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MERCEDES LACKEY IL DESTINO DI VALDEMAR (Arrow's Fall, 1988) Dedicato: ad Andre Norton per l'ispirazione; a Teri Lee per l'incoraggiamento fornito dall'inizio; e a mio marito Tony per essere stato comprensivo riguardo alla mia prolungata relazione con un programma di videoscrittura. PROLOGO Molto tempo fa... tanto che i dettagli relativi a quel conflitto sono andati perduti e di essi rimangono soltanto alcune leggende... il mondo di Velgarth fu devastato da guerre di magia che ne decimarono la popolazione; il territorio ricadde ben presto in una condizione selvaggia e fu occupato in buona parte da una fitta foresta dominata dagli esseri creati mediante magia e che erano stati utilizzati per combattere quelle guerre, mentre gli abitanti ancora in vita fuggirono verso l'area costiera orientale, dove cercarono di avviare una nuova esistenza come meglio potevano. Gli esseri umani, tuttavia, sono creature tenaci e resistenti, e non passò molto che la popolazione tornò ad aumentare e a spostarsi verso occidente, edificando nuovi regni nelle lande selvagge che incontrava. Valdemar nacque come uno di questi regni. Fondato dal Barone Valdemar e da quelli fra i suoi seguaci che avevano scelto di andare in esilio con lui piuttosto che affrontare un monarca egoista e crudele, esso sorse nell'area più occidentale e settentrionale del mondo civilizzato. A causa soprattutto della natura dei suoi fondatori, il regno di Valdemar continuò ad accogliere fuggitivi ed esuli, e nel corso degli anni la sua popolazione divenne un miscuglio poliglotta di usanze e di abitudini. In effetti, l'unico criterio secondo cui i monarchi di Valdemar governavano il loro popolo era: "Non esiste una sola, vera via".
Regnare su un tale assortimento di sudditi sarebbe stato impossibile... se non fosse stato per gli Araldi di Valdemar. Gli Araldi espletavano numerose funzioni: controllavano l'amministrazione, dispensavano la giustizia, fungevano perfino da temporanei consiglieri militari, e dovevano rispondere del proprio operato soltanto al sovrano e alla ristretta cerchia dei loro pari; gli Araldi possedevano inoltre straordinari poteri, ma non ne abusavano mai, e il motivo di questa loro moderazione... e in effetti dell'intero sistema governativo basato sull'impiego degli Araldi... era costituito dall'esistenza di quelle creature note come i "Compagni". Ad un occhio ignaro, un Compagno appariva soltanto come un cavallo bianco estremamente aggraziato, ma era molto di più. I primi tre Compagni erano stati inviati da un potere sconosciuto dietro supplica dello stesso Re Valdemar, ed avevano stabilito un legame mentale con il sovrano, con il suo Erede al Trono e con il suo migliore e più fidato amico, che era anche l'Araldo del Regno. Era stato così che gli Araldi avevano assunto un ruolo diverso e una maggiore importanza. I Compagni sceglievano di volta in volta i nuovi Araldi, forgiando ciascuno con il suo Prescelto un legame mentale che soltanto la morte poteva recidere, e anche se nessuno sapeva con esattezza quanto fossero intelligenti, era convinzione generale che lo fossero almeno quanto un essere umano. I Compagni potevano Scegliere (e Sceglievano) senza limitazioni dovute al sesso o all'età, ma preferivano in genere giovani che stessero entrando nell'adolescenza, e fra i Prescelti figuravano più ragazzi che ragazze. Un requisito essenziale che doveva essere presente in tutti (oltre a quello di avere un carattere dotato di pazienza, di senso della responsabilità, di altruismo e di un'eroica dedizione al dovere) era il possesso di poteri psichici anche minimi. Il contatto mentale con il Compagno e lo svilupparsi progressivo di tale legame servivano a intensificare le capacità paranormali latenti nei Prescelti. Con il tempo, si giunse poi a comprendere meglio questi Talenti e furono studiati gradualmente metodi per aiutare ogni individuo ad ampliare al massimo quelli di cui era dotato; a poco a poco, i Talenti presero il posto della "vera magia", scarsamente conosciuta, che ancora si possedeva in Valdemar, finché non rimase più nessuna nozione di come tale magia fosse stata appresa o utilizzata. Lo stesso Re Valdemar elaborò il sistema di governo del regno, unico
nel suo genere: il Monarca formulava le leggi con l'ausilio del Consiglio, e gli Araldi provvedevano a farle conoscere e osservare. Gli Araldi erano quasi incapaci di lasciarsi corrompere o di abusare del potere temporale che possedevano, perché per loro stessa natura i Prescelti erano portati a sacrificarsi per il bene degli altri, una dote che veniva rafforzata dall'addestramento e che era essenziale, in quanto esistevano notevoli probabilità che un Araldo morisse nell'adempimento del proprio dovere. In tutta la storia di Valdemar si conosceva un solo caso di un Araldo che avesse ceduto alla tentazione di abusare dei propri poteri per perseguire una vendetta: aveva ottenuto ciò che voleva, ma il suo Compagno lo aveva ripudiato e abbandonato, e ciò lo aveva spinto al suicidio. Nonostante la loro dedizione al dovere, gli Araldi erano però esseri umani, per lo più molto giovani e votati ad una vita fatta di rischi... era quindi inevitabile che quando non erano in servizio tendessero ad essere piuttosto edonistici e tutt'altro che casti; di rado stringevano un rapporto al di fuori di quello esistente nella loro Confraternita, forse perché esso era molto forte e perché il legame fra Araldo e Compagno lasciava ben poco spazio a qualsiasi altro vincolo duraturo. In genere, era difficile che il popolo o i nobili si risentissero di questo, perché era risaputo che, per quanto potesse mostrarsi sfrenato durante i periodi di licenza, un Araldo diventava un'altra persona non appena indossava la sua candida uniforme: un Araldo in divisa bianca era un Araldo in servizio, e il servizio non lasciava tempo per nulla che non fosse il dovere, tanto meno per le frivolezze e i piaceri personali. Nonostante questo, c'era chi aveva un parere diverso... e qualcuna di queste persone occupava posizioni altolocate. Le leggi promulgate dal primo re decretarono che il Monarca stesso doveva essere un Araldo, al fine di garantire che il trono non cadesse mai nelle mani di un tiranno come quello che aveva spinto i fondatori di Valdemar ad abbandonare le loro case. Secondo per importanza soltanto al Monarca c'era poi l'Araldo del Re (o della Regina). Scelto da uno speciale Compagno che sembrava non invecchiare mai (anche se poteva essere ucciso) e che era sempre uno stallone, l'Araldo della Regina deteneva la posizione di amico e di confidente del sovrano, il che garantiva ai regnanti di Valdemar di avere sempre accanto almeno una persona di cui potersi fidare e su cui poter contare in qualsiasi momento. Questo faceva sì che i sovrani fossero sicuri e affidabili... e che gover-
nassero di conseguenza. Per generazioni parve che Re Valdemar avesse organizzato alla perfezione il suo sistema di governo, ma anche i piani migliori possono essere alterati da un incidente o dalla casualità. All'epoca di Re Sendar il regno di Karse (che confinava a sudest con Valdemar) assoldò una nazione di mercenari nomadi per attaccare Valdemar; nella guerra che seguì Sendar perse la vita e sua figlia Selenay, che aveva completato solo da poco il suo addestramento di Araldo, dovette salire al trono. L'Araldo della Regina, l'anziano Talamir, si trovò ben presto confuso e imbarazzato nel dover fornire consigli ad una ragazza tanto giovane, cocciuta e attraente, e come risultato di tutto questo Selenay finì per contrarre un matrimonio sconsiderato, che per poco non le costò la vita stessa e il trono. Frutto di quel matrimonio, e presunta Erede al Trono, fu una bambina a cui Selenay diede il nome di Elspeth. La piccola cadde però sotto l'influenza di Hulda, la governante che il marito della regina aveva fatto venire dalla propria terra d'origine prima di morire prematuramente, e divenne una monella viziata e intrattabile, tanto che fu ben presto evidente che se le cose fossero continuate in quel modo Elspeth non sarebbe mai stata Scelta e quindi non avrebbe mai potuto ereditare il trono. Tale eventualità avrebbe posto Selenay di fronte all'alternativa fra il contrarre un secondo matrimonio (con tutti i rischi che questo comportava) per generare un altro Erede più adatto, o scegliere come proprio successore qualcuno che fosse già stato Prescelto e che appartenesse ad una casata degna di dare un Erede al trono. A parte questo, non le rimaneva che tentare di recuperare in qualche modo l'Erede presunta. Talamir propose allora un piano che sembrava garantire buone probabilità di successo e che prevedeva di mandare la bambina in una remota provincia perché fosse allevata lontano dall'influenza della governante e della Corte, da persone che avrebbero provveduto a toglierle tutti i vizi che aveva accumulato. A questo punto, però, Talamir venne assassinato e ciò fece precipitare di nuovo la situazione nel caos; il Compagno di Talamir, Rolan, "scelse" un nuovo Araldo della Regina... ma invece di orientarsi su un adulto o su qualcuno che fosse già un Araldo a pieno titolo, scelse una ragazzina adolescente di nome Talia. Talia era nata fra la Gente dei Possedimenti, un puritano gruppo di Con-
fine che faceva del suo meglio per scoraggiare l'apprendimento di tutto ciò che accadeva all'esterno del proprio nucleo, quindi non capì cosa stesse succedendo quando il Compagno di un Araldo le si avvicinò e (almeno in apparenza) la rapì. Fra la sua gente le donne detenevano una posizione estremamente subordinata, le punizioni per chi non si adattava erano immediate e aspre e Talia, essendo per carattere inadatta ad un ruolo subordinato, si era sempre sentita ripetere di continuo che tutto quello che faceva era nel migliore dei casi errato, nel peggiore addirittura malvagio. Di conseguenza, non era preparata al nuovo mondo che l'attendeva, quello degli Araldi e del loro Collegio. L'unica cosa in cui era esperta era come trattare ed educare i bambini, perché aveva fatto da insegnante ai membri più piccoli del suo Possedimento fin dall'età di nove anni. Questa lunga esperienza le permise di recuperare la Monella... e vi riuscì così bene che Elspeth venne infine "scelta" da un Compagno, poco prima che Talia partisse per il suo periodo di apprendistato. Durante quell'anno e mezzo lei e Kris, l'Araldo scelto come suo istruttore, scoprirono una cosa spaventosa e potenzialmente letale, non soltanto per loro ma anche per chiunque si fosse venuto a trovare nelle vicinanze di Talia. A causa degli eventi caotici verificatisi subito dopo il suo periodo iniziale di addestramento nell'uso del proprio Talento, Talia non era mai stata addestrata in maniera adeguata... e il Talento di cui era dotata era quello dell'Empatia, sia dal punto di vista della ricezione che della proiezione, tanto potente da poter essere usato come un'arma. Soltanto dopo che la ragazza ebbe perso ogni capacità di controllo lei e Kris riuscirono a reimpostare l'addestramento dall'inizio in maniera tale da permettere a Talia di dominare il proprio Talento con la volontà piuttosto che con l'istinto. Nonostante l'acquisito autocontrollo, Talia continuò ad essere tormentata dai dubbi circa le situazioni in cui l'etica le permetteva di utilizzare il suo Talento, così come era tormentata anche da un'altra questione, di natura del tutto diversa: l'attrazione quasi ossessiva che provava nei confronti dell'Araldo Dirk, che era il migliore amico di Kris e che lei aveva visto appena poche volte, sempre in circostanze tutt'altro che intime. In effetti, una simile ossessione aveva qualche precedente: molto di rado capitava che due Araldi stabilissero fra loro un "legame a vita", altrettanto profondo e duraturo quanto quello che esisteva fra un Araldo e il suo Compagno, e Kris era certo che si trattasse proprio di questo.
Talia, però, non ne era altrettanto sicura, e quel suo stato d'animo andò a costituire un'altra secondaria complicazione del suo periodo di apprendistato che incluse anche una battaglia, una pestilenza, intrighi diretti a diffondere voci deleterie sul suo conto e un Talento che costituiva un pericolo per la stessa Talia e per gli altri. Finalmente, quel lungo anno e mezzo giunse alla conclusione e Talia si avviò insieme a Kris per tornare a casa... dove l'attendevano un rapporto personale ancora tutto da stabilire, un'adolescente sensibile, tutti gli intrighi della Corte e forse perfino un nemico: Lord Orthallen, che era anche lo zio di Kris. CAPITOLO PRIMO Potremmo essere fratello e sorella, pensò Kris, lanciando un'occhiata alla sua compagna. Forse addirittura gemelli... Talia sedeva in sella a Rolan con disinvolta facilità... una disinvoltura generata dal fatto che tanto lei quanto Kris avevano trascorso la maggior parte delle loro giornate in sella durante il periodo di apprendistato nel nord, e comune anche al suo compagno. Dopo tutto quel tempo e quell'esercizio avrebbero potuto benissimo mangiare, dormire e... sì, perfino amarsi restando in sella! Le prime due erano cose che era capitato loro di fare abbastanza spesso, e quanto alla terza non ci avevano mai provato... anche se Kris aveva sentito parlare dell'esperienza di altri Araldi che lo avevano fatto, e ne aveva riportato l'impressione che quello non fosse qualcosa che lui si sentiva tentato di sperimentare di persona. Dal momento che prevedevano di raggiungere la capitale e il Collegio entro le prime ore della serata, i due Araldi indossavano la loro uniforme migliore e più pulita. Le divise bianche da usare quando si era in servizio lungo un circuito erano fatte di un cuoio duro e resistente, ma dopo diciotto mesi tanto Kris quanto Talia erano rimasti con una sola uniforme che avesse ancora un aspetto decente, e l'avevano tenuta da parte per quel giorno. Certo, siamo presentabili, ma niente di più, rifletté con poca allegria il giovane, osservando con rincrescimento il ginocchio sinistro dei suoi pantaloni, un punto in cui il cuoio era abbastanza logoro da essere un po' ruvido... il che significava che raccoglieva la polvere con maggiore facilità, e la polvere spiccava sulle divise bianche, tanto che dopo una intera giornata di viaggio entrambe le uniformi degli Araldi avevano assunto una leggera
sfumatura grigia. Forse un osservatore casuale non se ne sarebbe accorto, ma Kris ne era acutamente consapevole. D'un tratto Tantris si mise a caracollare leggermente, e Kris si accorse che il suo Compagno e quello di Talia, Rolan, stavano tenendo un'andatura identica. Lo facciamo di proposito, fratello a due zampe, avvertì Tantris, i cui pensieri esprimevano un accenno di risata. Dal momento che entrambi avete un aspetto così trasandato, abbiamo pensato di distogliere da voi l'attenzione generale. Nessuno vi degnerà di un'occhiata se io e Rolan ci esibiamo un poco. Devo ringraziarti... suppongo. A proposito, voi due non potreste essere scambiati per gemelli, perché i capelli di Talia sono troppo rossi e lei è troppo minuta. Però potreste essere fratelli, sì, nonostante quei tuoi occhi azzurri... Gli occhi azzurri sono una caratteristica di famiglia, ribatté Kris, con finta indignazione. Tanto mio padre quanto mia madre hanno gli occhi di quel colore. Allora per supporre che voi due siate fratelli bisognerebbe anche supporre che tua madre abbia tenuto un Bardo nascosto nel guardaroba, altrimenti come si potrebbero spiegare gli occhi nocciola e i capelli ricci di Talia? chiese Tantris, inarcando il collo e scoccando un'occhiata un po' provocatoria al suo Prescelto. Kris lanciò uno sguardo alla sua allieva e giunse alla conclusione che Tantris aveva ragione: in effetti c'era troppo rosso nei capelli di Talia, che erano anche troppo ricciuti perché lei potesse essere imparentata con qualcuno che come lui aveva capelli lisci e di un nero tanto cupo da avere riflessi azzurrini... per non parlare della sua statura, tanto minuta che lei gli arrivava appena al mento. Entrambi avevano però l'ossatura sottile e il volto dalla forma leggermente a cuore, e soprattutto si muovevano tutti e due nello stesso modo. È a causa dell'addestramento di Alberich e di Keren. È probabile. Comunque tu sei più attraente di lei, e lo sai benissimo. Quel commento sorprese Kris a tal punto da strappargli una risata, che indusse Talia a guardarlo con espressione interrogativa. «È possibile sapere...» «Si tratta di Tantris» spiegò Kris, traendo un profondo respiro e continuando a ridacchiare. «Mi sta punzecchiando a proposito della mia vani-
tà.» «Vorrei poter Comunicare Mentalmente con Rolan in quel modo almeno una volta» commentò Talia, con notevole malinconia. «Invece dovresti essere felice di non poterlo fare, perché in questo modo ti vengono risparmiate una quantità di osservazioni pungenti.» «Quanto manca ancora per arrivare a casa?» «Poco più di un'ora» rispose Kris, osservando il verde paesaggio con notevole soddisfazione e assaporandone l'aria resa profumata dai fiori. «Una moneta d'argento per i tuoi pensieri.» «Così tanto?» rise Talia, girandosi sulla sella per guardarlo in volto. «Una moneta di rame sarebbe un prezzo più appropriato.» «Spetta a me giudicare. Dopo tutto, sono stato io a chiederti cosa pensi.» «Infatti.» Proseguirono il cammino in silenzio lungo la strada ombreggiata dagli alberi, mentre Kris attendeva che lei si decidesse a rispondere quando si fosse sentita pronta a farlo; il sommesso tintinnio dei campanelli e il battito degli zoccoli dei Compagni sulla dura superficie della Strada Commerciale creavano del resto una sorta di musica rilassante che lui era restio a sopravanzare con la propria voce. «Penso all'etica» replicò infine Talia. «Accidenti... sono pensieri ponderosi!» «Suppongo di sì...» cominciò lei, poi tornò ad immergersi nelle proprie riflessioni e assunse un'espressione distratta che indusse Kris a tossicchiare per richiamare la sua attenzione. «Ti sei persa nelle tue divagazioni» la rimproverò gentilmente, quando sussultò un poco. «Dunque, stavi parlando dell'etica. L'etica di cosa?» «L'etica connessa al mio Talento, e in particolare al suo impiego...» «Credevo che avessi ormai risolto questi problemi.» «Sì, ma soltanto in una situazione di aperta minaccia in cui non sia possibile infliggere una punizione giusta e adeguata seguendo le normali procedure.» «Ti riferisci a quello... stupratore?» «Esatto» confermò Talia, con un leggero brivido. «Dopo aver toccato la sua mente, ho temuto che non mi sarei mai più sentita pulita, ma cos'altro avrei potuto fare con lui? Ordinare che lo giustiziassero? Non sarebbe stata una punizione sufficiente per quello che aveva fatto, come non lo sarebbe stata neppure la condanna alla prigione. E per quanto mi sarebbe piaciuto farlo a pezzi con estrema lentezza, sai bene quanto me che gli Araldi non
ricorrono mai alla tortura.» «Si può sapere cosa gli hai fatto? Mi piacerebbe conoscere tutti i dettagli, ma finora non ne hai mai voluto parlare.» «Si è trattato... di una specie di applicazione distorta della tecnica del Risanamento. Non mi ricordo più come Devan ha chiamato la procedura, ma è una cosa che riesco a fare perché sono un'Empatica in grado di proiettare emozioni: si collega un pensiero specifico ad una serie di pensieri o di emozioni che tu costruisci, e così ogni volta che la persona in questione formula quel pensiero viene bombardata anche da ciò che tu vuoi che sappia. Ho fatto lo stesso con Vostel... ogni volta che pensava che la colpa fosse sua era automaticamente costretto a pensare anche ciò che io avevo inserito nella sua mente.» «E cioè?» «"Quindi la prossima volta non sarò più tanto stupido!"» rispose Talia, con un sorriso. «E quando decideva di essere pronto a cedere al dolore otteneva quest'altro pensiero: "Ma non sto poi male quanto ieri, e domani starò ancora meglio". Naturalmente non si trattava di parole vere e proprie, ma di sensazioni.» «Più utili in questo caso di quanto lo sarebbero state le parole» rifletté Kris, allontanando una mosca con un gesto distratto. «Lo ha detto anche Devan. Ebbene, mi sono regolata nello stesso modo con... con quella cosa. Ho preso i ricordi peggiori che c'erano nella mente della sua figliastra e li ho collegati a tutto ciò che lui pensava e provava nei confronti delle donne... e l'ho fatto mantenendo un punto di vista soggettivo, in modo da dargli l'impressione di essere lui la vittima. Hai visto quello che è successo.» «È impazzito ed è crollato a terra con la schiuma alla bocca» ricordò Kris, con un brivido. «No, non è impazzito. Si è bloccato da solo in un circolo vizioso formato da un continuo ripetersi di ciò che io avevo inserito nella sua mente, e questa è una punizione adeguata, perché sta subendo esattamente ciò che ha inflitto alla sua figliastra. È una punizione giusta, o almeno io la ritengo tale, perché se mai lui cambiasse atteggiamento mentale potrebbe liberarsi. Naturalmente» precisò Talia, con una smorfia, «se dovesse farlo potrebbe trovarsi a pendere da una corda, per l'assassinio dell'altra figliastra. La legge infatti proibisce di giustiziare un pazzo, ma non salva chi ha riacquistato la sanità mentale. Infine, ciò che ho fatto dovrebbe aver soddisfatto la sua figliastra, che dopo tutto è la persona che noi volevamo uscisse risana-
ta da tutta la faccenda.» «E allora dov'è il problema etico?» «Quella era una situazione di tensione e di minaccia. Ma ritieni che sia etico... diciamo... leggere la mente dei presenti durante le riunioni del Consiglio e agire sulla base delle informazioni così ottenute?» «Uh...» commentò Kris, non riuscendo a trovare una risposta. «Capisci adesso?» «Affrontiamo la questione da un'angolazione diversa. Tu sai come decifrare i pensieri che traspaiono dall'espressione e dai movimenti delle persone... è una cosa che è stata insegnata a tutti noi. Esiteresti ad usare questa tua capacità in Consiglio?» «No» ammise Talia, e scivolò nel silenzio per qualche minuto. «Suppongo che il fattore fondamentale non sia se sondo la mente dei Consiglieri ma piuttosto come uso le informazioni così ottenute.» «Mi sembra una cosa ragionevole.» «Forse troppo ragionevole» obiettò Talia, in tono pensoso. «È spaventosamente facile giustificare a livello razionale ciò che voglio fare... ciò che non posso evitare di fare, in alcuni casi. L'Empatia non è come la Percezione dei Pensieri, ed io mi devo schermare per poter tenere fuori da me le sensazioni della gente, perché tutti continuano a riversarmi addosso le loro emozioni con regolare costanza, soprattutto quando sono in tensione.» «L'unico consiglio che ti posso dare è di agire di volta in volta come ti sembra meglio... il che è tutto ciò che ciascuno di noi può fare» suggerì Kris, scuotendo il capo. Una profonda verità, o Saggio. Kris ignorò il commento pungente del suo Compagno, ed era sul punto di rivolgere altre domande a Talia quando sentì il rumore di un cavallo che stava sopraggiungendo al galoppo lungo la strada diretto verso di loro... un cavallo i cui zoccoli avevano il tipico tamburellare di quelli di un Compagno. «Quello...» cominciò Talia, che aveva udito a sua volta il rumore. «Sembra un Compagno, sì, ed è al galoppo» confermò Kris, sollevandosi sulle staffe. «Luminosa Signora, che altro succede?» In quel momento il cavallo e il cavaliere raggiunsero la cima di un'altura ed entrarono nel campo visivo dei due Araldi. È Cymry avvertì subito Tantris, rizzando gli orecchi, e da quanto è snella deve aver già partorito. «È Cymry» riferì Kris.
«Il che significa che il cavaliere è Skif... e dal momento che sono pronta a scommettere che Cymry deve aver partorito da poco, se sono qui non è certo per una passeggiata di piacere.» L'ultima volta che i due avevano visto il ladro divenuto Araldo era stato poco più di nove mesi prima, quando Skif li aveva raggiunti a metà del loro periodo di circuito per aggiornarli e rifornirli; Cymry aveva utilizzato la breve permanenza per divertirsi con Rolan, e tanto lei quanto il suo Prescelto si erano dimenticati della incredibile fertilità dei Compagni del Boschetto. Il risultato era stato scontato in partenza... con estrema irritazione tanto di Cymry quanto di Skif. Talia conosceva meglio di Kris il giovane ladro ravveduto, perché da studenti avevano stretto un'amicizia così profonda che era stata poi trasformata in fratellanza con un patto di sangue, ed era quindi maggiormente in grado di decifrare da lontano il suo atteggiamento. Ombreggiandosi gli occhi con una mano, osservò Skif per un lungo momento e alla fine annuì soddisfatta. «Se non altro, non si tratta di un disastro. Deve essere successo qualcosa di serio, ma non è un'emergenza.» «Come puoi dirlo, da questa distanza?» «In primo luogo, non avverto intense ondate emotive; in secondo luogo, se fosse una cosa veramente grave Skif sarebbe del tutto inespressivo in volto, mentre appare un po' preoccupato... anche se potrebbe esserlo per Cymry.» Allorché li avvistò a sua volta, Skif cominciò ad agitare freneticamente una mano e Cymry rallentò un poco l'andatura; i due Araldi, dal canto loro, accelerarono la propria, con estrema contrarietà dei muli da soma. «Cieli! Sono davvero felice di vedervi!» esclamò Skif, non appena i due giunsero a portata d'udito. «Cymry continuava a giurare che eravate vicini, ma cominciavo a temere che avrei dovuto cavalcare per un paio d'ore, e non mi andava l'idea di tenerla separata per tutto questo tempo dal suo piccolo.» «A sentirti sembra che ci stessi aspettando, Skif... qual è il problema?» domandò ansiosamente Kris. «Cosa ci fai qui?» «Non stavo aspettando te, ma lei. Badate bene che quanto sto per dirvi è assolutamente riservato, perché non vogliamo lasciar capire che Talia è stata avvertita. Sono sgusciato via di nascosto nell'interesse di una dama in difficoltà.» «Chi?» incalzò subito Talia. «Elspeth o Selenay? Cosa...?»
«Dammi un minuto, d'accordo? Sto cercando di dirtelo. Elspeth mi ha chiesto di intercettarti sulla strada per informarti: pare che il Consiglio sia intenzionato a indurla a sposarsi, e lei non è particolarmente entusiasta dell'idea. Vuole che tu lo sappia in modo da darti il tempo di escogitare una buona argomentazione per bloccare il Consiglio, durante la riunione di domani.» Mentre parlava, Skif tirò le redini di Cymry in modo da affiancarsi agli amici e si adeguò alla loro andatura. «Alessandar ha richiesto formalmente la mano di Elspeth per conto di suo figlio Ancar, e sarebbe un matrimonio estremamente vantaggioso, tanto che si può dire che tutti i membri del Consiglio sono favorevoli alla cosa, tranne Elcarth e Kyril... e Selenay. La discussione si sta protraendo ormai da due mesi, ma si è fatta seria soltanto nell'ultima settimana, ed ora sembra che Selenay stia gradualmente perdendo terreno. È per questo che Elspeth mi ha mandato qui ad intercettarvi; già da due o tre giorni sono venuto da queste parti nella speranza di incontrarvi e di avvertire Talia di quanto sta accadendo. Con il tuo supporto, Selenay avrà in Consiglio il peso sufficiente per opporre un veto e rinviare il fidanzamento a quando Elspeth avrà ultimato il suo addestramento, o addirittura respingere del tutto la proposta. Elspeth non voleva che qualcuno dei Consiglieri più eccitabili venisse a sapere che intendevano informarti, altrimenti avrebbero potuto intensificare le pressioni su Selenay per costringerla a prendere una decisione prima del tuo arrivo.» «Quindi il gioco è ancora aperto... bene» sospirò Talia. «Pensi di riuscire a precederci per dire ad Elspeth e a Selenay che arriveremo entro l'ora di cena? Per adesso non posso fare nulla, ma domani durante la riunione del Consiglio risolveremo questo pasticcio. Se però Elspeth volesse vedermi prima di allora... sarò a sua completa disposizione, e potrà trovarmi nella mia stanza.» «I tuoi desideri sono ordini per me» replicò Skif. Come tutti e tre sapevano, il giovane ex-ladro conosceva parecchi percorsi per entrare e uscire dalla capitale e dal Palazzo, e sarebbe certo arrivato prima di loro. Skif si allontanò quindi prendendo una direzione diagonale rispetto alla strada e lasciandosi alle spalle una fitta nube di polvere, mentre Kris e Talia proseguivano come se non lo avessero incontrato, mantenendo il lento passo dei muli. Kris si concesse però di scambiare con la sua allieva un'occhiata carica di stanca ironia: non erano ancora neppure arrivati ufficialmente a "casa" e tuttavia gli intrighi avevano già avuto inizio.
«C'è qualcos'altro che ti preoccupa?» domandò infine, notando l'espressione di Talia. «Per essere franca» ammise lei, infine, «l'idea di tornare a casa mi rende nervosa quanto una gatta prossima a partorire.» «Perché? E perché proprio adesso che il peggio è passato? Ora sei un Araldo a pieno titolo e hai concluso del tutto il tuo addestramento. Che motivo hai di essere nervosa?» Talia lasciò vagare lo sguardo sui campi e sulle distanti colline... dovunque, pur di non guardare verso Kris... mentre la calda brezza primaverile carica del profumo dei fiori le sospingeva qualche ciocca di capelli sugli occhi e le dava l'aspetto di un puledro preoccupato. «Non sono certa che ne dovrei discutere con te» osservò poi, con riluttanza. «Se non con me, con chi?» Talia gli scoccò un'occhiata, soppesandolo. «Non lo so...» «No» la contraddisse Kris, leggermente ferito dalla sua riluttanza. «Lo sai, ma non sei ancora certa di poterti fidare di me, perfino dopo tutto quello che abbiamo passato insieme.» «Una valutazione accurata in maniera sconcertante» ammise lei, con un sussulto contrito. «Pensavo che l'eccessiva franchezza fosse il mio principale difetto.» Kris levò gli occhi al cielo in un esagerato gesto di sopportazione, e fu costretto a socchiudere le palpebre per difendersi dal bagliore del sole. «Io sono un Araldo, e lo sei anche tu» ribatté quindi, «e se c'è una cosa che ormai dovresti aver imparato, è che ti puoi sempre fidare di un altro Araldo.» «Anche se i miei sospetti sono in conflitto con i vincoli di sangue?» «Per esempio?» domandò Kris, soppesandola con lo sguardo come Talia aveva fatto poco prima con lui. «Tuo zio, Lord Orthallen.» Kris fischiò fra i denti e arricciò le labbra in una smorfia. «Pensavo che avessi abbandonato queste idee un anno fa. Soltanto per quel piccolo scontro che avete avuto a causa di Skif tu continui a pensare che mio zio ordisca una cospirazione dietro ogni cespuglio! Lui è stato molto buono con me e con una mezza dozzina di altre persone che ti potrei nominare, ed è stato un aiuto preziosissimo per Selenay... come per suo padre prima di lei.»
«Ho ottime ragioni per vederlo annidato dietro ogni cespuglio!» ribatté Talia, accalorandosi. «Io ritengo che il suo tentativo di mettere Skif nei guai fosse parte di un piano più esteso, il cui scopo era quello di isolarmi...» «Perché? Cosa potrebbe mai guadagnarci?» ritorse Kris, irritato e frustrato perché quella non era la prima volta che era costretto a difendere suo zio: in parecchie occasioni, infatti, altri Araldi avevano sottolineato che Orthallen era decisamente troppo avido di potere per essere del tutto fidato, e Kris si era sempre sentito costretto dall'onore a prendere le sue difese. Quanto ai sospetti di Talia, avendo creduto che lei li avesse accantonati ormai da mesi, scoprire che non era così aveva l'effetto di seccarlo oltre misura. «Non so il perché...» gridò Talia, altrettanto frustrata, serrando i pugni intorno alle redini. «So soltanto che non mi sono mai fidata di tuo zio dal primo momento che l'ho visto, e che adesso sarò una pari di Kyril e di Elcarth nel Consiglio, cosa che potrebbe creare fra me e lui un conflitto maggiore di quello esistito finora.» Kris trasse tre profondi respiri e cercò di mantenere un atteggiamento calmo e razionale. «Può darsi che lui non ti piaccia, Talia, ma finora non ti ho mai vista avere problemi nell'evitare che le tue antipatie ti influenzassero a livello decisionale... e mio zio è una persona molto ragionevole...» «Ma non riesco a decifrarlo: non ho idea di quali siano le sue motivazioni né del perché lui debba provare dell'antagonismo nei miei confronti... ma so che ne prova.» «Credo che tu stia reagendo in maniera esagerata» replicò Kris, continuando ad esercitare un notevole autocontrollo. «Ti ho già detto una volta che non si tratta di un'offesa che tu possa avergli arrecato... supponendo che sia offeso... ma piuttosto del fatto che sì sente un avversario sconfitto, dal momento che quando Talamir è stato assassinato lui si aspettava di prendere il suo posto come più stretto consigliere di Selenay.» «E si aspettava anche di poter ricoprire il ruolo di Araldo della Regina?» obiettò Talia, scuotendo con veemenza il capo. «Cieli, Kris: tuo zio è un uomo intelligente e non può non essersi reso conto che una cosa del genere era impossibile! Tanto per cominciare, non ha Talenti, ed io non sto reagendo in maniera esagerata nei suoi confronti.» «Suvvia, Talia...» «Non mi trattare con condiscendenza! Sei stato tu a consigliarmi di ave-
re fiducia nel mio istinto, e adesso affermi che non me ne posso fidare perché l'istinto mi dice qualcosa a cui tu non vuoi credere!» «Perché è una cosa sciocca e infantile» sbuffò Kris. Talia trasse un profondo respiro e chiuse gli occhi. «Non sono d'accordo con te, Kris, ma cerchiamo di non litigare per questo, d'accordo?» Kris trattenne le parole che stava per pronunciare, sollevato che almeno Talia non lo obbligasse a rimanere sulla difensiva. «Se vuoi» si limitò a replicare. «Non... non è ciò che voglio. Quello che voglio è che tu mi creda ed abbia fiducia nei miei giudizi. Se non è possibile... ecco, semplicemente non intendo litigare per ottenere la tua fiducia.» «Mio zio» cominciò Kris, soppesando con cura le parole e cercando di essere assolutamente obiettivo nel confronti di entrambe le parti, «ama molto il potere e non gli piace dover rinunciare ad esso. Questo è probabilmente già di per sé il motivo del suo antagonismo contro gli Araldi in generale e te in particolare. Tu bada soltanto ad essere fredda e decisa e a non cedere di un solo centimetro quando ritieni di essere nel giusto, e vedrai che alla fine lui si rassegnerà. Come hai detto tu stessa, non è uno stupido e sa che non è il caso di combattere quando non si può vincere. Non sarete mai amici, ma dubito che tu abbia motivo di temerlo, perché anche se ama il potere si è sempre preoccupato prima di ogni altra cosa degli interessi del regno.» «Vorrei poter nutrire al riguardo la tua stessa sicurezza» sospirò Talia, agitandosi sulla sella come se si sentisse a disagio. Kris accennò a ribattere ma poi cambiò idea e sorrise, decidendo che era giunto il momento di cambiare argomento. «Perché non ti preoccupi di qualche altra cosa... per esempio di Dirk?» domandò. «Animale» lo rimproverò Talia, e scoppiò a ridere quando si accorse che Kris stava ridendo a sua volta. «Accetto l'epiteto, e sono certo che anche lui mi dirà la stessa cosa. Oh, bene, il modo migliore in cui puoi risolvere quel piccolo problema è lasciare che le cose seguano il loro corso naturale: prima o poi Dirk verrà al punto... anche se dovessi provvedere io a spingerlo!» «Sei anche insensibile» sottolineò Talia, con una smorfia maliziosa. «Puoi dirlo forte» convenne lui, allegramente. «Ho intenzione di prendervi in giro tutti e due per il resto dei vostri giorni.»
Talia si costrinse a rimanere calma. Come aveva detto a Skif, non c'era nulla che lei potesse fare subito, e inoltre desiderava appurare alcune cose prima della riunione del Consiglio indetta per il giorno successivo... per esempio se le voci che la accusavano di servirsi del suo Talento per manipolare gli altri circolassero ancora e, se così era, chi stesse badando a mantenerle vive. A questo punto, era un po' troppo tardi per cercare di scoprire chi le avesse generate. Non appena lei e Kris si avvicinarono alla città e alla sua folla di abitanti, Talia si accorse di quanto fosse diventato sensibile il suo Talento dell'Empatia, perché la pressione emotiva derivante dalle persone a cui si stava avvicinando risultò per lei così intensa da renderle difficile credere che Kris ne fosse inconsapevole. Non per la prima volta, si trovò a desiderare che il suo Talento includesse la Comunicazione Mentale, perché sarebbe stato per lei un conforto potersi consultare con Rolan nello stesso modo in cui Kris lo faceva con Tantris; aveva infatti dimenticato cosa significasse vivere in mezzo a tanta gente, e l'aver perso in precedenza il controllo del suo Talento l'aveva resa ancora più sensibile di quanto lo fosse stata al momento della partenza dalla capitale... non sarebbe stato facile rimanere assolutamente schermata giorno e notte, ma questo era esattamente ciò che l'accentuarsi delle sue percezioni esigeva da lei. In quel momento le giunse da Rolan una fugace ondata di rassicurazione che le strappò un sorriso nonostante l'ansia che la pervadeva. I due percorsero la strada sempre più affollata che si addentrava nell'area esterna della città, che nel corso di parecchie generazioni di pace si era andata allargando al di fuori delle mura difensive. Mentre l'area cittadina racchiusa dalle mura ospitava le botteghe, le locande migliori e le abitazioni della classe media e della nobiltà, l'area esterna era occupata da officine, mercati, taverne e ostelli, e dalle case dei lavoratori e dei poveri. Qui la folla era rumorosa e allegra, e come le era capitato la prima volta che era arrivata alla capitale, nell'addentrarsi in mezzo ad essa Talia si sentì assalire da immagini, suoni e innumerevoli odori che derivavano dalle botteghe, dalle locande e dalle bancarelle dei venditori di cibi freschi, aromi che si fondevano con quelli meno gradevoli degli animali e delle officine. Per un breve istante, la pressione causata dalle emozioni di quanti la attorniavano minacciò di sopraffarla, ma alla fine lei riuscì a consolidare i suoi schermi anche se dovette convenire con se stessa che mantenerli in
quel modo non sarebbe stato facile. La strada si snodava attraverso una confusione di colori e di movimenti abbinata ad una cacofonia di suoni, confusione che in certa misura rispecchiava quella esistente nell'animo di Talia. Una sezione dell'abitato, appena all'esterno della Porta Settentrionale, era occupata dalle botteghe dei conciatori di cuoio, e nell'attraversare il settore Talia e Kris furono colti alla sprovvista da un'esalazione di acri fumi brucianti proveniente da un vicino tino per la concia. «Accidenti!» annaspò Kris, mentre gli occhi gli si colmavano di lacrime. «Adesso ricordo perché di solito io e Dirk preferivamo allungare il percorso e passare dalla Porta del Mercato del fieno! Oh, bene, tanto ormai è troppo tardi.» La breve sosta che effettuarono per aspettare che la vista si schiarisse ad entrambi permise a Talia di rendere del tutto automatica la sua schermatura. Mentre erano in giro per il Settore loro assegnato, dopo aver recuperato l'uso degli schermi la ragazza aveva preso l'abitudine di tenerli abbassati quando era sola con Kris, perché la schermatura era una procedura che richiedeva un consumo notevole di energia, e all'epoca lei ne aveva ben poca da sprecare. Adesso però si affrettò a prendere tutte le misure necessarie a garantire che i suoi schermi rimanessero alzati anche nell'eventualità che lei avesse perduto i sensi, e avvertì un'ondata di gratitudine nei confronti di Kris per averle insegnato il giusto modo di schermarsi, ripartendo da zero. Non appena si erano addentrati fra la folla, Kris aveva cominciato a tenere d'occhio Talia, essendo consapevole che se mai esisteva il rischio di un cedimento da parte sua, il momento più pericoloso era proprio adesso che era sottoposta alla pressione di tutte quelle emozioni. Io non ero preoccupato, commentò Tantris. Non lo eri, eh? Forse dovrei chiederle di riservarti uno di quei suoi contraccolpi emotivi. No, grazie, ne ho già sperimentato uno. Se ben ricordi, Rolan mi ha quasi fritto il cervello, ribatté Tantris, poi i suoi pensieri assunsero una sfumatura di maggiore serietà. Sai, dovresti evitare di stuzzicarla riguardo a Dirk. Un legame a vita non è una cosa facile da sopportare, quando i due interessati non ne hanno ancora riconosciuto l'esistenza. Kris lanciò un'occhiata stupita al suo Compagno. Ne sei certo? Voglio dire, Talia mostra senza dubbio tutti i sintomi di un
legame a vita, ma... Noi ne siamo certi. E per caso sapete anche quando...? Dirk è stato il primo Araldo che lei ha incontrato, e Rolan ritiene che possa essere successo allora. Così presto? Per il Signore e la Signora, allora si deve trattare di un legame davvero intenso... rifletté Kris, e riprese ad osservare Talia con un po' di perplessità. Tutt'intorno mercanti e clienti contrattavano strillando allegramente al di sopra del frastuono prodotto dal passaggio dei veicoli, dai bambini che giocavano e dagli animali che stridevano, ma anche se in linea di massima la popolazione sembrava inconsapevole della presenza dei due Araldi, la via si sgombrava sempre per lasciarli passare e di tanto in tanto qualcuno rivolgeva loro un sorriso o un cenno del capo. La Guardia di sentinella alle porte accolse il loro passaggio con una parola di saluto, abituata come tutte le Guardie al costante andare e venire degli Araldi dalla capitale, poi i due si addentrarono nella breve galleria che passava sotto le alte e spesse mura della città vecchia e il fragore circostante si attenuò per un momento. La galleria li portò nelle strade più strette della città vera e propria che erano anch'esse estremamente affollate per quanto mancasse appena un'ora al momento del pasto serale. Sebbene nella città vecchia il frastuono fosse decisamente minore, le vie erano ingombre quanto quelle della città esterna, e dopo aver trascorso tanti mesi in paesi e villaggi di piccole dimensioni Kris si sorprese a meravigliarsi ancora una volta di fronte alla ressa di gente e alle file di alte case di pietra a più piani addossate le une alle altre. Per molti mesi il tintinnio dei campanelli che decoravano i finimenti dei Compagni era stato il suono più forte che lui e Talia avevano sentito, ma adesso quel rumore era completamente soffocato dal vociare che li attorniava. Le strade della città erano state progettate a spirale, in modo che nessuno potesse puntare direttamente verso il Palazzo... caratteristica comune alla maggior parte delle città antiche costruite secondo pressanti esigenze difensive. A mano a mano che procedevano lungo la via che portava al Palazzo, i due Araldi si lasciarono alle spalle i rumori e la confusione insieme alla zona delle botteghe e si addentrarono nell'area più interna e residenziale, dove le modeste abitazioni dei mercanti cedettero via via il passo alle più sontuose dimore nobiliari, ciascuna separata dalla strada da un muro di recinzione che racchiudeva la casa vera e propria e un po' di giardino, e
finalmente arrivarono alla cerchia interna di mura che circondava il Palazzo e i tre Collegi, dei Bardi, dei Guaritori e degli Araldi. La Guardia di Palazzo dalla livrea azzurra e argento che era di stanza alle porte delle mura interne segnalò ai due Araldi di attendere un momento mentre lei procedeva a depennarli dalla lista di quanti erano attesi di rientro in quel periodo, perché a Palazzo si teneva un'accurata registrazione delle date in cui ciascun Araldo sarebbe dovuto rientrare dalle sue assegnazioni; nel caso degli Araldi assegnati a Settori lontani, la data di arrivo era di solito esatta con uno scarto di due o tre giorni, mentre per quelli che provenivano dai Settori vicini le previsioni erano talmente esatte che lo scarto si riduceva a poche ore. La lista era a disposizione della Guardia delle Porte, e così quando un Araldo era in ritardo c'era sempre chi lo sapeva e provvedeva a dare l'allarme, permettendo di scoprire al più presto il perché del ritardo. «L'Araldo Dirk è già arrivato?» chiese Kris in tono noncurante alla Guardia, quando questa ebbe ultimato il suo controllo. «È rientrato due giorni fa, Araldo» rispose la donna, dopo aver consultato la lista. «La Guardia in servizio quel giorno ha annotato il fatto che lui ha chiesto informazioni di voi due.» «Ti ringrazio, Guardia, e ti auguro una buona giornata» sorrise Kris, poi spinse Tantris oltre la porta che la donna aveva aperto, seguito da vicino da Talia e da Rolan. Durante il resto del tragitto Kris continuò ad osservare Talia, e il suo comportamento destò in lui un'ondata di orgoglio soddisfatto, al pensiero di quanto fossero stati infernali per la ragazza i mesi appena trascorsi. Anche se nessuno se ne era mai accorto, il controllo che Talia aveva sul suo Talento era basato sull'istinto piuttosto che su un vero e proprio addestramento, e le voci secondo le quali lei si sarebbe servita di quel Talento per manipolare le persone... senza neppure accorgersi di ciò che stava facendo... erano state il fattore che le aveva fatto perdere del tutto il precario equilibrio mantenuto fino a quel momento. Per Talia non era stato difficile cogliere i dubbi che lo stesso Kris nutriva all'epoca in merito alla veridicità di quelle voci, e in una persona come lei il cui Talento era basato sulle emozioni e che era spesso e volentieri preda di una notevole insicurezza, l'effetto era stato inevitabilmente disastroso... a dir poco. Talia aveva perso ogni controllo sul suo Talento... che sfortunatamente aveva mantenuto però la propria massima intensità... ed aveva perso anche
la capacità di schermarsi, proiettando con violenza le proprie emozioni a tal punto che in più di un'occasione aveva rischiato di uccidere tanto se stessa quanto Kris. È stata una fortuna che le crisi peggiori si siano presentate mentre eravamo bloccati dalla neve alla Stazione di Sosta, dove c'eravamo soltanto noi due, e che siamo rimasti là abbastanza a lungo perché lei riuscisse a ritrovare il controllo, si disse Kris. In seguito, si erano imbattuti di nuovo in quelle voci, che adesso si erano diffuse anche fra la gente comune, che aveva reagito più di una volta con paura e diffidenza nei confronti di Talia; lei però non aveva mai esitato nello svolgimento dei suoi doveri e di fronte agli estranei si era sempre mostrata calma, riflessiva e controllata, reggendo ad una lunga serie di situazioni in cui aveva ricoperto il proprio ruolo con abilità superiore a quella di un consumato attore. Era infatti di vitale importanza che un Araldo mantenesse la propria stabilità emotiva in qualsiasi circostanza, una regola che era ancor più fondamentale se applicata all'Araldo della Regina, che doveva avere a che fare quotidianamente con i volubili esponenti della nobiltà e con gli intrighi di Corte; e dopo aver inizialmente perso quella stabilità emotiva, Talia aveva lavorato duramente per riuscire a ritrovarla ed era adesso ancora più salda di quanto lo fosse stata all'inizio. Riuscendo a incontrare per un momento lo sguardo di lei, Kris le indirizzò una strizzatina d'occhio, e subito Talia accantonò per un istante la propria espressione solenne e arricciò il naso nella sua direzione. Infine i due oltrepassarono l'estremità degli alloggiamenti delle Guardie e arrivarono alla nera recinzione di ferro che separava l'area "pubblica" del Palazzo da quella "privata" e dai tre Collegi; anche a quella porta era stazionata una Guardia, il cui scopo era però prevalentemente quello di intercettare i nuovi Prescelti e che con un ampio sorriso segnalò ai due di proseguire. Una volta superata la cancellata, Kris e Talia avvistarono finalmente il complesso del Palazzo, con il suo nucleo centrale di granito e le tre grandi ali di mattoni, affiancato dalle costruzioni separate che ospitavano il Collegio dei Bardi e quello dei Guaritori, e Kris si lasciò sfuggire un sospiro di soddisfazione: quale che fosse la provenienza originaria di un Araldo, quel luogo e la gente che lo abitava diventavano ben presto la sua vera casa. Alla vista del Collegio e del Palazzo Talia provò un'ondata di calore e di
soddisfazione... la sensazione di essere veramente tornata a casa. Nel momento stesso in cui lei e Kris varcarono la cancellata, la ragazza sentì un gioioso richiamo, e subito dopo scorse Dirk e Ahrodie che sopraggiungevano al galoppo lungo il viale pavimentato di mattoni per venire loro incontro; i capelli color paglia di Dirk erano arruffati come un nido d'uccelli sferzato dal vento e si agitavano da tutte le parti mentre lui balzava di sella per correre incontro a Kris, che a sua volta si era affrettato a saltare a terra. I due s'incontrarono con un caloroso abbraccio accompagnato da risate e da pacche sulle spalle e Talia rimase immobile in sella dietro di loro, cercando di controllare il proprio cuore che alla vista di Dirk si era contratto ed aveva poi cominciato a battere con tale violenza da farle temere che il suo rumore potesse essere chiaramente udito da chiunque; adesso tutte le preoccupazioni relative ad Elspeth e agli intrighi di Corte erano scivolate in un angolo remoto della sua mente e lei aveva intensificato al massimo gli schermi, timorosa di lasciar trapelare anche la minima emozione. Fin da quando li aveva finalmente avvistati, Dirk aveva concentrato la propria attenzione esclusivamente su Talia e non sul proprio amico e compagno. Il giovane era rimasto per tutto il giorno ad attendere il loro arrivo... dicendo a se stesso che la persona di cui aveva avvertito tanto la mancanza era Kris e sentendosi teso come la corda di un arco... senza però essere disposto a determinare il perché di tanta tensione. Il modo in cui aveva poi reagito non appena li aveva avvistati era stato del tutto imprevisto, e l'esuberante accoglienza riservata a Kris gli aveva permesso di scaricare le emozioni represse troppo a lungo. Anche se aveva dato l'impressione di ignorarla, però, Dirk era stato dolorosamente consapevole della presenza di Talia: la ragazza sedeva in sella al proprio Compagno, così immobile e quieta che la si sarebbe potuta scambiare per una statua, e tuttavia Dirk aveva praticamente contato ogni suo respiro e sapeva che avrebbe ricordato per sempre l'aspetto esatto che lei aveva avuto in quel momento, fin nei più piccoli particolari, perché la sua vista gli faceva vibrare ogni nervo al punto da dargli l'impressione che qualcuno gli avesse rivoltato la pelle. «Non hai ancora salutato Talia, fratello» osservò Kris, con un sorriso quasi malizioso, quando infine Dirk gli lasciò andare le spalle. «Comincerà
a pensare che non ti ricordi più di lei.» «Non ricordarmi di lei? Tutt'altro!» Notando che Dirk sembrava avere qualche piccola difficoltà a respirare, Kris si affrettò a soffocare un altro sorriso. Talia e Rolan erano ad appena due passi di distanza, e Dirk si decise infine a liberare un braccio per prendere la mano della ragazza nella propria: osservando la sua allieva, Kris pensò di non aver mai visto un essere umano il cui volto avesse un'espressione così uguale a quella di un bue stordito da una mazzata sulla testa. Nell'incontrare lo sguardo degli occhi incredibilmente azzurri di Dirk, Talia provò un senso di shock e le parve quasi di essere stata colpita da un fulmine; quando le loro mani si incontrarono dovette ricorrere a tutto il proprio autocontrollo per non mettersi a tremare e ricambiò il sorriso di lui con labbra che sembravano stranamente rigide. «Benvenuta a casa, Talia» disse Dirk... niente di più, ma fu meglio così, perché il suono della sua voce destò in lei il prepotente desiderio di gettarsi fra le sue braccia. Incapace di rispondere, Talia si ritrovò a fissarlo con espressione assolutamente stordita e vacua. Dirk pensò che Talia appariva molto diversa da come la ricordava: era più magra... come se fosse stata temprata ed affilata dalle esperienze vissute... e più controllata, di certo assai più matura. C'era però in lei una sfumatura di tristezza che prima non esisteva? Era stato forse qualche dolore a rendere così sottile il suo volto? Allorché le aveva preso la mano, gli era parso che fra loro fosse passato qualcosa... non sapeva con esattezza cosa... ma se anche lo aveva notato a sua volta, la ragazza non lo aveva dato a vedere. Quando poi lei gli aveva sorriso, e i suoi occhi si erano illuminati, Dirk aveva temuto che il cuore gli si potesse fermare. Fino a quel momento aveva creduto che tutti i sogni ossessivi che aveva fatto sul suo conto si sarebbero dissolti come bolle di sapone non appena messi a confronto con la realtà, ma scopriva ora di essersi sbagliato: la realtà aveva soltanto l'effetto di rafforzare l'ossessione, e mentre teneva stretta fra le sue quella mano che tremava appena, Dirk desiderò con tutto il cuore di avere la lingua sciolta quanto quella di Kris.
I due restarono immobili in quella posizione tanto a lungo che Kris cominciò a pensare con una punta di divertimento che sarebbero rimasti così per sempre se lui non fosse intervenuto ad infrangere la loro concentrazione. «Andiamo, amico» disse infine, assestando una vigorosa pacca sulla spalla di Dirk e rimontando in sella a Tantris. Dirk sussultò come se qualcuno gli avesse suonato uno squillo di tromba in un orecchio e poi sorrise con aria contrita. «Se non ci muoviamo» aggiunse allora Kris, «perderemo la cena... e tu non hai idea di quante volte io abbia sognato uno dei pranzi preparati da Mero mentre ero in viaggio!» «Ti è mancato soltanto questo? Il cibo? Avrei dovuto saperlo. Povero fratello maltrattato, Talia ti ha costretto a cucinarti i pasti da solo?» «Peggio... mi ha costretto a mangiare quelli che cucinava lei!» sorrise Kris, indirizzando una strizzata d'occhio a Talia e un colpetto sulla spalla all'amico. Non appena Kris interruppe lo stato di trance in cui lui era caduto, Dirk lasciò andare la mano di Talia come se quel contatto lo stesse ustionando, poi notò l'espressione piena di gratitudine... presumibilmente per l'interruzione così abilmente fornita... che lei lanciò a Kris e avvertì l'insorgere di un'emozione sgradevolmente simile alla gelosia; quando poi Kris incluse la ragazza nel loro scambio di battute, Dirk si trovò a desiderare che quell'idea fosse venuta a lui e non a Kris. «Animale» accusò allegramente Talia, indirizzando una smorfia a Kris. «Un animale affamato» ammise lui. «Per quanto detesti mostrarmi d'accordo con lui, Kris ha ragione» aggiunse poi Talia, in tono sommesso, rivolgendosi a Dirk, che fu costretto a reprimere un brivido... la voce di lei era diventata più matura e profonda e gli faceva vibrare le ossa come un susseguirsi di arpeggi. «Se non ci spicciamo voi arriverete troppo tardi. Non mi preoccupo eccessivamente per me stessa, perché sono abituata a rubare pane e formaggio sotto il naso di Mero, ma sarebbe davvero scortese trattenere qui voi due. Vuoi tornare indietro con noi?» «Dovreste legarmi per impedirmi di accompagnarvi» replicò Dirk, ridendo per coprire l'esitazione della propria voce. Montò quindi in sella a sua volta con uno scricchiolio di cuoio e lui e Kris si avviarono tenendo Talia in mezzo a loro, il che fornì a Dirk la scusa
che stava cercando per concentrare lo sguardo su di lei. La ragazza guardava dritto davanti a sé, tranne quando rispondeva all'uno o all'altro di loro, e Dirk non seppe se ritenersi soddisfatto o seccato di quell'atteggiamento, perché anche se Talia stava dedicando a ciascuno di loro esattamente la stessa attenzione che dedicava all'altro, lui si sorprese a desiderare intensamente che lo guardasse un po' più di frequente di quanto stava facendo. E uno spaventoso timore stava cominciando a insinuarglisi nel cuore: Talia aveva trascorso l'ultimo anno e mezzo prevalentemente sola con Kris. E se... Dal momento che il comportamento di Talia non gli forniva il minimo indizio, Dirk cominciò allora ad esaminare attentamente quello di Kris e gli parve che esso confermasse i suoi timori, perché Kris appariva più a suo agio con Talia di quanto lo avesse mai visto con qualsiasi altra donna, e i due si scambiavano scherzi e battute come se la loro amicizia fosse vecchia di anni e non di pochi mesi. Le cose divennero ancora peggiori per lui quando infine arrivarono al Campo del Compagno e alla baracca dei finimenti: una volta là, infatti, Kris si offrì con finta galanteria di aiutare Talia a smontare di sella e la ragazza accettò la mano offertale con scherzosa altezzosità, scivolando di sella con un singolo fluido movimento. La mano di Kris aveva indugiato nella sua un momento più del necessario? Dirk non poteva esserne certo, ma d'altro canto se il loro comportamento non era quello di due amanti era quanto di più simile a questo lui avesse mai riscontrato in Kris. I tre tolsero la sella ai loro Compagni e riposero i finimenti dopo averli puliti in maniera approssimativa; quelli di Dirk erano praticamente perfetti, ma quelli di Kris e di Talia avevano bisogno di una pulizia approfondita che non poteva essere effettuata in un'ora... dopo un anno e mezzo di viaggio era necessaria la mano di un esperto per riportarli al loro originale splendore. Mentre Talia lavorava, canticchiando sottovoce, Dirk la tenne continuamente d'occhio senza parere, rispondendo in maniera distratta e monosillabica ai tentativi di conversazione di Kris e desiderando di poter rimanere solo con la ragazza appena per qualche minuto. Poco dopo però ogni possibilità di portare avanti ulteriori osservazioni gli fu negata dal sopraggiungere di Keren, di Sherrill e di Jeri che parvero materializzarsi dal nulla come maghe e conversero tutte e tre su Talia per accompagnarla nella sua stanza con tutto il bagaglio, lasciando Dirk e Kris da soli. «Senti, non so se tu hai appetito, ma io sto morendo di fame» affermò al-
lora Kris, riscuotendo così Dirk che continuava a fissare con aria dolente le quattro donne che si allontanavano... Talia con Milady fra le braccia e le altre tre cariche del resto dei suoi bagagli. «Liberiamo i Compagni nel Campo e andiamo a procurarci quella famosa cena.» «Allora?» chiese Keren, con la voce aspra carica di maliziosi sottintesi, dopo che le tre donne ebbero scortato Talia e il suo bagaglio al sicuro nell'intimità dell'appartamento di lei. «Allora cosa?» ribatté Talia, scoccando all'Istruttrice di Equitazione un modesto sguardo da sotto le palpebre abbassate e proseguendo a disfare i bagagli nella camera da letto. «Cosa? Cosa? Oh, suvvia, Talia...» scoppiò a ridere Sherrill... «sai esattamente cosa intendiamo chiederti! Com'è andata? Le tue lettere non erano esattamente lunghe o esaurienti.» Talia soffocò un sorriso e puntò il proprio sguardo innocente sulla compagna di Keren. «Vi interessa l'aspetto personale o quello professionale?» domandò poi. «Talia» ammonì Jeri, giocherellando in maniera significativa con l'elsa della daga che portava alla cintura, «se non la smetti di logorare così la nostra pazienza, Rolan potrebbe essere costretto a dover cercare entro stanotte un nuovo Araldo della Regina.» «Oh, d'accordo, se la mettete in questi termini...» sorrise Talia, poi indietreggiò ridendo di fronte a Sherrill che, con gli occhi nocciola socchiusi in una finta espressione di ferocia, era scattata verso di lei con le lunghe dita protese come artigli, e all'ultimo momento si spostò da un lato, facendo cadere l'amica sul letto. «D'accordo, mi arrendo! Mi arrendo! Cosa volete sapere, innanzitutto?» «Cosa pensi che vogliamo sapere?» ribatté Sherrill, rialzandosi con una risata. «Skif ci ha lasciato capire che tu e Kris eravate a vostro agio insieme, ma si è rifiutato di aggiungere una sola parola di spiegazione.» «Decisamente a nostro agio, ma niente di più. Sì, abbiamo dormito insieme e no, fra noi non c'è nulla di più di una gradevole amicizia.» «Un vero peccato» commentò allegramente Jeri, lasciandosi cadere sul divano che si trovava nel salottino di Talia e prendendo a giocherellare con una ciocca di capelli castani. «Speravamo di scoprire che era nata una passionale storia d'amore.» «Mi dispiace di deludervi» ribatté Talia, senza apparire per nulla addolorata. «Se però hai intenzione di azzardare un tentativo in direzione di
Kris...» «Sì?» la incitò Jeri, facendo del proprio meglio per non apparire troppo interessata e fallendo miseramente. «Ecco, una volta che sarà riuscito a liberarsi di Nessa...» «Ha!» «Non ridere, adesso pensiamo di aver trovato la soluzione a quel problema. Dunque, dicevo, una volta che Nessa non gli starà più dando la caccia lui sarà del tutto libero e devo ammettere che è in effetti un compagno... um... piacevole quanto sostiene Varianis. Jeri, non ti leccare i baffi in maniera così evidente: Kris non è una ciotola di panna!» Jeri assunse un'espressione contrita e arrossì con violenza fino a rivaleggiare con il rosso acceso dei cuscini, mentre Keren e Sherrill ridacchiavano di fronte al suo avvilimento. «Non apparivo poi così interessata, vero?» «Invece sì, e dovrai badare a tenere per te i tuoi pensieri predatori se non vorrai spaventare Kris e farlo fuggire proprio come ha fatto Nessa» ammonì Keren, con un asciutto sorriso, poi si rivolse a Talia e aggiunse: «Quanto a te, piccolo centauro, sembra che Kris abbia curato come si deve la tua timidezza nei confronti degli uomini, e suppongo di dovere delle scuse a Kyril e ad Elcarth, perché all'inizio pensavo che assegnarlo a te fosse stata una vera follia. Bene, ora che la nostra curiosità è stata soddisfatta, com'è andato il tuo lavoro?» «È una storia molto lunga. Prima che la cominci ditemi una cosa... voi avete cenato?» Tre risposte affermative seguirono quella domanda. «Bene, io non ho ancora mangiato» affermò allora Talia, «quindi potete scegliere fra l'aspettare che abbia placato il mio stomaco prima di sentire il resto delle notizie...» Un coro di finti gemiti di angoscia accolse quelle parole. «Oppure avvisare che sono arrivata e portarmi su qualcosa dalle cucine» concluse Talia. «Se Selenay o Elspeth avranno bisogno di me manderanno di certo un paggio a chiamarmi.» «Io vado ad avvisare che sei arrivata» si offrì Jeri, saettando giù per le scale. «Ed io andrò a prenderti un vero banchetto. A vederti, sembra che tu abbia perso parecchi chili, e quando scoprirà che la cena è per te probabilmente Mero saccheggerà l'intera dispensa» dichiarò Sherrill, svanendo sulla scia di Jeri.
Soltanto allora Keren si staccò dalla parete a cui era appoggiata. «E adesso salutami come si deve, ragazzaccia» sorrise, tendendo le braccia. «Oh, Keren.» Talia abbracciò con fervore quella donna che era stata per lei un'amica, una seconda madre, una sorella e anche di più. «Dèi, quanto ho sentito la tua mancanza!» «Ed io la tua. Sei cambiata, e in meglio» replicò Keren, tenendola stretta per un momento e poi allontanandola da sé per scrutarla con cura. «Non mi capita spesso di vedere le mie speranze realizzate con tanta precisione.» «Non essere sciocca» protestò Talia, arrossendo. «Vedi cose che non ci sono.» «Oh, non credo» sorrise Keren. «Gli dèi sanno che tu sei il peggior giudice del mondo quando si tratta di valutare te stessa. Sei diventata tutto ciò che speravo potessi essere, cara, ma... le cose non sono state per te facili quanto pensavamo, vero?» «Io... no, non lo sono state» sospirò Talia. «Keren... il mio Talento è sfuggito al controllo, alla massima potenza.» «Grandi dèi!» L'istruttrice scrutò Talia ancor più attentamente, trapassandola con i suoi occhi grigi. «Come diavolo è potuto succedere? Pensavo che ti avessimo addestrata...» «Lo pensavano tutti.» «Aspetta un momento, lasciami provare a mettere insieme i pezzi da sola. Fammi ricordare: hai concluso il corso di Ylsa...» rifletté Keren, aggrottando la fronte in un'espressione riflessiva. «Mi sembra che lei avesse accennato al fatto di volerti mandare presso i Guaritori perché ti fornissero un addestramento speciale, in quanto non si sentiva all'altezza di istruire un'Empatica essendo lei invece una specialista nella Percezione dei Pensieri.» Mentre parlava, Keren volse le spalle a Talia e prese a passeggiare avanti e indietro, un'abitudine che la ragazza conosceva bene in quanto sapeva che Keren sosteneva di riuscire a riflettere soltanto se era in movimento. «Dal momento che tu passavi tanto tempo con i Guaritori, io avevo supposto che Ylsa ti avesse affidata a loro, ma non lo ha fatto, vero? E poi è stata assassinata...» «In base a quanto siamo riusciti a dedurre io e Kris, gli Araldi hanno supposto che i Guaritori mi avessero istruita nell'uso dell'Empatia, e i Guaritori hanno presunto che avessero già provveduto gli Araldi perché io sembravo avere il dominio assoluto del mio Talento. Invece non era domi-
nio vero e proprio, ma soltanto istinto e intuizione, e quando quel precario controllo mi è sfuggito...» «Dèi!» Keren smise di passeggiare e posò entrambe le mani sulle spalle di Talia. «Piccola, adesso sei certa di essere a posto?» «Ne sono certa» confermò Talia, ricordando fin troppo bene le ore di esercizio a cui Kris l'aveva sottoposta e le dolorose sessioni con i due Compagni che le sferravano veri e propri attacchi mentali. «Dopo tutto, Kris è abituato ad insegnare l'uso dei Talenti e mi ha fatto ripartire da zero, con l'aiuto di Tantris e di Rolan.» «Dici sul serio? Questa è una cosa davvero interessante» commentò Keren, inarcando espressivamente un sopracciglio, «perché in genere i Compagni non intervengono mai in maniera diretta.» «Non credo che avessero altra scelta. Il primo mese siamo rimasti isolati dalla neve nella Stazione di Sosta... poi abbiamo scoperto che quelle dannate voci si erano diffuse fino al nostro Settore e non abbiamo osato cercare aiuto all'esterno, perché questo sarebbe servito soltanto a confermare le dicerie sul mio conto.» «Verissimo. Se appartenessi al Circolo, credo che farei di tutto per tenere riservata la cosa, perché rendere noto a tutto il mondo che abbiamo commesso un così grosso errore nei tuoi confronti non servirebbe a nulla e probabilmente ci recherebbe grossi danni. Bisognerà senza dubbio avvertire alcune persone scelte, e l'accaduto dovrà essere registrato negli annali, per evitare che si possa ripetere lo stesso errore con il prossimo Empatico... ma non credo che la cosa debba essere generalmente risaputa.» «È più o meno ciò che pensava Kris, ed io sono d'accordo con lui. Tu sei la prima persona che sia stata informata, a parte noi, e intendiamo dirlo anche a Kyril e ad Elcarth... ma a nessun altro.» «Sì» approvò lentamente Keren. «Lasciamo che siano quei due a preoccuparsi di chi altri debba essere informato. Comunque, come dicono, tutto è bene ciò che finisce bene.» «Ed io sto benone» sottolineò Talia, con enfasi. «Adesso ho un controllo tanto assoluto sul mio Talento che neppure Rolan riesce a smuoverlo, e in un certo senso sono contenta che questo sia accaduto, perché ho imparato molte cose... ed ho riflettuto su questioni a cui prima non avevo mai pensato.» «Bene, ora andiamo a buttare questi tuoi stracci nel condotto della lavanderia... sì, tutti quanti, senza lasciare neppure un cambio per domani, perché dopo un anno e mezzo di circuito tutti i tuoi abiti hanno bisogno di
essere rimessi a nuovo. Prendi» proseguì, prelevando dall'armadio di Talia una tunica morbida e comoda, «mettiti questa, tanto stasera non devi andare da nessuna parte e per domattina Gartha ti avrà già lasciato davanti alla porta una pila di abiti nuovi... anche se a giudicare dal tuo aspetto ti andranno un po' larghi, visto che sono stati fatti sulla base delle tue vecchie misure. Ora comunque abbiamo tutti bisogno di metterci rispettivamente al corrente delle novità... a proposito, ho un messaggio per te da parte di Elspeth: "Sia ringraziata la Signora, ci vedremo domattina."» «Bene, mio vecchio e prezioso amico, abbiamo un sacco di cose da raccontarci.» Dirk annuì, con la mente così assorbita da pensieri che non avevano nulla a che vedere con la cena che neppure si accorse che stava mangiando un piatto di fagiolini, una verdura che detestava cordialmente. Kris invece notò la cosa ed ebbe qualche difficoltà ad evitare di scoppiare a ridere; per fortuna, il consueto caos che all'ora di cena regnava nella sala comune del Collegio forniva numerose opportunità per guardare in altre direzioni quando l'impulso di dare sfogo ad una prorompente risata diventava quasi incontenibile. Quello era infatti il momento di maggiore affollamento e ogni panca di legno era piena di studenti nella loro divisa grigia e di istruttori nell'uniforme candida degli Araldi, tutti impegnati a conversare allegramente alzando la voce per farsi sentire al di sopra del frastuono circostante. «Allora, come è andato il tuo circuito? A proposito, abbiamo entrambi apprezzato moltissimo la musica che ci hai mandato e ne abbiamo ormai imparata a memoria una buona porzione.» «Le... ti è piaciuta? Davvero? Ne...» D'un tratto Dirk si accorse che stava balbettando e concluse, con imbarazzo: «Ne sono contento. Sono lieto che vi sia piaciuta.» «Oh, sì, soprattutto a Talia, e credo che abbia apprezzato il tuo regalo più di qualsiasi cosa gli altri le abbiano mandato. Di certo, ne ha avuto molta cura... ma del resto questo è tipico del suo carattere. Ho intenzione di darle il massimo punteggio: è un Araldo dannatamente in gamba.» Questa volta fu Dirk ad approfittare del rumore che li circondava per nascondere la propria confusione. «Bene» replicò, quando infine riuscì a liberarsi un po' la mente dalla nebbia che pareva avvilupparla, «sembra che tu abbia avuto un'allieva e un circuito più interessanti dei miei, che sono stati talmente noiosi che io e
Ahrodie abbiamo dormicchiato per la maggior parte del tempo.» «Signore della Luce, vorrei poter dire lo stesso! Non dimenticare che il desiderio di avere una vita interessante risulta spesso essere una potente maledizione! Inoltre, mi pare di ricordare che tu avessi affermato che il giovane Skif ti aveva ridotto allo spettro di te stesso parecchio tempo prima che il vostro circuito fosse concluso.» «Suppongo di sì» ridacchiò Dirk. «Sai che la sua Cymry ha generato un puledro e che lui attribuisce la colpa di tutto a voi due?» «Non ne dubito, dal momento che né lui né Cymry hanno un grammo di pudore» ribatté Kris, poi si affrettò a schivare uno studente che gli stava passando accanto carico di una pila di piatti sporchi più alta di lui. «Signore, spero che quel ragazzo abbia almeno un pizzico di Talento di Prelievo, altrimenti entro un minuto gli cascherà tutto di mano... sì, Skif e Cymry si meritano ampiamente ciò che hanno avuto, e credo che la povera Talia sarebbe lieta di scuoiarli entrambi, se solo ne avesse l'occasione...» «Davvero?» Sempre più soddisfatto delle reazioni dell'amico, Kris non ebbe bisogno di ulteriori incitamenti per raccontare con un certo divertimento il loro incontro con Skif e tutto ciò che ne era seguito, fermandosi prima della lite con Talia... che in un certo modo era stata causata da Dirk... e della nuotata con cui essa si era conclusa, poi fece notare che era giunto il momento di allontanarsi per facilitare il compito degli studenti incaricati di pulire i tavoli. «Per me va bene» assentì Dirk. «Andiamo nella tua stanza o nella mia?» Il giovane stava facendo del proprio meglio per non lasciar trapelare i propri sentimenti, ma sfortunatamente per lui Kris lo conosceva troppo bene e sapeva che quella sua impenetrabile e disinvolta espressione da giocatore serviva soltanto a dimostrare che Dirk era notevolmente nervoso. «Santi dèi, non nella tua... là finiremmo per perderci per una settimana intera! Andiamo da me, anche perché credo di avere ancora un po' di quel vino di Ehrris.» La conversazione proseguì di lì a poco accompagnata da un bicchiere di vino e dal conforto di un piccolo fuoco, mentre entrambi se ne stavano semisdraiati sulle vecchie e logore poltrone verdi di Kris. Quasi tutto ciò che Kris raccontava aveva a che vedere in un modo o nell'altro con Talia, e nell'ascoltarlo Dirk tentava di mostrarsi interessato ma non ossessionato come in effetti era... uno sforzo vano che non ingannò minimamente Kris e
che portò sulle sue labbra un leggero sorriso nascosto dalle ombre che avvolgevano la stanza. Neppure una volta il giovane si lasciò però sfuggire la sola informazione che Dirk voleva a tutti i costi avere... e alla fine, reso più baldanzoso dal vino, lui si decise a porre una domanda diretta. «Senti, Kris... tu sei l'incarnazione stessa della cortesia cavalleresca, ma noi siamo fratelli di sangue e a me puoi anche dirlo senza correre rischi! Lo avete fatto oppure no?» «Fatto cosa?» ribatté Kris, con finta innocenza. «Dormire insieme, razza di stupido!» «Sì» rispose Kris, senza esitazioni. «Cosa ti aspettavi? Nessuno di noi due è fatto di ghiaccio.» Dopo aver riflettuto sul problema, era infatti giunto alla conclusione che fosse meglio per Dirk apprendere la verità da lui... e in maniera tale da farla apparire quella cosa priva di significato che in effetti era. In quel momento Talia e Dirk stavano probabilmente concorrendo fra loro per accaparrarsi la posizione di "migliore amico" nel suo cuore, e questo era tutto ciò che lui e Talia significavano uno per l'altra, in quanto Kris non avrebbe potuto innamorarsi di lei più di quanto avrebbe potuto innamorarsi dell'amico che aveva ora accanto. Osservando Dirk senza parere, rimase in attesa di una sua reazione. «Suppongo... che fosse più o meno inevitabile» azzardò infine questi. «Inevitabile... e qualcosa di più. Francamente, durante quel primo inverno faceva troppo freddo per dormire da soli» replicò allora Kris, lanciandosi in un resoconto completo della minaccia costituita dalla bufera di neve... sia pure con le opportune omissioni, perché non osava rivelare fino a che punto il Talento di Talia fosse sfuggito al controllo. Innanzitutto, si trattava di una cosa che Dirk non doveva necessariamente sapere, e in secondo luogo lui era convinto che fosse meglio informare al riguardo il minimo numero possibile di persone. Elcarth e Kyril avrebbero senza dubbio dovuto essere messi al corrente, ma lui aveva l'impressione che non fosse corretto andare in giro a parlarne con altri senza l'esplicito permesso di Talia. Mentre proseguiva la narrazione fino a concluderla, si accorse con una certa perplessità che Dirk sembrava aver perso la parola... e poco dopo l'amico si congedò con la scusa di essere molto stanco e si ritirò nella sua stanza.
