un incendiario comunista demente il quale intendeva fare esattamente quanto essi stessi avevano deciso di attuare può ben sembrare incredibile; eppure ve ne sono delle prove. Quasi certamente l'idea dell'incendio era nata nelle menti di Goebbels e di Goring. Hans Gisevius, a quel tempo funzionario del Ministero prussiano degli Interni, ha testimoniato a Norimberga che " fu Goebbels a pensare per primo a dar fuoco al Reichstag ", e in una sua testimonianza giurata Rudolf Diels, capo della Gestapo, ha aggiunto che " Goring sapeva esattamente come l'incendio doveva essere appiccato ", e che a lui aveva ordinato " di preparare, prima dell'incendio, una lista di persone da arrestare subito dopo di esso ". Il generale Franz Halder, capo dello Stato maggiore tedesco durante la prima parte della seconda guerra mondiale, ricordò, a Norimberga, come in una occasione Goring si fosse vantato del suo atto: Nel 1942 a pranzo, nel genetliaco del Fuhrer la conversazione si portò sul palazzo del Reichstag e sul suo valore artistico. Udii con le mie stesse orecchie che Goring, interrompendo la conversazione, gridò: " L'unico a sapere davvero qualcosa sul Reichstag sono io, perché fui io ad appiccarvi il fuoco! " E si battè la coscia con la palma della mano *. Sembra chiaro che van der Lubbe sia stato uno strumento dei nazisti, che lo incoraggiarono a cercar di dar fuoco al Reichstag. Ma il lavoro principale naturalmente, senza che lui lo sapesse - doveva essere compiuto dagli uomini dei reparti d'assalto. In effetti al successivo processo, tenutosi a Lipsia, risultò che l'olandese semideficiente non poteva avere i mezzi necessari per dar fuoco cosi rapidamente a un edificio talmente grande. Due minuti e mezzo dopo che vi entrò, la grande sala centrale era tutta in fiamme. Come esca, egli aveva unicamente la sua camicia. Secondo le perizie degli esperti interpellati al processo, nei punti principali l'incendio era stato provocato da una notevole Pagina 148
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt quantità di sostanze chimiche e di benzina. È ovvio che un'unica persona non avrebbe potuto portare tutto ciò nell'edificio e appiccare il fuoco in tanti punti sparsi qua e là in così breve tempo. Van der Lubbe era stato arrestato sul luogo. Come disse aUa corte, Goring avrebbe voluto che lo si impiccasse subito. L'indomani Ernst Tor-gler, leader parlamentare dei comunisti, si costituì alla polizia avendo udito che Goring sosteneva la sua partecipazione all'incendio. Qualche giorno dopo Georgi Dimitrov, comunista bulgaro che in seguito divenne primo ministro della Bulgaria, e due altri comunisti bulgari, Popov e Tanev, fu* Sia negli interrogatori che al processo a Norimberga, Goring negò fino all'ultimo di aver avuto una parte nell'incendio del Reichstag. 214 Trionfo e consolidamento tono arrestati dalla polizia. Il corrispondente processo, celebratosi dinanzi alla corte suprema di Lipsia, si concluse più o meno con un fiasco per i nazisti, specie per Goring, perché Dimitrov, avendo assunto la propria autodifesa, ebbe facilmente modo di far fare a questi una brutta figura con una serie di irritanti controdomande. Secondo il verbale del tribunale, a un dato momento Goring urlò al bulgaro: " Via di qua, canaglia! " GIUDICE (all'ufficiale di polizia) Conducetelo via. DIMITROV (portato via dalla polizia) Avete forse paura delle mie domande, signor presidente dei ministri? GORING Aspetta solo che ti abbiamo fuori da quest'aula, canaglia! Torgler e i tre bulgari furono assolti, anche se il capo comunista tedesco fu immediatamente messo sotto " custodia protettiva ", e in tale stato egli rimase sino alla sua morte, avvenuta durante la seconda guerra mondiale. Van der Lubbe fu riconosciuto colpevole e decapitato7. Malgrado la servilità dimostrata dalla corte nei confronti delle autorità naziste, il processo fece nascere molti sospetti sulla persona di Goring e dei nazisti; ma ormai era troppo tardi perché ciò avesse un qualche effetto pratico. Infatti Hitler non aveva perduto tempo per sfruttare al massimo possibile l'incendio del Reichstag. L'indomani dell'incendio, 28 febbraio, egli s'impose al presidente Hin-denburg e gli fece firmare un decreto " per la protezione del popolo e dello Stato ", col quale venivano soppressi i sette articoli della costituzione che garantivano le libertà individuali e civili. Presentato come " una misura difensiva contro gli atti di violenza commessi dai comunisti a danno dello Stato ", esso statuiva che restrizioni della libertà personale, del diritto di libera espressione delle opinioni, compresa la libertà della stampa, del diritto di riunione e di associazione; violazioni del segreto nelle comunicazioni postali, telegrafiche e telefoniche private; mandati di perquisizione, ordini di confisca e restrizioni della proprietà sono permessi anche al di là dei limiti legali in vigore. In più il decreto autorizzava il governo del Reich ad assumere i pieni poteri negli Stati federali qualora ciò fosse necessario, e a imporre la pena di morte per un certo numero di delitti, comprendenti quello di " gravi turbamenti della pace " a opera di persone armate '. Con un unico colpo, Hitler fu dunque in condizione non solo di imbavagliare e di far arrestare a piacere i suoi avversari in via legale, ma con l'inventare e presentare in forma, per così dire, ufficiale, la strombazzata minaccia comunista, seminò il panico fra milioni di appartenenti alle classi medie e contadine, convincendoli che se non avessero votato per il nazionalsocialismo nelle imminenti elezioni, i bolscevichi avrebbero preso il sopravvento. Circa quattromila funzionar! comunisti e un gran numero di dirigenti socialdemocratici e liberali furono arrestati, e tra questi anche membri del Reichstag che, per legge, avrebbero dovuto godere dell'immunità. Questa fu la prima esperienza che i tedeschi fecero del terrore nazista appoggiato dal La nazificazìone della Germania (1933-1934) 215 governo. In autocarri, le truppe d'assalto percorrevano le vie di tutta la Germania e irrompevano nelle case scegliendo le loro vittime e trasportandole nelle caserme delle SA, dove venivano percosse e torturate. La stampa e i comizi politici dei comunisti furono proibiti; i giornali socialdemocratici e molti giornali liberali furono sospesi e i comizi dei partiti democratici furono o vietati, o sciolti per l'intervento dei nazisti. Solo ai nazisti e ai nazionalisti loro alleati fu permesso di svolgere indisturbati la campagna elettorale. Con tutte le risorse del governo nazionale e di quello della Prussia a loro Pagina 149
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt disposizione e con gli abbondanti mezzi finanziari forniti dalle grandi aziende i nazisti organizzarono una propaganda elettorale senza precedenti in Germania. Per la prima volta la radio dello Stato trasmise le voci di Hitler, Gbring e Goebbels, che così raggiunsero ogni angolo del paese. Le vie, ornate di bandiere con la svastica, risuonavano dei passi pesanti degli uomini dei reparti d'assalto. Vi furono adunate di massa, parate con torce, frastuono di altoparlanti nelle piazze. Le mura erano tappezzate di vistosi manifesti nazisti, e di notte falò illuminavano le colline. L'elettorato da una parte era captato dalle promesse di un paradiso tedesco, dall'altra intimidito dal terrore bruno che si scatenava nelle vie e impaurilo dalle " rivelazioni " circa la " rivoluzione " comunista. L'indomani dell'incendio del Reichstag il governo prussiano aveva pubblicato una lunga relazione dove si affermava che erano stati trovati i " documenti " dei piani comunisti: Gli edifici del governo, i musei, i palazzi e gli impianti principali dovevano essere bruciati... Per proteggerli, davanti a gruppi di terroristi si sarebbero dovuti mandare donne e bambini... L'incendio del Reichstag doveva essere il segnale di una insurrezione cruenta e della guerra civile... È stato accertato che oggi in tutta la Germania avrebbero dovuto essere compiuti atti terroristici contro determinati individui, contro la proprietà privata e contro la vita e i membri della popolazione pacifica, dando quindi inizio a una guerra civile generale. Fu promessa la pubblicazione dei " documenti attestanti la cospirazione comunista "; ma tale promessa non fu mai mantenuta. Comunque il fatto che lo stesso governo prussiano ne garantisse l'esistenza e l'autenticità fece impressione a molti tedeschi. Coloro che titubavano, forse furono anche impressionati dalle minacce di Gò'ring, che il 3 marzo, alla vigilia delle elezioni, a Francoforte gridò: Compagni tedeschi, nessuna considerazione legalitaria andrà a paralizzare le misure che intendo prendere... Non ho da preoccuparmi della giustizia; la mia sola missione è distruggere e sterminare, nient'altro che questo!... Certo, miei cari comunisti, sfrutterò al massimo i poteri dello Stato e della polizia; non fatevi delle illusioni. Però la lotta a morte, in cui la mia mano vi afferrerà per il collo, la condurrò con questi uomini che vedete - con le Camicie Brune '. Quasi non fu udita la voce dell'ex cancelliere Briining, che parlò anche lui in quello stesso giorno, dichiarando che il suo partito, il partito del Centro, si sarebbe opposto a ogni rovesciamento della costituzione, che avrebbe preteso un'inchiesta sulla faccenda sospetta dell'incendio del Rei2i8
Trionfo e consolidamento Possa l'antico spirito di questo celebre sacrario pervadere la generazione di oggi, possa esso liberarci dall'egoismo e dalle lotte di partito e riunirci in una autocoscienza nazionale per la felicità di una Germania fiera, libera e compatta. L'abile risposta di Hitler era stata studiata per guadagnarsi simpatie e assicurarsi la fiducia degli esponenti dell'antico ordinamento così brillantemente rappresentati nella cerimonia. Né il Kaiser, né il governo, né la nazione vollero la guerra. Fu solo il crollo della nazione a costringere una razza fiaccata ad addossarsi la colpa di questa guerra, contro le sue convinzioni pili sacre. Poi, rivoltosi a Hindenburg seduto rigidamente in una poltrona di fronte a lui, a pochi passi, disse: Nelle ultime settimane grazie a un rivolgimento senza pari il nostro onore nazionale è stato ripristinato e grazie alla vostra comprensione, signor Feldmaresciallo, si è celebrata l'unione fra i simboli dell'antica grandezza e le nuove forze. Vi rendiamo omaggio. La Provvidenza che ci protegge vi mette a capo delle forze nuove della nostra nazione ". Ostentando una profonda umiltà verso il presidente che egli si proponeva di privare del potere politico prima della fine della settimana, Hitler andò incontro a Hindenburg, si inchinò profondamente dinanzi a lui e gli prese la mano. E fra i flash dei fotografi e il fruscio delle macchine cine-matografiche piazzate, insieme a microfoni, nei punti strategici da Goebbels, fu registrata, affinchè la nazione e il mondo potessero vedere o udire descritta la solenne stretta di mano fra il feldmaresciallo tedesco ed il caporale austriaco con cui la vecchia Germania si univa con la nuova. L'ambasciatore francese, che era stato presente alla scena, in seguito scrisse: "Dopo lo splendido impegno preso da Hitler a Potsdam, uomini siffatti Hindenburg e i suoi amici, gli Junker e i baroni monarchici, Hu-genberg e i suoi nazionalisti tedeschi, gli ufficiali della Reichswehr - come avrebbero potuto Pagina 150
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt non abbandonare l'apprensione con cui avevano cominciato ad assistere agli eccessi e agli abusi del partito? Come potevano esitare a riporre in lui tutta la loro fiducia, ad andare incontro a tutte le sue richieste, a concedergli i pieni poteri che chiedeva? " ". La risposta la si ebbe due giorni dopo, il 23 marzo, nel palazzo dell'Opera Kroll a Berlino, dove il Reichstag si riunì. Al parlamento fu presentato il decreto di concessione dei pieni poteri, - " legge per l'eliminazione dello stato di bisogno del popolo e del Reich " ( Gesetz zur Behebung der Nat von Volk una Reicb), come ufficialmente venne chiamata. Coi suoi cinque brevi paragrafi essa toglieva al parlamento il potere legislativo, incluso il controllo sul bilancio del Reich, l'approvazione di trattati con Stati stranieri e l'iniziativa di apportare emendamenti alla costituzione, e trasferiva tale potere al gabinetto del Reich per un periodo di quattro anni. Inoltre il decreto stabiliva che il cancelliere doveva tracciare lo schema delle leggi emanate dal gabinetto e che esse " potevano divergere dalla costituzione ". Nessuna legge doveva " pregiudicare la posizione del Reichstag " - questa, fra La nazificazione della Germania (1933-1934) 219 tutte, era di certo, la farsa più crudele - e i poteri del presidente restavano " inalterati " ". Hitler tornò su questi due ultimi punti in un discorso inaspettatamente moderato tenuto ai deputati riuniti nel teatro riccamente decorato dell'Opera, da tempo specializzatosi in spettacoli di musica leggera, le cui quinte erano ora occupate da uomini dei reparti d'assalto delle Camicie Brune. Le loro grinte facevano capire che non sarebbero stati tollerati scherzi, da parte dei rappresentanti del popolo. Hitler fece queste promesse: II governo userà questi poteri solo in quanto ciò sarà necessario per attuare misure di vitale importanza. Né l'esistenza del Reichstag, né quella del Reichsrat è minacciata. La posizione e i diritti del presidente restano inalterati... Non si sopprimerà l'esistenza distinta degli Stati federali. I diritti delle Chiese non saranno diminuiti e le loro relazioni con lo Stato non saranno modificate. Il numero dei casi in cui esiste una necessità interna per ricorrere a tale legge è, in se stesso, limitato. Da parte del focoso capo nazista, queste dichiarazioni apparivano moderate e quasi modeste; era troppo presto, nella storia del Terzo Reich, perché gli stessi membri dell'opposizione potessero conoscere a pieno il valore delle promesse di Hitler. Eppure uno di essi, Otto Wels, leader socialdemocratico, del partito di cui la polizia aveva " trattenuto " una dozzina di deputati, si alzò in piedi sfidando l'aspirante dittatore fra il chiasso degli uomini dei reparti d'assalto che, fuori, gridavano: " Pieni poteri, o guai a voi! " Parlando con calma e con grande dignità, Wels dichiarò che il governo poteva anche togliere ai socialisti la loro libertà ma non avrebbe mai potuto toglier loro l'onore. In questo momento storico noi socialdemocratici tedeschi ci dichiariamo solennemente per i principi di umanità e di giustizia, di libertà e di socialismo. Nessun decreto può darvi il potere di distruggere idee eterne e indistruttibili. Infuriato, Hitler balzò in piedi, e allora l'assemblea potè formarsi una prima idea di ciò che egli veramente fosse; Hitler gridò: Siete in ritardo, eppure vi fate ancora avanti!... Non v'è più bisogno di voi... La stella della Germania sorgerà e la vostra tramonterà. Per voi, la campana suona a morto... I vostri voti non mi occorrono. La Germania sarà libera, ma non per opera vostra! (Applausi frenetici). I socialdemocratici, su cui gravava una grave responsabilità per l'indebolimento della Repubblica, per lo meno si tennero fermi ai loro principi e se caddero, questa volta caddero con fierezza. Non così il partito di Centro, che un tempo, in occasione del Kulturkampf, si era opposto con successo persino al Cancelliere di Ferro. Il capo del partito, monsignor Kaas, aveva chiesto a Hitler la promessa scritta di rispettare il diritto di veto del presidente; ma benché a ciò si fosse acconsentito prima della votazione, la promessa scritta non fu mai data. Nondimeno il capo del partito del Centro si alzò, annunciando che il partito avrebbe votato per la legge. Briining restò in silenzio. La votazione fu rapida e dette per risultato 441 voti favorevoli e 84 voti contrari (tutti socialdemocratici). I deputati nazisti balzarono in 22O Trionfo e consolidamento piedi gridando e battendo i piedi in una specie di delirio; poi, unendosi agli uomini dei reparti d'assalto, intonarono l'inno di Horst Wessel, che presto si sarebbe posto a fianco del Deutschland ùber Alles come uno dei due inni Pagina 151
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt nazionali: In alto le bandiere! Tenetevi in schiere serrate! Gli uomini dei reparti d'assalto marciano con un fermo, calmo passo! Così in Germania la democrazia parlamentare fu definitivamente sepolta. A parte l'arresto dei deputati comunisti e di alcuni deputati socialdemocratici, tutto fu fatto in una perfetta legalità, anche se fiancheggiata dal terrore. Il parlamento aveva ceduto a Hitler la sua autorità costituzionale e con ciò si era suicidato, benché il suo corpo dovesse sussistere, per cosi dire, imbalsamato sino alla fine del Terzo Reich, limitandosi a far di tanto in tanto da cassa armonica ad alcune tonanti diatribe di Hitler; da allora, i suoi membri furono reclutati dal partito nazista, perché non dovevano più esservi vere elezioni. Fu soltanto la legge di conferimento dei poteri assoluti a dare una base legale alla dittatura di Hitler. A partire dal 23 marzo 1933 Hitler fu il dittatore del Reich, libero da ogni vincolo posto dal parlamento e anche, praticamente, dallo stanco vecchio presidente. Certo, molto restava da fare per mettere l'intera nazione e tutte le sue istituzioni sotto il tallone nazista, ma, come vedremo, ciò fu anche attuato con una rapidità tale da togliere il respiro, mediante rozzezza, inganni e brutalità. Secondo le parole di Alan Bullock, " i banditi da strada avevano preso il controllo delle risorse di un grande Stato moderno, i bassifondi erano saliti al potere ". Ma - come Hitler non cessò mai di proclamare - " legalmente ", con una maggioranza schiacciante di voti del parlamento. I tedeschi non avevano da incolpare altri che se stessi. A una a una, le più potenti istituzioni della Germania cominciarono ora ad arrendersi a Hitler per poi passare nel nulla, silenziosamente, senza una protesta. I L'ànder, che avevano tenacemente conservato i loro poteri autonomi nel corso di tutta la storia tedesca, furono i primi a cadere. La sera del 9 marzo, due settimane prima dell'approvazione del decreto, il generale von Epp, per ordine di Hitler e Frick e con l'aiuto di pochi uomini dei reparti d'assalto, abbattè il governo della Baviera istituendo un regime nazista. In una settimana, furono scelti i commissari del Reich che assunsero il potere negli altri Stati, ad eccezione della Prussia, dove Goring si teneva già saldamente in sella. Il 31 marzo Hitler e Frick fecero uso per la prima volta dei pieni poteri e promulgarono una legge che scioglieva le diete di tutti gli Stati, tranne quella prussiana, e che ordinava di ricostituirle in base alla distribuzione dei voti delle ultime elezioni del Reichstag. I seggi dei comunisti non dovevano essere coperti. Ma questa soluzione non fu seguita che per una sola settimana. Lavorando con una fretta febbrile, il cancelliere La nazificazione della Germania (1933-1934) 221 il 7 aprile promulgò una nuova legge che nominava, per tutti gli Stati tedeschi, dei governatori del Reich (Reicbsstatthalter) col potere di eleggere o sciogliere i governi locali e le diete, di nominare e congedare i funzionari dello Stato e i giudici. Ognuno di questi nuovi governatori era un nazista e si affermò che essi erano " necessari " per attuare " la politica generale fissata dal cancelliere del Reich ". Così entro una quindicina di giorni dalla concessione dei pieni poteri da parte del Reichstag Hitler realizzò quel che Bismarck, Guglielmo II e la Repubblica di Weimar non avevano mai osato tentare: abolì i poteri distinti degli Stati storici e li assoggettò all'autorità centrale del Reich, che era nelle sue mani. Per la prima volta nella storia tedesca, egli aveva-realmente unificato il Reich distruggendo la sua struttura federale antica di secoli. Il 30 gennaio 1934, primo anniversario della sua nomina a cancelliere, Hitler volle completare formalmente la sua opera mediante la legge per la ricostruzione del Reich. Le " assemblee popolali " degli Stati furono abolite, i poteri sovrani degli Stati furono trasferiti al Reich, tutti i governi degli Stati vennero sottoposti al governo del Reich, e i governatori degli Stati all'amministrazione del ministro degli Interni del Reich '". Frick, nella sua qualità, appunto di ministro degli Interni, dichiarò: " D'ora in poi i governi degli Stati sono semplici corpi amministrativi del Reich ". Nel preambolo alla legge del 30 gennaio 1934 fu affermato che essa era stata " promulgata con voto unanime del Reichstag ". Era vero, perché ormai tutti i partiti politici della Germania, tranne quello dei nazisti, erano stati rapidamente eliminati. Non si può davvero dire che essi morirono combattendo. Il 19 maggio 1933 i socialdemocratici - quelli che non si trovavano ancora in prigione o che non erano andati in esilio - approvarono al Reichstag la politica estera di Hitler, Pagina 152
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt senza un solo voto di dissenso. Nove giorni prima la polizia di Goring aveva occupato gli edifici del partito, ne aveva confiscato le proprietà e sequestrato i giornali. Ciò nondimeno i socialisti cercarono ancora di placare Hitler. Denunciarono quei loro compagni che all'estero attaccavano il Fùhrer. Il 19 giugno elessero un nuovo comitato del partito, ma tre giorni dopo Frick pose termine ai loro tentativi di venire ad un compromesso con lo scioglimento del Partito socialdemocratico, dichiarato " sovversivo e nemico dello Stato ". Paul Lobe, il superstite capo, e diversi deputati socialdemocratici del Reichstag vennero arrestati. Naturalmente, il partito comunista era stato già soppresso. Così restarono i partiti della classe media, ma non per molto tempo. Il Partito popolare cattolico bavarese, il cui governo era stato cacciato via dal colpo di mano nazista del 9 marzo, il 4 luglio annunciò il proprio scioglimento, e il suo alleato, il partito di Centro, che aveva sfidato con tanta energia Bismarck ed era stato un baluardo della Repubblica, l'indomani seguì il suo esempio, lasciando la Germania, per la prima volta nell'era moderna, senza un partito politico cattolico - fatto, questo, che però non dissuase il Vaticano dal firmare due settimane dopo un concordato col governo di 222 Trionfo e consolidamento Hitler. Il vecchio partito di Stresemann, il Partito del popolo, segnò la propria condanna il 4 luglio: è quel che una settimana prima avevano già fatto i democratici della Staatspartei. Come stavano le cose circa il partito che, nel governo, era socio dei nazisti, cioè il Partito nazionale tedesco, senza l'appoggio del quale l'ex caporale austriaco mai sarebbe venuto legalmente al potere? Malgrado gli stretti legami che esso aveva con Hindenburg, con l'esercito, con gli Junker e con le grandi aziende, e malgrado ciò di cui Hitler gli era debitore, finf come tutti gli altri partiti, e dimostrò la stessa supinità. Il 21 giugno la polizia e gli uomini delle truppe d'assalto occuparono, in tutto il paese, i suoi uffici, e il 29 giugno Hugenberg, l'arcigno leader del partito che sei mesi prima aveva aiutato Hitler a scalare il cancellierato, si dimise dal governo e i suoi aiutanti sciolsero " volontariamente " il partito. Rimase soltanto il partito nazista, e il 14 luglio una legge statuì quanto segue: II Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi costituisce l'unico partito politico della Germania. Chiunque sostenga la struttura organizzativa di un altro partito politico o formi un nuovo partito politico sarà punito coi lavori forzati fino ad un massimo di tre anni o con la reclusione da sei mesi a tre anni, ove il fatto non comporti pene maggiori previste da altre leggi15. Così lo Stato totalitario a partito unico era stato realizzato, senza nemmeno l'ombra di una opposizione o di una rivolta, nel corso dei quattro mesi che seguirono alla legge con cui il Reichstag aveva rinunciato alle sue responsabilità democratiche. I sindacati liberi che, come abbiamo visto, già una volta eran riusciti a sventare il putsch fascista di Kapp dichiarando lo sciopero generale, furono eliminati non meno facilmente dei partiti politici e degli Stati - anche se solo dopo esser stati l'oggetto di una ben studiata mistificazione. Per mezzo secolo il i° maggio era stato il giorno tradizionale della festa dei lavoratori tedeschi e anche europei. Per blandire i lavoratori e i loro dirigenti prima di assestare il colpo, il governo nazista proclamò il i° maggio 1933 festa nazionale, col nome di " giorno del lavoro nazionale ", preparandosi a celebrarlo come mai prima era stato celebrato. I capi sindacali si lasciarono ingannare da questa inaspettata dimostrazione nazista di simpatia verso la classe operaia e cooperarono entusiasticamente col governo e col partito per la riuscita di quella festa. I dirigenti dei gruppi operai furono portati in aereo a Berlino da tutte le parti della Germania, sventolarono migliaia di bandiere, a salutare la solidarietà del regime nazista con l'operaio, e sul campo di Tempelhof Goebbels inscenò la più grande dimostrazione di massa che la Germania avesse mai visto. Prima che si svolgesse l'imponente adunata, lo stesso Hitler ricevette i delegati degli operai dichiarando: " Vedrete quanto falsa e ingiusta è l'affermazione che la rivoluzione è diretta contro i lavoratori tedeschi. È proprio il contrario ". Poi, nel suo discorso tenuto all'aeroporto a più di centomila lavoratori Hitler enunciò la formula: " Onore al La nazificazione della Germania (1933-1934) 223 lavoro e rispetto per il lavoratore! " promettendo che il i° maggio sarebbe stato celebrato per onorare il lavoro tedesco " attraverso i secoli ". Pagina 153
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Sul tardi, quella stessa notte, Goebbels, dopo aver descritto nel suo diario con la prosa più infocata l'entusiasmo delirante degli operai per questa celebrazione del i° maggio da lui così brillantemente inscenata, aggiunse una strana frase: " Domani occuperemo le sedi dei sindacati. Incontreremo ben poca resistenza " * ". E così avvenne. Il 2 maggio in tutto il paese le centrali dei sindacati furono occupate, i loro fondi furono confiscati, le organizzazioni sindacali di-sciolte e i loro dirigenti arrestati. Molti di essi furono percossi e messi in campi di concentramento. Theodor Leipart e Peter Grassmann, presidenti della confederazione dei sindacati, si erano impegnati esplicitamente a cooperare col regime nazista. Non servì a nulla, furono arrestati. Il dottor Ro-bert Ley, l'alcolizzato dirigente del partito di Colonia incaricato da Hitler di schiacciare i sindacati e di istituire il Fronte tedesco del lavoro, disse: " I Leipart e i Grassmann possono professare ipocritamente quanto vogliono la loro devozione per il Fiihrer, ma è meglio che stiano in prigione ". E fu là che finirono. Però, a tutta prima, sia Hitler che Ley cercarono di convincere gli operai che i loro diritti sarebbero stati protetti. Nel suo primo proclama Ley disse: " Lavoratori! Per noi nazionalsocialisti le vostre istituzioni sono sacre. Io stesso sono figlio di un povero contadino e capisco la miseria... Mi è noto lo sfruttamento che voi subite ad opera del capitalismo anonimo. Lavoratori! Vi giuro che non solo conserveremo ciò che già esiste, ma che svilupperemo ulteriormente tutto quanto riguarda la protezione e i diritti degli operai ". Nel corso di tre settimane apparve la falsità di quest'altra promessa nazista, dato che Hitler promulgò una legge che poneva fine ai contratti collettivi e disponeva che da allora in poi dei " fiduciari del lavoro ", da lui nominati, avrebbero " regolato i contratti di lavoro " al fine di assicurare la tregua nel campo dell'economia ". Poiché le decisioni dei fiduciari avevano una forza legale vincolante, con la legge si veniva di fatto ad abolire il diritto di sciopero. Ley promise di " ripristinare l'autorità assoluta del capo naturale di ogni azienda, cioè del datore di lavoro... Solo il datore di lavoro può decidere. Per anni, molti datori di lavoro hanno dovuto andare a chiedere ordini al " padrone di casa ". Ora saranno di nuovo essi il " padrone di casa " ". Sul momento, i dirigenti delle aziende si rallegrarono. I contributi generosi che tanti datori di lavoro avevano largito al Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi stavano dando i loro frutti. Senonché, perché gli affari * Da un documento venuto alla luce a Norimbeiga risulta che i nazisti per un certo tempo progettarono di distruggere i sindacati. Un ordine segreto in data 21 aprile, firmato dal dottor Ley, contiene istruzioni dettagliate per realizzare il " coordinamento " - Gleichschaltung - dei sindacati il 2 maggio. Uomini delle SA e delle SS avrebbero dovuto " occupare le proprietà dei sindacati " e " tenere in custodia protettiva " tutti i loro dirigenti. I fondi dei sindacati dovevano essere sequestrati ". Il 2 maggio i sindacati cristiani non furono molestati. Per loro, la fine venne solo il 24 giugno. 224 Trionfo e consolidamento prosperino è necessaria una certa stabilità sociale; invece, durante tutta la primavera e la prima parte dell'estate la legge e l'ordine in Germania andarono in aria, dato che le bande frenetiche delle Camicie Brune invadevano le vie arrestando, pestando e talvolta uccidendo chiunque a loro piacesse, con la polizia che stava a guardare senza muovere un dito. Il terrorismo nelle strade non era l'effetto del crollo dell'autorità dello Stato, come nel caso della Rivoluzione francese; esso invece si svolgeva con l'incoraggiamento dello Stato e spesso per ordine di esso, l'autorità dello Stato non essendo mai stata, in Germania, così grande e accentrata come allora. I giudici erano intimoriti: temevano per la loro vita se dichiaravano colpevole e condannavano un uomo delle truppe d'assalto, anche nel caso di un omicidio a sangue freddo. Come Gbring disse, ora la legge era Hitler, e ancor nel maggio e nel giugno del 1933 il Fùhrer proclamò: " La rivoluzione nazionalsocialista non si è ancora conclusa ", essa " sarà completa e vittoriosa solo quando sarà educato un nuovo popolo tedesco ". In gergo nazista, " educare " significava " intimidire ", fino al punto in cui tutti avrebbero accettato docilmente la dittatura nazista e la sua barbarie. Come aveva dichiarato pubblicamente un migliaio di volte, per Hitler gli ebrei non erano dei tedeschi, e sebbene egli non li sterminasse subito (solo un numero relativamente piccolo di essi, cioè qualche migliaio, fu depredato, pestato o ucciso durante i primi mesi), pure egli promulgò leggi che li escludevano dalle cariche pubbliche, dalle università e dalle professioni. E il i° aprile 1933 proclamò il boicottaggio nazionale dei negozi ebrei. Pagina 154
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Gli uomini di affari, che si erano tanto entusiasmati alla distruzione dei molesti sindacati, ora stavano accorgendosi che i nazisti dell'ala sinistra, davvero fiduciosi nel socialismo del loro partito, cercavano di impadronirsi delle associazioni dei datori di lavoro, di distruggere i grandi magazzini e di nazionalizzare l'industria. Migliaia di molesti funzionari del partito calarono nelle aziende di coloro che non avevano sostenuto Hitler, talvolta minacciandoli di arresto, talaltra chiedendo posti ben retribuiti nelle direzioni. Ora il dottor Gottfried Feder, economista pazzoide, insisteva che il programma del partito venisse attuato: nazionalizzazione delle grandi aziende, ripartizione dei profitti, abolizione dei redditi " non guadagnati " e della " schiavitù degli interessi del denaro ". E come se ciò non fosse sufficiente per spaventare gli uomini d'affari, Walther Darre, nominato di recente ministro dell'Agricoltura, metteva in subbuglio i banchieri promettendo agli agricoltori una forte riduzione dei prestiti da restituire, nonché un abbassamento al 2 per cento degli interessi sul rimanente. E perché non prendere queste misure? Dal giugno del 1933 Hitler era divenuto il padrone della Germania. Ormai poteva attuare il suo programma. Nonostante tutta la sua astuzia, Papen era stato messo in disparte, e i calcoli suoi, di Hugenberg e degli altri difensori dell'Ordine Antico - costituenti una maggioranza da otto a tre nel gabinetto rispetto ai nazisti -miranti a controllare Hitler e a valersene anzi per la realizzazione dei pro-pri fini di conservazione, erano andati a monte. Lui stesso era stato privaLa nazificazioHe della Germania (1933-1934) 225 to della carica di primo ministro della Prussia, assunta da Goring. Papen continuava bensì ad essere il vicecancelliere nel gabinetto del Reich, ma, come egli riconobbe più tardi rammaricandosene, " la sua posizione era divenuta un'anomalia ". Hugenberg, l'esponente delle grandi aziende e della finanza, se ne era andato, il suo partito si era sciolto. Goebbels, la terza delle persone più importanti del partito nazista, era stato aggregato al gabinetto il 13 marzo a titolo di ministro per la Cultura popolare e la propaganda. Darre, che al pari di Goebbels veniva considerato come un " radicale ", era il ministro dell'Agricoltura. Il dottor Hans Luther, presidente conservatore della Reichsbank, che come tale occupava la posizione-chiave del sistema economico tedesco, fu silurato da Hitler e spedito a Washington come ambasciatore. Il 17 marzo 1933 andò a sostituirlo lo svelto dottor Schacht, già capo della Reichsbank e ora devoto seguace di Hitler, avendo riconosciuto "la verità e la neces sità " del nazismo. Nessuno, in Germania, contribuì più di lui all'organiz zare la potenza economica del Terzo Reich e a promuovere il suo riarmo per la seconda guerra mondiale: in seguito egli divenne anche ministro del l'Economia e plenipotenziario generale per l'economia di guerra. È vero che poco prima dell'inizio della seconda guerra mondiale egli si ribellò al suo idolo, fu messo da parte e esonerato da tutte le sue cariche, giungendo ad unirsi a coloro che cospirarono per assassinare Hitler: ma era ormai troppo tardi per arrestare la corsa del capo nazista, a cui era stato fedele per tanto tempo e che egli aveva sostenuto col proprio prestigio e con le proprie pa lesi qualità. £ " Non vi sarà una seconda rivoluzione!" Hitler aveva conquistato la Germania con la massima facilità, ma quando venne l'estate del 1933 restava da affrontare una quantità di problemi. I maggiori erano per lo meno cinque: prevenire una seconda rivoluzione; sistemare le difficili relazioni esistenti fra SA ed esercito; trarre il paese fuori dal marasma economico e trovar lavoro per sei milioni di disoccupati; ottenere, alla conferenza di Ginevra per il disarmo, la parità di armamenti della Germania e accelerare il riarmo del Reich, iniziatosi in segreto negli ultimi anni della Repubblica; infine decidere chi avrebbe dovuto succedere a Hin-denburg malato, se moriva. Fu Rohm, capo delle SA, a coniare la formula della " seconda rivoluzione " e ad insistere che essa venisse compiuta. A lui si associò Goebbels, che il 18 aprile 1933 scrisse nel suo diario: "Tutti parlano di una seconda rivoluzione che dovrà venire. Ciò significa che la prima rivoluzione non è giunta a termine. Ora dobbiamo regolare i conti con la " reazione ". La rivoluzione non deve fermarsi in nessun punto " ". I nazisti avevano distrutto la sinistra, ma la destra sussisteva: le grandi imprese e la finanza, la nobiltà, i proprietari terrieri Junker e i generali prusPagina 155
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 226 Trionfo e consolidamento siani, che tenevano saldamente in mano l'esercito. Rohm, Goebbels e gli altri " radicali " del movimento volevano liquidare anche loro. In giugno, Rohm, i cui reparti d'assalto avevano raggiunto la cifra di circa due milioni di uomini venti volte di più della forza dell'esercito - pronunciò parole am-monitrici: Sulla via della rivoluzione tedesca è stata riportata una vittoria... Le SA e le SS, su cui pesa la grande responsabilità di aver messo in moto la rivoluzione tedesca, non permetteranno mai che essa venga tradita a metà cammino... Se i filistei credono che la rivoluzione nazionale abbia durato troppo... ebbene, è tempo che la rivoluzione nazionale finisca e divenga una rivoluzione nazionalsocialista... Continueremo la nostra battaglia, con loro o senza di loro; se necessario, contro di loro... Noi siamo i garanti incorruttibili del compimento della rivoluzione tedesca20. E in agosto, in un discorso, egli aggiunse: " Ancor oggi vi sono, in posizioni ufficiali, persone che non hanno la minima idea dello spirito della nostra rivoluzione. Ci sbarazzeremo inesorabilmente di loro se oseranno mettere in pratica le loro idee reazionarie ". Ma Hitler la pensava diversamente. Per lui, gli slogan socialisti del nazismo erano stati nient'altro che propaganda, un mezzo per guadagnarsi le masse lungo la sua via al potere. Ora che il potere lo aveva, Hitler se ne disinteressava. Gli occorreva del tempo per consolidare la propria posizione e quella della nazione. Almeno per il momento, doveva tenersi amica la destra - il mondo degli affari, l'esercito, il presidente. Non poteva portare la Germania alla bancarotta e quindi mettere in pericolo la stessa esistenza del suo regime. Non doveva esserci una seconda rivoluzione. Ciò lo disse chiaramente agli stessi capi delle SA e delle SS in un discorso tenuto a loro il i° luglio. Dichiarò che quel che ormai occorreva alla Germania era l'ordine. " Soffocherò ogni tentativo di turbare l'ordine esistente così come agirò senza riguardi nei confronti della cosiddetta seconda rivoluzione, che ci spingerebbe soltanto nel caos ". E ripetè l'ammonimento ai governatori nazisti degli Stati tedeschi, riunitisi nella Cancelleria il 6 luglio: La rivoluzione non è una situazione permanente, e non si deve permettere che essa dia luogo a una tale situazione. La corrente della rivoluzione, una volta messa in moto, va guidata entro i saldi canali di una evoluzione... Così noi non dobbiamo metter fuori un uomo di affari, se è un buon uomo d'affari, nemmeno nel caso che egli non sia nazionalsocialista, specie se il nazionalsocialista che dovrebbe prenderne il posto non sa nulla circa il mondo degli affari. In tale mondo, l'unico criterio deve essere l'abilità... La storia non ci giudicherà in base all'avere estromesso e imprigionato il maggior numero possibile di uomini dell'economia, ma in base al nostro esser riusciti nell'opera di procurar lavoro... Le idee del nostro programma non ci obbligano ad agire come degli sciocchi e a sovvertire tutto, ma ci impongono di attuare in modo giudizioso e attento i nostri principi. A lungo andare, il nostro potere politico sarà tanto più saldo, quanto più riusciremo a consolidarlo economicamente. Perciò i governatori degli Stati debbono badare a che nessuna organizzazione del partito assuma funzioni governative, licenzi date persone e ne nomini altre per le varie cariche, ciò essendo di esclusiva competenza del governo del Reich e, per quel che riguarda le aziende, del ministro all'Economia del Reich a. Mai era stata fatta una dichiarazione cosi autorevole, che la rivoluzione nazista era una rivoluzione politica, e non economica. A conferma delle sue La nazificaziohe della Germania (1933-1934) 227 parole, Hitler licenziò un certo numero di nazisti " radicali " che avevano cercato di prendere sotto il loro controllo le associazioni dei datori di lavoro, e rimise nei posti direttivi di queste Krupp von Bohlen e Fritz Thyssen, disciolse la Lega di combattimento dei commercianti della classe media che aveva creato noie ai grandi empori, e al posto di Hugenberg quale ministro dell'Economia nominò il dottor Karl Schmitt. Schmitt, il più ortodosso fra gli uomini d'affari e direttore generale dell'Allianz, la massima compagnia di assicurazioni della Germania, non perse tempo a por fine ai progetti di quei nazionalsocialisti che erano stati cosf ingenui da prender sul serio il programma del loro partito. Grande fu la disillusione fra le fila naziste, specie fra gli uomini delle SA che costituivano il nucleo principale del movimento di massa hitleriano. Molti di essi avevano fatto parte dell'esercito straccione dei diseredati e degli insoddisfatti. Le esperienze della vita avevano fatto di loro degli anticapitalisti, ed essi credevano che la rivoluzione per la quale avevano Pagina 156
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt combattuto nelle zuffe di piazza avrebbe procurato loro guadagni e buoni posti nelle aziende o nel governo. Dopo gli inebbrianti eccessi della primavera, le loro speranze erano ora svanite. A conservare i posti o a tener sotto controllo i posti, sarebbe stata invece la vecchia banda, che essa fosse formata, o meno, da membri del partito. Ma questi sviluppi non erano la sola ragione di agitazione tra le SA. Si era riaccesa l'antica disputa fra Hitler e Rohm per quel che riguardava la posizione e gli scopi delle SA. Fin dai primi giorni del movimento nazista Hitler aveva sostenuto l'idea che le truppe d'assalto dovevano essere una forza politica e non militare; con le violenze fisiche e col terrore esse dovevano spianare al partito la via al potere politico. Invece per Rohm le SA non erano state soltanto la spina dorsale della rivoluzione nazista ma avrebbero anche dovuto diventare il nucleo della futura armata rivoluzionaria che per Hitler avrebbe rappresentato quel che gli eserciti dei coscritti francesi erano stati per Napoleone dopo la Rivoluzione francese. Era tempo di spazzar via i generali reazionari prussiani - quei " vecchi tonti ", come Rohm sprezzantemente li chiamava - e di formare una forza rivoluzionaria di combattimento, un'armata del popolo, guidata da lui e dai " duri " suoi aiutanti che avevano trionfato nelle piazze della Germania. Nulla avrebbe potuto essere maggiormente lontano dalle idee di Hitler. Assai meglio di Rohm e di qualsiasi altro nazista egli si rendeva conto che non sarebbe potuto venire al potere senza l'appoggio o l'acquiescenza dei generali dell'esercito e che, almeno per il momento, non avrebbe potuto continuare a reggere il timone dello Stato senza il loro sostegno, dato che essi possedevano pur sempre il potere fisico di cacciarlo qualora l'avessero voluto. Hitler previde anche che in quel momento cruciale, certamente non molto lontano, in cui il comandante in capo dell'esercito, l'ottantaseienne Hindenburg, sarebbe passato a miglior vita, la fedeltà dell'esercito alla sua persona gli sarebbe stata indispensabile. Infine il capo nazista era consapevole che soltanto il corpo degli ufficiali con tutte le sue tradizioni e qualità 228 Trionfo e consolidamento guerriere, era in grado di realizzare il fine a cui egli mirava: la creazione in breve tempo di potenti e ben disciplinate forze armate. Le SA non erano che una marmaglia, buona per le lotte di strada ma di ben poco valore come esercito moderno. Inoltre esse avevano già assolto il loro compito e ormai dovevano essere fatte uscire con tatto dalla scena. Le vedute di Hitler e di Rohm erano dunque inconciliabili, e dall'estate del 1933 al 30 giugno dell'anno successivo fra questi due veterani del movimento nazista, che erano anche intimi amici (Ernst Rohm fu l'unico uomo a cui Hitler diede familiarmente del " tu ") si accese una vera lotta a morte. Rohm espresse il profondo senso di delusione delle file delle SA in un discorso da lui tenuto il 5 novembre 1933 a quindicimila ufficiali di quel corpo nel Palazzo dello Sport di Berlino. " Si sente spesso affermare... che le SA avrebbero perduto ogni ragion d'essere ", egli disse, avvertendo però di non condividere affatto tale idea. Ma Hitler fu irremovibile. A Bad Go-desberg il 19 agosto aveva detto: " Le relazioni delle SA con l'esercito debbono essere simili a quelle di una guida politica nei confronti di esso ". E a Norimberga il 23 settembre si espresse in modo ancor più chiaro: In questo giorno dovremmo soprattutto ricordarci della parte avuta dal nostro esercito, perché noi tutti sappiamo che se l'esercito nei giorni della nostra rivoluzione non fosse stato al nostro fianco, noi oggi non ci troveremmo dove stiamo. Possiamo assicurare all'esercito che questo non lo dimenticheremo mai, che in esso noi vediamo l'esponente della tradizione delle nostre antiche annate e che con tutto il nostro cuore e con tutte le nostre forze terremo alto lo spirito di quelle armate. Qualche tempo prima Hitler aveva dato segretamente alle forze armate assicurazioni tali, che molti alti ufficiali passarono dalla sua parte. Il 2 febbraio 1933, tre giorni dopo aver assunto la carica, egli aveva tenuto un discorso di due ore ai più alti generali e ammiragli in casa del generale von Hammerstein, comandante in capo dell'esercito. L'ammiraglio Erich Raeder a Norimberga riferì quale fu il tenore di quel primo incontro del cancelliere col corpo degli ufficiali ". Disse che Hitler liberò l'elite militare dal timore che le truppe venissero chiamate a prender parte a una guerra civile, e promise che l'esercito e la marina avebbero ormai potuto dedicarsi, senza incontrare ostacoli, al compito essenziale, ossia al rapido riarmo della nuova Germania. L'ammiraglio Raeder ammise che egli molto si rallegrò per il progetto di una nuova marina da guerra e il generale von Blomberg, la cui frettolosa nomina a Pagina 157
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt ministro della Difesa il 30 gennaio 1933 aveva soffocato ogni tentazione dell'esercito di opporsi a un cancellierato di Hitler, dichiarò in seguito nelle sue memorie inedite che il Fiihrer aveva dischiuso " un campo di attività che offriva grandi prospettive per il futuro ". Inoltre Hitler, per accrescere l'entusiasmo dei capi militari, già il 4 aprile creò il Consiglio della difesa del Reich al fine di accelerare l'attuazione di un nuovo programma segreto di riarmo. Tre mesi dopo, il 20 luglio, il cancelliere promulgava una nuova legge sull'esercito con la quale si aboliva la giurisdizione delle corti civili sui militari e si metteva fine alla rappresentanza elettiva dalle truppe, ripristinando le antiche prerogative del corpo La nazificazione della Germania (1933-1934) 229 degli ufficiali. Molti generali e ammiragli cominciarono allora a vedere la rivoluzione nazista sotto una diversa, più favorevole luce. Per acquietare Rohm, Hitler il i° dicembre lo nominò - assieme a Ru-dolf Hess, " sostituto del Fiihrer " nel partito - membro del gabinetto, e il giorno di Capodanno del 1934, indirizzò al capo delle SA una lettera amichevole e affettuosa. Pur ripetendo che " l'esercito deve garantire la protezione della nazione contro il mondo al di là delle nostre frontiere ", egli riconosceva che " il compito delle SA è di assicurare la vittoria della rivoluzione nazionalsocialista e l'esistenza dello Stato nazionalsocialista " e che il successo riportato dalle SA era " dovuto, prima di tutti ", a lui, Rohm. La lettera finiva così: Al termine dell'anno della rivoluzione nazionalsocialista sento dunque il dovere, mio caro Ernst Rohm, di ringraziarti per i servizi imperituri da te resi al movimento nazionalsocialista e al popolo tedesco e di assicurarti tutta la riconoscenza che ho verso il destino che mi ha permesso di chiamare amici e commilitoni uomini come te. Con vera amicizia e gratitudine tuo ADOLF HITLER . La lettera, che dunque usava il familiare " tu ", fu pubblicata il 2 gennaio 1934 nel principale quotidiano nazista, il "Vòlkischer Beobachter ", e sul momento servì molto per calmare il risentimento delle SA. Nell'atmosfera di cordialità regnante nelle vacanze di Natale e Capodanno, la rivalità fra le SA e l'esercito furono sospese e le grida dei nazisti radicali invocanti la " seconda rivoluzione " temporaneamente si acquietarono. L'esordio della politica estera nazista. Nel commentare la facilità con cui Hitler aveva conquistato il potere e nazificato la Germania nel 1933, Oswald Spengler osservò: " Non è stata una vittoria, perché mancavano i nemici ". Al principio dell'anno l'autore del Tramonto dell'Occidente scriveva: " Con diffidenza vedo celebrare ogni giorno con tanto rumore cotesta presa del potere. Sarebbe meglio riservare tutto ciò al giorno di successi veri e definitivi, ossia di successi nel campo delle relazioni con l'estero, perché di veri successi non ve ne sono altri " u. Il filosofo della storia che per un breve periodo era stato un idolo dei nazisti, anche se in seguito ci fu un raffreddamento dei loro rapporti, non aveva alcuna ragione di essere impaziente. Hitler doveva conquistare la Germania prima di poter iniziare la conquista del mondo. Ma dopo aver liquidato i suoi avversar! tedeschi - o, meglio, dopo la loro autoliquidazione -egli non perse tempo, e si dedicò a quel che lo aveva sempre maggiormente interessato, le relazioni con l'estero. Nella primavera del 1933 la posizione della Germania nel mondo non avrebbe potuto essere peggiore. Il Terzo Reich era isolato diplomaticamente e impotente militarmente. Tutto il mondo era insorto contro gli eccessi nazisti, specie contro la persecuzione degli ebrei. I vicini della Germania, in particolare la Francia e la Polonia, erano ostili e diffidenti, e fin dal marzo 230 Trionfo e consolidamento 1933, in occasione di una dimostrazione militare polacca a Danzica, il maresciallo Pilsudski fece presente ai francesi l'opportunità di unirsi in una guerra preventiva contro la Germania. Perfino Mussolini, benché esteriormente avesse dato il benvenuto all'avvento di una seconda potenza fascista, in realtà non era entusiasta dell'ascesa di Hitler al potere. Il Fuhrer di una nazione potenzialmente tanto più forte dell'Italia avrebbe presto messo in ombra il " duce ". Un Reich fanaticamente pangermanista avrebbe avuto mire sull'Austria e sui Balcani, paesi su cui il dittatore italiano aveva già avanzato delle pretese. Ovvia era poi l'ostilità verso la Germania nazista dell'Unione Pagina 158
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Sovietica, la quale dal 1921 era stata l'unica amica della Germania repubblicana. Il Terzo Reich si trovava invero senza amici in mezzo a un mondo ostile. Era disarmato, o almeno relativamente disarmato in confronto con le nazioni vicine superarmate. Pertanto la strategia e la tattica della politica estera più immediata di Hitler furono dettate dalla dura realtà, cioè dalla posizione di debolezza e di isolamento della Germania. Ma, ironicamente, questa situazione precisava i fini naturali della Germania, che corrispondevano ai più profondi desideri di Hitler e della grande maggioranza del popolo tedesco: liberarsi dai ceppi del trattato di Versailles senza provocare l'applicazione di sanzioni, riarmare senza correre il rischio di una guerra. Solo dopo aver raggiunto questo duplice fine a breve scadenza Hitler avrebbe avuto la libertà e il potere militare per perseguire una diplomazia a lunga scadenza i cui obiettivi e i cui metodi erano stati fissati così apertamente e particolareggiatamente nel Mein Kampf. Ovviamente la prima cosa da fare era irretire gli awersari europei della Germania predicando il disarmo e la pace e stare ben attenti a ogni punto debole della loro armatura collettiva. Il 17 maggio 1933 Hitler tenne al Reichstag il suo " discorso della pace ", uno dei migliori di tutta la sua carriera, capolavoro di propaganda ingannatrice, che commosse profondamente il popolo tedesco e lo fece schierare dietro di lui unito, mentre produceva un'impressione viva e favorevole all'estero. Il giorno prima il presidente Roosevelt aveva inviato un vibrante messaggio ai capi di Stato di quaranta-quattro nazioni, in cui tracciava i progetti e le speranze degli Stati Uniti riguardo il disarmo e la pace e proponendo l'abolizione di tutti i mezzi d'attacco - bombardieri, carri armati e artiglieria pesante mobile. Hitler si affrettò a rispondere all'appello del presidente per trame il massimo profitto. La proposta fatta dal presidente Roosevelt, di cui sono venuto a conoscenza ieri sera, ha provocato il più vivo compiacimento del governo tedesco, il quale è pronto ad aderire a questo tentativo di superare la crisi internazionale... La proposta del presidente è un raggio di luce che conforta tutti coloro che desiderano cooperare al mantenimento della pace... La Germania è senz'altro pronta a rinunciare a tutte le armi di attacco se, da parte loro, le nazioni armate distruggeranno quelle che posseggono... La Germania sarebbe anche assolutamente pronta a liquidare tutto il suo apparato militare e a distruggere il piccolo quantitativo di armi che le sono rimaste, qualora i suoi vicini fossero disposti a fare altrettanto... La Germania è anche pienamente disposta ad aderire a qualsiasi patto solenne di non aggressione, perché essa non pensa ad attaccare ma unicamente a garantire la propria sicurezza. La nazificazione della Germania (1933-1934) 231 II discorso, che con la sua moderazione e la sua professione di amore per la pace sorprese gradevolmente un mondo inquieto, conteneva molte altre cose. La Germania non voleva la guerra. La guerra era " una pazzia senza limiti ". Essa " provocherebbe il crollo dell'attuale ordine sociale e politico ". La Germania nazista non intendeva " germanizzare " altri popoli. " La mentalità del secolo scorso, che fece pensare a qualcuno di poter trasformare in tedeschi dei polacchi o dei francesi, ci è estranea... I francesi, i polacchi e gli altri popoli sono nostri vicini, e noi sappiamo che una tale realtà non può esser mutata da alcun evento storicamente concepibile ". Vi era un unico avvertimento. Specie in fatto di armamenti, la Germania esigeva la parità di trattamento rispetto a tutte le altre nazioni. Non ottenendo ciò, essa avrebbe preferito ritirarsi sia dalla conferenza per il disarmo che dalla Società delle Nazioni. Nella generale esultanza destata in tutto il mondo occidentale dall'inaspettata ragionevolezza di Hitler l'avvertimento fu dimenticato. Il " Times " di Londra convenne che la richiesta di parità avanzata, da Hitler era " inoppugnabile ". Il " Daily Herald " di Londra, organo ufficiale del partito laburista, chiese che Hitler fosse preso in parola. Il settimanale londinese conservatore " Spectator " concludeva che Hitler aveva steso la mano a Roosevelt e che questo gesto dava luogo a nuove speranze in un mondo tormentato. A Washington, secondo quanto riferì l'agenzia stampa ufficiale tedesca, il segretario del presidente aveva dichiarato: " II presidente è entusiasta che Hitler abbia accettato le sue proposte ". Da quel tizzone acceso che era il dittatore nazista non erano venute, come tanti si erano aspettati, brutali minacce, bensì dolci e luminose parole. Il mondo era affascinato. E al Reichstag perfino i deputati socialisti, quelli che non erano in prigione o in esilio, votarono compatti tanto da rendere unanime l'approvazione dell'assemblea alla dichiarazione di Hitler sulla politica Pagina 159
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt estera. Ma l'avvertimento di Hitler non era stato un vano parlare. Quando ai primi di ottobre apparve chiaro che gli Alleati avrebbero insistito sul periodo stabilito di otto anni prima di ridurre i loro armamenti al livello di quello tedesco, Hitler il 14 ottobre annunciò bruscamente che, essendo stata negata a Ginevra la parità di diritti della Germania con le altre potenze, essa si ritirava immediatamente dalla conferenza per il disarmo e dalla Società delle Nazioni. Simultaneamente compì altre tre mosse: sciolse il Reichstag, annunciò che avrebbe sottoposto a un plebiscito popolare la sua decisione di lasciare Ginevra, e ordinò al generale von Blomberg, ministro alla Difesa, di impartire alle forze armate direttive segrete per far fronte a un attacco armato qualora la Società delle Nazioni avesse adottato delle sanzioni2S. Questa azione precipitosa rivelava l'ipocrisia del discorso conciliante tenuto da Hitler in primavera. Fu il primo aperto gioco d'azzardo di Hitler nel campo degli affari esteri. Esso stava a significare che d'ora in poi la Germania nazista intendeva riarmarsi ad onta di ogni accordo sul disarmo e del trattato di Versailles. Fu un rischio calcolato - il primo fra molti - e le di232 Trionfo e consolidamento retrive segrete impartite da Blomberg all'esercito e alla marina, venute alla luce a Norimberga, rivelano non solo che Hitler aveva giocato d'azzardo, poiché vi era la possibilità di sanzioni, ma che, se queste fossero state applicate, la posizione della Germania sarebbe stata disperata*. Le direttive fissavano precise linee difensive a occidente contro la Francia e a oriente contro la Polonia e la Cecoslovacchia, e alle forze tedesche era stato ordinato di tenere tali linee " il più a lungo possibile ". Dagli ordini di Blomberg risultava chiaro che almeno i generali non si facevano illusioni circa la possibilità di poter difendere anche per un tempo brevissimo le posizioni di frontiera. Peraltro, questa fu la prima delle molte crisi che si ebbero in un periodo che sarebbe durato tre anni, finché cioè nel 1936 i tedeschi rioccuparono la riva sinistra smilitarizzata del Reno. Adesso gli Alleati avrebbero ben potuto applicare delle sanzioni, non per il ritiro di Hitler dalla conferenza per il disarmo e dalla Società delle Nazioni, bensi per le violazioni delle clausole di disarmo contenute nel trattato di Versailles, violazioni che si andavano compiendo in Germania almeno da due anni, perfino prima dell'avvento di Hitler. Che gli Alleati, a quel tempo, avrebbero facilmente avuto ragione della Germania è tanto certo, quanto è certo che una tale azione avrebbe posto fine al Terzo Reich nell'anno stesso della sua nascita. Ma un aspetto del genio di quell'ex derelitto austriaco consisteva appunto nella sua capacità di conoscere da tempo il coraggio dei suoi avversari all'estero con la stessa sconcertante esattezza con cui aveva saputo valutare quello dei suoi nemici all'interno. Come nelle crisi più gravi che dovevano susseguirsi in rapida successione fino al 1939, gli Alleati non intrapresero alcuna azione essendo troppo divisi, troppo inerti e anche troppo ciechi per poter cogliere la natura o la direzione di ciò che si stava imbastendo di là dal Reno. A tale riguardo, i calcoli di Hitler erano essenzialmente giusti, come lo erano stati nei confronti del suo stesso popolo. Egli ben sapeva che cosa il popolo tedesco avrebbe detto nel plebiscito, fissato insieme alle nuove elezioni per il Reichstag nazista a partito unico, al 12 novembre 1933, l'indomani dell'anniversario dell'armistizio del 1918, giornata nera il cui ricordo ancora avvelenava l'animo dei tedeschi. Il 4 novembre a Breslavia in un comizio elettorale Hitler disse: " Fate si che questo giorno sia in seguito registrato, nella storia del nostro popolo, come il giorno del riscatto - che di esso si possa dire: in un undici novembre il popolo tedesco perdette formalmente il suo onore; quindici anni dopo, in un dodici novembre il popolo tedesco ridette a se stesso il suo onore ". Alla vigilia delle elezioni, l'i i novembre, il venerando Hindenburg in un discorso trasmesso dalla radio alla nazione confermò il proprio appoggio: * Alcuni mesi prima, l'i i maggio, Lprd Hailsham, segretario di Stato inglese alla Guerra, aveva ufficialmente dichiarato che qualsiasi tentativo di riarmo da parte della Germania avrebbe significato una violazione del trattato di pace e, in conformità a tale trattato, avrebbe dato luogo a sanzioni. In Germania si pensava che tali sanzioni avrebbero portato all'invasione armata del territorio tedesco. La nazificazione della Germania (1933-1934) 233 " Dimostrate, domani, la vostra salda unità nazionale e la vostra solidarietà col governo. Con me e col cancelliere del Reich sostenete il principio della parità dei diritti e della pace onorevole, mostrate al mondo che noi abbiamo Pagina 160
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt ritrovato l'unità tedesca e che, con l'aiuto di Dio, la manterremo! " La reazione del popolo tedesco dopo quindici anni di frustrazioni e di risentimento per le conseguenze di una guerra perduta, fu quasi unanime. Circa il 95 per cento degli elettori iscritti nelle liste votò, e il 95 per cento di essi approvò il ritiro della Germania dalla Società delle Nazioni. I voti a favore della lista unica nazista dei candidati al Reichstag (comprendente Hu-genberg e una mezza dozzina di altri non-nazisti) furono il 92 per cento. Perfino nel campo di concentramento di Dachau, su 2242 prigionieri 2154 votarono per il governo che li aveva internati! È vero che in diverse comunità furono fatte minacce a coloro che non avessero votato o che non avessero votato come si voleva; in molti casi vi fu il timore che chi avesse votato contro il regime sarebbe stato scoperto e punito. Ciò nonostante, malgrado tali riserve, le elezioni, che almeno quanto al conto dei voti furono oneste, per Adolf Hitler rappresentarono una sbalorditiva vittoria. Non v'era dubbio che in quella che era stata la sua sfida al mondo esterno, Hitler ebbe in misura assolutamente preponderante l'appoggio del popolo tedesco. Tre giorni dopo il plebiscito e le elezioni, Hitler mandò a chiamare l'ambasciatore polacco, Josef Lipski. Alla fine del loro colloquio fu diffuso un comune comunicato che stupì non solo il pubblico tedesco ma anche quello straniero. Il governo polacco e quello tedesco si erano accordati per " regolare i problemi interessanti i due paesi mediante negoziati diretti, rinunciando a qualsiasi uso della forza nelle relazioni reciproche, per il consolidamento della pace europea ". I tedeschi odiavano e disprezzavano la Polonia ancor più della Francia. Per loro, il crimine più nefando commesso da coloro che avevano fatto la pace di Versailles era stato la separazione della Prussia orientale dal Reich con la creazione del corridoio polacco, il distacco di Danzica e l'assegnazione ai polacchi della provincia di Posen e di una parte della Slesia, che, pur avendo una popolazione prevalentemente polacca, era stata un territorio tedesco fin dall'epoca della spartizione della Polonia. Durante la Repubblica, nessuno statista tedesco aveva voluto considerare definitiva la cessione di tali terre alla Polonia. Stresemann si era perfino rifiutato di prendere in considerazione un patto di Locamo per le frontiere orientali con la Polonia, come supplemento dell'accordo di Locamo per quelle occidentali. E fin dal 1922 il generale von Seeckt, padre della Reichswehr e arbitro nel campo della politica estera durante i primi anni della Repubblica, aveva espresso al governo la sua convinzione che " l'esistenza della Polonia è intollerabile, è incompatibile con le condizioni più essenziali della vita della Germania ", aggiungendo che " essa deve sparire e sparirà ". La sua distruzione " sarà uno dei principi fondamentali della politica tedesca... Con la scomparsa della 234 Trionfo e consolidamento Polonia cadrà uno dei più saldi pilastri della pace di Versailles, cioè l'egemonia della Francia " ". Hitler riconobbe che prima di poter distruggere la Polonia occorreva staccarla dall'alleanza con la Francia. La linea di condotta ora iniziata offriva diversi vantaggi immediati, a parte quello finale. Col rinunciare all'uso della forza nei riguardi della Polonia, Hitler poteva rafforzare la sua propaganda per la pace e mitigare i sospetti destati nell'Europa occidentale e orientale dalla sua affrettata uscita dalla Società delle Nazioni. Inducendo i polacchi a condurre negoziati diretti, egli poteva scavalcare la Società delle Nazioni e poi indebolirne l'autorità. Inoltre poteva non solo dare un colpo alla concezione societaria della " sicurezza collettiva ", ma anche minare le alleanze francesi nell'Europa orientale, dove la Polonia faceva da bastione. Dato il suo odio tradizionale per i polacchi, il popolo tedesco poteva anche non capire la sua tattica, ma per Hitler uno dei vantaggi della dittatura rispetto alla democrazia era che, in ultima istanza, una politica impopolare, ma che prometteva importanti risultati finali, poteva essere temporaneamente seguita senza che all'interno si facesse chiasso. Il 26 gennaio 1934, quattro giorni prima che Hitler convocasse il Reichs-tag nel primo anniversario della sua ascesa al potere, fu annunciata la firma di un patto decennale di non aggressione fra la Germania e la Polonia. Da quel giorno, la Polonia, che sotto la dittatura del maresciallo Pilsudski stava eliminando anch'essa le ultime vestigia della democrazia parlamentare, cominciò a staccarsi gradualmente dalla Francia, sua protettrice fin dalla rinascita nel 1919, e ad avvicinarsi sempre di più alla Germania nazista. Era la via che doveva condurre alla sua distruzione assai prima che scadesse il trattato di " amicizia e di non aggressione ". Pagina 161
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Quando il 30 gennaio 1934 Hitler parlò al Reichstag, egli potè volgere lo sguardo indietro su di un anno di successi senza pari nella storia tedesca. In un periodo di dodici mesi aveva rovesciato la Repubblica di Weimar, alla democrazia di questa aveva sostituito la propria dittatura personale, aveva distrutto tutti i partiti politici a eccezione del suo, aveva eliminato i governi dei singoli Stati tedeschi e i loro parlamenti unificando il Reich ed eliminando il sistema federale, aveva spazzato via i sindacati, soppresso ogni genere di associazione democratica, cacciato gli ebrei dalla vita pubblica e dalle professioni, abolito la libertà di parola e di stampa, soffocato ogni indipendenza dei tribunali e " coordinato " sotto il potere nazista la vita politica, economica, culturale e sociale di una nazione antica e colta. Grazie a tutte queste realizzazioni e per la sua azione decisa nel campo delle relazioni internazionali, che aveva portato al distacco della Germania dal concerto delle nazioni a Ginevra e alla proclamazione del suo diritto a essere trattata alla pari con le grandi potenze, egli fu sostenuto - come dimostrarono il plebiscito e le elezioni d'autunno - dalla stragrande maggioranza del popolo tedesco. La nazificazione della Germania (1933-1934) 235 Eppure mentre si iniziava il secondo anno della sua dittatura fosche nubi stavano oscurando l'orizzonte nazista. La purga cruenta del 30 giugno 1934. L'oscurarsi dell'orizzonte politico era dovuto alla mancata soluzione di tre problemi reciprocamente connessi: il continuo agitarsi dell'ala radicale e dei capi delle SA che volevano la " seconda rivoluzione "; la rivalità fra SA ed esercito; il problema della successione del presidente Hindenburg, la cui vita, col venire della primavera, sembrava ormai avvicinarsi al termine. Rohm, il capo di Stato maggiore delle SA, che ormai assommavano a due milioni e mezzo di uomini, non aveva accantonato i suoi disegni, nonostante l'abile mossa di Hitler che l'aveva fatto entrare nel governo, e l'amichevole lettera personale scrittagli dal Fiihrer il primo dell'anno. Nel febbraio egli presentò al gabinetto un lungo memoriale, in cui proponeva di fare delle SA la base di un nuovo esercito popolare e di porre le forze armate, le SA e le SS, nonché tutti i raggruppamenti degli ex combattenti, alle dipendenze di un unico Ministero della Difesa, al quale - ciò appariva chiaramente sottinteso - lui, Rohm, avrebbe dovuto sovrintendere. Il corpo degli ufficiali non avrebbe potuto immaginare un'idea più rivoltante, pertanto i membri più anziani non solo respinsero la proposta all'unanimità, ma si rivolsero a Hindenburg affinchè li sostenesse. Tutta la tradizione della casta militare sarebbe stata distrutta se Rohm, quel tipaccio, con le sue litigiose Camicie Brune avesse preso sotto il suo controllo l'esercito. Inoltre i generali erano scandalizzati per le voci, sempre più diffuse, circa la corruzione e la dissolutezza della cricca di omosessuali che stava intorno al capo delle SA. Come in seguito testimoniò il generale von Brauchitsch, " il riarmo era una cosa troppo seria e ardua perché si potesse tollerare la partecipazione di malversatori, di ubriaconi e di omosessuali ". Sul momento Hitler non poteva permettersi di offendere l'esercito, per cui non appoggiò affatto la proposta di Rohm. Anzi il 21 febbraio disse riservatamente a Anthony Eden, venuto a Berlino a discutere sull'impasse del disarmo, che egli si proponeva di ridurre di due terzi gli effettivi delle SA e di accettare un sistema di ispezioni per accertare che il resto delle SA non ricevesse né armi, né addestramento militare: cosa che, quando si venne a sapere, inasprf ulteriormente Rohm e le SA. All'avvicinarsi dell'estate del 1934 le relazioni fra il capo di Stato maggiore delle SA e il comando supremo dell'esercito continuarono a peggiorare. Nel gabinetto, si ebbero delle scene tempestose fra Rohm e il generale von Blomberg, e nel marzo il ministro della Difesa presentò a Hitler una protesta per il fatto che le SA stavano formando un numeroso corpo di guardia speciale armato di mitragliatrici pesanti: non solo ciò costituiva una minaccia per l'esercito, ma -aggiungeva von Blomberg - una iniziativa cosf sfacciata poteva pregiudica236 Trionfo e consolidamento re il riarmo clandestino della Germania sotto gli auspici della Reichswehr. Era chiaro che in tale situazione Hitler, a differenza del testardo Rohm e dei suoi accoliti, aveva pensato da tempo al giorno in cui Hindenburg malato avrebbe esalato l'ultimo respiro. Egli sapeva che, al pari dell'esercito e delle altre forze conservatrici della Germania, il vecchio presidente era propenso a una restaurazione della monarchia degli Hohenzollern al momento della sua morte. I piani di Hitler erano ben diversi, e quando ai primi di aprile a lui e a Pagina 162
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Blomberg giunse segretamente, ma per via ufficiale, da Neudeck, la notizia che i giorni del presidente erano contati, egli si rese conto che occorreva fare senza indugio un audace colpo di mano. Per essere sicuro del successo, al Fùhrer occorreva l'appoggio del corpo degli ufficiali; pur di ottenere tale appoggio, egli era pronto a fare qualsiasi cosa. L'occasione di discussioni confidenziali con l'esercito non tardò a presentarsi. L'i i aprile il cancelliere, accompagnato dal generale von Blomberg e dai comandanti in capo dell'esercito e della marina, generale barone von Fritsch e ammiraglio Raeder, partì da Kiel alla volta di Kbnigsberg a bordo dell'incrociatore Deutschland per assistere alle manovre di primavera che si svolgevano nella Prussia orientale. I comandanti dell'esercito e della marina erano stati informati dell'aggravarsi delle condizioni di salute di Hindenburg, e Hitler, appoggiato dall'acquiescente Blomberg, propose senz'altro che, con l'approvazione della Reichswehr, si designasse lui stesso a succedere al presidente. In cambio dell'appoggio chiesto all'elemento militare, Hitler promise di soffocare le velleità di Rohm, e di ridurre drasticamente gli effettivi delle SA, garantendo all'esercito e alla marina che esse sarebbero rimaste, nel Terzo Reich, le uniche forze in possesso di armi. Pare che Hitler prospettasse a Fritsch e a Raeder una ingente espansione dell'esercito e della marina, qualora fossero stati disposti ad assecondarlo. Il servile Raeder avrebbe senz'altro accettato, ma Fritsch, uomo più duro, volle prima consultarsi con i generali anziani. Tale consultazione ebbe luogo il 16 maggio a Bad Nauheim, e dopo che venne spiegato loro il " patto del Deutschland " gli ufficiali superiori dell'esercito tedesco approvarono all'unanimità la successione di Hitler a Hindenburg 27. Per l'esercito, cotesta decisione politica doveva avere una importanza storica. Accettando di mettersi volontariamente nelle mani di un dittatore megalomane sfrenato, l'esercito suggellò il proprio destino. Quanto a Hitler, egli sapeva che la transazione avrebbe reso assoluta la sua dittatura. Sbarazzatosi dell'ostinato feldmaresciallo, scongiurata la prospettiva di una restaurazione degli Hohenzollern, Hitler, capo sia dello Stato che del governo, poteva andar per la sua via da solo e senza ostacoli. Il prezzo da pagare per l'ascesa al potere supremo era quasi trascurabile: occorreva il sacrificio delle SA. Una volta che fosse in possesso di ogni autorità, egli non ne avrebbe avuto più bisogno. Esse erano una vile marmaglia che poteva solo intralciarlo. In .quella primavera, il disprezzo di Hitler per la ristrettezza mentale dei generali deve essere nettamente cresciuto. Essi si vendevano a un prezzo sorprendentemente modesto - deve aver pensato. Tranne che in La nazificazione della Germania (1933-1934) 237 un brutto momento, in giugno, questo suo giudizio restò immutato sino alla fine - la fine sua e loro. Eppure al sopraggiungere dell'estate le preoccupazioni di Hitler erano ancor lungi dall'essere svanite. Una pericolosa tensione cominciò a pervadere Berlino. Le voci circa la " seconda rivoluzione " si moltipllcavano, e non solo Rohm e i capi delle truppe d'assalto, ma lo stesso Goebbels, in discorsi e nella stampa da lui controllata, vi fecero eco. Dalla destra conservatrice, dagli Junker e dai grandi industriali intorno a Papen e Hindenburg fu chiesto che si ponesse un termine alla rivoluzione, che gli arresti arbitrar!, la persecuzione degli ebrei, gli'attacchi contro le chiese, il contegno arrogante degli uomini dei reparti d'assalto venissero frenati e che si mettesse fine al generale terrore organizzato dai nazisti. All'interno dello stesso partito nazista si era accesa una nuova, spieiata lotta per il potere. I due più potenti nemici di Rohm, Gò'ritig e Himmler, si erano uniti contro di lui. Il i° aprile Himmler, capo delle SS dalle nere uniformi, che facevano ancora parte delle SA ed erano al comando di Rohm, fu nominato da Goring capo della Gestapo prussiana, ed egli cominciò subito a costruire il proprio potere personale nell'ambito della polizia segreta. Goring, che Hindenburg nel precedente agosto aveva nominato General der Infanterie (benché fosse ministro dell'Aviazione), fu lieto di cambiare la sua brutta divisa bruna delle SA con quella, ben più vistosa, della sua nuova carica, e tale cambiamento fu simbolico: come generale e come appartenente a una famiglia che proveniva dalla casta militare, egli subito fiancheggiò l'esercito nella lotta contro Rohm e le SA. Per proteggersi in quella giungla pericolosa, anche Goring reclutò un suo corpo personale di polizia, la Landes-polizeigruppe General Goring, forte di diverse migliaia di uomini, che egli concentrò a Lichterfelde, nell'antica scuola degli allievi ufficiali (egli stesso era entrato nell'esercito attraverso questa scuola), situata in una posizione Pagina 163
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt strategica nei sobborghi della capitale. Dicerie su complotti e controcomplotti aumentarono la tensione. Il generale von Schleicher, incapace di vivere in una onesta oscurità e dimentico del fatto che, non godendo più della fiducia di Hindenburg, dei generali e dei conservatori, egli non aveva più alcun potere, aveva cominciato di nuovo a immischiarsi nella politica. Si manteneva in contatto con Rohm e con Gre-gor Strasser, e vi erano voci, - alcune delle quali raggiunsero Hitler, - che egli si desse un gran da fare per giungere a un'intesa, in base alla quale egli sarebbe divenuto vicecancelliere al posto del suo antico nemico, von Papen, Rohm sarebbe divenuto ministro della Difesa e le SA sarebbero state fuse con l'esercito. " Liste " di gabinetti circolavano a dozzine, a Berlino; in alcune di esse Bruning figurava quale ministro degli Esteri e Strasser quale ministro dell'Economia. Queste voci avevano un ben scarso fondamento, ma portavano acqua al mulino di Goring e di Himmler che, desiderosi ognuno per le proprie ragioni di distruggere Rohm e le SA e, nel contempo, di regolare i conti con Schleicher e coi conservatori scontenti, vi ricamarono sopra e le riferirono a Hitler, sempre pronto a insospettirsi ad 238 Trionfo e consolidamento ogni minimo stimolo. Ciò che Goring e il suo capo della Gestapo divisavano non era soltanto una purga delle SA ma altresf la liquidazione degli altri avversari della sinistra e della destra, compresi quelli che si erano opposti a Hitler in passato e che si erano ritirati dall'attività politica. Alla fine di maggio Brùning e Schleicher furono avvertiti che i loro nomi stavano in una lista di persone da assassinare. Briining, travestito, abbandonò silenziosamente il paese, Schleicher andò in vacanza in Baviera, ma tornò a Berlino verso la fine di giugno. Al principio di giugno Hitler ebbe con Rohm una spiegazione che, secondo quanto egli stesso riferì in seguito al Reichstag, durò quasi cinque ore e " si trascinò fino a mezzanotte ". Hitler disse che fu " il suo ultimo tentativo " di venire a un'intesa con colui che, nel movimento, era il suo più intimo amico. Lo informai che innumerevoli voci e molteplici dichiarazioni di antichi e fedeli membri del partito, nonché di capi delle SA, mi avevano dato l'impressione, che elementi senza coscienza stavano preparando un'azione di bolscevismo nazionale la quale avrebbe potuto rappresentare solo un indicibile disastro per la Germania... Lo implorai per l'ultima volta di rinunciare volontariamente a una simile pazzia e di usare invece la sua autorità per prevenire sviluppi che, in ogni caso, non potevano finire altro che con una catastrofe. Secondo Hitler, Rohm si era congedato da lui " assicurandolo che egli avrebbe fatto tutto il possibile per mettere le cose in ordine ". In seguito Hitler pretese che, invece, Rohm cominciò a fare preparativi " per eliminarlo personalmente ". Quasi certamente, ciò non era vero. Benché, come per l'incendio del Reichstag, probabilmente non si verrà mai a conoscere tutta la vera storia della purga del 30 giugno, i documenti venuti alla luce non contengono indicazione alcuna che il capo delle SA abbia mai complottato per sbarazzarsi di Hitler. Purtroppo gli archivi sequestrati non hanno gettato, sulla faccenda della purga, una luce maggiore che su quella dell'incendio del Reichstag; è probabile che in entrambi i casi tutti i documenti incriminati siano stati distrutti per ordine di Goring. Qualunque sia stata la vera natura della lunga conversazione svoltasi fra i due veterani nazisti, un giorno o due dopo che essa ebbe luogo, Hitler ordinò alle SA di andare in permesso per tutto il mese di luglio, e in tale mese agli uomini dei reparti d'assalto fu proibito di portare le uniformi e di figurare in parate o in esercitazioni. Il 7 giugno Rohm annunciò di andarsene lui stesso in permesso per motivi di salute, ma nel contempo lanciò un insolente monito: " Se i nemici delle SA sperano che le SA, dopo il permesso, non saranno più richiamate in servizio, ovvero saranno richiamate solo in parte, noi possiamo permettere loro di godersi questa breve speranza. Essi avranno la loro risposta nel momento e nella forma che appariranno necessari. Il corpo delle SA è e resta il destino della Germania ". Prima di lasciar Berlino Rohm invitò Hitler a conferire coi capi delle SA nella stazione climatica di Wiessee, vicino a Monaco, il 30 giugno. Hitler fu La nazificatone della Germania (1933-1934) 239 pronto ad aderire e mantenne infatti l'appuntamento, anche se in un modo che Rohm non avrebbe mai potuto immaginarsi, e che, forse, nemmeno lo stesso Hitler Pagina 164
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt in quel momento poteva prevedere. Infatti, come più tardi disse al Reichstag, egli esitò " più e più volte prima di decidere definitivamente... Nutrivo ancora la segreta speranza di poter risparmiare al movimento e alle mie SA la vergogna di un tale contrasto e di allontanare il male senza gravi conflitti ". Egli aggiunse: " Bisogna confessare che in quegli ultimi giorni di maggio continuamente venivano in luce fatti sempre più inquietanti ". Erano realmente inquietanti? In seguito Hitler pretese che Rohm e i suoi congiurati avevano fatto preparativi per impadronirsi di Berlino e per arrestarlo. Ma se cosf stavano le cose, come mai tutti i capi delle SA lasciarono Berlino ai primi di giugno e, punto ancor più importante, perché Hitler partì dalla Germania proprio in quel momento così da offrire ai capi delle SA l'occasione di prendere sotto il loro controllo lo Stato durante la sua assenza? Infatti il 14 giugno Hitler si recò in volo a Venezia per avere la prima delle sue molte conversazioni col suo collega dittatore fascista, Mussolini. Fra l'altro, il colloquio non andò troppo bene per il capo tedesco, che, col suo impermeabile sporco e il cappello floscio sgualcito, si sentiva a disagio alla presenza del " duce ", risplendente nella sua uniforme nera fascista coperta di medaglie, più esperto e propenso ad assumere un atteggiamento di semplice accondiscendenza nei riguardi dell'ospite. Hitler tornò in Germania assai irritato e convocò i capi del suo partito nella cittadina di Cera, in Turingia, per la domenica 17 giugno, onde riferire circa i suoi colloqui con Mussolini e per sistemare la situazione all'interno che andava peggiorando. Il destino volle che quella domenica avesse luogo, a Mar-burgo, vecchia città universitaria, un'altra riunione che, in Germania e anche nel mondo, attirò maggiormente la generale attenzione e che contribuì a portare al limite la situazione critica. Papen, uomo politico dilettante che era stato messo senza riguardi in una posizione subordinata da Hitler e da Goring, ma che nominalmente era pur sempre il vicecancelliere e godeva della fiducia di Hindenburg, ebbe il coraggio di pronunciarsi pubblicamente contro gli eccessi del regime che lui stesso aveva tanto aiutato ad affermarsi in Germania. In maggio era andato a Neudeck a trovare il presidente malato - fu l'ultima volta che vide vivo il suo protettore - e il vecchio feldmaresciallo grigio e indebolito gli aveva detto: " Le cose stanno andando male, Papen. Veda cosa si può fare per sistemarle ". Incoraggiato da ciò, Papen aveva accettato l'invito di tenere un discorso all'Università di Marburgo il 17 giugno. In gran parte, il discorso fu steso da uno dei suoi consiglieri personali, Edgard Jung, brillante avvocato e scrittore di Monaco, protestante, benché alcune idee fossero state suggerite da uno dei segretari del vicecancelliere, Herbert von Bose, e da Erich Klau-sener, capo dell'Azione Cattolica - collaborazione, questa, che presto costò a tutti e tre la vita. Era un discorso coraggioso e, grazie a Jung, eloquente 240 Trionfo e consolidamento nello stile, dignitoso nel tono. Invocava che si ponesse termine alla rivoluzione e al terrore nazista, che si tornasse a una linea di correttezza e si ripristinassero alcuni diritti, specie quello della libertà di stampa. Rivolgendosi al dottor Goebbels, ministro alla Propaganda, Papen disse: Un regime di discussioni franche e virili sarebbe assai più utile al popolo tedesco che non, per esempio, lo stato attuale della stampa. Il governo deve ricordarsi dell'antica massima: " Solo i deboli non tollerano la critica "... I grandi uomini non vengono creati dalla propaganda... Se si desiderano stretti contatti e una unità col popolo, non si deve sottovalutare la sua intelligenza. Non lo si deve guidare eternamente con le dande... Da sola, a lungo andare, nessuna organizzazione, nessuna propaganda, anche se eccellente, può conservare la fiducia. La fiducia e la devozione possono essere conservate non con gli incitamenti... e nemmeno con le minacce alla parte debole della nazione, ma soltanto discutendo ogni cosa con la gente. La gente trattata da stupida non ha una fiducia da dare... È tempo di unirsi nell'amicizia fraterna e nel rispetto per tutti i nostri concittadini, onde evitare di turbare le fatiche degli uomini seri e far tacere i fanatici28. Appena fu reso noto, il discorso ebbe ampia eco in Germania, ma cadde come una bomba nel piccolo gruppo di capi nazisti riunitisi a Cera. Goebbels si dette subito da fare affinchè venisse conosciuto il meno possibile. Proibì alla radio di trasmetterne la registrazione, in programma per quella stessa sera, e alla stampa di farne un qualsiasi cenno; inoltre diede ordine alla polizia di sequestrare le copie già in distribuzione della " Frankfurter Zeitung " dove erano riportati brani del testo. Ma perfino i poteri assoluti del ministro della Propaganda non furono in grado di impedire che in Germania e all'estero si venisse a conoscere il contenuto di quel discorso, il quale era quasi una sfida. Pagina 165
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt L'astuto Papen ne aveva trasmesso in precedenza ai corrispondenti e ai diplomatici stranieri residenti a Berlino il testo, e migliaia di copie ne furono immediatamente stampate nella tipografia del giornale di Papen, " Germania ", e distribuite segretamente. Quando seppe del discorso di Marburgo, Hitler andò su tutte le furie. In un discorso tenuto quello stesso pomeriggio a Cera egli denunciò " il pigmeo che s'immagina di poter arrestare, con poche frasi, il gigantesco rinnovamento della vita di un popolo ". Anche Papen era infuriato, per il boicottaggio fatto al suo discorso. Il 20 giugno si precipitò da Hitler, gli disse che non poteva tollerare un simile divieto da parte di " un ministro subalterno ", dichiarò di aver parlato " come l'uomo di fiducia del presidente " e rassegnò subito le dimissioni, avvertendo che " avrebbe informato immediatamente Hindenburg della cosa " ". Questa minaccia naturalmente preoccupò Hitler, che da alcuni rapporti era venuto a sapere come Hindenburg fosse tanto poco contento della situazione da considerare la possibilità di proclamare la legge marziale e di rimettere i poteri all'esercito. Per accertare che cosa di serio vi fosse in questo progetto minacciante la stessa continuazione del regime nazista, egli l'indomani, 21 giugno, si recò in volo a Neudeck, a trovare Hindenburg. L'udienza valse solo ad aumentare i suoi timori. Fu ricevuto dal generale von Blomberg, e notò subito come l'abituale attitudine da lacchè, nei suoi confronti, del ministro alla Difesa fosse d'un tratto scomparsa. Blomberg ora La nazificazione della Germania (1933-1934) 241 si presentava come un severo generale prussiano; disse bruscamente a Hitler di essere stato autorizzato dal feldmaresciallo a informarlo che ove non si fosse posto rapidamente fine all'attuale stato di tensione in Germania, il presidente avrebbe proclamato la legge marziale e affidato all'esercito il controllo dello Stato. A Hitler fu permesso di vedere per pochi minuti, alla presenza di Blomberg, il vecchio presidente, il quale gli confermò tale ultimatum. Per il cancelliere nazista le cose prendevano una piega disastrosa. Non solo era in repentaglio il suo progetto di succedere al presidente, ma se l'esercito avesse preso la direzione della cosa pubblica, ciò avrebbe significato la fine, per lui e per il governo nazista. Tornato in volo a Berlino quello stesso giorno, egli deve aver riflettuto ed essersi convinto che, se voleva sopravvivere, v'era un'unica via da seguire: doveva tener fede al patto stipulato con l'esercito, sopprimere le SA e impedire quella continuazione della rivoluzione su cui insistevano i capi delle truppe d'assalto. Ovviamente questo era il meno che l'esercito, sostenuto dal venerando presidente, avrebbe accettato. Eppure in quell'ultima, cruciale settimana di giugno Hitler esitò, se non altro sul grado di drasticità delle misure da prendere nei confronti di quei capi delle SA a cui egli tanto doveva. Ma Gò'ring e Himmler ora lo aiutarono a prendere una decisione. Avevano già fissato i conti che intendevano regolare, compilando lunghe liste di nemici di oggi e di ieri da liquidare. Dovevano solo convincere il Fiihrer della enormità del " complotto " ordito contro di lui e della necessità di un'azione rapida e spieiata. Secondo la testimonianza resa a Norimberga da Wilhelm Frick, ministro degli Interni e uno fra i più fedeli seguaci di Hitler, fu Himmler che infine riuscì a convincere Hitler che " Rohm voleva fare un putsch ". E il Fiihrer " ordinò a Himmler di soffocare il putsch ". Frick aggiunse che Himmler ricevette istruzioni per soffocarlo in Baviera, e Gbring a Berlino M. Anche l'esercito incitò Hitler, e pertanto ebbe la sua parte di responsabilità per le atrocità che dovevano presto seguirne. Il 25 giugno il generale von Fritsch, comandante in capo dell'esercito, mise le truppe in stato d'allarme, sospendendo tutte le licenze e consegnando i reparti nelle caserme. Il 28 giugno Rohm fu espulso dalla Lega degli ufficiali tedeschi: chiaro avvertimento, questo, che il capo di Stato maggiore delle SA si trovava nei guai. E affinchè nessuno - e Rohm per primo - si illudesse su quale parte l'esercito si sarebbe schierato, Blomberg prese una iniziativa senza precedenti e il 29 giugno fece uscire sul " Volkischer Beobachter " un suo articolo firmato in cui affermava che " l'esercito... sta dietro ad Adolf Hitler... che resta uno dei nostri ". Peraltro, l'esercito insisteva a che si procedesse alla purga; senza però volersi macchiare le mani. Essa doveva essere effettuata da Hitler, Goring e Himmler, con le loro SS dall'uniforme nera e con la polizia speciale di Gbring. Il 28 giugno Hitler lasciò Berlino alla volta di Essen, per assistere alle nozze di un Gauleiter nazista locale, Joseph Terboven. Questo viaggio e la Pagina 166
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 242 Trionfo e consolidamento ragione di esso fanno ritenere poco probabile che egli sentisse avvicinarsi una grave crisi. Lo stesso giorno Gbring e Himmler ordinarono a speciali reparti delle SS e della Goring-Polizei di tenersi pronti. Con Hitler assente dalla città, essi evidentemente si sentivano liberi di agire di propria iniziativa. L'indomani, il 29, il Fiihrer fece un'ispezione nei campi del Servizio del Lavoro della Westfalia e tornò nel pomeriggio a Godesberg, sul Reno, dove scese in un albergo sulla riva del fiume gestito da un suo antico camerata del tempo di guerra, Dreesen. Quella sera Goebbels, che sembra avesse esitato circa la parte da cui schierarsi (era stato segretamente in contatto con Rohm), arrivò a Godesberg; ormai egli si era deciso e riferì notizie da Berlino, che Hitler in seguito doveva chiamare " minacciose ". Karl Ernst, ex inserviente d'albergo, poi incaricato di buttar fuori i clienti rissosi in un caffè frequentato da omosessuali, e infine nominato da Rohm capo delle SA di Berlino, aveva messo in stato di allarme gli uomini dei reparti d'assalto. In quel momento e nelle ventiquattro ore all'incirca che gli restavano da vivere, Ernst, giovane, bello, ma poco intelligente, credette di essere di fronte a un putsch della destra, e doveva morire gridando fieramente " Heil Hitler! " In seguito Hitler pretese che fino a quel giorno, il 29 giugno, aveva semplicemente deciso di " togliere al capo di Stato maggiore [Rohm] la sua carica, di tenerlo sotto custodia e di far arrestare un certo numero di capi delle SA sui crimini dei quali non v'erano dubbi ". Rivolgendo agli altri un serio appello, " avrebbe loro ricordato il proprio dovere ". Il 13 luglio egli disse al Reichstag: Ma... all'una di notte ricevetti da Berlino e da Monaco due messaggi urgenti su adunate delle SA messe in stato di allarme. Anzitutto a Berlino era stata ordinata una di tali adunate per le quattro pomeridiane... e alle cinque doveva cominciare l'azione, con un attacco di sorpresa; gli edifici del governo dovevano essere occupati... In secondo luogo, a Monaco l'allarme era stato già dato alle SA che dovevano riunirsi alle nove della sera... Era un vero ammutinamento!... In tali circostanze non potevo prendere che un'unica decisione... Forse solo un intervento cruento e spieiato poteva ancora soffocare l'espandersi della rivolta... Alle due del mattino partii in volo per Monaco. Hitler non rivelò mai da chi avesse ricevuto i due " messaggi urgenti ", ma è da supporsi che gli furono inviati da Gbring e da Himmler. Quel che resta certo, è la grande esagerazione delle notizie. A Berlino, tutto ciò che Ernst aveva concepito di drastico, era d'andarsene in macchina, quel sabato, a Brema con la sua sposa per imbarcarsi per Madera in luna di miele. E nel Sud dove si erano concentrati i " cospiratori " delle SA? Alle due del mattino del 30 giugno, mentre Hitler con Goebbels al suo fianco partiva dall'aeroporto di Hangelar, vicino a Bonn, il capitano Rohm e i suoi luogotenenti delle SA dormivano pacificamente nei loro letti nell'albergo Hanslbauer a Wiessee, sulle rive del Tegernsee. Edmund Heines, SA-Obergruppenfuhrer della Slesia, già condannato per assassinio e noto omosessuale, con una faccia da ragazza su di un corpo muscoloso da scaricatore di porto, stava a letto con un giovane. I capi della SA sembravano La nazificazione detta Germania (1933-19)4) 243 cosf lontani dal pensare a inscenare una rivolta, che Rohm aveva lasciato le sue guardie del corpo a Monaco. Di fatto, risultò che i capi delle SA facevano molto baccano, ma non si trovò alcuna traccia di un complotto. Hitler col suo piccolo gruppo ( a cui si erano uniti Otto Dietrich, capo del suo ufficio stampa, e Victor Lutze, fedele ma incolore capo delle SA di Hannover) raggiunsero Monaco alle quattro del mattino di sabato 30 giugno, e constatarono che si erano già prese alcune misure. Il maggiore Wal-ther Buch, capo dell'USCHLA, cioè del tribunale del partito, e Adolf Wag-ner, ministro degli Interni della Baviera, aiutati da alcuni vecchi compagni di Hitler, quali Emil Maurice, ex condannato e rivale di Hitler nell'amore per Geli Raubal, e Christian Weber, commerciante di cavalli e poi anche lui, come Ernst, addetto a tenere l'ordine in un cabaret, avevano arrestato i capi delle SA di Monaco, compreso ì'Obergruppenfuhrer Schneidhuber, che era anche il capo della polizia di questa città. Hitler, che ormai andava sempre più eccitandosi, fino all'isteria, incontrò i prigionieri nel Ministero degli Interni. Affrontò Schneidhuber, che era già stato colonnello dell'esercito, gli strappò i distintivi del partito nazista e lo maledì per il suo " tradimento ". Poco dopo lo spuntar del giorno Hitler e il suo gruppo lasciarono Monaco alla Pagina 167
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt volta di Weissee, in una lunga colonna di auto. Là trovarono Rohm e i suoi amici ancora profondamente addormentati, nell'albergo Hansl-bauer. Il loro, fu un brutto risveglio. Heines e il suo giovane amico furono tirati via dal letto, portati fuori dall'albergo e senz'altro ucdsi per ordine di Hitler. Secondo il racconto di Otto Dietrich, Hitler entrò da solo nella camera di Rohm, gli diede una vestaglia e ordinò che venisse ricondotto a Monaco e rinchiuso nella prigione di Stadelheim, dove il capo delle SA era già stato, dopo la sua partecipazione al putsch della birreria del 1923. Dopo quattordici anni burrascosi i due amici, che più di tutti gli altri erano i responsabili del varo del Terzo Reich, con tutti i suoi atti di terrorismo e di degradazione, che malgrado le loro frequenti divergenze erano rimasti insieme nelle ore delle crisi, delle sconfitte e delle delusioni, si trovarono dinanzi a un bivio e il butterato, rissoso paladino di Hitler e del nazismo era giunto alla fine della sua vita piena di violenze. Con un ultimo gesto, che sembra egli considerasse come una grazia, Hitler dette ordine che sul tavolino del suo antico camerata venisse lasciata una pistola. Rohm si rifiutò di usarla. Si dice che abbia esclamato: " Se devo essere ucciso, che sia Adolf a farlo ". Allora, secondo un testimone oculare, un tenente di polizia che depose ventitre anni dopo in un processo del dopoguerra celebratosi a Monaco nel maggio del 1957, due ufficiali delle SS entrarono nella cella e spararono a bruciapelo su Rohm. Questo testimone disse: " Rohm aveva cercato di dire qualcosa, ma l'ufficiale delle SS con un gesto lo fece stare zitto. Rohm si mise sull'attenti - era nudo fino alla cintola - col volto pieno di disprezzo " *. Così egli morf, in modo violento * II processo celebrato a Monaco nel maggio del 1957 fu la prima occasione in cui veri testimoni oculari e partecipanti alla purga del 30 giugno 1934 parlarono in pubblico. Durante il 244 Trionfo e consolidamento come era vissuto, disprezzando l'amico che egli aveva aiutato a salire ad altezze mai raggiunte da alcun altro tedesco, e quasi certamente senza avere al pari di centinaia di altre persone uccise quel giorno, al pari di Schneidhuber che avrebbe gridato: " Signori, non so che diavolo succede, ma sparate dritto " - una idea chiara di quanto avveniva né dei motivi, sapendo solo essere, quello, un tradimento che lui, uomo vissuto così a lungo fra i tradimenti commettendone lui stesso in abbondanza, non si era aspettato da Hitler. Nel frattempo a Berlino Gò'ring e Himmler si erano dati da fare. Circa 150 capi delle SA furono prelevati, messi al muro nella scuola degli allievi ufficiali di Lichterfelde e fucilati da plotoni delle SS di Himmler e della polizia speciale di Gbring. Fra essi vi era Karl Ernst, il cui viaggio di nozze era stato interrotto da SS che spararono contro la sua auto quando giunse nelle vicinanze di Brema. La sua sposa e l'autista rimasero feriti. Lui stesso fu colpito, perse i sensi e fu riportato in aereo a Berlino per esservi giustiziato. In quella sanguinosa fine settimana d'estate gli uomini delle SA non furono i soli a cadere. La mattina del 30 giugno un gruppo di SS in borghese suonò alla porta della villa del generale von Schleicher, alla periferia di Berlino. Non appena il generale si affacciò essi gli spararono uccidendolo. Accorse la moglie, che Schleicher aveva sposato solo diciotto mesi prima - fino ad allora, egli era rimasto scapolo - e anche lei fu uccisa sul posto. La sera, il generale Kurt von Bredow, amico intimo di Schleicher, fece la stessa fine. Gregor Strasser fu arrestato nella sua abitazione di Berlino a mezzogiorno del sabato e ucciso poche ore dopo, per ordine personale di Goring, nella prigione della Gestapo nella Prinz Albrechtstrasse. Papen ebbe maggior fortuna. Fuggì e si salvò la vita. Ma il suo ufficio fu devastato da una squadra di SS; Bose, suo principale segretario, fu ucciso mentre era seduto allo scrittoio; il suo intimo collaboratore, Edgar Jung, arrestato qualche giorno prima dalla Gestapo, fu fatto fuori in prigione, un altro collaboratore di Papen, Erich Klausener, capo dell'Azione Cattolica, fu ucciso nel suo ufficio al Ministero delle Comunicazioni e il resto del suo gruppo, compresa la sua segretaria privata, la baronessa Stotzinger, fu spedito in un campo di concentramento. Quando Papen andò a protestare da Gbring, questi, che in quel momento non aveva tempo da perdere con inutili Terzo Reich ciò non sarebbe stato possibile. Sepp Dietrich, di cui l'autore del presente libro ha un ricordo personale come dell'uomo più brutale del Terzo Reich, nel 1934 comandava la guardia de) corpo di Hitler formata da uomini delle SS, e diresse le esecuzioni che ebbero luogo nel carcere di Stadelheim. Divenuto Pagina 168
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt durante la guerra colonnello generale dei reparti combattenti delle SS (Waffetì SS), fu condannato a venticinque anni di reclusione per complicità nell'assassinio di prigionieri di guerra americani durante la battaglia della Bulge, nel 1944. Rilasciato dopo dieci anni, nel 1957 fu processato a Monaco e condannato il 14 maggio a diciotto mesi di prigione per la parte avuta nelle esecuzioni del 30 giugno 1934. La sua condanna e quella di Michael Lippert, che risultò essere uno dei due ufficiali delle SS che uccisero Rohm, furono le prime in-flitte ai carnefici nazisti responsabili della purga. La nazificazione della Germania (1933-1934) 245 chiacchiere - come lo stesso Papen ricorda - lo mise " più o meno " alla porta e lo tenne agli arresti nella sua villa, che venne circondata da uomini delle SS armati di tutto punto. La linea telefonica fu tagliata e gli fu proibito di avere qualsiasi contatto col mondo esterno, altra umiliazione che il vicecancelliere della Germania seppe ingoiare abbastanza bene. Infatti, dopo meno di un mese egli si insudiciò con l'accettare dai nazisti assassini dei suoi amici un nuovo incarico: fu nominato ministro tedesco a Vienna, dove proprio allora i nazisti avevano ucciso il cancelliere Dollfuss. Non si è mai potuto stabilire con esattezza quante persone furono ammazzate in questa purga. Il 13 luglio Hitler nel suo discorso al Reichstag dichiarò che erano sessantuno, compresi diciannove " alti ufficiali delle SA ", che altre tredici persone erano state uccise perché " ribellatesi a coloro che dovevano arrestarle " e che tre " si suicidarono ", con un totale, dunque, di settantasette persone. Il Libro bianco della purga, pubblicato da emigrati tedeschi a Parigi, afferma invece che i morti furono 401, individuandone però solamente 116. Al processo di Monaco del 1957 fu data la cifra di " più di mille " uccisi. Molti furono soppressi per semplice vendetta, perché in passato si erano opposti a Hitler; altri sembra che venissero ammazzati perché sapevano troppe cose e, almeno uno, perché scambiato per un altro. Il cadavere di Gustav von Kahr, che, come abbiamo riferito, ebbe parte nella repressione del putsch della birreria del 1923, e che da tempo si era ritirato dalla politica, fu trovato in una palude nelle vicinanze di Dachau; sembra che fosse stato ucciso a colpi di piccone. Hitler non lo aveva né dimenticato né perdonato. Il corpo di padre Bernhard Stempfle, dell'Ordine geronimita, che, come si ricorderà, aveva collaborato all'edizione di Mein Kampf e che in seguito aveva parlato troppo, forse su quel che sapeva intorno alle cause del suicidio di Geli Raubal, l'innamorata di Hitler, fu trovato nella foresta di Harlaching, vicino a Monaco; aveva il collo spezzato e tre pallottole nel cuore. Heiden dice che la banda di assassini che lo uccise era guidata da Emil Maurice, l'ex condannato che aveva anch'egli fatto all'amore con Geli Raubal. Fra coloro che " sapevano troppe cose " vi erano anche tre uomini delle SA, che si pensò fossero stati i compiici di Ernst nell'incendio del Reichstag. Essi furono liquidati assieme allo stesso Ernst. Un altro assassinio merita di essere menzionato. Alle 7,20 della sera del 30 giugno il dottor Willi Schmid, eminente critico musicale della " Mùn-chener Neueste Nachrichten ", uno dei principali quotidiani di Monaco, suonava il violoncello nel suo studio mentre la moglie preparava la cena e i suoi tre bambini, di nove, otto e due anni, giocavano nella stanza di soggiorno del loro appartamento della Schackstrasse, a Monaco. Suonò il campanello, si presentarono quattro uomini delle SS che senza dare spiegazione alcuna portarono via il dottor Schmid. Quattro giorni dopo U suo corpo fu restituito alla famiglia in una bara, con l'ordine della Gestapo di non aprire la bara in nessun caso. Il dottor Willi Schmid, che mai aveva preso parte alla vita politica, era stato scambiato dagli sgherri delle SS per 246 Trionfo e consolidamento Willi Schmidt, un capo locale delle SA, che nel frattempo era stato arrestato e ucciso da un altro reparto delle SS *. Ci fu, davvero, un complotto contro Hitler? A tale riguardo, tutto si riduce alle asserzioni del Fiihrer contenute nei comunicati ufficiali e nel suo discorso al Reichstag del 13 luglio. Ma egli non addusse mai la minima prova. Rohm non faceva nessun mistero delle sue ambizioni, del suo desiderio di trasformare le SA nel nucleo essenziale del nuovo esercito, di cui egli stesso fosse il capo. Era stato certamente in contatto con Schleicher nello studiare il progetto, da entrambi discusso la prima volta quando il generale era cancelliere. Come Hitler affermò, probabilmente Gregor Strasser " ne era al corrente ". Ma queste conversazioni non potevano certo costituire un tradimento. Pagina 169