Oh. Signore, fra tutte le dannate situazioni in cui trovarsi... perché il migliore amico che lui avesse al mondo doveva aver puntato lo sguardo sulla prima donna che Dirk avesse desiderato anche soltanto guardare da anni? Non era giusto, anzi era maledettamente ingiusto, perché nessuna donna sana di mente lo avrebbe mai degnato di una sola occhiata con Kris nei paraggi. E Kris... Kris... era innamorato di Talia? E se lo era... Dèi, dèi, di certo quei due stavano bene insieme. No, dannazione! Se voleva, Kris poteva avere qualsiasi donna desiderasse, Araldo o meno che fosse, semplicemente alzando un dito, quindi lui avrebbe lottato per tenere questa per sé! Soltanto, non aveva la minima idea di come fare, e poi Kris era come un fratello per lui, più di un fratello. Agire in quel modo non sarebbe stato leale nei suoi confronti... Quella notte Dirk rimase insonne per ore, fissando l'oscurità mentre si agitava e si rigirava, imprecando contro il caprimulgo che si ostinava a cantare sotto la sua finestra, ma l'alba non lo trovò più vicino a porre ordine nei propri sentimenti di quanto lo fosse stato quando si era gettato sul letto nella speranza di riposare. CAPITOLO SECONDO «Talia!» Elspeth accolse Talia, arrivata per fare colazione, con uno strillo e un abbraccio che minacciò di toglierle del tutto il fiato. Nell'anno e mezzo appena trascorso la giovane Erede era cresciuta di parecchi centimetri, al punto che adesso era un po' più alta di Talia, e il tempo aveva anche aggiunto curve femminili alla sua figura di bambina, tanto che nel vederla Talia si chiese se la regina si fosse resa conto di quanto sua figlia fosse cresciuta e maturata nel periodo della sua assenza. La sala comune dalle pareti rivestite di legno era piena di giovani studenti in divisa grigia, perché la maggior parte degli istruttori aveva già mangiato, e la stanza ingombra di tavoli e di panche era pervasa da un ronzare di mormorii assonnati e da un aroma di porridge e di pancetta. Se non fosse stato per il fatto che riconosceva ben pochi fra i presenti e che la sala era piena al massimo della capienza, l'ambiente avrebbe avuto lo stesso aspetto di quando Talia era ancora una studentessa, e lei si lasciò scivolare in quell'amichevole atmosfera con la facilità di una lama in un fodero ben
oleato e con l'impressione di non essersene mai andata. «Luminosa Signora, così mi romperai tutte le costole, micina!» protestò, restituendo l'abbraccio con gli interessi. «Keren mi ha dato il tuo messaggio... quindi devo dedurre che Skif ti abbia avvertita del mio arrivo. A dire il vero mi aspettavo ti trovarti seduta davanti alla mia porta.» «La scorsa notte ero di guardia ai puledri» spiegò Elspeth. Uno dei doveri imposti agli studenti era quello di accamparsi sul Campo del Compagno quando era vicina la nascita di qualche puledro, montando ciascuno la guardia a turno, perché i Compagni non partorivano con la stessa facilità dei cavalli e in caso di complicazioni anche i secondi potevano risultare preziosi per salvare la vita o la salute alla giumenta e al puledro. «Skif mi ha avvertita che eri arrivata e che ti aveva riferito la mia richiesta di aiuto... e così ho capito che non mi dovevo più preoccupare e che di certo non dovevo disturbare il tuo sonno.» «Ho sentito che Cymry ha partorito. Quali altri giumente sono incinte?» «Zaleka» replicò Elspeth, sorridendo di fronte all'espressione sconcertata di Talia, a cui quel nome non diceva nulla. «Poco dopo che tu sei partita ha "scelto" Arven, un ragazzo che deve avere almeno vent'anni; poi Jillian è tornata per una pausa fra un incarico e l'altro, e tu conosci Jillian... è perfino peggio di Destria. A quanto pare, anche il suo Compagno ha un'indole del genere, e da allora noi non abbiamo più smesso di prendere in giro Arven. Zaleka non ha ancora partorito, ma il puledro dovrebbe ormai nascere da un momento all'altro.» Talia scosse il capo e fece scivolare un braccio intorno alle spalle dell'Erede. «Voi giovincelli! Non so come andrà a finire il mondo, di questo passo...» Elspeth sbuffò in maniera tutt'altro che signorile, socchiuse gli enormi occhi castani e scosse i capelli scuri con fare sprezzante. «Guarda che non mi imbrogli! Ho sentito sul tuo conto e su quello dei tuoi compagni di corso chiacchiere tali da farmi venire i capelli bianchi! Arrampicarsi di notte dentro e fuori dalle finestre in compagnia di ex-ladri non tanto ex! Spiare le governanti reali!» «Micina» cominciò Talia, tornando di colpo del tutto seria. «Elspeth... mi dispiace per Hulda...» E affrontò con franchezza l'esame dello sguardo di Elspeth. L'Erede contrasse le labbra in una smorfia amara nel sentir nominare la governante che per poco non era riuscita a trasformarla in un mostro vizia-
to e intrattabile... e a privarla di qualsiasi possibilità di essere un giorno Prescelta. «Perché ti dovrebbe dispiacere, visto che hai scoperto la sua cospirazione per impedirmi di diventare l'Erede?» ribatté poi, con un misto di divertimento per la reazione di Talia e di risentimento nei confronti di Hulda. «Ma ora siediti! Ho fame e non voglio dover piegare il collo all'indietro per parlarti.» «Non... non sei arrabbiata con me?» domandò Talia, prendendo posto accanto ad Elspeth sulla logora panca di legno. «Volevo confessarti che ero stata io la responsabile del suo allontanamento, ma francamente non ne ho mai avuto il coraggio.» «Non ne hai avuto il coraggio?» ripeté Elspeth, con un piccolo sorriso. «Sia ringraziata la Signora! Temevo che tu fossi perfetta!» «Tutt'altro» replicò, asciutta, Talia. «Bene, allora perché adesso non mi fornisci la tua versione dei fatti? Io ho sentito soltanto quella che mi hanno raccontato la mamma e Kyril.» «Oh, Signore... da dove devo cominciare?» «Mmm... procedi in ordine cronologico, iniziando con lo spiegarmi quando e come hai scoperto Hulda» rispose Elspeth, prelevando un boccale di succo di frutta dal vassoio di un servitore e posandolo davanti a Talia. «D'accordo. È cominciato tutto quando ho cercato di imparare a conoscerti, perché Hulda continuava ad ostacolarmi.» «Come?» «Portandoti via per impartirti delle lezioni, dicendo che stavi dormendo o studiando, o tirando fuori qualche altra scusa. Micina, a quell'epoca avevo soltanto quattordici anni, ed ero una quattordicenne tutt'altro che aggressiva, per cui non avevo nessuna intenzione di mettermi in attrito con lei. La cosa però si ripeteva con una costanza eccessiva per non essere premeditata, e così ho chiesto l'aiuto di Skif.» «Una buona scelta» approvò Elspeth, annuendo. «Se c'è qualcuno capace di scoprire qualsiasi cosa, quello è Skif, e so per certo che continua a tenersi in esercizio...» «Davvero? E come?» «Ogni volta che è al Collegio» ridacchiò Elspeth, «mi lascia dei dolci nascosti in un cassetto "segreto" della mia stanza, con un biglietto.» «Oh, Signore... non lo hai detto a nessuno, vero?» «Ti pare che potrei tradirlo?» protestò Elspeth, indignata. «Neppure per idea! Ah, naturalmente l'ho detto a mia madre, nell'eventualità sia pure
improbabile che prima o poi qualcuno possa cogliere Skif in flagrante... ma prima le ho fatto giurare di mantenere il segreto.» «Sia ringraziata la Signora» sospirò Talia, sollevata. «Se qualcuno che non è un Araldo dovesse scoprirlo...» «Lo so» garantì Elspeth, tornando seria. «Nel peggiore dei casi potrebbe anche essere ucciso da una Guardia, prima che ci si renda conto che lui è un Araldo e che si tratta di uno scherzo. Mia madre si è mostrata divertita... e soddisfatta, perché non è male avere fra gli Araldi qualcuno dotato di simili capacità. Dunque, eravamo rimaste al fatto che hai reclutato Skif...» «Esatto. Lui ha cominciato ad andare in giro di soppiatto ed ha scoperto che invece di occupare una posizione subordinata, come tutti credevamo, Hulda aveva assunto il controllo della tua educazione e stava drogando la vecchia Melidy, che si supponeva fosse la tua effettiva e diretta governante. La cosa non mi è piaciuta, ma non potevo dimostrare nulla, perché Melidy era stata malata... aveva avuto una crisi cerebrale. Di conseguenza, ho chiesto a Skif di continuare a tenere d'occhio Hulda, ed è stato così che lui ha scoperto che la tua governante era al soldo di qualcuno che non conosciamo... che la pagava per garantire che tu non venissi mai Scelta e che quindi non potessi mai diventare l'Erede.» «Cagna» ringhiò Elspeth, con gli occhi accesi dall'ira. «Devo dedurre che né tu né Skif avete mai scoperto chi fosse quell'uomo?» Talia scosse il capo con rincrescimento e bevve un sorso di succo di frutta. «Mai. Era sempre mascherato e portava un mantello con cappuccio. Noi abbiamo informato Jadus, che ha avvertito la regina... e Hulda è svanita.» «E da tutto questo io ho capito soltanto di aver perso l'unica persona in tutta la Corte da cui dipendevo emotivamente. Non mi meraviglia che tu mi abbia taciuto ogni cosa» commentò Elspeth, passando a Talia un piatto pulito. «Oh, se me lo avessi detto due o tre anni fa, forse mi sarei infuriata con te, ma adesso non più. Ricordo ancora con estrema nitidezza quel periodo» concluse, con gli occhi scuri pervasi da una gelida ira. L'indignazione che traspariva dalla voce di Elspeth servì a dissipare le ultime apprensioni di Talia. «Credo però che ci sia sotto qualcosa di più del mio risentimento» continuò poi l'Erede. «Ripensando al passato, Talia, sono giunta alla conclusione che quella donna che si autodefiniva la mia "balia" mi avrebbe allegramente strangolata con le sue mani se avesse pensato di poterne trarre profitto senza correre rischi. Sì, e credo che ne avrebbe anche goduto.»
«Oh, via... non eri poi un mostro fino a questo punto!» «Avanti, è meglio che cominci a mangiare, altrimenti Mero avrà una crisi e se la prenderà con noi quando verremo giù a rigovernare, perché ha preparato tutti i tuoi piatti preferiti.» Elspeth si impadronì di alcuni vassoi che stavano circolando di mano in mano e ammucchiò sul piatto di Talia croccanti frittelle al miele, pancetta calda e zucchine fritte, del tutto inconsapevole del controsenso del fatto che l'Erede stesse servendo una persona che, tecnicamente, era a lei inferiore di grado. In effetti aveva fatto molta strada da quando era la Monella Reale, così suscettibile a proposito del proprio rango. «Talia, io ho vissuto con Hulda durante quasi tutte le mie ore di veglia, e so per certo che le piaceva spaventarmi. Le storie che mi raccontava prima di mettermi a letto erano tali che avrebbero raggelato il sangue di un adulto, e sono pronta a scommettere che lei godeva della mia paura. Inoltre, anche se non ne so spiegare il perché, sono sicura che lei fosse la creatura più freddamente egoista che io abbia mai incontrato: le importavano soltanto il suo benessere e il suo tornaconto, e per quanto fosse molto abile a nascondere la cosa...» «Non credo di aver motivo di dubitare delle tue affermazioni, micina. Dopo tutto, uno dei tuoi Talenti è quello della Comunicazione Mentale, e a volte i bambini piccoli vedono cose che sfuggono a noi adulti.» «Voi adulti? Tu non eri poi molto più vecchia di me, ma hai notato da sola parecchie cose e ne avresti notate molte di più se avessi potuto trascorrere più tempo con me. Quando non si divertiva a spaventarmi, Hulda cercava di trasformarmi in una piccola copia di se stessa: dopo avermi isolata da tutti gli altri, in modo che non avessi nessun amico a cui rivolgermi, ha continuato a ripetermi che dovevo fidarmi soltanto di lei, e che dovevo lottare per ottenere ogni minimo privilegio regale, senza fermarmi di fronte a niente e a nessuno. E c'è anche dell'altro, che è saltato fuori dopo la tua partenza. Quando mi hanno detto la verità, ho cominciato ad essere molto curiosa.» «Il che spiega perché ti chiamo "micina"» la interruppe Talia, con un sorriso, «e cioè perché sei decisamente curiosa quanto un gatto.» «Fin troppo vero, ma a volte la curiosità paga. Dunque, ho cominciato a passare in rassegna le cose che Hulda aveva lasciato qui ed ho avviato una discreta corrispondenza con i miei parenti paterni.» «Tua madre lo sa?» domandò Talia, un po' sorpresa. «L'ho fatto con la sua benedizione. A proposito, ho la sensazione di essere simpatica a mio zio, il Re Faramentha, nella stessa misura in cui gli
era antipatico mio padre, ed ormai ci scambiamo lettere decisamente cordiali, piene di aneddoti di famiglia. Anche lui mi è simpatico, ed è un vero peccato che fra noi ci sia un vincolo di parentela così stretto, perché Faramentha ha una vera tribù di figli ed io penso che valga la pena conoscere dei ragazzi dotati di un senso dell'umorismo come il suo...» Elspeth lasciò in sospeso la frase e scosse leggermente il capo. «Comunque, adesso non siamo più del tutto certi che l'Hulda che ha lasciato Rethwellan sia la stessa Hulda che è arrivata qui.» «Cosa?» «Oh, è così divertente sconvolgerti: hai l'aria di qualcuno che abbia appena sbattuto la faccia contro una trave.» «Elspeth, potrei finire per ucciderti con le mie stesse mani se non ti decidi a venire al punto.» «D'accordo, farò la brava. Ormai è un po' troppo tardi per effettuare dei controlli accurati, ma sembra che ci sia un vuoto di un mese dopo la partenza di Hulda da Rethwellan... un mese durante il quale lei pare essere scomparsa. E poi... eccola arrivare qui con armi e bagagli. A quell'epoca mio padre non era più fra i vivi a causa della sua stupidità e lei aveva tutte le lettere e i documenti di presentazione, per cui nessuno ha pensato di dubitare che quella potesse non essere l'Hulda che mio padre aveva fatto chiamare. Cioè, nessuno ne ha dubitato fino ad ora.» «Luminosa Signora!» esclamò Talia, raggelandosi quanto la sua colazione ormai fredda nel pensare alla moltitudine di possibilità che questa notizia spalancava davanti a loro. Era forse stato il misterioso "signore" con cui lei e Skif l'avevano vista cospirare, a portare lì Hulda? Non avevano modo di sapere se quell'ignoto complottatore fosse stato fra i traditori scoperti e impiccati dopo l'assassinio di Ylsa, perché nessuno di loro lo aveva visto in volto: all'epoca avevano supposto che potesse essersi trattato di uno di loro, perché dopo le impiccagioni non c'erano stati altri problemi, ma la persona in questione poteva anche aver deciso di sospendere per qualche tempo le sue manovre. Oppure neanche il misterioso "signore" aveva mai immaginato che Hulda fosse qualcosa di diverso da ciò che sembrava? E dove era svanita quella donna dopo essere stata smascherata? Nessuno l'aveva vista partire né varcare il Confine, almeno lungo le strade (il che costituiva una spiacevole ripetizione delle circostanze che secondo Elspeth avevano accompagnato il suo arrivo) e tuttavia Hulda era senza dubbio scomparsa prima che chiunque avesse la possibilità di arrestarla. Chi... o che cosa l'aveva avvertita
che era stata scoperta? Un pericolo che Talia aveva creduto superato ormai da tempo stava riaffiorando come una nuova nidiata di scarafaggi da un mucchio di letame. «Mero mi scuoierà viva» avvertì Elspeth. Con un colpevole sussulto, Talia si affrettò a finire la colazione, ma non si accorse neppure di ciò che stava mangiando. «... e quello è stato l'ultimo incidente» concluse Kris. «Le due settimane conclusive sono state soltanto lavoro di routine. Abbiamo terminato il circuito, Griffon è venuto a darci il cambio e ci siamo avviati verso casa.» Nel pronunciare quelle parole, Kris incontrò con tranquillità lo sguardo scrutatore di Elcarth e poi quello di Kyril: entrambi erano ancora profondamente sconvolti dalla sua rivelazione del modo in cui il Talento di Talia era sfuggito al controllo e del perché questo era avvenuto. Evidentemente, i due avevano supposto che quel colloquio sarebbe stato una mera formalità, e la storia di Kris era giunta per loro come una sgradevole sorpresa. «Perché non avete cercato aiuto non appena la cosa si è manifestata per la prima volta?» domandò infine Kyril, dopo una pausa troppo lunga per i gusti di Kris, che cominciava a sentirsi a disagio. «Soprattutto perché, quando finalmente ho capito che eravamo di fronte ad un problema serio, la neve ci aveva bloccati in quella Stazione di Sosta, Anziano.» «Ti ha preso in contropiede, fratello» commentò allora Elcarth, indirizzando al canuto Araldo del Siniscalco un asciutto sorriso. «Allorché siamo riusciti ad andarcene, Talia era già avviata a risolvere il suo problema» proseguì cocciutamente Kris. «Ormai aveva saldamente assimilato le procedure di base. Quando poi ci siamo trovati di nuovo in mezzo alla gente, abbiamo scoperto che le dicerie sul suo conto ci avevano preceduti, e a quel punto ho ritenuto che lasciare il circuito incompleto per andare a cercare aiuti ci avrebbe arrecato un danno irreparabile, perché agendo così avremmo soltanto confermato che in effetti in Talia c'era qualcosa che non andava.» «Mmmm... hai ragione» ammise Kyril. «Inoltre, non ero più del tutto certo che anche qui ci potesse essere qualcuno davvero capace di addestrare Talia.» «I Guaritori...» cominciò il Decano. «Non posseggono soltanto l'Empatia, e non la usano nello stesso modo in cui la impiega Talia... nel modo in cui deve impiegarla. Come vi ho det-
to, lei l'ha addirittura usata in maniera offensiva, e mentre i Guaritori di rado ricorrono alla loro Empatia al di fuori delle sedute di Risanamento, Talia sarà costretta ad utilizzarla così di frequente che essa diventerà parte di lei nella stessa misura in cui lo sono gli occhi e gli orecchi. O almeno» concluse, con un sorriso imbarazzato, «questo è stato il mio ragionamento.» «Penso che tu abbia avuto ragione, fratello... almeno nel caso in questione» replicò Kyril, dopo una pausa di riflessione tanto lunga da dare a Kris tempo in abbondanza per ripensare a ciò che aveva detto e per chiedersi se era riuscito a convincere quei due, che erano gli Araldi più anziani del Circolo. Alle parole di Kyril, il giovane esalò un lungo respiro, perché non si era neppure accorto che stava trattenendo il fiato. «C'è stata anche un'altra considerazione che mi ha indotto a non lasciare il circuito» aggiunse quindi. «A quel punto, far sapere che noi e il Collegio non eravamo riusciti ad addestrare adeguatamente il nuovo Araldo della Regina avrebbe avuto un effetto devastante sul morale di tutti.» «Luminosa Signora... hai ragione!» esclamò Elcarth con aria costernata, inarcando le sopracciglia fino quasi a farle scomparire sotto la calotta di capelli grigi. «Rendere noto un fatto del genere danneggerebbe non soltanto la fiducia che la gente comune ha in noi, ma anche quella degli stessi Araldi. Considerate le circostanze, credo che meritiate tutti e due il massimo punteggio: tu per il tuo buon senso e la tua discrezione, e la tua allieva per come ha affrontato e superato prove che non avrebbero mai dovuto esserle inflitte.» «Sono d'accordo» convenne Kyril. «E adesso, se ci vuoi scusare, Elcarth ed io dobbiamo cercare di porre salvaguardie tali da impedire che una cosa del genere possa ripetersi.» Con un cortese saluto, Kris si congedò, grato che il colloquio fosse finalmente concluso. Nell'ora che seguì la colazione, Talia fu molto impegnata. In primo luogo lasciò il Collegio degli Araldi e raggiunse l'edificio separato che ospitava il Collegio dei Guaritori e la Casa di Guarigione. Il sole, che non era ancora sorto quando lei era scesa a fare colazione, splendeva adesso in un cielo azzurro e sgombro da nubi che preannunciava un'altra limpida giornata di primavera. Una volta entrata nell'edificio di mattoni, Talia si mise alla ricerca del Guaritore Devan, per informarlo del proprio ritorno e per
sapere se nella Casa di Guarigione ci fosse qualche Araldo sofferente che aveva bisogno del suo particolare tocco mentale. Trovò Devan nel laboratorio di distilleria, intento a mescolare con cura le componenti di una specie di decotto, ed entrò senza fare rumore perché non voleva disturbare la sua concentrazione, ma lui parve comunque accorgersi della sua presenza. «Le notizie si diffondono in fretta, e sapevo già che eri tornata la scorsa notte» disse il Guaritore, senza voltarsi. «È davvero un piacere riaverti qui, Talia.» «Avrei dovuto immaginare che era impossibile cogliere di sorpresa qualcuno che possiede il mio stesso Talento» ridacchiò Talia. Devan posò con cura la pozione sul tavolo, tappò il contenitore e si girò verso la ragazza con gli occhi nocciola rischiarati da un sorriso, protendendo verso di lei le mani sporche di una sostanza marrone. «La tua aura è inconfondibile, bambina... e sono davvero contento di avvertirla di nuovo.» Talia strinse fra le proprie le mani di lui e arricciò leggermente il naso a causa degli odori pungenti che aleggiavano nella stanza. «Spero che tu ne sia lieto perché ti fa piacere rivedermi e non perché hai un disperato bisogno del mio aiuto» replicò. Con suo notevole sollievo, Devan le garantì che in quel momento fra i suoi pazienti non c'era nessun Araldo. «Aspetta che nel sud scoppino le tempeste di Mezz'Estate o che inizino le scorrerie di pirati nell'ovest, e questa pace finirà» aggiunse però il Guaritore, con un'espressione triste negli occhi scuri. «Entro questo inverno Rynee otterrà la divisa verde, ed ha tutte le intenzioni di tornare nel sud per lavorare vicino a casa, quindi sei rientrata giusto in tempo, perché quando lei se ne andrà tu sarai la sola Guaritrice Mentale addestrata che avremo qui oltre a Patris, e forse avremo bisogno di te anche per pazienti che non sono Araldi.» Lasciata la Casa di Guarigione, Talia tornò di nuovo al Collegio degli Araldi per un colloquio che non la entusiasmava particolarmente. Allorché bussò con esitazione alla porta dell'ufficio di Elcarth, scoprì che ad attenderla non c'era soltanto il Decano ma anche l'Araldo del Siniscalco. Durante l'ora successiva la ragazza riferì nel modo più spassionato che le fu possibile tutto quello che era accaduto durante il suo apprendistato senza risparmiare minimamente se stessa, ammettendo di aver nascosto il fat-
to che stava perdendo il controllo del suo Talento e di non aver confessato la cosa fino a quando Kris non l'aveva costretta a farlo, e dicendo anche ciò che Kris aveva taciuto... e cioè che per poco non aveva ucciso entrambi. I due l'ascoltarono in assoluto silenzio, e quando ebbe concluso il suo resoconto Talia, con le mani serrate in grembo, restò ad attendere il loro verdetto. «Tu quali conclusioni hai tratto da tutto questo?» le domandò inaspettatamente Elcarth. «Che... che un Araldo non può cavarsela da solo, neppure l'Araldo della Regina» replicò lei, dopo aver riflettuto. «Forse soprattutto l'Araldo della Regina, perché ciò che io faccio si riflette sugli altri Araldi più di quanto faccia chiunque altro di noi, in quanto sono molto più esposta all'attenzione della gente.» «E quale ritieni che sia il giusto modo di impiegare il tuo Talento?» domandò Kyril. «Io... non lo so, non del tutto» ammise Talia. «Ci sono occasioni in cui quello che devo fare è chiaro, ma per lo più è tutto così... nebuloso. Suppongo che si tratterà soprattutto di soppesare di volta in volta il male minore in rapporto alla necessità del momento.» Elcarth annuì. «Se ne avrò il tempo» proseguì Talia, «chiederò il consiglio del Circolo prima di fare qualcosa di irrevocabile, ma temo che il più delle volte non mi potrò concedere un lusso del genere, e se dovessi commettere un errore... ebbene, ne accetterò le conseguenze e cercherò di porvi rimedio.» «Bene, Araldo Talia» dichiarò Elcarth, con gli occhi neri che brillavano di qualcosa che Talia riconobbe infine come orgoglio, «credo che tu sia pronta a metterti all'opera.» «Allora... ho superato la prova?» «Cosa ti avevo detto?» commentò Kyril, rivolto al suo collega, scuotendo il capo. «Sapevo che non ci avrebbe creduto fino a quando non lo avesse sentito dalle nostre labbra.» Il brizzolato Araldo si girò verso Talia e un caldo sorriso gli rischiarò il volto duro come il granito. «Sì, Talia, te la sei cavata molto bene e siamo molto soddisfatti di quanto tu e Kris ci avete detto. Avete affrontato una situazione disperata che non era stata interamente creata da voi stessi e l'avete risolta da soli.» «Inoltre, siamo soddisfatti di quanto ci hai appena detto» aggiunse Elcarth, «perché riteniamo che tu sia riuscita a raggiungere un adeguato equi-
librio per quanto riguarda l'etica connessa all'impiego del tuo Talento. E adesso che hai sentito tutti questi complimenti, sei pronta a sentire anche le notizie sgradevoli? Fra poco si terrà una riunione del Consiglio.» «Lo so, signore» rispose Talia. «Sono stata... avvertita.» «E non soltanto riguardo alla riunione, immagino.» «Anziano, non vorrai che comprometta le mie fonti d'informazione...» «Per il Signore e la Signora!» esclamò Elcarth, contraendo il volto affilato nello sforzo di controllare una risata. «Parla già come Talamir.» «Proprio così, fratello» confermò Kyril, scuotendo il capo. «Bene, Talia, ci vedremo al Consiglio. Ora però è meglio che tu vada, perché suppongo che Selenay voglia discutere con te alcune cose prima che la riunione abbia inizio.» Talia non ebbe difficoltà a comprendere di essere stata congedata e lasciò l'ufficio con un passo leggero che armonizzava con la leggerezza del suo cuore. «Talia...» la salutò Selenay, mentre preveniva qualsiasi formalità da parte della ragazza abbracciandola con calore... «Per la Luminosa Signora, quanto mi sei mancata! Vieni qui, dove possiamo parlare un po' in privato.» Con quelle parole, la regina trasse Talia verso una panca di legno lucido inserita in una rientranza delle mura di granito del corridoio che portava alla camera del Consiglio; come al solito, la sovrana era vestita come uno qualsiasi dei suoi Araldi, e soltanto il sottile cerchietto d'oro rosso che portava sui capelli biondi denunciava il suo rango. «Lascia che ti dia un'occhiata. Cieli, hai un aspetto splendido! Ma sei diventata così magra...» «Dipende soltanto dal fatto che ho dovuto mangiare ciò che cucinavo io» replicò Talia. «Avrei voluto cercare di vederti la scorsa notte...» «Non mi avresti trovata» la interruppe Selenay, con gli occhi azzurri colmi di affetto. «Ero in riunione con il Lord Maresciallo per stabilire le quantità di truppe da schierare lungo il Confine, e quando abbiamo finito ero tanto stanca che non avrei voluto vedere neppure lo spirito di mio padre. Tutte quelle dannate mappe! Inoltre, la prima notte dopo il rientro dall'apprendistato deve per tradizione essere trascorsa con gli amici più intimi, altrimenti come ci si può mettere al passo con diciotto mesi di notizie arretrate?» «Con diciotto mesi di pettegolezzi, vorrai dire» sorrise Talia. «A quanto
mi è dato di capire, io e Kris ne abbiamo causati non pochi.» «Dai tuoi modi disinvolti e indifferenti devo dedurre che le mie speranze di veder sorgere una passione imperitura siano state vane?» ribatté Selenay, con una luce divertita nello sguardo e una finta smorfia di disappunto sulle labbra. «Anche tu?» esclamò Talia, scuotendo il capo con altrettanto finta disperazione. «Cieli Lucenti, possibile che tutti al Collegio siano decisi a vederci uniti, indipendentemente dal fatto che lo siamo davvero o meno?» «Le uniche eccezioni sono costituite da Kyril, Elcarth, Skif, Keren e... chi mai lo avrebbe detto... Alberich. Tutti e cinque sono pronti a giurare che se mai perderai il tuo cuore non sarà per il bel volto di Kris.» «Potrebbero... potrebbero avere ragione.» Notando l'espressione vagamente turbata della ragazza, Selenay ritenne opportuno cambiare argomento. «Bene, sono più che felice di averti di nuovo al mio fianco, considerato che negli ultimi due mesi la tua presenza mi sarebbe stata molto utile.» «Due mesi? Ha qualcosa a che vedere con il motivo per cui Elspeth ha mandato Skif a intercettarci?» «Ha fatto questo? Quella piccola furbacchiona! Probabilmente è contrariata quanto me per il comportamento del Consiglio. Il fatto è che ho ricevuto la richiesta della mano di Elspeth da una fonte a cui mi sarà molto difficile opporre un rifiuto.» «Spiegati.» «Due mesi fa» cominciò Selenay, appoggiandosi allo schienale della panca e accarezzandone distrattamente un bracciolo, «è giunto da noi un inviato di Re Alessandar, che ci ha presentato una richiesta formale con cui mi si invita a prendere in considerazione la possibilità di dare Elspeth in sposa ad Ancar. I punti a favore di un matrimonio del genere sono parecchi: Ancar è più o meno coetaneo di Kris, quindi fra lui ed Elspeth non ci sarebbe quella notevole discrepanza d'età che spesso caratterizza le unioni reali, e si dice che sia molto attraente.» «Queste nozze significherebbero inoltre la futura unione dei due regni, e Alessandar ha un esercito forte e ben addestrato, molto più numeroso del nostro: io potrei far circolare gli Araldi anche nel suo regno, e le truppe di Alessandar indurrebbero Karse a pensarci due volte prima di tentare di invaderci ancora. I tre quarti dei Consiglieri sono a favore di questo matrimonio in maniera incondizionata, ma non stanno cercando di costringermi a rispondere affermativamente, come fanno invece gli altri.»
«Non esiteresti tanto al riguardo se non avessi la sensazione che c'è qualcosa che non va» osservò Talia, giocherellando con l'anello che Kris le aveva regalato. «Di cosa si tratta?» «In primo luogo, a meno che non ci sia assolutamente costretta, non voglio che Elspeth sia sacrificata in un matrimonio di stato. Francamente, preferirei che rimanesse nubile e che il trono passasse ad una linea di discendenza collaterale, piuttosto che vederle contrarre un matrimonio che non sia basato almeno sul rispetto e sulla simpatia reciproci.» Mentre parlava, Selenay iniziò a tormentare con la mano una ciocca di capelli, arrotolandola intorno alle dita lunghe e aggraziate... un gesto che tradiva la sua ansietà. «In secondo luogo» proseguì, «Elspeth è ancora molto giovane, ed ho intenzione di insistere per rimandare qualsiasi decisione a quando lei avrà finito il suo addestramento. In terzo luogo, non ho più visto Ancar da quando era un neonato, non ho idea del genere di uomo che è diventato e voglio saperne di più sul suo conto prima di prendere in seria considerazione questa proposta di matrimonio.» «Se devo dire la verità, la mia speranza è che Elspeth si innamori di qualcuno, e che si tratti di un Araldo o almeno di un Prescelto, perché ho sperimentato di persona il genere di problemi a cui si può andare incontro quando il consorte di una regina non è anche coreggente ma è stato abituato all'idea di governare. E tu sai molto bene che il marito di Elspeth non dividerà il trono con lei, a meno che non sia a sua volta un Prescelto.» «Tutti punti molto validi... ma c'è anche qualcos'altro che ti turba» osservò Talia, che mentre la regina parlava aveva decifrato il suo stato mentale con estrema facilità, come se non fossero mai state lontane. «Adesso so perché ho sentito la tua mancanza! Tu riesci sempre a porre domande che mettono ogni cosa in prospettiva» affermò Selenay, tornando a sorridere. «Sì, c'è qualcos'altro, ma non si tratta del genere di cose che mi va di ammettere davanti al Consiglio o anche soltanto con Kyril, che sia benedetto, perché tutti direbbero che si tratta delle stupide fantasticherie di una donna. Quello che mi turba è che questa proposta è troppo conveniente, troppo perfetta, troppo vicina ad essere la risposta alle preghiere di tutti. Continuo a cercare la trappola celata sotto l'esca e a domandarmi perché non riesco a vederla, ma forse dipende dal fatto che sono così abituata a nutrire sospetti che non riesco più a fidarmi neppure di chi so essere onesto.» «No, non credo che si tratti di questo» obiettò Talia, arricciando le lab-
bra in un'espressione pensosa. «C'è qualcosa che non quadra, altrimenti non ti sentiresti a disagio. I tuoi Talenti sono la Comunicazione Mentale e un pizzico di Preveggenza, giusto? Il mio sospetto è che tu stia intravedendo in maniera nebulosa con la tua Preveggenza che in quest'idea c'è qualcosa che non va, e che il tuo disagio dipenda dal fatto di essere costretta ad opporti al Consiglio senza avere valide motivazioni da fornire.» «Che tu sia benedetta... deve essere proprio così! Negli ultimi due mesi mi sono sentita come se stessi cercando di svuotare a mani nude una barca che fa acqua.» «Allora usa la giovane età di Elspeth e il fatto che lei deve finire il suo addestramento come scuse per prendere tempo. Io ti spalleggerò, e quando lo vedranno anche Kyril ed Elcarth faranno altrettanto» suggerì Talia, mostrandosi più fiduciosa di quanto lo fosse in realtà. «Inoltre, ricorda che adesso io ho voto pieno in sede di Consiglio e che fra tutte e due noi abbiamo quindi il potere di opporre il veto a qualsiasi proposta del resto dei Consiglieri: il Monarca e l'Araldo della Regina possono bloccare le decisioni del Consiglio, e anche se ammetto che non è una linea politica consigliabile, sono pronta a farlo nel caso si renda necessario.» «Come sono mai riuscita a cavarmela per tutti questi anni, senza di te?» sospirò Selenay, sollevata. «Te la sei cavata molto bene. Anche se non ci fossi stata io, immagino che saresti riuscita comunque a guadagnare tempo... a costo di chiedere a Devan di far insorgere in Elspeth i finti sintomi di una febbre, se necessario. Ora, però, non ritieni che sia giunto il momento di fare il nostro ingresso?» «Proprio così» convenne Selenay, con un sorriso che aveva appena una sfumatura di malizia, «ed è anche il momento che ho tanto atteso: certe persone rimarranno molto contrariate quando scopriranno che adesso tu sei l'Araldo della Regina a pieno titolo, con diritto di voto e tutto il resto, e che d'ora in poi il Consiglio si riunirà al completo.» Le due donne si alzarono insieme ed oltrepassarono le grandi porte doppie montate in ottone che davano accesso alla camera del Consiglio. Gli altri membri, che erano già raccolti intorno al tavolo, si alzarono in piedi non appena videro arrivare la regina, con Talia che si teneva un passo più indietro e sulla destra, come previsto per l'Araldo della Regina. La Camera del Consiglio non era un ambiente molto ampio e conteneva come unico arredo il tavolo a forma di ferro di cavallo e le sedie accostate ad esso, il tutto in legno scurito dall'età e dall'uso; come in tutta la parte
vecchia del Palazzo, le pareti erano rivestite in legno soltanto per metà della loro altezza e per il resto erano della pietra grigia con cui era stata costruita l'originaria rocca; una versione ridotta del trono di Selenay era posta al centro esatto del tavolo, e alle sue spalle c'era il focolare sovrastato dallo stemma dei Monarchi di Valdemar: un alato cavallo bianco con una catena infranta intorno al collo. Sulla parete sovrastante la porta d'ingresso e antistante il trono spiccava una mappa del regno, realizzata con squisita abilità su lino pesante e tenuta continuamente aggiornata, così grande che ogni membro del Consiglio poteva leggerne le scritte da dove era seduto. Il seggio all'immediata destra di quello di Selenay spettava a Talia, quello all'immediata sinistra al Siniscalco; alla sinistra del Siniscalco sedeva Kyril, mentre alla destra di Talia c'era il Lord Maresciallo; il resto dei Consiglieri era invece libero di sedersi dove preferiva, indipendentemente dal suo rango. Fino ad allora, Talia non aveva mai occupato il posto che le spettava, perché per tradizione non vi si poteva sedere finché non era un Araldo a pieno titolo; in precedenza, quindi, la ragazza si era mescolata agli altri Consiglieri e si era limitata a fornire la propria opinione quando le veniva richiesta e a riferire le proprie osservazioni a Selenay una volta che le riunioni si erano concluse. La sua nuova posizione le garantiva ora un notevole potere, ma anche una grande responsabilità. I Consiglieri rimasero in piedi fino a quando la regina e Talia non ebbero preso posto davanti ai rispettivi seggi, e sul volto di alcuni apparve un'espressione di sorpresa... segno che la notizia del ritorno dell'Araldo della Regina non si era diffusa a Corte con la stessa rapidità con cui si era invece diffusa nel Collegio. Dopo aver indirizzato un breve cenno ai presenti, Selenay infine si sedette, imitata dopo una frazione di secondo da Talia, e soltanto allora i Consiglieri fecero altrettanto. «Vorrei aprire questa riunione con una discussione sulla proposta di matrimonio avanzata da Alessandar» dichiarò Selenay in tono quieto. Notando l'evidente sorpresa di alcuni Consiglieri, Talia annuì fra sé e pensò che con il prendere l'iniziativa Selenay era riuscita ad avviare la riunione in posizione di vantaggio. Ad uno ad uno, quanti erano seduti intorno al tavolo espressero il loro parere: come la regina aveva detto a Talia, i Consiglieri erano favorevoli in maniera quasi uniforme alla proposta di matrimonio, e i più desideravano che le nozze avvenissero immediatamente. Mentre ascoltava, Talia cominciò quindi ad esaminare i Consiglieri, os-
servandoli più intensamente di quanto avesse mai fatto prima, perché voleva valutare ciascuno di essi senza ricorrere al suo Talento e con il solo ausilio degli occhi e degli orecchi. Il primo a parlare fu Lord Gartheser, il portavoce del nord e senza dubbio il più stretto alleato di Orthallen. Il nobile, un uomo magro, nervoso e stempiato, sottolineò ogni frase con bruschi movimenti delle mani, e anche se non guardò mai apertamente in direzione di Orthallen, dal modo in cui si orientava Talia dedusse che la sua attenzione era concentrata su di lui a tal punto da escludere chiunque altro. «Non ci può essere nessun dubbio» concluse Gartheser, con voce sottile e un po' tremante, «che questo fidanzamento ci procurerebbe un'alleanza così potente che nessuno oserebbe più attaccarci. Con l'esercito di Alessandar pronto ad accorrere in nostro aiuto, neppure Karse avrebbe il coraggio di infastidirci e ritengo che perfino le scorrerie lungo il Confine verrebbero a cessare, permettendo alla nostra Gente di Confine di sentirsi finalmente sicura per la prima volta da intere generazioni.» Orthallen annuì in maniera così infinitesimale che Talia non avrebbe mai notato il suo movimento se non fosse stata così intenta ad osservarlo. Lei però non fu la sola a rilevare quel cenno di approvazione: anche Gartheser lo colse e rispose ad esso con un sorriso, annuendo appena. La parola passò quindi ad Elcarth e a Kyril. Il Decano se ne stava appollaiato sull'orlo della sedia, simile in tutto e per tutto ad uno scricciolo delle nevi, mentre Kyril sedeva immobile accanto a lui come una statua di granito. «Non vedo motivi per sollevare obiezioni» affermò Elcarth, «ma all'Erede dovrà essere permesso di concludere il suo addestramento e il successivo periodo di apprendistato prima che si proceda a stringere questa alleanza.» «Inoltre il Principe Ancar dovrà dimostrare di possedere un temperamento adeguato» aggiunse con disinvoltura Kyril. «Il regno... Vostra Altezza mi perdoni... ha già avuto un'amara esperienza dovuta ad un consorte che non era adatto, e per quanto mi concerne io non ho nessun desiderio di vivere di nuovo una simile esperienza.» La prossima a prendere la parola fu Lady Wyrist, che rappresentava l'est e che era un altro dei sostenitori di Orthallen; quella donna bionda e in carne era stata da giovane una grande bellezza e conservava ancora fascino e magnetismo. «Io sono del tutto a favore di questo matrimonio... e non penso che sia il
momento di indugiare! Che il fidanzamento avvenga il più presto possibile... anzi, si proceda al matrimonio! L'addestramento dovrà aspettare che l'alleanza sia stata conclusa» dichiarò, lanciando un'occhiata rovente ad Elcarth e a Kyril. «È il mio Confine che i Karsiti saccheggiano quando e come vogliono: la mia gente ha ben poco, e i Karsiti portano regolarmente via anche quel poco che essa possiede. Se però i due regni fossero saldamente uniti, il mio Confine si verrebbe a trovare aperto a nuovi commerci, e questa è una cosa in cui io non vedo nulla di male.» «Come ha detto Lady Wyrist» intervenne allora il canuto Padre Aldon, Lord Patriarca, «quest'alleanza promette una pace quale non godiamo più da troppo tempo, perché posto di fronte ad un'unità assoluta lungo due dei suoi confini, Karse sarebbe costretto a chiedere una pace duratura. Rinnovare la nostra amicizia di vecchia data con Hardorn può soltanto recarci una tranquillità di cui non abbiamo mai conosciuto l'uguale, e anche se l'Erede è giovane, molte dame si sono sposate ad un'età ancora più giovane della sua...» «Infatti» convenne il Bardo Hyron, facendo eco ai sentimenti di Padre Aldon; il portavoce del Circolo Bardico era così biondo che i suoi lunghi riccioli sembravano quasi bianchi. «Il matrimonio è un sacrificio di ben poco conto per una giovane donna, alla luce dei benefici che ci porterebbe.» Talia notò però con dubbiosità che i suoi occhi grigi s'illuminarono fino a sembrare quasi argentei quando Orthallen annuì con approvazione. La magra e angolosa Guaritrice Myrim, portavoce del suo Circolo, non si lasciò tuttavia incantare quanto il bardo; con sollievo di Talia, si mostrò invece piuttosto seccata dell'adorazione che Hyron dimostrava nei confronti di Orthallen, verso il quale lei sembrava invece manifestare una leggera diffidenza. «Voi tutti dimenticate una cosa» affermò la Guaritrice, «e cioè che anche se è stata Prescelta, quella bambina non è ancora un Araldo... e la legge afferma senza mezzi termini che il Monarca deve essere un Araldo. Finora non ci sono mai stati motivi tanto gravi da indurre a sovvertire questa legge, e non riesco a capire per quale ragione si dovrebbe creare adesso un pericoloso precedente!» «Proprio così» mormorò Kyril. «La bambina è soltanto questo: una bambina che non è assolutamente pronta a governare e che deve ancora imparare molte cose prima di esserlo. In ogni caso io sono cautamente favorevole a questo fidanzamento, ma
soltanto a patto che l'Erede rimanga al Collegio fino a quando non avrà ultimato il suo addestramento» concluse la Guaritrice. Con sorpresa di Talia, il Lord Maresciallo Randon mostrò di condividere l'avversione manifestata da Myrim nei confronti di Orthallen; mentre ascoltava il duro e sfregiato guerriero soppesare le proprie parole con la precisione di un mercante che pesasse del grano, Talia si chiese cosa poteva essere successo durante la sua assenza per provocare in lui un simile cambiamento, considerato che l'ultima volta che lei aveva presenziato ad una riunione del Consiglio, Randon si era mostrato uno dei più forti sostenitori di Orthallen. Adesso invece, pur dicendosi favorevole al fidanzamento, il Lord Maresciallo si stava accarezzando la barba scura con un atteggiamento di malcelata irritazione, come se gli seccasse l'idea di dover essere d'accordo con il gruppo di Orthallen. Lady Kester, portavoce dell'ovest, fu concisa e diretta. «Io sono favorevole» affermò, tornando subito a sedersi. Il grassoccio e moderato Lord Gildas, esponente del sud, fu altrettanto laconico. «Non vedo nulla che possa causare problemi» dichiarò in tono quieto Lady Cathan, l'esponente delle Corporazioni... una donna grigia, minuta e tranquilla la cui dolcezza esteriore mascherava un nucleo interno di durezza, «e molto che potrebbe tornare a beneficio di ogni singolo membro del regno.» «Ritengo che questa sia una buona sintesi della situazione» concluse Lord Palinor, il Siniscalco. «Voi tutti sapete quali siano i miei sentimenti al riguardo. Maestà?» Fino a quel momento la regina era rimasta in silenzio, calma e riflessiva ma assolutamente distaccata, nell'attesa che tutti avessero espresso il loro parere con l'eccezione di lei stessa e del suo Araldo. Adesso però si protese leggermente in avanti e si rivolse ai presenti con una sfumatura di comando nella voce. «Vi ho ascoltati tutti: ognuno di voi è a favore di questo matrimonio ed ha addotto ottime ragioni per sostenere la sua posizione. Voi mi incitate ad acconsentire alle nozze e a vederle consumate nell'arco di pochi mesi... benissimo: posso accettare ciascuna delle vostre argomentazioni e sono più che disposta a rispondere all'inviato di Alessandar che considereremo la sua offerta con la massima attenzione, ma c'è una cosa che non posso e che non intendo fare, e cioè acconsentire a qualcosa che comporti l'interruzione dell'addestramento di Elspeth. Al di sopra di qualsiasi altra considera-
zione, quell'addestramento deve proseguire! La Signora non voglia, ma se io dovessi morire non possiamo correre il rischio che il trono di Valdemar rimanga nelle mani di un Monarca non addestrato, e per questo motivo io non farò altro che indicare ad Alessandar che la sua proposta ci è benaccetta... e informarlo senza mezzi termini che nessuna trattativa seria al riguardo potrà avere inizio prima che l'Erede abbia concluso il suo apprendistato.» «Maestà!» esclamò Gartheser, balzando in piedi, mentre parecchi altri Consiglieri cominciavano a parlare contemporaneamente a lui, un paio in tono iroso. A quel punto Talia si alzò in piedi e batté qualche colpo sul tavolo per troncare quel fracasso; quanti stavano vociferando la fissarono allora come se si fossero dimenticati della sua presenza. «Signori e signore... vi prego di perdonarmi, ma devo ricordarvi che qualsiasi argomentazione intendiate esporre è del tutto inutile: il mio voto è a favore della regina, che ne è già stata informata.» Dall'espressione sconcertata dei presenti risultò evidente che essi si erano dimenticati che adesso Talia aveva diritto a votare: se la situazione non fosse stata così seria, la ragazza si sarebbe divertita del loro sconcerto... in particolare di quello di Orthallen. «Se questo è il parere dell'Araldo della Regina, il mio voto si deve uniformare al suo» si affrettò a dichiarare Kyril, anche se a Talia parve quasi di sentirlo chiedersi se lei sapeva quello che stava facendo. «E così pure il mio» convenne Elcarth, che sembrava più certo di Kyril della capacità di giudizio di Talia. A quel punto sulla camera scese il silenzio... un silenzio così profondo che si sarebbero quasi potuti sentire i granelli di polvere che danzavano nel fascio di luce che andava dall'alta finestra al pavimento. «A quanto sembra» osservò infine Lord Gartheser, il capo apparente dei dissenzienti, «siamo stati messi in minoranza.» Un sommesso coro di borbottii accompagnò le sue parole, ma cessò non appena un nobile dai capelli bianchi che sedeva all'estremità più lontana del tavolo si alzò in piedi. L'uomo in questione era quello che Talia aveva tenuto d'occhio con tanta attenzione, ed era anche il solo che non avesse parlato: Orthallen, Signore della Distesa del Dragone e zio di Kris. Orthallen era il Consigliere più anziano, in quanto aveva servito il padre di Selenay prima di lei... motivo per cui Selenay spesso lo chiamava ancora "Lord Zio"... ed era stato per Elspeth una sorta di figura paterna.
Per tutti questi motivi, Orthallen era rispettato e tenuto in alta considerazione, ma Talia non era mai riuscita a trovarlo simpatico, in parte per quello che aveva tentato di fare a Skif: pur non avendo l'autorità necessaria per allontanare un Prescelto dal Collegio, Orthallen aveva tentato di far infliggere al ragazzo una punizione di due anni di servizio presso l'esercito, adducendo come giustificazione le numerose infrazioni che Skif era riuscito ad accumulare, ultima fra tutte quella di essere stato colto con le mani nel sacco nell'ufficio del Prevosto-Maresciallo nel cuore della notte. Orthallen aveva sostenuto che Skif vi era andato per alterare il Libro delle Note di Demerito, mentre il ragazzo vi si era recato dietro richiesta di Talia, per investigare sul conto di Hulda e per cercare di scoprire chi avesse avallato il suo ingresso nel regno, allo scopo di dedurre così l'identità dell'ignoto cospiratore. Talia aveva salvato il suo amico con una menzogna, affermando di avergli chiesto di appurare se i parenti che lei aveva fra la Gente dei Possedimenti avessero richiesto il Privilegio di Esenzione dalle Tasse previsto per chi generava un Prescelto. Da quel momento lei si era trovata in costante anche se non aperto contrasto con Orthallen. Quando aveva cominciato a partecipare alle riunioni del Consiglio, era parso che lui cercasse costantemente di negare anche la poca autorità che le era concessa, ricorrendo così di frequente alla scusa della giovane età e dell'inesperienza per sminuire le sue affermazioni che di rado lei si era azzardata a parlare in sua presenza. Orthallen sembrava sempre un po' troppo attento e controllato in ogni suo gesto: quando sorrideva, quando si accigliava, la sua espressione pareva rimanere soltanto esteriore e superficiale. In un primo tempo, Talia si era rimproverata per quella reazione negativa nei suoi confronti, ritenendola un'ulteriore manifestazione del suo irrazionale timore nei riguardi dei maschi, e soprattutto di quelli avvenenti: sebbene non più giovane, infatti, Orthallen era un uomo molto attraente... tanto che non c'erano dubbi su quale fosse il lato della famiglia da cui Kris aveva ereditato il proprio volto angelico. Pur ripetendosi che non c'era nulla di male nell'essere un po' freddi dal punto di vista emotivo, per qualche ragione ogni volta che vedeva Orthallen lei si era tuttavia sorpresa a pensare al dragone raffigurato nel suo stemma, perché come il drago lui le appariva spietato, freddo e calcolatore... il tutto nascosto sotto una splendida esteriorità ingioiellata. Adesso però aveva ulteriori motivi per diffidare di Orthallen... perché
aveva più di una ragione per sospettare che fosse stato proprio lui la fonte di quelle dicerie relative al fatto che lei abusava del suo Talento, ed era certa che il Consigliere avesse diffuso voci del genere perché sapeva quale effetto avrebbero avuto su un'Empatica che aveva poca fiducia in se stessa. Nello stesso modo, era altrettanto certa che lui avesse volutamente seminato dei dubbi nella mente di Kris... sapendo che lei li avrebbe avvertiti ed avrebbe reagito di conseguenza. Questa volta, però, Orthallen le diede invece motivo di essergli grata, perché si espresse a favore della decisione della regina... e quando Orthallen parlava gli altri Consiglieri gli prestavano ascolto. «Signori, signore... la regina ha perfettamente ragione» affermò infatti Orthallen, sorprendendo alquanto Talia, perché fino a quel momento lui era stato uno dei più decisi a far sposare Elspeth senza indugi. «Abbiamo soltanto un'Erede e non ci sono altri candidati nella linea di discendenza diretta, per cui non dobbiamo correre rischi di sorta. L'Erede deve essere addestrata... adesso comprendo quanto questo sia giusto e ritiro la mia precedente proposta di un fidanzamento immediato. Alessandar è un monarca saggio e di certo sarà più che disposto ad avviare gli accordi preliminari sulla base di un fidanzamento promesso per il futuro, e in questo modo potremo ottenere i benefici connessi ad entrambi i piani.» Talia non fu il solo membro del Consiglio ad essere sorpreso dall'apparente voltafaccia di Orthallen: Hyron lo fissò come se non riuscisse a credere a ciò che aveva appena sentito, e tutti i membri di entrambe le fazioni apparvero altrettanto stupiti. Il risultato di quel discorso fu una votazione piuttosto riluttante... anche se unanime... con la quale il Consiglio decise di rispondere all'inviato nei termini espressi da Selenay. In effetti, la votazione fu una pura formalità, in quanto Talia e Selenay potevano da sole sopravanzare qualsiasi decisione del Consiglio, ma quel sostegno unanime fornì alla regina un notevole vantaggio morale; d'altro canto, Talia non poté fare a meno di chiedersi quali conversazioni avrebbero avuto luogo una volta ultimata la riunione e chi vi sarebbe stato coinvolto. Le altre questioni da trattare erano di ordinaria amministrazione: l'abolizione delle tasse per parecchi villaggi colpiti dalle piene primaverili, l'invio e l'approvvigionamento di truppe di rinforzo al Lago Evendim nella speranza quest'anno di rendere a pirati e razziatori la vita abbastanza difficile da indurli a cercare prede più facili, l'imposizione di una multa ad un clan di mercanti che si era reso colpevole del commercio degli schiavi.
La discussione relativa all'esatta quantità di truppe da mandare al Lago Evendim e a chi avrebbe dovuto finanziare il loro invio si protrasse per ore, perché Lord Gildas e Lady Cathan, esponenti delle ricche terre coltivate e delle Corporazioni di Mercanti che avrebbero dovuto più di tutti addossarsi i costi dell'operazione, tentarono freneticamente di far ridurre il numero dei soldati. Pur simpatizzando con i pescatori oppressi dalle razzie, Talia riuscì anche a mettersi nei panni di coloro ai quali veniva chiesto di pagare di tasca propria truppe che per lo più sarebbero rimaste inattive. Per parecchio tempo parve che non ci fosse modo di arrivare ad un compromesso e che la discussione si sarebbe protratta all'infinito senza portare ad una conclusione, cosa che non sarebbe certo tornata a beneficio dei pescatori. Alla fine, mentre il Lord Maresciallo scandiva con voce tonante le cifre relative al numero di soldati che sarebbe stato necessario per sorvegliare le tortuose coste del lago, Talia cominciò ad avere un'idea. «Perdonatemi» disse, sfruttando una delle cupe pause di silenzio. «Mi intendo poco di guerra, ma conosco abbastanza quei pescatori. Quando arriva la stagione della pesca, soltanto quanti sono giovani e sani escono con le barche: a meno che io non ricordi male, i vecchi, i bambini, le donne incinte, coloro che si occupano dei bambini e gli storpi rimangono nei villaggi temporanei. È esatto?» «Sì... ed è questo che rende quella gente così difficile da difendere» brontolò il Lord Maresciallo. «Nei villaggi non resta nessuno in grado di combattere.» «In base ai dati che tu hai fornito, i due terzi delle truppe dovrebbero trascorrere il loro tempo sorvegliando la costa: dal momento che sarebbe comunque necessario nutrire quel numero di persone, perché non fornire invece i viveri ai residenti, e affidare a loro la sorveglianza? Una volta che saranno liberi dall'onere di provvedere al quotidiano rifornimento di cibo, avranno il tempo di farlo, e per sorvegliare la costa servono soltanto un paio di occhi buoni e i mezzi per dare l'allarme.» «Vorresti usare dei bambini per sorvegliare la costa?» esclamò Gartheser. «Questo... questo è assurdo!» «Aspetta un momento, Gartheser» intervenne Myrim. «Io non riesco a capire cosa ci sia di assurdo: a me sembra invece un buon piano.» «Ma... come si difenderanno?» «Contro chi? Chi li vedrà? Saranno nascosti, come lo sono sempre coloro che sorvegliano la costa. Inoltre, è evidente dove questa ragazza vuole
andare a parare: ricorrere alla popolazione locale ci permetterebbe di ridurre di un terzo il numero delle truppe da inviare, proprio come Gildas e Cathan hanno continuato a chiedere» dichiarò Lady Kester, con l'aria di un vecchio cavallo da guerra che avesse sentito squillare le trombe che annunciavano la battaglia. «Sarà però ancora necessario fornire la stessa quantità di provviste.» «Ma non sarà necessario pagare gli osservatori» ridacchiò qualcuno. «Ma... dei bambini?» obiettò Hyron, in tono dubbioso. «Come si può affidare un compito di così vitale importanza a dei bambini? Cosa impedirà loro di allontanarsi dal loro posto per mettersi a giocare?» «Sul Confine, i bambini hanno assai poco di infantile» replicò Talia in tono quieto, e lanciò un'occhiata a Kester. La portavoce dell'ovest annuì enfaticamente. «Ragazzo mio, la sola cosa che impedisce a quei bambini di imbarcarsi anch'essi per pescare sono le loro dimensioni» sbuffò poi, peraltro senza asprezza. «Non abbiamo a che fare con i vostri molli rampolli di nobili famiglie: quei bambini hanno cominciato a lavorare fin da quando le loro mani sono diventate abbastanza grandi da annodare una rete.» «Sì, sono d'accordo» interloquì Lady Wyrist, entrando per la prima volta nella discussione. «Ho il sospetto che i vostri pescatori non siano diversi dalla mia Gente dei Possedimenti... e come l'Araldo Talia può confermare, sul Confine i bambini hanno ben poco tempo per attività infantili.» «Allora il rischio che ne approfittino per giocare è ancora maggiore» insistette Hyron. «Non dopo aver visto intere famiglie lasciate senza casa da quegli stessi pirati contro cui dovranno stare in guardia» ribatté Myrim. «Io ho servito laggiù, e sono pronta a fidarmi del buon senso di uno qualsiasi di quei "bambini" più di quanto lo sia a fidarmi di quello di alcuni maturi nobili di cui potrei fare il nome.» «Ben detto!» approvò Kester, poi rivolse il suo sguardo acuto sul Lord Maresciallo. «Ascolta cosa faremo, vecchio cavallo da battaglia... pensi di poter persuadere quei tuoi soldati a svolgere un po' di onesto lavoro di tanto in tanto...» «Per esempio?» chiese il Lord Maresciallo, trattenendo a stento un sorriso. «Occuparsi del lavoro a terra: seccare il pesce e le spugne, rammendare le reti e riparare le lenze, riporre le scorte alimentari e preparare i magazzini per l'inverno.»
«Credo che sia possibile. Cosa hai intenzione di offrire?» «Una paga come in caso di guerra. Se non si dovrà occupare del lavoro a terra e saprà che i parenti sono al sicuro, la mia gente dovrebbe essere in grado di coprire le spese extra e di ricavare lo stesso un adeguato profitto.» «Penso che potrei riuscire a persuadere i miei uomini, usando le parole adatte.» «Affare fatto, allora. Cathan, Gildas, voi cosa ne dite?» Gli altri due furono fin troppo contenti di acconsentire e il Consiglio si concluse su quella nota positiva; Selenay e Talia si alzarono per prime e precedettero gli altri fuori della camera, seguite ad un passo di distanza da Kyril. «Hai imparato parecchio, vero?» sussurrò Kyril all'orecchio di Talia. «Io?» «Sì, tu, e non fare troppo l'innocente» rincarò Elcarth, affiancandosi al collega e formando con gli altri due un gruppetto in divisa bianca fuori delle porte della Camera del Consiglio, in attesa che Selenay finisse di conferire con il Siniscalco per stabilire l'ordine delle udienze pomeridiane. Il Decano si allontanò dagli occhi una ciocca di capelli grigi e sorrise, aggiungendo: «Portare dalla tua parte i nobili di Confine è stata una mossa astuta.» «Era il solo modo per arrivare ad un compromesso. Cathan e Gildas erano pronti ad accettare qualsiasi soluzione che permettesse loro di risparmiare del denaro: con i nobili di Confine e quei due abbiamo avuto la maggioranza, e tutti ne hanno tratto beneficio» rispose Talia, sorridendo a sua volta. «Si è trattato soltanto di invocare l'orgoglio della Gente di Confine: noi siamo orgogliosi di quanto siamo resistenti, anche da piccoli.» «Perfetto, decisamente perfetto» approvò Selenay, raggiungendo gli altri. «Tutte quelle riunioni alle prese con nobili di Confine dalla testa dura immersi fino al collo in qualche faida ti hanno insegnato parecchio! Ora dimmi questo: cosa avresti fatto se non avessi appreso da Teren, da Keren e da Sherrill tante informazioni sui pescatori? Saresti rimasta in silenzio?» «Non credo, considerato che era evidente che non si sarebbe mai arrivati ad un accordo» replicò Talia, e dopo un momento di riflessione, aggiunse: «Credo che se uno di voi non mi avesse preceduta avrei suggerito di aggiornare la riunione fino a quando non si fosse riusciti a trovare un esperto in merito alla popolazione di quella zona, preferibilmente un Araldo che avesse compiuto laggiù parecchi circuiti.» «Ottimo... è ciò che io stavo per fare quando sei intervenuta. Comincia-
mo a pensare nello stesso modo. Adesso io ho un pranzo di lavoro con Kyril e il Siniscalco; dal momento che non avrò bisogno della tua presenza, tu potrai andare a mangiare al Collegio. All'una dovrai presenziare con me alle udienze formali, che dureranno circa tre ore, poi sarai libera fino alle sette. Dopo la cena a Corte sarai di nuovo libera, a meno che non salti fuori qualcosa di imprevisto.» «Alberich però ti aspetta in palestra alle quattro» intervenne Elcarth, accogliendo con un sorriso il gemito di Talia, «e Devan ti vuole da lui alle cinque. Bentornata a casa, Talia.» «Bene, immagino che sia sempre meglio che spalare la neve» sospirò la ragazza. «Non avrei mai immaginato che avrei avvertito così presto la nostalgia di essere in circuito.» «Sei già stanca di essere a casa?» Girandosi, Talia si trovò accanto Kris, con un sorriso insolente sul volto. «Pensavo che mi avessi detto che non avresti mai avuto nostalgia del lavoro sul campo» la stuzzicò ancora lui. «Ho mentito» rispose Talia, sorridendo a sua volta. «No!» esclamò Kris, fingendosi sconvolto. «Bene, com'è andata la riunione del Consiglio?» Talia avrebbe voluto raccontargli ogni cosa, ma all'improvviso ricordò con chi stava parlando, e soprattutto chi era suo zio: qualsiasi cosa gli avesse detto sarebbe arrivata con ogni probabilità all'orecchio di Orthallen, a cui Kris l'avrebbe riferita in assoluta innocenza, senza neppure immaginare che in questo modo stava fornendo allo zio delle armi da usare contro di lei. «Oh... non è successo nulla d'importante» replicò quindi con riluttanza. «Il fidanzamento verrà rimandato a quando Elspeth avrà concluso il suo addestramento. Senti, Kris, mi dispiace ma in questo momento non ho tempo. Te ne parlerò più tardi, d'accordo?» E fuggì prima che lui potesse chiederle altro. Il pranzo si ridusse per Talia a pochi bocconi trangugiati in fretta lungo il percorso fra il Palazzo e la sua stanza, perché le udienze richiedevano una tenuta un po' più formale di quella da lei usata durante la riunione del Consiglio; comunque riuscì a lavarsi, a cambiarsi e a tornare indietro in tempo per discutere con il Siniscalco le udienze in programma, nelle quali il ruolo di Talia sarebbe stato prevalentemente quello di guardia del corpo, anche se i suoi doveri prevedevano anche la valutazione dello stato emoti-
vo di coloro che si avvicinavano alla regina per poi fornire tutte le eventuali informazioni che le sembrassero appropriate. La camera delle udienze era lunga e stretta, costruita in granito grigio rivestito di legno scuro, come tutto il resto della parte vecchia del Palazzo, e il trono di Selenay si trovava su una piattaforma rialzata posta ad un'estremità; alle spalle del trono la parete era stata decorata con un bassorilievo rappresentante lo stemma reale ed era del tutto nuda, senza tende dietro cui si potesse nascondere un sicario; l'Araldo della Regina trascorreva tutto il tempo delle udienze dietro il trono, alla destra della regina, una posizione da cui la sovrana poteva udire anche il minimo sussurro del suo Araldo. I postulanti dovevano invece percorrere tutta la lunghezza della camera, cosa che avrebbe dato a Talia il tempo per decifrare il loro stato emotivo, se lo avesse ritenuto necessario. Le udienze risultarono tutt'altro che interessanti: i postulanti andavano da un piccolo proprietario terriero venuto a chiedere il permesso di creare una Corporazione di Tintori sulla sua proprietà a due nobili che si erano sfidati a vicenda e stavano ora cercando un modo per uscire da quella situazione senza che nessuno dei due perdesse la faccia, e neppure una volta Talia ritenne che fosse opportuno "leggere" chi si avvicinava al trono. Non appena le udienze si conclusero, Talia si precipitò di nuovo nella sua stanza, dove indossò una divisa vecchia e logora per poi andare ad esercitarsi con il Maestro d'Armi, Alberich. Entrare nella palestra fu come entrare nel passato, perché nulla era cambiato, né le logore panche senza schienale addossate alle pareti né la luce che pioveva dalle finestre. Neppure Alberich appariva minimamente cambiato: indossava ancora gli stessi vecchi abiti di cuoio, oppure altri tanto simili da sembrare gli stessi, il suo volto segnato dalle cicatrici continuava a mostrarsi incapace di qualsiasi traccia di umorismo quanto lo erano le pareti del Palazzo e i lunghi capelli neri non erano più brizzolati di quanto lo fossero stati l'ultima volta che Talia lo aveva visto. Elspeth era già in palestra, lanciata in un attacco contro Jeri, sotto l'occhio critico di Alberich, e nel vederla Talia trattenne il fiato per la sorpresa, perché adesso Elspeth era (almeno a suo parere) alla pari di Jeri per abilità: la giovane istruttrice si stava impegnando al massimo e più di una volta era già stata costretta a contorcersi freneticamente a destra o a sinistra per schivare un colpo della lama di legno che l'avrebbe "uccisa". Quando ormai entrambe le ragazze erano intrise di sudore, Alberich si decise infine a concedere loro una sosta.
«Ve la siete cavata bene, bambine, tutte e due» si complimentò annuendo, mentre Elspeth e Jeri cominciavano a camminare in cerchio per impedire ai muscoli di irrigidirsi, asciugandosi al tempo stesso il volto con un vecchio asciugamano. «Jeri, tu devi rinforzare maggiormente la tua difesa, perché lavorare con gli studenti ti ha resa trascurata. Elspeth, se non fossi già più impegnata di quanto dovrebbe esserlo qualsiasi studente, ti nominerei assistente di Jeri.» Elspeth sollevò la testa, e Talia si accorse che era arrossita ed aveva gli occhi che brillavano per l'orgoglio. «Tuttavia, sei ancora molto lontana dalla perfezione: il tuo lato sinistro è troppo debole e ti rende vulnerabile da quella parte. D'ora in avanti dovrai esercitarti con la sinistra, usando la destra soltanto quando te lo dirò io, per evitare di arrugginirti. Per oggi basta così, e adesso andate tutte e due a farvi un bagno... puzzate come due Compagni.» Alberich si girò quindi verso Talia, che si morse un labbro con espressione preoccupata. «Ho la sensazione di essere nei guai» commentò la ragazza. «Nei guai? È possibile...» cominciò Alberich, accigliandosi, ma subito dopo inaspettatamente sorrise. «Non temere, piccola Talia, sono perfettamente consapevole che durante il circuito devi avere avuto ben poche occasioni di tenerti in allenamento, quindi per oggi cominceremo a ritmo lento e mi limiterò a stabilire fino a che punto hai perduto rapidità. Domani sarai nei guai.» Un'ora più tardi Talia stava ringraziando tutti gli dèi che Kris avesse insistito perché entrambi si tenessero in forma il più possibile. Alberich si mostrò infatti ragionevolmente compiaciuto che lei si mostrasse meno arrugginita del previsto e ridusse al minimo i suoi commenti taglienti, assestandole soltanto uno o due colpi di piatto con la spada quando lei commise qualche imperdonabile stupidaggine. Nel complesso, Talia ebbe la sensazione di essersela cavata a buon mercato. Un'altra corsa per lavarsi e cambiarsi ancora una volta, poi tornò al Collegio dei Guaritori, dove analizzò gli eventi degli ultimi diciotto mesi con Devan e Rynee. Per fortuna, entrambi furono succinti, in quanto Rynee non si era trovata a dover curare nessun grave trauma mentale fra gli Araldi nel periodo della sua assenza, e così Talia riuscì a fare una scappata fino al Campo del Compagno proprio quando la campana della cena trillava nel Collegio degli Araldi.
Rolan la stava aspettando vicino alla staccionata, e lei gli montò in groppa senza neppure perdere tempo a sellarlo. «Credo» gli disse, mentre si dirigevano verso un tranquillo boschetto, «che potrei morire di sfinimento. È perfino peggio di quando ero una studentessa.» Rolan le urtò lo stivale con il muso in un gesto affettuoso, e Talia ricevette da lui una sensazione di rassicurazione, unita a qualcosa che aveva a che vedere con il tempo. «Pensi che fra qualche giorno mi ci abituerò? Signore, lo spero davvero! Tuttavia...» Talia s'interruppe e rifletté intensamente, cercando di ricordare quale fosse il programma della regina. «Mmm. Le riunioni del Consiglio si tengono soltanto tre volte alla settimana, ma le udienze sono previste ogni giorno, ed anche Alberich mi torturerà quotidianamente. Però potrei spostare gli appuntamenti con Devan prima di colazione e subito dopo pranzo, e le lezioni di scherma appena prima di cena, in modo da dovermi cambiare soltanto due volte al giorno. Quanto a te, mio caro, verrò a trovarti quando avrò un momento libero.» Rolan emise un suono che somigliava molto ad una risata. «È vero, con l'intenso legame che abbiamo non è necessario che ti sia vicina fisicamente, vero? Cosa ne pensi delle udienze?» Con estrema delizia di Talia, Rolan incurvò la testa ed imitò in maniera molto verosimile il russare umano. «Anche tu? Per il Signore e la Signora, sono noiose quanto i banchetti ufficiali. Come ho mai fatto a pensare che diventare un Araldo potesse essere eccitante?» Rolan sbuffò e proiettò un'immagine molto vivida della loro folle galoppata attraverso le campagne per andare a cercare aiuti per il villaggio di Waymeet, colpito dalla pestilenza, poi fece seguire ad essa quelle dello scontro con i razziatori che avevano attaccato Hevenbeck. «Hai ragione, credo di poter convivere con la noia. Cosa ne pensi di come si sta sviluppando Elspeth?» Con sua sorpresa, Rolan si mostrò leggermente preoccupato, ma non riuscì a trasmetterle con chiarezza il motivo di quel suo stato d'animo. «È abbastanza importante perché io debba entrare in trance e cercare di ottenere un'immagine più chiara?» domandò ancora Talia. Il Compagno scosse la testa, sfiorandole appena il volto con la criniera. «Bene, in tal caso, lasceremo che le cose seguano il loro corso. Probabilmente si tratta soltanto della consueta ribellione giovanile... e non posso
dire di biasimarla, visto che il suo orario è duro quanto il mio. A me non piace essere pressata, e la posso capire se non piace neppure a lei.» Talia scese a terra vicino ad una piccola polla alimentata da una sorgente e si sedette sull'erba, osservando il sole al tramonto e svuotando la mente da ogni pensiero, mentre Rolan si arrestava accanto a lei ed entrambi godevano di quel tranquillo momento trascorso insieme. «Bene, finalmente ci sono arrivata» commentò Talia, parlando fra sé. «A volte ho creduto che non ce l'avrei mai fatta...» Questo era stato il primo giorno in cui lei aveva svolto a pieno il ruolo di Araldo della Regina, con tutti i diritti e i doveri ad esso connessi: dal diritto di sopravanzare le votazioni del Consiglio a quello di sopravanzare le decisioni di Selenay (anche se si trattava di un diritto che non aveva ancora esercitato e che dubitava di riuscire mai a far valere); dal dovere di placare le paure degli altri membri del Circolo Araldico a quello di provvedere al benessere dell'Erede. In un certo senso, si trattava di un momento che spaventava e che induceva alla riflessione. Pensandoci, sembrava quasi che l'Araldo della Regina servisse meglio gli interessi della sovrana e del paese evitando di dare troppo nell'occhio e conservando il proprio voto per le questioni veramente critiche, limitando per lo più la propria influenza ad una parola sussurrata in disparte nell'orecchio della regina. Una situazione del genere andava benissimo a Talia, che quel pomeriggio non aveva gradito molto essere al centro dell'attenzione di tutti... soprattutto di Orthallen. Selenay si era però sentita maggiormente a proprio agio per il solo fatto che lei era presente, e a lungo andare il suo compito si sarebbe ridotto esattamente a questo... fornire alla monarca un'amica assolutamente onesta e degna di fiducia. Il sole morente stava chiazzando di carminio e di oro la base delle poche nubi che segnavano il cielo verso ovest, mentre sopra di esse la distesa celeste si era fatta di un azzurro cupo tendente al porpora e i Mastini, le due stelle che inseguivano il sole, brillavano già in tutto il loro splendore. A mano a mano che il sole calava verso l'orizzonte, le nubi si tinsero interamente di carminio, poi le sfumature porpora s'insinuarono nel carminio come acqua attraverso una spugna, la luce cominciò a svanire e ogni cosa perse colore, assumendo svariate tonalità di blu. Nella polla ai piedi di Talia le rane presero a gracidare, i boccioli dei giacinti notturni si aprirono e la brezza fresca raccolse il loro profumo, portandolo fino a lei. E proprio quando la ragazza iniziava ad avvertire un'assoluta riluttanza a
muoversi, una zanzara la punse. «Ouch! Dannazione!» esclamò, assestando un colpo all'insetto, e subito dopo scoppiò a ridere. «Gli dèi mi ricordano che ho dei doveri da assolvere. Devo tornare al lavoro, mio caro. Ti auguro di goderti la serata.» CAPITOLO TERZO Come se quella puntura d'insetto fosse stata un presagio nefasto, da quel momento tutto cominciò ad andare per il verso sbagliato, a cominciare dal tempo. Il perfetto clima primaverile si guastò, e una pioggia gelida e sgradevolmente costante prese a cadere ogni giorno, senza tregua, mentre il sole appariva freddo e slavato quando si degnava di fare qualche fugace apparizione nel cielo. In una parola, si trattava di un clima detestabile: detestabile e deprimente. I pochi fiori che riuscivano a sbocciare sembravano avviliti e pendevano flosci sugli steli, mentre l'umidità s'insinuava dappertutto e non veniva attenuata neppure dai fuochi tenuti accesi giorno e notte in tutti i focolari. L'ondata di maltempo interessava l'intera estensione del regno, e quotidianamente arrivavano a corte notizie di inondazioni, a volte in aree che non ne avevano subito da cento anni e più. La situazione ebbe inevitabili ripercussioni sui Consiglieri: essi lavorarono senza interruzioni, anche alle ore più assurde, per tenere testa al susseguirsi di problemi, ma l'atmosfera cupa li rese litigiosi e pronti a scambiarsi frecciate velenose alla minima opportunità, al punto che ogni riunione del Consiglio significava almeno uno scontro di rilievo e due contendenti irosi da placare, dopo uno scambio di epiteti che in qualsiasi altra circostanza sarebbe stato sufficiente a provocare un duello. Se non altro, i Consiglieri mostrarono nei confronti di Talia la stessa mancanza di rispetto che avevano nei confronti degli altri colleghi, riservando anche a lei una buona dose di frecciate che costituivano un segno positivo, in quanto indicavano che la ragazza era ormai stata accettata come una loro pari. Quelle liti costanti erano una cosa a cui Talia non aveva difficoltà a porre rimedio, anche se le riusciva sempre più difficile mantenersi calma mentre intorno a lei tutti stavano perdendo sempre più il controllo; molto più difficile le riusciva invece affrontare in maniera razionale i subdoli tentativi da parte di Orthallen di minare la sua autorità. Quei tentativi erano condotti con estrema, spaventosa astuzia, perché lui non diceva mai nulla che
potesse essere interpretato come un'aperta critica: no, ciò che faceva era insinuare... con assoluta cortesia e ad ogni possibile occasione... che forse Talia era un po' troppo giovane e inesperta per la carica che ricopriva, che forse stava sbagliando a causa della tendenza di tutti i giovani di vedere ogni cosa in bianco e nero, senza sfumature, che di certo le sue intenzioni erano buone ma... e così via. Quel comportamento destava in Talia la voglia di urlare e di graffiare, perché l'unico modo per reagire ad esso era quello di mostrarsi ancora più pacata e ragionevole dello stesso Orthallen, il che le dava la sensazione di essere su un banco di sabbia e che Orthallen fosse la marea che le stava scavando via il terreno da sotto i piedi. Uno stato di cose che non contribuiva certo a favorire i rapporti fra lei e Kris. «Per la Dea, Talia» gemette Kris, accasciandosi all'indietro contro lo schienale della sedia. «Lui sta soltanto facendo quello che ritiene essere il suo dovere!» Talia contò lentamente fino a dieci, poi contò gli scaffali della Biblioteca e gli anelli incisi lungo il bordo del tavolo davanti a cui era seduta. «Ha sostenuto che io stavo reagendo in maniera spropositata mentre Lady Kester definiva Hyron una pomposa testa di fagiolo urlando con tutto il fiato che aveva» replicò quindi. «Ecco...» «Kris, ha detto le stesse dannate cose ad ogni riunione del Consiglio, e almeno tre volte durante ciascuna riunione! Non appena sembra che gli altri Consiglieri stiano cominciando ad ascoltare quello che io ho da dire, lui se ne salta fuori con lo stesso discorso!» esclamò Talia, spingendo la sedia lontano dal tavolo e mettendosi a passeggiare con inquietudine avanti e indietro per la Biblioteca deserta. Quella appena conclusa era stata una riunione particolarmente agitata, e lei si sentiva ancora i muscoli del collo tesi come i cavi di un ponte. «Non riesco proprio a vedere nulla di sinistro nel comportamento di mio zio...» «Dannazione, Kris...» «Talia, lui è vecchio, è radicato nel suo modo di pensare... ai suoi occhi tu sei spaventosamente giovane e con ogni probabilità gli appari prossima ad usurpare la sua posizione! Abbi un po' di pietà per lui... è soltanto un essere umano.»