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Lo stesso Hitler era in contatto con Strasser, e, secondo Otto Strasser, ai primi di giugno gli aveva offerto la carica di ministro dell'Economia. Anzitutto Hitler accusò Rohm e Schleicher di aver cercato l'appoggio di una " potenza straniera " - ovviamente, della Francia - accampando che il generale von Bredow fungeva da loro intermediario " in politica estera ". Questo era un aspetto dell'accusa, ad essi rivolta, di " tradimento ". Benché Hitler ripetesse l'accusa nel suo discorso al Reichstag e parlasse sarcasticamente di " un diplomatico straniero [non poteva essere che Frangois-Poncet, l'ambasciatore francese] il quale aveva affermato che il suo incontro con Schleicher e con Rohm era stato del tutto innocuo ", egli non fu in grado di dare una base concreta a tale accusa. Il suo debole argomento fu che, nel Terzo Reich, avere degli incontri con diplomatici stranieri all'insaputa del Fùhrer era un delitto, per ogni tedesco che fosse in una posizione di responsabilità. Se in Germania tre traditori combinano... un incontro con uno statista straniero... e danno l'ordine che a me non se ne faccia parola, io faccio fucilare tali uomini perfino se risultasse vero che in tale conversazione, che per me doveva rimanere segreta, si parlò soltanto del tempo, di monete antiche e di simili argomenti. Franc.ois-Poncet protestò energicamente contro l'insinuazione di una sua partecipazione al " complotto " di Rohm, il Ministero tedesco degli Esteri informò allora ufficialmente il governo francese che l'accusa era priva di ogni fondamento e che il governo del Reich sperava che l'ambasciatore restasse al suo posto. L'autore del presente libro può attestare che, a dir vero, Francois-Poncet continuò ad avere, con Hitler, relazioni personali migliori di qualsiasi altro inviato di uno Stato democratico. * La vedova di Willi Schmid, Kate Èva Horlin, narrò la storia dell'assassinio di suo marito in una testimonianza giurata del 7 luglio 1945 a Binghamton, negli Stati Uniti. Aveva acquistato la cittadinanza americana nel 1944. Per mettere a tacere l'atrocità commessa, lo stesso Rudolf Hess fece visita alla vedova, scusandosi per lo " sbaglio " e assegnandole una pensione, pagata dal governo tedesco. Il testo della testimonianza si trova nel Nuremberg Document L-I35, NCA, VII, pp. 883-90. La nazificazione della Germania (1933-1934) 247 Nei primi comunicati, specie nella raccapricciante versione data al pubblico, in base a testimonianze oculari, da Otto Dietrich, capo dell'ufficio stampa del Fùhrer, e nello stesso discorso di Hitler al Reichstag, fu dato grande rilievo ai costumi depravati di Rohm e degli altri capi uccisi delle SA. Dietrich affermò che la scena dell'arresto di Heines, colto in letto a Wiessee con un giovane, era " indescrivibile ", e Hitler, parlando a Monaco ai capi sopravvissuti dei reparti d'assalto, a mezzogiorno del 30 giugno, subito dopo le prime esecuzioni, dichiarò che già solo per la loro moralità corrotta quegli uomini avevano meritato la morte. Eppure Hitler aveva sempre saputo, fin dai primissimi giorni del partito, che un gran numero dei seguaci a lui più vicini e più importanti, erano dei pervertiti sessuali e degli assassini. Ad esempio, era noto che Heines usava mandare uomini delle SA in tutta la Germania per trovargli amanti di sesso maschile. Tutte queste cose Hitler non solo le aveva tollerate, ma anche difese: più di una volta aveva ammonito i suoi camerati del partito, dicendo loro di non essere troppo schizzinosi per quel che riguardava la moralità personale, sempreché si trattasse di uomini che combattevano fanaticamente per il movimento. Il 30 giugno 1934, egli espresse invece la sua indignazione per la degenerazione morale di alcuni dei suoi più antichi luogotenenti. Nel pomeriggio del i° luglio, che era una domenica, la strage era quasi terminata, e Hitler, tornato in volo a Berlino da Monaco la notte precedente, fece da anfitrione a un té offerto nei giardini della Cancelleria. Il lunedì il presidente Hindenburg ringraziò Hitler per la sua " azione decisa e per il suo ardito intervento personale che aveva soffocato in germe il tradimento e salvato il popolo tedesco da un grande pericolo ". Si congratulò anche con Goring per la sua " azione energica e ben riuscita " contro un " alto tradimento ". Il martedì il generale von Blomberg espresse al cancelliere le congratulazioni del gabinetto, che " legalizzò " il massacro come una misura necessaria " per la difesa dello Stato ". Anche Blomberg emanò un ordine del giorno per l'esercito, in cui esprimeva il compiacimento del comando supremo per il corso che avevano preso gli avvenimenti e prometteva di stabilire " relazioni cordiali con le nuove SA ". Era naturale che l'esercito fosse lieto dell'eliminazione del suo rivale, il corpo delle SA; ma che pensare del sentimento di onore, per non dire di decoro, Pagina 170
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt di una casta di ufficiali che non solo assolveva ma lodava apertamente un governo per aver effettuato un massacro senza precedenti nella storia tedesca, massacro nel quale due dei suoi principali ufficiali, il generale von Schleicher e il generale von Bredow, erano stati marcati a fuoco come traditori e assassinati a sangue freddo? Solo le voci dell'ottantacinquenne feldmaresciallo von Mackensen e del generale von Hammerstein, già comandante in capo dell'esercito, si alzarono a protestare contro l'assassinio dei due ufficiali loro colleghi e contro le accuse di tradimento avanzate per giustificare 248 Trionfo e consolidamento tale assassinio *. Un simile comportamento del corpo degli ufficiali ha costituito una macchia per l'onore dell'esercito tedesco, oltre a dimostrare la sua incredibile miopia. Nel fare causa comune con l'illegalità, anzi col banditismo di Hitler e della sua azione del 30 giugno 1934, i generali si misero in una posizione che impedì loro di opporsi ai successivi atti del terrorismo nazista, non solo in patria ma anche di là dalle frontiere, perfino quando ne furono vittime gli appartenenti al loro gruppo. Infatti l'esercito aveva appoggiato la pretesa di Hitler, di esser lui la legge, come sostenne ad esempio nel suo discorso al Reichstag del 13 luglio: " Se qualcuno mi rimprovera e mi domanda perché non sono ricorso ai tribunali regolari, posso dire solo questo: in quell'ora ero responsabile del destino del popolo tedesco, ed ero quindi il suo giudice supremo (oberster Gerichtsherr) ". E, ad ogni buon conto, Hitler aggiunse: " Ognuno deve sapere una volta per tutte che se alzerà la mano contro lo Stato, la morte certa sarà il suo destino ". Era, questo, un avvertimento che doveva valere anche per i generali, fino al giorno in cui, dieci anni dopo, i più disperati di essi osarono alzare la mano per abbattere il loro " giudice supremo ". Inoltre il corpo degli ufficiali si illudeva se pensava che il 30 giugno li avesse liberati per sempre dal pericolo che il movimento nazista rappresentava per le sue prerogative e i suoi poteri. Alle SA subentrarono infatti le SS. Il 26 luglio, come ricompensa per aver effettuato le esecuzioni, le SS furono rese indipendenti dalle SA e il loro Reichsfuhrer, Himmler, fu responsabile solo di fronte a Hitler. Ben presto questo corpo assai più disciplinato e fidato oveva divenire più potente di quanto le SA fossero mai state, e quale antagonista dell'esercito doveva riuscire nel conseguimento di quei fini, che le rozze Camicie Brune di Rohm non avevano saputo raggiungere. Ma per il momento i generali erano trionfanti e fiduciosi. Come Hitler ripetè nel suo discorso al Reichstag del 13 luglio, l'esercito doveva rimanere " la sola organizzazione armata ". Per ingiunzione del comando supremo, il cancelliere si era sbarazzato delle SA che avevano osato discutere questa decisione. Era ora l'esercito che doveva mantenere gli impegni del " patto del Deutschland ". , La morte di Hindenburg. Durante tutta l'estate lo stato di salute di Hindenburg, di quest'uomo che sembrava indistruttibile, peggiorò sempre più e il 2 agosto, alle nove del mattino, il feldmaresciallo morì, all'età di ottantasette anni. A mezzo* I due ufficiali di grado superiore continuarono ad adoperarsi per riabilitare i nomi di Schleicher e di Bredow, e in un incontro segreto dei capi del partito e dell'esercito tenutosi a Berlino il 3 gennaio 1935 fecero si che Hitler ammettesse che l'uccisione dei due generali era stato un " errore ", e annunciasse che i loro nomi sarebbero stati rimessi nell'albo d'onore dei loro reggimenti. Questa " riabilitazione " non fu mai resa pubblica in Germania, ma il corpo degli ufficiali l'accettò in quella forma (cfr. WHEELER-BENNETT, The Nemesis of Power, p. 337). La nazificazione della Germania (1933-1934) 249 giorno, cioè tre ore dopo, fu annunciato che in base a una legge approvata dal gabinetto il giorno prima, le cariche di cancelliere e di presidente erano state unificate e che Adolf Hitler aveva assunto i poteri di capo dello Stato e di comandante supremo delle forze armate. Il titolo di presidente fu abolito; da allora in poi Hitler fu chiamato Fùhrer e Cancelliere del Reich. La sua dittatura cosi era divenuta completa. Per ogni evenienza, Hitler richiese da tutti gli ufficiali e da tutti gli uomini delle forze armate un giuramento di fedeltà non alla Germania, non alla costituzione che egli aveva violato non indicendo le elezioni per la successione di Hindenburg, ma alla sua persona. La formula era: Con questo sacro giuramento giuro dinanzi a Dio di obbedire incondizionatamente a Adolf Hitler, Fiihrer del Reich e del popolo tedesco, Pagina 171
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt comandante supremo delle forze armate, e di essere pronto ad offrire in ogni momento, da bravo soldato, la mia vita per tener fede a tale giuramento. A partire dall'agosto 1934 i generali, che fino a questo momento, se avessero voluto, avrebbero potuto rovesciare facilmente il regime nazista, si legarono dunque alla persona di Adolf Hitler, riconoscendolo come la suprema autorità legittima del paese e vincolandosi a lui con un giuramento di fedeltà che essi ritennero di dover rispettare, in nome del loro onore, in qualsiasi circostanza, anche quando si trattò di cose degradanti per loro e per la patria. Fu un giuramento che doveva turbare la coscienza di ben pochi alti ufficiali, quando il loro capo riconosciuto si mise a percorrere una via che, secondo il loro modo di sentire, poteva solo condurre alla distruzione della nazione e che quindi incontrava la loro opposizione. Fu anche un impegno che permise a un assai maggior numero di ufficiali di scaricarsi di ogni responsabilità personale per i delitti senza nome da loro commessi per ordine del comandante supremo, la vera natura del quale avevano avuto modo di conoscere nel massacro del 30 giugno. Una delle peggiori aberrazioni del corpo tedesco degli ufficiali derivò, a partire da quel momento, da cotesto senso dell'" onore ": parola che, come l'autore del presente libro può attestare per esperienza personale, spesso era sulle labbra degli ufficiali e di cui essi avevano un curioso concetto. Spesso in seguito col mantenere per onore il loro giuramento essi si disonorarono in quanto esseri umani e gettarono nel fango il codice morale del loro corpo. Alla morte di Hindenburg il dottor Goebbels, ministro della Propaganda, annunciò ufficialmente che non era stato trovato il testamento del feldmaresciallo o qualche documento indicante le sue ultime volontà, e che si doveva supporre che non ve ne fossero. Invece il 15 agosto, quattro giorni prima del plebiscito con cui al popolo tedesco si chiedeva di approvare l'assunzione della carica di presidente da parte di Hitler, il testamento politico di Hindenburg venne fuori, e fu consegnato a Hitler proprio da Papen. Le sue parole di lode per Hitler dettero a Goebbels armi preziose negli ultimi giorni della campagna per il plebiscito, e a ciò si aggiunse, alla vigilia delle votazioni, una radiotrasmissione del colonnello Oskar von Hindenburg, che fra l'altro disse: 250
Trionfo e consolidamento Anche mio padre aveva visto in Adolf Hitler il suo diretto successore quale capo dello Stato tedesco, e io agisco secondo le intenzioni di mio padre se ora chiamo tutti gli uomini e le donne tedesche a votare per la trasmissione della carica di mio padre al Fiihrer e cancelliere del Reich *. Quasi certamente ciò non era vero, perché, secondo le testimonianze più attendibili, Hindenburg aveva raccomandato, come sua ultima volontà, la restaurazione della monarchia dopo la sua morte. Questa parte del testamento, Hitler la soppresse. Almeno in parte, il mistero che copriva la verità circa il testamento del vecchio presidente venne chiarito dopo la guerra grazie all'interrogatorio subito da Papen a Norimberga e, più tardi, grazie alle memorie dello stesso Papen. Anche se Papen non è un testimonio ineccepibile, anche se egli può non aver detto tutto ciò che sapeva, pure le sue dichiarazioni non possono essere ignorate. Fu lui a scrivere il primo abbozzo delle ultime volontà di Hindenburg, secondo lui, dietro richiesta del feldmaresciallo. Nelle memorie di Papen si legge: Nel mio abbozzo veniva raccomandata l'istituzione, dopo la sua morte, di una monarchia costituzionale, e a me importò sottolineare l'inopportunità di riunire in un'unica carica quelle di presidente e di cancelliere. Per evitare di offendere in qualche modo Hitler, vi erano anche certi riferimenti laudativi ad alcune realizzazioni positive del regime nazista. Papen dice di aver consegnato la minuta dell'abbozzo a Hindenburg nell'aprile del 1934. Qualche giorno dopo mi disse di tornare da lui, e mi comunicò di aver deciso di non approvare il documento nella forma da me suggerita. Egli riteneva... che la nazione nel suo insieme doveva decidere circa la forma di Stato da essa desiderata. Perciò egli desiderò che come testamento valesse un rendiconto dei servizi da lui resi allo Stato; le raccomandazioni circa il ritorno della monarchia avrebbero dovute essere espresse, come sue ultime volontà, in una lettera privata a Hitler. Naturalmente, con ciò veniva meno il punto essenziale di quanto io avevo suggerito, la raccomandazione circa la monarchia non essendo più rivolta alla nazione. Da ciò, Hitler, in seguito, seppe trarre il massimo vantaggio. Nessun tedesco era in condizione migliore di Papen per rilevare in che modo Pagina 172
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Hitler ne trasse profitto. Ero tornato a Berlino dopo i funerali di Hindenburg a Tannenberg, e Hitler mi telefonò. Mi chiese se esisteva un testamento politico di Hindenburg e se sapevo dove fosse. Gli risposi che avrei interrogato in proposito Oskar von Hindenburg. " Vi sarei obbligato, - disse Hitler, - se mi assicuraste al più presto il possesso di questo documento ". Allora incaricai il mio segretario privato, Kageneck, di recarsi a Neudeck per chiedere al figlio di Hindenburg se il testamento esisteva ancora e se io potevo averlo per passarlo a Hitler. Non avendo più visto Hindenburg da quando egli aveva lasciato Berlino alla fine di maggio, non avevo nessuna idea se egli avesse distrutto il testamento o se l'avesse conservato. Oskar, che non era riuscito a trovare l'importante documento dopo la morte del padre, d'un tratto lo rinvenne. Come risulta dalla testimonianza * È interessante, e forse anche indicativo, il fatto che Oskar ottenne ora da Hitler la promozione dal grado di colonnello a quello di maggiore generale. Cfr. sopra, p. 199. La nazificazione della Germania (1933-1934) 251 resa dal conte von der Schulenburg, aiutante di Hindenburg, al processo a Papen per i suoi crimini nazisti, ciò non deve essere stata un'impresa troppo difficile. Von der Schulenburg ha rivelato che il presidente l'i i maggio firmò due documenti, il suo testamento e le sue ultime volontà. Il primo era indirizzato " al popolo tedesco ", il secondo al " cancelliere del Reich ". Quando Hindenburg lasciò Berlino e si recò per l'ultima volta a Neudeck, Schulenburg prese con sé i documenti. Papen dice che a quel tempo egli nulla sapeva di essi. Ma a tempo debito il suo segretario ritornò da Neudeck e, da parte di Oskar von Hindenburg, gli rimise due plichi suggellati. Il 15 agosto Papen li trasmise a Hitler, a Berchtesgaden. Hitler lesse entrambi i documenti con grande attenzione, poi ne discusse con noi il contenuto. Era ovvio che le raccomandazioni di Hindenburg nel documento con le sue ultime volontà andavano contro le intenzioni di Hitler. Così egli approfittò della circostanza che la busta recava l'intestazione: " Al cancelliere del Reich, Adolf Hitler ", e disse: " Queste raccomandazioni del defunto presidente sono rivolte a me personalmente. Deciderò in seguito il tempo e il modo della loro eventuale pubblicazione ". Invano io 10 pregai di pubblicare entrambi i documenti. Il solo da lui trasmesso al capo del suo ufficio stampa perché fosse pubblicato, fu il rendiconto di Hindenburg sui servizi da lui resi, dove figuravano le lodi di Hitler31. Che cosa ne fu del secondo documento in cui si raccomandava che non Hitler ma un Hohenzollern divenisse il capo dello Stato, ciò Papen non lo dice e forse lo ignora. Dato che esso non è mai venuto fuori fra le centinaia di tonnellate di documenti segreti nazisti sequestrati, è probabile che Hitler, senza perdere tempo, l'abbia distrutto. Del resto, le cose forse non sarebbero andate molto diversamente anche se Hitler fosse stato tanto coraggioso e onesto da pubblicarlo. Perfino prima della morte di Hindenburg egli aveva fatto approvare dal gabinetto una legge che gli conferiva i poteri del presidente. Ciò era avvenuto il i° agosto, 11 giorno prima che il feldmaresciallo morisse. Che tale " legge " fosse ille gale, anche questo poco importava in una Germania in cui l'ex caporale austriaco era divenuto lui stesso la legge. Che fosse illegale, era ovvio. Il 17 dicembre 1932, durante il governo Schleicher, il Reichstag aveva appro vato, con la necessaria maggioranza dei due terzi, un emendamento alla co stituzione, in base al quale il presidente dell'alta corte di giustizia, e non il cancelliere, avrebbe dovuto fare da presidente fino alle nuove elezioni presidenziali. E la legge di conferimento dei pieni poteri, costituente la base " legale " della dittatura di Hitler, se riconosceva al cancelliere il diritto di fare leggi non conformi alla costituzione, gli proibiva formalmente di mano mettere l'istituto della presidenza. Ma ormai che cosa importava la legge? Non importava a Papen, che passò allegramente a servire Hitler come ministro a Vienna, appianando le difficoltà provocate dall'assassinio del cancelliere Dollfuss a opera dei nazisti. Non importava ai generali, che si dettero alacremente alla creazione dell'esercito di Hitler. Non importava agli industriali, entusiasti degli affari redditizi offerti loro dal riarmo. Conservatori della scuola antica, tedeschi " onesti " Pagina 173
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt come il barone von Neurath, ministro degli Esteri, e il dottor Schacht, 252 Trionfo e consolidamento della Reicbsbank, non si dimisero. Nessuno si dimise. Anzi il dottor Schacht il 2 agosto, giorno in cui Hitler assunse i poteri del presidente morente, accettò, in più, la carica di ministro dell'Economia. E il popolo tedesco? Il 19 agosto circa il 95 per cento degli iscritti alle liste elettorali, si recò alle urne, e il 90 per cento, più di trentotto milioni, votò approvando l'usurpazione del completo potere politico da parte di Hitler. Solo quattro milioni e un quarto di tedeschi ebbe il coraggio - o l'intenzione - di votare con un " no ". Non stupisce che, quando il 4 settembre il congresso del Partito nazionalsocialista si riunì a Norimberga, Hitler avesse l'animo pieno di fiducia. Lo vidi la mattina del giorno dopo percorrere a gran passi come un vittorioso imperatore la navata centrale della grande Luitpold Halle imbandierata, mentre la musica intonava la Marcia di Badenweil e trentamila mani si alzavano facendo il saluto nazista. Pochi minuti dopo egli siedeva fieramente al centro dell'ampio palcoscenico, con braccia incrociate e occhi sfavillanti, mentre il Gauleiter della Baviera, Adolf Wagner, leggeva il proclama del Fuhrer: Per i prossimi mille anni, la forma della vita tedesca è ormai definitivamente fissata. Con noi, si è chiusa quell'era nevrastenica, che è stato il xix secolo. Nei prossimi mille anni non vi sarà nessun'altra rivoluzione, in Germania! Essendo un mortale, Hitler non sarebbe vissuto mille anni, ma finché era vivo avrebbe dominato quel grande popolo come il più potente e spieiato autocrate che esso abbia mai avuto. Non c'era più il venerando Hindenburg per contrapporsi alla sua autorità, l'esercito era nelle sue mani, tenuto ad obbedirgli in forza di un giuramento che nessun soldato tedesco avrebbe spezzato alla leggera. In realtà, tutta la Germania e tutti i tedeschi erano nelle sue mani macchiate di sangue, ora che gli ultimi recalcitranti erano stati eliminati o erano scomparsi per sempre. " È meraviglioso! ", disse Hitler a Norimberga, esultante, ai corrispondenti dei giornali stranieri, alla fine di una spossante settimana di parate, di discorsi, di cortei idolatranti e di una adulazione frenetica, quale l'autore del presente libro mai aveva visto. Prodigiosa era la strada che Adolf Hitler aveva percorso, da quando viveva nei bassifondi di Vienna. Aveva soltanto quarantacinque anni, e questo non era che il principio. Chi fosse tornato in Germania per la prima volta dopo la fine della Repubblica avrebbe potuto constatare come, quali che fossero stati i suoi delitti contro l'umanità, Hitler avesse liberato una forza dinamica di incalcolabili proporzioni che era andata accumulandosi da tempo nel popolo tedesco. A qual fine, egli lo aveva già chiarito nelle pagine del Mein Kampf e in centinaia di discorsi che erano passati inosservati, o erano stati sottovalutati e ridicolizzati da tanta gente - quasi da tutti - all'interno del Terzo Reich, e soprattutto fuori di esso. 1 2
NCA, III, pp. 272-75 (ND, 35I-PS). GOEBBELS, Kaiserhof, p. 256. 3 Cfr. la dichiarazione giurata di Georg von Schnitzler, NCA, VII, p. 501 (ND, £€-439); per i discorsi di Goring e Hitler, NCA, VI, p. 1080 (ND, D-2O3J; per l'interrogatorio di Schacht, NCA, VI, p. 46) (ND, 3725-PS); per l'interrogatorio di Punk, NCA, V, p. 495 (ND, 2828-PS). 4 GOEBBELS, Kaiserhof, pp. 269-70. s PAPEN, Op. dt., p. 268. ' RUDOLF DIELS, Lucifer ante porta!, p. 194. 7 Per le fonti circa le responsabilità dell'incendio del Reichstag, vedi la deposizione giurata di Halder, NCA, VI, p. 635 (ND, 374O-PS); la trascrizione del controintcrrogatorio di Gisevius del 2; aprile 1946, Trial nf thè Major War Criminals (che d'ora in poi indicherò con TMWC), XII, pp. 252-53; la deposizione giurata di Diels e la contestazione del fatto da parte di Goring, TMWC, IX, pp. 432-36 e NCA, VI, pp. 298-99 (ND, 3593-PS); WILLY FRISCHAUER, The Rise and fall of Hermann Goring, pp. 88-95; DOUGLAS REED, The Burning of thè Reichstag; JOHN GUNTHER, Pagina 174
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Inside Europe (Gunther assistette al processo di Lipsia). Esistono molti presunti testamenti e con fessioni di persone che pretendono di aver preso parte all'incendio appiccato dai nazisti al Reich stag, o di sapere qualcosa di certo a tale riguardo, ma, per quanto io sappia, nessuno di essi ha avuto una conferma. Fra tali memorandum, è stato dato un certo credito a quelli compilati da Ernst Oberfohren, deputato nazionalista, e da Karl Ernst, capo delle SA di Berlino, entrambi sop pressi dai nazisti pochi mesi dopo l'incendio. 8 NCA, III, pp. 968-70 (ND, I390-PS). ' NCA, IV, p. 496 (ND, I856-PS). 10 NCA, V, p. 669 (ND, 2962-PS). 11 Dokumente der deutschen Politik, I, 1935, pp. 20-24. 12 FRANgOIS-PONCET, Op. C!t., p. 6l. 11 Pel testo della legge: NCA, IV, pp. 638-39 (ND, 2ooi-PS). 14 Leggi del 31 marzo e del 7 aprile 1933 e del 30 gennaio 1934, tutte in NCA, pp. 640-43. 15 NCA, III, p. 962 (ND, I388-PS). 16 GOEBBELS, Kaiserhof, p. 307. 17 NCA, III, pp. 380-85 (ND, 392-PS). 18 Legge del 19 maggio 1933: NCA, III, p. 387 (ND, 4O5-PS). 19 GOEBBELS, Op, dt., p. 3OO. 20 " N. S. Monatshefte ", n. 39 (giugno 1933). 21 Per le citazioni del i° e del 6 luglio, cfr. BAYNES, I, pp. 287, 865-66. 22 Da uno studio intitolato My Relations with Adolf Hitler and thè Party, scritto dall'am miraglio Raeder a Mosca dopo che fu fatto prigioniero dai russi. Esso fu prodotto a Norimberga, NCA, Vili, p. 707. 23 BAYNES, I, p. 289. 24 SPENGLER, Jahre der Entscheidung, p. vili. 25 Per le direttive di Blomberg; TMWC, XXXIV, pp. 487-91 (ND, C-i4p). 26 Citato da TELFORD TAYLOR, Sword and Swastika, p. 41. I documenti di Seeckt si trovano ora negli Archivi Nazionali di Washington. 27 La fonte per il " Patto della Deutschland " è il Weissbuch iiber die Erschiessung des 30. Juni 1934 (Paris 1935), pp. 52-53. Nel suo libro The German Army, pp. 222-23, Herbert Rosinski conferma i termini del patto. Bullock e Wheeler-Bennett li riproducono nei loro libri su quel periodo. La fonte sull'incontro dei generali che ebbe luogo il 16 maggio è JACQUES BÉNOIST-MÉCHIN, Histoire de l'armée allemande depuis l'armistice, II, pp. 553-54. 28 Rede des Vizekanzlers von Paperi vor dem Universitàtsbund, Marburg, am 17. Juni 1934 (Germania-Verlag, Berlin). 29 PAPEN, op. cit., p. 310. 30 NCA, V, pp. 654-55 (ND, 2950-PS). 31 PAPEN, Op. dt., pp. 330-33. Vili. LA VITA NEL TERZO REICH (1934-1937) Fu in questo periodo, verso la fine dell'estate 1934, che venni a vivere e a lavorare nel Terzo Reich. Molti erano gli aspetti della nuova Germania che impressionavano, sconcertavano e turbavano l'osservatore straniero. I tedeschi, nella stragrande maggioranza, non sembravano dispiacersi che la loro libertà personale fosse stata soppressa, che tanta parte della loro cultura fosse stata distrutta e sostituita da una ottusa barbarie, o che la loro vita e il loro lavoro fossero stati irreggimentati a un grado mai prima raggiunto neppure da un popolo, come quello tedesco, abituato da generazioni a un avvilente servilismo. Dietro tutto ciò si nascondeva, di certo, il terrore della Gestapo e dei campi di concentramento per coloro che non rigavano diritto o che erano stati Pagina 175
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt comunisti, socialisti, troppo liberali o troppo pacifisti, o per gli ebrei. La purga di sangue del 30 giugno 1934 fu un avvertimento di quanto i nuovi capi potessero essere spietati. Pure furono relativamente pochi, nei primi anni, i tedeschi la cui vita risenti del terrore nazista, e l'osservatore appena arrivato nel loro paese restava alquanto sorpreso nel constatare come i suoi abitanti non sembrassero sentire l'avvilimento e l'oppressione derivanti da una dittatura brutale e senza scrupoli. Al contrario: questa dittatura essi la sostenevano con un vero entusiasmo. In un certo senso, essa infondeva loro una nuova speranza, una nuova fiducia, una sorprendente fede nell'avvenire del loro paese. Hitler stava liquidando il passato, con tutte le sue umiliazioni e delusioni. Un passo dopo l'altro e rapidamente (come vedremo più oltre particola-reggiatamente) egli liberava la Germania dalle catene di Versailles, sconcertava gli Alleati vittoriosi, e ridonava alla Germania la forza militare. Questo era quanto desiderava la maggior parte dei tedeschi, e, pur di ottenerlo, essa era disposta a sopportare i sacrifici richiesti dal capo: la perdita della libertà personale, una alimentazione spartana (" prima i cannoni, poi il burro ") e un duro lavoro. Nell'autunno del 1936 il problema della disoccupazione era già stato in larga misura risolto. Quasi tutti avevano di nuovo un lavoro * e si udivano gli operai, che erano stati privati dei diritti * Dal febbraio 1933 alla primavera del 1937, il numero dei disoccupati registrati scese da sei milioni a meno di un milione. La vita nel Terzo Ketch 255 sindacali, dire scherzando, davanti alle loro gavette piene, che almeno sotto Hitler non c'era più la " libertà di morire di fame ". Gemeinnutz vor Eigen-nutz (l'interesse collettivo al di sopra di quello personale) - era, in quei giorni, un popolare slogan nazista e, sebbene molti capi del partito, Goring soprattutto, stessero segretamente arricchendosi e i profitti delle imprese salissero, non c'era dubbio che le masse fossero conquistate dal nuovo " socialismo nazionale " che pretendeva di anteporre il benessere della comunità al profitto personale. Le leggi razziali che escludevano gli ebrei dalla comunità tedesca apparivano all'osservatore straniero un pauroso salto indietro nei secoli. Siccome, però, le teorie razziali naziste proclamavano che il popolo tedesco è il " sale della terra " e la razza dominatrice, esse erano tutt'altro che impopolari. Si potevano trovare ben pochi tedeschi, già socialisti, liberali 0 devoti cristiani delle antiche classi conservatrici, che fossero disgustati o inorriditi dalla persecuzione degli ebrei; e, sebbene in alcuni singoli casi si prodigassero per alleviare le sofferenze dei perseguitati, essi non facevano però nulla per contribuire ad arrestare la marea. Del resto, che potevano mai fare? Spesso ponevano a noi tale domanda, a cui non era certo facile rispondere. Attraverso la stampa e la radio, per quanto censurate, i tedeschi avevano un qualche sentore dello sdegno suscitato all'estero dal regime nazista, ma si osservava che esso non impediva agli stranieri di affluire in massa nel Terzo Reich e di godersi, a quanto sembrava, la sua ospitalità. La Germania nazista, infatti, molto pili della Russia sovietica, era aperta a tutti gli osservatori stranieri *. L'industria del turismo prosperava e faceva entrare ingenti quantitativi di valuta straniera, di cui la Germania aveva tanto bisogno. In apparenza i dirigenti nazisti non avevano niente da nascondere. Uno straniero, per quanto antinazista, poteva venire in Germania e vedere e studiare ciò che voleva, ad eccezione dei campi di concentramento e, come in tutti i paesi, delle zone militari. E molti vi entravano e molti ne ripartivano se non proprio convcrtiti, almeno più tolleranti verso la nuova Germania e convinti di aver visto, come dicevano, " risultati concreti ". Perfino un uomo perspicace come Lloyd George, che aveva condotto l'Inghilterra alla vittoria sulla Germania nel 1918 e che in quell'anno aveva lanciato la parola d'ordine: " morte al Kaiser ", potè far visita a Hitler ad Obersalzberg nel 1936 e ripartire affascinato dal Fùhrer al punto da elogiarlo pubblicamente come " un grande uomo " che aveva le vedute e la volontà necessarie per risolvere 1 problemi sociali di una nazione moderna: soprattutto quello della disoc cupazione; tale piaga allignava ancora in Inghilterra e il grande leader libe* Inoltre, a differenza della Russia sovietica, la Germania nazista permise a tutti i suoi cittadini, meno poche migliaia i cui nomi si trovavano sul libro nero della polizia segreta, di viaggiare all'estero; questa libertà era d'altronde ridotta notevolmente dalle restrizioni valutarie, causate dalla Pagina 176
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt scarsità di valuta estera nel paese. Queste restrizioni non furono più rigorose di quelle per i cittadini britannici dopo il 1945. Il fatto è che i governanti nazisti non sembravano preoccuparsi che il tedesco medio potesse essere contaminato dall'antinazismo visitando i paesi democratici. 256 Trionfo e consolidamento rale del tempo di guerra, con il suo programma " Possiamo vincere la disoccupazione " aveva suscitato in patria ben poco entusiasmo. I giochi olimpici svoltisi a Berlino nell'agosto del 1936 offrirono ai nazisti un'occasione d'oro per impressionare il mondo con i successi del Terzo Reich, ed essi la sfruttarono nel migliore dei modi. Le insegne ]uden uner-wunscht (gli ebrei non sono graditi) scomparirono silenziosamente dai negozi, dagli alberghi, dalle birrerie e dai luoghi di divertimento. La persecuzione degli ebrei e delle due Chiese cristiane venne temporaneamente sospesa e il paese si adeguò disciplinatamente alle esigenze del momento. Mai in precedenza i giochi avevano visto una organizzazione così spettacolare, né un tale sfoggio di grandiosi festeggiamenti. Gbring, Ribbentrop e Goebbels dettero sontuosi ricevimenti ai visitatori stranieri. La " Notte italiana " del ministro della Propaganda, sulla Pfaueninsel presso il Wannsee, raccolse a pranzo più di mille ospiti in uno scenario da Mille e una notte. I turisti, specialmente inglesi e americani, furono fortemente impressionati da ciò che videro: a quanto pareva, un popolo felice, sano, cordiale, unito sotto Hitler; un quadro ben diverso, dissero, da quello che si erano fatti leggendo le corrispondenze da Berlino. Eppure sotto le apparenze, nascosta ai turisti durante quegli splendidi giorni di fine autunno delle Olimpiadi di Berlino, e in verità non considerata dai tedeschi nella sua giusta importanza o accettata con una sorprendente passività, era in atto, almeno agli occhi degli stranieri, una degradante trasformazione della vita tedesca. Non c'era niente di segreto, naturalmente, riguardo alle leggi che Hitler decretava contro gli ebrei o alla persecuzione attuata dal governo contro quel popolo infelice. Le cosiddette leggi di Norimberga del 15 settembre 1935 privarono gli ebrei della cittadinanza tedesca, riducendoli alla condizione di " soggetti ". Proibirono anche il matrimonio tra ebrei e " ariani ", come pure le relazioni extramatrimoniali, e vietarono agli ebrei di assumere in servizio donne " ariane " al di sotto dei trentacinque anni di età. Negli anni seguenti altri tredici decreti a complemento delle leggi di Norimberga mettevano gli ebrei del tutto fuori legge. Già nell'estate del 1936, quando la Germania ospitò i giochi olimpici, affascinando i turisti occidentali, gli ebrei erano stati esclusi, dalla legge o dal terrore nazista (di solito questo precedeva la prima), dagli impieghi pubblici e privati, al punto che almeno la metà di loro non aveva più i mezzi di sussistenza. Nel primo anno del Terzo Reich, il 1933, essi erano stati scacciati dai pubblici uffici, dalla pubblica amministrazione, dal giornalismo, dalla radio, dall'agricoltura, dall'insegnamento, dal teatro, dal cinema. Nel 1934 furono esclusi dalla borsa e, sebbene la proibizione di esercitare la professione in campo giuridico e medico o di dedicarsi agli affari non venisse legalmente sancita fino al 1938, essi praticamente erano già stati estromessi da questi campi, prima che si concludesse il primo quadriennio del potere di Hitler. Furono inoltre loro negati, non solo la maggior parte del superfluo, ma spesso persine lo stretto necessario. In molte città gli ebrei trovavano diffiLa vita nel Terzo Ketch 257 cile, se non addirittura impossibile, acquistare il cibo. Sulle porte delle drogherie, delle macellerie, delle panetterie e delle latterie, vi erano insegne: " Gli ebrei non sono ammessi ". In molte località gli ebrei non potevano procurarsi il latte nemmeno per i bambini. Le farmacie non vendevano loro medicamenti o rimedi. Gli alberghi non davano loro ospitalità. E sempre, dovunque andassero, vi erano le iscrizioni ingiuriose " Severamente proibita la presenza di ebrei in questa città ", oppure " Gli ebrei hanno accesso in questo luogo a loro rischio ". A una curva molto stretta della strada in prossimità di Ludwigshafen c'era un avviso così concepito: " Guidate prudentemente! Curva pericolosa! Gli ebrei a 120 km all'ora! "*. Questa era la situazione degli ebrei al tempo in cui aveva luogo in Germania il festival dei giochi olimpici. Non era che l'inizio di una strada che avrebbe presto condotto alla loro eliminazione fisica. La persecuzione delle Chiese cristiane. La guerra dei nazisti contro le Chiese cristiane cominciò in maniera più Pagina 177
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt moderata. Per quanto Hitler, nominalmente cattolico, avesse inveito contro il cattolicesimo politico nel Mein Kampf e attaccato entrambe le Chiese cristiane per il loro rifiuto di riconoscere il problema razziale, pure, come abbiamo visto, egli aveva ammonito nel suo libro che " un partito politico non deve in nessun modo perdere di vista il fatto che mai, in alcuna precedente esperienza storica, un partito puramente politico era riuscito ad attuare una riforma religiosa ". L'articolo 24 del programma del partito aveva richiesto " la libertà per tutte le confessioni religiose nello Stato, fintantoché non costituiscano un pericolo per... i sentimenti morali della razza tedesca. Il partito si dichiara per un Cristianesimo positivo ". Nel suo discorso del 23 marzo 1933, rivolto al Reichstag, allorché l'istituto legislativo della Germania cedette le sue funzioni al dittatore, Hitler rese onore alle confessioni cristiane come " elementi essenziali per salvaguardare l'anima del popolo tedesco ", promise di rispettare i loro diritti, dichiarò che " l'ambizione del suo governo era di raggiungere un accordo pacifico tra Chiesa e Stato " e aggiunse - mirando ai voti del partito cattolico di Centro, che infatti ottenne - che " noi speriamo di migliorare le nostre relazioni amichevoli con la Santa Sede ". Appena quattro mesi più tardi, il 20 luglio, il governo nazista concluse un concordato con il Vaticano, nel quale si garantiva la libertà della religione cattolica e il diritto della Chiesa a " regolare i propri affari ". L'accordo firmato per la Germania da Papen e per la Santa Sede dal segretario di Stato del Vaticano monsignor Pacelli, il futuro papa Pio XII - era stato appena sottoscritto, che già il governo nazista cominciava a non rispettarlo. Il * L'autore fu violentemente attaccato dalla stampa tedesca e dalla radio, e minacciato di espulsione, per aver scritto in una corrispondenza che alcune di queste insegne antisemitiche si stavano togliendo in vista dei giochi olimpici. 258 Trionfo e consolidamento concordato, però, giungendo proprio in un momento in cui i primi eccessi del nuovo regime della Germania avevano provocato lo sdegno di tutto il mondo, procurò senza dubbio al governo di Hitler molto di quel prestigio * di cui aveva tanto bisogno in quel momento. Il 25 luglio, cinque giorni dopo la ratifica del concordato, il governo tedesco promulgava una legge sulla sterilizzazione che offendeva in particolar modo la Chiesa cattolica. Cinque giorni dopo, si compivano i primi atti per sciogliere la Lega dei giovani cattolici. Negli anni seguenti, migliaia di cattolici, sacerdoti, suore e dirigenti laici furono arrestati, molti sotto false accuse di " immoralità " e di " contrabbando di valuta straniera ". Erich Klausener, capo dell'Azione Cattolica, fu, come abbiamo visto, assassinato nell'epurazione del 30 giugno 1934. Dozzine di pubblicazioni cattoliche vennero soppresse, e perfino la santità del confessionale fu violata dagli agenti della Gestapo. Nella primavera del 1937 la gerarchla cattolica in Germania che, come gran parte del clero protestante, aveva dapprima tentato di col-laborare con il nuovo regime, fu completamente delusa. Il 14 marzo 1937, papa Pio XI promulgava un'enciclica, Con cocente dolore, nella quale il pontefice accusava il governo nazista di " evasione e violazione " del concordato oltre che di seminare " il germe del sospetto, della discordia, dell'odio, della calunnia, e di una fondamentale ostilità, nascosta e palese, verso Cristo e la sua Chiesa ". All'" orizzonte della Germania " il papa vedeva addensarsi " nuvole temporalesche, foriere di funeste guerre religiose... il cui unico scopo è... lo sterminio ". Il reverendo Martin Niembller aveva personalmente ben accolto l'avvento al potere dei nazisti nel 1933. In quell'anno era stata pubblicata la sua autobiografia Dal sommergibile al pulpito. La storia di come questo comandante sommergibilista della prima guerra mondiale fosse divenuto un eminente pastore protestante, aveva ricevuto una lode speciale dalla stampa nazista e il libro era divenuto un best-seller. Per il pastore Niemoller, come per molti altri sacerdoti protestanti, i quattordici anni della Repubblica erano stati, come egli diceva, " anni di oscurità "', e al termine dell'autobiografia egli si mostrava soddisfatto che la rivoluzione nazista avesse finalmente trionfato e che avesse condotto alla " rinascita nazionale ", quella rinascita in vista della quale egli stesso aveva lungamente combattuto, e, per un certo tempo, proprio nei corpi di volontari dai quali provenivano tanti capi nazisti. Ma egli avrebbe provato ben presto una terribile delusione. I protestanti in Germania, come negli Stati Uniti, appartenevano a confessioni diverse. Solo pochissimi - circa 150 ooo su 45 ooo ooo - erano * In una allocuzione al Sacro Collegio, il 2 giugno 1945, papa Pio XII difese il concordato da lui firmato, ma descrisse il nazionalsocialismo, quale Pagina 178
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt egli l'aveva conosciuto in seguito, come " l'arrogante apostasia da Gesù Cristo, la negazione della sua dottrina e della sua opera di redenzione, il culto della violenza, l'idolatria della razza e del sangue, la distruzione della libertà e della dignità1 dell'uomo". La vita nel Terzo Ketch 259 membri delle varie Chiese libere quali la battista e la metodista. Gli altri erano suddivisi fra ventotto chiese luterane e riformate, la più grande delle quali era la chiesa della Vecchia Unione Prussiana con 18 milioni di fedeli. Con il sorgere del nazionalsocialismo ebbe luogo un'ulteriore suddivisione tra i protestanti. I nazisti più fanatici organizzarono, nel 1932, il movimento religioso dei cristiani tedeschi il cui capo più estremista era un certo Ludwig Mùller, cappellano del distretto militare della Prussia orientale: un devoto seguace di Hitler che aveva favorito i primi contatti del Fùhrer col generale Blomberg quando questi comandava il distretto. I " cristiani tedeschi " sostenevano con ardore le dottrine naziste sulla razza e il principio della supremazia del Fiihrer; volevano anzi che diventassero articoli di fede di una Chiesa del Reich destinata a raccogliere in un unico organismo tutti i protestanti. Nel 1933 i " cristiani tedeschi " contavano circa tremila pastori su un totale di diciassettemila, sebbene i loro seguaci laici rappresentassero forse una più alta percentuale di fedeli. In opposizione ai " cristiani tedeschi " vi era un altro gruppo di minoranza che si definiva " la Chiesa confessionale ". Questa aveva circa lo stesso numero di pastori ed era stata retta, a suo tempo, da Niembller. Si opponeva alla nazificazione delle chiese protestanti, respingeva le teorie razziali naziste e denunciava le dottrine anticristiane di Rosenberg e di altri capi nazisti. Tra le due stava la maggior parte dei protestanti, troppo timorosa per unirsi all'una o all'altra delle parti in dissidio e disposta a tenere il piede in due staffe; alla fine tuttavia i più si gettarono nelle braccia di Hitler, accettando il suo intervento negli affari della Chiesa e obbedendo, senza un'aperta protesta, ai suoi voleri. È difficile comprendere la condotta della maggioranza dei protestanti tedeschi nei primi anni del nazismo, se non si tiene conto di due cose: la loro storia e l'influsso di Martin Luterò*. Il grande fondatore del protestantesimo fu tanto un appassionato antisemita quanto un feroce sostenitore del-l'obbedienza assoluta all'autorità politica. Egli voleva che la Germania venisse liberata dagli ebrei e, quando questi furono cacciati, suggerì che fossero privati di " tutto il loro denaro, dei gioielli, dell'argento e dell'oro "; " che le loro sinagoghe e le loro scuole, - disse, - siano bruciate e le loro case demolite e distrutte...; e che essi siano costretti a vivere come zingari sotto un tetto o in una stalla... in miseria e schiavitù, poiché si lamentano e si dolgono continuamente di noi con Dio ": consiglio che fu letteralmente eseguito, quattro secoli più tardi, da Hitler, Goring e Himmler2. In quella che fu forse l'unica rivolta popolare nella storia della Germania, il sollevamento dei contadini del 1525, Luterò consigliò ai principi di adottare le più spieiate misure contro i " cani idrofobi ": cosi egli chiamava i poveri, sfruttati contadini. Qui, come nelle sue espressioni riguardanti gli ebrei, Luterò usava una grossolanità e una brutalità di linguaggio rimaste * Ad evitare ogni malinteso, può essere utile avvertire a questo punto che l'autore è protestante. a6o Trionfo e consolidamento senza riscontro nella storia tedesca sino al tempo del nazismo. La sua possente figura e le sue idee ebbero un influsso determinante su generazioni di tedeschi, specialmente tra i protestanti. Una delle conseguenze fu la facilità con cui il protestantesimo tedesco divenne lo strumento dell'assolutismo di re e di principi, dal xvi secolo fino al momento in cui, nel 1918, re e principi furono spodestati. I monarchi ereditari e i piccoli sovrani divennero vescovi supremi della Chiesa protestante nei loro rispettivi paesi. Così in Prussia il re della casa di Hohenzollern era il capo della Chiesa. In nessun paese, ad eccezione della Russia zarista, il clero fu per tradizione così completamente asservito all'autorità politica dello Stato. I suoi membri, salvo poche eccezioni, si schierarono senza riserve dalla parte del re, degli Junker e dell'esercito, e durante il xix secolo si opposero con zelo ai movimenti liberale e democratico allora nascenti. Perfino la Repubblica di Weimar fu " anatemizzata " dalla maggior parte dei pastori protestanti, non solo perché essa aveva deposto i re e i principi, ma anche perché si appoggiava principalmente ai cattolici e ai socialisti. Durante le elezioni per il Reichstag, non si potè fare a meno di Pagina 179
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt notare che il clero protestante - e Niembller ne era un tipico esempio sosteneva in modo aperto i nemici della Repubblica, i nazionalisti e perfino i nazisti. Come Niembller, la maggior parte dei pastori fu ben lieta che Adolf Hitler pervenisse alla carica di cancelliere nel 1933. Ma essi avrebbero presto sperimentato di persona quella tattica nazista del pugno di ferro che aveva portato Hitler al potere politico. Nel luglio 1933 alcuni rappresentanti delle Chiese protestanti stesero lo statuto di una nuova " Chiesa del Reich " che venne ufficialmente riconosciuto dal Reichstag il 14 luglio. Immediatamente si accese una lotta accanita per l'elezione del primo vescovo del Reich. Hitler insisteva perché questa carica suprema fosse assegnata a un suo amico, il cappellano Miiller, nominato dal Fiihrer in persona suo consigliere personale per le questioni riguardanti le Chiese protestanti. I capi della federazione delle Chiese proponevano invece un eminente teologo, il pastore Friedrich von Bodelschwingh. Ma erano degli ingenui: il governo nazista intervenne, sciolse un certo numero di organizzazioni ecclesiastiche provinciali, sospese dal loro ufficio parecchi autorevoli dignitari delle Chiese protestanti, sguinzagliò le SA e la Gestapo contro i sacerdoti recalcitranti; in breve, terrorizzò tutti coloro che sostenevano Bodelschwingh. Alla vigilia delle elezioni dei delegati al sinodo che avrebbe dovuto eleggere il vescovo del Reich, Hitler parlò personalmente alla radio per " sollecitare " l'elezione dei " cristiani tedeschi ", il cui candidato era Miiller. L'intimidazione ebbe gran successo. Bodelschwingh nel frattempo era stato costretto a ritirare la propria candidatura, e le elezioni dettero la maggioranza ai " cristiani tedeschi " che in settembre, al sinodo di Wittenberg, eleggevano Mùl-ler vescovo del Reich: in quella stessa Wittenberg ove Luterò aveva sfidato Roma per la prima volta. Il nuovo capo della Chiesa, uomo dalla mano pesante, non fu in grado comunque di instaurare una Chiesa unificata, né di nazificare completamente le congregazioni protestanti. Il 13 novembre 1933, il giorno seguente a La vita nel Terzo Reich 261 quello in cui il popolo tedesco aveva dato il suo appoggio incondizionato a Hitler in un plebiscito nazionale, i " cristiani tedeschi " inscenarono una riunione di massa al Palazzo dello Sport di Berlino. Un certo dottor Rein-hardt Krause, capo della setta del distretto di Berlino, propose di abbandonare il Vecchio Testamento, " con le sue storie di mercanti di bestiame e di mezzani ", e di rivedere lo studio del Nuovo Testamento con gli insegnamenti di Gesù, " sì che rispondessero alle esigenze del nazionalsocialismo ". Furono formulate risoluzioni che reclamavano " un Popolo, un Reich, una Fede "; si chiese a tutti i pastori di prestare giuramento di fedeltà a Hitler, mentre si esigeva che tutte le Chiese adottassero il paragrafo sull'arianesimo e respingessero gli ebrei convcrtiti. Questo fu troppo perfino per i timorati protestanti che avevano preferito non prender parte alla lotta religiosa, e il vescovo Miiller fu costretto a sospendere e sconfessare il dottor Krause. In realtà, la lotta tra il governo nazista e le Chiese era quella di sempre, intesa a stabilire che cosa dovesse esser dato a Cesare e che cosa a Dio. Per quanto riguardava i protestanti, Hitler sostenne che, qualora i " cristiani tedeschi " nazisti non fossero riusciti a mettere d'accordo le Chiese evange-liche sotto il vescovo del Reich, Miiller, il governo sarebbe stato costretto ad assumere personalmente la direzione delle Chiese. Egli aveva sempre nutrito un certo disprezzo per i protestanti, piccola minoranza nel suo paese natale, la cattolica Austria, ma essi costituivano in Germania i due terzi della popolazione. " Potete fare di loro tutto ciò che volete, - ebbe a confidare una volta ai suoi aiutanti; - essi cederanno... sono gente di poco conto, arrendevoli come cani, e il loro imbarazzo trapela non appena rivolgete loro la parola "3. Egli sapeva bene che la resistenza alla nazificazione delle Chiese protestanti veniva da una minoranza di pastori e da una ancor più piccola minoranza di fedeli. All'inizio del 1934, il già deluso pastore Niemoller era divenuto la guida spirituale della resistenza delle minoranze, sia della " Chiesa confessionale " che della Lega di emergenza dei pastori. Al sinodo generale di Barmen, nel maggio 1934, e in una riunione speciale tenuta in novembre nella chiesa di Niemoller a Dahlem, sobborgo di Berlino (la chiesa di Gesù Cristo), la " Chiesa confessionale " si dichiarò la legittima Chiesa protestante della Germania e istituì un governo ecclesiastico provvisorio. Si ebbero così due schieramenti: quello del vescovo del Reich Miiller e quello di Niemoller, che pretendevano Pagina 180
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt entrambi di rappresentare legalmente la Chiesa. È ovvio che l'ex cappellano militare, per quanto vicino a Hitler, non era riuscito a riunificare le Chiese protestanti, e alla fine del 1935, dopo che la Gestapo aveva tratto in arresto settecento pastori della " Chiesa confessionale ", egli abbandonò la carica e scomparve dalla scena. Tempo prima, nel luglio 1935, Hitler aveva nominato ministro per gli Affari ecclesiastici un avvocato nazista suo amico, il dottor Hans Kerrl, incaricandolo di compiere un secondo tentativo in vista di una intesa tra i protestanti. Kerrl, nazista moderato e uomo piuttosto prudente, ebbe dapprima notevole successo. Egli riuscì non solo a persuadere il clero conservatore, che costituiva 262 Trionfo e consolidamento la maggioranza, ma perfino a istituire un comitato ecclesiastico, capeggiato dal venerabile dottor Zollner, il quale, rispettato com'era da tutte le fazioni, avrebbe dovuto organizzare un assestamento generale. Sebbene il gruppo di Niemò'ller collaborasse con questo comitato, esso sosteneva ancora di rappresentare l'unica Chiesa legittima. Quando il comitato, nel maggio 1936, indirizzò a Hitler un cortese ma fermo memorandum in cui si protestava contro le tendenze anticristiane del regime, si denunciava l'antisemitismo del governo e si chiedeva di porre fine all'ingerenza dello Stato negli affari delle Chiese, Frick, il ministro degli Interni nazista, rispose con un'azione spieiata. Vennero arrestati centinaia di pastori della " Chiesa confessionale ", fu assassinato, nel campo di concentramento di Sachsenhausen, il dottor Weissler, uno dei firmatari del memorandum; furono confiscati i fondi di quella Chiesa e le si proibì di fare raccolte di denaro. Il 12 febbraio 1937 il dottor Zollner rassegnò le dimissioni dal comitato ecclesiastico (la Gestapo gli aveva impedito di recarsi a Lubecca, dove erano stati arrestati nove pastori protestanti) denunciando il sabotaggio nei suoi confronti operato dal Ministro degli Affari ecclesiastici. Il dottor Kerrl rispose l'indomani, nel corso di un discorso tenuto ad un gruppo di ecclesiastici sottomessi. Accusò il venerabile Zollner di non tenere in considerazione la dottrina nazista di " razza, sangue e terra " e rivelò apertamente l'ostilità del governo verso entrambe le Chiese, protestante e cattolica, II partito, - disse Kerrl, - si fonda su un Cristianesimo positivo, e il Cristianesimo positivo è il nazionalsocialismo... Il nazionalsocialismo è opera del volere di Dio... Il volere di Dio si rivela nel sangue tedesco... Il dottor Zollner e il conte Galen [il vescovo cattolico di Miinster] hanno tentato di farmi credere che il Cristianesimo consiste nella fede in Cristo come figlio di Dio. Ciò mi fa ridere... No, il Cristianesimo non si basa sul credo degli Apostoli... Il vero Cristianesimo è rappresentato dal partito, e O popolo tedesco è ora richiamato dal partito, e in particolar modo dal Fiihrer, ad un vero Cristianesimo... Il Fiihrer è l'araldo di una nuova rivelazione4. Il i° luglio 1937, il dottor Niemoller fu arrestato e confinato nella prigione di Moabit. Il 27 giugno egli aveva tenuto, alla congregazione che sempre affollava la sua chiesa di Dahlem, quello che doveva essere il suo ultimo sermone nel Terzo Reich. Quasi presagendo quello che sarebbe avvenuto, egli disse: " Non intendiamo usare il nostro potere per sfuggire alla mano dell'autorità, come non lo intesero anticamente gli apostoli; né più di loro siamo disposti a tacere al cenno dell'uomo quando Dio ci comanda di parlare. Poiché è giusto, e sempre lo sarà, che noi ubbidiamo a Dio piuttosto che all'uomo ". Dopo otto mesi di prigione, egli fu processato il 2 marzo 1938 dinanzi a un Sondergericht, uno dei " tribunali speciali " istituiti dai nazisti per giudicare i rei di offesa verso lo Stato, e, sebbene prosciolto dall'accusa principale di " attacchi clandestini contro lo Stato ", fu tuttavia multato di duemila marchi e condannato a sette mesi di prigione per " abuso del pulpito " e per aver organizzato collette nella sua chiesa. Poiché aveva già scontato un periodo più lungo di prigionia, la corte ordinò che fosse rilasciato, ma, La vita nel Terzo Ketch 263 all'uscita dal tribunale, la Gestapo si impossessò di lui, lo mise sotto " custodia preventiva " e lo confinò nei campi di concentramento: prima a Sach-senhausen e poi a Dachau, dove rimase sette anni, finché non fu liberato dalle truppe alleate. Altri 807 pastori e personalità laiche della " Chiesa confessionale" furono arrestati nel 1937, e diverse altre centinaia nei due anni successivi. Se non fu possibile spezzare completamente la resistenza del gruppo religioso di Pagina 181
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Niembller, si riuscì tuttavia a piegarla. Quanto alla maggioranza dei pastori protestanti, essi cedettero, come quasi tutti gli altri tedeschi, di fronte al terrore nazista. Alla fine del 1937, il vescovo di Hannover, Marahrens, che godeva di molto rispetto, fu indotto dal dottor Kerrl a fare una pubblica dichiarazione certamente considerata molto umiliante da uomini di chiesa di più forte carattere quali Niemoller: " La concezione di vita del nazionalsocialismo costituisce la dottrina nazionale e politica che determina e caratterizza la virilità del popolo tedesco. Essa è quindi obbligatoria anche per i " cristiani tedeschi ". Nella primavera del 1938 il vescovo Marahrens compì il passo finale ordinando a tutti i pastori della sua diocesi di prestare personale giuramento di fedeltà al Fùhrer. In breve tempo la stragrande maggioranza dei pastori protestanti pronunciò il giuramento, impegnandosi così, legalmente e moralmente, a obbedire agli ordini del dittatore. Sarebbe però inesatto dire che la persecuzione dei protestanti e dei cattolici da parte dello Stato nazista avesse lacerato l'unità del popolo tedesco o almeno scosso la grande maggioranza di esso. Non fu così. Un popolo che aveva rinunciato così facilmente alla sua libertà politica culturale ed economica, non era certo disposto, tranne poche eccezioni, a morire, o anche solo a rischiare la prigione, per conservare la libertà di culto. Ciò che veramente scosse i tedeschi negli anni immediatamente successivi al. 1933, furono i brillanti successi di Hitler nel procurare lavoro, creare prosperità, ristabilire la potenza militare della Germania, e ottenere una vittoria dopo l'altra in politica estera. Ben pochi tedeschi persero il sonno per l'arresto di qualche migliaio di pastori e di preti o per le dispute delle varie sette protestanti. E ancor meno si soffermarono a riflettere che sotto la guida di Rosenberg, Bormann e Himmler, sostenuti da Hitler, il regime nazista intendeva, come fine ultimo, distruggere, se possibile, il Cristianesimo in Germania e sostituirlo con il vecchio paganesimo dei primi dèi delle tribù germaniche e con il nuovo paganesimo degli estremisti nazisti. Come Bormann, uno degli uomini più vicini a Hitler, ebbe a dichiarare pubblicamente nel 1941, "il nazionalsocialismo e il Cristianesimo sono inconciliabili ". Ciò che il governo di Hitler auspicava per la Germania fu chiaramente esposto nei trenta punti del programma per la " Chiesa nazionale del Reich " redatto durante la guerra da Rosenberg, un pagano dichiarato che tra le altre cariche ricopriva quella di " Incaricato del Fiihrer per la completa educazione e istruzione intellettuale e filosofica del Partito nazionalsocialista ". I punti essenziali si possono trovare in alcuni dei trenta articoli: 264
Trionfo e consolidamento i. La Chiesa Nazionale del Reich tedesco reclama categoricamente il diritto e il potere esclusivo di controllare tutte le chiese entro i confini del Reich e le dichiara chiese nazionali del Reich tedesco. 5. La Chiesa Nazionale è decisa a sterminare definitivamente... le religioni cristiane estranee e straniere importate in Germania nel malaugurato anno 800. 7. La Chiesa Nazionale non avrà né scribi né pastori né cappellani né preti, ma vi avranno la parola gli oratori del Reich nazionale. 13. La Chiesa Nazionale esige l'immediata cessazione della pubblicazione e della diffusione della Bibbia in Germania. 14. La Chiesa Nazionale dichiara che per essa, e di conseguenza per la nazione te desca, il Meìn Kampf del Fiihrer deve essere considerato il più eminente di tutti i docu menti. Quest'opera... non solo contiene l'etica più nobile, ma costituisce essa stessa il si stema etico più puro e vero per la vita presente e futura della nazione. 18. La Chiesa Nazionale rimuoverà dai suoi altari tutti i crocefissi, le bibbie e le immagini dei santi. 19. Sugli altari non ci sarà che il Mein Kampf (il libro più sacro per la nazione te desca e quindi per Dio) e, alla sinistra dell'altare, una spada. 30. Il giorno della fondazione di questa Chiesa, la croce cristiana sarà tolta da tutte le chiese, cattedrali e cappelle... e sarà sostituita con l'unico simbolo invincibile, la svastica 5. La nazificazione della cultura. Pagina 182
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt La sera del io maggio 1933, circa quattro mesi dopo la nomina di Hitler a cancelliere, ebbe luogo a Berlino una scena a cui non si era assistito, nel mondo occidentale, dai tempi del tardo Medioevo. Verso la mezzanotte, una fiaccolata di migliaia di studenti fece capo a una piazza dell'Unter den Lin-den di fronte all'Università di Berlino. Le torce accese furono gettate su una montagna di libri raccolti in quel luogo, e mentre le fiamme li avvolgevano altri libri venivano lanciati sul fuoco, finché ne furono distrutti circa ventimila. Scene simili ebbero luogo anche in parecchie altre città. Era cominciato il rogo dei libri. Molti dei volumi scagliati nelle fiamme quella notte a Berlino dagli allegri studenti sotto l'occhio compiacente del dottor Goebbels, erano stati scritti da autori di fama mondiale. Vi si potevano trovare, tra gli scrittori tedeschi, Thomas e Heinrich Mann, Lion Feuchtwanger, Jakob Wasser-mann, Arnold e Stefan Zweig, Erich Maria Remarque, Walther Rathenau, Albert Einstein, Alfred Kerr e Hugo Preuss, lo studioso che aveva redatto la costituzione di Weimar. Ma non si bruciarono soltanto le opere di dozzine di autori tedeschi; vi si unirono anche molti autori stranieri: Jack London, Upton Sinclair, Helen Keller, Margaret Sanger, H. G. Wells, Havelock EUis, Arthur Schnitzler, Freud, Gide, Zola, Proust. Secondo il tenore di un proclama studentesco, fu condannato alle fiamme ogni libro " che abbia un effetto sovversivo sul nostro futuro e che possa minare il pensiero tedesco, la patria tedesca e le forze che guidano il nostro popolo ". Il dottor Goebbels, nuovo ministro della Propaganda, che d'ora in poi avrebbe costretto la cultura tedesca nella camicia di forza del nazismo, parlò agli studenti mentre i libri in fiamme divenivano cenere: " L'anima del popolo tedesco potrà manifestarsi nuovamente. Queste fiamme non solo illuLa vita nel Terzo Reich 265 minano la fine della vecchia era, ma gettano la loro luce su quella nuova ". La nuova era nazista della cultura tedesca fu illuminata non solo dai falò di libri e dalle misure - più efficaci anche se meno simboliche - adottate per proibire la vendita e la circolazione nelle biblioteche di centinaia di volumi, e per promuovere la pubblicazione di gran numero di nuovi prodotti nazisti, ma anche dall'irreggimentazione della cultura stessa in misura mai sperimentata da alcuna nazione occidentale moderna. Già il 22 settembre 1933 era stata istituita per legge la " Camera per la cultura del Reich ", sotto la direzione del dottor Goebbels. Così era definito lo scopo di questa istituzione secondo le parole della legge stessa: " Al fine di perseguire una politica culturale germanica, è necessario mobilitare gli artisti creativi in tutti i settori, in una organizzazione unificata sotto la guida del Reich. Il Reich deve non solo delineare le direttive del progresso, sia mentale che spirituale, ma anche guidare e organizzare le professioni ". Furono istituite sette " sottocamere " per guidare e controllare ogni sfera della vita culturale: le Camere del Reich per le belle arti, la musica, il teatro, la letteratura, la stampa, la radio e il cinema. Tutte le persone impegnate in questi settori culturali furono obbligate a iscriversi alle rispettive organizzazioni, le cui decisioni e direttive avevano validità di legge. Tra gli altri poteri le Camere avevano quello di espellere e rifiutare di accogliere quei membri che " non davano affidamento dal punto di vista politico "; il che significava che coloro che fossero stati ritenuti anche soltanto tiepidi nei riguardi del nazionalsocialismo potevano venire esclusi, come di solito avveniva, dall'esercizio delle loro professioni e arti, privandoli in tal modo dei mezzi di sussistenza. Chi visse in Germania in quegli anni e aveva a cuore queste cose, non potrà mai dimenticare il pietoso declino del livello culturale di un popolo che era riuscito a mantenerlo così alto per tanto tempo. Questo declino fu inevitabile, naturalmente, dal momento in cui i capi nazisti decisero che l'arte, la letteratura, la stampa, la radio e il cinema dovevano servire esclusivamente ai fini propagandistici del nuovo regime e della sua singolare filosofia. Nessun autore tedesco vivente di qualche importanza, ad eccezione di Ernst Jiinger e Ernst Wiechert nei primi anni, ebbe le sue opere pubblicate in Germania durante il periodo nazista. Quasi tutti, capeggiati da Thomas Mann, emigrarono. I pochi che rimasero tacquero o furono messi a tacere. Il manoscritto di ogni libro o commedia doveva essere sottopo o al Ministero della Propaganda prima di ricevere l'approvazione per la stampa o la rappresentazione. La musica incontrò minori difficoltà, ma solo perché aveva scarsa attinenza con la politica, e perché i tedeschi avevano dietro di sé una grande tradizione, da Bach, Beethoven e Mozart fino a Brahms. Furono però proibite le esecuzioni di Pagina 183
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Mendelssohn perché ebreo (tutte le opere di compositori ebrei furono verboten), come pure la musica del più noto compositore tedesco moderno, Paul Hindemith. Gli ebrei furono rapidamente allontanati dalle grandi orchestre sinfoniche e dai teatri d'opera. A differenza degli
260 Trionfo e consolidamento senza riscontro nella storia tedesca sino al tempo del nazismo. La sua possente figura e le sue idee ebbero un influsso determinante su generazioni di tedeschi, specialmente tra i protestanti. Una delle conseguenze fu la facilità con cui il protestantesimo tedesco divenne lo strumento dell'assolutismo di re e di principi, dal xvi secolo fino al momento in cui, nel 1918, re e principi furono spodestati. I monarchi ereditar! e i piccoli sovrani divennero vescovi supremi della Chiesa protestante nei loro rispettivi paesi. Così in Prussia il re della casa di Hohenzollern era il capo della Chiesa. In nessun paese, ad eccezione della Russia zarista, il clero fu per tradizione così completamente asservito all'autorità politica dello Stato. I suoi membri, salvo poche eccezioni, si schierarono senza riserve dalla parte del re, degli Junker e dell'esercito, e durante il xix secolo si opposero con zelo ai movimenti liberale e democratico allora nascenti. Perfino la Repubblica di Weimar fu " anatemizzata " dalla maggior parte dei pastori protestanti, non solo perché essa aveva deposto i re e i principi, ma anche perché si appoggiava principalmente ai cattolici e ai socialisti. Durante le elezioni per il Reichstag, non si potè fare a meno di notare che il clero protestante - e Niembller ne era un tipico esempio sosteneva in modo aperto i nemici della Repubblica, i nazionalisti e perfino i nazisti. Come Niembller, la maggior parte dei pastori fu ben lieta che Adolf Hitler pervenisse alla carica di cancelliere nel 1933. Ma essi avrebbero presto sperimentato di persona quella tattica nazista del pugno di ferro che aveva portato Hitler al potere politico. Nel luglio 1933 alcuni rappresentanti delle Chiese protestanti stesero lo statuto di una nuova " Chiesa del Reich " che venne ufficialmente riconosciuto dal Reichstag il 14 luglio. Immediatamente si accese una lotta accanita per l'elezione del primo vescovo del Reich. Hitler insisteva perché questa carica suprema fosse assegnata a un suo amico, il cappellano Miiller, nominato dal Fiihrer in persona suo consigliere personale per le questioni riguardanti le Chiese protestanti. I capi della federazione delle Chiese proponevano invece un eminente teologo, il pastore Friedrich von Bodelschwingh. Ma erano degli ingenui: il governo nazista intervenne, sciolse un certo numero di organizzazioni ecclesiastiche provinciali, sospese dal loro ufficio parecchi autorevoli dignitari delle Chiese protestanti, sguinzagliò le SA e la Gestapo contro i sacerdoti recalcitranti; in breve, terrorizzò tutti coloro che sostenevano Bodelschwingh. Alla vigilia delle elezioni dei delegati al sinodo che avrebbe dovuto eleggere il vescovo del Reich, Hitler parlò personalmente alla radio per " sollecitare " l'elezione dei " cristiani tedeschi ", il cui candidato era Miiller. L'intimidazione ebbe gran successo. Bodelschwingh nel frattempo era stato costretto a ritirare la propria candidatura, e le elezioni dettero la maggioranza ai " cristiani tedeschi " che in settembre, al sinodo di Wittenberg, eleggevano Miiller vescovo del Reich: in quella stessa Wittenberg ove Luterò aveva sfidato Roma per la prima volta. Il nuovo capo della Chiesa, uomo dalla mano pesante, non fu in grado comunque di instaurare una Chiesa unificata, né di nazificare completamente le congregazioni protestanti. Il 13 novembre 1933, il giorno seguente a La vita nel Terzo Reich 261 quello in cui il popolo tedesco aveva dato il suo appoggio incondizionato a Hitler in un plebiscito nazionale, i " cristiani tedeschi " inscenarono una riunione di massa al Palazzo dello Sport di Berlino. Un certo dottor Rein-hardt Krause, capo della setta del distretto di Berlino, propose di abbandonare il Vecchio Testamento, " con le sue storie di mercanti di bestiame e di mezzani ", e di rivedere lo studio del Nuovo Testamento con gli insegnamenti di Gesù, " sì che rispondessero alle esigenze del nazionalsocialismo ". Furono formulate risoluzioni che reclamavano " un Popolo, un Reich, una Fede "; si chiese a tutti i pastori di prestare giuramento di fedeltà a Hitler, mentre si esigeva che tutte le Chiese adottassero il paragrafo suU'arianesimo e respingessero gli ebrei convcrtiti. Questo fu troppo perfino per i timorati protestanti che avevano preferito non prender parte alla lotta religiosa, e il vescovo Mùller fu costretto a sospendere e sconfessare il dottor Krause. In realtà, la lotta tra il governo nazista e le Chiese era quella di sempre, Pagina 184
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt intesa a stabilire che cosa dovesse esser dato a Cesare e che cosa a Dio. Per quanto riguardava i protestanti, Hitler sostenne che, qualora i " cristiani tedeschi " nazisti non fossero riusciti a mettere d'accordo le Chiese evange-liche sotto il vescovo del Reich, Mùller, il governo sarebbe stato costretto ad assumere personalmente la direzione delle Chiese. Egli aveva sempre nutrito un certo disprezzo per i protestanti, piccola minoranza nel suo paese natale, la cattolica Austria, ma essi costituivano in Germania i due terzi della popolazione. " Potete fare di loro tutto ciò che volete, - ebbe a confidare una volta ai suoi aiutanti; - essi cederanno... sono gente di poco conto, arrendevoli come cani, e il loro imbarazzo trapela non appena rivolgete loro la parola "3. Egli sapeva bene che la resistenza alla nazificazione delle Chiese protestanti veniva da una minoranza di pastori e da una ancor più piccola minoranza di fedeli. All'inizio del 1934, il già deluso pastore Niemòller era divenuto la guida spirituale della resistenza delle minoranze, sia della " Chiesa confessionale " che della Lega di emergenza dei pastori. Al sinodo generale di Barmen, nel maggio 1934, e in una riunione speciale tenuta in novembre nella chiesa di Niemòller a Dahlem, sobborgo di Berlino (la chiesa di Gesù Cristo), la " Chiesa confessionale " si dichiarò la legittima Chiesa protestante della Germania e istituì un governo ecclesiastico provvisorio. Si ebbero così due schieramenti: quello del vescovo del Reich Mùller e quello di Niemòller, che pretendevano entrambi di rappresentare legalmente la Chiesa. È ovvio che l'ex cappellano militare, per quanto vicino a Hitler, non era riuscito a riunificare le Chiese protestanti, e alla fine del 1935, dopo che la Gestapo aveva tratto in arresto settecento pastori della " Chiesa confessionale ", egli abbandonò la carica e scomparve dalla scena. Tempo prima, nel luglio 1935, Hitler aveva nominato ministro per gli Affari ecclesiastici un avvocato nazista suo amico, il dottor Hans Kerrl, incaricandolo di compiere un secondo tentativo in vista di una intesa tra i protestanti. Kerrl, nazista moderato e uomo piuttosto prudente, ebbe dapprima notevole successo. Egli riuscì non solo a persuadere il clero conservatore, che costituiva 262 Trionfo e consolidamento la maggioranza, ma perfino a istituire un comitato ecclesiastico, capeggiato dal venerabile dottor Zollner, il quale, rispettato com'era da tutte le fazioni, avrebbe dovuto organizzare un assestamento generale. Sebbene il gruppo di Niemoller collaborasse con questo comitato, esso sosteneva ancora di rappresentare l'unica Chiesa legittima. Quando il comitato, nel maggio 1936, indirizzò a Hitler un cortese ma fermo memorandum in cui si protestava contro le tendenze anticristiane del regime, si denunciava l'antisemitismo del governo e si chiedeva di porre fine all'ingerenza dello Stato negli affari delle Chiese, Frick, il ministro degli Interni nazista, rispose con un'azione spieiata. Vennero arrestati centinaia di pastori della " Chiesa confessionale ", fu assassinato, nel campo di concentramento di Sachsenhausen, il dottor Weissler, uno dei firmatari del memorandum; furono confiscati i fondi di quella Chiesa e le si proibì di fare raccolte di denaro. Il 12 febbraio 1937 il dottor Zollner rassegnò le dimissioni dal comitato ecclesiastico (la Gestapo gli aveva impedito di recarsi a Lubecca, dove erano stati arrestati nove pastori protestanti) denunciando il sabotaggio nei suoi confronti operato dal Ministro degli Affari ecclesiastici. Il dottor Kerrl rispose l'indomani, nel corso di un discorso tenuto ad un gruppo di ecclesiastici sottomessi. Accusò il venerabile Zollner di non tenere in considerazione la dottrina nazista di " razza, sangue e terra " e rivelò apertamente l'ostilità del governo verso entrambe le Chiese, protestante e cattolica. Il partito, - disse Kerrl, - si fonda su un Cristianesimo positivo, e il Cristianesimo positivo è il nazionalsocialismo... Il nazionalsocialismo è opera del volere di Dio... Il volere di Dio si rivela nel sangue tedesco... Il dottor Zollner e il conte Galen [il vescovo cattolico di Miinster] hanno tentato di farmi credere che il Cristianesimo consiste nella fede in Cristo come figlio di Dio. Ciò mi fa ridere... No, il Cristianesimo non si basa sul credo degli Apostoli... Il vero Cristianesimo è rappresentato dal partito, e il popolo tedesco è ora richiamato dal partito, e in particolar modo dal Fùhrer, ad un vero Cristianesimo... Il Fiihrer è l'araldo di una nuova rivelazione4. Il i° luglio 1937, il dottor Niemoller fu arrestato e confinato nella prigione di Moabit. Il 27 giugno egli aveva tenuto, alla congregazione che sempre affollava la sua chiesa di Dahlem, quello che doveva essere il suo ultimo sermone nel Terzo Reich. Quasi presagendo quello che sarebbe avvenuto, egli Pagina 185
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt disse: " Non intendiamo usare il nostro potere per sfuggire alla mano dell'autorità, come non lo intesero anticamente gli apostoli; né più di loro siamo disposti a tacere al cenno dell'uomo quando Dio ci comanda di parlare. Poiché è giusto, e sempre lo sarà, che noi ubbidiamo a Dio piuttosto che all'uomo ". Dopo otto mesi di prigione, egli fu processato il 2 marzo 1938 dinanzi a un Sondergericht, uno dei " tribunali speciali " istituiti dai nazisti per giudicare i rei di offesa verso lo Stato, e, sebbene prosciolto dall'accusa principale di " attacchi clandestini contro lo Stato ", fu tuttavia multato di duemila marchi e condannato a sette mesi di prigione per " abuso del pulpito " e per aver organizzato collette nella sua chiesa. Poiché aveva già scontato un periodo più lungo di prigionia, la corte ordinò che fosse rilasciato, ma, La vita nel Terzo Reich 263 all'uscita dal tribunale, la Gestapo si impossessò di lui, lo mise sotto " custodia preventiva " e lo confinò nei campi di concentramento: prima a Sach-senhausen e poi a Dachau, dove rimase sette anni, finché non fu liberato dalle truppe alleate. Altri 807 pastori e personalità laiche della " Chiesa confessionale " furono arrestati nel 1937, e diverse altre centinaia nei due anni successivi. Se non fu possibile spezzare completamente la resistenza del gruppo religioso di Niemoller, si riuscì tuttavia a piegarla. Quanto alla maggioranza dei pastori protestanti, essi cedettero, come quasi tutti gli altri tedeschi, di fronte al terrore nazista. Alla fine del 1937, il vescovo di Hannover, Marahrens, che godeva di molto rispetto, fu indotto dal dottor Kerrl a fare una pubblica dichiarazione certamente considerata molto umiliante da uomini di chiesa di più forte carattere quali Niemoller: " La concezione di vita del nazionalsocialismo costituisce la dottrina nazionale e politica che determina e caratterizza la virilità del popolo tedesco. Essa è quindi obbligatoria anche per i " cristiani tedeschi ". Nella primavera del 1938 il vescovo Marahrens compì il passo finale ordinando a tutti i pastori della sua diocesi di prestare personale giuramento di fedeltà al Fùhrer. In breve tempo la stragrande maggioranza dei pastori protestanti pronunciò il giuramento, impegnandosi così, legalmente e moralmente, a obbedire agli ordini del dittatore. Sarebbe però inesatto dire che la persecuzione dei protestanti e dei cattolici da parte dello Stato nazista avesse lacerato l'unità del popolo tedesco o almeno scosso la grande maggioranza di esso. Non fu così. Un popolo che aveva rinunciato così facilmente alla sua libertà politica culturale ed economica, non era certo disposto, tranne poche eccezioni, a morire, o anche solo a rischiare la prigione, per conservare la libertà di culto. Ciò che veramente scosse i tedeschi negli anni immediatamente successivi al. 1933, furono i brillanti successi di Hitler nel procurare lavoro, creare prosperità, ristabilire la potenza militare della Germania, e ottenere una vittoria dopo l'altra in politica estera. Ben pochi tedeschi persero il sonno per l'arresto di qualche migliaio di pastori e di preti o per le dispute delle varie sette protestanti. E ancor meno si soffermarono a riflettere che sotto la guida di Rosenberg, Bormann e Himmler, sostenuti da Hitler, il regime nazista intendeva, come fine ultimo, distruggere, se possibile, il Cristianesimo in Germania e sostituirlo con il vecchio paganesimo dei primi dèi delle tribù germaniche e con il nuovo paganesimo degli estremisti nazisti. Come Bormann, uno degli uomini più vicini a Hitler, ebbe a dichiarare pubblicamente nel 1941, "il nazionalsocialismo e il Cristianesimo sono inconciliabili ". Ciò che il governo di Hitler auspicava per la Germania fu chiaramente esposto nei trenta punti del programma per la " Chiesa nazionale del Reich " redatto durante la guerra da Rosenberg, un pagano dichiarato che tra le altre cariche ricopriva quella di " Incaricato del Fùhrer per la completa educazione e istruzione intellettuale e filosofica del Partito nazionalsocialista ". I punti essenziali si possono trovare in alcuni dei trenta articoli: 264
Trionfo e consolidamento i. La Chiesa Nazionale del Reich tedesco reclama categoricamente il diritto e il potere esclusivo di controllare tutte le chiese entro i confini del Reich e le dichiara chiese nazionali del Reich tedesco. 5. La Chiesa Nazionale è decisa a sterminare definitivamente... le religioni cristiane estranee e straniere importate in Germania nel malaugurato anno 800. 7. La Chiesa Nazionale non avrà né scribi né pastori né cappellani né preti, ma vi avranno la parola gli oratori del Reich nazionale. Pagina 186
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 13. La Chiesa Nazionale esige l'immediata cessazione della pubblicazione e della diffusione della Bibbia in Germania. 14. La Chiesa Nazionale dichiara che per essa, e di conseguenza per la nazione te desca, il Mein Kampf del Fiihrer deve essere considerato il più eminente di tutti i docu menti. Quest'opera... non solo contiene l'etica più nobile, ma costituisce essa stessa il si stema etico più puro e vero per la vita presente e futura della nazione. 18. La Chiesa Nazionale rimuoverà dai suoi altari tutti i crocefissi, le bibbie e le immagini dei santi. 19, Sugli altari non ci sarà che il Mein Kampf (il libro più sacro per la nazione te desca e quindi per Dio) e, alla sinistra dell'altare, una spada. 30. Il giorno della fondazione di questa Chiesa, la croce cristiana sarà tolta da tutte le chiese, cattedrali e cappelle... e sarà sostituita con l'unico simbolo invincibile, la svastica '. La naziftcazione della cultura. La sera del io maggio 1933, circa quattro mesi dopo la nomina di Hitler a cancelliere, ebbe luogo a Berlino una scena a cui non si era assistito, nel mondo occidentale, dai tempi del tardo Medioevo. Verso la mezzanotte, una fiaccolata di migliaia di studenti fece capo a una piazza. dell'Unter den Lin-den di fronte all'Università di Berlino. Le torce accese furono gettate su una montagna di libri raccolti in quel luogo, e mentre le fiamme li avvolgevano altri libri venivano lanciati sul fuoco, finché ne furono distrutti circa ventimila. Scene simili ebbero luogo anche in parecchie altre città. Era cominciato il rogo dei libri. Molti dei volumi scagliati nelle fiamme quella notte a Berlino dagli allegri studenti sotto l'occhio compiacente del dottor Goebbels, erano stati scritti da autori di fama mondiale. Vi si potevano trovare, tra gli scrittori tedeschi, Thomas e Heinrich Mann, Lion Feuchtwanger, Jakob Wasser-mann, Arnold e Stefan Zweig, Erich Maria Remarque, Walther Rathenau, Albert Einstein, Alfred Kerr e Hugo Preuss, lo studioso che aveva redatto la costituzione di Weimar. Ma non si bruciarono soltanto le opere di dozzine di autori tedeschi; vi si unirono anche molti autori stranieri: Jack London, Upton Sinclair, Helen Keller, Margaret Sanger, H. G. Wells, Havelock Ellis, Arthur Schnitzler, Freud, Gide, Zola, Proust. Secondo il tenore di un proclama studentesco, fu condannato alle fiamme ogni libro " che abbia un effetto sovversivo sul nostro futuro e che possa minare il pensiero tedesco, la patria tedesca e le forze che guidano il nostro popolo ". Il dottor Goebbels, nuovo ministro della Propaganda, che d'ora in poi avrebbe costretto la cultura tedesca nella camicia di forza del nazismo, parlò agli studenti mentre i libri in fiamme divenivano cenere: " L'anima del popolo tedesco potrà manifestarsi nuovamente. Queste fiamme non solo illuLa vita nel Terzo Reich 265 minano la fine della vecchia era, ma gettano la loro luce su quella nuova ". La nuova era nazista della cultura tedesca fu illuminata non solo dai falò di libri e dalle misure - più efficaci anche se meno simboliche - adottate per proibire la vendita e la circolazione nelle biblioteche di centinaia di volumi, e per promuovere la pubblicazione di gran numero di nuovi prodotti nazisti, ma anche dall'irreggimentazione della cultura stessa in misura mai sperimentata da alcuna nazione occidentale moderna. Già il 22 settembre 1933 era stata istituita per legge la " Camera per la cultura del Reich ", sotto la direzione del dottor Goebbels. Così era definito lo scopo di questa istituzione secondo le parole della legge stessa: " Al fine di perseguire una politica culturale germanica, è necessario mobilitare gli artisti creativi in tutti i settori, in una organizzazione unificata sotto la guida del Reich. Il Reich deve non solo delineare le direttive del progresso, sia mentale che spirituale, ma anche guidare e organizzare le professioni ". Furono istituite sette " sottocamere " per guidare e controllare ogni sfera della vita culturale: le Camere del Reich per le belle arti, la musica, il teatro, la letteratura, la stampa, la radio e il cinema. Tutte le persone Pagina 187
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt impegnate in questi settori culturali furono obbligate a iscriversi alle rispettive organizzazioni, le cui decisioni e direttive avevano validità di legge. Tra gli altri poteri le Camere avevano quello di espellere e rifiutare di accogliere quei membri che " non davano affidamento dal punto di vista politico "; il che significava che coloro che fossero stati ritenuti anche soltanto tiepidi nei riguardi del nazionalsocialismo potevano venire esclusi, come di solito avveniva, dall'esercizio delle loro professioni e arti, privandoli in tal modo dei mezzi di sussistenza. Chi visse in Germania in quegli anni e aveva a cuore queste cose, non potrà mai dimenticare il pietoso declino del livello culturale di un popolo che era riuscito a mantenerlo cosi alto per tanto tempo. Questo declino fu inevitabile, naturalmente, dal momento in cui i capi nazisti decisero che l'arte, la letteratura, la stampa, la radio e il cinema dovevano servire esclusivamente ai fini propagandistici del nuovo regime e della sua singolare filosofia. Nessun autore tedesco vivente di qualche importanza, ad eccezione di Ernst Jiinger e Ernst Wiechert nei primi anni, ebbe le sue opere pubblicate in Germania durante il periodo nazista. Quasi tutti, capeggiati da Thomas Mann, emigrarono. I pochi che rimasero tacquero o furono messi a tacere. Il manoscritto di ogni libro o commedia doveva essere sottoposto al Ministero della Propaganda prima di ricevere l'approvazione per la stampa o la rappresentazione. La musica incontrò minori difficoltà, ma solo perché aveva scarsa attinenza con la politica, e perché i tedeschi avevano dietro di sé una grande tradizione, da Bach, Beethoven e Mozart fino a Brahms. Furono però proibite le esecuzioni di Mendelssohn perché ebreo ( tutte le opere di composi • tori ebrei furono verboten), come pure la musica del più noto compositore tedesco moderno, Paul Hindemith. Gli ebrei furono rapidamente allontanati dalle grandi orchestre sinfoniche e dai teatri d'opera. A differenza degli 266 Trionfo e consolidamento scrittori, la maggior parte delle figure rappresentative della musica tedesca preferf rimanere nella Germania nazista e mise il proprio nome e il proprio talento al servizio del Nuovo Ordine. Wilhelm Furtwàngler, uno dei migliori direttori d'orchestra del secolo, rimase in Germania. Egli rimase in disgrazia per un anno, a causa della sua difesa di Hindemith, ma continuò la sua attività per tutto il restante periodo del governo di Hitler. Richard Strauss, forse il più eminente compositore vivente del mondo, rimase in Germania e divenne per un certo tempo presidente della Camera per la musica del Reich, prestando il suo grande nome all'opera di prostituzione della cultura effettuata da Goebbels. Walter Gieseking, l'illustre pianista, passò gran parte del suo tempo in tournées nei paesi stranieri; esse erano organizzate e approvate dal ministro della Propaganda per favorire la conoscenza all'estero della " cultura " tedesca. Ma, sia per la rinuncia ad emigrare da parte dei musicisti, sia per la grande tradizione tedesca nel campo della musica classica, si potè udire, anche nei giorni del Terzo Reich, musica sinfonica e operistica in esecuzioni d'alto livello. In questo campo, primeggiarono l'Orchestra Filarmonica di Berlino e l'Opera di Stato. L'eccellente livello della musica contribuì in parte a far dimenticare la degradazione delle altre arti e di tanti aspetti della vita sotto il nazismo. Anche il teatro conservò molta della sua perfezione finché si attenne alle opere classiche. Max Reinhardt, naturalmente, se n'era andato, assieme a tutti gli altri impresari, registi ed attori ebrei. I commediografi nazisti erano così comicamente scadenti che il pubblico si teneva lontano dalla loro produzione che aveva invariabilmente vita breve. Il presidente della Camera per il teatro del Reich era un certo Hans Johst, commediografo fallito; costui una volta si era pubblicamente vantato di sentire la sua mano attratta dal revolver allorché in sua presenza si pronunciava la parola " cultura ". Ma neppure Johst e Goebbels, che decidevano che cosa si dovesse recitare e a chi dovesse essere affidata la recitazione e la regia, furono in grado di impedire al teatro tedesco di offrire ammirevoli rappresentazioni delle opere di Goethe, Schiller e Shakespeare. Cosa strana, si permise nella Germania nazista la rappresentazione di qualche commedia di Shaw - forse perché egli si prendeva gioco degli inglesi e satireggiava la democrazia, o forse anche perché il suo spirito e le sue vedute politiche di sinistra sfuggivano alla mentalità nazista. Il caso più strano fu quello del più grande commediografo tedesco, Ge-rhart Hauptmann. Un tempo ardente socialista, le sue commedie erano state bandite dai teatri imperiali all'epoca dell'imperatore Guglielmo IL Durante la Repubblica, egli era stato il commediografo più popolare della Germania e tale posizione conservò di fatto nel Terzo Reich; le sue commedie continuarono ad essere Pagina 188
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt rappresentate. Non dimenticherò mai la scena all'uscita dalla prima della sua ultima commedia, La figlia della Cattedrale, quando Hauptmann, figura venerabile con la fluente chioma bianca ricadente sul mantello nero, uscì dal teatro a braccetto del dottor Goebbels e di Johst. Egli, come tanti altri eminenti tedeschi, si era riconciliato con La vita nel Terzo Reicb 267 Hitler, e Goebbels, uomo astuto, si era valso di ciò per un'efficace propaganda, facendo notare instancabilmente al popolo tedesco e al mondo esterno che il più grande commediografo tedesco vivente, già socialista e paladino del popolo, non soltanto era rimasto nel Terzo Reich, ma aveva potuto continuare a scrivere e a far rappresentare le sue commedie. Si può arguire quanto fosse sincero, o opportunista o semplicemente mutevole questo ormai anziano commediografo, da quanto successe dopo la guerra. Le autorità americane, reputando che egli avesse servito i nazisti con troppo zelo, bandirono le sue opere dai teatri del loro settore nella Berlino Ovest. I russi allora lo invitarono, lo accolsero come un eroe e organizzarono a Berlino Est un festival delle sue commedie. E il 6 ottobre 1945 Hauptmann inviò un messaggio al " Kulturbund per la rinascita democratica della Germania " controllato dai comunisti, esprimendo ad esso i suoi auguri e la speranza che sarebbe riuscito a fomentare una " rinascita spirituale " del popolo tedesco. La Germania che aveva dato al mondo un Dùrer e un Cranach, non aveva eccelso nel campo delle arti figurative nell'epoca moderna, sebbene l'espressionismo pittorico tedesco e l'architettura della Bauhaus di Monaco costituissero dei movimenti interessanti e originali, e gli artisti avessero avuto parte in tutte le evoluzioni e le rivoluzioni del xx secolo rappresentate dall'impressionismo, cubismo e dadaismo. Per Hitler, che si considerava un vero artista nonostante i suoi fallimenti viennesi in questo campo, tutta l'arte moderna era degenerazione e nonsenso. Nel Mein Kampf si era lasciato andare a una lunga tirata su questo argomento, e una delle sue prime misure, una volta raggiunto il potere, era stata quella di " epurare " la Germania dalla sua arte " decadente " e di tentare di sostituirla con una nuova arte " germanica ". Circa 6500 pitture moderne - non solo opere di tedeschi quali Kokoschka e Grosz, ma anche di Cézanne, Van Gogh, Gauguin, Matisse, Picasso e molti altri - furono allontanate dai musei tedeschi. Ciò che doveva sostituire quelle opere fu esposto nell'estate del 1937, quando Hitler inaugurò ufficialmente a Monaco la " Casa dell'arte tedesca ", in uno squallido edificio pseudoclassico al cui progetto egli aveva collabo-rato e che definì " impareggiabile e inimitabile " per l'architettura. In questa prima esposizione d'arte nazista erano ammassate circa novecento opere, scelte tra le 15 ooo proposte: i peggiori rifiuti che l'autore di questo libro abbia mai visto in alcun paese. Lo stesso Hitler fece la selezione finale e, secondo la testimonianza di alcuni compagni di partito che lo accompagnavano in quell'occasione, egli fu tanto irritato da alcuni dei dipinti accolti dalla giuria nazista - presieduta da Adolf Ziegler, un mediocre pittore, presidente della Camera per l'arte del Reich* - che non solo ordinò che fos* Ziegler doveva la sua posizione alla circostanza fortunata di aver dipinto il ritratto di Geli Raubal. •lol 268 Trionfo e consolidamento sero buttati fuori, ma ne prese a calci parecchi facendovi dei buchi con gli stivali. " Ho sempre nutrito la ferma intenzione, - disse nel lungo discorso di inaugurazione della mostra, - qualora il destino ci avesse dato il potere, di non discutere queste cose [di giudizio artistico] ma di deciderle ". E cosi aveva fatto. Nel suo discorso, pronunciato il 18 luglio 1937, egli dettò le direttive naziste per " l'arte tedesca ": Le opere d'atte che non si possono comprendete, ma tichiedono una quantità esagerata di spiegazioni per provare il loro diritto di esistenza come tali e per giungere a quei neurotici che sono sensibili a tali stupide e insolenti assurdità, non capiteranno più pubblicamente tra le mani dei cittadini tedeschi. Che non vi siano illusioni! Il nazionalsocialismo ha intrapreso l'epurazione del Reich tedesco e del nostro popolo da tutte quelle influenze che ne minacciano l'esistenza e il carattere... Con l'apertura di questa esposizione è giunta la fine della follia artistica e della contaminazione del nostro popolo nel campo Pagina 189
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt dell'arte... Ciononostante almeno alcuni tedeschi, specialmente in quel centro artistico tedesco che era Monaco, preferirono essere artisticamente corrotti. In un'altra zona della città, in una diroccata galleria, che si raggiungeva salendo un'angusta scaletta, vi era una mostra di " arte degenerata ", organizzata dal dottor Goebbels per mostrare al popolo da che cosa Hitler lo stava salvando. Essa conteneva una splendida collezione di pitture moderne: Koko-schka, Chagall e opere dell'espressionismo e dell'impressionismo. Il giorno in cui la visitai, dopo aver percorso boccheggiante le sale della deprimente " Casa dell'arte tedesca ", la galleria era affollata e una lunga fila occupava le scale scricchiolanti e la strada adiacente. La folla che l'assediava divenne infatti così imponente che il dottor Goebbels, irritato e imbarazzato, ben presto ordinò la chiusura dell'esposizione. 77 controllo della stampa, della radio e del cinema. Ogni mattina, i redattori dei quotidiani di Berlino e i corrispondenti di quelli stampati in altre città del Reich si riunivano al Ministero della Propaganda per farsi dire dal dottor Goebbels, o da uno dei suoi aiutanti, quali notizie stampare e quali tacere, come scrivere le notizie e come intitolarle, quali campagne rimandare o quali lanciare, e qual era l'articolo di fondo desiderato per quel giorno. A evitare malintesi, venivano fornite, assieme alle istruzioni orali, direttive scritte giornalmente. Ai piccoli giornali periferici e ai periodici, le direttive venivano inviate per telegrafo o per posta. Per fare il redattore nel Terzo Reich, un giornalista doveva essere, anzitutto, politicamente e razzialmente " illibato ". La legge per la stampa del Reich del 4 ottobre 1933, che fece del giornalismo una "professione pubblica " controllata dalla legge, stabiliva che tutti i redattori dovessero possedere la cittadinanza tedesca, essere di origine ariana e non sposati con ebrei. L'articolo 14 della legge per la stampa ordinava ai redattori di " tener lonLa vita nel Terzo Reich 269 tano dai giornali qualsiasi cosa che in qualche modo possa indurre il pubblico in errore, confonda il bene personale con il bene comune, o tenda a indebolire la forza del Reich tedesco all'esterno e all'interno, la volontà collettiva del popolo tedesco, la difesa della Germania, della sua cultura e della sua economia... oppure offenda l'onore e la dignità della Germania ". Un tale editto, se fosse entrato in vigore prima del 1933, avrebbe condotto all'esclusione di tutti i redattori nazisti del paese e di tutte le loro pubblicazioni. In questo periodo, esso condusse all'eliminazione di quei giornali e giornalisti che non erano nazisti o rifiutavano di diventarlo. Uno dei primi giornali costretti a smettere la loro attività fu la " Vossi-sche Zeitung ". Essendo stato fondato nel 1704 e annoverando tra i suoi collaboratori del passato nomi come Federico il Grande, Lessing e Rathenau, era diventato il più importante giornale della Germania, paragonabile al " Times " di Londra e al " New York Times ". Ma era un giornale liberale, e apparteneva alla casa editrice Ullstein, ditta ebrea. Dovette cessare la sua attività il i° aprile 1934, dopo 230 anni consecutivi di pubblicazione. Il " Berliner Tageblatt ", altro giornale liberale di fama mondiale, resistette un po' più a lungo, fino al 1937, ma il suo proprietario, l'ebreo Hans Lack-mann-Mosse, era stato costretto a cedere la sua cointeressenza al giornale nella primavera del 1933. Anche il terzo grande giornale liberale tedesco, la " Frankfurter Zeitung ", continuò ad essere stampato dopo essersi disfatto del proprietario ebreo e di tutti i redattori ebrei. Rudolf Kircher, il corrispondente da Londra, anglofilo e liberale, ne divenne il redattore capo e, come Karl Silex - redattore della conservatrice " Deutsche Allgemeine Zeitung " di Berlino, anch'egli già corrispondente da Londra, allievo di Rho-des, ardente ammiratore degli inglesi e liberale - si mise al servizio dei nazisti, rivelandosi spesso, come aveva detto una volta Otto Dietrich, capo della stampa del Reich, a proposito dei " giornali d'opposizione " dei tempi passati, " più papista del papa ". La sopravvivenza di questi tre giornali fu dovuta in parte all'influenza del Ministero degli Esteri tedesco, per cui questi giornali, intemazionalmente noti, erano una specie di cartellone pubblicitario, necessario per bene impressionare l'opinione pubblica straniera. Essi conferivano infatti una certa rispettabilità della Germania nazista, e allo stesso tempo le facevano una lenta e costante propaganda. In questa situazione, in cui tutti i giornali tedeschi ricevevano istruzioni su che cosa stampare e su come redigere le notizie e gli articoli, era Pagina 190
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt inevitabile il sopraggiungere di una mortale monotonia nella stampa nazionale. Perfino un popolo cosi irreggimentato e così propenso ad accettare l'autorità, alla fine si stancò di questi quotidiani. Diminuì la diffusione perfino dei fogli nazisti più importanti quali il " Volkischer Beobachter " del mattino e " Der Angriff " della sera. E la tiratura complessiva di tutti i giornali cadde rapidamente a misura che questi, uno dopo l'altro, soccombevano o venivano rilevati dagli editori nazisti. Nei primi quattro anni del Terzo Reich, il numero dei quotidiani discese da 3607 a 2671. Ma la perdita, da parte del paese, di una stampa libera e varia, rappre270 Trionfo e consolidamento sento, almeno finanziariamente, un guadagno per il partito. Max Amann, sergente maggiore di Hitler durante la prima guerra mondiale e capo del-l'Eher Verlag, la casa editrice del partito, divenne il dittatore finanziario della stampa tedesca. In qualità di capo della stampa per il Reich e presidente della Camera per la stampa, egli era legalmente autorizzato a sopprimere qualsiasi pubblicazione, e poteva di conseguenza acquistarla per quattro soldi. In breve tempo l'Eher Verlag divenne un gigantesco impero editoriale, forse il più imponente e redditizio del mondo *. Nonostante la diminuzione di vendita di molte pubblicazioni naziste, i quotidiani posseduti o controllati dal partito o da privati nazisti avevano raggiunto, all'epoca dello scoppio della seconda guerra mondiale, i due terzi della tiratura quotidiana complessiva di venticinque milioni. In una dichiarazione fatta a Norimberga, Amann descrisse la sua tattica: Quando il partito ebbe preso il potere nel 1933... molte delle imprese che, come la casa Ullstein, erano possedute o controllate da gruppi finanziari ebraici o da gruppi politici e religiosi ostili al partito, trovarono conveniente vendere i loro giornali o cedere le loro attività all'Eher Verlag. Non vi era mercato libero per la vendita di queste proprietà e l'Eher Verlag era di solito l'unico offerente. Con questo procedimento, l'Eher Verlag, insieme ad altre imprese editoriali da esso stesso possedute o controllate, crebbe fino ad avere il monopolio dell'attività editoriale in Germania, nel campo dei giornali... Gli investimenti del partito in queste imprese editoriali ebbero ottimi successi finanziari. Corrisponde alla verità dire che lo scopo fondamentale del programma nazista per la stampa era quello di eliminare tutti i giornali di opposizione '. A un certo momento del 1934, sia Amann che Goebbels fecero appello ai redattori asserviti perché rendessero i loro giornali meno monotoni. Amann disse di deplorare " l'attuale tanto estesa uniformità della stampa, che non è dovuta alle misure del governo né conforme alle sue intenzioni ". Un redattore sconsiderato, Ehm Welke del settimanale " Crune Post ", commise l'errore di prendere sul serio Amann e Goebbels. Egli rimproverò il Ministero della Propaganda per la sua burocrazia e per la soggezione in cui teneva la stampa rendendola così insignificante. La sua pubblicazione fu subito sospesa per tre mesi, ed egli stesso fu destituito da Goebbels e relegato in un campo di concentramento. Presto la radio e il cinema furono pur essi imbrigliati al servizio della propaganda dello Stato nazista. Goebbels aveva sempre considerato la radio (la televisione non era ancora arrivata) il più efficace strumento di propaganda della moderna società e, servendosi della sezione radio del suo Ministero e della Camera per la radio, si assicurò un completo controllo sulle trasmissioni asservendole ai propri fini. Il suo compito fu reso più facile dal fatto che in Germania, come in altri paesi europei, la radiodiffusione era un monopolio posseduto e diretto dallo Stato. Nel 1933 il governo nazista si trovò automaticamente in possesso dell'Ente Radiofonico del Reich. * II reddito personale di Amann salf rapidamente da 108 ooo marchi nel 1934 a 3 800 ooo nel 1942. (Da una lettera all'autore del professor Oron J. Hale, autore di uno studio basato sui documenti superstiti della casa editrice tedesca). La vita nel Terzo Reich 271 II cinema rimase in mano ad imprese private, ma il Ministero della Propaganda e la Camera per i film controllavano ogni settore di questa industria, il loro compito essendo quello, secondo le parole di un commento ufficiale, " di elevare l'industria cinematografica al di sopra dei principi economici liberali... mettendola così in grado di assumere quei compiti che essa è tenuta ad adempiere nello Stato nazionalsocialista ". Il risultato, in entrambi i campi, fu quello di affliggere il popolo tedesco Pagina 191