«Ed io cosa sono?» ritorse Talia, lottando per non mettersi a gridare, anche se la discussione stava cominciando a causarle una certa emicrania. «Mi dovrebbe piacere quello che Orthallen sta facendo?» «Non sta facendo niente!» insistette Kris, accigliandosi come se anche lui avesse un'incipiente emicrania. «Francamente, credo che tu stia scorgendo insulti e pericoli che non esistono.» Talia si girò di scatto e rimase per un momento a fissarlo con le labbra strette e i pugni serrati. «In questo caso» dichiarò, dopo aver tratto una decina di lenti respiri, «forse dovrei portare altrove le mie irrazionali fantasticherie.» «Ma...» Talia tornò a girarsi e si lanciò di corsa lungo le scale. Kris le gridò dietro qualcosa con voce angosciata, ma lei lo ignorò e continuò a correre. Dopo quella discussione, Talia e Kris smisero quasi di parlarsi, e ben presto Talia cominciò a sentire la mancanza delle loro conversazioni e della stretta amicizia che avevano forgiato, del modo in cui erano soliti confidarsi a vicenda i più intimi segreti. A dire il vero, questo le mancava ancora di più dell'aspetto fisico della loro relazione... anche se quella era un'altra cosa di cui iniziava ad avvertire l'assenza, non essendo più abituata ad una vita di celibato. E poi c'era la sua relazione... o meglio l'assenza di una relazione... con Dirk. Il comportamento del giovane era estremamente sconcertante, perché un momento sembrava deciso a isolarsi con Talia da qualche parte e quello successivo sgusciava via per evitare di trovarsi nella stessa stanza con lei. A volte si aggirava per uno o due giorni nelle vicinanze della ragazza, dovunque lei andasse, poi svaniva altrettanto bruscamente e tornava a riapparire soltanto dopo qualche giorno... e quando era presente per la metà del tempo sembrava deciso a gettarla fra le braccia di Kris e per l'altra metà altrettanto deciso ad impedire a Kris di avvicinarsi a lei... Talia scorse la sua elusiva preda appoggiata alla staccionata del Campo del Compagno, intenta a fissare l'orizzonte con espressione meditabonda. Stranamente, non stava piovendo, anche se il cielo era grigio e plumbeo e minacciava di scatenare un diluvio da un momento all'altro. «Dirk?» Lui sussultò, si girò di scatto e rimase a fissarla con occhi stupiti e sgra-
nati. «C... cosa ci fai qui?» le domandò, con una certa scortesia, premendo la schiena contro la staccionata come se quella barriera fosse stata tutto ciò che lo tratteneva dal fuggire. «Probabilmente la stessa cosa che stai facendo tu» replicò Talia, costringendosi a non aggredirlo verbalmente. «Sono venuta a cercare il mio Compagno e magari anche qualcuno con cui fare una cavalcata.» «In questo caso, non dovresti rivolgerti a Kris?» chiese Dirk, mentre il volto gli si contraeva come se avesse appena inghiottito qualcosa di sgradevole. Non riuscendo a trovare una risposta adatta, Talia decise di ignorare la domanda e si accostò invece a sua volta alla staccionata, appoggiando un piede calzato di stivale contro la prima trave e posando le braccia sulla sommità, imitando la posa in cui Dirk era quando lei lo aveva scorto. «Talia...» Dirk mosse un passo verso di lei... Talia sentì distintamente lo sguazzare del suo stivale sull'erba inzuppata... poi si fermò. «Io... Kris è... un amico molto prezioso. È più di un amico, ed io...» Talia attese che lui dicesse tutto ciò che aveva in mente, sperando che questa volta arrivasse fino in fondo, e pensò che forse se non lo avesse guardato in faccia sarebbe riuscito a farlo. «Sì?» lo incitò, quando il silenzio si prolungò a tal punto da indurla a sospettare che Dirk stesse sgusciando via, poi si girò appena in tempo per intercettare lo sguardo quasi impotente dei suoi intensi occhi azzurri, prima che il giovane si affrettasse a distoglierlo. «Io... devo andare...» annaspò infine Dirk, e si allontanò a precipizio. Talia dal canto suo si sentì prossima ad urlare per la frustrazione: questa era la quarta volta che Dirk le giocava quello scherzo, cominciando a dire qualcosa per poi battere in ritirata, ed ora che la situazione fra loro non era delle più rosee, lei non se la sentiva di chiedere l'aiuto di Kris... senza contare che dopo la loro ultima lite non lo aveva quasi più visto. Scoppiando in un sospiro esasperato, lanciò un richiamo mentale a Rolan: entrambi avevano bisogno di esercizio, e lui almeno si sarebbe rivelato un ascoltatore comprensivo. Kris stava evitando Talia di proposito. Non appena era tornato dal circuito di apprendistato, suo zio gli aveva dedicato parte del suo prezioso tempo per porgergli i saluti della famiglia, il che era più che prevedibile, ma ultimamente Orthallen sembrava fare di
tutto per riuscire a parlare con il nipote almeno due o tre volte alla settimana, e chissà come, quelle conversazioni finivano sempre per riguardare Talia. Kris era mortalmente sicuro che non si trattasse di un caso, e per quanto superficialmente potessero apparire tali, quelle conversazioni erano tutt'altro che amichevoli, al punto che il giovane cominciava ad avere l'impressione che Orthallen stesse cercando qualcosa... forse un punto debole nell'Araldo della Regina. In ogni caso, ogni volta che Kris pronunciava qualche apprezzamento positivo sul conto di Talia, suo zio si affrettava ad insinuare un "sì, ma di certo..." in uno strano tono che sembrava sollecitare delle confidenze. Come in occasione del loro più recente incontro... Kris stava tornando da una consultazione con Elcarth riguardo ai suoi allievi nel campo della Vista a Distanza quando Orthallen lo intercettò per puro caso. «Nipote!» lo chiamò. «Ho notizie di tuo fratello...» «C'è qualcosa che non va?» si affrettò a chiedere Kris, perché le terre della sua famiglia si trovavano nel cuore di una zona dove era in corso una piena di cui non si vedeva l'uguale da generazioni. «Ha bisogno di me a casa? Entro poche settimane sarò libero...» «No, no. Le cose non vanno certo bene ma non si tratta ancora di un'emergenza. Nel complesso, i piccoli proprietari hanno perso un decimo dei loro campi, anche se ovviamente alcuni sono in condizioni peggiori di altri. Tutti ci hanno rimesso una tale quantità di capi di bestiame che le nascite primaverili saranno a stento sufficienti a compensare le perdite... ah, e tuo fratello ha perso uno di quei suoi stalloni da riproduzione di Shin'a'in.» «Dannazione... non ne troverà un altro molto in fretta. Hanno bisogno di aiuto dall'esterno?» «Non ancora. Le scorte di grano nei magazzini sono sufficienti a compensare le perdite, ma lui voleva che tu sapessi esattamente come stanno le cose, per evitare che ti preoccupassi inutilmente.» «Ti ringrazio, zio. Apprezzo molto che tu abbia sacrificato parte del tuo tempo per informarmi.» «Pensi che la tua protetta si stia integrando?» domandò con disinvoltura Orthallen. «Con tutte le emergenze che sono insorte di recente, a volte mi chiedo se la situazione non sia superiore alle sue forze.» «Cieli, zio, io sono l'ultima persona a cui chiederlo» rispose Kris, con
una sfumatura d'impazienza. «Non la vedo quasi più, perché entrambi abbiamo i nostri doveri da assolvere, e quei doveri non ci permettono di incontrarci molto spesso.» «Davvero? Chissà come, avevo avuto l'impressione che ciascuno di voi Araldi sapesse sempre quello che succede nella vita dei suoi compagni.» Kris non riuscì a trovare una risposta... o almeno una risposta rispettosa... a quel commento. «Te l'ho chiesto soltanto perché mi è parsa un po' logorata, e pensavo che potesse averti detto qualcosa al riguardo» continuò Orthallen, trapassando il nipote con uno sguardo scrutatore. «Ha un fardello di responsabilità molto pesante per una ragazza tanto giovane.» «È all'altezza del suo compito, zio, come ti ho già detto e ripetuto. Altrimenti Rolan non l'avrebbe "scelta".» «Ecco, sono certo che tu abbia ragione» replicò Orthallen, con un tono che lasciava intendere l'esatto contrario. «Quelle voci secondo cui si sarebbe servita del suo Talento per manipolare...» «Erano assolutamente prive di fondamento, te l'ho già detto. È sempre stata così circospetta anche soltanto nel leggere gli altri che praticamente lo ha fatto soltanto quando vi è stata costretta...» Kris s'interruppe, chiedendosi se non avesse detto troppo. «Ah» commentò suo zio, dopo un momento. «Questo è un conforto, considerato che quella bambina sembra possedere una saggezza insolita per la sua giovane età. Comunque, se dovesse pensare di avere delle difficoltà, ti sarei grato se provvedessi ad informarmi. Dopo tutto, come Consigliere anziano della regina dovrei essere al corrente di ogni possibile fonte di problemi. Sarei più che felice di aiutarla in qualsiasi modo mi sia possibile, ma lei sembra avercela ancora con me dall'epoca in cui era una studentessa, e dubito che mi fornirà mai la minima informazione anche più insignificante, e tanto meno che si deciderà a fidarsi di me.» Kris si limitò a borbottare qualcosa di vago e suo zio si allontanò, apparentemente soddisfatto... ma quella conversazione lasciò un sapore molto sgradevole nella bocca del giovane Araldo... Adesso Kris stava rimpiangendo di aver confidato allo zio, in una delle loro primissime conversazioni, la sua convinzione che fra Talia e Dirk esistesse un legame a vita, perché Orthallen aveva inghiottito quell'informazione con l'avidità con cui un falco afferra un topo di campo; nello stesso tempo, tuttavia, non se la sentiva di parlare con Talia ora che lui stesso
cominciava a nutrire dei sospetti, perché lei avrebbe senza dubbio recepito il suo stato d'animo. Naturalmente, non gli avrebbe rinfacciato nulla, ma quella ragazza aveva un modo particolare di abbassare le palpebre e di contrarre un angolo della bocca che era estremamente eloquente già di per sé, e lui non era dell'umore adatto per affrontarla. Senza contare che era anche possibile che lei lo avesse contagiato con la sua paranoia. Se soltanto avesse potuto essere certo che era così... ma non poteva, e quindi continuò ad evitarla. Nella sua stanza, Dirk era seduto su una vecchia poltrona logora, con lo sguardo fisso sull'oscurità che si allargava oltre la sua finestra: era quasi il crepuscolo... e fuori era già buio come se fosse stata mezzanotte. Dirk aveva la sensazione che qualcuno lo stesse facendo a pezzi interiormente, perché non riusciva a decidere cosa voleva fare: una parte del suo animo era decisa a combattere per conquistare Talia con qualsiasi mezzo, lecito o meno, mentre un'altra parte riteneva che sarebbe stato più giusto adottare un comportamento altruistico e lasciare a Kris il campo libero; una terza parte aveva paura di scoprire cosa ne pensasse Talia di tutto questo, e una quarta insisteva nel sostenere che in fin dei conti lui non voleva veramente impegnarsi con nessuna donna... non dopo il modo in cui era finita la sua ultima esperienza in quel senso. L'ultima esperienza... Lady Naril... oh, dèi. Dirk fissò con aria cupa il tremolare dei lampi fra le nubi che sovrastavano gli alberi: era passato molto tempo... e tuttavia non ne era passato abbastanza. Dèi, sono stato un tale stupido. Lui e Kris erano stati incaricati di insegnare presso il Collegio nei campi che costituivano la loro rispettiva specialità... Prelievo e Vista a Distanza... e quella era stata per Dirk la prima esperienza a Corte e nel Collegio in qualità di Araldo a pieno titolo. Ero soltanto una stupida pecora in cerca del lupo. Non che in precedenza gli fossero mancate le avventure, anche se aveva dovuto sempre accontentarsi di un ruolo subordinato rispetto a Kris, cosa che in effetti non gli seccava affatto. Però si era sentito un po' sperduto, perché mentre Kris era nato e cresciuto nei circoli di Corte e vi si era subito trovato a suo agio, lui aveva finito per scivolare in disparte. Poi Naril gli si era presentata...
Credevo che fosse così pura, così innocente. Sembrava terribilmente sola in quella grande Corte, ansiosa di trovare un amico. Ed era tanto giovane... e tanto bella. Come avrebbe potuto Dirk immaginare che nei suoi sedici brevi anni di vita Naril aveva avuto ai suoi piedi un numero di uomini superiore a quello delle spine presenti in un cespuglio di rose? E come avrebbe potuto immaginare che la ragazza intendeva servirsi di lui per intrappolare Kris? Dèi, l'amavo a tal punto che avevo quasi perduto la ragione per lei, rifletté, fissando la propria immagine riflessa nel vetro della finestra. Quel che è certo è che vedevo soltanto quello che volevo vedere... ero del tutto fuori di senno. Gli era rimasto però il buon senso sufficiente per decidere di nascondersi a portata di udito quando Naril gli aveva chiesto di organizzare un incontro privato fra lei e Kris: la grotta artificiale presente nei giardini che la ragazza aveva scelto come luogo dell'incontro era isolata e appartata... ma ai due lati dell'ingresso i cespugli offrivano ampi nascondigli. Dirk sondò quel ricordo doloroso come se fosse stato un dente indolenzito, traendo un contorto piacere da quella sofferenza. Non riuscivo quasi a credere ai miei orecchi quando l'ho sentita impartire a Kris un ultimatum: diventare il suo amante fino a quando non si fosse stancata di lui oppure vederla rendere la mia vita un inferno. A quel punto Dirk aveva abbandonato il suo nascondiglio, folle d'ira e di dolore, ed aveva preteso di sapere cosa significasse ciò che stava accadendo. Kris ne aveva approfittato per allontanarsi e Naril si era rivoltata contro di lui con gli enormi occhi viola colmi di un odio assoluto e totale... e quando aveva finito di dirgli tutto quello che pensava sul suo conto, Dirk si era allontanato in preda al desiderio di suicidarsi. Non tutto quello che Naril ha detto era sbagliato, pensò con tristezza, continuando ad osservare la propria immagine. Quale donna con un minimo di buon senso mi vorrebbe? Soprattutto potendo avere invece Kris?... Era trascorso molto tempo prima che il desiderio di morire lo abbandonasse... e un tempo ancora più lungo prima che la vita tornasse ad essere una cosa da godere e non un fardello da sopportare. E adesso... stava succedendo di nuovo? Dirk stava facendo del suo meglio per venire a patti con se stesso, ma il fatto di essere bloccato al Collegio dove poteva vedere Talia almeno una
volta al giorno non gli era certo d'aiuto. L'intera situazione era comica, ma chissà come, se lui cercava di riderne, quella "risata" aveva un suono molto spento e vacuo anche ai suoi stessi orecchi. Aveva tentato di immergersi nel lavoro, ma soltanto per accorgersi che con la coda dell'occhio era costantemente in guardia nella speranza di intravedere Talia: non poteva farne a meno, era come cercare di trattenersi dal grattare uno sfogo pruriginoso... sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma lo faceva comunque e questo gli dava una sorta di perversa soddisfazione. Anche se guardarla lo turbava, non vederla lo turbava infatti ancora di più. Oh, dèi... cosa devo fare? La sua immagine riflessa non gli diede nessuna risposta. Dopo tre settimane di pioggia il tempo finalmente migliorò un poco, e con sollievo di Talia la situazione emotiva a Corte e nel Collegio si fece un po' più tranquilla. Quella sera, la temperatura risultò abbastanza tiepida da lasciare aperta la finestra, e l'aria fresca costituì un gradito cambiamento rispetto all'atmosfera stantia che di recente permeava la sua stanza; Talia stava dormendo profondamente quando la Campana dei Morti infranse la quiete notturna con i suoi bronzei rintocchi. Quel suono destò Talia da un incubo fatto di fiamme, di paura e di sofferenza che l'aveva stretta nella sua morsa con tale vivida tenacia che nell'aprire gli occhi lei si aspettò di trovare la sua stanza trasformata in un inferno ardente. Mentre giaceva distesa con le coperte strette contro il seno, si rese poi conto a poco a poco che l'aria che stava respirando era fresca e profumata e non soffocante e piena di fumo, ma le ci vollero alcuni minuti per sgombrare la mente dal sogno quanto bastava per riuscire di nuovo a pensare con chiarezza: soltanto allora comprese che il suo sogno e il rintoccare della Campana dei Morti erano stati entrambi provocati dalla stessa causa. Un incendio... Talia serrò le mani fino a farsi affondare le unghie nel palmo. Se c'era di mezzo un incendio, l'Araldo che aveva maggiori probabilità di esservi coinvolto era... Griffon! Santi dèi, non poteva essere successo a Griffon, al suo compagno di corso, al suo amico... Quando però si costrinse a fissare l'oscurità fino a raggiungere una maggiore calma mentale, seppe senza ombra di dubbio che non si trattava di Griffon: il nome e il volto che affiorarono nella sua mente ora ricettiva furono quelli di una studentessa dell'anno successivo al suo... Christa, che lei ricordava essere stata allieva di Dirk, perché il suo Talento era quello
del Prelievo. E sotto molti aspetti il fatto che si trattasse di lei costituiva una tragedia ancora più grande, perché Christa era morta durante il suo periodo di apprendistato. Una volta messi insieme tutti i diversi frammenti che gli Araldi del Collegio avevano "letto" quando la Campana dei Morti aveva cominciato a suonare, il risultato fu talmente confuso che equivalse a non possedere nessuna informazione. L'unico dato certo era che Christa era morta, che l'Araldo assegnatole come istruttore, l'allegra e sensuale Destria, era gravemente ferita, e che questo aveva a che vedere con una razzia e con un grande incendio. Le informazioni ricevute in seguito, tramite gli Araldi di stanza nel Tempio della Guarigione dove Destria era stata ricoverata, risultarono altrettanto frammentarie, perché i due non possedevano il Talento della Comunicazione Mentale nella stessa misura di Kyril o di Sherrill. Essi riuscirono tuttavia a comunicare che Destria aveva bisogno di aiuti maggiori di quelli che le potevano essere forniti al Tempio... e che c'era urgente necessità di un diverso tipo di aiuto. Di conseguenza, avrebbero mandato Destria al Collegio dei Guaritori, e con lei sarebbero giunte le tanto attese spiegazioni. Il piccolo gruppetto arrivò entro una settimana: un Araldo illeso, Destria (una figura pietosa distesa su una lettiga sospesa fra due Compagni, uno dei quali era quello della stessa Destria, Sofi) e un contadino malconcio e ammaccato i cui abiti erano ancora sporchi di fumo e di cenere. I tre dovevano aver viaggiato giorno e notte senza quasi fermarsi per raggiungere la capitale così in fretta. Selenay radunò immediatamente il Consiglio, e il contadino si presentò davanti ad esso, accasciandosi sulla sedia messa a sua disposizione, con gli occhi infossati nelle orbite e i capelli tanto sporchi di cenere da rendere impossibile stabilirne il colore; era evidente che quell'uomo non aveva sprecato neppure un'ora e che si era messo in viaggio senza concedere nulla alle proprie esigenze personali. Il suo racconto di un assalto da parte di razziatori ben armati e ben organizzati, che avevano massacrato quasi tutti gli abitanti del suo villaggio fu tale da raggelare il sangue ai presenti. Quell'uomo seduto davanti al tavolo del Consiglio, palesemente troppo stanco per reggersi in piedi e con entrambe le mani fasciate fino al gomito, appariva come una sorta di cattivo presagio: l'odore di fumo che permeava
i suoi abiti era tanto intenso che arrivò ben presto anche ai Consiglieri, dando un aspetto ancor più tangibilmente orribile al suo racconto. «È stato un puro e semplice massacro» esordì l'uomo, con voce arrochita dal fumo. «E noi ci siamo offerti ad esso come stupide pecore. Fino a questa primavera, avevamo sempre avuto tanti problemi con i briganti, che ci tormentavano di continuo, che ormai ce li aspettavamo da un momento all'altro, come le piene primaverili. Poi, quando sono scomparsi per tutto l'inverno... dèi, avremmo dovuto avere il buon senso di capire che stavano preparando qualcosa, e invece abbiamo soltanto pensato che fossero andati via, in cerca di prede più ricche. Ah, quanto siamo stati stolti... stolti e ciechi!» L'uomo si nascose per un momento il volto fra le mani, e allorché tornò a sollevarlo le sue guance e gli occhi già arrossati erano bagnati di lacrime. «Si erano riuniti in un solo gruppo, capite: uno di quei lupi si era infine dimostrato più forte degli altri ed aveva radunato tutti sotto il suo comando. Noi eravamo orgogliosi di aver eretto il nostro villaggio in una valle inconquistabile, perché dotata di erte pareti di roccia sul fondo e sui lati e con uno stretto passo come unico accesso. Non potevamo essere presi per fame o per sete, perché avevamo una nostra sorgente e scorte di cibo in abbondanza. Ebbene, quei razziatori hanno trovato una soluzione anche a questo.» «Alcuni di loro hanno ucciso le sentinelle e avvelenato i cani che sorvegliavano le alture, poi hanno rovesciato di notte una pioggia di frecce incendiarie sul villaggio. Le nostre case erano prevalentemente di legno e di paglia, e sono bruciate come torce. Gli altri razziatori erano in attesa all'imboccatura del passo, ed hanno abbattuto quelli di noi che sono riusciti ad arrivare fin là. Avete mai visto dei conigli in fuga davanti ad un incendio? Noi ci siamo comportati nello stesso modo... e quei banditi erano i lupi famelici in attesa che la cena balzasse loro fra le fauci. Ho visto crollare con una freccia piantata nelle gambe uomini che conoscevo da una vita intera e ragazzini grandi appena abbastanza da impugnare un coltello... ed anche i nostri vecchi. Hanno abbattuto chiunque fosse in grado di impugnare un'arma ed hanno tirato per azzoppare e non per uccidere, perché i morti non avrebbero potuto rivelare dove avevano nascosto i loro averi. Una buona metà di quanti sono stati abbattuti non potrà più camminare bene, un altro quarto è morto dissanguato dov'era caduto e un quarto dei bambini è bruciato nelle case in fiamme.» Un sommesso mormorio d'orrore si levò intorno al tavolo, e Lady Kester
si nascose il volto fra le mani. Un raggio del tardo sole pomeridiano che entrava dalle alte finestre riversò la sua luce dorata sul contadino che stava narrando quei terribili eventi, facendo apparire ancor più i suoi occhi come fuochi spenti nel volto devastato. «I vostri Araldi non erano molto lontani... credo che stessero pernottando ad una Stazione di Sosta. Non saprò mai in che modo si siano resi conto della nostra situazione... si deve essere trattato della loro magia, suppongo, comunque sono piombati alla carica alle spalle dei razziatori, e due di loro hanno avuto l'effetto di un intero esercito. Anche quei cavalli bianchi... i Compagni... erano efficienti quanto un dannato esercito, e fra tutti e quattro sono riusciti a scompaginare i banditi in agguato all'imboccatura del passo e a disperderli nei boschi. L'Araldo più anziano si è quindi occupato di riorganizzarci, in modo da permetterci di eliminare i tiratori appostati sulle alture, mentre quello più giovane si è allontanato verso gli edifici che bruciavano, credo nel tentativo di salvare qualcuno di quelli che ancora gridavano. La sua compagna non si è neppure accorta che l'altra ragazza se ne era andata finché...» L'uomo deglutì a fatica, abbassando lo sguardo sulle mani tremanti. «Ho sentito urla ancora peggiori di prima, e l'Araldo più anziano ha sussultato come se fosse stato colpito; dopo averci gridato di abbattere i briganti prima che si riprendessero dallo spavento, si è allontanato a sua volta verso gli incendi ed io l'ho seguito perché, anche se le mie mani erano troppo ustionate per stringere un'arma, pensavo che avrei potuto comunque aiutare a spegnere le fiamme. L'altro Araldo più giovane era rimasto intrappolato al secondo piano di una delle case incendiate: io ero subito alle spalle della donna più matura ed ho potuto vedere bene quella più giovane delineata sullo sfondo dell'incendio, che gettava giù con estrema calma ai loro genitori i bambini intrappolati con lei. Almeno, io credo che li gettasse... so soltanto che un momento lei aveva un piccolo fra le braccia e il momento successivo esso era in braccio a suo padre o a sua madre. L'Araldo più anziano ha gridato alla compagna di saltare giù, ma lei ha scosso il capo e si è girata ancora una volta... e proprio in quel momento il pavimento è crollato. Il cavallo della donna si è allora gettato contro una parete e l'ha sfondata, entrando a sua volta nella casa seguito a ruota dall'altro Araldo. Non appena hanno oltrepassato la porta, però, tutto il tetto è crollato. Noi siamo riusciti a tirare fuori una delle due donne, ma l'altra...» Uno dei paggi di Selenay portò al contadino un bicchiere di vino che lui
vuotò con gratitudine, con i denti che battevano a tal punto da ticchettare contro il bordo del recipiente. «Questo è ciò che è successo. Quanto ai briganti, li abbiamo sconfitti, ma ne abbiamo abbattuto soltanto una manciata, rispetto alla quantità della nostra gente che loro hanno ucciso. E torneranno, so che torneranno, soprattutto adesso che sanno che gli Araldi se ne sono... andati. Abbiamo perso la metà del villaggio... e la maggior parte degli uomini in grado di combattere. Io ero quasi il solo in condizione di compiere il viaggio a cavallo fino a qui. Abbiamo bisogno di aiuto, Maestà, signori... ne abbiamo molto bisogno...» «E lo avrete» promise Selenay, alzandosi in piedi con gli occhi incupiti dall'ira. «Questa non è la prima incursione di quei bastardi di cui abbiamo avuto notizia, ma è di gran lunga la peggiore e mi sembra evidente che non possiamo aspettarci in alcun modo che voi villici riusciate a fronteggiare da soli quei furfanti, organizzati come sono. Lord Maresciallo, e anche tu, buon uomo, se volete venire con me, credo che sia il caso di mobilitare subito una compagnia di Guardie» concluse, lanciando un'occhiata interrogativa agli altri membri del Consiglio. Lady Cathan rispose anche per conto degli altri. «Vanno prese tutte le misure necessarie, Altezza, e tu e il Lord Maresciallo siete i più adatti a stabilire quali esse siano. Noi siamo pronti ad appoggiarvi in maniera incondizionata.» Talia annuì insieme agli altri Consiglieri. Ciò che Selenay aveva detto al contadino era vero: negli ultimi mesi era giunta notizia che i briganti si stavano organizzando nella Marca di Gyrefalcon, dove si erano già verificate alcune sporadiche scorrerie... mai però i briganti avevano osato passare a fil di spada un intero villaggio! Ovviamente, era un problema superiore alle forze della milizia locale, una valutazione su cui l'intero Consiglio era d'accordo. A quel punto Talia sgusciò via, certa che per il momento Selenay non avesse bisogno di lei e che invece qualcun'altra ne avesse moltissimo... la sua mente se ne sentiva attratta in maniera inconfondibile; la ragazza socchiuse la porta della Camera del Consiglio quanto bastava per scivolare fuori, e non appena si trovò nel corridoio freddo e buio cominciò a correre. Sempre di corsa, attraversò il Palazzo vecchio e oltrepassò le porte doppie del Collegio degli Araldi, percorrendo l'echeggiante atrio principale fino alla porta laterale e uscendo alla volta del Collegio dei Guaritori. Adesso l'inconsapevole attrazione esercitata da un'anima sofferente era dive-
nuta intensa come un richiamo a viva voce, e per poco Talia non andò a sbattere contro Devan, che stava venendo a cercarla. «Avrei dovuto immaginare che lo avresti avvertito da sola» commentò con gratitudine il Guaritore, sollevando la tunica verde abbastanza da poter correre accanto alla ragazza. «Ci sta opponendo resistenza, Talia, e non riusciamo ad oltrepassare i suoi schermi neppure per installare i più semplici blocchi contro il dolore. Si ritiene responsabile della morte di Christa e desidera soltanto morire a sua volta. Rynee non può fare nulla per lei.» «È quanto pensavo. Per il Signore e la Signora, il suo senso di colpa è così intenso che posso quasi vederlo. Bene, speriamo che almeno io riesca a raggiungerla.» Sul luogo dello scontro, mentre Destria era ancora priva di sensi i Guaritori erano riusciti ad avviare un minimo di Risanamento... quanto bastava per permetterle di essere trasportata senza correre rischi. La donna costituiva però ancora uno spettacolo tutt'altro che piacevole, ed era adagiata su un pagliericcio speciale in una delle stanze riservate ai pazienti sofferenti di ustioni. La camera, dalle spoglie pareti di pietra, veniva pulita da cima a fondo due volte al giorno quando era occupata, e non si permetteva che neppure un granello di polvere si depositasse in essa. L'unica finestra era sigillata ermeticamente per evitare l'ingresso di qualsiasi cosa ed ogni oggetto portato nella stanza veniva poi rimosso non appena cessava di essere necessario e immerso in acqua bollente per essere sterilizzato. Il fatto che Destria fosse ancora fra i vivi era un tributo all'abilità dei Guaritori di stanza dove era avvenuto lo scontro: l'ultima persona che Talia aveva visto sofferente di simili ustioni era stato Vostel, che aveva sopportato sulla propria fragile carne la furia di un uccello di fuoco. Nei punti in cui le scottature erano relativamente meno gravi... anche se la pelle era rossa, gonfia e coperta di vesciche... Destria era priva di fasciature, ma le sue mani e le sue braccia erano rivestite di un impiastro di erbe e fasciate con fragili e sottilissimi strati di pelle di coniglio e di vitello, conciata in modo da essere morbidissima, e Talia sapeva bene che sotto quelle bende la pelle non c'era più e la carne viva era esposta e ustionata. I Guaritori avevano adagiato Destria su un pagliericcio di pelle d'agnello, su cui nella conciatura era stata lasciata la lana: in questo modo le fibre avrebbero formato un cuscino per la pelle bruciata ed avrebbero evitato che su di essa venisse esercitata un'eccessiva pressione. Appena entrata, Talia si inginocchiò accanto al pagliericcio e posò entrambe le mani sulla fronte di Destria, il cui volto, insieme alla testa, era l'unica parte del corpo lasciata rela-
tivamente illesa dal fuoco. Nel momento stesso in cui sfiorò quel vortice di sofferenza, di delirio e di colpa con il suo Talento, Talia comprese di essere in procinto di affrontare la più dura lotta che avesse mai intrapreso in quel campo. Ondate di colpa, nera e piena di disperazione, circondarono Talia da tutte le direzioni, mentre fitte di sofferenza fisica e mentale solcavano quelle nere nubi come rossi lampi rabbiosi. Talia comprese subito che la cosa più importante era scoprire innanzitutto perché esistesse quel senso di colpa e da dove esso avesse origine... La strada risultò essere abbastanza facile da trovare: le bastò abbassare ancora un poco i propri schermi e lasciarsi trasportare verso il punto in cui le emozioni negative erano più dense. Il nucleo sempre più sbiadito che era Destria stava intessendo intorno a se stesso un bozzolo sempre più stretto di depressione: Talia protese verso quel bozzolo una "mano" mentale leggermente luminosa e lo dissipò fino ad avere l'entità vivente di Destria nuda e tremante dinanzi a sé. Senza badare ai tentativi che l'altra stava facendo per fuggire, Talia la attirò in un rapporto in cui nessuna delle due, né lei né Destria, poteva nascondere nulla, e lasciò che l'altra donna decifrasse il suo intimo mentre lei si sforzava di avviare il Risanamento delle ferite mentali riportate dall'altro Araldo. Ho fallito... questo era il pensiero dominante. Facevano affidamento su di me, ed io ho fallito. Ma c'era qualcosa di più, qualcosa che induceva il senso di colpa ad autoalimentarsi al punto di portare Destria a disprezzare se stessa. Ho fallito perché volevo qualcosa per me stessa. Ho fallito perché sono stata egoista: non merito la divisa bianca... merito di morire. Quello era uno stato d'animo con cui Talia aveva fin troppa familiarità, ed era al tempo stesso qualcosa che Rynee non poteva comprendere, in quanto i Guaritori erano fermamente convinti che un pizzico di onesto egoismo servisse a mantenere le persone sane di mente. Gli Araldi, però... ecco, dagli Araldi ci si aspettava che fossero assolutamente privi di egoismo, completamente votati al dovere. Quella era una stupidaggine, naturalmente, perché gli Araldi erano soltanto esseri umani, ma alle volte essi cominciavano a credere a quelle stupidaggini e non appena qualcosa andava storto la loro natura tendenzialmente altruista li portava a prendersela con loro stessi.
Adesso, quindi, Talia avrebbe dovuto dimostrare a Destria che non c'era nulla di male nell'essere un Araldo e un essere umano... un compito non indifferente, se si considerava che il senso di colpa di Destria era affine ai dubbi che lei nutriva nei riguardi di se stessa. Quante volte si era rimproverata per il fatto di desiderare un piccolo angolo di vita che fosse tutto e soltanto suo... di avere un po' di tempo in cui non essere costretta a vivere e ad agire da Araldo? Quante volte si era sentita stanca di essere costretta a pensare agli altri prima di compiere la minima azione? Oppure aveva desiderato un po' di tempo per poter essere pigra, l'occasione di godere di un po' d'intimità... e si era sentita colpevole a causa di quei desideri? E non era forse stata pronta a supporre di essere colpevole di usare inconsciamente la propria Empatia per manipolare gli altri? Non si era infuriata più di una volta al punto di sentirsi pronta a strangolare qualcuno, e poi prendersela con se stessa per aver ceduto alla debolezza dell'ira? Oh, lei comprendeva fin troppo bene il senso di autodisprezzo che ora affliggeva Destria. Nel frattempo, a Rynee e agli altri Guaritori non rimase altro da fare che restare a guardare, intuendo la durezza della battaglia che Talia stava sostenendo anche se di essa non si aveva nessun segno esteriore, a parte il sudore che stava cominciando ad imperlare la fronte della ragazza; i Guaritori rimasero immobili ciascuno dove si trovava mentre le ombre prendevano ad allungarsi in maniera quasi impercettibile e la luce iniziava ad attenuarsi, senza che si avesse qualche manifestazione esterna che indicasse il successo o il fallimento. «Credo che stia ottenendo qualcosa» sussurrò poi Rynee all'orecchio di Devan, dopo circa mezz'ora. «Destria mi ha espulsa dalla sua mente dopo i primi minuti e non mi ha più lasciata rientrare.» Era ormai trascorsa un'intera ora quando infine Talia sospirò e infranse con cautela il contatto fisico instaurato con l'altro Araldo, accasciandosi poi per lo sfinimento, con le mani abbandonate sulle cosce. «Potete procedere: per adesso l'ho convinta a lasciarvi fare e non vi opporrà resistenza.» Nel momento stesso in cui lei pronunciò quelle parole, i Guaritori conversero su Destria come api operaie su una regina ferita mentre Rynee, il cui Talento del Risanamento era come quello di Talia orientato piuttosto
verso la mente che verso il corpo, aiutava la ragazza a rialzarsi in piedi. «Perché io non sono riuscita a raggiungerla?» chiese, in tono un po' lamentoso. «È semplice: io sono un Araldo, e tu no» spiegò Talia, aggirando gli altri Guaritori e uscendo nel corridoio. «Lei ha reagito alla tua presenza nello stesso modo in cui tu reagiresti a qualcuno che non fosse un Guaritore e che cercasse di persuaderti che una pugnalata al ventre non è una ferita di cui preoccuparsi. Dèi, quanto sono stanca! E domani dovrò rifare tutto daccapo, altrimenti lei riprenderà a resistervi. Infine, una volta che l'avrò convinta in maniera definitiva che la colpa non è stata sua, la dovrò convincere anche del fatto che l'aspetto che avrà quando avrete finito di curarla non riuscirà disgustoso agli uomini... e che le cicatrici che le resteranno non sono una punizione per la sua licenziosità.» «È quello che temevo» commentò Rynee, mordendosi un labbro. «E ci saranno delle cicatrici: non posso ancora dire quante né quanto brutte, ma è inevitabile che ne rimangano. Il suo volto è intatto, ma quanto al resto del corpo... le resteranno segni tutt'altro che graziosi a vedersi. La sola vittima di ustioni che io abbia visto in condizioni tanto gravi era...» Nonostante la stanchezza, gli occhi di Talia s'illuminarono quando lei si accorse che un'idea cominciava a prendere forma nella mente di Rynee. «Aspetta un momento... tu hai il mio stesso Talento, e se ti è venuta un'idea è probabile che funzioni» disse, arrestandosi nel corridoio e appoggiandosi ad una parete rivestita in legno. «Vostel... cosa sta facendo adesso?» domandò Rynee, massaggiandosi il lungo naso con un dito. «Lo si potrebbe richiamare qui per un po'?» chiese quindi, con una luce di speranza negli occhi grigi. «Funge da messaggero per il Tempio di Guarigione di Fallflower... e la risposta è sì: chiunque svolga quel tipo di servizio può essere rimpiazzato. Cosa stai pensando?» «Che lui sarebbe la "medicina" migliore per Destria, dal momento che è passato attraverso la stessa esperienza: sa quanto si soffra e quando cessa il dolore e fino a che punto ci si debba costringere a superarlo se si vuole riottenere l'uso degli arti. Inoltre Vostel è un Araldo, quindi Destria gli crederà... senza contare che nonostante le cicatrici lui è ancora un uomo più che passabile e che non crede che il fato possa infliggere arbitrariamente simili punizioni per un po' di sano edonismo.» «Oh, molto bene!» ridacchiò Talia, nonostante lo sfinimento. «Se potremo averlo accanto a Destria, impegnato a pungolarla e a spronarla, Vo-
stel ci farà vincere in partenza metà della battaglia! Ed hai ragione anche in merito alle sue convinzioni: tutto quello che ho dovuto fare con lui è stato rassicurarlo che il dolore sarebbe cessato e che lui non era un vigliacco se di tanto in tanto si sentiva assalire dalla voglia di arrendersi. Non dubito che si piaceranno a vicenda, non appena Destria comincerà a ritrovare se stessa e i suoi antichi appetiti. Parlerò io con Kyril e gli chiederò di richiamare qui Vostel non appena sarà possibile mandargli un rimpiazzo: arriverà più o meno quando la sua presenza comincerà ad essere necessaria.» Talia si allontanò quindi dalla parete e incespicò a causa delle ginocchia che tremavano leggermente, riuscendo a muovere soltanto pochi passi lungo il corridoio prima che lo sfinimento minacciasse di sopraffarla. Subito Rynee la guidò verso un divano imbottito dall'aria morbida e comoda, uno dei tanti posti a intervalli a ridosso delle pareti, a disposizione dei Guaritori che avevano l'abitudine di cogliere al volo preziosi momenti di riposo quando e dove potevano. «Adesso sdraiati su quel divano e goditi un breve pisolino. Penserò io a svegliarti, ma ricorda che se non ti concedi il tempo di recuperare le forze non ci sarai di nessuna utilità. Conosci il detto... mai discutere con un Guaritore.» «Ed io non lo faccio mai!» «Bada di continuare così.» Circa una settimana più tardi, Talia stava tornando dalla Camera delle Udienze verso la sua stanza per cambiarsi prima di andare ad esercitarsi con Alberich, ed era di umore tetro. Adesso le udienze non erano più noiose, e questa era una sfortuna, perché sempre più spesso coloro che venivano a presentare petizioni alla regina erano abitanti della Marca di Gyrefalcon che venivano a lamentarsi delle razzie di quello che era evidentemente un piccolo esercito di banditi. A causa del terreno selvaggio e roccioso della regione, quei briganti avevano potuto organizzarsi senza che nessuno se ne rendesse conto, ed ancora la natura impervia del terreno permetteva loro ogni volta di svanire prima che le Guardie li potessero intrappolare. Orthallen stava sfruttando l'esistenza di quei banditi come uno strumento politico... una tattica che disgustava Talia, sia per le sofferenze che quei furfanti stavano causando sia per il fatto che alcune fra le terre da essi depredate erano poste sotto la giurisdizione dello stesso Orthallen.
E quel giorno la ragazza era reduce da un susseguirsi di udienze del genere. Ora sul posto c'erano sei Araldi, insieme alla compagnia di Guardie mandata da Selenay, e gli Araldi stavano provvedendo ad organizzare gli abitanti perché si potessero difendere da soli, visto che le Guardie non potevano essere dovunque contemporaneamente. Uno di quegli Araldi, Patris, aveva inviato un messaggero che era giunto alla capitale soltanto quel giorno. «I banditi sembrano sapere con esattezza in ogni momento la posizione delle Guardie», aveva scritto Patris. «Colpiscono e fuggono prima che possiamo intervenire, e conoscono queste colline e le loro numerose grotte meglio di quanto immaginassi, tanto da indurmi a nutrire il sospetto che si spostino prevalentemente nel sottosuolo, il che spiegherebbe come mai riescano a muoversi senza essere avvistati. A questo punto, non possiamo più salvare il bestiame o i raccolti, e devo essere franco con Vostra Maestà: sarà già molto se riusciremo a salvare la vita a questa gente. Devo però riferire una cosa ancora peggiore: dopo aver privato gli abitanti della zona di tutti i loro averi, quei bastardi hanno cominciato a portare via la sola cosa che ancora posseggano: i loro figli.» «Grande Dea!» aveva esclamato Lady Wyrist. «Chiedo di poter provvedere io, Maestà» era intervenuta quasi nello stesso momento Lady Cathan, con espressione cupa. «Non riusciranno a far passare quei bambini sotto il naso degli uomini delle Corporazioni... non dopo quello scandalo dei mercanti di schiavi. Ho la tua autorizzazione?» Selenay aveva annuito distrattamente e Lady Cathan aveva lasciato subito la sala fra uno svolazzare di broccati colorati. «Maestà» aveva allora affermato Orthallen, «come ho continuato a ripetere, abbiamo bisogno di un esercito permanente più numeroso, e le autorità locali devono godere di maggiore autonomia. Se mi fossero state date due o tre compagnie di Guardie e il potere di disporne, quest'emergenza non si sarebbe mai trasformata nel disastro attuale.» A quel punto il dibattito era scoppiato... ancora una volta... e il Consiglio si era diviso in due fazioni più o meno di uguale consistenza in merito al problema di concedere il potere a livello locale e di elevare il numero delle Guardie. Dalla parte di Orthallen si erano schierati Lord Gartheser, Lady Wyrist, il Bardo Hyron, Padre Aldon e il Siniscalco. Selenay... che non voleva elevare i contingenti dell'esercito perché que-
sto avrebbe significato la coscrizione di leva o addirittura l'arruolamento forzato... avrebbe invece preferito mantenere il potere nelle mani del Consiglio e assoldare mercenari di professione per incrementare le truppe già esistenti; Talia, Kyril, Elcarth, la Guaritrice Myrim e il Lord Maresciallo si erano schierati con lei, mentre Lady Kester, Lord Gildas e Lady Cathan non avevano assunto una posizione precisa, perché se da un lato non erano molto entusiasti dell'idea di arruolare truppe straniere, dall'altro non apprezzavano neppure quella di distogliere gli uomini dalla coltivazione e dal commercio per impiegarli come soldati. Talia stava adesso riflettendo sulla situazione quando il suo udito acuto colse il suono di un singhiozzo soffocato: senza esitare, la ragazza abbassò gli schermi quanto bastava per individuare la fonte di quel suono e si avviò per scoprire cosa ci fosse che non andava. L'udito la guidò verso un corridoio adiacente alla Biblioteca Reale, poco usato e dotato di alcove capaci di contenere statue o armature o altre voluminose opere d'arte, ma per lo più vuote e nascoste da tendaggi. Durante le grandi feste, quello era il luogo preferito dalle coppie che si volevano appartare, ma la mancanza di sedili tendeva a limitare parecchio il genere di attività che vi si potevano svolgere. Una volta sul posto, Talia ebbe qualche problema a localizzare la fonte del singhiozzo, in quanto essa era nascosta dietro una delle tende delle alcove poste su quel tratto di corridoio, e soltanto un sommesso tirare su con il naso le indicò quale delle tre fosse l'alcova in questione. Senza far rumore, trasse di lato la tenda: raggomitolato su un cuscino sottratto ad una delle sedie della camera delle udienze, c'era un bambino. Il piccolo aveva all'incirca sette o otto anni, i suoi occhi erano gonfi e rossi per il piangere, il suo faccino era striato di scuro come se lui si fosse asciugato le lacrime con le mani sporche, e sembrava che non avesse un solo amico al mondo. Guardandolo, Talia pensò che in condizioni normali quel bambino dai capelli scuri e dagli occhi neri doveva essere adorabile, e che l'uniforme dei paggi di Selenay... azzurro cielo bordato di blu, si addiceva alla sua carnagione chiara. Quando la tenda si spostò, il bambino sollevò lo sguardo e mostrò occhi pieni di avvilimento e di sgomento, con le pupille dilatate dalla luce che giungeva dal corridoio. «Salve» disse Talia, accoccolandosi sui talloni per porsi al livello del piccolo. «Sembra che tu abbia bisogno di un amico. Hai nostalgia di casa?»
Una lacrima scivolò lungo la guancia del bambino, che annuì. Pensando che il piccolo appariva molto giovane per essere già stato nominato uno dei paggi di Selenay, Talia si chiese se fosse un orfano adottato. «Ne avevo anch'io quando sono arrivata qui» gli confidò. «Non c'erano ragazze della mia età, soltanto ragazzi. Da dove vieni?» «D... dalla Marca di Gyrefalcon» balbettò il bambino; adesso che gli era stata offerta comprensione, era chiaro che desiderava una spalla amica su cui piangere, ma che al tempo stesso non osava gettarsi fra le braccia di un'adulta sconosciuta. «Posso dividere con te quel cuscino?» chiese Talia, per risolvere il suo problema. Quando il bambino si spostò di lato, gli sedette accanto circondandogli le spalle con un braccio e proiettando una gentile aura di comprensione che allentò le inibizioni del piccolo e gli permise di scoppiare in singhiozzi contro la morbida stoffa della divisa bianca, mentre lei gli accarezzava con dolcezza i capelli. Il realtà, quel bambino non aveva bisogno del suo Talento: aveva bisogno soltanto di un amico e della possibilità di sfogare le proprie lacrime. Continuando ad accarezzarlo, Talia si frugò nella memoria per cercare di stabilire l'identità del piccolo. «Sei Robin?» gli chiese infine, quando il flusso di lacrime accennò a calmarsi. Un tremante cenno di assenso confermò le sue supposizioni. I genitori di Robin, che possedevano delle terre poste sotto il controllo di Orthallen, avevano persuaso quest'ultimo a portare il loro bambino nell'unico luogo sicuro che conoscessero... la Corte. Una cosa comprensibile e perfino encomiabile, ma il povero Robin non capiva quel ragionamento e sapeva soltanto di essere solo per la prima volta nella sua giovane vita. «Non hai ancora trovato nessun amico?» insistette Talia. Robin scosse il capo e si aggrappò alla sua manica, sollevando la testa per scrutare la sua espressione: quando vide che era ancora comprensiva ed incoraggiante, trovò infine il coraggio di fornire qualche altra spiegazione. «Loro... sono più grandi, mi accusano di andargli sempre dietro e ridono di me... e comunque non mi piacciono i loro giochi perché non riesco a correre abbastanza in fretta e non sono bravo come loro.» «Davvero?» Talia socchiuse leggermente gli occhi, cercando di ricordare quali giochi avesse visto fare ai paggi... quei bambini venivano dati così per scontati che risultavano essere quasi invisibili. Alla fine, comunque, riuscì a rammentarlo. «Non ti piace giocare alla guerra e ai castelli?» domandò, pensando che
un'avversione del genere sarebbe stata naturale, considerato che la guerra stava minacciando i genitori del piccolo. Il tremolio della lampada ad olio posta di fronte all'alcova rivelò l'espressione triste e sperduta degli occhi di Robin. «Io... non so combattere. Mio padre ha detto che non ero ancora abbastanza grande per imparare, mentre combattere è la sola cosa che loro vogliono fare... io invece preferisco leggere... ma tutti i miei libri sono ancora a casa.» E se lei lo conosceva bene, il Siniscalco doveva aver vietato ai paggi di accedere alla Biblioteca Reale, cosa più che comprensibile, se si pensava che la maggior parte di loro avrebbe giocato alle catapulte con il mobilio, impiegando i libri come munizioni. La ragazza strinse maggiormente il braccio intorno alle spalle sottili del bambino e giunse ad una rapida decisione. «Ti piacerebbe poter leggere e seguire le lezioni del Collegio degli Araldi, invece che quelle con gli altri paggi?» chiese. Selenay faceva istruire tutti i suoi paggi, ma per la maggior parte di essi quella era una sofferenza da sopportare o una pestilenza da evitare. Robin annuì, con gli occhi sgranati per la sorpresa. «Allora il mio insegnante di scherma, Alberich, dovrà aspettare un poco, perché prima tu ed io andremo a trovare il Decano Elcarth» affermò Talia, alzandosi e tendendo la mano. Subito Robin si alzò a sua volta e si aggrappò ad essa. Per fortuna, i ragazzi che venivano istruiti presso i Collegi erano numerosi... anche se pochi di essi erano giovani quanto Robin. Si trattava degli studenti non affiliati... i cosiddetti "Azzurri"... che non appartenevano a nessun Collegio ma frequentavano alcune classi insieme agli studenti che si preparavano a diventare Bardi, Guaritori o Araldi. Come Robin, anch'essi indossavano un'uniforme, che per il suo colore azzurro non era molto dissimile da quella dei paggi, e anche se parecchi fra quegli studenti erano monelli di buona famiglia, molti altri erano bravi ragazzi che studiavano per diventare costruttori, architetti o esperti di questa o quella disciplina: essi sarebbero certo stati contenti di accogliere Robin fra le loro file e di adottarlo come una sorta di mascotte. D'altro canto, Talia sapeva che non avrebbe avuto problemi a convincere Selenay a permettere a quel bambino di trascorrere la maggior parte del suo tempo libero al Collegio quando non era in servizio... cosa che alla sua età si riduceva probabilmente ad un paio di ore al giorno... ed era certa che sarebbe riuscita a convincere anche
Elcarth. E aveva ragione. Quando introdusse il bambino nell'ufficio del Decano, ingombro di libri, Elcarth parve provare una simpatia immediata per lui, ricambiata senza mezzi termini da Robin. Allorché Talia li lasciò insieme poco dopo, il brizzolato Araldo era impegnato a spiegare alcuni dei corsi al bambino, che lo ascoltava raggomitolato fiduciosamente contro la sua sedia, ed entrambi sembravano ignari della polvere e della confusione che li circondavano, tanto che Talia ebbe l'impressione di avere involontariamente avvicinato un paio di spiriti affini. Il tempo dimostrò che la sua impressione era esatta. In seguito Talia ebbe ancora occasione di incontrare Robin di tanto in tanto... un paio di volte quando lui la venne istintivamente a cercare perché vedeva in lei un'inesauribile fonte di conforto per la sua nostalgia di casa, ma per lo più lo incrociò mentre camminava allegramente per il Collegio con le braccia cariche di una pila di libri più alta di lui... e spesso lo trovò nella Biblioteca con Elcarth. In un'occasione, li colse chini su un antico volume di storia scritto in una lingua arcaica che Robin non era in grado di leggere ma che sapeva essere decifrabile per Elcarth, in quanto era convinto che il Decano fosse la fonte prima di tutto il sapere ed era sempre pronto a rivolgergli tutte le proprie domande. Di solito, quando Talia li vedeva, entrambi erano sempre immersi in studi così aridi che il solo pensiero era sufficiente a metterle sete... erano proprio due anime affini. CAPITOLO QUARTO Chiuso nel proprio alloggio, Dirk era semisdraiato sulla sua poltrona preferita, un vecchio e malconcio pezzo di mobilio che aveva da tempo assunto una sbiadita e indeterminata tinta beige ma che era anche comodo come un vecchio stivale. Fissando con aria corrucciata il bicchiere semivuoto, l'Araldo desiderò di potersi sentire interiormente a proprio agio quanto lo era dal punto di vista fisico e pensò che non avrebbe dovuto restarsene lì a bere in una notte così bella. Ultimamente stava bevendo troppo, e ne era consapevole. Ma cosa deve fare un uomo quando non riesce a dormire? si disse. Quando non riesce a pensare ad altro se non ad un paio di luminosi occhi castani? Quando non sa se tradire il proprio cuore o il suo migliore ami-
co? L'unica cura per la sua insonnia risiedeva sul fondo di una bottiglia, quindi quella di svuotarne una era l'attività a cui lui di recente dedicava la fine di ogni giornata. Naturalmente, quella cura aveva i suoi svantaggi, costituiti da dolorosi postumi di sbornia, da un temperamento irascibile e dalla netta sensazione che evitare il problema fosse una soluzione da vigliacco. Dirk desiderava disperatamente un incarico che lo portasse lontano dal Collegio e da lei, ma sapeva anche che non c'era nulla in vista e che comunque né lui né Kris avrebbero ricevuto nessun incarico fino a quando il loro attuale gruppo di studenti non fosse stato adeguatamente istruito. Gli studenti... oh, dèi, quello era un altro motivo per bere. Dirk svuotò il bicchiere senza neppure accorgersene, con gli occhi che bruciavano per le lacrime trattenute. Povera piccola Christa... chissà se qualcun altro oltre a lui si era reso conto che la ragazza si era servita del proprio Talento per salvare quei bambini dalle fiamme. Ogni volta che chiudo gli occhi mi pare quasi di vederla... Quella visione evocata dalla sua mente era orribile, perché gli riusciva fin troppo facile immaginare Christa circondata da un inferno di fiamme, mentre continuava a concentrarsi con tutta la sua anima, perché spostare esseri viventi con il Talento del Prelievo era una cosa difficile... difficile e pericolosa. Ed era tutta colpa sua se quella ragazza si era sacrificata in quel modo. Dirk si portò il bicchiere alle labbra, soltanto per scoprire che era già vuoto. Sto svuotando questa bottiglia troppo in fretta... Il modo in cui Christa era morta... era tutta colpa sua. Prima di concludere il suo addestramento con lui, Christa gli aveva infatti chiesto se fosse possibile spostare esseri viventi con il Prelievo. Dirk avrebbe risposto negativamente a chiunque altro... ma Christa era molto brava e lui era dannatamente orgoglioso delle sue capacità, quindi le aveva detto la verità ed aveva fatto ancora di più, le aveva mostrato come procedere, cosa che non aveva spiegato mai a nessun altro: le aveva mostrato come spostare creature viventi senza schiacciarle o distorcerle interiormente. E le aveva anche detto (dèi, con quanta chiarezza ricordava quel momento) che quando era necessario usare quella procedura, era più sicuro farlo spostando la creatura vivente dalle proprie mani alla destinazione
desiderata, piuttosto che farla arrivare nelle proprie mani da dove essa si trovava. Decisamente sto bevendo questa bottiglia troppo in fretta... è già mezza vuota. Era stato per questo che lei era entrata nell'edificio per trasferire fuori i bambini, invece di Prelevarli dall'esterno. Se soltanto avesse saputo, all'epoca in cui l'aveva istruita, ciò che aveva poi scoperto in seguito effettuando ricerche nella Biblioteca... e cioè che in momenti di estrema tensione era possibile per chi possedeva il loro Talento spostare se stesso attraverso brevi distanze. Aveva avuto intenzione di dirglielo... ma non lo aveva scoperto in tempo. E adesso lei è morta, in maniera orribile e dolorosa, perché io "non l'ho scoperto in tempo". Dirk agitò la bottiglia e si accorse con sorpresa che era già vuota. Oh, bene, non importa, tanto dove l'ho presa ce n'è un'altra pronta. Non fu neppure costretto ad alzarsi, perché la seconda bottiglia era in fresco sul davanzale della finestra e gli bastò quindi allungare una mano già incerta per riuscire in qualche modo ad afferrarla; l'aveva stappata quando era ancora sobrio, rimettendo poi il tappo in modo che venisse via facilmente, consapevole che altrimenti in seguito non sarebbe più riuscito ad aprirla. Dèi, sono disgustoso. Sapeva che quello non era il modo giusto per risolvere il problema e che avrebbe invece dovuto seguire il consiglio del suo cuore... cercare Talia e lasciare che lei lo aiutasse a venirne fuori. Ma non se la sentiva di affrontarla... non nello stato in cui era. Non posso permetterle di vedermi così, non posso. Penserà che sono peggio... peggio di come mi ha definito Naril. Inoltre, se fosse andato da lei, Talia avrebbe scorto anche il resto di ciò che gli occupava la mente e a quel punto cosa gli sarebbe rimasto da fare? Dèi, in che pasticcio si era cacciato! Ho bisogno di lei, ma... ne ho più di quanto ne abbia Kris? Non lo so. Semplicemente, non lo so. Non poteva neppure chiedere aiuto a Kris, considerato che era proprio lui l'altra metà del problema, e la musica non costituiva più una fonte di ristoro, perché ogni volta che suonava gli pareva di sentire lei che cantava... una presenza tormentosa che accompagnava ciascuna nota. Dannazione a quella donna! Mi ha rubato l'amico, la musica, la pace
mentale... Un momento più tardi Dirk si rimproverò aspramente per aver pensato una cosa del genere: non era giusto, perché non era colpa di Talia, che non poteva neppure immaginare l'effetto che stava avendo su di lui. E in base a quanto era riuscito a stabilire, da quando era tornata al Collegio Talia non stava poi trascorrendo molto tempo neppure con Kris: forse c'era un po' di speranza, dopo tutto, considerato che di certo lei e Kris non si stavano comportando come due amanti. Ma cosa avrebbe fatto se invece avesse scoperto che si amavano? E già che c'era, cosa avrebbe fatto se fosse risultato il contrario? Il livello della bottiglia continuò a scendere a mano a mano che Dirk lottava... invano... per trovare una soluzione a quel dilemma. Robin stava percorrendo il corridoio che portava agli alloggi degli Araldi con un'espressione beata sul volto: adorava gli Araldi, ed era sempre il primo ad offrirsi volontario quando qualcuno aveva da affidare un incarico che avrebbe comportato la necessità di tornare utile ad uno di loro. In questo caso, la sua soddisfazione era doppia, perché era stata Talia, l'Araldo della Regina, a venire a cercare un paggio che restituisse all'Araldo Dirk alcuni manoscritti che lei aveva preso in prestito per poterli copiare... e Robin adorava Talia più di tutti gli altri Araldi messi insieme, con l'eccezione del solo Elcarth. Gli Araldi erano meravigliosi, e Talia lo era più degli altri, perché aveva sempre un po' di tempo per parlare con lui e non gli diceva mai che si comportava da neonato (come faceva invece Lord Orthallen) quando aveva nostalgia di casa; la sua mamma gli aveva ampiamente spiegato che Lord Orthallen era una persona molto importante, ma per quanto concerneva Robin, Talia valeva dieci Orthallen, e spesso il bambino si sorprendeva a desiderare di poterla far sorridere nel modo in cui lei riusciva a rasserenare lui. Di certo, ultimamente la ragazza non appariva molto allegra, e Robin sarebbe stato felice di poter trovare il modo di alleviare la sua tristezza. Più avanti, scorse un vorticare di abiti cupi... doveva essere uno dei grandi nobili... forse perfino lo stesso Lord Orthallen; di conseguenza, Robin si affrettò ad abbassare lo sguardo e a tenerlo basso, come gli era stato raccomandato di fare, perché non stava bene che un bambino fissasse con occhi sgranati uno dei grandi nobili dello stato, soprattutto quando si supponeva che quel bambino avesse un incarico da assolvere. E se quello era Orthallen, era doppiamente importante dimostrargli che Robin stava svol-
gendo bene il proprio dovere. Proprio perché stava guardando i propri piedi e dove li metteva, fu per Robin una sorpresa notevole quando inciampò e cadde in avanti, con le pergamene che rotolavano da tutte le parti. Se la persona che lo precedeva fosse stata un altro paggio, il bambino avrebbe immediatamente supposto che questi gli avesse fatto lo sgambetto di proposito, ma non era possibile sospettare un grande nobile di uno scherzo così infantile. Il nobile indugiò appena un istante, con le pergamene che ancora rotolavano intorno ai suoi piedi, poi si allontanò; sempre con lo sguardo basso e con le guance roventi per l'umiliazione, Robin procedette a raccogliere le carte che gli erano cadute. E notò subito una cosa strana, molto strana. Quando si era incamminato per svolgere il suo incarico, le pergamene che aveva in mano erano quattordici... lo sapeva perché le aveva contate ben due volte alla presenza di Talia... mentre adesso erano diventate quindici. E la quindicesima era sigillata, e non semplicemente arrotolata come le altre. Naturalmente, era possibile che lui si fosse sbagliato, ma gli pareva quasi di sentire ancora negli orecchi le parole del Decano Elcarth, a cui proprio quella settimana aveva domandato come si sarebbe dovuto comportare se gli fosse stato chiesto di fare qualcosa che non gli sembrava appropriato, o se nell'assolvere i suoi doveri avesse notato qualcosa di strano. Robin aveva fatto quella domanda perché uno dei paggi più grandi aveva ricevuto da una dama di corte un incarico alquanto dubbio, che aveva in seguito causato dei problemi: il paggio in questione non aveva avuto il coraggio di parlarne con nessuno se non quando ormai era troppo tardi e i suoi ricordi si erano fatti confusi; per questo motivo, Robin aveva domandato alla persona più saggia che conosceva come si sarebbe dovuto regolare se si fosse venuto a trovare in una simile situazione. «Obbedisci e fa' ciò che ti viene chiesto... ma bada di ricordare, Robin» aveva risposto Elcarth. «Tieni a mente tutto: cosa è successo, chi ti ha affidato l'incarico, quando, perché e chi c'era con lui. Può benissimo darsi che ciò che ti viene chiesto di fare sia una cosa legittima... tu non puoi avere il modo di sapere se non lo è. Nel caso però che poi dovesse risultare il contrario, tu sarai la sola persona a sapere l'effettiva verità al riguardo. Voi paggi siete in una posizione molto speciale, sai, perché la gente vi guarda ma in effetti non vi vede... tienilo a mente, e se dovesse succederti qualcosa che ti sembra strano, ricordalo... ricorda tutte le circostanze, perché in questo modo potresti essere poi d'aiuto a qualcuno.»
«Non è un po' come fare la spia?» aveva insistito Robin, dubbioso. Elcarth era scoppiato a ridere e gli aveva arruffato i capelli. «Se poni una domanda del genere, significa che non corri il minimo rischio di diventare una spia, mio piccolo gufo» aveva risposto. «Inoltre, si tratta di un esercizio eccellente per potenziare la tua memoria.» Nel ricordare quelle parole, Robin decise quindi di tenere a mente l'incidente nel corridoio. Quando bussò alla porta socchiusa dell'alloggio dell'Araldo Dirk, non ricevette risposta: sbirciando dalla soglia, scorse l'Araldo accasciato su una poltrona all'estremità opposta della camera, vicino alla finestra aperta. Dal momento che Dirk sembrava addormentato, il bambino sgusciò nella stanza senza fare rumore, e lasciò le pergamene sulla sua scrivania. Allorché la convocarono, quella mattina, Talia pensò che la convocazione era perfettamente inutile, perché chiunque fosse stato dotato anche in minima parte del Talento dell'Empatia si sarebbe precipitato dalla regina, il cui tumulto emotivo... ira, paura, preoccupazione... era tanto denso che Talia ne poteva quasi avvertire il sapore, amaro e metallico. Ne percepì le prime sfumature mentre si stava vestendo, e si precipitò verso l'appartamento reale non appena ebbe un aspetto presentabile: le due Guardie di stanza davanti alla porta apparivano molto a disagio, come se stessero cercando di fare del loro meglio per non sentire le grida rabbiose che provenivano da oltre i battenti. Talia bussò una volta sola e socchiuse una delle due ante della porta. Selenay era nella camera più esterna del suo appartamento, già vestita ma senza la consueta coroncina: la regina era seduta al suo tavolo da lavoro e posata davanti a lei c'era una pergamena sigillata. Nella stanza c'erano anche Lord Orthallen (che appariva insopportabilmente compiaciuto), Kris (che sembrava molto imbarazzato), una Guardia altrettanto imbarazzata e un infuriato Dirk. «Non mi importa un accidente di come ci è arrivata... non sono stato io a prenderla!» stava gridando quest'ultimo. Talia lanciò un'occhiata alle sentinelle che sorvegliavano l'appartamento reale ed entrò nella camera, affrettandosi a richiudere il battente alle proprie spalle, perché quale che fosse la natura di ciò che stava accadendo, era comunque meglio che ne fosse informato il minor numero di persone possibile. «Allora perché hai tentato di nasconderla?» domandò con disinvoltura
Orthallen. «Non stavo tentando di nasconderla, dannazione! Stavo cercando la mia scorta di polvere contro le emicranie quando questo idiota ha fatto irruzione nel mio alloggio senza neppure bussare!» Dirk in effetti aveva un'aria un po' sofferente: era pallido, teneva la fronte aggrottata come per un dolore persistente, i suoi occhi azzurri erano arrossati e i capelli biondi erano più arruffati del consueto. «Al riguardo abbiamo soltanto la tua parola.» «Da quando in qua...» intervenne allora Talia, in tono secco e freddo... «la parola di un Araldo ha bisogno di essere comprovata? Chiedo scusa, Maestà, ma posso sapere cosa sta succedendo?» «Questa mattina ho scoperto che alcuni documenti piuttosto delicati erano scomparsi» spiegò Selenay, che appariva esteriormente calma nonostante il turbamento che Talia sapeva esistere nel suo animo. «Lord Orthallen ha suggerito e organizzato una ricerca ed ha trovato la pergamena in questione in possesso dell'Araldo Dirk.» «È da settimane che non mi avvicino a questa zona del Palazzo! E poi, che me ne sarei mai potuto fare di quella dannata pergamena?» protestò Dirk, la cui angoscia mentale era tanto intensa da destare in Talia il desiderio di piangere. «Senti, zio, tu sai che il mio alloggio è accanto al suo, ed io ti posso garantire che Dirk non ha messo un piede fuori dalle sue camere per tutta la notte.» «Nipote, so anche che quest'uomo è tuo amico.» «Se devo essere brutalmente franco, allora lo sarò» esclamò Kris, arrossendo per l'ira e per l'imbarazzo. «Dirk non sarebbe potuto andare da nessuna parte perché non era in condizione di farlo. La scorsa notte era ubriaco fradicio, come lo è stato ogni notte durante le ultime due settimane.» Dirk divenne quasi purpureo in volto, passando poi ad un pallore mortale. «E allora?» ribatté Orthallen. «L'impossibilità fisica di muoversi non sarebbe certo stata un ostacolo, per qualcuno dotato del suo Talento.» Questa volta fu Kris ad impallidire. «Non ho ancora sentito la tua risposta ad una domanda molto valida, Orthallen: cosa se ne sarebbe fatto Dirk di quella pergamena?» interloquì ancora Talia, cercando di guadagnare tempo per riflettere. «Si tratta di documenti che potrebbero mettere in una posizione molto delicata un membro della Corte, che attualmente è impegnato con una gio-
vane dama con cui anche l'Araldo Dirk è stato molto impegnato in passato» replicò Orthallen. «La separazione fra lui e quella dama è stata alquanto burrascosa, e le sue motivazioni potrebbero essere parecchie... la vendetta, forse, oppure un tentativo di ricatto. La regina ed io stiamo tentando di impedire che la cosa si trasformi in uno scandalo, ma se qualcun altro oltre a noi dovesse venire a conoscenza del contenuto di quelle lettere, a Corte scoppierebbe il finimondo.» «Non posso credere che un Consigliere stia accusando un Araldo di ricatto!» esclamò Talia, in tono indignato. «Hai appena sentito mio nipote... il migliore amico di Dirk... affermare che nelle ultime settimane lui si è ubriacato ogni notte. Questo ti sembra un comportamento normale per un Araldo?» ritorse Orthallen, poi si rivolse alla regina, e aggiunse: «Maestà, non voglio dire che questo giovane avrebbe sottratto i documenti in questione se fosse stato in una condizione mentale normale, ma credo che disponiamo di prove sufficienti per indicare che...» «Orthallen» lo interruppe la regina, «io...» «Aspettate un momento... che nessuno aggiunga una sola parola» ingiunse Talia, portandosi una mano alla tempia nel tentativo di placare le fitte di dolore che le attraversavano la testa: la pressione rovente delle emozioni di quanti la attorniavano era tale che lei stava cominciando a sviluppare un'emicrania da reazione dovuta allo sforzo di schermarsi da esse. «Supponiamo per un momento che Dirk stia dicendo l'assoluta verità, d'accordo?» «Ma...» «No, ascoltatemi fino in fondo. Partendo da questa supposizione, in che modo quei documenti sarebbero potuti arrivare dove sono stati trovati... a meno che qualcuno non ve li abbia messi di proposito? Dirk, quelle carte erano là, dopo cena?» «Prima che cominciassi a bere, vuoi dire?» ribatté il giovane, in tono amaro. «No. La mia scrivania era del tutto sgombra, tanto per cambiare. Quando mi sono svegliato questa mattina, su di essa c'erano però una dozzina di pergamene, fra cui questa.» «Ottimo. So che se nella tua stanza fosse entrato qualcuno che non aveva un valido motivo per essere là, tu ti saresti svegliato, indipendentemente dalle tue condizioni, e posso aggiungere che io ho mandato la scorsa notte Robin da te perché ti restituisse quelle poesie che avevo preso a prestito. Si trattava esattamente di quattordici pergamene, e quella non era compresa.
Ora, a meno che Lord Orthallen voglia accusare me di aver sottratto quei documenti...» «Dopo che tu te ne sei andata li avevo ancora qui, Talia» interloquì la regina, con una nota di tensione evidente nella voce. «Dunque, tutti sappiamo che nessun Araldo si sveglierebbe mai in conseguenza dell'ingresso di un paggio nel suo alloggio, a meno che fosse il paggio stesso a chiamarlo, perché quei piccoli diavoli sono onnipresenti al punto di essere praticamente invisibili, e noi tutti sappiamo che sono innocui. Quindi, Dirk, è possibile che fra il momento in cui Robin ha lasciato la mia stanza e quello in cui è arrivato nella tua, una quindicesima pergamena sia stata aggiunta al suo carico.» «Guardia» ordinò Selenay, rivolgendosi alla quinta persona presente nella stanza, e l'uomo si girò verso di lei con un'espressione di gratitudine dipinta sul volto, «va' a chiamare Robin, per favore. Adesso deve essere nella camera dei paggi a fare colazione. Basterà che tu chieda di lui.» La Guardia si affrettò ad uscire, fin troppo contenta di togliersi da quella situazione. Quando di lì a poco l'uomo tornò con Robin, Talia trasse il bambino da un lato rispetto agli altri, più vicino alla regina che ad Orthallen, e gli parlò in tono quieto e incoraggiante prima che il nobile avesse la possibilità di intimidirlo. «Robin, la scorsa notte ti ho dato alcuni documenti da portare all'Araldo Dirk. Quanti erano?» «Io...» rispose il bambino, con aria turbata... «io pensavo che fossero quattordici, ma...» «Ma?» «Sono caduto, e quando le ho raccolte, le pergamene erano diventate quindici. Lo so perché il Decano Elcarth mi ha raccomandato di ricordare le cose strane... e quella era una cosa strana.» «Quando sei caduto?» «Ero vicino alla scala, accanto all'arazzo con il leone.» «C'era qualcun altro nelle vicinanze? Ti sei imbattuto in qualcuno?» «Non ho sbattuto contro nessuno!» protestò con indignazione il bambino. «C'era un nobile, ma... signora, la mia mamma mi ha sempre raccomandato di non guardare in faccia i nobili, quindi... non ho visto chi era.» «Stelle Lucenti!» esclamò Orthallen, mostrandosi improvvisamente vergognoso e addirittura inorridito... anche se in qualche modo Talia ebbe la sensazione che stesse recitando, perché da un punto di vista empatico non
riusciva ad avvertire emozioni corrispondenti all'espressione della sua faccia. «Ero io... e in quel momento avevo la pergamena con me. Stelle, devo averla lasciata cadere, e il bambino l'ha raccolta insieme alle altre!» Un leggero rossore gli apparve sul volto mentre si girava verso Dirk con aria apologetica. «Araldo Dirk, le mie più profonde scuse. Maestà, non so proprio cosa dire.» «Io credo che per questa mattina abbiamo parlato tutti anche troppo» replicò Selenay, in tono stanco. «Dirk, Kris, mi dispiace terribilmente, e spero che vorrete giustificare l'accaduto come un eccesso di zelo. Talia...» «Ne potremo discutere quando ci saremo calmati» la interruppe Talia, scuotendo leggermente il capo. «Questo non è il momento adatto.» Selenay le indirizzò un sorriso pieno di gratitudine ed Orthallen si affrettò ad usare quelle parole come una scusa per congedarsi. A Talia non dispiacque certo vederlo andare via. «Hai già mangiato qualcosa?» le domandò Selenay, dopo aver incaricato la Guardia di riaccompagnare Robin all'alloggio dei paggi. «Suppongo di no, quindi va' a fare colazione. Ci vedremo alla riunione del Consiglio.» I tre Araldi uscirono insieme, seguiti dalla Guardia che doveva riaccompagnare lo sconcertato Robin all'alloggio dei paggi; avvertendo l'ira che ribolliva nell'animo di Dirk, Talia si preparò all'imminente esplosione. «Ti ringrazio di cuore, amico!» sibilò infatti questi. «Grazie davvero, fratello! Non so proprio come ho fatto in passato a cavarmela senza il tuo aiuto!» «Senti, Dirk... mi dispiace...» «Ti dispiace! Dannazione, non mi hai neppure creduto! Sei il mio migliore amico e non hai creduto ad una sola parola che ho detto!» «Dirk!» «E poi sei andato a spifferare a tutti che sono una specie di idiota ubriacone...» «Non ho detto questo!» replicò Kris, che stava cominciando ad infuriarsi quanto Dirk. «Non è stato necessario! Lo hai sottinteso molto abilmente! E hai fornito a quel tuo caro zio altre munizioni da usare contro di me!» «Dirk, se ti stai comportando in modo strano, Kris ha ogni ragione di essere preoccupato per te. Kris, Dirk ha ragione, anch'io mi sono accorta che non gli credevi, senza neppure fare lo sforzo di leggerti dentro» intervenne Talia. Sapeva che avrebbe dovuto tacere, ma non riuscì a trattenersi. «E Dirk ha ragione anche sul conto di Orthallen.»
Entrambi si girarono verso di lei e le risposero praticamente all'unisono. «Non ho più bisogno di aiuto da parte tua, "Araldo della Regina"...» iniziò Dirk. «Talia, comincio ad essere davvero stanco di ascoltare i tuoi infantili sospetti sul conto di mio zio...» Talia sbiancò in volto per l'ira e per il dolore causatole dalle parole di entrambi. «Ottimo, allora...» ringhiò, serrando i pugni e dicendosi che per quanto lo desiderasse non doveva colpire quei due menti cocciuti. «Me ne lavo le mani di tutti e due! Per quel che mi interessa, potete andare entrambi all'inferno su una carrozza d'oro! Con i cuscini porpora!» Incapace di emettere un'altra parola coerente, girò quindi sui tacchi e si precipitò verso l'uscita più vicina, cessando di correre soltanto quando ebbe raggiuntò il Campo del Compagno e la spalla comprensiva di Rolan. «Guarda cos'hai combinato!» ringhiò Dirk, in tono trionfante. «Cosa ho combinato io?» esplose Kris, perdendo anche il poco di calma che ancora gli rimaneva, poi annaspò alla ricerca di parole adatte ad esprimere la sua ira. «Dèi, spero che tu sia soddisfatto... ora che sei riuscito a farla infuriare con tutti e due!» A dire la verità, una piccola e maligna parte del suo animo di cui Dirk non aveva mai sospettato l'esistenza era contenta che adesso se non altro i rapporti che entrambi avevano con Talia si fossero guastati in pari misura... ma lui non poteva certo ammetterlo. «Io? Tutto quello che io ho fatto è stato difendermi...» «Ne ho abbastanza di questa storia» lo interruppe Kris, in tono rabbioso. «Parlerò ancora con te di questo pasticcio soltanto se e quando deciderai di smetterla di comportarti come un dannato idiota e di ubriacarti ogni notte fino all'intontimento. Fino ad allora...» «Questo è un posto un po' troppo pubblico perché ti convenga cominciare a formulare minacce.» Kris trattenne a fatica una risposta rabbiosa che sapeva avrebbe definitivamente troncato ogni speranza di riconciliazione. «Troppo pubblico davvero» convenne, rigido, «mentre ciò che dobbiamo dirci è decisamente privato e dovrà aspettare che tu ti sia ravveduto.» «Ai tuoi ordini» replicò Dirk, con un piccolo e ironico inchino. Dal momento che non sembrava esserci una risposta a quelle parole, Kris si limitò ad annuire seccamente e si allontanò a grandi passi.
Dietro di lui, Dirk si ritrovò solo nel corridoio deserto, con le tempie che pulsavano per i postumi della sbornia e con la sensazione di essere stato abbondantemente insultato. Avrebbe voluto sentirsi nel giusto, ma invece si sentiva soltanto uno stupido. E terribilmente solo. Allorché Talia arrivò da lui per il consueto addestramento, Alberich aveva già sentito alcune voci riguardo al fatto che Dirk e Kris avevano litigato, quindi non rimase eccessivamente stupito nel vedere la ragazza presentarsi per l'allenamento con un'espressione tanto fredda e impassibile che avrebbe potuto essere stata intagliata nel legno. Anche fra i membri del Collegio, ben pochi avevano idea di quanto lui conoscesse l'Araldo della Regina e ne sapesse decifrare lo stato d'animo. Si era affezionato a Talia fin dal tempo in cui era ancora una sua allieva... così sola e così decisa a fare tutto alla perfezione: quella ragazza che cercava di rado di giustificarsi e non si arrendeva mai, neppure se sapeva di non avere possibilità di successo, gli aveva ricordato i tempi lontani del suo passato, quando lui era un giovane e idealista studente-cadetto di Karse. Talia aveva conquistato quindi subito la sua comprensione e la sua simpatia, anche se Alberich non glielo aveva mai lasciato intuire, perché badava bene a non tradire i propri sentimenti con i suoi studenti finché essi rimanevano tali. E dal momento che aveva un'idea abbastanza precisa di quali potevano essere i sentimenti di Talia riguardo a Kris e a Dirk, il Maestro d'Armi riteneva di sapere anche con una certa esattezza quale sarebbe stata la sua reazione alla loro lite. Quel pomeriggio, la lezione prevedeva che Talia si esercitasse da sola con il Maestro d'Armi, e lei cominciò subito ad attaccarlo fin dall'inizio con cieca furia; Alberich lasciò che si sfogasse per un po', badando a mantenere impassibile il proprio volto segnato, poi la colse alla sprovvista con una finta che non avrebbe ingannato neppure un principiante e la disarmò. «Basta così» disse quindi, mentre Talia si arrestava, pallida, svuotata e ansante per lo sfinimento. «Non ti ho forse ripetuto mille volte che si combatte con la ragione e non con l'ira? L'ira deve essere lasciata fuori della porta, perché è letale! Guarda come hai lasciato che ti sfinisse! Se questo fosse stato un duello reale, la tua ira avrebbe dimezzato il compito del tuo avversario.» «Maestro Alberich...» cominciò Talia, accasciando le spalle. «Basta, ho detto» la interruppe lui, poi raccolse da terra la spada di legno della ragazza e avanzò di tre passi silenziosi, posando una mano sulla spal-
la di Talia. «Dal momento che non ti è possibile lasciare l'ira fuori della porta, vuoi confidarmi di cosa si tratta?» Talia si arrese subito, lasciandosi spingere gentilmente verso le panche disposte intorno alla palestra e abbandonandosi con avvilimento su una di esse mentre Alberich prendeva posto accanto a lei. Dopo un lungo momento di silenzio, Talia espose quindi al Maestro d'Armi gli eventi di quella mattina, tenendo per lo più lo sguardo fisso su un raggio del tardo sole pomeridiano che cadeva sul liscio pavimento di legno. Nessun suono penetrava dall'esterno nella palestra, che odorava di polvere e di sudore, e per tutto il tempo Alberich rimase assolutamente immobile, con le mani incrociate sulla caviglia appoggiata sopra il ginocchio destro. Di tanto in tanto, Talia provò a lanciargli un'occhiata mentre parlava, ma non riuscì a decifrare il suo volto aspro e aquilino. Quando infine lei giunse alla conclusione del suo racconto, Alberich si riscosse appena e sollevò una mano per massaggiarsi il naso. «Voglio dirti una cosa che non ho mai confidato a nessuno» dichiarò, dopo una lunga pausa, battendosi pensosamente un dito sulle labbra. «Non mi sono mai fidato di Lord Orthallen... ed io ho servito Valdemar a lungo quanto lui.» «Ma...» cominciò Talia, sconcertata. «Vuoi sapere il perché? Si tratta di molte piccole cose. Recita in maniera troppo perfetta il ruolo di servitore dello stato, senza mai pretendere nessuna ricompensa. E quando un uomo non esige una ricompensa visibile, io comincio a cercarne una nascosta. Orthallen non si oppone mai apertamente al Circolo Araldico, ma se altri lo fanno è sempre dietro di loro, pronto a spingerli avanti, sia pure con estrema delicatezza. È amico di tutti... ma non è l'intimo amico di nessuno. Inoltre, non piace al mio Compagno.» «Neppure a Rolan.» «Io credo che questo sia un valido metro in base al quale valutare un uomo, e ritengo che i tuoi sospetti siano fondati: Orthallen sta cercando di minare l'influenza che tu hai su Selenay, e dal momento che ha fallito con un attacco diretto, adesso sta cercando di eliminare i tuoi amici per indebolirti dal punto di vista emotivo. Penso che sappia benissimo quanto ti fa male veder offendere il giovane Dirk.» Talia arrossì. «Comunque, tu sei più in grado di me di stabilire la verità delle mie affermazioni» proseguì Alberich, cambiando posizione sulla dura e consunta panca e tornando a poggiare la caviglia sul ginocchio. «La mia supposizio-
ne è che Orthallen sappia che Kris parteggia per te, e non potendo trovare il modo di indurlo a diventarti ostile, ha pensato di mettere invece in attrito quei due grandi amici, nella speranza che tu ti venissi a trovare presa in mezzo al loro conflitto personale.» «Io? Ma...» «Se lui vuole minare la tua autorità, questo è un modo indiretto per riuscirci» affermò Alberich in tono quieto, incrociando pensosamente le mani intorno ad un ginocchio. «Attaccare ad uno ad uno tutti quelli che ti sostengono fino a quando ciascuno di essi sarà tanto immerso nei propri guai da non poter sprecare tempo per aiutare te.» «Adesso capisco dove vuoi andare a parare. Orthallen mi sta privando di ogni sostegno in modo tale da farmi trovare sbilanciata: a quel punto gli basterà attendere di cogliermi in una posizione particolarmente delicata e assestarmi una piccola spinta. Senza nessuno a sostenermi o a consigliarmi, io finirò per vacillare o per cominciare a commettere errori. Inoltre, tutte le insinuazioni che ha continuato a sussurrare sul mio conto e sul fatto che non sarei all'altezza del mio compito sembrano nascere da qualcosa di più della diffidenza di un uomo anziano nei confronti di una persona giovane. Credevo però che tu non ti interessassi della politica di corte...» concluse Talia, sorridendo con calore al suo istruttore. «Ho sempre detto che è un gioco che non mi interessa, ma non ho mai affermato di non sapere come si giochi» ribatté lui, arricciando appena le labbra in un accenno di sorriso. «Bada però che non ho mai esposto a nessuno i miei sospetti perché sembravo essere il solo a nutrirne... e perché non intendevo dare a Lord Orthallen un motivo per puntare la sua attenzione su di me. Essere originario di Karse comporta già un numero sufficiente di difficoltà... senza che mi procuri anche nemici in posizioni altolocate.» Talia annuì con comprensione, ricordando che i primi anni nel Collegio erano stati duri anche per lei; non riusciva neppure ad immaginare quanto dovessero esserlo stati per qualcuno che proveniva dalla terra che costituiva il nemico tradizionale di Valdemar. «Io ritengo però che Orthallen abbia commesso un errore di calcolo che tornerà forse a suo danno» proseguì Alberich. «Infatti ha gravemente sottovalutato l'unità che esiste nel Circolo, oppure non riesce a comprenderla. Fra la gente della Corte, una lite come quella scoppiata fra Kris e Dirk provocherebbe un allontanamento definitivo fra gli interessati... e costituirebbe una sciagura per la donna coinvolta in essa!»
«So che prima o poi faranno la pace» sospirò Talia, «ma il Signore della Luce mi è testimone che non sono certa di poter reggere ai tuoni e ai fulmini emotivi che imperverseranno fino ad allora! Perché Ahrodie e Tantris non possono intervenire per sistemare le cose?» «E perché non intervieni tu?» controbatté Alberich. «Loro sono i nostri Compagni e amici, delinda, non i nostri sorveglianti: ci lasciano liberi di vivere come preferiamo e nessuno di noi accetterebbe con piacere una loro interferenza... certo, con ogni probabilità Ahrodie e Tantris sussurreranno qualche parolina nella mente dei loro Prescelti per spingerli sulla strada del buon senso, ma sai bene che non costringeranno nessuno dei due a fare qualcosa che non desidera.» «Se avessi un senso etico meno sviluppato li sistemerei io entrambi» sospirò ancora Talia, con malinconia. «Se avessi un senso etico meno sviluppato, non saresti stata Scelta» sottolineò Alberich. «Ora, visto che la tua ira se n'è andata, vogliamo riprendere ad esercitare il corpo e non la lingua?» «Ho qualche possibilità di scelta?» domandò Talia, alzandosi dalla panca. «No, delinda, non ne hai... quindi in guardia!» Elspeth si stava godendo uno dei suoi rari momenti di tranquillità quando incontrò Orthallen. La ragazza se la stava prendendo un po' comoda nel tornare al proprio alloggio a Palazzo per prepararsi a cenare con la Corte, una cosa che faceva una sera alla settimana... "per ricordare a tutti (aveva commentato lei stessa, in tono asciutto) che il regno ha ancora un'Erede". Giunta davanti ad una finestra spalancata al secondo piano dell'edificio, Elspeth indugiò a contemplare i giardini sottostanti con espressione distratta e malinconica, e non si accorse che nel corridoio c'era qualcun altro finché Orthallen non le posò una mano sul braccio. Elspeth sussultò e si ritrasse, sfiorando con una mano una daga nascosta, ma subito dopo si accorse di chi si trattava e si rilassò. «Cieli, Lord Zi... Lord Orthallen, mi hai fatto prendere uno spavento che mi costerà un anno di vita!» «Spero sinceramente di no» replicò lui. «Desidero però che tu continui a chiamarmi "Lord Zio", come stavi per fare. Di certo non vorrai cominciare a comportarti in maniera formale con me soltanto perché ti stai avvicinando alla conclusione dei tuoi studi!» «D'accordo, Lord Zio, visto che sei tu a chiedermelo. Bada però di ri-
cordarti di difendermi quando mia madre noterà la mia impudenza e mi rimprovererà!» sorrise Elspeth, appoggiandosi leggermente all'indietro contro l'intelaiatura della finestra. «Ora, vuoi dirmi cosa stavi guardando con aria tanto triste?» domandò con disinvoltura Orthallen, accostandosi alla finestra in modo da poter vedere fuori a sua volta. Sotto la finestra si allargava una porzione dei giardini del Palazzo, dove si scorgevano una mezza dozzina di coppie... composte da cortigiani o dai loro figli... i cui membri andavano dall'età di Elspeth ai vent'anni circa. I giovani presenti in giardino erano impegnati nel consueto genere di passatempi che ci si poteva aspettare da un gruppo di adolescenti che si trovassero in un luogo aperto e soleggiato in un giorno di primavera. Una coppia stava giocando a rincorrersi, una ragazza era impegnata a ricamare mentre il suo spasimante le leggeva un libro ad alta voce, due giovani donne erano intente a ridacchiare per l'esibizione di due ragazzi che stavano facendo l'asse di equilibrio sul bordo di una fontana, un giovane gentiluomo dormiva tranquillamente con la testa appoggiata sul grembo della sua dama e un paio di coppie passeggiavano mano nella mano. Elspeth sospirò. «Come mai non sei laggiù anche tu?» domandò Orthallen, in tono quieto. «Cieli, Lord Zio, dove troverei mai il tempo per farlo?» ribatté Elspeth, con impazienza e con una sfumatura di autocommiserazione. «Fra i corsi e tutto il resto... e poi non conosco nessun ragazzo, almeno non bene. Ecco, c'è Skif, ma è impegnato a dare la caccia a Nerissa, ed è ancora più vecchio di Talia.» «Non conosci nessun ragazzo... quando la metà dei giovani di Corte sta quasi morendo per il desiderio di parlare con te?» L'espressione incredula di Orthallen aveva una sfumatura ironica al tempo stesso scherzosa e amara, ma Elspeth era troppo abituata al suo modo di fare per accorgersene. «Ecco, se davvero stanno quasi morendo dal desiderio di parlarmi, nessuno me lo ha mai detto e nessuno si è mai preso la briga di presentarci.» «Se il problema è tutto qui, sarò lieto di provvedere io stesso alle presentazioni. Davvero, Elspeth, stai passando troppo tempo fra gli Araldi e gli studenti del Collegio Araldico. Gli Araldi costituiscono soltanto una piccola parte di Valdemar, mia cara, e tu devi imparare a conoscere meglio i membri della tua Corte, soprattutto quelli della tua età. Chi lo sa, un giorno potresti desiderare di scegliere un consorte fra loro, ma non puoi certo far-
lo se non li conosci.» «Su questo hai ragione, Lord Zio» convenne Elspeth, lanciando un'altra malinconica occhiata fuori della finestra. «Ma quando troverò il tempo per frequentarli?» «Di sera avrai certo un paio d'ore libere.» «Ecco... di solito sì.» «Hai già trovato la risposta al tuo problema.» «Lord Zio» sorrise Elspeth, «sei abile quasi quanto Talia nel risolvere i problemi degli altri!» Il momento successivo la sua espressione si rabbuiò leggermente e Orthallen inarcò un sopracciglio non appena se ne accorse. «C'è qualcosa che non va con Talia?» chiese. «Soltanto... che è una persona sola. So che mia madre ha bisogno di lei più di quanto ne abbia io... ma... vorrei poterle parlare come ero solita fare quando era ancora una studentessa. Adesso non ha più tempo da dedicarmi.» «Potresti parlare con me» suggerì Orthallen. «Inoltre, Talia deve fedeltà primariamente a tua madre, e potrebbe sentirsi obbligata a riferirle le tue confidenze.» Elspeth non replicò, ma quelle parole ebbero l'effetto di renderla molto pensosa. «In ogni caso, stavamo parlando di quei giovani gentiluomini così ansiosi di conoscerti. Ti andrebbe di incontrarne qualcuno stasera, dopo la cena? Per esempio in giardino, vicino alla fontana?» «Certo che mi piacerebbe!» esclamò Elspeth, con gli occhi che brillavano. «Allora» concluse Orthallen, con un profondo inchino, «sarà come tu comandi.» Per tutta la cena, Elspeth meditò su quella conversazione. Da un lato lei si fidava di Talia, ma dall'altro sapeva senza dubbio a chi andasse innanzitutto la sua lealtà, nel caso che si fossero creati dei conflitti. Non ci aveva mai pensato prima, ma l'idea che sua madre sapesse tutto quello che lei faceva la metteva a disagio, soprattutto in considerazione del fatto che Selenay non sembrava prendere molto sul serio il fatto che lei fosse ormai adulta. Elspeth era però cresciuta di parecchi centimetri durante il periodo di assenza di Talia... e con quei centimetri aveva anche acquisito curve femmi-
nili. Adesso si prendeva maggiormente cura del proprio aspetto e cominciava a trovare molto desiderabili occhiate come quelle che i giovani maschi del Collegio riservavano alle sue compagne più grandi; di recente, si era sorpresa ad osservare i giovani uomini del Collegio e della Corte con occhio meno infantile e più calcolatore, e a chiedersi come lei apparisse agli occhi di un estraneo... Prima della cena si era guardata nello specchio, cercando di valutare l'immagine riflessa in esso: una ragazza snella, più alta di Talia di mezza testa, con scuri capelli ondulati e vellutati occhi castani. Se doveva credere a certi commenti ricevuti, aveva il corpo di una giovane dea e l'aspetto di una persona più che pronta a conoscere meglio la vita. Sì, non c'erano dubbi che agli occhi di un estraneo lei dovesse apparire come una donna abbastanza matura per sposarsi o per avere un'avventura, di certo abbastanza matura per gli standard di Corte. Per lo meno, pensò con espressione cocciuta, questo era ciò che appariva a lei; e se sua madre non era a sua volta pronta ad accorgersi che lei era ormai cresciuta, forse c'erano modi più espliciti per farglielo capire. E potrebbe anche essere piuttosto eccitante... si disse, intravedendo Lord Orthallen in mezzo ad un gruppo di giovani gentiluomini decisamente affascinanti. CAPITOLO QUINTO Il tempo, che sembrava essersi messo definitivamente al bello, tornò a guastarsi, armonizzando così con l'umore di Talia, che in quel periodo non era dei migliori. La pioggia ricominciò a cadere, e con essa ripresero ad imperversare i malumori dei membri del Consiglio, per cui Talia si trovò di nuovo a dover dedicare il suo tempo alla soluzione delle liti personali nella stessa misura in cui lo dedicava a contribuire alla formulazione di decisioni valide. Stranamente, però, Orthallen questa volta la lasciò in pace, restandosene seduto alla sua estremità del tavolo del Consiglio come un grande gufo bianco e meditabondo, immerso in pensieri che non affioravano sul suo volto imperscrutabile. Quel suo modo di fare ebbe l'effetto di allarmare Talia, piuttosto che di rassicurarla, e lei cominciò a soppesare ogni parola che intendeva dire, esaminandola alla luce del modo in cui in seguito Orthallen sa ne sarebbe eventualmente potuto servire a suo danno. Dirk, dal canto suo, prese a trascorrere la metà del tempo aggirandosi di
soppiatto nelle vicinanze di Talia e l'altra metà fuori sotto la pioggia... ciascun atteggiamento frustrante quanto l'altro, perché così Talia non aveva modo di vederlo oppure lo vedeva in circostanze in cui non poteva avvicinarlo, in quanto ogni volta che lei tentava di raggiungerlo Dirk impallidiva e si guardava intorno con aria frenetica per poi dirigersi con la massima fretta possibile verso l'uscita più vicina. Il giovane sembrava avere un sesto senso che lo avvertiva dei tentativi di Talia di intrappolarlo, tanto che lei non riuscì a bloccarlo neppure nel suo alloggio: Dirk doveva averla vista arrivare oppure aver capito che si trattava di lei e aver deciso di fingere di essere fuori. Quanto a Kris, sembrava praticamente ibernato nella sua stanza, e Talia era decisa a non andarlo a cercare fino a quando lui non si fosse scusato per quello che le aveva detto. Di per sé, la loro lite era stata una cosa priva di importanza, ma Talia era nauseata di dover continuamente giustificare con Kris le sensazioni che avvertiva sul conto di suo zio; dopo la sua piccola chiacchierata con Alberich, inoltre, era certa come le accadeva di rado del fatto di essere assolutamente nel giusto sul conto di Orthallen e che Kris stesse sbagliando nel giudicarlo. Questa volta, era quindi decisa a tenere duro fino a quando lui non lo avesse riconosciuto. Nel frattempo, stava cercando di compensare il vuoto creato dall'assenza dei due amici tentando di essere dovunque nello stesso tempo. Agendo in questo modo, cominciava a trovarsi in arretrato con le ore di sonno, e tuttavia aveva la sensazione che ci fossero ancora molte cose che stava trascurando... mentre in effetti il lavoro era semplicemente troppo: Selenay le aveva chiesto di incaricarsi di parlare con i questuanti che provenivano dalle aree allagate, Devan aveva bisogno di lei per curare tre pazienti affetti da profonda depressione, e poi c'erano tutti quei litigi fra i Consiglieri. Fu quindi con profonda gratitudine che Talia notò i progressi nelle sedute di terapia con Destria, e di lì a poco l'arrivo di Vostel servì a coronare quel successo: la sua reazione alla vista di Destria fu di immediato ed evidente conforto per la donna, come le fu d'aiuto il fatto che lui considerasse le sue cicatrici alla stregua di altrettante medaglie al valore e fosse pronto a dichiararlo in termini più che espliciti. Come Rynee aveva immaginato, inoltre, Vostel si rivelò di immensa utilità anche riguardo alla terapia riabilitativa di Destria... perché era una cosa che aveva sperimentato personalmente. L'Araldo fu pronto ad incitarla quando esitava, a stimolare il suo coraggio quando esso minacciava di esaurirsi, a pungolarla quando s'incu-
piva, a tenerla stretta quando piangeva per il dolore. Il suo contributo risultò ben presto tale che il Talento di Talia divenne sempre meno necessario ad ogni giorno che passava. E fu un bene, perché al tempo stesso Selenay ne ebbe un bisogno sempre maggiore: una nuova crisi sembrava sempre pronta a spuntare come un'erbaccia ad ogni problema finalmente risolto, e Selenay cominciava a trovarsi a corto di risorse... e quando alcune delle sue decisioni finirono per risultare sbagliate... come prima o poi era inevitabile che accadesse... Talia si trovò costretta a fare il massimo ricorso al suo buon senso e al suo Talento. Un messaggero inzuppato e coperto di fango inviato dall'Araldo Patris venne introdotto alla presenza del Consiglio: quando era stata informata delle notizie che l'uomo portava, infatti, la Guardia di stanza alla porta l'aveva accompagnato dentro personalmente, interrompendo la riunione. «Maestà» disse l'uomo, con un'espressione indecifrabile che Talia trovò molto sconcertante e che generò in lei un notevole disagio, «l'Araldo Patris ti manda questa missiva per informarti che i fuorilegge non esistono più.» L'uomo porse quindi alla regina un messaggio sigillato, mentre tutt'intorno i Consiglieri esplodevano in applausi e congratulazioni, con la sola eccezione della sovrana e di Kyril, che dall'espressione del messaggero avevano intuito l'esistenza di qualche particolare che era stato finora taciuto. Selenay aprì il messaggio, lo lesse rapidamente e il suo volto si tinse progressivamente di un pallore mortale. «Dea...» mormorò, lasciando scivolare la pergamena dalle dita improvvisamente inerti, poi si nascose il volto fra le mani mentre Talia raccoglieva il messaggio e il tumulto gioioso scoppiato nella camera del Consiglio cedeva il posto ad un profondo silenzio. Pallida in volto quanto la sovrana, Talia cominciò quindi a leggere il cupo messaggio di Patris con voce tremante. «Siamo infine riusciti a intrappolare i briganti, ma quando finalmente li abbiamo messi con le spalle al muro le Guardie avevano ormai perso ogni controllo. Li abbiamo sorpresi nel loro campo, in una valle che è dominata dal Picco di Darkfell, ed è stato allora che i briganti hanno commesso l'errore di uccidere il messo inviato a parlamentare: a quel punto, le Guardie hanno deciso un attacco senza pietà. Erano impazzite... questo è il solo modo in cui posso descrivere il loro comportamento, in quanto non erano più uomini razionali ma folli assetati di sangue. Forse è dipeso dal fatto di
aver passato troppo tempo a dare la caccia ai fantasmi, o forse dal clima inclemente... non lo so, ma so che è stato orribile, e né io né chiunque altro abbiamo potuto dire o fare qualcosa per trattenere le Guardie, che si sono abbattute sull'accampamento ed hanno massacrato quei fuorilegge dal primo all'ultimo.» Talia trasse un profondo respiro, poi riprese la lettura. «E non hanno ucciso soltanto i fuorilegge; hanno passato a fil di spada ogni cosa vivente che si trovasse nell'accampamento, uomo, donna o animale. Quello però non è stato il peggiore degli orrori, per quanto si sia trattato di una cosa terribile. Fra i morti...» A quel punto la voce di Talia s'incrinò e Kyril le tolse di mano il messaggio, portando avanti la lettura in tono rauco e sommesso. «Fra i morti c'erano anche quei bambini che avevamo sperato di salvare. Erano morti... tutti, uccisi dai loro catturatori quando era diventato evidente che non avrebbero ottenuto nessuna pietà dalle Guardie.» I Consiglieri si fissarono a vicenda, sconvolti e sconcertati, e la regina scoppiò in pianto senza vergogna. Selenay si addossò la colpa dell'accaduto, per non aver provveduto a sostituire le compagnie di Guardie con truppe più fresche o per non aver mandato sul posto qualcuno capace di controllare gli uomini ormai stanchi indipendentemente dalla tensione a cui erano sottoposti. E pur costituendo la tragedia più grande, l'assassinio dei bambini non era l'unica connessa a quella vicenda, perché la strage aveva comportato la perdita di informazioni di importanza vitale in merito all'identità dei briganti ed aveva impedito di appurare se essi avessero o meno agito per ordine di persone che si trovavano al di fuori del regno. Selenay impiegò parecchi giorni per ritrovare almeno una parvenza di normalità, e per Talia l'unica benedizione in quella situazione disgraziata fu che Orthallen usò un po' di buon senso ed evitò di tornare all'attacco con le sue richieste di una maggiore autonomia locale; meglio così, perché la gente di Lady Kester cominciava ad avere i previsti problemi con i razziatori costieri e le truppe promesse dovevano essere mandate ad ovest. Prima però che i soldati potessero arrivare sul posto, l'Araldo Nathen rimase gravemente ferito nel guidare i pescatori in uno scontro contro un gruppo di razziatori schiavisti, e questo aprì un altro scrigno di problemi. Lo stesso Nathen rientrò poco tempo dopo alla capitale, sebbene i Guaritori avessero ribadito che non stava ancora abbastanza bene da poter viag-
giare. Nathen era un uomo dai lineamenti affilati, non vecchio ma non più giovane, con i capelli e gli occhi castani... un individuo del tutto comune se non fosse stato per l'intensità del suo sguardo e per l'ira che continuava a dargli energie anche adesso che non aveva altre fonti da cui attingerne. L'Araldo si presentò al cospetto del Consiglio fasciato in più punti e con un braccio legato contro il fianco per evitare che lo muovesse, ancora così debole fisicamente che fu costretto a sedersi mentre si esprimeva con voce che era appena un sussurro. «Signore, signori...» iniziò, «non ho osato affidare a nessun altro queste informazioni, perché i messaggeri possono essere aggrediti, i documenti rubati...» «Credo che tu stia esagerando, Araldo» intervenne con disinvoltura Gartheser. «Le tue ferite...» «Non sono tali da avermi indotto a scambiare ciò che ho sentito per un'allucinazione» lo interruppe Nathen, in tono secco, trovando nuove forze in un improvviso impeto d'ira. «Abbiamo catturato un prigioniero, signori del Consiglio, ed io l'ho interrogato di persona con il ricorso all'Incantesimo della Verità prima di essere ferito. I briganti sono al servizio di quegli schiavisti che credevamo di aver bandito!» «Cosa?» esclamò in tono soffocato Lady Cathan, accennando ad alzarsi in piedi per poi lasciarsi ricadere sulla sedia. «C'è di peggio. Gli schiavisti non stanno operando da soli: ho la confessione del mio prigioniero e prove scritte che testimoniano che gli schiavisti sono stati aiutati e incoraggiati da Lord Geoffrey di Helmscarp, Lord Nestor di Laverin, Lord Travis di Brengard e dai membri della Corporazione dei Mercanti Osten Deverai, Jerard Stonesmith, Petar Ringwright e Igan Horstfel.» Concluso il suo discorso, Nathen si lasciò ricadere contro lo schienale della sedia con gli occhi che ardevano d'ira, mentre i membri del Consiglio esplodevano in una serie di accuse e di controaccuse. «Come può essere successa una cosa del genere senza che tu lo sapessi, Cathan?» domandò Gartheser. «Per gli dèi, comincio a chiedermi quanto tu sia stata effettivamente zelante nello scompaginare quel precedente gruppo...» «La volta scorsa tu sei stato fra i primi ad accusarmi, Gartheser» ribatté Cathan, sprezzante, «ma ricordo che sei stato anche quello che ha insistito perché mi addossassi io tutto il lavoro sporco. Sono soltanto una donna, e non sono in grado di essere dovunque contemporaneamente.»
«Cathan, non riesco a capire come una cosa del genere possa esserti sfuggita» protestò Hyron. «I quattro membri della Corporazione citati da Nathen sono fra i più importanti.» «E gli altri tre sono nobili vassalli di Kester» aggiunse Wyrist, in tono sospettoso. «Mi piacerebbe sapere come hanno fatto loro a collaborare con gli schiavisti proprio sotto il suo naso.» «Piacerebbe anche a me, più di quanto tu immagini» scattò Lady Kester. La discussione si protrasse su questo tono, mentre Selenay cercava di fare da mediatrice fra i suoi Consiglieri e Talia si impegnava al massimo per provvedere al suo equilibrio mentale durante tutto il resto della riunione. Tutte quelle difficoltà fecero naturalmente sì che Talia non avesse tempo per pensare ai suoi problemi personali... in particolare alla frattura creatasi fra Dirk e Kris, e ai suoi rapporti con ciascuno dei due Araldi. L'esistenza di quella lite costituiva già di per sé un problema, e quasi ad aggiungere altra legna al fuoco, in quel periodo Rolan stava causando a Talia notevole disagio. Rolan era infatti lo stallone più vigoroso di tutta la mandria dei Compagni, e nel corso del periodo di apprendistato di Talia aveva avuto come unica compagnia un altro stallone... Tantris, il Compagno di Kris... per cui adesso stava compensando quella prolungata e forzata astinenza in maniera più che abbondante, e la giumenta che sceglieva più spesso era Ahrodie, il Compagno di Dirk. E Talia condivideva tutto ciò che succedeva... non poteva schermarsi, per quanto ci provasse. Non che se la sentisse di biasimare Rolan, considerato che Ahrodie era una partner dolce, attraente ed estremamente pronta a collaborare, come lei ben sapeva, dato che seguiva a livello empatico tutte le loro avventure amorose; ma subire quelle condivisioni due o tre volte alla settimana mentre lei moriva dal desiderio di essere con il Prescelto di Ahrodie... ecco, era sgradevole quanto una tortura vera e propria. D'altro canto, era evidente che Rolan non aveva idea dell'effetto che le sue avventure stavano avendo sulla sua Prescelta, e Talia non voleva rovinargli il divertimento facendoglielo capire. Così, cominciò a dormire ancora meno ogni notte... sia perché soffriva per i tormenti che Rolan involontariamente le infliggeva sia perché era oppressa da sogni in cui cercava disperatamente di aggiustare un oggetto indefinito ma di importanza vitale che però continuava a rompersi.
In quei giorni, Talia non ebbe modo di vedere Elspeth, tranne che alle esercitazioni di scherma con Alberich, qualche volta durante i pasti oppure di tanto in tanto quando andava a trovare Gwenna nel Campo del Compagno, e in quelle occasioni l'Erede le parve un po' distratta e timida, il che era peraltro normale in una ragazza della sua età... senza contare che Talia aveva già fin troppi guai per le mani. Di conseguenza, non si preoccupò per lei... finché un mattino non si rese conto con un senso di gelido presentimento che non vedeva Elspeth da parecchi giorni, neppure alle esercitazioni con Alberich. Poteva trattarsi di un caso, ma era comunque una situazione che andava corretta, quindi Talia andò a cercare la ragazza. La trovò nel giardino, un posto dove non era consueto che Elspeth trascorresse parte del suo tempo; l'Erede era però immersa nella lettura, quindi Talia si disse che forse aveva semplicemente deciso di avere voglia di prendere un po' di aria fresca. «Salve, micina» la salutò allegramente, e quando la testa di Elspeth si sollevò di scatto al suono della sua voce, aggiunse: «Stai aspettando qualcuno?» «No... no, è solo che mi sono stufata della Biblioteca» replicò Elspeth, e Talia si chiese se avesse soltanto immaginato la leggera esitazione che aveva preceduto quel diniego. «Senti, sei stata tanto impegnata che scommetto che non hai saputo dell'ultimo guaio in cui si è cacciata Tuli, e sono anche pronta a scommettere che hai proprio bisogno di farti una bella risata....» Con quelle parole, Elspeth si lanciò in una conversazione che riguardò sempre e soltanto i pettegolezzi che circolavano nel Collegio, poi si scusò adducendo degli incarichi da sbrigare prima che Talia potesse riassumere il controllo della situazione. L'incidente lasciò sconcertata Talia... e quando lei cominciò a cercare la ragazza con una certa regolarità, incidenti di quel genere continuarono a ripetersi. Talia iniziò allora a prendere nota degli specifici cambiamenti verificatisi nel comportamento di Elspeth: si era fatta riservata... il che non era da lei... e nel modo in cui evitava le sue domande c'era una sfumatura di colpa appena accennata. Talia tentò allora un approccio indiretto al problema ed iniziò un'indagine fra i compagni di corso e gli insegnanti dell'Erede... e ciò che scoprì ebbe l'effetto di allarmarla sul serio.
«Cieli» affermò Tuli, grattandosi la testa ricciuta, «non ho idea di dove sia. So soltanto che di solito scompare intorno a quest'ora della giornata.» «Uh-huh» confermò Gerond, annuendo con tanto vigore che Talia si aspettò quasi di vedere la testa che gli si staccava dal tronco. «Ultimamente, ha scambiato gli orari con me un paio di volte in modo da poter avere un'ora libera... e lei detesta lavare i pavimenti! C'è qualcosa che non va?» «No, è solo che oggi ho avuto qualche difficoltà a trovarla» rispose Talia, badando ad assumere un tono noncurante. Ma era preoccupata: quei due erano gli amici più intimi che Elspeth avesse fra i suoi compagni di corso, e le loro parole avevano soltanto confermato ciò che Talia cominciava ormai a temere: nelle giornate di Elspeth c'era un vuoto di circa un'ora o due in cui lei scompariva... e nessuno aveva la minima idea di dove andasse in quei periodi di tempo. Talia si disse che era giunto il momento di controllare un'altra delle sue fonti d'informazione... la servitù del Palazzo. Talia era appollaiata su uno sgabello, vicino al focolare spento, nella Sala della Servitù, perché aveva preferito andare lei dai suoi amici... parecchi fra i servitori erano infatti suoi amici fin dall'epoca in cui era ancora una studentessa... piuttosto che destare l'attenzione generale convocandoli presso di sé. Seduti intorno a lei c'erano sei o sette fra i servi che aveva rilevato essere più osservatori e più degni di fiducia: due di essi, una cameriera chiamata Elise e uno stalliere di nome Ralf, avevano denunciato i colpevoli quando un gruppo di "Azzurri" (studenti non affiliati ad uno specifico Collegio) aveva cercato di assassinare Talia qualche anno prima, aggredendola e gettandola nel fiume ghiacciato. Elise aveva visto parecchi fra gli aggressori rientrare sporchi di fango e la cosa le era parsa strana, mentre in precedenza Ralf aveva notato il gruppo al completo che attendeva vicino alle stalle. Entrambi avevano riferito ad Elcarth ciò che avevano visto non appena si era saputo dell'attentato contro la vita di Talia. «Dunque» esordì la ragazza. «Ho un problema. Ogni giorno, verso la metà del pomeriggio, Elspeth va da qualche parte, ma non riesco a scoprire dove o perché. La mia speranza è che qualcuno di voi lo sappia.» Dalle occhiate che i servitori si scambiarono, Talia comprese di aver finalmente trovato la risposta che le serviva. «Lei... questo deve restare fra noi, giovane Talia... frequenta gli amici di Lord Joselin Corby» rispose Jan, un giardiniere che era uno dei più anziani fra i presenti. Per lui, Talia sarebbe sempre stata giovane. «E quei ragazzi
non sono migliori di un gruppo di furfanti.» «Furfanti!» sbuffò Elise. «Se non fosse per i loro genitori altolocati li avrebbero già rispediti a casa da tempo, considerato come mettono le mani addosso ad ogni ragazza che riescono a sorprendere da sola.» Usando il termine "ragazza", Elise aveva inteso riferirsi alle serve, perché se avesse invece voluto affermare che quei giovani infastidivano le altre donne della Corte avrebbe parlato di "dame". Non che quella differenza fosse molto confortante... significava soltanto che i giovani nobili riservavano le loro sgradite attenzioni alle donne che non osavano poi protestare eccessivamente. «Si dice» aggiunse un'altra cameriera, «che quando sono a casa loro non si limitino a questo.» «E cosa fanno?» domandò Talia. «Sapete che non lo riferirò a nessuno.» «Ecco... bada bene, sono soltanto voci, ma voci che ho sentito dalla loro stessa gente... quei ragazzi sono decisamente pericolosi.» A quanto pareva, oltre ad imporre le proprie attenzioni alle serve delle rispettive tenute, i cosiddetti "amici di Corby" giocavano anche scherzi che non avevano nulla di divertente: tagliare la cinghia di una sella prima di una caccia movimentata, infatti, non era una cosa definibile uno scherzo... non quando per poco non era costata la vita a qualcuno. E alcuni di quegli adolescenti erano i fratelli e le sorelle più giovani dei membri del gruppetto che aveva cercato di assassinare Talia. Fino a quel momento, però... almeno per quanto ne sapevano i servitori... Elspeth non aveva partecipato a nessuna delle loro bravate: a quanto pareva, era soltanto oggetto di un elaborato corteggiamento, una situazione che le era nuova e che lei trovava molto piacevole. D'altro canto era sempre possibile che da un momento all'altro quei ragazzi la coinvolgessero in qualche azione scandalosa e se ne servissero poi per ricattarla e legarla maggiormente a loro. Finora Elspeth era probabilmente stata protetta dal proprio buon senso, ma ciò che preoccupava Talia era che il buon senso potesse prima o poi rivelarsi una protezione insufficiente. La situazione richiedeva misure decise. Dapprima, Talia tentò di sorvegliare la ragazza, ma Elspeth si rivelò molto abile nello schivarla, ed anche un tentativo di decifrare i suoi pensieri con un sondaggio superficiale si concluse con un fallimento, perché Elspeth aveva schermi tanto solidi che per scorgere qualcosa Talia avrebbe dovuto penetrare nella sua mente con la forza.
Consapevole di dover comunque iniziare da qualche parte a districare i suoi problemi, se non voleva che fra tutti e tre Elspeth, Dirk e Kris riuscissero a farla impazzire, Talia decise infine che avrebbe cominciato innanzitutto occupandosi del problema costituito da Dirk, perché era il più facile da affrontare... e dal momento che il giovane e Kris continuavano a non rivolgersi la parola, pensò che il modo migliore per procedere fosse tramite il proprio fratello di sangue, Skif. «Sono sconcertato quanto te, sorellina» confessò Skif, passandosi nervosamente una mano fra i mossi capelli bruni. «Non ho la minima idea del perché Dirk si stia comportando in maniera così idiota.» «Per il Signore e la Signora» gemette Talia, massaggiandosi una tempia e lasciandosi cadere su una vecchia poltrona nella camera dell'amico, «la mia speranza era che lui avesse detto qualcosa a te... anzi, eri la mia ultima speranza! Se non chiarisco al più presto questa storia, credo che finirò per diventare pazza.» Allorché aveva infine rinunciato a risolvere da sola il problema costituito da Dirk e si era rivolta a Skif, questi l'aveva invitata nella propria camera. Da quando erano entrambi diventati Araldi a pieno titolo, Skif era andato a trovarla in camera in un paio di occasioni, ma quella era la prima volta che Talia andava da lui, e la sua impressione fu che la stanza rispecchiasse il carattere di Skif, così ordinata, piena di un assortimento di armi e di un mucchio di libri. Di recente, Talia aveva avuto ben poco tempo per tenere in ordine il proprio alloggio, e quello dell'amico le apparve come un rifugio dal caos che regnava nel suo; la finestra era una sola, ma si affacciava sul Campo del Compagno, che costituiva sempre un panorama rilassante. «Cominciamo dalle cose più importanti... e da questo vostro legame» decise Skif. «Kris aveva ragione, si tratta di un legame a vita... e lo avverte anche lui, su questo non ho il minimo dubbio, perché lo capisco dal modo in cui ti guarda.» «Mi guarda? Quando? Io non lo vedo praticamente più! Da quando ha litigato con me e con Kris, Dirk trascorre la maggior parte del suo tempo fuori in mezzo al fango.» «Tranne che all'ora dei pasti... ogni volta che tu mangi insieme a noi al Collegio, lui passa talmente tanto tempo a guardarti che praticamente si dimentica del cibo. Credo inoltre che conosca a memoria i tuoi orari, perché se è probabile che tu possa passare sotto una determinata finestra, lui trova una scusa per essere da quelle parti al momento giusto.» Mentre par-
lava, Skif stava passeggiando con fare irrequieto per la stanza, con le braccia conserte. «Si sta logorando sempre di più, ed è per questo che ti ho voluto parlare qui in privato.» «Non ho idea di come poter aiutare un uomo che non mi permette di avvicinarmi a lui.» «Oh, grandioso!» «Si comporta come se fossi un'appestata: ho tentato di parlargli da solo, ma non me lo ha reso possibile. E tutto questo è successo prima del pasticcio della sua discussione con Kris: adesso le cose sono ancora peggiorate.» «Cieli, che guaio» commentò Skif, scuotendo il capo. «A me non ha detto niente, e non riesco ad immaginare perché si stia comportando in questo modo. Adesso però sono stufo e so che anche tu sei al limite delle tue risorse, quindi ritengo che sia giunto il momento di portare tutta questa faccenda alla luce del sole. Dal momento che Dirk non vuole parlare con te, troverò il modo di garantire che lo faccia con me, non appena mi riuscirà di bloccarlo da qualche parte, a costo di sorprenderlo mentre fa il bagno e di rubargli i vestiti! Sistemerò le cose fra lui e Kris e fra lui e te anche se per riuscirci vi dovrò legare tutti e tre insieme!» Nessuno dei due aveva però fatto i conti con i capricci del Fato. Da circa una settimana, Dirk stava lottando con quella che riteneva essere una leggera infreddatura... una delle molte versioni del malanno stagionale che stava attualmente decimando e costringendo a letto tanto i membri del Collegio quanto quelli della Corte... ma si rifiutava perversamente di fare qualcosa al riguardo, continuando ad esporsi al tempo inclemente che imperversava all'esterno per evitare di trovarsi in compagnia di Talia o di Kris. In un certo modo bizzarro, non gli importava di stare male, perché concentrarsi sui sintomi che lo affliggevano gli evitava di pensare tanto a lei quanto a lui, e di conseguenza il disagio fisico si trasformava in un sollievo dal tormento emotivo. Così, persistette nell'andare e venire sotto la pioggia gelida, giorno dopo giorno, inzuppandosi spesso da capo a piedi senza però prendere nessuna misura protettiva tranne quella di cambiarsi. E intanto, insieme all'infreddatura, l'incessante tensione emotiva continuò a logorarlo in misura sempre crescente e maggiore di quanto chiunque... lui compreso... realizzasse. Si era giunti alla metà della settimana, e Talia stava cenando al Collegio, anziché a Corte, tenendo costantemente d'occhio Dirk senza parere e spe-
rando che Skif riuscisse presto ad adempiere alla promessa fatta. La ragazza era preoccupata... molto preoccupata, perché Dirk era pallido fino agli orecchi, continuava a massaggiarsi la testa come se gli dolesse e rabbrividiva spesso nonostante la temperatura confortevole che regnava nella sala comune; inoltre, sembrava incapace di concentrarsi su quello che gli altri dicevano e non riusciva a pronunciare due parole di fila senza essere assalito da un accesso di tosse. Da dove si trovava, Talia poteva vedere che anche Kris stava osservando l'amico, e che appariva preoccupato quanto lei. Per qualche tempo, Kris continuò a giocherellare con il cibo, rigirandolo nel piatto senza mangiare quasi nulla, poi parve infine giungere ad una decisione e farsi visibilmente forza prima di alzarsi per andare a sedersi accanto a Dirk. Preso posto vicino all'amico, Kris cominciò a dirgli qualcosa, a cui Dirk rispose scuotendo il capo; un momento più tardi il giovane accennò ad alzarsi in piedi... e Kris fece appena in tempo a sorreggerlo prima che si accasciasse al suolo. Kris aveva deciso che ne aveva abbastanza e che non poteva più restare a guardare mentre il suo più caro amico si autodistruggeva... senza contare che nelle ultime due settimane era giunto a parecchie e sgradevoli conclusioni. Così, a cena si alzò e si andò a sedere accanto a Dirk prima che l'amico si accorgesse della sua presenza nella sala comune, affrettandosi a dire ciò che doveva per non dare all'altro il tempo di sfuggirgli. «Ho avuto torto. Ho avuto torto a fidarmi tanto di mio zio, torto a dubitare di te e torto a dire qualsiasi cosa riguardo a te e alla tua vita privata. Ti chiedo scusa. Vuoi perdonarmi oppure mi devo buttare giù dai bastioni per la disperazione?» Dirk sussultò leggermente quando Kris cominciò a parlargli all'orecchio, ma non si ritrasse; ascoltò il suo discorsetto con un misto di sollievo e di sconcerto e scosse il capo in risposta alla battuta conclusiva dell'amico, poi si alzò in piedi... E la stanza cominciò a svanire davanti ai suoi occhi, mentre le gambe cedevano improvvisamente sotto il suo peso. Kris si affrettò a sorreggerlo e una mezza dozzina di istruttori e di Araldi si precipitarono in suo soccorso, adagiandolo di nuovo a sedere sulla panca
e ignorando le sue deboli proteste. «Ho... ho avuto soltanto un momento di capogiro» tentò di dire Dirk, tossendo violentemente, poi la tosse gli impedì di aggiungere altro e lui si piegò in avanti quasi rantolando e facendo molta fatica a respirare. «Un accidente!» replicò Teren, posandogli una mano sulla fronte. «Scotti come il fuoco, quindi ora andrai dai Guaritori, e non voglio sentire altre stupide proteste da parte tua.» Prima che Dirk potesse racimolare il fiato necessario per formulare un'obiezione, Teren si passò il suo braccio destro intorno alle spalle, mentre Kris faceva lo stesso con il sinistro, e gli altri Araldi li circondarono e li scortarono fino alla porta, in modo da togliere a Dirk qualsiasi possibilità di fuga. Quando finalmente arrivarono a destinazione, il respiro di Dirk si era fatto sibilante e non esistevano più dubbi in merito alla natura del suo male: i Guaritori lo isolarono e mandarono via tutti gli altri, ai quali rimase ben poco da fare se non attendere notizie. Allorché Dirk era crollato, Talia si era fatta cinerea in volto e non era più riuscita a mangiare un solo boccone, aspettando con ansia il ritorno di Kris. Alla fine questi era riapparso, ma era stato subito circondato dai presenti, che insistevano per sapere quale fosse il verdetto dei Guaritori. «Mi hanno detto che ha la polmonite e che le sue condizioni peggioreranno prima di cominciare a migliorare» spiegò Kris, la cui voce arrivò nitida dalla soglia fino alla panca su cui era seduta Talia. «Non intendono permettere a nessuno di vederlo, almeno per un paio di giorni.» A quelle parole Talia emise un piccolo verso simile ad un singhiozzo soffocato e si affrettò ad alzarsi in piedi, allontanandosi alla cieca dal tavolo. Il capannello di persone che circondava Kris bloccava la porta più vicina a lei, e Talia inciampò un paio di volte nelle panche prima di riuscire a raggiungere quella opposta; non appena fu fuori della sala, si lanciò di corsa lungo i corridoi del Collegio e oltre le porte doppie che davano accesso all'Ala degli Araldi, continuando a correre su per la scala buia che portava alla sua stanza. Una volta arrivata al suo alloggio, spalancò la porta e si gettò sul divano della stanza più esterna, scoppiando in un pianto pervaso da una disperazione intensa quanto quella che aveva provato in quel terribile momento, alla Stazione di Sosta. Nella frenesia della sua fuga, non si era chiusa la porta alle spalle, e in
quel momento non era certo in condizione di prestare molta attenzione ai suoni che la circondavano; si accorse quindi di non essere sola soltanto quando avvertì che qualcuno le si era seduto accanto, e in qualche modo comprese senza neppure guardare che si trattava di Keren e di Sherrill. «Piccolo centauro, tesoro, cosa ti succede?» domandò Keren, scivolando nell'uso del suo dialetto natale, come faceva soltanto in momenti rarissimi e di profonda intimità, per lo più con il suo gemello o con la sua compagna. Le sue parole infransero il poco controllo ancora rimasto a Talia, che si abbandonò con gratitudine fra le braccia della donna, piangendo amaramente sulla sua spalla. «Tutto è andato storto!» singhiozzò. «Elspeth non mi parla più, e so che sta combinando qualcosa che vuole tenere nascosto tanto a me quanto a Selenay... ma non riesco a scoprire di cosa si tratti. E poi ci sono Dirk e Kris... abbiamo litigato e adesso neppure loro mi parlano più, e... ed ora Dirk è malato ed io non posso sopportarlo! Oh, dèi, sono un totale fallimento!» Saggiamente, Keren non disse nulla e attese che le parole isteriche e il pianto violento si esaurissero da soli, mentre Sherrill si aggirava in silenzio per la stanza, chiudendo la porta e accendendo le candele per disperdere il buio sempre più fitto, per poi sedersi in silenzio ai piedi di Keren. «Per il problema di Elspeth non riesco ad immaginare una soluzione» osservò pensosamente l'istruttrice di equitazione, quando Talia si fu calmata abbastanza da ascoltarla. «Se però stesse succedendo qualcosa di veramente grave, la sua Gwenna si rivolgerebbe a Rolan... e tu ne saresti informata.» «Non ci avevo pensato» ammise Talia, sollevando lo sguardo su Keren con espressione attonita per la propria stupidità. «E perché avresti dovuto? Prima d'ora Elspeth non ti ha mai dato motivo di preoccupazione» ribatté Keren, quasi sorridendo. «Non sto pensando con molta chiarezza. No, non è vero... non sto pensando affatto. È sbagliato da parte mia ma... Keren, non so per quanto tempo ancora riuscirò a sopportare questo mio problema con Dirk senza andare in pezzi. A volte desidero talmente essere con lui che mi sembra che morire sarebbe meno doloroso!» «Allora si tratta di un legame a vita, vero?» sospirò Keren. «E con Dirk... dèi, che groviglio! Bene, se non altro questo spiega la sua follia: soltanto la Signora sa quali strane idee quel ragazzo si sia messo in testa, e
senza dubbio la cosa lo ha stravolto.» «Noi sappiamo come una cosa del genere possa diventare... un'agonia» affermò Sherrill, abbandonando il suo posto ai piedi di Keren per sedere dall'altro lato rispetto a Talia, passandole un braccio intorno alla vita. «È una cosa infernale, sentirsi tormentare interiormente da una sensazione che non può essere negata e che non si lascia trasformare in niente altro. C'è qualcuno che ti sta aiutando a districare questo pasticcio?» Keren accolse il cenno di assenso di Talia con una smorfia dubbiosa. «Non vedo proprio in che modo ti si possa aiutare, piccolo centauro. In primo luogo, bisogna indurre Dirk e Kris a tornare amici, e poi spingere Dirk a chiarirsi le idee al tuo riguardo. Per quanto concerne il primo problema, sembra lecito sperare che si sia già risolto, ma quanto al secondo... la mia supposizione è che in qualche modo Dirk abbia finito per confondersi le idee e per cacciarsi in un circolo vizioso. Il tempo è quello che ci vuole, cara. Dagli tempo.» «Se soltanto riuscirò a resistere ancora per un po'...» replicò Talia, rilassandosi con uno sforzo mentre Keren e Sherrill la avviluppavano per lunghi momenti in un cerchio di amore e di conforto. «Sai che ti comprendiamo, cara» affermò infine Sherrill. «Chi potrebbe farlo meglio di noi? Ma ora cambiamo argomento, perché siamo decise a vederti sorridere di nuovo.» Da quel momento lei e Keren fecero a turno per raccontare a Talia gli aneddoti più divertenti che riuscirono a ricordare... per lo più eventi che si erano verificati al Collegio durante il suo anno e mezzo di assenza, tutti indubbiamente poco dignitosi e parecchi addirittura diffamatori. Talia desiderò ardentemente di essere stata presente per vedere con i suoi occhi il distaccato e grave Kyril che si risollevava da una caduta nella vasca dei pesci rossi, con un'alga che gli pendeva da un orecchio, e fra tutte e due ben presto Keren e Sherrill riuscirono a farla ridere di nuovo, liberandola almeno in parte dalla tensione. Alla fine, Keren rivolse un cenno del capo alla sua compagna e strinse Talia in un abbraccio confortante. «Credo che ormai ti abbiamo rallegrata abbastanza da permetterti di sopravvivere alla nottata, cara» osservò. «È così?» «Penso di sì» replicò Talia. «Allora rimanda a domani tutte le preoccupazioni e concediti una buona e lunga notte di sonno» consigliò Keren, poi lei e Sherrill se ne andarono in silenzio com'erano giunte.
Rimasta sola, Talia passò nella camera da letto e si tolse l'uniforme per sostituirla con la camicia da notte, ma poi cambiò idea e si infilò invece una lunga e comoda tunica, sistemandosi sul divano con un libro; dovette però assopirsi senza accorgersene, perché quando riaprì gli occhi trovò accanto a sé Kris che le stava scuotendo appena un braccio per svegliarla, e si accorse che le candele si erano consumate quasi del tutto nei candelieri. Il giovane era di certo l'ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere lì. «Kris!» esclamò con gioia, ma un momento più tardi il timore prese il posto della contentezza. «Dirk è... peggiorato?» chiese, sentendosi impallidire. «No, uccellino, non è peggiorato. Sono appena stato a trovarlo: adesso dorme e i Guaritori affermano che si rimetterà entro un paio di settimane. Siamo di nuovo amici... volevo che tu lo sapessi, e volevo anche fare la pace con te.» «Oh, Kris... io... non mi sono mai sentita tanto infelice in tutta la mia vita» confessò Talia. «Ero così furente con te che ho giurato che non ti avrei più parlato finché non fossi venuto a scusarti, ma il mio orgoglio non vale tanto da rovinare per esso la nostra amicizia.» L'espressione di lui si ammorbidì un poco, e Talia si accorse che Kris si era irrigidito per il timore nell'attendere la sua risposta. «Neppure io mi sono mai sentito tanto infelice, uccellino, e non mi sono mai sentito così idiota.» «Non sei un idiota. Tuo zio è...» «Mio zio è... diverso da come credevo» la interruppe lui. «Ti devo chiedere scusa, come l'ho chiesta a Dirk. Mi sbagliavo riguardo a mio zio. Non so con certezza per quale motivo lo stia facendo, ma so che sta cercando di indebolire la tua posizione. E sta tentando di strapparmi informazioni sul tuo conto. Io stesso ho estorto tante volte notizie ad altri con i suoi stessi mezzi indiretti che mi sarei dovuto accorgere di quello che lui stava facendo con me... ma me ne sono reso conto soltanto di recente, perché è diventato un po' troppo impaziente e non si è coperto bene le spalle. Spero» proseguì con espressione sempre più turbata, «che quello che ha fatto a Dirk non sia stato intenzionale, ma temo di non poterne più essere certo. Vorrei proprio sapere qual è il suo gioco. In questo momento, se dovessi azzardare una supposizione al riguardo, direi che vuole riguadagnare la posizione di più intimo consigliere di Selenay, e che al tempo stesso vuole creare in
me una certa disaffezione nei confronti degli Araldi, in modo che la mia lealtà nei riguardi della famiglia sia leggermente maggiore di quella nei riguardi del Circolo. Avevi ragione tu, ed io avevo torto.» «Mi... quasi mi dispiace di sentirtelo dire» replicò Talia, scrutando l'espressione contrita di lui, mentre la tenue brezza che entrava dalla finestra aperta alle sue spalle faceva tremolare la luce delle candele e agitava un poco i capelli neri del giovane. «Cosa ti ha indotto a cambiare idea in questo modo?» «Soprattutto il fatto che dopo la lite mio zio ha tentato con troppa insistenza di spremermi informazioni su di te ed ha avanzato troppi commenti offensivi sul conto di Dirk. Avevi ragione in merito al fatto che mio zio ha del risentimento nei tuoi confronti, anche se non riesco ad immaginarne il motivo, e penso che si sia servito di quell'incidente delle pergamene per colpire te attraverso Dirk... ed ha poi colto l'occasione per creare una frattura anche fra Dirk e me. Posso soltanto sperare che l'incidente in se stesso non sia stato opera sua.» Talia fu quasi sul punto di asserire con rabbia che la questione della pergamena non era stata un incidente e che Orthallen aveva organizzato tutta la cosa, ma poi decise di tacere: adesso Kris era in uno stato d'animo ricettivo, ma il modo più rapido per riportarlo alla precedente cocciutaggine sarebbe stato proprio quello di avanzare ulteriori accuse. «Devo ammettere che sono preda di sentimenti contrastanti, perché se da un lato sono lieta che finalmente cominci a pensarla come me, dall'altro mi dispiace che tu abbia perduto la fiducia che nutrivi in tuo zio.» «Non dispiacerti, perché non sei tu ad avere dei problemi ora, ma lui.» «Bene, questa è la prima volta da settimane che qualcosa va per il verso giusto, Kris. Sono felice che siamo di nuovo amici.» Lui si lasciò cadere con scioltezza a terra accanto al divano. «Lo sono anch'io, perché mi sono mancate le nostre conversazioni. Quanto al fatto che le cose non stessero andando bene... non sono del tutto d'accordo con te» commentò con un sorriso ironico. «Il consiglio che mi hai dato sul conto di Nessa ha funzionato alla perfezione.» «Avevo intenzione di chiederti come fosse finita quella faccenda» affermò Talia, felice che entrambi stessero ritrovando il disinvolto affiatamento di un tempo e di avere la sua compagnia. «Mi ero accorta che in questi giorni sembra essere lanciata all'inseguimento di Skif.» Kris sospirò ed assunse una finta espressione di abbattimento. «Una volta che mi ha avuto alla sua mercé, Nessa mi ha subito abbando-
nato per andare in cerca di altre conquiste. Oh, la perfidia delle donne! Non imparerò dunque mai? Il mio cuore è infranto per sempre.» «Questa è la prima volta che sento dire che "per sempre" è un lasso di tempo equivalente a quello che un uovo impiega a bollire» commentò Talia, in tono asciutto. «Oh, ti assicuro che equivale ad un tempo ancora più breve. Ho avuto l'occasione di sussurrare a Skif un paio di paroline sul conto dell'affascinante Nessa. Ora, si dà il caso che lui apprezzi molto le notevoli grazie di quella ragazza, e adesso che sa quali siano i mezzi per conservare la sua attenzione... e cioè apparire difficile da conquistare... può darsi benissimo che da cacciatrice Nessa si venga a trovare nel ruolo di preda.» «Proprio come ha detto quel vecchio a proposito di della coppia che si è unita a Fivetree... ricordi?» Kris contrasse il volto fino ad imitare abbastanza quello del vecchio, distorto dagli anni. «Il Signore ti aiuti, Araldo» gracchiò. «Se le ha dato la caccia? Certo che lo ha fatto: le ha dato la caccia fino a quando lei lo ha preso al laccio.» «Abbiamo passato dei bei momenti laggiù, vero?» sorrise Talia, con aria malinconica. «Ce ne saranno altri. Non ti preoccupare, uccellino, penserò io a rimettere a posto questo pasticcio non appena i Guaritori mi permetteranno di parlare con Dirk. Sai, questa sua malattia potrebbe rivelarsi una benedizione sotto false spoglie, perché adesso lui non avrà modo di evitarmi o di escogitare qualcosa di urgente che richieda la sua attenzione, e c'è da sperare che creda alle cose che intendo dirgli.» Kris si alzò infine per andarsene e Talia gli sfiorò con gentilezza una mano. «Rincuorati, uccellino, le cose miglioreranno. Nel peggiore dei casi, potrò sempre rifilare a Dirk un filtro d'amore, mescolandolo alle sue medicine» sorrise il giovane, avviandosi poi con passo rapido e leggero lungo le scale. Alle sue spalle Talia scoppiò a ridere, sentendosi molto più sollevata, e si alzò dal divano, posando il libro sul tavolino adiacente ad esso; lentamente, fece il giro della stanza e spense tutte le candele, poi andò finalmente a letto con la mente assai più serena. Talia iniziò la giornata successiva sentendosi molto più ottimista... e molto più pronta ad affrontare di petto i problemi che l'attendevano. E dal
momento che Dirk era per ora fuori della sua portata, la cosa più logica era occuparsi del problema costituito da Elspeth. Talia era decisa ad affrontare Elspeth e a chiederle ragione del suo comportamento, ma una riunione del Consiglio e impegni di corte la tennero occupata per la maggior parte della giornata e pochi secondi di ritardo le impedirono d'incontrarsi con la ragazza durante l'allenamento in palestra. Alla fine, riuscì a rintracciarla a cena... ma di nuovo Elspeth trovò il modo di evitarla, e questa volta Talia non ebbe il minimo dubbio che non si trattasse di un caso ma di una cosa fatta di proposito. La preoccupazione di Talia andò crescendo, perché l'istinto l'avvertiva che la situazione stava per arrivare ad una svolta determinante. Abbassati i propri schermi, si sforzò invano di localizzare la ragazza, e in quel momento avvertì un'inconfondibile e urgente convocazione da parte di Rolan. Con il cuore oppresso da un triste presentimento, lasciò allora il Collegio e raggiunse di corsa il Campo del Compagno; quando arrivò allo steccato, ciò che vide confermò i suoi peggiori timori, perché il Compagno di Elspeth, Gwenna, la stava aspettando insieme a Rolan, entrambi gli animali simili a statue di marmo sotto la luce della luna. Le immagini che lei ricevette da tutti e due, e soprattutto da Gwenna, furono indistinte e caotiche, anche se in esse affiorava chiara l'ansia di Gwenna. Talia posò una mano sul collo di ciascun Compagno e si concentrò nello sforzo di ricavare qualche immagine chiara e nitida, fino ad ottenerne alcune... al cui centro c'era Orthallen, insieme ad un giovane cortigiano che era una sua creatura, uno dei cosiddetti "amici di Corby"... ed entrambi stavano complottando per far cadere in disgrazia Elspeth! Senza un momento di esitazione, Talia balzò sulla groppa di Rolan, che si lanciò al galoppo verso lo steccato che separava il Campo dal granaio e dalle stalle riservate ai cavalli comuni, con Gwenna che gli correva accanto. I due animali saltarono lo steccato come un paio di grandi uccelli bianchi e puntarono dritti verso il fienile, dove Talia scese a terra senza neppure attendere che Rolan si fosse fermato del tutto. Mentre spiccava la corsa verso il granaio, sentì all'interno una giovane voce maschile che mormorava qualcosa nel buio, e un momento più tardi spalancò di scatto le grandi porte, facendo appello ad una forza che non sapeva di possedere. La luce della luna si riversò sulla coppia e Talia vide con sollievo che le cose non avevano ancora avuto modo di spingersi troppo oltre fra Elspeth e il suo aspirante amante, che rimase decisamente scosso dall'improvvisa
apparizione di Talia. Quanto ad Elspeth, se anche condivideva lo stato d'animo del compagno, non lo diede a vedere: «Che cosa vuoi tu qui?» chiese in tono secco, rifiutando con orgoglio di richiudere il giustacuore parzialmente slacciato. «Ti voglio impedire di ripetere l'errore commesso da tua madre» ribatté Talia, con pari freddezza. «L'errore di credere che dietro un mucchio di belle parole si celi una mente elevata e che ad un volto attraente si accompagni sempre un nobile cuore. Questo giovane damerino ha in mente ben poco se non l'intenzione di metterti in posizione tale da obbligarti a prenderlo come consorte per evitare di coprire di vergogna te stessa, tua madre e il regno.» «Ti sbagli!» esclamò Elspeth, difendendo con passione il giovane nobile. «Lui mi ama! Me lo ha detto!» «E tu gli hai creduto, anche se il tuo Compagno ha rifiutato di avere a che fare con lui?» controbatté Talia, ormai in preda ad un'ira rovente. Dunque Elspeth non era disposta ad ascoltare la voce della ragione... benissimo, allora le avrebbe fornito una prova che non poteva respingere. Spietatamente, Talia impose un rapporto mentale al giovane cortigiano, la cui meschina malvagità intrisa di viscida scaltrezza le fece accapponare la pelle anche se risultò essere insignificante rispetto a quella di alcune altre menti che lei era stata costretta a toccare, poi attrasse in quel rapporto anche Elspeth, senza darle il tempo di schermarsi... e la costrinse a vedere di persona i veri pensieri di quel giovane che aveva affermato di amarla. Con un grido di repulsione, Elspeth si strappò dal rapporto e fuggì verso il lato opposto del granaio, mentre Talia lasciava libera la mente del giovane dall'unione forzata. Spietatamente, serrò ancora per un momento il ragazzo in una schiacciante stretta mentale, alimentando senza rimorsi la sua paura fino a quando lui la fissò con puro terrore. «Non dirai nulla a nessuno di quanto è accaduto» gli ingiunse Talia, incidendo ogni parola nella sua mente, «perché se oserai farlo non riuscirai mai più a dormire, in quanto ogni volta che chiuderai gli occhi vedrai questo...» Estrasse quindi dai ricordi del giovane le immagini del suo incubo peggiore e gliele scagliò contro, evocando brutalmente il terrore e imponendogli di subirlo. Soltanto quando il giovane prese a strisciare gemendo ai suoi piedi si decise a troncare violentemente il contatto. «Vattene da qui» ringhiò. «Vattene e torna nella tenuta di tuo padre, badando a non farti rivedere mai più.»