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt con programmi radiofonici e film altrettanto vuoti e tediosi che i quotidiani e i periodici. Anche un pubblico abituato ad accettare senza proteste che si stabilisse dall'alto cos'era adatto per lui, finì per ribellarsi. Gli spettatori si astenevano in massa dall'andate a vedere i film nazisti, e affollavano le sale dove si davano i pochi film stranieri (per lo più film di Hollywood di seconda categoria) che Goebbels permetteva fossero proiettati sugli schermi tedeschi. Verso la metà del decennio 1930-40, i film tedeschi venivano così frequentemente fischiati, che Wilhelm Frick, ministro degli Interni, pronunciò un severo monito contro " il comportamento sedizioso del pubblico dei cinematografi ". Similmente, i programmi radio venivano così apertamente criticati, che il presidente della Camera per la radio, un certo Horst Dressler-Andress, dichiarò che tale atteggiamento era " un insulto alla cultura tedesca " e non sarebbe stato più tollerato. In quel tempo un ascoltatore tedesco poteva ancora sintonizzare la radio su una stazione straniera senza rischiare la testa, come avvenne più tardi una volta iniziata la guerra. Ed erano forse parecchi a farlo, sebbene fosse mia opinione, come osservatore, che il dottor Goebbels avesse sempre più ragione, nel corso degli anni, nel considerare la radio di gran lunga il più efficace strumento di propaganda del regime, che contribuiva più di ogni altro mezzo di comunicazione a uniformare il popolo tedesco ai fini di Hitler. Io stesso avrei dovuto sperimentare quanto sia facile essere ingannati da una stampa e da una radio insincere e censurate, in uno Stato totalitario. Sebbene, a differenza di quasi tutti i tedeschi, io potessi prendere visione giornalmente dei giornali stranieri - specialmente quelli di Londra, Parigi e Zurigo, che arrivavano il giorno seguente a quello della pubblicazione - e sebbene ascoltassi regolarmente la BBC e altre trasmissioni straniere, la mia attività richiedeva che impiegassi giornalmente molte ore nello spoglio della stampa tedesca, nell'ascolto della radio locale, in colloqui con funzionari nazisti e frequentando le adunate del partito. Sorprendeva, e talvolta impressionava, constatare come, nonostante avessi modo di conoscere la situazione e malgrado l'innata diffidenza verso le notizie di fonte nazista, una costante somministrazione, per anni e anni, di falsificazioni e deformazioni, avesse un certo effetto sulla mente e spesso la fuorviasse. Nessuno, se non è vissuto per anni in un paese totalitario, può rendersi conto di quanto sia difficile sfuggire alle paurose conseguenze della propaganda ben studiata e incessante di un regime. Spesso, in una casa o in un ufficio tedesco, e talvolta durante una conversazione occasionale con uno sconosciuto al ristorante, in una birreria o in un caffè, mi è capitato di trovarmi di fronte alle 272 Trionfo e consolidamento asserzioni più strane da parte di persone apparentemente istruite e intelligenti. Era chiaro che esse stavano ripetendo automaticamente qualche assurdità sentita alla radio o letta nei giornali. Qualche volta si cedeva alla tentazione di farlo notare, ma si era accolti in questo caso da un tale sguardo di incredulità, da una tale reazione di silenzio (come se si fosse bestemmiato contro l'Onnipotente) che si capiva quanto fosse inutile perfino tentare di prendere contatto con una mente ormai deformata, per la quale la realtà delle cose era divenuta quella che Hitler e Goebbels, cinicamente incuranti della verità, indicavano come tale. L'educazione nel Terzo Reich. * II 30 aprile 1934 Bernhard Rust, un Obergruppenfuhrer delle SA, un tempo Gauleiter di Hannover, membro del partito nazista e amico di Hitler fin dai primi anni dopo il '20, fu nominato ministro del Reich per la Scienza, l'Istruzione e la Cultura popolare. Nel bizzarro, scompigliato mondo del nazionalsocialismo, Rust era adattissimo al suo compito. Dal 1930 in poi, egli era stato un maestro elementare di provincia disoccupato, essendo stato destituito in quell'anno dalle locali autorità repubblicane di Hannover per certe manifestazioni di squilibrio mentale (per quanto la sua espulsione fosse probabilmente dovuta, almeno in parte, al suo fanatico nazismo). Il dottor Rust infatti predicava il vangelo nazista con lo zelo di un Goebbels e con la meticolosità di un Rosenberg. Nominato ministro prussiano per la Scienza, l'Arte e l'Istruzione nel febbraio del 1933, egli si vantava di essere riuscito, in poche ore, a " liquidare la scuola come istituto di acrobazie intellettuali ". A un uomo così superficiale veniva ora affidato un controllo dittatoriale sulla scienza tedesca, le scuole pubbliche, gli istituti di cultura superiore e le organizzazioni giovanili. L'educazione nel Terzo Reich, infatti, come la vedeva Hitler, non doveva essere relegata nelle opprimenti aule scolastiche, bensf essere integrata con un sistema spartano di graduale addestramento Pagina 192
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt politico e militare, nei singoli gruppi giovanili, per poi raggiungere l'apice, non tanto nelle università e negli istituti tecnici riservati soltanto a una piccola minoranza di giovani, ma prima, per i ragazzi di diciott'anni, nel lavoro obbligatorio, e poi, per i coscritti, nel servizio militare. Il disprezzo di Hitler per i " professori " e per l'intellettualismo accademico aveva condito le pagine del Mein Kampf, nel quale egli aveva esposto alcune delle sue idee sull'educazione: " Tutta l'educazione impartita da uno Stato nazionale, - aveva scritto, - deve mirare principalmente non a riempire la testa di sapienza, ma a formare un corpo tìsicamente sano fino al midollo ". Ma, cosa ancor più significativa, egli aveva sottolineato nel suo libro l'importanza di attrarre prima e poi allenare la gioventù al servizio " di un nuovo Stato nazionale ". Argomento, questo, su cui ritornò spesso dopo esser divenuto il dittatore della Germania. " Quando un avversario La vita nel Terzo Reich 273 dichiara: non verrò dalla vostra parte, - egli disse in un discorso il 6 novembre 1933, - io rispondo con calma: Tuo figlio è già dei nostri... Che cosa sei tu? tu morrai. Ma i tuoi discendenti stanno già nel nuovo campo. Tra breve essi non conosceranno altro che questa nuova comunità ". E il i° maggio 1937 egli dichiarò: " Questo nuovo Reich non cederà a nessuno la sua gioventù, ma la prenderà egli stesso, le darà la propria educazione e l'alleverà a proprio modo ". Non era un'oziosa vanteria: era precisamente ciò che stava accadendo. Le scuole tedesche, dalle elementari fino all'università, furono rapidamente nazificate. I libri di testo furono riscritti in tutta fretta, i programmi di studio furono cambiati, il Mein Kampf divenne, secondo le parole di " Der deutsche Erzieher ", organo ufficiale degli educatori, " l'infallibile stella che da l'orientamento alla pedagogia ", e gli insegnanti che non riuscirono a vedere la nuova luce furono gettati fuori. Gran parte degli insegnanti erano stati più o meno di sentimenti nazisti, se non addirittura iscritti al partito. Al fine di rafforzare la loro ideologia, essi furono inviati in scuole speciali per un'istruzione intensiva sui principi del nazionalsocialismo, con particolare attenzione alle dottrine razziali di Hitler. Tutte le persone che esercitavano la professione di insegnante, dalla scuola materna fino all'università, furono obbligate ad iscriversi alla Lega nazionalsocialista degli insegnanti, che, per legge, era tenuta " responsabile del coordinamento ideologico e politico di tutti gli insegnanti, secondo le direttive nazionalsocialiste ". Il decreto sulla pubblica amministrazione, del 1937, richiedeva agli insegnanti di essere " gli esecutori della volontà dello Stato appoggiato dal partito " e di essere pronti " in qualsiasi momento a difendere senza riserve lo Stato nazionalsocialista ". Un decreto precedente li aveva classificati impiegati statali, e quindi assoggettati alle leggi razziali. Gli ebrei, naturalmente, non potevano insegnare. Tutti gli insegnanti dovevano prestare giuramento di " fedeltà e ubbidienza ad Adolf Hitler ". Più tardi, nessuno poteva insegnare se non aveva servito nelle SA, nell'organizzazione di lavoro o nella Gioventù hitleriana. I candidati per i posti di docente all'università dovevano frequentare per sei mesi un campo di osservazione dove le loro concezioni e il loro carattere venivano studiati da esperti nazisti che ne riferivano al Ministero dell'Educazione, questo rilasciava licenze di insegnamento, fondate sull'" affidamento " politico che davano i candidati. Prima del 1933, le scuole pubbliche tedesche erano sotto la giurisdizione delle autorità locali, e le università sotto quella dei singoli Stati. Ora furono poste tutte sotto il ferreo comando del ministro del Reich per l'Educazione che nominava anche i rettori e i decani delle università, fino allora eletti dal consiglio dei professori delle singole facoltà. Egli nominava anche i dirigenti dell'unione degli studenti universitari, alla quale dovevano appartenere tutti gli studenti, e dell'unione degli insegnanti, che comprendeva tutti i docenti. L'associazione NS dei docenti universitari, sotto lo stretto controllo di esperti nazisti, ebbe un ruolo decisivo nella scelta di coloro che dovevano insegna274 Trionfo e consolidamento re controllando che gli insegnamenti fossero conformi alle teorie nazista. Il risultato di una nazificazione spinta a tal punto, fu catastrofico per l'istruzione e la cultura tedesca. La storia fu talmente falsificata nei nuovi libri di testo e nelle lezioni degli insegnanti, che divenne una cosa ridicola. L'insegnamento delle " scienze razziali ", che esaltavano i tedeschi come la razza dominatrice e descrivevano gli ebrei come la causa di quasi tutti i mali del mondo, fu ancora più catastrofico. Nella sola Università di Berlino, dove Pagina 193
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt avevano insegnato nel passato tanti illustri studiosi, il nuovo rettore, membro dei reparti d'assalto, di professione veterinario, istituì venticinque nuovi corsi di Rassenkunde (scienza razziale) e, quando ebbe completamente disintegrata l'università, istituì ottantasei corsi legati alla sua professione. L'insegnamento delle scienze naturali, nelle quali la Germania aveva eccelso per generazioni, peggiorò rapidamente. Grandi professori come Eins-tein e Franck per la fisica, Haber, Willstatter e Warburg per la chimica, furono licenziati o si dimisero. Quelli che rimasero, o almeno molti di essi, furono contagiati dalle aberrazioni naziste e cercarono di applicarle alla scienza pura. Cominciarono ad insegnare ciò che chiamavano la fisica tedesca, la chimica tedesca, la matematica tedesca. Infatti, nel 1937 uscì un giornale intitolato " Deutsche Mathematik " il cui primo articolo proclamava solennemente che l'idea che la matematica potesse essere giudicata indipendente dalla razza, portava " in sé il germe della distruzione della scienza tedesca ". Le farneticazioni di questi scienziati tedeschi divennero incredibili anche per un profano. " La scienza tedesca? - chiese il professor Philipp Lenard dell'Università di Heidelberg, uno degli scienziati del Terzo Reich pili colti e rispettati in campo internazionale. - Ma, si risponderà, la scienza è e rimane internazionale. Ebbene, ciò è falso: in realtà la scienza, come ogni altro prodotto umano, è legata alla razza e condizionata dal sangue ". Il professor Rudolph Tomaschek, direttore dell'istituto di fisica di Dresda, si spinse più oltre: " La fisica moderna, - egli scrisse, - è uno strumento del giudaismo mondiale per la distruzione della scienza nordica... La vera fisica è creazione dello spirito tedesco... Infatti tutta la scienza europea è frutto del pensiero ariano, o meglio tedesco ". Il professor Johannes Stark, capo dell'Istituto nazionale tedesco di scienze fisiche, aveva lo stesso modo di vedere le cose. " Si potrebbe constatare, - egli disse, - che gli iniziatori della ricerca nel campo della fisica e i grandi inventori da Galileo a Newton, fino ai pionieri della fisica del nostro tempo, furono quasi esclusivamente ariani e, in numero predominante, appartenenti alla razza nordica ". Ci fu anche il professore Wilhelm Muller, del Politecnico di Aquisgrana, che in un libro intitolato 11 giudaismo e la scienza immaginò un complotto mondiale ebraico per contaminare le scienze e, di conseguenza, distruggere la civiltà. Per lui Einstein, con la sua teoria della relatività, era l'arcidemo-nio. Secondo questo singolare professore nazista, la teoria di Einstein, su cui si basa tanta parte della fisica moderna, " mira dal principio alla fine a trasformare, come per stregoneria, il mondo vivente - e cioè quello non La vita nel Terzo Ketch 275 ebraico - nato dalla madre terra e basato sul sangue, in un'astrazione spettrale in cui tutte le differenze individuali dei popoli e delle nazioni, nonché le caratteristiche più intime delle razze si perdono nell'irrealtà, e in cui sopravvive soltanto una insostanziale diversità di dimensioni geometriche, che produce tutti gli avvenimenti con la coartazione della sua atea soggezione alle leggi ". Il consenso mondiale ottenuto da Einstein con la pubblicazione della sua teoria sulla relatività, dichiarò il professor Mùller, fu in realtà soltanto una manifestazione di giubilo per " l'approssimarsi di un dominio ebraico sul mondo che avrebbe dovuto ridurre la virilità tedesca, irrevocabilmente ed eternamente, al livello di un'inerte schiavitù ". Per il professor Ludwig Bieberback, dell'Università di Berlino, Einstein era un " ciarlatano straniero ". Anche secondo il professor Lenard: " all'ebreo manca fondamentalmente la capacità di capire la verità..., essendo egli sotto questo punto di vista molto diverso dal ricercatore ariano, dotato dell'attento e serio desiderio di cercare la verità... La fisica ebraica è quindi un fantasma e un fenomeno di degenerazione della fondamentale fisica tedesca "7. Eppure dal 1905 al 1931 dieci ebrei tedeschi avevano avuto il premio Nobel per il loro contributo alla scienza. Durante il Secondo Reich, i professori di università, al pari del clero protestante, avevano appoggiato ciecamente il governo conservatore e le sue mire espansionistiche, e le aule delle lezioni erano state fucine di virulento nazionalismo e antisemitismo. La Repubblica di Weimar aveva voluto, in campo accademico, una completa libertà. Ne era risultato, tra l'altro, che quasi tutti gli insegnanti universitari, decisamente antiliberali, antidemocratici e antisemiti, avevano contribuito a minare il regime democratico. La maggior parte dei professori erano nazionalisti fanatici che desideravano la restaurazione di una Germania conservatrice e monarchica. E sebbene prima del 1933 i nazisti fossero considerati da molti di loro troppo rumorosi e violenti per conquistarsi la loro simpatia, pure gli insegnamenti di questi professori contribuirono a Pagina 194
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt preparare l'avvento del nazismo. Già nel 1932 la maggior parte degli studenti sembrava entusiasta di Hitler. Fu sorprendente constatare quanti membri delle facoltà universitarie accettarono supinamente la nazificazione della cultura superiore, dopo il 1933. Sebbene cifre ufficiali indichino in 2800 (circa un quarto della totalità) il numero dei professori e dei docenti licenziati durante i primi cinque anni del regime, la proporzione di coloro che persero il posto per aver sfidato il nazionalsocialismo fu - come constatò il professor Wilhelm Rò'pke, anch'egH radiato dall'Università di Marburgo nel 1933 - "quanto mai scarsa". Ciò nonostante, tra quei pochi si trovavano nomi famosi nel mondo accademico tedesco: Karl Jaspers, E. I. Gumbel, Theodor Litt, Karl Barth, Julius Eb-binghaus e vari altri. I più emigrarono prima in Svizzera, Olanda e Inghilterra, e in seguito in America. Uno di loro, il professor Theodor Lessing, 276 Trionfo e consolidamento fuggito in Cecoslovacchia, fu rintracciato dai sicari nazisti e assassinato a Marienbad il 31 agosto 1933. La grande maggioranza dei professori, tuttavia, rimase al suo posto e, già nell'autunno del 1933, circa 960, guidati da luminari della scienza quali il professor Sauerbruch, chirurgo, Heidegger, filosofo esistenzialista, e Pinder, studioso di storia dell'arte, dichiararono pubblicamente il loro appoggio a Hitler e al regime nazionalsocialista. " Fu una scena di prostituzione, - scrisse più tardi il professor Rbpke, che ha macchiato la storia onorevole della cultura germanica "8. Come disse il professor Julius Ebbinghaus, rievocando nel 1945 quel cataclisma, " le università tedesche non vollero, finché erano in tempo, opporsi pubblicamente, con tutta la loro influenza, alla distruzione del sapere e dello Stato democratico. Esse non vollero conservare acceso il faro della libertà e della giustizia durante la notte della tirannide "9. Il costo di questa viltà fu grande: dopo sei anni di nazificazione il numero degli studenti universitari diminuì di più della metà - da 127920 a 58 325. La diminuzione delle iscrizioni agli istituti tecnici, che fornivano alla Germania i suoi scienziati e ingegneri, fu ancor più notevole - da 20 474 a 9554. Il livello culturale accademico scese vertiginosamente. Nel 1937 non si notava soltanto una scarsità di giovani nelle facoltà di scienze e ingegneria, ma anche una decadenza nel grado della loro preparazione. Molto prima dello scoppio della guerra, l'industria chimica, occupatissima a collaborare all'incremento del riarmo nazista, si lamentava attraverso il suo organo ufficiale, " Die Chemische Industrie ", che la Germania stava perdendo il primato nella chimica. Non solo l'economia - osservava - ma anche la difesa nazionale era in pericolo, e attribuiva lo scarso numero dei giovani scienziati e la loro preparazione scadente al basso livello degli istituti tecnici. Lo svantaggio della Germania fu, come si vide poi, un vantaggio per il mondo libero, specialmente nella gara per la realizzazione della bomba atomica. La storia dei fortunati sforzi dei capi nazisti, guidati da Himmler, per ostacolare il programma atomico, è troppo lunga e complicata per essere raccontata in queste pagine. Fu però un'ironia del destino che la realizzazione della bomba atomica negli Stati Uniti dovesse tanto a due uomini che erano stati esiliati dalle dittature nazista e fascista per cause razziali e politiche, Einstein dalla Germania e Fermi dall'Italia. Per Hitler avevano importanza non tanto le scuole pubbliche, che egli stesso aveva abbandonato così presto, quanto le organizzazioni della Gioventù hitleriana, con le quali egli contava di educare ai suoi fini la gioventù tedesca. Negli anni della lotta sostenuta per il potere dal partito nazista, il movimento della Gioventù hit riana aveva avuto scarsa importanza. Nel 1932, ultimo anno della Repubblica, gli iscritti erano solo 107 956, rispetto ai circa dieci milioni di giovani appartenenti alle varie organizzazioni riunite nel Comitato del Reich per le Associazioni della Gioventù Tedesca. In nesLa vita nel Terzo Reich 277 sun paese del mondo vi era stato un movimento giovanile cosf imponente per numero e vitalità. Hitler, sapendo ciò, era ben deciso ad impossessarsene e a nazificarlo. Il principale esecutore di questo compito fu un bel giovane, di mente mediocre ma di grande attitudine al comando, Baldur von Schirach, che, preso dall'incantesimo di Hitler, si era iscritto al partito nel 1925, a diciott'an-ni, e nel 1931 era stato nominato capo della gioventù del partito nazista. In mezzo alle sfregiate, litigiose Camicie Brune, egli aveva il curioso Pagina 195
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt aspetto di uno studente di college americano, fresco ed immaturo, e ciò era forse dovuto al fatto che egli aveva, come abbiamo visto, antenati americani (tra cui due firmatari della Dichiarazione di Indipendenza)10. Schirach fu nominato " capo della Gioventù del Reich tedesco " nel giugno 1933. Scimmiottando la tattica dei più anziani capipartito, la sua prima azione fu quella di mandare una banda armata di cinquanta affiliati alla Gioventù hitleriana, ad occupare gli uffici centrali del Comitato del Reich per le Associazioni Giovanili Tedesche; in questa spedizione un vecchio ufficiale dell'esercito prussiano, il generale Vogt, capo del comitato, fu scacciato. Subito dopo Schirach assalì uno dei più famosi eroi della marina tedesca, l'ammiraglio von Trotha che era stato capo di Stato maggiore della flotta d'alto mare nella prima guerra mondiale, e che ora era presidente dell'associazione giovanile. Anche questo stimato ammiraglio fu messo in fuga, la sua carica abolita e la sua organizzazione sciolta. Proprietà del valore di milioni di dollari furono confiscate, soprattutto negli ostelli per la gioventù disseminati in tutta la Germania. Il concordato del 20 luglio 1933 si era particolarmente preoccupato di assicurare la continuazione indisturbata dell'associazione della gioventù cattolica. Il i" dicembre 1936, Hitler decretò che si mettessero fuori legge questa e tutte le altre organizzazioni giovanili non naziste. ... Tutta la gioventù tedesca del Reich fa parte dell'organizzazione della Gioventù hitleriana. ' La gioventù tedesca, oltre ad essere allevata nella famiglia e nelle scuole, verrà educata tìsicamente, intellettualmente e moralmente nello spirito del nazionalsocialismo... nella Gioventù hitleriana ". Schirach, il cui ufficio prima dipendeva dal Ministero dell'Educazione, ora divenne responsabile direttamente verso Hitler. Il mediocre giovanotto di ventinove anni, che scriveva versi leziosi in lode di Hitler (" questo genio che rasenta le stelle ") emulando Rosenberg nel suo stravagante paganesimo e Streicher nel suo virulento antisemitismo, era divenuto il dittatore della gioventù del Terzo Reich. Dai sei ai diciotto anni, età in cui cominciava la coscrizione per il lavoro obbligatorio o nell'esercito, i giovani d'ambo i sessi, erano organizzati nei diversi quadri della Gioventù hitleriana. I genitori che risultavano colpevoli di aver tentato di impedire che i loro figli entrassero a far parte dell'organizzazione, erano passibili di gravi condanne detentive anche se, in qualche caso, essi si opponevano semplicemente a che le fanciulle entrassero in organiz278 Trionfo e consolidamento zazioni in cui i casi di gravidanza avevano assunto proporzioni scandalose. Dai sei ai dieci anni, i bambini compivano una sorta di apprendistato prima di entrare nella Gioventù hitleriana, in qualità di Pimpf. A ognuno era dato un libretto personale in cui venivano registrati i suoi progressi, anche in campo ideologico, durante tutto il periodo della sua appartenenza al movimento giovanile nazista. A dieci anni, superato uno speciale esame di atletica, campeggio e storia nazificata, egli entrava a far parte del Jungvolk (Giovane popolo) ove prestava il seguente giuramento: In presenza di questa bandiera di sangue che rappresenta il nostro Fuhrer, giuro di dedicare tutte le mie energie e la mia forza al salvatore del nostro paese, Adolf Hitler. Sono disposto e pronto a dare la mia vita per lui, con l'aiuto di Dio. A quattordici anni il ragazzo entrava nella Gioventù hitleriana propriamente detta e vi rimaneva fino ai diciott'anni, quando passava al lavoro obbligatorio o nell'esercito. La Gioventù hitleriana era un'organizzazione molto vasta e di tipo paramilitare simile alle SA, e in essa i giovani che tra poco sarebbero stati uomini ricevevano un'istruzione sistematica, non solo nel campo dello sport, del campeggio e dell'ideologia nazista, ma anche in quello dell'arte militare. Più d'una volta chi scrive questo libro fu interrotto nelle sue scampagnate di fine settimana nei dintorni di Berlino da giovani hitleriani vaganti per i boschi o attraverso la brughiera, con i fucili puntati e pesanti zaini militari sulle spalle. Qualche volta anche le ragazze giocavano ai soldati, dato che il movimento della Gioventù hitleriana non trascurava l'altro sesso. Dai dieci ai quattordici anni, le fanciulle tedesche venivano arruolate come Jungmàdel - letteralmente "giovani ragazze": portavano anch'esse un'uniforme, composta di una blusa bianca, una gonna blu scuro, calzini e pesanti scarpe da montagna (non certo Pagina 196
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt molto femminili). Il loro addestramento assomigliava molto a quello impartito ai ragazzi della stessa età, e comprendeva lunghe marce con pesanti fardelli ogni fine settimana e il solito addottrinamento in " filosofia " nazista. Si metteva però in particolare rilievo il compito delle donne del Terzo Reich: essere innanzi tutto sane madri di sani figli. Su questo punto si insisteva ancor più quando le ragazze, a quattordici anni, entravano a far parte del BDM - Bund Deutscker Màdel (Lega delle fanciulle tedesche). A diciotto anni molte migliaia delle ragazze del BDM (dove rimanevano fino ai ventun anni) andavano a lavorare, per un anno, nelle aziende agricole: era il loro cosiddetto Landjahr, equivalente al lavoro obbligatorio dei giovani. Era loro compito aiutare sia in casa che nei campi. Le ragazze vivevano a volte nelle fattorie, e spesso in piccoli accampamenti nei distretti rurali dai quali, ogni mattina di buon'ora, venivano condotte in camion alle fattorie. Sorsero presto problemi morali. La presenza di una graziosa ragazza di città alle volte disgregava la famiglia di un contadino, e si cominciarono ad udire vivaci proteste da parte di genitori le cui figlie erano state rese madri nelle fattorie. Ma non era il solo problema: di solito, un campo di ragazze era situato vicino a un campo di lavoro per giovani. Anche questa viciLa vita nel Terzo Ketch 279 nanza sembra fosse causa di molte gravidanze. Un distico ironico, ispirato dal motto del Fronte del Lavoro " La forza mediante il piacere ", ma che si applicava particolarmente bene al Landjahr delle ragazze, fece il giro di tutta la Germania: Nei campi e nelle brughiere persi la forza nel piacere. Analoghi problemi morali sorgevano anche durante l'anno di esperienza domestica, per raggiungere la quale circa mezzo milione di ragazze hitleriane passavano un anno al servizio presso una famiglia cittadina. Veramente, i più convinti nazisti non li consideravano affatto problemi morali. Più volte ebbi occasione di udire dirigenti femminili del BDM - invariabilmente di aspetto insignificante e di solito nubili - che catechizzavano le ragazze affidate alla loro custodia sul dovere morale e patriottico di mettere al mondo figli per il Reich di Hitler: legittimi qualora fosse possibile, illegittimi se necessario. Alla fine del 1938, la Gioventù hitleriana contava 7 728 259 iscritti. Per grande che fosse questo numero, circa quattro milioni di giovani erano riusciti a rimanere estranei all'organizzazione, e nel marzo 1939 il governo emanò una legge per la coscrizione di tutti i giovani nella Gioventù hitleriana, con lo stesso criterio del richiamo alle armi. I genitori che cercavano di opporsi furono ammoniti: i loro figli sarebbero stati sottratti alla famiglia e messi in orfanotrofi o in altre istituzioni. La svolta finale per l'educazione nel Terzo Reich venne con l'istituzione di tre tipi di scuole per l'istruzione dell'elite: le scuole Adolf Hitler, sotto la direzione della Gioventù hitleriana, gli Istituti Politici Nazionali per l'Educazione, e i Castelli dell'Ordine; questi ultimi due sotto l'egida del partito. Le scuole Adolf Hitler accoglievano i ragazzi più promettenti dello Jung-volk, all'età di dodici anni, e impartivano loro, per un periodo di sei anni, un addestramento intensivo per i posti di comando nel partito e nei pubblici servizi. I giovani vivevano in queste scuole secondo una disciplina spartana, e, ottenuto il diploma, potevano essere ammessi all'università. Dieci di queste scuole furono fondate dopo il 1937, di cui la principale era la Akade-mie di Brunswick. Lo scopo degli Istituti Politici di Educazione era quello di ripristinare il tipo di educazione già impartito nelle vecchie accademie militari prussiane. Ciò, secondo un commento ufficiale, serviva a coltivare " lo spirito militaresco con i suoi attributi di coraggio, senso del dovere e semplicità ". Si aggiungeva a ciò una speciale istruzione dei principi nazisti. Le scuole erano soggette alla supervisione delle SS, che fornivano loro i direttori e la maggior parte degli insegnanti. Tre di queste scuole furono fondate nel 1933; divennero trentuno alla vigilia della guerra. Tre di queste erano femminili. Proprio in cima alla piramide stavano i cosiddetti Castelli dell'Ordine, a8o Trionfo e consolidamento gli Ordensburgen. In questi, nell'atmosfera dei castelli dell'Ordine dei Cavalieri Teutonici del quattordicesimo e quindicesimo secolo, era educata l'elite dell'elite nazista. L'ordine cavalieresco dei Cavalieri Teutonici era stato fondato sul principio dell'ubbidienza assoluta al " maestro ", VOrdens-meister, e aveva consacrato la sua attività alla conquista, da parte Pagina 197
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt germanica, delle terre slave dell'est, e all'asservimento dei loro abitanti. I Castelli dell'Ordine nazisti avevano disciplina e scopi simili. Soltanto i più fanatici giovani nazionalsocialisti vi erano ammessi, scelti di solito dai ranghi più elevati dei graduati delle scuole Adolf Hitler e degli Istituti Politici. Vi erano quattro castelli, e ogni giovane li frequentava tutti, in periodi successivi. Il primo dei sei anni, lo studente lo passava nel castello specializzato in " scienze razziali " e in altri aspetti dell'ideologia nazista. La maggior cura era data all'esercizio e alla disciplina mentale e poi, in linea subordinata, all'esercizio fisico. Questa graduatoria era capovolta il secondo anno, in un castello in cui avevano il primo posto l'atletica e gli sport, inclusi l'alpinismo e il lancio col paracadute. Il terzo castello, in cui gli studenti passavano l'anno e mezzo successivo, impartiva un'educazione politica e militare. Infine, nel quarto e ultimo stadio della sua educazione, lo studente era inviato a trascorrere un anno e mezzo all'Ordensburg di Marienburg nella Prussia orientale, vicino alla frontiera polacca. Lì, proprio tra le mura dello stesso castello dell'Ordine che era stato, cinque secoli prima, una fortezza dei Cavalieri Teutonici, la sua istruzione politica e militare veniva centrata sulla " questione orientale " e sul bisogno (e diritto!) della Germania di espandersi entro terre slave nella sua eterna ricerca di Lebensraum (spazio vitale). Eccellente preparazione, come risultò e così certo doveva risultare, per gli avvenimenti del 1939 e degli anni successivi. In tal modo venivano preparati i giovani per la vita, il lavoro, la morte nel Terzo Reich. Sebbene la loro mente venisse deliberatamente avvelenata, gli studi regolari interrotti, la famiglia largamente sostituita nell'opera di " educazione ", i ragazzi e le ragazze e i giovani dei due sessi sembravano immensamente felici, pieni di entusiasmo per la loro vita di affiliati alla Gioventù hitleriana; e, senza dubbio, la consuetudine di riunire assieme i figli di tutte le classi sociali e di tutti gli strati della vita nazionale, così che tutti, provenienti da un ambiente povero o ricco, dalla casa di un operaio, di un contadino, di un commerciante o di un aristocratico, dividessero compiti comuni, era in sé buona e salutare. Per lo più non nuoceva a un ragazzo o a una fanciulla di città passare sei mesi nell'organizzazione di lavoro obbligatorio, dove vivevano all'aria aperta e apprendevano l'importanza del lavoro manuale e della convivenza con persone di diverso ambiente. Chi viaggiava su e giù per la Germania in quei giorni e parlava con i giovani nei loro campi, e li osservava lavorare e giocare e cantare, non poteva non rendersi conto, per quanto negativi fossero gli insegnamenti impartiti, che ci si trovasse di fronte a un movimento giovanile straordinariamente dinamico. La vita nel Terzo Reich 281 I giovani del Terzo Reich crescevano con un corpo forte e sano, una fede nel futuro del loro paese e in se stessi, e un senso di fratellanza e cameratismo che distruggeva tutte le barriere di classe, economiche e sociali. Ripensai a questo più tardi, nel maggio del 1940, quando sulle strade tra Aquisgrana e Bruxelles notai il contrasto tra i soldati tedeschi, robusti e abbronzati per aver trascorso la gioventù al sole e con una sana alimentazione, e i primi prigionieri britannici, con i loro toraci scavati, le spalle curve, il colorito pallido e i denti guasti, tragici esempi di quella gioventù che l'Inghilterra aveva trascurato, con cosi poco senso di responsabilità, negli anni tra le due guerre. L'agricoltore nel Terzo Reich. Quando Hitler salì al potere nel 1933, gli agricoltori, come in quasi tutti i paesi, si trovavano in ristrettezze disperate. Secondo un collaboratore della " Frankfurter Zeitung ", essi attraversavano la peggiore situazione dai tempi in cui la disastrosa guerra dei contadini del 1524-25 aveva devastato le campagne tedesche. Il reddito dell'agricoltura aveva subito, nel 1932-33, un ribasso senza precedenti: esso era inferiore di oltre un miliardo di marchi a quello dell'anno più sfortunato del dopoguerra, il 1924-25. I contadini avevano dodici miliardi di debiti, quasi tutti contratti negli ultimi otto anni. L'interesse di questi debiti sottraeva circa il 14 per cento del reddito agricolo complessivo, e a ciò era da aggiungere un onere proporzionale di tasse e contributi per i servizi sociali. " Miei compagni di partito, mettetevi bene in mente una cosa: vi è solo un'ultima, estrema speranza per l'agricoltura tedesca ", ammoni Hitler all'inizio della sua carica di cancelliere, e, nell'ottobre 1933, dichiarò che " la rovina dell'agricoltura tedesca 'sarebbe stata la rovina del popolo tedesco ". Per anni il partito nazista aveva cercato di guadagnarsi l'appoggio degli Pagina 198
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt agricoltori. L'articolo 17 dell'" inalterabile " programma del partito prometteva loro una " riforma fondiaria..., una legge per la confisca di terre, senza compenso, per fini comuni; l'abolizione dell'interesse sui prestiti agricoli, e misure per impedire ogni speculazione sulla terra ". Come la maggior parte degli altri punti del programma, le promesse agli agricoltori non furono mantenute, ad eccezione dell'ultimo provvedimento circa la speculazione sui terreni. Nel 1938, dopo cinque anni di governo nazista, la distribuzione della terra era tuttora più sproporzionata che in qualsiasi altro paese occidentale. Le cifre pubblicate quell'anno nell'annuario statistico ufficiale dimostrarono che i due milioni e mezzo di piccole fattorie possedevano complessivamente una quantità di terreno inferiore all'uno per cento delle grandi proprietà fondiarie. Al pari dei governi socialisti e borghesi della Repubblica, la dittatura nazista non osò frazionare le immense proprietà feudali degli Jurtker, a est dell'Elba. 282 Trionfo e consolidamento Ciò nonostante, il regime nazista inaugurò un programma agricolo completamente nuovo, accompagnato da una grande propaganda a base sentimentale che parlava di Blut una Boden (sangue e suolo) e definiva il contadino il sale della terra e la principale speranza del Terzo Reich. Per portare a compimento questo programma, Hitler designò Walther Darre, uno dei pochi capi partito che conoscesse bene il suo mestiere, nonostante la sua fede in gran parte dei miti nazisti. Ottimo specialista in materia agricola, con una adeguata preparazione accademica, egli era stato funzionario presso i Ministeri dell'Agricoltura di Prussia e del Reich. Costretto ad allontanarsene per disaccordi con i suoi superiori, si era ritirato nel 1929 nella sua casa in Renania a scrivere un libro intitolato II contadino, fonte di vita per la razza nordica. Un tale titolo doveva per forza attirare l'attenzione dei nazisti. Rudolf Hess condusse Darre da Hitler, il quale ebbe di lui un'impressione così favorevole che lo incaricò di tracciare un programma agricolo idoneo per il partito. Con il licenziamento di Hugenberg nel giugno 1933, Darre divenne ministro degli Approvvigionamenti e dell'Agricoltura. In settembre egli era pronto con i suoi piani per riformare l'agricoltura tedesca. Due leggi fondamentali promulgate in quel mese riorganizzarono l'intera struttura della produzione e del mercato, coll'obiettivo di assicurare agli agricoltori prezzi più alti e allo stesso tempo creare nuove condizioni di vita per il contadino tedesco: questo secondo scopo si sarebbe realizzato, in modo paradossale, riportando il contadino stesso a quell'arcaica condizione, propria dei tempi feudali, in cui le fattorie venivano assegnate in eredità obbligatoria, e gli agricoltori e i loro successivi eredi forzatamente legati al proprio pezzo di terra (purché fossero tedeschi ariani) fino alla fine dei secoli. La legge sull'ereditarietà dei poderi del 29 settembre 1933 costituì un interessante compromesso tra il ritorno forzato dei contadini ai tempi medievali, e la protezione loro concessa contro gli abusi dell'economia monetaria moderna. Tutti i poderi fino a 308 acri (125 ettari) che potevano fornire i mezzi di sussistenza per la vita di una famiglia, furono dichiarati patrimonio ereditario, soggetto alle antiche leggi di trasmissione ereditaria. Non potevano essere venduti, divisi, ipotecati o congelati per debiti. Alla morte del proprietario, essi dovevano essere trasmessi al maggiore dei figli, o al più giovane, secondo gli usi locali, o al parente maschio più vicino, il quale era obbligato a provvedere ai mezzi di sostentamento e all'educazione dei fratelli e delle sorelle fino alla maggiore età. Soltanto un cittadino tedesco di razza ariana, che potesse provare la purezza del suo sangue fin dal 1800, poteva possedere un tale podere. E soltanto lui, diceva la legge, poteva portare il " titolo onorato " di Bauer o contadino, che avrebbe perso se commetteva qualche infrazione al " codice d'onore del contadino ", o cessava di dedicarsi attivamente all'agricoltura per incapacità o altri motivi. In tal modo l'agricoltore tedesco, gravemente indebitato all'inizio del Terzo Reich, fu protetto contro la perdita della proprietà per ipoteche e contro il suo continuo spezzettamento (non era più necessario venderne un pezzo per La vita nel Terzo Reich 283 pagare un debito), ma allo stesso tempo si trovò legato alla terra, irrevocabilmente, come i servi della gleba dei tempi feudali. Ogni aspetto della sua vita e del suo lavoro era severamente regolato dalla Pagina 199
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Corporazione Alimentare del Reich, istituita da Darre con la legge del 13 settembre 1933, una vasta organizzazione che aveva autorità su ogni ramo immaginabile della produzione agricola, del mercato e del consumo dei prodotti, e che egli stesso dirigeva in qualità di capo degli agricoltori del Reich. I principali obiettivi di questa organizzazione erano due: ottenere prezzi stabili e vantaggiosi per il contadino, e rendere la Germania autosufficiente nel campo dell'alimentazione. Quale fu il risultato di tale politica? All'inizio certamente l'agricoltore, che per tanto tempo si era sentito trascurato da uno Stato che sembrava preoccuparsi soltanto degli interessi delle aziende e dei lavoratori, fu lusingato di essere scelto come oggetto di tanta attenzione, e proclamato eroe nazionale e cittadino onorato. Fu ancora più soddisfatto dell'aumento dei prezzi, che Darre aveva ottenuto semplicemente fissandoli ad arbitrio a un conveniente livello. Nei primi due anni di governo nazista, i prezzi all'ingrosso dei prodotti agricoli aumentarono del 20 per cento (l'aumento fu un po' più accentuato per le verdure, i prodotti derivati dal latte e il bestiame), ma questo vantaggio fu in parte annullato da un analogo rialzo nel prezzo degli articoli che il contadino doveva comprare, soprattutto macchine e concimi. Quanto all'autosufficienza in campo alimentare, giudicata necessaria dai capi nazisti che, già, come vedremo, preparavano una guerra, la meta non fu mai raggiunta, né, data la qualità e la quantità del suolo tedesco in raffronto alla sua popolazione, avrebbe mai potuto esserlo. Il meglio che il paese potè fare, nonostante gli sforzi compiuti dai nazisti nella tanto strombazzata " campagna per la produzione ", fu di raggiungere l'83 per cento di autonomia, e fu solo grazie alla conquista di territori stranieri che la Germania potè procurarsi viveri sufficienti per resistere così a lungo durante la seconda guerra mondiale. L'economia nel Terzo Reich. Il successo di Hitler si basò, nei primi anni, non solo sui suoi trionfi in politica estera che permisero tante conquiste senza spargimento di sangue, ma pure sulla ripresa economica della Germania che, nei circoli del partito e anche in alcuni ambienti economici stranieri, fu accolta come un miracolo. E invero avrebbe potuto sembrare tale a molti. La disoccupazione, calamità che funestò il decennio 1920-30 e i primi anni di quello successivo, fu ridotta, come abbiamo visto, da 6 milioni nel 1932 a meno di un milione quattro anni più tardi. La produzione nazionale crebbe del 102 per cento dal 1932 al 1937, mentre il reddito nazionale fu raddoppiato. A uno spettatore la Germania degli anni intorno al 1935 sembrava un grande alveare: 284 Trionfo e consolidamento le ruote dell'industria ronzavano e ognuno era affaccendato come un'ape. Nel primo anno la politica economica nazista, diretta in gran parte dal dottor Schacht (Hitler, da parte sua, detestava interessarsi di economia, scienza che ignorava quasi totalmente), mirò soprattutto a ridare un lavoro ai disoccupati, promuovendo lavori pubblici di vasta portata e dando nuovo impulso all'iniziativa privata. Il credito governativo fu fornito con la emissione di speciali buoni di disoccupazione, e furono concesse generose agevolazioni fiscali alle imprese che aumentavano il loro capitale e incrementavano la mano d'opera. Ma la vera base su cui si fondò la ripresa tedesca fu il riarmo, verso il quale il regime nazista orientò lo sforzo delle imprese e dei lavoratori (come pure dei generali) dal 1934 in poi. L'intera economia tedesca fini con l'essere definita, nel linguaggio nazista, Wehrwirtschaft o economia di guerra, e fu deliberatamente predisposta non solo per i tempi di guerra, ma anche per la pace che a quella guerra conduceva. Il generale Ludendorff, nel suo libro Guerra totale (Der Totale Krieg), titolo mal tradotto in inglese come La nazione in guerra, stampato in Germania nel 1935, aveva sottolineato la necessità di mobilitare l'economia della nazione sulla stessa base totalitaria degli altri settori del paese, per prepararsi convenientemente alla guerra totale. Questa non era un'idea del tutto nuova per i tedeschi, poiché già in Prussia, durante il xvm e xix secolo, circa i cinque settimi del reddito del governo, come abbiamo visto, venivano spesi per l'esercito, e l'intera economia nazionale era sempre considerata anzitutto uno strumento non già del benessere del popolo, bensì della politica militare. Diventò compito del regime nazista ripristinare la Wehrwirtschaft nel terzo decennio del xx secolo. I risultati furono fedelmente riassunti dal maggior generale Georg Thomas, capo di Stato maggiore per l'economia militare: " La storia avrà solo pochi esempi di nazioni che, anche in tempo di pace, abbiano Pagina 200
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt organizzato deliberatamente e sistematicamente tutte le loro forze economiche in funzione delle necessità della guerra, come fu costretta a fare la Germania nel periodo tra le due guerre mondiali " ". La Germania, naturalmente, non era " costretta " a prepararsi per la guerra su cosi vasta scala: tutto ciò fu una precisa decisione presa da Hitler. Nella legge segreta per la difesa del 21 maggio 1935, egli nominò Schacht plenipotenziario generale per l'economia di guerra, ordinandogli di " cominciare il suo lavoro già in tempo di pace " e conferendogli l'autorità di " dirigere i preparativi economici per la guerra ". L'impareggiabile Schacht non aveva aspettato fino alla primavera del 1935 per cominciare ad organizzare l'economia tedesca in vista della guerra. Il 30 settembre 1934, meno di due mesi dopo esser divenuto ministro dell'Economia, sottopose al Fiihrer una relazione intitolata " Rapporto a tutto il 30 settembre 1934 sullo stato dei lavori per la mobilitazione economico-militare ", nella quale egli faceva orgogliosamente notare che il suo ministero " è stato incaricato di organizzare la preparazione economica per la guerra ". Il 3 maggio 1935, quattro settimane prima di essere nominato plenipotenziario per l'economia di guerra, Schacht La vita nel Terzo Reich 285 aveva consegnato a Hitler un memorandum personale; esso iniziava affermando che " l'attuazione del programma per un veloce e imponente riarmo, è il problema [il corsivo è suo] della politica tedesca; ogni altra cosa perciò dovrà essere subordinata a questo scopo... " Schacht spiegò a Hitler che, poiché " l'armamento doveva essere mascherato completamente fino al 16 marzo 1935 (data in cui Hitler doveva annunciare la coscrizione per un esercito di 36 divisioni) era necessario usare la zecca per finanziarne la prima fase. Egli sottolineò anche, con un certa allegria, che i fondi confiscati ai nemici dello Stato (in massima parte ebrei) e altri derivanti dai depositi ban-cari stranieri bloccati, avevano contribuito a pagare i fucili di Hitler. " In tal modo, - egli si vantò, - i nostri armamenti sono in parte finanziati con i crediti dei nostri nemici politici " ". Sebbene al processo di Norimberga egli si dichiarasse innocente dell'accusa di aver partecipato alla cospirazione nazista per scatenare una guerra di aggressione (aveva fatto proprio il contrario, dichiarò!), rimane il fatto che nessun singolo individuo fu responsabile quanto Schacht dei preparativi economici della Germania per la guerra provocata da Hitler nel 1939. Ciò fu spontaneamente riconosciuto dall'esercito. In occasione del sessantesimo compleanno di Schacht, la rivista militare " Militar-Wochenblatt ", nel numero del 22 gennaio 1937, lo salutava come " l'uomo che rese economicamente possibile la ricostruzione della Wehrmacht ", aggiungendo: " Le forze della difesa devono alla capacità di Schacht e alla sua grande abilità se, a dispetto delle difficoltà finanziarie, esse hanno potuto raggiungere la presente potenza, partendo da un esercito di zoo ooo uomini ". Tutta la ben nota scaltrezza di Schacht nel campo finanziario fu messa in opera per poter alimentare i preparativi di guerra del Terzo Reich. La stampa di banconote fu solo uno degli artifici. Egli compiva tali giochi di prestigio con la valuta tedesca che a un certo momento alcuni economisti stranieri calcolarono che questa aveva 237 valori diversi. Egli condusse a buon fine trattative di scambio sorprendentemente vantaggiose per la Germania con dozzine di paesi, e, tra lo stupore degli economisti ortodossi, dimostrò felicemente che più si era in debito con un paese, più si facevano affari con esso. La creazione, da parte sua, di un credito in un paese che aveva poco capitale liquido e quasi nessuna riserva finanziaria, fu un'opera geniale, o, come disse qualcuno, l'opera di un autentico prestigiatore. La sua invenzione dei cosiddetti buoni " Mefo " ne fu un buon esempio. Si trattava di buoni emessi dalla Reichsbank e garantiti dallo Stato, usati per pagare i fabbricanti d'armi. Questi titoli erano accettati da tutte le banche tedesche e scontati dalla Reichsbank. Poiché non comparivano né nelle quotazioni della banca nazionale, né nel bilancio del governo, essi permettevano di mantenere segreta la misura del riarmo tedesco. Dal 1935 al 1938 furono usati esclusivamente per finanziare il riarmo e raggiunsero un totale di dodici miliardi di marchi. Nel descriverli a Hitler, il conte Schwerin von Kro-sigk, ministro delle Finanze, alquanto imbarazzato da questa situazione, notò che rappresentavano semplicemente " un mezzo per stampare moneta " ". 286 Trionfo e consolidamento Nel settembre del 1936, con l'inaugurazione del piano quadriennale sotto il ferreo controllo di Goring, che aveva sostituito Schacht in qualità di dittatore economico, nonostante fosse, nel campo degli affari, ignorante quasi quanto Pagina 201
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Hitler, la Germania adottò completamente un'economia di guerra. Lo scopo del piano era di rendere la Germania autosufficiente entro quattro anni, in modo che il blocco conseguente a una guerra non potesse soffocarla. Le importazioni furono ridotte al minimo indispensabile, furono introdotti controlli sui prezzi e sui salari, i dividendi vennero ridotti al 6 per cento, furono impiantate grosse fabbriche per la fabbricazione della gomma sintetica, dei tessili, dei combustibili e di altri prodotti derivati da fonti di materie prime appartenenti alla Germania, e furono fondate le gigantesche acciaierie Hermann Goring per ricavare l'acciaio dai minerali poveri del paese. In breve, l'economia tedesca fu mobilitata per la guerra; gli uomini d'affari, sebbene i loro utili salissero, divennero semplici rotelle nell'ingranaggio della macchina di guerra e il loro lavoro fu limitato da tante restrizioni e da tanti moduli da riempire, che il dottor Punk, succeduto a Schacht nel 1937 come ministro dell'Economia e nel 1939 come presidente della Reichsbank, fu costretto ad ammettere con rincrescimento che " la corrispondenza ufficiale costituisce ora più della metà dell'intero scambio di lettere di un industriale tedesco " e che " il commercio tedesco di esportazione comporta giornalmente quarantamila operazioni diverse, mentre ognuna di queste richiede la compilazione di quaranta diversi moduli ". Sepolti sotto montagne di pratiche burocratiche, guidati dallo Stato circa il tipo, la quantità e il prezzo della loro produzione, carichi di tasse sempre più elevate e spolpati da pesanti e incessanti " contributi speciali " destinati al partito, gli uomini d'affari, che avevano accolto il regime di Hitler con tanto entusiasmo nella speranza che esso eliminasse le organizzazioni dei lavoratori e permettesse agli imprenditori di gestire le loro aziende liberamente e senza impedimenti, furono gravemente delusi. Tra questi industriali si trovava Fritz Thyssen, che era stato uno tra i primi e i più importanti finanziatori del partito. Fuggito dalla Germania allo scoppio della guerra, egli riconobbe che " il regime nazista ha distrutto l'industria tedesca ". E a tutti quelli che incontrava all'estero dichiarava: " Che sciocco (Dummkopf) sono stato! " ". All'inizio, tuttavia, gli uomini d'affari sperarono che il regime nazista portasse alla realizzazione di tutti i loro desideri. Certamente, l'" inalterabile " programma del partito, con le sue promesse di nazionalizzazione dei consorzi, di ripartizione degli utili nel commercio all'ingrosso, di " munici-palizzazione dei grandi magazzini e locazione degli stessi a piccoli commercianti, a basso prezzo " (come diceva l'articolo 16), di riforma fondiaria e abolizione degli interessi sulle ipoteche, era stato male accolto. Ma gli industriali e i finanzieri compresero ben presto che Hitler non aveva la minima intenzione di tener fede ad uno solo degli articoli economici del programma del partito: le promesse radicali erano state inserite solo per attirare più voti. Nei primi mesi del 1933, alcuni radicali del partito tentarono di assuLa vita nel Terzo Reich 287 mere il controllo delle organizzazioni commerciali, rilevare i grandi magazzini, e istituire uno Stato corporativo secondo le linee che Mussolini stava tentando di fissare. Ma furono subito estromessi da Hitler e sostituiti con uomini d'affari conservatori. Gottfried Feder, il primo mentore di Hitler in materia economica, l'eccentrico che voleva abolire la " schiavitù dell'interesse ", ebbe un posto di sottosegretario al Ministero dell'Economia, mentre il suo superiore, il dottor Karl Schmitt, magnate delle assicurazioni, che aveva passato la vita a prestar denaro e ricavarne l'interesse, non gli affidò alcun compito; quando il ministero fu rilevato da Schacht, Feder venne esonerato dalla sua carica. I piccoli commercianti, che erano stati uno dei più validi sostegni del partito e che si aspettavano grandi cose dal cancelliere Hitler, si trovarono ben presto, e in gran numero, ad essere rovinati o retrocessi al rango di salariati. Le leggi dell'ottobre 1937 scioglievano tutte le società con capi tale inferiore a 40 ooo dollari, e proibivano che se ne costituissero delle nuove se il capitale non superava i 200 ooo dollari. In breve tempo, ciò segnò la fine di un quinto di tutte le piccole aziende commerciali. D'altro canto i grandi trust, che già erano stati favoriti dalla Repubblica, furono resi ancora più potenti dai nazisti. Con la legge del 15 luglio 1933, infatti, essi divennero obbligatori. Al Ministero dell'Economia fu conferito il potere di istituire nuovi cartelli obbligatori e di costringere le aziende ad unirsi a quelli esistenti. II sistema di tenere in vita un'infinità di associazioni commerciali, isti tuito durante la Repubblica, fu mantenuto dai nazisti, per quanto la legge fondamentale del 27 febbraio 1934 avesse riorganizzato queste associazioni in base al nuovo " principio autoritario " e sotto il controllo dello Stato. Tutte le aziende furono obbligate a divenirne membri. All'apice di una strut Pagina 202
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt tura incredibilmente complessa stava la Camera dell'Economia del Reich, il cui capo veniva nominato dallo Stato, che controllava sette gruppi econo mici nazionali, ventitre camere economiche, cento camere d'industria e com mercio e settanta corporazioni dei mestieri. In mezzo a questo labirinto di superorganizzazione e alla moltitudine di uffici, centrali e distaccati, del Mi nistero dell'Economia, incalzato dal piano quadriennale e dalla marea di decreti e leggi speciali, perfino l'uomo d'affari più astuto spesso si perdeva, ed era necessario l'impiego di legali specializzati per rendere possibile il funzionamento di un'azienda. La corruzione necessaria per giungere ai funzionari in posizioni-chiave che potevano prendere decisioni dalle quali di pendevano gli ordini, o per cercare di eludere le serie interminabili di norme e regolamenti del governo e delle organizzazioni commerciali, assunse, poco prima del 1940, proporzioni astronomiche. "Una necessità economica" la definì all'autore un commerciante. Nonostante questa vita tribolata l'uomo d'affari prosperava. Le industrie pesanti, principali beneficiane del riarmo, videro i loro utili aumentare dal 2 per cento nel 1926, anno del rialzo, al 6,5 per cento nel 1938, l'ultimo anno di pace. Perfino la legge che limitava i dividendi al 6 per cento non a88 Trionfo e consolidamento danneggiò le società stesse. Al contrario: secondo la legge, ogni somma eccedente doveva essere investita, almeno in teoria, in obbligazioni governative - e non c'era pericolo di confisca. In pratica: la maggior parte delle aziende riinvestiva gli utili non distribuiti nell'azienda stessa: questi utili salirono da 175 milioni di marchi nel 1932 a cinque miliardi di marchi nel 1938, anno in cui i depositi complessivi presso le casse di risparmio ammontarono a solo due miliardi, cioè a meno della metà degli utili non versati e in cui gli utili distribuiti sotto forma di dividendi raggiunsero solo i 200 ooo ooo di marchi. Oltre che da questi piacevoli utili, l'uomo d'affari era rallegrato dal modo in cui i lavoratori erano stati " messi al loro posto " sotto il regime di Hitler. Non si avevano più irragionevoli richieste di salari. Al contrario, i salari furono leggermente ridotti, nonostante un aumento del 25 per cento nel costo della vita. E, soprattutto, non vi erano più scioperi dispendiosi. Anzi, non vi erano affatto scioperi: tali manifestazioni di indisciplina erano verboten nel Terzo Reich. La schiavitù del lavoro. Privato dei sindacati, dei contratti collettivi e del diritto di sciopero, il lavoratore tedesco nel Terzo Reich divenne un servo dell'industria, legato al padrone, al datore di lavoro, quasi come il contadino medievale al signore del feudo. Il cosiddetto Fronte del Lavoro, che teoricamente avrebbe dovuto rimpiazzare i vecchi sindacati, non rappresentava il lavoratore. Secondo la legge del 24 ottobre 1934, che lo aveva creato, esso rappresentava " l'organizzazione dei tedeschi che usano la mente o il braccio in attività creative ". Esso abbracciava non soltanto i salariati e gli stipendiati, ma anche i datori di lavoro e i professionisti. Si trattava in realtà di una vasta organizzazione propagandistica e, secondo quanto dicevano molti lavoratori, di una gigantesca frode. Il suo scopo dichiarato, secondo la legge, non era quello di proteggere il lavoratore, ma di " creare una vera comunità sociale e produttiva di tutti i tedeschi; il suo compito è di far sì che ogni singolo individuo sia in grado... di rendere il massimo nel campo del lavoro ". Il Fronte del Lavoro non era un'organizzazione amministrativa indipendente, ma, come quasi ogni altra associazione della Germania nazista, ad eccezione dell'esercito, una parte integrante del NSDAP o, come disse il suo capo, dottor Ley (" l'ubriacone balbuziente ", per usare l'espressione di Thyssen), " uno strumento del partito ". Infatti, la legge del 24 ottobre stabiliva che i suoi funzionari provenissero dai ranghi del partito, dalle vecchie unioni naziste, dalle SA e SS; e cosf era in realtà. Precedentemente, la legge del 20 gennaio 1934, che regolava il lavoro nazionale - nota come " Carta del Lavoro " - aveva rimesso i lavoratori al loro posto e ridato al datore di lavoro la sua antica posizione di padrone assoluto naturalmente subordinato a sua volta allo Stato onnipotente. Il proprietario divenne la " guida dell'impresa ", gli impiegati il " seguito ", o La vita nel Terzo Reìch 289 Gefolgschaft. Il 2° paragrafo della legge stabiliva che " il capo dell'impresa prenderà le decisioni per gli impiegati e gli operai in tutte le questioni che riguardano l'impresa stessa ". E, proprio come nei tempi antichi il signore era ritenuto responsabile del benessere dei suoi sudditi, così, sotto la legge Pagina 203
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt nazista, il datore di lavoro fu reso " responsabile del benessere dei suoi impiegati e operai ". In cambio, diceva la legge, " gli impiegati e gli operai gli debbono fedeltà " - dovevano cioè lavorare sodo e a lungo, senza commenti e borbottamenti, neppure a proposito del salario. I salari erano stabiliti . L'" Anschluss ": l'Austria è matura 375 " Sì, ma non lo farà, - replicò MufT. - La situazione è assai drammatica. Gli ho parlato per quasi un quarto d'ora. Dice che in nessun caso egli si piegherà alla forza ". " Come, non si piegherà alla forza? " Goring non poteva credere alle proprie orecchie. " Non si piegherà alla forza ", ripetè il generale. " Così vuoi esser proprio cacciato via a calci? " " Sì, - disse Muff. - Egli tiene duro ". Goring rise: " Be', per generare quattordici figli, si deve ben tener duro. Comunque, dite a Seyss di fare quel che deve fare ". Vi era ancora da sistemare la faccenda del telegramma desiderato da Hitler per giustificare l'invasione. Secondo von Papen, che lo aveva raggiunto alla Cancelleria di Berlino, il Fùhrer " si trovava in uno stato confinante con l'isterismo ". L'ostinato presidente austriaco stava guastando i suoi piani, e la posizione di Seyss, a causa del mancato invio del telegramma con cui Hider doveva essere invitato a mandar truppe in Austria a sedare i disordini. Non riuscendo a dominare la sua esasperazione, Hitler alle 20,45 dell'i i marzo emanò l'ordine dell'invasione*. Tre minuti dopo, alle 20,48, Goring telefonava a Keppler, a Vienna. Ascoltate attentamente. Seyss-Inquart deve mandar qui il seguente telegramma. Prendete nota. >• " II governo provvisorio austriaco, che dopo le dimissioni del governo Schuschnigg considera come suo compito stabilire la pace e l'ordine in Austria, chiede urgentemente al governo tedesco di sostenerlo in tale compito e di aiutarlo a impedire uno spargimento di sangue. A tal fine, esso chiede al governo tedesco di inviare il più presto possibile truppe tedesche ". Keppler assicurò il feldmaresciallo che avrebbe immediatamente mostrato il testo del " telegramma " a Seyss-Inquart. " Bene, - disse Goring, - non v'è nemmeno bisogno che mandi il telegramma. Basta che dica: "D'accordo"". Un'ora dopo Keppler chiamò Berlino: " Dite al feldmaresciallo che Seyss-Inquart è d'accordo " **. Pagina 260
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Così quando l'indomani passai per Berlino vidi il " Vblkischer Beobach-ter ", con questo grosso titolo : " L'Austria tedesca salvata dal caos ". Vi * Segnato con " segretissimo " e considerata la direttiva n. 2 dell'operazione Otto, l'ordine conteneva tra l'altro queste parole: " Non è stato dato seguito alle richieste dell'ultimatum presentato dalla Germania al governo austriaco... A evitare ulteriore spargimento di sangue nelle città austriache, secondo la direttiva n. i, l'ingresso delle forze armate tedesche in Austria avrà inizio all'alba del 12 marzo. Conto che gli obiettivi prestabiliti vengano raggiunti il più rapidamente possibile, con il pieno impiego di tutte le forze. [Firmato] Adolf Hitler "2'. ** In realtà, Seyss-Inquart fino a tarda notte cercò di far si che Hitler revocasse l'ordine di invadere l'Austria. Un memorandum del Ministero degli Esteri tedesco rivela che alle 2,10 antimeridiane del 12 marzo il generale Muff telefonò a Berlino; in base alle istruzioni del cancelliere Seyss-Inquart, egli chiese che " le truppe messe in stato di allarme rimanessero lungo la frontiera, senza varcarla ". Anche Keppler venne al telefono ad appoggiare la richiesta. Il generale Muff, uomo leale e ufficiale della vecchia scuola, sembra che si sentisse a disagio per la parte che doveva svolgere a Vienna. Informato che Hitler si rifiutava di trattenere le sue truppe, egli rispose di " rammaricarsi per una tale comunicazione " M. 376 Verso la guerra mondiale erano riferite cose incredibili imbastite da Goebbels : disordini provocati dai rossi, combattimenti, sparatorie e saccheggi nelle vie principali di Vienna. V'era anche il testo del famoso telegramma, diramato dalla DNB, l'agenzia giornalistica ufficiale tedesca, la quale riferiva che esso era stato mandato a Hitler da Seyss-Inquart la notte prima. In effetti, due copie del " telegramma " col testo esatto dettato da Goring furono trovate alla fine della guerra negli archivi del Ministero degli Esteri tedesco. In seguito von Papen spiegò come erano andate a finire là. Disse che qualche tempo dopo esse erano state approntate dal ministro tedesco delle Poste e dei Telegrafi e depositate negli archivi del governo. In tutto quel frenetico pomeriggio e fino alla sera Hitler aveva aspettato ansiosamente non solo la notizia della capitolazione del presidente Miklas ma anche qualche parola da Mussolini. Il silenzio del protettore italiano dell'Austria stava diventando preoccupante. Alle 22,25 il principe Filippo d'Assia chiamò da Roma la Cancelleria del Reich. Hitler stesso corse al telefono. I tecnici di Goring registrarono la conversazione, che fu la seguente: PRINCIPE Torno ora da Palazzo Venezia. Il duce ha accolto tutta la faccenda in modo molto amichevole. Vi manda i suoi saluti... Schuschnigg gli aveva comunicato le notizie... Mussolini ha detto che l'Austria gli è indifferente. Hitler era fuori di sé dal sollievo e dalla gioia. HITLER Vi prego di dire a Mussolini che questo non lo dimenticherò mai. PRINCIPE Sì, signore. HITLER Mai, mai, mai, qualunque cosa accada! Sono pronto a stipulare con lui un accordo del tutto diverso. PRINCIPE Sì, signore, glielo ho detto anche io. HITLER Non appena la faccenda dell'Austria sarà sistemata, sarò al suo fianco in ogni cosa, contro tutti! PRINCIPE Sì, mio Fuhrer. HITLER Ascoltate! Stipulerò con lui qualsiasi accordo. Non ho più da temere la terribile situazione che si sarebbe determinata militarmente qualora fosse scoppiato un conflitto. Ditegli che lo ringrazio dal profondo del cuore. Mai, mai lo dimenticherò. PRINCIPE Sì, mio Fuhrer. HITLER Per una simile cosa, non mi dimenticherò mai di lui, qualunque cosa accada. Se avesse un giorno bisogno di un aiuto o se fosse in pericolo, può esser certo che gli resterò fedele, qualunque cosa accada, quand'anche tutto il mondo gli fosse contro. PRINCIPE Sì, mio Fuhrer. Che misure presero la Gran Bretagna, la Francia e la Società delle Nazioni in quel momento critico, per arrestare l'invasione, che la Germania era sul punto di compiere, della piccola pacifica nazione vicina? Nessuna. In quel momento, la Francia era ancora una volta senza un governo. Giovedì io marzo il primo ministro Chautemps e il suo gabinetto si erano dimessi. Durante tutta la giornata cruciale del venerdì 11 marzo, quando Goring telefonava a Vienna i suoi ultimatum, a Parigi non vi era nessuno che potesse agire. Solo dopo che, il 13, VAnschluss fu proclamato, si formò un governo francese, con a capo Leon Blum. Pagina 261
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt E l'Inghilterra? Il 20 febbraio, una settimana dopo la capitolazione di L'" Anschluss ": l'Austria è matura 377 Schuschnigg a Berchtesgaden, il ministro degli Esteri, Anthony Eden, si era dimesso, essenzialmente per la sua opposizione a una ulteriore pacificazione con Mussolini, progettata dal primo ministro, Chamberlain. Fu sostituito da Lord Halifax. Questo mutamento a Berlino fu accolto con gioia: cosi come era accaduto per le dichiarazioni fatte da Chamberlain alla Camera dei Comuni dopo l'ultimatum di Berchtesgaden. L'ambasciatore tedesco a Londra le aveva riferite per intero in un telegramma inviato a Berlino il 4 marzo31, citando queste parole di Chamberlain: " [A Berchtesgaden] è semplicemente accaduto che due statisti si sono accordati su certe misure da prendere per migliorare le relazioni fra i loro due paesi... È difficile affermare che per il solo fatto che due statisti si sono accordati circa certi cambiamenti interni da effettuare in uno dei due paesi - cambiamenti desiderabili nell'interesse delle buone relazioni fra di essi - un paese abbia rinunciato alla propria indipendenza in favore dell'altro. Peraltro il discorso del cancelliere federale del 24 febbraio non contiene nulla che possa dare l'impressione che egli intenda rinunciare all'indipendenza del suo paese ". Dato che, come io stesso venni a sapere a quel tempo, la legazione britannica a Vienna aveva fatto conoscere a Chamberlain i particolari dell'ultimatum dato da Hitler a Schuschnigg a Berchtesgaden, quel discorso, tenuto il 2 marzo alla Camera dei Comuni, era stupefacente *. Ma riuscì assai gradito a Hitler. Questi ormai sapeva di poter marciare sull'Austria senza che nascessero complicazioni^ con l'Inghilterra. Il 9 marzo Ribbentrop, nuovo ministro degli Esteri tedesco, era giunto a Londra per sistemare le sue cose all'ambasciata dove aveva prestato servizio. Egli ebbe lunghi colloqui con Chamberlain, con Halifax, col re e con l'arcivescovo di Canterbury. Riferì a Berlino che le impressioni avute dal primo ministro britannico e dal ministro degli Esteri erano state " ottime ". Dopo un lungo colloquio con Lord Halifax, Ribbentrop il io marzo andò a riferire direttamente a Hitler circa quello che l'Inghilterra avrebbe fatto " se il problema austriaco non avesse potuto essere risolto pacificamente ". Dai suoi colloqui londinesi aveva tratto la profonda convinzione che " l'Inghilterra non farà nulla per l'Austria " 3\ Venerdì 11 marzo Ribbentrop era a colazione a Downing Street col primo ministro e i suoi colleghi, quando un messo del Ministero degli Esteri recò a Chamberlain dei dispacci urgenti con le sensazionali notizie da Vienna. Solo pochi minuti prima Chamberlain aveva pregato Ribbentrop di informare il Fùhrer " del suo sincero desiderio e del suo fermo proposito di chiarire le relazioni anglo-tedesche ". Ora, al ricevere le brutte notizie dall'Austria, gli statisti si ritirarono nello studio del primo ministro, dove Chamberlain lesse al ministro degli Esteri tedesco, che si trovava in un com* Nella testimonianza da lui resa a Norimberga Guido Schmidt giurò che sia lui, sia Schuschnigg avevano informato " dettagliatamente " i ministri plenipotenziari delle " grandi potenze " circa l'ultimatum di Hitlerì2. Inoltre mi risulta che anche i corrispondenti a Vienna del " Times " e del " Daily Telegraph " di Londra avevano telefonato ai loro giornali un rapporto completo e accurato su di esso. 378 Verso la guerra mondiale prensibile imbarazzo, due telegrammi ricevuti dalla legazione britannica di Vienna, concernenti l'ultimatum di Hitler. Come Ribbentrop riferì a Hitler, " la discussione si svolse in un'atmosfera tesa e Lord Halifax, che di solito era imperturbabile, si mostrava più eccitato di Chamberlain, che almeno esteriormente pareva calmo e con la testa a posto ". Ribbentrop espresse i propri dubbi sulla " verità dei rapporti ", e ciò sembra che tranquillizzasse i suoi ospiti britannici, perché - egli riferf - " ci congedammo in termini affatto amichevoli e perfino Halifax era tornato calmo " * M. In seguito ai dispacci giunti da Vienna, Chamberlain incaricò l'ambasciatore a Berlino, Henderson, di redigere una nota per il ministro degli Esteri in carica, von Neurath, per dire che, se le notizie circa l'ultimatum tedesco all'Austria erano esatte, " il governo di Sua Maestà era tenuto a inoltrare una protesta nei termini più energici "35. Ma ormai una protesta diplomatica formale costituiva, per Hitler, l'ultima delle preoccupazioni. Il giorno dopo, 12 marzo, mentre le truppe tedesche affluivano in Austria, Neurath consegnò una sprezzante Pagina 262
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt risposta alla nota ", dichiarando che le relazioni austro-tedesche dovevano interessare unicamente il popolo tedesco, non il governo britannico, e ripetendo le note menzogne, cioè che non vi era stato un ultimatum tedesco all'Austria e che le truppe erano state inviate solo in risposta ad appelli " urgenti " del nuovo governo costituitosi in Austria. Rimandò l'ambasciatore britannico al telegramma " già pubblicato dalla stampa tedesca " **. La sera dell'11 marzo l'unica seria preoccupazione di Hitler era stata la reazione di Mussolini alla sua aggressione ***, ma a Berlino ci si dava anche pensiero di ciò che intendeva fare la Cecoslovacchia. L'infaticabile Gbring, però, sistemò rapidamente la cosa. Malgrado tutto quello che aveva da fare al telefono per dirigere il colpo di Stato a Vienna, trovò modo, la sera, di fare un salto alla Casa degli aviatori, dove aveva invitato ufficialmente un migliaio di alti funzionari e di diplomatici a una brillante serata, in cui si sarebbero prodotti l'orchestra, i cantanti e il balletto dell'Opera di Stato. Quando il ministro cecoslovacco a Berlino, dottor Mastny, giunse alla festa, fu subito preso in disparte dal feldmaresciallo carico di medaglie, il quale * In The Gathering Storm (pp. 271-72) Churchill ha dato una divertente descrizione di questo pranzo. ** Le menzogne furono ripetute in un telegramma-circolare inviato il 12 marzo dal barone von Weizsacker del Ministero degli Esteri, ai rappresentanti diplomatici tedeschi all'estero, " per informazione e per orientamento per le vostre conversazioni ". Weizsacker affermava che le dichiarazioni di Schuschnigg su un ultimatum tedesco si basavano su " pure fantasie " e informava i diplomatici stranieri in questi termini: " La verità è che il problema di inviare forze militari... è sorto solo in seguito al ben noto telegramma del nuovo governo austriaco. In vista dell'imminente pericolo di una guerra civile, il governo del Reich ha deciso di venire incontro a questo appello "37. Il Ministero tedesco degli Esteri mentiva così non solo ai diplomatici stranieri ma anche ai propri. Al pari di molti altri tedeschi che servirono Hitler, Weizsacker in un lungo libro poco persuasivo scritto dopo la guerra ha sostenuto di essere stato sempre un antinazista. *** Nella testimonianza resa il 9 agosto 1946 a Norimberga, il feldmaresciallo von Manstein ha sottolineato che " nel periodo in cui ricevemmo gli ordini per l'Austria, la principale preoccupazione di Hitler non era il possibile intervento delle potenze occidentali, ma piuttosto l'atteggiamento dell'Italia che era sempre stata a fianco dell'Austria "3!. L'" Anschluss ": l'Austria è matura 379 eli assicurò, sulla parola d'onore, che la Cecoslovacchia non aveva nulla da temere dalla Germania, che l'entrata delle truppe del Reich nel territorio austriaco " non era altro che una faccenda di famiglia " e che Hitler desiderava migliorare le relazioni con Praga. In cambio, chiese l'assicurazione che i cèchi non avrebbero mobilitato. Il dottor Mastny lasciò il ricevimento, telefonò a Praga al ministro degli Esteri, e tornò alla Casa degli aviatori per dire a Gbring che la sua nazione non avrebbe mobilitato e che la Cecoslovacchia non aveva intenzione alcuna di interferire nel corso degli avvenimenti austriaci. Goring si senti sollevato e rinnovò le assicurazioni date, aggiungendo di essere autorizzato ad avallarle anche con la parola d'onore di Hitler. È possibile che perfino l'astuto presidente cèco, Eduard Benes, non abbia avuto il tempo di rendersi conto che la fine dell'Austria significava altresì quella della Cecoslovacchia. In quella fine di settimana, vi fu in Europa chi accusò di miopia il governo cèco; considerando in quale disastrosa posizione strategica la Cecoslovacchia si sarebbe trovata con l'occupazione nazista dell'Austria - circondata da tre lati da truppe tedesche - e sapendo che un suo intervento per salvare l'Austria avrebbe provocato un conflitto del Terzo Reich con la Russia, la Francia e l'Inghilterra, nonché con la Società delle Nazioni, conflitto che i tedeschi non erano in grado di affrontare, i cèchi la notte dell'11 marzo avrebbero dovuto entrare in azione. Ma gli eventi successivi, di cui qui si farà una breve cronaca, demoliscono una simile argomentazioriè. Non molto tempo dopo alle grandi democrazie occidentali e alla Società delle Nazioni doveva presentarsi una occasione migliore per fermare Hitler, ma non ne approfittarono. Comunque, in quel giorno fatale Schuschnigg non rivolse alcun appello formale a Londra, Parigi, Praga o Ginevra. Forse, a quanto appare dalle sue memorie, credette che fosse una perdita di tempo. D'altra parte, il presidente Miklas - come egli riferì in seguito - era persuaso che il governo austriaco, avendo informato immediatamente Parigi e Londra sull'ultimatum tedesco, durante tutto il pomeriggio avesse continuato le " conversazioni " con i governi francese e britannico per accertarne lo " stato d'animo ". Pagina 263
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Quando apparve chiaro che tale " stato d'animo " non avrebbe portato che a vane proteste, il presidente Miklas, un po' prima di mezzanotte, cedette. Nominò cancelliere Seyss-Inquart e accettò lo schema di gabinetto che questi gli presentò. " Ero stato completamente abbandonato, in patria e all'estero ", commentò in seguito con amarezza. Dopo aver indirizzato un magniloquente proclama al popolo tedesco in cui giustificava la sua aggressione col disprezzo per la verità che gli era abituale e prometteva al popolo austriaco che sarebbe stato esso a decidere del proprio futuro mediante un " vero plebiscito " ( Goebbels lesse tale proclama alle stazioni radio tedesche e austriache il 12 marzo), Hitler partì per la terra in cui era nato. Ebbe accoglienze entusiastiche. In ogni villaggio, 380 Verso la guerra mondiale frettolosamente addobbato in suo onore, vi erano masse che lo applaudivano. Nel pomeriggio raggiunse la sua prima meta, Linz, dove era stato a scuola. L'accoglienza fu delirante e Hitler ne fu profondamente commosso. L'indomani, dopo aver mandato un telegramma a Mussolini - " questo non 10 dimenticherò mai! " - depose una corona sulle tombe dei suoi genitori a Leonding; poi fece ritorno a Linz, per tenervi un discorso: Quando, diversi anni fa, lasciai questa città portavo in me k stessa professione di fede che ora riempie il mio cuore. Potete giudicare quanto sia profonda, ora, la mia emozione nel constatare che dopo tanti anni sono stato capace di portare a compimento l'obiettivo della mia fede. Se la Provvidenza volle che mi allontanassi da questa città per divenire il capo del Reich, è perché essa mi aveva affidato una missione, e questa missione poteva solo essere di restituire la mia cara patria al Reich tedesco. Ho creduto in una tale missione, per essa ho vissuto e ho combattuto, e ora credo di averla realizzata. Il pomeriggio del 12 Seyss-Inquart, accompagnato da Himmler, era giunto in volo a Linz per incontrarsi con Hitler. Qui egli proclamò orgogliosamente che l'articolo 88 del trattato di St. Germain, col quale era statuita l'inviolabilità dell'indipendenza dell'Austria e di ciò faceva garante la Società delle Nazioni, era scaduto. Ma per Hitler, trasportato dall'entusiasmo delle masse austriache, tutto questo non bastava. Diede ordine al dottor Wilhelm Stuckart - sottosegretario al Ministero degli Interni subito spedito a Vienna dal suo ministro, Frick, per stendere uno schema di legge che facesse di Hitler il presidente dell'Austria - di venire immediatamente a Linz. Questo esperto legale fu alquanto sorpreso (lo testimoniò a Norim-berga) quando il Fuhrer lo incaricò di " redigere un progetto di legge contemplante un completo Anschluss "39. Stuckart presentò questo progetto al nuovo governo austriaco di Vienna domenica 13 marzo, giorno in cui avrebbe dovuto aver luogo il plebiscito di Schuschnigg. Come si è visto, il presidente Miklas si era rifiutato di firmare, ma Seyss-Inquart, che aveva assunto i poteri presidenziali, lo firmò lui e nel tardo pomeriggio tornò in volo a Linz per presentare la legge al Fuhrer. Essa proclamava la fine dell'Austria. Le prime parole erano: " L'Austria è una provincia del Reich tedesco ". Come riferf in seguito Seyss-Inquart, Hitler pianse di gioia40. Lo stesso giorno la cosiddetta legge dell'Anschluss fu anche promulgata a Linz dal governo tedesco e firmata da Hitler, Goring, Ribben-trop, Frick e Hess. Essa indiceva per il io aprile un " plebiscito libero a scrutinio segreto " con cui gli austriaci dovevano decidere " il problema dell'unificazione col Reich tedesco ". Il 18 marzo Hitler annunciò che anche i tedeschi del Reich sarebbero stati chiamati a un plebiscito sull'Anschluss, associato alle nuove elezioni per il Reichstag. A Vienna, dove aveva vissuto per tanti anni come un vagabondo, Hitler non fece il suo ingresso trionfale che nel pomeriggio di lunedì 14 marzo, perché tale ingresso era stato ritardato da due sviluppi imprevisti. Malgrado 11 delirio che aveva pervaso gli austriaci all'idea di vedere il Fuhrer nella ca pitale, Himmler aveva chiesto un altro giorno per portare a termine le misu re di sicurezza: stava procedendo all'arresto di migliaia di " persone soL'" Anschluss ": l'Austria è matura 381 spelte ", che in poche settimane raggiunsero il numero di 79 ooo nella sola Vienna. Anche le vantate unità corazzate tedesche avevano avuto dei guasti assai prima di giungere in vista delle colline circondanti Vienna. Secondo Iodi, circa il 70 per cento dei mezzi corazzati era rimasto sulla via che da Sa-lisburgo e Passau conduce a Vienna, benché il generale Guderian, comandante dei reparti corazzati, in seguito affermasse che solo il 30 per cento delle sue forze era Pagina 264
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt rimasto bloccato. In ogni modo, Hitler era furente per il ritardo. Si fermò a Vienna una sola notte e alloggiò all'albergo Imperiai. Tuttavia questo ritorno trionfale nell'antica capitale dell'impero austriaco, che in gioventù l'aveva respinto e condannato a una vita miserabile da affamato e da proletario, e ora invece lo acclamava con tanto frenetico giubilo, non poteva non accendere il suo animo. L'onnipresente von Papen, precipitatosi in aereo da Berlino a Vienna per prender parte alla cerimonia, trovò Hitler in una tribuna mentre assisteva a un corteo, di fronte alla Hofburg, l'antica reggia degli Asburgo. In seguito von Papen scrisse che " lo stato in cui si trovava Hitler poteva solo esser paragonato a quello dell'estasi " *. Hitler restò in tale stato per gran parte delle quattro settimane che seguirono, quando attraversò la Germania e l'Austria da una estremità all'altra per suscitare l'entusiasmo del pubblico e ottenere così una gran quantità di voti favorevoli, a vantaggio dell'Anschluss. Però nei suoi esuberanti discorsi non perse l'occasione di gettare il vilipendio su Schuschnigg e di ribadire le ormai scontate menzogne circa il modo con cui si era giunti ali'Anschluss. Nel suo discorso al Reichstag del 18 marzo egli asserì che Schuschnigg aveva " mancato alla sua parola " col suo " falso del plebiscito " e che solo una " persona pazza e cieca " si sarebbe comportata in tal guisa. Nel discorso tenuto a Konigsberg il 25 marzo il " falso del plebiscito " divenne, per Hitler, " quella ridicola commedia ". Egli affermò che erano state trovate delle lettere attestanti che Schuschnigg aveva cercato deliberatamente di imbrogliarlo col dilazionare l'attuazione dell'intesa di Berchtesgaden fino " a un momento più propizio per aizzare contro la Germania nazioni straniere ". * Però, non notato dal superficiale von Papen, in Hitler sotto l'estasi ardeva un sentimento di rivincita nei riguardi di una città e di un popolo che, quando egli era giovane, non lo aveva adeguatamente valutato e che nel fondo del cuore disprezzava. Ciò potrebbe spiegare la brevità della sua permanenza a Vienna. Benché poche settimane dopo egli dicesse al borgomastro della città: " Siate certo che Vienna è, per me, una perla - io le darò una montatura degna di essa ", ciò faceva probabilmente parte della propaganda elettorale, anziché esprimere il suo più intimo sentimento. Di tale sentimento si rese conto Baldur von Schirach, governatore nazista e Gauleiter di Vienna durante la guerra, in una animata riunione che ebbe luogo al Berghof nel 1943. Accennandone nella sua testimoniama a Norimberga, Schirach disse: " Poi il Fùhrer cominciò a parlare dei viennesi con odio quasi incredibile e smisurato... Alle quattro del mattino Hitler disse qualcosa che vorrei ripetere qui per ragioni storiche: " Vienna non avrebbe dovuto mai essere annessa alla grande Germania ". Hitler non amò mai Vienna. Odiava i suoi abitanti "4I. L'euforia di von Papen svanì nella stessa giornata del 14 marzo, allorché apprese che Wilhelm von Ketteler, suo intimo amico e aiutante alla legazione tedesca, era sparito in circostanze che facevano pensare a un'azione della Gestapo. Tre anni prima, un altro suo amico e collaboratore della legazione, il barone Tschirschky, era fuggito in Inghilterra per sfuggire a morte sicura ad opera delle SS. Alla fine di aprile il corpo di Ketteler fu ripescato nel Danubio, dove gli assassini della Gestapo di Vienna l'avevano gettato dopo averlo ucciso. 382 Verso la guerra mondiale A Konigsberg Hitler rispose anche agli attacchi della stampa straniera che gli rinfacciava l'uso della forza bruta e la sua disonestà per aver proclamato l'Anschluss senza nemmeno aspettare l'esito del plebiscito: Certi giornali stranieri hanno detto che siamo andati addosso all'Austria usando mezzi brutali. Posso solo dire che nemmeno in punto di morte costoro riescono a non mentire. Nel corso della mia lotta politica mi ero già guadagnato l'affetto del mio popolo; ma quando ho attraversato l'antica frontiera [con l'Austria] ho incontrato un'ondata di amore quale mai avevo conosciuto. Non siamo venuti come dei tiranni ma come dei liberatori... Avendo avuto una tale impressione, ho deciso di non aspettare fino al io aprile e di effettuare fin d'ora l'unificazione... Se queste parole a orecchie straniere sembravano assai poco logiche - o oneste - non v'è dubbio che sui tedeschi esse fecero una grande impressione. Quando al termine del suo discorso al Reichstag Hitler, con la voce soffocata dall'emozione, implorò: " Popolo tedesco, dammi ancora quattro anni, affinchè io possa sfruttare l'unione realizzata per il bene di tutti! ", egli riscosse una ovazione così travolgente da eclissare tutti i precedenti trionfi da lui conseguiti su quella tribuna. Il 9 aprile, vigilia del plebiscito, il Fùhrer lanciò a Vienna la sua Pagina 265
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt campagna elettorale. L'uomo che un tempo aveva percorso i marciapiedi di quella città come un vagabondo, sporco e con lo stomaco vuoto, ma che in Germania quattro anni prima aveva assunto i poteri degli Hohenzollern e che ora rivendicava per sé quelli degli imperatori asburgici, era pervaso dal sentimento di assolvere una missione voluta da Dio. Credo che sia stata la volontà di Dio a mandare un giovane di qui nel Reich, a farlo crescere, a elevarlo fino alla dignità di capo della nazione, tanto da metterlo in grado di riportare la sua patria nel Reich. Esiste un ordinamento superiore e noi tutti non siamo che i suoi esecutori. Quando O 9 marzo il signor Schuschnigg ruppe il nostro accordo, in quello stesso minuto sentii che la Provvidenza mi chiamava. E ciò che si svolse poi, in tre giorni, è concepibile soltanto come un adempimento del desiderio e della volontà della Provvidenza. In tre giorni il Signore li ha colpiti!... E nel giorno del tradimento mi fu concessa la grazia che doveva farmi capace di unire la mia patria al Reich!... Ora vorrei ringraziarla) per avermi fatto ritornare nella mia patria, affinchè possa con-durla nel mio Reich tedesco! Che domani ogni tedesco possa riconoscere l'ora e capire l'importanza di questo evento, inchinandosi in umiltà dinanzi all'Onnipotente, che in poche settimane ha operato un miracolo! Era da prevedere che la maggioranza degli austriaci avrebbe detto ja a Schuschnigg il 13 marzo e il io aprile avrebbe fatto lo stesso con Hitler. Molti austriaci credevano sinceramente che l'unione definitiva con la Germania, perfino con la Germania nazista, fosse una conclusione desiderabile e inevitabile, dato che l'Austria, depauperata nel 1918 del suo vasto retroterra slavo e ungherese, a lungo andare non avrebbe potuto sussistere in modo decoroso con mezzi propri, e pensavano che essa poteva sopravvivere solo come parte del Reich tedesco. Oltre a questi austriaci c'erano i nazisti fanatici le cui fila andavano rapidamente crescendo per l'afflusso di arrivisti e di molti funzionar! opportunisti, attratti dal successo e desiderosi di migliorare la propria posizione. Indubbiamente molti cittadini di quella nazioL'" Anschluss ": l'Austria è matura 383 ne a schiacciante preponderanza cattolica furono influenzati da alcune dichiarazioni del cardinale Innitzer, che vennero subito ampiamente diffuse. Innitzer aveva dato il benvenuto al nazismo in Austria e aveva invitato il popolo a votare ja *. Sono convinto che con elezioni condotte in modo leale e onesto, con i socialdemocratici e i cristiano-sociali di Schuschnigg liberi di svolgere una loro campagna, il plebiscito avrebbe potuto avere un esito diverso. Ma così come stavano le cose, a un austriaco occorreva molto coraggio per votare " no ". Come in Germania, gli elettori temevano, non senza ragione, che se essi non avessero votato " sì ", lo si sarebbe venuto a sapere. Nella sede elettorale che io visitai a Vienna nel pomeriggio di quella domenica, ampie fessure agli spigoli della cabina elettorale permettevano al comitato elettorale nazista, seduto a pochi piedi di distanza, di vedere abbastanza bene come ognuno votava. Nei distretti della campagna pochi osarono o si curarono di riempire le schede nel segreto della cabina; votarono fuori, perché tutti vedessero. Mi capitò di trovarmi alla radio alle 19,30 di quella sera, mezz'ora dopo che le elezioni si erano chiuse, quando ben pochi voti potevano essere stati ancora contati. Un funzionario nazista mi assicurò, dinanzi al microfono, che il 99 per cento degli austriaci aveva risposto ja. Tale fu la cifra comunicata in seguito ufficialmente - il 99,08 per cento nella Grande Germania, il 99,75 per cento in Austria. Così per un momento l'Austria in quanto tale uscì dalla storia, e il vendicativo austriaco, che l'aveva ormai unita alla Germania, ne soppresse persine il nome. L'antica designazione tedesca dell'Austria, Osterreich, fu abolita. L'Austria divenne l'Ostmark e dopo poco perfino questo nome fu abbandonato e Berlino amministrò il paese in funzione di Gaue (distretti) corrispondenti grosso modo ai Lànder storici, quali il Tirolo, il Salisburghese, la Stiria e la Carinzia. Vienna non fu più che una delle città del Reich, il centro amministrativo di un distretto provinciale, e a poco a poco sfiorì. L'ex vagabondo austriaco divenuto dittatore aveva cancellato il suo paese natale dalla carta geografica e aveva tolto alla sua capitale, a quella che era già stata la splendida Vienna, gli ultimi resti della sua gloria e della sua importanza. Era inevitabile che la disillusione si diffondesse fra gli austriaci. Nelle prime settimane il comportamento dei nazisti di Vienna fu perfino peggiore di quello che avevo visto in Germania. Vi furono orge di sadismo. Ogni Pagina 266
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt giorno si poteva vedere un gran numero di ebrei e di ebree che strofinavano via, sui marciapiedi, le scritte fatte mettere da Schuschnigg, e che pulivano le fogne. Mentre lavoravano in ginocchio con uomini dei reparti * Pochi mesi dopo, l'8 ottobre, il palazzo del cardinale, presso la cattedrale di Santo Stefano, fu saccheggiato da teppisti nazisti. Innitzer aveva imparato troppo tardi che cosa era il nazionalsocialismo e aveva pronunciato un sermone contro le persecuzioni naziste subite dalla Chiesa. 384 Verso la guerra mondiale d'assalto dietro di loro che li insultavano, si raccoglieva una folla, a schernirli. A centinaia gli ebrei, uomini e donne, venivano prelevati nelle strade e mandati a pulire le latrine pubbliche e quelle delle caserme dove le SA e le SS erano alloggiate. Altre decine di migliaia di ebrei furono messe in prigione. I loro beni vennero confiscati o rubati. Io stesso, dal mio appartamento della Plosslgasse, potei vedere squadre di uomini delle SS che portavano via, su dei carretti, l'argenteria, i tappeti, i quadri e altro bottino dal palazzo Rothschild, che si trovava al portone vicino. Lo stesso barone Louis de Rothschild, come prezzo per poter abbandonare Vienna, dovette cedere le sue acciaierie alle Hermann Gòring Werke. Fino all'inizio della guerra, forse la metà dei 180 ooo ebrei di Vienna riusci a ottenere dalle autorità il permesso di emigrare consegnando ai nazisti tutto ciò che possedevano. Questo lucroso commercio dell'umana libertà veniva curato da una organizzazione speciale, affidata da Heydrich alle SS e chiamata " Ufficio per l'emigrazione ebraica ", la quale divenne il solo ufficio nazista autorizzato a rilasciare agli ebrei il permesso di abbandonare il paese. Diretto dal principio alla fine da Karl Adolf Eichmann, nazista austriaco della stessa città di Hitler, Linz, esso doveva divenire, accessoriamente, un ufficio non dell'emigrazione ma dello sterminio e doveva concertare il massacro di più di quattro milioni di persone, in gran parte ebrei. Himmler e Heydrich approfittarono anche del loro soggiorno in Austria durante le prime settimane deU'Anschluss per organizzare un grandioso campo di concentramento a Mauthausen, vicino a Enns, sulla riva nord del Danubio. Era troppo noioso continuare a trasportare migliaia di austriaci nei campi di concentramento della Germania. Himmler decise dunque che l'Austria ne doveva avere di propri. Prima che il Terzo Reich si avviasse verso la sua fine, i prigionieri non-austriaci superarono in numero quelli locali, e Mauthausen doveva battere un sinistro record in fatto di campi di concentramento tedeschi (i campi di sterminio nell'est furono qualcosa di diverso), per il maggior numero delle esecuzioni ufficialmente registrate: 35318 nei sei anni e mezzo della sua esistenza. Malgrado il terrorismo instaurato dalla Gestapo di Himmler e di Heydrich, dopo l'Anschluss centinaia di migliaia di tedeschi affluirono in Austria, dove coi loro marchi potevano pagarsi pasti sontuosi, che in Germania da anni non si potevano più avere, e vacanze, fra i monti e i laghi di incomparabile bellezza dell'Austria, a prezzi irrisori. Uomini di affari e banchieri tedeschi accorsero a comprare per una frazione del loro effettivo valore le aziende tolte agli ebrei e agli antinazisti. Fra questi sorridenti visitatori vi fu l'inimitabile dottor Schacht, che, malgrado le sue liti con Hitler, era sempre ministro (senza portafoglio) nel gabinetto del Reich e presidente della Reichsbank, e che l'Anschluss aveva colmato di gioia. Arrivato per rilevare ancor prima del plebiscito la Nationalbank per conto della Reichsbank, il 21 marzo egli tenne un discorso ai dirigenti della banca austriaca. Mettendo in ridicolo la stampa straniera per le sue critiche al modo con L'" Anschluss ": l'Austria è matura 385 cui Hitler aveva attuato 1''Anschluss, il dottor Schacht prese energicamente le parti di Hitler asserendo che l'Anschluss era " stato imposto da perfidie senza numero e da atti brutali di violenza perpetrati contro di noi da paesi stranieri ". Grazie a Dio... Adolf Hitler ha stabilito l'unione della volontà tedesca col pensiero tedesco. L'ha corroborata con il nuovo rafforzamento della Wehrmacht, dando infine una forma esterna all'unione interna di Germania e Austria-Nessuno di noi avrà un avvenire se non dimostrerà la sua incondizionata fedeltà verso Adolf Hitler... La Reichsbank sarà sempre e soltanto nazionalsocialista, oppure io cesserò di esserne il capo. Pagina 267
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Dopo di che il dottor Schacht chiese ai funzionari austriaci di giurare " fedeltà e obbedienza al Fiihrer ". " È un mascalzone chi romperà questo giuramento! ", gridò il dottor Schacht, e chiuse la riunione facendo risuonare un triplice Sieg Heil! ". Nel frattempo il dottor Schuschnigg era stato arrestato e sottoposto a un trattamento cosi degradante, che è difficile credere che non sia stato Hitler in persona a ordinarlo. Messo agli arresti nella sua abitazione dal 12 marzo fino al 28 maggio, periodo durante il quale la Gestapo si adoperò, con gli espedienti più meschini, per impedirgli di dormire, fu poi condotto al quartier generale 'della stessa Gestapo, all'albergo Metropole di Vienna, dove fu tenuto chiuso in una stanzetta del quinto piano per i diciassette mesi che seguirono. In quell'albergo fu costretto a pulire gli alloggi, i lavandini, gli acquai e le latrine delle guardie delle SS con gli asciugamani datigli per i suoi usi personali e a compiere vari altri lavori servili escogitati dalla Gestapo. L'i i marzo, primo anniversario della sua caduta, egli aveva perduto cinquantotto libbre, ma il dottore delle SS riferì che le sue condizioni di salute erano eccellenti. Il dottor Schuschnigg ha descritta in un libro * gli anni del suo solitario confino e poi la sua vita " fra i morti viventi " di alcuni tra i peggiori campi di concentramento tedeschi, come Da-chau e Sachsenhausen. Poco dopo il suo arresto gli era stato concesso di sposare per procura la contessa Vera Czernin, il cui precedente matrimonio era stato annullato da un tribunale ecclesiastico** e alla quale negli ultimi anni della guerra fu permesso di condividere l'esistenza del marito nei campi di concentramento insieme col loro bambino, nato nel 1941. È un miracolo che essi abbiano sopravvissuto all'incubo di quella prigionia. Verso la fine della guerra li raggiunse un buon numero di altre eminenti vittime della collera di Hitler, quali il dottor Schacht, Leon Blum, ex presidente del Consiglio francese, con la moglie, il pastore Niemoller, una quantità di alti ufficiali, oltre al principe Filippo di Assia, la cui moglie, la principessa Mafalda, figlia del re * Un Requiem in rosso-bianco-rosso. ** A quel tempo Schuschnigg era vedovo. 386 Verso la guerra mondiale d'Italia, era stata lasciata morire dalle SS a Buchenwald nel 1944 (ciò faceva parte della vendetta del Fùhrer per la diserzione di Vittorio Emanuele e il suo allineamento a fianco degli Alleati). Il i° maggio 1945 il gruppo degli eminenti prigionieri, che erano stati evacuati in fretta da Dachau e trasportati verso il sud per impedire che gli americani, avanzanti da occidente, li liberassero, giunse in un villaggio alpino, situato fra le montagne del Tirolo meridionale. Gli ufficiali della Gesta-po mostrarono a Schuschnigg la lista di coloro che, per ordine di Himmler, dovevano essere fatti fuori prima che cadessero nelle mani degli Alleati. Schuschnigg vi notò il proprio nome e quello di sua moglie " a tutte lettere ". Si perse d'animo. Essere sopravvissuto a tante vicende e così a lungo e poi, all'ultimo momento, dover essere massacrato! Ma il 4 maggio Schuschnigg potè scrivere sul suo diario: Alle due di questo pomeriggio, l'allarme! Gli americani! Un distaccamento americano occupa l'albergo. Siamo liberi! Così Hitler aveva aggiunto al Reich altri sette milioni di sudditi e si era assicurato una posizione strategica di immenso valore per i suoi piani futuri, senza sparare un sol colpo e senza che la Gran Bretagna, la Francia e la Russia, le cui forze militari l'avrebbero senz'altro sopraffatto, intervenissero. I suoi eserciti circondavano ora la Cecoslovacchia da tre lati, non solo, ma egli possedeva con Vienna la via di accesso all'Europa sud-orientale. Come capitale dell'antico impero austro-ungarico Vienna aveva costituito da tempo il centro delle comunicazioni e delle relazioni commerciali fra l'Europa centrale e quella sud-orientale. Ora questo centro era in mani tedesche. Ma per Hitler ancor più importante fu, forse, la nuova prova che né la Francia né l'Inghilterra avrebbero mosso un dito per fermarlo. Il 14 marzo Chamberlain aveva parlato alla Camera dei Comuni sul fait accontali di Hitler in Austria, e l'ambasciata tedesca di Londra mandò a Berlino una serie di telegrammi urgenti sullo svolgimento del dibattito che ne era seguito. Per Hitler non vi era troppo da temere. " La dura realtà è che nulla avrebbe potuto impedire ciò che ora è accaduto [in Austria], - dichiarò Chamberlain, - a meno che la nostra nazione, e anche altre, non fossero state pronte a usare la forza Pagina 268
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt ". A Hitler apparve ben chiaro che il primo ministro britannico non solo non era disposto a usare la forza, ma nemmeno a concertare con le altre grandi potenze misure atte a bloccare ogni futura mossa della Germania. Il 17 marzo il governo sovietico aveva proposto una conferenza delle potenze, nel quadro della Società delle Nazioni o al di fuori di essa, per prevenire ogni ulteriore aggressione tedesca. Chamberlain dimostrò scarso entusiasmo per tale proposta e il 24 marzo alla Camera dei Comuni la respinse ufficialmente. Egli disse: " La conseguenza inevitabile di una simile azione sarebbe l'accentuarsi della tendenza alla formazione di gruppi chiusi di nazioni, il che non può non andar contro... le prospettive di una pace europea ". EviL'" Anschluss ": l'Austria è matura 387 dentemente egli dimenticava, o non prendeva sul serio, l'asse Roma-Berlino 0 il patto tripartito anti-Co ntern stipulato fra la Germania, l'Italia e il Giappone. Nello stesso discorso Chamberlain annunciò una decisione del suo governo che certo andò ancor più a genio a Hitler. Egli respinse nettamente non solo la proposta che l'Inghilterra garantisse alla Cecoslovacchia di venirle in aiuto qualora essa fosse attaccata, ma anche quella di sostenere la Francia se questa fosse stata chiamata a tener fede agli obblighi contemplati dal patto franco-cèco. Questa esplicita dichiarazione facilitò notevolmente 1 problemi di Hitler. Ora egli sapeva che l'Inghilterra sarebbe rimasta a guardare quando egli si fosse scagliato contro la successiva vittima. E se la Gran Bretagna si tirava indietro, la Francia non avrebbe fatto altrettanto? Come risulta dai documenti segreti tedeschi dei pochi mesi che seguirono, egli ne era certo. E sapeva che, secondo i termini dei patti della Russia con la Francia e la Cecoslovacchia, l'Unione Sovietica non era tenuta a venire in aiuto dei cèchi prima che i francesi si muovessero. Era quanto gli occor reva sapere per andar subito avanti con i suoi piani. Dopo il successo dell'Anschluss, Hitler poteva presumere che i generali tedeschi riluttanti non lo avrebbero più ostacolato. Se su ciò vi fossero stati dubbi, erano stati eliminati dall'esito dell'affare Fritsch. Come si è visto *, il processo al generale von Fritsch dinanzi a una corte d'onore militare in relazione alle accuse di omosessualità che gli erano state fatte, era stato bruscamente interrotto il giorno stesso in cui era incominciato, cioè il io marzo, perché il feldmaresciallo Goring e i capi dell'esercito e della marina erano stati convocati da Hitler per assolvere più urgenti compiti, relativi alla questione austriaca. Il processo fu ripreso il 17 marzo, ma dato quel che era accaduto nel frattempo, non trovò un clima propizio. Fino a poche settimane prima i generali di rango superiore avevano confidato che, se la corte militare avesse accertato la falsità delle incredibili macchinazioni di Himmler e di Heydrich contro Fritsch, il loro comandante in capo, caduto in disgrazia, non solo sarebbe stato confermato nella sua carica, ma le SS, il Terzo Reich e forse perfino Hitler, avrebbero subito un colpo tale da provocarne la caduta. Vane e vuote speranze! Come abbiamo narrato, il 4 febbraio Hitler aveva distrutto i sogni dell'antico corpo degli ufficiali assumendo direttamente il comando delle forze armate e silurando Fritsch e la maggior parte dei generali di più alto rango intorno a lui. Ora egli aveva conquistato l'Austria senza sparare un sol colpo di fucile. Dopo questo stupefacente trionfo, nessuno in Germania, nemmeno fra i vecchi generali, si curò più molto del generale von Fritsch. Egli, è vero, fu presto prosciolto. Dopo qualche minaccia di Goring, che ormai poteva posare a essere il più giusto dei giudici, Schmidt, l'ex con* Cfr. il capitolo precedente. 388 Verso la guerra mondiale dannato ricattatore crollò e confessò alla corte che la Gestapo lo aveva minacciato di morte (minaccia che, sia detto incidentalmente, fu comunque attuata qualche giorno dopo) se egli non avesse coinvolto nella faccenda il generale von Fritsch e che la somiglianzà fra il nome del generale e quello del capitano di cavalleria von Frisch, da lui realmente ricattato per omosessualità, aveva fornito la base della macchinazione. Né Fritsch né l'esercito cercarono di chiarire la parte effettiva che la Gestapo aveva avuto nella faccenda e di accusare personalmente Himmler e Heydrich per aver montato false accuse. Il secondo giorno, il 18 marzo, il processo si concluse con l'inevitabile sentenza: " Assolto per non aver commesso il fatto ". Pagina 269
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Per il generale von Fritsch, questa fu la riabilitazione della sua persona. Ma ciò non gli restituf il potere, né riconfermò l'esercito nella posizione di relativa indipendenza che aveva già avuto nel Terzo Reich. Poiché il processo si era svolto a porte chiuse, il pubblico non ne seppe nulla, neppure delle sue implicazioni. Il 25 marzo Hitler mandò un telegramma a Fritsch congratulandosi per " il ristabilimento della sua salute ". E questo fu tutto. Il generale deposto, che dinanzi alla corte non aveva voluto puntare il dito accusatore contro Himmler, ora fece un ultimo, futile gesto: sfidò a duello il capo della Gestapo. La sfida, compilata in rigorosa conformità all'antico codice d'onore militare dallo stesso generale Beck, fu consegnata al generale von Rundstedt nella sua qualità di ufficiale superiore anziano dell'esercito, che la rimettesse al capo delle SS. Ma Rundstedt si sentf raggelare, se la portò in tasca per delle settimane e alla fine se ne dimenticò. Il generale von Fritsch, e tutto ciò che egli rappresentava, ben presto scomparirono dalla vita tedesca. Ma, in fondo, che cosa rappresentava? Nel dicembre egli scrisse a una sua amica, la baronessa Margot von Schutzbar, una lettera che dimostra la patetica confusione in cui egli, come molti altri generali, era caduto. È davvero strano che tanti guardino al futuro con crescente timore malgrado gli indiscutibili successi conseguiti dal Fiihrer negli ultimi anni... Subito dopo la guerra io venni alla conclusione che, se la Germania voleva tornare ad essere potente, si dovevano vincere tre battaglie: 1) la battaglia contro la classe operaia - e Hitler l'ha vinta; 2) la battaglia contro la Chiesa cattolica, o, per meglio dire, contro l'ultramontanismo; 3) infine la battaglia contro gli ebrei. Ci troviamo in mezzo a coleste battaglie, e quella contro gli ebrei è la più dura. Spero che ognuno si renda conto della complessità di tale campagna ". Il 7 agosto 1939, mentre si addensavano le nubi foriere di guerra, egli scrisse alla baronessa: " Né in pace né in guerra, nella Germania di Hitler per me c'è posto. Accompagnerò il mio reggimento solo come un bersaglio, perché non posso starmene a casa ". E così fece. L'u agosto 1938 era stato nominato colonnello in capo del suo antico reggimento, il 12° reggimento di artiglieria, a puro titolo onorifico. All'assedio di Varsavia il 22 settembre 1939 fu colpito dalla pallottola di una mitragliatrice polacca e quattro giorni dopo fu seppellito a Berlino L'" Anschluss ": l'Austria è matura 389 con gli onori militari, in una mattina fredda, piovosa e fosca; scrissi nel mio diario che fu uno dei giorni più desolati che io abbia mai vissuto nella capitale tedesca. Come abbiamo visto, venti mesi prima congedando Fritsch da comandante in capo dell'esercito tedesco, Hitler aveva riportato una vittoria completa sull'ultima cittadella di una possibile opposizione in Germania, costituita dalla vecchia casta tradizionale degli ufficiali dell'esercito. Ora, nella primavera del 1938, col suo abile colpo di mano in Austria, aveva consolidato il proprio prestigio dinanzi ai militari, aveva dato prova delle sue audaci qualità di capo e aveva messo in evidenza che a lui solo spettava prendere decisioni in politica estera e che la sola funzione dell'esercito era di fornirgli la forza o, almeno, il modo di esercitare la minaccia della forza. Inoltre egli, senza sacrificare la vita di un solo uomo, aveva assicurato all'esercito una posizione strategica tale da rendere la Cecoslovacchia non difendibile militarmente. Non v'era tempo da perdere per trarre profitto da tutto ciò. Il 21 aprile, undici giorni dopo il plebiscito nazista in Austria, Hitler mandò a chiamare il generale Keitel, capo del comando supremo delle forze armate, per discutere con lui il " caso verde ". 1 Dispaccio a Hitler del 21 dicembre 1937, in DGFP, I, p. 486. 2 PAPEN, Op. Clt., p. 404. 3 Ibid., p. 406. ' SCHUSCHNIGG, Austria" Requiem, pp. 12-19; NCA, V, pp. 709-12 (ND, 2995-PS). 5 Per la minuta del protocollo sottoposto a Schuschnigg: DGFP, I, pp. 513-15. 6 NCA, V, p. 711 (ND, 2995-PS). Pagina 270