Il ragazzo fuggì senza neppure guardarsi indietro. Talia si girò allora verso Elspeth, lottando per controllare la propria ira con qualche esercizio di respirazione. «Non credevo che ti saresti mai abbassata a questo» affermò, in tono glaciale. «Pensavo che avessi abbastanza buon gusto da non permettere ad un essere come quello di toccarti.» Elspeth stava piangendo, ma più di rabbia che di dolore. «Splendide parole, da parte dell'Araldo Vestale» esplose, con disprezzo. «Prima Skif, poi Kris... ed ora chi? Perché non dovrei avere anch'io i miei amanti come tu hai i tuoi?» Talia serrò i pugni a tal punto da piantarsi le unghie nel palmo. «Mi pare di sentir parlare la Monella» ribatté, «quella piccola peste che voleva tutta la gloria connessa al fatto di essere l'Erede ma che non era disposta ad assumersi nessuna responsabilità. Oh, Hulda ti ha istruita molto bene, vero? Afferra tutto quello che puoi, pensa soltanto a te stessa e non badare alle ripercussioni che le tue azioni potranno avere sugli altri. Gli altri non contano, non ora che sei finalmente l'Erede: dopo tutto, la tua parola è legge, giusto? O almeno dovrebbe esserlo. E se poi qualcuno cerca di farti ragionare, allora puoi sempre tirare fuori le cose peggiori che sai sul suo conto e sbattergliele in faccia... così avrà paura di impedirti di fare quello che vuoi.» «Ebbene, questa tattica non funziona con me, ragazza mia. Per quel che importa, potrei dormire con uomini, donne o chirra, perché io non sono l'Erede. Tu però sembri esserti convenientemente dimenticata del fatto che quando tua madre morirà dovrai sedere sul trono. Un giorno potresti dover contrarre un matrimonio di stato per salvare il regno da qualche potente nemico... oppure hai già dimenticato anche la faccenda relativa ad Alessandar e ad Ancar? E nessuno che sia estraneo al regno ti vorrà in moglie o ti stimerà una volta che si saprà che hai avuto un'avventura con un meschino arrivista come quello.» «Possibile che tu non abbia avuto neppure il minimo sospetto? Per la Signora, ragazza... dov'era finita la tua mente? Il tuo Compagno non voleva avere nulla a che fare con quell'individuo... possibile che questo non ti abbia detto niente al riguardo? Se avevi davvero tanta voglia di un uomo, perché diavolo non hai scelto qualcuno dei tuoi compagni di corso o qualche membro del Circolo? Se non altro, loro non ti tradirebbero mai e sanno quando tenere la bocca chiusa!» «Vattene!» gemette Elspeth, scoppiando in un pianto ancora più freneti-
co. «Lasciami sola! Non era affatto così! Io pensavo... credevo che mi amasse! Ti odio... e non ti voglio rivedere mai più!» «La cosa mi va benissimo» scattò Talia. «Mi vergogno di aver sprecato tanta parte del mio tempo per cercare di aiutare una dannata sciocca.» Con quelle parole uscì a grandi passi dal granaio, balzò in sella a Rolan e tornò verso il Palazzo senza lanciarsi neppure un'occhiata alle spalle. Prima ancora di aver percorso metà del tragitto, però, cominciò già a rimpiangere buona parte di quello che aveva detto. In preda ad un'agonizzante senso di colpa, Talia si recò subito a fare rapporto alla regina. Selenay si trovava nel proprio alloggio privato, che era spartano quanto le sue camere pubbliche erano opulente, ed era avvolta in una tunica di vecchio velluto marrone, quasi della stessa età e dello stesso colore del divano su cui era raggomitolata. In piedi davanti a lei, Talia le raccontò tutta la storia senza riuscire a guardarla negli occhi. «La dea mi è testimone, Selenay, che non avrei potuto trasformare la cosa in un pasticcio peggiore neppure se avessi progettato tutto in anticipo» concluse, massaggiandosi una tempia e sentendosi prossima a scoppiare in pianto per l'irritazione. «Sono stata altrettanto idiota quanto ho accusato Elspeth di esserlo. Ho gettato allegramente dalla finestra tutto il mio addestramento, ho lasciato che i miei problemi personali avessero la meglio su di me ed ho perso completamente il controllo. Forse mi dovresti rimandare al Collegio perché ricominci tutto dal principio.» «Aspetta un momento. Non sono certa che la tua reazione sia stata quella sbagliata e che tu non abbia fatto la cosa più giusta» replicò in tono pensoso la regina, con la luce delle candele che si rifletteva nei suoi grandi occhi. «Ora siediti, mia piccola amica, ed ascoltami fino in fondo. In primo luogo, fino a questo momento siamo sempre state tutte e due molto gentili con Elspeth, esponendola così alla sorta di ricatti emotivi e di perfide doppiezze che entrambe sappiamo essere comuni a Corte.» «Adesso Elspeth ha imparato che l'inganno può arrivare anche racchiuso dentro un corpo dall'aspetto molto attraente, e questo non è un male. Certo, è offesa e spaventata... ma ciò servirà soltanto a radicare maggiormente la lezione nella sua mente, ed io ritengo che tu abbia visto giusto nel ritenere che quest'esperienza le eviterà di ripetere l'errore che io ho commesso.» «Ciò non significa che tu non abbia reagito in maniera eccessiva, dicendo cose che non avresti dovuto dire, ma nel complesso penso che gli effetti
positivi siano superiori agli errori.» «Come puoi affermarlo, dopo il modo in cui me la sono messa contro? Io dovrei essere la sua migliore amica e il suo consigliere!» «E quante volte, in tutto il tempo trascorso da quando la conosci, hai mai perso il controllo con lei? Neppure una. Quindi adesso lei ha imparato anche un'altra cosa... che non è possibile spingersi troppo oltre con te, e che sei umana e fallibile come tutti noi. Dubito che si azzarderà ancora a provocarti fino a questo punto.» «È improbabile che si presenti un'altra occasione» commentò amaramente Talia. «Non adesso che ho rovinato ogni cosa.» «Non sono d'accordo» insistette Selenay, scuotendo enfaticamente il capo. «Da quando te ne sei andata, ho imparato a conoscere mia figlia molto bene. È sincera nelle sue affermazioni... per ora. Ha un carattere focoso, ma una volta che si sarà calmata non ti serberà rancore, e non appena capirà che tu eri nel giusto e che stavi agendo in sua difesa, cambierà atteggiamento. Se ti allontanassi per un po', credo che alla fine lei si renderebbe conto che avete entrambe reagito in maniera spropositata, ed io penso di avere la soluzione perfetta.» «Ricordi la proposta di matrimonio avanzata da Alessandar? Entro poche settimane ho intenzione di compiere una visita di stato presso di lui, e volevo mandare in avanscoperta degli inviati che dessero un'occhiata al principe. Come mio consigliere personale, tu saresti la persona più adatta ad assolvere questo incarico, soprattutto se si considera che ho intenzione di farti accompagnare da Kris. Ho sentito parlare del litigio fra lui e Dirk ed avevo pensato di inviare laggiù Kyril e Dirk, per dare a lui e a Kris un po' di tempo per lasciare che le cose si raffreddassero, ma quando la scorsa notte Dirk si è ammalato ho deciso di dividere comunque la coppia che loro formano mandando Kris laggiù con te.» «La faccenda del litigio è risolta» sospirò Talia. «Voglio comunque che sia Kris ad accompagnarti, perché lui è un ambasciatore accettabile per modi e per nascita, e perché preferisco comunque tenere qui Kyril. Tu e Kris ve la siete già cavata benissimo in precedenza lavorando in squadra ed io mi fido completamente dei tuoi giudizi. Di conseguenza, invece di annullare la visita, la posticiperò e manderò voi due in avanscoperta perché saggiate il terreno al mio posto. Quanto a me, prenderò Elspeth sotto la mia ala e scambierò qualche parola con Orthallen a proposito del comportamento dei suoi protetti» concluse Selenay, mentre il suo sguardo si faceva freddo. «È ora che la smetta di difenderli e di per-
mettere che sfruttino il suo buon nome per cavarsela, qualsiasi cosa combinino.» Talia si rese allora conto di non aver confidato a Selenay la propria convinzione che fosse stato proprio Orthallen a indurre il ragazzo a tentare di sedurre Elspeth, ma del resto... quali prove aveva? Nulla, tranne la vaga immagine di Orthallen nella mente del giovane... e la cosa avrebbe potuto essere giustificata dal fatto che questi sperava di sfuggire alla giusta punizione grazie all'intercessione del suo protettore. È meglio che non ne parli, pensò stancamente, perché non me la sento di sostenere daccapo le stesse discussioni che ho avuto con Kris. «Quando ci incontreremo di nuovo» stava proseguendo Selenay, «Elspeth avrà avuto il tempo di riflettere. Pensi di poter essere pronta a partire entro domattina? Quanto prima scomparirai dal raggio visivo di Elspeth e meglio sarà.» «Potrei partire anche entro un'ora» replicò Talia, «ma dopo stanotte non sono certa che dovresti essere così pronta a fidarti di me.» «Talia, mi fido ancor più di prima» ribatté Selenay, e Talia ebbe l'impressione di scorgere una certa comprensione nei suoi occhi. «Sei venuta da me quando ancora eri alterata per la lite, sostenendo che era tutta colpa tua... quante persone, e perfino quanti Araldi, avrebbero mai fatto la stessa cosa? Però non mi hai ancora detto cosa ti ha messa in tensione. È forse qualcosa che ha a che vedere con Kris? Ti sei trovata coinvolta nella sua lite con Dirk? Se hai dei problemi con Kris, posso sempre mandare con te un altro Araldo.» «Problemi con Kris?» esclamò Talia, e la sua sincera sorpresa parve dare sollievo alla regina. «No, abbiamo chiarito le nostre divergenze di idee proprio come lui e Dirk hanno chiarito le cose fra loro... ne sia ringraziata la Signora. Cieli Lucenti, semmai lui mi aiuterà a districare questo spaventoso pasticcio, che ha soltanto bisogno di tempo per essere risolto, proprio come il mio litigio con Elspeth. È proprio il fatto di essere costretta ad aspettare tanto per veder andare tutto a posto, che mi sta irritando e spazientendo.» «Bene. Allora il piano rimarrà come deciso e tu e Kris partirete domattina.» «Selenay, se ritieni che non sia una cattiva idea...» cominciò Talia, con esitazione. «Dubito che possa esserlo. Cosa vorresti fare?» «Mi piacerebbe scrivere un biglietto per scusarmi con Elspeth, perché
non ho il minimo dubbio sul fatto di essere parzialmente nel torto: ho reagito in maniera eccessiva e le ho detto molte cose dolorose perché ero infelice e volevo prendermela con qualcuno. Di certo, sono stata troppo dura con lei. Lascerò a te il biglietto, e sarai tu a valutare se sarà o meno il caso di darglielo, e quando.» «Mi sembra una cosa ragionevole, anche se non del tutto necessaria» replicò Selenay. «Noi ti seguiremo ad una o due settimane di distanza e le scuse sono sempre molto più efficaci se fatte di persona.» «È verissimo... ma non si sa mai quello che può succedere, e potrebbe darsi che tu decida di darle il biglietto prima della vostra partenza. Non mi va l'idea di lasciarmi alle spalle questioni in sospeso, soprattutto una cosa così sgradevole. Chi lo sa, potrei anche non avere un'altra occasione di scusarmi con lei.» «Cieli Lucenti, mia cara! Ti dovrei assumere come preveggente di corte nel campo delle sciagure!» esclamò Selenay, scoppiando a ridere con una sfumatura di disagio. «Dèi» commentò Talia, scuotendo il capo con un accenno di sorriso, «vedo tutto nero perché mi sento infelice. Ti lascerò quel biglietto, e lo farò perché quella micina potrebbe anche decidere di tornare ad essere una persona trattabile, dopo che me ne sarò andata. Ora dimmi... Alessandar aspetta due Araldi qualsiasi oppure specificatamente Dirk e Kyril? Il fatto che tu mandi invece me potrebbe causare dei problemi?» «Probabilmente a palazzo si aspettano semplicemente due Araldi, perché non ho specificato la loro identità. Naturalmente, vi affiderò i necessari documenti e le guardie poste sul lato del confine che appartiene ad Alessandar li trasmetteranno a corte prima che voi vi arriviate. Ho sentito dire che hanno un modo speciale di mandare i messaggi, più rapido dei piccioni viaggiatori e dei corrieri, e mi piacerebbe che tu scoprissi qualcosa di più al riguardo, se è possibile...» «Bisognerà vedere se intendono tenere la cosa segreta ai loro alleati... o addirittura a chiunque... oppure no, comunque faremo del nostro meglio» promise Talia, riuscendo ad abbozzare un mezzo sorriso. «Sai, lavorando insieme allo stesso incarico, io e Kris dovremmo riuscire piuttosto bene a scoprire eventuali segreti: chiunque sia coinvolto in un segreto di stato è inevitabilmente nervoso, quindi io potrò avvertire quel suo stato d'animo e Kris seguirà la pista da me fornita per controllare con la Vista a Distanza cosa sta succedendo. Sei davvero molto astuta, mia regina.» «Io?» ribatté Selenay, riuscendo ad assumere un'espressione innocente,
poi fissò Talia negli occhi. «Sei certa di essere pronta per un incarico del genere? Non intendo mandarti laggiù, se non ti senti all'altezza di affrontare gli intrighi politici e tutti gli altri aspetti di questa faccenda: probabilmente si tratterà di una cosa semplice e diretta, ma potrebbe sorgere la necessità di scoprire dei segreti, e nel migliore dei casi ti troverai di fronte alla stessa quantità di intrighi che devi affrontare qui.» «Sono pronta» sospirò Talia. «Non si potrà trattare di un pasticcio peggiore di quello in cui già mi trovo.» CAPITOLO SESTO «Mi sembra di fuggire.» La voce di Talia era molto sommessa, ma nella quiete precedente l'alba Kris non ebbe problemi a sentirla. «Non devi neppure pensarlo» replicò, stringendo la cinghia della sella di Tantris con un piccolo grugnito di fatica. I Compagni se ne stavano pazientemente fermi fianco a fianco nella baracca dei finimenti come avevano fatto molte volte durante il periodo di apprendistato, attendendo che i loro Prescelti finissero di sellarli. La pioggia aveva smesso di cadere all'incirca intorno alla mezzanotte, ma il cielo era ancora coperto ed entrambi gli Araldi erano avvolti nel mantello per proteggersi dal freddo e dall'umido mentre provvedevano ad addobbare Tantris e Rolan con l'equipaggiamento delle occasioni formali; le parti in argento dei finimenti brillavano alla luce della lanterna sospesa appena al di sopra della spalla di Tantris, e le campanelle che adornavano le briglie tintinnavano ad ogni minimo movimento dei due Compagni... quei suoni familiari e l'odore altrettanto familiare di fieno misto a cuoio fecero salire agli occhi di Talia lacrime che lei però si rifiutò di versare. «Senti, per il momento non c'è nulla che tu o io possiamo fare, giusto?» aggiunse Kris, gettando le sacche da viaggio sulla groppa di Tantris e assicurandole alla sella. «Elspeth non ti vuole parlare e Dirk non può farlo, quindi tanto vale che tu ti renda utile cambiando aria per un po'. Del resto nessuno avrà bisogno di te nelle poche settimane in cui resteremo assenti.» «In effetti è così» convenne Talia, che era stata molto impegnata fino a tarda notte; la mancanza di sonno era resa evidente dai cerchi scuri che le segnavano gli occhi. «Destria se la sta cavando benone e adesso Vostel è più adatto di me a sopperire alle sue esigenze. Inoltre ho parlato con Alberich, che mi ha accompagnata da Kyril... tutti e due hanno promesso di
tenere d'occhio tuo zio... mi dispiace, Kris...» «Non ti scusare. Sono soltanto un po' sorpreso che tu sia riuscita a convincere Kyril che è necessario sorvegliare mio zio. Tantris, fermo, dannazione.» «In realtà non sono stata io a convincerlo, ma Alberich.» «Alberich, eh? Nessuno può convincere lui di nulla, quindi deve aver avuto i suoi buoni motivi per essere d'accordo con te» commentò Kris, assimilando per un momento in silenzio quell'informazione mentre Tantris si spostava in avanti di un altro passo. «Alberich ha intenzione di scambiare qualche parola anche con Elspeth» proseguì Talia, allorché il silenzio cominciò a farla sentire a disagio, e passò le mani lungo le zampe di Rolan per accertarsi che le fasciature dei garretti fossero adeguatamente strette. «Inoltre sia Keren che Skif hanno promesso di mettere Dirk con le spalle al muro non appena riusciranno a superare lo sbarramento dei Guaritori.» «Skif lo ha detto anche a me. Povero Dirk, mi dispiace quasi per lui, perché di certo non otterrà molta compassione da quei due» replicò Kris; accanto a lui, Tantris cambiò ancora posizione, facendo tintinnare i campanelli. «La compassione non è ciò di cui ha bisogno» ribatté Talia, in tono un po' pungente, raddrizzandosi. «Si è crogiolato anche troppo nell'autocommiserazione...» Per un momento s'interruppe, lasciando a mezzo la frase, poi concluse con aria un po' vergognosa: «Ma è quello che ho fatto anch'io.» «Il lavoro è la cura migliore per l'autocommiserazione, uccellino» affermò Kris, con un po' d'imbarazzo, «e... ouch!» Con un ultimo passo, Tantris era riuscito a spostarsi abbastanza da far sì che Kris e Talia si venissero a trovare intrappolati fra i due Compagni, stretti uno contro l'altra. Baciala e fa' la pace con lei, fratello mio. E sii gentile, perché sta passando dei brutti momenti. Kris emise un sospiro esasperato, poi abbassò lo sguardo sul volto malinconico di Talia e la sua espressione si addolcì. «Andrà tutto bene, uccellino... e tu hai ogni motivo per provare un po' di autocommiserazione» sussurrò, baciandola con dolcezza sulla fronte e sulle labbra. Talia si rilassò leggermente e per un breve momento gli appoggiò la testa su una spalla.
«Non so cosa ho fatto per meritare un amico come te» sospirò, poi ritrovò il controllo e aggiunse: «Ma ora andiamo, perché la strada che ci aspetta è lunga...» Tantris intanto si era spostato in modo da lasciarli liberi, e Kris lo sentì ridere mentalmente. «Ed abbiamo un tempo limitato per percorrerla tutta» concluse al posto di Talia, controllando un'ultima volta i finimenti. «Dal momento che il mio Compagno ha deciso di riprendere a collaborare, sarà quindi il caso di muoverci. Pronta ad andare?» domandò infine, montando in sella. «Non potrò mai essere più pronta di così.» I due presero con loro soltanto il bagaglio che Tantris e Rolan erano in grado di trasportare, in quanto non avevano bisogno di provviste perché sarebbero stati ospitati e nutriti nelle locande lungo la strada fino a quando non fossero arrivati al Confine, e dopo si sarebbero serviti degli ostelli del Re Alessandar. Anche il bagaglio personale era ridotto al minimo, perché la regina li avrebbe presto raggiunti all'andatura consentita dal suo seguito e dal convoglio dei bagagli ed avrebbe portato con sé tutto il necessario per una visita ufficiale. Selenay e Alessandar erano alleati di vecchia data: il padre della regina e il sovrano di Hardorn erano infatti stati ottimi amici, cosa rara fra due monarchi, ed anche se si trattava di una possibilità minima, l'eventualità che Elspeth si potesse mostrare disponibile a contrarre un matrimonio con il figlio di Alessandar non era da scartare a priori. Alessandar, dal canto suo, non si era lasciato scoraggiare dalla risposta iniziale alla sua offerta ed aveva invece incitato Selenay ad andare a trovarlo, in modo che lei ed Elspeth potessero conoscere personalmente Ancar; a titolo d'incoraggiamento, aveva aggiunto che in genere erano necessari anni per organizzare matrimoni del genere e che anche se avessero raggiunto un accordo adesso, Elspeth avrebbe comunque avuto abbondantemente il tempo di concludere il suo apprendistato prima che si giungesse alle nozze vere e proprie. Dal momento che non aveva più visto Ancar da quando era un neonato, in occasione della visita di stato effettuata ad Hardorn per assistere alla cerimonia dell'imposizione del nome all'erede, Selenay aveva accettato l'invito, pensando che quello sarebbe stato il momento ideale per il viaggio, in quanto il Collegio stava per dare inizio alle vacanze estive e lei avrebbe potuto portare Elspeth con sé; la regina era infatti decisa a non costringere la figlia a sposarsi, a meno che ne andasse della sicurezza di tutto
il regno, ed era altrettanto decisa ad accertarsi che il giovane eventualmente scelto da Elspeth, nobile o plebeo, risultasse possedere una mentalità tale da indurlo ad abbracciare i principi secondo cui era governato Valdemar. Se possibile, avrebbe preferito che si trattasse di un Araldo, e idealmente la soluzione migliore sarebbe stata che Elspeth sposasse qualcuno che era già stato Scelto o che sarebbe stato Scelto non appena i Compagni lo avessero notato. Una soluzione del genere avrebbe soddisfatto le massime speranze della regina, perché il consorte dell'Erede avrebbe potuto essere anche co-reggente, se si fosse trattato di un Araldo. Oltre a quello di precedere Selenay e di accertarsi che tutto fosse pronto per accoglierla, il compito principale di Kris e di Talia era quello di cominciare ad esaminare il giovane proposto come futuro sposo di Elspeth, e di valutare quale fosse l'opinione che il popolo aveva di lui, per poi esporre a Selenay l'idea che si erano fatti sul suo conto, il che implicava una notevole fiducia nei loro confronti da parte della regina. Tutti questi pensieri erano presenti nella mente di Talia mentre lei si allontanava dal Palazzo nell'oscurità che precedeva l'alba, e le sue riflessioni erano turbate dalla sensazione che nonostante l'importanza della missione assegnatale, accettandola lei avesse anche accettato di fuggire e di abbandonare a metà qualcosa che aveva cominciato. Aveva faticato per ore per riuscire a stilare un semplice biglietto da lasciare ad Elspeth, stracciando una dozzina di copie dopo le prime parole. Il risultato infine ottenuto ancora non la soddisfaceva, perché le sarebbe piaciuto riuscire a trovare parole migliori per spiegare il motivo per cui aveva reagito in maniera esagerata, e perché nulla di quanto avesse scritto avrebbe mai potuto annullare alcune delle cose sgradevoli che aveva detto. L'incidente della sera precedente era una prova di quanto lei ed Elspeth si fossero allontanate una dall'altra durante il suo periodo di apprendistato, e la frattura che si era adesso creata fra loro doveva essere risanata in fretta, motivo per cui Talia non poteva fare a meno di rimproverarsi per non essersi accorta della situazione appena era rientrata a Palazzo. E poi c'era Dirk... La convinzione che il suo comportamento nei confronti di Dirk fosse da vigliacca era radicata in lei: chiunque avesse avuto un po' di coraggio non sarebbe partito, nonostante tutto, e tuttavia... in effetti cos'altro avrebbe potuto fare al Collegio, tranne che tormentarsi? Kris aveva ragione: se fosse rimasta, Elspeth avrebbe rifiutato di parlarle e Dirk sarebbe stato tenuto
in isolamento per ordine dei Guaritori. Le parve comunque appropriato che stessero partendo con il buio, sotto un cielo così cupo e nuvoloso che non si scorgeva neppure l'alba, se non come un graduale cedere del buio di fronte al grigiore plumbeo del giorno. In quel momento, neppure Kris si sentiva molto soddisfatto di sé. Ultimamente non me la sono cavata molto bene con i miei amici, vero? pensò, rivolto a Tantris, che drizzò gli orecchi. No, fratello, proprio no, convenne il suo Compagno. Kris sospirò e si assestò meglio sulla sella. Ripensando al passato, c'erano in effetti cose che lui avrebbe dovuto fare: avrebbe dovuto dire subito a Dirk quali fossero i sentimenti di Talia... nei confronti di Dirk e nei propri. E quando l'amico aveva cominciato a comportarsi in modo strano avrebbe dovuto affrontarlo e chiarire tutto. Non avrebbe mai dovuto permettere che le cose arrivassero ad un punto tale che Dirk fosse costretto a cercare aiuto in una bottiglia per tirare avanti. Per il Signore e la Signora, sono pronto a scommettere una moneta d'oro che lui è convinto che Talia sia innamorata di me. Dèi, dèi, gli ho ridotto in pezzi il cuore e l'anima senza neppure accorgermene. Non c'è da meravigliarsi che abbia litigato con me e che si sia messo a bere. Ah, Dirk, mio povero fratello... ti ho giocato un altro brutto tiro. Come potrò rimediare? E poi c'era Talia. Avrebbe dovuto credere fin dall'inizio che lei non stava semplicemente indulgendo in un senso di rancore nei confronti di Orthallen, perché dopo tutto il tempo che aveva trascorso solo con lei avrebbe dovuto sapere che non era tipo da nutrire rancori, anche se non era neppure propensa a perdonare con molta facilità un'offesa ricevuta. Avrebbe dovuto credere che la diffidenza che nutriva per suo zio aveva una base nei fatti e non in un senso di antipatia: ovviamente, Alberich le aveva creduto... e il Maestro d'Armi non era certo portato a formulare giudizi affrettati. Gli "avrei dovuto" non servono ad aggiustare una pentola rotta, lo ammonì mentalmente Tantris. Fratello, perché non hai fatto queste cose? Era una buona domanda, quindi Kris si mise a riflettere su di essa mentre Tantris proseguiva il cammino; a quell'ora così mattutina in giro non c'era praticamente nessuno, quindi lui e Talia avevano tutta la strada per loro e intorno non c'era nulla che potesse disturbare le sue riflessioni. Doveva affrontare una questione per volta: perché non aveva fatto nulla a proposito di Dirk?
Ben presto giunse alla sgradevole conclusione che non aveva fatto nulla perché non si era accorto del problema fino a quando Dirk non aveva cominciato ad ubriacarsi ogni notte per riuscire a dormire; e non se ne era accorto perché era immerso nel compiacimento di sé per il successo con cui aveva portato a termine il proprio incarico... era talmente avvolto in un bozzolo di soddisfazione che non aveva badato a niente altro. Era stato come un bambino in vacanza, egoisticamente intento ai propri piaceri dopo essersi lasciato per un po' alle spalle il noioso fardello degli studi. Insegnare nei corsi di Vista a Distanza gli riusciva infatti così facile da non costituire per lui un peso, ed aveva trascorso il resto del suo tempo immerso fino agli occhi nelle attività che più lo soddisfacevano. Molto bene, fu l'asciutto commento di Tantris. Ma adesso non esagerare a batterti il petto al riguardo, perché neppure io ho esitato molto ad abbandonarmi ai divertimenti. Ero stato lontano molto tempo... ed io e Ahrodie sentivamo uno la mancanza dell'altra. Edonista, ribatté mentalmente Kris, un po' sollevato per l'atteggiamento tanto ragionevole del suo Compagno. In realtà non mi si può definire tale. Io e Ahrodie siamo vicini quanto lo siete tu e Dirk... anche se in maniera leggermente diversa. Sarebbe più esatto dire che il nostro rapporto è simile a quello che tu hai con Talia. Già, Talia... era facile immaginare perché lui avesse stentato tanto ad accettare le sue idee. In effetti, Orthallen era un politico avido di potere e portato agli intrighi, e più di una volta Kris era stato costretto a difendere le azioni di suo zio nelle discussioni con gli altri Araldi, anche se nessuno di essi aveva mai accusato Orthallen di azioni deliberatamente malvagie. Kris sapeva che Orthallen non faceva mai nulla per un motivo soltanto: certo, con le sue azioni riusciva magari ad ottenere qualche vantaggio o un po' di prestigio, o a rendere qualcuno debitore nei suoi confronti, ma al tempo stesso otteneva anche sempre un vantaggio per il regno. Gli altri Araldi erano però turbati da quell'uso dell'autorità a proprio personale beneficio, forse perché una cosa del genere era proibita a loro tanto dall'addestramento quanto dalla loro stessa indole, o forse perché per lo più gli Araldi non erano di nobile nascita e non erano cresciuti in mezzo agli intrighi e alla politica che erano parte integrante della vita di corte. Cose che Kris accettava come scontate avevano l'effetto di disgustarli, ma in effetti gli Araldi conducevano una vita molto protetta da politica e intrighi... tranne quelli di loro che avevano degli incarichi da svolgere a corte o che erano di nobile nascita, e dal momento che la politica era una
cosa di cui essi rimanevano per lo più beatamente all'oscuro... in quanto avevano contatti soltanto con i membri più elevati della corte, come la regina, i suoi Consiglieri e gli Anziani.... essa per loro praticamente non esisteva. Era invece al livello di Orthallen, quello della media e alta nobiltà, che la competizione in quel campo raggiungeva i livelli massimi, ed era quindi possibile che Orthallen avesse visto soltanto i benefici che sarebbero derivati dalla nomina di un nuovo Araldo della Regina. Anzi, era più che possibile... era addirittura probabile... E questo significava che lui aveva visto in Talia soltanto una rivale politica da abbattere; quanto ai doveri e alle responsabilità che lei aveva come Araldo... con ogni probabilità Orthallen non li comprendeva e di certo li considerava irrilevanti. Il vecchio Talamir non era stato una minaccia per lui, mentre questa donna giovane, rapida e intelligente lo era. E tutto questo portava al fatto che Talia doveva essere stata di una precisione assoluta nel valutare le motivazioni dell'atteggiamento di Orthallen nei suoi confronti. Sì, Kris aveva avuto modo in passato di ribattere alle accuse formulate da altri Araldi contro suo zio, ma le accuse formulate da Talia erano state di tipo diverso... e lui era rimasto sconvolto dall'idea che un membro della sua famiglia potesse essere sospettato di azioni veramente malvagie nella stessa misura in cui Talia era rimasta sconvolta all'idea che potesse esserne sospettato un Araldo. Kris aveva interpretato le parole di Talia quasi come un attacco personale, ed aveva reagito in maniera irriflessiva. Vorrei che ti fossi deciso a parlarmene prima, trasmise a Tantris, con una sfumatura di accusa nei propri pensieri. Non funziona in questo modo, fratello, ribatté il Compagno, e tu lo sai benissimo. Noi possiamo fornire consigli soltanto se ci vengono richiesti, perché non è compito nostro interferire nella vostra vita personale. Come credi che si sentisse la povera Ahrodie, con il suo Prescelto che pasticciava sempre di più la situazione senza neppure rivolgerle la parola? E Rolan non riesce neanche a comunicare in maniera adeguata con la sua Prescelta. Adesso però che ti stai finalmente decidendo ad interpellarmi... Impartiscimi pure la tua immortale saggezza. Suvvia, non c'è bisogno che tu faccia il sarcastico. Si dà il caso che Orthallen non piaccia neppure a me, ma prima d'ora lui non ha mai fornito a nessuno prove della sua malvagità, ed io ho potuto basare la mia valutazione soltanto sull'istinto.
Che è assai migliore di quello umano, gli ricordò Kris. Non ti devi biasimare per non aver notato nulla, continuò Tantris. Quando però una persona come Talia insiste tanto su una cosa, in genere è una buona tattica accantonare i propri sentimenti al riguardo e ritenere spassionatamente che quanto lei afferma sia possibile. Adesso che Talia ha ritrovato il controllo del suo Talento, il suo istinto al riguardo è buono quanto il mio. Sì, vecchione, pensò Kris, ritrovando in parte il buon umore grazie al fatto che Tantris non stava cercando di farlo sentire colpevole per tutto quei pasticcio. Così sarei un vecchione, eh? sbuffò Tantris, agitando la criniera. Ora lo vedremo. Quel commento fu seguito da qualche passo caracollante, da una mezza sgroppata che scosse le ossa a Kris e da un paio di calci assestati all'aria, prima che il Compagno riassumesse la sua normale andatura tranquilla. Anche se non era in grado di parlare mentalmente con Talia come Tantris faceva con Kris, Rolan le stava però esprimendo con estrema chiarezza i propri sentimenti, e per Talia era più che evidente che secondo il suo Compagno lei stava indulgendo in un eccesso di autocommiserazione sproporzionato alla situazione effettiva. Per chissà quale perverso motivo, però, quella disapprovazione ebbe l'effetto di accentuare il suo stato d'animo, e alla fine Rolan si arrese e la lasciò libera di crogiolarsi nella propria infelicità. Il clima, decisamente fuori stagione per l'inizio dell'estate, di certo stava collaborando ad intensificare il suo avvilimento, in quanto quella era una giornata perfetta per sentirsi depressa: il cielo gelido e plumbeo minacciava pioggia ma non sembrava decidersi a lasciarla cadere, lungo la strada s'incontravano poche persone perché il tempo induceva la gente dei villaggi che attraversavano a restare in casa, e i pochi viandanti erano taciturni e parchi nei saluti. Dal momento che viaggiavano leggeri, avrebbero raggiunto il Confine nel minimo tempo possibile, pur fermandosi per riposare ogni notte; secondo Kyril, era probabile che anche dopo aver passato il Confine venissero lasciati proseguire da soli alla volta della capitale, in quanto i Compagni erano di certo più rapidi dei migliori cavalli di cui il re poteva essere in possesso. Considerata la lenta andatura che Selenay e il suo seguito avrebbero tenuto, questo significava che i due avrebbero avuto a disposizione
parecchi giorni per osservare il principe e la situazione, prima che uno di loro tornasse indietro per incontrarsi sul Confine con la regina. Molto probabilmente, quell'incarico sarebbe spettato a Kris, perché come Araldo della Regina Talia era il soggetto più adatto a rivestire invece il ruolo di inviato; pur accettando a livello razionale quella divisione dei compiti, emotivamente Talia vi si ribellava, perché voleva essere lei a contattare per prima Selenay ed Elspeth... e possibilmente anche Dirk, se per allora si fosse rimesso abbastanza da poter viaggiare. Nulla stava andando come avrebbe voluto, e a coronare quella situazione disastrosa lei aveva cominciato ad avvertire un nefasto presentimento riguardo a questo viaggio fin dal primo momento in cui Selenay gliene aveva parlato. Non aveva motivo per nutrire una sensazione del genere, e tuttavia non riusciva a liberarsene: era come se le cose stessero andando di male in peggio di loro iniziativa, e non ci fosse nessun modo di arrestarle. Durante il viaggio, Talia badò a tenere nascosti i propri sentimenti, in quanto era decisa a venire a capo da sola del proprio tumulto interiore: piangere sulla spalla di Kris non sarebbe servito a nulla. La presenza di Rolan era un sollievo... ma ora lei doveva trovare il modo di affrontare le proprie emozioni e di controllarle, perché un Araldo doveva essere autosufficiente e capace di tener testa a qualsiasi situazione, per quanto difficile. La sua debolezza emotiva non aveva scusanti e lei doveva riuscire a correggerla: aveva imparato a controllare il suo Talento... ora avrebbe imparato a controllare in pari misura anche le sue emozioni. L'andatura sostenuta che stavano mantenendo non era molto favorevole alla conversazione, ma Kris fu costantemente consapevole dell'infelicità di Talia. Mentre sellavano i Compagni, lei gli aveva raccontato nei dettagli la propria discussione con l'Erede, e Kris era conscio, con suo avvilimento, che c'era ben poco che lui potesse fare per aiutarla, anche se d'altro canto gli riusciva estremamente frustrante vederla in un simile stato di sofferenza mentale e non poter intervenire su di esso in maniera costruttiva. Non molto tempo prima, si sarebbe sentito propenso a fuggire di fronte a qualcosa che lo coinvolgesse emotivamente, ma dopo l'esame introspettivo di quella mattina il suo unico rammarico era quello di non poter trovare un modo per rendersi utile. Quando Talia aveva perso il controllo del suo Talento, lui aveva potuto fare qualcosa, perché era un insegnante e conosceva le regole fondamentali
per l'addestramento nell'uso di qualsiasi Talento. E allora lui aveva avuto Tantris e Rolan che lo avevano aiutato a stabilire i requisiti per l'addestramento di Talia, mentre adesso... Ecco, forse c'era una piccolissima cosa che poteva fare per aiutarla: se avesse parlato con suo zio, forse sarebbe riuscito a fargli capire che Talia non costituiva una minaccia politica, e quando la pressione esercitata da Orthallen fosse venuta a cessare, anche il problema di trattare con Elspeth e con Dirk sarebbe apparso meno gigantesco. I due si fermarono in una locanda per consumare un rapido pasto, ma la consapevolezza dei limiti di tempo a cui erano sottoposti li indusse a mangiare in fretta e in piedi, nel cortile delle stalle. «Come te la stai cavando finora?» chiese Kris, con la bocca piena di pasticcio di carne. «Sto bene» replicò Talia, che aveva già trangugiato la sua porzione così in fretta che non poteva averne avvertito il sapore; adesso era impegnata a strigliare Rolan, dedicando a quel lavoro più energia del necessario. «So che non ti è capitato spesso di viaggiare ad andatura forzata, quindi avvisami se dovessi avere dei problemi» insistette Kris. «Lo farò» fu la sola risposta che ottenne. «Spero che il tempo cambi» osservò allora il giovane, effettuando un altro tentativo. «Questa pioggia è sgradevole per chi viaggia, ma è ancora peggiore per i raccolti.» «Uh-huh.» «Dovremo continuare a cavalcare anche dopo che sarà sceso il tramonto per arrivare a Trevale, ma la locanda di quel villaggio ci dovrebbe compensare della fatica. Ci sono già stato e la conosco.» Kris attese ma non ebbe nessuna risposta. «Credi di poter arrivare fin là?» «Sì.» «Il loro vino è buono, e la birra è ancora migliore.» «Oh.» «E i loro gatti hanno due code.» «Uh-huh.» A quel punto Kris si arrese. Come previsto, si fermarono quando ormai era già notte e Kris cominciava a sentirsi le gambe intorpidite, ed entrarono con passo incespicante nella locanda, senza neppure guardarsi intorno. Accorgendosi che entrambi erano esausti, il locandiere impedì saggiamente agli altri avventori di disturbarli con domande e chiacchiere, e diede loro un tavolo vicino al foco-
lare e una buona cena. La locanda era di grandi dimensioni e accoglieva mercanti, carrettieri e altri viandanti impegnati nel settore del commercio; la sala comune era quasi piena e abbastanza rumorosa da scoraggiare Kris da qualsiasi tentativo di conversazione, cosa di cui Talia fu contenta, perché sapeva di non essere in quel momento una compagnia piacevole e sperava che lui continuasse ad ignorarla fino a quando il suo umore non fosse migliorato. Dopo una cena di cui Talia non sentì neppure il sapore e che mangiò soltanto perché sapeva che il suo corpo aveva bisogno di essere alimentato, andarono immediatamente a letto; Talia riuscì a costringersi a dormire, ma non poté sottrarsi ai sogni che infestarono il suo sonno con orribili immagini da incubo, rendendolo tutt'altro che riposante. Ripartirono prima dell'alba, alzandosi quando tutti gli altri clienti della locanda dormivano ancora e facendo colazione con un po' di pane appena sfornato e di latte caldo prima di montare in sella e di riprendere il viaggio. Non avendo trovato nessuna risposta dentro di sé, Talia si impose risolutamente di rivolgere la propria attenzione a quanto la circondava; il cielo iniziò intanto a schiarirsi e verso la metà della mattinata tanto lei quanto Kris poterono liberarsi dei mantelli e arrotolarli dietro la sella. Quando poi gli uccelli ripresero a cantare, l'umore di Talia cominciò finalmente a rasserenarsi ed entro mezzogiorno lei riuscì a riprendersi abbastanza da poter conversare normalmente con Kris, mentre al tempo stesso il pasticcio che si era lasciata alle spalle assunse ai suoi occhi proporzioni meno disastrose. Un lieve presagio negativo continuava ancora ad opprimerla, ma alla vivida luce del sole esso le parve essere soltanto un residuo degli incubi di quella notte. Allorché verso mezzogiorno Talia parve improvvisamente rianimarsi e tornare ad essere quasi quella di sempre, Kris se ne sentì molto grato, perché cavalcare vicino ad una persona che ricordava molto da vicino i morti viventi delle antiche leggende non corrispondeva alla sua idea di un viaggio piacevole. Le missioni diplomatiche non erano una cosa del tutto nuova per lui, anche se prima di allora non aveva mai rivestito il ruolo di Araldo anziano, ma per Talia quella era la prima volta ed era necessario poter discutere della loro missione finché erano in grado di farlo senza essere osservati o ascoltati.
Sollevato per l'apparente ritorno alla normalità della ragazza, Kris azzardò qualche domanda per sondare la sua ricettività, e lei reagì immediatamente con una marea di interrogativi... il che corrispondeva al modo di essere della Talia che lui conosceva. Il giovane non poté però fare a meno di notare (con un senso di profonda compassione) i cerchi neri che le segnavano gli occhi e che gli permettevano di capire anche senza l'ausilio del Talento dell'Empatia che quella notte la ragazza doveva aver dormito assai poco. Quando infine arrivarono al Confine vero e proprio, dopo una dura settimana di cammino incessante, fra loro si era nuovamente instaurato l'antico rapporto ed avevano esaminato ampiamente tutte le possibili eventualità che potevano prospettarsi (partendo dalla supposizione che Ancar risultasse perfetto sotto tutti i punti di vista per arrivare a quella che come marito lui potesse rivelarsi ancora peggiore del defunto consorte di Selenay), discutendo anche su quale fosse il modo più cortese per risolvere la situazione nel caso che quell'ultima ipotesi fosse risultata quella giusta. Ormai Kris si sentiva più che certo che Talia fosse pronta ad affrontare qualunque cosa il destino potesse scagliarle contro. Allorché svoltarono una curva, sul finire del loro quarto giorno di viaggio, Talia scorse per la prima volta il Confine che in quel punto, dove separava due paesi civili e alleati, era controllato soltanto da un piccolo avamposto da entrambi i lati. Dalla parte di Valdemar si scorgeva una capanna posta a qualche metro di distanza dalla strada e dalla semplice sbarra che contrassegnava il Confine vero e proprio; la capanna serviva come dimora e ufficio alle due Guardie di stanza là; i due, impegnati in quel momento a controllare i documenti di un mercante in arrivo, sollevarono lo sguardo nel sentire un rumore di zoccoli e accolsero i due Araldi con un sorriso. La Guardia più anziana si allontanò quindi dal carro del mercante e sollevò la sbarra per permettere il passaggio degli Araldi, segnalando loro di proseguire con un elaborato e scherzoso inchino. Alcuni metri più avanti, un cancello vero e proprio contrassegnava il lato del Confine che dava accesso al regno di Alessandar. Il cancello era sorvegliato da un paio di uomini che portavano l'uniforme nera e oro dell'esercito di Alessandar, ed insieme ad essi c'era un capitano dall'uniforme leggermente più elaborata. Il capitano, un giovane cordiale e avvenente, lasciò passare Talia e Kris
dando appena un'occhiata fugace alle loro credenziali. «Vi stavamo aspettando» disse loro, «ma a dire il vero non prevedevo di vedervi arrivare così presto. Dovete aver tenuto un'andatura decisamente ottima.» «Piuttosto buona» replicò Kris, «e poi siamo partiti un po' in anticipo rispetto al previsto. Siamo stati in missione durante tutto l'ultimo anno, e gli Araldi abituati ad andare in missione sono sempre pronti a partire con un preavviso minimo.» «Al contrario di certe persone che dispongono di un morbido letto a Corte, vero?» sorrise il capitano. «È lo stesso anche qui. Quei perdigiorno della Corte non potrebbero partecipare neppure a mezza giornata di manovre senza portarsi dietro un convoglio di bagagli e di provviste tale da nutrire un'intera città. Bene, mi sono stati impartiti alcuni ordini su come regolarmi nei vostri confronti...» «Davvero?» interloquì Talia, inarcando le sopracciglia per la sorpresa. «Oh, si tratta di ben poca cosa... dovevo soltanto aspettare il vostro arrivo e poi informarne la capitale.» Talia rammentò allora le affermazioni di Selenay secondo cui correva voce che Alessandar disponesse di un nuovo e molto rapido sistema per trasmettere in fretta le informazioni, e ricordò anche che la regina le aveva chiesto di cercare di scoprire di cosa si trattasse. «Come farai ad ottenere ulteriori istruzioni su come regolarti nei nostri confronti in un ragionevole lasso di tempo?» domandò Kris, che evidentemente aveva ricevuto le stesse istruzioni. «So per certo che le autorità più vicine sono a parecchi giorni di cavallo da qui, e voi non avete Araldi che possano portare in fretta i messaggi.» «Non è un segreto» replicò il giovane capitano, con un sorriso orgoglioso e con un'espressione schietta negli occhi castani. «Anzi, sarei onorato di mostrarvi il nostro nuovo sistema, se non siete troppo stanchi.» «Non lo siamo affatto... e poi stai offrendo di mostrarci qualcosa che sembra frutto di magia!» «Stando a quanto mi è dato di capire» rise l'ufficiale, «voi non siete certo i più adatti a mostrarvi meravigliati di fronte ad una magia! Comunque, ciò che per una persona è magia, per un'altra è una cosa comune, o almeno così si dice. Venite con me, e vi farò vedere.» Per cortesia nei confronti del capitano, che era a piedi, Talia e Kris smontarono di sella e lo accompagnarono lungo la strada di terra pressata che conduceva al suo avamposto, una struttura molto più grande di quella
situata sul lato del Confine appartenente a Valdemar ed eretta all'ombra di alcuni alberi. «Forse vi interesserà sapere che con ogni probabilità otterrò i miei ordini entro alcune ore, se chi lo riceverà riuscirà a trovare qualcuno di rango abbastanza elevato da impartirli prima che il sole sia tramontato.» «È stupefacente! Neppure noi possiamo fare una cosa del genere» replicò Talia. «Ma cosa c'entra il tramonto del sole?» «Vedete quella torre annessa all'avamposto?» replicò il giovane scuotendo il capo per allontanare i capelli scuri dagli occhi e indicando uno snello e scheletrico edificio di legno grigio. La torre, che superava di alcuni metri la cima degli alberi e che da un lato era ancorata all'edificio principale della stazione di Confine, aveva lasciato sconcertati entrambi gli Araldi in quanto non sembrava avere uno scopo pratico tranne forse quello di ospitare una vedetta. «Devo ammettere che ci eravamo chiesti a cosa servisse» confessò Kris. «I fuochi boschivi costituiscono dunque un pericolo tanto grande in queste zone? Non lo avrei mai creduto, considerato che gran parte del territorio è costituito da campi coltivati.» «Oh, non si tratta di una torre per l'avvistamento degli incendi, anche se la struttura è identica» rise l'ufficiale. «Venite in cima con me e vi mostrerò qualcosa che vi lascerà a bocca aperta.» Talia e Kris gli andarono dietro su per una serie di scale che portavano ad un'ampia piattaforma sulla sommità della torre. Una volta là, però, Talia non scorse nulla fuori del normale... soltanto due uomini che portavano l'uniforme nera dei soldati di Alessandar e un enorme specchio concavo, largo quanto lei era alta; anche se non era del tutto perfetto e la sua superficie era un po' irregolare, lo specchio costituiva un oggetto notevole, al punto che Talia rimase meravigliata al pensiero dell'abilità che aveva prodotto e argentato un pezzo di vetro così grande. Lo specchio era posto su un piedestallo girevole, e in quel momento i due uomini di stanza sulla torre lo girarono fino a fargli riflettere la luce del sole al tramonto, che si trovava a sudovest della piattaforma; ultimata quell'operazione, uno dei due raccolse uno specchio più piccolo del diametro di circa tre spanne e prese posizione davanti al raggio di luce riflessa. Soltanto allora Talia si rese conto del modo in cui il messaggio sarebbe stato trasmesso: si trattava di un'astuta variante dell'antico metodo di mandare segnali attraverso una notevole distanza con l'ausilio di lampi luminosi riflessi su un oggetto lucido... astuta perché in questo caso non era ne-
cessario sperare che il sole si venisse a trovare nella posizione desiderata quando si aveva bisogno di mandare un messaggio. Il capitano esibì un ampio sorriso quando vide la comprensione affiorare sul volto dei due Araldi. «È stato uno dei sapienti del seguito di Ancar ad avere quest'idea. Abbiamo cominciato lo scorso anno a dotare di una torre come questa tutti gli avamposti, e quando ci siamo resi conto di quanto fossero utili abbiamo accelerato i lavori e ultimato le torri non appena erano pronti gli specchi da installarvi. Adesso abbiamo torri di segnalazione in tutto il regno» continuò con allegro orgoglio, «e possiamo trasmettere un messaggio da un'estremità all'altra del nostro territorio entro poche ore. A quanto mi è dato di capire, è una rapidità ancora maggiore di quella ottenuta dagli Araldi.» «Verissimo, ma chiunque conosca il vostro codice non avrà difficoltà a decifrare qualsiasi messaggio» obiettò Kris. «Questo rende piuttosto difficile mantenere un segreto, non trovi?» «Ciò significa che i corrieri non dovranno mai temere di perdere il loro lavoro» rise il capitano, poi si rivolse all'uomo che teneva in mano lo specchio più piccolo e aggiunse: «Solan, avverti che i due inviati della Regina Selenay di Valdemar sono qui e che stiamo aspettando istruzioni.» «Sissignore!» rispose il segnalatore, con uno scattante saluto, ed eseguì l'ordine. In lontananza, gli Araldi riuscivano appena a distinguere quella che poteva essere la sommità di un'altra torre, e poco dopo che Solan ebbe completato il messaggio una serie di lampi di luce giunsero da quel punto. «Ci stanno ripetendo l'intero messaggio» spiegò il capitano. «Abbiamo instaurato questi controlli dopo che un eccessivo numero di fraintendimenti aveva causato un notevole pasticcio. In questo modo, nel caso ci siano degli errori li possiamo correggere prima che il messaggio venga inviato oltre.» «Messaggio esatto, signore» avvertì il segnalatore. «Mandate la conferma» replicò il capitano, proseguendo poi nelle sue spiegazioni. «Quanto più ci si avvicina alle grandi città, e in particolare alla capitale, tanto maggiore è il numero di uomini assegnato a ciascuna torre, al fine di garantire che i messaggi in arrivo possano essere smistati tutti immediatamente. Se chi trasmette non riceve conferma, ne deduce che si sia formato un ingorgo momentaneo e continua a ripetere il messaggio fino a quando non gli arriva l'attesa conferma.» «È davvero un'idea luminosa» commentò Talia, accompagnando quel
gioco di parole con un sorriso, «ma cosa fate nelle giornate nuvolose, oppure di notte?» «Quando piove, torniamo al vecchio e affidabile sistema dei corrieri, ma abbiamo compensato questo svantaggio abbinando le torri alle stazioni di guardia, perché così il messaggio può essere inoltrato non appena il tempo si aggiusta o sorge il sole, ed anche con le peggiori condizioni climatiche di solito le torri riescono ad essere più rapide dei corrieri. Di notte, naturalmente, impieghiamo delle lanterne, ma in questo caso sarebbe inutile farlo perché nessuno vorrà disturbarvi per impartire degli ordini in un orario in cui si immagina che stiate dormendo, sempre supponendo che qualcuno in posizione abbastanza elevata da impartire ordini sia disposto a farlo dopo il tramonto!» I due Araldi seguirono poi il capitano giù per la lunga scala; una volta dabbasso, dal momento che nessuno dei due mostrava segni di stanchezza, l'ufficiale li accompagnò in una visita dell'avamposto che durò fino al tramonto e che affascinò Talia, e non soltanto a causa delle torri di trasmissione. Quella non era una semplice stazione di Guardie di Confine, perché vi era alloggiata in servizio permanente un'intera compagnia delle truppe di Alessandar. Quando non erano di pattuglia lungo la strada per proteggerla da eventuali banditi o di guardia sulla torre, quegli uomini (non c'erano donne nell'esercito di Alessandar) svolgevano la funzione di poliziotti nei villaggi vicini. Era interessante la differenza di quel sistema rispetto a quello in vigore a Valdemar, in base al quale i soldati di Selenay venivano tenuti in località centrali e spostati dove necessario in caso di bisogno... ma del resto Alessandar aveva un esercito permanente molto più numeroso. In aggiunta alle truppe, nella stazione c'erano quattro Guaritori... tutte donne... assegnati in permanenza a quella postazione, e a parte la torre gli edifici erano in tutto tre: gli alloggiamenti, la stazione di Confine dove vivevano i Guaritori e dove venivano effettuati i controlli doganali ed esatto il pedaggio a chi oltrepassava il Confine, e una costruzione dai molteplici scopi che includeva le cucine e un magazzino. «Bene» commentò con rassegnazione il capitano, quando ebbero concluso la visita senza che dalla torre fosse giunto nessuno con un messaggio. «Sembra che chi ha ricevuto la chiamata non sia riuscito a trovare nessuno dotato di autorità sufficiente ad emettere ordini al vostro riguardo, ed ormai è tardi. Questo significa che dovrete trascorrere la notte qui... a meno
che non preferiate riattraversare il Confine.» «Restare qui ci andrà bene, a patto che non causiamo fastidi» rispose Kris. Il capitano lasciò scorrere dubbiosamente lo sguardo da lui a Talia e viceversa, poi emise un educato colpetto di tosse. «Non vi posso assegnare un alloggio privato» confessò infine, con una sfumatura d'imbarazzo. «Naturalmente, potrei facilmente trovarti un posto negli alloggiamenti, e la tua compagna potrebbe dormire insieme ai Guaritori, dal momento che sono tutte donne, ma se preferite restare insieme...» «Capitano, l'Araldo Talia ed io siamo colleghi e niente di più» spiegò Kris, con espressione assolutamente seria, ma Talia avvertì senza difficoltà il divertimento destato in lui dall'imbarazzo dell'ufficiale. «La sistemazione che ci proponi andrà benissimo» interloquì quindi con disinvoltura. «Entrambi siamo abituati a dormire negli alloggiamenti, e ti posso garantire che costituiscono un vero lusso rispetto ad alcune fra le Stazioni di Sosta in cui mi è capitato di pernottare.» Talia era stata attenta ad usare la prima persona nel parlare delle Stazioni di Sosta, e con la coda dell'occhio notò Kris che ammiccava nella sua direzione per indicare che approvava il suo tatto. «In questo caso, vi scorterò alla mensa ufficiali perché possiate cenare» replicò il capitano, apparentemente sollevato che la situazione non si fosse resa imbarazzante. Il suo atteggiamento indusse Talia a chiedersi se altri ospiti fermatisi all'avamposto si fossero dimostrati meno pronti a collaborare o se l'ufficiale avesse semplicemente sentito alcune delle storie più esagerate che circolavano sul conto degli Araldi. Sebbene si contenessero un poco a causa della presenza di due estranei, gli ufficiali risultarono essere persone molto simpatiche; naturalmente, si mostrarono terribilmente curiosi nei confronti degli Araldi e posero loro una quantità di domande, alcune ingenue quanto quelle di un bambino, e Talia si disse che se tutti i sudditi di Alessandar erano aperti e soddisfatti come quei soldati, allora lui era sotto tutti gli aspetti un sovrano in gamba quanto Selenay. Negli alloggiamenti, Kris ottenne un letto vero e proprio, mentre Talia si dovette accontentare di un pagliericcio nell'alloggio delle Guaritrici, ma la cosa non le importò minimamente: gli incubi che l'avevano perseguitata ogni notte durante quel viaggio l'avevano infatti lasciata così stanca che con ogni probabilità avrebbe potuto dormire anche su una lastra di pietra.
Quella notte, tuttavia, gli incubi giunsero con intensità e frequenza minore, cosa dovuta forse alla presenza delle Guaritrici che dormivano accanto a lei: in fin dei conti, Talia era un'Empatica, mentre Kris non lo era, e durante quella primavera c'erano stati abbastanza eventi calamitosi perché lei avesse potuto percepire la generale sensazione di disastro che ultimamente tutti avvertivano. Aveva creduto che adesso i suoi schermi fossero abbastanza forti da bloccare praticamente qualsiasi cosa, ma in quel periodo era stata sottoposta ad una notevole tensione, che doveva essersi estesa agli schermi, indebolendoli. Oppure l'attenuarsi degli incubi poteva dipendere dal fatto che ormai era talmente stanca che essi non avevano più la forza di disturbare il suo sonno. Quale che fosse la ragione, comunque, Talia dormì profondamente per la prima volta da quando era partita, e il mattino successivo conservò soltanto un vago ricordo di sogni indefiniti e sgradevoli. CAPITOLO SETTIMO Se fosse stato sordo, forse Kris sarebbe riuscito a dormire nonostante il fracasso prodotto dal rientro delle guardie addette al turno di notte e dall'uscita di quelle del turno di giorno, ma dal momento che non lo era si rassegnò all'inevitabile e si alzò insieme agli altri. Talia lo stava aspettando alla mensa, con gli occhi ancora velati dal sonno, ed era stata abbastanza previdente da chiedere al cuoco due colazioni; il giovane capitano del giorno precedente li raggiunse mentre stavano finendo di mangiare. «Ho le istruzioni per voi: non dovete attendere una scorta ma proseguire subito alla volta della capitale. Io vi fornirò una mappa del territorio e ogni sera prima di fermarvi per la notte dovrete segnalare la vostra presenza ad una torre di trasmissione.» «Sembra abbastanza semplice» replicò Kris. «Del resto, avevamo comunque intenzione di proseguire... la tua ospitalità ci è stata molto gradita ma non vogliamo consumare le tue risorse, quindi è un bene che ci sia permesso di riprendere il viaggio senza attendere una scorta.» «Ammetto di essere stato sollevato nel sentire che non mi veniva richiesto di fornirvene una» confessò con franchezza l'ufficiale. «Sono già a corto di uomini e se la metà di quello che ho sentito dire è vero, nessuno dei nostri cavalli potrebbe comunque mai sperare di eguagliare l'andatura delle
vostre bestie.» «È verissimo» confermò Kris, con comprensibile orgoglio. «Non esiste cavallo che possa reggere il confronto con la velocità e la resistenza di un Compagno.» «D'accordo. Quello che dovrete fare sarà seguire la strada principale fino alla capitale e pernottare negli ostelli di Alessandar: sono sempre sulla piazza principale di ogni centro abitato, nelle vicinanze di una stazione delle Guardie, ed hanno l'aspetto di una locanda. L'unica differenza fra un ostello e una locanda è costituita dall'insegna, che è quella di un covone di grano circondato da una corona. Ah... ancora una cosa: voi parlate la nostra lingua, vero?» «Alla perfezione» replicò Kris, esprimendosi in hardorniano. «Oh, bene... supponevo che avessero mandato qualcuno che la conosceva, ma non si può mai sapere... e non appena vi sarete allontanati di qualche chilometro dal Confine non troverete più nessuno che parli il valdemarano.» «Non posso dire che la cosa mi meravigli molto» interloquì Talia, in hardorniano nitido e scandito. «Una volta che ci si allontana di qualche chilometro dal nostro Confine non si trova più nessuno che parli la vostra lingua, a parte gli Araldi!» «Allora è tutto a posto e potrete partire non appena sarete pronti. Qui c'è la mappa» proseguì l'ufficiale, porgendo a Kris una pergamena piegata, «e vi auguro buona fortuna.» «Grazie» rispose Kris, alzandosi insieme a Talia per avviarsi alla porta. «E non dimenticate di presentarvi ogni notte ad una torre di segnalazione» gridò loro dietro l'ufficiale, mentre si dirigevano verso le stalle. «Alla capitale vogliono poter controllare i vostri progressi.» Il primo giorno trascorse senza incidenti. I sudditi di Alessandar sembravano soddisfatti quanto quelli di Selenay, erano amichevoli ed avevano un aspetto molto prospero, almeno visti da una certa distanza. «Non dovremmo incontrare presto un villaggio?» domandò Talia, quando ormai era prossimo mezzogiorno. Kris prelevò dalla sacca che portava alla cintura la mappa che era stata data loro e la consultò. «Dovremmo, se non ho sbagliato a leggere questa carta. Vediamo di trovare un nativo del luogo.» Un'ulteriore svolta della strada li portò vicino ad un boschetto che cre-
sceva lungo un angolo di uno steccato che costeggiava la via, e sotto gli alberi c'era un gruppo di persone che avrebbero potuto essere scambiate per contadini di Valdemar, intente a consumare un pasto a base di pane rozzo e spesso e di formaggio; quando si accorse che gli Araldi si stavano avvicinando con l'intenzione di parlare con loro, uno dei contadini si pulì dalle briciole la tunica di lino e venne loro incontro. «Vi posso essere d'aiuto, signori?» chiese, con lo stesso atteggiamento amichevole che aveva avuto il capitano del posto di Confine. «Non sono molto abituato a leggere questa mappa» spiegò Kris, «e vorrei sapere se puoi dirmi quanto dista ancora Southford.» «Si trova a circa una lega, lungo la strada. È nascosto da quella collina laggiù, altrimenti da qui lo potreste già vedere» rispose l'uomo, con un sorriso. «Naturalmente, se non ci fosse la collina, non avreste avuto bisogno di chiedere informazioni, giusto?» «Fin troppo vero» convenne Kris, scoppiando a ridere con lui. «Ti ringrazio.» «Un uomo simpatico» commentò Talia, quando si furono allontanati. «Avrebbe potuto essere un Valdemarano.» Il suo sguardo si posò poi sui campi di grano ancora verde e Kris guardò a sua volta da quella parte mentre lei aggiungeva: «Sembra che la popolazione prosperi, e fino a questo momento il mio giudizio su Alessandar è del tutto favorevole.» «Ah» replicò Kris, «ma il possibile sposo non è Alessandar.» «Hai ragione» convenne Talia, girandosi verso di lui con espressione seria, «e vorrei non conoscere tante storie che parlano di figli che si sono rivelati delle pecore nere...» Dal momento che gli ordini ricevuti prevedevano il pernottamento negli ostelli reali, all'approssimarsi del tramonto i due consultarono la mappa per individuare il primo villaggio che potesse averne uno. Gli ostelli erano un'innovazione introdotta da Alessandar e il loro scopo era quello di fornire asilo a quanti viaggiavano nel suo regno per motivi ufficiali; quegli ostelli somigliavano a locande di buona qualità, con l'unica differenza che non si pagava nulla: i funzionari del regno, gli inviati di altri paesi e i membri del clero ne potevano usufruire in maniera illimitata e gratuita. Innanzitutto, Kris e Talia si fermarono alla torre di segnalazione di uno dei villaggi incontrati lungo il cammino per riferire i progressi fatti, individuandola con estrema facilità perché dominava in maniera incombente
l'intero abitato. «Intendete fermarvi qui o proseguire?» chiese il brizzolato veterano a cui si rivolsero. «Proseguiamo» rispose Talia. «Abbiamo intenzione di raggiungere... il Guado del Custode, è esatto?» La ragazza guardò verso Kris per ottenere conferma delle sue affermazioni e lui annuì dopo aver controllato la mappa. «È un po' lontano... ma spetta a voi decidere il da farsi. Suppongo che ciò che si racconta su quei vostri cavalli bianchi debba essere vero» commentò l'uomo, osservando Tantris e Rolan con uno sguardo colmo di apprezzamento e di approvazione. «Anch'io appartenevo alla cavalleria, e posso dire di non aver mai visto bestie migliori delle vostre. Avete percorso in giornata tutta la strada dal Confine a qui?» Tantris e Rolan parvero fiorire sotto quell'ammirazione e caracollarono un po' per mettersi meglio in mostra. «Sì» replicò intanto Kris, con un sorriso. «E i vostri cavalli non sembrano né affaticati né tanto meno sfiancati... sono soltanto un po' accaldati. Non ci crederei se non lo vedessi con i miei occhi. Se riuscite a tenere un'andatura del genere, probabilmente arriverete al Guado una tacca di candela dopo il tramonto. Troverete l'ostello nella piazza, sulla vostra destra.» «Ti siamo grati» ringraziò Talia, mentre lei e Kris avviavano di nuovo i Compagni lungo la strada. «Che il vento vi soffi alle spalle!» gridò loro dietro la guardia, seguendo con occhi ammirati i Compagni fino a quando non scomparvero dal suo campo visivo. L'ostello risultò effettivamente essere una locanda, completa di locandiere, e come era stato loro detto cibo e alloggio risultarono essere semplici, anche se adeguati. Non appena smontarono di sella, i due mostrarono le loro credenziali all'efficiente Gestore, che le esaminò con estrema cura dedicando una particolare attenzione ai sigilli di Valdemar e di Hardorn; una volta certo che le credenziali fossero autentiche, il Gestore convocò con una singola parola un garzone di stalla che arrivò di corsa per prendere i Compagni mentre il Gestore in persona accompagnava gli Araldi all'interno dell'ostello. La sala comune era calda, fumosa e affollata, e i due impiegarono un po' di tempo per trovare posto ad uno dei consunti tavoli di legno; alla fine
Talia si insinuò fra un paio di viandanti in abito clericale, che sembravano appartenere alle due sette rivali di Kindas l'Illuminatore Solare e di Temblor lo Scuotitore della Terra, in quanto erano impegnati in una vivace discussione sulle deficienze delle rispettive congregazioni e degnarono appena di un cenno la ragazza quando prese posto accanto a loro. Kris si sedette di fronte a lei, accanto ad un uomo magro che a giudicare dalle dita macchiate d'inchiostro doveva essere un contabile e che era interessato esclusivamente al contenuto del piatto che aveva davanti. Un'affannata cameriera venne a portare due piatti identici agli Araldi: carne, pane e uno stufato di verdure. Un ragazzo la seguì a ruota con un vassoio di boccali di birra e con le chiavi delle stanze dei due nuovi ospiti. I due mangiarono in fretta, perché il cibo non era tale da indugiare a gustarlo e perché la panca di Talia era talmente gremita che lei era appena in grado di sedere appollaiata in un angolo. Inoltre, altri avventori continuavano ad affluire e rimanevano in attesa di un posto a sedere con un'espressione impaziente dipinta sul volto. Una volta placata la fame, quindi, i due Araldi presero le chiavi e i boccali di birra e si trasferirono dall'altra parte della sala comune, dove parecchie panche e sedie erano disposte in ordine sparso intorno ad un focolare. Avvertendo molti sguardi curiosi... non ostili, soltanto curiosi... fissi su di loro, Talia giunse alla conclusione che dovevano essere gli unici stranieri presenti nell'ostello, anche perché non riuscì ad individuare nessun accento particolare in coloro che stavano parlando. Scelto un sedile, si affrettò ad occuparlo, sentendosi estremamente vistosa nella divisa bianca che spiccava notevolmente nella stanza scura. «Siete Araldi di Valdemar?» domandò un individuo corpulento che indossava una tunica di velluto marrone, non appena anche Kris si fu seduto. «Sì, buon signore» rispose Talia. «Non vediamo spesso degli Araldi» commentò l'uomo, e la sua espressione interrogativa non lasciò dubbi sul fatto che fosse estremamente curioso riguardo al motivo della loro presenza. «Ne dovreste vedere molti di più prima che l'estate si sia conclusa» replicò Talia, con quella che sperava essere la giusta dose di cordialità, «perché la Regina Selenay verrà a fare visita al vostro re, e noi siamo qui per contribuire ai preparativi per il suo arrivo.» «Davvero?» esclamò l'uomo, sempre più interessato. «Allora forse le cose stanno cominciando a migliorare, dopo tutto.» «Ultimamente avete avuto dei problemi?» chiese Talia, con estrema
noncuranza. «Anche a Valdemar abbiamo avuto la nostra dose di guai, con le piene primaverili e tutto il resto.» «Oh, sì... le piene e tutto il resto» replicò l'uomo, in maniera un po' troppo affrettata, poi si girò verso le persone che gli sedevano accanto dall'altro lato e si unì alla conversazione in corso fra esse. «Chiedo scusa, signora, ma mi potresti dire qual è il prezzo del grano, dal vostro lato del Confine?» chiese un mercante alto e magro, interponendosi fra Talia e il suo interlocutore. Ignorarlo sarebbe stata una scortesia, e la ragazza si trovò ad essere tempestata da così tante domande che non ebbe il tempo di porne a sua volta. Alla fine, si stancò di essere monopolizzata in quel modo e segnalò a Kris che voleva ritirarsi. Immediatamente, il giovane sbadigliò con aria affaticata e si alzò per raggiungere la propria camera, imitato da Talia. Le stanze per gli ospiti erano simili a celle monacali disposte lungo le pareti, e pur essendo prive tanto di focolare quanto di finestre vere e proprie, avevano fessure nelle pareti, all'altezza del soffitto, che servivano a garantire un'adeguata ventilazione. Mentre apriva la propria porta, Kris inarcò un sopracciglio con aria interrogativa in direzione di Talia, e la ragazza rispose con un lieve cenno del capo per indicare che aveva appreso qualcosa di interessante e con il segno convenzionale che indicava che ne avrebbero parlato in seguito. Anche senza l'ausilio di una finestra, Talia comprese che il sole stava sorgendo, e non fu molto sorpresa di scoprire che Kris l'aveva preceduta a colazione di un paio di minuti. Nessun altro era ancora alzato, e mentre mangiava in fretta Talia non badò molto a ciò che aveva nel piatto... una sorta di porridge di grano con noci e funghi, semplice e insapore quanto lo era stata la cena della sera precedente. «Il ragazzo sta sellando i nostri Compagni» le disse Kris, con la bocca piena, «e ci potremo mettere in viaggio appena finito di mangiare.» «Sono pronta» replicò Talia, inghiottendo l'ultimo boccone di farinata con l'aiuto di un sorso del tè non zuccherato. «Allora andiamo.» I due lasciarono il villaggio al trotto e misero poi i Compagni ad un'andatura più tranquilla. «Dunque, cos'hai saputo?» domandò Kris, non appena furono lontano dalla portata d'udito degli abitanti del villaggio.
«Qui c'è qualcosa che non va del tutto bene» spiegò Talia, «ma non riesco a capire di cosa si tratta. Tutto quello su cui mi posso basare è una sensazione... e il fatto che nessuno vuole parlare dei "brutti momenti" che si stanno vivendo qui. Potrebbe trattarsi soltanto di un caso isolato di scontento...» Talia s'interruppe e scosse il capo, assalita da un improvviso senso di vertigine. «Cosa succede?» «Non... non lo so. All'improvviso mi sento strana.» «Ti vuoi fermare un momento?» domandò Kris, in tono preoccupato. Talia stava per rispondere negativamente quando un'altra ondata di vertigine e di disorientamento si abbatté su di lei. «Forse è meglio...» annuì. I Compagni si spostarono di loro iniziativa sul bordo erboso della strada, e Rolan si puntellò con le quattro zampe allargate, rimanendo assolutamente immobile mentre le ondate di vertigine si ripetevano e Talia si teneva aggrappata alla sella: aveva paura di smontare, perché temeva che dopo non sarebbe più riuscita a risalire in sella, e si augurava soltanto di non cadere a terra. «Vuoi tornare indietro?» chiese Kris, in tono sempre più ansioso. «Pensi di aver bisogno di un Guaritore?» «No, non credo... non lo so...» Adesso il disorientamento sembrava essersi ridotto e le sue condizioni non erano più così precarie. «Credo che la cosa stia passando da sola.» Poi, a mano a mano che le vertigini sparivano, con esse scomparve anche la consapevolezza empatica che Talia aveva di quanti la circondavano, una consapevolezza che esisteva sempre in certa misura, indipendentemente dall'intensità dei suoi schermi. «Dea!» esclamò, sgranando gli occhi e lanciando intorno a sé occhiate piene di panico, mentre Kris si affrettava a sorreggerla per un gomito. «È...» Nel parlare, Talia abbassò gli schermi, ma la situazione rimase immutata: non poteva avvertire nulla, nemmeno Kris che pure le era accanto. «È sparito! Il mio Talento è sparito!» L'istante successivo esso tornò a presentarsi... con forza raddoppiata. Priva com'era di schermi, Talia si piegò in avanti sulla sella per il dolore fisico derivante dal clamore mentale che sembrava provenire da mille persone e si affrettò a rialzare gli schermi... E il clamore svanì di nuovo.
«Kris... Kris...» gemette Talia, sempre piegata in avanti, con la testa fra le mani. «Cosa mi succede? Cosa c'è che non va?» «Non lo so» replicò lui, con voce tesa, continuando a sorreggerla come meglio poteva stando in sella. «Però... non c'erano dei funghi in quella brodaglia che ci hanno dato da mangiare?» «Ecco...» cominciò Talia, cercando di riflettere. «Sì, forse.» «Piede di capra» dichiarò Kris, cupo. «Deve essere stato questo, e ciò spiega anche come mai tu ne stia risentendo ed io no.» «Piede di capra? È...» Talia si raddrizzò lentamente, sbattendo le palpebre per schiarirsi la vista. «Non è quella sostanza che rende inaffidabili i Talenti? Credevo che fosse rara...» «Ha effetto soltanto sulla Percezione dei Pensieri e sull'Empatia e... sì, è rara nella maggior parte dei posti. Non è comune neppure da queste parti, ma non si può dire che sia rara, e una primavera umida costituisce il fattore ambientale più favorevole alla sua crescita. Quei dannati stupidi devono aver colto una manciata di piedi di capra insieme agli altri funghi e averla cucinata limitandosi a controllare che fosse commestibile.» Adesso Talia cominciava ad essere in grado di pensare con maggiore chiarezza. «Questo renderà praticamente inutile tutto ciò che io avvertirò almeno per un paio di giorni, vero?» «Non tentare neppure» consigliò Kris, con una smorfia, «perché ti sentiresti male. Quei dannati stupidi sono stati fortunati che un Guaritore non si sia fermato per la notte all'ostello! Se sei in grado di cavalcare, credo che dovremmo tornare indietro...» «Posso cavalcare, se procediamo piano, ma perché tornare indietro?» «Potrebbero avere altri funghi come quelli» spiegò Kris, che aveva già fatto girare Tantris per tornare al villaggio. «Hai idea di quello che accadrebbe se un Guaritore stanotte dovesse pernottare là?» «Possenti dèi!» esclamò Talia, e lasciò che Rolan seguisse Tantris. Il villaggio distava appena una lega, perché non avevano percorso molta strada prima che gli effetti del fungo cominciassero a farsi sentire; lungo il tragitto Talia dovette combattere altri attacchi di vertigine, poi si accorse in modo vago che si erano fermati e che Kris stava strigliando verbalmente qualcuno da cui emanava uno stato d'animo frenetico e contrito che sembrava sincero... ma in quel momento le valutazioni fornite dal Talento di Talia erano tutt'altro che affidabili. La ragazza percepì ondate di terrore paralizzante, di apprensione e di
colpa... seguite immediatamente da una gioia delirante, da un intenso desiderio sessuale e da una spaventosa famelicità. Finalmente, giunse un altro momento di "vuoto" e lei trasse un tremante sospiro di sollievo. «Uccellino, stai bene?» Aprendo gli occhi, Talia scorse Kris fermo accanto alla sua staffa destra. «Vuoi fermarti qui? Posso sempre tornare alla torre di segnalazione e avvertire che ti sei sentita male... spiegando anche di chi sia la colpa.» «No... no. Starò meglio... lontano dalla gente. Tu ti puoi schermare, io no, e non corro il pericolo di cadere di sella... ci penserà Rolan ad aiutarmi.» «Se è questo che vuoi...» «Per favore...» gemette lei, chiudendo gli occhi... «andiamo via di qui.» Sentì Kris montare in sella, poi si accorse che Rolan si era avviato per seguirlo ma non aprì gli occhi... il senso di disorientamento era infatti meno violento se li teneva chiusi. Ben presto, si accorse di aver fatto la cosa giusta lasciando il villaggio, perché a mano a mano che la distanza fra lei e l'abitato andò aumentando gli effetti peggiori del suo malessere andarono calando di pari misura. Poi lei sentì un secondo schermo, quello di Kris, insorgere intorno al suo, seguito da un terzo, quello di Rolan. Con cautela, provò ad aprire gli occhi: le sembrava di guardarsi intorno attraverso uno strato d'acqua, ma era una sensazione tollerabile; avvertì quindi la mano di Kris sul suo braccio e si accorse che lui le stava cavalcando accanto. «Non è possibile che questo sia stato fatto di proposito, vero?» gli chiese, soppesando le parole. Kris ponderò con serietà quella domanda... Talia lo capì dal fatto che il suo volto perse per qualche istante ogni espressione. «Non credo che sia stato un atto premeditato» replicò infine. «Non potevano sapere in quale ostello ci saremmo fermati per la notte e non potevano essere certi di avere a disposizione una scorta di piede di capra. Hanno giurato che gli unici funghi commestibili che avevano erano quelli che un ragazzo ha venduto loro questa mattina presto, e li hanno usati tutti per noi. In ogni caso, li ho obbligati a versare il resto del porridge nel truogolo dei maiali. No, penso che si sia trattato soltanto di un dannato incidente. Puoi proseguire?» Talia chiuse gli occhi ed effettuò un rapido esame delle proprie condizioni.
«Sì.» «D'accordo, allora riprendiamo il cammino, perché mi piacerebbe procurarti un letto al più presto possibile.» Talia continuò però a nutrire dei dubbi sulla natura involontaria di quell'incidente, perché grazie alle torri di segnalazione qualcuno avrebbe potuto sapere in quale ostello intendevano pernottare, e perché in virtù della sua infanzia trascorsa in una fattoria era consapevole che alcuni tipi di fungo potevano essere conservati a tempo indefinito dopo essere stati seccati... Kris spinse entrambi al limite della resistenza nella speranza di permettere a Talia di raggiungere il conforto di un letto prima del calare della sera e riuscì nel suo intento. Fortunatamente, quella sera loro risultarono essere i soli viandanti che si fossero fermati all'ostello e la quiete e il riposo tornarono a beneficio di Talia. Purtroppo, però, Kris sapeva grazie alle lezioni impartitegli in passato che il tempo era l'unico rimedio contro gli effetti del piede di capra. L'incidente non era una semplice seccatura, perché in quel viaggio lui aveva veramente bisogno delle capacità della ragazza, e senza di esse avrebbe dovuto basarsi soltanto sulle sue risorse d'ingegno. Con una buona nottata di sonno, Talia tornò ad essere in condizioni normali... tranne per il fatto che il suo Talento era ancora del tutto inaffidabile: in certi momenti era inesistente, mentre in altri era così intenso che lei non riusciva a stabilire quale fosse la provenienza di ciascuna delle molteplici emozioni che avvertiva. Né lei né Kris volevano correre il rischio di tentare una proiezione emotiva in quelle condizioni, perché non ne potevano prevedere i risultati e non avevano il coraggio di fare un tentativo al riguardo. Così, forzarono ulteriormente l'andatura per raggiungere il più in fretta possibile l'ostello successivo, nella speranza di potersela cavare lo stesso soltanto con l'addestramento, l'ingegno e l'abilità di cui erano dotati. Verso mezzogiorno, quando Kris si fermò per chiedere informazioni sull'ostello più vicino, la gente a cui si rivolse parve molto quieta e poco propensa a parlare tranne che per rispondere in maniera breve e cortese alle sue domande. E gli abitanti del paese dove infine arrivarono si comportarono nello stesso modo: tutti erano frettolosi e taciturni, e mostravano soltanto una furtiva curiosità nei confronti dei due stranieri. La Guardia della stazione di segnalazione a cui fecero rapporto quella
sera si mostrò anch'essa alquanto brusca e li sconsigliò dal modificare i loro piani per fermarsi a Ilderhaven. «Alla capitale hanno bisogno di sapere sempre dove siete e se la prenderebbero male se non dovessero riuscire a trovarvi» disse, dando l'impressione che questi "essi" avrebbero fatto qualcosa di più che prendersela a male se gli Araldi avessero modificato i progetti già comunicati. Kris scambiò una rapida e seria occhiata con la sua compagna ma non replicò. All'ostello, che ospitava appena una manciata di viandanti, Talia e Kris si separarono, scegliendo ciascuno un interlocutore che sembrava adatto a fornire informazioni e procedendo a cercare di scoprire tutto il possibile sulla situazione. Talia optò per una timida sacerdotessa di un culto che venerava la Luna e si augurò di poterle cavare qualche notizia utile anche senza l'impiego del suo Talento. Avviò la conversazione con qualche commento di prammatica sulle difficoltà che le donne incontravano nell'intraprendere lunghi viaggi e sul fatto che le autorità sembrassero tenerle in scarsa considerazione... i Gestori servivano sempre per primi gli uomini, anche se erano arrivati in un secondo momento. Continuando su quella falsariga generale, cominciò quindi con cautela a spostare la conversazione su argomenti più delicati. «Devo dire che il vostro re pare essere proprio un buon governante» osservò con noncuranza, quando finirono per parlare di Alessandar. «Da quello che ho visto finora ho riportato l'impressione che tutti stiano prosperando, e lo stesso dovrebbe valere anche per il vostro tempio.» «Oh, sì... Alessandar è un ottimo sovrano per noi, e le cose non sono mai andate meglio di così...» rispose la sacerdotessa, ma poi lasciò la frase in sospeso, con un pizzico di esitazione e di incertezza. «E a quanto mi hanno detto ha un figlio forte e abile che seguirà le sue orme» la incalzò Talia. «Sì, sì, Ancar è certamente forte... avete avuto molte inondazioni in Valdemar? Noi non ne abbiamo mai viste tante come in questa primavera.» C'era stata una sfumatura di disagio nel tono con cui la donna aveva pronunciato il nome di Ancar? «Inondazioni terribili» rispose Talia. «Raccolti e bestiame sono stati spazzati via e alcuni fiumi hanno perfino cambiato corso. La giovane Elspeth ha continuato a tormentare la nostra regina perché le permettesse di
andare nelle zone colpite per dare tutto l'aiuto possibile... ma naturalmente era una cosa impossibile, dal momento che sta ancora studiando. Quando sarà più grande, però, non dubito che diventerà il braccio destro della nostra regina, come di certo Ancar deve esserlo per suo padre.» «No... in effetti non è lui a controllare le campagne. Ci pensano i fattori, sai. E... in realtà noi non vogliamo vedere Ancar qui... non è conveniente che qualcuno del suo rango si mescoli alla gente del popolo. Lui ha la sua Corte... fin da quando ha raggiunto la maggiore età, sai, ed ha... altri interessi.» «Ah» commentò Talia, e lasciò che la conversazione scivolasse su argomenti diversi. «Non abbiamo ricavato molto» rifletté Kris, dopo aver ascoltato il resoconto di Talia, «ma di certo la situazione sembra strana.» La ragazza annuì. Per precauzione, avevano atteso di rimettersi in cammino prima di parlare di ciò che avevano appreso. «Anch'io ho riportato impressioni simili alle tue» aggiunse quindi Kris. «Come se adesso le cose stessero andando ragionevolmente bene ma la gente non sia certa di quello che potrà accadere in futuro.» «Dannazione a quel piede di capra! Se soltanto potessimo avere un'idea di quanto è diffuso questo fenomeno e scoprire se si tratta di qualcosa di più dei soliti dubbi sul dilemma se sia meglio un re di paglia o un re leone! Dèi, abbiamo bisogno del tuo Talento.» «Non è ancora affidabile» replicò Talia, con rincrescimento. «Allora dovremo avanzare a tentoni con i nostri mezzi» sospirò Kris. «Attingere informazioni è il motivo per cui siamo stati mandati qui in anticipo, e dobbiamo averne di più precise di quelle attuali, perché Selenay non può decidere nulla su una base così vaga.» «Lo so» mormorò Talia, mordendosi un labbro. «Lo so.» Quella sera, Talia conversò con un anziano contabile, e quando lei sollevò l'argomento di Alessandar, l'uomo si mostrò pronto a tessere le lodi del suo sovrano. «Guarda questi ostelli... un'idea meravigliosa, davvero meravigliosa! Mi ricordo quando ero ragazzo ed avevo appena cominciato a lavorare come esattore delle tasse... dèi, in quali locande ero costretto a pernottare... sporche e tanto costose che ti chiedevi perché i gestori non si limitassero a piantarti un coltello in gola e a derubarti! Inoltre, con il suo esercito Ales-
sandar ha sgominato la maggior parte dei briganti e dei tagliaborse, e Karse non osa più neppure pensare di invaderci. Oh, sì, è un grande re, ma è vecchio...» «Di certo Ancar...» «Ecco, non lo so. Il principe è un fanatico del protocollo e del rispetto del rango e non sembra generoso quanto suo padre. E poi ci sono quelle voci...» «Davvero?» «Oh, lo sai bene, signora, che ci sono sempre voci sul conto dei regnanti.» E in effetti quelle voci c'erano. Per di più, Kris cominciava a sospettare che ci fosse chi ascoltava di nascosto e il giorno successivo segnalò quindi a Talia di aspettare a parlare che avessero raggiunto un tratto di terreno aperto, dove era certo che nelle loro vicinanze non ci fosse nessuno. Lei gli riferì ciò che aveva appreso e cosa ne avesse dedotto. «E così Ancar ha la sua piccola Corte, eh?» commentò Kris, con aria riflessiva, «ed anche il suo circolo di seguaci. Devo dire che la cosa non mi piace, perché anche se il principe è innocente e onesto, in una situazione come quella ci può sempre essere qualcuno che tenta di servirsi di lui.» «A me non sembra né innocente né onesto, sulla base del poco che sono riuscita a sapere» ribatté Talia. «Per essere del tutto obiettiva devo però ammettere che si può anche trattare di un giovane per natura freddo e duro. La dea sa che ha già visto un numero di guerre sufficienti da avergli indurito l'animo.» «Davvero? Questa mi riesce nuova... continua.» «A quattordici anni ha partecipato ad una serie di campagne militari che hanno spazzato via ogni traccia dei barbari che infestavano il Confine Settentrionale del regno. Quelle campagne sono durate quasi due anni, e a diciassette anni lui ha guidato l'esercito contro gli ultimi scorridori che Karse ha osato mandare qui... e anche in questo caso ha spazzato via tutti gli avversari. A vent'anni, ha organizzato personalmente una campagna contro i banditi che infestavano le strade, con il risultato che quell'estate quasi ogni albero da qui alla capitale è stato trasformato in una forca.» «Mi sembra che dovrebbe essere considerato un eroe.» «Non credi che un uomo del genere debba invece incutere timore? A quanto pare, è stato il modo in cui lui si è comportato che ha destato il timore del popolo: non fa il minimo sforzo per nascondere il fatto che gli
piace uccidere... ed è assolutamente spietato. Pare che abbia impiccato parecchi di quei "banditi" sulla base di semplici sospetti e che poi abbia indugiato a guardarli morire con una coppa di vino in mano.» «Un ragazzo adorabile. Sembra proprio il genere di marito che ci vuole per la nostra Elspeth.» «Non lo dire neppure per scherzo!» sibilò Talia. «Ma forse non hai sentito nessuna delle storie che circolano sui suoi rapporti con le donne. A me hanno detto che non è consigliabile attirare la sua attenzione, e mi hanno raccomandato di rimanere il più possibile lontano da lui.» «Forse a me hanno detto più di quanto abbiano confidato a te: se si deve prestare fede alle voci che circolano, al giovane Ancar piace violentare le donne, soprattutto se molto giovani, a patto che siano nubili e attraenti. Tuttavia, sono tutte cose che risultano soltanto se si legge fra le righe, e nessuno mi ha confidato nulla in maniera diretta.» E non ti hanno detto niente neppure dei maghi che lui ha fra il suo seguito, intervenne inaspettatamente Tantris. «Cosa?» esclamò Kris ad alta voce, colto di sorpresa. Nella stalla, ho tenuto gli orecchi spalancati. Gli stallieri stavano spaventando i garzoni di stalla minacciando di consegnarli ai maghi di Ancar se non fossero stati rapidi ed efficienti nel loro lavoro. «E allora? È un vecchio trucco da comari.» Non quando i "garzoni di stalla" sono abbastanza maturi da avere una famiglia e si mostrano genuinamente terrorizzati da quella minaccia. «Signore della Luce, la situazione comincia ad apparire davvero cupa» mormorò Kris, riferendo poi a Talia le informazioni raccolte da Tantris. «Dobbiamo trovare qualcuno che sia disposto a parlare» dichiarò la ragazza, «perché non possiamo tornare indietro senza avere a disposizione altro che vaghe dicerie. Selenay ha bisogno di fatti... e se tornassimo indietro adesso potremmo benissimo provocare un incidente diplomatico.» «Sono d'accordo con te» convenne Kris, in tono ancora più deciso del suo. «Senza contare che se ci stanno sorvegliando... ecco, potremmo non riuscire più a raggiungere il Confine.» «Lo pensi possibile? Credi che Ancar oserebbe una cosa simile?» «Credo di sì, se le voci che abbiamo sentito sono vere e se la posta in gioco è abbastanza alta. Inoltre, il solo modo in cui ci possiamo fare un'idea precisa di come sia questo Ancar e di quali siano i suoi piani è quello di avvicinarlo. Ho paura che adesso ci servano altre informazioni e che a questo punto sia in gioco qualcosa di più del fidanzamento di Elspeth.»