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt SCHUSCHNIGG, Austria" Requiem, p. 23. ND, 2995-PS, of. cit. ' Schuschnigg da due versioni un po' diverse delle minacce di Hitler nel suo libro (p. 24) e nella sua deposizione giurata a Norimberga (2995-PS, NCA, V, p. 712). Le ho usate tutte e due, in forma abbreviata. 10 Austrian Requiem, p. 24. 11 Ibid. " Ibid., p. 25, e la deposizione giurata di Schuschnigg (ND, 2995-PS, NCA, V, p. 712). 13 Austrian Requiem, p. 25. 14 NCA, IV, p. 357 (ND, I775-PS). 15 Ibid., p. 361 (ND, i78o-PS). 16 Dalle note che presi io stesso, durante la radiotrasmissione. 11 Pel dispaccio inviato al Ministero degli Esteri tedesco il 25 febbraio 1938, segnato " segretissimo ": DGFP, I, p. 546. 18 Per la testimonianza di Miklas, cfr. NCA, Suppl. A, p. 523. Il suggerimento di von Papen si trova nelle sue Memoirs, p. 425. 19 Austrian Requiem, pp. 35-36. 20 NCA, IV, p. 362 (ND, i78o-PS). 21 NCA, VI, pp. 911-12 (ND, C-I02). 22 Ibid., VI, p. 913 (ND, C-io3). " DGFP, I, pp. 573-76. 24 NCA, V, pp. 629-54 (ND, 2949-PS). 25 Austrian Requiem, p. 47. 26 Testimonianza resa da Wilhelm Miklas il 30 gennaio 1946 nel corso di un processo anti nazista celebrato contro il dottor Rudolf Neumayer. Benché l'ex presidente della Repubblica austriaca si sia espresso in modo un po' confuso sulle ore precise e sull'esatto susseguirsi degli avvenimenti di quel giorno fatale, pure la sua testimonianza ha un grande valore ed è di alto interesse. Cfr. NÓI, Suppl. A, pp. 518-34 (ND, 3697-PS). 27 Austrian Requiem, p. 51. 28 Cfr. NCA, Suppl. A., pp. 525-34 (ND, 3697-PS) e anche NCA, V, p. 209 (ND, 2465-?$, 2466-PS). 29 NCA, VI, p. 1017 (ND, C-i82). 30 DGFP, I, pp. 584-586. 31 Ibid., p. 553-5532 TMWC, XVI, p. 153. 33 DGFP, I, p. 263. 34 Ibid., pp. 273-275. 3i Ibid., p. 578. 36 NCA, I, pp. 501-2 (ND, 3287-PS). 37 Per il testo del telegramma cifrato: DGFP, I, pp. 586-87. 38 TMWC, XX, p. 605. 39 TMWC, XV, p. 632. 7 8
L'" Anschluss ": l'Austria è matura 391 40 Memorandum di Seyss-Inquart, prodotto a Norimberga il 9 settembre 1943, NCA, V, DO. 961-92 (ND, 32J4-PS). PP "< TMWC, XIV, p. 429. " Pel testo del discorso di Schacht: NCA, VII, pp. 394-402 (ND, E&297-A). " NCA, IV, p. ,&, (ND, I947-PS). XII. VERSO MONACO II " caso verde " era il termine usato nel codice segreto per designare un attacco di sorpresa contro la Cecoslovacchia. Come abbiamo visto, dapprima esso era stato tracciato, il 24 giugno 1937, dal feldmaresciallo von Blomberg, e Hitler lo aveva elaborato per la conferenza che tenne ai generali il 5 novembre, avvertendoli che la " calata sui cèchi " avrebbe dovuto essere " effettuata con velocità fulminea " e avrebbe potuto aver luogo " già nel 1938 "*. Come è ovvio, la facile conquista dell'Austria fece apparire il " caso verde " abbastanza urgente; il piano doveva essere messo a punto e i preparativi per Pagina 271
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt attuarlo cominciarono. È a tal fine che il 21 aprile 1938 Hitler aveva fatto venire Keitel. L'indomani il maggiore Rudolf Schmundt, nuovo aiutante militare del Fùhrer, preparò un piano per la discussione, diviso in tre parti: " aspetti politici ", " conclusioni militari " e " propaganda " '. Hitler respinse " l'idea di un attacco strategico da sferrare senza un motivo o una possibile giustificazione ", a causa " dell'opinione mondiale ostile, che potrebbe creare una situazione critica ". Ritenne che anche un secondo progetto, " un'azione dopo un periodo di discussioni diplomatiche che conducesse gradatamente a una crisi e alla guerra ", non era accettabile " perché i cèchi [i verdi] avrebbero preso misure di sicurezza ". Almeno per il momento, il Fiihrer era per un terzo progetto: " Azione fulminea giustificata da un incidente (per esempio, l'uccisione di un ministro tedesco nel corso di una dimostrazione antitedesca) " **. Si ricorderà che un " incidente " del genere era stato progettato a un certo momento, per giustificare l'invasione tedesca dell'Austria, in cui von Papen avrebbe dovuto fungere da vittima. Nel mondo del banditismo hitleriano, si poteva benissimo sacrificare gli inviati tedeschi all'estero. Il signore tedesco della guerra - perché tale era divenuto Hitler avendo egli assunto personalmente il comando delle forze armate - fece notare al generale Keitel la necessità di una rapida azione. Politicamente parlando, i primi quattro giorni di un'azione militare sono quelli decisivi. Senza notevoli successi militari, scoppierà di certo una crisi europea. I faits ac-complis debbono convincere le potenze straniere dell'inutilità di un intervento militare. * Cfr. sopra, pp. 332-37** Le parentesi si trovano nell'originale. Verso Monaco 393 Quanto al lato propagandistico della guerra, non era ancora ora di convocare il dottor Goebbels. Hitler discusse soltanto circa la preparazione di alcuni fogli volanti con direttive " per il comportamento dei tedeschi nella Cecoslovacchia " e di altri fogli con " minacce per intimidire i cèchi ". La repubblica cecoslovacca, che Hitler aveva ormai deciso di distruggere, era una creazione di quei trattati di pace che dopo la prima guerra mondiale i tedeschi tanto odiarono. Era anche l'opera di due distinti intellettuali cèchi: Tomài; Garrigue Masaryk, figlio autodidatta di un cocchiere, divenuto un noto studioso, che fu il primo presidente di quel paese, ed Eduard Benes, figlio di un contadino. Questi aveva studiato all'Università di Praga e in tre istituti francesi di alta cultura, aveva coperto quasi ininterrottamente la carica di ministro degli Esteri e dopo il ritiro di Masaryk nel 1935 era e!'venuto il secondo presidente della Cecoslovacchia. Staccata dall'impero degli Asburgo, che nel xvi secolo aveva assorbito l'antico regno di Boemia, negli anni che seguirono la sua fondazione nel 1918 la Cecoslovacchia si era sviluppata come lo Stato più democratico, progressista, colto e prospero dell'Europa centrale. Ma per il fatto di essere costituita da diverse nazionalità la Cecoslovacchia fin da principio si trovò dinanzi a un problema interno che in più di venti anni non era stata capace di risolvere completamente. Era il problema delle minoranze. Nella repubblica vivevano un milione di ungheresi, mezzo milione di ruteni e tre milioni e un quarto di tedeschi dei Sudeti. Questi gruppi etnici avevano gli sguardi rivolti verso le loro patrie, che erano, rispettivamente, l'Ungheria, la Russia e la Germania, benché i Sudeti non avessero mai fatto parte del Reich tedesco (eccetto che al tempo del Sacro Romano Impero, con la sua struttura composita), ma solo dell'Austria. Per 10 meno, queste minoranze desideravano una autonomia maggiore di quella che era stata loro concessa. Perfino gli slovacchi, che formavano un quarto dei dieci milioni di cecoslovacchi, chiedevano provvedimenti che garantissero loro una certa autonomia. Benché molto vicini ai cèchi per razza e per lingua, gli slovacchi si erano sviluppati storicamente, culturalmente ed economicamente in un senso diverso, a causa, in gran parte, dei lunghi secoli di dominazione ungherese. Un accordo fra emigrati cèchi e slovacchi firmato a Pittsburgh, in America, 11 30 maggio 1918 prevedeva, per gli slovacchi, un proprio governo, un proprio parlamento e proprie corti di giustizia. Ma il governo di Praga non si senti legato da tale accordo e non lo rispettò. Certo, in confronto con le minoranze di gran parte degli altri paesi, anche dell'Europa occidentale e della stessa America, quelle della Cecoslovacchia non stavano troppo male. Godevano non soltanto di tutti i diritti civili, compreso quello di voto, ma avevano, in una certa misura, scuole proprie e si permetteva Pagina 272
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt loro di conservare le istituzioni culturali. Alcuni capi dei partiti politici di minoranza avevano spesso rivestito la carica di mini394 Verso la guerra mondiale stro nel governo centrale. Tuttavia i cèchi, non ancora completamente ristabiliti dalle conseguenze della secolare oppressione austriaca, lasciavano ancora parecchio a desiderare per quel che riguardava la soluzione del problema delle minoranze. Spesso il loro atteggiamento era sciovinista e privo di tatto. Dalle mie prime visite fatte a quel paese, mi ricordo il profondo risentimento suscitato nella Slovacchia dall'arresto del dottor Vojtech Tuka, a quel tempo stimato professore, che fu condannato a dieci anni di confino " per tradimento ", benché fosse dubbio se gli si potesse addebitare altro che di aver lavorato per l'autonomia slovacca. Soprattutto le minoranze pensavano che il governo cecoslovacco non aveva mantenuto le promesse, fatte da Masaryk e da Benes a Parigi nella conferenza della pace del 1919, di istituire un sistema cantonale simile a quello svizzero. Circostanza assai ironica rispetto a quanto ora esporremo, nello Stato cecoslovacco i tedeschi dei Sudeti se la passavano abbastanza bene, certamente meglio di ogni altra minoranza del paese e meglio delle minoranze tedesche della Polonia o dell'Italia fascista. Si lagnavano della meschina tirannide di certi funzionari locali cèchi e della discriminazione che, ai loro danni, talvolta si faceva a Praga. Per loro, era difficile rassegnarsi alla perdita del dominio che, precedentemente, sotto gli Asburgo, avevano esercitato in Boemia e in Mora via. Ma vivendo in gruppi compatti nelle regioni nordoccidentali e sudoccidentali della nuova repubblica, dove era concentrata la maggior parte dell'industria del paese, essi prosperavano e col passare degli anni, pur continuando a fare pressioni per una maggiore autonomia e per un maggior rispetto dei loro diritti in fatto di lingua e di cultura, a poco a poco raggiunsero una condizione di relativa armonia coi cèchi. Fino al momento dell'ascesa di Hitler, non esisteva, fra loro, nessun movimento politico serio che esigesse di più. La maggior parte dei voti dei Sudeti andava ai socialdemocratici e ad altri partiti democratici. Ma nel 1933, quando Hitler divenne il cancelliere del Reich, il virus del nazionalsocialismo si trasmise ai tedeschi dei Sudeti. In quell'anno fu costituito il partito dei tedeschi dei Sudeti (SDP), capeggiato da un insegnante di ginnastica dai modi miti, Konrad Henlein. A partire dal 1935 tale partito fu segretamente sovvenzionato dal Ministero degli Esteri tedesco, in ragione di 15 ooo marchi al mese2. Dopo un paio d'anni, esso raccolse la maggioranza dei tedeschi dei Sudeti; solo i socialdemocratici e i comunisti ne restarono fuori. Al tempo dell'Anschluss, il partito di Henlein, che da tre anni prendeva gli ordini da Berlino, era pronto a fare tutto ciò che Hitler desiderasse. A tale scopo, due settimane dopo l'annessione dell'Austria, Henlein corse a Berlino e il 28 marzo tenne un conciliabolo con Hitler di tre ore, a cui erano anche presenti Ribbentrop e Hess. Come risultò da un memorandum del Ministero degli Esteri, le istruzioni date da Hitler furono che " il partito dei tedeschi dei Sudeti doveva fare richieste inaccettabili per il governo cèco ". Lo stesso Henlein riassunse così le vedute del Fùhrer: " Dobbiamo sempre richiedere tanto, da non poter essere mai accontentati "3. Verso Monaco 395 Le rivendicazioni della minoranza tedesca della Cecoslovacchia erano dunque per Hitler un mero pretesto, come lo sarebbero state un anno dopo quelle di Danzica riguardo alla Polonia, pretesto che serviva al Fiìhrer per cuocere a fuoco lento un paese su cui bramava mettere le mani, per minarlo, per confonderne e fuorviarne gli amici e nascondere il suo vero scopo. Quale fosse tale scopo, egli lo disse chiaramente nel discorso pronunciato il 5 novembre dinanzi ai capi militari e lo indicò nelle prime direttive impartite per il " caso verde " : distruggere lo Stato cecoslovacco e impadronirsi dei suoi territori e dei suoi abitanti, a beneficio del Terzo Reich. Malgrado quel che era accaduto in Austria, i dirigenti politici della Francia e dell'Inghilterra non lo capirono. Durante tutta la primavera e l'estate, anzi quasi sino alla fine della vicenda, sembra che i primi ministri inglese e francese, Chamber-lain e Daladier, abbiano creduto sinceramente - del resto, come la maggior parte del mondo - che Hitler volesse solo che si rendesse giustizia ai fratelli tedeschi dell? Cecoslovacchia. In effetti, verso la fine della primavera i governi inglese e francese uscirono dal loro riserbo ed esercitarono pressioni sul governo cecoslovacco affinchè facesse ampie concessioni ai tedeschi dei Sudeti. Il 3 maggio il nuovo Pagina 273
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt ambasciatore tedesco a Londra, Herbert von Dirksen, riferì a Berlino che Lord Halifax lo aveva informato di una démarche che il governo britannico avrebbe presto fatto a Praga, " allo scopo di indurre Benes a dimostrare il più possibile la sua volontà di venire a un accomodamento coi tedeschi dei Sudeti " ". Il 7 maggio, cioè quattro giorni dopo, i ministri inglese e francese a Praga compirono tale démarche, esortando il governo cèco a " fare tutto il possibile " (secondo le parole riferite a Berlino dal ministro tedesco) per andar incontro alle richieste dei Sudeti. Hitler e Ribbentrop furono assai contenti nel constatare che i governi inglese e francese si preoccupavano tanto di venire in loro aiuto. A questo punto era però quanto mai necessario nascondere le finalità tedesche. Il 12 maggio Henlein si recò segretamente a Berlino, nella Wi-Ihelmstrasse, per ricevere istruzioni da Ribbentrop sul modo con cui avrebbe dovuto abbindolare gli inglesi quando, la stessa sera, sarebbe giunto a Londra e si sarebbe incontrato con Sir Robert Vansittart, consigliere diplomatico principale al Ministero degli Esteri e con altri funzionari britannici. Weizsàcker compilò un memorandum, con le linee da seguire: " A Londra, Henlein negherà di agire seguendo le istruzioni di Berlino... Infine Henlein parlerà del progressivo disgregarsi della struttura politica cèca, per scoraggiare gli ambienti convinti che un intervento volto a sostenere tale struttura possa avere qualche utilità " *. Lo stesso giorno il ministro tedesco a Praga mandò un telegramma a Ribbentrop, avvertendolo della necessità di usare precauzioni per coprire l'attività della sua legazione, la quale dava denaro e istruzioni al partito dei tedeschi dei Sudeti. Hugh R. Wilson, ambasciatore americano a Berlino, il 14 maggio fece visita a Weizsàcker per discutere sulla crisi dei Sudeti; gli fu detto che la Germania temeva che il governo cèco cercasse deliberatamente di provocare 396 Verso la guerra mondiale una crisi europea per impedire la " disintegrazione della Cecoslovacchia ". Due giorni dopo, il 16 maggio, il maggiore Schmundt inviò, in nome di Hitler, che si trovava sull'Obersalzberg, un telegramma urgente e " segretissimo " al quartier generale dell'OKW per chiedere quante divisioni, sul confine cèco, " erano pronte a marciare entro dodici ore, in caso di mobilitazione ". Il tenente colonnello Zeitzler, dello Stato maggiore dell'OKW, rispose immediatamente: " Dodici ". Ciò non soddisfece Hitler. Chiese che gli si indicasse quali erano. La risposta fu che si trattava di dieci divisioni di fanteria, di cui si indicava il numero, con in più una divisione corazzata e una divisione da montagna *. Hitler divenne irrequieto, tanto era impaziente di agire. Il giorno dopo, il 17, chiese all'OKW informazioni precise sulle fortificazioni costruite dai cèchi fra le montagne dei Sudeti, sulla frontiera. Si parlava di esse come della linea Maginot cèca. Lo stesso giorno Zeitzler rispose da Berlino con un lungo telegramma " segretissimo ", in cui dava al Fùhrer ampi dettagli sulle opere difensive cèche, facendogli notare che erano piuttosto imponenti '. La prima crisi: maggio 1938. Il week-end che cominciò venerdì 20 maggio portò alla crisi ricordata in seguito come la " crisi di maggio ". Nelle quarantotto ore che seguirono, i governi di Londra, Parigi, Praga e Mosca furono presi dal panico, all'idea che l'Europa fosse più vicina a una guerra di quanto lo fosse mai stata dopo l'estate del 1914. Tale stato d'animo era causato dal trapelare dei nuovi piani per un attacco tedesco contro la Cecoslovacchia, che l'OKW aveva studiato e sottoposto a Hitler quel venerdì. Per lo meno a Praga e a Londra si credeva, in ogni caso, che Hitler stesse per aggredire la Cecoslovacchia. Pertanto i cèchi cominciarono a mobilitare, e l'Inghilterra, la Francia e la Russia dimostrarono, di fronte a ciò che i loro governi temevano fosse una imminente minaccia tedesca, una fermezza e un'unione di cui non avrebbero più dato prova, se non quando una nuova guerra mondiale le aveva quasi distrutte. Venerdì 20 maggio il generale Keitel mandò a Hitler, che si trovava sempre sull'Obersalzberg, un nuovo schema per il " caso verde ", che egli e il suo Stato maggiore avevano elaborato dopo che, nell'incontro del 21 aprile, il Fùhrer ne aveva tracciato le linee generali. In una lettera ossequiosa al capo acclusa al nuovo piano, Keitel spiegava che in esso si teneva conto della " situazione creata dall'incorporazione dell'Austria al Reich tedesco " e che non sarebbe stato discusso con i comandanti in capo delle tre armi prima che " voi, Fùhrer, l'abbiate approvato e firmato ". Le nuove direttive per il " caso verde ", datate Berlino, 20 maggio 1938, costituiscono un documento interessante e significativo. È un modello tipico Pagina 274
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Verso Monaco 397 di quel modo nazista di progettare un'aggressione, che in seguito il mondo doveva ben conoscere. Cominciavano cosf: Non è mia intenzione schiacciare la Cecoslovacchia con un'azione militare nell'immediato futuro se non vi sono provocazioni, sempre che sviluppi inevitabili... all'interno [sottolineato nell'originale] della Cecoslovacchia non impongano tale soluzione o a meno che gli avvenimenti politici in Europa non creino una occasione particolarmente favorevole che potrebbe non più ripresentarsi8. Vengono considerate tre " possibilità politiche per iniziare l'operazione ". La prima, " l'attacco improvviso senza congrui pretesti esteriori ", viene respinta. Preferibilmente bisogna incominciare le operazioni: a) dopo un periodo di crescenti conflitti diplomatici e di tensioni connesse a ope razioni militari, da sfruttare per far ricadere la responsabilità della guerra sul nemico; oppure: b) con un'azione fulminea, conseguenza di qualche grave incidente che per la Germania rappresenti una intollerabile provocazione e che, almeno di fronte a una parte dell'opinione mondiale, offra una giustificazione morale per misure militari. Il caso b è il più favorevole, dal punto di vista sia militare, sia politico. Quanto alle operazioni militari, considerate a sé, entro quattro giorni dovevano riportare un successo tale da " dimostrare a quegli Stati nemici, che volessero intervenire, la disperata situazione militare dei cèchi e tale anche da offrire a quegli Stati che avessero rivendicazioni nazionali in Cecoslovacchia un incentivo ad associarsi immediatamente alla Germania, contro di essa ". Tali Stati erano l'Ungheria e la Polonia, e il piano contava sul loro intervento. Era incerto se la Francia avrebbe mantenuto i suoi obblighi verso i cèchi, ma " c'erano da aspettarsi tentativi della Russia di sostenere militamiente la Cecoslovacchia ". Il comando supremo tedesco o, per lo meno, Keitel e Hitler, confidavano a tal segno che i francesi non sarebbero scesi in campo, ch'e " solo un minimo di forze doveva essere usato per coprire le frontiere occidentali ", mentre " la maggior parte dell'esercito doveva essere impiegato per invadere la Cecoslovacchia ". Il " compito del grosso delle armate " era " annientare l'esercito cèco con l'aiuto dell'arma aerea e occupare il più rapidamente possibile la Boemia e la Moravia ". Doveva essere una " guerra totale ", e per la prima volta nei piani dei militari tedeschi veniva messo in rilievo il valore di ciò che i dirigenti chiamavano la " guerra di propaganda " e la " guerra economica ", associandone l'impiego ai piani generali militari dell'attacco. La guerra di propaganda [sottolineato nel testo] deve, per un lato, intimidire i cèchi per mezzo di minacce e logorare la loro forza di resistenza; d'altro lato, deve dare alle minoranze nazionali delle indicazioni sul modo di appoggiare le nostre operazioni militari e influenzare in nostro favore i neutrali. La guerra economica ha il compito di usare tutte le risorse economiche disponibili per accelerare il crollo finale dei cèchi... Nel corso delle operazioni militari è importante contribuire a potenziare lo sforzo della guerra totale economica raccogliendo rapidamente informazioni su fabbriche importanti, così da poterle rimettere in attività il più presto 398 Verso la guerra mondiale possibile. Per tale ragione è, per noi, d'importanza capitale risparmiare gli stabilimenti industriali e meccanici cèchi, per quanto lo permettono le operazioni militari. Questo modello per le aggressioni naziste era destinato a rimanere essenzialmente immutato, e ad essere usato con stupefacente successo fino a quando, molto più tardi, il mondo si ridestò e insorse. Il 20 maggio poco dopo mezzogiorno il ministro tedesco a Praga mandò un telegramma " urgente segretissimo " per riferire che il ministro degli Esteri cèco gli aveva proprio allora telefonato informandolo che il suo governo " era turbato dalle notizie di concentramenti di truppe [tedesche] in Sassonia ". Egli aveva risposto " che non vi era assolutamente ragione di preoccuparsi ", però chiedeva a Berlino di informarlo immediatamente nel caso che si stesse Pagina 275
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt preparando qualcosa. In quella fine di settimana, fu questo il primo di una serie di febbrili contatti diplomatici, i quali suscitarono in Europa la paura che Hitler stesse di nuovo per muoversi e che questa volta ne dovesse nascere una guerra generale. Per quanto mi risulta, non si è mai potuto sapere quanto fondamento avesse l'informazione ricevuta dal servizio segreto inglese e cèco, che truppe tedesche stavano concentrandosi sulla frontiera cèca. Per un'Europa non ancora rimessasi dallo choc dell'occupazione militare dell'Austria, v'erano vari motivi di preoccupazione. Il 19 maggio un giornale di Lipsia aveva pubblicato notizie circa movimenti di truppe tedesche. Il capo dei Sudeti, Henlein, il 9 maggio aveva annunciato la rottura dei negoziati del suo partito col governo cèco, e si sapeva che il 14, al suo ritorno da Londra, egli si era fermato a Berchtesgaden, per vedere Hitler, e che si trovava ancora là. Nella regione dei Sudeti vi erano stati tumulti con sparatorie. Durante tutto il mese di maggio la guerra di propaganda del dottor Goebbels prosegui, con la confezione di racconti fantastici circa il " terrorismo " esercitato dai cèchi sui tedeschi dei Sudeti. Sembrava che la tensione stesse per raggiungere il suo apice. Benché, in relazione con le manovre di primavera, vi fossero stati movimenti di truppe tedesche nelle regioni orientali del Reich, nei documenti germanici catturati non si è mai trovata alcuna prova che a quel tempo avesse avuto luogo un improvviso concentramento di forze armate sulla frontiera cèca. Al contrario: due documenti del Ministero degli Esteri del Reich in data 21 maggio contengono l'assicurazione riservata data alla Wi-Ihelmstrasse dal colonnello Jodl dell'OKW, che né in Slesia né nella Bassa Austria vi erano state concentrazioni del genere. In tale comunicazione, non destinata di certo all'estero, Jodl diceva che nulla v'era stato, " tranne le manovre in tempo di pace " '. Non che la frontiera cèca fosse sguarnita di truppe tedesche. Come si è visto, il 16 maggio Hitler era stato informato dall'OKW, in risposta alla sua richiesta urgente di informazioni, che sulla frontiera cèca dodici divisioni tedesche erano " pronte a marciare nello spazio di dodici ore ". Forse i servizi segreti cèco e inglese ebbero sentore dei telegrammi con cui furono trasmesse tali informazioni? E forse vennero a sapere delle Verso Monaco 399 nuove direttive per il " verde " inviate da Keitel a Hitler il 20 maggio affinchè le approvasse? In effetti, l'indomani il capo dello Stato maggiore cèco, generale Krejci, disse all'addetto militare tedesco a Praga, colonnello Tous-saint, di avere " la prova irrefutabile che in Sassonia aveva avuto luogo un concentramento di divisioni [tedesche] - da otto a dieci "10. Il numero delle divisioni non era molto lontano da quello reale, anche se le informazioni circa il loro impiego non erano del tutto esatte. In ogni modo, nel pomeriggio di quello stesso 20 maggio, in seguito a una riunione di emergenza del gabinetto cecoslovacco presieduto dal presidente Benes, tenutasi a Praga nel palazzo dello Hradshin, i cèchi decisero di ordinare immediatamente la mobilitazione parziale. Fu chiamata alle armi una classe e certe truppe tecniche di riserva furono mobilitate. A differenza del governo austriaco due mesi prima, quello cèco non intendeva cedere senza combattere. Benché parziale, la mobilitazione cèca provocò in Adolf Hitler un accesso di rabbia, né i suoi sentimenti furono calmati dai dispacci inviatigli all'Obersalzberg dal Ministero degli Esteri tedesco di Berlino, nei quali si parlava di continue chiamate da parte degli ambasciatori inglese e francese, per avvertire la Germania che l'aggressione contro la Cecoslovacchia avrebbe significato la guerra in Europa. I tedeschi non erano stati mai sottoposti a una pressione diplomatica strenua e continua come quella esercitata dagli inglesi in quella fine di settimana. Sir Nevile Henderson, l'ambasciatore britannico mandato a Berlino dal primo ministro, Chamberlain, perché usasse la sua abilità di diplomatico di carriera a calmare Hitler, e l'aveva anche applicata al massimo, si recò ripetutamente al Ministero degli Esteri tedesco per informarsi circa i movimenti delle 'truppe tedesche e per raccomandar prudenza. Egli certamente era stato spronato a ciò da Lord Halifax e dal Ministero degli Esteri inglese, perché, diplomatico mellifluo e bonario, personalmente non aveva troppa "simpatia per i cèchi, cosa risaputa, a Berlino, da tutti coloro che lo conoscevano. Il 21 maggio Henderson vide due volte Ribbentrop e l'indomani, benché fosse domenica, fece visita al segretario di Stato von Weiz-sacker - Ribbentrop era stato convocato d'urgenza da Hitler all'Obersalzberg - per consegnargli un messaggio personale di Halifax, che sottolineava la gravita della situazione. A Londra il sabato anche il segretario del Ministero degli Esteri inglese aveva convocato l'ambasciatore tedesco per Pagina 276
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt dirgli quanto il momento fosse critico. L'ambasciatore von Dirksen mise in rilievo in un dispaccio spedito dopo essersi incontrato con Halifax, e i tedeschi in tutte queste comunicazioni inglesi non mancarono di notare la stessa cosa: cioè che il governo britannico, mentre era certo che la Francia sarebbe venuta in aiuto della Cecoslovacchia, non diceva di voler fare altrettanto. Al più gli inglesi arrivavano ad avvertire che " nel caso di un conflitto europeo era impossibile prevedere se la Gran Bretagna sarebbe stata trascinata in esso " " - e Dirksen disse che Halifax aveva dato tale avvertimento. Effettivamente, il governo di Chamberlain non andò mai oltre, finché fu troppo tardi per arrestare Hitler. L'im4oo Verso la guerra mondiale pressione che chi scrive queste linee ebbe a Berlino, da quel momento sino alla fine, è che se Chamberlain avesse detto chiaramente a Hitler che l'Inghilterra avrebbe fatto ciò che essa finì col fare di fronte all'aggressione nazista, il Fiihrer non si sarebbe mai imbarcato nelle avventure che portarono alla seconda guerra mondiale: e una tale impressione è stata confermata a pieno dall'esame dei documenti segreti tedeschi. Questo fu il fatale errore commesso dal primo ministro inglese dalle buone intenzioni. Nel suo ritiro montano presso Berchtesgaden Adolf Hitler si arrovellava e si sentiva profondamente umiliato per l'atteggiamento dei cèchi e per l'appoggio ad essi dato da Londra, da Parigi e perfino da Mosca. Nulla avrebbe potuto mettere il dittatore tedesco in un umore più nero. Il suo furore era tanto maggiore, in quanto egli veniva accusato prematuramente di essere sul punto di commettere un'aggressione che, di fatto, aveva l'intenzione di compiere. Proprio in quella fine di settimana egli aveva esaminato il nuovo " piano verde " sottopostogli da Keitel. Ma esso non poteva essere attuato subito. Soffocando il suo orgoglio, egli ordinò al Ministero degli Esteri di Berlino di informare lunedì 23 maggio l'ambasciatore cèco che la Germania non aveva intenzioni aggressive nei riguardi della Cecoslovacchia e che le notizie circa concentrazioni di truppe tedesche alla frontiera erano prive d'ogni fondamento. A Praga, Londra, Parigi e Mosca i capi dei governi trassero un respiro di sollievo. La crisi era stata superata. A Hitler era stata data una lezione. Egli ormai doveva sapere che, se aggrediva, non poteva cavarsela facilmente come nel caso dell'Austria. Ma questi statisti conoscevano poco il dittatore nazista. Dopo essere rimasto ad arrovellarsi per qualche giorno ancora sull'O-bersalzberg, facendosi prendere da una rabbia furiosa perché avrebbe voluto finirla con tutta la Cecoslovacchia e, in particolare, col presidente Benes, che egli credeva lo avesse umiliato di proposito, Hitler apparve improvvisamente a Berlino il 28 maggio e convocò alla Cancelleria gli alti ufficiali della Wehrmacht per far loro conoscere una sua importante decisione. Egli stesso la riferì in un discorso che avrebbe tenuto otto mesi dopo al Reichstag: Decisi di risolvere una volta per tutte, e radicalmente, il problema dei Sudeti. Il 28 maggio ordinai: 1) di fare preparativi per un'azione militare contro questo Stato, prevista per il 2 ottobre; 2) di estendere considerevolmente e di accelerare la costruzione della nostra linea di difesa a occidenteFu progettata l'immediata mobilitazione di novantasei divisioni, cominciando da... ". Ai suoi accoliti riuniti nella Cancelleria - Gbring, Keitel, Brauchitsch, Beck, l'ammiraglio Raeder, Ribbentrop e Neurath - disse con voce tonante: " La mia volontà inflessibile è che la Cecoslovacchia sia cancellata dalla carta geografica! " ". Il " caso verde " fu di nuovo esaminato e riveduto. Nel diario di Jodl vi sono tracce di ciò che si svolgeva nella mente febbrile e vendicativa di Hitler. Verso Monaco 401 L'intenzione del Fuhrer, di non acuire il problema cèco, ha subito una modificazione per via della concentrazione strategica di truppe cèche, effettuata il 21 maggio senza alcuna minaccia tedesca e senza la minima ragione. Il freno che la Germania ha imposto a se stessa ha per conseguenza una perdita di prestigio per il Fuhrer, il quale non intende che la cosa si ripeta. Cosf il 30 maggio sono state date nuove direttive per il piano " verde " '*. I particolari delle nuove direttive, firmate da Hitler il 30 maggio, non Pagina 277
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt differiscono essenzialmente da quelle dello schema che gli era stato sottoposto nove giorni prima. Tuttavia vi erano due variazioni importanti. Invece della prima frase del testo del 21 maggio, che diceva: " Non è mia intenzione schiacciare la Cecoslovacchia nell'immediato futuro ", le nuove direttive avevano le parole: " È mia irrevocabile decisione schiacciare la Cecoslovacchia nell'immediato futuro con un'azione militare ". Che cosa significasse l'" immediato futuro ", lo spiegò Keitel in una lettera a parte. Egli ordinò: " L'esecuzione del piano " verde " deve essere assicurata, al più tardi, per il i° ottobre 1938 "15. Era una data a cui Hitler doveva inflessibilmente attenersi, ad onta di tutto, fra un succedersi di crisi e al limite della guerra. 7 generali esitano. Dopo aver annotato nel suo diario il 30 maggio che Hitler aveva firmato le nuove direttive per il " caso verde " e che, in seguito alla sua richiesta di " un'irruzione immediata in Cecoslovacchia esattamente il giorno X... le precedenti istruzioni per l'esercito debbono essere notevolmente modificate ", Jodl aggiunge questa frase: Ancora una volta si acutizza il contrasto fra l'idea del Fuhrer, che noi si debba agire quest'anno, e l'opinione dell'esercito, che ciò non sia ancora possibile, perché le potenze occidentali certissimamente interverranno e noi non siamo ancora in grado di fronteggiarle ". L'attento ufficiale di Stato maggiore della Wehrmacht cosf indicava il nuovo screzio verificatosi fra Hitler e alcuni dei più altolocati generali dell'esercito. A capo dell'opposizione fatta ai grandiosi piani di aggressione del Fuhrer stava il generale Ludwig Deck, capo dello Stato maggiore dell'esercito: questi da allora in poi doveva dirigere tutta la resistenza che era possibile opporre a Hitler nel Terzo Reich. In seguito questo generale, pieno di sensibilità, intelligente, onesto ma indeciso, doveva impostare su più vasta base la sua lotta contro il dittatore nazista. Però fino alla primavera del 1938, dopo più di quattro anni di nazionalsocialismo, Beck si oppose al Fuhrer per la sola ragione, puramente tecnica, che la Germania non era ancora abbastanza forte per far fronte alle potenze occidentali e, forse, anche alla Russia. Come si è visto, Beck aveva salutato con gioia la salita al potere di Hitler e aveva pubblicamente esaltato il Fuhrer per avere ristabilito la coscri402 Verso la guerra mondiale zione intesa a ricostituire l'esercito tedesco, a dispetto dei patti di Versailles. Si ricorderà che nel lontano 1930 Beck, che allora era un oscuro comandante di reggimento, si era fatto avanti per difendere tre subalterni dall'accusa di tradimento, cioè di svolgere propaganda nazista in seno alle forze armate; in effetti, egli aveva testimoniato in loro favore dinanzi alla corte suprema dopo che Hitler era apparso sul banco avvertendo che se egli fosse salito al potere, " delle teste sarebbero rotolate per terra ". A illuminarlo, sembra che non sia stata l'aggressione contro l'Austria - che Beck aveva anzi sostenuto - ma il cader della testa del generale von Fritsch dopo la macchinazione della Gestapo. Egli aveva cominciato a intuire che la politica di Hitler di affrontare di proposito il rischio di una guerra con l'Inghilterra, la Francia e la Russia malgrado il parere dei più eminenti generali, se fosse stata attuata, avrebbe significato la rovina della Germania. Beck. aveva avuto sentore dell'incontro di Hitler con Keitel del 21 aprile, incontro nel quale alla Wehrmacht erano state date direttive per affrettare i piani di attacco contro la Cecoslovacchia, e il 5 maggio scrisse per il generale von Brauchitsch, nuovo comandante in capo dell'esercito, il primo di una serie di memorandum, opponendosi energicamente a ogni azione del genere ". Sono, questi memorandum, scritti brillanti, ponderati e logici, con l'indicazione cruda di fatti spiacevoli. Benché Beck sopravvalutasse la forza di volontà dell'Inghilterra e della Francia, la sagacia politica dei loro dirigenti e la potenza dell'esercito francese, per cui in conclusione si sbagliò sull'epilogo del dramma cèco, pure, per quel che riguarda la Germania, le sue predizioni lungimiranti risultarono tremendamente esatte. Nel memorandum del 5 maggio Beck diceva di essere convinto che un attacco tedesco contro la Cecoslovacchia avrebbe provocato una guerra europea in cui l'Inghilterra, la Francia e la Russia sarebbero scese in campo contro la Germania e in cui gli Stati Uniti sarebbero stati l'arsenale delle democrazie occidentali. La Germania non poteva in alcun modo vincere una tale guerra. Già la carenza delle materie prime rendeva impossibile la vittoria. Egli affermava che, in effetti, " la situazione economico-militare della Germania era peggiore Pagina 278
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt di quella del 1917-18 ", quando cominciò il cedimento delle armate dell'imperatore. Il 28 maggio Beck si trovava fra i generali convocati nella Cancelleria del Reich dopo la " crisi di maggio " per ascoltare i discorsi infuriati di Hitler, che il prossimo autunno voleva cancellare la Cecoslovacchia dalla carta geografica. Prese diligentemente nota della diatriba del Fùhrer e due giorni dopo, proprio quando Hitler firmava le nuove direttive per il " caso verde " fissando la data dell'attacco al i° ottobre, egli compilò un altro, più aspro, memorandum per Brauchitsch, in cui criticava punto per punto il programma di Hitler. Per essere sicuro che il prudente comandante in capo ne comprendesse bene tutto il contenuto, glielo lesse personalmente. Alla fine egli fece rilevare all'infelice e piuttosto superficiale Brauchitsch che al " vertice della gerarchia militare " vi era una crisi la quale aveva già portato all'anarchia e che se essa non fosse stata superata il destino dell'eserVerso Monaco 403 cito, e quindi della stessa Germania, sarebbe stato " nero ". Qualche giorno dopo, il 3 giugno, Beck mandò un altro memorandum a Brauchitsch in cui dichiarava che le nuove direttive per il " caso verde " erano, " militarmente, prive di una salda base " e che lo Stato maggiore dell'esercito le respingeva. Invece Hitler vi insisteva. L'incartamento " verde ", caduto in mano agli Alleati, mostra come egli fosse preso da frenesia via via che l'estate trascorreva. Egli ordinò che le solite manovre di autunno venissero anticipate in modo che l'esercito fosse preparato per l'attacco. Si dovevano fare speciali esercitazioni " per prendere di sorpresa le fortificazioni ". Il generale Keitel fu informato che " il Fiihrer ha ripetutamente sottolineato la necessità di accelerare i lavori di fortificazione in occidente ". Il 9 giugno Hitler chiede maggiori informazioni sull'armamento dei cèchi e riceve subito un rapporto dettagliato su ogni possibile arma, grande o piccola, usata dai cèchi. Lo stesso giorno egli domanda: " Le fortificazioni cèche hanno tuttora guarnigioni ridotte? " Nel suo ritiro montano, dove trascorreva l'estate attorniato dai suoi cortigiani, trastullandosi con l'idea della guerra il suo animo ora si sollevava, ora si abbatteva. Il 18 giugno egli impartisce nuove " direttive generali " per il piano " verde ". Non c'è alcun pericolo di una guerra preventiva contro la Germania... Deciderò di agire contro la Cecoslovacchia solo se sarò fermamente convinto... che la Francia non marcerà contro di noi e che quindi l'Inghilterra non interverrà. Tuttavia il 7 luglio si mette a svolgere alcune " considerazioni " sul da farsi se la Francia e l'Inghilterra interverranno. Egli dice: " La prima considerazione è che bisognerà tenere le fortificazioni a occidente " finché la Cecoslovacchia sarà schiacciata e le truppe potranno riversarsi sul fronte occidentale. Il fatto che non vi siano truppe disponibili per tenere le fortificazioni a occidente, non disturba le sue cogitazioni febbrili. Egli ritiene che " molto probabilmente la Russia interverrà " e che per ora non è così -.icuro che la Polonia non faccia lo stesso. Bisogna premunirsi di fronte a :ali eventualità; ma egli non dice come. Sull'Obersalzberg Hitler si trovava piuttosto isolato e sembra che non ivesse ancora udito le voci di dissenso che circolavano al vertice dello Stato naggiore dell'esercito. Sebbene Beck assillasse von Brauchitsch coi suoi me-norandum, il capo dello Stato maggiore alla metà di giugno fini col rendersi conto che l'incostante comandante in capo non faceva conoscere le sue opinioni al Fùhrer. Così verso la metà di luglio Beck decise di compiere un ultimo disperato sforzo per venire a capo della cosa, in un modo o nell'altro. Il 16 luglio compilò il suo ultimo memorandum per Brauchitsch. Esigeva che l'esercito dicesse a Hitler di sospendere i preparativi per la guerra. Nella piena coscienza della gravita di un tale passo ma, anche, delle mie responsabilità, sento il dovere di chiedere urgentemente che il comandante supremo delle forze armate [Hitler] revochi i preparativi per la guerra e abbandoni l'idea di risolvere il problema cèco con la forza, fino a quando la situazione militare non sia fondamentalmente cambiata. Cosf come ora stanno le cose, giudico disperata tale situazione, e questo giudizio è condiviso da tutti gli ufficiali superiori dello Stato maggiore. 404 Verso la guerra mondiale Beck portò personalmente a Brauchitsch questo memorandum e a voce aggiunse ulteriori proposte per un'azione compatta dei generali dell'esercito, qualora Hitler si dimostrasse recalcitrante. In particolare, egli propose che, in tal Pagina 279
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt caso, tutti i principali generali dovessero subito dimettersi. E per la prima volta nel Terzo Reich egli sollevò un problema che in seguito, al processo di Norimberga, doveva presentarsi continuamente: per un ufficiale, vi era una fedeltà a qualcosa di più alto del Fùhrer? A Norimberga dozzine di ufficiali si scolparono dei loro crimini di guerra rispondendo negativamente. Dissero che dovettero obbedire agli ordini. Ma il 16 luglio Beck aveva, a tale riguardo, un'opinione diversa, che egli cercò di far valere sino alla fine, anche senza pervenire quasi mai a qualche risultato. Egli disse che, quanto alla fedeltà al comandante supremo, vi erano dei " limiti ", qualora la sua coscienza, le sue conoscenze e la sua responsabilità gli vietassero di eseguire un ordine. Egli pensava che i generali si trovavano di fronte a tali limiti. Se Hitler insisteva nel voler la guerra, essi dovevano dimettersi in blocco. In tal caso, egli disse, la guerra si rendeva impossibile, perché non ci sarebbe stato più nessuno per guidare gli eserciti. Il capo dello Stato maggiore dell'esercito tedesco era ormai desto, desto quanto mai lo era stato in tutta la sua vita. Le bende gli erano cadute dagli occhi. Finalmente egli capì che, in vista di quel che era in gioco per la nazione tedesca, non si trattava soltanto di frenare un capo di Stato isterico che voleva attaccare, per ripicco, una piccola nazione vicina rischiando di scatenare una grande guerra. D'un tratto si rivelò alla mente di colui che era già stato un generale filonazista, tutta la follia del Terzo Reich con la sua tirannide, il suo terrorismo, la sua corruzione, il suo disprezzo per le antiche virtù cristiane. Tre giorni dopo, il 19 luglio, egli tornò da Brauchitsch, per parlargli di tutto ciò. Egli insistette che non solo i generali dovevano " scioperare " per impedire a Hitler di cominciare una guerra, ma che dovevano contribuire anche a una epurazione del Terzo Reich. Il popolo tedesco e lo stesso Fùhrer dovevano essere liberati dal terrorismo delle SS e dei caporioni del partito nazista. Si doveva restaurare una società e uno Stato retti dalla legge. Beck riassunse nei seguenti termini il suo programma di riforma: Per il Fiihrer, ma contro la guerra, e contro il governo dei caporioni; pace con la Chiesa; libertà di esprimere le proprie opinioni; fine di un terrorismo da Ceka; restaurazione della giustizia; riduzione alla metà dei contributi per il partito, sospensione della costruzione di palazzi per intraprendere quella di abitazioni per il popolo; maggiore probità e austerità prussiana. Dal punto di vista politico, Beck era troppo ingenuo per rendersi conto che Hitler era, più di qualsiasi altro, responsabile di quelle condizioni della Germania che a lui ripugnavano. Però il compito più immediato di Beck era di continuare a incitare l'esitante Brauchitsch a presentare a Hitler un ultimatum in nome dell'esercito, chiedendogli di sospendere i preparativi Verso Monaco 405 di guerra. A questo fine egli organizzò per il 4 agosto un incontro segreto dei generali. Preparò un vivace discorso che il comandante in capo dell'esercito avrebbe dovuto leggere, allo scopo di attirare dalla propria parte i generali anziani in una comune opposizione a avventure naziste atte a scatenare un conflitto armato. Purtroppo Brauchitsch non ebbe il coraggio di leggerlo e Beck dovette accontentarsi di esporre il proprio memorandum del 16 luglio, il quale fece una grande impressione sulla maggior parte dei generali. Ma non fu intrapresa nessuna azione decisiva e la riunione degli alti ufficiali dell'esercito tedesco si sciolse senza che essi avessero avuto l'ardire di chiedere a Hitler una resa di conti, come avevano fatto i loro predecessori in altri tempi con gli Hohenzollern e con i cancellieri dell'impero. Però Brauchitsch trovò abbastanza coraggio per mostrare a Hitler il memorandum di Beck del 16 luglio. La risposta di Hitler fu di non convocare gli alti ufficiali che si opponevano e che appoggiavano quel memorandum, ma ufficiali da essi direttamente dipendenti, i capi di Stato maggiore di vari comandi dell'esercito e dell'aviazione, che costituivano un gruppo di elementi più giovani su cui egli credeva di poter contare dopo averli lavorati con la suj solita persuasiva oratoria. Li convocò il io agosto al Berghof - durante tutta l'estate Hitler non si era quasi mosso dalla sua villa di montagna - e, dopo pranzo, somministrò loro un discorso che, secondo Jodl, il quale era presente e ne riferì nel suo fedele diario, durò quasi tre ore. Ma in questa occasione l'eloquenza del Fùhrer non fu persuasiva quanto egli aveva sperato. In seguito Jodl e anche Manstein parimenti presente, parlarono di " un gravissimo, spiacevole scontro " fra il generale von Wietersheim e Hitler. Wietersheim era il più alto ufficiale della riunione e, essendo stato designato quale capo di Stato maggiore dell'armata d'occidente alle dipendenze del generale Wilhelm Adam, ebbe il coraggio di Pagina 280
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt esprimersi francamente sul problema cruciale che Hitler e l'OKW cercavano di eludere, dicendo che se si impegnavano quasi tutte le forze militari per colpire la Cecoslovacchia, la Germania, a occidente, restava senza difese sufficienti e sarebbe stata invasa dai francesi. Riferì che il vallo occidentale praticamente non avrebbe potuto essere tenuto per più di tre settimane. Nel suo diario Jodl racconta: II Fiihrer s'infuriò e fece fuoco e fiamme, gridando che allora tutto l'esercito non era buono a nulla. E ribattè: " Vi dico, signor generale, che le posizioni saranno tenute non per tre settimane, ma per tre anni! " ". Con che cosa, non lo disse. Nella riunione dei generali anziani del 4 agosto il generale Adam aveva riferito che a occidente egli avrebbe disposto soltanto di cinque divisioni del servizio attivo e che esse sarebbero state sopraffatte dai francesi. È da presumere che Wietersheim indicasse a Hitler quegli effettivi, ma il Fiihrer non volle ascoltare. Nonostante fosse un perspicace ufficiale di Stato maggiore, Jodl allora subiva talmente il fascino del capo che lasciò la riunione con l'animo profondamente depresso, convinto che i generali sembravano non capire il genio di Hitler. 406
Verso la guerra mondiale Questa convinzione pessimistica [di Wietersheim] sfortunatamente assai diffusa nello Stato maggiore dell'esercito, si basa su varie ragioni. Anzitutto [lo Stato maggiore] è irretito da antichi ricordi e si sente responsabile per decisioni politiche, invece di obbedire e di eseguire i compiti assegnatigli. E quantunque lavori con la sua tradizionale dedizione, gli manca la forza d'animo perché, in fondo, non crede nel genio del Fiìhrer. Vi è, forse, chi lo paragona a un Carlo XII. Ma come è certo che l'acqua scorre verso il basso, così da questo disfattismo (Mie-smacherei] deriva non solo un grandissimo danno politico perché ora tutti parlano di contrasti fra le opinioni dei generali e quelle del Fuhrer - ma anche un pericolo per il morale delle truppe. Io però non dubito che il Fuhrer saprà rialzare il morale del popolo, al momento giusto ". Jodl poteva aggiungere che Hitler avrebbe anche saputo soffocare la rivolta dei generali. Come Manstein riferì a Norimberga nel 1946, quella fu l'ultima riunione in cui Hitler permise ai militari di esporre dei problemi e di discutere20. Il 15 agosto, in occasione della rivista militare di Jiiterbog, Hitler ripetè ai generali di essere deciso a " risolvere con la forza il problema cèco " e nessun ufficiale osò dire una sola parola contro di lui, o ebbe il permesso di dirla. Beck riconobbe di essere stato sconfitto - in gran parte, per la mancanza di spina dorsale dei suoi colleghi - e il 18 agosto dette le dimissioni da capo di Stato maggiore dell'esercito. Cercò di indurre Brauchitsch a imitarlo, ma ormai il comandante in capo dell'esercito stava subendo il potere ipnotico di Hitler, cosa a cui contribuivano indubbiamente gli entusiasmi nazisti della donna che stava per divenire la sua seconda moglie *. Hassell disse di lui: " Brauchitsch si chiude nell'uniforme e dice: " Sono un soldatc e il mio dovere è obbedire" "21. In tempi normali le dimissioni di un capo di Stato maggiore dell'esercite nel bel mezzo di una crisi, specialmente di un ufficiale così conside to come il generale Beck, avrebbe scatenato una tempesta negli ambienti militari e perfino destato ripercussioni all'estero. Ma anche in questa occasione Hitler dimostiò la sua astuzia. Benché avesse accettato subito, e con gran sollievo, le dimissioni di Beck, proibì che la stampa, e perfino la gazzetta ufficiale e i fogli d'ordine dell'esercito, ne dessero notizia e ingiunse al generale dimissionario e ai suoi camerati di tener la cosa per sé. Non sarebbe stato bene che i governi inglese e francese avessero qualche sentore dei dissensi sorti nelle alte gerarchie dell'esercito tedesco durante quella critica congiuntura probabilmente Parigi e Londra non vennero a sapere della faccenda sino alla fine di ottobre, quando Berlino ne diede l'annuncio ufficiale. Si può supporre che se l'avessero saputo, la storia avrebbe forse preso un diverso corso; non si sarebbero spinti così avanti a cercar di pacificare il Fuhrer. Per un senso di patriottismo e di lealtà di fronte all'esercito, lo stesso Beck non cercò affatto di attirare sull'episodio l'attenzione pubblica. Però * II generale von Brauchitsch ottenne il divorzio durante l'estate e il 24 settembre sposò Charlotte Schmidt. Verso Monaco 407 si sentiva deluso, perché nemmeno uno degli alti ufficiali che si erano dichiarati d'accordo con lui e lo avevano sostenuto nella sua opposizione alla Pagina 281
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt guerra aveva avuto l'animo di seguire il suo esempio e dare le dimissioni. Non cercò di persuaderli. Come in seguito disse Hassell, egli era " puramente un Clausewitz, senza neppure una goccia di Blùcher o di Yorck " a -era un uomo che pensava e aveva dei principi, ma non un uomo d'azione. Egli vide che Brauchitsch, comandante in capo dell'esercito, lo aveva abbandonato in un momento decisivo della storia tedesca, e ciò lo amareggiò. Anni dopo il biografo e amico di Beck parlò della " profonda amarezza " mostrata dal generale ogni volta che parlava del suo antico comandante. In tali occasioni egli si commuoveva e mormorava: " Brauchitsch mi piantò in asso " M. Benché la sua nomina venisse tenuta segreta per diverse settimane, sino alla fine della crisi, a succedere a Beck nella carica di capo di Stato maggiore dell'esercito fu prescelto Franz Halder, generale di cinquantaquattro anni che veniva da un'antica famiglia bavarese di militari, e il cui padre era stato parimenti generale. Apparteneva all'artiglieria e nella prima guerra mondiale aveva prestato servizio, come giovane ufficiale, nello Stato maggiore del principe ereditario Rupprecht. Benché a Monaco nel primo dopoguerra fosse stato amico di Rohm - cosa che a Berlino avrebbe potuto metterlo in cattiva luce egli compì una rapida carriera nell'esercito, e durante l'ultimo anno era stato il sostituto di Beck. In effetti, Beck lo raccomandò a Brauchitsch quale suo successore, nella certezza che il sostituto condividesse il suo modo di vedere. Halder fu il primo bavarese e il primo cattolico a diventare capo dello Stato maggiore tedesco, cosa che rappresentava una precisa rottura con l'antica tradizione protestante prussiana del corpo degli ufficiali. Uomo di vasti interessi intellettuali, con una particolare inclinazione per la matematica e la botanica (la prima impressione che mi fece fu quella di una specie di professore universitario di matematica o di scienze naturali) e devoto cristiano, non v'è dubbio che come mente e spirito poteva essere un degno successore di Beck. Il problema era se, a differenza del suo ex capo, egli avesse anche la capacità di svolgere un'azione decisiva nel momento giusto, e se in un tale momento fosse abbastanza forte di carattere da non tener conto del giuramento di fedeltà al Fiihrer e da schierarsi decisamente contro di lui. Benché, anch'egli come Beck, dapprima non vi partecipasse, Halder sapeva del complotto che si stava organizzando contro Hitler e sembra che fosse disposto ad appoggiarlo. Quale nuovo capo dello Stato maggiore, egli divenne la figura-chiave nella prima seria congiura intesa a rovesciare il dittatore del Terzo Reich. 408 Verso la guerra mondiale Nascita di una cospirazione contro Hitler. Dopo cinque anni e mezzo di nazionalsocialismo, per i pochi tedeschi contrari a Hitler era evidente che soltanto l'esercito possedeva la forza materiale necessaria per rovesciarlo. Sia gli operai che le classi medie e superiori anche se avessero voluto farlo non ne avevano i mezzi. Non avevano organizzazioni proprie fuori dei raggruppamenti del partito nazista e, naturalmente, erano disarmati. Benché più tardi molto sia stato scritto sul movimento della " resistenza " tedesca, dal principio sino alla fine esso fu una ben piccola e debole cosa; era certamente guidato da uomini coraggiosi e onesti, ma mancò di seguaci. Si deve riconoscere che già solo l'esser sicuri della propria esistenza era cosa difficile in uno Stato di polizia dominato dal terrore e dallo spionaggio. Inoltre come avrebbe potuto un piccolo gruppo - o anche un grande gruppo, se ci fosse stato - sollevarsi in rivolta contro le mitragliatrici, i carri armati e i lanciafiamme delle SS? Da principio, tutto quel che esistette, in Germania, quanto a opposizione, fu opera di civili. Come si è visto, i generali erano fin troppo lieti che si fosse costituito un regime capace di abbattere le limitazioni imposte dal trattato di Versailles e che aveva loro affidato il compito essenziale e tradizionale di organizzare un grande esercito. È un'ironia, ma i civili che avrebbero capeggiato l'opposizione erano stati a servizio del Fiihrer con importanti cariche; la maggior parte di essi aveva già avuto per il nazismo un entusiasmo svanito solo quando cominciarono a rendersi conto che, nel 1937, Hitler stava conducendo la Germania verso una guerra che sarebbe stata quasi sicuramente perduta. Uno dei primi ad accorgersi di questo fu Cari X^oerdeler, borgomastro di Lipsia, che, già incaricato da Brùning del controllo dei prezzi, aveva continuato a svolgere questa sua attività sotto Hitler per tre anni. Conservatore e monarchico sino in fondo, devoto protestante, abile, energico e intelligente, ma anche indiscreto e ostinato, egli ruppe ogni rapporto coi nazisti nel 1936 per via del loro antisemitismo e della frenetica opera di Pagina 282
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt riarmo, si dimise da entrambe le cariche che occupava e si dedicò anima e corpo all'opposizione contro Hitler. Una delle sue prime iniziative furono i viaggi fatti nel 1937 in Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti, allo scopo di avvertire discretamente quei paesi del pericolo che la Germania nazista rappresentava. Un po' di tempo dopo gli occhi si aprirono ad altri due potenziali cospiratori, a Johannes Popitz, ministro prussiano delle Finanze, e al dottor Schacht. Entrambi avevano ricevuto la più alta decorazione del partito nazista, il distintivo d'oro d'onore, per i servizi prestati nel ridimensionamento dell'economia tedesca in funzione delle finalità belliche; ed entrambi cominciarono ad accorgersi quali fossero, nel 1938, le vere mire di Hitler. Verso Monaco 409 Sembra che nessuno dei due abbia goduto una piena fiducia nell'ambiente più ristretto dell'opposizione, a causa del loro passato e del loro carattere. Schacht era troppo opportunista, e Hassell rilevò nel suo diario che il presidente della Retchsbank "diceva una cosa e ne faceva un'altra": opinione, questa, che pare fosse condivisa dai generali Beck e von Fritsch. Popitz era uno spirito brillante, ma incostante. Valente studioso della civiltà greca ed eminente economista, come il generale Beck e come Hassell era membro del Club del Mercoledì, gruppo di sedici intellettuali che si riuniva una volta alla settimana per discutere di filosofia, di storia, di arte, di scienza e di letteratura e che con l'andar del tempo - o, meglio, col precipitare dei tempi costituì uno dei centri dell'opposizione. Ulrich von Hassell divenne una specie di consigliere per gli affari esteri dei capi della resistenza. Come si è visto, i dispacci da lui mandati durante la guerra d'Abissinia e la guerra civile spagnola mentre era ambasciatore a Roma, erano stati ricchi di consigli circa il modo di mettere in contrasto l'Italia con la Francia e l'Inghilterra tanto da averla dalla parte della Germania. In seguito egli cominciò a temere che una guerra contro la Francia e l'Inghilterra sarebbe stata fatale per la Germania, e che fatale sarebbe stata perfino la sua alleanza con l'Italia. Troppo colto per non nutrire disprezzo verso il nazionalsocialismo, von Hassell non cessò però di servire volontariamente il regime. Egli fu esonerato dal servizio diplomatico nella grande epurazione effettuata da Hitler il 4 febbraio 1938 tra i militari, i politici e i funzionari del Ministero degli Esteri. Appartenente a un'antica famiglia nobile di Hannover, sposato alla figlia del grande ammiraglio von Tirpitz, creatore della marina tedesca, e gentiluomo dell'antica scuola fino alla punta delle dita, Hassell, come molti altri della sua classe, sembra abbia avuto bisogno dello choc causatogli dalla sua estromissione a opera dei nazisti per incominciare ad occuparsi di ciò che avrebbe servito a rovesciarli. Una volta abbandonato il servizio diplomatico, quest'uomo sensibile, intelligente, ma non adatto al suo posto, si dedicò a tale compito e, come vedremo, a esso sacrificò la vita, facendo un'orribile fine. Vi furono altri ufficiali, meno noti e per lo più giovani, che fin da principio erano stati contro i nazisti e che a poco a poco si unirono formando vari nuclei di resistenza. Una delle figure più eminenti di uno di tali gruppi fu Ewald von Kleist, gentiluomo di campagna discendente del grande poeta di questo nome. Egli collaborò strettamente con Ernst Niekisch, ex socialdemocratico direttore della rivista " Der Widerstand " (La Resistenza) e con Fabian von Schlabrendorff, giovane avvocato pronipote del medico privato e consigliere intimo della regina Vittoria, barone von Stockmar. Vi erano poi degli ex dirigenti sindacali, quali Julius Leber, Jakob Kaiser e Wilhelm Leuschner. Due ufficiali della Gestapo, Artur Nebe, capo della polizia criminale, e Bernd Gisevius, giovane ufficiale di carriera della polizia, divennero dei preziosi elementi fiancheggiatori via via che la cospirazione si sviluppava. Il secondo dei due a Norimberga fu il beniamino dell'accusa americana e scrisse un libro che getta molta luce sui complotti antihitleriani, 4io Verso la guerra mondiale benché la maggior parte degli storici nutra parecchie riserve tanto sul libro quanto sull'autore. Inoltre vi era un certo numero di discendenti di famiglie tedesche celebri: il conte Helmuth von Moltke, pronipote del famoso feldmaresciallo, che in seguito creò un gruppo di resistenza formato da giovani idealisti, noto come il circolo di Kreisau; il conte Albrecht Bernstorff, nipote dell'ambasciatore tedesco a Washington durante la prima guerra mondiale; il barone Karl Ludwig von Guttenberg, direttore di una intrepida rivista cattolica mensile; il pastore Pagina 283
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Dietrich Bonhoefier, discendente di eminenti ecclesiastici protestanti da entrambi i rami della sua famiglia, che considerava Hitler come l'Anticristo e credeva che " eliminarlo " fosse un dovere cristiano. Quasi tutti questi uomini coraggiosi perseverarono nella loro azione finché furono presi, seviziati, e poi impiccati o decapitati, quando non furono assassinati per le vie sbrigative delle SS. Per molto tempo i tentativi compiuti da questi piccoli gruppi della resistenza civile di interessare alla loro opera l'esercito ebbero scarso successo. Come testimoniò a Norimberga il feldmaresciallo von Blomberg " fino al 1938-39 i generali tedeschi non si opposero a Hitler. Non avevano ragione alcuna di opporsi, dato che egli raggiungeva i risultati da essi desiderati ". Vi furono alcuni contatti fra Goerdeler e il generale von Hammerstein, ma l'ex comandante in capo dell'esercito tedesco era a riposo dal 1934 e aveva scarsa influenza sui generali in servizio attivo. Nei primi tempi del regime, Schlabrendorff aveva preso contatto col colonnello Hans Oster, primo aiutante dell'ammiraglio Canaris néH'Abwehr (il servizio segreto dell'OKW) e aveva trovato in lui non solo un deciso antinazista ma anche l'uomo disposto a far da collegamento fra i militari e i civili. Ma ciò non accadde prima dell'inverno 1937-38, quando i generali, scossi successivamente dalla decisione di Hitler di fare la guerra, dallo sconvolgimento del comando militare assunto da Hitler in persona e dal trattamento ignobile riservato al generale von Fritsch, si resero chiaramente conto del pericolo che la dittatura nazista rappresentava per la Germania. Le dimissioni del generale Beck verso la fine dell'agosto 1938, nel momento in cui si acutizzava la crisi cèca, fornirono loro una nuova occasione per ridestarsi, e benché nessuno degli ufficiali suoi colleghi lo avesse imitato e si fosse dimesso come egli aveva sperato, pure apparve subito evidente che l'ex capo di Stato maggiore era l'unica persona attorno alla quale potevano raccogliersi sia i generali recalcitranti, sia i capi civili della resistenza. Gli uni e gli altri lo stimavano e avevano fiducia in lui. E a loro sembrò ovvio anche un altro punto. Per fermare Hitler sarebbe stata necessaria la forza, e solo l'esercito la possedeva. Ma nell'esercito chi avrebbe potuto prendere l'iniziativa? Non Hammerstein e nemmeno Beck, dato che entrambi si erano ritirati. Ci si rese ben conto che occorreva guadagnare alla causa qualche generale che in quel momento fosse al comando effettivo delle truppe stanziate a Berlino e intorno a Berlino e che così avrebbe potuto agire in modo efficace entro un breve termine. Il generale Verso Monaco 411 Halder, nuovo capo di Stato maggiore dell'esercito, non aveva forze effettive al proprio comando diretto. Il generale von Brauchitsch aveva tutto l'esercito, ma di lui non ci si fidava completamente. La sua autorità sarebbe stata utile, ma i cospiratori capivano che avrebbero potuto trascinarlo dalla loro parte solo all'ultimo momento. Tuttavia alcuni generali che occupavano posti-chiave ed erano disposti ad aiutare furono presto trovati e iniziati ai piani della cospirazione in sviluppo. Tre di essi tenevano alti comandi d'importanza vitale per il successo dell'impresa: il generale Erwin von Witzleben, comandante dell'importantissimo Wehrkreis III includente Berlino e l'area circostante; il generale conte Erich von Brockdorff-Ahlefeld, comandante della guarnigione di Potsdam, costituita dalla ventitreesima divisione di fanteria; il generale Erich Hbp-ner, comandante di una divisione corazzata della Turingia in grado di respingere, se necessario, tutte le truppe delle SS, che da Monaco, tentassero di venir in aiuto a Berlino. Il piano dei cospiratori, quale fu elaborato verso la fine di agosto, era di impadronirsi di Hitler non appena avesse diramato l'ordine definitivo di attaccare la Cecoslovacchia e di portarlo dinanzi al suo stesso " tribunale del popolo " sotto l'accusa di aver tentato inconsideratamente di trascinare la Germania in una guerra europea, cosa che doveva farlo apparire non più in grado di governare la nazione. Nel frattempo, come un breve interregno, vi sarebbe stata una dittatura militare seguita da un governo provvisorio presieduto da qualche eminente personalità civile. A suo tempo, si sarebbe costituito un governo democratico conservatore. Il successo del colpo di mano dipendeva da due fattori che riguardavano i due principali cospiratori, il generale Halder e il generale Beck. Il primo era il fattore tempo. Halder si era accordato con POKW per essere informato personalmente con quarantotto ore d'anticipo dell'ordine definitivo di Hitler di attaccare la Cecoslovacchia. Ciò gli avrebbe dato il tempo per mettere in atto i piani del complotto prima che le truppe avessero oltrepassato la frontiera cèca. Così egli sarebbe stato in grado non solo di arrestare Hitler, ma anche di Pagina 284
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt prevenire il passo fatale che avrebbe condotto alla guerra. Il secondo fattore era il seguente: Beck doveva convincere anzitutto i generali, poi il popolo tedesco (durante il progettato processo contro Hitler) che l'attacco contro la Cecoslovacchia avrebbe provocato l'intervento degl'Inghilterra e della Francia, e quindi una guerra europea alla quale la Germania non era preparata e che avrebbe di certo perduto. Questa era stata l'idea centrale dei memorandum compilati da Beck durante tutta l'estate e costituiva la base di tutti i suoi piani d'azione: rovesciando Hitler, preservare la Germania da un conflitto europeo che, secondo lui, si sarebbe concluso con la distruzione del paese. Sfortunatamente per Beck e per il futuro di gran parte del mondo, a dimostrare di avere le vedute più esatte sulla possibilità di una guerra totale non fu il capo di Stato maggiore da poco dimessosi, bensì Hitler. Beck, europeo colto dotato di sensibilità storica, non poteva concepire che l'In412 Verso la guerra mondiale ghilterra e la Francia deliberatamente sacrificassero i propri interessi col non intervenire in caso di un attacco contro la Cecoslovacchia. Egli aveva sensibilità storica, ma non quel senso della politica contemporanea che invece Hitler possedeva. Da qualche tempo, in Hitler si era rafforzato il convincimento, che il primo ministro inglese, Chamberlain, avrebbe sacrificato i cèchi piuttosto che entrare in guerra e che, così stando le cose, la Francia non avrebbe tenuto fede agli obblighi che per trattato aveva verso Praga. La Wilhelmstrasse non aveva mancato di notare degli articoli pubblicati dai giornali di New York fin dal 14 maggio, in cui i loro corrispondenti a Londra avevano riferito i termini di una " conversazione confidenziale " avuta con Chamberlain a un pranzo in casa di Lady Astor. Secondo i giornalisti, il primo ministro britannico aveva detto che né l'Inghilterra, né la Francia e, probabilmente, nemmeno la Russia sarebbero venute in aiuto della Cecoslovacchia nel caso di un attacco tedesco, che lo Stato cèco nella sua forma attuale non poteva sussistere e che l'Inghilterra, nell'interesse della pace, era favorevole alla cessione alla Germania della regione dei Su-deti. I tedeschi rilevarono che malgrado alcune irate interrogazioni presentate alla Camera dei Comuni, Chamberlain non aveva smentito quanto avevano riferito i giornali americani. Il i° giugno il primo ministro aveva parlato in un certo modo, in via confidenziale, ad alcuni corrispondenti di giornali inglesi, e due giorni dopo il " Times " pubblicava il primo di una serie di articoli di fondo che dovevano contribuire a minare le posizioni dei cèchi; vi si esortava il governo cèco a concedere il diritto di " autodeterminazione " alle minoranze del paese, " anche se ciò dovesse significare la loro secessione dalla Cecoslovacchia ", e per la prima volta si suggeriva di indire dei plebisciti per chiarire ciò che i Sudeti e gli altri desideravano. Pochi giorni dopo l'ambasciata tedesca a Londra informò Berlino che l'editoriale del " Times " si basava sulle conversazioni confidenziali di Chamberlain e ne rifletteva le idee. L'8 giugno l'ambasciatore von Dirksen fece sapere alla Wilhelmstrasse che il governo di Chamberlain avrebbe acconsentito a una separazione dei territori dei Sudeti dalla Cecoslovacchia, sempreché ciò fosse avvenuto in seguito a un plebiscito " non turbato da violenze da parte della Germania " M. Hitler dovette essere lieto di apprendere tutto ciò. Nemmeno le notizie da Mosca erano cattive. Alla fine di giugno l'ambasciatore tedesco in Russia, conte Friedrich Werner von der Schulenburg, aveva avvertito Berlino della scarsa probabilità che l'Unione Sovietica " marciasse in difesa di uno Stato borghese, cioè della Cecoslovacchia "25. Il 3 agosto Ribbentrop informò le principali missioni diplomatiche tedesche all'estero che un intervento dell'Inghilterra, della Francia o della Russia in favore della Cecoslovacchia era poco probabile. Fu in quel giorno - il 3 agosto - che Chamberlain spedì Lord Runciman in Cecoslovacchia con una strana missione, quella di fungere da " mediatore " nella crisi dei Sudeti. Per caso ero a Praga il giorno del suo arrivo, e dopo aver presenziato alla conferenza stampa e aver parlato con membri Verso Monaco 413 del seguito scrissi nel mio diario " tutta questa missione di Runciman puzza ". L'annuncio che di essa fu dato alla Camera dei Comuni il 26 luglio era stato accompagnato da una mistificazione di Chamberlain stesso, probabilmente senza pari nella storia del parlamento inglese. Il primo ministro aveva detto che mandava Runciman a Praga " in seguito a una richiesta del governo della Cecoslovacchia "!6. La verità era che Chamberlain aveva imposto Runciman al governo cèco. Ma, sotto al fatto, vi era una menzogna ancor più grande. Tutti, Pagina 285
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Chamberlain compreso, sapevano come la missione di Runciman di " mediatore " fra il governo cèco e i capi dei Sudeti fosse impossibile e assurda. Tutti sapevano che il capo dei Sudeti, Henlein, non era libero di agire e non poteva negoziare, che ormai il conflitto era fra Praga e Berlino. Dalle annotazioni che scrissi nel mio diario quella prima sera e nei giorni successivi risulta chiaro che i cèchi sapevano benissimo che Runciman era stato mandato da Chamberlain per spianare la via alla cessione della regione dei Sudeti a Hitler. Era un odioso trucco diplomatico. Si era quasi alla fine dell'estate del 1938. Runciman andava avanti e indietro tra la regione dei Sudeti e Praga, mostrandosi sempre più affabile coi tedeschi dei Sudeti e facendo crescenti pressioni sul governo cèco affinchè concedesse loro quanto chiedevano. Hitler, i suoi generali e il suo ministro degli Esteri erano presi da una attività frenetica. Il 23 agosto, durante le manovre navali, nella baia di Kiel, il Fiihrer si intrattenne, a bordo del transatlantico Patria, con il reggente d'Ungheria, ammiraglio Horthy, e con i membri del governo ungherese. Hitler disse loro che se volevano prender parte al " banchetto " cèco dovevano affrettarsi. E aggiunse: " Chi vuole sedersi a tavola, deve per lo meno dar un aiuto in cucina " ". Sulla nave era anche ospite l'ambasciatore italiano, Bernardo Attolico. Ma quando questi insistette presso Ribbentrop per sapere la data " dell'azione tedesca contro la Cecoslovacchia " affinchè Mussolini fosse preparato, il ministro degli Esteri del Reich gli diede una risposta evasiva. Evidentemente i tedeschi non si fidavano completamente della discrezione dell'alleato fascista. Della Polonia, ora erano sicuri. Durante tutta l'estate l'ambasciatore a Varsavia, von Molt-ke, aveva riferito a Berlino che la Polonia non solo avrebbe declinato di aiutare la Cecoslovacchia permettendo alla Russia di mandare truppe e aeroplani attraverso o sopra il suo territorio, ma che il colonnello Józef Beck, ministro degli Esteri polacco, aveva lanciato uno sguardo avido su una fetta del territorio cèco, la regione di Teschen. Beck dimostrava già quella fatale miopia, così diffusa in Europa in quell'estate, che alla fine sarebbe risultata ben più disastrosa di quanto egli avrebbe mai potuto immaginare. All'OKW (comando supremo delle forze armate) e all'OKH (alto comando dell'esercito) si lavorava senza posa. Si tracciavano i piani definitivi affinchè le forze armate fossero pronte al i° ottobre per l'irruzione in Cecoslovacchia. Il 24 agosto all'OKW il colonnello Jodl scrisse un urgente memorandum per Hitler sottolineando che " era della massima importanza 414 Verso la guerra mondiale fissare il momento esatto dell'" incidente " che, valendo come una provocazione, avrebbe giustificato l'intervento militare tedesco ". Spiegava inoltre che da ciò dipendeva la determinazione del giorno X, e aggiungeva: Prima di X meno uno non si debbono prendere misure preliminari per le quali non si possa dare una spiegazione innocente; altrimenti sembrerà che siamo stati noi a fabbricare l'incidente... Se per ragioni tecniche si dovessero ritenere adatte, per l'incidente, le ore della sera, il giorno X non potrà essere l'indomani, ma il posdomani... Lo scopo di queste note è mettere in rilievo il grande interesse che la Wehrmacht ha per l'incidente, ed essa dovrà quindi essere informata a tempo delle intenzioni del Fiihrer - nella misura in cui l'incarico di organizzare l'incidente non sia affidato anche alla sezione Abwehr28. Ovviamente per la fine dell'estate i preparativi tecnici per l'aggressione della Cecoslovacchia sarebbero stati a punto. Ma come stavano le cose circa la difesa a occidente, nel caso che i francesi avessero mantenuto la promessa fatta ai cèchi e quindi attaccato la Germania? Il 26 agosto Hitler parti per un giro d'ispezione delle fortificazioni occidentali, accompagnato da Jodl, dal dottor Todt, l'ingegnere incaricato di costruire il vallo occidentale, da Himmler e da vari funzionari del partito. Il 27 agosto il generale Wilhelm Adam, un rude e capace bavarese che aveva il comando in occidente, si uni al gruppo e nel paio di giorni seguenti si potè vedere quanto il Fiihrer si inebbriasse per l'accoglienza trionfale fattagli dai renani. Ma Adam non si lasciò impressionare; in realtà, egli era allarmato, e il 29 agosto, nell'automobile privata del Fiihrer, si verificò una scena sorprendente: d'un tratto il generale chiese di poter parlargli da solo a solo. Secondo quel che il generale in seguito riferì, Hitler congedò Himmler e i suoi altri accoliti non senza un ghigno di scherno. Adam non sprecò parole. Dichiarò che, malgrado tutta quella grancassa, non era possibile tenere il vallo occidentale con le truppe di cui disponeva. Hitler si fece prendere dall'isterismo e si diede a una lunga diatriba, ricordando che egli aveva reso la Germania più forte dell'Inghilterra Pagina 286
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt e della Francia messe insieme. E gridò: " L'uomo che non saprà tenere queste fortificazioni è una canaglia! " *. Tuttavia a tale riguardo dei dubbi stavano affacciandosi anche alla mente di altri generali. Il 3 settembre Hitler convocò al Berghof i capi dell'OKW e dell'OKH, Keitel e Brauchitsch. Fu deciso che il 28 settembre alcune unità di campagna avrebbero preso posizione lungo la frontiera cèca. Ma l'OKW avrebbe dovuto sapere se l'ora X sarebbe stata il mezzogiorno del 27 settembre. Hitler non era soddisfatto del piano di operazioni per il " verde " e ordinò che, sotto parecchi riguardi, esso venisse modificato. Dagli appunti su questa riunione presi dal maggiore Schmundt appare chiaro che almeno Brauchitsch - perché Keitel era troppo pedissequo per pronunciarsi - pose di nuovo il problema di come si potevano tenere le posizioni a occidente. Hitler lo liquidò con una bella frase: gli assicurò di aver * Secondo il diario di Jodl, Hitler usò una espressione più violenta, Hundsfott M. In Sword and Swastika, Telford Taylor da un più ampio resoconto dell'episodio, basato sulle memorie inedite del generale Adam. Verso Monaco 415 dato ordini che il lavoro alle fortificazioni occidentali venisse accelerato30. L'8 settembre il generale Heinrich von Stùlpnagel s'incontrò con Jodl e questi annotò nel suo diario come il generale fosse pessimista circa la situazione militare a occidente. Entrambi stavano rendendosi conto che Hitler, esaltatosi per l'entusiasmo fanatico che animava il raduno del partito cominciato proprio allora a Norimberga, avrebbe proceduto all'invasione della Cecoslovacchia anche se la Francia fosse intervenuta. Malgrado il suo consueto ottimismo, Jodl scrisse: " Riconosco di essere preoccupato anch'io ". L'indomani, 9 settembre, Hitler convocò a Norimberga Keitel, Brau-chitsch e Halder per una conferenza che cominciò alle io di sera e durò fino alle 4 del mattino e che - come in seguito Keitel riferf a Jodl, il quale a sua volta lo segnò nel suo diario - ebbe un andamento quanto mai burrascoso. In qualità di protagonista principale del complotto ideato per rovesciare Hitler nel momento in cui avesse dato l'ordine di attaccare, Halder si trovò nella penosa necessità di spiegare in tutti i dettagli il piano concepito dallo Stato maggiore per la campagna della Cecoslovacchia, e nella sgradevole situazione di vedere, mentre svolgeva il suo discorso, Hitler strappare quel piano, e poi dare una lavata di testa non solo a lui ma anche a Brauchitsch per la loro pusillanimità e inettitudine militare31. Il 13 Jodl annotò che Keitel si sentì " terribilmente scosso " per questa sua esperienza di Norimberga e per le prove di un " disfattismo " al vertice dell'esercito tedesco. Al Fiihrer sono state trasmesse accuse pel disfattismo degli alti comandi dell'esercito... Keitel dichiara che non tollererà critiche, incertezze e disfattismo in nessun ufficiale dell'OKW... Il Fiihrer sa che il comandante dell'esercito [Brauchitsch] ha chiesto ai suoi generali in carica di appoggiarlo al fine di aprire gli occhi al Fiihrer sull'avventura in cui ha deciso di imbarcarsi. Lui stesso [Brauchitsch] non ha nessuna influenza sul Fiihrer. Così a Norimberga ha predominato un'atmosfera fredda, ed è una grande sfortuna che il Fiihrer abbia dietro di sé tutta la nazione, ma non i principali generali dell'esercito. Tutto ciò rattristava assai il giovane Jodl, che nelle sue aspirazioni aveva legato a Hitler la propria stella. Solo mediante l'azione [questi generali] possono riparare onorevolmente il danno causato dalla loro mancanza di forza d'animo e di obbedienza. Il problema è lo stesso del 1914. Nell'esercito vi è un unico esempio di disobbedienza, quello dei generali, il quale in definitiva deriva dalla loro arroganza. Essi non credono pili e non obbediscono più perché non riconoscono il genio del Fiihrer. In lui molti di essi vedono ancora il caporale della guerra mondiale anziché il più grande statista esistito dopo Bismarck ". 1/8 settembre, nel suo colloquio con Jodl il generale von Stiilpnagel, che aveva la carica di Oberquartiermeister I al comando supremo dell'esercito e che partecipava alla congiura di Halder, aveva chiesto all'OKW l'assicurazione scritta che a quel comando sarebbe stata data notizia dell'ordine di Hitler di attaccare la Cecoslovacchia con cinque giorni di anticipo. Jodl aveva risposto che, a causa delle incertezze del tempo, due giorni d'anticipo era tutto ciò che egli poteva garantire. Ma, per i cospiratori, due giorni bastavano. 416 Verso la guerra mondiale Essi avevano però anche bisogno di assicurazioni di un altro genere, volevano sapere se, tutto sommato, vi era ragione di ritenere che l'Inghilterra e la Pagina 287
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Francia avrebbero fatto la guerra alla Germania qualora Hitler avesse messo in atto la sua decisione di attaccare la Cecoslovacchia. A tale scopo essi stabilirono di mandare degli agenti fidati a Londra non solo per accertare quel che il governo britannico intendeva fare ma, se necessario, anche per cercar di influire sulle sue decisioni informandolo che Hitler aveva deciso di attaccare di sorpresa i cèchi a una certa data in autunno, che lo Stato maggiore conosceva tale data, che esso era contrario a Hitler e era pronto a prendere le iniziative più energiche per impedire l'aggressione, sempreché l'Inghilterra avesse tenuto duro fino alla fine di fronte al Fùhrer. Il primo di tali emissari dei congiurati, scelto dal colonnello Oster, del-YAbwehrdienst, fu Ewald von Kleist, il quale giunse a Londra il 18 agosto. L'ambasciatore a Berlino, Henderson, che era già ansioso di dare a Hitler tutto ciò che questi chiedeva in Cecoslovacchia, avvertì il Ministero degli Esteri britannico che " non sarebbe stato opportuno ricevere Kleist negli ambienti ufficiali " *. Nondimeno Sir Robert Vansittart, primo consigliere diplomatico del ministro degli Esteri e uno dei principali oppositori, a Londra, alla politica di pacificazione con Hitler, ricevette Kleist nel pomeriggio del giorno del suo arrivo, e Winston Churchill, che era ancora un " profeta nel deserto " politico della Gran Bretagna, lo ricevette l'indomani. Ad entrambi, che furono colpiti dalla serietà e dalla sincerità del loro visitatore, Kleist ripetè ciò che era stato incaricato di dire, sottolineando che Hitler aveva fissato una data per l'aggressione contro i cèchi e che i generali, o, almeno, la maggior parte dei generali, erano contro di lui e avrebbero agito; ogni ulteriore rabbonimento di Hitler avrebbe però tolto il terreno sotto i loro piedi. Se l'Inghilterra e la Francia avessero dichiarato pubblicamente che non sarebbero rimaste con le mani in mano qualora Hitler avesse scagliato i suoi eserciti contro la Cecoslovacchia e se qualche eminente statista britannico avesse messo seriamente in guardia la Germania circa le conseguenze di un'aggressione nazista, i generali tedeschi da parte loro avrebbero agito per frenare Hitler M. Churchill dette a Kleist una lettera, redatta in modo deciso, da portare in Germania per rincuorare i suoi camerati: Sono sicuro che il passaggio in forza della frontiera cecoslovacca da parte dell'esercito o dell'aviazione tedesca provocherà una nuova guerra mondiale. Sono certo non meno di quanto lo sia stato nel luglio del 1914 che l'Inghilterra marcerà a fianco della Francia... Vi prego di non illudervi su questo punto... **. * Secondo un memorandum del 6 agosto del Ministero tedesco degli Esteri, Henderson durante un ricevimento privato aveva fatto notare ai tedeschi presenti che " l'Inghilterra non intendeva arrischiare per la causa della Cecoslovacchia, nemmeno la vita di un marinaio o di un aviatore, e che qualsiasi soluzione ragionevole sarebbe stata accettata finché non si fosse tentato di ricorrere alla forza " 33. ** Kleist fece ritorno a Berlino il 23 agosto e mostrò la lettera a Beck, Halder, Hammerstein, Canaris, Oster, e agli altri partecipanti al complotto. In Nemesis of Power (p. 413) Wheeler-Bennett scrive che, secondo informazioni private comunicategli dopo la guerra da Fabian von Verso Monaco 417 Vansittart prese sul serio l'avvertimento di Kleist, tanto da sottoporre subito una relazione in proposito sia al primo ministro, sia al ministro degli Esteri britannico, e benché Chamberlain, scrivendo a Lord Halifax, avesse detto di propendere " per tarare buona parte di quel che egli [Kleist] afferma ", aggiunse: " Non sono sicuro che noi non si debba fare qualcosa "36. Quel che fece fu di convocare a Londra, il 28 agosto, con una certa pubblicità, l'ambasciatore Henderson " per consultazioni ". Chamberlain dette istruzioni all'ambasciatore a Berlino su due punti: primo, doveva trasmettere un serio monito a Hitler e, secondo, doveva preparare segretamente un " contatto personale " fra lui stesso, Chamberlain, e il Fiihrer. Secondo la sua versione, Henderson persuase il primo ministro a lasciar cadere il primo punto". Quanto al secondo, Henderson era fin troppo contento di cercare di combinare la cosa *. Questo fu il primo passo sulla via verso Monaco, la più grande vittoria incruenta di Hitler. Ignorando questo mutamento di corso nella linea d'azione di Chamberlain, i cospiratori di Berlino fecero ulteriori tentativi per avvertire il governo britannico. Il 21 agosto il colonnello Oster mandò un suo agente dall'addetto militare britannico di Berlino per informarlo dell'intenzione di Hitler di invadere la Cecoslovacchia alla fine di settembre. " Se, grazie a un'azione Pagina 288
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt decisa dei paesi stranieri Hitler, all'undicesima ora, sarà costretto a rinunciare alle sue attuali intenzioni, egli non potrà sopravvivere al colpo ", disse l'agente all'inglese. " Del pari, se si viene a una guerra, un immediato intervento della Francia e dell'Inghilterra provocherà la caduta del regime ". Per dovere, Sir Nevile Henderson trasmise queste notizie a Londra, aggiungendo però che esse risentivano " chiaramente di certe prevenzioni ed erano, in larga misura, una propaganda ". I paraocchi del bonario ambasciatore britannico sembravano farsi più grandi e spessi via via che la crisi si acutizzava. Il generale Halder ebbe la sensazione che i cospiratori non avessero riferito con sufficiente energia il messaggio agli inglesi e il 2 settembre mandò a Londra un proprio emissario, un ufficiale in ritiro, il colonnello Hans Boehm-Tettelbach, incaricandolo di prender contatto col Ministero della Guerra e col servizio segreto militare. Secondo la sua versione, benché Schlabrendorff, Canaris fece due copie della lettera, una per sé e l'altra per Beck, e Kleist nascose l'originale nella sua casa di campagna di Schmenzin, in Pomerania. Là fu scoperta dalla Gestapo dopo l'attentato contro Hitler del 20 luglio 1944, e contribuì alla condanna a morte di Kleist pronunciata dal tribunale del popolo ed eseguita il 16 aprile 1945. In realtà il testo della fettera di Churchill venne a conoscenza delle autorità tedesche molto prima di quanto i cospiratori immaginassero. Ciò risulta da un memorandum del Ministero tedesco degli Esteri non datato, ma che si sa essere stato trasmesso il 6 settembre 1938. La dicitura reca: " Estratto di una lettera inviata a un confidente tedesco da Winston Churchill "3S. * Da Berlino l'ambasciatore aveva scritto il 18 luglio a Lord Halifax: " Credo sinceramente che per Praga sia giunto il momento di subire un bel giro di vite... Se Benes non può soddisfare Henlein, non potrà soddisfare nessun altro capo dei Sudeti... Siamo costretti ad essere scortesi coi cèchi "3t. Pare incredibile che a quel tempo nemmeno Henderson sapesse che Henlein era un semplice strumento di Hitler; a Henlein era stato ordinato di aumentare le sue richieste a tal segno che a Benes non fosse possibile " soddisfarlo ". Cfr. più di sopra, p. 394. 418 Verso la guerra mondiale il colonnello avesse visto a Londra parecchie importanti personalità, sembra che non facesse loro troppa impressione. Infine i cospiratori usarono come ultima risorsa il Ministero degli Esteri tedesco e l'ambasciata a Londra, in un disperato tentativo di indurre i britannici a tener duro. Il consigliere e incaricato d'affari dell'ambasciata a Londra era Theodor Kordt, il cui fratello minore, Erich, era capo della segreteria di Ribbentrop al Ministero degli Esteri tedesco. I due fratelli erano protetti dal barone von Weizsacker, primo segretario di Stato e, indubbiamente, mente direttiva del Ministero degli Esteri: persona che, dopo la guerra, fece un gran parlare del suo preteso antinazismo ma che in realtà fu al servizio di Hitler e di Ribbentrop quasi sino alla fine. Dai documenti sequestrati del Ministero degli Esteri risulta però chiaramente che a quel tempo egli si era opposto al piano di aggressione contro la Cecoslovacchia per le stesse ragioni dei generali, cioè perché essa avrebbe provocato una guerra che non si poteva sperare di vincere. Con la connivenza di Weizsacker, e dopo consultazioni con Beck, Halder e Goerdeler, ci si accordò che Theodor Kordt doveva lanciare un ultimo monito a Downing Street. Quale consigliere dell'ambasciata, una sua visita alle autorità britanniche non avrebbe fatto nascere sospetti. Le informazioni che questi trasmise la sera del 5 settembre a Sir Horace Wilson, consigliere confidenziale di Chamberlain, furono giudicate cosi importanti e urgenti, che questo funzionario lo fece tornare di nascosto a Downing Street conducendolo nel gabinetto del ministro degli Esteri britannico. Qui Kordt disse apertamente a Lord Halifax che Hitler aveva in mente di ordinare, per il 16 settembre, la mobilitazione generale, che l'attacco alla Cecoslovacchia era stato fissato per il i° ottobre al più tardi, che però l'esercito tedesco si preparava ad abbattere Hitler nel momento in cui sarebbe stato dato l'ordine definitivo di attaccare e che il colpo di mano avrebbe avuto successo se l'Inghilterra e la Francia tenevano fermo. Halifax fu anche avvertito che il discorso di Hitler alla chiusura del congresso del partito a Norimberga - il 12 settembre - avrebbe avuto carattere esplo-sivo, e avrebbe potuto far precipitare gli eventi, per cui era giunto il momento, per l'Inghilterra, di tener ben duro contro il dittatore39. Malgrado i continui rapporti personali con Downing Street e la franchezza dimostrata nel colloquio col ministro degli Esteri, Kordt ignorava ciò che si maturava negli ambienti londinesi. Ma egli, e tutti gli altri, ne ebbe una idea Pagina 289
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt precisa due giorni dopo, il 7 settembre, quando il " Times " pubblicò un famoso articolo di fondo: Sarebbe bene che il governo cecoslovacco giudicasse, se sia da escludere del tutto il progetto, considerato favorevolmente da alcuni ambienti, di fare della Cecoslovacchia uno Stato più omogeneo mediante la secessione dei gruppi marginali di popolazioni straniere unite per razza a nazioni vicine... Si può pensare che i vantaggi derivanti alla Cecoslovacchia dal suo divenire uno Stato omogeneo compenserebbero senz'altro l'evidente svantaggio di perdere il territorio dei tedeschi dei Sudeti nella zona di frontiera. L'editoriale non menzionava il fatto ovvio, che col cedere alla Germania la regione dei Sudeti i cèchi avrebbero perduto sia la linea naturale di difesa Verso Monaco 419 dei monti della Boemia, sia la loro " linea Maginot " restando senza difese di fronte alla Germania nazista. Benché il Ministero degli Esteri britannico si affrettasse a negare che l'editoriale del " Times " riflettesse le vedute del governo, Kordt l'indomani telegrafò a Berlino, che forse " quell'articolo derivava da uno spunto raccolto dalla redazione del " Times " e proveniente dall'entourage del primo ministro ". Cosa più che possibile! Negli anni critici che han fatto seguito alla seconda guerra mondiale è difficile rievocare la tensione oscura, quasi insostenibile che s'impadronf delle capitali europee quando il congresso del partito nazista a Norimberga, iniziatosi il 6 settembre, si avvicinò al suo punto culminante, il 12 settembre, giorno in cui Hitler doveva tenere il discorso di chiusura e in cui sì aspettava che egli annunciasse al mondo la sua decisione definitiva nei riguardi della Cecoslovacchia: pace o guerra. Quella settimana io mi trovavo a Praga, epicentro della crisi, e mi sembrò strano che, malgrado le violenze a cui si davano i tedeschi nella regione dei Sudeti, malgrado le minacce di Berlino, le pressioni esercitate dai governi inglese e francese affinchè si cedesse e la paura che essi lasciassero in asso la Cecoslovacchia, la capitale cèca fosse, almeno esteriormente, quanto mai tranquilla. Il 5 settembre il presidente Benes, rendendosi conto che per salvare la pace s'imponeva un passo decisivo da parte sua, convocò nel palazzo del-l'Hradshin i capi dei Sudeti, Kundt e Sebekovsky, e chiese loro di mettere per iscritto tutte le loro richieste. Qualunque fossero, le avrebbe accettate. "Dio mio! - esclamò l'indomani il deputato dei Sudeti, Karl Hermann Frank, - ci hanno dato tutto! " Ma questa era l'ultima cosa che i politici dei Sudeti e i loro superiori di Berlino desideravano. In seguito a istruzioni venute daila Germania, il 7 settembre Henlein interruppe tutte le negoziazioni col governo cèco. Come misera scusa, furono accampati eccessi commessi dalla polizia cèca a Moravskà-Ostrava. Il io settembre Gbring tenne un bellicoso discorso all'adunata del partito di Norimberga. " Una trascurabile frazione dell'Europa sta tormentando la razza umana... Questa misera razza di pigmei [i cèchi] sta opprimendo un popolo ricco di una vera cultura, e dietro di essa vi è Mosca e l'eterna maschera del diavolo ebraico ". Ma nel suo discorso alla radio tenuto nello stesso giorno Benes non rilevò la diatriba di Goring; fu un calmo e dignitoso appello alla tranquillità, alla buona volontà e alla reciproca fiducia. Però sotto la superficie vi era tensione, in Cecoslovacchia. Incontrai il dottor Benes nel palazzo della radio cèca dopo il suo discorso e notai che il suo volto era serio e che egli sembrava rendersi pienamente conto della terribile situazione in cui si trovava. La stazione Wilson e l'aeroporto erano pieni di ebrei che lottavano disperatamente per ottenere un mezzo di trasporto verso paesi più sicuri. In quella fine di settimana ai cittadini furono distribuite maschere antigas. Le notizie da Parigi erano che il governo francese cominciava a lasciarsi prendere dal panico per la prospettiva della guerra, e i dispacci da Londra dicevano che Chamberlain stava studiando qualche 420 Verso la guerra mondiale modo per andar incontro alle richieste di Hitler - naturalmente, a spese dei cèchi. Così tutta l'Europa aspettò di udire le parole che Hitler avrebbe pronunciato a Norimberga il 12 settembre. Benché brutale e bombastico, benché buttasse veleno a piene mani addosso allo Stato cèco e specialmente contro il presidente Benes, il discorso tenuto dal Fuhrer a masse deliranti di fanatici nazisti nell'immenso stadio durante l'ultima serata dell'adunata del partito non era una dichiarazione di guerra. Il Fuhrer si riservava di decidere (almeno, così diceva al pubblico, perché dai documenti sequestrati sappiamo che aveva già fissato il Pagina 290
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt i° ottobre come data per l'attacco alla frontiera cèca). Egli chiedeva semplicemente che il governo cèco rendesse " giustizia " ai tedeschi dei Sudeti. Altrimenti ci avrebbe pensato la Germania. Le ripercussioni del discorso esagitato di Hitler furono considerevoli. Nella regione dei Sudeti esso provocò una rivolta che il governo cèco soffocò dopo due giorni di violenti combattimenti, facendo intervenire la truppa e proclamando la legge marziale. Henlein attraversò di nascosto la frontiera e si recò in Germania per proclamare che l'unica soluzione era la cessione dei territori dei Sudeti alla Germania. Come si è visto, questa era anche la soluzione che a Londra incontrava sempre più favore, ma prima di poterla appoggiare bisognava avere il consenso della Francia. L'indomani del discorso di Hitler, cioè il 13 settembre, il gabinetto francese tenne seduta tutto il giorno, e i pareri rimasero irrimediabilmente discordi circa il mantenere, o meno, gli impegni presi di fronte alla Cecoslovacchia nel caso di un attacco tedesco, che si riteneva imminente. Quella sera l'ambasciatore britannico a Parigi, Sir Eric Phipps, fu chiamato dall'Opéra-Comique, dove assisteva a una rappresentazione, per una conferenza urgente col primo ministro, Daladier. Questi si rivolse a Chamberlain affinchè cercasse subito di negoziare nel modo migliore con il dittatore tedesco. È da ritenere che a Chamberlain occorresse appena una sollecitazione. Alle undici di quella stessa sera il primo ministro britannico mandò a Hitler il seguente messaggio urgente: Data la situazione sempre più critica propongo di incontrarmi subito con voi nell'intento di trovare una soluzione pacifica. Propongo di venire per via aerea e sono pronto a partire domani. Prego indicarmi quand'è che, al più presto, potrete ricevermi e il luogo dell'incontro. Vi sarò grato per una immediata risposta40. Due ore prima l'incaricato di affari tedesco a Londra, Theodor Kordt, aveva telegrafato a Berlino che il segretario dell'ufficio stampa di Chamberlain l'aveva informato che il primo ministro " era pronto a esaminare proposte tedesche di grande portata, incluso un plebiscito, a interessarsi alla loro realizzazione e a sostenerle in pubblico " "'. La resa che doveva culminare con Monaco era incominciata. Verso Monaco 421 jj settembre 1938: Chamberlain a Berchtesgaden. Nel leggere il messaggio di Chamberlain, Hitler esclamò: "Cado dalle nuvole! " (Ich bin vom Himmel gefallen!)". Era stupito, ma quanto mai lieto, che l'uomo nelle cui mani stavano i destini del potente impero britannico venisse da lui a perorare, ed era lusingato che un uomo di sessantanove anni, il quale non aveva mai viaggiato in aereo, intraprendesse il lungo volo di sette ore per raggiungere Berchtesgaden, all'estremità della Germania. Hitler non ebbe nemmeno la cortesia di proporre per l'incontro un luogo della Renania, cosa che avrebbe accorciato della metà il viaggio. Gli inglesi erano entusiasti*, perché, a quanto pare, credevano che il primo ministro intraprendesse il lungo viaggio per fare quel che nel 1914 Herbert Asquith e Sir Edward Grey non avevano fatto: ammonire la Germania che ogni aggressione contro una piccola potenza avrebbe provocato l'entrata in guerra non solo della Francia ma anche dell'Inghilterra. Come risulta chiaro da documenti tedeschi riservati e dagli eventi successivi, Hitler invece riconobbe che era stato il cielo a mandargli Chamberlain. Avendo già appreso dall'ambasciata tedesca di Londra che il leader britannico era pronto a perorare l'accettazione di " proposte tedesche di grande portata ", U Fùh-rer si sentiva abbastanza sicuro che la visita di Chamberlain rappresentava una ulteriore conferma circa quel che egli aveva sempre pensato, cioè che l'Inghilterra e la Francia non sarebbero venute in aiuto della Cecoslovacchia. Il primo ministro non era stato con lui più di un'ora, che in Hitler tale giudizio sulla situazione divenne certezza. Al principio vi fu una schermaglia diplomatica, anche se, come era suo costume, fu soprattutto Hitler a parlare43. Chamberlain era sceso all'aeroporto di Monaco il 15 settembre a mezzogiorno, e con un'auto aperta era stato condotto alla stazione dove un treno speciale lo attendeva e lo portò a Berchtesgaden in tre ore. Egli non mancò di notare, sull'altro binario e in direzione opposta, il passaggio di un treno dopo l'altro con truppe e artiglieria tedesche. Hitler non si recò alla stazione di Berchtesgaden, ma attese e salutò il suo distinto Pagina 291
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt ospite in cima alla gradinata del Berghof. Come ricordò in seguito l'interprete tedesco, dottor Schmidt, aveva cominciato a piovere, il cielo si era oscurato e le nubi nascondevano i monti. Erano le 4 del pomeriggio e Chamberlain si trovava in viaggio dall'alba. Dopo il té, Hitler e Chamberlain salirono nello studio del Fùhrer, situato al secondo piano: era la stessa stanza in cui il dittatore sette mesi prima aveva ricevuto Schuschnigg. Per sollecitazione dell'ambasciatore Hen-derson, Ribbentrop fu escluso dalla conversazione, cosa che irritò il vanitoso ministro degli Esteri a tal segno, che l'indomani si rifiutò di dare al * Perfino i più severi critici, nella stampa britannica e in parlamento, dell'indirizzo seguito in politica estera da Chamberlain, applaudirono il primo ministro per il suo viaggio a Berchtesgaden. John Masefield, poeta laureato, compose un poema, un peana di lodi, intitolato Neville Chamberlain, e pubblicato nel numero del 16 settembre del " Times ". 422 Verso la guerra mondiale primo ministro gli appunti sulla conferenza presi da Schmidt - singolare ma tipico atto di scortesia -, per cui Chamberlain fu costretto ad affidarsi alla propria memoria per riferire a Londra quel che lui e Hitler avevano detto. Come al solito, Hitler iniziò la conversazione con una tirata su tutto ciò che egli aveva fatto per il popolo tedesco, per la pace e per un rawicina-mento anglo-tedesco. Ora vi era un problema che intendeva risolvere " in un modo o nell'altro ". I tre milioni di tedeschi della Cecoslovacchia dovevano " tornare " nel Reich *. Nel resoconto ufficiale di Schmidt si legge: Egli desiderava che non sorgesse alcun dubbio circa la sua assoluta decisione di non tollerare ulteriormente che quella piccola nazione di second'ordine trattasse dall'alto in basso il millenario Reich tedesco... Egli aveva quarantanove anni, e se la Germania fosse stata trascinata in una guerra mondiale per via del problema cecoslovacco, voleva condurre il suo paese attraverso la crisi nella pienezza dell'età virile... Naturalmente, gli sarebbe dispiaciuto se quel problema avesse provocato una guerra mondiale. Un simile pericolo non poteva però farlo esitare, circa ciò che aveva deciso... Avrebbe affrontato, per questo, qualsiasi guerra, perfino una guerra mondiale. Il resto del mondo poteva fare quel che voleva. Lui, non avrebbe ceduto di un sol passo. Chamberlain, che era appena riuscito ad aprir bocca, era un uomo di infinita pazienza, ma anche per lui esistevano dei limiti. A quel punto egli interruppe Hitler e disse: " Se il Fiihrer è deciso a sistemare la questione con la forza senza nemmeno aspettare che noi due si discuta, perché mi ha fatto venire? È stato solo un perder tempo ". Il dittatore tedesco non era abituato a tali interruzioni - fino ad allora, nessun tedesco aveva osato farle - e la replica di Chamberlain sembra che avesse effetto. Hitler si calmò. Egli pensava che si poteva affrontare " il problema considerando se, dopo tutto, un accomodamento pacifico era ancora possibile ". Poi venne fuori con la sua proposta. L'Inghilterra sarebbe d'accordo circa una secessione della regione dei Sudeti, o non sarebbe d'accordo?... Circa una secessione in base al diritto all'autodeterminazione? La proposta non scandalizzò Chamberlain. Anzi egli espresse la sua soddisfazione per il fatto di " essere giunti, ora, al nocciolo della questione ". Chamberlain, secondo il suo resoconto basato sulla propria memoria, rispose di non potersi impegnare prima di aver consultato il suo gabinetto e i francesi. Secondo la versione di Schmidt, desunta dalle annotazioni stenografi-che prese mentre faceva da interprete, Chamberlain rispose sì in quel modo, però aggiungendo che " personalmente poteva dichiarare di aderire al principio del distacco dalla Cecoslovacchia del territorio dei Sudeti... Desiderava tornare in Inghilterra per riferire al governo e ottenere l'approvazione del suo atteggiamento personale ". Di questa resa a Berchtesgaden, tutto il resto fu la naturale conseguenza. E che per i tedeschi non fosse una sorpresa, era ovvio. Nello stesso mo* Sia nella sua conversazione con Hitler che nella sua relazione ai Comuni, Chamberlain, le cui conoscenze in fatto di storia tedesca non pare fossero molto vaste, accettò questo uso illegittimo del termine " ritorno ", " restituzione "; illegittimo, perché i tedeschi dei Sudeti avevano bensì fatto parte dell'Austria, ma mai della Germania. Verso Monaco 423 mento dell'incontro di Berchtesgaden, Henlein, sul punto di fuggire in Germania di là dalla frontiera, aveva mandato da Eger una lettera segreta a Hitler datata Pagina 292