«Era proprio quello che temevo di sentirti dire» ribatté Talia. Quando ormai erano ad un giorno di viaggio dalla capitale, s'imbatterono finalmente in qualcuno disposto a discutere con loro delle "voci" che circolavano sul Principe Ancar, e si trattò di pura e semplice fortuna. Non appena entrarono nel villaggio, Talia scorse il carro di un mercante e le parve di riconoscerlo. I carri dei mercanti erano costruiti tutti nello stesso modo, ma erano dipinti a colori vivaci e secondo il gusto individuale: di rado quelle colorazioni comprendevano delle scritte, perché la maggior parte dei clienti dei mercanti era del tutto ignorante, ma i disegni erano fatti in modo da rimanere impressi nella memoria proprio perché potessero essere riconosciuti a distanza di tempo, e Talia ebbe la sensazione di rammentare gli allegri gatti azzurri che si inseguivano a vicenda lungo tutto il bordo inferiore del veicolo. Qualche momento più tardi scorse poi l'irsuta testa nera del barbuto proprietario del carro e non riuscì a credere alla propria buona stella, perché quel mercante era un certo Evan, che le doveva la vita: in un villaggio, era infatti stato accusato di omicidio e Talia lo aveva difeso da una folla infuriata, individuando poi il vero colpevole. Avendo usato su di lui l'Incantesimo della Verità e avendo toccato la sua mente, sapeva di potersi fidare delle sue parole e che lui non li avrebbe mai traditi. Il carro di Evan era parcheggiato in coda ad altri nel cortile di una locanda che serviva i mercanti, "la Corona e la Candela". Non appena furono arrivati all'ostello e si furono seduti per cenare, Talia urtò il piede di Kris con il proprio. A nessuno dei due piaceva di solito usare quel metodo per comunicare, perché era goffo e molto facile da individuare a meno che i loro piedi non fossero nascosti, ma l'ostello era quasi vuoto ed era stato dato loro un tavolo in fondo alla sala, per cui la ragazza ritenne che in quel caso i rischi fossero minimi. Assecondami, trasmise quindi, con il linguaggio dei gesti. Kris chiuse gli occhi come se stesse riflettendo e annuì, dando però l'impressione di aver compiuto quel gesto nel seguire il corso dei propri pensieri. «Oggi ho visto un vecchio amico» osservò quindi Talia... e a gesti segnalò mercante... Incantesimo della Verità... sapendo che Kris avrebbe subito ricordato l'unica circostanza in cui quei due soggetti si erano abbinati. «Davvero? Mi chiedo se potremo convincerlo ad offrirci qualcosa da be-
re» ribatté lui ed a gesti aggiunse: fonte d'informazioni? «Oh, credo proprio che lo farà» replicò allegramente Talia. Sì. «Bene! Mi andrebbe proprio un bicchiere di vino buono! Questa roba non è il mio ideale di una buona bevanda.» Affidabile? «Allora vedrò se riesco a indurlo a pagarci un paio di bicchieri.» Sì. Debito d'onore. «Mmm» borbottò Kris, rigirando lo stufato con un po' di pane. Dèi... e il tuo Talento? È di nuovo presente. Allora procedi pure. Talia convocò subito uno dei ragazzini che gironzolavano intorno all'ostello nella speranza di ottenere qualche incarico che fruttasse loro una moneta e mandò per suo tramite ad Evan un messaggio dalle parole accuratamente soppesate. Il mercante le rispose per mezzo dello stesso ragazzino, chiedendole di incontrarsi al suo carro anziché alla locanda. Evan non parve sorpreso di vederla arrivare insieme a Kris ed aprì subito il retro del carro, invitandoli ad entrare nella ristretta area abitabile, dove presero posto a fatica intorno ad un piccolo tavolo; Evan versò loro un boccale di vino, poi tutti e tre si fissarono con aria piena di aspettativa. Con cautela, Talia abbassò i propri schermi e sondò il carro alla ricerca di un'eventuale presenza umana abbastanza vicina da poter sentire quello che avrebbero detto, ma non rilevò niente e nessuno. «Evan» cominciò allora in tono sommesso, «i mercanti apprendono molte cose, quindi verrò dritta al punto: ho bisogno di sapere tutto quello che tu hai sentito sul conto del Principe Ancar. Sai che ti puoi fidare di me e ti garantisco che non ci stanno spiando. Se ci fosse qualcuno lo saprei.» Evan esitò, ma soltanto per un momento. «Io... mi aspettavo qualcosa del genere, e se non fossi così in debito con te, Lady Araldo... ma il debito esiste, e come tu stessa hai detto un mercante sente molte cose. Sì, ci sono voci... brutte voci... sul conto del giovane Ancar. Cinque o sei anni fa, quando ha raggiunto i quattordici anni e gli è stato concesso di avere una sua Corte personale, ha iniziato a raccogliere intorno a sé soggetti poco raccomandabili. Lui li definisce studiosi, e di certo dalla loro presenza sono derivate alcune cose buone, come le torri di segnalazione, nuovi acquedotti e roba del genere, ma lo scorso anno quegli studiosi hanno cominciato ad essere più conosciuti per la magia e la stregoneria di cui si servono che per la loro sapienza.» «Non è una cosa che si dice anche sul conto degli Araldi?» intervenne
Kris. «Però non ho mai sentito dire che la vostra magia non derivasse dalla Luce, giovanotto» ribatté Evan, «e non ho mai udito sul conto degli Araldi alcune delle cupe storie che di recente hanno cominciato a circolare sul conto degli amici di Ancar. Pare che attivino il loro potere mediante sacrifici di sangue...» «Quanto è probabile che questo sia vero?» domandò ancora Kris. «Non ne ho idea» rispose Evan, scrollando le spalle. «Se devo essere onesto, sono stato in posti dove si dicono le stesse cose riguardo ai seguaci dell'Uno, e voi di Valdemar sapete quanto queste accuse siano infondate. Quello che posso affermare con sicurezza è che nel corso dell'ultimo anno il principe ha cominciato a dare la caccia alle ragazze, ma nel modo più sgradevole. Fa quello che vuole a qualsiasi sfortunata ragazza che attiri la sua attenzione... nobile o popolana che sia... e nessuna osa opporgli un rifiuto, anche se Ancar ha la tendenza a lasciare loro in ricordo delle cicatrici. E non è tutto: ultimamente ha sparpagliato per il paese uomini che dipendono soltanto da lui... "osservatori", così si autodefiniscono... e che sostengono di essere come voi due gli occhi e gli orecchi del loro re, mandati a controllare che tutto proceda per il verso giusto. Io dubito però che quegli uomini riferiscano le loro informazioni a chiunque, a parte Ancar, e dubito che il re sappia della loro esistenza.» «Questo non mi piace» sussurrò Talia. «Non piace neppure a me» commentò il mercante. «Da quando ho oltrepassato il Confine sono stato interrogato spesso da quegli osservatori, e non ho gradito alcune delle domande che mi hanno posto, come per esempio chi avesse dato l'impressione di essere ricco, chi mi avesse detto qualcosa di troppo, chi rendesse omaggio a questa o a quella divinità... puoi credermi se ti dico che il vecchio Evan l'Astuto diventava Evan lo Stupido ogni volta che era avvicinato da quei tizi.» Nel parlare, il mercante modificò la sua espressione fino a renderla opaca e ottusa. «"Sì, signore... no, signore... parlare con me, signore?"» farfugliò, poi tornò ad assumere un'espressione normale. «Ho perfino permesso loro di imbrogliarmi vistosamente per convincerli della mia idiozia. E non è finita qui. Ho saputo da persone di cui mi fido che Ancar ha creato un suo esercito privato: sono almeno tremila uomini, la feccia delle prigioni, a cui è stata concessa la libertà a condizione che si asservissero a lui. Probabilmente io me ne andrò prima di avere modo di sapere cosa sta bollendo in
pentola, ma ho pietà di chi sarà ancora qui quando Ancar prenderà il trono. Oh, sì» concluse, scuotendo il capo, «ne ho davvero pietà.» Il mattino successivo, i due Araldi lasciarono l'ostello con aria cupa e si arrestarono di lì a poco in un boschetto, da dove potevano vedere chiunque fosse sopraggiunto senza essere scorti a loro volta. «Non mi piace» dichiarò Talia, in tono secco. «Io dico che dobbiamo tornare verso il Confine... ma resta il fatto che una mossa del genere potrebbe essere considerata un insulto.» Desiderava terribilmente fuggire, perché era più spaventata di quanto lo fosse mai stata, tranne quando aveva perso il controllo del suo Talento; inoltre, aveva la netta sensazione di essere in procinto di cacciarsi in una situazione superiore alle sue forze... ma del resto quello era proprio il motivo per cui Selenay li aveva incaricati di precederla... perché scoprissero qualsiasi cosa poteva costituire una minaccia per Valdemar. In aggiunta a tutto questo, persisteva in lei una vaga premonizione che l'intera faccenda potesse in qualche modo essere collegata ad Orthallen. «Ragione di più per continuare» ribatté Kris, serio. «Abbiamo sentito delle voci, ma abbiamo bisogno di sapere con esattezza quanto sia grave il pericolo, altrimenti non potremo consigliare la regina in maniera adeguata, e non appureremo nulla se volteremo le spalle e ci daremo alla fuga. Per di più, come ho già detto in precedenza, se torniamo indietro ora è possibile che loro decidano che abbiamo scoperto qualcosa e che ci fermino prima che possiamo riattraversare il Confine. Se teniamo duro e continuiamo, invece, potremmo riuscire a cavarcela con l'astuzia.» «È pericoloso, Kris: qui stiamo giocando con il fuoco.» «So che è pericoloso, ma non più di molte altre missioni che io e Dirk abbiamo portato a termine. Se è possibile, dobbiamo appurare quali siano i piani a lungo termine del principe.» «Lo so, lo so» rabbrividì Talia, «ma non mi piace. Mi sembra di essere sul punto di entrare in una stanza buia, sapendo che non appena accenderò una candela scoprirò che mi sono addentrata in un nido di serpenti e che la porta è stata sprangata alle mie spalle.» «Sei tu l'Araldo di grado più elevato, uccellino, quindi sta a te decidere. Dobbiamo proseguire e scoprire con esattezza quale sia la situazione e se esiste una minaccia immediata per il nostro regno, oppure dobbiamo tornare da Selenay con le informazioni che possediamo... correndo come se avessimo la coda in fiamme e pregando che nessuno ci fermi lungo la stra-
da?» «Riusciremo a tornare indietro anche se ci inseguono?» «Non ci giurerei» sospirò Kris. «Dovremo tagliare attraverso le campagne, evitando le strade, saremo su un terreno a noi sconosciuto e dovremo viaggiare giorno e notte. Oppure, potremmo mandare indietro Tantris e Rolan da soli con un messaggio, liberarci delle nostre divise che danno troppo nell'occhio, rubare abiti comuni e tentare di tornare indietro a piedi... ma il nostro accento ci tradirebbe con ogni dannato "osservatore" a cui fosse stata fornita una nostra descrizione anche superficiale. Francamente, penso che ci converrebbe farci passare per due stupidi e cercare di cavarcela con un bluff.» «Non potrei fingere di stare di nuovo male?» «In quel caso si aspetterebbero di vederci puntare dritto verso la capitale e i Guaritori del re e non di vederci tornare verso il Confine!» Talia chiuse gli occhi e soppesò tutte le possibili conseguenze, poi si morse un labbro e si fece forza per prendere l'unica decisione possibile. «Proseguiamo» disse con aria infelice. «Non abbiamo scelta.» Quando però incontrarono la loro scorta alle porte della capitale, dopo un viaggio di sei giorni dal Confine con Valdemar, Talia ebbe quasi l'impressione di sentire una serratura che scattava alle loro spalle. Alle porte della città, lei e Kris annunciarono il loro arrivo e furono cortesemente invitati ad aspettare. Dopo circa un'ora trascorsa ad osservare il consueto traffico in ingresso e in uscita dalle mura, i due sentirono uno squillo di trombe e videro la gente del popolo che si trovava nelle loro vicinanze allontanarsi così in fretta da dare l'impressione che si fosse dissolta per magia. Talia si era aspettata una scorta ufficiale, ma non si era aspettata di veder emergere dalle porte cittadine quella che risultò praticamente essere una processione reale. Una decina di nobili dagli abiti sfarzosi e in sella ad eleganti palafreni sopraggiunsero con andatura caracollante, seguiti dai servitori in livrea, e in testa a tutti spiccava il Principe Ancar con il suo seguito. Decisamente, Talia non si era aspettata di vedere il principe, e a giudicare dalla fugace espressione di sorpresa che gli passò sul volto, lo stesso valeva anche per Kris. Ancar avanzò verso di loro passando lungo un corridoio umano formato dai suoi cortigiani e dalle sue guardie... una procedura studiata apposta per
impressionare i visitatori e che in effetti impressionò Talia, ma non nel modo desiderato. Nel vedere il principe per la prima volta, la ragazza si sentì infatti come un gatto che si fosse improvvisamente venuto a trovare di fronte una vipera: desiderò inarcare la schiena, sibilare e graffiare. «Vi porgo i miei saluti e quelli del mio onorato padre» dichiarò con freddezza Ancar, accennando un inchino senza smontare di sella. «Siamo venuti per scortare a palazzo gli inviati della Regina Selenay.» Nell'ascoltarlo Talia fu assolutamente certa che quello da lui usato fosse stato un voluto plurale maiestatico e notò che il cavallo del principe era più alto di almeno due spanne di entrambi i Compagni, in modo che la testa del cavaliere risultasse molto al di sopra della loro. Dèi... non credo che abbia lasciato molto al caso... Superficialmente, non c'erano ragioni per giustificare il violento senso di animosità che la assalì, perché durante lo scambio dei convenevoli di rito il principe parve una persona assolutamente amabile. Il giovane, che aveva un volto bruno e avvenente, regolare e ornato da barba e baffi tagliati con cura, usò sempre un tono cortese e badò a concedere loro ogni onore previsto. Mentre gli cavalcavano accanto lungo il tragitto alla volta del palazzo, Ancar discusse di argomenti neutri... gli imminenti raccolti, le recenti inondazioni primaverili che si erano verificate in entrambi i paesi, il suo desiderio di veder continuare i buoni rapporti esistenti fra Valdemar e Hardorn. Tutti argomenti assolutamente naturali ed espressi in tono benevolo. Nulla di tutto questo ebbe però la minima influenza su Talia: per lei, in quell'uomo c'era un'indefinita sfumatura di malvagità, qualcosa di freddo e calcolatore che lo rendeva simile ad un serpente intento a valutare il momento migliore per colpire. Ancar si era posto alla sinistra di Kris, lasciando Talia alla destra dell'Araldo e prestandole ben poca attenzione, come se a causa del suo sesso lei non fosse stata degna del suo interesse... e Talia pensò che questo sarebbe tornato a suo vantaggio: dal momento che il principe era impegnato a parlare con Kris, la ragazza accantonò tutte le sue remore etiche e decise di tentare un sondaggio. Non era una cosa diplomatica o particolarmente morale, ma non le importava: sotto la superficie liscia e curata di quell'elegante e giovane principe si annidava qualcosa, ed era decisa a scoprire di cosa si trattasse. Il suo sondaggio fu arrestato da uno schermo potente... diverso da qualsiasi altro lei avesse toccato fino ad allora e tanto compatto da non presentare la minima fessura, neppure sotto l'esame più accurato. Sorpresa, Talia
lanciò di nascosto un'occhiata ad Ancar, che però stava portando avanti la sua conversazione con Kris senza apparire minimamente disturbato. Quindi lo schermo non era opera sua. Di chi, allora? Un momento più tardi lo sguardo di Talia fu intercettato da un uomo dall'aspetto del tutto comune che cavalcava alla sinistra del principe e che la fissò con occhi simili a spenti ciottoli marrone, permettendosi poi un lieve sorriso e un cenno del capo. Con un brivido, lei si affrettò a distogliere lo sguardo. Il tempo che impiegarono per arrivare a palazzo parve un'enormità a Talia, che non desiderava altro che allontanarsi dalla presenza del principe; una volta che furono entrati nel cortile, l'intero seguito di Ancar smontò di sella e una dozzina di scudieri in livrea vennero a prelevare i cavalli ed anche i Compagni dei due Araldi: ancora scossa per l'incontro con il mago del principe, Talia analizzò in fretta gli scudieri alla ricerca di eventuali tracce di intenti malvagi. Con suo sollievo, però, riscontrò soltanto ammirazione per quelle due splendide creature e il sincero desiderio di metterle a proprio agio. Cercò quindi di contattare Rolan e ricevette un'impressione di preoccupazione, ma le riuscì difficile stabilire da cosa fosse causata. Accanto a lei, Kris accennò a dire qualcosa, ma Ancar lo interruppe prima ancora che fosse riuscito a pronunciare una sola sillaba. «Il palazzo è davvero notevole» affermò, con gli occhi accesi da un bagliore di cui Talia non comprese la natura e che non le piacque affatto. «Dovete proprio visitarlo tutto.» Cosa potevano fare se non accettare il suo invito? Il principe, che pareva deciso a far vedere loro ogni centimetro del palazzo paterno, li accompagnò quindi di persona nella visita, tenendosi accanto a Kris e piazzando vicino a Talia uno dei suo seguaci, in modo da separare efficacemente i due Araldi. Quella sistemazione impedì loro anche soltanto di scambiarsi segnali a gesti, e prima che la visita giungesse finalmente alla sua conclusione Talia si ritrovò ad essere irrigidita per l'apprensione, mentre l'ansia che stava tenendo accuratamente nascosta andava aumentando ad ogni momento che lei e Kris trascorrevano alla presenza del principe. Il suo desiderio di poter godere di un momento da sola con Kris divenne quasi disperato, e Talia giunse a sospettare che il principe stesse deliberatamente tentando di impedire che i due Araldi potessero avere contatti fra loro a sua insaputa, perché li tenne al proprio fianco qua-
si fino all'ora prevista per il banchetto ufficiale organizzato per dare loro il benvenuto. Finalmente, Talia e Kris vennero lasciati soli nel sontuoso alloggio loro riservato, e Talia sondò subito le immediate vicinanze alla ricerca di eventuali spie, senza però individuarne. Ciò non significava tuttavia che le spie non ci fossero, perché avrebbero potuto essere schermate, quindi la ragazza decise che era meglio usare la massima discrezione. «Signore della Luce» sospirò, «non pensavo che mi sarei mai potuta sentire tanto stanca...» Trappola... spie? segnalò a gesti, poi si lasciò cadere sul divano e batté un colpetto sul sedile accanto a sé in un gesto d'invito. Subito Kris le sedette accanto e le prese la mano, stringendola. Talento? segnalò di rimando. Schermi replicò lei, ricambiando la stretta. Come? Le sopracciglia di Kris s'inarcarono di scatto per la sorpresa. «Hai visto quell'ometto che era sempre accanto al principe?» chiese Talia. Lui, segnalò intanto. «Mi chiedo chi possa mai essere.» Schermava Ancar. Forse ce ne sono altri. «Chi lo sa? Forse un tutore.» È un guaio. «Mmm. Ho voglia di prendere un po' d'aria.» Hai ragione. I due si avvicinarono alla finestra aperta, cingendosi a vicenda con le braccia come due amanti. «C'è un altro problema, uccellino» le sussurrò Kris all'orecchio. «Le guardie che si vedono in giro non sono abbastanza numerose.» Talia ridacchiò e gli sfiorò il collo con le labbra. «Non sono certa di capire cosa intendi» sussurrò di rimando. Kris scoppiò a ridere e la baciò, fingendo con abilità una notevole passione. «Selenay è molto amata, quindi mantiene soltanto un minimo di guardie per garantire la propria sicurezza... ma quelle guardie ci sono, e sono visibili. Alessandar è stimato quanto la nostra regina, quindi mi aspettavo di trovare in giro più o meno lo stesso numero di guardie, ma non ne ho viste. E se non sono in vista, allora devono essere nascoste. Perché Alessandar dovrebbe tenere delle guardie nascoste? A meno che non sappia che lo sono... e là dove è possibile celare un uomo, se ne possono celare anche dieci. La cosa non mi piace.»
«Kris, per favore...» mormorò Talia, in tono urgente. «Ho cambiato idea sul fatto di fermarci qui e penso che ce ne dovremmo andare, stanotte stessa.» «Sono d'accordo. Ritengo che ci siamo venuti a trovare in una situazione superiore alle nostre possibilità di affrontarla» convenne Kris, riaccompagnandola al divano, dove continuarono a fingersi una coppia in vena di effusioni amorose. «Dopo aver visto quel mago e il modo in cui la popolazione reagisce alla presenza di Ancar, non ho più nessun dubbio in merito alla veridicità di quelle voci, quindi è meglio andare via stanotte... ma non subito. Prima voglio scoprire cosa ne è di Alessandar.» Per un momento Kris rimase in silenzio, immerso in profonde riflessioni, cingendo Talia con le braccia e tenendo il volto nascosto fra i suoi capelli. «Ritengo che dovremmo mandare dei sostituti al banchetto e tentare un po' di spionaggio prima di fuggire.» «D'accordo, ma ci penserò io: se abbasso gli schermi, posso avvertire la gente che mi sta intorno molto prima di te.» «E potresti anche individuare una spia schermata percependone lo schermo?» «Da sola... no.» «Capisco cosa intendi suggerire. Un collegamento mentale...» Unendo i loro Talenti, l'Empatia e la Vista a Distanza, i due poterono sondare l'area circostante alla ricerca di aree schermate, ma con loro estremo disagio scoprirono che non c'erano spie, schermate o meno. «Ecco...» commentò con imbarazzo Kris, staccando la mente da quella di Talia, «senza dubbio mi sento un vero stupido.» «Non dovresti» replicò lei, passandosi nervosamente le dita fra i capelli e rivolgendogli un pallido sorriso. «È meglio prendere tutte le precauzioni, anche se inutili. Pensi che nessuno se ne accorgerà, se manderemo dei sostituti al banchetto?» «Se ben ricordi, non sarà presente nessun membro del seguito del principe, quindi non ci sarà nessuno di quanti ci hanno già visti. Se ci serviremo di un paio di servitori, non dovrebbero esserci problemi, perché sai quanto me che nessuno guarda mai con attenzione i servi: i due che ci hanno assegnato dovrebbero andare bene, perché sono abbastanza simili a noi per taglia e aspetto da poter indossare le nostre uniformi. Io attirerò la loro attenzione e tu li porrai sotto controllo.» Talia rabbrividì: non le andava quello che avrebbe dovuto fare, ma Kris non poteva provvedere al suo posto, perché il Talento della Vista a Distan-
za non permetteva di creare una falsa personalità nella mente di un'altra persona e la stessa Talia poteva farlo soltanto perché il suo Talento dell'Empatia era particolarmente intenso... di solito quello era un trucco possibile soltanto ai Comunicatori Mentali. Kris chiamò i servitori loro assegnati che, come lui stesso aveva sottolineato, erano abbastanza simili ai due Araldi per statura e per corporatura da poter indossare le loro uniformi senza suscitare commenti. I servi arrivarono insieme al loro bagaglio e Kris cominciò ad impartire ai due le istruzioni necessarie per preparare le uniformi formali; mentre lui teneva impegnati i due, Talia scivolò in uno stato di profonda trance. Perdonatemi... pensò, e si protese con la mente a sfiorare quella di entrambi con estrema leggerezza, dominando prima l'uomo e poi la donna... Kris li sorresse quando si accasciarono e li adagiò sul letto. Con cautela, Talia si insinuò allora più in profondità nella mente dei due, facendo scivolare il loro vero io in una sorta di sonno profondo. Adesso, per la fase successiva avrebbe avuto bisogno di aiuto... Rolan? Un momento più tardi sentì la sua presenza mentale, ancora pervasa dall'ansia ma perfettamente d'accordo con il loro piano, almeno nella misura in cui lei era in grado di mostrarglielo senza poterglielo comunicare mentalmente a parole anziché con immagini. Insieme, inserirono una falsa personalità e falsi ricordi nella mente dei due sostituti: Rolan era in grado di fare alcune cose di cui lei non era capace, e Talia poteva indurre i due a credere di essere due stranieri. Nel corso delle prossime ore, i due servi sarebbero stati una sorta di Kris e di Talia approssimativi e tali sarebbero rimasti fino a quando non fossero tornati in quell'alloggio, dopo il banchetto. Il loro comportamento sarebbe stato un po' legnoso e stentato, ma l'etichetta formale richiesta dall'occasione avrebbe nascosto la cosa. Alla fine Talia si staccò da Rolan ed emerse dalla trance, sentendosi molto rigida, del tutto esausta e leggermente colpevole. «Hai...» «Ho finito e adesso sono pronti» replicò Talia, muovendo la testa per attenuare la rigidità del collo e alzandosi lentamente in piedi. «Ora prepariamoli.» I due Araldi vestirono quindi la coppia di servi con la divisa bianca formale, trattandoli come se fossero stati due bambole, perché era più facile maneggiarli mentre erano in uno stato di profonda trance. Una volta che i
due furono pronti, Talia tagliò loro i capelli in maniera tale da imitare la pettinatura di Kris e la sua, e fece ricorso a tutta la sua abilità per truccarli in modo da modificare un po' l'aspetto dei loro lineamenti. Quando ebbe finito, i due somigliavano loro superficialmente, quanto bastava per poter passare inosservati. «D'accordo» disse Kris, mentre facevano alzare in piedi i due sostituti, «ora andrò nelle stalle. Mi ci vorrà un po' di tempo per trovare i Compagni e i loro finimenti senza essere visto. Se mi sarà possibile, prenderò ogni cosa e li sellerò, poi ti aspetterò vicino alle porte delle stalle.» «Ottimo» approvò Talia, con fare nervoso. «Io intendo salire di soppiatto al secondo piano e raggiungere la galleria riservata ai menestrelli, perché là dovrei riuscire a scoprire qualcosa. Con un po' di fortuna, potrei perfino ricavare qualche informazione da uno dei seguaci di Ancar, e comunque sarò di certo in grado di sondare Alessandar e di stabilire se è al corrente di quello che sta combinando suo figlio. Se mi sarà possibile, cercherò di fare in fretta.» «Se dovesse accadere il peggio e ti trovassi costretta a fuggire, contatta Rolan ed io ti verrò incontro con i Compagni nel cortile» avvertì Kris, con un sorriso pieno di tensione che Talia ricambiò. La ragazza prese quindi il suo sostituto per un braccio e Kris fece altrettanto con il proprio; insieme, li accompagnarono fino alla porta dell'alloggio, poi Talia liberò la mente della sua sostituta e le assestò una spintarella: la giovane donna sbatté le palpebre una volta, quindi scivolò sotto l'influsso della personalità impiantata nella sua mente, infilando la mano sotto il braccio del giovane che aveva accanto. Lui aprì la porta e i due si avviarono verso la sala dei banchetti, mentre Kris e Talia li pedinavano per il tempo necessario ad avere la garanzia che l'inganno stesse funzionando. A quel punto si separarono. Grazie alla visita praticamente imposta loro dal principe, adesso entrambi avevano familiarità con la disposizione dell'intero palazzo, quindi Kris si diresse verso una scala degli alloggi della servitù che portava alle stalle e non appena lui si fu allontanato senza intoppi Talia si avviò alla volta della galleria che sovrastava la sala dei banchetti. Abbassati completamente gli schermi, avanzò badando a tenersi nelle zone d'ombra del corridoio, poi imboccò un'altra scala riservata ai servitori e raggiunse il secondo piano, aiutata dalla percezione dell'attività in corso nella sala dei banchetti; il labirinto di corridoi era semibuio, perché i servi non avevano ancora avuto il tempo di accendere le candele in essi, ma Ta-
lia non ebbe bisogno della luce per sapere che in giro non c'era nessuno mentre si dirigeva verso il muro alle spalle della galleria. Una volta arrivata lì, avvertì immediatamente la presenza di numerosi uomini e subito si arrestò, nascondendosi fra le pieghe degli arazzi che coprivano le pareti. C'era decisamente qualcosa che non andava, perché l'utilizzo della galleria da parte dei menestrelli era previsto per un momento successivo della serata: adesso i musicanti stavano suonando infatti dietro un paravento piazzato in un angolo della sala, e in quel momento sulla galleria non ci sarebbe dovuto essere nessuno. Talia chiuse gli occhi ed estese con cautela il proprio senso empatico oltre la parete, nella speranza che una di quelle persone fosse abbastanza nervosa da trasmetterle ciò che stava vedendo sulle ali delle proprie emozioni. La cosa fu facile... troppo facile. Le immagini si riversarono con violenza nella sua mente... e quando lei comprese chi e cosa fossero quegli uomini e quale fosse il loro intento, sentì il cuore balzarle in gola per il terrore. Gli uomini disposti a intervalli di un metro lungo tutta la galleria che cingeva la sala erano balestrieri, ciascuno con l'arma pronta e carica e con una faretra piena di quadrelle al fianco: quelli non erano però membri della Guardia di Alessandar e neppure del suo esercito, bensì assassini spietati reclutati personalmente da Ancar. Il principe si era fatto impaziente e non era più disposto ad aspettare che suo padre gli lasciasse il trono morendo di una morte naturale; inoltre, era ambizioso e non si accontentava della prospettiva di governare su un solo regno: adesso in quella stanza cinta dagli arcieri oltre a suo padre erano raccolti anche tutti coloro che si opponevano alle sue mire, e i due Araldi che avrebbero potuto avvertire la loro regina delle sue intenzioni... un'opportunità troppo invitante per non cercare di approfittarne. Di conseguenza, una volta che il banchetto avesse avuto inizio, le porte sarebbero state chiuse a chiave dall'esterno... e tutti quelli che in qualche modo potevano opporsi ai desideri di Ancar sarebbero morti. Con l'eccezione degli Araldi: riguardo a loro, gli ordini di Ancar erano di ferire ma di non uccidere, e questo ebbe l'effetto di spaventare ancora di più Talia. Ancar doveva aver elaborato quel piano da mesi, attendendo soltanto il momento migliore per metterlo in atto, e i sei giorni di preavviso che aveva avuto quando loro avevano oltrepassato il Confine erano stati sufficienti
ad avviare la cosa. Una volta perpetrata la strage, il principe avrebbe quindi raggiunto il Confine con il proprio esercito, sopraffatto la regina e la sua scorta non appena fossero entrati nel territorio di Hardorn, ucciso Selenay e fatto prigioniera Elspeth, imponendosi quindi di fatto come sovrano di Valdemar. Talia desiderò di possedere almeno in parte la capacità di Kris di Comunicare a Distanza, perché così avrebbe potuto inviare un avvertimento agli Araldi che si trovavano nelle vicinanze del Confine ed anche chiamare mentalmente Kris per informarlo. Tutto quello che poté fare, invece, fu contattare mentalmente Rolan, trasmettendo il proprio messaggio con una scarica di terrore allo stato puro, nella speranza che lui lo trasmettesse a Kris per mezzo di Tantris. Di soppiatto, tornò quindi alla scala con la stessa silenziosa cautela usata in precedenza, e scese fino al piano inferiore. Laggiù il corridoio era però ben illuminato, e Talia ebbe paura di addentrarvisi, anche perché avvertì la presenza di altri uomini di Ancar dislocati a intervalli lungo tutta la sua lunghezza, evidentemente per abbattere eventuali superstiti. Semiparalizzata dal terrore, si aggrappò al battente interno della porta e cercò di riflettere. C'era un'altra strada per uscire? Dopo un momento, ricordò le sale più piccole destinate a colloqui privati e a cose del genere che si affacciavano sul cortile principale dal secondo piano: molte di quelle stanze avevano una balconata e finestre o porte che permettevano di accedere ad esse. Per la seconda volta salì quindi la scala, con il cuore che le batteva in gola e il proprio senso empatico esteso al massimo grado. Raggiunto il corridoio superiore, lo percorse tenendosi fra il muro e gli arazzi polverosi che lo coprivano fino a trovare una porta che desse accesso ad una di quelle camere: per fortuna, il battente risultò non essere chiuso a chiave e la stanza priva di occupanti, senza neppure una candela accesa al suo interno. Talia sgusciò fuori dalla protezione offerta dall'arazzo, ignorando l'irritazione agli occhi e al naso provocata dalla polvere, e si insinuò nella camera. Il bagliore delle torce accese all'esterno e della luce lunare che penetrava dalle finestre furono sufficienti a mostrarle un ambiente privo di mobilio e dal lucido pavimento di legno; pur detestando di perdere tempo prezioso, Talia prese allora a strisciare lungo le pareti perché voleva evitare di stagliarsi sullo sfondo di una di quelle finestre e di essere così visibile a chi si trovasse a passare davanti alla porta.
Il battente della porta-finestra risultò chiuso a chiave, ma dall'interno... Talia se ne rese conto dopo un istante di panico... e la serratura arrugginita cedette quasi subito. Una rapida occhiata al cortile sottostante rivelò che non c'era nessuno in giro, quindi Talia sgusciò oltre la balaustra: stava per lasciarsi cadere di sotto quando la strage ebbe inizio. Avendo esteso al massimo il suo senso empatico per individuare eventuali spie, per poco Talia non morì insieme ai partecipanti al banchetto, perché avvertì in prima persona la morte di una decina di persone... un trauma che la indusse ad allentare la presa intorno alla ringhiera e la fece precipitare verso il sottostante pavimento lastricato. Lo shock, la paura e il dolore annullarono ogni altro pensiero dalla sua mente, al punto che lei non riuscì neppure a tentare di salvarsi. Stava cadendo... ma non poteva pensare, non poteva muoversi, non poteva fare nulla tranne reagire... reagire all'agonia, al terrore e all'angosciato senso di colpa che le guardie di Alessandar stavano provando nel vedere il loro re inchiodato al suo trono da una dozzina di quadrelle prima di essere a loro volta abbattute... Alberich aveva però previsto che un giorno una cosa del genere sarebbe successa, e l'aveva fatta esercitare fino a rendere istintive alcune reazioni: anche se la sua mente era paralizzata dai riverberi della strage in corso, il suo corpo non lo era... Talia si contorse a mezz'aria e si raggomitolò in una palla rilassata... colpendo la pavimentazione a piedi in avanti per poi rotolare sulla spinta dell'impatto con una violenza che la lasciò ammaccata ma altrimenti illesa. Con il volto contratto in una maschera di dolore, si alzò in piedi a fatica e si avviò barcollando verso l'ingresso delle stalle, cercando di alzare gli schermi per escludere il dolore. Le parve che ogni singolo passo richiedesse un'eternità, ma ne aveva mossi appena una mezza dozzina quando sentì un battito di zoccoli sulla pietra e vide una sagoma bianca che scattava verso di lei. Era Rolan... privo di sella. Il Compagno non si arrestò nel passarle accanto, perché sapeva che in assenza di sella Talia non sarebbe riuscita a montare se lui non si fosse fermato del tutto. Alle sue spalle veniva Tantris, che portava in groppa Kris... e il giovane si stava sporgendo di lato quanto più osava, con una mano stretta intorno alla criniera del suo Compagno e l'altra protesa verso Talia, le gambe talmente serrate intorno al corpo di Tantris che Talia ebbe l'impressione di poter quasi avvertire il dolore dei muscoli sottoposti a un simile sforzo. Quando Compagno e cavaliere le passarono accanto, Talia si aggrappò alla mano offertale e spiccò
un salto, aiutando così Kris ad issarla davanti a sé. La manovra obbligò Tantris a rallentare appena l'andatura, facendosi distanziare leggermente da Rolan, ma almeno evitò una sosta vera e propria. C'era però ancora un ostacolo da superare... lo stretto passaggio fra la cinta interna di mura e quella esterna, che sboccava in una pusterla altrettanto stretta... e dal momento che intanto Talia era riuscita finalmente a schermarsi, nessuno dei due si accorse che sulle mura c'erano degli uomini di guardia finché non fu troppo tardi. Una vera grandine di frecce si abbatté su di loro e la fine giunse in pochi secondi. Una fitta infuocata trapassò la spalla di Talia nel momento stesso in cui Tantris lanciava un nitrito agonizzante, rabbrividiva e crollava al suolo. La ragazza fu scagliata in avanti e colpì con violenza la pavimentazione, un impatto che la lasciò stordita e che fece spezzare l'asta della freccia, conficcandola più in profondità nella carne. La sofferenza di quella ferita fu però nulla in confronto a quella che Kris stava provando. Davanti a loro, Rolan arrestò la propria fuga... i tiratori lo avevano lasciato passare indisturbato perché privo di cavaliere; la mente di Talia era però dominata da un solo pensiero ancora nitido nonostante il dolore... uno di loro doveva riuscire a salvarsi. «Rolan... fuggi!» urlò la ragazza, con la voce, con il cuore e con la mente. Il Compagno non esitò oltre e saettò attraverso la pusterla una frazione di secondo prima che il cancello si abbassasse con fragore, sfiorandolo a tal punto che Talia avvertì la fitta acuta e l'ondata di paura che le giunsero da Rolan quando l'inferriata gli strappò alcuni crini dalla coda. Kris giaceva raggomitolato accanto alla sagoma immobile di Tantris, così devastato dal dolore da non riuscire neppure a gemere. Lottando per riuscire a muoversi, Talia gli si trascinò accanto e sollevò fra le braccia il suo corpo torturato dalla sofferenza, tentando disperatamente di pensare a qualcosa che potesse aiutarlo: insieme a Tantris, Kris le aveva fatto da scudo con il proprio corpo, ed era stato trafitto da un tale numero di frecce da sembrare un bersaglio... ma un bersaglio che sanguinava. Perfino alla luce incerta delle torce Talia poteva vedere che la sua divisa bianca era segnata da chiazze scarlatte che si andavano allargando sempre di più mentre lei lo teneva stretto a sé, e cercò alla cieca nel proprio intimo quell'energia risanante di cui Kerithwyn si era servita, senza sapere bene come servirsene ma spinta al di là di ogni razionalità dal sopraffacente bisogno
di liberare Kris dal dolore che lo tormentava. Come era già accaduto in passato in quelle occasioni in cui la disperazione l'aveva spinta al di là dei limiti che conosceva, Talia avvertì una specie di pressione che andava crescendo dentro di lei, e che continuò ad aumentare fino ad annullare la consapevolezza di ogni fattore esterno, perfino delle fitte roventi che le trapassavano la spalla... Poi quella pressione trovò uno sfogo improvviso. Talia riaprì gli occhi e si accorse che Kris la stava fissando con uno sguardo privo di dolore e febbrilmente limpido: anche se lei poteva ancora percepire la sua sofferenza, Kris non era più in grado di farlo... in qualche modo Talia si era interposta fra lui e il dolore. Ma nonostante questo Kris stava morendo, ed entrambi lo sapevano. Talia si guardò intorno, aspettandosi di vedere il cortile circondato di soldati. «No.» Il rauco sussurro di Kris la spinse a riportare la propria attenzione su di lui. «È... un labirinto. Arriveranno soltanto dopo che sarò morto.» Talia comprese. Il suo Talento aveva mostrato a Kris che c'era un labirinto di scale e di corridoi che i soldati avrebbero dovuto percorrere prima di poter raggiungere l'accesso a quell'area, ma gli aveva anche mostrato quanto poco tempo gli rimanesse da vivere. «Kris...» cominciò, ma non riuscì ad aggiungere altro perché le lacrime le soffocarono le parole in gola. «No, uccellino, piangi per te stessa, non per me.» Le sue parole ebbero però l'effetto di sconvolgere ancor più Talia. «Non temo la Morte, e sarei lieto di raggiungere i Cieli, sapendo che il mio Compagno mi aspetta in essi... se non sapessi che ti devo lasciare... come posso lasciarti oppressa dal mio fardello oltre che dal tuo?» Kris fu assalito da un accesso di tosse e un rivoletto di sangue gli colò da un angolo della bocca, ma lui riuscì lo stesso a sollevare una mano per accarezzare una guancia della ragazza; stringendo quella mano nella propria, Talia premette il viso contro di essa e scoppiò in pianto. «Non è giusto... lasciarti sola... ma devi avvertirli, sorellina. In qualche modo li devi avvertire. Io non posso adempiere al mio compito fino in fondo, quindi dovrai farlo tu.» Soffocata dalle lacrime, Talia si limitò ad annuire. «Oh, uccellino, ti amo...» cominciò ancora Kris, e parve cercare di ag-
giungere qualcosa ma fu scosso da un altro accesso di tosse e quando risollevò lo sguardo fu evidente che non vedeva più Talia, perché i suoi occhi si illuminarono e si rasserenarono come se lui stesse scorgendo qualcosa di meraviglioso e di inaspettato. «Quanta... luce! T...» Per un fugace istante Talia percepì un senso di gioia, una sfumatura di meraviglia e una strana gloria diversa da qualsiasi altra cosa avesse mai avvertito, poi il corpo di Kris fu attraversato da un tremito e la vita abbandonò i suoi occhi mentre lui si accasciava fra le sue braccia. In quel momento sopraggiunsero i soldati, che li separarono e portarono via Talia, troppo intorpidita dallo shock e dal dolore per cercare di opporre resistenza. CAPITOLO OTTAVO Le guardie furono tutto meno che gentili. Dopo averle legato le mani dietro la schiena, la condussero a calci e a spintoni lungo innumerevoli corridoi dalle pareti di roccia e giù per una rampa di gradini irregolari; ogni volta che cadeva, la prendevano a calci fino a quando non si rialzava, e se barcollava le assestavano una spinta per farla proseguire. L'ultima di quelle spinte la mandò a cadere al centro di una stanza spoglia, dove venne lasciata in custodia di tre massicci bruti, più simili a bestie che a uomini. Quei tre la spogliarono completamente, indifferenti all'agonia causatale dalla spalla ferita, e la perquisirono in maniera brutale, procedendo poi a violentarla a turno con la stessa brutale indifferenza. A quel punto, Talia era ormai quasi incosciente per lo shock e per la sofferenza, e la cosa non parve quasi avere importanza... era soltanto un'ulteriore tortura che andava ad aggiungersi alle altre; il suo stato era tale che non riuscì neppure a concentrarsi abbastanza da usare il proprio Talento per difendersi, e quando tentò debolmente di lottare la risposta fu un colpo così violento che le fece sbattere la testa contro il pavimento roccioso, lasciandola quasi priva di sensi. Una volta che finalmente ebbero finito di divertirsi, i tre la issarono in piedi prendendola per un braccio e la spinsero in una cella dal pavimento di terra battuta, gettando dentro insieme a lei quanto restava della sua divisa macchiata di sangue. Alla fine, fu il freddo a riscuoterla, un freddo che la raggelò e destò in lei brividi incontrollabili, causandole nuove fitte di
dolore alla spalla ferita e inducendola a strisciare fino ai suoi vestiti per infilarseli faticosamente sopra il corpo dolorante. La ferita alla spalla continuava intanto a sanguinare, ma considerata la situazione non era sorprendente che i suoi catturatori non avessero neppure pensato di curarla. Devo... fare qualcosa... pensò, lottando contro il freddo e il dolore che le annebbiavano la mente. Devo... estrarre la freccia. A poco a poco, la mente le si schiarì abbastanza da permetterle di ricordare che i dardi che aveva visto in possesso delle guardie avevano avuto la punta a forma di foglia. D'accordo... si disse, preparandosi ad affrontare l'inevitabile, poi afferrò saldamente il moncone scivoloso e insanguinato dell'asta della freccia e tirò. La punta si liberò dalla carne... e Talia perse i sensi per qualche istante. Non appena la vista le si tornò a schiarire, si fasciò la ferita con un brandello della casacca e sperò di riuscire così almeno ad arrestare la perdita di sangue. Selenay. Elspeth. Doveva avvertire la regina... Quello scopo, che l'aveva sorretta al di là del punto in cui sarebbe dovuta umanamente crollare, la stava ancora pungolando: doveva avvertire gli altri, e per riuscirci doveva rimanere cosciente... e viva, anche se l'unica cosa che desiderava era morire. Si raggomitolò quindi in una palla e si costrinse ad entrare in trance, ignorando la sofferenza del proprio corpo brutalizzato: con tutto quel dolore a sorreggerla, perfino lei sarebbe dovuta riuscire a raggiungere con la mente il Confine. Il suo tentativo s'infranse però contro lo stesso muro che aveva protetto il principe dal suo sondaggio, e lei continuò per qualche tempo a picchiare contro di esso come un uccello selvatico contro le sbarre di una gabbia... e con la stessa efficacia. Il muro non aveva né fessure né punti deboli, e per quanto tentasse Talia non riuscì a spingere la propria Chiamata mentale al di là di esso. Alla fine si arrese, piangendo per il dolore e per la frustrazione, e si abbandonò senza speranza sul pavimento, nell'oscurità. Non avrebbe saputo dire per quanto tempo fosse rimasta distesa in quel modo quando un suono anomalo la riscosse dal suo incubo di dolore, di shock e di angoscia. Ascoltò con maggiore attenzione, e si accorse che il suono era la voce di qualcuno, che la chiamava sussurrando. «Araldo! Lady Araldo!» La voce sembrava vagamente familiare e proveniva da una piccola apertura nel soffitto.
Talia si portò sotto quel punto strisciando carponi sul pavimento di terra battuta, perché le gambe le tremavano al punto che dubitava di potersi reggere in piedi, e tossì parecchie volte prima di riuscire a parlare. «Sono... qui.» «Sono io, Lady Araldo, Evan... Evan il mercante di Westmark, in Valdemar. Ci siamo incontrati un giorno fa.» Mentre protendeva con esitazione il proprio Talento, Talia si domandò in maniera fugace se anche quella fosse una trappola. Dèi... e se lo è?... Ma cosa ho da perdere? Signora, ti prego... Per poco non svenne per il sollievo quando il suo Talento le confermò che si trattava davvero di Evan. «Oh, dèi... Evan... Evan, la Signora ti benedica...» annaspò, poi riuscì a controllarsi e aggiunse: «Dove sei?» «Nel fossato asciutto, fuori delle mura. Conosco alcune persone che hanno lavorato a palazzo e fra le Guardie, e mi hanno parlato di questi buchi di ventilazione. Sono arrivato qui dopo di voi, questa sera sul tardi... stavo bevendo in compagnia di alcune Guardie quando... si sono sentite delle urla. Le Guardie mi hanno detto che stava succedendo qualcosa e mi hanno avvertito di tenere a bada la lingua se volevo continuare a vivere: non erano uomini cattivi, Lady Araldo, ma avevano molta paura. Il principe non nasconde il fatto di avere ai suoi ordini dei maghi malvagi e un intero esercito.» ...se soltanto avessi fatto valere la mia autorità su Kris... adesso lui sarebbe ancora vivo... «In seguito, ho saputo che ti avevano catturata. Io... non ho potuto andarmene senza tentare di aiutarti. Ho corrotto una guardia per sapere in quale cella ti avevano messa. Lady Araldo...» aggiunse quindi, annaspando come se stesse cercando le parole adatte. «Il tuo compagno è morto.» «Sì... lo so» rispose Talia, chinando il capo senza cercare di fermare le lacrime che avevano ripreso a scorrere. Evan rimase in silenzio per un lungo momento. «Tu mi hai salvato la vita, Lady Araldo» riprese, dopo un lungo momento di silenzio, «e sono ancora in debito con te. C'è qualche modo in cui ti posso aiutare? Il principe ti vuole tenere in vita... mi hanno detto che ha dei progetti al tuo riguardo.» «Puoi aiutarmi a fuggire da questo posto?» chiese Talia, sentendo rinascere un barlume di speranza, che però si spense subito. «No, Lady Araldo» rispose infatti Evan, in tono triste. «Per farlo ci vor-
rebbe un esercito. Sarei felice di tentare da solo, ma non ti sarei di nessun aiuto, perché io morirei e tu resteresti comunque lì.» Una mezza dozzina di idee affiorarono nella mente di Talia, ed una di esse gettò radici. «Questi buchi sono diritti? Potresti calarmi qualcosa o tirare su un oggetto?» «Sì, se si tratta di una cosa piccola. Il mio informatore mi ha detto che i buchi sono diritti e privi di ostruzioni.» «Puoi trovarmi due frecce... con le piume molto fitte?... E...» Talia esitò, poi si costrinse a continuare: «E almeno dieci dramme di argonel.» «Ti hanno ferita, Lady Araldo? Ci sono sostanze meno pericolose dell'argonel per lenire il dolore, e una simile quantità...» «Non discutere, mercante: ho le mie ragioni, e mi serve l'argonel. Puoi procurarmelo?» «Entro un'ora, Lady Araldo.» Si udì quindi un suono frusciante che indicò che Evan se ne era andato. Talia si sedette con la schiena addossata alla parete e cercò di ricorrere ai metodi che le erano stati insegnati per lenire il dolore lancinante alla spalla e la sofferenza che le pervadeva tutto il corpo. Non si permise di sperare che il mercante mantenesse la sua promessa e rimase ad attendere passiva e indifferente, come intorpidita. Era ancora buio quando infine sentì di nuovo la voce di Evan. «Lady Araldo, ho quello che mi hai chiesto. Ora te lo calo giù.» Talia si issò in piedi sorreggendosi contro la parete e allungò la mano verso il fagotto che pendeva dal soffitto, sentendo al tempo stesso i muscoli della spalla ferita che si laceravano ulteriormente per lo sforzo a cui erano sottoposti. «La bottiglietta è piena, e contiene quattordici dramme» avvertì Evan. «Possano il Signore della Luce e la Bionda Signora guardarti sempre con favore, amico, e aiutarti nei tuoi commerci» replicò con fervore Talia, sollevando il tappo quanto bastava per avvertire l'odore fra il dolce e l'aspro dell'argonel: la bottiglietta era piena fino all'orlo. «Lascia pendere la corda» avvertì poi, «perché fra un momento dovrai tirare su qualcosa e rendermi un altro servizio... l'ultimo, che ti libererà definitivamente dal tuo debito.» «Sono ai tuoi ordini» rispose Evan, con sincera semplicità. Bloccandola sotto un piede, Talia spezzò la punta della prima freccia; con gli occhi inondati di lacrime, procedette quindi a tracciare la sequenza
di Kris sulle piume, grata di aver imparato a fare quel lavoro anche al buio e oppressa dal ricordo ancora vivido del tempo che Kris aveva dedicato ad insegnarle la propria sequenza fino a quando lei l'aveva memorizzata. La freccia senza punta indicava la morte dell'Araldo il cui codice era ricavato dalle piume. Adesso però doveva pensare alla seconda e più importante parte del messaggio... il proprio codice e quello indicante una missione andata talmente male che non si doveva fare nessun tentativo di salvataggio. Spezzata a metà la seconda freccia, Talia procedette a tracciare i codici in questione sulle piume, poi strappò dalla propria camicia ciò che restava di una manica e se ne servì per legare le due frecce in un fagotto, che assicurò infine alla corda che pendeva dal soffitto. «Tira su, mercante» avvertì. Il fagotto spiccò per un momento sullo sfondo delle pareti di pietra, poi scomparve. «Ora ascoltami attentamente» proseguì Talia. «Voglio che tu parta subito, senza attendere l'alba, prima che il principe blocchi la città. Devi riuscire ad oltrepassare le porte cittadine.» «Conosco la sentinella addetta al turno di notte e non avrò difficoltà a corromperla.» «Bene. Appena fuori dal campo visivo del posto di guardia della strada che parte dalle Porte del Trionfo c'è un piccolo santuario dedicato al dio dei viandanti.» «Lo conosco.» «Il mio cavallo ti raggiungerà là.» Se c'era una cosa che quei dannati maghi non potevano bloccare era il suo legame con Rolan. «Lega il fagotto intorno al suo collo, così com'è, poi sarai libero di agire come ti sembrerà più opportuno. Se fossi in te, punterei dritto verso il Confine, perché una volta passato sul territorio di Valdemar dovresti essere al sicuro. Sappi che hai la mia gratitudine e la mia benedizione.» «Un cavallo, Lady Araldo?» Talia ricordò allora che Evan era nativo di Hardorn e non poteva sapere quanto i Compagni fossero diversi dai cavalli. «Non è un semplice cavallo: devi pensare a lui come ad un famiglio, che tornerà dalla mia gente con il messaggio. Vuoi fare questo per me?» «Non posso proprio fare altro?» chiese Evan, che sembrava a sua volta prossimo alle lacrime. «Se porterai a termine questo incarico, farai più di quanto avrei mai osato sperare. La mia gratitudine e le mie benedizioni ti accompagneranno,
ma ora ti prego di andare e di affrettarti.» Evan non aggiunse altro e un istante più tardi Talia lo sentì allontanarsi. Cercò allora di mettersi in contatto con Rolan: il suo legame con lui era ad un livello troppo profondo perché i maghi del principe potessero anche soltanto avvertirlo e tanto meno bloccarlo. Nonostante un alternarsi di ondate di sofferenza e di svenimento che minacciavano di sopraffarla, Talia riuscì a rimanere cosciente abbastanza a lungo da avere l'assoluta certezza che Rolan avesse ricevuto dal mercante il fagotto contenente il suo messaggio. A quel punto, Rolan non aveva bisogno di istruzioni per sapere cosa fare; il contatto fra loro andò attenuandosi sempre più a mano a mano che Talia si indeboliva per lo sforzo e per la perdita di sangue e che il Compagno si allontanava verso il Confine tenendo la sua andatura più veloce, e s'infranse del tutto quando Rolan arrivò al limite massimo delle percezioni di Talia. Ormai, era quasi l'alba. Ora le rimanevano ancora due cose da fare, poi avrebbe potuto abbandonarsi all'angoscia, alla sofferenza causatale dalla ferita e al dolore per la morte di Kris. Innanzitutto, doveva pensare alla bottiglia. Il mercante aveva avuto ogni motivo di mostrarsi nervoso a proposito dell'argonel, in quanto era una sostanza pericolosa: a volte perfino la dose normale di quattro dramme poteva uccidere... ma di tanto in tanto i Guaritori se ne servivano per alleviare le sofferenze di coloro che non potevano comunque salvare, perché il vantaggio dell'argonel era che per quanto si esagerasse nella dose non c'erano effetti collaterali dolorosi come quelli provocati da altre sostanze... nulla tranne un sereno scivolare nel sonno. E se quattro dramme potevano uccidere, quattordici avrebbero dovuto garantire la morte senza ombra di dubbio. Servendosi della punta spezzata alla freccia, Talia scavò nel pavimento sotto il mucchio di paglia marcia che avrebbe dovuto farle da letto, e praticò un piccolo buco profondo appena quanto bastava per contenere la bottiglietta. Alessandar non era stato il genere di monarca che usava di frequente le segrete, e per fortuna il pavimento era di terra battuta anziché di pietra, con una latrina ricavata in un angolo. Talia non aveva ancora intenzione di usare la droga... doveva prima essere certa che la regina avesse ricevuto il suo avvertimento. Ti prego, Luminosa Signora... fa' che sia presto... Scavò quindi un secondo buco e poi un terzo, nascondendo in essi la
punta della freccia che aveva spezzato e quella che si era estratta dalla spalla: in questo modo, se per disavventura la bottiglietta fosse stata trovata, lei si sarebbe sempre potuta tagliare le vene dei polsi con una di quelle frecce. Quando ebbe finito, aveva ormai la spalla in fiamme e un po' di luce grigia iniziava a filtrare dal foro per la ventilazione. Abbandonatasi sulla paglia, Talia si permise finalmente di cedere al dolore, e stava ancora piangendo per la sofferenza e per la morte di Kris quando infine lo sfinimento e la perdita di sangue la fecero scivolare nell'incoscienza. Allorché tornò in sé, sul pavimento c'era una singola chiazza di vivida luce solare, che faceva apparire per confronto ancora più buio il resto della cella; mentre lei si guardava intorno, sconcertata dalla sofferenza e da uno stato di confusione, la porta si aprì con uno scatto metallico. Talia vide uno dei suoi carcerieri che avanzava verso di lei con un sogghigno sadico dipinto sulle labbra e con intenzioni fin troppo evidenti, e per un momento la sua reazione fu quella di ritrarsi scoppiando a piangere... ma subito dopo si sentì assalire da un'ira fredda e letale, e decise improvvisamente di essere giunta al limite della sopportazione: prendendo tutta la sua sofferenza e quella di Kris (che era ancora fin troppo vivida in lei), vi aggiunse il proprio senso di perdita e il proprio odio e scagliò il tutto contro la mente priva di protezione del carceriere, imponendogli per un istante un accecante rapporto forzato. L'odio non poteva sostenerla a lungo e il suo sforzo durò quindi un solo momento... che fu però più che sufficiente. L'uomo lanciò un grido inarticolato e si gettò verso la porta, sbattendovi contro con tanta forza da perdere quasi i sensi, poi oltrepassò la soglia e si richiuse con violenza il battente alle spalle, spingendo il catenaccio. Sentendolo farfugliare spiegazioni piene di panico ai compagni che si trovavano all'esterno della cella, Talia si accasciò contro la parete, certa che adesso nessuno di loro avrebbe più osato molestarla a meno di avere un mago che lo proteggesse... il che era molto improbabile perché il mago era molto occupato a schermare il suo principe e a impedire a lei di Comunicare Mentalmente e non aveva certo tempo da perdere per proteggere quegli sgherri desiderosi di divertirsi con lei. Più tardi le guardie spinsero nella cella un secchio d'acqua e un piatto contenente una specie di brodaglia; Talia ignorò il cibo ma bevve avidamente l'acqua stantia... e la sua terribile sete la aiutò a rendersi conto che
adesso i momenti di freddo si alternavano ad altri di estremo calore. Con cautela, si toccò la pelle accanto alla ferita e scoprì che era calda e asciutta, e piuttosto gonfia. Era in corso un'infezione e lei era febbricitante. Sapendo che probabilmente presto non ne sarebbe più stata in grado, liberò la vescica servendosi della latrina ricavata in un angolo, dicendosi che doveva essere grata di non avere nello stomaco nulla che potesse causarle un attacco di dissenteria... anche se quel pensiero le fu di ben misero conforto. Tirò quindi il secchio vicino al pagliericcio e si puntellò in posizione seduta contro la parete, per timore che qualcuno potesse sorprenderla alla sprovvista; quando le allucinazioni e il delirio causati dalla febbre ebbero inizio lei era più o meno pronta a farvi fronte. La febbre che la tormentava non aveva uno schema preciso: nei momenti di lucidità, Talia si prendeva cura di sé come meglio poteva e poi tornava a sopportare le ondate di sogni deliranti portati dalla febbre. Quei sogni le infliggevano orribili visioni della strage nella sala dei banchetti, e in esse i morti le sfilavano dinanzi mostrandole le loro ferite e chiedendole in silenzio perché non li aveva avvertiti in tempo. Lei tentava invano di spiegare che non aveva potuto perché era all'oscuro di tutto, ed essi continuavano a pressarsi intorno a lei, mostrandole arti mutilati e ferite sanguinanti, soffocandola... Le sue guardie bestiali si moltiplicarono fino a diventare un'orda e la violenza che le avevano inflitto parve prolungarsi e ripetersi all'infinito. Poi le apparve Kris. In un primo momento, Talia pensò che quello sarebbe stato un altro incubo, ma non era così. Kris era illeso e stava bene, era perfino felice... almeno finché non la vide. Con sgomento di Talia, quando si accorse delle sue condizioni Kris scoppiò a piangere, accusando se stesso per quello che le era successo. Lei cercò di mostrarsi coraggiosa a suo beneficio, ma non appena tentò di muoversi il dolore fu tale che la sua fragile facciata s'infranse; a quel punto, Kris si liberò dalla morsa della propria angoscia e si affrettò ad inginocchiarlesi accanto. In qualche modo, gli riuscì di liberarla in parte dal dolore mentre le mormorava parole di conforto e le bagnava la fronte arsa dalla febbre con l'acqua fresca. Poi lei gemette involontariamente a causa di un movimento che le aveva causato una nuova fitta alla spalla ferita, e lui riprese a piangere per la frustrazione che gli derivava dalla propria impotenza, impre-
cando contro se stesso per averla lasciata sola. Quando gli altri orribili sogni tornarono a presentarsi, Kris le rimase accanto e li tenne a bada. Durante il successivo periodo di lucidità, nel tornare cosciente Talia vide accanto al secchio un brandello di stoffa strappato dalla sua manica, ancora umido, e dopo aver cercato invano di capire cosa fosse successo, decise che doveva essere stata lei stessa a strapparlo e a bagnarlo e che il sogno era stato il modo in cui aveva razionalizzato quel gesto. Allorché il delirio tornò ad assalirla, nell'ultimo istante di consapevolezza lei si disse che non c'era da sperare che Kris fosse incluso una seconda volta nelle sue allucinazioni. Invece lui venne e continuò a proteggerla dalle orribili visioni che la incalzavano, tentando al tempo stesso di infonderle coraggio. Alla fine, lei rinunciò anche a fingere di sperare e gli parlò dell'argonel che aveva nascosto. «No, uccellino» le disse Kris. «Il tuo momento non è ancora venuto.» «Ma...» «Fidati di me... fidati, tesoro. Tutto si concluderà per il meglio, devi soltanto tenere duro...» Un momento dopo lei riprese conoscenza e l'immagine di Kris si dissolse. Quell'allucinazione la lasciò perplessa: perché un incubo che lei stessa aveva creato in preda al delirio avrebbe dovuto incitarla a vivere, mentre la sola cosa che desiderava era la liberazione data dalla morte? Per lo più, comunque, si limitò a soffrire e a sopportare le pene dell'attesa, augurandosi di ricevere presto un segno che indicasse che Selenay aveva avuto il suo messaggio. La regina e il suo seguito dovevano aver raggiunto il Confine all'incirca un paio di giorni dopo che lei e Kris avevano oltrepassato le porte del palazzo, e di certo si erano aspettati di veder arrivare Kris tre o quattro giorni più tardi... il che equivaleva ad una settimana a partire dal momento in cui lei era stata gettata in quella cella. Con un po' di fortuna e con l'aiuto della Signora, Rolan sarebbe dovuto arrivare da Selenay più o meno entro quel periodo. Talia sommò i giorni nella mente... Rolan avrebbe raggiunto la regina dopo sei o al massimo dieci giorni di duro galoppo, sei se aveva potuto usare le strade principali, dieci se era stato costretto a passare per le campagne e a nascondersi. Quando Hulda infine si presentò davanti a lei, alla fine del terzo giorno, Talia credette inizialmente che si trattasse di un'altra allucinazione. Se non fosse stato per i lineamenti affilati e gli strani occhi fra il grigio e
il viola della donna, che erano inconfondibili, lei non l'avrebbe neppure riconosciuta, perché adesso era avvolta in uno splendido abito di velluto vinaccia dalla scollatura molto profonda, aveva le mani e il collo adorni di gioielli e portava i capelli raccolti in una reticella ingemmata. La cosa stupefacente, però, era la sua età, che appariva appena superiore a quella di Talia. Hulda si arrestò nel centro della stanza, scrutando l'oscurità con occhi che saettavano di qua e di là, e un sorriso crudele le apparve sulle labbra quando infine scorse Talia raggomitolata contro la parete. Muovendosi in maniera strana, quasi fluttuante, la donna avanzò fino a incombere sulla ragazza, poi la pungolò duramente con un piede avvolto in un'elegante calzatura, socchiudendo gli occhi in un'espressione di piacere. Talia sussultò per il dolore e si ritrasse, sentendo il cuore che le balzava in gola quando si rese conto che la donna era ancora in piedi davanti a lei, concreta, e che non si trattava di un'allucinazione. Nel vedere che gli occhi di Talia si erano dilatati per la sorpresa, Hulda sorrise. «Ti ricordi di me? Davvero commovente! Non speravo che tu ti rammentassi ancora dell'adorata balia della piccola Elspeth.» Con quelle parole, Hulda indietreggiò di un passo in modo da venirsi a trovare sotto la luce che filtrava dal foro di ventilazione. «Quanto è caduto in basso il potente Araldo della Regina! Ti sarebbe piaciuto vedere me in queste condizioni, vero? Ma non è facile prendermi, piccolo Araldo, neppure la metà di quanto è stato facile prendere te.» «Cosa... cosa sei?» Le parole scaturirono dalle labbra di Talia quasi contro la sua volontà, prima che lei potesse trattenerle. «Io? Oltre che una balia, vuoi dire?» rise la donna. «Ecco, suppongo che mi potresti definire una maga. Credevi che gli Araldi fossero i soli detentori della magia esistente nel mondo? Oh no, piccolo Araldo, non è affatto così.» Con un'altra risata, Hulda uscì dalla cella, e la porta si chiuse rumorosamente alle sue spalle. Rimasta sola, Talia lottò per riuscire a riflettere, perché la presenza di Hulda significava che la posta in gioco era molto, molto più alta di quanto lei avesse immaginato. Hulda, che appariva così giovane e che sosteneva di essere una maga, pur senza possedere la minima traccia di Talento... di questo Talia era certa. Se si univa quella scoperta alla presenza di un altro mago che protegge-
va Ancar e che impediva a lei di stabilire una Comunicazione Mentale con gli altri Araldi... la sorte di Valdemar era nelle mani degli dèi! Tutto ciò significava che la vecchia magia, quella vera e non soltanto quella mentale usata dagli Araldi, era riapparsa nel mondo ed era nelle mani dei nemici di Valdemar. Inoltre, era ormai evidente che Hulda doveva aver avviato un gioco più complesso di quanto chiunque avesse mai supposto, e che lo stava portando avanti da parecchio tempo. Ma a quale scopo? Hulda tornò ancora, questa volta dopo che era scesa la notte, portando con sé una sorta di luce magica... una strana sfera nebulosa che fluttuava nell'aria ed emetteva un bagliore rossastro che pulsava e tremolava; la sfera si librava appena dietro Hulda e sopra la sua spalla destra, pervadendo l'intera cella del suo irreale chiarore rossastro. Adesso Talia era però più o meno pronta ad affrontarla, perché per il momento era libera dal delirio e si sentiva la mente lucida, anche se era ancora un po' stordita. Era inoltre riuscita ad accantonare in un angolo della mente le proprie emozioni e la consapevolezza di quanto fosse priva di speranze la sua situazione, ed era pronta a cogliere al balzo qualsiasi imprevisto colpo di fortuna che le permettesse di sferrare a sua volta un attacco ai suoi tormentatori. Pur supponendo che Hulda fosse protetta come lo era il principe, tentò subito un sondaggio, ma con il solo risultato di vedere confermata la sua idea; invece di tentare un attacco mentale, si limitò quindi a cambiare leggermente posizione sul pagliericcio, in modo da poter balzare in piedi immediatamente. Hulda le indirizzò un sorriso beffardo, che lei ricambiò con un'occhiata rovente. «Potresti anche alzarti per salutarmi» la beffò la donna. «No? Bene, allora non ti chiederò di farlo, tanto danzerai ben presto al suono della musica del mio piccolo principe. O forse dovrei dire "re"? Sì, suppongo che dovrei. Non sei curiosa di sapere perché sono qui?» «Ho la sensazione che me lo dirai comunque, sia che m'interessi o meno» ribatté amaramente Talia. «Che spirito vivace! Hai ragione, lo farei comunque. Ho trascorso anni cercando un bambino come Ancar... di rango elevato e tuttavia dotato di un'indole tale da piegarsi facilmente ai miei insegnamenti, e non appena
l'ho trovato ho capito nel giro di un anno che un solo paese non gli sarebbe mai bastato. Di conseguenza, gli ho impartito insegnamenti sufficienti a permettergli di fare a meno di me per qualche tempo e mi sono guardata intorno per trovargli una compagna adeguata. La piccola Elspeth sembrava davvero perfetta...» Hulda s'interruppe e sospirò in maniera teatrale. «Davvero?» «Sei proprio in gamba, piccolo Araldo! Quante cose riesci ad esprimere con una sola parola! Sì, la cara Elspeth sembrava perfetta... discendeva da una lunga dinastia di regnanti dotati di Talento magico, ed aveva un simile padre! Un uomo pronto a complottare contro la sua stessa moglie! Delizioso!» «Se stai cercando di convincermi che la propensione al tradimento è una dote ereditaria, sprechi il tuo fiato.» «Molto bene, allora!» rise Hulda. «Sarò breve. La mia intenzione era quella di addestrare adeguatamente Elspeth per consolidare in seguito un'alleanza con Ancar. Come probabilmente avrai intuito, mi sono sostituita all'autentica Hulda, e le cose stavano procedendo decisamente bene... fino a quando non sei intervenuta tu.» Questa volta, l'occhiata che la donna scoccò a Talia fu piena di veleno. «Per fortuna, sono stata preavvertita e sono tornata subito dal mio caro principe. Quando poi lui ha raggiunto un'età abbastanza matura da poter partecipare all'elaborazione dei nostri piani, abbiamo organizzato insieme un complotto davvero perfetto.» Hulda prese a passeggiare per la cella con irrequietezza, ignorando la polvere che si accumulava sull'orlo del suo splendido abito vermiglio. «Cos'è che induce tutti gli aspiranti tiranni a comportarsi e a parlare come menestrelli di quart'ordine in una commedia mal scritta?» commentò Talia. Hulda si voltò di scatto e la fissò con occhi roventi, contraendo appena le mani come se desiderasse serrargliele intorno al collo, e Talia si preparò a giocare il tutto per tutto, nella speranza che la donna ci provasse davvero. Certo, era debolissima, ma c'erano alcuni trucchi che Alberich le aveva insegnato... «Non hai niente di meglio da fare che vantarti dei tuoi trionfi davanti ad una prigioniera?» insistette, per provocare maggiormente Hulda. La donna si scurì in volto per l'ira ma poi ritrovò il controllo... con estremo disappunto di Talia... e si ricompose lentamente, assestando le pieghe della gonna per darsi il tempo di calmarsi.