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 15 settembre: Fiihrer! Ieri ho informato la delegazione britannica [Runciman] che la base per ulteriori negoziati può... solo essere la realizzazione di un'unione col Reich. È probabile che Chamberlain proporrà una tale unione **. L'indomani, cioè il 16 settembre, il Ministero degli Esteri tedesco inviò telegrammi confidenziali alle sue ambasciate di Washington e di parecchie altre capitali. Ieri il Fiihrer ha detto a Chamberlain di aver deciso definitivamente di porre termine, in un modo o in un altro, e entro breve tempo, alla situazione intollerabile in cui si trova il paese dei Sudeti. Non viene più considerata l'autonomia dei tedeschi dei Su-deti, ma unicamente la cessione alla Germania della regione. Chamberlain ha espresso la sua approvazione personale. Ora sta consultando il gabinetto britannico e si tiene in contatto con Parigi. È stato progettato per un vicinissimo futuro un nuovo incontro fra il Fiihrer e Chamberlain4S. Verso la fine del colloquio Chamberlain era riuscito a ottenere, da Hitler, la promessa che non avrebbe intrapreso azioni militari prima del nuovo incontro. In quel periodo il primo ministro si fidava assai della parola del Fiihrer; in privato, uno o due giorni dopo disse: "Malgrado la durezza e la spietatezza che mi parve di scorgere sul suo volto, ho avuto l'impressione che fosse un uomo di cui ci si poteva fidare, una volta che avesse impegnato la sua parola "46. Mentre il leader britannico nutriva queste dolci illusioni, Hitler si mise a elaborare ulteriormente i suoi piani militari e politici per l'invasione della Cecoslovacchia. Per incarico dell'OKW il colonnello Jodl insieme al Ministero della Propaganda studiò quelli che nel suo diario egli chiamò i " preparativi d'insieme per confutare le violazioni del diritto internazionale che ci venissero rinfacciate ". Almeno da parte dei tedeschi, sarebbe stata, quella, una guerra assai violenta, e il compito del dottor Goebbels era di giustificare gli eccessi nazisti. Il piano delle sue menzogne fu elaborato in tutti i dettagli47. Il 17 settembre Hitler assegnò a Henlein un ufficiale di Stato maggiore dell'OKW perché lo aiutasse: Henlein ora svolgeva la sua attività avendo come base il nuovo quartier generale, insediato nel castello di Don-dorf, nei dintorni di Bayreuth, e si occupava della organizzazione di un corpo i di volontari sudeti. Tale corpo sarebbe stato equipaggiato con armi austriache e secondo gli ordini del Fùhrer doveva continuare a provocare " d ordini e conflitti " in Cecoslovacchia. Il 18 settembre, giorno in cui Chamberlain si dedicò a guadagnare alla sua politica di resa il proprio gabinetto e i francesi, fu, per Hitler e i suoi generali, assai laborioso. Furono trasmesse a cinque armate, la seconda, l'ottava, la decima, la dodicesima e la quattordicesima (in tutto trentasei divisioni, di cui tre corazzate) le disposizioni per passare all'azione. Hitler confermò anche la scelta degli ufficiali che dovevano comandare le dieci ar424 Verso la guerra mondiale mate. Nonostante il suo atteggiamento recalcitrante, al generale Adam fu lasciato il comando generale sul fronte occidentale. Cosa sorprendente, due dei cospiratori furono richiamati in servizio e ad essi fu affidato il comando di due armate: al generale Beck la prima e al generale von Hammerstein la quarta. Furono anche continuati i preparativi politici per assestare il colpo ultimo alla Cecoslovacchia. I documenti del Ministero tedesco degli Esteri sequestrati contengono un gran numero di rapporti circa le crescenti pressioni esercitate dalla Germania sull'Ungheria e sulla Polonia, invitate a partecipare al bottino. Furono impiegati anche gli slovacchi, per muovere le acque. Il 20 settembre Henlein li incitò a formulare " in modo più deciso " le loro richieste di autonomia. Lo stesso giorno Hitler ricevette due statisti ungheresi, il primo ministro Imredy e il ministro degli Esteri Kanya, e li rimproverò per le esitazioni dimostrate da Budapest. Un memoriale del Ministero degli Esteri da un ampio resoconto dell'incontro. Anzitutto il Fiihrer rimproverò gli statisti ungheresi per l'atteggiamento d'incertezza dell'Ungheria. Lui, il Fiihrer, aveva deciso di sistemare il problema cèco anche a costo di scatenare una guerra mondiale... [Però] era convinto che né l'Inghilterra né la Francia sarebbero intervenute. Per l'Ungheria, quella era l'ultima occasione offertale per associarsi alla Germania. Se non l'avesse fatto, egli non avrebbe potuto pronunciare una sola parola in favore degli interessi ungheresi. Secondo lui, il meglio sarebbe stato distruggere la Cecoslovacchia... Fece due richieste agli ungheresi: i) l'Ungheria doveva chiedere Pagina 293
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt immediatamente un plebiscito per i territori su cui avanzava dei diritti; 2) non doveva garantire alcuna nuova frontiera che fosse proposta per la Cecoslovacchia ". Hitler fece chiaramente capire agli ungheresi che in qualunque modo si fossero messe le cose nei negoziati con Chamberlain, era sua intenzione non lasciare che nemmeno un troncone della Cecoslovacchia continuasse ad esistere ancora per molto. Quanto al primo ministro britannico, il Fiihrer dichiarò che avrebbe esposto con brutale franchezza a Chamberlain le richieste tedesche. A suo parere, l'azione dell'esercito avrebbe rappresentato la sola soluzione soddisfacente. Vi era tuttavia il pericolo che i cèchi accettassero tutte le richieste. Questo pericolo doveva ossessionare il dittatore durante tutti i successivi incontri con l'ignaro primo ministro britannico. Spronato da Berlino, il 21 settembre il governo polacco chiese ai cèchi un plebiscito per il distretto di Teschen, dove viveva una forte minoranza polacca, e inviò delle truppe verso le frontiere di tale territorio. L'indomani l'esempio fu seguito dal governo ungherese. Nello stesso giorno, il 22 settembre, il corpo dei volontari sudeti appoggiato da distaccamenti delle SS tedesche occupò Asch e Eger, città di frontiera che si incuneavano nel territorio tedesco. In effetti, quel 22 settembre fu per tutta l'Europa un giorno carico di tensione, poiché nella mattinata Chamberlain era di nuovo partito alla volta Verso Monaco 425 della Germania per conferire con Hitler. Ora è necessario dare una rapida occhiata a quel che il primo ministro aveva intrapreso durante il periodo tra le sue due visite al Fùhrer. Tornato a Londra la sera del 16 settembre, Chamberlain convocò il gabinetto per far conoscere ai suoi ministri le richieste di Hitler - Lord Run-ciman era stato richiamato da Praga affinchè presentasse le sue raccomandazioni. I ministri si stupirono. Nello zelo dimostrato per calmare i tedeschi, Runciman andava più in là dello stesso Hitler. Egli difese l'idea di trasferire i territori abitati prevalentemente da sudeti alla Germania, senza nemmeno prendersi la pena di indire un plebiscito. Raccomandò vivamente di reprimere, per mezzo di misure legali, ogni critica mossa in Cecoslovacchia contro la Germania " da partiti o da persone ". Chiese che la Cecoslovacchia, anche dopo essere stata privata della barriera delle sue montagne e delle sue fortificazioni, tanto da restare indifesa, " modificasse le sue relazioni con l'estero in modo da dare ai propri vicini l'assicurazione che in nessun caso li avrebbe attaccati o avrebbe partecipato ad azioni aggressive contro di loro in seguito ad obblighi contratti con altri Stati ". È incredibile che in quel momento perfino un Runciman si preoccupasse del pericolo di aggressioni contro la Germania nazista da parte di uno Stato cèco ridotto a un troncone; tuttavia sembra che queste sue fantastiche raccomandazioni facessero molto effetto sul gabinetto britannico, così che servirono ad appoggiare Chamberlain nell'intento di andare incontro alle richieste di Hitler*. Il presidente del Consiglio Daladier e il suo ministro degli Esteri, Georges Bonnet, giunsero a Londra il 18 settembre per consultarsi col gabinetto britannico. Nessuno si curò di far intervenire nelle consultazioni i cèchi. I britannici e i francesi, desiderosi di evitare a ogni costo la guerra, non persero troppo tempo per accordarsi sulle proposte che i cèchi avrebbero dovuto accettare. Tutti i territori abitati per pili del 50 per cento da tedeschi dei Sudeti dovevano essere trasferiti alla Germania, per assicurare " il mantenimento della pace e salvaguardare gli interessi vitali della Cecoslovacchia ". In cambio l'Inghilterra e la Francia accettavano di dare una comune " garanzia internazionale per le nuove frontiere... contro aggressioni non motivate ". Tale garanzia avrebbe sostituito i trattati di mutua assistenza che lo Stato cèco aveva stipulato con la Francia e la Russia. Per i francesi, questa era una comoda via per uscir fuori dalla faccenda, ed essi la segui* Benché le raccomandazioni di Runciman, nei loro punti essenziali, fossero state trasmesse al gabinetto la sera del 16 settembre, la relazione non venne fatta ufficialmente prima del 21 e fu pubblicata solo il 28, ossia quando, a causa degli avvenimenti, essa non aveva più che un valore accademico. Wheeler-Bennett osserva che certe parti della relazione danno l'impressione che essa sia stata scritta dopo il 21 settembre. Allorché la mattina del 16 settembre Runciman lasciò Praga, nessuno, nemmeno Hitler e i dirigenti dei Sudeti, erano giunti al punto di chiedere la cessione alla Germania del territorio dei Sudeti senza un plebiscito (WHEELER-BENNET, Munich, PP. ni-12. Il testo del rapporto di Runciman si trova nel Libro Bianco britannico, Cmd, 5847, Pagina 294
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt n. i). 426 Verso la guerra mondiale tono, guidati da Bonnet che, come avrebbe dimostrato il corso degli avvenimenti, era deciso a superare lo stesso Chamberlain, pur di acquietare Hitler. E a tutto questo si aggiunse l'ipocrisia. In una nota ufficiale ai cèchi si diceva: Sia il governo francese che quello britannico riconoscono il grande sacrificio che, per la causa della pace, viene richiesto al governo cecoslovacco. Dato che questa causa interessa l'Europa in generale e la Cecoslovacchia in particolare, essi hanno però ritenuto loro comune dovere enunciare francamente le condizioni essenziali per garantirla. Ed avevano anche fretta. Il dittatore tedesco non poteva aspettare. Il primo ministro deve riprendere le conversazioni con Herr Hitler non più tardi di mercoledì [il 22 settembre]; se possibile, anche prima. Dobbiamo perciò chiedervi di darci una risposta al più presto "'. Così a mezzogiorno del 19 settembre i ministri britannico e francese a Praga presentarono unitamente al governo cèco le proposte anglo-francesi. Esse furono respinte l'indomani con una nota dignitosa in cui si spiegava - profeticamente che, se la Cecoslovacchia le avesse accettate, si " sarebbe trovata, prima o poi, sotto il completo dominio della Germania ". Dopo aver ricordato alla Francia gli obblighi che le derivavano dal suo trattato e anche le conseguenze che, per la posizione dei francesi in Europa, avrebbe portato il cedimento dei cèchi, la risposta proponeva di sottoporre tutto il problema dei Sudeti a un arbitrato, ai sensi del trattato cèco-tedesco del 16 ottobre 1925 *. Ma lo stato d'animo degli inglesi e dei francesi non era tale da consentire che un principio, come quello della inviolabilità dei trattati, andasse a interferire nel corso da essi impresso a tutto l'insieme della questione. La nota col rifiuto della Cecoslovacchia era stata appena rimessa, alle 5 del pomeriggio del 20 settembre, agli inviati anglo-francesi a Praga, che il ministro britannico, Sir Basii Newton, avvertì il ministro degli Esteri cèco, dot-tor Kamil Krofta, che se la Cecoslovacchia vi si atteneva l'Inghilterra si sarebbe disinteressata del destino del paese. In nome della Francia, il ministro francese de Lacroix si associò a questa dichiarazione. Intanto a Londra e a Parigi la nota cèca era stata accolta con insoddisfazione. Chamberlain convocò il suo gabinetto interno e per tutta la sera restò telefonicamente in linea con Parigi per accordarsi con Daladier e Bonnet. Infine fu deciso che i due governi avrebbero fatto ulteriori pressioni a Praga: se i cèchi resistevano, non dovevano attendersi aiuto alcuno dalla Francia o dall'Inghilterra. In quel frangente il presidente Benes si rese conto che stava per essere abbandonato dai suoi presunti amici. Fece un ultimo sforzo per guadagnarsi almeno la Francia. Poco dopo le ore 20 del 20 settembre aveva incaricato * Vale la pena rilevare che né il governo inglese né quello francese pubblicarono il testo della nota cèca quando essi in seguito divulgarono i documenti intesi a giustificare la politica che doveva condurli a Monaco. Verso Monaco 427 il dottor Krofta di porre a Lacroix la domanda decisiva: Terrà fede, la Francia, alla parola data alla Cecoslovacchia nel caso di un attacco tedesco, o non vi terrà fede? E quando alle 2,15 della mattina del 21 settembre Newton e Lacroix andarono a svegliare Benes esigendo che egli ritirasse la sua nota negativa e dichiarandogli che se non l'avesse fatto, se non avesse accettato le proposte anglo-francesi, la Cecoslovacchia avrebbe dovuto combattere da sola contro la Germania, il presidente chiese al ministro francese di mettere tutto per iscritto. Probabilmente egli aveva già capitolato, ma voleva che tutto ciò restasse acquisito per la storia *. Durante tutta la giornata seguente - il 21 settembre - Benes, sofferente per la stanchezza, la mancanza di sonno e la prospettiva del tradimento e del disastro, si consultò col suo gabinetto, con i capipartito e col comando supremo dell'esercito. Di fronte alle minacce nemiche tutti avevano dimostrato coraggio, ma in seguito alla diserzione dei loro amici e alleati cominciarono a vacillare. E la Russia? Si dette il caso che proprio quel giorno il commissario sovietico per gli affari esteri Litvinov tenesse un discorso a Ginevra, confermando che l'Unione Sovietica avrebbe considerato valido il suo trattato con la Cecoslovacchia. Benes convocò il ministro plenipotenziario russo a Praga, che confermò l'assicurazione data dal commissario agli Esteri. Per disgrazia a questo punto i cèchi dovettero ricordarsi che il patto con la Russia prevedeva l'intervento dei sovietici in loro aiuto a condizione che la Francia facesse lo Pagina 295
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt stesso. E la Francia li aveva piantati in asso. Nel tardo pomeriggio del 21 settembre il governo cèco capitolò e accettò il progetto anglo-francese. Un comunicato del governo spiegò con amarezza: " Non abbiamo avuto altra scelta perché siamo stati abbandonati ". In sede privata, Benes si espresse più brevemente: " Siamo stati vilmente traditi ". L'indomani il gabinetto rassegnò le dimissioni, e il generale Jan Si-rovy, ispettore generale dell'esercito, fu nominato capo di un nuovo " governo di concentrazione nazionale ". Chamberlain a Godesberg: 22-23 settembre. Benché Chamberlain stesse per dare a Hitler tutto ciò che questi aveva chiesto nell'incontro di Berchtesgaden, pure i due statisti si sentivano a disagio quando, nel pomeriggio del 22 settembre, si ritrovarono nella cittadina di Godesberg, sul Reno. L'incaricato d'affari tedesco, dopo aver accompagnato all'aeroporto di Londra il primo ministro britannico, si affrettò a telegrafare a Berlino : " Chamberlain col suo gruppo è partito tormentato * II tradimento di Bonnet, compiuto in tale congiuntura, ha un carattere troppo complesso per poter essere riferito in una storia della Germania. Fra l'altro, egli si diede da fare per con-vinctre i ministri dei gabinetti francese e inglese di una falsità, ossia che il governo cèco desiderava che i francesi dichiarassero che non avrebbero combattuto per la Cecoslovacchia, e avere così una buona scusa per capitolare. Su tale punto, cfr. WHEELER-BENNETT, Munich; HERBERT RIPKA, Munich, before and after, PERTINAX, The Grave Diggers of trance. 428 Verso la guerra mondiale da una grande ansietà... Non v'è dubbio che l'opposizione alla politica di Chamberlain sta crescendo ". Hitler era estremamente nervoso. La mattina del 22 mentre facevo colazione sulla terrazza dell'Hotel Dreesen, ove dovevano aver luogo i colloqui, vidi Hitler che si avviava a grandi passi verso la riva del fiume a ispezionare il suo yacht. Sembrava colpito da uno strano tic. Dopo pochi passi, alzava nervosamente la spalla destra, e nel far questo la gamba sinistra aveva uno scatto. Sotto agli occhi, aveva brutte borse nere. Come annotai nel mio diario quella sera, sembrava vicino a un collasso nervoso. " Teppichfres-ser! ", mormorò un mio collega tedesco, direttore di un giornale, che in segreto disprezzava i nazisti. Ed egli mi disse che Hitler negli ultimi giorni si trovava in un tale stato frenetico a causa dei cèchi, che più di una volta aveva completamente perduto il dominio di sé e si era gettato sul pavimento mordendo l'orlo del tappeto. Donde l'espressione da lui usata, " mangiatore di tappeti ". La sera prima, parlando in quell'albergo con dei giornalisti asserviti al partito, avevo già udito applicare al Fùhrer quella definizione, naturalmente, sussurrata sottovoce50. Malgrado la perplessità creata in lui dalla crescente opposizione in patria alla sua linea politica, Chamberlain, quando arrivò a Godesberg e attraversò in macchina le vie decorate non solo con la svastica ma anche con l'Union Jack per raggiungere il suo alloggio, il Petershof, albergo simile a un castello innalzantesi sulla cima del Petersberg, sulla riva opposta del Reno (la riva destra), sembrava di ottimo umore. Era venuto per compiere tutto ciò che Hitler gli aveva chiesto a Berchtesgaden, e anche di più. Vi erano solo da elaborare i dettagli, e a tale scopo aveva portato con sé, oltre a Sir Horace Wilson e William Strang (un esperto del Ministero degli Esteri per problemi dell'Europa orientale), il capo dell'ufficio trattati del Ministero degli Esteri, Sir William Malkin. Nel tardo pomeriggio il primo ministro traghettò il Reno e raggiunse l'Hotel Dreesen*, dove Hitler lo aspettava. Questa volta, almeno al principio, fu solo Chamberlain a parlare. A giudicare dalle estese annotazioni del dottor Schmidt sull'incontro51, per più di un'ora il primo ministro, dopo aver spiegato come, in seguito a " laboriose negoziazioni ", avesse ottenuto che non solo i gabinetti britannico e francese ma anche il governo cèco accettassero le richieste del Fùhrer, indicò molto dettagliatamente il modo in cui tali richieste potevano venire attuate. Accettando il consiglio di Runci-man, era ormai disposto ad ammettere che i Sudeti passassero alla Germania senza plebiscito. Quanto alle aree a popolazione mista, il loro futuro poteva essere definito da una commissione di tre membri, uno tedesco, uno cèco e il terzo neutrale. Inoltre i trattati di mutua assistenza con la Francia e con la Russia, che tanto dispiacevano al Fùhrer, sarebbero stati sostituiti da una * Fu da questo albergo, gestito da Herr Dreesen, uno dei primi compagni di Hitler, che la notte del 29-30 giugno 1934 il Fùhrer parti per uccidere Rohm e per effettuare la purga cruenta. Il capo nazista aveva spesso scelto questo Pagina 296
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt albergo come rifugio, dove raccogliersi a meditare e superare i suoi dubbi. Verso Monaco 429 garanzia internazionale in caso di attacchi non motivati contro la Cecoslovacchia, la quale in futuro avrebbe dovuto essere " assolutamente neutrale ". Tutto ciò sembrava semplice, ragionevole e logico all'uomo d'affari britannico amante della pace salito alla carica di primo ministro inglese. Evidentemente soddisfatto di sé, fece una pausa - come ricorda un testimone oculare - aspettando la reazione di Hitler. Hitler chiese: " Se ho ben capito, i governi britannico, francese e cèco sono dunque d'accordo circa il trasferimento del territorio dei Sudeti dalla Cecoslovacchia alla Germania? " *. Come in seguito disse a Chamberlain, egli era rimasto stupito che le concessioni si spingessero fino a quel punto, e che ad esse si fosse addivenuti così rapidamente. " Sì ", disse sorridendo il primo ministro. " Mi dispiace infinitamente, - replicò Hitler, - ma dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni questo progetto non serve più ". Pili tardi il dottor Schmidt ricordò che Chamberlain si drizzò sulla sedia con uno scatto. La sua faccia da gufo divenne rossa per la sorpresa e la collera: non sembra, però, per risentimento verso Hitler che lo aveva ingannato e che, ora, come un volgare ricattatore, moltiplicava le sue pretese proprio nel momento in cui erano accettate. Il primo ministro descrisse i sentimenti da lui provati in quel momento in una relazione fatta alla Camera dei Comuni pochi giorni dopo: Non voglio che la Camera pensi che Hitler mi abbia deliberatamente ingannato - non lo pensai neanche un istante - ma da parte mia quando tornai a Godesberg mi aspettavo di dover soltanto discutere tranquillamente con lui le proposte che gli portavo; e per me fu un terribile choc sentirmi dire... che tali proposte erano inaccettabili... Chamberlain così vide crollare come un castello di carte l'edificio della pace che egli aveva così " laboriosamente " costruito a spese dei cèchi. Disse a Hitler di essere " deluso e perplesso, dal momento che il Fùhrer aveva ottenuto da lui tutto ciò che aveva chiesto ". Per giungere a tanto, egli [Chamberlain] aveva messo a repentaglio tutta la sua carriera politica... Da alcuni ambienti della Gran Bretagna veniva accusato di aver venduto e tradito la Cecoslovacchia, di aver ceduto ai dittatori, e nel lasciare l'Inghilterra quella mattina era stato effettivamente accompagnato da grida di disapprovazione. Ma il Fùhrer non si commosse per la situazione critica in cui si trovava personalmente il primo ministro britannico. Egli esigeva che il territorio dei Sudeti venisse occupato subito dalla Germania. Il problema doveva " es* Hitler sapeva che i cèchi avevano accettato le proposte anglo-francesi. Jodl annotò nel suo diario che alle 11,30 del 21 settembre, il giorno prima dell'arrivo di Chamberlain a Godesberg, egli aveva ricevuto una telefonata dall'aiutante del Fiihrer: " Cinque minuti fa al Fùhrer è pervenuta la notizia che Praga avrebbe accettato incondizionatamente [le proposte] ". Alle 12,45 -rilavò Jodl - " i capi dei dipartimenti sono stati informati che occorre continuare i preparativi per il " caso verde ", tenendosi però pronti anche per tutte le necessità inerenti a una penetrazione pacifica "52. È possibile che Hitler non conoscesse i termini del piano anglo-francese prima che Chamberlain glieli esponesse. 430 Verso la guerra mondiale sere completamente e definitivamente risolto entro il i° ottobre al più tardi ". Aveva sotto mano una carta geografica per indicare quali territori dovevano essere ceduti immediatamente al Terzo Reich. E cosi, con la mente " piena di tristi presagi " (come doveva dire alla Camera dei Comuni), Chamberlain si ritirò e riattraversò il Reno per " studiare quel che si poteva fare ". Sembravano esservi così poche speranze, quella sera, che dopo essersi consultato telefonicamente con i colleghi del suo gabinetto e con i membri del governo francese, fu deciso che Londra e Parigi l'indomani avrebbero informato il governo cèco: Francia e Inghilterra non potevano " continuare ad assumersi la responsabilità di sconsigliarlo dal mobilitare " *. Quella sera alle 19,20 il generale Keitel telefonò da Godesberg al quar-tier generale dell'esercito: "La data [del giorno X] non può essere ancora fissata. Pagina 297
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Continuare i preparativi conformemente ai piani. Se il " caso verde " dovesse verificarsi, ciò non avverrà prima del 30 settembre. Se avverrà prima, sarà probabilmente improvvisato " ". In realtà lo stesso Hitler si trovava di fronte a un dilemma. Benché Chamberlain non lo sapesse, il vero obiettivo del Fùhrer - quello fissato nelle direttive da lui impartite all'OKW dopo la crisi di maggio - era di " distruggere la Cecoslovacchia mediante un'azione militare ". Seguendo il progetto anglo-francese, già accettato dai cèchi sia pure con riluttanza, Hitler avrebbe avuto i suoi tedeschi dei Sudeti e in più avrebbe praticamente distrutto lo Stato cèco, dato che questo sarebbe rimasto senza difese. Ma non vi sarebbe stata un'azione militare, mentre il Fùhrer era deciso non solo a umiliare il presidente Benes e il governo cèco, che lo avevano cosf gravemente offeso in maggio, ma anche a sottolineare la mancanza di volontà di resistenza delle potenze occidentali. Pertanto, era necessaria almeno un'occupazione militare: magari senza spargimento di sangue, come era accaduto in Austria. Come minimo, egli doveva prendersi tale rivincita sui cèchi. Quella sera del 22 settembre i due statisti non ebbero ulteriori contatti. Ma dopo averci dormito sopra e dopo aver occupato la prima mattinata a passeggiare su e giù per la veranda sovrastante il Reno, Chamberlain nel pomeriggio si sedette e scrisse una lettera a Hitler. Avrebbe bensì sottoposto le nuove richieste tedesche ai cèchi, ma non pensava che esse sarebbero state accettate. In effetti, egli era certo che i cèchi si sarebbero opposti recisamente all'occupazione immediata a opera delle truppe tedesche. Ma Chamberlain era pronto a suggerire a Praga che, essendo le parti in causa d'accordo circa il trasferimento alla Germania del territorio dei Sudeti, gli stessi tedeschi dei Sudeti potevano provvedere a far osservare la legge e a mantenere l'ordine nella loro zona finché non venisse consegnata al Reich. Hitler non volle accettare un simile compromesso. Dopo aver fatto aspettare il primo ministro quasi tutto il giorno, rispose infine con una * La mobilitazione cèca cominciò alle 22,30 della sera del 23 settembre. Verso Monaco 431 nota contenente un'acida tirata nella quale ribadiva tutti i torti che i cèchi avrebbero fatto ai tedeschi; rifiutandosi di nuovo di modificare la propria posizione, Hitler concludeva che la guerra " appariva ormai necessaria ". La risposta di Chamberlain fu breve. Chiese a Hitler di mettere per iscritto le sue nuove richieste " con acclusa una carta geografica ", offrendosi di " far da mediatore " e di trasmetter quelle richieste a Praga. Concluse dicendo: " Non vedo quale altra utilità possa avere la mia permanenza qui, per cui mi propongo di tornare in Inghilterra ". Ma prima volle avere un ultimo incontro con Hitler all'Hotel Dreesen. Il colloquio iniziò alle 22,30 del 23 settembre. Hitler presentò le sue richieste in un memorandum a cui era unita una carta geografica. Chamberlain si trovò di fronte a un nuovo limite di tempo. I cèchi avrebbero dovuto iniziare l'evacuazione del territorio ceduto alle 8 di mattina del 26 settembre - fra due giorni - e completarla entro il 28 settembre. " Ma questo non è altro che un ultimatum! ", esclamò Chamberlain. " Niente affatto ", replicò Hitler; e poiché Chamberlain rilevava che alla richiesta era applicabile il termine tedesco Diktat, Hitler rispose : " Non è per nulla un Diktat. Vedete che in testa al documento sta scritto " Memorandum " ". In quel momento un aiutante portò al Fuhrer un messaggio urgente. Hitler gli dette un'occhiata e lo passò a Schmidt, che faceva da interprete, dicendogli: " Leggetelo al signor Chamberlain ". Schmidt tradusse: " In questo momento Benes ha annunciato alla radio la mobilitazione generale della Cecoslovacchia ". Più tardi Schmidt ricordò che nella stanza si fece un silenzio di morte. Poi Hitler disse: " Naturalmente, ora tutta la faccenda è sistemata. I cèchi non si sogneranno di cedere alcun territorio alla Germania ". Secondo il verbale steso da Schmidt, Chamberlain non fu di questo parere. Ne seguì una vivace disputa. Hitler disse che i primi a mobilitare erano stati i cèchi. Chamberlain lo contestò. La Germania aveva mobilitato per prima... Il Fuhrer negò che la Germania avesse mobilitato. E la discussione si protrasse sino alle prime ore del mattino. Infine Chamberlain chiese se il memorandum tedesco " rappresentava davvero la sua ultima parola ". Avendo Hitler risposto di sì, il primo ministro dichiarò che non aveva alcun senso continuare le conversazioni. Egli aveva fatto tutto il Pagina 298
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt possibile; i suoi sforzi erano falliti. E se ne andava via con un peso sul cuore, perché le speranze con cui era venuto in Germania erano distrutte. Ma il dittatore tedesco non desiderava che Chamberlain sfuggisse all'amo. Rispose facendo una concessione. Disse con vivacità: " Siete uno dei pochi uomini ai quali abbia fatto una simile concessione. Sono disposto a fissare un'unica data per l'evacuazione dei cèchi, il i° di ottobre, se ciò faciliterà il vostro compito ". Così dicendo, prese una matita e 432 Verso la guerra mondiale cambiò lui stesso la data. Naturalmente, non era per nulla una concessione. Fin da principio il giorno x era stato il i° ottobre *. Ma la cosa sembra che facesse colpo sul primo ministro. Schmidt ricorda che egli disse al Fùhrer " di apprezzare pienamente la considerazione da lui data a tale punto ". Aggiunse però di non aver titolo per accettare o respingere le proposte; egli poteva solo trasmetterle. Comunque il ghiaccio era rotto e quando l'incontro ebbe termine, all'i,30 di quella notte, i due uomini, malgrado tutto quello che era accaduto, sembrarono essere personalmente vicini più di quanto fossero mai stati in passato. Io stesso, dal mio osservatorio situato a una distanza di venticinque piedi nella guardiola del portiere, dove avevo installato una stazione radio provvisoria, li vidi salutarsi vicino al portone dell'albergo. Fui colpito dalla cordialità che l'uno dimostrava per l'altro. Schmidt raccolse le loro parole, che io non potei udire. Chamberlain si congedò con cordialità dal Fùhrer. Disse di avere l'impressione che, in seguito alle conversazioni degli ultimi giorni, fra lui e il Fiihrer si fossero stabilite relazioni di fiducia... Non cessava di sperare che la presente difficile crisi sarebbe stata superata, e allora sarebbe stato lieto di discutere col Fùhrer, nello stesso spirito, altri problemi che restavano da affrontare. Il Fiihrer ringraziò Chamberlain per le sue parole dicendogli di nutrire uguali speranze. Come egli aveva già dichiarato più volte, il problema cèco rappresentava l'ultima richiesta d'ordine territoriale che aveva da fare in Europa. Sembra che questa rinuncia ad allungare la mano su altre terre facesse impressione al primo ministro sul punto di partire, perché nella sua successiva comunicazione alla Camera dei Comuni egli sottolineò che Hitler ne aveva parlato " con la massima serietà ". Quando Chamberlain verso le due del mattino raggiunse il suo albergo, un giornalista gli chiese: " La situazione è disperata, Sir? " " Non direi, - rispose il primo ministro. - Ormai la cosa riguarda i cèchi "5S. Com'è ovvio, non gli veniva in mente che la cosa riguardasse anche i tedeschi, date le loro vergognose richieste. In effetti, non appena tornato a Londra, il 24 settembre, il primo ministro cercò di fare proprio quel che egli aveva detto a Hitler che non avrebbe fatto: cercò di indurre il gabinetto britannico ad accettare le nuove richieste naziste. Ma questa volta incontrò una inaspettata resistenza. Duff Coo-per, primo Lord dell'Ammiragliato, si oppose decisamente. Cosa sorpren* Nel memorandum si chiedeva il ritiro, per il i° ottobre, di tutte le forze armate cèche, compresa la polizia, da vasti territori segnati su una carta geografica con un'ombreggiatura rossa. Un plebiscito avrebbe dovuto decidere del futuro di altre aree, ombreggiate in verde. Tutte le installazioni militari dei territori evacuati dovevano essere lasciate intatte. Tutto il materiale di valore commerciale e i mezzi di trasporto, " specie il parco dei vagoni e delle locomotive della rete ferroviaria ", dovevano essere consegnati ai tedeschi in buono stato. " Infine i generi alimentari, i beni, il bestiame e le materie prime, ecc. non dovevano essere asportati "54. Alle centinaia di migliaia di cèchi del territorio dei Sudeti non era dunque permesso di portare con sé nemmeno ciò che v'era nelle loro case o la vacca della famiglia. Verso Monaco 433 dente, Lord Halifax lo imitò, sia pure con molta riluttanza. Chamberlain non riuscì a ottenere l'approvazione del gabinetto né a convincere il governo francese, il quale il 24 settembre respinse il memorandum di Gode-sberg e lo stesso giorno ordinò la mobilitazione parziale. Quando i ministri francesi, con a capo Daladier, il 25 settembre giunsero a Londra, i due governi furono informati del fatto che il governo cèco aveva respinto fcrinalmente le proposte di Godesberg *. Per i francesi non restava Pagina 299
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt altro che dichiarare che avrebbero mantenuto la parola e sarebbero venuti in aiuto della Cecoslovacchia, qualora essa fosse stata attaccata. Ma essi volevano anche sapere che cosa avrebbe fatto l'Inghilterra. Messo alla fine alle strette, così almeno sembrava, Chamberlain acconsentì a informare Hitler, che se la Francia fosse entrata in guerra contro la Germania, conformemente ai suoi obblighi verso i cèchi stabiliti dal trattato, l'Inghilterra si sarebbe veduta costretta a appoggiarla. Ma prima egli voleva rivolgere un ultimo appello al dittatore tedesco. Era in programma che Hitler il 26 settembre tenesse un discorso allo Sport-palast di Berlino. Al fine di indurlo a non bruciare i ponti, Chamberlain buttò giù di nuovo una lettera personale per Hitler e nel pomeriggio del 26 l'affidò al suo fedele aiutante, Sir Horace Wilson, il quale a tale scopo partì per la capitale tedesca con un aereo speciale. Quando Chamberlain ebbe lasciato l'Hotel Dreesen nelle prime ore del mattino del 24 settembre, i tedeschi furono presi da un umore nero. Ora che sembravano trovarsi di fronte a una guerra, molti, se non tutti, sentirono di non desiderarla affatto. Dopo una cena consumata a tarda ora, mi intrattenni per un certo tempo nell'atrio dell'albergo. Goring, Goebbels, Ribbentrop, il generale Keitel e altri personaggi di minore statura parlavano tra loro, con aria seria. La prospettiva di una guerra sembrava averli sbalorditi. Jn quella stessa giornata, più tardi, a Berlino constatai un risorgere delie speranze. La Wilhelmstrasse riteneva che, dal momento che Chamberlain aveva acconsentito a presentare a Praga, con tutta la sua autorità di primo ministro britannico, le nuove richieste di Hitler, si poteva presumere che il leader inglese avrebbe appoggiato le proposte di Hitler. Come si e visto, tale supposizione era del tutto giustificata, fino a quel momento. A Berlino il 25 settembre fu una domenica incantevole, calda e solatia da estate di San Martino; era quasi certamente l'ultimo vero week-end di quel-i autunno, e la metà della popolazione si riversò nella zona dei laghi e dei boschi intorno alla città. Malgrado le notizie sulla rabbia che aveva preso Hitler nell'apprendere che l'ultimatum di Godesberg era stato respinto da Parigi, Londra e Praga, non si aveva, a Berlino, il senso di una grande crisi, r , .La risposta cèca costituisce un documento commovente e profetico: nelle proposte di oaesberg, si legge, " ci privano di ogni salvaguardia per la nostra esistenza nazionale " M. 434 Verso la guerra mondiale e di certo nessuna febbre di guerra. Quella sera scrissi nel mio diario: " Rie-sce difficile credere che vi sarà la guerra " *. L'indomani, lunedì, si ebbe un improvviso mutamento in peggio. Alle 5 pomeridiane Sir Horace Wilson accompagnato dall'ambasciatore Hender-son e da Ivone Kirkpatrick, primo segretario dell'ambasciata britannica, giunsero alla Cancelleria portando la lettera di Chamberlain ". Trovarono Hitler di pessimo umore - probabilmente egli si sforzava già di accumulare energie in vista del discorso che tre ore dopo doveva tenere allo Sportpalast. Quando il dottor Schmidt cominciò a tradurre la lettera in cui si diceva che il governo cèco aveva informato il primo ministro di ritenere il memorandum di Godesberg " assolutamente inaccettabile ", proprio secondo il parere espresso da Chamberlain a Godesberg, Hitler, riferisce Schmidt, saltò in piedi gridando: " È completamente assurdo continuare a negoziare! " e corse verso la porta!8. Fu una scena pietosa, dice l'interprete tedesco. " Per la prima e l'ultima volta in mia presenza, il Fiihrer perse completamente la testa ". E secondo gli inglesi presenti, il Fùhrer, tornato poco dopo e sedutosi, continuò a interrompere la lettura della lettera gridando: " I tedeschi sono trattati come dei negri... Il i° ottobre porterò la Cecoslovacchia là dove voglio io. Se la Francia e l'Inghilterra intendono attaccarci, facciano pure... Non me ne importa nulla! " Chamberlain, avendo i cèchi acconsentito a dare a Hitler quel che voleva, cioè il territorio dei Sudeti, proponeva che si organizzasse subito un incontro di rappresentanti cèchi e tedeschi per stabilire " di mutuo accordo il modo con cui il territorio doveva essere ceduto ". Aggiungeva di esser pronto a far partecipare all'incontro dei rappresentanti britannici. La risposta di Hitler fu che egli avrebbe negoziato con i cèchi i dettagli, se essi prima accettavano il memorandum di Godesberg (che invece essi avevano proprio allora respinto) e se si era d'accordo sull'occupazione tedesca del paese dei Sudeti per il i° ottobre. Disse che voleva una risposta affermativa entro quaranta-quattro ore, cioè per le due pomeridiane del 28 settembre. Quella sera Hitler bruciò i ponti, o almeno così sembrò a coloro che Pagina 300
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt ascoltarono sbalorditi, nello Sportpalast di Berlino, indicibilmente affollato, i suoi sfoghi da pazzo. Gridando e urlando nel peggiore dei parossismi che mai ebbi occasione di osservare in lui, scagliò velenosi insulti personali contro " Herr Benes ", dichiarò che ormai stava al presidente cèco scegliere la guerra o la pace e che in ogni caso per il i° ottobre egli avrebbe avuto i Sudeti. Benché trasportato dall'ira delle sue stesse parole e dai fragorosi applausi della massa, egli tuttavia ebbe la furbizia di gettare uno zuccherino * Al termine delle conversazioni di Godesberg i corrispondenti inglesi e francesi e il principale corrispondente in Europa del " New York Times ", cittadino inglese, si affrettarono a raggiungere la frontiera francese, belga od olandese, giacché nessuno di essi desiderava essere internato in caso di guerra. Verso Monaco 435 al primo ministro britannico. Lo ringraziò per gli sforzi da lui fatti per la causa della pace e ripetè che quella era la sua ultima rivendicazione territoriale in Europa. " I cèchi, noi non li vogliamo! ", affermò con disprezzo. Durante tutta la diatriba io mi trovavo in una balconata proprio sopra Hitler, e con scarso successo cercavo di trasmettere per radio una traduzione simultanea delle sue parole. Quella notte scrissi nel mio diario: ... Per la prima volta in tutti questi anni che ho avuto occasione di osservarlo, questa sera egli sembra aver perduto completamente il dominio di sé. Quando si sedette, Goebbels balzò in piedi gridando: " Una cosa è certa: non vi sarà un secondo 1918! " Hitler lo guardò con un'espressione avida e selvaggia negli occhi, quasi che quelle fossero le parole che aveva cercato tutta la sera, senza averle esattamente trovate. Balzò anche lui in piedi e con una luce fanatica negli occhi, che mai dimenticherò, dopo aver fatto con la destra un gran gesto circolare, posò la mano sulla tavola gridando con tutta la forza dei suoi potenti polmoni " ]a! " Poi ricadde esausto sulla sedia. Si era già completamente ripreso quando ricevette la seconda volta Sir Horace Wilson, a mezzogiorno dell'indomani, 27 settembre. L'inviato speciale, che non aveva una mentalità da diplomatico ma che, al pari del primo ministro, era ansioso di dare a Hitler il paese dei Sudeti a condizione che il dittatore l'accettasse in via pacifica, richiamò l'attenzione di Hitler su di una dichiarazione speciale fatta da Chamberlain a Londra poco dopo la mezzanotte in risposta al discorso del Fiihrer allo Sportpalast. Dato che il cancelliere non prestava fede alle promesse cèche, il governo inglese - aveva detto Chamberlain - si sarebbe considerato " moralmente responsabile " e avrebbe provveduto a che tali promesse venissero mantenute " lealmente, pienamente ed entro un tempo ragionevolmente rapido ". Confidava che il cancelliere non avrebbe respinto questa proposta. Ma Hitler non dimostrò alcun interesse per essa. Disse di non avere nessun altro messaggio per Chamberlain. Ormai dovevano essere i cèchi a decidere. Potevano accettare o respingere le sue richieste. Se le respingeranno - gridò infuriato - " distruggerò la Cecoslovacchia! " E continuò a ripetere la minaccia con palese voluttà. Evidentemente ciò era troppo perfino per l'accomodante Wilson, che si alzò e disse: " Se cosf stanno le cose, sono incaricato dal primo ministro di farvi la seguente dichiarazione: " Qualora la Francia, in seguito ai suoi obblighi del trattato, dovesse aprire le ostilità contro la Germania, il Regno Unito si sentirà tenuto a sostenere la Francia " ". " Posso solo prendere nota di questo stato di cose, - rispose Hitler con un certo calore, - ossia che se la Francia decide di attaccare la Germania, l'Inghilterra si vedrà costretta anche lei ad attaccarci ". Sir Horace avendo replicato che non aveva detto esattamente questo, e che infine toccava a Hitler decidere se doveva esserci pace o guerra, il Fiihrer, facendosi quasi venire la schiuma alla bocca, gridò: " Se la Francia e l'Inghilterra vogliono attaccare, lo facciano pure! Per me, è assolutamente indifferente. Oggi è martedì; lunedì prossimo saremo in guerra ". Secondo le note ufficiali che Schmidt scrisse sul colloquio, sembra che 436 Verso la guerra mondiale Wilson volesse continuare la conversazione, ma l'ambasciatore Henderson gli consigliò di desistere. Ciò non impedì all'inviato speciale, uomo poco esperto, di dire due parole da solo a solo al Fiihrer al termine dell'incontro. " Pagina 301
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Cercherò di far sì che i cèchi siano ragionevoli " *, assicurò egli, e Hitler rispose che " ne sarebbe stato lieto ". Il Fiihrer probabilmente pensava che Chamberlain poteva essere ancora blandito affinchè si desse ulteriormente da fare per rendere " ragionevoli " i cèchi. In effetti, quella sera si sedette e scrisse al primo ministro britannico una scaltra lettera. Vi erano buone ragioni per farlo. In quel giorno - 27 settembre - molte cose erano avvenute, a Berlino e altrove. All'una pomeridiana, poco dopo la partenza di Wilson, Hitler emanò un ordine " segretissimo " per le unità d'assalto, comprendenti circa ventun reggimenti rinforzati, ossia sette divisioni; esse dovevano spostarsi dalle zone di addestramento verso i punti in cui la frontiera cèca doveva essere forzata. L'ordine diceva: "Debbono tenersi pronte a cominciare l'azione secondo il " piano verde " il 30 settembre, la decisione essendo da prendersi il giorno prima alle dodici, cioè a mezzogiorno ". Qualche ora dopo il Fiihrer ordinò un'altra mobilitazione aggiuntiva e segreta. Fra le altre misure, furono mobilitate altre cinque divisioni per la frontiera occidentale59. Tuttavia durante la giornata, mentre Hitler procedeva nei suoi preparativi militari, si ebbero alcuni sviluppi che lo fecero esitare. Per suscitare l'eccitamento guerresco nelle masse, Hitler ordinò una rivista: una intera divisione motorizzata avrebbe attraversato le vie della capitale al calar della sera, quando centinaia di migliaia di berlinesi uscivano dagli uffici e si riversavano nelle strade. Fu un terribile fiasco, almeno per il comandante supremo. La brava gente di Berlino non voleva affatto che le si ricordasse la guerra. Nel mio diario annotai questo sorprendente spettacolo: Voltai per l'angolo dell'Unter den Linden dove la colonna [delle truppe] stava per piegare verso la Wilhelmstrasse, aspettandomi di assistere ad una vibrante manifestazione di popolo. Mi raffiguravo le scene, di cui avevo letto, del 1914, quando le folle in quella stessa via gettavano fiori sui soldati in marcia e le ragazze correvano a baciarli... Ma oggi la gente affluiva nella ferrovia sotterranea, si rifiutava di guardarli passare e i pochi che si erano fermati ai margini della strada erano assolutamente muti... È stata la più impressionante dimostrazione contro la guerra che abbia mai vista. Sollecitato da una guardia, mi avviai per la Wilhelmstrasse raggiungendo la Reichskanzlerplatz, dove Hitler passava in rivista le truppe da un balcone della Cancelleria. ... Non v'erano nemmeno duecento persone. Hitler aveva un aspetto torvo e poi irato; poco dopo si ritirò lasciando che la parata continuasse senza di lui. Ciò che ho visto stasera quasi riaccende, un poco, la mia fede nel popolo tedesco. Esso è assolutamente contro la guerra. * Nell'originale delle annotazioni tedesche di Schmidt, le parole dell'assicurazione di Wilson sono in inglese. Verso Monaco 437 Nella Cancelleria v'erano altre brutte notizie giunte dall'estero. Secondo un dispaccio da Budapest la Jugoslavia e la Romania avevano informato il governo ungherese che esse avrebbero intrapreso un'azione militare contro l'Ungheria se questa attaccava la Cecoslovacchia. Il che avrebbe significato l'estendersi della guerra nei Balcani, cosa non desiderata da Hitler. Ancor più gravi erano le notizie giunte da Parigi. Si trattava di un telegramma segnato " urgentissimo " inviato dall'addetto militare e indirizzato non solo al Ministero degli Esteri ma anche all'OKW e allo Stato maggiore. Esso avvertiva che la mobilitazione parziale francese era assai vicina a una mobilitazione generale: " presto essa sarà totale e si avrà io schieramento delle prime 65 divisioni sulla frontiera tedesca entro il sesto giorno della mobilitazione ". Hitler ben sapeva che a tali forze i tedeschi potevano semplicemente opporre una dozzina di divisioni, la metà delle quali costituita da unità della riserva di dubbia efficienza. Inoltre l'addetto militare tedesco telegrafava: " Nel caso di misure belliche prese dalla Germania sembra probabile... che i francesi attaccheranno immediatamente, con ogni probabilità partendo dall'Alsazia e dalla Lorena, puntando su Magonza ". Infine l'ufficiale tedesco informava Berlino che gli italiani non facevano assolutamente nulla per immobilizzare truppe francesi sulla frontiera francoitaliana60. Mussolini, il coraggioso alleato, sembrava che in quell'ora cruciale abbandonasse Hitler a se stesso. Inoltre il presidente degli Stati Uniti e il re di Svezia si erano intromessi. Il giorno prima, 26 settembre, Roosevelt aveva rivolto a Hitler un appello per salvare la pace, e benché Hitler gli avesse risposto entro ventiquattro ore dicendo che la pace dipendeva esclusivamente dai cèchi, nel Pagina 302
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt corso di quello stesso giorno, mercoledì 27 settembre, giunse un altro messaggio del presidente americano il quale proponeva di tenere subito una conferenza fra tutte le nazioni direttamente interessate e faceva capire che se scoppiava la guerra, tutto il mondo ne avrebbe fatto ricadere la responsabilità su Hitler ". Il re di Svezia, fedele amico della Germania, come aveva dimostrato il suo comportamento durante la guerra 1914-18, era più franco. Nel pomeriggio giunse a Berlino un telegramma in cui il ministro tedesco a Stoccolma comunicava di essere stato chiamato in fretta dal re; questi gli aveva detto che, qualora Hitler non avesse spostato il termine del i° ottobre di dieci giorni, la guerra, di cui solo la Germania era responsabile, sarebbe inevitabilmente scoppiata, ed essa, non meno inevitabilmente, l'avrebbe perduta " dato l'attuale schieramento delle potenze ". Nel clima freddo e neutro di Stoccolma l'accorto re sapeva almeno valutare la situazione militare più obiettivamente dei capi dei governi di Berlino, Londra e Parigi. Precauzione forse necessaria in vista dei sentimenti americani, il presidente Roo'-evelt aveva attenuato la forza dei suoi due appelli per la pace sottolineando che gli Stati Uniti non sarebbero intervenuti in una guerra e nemmeno avrebbero assunto degli impegni " nella condotta degli attuali negoziati ". Per cui l'ambasciatore tedesco a Washington, Hans Dieckhoff, 438 Verso la guerra mondiale ritenne necessario inviare nel corso della giornata un telegramma " urgen-tissimo " a Berlino. Egli avvertì che qualora Hitler avesse fatto ricorso alla forza e si fosse trovato di fronte l'Inghilterra, aveva motivo di ritenere che " tutto il peso degli Stati Uniti [verrebbe] gettato sul piatto della bilancia dalla parte dell'Inghilterra ". E l'ambasciatore, in genere uomo timido quando si trovava dinanzi al Fùhrer, aggiungeva: " Considero mio dovere dare a ciò il massimo rilievo ". Non voleva che il governo tedesco finisse col nutrire le stesse idee errate riguardo all'America che aveva avuto nel 1914. E Praga? Vi era qualche segno di cedimento? La sera giunse all'OKW un telegramma del colonnello Toussaint, addetto militare tedesco: " Calma a Praga. Prese le ultime misure per la mobilitazione. Calcolati in un milione i richiami alle armi; forze combattenti 800000 uomini... "". Questo numero uguagliava quello dei soldati addestrati di cui la Germania disponeva per combattere su due fronti. I cèchi insieme ai francesi sopravanzavano i tedeschi in un rapporto di più di due a uno. Di fronte a questi fatti e a questi sviluppi, di certo non dimentico delle parole dette da Wilson congedandosi, del carattere di Chamberlain e dell'estrema paura per la guerra da questi nutrita, nelle prime ore di quella sera - la sera del 27 settembre - Hitler dettò una lettera per il primo ministro. Il dottor Schmidt, chiamato per tradurla in inglese, ebbe l'impressione che il dittatore esitasse a compiere " il passo estremo ". Non si è potuto accertare se Hitler sapesse che quella sera si stava trasmettendo alla flotta britannica l'ordine di mobilitazione. L'ammiraglio Raeder era riuscito a vedere il Fiihrer alle io pomeridiane ed è possibile che la marina tedesca fosse a conoscenza della misura inglese, presa alle 8 della sera e annunciata ufficialmente alle 23,38; Raeder poteva averne informato telefonicamente Hitler. In ogni caso, quando giunse, l'ammiraglio fece appello al Fùhrer perché non entrasse in guerra. Quel che sul momento Hitler sapeva era che Praga aveva preso un atteggiamento di sfida, che Parigi mobilitava rapidamente, che Londra s'irrigidiva, che il suo popolo era apatico, che i suoi principali generali gli erano assolutamente avversi e che il suo ultimatum circa le proposte di Godesberg scadeva alle 2 del pomeriggio del giorno seguente. La sua lettera era ben calcolata per cattivarsi Chamberlain. Di tono moderato, negava che le sue proposte avrebbero " privato la Cecoslovacchia di ogni garanzia per la sua esistenza " o che le sue truppe non si sarebbero arrestate sulle linee di demarcazione. Era pronto a negoziare i particolari coi cèchi; era disposto a " fornire una garanzia formale per il resto della Cecoslovacchia ". I cèchi tenevano fermo solo perché speravano di scatenare una guerra europea con l'aiuto dell'Inghilterra e della Francia. Ciò nondimeno egli non chiudeva la porta alle ultime speranze di pace. Concludeva così: Devo lasciare al vostro giudizio se, considerando questi fatti, voi ritenete opportuno continuare i vostri sforzi... tanto da sventare queste manovre e da ricondurre, all'ultimo momento, il governo di Praga alla ragione " Verso Monaco 439 l'undicesima ora. La lettera di Hitler fu mandata d'urgenza a Londra per telegrafo e raggiunse Pagina 303
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Chamberlain alle 10,30 della sera del 27 settembre, al termine di una giornata che per il primo ministro era stata assai laboriosa. Le notizie inquietanti che sulla seconda conferenza con Hitler aveva portato Sir Horace Wilson, giunto a Londra nel primo pomeriggio, avevano spinto Chamberlain e il suo gabinetto ad agire. Fu deciso di mobilitare la flotta, di richiamare gli ausiliari dell'arma aerea e di dichiarare lo stato di emergenza. Già si scavavano trincee nei parchi e nelle piazze per proteggersi dai bombardamenti e si era iniziata l'evacuazione da Londra dei bambini delle scuole. Il primo ministro mandò inoltre senza indugio un messaggio a Praga, al presidente Benes, avvertendolo che, secondo informazioni ricevute da Berlino, " l'esercito tedesco riceverà l'ordine di varcare immediatamente la frontiera cecoslovacca se domani [il 28 settembre] per le 2 pomeridiane il governo cecoslovacco non avrà accettato le condizioni tedesche ". Una volta avvertiti onestamente i cèchi, Chamberlain non potè fare a meno di ammonirli, nell'ultima parte del messaggio, " che la Boemia sarebbe stata invasa dall'esercito tedesco e che nessuna azione intrapresa da un'altra o da altre potenze sarebbe valsa ad allontanare dal vostro paese e dal vostro popolo un tale destino. Questo è un fatto, qualunque possa essere l'esito di una guerra mondiale ". Così Chamberlain non faceva più ricadere la responsabilità per la guerra o la pace su Hitler, ma su Benes. Ed esprimeva un parere in materia militare che, come si è visto, nemmeno i generali tedeschi avrebbero potuto sottoscrivere. Comunque alla fine del messaggio Chamberlain aggiunse che egli non si assumeva la responsabilità di dire ai cèchi che cosa dovevano fare. Stava a loro decidere. Ma stava veramente a loro? Benes non ebbe il tempo di rispondere a questo telegramma quando ne giunse un altro, in cui Chamberlain effettivamente cercava di dire al governo cèco quel che doveva fare. Proponeva ai cèchi di accettare per il i° ottobre una occupazione militare tedesca limitata all'Egerland e ad Asch, fuori dalla linea delle fortificazioni cèche; dopodiché una commissione tedesco-cèca-britannica avrebbe rapidamente stabilito quali altre aree dovevano essere cedute alla Germania*. E il primo ministro aveva aggiunto un ulteriore monito: L'unica alternativa, escludendo tale progetto, sarebbe l'invasione e lo smembramento del paese con la violenza, e la Cecoslovacchia, anche se scoppiasse un conflitto che causerebbe una perdita incalcolabile di vite umane, non potrebbe essere ricostituita nelle sue frontiere, qualunque sarà l'esito del conflitto64. * Anche l'ambasciatore Henderson trasmise cedeste proposte al Ministero tedesco degli esteri, alle 23, chiedendo che venissero immediatamente sottoposte a Hitler. 440 Verso la guerra mondiale Così i cèchi venivano avvertiti dai loro amici (la Francia si era associata alle ultime proposte) che perfino nel caso in cui essi e i loro alleati avessero sconfitto i tedeschi in una guerra, avrebbero dovuto cedere il territorio dei Sudeti alla Germania. Ma allora era naturale la domanda: perché spingere l'Europa in una guerra, dato che in ogni caso per voi il territorio dei Sudeti andrà perduto? Era una cosa senza precedenti, e il primo ministro alle 8,30 pomeridiane disse per radio alla nazione: È orribile, fantastico e incredibile che si debbano scavare trincee... qui per via di una lite scoppiata in un paese lontano, fra popoli di cui noi nulla sappiamo! Hitler aveva ottenuto " sostanzialmente quel che desiderava ". L'Inghilterra si era offerta di garantire che i cèchi avrebbero accettato e si sarebbero attenuti ai patti. Non esiterei a recarmi una terza volta in Germania se pensassi che ne potesse derivare qualche utilità-Pur simpatizzando con una piccola nazione alle prese con un grande e potente vicino, non possiamo coinvolgere in ogni evenienza l'intero impero britannico in una guerra solo per difendere la sua causa. Se dobbiamo combattere, è per questioni più gravi di questa... Io stesso nel profondo dell'anima sono un uomo pacifico. Per me, un conflitto armato fra nazioni è un incubo; ma se fossi convinto che una nazione qualsiasi ha deciso di dominare il mondo con la minaccia della forza, sento che Pagina 304
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt bisognerebbe opporlesi. Sotto un tale dominio, la vita, per popoli credenti nella libertà, non sarebbe degna di essere vissuta; ma la guerra è una cosa terribile, e noi, prima di imbarcarci in essa, dobbiamo essere ben sicuri che effettivamente una grande posta è in gioco. Wheeler-Bennett ha riferito che, dopo aver ascoltato quella radiotrasmissione, la maggior parte degli inglesi quella notte andò a dormire persuasa che la Gran Bretagna e la Germania sarebbero state in guerra entro ventiquattro ore ". Ma quella brava gente non sapeva che cosa era accaduto più tardi, nella stessa sera, a Downing Street. Alle 22,30 giunse la lettera di Hitler. Era una pagliuzza a cui il primo ministro si afferrò immediatamente. E rispose cosf al Fiihrer: Dopo aver letto la vostra lettera, sono sicuro che voi potrete ottenere l'essenziale senza indugio e senza una guerra. Sono pronto a venire subito io stesso a Berlino per discutere gli accordi sul trasferimento [del territorio dei Sudeti alla Germania] con voi, con i rappresentanti del governo cèco e con quelli della Francia e dell'Italia, se lo desiderate. Sono convinto che un tale accordo lo si possa raggiungere entro una settimana. Non posso credere che vogliate assumervi la responsabilità di scatenare una guerra mondiale, la quale potrebbe segnare la fine della civiltà, solo per un ritardo di pochi giorni nel liquidare questo problema già da tempo maturo ". Fu mandato un telegramma anche a Mussolini, al quale si chiedeva di fare pressioni perché il Fiihrer accettasse il progetto e di consentire a farsi rappresentare nell'incontro proposto. L'idea di una conferenza già da un certo tempo si era affacciata alla mente del primo ministro. Fin dal luglio, Sir Neville Henderson l'aveva suggerita di propria iniziativa in un dispaccio a Londra. Aveva proposto Verso Monaco 441 che quattro potenze, la Germania, l'Italia, l'Inghilterra e la Francia, sistemassero la questione dei Sudeti. Ma il Ministero degli Esteri britannico aveva fatto presente sia all'ambasciatore che al primo ministro come fosse difficile escludere da tale conferenza altre potenze67. Le " altre potenze " erano l'URSS, che aveva, con Praga, un patto di mutua assistenza, e la Cecoslovacchia. Chamberlain era tornato da Godesberg convinto - a ragione - che Hitler non avrebbe mai accettato un incontro a cui avesse partecipato l'Unione Sovietica. E lo stesso primo ministro non desiderava affatto la presenza dei russi. Anche se in Inghilterra persine alle menti più ristrette appariva ovvio che in caso di guerra con la Germania la partecipazione dei sovietici al fianco dell'Occidente sarebbe stata di immenso valore (Chur-chill aveva cercato ripetutamente di farlo presente al capo del governo britannico), pure sembra che il primo ministro rifuggisse da tale idea. Come si è visto, egli aveva respinto la proposta russa di convocare, dopo ì'An-schluss, una conferenza al fine di discutere i mezzi da usare per impedire ogni ulteriore aggressione tedesca. Nonostante la garanzia data da Mosca alla Cecoslovacchia ed il fatto che fino a quel momento Litvinov avesse dichiarat che la Russia avrebbe tenuto fede a tale impegno, Chamberlain non aveva alcuna intenzione di permettere ai sovietici di interferire nella sua decisione di mantenere la pace dando a Hitler il territorio dei Sudeti. Fino a martedì 28 settembre Chamberlain non si era ancora spinto al punto da pensare di escludere i cèchi dalla conferenza. In effetti, il 25, dopo che Praga aveva respinto le richieste avanzate da Hitler a Godesberg, il primo ministro aveva convocato l'ambasciatore cèco a Londra, Jan Masaryk, per invitare la Cecoslovacchia a negoziati " in una conferenza internazionale a cui avrebbero partecipato la Germania, la Cecoslovacchia e altre potenze ". L'indomani il governo cèco accettava l'idea. E, come abbiamo visto poco fa, Chamberlain nel suo messaggio a Hitler inviato nella tarda notte del 27 aveva specificato che " rappresentanti della Cecoslovacchia " dovevano essere presenti nella proposta conferenza della Germania, dell'Italia, della Francia e della Gran Bretagna. Il " mercoledì nero " e il complotto Halder contro Hitler. All'alba del 28 settembre, del " mercoledì nero ", un'atmosfera di desolazione gravava su Berlino, Praga, Londra e Parigi. La guerra sembrava inevitabile. Jodl citò le parole pronunciate da Gbring quel mattino: " È difficile che una grande guerra possa essere ancora evitata. Potrà durare sette anni, e noi la vinceremo " ". A Londra lo scavo delle trincee, l'evacuazione dei bambini delle scuole e lo sgombro degli ospedali continuavano. A Parigi ci si azzuffava per trovare un posto nei treni stipati che lasciavano la città e sulle strade il traffico delle Pagina 305
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt automobili creava degli ingorghi per uscire dalla capitale. Scene 442 Verso la guerra mondiale analoghe si svolgevano nella Germania occidentale. Nel suo diario, Jodl annotò le notizie del mattino circa i tedeschi in fuga dalle zone di frontiera. Alle 14 sarebbe scaduto il termine fissato da Hitler per l'accettazione, da parte della Cecoslovacchia, delle proposte di Godesberg. Non si aveva nessun indizio che Praga accettasse. Vi erano però altri segni: una grande attività nella Wilhelmstrasse, un frenetico va e vieni degli ambasciatori francese, britannico e italiano. Ma tutto ciò il pubblico in genere e gli stessi generali tedeschi lo ignoravano. Per alcuni generali e soprattutto per il generale Halder, capo dello Stato maggiore, era venuto il momento di mettere in atto il complotto inteso a eliminare Hitler e a salvare la patria dall'avventura di una guerra che essi ritenevano destinata ad essere perduta. Secondo le informazioni fornite successivamente dai sopravvissuti *, durante tutto il settembre i cospiratori avevano elaborato alacremente i loro piani. Il generale Halder si teneva in stretto contatto col colonnello Oster e col capo dei servizi dell'Abwehr, ammiraglio Canaris, che cercavano di tenere al corrente il generale delle mosse di Hitler e di quanto risultava ai servizi segreti stranieri. Come si è visto, i cospiratori avevano avvertito Londra della decisione di Hitler di attaccare la Cecoslovacchia per la fine di settembre e avevano pregato il governo britannico di far intendere chiaramente alla Germania che, nel caso di un'aggressione delle forze armate tedesche, la Gran Bretagna, insieme alla Francia, sarebbe intervenuta militarmente. Per alcuni mesi il generale von Witzleben, che comandava il distretto militare di Berlino e che avrebbe dovuto fornire gran parte delle truppe ne-cessarie per attuare il colpo di mano, aveva esitato sospettando che Londra e Parigi avessero dato segretamente mano libera a Hitler per quel che riguardava l'Europa orientale, e che quindi non sarebbero entrate in guerra per la Cecoslovacchia: idea, questa, condivisa da vari altri generali e che Hitler e Ribbentrop avevano provveduto ad accreditare. Secondo il parere dei generali Witzleben e Halder, se ciò era vero, il complotto per deporre Hitler non aveva alcun senso. Infatti in quella fase del Terzo Reich essi si preoccupavano soltanto di sbarazzarsi del Fiihrer per scongiurare una guerra europea che la Germania non aveva alcuna possibilità di vincere. Se non vi era davvero il pericolo di una grande guerra, se Chamberlain stava per dare a Hitler ciò che egli chiedeva dalla Cecoslovacchia senza una guerra, essi non vedevano che senso potesse avere il tentativo di una rivolta. Per assicurare i generali che Inghilterra e Francia volevano fare sul * Vi sono comprese notizie di prima mano fornite da Halder, Gisevius e Schacht ". In esse molte cose sono confuse e contraddittorie, e in alcuni punti si contraddicono a vicenda. Va ricor-.dato però che queste tre persone, che fin dai primi tempi si erano poste al servizio del regime nazista, si diedero da fare dopo la guerra per dimostrare la loro opposizione a Hitler e il loro amore per la pace. Erich Kordt, capo della segreteria di Ribbentrop al Ministero degli Esteri, una delle figure più importanti che parteciparono al complotto, sopravvisse alla guerra. A Norimberga egli presentò una lunga relazione sugli avvenimenti del settembre 1938, relazione che l'autore del presente libro ha potuto esaminare. Verso Monaco 443 serio, il colonnello Oster e Gisevius combinarono un incontro del generale Halder e del generale von Witzleben con Schacht, il quale, oltre a godere di prestigio nelle gerarchie militari in quanto era stato il finanziatore del riarmo tedesco e faceva tuttora parte del gabinetto, veniva considerato un esperto in fatto di cose inglesi. Schacht assicurò i due generali che gli inglesi avrebbero combattuto se Hitler fosse ricorso alle armi per venire a capo dei cèchi. La notizia pervenuta a Erich Kordt, - uno dei cospiratori - al Ministero degli Esteri tedesco, la notte del 13 settembre, cioè che Chamberlain aveva proposto urgentemente " di venir subito per via aerea " al fine di trovare una soluzione pacifica della crisi cèca, gettò nella costernazione il campo dei cospiratori. Essi avevano contato sul fatto che il 14 Hitler sarebbe tornato a Berlino dal raduno del partito di Norimberga e, secondo Kordt, avevano progettato di compiere il putsch quello stesso giorno o l'indomani. Ma il Fùhrer non fece ritorno nella capitale *. Si recò invece a Monaco e il 14 proseguì per Berchtesgaden, dove aspettò la visita del primo ministro britannico, fissata per il giorno seguente. Pagina 306
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Vi era un duplice motivo, per i cospiratori, di essere profondamente delusi. I loro piani potevano essere attuati solo se Hitler fosse stato a Berlino, ed essi avevano fatto assegnamento sul fatto che, avendo l'adunata di Norimberga inasprito la crisi cèca, egli sarebbe tornato subito nella capitale. In secondo luogo, è vero che alcuni partecipanti al complotto, non diversamente dal popolo inglese, si cullavano nell'idea che Chamberlain si recasse a Berchtesgaden per ammonire Hitler e impedirgli di ripetere lo sbaglio commesso da Guglielmo II nel 1914 circa le intenzioni dell'Inghilterra nel caso di un'aggressione tedesca: ma Kordt la sapeva più lunga. Egli aveva visto il testo del messaggio urgente in cui Chamberlain spiegava a Hitler che desiderava vederlo " al fine di cercare una soluzione pacifica ". Inoltre aveva visto un telegramma inviato quel giorno da suo fratello, Theodor Kordt, consigliere all'ambasciata tedesca di Londra, il quale dimostrava come il primo ministro fosse pronto ad andare incontro alle richieste di Hitler relative al territorio dei Sudeti **. " I nostri piani, - dice Kordt, - erano destinati ad avere effetti disastrasi. Sarebbe stato assurdo inscenare un putsch per rovesciare Hitler nel momento in cui il primo ministro britannico stava per venire in Germania per discutere con Hitler " la pace nel mondo " ". * Sia gli storici, sia gli stessi cospiratori sono tutt'altro che concordi circa il luogo in cui Hitler passò il 13 e il 14 settembre. Sulla base di un memorandum del generale Halder, Churchill scrive che Hitler arrivò a Berlino da Berchtesgaden " la mattina del 14 settembre " e che Halder e Witzleben, quando ne furono informati, " decisero di agire alle 8 di quella stessa sera ". Sempre secondo Churchill, essi rimandarono il colpo di mano allorché alle quattro del pomeriggio seppero che Chamberlain stava recandosi per via aerea a Berchtesgaden (CHURCHILL, The Gathering Storta, p. 312). Ma Halder non deve essersi ricordato i fatti con precisione per cui anche l'esposizione di Churchill è certamente inesatta. Nel quaderno in cui Hitler segnava giorno per giorno u suo programma (ora nella Library of Congress), da molte annotazioni risulta che egli trascorse il J3 e il 14 settembre a Monaco, dove, fra l'altro, conferì con Ribbentrop a casa di Bormann, e fece un'apparizione in un cabaret, il Sonnenwinkel, partendo per l'Obersalzberg la sera del 14. ** Cfr. sopra, p. 420. 444 Verso la guerra mondiale Tuttavia secondo Erich Kordt la sera del 15 settembre il dottor Paul Schmidt, che faceva parte del complotto e che, come si è visto, era stato l'interprete e l'unico testimonio della conversazione fra Hitler e Chamber-lain, lo informò " per mezzo di un codice preordinato " che il Fiihrer era sempre deciso a conquistare tutta la Cecoslovacchia e che aveva avanzato richieste impossibili " nella speranza che venissero respinte ". Queste informazioni segrete rianimarono i cospiratori. Kordt ne mise a parte il colonnello Oster quella stessa sera, e fu deciso di attuare i piani non appena Hitler fosse ritornato a Berlino. Oster disse: " Prima di tutto però dobbiamo far sì che l'uccello rientri nella sua gabbia a Berlino ". L'uccello tornò in volo nella sua " gabbia ", da Godesberg, il pomeriggio del 24 settembre. La mattina del " mercoledì nero " - il 28 - Hitler si trovava dunque a Berlino, e da quasi quattro giorni. Sembrava che il 26 egli avesse bruciato i ponti, con i suoi sfoghi allo Sportpalast. Il 27 aveva rimandato a Londra a mani vuote Sir Horace Wilson e la reazione del governo inglese era stata la mobilitazione della flotta e la comunicazione a Praga che ci si doveva attendere un immediato attacco tedesco. Come si è visto, in quella giornata Hitler aveva anche ordinato alle " unità d'assalto " di occupare le posizioni di combattimento alla frontiera cèca e di esser pronte ad entrare in azione per il 30 settembre - tre giorni dopo. Che cosa aspettavano i cospiratori? Tutte le condizioni da essi desiderate si erano ormai verificate. Hitler si trovava a Berlino. Egli era deciso a fare la guerra. Aveva fissato per il 30 settembre la data dell'attacco contro la Cecoslovacchia - e mancavano solo due giorni. O il putsch veniva fatto subito, o sarebbe stato troppo tardi per rovesciare il dittatore e fermare la guerra. Kordt dichiara che il 27 settembre i congiurati fissarono una data precisa per l'azione: il 29 settembre. Nella testimonianza resa a Norimberga, e anche nel suo libro, Gisevius sostiene che i generali - Halder e Witzleben - decisero di agire immediatamente il 28 settembre, dopo aver avuto la copia di una " lettera tracotante " con " richieste ingiuriose " inviata da Hitler a Chamberlain la notte precedente. Gisevius dice: Oster ricevette una copia di questa lettera tracotante a tarda notte [la notte del 27 settembre], e la mattina del 28 settembre io portai la copia a Pagina 307
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Witzleben. Con essa, Witzleben andò da Halder. Ora finalmente il capo dello Stato maggiore aveva la desiderata, inequivocabile prova che Hitler non bluffava, che egli voleva la guerra. Lacrime di indignazione scesero sulle gote di Halder... Witzleben fece presente che era ormai tempo di agire. Persuase Halder ad andar a trovare Brauchitsch. Dopo un certo tempo Halder ritornò dicendo di avere buone notizie: Brauchitsch era anche lui indignato e probabilmente avrebbe preso parte al putsch (tm). Ma o il testo della lettera era stato alterato nel ricopiarlo, oppure i generali capirono male, perché, come si è visto, il tono di essa era così moderato, così ricco di promesse di " negoziare i particolari con i cèchi " e di " fornire una garanzia formale per il resto della Cecoslovacchia ", così conciliante nel suggerire a Chamberlain di persistere nei suoi sforzi, che il priVerso Monaco 445 mo ministro, dopo averla letta, aveva immediatamente telegrafato a Hitler proponendo una conferenza delle grandi potenze per regolare i dettagli, e contemporaneamente aveva telegrafato a Mussolini chiedendogli di appoggiare codesta proposta. Di questo tentativo per salvare la pace all'ultima ora sembra che i generali nulla sapessero; solo il generale von Brauchitsch, comandante in capo dell'esercito, può averne avuto sentore. Secondo Gisevius, Witzleben telefonò a Brauchitsch dall'ufficio di Halder dicendogli che tutto era pronto e cercando di far sì che fosse lui a guidare la rivolta. Ma il comandante dell'esercito non volle impegnarsi. Disse a Halder e a Witzleben che, prima, voleva recarsi alla Cancelleria del Fiihrer per accertarsi personalmente che i generali avevano valutato nel modo giusto la situazione. Gisevius riferisce che allora Witzleben tornò di corsa al suo quartier generale. " Gisevius! - egli esclamò tutto eccitato, - il momento è giunto! " Quel mattino - era il 28 settembre - alle undici suonò il telefono sul tavolo di Kordt, al Ministero degli Esteri. Ciano era in linea da Roma e desiderava parlare d'urgenza al ministro tedesco degli Esteri. Ribbentrop non era raggiungibile - si trovava alla Cancelleria del Reich - per cui il ministro italiano degli Esteri chiese di esser messo in comunicazione col proprio ambasciatore, Bernardo Attolico. I tedeschi stettero in ascolto e registrarono la conversazione. Risultò che a voler parlare era Mussolini, e non suo genero. MUSSOLINI È il Duce che parla. Mi udite? ATTOLICO Sì, Duce. MUSSOLINI Chiedete immediatamente un'udienza al Cancelliere. Ditegli che, a mezzo di Lord Perth *, il governo britannico mi ha chiesto di fare da mediatore nella questione dei Sudeti. I punti di divergenza sono minimi. Dite al Cancelliere che io e l'Italia fascista gli stiamo al fianco. Egli deve decidere. Ma ditegli che io sono propenso ad accettare la proposta. Mi udite? ATTOLICO Sì, Duce. MUSSOLINI Fate in fretta! ". Senza fiato, tutto rosso per l'emozione (come notò il dottor Schmidt, l'interprete), l'ambasciatore Attolico giunse alla Cancelleria ove trovò che l'ambasciatore francese era già in conciliabolo con Hitler. Per Francois-Poncet non era stato cosa facile raggiungerlo. A tarda notte Bonnet, ministro francese degli Esteri, deciso ormai a scavalcare lo stesso Chamberlain, aveva telefonato al suo ambasciatore a Berlino incaricandolo di vedere appena possibile Hitler e di sottoporgli una proposta francese per una resa che andava assai più in là di quella del piano britannico riguardo al territorio dei Sudeti. Mentre la proposta del primo ministro consegnata a Hitler * Era l'ambasciatore britannico a Roma. 446 Verso la guerra mondiale alle ii della sera del 27 settembre contemplava l'occupazione della Zona I della regione dei Sudeti per il i° ottobre - occupazione di una piccola enclave a semplice titolo simbolico - i francesi ora proponevano la consegna, alla stessa data, di tre grandi zone, che comprendevano la maggior parte del territorio oggetto della controversia. Era una proposta allettante, ma per trasmetterla l'ambasciatore francese aveva incontrato grandi difficoltà. Alle 8 della mattina del 28 settembre aveva telefonato per avere un appuntamento col cancelliere, e poiché alle io non aveva ricevuto risposta, mandò in gran fretta il suo addetto militare al quartier generale dell'esercito per informare i generali tedeschi dell'offerta che ancora Pagina 308
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt non gli era riuscito di trasmettere. Egli si assicurò anche l'aiuto dell'ambasciatore britannico. Sir Nevile Henderson, che era fin troppo pronto a favorire chiunque si desse da fare per evitare a ogni costo una guerra, telefonò a Goring, e il feldmaresciallo disse che avrebbe cercato di fissare un appuntamento. In effetti, Henderson stava cercando di averne uno per sé, essendo stato incaricato di presentare a Hitler " un messaggio personale definitivo da parte del primo ministro ", quello compilato da Chamberlain la notte precedente, a tarda ora, in cui assicurava Hitler che egli avrebbe potuto ottenere tutto ciò che voleva " senza guerra e senza indugio " e proponeva una conferenza delle potenze per definire i particolari". Hitler ricevette Francois-Poncet alle 11,15. L'ambasciatore lo trovò nervoso e in uno stato di tensione. Brandendo una carta geografica in cui aveva segnato in fretta le grosse fette di territorio cèco che la principale alleata della Cecoslovacchia era ormai pronta a consegnare a Hitler su un piatto d'oro, l'ambasciatore francese sollecitò il Fùhrer ad accettare la proposta francese risparmiando all'Europa una guerra. Malgrado i commenti negativi di Ribbentrop, Hitler apparve impressionato soprattutto - come notò il dot-tor Schmidt - per la carta geografica dell'ambasciatore su cui erano segnate le generose concessioni. Alle 11,40 il colloquio fu improvvisamente interrotto da un funzionario annunciante che Attolico era giunto in quel momento, con un urgente messaggio di Mussolini per il Fùhrer. Hitler lasciò la stanza insieme a Schmidt per andare a salutare l'ansimante ambasciatore italiano. Attolico, che per natura aveva una voce rauca, già ad una certa distanza gridò: " Ho per voi un messaggio urgente del Duce! "73. Lo consegnò e aggiunse che Mussolini pregava il Fiihrer di astenersi dal mobilitare. Schmidt, unico testimone oculare della scena sopravvissuto, dice che fu in quel momento che venne decisa la pace. Era esattamente mezzogiorno, due ore prima dello scadere del termine dell'ultimatum imposto da Hitler ai cèchi. " Dite al Duce, - disse Hitler, con evidente sollievo, ad Attolico, - che accetto la sua proposta " ". Nel resto della giornata la tensione diminuì. Dopo Attolico e Franfois-Poncet, il Fùhrer ricevette l'ambasciatore Henderson. Verso Monaco 447 Hitler gli disse: "Dietro richiesta del mio grande amico e alleato, Mussolini, ho rimandato di ventiquattro ore la mobilitazione delle truppe " *. Avrebbe comunicato le sue decisioni su altri punti, come la proposta conferenza delle potenze, dopo essersi consultato nuovamente con Mussolini ". Seguirono numerose telefonate fra Berlino e Roma - Schmidt dice che i due dittatori fascisti una volta parlarono direttamente. Pochi minuti prima delle 14 del 28 settembre, proprio quando il suo ultimatum stava per scadere, Hitler si decise, e mandò in fretta l'invito ai capi dei governi della Gran Bretagna, della Francia e dell'Italia per incontrarsi a Monaco a mezzogiorno dell'indomani, per sistemare il problema cèco. Nessun invito fu trasmesso a Praga e a Mosca. Alla Russia, che insieme alle altre potenze aveva garantito l'integrità della Cecoslovacchia nel caso di un attacco tedesco, non fu permesso di interferire. Ai cèchi non si chiese nemmeno di essere presenti alla pronuncia della loro sentenza di morte. Nelle sue memorie Sir Nevile Henderson ha attribuito gran parte del merito di aver salvato la pace in quel momento a Mussolini, e in ciò è stato sostenuto dalla maggioranza degli storici che hanno trattato questo capitolo della storia europea **. Ma ciò è un atto di eccessiva generosità. L'Italia, fra le grandi potenze europee, era la più debole, e la sua forza militare era trascurabile al punto che, come risulta da documenti, i generali tedeschi non la .prendevano sul serio. Nei calcoli tedeschi, l'Inghilterra e la Francia erano le sole potenze di cui bisognava tener conto. E fin dall'inizio fu il primo ministro britannico a cercar di convincere Hitler che egli poteva avere il territorio dei Sudeti senza una guerra. Non Mussolini, ma Chamberlain rese possibile Monaco salvando così la pace per una durata esattamente di undici mesi. Il prezza di una tale iniziativa per il suo paese, per i suoi alleati e per i suoi amici, lo considereremo più oltre; a conti fatti, esso doveva risultare quasi insostenibile. Cinque minuti prima delle 3 del " mercoledì nero " - meno " nero " ora che nelle fredde ore del mattino - il primo ministro britannico aveva iniziato il suo discorso alla Camera dei Comuni, dando un particolareggiato resoconto della crisi cèca e della parte avuta da lui e dal suo governo nel tentativo di risolverla. La situazione come la dipingeva era ancora incerta, ma sarebbe migliorata. Disse che Mussolini era riuscito a far rimandare a Hitler di ventiquattro ore la mobilitazione. Ora erano le 16,15, Chamberlain aveva parlato Pagina 309
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt per un'ora e venti minuti e stava per concludere il suo discorso. A questo punto egli fu interrotto. Il cancelliere dello Scacchiere, Sir John Simon, gli trasmise un foglio inviatogli da Lord Halifax, che sedeva nella galleria riservata ai Pari d'Inghilterra. Chamberlain stava dicendo: * Come si è visto, Hitler aveva già mobilitato tutte le truppe disponibili. ** Alàn Bullock (Hitler. A Study in Tyraany, p. 428) dice: " È quasi certo che fu l'intervento di Mussolini a pesare sulla bilancia ". 448
Verso la guerra mondiale Qualunque sia l'idea che gli onorevoli deputati possono avete del signor Mussolini, io credo che ognuno saluterà con gioia la sua iniziativa... per la pace. Il primo ministro fece una pausa, dette un'occhiata alla carta e sorrise: Non è tutto, - disse. - Adesso ho dell'altro da comunicare alla Camera. Proprio ora sono stato informato che Herr Hitler m'invita ad incontrarmi con lui a Monaco domattina. Ha anche invitato il signor Mussolini e il signor Daladier. Il signor Mussolini ha accettato e io non dubito che anche il signor Daladier accetterà. Non occorre che dica quale sarà la mia risposta... Non occorreva davvero. L'antica Camera inglese, madre di tutti i parlamenti, reagf con uno scoppio massiccio di isterismo, senza precedenti in tutta la sua lunga storia. Si gridava, si buttavano in aria le carte, molti avevano le lacrime agli occhi, e al di sopra del tumulto si udì una voce che sembrò esprimere i profondi sentimenti di tutti: " Dio sia lodato per il primo ministro! " II ministro cèco, Jan Masaryk, figlio di colui che aveva creato la repubblica cecoslovacca, dall'alto della tribuna riservata ai diplomatici contemplò la scena, senza poter credere ai suoi occhi. Più tardi fece visita al primo ministro e al ministro degli Esteri, a Downing Street, per sapere se il suo paese, destinato al sacrificio, sarebbe stato invitato a Monaco. Chamberlain e Halifax risposero di no, dissero che Hitler non avrebbe acconsentito. Masaryk fissò i due inglesi timorati di Dio e stentò a mantenere il dominio di sé. Infine disse: " Se avete sacrificato la mia nazione per mantenere la pace del mondo, sarò il primo ad applaudirvi. Ma se non raggiungerete lo scopo, signori, che Dio salvi le vostre anime! "'6. E che cosa era accaduto dei cospiratori, dei generali e dei civili, del generale Halder e del generale von Witzleben, di Schacht, Gisevius e Kordt e di tutti gli altri che poco prima di mezzogiorno di quel giorno fatale avevano creduto - come aveva detto Witzleben - che la loro ora fosse venuta? La risposta può essere data succintamente con le loro stesse parole pronunciate in seguito, quando tutto era finito ed essi erano ansiosi di dimostrare, dinanzi al mondo, quanto fossero stati contrari a Hitler e alle sue catastrofi-che follie che avevano trascinato la Germania verso l'estrema rovina dopo una lunga guerra omicida. Tutti quanti pretesero che il colpevole fosse Neville Chamberlain. Accettando di recarsi a Monaco, egli all'ultimo momento li aveva costretti ad accantonare i loro piani per il rovesciamento di Hitler e del regime nazista! Il 25 febbraio 1946, quando il lungo processo di Norimberga si avvicinava alla fine, il generale Halder fu interrogato separatamente dal capitano Sam Harris, giovane procuratore di New York che faceva parte del collegio americano dell'accusa. Halder disse: Si era progettato di occupare militarmente la Cancelleria del Reich e quegli uffici governativi, specie i ministeri, a capo dei quali stavano membri del partito e fedeli Verso Monaco 449 sostenitori di Hitler, con la precisa intenzione di evitare ogni spargimento di sangue, per far poi il processo al gruppo al cospetto di tutta la nazione tedesca... In quel giorno [28 settembre] Witzleben venne a trovarmi in ufficio verso mezzogiorno. Esaminammo il problema. Mi chiese di dargli l'ordine di passare all'attuazione del piano. Discutemmo altri particolari - il tempo occorrente, ecc. Nel corso di tale discussione ci giunse la notizia che il primo ministro britannico e quello francese avevano acconsentito a recarsi da Hitler per ulteriori colloqui. Ciò avvenne in presenza di Witzleben. Di conseguenza, ritirai l'ordine di agire, dato che il fatto nuovo toglieva ormai qualsiasi base alla nostra azione... Eravamo fermamente convinti che saremmo riusciti. Ma ecco che ora era intervenuto Chamberlain e con un sol tratto il pericolo di una guerra era stato Pagina 310
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt allontanato... L'ora critica per l'impiego della forza si era allontanata... V'era solo da aspettare, nel caso che ci si presentasse una nuova occasione... Il capitano Harris chiese: " Intendete dire che se Chamberlain non fosse andato a Monaco, il vostro piano sarebbe stato messo in atto e Hitler sarebbe stato deposto? " " Posso solo dire, - rispose il generale Halder, - che il piano sarebbe stato messo in atto. Non so se esso avrebbe avuto successo " '7. Il dottor Schacht, che a Norimberga e nei suoi libri usciti nel dopoguerra esagerò evidentemente l'importanza della parte da lui avuta nei vari complotti contro Hitler, fece patimenti ricadere su Chamberlain la colpa del fatto che i tedeschi non poterono, il 28 settembre, attuare il complotto. Dal corso successivo della storia risulta chiaramente che questo primo tentativo di un colpo di Stato a opera mia e di Witzleben era l'unico che avrebbe determinato una vera svolta nei destini della Germania. Fu l'unico tentativo progettato e preparato tempestivamente... Nell'autunno del 1938 era ancora possibile contare di portare Hitler davanti alla corte suprema di giustizia, mentre ogni successivo tentativo di sbarazzarsi di lui comportava necessariamente degli attentati alla sua vita... Avevo fatto in tempo i preparativi per un colpo di Stato, e li avevo portati assai vicini al successo. Ma la storia mi si mise contro. L'intervento di statisti stranieri non era cosa di cui mi sarebbe stato possibile tener conto 7S. E Gisevius che fu, sul banco dei testimoni a Norimberga, il più energico difensore di Schacht, aggiunse: Era avvenuto l'impossibile. Chamberlain e Daladier si recavano in volo a Monaco. La nostra rivolta era stata stroncata. Per qualche ora ancora continuai a pensare che potevamo, in ogni caso, tentarla. Ma Witzleben non tardò a convincermi che le truppe non si sarebbero mai ribellate contro il Fuhrer vittorioso... Chamberlain salvò Hitler ". Lo salvò davvero? O questa è una semplice scusa dei civili tedeschi e dei generali, che non seppero agire? Nel suo interrogatorio a Norimberga Halder spiegò al capitano Harris che la riuscita di ogni " azione rivoluzionaria " è subordinata a tre condizioni. La prima condizione è l'esistenza di elementi direttivi risoluti e dalle idee chiare. La seconda condizione è la prontezza delle masse popolari a seguire l'idea della rivoluzione. La terza condizione è la scelta del momento giusto. Secondo noi, la prima condizione, quella dell'esistenza di elementi direttivi risoluti e dalle idee chiare, era realizzata. Pensavamo poi che anche la seconda condizione fosse realizzata, perché... il popolo tedesco non voleva la guerra. Quindi la nazione era pronta ad aderire a un'azione rivoluzionaria per paura di una guerra. La terza condizione - la scelta del momento giusto 4jo Verso la guerra mondiale c'era in buona misura, perché ci doveva venir comunicato entro quarant'otto ore l'ordine di procedere all'azione militare. Così eravamo fermamente convinti del nostro successo. Ma venne Chamberlain e in un sol tratto il pericolo della guerra fu allontanato. Si può dubitare che la prima delle condizioni considerate dal generale Halder si fosse mai verificata, come egli ha preteso. Infatti se fossero esistiti " elementi dirigenti risoluti e dalle idee chiare ", perché i generali avrebbero dovuto esitare per quattro giorni? Era a loro disposizione una forza armata che avrebbe facilmente potuto scalzare Hitler e il suo regime: Witzleben aveva un intero corpo d'armata - il terzo - dislocato a Berlino e intorno a Berlino, Brockdorff-Ahlefeldt aveva una delle migliori divisioni di fanteria nella vicina Potsdam, Hoefner aveva una divisione corazzata nel Sud, e i due alti ufficiali della polizia della capitale, il conte von Helldorf e il conte von der Schulenburg, avevano ingenti forze di polizia ben armate per prestare aiuto. Secondo le dichiarazioni degli stessi congiurati, tutti questi ufficiali aspettavano solo una parola di Halder per passare all'azione con forze armate soverchianti. E la popolazione di Berlino - secondo quanto l'autore del presente libro potè giudicare in base a osservazioni dirette -terribilmente spaventata per il fatto che Hitler stava per provocare una guerra, avrebbe appoggiato spontaneamente il colpo di mano. Se alla fine Halder e Witzleben avrebbero agito qualora Chamberlain non avesse accettato di andare a Monaco, questa è una domanda a cui non si potrà mai dare una risposta definitiva. Dato lo speciale atteggiamento di questi generali che nel periodo in questione pensarono di rovesciare Hitler non per porre fine alla tirannia e al terrorismo del suo regime ma semplicemente per evitare una Pagina 311
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt guerra destinata a essere perduta, è possibile che, se non fosse stata organizzata la conferenza di Monaco, essi avrebbero agito. Fino a questo momento non si dispone dei dati necessari per accertare se il complotto era stato organizzato bene, in che misura le forze armate erano pronte a marciare e se Halder e Witzleben stavano davvero per dare l'ordine di agire. Noi disponiamo unicamente delle dichiarazioni di un gruppo di partecipanti al complotto i quali dopo la guerra avevano un gran desiderio di dimostrare che erano stati contro il nazionalsocialismo, e quel che essi hanno detto e scritto a propria difesa è spesso contraddittorio e confuso *. Se, come pretendono i cospiratori, i loro piani erano sul punto di essere attuati, l'annuncio del viaggio a Monaco di Chamberlain tolse certamente il terreno sotto ai loro piedi. Ben difficilmente i generali avrebbero potuto arrestare Hitler e processarlo come un criminale di guerra, se era chiaro che egli stava per assicurarsi una importante conquista senza fare una guerra. Anche a considerare tutte queste incertezze, resta fermo (e qui si deve dar ragione al dottor Schacht) che all'opposizione tedesca non si presentò * Si veda, per esempio, la spiegazione del fallimento della rivolta data dal generale Georg Thomas, brillante capo del settore economia e armamenti dell'OKW, che partecipò al complotto: " L'attuazione dell'impresa purtroppo andò a monte perché, col comandante generale designato a tale compito [Witzleben], si giudicò che non ci si potesse fidare dei giovani ufficiali in un'azione politica di tal genere ". Cfr. il suo articolo Gedanken una Ereignisse, apparso nel numero di dicembre 1945 degli " Schweizerische Monatshefte ". Verso Monaco 451 mai più un'occasione cosf favorevole per sbarazzarsi di Hitler, per mettere rapidamente fine al Terzo Reich e per salvare la Germania e il mondo dalla guerra. Se ci si può arrischiare in una generalizzazione, vi è da dire che i tedeschi sono sempre propensi a far ricadere sugli stranieri la colpa dei loro fallimenti. Le responsabilità di Chamberlain e di Halifax, di Daladier e di Bonnet per Monaco, e quindi per tutte le conseguenze disastrose che ne derivarono, sono di certo schiaccianti. Ma, in una certa misura, costoro possono essere perdonati per non aver preso troppo sul serio gli annunci di una " rivolta " da parte di un gruppo di generali e di civili tedeschi, la gran parte dei quali fino a quel momento aveva servito Hitler con grande impegno. Essi, o almeno alcuni dei loro consiglieri a Londra e a Parigi, possono essersi ricordati puramente dei fatti della recente storia tedesca, cioè che l'esercito aveva aiutato l'ex caporale austriaco a conquistare il potere, che esso si era entusiasmato per l'occasione, da lui offertagli, di riarmarsi, che, a quanto pare, non si era opposto alla distruzione delle libertà personali sotto il nazionalsocialismo, né aveva fatto qualcosa di fronte all'uccisione del generale von Schleicher, suo esponente, o alla eliminazione, in base a una vile macchinazione, del suo comandante, il generale von Fritsch; più recentemente, che l'esercito era stato solidale nel piano di conquista dell'Austria, anzi aveva fornito i mezzi militari per effettuarla. Benché indubbiamente ricada una grave colpa su coloro che a Londra e a Parigi vollero a tutti i costi una pacificazione, resta il fatto che gli stessi generali tedeschi e i civili che cospirarono insieme a loro si lasciarono sfuggire il momento opportuno per agire di propria iniziativa. La resa di Monaco: 29-30 settembre 1938. Nella città barocca bavarese, in cui aveva umilmente iniziato la sua carriera politica nei retro fumosi di piccoli caffè e nelle cui vie aveva dovuto subire il fiasco del putsch della birreria, Adolf Hitler, come un conquistatore, porse il suo saluto ai capi dei governi dell'Inghilterra, della Francia e dell'Italia, alle dodici e mezzo del 29 settembre. Di prima mattina egli si era recato a Kufstein, cittadina situata sulla ex frontiera austro-tedesca, per incontrare Mussolini e concertare con lui l'azione comune da svolgere alla conferenza. Nel treno che lo riconduceva a Monaco Hitler dimostrò un umore bellicoso, e sulla carta geografica spiegò al " duce " in che modo intendeva " liquidare " la Cecoslovacchia; il Fùhrer disse che se i colloqui di quel giorno non avessero avuto un successo immediato, egli sarebbe ricorso alle armi. Ciano, che era presente, riferisce che il Fiihrer aggiunse: " Del resto, verrà il giorno in cui noi dovremo combattere fianco a fianco contro la Francia e l'Inghilterra ". Mussolini lo approvò8°. Chamberlain non prese un'iniziativa analoga, non cercò di vedere prima Daladier per elaborare per le democrazie occidentali una strategia comune atta a far fronte ai due dittatori fascisti. Per molti di noi, che eravamo in Pagina 312
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 452 Verso la guerra mondiale contatto con le delegazioni britannica e francese di Monaco, risultò evidente, via via che la giornata trascorreva, che Chamberlain era venuto a Monaco assolutamente deciso ad impedire che qualcuno, certo non i cèchi, ma nemmeno i francesi, si frapponesse alla conclusione di un rapido accordo con Hitler *. Nei riguardi di Daladier, che tutto il giorno sembrò come intontito, le precauzioni non erano davvero necessarie; comunque il primo ministro, deciso come era, non voleva correre rischi. Nelle conversazioni, che cominciarono alle 12,45 n£l cosiddetto Fiihrer-haus situato sulla Kbnigsplatz, tutto procedette facilmente, per cui esse rappresentarono poco più che una formalità: si trattava di consegnare a Hitler esattamente quel che desiderava, appena lo desiderava. Il dottor Schmidt, l'infaticabile interprete chiamato ad esercitare la sua abilità in tre lingue, il tedesco, il francese e l'inglese, rilevò fin da principio " un clima generale di buona volontà ". In seguito l'ambasciatore Henderson ricordò che " non ci si riscaldò in nessuna fase delle conversazioni ", durante le quali non vi fu presidente. Tutto procedette senza formalità, e a giudicare dai verbali tedeschi dell'incontro82 venuti alla luce dopo la guerra, il primo ministro inglese e il presidente del Consiglio francese superarono davvero se stessi nell'an-dare incontro a Hitler. Ciò perfino quando questi fece la seguente esplicita dichiarazione: Nel suo discorso allo Sportpalast egli aveva dichiarato che in ogni caso il i° ottobre avrebbe marciato [sulla Cecoslovacchia]. Gli fu risposto che questa azione avrebbe rivestito il carattere di un atto di violenza. Cosf si presentò il compito di toglierle tale carattere. Comunque, si doveva agire subito. I partecipanti alla conferenza passarono al lato pratico allorché Mussolini, che prese la parola per terzo - Daladier era stato lasciato per ultimo -disse che per " giungere ad una soluzione del problema " egli aveva portato con sé precise proposte scritte. Le origini di tali proposte sono interessanti e non furono mai conosciute, credo, da Chamberlain. Dalle memorie di Francois-Poncet e di Henderson risulta che anch'essi le ignoravano. In effetti, la cosa divenne nota solo dopo molto tempo, all'indomani della fine violenta dei due dittatori. Quel che il " duce " presentò come un proprio progetto di compromesso era stato abbozzato in fretta il giorno prima a Berlino, al Ministero tedesco degli Esteri, da Gbring, Neurath e Weizsàcker alle spalle di Joachim von Ribbentrop, dato che i tre personaggi non avevano molta fiducia nella capacità di giudizio di quest'ultimo. Goring aveva sottoposto il testo a Hitler, il quale lo approvò in linea di massima; allora l'abbozzo fu subito tradotto in francese dal dottor Schmidt e passato all'ambasciatore italiano, Attolico, * La sera prima alle 6,4; Chamberlain aveva inviato un messaggio al presidente BeneS informandolo in via ufficiale dell'incontro di Monaco. Egli disse: " Terrò presenti gli interessi della Cecoslovacchia;... Vado [a Monaco] nell'intento di trovare una via di accomodamento fra le posizioni del governo tedesco e quelle del governo cecoslovacco ". Benes rispose immediatamente: " Vi prego di far sf che a Monaco nulla sia deciso prima che la Cecoslovacchia venga interpellata " ". Verso Monaco 453 che ne telefonò il testo a Roma, a Mussolini, proprio un momento prima che egli prendesse il treno per Monaco. Così, di fatto, le "proposte italiane" che fornirono alla conferenza, svoltasi senza formalità, non solo l'unico suo ordine del giorno, ma anche i termini fondamentali di quello che doveva essere conosciuto come " l'accordo di Monaco ", erano proposte tedesche preparate a Berlino *. Ciò sarebbe dovuto risultare evidente dal testo, che seguiva da presso le richieste avanzate da Hitler a Godesberg, e respinte; ma non apparve evidente a Daladier e a Chamberlain, né ai loro ambasciatori a Berlino, ora presenti. Secondo i verbali tedeschi, il primo ministro francese " accolse favorevolmente le proposte del " duce ", informate a uno spirito oggettivo e realistico " e anche il primo ministro inglese " si dimostrò ben disposto nei confronti delle proposte del " duce " dichiarando che lui stesso aveva concepito la soluzione [del problema] proprio nei termini di tali proposte". Quanto all'ambasciatore Henderson, egli - come scrisse in seguito - pensò che Mussolini " avesse presentato, con tatto e come propria, una combinazione delle proposte di Hitler e di quelle anglo-francesi ", mentre l'ambasciatore Frane.ois-Poncet ebbe l'impressione che i convenuti alla conferenza lavorassero sulla base di un memorandum britannico " steso da Horace Wil-son " ". Con tanta facilità vennero dunque gabbati gli statisti e i diplomatici britannici e francesi, che a ogni Pagina 313
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt costo volevano la pacificazione! Una volta accolte così favorevolmente le proposte " italiane ", non restava che discutere alcuni particolari. Chamberlain desiderò sapere chi avrebbe pagato un risarcimento per le proprietà pubbliche della regione dei Sudeti che sarebbero passate alla Germania. Hitler che, secondo Francois-Poncet, era piuttosto pallido e preoccupato, oltre a essere seccato per non poter seguire, al pari di Mussolini, la conversazione che si teneva in francese e in inglese, rispose, eccitato, che non vi sarebbe stato alcun risarcimento. Il primo ministro si oppose alla clausola che negava ai cèchi che intendevano lasciare i Sudeti il diritto di portare con sé il bestiame. Chamberlain esclamò: " Ciò non equivale forse a dire che i contadini saranno espulsi ma che il loro bestiame sarà trattenuto? ", Hitler esplose. " II nostro tempo è troppo prezioso per essere sciupato in simili trivialità! ", gridò egli a Chamberlain84. E il primo ministro lasciò cadere la questione. Tuttavia in un primo momento egli aveva insistito perché un rappresen* Nella testimonianza resa il 4 giugno 1948 a Norimberga, dinanzi al tribunale militare IV degli Stati Uniti, Erich Kordt riferì sulle origini tedesche delle proposte di Mussolini. Nell'incartamento U.S.A. v. Ernst Weizsàcker, Documenti on German Foreign Policy II, p. 1005, si trova un sommario del verbale ufficiale del processo. Kordt ha parlato della cosa anche nel suo libro Wahn und Wirklichkeit, pp. 129-31. Il dottor Schmidt (Hitler's Interfreter, p. in) ha confermato il racconto di Kordt rilevando che la traduzione delle proposte del " duce " fu " fadlissi-ma " poiché egli stesso le aveva già tradotte il giorno prima a Berlino. In una annotazione del suo diario stesa a Monaco il 29-30 settembre Ciano, ministro degli Esteri italiano, parla del documento presentato da Mussolini, il testo del quale, " in realtà, ci era stato telefonato la sera prima dalla nostra ambasciata, come espressione di quel che il governo tedesco desiderava " (Ciano's Hidden Viary, 1937-38, p. 167). 454 Verso la guerra mondiale tante cèco fosse presente o, almeno, come si espresse, fosse " a disposizione ". Disse che, naturalmente, il suo paese " non poteva fornire alcuna garanzia che il territorio [dei Sudeti] sarebbe stato evacuato entro il io ottobre (come aveva proposto Mussolini) se non fosse pervenuta nessuna assicurazione al riguardo da parte del governo cèco ". Daladier appoggiò lepidamente questa tesi. Disse che il governo francese " non avrebbe tollerato in alcun modo un ritardo in tal senso da parte del governo cèco ", ma che egli pensava " fosse di vantaggio la presenza di un rappresentante della Cecoslovacchia, che poteva essere consultato in caso di necessità ". Ma Hitler fu irremovibile. Non avrebbe tollerato in sua presenza nessun rappresentante cèco. Daladier cedette tranquillamente, ma Chamberlain finì con l'ottenere una piccola concessione. Si rimase d'accordo che un rappresentante cèco sarebbe stato a disposizione " nella stanza accanto ", come aveva proposto il primo ministro. Cosi per la riunione del pomeriggio due rappresentanti della Cecoslovacchia, il dottor Vojtech Mastny, ministro cèco a Berlino, e il dottor Hubert Masarik, del Ministero degli Esteri di Praga, giunsero a Monaco e vennero freddamente accompagnati in una sala adiacente a quella della conferenza. Là, dopo che furono fatti aspettare dalle 14 alle 19, metaforicamente il soffitto cadde loro addosso. Alle 19 Frank Ashton-Gwatkin, che aveva fatto parte della missione Runciman e che ora era al seguito di Chamberlain, trasmise loro le brutte notizie. Era stato raggiunto un accordo generale, i cui dettagli non potevano essere ancora portati a loro conoscenza; l'accordo tuttavia era assai più " duro " delle proposte franco-britanniche. Masarik chiese se i cèchi non potevano venire ascoltati; l'inglese rispose - come in seguito il rappresentante cèco riferì al suo governo - che egli sembrava " ignorare quanto fosse difficile la situazione delle grandi potenze " e non poteva capire " quanto era stato arduo negoziare con Hitler ". Alle 20 i due infelici cèchi furono ricevuti da Sir Horace Wilson, il fedele consigliere del primo ministro. Per incarico di Chamberlain, Wilson li mise al corrente dei principali punti dell'accordo delle quattro potenze e diede loro una carta geografica dei territori dei Sudeti che i cèchi dovevano subito sgombrare. I due inviati cercarono di protestare, ma il funzionario britannico troncò loro la parola. Dichiarò di non aver altro da dire e si affrettò a lasciare la stanza. I cèchi continuarono a protestare con Ashton-Gwatkin, rimasto con loro, ma senza pervenire ad alcun risultato. " Se non accettate, - li avverti l'inglese al momento di congedarsi, -dovrete regolare i vostri conti con la Germania assolutamente da soli. Forse i francesi Pagina 314