«Tu rientrerai nel nostro piano, sai» affermò infine in tono brusco. «Ancar vi voleva vivi tutti e due, ma basterai anche tu sola. Raggiungeremo insieme il Confine e aspetteremo là la tua regina: vedendoti con noi, lei si sentirà rassicurata, e allora...» «Pensi seriamente di poter riuscire ad indurmi a collaborare, vero?» «Non hai scelta. Così come può impedirti di mandare i tuoi piccoli messaggi, il servo del mio principe può anche assumere il controllo del tuo corpo... soprattutto considerate le misere condizioni in cui versi in questo momento.» «Provaci tu.» «Oh no, mio piccolo Araldo. Posso contare su aiuti tali da non lasciarti la minima speranza di resistere. Vincerò io, alla fine.» Con una risata, Hulda oltrepassò la soglia e si allontanò, seguita dalla sua luce spettrale. Come Talia aveva sperato, durante il decimo giorno della sua prigionia la porta della sua cella si aprì e davanti a lei si presentarono il Principe Ancar e il suo mago, accompagnati da Hulda. Talia, che in quel momento era in una di quelle fasi di lucidità che si alternavano alle crisi di delirio, pensò inizialmente di fronteggiarli stando in piedi, ma alla fine decise di non averne la forza e si limitò a fissarli con aperto disprezzo. «I miei messaggeri hanno inviato segnali dai quali risulta che la Regina di Valdemar è tornata indietro una volta giunta al Confine» affermò Ancar, scrutandola con i suoi occhi da basilisco, «e adesso pare che stia radunando un esercito. In qualche modo, Araldo, sei riuscita ad avvertirla. Come?» Talia incontrò il suo sguardo con pari freddezza. «Se voi due siete così onnipotenti» ribatté con disprezzo, «perché non leggete i miei pensieri?» Ancar arrossì con violenza per l'ira. «Dannazione a voi Araldi e alle vostre barriere...» esplose, prima che Hulda potesse zittirlo. Talia lo fissò con stupore. Luminosa Signora... non può leggere in me... loro non sono in grado di leggere nella mente degli Araldi... non mi meraviglia che in passato siamo quasi riusciti a catturare Hulda... Per un momento, sentì nascere in sé un senso di entusiasmo che però si spense subito: era in possesso di un'informazione preziosissima... e inutile,
perché significava soltanto che non sarebbero mai riusciti a ricavare la verità dai suoi pensieri e non avrebbero quindi avuto modo di sapere se stava mentendo. Di conseguenza, lei doveva cominciare con il dire una verità a cui loro non potessero credere. Secondo Elspeth, Hulda si era sempre rifiutata di ammettere che i Compagni potessero essere qualcosa di più di bestie altamente addestrate ed era stata convinta che fossero gli Araldi stessi a selezionare i Prescelti, e non i Compagni. «È stato il mio Compagno» affermò quindi, dopo una lunga pausa. «È riuscito a fuggire e li ha avvertiti.» Il sorriso con cui Ancar reagì alle sue parole le raggelò il sangue. «Suppongo che si tratti di un parto della tua immaginazione... avresti dovuto fare il Bardo, davvero. Devi però renderti conto che questo servirà soltanto a provocare un leggero ritardo, e dopo aver lavorato per anni per raggiungere le mete che mi sono prefissato, posso facilmente accettare un po' di ulteriore ritardo. Non è così, mia cara balia?» domandò, girandosi verso Hulda e sfiorandole i capelli con le labbra. «Certamente, mio principe. Sei stato un eccellente allievo.» «E l'allievo si è dimostrato superiore all'insegnante, non è così?» «In alcune cose, amore mio, non in tutte.» «Forse ti interesserà sapere che sono al corrente della tua lite con l'Erede, mio giovane Araldo. Pare che adesso Elspeth sia alquanto avvilita e decisa a fare la pace con te, dal momento che il mio informatore mi ha comunicato che è impaziente di rivederti. È un vero peccato che questo incontro non possa avvenire, perché sarebbe stato commovente assistervi... avendo te sotto il controllo della mia cara balia.» Talia cercò di non tradire nessuna reazione, ma la sua concentrazione venne leggermente meno e lei si morse un labbro. «Dille chi è il nostro informatore, amore mio» mormorò Hulda all'orecchio di Ancar. «Nessun altro che il fidato Lord Orthallen. Come, non sei sorpresa? Davvero seccante. È stata Hulda a scoprirlo, sai... ha appurato che lui stava lavorando per minare il potere degli Araldi e del monarca da lungo tempo e così abilmente che nessuno aveva mai intuito la frequenza con cui giocava le sue carte.» «Alcuni di noi lo avevano intuito.» «Davvero?» ribatté Hulda, con una smorfia contrariata. «Ne sono delusa. Ma avete anche capito il perché? Ancar gli ha promesso il trono di Valde-
mar. Orthallen lo voleva da molto tempo, sai, ed aveva creduto di essere riuscito a conquistarlo quando un suo sicario ha abbattuto il padre di Selenay in battaglia. Ma poi ha dovuto fare i conti con Selenay... e con tutti quegli Araldi che persistevano nel proteggerla, e ha deciso quindi di eliminare prima loro... è un vero peccato che non abbia avuto molta fortuna. È rimasto davvero sorpreso del modo in cui tu hai continuato ad eludere tutte le sue trappole, e lo sarà ancora di più quando Ancar gli darà un colpo di daga anziché la corona. Sono però delusa che tu avessi intuito la sua perfidia.» «Mia povera cara... due delusioni nella stessa giornata» commentò Ancar, tornando poi a posare il suo sguardo freddo su Talia. «Bene, dal momento che mi hai negato un piacere, non potrai biasimare altri che te stessa se mi servirò di te per concedermene un altro, ti pare? Forse potrai compensare in qualche modo al divertimento negato alla mia cara balia a causa delle tue azioni.» «Bada a guardarti da quella ragazza, mio signore» ammonì Hulda, «perché non è priva di armi neppure adesso. Il tuo servitore non dovrà lasciare che la barriera si infranga neppure per un momento.» «Quanto a questo, non c'è da aver timore» sorrise ancora il principe, «perché lui conosce la pena in cui incorrerebbe se mancasse di tenerla intrappolata nella sua mente. Se dovesse mostrare dei cedimenti, mia cara... lo darò a te.» Hulda emise un trillo deliziato e nello stesso momento Ancar rivolse un cenno alle massicce guardie ferme dietro di lui. I due uomini afferrarono Talia e la issarono in piedi, bloccandole le braccia dietro la schiena: sotto quei maltrattamenti la ferita si riaprì e fitte di lancinante dolore le percorsero tutto il corpo, ma lei si morse un labbro e sopportò in silenzio. «Sei anche cocciuta! Costituirai un notevole divertimento, Araldo, davvero notevole.» Con quelle parole, Ancar si girò e uscì dalla cella, seguito dal mago e da Hulda e poi dalle guardie che scortavano Talia; il gruppo percorse un lungo corridoio che odorava di umidità e di muffa, poi oltrepassò la porta di ferro che ne bloccava un'estremità ed entrò in una camera che odorava di paura... e di sangue. Le guardie incatenarono le braccia di Talia alla fredda pietra, in un punto al di sopra della sua testa e in una posizione che sottopose la spalla ferita
ad una tensione quasi insopportabile. «Io mi considero un artista» le disse Ancar, «perché esiste una certa arte nel produrre la massima sofferenza senza infliggere danni permanenti e senza provocare la morte.» Mentre parlava, il principe prelevò da un braciere una lunga e sottile asta di ferro, contemplandone con aria pensosa la punta incandescente. «Con questo, per esempio, si possono fare cose davvero affascinanti.» Come se fosse successo un secolo prima, Talia ricordò d'un tratto Alberich che discuteva con un gruppo di studenti dell'ultimo anno, lei compresa, alcuni sgradevoli ma assai reali aspetti connessi al diventare un Araldo. «La possibilità di essere sottoposti alla tortura» aveva affermato Alberich, in quel lontano pomeriggio, «è una cosa che non ci possiamo permettere di ignorare. Indipendentemente da quello che affermano le storie, chiunque può essere spezzato dal dolore, perché se esistono alcuni esercizi mentali che permettono di estraniarsi da esso, non c'è difesa dalle peggiori atrocità che l'uomo è capace di escogitare.» «Di conseguenza, nel caso che doveste venire a trovarvi in una situazione senza speranza, l'unico consiglio che vi posso dare è quello di mentire... di mentire così spesso e con tanta creatività che i vostri catturatori non saranno più in grado di riconoscere la verità quando la sentiranno. Perché verrà un momento in cui direte la verità... non potrete farne a meno. Per allora, però, spero che avrete confuso le acque a tal punto da non permettere più di chiarirle...» Ancar però non voleva nessuna informazione, perché ne stava già ottenendo in abbondanza da Orthallen... tutto quello che voleva era vederla soffrire, e Talia era decisa a negargli quella soddisfazione finché le fosse stato possibile. E così, quando le "cose affascinanti" da lui escogitate non riuscirono a strapparle il minimo suono, il principe ne rimase contrariato e procedette a torture più sofisticate che richiedevano complicate apparecchiature; Ancar le manovrò tutte di persona, accarezzando con le lunghe dita le cinghie macchiate di sangue e il crudele metallo mentre descriveva amorevolmente, nei dettagli, il genere di tortura che ciascuno di quei congegni avrebbe inflitto al corpo impotente della sua vittima. Talia fece del suo meglio per mantenersi schermata e per ritirarsi dietro quelle barriere di difesa contro il dolore e il mondo esterno che aveva eretto molto tempo prima, ma a mano a mano che Ancar continuò a divertirsi a sue spese le barriere si logorarono sempre di più e Talia acquistò una nau-
seante consapevolezza di ogni emozione che il principe, Hulda e il mago di cui ignorava il nome stavano sperimentando. L'intenso piacere sessuale che Ancar derivava dalla sua sofferenza era una cosa ancora peggiore della violenza fisica che lei aveva subito dalle guardie, e ormai la sua sofferenza era troppo intensa perché le riuscisse di bloccare quelle percezioni. Il piacere di Hulda era altrettanto pervertito e difficile da sopportare, e in effetti entrambi apparivano eccitati in maniera erotica e quasi incontenibile da ciò che le stavano facendo, al punto di essere a stento in grado di trattenersi dallo strapparsi a vicenda gli abiti di dosso per consumare la loro passione lì dove si trovavano. Due volte Talia tentò di scagliare la propria agonia contro il principe, ma il mago fu sempre pronto a schermarlo, dando l'impressione di trarre dalla situazione un piacere pari a quello che provavano Ancar e la sua cara "balia", e Talia desiderò con passione (fintanto che era ancora in grado di pensare abbastanza coerentemente da formulare dei desideri) di poterli colpire e abbattere tutti. Dopo qualche tempo, non riuscì più a fare altro che urlare. Quando le fracassarono i piedi ormai il suo stato era tale che non fu più neppure capace di urlare. Allorché risultò che non era più in condizione di emettere alcun suono, la trascinarono di nuovo nella sua cella, perché il principe non derivava un adeguato piacere dalle torture che infliggeva se la vittima non era in grado di reagire ai suoi esperimenti. Quando le guardie la gettarono sulla paglia marcia, Ancar indugiò ancora per un momento accanto a lei, fissandola con espressione gongolante. «Ora devi riposarti e riprenderti, bambina, in modo che io possa poi ricominciare con i miei giochi» affermò. «Forse mi stancherò presto della cosa, o forse no, ma non ha importanza. Pensa a ciò che accadrà domani e pensa anche al fatto che quando mi sarò stancato di te troverò comunque ancora il modo di usarti: prima i miei uomini avranno modo di godere delle tue grazie, perché a loro non importerà se non sarai più attraente come prima... anzi, alcuni troveranno il tuo nuovo aspetto stimolante quanto lo è per me, mia cara. Poi sarai la mia messaggera. Come credi che reagirà la tua amata regina, vedendosi restituire il suo Araldo preferito un pezzo per volta?» Ancar scoppiò in una risata e lasciò la cella insieme ad Hulda, cominciando già ad accarezzarla mentre ancora la porta si stava richiudendo alle
loro spalle. Le ci volle tutta la sua forza di volontà, ma Talia si obbligò a rimanere immobile fino a quando fu tanto buio da impedire a chiunque di vedere quello che stava facendo. Soltanto allora rotolò su un fianco, spinse di lato la paglia e mise allo scoperto il punto in cui aveva sepolto la preziosa bottiglietta di argonel: era stata la consapevolezza di possederla che l'aveva sorretta, durante quella giornata, e per tutto il tempo lei aveva pregato che non avessero intanto perquisito la cella, trovandola. Non l'avevano fatto. Le sue dita erano talmente gonfie da essere praticamente inutili, ma questa era un'eventualità che lei aveva previsto: concentrandosi su ogni singolo movimento per avere la forza di portarlo a termine, riuscì a spingere di lato la terra con il taglio delle mani, spostandola quanto bastava per poter serrare i denti intorno al collo della bottiglietta e tirarla fuori del buco. Quel gesto le costò uno sforzo tale che per poco non svenne e la lasciò ansante e in lacrime per il dolore, incapace di fare qualsiasi cosa per lunghi momenti. Quando fu di nuovo in grado di muoversi, serrò la bottiglietta fra i polsi escoriati e strappò via il tappo con i denti. A quel punto si dovette concedere un'altra pausa, mentre la sua mente minacciava di ritirarsi nell'oscurità: quello però sarebbe stato soltanto un rifugio temporaneo, mentre a lei ne serviva uno permanente. Sputato lontano il tappo, rotolò su un fianco ignorando gli angosciati messaggi del suo corpo martoriato e si rovesciò in bocca l'intero contenuto della bottiglietta. Il liquido le colò in gola bruciando e le arse nello stomaco, dove si accumulò come piombo fuso, dandole la sensazione che stesse scavando un buco per raggiungere l'esterno. Per quella che le parve un'eternità, Talia fu cosciente soltanto della propria sofferenza e riuscì solo a piangere, ma poi un senso di torpore cominciò a poco a poco ad espandersi attraverso il fuoco che la divorava, sospingendo il dolore davanti a sé e diffondendosi sempre più in fretta a mano a mano che si allargava verso l'esterno, e ben presto lei non fu più in grado di avvertire assolutamente nulla. Adesso la sua mente sembrava fluttuare in una polla di acqua calda e oscura. Qualche pensiero continuò a rimanere nitido per un po', soprattutto il pensiero di Elspeth... sperava che la ragazza l'avesse davvero perdonata e che il prossimo Araldo della Regina la amasse tanto quanto l'aveva amata lei... e quello di Dirk. Forse era meglio che lui non avesse mai saputo quanto lo amava, perché questo gli aveva risparmiato una notevole ango-
scia. Oppure no? La sola cosa di cui era lieta era che lui e Kris si fossero rappacificati prima della loro partenza, perché apprendere della morte di Kris sarebbe stato per Dirk già fin troppo doloroso senza sensi di colpa che andassero a peggiorare le cose. Se soltanto lei avesse potuto avvertirli... se avesse potuto acquisire prima la certezza del tradimento di Orthallen, invece così lui era ancora fra loro, un nemico insospettato che stava soltanto aspettando l'occasione per un nuovo tentativo. E poi c'era Ancar... che possedeva dei maghi e un esercito di assassini. Se soltanto avesse potuto avvertirli in qualche modo... Talia tentò ancora una volta di effettuare una Comunicazione Mentale... fintanto che ne aveva le forze... ma fu bloccata dalla barriera eretta dal mago. Poco dopo la sua volontà s'intorpidì a sua volta e lei non riuscì più a fare altro che lasciarsi andare alla deriva. Era strano... i Bardi sostenevano che in punto di morte si otteneva risposta a tutti gli interrogativi, mentre lei ancora non aveva nessuna risposta: c'erano soltanto domande irrisolte e questioni in sospeso. Perché non c'erano risposte? Sarebbe stato logico supporre che una persona avesse almeno il diritto di sapere perché doveva morire. Forse non aveva importanza. Kris aveva detto che c'era tanta luce, ed anche nelle storie si affermava che i Cieli erano luminosi, ma qui dove lei si trovava non c'era luce, soltanto oscurità... oscurità dappertutto, senza il minimo chiarore. Ed era così sola! Lo era a tal punto che avrebbe accolto con piacere qualsiasi tipo di compagnia, perfino quella degli incubi portati dal delirio. Forse però era meglio così, perché nell'oscurità quel dannato mago non avrebbe potuto trovarla e riportarla indietro. Se fosse fuggita abbastanza lontano, lui si sarebbe perso nel tentativo di ritrovarla, quindi valeva la pena di tentare... e poi, se si riusciva ad ignorare la solitudine, quella calda oscurità piena di torpore era molto rilassante. Magari in un altro luogo, là dove il mago non avrebbe potuto seguirla, avrebbe infine trovato i Cieli... e la luce. Talia lasciò quindi che l'oscurità l'attirasse sempre più avanti, richiudendosi dietro di lei, e nello stesso tempo i suoi pensieri cominciarono a disgregarsi. L'ultimo che formulò prima di scomparire nel buio fu di meraviglia per il fatto che perfino alla fine non ci fosse neppure una traccia di luce.
CAPITOLO NONO Quando finalmente la regina e il suo seguito si misero in viaggio, Dirk chiese e ottenne di far parte della sua scorta d'onore nonostante i Guaritori e gli altri Araldi insistessero nel sostenere che ancora non stava abbastanza bene per intraprendere una spedizione del genere. Dirk ribatté affermando che c'era bisogno di lui, il che era vero: dal momento che il Collegio aveva sospeso i corsi per l'estate, tutti gli Araldi che di solito vi operavano come insegnanti avrebbero ora fatto parte della guardia del corpo della regina, con la sola eccezione di quelli troppo vecchi o troppo malati per viaggiare. Dirk sostenne anche di stare molto meglio di quanto potesse sembrare (il che non era vero) e che si sarebbe comunque riposato di più viaggiando alla tranquilla andatura che il gruppo avrebbe tenuto piuttosto che rimanendo in infermeria a tormentarsi (cosa marginalmente vera). Quando Selenay accolse la richiesta del giovane, i Guaritori alla fine si rassegnarono con disgusto, dichiarando che la regina era impazzita e che Dirk era il peggior paziente che loro avessero mai avuto dall'ultima volta che avevano dovuto curare Keren. Dirk sapeva benissimo che Teren e Skif si erano assunti il compito di tenerlo d'occhio senza parere, non fidandosi minimamente delle sue asserzioni, ma non gli importava: valeva la pena di sopportare qualsiasi cosa pur di non essere lasciato a casa... perfino le attenzioni di quei due. Dirk aveva però ragione sul fatto che il viaggio sarebbe stato calmo e tranquillo... la cosa più eccitante che ci si poteva aspettare che accadesse sarebbe stata incontrarsi con Talia e con Kris una volta raggiunto il confine e la scorta di Araldi costituiva più un requisito previsto dalla tradizione che una precauzione in vista di qualche pericolo. Dopo tutto, Alessandar era un fidato alleato e un vecchio amico di Valdemar, per cui Selenay ed Elspeth avrebbero corso ad Hardorn gli stessi rischi che potevano correre nella capitale del loro regno, e Dirk partì supponendo che al loro seguito sarebbe stato al sicuro quanto nel proprio letto. Anche se lui non era disposto a confidarle a nessuno, c'erano però altre ragioni per cui aveva deciso di partecipare a quel viaggio. Il suo ozio forzato gli aveva dato il tempo di riflettere, e stava cominciando a chiedersi se non aveva commesso un grave errore nelle sue supposizioni in merito all'esistenza di una relazione fra Talia e Kris. Anche se non aveva precisamente lasciato libero il campo, infatti, Kris non aveva trascorso molto
tempo (anzi, non ne aveva trascorso quasi per nulla!) solo con Talia da quando i due erano tornati dal periodo di apprendistato. Invece, aveva avuto una breve avventura con Nessa ed era poi tornato alle consuete abitudini semi-monastiche, senza che Talia cercasse di distoglierlo da esse. Dirk sapeva con certezza che le cose stavano così perché aveva controllato di continuo, in maniera piuttosto ossessiva, dove si trovasse ciascuno dei due, ed ora che aveva avuto modo di ripensarci, si rendeva conto che le frequenti lodi di Talia intessute da Kris non sembravano le parole di un uomo che esaltava la propria innamorata ma piuttosto quelle di un mercante di cavalli che cercasse di convincere un acquirente riluttante! E quanto a Talia, lei aveva sempre mostrato di cercare soltanto la compagnia dell'unica persona che invece aveva continuamente cercato di evitarla... e cioè lo stesso Dirk. Inoltre, c'era stato quello strano incidente con Keren, subito dopo che lui aveva avuto quel dannato collasso: il mattino che Kris e Talia erano partiti, l'istruttrice di equitazione era riuscita ad obbligare i Guaritori a farla passare e mentre lui era ancora piuttosto intontito a causa della febbre gli aveva fatto sorbire una veemente conferenza che Dirk non riusciva a ricordare bene... il che lo faceva impazzire per la frustrazione, perché aveva la sensazione che fosse stata una cosa importante ma non riusciva ad indursi ad affrontare ancora Keren per chiederle quale fosse stato l'argomento della sua sfuriata. Tuttavia, se i vaghi ricordi che conservava al riguardo non erano erronei... ed avrebbero potuto benissimo esserlo... lei aveva ripetutamente accennato ai legami a vita ed aveva insistito parecchio sul fatto che lui stava agendo da idiota e stava causando a Talia una notevole infelicità. A parte questo, di recente Dirk aveva fatto parecchi sogni spaventosi che non credeva potessero essere attribuiti interamente alla febbre ed aveva nutrito notevoli apprensioni sulla missione assegnata a Kris e a Talia fin dal momento in cui i due erano partiti; di conseguenza, voleva essere sul posto per sapere subito e in prima persona se erano insorti dei problemi, in modo da poter fare qualcosa al riguardo invece di restare a casa a chiedersi cosa stesse succedendo, anche se temeva di non poter essere di molto aiuto nelle sue condizioni attuali. Da un punto di vista tecnico, era ancora un invalido, quindi venne assegnato alla retroguardia insieme agli animali da carico, per dividere con Skif il compito di fare da guardia del corpo ad Elspeth; la giumenta di Skif, Cymry, aveva infatti generato un puledro quella primavera, e il pic-
colo era a stento abbastanza grande da poter compiere quel viaggio poco faticoso. Elspeth era in preda all'ansia, e Dirk aveva l'impressione che in quel momento lui e Skif costituissero la migliore compagnia possibile per lei, perché i giochi del puledro di Cymry e le disinvolte battute di Skif le tenevano alto il morale, mentre Dirk costituiva un pubblico fin troppo disposto ad ascoltare le sue continue dissertazioni sull'argomento che attualmente la riempiva di colpa e dominava i suoi pensieri... Talia. Selenay aveva dato ad Elspeth il biglietto di Talia quando la figlia era andata a chiederle che fine avesse fatto la ragazza, dopo averla cercata invano dappertutto; non appena Talia le aveva voltato le spalle e se ne era andata, infatti, Elspeth aveva rammentato la promessa che le aveva fatto molti anni prima. «Qualsiasi cosa tu dica» aveva giurato, «non mi infurierò mai con te senza prima essermi presa del tempo per riflettere e per decidere se quello che mi hai detto era vero o meno.» E molte delle cose che Talia aveva affermato quella notte, per quanto aspre, erano vere, perché lei aveva effettivamente pensato soltanto al proprio piacere e ai propri desideri, senza indugiare neppure per un momento a considerare la sua "relazione" da un punto di vista più ampio. Il tradimento del suo aspirante-innamorato le aveva fatto male... ma non quanto il pensiero di aver allontanato da sé con la rottura della sua promessa un'amica che le voleva veramente bene. Le parole di Talia erano state sgradevoli ma meritate, ed Elspeth aveva risposto ad esse in termini altrettanto sgradevoli e immeritati. A dire la verità, ciò che più destava la sua vergogna quando ripensava all'accaduto era il fatto che era stata lei a dare il via alle parole offensive, e adesso che aveva letto il biglietto di Talia desiderava disperatamente scusarsi e spiegarsi a sua volta con lei, in modo da ritrovare quell'intimità che avevano condiviso prima che Talia partisse per il suo apprendistato. Il suo rimorso era una cosa estremamente concreta, e la ragazza sentiva il bisogno di parlarne in maniera incessante, trovando in Dirk un ascoltatore comprensivo che non sembrava mai annoiarsi della ripetitività dei suoi discorsi. A poco a poco, riversando il proprio senso di colpa in quell'orecchio comprensivo Elspeth riuscì così a liberarsene almeno in parte e a renderlo meno ossessivo, senza però eliminarlo del tutto.
«Stai sognando ad occhi aperti, mia giovane dama?» La voce disinvolta e colta riscosse Elspeth dai suoi profondi pensieri. «Non stavo sognando ad occhi aperti, ma pensando» precisò con una sfumatura di rigidità, correggendo l'affermazione di Lord Orthallen. Lui inarcò un sopracciglio con aria interrogativa, e quando Elspeth non si mostrò disposta ad illuminarlo incitò il proprio cavallo in modo da spingerlo ad avvicinarsi un po' di più; Gwenna rispose con un tacito sussulto di repulsione che la portò ad allontanarsi un poco dal nobile. «Devo ammettere» affermò allora Orthallen, quasi fosse restio a permettere alla ragazza di sfuggirgli, «che io stesso mi trovo ultimamente immerso in frequenti riflessioni. E sono anche preoccupato...» Dannazione a lui, pensò Elspeth. È così disinvolto che desta in me il prepotente desiderio di fidarmi di lui. Se non fosse per quello che mi ha detto Alberich... Io mi fiderei di Alberich al punto di affidargli la mia vita, commentò inaspettatamente Gwenna nella sua mente. Al contrario, non affiderei a quel serpente neppure i ferri dei miei zoccoli! Taci, cara, ribatté Elspeth nello stesso modo, mentre il divertimento per la veemente reazione del suo Compagno le faceva ritrovare il buon umore. Non mi coglierà di nuovo alla sprovvista. «Preoccupazione per che cosa, mio signore?» domandò poi ad alta voce, con aria ingenua. «Per mio nipote» replicò Orthallen, sorprendendo Elspeth con la propria espressione e con la sfumatura di effettiva preoccupazione presente nella sua voce. «Vorrei che Selenay mi avesse consultato prima di affidargli questa missione... è così giovane.» «Kris ha una notevole esperienza.» «Ma non in campo diplomatico, e non senza supporti.» Cieli Lucenti, mi riesce quasi di credere che la sua ansia sia autentica! Lo è, dichiarò Gwenna, che appariva altrettanto sorpresa. E in qualche modo... in qualche modo questo mi spaventa. Cosa sa Orthallen che noi ignoriamo? «Si tratta di una semplice missione presso un alleato» osservò ad alta voce Elspeth. «Cosa potrebbe mai andare storto?» «Nulla, naturalmente. Le mie sono soltanto le sciocche fantasie di un vecchio» convenne Orthallen, con una risata che suonò però forzata. «Non ci pensare più. In realtà ero venuto a parlarti per vedere se sentivi la man-
canza di qualcuno di quei giovani che hai lasciato a Corte.» «Sentire la loro mancanza?» ripeté Elspeth, con un trillo di allegria estremamente artificiosa. «La Signora mi è testimone che non riesco proprio a capire cosa ci trovavo in loro: in tutta la mia vita, non ho mai incontrato un gruppo di manichini più stupidi di quelli! Mi avevano già annoiata a tal punto che sono stata fin troppo contenta di sfuggire loro... ed ora penso che farei meglio a tornare alla retroguardia per dare il cambio a Skif nel sorvegliare che il povero Dirk non cada di sella. Buona giornata a te, mio signore!» Oh, questo gli darà di che pensare, sorellina, si complimentò Gwenna, mentre si girava per tornare verso la retroguardia. Davvero ben fatto! «Dirk?» chiamò Elspeth, avvicinandosi al trotto all'Araldo. «Cosa c'è, diavoletto?» replicò il giovane, riscuotendosi: si era infatti quasi addormentato sulla sella, perché l'insieme del tiepido sole, del passo tranquillo di Ahrodie e del gentile tintinnare delle campanelle unito al battito ritmato degli zoccoli aveva avuto su di lui un effetto decisamente soporifico. «Pensi che sarà Talia a venirci incontro al Confine?» domandò Elspeth, in tono malinconico e con il volto pervaso di evidente speranza. Pur detestando l'idea di deluderla, Dirk non ebbe altra scelta. «Temo che sia improbabile» sospirò. «Essendo l'Araldo della Regina, lei è il principale rappresentante di tua madre ed è quindi logico che sia rimasta presso Alessandar.» «Oh» mormorò Elspeth, piuttosto abbattuta. «Tu ti senti bene?» chiese subito dopo, mostrando di voler continuare la conversazione. «Sembri tossire parecchio.» E gli lanciò in tralice un'occhiata improntata ad una notevole preoccupazione. «Non mi dire che hai intenzione anche tu di farmi da balia» replicò Dirk, con una certa esasperazione. «È già abbastanza antipatico avere quei due che mi si agitano intorno come due chiocce» aggiunse, accennando in direzione di Skif e di Teren, che si trovavano poco lontano, appena fuori della loro portata uditiva; il vivido sole di mezzogiorno, così gradito dopo tanti giorni di pioggia rendeva difficile guardare le bianche uniformi dei due Araldi senza socchiudere gli occhi, e quella di Teren sembrava addirittura brillare. Come diavolo fa ad avere un aspetto così immacolato nonostante tutta
la polvere che stiamo sollevando? si chiese Dirk, con meraviglia. «Scusami» ridacchiò intanto Elspeth. «Si finisce per essere un po' appiccicosi, vero? Adesso sai come mi sento io! Al Collegio andava abbastanza bene, ma qui non mi posso neppure allontanare fra i cespugli per... ecco, lo sai... senza che due Araldi mi pedinino per farmi da guardie del corpo.» «La colpa è soltanto di tua madre, diavoletto, perché sei la sua unica figlia. Avrebbe dovuto sfornare una nidiata di cuccioli, così non avrebbe avuto tanti problemi.» «Vorrei proprio che qualche cortigiano ti sentisse parlare di lei come se fosse un cane da riproduzione» esclamò Elspeth, ridendo ancora di più. «Probabilmente mi sfiderebbe a duello per averla insultata, mentre Selenay si mostrerebbe forse d'accordo con me. Cosa stai facendo per tenerti in esercizio, visto che i corsi sono sospesi?» Dirk fu il primo a rimanere meravigliato nell'accorgersi che la risposta di Elspeth effettivamente destava il suo interesse: il senso di letargia portato dalla malattia si stava attenuando per essere rimpiazzato in parte dall'antica energia, e lui stava cominciando ad accorgersi che anche l'angoscia che gli attanagliava la mente era svanita. Non sapeva se questo dipendesse dal fatto di aver posto fine alla sua lite con Kris o da qualcos'altro, ma il cambiamento gli era comunque gradito. «Alberich ha ordinato a Skif di insegnarmi a lanciare il coltello, e sto diventando piuttosto abile, se mi è permesso di vantarmi da sola. Guarda...» La mano della ragazza si mosse fulminea di lato e in avanti, e un piccolo coltello apparve quasi per magia, conficcato nel tronco di un albero davanti a loro. Dirk non aveva neppure visto l'arma lasciare la mano di Elspeth. «Niente male... proprio niente male.» Elspeth spinse Gwenna al trotto per andare a recuperare l'arma, pulì la lama dalla resina passandola sulla manica e tornò a raggiungere Dirk. «Skif mi ha dato un fodero nascosto con una sicura che scatta al minimo tocco... vedi?» spiegò, alzando la manica per mostrare con orgoglio l'oggetto in questione. «È proprio come quelli di Talia.» «Allora è così che se li è procurati! È logico che li abbia avuti da lui, visto che se esiste un modo di nascondere qualcosa, quel ragazzo senza dubbio lo conosce» sorrise Dirk, rendendosi conto con sorpresa che era la prima volta da molto tempo che si concedeva di sorridere. «Non che io abbia qualcosa da obiettare, bada bene. Sono più che lieto che tu abbia un pungiglione nascosto, diavoletto.» «E perché? Mia madre non è stata molto contenta quando ha saputo che
stavo imparando "trucchi da sicario", per usare la sua definizione piena di tatto; ha accettato la cosa soltanto quando le ho spiegato che si trattava di un ordine di Alberich.» «Forse io sarò un po' più pragmatico di tua madre, ma penso che quando si conoscono i trucchi dei sicari si è in vantaggio su qualsiasi attentatore... e tu sei una sola, diavoletto. Non ci possiamo permettere di perderti.» «È strano, queste sono state le stesse parole di Skif. Immagino di non avere più l'abitudine di pensare a me stessa come ad una persona importante» sorrise Elspeth, e per un momento Dirk pensò che dall'altezzosa Monella che Talia si era incaricata di raddrizzare era sbocciata una giovane donna davvero affascinante... il che costituiva un miracolo più che notevole. «Spero che tu stia anche imparando che in una situazione pericolosa bisogna reagire basandosi sui riflessi e non sul ragionamento» osservò. «Eccome!» esclamò Elspeth, con una smorfia. «Fino a non molto tempo fa, Alberich, Skif e Jeri avevano l'abitudine di tendermi imboscate, da soli o in gruppo, quando meno me lo aspettavo! In ogni caso, oltre ad addestrarmi con il coltello, devo parlare con gli altri Araldi... immagino che Alberich si aspetti che assimili determinate cose per contaminazione diretta o qualcosa di simile.» «Che bel modo di parlare di chi è più maturo di te! Comunque, anche se detesto ammetterlo... quando si tratta di Skif, il termine "contaminazione" è assai accurato.» «Ho forse sentito nominare invano il mio nome?» chiese Skif, spingendo Cymry ad affiancarsi alle cavalcature degli altri due. «Senza dubbio, mio splendido fellone piumato. Stavo giusto mettendo in guardia questa giovane e innocente Erede dal passare troppo tempo con te.» «Con me?» ribatté Skif, sgranando gli occhi in un'espressione di assoluta innocenza. «Ma se sono puro quanto...» «Quanto ciò che spalano via dalle stalle.» «Ehi, non sono obbligato a starmene qui a farmi insultare!» «Infatti» ridacchiò Elspeth. «Puoi sempre andartene e lasciare che ti insultiamo parlando dietro le tue spalle, come già stavamo facendo.» Quasi a sottolineare le parole della ragazza, un'ardita ghiandaia scarlatta riversò i suoi trilli beffardi su Skif quando questi le passò sotto, continuando poi a seguirlo saltellando lungo il ramo una volta che fu passato. «Ritengo di essere numericamente inferiore, visto che tu hai anche gli
uccelli silvani dalla tua parte!» si arrese Skif. «Come direbbe il Maestro Alberich... questo è il momento per una ritirata strategica.» Con quelle parole, Skif tirò le redini di Cymry in modo da farle rallentare il passo e da tornare a prendere la sua posizione alla retroguardia insieme a Teren, rispondendo al tempo stesso con una smorfia alla linguaccia di Elspeth. In mezzo ai due, Dirk faticò a mantenere un'espressione seria. Un momento più tardi, però, l'umore di Elspeth subì un brusco cambiamento. «Dirk, ti posso chiedere una cosa?» «È per questo che sono qui, diavoletto, o almeno questo è uno dei miei compiti.» «Cos'è il male?» Per poco Dirk non rimase a bocca aperta come uno stupido, perché una domanda filosofica non rientrava certo fra le cose che si aspettava di sentire da Elspeth. «Accidenti! Non ti piace porre domande semplici, vero?» commentò, poi rimase in silenzio per un lungo momento, rendendosi conto con una rapida occhiata in tralice che prendendo sul serio il suo interrogativo lui aveva conquistato per sempre il cuore della ragazza. «Hai provato a rivolgere questo quesito a Gwenna?» suggerì infine. «Probabilmente in materia lei è un'autorità migliore di me.» «L'ho fatto, e si è limitata a guardarmi come se mi fossero appena spuntate le corna, ribattendo che il male esiste, e basta.» Dirk scoppiò a ridere, perché la spiegazione di Gwenna gli ricordava molto da vicino quelle che Ahrodie era propensa a fornirgli. «I Compagni sembrano avere alcune strane lacune, vero? D'accordo, cercherò di darti una risposta: non è di gran lunga la migliore in assoluto, ma credo che sia comunque orientata nella giusta direzione. Secondo me, il male è una sorta di avidità portata al suo livello estremo... un'avidità così assoluta e onnipervasiva che non può vedere nulla di veramente bello, raro o prezioso senza provare il desiderio di possederlo; un'avidità così totale che preferisce distruggere le cose che non può possedere, per evitare che qualcun altro possa averle. Un'avidità talmente intensa che neppure il possesso di ciò che desidera la può diminuire anche in minima parte... in quanto ciò che è bello, raro o prezioso non desta in essa altro stimolo che quello di volerlo per sé.» «E allora... il "bene" sarebbe una sorta di opposto? L'altruismo assoluto?»
Dirk si accigliò leggermente, cercando le parole adatte. «In parte» replicò quindi. «Il male non può creare, può soltanto imitare, deturpare o distruggere, perché è concentrato su se stesso; di conseguenza, il bene deve essere fra le altre cose anche un'assenza di egoismo... e tu sai cosa predichino molte sette, e cioè che il bene estremo può essere raggiunto soltanto dimenticandosi completamente del proprio ego. Cosa ha provocato questa tua curiosità?» «Quando Skif ha menzionato il Maestro Alberich... lui... io...» Elspeth esitò, con aria vergognosa, ma Dirk fece del suo meglio per mostrarsi gentile e comprensivo ed evidentemente quel suo atteggiamento la incoraggiò a continuare. «Sai cosa è successo... fra Talia e me. Il giorno successivo ero ancora arrabbiata con lei, anche se lo ero soprattutto con me stessa. Mentre mi esercitavo, la cosa è risultata evidente, e allora il Maestro Alberich mi ha fatta fermare e mi ha accompagnata sul Campo del Compagno, nella speranza che una passeggiata mi aiutasse a calmarmi. Sai, non avevo mai immaginato che lui fosse così... non so... così comprensivo, immagino. Gentile. Il più delle volte, appare come un uomo molto duro.» «Forse gli serve a mascherare la sua effettiva gentilezza» replicò Dirk in tono quieto. Lui conosceva Alberich meglio della maggior parte degli Araldi, a parte forse Elcarth e Jeri, e nonostante tutto il tempo che aveva trascorso lontano in missione era giunto a stabilire una salda amicizia con il Maestro d'Armi. «Essere troppo gentile con chiunque di noi» proseguì, «potrebbe significare indicarci un modo spiccio per lasciarci uccidere sul campo, quindi lui si mostra duro, sperando di esserlo di più degli avversari che dovremo fronteggiare. Questo però non lo rende meno umano, o meno Araldo: se ci rifletti per un momento, ti accorgerai che è il solo insegnante del collegio le cui lezioni possono costituire per noi la differenza fra la vita e la morte: se lui dovesse eliminare una minima parte del suo addestramento per qualsivoglia ragione, questo potrebbe portare uno dei suoi allievi ad una fine prematura, cosa che non si può dire riguardo a qualsiasi altro fra gli istruttori del Collegio.» «Se ci farai caso, la prossima volta che suonerà la Campana dei Morti, ti accorgerai che Alberich sembra scomparire immediatamente: non so dove vada, ma una volta l'ho visto mentre si allontanava, e sembrava preda di una mortale agonia, quindi credo che abbia più sentimenti di quanti la maggior parte di noi gliene attribuisce.» «Adesso lo so, immagino. Comunque, si è messo a parlare, e sai che
quando lui parla la reazione automatica di chiunque è quella di stare ad ascoltarlo con attenzione. Chissà come, ho finito per raccontargli ogni cosa. Gli ho spiegato che siccome Talia sembrava sempre molto occupata, ho cominciato a confidarmi con il Lord Zi... voglio dire con Lord Orthallen, e che è stato per questo che... che ho cominciato a frequentare... certe persone. Quanto a quel ragazzo, è stato Lord Orthallen a presentarci, sostenendo che secondo lui avrei dovuto trascorrere più tempo con gli altri giovani che c'erano a Corte. A sentirlo dire da lui, sembrava un consiglio sensato, e i ragazzi che mi ha fatto conoscere parevano così... interessati a me. Mi adulavano, e a me... piacevano le loro attenzioni. Quando gli ho confidato queste cose, Alberich ha detto una cosa molto strana: "Quanto sto per confidarti è strettamente confidenziale", ha affermato, "perché se lui lo venisse a sapere mi dovrei guardare di continuo alle spalle... ma Lord Orthallen è una delle uniche tre persone assolutamente malvagie che io abbia incontrato in vita mia. Non fa nulla senza uno scopo, e sarai saggia a non dimenticarlo mai."» Nel parlare, Elspeth lanciò un'occhiata a Dirk, che ebbe l'impressione che lei volesse vedere l'effetto che le sue parole avevano su di lui. Il giovane non fece nessuno sforzo per nascondere il fatto che esse lo avevano notevolmente colpito: la prima volta che Elspeth aveva pronunciato il nome di Orthallen, Dirk aveva avuto una strana sensazione, come se una nuvola si fosse interposta fra il suo corpo e il tepore del sole, e le affermazioni di Alberich erano state per lui una sorta di rivelazione. «Non so cosa dire» replicò infine, «ma Alberich non è una persona che tenda a formulare giudizi affrettati, e sono certo che tu ne sia consapevole. D'altro canto, non credo che mi si possa definire uno dei sostenitori di Orthallen, quindi mi limiterò a ricordarti che Kris ed io abbiamo litigato principalmente perché Orthallen ha fatto del suo meglio per convincere il nipote a scegliere fra lui e me. Non riesco a immaginare per quale motivo abbia voluto farlo... se non a causa di quanto ti ho già esposto a proposito del male, che non può vedere una cosa preziosa senza volerla possedere o distruggere. E l'amicizia fra Kris e me è una delle cose più preziose della mia vita.» Elspeth accolse in silenzio quelle parole e continuò a cavalcargli accanto senza parlare per parecchi chilometri, con un'espressione assai pensosa dipinta sul viso. Quella fu soltanto la prima di numerose altre conversazioni che si svol-
sero fra Dirk ed Elspeth durante il viaggio, grazie alle quali essi scoprirono di essere molto simili e di avere una comune tendenza verso il misticismo che avrebbe forse potuto sorprendere chi non li conosceva bene. «Allora?» chiese Elspeth, in tono aggressivo. «Perché non interferiscono? Perché Gwenna non mi dice niente, anche se sa che sto facendo la figura dell'idiota?» «Non lo so, diavoletto» sospirò Dirk. «Lo hai mai chiesto a lei?» Elspeth emise uno sbuffo simile a quello con cui un Compagno avrebbe manifestato la propria impazienza. «Certamente... dopo essermi comportata come una perfetta idiota, le ho chiesto senza preamboli perché non mi avesse proibito di avere qualcosa a che fare con quel bellimbusto.» «E cosa ti ha risposto?» «Che sapevo benissimo che i Compagni non agiscono in quel modo.» «Infatti non lo fanno... finché noi, i loro Prescelti, non chiediamo consiglio» confermò Dirk, a sua volta seccatissimo di non aver chiesto consiglio ad Ahrodie quando aveva litigato con Kris. «Ma perché? Non è giusto!» esclamò Elspeth. Alla sua età, come Dirk sapeva per esperienza, la giustizia assumeva un'importanza monumentale. «Non lo è? Pensi che a lungo andare sarebbe giusto da parte loro intervenire come balie nella nostra vita per impedirci di cadere e ammaccarci il naso ogni volta che muoviamo un passo?» Una buona risposta, Prescelto, approvò Ahrodie, anche se un po' semplicistica. Se ne hai tu una migliore... Oh, no! Continua pure come stavi facendo. «Vuoi dire che dobbiamo imparare da soli attraverso l'esperienza personale?» insistette Elspeth, mentre Dirk soffocava un sorriso causato dall'affrettata risposta di Ahrodie. La ragazza indugiò quindi a meditare sulla cosa mentre Gwenna e Ahrodie si divertivano per un po' a tenere un'andatura assolutamente identica, tanto che dal battito uniforme dei loro zoccoli si sarebbe detto che si trattava di un solo Compagno e non di due. «Ma non interferiscono proprio mai?» chiese infine Elspeth. «Non che qualcuno ricordi. In alcune delle antiche cronache, però...» «Allora?» lo incitò Elspeth, quando il suo silenzio si protrasse troppo a lungo.
«Pare che molto di rado alcuni Compagni siano intervenuti, ma soltanto quando la situazione si era fatta disperata e il loro aiuto spontaneo costituiva l'unica via d'uscita. Si trattava però sempre di Compagni venuti dal Boschetto, e attualmente l'unico del genere che noi abbiamo è Rolan. Inoltre, il loro intervento è sempre stato spontaneo, ed è per questo che gli Araldi non chiedono mai aiuto a loro.» «Perché soltanto allora? E perché non dovremmo chiedere il loro aiuto?» «Diavoletto...» esitò Dirk, che stava facendo del suo meglio per esprimere a parole quelle che fino ad allora erano state soltanto vaghe sensazioni... «qual è l'unica legge dominante del nostro regno?» «Che non esiste "una sola, vera via".» «Porta avanti di un passo questo assioma: perché al clero è proibito di pregare per la vittoria di Valdemar in caso di guerra?» «Io... non lo so.» «Pensaci sopra. Isolati per un po', se preferisci, e torna quando ti sentirai pronta a rispondere.» Elspeth preferì restargli accanto, limitandosi a cavalcare in silenzio al suo fianco con il volto privo di espressione e la mente così concentrata che non notò il sopraggiungere di Skif dalla retroguardia. Il giovane si affiancò a Dirk dall'altro lato e rivolse alla giovane Erede una lunga occhiata piena di curiosità. «Non è un ragionamento un po' troppo difficile per lei?» azzardò dopo un po'. «Voglio dire... io ho cercato di seguire i vostri discorsi, e mi sono perso a metà strada.» «Non credo che sia troppo difficile» replicò Dirk. «Se non fosse pronta a rispondere, non mi avrebbe posto quella domanda.» «Per il Signore e la Signora» esclamò Skif, scuotendo il capo con espressione sinceramente sconcertata. «Mi arrendo: voi due siete della stessa pasta!» Finalmente il gruppo raggiunse il Confine, e Selenay diede ordine di accamparsi sul lato di Valdemar, perché l'avamposto era troppo piccolo per poter ospitare tutto il seguito reale; dal momento che gli ultimi carri con i bagagli raggiunsero il campo quando ormai era quasi buio, la regina non rimase particolarmente sorpresa di non trovare nessuno dei suoi due inviati ad aspettarla al suo arrivo, ma quando anche il giorno successivo trascorse in una vana attesa, Selenay sentì nascere dentro di sé un crescente senso di disagio, che si mutò in allarme allorché altri due giorni passarono senza
che si avessero notizie di sorta. «Kyril...» osservò infine Selenay, senza distogliere lo sguardo dalla strada nel rivolgersi all'Araldo dei Siniscalco, «ho la sensazione che qualcosa sia andato storto in maniera davvero terribile. Mi sto comportando forse da allarmista?» «No, Maestà» replicò Kyril, la cui voce solitamente controllata esprimeva un'inconfondibile tensione. Selenay spostò bruscamente lo sguardo su di lui, notando che la fronte dell'Araldo era segnata da linee di preoccupazione. «Ho tentato di Comunicare a Distanza, ma non riesco a raggiungerli, mentre Kris possiede quel Talento in quantità tale da dover essere in grado di ricevermi, cosa che ha già fatto altre volte in passato. Non so cosa non abbia funzionato, Maestà, ma... ho paura per loro.» «Ordina di allontanare immediatamente il campo dal Confine» replicò Selenay, senza esitare. «Lungo la strada, a circa un chilometro da qui, c'è un posto adatto: una collina dalla sommità piuttosto piatta e coperta soltanto di erba. In caso di necessità, non sarà difficile da difendere.» Kyril annuì, senza mostrarsi sorpreso da quell'apparente paranoia. «Quando avrai messo in movimento gli altri» proseguì la regina, «ordina alle riserve locali della Guardia di raggiungerci là. Voglio che le Guardie di Confine siano sul chi vive e tengano d'occhio il tratto della strada commerciale che si trova in Hardorn.» Il Compagno della sovrana, Caryo, arrivò al trotto non appena lei lo convocò mentalmente, e Selenay si issò sulla sua groppa senza perdere tempo con sella e briglie; mentre lei si allontanava, Kyril andò in cerca dell'Araldo incaricato dell'organizzazione del campo, per cominciare ad eseguire gli ordini ricevuti. Il nuovo campo risultò essere piuttosto disagiato ma, come previsto da Selenay, più facilmente difendibile del precedente; quando le Guardie arrivarono, Selenay ordinò loro di bivaccare fra il campo e il Confine, e allorché fece disporre le sentinelle notò con un senso di minaccioso presentimento che i Compagni si stavano sparpagliando a loro volta lungo tutto il perimetro per montare anch'essi la guardia alla loro maniera. Elspeth si aggregò a Dirk, lasciando di rado il suo fianco; nessuno dei due osò però esporre apertamente i propri sospetti fino a quando il quinto giorno di attesa volse al termine in un'atmosfera di tensione e di ansia. «Dirk» disse infine Elspeth, dopo aver tentato per dieci volte di fila di
leggere la stessa pagina del libro che aveva in mano, apparentemente senza vederne neppure una parola, «pensi che sia successo loro qualcosa?» Dirk, dal canto suo, stava fissando la strada senza fingere di essere impegnato in un'altra attività. «Qualcosa deve essere successo» replicò in tono piatto, «perché se si fosse trattato di un semplice ritardo avrebbero trovato il modo di informarci. Non è da Kris...» Dirk s'interruppe nel notare l'espressione terrorizzata apparsa negli occhi di lei. «Senti, diavoletto, sono certo che stanno bene. Kris ed io siamo usciti prima d'ora da una quantità di brutte situazioni, e Talia non è certo un delicato fiorellino di Corte. Sono sicuro che proprio ora stanno tornando da noi.» «Spero che tu abbia ragione» replicò Elspeth, in tono debole, ma Dirk ebbe l'impressione che non avesse creduto alle sue parole. A dire la verità, non era certo di credervi neppure lui stesso. Il sorgere del sesto giorno trovò Selenay... e tutti i suoi compagni... ad attendere che la spada si abbattesse su di loro. Nel tardo pomeriggio, poi, una delle sentinelle... un Araldo dotato della Vista a Distanza oltre che della Comunicazione Mentale... avvertì che un Compagno si stava avvicinando alla massima velocità, e l'intero accampamento si riversò lungo la strada, Selenay fra i primi, sforzando la vista per intravedere la figura che si avvicinava. La regina si fermò ai margini dell'accampamento, al centro di un gruppetto pieno di tensione che comprendeva Kyril e parecchi altri membri del suo seguito personale, e notò in modo vago che Dirk, Teren, Skif, Elspeth e Jeri avevano formato a loro volta un altro gruppetto a portata d'udito. Sebbene il sole battesse su di loro senza pietà, per lunghi momenti nessuno si mosse o parlò, né accennò a cercare un po' d'ombra. Mentre Dirk attendeva con la gola inaridita da una paura in confessata, una seconda sentinella raggiunse di corsa Selenay e sussurrò qualcosa all'orecchio della regina, che divenne pallidissima; nell'accorgersene, Elspeth si aggrappò al braccio di Dirk e intorno a lei gli altri Araldi si agitarono a disagio. Poco dopo una nuvola di polvere e un battito di zoccoli segnalarono l'arrivo del Compagno, e subito dopo Rolan piombò in mezzo agli Araldi in
attesa. Rolan... solo e senza sella né briglie; smagrito, coperto di polvere e di sudore e completamente esausto, una condizione che fino ad allora ben pochi avevano mai riscontrato in un Compagno. Lo stallone percorse barcollando i pochi metri di salita che lo separavano dalla regina, poi strappò con i denti un fagotto che portava legato intorno al collo e lo lasciò cadere ai piedi di Selenay, abbandonandosi subito dopo allo sfinimento, con i fianchi ansanti, i muscoli che tremavano, la testa tanto bassa da sfiorare quasi il terreno e gli occhi chiusi... un atteggiamento che esprimeva una spossatezza estrema. Keren fu la prima ad emergere dallo shock e subito si precipitò verso il Compagno, gettandogli sulla groppa il proprio mantello in mancanza di una coperta, per poi guidarlo, un passo tremante dopo l'altro, verso un posto dove potesse essere adeguatamente accudito. Selenay raccolse il fagotto sporco e macchiato con mani che tremavano a tal punto che per poco esso non le sfuggì dalle dita mentre scioglieva i nodi che lo tenevano assieme. Due frecce caddero sull'erba ai suoi piedi: una senza punta ed una spezzata a metà. A quella vista, un'ondata di sgomento passò fra i presenti, e Selenay rimase per un lungo istante immobile e raggelata come una statua di neve. Allorché Kyril si chinò per raccogliere le frecce, Elspeth emise un piccolo gemito angosciato e barcollò per lo shock: subito Jeri si affrettò a sorreggerla, e in quel momento Dirk infranse il silenzio circostante con un angosciato grido di diniego. Quel suono fece sussultare Selenay, che nel voltarsi scorse Dirk che lottava per liberarsi dalla stretta di Skif e di Teren. «Dannazione a voi, lasciatemi!» gridò il giovane, con voce angosciata, tentando invano di raggiungere Ahrodie. «Devo andare da lei... devo aiutarla!» «Ragiona, Dirk, non sai neppure se... se è ancora viva» ammonì Teren, in tono soffocato. «Deve esserlo! Se non lo fosse, lo saprei. Deve essere viva!» ribatté Dirk, continuando a lottare per liberarsi. In quel momento la voce sommessa di Kyril giunse fino a lui. «La freccia senza punta è dell'Araldo Kris» disse, con un'espressione
impassibile smentita dall'angoscia che permeava il suo tono. «Quella spezzata è dell'Araldo Talia.» «Vedete? Avevo ragione! Lasciatemi andare!» Skif gli afferrò il mento con una mano, usando una forza pari a quella dell'altro Araldo, che pure era incrementata dalla frenesia che lo pervadeva, e lo costrinse a girare la testa in modo da guardarlo negli occhi. «Rifletti, Dirk» ingiunse, quasi singhiozzando, mentre le lacrime gli scorrevano liberamente lungo il volto. «Quella che ci ha mandato è una freccia spezzata: quando l'ha inviata sapeva di essere praticamente morta, dannazione. Non c'è speranza di salvarla, ma lei ha fatto in modo di avvertirci perché almeno noi potessimo salvarci. Vuoi forse perdere la vita anche tu e causarci così un ulteriore dolore?» Le sue parole riuscirono a penetrare attraverso il velo di follia che aveva avvolto Dirk, e l'espressione selvaggia che gli pervadeva lo sguardo fu sostituita a poco a poco da una di angoscia e di estremo dolore. «Oh, dèi!» mormorò, perdendo ogni velleità di lottare, poi si accasciò in ginocchio e nascose il volto fra le mani, scoppiando in pianto. Nel guardarlo, Selenay desiderò con tutto il cuore di poter fare altrettanto, ma il messaggio di Talia poteva avere un solo significato, e cioè che un uomo che lei considerava un amico per sé e per il suo popolo aveva improvvisamente cambiato atteggiamento e che la sua terra era in pericolo. Il regno e la vita della popolazione erano in gioco, e lei doveva compiere il suo dovere per proteggerli come qualsiasi altro Araldo, per cui non si poteva permettere il lusso di indulgere nei sentimenti personali... ci sarebbe stato tempo più tardi per piangere, adesso doveva agire. Di conseguenza, la regina soffocò ogni emozione, pur sapendo che in seguito avrebbe pagato la cosa a caro prezzo... doveva mettere sul chi vive le Guardie e convocare il Lord Maresciallo. A poco a poco la mente le si riempì di piani e questo le rese più facile ignorare (almeno per il momento) il dolore che tanto desiderava sfogare. Impartì i propri ordini in tono secco, e in risposta ad essi parecchi Araldi si precipitarono uno dopo l'altro ad approntare il loro Compagno per consegnare messaggi di convocazione o di avvertimento; quando ebbe finito, la regina girò sui tacchi e si allontanò con passo frettoloso verso la sua tenda, seguita da Kyril, da quanti avevano esperienza in fatto di scontri armati e da coloro che ancora potevano essere necessari per portare altri messaggi. Chi non rientrava in uno di quei due gruppi si diresse invece
verso il convoglio dei bagagli per tirare fuori le armi, oppure giù per la collina per organizzare la difesa con il minuscolo contingente di Guardie a disposizione della regina. Sul posto rimasero soltanto Skif, Teren e Dirk. Skif protese una mano verso l'amico, ma subito la ritrasse: Dirk era raggomitolato su se stesso, ancora inginocchiato nella polvere della strada, e soltanto il tremito che gli scuoteva le spalle mostrava che stava ancora piangendo. Per lunghi momenti Skif e Teren indugiarono ancora accanto a lui con imbarazzo, non sapendo cosa fare per aiutarlo. «Adesso non tenterà più nessuna stupidaggine» sussurrò infine Teren. «Perché non gli concediamo di restare solo per un po'? Ahrodie è l'unica che abbia qualche speranza di riuscire a confortarlo un poco.» Skif annuì, mordendosi un labbro per impedirsi di scoppiare a sua volta in pianto, poi entrambi si avviarono per seguire gli altri mentre Ahrodie veniva ad affiancarsi a Dirk e si arrestava accanto a lui con la testa china vicino alla sua, in modo tale da sfiorargli quasi la spalla. Perso com'era nel proprio dolore, Dirk non si accorse del sopraggiungere di qualcun altro fino a quando una mano non gli sfiorò appena un braccio. Sollevando lentamente la testa, si guardò allora intorno con occhi velati e arrossati, e vide che si trattava di Elspeth: anche la ragazza aveva lo sguardo tormentato da un dolore pari al suo e il viso solcato di lacrime. Vedendo che stava ormai facendo buio e che gli ultimi raggi del sole al tramonto striavano di rosso sangue il cielo in cui apparivano già le prime stelle, Dirk comprese in modo vago che doveva essere rimasto inginocchiato lì per ore... e nel fissare la ragazza sentì nascere in sé il primo barlume di un'idea. «Elspeth» disse con voce arrochita dal pianto, «conosci un posto dove in questo momento non ci sia nessuno? Un luogo tranquillo?» «La mia tenda, e la zona circostante» rispose l'Erede, che aveva smesso di piangere per la sorpresa destata in lei da quella domanda. «Si trova sul retro del campo ed è lontana da quella di mia madre, dove ora sono raccolti quasi tutti.» «Posso usarla?» «Certamente... ma perché? Hai... puoi... oh, Dirk, hai escogitato qualcosa? Sì... è così!» «Credo... forse... che potrei riuscire a "prelevarla". Però ho bisogno di un
posto dove nessuno venga a infrangere la mia concentrazione.» «È una distanza spaventosamente grande» osservò Elspeth, che pareva al tempo stesso dubbiosa e speranzosa. «Lo so, ma non ha importanza. Ciò che mi preoccupa non è tanto la distanza quanto il peso, perché prima d'ora non ho mai Prelevato niente di tanto grosso. Dèi, non ho mai "prelevato" una creatura vivente di simili dimensioni» mormorò Dirk, con il viso e il cuore contorti dal dolore. «Ma devo tentare qualcosa... qualsiasi cosa.» «Ma Kris...» obiettò ancora Elspeth, con voce rotta... «Kris non è qui a vedere per te... no, aspetta» si affrettò ad aggiungere, nel vedere la speranza che gli svaniva dal volto, e gli si inginocchiò accanto. «Io posso Vedere. Non sono ancora del tutto addestrata, ma posseggo quel Talento: si è sviluppato presto ed è diventato molto più intenso da quando sono stata Scelta, tanto che so di avere un raggio d'azione superiore a quello di chiunque altro con cui abbia parlato. Posso andare bene?» «Sì! Oh, dèi, sì!» esclamò Dirk, cingendole le spalle con un braccio, poi i due si alzarono insieme e si avviarono incespicando verso la tenda di lei, nella penombra del crepuscolo. Arrivati alla tenda, Elspeth sgusciò dentro e prelevò due cuscini, uno per ciascuno; dopo essersi seduto, Dirk le posò le mani sui polsi con estrema leggerezza e procedette a calmare i propri pensieri come meglio poteva; cercando di fingere che la ragazza fosse soltanto un'altra allieva che lui stava addestrando nell'uso del suo Talento, la fece scivolare in una lieve trance. Mentre in alto gli ultimi residui di luce solare svanivano e le stelle diventavano sempre più brillanti, i due persero a poco a poco ogni consapevolezza di quanto li circondava. Elspeth rimase in silenzio così a lungo che Dirk cominciò a temere che il suo Talento ancora privo di addestramento fosse inutile ad una simile distanza, nonostante l'intensità delle emozioni che lo alimentavano. Poi all'improvviso Elspeth gemette di paura e di dolore e le sue mani si serrarono convulsamente intorno ai polsi di Dirk. «L'ho trovata... oh, dèi! Dirk, le hanno fatto cose orribili! Io... credo di essere sul punto di sentirmi male...» «Resisti, diavoletto! Non mi venire meno! Ho bisogno di te... lei ha bisogno di te.» Elspeth deglutì a fatica, ma tenne duro, e Dirk poté seguire la sua mente fino alla meta; trovato il bersaglio, lo agganciò e prese a tirare con tutte le
sue forze. Non avrebbe saputo dire per quanto tempo lottò per sollevare quel peso... ma all'improvviso un'ondata di sofferenza salì ad avvilupparlo e lui perse i sensi. Quando tornò in sé si trovò accasciato in avanti, con Elspeth che lo stava scuotendo con il massimo vigore che osava impiegare in quelle circostanze. «All'improvviso... hai smesso di respirare» spiegò la ragazza, con voce piena di timore. «Ho creduto che fossi morto! Oh, dèi, Dirk... è... è inutile, vero?» «Ho tentato, la Dea mi è testimone che ho tentato» replicò lui, scuotendo il capo. «L'ho trovata, ma non riesco a trascinarla qui, non ne ho la forza.» Sentendo le lacrime di Elspeth che gli gocciolavano calde sulle mani, Dirk decise di effettuare un secondo tentativo, ben sapendo che preferiva morire nel cercare di riportare indietro Talia piuttosto che continuare a vivere con la convinzione di non essere stato abbastanza coraggioso da tentare una seconda volta. Prima però che potesse dire una sola parola, la decisione non dipese più da lui. Uomo chiamò una voce nella sua mente. Dirk... Araldo! Quella non era la voce di Ahrodie... era un voce maschile. Sollevando lo sguardo, Dirk vide tre Compagni fermi davanti a lui e ad Elspeth: Ahrodie, Gwenna e Rolan. I tre si erano avvicinati senza fare il minimo rumore, e alle loro spalle, al limitare dello spiazzo antistante la tenda di Elspeth, erano raccolti altri Compagni... tutti quelli ancora presenti al campo, compreso perfino il puledro di Cymry. Rolan, che aveva un aspetto smagrito e spettrale, pareva quasi brillare nel buio in un modo tale che Dirk sentì i capelli rizzarglisi sulla nuca, come se stesse guardando un essere scaturito da una leggenda e non una creatura reale che apparteneva alla sua vita quotidiana. Tu possiedi il Talento e la volontà necessaria per usarlo, lei ha la Vista, e noi disponiamo della forza che ti serve. «Io... stai dicendo...» Che forse possiamo ancora salvarla, se il nostro amore e il nostro coraggio saranno sufficienti. Ma sii avvertito... un nostro eventuale successo vi costerà un caro prezzo: il dolore sarà molto intenso, al punto che potreste anche morirne. In silenzio, Dirk guardò verso Elspeth, e dal suo cenno di assenso com-
prese che Rolan aveva comunicato anche con lei. «Quale che sia il prezzo, lo pagheremo» replicò infine, sapendo di parlare anche a nome della ragazza. I due si alzarono quindi in piedi per fare spazio ai tre Compagni in mezzo a loro e formarono un cerchio: Rolan, Elspeth, Gwenna, Ahrodie e Dirk. La ragazza e l'Araldo si presero per mano e posarono la mano libera sul dorso dei Compagni, in modo da ottenere il contatto fisico di cui avevano bisogno. Questa seconda volta, per Elspeth fu molto più facile trovare il bersaglio. «Ce l'ho» mormorò, nel toccare di nuovo la mente di Talia, poi aggiunse, in un singhiozzo: «Dirk... credo che stia morendo!» Ancora una volta, Dirk spinse la propria mente lungo il sentiero che Elspeth gli aveva preparato, agganciò il bersaglio e tirò. Immediatamente, una seconda forza si unì alla sua, crescendo sempre più mentre ad essa si aggiungevano un'altra e poi un'altra ancora. Per un singolo, disperato momento... oppure fu un'eternità... Dirk si sentì come la corda usata in una gara di tiro alla fune, lacerato da due forze contrapposte entrambe più grandi della sua, e soltanto la propria cocciutaggine gli impedì di arrendersi quando gli parve che la mente gli si spaccasse. Ma tenne duro, anche se gli pareva di allungarsi e di assottigliarsi sempre di più, vibrando per la tensione come la corda di un arco prossima a spezzarsi. Le energie parvero abbandonarlo, e nel sentire la propria consapevolezza che svaniva lui si ribellò, continuando a resistere con l'unico supporto della forza di volontà. Poi una delle due forze cedette... e non fu la loro. Insieme, trassero il bersaglio verso il punto di arrivo, avvolgendolo e proteggendolo da ulteriori danni, e le loro energie combinate risultarono sufficienti allo scopo, anche se a stento. Nella tenda di Selenay era in corso un consiglio di guerra a cui presenziavano membri del Consiglio, ufficiali dell'esercito e della Guardia, e parecchi Araldi, seduti dovunque ci fosse un po' di posto. Kyril stava indicando i punti deboli delle loro difese... i punti dove sembrava più probabile che si sarebbe concentrato un attacco... sulla mappa allargata sul tavolo, quando un grido di orrore da parte di qualcuno che si trovava all'esterno indusse tutti i presenti a sollevare lo sguardo con stupore. Qualcuno spinse poi rudemente da un lato il telo di ingresso della tenda e quanti si trovavano nelle sue vicinanze, ed Elspeth fece il suo ingresso
con passo incespicante, esausta e pallidissima, allontanando altre persone dal proprio percorso per fare largo a Dirk, che aveva un aspetto ancora peggiore del suo. Quando gli occupanti della tenda videro il fardello che l'Araldo portava fra le braccia, dalle loro labbra scaturì un grido di orrore uguale a quello risuonato all'esterno... perché si trattava di un corpo umano sanguinante e devastato, il cui volto era quello di Talia. Nessuno si mosse... nessuno tranne Dirk e l'Erede. Elspeth liberò il letto della regina dai cinque Araldi che si erano seduti su di esso, spingendoli di lato in silenzio, e Dirk puntò dritto verso il giaciglio, deponendo con delicatezza Talia su di esso: senza sollevare lo sguardo, l'Araldo allungò quindi una mano sporca di sangue e afferrò per un braccio il Guaritore più anziano fra quelli presenti, tirandolo accanto a Talia. A quel punto, il giovane si raddrizzò con cautela esagerata, mosse due o tre passi per spostarsi da un lato e perse i sensi, crollando al suolo come un albero abbattuto. Allorché lo scompiglio che seguì si fu calmato e lei ebbe la possibilità di guardarsi intorno, Selenay scoprì che anche Elspeth era crollata come l'Araldo, ma in maniera più quieta e meno melodrammatica, in un angolo dove nessuno l'aveva notata. Elspeth si riprese in fretta, il che, come lei stessa commentò in tono asciutto, fu un bene per la sanità di mente di coloro che non potevano immaginare quanto fosse stato incredibile il salvataggio portato a termine da Dirk e da lei. Non appena tornata in sé, la ragazza si venne a trovare al centro dell'attenzione di quanti non erano impegnati a tentare di salvare la vita a Talia, e Kyril si mostrò particolarmente deciso a tormentarla per sapere ogni cosa, insistendo per farsi ripetere tutto nei dettagli tante di quelle volte che Elspeth giunse alla convinzione di poter ormai recitare ogni cosa a memoria, e tempestandola di innumerevoli domande. Alla fine, Elspeth perse la pazienza e gli disse in tono quieto ma letale che se ne voleva sapere di più avrebbe dovuto rivolgersi ai Compagni... perché lei intendeva vedere se poteva essere d'aiuto ai Guaritori che si stavano prendendo cura di Dirk e di Talia. La Guaritrice Thesa era preoccupata perché la ripresa di Dirk non era rapida come di consueto. Il giorno successivo il giovane era infatti ancora
privo di sensi, e passò qualche tempo prima che Thesa e gli altri Guaritori riuscissero ad individuare il problema come una ricaduta della polmonite, unita ad un'incredibile tensione psichica. Thesa era incaricata di occuparsi di Dirk, così come il suo vecchio amico Devan era responsabile di Talia, anche se ciascuno dei due metteva tutta la propria esperienza a disposizione dell'altra per portare avanti entrambi i casi. Senza volere, Dirk aveva Prelevato anche la bottiglietta da cui Talia aveva bevuto l'argonel, e le tracce ancora presenti in esso avevano rivelato a Devan contro cosa dovevano combattere, oltre alle terribili lesioni subite dalla ragazza. Entro un giorno o due, lui e Thesa giunsero alla concorde conclusione di aver fatto per i due pazienti tutto il possibile nelle condizioni primitive in cui erano costretti a lavorare lì all'accampamento e che se muoverli era pericoloso, lasciarli dove si trovavano era ancora più pericoloso: la guerra sarebbe potuta scoppiare da un momento all'altro, e i due pazienti avevano bisogno del tocco esperto degli insegnanti del Collegio dei Guaritori. Non c'erano però né il tempo né gli Araldi di scorta per trasferire entrambi alla capitale, quindi dopo un'affrettata discussione Thesa e Devan decisero di trasportare i pazienti a qualche chilometro di distanza e di installarli fra le mura di pietra della dimora del signore locale, che fu lieto di cedere la propria casa alla regina... e altrettanto lieto di trasferirsi con la sua famiglia il più lontano possibile dal teatro degli imminenti scontri. Selenay aveva intanto convocato dal Collegio tutti i Guaritori che potevano essere allontanati da esso, e al loro arrivo essi furono alloggiati nel palazzo del signore locale... che era una sorta di fortezza difendibile in caso di necessità; mentre Dirk cominciava a mostrare segni di ripresa, Thesa procedette ad organizzare gli altri Guaritori, animata dalla cupa certezza che sebbene per il momento i soli pazienti fossero Dirk e Talia, presto ce ne sarebbero stati molti altri. Anche Elspeth trascorse la maggior parte del suo tempo al castello: sua madre le aveva chiesto... chiesto, non ordinato, segno che Selenay si fidava del suo buon senso e ammetteva tacitamente che lei era ormai adulta... di rimanere con i Guaritori e con alcuni altri ufficiali della Corte che stavano affluendo sul posto a mano a mano che lei li convocava. «Ma...» aveva cominciato a protestare la ragazza, interrompendosi però nel notare l'espressione tormentata dello sguardo materno. «Non importa. Cosa vuoi che faccia?» «Ti sto conferendo i poteri di reggente» aveva replicato Selenay, «per-
ché il resto del regno non cesserà certo di esistere mentre noi siamo qui in attesa degli eventi. Hai partecipato ad un numero sufficiente di riunioni del Consiglio, micina, per avere un'idea abbastanza precisa di cosa devi fare. Assolvi alle quotidiane necessità del regno a meno che non ti sia necessaria una decisione da parte mia. Un'altra cosa: se dovesse succedere il peggio, tu, il Consiglio e quanti Araldi saranno sopravvissuti dovrete fuggire verso ovest e verso nord: nella Foresta dei Dolori dovreste essere al sicuro.» «Ma che ne sarà di te?» aveva chiesto la ragazza, con la gola serrata da un nodo. «Elspeth... se le cose dovessero andare male... tu sarai la nuova regina.» Questa era un'eventualità che Elspeth preferiva non prendere in esame, perché aveva già sufficienti motivi di preoccupazione, in quanto Talia sembrava più morta che viva, e nelle sue condizioni c'era evidentemente qualcosa che sconcertava e spaventava i Guaritori, anche se loro non volevano rivelare ad Elspeth di cosa si trattasse. Tanto sul Confine quanto lì si era in una posizione di stallo, ed in entrambi i casi non c'era nulla che Elspeth potesse fare: era una cosa che non le piaceva e che la indusse a riflettere su come quella fosse una posizione in cui una regina veniva spesso a trovarsi. Tutto ciò che poteva fare era pregare. Quindi pregò, con un fervore pari a quello del suo antenato, Re Valdemar... e si augurò che quel fervore inducesse gli dèi ad ascoltare le sue preghiere. CAPITOLO DECIMO Allorché riprese i sensi, poco tempo dopo essere stato affidato alle cure dei Guaritori, Dirk si sentì confuso e disorientato, oltre che febbricitante, e in preda ad un'emicrania da reazione che quasi lo accecava per il dolore e che nessuna quantità di infusi di erbe medicinali riusciva ad attenuare. Come unico rimedio, i Guaritori furono costretti ad oscurare la sua stanza in maniera quasi assoluta in attesa che il dolore scemasse di sua iniziativa; stando a quanto la Guaritrice Thesa aveva affermato più volte nel conversare con lui, a memoria umana nessun Guaritore aveva mai visto qualcuno in preda a sintomi di reazione violenti quanto i suoi, o almeno nessuno che fosse ancora vivo per soffrirne. Dirk si venne così a trovare di nuovo isolato in una piccola stanza, sol-
tanto che questa volta non era nella Casa della Guarigione; per parecchi giorni non fu in grado di fare altro che nutrirsi e obbedire agli ordini dei Guaritori, anche perché in questa occasione era talmente debole da non avere neppure la forza di protestare contro il regime di cure che gli veniva imposto. Per qualche tempo, quindi, il giovane si mostrò obbediente e duttile, ma a mano a mano che cominciò a riprendersi iniziò anche ad insospettirsi e a preoccuparsi per il fatto che tutte le sue domande in merito alle condizioni di Talia venivano ignorate o ricevevano una risposta evasiva. E quanto più i Guaritori evitavano l'argomento, tanto più aumentava la sua frustrazione. Non appena l'emicrania da reazione cessò, Dirk giunse al punto di interpellare direttamente Gwenna, che però non riuscì ad essergli di molto aiuto: la giumenta cercò di spiegargli ciò che non andava in Talia, ma le sue risposte ebbero soltanto l'effetto di spaventarlo e di confonderlo, in quanto Gwenna non poté fare altro che comunicargli che in effetti l'Araldo della Regina era in gravi condizioni. Alla fine, Dirk decise che era giunto il momento di assumere le redini della situazione. Il piccolo Robin era stato aggregato da Lord Orthallen al suo seguito... anche se il bambino aveva la sensazione che il nobile non ne fosse neppure consapevole, in quanto sembrava quasi essersi dimenticato che lui era al suo servizio e che quando era giunto l'ordine di fare i bagagli e di mettersi in viaggio alla volta del Confine anche il piccolo paggio era stato aggregato al convoglio del seguito reale, con suo notevole stupore. All'accampamento, Robin si era sentito decisamente fuori posto, non sapendo cosa fare, ed aveva continuato a gironzolare senza una meta o uno scopo precisi finché qualcuno non lo aveva notato e si era reso conto che un campo che si stava preparando ad una guerra non era il posto più adatto per un bambino di quell'età. Così, Robin era stato mandato via: dapprima si era aggregato al seguito di Elspeth, poi era stato assegnato ai Guaritori, che lo avevano incaricato di servire i pasti a Dirk, supponendo che il bambino fosse troppo giovane per cogliere qualcosa dei discorsi che gli si svolgevano intorno e che Dirk non avrebbe mai pensato di chiedere informazioni al piccolo paggio. Ma si sbagliavano su entrambe le cose. Robin era infatti del tutto consapevole di quello che stava succedendo... il che non era poi sorprendente, se si considerava che riguardava la sua adorata Talia... ed era terribilmente preoccupato e desideroso di avere un
adulto con cui confidarsi. E il solo adulto gentile e cortese che ci fosse nelle sue vicinanze era Dirk... ormai tanto disperato da essere pronto a interrogare perfino i topi annidati nelle pareti, se avesse avuto la minima speranza di ottenere qualche risposta. Dirk sapeva che Robin nutriva una vera adorazione per Talia, ed era giunto alla conclusione che se c'era qualcuno che sapeva dove la ragazza si trovasse e quali fossero le sue condizioni, si trattava proprio di quel bambino. Con pazienza, l'Araldo aspettò il momento più propizio. Finalmente, i Guaritori smisero di tenerlo sotto controllo in ogni istante e a poco a poco cominciarono a lasciarlo solo anche per alcune ore di fila; a quel punto, a Dirk non rimase altro da fare che aspettare che Robin venisse mandato a portargli il pranzo... solo, senza controlli e più che disposto a parlare... e rivolgere a lui le sue domande. «Robin» cominciò, in tono gentile, perché voleva evitare di spaventare il bambino, «ho bisogno del tuo aiuto. I Guaritori non vogliono rispondere alle mie domande ed io ho bisogno di avere notizie di Talia.» Robin stava già per lasciare la stanza, ma nel sentir menzionare il nome di Talia si girò con espressione sgomenta, tenendo ancora una mano sulla maniglia. «Ti dirò quello che so, signore» rispose, con un leggero tremito nella voce. «Pare che sia ferita in maniera molto grave, perché non permettono a nessuno di vederla, tranne ai Guaritori.» «Dove si trova? Sai chi si stia prendendo cura di lei?» Il bambino non sapeva soltanto dove fosse Talia, ma conosceva anche il nome e il grado di anzianità di tutti coloro che la stavano curando... e sciorinò una lista che raggelò il cuore a Dirk: a quanto pareva, avevano obbligato perfino il vecchio Farnherd a rientrare in servizio, sebbene avesse giurato che nessun caso sarebbe mai stato tanto grave da indurlo ad obbedire ad una simile convocazione. «Robin, devo uscire di qui... ed ho bisogno dei tuo aiuto» affermò l'Araldo, in tono urgente. Il bambino annuì, sgranando appena gli occhi. «Tieni d'occhio il corridoio... controlla che non ci sia nessuno.» «Tutto sgombro» riferì Robin, dopo aver fatto capolino all'esterno. «Bene. Adesso mi vestirò per uscire di qui alla chetichella, e intanto tu dovrai stare davanti alla mia porta, pronto a bussare nel caso dovesse arri-
vare qualcuno.» Robin sgusciò all'esterno per montare la guardia e Dirk si affrettò a vestirsi; dopo aver atteso ancora qualche minuto, lasciò a sua volta la stanza e si allontanò per scoprire cosa stesse succedendo, dopo aver indirizzato a Robin una cameratesca strizzata d'occhio. Il Guaritore incaricato di Talia era Devan, perché anche se non era il più anziano di grado era quello che aveva la maggiore esperienza e il Talento più intenso quando si trattava di curare ferite e traumi psicologici. Inoltre, era anche il migliore amico che Talia avesse fra i Guaritori ed aveva lavorato insieme a lei a molti casi che avevano coinvolto degli Araldi: c'erano occasioni in cui le cure amorevoli avevano più importanza dell'anzianità... e se lo avessero consultato al riguardo lo stesso Dirk avrebbe scelto Devan come il più adatto a prendersi cura di Talia. Dirk aveva un'idea abbastanza precisa su dove poteva trovare il Guaritore a quell'ora della giornata, e sapeva anche come arrivarvi, perché la maggior parte dei castelli aveva la stessa struttura e la distilleria delle erbe si trovava in genere vicino alle cucine e nelle adiacenze dell'orto: sicuramente Devan era là, intento a mangiare qualcosa con una mano mentre con l'altra continuava a lavorare. Dirk fece ricorso a tutta la sua abilità nel muoversi di soppiatto per evitare di essere sorpreso lungo il tragitto fino al piccolo laboratorio del primo piano, imbevuto degli innumerevoli odori più o meno piacevoli delle medicine in esso contenute. Sentendo qualcuno che si muoveva al di là della porta chiusa del locale, l'Araldo scivolò all'interno con mosse rapide e silenziose, richiudendo il battente dietro di sé e appoggiandovisi contro con le spalle. Devan stava lavorando con la schiena girata verso la porta, e non parve accorgersi della sua presenza. «Voglio delle risposte, Devan» disse infine Dirk. «Ti stavo aspettando» replicò con calma il Guaritore, senza distogliere l'attenzione dal proprio lavoro. «Ero certo che non fossi soddisfatto di quanto ti hanno detto riguardo a Talia e li avevo anche avvertiti, ma non ero io ad avere il controllo del tuo caso e Thesa ha ritenuto che fosse meglio non preoccuparti.» «Allora... come sta?» incalzò Dirk, e alla vista dell'espressione cupa del Guaritore aggiunse, in tono sgomento: «È...» «No, Araldo» lo interruppe Devan, con un sospiro, tappando la bottiglia nella quale stava decantando un liquido e girandosi verso di lui. «Non sta
morendo... non ancora, comunque, ma non la si può neppure definire viva.» «Questo cosa dovrebbe significare?» ritorse Dirk, che cominciava ad infuriarsi. «Cosa significa che "non la si può definire viva"?» «Vieni con me e potrai vederlo tu stesso.» Il Guaritore lo guidò quindi in una piccola stanza dell'infermeria, una delle tante che erano comunicanti fra loro e che venivano usate per i pazienti che avevano bisogno di isolamento: l'arredo era costituito soltanto da un comodino che reggeva una candela e dal letto su cui Talia giaceva immobile. Nel vederla, Dirk sentì la gola che gli si serrava per l'angoscia, perché la ragazza sembrava essere stata composta in attesa del rito funebre a causa del cereo pallore del viso. Guardando con estrema attenzione, però, si accorse che respirava ancora... sia pure a stento. «Cos'ha che non va?» domandò, con voce incrinata dalla tensione. Devan scrollò le spalle con impotenza.... anche se adesso che Dirk si era finalmente deciso ad avvicinarlo si sentiva in effetti molto meno impotente di prima. «Vorremmo saperlo anche noi. Pensiamo di aver neutralizzato l'argonel in tempo... a dire il vero buona parte di quella sostanza era già stata assorbita dall'enorme sofferenza causatale dalle sue condizioni, ma se noi non avessimo eliminato il resto lei sarebbe morta: l'argonel non permette errori. Abbiamo anche reintegrato in parte il sangue che ha perduto e stiamo applicando blocchi contro il dolore alla maggior parte delle lesioni più gravi. In poche parole, abbiamo fatto tutto il possibile, ma lei semplicemente non si sveglia. No, la cosa è più complessa di così... è come se Talia non fosse più presente e noi ci stessimo prendendo cura di un corpo abbandonato dalla sua anima. L'organismo funziona, il cuore batte, i riflessi e la respirazione ci sono... ma non c'è nessuno "in casa" e non abbiamo la minima idea del perché.» «Uno dei Guaritori più anziani ha avanzato la supposizione che la sua anima sia "andata da qualche parte", forse nel tentativo di sfuggire ad una coercizione mentale, ed io ritengo che sia possibile, in quanto la tradizione afferma che molti maghi avevano Talenti simili ai nostri e se ne servivano per scopi malvagi. Può darsi che fra le altre prove che ha subito, lei si sia anche imbattuta in uno di essi e adesso tema di tornare in sé perché ignora di essere di nuovo fra amici. Noi eravamo disposti a tentare praticamente qualsiasi cosa...»