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt ve lo diranno in termini più cortesi, ma, credetemi, questo è anche il loro punto di vista. Essi si sono disinteressati della cosa ". Questa era la verità, per ingrata che sembrasse ai due emissari cèchi. Poco dopo l'una di notte del 30 settembre * Hitler, Chamberlain, Mussolini * All'accordo fu apposta la data del 29 settembre, benché esso non fosse stato firmato che nelle prime ore del mattino del 30 settembre. Esso statuiva che l'occupazione tedesca " del territorio a popolazione prevalentemente germanica " sarebbe stata effettuata dalle truppe tedesche in Verso Monaco 455 e Daladier apposero le loro firme all'accordo di Monaco, in base al quale l'esercito tedesco poteva iniziare la sua marcia nella Cecoslovacchia il i° ottobre - come il Fiihrer aveva sempre asserito che sarebbe avvenuto - per poi completare l'occupazione della regione dei Sudeti entro il io ottobre. Hitler aveva ottenuto tutto ciò che a Godesberg gli era stato negato. Restava un punto increscioso - almeno per le vittime - cioè informare i cèchi circa le decisioni dell'accordo di Monaco. Hitler e Mussolini non erano interessati a questa parte della cerimonia e si ritirarono, lasciando il compito ai rappresentanti degli alleati della Cecoslovacchia, cioè alla Francia e alla Gran Bretagna. La scena fu descritta realisticamente da Masarik nel suo rapporto ufficiale al ministero cèco degli Esteri. All'una e mezzo di notte fummo introdotti nella sala in cui aveva avuto luogo la conferenza. Erano presenti Mr Chamberlain, M. Daladier, Sir Horace Wilson, M. Léger (segretario generale al Ministero francese degli Esteri), Mr Ashton-Gwatkin, il dottor Mastny e io. L'atmosfera era opprimente; si stava per pronunciare la sentenza. I francesi erano visibilmente nervosi e cercavano di tutelare il prestigio francese dinanzi alla corte. In un lungo discorso introduttivo, Mr Chamberlain fece una relazione sull'accordo e poi ne consegnò il testo al dottor Mastny... I cèchi cominciarono a fare varie domande, ma Mr Chamberlain sbadigliava di continuo, senza sforzarsi menomamente di nascondere gli sbadigli. Chiesi a Daladier e a Léger se essi, dal nostro governo, si aspettavano una dichiarazione o una risposta all'accordo. M. Daladier era visibilmente nervoso. M. Léger rispose che i quattro statisti non avevano molto tempo. Aggiunse in fretta, con indifferente superficialità, che da noi non si richiedeva risposta alcuna, che essi consideravano come già accettato il piano, che il nostro governo quello stesso giorno, al pili tardi entro le 3 pomeridiane, doveva mandare un suo rappresentante a Berlino per partecipare alla commissione e, infine, che l'ufficiale cecoslovacco da inviare avrebbe dovuto trovarsi a Berlino il sabato per stabilire le modalità dell'evacuazione della prima zona. L'atmosfera - egli disse - cominciava a divenire pericolosa per tutto il mondo. Ci parlò in modo abbastanza duro. E costui era un francese... Mr Chamberlain non nascose la sua noia e la sua stanchezza. Ci consegnarono una seconda carta geografica con piccole modificazioni. Per quel che ci riguardava, essi ormai avevano finito, e noi potevamo andarcene86. quattro fasi, dal i° ottobre al 7 ottobre. Il resto del territorio, dopo essere stato delimitato da una " commissione internazionale ", sarebbe stato occupato " il io ottobre ". La commissione doveva essere composta da rappresentanti delle quattro grandi potenze, oltre che dalla Cecoslovacchia. L'Inghilterra, la Francia e l'Italia erano d'accordo " che l'evacuazione del territorio dovesse esser portata a termine entro il io ottobre, senza che nessuna delle installazioni esistenti venisse distrutta; inoltre il governo cecoslovacco si rendeva responsabile dello svolgimento dell'evacuazione, e della conservazione in efficienza di dette installazioni ". La " commissione internazionale " era inoltre incaricata dell'organizzazione dei plebisciti, " non oltre la fine di novembre ", nelle regioni a carattere etnicamente incerto, e doveva stabilire definitivamente le nuove frontiere. In un documento allegato all'accordo, Inghilterra e Francia dichiaravano di " confermare la loro offerta... di fornire una garanzia internazionale delle nuove frontiere dello Stato cecoslovacco contro ogni aggressione non provocata. Dopo la regolazione della questione delle minoranze polacche e ungheresi... la Germania e l'Italia, a loro volta, avrebbero dato una garanzia alla Cecoslovacchia " 85. L'impegno di indire i plebisciti non fu mantenuto. Né la Germania né l'Italia dettero mai una garanzia contro aggressioni alla Cecoslovacchia, nemmeno dopo che il problema delle minoranze polacche e ungheresi fu risolto, e, Pagina 315
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt come vedremo, l'Inghilterra e la Francia vennero meno in seguito alla garanzia che avevano dato. ^^^^^fc^jafifck; 456 Verso la guerra mondiale In quella notte fatale ricordo il lampo di vittoria che splendeva negli occhi di Hitler, mentre scendeva pettoruto i larghi gradini del Fùhrerhaus dopo l'incontro; rammento l'atteggiamento impudente di Mussolini, chiuso nella speciale uniforme della milizia fascista; gli sbadigli di Chamberlain e la sua piacevole sonnolenza quando fece ritorno al Regina Palace Hotel. Quella notte scrissi nel mio diario: Per contro, Daladier aveva l'aspetto di un uomo completamente depresso e spezzato. Passò dal Regina per salutare Chamberlain... Qualcuno gli chiese, o cominciò a chiedergli: " Monsieur le Président, siete soddisfatto dell'accordo? " Egli si voltò, come se volesse dire qualcosa, ma era talmente stanco e disfatto che non riuscì a proferire parola, ed egli uscì barcollando in silenzio dalla porta *7. Chamberlain non aveva finito di conferire con Hitler sulla pace del mondo. L'indomani - il 30 settembre - di buon'ora, ristorato da qualche ora di sonno e contento dei lavori del giorno precedente, andò a trovare il Fiihrer nel suo appartamento privato di Monaco per discutere ulteriormente sulla situazione dell'Europa e per ottenere piccole concessioni: egli evidentemente pensava che esse avrebbero migliorato la sua posizione politica in patria. Secondo il dottor Schmidt, che fece da interprete e fu il solo testimone di questo inaspettato incontro, Hitler era pallido e scontroso. Ascoltò distrattamente l'esuberante capo del governo inglese il quale gli esprimeva la propria fiducia che la Germania avrebbe " assunto un atteggiamento generoso nell'attuazione dell'accordo di Monaco " e la sua speranza che i cèchi non sarebbero stati " cosi irragionevoli da creare difficoltà " e che, se ne avessero create, Hitler non avrebbe fatto bombardare Praga, " con le spaventose perdite fra la popolazione civile che ne sarebbero derivate ". Questo fu solo l'inizio di un lungo discorso e parrebbe impossibile credere che esso sia stato tenuto da un primo ministro britannico - persine dallo stesso premier che si era così vilmente arreso al dittatore tedesco la notte prima - se non fosse stato riportato dal dottor Schmidt in un memorandum ufficiale del Ministero degli Esteri. Ancor oggi, a leggere questo documento, che fu sequestrato, riesce difficile credervi. Ma i rilievi iniziali del leader britannico erano solo un preludio. Dopo una interminabile e prolissa esposizione della situazione mondiale, con proposte di ulteriore cooperazione per porre fine alla guerra civile spagnola (quella guerra che i " volontari " tedeschi e italiani stavano vincendo per Franco), per favorire il disarmo, la prosperità economica mondiale e la pace politica in Europa, e per giungere a una soluzione dello stesso problema russo, il primo ministro tirò fuori dalla tasca un foglietto su cui aveva scritto qualcosa che sperava potesse essere firmato da entrambi e reso subito di dominio pubblico. Ne lesse il testo: Noi, il Fuhrer e Cancelliere tedesco e il primo ministro britannico, abbiamo avuto oggi un nuovo incontro e siamo stati d'accordo nel riconoscere che il problema delle relazioni anglo-tedesche è d'importanza essenziale per i due paesi e per l'Europa. Consideriamo l'accordo firmato ieri notte e l'accordo navale anglo-tedesco come simVerso Monaco 457 boli del desiderio dei nostri due popoli di non entrare mai più in guerra l'uno contro l'altro. Abbiamo deciso che il metodo delle consultazioni deve essere quello da adottarsi per trattare qualsiasi ulteriore problema interessante i nostri due paesi e abbiamo l'intenzione di continuare i nostri sforzi per eliminare possibili cause di divergenza, così da contribuire ad assicurare la pace dell'Europa. Hitler lesse la dichiarazione e si affrettò a firmarla, con grande soddisfazione di Chamberlain (come il dottor Schmidt notò nella sua relazione ufficiale). L'impressione dell'interprete fu che il Fùhrer aderì " con una certa riluttanza... solo per far piacere a Chamberlain ", il quale - egli riferisce -" ringraziò vivamente il Fùhrer... sottolineando il grande effetto psicologico che egli si attendeva da tale documento ". Naturalmente l'illuso primo ministro britannico non sapeva che, come Pagina 316
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt rivelarono in seguito i documenti segreti tedeschi e italiani, Hitler e Mussolini in quello stesso incontro di Monaco si erano già accordati per combattere " fianco a fianco " contro l'Inghilterra. Né tanto meno intuì - come fra breve vedremo - quel che già maturava nella sinistra mente di Hitler8S. Chamberlain tornò a Londra e Daladier rientrò a Parigi, entrambi come trionfatori. Mostrando la dichiarazione da lui firmata insieme a Hitler, il primo ministro giubilante si presentò a una massa di londinesi che affollava Downing Street. Dopo aver ascoltato le grida di " Good old Neville! " e il gagliardo canto del Por he's a jolly good fellow, Chamberlain sorridendo pronunciò qualche parola da una finestra del secondo piano del n. io della via. " Miei buoni amici, - egli disse, - questa è la seconda volta, nella nostra storia, che qualcuno torna a Downing Street dalla Germania recando una pace onorevole*. Credo che nel nostro tempo regnerà la pace". Il " Times " dichiarò che " nessun conquistatore di ritorno da una vit-. toria sui campi di battaglia venne cinto da più nobili allori ". Per una iniziativa spontanea si volle raccogliere un " fondo nazionale di ringraziamento " in onore di Chamberlain, che questi cortesemente respinse. Soltanto il primo Lord dell'Ammiragliato, Duff Cooper, si dimise dal gabinetto, e quando nel successivo dibattito alla Camera dei Comuni Winston Churchill - ancora una volta inascoltato - cominciò le sue memorabili parole: " La nostra è stata una disfatta totale, senza scusanti ", fu costretto a interrompersi - come in seguito egli ricordò - e ad aspettare che si calmasse la tempesta di proteste scatenata da tali parole. A Praga il clima era naturalmente del tutto diverso. Alle 6,20 antimeridiane del 30 settembre l'incaricato d'affari tedesco era andato a svegliare il ministro cèco degli Esteri, dottor Krofta, per consegnargli il testo dell'accordo di Monaco, chiedendo che la Cecoslovacchia inviasse due suoi rap* Si allude qui al ritorno di Disraeli dal congresso di Berlino del 1878. 458 Verso la guerra mondiale presentanti alla prima seduta della " commissione internazionale " che doveva controllare l'esecuzione dell'accordo. La seduta si sarebbe tenuta a Berlino alle 17. Il presidente Benes conferì durante tutta la mattina al palazzo dell'Hrad-shin con i capi politici e militari: ma per lui non vi era nessuna alternativa, egli aveva solo da sottomettersi alle decisioni prese. L'Inghilterra e la Francia non solo avevano abbandonato il suo paese, ma ora avrebbero perfino appoggiato Hitler nell'impiego delle forze armate qualora egli avesse respinto i termini dell'accordo di Monaco. Dieci minuti prima dell'una la Cecoslovacchia si arrese, " lanciando al mondo una protesta ", come fu detto nel comunicato ufficiale. " Siamo stati abbandonati. Siamo rimasti soli ", dichiarò amaramente il generale Sirovy, nuovo presidente del Consiglio, al popolo cecoslovacco alle 17 in una radiotrasmissione. Fino all'ultimo l'Inghilterra e la Francia esercitarono una pressione sulla nazione che esse avevano ingannata e tradita. Nel corso della giornata i ministri inglese, francese e italiano si recarono Úl dottor Krofta per accertarsi che all'ultimo momento i cèchi non si rivoltassero contro la capitolazione. L'incaricato d'affari tedesco, dottor Hencke, descrisse la scena in un dispaccio da lui inviato a Berlino. Il ministro francese cercò di rivolgere parole di conforto a Krofta, ma questi lo interruppe dicendo: " La presente situazione ci è stata imposta; ormai si è alla fine; oggi è la nostra volta, domani sarà quella degli altri ". Solo con difficoltà il ministro britannico riuscì a dirgli che Chamberlain aveva fatto tutto il possibile: egli ebbe la stessa risposta del ministro francese. Il ministro [cèco] degli Esteri sembrava un uomo completamente distrutto ed espresse un unico desiderio: che i tre ministri lasciassero al più presto la stanza89. In seguito alle insistenze di Berlino il presidente Benes il 5 ottobre rassegnò le dimissioni, e quando apparve chiaro che la sua vita era in pericolo, si recò in aereo in Inghilterra, in esilio. Fu sostituito provvisoriamente dal generale Sirovy. Il 30 novembre l'assemblea nazionale nominò il dottor Emil Hàcha, capo della suprema corte di giustizia, un uomo di sessantasei anni, dalle buone intenzioni ma debole e anziano, presidente di quel che restava della Cèco-slovacchia (nella designazione dello Stato ora era stato ufficialmente introdotto un trattino di separazione). La cosiddetta " commissione internazionale " s'incaricò di concedere alla Germania quella parte della Cecoslovacchia che Chamberlain e Daladier avevano lasciata fuori. La commissione formata in fretta, comprendeva gli ambasciatori Pagina 317
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt italiano, britannico e francese a Berlino, il ministro cèco a Berlino e il barone von Weizsacker, segretario di Stato al Ministero tedesco degli Esteri. Ogni controversia sui territori da assegnare fu risolta in favore dei tedeschi, spesso di fronte alla minaccia che altrimenti Hitler e l'OKW sarebbero ricorsi alle armi. Infine il 13 ottobre la commissione decise, con una votazione, di fare a meno dei plebisciti contemplati dall'accordo di Monaco per le regioni contese. Non ve ne era bisogno. I polacchi e gli ungheresi, dopo aver minacciato un intervento armato Verso Monaco 459 contro la nazione rimasta priva di aiuto, calarono ora come tanti avvoltoi a spartirsi delle fette del territorio cecoslovacco. Per le insistenze del ministro degli Esteri, Jòzef Beck, che sarà, in questa esposizione degli avvenimenti uno dei personaggi principali dei dodici mesi successivi, la Polonia occupò circa 650 miglia quadrate di territorio intorno a Teschen, comprendente una popolazione di 228 ooo abitanti, dei quali 133 ooo cèchi. Il 2 novembre Ribbentrop e Ciano assegnarono all'Ungheria una fetta più grande: 7500 miglia quadrate con una popolazione di 500 ooo magiari e di 272 ooo slovacchi. Inoltre Berlino costrinse la nazione mutilata e ormai senza difese a darsi un governo filotedesco di evidente orientamento fascista. Apparve chiaro che da allora in poi l'esistenza della nazione cecoslovacca era alla mercé del capo del Terzo Reich. Le conseguenze di Monaco. In base all'accordo di Monaco Hitler, in sostanza, aveva avuto quanto aveva chiesto a Godesberg; ma la " commissione internazionale ", piegandosi alle sue minacce, finì per dargli anche di più. L'intesa definitiva, fissata il 20 novembre 1938, costrinse la Cecoslovacchia a cedere alla Germania 11 ooo miglia quadrate di territorio in cui risiedevano 2 800 ooo tedeschi dei Sudeti e 800 ooo cèchi. All'interno di tale area si trovavano tutte le vaste fortificazioni cèche che fino a quel momento avevano costituito in Europa la più formidabile linea difensiva, con la sola eccezione, forse, della linea Maginot in Francia. Ma non fu tutto. L'intero sistema delle ferrovie, delle strade, delle comunicazioni telefoniche e telegrafiche della Cecoslovacchia fu smembrato. Secondo cifre di fonte tedesca, essa perse il 66 per cento del suo carbon fossile, l'8o per cento della sua lignite, l'86 per cento dei suoi prodotti chimici, l'8o per cento del suo cemento, l'8o per cento dei suoi prodotti tessili, il 70 per cento del suo ferro e del suo acciaio, il 70 per cento della sua energia elettrica e il 40 per cento del suo legname da costruzione. Dalla sera alla mattina, una prospera nazione industriale era stata spezzata in tante parti e spinta verso la rovina. Non stupisce che Jodl la notte di Monaco scrivesse tutto allegro nel suo diario: II patto di Monaco è stato firmato. La Cecoslovacchia ha finito di esistere, come potenza... Il genio del Fuhrer e la sua decisione di non indietreggiare nemmeno dinanzi a una guerra mondiale ci hanno fatto riportare una nuova vittoria senza ricorrere alla forza. Ora vi è da sperare che gli increduli, i deboli e i dubitosi si convertano e si attengano a questa linea90. Molti di coloro che dubitavano si erano convcrtiti e i pochi altri furono presi dalla disperazione. Era chiaro che generali come Beck, Halder e Witzle-ben, insieme ai civili che li avevano consigliati, avevano avuto torto. Hitler 460 Verso la guerra mondiale aveva ottenuto quanto desiderava, senza sparare un solo colpo era giunto a un'altra grande conquista. Il suo prestigio salì a nuove altezze. Nessuno di coloro che, come l'autore del presente libro, si trovarono in Germania nei giorni dopo Monaco, può dimenticare l'entusiasmo del popolo tedesco. Si sentiva sollevato, perché la guerra era stata evitata; era entusiasta e pieno di orgoglio per la vittoria riportata da Hitler senza spargimento di sangue, non solo sulla Cecoslovacchia, ma anche sull'Inghilterra e la Francia. Nel breve intervallo di sei mesi - dicevano i tedeschi - Hitler aveva conquistato l'Austria e la regione dei Sudeti, annettendo al Terzo Reich dieci milioni di abitanti e un vasto territorio d'importanza strategica che apriva al dominio tedesco la via verso l'Europa sudorientale. E ciò senza il sacrificio della vita di un solo tedesco! Con l'istinto del genio, così raro nella storia tedesca, Hitler aveva indovinato la debolezza non solo degli Stati minori dell'Europa centrale ma anche delle due principali democrazie occidentali, della Gran Bretagna e della Francia, e le aveva costrette a piegarsi alla sua volontà. Pagina 318
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Aveva inventato e usato con straordinario successo una nuova strategia e tecnica della guerra politica, che rendeva superflua la guerra effettiva. In appena quattro anni e mezzo quest'uomo dalle umili origini aveva innalzato una Germania disarmata, caotica, vicina al fallimento, la più debole fra le grandi potenze d'Europa, ad una posizione che la faceva apparire come la più forte nazione del vecchio continente, una nazione dinanzi alla quale tutte le altre, perfino l'Inghilterra e la Francia, tremavano. In nessun momento le potenze vittoriose della pace di Versailles avevano osato cercare di arrestare questa vertiginosa ascesa, perfino quando ne avevano avuto la forza. Anzi a Monaco, dove si registrò la massima conquista di Hitler, l'Inghilterra e la Francia avevano abbandonato la loro linea di condotta per sostenere la Germania. Ciò che deve aver maggiormente sorpreso Hitler - e che di certo stupì il generale Beck, Hassell e gli altri della piccola cerchia dell'opposizione - fu che nessuno degli uomini al governo dell'Inghilterra e della Francia (" piccoli vermi ", come il Fùhrer li chiamò sprezzantemente in privato dopo Monaco) si rese conto delle conseguenze derivanti dalla loro incapacità a reagire con una certa energia contro il succedersi delle mosse aggressive del capo dei nazisti. In Inghilterra, l'unico a capire sembrò essere Winston Churchill. Nessuno sintetizzò le conseguenze di Monaco meglio di quel che egli fece nel suo discorso alla Camera dei Comuni del 5 ottobre: Abbiamo subito una disfatta totale e senza scusanti... Ci troviamo dinanzi a un disastro di prima grandezza. La via lungo il Danubio... la via al Mar Nero è stata aperta [ai tedeschi]... Tutti i paesi dell'Europa centrale e del bacino danubiano verranno assorbiti, l'uno dopo l'altro, nel vasto sistema della politica nazista... che ha in Berlino il suo centro d'irradiazione... E non pensate che questa sia la fine. È soltanto l'inizio... Ma Churchill non era al governo, e alle sue parole non si prestò attenzione. Verso Monaco 461 La resa franco-britannica di Monaco era stata necessaria? Adolf Hitler non aveva bluffato? Oggi sappiamo che ad entrambe le domande si deve dare, paradossalmente, una risposta negativa. Tutti i generali vicini a Hitler sopravvissuti alla guerra sono concordi nell'affermare che, se non fosse stato per Monaco, Hitler avrebbe attaccato la Cecoslovacchia il i° ottobre 1938, ed essi presumono che, anche se vi fossero state esitazioni momentanee a Londra, a Parigi e a Mosca, alla fine l'Inghilterra, la Francia e la Russia sarebbero state trascinate in guerra. Inoltre - e questa è la cosa più importante per tale aspetto della vicenda i generali tedeschi sono ugualmente unanimi nel riconoscere che la Germania avrebbe perduto la guerra, e in breve tempo. L'argomento dei difensori di Chamberlain e di Daladier - che a quel tempo rappresentavano la grande maggioranza -, per cui Monaco avrebbe salvato l'Occidente non solo dalla guerra ma anche da una disfatta e, in particolare, avrebbe evitato che Londra e Parigi venissero distrutte dai micidiali bombardamenti della Luftwaffe, risulta convincentemente confutato, per quel che riguarda i due ultimi punti, da coloro che erano in condizione di conoscere meglio le cose, cioè dai generali tedeschi, specie da quelli che erano più vicini a Hitler e che lo sostennero più fanaticamente dal principio alla fine. Fra questi ultimi, il principale esponente era il generale Keitel, capo del-l'OKW, adulatore di Hitler e rimasto in ogni momento al suo fianco. Chiamato a deporre a Norimberga, alla domanda quale fosse stata la reazione dei generali tedeschi all'accordo di Monaco, egli rispose: Fummo quanto mai lieti che non si giungesse a operazioni militari perché... avevamo sempre avuto la convinzione che i nostri mezzi per attaccare le fortificazioni di frontiera della Cecoslovacchia erano insufficienti. Dal punto di vista puramente militare ci mancavano i mezzi necessari per un attacco che implicava lo sfondamento delle fortificazioni di frontiera ". Gli esperti militari alleati hanno sempre ritenuto che l'esercito tedesco sarebbe dilagato subito in tutta la Cecoslovacchia. Alla testimonianza di Keitel, il quale disse che ciò non sarebbe avvenuto, può aggiungersi quella del feldmaresciallo von Manstein, che si dimostrò uno dei più brillanti comandanti tedeschi in guerra. Sentito a sua volta come testimone a Norimberga (a differenza di Keitel e di Jodl egli non era in stato d'accusa che mettesse in pericolo la sua vita), nei riguardi della posizione della Germania al tempo di Monaco, egli dichiarò: Se fosse scoppiata una guerra, né la nostra frontiera occidentale né quella polacca avrebbero potuto essere difese efficacemente, e non v'è dubbio alcuno che se la Cecoslovacchia si fosse difesa, saremmo stati arrestati dalle sue Pagina 319
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt fortificazioni, perché non avevamo i mezzi per sfondarle *92. * Lo stesso Hitler se ne convinse, almeno in parte, dopo aver ispezionato la linea delle fortificazioni cèche. In seguito egli disse a Cari Burckhardt, alto commissario per Danzica della Società delle Nazioni: " Quando, dopo Monaco, fummo in grado di esaminare dall'interno la forza mili462 Verso la guerra mondiale Jodl, il " cervello " dell'OKW, nel difendersi a Norimberga, presentò la situazione nei seguenti termini: Con cinque divisioni di combattimento e sette divisioni di riserva nelle fortificazioni occidentali (che non erano altro che una postazione difensiva) era escluso che si potesse tener testa a cento divisioni francesi. Era militarmente impossibile '3. Se, come ammettono questi generali tedeschi, l'esercito di Hitler non disponeva dei mezzi necessari per penetrare nelle fortificazioni cèche, se la Germania, di fronte alle preponderanti forze francesi, si trovava a occidente in una situazione " militarmente impossibile ", se, inoltre, come si è visto, fra i generali vi erano tali dissensi al punto che il capo dello Stato maggiore dell'esercito si era proposto di rovesciare Hitler per impedire una guerra che non si poteva vincere - com'è che gli Stati maggiori francese e britannico non lo sapevano? E se lo sapevano, da che cosa i capi di governo dell'Inghilterra e della Francia possono essere stati costretti a sacrificare a Monaco tanta parte degli interessi vitali delle loro nazioni? A tale riguardo ci si trova di fronte a uno dei misteri del periodo di Monaco che ancora non si è riusciti a chiarire. Lo stesso Churchill, benché fosse così addentro nelle faccende militari, non tocca quasi l'argomento nelle sue voluminose memorie. È inconcepibile che gli Stati maggiori britannico e francese e i rispettivi governi ignorassero che lo Stato maggiore tedesco era avverso a una guerra europea. Come abbiamo visto, i cospiratori dettero notizia di ciò agli inglesi per lo meno attraverso quattro vie nell'agosto e nel settembre, e sappiamo che lo stesso Chamberlain rivolse alla cosa la sua attenzione. Ai primi di settembre Parigi e Londra debbono certo avere saputo delle dimissioni del generale Beck e delle ovvie conseguenze che avrebbe avuto per l'esercito tedesco la ribellione del suo capo più eminente e più qualificato. In genere, a quel tempo a Berlino si riteneva che i servizi segreti britannico e francese funzionassero abbastanza bene. È molto difficile credere che a Londra e a Parigi i capi militari ignorassero la palese debolezza dell'esercito e dell'aviazione tedesche e la loro incapacità a combattere una guerra su due fronti. Il capo di Stato maggiore dell'esercito francese, gene-nerale Gamelin, malgrado la sua innata notevolissima prudenza, come poteva dubitare che con quasi cento divisioni non sarebbe riuscito a soverchiare le cinque divisioni regolari e le sette divisioni di riserva dei tedeschi sul fronte occidentale e quindi a penetrare facilmente e rapidamente nella Germania? Come narrò in seguito94, Gamelin nel complesso non aveva molti dubbi. Il 12 settembre, il giorno in cui alla chiusura dell'adunata di Norimberga, Hitler aveva lanciato le sue tonanti minacce contro la Cecoslovacchia, il generalissimo francese aveva assicurato al presidente del Consiglio, Daladier, tare della Cecoslovacchia, ciò che constatammo ci turbò non poco; avevamo corso un serio rischio. Il piano preparato dai generali cèchi era formidabile. Ora capisco perché i miei generali avevano cercato di frenare l'azione " (PERTINAX, The Grave Diggers of Pratice, p. 3). Verso Monaco 463 che se vi fosse stata una guerra, " le nazioni democratiche avrebbero dettato la pace " al nemico. A sostegno di tale affermazione egli scrisse una lettera indicante le ragioni di questo suo ottimismo. Il 26 settembre, nel punto culminante della crisi cèca seguita all'incontro di Godesberg, Gamelin, che aveva accompagnato a Londra i capi del governo francese, ripetè le sue assicurazioni a Chamberlain e cercò di rafforzarle con una analisi della situazione militare intesa a rassicurare non solo il primo ministro britannico ma anche il suo tentennante presidente del Consiglio. Evidentemente, questa iniziativa non ebbe successo. Infine, subito prima che Daladier si recasse in volo a Monaco, Gamelin gli aveva indicati i limiti delle concessioni territoriali che si potevano fare nel territorio dei Sudeti senza pregiudicare la sicurezza della Francia. Le principali fortificazioni cèche, i tronchi ferroviari, certe linee strategiche e le industrie essenziali che potevano servire alla difesa non avrebbero dovuto essere ceduti alla Germania. Egli aveva aggiunto che, soprattutto, non si doveva permettere ai tedeschi di eliminare la Pagina 320
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt breccia costituita dalla Moravia. Ottimo consiglio, se la Cecoslovacchia doveva servire a qualcosa alla Francia, nel caso di una guerra contro la Germania: ma, come si è visto, Daladier non era uomo capace di agire in conformità. Al tempo di Monaco, molti pretesero che una delle ragioni della resa di Chamberlain fu la sua paura che Londra venisse distrutta dai bombardamenti tedeschi, e non v'è dubbio che i francesi tremavano all'idea che la loro bella capitale venisse rasa al suolo dagli attacchi aerei. Ma da quel che ora si sa circa la potenza della Luftwaffe in quel momento, risulta che l'allarme dei londinesi, dei parigini, di Chamberlain e di Daladier era ingiustificato. Al pari dell'esercito, l'arma aerea tedesca era stata concentrata contro la Cecoslovacchia, per cui, come l'esercito, essa non era in grado di effettuare azioni serie in Occidente. Perfino nel caso che alcuni bombardieri tedeschi fossero stati tenuti da parte per attaccare Londra e Parigi, è assai dubbio che essi avrebbero potuto raggiungere gli obiettivi. Per quanto la caccia britannica e francese fosse debole, i tedeschi non avrebbero potuto proteggere con la propria i bombardieri: anche se avessero avuto degli apparecchi, le basi erano troppo lontane. Fu anche detto - in particolare dagli ambasciatori Francois-Poncet e Henderson - che Monaco concesse alle due democrazie occidentali quasi un anno per mettersi al passo col riarmo tedesco. I fatti smentiscono tale argomentazione. Come ha scritto Churchill, il cui parere ha trovato l'appoggio di ogni serio storico militare alleato, " l'anno di respiro che era stato " guadagnato " grazie a Monaco, mise l'Inghilterra e la Francia in una posizione 'assai peggiore rispetto alla Germania di Hitler, di quanto fossero al momento della crisi di Monaco "9S. Come vedremo, tutti i calcoli militari tedeschi fatti un anno dopo lo confermano, e, naturalmente, gli eventi successivi tolgono ogni dubbio al riguardo. Retrospettivamente, con la conoscenza che ora abbiamo dei documenti segreti tedeschi, e sulla base delle testimonianze rese dopo la guerra dagli stessi tedeschi, si può riassumere nei seguenti termini la situazione: il i° ot464 Verso la guerra mondiale tobre 1938 la Germania non era in condizione di entrare in guerra contro la Cecoslovacchia, oltreché contro la Francia e l'Inghilterra, per tacere, poi, della Russia. Se fosse entrata in guerra sarebbe stata rapidamente e facilmente sconfitta, il che avrebbe significato la fine di Hitler e del Terzo Reich. Se invece all'ultimo momento una guerra europea fosse stata evitata grazie all'intervento dell'esercito tedesco, Hitler avrebbe potuto essere rovesciato da Halder, da Witzleben e da coloro che a essi si erano associati nel piano di arrestarlo non appena avesse dato l'ordine definitivo di attaccare la Cecoslovacchia. Nell'affermare spavaldamente e ufficialmente che " in ogni caso " il i° ottobre avrebbe fatto marciare l'esercito tedesco sulla regione dei Sudeti, Hitler si era compromesso: si trovava nella " posizione insostenibile " prevista dal generale Beck. Se, dopo tutte le sue minacce e affermazioni catego-riche, si fosse tirato indietro di sua spontanea volontà, difficilmente avrebbe potuto mantenersi a lungo al potere. Per Hitler sarebbe stato estremamente difficile, se non impossibile, indietreggiare, e se avesse tentato di farlo, con moltissime probabilità la sua perdita di prestigio avrebbe avuto in Europa, fra il suo popolo e soprattutto fra i suoi generali, conseguenze fatali. L'ostinata, ottusa insistenza di Chamberlain nel dare a Hitler quanto questi chiedeva, le sue corse a Berchtesgaden e a Godesberg e infine il suo fatale viaggio a Monaco, permisero a Hitler di uscire da un vicolo cieco e rafforzarono la sua posizione in Europa, in Germania e presso l'esercito in una misura che qualche settimana prima sarebbe stata inconcepibile. Accrebbero anche straordinariamente la potenza del Terzo Reich di fronte alle democrazie occidentali e all'Unione Sovietica. Per la Francia Monaco fu un disastro, e non si può davvero capire come a Parigi non ci si rendesse pienamente conto di ciò. La sua posizione militare in Europa era distrutta. Poiché il suo esercito, nel caso di una mobilitazione totale tedesca, non avrebbe mai potuto essere più della metà di quello del Terzo Reich, data la diversa popolazione dei due paesi, e dato che ancor minore era il suo potenziale in fatto di produzione bellica, la Francia aveva creato laboriosamente delle alleanze con le potenze minori dell'Est, sul fianco orientale della Germania, e anche dell'Italia: con la Cecoslovacchia, la Polonia, la Jugoslavia e la Romania, che, prese insieme, avevano il potenziale militare di una grande potenza. Ora, la perdita di trentacinque divisioni cèche ben addestrate e ben armate, che, schierate dietro le potenti fortificazioni Pagina 321
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt montane, avrebbero potuto tener testa a forze tedesche anche più considerevoli, era tale da mettere in crisi anche l'esercito francese. Non solo: dopo Monaco, i restanti alleati della Francia nell'Europa orientale come potevano aver fede nelle parole scritte di quella nazione? Che valore poteva ancora avere un'alleanza con la Francia? La risposta di Varsavia, Bucarest e Belgrado fu: ne aveva ben poco. E si verificò, in queste capitali, una corsa per ottenere i migliori accordi possibili con i nazisti vincitori finché si era ancora in tempo. E a Mosca, se non vi fu una corsa del genere, si ebbe però del fermento. Verso Monaco 465 Benché l'Unione Sovietica fosse militarmente alleata sia alla Cecoslovacchia che alla Francia, il governo francese aveva accettato senza protestare la decisione della Germania e dell'Inghilterra di escludere la Russia da Monaco. Era un affronto che Stalin non dimenticò e che doveva costar caro alle due democrazie occidentali nei mesi successivi. Il 3 ottobre, quattro giorni dopo Monaco, Werner von Tippelskirsch, consigliere all'ambasciata tedesca di Mosca, trasmise a Berlino un rapporto circa le " conseguenze " che, per la politica sovietica, avrebbe avuto Monaco. Egli riteneva che Stalin " ne avrebbe tratto le seguenti conclusioni " : di certo l'Unione Sovietica avrebbe " riesaminato la sua politica estera ", avrebbe assunto un atteggiamento meno amichevole nei riguardi della sua alleata, la Francia, mostrandosi " più positiva " verso la Germania. Di fatto, il diplomatico tedesco pensava che " le attuali circostanze offrono possibilità favorevoli per un nuovo e più vasto accordo economico fra Germania e Unione Sovietica " ". Negli archivi segreti tedeschi, questo è il primo accenno a un vento nuovo che, seppure lievemente, cominciava a spirare su Berlino e su Mosca e che un anno dopo doveva avere assai gravi conseguenze. Nonostante la sua splendida vittoria e l'umiliazione da lui inflitta non solo alla Cecoslovacchia, ma altresì alle democrazie occidentali, Hitler era deluso dei risultati di Monaco. Schacht lo udì esclamare, al suo ritorno a Berlino, nella cerchia delle sue SS: " Quel tizio [Chamberlain] mi ha rovinato il mio ingresso a Praga! "". Come spesso aveva confidato ai suoi generali, dopo la conferenza del 5 novembre dell'anno precedente, questa era la sua grande ambizione. Egli aveva spiegato loro che la conquista dell'Austria e della Cecoslovacchia doveva essere solo la fase preliminare per una più potente spinta verso uno spazio vitale, verso un Lebensraum, a est, e per una sistemazione militare con la Francia a ovest. Come aveva detto il 20 settembre al primo ministro ungherese, la cosa migliore era " distruggere la Cecoslovacchia ". Questa, aveva affermato, sarebbe " l'unica soluzione soddisfacente ". Temeva solo il " pericolo ", che i cèchi aderissero a tutte le sue richieste. Ora Chamberlain, tenendo stretto il suo famoso ombrello, era venuto a Monaco e aveva appunto costretto i cèchi ad aderire a tutte le sue richieste, privandolo così della gloria di una conquista militare. Dalle testimonianze risulta che tale fu, dopo Monaco, il tortuoso corso del pensiero di Hitler. In seguito egli doveva confessare ai suoi generali: " Fin dal primo momento vidi chiaramente che non potevo appagarmi del territorio dei tedeschi dei ^udeti. Quella era soltanto una soluzione parziale " ". Pochi giorni dopo Monaco il dittatore tedesco mise in moto i piani per pervenire a una soluzione totale. 1 L'incartamento del " caso verde " era stato conservato al quartier generale di Hitler e fu trovato intatto dalle truppe americane in una cantina dell'Obersalzberg. Il sommario della di scussione che ebbe luogo il 21 aprile fra Hitler e Keitel è il secondo documento della collezione. Tutto l'incartamento è stato prodotto come prova a carico nel processo di Norimberga (ND, 388-PS). Una traduzione inglese di esso si trova in NCA, III, pp. 306-709; una migliore versione inglese delle conversazioni del 21 aprile è contenuta in DGFP (II, pp. 239-40). 2 Pel memorandum segreto del Ministero degli Esteri tedesco in data 19 agosto 1938: NCA, VI, p. 855 (ND, 3059, PS). 3 DGFP, II, pp. 197-98. 4 Ibid., p. 255. 5 Pel memorandum di Weizsà'cker del 12 maggio 1938: DGFP, II, pp. 273-74. 6 Pel testo dei quattro telegrammi che furono scambiati: NCA, Pagina 322
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt III, pp. 308-9 (ND, 388PS). 7 Ibid., pp. 309-10. 8 Per il testo della lettera di Keitel e delle direttive: DGFP, II, pp. 299-303. 9 Ibid., pp. 307-8. 10 Per il dispaccio del 21 maggio del rappresentante diplomatico tedesco e dell'addetto mi litare a Praga: ibid., pp. 309-10. 11 Per il dispaccio del 22 maggio 1938 dell'ambasciatore von Dirksen: ibid., pp. 322-23. 12 II discorso al Reichstag del 30 gennaio 1939 è stato riprodotto in My New Order, ed. da Roussy de Sales, p. 563. 13 Secondo Fritz Wiedermann, uno degli aiutanti del Fiihrer che era presente e che in seguito giurò di " esser stato assai scosso da quella dichiarazione " - cfr. NCA, V, pp. 743-44 (ND, 3037-PS). 14 Annotazione senza data del diario di Jodl: TMWC, XXVIII, p. 372 (ND, 1780-?$). 15 Rubrica n del " caso verde " - cfr. NCA, III, pp. 315-20 (ND, 388-PS) e anche DGFP, II, pp. 3^7-62. 16 TMWC, XXVIII, p. 373. Il volume di TMWC reca il testo tedesco. Una traduzione in glese di estratti dal diario di Jodl si trova in NCA, IV, pp. 360-70. 17 II testo dei memorandum è stato riprodotto da Wolfgang Forster in Ein General kàmpft gegen den Krieg, pp. 81-119. 18 Diario di Jodl: TMWC, XXVIII, p. 374. Traduzione inglese in NCA, IV, pp. 364 (ND, i78o-PS). 19 Ibid. 20 TMWC, XX, p. 606. 21 The Von Hassell Diaria, p. 6. 22 Ibid., p. 34723 FORSTER, Op. dt., p. 122. 24 Dispacci dell'8 e del 9 giugno 1938: DGFP, II, pp. 395, 399-401. K Dispaccio del 22 giugno: ibid., p. 426. u Ibid., pp. 529-31. 27 Ibid., p. 611. 28 Rubrica 17 dell'incartamento " verde ": NCA, III, pp. 332-33 (ND, 388-PS). 29 TMWC, XXVIII, p. 375. 30 Pei resoconti sulla riunione del 3 settembre 1938: NCA, III, pp. 334-35 (ND, 388-PS). 31 Pel resoconto di Schmundt sulla riunione del 9 settembre: ibid., pp. 335-38. È la ru brica 19 dell'incartamento " verde ". 32 Annotazione del 13 settembre del diario di Jodl: TMWC, XXVta, pp. 378-79 (ND. i78o-PS). Verso Monaco 467 " DGFP, II, P. 536. 34 Le relazioni sulla visita di Kleist si trovano in Documenti on British Foreign Policy (che d'ora in poi indicherò con la sigla DBrFP), terza serie, IL 35 Gran parte del testo della lettera di Churchill si trova in DGFP, II, p. 706. " DBrFP, terza serie, II, pp. 686-87. 37 NEVILE HENDEKSON, Fatture of a Mission, pp. 147, 150. 38 DBrFP, terza serie, I. 39 Erich Kordt da la descrizione di questo incontro, fatta da suo fratello, nel libro Nicbt aus den Akten, pp. 279-81. " DGFP, II, p. 754Pagina 323
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Ibid., P. 754L. B. NAMIER, Diplomatic Prelude, p. 35. 43 Sulla conferenza esiste un vasto materiale. Il testo del rapporto ufficiale compilato da Paul Schmidt, che fece da interprete e che fu la sola persona presente, è contenuto, fra l'altro, in DGFP, II, PP- 786-98. Schmidt ha riprodotto il suo racconto quale testimone oculare nel suo li bro Hitler's Interpreter, pp. 90-95. Le note di Chamberlain si trovano in DBrFP, terza serie, pp. 338-41; la sua lettera alla sorella sull'incontro, è stata riportata da Keith Feiling (Life of Neville Chamberlain, pp. 366-68). Cfr. anche HENDERSON, Failure of a Mission, pp. 152-54. " DGFP, II, p. 801. 45 Ibid., P. 810. 46 FEILING, Op. CÌt., p. 367. 47 NCA, VI, p. 799 (ND, C-2). 48 DGFP, II, pp. 863-64. 49 British White Paper, Ctnd. 5847, n. 2. Il testo si trova anche in DGFP, II, pp. 831-32. 50 Cfr. il mio Berlin Diary, p. 137. 11 Le principali fonti sulla conferenza di Godesberg sono: le note di Schmidt sui due incontri di Godesberg (DGFP, II, pp. 870-79; 898-908); il resoconto dei discorsi fatto dallo stesso Schmidt (Hitler's Interpreter, pp. 95-102); i testi delle lettere che Hitler e Chamberlain si scambiarono il 23 settembre (DGFP, II, pp. 887-92); le note di Kirkpatrick sull'incontro (DBrFP, terza serie, II, pp. 463-73, 499-508); la descrizione di Henderson in Failure of a Mission, pp. 156-62. 52 NCA, IV, p. 367 (ND, i78o-PS). 53 Diario di Jodl del 26 settembre 1938 (ibid.). " Pel testo del memorandum di Godesberg: DGFP, II, pp. 908-10. " " Times ", 24 settembre 1938. 56 Per il testo della risposta cèca: British White Paper, Cmd. 5847, n. 7. " Per il testo della lettera di Chamberlain a Hitler del 26 settembre 1938: DGFP, II, PP. 994-95sì Benché le annotazioni su questo incontro scritte dal dottor Schmidt non figurino nei documenti del Ministero degli Esteri tedesco, il resoconto si trova nel suo libro, op. cit., Pp. 102-3. Le note di Kirkpatrick si trovano in DBrFP, terza serie, II, n. i, p. 118. La versione di Henderson si può leggere nel suo libro già citato, p. 163. 59 Rubriche 31-33 dell'incartamento " verde ", NCA, pp. 350-52 (ND, 388-PS). M Per il dispaccio da Parigi: DGFP, II, p. 977. " II testo dei due appelli di Roosevelt e della risposta di Hitler al primo di essi si trova in DGFP, II. " Per il dispaccio da Praga: DGFP, II, p. 976. 63 Per il testo della lettera di Hider del 27 settembre 1938: DGFP, II, pp. 966-68. "Per il piano di Chamberlain: DGFP, II, pp. 987-88. I messaggi del primo ministro sono stati citati, basandosi sugli archivi cèchi, da WHEELER-BENNETT, Munich, pp. 151-52. " Ibid., p. 158. " Pel testo: British White Paper, Cmd. 5848, n. i. La lettera fu consegnata da Henderson a Hitler l'indomani a mezzogiorno. " HENDERSON, op. cit., p. 144. DBrFP, terza serie, II, p. 614. " Diario di Jodl, 28 settembre 1938, NCA, IV, p. 368 (ND, i78o-PS). " Fonti: l'interrogatorio di Halder condotto a Norimberga da un procuratore di New York, dal capitano Sam Harris (NCA, Suppl. B, pp. 1547-71) e anche il memorandum di Halder, che * Norimberga era stato passato alla stampa ma che non figura né in NCA né nei volumi di J AfWC; GISEVIUS, To thè Bitter End, pp. 283-328 e la sua testimonianza a Norimberga (TMWC, "II, PP. 210-328); SCHACHT, Account Settled, pp. 114-15. ° GISEVIUS, To thè Bitter End, p. 325, e anche la testimonianza da lui resa a Norimberga (TMWC, XII, p. 219). _^ 71 Memorandum di Erich Kordt, reso accessibile all'autore del presente libro. Anche Allen "ulles (Germany's Underground, p. 46) da un resoconto dell'incontro. 41 42
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William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 468 Verso la guerra mondiale 72 Alcuni dei partecipanti ad essi hanno dato dei resoconti sugli incontri avvenuti nella Cancelleria la mattina del 28 settembre: SCHMIDT, op. cit., pp. 105-8; FRANCOIS-PONCET, op. cit., pp. 265-68; HENDERSON, Op. CÌt., pp. 166-71. 73 SCHMIDT, Op. CÌt., p. IO/. 74 Ibìd. 75 HENDERSON, Op. CÌt., pp. 168-69; SCHMIDT, Op. CÌt., p. Io8. 76 Masaryk in seguito raccontò questa scena a molti suoi amici e anche all'autore del presente libro. Essendo però andati perduti i miei appunti, ho utilizzato il commovente racconto fatto da Wheeler-Bennett in Munich (pp. 170-71). 77 Dall'interrogatorio di Halder del 25 febbraio 1946 (NCA, Suppl. B, pp. 1553-58). 78 SCHACHT, op. cit., p. 125. 79 GISEVIUS, Op. CÌt., p. 326. 80 Ciano's Hidden Diary 1937-1938, p. 166. In un telegramma in data 26 giugno 1940 Mus solini ricordò a Hitler che egli a Monaco aveva promesso di associarsi all'attacco contro la Gran Bretagna. Il testo del telegramma si trova in DGFP, X, p. 27. 81 Pel testo delle note di Chamberlain e di Benes: DBrFP, terza serie, II, pp. 599-604. 82 Pei resoconti sui due incontri di Monaco: DGFP, II, pp. 1003-8, 1011-14. 83 HENDERSON, Op. CÌt., p. 171; FRANCOIS-FONCÉ!, Op. CÌt., p. 271. 84 SCHMIDT, Op. CÌt., p. HO. es Pel testo dell'accordo di Monaco: DGFP, II, pp. 1014-16. 86 Dal rapporto ufficiale trasmesso dal dottor Masaryk al Ministero degli Esteri cèco. Le fonti su questa parte della conferenza di Monaco sono: DGFP, II, secondo la citazione fatta nella nota 83; il testo dell'accordo di Monaco (ibid., pp. 1014-16; DBrFP, terza serie, II, n. i, p. 227); CIANO, SCHMIDT, HENDERSON, FRANCOIS-FONCÉ! e WEIZSACKER, Op. CÌt. 87 Berlin Diary, p. 145. 88 Le fonti sull'incontro Chamberlain-Hitler sono: DGFP, II, p. 1017, pel testo della dichia razione; DGFP, IV, pp. 287-93 pel memorandum ufficiale sull'incontro compilato da Schmidt; il libro citato dello stesso Schmidt (pp. 112-13). DBrFP, terza serie, II, n. 1228, da una versione della conversazione un po' diversa. 89 DGFP, IV, pp. 4-5. 90 Diario di Jodl: NCA, IV, p. 368 (ND, i78o-PS). 91 Testimonianza di Keitel del 4 aprile 1946: TMWC, X, p. 509. 92 Testimonianza di Manstein del 9 agosto 1946: TMWC, XX, p. 606. 93 Testimonianza di Jodl del 4 giugno 1946: TMWC, XV, p. 361. 94 GAMELIN, Servir, pp. 344-46 (è un libro che delude). Ciò che qui dice il generale è con fermato da PERTINAX, The Grave Diggers of trance, p. 3. Si spiega così il parere espresso da Gamelin il 26 e il 28 settembre. K CHURCHILL, The Gatbering Storni, p. 339. 96 DGFP, IV, pp. 602-4. 97 Per le dichiarazioni fatte da Schacht a Norimberga: TMWC, XII, p. 531. 98 Pel discorso tenuto il 23 novembre 1939 ai comandanti in capo: NCA, III, p. 573 (ND, PS). XIIILA FINE DELLA CECOSLOVACCHIA Dieci giorni dopo che ebbe apposto la sua firma all'accordo di Monaco - e Pagina 325
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt ancor prima che l'occupazione militare pacifica del paese dei Sudeti fosse stata completata - Adolf Hitler inviò un messaggio segretissimo al generale Keitel, capo dell'OKW. i ) Nella presente situazione, quali rinforzi sono necessari per spezzare ogni resistenza cèca in Boemia e in Moravia? 2) Quanto tempo occorrerebbe per radunare o spostare nuove forze? 3) Quanto tempo occorrerebbe allo stesso scopo, qualora l'operazione fosse effettua ta dopo la prevista smobilitazione e il ritiro delle truppe? 4) Quanto tempo occorrerebbe per effettuare lo stato di emergenza per l'azione del i° ottobre? '. L'i i ottobre Keitel si affrettò a mandare al Fiihrer un telegramma con una risposta particolareggiata. Non sarebbero stati necessari troppi rinforzi né molto tempo. Nel territorio dei Sudeti erano già pronte ventiquattro divisioni, di cui tre corazzate e quattro motorizzate. Keitel dichiarò: " L'OKW crede che sarebbe possibile iniziare le operazioni senza rinforzi, in vista degli attuali segni di indebolimento della resistenza cèca "2. Ricevute queste assicurazioni, Hitler dieci giorni dopo comunicò i suoi progetti ai capi militari. Segretissimo " ,. , 0 Berlino, 21 ottobre 1938 In ulteriori direttive fisserò i compiti delle forze armate e indicherò i preparativi per la condotta di guerra richiesta da cedesti compiti. Finché tali direttive non entreranno in vigore, le forze armate debbono tenersi pronte m qualsiasi momento per le seguenti eventualità: 1) difendere le frontiere della Germania; 2) liquidare il resto della Cecoslovacchia; 3) occupare il distretto di Memel. Memel, porto baltico di circa quarantamila abitanti, in seguito al trattato di Versailles era passato dalla Germania alla Lituania. Essendo la Lituania una nazione più piccola e più debole dell'Austria e della Cecoslovacchia, l'occupazione della città non rappresentava per la Wehrmacht un problema, e 111 tali direttive Hitler diceva semplicemente che essa sarebbe stata " annes-sa ". Quanto alla Cecoslovacchia: 4/o
Verso la guerra mondiale Dovrà essere possibile schiacciare in qualsiasi momento il resto della Cecoslovacchia, qualora la sua politica fosse ostile alla Germania. Le istruzioni da impartirsi alle forze armate per questa evenienza saranno, nell'insieme, assai meno importanti di quelle per il " caso verde "; comunque esse debbono garantire un grado di preparazione, considerevolmente più alto, dato che si è rinunciato alle misure di una mobilitazione sistematica. L'organizzazione, l'ordine di battaglia e lo stato di emergenza delle unità designate per questo compito debbono essere studiati già in tempo di pace, nel quadro di un attacco di sorpresa tale da togliere alla Cecoslovacchia la possibilità di qualsiasi resistenza organizzata. L'obiettivo sarà occupare rapidamente la Boemia e la Moravia e tagliar fuori la Slovacchia3. Come era ovvio, la Slovacchia poteva esser tagliata fuori con mezzi pacifici, tanto da rendere superfluo l'uso delle truppe tedesche. Il Ministero tedesco degli Esteri si mise all'opera per giungere a questo. Durante tutti i primi giorni di ottobre Ribbentrop e i suoi collaboratori fecero pressioni sugli ungheresi perché si affrettassero a prendersi la loro parte del bottino nella Slovacchia. Ma quando l'Ungheria, la cui avidità non aveva bisogno di essere stimolata dai tedeschi, accennò ad annettersi senz'altro la Slovacchia, la Wilhelmstrasse fece un passo indietro. Essa aveva altri progetti circa il futuro di quel paese. Subito dopo Monaco il governo di Praga aveva accordato alla Slovacchia un'ampia autonomia. Il Ministero tedesco degli Esteri considerava tale situazione " tollerabile " per il momento. Ma circa il futuro, le idee tedesche furono riassunte dal dottor Ernst Wormann, direttore della sezione politica del Ministero degli Esteri, in un memorandum del 7 ottobre. Egli scrisse: " Una Slovacchia indipendente sarebbe costituzionalmente debole, per cui soddisferebbe nel modo migliore al bisogno tedesco di penetrazione e di consolidamento nell'est "4. Questa fu una nuova svolta per il Terzo Reich. Per la prima volta Hitler si accinse a partire alla conquista di terre non germaniche. In privato e pubblicamente egli nelle ultime sei settimane aveva assicurato Chamberlain che il territorio dei Sudeti era l'ultimo oggetto delle sue richieste in Europa. E Pagina 326
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt benché il primo ministro britannico fosse ingenuo oltre ogni dire quanto al prestar fede alla parola di Hitler, pure il suo convincimento che il dittatore tedesco si sarebbe fermato dopo aver assorbito i tedeschi che prima erano vissuti fuor dalla frontiera del Reich e ora si trovavano all'interno di essa, aveva qualche fondamento. Il Fiihrer non aveva forse ripetutamente dichiarato di non desiderare i cèchi nel Terzo Reich? In Mein Kampf e in una quantità di discorsi ufficiali non aveva forse egli riconfermato la teoria che la Germania, per essere forte, doveva essere razzialmente pura, evitando di assorbire popoli stranieri, soprattutto slavi? Questo era vero. Ma quel che forse ci si dimenticava a Londra era che in più di una pagina ampollosa del Mein Kampf egli aveva altresì predicato che il futuro della Germania era legato alla conquista di uno " spazio vitale ", di un Lebensraum nell'Europa orientale. Da oltre un millennio tale spazio era occupato dagli slavi. La fine della Cecoslovacchia 471 " DGFP, VI, pp. 88-89. 35 JiiW., p. 139' 36 Pel memoriale tedesco sul colloquio Goring-Mussolini del 16 aprile 1939: ibid., pp. 259-60. 37 Ibid., PP. 266-67. 38 Ibid., PP. 419-20. 39 Ibid., p. 42940 Itó., PP. 535-3641 Nazi-Soviet Relations, 1939-41 (che d'ora in poi indicherò con la sigla NSR), pp. 5-7, 8-9. 42 Li&ro Giallo francese, dispacci nn. 123, 125. Ho utilizzato l'edizione in francese (Le Livre Jaune Fran(ais), ma credo che nell'edizione inglese i dispacci abbiano lo stesso numero. 43 DGFP, VI, pp. i, in. L'appendice I di questo volume contiene diversi memorandum sulle trattative tra gli stati maggiori, tratti dagli archivi della marina tedesca. 44 Diario di Ciano, pp. 81-82. 45 Pel memorandum tedesco sull'incontro di Milano: DGFP, VI, pp. 450-52. Pei resoconti compilati da Ciano: Ciano's Diplomatic Paperi, pp. 282-87. 46 Per il testo del trattato di alleanza: DGFP, VI, 561-64. Il protocollo segreto non conte neva nulla d'importante. 47 Per le relazioni di Schmundt del 23 maggio 1939: NCA, VII, pp. 847-54 (ND, L-79). Esi ste anche una traduzione in inglese, in DGFP, VI, pp. 574-80. Il testo tedesco si trova in TMWC, XXXVII, pp. 546-56. 48 Pei dettagli del piano cfr. ND, NOKW-2584. Il piano è stato riportato in TWC (Trials of War Criminali before thè Nuremberg Military Tribunali). 49 NCA, VI, pp. 926-27 (ND, C-i2o). 50 TMWC, XXXIV, pp. 428-42 (ND, €-126). La traduzione in inglese di questo documento (NCA, VI, pp. 937-38) è così abbreviata, che ha scarso valore. 51 NCA; VI, p. 827 (ND, C-23). 52 Per il testo della stesura anglo-francese: DBrFP, V, n. 624; il resoconto della reazione di Molotov redatto dall'ambasciatore britannico si trova nello stesso volume: nn. 648 e 657. 53 Per il dispaccio " urgente " del 31 maggio: DGFP, VI, pp. 616-17. 54 Per il dispaccio del i° giugno: ibid., pp. 624-26. 55 Ibid., p. 547. Ibid., pp. 589-93. " Ibid., p. 593. Per la lettera del 27 maggio di Weizsacker a Schulenburg, col post-scriptum del 30 maggio: ibid., pp. 597-98. 59 Ibid., pp. 608-9. 60 Ibid., pp. 618-20. 61 Ibid., pp. 790-91. 62 Ibid., pp. 805-7. Pagina 388
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 63 Ibid., p. 810. 64 Ibid., p. 813. 65 DBrFP, V, nn. 5 e 38. 66 " Pravda ", numero del 29 giugno 1939. " Pel dispaccio del 29 giugno: DGFP, VI, pp. 808-9. 68 TMWC, XXXIV, pp. 493-500 (ND, C-I42). La traduzione in inglese (NCA, VI, p. 956) è molto più breve. 69 NCA, IV, pp. 1035-36 (ND, 2327-PS). 70 NCA, VI, p. 934 (ND, C-I26). 1 Per i resoconti segreti sulla seduta del Consiglio per la Difesa del Reich, del 23 emano 1939: NCA, VI, pp. 718-31 (ND, 3738-PS). 72 DGFP, VI, pp. 750, 920-21. 73 Ibid., pp. 864-65. 74 Per il testo delle note: DGFP, VII, pp. 4-5, 9-10. 5 Per il testo del rapporto di Burckhardt alla Società delle Nazioni del 19 marzo 1940: Do-cuments on International Affairs, 1939-1946, I, pp. 346-47. 76 DGFP, VI, pp. 936-38. / 77 Ibid., pp. 955-56. / Pel memorandum di Schnurre, ibid., pp. 11106-9. 9 Ibid., pp. 1015-16. I 558 Verso la guerra mondiale 80 DGFP, VI, pp. 1022-23. " Ibid., pp. loio-n. 82 Ibid., p. 1021. r 83 DBrFP, IV, n. 183. 84 Cfr. DBrFP, VI, nn. 329, 33", 346, 3J7, 358, 37", 39985 I6;W., nn. 376, 473. ' 92 Ibid., pp. 1051-52. : 93 Ibid., pp. 1059-62. 94 L"'£ro Giallo francese, ed. frane., pp. 250-51. 95 Pel testo delle due lettere: DGFP, VI, pp. 973-74. 94 II dispaccio di Attolico sul suo incontro con Ribbentrop del 6 luglio è stato stampato nei Documenti diplomatici italiani (che d'ora in poi indicherò con la sigla DDJ), settima serie, XII, n. 503. Ho utilizzato la citazione e la parafrasi contenute in The Ève of thè War, a cura di Arnold e Veronica M. Toynbee. 97 Pel memoriale di Weizsacker: DGFP, VI, pp. 971-72. 98 Diario di Ciano, pp. 134-35. 99 Ibid., pp. 116-18. 100 Ibid., pp. 118-19, 582-83. I resoconti di Ciano sul suo incontro con Ribbentrop si trovano in Ciano's Diplomatic Papers, pp. 297-98 e anche in DDI, ottava serie, XIII, n. i. Non è stata ritrovata nessuna relazione tedesca su questo incontro. 101 I resoconti tedeschi, sequestrati dagli Alleati, degli incontri del 12 e del 13 agosto furono presentati a Norimberga, come i documenti 1871-?$ e TC-77. Il secondo è il più completo, ed è stato pubblicato in traduzione inglese in NCA, Vili, pp. 516-29. Ho utilizzato la versione firmata dal dottor Schmidt, che si trova in DGFP, VII, pp. 39-49, 53-56. Le relazioni di Ciano sui suoi due colloqui con Hitler sono state pubblicate in Ciano's Diplomatic Papers, pp. 303-4 e in DDI, XIII, nn. 4 e 21. Cfr. anche le annotazioni del suo diario del 12 e 13 agosto 1939 e del 23 di cembre 1943. 102 Questo estratto dal diario di Halder è stato pubblicato in DGFP, VII, p. Pagina 389
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 556. 103
Cfr. DDI, settima serie, XIII, n. 28 e DBrFP, VI, n. 662.
XV. IL PATTO GERMANO-SOVIETICO II " telegramma da Mosca ", di cui Hitler aveva comunicato a Ciano, all'Obersalzberg il 12 agosto, il contenuto, sembra fosse, come certi precedenti " telegrammi " nominati in questa storia, di dubbia autenticità. Negli archivi tedeschi non si è trovato alcun telegramma da Mosca di simile tenore. Schulenburg inviò dalla capitale russa un telegramma a Berlino il giorno 12, ma solo per comunicare l'arrivo delle missioni militari francese e britannica e accennare ai brindisi cordiali che i sovietici e i loro ospiti si erano scambiati. Vi era però effettivamente qualcosa che giustificava il " telegramma " col quale Hitler e Ribbentrop avevano cosf apertamente cercato di far effetto su Ciano. Il 12 agosto era stato trasmesso telegraficamente all'Obersalzberg dalla Wilhelmstrasse un dispaccio comunicante i risultati di una visita resa quello stesso giorno a Berlino dall'incaricato sovietico a Schnurre. Astachov aveva informato il funzionario del Ministero degli Esteri che Molotov era ormai disposto a discutere i problemi sollevati dai tedeschi, compreso quello della Polonia e altre questioni politiche. Il governo sovietico proponeva Mosca come luogo per i negoziati. Ma Astachov aveva detto chiaramente che non si doveva aver fretta. Egli aveva anzi sottolineato - diceva il rapporto di Schnurre, evidentemente inoltrato senza indugio all'Obersalzberg -che nelle istruzioni ricevute da Molotov l'accento cadeva sulla parola " gradualmente "... " Le discussioni avrebbero potuto essere intraprese soltanto gradualmente " '. Ma Adolf Hitler non aveva tempo per negoziati " graduali " con l'URSS. Come aveva testé comunicato a Ciano, con grande stupore di questi, egli aveva fissato il i° settembre come data ultima per il massiccio attacco contro la Polonia. E ora si era già quasi alla metà di agosto. Per riuscire a sabotare le conversazioni anglo-franco-russe e per avviare trattative con Stalin, occorreva agire immediatamente: non per gradi bensì subito. Lunedì 14 agosto fu un'altra giornata cruciale. Mentre l'ambasciatore von der Schulenburg, evidentemente non ancora entrato del tutto nelle confidenze di Hitler e di Ribbentrop, scriveva a Weizsacker da Mosca, informandolo che Molotov era " un uomo strano e di carattere difficile ", e che egli " era sempre del parere che si sarebbe dovuto evitare ogni passo affret560 Verso la guerra mondiale tato nelle relazioni tedesche con l'Unione Sovietica ", da Berlino gli fu in-viato un telegramma " urgentissimo "2. Era di Ribbentrop, e fu spedito dalla Wilhelmstrasse (il ministro degli Esteri era ancora a Fuschl) alle 22,53 del 14 agosto. Esso ordinava all'ambasciatore tedesco di recarsi da Molotov e di leggergli verbatim un lungo comunicato. Era finalmente il grande passo di Hitler. Le relazioni sovietico-tedesche diceva Ribbentrop - erano " giunte a una svolta storica... Non esistono reali conflitti d'interessi tra la Germania e la Russia... Nel passato le cose sono andate bene per entrambi i paesi quando essi erano amici, male quando erano nemici ". Ribbentrop aggiungeva: La crisi provocata nelle relazioni polacco-tedesche dalla politica inglese e dai tentativi di alleanza legati a tale politica, rendono necessaria una pronta chiarificazione delle relazioni russo-tedesche. Altrimenti le cose... potrebbero prendere una piega che toglierebbe a entrambi i governi la possibilità di ristabilire l'amicizia russo-tedesca e sistemare insieme, a tempo debito, le questioni territoriali dell'Europa orientale. Così i governi dei due paesi dovrebbero evitare il precipitare della situazione, agendo tempestivamente. Sarebbe un triste destino se, unicamente per ignoranza delle rispettive vedute ed intenzioni, i due popoli dovessero allontanarsi definitivamente. " In nome del Fùhrer " il ministro degli Esteri tedesco era perciò pronto ad agire nel momento opportuno. In base a quanto ci è stato riferito, anche il governo sovietico sente il desiderio di una chiarificazione delle relazioni russo-tedesche. Considerato però che, come risulta da esperienze precedenti, tale chiarificazione attraverso le normali vie diplomatiche può essere raggiunta solo con grande lentezza, sono pronto a compiere una breve visita a Mosca al fine di esporre, da parte del Fiihrer, le vedute del Fùhrer a Stalin. A mio avviso, solo attraverso una Pagina 390
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt discussione diretta si può ottenere un cambiamento, e non dovrebbe essere impossibile gettare le basi per una sistemazione definitiva delle relazioni russo-tedesche. Il ministro degli Esteri britannico aveva rifiutato di recarsi a Mosca. All'opposto, il ministro degli Esteri tedesco ora era non solo contento, ma addirittura ansioso di andarvi. Giustamente i nazisti ritennero che tale contrasto avrebbe prodotto una certa impressione sul sospettoso Stalin. I tedeschi pensarono che fosse importante far pervenire il loro messaggio direttamente al dittatore sovietico. Ribbentrop aggiunse a tal fine un'" appendice " al suo telegramma urgente per Schulenburg, in questi termini: Desidero che non facciate queste dichiarazioni per iscritto a Molotov, ma che esse giungano a Stalin nella forma più precisa possibile. Vi autorizzo, se si offrirà l'occasione, a chiedere da parte mia a Molotov un'udienza col maresciallo Stalin, in modo da poter fare quest'importante comunicazione anche a lui direttamente. Oltre a un colloquio con Molotov, la condizione per questo mio viaggio sarebbe una dettagliata discussione con Stalin 3. C'era un malcelato adescamento nella proposta del ministro degli Esteri, e i tedeschi non senza ragione devono aver pensato che il Cremlino avrebbe abboccato. Ripetendo che " non c'era nessun problema, dal Baltico al Mar Nero, che non potesse essere risolto con piena soddisfazione per entrambi i paesi ", Ribbentrop specificava quali erano " le questioni relative agli Stati Il patto germano-sovietico 561 baltici, alla Polonia, alle regioni sud-orientali, ecc. ", e parlava della necessità di " chiarificare insieme i problemi territoriali dell'Europa orientale ". La Germania era disposta a spartire l'Europa orientale, Polonia compresa, con l'Unione Sovietica. Era, questa, una mossa che la Gran Bretagna e la Francia non potevano imitare, e, naturalmente, anche se l'avessero potuto, non l'avrebbero fatta. Compiutala, Hitler, evidentemente fiducioso che i russi non si sarebbero rifiutati, tornò a convocare in quello stesso giorno, il 14 agosto, i comandanti in capo delle forze armate per esporre loro i piani e le prospettive della guerra. 14 agosto: la conferenza militare all'Obersalzberg *. " Ci stiamo avvicinando al punto culminante del grande dramma ", disse Hitler al suo scelto uditorio. Considerato che non era possibile conseguire dei successi in campo politico e militare senza correre dei rischi, egli era sicuro che la Gran Bretagna e la Francia non sarebbero scese in campo. Per cominciare, notò Hitler, la Gran Bretagna " è priva di dirigenti di una certa statura. Gli uomini che ebbi occasione di conoscere a Monaco non è gente che se la senta di dare inizio a una nuova guerra mondiale ". Come nelle precedenti riunioni coi capi militari, il Fiihrer non riusci ad allontanare il suo pensiero dall'Inghilterra, e parlò diffusamente della forza e dei punti deboli di quella nazione, specialmente dei secondi. Halder annotò le sue precise parole: A differenza di quanto fece nel 1914, l'Inghilterra non commetterà l'errore di gettarsi in una guerra destinata a durare degli anni... Questo è il destino dei paesi ricchi... Oggi nemmeno l'Inghilterra ha tanto denaro da poter combattere una guerra mondiale. Per che cosa combatterebbe l'Inghilterra? Non si va a farsi uccidere per un alleato. Quali misure militari, si domandò Hitler, potrebbero prendere la Gran Bretagna e la Francia? Egli disse: Un attacco contro il vallo occidentale è improbabile. Una marcia verso il nord attraverso il Belgio e l'Olanda non condurrebbe a una rapida vittoria e non sarebbe affatto d'aiuto alla Polonia. Tutti questi fattori rendono improbabile un intervento dell'Inghilterra e della Francia... Nulla le costringe a ciò. Gli uomini di Monaco non rischieranno... Lo Stato mag* La sola fonte che si è potuta trovare su questa conferenza, è il diario inedito del generale Halder, capo dello Stato maggiore generale dell'esercito. La prima annotazione reca appunto la data del 14 agosto 1939. Halder scrisse il suo diario servendosi del sistema stenografico Gabels-berger. Esso è un documento di enorme valore per la conoscenza degli avvenimenti segreti, polita, e militari, che ebbero luogo nella Germania nazista dal 14 agosto 1939 al 24 settembre 1942, cioè fino al giorno in cui Halder ricoprì la carica di capo di Stato maggiore. Le notizie sulla riunione all'Obersalzberg consistono nelle annotazioni stenografiche prese da Halder mentre Hitler Panava, e in un riassunto da lui aggiunto in calce. Sorprende che nessun editore americano o inglese abbia pubblicato il diario di Halder. L'autore di questo libro prese visione del testo te-j?s?9 ricopiato dal diario dallo stesso Halder, durante la Pagina 391
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt stesura del presente volume. L'agenda °i Hitler conferma la data della riunione in questione; da esso apprendiamo che, oltre ai comandanti in capo, a Brauehitsch, Goring e Raeder, era presente il dottor Todt, l'ingegnere costruttore del vallo occidentale/ 562 Verso la guerra mondiale giore inglese e quello francese considerano realisticamente le prospettive di un conflitto armato e sono contrari ad esso... Tutto ciò rafforza il convincimento che l'Inghilterra potrà anche alzare la voce, magari richiamare il suo ambasciatore, e forse mettere un embargo totale sul commercio, ma che essa non giungerà a intervenire con le armi nel conflitto. Cosi probabilmente sarebbe stato possibile affrontare la Polonia isolata; era però necessario sconfiggerla " in una settimana o due ", per evitare che il mondo corresse in suo aiuto. Hitler non era ancora del tutto propenso a comunicare ai suoi generali fin dove intendeva spingersi pur di riuscire ad avviare le trattative con l'URSS, sebbene ciò avrebbe fatto loro grande piacere, convinti com'erano che la Germania non fosse in grado di combattere con successo una guerra su due fronti. Egli però disse quel tanto sufficiente a risvegliare la loro curiosità. " La Russia, - egli avvertf, - non è affatto disposta a levare le castagne dal fuoco ". Parlò dei " contatti discontinui " con Mosca iniziatisi coi negoziati commerciali. Egli ora si chiedeva se " era il caso di inviare a Mosca un negoziatore e se questi doveva essere un personaggio di primo piano ". Dichiarò che l'Unione Sovietica non aveva alcun obbligo verso l'Occidente. I sovietici non si opponevano alla distruzione della Polonia e si dimostravano propensi a un'" adeguata delimitazione delle sfere d'interesse ". Il Fiihrer era " disposto a andar loro incontro ". Dai minuziosi appunti stenografici di Halder sulla riunione non risulta in alcun modo che lo stesso Halder, capo dello Stato maggiore dell'esercito o il generale von Brauchitsch, comandante in capo di esso, o Gbring, sollevassero obiezioni sulla decisione presa da Hitler di condurre la Germania verso un conflitto europeo: nonostante infatti la fiducia del Fùhrer, non era affatto certo che la Francia e la Gran Bretagna non sarebbero scese in campo, né che l'URSS si sarebbe tenuta fuori dal conflitto. In realtà, proprio una settimana prima, Gbring era stato direttamente avvisato che gli inglesi sarebbero senz'altro entrati in guerra se la Germania avesse attaccato la Polonia. Nei primi giorni di luglio un suo amico svedese, Birger Dahlerus, aveva cercato di convincerlo che l'opinione pubblica britannica non avrebbe tollerato ulteriori aggressioni da parte nazista; avendo il capo della Luftwaffe espresso i suoi dubbi, Dahlerus aveva organizzato per il 7 agosto un incontro privato di Gò'ring con un gruppo di sette industriali britannici nello Schleswig-Holstein, presso la frontiera danese, dove lo svedese possedeva una villa. Sia a voce che per iscritto, gli industriali britannici fecero del loro meglio per convincere Gò'ring che la Gran Bretagna avrebbe mantenuto gli impegni assunti con la Polonia in caso di attacco da parte della Germania. È dubbio che vi riuscissero, per quanto Dahlerus, anch'egli industriale, ne fosse convinto *. Questo strano svedese, che avrebbe sostenuto la parte di che * A Norimberga, il 19 marzo 1946, deponendo come testimone di Gbring, Dahlerus dichiaro il feldmaresciallo aveva assicurato gli industriali inglesi " sulla sua parola d'onore " che avrebIl patto germano-sovietico 563 paciere fra la Germania e la Gran Bretagna nelle scabrose settimane che seguirono, aveva certamente importanti relazioni a Berlino e a Londra. Egli aveva accesso a Downing Street, dove il 20 luglio era stato ricevuto da Lord Halifax, col quale aveva parlato del prossimo incontro degli industriali inglesi con Gbring; e poco dopo sarebbe stato convocato perfino da Hitler e da Chamberlain. Pur essendo bene intenzionato nel suo tentativo di salvare la pace, egli era però un ingenuo, e, come diplomatico, un vero dilettante. Vari anni dopo a Norimberga, Sir David Maxwell-Fyfe, in uno stringente controintcrrogatorio, costrinse questo pseudo-diplomatico svedese a riconoscere di essere stato malamente ingannato da Gbring e da Hitler4. Perché il generale Halder, che era stato a capo del complotto tramato undici mesi prima per rovesciare Hitler, non si pronunciò il 14 agosto contro la decisione del Fuhrer di entrare in guerra? Se pensava che ciò fosse inutile, Pagina 392
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt perché non studiò un nuovo piano per liberare la nazione dal dittatore, in base a quelle stesse ragioni riconosciute valide prima del convegno di Monaco, e cioè che una guerra in quel momento sarebbe risultata disastrosa per la Germania? Molto più tardi, quando fu interrogato a Norimberga, Halder spiegò che ancora alla metà di agosto 1939 egli era convinto che alla fin fine, nonostante le affermazioni in contrario, Hitler non avrebbe affrontato il rischio di una guerras. Inoltre, una nota del suo diario in data 15 agosto (l'indomani dell'incontro col Fuhrer a Berghof), dimostra che Hald^r riteneva che neppure la Francia e l'Inghilterra avrebbero affrontato un conflitto. Quanto a Brauchitsch, egli non era certo l'uomo più adatto per sindacare le decisioni del Fiihrer. Hassell, che fu informato da Gisevius il 15 agosto della conferenza militare tenutasi all'Obersalzberg, fece sapere al capo dell'esercito di essere " assolutamente convinto " che la Gran Bretagna e la Francia sarebbero intervenute se la Germania avesse attaccato la Polonia. " Non c'è niente da fare con lui, - annotò tristemente Hassell nel suo diario. - O ha paura, o non si rende conto delle cose... Non si può avere alcuna speranza nei generali... Solo pochi fra loro hanno ancora idee chiare: Halder, Canaris, Thomas " '. Soltanto il generale Thomas, il brillante capo della sezione economia e armamenti dell'OKW, osò affrontare apertamente il Fuhrer. Pochi giorni dopo la conferenza militare del 14 agosto, in seguito a una discussione con Goerdeler, Beck e Schacht, i cospiratori ormai del tutto inattivi, il generale Thomas scrisse una relazione e la lesse personalmente al generale Keitel, capo dell'OKW. Una guerra-lampo seguita da una pronta pace era una completa illusione, egli affermava. L'attacco contro la Polonia avrebbe scatenato .. e fatto quanto era in suo potere per evitare la guerra. Per conoscere lo stato d'animo di Goring quel periodo è forse più indicativa un'affermazione che egli fece due giorni dopo l'incontro ^°n gli inglesi. Vantando le difese contraeree della Luftwaffe, egli disse: " Non una sola omba adra sulla Ruhr. Se un bombardiere nemico riuscirà a raggiungere questa regione, non voglio più Marnarmi Hermann Goring ma Meier! " - vanteria, questa, di cui avrebbe dovuto ben presto Pentirsi. 564 Verso la guerra mondiale una guerra mondiale, per sostenere la quale mancavano alla Germania le materie prime e le riserve alimentari. Ma Keitel, che non aveva altre idee all'infuori di quelle che assorbiva da Hitler, trovò ridicolo che si potesse pensare a una grande guerra. Egli disse che l'Inghilterra era in decadenza la Francia degenerata e l'America troppo indifferente per combattere per la Polonia7. Così, all'inizio della seconda metà dell'agosto 1939, i capi militari tedeschi si misero al lavoro per compilare i piani di annientamento della Polonia e per proteggere il Reich a occidente nel caso, peraltro contrario a ogni verosimiglianza, che le democrazie intervenissero. Il 15 agosto l'annuale congresso del partito a Norimberga, che secondo quanto detto da Hitler il i° api-ile doveva chiamarsi " congresso della pace " e che avrebbe dovuto aprirsi nella prima settimana di settembre, fu silenziosamente rinviato. Un quarto di mitione di uomini venne richiamato per formare gli eserciti dell'Ovest. Alle ferrovie furono impartiti ordini anticipati di mobilitazione. Furono approntati i piani per trasferire il quartier generale dell'esercito a Zossen, a est di Berlino. Nella stessa giornata del 15 agosto la marina comunicò che le corazzate tascabili Graf von Spee e Deutschland e ventun sommergibili erano pronti a salpare per le loro destinazioni nell'Atlantico. Il 17 agosto il generale Halder fece una strana annotazione sul suo diario: " Canaris assegnato alla Sezione I (Operazioni). Himmler, Heydrich, Obersalzberg: 150 uniformi polacche con accessori per l'Alta Slesia ". Che significava tutto ciò? Soltanto dopo la guerra si potè capire. Le parole di Halder riguardavano uno dei pili ingegnosi incidenti organizzati dai nazisti. Come in passato Hitler e i capi dell'esercito avevano pensato di creare un incidente, per esempio l'assassinio dell'ambasciatore tedesco, per trovare un pretesto all'invasione dell'Austria e della Cecoslovacchia, così ora, mossi dall'urgenza, essi architettarono un incidente che, secondo loro, avrebbe giustificato agli occhi del mondo la progettata aggressione contro la Polonia. Il nome convenzionale fu " operazione Himmler " e il piano era semplice ed elementare. La SS-Gestapo avrebbe inscenato un finto attacco alla stazione radio tedesca di Gleiwitz, presso la frontiera polacca, impiegando alcuni internati di un campo di concentramento indossanti uniformi dell'esercito polacco. Si sarebbe in tal modo potuta incolpare la Polonia di aver attaccato la Germania. Nei primi Pagina 393
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt giorni di agosto l'ammiraglio Canaris, capo della sezione Abwehr dell'OKW, aveva ricevuto dallo stesso Hitler l'ordine di procurare a Himmler e a Heydrich 150 uniformi polacche e un certo numero di armi leggere. La cosa gli parve strana, e il 17 agosto Canaris chiese spiegazioni al generale Keitel. L'abulico capo dell'OKW, pur non dichiarandosi entusiasta di "azioni di tal genere", disse all'ammiraglio che "non c'era niente da fare ": gli ordini erano stati impartiti dallo stesso Fùhrer". Benché disgustato, Canaris eseguì le istruzioni e procurò a Heydrich le divise. Il patto germano-sovietico 565 Per realizzare l'operazione il capo del SD scelse un giovane che da tempo faceva parte del servizio segreto delle SS, Alfred Helmut Naujocks. Non era la prima volta che siffatte incombenze venivano affidate a questo truce individuo, né sarebbe stata l'ultima. All'inizio del marzo 1939, poco prima dell'occupazione tedesca della Cecoslovacchia, Naujocks, su incarico di Hey-drich, si era dato da fare per contrabbandare esplosivi in Slovacchia, dove venivano usati - come testimoniò in seguito - per " creare incidenti ". Alfred Naujocks era un prodotto tipico dell'SS-Gestapo; era una sotta di intellettuale-gangster. Aveva studiato ingegneria all'Università di Kiel, e in quella città si divertì a fare a pugni nelle risse con gli antinazisti; in un'occasione ebbe il naso rotto dai comunisti. Era entrato nelle SS nel 1931 e aveva prestato servizio nel SD fin dai suoi inizi, dal 1934. Come molti altri giovani intorno a Heydrich, Naujocks coltivava " interessi intellettuali ", in particolare la " storia " e la " filosofia "; nel contempo si fece presto conoscere come un tipo spericolato (un secondo Skorzeny), in grado di portare a termine i più scabrosi piani macchinati da Himmler e da Heydrich *. Il 19 ottobre 1944 Naujocks passò agli americani e un anno dopo rese a Norim-berga un gran numero di testimonianze giurate, in una delle quali trasmise alla storia i particolari dell'" incidente " di cui Hitler si servì per giustificare il suo attacco contro la Polonia. Ecco il racconto contenuto nella dichiarazione firmata da Naujocks a Norimberga il 20 novembre 1945. Verso il io agosto 1939, il capo del SD, Heydrich, mi ordinò personalmente di organizzare un attacco simulato contro la stazione radio di Gleiwitz, nei pressi della frontiera polacca. Affinchè sembrasse che gli attaccanti fossero polacchi, Heydrich mi disse: " Occorrono prove tangibili di questi attacchi da parte polacca, sia per la stampa estera che per la propaganda tedesca "... Secondo le istruzioni impartitemi dovevo occupare la stazione radio e tenerla il tempo necessario per permettere a un tedesco (che conosceva la lingua polacca), messo a mia disposizione, di trasmettere un discorso in quella lingua. Heydrich mi disse che nel discorso si doveva dichiarare che era giunto il momento per un urto tra tedeschi e polacchi... Heydrich mi informò pure che l'attacco tedesco contro la Polonia era da attendersi entro pochi giorni. Mi recai a Gleiwitz e restai lì ad aspettare due settimane... Fra il 25 e il 31 agosto andai a trovare Heinrich Muller, capo della Gestapo, che allora si trovava nelle vicinanze, a Oppeln. In mia presenza Muller discusse con una persona di nome Mehlhorn ** * Naujocks non fu estraneo all'" incidente Venlo ", di cui si dirà più oltre. Prese parte al travestimento di soldati tedeschi in uniformi delle guardie di frontiera olandesi e belghe al tempo dell'offensiva sul fronte occidentale, nel maggio del 1940. Nel primo periodo della guerra diresse una sezione dell'SD dove si falsificavano passaporti, e propose l'" operazione Bernhard ", un fan tastico piano che prevedeva il lancio di biglietti di banca inglesi falsi sul territorio britannico, infine Heydrich si stancò di lui, e Io mandò in un reggimento delle SS in Russia, dove fu ferito. Nel 1944 Naujocks riapparve in Belgio in qualità di economista; sembra però che a quel tempo " suo incarico principale sia stato l'assassinio, in Danimarca, di un gran numero di uomini del movimento di resistenza danese. In seguito per salvarsi la vita egli disertò, passando all'esercito americano in Belgio. Se la cavò miracolosamente. Arrestato come criminale di guerra, nel 1946 (tm)ggi in circostanze drammatiche da un campo speciale per criminali'di guerra creato in Germania, sottraendosi cosi al processo. Fino al momento in cui scrivo, non si è saputo né udito P1" nulla di lui. Un racconto della sua fuga si trova nel libro Zwischen Krone una Kerker di ^chaumburg-Lippe. ** II dottor Mehlhorn, Oberfùhrer delle SS che diresse lo SD sotto Heydrich. Schellenberg, nelle sue memorie (The Labyrinth, pp. 48-50) riferisce che Mehlhorn il 26 agosto gli disse di 566
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William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt i piani per un altro incidente di frontiera, dal quale sarebbe dovuto apparire che dei soldati polacchi avevano attaccato le truppe tedesche... Miiller dichiarò di avere a disposizione dodici o tredici criminali che avrebbero indossato uniformi polacche e che sarebbero stati lasciati morti sul luogo dell'incidente, come se fossero stati uccisi durante l'attacco. A tale scopo, un medico incaricato da Heydrich avrebbe praticato loro delle iniezioni mortali. Dopodiché i loro corpi sarebbero stati colpiti con armi da fuoco. Ciò fatto, si sarebbero accompagnati sul posto i rappresentanti della stampa e altre persone... Miiller mi disse che Heydrich gli aveva ordinato di mettere a mia disposizione, per l'azione di Gleiwitz, uno di quei delinquenti. Il nome convenzionale col quale egli designava questi criminali era " merci conservate " '. Mentre per ordine di Hitler, Himmler, Heydrich e Miiller decidevano sull'impiego delle " merci conservate " per creare un pretesto all'aggressione tedesca contro la Polonia, il Fiihrer compiva il primo passo decisivo nello schieramento delle sue forze armate in vista d'un eventuale conflitto generale. Il 19 agosto fu un'altra giornata fatale; quel giorno venne dato alla marina tedesca l'ordine di prendere il mare. Ventun sommergibili ricevettero l'ordine di raggiungere le acque a nord e nord-ovest delle isole britan-niche, mentre la corazzata tascabile Graf von Spee partì verso le acque del litorale brasiliano, e la sua gemella, la Deutschland, si mosse per incrociare lungo le vie marittime inglesi dell'Atlantico settentrionale *. Il giorno in cui venne trasmesso l'ordine di far partire le navi da guerra in vista di una possibile azione contro la Gran Bretagna fu una data significativa. Il 19 agosto, infatti, dopo una convulsa settimana di frenetici appelli da parte di Berlino, il governo sovietico aveva finalmente dato a Hitler la risposta che desiderava. 15-21 agosto 1939: le conversazioni nazi-sovietiche. L'ambasciatore von der Schulenburg incontrò Molotov alle ore 20 del 15 agosto e, secondo le istruzioni ricevute, gli lesse il telegramma urgente di Ribbentrop annunciante che il ministro degli Esteri del Reich era disposto a recarsi a Mosca per regolare le relazioni russo-tedesche. Secondo un telegramma " urgentissimo e segreto " spedito a Berlino quella sera stessa dall'inviato tedesco, il commissario agli Esteri sovietico ascoltò il messaggio " con grande interesse ", e " accolse con calore le intenzioni tedesche di migliorare le relazioni con l'Unione Sovietica ". Ma da quell'esperto e astuto diplomatico che era, Molotov non dimostrò di avere fretta. Rilevò che un viaggio come quello proposto da Ribbentrop " richiedeva un'adeguata preparazione se lo scambio di vedute doveva condurre a risultati effettivi ". A quali risultati? L'abile sovietico si lasciò sfuggire qualche accenno. essere stato incaricato di inscenare il finto attacco a Gleiwitz, ma che Mehlhorn se la cavò fingendosi malato. Mehlhorn ebbe meno scrupoli qualche anno dopo. Durante la guerra svolse un intensa attività cooperando all'istituzione del regime di terrore della Gestapo in Polonia. * I sottomarini salparono tra il 19 e il 23 agosto, la Graf von Spee il 21 e la Deutschland il 24. Il patto germano-sovietico 567 Potrebbe un patto di non-aggressione tra i due paesi interessare il governo tedesco? Sarebbe esso disposto ad usare la propria influenza presso il Giappone per migliorare le relazioni russo-giapponesi ed " eliminare gli incidenti di frontiera? " (riferimento, questo, a una guerra mai dichiarata che era durata tutta l'estate lungo la frontiera fra la Manciuria e la Mongolia). E infine chiese Molotov - che cosa ne pensava la Germania di una garanzia comune agli Stati baltici? Molotov concluse osservando che tutte queste questioni " dovevano essere discusse in termini concreti, cosicché, qualora il ministro degli Esteri tedesco decidesse di venire qui, non si tratterebbe solo di scambiare delle vedute, ma di prendere decisioni positive ". Egli sottolineò nuovamente che era " indispensabile un'adeguata preparazione dei problemi da discutere " '. Così la prima proposta di un patto di non-aggressione venne dai sovietici, negli stessi giorni in cui essi stavano negoziando con la Francia e la Gran Bretagna per entrare in guerra, se necessario, al fine di impedire ulteriori aggressioni tedesche*. Hitler era senz'altro disposto a discutere tale patto " in termini concreti ": esso avrebbe tenuto l'URSS estranea alla guerra e avrebbe permesso al Fiihrer di attaccare la Polonia senza paventare un intervento Pagina 395
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt sovietico. Inoltre Hitler era convinto che se l'URSS rimaneva fuori dal conflitto, la Gran Bretagna e la Francia si sarebbero " raffreddate ". Le proposte di Molotov corrispondevano esattamente a quanto Hitler aveva sperato; erano anzi più specifiche e andavano più lontano di quanto egli avrebbe osato immaginare. V'era una sola difficoltà. Dato che agosto volgeva alla fine, egli non poteva aspettare, ed era seccato della lentezza sovietica e dell'insistenza di Molotov sulla necessità di una " adeguata preparazione " prima della visita a Mosca del ministro degli Esteri. La relazione di Schulenburg sulla sua conversazione con Molotov fu trasmessa telefonicamente dalla Wilhelmstrasse a Ribbentrop, a Fuschl, alle 6,40 del 16 agosto. Ribbentrop corse immediatamente dal Fiihrer, all'Obersalzberg, per ricevere ulteriori istruzioni. Nel primo pomeriggio i due avevano già compilata la risposta a Molotov, risposta che fu trasmessa in tutta fretta a Weiz-sà'cker a Berlino, con l'ordine di telegrafarla " urgentissimamente " a Mosca appena ricevutala12. Il dittatore nazista accettava incondizionatamente le proposte sovietiche. Schulenburg ebbe da Ribbentrop l'incarico di incontrare nuovamente Molotov e di informarlo che la Germania è disposta a concludere un patto di non-aggressione con l'Unione Sovietica; se il governo sovietico lo desidera, questo patto potrà avere la durata di venticinque anni. Inoltre la Germania è pronta a garantire, insieme con l'Unione Sovietica, gu Stati baltici. La Germania infine è disposta ad usare la sua. influenza per il miglioramento e il consolidamento delle relazioni russo-giapponesi. Il governo britannico ne venne presto a conoscenza. Il 17 agosto Sumner Welles, sotto-segietario di Stato americano, informò l'ambasciatore britannico a Washington delle proposte che Molotov aveva fatto a Schulenburg. L'ambasciatore americano a Mosca le aveva telegrafate a Wash-Wgton il giorno prima ed erano molto precise ". L'ambasciatore Steinhardt aveva visto Molotov u " agosto 568 Verso la guerra mondiale Ormai il governo del Reich non nascondeva più il suo desiderio di concludere nel più breve tempo possibile le trattative con Mosca. Nel suo telegramma Ribbentrop aggiungeva: II Fuhrer pensa che, data l'attuale situazione e la possibilità che da un giorno all'altro intervengano gravi eventi (vi preghiamo, a questo punto, di spiegare a Molotov che la Germania è decisa a non sopportare all'infinito le provocazioni polacche), è auspicabile una fondamentale e rapida chiarificazione delle relazioni russo-tedesche e dell'atteggiamento di entrambi i paesi di fronte ai problemi del momento. Cosf sono disposto a venire in volo a Mosca in qualsiasi momento, a partire da venerdì 18 agosto, per trattare, coi pieni poteri conferitimi dal Fuhrer, l'intero problema delle relazioni russo-tedesche e, se sarà il caso, per firmare qualsiasi trattato che si giudichi conveniente. Ribbentrop aggiunse anche questa volta " un'appendice " con istruzioni personali per il suo ambasciatore. Desidero che rileggiate a Molotov, parola per parola, queste istruzioni, e che vi informiate immediatamente circa i punti di vista del governo sovietico e di Stalin. In via del tutto confidenziale, si aggiunge, per vostra informazione, che a noi interesserebbe particolarmente che il mio viaggio a Mosca potesse aver luogo alla fine di questa settimana o all'inizio della prossima. Il giorno seguente, nel loro ritiro di montagna, Hitler e Ribbentrop attesero con impazienza la risposta da Mosca. Le comunicazioni telegrafiche fra Berlino e Mosca richiedevano qualche tempo, ma di ciò pare non ci si rendesse conto nella sottile atmosfera delle Alpi bavaresi. A mezzogiorno del 17 Ribbentrop telefonava " urgentissimamente " a Schulenburg, chiedendogli di " informarlo per telegrafo circa l'ora in cui aveva chiesto di esser ricevuto da Molotov, e l'ora fissata per il colloquio "13. All'ora di cena l'assillato ambasciatore rispose con un telegramma " urgentissimo " di aver ricevuto il dispaccio del ministro degli Esteri soltanto alle 23 della sera precedente, troppo tardi per curare le questioni diplomatiche, e che quella mattina - 17 agosto - aveva fissato un appuntamento con Molotov per le ore 20 ". I capi nazisti, presi ormai da un'ansia frenetica, furono delusi dall'incontro. Intuendo l'impazienza di Hitler e conoscendone ormai la causa, il commissario agli Esteri sovietico si pigliò gioco dei tedeschi, beffandosi di loro. Dopo che Schulenburg gli ebbe letto il telegramma di Ribbentrop, Molotov, senza curarsi del suo contenuto, mostrò la risposta scritta del governo sovietico alla prima comunicazione del ministro degli Esteri del Reich, in data Pagina 396
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 15 agosto. Dopo un aspro richiamo alla passata ostilità del governo nazista nei confronti dell'URSS, la nota osservava che " era stato fino allora convincimento del governo sovietico che la Germania fosse in cerca di un pretesto per scontrarsi con l'Unione Sovietica; e ciò a prescindere dal fatto che il governo tedesco, col cosiddetto patto anti-Comintern, si era sforzato di creare, e aveva creato, un fronte unico, con l'adesione di numerosi Stati, contro l'Unione Sovietica ". Per questa ragione - spiegava la nota - l'URSS " si disponeva Il patto germano-sovietico 569 ad entrare a far parte di un fronte difensivo contro le aggressioni [tedesche] "• La nota continuava: Tuttavia, se il governo tedesco modificherà la politica fin qui seguita, per indirizzarsi verso un serio miglioramento delle relazioni con l'Unione Sovietica, il governo del-l'URSS potrà soltanto rallegrarsi di questo mutamento, e da parte sua è disposto a rivedere la propria politica nel senso di un effettivo miglioramento nei confronti della Germania. Peraltro la nota sovietica sottolineava che ciò sarebbe dovuto avvenire " attraverso passi seri e concreti ", e non d'un sol tratto, come proponeva Ribbentrop. Attraverso quali passi? Primo passo: conclusione di un accordo commerciale e di credito finanziario. Secondo passo, " da effettuarsi subito dopo ": conclusione di un patto di non-aggressione. I sovietici chiedevano che, insieme con il patto di non-aggressione, si firmasse " uno speciale protocollo per definire gli interessi delle parti contraenti nell'una o nell'altra questione di politica estera ". Ciò significava chiaramente che, almeno per quanto riguardava la spartizione dell'Europa orientale, Mosca aderiva al punto di vista tedesco e ammetteva la possibilità d'intendersi su vari punti. Quanto alla proposta visita di Ribbentrop, Molotov dichiarò che il governo sovietico ne era " molto lusingato, poiché l'invio di un uomo politico e di uno statista cosi eminente dimostrava quanto fossero serie le intenzioni del governo tedesco ". Aggiunse che ciò contrastava notevolmente con l'atteggiamento dell'Inghilterra, la quale, nella persona di Strang, aveva inviato a Mosca soltanto un funzionario subalterno. Nonostante ciò " il viaggio del ministro degli Esteri tedesco richiedeva una lunga preparazione. Il governo sovietico non gradiva le risonanze che tale viaggio avrebbe suscitato; esso preferiva giungere a risultati pratici senza chiasso "15. Molotov non accennò alla proposta di Ribbentrop, pressante e specifica, di venire a Mosca per la fine della settimana, e Schulenburg, piuttosto sorpreso dalla piega assunta dal colloquio, non insistette ulteriormente. Insistette invece Ribbentrop l'indomani, dopo aver ricevuto la relazione dell'ambasciatore. Evidentemente Hitler cominciava a disperare. Dal quar-tier generale estivo dell'Obersalzberg la sera del 18 agosto partì un altro telegramma " urgentissimo " indirizzato a Schulenburg e firmato da Ribbentrop. Esso pervenne all'ambasciata tedesca alle 5,45 del mattino del 19 e conteneva l'ordine per Schulenburg di " fissare immediatamente un altro colloquio con Molotov e di fare tutto il possibile perché esso abbia luogo senza indugio ". Non c'era tempo da perdere. " Vi prego, - diceva Ribbentrop, -di parlare a Molotov in questi termini " : ... In circostanze normali anche noi saremmo naturalmente propensi a una revisione delle relazioni russo-tedesche attraverso le vie diplomatiche e a condurre le trattative flel modo tradizionale. Ma l'attuale insolita situazione rende necessaria, secondo il parere del Fiihrer, la scelta di un metodo diverso, tale da condurre a risultati immediati. 5/o
Verso la guerra mondiale Le relazioni tedesco-polacche stanno divenendo di giorno in giorno più tese. È da ritenere che in qualsiasi momento potrebbero avvenire incidenti tali da rendere inevitabile lo scoppio di un conflitto. Il Fiihrer reputa necessario non lasciarsi cogliere di sorpresa dallo scoppio di una guerra fra Germania e Polonia, proprio nel momento in cui si cerca di venire a una chiarificazione dei rapporti russo-tedeschi. Così egli considera necessaria una chiarificazione preliminare, se non altro per poter tener conto degli interessi russi nell'eventualità dell'accennato conflitto; il che diverrebbe naturalmente difficile senza tale chiarificazione. L'ambasciatore avrebbe dovuto comunicare che " la prima fase delle Pagina 397
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt consultazioni cui Molotov aveva accennato, ossia la conclusione di un accordo commerciale, era stata portata a termine a Berlino proprio quel giorno (18 agosto) e che ora era il momento di " iniziare " la seconda fase. A tal fine, il ministro degli Esteri tedesco proponeva " la sua immediata partenza per Mosca ", dove sarebbe giunto " coi pieni poteri, conferitigli dal Fiihrer, per sistemare in modo soddisfacente e conclusivo tutto il complesso dei problemi ". A Mosca, aggiunse Ribbentrop, " gli sarebbe stato possibile... prendere in considerazione i desideri russi ". Quali desideri? Ora i tedeschi non si perdevano più in parole. Così Ribbentrop aggiunse: Sarei anche in grado di firmare uno speciale protocollo che regoli gli interessi delle due parti in questioni di politica estera di vario genere; ad esempio, la delimitazione delle sfere d'interesse nella zona del Baltico. Una simile delimitazione non sarà però possibile che attraverso una discussione diretta. Questa volta l'ambasciatore avrebbe dovuto evitare un rifiuto sovietico. Ribbentrop gli disse: Vi prego di mettere in rilievo che la politica estera tedesca si trova ormai a una svolta storica... Vi prego anche di insistere sulla rapida attuazione del mio viaggio e di respingere in modo adeguato ogni ulteriore obiezione sovietica. A tale riguardo, dovete tener presente il fatto, di importanza capitale, che da un momento all'altro può scoppiare un aperto conflitto tra la Germania e la Polonia e pertanto, noi abbiamo il massimo interesse che la mia visita a Mosca abbia luogo immediatamente ". Il 19 agosto fu la giornata decisiva. In attesa che giungesse il " via " dal-l'URSS, l'ordine di salpare per le acque inglesi dato ai sottomarini e alle corazzate tascabili tedeschi era stato sospeso. Le navi da guerra avrebbero dovuto infatti salpare subito se volevano raggiungere la loro destinazione entro la data stabilita da Hitler per l'inizio della guerra, cioè il i° settembre. Inoltre, i due grandi gruppi di armate designati per l'attacco contro la Polonia avrebbero dovuto iniziare immediatamente il loro schieramento. La tensione a Berlino e specialmente all'Obersalzberg, dove Hitler e Ribbentrop attendevano coi nervi tesi la decisione di Mosca, stava diventando spasmodica. I dispacci e i memorandum del Ministero degli Esteri, quel giorno, dimostravano quale agitazione regnasse alla Wilhelmstrasse. U dottor Schnurre riferì che le discussioni con i sovietici circa l'accordo commerciale erano bensì terminate la sera precedente " con una perfetta intesa ", ma i sovietici indugiavano a firmarlo. La firma, egli disse, avrebbe Il patto germano-sovietico 571 dovuto essere apposta quello stesso giorno, il 19 agosto, all'ora di pranzo, ma i sovietici avevano telefonato avvertendo che erano in attesa di istruzioni da Mosca. " È ovvio, - osservava Schnurre, - che hanno ricevuto da Mosca l'ordine di ritardare la conclusione del trattato per ragioni politiche " ". Dal-l'Obersalzberg, Ribbentrop mandò a Schulenburg un telegramma " urgentis-simo ": l'ambasciatore era pregato di riferire telegraficamente tutto ciò che diceva Molotov e ogni indicazione relativa alle " intenzioni russe "; ma il solo telegramma che Ribbentrop ricevette dall'ambasciatore in tutta la giornata fu il testo della smentita, diffusa dall'agenzia giornalistica Tass di Mosca, che nei negoziati fra la delegazione sovietica e quella anglo-francese fossero nati contrasti per la questione dell'Estremo Oriente. Nella smentita della Tass si aggiungeva anche che tra le due delegazioni esistevano divergenze " su problemi di tutt'altra natura ". Per Hitler fu quello il segno che c'erano ancora tempo e speranza. Finalmente, alle 19,10 del 19 agosto, giunse il telegramma così ansiosamente atteso: Segreto. Urgentissimo. Il governo sovietico sarà lieto di ricevere a Mosca il ministro degli Esteri del Reich una settimana dopo l'annuncio della firma dell'accordo economico. Molotov ha dichiarato che, se la conclusione dell'accordo economico verrà resa pubblica domani, il ministro degli Esteri del Reich potrà venire a Mosca il 26 o 27 agosto. Molotov mi ha rimesso una bozza per un patto di non-aggressione. Segue immediatamente, per telegramma, il resoconto dettagliato delle due conversazioni da me avute oggi con Molotov, insieme al testo della bozza sovietica. SCHULENBURG ". Secondo la relazione dell'ambasciatore, la prima conversazione iniziata al Pagina 398
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Cremlino alle ore 14 del 19 e durata un'ora, non aveva avuto esito molto felice. I sovietici, a quanto sembrava, non erano d'accordo circa la venuta del ministro degli Esteri di Hitler. " Molotov mantiene la sua convinzione, - diceva il telegramma di Schulenburg, - che pel momento non è possibile fissare, neppure approssimativamente, la data del viaggio, giacché esso richiede una precisa preparazione... Alle ragioni circa l'urgenza della cosa, da me avanzate ripetutamente e con fermezza, Molotov ha risposto che non era stato ancora compiuto neppure il primo passo, cioè la conclusione dell'accordo economico. In un primo tempo si sarebbe dovuto firmare l'accordo e renderlo noto, affinchè producesse il suo effetto all'estero. Poi sarebbe stata la volta del patto di non-aggressione e del protocollo. Sembra che le mie proteste non abbiano avuto alcun effetto su Molotov, cosicché la prima conversazione si è chiusa con la dichiarazione, da parte di Molotov, che egli Oli aveva comunicato le vedute del governo sovietico e che non aveva altro da aggiungere ". Qualcosa da aggiungere l'avrebbe avuto, invece, dopo poco. " Circa mezz'ora dopo la fine della conversazione, - riferì Schulenburg, -Molotov mi fece chiedere di tornare da lui al Cremlino alle 16,30. Mi pregò 572 Verso la guerra mondiale di scusarlo per il disturbo e mi spiegò che aveva riferito la nostra conversazione al governo sovietico ". Nel nuovo incontro il commissario agli Esteri rimise al sorpreso ma felice ambasciatore una bozza del patto di non-aggressione, e gli disse che Rib-bentrop sarebbe potuto venire a Mosca il 26 o 27 agosto, qualora il trattato commerciale fosse stato firmato e reso pubblico l'indomani. " Molotov, - aggiungeva Schulenburg nel suo telegramma, - non ha dato nessuna spiegazione del suo improvviso cambiamento d'idea. Suppongo che sia intervenuto Stalin " ". La sua supposizione era certamente fondata. Secondo Churchill, l'intenzione sovietica di firmare un patto con la Germania venne resa nota da Stalin al Politburo la sera del 19 agosto20. Come risulta chiaramente dal dispaccio di Schulenburg, quello stesso giorno, poco prima, fra le 15 e le 16,30, Stalin aveva comunicato la sua fatale decisione a Molotov. Esattamente tre anni dopo - nell'agosto 1942, " nelle prime ore del mattino " - come in seguito riferf Churchill - il dittatore sovietico doveva spiegare al primo ministro britannico, allora in missione a Mosca, alcuni dei motivi che avevano determinato la sua temeraria decisione21. Avevamo l'impressione che il governo britannico e quello francese non fossero disposti ad entrare in guerra nel caso di un attacco tedesco contro la Polonia e che sperassero in un allineamento diplomatico fra Gran Bretagna, Francia e Russia per dissuadere Hitler. Noi eravamo convinti del contrario. Stalin aveva chiesto: " Quante divisioni mobiliterà la Francia contro la Germania? " La risposta fu: " Circa cento ". Egli poi chiese: " Quante ne manderà l'Inghilterra? " La risposta fu: " Due, e altre due pili tardi ". " Ah, due, e due più tardi, - ripetè Stalin. - Sapete, - chiese, - quante divisioni dovremmo dislocare sul fronte russo se entrassimo in guerra con la Germania? Fece una pausa. - Più di trecento ". Nel dispaccio sui risultati delle sue conversazioni con Molotov del 19 agosto, Schulenburg aveva aggiunto che il suo tentativo di indurre il commissario agli Esteri a fissare una data più vicina per il viaggio di Ribbentrop a Mosca " non aveva purtroppo avuto successo ". Per i tedeschi invece era quello un punto di vitale importanza. Da esso dipendeva tutto il piano di invasione della Polonia, e la possibilità o meno di sferrare l'attacco nel breve intervallo di tempo che ancora rimaneva prima delle piogge autunnali. Se Ribbentrop non fosse stato ricevuto a Mosca prima del 26 o 27 agosto e se i sovietici avessero poi temporeggiato ulteriormente, come i tedeschi temevano, la data fissata del i° settembre non avrebbe più potuto essere mantenuta. In quel momento cruciale lo stesso Hitler intervenne presso Stalin. Mettendo da parte l'orgoglio, pregò personalmente il dittatore sovietico, da lui così spesso e a lungo diffamato, di ricevere immediatamente a Mosca il suo ministro degli Esteri. Il telegramma a Stalin venne fatto partire d'urgenza per Mosca alle 18,45 di domenica 20 agosto, soltanto dodici ore dopo l'arrivo del dispaccio di Schulenburg. Il Fùhrer ordinò all'ambasciatore di consegnarlo " subito " a Molotov. Il patto germano-sovietico Al signor Stalin, Mosca.
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William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Sono sinceramente lieto dell'avvenuta firma di un nuovo accordo commerciale russotedesco, primo passo verso la revisione delle relazioni russo-tedesche *. Con la conclusione di un patto di non-aggressione con l'Unione Sovietica, resterebbe per me fissato per lungo tempo l'indirizzo della politica tedesca. La Germania riprenderà in tal modo un atteggiamento politico che nei secoli passati si dimostrò vantaggioso per entrambi i paesi... Approvo la bozza del patto di non-aggressione che il vostro ministro degli Esteri, Molotov, ci ha consegnata, ma reputo necessario chiarire al più presto possibile tutte le questioni ad esso relative. La sostanza del protocollo supplementare proposto dall'Unione Sovietica potrà certamente essere chiarita in brevissimo tempo, se uno statista tedesco responsabile potrà venire a Mosca per negoziare. Diversamente, il governo del Reich non vede in qual modo si possa definire e rendere escutivo il protocoUo supplementare con una certa urgenza. La tensione tra la Germania e la Polonia è divenuta insostenibile... Da un momento all'altro può scoppiare la crisi. D'ora innanzi la Germania è decisa a salvaguardare gli interessi del Reich con tutti i mezzi a sua disposizione. Considerata l'intenzione dei due Stati di stabilire nuovi rapporti, è consigliabile a mio avviso non perdere tempo. Propongo perciò di nuovo che riceviate il mio ministro degli Esteri martedì 22 agosto o, al più tardi, mercoledì 23. Il ministro degli Esteri del Reich avrà pieni poteri per redigere e firmare il patto di non-aggressione e anche il protocollo. Al ministro degli Esteri non sarà possibile trattenersi a Mosca più di uno o due giorni, a causa della situazione internazionale. Sarei lieto di avere una pronta risposta da parte vostra. ADOLF HITLER 22. Nelle seguenti ventiquattr'ore - dalla sera della domenica 20 agosto, quando l'appello di Hitler a Stalin partf telegraficamente per Mosca, fino alla sera seguente - il Fùhrer fu in uno stato prossimo al collasso. Non potè dormire: in piena notte telefonò a Gbring per comunicargli le sue preoccupazioni circa la reazione di Stalin al suo messaggio e il ritardo di Mosca. Alle tre del mattino del 21 agosto, il Ministero degli Esteri ricevette da Schulenburg un telegramma " urgente ", con cui l'avvertiva che il telegramma di Hitler, della cui spedizione aveva avuto notizia da Weizsacker, non era ancora arrivato. " I telegrammi ufficiali per giungere da Berlino a Mosca, - ricordava l'ambasciatore al ministro degli Esteri, - impiegano quattro o cinque ore, comprese le due dovute alla differenza dell'ora locale. A ciò si deve aggiungere il tempo occorrente per decifrarlo "23. Alle 10,15 di lunedì 21 agosto, Ribbentrop, molto inquieto, inviò un telegramma urgente a Schulenburg. " Vi prego di fare tutto il possibile per concretizzare il viaggio. Per la data, regolatevi sul telegramma " ". Poco dopo mezzogiorno l'ambasciatore informò Berlino: "M'incontrerò con Molotov oggi alle tre pomeridiane " ". Finalmente alle 21,35 del 21 agosto arrivò telegraficamente a Berlino la "sposta di Stalin. * Fu firmato a Berlino alle due della mattina di domenica 20 agosto. 574 Verso la guerra mondiale Al Cancelliere del Reich tedesco A. Hitler Vi ringrazio per la Vostra lettera. Spero che il patto germano-sovietico di non-aggres-sione conduca a una svolta decisiva per il miglioramento delle relazioni politiche fra i nostri paesi. I nostri popoli sentono la necessità di relazioni pacifiche. Il consenso del governo te desco a un patto di non-aggressione fornisce la base necessaria per eliminare ogni ten sione politica e per stabilire fra i nostri popoli un regime di pace e di collaborazione. II governo sovietico mi ha incaricato di informarvi che è d'accordo che il signor von Ribbentrop giunga a Mosca il 23 agosto. j. STALIN". Quanto a cinismo, il dittatore nazista aveva trovato un suo pari nel dittatore sovietico. Ora la via era aperta per incontrarsi e stabilire i particolari di una delle più deprecabili vicende di questa sventurata epoca. La risposta di Stalin fu trasmessa al Fiihrer al Berghof alle 22,30. Come ricorda l'autore del presente libro, qualche minuto dopo - attorno alle 23 -la radio tedesca interruppe improvvisamente un programma musicale e si senti una voce annunciare: " II governo del Reich ed il governo sovietico hanno deciso di Pagina 400
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt concludere un patto di non-aggressione. Il ministro degli Esteri del Reich arriverà a Mosca mercoledì 23 agosto per condurre a termine i negoziati ". Il giorno seguente, 22 agosto 1939, Hitler, avendo avuto dallo stesso Stalin l'assicurazione che l'URSS avrebbe osservato una benevola neutralità, convocò nuovamente all'Obersalzberg i supremi capi militari e, dopo aver tenuto loro una lezione sulla propria grandezza e sulla necessità di condurre una guerra brutale e spieiata, li informò che probabilmente avrebbe dato l'ordine di attaccare la Polonia con sei giorni di anticipo sulla data prestabilita cioè sabato, 26 agosto. Ciò era stato reso possibile dal nemico mortale del Fùhrer: Stalin. La conferenza militare del 22 agosto 1939. I generali trovarono Hitler più che mai arrogante e intransigente *. Egli disse loro: " Vi ho qui riuniti per darvi un quadro della situazione politica, affinchè possiate rendervi conto dei fattori individuali sui quali ho basato * Non è stato trovato alcun documento ufficiale sull'arringa di Hitler, ma sono venute alla luce parecchie testimonianze, due delle quali da parte di alti ufficiali che si basarono, per redigerle, sugli appunti presi durante la riunione. Una di esse, compilata dall'ammiraglio Hennann Boehm, capo della flotta d'alto mare, fu presentata a Norimberga in difesa dell'ammiraglio Ra^jer ed è pubblicata, nella lingua originale, in tedesco, in TMWC, XLI, pp. 16-25. Il generale Halder prese ampi appunti col sistema stenografico Gabelsberger e una traduzione inglese delle annotazioni del suo diario del 22 agosto è pubblicata in DGFP, VII, pp. 557-59. Il documento P"1 importante sulla seduta, presentato come prova dall'accusa al processo di Norimberga, è un me-morandum in due parti, non firmato, tratto dagli archivi dell'OKW, sequestrati dalle truppe americane a Saalfelden, nel Tirolo austriaco. Esso è stato stampato in traduzione inglese in NCA, Ili, pp. 581-86 (ND, 798-PS), 665-66 (ibid., IOI4-PS), e anche in DGFP, VII, pp. 200-6. Il testo originale tedesco del memorandum in due parti si trova nei volumi TMWC. Esso rende il "n" guaggio di Hitler in modo un po' più vivo delle testimonianze dell'ammiraglio Boehm e del Se' Il patto germano-sovietico 575 la mia irrevocabile decisione di agire, nonché per rafforzare la vostra fiducia. Passeremo poi a discutere i particolari militari ". Anzitutto vi erano due considerazioni personali da fare. La mia personalità e quella di Mussolini. Date le qualità politiche di cui dispongo, tutto in realtà dipende da me, dalla mia esistenza. Ve inoltre il fatto che probabilmente nessuno godrà mai più come me della fiducia dell'intero popolo tedesco. Nel futuro non ci sarà più probabilmente un uomo con un'autorità maggiore della mia. La mia esistenza è quindi un fattore di grande importanza. Ma io posso venire eliminato, in un qualsiasi momento, da un criminale o da un pazzo. Il secondo fattore personale è il " duce ". La sua esistenza è parimente decisiva. Se gli succederà qualcosa, la fedeltà dell'Italia all'alleanza non sarà più cosa certa. La Casa reale italiana è fondamentalmente avversa al " duce ". Hitler disse che anche Franco era d'aiuto. Egli avrebbe assicurato la " neutralità benevola " della Spagna. Quanto all'" altra parte ", egli rassicurò i suoi ascoltatori: " In Inghilterra e in Francia non esiste nessuna personalità di rilievo ". Per un periodo di tempo che dev'essere durato parecchie ore, interrotto solo da una breve colazione, l'invasato dittatore continuò a divagare, e dai documenti non risulta in nessun modo che un solo generale o ammiraglio o comandante dell'aviazione abbia osato interromperlo per mettere in dubbio le sue affermazioni o almeno per contestare le sue menzogne. Hitler disse che in primavera era giunto alla convinzione che il conflitto con la Polonia era ormai inevitabile; poi aveva pensato di rivolgersi prima contro l'Occidente. In quel caso però gli sembrava " evidente " che sarebbe stata la Polonia ad attaccare la Germania. Perciò essa doveva essere liquidata adesso. In ogni caso, il momento di combattere era giunto. È facile per noi prendere tale decisione. Non abbiamo nulla da perdere; solo da guadagnare. La nostra situazione economica è tale che non possiamo resistere più di qualche anno. Goring lo può confermare. Non abbiamo altra scelta. Dobbiamo agire... Oltre al fattore personale, la situazione ci è favorevole anche dal punto di vista politico; nel Mediterraneo, rivalità tra Italia, Francia e Inghilterra; in Oriente, tensione... L'Inghilterra è in grande pericolo. Anche in Francia la situazione è peggiorata. Regresso demografico... In Jugoslavia è già in germe il collasso Pagina 401
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt della nazione... La Romania è più debole che mai... Dopo la morte di Kemal, la Turchia è stata governata da menti di poco valore, da uomini indecisi e deboli. Tutte queste circostanze propizie non si presenteranno più fra due o tre anni. Nessuno può sapere quanto vivrò. Perciò è meglio che la nostra prova di forza, che non sarebbe prudente rimandare di quattro o cinque anni, abbia luogo ora. Tale fu l'accesa argomentazione del capo nazista. Egli riteneva " estremamente improbabile " un attacco da parte dell'Ocnerale Halder. Tutte e tre le versioni sono però simili nel contenuto e sulla loro autenticità non Può esservi alcun dubbio. A Norimberga vi fu dell'incertezza nei riguardi di un quarto resoconto del discorso di Hitler, registrato ND, C-i (NCA, VII, pp. 752-54), e, sebbene ad esso fosse fatto riferimento negli atti del processo, non fu presentato come prova dall'accusa. Sembra senz'altro veritiero, anche se probabilmente è stato un po' abbellito da persone non presenti alla riunione |1 Berghof. Nel mettere assieme le frasi di Hitler, ho utilizzato le documentazioni di Boehm e Halder, oltre al memorandum non firmato presentato a Norimberga come prova. 576 Verso la guerra mondiale adente. In ogni caso bisognava affrontare il rischio. Non aveva egli affrontato dei rischi occupando la Renania, nonostante l'opinione contraria dei generali, annettendosi poi l'Austria e i Sudeti e mettendo le mani sul resto della Cecoslovacchia? " Annibale a Canne, Federico il Grande a Leuthen Hindenburg e Ludendorff a Tannenberg, - egli disse, - si misurarono con la sorte. Così anche noi ora dobbiamo affrontare un rischio che supereremo solo grazie ad una ferrea determinazione ". Non dovrà esservi alcun cedimento. È stato di grave danno il fatto che molti tedeschi che occupano alte cariche, presi dal dubbio, abbiano scritto e parlato con degli inglesi dopo la liquidazione della questione cèca. Il Fuhrer rimase saldo, mentre voi avevate perduto il sangue freddo e stavate già per arrendervi. Halder, Witzleben e Thomas, e forse anche altri generali che avevano partecipato alla cospirazione dei tempi di Monaco, devono aver sobbalzato a queste parole. Evidentemente Hitler sapeva più di quanto essi immaginassero. A ogni modo, per tutti era giunta l'ora di mettere in luce la propria capacità di combattenti. Hitler disse loro che aveva creato la " grande Germania " " col bluff politico ". Ora era giunto il momento di " mettere alla prova la macchina bellica. L'esercito deve acquistare una concreta esperienza di guerra prima del grande confronto finale con l'Occidente ". La Polonia offriva tale occasione. Tornando all'Inghilterra e alla Francia il Fuhrer disse: All'Occidente si offrono solo due possibilità per combatterci: 1) il blocco: esso non riuscirà efficace data la nostra autarchia e le risorse che po tremo trarre dall'Oriente; 2) un attacco a ovest partendo dalla linea Maginot. Lo ritengo impossibile. Un'ulteriore possibilità sarebbe la violazione della neutralità olandese, belga o sviz zera. Ma l'Inghilterra e la Francia non violeranno la neutralità di questi paesi. Pratica mente, esse non sono in grado di venire in aiuto alla Polonia. La guerra sarebbe stata lunga? Nessuno pensa a una guerra lunga. Se Herr von Brauchitsch mi avesse detto che ci volevano due anni, o anche un anno solo, per conquistare la Polonia, non avrei dato l'ordine di marciare. Non ha senso pensare che l'Inghilterra voglia combattere una guerra lunga. Dopo aver sistemato le cose a modo suo, almeno con la Polonia, la Gran Bretagna e la Francia, Hitler tirò fuori la sua carta migliore. Parlò dell'URSS. Il nemico nutriva un'altra speranza, quella che dopo la conquista della Polonia la Russia divenisse nostra nemica. Il nemico non ha tenuto conto della mia grande risolutezza. I nostri nemici sono dei piccoli vermi. Li ho visti a Monaco. Io ero certo che Stalin non avrebbe mai accettato l'offerta inglese. Solo un cieco ottimista poteva credere che Stalin sarebbe stato cosi pazzo da non capire le intenzioni inglesi. La Russia non ha interesse a mantenere in vita la Polonia... La destituzione di Lit-vinov è stato un sintomo significativo. Essa mi è giunta improvvisa, aprendomi gli occhi sul cambiamento di indirizzo di Mosca nei riguardi delle potenze occidentali. Nel mutare il nostro atteggiamento verso la Russia ho proceduto per gradi. CoPagina 402
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Il patto germano-sovietico 577 gliendo l'occasione del trattato commerciale siamo passati a conversazioni politiche. Infine è giunta la proposta da parte russa di un patto di non-aggressione. Quattro giorni fa ho fatto un passo speciale in seguito al quale la Russia ha annunciato ieri che è ormai pronta a firmare tale patto. Il contatto personale con Stalin è già stato stabilito. Dopodomani Ribbentrop concluderà il trattato. La Polonia si trova ora nella situazione che desideravo... La distruzione dell'egemonia britannica è già cominciata. Ora, compiuta la preparazione politica, la via è aperta al soldato. La via era dunque aperta al soldato, a patto che Chamberlain non riuscisse a combinare un'altra Monaco. " Temo soltanto, - disse Hitler ai suoi guerrieri, che qualche Schweinebund * faccia proposte di mediazione ". A questo punto la riunione fu interrotta per la colazione, non prima però che Goring esprimesse i suoi ringraziamenti al Fiihrer per aver mostrato a tutti la via maestra assicurandolo che le forze armate avrebbero fatto il loro dovere **. Hitler dedicò la conferenza pomeridiana soprattutto ad animare e incoraggiare i suoi capi militari in vista del compito che li attendeva. Le annotazioni tronche e disordinate delle tre testimonianze danno un'idea del suo discorso. Da parte nostra, la più ferrea decisione. Non indietreggiare di fronte a nulla. Ognuno tenga presente che abbiamo deciso fin da principio di combattere contro le potenze occidentali. Una lotta per la vita o per la morte... Un lungo periodo di pace non ci gioverebbe... Una condotta virile... Abbiamo gli uomini migliori... Dall'altra parte, sono pili deboli... Nel 1918 la nostra nazione cedette perché i requisiti spirituali erano inadeguati. Federico il Grande resistette solo grazie alla sua forza d'animo. Anzitutto, distruzione della Polonia. L'obiettivo è l'eliminazione di tutte le forze in grado di operare, non quello di raggiungere una data linea. Quand'anche scoppiasse la guerra a occidente, la distruzione della Polonia rimarrà l'obiettivo principale. Un esito rapido delle operazioni, in vista della stagione. Quanto alla propaganda, troverò qualche spiegazione per lo scoppio della guerra. Non importa se plausibile o no. Al vincitore non verrà chiesto, poi, se ha detto o meno la verità. Nell'iniziate e nel condurre una guerra non è il diritto che conta, ma il conseguimento della vittoria. Chiudete il cuore alla pietà! Agite brutalmente! Ottanta milioni di persone devono avere ciò che è nel loro diritto!... Il più forte ha ragione... Siate duri e senza scrupoli! Siate sordi ad ogni moto di compassione!... Chiunque abbia riflettuto sulle leggi di questo mondo sa che esse significano il successo dei migliori raggiunto attraverso la forza... Dopo aver tuonato con tali esortazioni nietzschiane, il Fùhrer, superato l'accesso di furar teutonicus, si calmò e dettò alcuni ordini per la prossima campagna. La rapidità era un fattore eccezionale. Egli aveva una " fede in* " Sporco cane ". ** Secondo la relazione che figura nel documento di Norimbcrga C-3 (cfr. la nota sopra, PP. 574-75) Goring saltò sul tavolo e rivolse " ringraziamenti sanguinosi e promesse sanguinose, danzando come un selvaggio. I pochi dubbiosi restarono in silenzio ". Questa descrizione della scena irritò assai Goring, durante un'interrogatorio svoltosi a Norimberga il 28 e 29 agosto 1945. egli disse: " Nego che sia salito sul tavolo. Desidero che sappiate che il discorso fu tenuto nel grande atrio della casa privata di Hitler e che io non ho l'abitudine di salire sui tavoli di case Private. Sarebbe stato un atteggiamento assolutamente incompatibile col modo di comportarsi di un ufficiale tedesco ". " Bene, resta il fatto, - disse allora l'interrogatore americano, colonnello John H. Amen, -che avete diretto gli applausi dopo il discorso, non è vero? " " Sì, ma non sul tavolo ", rispose Goring a. 578 Verso la guerra mondiale crollabile " nel soldato tedesco. Se fosse intervenuta qualche crisi, ciò sarebbe dipeso soltanto dall'irrisolutezza dei comandanti. Come primo obiettivo, bisognava spingere dei cunei da sud-est verso la Vistola, e da nord verso il Narew e la Vistola. Hitler ripetè che le operazioni militari non dovevano essere influenzate da ciò che egli avrebbe potuto fare della Polonia dopo la sua sconfitta. A tale riguardo fu vago. La determinazione delle nuove frontiere tedesche - disse - si sarebbe basata su " solidi principi ". Probabilmente avrebbe creato un piccolo Stato cuscinetto polacco tra Germania e URSS. L'ordine d'inizio delle ostilità - concluse Hitler - sarebbe stato dato in seguito, forse la mattina di sabato 26 agosto. Pagina 403
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Il giorno seguente, 23 agosto, dopo un incontro dei capi di sezione del-l'OKW, il generale Halder annotò nel suo diario: " II giorno Y resta definitivamente fissato per il 26 (sabato) ". Le trattative alleate a Mosca a un punto morto. Alla metà di agosto le conversazioni militari a Mosca fra le democrazie occidentali e l'Unione Sovietica erano virtualmente giunte a un punto morto - e la colpa di ciò era da ascriversi, in gran parte, all'intransigenza dei polacchi. Come si ricorderà, dopo essersi imbarcata su una lenta nave per Leningrado, la missione militare anglo-francese era giunta a Mosca l'i i agosto, esattamente una settimana dopo che lo sfortunato Strang aveva lasciato la capitale sovietica, sollevato al pensiero che il difficile e ingrato compito di negoziare coi russi * stesse ora per passare ai generali e agli ammiragli. Si trattava ora di elaborare in tutta fretta una convenzione militare che fissasse dettagliatamente come, dove e con quali mezzi occorreva affrontare le forze armate naziste. Dalle note riservate britanniche sulle conversazioni militari giornaliere e dalle relazioni dei negoziatori britannici29, risulta però che la missione militare anglo-francese era stata inviata a Mosca per discutere non già i dettagli, ma piuttosto i " principi generali ". Ciò nonostante i sovietici insistettero per abbordare subito i problemi concreti, specifici e, dal punto di vista alleato, imbarazzanti. La risposta di Vorosilov all'esposizione di quei principi fatta per gli alleati dal generale Doumenc durante la prima riunione, fu: essi sono " troppo astratti e irreali, non obbligano nessuno a far qualcosa... Noi non siamo riuniti qui, - dichiarò freddamente, - per fare dichiarazioni astratte, bensf per studiare una precisa convenzione militare ". Il maresciallo sovietico pose alcune domande assai precise: vi era qualche trattato che stabilisse come doveva agire la Polonia? Quante truppe britanniche potevano rafforzare l'esercito francese allo scoppio di una guerra? Che cosa avrebbe fatto il Belgio? Le risposte che ottenne non furono * " Un'esperienza umiliante " l'aveva definita Strang, in un dispaccio al Foreign Office del 20 luglio *. Il patto germano-sovietico 579 molto rassicuranti. Dotimene disse di non essere a conoscenza dei piani polacchi. Il generale Heywood rispose che gli inglesi prevedevano " un primo contingente di sedici divisioni, pronto a entrare in azione nella prima fase della guerra, seguito più tardi da un secondo contingente di sedici divisioni ". Costretto da Vorosilov a indicare quante truppe britanniche sarebbero state immediatamente disponibili allo scoppio della guerra, Heywood rispose: " Attualmente vi sono in Inghilterra cinque divisioni normali e una divisione motorizzata ". Queste squallide cifre furono una spiacevole novità per i sovietici, i quali, da parte loro, dichiararono di essere in grado di schierare 120 divisioni di fanteria contro un aggressore a occidente allo scoppio delle ostilità. Quanto al Belgio, il generale Doumenc rispose alla domanda sovietica dicendo: " le truppe francesi non possono entrare in quel paese finché non venga loro richiesto; comunque la Francia è pronta a rispondere a qualsiasi appello del Belgio ". Da tale risposta si passò al problema cruciale, un problema che i sovietici dovevano affrontare e che gli inglesi e i francesi, al contrario, desideravano evitare. Già nel corso della prima riunione, e poi di nuovo durante la scabrosa seduta del 14 agosto, il maresciallo Vorosilov sottolineò che la questione essenziale era di accertare se la Polonia era disposta a permettere alle truppe sovietiche di entrare nel suo territorio per muovere contro i tedeschi. In caso negativo, come potevano gli alleati impedire all'esercito tedesco di invadere rapidamente la Polonia? In modo specifico - il 14 - egli aveva chiesto: " Pensano lo Stato maggiore britannico e quello francese che l'Armata Rossa potrà attraversare la Polonia, in particolare lungo il varco di Vilna e la Galizia, per venire a contatto col nemico? " Questo era il punto centrale della questione. Seeds telegrafò a Londra che i russi avevano ora sollevato il problema fondamentale, dal quale dipenderà se le conversazioni militari avranno o no successo, e che è stato invero la causa di tutte le nostre difficoltà fin dall'inizio delle conversazioni politiche. Il problema è: come raggiungere con l'Unione Sovietica un accordo costruttivo finché le nazioni sue vicine persistono in una specie di boicottaggio che potrà cessare solo... quando sarà troppo tardi? L'ammiraglio Drax aveva avuto istruzioni dal governo britannico sul modo di Pagina 404
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt affrontare la questione, qualora fosse sorta (e come poteva non sorgere?) Lette oggi tali istruzioni, rivelateci dai documenti segreti britannici, appaiono incredibilmente ingenue. L'" argomento " da avanzare di fronte al rifiuto della Polonia e della Romania " di mettere persine allo studio un piano di eventuale collaborazione ", era il seguente: L'invasione della Polonia e della Romania avrebbero profondamente mutato il loro atteggiamento. Inoltre sarebbe stato per la Russia un grande svantaggio se la Germania avesse occupato delle posizioni proprio ai suoi confini... È quindi nel suo stesso interesse che la Russia studi un piano per venire in aiuto sia alla Polonia sia alla Romania nel caso che questi paesi fossero invasi. Qualora i russi chiedessero al governo britannico e a quello francese di sottoporre 580 Verso la guerra mondiale alla Polonia, alla Romania o agli Stati baltici proposte di collaborazione col governo e con lo Stato maggiore sovietico, la delegazione non dovrà impegnarsi, ma riferire in patria. Fu appunto ciò che avvenne. Nella seduta del 14 agosto Vorosilov volle avere " risposte franche " alle sue domande. " Senza una risposta precisa e inequivocabile, - egli disse, - è inutile continuare le conversazioni militari... La missione militare sovietica, - aggiunse, - non può consigliare al suo governo di partecipare a un'impresa cosf chiaramente destinata al fallimento ". Da Parigi il generale Gamelin esortò il generale Doumenc a sforzarsi di allontanare i sovietici dall'argomento. Ma essi non si lasciarono fuorviare30. Come in seguito riferì il generale Doumenc, la riunione del 14 agosto fu drammatica. I delegati britannici e quelli francesi si trovarono con le spalle al muro, e se ne rendevano conto. Cercarono di cavarsela il meglio possibile. Drax e Doumenc affermarono di esser certi che polacchi e rumeni avrebbero chiesto l'aiuto sovietico non appena attaccati. Doumenc era convinto che " avrebbero implorato il maresciallo di difenderli ". Drax riteneva " inconcepibile " che essi non chiedessero l'aiuto sovietico. Sembra inoltre che abbia aggiunto, con scarso tatto, che " se essi non avessero chiesto aiuto al momento necessario e avessero lasciato invadere il loro paese, c'era da attendersi che Polonia e Romania divenissero province tedesche ". Era questa l'ultima cosa che i sovietici desideravano, giacché significava la presenza degli eserciti nazisti al confine sovietico, e Vorosilov notò l'infelice osservazione dell'ammiraglio. Alla fine, gli imbarazzati delegati anglo-francesi dichiararono che Vorosilov aveva sollevato questioni politiche che essi erano incompetenti a trattare. Drax osservò che, essendo la Polonia uno Stato sovrano, occorreva anzitutto che il suo governo autorizzasse l'ingresso delle truppe sovietiche. Essendo però questo un problema politico, spettava ai governi risolverlo. Egli dunque propose che il governo sovietico interpellasse il governo polacco. La delegazione sovietica fu d'accordo nel riconoscere il carattere politico del problema, ma insistette perché fossero i governi britannico e francese a porre la domanda ai polacchi e a richiamarli alla ragione. Dal momento che essi stavano contemporaneamente trattando con i tedeschi, si può ritenere che i sovietici ne ziassero in buona fede coi rappresentanti militari franco-britannici? Oppure, come conclusero più tardi il Ministero degli Esteri britannico e quello francese, per non parlare dell'ammiraglio Drax, essi insistevano sulla necessità di far entrare le loro truppe nel territorio polacco solo per prolungare le conversazioni, in attesa di raggiungere, se possibile, un accordo con Hitler? *. * Le date sono importanti. Molotov ricevette la proposta nazista della visita di Ribbentrop a Mosca soltanto la sera del 15 agosto (cfr. sopra, p. 565). Pur senza aderire definitivamente, egli accennò che l'URSS avrebbe considerato con interesse un patto di non-aggressione con la Germania; cosa che, naturalmente, avrebbe reso inutili i negoziati per un'alleanza militare con la Francia e la Gran Bretagna. La conclusione che l'autore del presente libro considera come più probabile Il patto germano-sovietico 581 Da fonti riservate britanniche e francesi risulta che in un primo momento gli Alleati occidentali pensavano davvero che la delegazione militare sovietica stesse negoziando in buona fede - anzi che prendesse la cosa perfino troppo sul serio. Il 13 agosto, dopo due giorni di conversazioni fra gli ufficiali, l'ambasciatore Seeds telegrafava a Londra che i capi militari sovietici Pagina 405
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt sembravano realmente desiderosi " di venire a risultati concreti ". Cosi le istruzioni di " procedere molto lentamente ", date all'ammiraglio Drax, furono modificate e il 15 agosto egli fu autorizzato dal governo britannico ad appoggiare Doumenc nel tentativo di condurre le conversazioni militari a una conclusione " il più presto possibile ". Le limitazioni impostegli circa le informazioni militari segrete da fornire ai sovietici furono in parte revocate. A differenza delle direttive ricevute in un primo tempo dall'ammiraglio inglese - ordine di temporeggiare -, le istruzioni date personalmente al generale Doumenc dal presidente del Consiglio Daladier erano di cercare di concludere una convenzione militare con l'URSS il più presto possibile. Nonostante i timori britannici che le notizie trapelassero e venissero a conoscenza dei tedeschi, Doumenc, il secondo giorno delle riunioni, aveva fornito ai sovietici " dati così segreti " (come egli li definì) sulla forza dell'esercito francese, che i membri della delegazione sovietica promisero " di dimenticarli " non appena terminati i colloqui. Ancora il 17 agosto il generale Doumenc, dopo aver aspettato inutilmente, insieme a Drax, per tre' giorni, istruzioni sulla risposta da dare circa la questione polacca, telegrafava a Parigi: " L'URSS vuole un patto militare... Non vuole un pezzo di carta senza impegni concreti. Il maresciallo Vorosilov ha dichiarato che tutti i problemi... verrebbero risolti senza difficoltà non appena fosse definita quella che egli chiama la questione cruciale ". Doumenc fece insistenti pressioni su Parigi affinchè persuadesse Varsavia ad accettare l'aiuto sovietico. Contrariamente alla convinzione diffusa a quel tempo non solo a Mosca ma anche nelle capitali occidentali, circa le mancate pressioni dei governi britannico e francese sulla Polonia per indurla ad accettare che le truppe sovietiche affrontassero i tedeschi sul territorio polacco, da documenti divenuti di recente di pubblico dominio, risulta che Londra e Parigi andarono abbastanza avanti in tal senso, anche se in misura insufficiente. È anche risultato in modo inequivocabile che i polacchi reagirono con incredibile ottusità31. Il 18 agosto, dopo il primo tentativo compiuto dall'ambasciatore francese Leon Noè! per aprire gli occhi ai polacchi, il ministro degli Esteri Beck disse che i russi non avevano, " militarmente alcun valore ", e il generale è che fino al 14 agosto, quando VorpSilov esigette " una risposta inequivocabile " alla richiesta dl permettere alle truppe sovietiche di affrontare i tedeschi in Polonia, il Cremlino era ancora incerto sulla scelta dei suoi alleati. Purtroppo i documenti sovietici che potrebbero mettere in chiaro Questo punto fondamentale non sono stati pubblicati. In ogni modo sembra che Stalin non abbia Preso la decisione definitiva prima del pomeriggio del 19 agosto (cfr. sopra, p. 571). 582 Verso la guerra mondiale Stachiewicz, capo dello Stato maggiore polacco, ribadì tale affermazione dichiarando che egli non vedeva " che vantaggio si potesse ottenere facendo operare le truppe dell'Armata Rossa in Polonia ". Il giorno seguente l'ambasciatore britannico e quello francese videro nuovamente Beck e lo sollecitarono ad accettare le proposte sovietiche. Il ministro degli Esteri polacco temporeggiò, infine promise di dare una risposta formale l'indomani. Il passo anglo-francese a Varsavia fu il risultato d'un precedente colloquio, avvenuto il 19 agosto a Parigi, fra il ministro degli Esteri francese Bonnet e l'incaricato d'affari britannico. Con una certa sorpresa del diplomatico inglese, Bonnet, che si era sempre dimostrato assai condiscendente verso Hitler, di fronte al pericolo di perdere l'alleanza del-l'URSS a causa della testardaggine della Polonia, finalmente si allarmò. Egli disse: Sarebbe disastroso se, a causa del rifiuto polacco, dovessimo interrompere i negoziati con la Russia... I polacchi, rifiutando il solo aiuto immediato efficace che potrebbero avere in caso di attacco tedesco, si sono messi in una posizione insostenibile, la quale, a sua volta, metterebbe in grande imbarazzo il governo britannico e quello francese, qualora essi dovessero chiedere ai rispettivi paesi di entrare in guerra in difesa della Polonia dopo che questa ha rifiutato l'aiuto della Russia. Ma se le cose stavano così - e non vi era dubbio a tale riguardo - perché il governo francese e quello britannico non esercitavano un'ultima pressione su Varsavia in quel momento cruciale, avvertendo che se il governo polacco non avesse accettato l'aiuto sovietico, la Gran Bretagna e la Francia non avrebbero ritenuto d'alcuna utilità l'intervento in guerra per soccorrere la Polonia? Il Pagina 406
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt trattato ufficiale anglo-polacco di sicurezza non era stato ancora firmato. Non si poteva fare dell'acccttazione polacca dell'aiuto militare sovietico la condizione per concludere tale patto? *. Nel suo colloquio del 19 agosto con l'incaricato di affari britannico a Parigi, Bonnet fece tale proposta, ma il governo di Londra si mostrò contrario a una simile " manovra " (così la definì Downing Street). Chamberlain e Halifax non volevano giungere a questo estremo. La mattina del 20 agosto il capo dello Stato maggiore polacco informò l'addetto militare britannico a Varsavia che " in nessun caso sarebbe stato consentito l'ingresso delle truppe sovietiche in Polonia ", e in serata Beck respinse ufficialmente la richiesta anglo-francese. Quella stessa sera Halifax, attraverso il suo ambasciatore a Varsavia, esortò il ministro degli Esteri polacco a riflettere, mettendo in evidenza il fatto che l'atteggiamento polacco * In un discorso ai Comuni tenuto il 3 aprile, ossia quattro giorni dopo l'annuncio della garanzia unilaterale data da Chamberlain alla Polonia, Lloyd George aveva insistito presso il governo britannico perché ponesse tale condizione. " Se interverremo senza l'aiuto della Russia, finiremo in trappola. La Russia è il solo paese i cui eserciti possano giungere fin là [in Polonia]... Non capisco perché prima di avventurarci in questa terribile impresa, non ci assicuriamo anzitutto l'adesione della Russia... Se la Russia non può entrare in questa combinazione a causa dei sentimenti dei polacchi, che non vogliono tollerare la presenza dei sovietici sul proprio territorio, spetta a noi dettare le condizioni; e se i polacchi non vorranno accettare le uniche condizioni in base alle quali possiamo dar loro il nostro aiuto efficace, la responsabilità ricadrà soltanto su di essi ". Il patto germano-sovietico 583 stava " facendo naufragare " le conversazioni militari di Mosca. Ma Beck tenne fermo. " Non ammetto, - egli disse all'ambasciatore francese, - che si possa in alcun modo discutere l'eventualità che truppe straniere usino una parte del nostro territorio. Non abbiamo nessun accordo militare con l'URSS, né lo desideriamo ". Disperato di fronte a una simile dimostrazione di cieca ostinazione da parte del governo polacco, il presidente del Consiglio, Daladier, secondo una relazione da lui stesso presentata al parlamento francese il 18 luglio 1946, prese la cosa nelle sue mani. Dopo aver ancora una volta richiamato i polacchi alla realtà, egli telegrafò la mattina del 21 agosto al generale Dou-menc, autorizzandolo a firmare una convenzione militare con l'URSS alle migliori condizioni possibili, con la riserva però che essa avrebbe dovuto essere definitivamente approvata dal governo francese. L'ambasciatore francese, Paul-Emile Naggiar, ricevette contemporaneamente da Bonnet (ciò risulta dalla successiva relazione di questi) l'ordine di comunicare a Molotov che la Francia, " in linea di principio ", approvava il passaggio delle truppe sovietiche attraverso la Polonia in caso di attacco tedesco. Si trattava però solo di una mossa inconcludente, dal momento che i polacchi non si erano dichiarati d'accordo; essa era del tutto inutile al punto ormai raggiunto, e a noi noto, delle trattative sovietico-tedesche. Doumenc non ricevette il telegramma di Daladier che nella tarda sera del 21 agosto. Quando la sera del giorno seguente egli informò Vorosilov - si era alla vigilia della partenza di Ribbentrop per Mosca - il maresciallo sovietico si mostrò molto scettico. Chiese di vedere l'autorizzazione del generale francese a dichiarare come Doumenc aveva fatto - che il governo francese gli dava pieni poteri per firmare un patto militare che autorizzasse il passaggio delle truppe russe attraverso la Polonia. Naturalmente Doumenc si rifiutò. Allora Vorosilov volle conoscere la risposta britannica ed essere informato se era stato ottenuto il consenso della Polonia. Erano domande assai imbarazzanti, e Doumenc rispose semplicemente di non aver avuto informazioni in proposito. Ma ormai sia le domande, sia le risposte avevano perso qualunque valore reale: era troppo tardi. Ribbentrop era già in volo alla volta di Mosca. Il viaggio era stato pubblicamente annunciato la sera precedente, e se n'era dichiarato anche lo scopo: la conclusione di un patto di non-aggressione fra la Germania nazista e l'Unione Sovietica. Vorosilov, che pare avesse preso molto in simpatia il generale francese, cercò di informarlo cortesemente che i loro incontri stavano per finire. Egli gli disse: Temo soltanto una cosa. Da parte francese e inglese si è fatto si che le conversazioni politiche e militari andassero troppo per le lunghe. Perciò non escludiamo che nel frattempo siano potuti intervenire nuovi fatti politici *. Pagina 407
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt * Alla seduta dei delegati militari nella mattina del giorno precedente - 21 agosto - Vorosilov aveva chiesto l'aggiornamento sine die delle conversazioni, col pretesto che egli e i suoi colleghi sarebbero stati occupati dalle manovre d'autunno. Alle proteste anglo-francesi per tale rin584 Verso la guerra mondiale 23 agosto 1939: Ribbentrop a Mosca. Quei " nuovi fatti politici " stavano ora realizzandosi. Con i pieni poteri, conferitigli da Hitler per iscritto, di concludere con l'Unione Sovietica un patto di non-aggressione " e altri accordi " destinati ad entrare in vigore all'atto della firma, Ribbentrop era partito per Mosca in aereo il 22 agosto. La numerosa delegazione tedesca passò la notte a Ko-nigsberg, nella Prussia orientale, dove il ministro degli Esteri nazista, secondo la testimonianza del dottor Schmidt, fu al lavoro tutta la notte, telefonando continuamente a Berlino e a Berchtesgaden, e preparando estesi appunti in vista delle conversazioni con Stalin e Molotov. I due grandi aerei da trasporto Condor con a bordo la delegazione tedesca atterrarono a Mosca a mezzogiorno del 23 agosto, e dopo una rapida colazione all'ambasciata, Ribbentrop corse al Cremlino per incontrarsi con Stalin e il suo commissario agli Esteri. La prima riunione durò tre ore e, come Ribbentrop informò Hitler con un telegramma " urgentissimo ", ebbe uno svolgimento favorevole per i tedeschi32. A giudicare dal dispaccio del ministro degli Esteri, non vi fu nessuna difficoltà nel raggiungere l'accordo sui punti essenziali del patto di non-aggressione, patto che avrebbe tenuto l'Unione Sovietica fuori da quel conflitto che Hitler si proponeva di scatenare. Ribbentrop riferf che l'unica difficoltà insorta era di lieve portata: i sovietici chiedevano alla Germania che i piccoli porti lettoni di Liepàsa e di Ventspils fossero inclusi nella loro sfera di interessi. Poiché l'intera Lettonia rientrava nell'area sovietica, oltre la linea divisoria della sfera di interessi delle due potenze, la richiesta non diede luogo a discussioni e fu accettata da Hitler. Dopo la prima riunione, Ribbentrop informò inoltre il Fiihrer che " si stava progettando la stipulazione di un protocollo segreto circa la delimitazione delle reciproche sfere di interessi dell'intera area orientale ". Sia il trattato di non-aggressione, sia il protocollo segreto furono firmati in una seconda riunione tenuta al Cremlino più tardi, in quella stessa serata. I tedeschi e i sovietici erano giunti così facilmente a un accordo, e la sevio, il maresciallo aveva risposto: " Le intenzioni della delegazione sovietica erano, e sono tuttora, di giungere a un accordo sull'organizzazione della collaborazione militare delle forze armate delle tre nazioni... Non avendo l'URSS una frontiera comune con la Germania, essa potrà essere d'aiuto alla Francia, alla Gran Bretagna, alla Polonia e alla Romania solo se le sue truppe avranno il permesso di attraversare il territorio polacco e romeno...; gli eserciti sovietici non possono cooperare con le forze armate della Gran Bretagna e della Francia se non sarà loro permesso di entrare nel territorio polacco e in quello romeno... La delegazione militare sovietica non riesce a comprendere come i governi e gli Stati maggiori della Gran Bretagna e della Francia, nell'inviare le loro missioni nell'URSS... non abbiano dato istruzioni su una questione cosi elementare... Ciò può solo dimostrare che vi sono ragioni per dubitare del loro desiderio di venire a una seria ed effettiva collaborazione con l'URSS ". La logica degli argomenti militari del maresciallo era solida, e il fatto che il governo francese e specialmente quello inglese, abbiano mancato di rispondere doveva avere conseguenze disastrose. Ma l'esser tornato su quell'argomento e sulle sue precedenti dichiarazioni ancora la sera del 21 agosto, allorché egli non poteva ignorare la decisione presa da Stalin il 19 agosto, non fu certo, da parte di VoroìSilov, un atto di lealtà. Il patto germano-sovietico 585 duta conviviale, protrattasi fino alle prime ore del mattino, anziché ad ardue trattative, venne dedicata a una cordiale e amichevole discussione sulla situazione mondiale e su quella delle varie nazioni, e agli immancabili, prolungati e cordiali brindisi di prammatica nelle riunioni di gala del Cremlino. Una relazione segreta, redatta da un membro della delegazione tedesca presente alla seduta, ci offre un quadro della scena ". Alle domande di Stalin circa le rivendicazioni degli alleati della Germania, l'Italia e il Giappone, Ribbentrop rispose in modo scherzoso e rassicurante. Quanto all'Inghilterra, Stalin e il ministro degli Esteri nazista si trovarono subito d'accordo. Stalin confidò al suo ospite che la missione militare Pagina 408
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt britannica a Mosca, " non aveva mai detto al governo sovietico che cosa in verità volesse ". Ribbentrop rispose mettendo in rilievo il fatto che la Gran Bretagna aveva sempre cercato di turbare le buone relazioni tra la Germania e l'Unione Sovietica. " L'Inghilterra è debole, - egli disse con sussiego, - e nel perseguire le sue mire ambiziose di dominio sul mondo vuoi far combattere gli altri ". " Stalin si dichiarò d'accordo ", dice il memorandum tedesco, e osservò: " Se l'Inghilterra dominava il mondo, ciò era dovuto alla stupidità degli altri paesi che si lasciavano sempre ingannare ". Ormai il capo sovietico e il ministro degli Esteri di Hitler procedevano a gonfie vele, sicché non provarono imbarazzo nel parlare dello stesso patto anti-Comintern. Ribbentrop spiegò nuovamente che il patto non era diretto contro l'URSS, bensì contro le democrazie occidentali. Stalin interloquf osservando che " il patto anti-Comintern aveva infatti spaventato soprattutto la City di Londra [vale a dire i finanzieri britannici] e i commercianti inglesi ". Secondo la relazione tedesca, a questo punto Ribbentrop, incoraggiato dai modi accomodanti di Stalin, spinse il suo buonumore fino ad arrischiare qualche battuta di spirito: cosa insolita in un uomo così privo di humour. Nella relazione si legge: II ministro degli Esteri del Reich osservò scherzosamente che il maresciallo Stalin era certamente rimasto assai meno impressionato dal patto anti-Comintern di quanto lo fossero stati la City di Londra e i commercianti inglesi. Ciò che pensavano in proposito i tedeschi risultava chiaro da una battuta di spirito dei berlinesi, ben noti per U loro umorismo e la loro salacia, e cioè che lo stesso Stalin si sarebbe associato al patto anti-Comintern. Il ministro degli Esteri nazista accennò infine al calore con cui il popolo tedesco salutava l'intesa con l'URSS. Secondo il documento tedesco " il signor Stalin rispose di esserne convinto. I tedeschi desideravano la pace ". La commedia culminò al momento dei brindisi. Il signor Stalin propose spontaneamente un brindisi al Fiihrer: " So quanto la nazione tedesca ami il suo Fiihrer. Così mi piacerebbe bere alla sua salute ". Il signor Molotov bevve alla salute del ministro degli Esteri del Reich... I signori Molotov e Stalin brindarono ripetutamente al patto di non-aggressione, alla nuova era delle relazioni russo-tedesche, e alla nazione tedesca. 586
Verso la guerra mondiale II ministro degli Esteri del Reich propose a sua volta un brìndisi al signor Stalin, e altri brindisi furono dedicati al governo sovietico e al favorevole sviluppo delle relazióni fra la Germania e l'Unione Sovietica. Nonostante questi calorosi scambi di effusioni fra coloro che fino a poco prima erano stati mortali nemici, sembra che Stalin nutrisse qualche riserva mentale sulla buona volontà nazista di osservare il patto. Mentre Ribben-trop stava per prendere congedo, Stalin lo trasse da parte e gli disse: " II governo sovietico prende il nuovo patto molto seriamente. Io stesso posso garantire sulla mia parola d'onore che l'Unione Sovietica non tradirà il suo partner ". Che cosa avevano firmato i nuovi partner sì II trattato pubblicato parlava dell'impegno, da parte delle due potenze, di non attaccarsi. Se una di esse fosse stata " oggetto di aggressione " da parte di una terza potenza, l'altra non avrebbe " in alcun modo prestato aiuto a questa terza potenza ". Inoltre né la Germania né l'URSS avrebbero aderito a qualsiasi schieramento di potenze che minacciasse, direttamente o indirettamente, l'altra parte *. In tal modo Hitler raggiunse il suo principale obiettivo: l'impegno immediato da parte dell'Unione Sovietica di non unirsi alla Gran Bretagna e alla Francia nel caso che queste nazioni, attenendosi al precedente trattato, fossero venute in aiuto della Polonia attaccata **. Il prezzo che il Fiihrer pagò fu indicato in un " Protocollo segreto addizionale " al trattato : In occasione della firma del patto di non-aggressione fra la Germania e l'Unione Sovietica, i plenipotenziari firmatari discussero in conversazioni strettamente riservate il problema della delimitazione delle rispettive sfere d'influenza nell'Europa orientale. 1) Nel caso di mutamenti territoriali e politici dei territori appartenenti agli Stati Pagina 409
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt baltici (Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania), la frontiera settentrionale della Lituania rappresenterà la linea divisoria delle rispettive sfere d'influenza della Germania e dell'URSS. 2) Nel caso di mutamenti territoriali e politici dei territori appartenenti allo Stato polacco, le sfere d'influenza della Germania e dell'URSS saranno approssimativamente delimitate dalla linea dei fiumi Narew, Vistola e San. Soltanto in base ai futuri sviluppi politici sarà possibile decidere definitivamente se gli interessi delle due parti rendono desiderabile il mantenimento di uno Stato polacco * II tenore degli articoli essenziali è quasi identico a quello di una bozza sovietica consegnata a Schulenburg da Molotov il 19 agosto, e accettata da Hitler col suo telegramma a Stalin. La bozza russa specificava che il trattato di non-aggressione era valido solo se contemporaneamente fosse stato firmato un " protocollo speciale " che sarebbe stato parte integrante del patto H. Secondo la testimonianza di Friedrich Gaus, il quale prese parte alla riunione della sera, un altisonante preambolo che Ribbentrop desiderava inserire per dar risalto allo stabilirsi di rapporti amichevoli fra Unione Sovietica e Germania, fu da Stalin recisamente respinto. Il dittatore sovietico obiettò che " il governo sovietico non poteva comunicare d'un tratto al pubblico tali dimostrazioni d'amicizia dopo che esso era stato per sei anni coperto di fango da parte del governo nazista "35. ** L'articolo 7 disponeva che il trattato entrasse in vigore all'atto della firma. La ratifica formale era ovviamente, per questi due paesi totalitari, una mera formalità. Comunque, essa avrebbe richiesto qualche giorno. Cosi Hitler aveva insistito perché si inserisse quell'articolo. Il patto germano-sovietico 587 indipendente; in tal caso si vedrà come debbono essere delimitate le frontiere di tale In ogni modo i due governi risolveranno tale questione mediante un'intesa amichevole. Come ai tempi dei re tedeschi e degli imperatori russi, ancora una volta Germania e Russia si erano accordate sulla spartizione della Polonia, mentre Hitler dava a Stalin mano libera nel Baltico orientale. Infine, per quanto riguardava l'Europa sudorientale, i russi sottolinearono il loro interesse per la Bessarabia (regione da essi perduta nel 1918 e incorporata dalla Romania), e i tedeschi dichiararono il loro disinteresse per essa - concessione, questa, di cui Ribbentrop più tardi si sarebbe pentito. " Questo protocollo, - concludeva il documento, - sarà tenuto assolutamente segreto da entrambe le parti... " M. In effetti, il suo contenuto fu conosciuto soltanto dopo la guerra, in seguito al sequestro da parte degli Alleati occidentali degli archivi segreti tedeschi. Il giorno seguente, 24 agosto, mentre l'esultante Ribbentrop tornava in volo a Berlino, le missioni militari alleate a Mosca chiesero di essere ricevute da Vorosilov. L'ammiraglio Drax aveva infatti inviato al maresciallo una lettera urgente per conoscere il suo punto di vista circa il proseguimento delle conversazioni. Vorosilov lo rese noto ai rappresentanti militari dell'Inghilterra e della Francia alle 13 del giorno seguente, 25 agosto. "Dato il cambiamento avvenuto nella situazione politica, - egli comunicò, - non può essere di utilità alcuna continuare le conversazioni ". Due anni dopo, mentre le truppe tedesche stavano riversandosi sul territorio russo, violando in modo flagrante il patto concluso, Stalin cercò ancora di giustificare la sua intesa con Hitler, presa alle spalle delle delegazioni militari anglo-francesi venute a Mosca per negoziare. " Abbiamo assicurato la pace al nostro paese per un anno e mezzo, - egli disse orgogliosamente in un discorso al popolo russo tenuto alla radio il 3 luglio 1941, - e nel frattempo abbiamo avuto la possibilità di preparare le nostre forze per la difesa nel caso che la Germania fascista avesse osato attaccare il nostro paese ad onta del patto. Ciò è stato certamente di vantaggio per noi e di svantaggio per la Germania fascista ". Ma fu veramente così? Si è discusso molto a questo proposito. Certamente l'accordo, concluso in tutta segretezza, dette a Stalin lo stesso " respiro " Pagina 410
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt peredyska - che lo zar Alessandro I aveva ottenuto da Napoleone a Tilsit nel 1807, e Lenin dai tedeschi a Brest-Litovsk nel 1917. Esso inoltre avrebbe ben presto assicurato all'Unione Sovietica posizioni difensive avanzate contro la Germania, oltre le frontiere sovietiche, con basi negli Stati Baltici, in Finlandia e in Polonia. E, ciò che più conta, come poi fu messo in rilievo dalla Storia della diplomazia sovietica, diede al Cremlino la cer588 Verso la guerra mondiale tezza che, qualora l'URSS fosse stata in seguito attaccata dalla Germania, le potenze occidentali si sarebbero trovate già irrevocabilmente impegnate contro il Terzo Reich, e l'Unione Sovietica non avrebbe dovuto fronteggiare da sola la potenza tedesca, come Stalin aveva temuto durante tutta l'estate del 1939. Ciò è senz'altro vero. Ma v'è anche un altro aspetto della questione. Quando Hitler si volse ad attaccare l'URSS, gli eserciti della Polonia e della Francia e i contingenti inglesi sul continente erano già stati annientati, la Germania poteva contare sulle risorse dell'intera Europa e non aveva più un fronte occidentale che la tenesse impegnata. Nel corso del 1941, 1942 e 1943 Stalin dovette deplorare amaramente che non vi fosse in Europa un secondo fronte contro la Germania e che l'URSS si trovasse obbligata a sostenere da sola la pressione di quasi tutto l'esercito tedesco. Nel 1939-40 esisteva invece un fronte occidentale che tratteneva parte delle truppe tedesche, e la Polonia non sarebbe stata certo sconfitta in quindici giorni se i sovietici l'avessero appoggiata, anziché colpirla alle spalle. Anzi, con probabilità, non vi sarebbe stata affatto la guerra se Hitler avesse saputo che, oltre la Polonia, l'Inghilterra e la Francia, egli doveva affrontare anche l'URSS. Da quanto si può dedurre dalle loro successive dichiarazioni a No-rimberga, perfino i generali tedeschi, così cauti nell'esporre le loro idee politiche, avrebbero forse rifiutato di gettarsi in una guerra contro una coalizione così potente. L'ambasciatore francese a Berlino aveva comunicato che, verso la fine di maggio, Keitel e Brauchitsch avevano messo in guardia Hitler dimostrandogli che la Germania possedeva poche probabilità di vittoria in una guerra in cui l'URSS si fosse trovata dalla parte del nemico. Nessun capo di Stato, neppure un dittatore, può prevedere il corso degli avvenimenti futuri. Come ha sottolineato Churchill, è dubbio che il passo compiuto da Stalin entrando in trattative con Hitler, sia stato, benché meditato, " del tutto realistico in quel momento "". La prima preoccupazione di Stalin era stata quella di qualsiasi capo di governo, cioè la sicurezza del proprio paese. Come in seguito dichiarò Churchill, Stalin, nell'estate del 1939 era convinto che Hitler sarebbe entrato in guerra. Egli voleva a ogni costo evitare che l'URSS venisse a trovarsi nella disastrosa condizione di dover fronteggiare da sola l'esercito tedesco. Vista l'estrema difficoltà di concludere una seria alleanza con l'Occidente, perché non volgersi verso Hitler, che improvvisamente bussava alla sua porta? Alla fine del luglio 1939 Stalin si era evidentemente convinto non solo che la Francia e la Gran Bretagna non desideravano un'alleanza impegnativa con l'URSS, ma che l'obiettivo del governo Chamberlain in Gran Bretagna era di indurre Hitler a rivolgere la sua forza militare contro l'Europa orientale. Sembra che egli fosse molto scettico circa la probabilità che la Gran Bretagna facesse onore alla garanzia data alla Polonia più di quanto la Francia avesse mantenuto i suoi impegni nei riguardi della Cecoslovacchia. Tutto ciò che era accaduto in Occidente negli ultimi due anni era poi valso a rafforzare i suoi sospetti: il rifiuto opposto da Chamberlain alle proposte so// patto germano-sovietico 589 vietiche dopo l'Anschluss e dopo l'occupazione nazista della Cecoslovacchia, per una serie di conferenze intese a concordare dei piani per arrestare ulteriori aggressioni naziste; l'acquiescenza di Chamberlain nei riguardi di Hitler alla conferenza di Monaco, dalla quale l'URSS era stata esclusa; gli indugi e le esitazioni di Chamberlain nel negoziare un'alleanza difensiva contro la Germania mentre passavano a una a una le fatali giornate dell'estate del 1939Per tutti, o quasi, tranne che per Chamberlain, una cosa era certa: il fallimento della diplomazia anglo-francese, che aveva ceduto a ogni nuova mossa di Hitler, era ormai completo *. A poco a poco le due democrazie occidentali avevano perduto terreno: nel 1935 Hitler le aveva sfidate annunciando il ripristino della coscrizione obbligatoria; nel 1936 egli aveva occupata la Renania; nel 1938 si era impadronito dell'Austria, e poco dopo aveva riaffermato i suoi diritti sui Sudeti. Esse erano rimaste passive allorché nel marzo del Pagina 411
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 1939 Hitler aveva occupato il resto della Cecoslovacchia. Con l'Unione Sovietica al loro fianco, le due democrazie occidentali avrebbero ancora potuto dissuadere il dittatore tedesco dallo scatenare una guerra, o batterlo abbastanza rapidamente in un conflitto armato. Invece si erano lasciate sfuggire di mano anche quest'ultima occasione**. E ora, in condizioni peggiori, esse si trovavano impegnate a correre in aiuto alla Polonia se fosse stata attaccata. A Londra e a Parigi le proteste per il doppio gioco di Stalin furono vivaci e aspre. Il dittatore sovietico aveva per anni inveito contro le " bestie * Ed anche della diplomazia polacca. In un dispaccio a Parigi l'ambasciatore Noè'l riferì la reazione del ministro degli Esteri Beck alla firma del trattato nazi-sovietico: " Beck è rimasto del tutto tranquillo, non sembra menomamente preoccupato. Egli pensa che, in sostanza, ben poco sia cambiato ". ** Ciò, malgrado i molti avvertimenti circa le intenzioni di Hitler di riawicinarsi al Cremlino. Il i° giugno M. Coulondre, ambasciatore francese a Berlino, aveva informato Bonnet, ministro-degli Esteri francese, che la Russia stava per avere, nei piani di Hitler, una parte sempre più importante. " Hitler rischierà la guerra, - scriveva Coulondre, - se non avrà da combattere contro la Russia. Se invece saprà di dover affrontare anche questa nazione, si ritirerà piuttosto che esporre a un disastro il suo paese, il suo partito e se stesso ". L'ambasciatore sollecitava la pronta conclusione dei negoziati anglo-francesi a Mosca e informava Parigi che l'ambasciatore britannico a Berlino aveva inviato un appello analogo al suo governo a Londra (Libro Giallo francese, ed. frane, pp. 180-81). Il 15 agosto Coulondre e Henderson incontrarono Weizsacker al Ministero degli Esteri. L'ambasciatore britannico informò Londra che il segretario di Stato era convinto che l'Unione Sovietica " avrebbe, alla fine, partecipato alla spartizione del bottino polacco " (Libro Azzurro britannico, p. 91). E Coulondre dopo aver conferito con Weizsacker telegrafò a Parigi: " Bisogna a tutti i costi venire a una conclusione delle conversazioni coi russi al più presto possibile " (Libro Giallo francese, p. 282). Durante tutto il mese di giugno e di luglio, Laurence Steinhardt, ambasciatore americano a Mosca, aveva anch'egli avvertito dell'imminenza di un accordo sovietico-nazista, e il presidente Roosevelt aveva trasmesso tali messaggi alle ambasciate britannica, francese e polacca. Già il j luglio l'ambasciatore sovietico Costantin Oumansky, tornato in licenza in Russia, aveva portato a Stalin un messaggio di Roosevelt; esso esprimeva la convinzione " che in caso di alleanza del suo [di Stalin] governo con Hitler, è certo, come la notte segue il giorno, che Hitler dopo una eventuale vittoria contro la Francia, si rivolgerà contro la Russia " (JOSEPH E. DAVIES, Mission to Moscow, p. 450). L'avvertimento del presidente fu anche telegrafato a Steinhardt, con l'istruzione di trasmetterlo a Molotov, cosa che l'ambasciatore fece il 16 agosto (U.S. Diplomato Papers, 1939, I, pp. 296-99). 590 Verso la guerra mondiale fasciste " e invitato tutti i paesi amanti della pace a coalizzarsi per arrestare le aggressioni naziste. Ed ecco che egli accettava la parte di complice in tali aggressioni. Il Cremlino poteva ribattere (come infatti fece) di aver agito esattamente allo stesso modo della Gran Bretagna e della Francia l'anno prima a Monaco, al fine di conservare la pace ed avere il tempo di riarmarsi contro la Germania, sia pure a spese di un piccolo Stato. Se il modo di agire di Chamberlain era stato giusto e onorevole allorché nel settembre 1938 per accontentare il Fùhrer aveva sacrificato la Cecoslovacchia, per quale ragione si doveva ora, a un anno di distanza, considerare disonorevole il tentativo di Stalin di cattivarsi Hitler a spese della Polonia, paese che per giunta aveva rifiutato l'aiuto sovietico? L'intesa segreta di Stalin con Hitler mirante a smembrare la Polonia e all'assorbimento della Lettonia, dell'Estonia, della Finlandia e della Bessa-rabia, era nota solo a Berlino e a Mosca, ma risultò ben presto evidente dal comportamento sovietico, e impressionò allora l'opinione pubblica di quasi tutto il mondo. I russi potevano ben affermare di voler solo rientrare in possesso di territori che erano stati loro tolti alla fine della prima guerra mondiale, ma le popolazioni di quelle terre non erano russe, né dimostravano alcun desiderio di tornare alla Russia. Soltanto la forza, cui l'URSS aveva rinunciato ai tempi di Litvinov, poteva provocare tale ritorno. Dal momento in cui era entrata a far parte della Società delle Nazioni, l'Unione Sovietica si era creato un prestigio morale come paladina della pace e principale baluardo contro le aggressioni fasciste. Ora questo patrimonio morale Pagina 412
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt era stato completamente dissipato. Con il compromesso con la Germania nazista, Stalin aveva dato il segnale d'inizio a una guerra che quasi certamente sarebbe sfociata in un conflitto mondiale; cosa che egli ben sapeva*. Come poi si vide, questo fu il più grande errore della sua vita. * Già anni prima Hitler aveva scritto profeticamente in Mei" Katnpf: " II fatto stesso di venire alla conclusione di un'alleanza con la Russia corrisponde a un piano per la prossima guerra. La sua conseguenza sarebbe la fine della Germania " (cfr. p. 660 dell'edizione Houghton Mif-flin, 1943)I 1 Per il memorandum di Schnurre sull'incontro, tratto dal suo dispaccio all'ambasciata tedesca a Mosca del 14 agosto 1939: DGFP, VII, pp. 58-59. 2 Per il testo della lettera di Schulenburg: ibid., pp. 67-68. 3 Per il testo del telegramma di Ribbentrop: ibid., pp. 62-64. 4 II memorandum degli uomini d'afiari britannici fu trovato in uno degli archivi dell'ufficio di Goring ed è stato pubblicato in DGFP, VI, pp. 1088-93. Nel documento vi sono alcune scribacchiature di Gb'ring. Più di una volta egli mise un " Oh! " vicino ad affermazioni che egli ovvia mente non condivideva. Tutta la fantastica e alquanto ridicola storia della missione di pace di Dahlerus, che per breve tempo mise questo personaggio al centro della scena politica in un momento decisivo, è narrata in un suo libro intitolato The Last Attempi. Cfr. anche la sua testi monianza resa a Norimberga (TMWC, IX, pp. 457-91) e Sir Lewis Namier Diplomatic Prelude, pp. 417-33 - il capitolo sull'argomento s'intitola: An Interloper in Diplomacy (Un intruso nella diplomazia). 5 Per l'interrogatorio di Halder del 26 febbraio 1946: NCA, suppl. B, p. 1562. 6 HASSELL, Op. CÌt., pp. 53, 63-64. I THOMAS, Gedanken und Freignisse, negli " Schweizerische Monatshefte " del dicembre 1945. 8 Per il memoriale di Canaris sulla conversazione con Keitel del 17 agosto 1939: NCA, III, p. 580 (ND, 795-PS). ' Per la dichiarazione giurata di Naujocks: NCA, VI, pp. 390-92 (ND, 275I-PS). 10 Per il dispaccio di Schulenburg delle 2,48 della notte del 16 agosto: DGFP, VII, pp. 76-77. L'ambasciatore diede un più completo resoconto in un memorandum mandato per corriere e aggiunse dei particolari in una lettera a Weizsacker: ibid., pp. 87-90, 99-100. II DBrFP, terza serie, VII, pp. 41-42. Per i rapporti dell'ambasciatore Steinhardt, cfr. V. S. Diplomatic Papers, 1939, I, pp. 296-99, 334. 12 Per il dispaccio di Ribbentrop a Schulenburg del 16 agosto: DGFP, VII, pp. 84-85. 13 Ibid., p. 100. 14 Ibid., p. 102. '5 Per il dispaccio di Schulenburg, inviato alle 5,58 della mattina del 18 agosto: ibid., pp. 114-16. 16 Per il dispaccio di Ribbentrop delle 22,48 del 18 agosto: ibid., pp. 121-23. 17 Per il memorandum di Schnurre del 19 agosto: ibid., pp. 132-33. 18 Per il dispaccio di Schulenburg delle 18,22 del 19 agosto: ibid., p. 134. " Per il dispaccio di Schulenburg delle 12,08 del 20 agosto: ibid., pp. 149-50. 20 CHURCHILL, The Gathering Storm, p. 392. Egli non indica la sua fonte. 21 Ibid., p. 391. 22 Per il telegramma di Hitler a Stalin del 20 agosto: DGFP, VII, pp. 156-57. " Per il dispaccio di Schulenburg dell'i,19 della notte del 21 agosto: ibid., Pagina 413
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 161-62. 24 25 164. 26 168. 27 28
Per il dispaccio di Ribbentrop del 21 agosto: ibid., p. 162. Per il dispaccio di Schulenburg delle 13,43 del 21 agosto: ibid., p. Per la lettera indirizzata da Stalin a Hitler il 21 agosto: ibid., p.
NCA, suppl. B, pp. 1103-5. DBrFP, VI, n. 376. 29 Cfr. DBrFP, terza serie, VII, appendice II, pp. 558-614. L'appendice contiene una detta gliata relazione, giorno per giorno, delle conversazioni militari di Mosca e rappresenta la fonte più completa, che io abbia visto, sulla versione alleata delle conversazioni. Essa comprende i rapporti trasmessi a Londra, durante i negoziati, dal maresciallo dell'aria Burnett e dal gene rale Heywood, e il rapporto finale della commissione britannica, steso dall'ammiraglio Drax. Vi è anche un resoconto letterale dell'incontro drammatico del generale Doumenc col maresciallo 5J2 Verso la guerra mondiale Vorosilov, che ebbe luogo la sera del 22 agosto, quando il capo della missione militare francese cercò disperatamente di salvare la situazione malgrado l'annuncio, reso pubblico, che Ribbentrop sarebbe arrivato l'indomani a Mosca. Inoltre vi figura il resoconto dell'ultima penosa riunione del 26 agosto delle missioni alleate con Vorosilov. Il volume VII contiene altresì molti dispacci scambiati tra il Ministero degli Esteri inglese e l'ambasciata di Mosca, dispacci che gettano nuova luce su questo episodio. Questa parte del nostro capitolo si basa in larga misura su tali documenti britannici riservati. Purtroppo, per quanto io sappia, i sovietici non hanno mai pubblicato i loro documenti sull'incontro, benché nel libro di NIKOLOV Origini of World War II sia contenuta una relazione sovietica ove si fa ampio uso dei documenti del Ministero degli Esteri inglese. La versione sovietica è data anche dal libro Histoire de la diplomatie (ed. da V. Potemkin). 30 PAUL REYNAUD, In thè Thick of thè Fighi, p. 212. Reynaud a pp. 210-13 da la versione francese dei negoziati degli Alleati svoltisi a Mosca nell'agosto del 1939. A p. 211 indica le sue fonti. Bonnet ha dato la sua versione nel suo libro Fin d'une Europe. 31 I documenti si trovano in DBrFP, VII (cfr. più sopra, nota 29). È interessante notare che né nel Libro Azzurro britannico né nel Libro Giallo francese v'è una sola riga sui tentativi diplo matici fatti a Varsavia dagli anglo-francesi per indurre i polacchi ad accettare un aiuto russo né sul corso delle conversazioni militari svoltesi a Mosca. 32 Per il dispaccio inviato da Ribbentrop da Mosca alle 21,0,5 del 23 agosto: DGFP, VII, p. 220. 33 Per i memorandum segreti tedeschi del 24 agosto: ibid., pp. 225-29. 34 Pel testo della stesura sovietica: DGFP, VII, pp. 150-51. 35 Pel testo della deposizione giurata di Gaus prodotta a Norimberga: TMWC, X, p. 312. 36 Pel testo del patto tedesco-sovietico di non-aggressione e del protocollo segreto ad esso aggiunto, firmati a Mosca il 23 agosto 1939: DGFP, VII, pp. 245-47. 37 CHUECHILL, The Gathering Storm, p. 394. XVI. GLI ULTIMI GIORNI DI PACE II governo britannico non aveva atteso passivamente la firma del patto germano-sovietico a Mosca. L'annuncio, dato a Berlino nella tarda serata del 21 agosto, che Ribbentrop si stava recando in volo a Mosca per concludere un accordo russo-tedesco stimolò il gabinetto britannico ad agire. Esso si riunì alle 15 del giorno 22 e diramò un comunicato nel quale si dichiarava Pagina 414
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt categoricamente che un patto di non-aggressione nazi-sovietico " non avrebbe in alcun modo pregiudicato gli impegni verso la Polonia che il governo britannico aveva più volte pubblicamente riconfermato ed era senz'altro deciso a rispettare ". Contemporaneamente fu convocato il parlamento per il 24 agosto perché approvasse il decreto sui poteri straordinari per la difesa del paese, e vennero prese misure precauzionali di mobilitazione. Sebbene le decisioni del gabinetto fossero assai esplicite, Chamberlain volle che a Hitler non rimanesse alcun dubbio. Non appena fu tolta la seduta, egli scrisse una lettera personale al Fùhrer. ... A quanto pare in alcuni ambienti di Berlino si ritiene che in seguito all'accordo tedesco-sovietico un intervento della Gran Bretagna in favore della Polonia sia ormai da escludere. Non potrebbe esservi errore più grave. Di qualunque natura possa essere l'accordo tedesco-sovietico, esso non potrà pregiudicare gli impegni assunti dalla Gran Bretagna nei confronti della Polonia... ^ È stato affermato che se nel 1914 il governo di Sua Maestà avesse fatto conoscere più chiaramente il proprio punto di vista, si sarebbe potuta evitare quella grande catastrofe. Sia quell'idea fondata o meno, il governo di Sua Maestà ha deciso che nel caso presente non dovrà verificarsi un così tragico equivoco. Se sarà necessario, esso è deciso e pronto ad impiegare, senza esitazione, tutte le forze a sua disposizione, ed è impossibile prevedere la fine delle ostilità una volta scoppiate... '. Il primo ministro, dopo avere, com'egli disse, " perfettamente chiarito in tal modo il nostro atteggiamento ", invitò nuovamente Hitler a cercare una soluzione pacifica alle divergenze con la Polonia, e offerse ancora una volta la collaborazione del governo britannico per giungere a tale soluzione. La lettera, consegnata a Hitler a Berchtesgaden poco dopo le 13 del 23 agosto dall'ambasciatore Henderson, partito in volo da Berlino, mandò il dittatore nazista su tutte le furie. " Hitler è irritato e intransigente, - telegrafò Henderson a Lord Halifax. - II suo linguaggio è violento ed eccessivo nei riguardi sia dell'Inghilterra sia della Polonia "2. La relazione di Hen-
594 Verso la guerra mondiale derson sull'incontro e il memorandum del Ministero degli Esteri tedesco (il secondo fa parte dei documenti nazisti sequestrati) concordano sul carattere dello sfogo di Hitler. L'Inghilterra - egli tuonò - era responsabile dell'in-transigenza della Polonia, proprio come era stata responsabile, l'anno prima dell'irragionevole atteggiamento della Cecoslovacchia. In Polonia si stavano perseguitando decine di migliaia di Volksdeutsche. Affermò che vi erano stati perfino sei casi di castrazione - cosa che lo ossessionava. Egli non poteva sopportare più a lungo una simile situazione. Ogni ulteriore persecuzione di tedeschi da parte dei polacchi avrebbe provocato il suo intervento immediato. Henderson telegrafò a Halifax: Ho contestato punto per punto e rilevato continuamente che le sue affermazioni erano inesatte, ma il solo effetto ottenuto è stato di dare a Hider lo spunto per una nuova sfuriata. Infine Hitler acconsentì a dare entro due ore una risposta scritta alla lettera del primo ministro, e Henderson si ritirò a Salisburgo per prendersi un po' di riposo*. Più tardi, nel pomeriggio, Hitler lo mandò a chiamare e gli rimise la sua risposta. Henderson riferf a Londra che, a differenza del primo incontro, il Fuhrer " si era mantenuto assai calmo e non aveva mai alzato la voce ": Disse di avere cinquant'anni; preferiva una guerra ora, piuttosto che quando ne avesse avuti cinquantacinque o sessanta. La megalomania del dittatore tedesco, che declamava sulla cima della sua montagna, risulta ancora più evidente dalle note tedesche sull'incontro. Dopo aver citato la sua dichiarazione, cioè che preferiva la guerra a cinquant'anni anziché più tardi, vi sono riportate queste altre sue parole: L'Inghilterra farebbe bene a rendersi conto che, avendo combattuto al fronte, conosco che cosa sia la guerra e mi varrò di ogni mezzo a mia disposizione. Dovrebbe esser chiaro a tutti che la guerra mondiale (cioè la guerra del 1914-18) non sarebbe stata perduta se in quell'epoca io fossi stato cancelliere. La risposta di Hitler a Chamberlain era una mescolanza di tutte le viete Pagina 415
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt bugie e di tutte le esagerazioni che egli aveva ammannito agli stranieri e al suo popolo da quando i polacchi avevano osato resistergli. La Germania - egli disse - non desiderava un conflitto con la Gran Bretagna. Essa si era sempre mostrata disposta a discutere con i polacchi le questioni di Danzica e del corridoio " in base a proposte di una magnanimità davvero senza precedenti ". Ma la garanzia incondizionata data dalla Gran Bretagna alla Poy Ionia non aveva fatto che incoraggiare i polacchi " a scatenare un'ondata di pauroso terrorismo contro il milione e mezzo di tedeschi residenti in Polonia ". " Tali atrocità, egli dichiarò, - se sono terribili per le vittime, sono * " La porta si era appena chiusa alle spalle dell'ambasciatore, - annotò più tardi Weiz-sacker, che era presente, - che Hitler si battè una coscia con la mano, rise e disse: Chamberlain non sopravviverà a questo colloquio; il suo gabinetto cadrà stasera " (WEIZSACKER, Memoirs, P. 203). Gli ultimi giorni di pace 595 intollerabili per una grande potenza, quale il Reich tedesco ". La Germania non le avrebbe più tollerate. Infine egli prese nota della dichiarazione del primo ministro, che la Gran Bretagna avrebbe mantenuto i suoi impegni verso la Polonia, e affermò: " tale dichiarazione non potrà apportare alcun cambiamento alla decisione del governo tedesco di salvaguardare gli interessi del Reich... Se sarà attaccata dall'Inghilterra, la Germania si farà trovare preparata e decisa "3. Quale fu il risultato di questo scambio di lettere? Hitler aveva avuto da Chamberlain l'assicurazione formale che l'Inghilterra sarebbe entrata in guerra se la Germania avesse attaccato la Polonia. Da parte sua, il primo ministro aveva udito da Hitler che ciò non cambiava nulla. Come avrebbero dimostrato gli avvenimenti degli agitatissimi otto giorni seguenti, il 23 agosto nessuno dei due però era convinto fino in fondo che l'altro avesse detto la sua ultima parola. Ciò era vero soprattutto per Hitler. Incoraggiato dalle buone notizie giunte da Mosca e convinto che, malgrado quel che Chamberlain gli aveva scritto, dopo la defezione dell'URSS la Gran Bretagna e, nella sua scia, la Francia, sarebbero tornate sulla loro decisione di tener fede agli impegni assunti verso la Polonia, il Fùhrer, la sera stessa del 23 agosto, mentre Hen-derson era ancora in volo alla volta di Berlino, fissò la data dell'attacco contro la Polonia: sabato 26 agosto alle 4,30 del mattino. " Non vi sarà nessun altro ordine riguardo al giorno Y e all'ora X, -annotò nel suo diario il generale Halder. - Tutto dovrà svolgersi automaticamente ". Ma il capo di Stato maggiore generale dell'esercito si sbagliava. Il 25 agosto si produssero due avvenimenti che fecero indietreggiare Hitler davanti all'abisso, meno di ventiquattr'ore prima che le sue truppe varcassero, come era stato stabilito, il confine polacco. L'uno ebbe luogo a Londra, l'altro a Roma. Il mattino del 25 agosto, Hitler, rientrato il giorno prima a Berlino per accogliere Ribbentrop di ritorno da Mosca e per avere la relazione diretta sulle trattative coi russi, inviò una lettera a Mussolini. Essa conteneva una tardiva spiegazione delle ragioni per le quali egli non era stato in grado di tener informato il suo alleato dell'Asse sui negoziati con l'Unione Sovietica (" Non immaginava, - disse, - che sarebbero stati così conclusivi e veloci "). Inoltre Hitler dichiarava che il patto russo-tedesco doveva " essere considerato di immensa utilità per l'Asse ". Ma il vero scopo della lettera, il testo della quale si trova tra i documenti sequestrati dagli Alleati, era di avvertire il " duce " che l'attacco tedesco contro la Polonia poteva avvenire da un momento all'altro, sebbene Hitler evitasse di rivelare al suo amico e alleato la data esatta stabilita. " Se m Polonia dovessero avvenire fatti intollerabili, - egli diceva, - agirò immediatamente... In tali circostanze, nessuno può dire che cosa ogni ora ci riservi ". Hitler non chiese apertamente l'aiuto italiano: esso avrebbe dovuto derivare automaticamente dalle clausole dell'alleanza italo-tedesca. Si limi596 Verso la guerra mondiale tava ad esprimere la speranza di avere la comprensione dell'Italia4. Ciò nonostante, egli era assai interessato a ricevere subito una risposta. La lettera fu trasmessa personalmente da Ribbentrop per telefono all'ambasciatore tedesco a Roma e raggiunse il " duce " alle 15,20. Nel frattempo - alle 13,30 - il Fiihrer aveva ricevuto alla Cancelleria l'ambasciatore Henderson. Era sempre deciso a distruggere la Polonia, ma si sentiva più inquieto di due giorni prima, durante il suo colloquio con Henderson a Berchtesgaden, quando aveva compiuto l'ultimo tentativo per tenere la Gran Pagina 416
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Bretagna fuori dalla guerra *. Come l'ambasciatore riferì a Londra, egli trovò il Fùhrer " assolutamente calmo e normale; ha parlato con grande vivacità e, si sarebbe detto, con sincerità ". Malgrado l'esperienza acquistata durante l'anno precedente, Henderson nemmeno in questa occasione riuscì a comprendere a che cosa mirasse la " sincerità " del dittatore tedesco. Tutto ciò che Hitler disse era infatti assolutamente assurdo. Egli, disse all'ambasciatore, " riconosceva " l'impero britannico ed era pronto a " garantirne personalmente la continuazione, e a impegnare per questo la potenza del Reich tedesco ". Henderson riferì che Hitler desiderava compiere con l'Inghilterra un passo non meno decisivo di quello fatto con la Russia... Il Fiihrer è pronto a concludere con l'Inghilterra accordi che, per quanto riguarda la Germania, non solo garantirebbero l'esistenza dell'impero britannico in ogni circostanza, ma se necessario assicurerebbero anche all'impero britannico l'aiuto tedesco indipendentemente dalle circostanze in cui tale aiuto fosse necessario. Aggiunse che egli sarebbe stato anche disposto ad addivenire a una ragionevole limitazione degli armamenti e a considerare definitive le frontiere occidentali del Reich. A un certo punto, secondo Henderson, Hitler si abbandonò a un tipico saggio di melenso sentimentalismo, benché l'ambasciatore nel suo dispaccio a Londra non l'abbia riferito come tale. Il Fùhrer affermò che egli era, per natura, non un uomo politico ma un artista e che una volta sistemata la questione polacca egli avrebbe trascorso il resto della sua vita facendo l'artista, non il guerrafondaio. Tuttavia il dittatore terminò il suo discorso su un altro tono. Secondo il verbale redatto dai tedeschi per Henderson il Fùhrer ripetè che egli era uomo dalle grandi decisioni... e che quella era la sua ultima offerta. Se essi [il governo britannico] avessero respinto quelle proposte vi sarebbe stata la guerra. Nel corso del colloquio Hitler fece notare ripetutamente che " l'offerta di vasta portata " (com'egli la definì) fatta alla Gran Bretagna era subordinata a una condizione: essa avrebbe avuto valore solamente " dopo la risoluzione del problema tedesco-polacco ". Henderson ribadì che la Gran Bre* Secondo Erich Kordt (Wahn und Wirklichkeit, p. 192) Hitler era cosf euforico per il suo trionfo di Mosca, che la mattina del 2} agosto chiese al suo ufficio stampa notizie sulle crisi di gabinetto a Parigi e Londra. Era convinto che entrambi i governi sarebbero caduti, ma tu richiamato alla realtà quando venne informato degli energici discorsi tenuti il giorno prima al parlamento da Chamberlain e Halifax. Gli ultimi giorni di pace 597 na non avrebbe potuto prendere in considerazione la sua offerta a meno che questa non comportasse l'impegno di regolare pacificamente le divergenze fra Germania e Polonia, Hitler rispose: " Se pensate che la mia offerta sia vana, non trasmettetela nemmeno ". Tuttavia l'ambasciatore era appena rientrato all'ambasciata inglese, situata nella Wilhelmstrasse a pochi passi dalla Cancelleria, che già il dottor Schmidt batteva alla sua porta per consegnargli un verbale delle dichiarazioni di Hitler, considerevolmente tagliate, accompagnato da un messaggio nel quale il Fùhrer pregava Henderson di invitare il governo britannico " a considerare l'offerta molto seriamente ", e gli suggeriva di portarlo egli stesso in aereo a Londra: a questo scopo, sarebbe stato messo a sua dispo sizione un velivolo tedesco5. Come si saranno resi conto i lettori che ci hanno seguito fin qui, era sempre difficile comprendere le strane e fantastiche macchinazioni della mente febbricitante di Hitler. La sua ridicola " offerta " del 25 agosto di garantire l'impero britannico, era stata evidentemente una trovata del momento, poiché egli non ne aveva fatto cenno due giorni prima, quando aveva discusso con Henderson la lettera di Chamberlain e preparato la risposta. Anche tenendo conto delle stravaganze del dittatore, è difficile credere che egli prendesse la cosa così seriamente come dette a vedere all'ambasciatore britannico. Inoltre, come poteva chiedere al governo britannico di considerare l'offerta " molto seriamente ", dal momento che Chamberlain avrebbe avuto appena il tempo di leggerla prima che i nazisti si gettassero sulla Polonia all'alba del giorno seguente, data ancora valida per il giorno X? Ma quell'" offerta " nascondeva di certo un proposito serio. Evidentemente Hitler credeva che, come Stalin, Chamberlain desiderasse una via d'uscita per tenere il suo paese fuori dalla guerra *. Egli due giorni prima aveva ottenuto la neutralità benevola di Stalin, lasciando all'URSS mano libera nell'Europa Pagina 417
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt orientale " dal Baltico al mar Nero ". Non avrebbe potuto ottenere il non-intervento della Gran Bretagna assicurando il primo ministro che il Terzo Reich non avrebbe mai costituito, come la Germania degli Hohenzollern, un pericolo per l'impero britannico? Hitler non si rendeva conto di un fatto (che lo stesso Stalin del resto, con gravissimo suo danno, non aveva capito), e cioè che agli occhi finalmente aperti di Chamberlain il dominio tedesco sul continente europeo appariva il più grave pericolo per l'impero britannico: come era destinato ad esserlo anche per un altro Stato, cioè la Russia sovietica. Eppure in Mein Kampf Hitler aveva osservato che per secoli il primo obiettivo della politica estera britannica era stato di impedire che una sola nazione dominasse il continente. Alle 17,30 Hitler ricevette l'ambasciatore francese, ma non ebbe nulla di * O, se non estraneo alla guerra, almeno non impegnato a fondo. Lo fa intendere il generale Halder in una ricapitolazione della " serie di avvenimenti " del 25 agosto contenuta in una annotazione scritta nel suo diario più tardi, il 28 agosto. Dopo aver registrato che alle 13,30 del giorno 2.5 Hitler aveva ricevuto Henderson, Halder aggiunse: " II Fiihrer non se la prenderebbe se ' Inghilterra inscenasse una finta guerra ". 598 Verso la guerra mondiale molto importante da dirgli, se non ripetergli che non si potevano più sopportare " le provocazioni polacche nei riguardi del Reich ", che egli non avrebbe attaccato la Francia ma che se la Francia fosse entrata nel conflitto la Germania avrebbe combattuto contro di essa sino alla fine. Quindi fece cenno di congedare l'inviato francese alzandosi dalla sedia. Ma Coulondre aveva qualche cosa da dire al Fùhrer del Terzo Reich: dandogli la propria parola d'onore di soldato, si disse certo " che se la Polonia verrà attaccata, la Francia sarà al fianco della Polonia, con tutte le sue forze ". " Per me sarebbe molto spiacevole dover combattere contro il vostro paese, ma ciò non dipende da me, - rispose Hitler. - Vi prego di riferirlo a Monsieur Daladier " *. Erano, a Berlino, le 18 del 25 agosto. Nella capitale durante tutto il giorno la tensione era andata crescendo. Per ordine della Wilhelmstrasse, fin dalle prime ore del pomeriggio tutte le comunicazioni radiofoniche, teleg fiche e telefoniche con l'estero erano state interrotte. La sera precedente gli ultimi corrispondenti dei giornali e i civili inglesi e francesi si erano affrettati a partire diretti alla frontiera più vicina. Durante la giornata di venerdì 25, si seppe che il Ministero degli Esteri germanico aveva telegrafato alle ambasciate e ai consolati tedeschi in Polonia, Francia e Gran Bretagna incaricandoli di invitare i cittadini tedeschi a rientrare in patria attraverso la via più breve. I miei appunti del 24 e 25 agosto rievocano l'atmosfera febbrile che regnava a Berlino. Il tempo era caldo e soffocante e tutti erano ansiosi. Dovunque, nella città agitata, venivano piazzate batterie contraeree, e il ciclo era continuamente attraversato da bombardieri diretti verso la Polonia. " Si direbbe che siamo in guerra ", annotavo in fretta la sera del 24; " la guerra è imminente ", scrivevo di nuovo il giorno dopo, e mi ricordo che i tedeschi che incontrammo quelle due sere alla Wilhelmstrasse sussurravano che Hitler aveva dato l'ordine ai soldati di entrare in Polonia all'alba. Ora sappiamo che l'ordine era di attaccare alle 4,30 del mattino di sabato 26 agosto*. Fino alle ore 18 del 25, nulla di quanto era avvenuto nel corso della giornata, neppure le assicurazioni personali degli ambasciatori Hen-derson e Coulondre che la Gran Bretagna e la Francia avrebbero certamente mantenuto i loro impegni con la Polonia, aveva smosso Hitler dalla sua decisione di dar corso al piano prestabilito di aggressione. Ma verso le 18, o poco dopo, giunsero da Londra e da Roma notizie che resero esitante quell'uomo dalla volontà apparentemente incrollabile. Dai documenti segreti tedeschi e dalle testimonianze postbelliche dei * Benché gli ordini non revocati di Hitler avessero stabilito l'attacco per quella data e per quell'ora e, come disse Halder, fossero destinati a scattare " automaticamente ", diversi autori tedeschi hanno scritto che il Fùhrer poco dopo le 3 pomeridiane ordinò che si desse il via al " caso bianco " la mattina dopo (cfr. WEIZSACKER, Memoirs; KORDT, Wahn und Wirklichkeit; e WALTHER HOFER, War Premeditateti, 1939). Hofer dice che l'ordine fu dato alle 15,02 e cita come fonte di questa informazione il generale Von Vormann, che era presente alla Cancelleria quando l'ordine fu emesso. Fra i documenti tedeschi non è stata trovata nessuna testimonianza ufficiale in proposito. Gli ultimi giorni di pace
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William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt funzionar! della Wilhelmstrasse non risulta del tutto chiaro a quale ora precisa Hitler apprese che era stato firmato a Londra il trattato ufficiale anglopolacco che trasformava la garanzia unilaterale data dalla Gran Bretagna alla Polonia in un patto di mutua assistenza *. Nel diario di Halder e in quello della marina tedesca si accenna al fatto che a mezzogiorno del 25 agosto alla Wilhelmstrasse si ebbe sentore che tale patto sarebbe stato firmato nel corso della giornata. Il capo dello Stato maggiore generale scrive che a mezzogiorno ricevette dall'OKW una telefonata, con la quale gli si chiedeva l'estremo limite a cui si poteva rimandare la decisione di attaccare. Egli rispose: fino alle tre del pomeriggio. Il diario della marina informa anche che la notizia del patto anglo-polacco e della " comunicazione del " duce " " giunse a mezzogiorno7. Ma ciò appare impossibile. Secondo quanto risulta da un'annotazione tedesca scritta sul documento, la lettera del " duce " non arrivò prima delle " sei pomeridiane all'incirca ". Inoltre Hitler non poteva essere stato informato della firma a Londra del trattato anglo-polacco prima di quell'ora perché essa ebbe luogo soltanto alle 17,35, per di più appena quindici minuti dopo che l'ambasciatore polacco a Londra, conte Edward Raczyriski, aveva ricevuto telefonicamente dal ministro degli Esteri di Varsavia l'autorizzazione a firmare **. Qualunque fosse l'ora in cui le ricevette (è lecito pensare alle sei del pomeriggio), Hitler fu impressionato dalle notizie giunte da Londra. Il trattato poteva ben rappresentare la risposta della Gran Bretagna alla sua " offerta ", il cui testo avrebbe dovuto ormai essere a Londra. Esso significava il fallimento del suo tentativo di comprare gli inglesi, così come aveva comprato i russi. Il dottor Schmidt, che si trovava nell'ufficio di Hitler quando giunse la notizia, ricordò in seguito che il Fuhrer, dopo aver letta la comunicazione, si sedette sovrappensiero al suo tavolo di lavoro '. Mussolini indietreggia. Le sue meditazioni furono interrotte poco dopo da notizie altrettanto spiacevoli, questa volta provenienti da Roma. Per tutto il pomeriggio il dittatore tedesco aveva atteso con " malcelata impazienza " (come dice il dottor Schmidt) la risposta del " duce " alla sua lettera. Alle ore 15, poco dopo che Henderson se n'era andato, fu convocato alla Cancelleria l'ambasciatore italiano Attolico, il quale però potè soltanto informare il Fuhrer che non era ancora giunta nessuna risposta. Hitler divenne talmente inquieto che mandò Ribbentrop a telefonare a Ciano; ma il ministro degli Esteri non * In questo trattato vi era un protocollo segreto il quale precisava che la " potenza europea ", di cui all'articolo i, che con la sua aggressione avrebbe determinato la mutua assistenza Militare, era la Germania. Tale protocollo salvò il governo britannico dalla disastrosa necessità di dover dichiarare guerra all'Unione Sovietica quando l'Armata Rossa, d'accordo con i tedeschi, invase la Polonia orientale. ** A differenza della Gran Bretagna, in Germania non vigeva l'ora legale. Per tale ragione, non figura la differenza di un'ora tra Berlino e Londra. 600 Verso la guerra mondiale riuscf a trovarlo. Attolico - racconta Schmid t - fu congedato con scarsa cortesia '. Da qualche giorno Hitler aveva ricevuto da Roma degli avvertimenti; gli era stato detto che il suo alleato dell'Asse si sarebbe probabilmente tirato indietro al momento cruciale dell'attacco contro la Polonia, e queste informazioni non erano prive di fondamento. Appena tornato a Roma dopo i suoi deludenti incontri dell'i i, 12 e 13 agosto con Hitler e Ribbentrop, Ciano si era messo al lavoro per convincere Mussolini a volgersi contro i tedeschi iniziativa che non era sfuggita all'occhio vigile dell'ambasciata tedesca a Roma. Il diario del ministro degli Esteri fascista registra gli alti e bassi dei suoi sforzi per schiarire le idee a Mussolini e staccarlo in tempo da Hitler in caso di guerraI0. La sera del suo ritorno da Berchtesgaden, il 13 agosto, Ciano ebbe un incontro col " duce " e, dopo avergli riferito i suoi colloqui con Hitler e Ribbentrop, tentò di convincerlo che i tedeschi " ci [avevano] ingannato e mentito " e che " [stavano] per tirarci in un'avventura ". Quella sera Ciano scrisse nel suo diario: Le reazioni del Duce sono di varia natura. Dapprima mi da ragione, poi dice che l'onore lo obbliga a marciare con la Germania. Infine afferma che vuole la sua parte di bottino in Croazia e in Dalmazia. 14 agosto. Trovo Mussolini pensoso. Io non esito ad eccitare in lui ogni reazione antigermanica e con ogni mezzo. Gli parlo del suo prestigio scosso e della sua posizione di secondo poco brillante. E soprattutto, gli consegno una documentazione che prova la mala fede germanica nella questione polacca. Pagina 419
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt L'alleanza è stata conclusa su premesse che essi rinnegano adesso; sono essi i traditori, e non dobbiamo avere scrupoli a piantarli in asso. Ma Mussolini ne ha ancora molti. L'indomani Ciano discusse con Mussolini per sei ore, fino ad esaurire l'argomento. ij agosto. Il Duce... è entrato nell'ordine di idee che è impossibile marciare a occhi bendati con la Germania. Egli fa però una riserva: vuole preparare lo sganciamento, ma fare ciò in modo da non rompere brutalmente le relazioni con Berlino... Il Duce è sempre più convinto che le democrazie si batteranno... Questa volta è la guerra. E noi non possiamo farla perché le nostre condizioni non ce lo permettono. 18 agosto. Nella mattinata, colloquio col Duce con la sua solita altalena di sentimenti. Egli ritiene ancora possibile che le democrazie non marcino e che la Germania possa a buon mercato fare un ottimo affare, dal quale non vuole escludersi. Poi teme l'ira di Hitler. Pensa che una denuncia - o qualcosa di simile - del Patto, possa indurre Hitler ad abbandonare la questione polacca, per saldare il conto dell'Italia. Tutto ciò lo rende nervoso e inquieto. 20 agosto. Il Duce in mia assenza ha fatto marcia indietro. Vuole ad ogni costo af fiancare la Germania nel conflitto che è ormai prossimo... Colloquio a tre, Mussolini, io, Attolico [L'ambasciatore era rientrato a Roma da Berlino, per consultazioni]. In sostan za: è troppo tardi per piantare in asso i tedeschi... La stampa di tutto il mondo direbbe che l'Italia è vile... Cerco di polemizzare, ma stasera è una vana fatica: è pervicacemente intestato in questa idea... 21 agosto. Oggi ho parlato chiaro... Quando sono entrato nella stanza, Mussolini mi ha confermato la sua decisione di marciare con i tedeschi. " Voi, Duce, non potete e non dovete farlo... Andai a Salisburgo per trattare una linea comune: mi trovai di fronte a un Diktat. I tedeschi - non noi - hanno tradito l'alleanza... Stracciate il Patto. Getta telo in faccia a Hitler!... " 20 Gli ultimi giorni di pace 601 Risultato di questo colloquio fu la decisione che Ciano organizzasse l'indomani un incontro con Ribbentrop al Brennero e lo informasse che l'Italia si sarebbe tenuta al di fuori di un conflitto provocato da un attacco tedesco contro la Polonia. Ciano, che aveva chiesto una comunicazione telefonica con Ribbentrop per mezzogiorno, dovette attendere molte ore prima di potergli parlare; finalmente, alle 17,30, ottenne la linea. Il ministro degli Esteri nazista non potè dare a Ciano una risposta immediata alla sua proposta di incontrarsi al Brennero entro così breve tempo, essendo " in attesa di un importante messaggio da Mosca ". Disse che avrebbe chiamato più tardi. Chiamò infatti alle 22,30. Ciano scrisse nel suo diario: 22 agosto. ler sera alle 10,30 si è prodotto il colpo di scena. Ribbentrop ha telefonato che avrebbe preferito vedermi a Innsbruck anziché alla frontiera, dovendo poi partire per Mosca onde firmare il Patto politico con i Soviet. Per Ciano e Mussolini fu quella una notizia davvero stupefacente. Essi decisero che un incontro tra i due ministri degli Esteri " non sarebbe più stato opportuno ". Ancora una volta, gli alleati tedeschi avevano dimostrato di non tenerli in nessuna considerazione, giacché avevano trascurato di informarli delle loro trattative con Mosca. Le esitazioni di Mussolini, i sentimenti antitedeschi di Ciano e l'eventualità che l'Italia potesse sottrarsi agli obblighi assunti in base all'articolo 3 del patto d'Acciaio, secondo il quale ognuno dei contraenti si impegnava a partecipare automaticamente alla guerra qualora l'altra parte " si trovasse coinvolta in ostilità con una terza potenza ", tutto ciò fu risaputo a Berlino prima che Ribbentrop partisse per Mosca il 22 agosto. Il 20 agosto il conte Massimo Magistrati, incaricato d'affari italiano a Berlino, andò a trovare Weizsacker al Ministero degli Esteri e gli fece capire che da parte italiana esisteva uno stato d'animo - come disse il segretario di Stato a Ribbentrop in un memorandum riservato " - " che non mi sorprende e, a mio avviso, dev'essere senz'altro preso in considerazione ". Magistrati fece Pagina 420
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt notare a Weizsacker che la Germania, poiché non si era attenuta alle clausole dell'alleanza, le quali contemplavano continui contatti e consultazioni sulle questioni di maggiore importanza, e aveva considerato le divergenze con la Polonia come un problema esclusivamente tedesco, " dimostrava di voler rinunciare all'aiuto militare dell'Italia ". E se, contrariamente alla convinzione dei tedeschi, il conflitto polacco si fosse esteso provocando una guerra europea, l'Italia non riteneva che sussistessero " le premesse " dell'alleanza. In una parola l'Italia cercava una via d'uscita. Due giorni dopo, il 23 agosto, pervenne a Berlino un altro avvertimento, questa volta da parte dell'ambasciatore a Roma, Hans Georg von Macken-sen. Egli scrisse a Weizsacker per informarlo di quanto era accaduto " dietro le quinte ". La lettera, secondo una nota scritta in margine al documento sequestrato con la calligrafia di Weizsacker, fu " sottoposta al Fùhrer ". Essa dovette aprirgli gli occhi. La posizione dell'Italia, delineatasi in seguito a una serie di incontri tra Mussolini, Ciano e Attolico, era, secondo Mackensen, 602 Verso la guerra mondiale la seguente: la Germania, se avesse invaso la Polonia, avrebbe violato il patto d'Acciaio, basato sull'impegno di non provocare una guerra fino al 1942. Inoltre, a differenza di quanto pensava il suo alleato tedesco, Mussolini era certo che se la Germania avesse attaccato la Polonia sia la Gran Bretagna sia la Francia sarebbero intervenute " e, con esse, anche gli Stati Uniti, dopo qualche mese ". Mentre la Germania sul fronte occidentale sarebbe rimasta sulla difensiva, i francesi e gli inglesi, secondo l'opinione del Duce, sarebbero scesi in Italia con tutte le forze a loro disposizione. Cosi l'Italia avrebbe dovuto sostenere da sola il peso della guerra per dare al Fiihrer il modo di sistemare la questione orientale... u. Fu in seguito a questi avvertimenti che Hitler inviò la lettera a Mussolini il mattino del 25 agosto e attese tutto il giorno la risposta con crescente impazienza. Poco dopo la mezzanotte del giorno prima, Ribbentrop, terminata la relazione al Fùhrer dei particolari del suo trionfo di Mosca, aveva telefonato a Ciano per informarlo, " dietro suggerimento del Fùhrer ", dell'" estrema gravita della situazione, dovuta alle provocazioni polacche " *. Un'annotazione di Weizsacker rivela che tale telefonata aveva lo scopo di " far sf che gli italiani non potessero più parlare di sviluppi inattesi ". Quindi il " duce " sapeva già che l'attacco tedesco alla Polonia era imminente, quando, alle 15,20 del 25 agosto, l'ambasciatore Mackensen gli consegnò la lettera di Hitler, a Palazzo Venezia, a Roma. A differenza di Hitler, Mussolini era certo che la Gran Bretagna e la Francia sarebbero entrate immediatamente in guerra, con conseguenze catastrofiche per l'Italia, la cui marina non era in grado di reggere il confronto con quella britannica nel Mediterraneo e il cui esercito sarebbe stato schiacciato da quello francese**. Secondo un dispaccio inviato da Mackensen a Berlino alle 22,25, nel quale l'ambasciatore riferiva sul suo incontro con Mussolini, il " duce ", dopo aver letto attentamente la lettera due volte in sua presenza, si dichiarò " completamente d'accordo " riguardo al patto nazi-sovietico e disse di rendersi conto che " non si poteva più evitare un conflitto armato con la Polonia ". Infine, e Mackensen riferf che questo lo affermò con particolare enfasi " egli sarebbe rimasto al nostro fianco incondizionatamente, con tutti i mezzi a sua disposizione " ". * Bisogna tener presente che le " provocazioni polacche ", tanto messe in risalto iri quei giorni da Hitler e Ribbentrop nei loro incontri e nelle note diplomatiche scambiate con inglesi, francesi, russi e italiani, e propalate con titoli cubitali dalla stampa controllata dai nazisti, erano quasi completamente inventate dai tedeschi. La maggior parte delle provocazioni in Polonia erano opera di tedeschi che ricevevano ordini da Berlino. Nei documenti tedeschi caduti in mano agli Alleati si trovano numerose prove in proposito. ** II giorno prima - il 24 agosto - Ciano aveva fatto visita al re, nella sua residenza estiva in Piemonte, e il vecchio monarca, che era stato messo da parte da Mussolini, aveva parlato sprezzantemente delle forze armate del suo paese. Secondo Ciano, egli avrebbe detto: " L'esercito è in uno stato pietoso. Perfino la difesa della frontiera è insufficiente. Egli aveva fatto trentadue ispezioni ed era convinto che i francesi potevano attraversarla con grande facilità. Gli ufficiali dell'esercito italiano non sono qualificati per il loro compito e il nostro equipaggiamento è vecchio ed antiquato " (Diario di Ciano, p. 148). Gli ultimi giot
pace Pagina 421
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Ma il " duce " all'insaputa dell'ambasciatore tede^on ^risse al Fii'ire una lettera di diverso tenore. Ciano ne telefonò il testo ,& s Estrema urge° ad Attolico, che era rientrato a Berlino e che " verso J i pomeridi * " a , arrivò alla Cancelleria per consegnarla personalmente ^e Molf Hitler^6" condo Schmidt, che era presente, essa colpì il Fùhrer C^JQ Xm fulmine. , pò aver espresso la sua " completa approvazione " rigu^oU al patto naZ'j . . vietico e la sua " comprensione per il problema della ftia ", Muss" veniva al punto essenziale con queste parole: Quanto all'atteggiamento pratico dell'Italia nel caso di un^ militare [la s" lineatura è di Mussolini], il mio punto di vista è il seguente: /alk r_e. Se la Germania attaccherà la Polonia e il conflitto rimarrà \\ ve^ *ato, l'Italia f° rà alla Germania qualsiasi assistenza politica ed economica che ' na^Tà richiesta. un Se la Germania attaccherà la Polonia * e gli alleati di quesr oppone inizieranl* non contrattacco verso la Germania, Vi informo d'anticipo che sarLlla ^rtuno per me <jjca prendere l'iniziativa in operazioni militari, dato l'attuale stato ^jifor^reparazione \£'' e italiana, circa la quale abbiamo ripetutamente e in tempo utile ' ^ato Voi, Fiibf ' Herr von Ribbentrop. jo s^ • jn. Nondimeno il nostro intervento può aver luogo senza indu/^ess. la Germania c aj_ vierà immediatamente le forniture militari e le materie prime n jpahvtie per resistff noj l'attacco che la Francia e la Gran Bretagna dirigerebbero prin^ pel- ^nte contro & e^ Nei nostri incontri la guerra era stata prevista per il 1942, '. Quell'epoca io stato pronto in terra, in mare e in ciclo, secondo i piani stabilirgià , ^g Sono inoltre dell'opinione che le misure puramente miUtari|ric% tese, e le artfÉitan. si prenderanno in seguito, immobilizzeranno, in Europa e in A ' ingenti forze cesi e britanniche. jtà ^ ntj. Considero mio sacro dovere di amico leale dirvi l'intera ve*jli cv informarvi iti tj cipo della situazione reale. Il non farlo potrebbe avere deprecat^are ..tiseguenze pef . ^ noi. Questo è il mio pensiero e, dato che tra breve dovrò convt' ' più alti orgaP governo, Vi prego di farmi conoscere il Vostro. ** is MUSSOLINI * Nella traduzione tedesca della lettera di Mussolini, trovata negli,| Pu^i del Ministeri rma. Esteri dopo la guerra e da me utilizzata nel presente lavoro, in quest |iina, 'o la parola " v' ja ^ nia " è stata cancellata con un segno e vi è stato scritto sopra, a maW puH,.'.a parola " Poi" jta] di modo che si legge: " Se la Polonia attacca... " Invece nell'originale "• È KJcato dal goverf^j^ liano dopo la guerra sta scritto: " Se la Germania attacca la Polonia 4a'i Sfrigolare che i ** falsificassero perfino i documenti segreti depositati nei loro archivi ufS^statv I Stato 14. scrit** Come se per Hitler la lettera di Mussolini non fosse stata abl>jegli .*> amara, diversi ace tori tedeschi, in gran parte testimoni diretti dei drammatici eventi P\ Fw''timi giorni di unó hanno pubblicato un testo immaginario di questa lettera del " duce " '{O <j fer. Erich Koro''to jj dei cospiratori antinazisti, che fu capo della segreteria del MinistO" i, Sii Esteri, è t& pub_ primo a dare alle stampe questa versione artefatta, nel suo libro Wi \tiiQ\\ d Wirklichkeil> ajtt; blicato a Stoccarda nel 1947. Kordt l'ha eliminata nella seconda eVa '^ del libro, m* unj scrittori hanno continuato a riprenderla dalla prima edizione. Essa figMesc ^Zwischen HitV, paul Stalin di Peter Kleist, uscito nel 1950, e Pagina 422
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt perfino nella traduzione inAt° fidile memorie ..divertente ragp circa la falsificazione di questa lettera, cfr. NAMIER, In thè Nazi Ere 604 Verso la guerra mondiale Così, se da un lato Hitler poteva contare sulla neutralità benevola del-l'URSS anziché paventare il suo intervento, dall'altro l'alleato legato alla Germania dal patto d'Acciaio si ritirava; e ciò proprio il giorno in cui sembrava che la Gran Bretagna avesse preso irrevocabilmente posizione firmando con la Polonia un patto di mutua assistenza contro l'aggressione tedesca. Hitler lesse la lettera del " duce ", disse ad Attolico che avrebbe dato immediatamente una risposta e congedò con estrema freddezza l'inviato italiano. Uscito Attolico, il dottor Schmidt udì Hitler commentare amaramente: " Gli italiani si stanno comportando proprio come nel 1914 " - e quella sera la Cancelleria risuonò di improperi all'indirizzo dello " sleale alleato dell'Asse ". Ma le parole non risolvevano la situazione. Secondo i piani prestabiliti, l'esercito tedesco avrebbe dovuto mettersi in marcia contro la Polonia nove ore dopo: erano infatti, in quel momento, le 18,30 del 25 agosto, e l'invasione era prevista per le 4,30 del mattino del 26 agosto. Il dittatore nazista doveva decidere senza indugio, tenendo conto delle notizie giunte da Londra e da Roma, se mantenere inalterato il programma, o spostare la data, o rinunciare addirittura a tutto. Mentre accompagnava Attolico fuori dallo studio di Hitler, Schmidt si imbattè nel generale Keitel che correva dal Fuhrer. Pochi minuti dopo il generale usciva in gran fretta gridando concitatamente al suo aiutante: " L'ordine di avanzata dev'essere nuovamente rimandato! " Hitler, messo con le spalle al muro da Mussolini e da Chamberlain, aveva rapidamente preso una decisione. " II Fuhrer è assai agitato ", annotò Hal-der nel suo diario, e continuava: Ore 19,30. Ratificato il trattato tra Polonia ed Inghilterra. Non si iniziano le ostilità. Si debbono fermare tutti i movimenti di truppe, perfino in prossimità della frontiera, se non è possibile altrimenti. Ore 20,3 y. Conferma di Keitel. Canaris: revocate le restrizioni delle comunicazioni telefoniche con l'Inghilterra e la Francia. Conferma lo sviluppo degli avvenimenti. Il diario della marina tedesca contiene ragguagli più particolareggiati in merito al rinvio e alle ragioni che l'avevano determinato: 25 agosto. Il " caso bianco " già iniziato verrà fermato alle 20,30 in seguito alla mutata situazione politica (patto di mutua assistenza fra Inghilterra e Polonia del 25 agosto, ore 12, e dichiarazione del Duce che egli è bensì pronto a mantenere la sua parola, ma che deve chiedere grandi rifornimenti di materie prime) ". Tre dei principali accusati al processo di Norimberga diedero durante l'interrogatorio una propria versione del rinvio dell'attacco". Ribbentrop affermò che quando venne a sapere del patto anglo-polacco e " apprese " che " si stavano prendendo misure militari contro la Polonia " (come se egli non fosse stato perfettamente al corrente dell'attacco), si recò " immediatamente " dal Fuhrer e lo esortò a rinunciare all'invasione della Polonia; sul che " il Fuhrer fu subito d'accordo ". Ciò è di certo completamente falso. Le testimonianze di Keitel e Gò'ring sembrano un po' più sincere. " Fui improvvisamente chiamato da Hitler alla Cancelleria, - raccontò Keitel a Gli ultimi giorni di pace 605 Norimberga nel corso della sua deposizione. - Egli mi disse: Fermate subito ogni cosa. Ho bisogno di tempo per condurre dei negoziati ". Che fino all'ultimo momento Hitler fosse convinto di potere uscire dalla difficile situazione per mezzo di negoziati, è stato confermato da Goring in un interrogatorio svoltosi a Norimberga prima del processo. Il giorno in cui l'Inghilterra diede ufficialmente alla Polonia la sua garanzia, il Fiih-rer mi chiamò al telefono e mi disse di aver sospeso la Pagina 423
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt progettata invasione della Polonia. Gli chiesi se la misura era temporanea o definitiva. Rispose: " No, devo vedere se riesco a impedire l'intervento britannico ". Per quanto la defezione all'ultimo momento di Mussolini costituisse per Hitler un colpo molto grave, appare evidente dalla testimonianza citata che la firma da parte della Gran Bretagna del trattato di mutua assistenza con la Polonia, ebbe un peso assai maggiore sulla decisione del dittatore tedesco di rinviare l'attacco. È certo strano che Hitler pensasse ancora di riuscire, come disse a Goring, " a impedire l'intervento britannico ", dopo che l'ambasciatore Henderson, quello stesso giorno, l'aveva nuovamente avvertito che se la Polonia fosse stata attaccata la Gran Bretagna sarebbe scesa in campo, e dopo che il governo britannico aveva proprio allora dato solennemente la sua parola in tal senso con un trattato ufficiale. È probabile che l'esperienza fatta con Chamberlain a Monaco abbia indotto Hitler a credere che il primo ministro avrebbe capitolato di nuovo, solo che si fosse trovata una via d'uscita. Ma resta pur sempre strano che un uomo, che aveva dimostrato in passato tanto acume in politica estera, non si rendesse conto del cambiamento avvenuto in Chamberlain e nella situazione della Gran Bretagna: cambiamento che, dopo tutto, egli stesso aveva provocato. Fu assai difficile fermare l'esercito tedesco la sera del 25 agosto, giacché molte unità erano già in movimento. Nella Prussia orientale l'ordine che revocava l'attacco pervenne al I corpo d'armata del generale Petzel alle ore 21,37, e s°l° gli sforzi disperati di parecchi ufficiali, precipitosamente mandati a raggiungere i distaccamenti avanzati, riuscirono ad arrestare le truppe. Al crepuscolo le colonne motorizzate del corpo del generale von Kleist, dislocate al sud, avevano cominciato a marciare in direzione della frontiera polacca. Esse furono arrestate presso il confine da un ufficiale dello Stato maggiore che aveva effettuato un audace attcrraggio vicino alla frontiera con un piccolo aereo da ricognizione. In alcuni settori gli ordini arrivarono soltanto quando la sparatoria era già cominciata; tuttavia, dato che i tedeschi stavano provocando incidenti da parecchi giorni lungo tutto il confine, lo Stato maggiore generale polacco non sospettò di che cosa realmente si trattasse. Pertanto, il 26 agosto, esso comunicò che numerose " bande tedesche " avevano attraversato il confine e attaccato fortini e stazioni di dogana con mitragliatrici e bombe a mano e che " in un caso si era trattato.cli un distaccamento dell'esercito regolare ". 606 Verso la guerra mondiale Gioia e confusione tra i "cospiratori". •;.< La notizia, diffusa la sera del 25 agosto, che Hitler aveva revocato l'ordine d'attacco contro la Polonia, fu motivo di grande giubilo per il gruppo di cospiratori dell'Abivehr. Il colonnello Oster comunicò la notizia a Schacht e a Gisevius, esclamando: " II Fuhrer è rovinato ", e la mattina dopo l'ammiraglio Canaris fu ancor più giubilante. " Hitler, - dichiarò Canaris, - non potrà superare questo colpo. La pace è salva per altri vent'anni ". Entrambi pensavano che il problema di eliminare il dittatore nazista fosse ormai superato: Hitler era un uomo finito. Per parecchie settimane, mentre quella fatale estate volgeva al termine, i cospiratori - tali essi si consideravano - si erano nuovamente messi in moto, benché riesca difficile comprendere lo scopo preciso di quella loro attività. Goerdeler, Adam von Trott, Helmuth von Moltke, Fabian von Schla-brendorff e Rudolf Pechel avevano tutti compiuto un pellegrinaggio a Londra dove avevano informato non solo Chamberlain e Halifax, ma anche Churchill e altri dirigenti inglesi, che Hitler stava progettando di attaccare la Polonia per la fine di agosto. Questi tedeschi contrari a Hitler si rendevano ben conto che la Gran Bretagna, compreso Chamberlain col suo ombrello, era cambiata dai giorni di Monaco e che l'unica condizione da essi posta l'anno precedente per eliminare Hitler (cioè che la Gran Bretagna e la Francia dichiarassero che si sarebbero opposte con misure militari a qual-siasi nuova aggressione nazista) ormai era stata soddisfatta. Che cos'altro aspettavano? Ciò non risulta ben chiaro dalla documentazione che ci hanno lasciato, anzi si ha l'impressione che non lo sapessero neppure loro. Per quanto ben intenzionati, erano irretiti da una grande confusione di idee e da un paralizzante senso di inanità. Il controllo che Hitler esercitava in Germania sulle forze armate, la polizia, il governo e il popolo era tale che non poteva venir scosso o minato qualsiasi azione essi pensassero di intraprendere. Il 15 agosto von Hassell fece visita al dottor Schacht nella sua nuova garconnière di Berlino. L'ex ministro dell'Economia, ora a riposo, era appena Pagina 424
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt rientrato da un viaggio di sei mesi in India e in Birmania. Hassell scrisse nel suo diario: " II punto di vista di Schacht è che non possiamo far nient'al-tro che tenere gli occhi aperti e attendere, e che le cose seguiranno il loro inevitabile corso ". Secondo quanto ha annotato nel suo diario, lo stesso Hassell quel giorno disse a Gisevius che " anche lui era propenso a rinviare, per il momento, ogni azione diretta ". Ma quale " azione diretta " si doveva rinviare? Il generale Halder, desideroso quanto Hitler di annientare la Polonia, non aveva, in quel momento, alcun interesse a liberarsi del dittatore. Il generale von Witzleben, che l'anno precedente avrebbe dovuto guidare le truppe destinate a rovesciare il Fuhrer, era ora al comando di un gruppo di armate a occidente; non era quindi in condizione di agire a Berlino, anche se l'avesse voluto. Ma era veramente deciso ad agire in quel senso? Gisevius andò a trovarlo Gli ultimi giorni di pace 607 al suo quartier generale proprio mentre stava ascoltando le notizie trasmesse dalla BBC di Londra, e si rese subito conto che al generale interessava unicamente sapere come andavano le cose. Quanto al generale Halder, egli era così occupato ad approntare i piani definitivi per l'attacco contro la Polonia, che ben poco tempo gli restava per coltivare progetti sediziosi in vista dell'eliminazione di Hitler. Interrogato a Norimberga, il 26 febbraio 1946, fu quanto mai vago circa le ragioni per cui egli stesso e gli altri presunti nemici del regime nazista nulla avevano fatto negli ultimi giorni di agosto per deporre il Fuhrer e salvare cosi la Germania dalla guerra. " Non era possibile ", disse. Perché? " Perché il generale von Witzleben era stato trasferito a occidente. Senza Witzleben l'esercito non poteva agire ". E il popolo tedesco? Allorché il capitano Sam Harris, pubblico accusatore americano a Norimberga, ricordando a Halder la sua dichiarazione che il popolo tedesco era contrario alla guerra, gli chiese: " Se Hitler si era irrevocabilmente votato alla guerra, com'è che non potevate contare sull'appoggio del popolo, prima dell'invasione della Polonia? " Halder rispose: " Scusate se sorrido. Se odo la parola " irrevocabile " riferita a Hitler, devo dire che niente era irrevocabile ". E il capo dello Stato maggiore generale spiegò che ancora il 22 agosto, dopo che Hitler aveva comunicato ai generali riuniti all'Obersalzberg la sua immutabile decisione di attaccare la Polonia e, se necessario, scendere in campo contro l'Occidente, lui stesso non era per nulla convinto che il Fuhrer avrebbe fatto ciò che aveva dichiarato". Alla luce delle annotazioni contenute nel diario di Halder in quel periodo, si trattava di una affermazione davvero stupefacente, caratteristica non solo di Halder ma anche della maggior parte degli altri " cospiratori ". Dov'era il generale Beck, predecessore di Halder nella carica di capo dello Stato maggiore generale dell'esercito? Secondo Gisevius, Beck scrisse una lettera al generale von Brauchitsch, ma il comandante in capo dell'esercito non si degnò nemmeno di rispondere. In seguito, dice Gisevius, Beck ebbe una lunga conversazione con Halder, il quale pur ammettendo che una grande guerra avrebbe condotto la Germania alla rovina, si disse convinto che " Hitler non avrebbe mai permesso lo scoppio di una guerra mondiale " e che quindi, per il momento, non c'era bisogno di deporlo ". Il 14 agosto Hassell pranzò con Beck, e fissò nel suo diario il senso di sconforto che aveva pervaso entrambi. Beck [è] un uomo molto colto, simpatico e intelligente. Purtroppo ha ben poca stima delle persone oggi alla testa dell'esercito. Per questo non sa dove potremmo trovare un aiuto. È fermamente convinto dell'indirizzo sbagliato della politica del Terzo Reich2°. I sentimenti di Beck, e degli altri intorno a lui, erano elevati e nobili, ma mentre Adolf Hitler si preparava a gettare la Germania nella guerra, nemmeno uno di questi stimabili tedeschi osò muoversi per fermarlo. Il compito era certo difficile e forse ormai inattuabile, ma essi non tentarono neppure. 608 Verso la guerra mondiale Un tentativo pare lo abbia compiuto il generale Thomas. Dopo aver compilato per Keitel un memorandum e averlo letto di persona al capo del-l'OKW a metà agosto *, gli fece visita nuovamente domenica 27 agosto, e, secondo la sua stessa relazione, gli consegnò dei " documenti statistici illustrati con grafici... [i quali] dimostravano chiaramente la enorme superiorità militare ed economica delle potenze occidentali e i pericoli a cui andremmo incontro ". Keitel, con insolito coraggio, mostrò il materiale a Hitler, il quale rispose di Pagina 425
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt non condividere le " preoccupazioni del generale Thomas circa il pericolo di una guerra mondiale, specie ora che l'Unione Sovietica era dalla sua parte "21. Così ebbero fine gli sforzi dei " cospiratori " per trattenere Hitler dallo scatenare la seconda guerra mondiale, a prescindere dai deboli tentativi compiuti all'ultim'ora dal dottor Schacht, tanto vantati dall'astuto finanziere nella sua autodifesa al processo di Norimberga. In agosto, al suo ritorno dall'India, Schacht scrisse a Hitler, a Góring e a Ribbentrop (nel momento decisivo pare che nessuno dei capi dell'opposizione sia andato più in là di qualche lettera e memorandum) ma, " con sua grande sorpresa " (così disse in seguito), non ricevette risposta. Decise allora di recarsi a Zossen, poche miglia a sud-est di Berlino, dove l'alto comando dell'esercito aveva stabilito il suo quartier generale per la campagna di Polonia, per conferire personalmente col generale von Brauchitsch. Che cosa gli avrebbe detto? A Norimberga nella sua deposizione Schacht spiegò che intendeva dire al capo dell'esercito che sarebbe stato anticostituzionale per la Germania entrare in guerra senza l'approvazione del Reichstag! Era quindi un dovere, per il comandante in capo dell'esercito, tener fede al giuramento prestato alla costituzione. Purtroppo il dottor Schacht non riuscì a vedere Brauchitsch. Canaris lo avvertì che se fosse venuto a Zossen il comandante dell'esercito " lo avrebbe probabilmente fatto subito arrestare " - prospettiva, questa, che non sembrava attrarre molto l'ex sostenitore di Hitler22. Ma la vera ragione per cui Schacht non andò a Zossen a compiere il suo ridicolo passo (se proprio avesse voluto prendersi il disturbo di adempiere a tale formalità, sarebbe stato per Hitler un gioco da bambini far approvare la guerra da un Reichstag puramente decorativo), fu esposta da Gisevius nella sua testimonianza in favore di Schacht a Norimberga. Sembra che Schacht avesse deciso di andare a Zossen il 25 agosto e che rinunciasse al viaggio quando Hitler, la stessa sera, sospese l'attacco contro la Polonia in programma per il giorno seguente. Tre giorni più tardi, secondo la testimonianza di Gisevius, Schacht decise nuovamente di compiere il suo passo a Zossen, ma Canaris lo informò che era troppo tardi23. Non si può dire che i cospiratori abbiano perso l'autobus: essi non andarono neppure alla fermata per tentare di prenderlo. * Cfr. sopra, pp. 562-63. Gli ultimi giorni di pace 609 Al pari dell'azione degli antinazisti tedeschi, risultò sterile il tentativo dei vari dirigenti del mondo neutrale che fecero appello al Fuhrer perché evitasse la guerra. Il 24 agosto il presidente Roosevelt inviò messaggi urgenti a Hitler e al presidente della Repubblica polacca invitandoli ad appianare le divergenze tra i due paesi senza ricorrere alle armi. In una dignitosa risposta, inviata il giorno dopo, il presidente Moscicki fece presente a Roosevelt che, sebbene non fosse la Polonia ad " avanzare richieste e a esigere concessioni ", pure essa era disposta a risolvere le divergenze con la Germania attraverso negoziati diretti o mediazioni, in conformità all'invito del presidente degli Stati Uniti. Hitler non rispose (Roosevelt gli aveva ricordato che egli non aveva dato risposta al suo appello del mese di aprile); così il giorno seguente, 25 agosto, il presidente inviò un secondo messaggio, nel quale informava Hitler della risposta conciliante di Moscicki e lo supplicava di " non respingere i mezzi pacifici per sistemare le cose accettati dal governo della Polonia ". Neppure alla seconda lettera fu data risposta, ma la sera del 26 agosto Weizsà'cker convocò l'incaricato d'affari americano a Berlino, Alexander C. Kirk, e lo pregò di riferire al presidente che il Fuhrer aveva ricevuto i due telegrammi e li aveva rimessi " al ministro degli Esteri affinchè venissero presi in considerazione dal governo ". Il papa intervenne il 24 agosto, con un messaggio radiofonico in favore della pace; in esso si scongiuravano " nel nome di Cristo... i potenti [ad] ascoltarci affinchè non diventino deboli a causa dell'ingiustizia... [e] non vogliano che la loro potenza sia causa di distruzione ". Nel pomeriggio del 31 agosto il papa inviò note di identico tenore ai governi della Germania, della Polonia, dell'Italia e delle due potenze occidentali, " scongiurando, nel nome di Dio, il governo tedesco e quello polacco... di evitare qualsiasi incidente ", chiedendo ai governi britannico, francese e italiano di appoggiare il suo appello e aggiungendo: II papa non vuole abbandonare la speranza che i negoziati in corso condurranno a una giusta e pacifica soluzione. Sua Santità, come quasi tutti, del resto, non si rendeva conto che i " negoziati in corso " non erano che un espediente propagandistico di Hitler per giustificare la sua aggressione. In realtà, come vedremo fra breve, in Pagina 426
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt quell'ultimo pomeriggio di pace non vi erano affatto in corso negoziati, né in buona né in cattiva fede. Pochi giorni prima - il 23 agosto - anche il re del Belgio, in nome dei governi delle potenze della convenzione doganale di Oslo (Belgio, Olanda, Lussemburgo, Finlandia e i tre Stati scandinavi), aveva lanciato un commovente appello per la pace, invitando " gli uomini politici responsabili a risolvere mediante negoziati le loro divergenze e rivendicazioni ". Il 28 agosto il re del Belgio e la regina d'Olanda offrirono congiuntamente i loro buoni uffici " nella speranza di allontanare la guerra "24. 6io Verso la guerra mondiale Per quanto questi appelli dei neutrali fossero nobili nella forma e negli intenti, a rileggerli oggi essi danno un senso di patetica irrealtà. Si direbbe che il presidente degli Stati Uniti, il papa e i governanti delle piccole democrazie dell'Europa settentrionale vivessero in un pianeta diverso da quello del Terzo Reich e non si rendessero conto di quanto stava avvenendo a Berlino più che di quanto accadeva su Marte. Tale ignoranza della mentalità, del carattere e delle intenzioni di Adolf Hitler, o, per dir meglio, dei tedeschi in genere (i quali, tranne poche eccezioni, erano pronti a seguirlo ciecamente, dovunque e comunque, senza curarsi della morale, dell'etica, dell'onore o della concezione cristiana dell'uomo) sarebbe costata molto cara nei mesi seguenti ai popoli guidati da Roosevelt e dai monarchi del Belgio, dell'Olanda, del Lussemburgo, della Norvegia e della Danimarca. Quelli fra di noi che si trovavano a Berlino negli ultimi giorni carichi di tensione prima dello scoppio della guerra, e che cercavano di comunicare le notizie all'estero, ben poco riuscivano a sapere di quanto stava avvenendo sia alla Wilhelmstrasse, sede della Cancelleria e del Ministero degli Esteri, sia alla Bendlerstrasse, dove i militari avevano i loro uffici. Seguivamo come meglio potevamo l'andirivieni alla Wilhelmstrasse. Controllavamo ogni giorno con cura un'infinità di voci, di indiscrezioni e di notizie tendenziose. Cercavamo di interpretare l'umore dell'uomo della strada, o dei funzionari statali, dei capi partito, dei diplomatici e degli ufficiali di nostra conoscenza. Ma a quel tempo, sia noi sia il grosso pubblico, eravamo quasi completamente all'oscuro del contenuto dei frequenti, spesso burrascosi colloqui dell'ambasciatore Henderson con Hitler e Ribbentrop, della corrispondenza fra Hitler e Chamberlain, Mussolini e Stalin, del tenore delle conversazioni di Ribbentrop con Molotov e con Ciano, dei messaggi segreti di cui vi era un attivissimo scambio fra i disorientati diplomatici e i funzionari del Ministero degli Esteri, e infine dei vari movimenti che i capi militari stavano progettando o effettuando. Naturalmente, anche noi al pari del pubblico sapevamo qualcosa. Il patto nazi-sovietico era stato strombazzato ai quattro venti (il protocollo segreto relativo alla spartizione della Polonia e del resto dell'Europa orientale venne però alla luce solamente dopo la guerra). Ancor prima che esso fosse firmato, avevamo saputo che Henderson si era recato in volo a Berchtesga-den per assicurare Hitler che il patto non avrebbe dissuaso la Gran Breta-gna dal mantener fede alla garanzia data alla Polonia. All'inizio dell'ultima settimana di agosto, ci si rese conto a Berlino, che, qualora non si fossero ripetute le circostanze di Monaco, la guerra era ormai inevitabile e che essa sarebbe scoppiata entro pochi giorni. Il 25 agosto, gli ultimi civili britannici e francesi residenti in Germania si allontanarono dal paese. Il giorno dopo fu disdetto ufficialmente il grande raduno nazista a Tannenberg, in programma per il 27 agosto, nel corso del quale Hitler avrebbe dovuto prendere la parola; lo stesso accadde per il congresso annuale del partito a No-rimberga (chiamato da Hitler il Congresso della Pace), che doveva aver luogo nella prima settimana di settembre. Il 27 agosto il governo annunciò Gli ultimi giorni di pace 611 che a partire dal giorno dopo avrebbe avuto inizio il razionamento dei generi alimentari, del sapone, delle scarpe, dei tessili e del carbone. Ricordo che questo annuncio, più d'ogni altra cosa, rese consapevole il popolo tedesco dell'imminenza della guerra, provocando commenti ad alta voce tra la gente. Lunedì 28 agosto i berlinesi assistettero all'ininterrotto passaggio attraverso la città delle truppe dirette a est, trasportate da camion, furgoni e ogni altro tipo di veicolo che si era potuto racimolare. Anche questo particolare contribuì ad aprire gli occhi all'uomo della strada. Fu quella, ricordo, una fine settimana calda e afosa e la maggior parte dei berlinesi, nonostante l'imminenza della guerra, era andata ai laghi e nei boschi Pagina 427
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt che circondano la capitale. Rientrando in città la domenica sera, i berlinesi appresero dalla radio che vi era stata una riunione segreta non ufficiale del Reichstag alla Cancelleria. In un comunicato del DNB (Deutsches Nachrichtenburo) si diceva che " il Fiihrer poneva in risalto la gravita della situazione ". Era questa la prima volta che il pubblico veniva informato da Hitler della gravita del momento. Non furono forniti particolari sulla seduta e tranne i membri del Reichstag e dell'entourage di Hitler nessuno potè conoscere lo stato d'animo in cui si trovava, in quel giorno, il dittatore nazista. Una descrizione si trova nel diario di Halder, nella annotazione del 28 agosto, in cui l'autore riferisce quanto gli aveva detto il colonnello Oster, déH'Abwebr. Conferenza alla Cancelleria del Reich alle 17,30. Sono presenti i membri del Reichstag e parecchie personalità del partito... Situazione molto grave. Si è deciso di risolvere in un modo o nell'altro la questione orientale. Programma minimo: restituzione di Dan-zica, soluzione del problema del corridoio. Programma massimo: " dipenderà dalla situazione militare ". Se il programma minimo non potrà essere realizzato, allora la guerra: guerra brutale! Lo stesso Hitler sarà in prima linea. L'atteggiamento del Duce serve ai nostri interessi. Guerra molto dura, forse disperata. " Finché vivo non si parlerà di capitolazione ". Patto sovietico molte volte interpretato dal partito in modo errato. Un patto con Satana per cacciare il diavolo... " Applausi al momento dovuto, ma poco nutriti ". Impressioni personali sul Fiihrer: esaurito, sparuto, voce rauca, preoccupato. " Intorno a sé ha ora esclusivamente dei consiglieri delle SS ". A Berlino l'osservatore straniero poteva rendersi conto come la stampa, sotto la guida esperta del dottor Goebbels, ingannasse l'ingenuo popolo tedesco. Per sei anni, in seguito alla Gleichschaltung, all'" inquadramento " dei quotidiani, vale a dire la soppressione della libertà di stampa, i cittadini erano stati privati di ogni informazione obiettiva su ciò che accadeva nel mondo. Per qualche tempo si poterono ancora trovare nelle principali edicole giornali svizzeri in lingua tedesca stampati a Zurigo e Basilea, che riportavano notizie corrispondenti alla verità. Ma negli ultimi anni la loro vendita era stata proibita nel Reich, o almeno limitata a poche copie. I tedeschi che sapevano l'inglese e il francese potevano trovare ogni tanto copie dei giornali di Londra e di Parigi, peraltro sufficienti solo per un numero limitatissimo di persone. " Un mondo completamente isolato, quello in cui vivono i tedeschi! 6i2 Verso la guerra mondiale annotavo nel mio diario il io agosto 1939. - A farcelo ricordare basta un'occhiata ai giornali di ieri e di oggi ". Ero rientrato in Germania dopo una breve licenza trascorsa a Washington, New York e Parigi e due giorni prima, ritornando in treno dalla mia casa in Svizzera, avevo comperato un fascio di giornali di Berlino e della Renania. Essi mi fecero ripiombare subito nello strano mondo nazista, dissimile dal mondo che avevo appena lasciato quasi si trattasse di un altro pianeta. Sempre il io agosto, dopo il mio arrivo a Berlino, scrissi: Mentre tutto il resto del mondo è convinto che la pace sta per finire per colpa della Germania, che è la Germania a minacciare la Polonia... qui in Germania, nel mondo creato dai giornali locali, si sostiene esattamente il contrario... I giornali nazisti affermano rumorosamente: la Polonia disturba la pace europea; la Polonia minaccia di invadere la Germania coi suoi eserciti... POLONIA ATTENZIONE! ammonisce nel titolo principale la " Berliner Bbrsen Zeitung ", e aggiunge: RISPOSTA ALLA POLONIA: PAZZI SANGUINARI (Amok-Laufer) CONTRO LA PACE e LA GIUSTIZIA IN EUROPA! " II titolo di " Der Fuhrer ", quotidiano di Karlsruhe, comperato sul treno, è: VARSAVIA MINACCIA DI BOMBARDARE DANZICA - AGITAZIONE INCREDIBILE DELLA MEGALOMANIA POLACCA (des polnischen Grossenwahnsinns)\ Ve da chiedersi: può davvero il popolo tedesco prestar fede a queste fandonie!? Se lo domandate ai tedeschi, risulta che moltissimi ci credono. Alla data stabilita da Hitler per l'attacco contro la Polonia - sabato 26 agosto - la campagna giornalistica di Goebbels raggiunse il culmine. Ho segnato nel mio diario alcuni titoli: La " Berliner Bbrsen Zeitung ": CAOS COMPLETO IN POLONIA - FAMIGLIE TEDESCHE FUGGONO - TRUPPE POLACCHE PREMONO SULLA FRONTIERA TEDESCA! Il " I2-Uhr Blatt ": SI SCHERZA COL FUOCO OLTRE MISURA - TRE AEROPLANI CIVILI FATTI SEGNO AL FUOCO POLACCO - NEL CORRIDOIO NUMEROSE FATTORIE TEDESCHE IN FIAMME! Recandomi alla sede della radio, a mezzanotte, mi procurai l'edizione domenicale (27 agosto) del " Volkischer Beobachter ". I titoli, a caratteri alti Pagina 428
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt un pollice, occupavano tutta la parte superiore della prima pagina: TUTTA LA POLONIA IN FERMENTO PER LA GUERRA! UN MILIONE E MEZZO DI UOMINI MOBILITATI! CONTINUI TRASPORTI DI TRUPPE VERSO LA FRONTIERA! CAOS NELL'ALTA SLE-SIA! Naturalmente, non vi era alcun accenno a una mobilitazione da parte tedesca, sebbene, come s'è visto, la Germania avesse mobilitato già da una settimana. Gli ultimi sei giorni di pace. Riavutosi dalla doccia fredda della lettera di Mussolini, pervenuta nelle prime ore della sera del 25 agosto, lettera che, insieme alla notizia della firma dell'alleanza anglo-polacca, l'aveva indotto a rinviare l'attacco contro la Polonia fissato per l'indomani, Hitler inviò al " duce " una breve nota nella quale gli chiedeva "quali strumenti bellici e quali materie [occorrevano], Gli ultimi storni di face 613 e entro quanto tempo ", perché l'Italia potesse " prender parte a un grande conflitto europeo ". La lettera fu trasmessa telefonicamente dallo stesso Rib-bentrop all'ambasciatore a Roma alle 19,40 e consegnata al dittatore italiano alle 2i,3025. La mattina seguente, a Roma, Mussolini ebbe uno scambio di idee coi capi delle forze armate italiane, al fine di compilare una lista di quanto era strettamente necessario per una guerra della durata di dodici mesi. Secondo le parole di Ciano, che partecipò alla compilazione della lista, essa " è tale da uccidere un toro se la potesse leggere " ". In essa si parlava di sette milioni di tonnellate di petrolio, di sei milioni di tonnellate di carbone, di due milioni di tonnellate di acciaio, di un milione di tonnellate di legname; seguivano moltissime altre voci, per finire con 600 tonnellate di molibdeno, 400 tonnellate di titanio e 20 tonnellate di zirconio. Inoltre Mussolini chiedeva 150 batterie antiaeree per proteggere la zona industriale dell'Italia settentrionale, a pochi minuti di volo dalle basi aeree francesi: particolare che egli fece presente a Hitler in una lettera compilata contemporaneamente alla lista. Il messaggio fu trasmesso telefonicamente da Ciano ad Attolico a Berlino poco dopo il mezzogiorno del 26 agosto e da Attolico immediatamente consegnato a Hitler27. Si trattava di qualcosa di più di un imponente elenco del materiale necessario. Il documento era un chiaro indizio dell'intenzione del dittatore fascista di sciogliersi dai suoi impegni verso il Terzo Reich; il Fùhrer, dopo aver letto questa seconda lettera, non potè più avere dubbi in proposito. Mussolini scriveva al suo camerata: Fùhrer, non Vi avrei inviato questo elenco o, almeno, esso avrebbe contenuto un numero minore di voci e cifre molto più basse, se avessi avuto il tempo, da noi previsto di comune accordo, per accumulare riserve e accelerare i tempi dell'autarchia. È mio dovere informarvi che, senza la certezza di ricevere questi rifornimenti, i sacrifìci che imporrei al popolo italiano... sarebbero probabilmente inutili e potrebbero compromettere, insieme alla vostra causa, anche la mia. Dal canto suo, l'ambasciatore Attolico, che era contrario alla guerra e, qualora questa fosse scoppiata, alla partecipazione dell'Italia al fianco della Germania, nel consegnare il messaggio a Hitler aggiunse che " tutto il materiale doveva giungere in Italia prima dell'inizio delle ostilità " e che tale richiesta era " categorica " *. Mussolini sperava ancora in una seconda Monaco. Nella sua lettera aggiunse una frase in cui dichiarava che, se il Fiihrer riteneva che vi fosse ancora " qualche possibilità di soluzione in sede politica ", in tal caso, egli * Questo punto causò a Berlino un ancor maggiore risentimento e una certa confusione a Roma, che Ciano dovette chiarire. Attolico spiegò più tardi a Ciano di aver deliberatamente insistito affinchè l'intera fornitura venisse effettuata prima dello scoppio delle ostilità " per scoraggiare i tedeschi dal venire incontro alle nostre richieste ". Consegnare tredici milioni di tonnellate di materiale in pochi giorni era naturalmente del tutto impossibile, e Mussolini presentò le sue scuse all'ambasciatore von Mackensen per il " malinteso ", riconoscendo che " neppure l'Onnipotente potrebbe trasportare qui tali quantità in pochi giorni. Non gli era mai venuto in mente di fare una richiesta così assurda "28. 614 Verso la guerra mondiale era pronto, come in passato, a offrire tutto il suo appoggio al collega tedesco. Nonostante le loro intime relazioni personali, il patto d'Acciaio e le ostentate Pagina 429
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt manifestazioni di solidarietà degli anni precedenti, persine all'ultima ora Hitler aveva preferito non confidare a Mussolini il suo vero obiettivo, l'annientamento della Polonia, e di ciò l'alleato italiano era ancora completamente all'oscuro. Soltanto alla fine di quella giornata - 26 agosto - fu colmata tale lacuna. Tre ore dopo aver ricevuto il messaggio del " duce ", il Fiihrer inviò una lunga risposta. Anche questa volta Ribbentrop la comunicò per telefono, alle 15,08, all'ambasciatore a Roma, von Mackensen, il quale si affrettò a consegnarla a Mussolini poco dopo le 17. Hitler dichiarava che alcune richieste italiane, ad esempio quelle riguardanti il carbone e l'acciaio, potevano essere senz'altro accolte; molte altre, al contrario, non potevano essere accolte. In ogni caso, la condizione su cui aveva insistito Attolico, cioè che il materiale venisse fornito prima dello scoppio delle ostilità, era " impossibile ". Hitler rese poi noti, finalmente, al suo amico e alleato i veri e immediati obiettivi della Germania. Poiché né la Francia né la Gran Bretagna potranno conseguire ad occidente successi decisivi e poiché la Germania, grazie all'accordo con la Russia, dopo la sconfitta della Polonia avrà libere tutte le sue forre impegnate in oriente..., non rinuncerò a risolvere la questione orientale anche a rischio di complicazioni con l'Occidente. Duce, io comprendo la vostra situazione e vi chiedo soltanto di tener impegnate, in base alla vostra stessa proposta, forze anglo-francesi mediante un'efficace propaganda e mediante opportune azioni militari dimostrative2'. È questa la prima conferma, ricavata dai documenti tedeschi, che, ven-tiquattr'ore dopo la revoca dell'ordine di attacco alla Polonia, Hitler aveva ripreso fiducia e non abbandonava i suoi progetti, " anche a rischio " di una guerra con l'Occidente. La stessa sera del 26 agosto Mussolini compi un ulteriore debole tentativo per dissuaderlo. Egli scrisse un nuovo messaggio al Fùhrer, Ciano lo trasmise ad Attolico e questi lo consegnò alla Cancelleria del Reich poco prima delle 19. Fiihrer! Voglio sperare che il malinteso creato involontariamente da Attolico sia stato subito chiarito... Tranne le batterie antiaeree, ciò che ho chiesto avrebbe dovuto esserci fornito nel corso di dodici mesi. Ma, benché il malinteso sia stato chiarito, è evidente che vi sarebbe impossibile aiutarmi materialmente a colmare i vuoti creati nell'armamento italiano dalle guerre di Etiopia e di Spagna. Così assumerò l'atteggiamento da voi suggerito, almeno nella fase iniziale del conflitto, tanto da immobilizzare la maggior quantità possibile di truppe anglo-francesi - il che sta già avvenendo. Nel contempo accelererò al massimo i preparativi militari. Tuttavia, il " duce " - preoccupato per la meschina parte da lui svolta in quel momento decisivo - era ancora convinto che si dovesse prendere in considerazione la possibilità di una nuova Monaco. Nella lettera diretta al Fùhrer, continuava: Gli ultimi giorni di pace 615 ... Oso insistere nuovamente, non certo per considerazioni di carattere pacifista, estranee alla mia natura, ma nell'interesse dei nostri due popoli e dei nostri due regimi, sull'opportunità di venire a una soluzione di carattere politico, che io ritengo ancora possibile: soluzione, naturalmente, tale da dare alla Germania piena soddisfazione, moralmente e materialmente 30. Come risulta dai documenti, il dittatore italiano si batteva per la pace solo perché non era pronto per la guerra. Ma questo ruolo gli risultava assai poco gradito. " Vi lascio immaginare, - dichiarava a Hitler nell'ultimo dei messaggi scambiati il 26 agosto, - il mio stato d'animo nel veder costretto, per forza maggiore, a non darvi una prova tangibile di solidarietà nel momento dell'azione ". Alla fine di quella laboriosa giornata Ciano annotò nel suo diario: " II Duce è veramente sconvolto. Il suo istinto militare e il suo senso dell'onore lo portavano al combattimento. La ragione l'ha fermato. Ma molto ne soffre... Oggi ha dovuto dar di cozzo in una dura realtà. E per il Duce è stato uno schianto ". Dopo questo serrato scambio di lettere, Hitler si rassegnò ad esser lasciato nei guai da Mussolini. Nella tarda sera del 26 agosto inviò un nuovo messaggio al suo alleato dell'Asse, messaggio che fu trasmesso telegraficamente da Berlino alle o, i o del 27 agosto e che giunse a Mussolini alle 9 del mattino. Duce! ho ricevuto la vostra comunicazione circa il vostro atteggiamento definitivo. Rispetto le ragioni e i motivi che vi hanno indotto a prendere Pagina 430
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt questa decisione. Comunque, se si verificheranno certe circostanze, essa potrà portare a qualcosa di positivo. Secondo me l'essenziale è però che almeno fino all'inizio della lotta il mondo non sappia dell'atteggiamento che l'Italia intende adottare. Così vi chiedo vivamente di sostenere la mia lotta psicologicamente, con la stampa o con altri mezzi. Vorrei anche pregarvi, Duce, di costringere, se possibile, la Gran Bretagna e la Francia, per mezzo di azioni militari dimostrative, a tenere impegnate una parte delle loro forze armate, e comunque di lasciar quelle due nazioni nell'incertezza. Ma, Duce, la cosa più importante è questa: se, come ho detto, dovessi impegnarmi in una grande guerra, il suo esito a est sarà deciso prima che le due potenze occidentali possano ottenere qualsiasi successo. Allora quest'inverno, o al più tardi in primavera, attaccherò a occidente con forze almeno eguali a quelle della Francia e della Gran Bretagna... Devo chiedervi un grande favore, Duce. In questa difficile lotta, voi e il vostro popolo potete aiutarmi mandandomi dei lavoratori italiani, sia per l'industria che per l'agricoltura... Faccio appello in special modo alla vostra generosità per questa mia richiesta e vi ringrazio per tutto ciò che avete fatto per la causa comune. ADOLF HITLER 31. Il " duce " rispose nel tardo pomeriggio che il mondo non avrebbe " saputo prima dello scoppio delle ostilità quale [sarebbe stato] l'atteggiamento dell'Italia "; egli avrebbe conservato rigorosamente il segreto. Inoltre avrebbe tenuto impegnato il maggior numero possibile di forze inglesi e francesi e avrebbe mandato i lavoratori italiani che Hitler desiderava32. Qualche ora prima egli aveva ripetuto all'ambasciatore von Mackensen " con parole convincenti, come riferì l'ambasciatore a Berlino, - di ritenere ancora possibile raggiungere tutti i nostri obiettivi senza ricorrere alla guerra ", e aveva 616 Verso la guerra mondiale aggiunto che avrebbe nuovamente prospettato questa soluzione nella sua lettera al Fùhrer ". Ma non lo fece: in quel momento sembrava troppo scoraggiato perfino per riparlarne. L'esercito francese era pressoché la sola forza alleata sul fronte occidentale, ma esso superava di gran lunga, numericamente, le forze tedesche; ciò nonostante, Hitler non sembrò preoccuparsi di questo fatto negli ultimi giorni di agosto, né di quello che avrebbero fatto i francesi. Il 26 agosto, il presidente del Consiglio Daladier inviò al Fùhrer una lettera commossa ed eloquente per rammentargli quale sarebbe stata la reazione della Francia: se la Polonia fosse stata attaccata, la Francia sarebbe scesa in campo. Daladier scriveva: Se non attribuite al popolo francese una concezione dell'onore nazionale meno alta di quella che io stesso riconosco al popolo tedesco, non dovete dubitare che la Francia manterrà le solenni promesse fatte ad altre nazioni, come la Polonia... Dopo aver rivolto a Hitler un appello affinchè cercasse una soluzione pacifica per le sue divergenze con la Polonia, Daladier aggiungeva: Se il sangue della Francia e della Germania scorrerà nuovamente, come venticinque anni fa, in una guerra ancor più lunga e cruenta, ognuno dei due popoli combatterà sperando nella propria vittoria: ma la vittoria pili certa l'avranno le forze della distruzione e della barbarie.M. L'ambasciatore Coulondre, nel consegnare la lettera di Daladier, aggiunse a voce un vibrato appello personale, scongiurando Hitler " in nome dell'umanità e per la tranquillità della sua coscienza, di non lasciarsi sfuggire quest'ultima occasione per una soluzione pacifica ". Ma l'ambasciatore ebbe " il dolore " di dover riferire a Parigi che la lettera di Daladier non aveva commosso il Fiihrer: " egli è irremovibile ", disse. La risposta che Hitler dette il giorno seguente al presidente del Consiglio francese era abilmente formulata e mirava a far leva sulla riluttanza dei francesi " a morire per Danzica ": egli però non usò questa frase, propria invece dei pacifisti francesi. Dopo la restituzione della Saar la Germania aveva rinunciato a ogni rivendicazione territoriale nei confronti della Francia, dichiarava Hitler; non c'era quindi ragione perché i francesi entrassero in guerra. Se lo facevano, non era colpa sua, anzi era per lui cosa " molto penosa ". Furono questi gli unici contatti diplomatici fra la Germania e la Francia durante l'ultima settimana di pace. Coulondre non vide più Hitler dopo l'incontro del 26 agosto. La nazione che in quel frangente preoccupava di più il Pagina 431
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt cancelliere tedesco era la Gran Bretagna. Come Hitler aveva confessato a Goring la sera del 25 agosto, al momento del rinvio dell'attacco contro la Polonia, egli era sempre preoccupato di far in modo di " evitare l'intervento britannico ". Gli ultimi giorni di pace 617 La Germania e la Gran Bretagna all'undicesima ora. " II Fiihrer è notevolmente scosso ", aveva annotato nel suo diario il generale Halder il 25 agosto, quando le notizie da Roma e da Londra avevano indotto Hitler ad arrestarsi davanti all'abisso della guerra. Ma il pomeriggio seguente il capo dello Stato maggiore generale notò un brusco cambiamento nel dittatore. " II Fùhrer è molto calmo e lucido ", egli scrisse nel suo diario alle 15,22. La ragione di ciò si può trovare nel diario del generale. " Preparare tutto per la mattina del settimo giorno di mobilitazione. L'attacco comincerà il i° settembre ". L'ordine fu telefonato da Hitler all'alto comando dell'esercito. Hitler, dunque, avrebbe combattuto la sua guerra contro la Polonia. Questo era certo. Nel frattempo, avrebbe fatto il possibile per tener fuori gli inglesi. Gli appunti del diario di Halder rispecchiano i pensieri del Fiihrer e del suo entourage durante la giornata decisiva del 26 agosto. Corre voce che l'Inghilterra sia disposta a prendere in considerazione una proposta di vasta portata *. I particolari al ritorno di Henderson. Secondo altre voci l'Inghilterra si riserva il diritto di dichiarare se gli interessi vitali della Polonia sono minacciati o no. In Francia aumentano le dimostrazioni contro la guerra in senso antigovernativo... Nostro piano: chiediamo Danzica, un corridoio attraverso il Corridoio e un plebiscito analogo a quello della Saar. Forse l'Inghilterra accetterà; la Polonia probabilmente no. Un cuneo tra le due nazioni3S. La sottolineatura è di Halder, e non vi è dubbio che fino a un certo punto rifletta il pensiero di Hitler. Il Fiihrer si sarebbe sforzato di inserire un cuneo fra la Polonia e la Gran Bretagna e di fornire a Chamberlain un pretesto per sciogliersi dal suo impegno con Varsavia. Dopo aver ordinato all'esercito di tenersi pronto a marciare per il i° settembre, attese da Londra la risposta circa la sua magnanima offerta di " garantire " l'impero britannico. Egli ebbe due contatti col governo britannico, ma non a mezzo dell'ambasciata tedesca a Londra. L'ambasciatore Dirksen era in licenza e non ebbe parte alcuna nei frenetici negoziati dell'ultima ora. Uno di quei contatti fu ufficiale, avvenne tramite l'ambasciatore Henderson, giunto a Londra con un aeroplano tedesco speciale il mattino di sabato 26 agosto con le proposte del Fùhrer. L'altro fu non ufficiale, clandestino e, come risultò, assai dilettantesco, tramite un amico svedese di Goring, Birger Dahlerus, uomo che amava girare qua e là, giunto in volo a Londra da Berlino il giorno prima con un messaggio del capo della Luftwaffe per il governo britannico. " A quel tempo, - riferì Goring in seguito, durante un interrogatorio a Norimberga, - ero in contatto con Halifax per mezzo di un corriere speciale, fuori dai regolari canali diplomatici"**36. Alle 18,30 di venerdì 25 agosto, * Cioè l'offerta di Hitler del 25 agosto di " garantire " l'impero britannico. ** " Ribbenftop non era assolutamente al corrente della missione di Dahlerus, dichiarò Goring nella sua deposizione a Norimberga. - Non ho mai discusso la questione di Dahlerus con 618 Verso la guerra mondiale questo " corriere " svedese si presentò al ministro degli Esteri britannico, a Londra. Dahlerus era stato chiamato da Stoccolma a Berlino il giorno prima da Goring il quale l'aveva informato che, malgrado il patto nazi-sovietico, firmato la sera precedente, la Germania desiderava venire a un'" intesa " con la Gran Bretagna. Egli aveva messo a disposizione dello svedese uno dei suoi aerei personali affinchè potesse recarsi subito a Londra, a informare Lord Halifax di questa importante circostanza. Il ministro degli Esteri, che un'ora prima aveva firmato il patto di mutua assistenza con la Polonia, ringraziò Dahlerus per i suoi sforzi e lo informò che Henderson aveva appena conferito con Hitler a Berlino e stava ritornando in volo a Londra con le ultimissime proposte del Fùhrer; inoltre, poiché i canali ufficiali di comunicazione tra Berlino e Londra erano stati riaperti, riteneva che i servizi dell'intermediario svedese non potevano essere, ormai, di alcuna utilità. Invece ben presto risultò il contrario. Quella stessa sera, quando Dahlerus poche ore dopo telefonò a Goring per riferirgli la sua conversazione con Halifax, il feldmaresciallo lo informò che la situazione era peggiorata in Pagina 432
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt seguito alla firma del trattato anglo-polacco e probabilmente soltanto una conferenza tra rappresentanti dell'Inghilterra e della Germania avrebbe potuto salvare la pace. Come testimoniò poi a Norim-berga, Goring, al pari di Mussolini, credeva ancora nella possibilità di una seconda Monaco. A tarda sera l'infaticabile svedese informò il Foreign Office della conversazione avuta con Goring, e la mattina dopo fu invitato nuovamente a conferire con Halifax. Questa volta egli persuase il ministro degli Esteri britannico a inviare una lettera a Goring, che a suo giudizio era l'unico tedesco che avrebbe potuto evitare la guerra. Redatta in termini generici, la lettera era breve e non impegnativa. Essa confermava semplicemente il desiderio dell'Inghilterra di venire a una soluzione pacifica e sottolineava la necessità di " poter disporre ancora di qualche giorno " per raggiungere questo scopo *. Ribbentrop. Questi non sapeva affatto che Dahlerus faceva la spola fra Berlino e Londra, come intermediario fra me e il governo britannico " ". Però Goring tenne informato Hitler. * II testo della lettera è stato pubblicato in Documents on British Foreign Policy, ter2a serie, voi. VII, p. 283. Era stato omesso in tutti i documenti britannici pubblicati, fino all'uscita di questo volume, avvenuta nel 1954. L'omissione era stata molto commentata dagli storici britannici. Dahlerus non è nominato nel British Blue Book contenente i documenti relativi allo scoppio della guerra, né nel Final Report di Henderson, e neppure nel libro dello stesso Henderson intitolato Fatture of a Mission, sebbene in esso si faccia riferimento all'intermediario svedese come a un " elemento in contatto con Goring ". Nei dispacci di Henderson e di altri funzionari dell'ambasciata inglese, ora pubblicati, Dahlerus e la sua attività appaiono con una parte alquanto importante; così pure in vari memorandum del Foreign Office. I tentativi fatti da questo singolare uomo d'affari svedese per salvare la pace restarono segreti, e sia la Wilhelmstrasse che Downing Street s'ingegnarono a tenere nascosti i suoi movimenti ai giornalisti e ai diplomatici neutrali, i quali, per quanto mi consta, non ne seppero assolutamente nulla fino alla deposizione fatta da Dahlerus a Norimberga il 19 marzo 1946. Il suo libro, L'ultimo tentativo, fu pubblicato in svedese nel 1942, a guerra finita, ma l'edizione inglese non apparve prima del 1948 e altri sei anni dovettero passare prima che la parte da lui avuta in quel frangente risultasse, per così dire, confermata ufficialmente dai documenti raccolti nel volume VII della serie DBrFP. I documenti del Ministero degli Esteri tedesco relativi al mese di agosto non contengono nessun accenno a Dahlerus. tranne in un memorandum d'ordine corrente che riporta una comunicazione fatta dalla società aerea Lufthansa. Essa aveva fatto sapere Gli ultimi giorni di pace 619 Ciò nonostante il grasso feldmaresciallo la ritenne " della massima importanza ". Dahlerus gliePaveva consegnata la sera del 26 agosto, mentre egli, sul suo treno speciale, stava recandosi al quartier generale della Luft-waffe, a Oranienburg. Il treno si fermò alla prima stazione, fu ordinata un'auto e i due uomini partirono a tutta velocità alla volta della Cancelleria, dove giunsero a mezzanotte. Il palazzo non era illuminato: Hitler era già a letto, ma Gòring insistette per farlo alzare. Dahlerus, come tanti altri, fino a quel momento aveva creduto Hitler una persona ragionevole, che fosse, come l'anno prima a Monaco, pronto ad accettare una soluzione pacifica. Lo svedese doveva conoscere, in quest'occasione, le sinistre fantasie e il terribile carattere del carismatico dittatore38. Per lui, fu un'esperienza conturbante. Hitler non si curò affatto della lettera di Halifax rimessa da Dahlerus, che a Gòring era apparsa così importante da indurlo a svegliare il Fuhrer in piena notte. Invece per venti minuti egli intrattenne lo svedese con la narrazione delle sue prime lotte, delle sue grandi conquiste e dei suoi tentativi di giungere a un'intesa con gli inglesi. Quando Dahlerus gli disse incidentalmente di essere vissuto per un certo periodo in Inghilterra come lavoratore, il cancelliere lo interrogò circa quella strana isola e i suoi strani abitanti, che egli invano si era sforzato di capire. Segui una lunga disquisizione alquanto tecnica sulla potenza militare tedesca. Dahlerus dice che a questo punto egli cominciò a pensare che la sua visita " non avrebbe avuto risultati positivi ". Tuttavia lo svedese finì col trovare l'occasione per parlare degli inglesi e della sua conoscenza di quel popolo. Hitler mi ascoltò senza interrompermi... poi, improvvisamente, si alzò e, eccitato e nervoso, si mise a camminare su e giù dicendo, quasi a se stesso, che la potenza della Germania era irresistibile... D'un tratto si fermò in mezzo alla stanza e restò in piedi, con lo sguardo fisso. Aveva la voce turbata e un Pagina 433
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt aspetto assolutamente anormale. Parlava con frasi staccate: " Se ci sarà una guerra, costruirò sommergibili, costruirò sommergibili, sommergibili, sommergibili, sommergibili ". La sua voce si fece indistinta tanto che non si poteva più afferrare quel che diceva. Poi riprese il controllo di sé, alzò la voce come per rivolgersi a un grande uditorio e gridò: " Costruirò aeroplani, costruirò aeroplani, aeroplani, aeroplani, e annienterò i miei nemici ". Sembrava un fantasma uscito da un libro di favole piuttosto che un essere reale. Lo guardai sbigottito e mi volsi per vedere quale fosse la reazione di Gòring; ma questi non batteva ciglio. Infine, l'agitato cancelliere andò vicino al suo ospite e gli disse: " Herr Dahlerus, voi che conoscete così bene l'Inghilterra, sapete dirmi la ragione del continuo fallimento dei miei tentativi per venire con essa a un accordo? " Dahlerus confessa di " avere esitato, a tutta prima ", poi di aver risposto che, dal suo punto di vista personale, " la ragione era la mancanza di fiducia, da parte inglese, sia in lui che nel suo governo ". Dahlerus dice che Hitler, per tutta risposta, stendendo in fuori il braccio che " Dahlerus, un signore inviato dal Foreign Office " era arrivato a Berlino il 26 agosto su uno degli apparecchi della società. Però il nome dello svedese figura in alcuni documenti successivi. 620 Verso la guerra mondiale destro e battendosi il petto con la mano sinistra, gridò: " Idioti! Ho mai detto una menzogna, in tutta la mia vita? " Infine il dittatore nazista si calmò, vi fu una discussione circa le proposte fatte da Hitler per mezzo di Henderson e si decise che Dahlerus sarebbe tornato in volo a Londra con un'altra offerta per il governo britannico. Go-ring non fu d'accordo che essa venisse messa per iscritto; fu quindi detto all'accondiscendente svedese che doveva impararla a memoria. La proposta conteneva sei punti: i) la Germania desiderava un patto o un'alleanza con la Gran Bretagna; 2) la Gran Bretagna doveva aiutare la Germania ad ottenere Danzica e il corridoio; la Polonia avrebbe però avuto un porto franco a Danzica e avrebbe conservato il porto di Gdynia sul Baltico e un corridoio per raggiungerlo; 3) la Germania era pronta a garantire le nuove frontiere polacche; 4) la Germania pretendeva la restituzione delle sue antiche colonie o di altre equivalenti; 5) si dovevano dare garanzie alle minoranze tedesche in Polonia; 6) la Germania si sarebbe impegnata a difendere l'impero britannico. Con queste proposte bene impresse in mente, Dahlerus si recò in aereo a Londra la mattina di domenica 27 agosto, e poco dopo mezzogiorno, compiuti complicati giri per schivare i giornalisti ficcanaso, riusciva infine a comparire al cospetto di Chamberlain, di Lord Halifax, di Sir Horace Wilson e Sir Alexander Cadogan. Era evidente che ora il governo inglese prendeva molto sul serio il corriere svedese. Egli aveva portato con sé qualche affrettato appunto gettato giii durante il viaggio, concernente il suo incontro della sera prima con Hitler e Goring. Egli assicurò i due più importanti componenti del gabinetto britannico, i quali ora stavano esaminando il suo memorandum, che durante il colloquio Hitler aveva mantenuto un atteggiamento " calmo e composto ". Sebbene negli archivi del Foreign Office non sia stata rinvenuta alcuna documentazione di questa straordinaria seduta domenicale, essa è stata ricostruita nel volume che raccoglie i documenti dello stesso Foreign Office (voi. VII, terza serie), in base ai dati forniti da Lord Halifax e da Cadogan, e al memorandum dello svedese. La versione britannica differisce leggermente da quella data da Dahlerus nel suo libro e a Norimberga; riunendo i vari resoconti, risulta la seguente versione, che sembra sia la più esatta possibile. Chamberlain e Halifax si resero subito conto di trovarsi di fronte a due gruppi diversi di proposte da parte di Hitler; quelle trasmesse a Henderson divergevano dalle nuove, ora fatte conoscere da Dahlerus. Mentre nelle prime Hitler proponeva di garantire l'impero britannico dopo aver sistemato i conti con la Polonia, nella seconda si lasciava capire che il Fùhrer era disposto a negoziare, con la mediazione dell'Inghilterra, il ritorno alla Germania di Danzica e del corridoio, dopodiché egli avrebbe " garantito " i nuovi confini della Polonia. Dopo le deludenti esperienze fatte nel caso della Cecoslovacchia, per Chamberlain questo era un vecchio ritornello ed egli restò scettico di fronte all'offerta del Fùhrer, quale ora gli veniva esposta da Dahlerus. Disse allo svedese di " non vedere nessuna possibilità di soluzione a Gli ultimi giorni di pace Pagina 434
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 621 queste condizioni; forse i polacchi avrebbero accordato Danzica, ma avrebbero combattuto piuttosto che cedere il corridoio ". Infine fu stabilito che Dahlerus si recasse subito a Berlino con una risposta provvisoria e non ufficiale per Hitler, e poi tornasse a Londra onde riferire sulla reazione del Fùhrer prima che, la sera seguente, la risposta ufficiale venisse compilata e inviata a Berlino per mezzo di Henderson. Secondo la versione inglese, Halifax disse che " da queste comunicazioni segrete e non ufficiali per mezzo di Dahlerus potevano nascere delle confusioni. Era [quindi] desiderabile chiarire che, se Dahlerus tornava a Berlino quella sera, egli non vi andava per portare una risposta del governo di Sua Maestà, ma per preparare il terreno alla comunicazione ufficiale ", che sarebbe stata portata da Henderson39. Questo sconosciuto uomo d'affari svedese era divenuto talmente importante quale intermediario nei negoziati fra i governi delle due pili potenti nazioni d'Europa da poter dire (secondo le sue stesse parole) al primo ministro e al ministro degli Esteri, in quella situazione critica, che " essi dovevano trattenere Henderson a Londra fino a lunedì [il giorno seguente] per poter dare a Hitler la risposta ufficiale dopo aver saputo come il dittatore considerava il punto di vista britannico " w. Qual era dunque il punto di vista britannico, che Dahlerus avrebbe dovuto render noto a Hitler? C'è, a questo riguardo, una certa confusione. Secondo gli schematici appunti dello stesso Halifax circa le istruzioni verbali da lui date a Dahlerus, il punto di vista britannico era semplicemente questo: i) Solenne assicurazione della volontà di raggiungere una vera intesa tra G. e G. B. [le iniziali sono di Halifax]. Non v'è un membro del governo che la pensi diversamente. 2) La G. B. è tenuta a far fronte ai suoi impegni con la Polonia. 3) Le divergenze tedesco-polacche debbono essere appianate pacificamente41. Secondo la versione di Dahlerus, la risposta non ufficiale britannica affidatagli era di più vasta portata. Naturalmente il punto 6, ossia l'offerta di garantire l'impero britannico, fu respinto. Del pari, non s'intendeva parlare delle colonie finché la Germania avesse mantenuto la mobilitazione. Circa i confini della Polonia, essi dovevano essere garantiti dalle cinque grandi potenze. Nei riguardi del corridoio, si proponeva che venissero subito iniziati dei negoziati con la Polonia. Quanto al primo punto (delle proposte di Hitler), l'Inghilterra desiderava, in linea di massima, giungere a un accordo con la Germania". Dahlerus tornò in volo a Berlino domenica sera e vide Goring poco prima della mezzanotte. Il feldmaresciallo non riteneva che la risposta britannica fosse " molto favorevole ". Ma dopo aver visto Hitler a mezzanotte, egli all'una telefonò a Dahlerus all'albergo e gli disse che il cancelliere " avrebbe accettato il punto di vista inglese " sempreché il testo ufficiale delle proposte, che gli sarebbe giunto lunedì sera per mano di Henderson, fosse ad esso conforme. Goring era soddisfatto e Dahlerus lo era ancor di più. Lo svedese svegliò Sir George Ogilvie Forbes, consigliere dell'ambasciata britannica, alle due del JS". 622 Verso la guerra mondiale mattino per dargli la lieta notizia. E non solo per questo, ma anche - egli si sentiva in grado di farlo - per suggerire al governo britannico ciò che esso doveva dire nella sua risposta ufficiale. Avvertì che la nota che Henderson avrebbe portato più tardi, e precisamente lunedf 28 agosto, doveva contenere l'impegno che la Gran Bretagna avrebbe persuaso la Polonia a negoziare direttamente e immediatamente con la Germania. In un successivo dispaccio del 28 agosto Forbes riferì: Dahlerus ha telefonato or ora dall'ufficio di Gbring, comunicando istruzioni che egli ritiene essere della massima importanza. 1) La risposta britannica a Hitler non dovrebbe contenere riferimenti al piano Roosevelt *. 2) Hitler sospetta che i polacchi cercheranno di evitare i negoziati. La risposta do vrebbe quindi contenere una precisa assicurazione che i polacchi sono stati formalmente Pagina 435
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt invitati a prendere subito contatto con la Germania e ad avviare negoziati **43. Per tutto il giorno l'ormai speranzoso svedese non solo riversò consigli su Forbes, che li trasmetteva diligentemente a Londra, ma telefonò lui stesso al Foreign Office un messaggio per Halifax, con ulteriori suggerimenti. In un momento cosf critico della storia mondiale, il diplomatico dilettante svedese era divenuto davvero l'anello di congiunzione fra Berlino e Londra. Alle 14 del 28 agosto, Halifax, che era stato informato, sia dalla sua ambasciata di Berlino che dalla telefonata di Dahlerus al Foreign Office, dell'urgente sollecitazione di Dahlerus, telegrafò all'ambasciatore britannico a Varsavia, Sir Howard Kennard, di incontrarsi " immediatamente " col ministro degli Esteri Beck e di indurlo ad autorizzare il governo britannico a informare Hitler " che la Polonia è disposta a intavolare subito trattative dirette con la Germania ". Il ministro degli Esteri aveva fretta. Egli voleva includere l'autorizzazione nella risposta ufficiale a Hitler che Henderson si accingeva a portare quel giorno stesso a Berlino; così chiese al suo ambasciatore a Varsavia di comunicargli telefonicamente la risposta di Beck. Nel tardo pomeriggio Beck dette l'autorizzazione richiesta, che fu inclusa in tutta fretta nella nota britannica ". Henderson si recò a Berlino con la risposta la sera del 28 agosto e dopo essere stato ricevuto alla Cancelleria da una guardia d'onore delle SS, che presentò le armi al rullo dei tamburi (le formalità diplomatiche furono osservate fino all'ultimo momento), alle 22,30 fu ammesso alla presenza di Hitler al quale rimise la traduzione tedesca della nota. Il cancelliere la lesse immediatamente. Il governo britannico " era interamente d'accordo " con lui - diceva la * Verosimilmente si tratta del messaggio del presidente Roosevelt a Hitler in data 24 e 25 agosto, dove si insisteva sui negoziati diretti fra Germania e Polonia. ** Bisogna lealmente riconoscere che Dahlerus non era cosi filotedesco quanto potrebbe risultare da alcuni suoi messaggi. La notte di quello stesso lunedì, dopo aver trascorso due ore con Goring al quartier generale della Luftwaffe di Oranienburg, egli telefonò a Forbes per dir8J': " L'esercito tedesco sarà nelle posizioni definitive per l'attacco contro la Polonia nella notte del mercoledì-giovedì, 30-31 agosto ". Forbes trasmise a Londra tale informazione il più rapidamente possibile. Gli ultimi giorni di pace 623 comunicazione - che " prima " si dovesse venire a un appianamento delle divergenze tra Germania e Polonia. " Però tutto dipende dalla natura di questo accordo e dal modo con cui esso deve essere raggiunto ", si aggiungeva, rilevando che a tale riguardo il cancelliere non " si era pronunciato ". La proposta di Hitler, di " garantire " l'impero britannico, veniva cortesemente respinta. Il governo britannico " non poteva, in vista di un vantaggio offerto alla Gran Bretagna, acconsentire a una soluzione che metta a repentaglio l'indipendenza di uno Stato al quale esso aveva dato la sua garanzia ". Tale garanzia sarebbe stata " onorata ", ma il cancelliere non doveva pensare che il governo britannico, pur essendo " scrupoloso " circa i suoi impegni con la Polonia, non fosse " ansioso " di raggiungere un'equa sistemazione. Così il passo successivo dovrebbe essere l'inizio di conversazioni dirette tra il governo tedesco e quello polacco, tenendo presente che si tratta di... salvaguardare gli interessi essenziali della Polonia e di consolidare l'accordo mediante una garanzia internazionale. Esso [il governo britannico] ha già ricevuto dal governo polacco la formale assicurazione che è disposto a iniziare trattative su questa base, e il governo di Sua Maestà nutre la speranza che anche il governo tedesco voglia aderire a tale punto di vista. ... Un'equa intesa... tra Germania e Polonia può aprire la via alla pace mondiale. Il suo mancato raggiungimento distruggerebbe ogni speranza di un accordo fra Germania e Gran Bretagna, spingerebbe i due paesi in un conflitto e potrebbe anche trascinare nella guerra tutto il mondo. Tali conseguenze sarebbero una calamità senza pari nella storia45. Dopo che Hitler ebbe finito di leggere la comunicazione, Henderson cominciò a commentarla basandosi su appunti che, com'egli disse al Fiihrer, aveva presi durante le sue conversazioni con Chamberlain e Halifax. Come egli osservò in seguito, quello fu il suo unico incontro con Hitler durante il quale gli fosse riuscito di parlare più del suo interlocutore. Egli, sostanzialmente, fece presente che la Gran Bretagna desiderava l'amicizia della Germania, desiderava la pace, ma che sarebbe scesa in campo, se Hitler attaccava la Polonia. Il Pagina 436
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Fiihrer rispose divagando sui crimini della Polonia e sulle sue " generose " offerte per una composizione pacifica delle divergenze fra le due nazioni, offerte che non sarebbero state più rinnovate. Infatti ormai " non si sarebbe più accontentato di una soluzione che non contemplasse la restituzione di Danzica e dell'intero corridoio, oltre a una rettifica dei confini della Slesia, dove il 90 per cento della popolazione aveva votato per la Germania nel plebiscito del dopoguerra ". Ciò non era vero, come non era vero quel che Hitler aggiunse subito dopo, cioè che un milione di tedeschi era stato espulso dal corridoio dal 1918. Secondo il censimento tedesco del 1910, non vi erano che 385 ooo tedeschi in quella regione, ma, come sappiamo, il dittatore nazista pretendeva che tutti bevessero le sue menzogne. Per l'ultima volta nel corso della sua fallimentare missione a Berlino, l'ambasciatore britannico ne bevve un bel po', se egli nel suo Final Report, dichiarò: " Herr Hitler in quest'occasione è stato di nuovo cordiale e ragionevole e non è sembrato scontento della risposta che gli ho portato ". In un lungo dispaccio, nel quale alle 2,35 riferiva a Londra il colloquio, Henderson disse46: 624
Verso la guerra mondiale Alla fine gli ho fatto due domande precise: era disposto a negoziare direttamente con i polacchi, e accettare di discutere il problema di uno scambio di popolazioni? Egli ha risposto affermativamente al secondo punto (però non dubito che egli pensi ugualmente a una rettifica dei confini). Per quanto riguardava la prima domanda, egli avrebbe dovuto " considerare attentamente " l'intera nota britannica. A questo punto, riferiva Hen-derson nel suo dispaccio, il cancelliere si era rivolto a Ribbentrop dicendo: " Dobbiamo convocare Goring per discuterne insieme ". Hitler promise una risposta scritta alla comunicazione britannica per il giorno seguente, martedì 29 agosto. " La conversazione si è svolta, - fece rilevare Henderson a Halifax, -in un'atmosfera assai cordiale, malgrado un'assoluta fermezza da entrambe le parti ". Ad onta di tutta l'esperienza personale che aveva nei riguardi del suo interlocutore, probabilmente Henderson non comprese troppo bene perché Hitler avesse reso l'atmosfera così amichevole. Il Fùhrer era sempre deciso a entrare in guerra contro la Polonia proprio alla fine di quella settimana; ma malgrado tutto quanto era stato detto dal governo britannico e da Henderson, sperava ancora di tenerne fuori l'Inghilterra. Evidentemente Hitler, incoraggiato dall'ossequioso ignorante Ribbentrop, non poteva credere che gli inglesi intendessero veramente fare ciò che dicevano, per quanto egli affermasse di crederci. L'indomani, Henderson aggiunse un poscritto al suo lungo dispaccio. Hitler ha insistito nell'affermare che non stava bluffando e che sarebbe un grave errore credere il contrario. Ho risposto di rendermi perfettamente conto di quanto diceva e che neppure noi stavamo bluffando. Herr Hitler dichiarò di esserne del tutto convinto 47. Così egli disse; ma lo credeva davvero? In effetti, nella sua risposta del 29 agosto egli cercò deliberatamente di trarre in inganno il governo inglese in un modo che, secondo quanto egli probabilmente pensava, gli avrebbe permesso di salvare capra e cavoli. La risposta britannica e la prima reazione di Hitler provocarono a Berlino un'ondata di ottimismo, specialmente al quartier generale di Goring, dove l'inimitabile Dahlerus passava ora quasi tutto il suo tempo. All'i,3° della notte del 29 agosto, lo svedese ricevette una telefonata da uno degli aiutanti del feldmaresciallo; la chiamata veniva dalla Cancelleria dove, dopo che Henderson se n'era andato, Hitler, Ribbentrop e Goring avevano esaminato la nota britannica. Il messaggio inviato a Dahlerus dal suo amico tedesco era che la risposta britannica " sembrava assai soddisfacente e che vi erano buone speranze che il pericolo della guerra fosse ormai sorpassato ". Dahlerus trasmise telefonicamente in mattinata la buona notizia al Ministero degli Esteri britannico, informando Halifax che " Hitler e Goring erano dell'opinione che vi fosse, ora, una vera possibilità di un accomodamento pacifico ". Alle 10,50 Dahlerus incontrò Goring, il quale lo salutò con effusione, gli strinse calorosamente la mano ed esclamò: " Vi sarà la pace! La pace è assicurata! " Incoraggiato da tali ottimistiche assicurazioni, Gli ultimi giorni di pace 625 il corriere svedese partì immediatamente alla volta dell'ambasciata inglese, per comunicare la lieta notizia anche a Henderson, da lui non ancora incontrato di persona. Da quanto risulta dal dispaccio dell'ambasciatore che tratta di Pagina 437
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt quest'incontro, Dahlerus riferì che i tedeschi erano molto ottimisti Essi " erano d'accordo " circa il " punto principale " della risposta britannica. Hitler - disse Dahlerus - chiedeva " solo " Danzica e il corridoio: non l'intero corridoio, ma solamente una striscia lungo la linea ferroviaria per Danzica. In realtà - riferì Dahlerus - il Fùhrer era disposto a mostrarsi " assai ragionevole. Egli sarebbe venuto molto incontro per giungere a un accordo con i polacchi " '". Sir Nevile Henderson, che cominciava ad avere qualche idea della situazione, non si sentiva altrettanto sicuro. Egli avvertì il suo ospite (secondo quanto disse quest'ultimo) che non si poteva credere a una parola di quel che diceva Hitler e che lo stesso valeva per l'amico di Dahlerus, Hermann Gb-ring, il quale aveva mentito all'ambasciatore " un'infinità di volte ". Hitler, secondo Henderson, faceva un gioco disonesto e spietato. Ma lo svedese, ora al centro della vicenda, non si lasciava persuadere. Egli avrebbe aperto gli occhi alla realtà ancora più tardi di Henderson. Per assicurarsi che l'inesplicabile pessimismo dell'ambasciatore non pregiudicasse i suoi sforzi, telefonò nuovamente al Foreign Office alle 19,10 lasciando un messaggio per Halifax in cui lo assicurava che " non vi sarebbero state difficoltà, nella risposta tedesca ". Però lo svedese suggeriva al governo britannico di invitare i polacchi a " comportarsi bene " w. Cinque minuti dopo, e precisamente alle 19,15 del 29 agosto, Henderson arrivò alla Cancelleria per avere dal Fùhrer la risposta ufficiale della Germania. Risultò subito evidente quanto privo di fondamento era stato l'ottimismo di Goring e del suo amico svedese. L'ambasciatore informò Halifax immediatamente dopo l'incontro, che " era stato tempestoso e Herr Hitler si è dimostrato molto meno ragionevole di ieri ". La nota ufficiale tedesca ribadiva il desiderio del Reich di amicizia con la Gran Bretagna, ma metteva in rilievo che tale amicizia " non poteva essere pagata con la rinuncia agli interessi vitali della Germania ". Dopo la lunga e ormai familiare esposizione dei misfatti della Polonia, delle sue provocazioni e di " barbare azioni di maltrattamento che gridano vendetta ", la nota presentava per la prima volta le richieste di Hitler ufficialmente e per iscritto: si pretendeva la restituzione di Danzica e del corridoio e la salvaguardia dei tedeschi in Polonia. Si aggiungeva che per superare l'" attuale stato di cose " rimanevano " non più giorni e tanto meno settimane, ma forse soltanto ore ". La Germania, continuava la nota, non avrebbe più potuto accettare il punto di vista inglese, secondo il quale si doveva giungere a una soluzione mediante negoziati diretti con la Polonia. Tuttavia " solamente " per un riguardo verso il governo britannico e nell'interesse dell'amicizia anglo-tedesca, la Germania era disposta ad " accettare la proposta britannica e a entrare in negoziati diretti " con la Polonia. " Nel caso di cambiamenti ter626 Verso la guerra mondiale ritoriali in Polonia " il governo tedesco non avrebbe potuto dare garanzie senza il consenso dell'Unione Sovietica. (Naturalmente, il governo britannico non era al corrente del protocollo segreto del patto nazi-sovietico il quale prevedeva la spartizione della Polonia). La nota continuava così: " pe_ raltro facendo queste proposte il governo tedesco non ha mai avuto l'intenzione di ledere gli interessi vitali della Polonia o di mettere in discussione l'esistenza della Polonia come Stato indipendente ". Poi, proprio alla fine, veniva la trappola. Il governo tedesco è pertanto disposto ad accettare l'offerta del governo britannico di prestare i suoi buoni uffici per ottenere che sia inviato a Berlino un incaricato polacco con pieni poteri. Esso conta sull'arrivo di tale incaricato per venerdì 30 agosto 1939. Il governo tedesco redigerà immediatamente delle proposte per una risoluzione da lui accettabile e, se possibile, le sottoporrà al governo britannico prima dell'arrivo del negoziatore polacco50. Mentre Henderson leggeva la nota, Hitler e Ribbentrop lo osservavano; egli non disse nulla finché non arrivò al passo in cui si diceva che i tedeschi attendevano per il giorno successivo l'arrivo di un delegato polacco con pieni poteri. " Ha tutta l'aria di un ultimatum ", egli commentò, ma Hitler e Ribbentrop lo contestarono recisamente. Dissero di voler solo sottolineare " l'urgenza del momento, poiché due eserciti completamente mobilitati si trovavano già faccia a faccia ". L'ambasciatore, ricordandosi certamente del modo con cui Hitler aveva trattato Schuschnigg e Hàcha, dice di aver chiesto se un plenipotenziario polacco avrebbe avuto " buona accoglienza " e se le discussioni sarebbero state Pagina 438
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt " condotte su di una base di assoluta parità ". " Naturalmente ", rispose Hitler. Seguì una aspra discussione provocata, a un certo punto, da un'affermazione di Hitler che, come disse Henderson, era " gratuita ", ossia che all'ambasciatore non " importava un bel niente " di quanti tedeschi fossero stati assassinati in Polonia. A tale affermazione Henderson dice di aver " replicato vivacemente "*. " Quella sera lasciai la Cancelleria del Reich con l'animo pieno dei più neri presentimenti ", scrisse in seguito Henderson nelle sue memorie; non risulta però che egli ne abbia fatto cenno nei dispacci a Londra quella stessa sera. " I miei soldati, - gli aveva detto Hitler, - mi stanno chiedendo: sì o no? " Avevano già perduto una settimana, e non potevano permettersi di perderne un'altra con la prospettiva che " la stagione piovosa in Polonia facesse .il gioco del nemico ". Ciò nonostante appare evidente dalle relazioni ufficiali dell'ambasciatore e anche dal suo libro che egli non riuscì a capire la vera natura della trappola di Hitler prima del giorno seguente, quando scattò un'altra trappola e * " Mi son messo a gridare più forte di Hitler, - telegrafò Henderson a Halifax il giorno dopo. - ... E ho continuato a gridare con tutta la mia voce " 51. Questo focoso comportamento dell'ambasciatore non risulta però dai documenti britannici di quel periodo. Gli ultimi giorni di pace 627 risultò chiaro l'inganno del Fuhrer. Il gioco del dittatore traspariva senz'al-tro dal testo della sua nota ufficiale. La sera del 29 agosto egli aveva chiesto che fosse mandato a Berlino l'indomani un delegato con pieni poteri per condurre i negoziati. Non può esservi dubbio che egli avesse l'intenzione di trattarlo come aveva trattato il Cancelliere austriaco e il presidente della Cecoslovacchia in circostanze che egli riteneva analoghe. Se i polacchi non avessero immediatamente inviato un incaricato a Berlino (e Hitler era certo che non l'avrebbero inviato), oppure se tale negoziatore si fosse rifiutato di accettare le condizioni dettate da Hitler, si sarebbe potuto accusare la Polonia di aver respinto la " soluzione pacifica " e l'Inghilterra e la Francia si sarebbero forse lasciate persuadere a non venirle in aiuto se fosse stata attaccata. Ragionamento piuttosto primitivo, ma semplice e chiaro *. Eppure nella notte del 29 agosto a Henderson esso non apparì tale. Mentre stava ancora compilando i dispacci per Londra, nei quali riferiva i suoi incontri con Hitler, egli invitò l'ambasciatore polacco a venirlo a trovare. Lo mise al corrente della nota tedesca e della sua conversazione con Hitler. " Gli sottolineai la necessità di un'azione immediata, - egli in seguito ricordò, - e nello stesso interesse della Polonia lo esortai a insistere presso il suo governo perché nominasse senza indugio il rappresentante nei negoziati proposti "52. Ma al Foreign Office non si avevano idee chiare. Alle due della notte del 29 agosto, Halifax, dopo aver riflettuto sulla risposta tedesca e sul resoconto di Henderson del suo incontro con Hitler, telegrafò all'ambasciatore che la nota tedesca sarebbe stata presa in adeguata considerazione, ma che era " certamente insensato pensare che si potesse far venire in giornata a Berlino un rappresentante polacco, e il governo tedesco non poteva attendersi una cosa simile "53. I diplomatici e i funzionar! del Foreign Office cercarono freneticamente di guadagnar tempo. Henderson trasmise il messaggio alla Wilhelmstrasse alle 4,30 del mattino. Nel corso della giornata del 30 agosto egli trasmise altri quattro messaggi di Londra. Uno era una nota mandata personalmente da Chamberlain a Hitler per informarlo che si stava esaminando la risposta tedesca " con tutta urgenza " e che vi sarebbe stato dato riscontro lo stesso pomeriggio. Nel frattempo il primo ministro invitò il governo tedesco a evitare incidenti di frontiera, dichiarando di aver già inoltrato la stessa richiesta al governo polacco. Per il resto, egli " si compiaceva per l'evidente desiderio di una intesa anglo-germanica che ispira gli scambi di vedute in corso "54. Il secondo messaggio, di Halifax, era redatto in termini analoghi. Nel terzo, del ministro degli Esteri, si accennava ad azioni di sabotaggio tedesco in Polonia e si invitavano i tedeschi ad astenersi da simili atti. Il quarto messag* II generale Halder indicò per sommi capi il gioco di Hitler in una annotazione del suo aiario in data 29 agosto: " II Fuhrer spera di operare un dissidio tra inglesi, francesi e polacchi, strategia: creare impedimenti con richieste demografiche e democratiche... I polacchi verranno a Berlino il 30 agosto. Il 31 agosto i negoziati verranno bruscamente interrotti. Dopo il i° Pagina 439
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt settembre, usare la forza ". 628 Verso la guerra mondiale gio, di nuovo di Halifax, consegnato alle 18,50, rivelava un irrigidimento da parte sia del Foreign Office che dell'ambasciatore britannico a Berlino, Dopo ulteriori riflessioni, alcune ore prima Henderson aveva spedito a Londra un telegramma: Pur essendo convinto dell'opportunità che il governo polacco faccia questo sforzo all'ultimo momento e prenda direttamente contatto con Hitler, se non altro per convincere il mondo che era disposto a sacrificarsi per salvaguardare la pace, dalla risposta tedesca si può solo dedurre che Hitler è deciso a raggiungere i suoi fini a ogni costo, se possibile con sistemi cosiddetti pacifici e leali, altrimenti con la forzaS5. Ormai perfino Henderson era troppo disgustato per pensare a un'altra Monaco. Da parte loro, i polacchi non avevano mai considerato tale possibilità. Alle dieci della mattina del 30 agosto l'ambasciatore britannico a Varsavia aveva informato telegraficamente Halifax di essere sicuro " che era impossibile persuadere il governo polacco a inviare subito a Berlino il maresciallo Beck, o qualche altro rappresentante, per discutere una sistemazione sulla base proposta da Hitler. Avrebbe preferito combattere e soccombere anziché subire una tale umiliazione, specie dopo gli esempi offerti dalla Cecoslovacchia, dalla Lituania e dall'Austria ". L'ambasciatore proponeva che, se i negoziati dovevano svolgersi su " di un piede di parità ", essi avrebbero dovuto aver luogo in un paese neutrale5S. Essendo stato in tal modo confermato, dai suoi ambasciatori a Berlino e a Varsavia, nel suo atteggiamento già di per sé più rigido, Halifax telegrafò a Henderson che il governo britannico non poteva " consigliare " ai polacchi di aderire alla richiesta di Hitler, di inviare a Berlino un delegato con pieni poteri. Diceva il ministro degli Esteri, che ciò era " assolutamente irragionevole ", e aggiungeva: Dovreste fare in modo di suggerire al governo tedesco di adottare la procedura normale, cioè, quando le sue proposte saranno pronte, convocare l'ambasciatore polacco, comunicargli tali proposte, da riferire a Varsavia, e concordare il modo di condurre i negoziati 57. Henderson consegnò a Ribbentrop la risposta promessa dagli inglesi all'ultima nota di Hitler alla mezzanotte del 30 agosto. Si ebbe, a questo punto, un incontro assai drammatico, che il dottor Schmidt, unico osservatore presente, definì in seguito come " il più tempestoso a cui abbia mai assistito durante i ventitre anni della mia carriera di interprete "5S. " Vi devo dire, - telegrafò subito dopo l'ambasciatore a Halifax, - che Ribbentrop, durante questo spiacevole colloquio, ha scimmiottato col suo contegno Hitler nei suoi aspetti peggiori ". È tre settimane dopo nel suo Final Report Henderson descrisse " la decisa ostilità " del ministro degli Esteri tedesco, " la cui violenza aumentava man mano che procedevo con le mie comunicazioni. Saltando continuamente sulla sedia in uno stato di grande eccitazione, mi chiedeva se avevo nient'altro da dire; al che io rispondevo sempre affermativamente ". Secondo Schmidt, anche Henderson dovette alzarsi dalla sedia. A un certo punto - riferisce questo unico testiGli ultimi giorni di pace 629 mone oculare - entrambi si alzarono e si guardarono con tale collera che l'interprete tedesco temette che stessero per venire alle mani. Ma ciò che importa agli effetti della storia, non è tanto il lato grottesco di questo incontro a Berlino del ministro degli Esteri tedesco con l'ambasciatore di Sua Maestà britannica alla mezzanotte del 30 agosto, quanto un episodio di questo tempestoso colloquio, che mise in luce la fase finale dell'inganno di Hitler e, seppure troppo tardi, finì di aprire gli occhi a Sir Ne-vile Henderson su ciò che era il Terzo Reich. Ribbentrop diede appena una scorsa alla risposta britannica e non ascoltò quasi la spiegazione che Henderson cercava di darne*. Henderson si arrischiò a chiedere di conoscere le proposte tedesche per l'accomodamento con la Polonia, proposte promesse agli inglesi nell'ultima nota di Hitler; Ribbentrop allora ribattè sdegnosamente che era ormai troppo tardi, dato che il delegato polacco non era arrivato entro la mezzanotte. Comunque i tedeschi avevano redatto delle proposte, e ora Ribbentrop, si accingeva a leggerle. Egli le lesse in tedesco " o, meglio, le borbottò a tutta velocità, in tono assai annoiato ", riferì Henderson. Sono stato in grado di afferrare il senso solo di sei o sette dei sedici Pagina 440
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt articoli, ma mi sarebbe stato assolutamente impossibile di garantirne il significato esatto senza un adeguato esame del testo. Quando Ribbentrop fini di leggere, gli ho appunto chiesto di farmi vedere il testo. Ribbentrop rifiutò categoricamente, gettò il documento sul tavolo con gesto sdegnoso e disse che ormai esso era scaduto, dato che nessun delegato polacco era giunto prima della mezzanotte** . Può darsi che il documento fosse scaduto, poiché così piaceva ai tedeschi, ma è importante notare come queste " proposte " tedesche non fossero state redatte per essere considerate seriamente, anzi neppure per essere prese in qualche considerazione. Esse non erano che una turlupinatura. Erano una finta per far credere con l'inganno al popolo tedesco, e, se possibile, * La nota britannica era compilata in termini concilianti ma fermi. Il governo di Sua Maestà, essa diceva, " condivideva " il desiderio tedesco di migliorare le relazioni fra i due paesi, ma " non poteva sacrificare gli interessi di altre nazioni amiche al fine di giungere a tale miglioramento ". Esso comprendeva bene, continuava la nota, che il governo tedesco non poteva " sacrificare gli interessi vitali della Germania, ma il governo polacco si trovava nelle stesse condizioni ". Il governo britannico doveva fare " un'esplicita riserva " circa le richieste di Hitler e, pur sollecitando negoziati diretti tra Berlino e Varsavia, riteneva " impossibile stabilire dei contatti in giornata " (testo nel Britisb Blue Book, pp. 142-43). ** Ribbentrop che, secondo l'autore del presente libro, fece la figura più meschina fra tutti i maggiori imputati al processo di Norimberga (oltre a presentare la difesa meno efficace), disse che Hitler gli aveva " personalmente dettato " i sedici punti, " proibendogli esplicitamente di far vedere a chicchessia tali proposte ". Il perché Ribbentrop non lo indicò, né gli fu chiesto durante l'interrogatorio. Egli dichiarò: " Hitler mi aveva detto che potevo comunicare all'ambasciatore britannico solo la sostanza di tali proposte, se lo ritenevo opportuno. Io feci qualcosa di più: lessi tutte le proposte dal principio alla fine " 59. Il dottor Schmidt nega che Ribbentrop avesse letto il testo tedesco delle proposte così in fretta da rendere impossibile a Henderson coglierne il senso. Egli sostiene che il ministro degli Esteri " non affrettò particolarmente la lettura dei sedici punti ". Henderson, dice Schmidt, " non era proprio un maestro in fatto di tedesco, e probabilmente avrebbe ottenuto migliori risultati in questi colloqui cruciali se avesse Potuto usare la propria lingua. L'inglese di Ribbentrop era invece eccellente, ma egli si rifiutava di usarlo in queste conversazioni60.
630 Verso la guerra mondiale all'opinione mondiale, che Hitler aveva tentato all'ultimo momento di giungere a un accomodamento ragionevole con la Polonia riguardo le sue rivendicazioni. Il Fùhrer stesso lo ammise: il dottar Schmidt, più tardi, lo sentì dire: " Mi occorre un alibi, specie nei confronti del popolo tedesco, per dimostrare che ho fatto di tutto per salvare la pace. Ciò spiega la mia generosa offerta circa la soluzione dei problemi relativi a Danzica e al corridoio " *. In confronto alle richieste degli ultimi giorni, erano effettivamente generose, in modo addirittura sorprendente. In esse, Hitler proponeva soltanto che Danzica ritornasse alla Germania. L'avvenire del corridoio sarebbe stato deciso da un plebiscito, dopo un periodo di dodici mesi, quando gli animi si fossero calmati. La Polonia avrebbe conservato il porto di Gdynia. La nazione che, in seguito al plebiscito, avrebbe avuto il corridoio, doveva concedere all'altra un'autostrada e una linea ferroviaria extraterritoriali attraverso lo stesso corridoio. Era, questa, l'inverso della sua " offerta " della primavera precedente. Vi sarebbe stato uno scambio di popolazioni e le due parti avrebbero accordato pieni diritti ai cittadini appartenenti all'altra nazionalità. Si può ritenere che se fossero state fatte sul serio, queste proposte avrebbero senz'altro costituito almeno una base per dei negoziati fra Germania e Polonia e avrebbero probabilmente risparmiato al mondo una seconda grande guerra nel corso di una sola generazione. Esse furono fatte conoscere per radio al popolo tedesco alle 21 del 31 agosto, otto ore e mezzo dopo che Hitler aveva emanato l'ordine definitivo di attaccare la Polonia e, da quanto potei giudicare a Berlino, esse raggiunsero effettivamente lo scopo di ingannare il popolo tedesco. Ingannarono senza alcun dubbio anche l'autore del presente libro, il quale fu profondamente colpito dalla loro ragionevolezza, quando le udì alla radio. E io mi espressi in tal senso nella mia trasmissione per l'America di Pagina 441
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt quell'ultima notte di pace. La sera del 30 agosto Henderson ritornò all'ambasciata di Sua Maestà britannica convinto - come disse più tardi - " che l'ultima speranza di pace era svanita ". Eppure continuò a tentare. Fece alzare da letto l'ambasciatore polacco alle due del mattino, gli chiese di venire in tutta fretta all'ambasciata, gli fece " un resoconto obiettivo e studiatamente moderato " della sua conversazione con Ribbentrop, accennò alla cessione di Danzica e al plebiscito per il corridoio come ai due punti principali delle proposte tedesche, affermò che, da quanto poteva capire, " esse non erano troppo irragionevoli " e suggerì che Lipski raccomandasse al suo governo di proporre immediatamente un incontro tra il feldmaresciallo Smigly-Rydz e Goring. " Sentii il dovere di aggiungere, - dice Henderson, - che non riuscivo ad immagi* II testo delle sedici proposte fu telegrafato all'incaricato d'affari tedesco a Londra alle 21,15 del 30 agosto, quattro ore dopo che Ribbentrop le aveva " borbottate " a Henderson. Ma all'inviato tedesco a Londra fu dato l'ordine di " tenerlo assolutamente segreto, di non comunicarlo a nessun altro, prima di ricevere ulteriori istruzioni " ". Come si ricorderà nella sua nota del giorno precedente Hitler aveva promesso di sottoporre quel testo al governo britannico prima dell'arrivo del negoziatore polacco. Gli ultimi giorni di pace 631 nate come i negoziati potessero avere qualche successo se venivano condotti da Herr von Ribbentrop " * ". Nel frattempo, l'infaticabile Dahlerus non era rimasto inattivo. Alle 22 del 29 agosto Goring l'aveva convocato a casa sua e informato dello " svolgimento poco soddisfacente " della riunione appena terminata tra Hitler, Ribbentrop e Henderson. Il corpulento feldmaresciallo aveva uno dei suoi momenti d'isterismo e col suo amico svedese si diede a un violento sfogo contro i polacchi e gli inglesi. Poi si calmò, assicurò il suo ospite che il Fùh-rer era già al lavoro per fare una generosa (grosszugig) offerta alla Polonia, nella quale l'unica richiesta precisa sarebbe stata la restituzione di Danzica, accettando magnanimamente che il destino del corridoio venisse deciso da un plebiscito " sotto controllo internazionale ". Dahlerus si informò cautamente circa l'estensione della regione a cui sarebbe stato concesso il plebiscito; allora Goring strappò una pagina da un vecchio atlante e segnò con matite colorate la zona " polacca " e quella " tedesca ", includendo nella seconda non solo la Polonia prussiana d'anteguerra, ma anche la città industriale di Lódz, che era sessanta miglia a est della frontiera del 1914. L'intermediario svedese non potè fare a meno di notare " la rapidità e la leggerezza " con cui nel Terzo Reich si prendevano decisioni di tanta importanza. Tuttavia fu d'accordo con Goring, quando questi gli propose di tornare immediatamente in volo a Londra per far presente al governo britannico che Hitler desiderava ancora la pace e per informarlo che, a riprova di ciò, il Fuhrer stava redigendo un'offerta molto generosa da fare alla Polonia. Dahlerus, che a quanto pare era davvero infaticabile, si recò in aereo a Londra alle 4 di mattina del 30 agosto e, cambiando parecchie volte di macchina sulla strada tra Heston e la City per far perdere le sue tracce ai corrispondenti dei giornali (pare, invece, che nessun giornalista sapesse neppure della sua esistenza), arrivò alle 10,30 a Downing Street e qui fu immediatamente ricevuto da Chamberlain, Halifax, Wilson e Cadogan. Ma i tre inglesi, che avevano reso possibile Monaco (Cadogan, funzionario in servizio permanente al Foreign Office, non si era mai lasciato accalappiare dal nazismo) non potevano più essere ingannati da Hitler e da Goring, né si lasciarono influenzare dagli sforzi di Dahlerus. Il ben intenzionato svedese li trovò " assai diffidenti " nei riguardi dei due capi nazisti, e " portati a credere che ormai niente avrebbe potuto impedire a Hitler di dichiarare la guerra alla Polonia ". Inoltre al mediatore svedese apparve evidente che al governo britannico non era affatto piaciuto l'espediente di Hitler, * In un dispaccio inviato a Halifax alle 5,15 del mattino del 31 agosto, Henderson riferì di aver anch suggerito a Lipski, " esprimendosi nel modo più energico ", di telefonare a Ribben-ttop per chiedergli quali fossero le proposte tedesche, al fine di poterle comunicare al governo polacco. Lipski rispose che egli avrebbe dovuto consultarsi prima con Varsavir " L'ambasciatore Polacco, - aggiunse Henderson, ha promesso di telefonare subito al suo governo, ma egli è talmente inerte e così legato dalle istruzioni del suo governo, che io non posso sperare che 'e sue iniziative conducano a qualcosa " ". Pagina 442
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt 632 Verso la guerra mondiale cioè la pretesa che entro ventiquattr'ore si presentasse a Berlino un plenipotenziario polacco. Ma, come Henderson a Berlino, Dahlerus continuò a tentare. Telefonò a Goring a Berlino e propose che i delegati polacchi e tedeschi si incontrassero fuori del territorio tedesco, ricevendo la secca risposta che " Hitler stava a Berlino " e che quindi l'incontro avrebbe dovuto aver luogo in tale città. Così l'intermediario svedese non venne a capo di nulla, col suo volo. Per la mezzanotte egli era di ritorno a Berlino, dove, a dir vero, gli si offrì un'altra occasione di essere di una certa utilità. Giunse al quartier generale di Goring a mezzanotte e mezzo e trovò il capo della Luftwaffe nuovamente di umore espansivo. Il Fùhrer, disse Goring, aveva appena consegnato a Henderson, per mezzo di Ribbentrop, " un'offerta democratica, equa e vantaggiosa " per la Polonia. Dahlerus che, a quanto pare, si era alquanto raffreddato dopo la sua visita a Downing Street, convocò Forbes all'ambasciata britannica e da lui apprese che Ribbentrop aveva " borbottato " le condizioni tedesche così in fretta che Henderson non era riuscito a capirle completamente e che gli era stata negata una copia del testo. Dahlerus sostiene di aver detto a Goring che quello non era il modo " di trattare l'ambasciatore di un impero come la Gran Bretagna " e di aver suggerito al feldmaresciallo, il quale aveva una copia del documento coi sedici punti, di permettergli di telefonarne il testo all'ambasciata britannica. Dopo aver alquanto esitato, Goring acconsentì*. In tal modo, per la sollecitazione di un ignoto uomo d'affari svedese e col permesso del capo dell'aeronautica, Hitler e Ribbentrop furono raggirati e gli inglesi informati sulle " proposte " tedesche alla Polonia. Forse ormai il feldmaresciallo, che non mancava certo di intelligenza né di esperienza nel campo degli affari esteri, si era reso conto meglio del Fùhrer e del suo servile ministro degli Esteri, dei vantaggi che si sarebbero potuti ottenere rendendo finalmente gli inglesi partecipi del segreto. Per essere ancor più sicuro che Henderson capisse bene, Goring inviò Dahlerus all'ambasciata britannica alle dieci della mattina di giovedì 31 agosto con una copia dattiloscritta dei sedici punti. Henderson stava ancora tentando di persuadere l'ambasciatore polacco a intraprendere " i desiderati contatti " coi tedeschi. Alle otto di mattina aveva nuovamente insistito con Lipski su ciò, questa volta per telefono, avvertendolo che, ove la Polonia non si fosse decisa entro mezzogiorno, vi sarebbe stata la guerra**. Poco dopo l'arrivo di Dahlerus col testo delle proposte tedesche, Hender* Nella sua deposizione a Norimberga, Goring asserì che col permettere che il testo del-l'" offerta " di Hitler venisse fatta conoscere all'ambasciata britannica egli aveva corso " un grave rischio perché il Fiihrer ne aveva proibito la divulgazione ". " Soltanto io, - disse Goring al tribunale, - potevo affrontare un tale rischio " M. ** Perfino il prudente ambasciatore francese appoggiò il suo collega britannico in tale sollecitazione. Henderson gli aveva telefonato alle nove per dirgli che se i polacchi non avessero acconsentito entro mezzogiorno a inviare a Berlino un plenipotenziario, l'esercito tedesco avrebbe iniziato l'attacco. Coulondre si recò immediatamente all'ambasciata polacca e chiese energicamente a Lipski di telefonare al suo governo per chiedergli l'autorizzazione a prendere subito contatti coi tedeschi " in veste di plenipotenziario " (Libro Giallo francese, ed. frane., pp. 366-67). Gli ultimi giorni di pace 633 son pregò lo svedese di recarsi, assieme a Forbes, all'ambasciata polacca. Lipski, che non aveva mai sentito parlare di Dahlerus, fu alquanto imbarazzato nel fare la conoscenza dello svedese (come tutti i pili importanti diplomatici di Berlino, egli era ormai affaticato e stanco morto) e si irritò quando Dahlerus insistette perché si recasse immediatamente da Goring a dirgli che accettava l'offerta del Fùhrer. Dopo aver chiesto allo svedese di dettare i sedici punti a un segretario nella stanza accanto, espresse a Forbes il suo disappunto per avergli portato lì uno " sconosciuto " all'ultimo momento e per cose così serie. Inoltre l'ambasciatore polacco già preoccupato, dovette sentirsi depresso per l'insistenza con cui Henderson cercava di convincere lui e il suo governo a negoziare immediatamente in base a un'offerta ricevuta solo allora e in forma non ufficiale, anzi clandestina, ma che l'inviato britannico, come aveva detto a Lipski la sera prima, era convinto non fosse " nell'insieme, troppo irragionevole " *. Egli non sapeva che l'opinione di Henderson non era condivisa da Downing Street. Sapeva solo che non intendeva seguire i consigli di uno svedese sconosciuto, anche se questi gli era stato mandato dall'ambasciatore Pagina 443
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt inglese, né recarsi da Goring per accettare l'" offerta " di Hitler: ciò, quand'anche avesse avuto i poteri per farlo, il che non era**. * Prima del mezzogiorno del 31 agosto, Henderson, che lottava disperatamente per mantenere la pace pressoché ad ogni prezzo, aveva finito col convincersi che le condizioni tedesche erano molto ragionevoli, anzi moderate. Benché Ribbentrop gli avesse dichiarato a mezzanotte del giorno prima che le proposte tedesche, " non essendo giunto nessun delegato polacco, erano scadute ", e sebbene il governo polacco non le avesse ancora nemmeno viste ed esse fossero nel complesso una presa in giro, Henderson continuò per tutto il giorno a insistere presso Halifax perché sollecitasse i polacchi a inviare un plenipotenziario, secondo le richieste di Hitler, e non cessò di sottolineare la ragionevolezza dei sedici punti del Fiihrer. A mezzanotte e mezzo (si era al 31 agosto) Henderson telegrafò a Halifax sollecitandolo a " insistere " presso la Polonia perché Lipski chiedesse al governo tedesco di conoscere le proposte tedesche per comunicarle subito al suo governo, " affinchè questo inviasse un plenipotenziario ". " Le condizioni mi sembrano moderate, - affermava Henderson. - Non si tratta di un'altra Monaco... La Polonia non otterrà mai più condizioni cosi favorevoli... " Nel contempo, Henderson scrisse una lunga lettera a Halifax: " ... Le proposte tedesche non mettono a repentaglio l'indipendenza della Polonia... È da aspettarsi che in seguito essa dovrebbe accettare un accordo meno vantaggioso... " Senza desistere dal suo obiettivo, Henderson telegrafò a Halifax alle ore 0,30 del i" settembre - quattro ore prima che cominciasse, secondo il programma, l'attacco tedesco (ma ciò egli non lo sapeva): " Le proposte tedesche... non sono irragionevoli... Mi permetto affermare che, se l'offerta tedesca venisse mantenuta, la guerra sarebbe assolutamente ingiustificata ". Egli pertanto tornò a esortare il governo britannico perché facesse altre pressioni sui polacchi, " in termini inequivocabili ", affinchè essi esprimessero " la loro intenzione di inviare un plenipotenziario a Berlino ". L'ambasciatore britannico a Varsavia era di parere diverso. Il 31 agosto egli telegrafò a Halifax: " L'ambasciatore di Sua Maestà britannica a Berlino sembra considerare ragionevoli le condizioni tedesche. Temo di non poter condividere la sua opinione, dal punto di vista di Varsavia "65. ** Vi fu, in quell'ultimo giorno di pace, un altro episodio diplomatico alquanto singolare, cui vale la pena di accennare. Dopo la sua visita a Lipski, Dahlerus tornò all'ambasciata britannica e di là - cioè dall'ufficio di Henderson - a mezzogiorno chiese una comunicazione telefonica con Sir Horace Wilson, al Foreign Office a Londra. Egli disse a Wilson che le proposte tedesche erano " estremamente generose ", ma che l'ambasciatore polacco le aveva poco prima respinte. " È chiaro, - egli disse, - che i polacchi stanno ostacolando ogni possibilità di giungere a negoziati ". A questo punto Wilson udì certi rumori nella linea telefonica, i quali gli fecero sospettare 634 Verso la guerra mondiale L'ultimo giorno di pace. Persuasi di aver convinto i tedeschi e i polacchi ad accedere a negoziati diretti il governo inglese e quello francese, pur restando molto scettici nei riguardi di Hitler, si sforzarono di far sì che tali negoziati avessero effettivamente luogo. In tale tentativo fu la Gran Bretagna a prendere l'iniziativa, appoggiata diplomaticamente a Berlino, e specialmente a Varsavia, dalla Francia. Gli inglesi, pur non consigliando ai polacchi di accettare la richiesta (ultimatum di Hitler di inviare a Berlino il 30 agosto un delegato con pieni poteri) - tale richiesta era, come Halifax aveva telegrafato a Hender-son, " assolutamente irragionevole " - insistettero presso il colonnello Beck perché dichiarasse di essere disposto a negoziare " senza indugio " con Berlino. Era, questa, la sostanza del messaggio che Halifax inviò al suo ambasciatore a Varsavia nella tarda sera del 30 agosto. Kennard avrebbe dovuto informare Beck del contenuto della nota britannica alla Germania (che Hen-derson stava presentando a Ribbentrop), assicurarlo che la Gran Bretagna avrebbe mantenuto i suoi impegni verso la Polonia, ma nel contempo sottolineare l'importanza che avrebbe avuto il consenso della Polonia a discutere direttamente e immediatamente con la Germania. Halifax telegrafò: In vista della situazione interna tedesca e dell'opinione mondiale, consideriamo come cosa della massima importanza che, dal momento che il governo tedesco si dichiara pronto a negoziare, non gli si dia nessun pretesto per far cadere la colpa del conflitto sulla Polonia ". Pagina 444
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt Kennard vide Beck a mezzanotte e il ministro degli Esteri polacco promise di consultare il suo governo e di dare all'ambasciatore inglese una " risposta meditata " entro il mezzogiorno del 31 agosto. Il dispaccio di Kennard su questo colloquio giunse al Foreign Office alle otto del mattino. Halifax non fu del tutto soddisfatto del suo contenuto. A mezzogiorno - era ormai l'ultimo giorno di agosto - egli telegrafò a Kennard che si " concertasse " con il suo collega francese a Varsavia (Leon Noél, l'ambasciatore francese) e consigliasse al governo polacco di far sapere al governo tedesco, preferibilmente in via diretta, altrimenti per nostro tramite, di esser stato informato circa la nostra ultima risposta al governo tedesco e di confermare la sua accettazione del principio della discussione diretta. Il governo francese teme che il governo tedesco possa trarre vantaggio dal silenzio polacco6B. che i tedeschi stessero ascoltando. Cercò di por fine alla conversazione, ma Dahlerus continuò a divagare intorno all'irragionevolezza dei polacchi. " Dissi nuovamente a Dahlerus, - dichiarò Sir Horace in un memorandum al Foreign Office, - di smettere di parlare e poiché non accennava a farlo posai io il ricevitore ". Wilson riferì ai suoi superiori questa leggerezza, proprio da parte dell'ufficio dell'ambasciatore britannico a Berlino. Alle 13, meno di un'ora dopo, Halifax mandò telefonicamente a Henderson un messaggio cifrato dicendo: " Dovete fare veramente attenzione nell'uso del telefono. La telefonata di D [Dahlerus era sempre indicato con D nei messaggi che il Foreign Office e l'ambasciata di Berlino si scambiavano], fatta dall'ambasciata a mezzogiorno, è stata molto indiscreta ed è stata certamente intercettata dai tedeschi " M. Gli ultimi giorni di pace 635 Lord Halifax continuava ad essere preoccupato nei riguardi degli alleati polacchi, tanto che meno di due ore dopo - alle 13,45 - telegrafò nuovamente a Kennard: Vi prego informare subito il governo polacco suggerendogli, poiché è stato accettato il principio della discussione diretta, di dare sollecite istruzioni all'ambasciatore polacco a Berlino perché comunichi al governo tedesco che, se questo ha proposte da fargli, egli è pronto a trasmetterle al suo governo affinchè possa studiarle subito e fare delle proposte riguardo a immediate discussioni69. Ma poco prima che questo telegramma fosse spedito Beck, con riferimento al passo della mezzanotte, aveva già informato l'ambasciatore britannico, per mezzo di una nota scritta, che il governo polacco " confermava di essere disposto... ad avere un diretto scambio di idee col governo tedesco " e l'aveva già assicurato verbalmente che Lipski stava per ricevere l'ordine di incontrarsi con Ribbentrop per dirgli che " la Polonia aveva accettato le proposte britanniche ". Avendo Kennard chiesto a Beck che cosa avrebbe fatto Lipski qualora Ribbentrop gli avesse sottoposto le proposte tedesche, il ministro degli Esteri rispose che il suo ambasciatore a Berlino non sarebbe stato autorizzato ad accettarle, perché, " data la precedente esperienza, esse avrebbero potuto implicare una specie di ultimatum ". Beck disse che l'essenziale era ristabilire i contatti e " che si sarebbero discussi in un secondo tempo i dettagli, stabilendo il luogo, le persone e le basi per dare inizio ai negoziati ". Considerata " la precedente esperienza ", a cui il ministro degli Esteri polacco, un tempo filonazista, aveva fatto allusione, questo punto di vista non era irragionevole. Secondo quanto Kennard telegrafò a Londra, Beck aggiunse, che " se egli fosse stato invitato a recarsi a Berlino non vi sarebbe naturalmente andato, non avendo alcuna intenzione di essere trattato come il presidente Hàcha "70. In realtà Beck non inviò a Lipski proprio quelle istruzioni. L'ordine trasmesso non fu di dire ai tedeschi che la Polonia " accettava " le proposte britanniche, ma che la Polonia " stava considerando favorevolmente " i suggerimenti britannici e avrebbe dato una risposta formale " al massimo fra qualche ora ". Ma c'era dell'altro, nelle istruzioni date a Lipski da Beck, e i tedeschi, avendo intercettato e decifrato il messaggio, lo sapevano. Per una ragione ovvia e che sarebbe presto diventata manifesta, i tedeschi non erano ansiosi di ricevere l'ambasciatore polacco a Berlino. Ormai era troppo tardi. Alle 13, pochi minuti dopo aver ricevuto le istruzioni telegrafiche da Varsavia, Lipski chiese un colloquio con Ribbentrop per trasmettergli una comunicazione del suo governo. Dopo un'attesa di un paio d'ore, ricevette una Pagina 445
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt telefonata da Weizsà'cker il quale gli chiese, da parte del ministro degli Esteri tedesco, se egli sarebbe venuto in veste di delegato con pieni poteri " o in altra veste ". " Risposi, - riferì più tardi Lipski nella sua relazione finale ", - che chiedevo un colloquio in qualità di ambasciatore, per presentare una dichiarazione del mio governo ". 636 Verso la guerra mondiale Segui un'altra lunga attesa. Alle 17 Attolico telefonò a Ribbentrop per comunicargli " il vivo desiderio del " duce " " che il Fiihrer ricevesse Lipski " cosf da stabilire almeno i minimi contatti necessari per evitare una rottura definitiva ". Il ministro degli Esteri tedesco promise di " trasmettere " al Fuhrer il desiderio del " duce "11. Non era quella la prima volta che l'ambasciatore italiano aveva chiamato la Wilhelmstrasse nell'ultimo giorno di agosto, per cercar di salvare la pace. Alle nove del mattino Attolico aveva informato Roma che la situazione era " disperata " e che, se " non interverrà qualche fatto nuovo, fra poche ore scoppierà la guerra ". A Roma, Mussolini e Ciano unirono i loro ingegni per cercare una via di uscita. Il primo risultato fu che Ciano telefonò a Halifax per dirgli che Mussolini non poteva intervenire se non gli si dava modo di procurare a Hitler " un grosso premio: Danzica ". Il ministro degli Esteri britannico non abboccò: disse a Ciano che la prima cosa da fare era mettere in contatto diretto tedeschi e polacchi per mezzo di Lipski. Pertanto alle 11,30 Attolico incontrò Weizsacker al Ministero degli Esteri tedesco e lo informò che Mussolini aveva preso contatto con Londra, e questa aveva suggerito, come primo passo per l'avvicinamento tedesco-polacco, la restituzione di Danzica alla Germania, e che ora gli occorreva un certo " margine di tempo " per perfezionare il suo piano per la pace. Intanto il governo tedesco non poteva ricevere Lipski? Lipski fu ricevuto da Ribbentrop alle 18,15, più di cinque ore dopo la richiesta dell'udienza. L'incontro fu breve. L'ambasciatore, malgrado la stanchezza e i nervi messi a dura prova, si comportò con dignità. Egli lesse al ministro degli Esteri nazista una comunicazione scritta. Ieri sera il governo polacco è stato informato dal governo britannico circa la proposta di uno scambio di vedute con il governo del Reich al fine di esaminare la possibilità di negoziati diretti fra il governo polacco e quello tedesco. Il governo polacco è disposto a prendere in considerazione i suggerimenti del governo britannico e gli darà una risposta formale in proposito fra poche ore. " Aggiunsi, - riferì in seguito Lipski, - che fin dall'una del pomeriggio avevo cercato di presentare questa dichiarazione ". Ribbentrop avendogli chiesto se era venuto in veste di rappresentante autorizzato a negoziare, l'ambasciatore rispose che, " per il momento ", aveva soltanto l'incarico di riferire la comunicazione appena letta; dopodiché rimise il documento al ministro degli Esteri. Ribbentrop disse che si era aspettato che Lipski venisse in qualità di " delegato con pieni poteri ", quando l'ambasciatore gli ripetè di non avere tale funzione, fu congedato. Ribbentrop lo assicurò che avrebbe informato il Fiihrer73. " Tornato all'ambasciata, - raccontò Lipski in seguito, - mi trovai nell'impossibilità di comunicare con Varsavia, perché i tedeschi avevano isolato il mio telefono ". Le domande di Weizsacker e di Ribbentrop circa la veste dell'ambasciatore venuto a negoziare erano puramente formali, di certo si voleva solo che esse figurassero nei protocolli, perché fin da mezzogiorno, quando a LipGli ultimi giorni di pace 637 ski era giunta da Varsavia la comunicazione telegrafica, i tedeschi sapevano benissimo che l'ambasciatore non si sarebbe presentato in funzione, come essi avevano richiesto, di plenipotenziario. Infatti essi avevano captato e decifrato subito quella comunicazione. Una copia di essa era stata inviata a Goring, il quale la mostrò a Dahlerus, incaricandolo di portarla in tutta fretta a Henderson affinchè il governo britannico - come spiegò in seguito il feldmaresciallo nella sua deposizione a Norimberga - " si potesse render conto il più presto possibile dell'intransigenza dell'atteggiamento polacco ". Goring lesse al tribunale le istruzioni segrete ricevute da Lipski, le quali proibivano all'ambasciatore di svolgere " in qualsiasi circostanza " negoziati ufficiali e gli suggerivano di insistere sul fatto che egli non aveva " pieni poteri " e che Pagina 446
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt era semplicemente incaricato di consegnare la comunicazione ufficiale del suo governo. Nella sua deposizione il feldmaresciallo diede molta importanza a questo particolare, nel vano tentativo di convincere i giudici che la Polonia aveva " sabotato " l'ultima offerta di pace di Hitler e che lui stesso - così egli disse - non aveva voluto la guerra e aveva fatto quanto poteva per impedirla. Ma come sincerità Goring era appena un pochino più su di Ribbentrop; lo dimostra, ad esempio, la sua dichiarazione alla corte, che soltanto dopo la visita di Lipski alla Wilhelmstrasse alle 18,15 del 31 agosto Hitler aveva deciso " l'invasione per il giorno dopo ". La verità era ben diversa. In realtà, tutte le agitate mosse dell'undice-sima ora, compiute nel pomeriggio e nella serata dell'ultimo giorno di agosto del 1939 dagli stanchi ed esauriti diplomatici e dai sovraffaticati uomini a cui questi facevano capo, non furono che delle frustate nell'aria del tutto inutili e, nel caso dei tedeschi, assolutamente e volutamente ingannatorie. Infatti alle 12,30 del 31 agosto, prima che Lord Halifax avesse esortato i polacchi ad essere più accomodanti, che Lipski si fosse recato da Ribbentrop, che i tedeschi avessero reso pubblicamente note le loro " generose " proposte alla Polonia, e che Mussolini avesse cercato di intervenire, Adolf Hitler aveva preso la decisione definitiva ed emesso l'ordine che doveva lanciare il pianeta nella sua guerra più sanguinosa. COMANDANTE SUPREMO DELLE FORZE ARMATE Segretissimo Berlino, 31 agosto 1939 Direttive N. i per la condotta di guerra. 1) Ora che tutte le possibilità politiche di risolvere con mezzi pacifici la situazione sulla frontiera orientale, divenuta intollerabile per la Germania, sono esaurite, mi sono deciso ad una azione di forza *. 2) L'attacco contro la Polonia sarà effettuato in conformità ai preparativi fatti per il " caso bianco ", con le modifiche che risultano, per quanto concerne l'esercito, dal fatto che esso nel frattempo ha quasi completato il suo schieramento. La distribuzione dei compiti e gli obiettivi delle operazioni rimangono immutati. Data d'attacco: i° settembre 1939. Ora dell'attacco: 4,45 del mattino [inserito a matita rossa]. * Le sottolineature si trovano nel testo originale tedesco. 638
Verso la guerra mondiale L'ora vale anche per le operazioni che riguardano Gdynia, la Baia di Danzica e il ponte di Dirschau. 3) Ad occidente, è importante che la responsabilità per l'apertura delle ostilità ricada inequivocabilmente sull'Inghilterra e sulla Francia. Per il momento, a eventuali violazio ni della frontiera di poco conto si farà fronte con azioni puramente locali. La neutralità dell'Olanda, del Belgio, del Lussemburgo e della Svizzera, nazioni alle quali abbiamo dato assicurazioni in questo senso, dovrà essere scrupolosamente rispettata. In terra, la frontiera occidentale tedesca non dovrà essere oltrepassata senza mio esplicito ordine. In mare, vale la stessa disposizione per tutte le azioni belliche e le iniziative che possano essere interpretate come tali *. 4) Se la Gran Eretagna e la Francia apriranno le ostilità contro la Germania, sarà compito delle formazioni della Wehrmacht operanti ad occidente risparmiare le loro for ze il pili a lungo possibile, in modo che sussistano le condizioni necessaria per una con clusione vittoriosa delle operazioni contro la Polonia. Entro questi limiti, le forze nemiche e le loro risorse militari ed economiche dovranno essere colpite il più possibile. Mi riservo, in ogni caso, di impartire l'ordine di iniziare operazioni offensive. L'esercito difenderà il vallo occidentale e prenderà le misure necessarie per non venire aggirato a nord, per mezzo della violazione del territorio belga Pagina 447
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt e olandese, da parte delle potenze occidentali... La marina effettuerà operazioni militari contro le navi mercantili, specialmente contro quelle dirette verso l'Inghilterra... L'aviazione dovrà, in primo luogo, impedire agli aerei francesi e inglesi di attaccare l'esercito e il Lebensraum tedesco. Nel condurre la guerra contro l'Inghilterra, la Luftwaffe dovrà essere impiegata per distruggere i rifornimenti marittimi dell'Inghilterra, la sua industria bellica e i trasporti di truppe britanniche in Francia. Si dovrà scegliere un'occasione favorevole per lanciare un attacco efficace contro unità navali britanniche assembrate, specie contro navi da guerra e portaerei. Mi riservo di decidere circa eventuali attacchi contro Londra. Ci si dovrà tener pronti a sferrare attacchi contro il territorio metropolitano inglese, tenendo presente che in ogni caso dovranno essere evitati successi parziali conseguiti con forze inadeguate. Così, poco dopo il mezzogiorno del 31 agosto, Hitler dette disposizioni ufficiali e scritte perché l'attacco contro la Polonia avesse inizio all'alba del giorno seguente. Come indicano le sue prime direttive di guerra, egli non era ancora del tutto sicuro su quello che sarebbe stato il comportamento della Gran Bretagna e della Francia. Egli si sarebbe astenuto dal?attaccare per primo. Se le due potenze prendevano l'iniziativa per l'attacco, egli sarebbe stato pronto a rispondere. Come Halder aveva accennato negli appunti del suo diario del 28 agosto, forse gli inglesi avrebbero tenuto fede ai loro impegni verso la Polonia solo in apparenza, " inscenando una finta guerra ". In tal caso, il Fùhrer " non se la sarebbe presa a male ". È probabile che il dittatore nazista abbia preso la fatale decisione poco prima delle 12,30 dell'ultimo giorno di agosto. Alle 18,40 del giorno precedente Halder annotò nel suo diario una comunicazione del tenente colonnello Curt Siewert, aiutante del generale von Brauchitsch: " Fare tutti i preparativi affinchè l'attacco possa avere inizio alle 4,30 del mattino del i" * Un'annotazione scritta in margine alle direttive chiarisce questo punto ambiguo: " Cosi, le forze navali dell'Atlantico rimarranno, per il momento, in posizione di attesa ". Gli ultimi giorni di pace 639 settembre. Se i negoziati di Londra dovessero imporre un rinvio, la data sarà il 2 settembre. In tal caso, saremo avvertiti prima delle 15 di domani... Il Fiihrer ha detto: il i° o il 2 settembre. Dopo il 2 settembre si dovrà rinunciare [all'azione] ". A causa delle piogge autunnali, l'attacco doveva cominciare subito o esser senz'altro sospeso. Nelle prime ore della mattina del 31 agosto, mentre Hitler diceva ancora di stare aspettando il delegato polacco, l'esercito tedesco ricevette gli ordini. Alle 6,30 Halder annotò: " Notifica dalla Cancelleria del Reich che l'ordine di scattare è per il i° settembre ". Alle 11,30 aggiunse: " II generale Stùlpnagel informa che l'ora dell'attacco è stata fissata per le 4,45. Si dice che l'intervento dell'Occidente sarà inevitabile; ciò nonostante il Fiihrer ha deciso di attaccare ". Un'ora dopo venivano diramate le direttive ufficiali n. i sopra riportate. Ricordo che in quel giorno a Berlino l'atmosfera era sinistra; tutti parevano trasognati. Alle 7,25 della mattina Weizsacker aveva telefonato a uno dei " cospiratori ", Ulrich von Hassell, pregandolo di recarsi subito da lui. Il segretario di Stato non aveva più che una sola speranza: quella che Henderson persuadesse Lipski e il suo governo ad inviare senza indugio un plenipotenziario polacco o almeno ad annunciare la sua intenzione di farlo. Hassell, diplomatico disoccupato, poteva parlare subito, a tal fine, al suo amico Henderson e anche a Goring? Hassell tentò. Si incontrò due volte con Henderson e una con Goring. Ma, pur essendo un ex diplomatico e ora anche antinazista, egli non sembrò accorgersi che gli eventi rendevano vani sforzi cosi circoscritti. Nemmeno si accorse della stranezza delle proprie vedute, di quelle di Weizsacker e di tutti i " bravi " tedeschi che, naturalmente, desideravano la pace, però alle condizioni dettate dalla Germania. Il 31 agosto a tutti loro doveva essere ormai evidente che vi sarebbe stata la guerra, a meno che Hitler o i polacchi non si fossero tirati indietro; ma che non vi era la minima probabilità che uno dei due capitolasse. Eppure, come rivela l'annotazione del diario di Hassell relativa a questo giorno, lo stesso Hassell si aspettava che i polacchi tornassero sulle proprie decisioni e seguissero la stessa via disastrosa già seguita dagli austriaci e dai cecoslovacchi. Henderson cercò di far notare a Hassell che la " difficoltà principale " stava nei metodi tedeschi, nella loro pretesa di far filare i polacchi " come Pagina 448
William L. Shirer - La storia del terzo reich.txt degli stupidi ragazzini ", Hassell allora replicò che " l'ostinato silenzio dei polacchi era anch'esso deplorevole ". Aggiunse che " ogni cosa dipendeva dalla decisione di Lipski di presentarsi, non per fare domande ma per dichiararsi disposto a negoziare ". Dunque anche secondo Hassell i polacchi, minacciati di un attacco imminente basato su accuse inventate dai tedeschi, non avrebbero dovuto far domande. E quando l'ex ambasciatore trasse le " conclusioni finali " sullo scoppio della guerra, pur incolpando Hitler e Ribbentrop di " correre coscientemente il rischio di una guerra con le potenze occidentali ", addossò buona parte delle responsabil