«E allora?» «Allora abbiamo chiesto all'Araldo Kyril di aiutarci, e lui è rimasto qui per un'intera giornata, tenendole la mano e Chiamandola con la mente. Si è spinto fino al limite delle proprie forze e anche oltre, al punto che la reazione gli ha provocato un collasso, ma non è servito a nulla. Francamente, non so proprio che altro tentare, a meno che...» Devan lasciò la frase in sospeso e lanciò un'occhiata in tralice a Dirk. In effetti, aveva una certa idea, ma ciò che sapeva di quel giovane gli dava l'impressione che fosse necessario attirarlo verso di essa con estrema cautela. «A meno che cosa?» lo incalzò Dirk, aggrappandosi al brandello di speranza che gli veniva offerto. «Come ben sai, il suo Talento principale è l'Empatia, e lei non è capace di Sentire o di Chiamare molto bene con la mente, per cui è possibile che Kyril non sia semplicemente riuscito a raggiungerla. La mia supposizione è che se qualcuno che ha con lei un forte legame emotivo cercasse di contattarla mediante quel vincolo, lei potrebbe riuscire a sentirlo. Abbiamo tentato di servirci del suo Compagno, ma senza avere più fortuna che con Kyril, perché a quanto pare anche Rolan ha dei problemi a comunicare mentalmente con lei. Talia aveva un forte legame emotivo con l'Araldo Kris, ma...» «Sì, lo so.» «E a me non viene più in mente nessun altro a cui ricorrere. Dirk deglutì a fatica e chiuse gli occhi, facendosi forza.» «Potrei... tentare io?» sussurrò quindi. Nonostante la gravità della situazione, Devan faticò a trattenere un sorriso. Avanti, piccolo pesce, abbocca, pensò, cercando di comunicare la propria volontà con tutta la forza coercitiva di un Araldo capace di Comunicare a Distanza. So del vostro legame a vita, perché Keren me ne ha parlato la notte che tu ti sei ammalato... e so anche della reazione che hai avuto quando sono arrivate le frecce di Talia e del modo incredibile in cui l'hai salvata. Se però non ti decidi ad ammettere l'esistenza del vostro legame, lei non ti sentirà mai. «Non saprei, Araldo» replicò ad alta voce, fingendosi dubbioso. «Come ti ho detto, è necessario un legame emotivo molto forte.» La risposta che stava pregando di sentire giunse sotto forma di un sussurro appena udibile. «Io l'amo. È sufficiente?» Per poco Devan non lanciò un grido di soddisfazione: adesso che Dirk
aveva ammesso l'esistenza del legame, forse l'idea aveva qualche speranza di funzionare. «Ma certo. Fa' del tuo meglio. Se dovessi avere bisogno di me, sarò qui fuori.» Dirk si lasciò cadere pesantemente a sedere sulla sedia posta accanto al letto e prese fra le proprie la mano fasciata e inerte della ragazza, sentendosi terribilmente impotente e solo... come, nel nome di tutti gli dèi, si poteva lanciare un richiamo per mezzo delle emozioni? Inoltre... per riuscirvi avrebbe dovuto abbattere le barriere che alcuni anni prima aveva eretto intorno al proprio cuore con l'intenzione che fossero permanenti. Ma non potevano essere tali, visto che Talia lo aveva già portato ad ammettere di amarla: adesso era troppo tardi per qualsiasi cosa che non fosse un impegno assoluto, e del resto appena pochi giorni prima lui era stato disposto a morire pur di salvarla, quindi cos'aveva da perdere? Abbassare quelle barriere era dunque un sacrificio così grande? Valeva davvero la pena di conservare la vita, senza avere lei accanto a condividerla? Ma... dove l'avrebbe cercata? D'un tratto fu assalito da un'idea che lo indusse a raddrizzarsi di scatto: lui ignorava come o dove rintracciarla, ma Rolan doveva saperlo! Immediatamente fece il vuoto nella propria mente e contattò Ahrodie, che s'insinuò gentilmente nei suoi pensieri quasi nell'istante stesso in cui lui la chiamò. Prescelto? Mi serve il tuo aiuto... e quello di Rolan, le spiegò Dirk. Allora hai visto... sai? Pensi che possiamo aiutarti a riportarla indietro? Rolan ci ha provato, ma da solo non riesce a raggiungerla. Mio Prescelto, fratello, speravo che tu comprendessi e decidessi di tentare! Subito dopo un'altra voce echeggiò nella mente di Dirk. Araldo Dirk... lei è andata Altrove. Riesci a Vederla? Stupefacentemente, quando la proiezione emanata da Rolan giunse con forza nella sua mente, Dirk Vide... una sorta di oscurità, in fondo alla quale qualcosa tremolava debolmente. Chiamala. Noi ti faremo da ancoraggio e ti infonderemo energia, perché tu puoi andare là dove noi non possiamo giungere. Dirk trasse un profondo respiro, chiuse gli occhi e si lasciò sprofondare nella trance più profonda che avesse mai sperimentato, tentando di usare il richiamo del proprio cuore, il suo amore e il bisogno che aveva di lei come
un segnale luminoso che attirasse Talia fuori da quell'oscurità; da qualche parte, "dietro" di lui, Ahrodie e Rolan costituivano una sorta di ancora concreta che gli evitava di perdere il contatto con il mondo reale. Dirk non ebbe modo di sapere per quanto tempo continuò a chiamare, perché nell'oscurità in cui si era immerso non esistevano correnti temporali; l'unico dato certo fu che la candela posata sul comodino risultò essersi consumata parecchio quando un tenue movimento della mano che stringeva fra le sue lo indusse ad infrangere la trance e a spalancare con stupore gli occhi. Adesso il colore stava riaffiorando sul volto di Tana. Lei si mosse appena, sussultò ed emise un fievole gemito di protesta, portandosi la mano libera alla tempia. Un momento più tardi i suoi occhi si aprirono, misero a fuoco quanto la circondava e scorsero Dirk. «Tu... mi hai chiamata.» Fu un sussurro appena percepibile. Dirk annuì, incapace di parlare perché aveva la gola serrata da un nodo fatto al tempo stesso di gioia e di dubbi. «Dove... sono a casa? Ma come...» cominciò Talia, poi il suo sguardo fu pervaso da un'espressione di estrema urgenza quando i ricordi tornarono ad affiorare... urgenza e una terribile paura. «Orthallen... oh, dèi... Orthallen!» Subito cominciò a lottare per sollevarsi a sedere, gemendo involontariamente per il dolore ma spinta al di là di qualsiasi riguardo personale dallo sprone di un'informazione di cui lei sola era in possesso. «Devan!» urlò subito Dirk, accorgendosi che Talia doveva avere qualche notizia ossessivamente importante da comunicare. Sapeva infatti che non era neppure il caso di cercare di indurla a rimandare se si trattava di una questione tanto urgente... e l'evidente paura che Talia aveva abbinato al nome di Orthallen poteva significare soltanto una minaccia gravissima e ignota a chiunque tranne che a lei. Così, invece di cercare di impedirle di muoversi, si affrettò a sorreggerla e a chiamare aiuto. «Devan!» Devan rispose alle grida di Dirk con una tale premura che quasi sfondò la porta; nel vedere Talia sveglia e semiseduta, si arrestò sconcertato mentre la ragazza gli chiedeva chi fosse la massima autorità presente lì. Accorgendosi che Talia non gli avrebbe obbedito minimamente fino a quando
non avesse ottenuto ciò che voleva, il Guaritore si affrettò a recitare una lista anche troppo breve. «Voglio... vedere Elspeth» ansimò allora Talia. «E anche Kyril... il Siniscalco... e Alberich. Subito, Devan» ingiunse, in un tono che non ammetteva repliche. Soltanto dopo che il Guaritore ebbe mandato a chiamare le quattro persone che lei voleva vedere la ragazza cedette alle sue insistenze e acconsentì a sdraiarsi. Dirk rimase con lei nella stanza, desiderando disperatamente di poter alleviare in qualche modo la sofferenza che le contraeva il volto tinto di un pallore cinereo. I quattro che Talia aveva convocato arrivarono a precipizio, a pochi istanti uno dall'altro: dalla disperazione che traspariva dalle loro espressioni fu evidente che si erano aspettati di trovarla sulle soglie della Morte, se non addirittura già morta. La loro gioia nel vederla invece sveglia e consapevole si trasformò però ben presto in sgomento e stupore quando essi sentirono ciò che lei aveva da dire. «E così si è sempre trattato di Orthallen fin dall'inizio?» commentò Alberich, la cui domanda era essenzialmente retorica, senza apparire eccessivamente sorpreso. «Darei chissà cosa per sapere come è riuscito a schermare tanto a lungo la propria mente, ma questo può aspettare.» Tanto Kyril quanto il Siniscalco furono però sconvolti da quella rivelazione. «Lord Orthallen?» continuò a borbottare il Siniscalco. «Potrei crederlo senza troppe difficoltà di chiunque altro, perché il tradimento è una possibilità sempre esistente anche fra i nobili... ma non di Orthallen! È un membro del Consiglio ancora più anziano di quanto lo sia io! Elspeth tu puoi credere ad una cosa del genere?» «Io... non lo so con certezza» replicò la ragazza, spostando lo sguardo dapprima su Alberich e poi su Dirk. «C'è... un modo molto semplice... per provare le mie affermazioni» intervenne Talia. La ragazza giaceva assolutamente immobile per conservare le forze, ma nonostante avesse gli occhi chiusi e la sua voce risuonasse affaticata, non c'era dubbio che fosse del tutto cosciente di quanto le accadeva intorno. «Orthallen... sa di certo... dove mi trovavo. Convocatelo qui... ma non fategli sapere... che mi sono ripresa abbastanza... da poter parlare. Devan... tu mi applicherai... blocchi completi contro il dolore,
poi... mi puntellerai con i cuscini... in modo che possa stare seduta. Devo... dare l'impressione di stare bene. La sua reazione... quando mi vedrà con Elspeth... dovrebbe rivelarci tutto quello... che abbiamo bisogno di sapere.» «Non intendo assolutamente permettere una cosa del genere!» esclamò con ira il Guaritore. «Non sei in condizione di muoverti di un solo centimetro, e tanto meno di...» «Lo farai. Devi» lo interruppe Talia. Il suo tono secco e implacabile era assolutamente calmo ma pervaso di autorità, e Devan cedette sotto il suo impatto e sotto quello dell'espressione con cui lei lo fissò. «Devi farlo, mio vecchio amico» aggiunse la ragazza, in tono più moderato. «È in gioco molto più della mia salute.» «Una cosa del genere potrebbe ucciderti, lo sai» insistette il Guaritore, con esplicita amarezza, protendendo però la mano verso la fronte di lei per cominciare ad instaurare i blocchi contro il dolore. «Mi stai costringendo a violare tutti i Giuramenti che un Guaritore è tenuto a pronunciare.» «No...» ribatté Talia, con un sorrisetto strano e triste che Dirk non riuscì a decifrare. «Una fonte estremamente attendibile... mi ha informata che... non è ancora giunto il mio momento.» Talia dovette fronteggiare altre proteste da parte dei presenti quando annunciò che avrebbe ricevuto Orthallen sola con Elspeth. «Dobbiamo fare così» insistette, riuscendo a parlare normalmente, anche se con voce fievole, ora che i blocchi contro il dolore erano stati installati. «Se trovasse qui anche voi, Orthallen riuscirebbe forse a mascherare la propria reazione o comunque sarebbe messo sul chi vive dalla vostra presenza, mentre vedendosi davanti solo noi due si comporterà più naturalmente perché non credo che si prenderà il fastidio di proteggersi con l'inganno da due persone che non ritiene costituire una minaccia dal punto di vista fisico o mentale.» Talia acconsentì comunque a permettere agli altri di nascondersi nella camera adiacente, in modo da poter osservare ogni cosa dalla porta di comunicazione, aperta appena di una fessura. Non appena tutti furono al loro posto, Orthallen venne mandato a chiamare. Parve che fosse trascorsa un'eternità quando finalmente i suoi passi lenti e cadenzati echeggiarono nel corridoio dietro a quelli più rapidi di un paggio, poi la porta si aprì e Orthallen entrò nella stanza, guardandosi indietro nel congedare il paggio prima di richiudersi la porta alle spalle. Soltanto
allora si girò verso le due donne che lo stavano aspettando. Talia aveva preparato la scena con la massima cura: adesso era puntellata contro i cuscini come una bambola di dimensioni spropositate ma in maniera tale da dare l'impressione di essere seduta sul letto in atteggiamento naturale, e il suo pallore mortale era celato dalla luce relativamente fioca dell'unica candela accesa nella stanza; Elspeth le era accanto sulla destra, e in questo modo riparava dal chiarore della candela la porta appena socchiusa che si trovava alle sue spalle. «Elspeth» cominciò Orthallen, mentre si girava, «questo è uno strano posto dove incontrarci...» Soltanto allora si accorse dell'identità dell'altra persona presente nella stanza oltre all'Erede: il volto gli si tinse subito di un pallore mortale e il sorriso condiscendente che aveva avuto sulle labbra svanì a poco a poco. Orthallen notò quindi l'espressione delle due ragazze e la sua agitazione andò aumentando: le mani iniziarono a tremargli, il suo colorito si fece grigiastro e i suoi occhi presero a scrutare la camera alla ricerca di altre persone che potessero essere annidate nell'ombra. «Ho incontrato Ancar, mio signore, e ho visto Hulda...» cominciò Talia. A quel punto il pacato e controllato Lord Orthallen, che aveva sempre preferito le parole a qualsiasi altra arma, fece la sola cosa che nessuno si sarebbe mai aspettata da lui. Perse completamente il controllo. Afferrata la daga ornamentale che gli pendeva dalla cintura, il nobile balzò verso le due ragazze con una luce di follia negli occhi e la bocca contorta in un'espressione di terrore. Per gli uomini nascosti nella stanza adiacente lo scorrere del tempo parve rallentare in maniera improvvisa e spaventosa, mentre essi facevano irruzione oltre la soglia pur sapendo che quando fossero riusciti a raggiungere le due donne sarebbe ormai stato troppo tardi per salvarle. Prima però che chiunque avesse il tempo di reagire, prima ancora che Orthallen potesse muovere più di un singolo passo, la mano destra di Elspeth scattò di lato e in avanti. Orthallen avanzò di qualche passo ancora, poi crollò improvvisamente sul letto di Talia emettendo uno strano gorgoglio, e infine scivolò al suolo. Lo scorrere del tempo riprese il suo ritmo normale. Pallidissima e tremante, Elspeth protese un piede e girò supino il nobile nel momento in cui i quattro uomini le arrivavano accanto: una piccola daga da lancio brillava sotto la luce della candela che rischiarava il petto di
Orthallen, la cui tunica di velluto azzurro era ora macchiata dal sangue che stava uscendo dalla ferita. Un angolo remoto e distaccato della mente di Dirk notò che quello era il punto più adatto per un colpo mortale. «In base alla mia autorità di Erede» dichiarò infine Elspeth, con voce resa tremante dall'approssimarsi di una crisi di nervi, «ho giudicato quest'uomo colpevole di alto tradimento ed ho eseguito di mia mano la sentenza.» Un istante più tardi si aggrappò al bordo del letto per evitare di crollare a causa del tremito che le pervadeva le gambe, e Talia allungò una mano fasciata a sfiorarle un braccio... forse nel tentativo di confortarla e di sostenerla. Quando Devan spalancò la porta che dava sul corridoio, Elspeth lo guardò con un'espressione di supplica negli occhi tanto dilatati da dare l'impressione di voler uscire dalle orbite. «E adesso» aggiunse con voce stranamente sforzata, «credo di essere prossima a sentirmi male. Volete scusarmi?» Devan ebbe la prontezza di riflessi di avvicinarle una catinella prima che lei perdesse il controllo dello stomaco, vomitando fino a svuotarlo interamente e scoppiando poi in un pianto isterico; a quel punto Devan l'accompagnò fuori perché si ripulisse e trovasse un posto tranquillo dove poter sfogare in tutta tranquillità le proprie emozioni. Kyril ed Alberich provvidero a rimuovere il corpo con rapida efficienza, e il Siniscalco uscì dietro di loro con aria scossa e stordita, lasciando Dirk solo con Talia. Prima però che l'Araldo avesse il tempo di dire o di fare qualcosa, Devan rientrò nuovamente nella stanza e provvide a rimuovere i cuscini che sorreggevano Talia perché lei potesse sdraiarsi nuovamente; ciò fatto le premette per un istante la mano contro la fronte e si rivolse infine a Dirk. «Vuoi restarle accanto, per favore? Ho rimosso in parte i blocchi contro il dolore per evitare che possano recarle danno, ma quanto è accaduto avrebbe già comportato per lei una notevole tensione se fosse stata in perfetta salute, e nelle condizioni in cui è... non posso prevedere le possibili conseguenze. Potrebbe non risentirne, visto che non sembra stare peggio, ma potrebbe anche scivolare in uno stato di shock o dare l'impressione di essere sul punto di sgusciare ancora via... in ogni caso, se dovesse sembrarti che ci sia qualcosa che non va, chiamami. Io sarò qui vicino, impegnato a calmare Elspeth.» Che altro avrebbe potuto fare Dirk, se non annuire?
Quando Devan se ne fu andato, Dirk tornò a fissare Talia in tormentoso silenzio: c'erano tante cose che avrebbe voluto dire... ma non sapeva da che parte cominciare. Adesso che l'impeto prodotto dall'emergenza era svanito, infatti, lei appariva confusa, disorientata e stordita dalla sofferenza, ed era evidente per Dirk che stava facendo una terribile fatica per formulare pensieri coerenti. Alla fine, la ragazza parve accorgersi di lui. «Oh, dèi, Dirk... Kris è morto. Lo hanno assassinato... non ha avuto nessuna possibilità di salvezza, ed io non ho potuto aiutarlo, non ho potuto salvarlo. Ed è stata tutta colpa mia... se gli avessi ordinato di tornare indietro non appena ci siamo accorti che c'era qualcosa che non andava, adesso sarebbe ancora vivo.» A quel punto Talia cominciò a piangere in silenzio, troppo esausta per singhiozzare, con le lacrime che le colavano lente lungo le guance. Soltanto allora Dirk si rese pienamente conto di quanto era accaduto... «Dea...» gemette. «Kris... oh, Kris!» Scivolò quindi in ginocchio accanto a Talia, senza toccarla, con le spalle scosse da quei singhiozzi che lei era troppo spossata per condividere... e insieme sfogarono il loro dolore per la perdita subita. Dirk non seppe mai per quanto tempo continuarono a piangere... abbastanza da fargli dolere gli occhi e la gola. Anche la resistenza umana aveva però dei limiti, e alla fine lui riuscì a ritrovare il controllo, asciugò con cura le lacrime di Talia e le sedette accanto. «Sapevo cosa gli era successo» affermò infine. «Rolan è riuscito a portarci il tuo messaggio.» «Come... come sono arrivata qui?» «Ti ho "prelevata"...» spiegò Dirk, annaspando per trovare le parole giuste. «Voglio dire... dovevo farlo, non ti potevo abbandonare là! Non sapevo se avrebbe funzionato, ma dovevo tentare! Elspeth, i Compagni ed io ti abbiamo "prelevata" lavorando insieme.» «Avete fatto questo? È... non avevo mai sentito di una cosa simile... sembra... una leggenda. Ero persa nel buio» mormorò Talia, che sembrava quasi in stato di shock o almeno parzialmente in trance. «Potevo vedere i Cieli, sai, potevo vederli, ma non mi è stato permesso di arrivarvi... loro mi hanno trattenuta.» «Chi? Chi ti ha trattenuta?» «L'amore e il dovere...» sussurrò Talia, quasi fra sé.
«Cosa?» insistette Dirk, pensando che quelle parole non avevano senso. «Ma Kris ha detto...» sussurrò ancora lei, con voce appena udibile. Se prima lo aveva soltanto temuto, adesso Dirk ebbe la certezza che Talia fosse stata innamorata di Kris... e nel salvarla lui le aveva impedito di raggiungerlo. Avvilito, abbassò il capo per non vedere la disperazione che riteneva dovesse essere dipinta sul volto di lei. «Dirk...» Adesso la voce di Talia era più forte e suonava molto meno confusa. «Sei stato tu a chiamarmi. Tu mi hai salvata da Ancar e mi hai liberata dall'oscurità. Perché?» «Dovevo farlo, perché ti amo» rispose lui, sentendosi impotente e privo di speranza. Talia lo avrebbe certo odiato per questo, ma aveva il diritto di sapere la verità, e forse un giorno lo avrebbe perdonato. Senza aggiungere altro, si alzò per andarsene, con gli occhi che bruciavano a causa di altre lacrime che non osava versare, e le lanciò un'ultima occhiata piena di desiderio e di nostalgia. Talia sentì finalmente quelle parole che quasi non osava più sperare di udire... e un momento più tardi vide l'oggetto delle sue speranze che si accingeva ad andarsene. All'improvviso, tutto le fu chiaro, e si rese conto che Dirk doveva essersi convinto che lei fosse stata innamorata di Kris. Era stato per questo che si era comportato in maniera tanto assurda... perché la voleva per sé e al tempo stesso temeva di entrare in competizione con Kris. Cieli, doveva aver passato la metà del tempo a disprezzarsi per la rabbia estremamente naturale che nutriva nei confronti del suo migliore amico tramutatosi in rivale, e non c'era da meravigliarsi che si fosse ridotto in un simile stato! Ed ora che Kris era morto, evidentemente Dirk pensava che lei non volesse più saperne di lui in quanto vederlo le avrebbe sempre ricordato Kris. Dannazione a quell'uomo! Cocciuto com'era, non sarebbe stato possibile indurlo a ragionare: non avrebbe mai creduto a ciò che lei gli avrebbe detto e forse ci sarebbero voluti mesi o addirittura anni prima di rimettere a posto le cose. Sentendosi la mente pervasa da una nitidezza quasi innaturale, Talia cercò freneticamente un modo per uscire da quella situazione... e lo trovò nella propria memoria. «... come un Comunicatore a Distanza.» Le parole di Ylsa le echeggiarono chiarissime nella mente. «Quasi sempre cominciano prima con il sentire e poi con il parlare. Ora come ora, tu avverti soltanto le emozioni al-
trui... ma ho il sospetto che uno di questi giorni imparerai anche a proiettare le tue in maniera tale da permettere agli altri di avvertirle e di condividerle. Una cosa del genere ti potrebbe tornare molto utile... soprattutto se avrai mai bisogno di convincere qualcuno della tua sincerità.» Sì. Era una cosa che lei aveva già fatto in precedenza senza neppure accorgersene, quando aveva imposto un rapporto mentale a qualcuno o aveva condiviso le proprie emozioni con Kris o con Rolan. O semplicemente quando aveva emanato sicurezza o rassicurazione... qui si trattava soltanto di muovere un ulteriore passo in avanti... Talia chiamò a raccolta le proprie forze e la propria volontà per far vedere a Dirk i propri sentimenti... soltanto per scoprire che era troppo esausta e prosciugata e che non aveva più risorse a cui attingere. Per poco non scoppiò in singhiozzi per la frustrazione, ma un momento più tardi Rolan le fece avvertire la propria presenza, pervadendola di amore... e di altro... Rolan... la sua forza era là, come sempre, e lui gliela stava offrendo con incrollabile e assoluta generosità. E Talia possedeva le cognizioni necessarie per usarla. «Aspetta!» esclamò, con voce soffocata, e quando Dirk accennò a girarsi proiettò i propri sentimenti nella sua mente indifesa e nel suo cuore... tutto il suo amore, il bisogno che aveva di lui... costringendolo a vedere quella verità a cui non avrebbe mai creduto se presentata soltanto a parole. Nel sentire uno strano grido soffocato che sembrava essere stato strappato da una gola maschile, Devan si girò di scatto e si precipitò verso la camera di Talia, temendo il peggio. Davanti alla porta, indugiò un momento per prepararsi a ciò che probabilmente avrebbe visto, poi aprì lentamente il battente e si accinse a proferire parole di conforto. Con suo assoluto stupore, vide che non soltanto Talia era ancora viva, ma che appariva anche cosciente e sorridente... in equilibrio precario sull'incerto confine fra il pianto e il riso; Dirk era seduto sul bordo del letto e stava cercando come meglio poteva di tenerla fra le braccia senza farle male, coprendo di baci e di lacrime ogni centimetro illeso del corpo di lei che riusciva a raggiungere. Per quanto sconcertato, Devan si riprese abbastanza da sgusciare fuori prima che uno dei due si accorgesse della sua presenza, e subito rivolse un segnale ad un paggio che stava passando lungo il corridoio, notando che di
recente aveva scorto spesso quel bambino nelle vicinanze e chiedendosi cosa lo avesse indotto a passare tanto tempo lì. Quando vide chi era stato a chiamarlo e da quale porta era uscito, il paggio impallidì. Incredibile, pensò fra sé Devan. Non c'è dunque nessuno che non sia mortalmente preoccupato per lei? «Ho bisogno che un messaggero raggiunga la regina... preferibilmente un Araldo, perché è una cosa urgente e soltanto un Araldo riuscirà a trovarla subito senza perdere ore a cercarla» disse. Un tremito scosse le labbra del paggio. «L'Araldo della Regina, signore... è morto?» chiese il bambino, con voce incerta. «Signore della Luce, no!» esclamò Devan, rendendosi conto di avere voglia di ridere per la prima volta da parecchi giorni, e indirizzò al paggio un sorriso che lo lasciò sconcertato. «In effetti, mentre provvedi a trovarmi quel messaggero, diffondi la notizia che Talia è di nuovo fra noi... e che presto starà di nuovo molto, molto bene!» CAPITOLO UNDICESIMO La gioia assoluta di Dirk non poteva durare a lungo; fin troppo presto il giovane ricordò che erano in gioco cose più importanti della sua felicità personale e che soltanto Talia sapeva ciò che era successo nella capitale di Ancar e ciò che potevano aspettarsi. Di certo Valdemar era in pericolo, e lei era la sola in grado di supporre quanto fosse grande tale pericolo. Non appena lui tornò serio, Talia avvertì all'istante il suo cambiamento d'umore. «Orthallen non era il nostro unico nemico» osservò lentamente Dirk. Se possibile, Talia impallidì ulteriormente e le sue pupille si dilatarono negli occhi sgranati. «No... per quanto tempo... sono stata...» «Quanto tempo è passato da quando ti ho Prelevata? Lasciami pensare...» mormorò Dirk, facendo un rapido calcolo mentale. Lui era rimasto privo di sensi per due giorni e ne aveva impiegati altri sei a riprendersi dal contraccolpo della fatica intrapresa. «Circa otto giorni» rispose quindi e, intuendo quale sarebbe stata la domanda successiva, aggiunse: «Siamo nella rocca di Lord Falthern, quasi sul Confine.» «Selenay?» «Devan l'ha mandata a chiamare. Ma tu stai soffrendo...»
«Non ho scelta, e lo sai anche tu» lo interruppe Talia, con un fievole sorriso. «Io...» Un attimo più tardi si dimenticò completamente di quello che aveva avuto intenzione di dire perché la regina oltrepassò a precipizio la porta aperta, con un'espressione gioiosa dipinta sul volto. «Come vedi, Maestà» stava affermando Alberich, che la seguiva dappresso, «ti ho detto soltanto la verità.» Dirk rimase a bocca aperta nel notare che l'espressione del Maestro d'Armi era praticamente estatica quanto quella della sua sovrana. «Talia... Talia...» Selenay non riuscì ad aggiungere altro prima di essere sopraffatta dalle lacrime, e prese fra le proprie la mano lasciata libera da Dirk, tenendola con la massima cautela per evitare di causare altra sofferenza alla ragazza; accanto a lei, Alberich appariva raggiante come se la ripresa di Talia fosse stata merito suo... in tutta la sua vita, Dirk non aveva mai visto un simile sorriso sul volto del Maestro d'Armi. «Selenay...?» L'ansia che permeava la voce di Talia penetrò attraverso la gioia dei due e li riportò bruscamente con i piedi per terra. «C'è ancora pericolo?» domandò la regina. Talia annuì stancamente, e subito Dirk si affrettò ad assestarle le coltri in modo da farla stare il più comodamente possibile, ottenendo come ricompensa un'occhiata che lo fece arrossire di contentezza. «Ancar... ha un suo esercito» spiegò Talia. «E potrebbe usarlo per attaccarci?» «Attaccherà. Adesso deve farlo. Aveva intenzione di ucciderti e di impadronirsi di Elspeth.» «Dio della Luce...» «Le sue intenzioni... erano di conquistare il Confine, ma adesso... si deve essere accorto che sono scomparsa. Non posso immaginare la sua reazione... ma di certo supporrà che io... sia vissuta abbastanza a lungo da poter parlare.» «Quindi siamo in pericolo quanto prima, forse ancora di più» rifletté Selenay, alzandosi in piedi con la mascella serrata per l'ira. «Ma gli daremo filo da torcere!» «Maghi. Ha dei maghi, dotati dell'antica magia. Mi hanno impedito di Chiamare mentalmente... hanno impedito agli Araldi di accorgersi che Kris era morto, e non so che altro possono fare. So soltanto che ci possono bloccare. E Orthallen... li teneva ben informati.»
«Orthallen?» L'ira di Selenay parve dissolversi parzialmente per essere sostituita dallo sconcerto. «Orthallen... la Signora mi aiuti, ancora non riesco a credere che lui... Dea... era lo zio di Kris!» «Si è mostrato molto contrariato quando tu hai mandato laggiù il ragazzo, Selenay» le ricordò Alberich, «e credo che adesso ne conosciamo il motivo. E il dolore che ha dimostrato nell'apprendere la notizia... non era fasullo.» «Ma è passato... forse un po' troppo presto» ribatté la regina, mordendosi un labbro, «anche se lui non è mai stato molto propenso a mostrare i propri sentimenti.» «È stato Orthallen ad uccidere tuo padre» sussurrò Talia, chiudendo gli occhi perché lo sforzo di parlare così a lungo l'aveva sfinita. «Durante la battaglia... ha mandato un sicario approfittando della confusione.» «Lui...» cominciò Selenay, sbiancando in volto. «Non l'ho mai immaginato... mi fidavo di lui!» Sui presenti calò il silenzio... il silenzio che precedeva la tempesta. «Dirk?» chiamò Talia, aprendo appena gli occhi e tornando subito a riabbassare le palpebre quando si accorse che aveva la vista annebbiata. Dirk non ebbe però bisogno di altri indizi al di là della sua espressione stordita, e dopo averle sfiorato una guancia con una lieve carezza andò in cerca di Devan. Al suo ritorno, portò con sé non soltanto Devan ma anche altri tre Guaritori. Ormai, la stanzetta era affollata, perché Kyril era tornato insieme ad Elspeth, e il Siniscalco era di nuovo presente a sua volta insieme al Lord Maresciallo; parecchie candele accese erano state disposte su ogni possibile piano d'appoggio, rendendo l'ambiente luminoso, un po' troppo caldo e soffocante. «Detesto dover chiedere questo a lei e a te, Devan» affermò Selenay, con aria colpevole, «ma non abbiamo altra scelta. Voi Guaritori potete sorreggerla abbastanza a lungo perché ci dica tutto quello che abbiamo bisogno di sapere?» Dirk avvertì l'impulso di protestare, ma la sua ribellione si spense sul nascere, perché sapeva anche troppo bene cosa avrebbe fatto se si fosse trovato al posto di Talia: avrebbe usato anche il suo ultimo respiro per fornire tutte le informazioni possibili. Perché quindi lei non avrebbe dovuto poter fare altrettanto? «Maestà» replicò Devan, chinando il capo con rassegnazione, «mi limito
a sottolineare che non approvo la cosa e che non permetteremo che Talia si sfinisca fino ad uccidersi.» «Ma lo farete?» «Come Talia, anche noi non abbiamo scelta.» I Guaritori circondarono la ragazza e la sfiorarono appena, scivolando nella trance di Risanamento. Poco dopo Talia sospirò e la sua espressione cessò di essere contratta dal dolore; quando sollevò le palpebre, il suo sguardo risultò di nuovo limpido e cosciente. «Chiedete... ma fate in fretta!» «Ancar... cosa ci dobbiamo aspettare da lui?» domandò per primo il Lord Maresciallo. «Quanto è numeroso questo suo esercito privato? Da che genere di uomini è formato?» «Feccia delle prigioni... circa tremila uomini. Che io sappia, niente mercenari, ma sono tutti uomini addestrati bene.» «Cosa mi dici dell'esercito regolare? Ancar se ne servirà?» «Non ancora, credo. Ha assassinato Alessandar, e non penso che abbia già il controllo degli ufficiali dell'esercito regolare: dovrà eliminare tutti i ribelli prima di potersene servire, e dovrà sostituire gli ufficiali con i suoi seguaci.» «Pensi... che possiamo aspettarci delle defezioni?» «Credo di sì. Tutte le Guardie di Confine potrebbero passare dalla nostra parte quando sapranno quello che è successo. Accoglietele bene, ma usate l'Incantesimo della Verità su di esse.» «Dov'era di stanza il suo esercito personale?» «Appena fuori della capitale.» «Ancar sa che sei informata di queste sue truppe personali?» «No» replicò Talia, con gli occhi luminosi in maniera quasi innaturale. «Non mi ha mai posto nessuna domanda.» «Allora è uno stolto, ed è un po' troppo sicuro di sé, non credi, Alberich?» rifletté il Lord Maresciallo, accarezzandosi la barba con aria meditabonda. «Per arrivare qui impiegheranno da dodici a quattordici giorni di marce forzate. Ci sono anche molti contingenti di cavalleria?» «Penso di no, visto che quegli uomini erano canaglie da galera prima che lui li assoldasse. Però sono stati addestrati a lavorare insieme, un addestramento che dura da almeno due anni, e lui dispone anche di quei maghi. La loro è vera magia, come quella delle leggende, e se penserà di dover affrontare gli Araldi, Ancar non esiterà a servirsene.» «Quanto sono potenti?» volle sapere Kyril.
«Non ne ho idea. Uno di loro mi ha impedito di Comunicare con la mente, di sondare Ancar e di difendermi, ed ha impedito a voi di accorgervi della morte di Kris... ma non ha potuto bloccare il mio legame empatico con Rolan. Dèi... questo è importante... loro ci possono bloccare, ma non ci possono leggere nella mente. Ancar se lo è lasciato sfuggire... ha detto qualcosa a proposito degli Araldi e delle loro dannate barriere.» «Questo significa che non si possono servire della magia per apprendere i nostri piani, soprattutto se noi teniamo alzati gli schermi?» domandò Kyril, con la speranza che gli affiorava nello sguardo. «Penso di sì. Non si sono presi neppure la briga di tentare di decifrare me. Dimenticavo... anche Hulda è una maga, ed ha istruito Ancar, ma non so quanto, siano abili, perché la loro non è magia della mente e ne ignoro la natura e il funzionamento.» «Dimmi di Orthallen» intervenne il Siniscalco. «Da quanto tempo complottava contro la regina?» «Decenni. È stato lui che ha fatto assassinare il re in battaglia.» «Con chi lavorava?» «A quell'epoca, con nessuno: voleva il trono per sé ed ha sfruttato l'occasione delle Guerre Tedrel.» «Quando ha cambiato gioco?» «Quando Hulda lo ha contattato. Credeva di essere lui a servirsi di quella donna.» «Ma è successo alcuni anni fa...!» «Esatto. Hulda era venuta per modellare Elspeth fino a farne una consorte adatta per Ancar, ha trovato Orthallen ed ha lavorato congiuntamente con lui. È stato Orthallen ad avvertirla in tempo perché ci potesse sfuggire, e più tardi Ancar gli ha promesso il trono in cambio di informazioni e di aiuto dall'interno.» «I maghi...?» cominciò Kyril, in tono ansioso. «Non c'è molto che posso aggiungere. Vi ho parlato di come bloccano le menti; lo stesso mago che mi bloccava schermava anche Ancar, mentre credo che Hulda si schermasse da sola. Fisicamente dimostrava appena venticinque anni, ed anche se poteva trattarsi di un'illusione, non credo che lo fosse, per quanto lei debba essere in realtà abbastanza vecchia da poter essere stata la balia di Ancar... diciamo che avrà all'incirca quarant'anni. L'ho vista creare una luce spettrale.» Talia liberò per un momento la mano fasciata da quelle di Dirk e si allontanò dalla spalla l'ampia tunica che indossava; Selenay ed Elspeth sussultarono, mentre il Siniscalco soffocò a
stento un'esclamazione alla vista dell'impronta di una mano umana che marchiava a fuoco la carne come se fosse stata impressa con un ferro rovente. «È stata Hulda a farlo, mentre erano impegnati a... giocare... con me, limitandosi ad appoggiare lì la mano con noncuranza, quasi per lei fosse una cosa facile come respirare. E si dice che possa fare di peggio... molto peggio.» I quattro Guaritori cominciavano intanto ad avere un aspetto provato, e anche con il loro aiuto le energie di Talia iniziavano a venire meno. «Stanca...» mormorò la ragazza, implorando un po' di riposo con lo sguardo. «Per ora abbiamo raccolto informazioni sufficienti» affermò Selenay, lanciando un'occhiata agli altri, che annuirono. «Adesso se non altro possiamo organizzare le nostre difese, e tu puoi riposare tranquilla.» Con quelle parole Selenay precedette gli altri fuori della stanza, mentre i Guaritori interrompevano il contatto uno dopo l'altro e Talia sembrava progressivamente avvizzire in maniera allarmante a mano a mano che il loro sostegno le veniva meno. Devan si affrettò a posare una mano sulla spalla di Dirk prima che lui potesse cedere al panico. «Vivrà» garantì in tono stanco. «Ha soltanto bisogno di poter riposare e guarire, e adesso riuscirà a farlo almeno in parte... dovessi essere costretto a porre delle guardie davanti alla porta per tenere fuori la gente!» Annuendo, Dirk tornò ad avvicinarsi a Talia, che aprì gli occhi con uno sforzo. «Ti... amo...» sussurrò. «Mia...» cominciò Dirk, poi la gola gli si serrò per un momento e lui si trovò a lottare di nuovo contro le lacrime. «Ora ti lascerò per un po', perché Devan afferma che devi riposare, ma tornerò non appena me lo permetteranno.» «Torna... presto...» Dirk lasciò la stanza camminando all'indietro, e Talia si rifiutò di distogliere lo sguardo da lui fino a quando la porta non si fu richiusa. Come Alberich aveva sospettato, all'alba tanto nel campo nelle vicinanze del Confine quanto fra il piccolo gruppo di Consiglieri e di ufficiali di stanza alla rocca scoppiò il pandemonio. Unità della Guardia... sparute in maniera avvilente... continuavano ad affluire di ora in ora, e la notizia di quanto era accaduto la notte precedente si stava diffondendo come una macchia d'olio scaturita da una lampada infranta, potenzialmente altrettan-
to infiammabile. Talia intanto dormiva sotto l'influsso di una trance di Risanamento, ignara per sua fortuna di tutta quella confusione. Le Guardie non costituirono un eccessivo problema: il Lord Maresciallo si limitò a convocare tutti gli ufficiali e alla presenza di Alberich, incaricato di controllare con esattezza tutto ciò che accadeva e che si diceva, procedette a metterli al corrente dell'intera storia. Per lo più, gli ufficiali della Guardia non avevano mai avuto rapporti stretti con Orthallen, per cui se da un lato rimasero sorpresi e sconvolti dal suo tradimento, dall'altro accolsero le parole del Lord Maresciallo come autentiche, senza bisogno di conferme. Attualmente, la cosa che più li preoccupava era l'esercito che Ancar avrebbe schierato contro di loro, perché le forze di Selenay ammontavano a circa mille uomini, e quelle di Ancar a tremila. Quanto ai maghi, gli ufficiali rifiutarono anche soltanto di prenderli in considerazione. «Mio signore» affermò un veterano dal volto segnato quanto quello di Alberich, «chiedo scusa, ma non c'è nulla che noi possiamo fare riguardo a quei maghi, quindi li lasceremo alle cure di coloro che s'intendono di magia...» Il suo sguardo si spostò verso Alberich, che rispose con un cenno di assenso appena percettibile. «... anche perché avremo già abbastanza grattacapi a far fronte a quello che ci sta per piombare addosso» concluse l'uomo. E l'esercito di Ancar era in marcia... Alberich e il Lord Maresciallo lo sapevano con certezza. Fra il seguito di Selenay c'erano due Araldi dotati di Vista a Distanza che avevano avuto modo di recarsi più volte in Hardorn in missione: durante la notte, su richiesta di Alberich, quei due avevano spinto il loro Talento oltre il Confine ed avevano scorto nitidamente l'esercito di Ancar accampato per concedersi qualche ora di riposo. La cosa più preoccupante era però che quando avevano "cercato" di nuovo le truppe la mattina successiva non avevano trovato altro che terreno vuoto. «Quindi è certo che hanno con loro almeno un mago» commentò Kyril, mentre lui e gli altri comandanti facevano finalmente colazione, «che attualmente sta nascondendo i movimenti delle truppe alla nostra Vista a Distanza.» Dal momento che si sapeva che fra il seguito di Ancar c'erano dei maghi... per quanto si ignorasse quale fosse il loro effettivo potenziale... Kyril ed Alberich erano stati affiancati al Lord Maresciallo nel comando delle truppe, con il compito di guidare in battaglia il corpo degli Araldi, ai quali
sarebbe stato affidato l'importantissimo compito di mantenere le comunicazioni. Ogni ufficiale avrebbe avuto sempre accanto un Araldo capace di Comunicare con la mente, e Kyril sarebbe rimasto al fianco di Selenay per coordinare le operazioni: quello era un trucco che aveva permesso loro di vincere le Guerre Tedrel, e che nessun altro esercito poteva uguagliare. «Non importa» replicò il Lord Maresciallo, «almeno non per il momento. Sappiamo dov'erano e sappiamo con quanta rapidità possono marciare e quindi anche quando arriveranno. Inoltre, sappiamo che i maghi non possono spostare in qualche modo le truppe con la magia... altrimenti non avrebbero avuto bisogno di tutti quei cavalli che i vostri Araldi hanno visto.» In quel momento un ufficiale oltrepassò la soglia aperta della tenda e si rivolse al Lord Maresciallo con un saluto scattante; l'uomo, che era tanto giovane da non avere ancora la barba, sembrava fare fatica a reprimere un sorriso soddisfatto. «Mio signore» avvertì, «stanno arrivando quelle reclute di cui ci avevi parlato.» «Reclute?» ripeté Kyril, perplesso. Alberich invece si limitò ad annuire e il Lord Maresciallo emise un breve suono sbuffante che avrebbe anche potuto essere una risata. «Vedrai presto di cosa si tratta, Araldo» ribatté. «Accompagna qui quelle reclute, ragazzo, perché abbiamo a disposizione due che possono valutare la loro buona fede.» «Tutte quante, signore?» «Quante sono?» Adesso anche il Lord Maresciallo appariva sorpreso. «Più di cento, signore.» «Luminosa Signora... sì, falli venire qui tutti. In qualche modo, riusciremo a vagliarli.» Nel lasciare la tenda per uscire sotto la vivida luce del sole, i tre comandanti scorsero una piccola nube di polvere nelle vicinanze della strada commerciale, e quando coloro che la stavano sollevando furono più vicini, Kyril ed Alberich si accorsero che quanti componevano la folla appiedata che stava avanzando nella loro direzione portavano tutti la divisa nera e oro delle truppe regolari di Alessandar. A quanto pareva, non appena avevano appreso dell'assassinio di Alessandar, tutti coloro che proteggevano il Confine, dagli ufficiali ai Guaritori e ai loro dipendenti, avevano deciso di disertare in massa.
Lo sgradevole incarico di informare dell'accaduto i membri del Consiglio toccò ad Elspeth, che ebbe ben presto modo di scoprire che fra i capi politici di Valdemar non esisteva l'accordo che regnava invece fra i condottieri militari. Lord Gartheser rimase senza parole per l'indignazione e per lo shock, il Bardo Hyron assunse un'espressione quasi stordita; Lady Kester e Lady Cathan, che ancora ribollivano interiormente per essere state accusate da Orthallen di complicità con gli schiavisti, si mostrarono sorprese ma per nulla rattristate; Padre Aldon reagì andando a rinchiudersi nella cappella della rocca insieme a Lord Gildas; la Guaritrice Myrim non fece nulla per nascondere né il fatto che la notizia del tradimento di Orthallen non l'aveva sorpresa minimamente né la cupa soddisfazione che le derivava dal saperlo morto... del resto, le si potevano perdonare quei pensieri poco caritatevoli se si considerava il fatto che lei era uno dei quattro Guaritori incaricati di risanare le ferite di Talia. Dopo aver informato complessivamente il Consiglio nei termini più concisi che le erano possibili, Elspeth incontrò privatamente ciascun Consigliere, spiegando l'accaduto ma rifiutando di rispondere a qualsiasi domanda: il momento per le domande, disse a tutti, sarebbe giunto quando Talia si fosse rimessa abbastanza da poter rispondere ad esse di persona. L'esercito di Ancar arrivò molto prima che questo accadesse. Alberich cominciava a nutrire qualche speranza di successo, in considerazione del fatto che gli effettivi di Valdemar erano stati praticamente raddoppiati dai disertori... seguaci di Alessandar... che avevano varcato la frontiera. Il Lord Maresciallo, dal canto suo, era quasi sul punto di danzare per la soddisfazione: a parte i servi, ogni uomo e donna che aveva cercato rifugio presso di loro era un combattente addestrato o un Guaritore... e in tutti ardevano un'ira e un odio profondi per l'assassinio del loro amato re. La vera storia di quanto era accaduto era infatti stata diffusa dalla capitale verso ovest da una fonte del tutto inaspettata... i membri del clan del Mercante Evan. A quanto pareva, Evan aveva deciso di seguire il consiglio di fuggire datogli da Talia... ma aveva fatto anche molto di più, avvertendo lungo il tragitto tutti i mercanti del suo clan, che a loro volta avevano diffuso ulteriormente la notizia. Nelle vicinanze della capitale la gente era ancora toppo intimorita per avere la forza di fuggire, ma nelle vicinanze del Confine,
dove la pesantezza della mano di Ancar non si era ancora fatta sentire e dove Alessandar era stato servito con amorevole devozione, la reazione era stata abbastanza violenta perché quando due o tre ufficiali avevano deciso di passare il Confine alla volta di Valdemar, il contingente di truppe di stanza in quell'area li seguisse immediatamente, quasi al completo. Di sicuro, Ancar non aveva previsto una cosa del genere e non poteva sapere della defezione di quelle truppe, perché un piccolo gruppo di volontari era rimasto alle torri di segnalazione per mandare messaggi e informazioni fasulli. «Non appena Ancar sarà passato oltre, quegli uomini si mescoleranno alla gente dei villaggi» spiegò ad Alberich il capitano che aveva ospitato Talia e Kris. «Hanno tutti a portata di mano abiti civili e se sarà loro possibile cercheranno di raggiungerci da questa parte. Si tratta però di uomini che hanno famiglia e che non vogliono lasciare i loro cari privi di protezione...» «È comprensibile» replicò Alberich. «Se vinceremo questa battaglia, piazzeremo ad ogni probabile punto di passaggio sentinelle che possano guidarli fin qui; in caso contrario...» «In caso contrario non avrà più importanza perché saremo tutti nelle mani di Ancar» concluse il capitano, in tono cupo. Ora che i suoi effettivi erano raddoppiati di numero, il Lord Maresciallo non aveva invece più dubbi sul risultato dell'imminente scontro. «Randon» osservò con ansia Selenay, mentre aspettavano insieme qualche segno che indicasse l'avvicinarsi di Ancar, «so che è tuo compito mostrarti sicuro del fatto tuo, ma il nemico ci è ancora superiore di numero nella misura di due contro uno...» Come avevano fatto ogni giorno, da quando il Confine era stato messo in allarme, la regina e il Lord Maresciallo erano saliti sulla sommità della collina più alta che ci fosse nelle vicinanze, perché sebbene potessero celare alla Vista a Distanza i movimenti delle truppe, di certo i maghi di Ancar non potevano riuscire anche ad eliminare le nubi di polvere sollevate dal loro passaggio, oppure l'alzarsi in volo degli uccelli spaventati, o tutti gli altri innumerevoli fattori che accompagnavano lo spostamento di un massiccio contingente di uomini. Quella collina permetteva di tenere sotto controllo per un raggio di parecchi chilometri il territorio di Hardorn e quindi vi erano state appostate delle vedette... e tanto la regina quanto il Lord Maresciallo vi trascorreva-
no tutti i momenti lasciati liberi dagli altri impegni, scrutando l'orizzonte con gli occhi socchiusi per difenderli dalla luce del sole. «Mia signora, noi abbiamo a nostro vantaggio più fattori di quanti lui ne possa immaginare. Oltre alle nostre truppe, disponiamo di mille combattenti addestrati di cui Ancar ignora l'esistenza, abbiamo la scelta del terreno di battaglia ed abbiamo gli Araldi a garantire che ordini e messaggi vengano riferiti in tempo utile e senza errori disastrosi. L'unica cosa che temo sono quei maghi» proseguì il Lord Maresciallo, mentre una sfumatura di dubbio gli si insinuava nello sguardo e nella voce, «perché non abbiamo modo di sapere quanti sono, cosa sono in grado di fare o se possiamo bloccare i loro attacchi. E loro potrebbero volgere le sorti della battaglia a favore di Ancar.» «Per lo più, i Talenti Araldici non servono come armi di offesa» aggiunse Selenay, preoccupata dal pensiero dei maghi. «Se soltanto oggi fosse ancora vivo uno di quegli antichi Araldi-maghi...» «Io potrei andar bene, Maestà?» Colta di sorpresa dalla domanda, Selenay si girò di scatto. Lei e Randon erano stati così intenti a scrutare il Confine e a conversare fra loro che non si erano accorti dei due Araldi che avevano risalito alle loro spalle il fianco della collina. Uno di essi era Dirk, che era ancora pallido ma aveva un aspetto migliore di quello avuto negli ultimi tempi. L'altro, così coperto di polvere che la sua divisa bianca appariva grigia, era Griffon... con il volto atteggiato ad un sorriso imbarazzato nonostante la stanchezza che traspariva evidente da tutta la sua persona. «L'ho accompagnato qui non appena è sceso di sella, Maestà» spiegò Dirk. «Questo furfante potrebbe essere la nostra risposta ai maghi, se rammenti quale sia il suo Talento... si tratta del Talento del Fuoco, Maestà.» «Basterà che mi indichi chi o che cosa vuoi che prenda fuoco» aggiunse Griffon, «e ti garantisco che brucerà. Kyril non ha ancora scoperto nulla che possa bloccarmi.» «La sua non è una vanteria a vuoto, Maestà. L'ho addestrato personalmente e so cosa può fare. Ha il solo limite di dover vedere l'oggetto da incendiare, ma questo non dovrebbe essere un problema.» «Ma Griffon era in circuito nel nord» osservò Selenay, sconcertata da quell'improvviso colpo di fortuna che aveva fatto rientrare il giovane proprio quando più c'era bisogno di lui. «Come hai fatto ad apprendere che eravamo in pericolo e ad arrivare qui in tempo?»
«Pura e semplice fortuna araldica» rispose Griffon. «Mi sono imbattuto in un Araldo-Corriere il cui Talento per puro caso era la Preveggenza; quella ragazza aveva già consegnato il suo messaggio e noi stavamo... ecco... passando la serata insieme. Quella notte, lei ha avuto una visione davvero strana, e subito dopo mi ha praticamente trascinato fuori del letto e mi ha costretto a montare in sella ancora nudo come un bruco. Lei si è assunta il compito di terminare il mio circuito, ed io mi sono diretto verso il Confine alla massima velocità di cui Harevis era capace. Così eccomi qui, e spero di poter essere utile.» Il sole al tramonto stava tingendo di rosso le nubi quando una delle sentinelle riferì di aver avvistato il tanto atteso esercito di Ancar. Mentre lei e il Lord Maresciallo si affrettavano ad impartire i primi ordini per l'imminente battaglia, Selenay pregò che quel tramonto rosso come il sangue non costituisse un cattivo presagio per le sue truppe. Il Lord Maresciallo aveva scelto come teatro dello scontro una bassa collina appena oltre il Confine dalla parte di Valdemar, cinta da boschi alle spalle e sulla sinistra e fiancheggiata sulla destra da campi aperti. Ciò che Ancar non sapeva... e che gli esploratori che già si stavano addentrando fra i boschi intendevano impedirgli di scoprire... era che la foresta alle spalle della collina si era allagata quando una diga aveva ceduto durante le piogge della primavera precedente e che adesso il suolo era una palude fangosa coperta da circa un metro d'acqua. Oltre agli esploratori, anche i mille uomini circa che erano passati dalla parte di Valdemar stavano andando a loro volta nella boscaglia, dividendosi in gruppi di cento uomini, ciascuno accompagnato da un Araldo dotato di Comunicazione a Distanza, per prendere posizione là dove a nessun esploratore di Ancar sarebbe stato permesso di arrivare vivo. Teren assestò un colpo ad un'ennesima zanzara e cercò di tenere a freno la propria irritazione. Il terreno su cui si trovavano era abbastanza sopraelevato da evitare che il fango arrivasse loro al collo, ma le zanzare stavano godendo di una vera e propria festa... non soltanto avevano a disposizione interi acri di nuovi terreni paludosi in cui deporre le uova ma adesso avevano anche ricevuto l'inatteso dono di un banchetto a base di sangue umano! Fra gli alberi era buio, l'aria era umida e fredda, e Wythra non gradiva quella situazione più del suo Prescelto... Teren poteva sentire il Compagno che sfogava la propria impazienza sbuffando a più riprese, sulla sua destra.
Sorella? chiamò mentalmente. Noi siamo in posizione, e voi? Lo stesso, giunse la risposta di Keren, accompagnata da una sfumatura di esasperazione. Ma siamo circondati fino agli orecchi da questi dannati moscerini! Qui abbiamo le zanzare. Consideratevi fortunati, fu l'asciutta risposta. I moscerini si stanno insinuando sotto le armature e noi ci stiamo riempiendo di lividi nel tentativo di schiacciarli. Sono dappertutto... aggiunse una voce che aveva l'inconfondibile tono mentale dello stallone di Keren, Dantris, e che era carica di irritazione. Al contrario della maggior parte degli altri Araldi, i due gemelli potevano Comunicare mentalmente non soltanto con il proprio Compagno ma anche ciascuno con quello dell'altra. Neppure l'olio di fellis è di qualche aiuto, concluse Dantris, sempre più seccato. Sembra che stiate riportando più vittime a causa dei moscerini di quante ne avrete in battaglia, sorrise Teren, nonostante il proprio disagio. Speriamo che tu abbia ragione, replicò, seria, la sua gemella. «Dovrai essere i miei occhi e i miei orecchi, amore» aveva implorato Talia, rivolta a Dirk. «Loro avranno bisogno di me...» «Ma...» aveva protestato lui. «Prendi con te Rolan: sai già di poterti collegare con lui, e quando ci sarà bisogno di me...» «Non se?» aveva sospirato Dirk. «No, non badare al mio commento. Allora, io mi collegherò a Rolan e lui a te? Dèi, possibile che tu non riesca a riposare per un solo momento?» «Posso osare di farlo?» Dirk non aveva saputo cosa rispondere. Adesso era lì ad attendere l'alba schierato accanto a Selenay e a pregare che Talia non finisse con l'uccidersi... perché se l'avesse persa proprio ora che l'aveva appena trovata... Al sorgere dell'alba le truppe di Selenay erano già disposte sulla sommità della collina, con le spalle rivolte alla foresta; all'estremità del fianco sinistro, quasi dove iniziavano i boschi, un gruppetto di Araldi in divisa bianca spiccava nitido intorno ad una figura grigia: Jeri, che indossava una delle divise da studentessa di Elspeth, nella speranza di indurre Ancar a scambiarla per l'Erede e a concentrare i propri sforzi su quel punto dello
schieramento. Elspeth era invece al sicuro nella rocca, pronta a fuggire al minimo preavviso che le sorti della battaglia stessero volgendo al peggio; la ragazza aveva acconsentito con riluttanza a quel piano, ma si era arresa sia perché ne aveva visto la sensatezza sia perché voleva essere del tutto certa che in caso di ritirata Talia non venisse lasciata indietro. Durante uno dei suoi brevi momenti di veglia, Talia le aveva chiesto in assoluta serietà, da Araldo della Regina ad Erede, di evitarle in qualsiasi modo di cadere di nuovo nelle mani di Ancar, ed Elspeth lo aveva promesso con altrettanta serietà... e pur avendo la sensazione che Talia avesse voluto chiederle di darle il colpo di grazia se si fosse arrivati al peggio, lei era decisa a portare via con sé l'Araldo della Regina, anche a costo di doverlo trasportare di persona. Alla pallida luce dell'alba, i mille uomini di Selenay parvero un ben misero ostacolo per i tremila combattenti di Ancar. Le armature degli Hardorniani erano leggermente più pesanti di quelle usate dai membri della Guardia, e dal modo in cui essi obbedivano agli ufficiali era evidente che erano stati ben addestrati. Su tremila, circa cinquecento erano a cavallo, ma non si trattava di cavalleria pesante, e la notizia migliore era che i nemici erano tutti armati di balestre... un'arma virtualmente inutile in una battaglia in campo aperto e che mancava della più lunga gittata di un arco normale. Le truppe di Selenay continuarono ad attendere, con pazienza: sarebbe stato Ancar a dover fare la prima mossa. «È un buon comandante, glielo concedo» ringhiò il Lord Maresciallo, quando l'attesa si fu protratta per un'intera ora senza che accadesse nulla. «Sta valutando le sue possibilità di successo... e spero proprio che gli stiamo dando l'impressione di essere un mucchio di idioti! Un momento... sta succedendo qualcosa...» Un cavaliere si staccò dalle schiere nemiche con una bandiera bianca, per parlamentare, e si arrestò non appena giunto nel centro esatto del campo di battaglia. Subito il Lord Maresciallo spinse avanti di tre passi il suo cavallo, fra un tintinnare di finimenti. «Parla, uomo!» gridò. «Oppure stai lì soltanto per farci vedere quanto sei bello?» Il cavaliere, un individuo dall'aspetto alquanto affettato, che portava una corazza estremamente decorata e un elmo dalla cresta vistosa, arrossì di
rabbia. «Regina Selenay» replicò, «i tuoi inviati hanno assassinato il Re Alessandar, chiaramente dietro tuo ordine. Re Ancar ha quindi dichiarato guerra a Valdemar per punire questo vile atto. Le tue forze sono inferiori di numero... vuoi arrenderti ora e sottometterti alla giustizia di Ancar?» Selenay contrasse il volto in una smorfia, mentre un mormorio rabbioso si levava dalle sue truppe. «Mi ero chiesta che genere di storia avrebbe escogitato» mormorò la regina, rivolta a Kyril, poi alzò il tono di voce per rispondere al messaggero: «E cosa mi posso aspettare dalla giustizia di Ancar?» «Dovrai abdicare e cedere il trono a tua figlia Elspeth, che sposerà Re Ancar. Il corpo degli Araldi di Valdemar dovrà essere sciolto e dichiarato fuorilegge, Ancar governerà Valdemar congiuntamente ad Elspeth e tu sarai imprigionata a vita in un luogo scelto da Ancar.» «Vita che durerà appena dieci minuti, non appena Ancar mi avrà fra le mani» commentò Selenay, a voce abbastanza alta perché l'inviato potesse sentirla. Poi si sollevò sulle staffe e si tolse l'elmo in modo da lasciar brillare al sole i capelli biondi, rivolgendosi alle sue truppe: «Cosa ne dice il mio popolo? Mi devo arrendere?» Il corale grido di diniego che rispose alla sua domanda echeggiò lungo la collina e spaventò il cavallo dell'inviato, inducendolo a scartare. «Ed ora ascolta me...» replicò quindi la regina, con voce tanto limpida da essere sentita da ogni uomo di Hardorn. «Ancar ha assassinato suo padre e un mio inviato, si circonda di maghi malvagi e pratica sacrifici di sangue, e preferirei tagliare la gola ad Elspeth con le mie mani piuttosto che lasciarla anche soltanto cinque minuti in sua compagnia! Che Ancar si guardi dalla vendetta degli dèi di fronte alle sue false accuse... e ricordi che potrà governare Valdemar soltanto dopo che tutti i suoi abitanti saranno morti per difenderlo.» Il messaggero volse il cavallo e si avviò verso le proprie linee, mentre in reazione alle parole della regina dalle truppe di Selenay si levava un applauso di approvazione che parve spingere l'uomo con la propria intensità come una foglia al vento. «Adesso ci siamo» commentò Selenay, rivolta ai suoi comandanti, assestandosi la spada al fianco e rimettendosi l'elmo prima di battere un colpetto sul collo del suo Compagno. «Ora vedremo se il nostro piano funzionerà, anche con uno svantaggio numerico di due contro uno.» «E vedremo anche se uno Scatenatore di Fuoco potrà reggere il confron-
to con i maghi di Ancar» aggiunse Kyril. «Perché se ne stanno fermi lì?» domandò Griffon, con aria perplessa. «Perché non si lanciano alla carica?» Il giovane Araldo si trovava oltre la prima e la seconda linea, insieme agli arcieri, perché il suo Talento era troppo prezioso per esporlo a rischi inutili, e stava ribollendo di impazienza a causa di quell'inerzia forzata. La risposta alle sue domande giunse pochi minuti più tardi, quando una densa nebbia parve levarsi dalla terra in un punto posto fra le loro truppe e quelle di Ancar: la nebbia era di un nauseante colore giallastro, e la brezza che soffiava sul campo di battaglia non sembrava avere effetto su di essa. Per qualche istante rimase del tutto immobile, poi prese a contorcersi e a condensarsi, mentre al suo interno appariva uno strano bagliore verdastro; un momento più tardi la brezza portò con sé un nauseante odore di zolfo, l'intero campo di battaglia parve subire uno scossone che fece sussultare lo stomaco di Griffon... e al posto della nebbia apparve un'orda di mostri demoniaci. Gli esseri erano alti almeno due metri, avevano al posto degli occhi fosse di oscurità nelle cui profondità sembravano ardere fiammelle rossastre, e la bocca dotata di zanne; la pelle simile al cuoio, di un colore giallastro come quello del burro rancido, pareva resistente quanto un'armatura e ciascuno di quegli esseri stringeva in una mano una grande ascia a doppia lama e nell'altra un coltello lungo quanto una spada. Di fronte a quei mostri, che erano circa un centinaio, le truppe di Selenay si lasciarono sfuggire un mormorio di spavento, e alcune frecce saettarono verso gli esseri infernali, soltanto per rimbalzare contro la loro pelle spessa quanto una corazza. In risposta, i mostri aprirono le fauci in un ruggito e avanzarono verso il centro dello schieramento di Valdemar, i cui componenti indietreggiarono involontariamente di un passo o due. D'un tratto, uno di quei demoni-guerrieri si arrestò di colpo senza preavviso e lanciò un ululato tale da indurre tutti a proteggersi gli orecchi con le mani... poi prese fuoco. Continuando ad ululare, il mostro cominciò a correre in cerchio come un rogo ambulante, e le truppe di Selenay emisero un grido di entusiasmo che però si spense subito, perché gli altri demoni stavano continuando ad avanzare, ignorando il loro compagno che era ormai crollato al suolo e che stava ardendo ancora. Un secondo e un terzo mostro furono avviluppati dalle fiamme... e tuttavia l'orda non si arrestò: anche se procedevano piuttosto lentamente, presto
i demoni sarebbero piombati sulle truppe di Selenay. L'inevitabile accadde di lì a poco... e la strage che ne derivò fu orribile. I demoni si aprirono un varco fra le file di combattenti come uomini che si stessero addentrando in mezzo ad un branco di cuccioli uggiolanti, facendo roteare le loro asce con ingannevole lentezza... e squarciando le armature e la carne sottostante come se il metallo fosse stato carta e la carne morbido formaggio fuso. Non era possibile deviare i colpi di quelle asce: chi si trovava sul loro percorso cadeva con lo scudo e il cranio tagliati a metà, ma incredibilmente subito qualcun altro si faceva avanti per sostituire il compagno caduto, con coraggio lodevole ma inutile, perché le asce ricadevano ancora e i rimpiazzi facevano la stessa fine dei loro compagni, finendo uccisi oppure mutilati in maniera devastante. Le Guardie si affrettarono a creare un muro protettivo intorno a Selenay e ai comandanti, ma i demoni proseguirono nella loro inesorabile avanzata. Adesso c'era sangue dappertutto... in parte anche giallo, anche se questo era ben poco in confronto ai fiumi di rosso sangue umano che i mostri stavano versando... e il campo di battaglia era pervaso dal fragore prodotto dagli uomini che urlavano di paura o di dolore e dai demoni che ruggivano, il tutto con il sottofondo costante dello stridere delle lame contro le armature e del fetore della carne demoniaca che bruciava. Al sicuro dietro le linee, con la fronte aggrottata in un'espressione concentrata, Griffon stava mettendo a fuoco il suo Talento su un altro mostro; non appena anch'esso prese fuoco, il giovane si guardò intorno alla ricerca di un nuovo bersaglio, ormai prossimo alla disperazione: sembrava che soltanto lui fosse in grado di uccidere quei demoni... ma erano così numerosi! «Araldo...» stava chiamando qualcuno, accanto a lui. Griffon cercò di ignorare quella voce insistente, ma l'uomo non volle darsi per vinto e alla fine il giovane si girò con esasperazione, scoprendo che il suo tenace interlocutore era uno dei Consiglieri, il Bardo Hyron, la cui abilità con l'arco era tale da avergli permesso di ottenere un posto accanto a lui nelle retrovie. «Araldo... secondo le leggende, quei mostri dipendono dal mago che li ha evocati. Se lo ucciderai, svaniranno!» «E se le leggende fossero sbagliate?» «Le cose non andranno comunque peggio di così» sottolineò il bardo. «Guarda, il mago deve essere fra quelle persone raccolte sotto lo stendar-
do, appena a sinistra rispetto al centro e nelle retrovie dello schieramento di Ancar.» «Trovami qualcuno che Veda a Distanza!» esclamò Griffon, e prima ancora che lui avesse finito la frase Hyron si stava già allontanando a precipizio, correndo più in fretta di quanto il giovane avesse creduto possibile. Hyron fu di ritorno in un istante... ma anche quel tempo così breve parve insopportabilmente lungo a Griffon mentre questi osservava i demoni scavare un altro solco sanguinoso fra le Guardie. «Sto Guardando, Grif...» gridò Davan, uno dei compagni di corso di Griffon, che seguiva dappresso il bardo con passo incespicante... e si teneva una mano premuta contro la fronte per tentare di "Vedere" mentre stava ancora correndo. «Ho... dannazione! So che è là, ma quei dannati bastardi mi stanno bloccando...» Davan crollò in ginocchio, con il volto contorto in una maschera irriconoscibile dallo sforzo di lottare contro lo sbarramento creato dai maghi. «Forza, Davan...» lo incitò Griffon, sollevando lo sguardo e soffocando a stento un'ondata di paura: i mostri stavano continuando ad avanzare. Concentrandosi, riuscì ad appiccare il fuoco ad uno di essi, ma un altro venne subito a prendere il suo posto. Accanto a lui, Hyron rimase immobile per un istante, poi si allontanò di nuovo a precipizio, ma Griffon quasi non se ne accorse, perché era impegnato a fare del suo meglio... senza che risultasse essere abbastanza. Un battito di zoccoli e un fugace bagliore bianco che lui colse con la coda dell'occhio gli segnalarono l'arrivo di un altro Araldo e lo indussero, a girarsi per vedere di chi si trattasse. Era Dirk... ma con lui non c'era Ahrodie, bensì Rolan! Dirk scivolò a terra e afferrò Davan per una spalla, scuotendolo. «Smettila, fratello, perché tanto non otterrai nulla così!» gridò, cercando di sovrastare il fragore della battaglia. «Ora non discutete e collegatevi a noi... tutti e due...» Griffon non perse tempo neppure a pensare, e tanto meno a discutere, e si collegò subito a Dirk, come aveva fatto tante volte quando era ancora uno studente... Con il risultato di trovarsi in un collegamento che non aveva quattro membri ma cinque: Dirk era unito a Rolan, che a sua volta era collegato a... Talia? Sì, era Talia. Le capacità di Dirk in fatto di Comunicazione Mentale erano limitate,
ma l'urgenza del momento le rese particolarmente nitide. Davan, seguila: quel mago ha usato la morte per evocare il suo potere... dolore, disperazione... Talia può servirsene per risalire a lui. Grif, segui Davan... io farò da ancora. Davan capì subito cosa doveva fare: tutti al Collegio ricordavano come Talia si fosse servita dei residui della sofferenza provata da Ylsa in punto di morte per guidare la Vista a Distanza di Kris fino al punto in cui si trovava il corpo. Il segnale che la ragazza stava inviando era debole ma inconfondibile, e Davan si affrettò a seguirlo, mentre Griffon lo "tallonava" mantenendo un collegamento quanto più stretto possibile. Sì... sì, ce l'ho! Lo Vedo! Indossa una tunica di velluto azzurro cielo... Grif, colpisci adesso, attraverso me! Nella mente di Davan, Griffon scorse nitida l'immagine di un vecchio avvizzito che portava una tunica di un azzurro intenso e che si teneva appena appartato rispetto alle altre persone raccolte sotto lo stendardo di Ancar. Animato da un odio e da un'ira che nascevano dall'orrore di vedere i propri compagni massacrati, e che erano più intensi di qualsiasi emozione da lui mai provata fino ad allora, Griffon si protese... E si trovò bloccato come non gli era mai capitato prima di allora. Sostenuto dalla propria ira, prese a lottare contro il muro che lo tratteneva, sforzandosi con ogni grammo di energia di cui era dotato di aprire un varco. Non appena avvertì il primo infinitesimale cedimento, chiamò a raccolta le ultime riserve di energia... non sapeva da dove esse gli venissero, e neppure gli importava. Fra le linee di Ancar ci fu una violenta esplosione e una torre di fiamme si levò accanto allo stendardo reale... Nello stesso momento i demoni svanirono. E Griffon rovesciò gli occhi all'indietro nelle orbite e perse i sensi contemporaneamente a Davan; accanto a loro, Hyron e Dirk si affrettarono a sorreggerli e ad adagiarli al suolo. La scomparsa dei demoni-guerrieri fu accolta con un urlo di sollievo dalle truppe di Selenay, ma mentre gridava insieme a loro, la regina si chiese se il loro entusiasmo non fosse un po' prematuro. Soltanto quando non ci furono altre manifestazioni arcane, infatti, anche lei si sentì davvero propensa ad applaudire: evidentemente, Ancar aveva avuto a sua disposizione un solo mago, e in qualche modo gli Araldi erano
riusciti ad eliminarlo. «Griffon e Davan hanno trovato il mago e lo hanno carbonizzato» la informò Kyril, in risposta alla sua occhiata interrogativa. «Subito dopo sono crollati entrambi e Griffon è ancora privo di sensi... ma non sembra che avremo ancora bisogno di lui.» Infatti, il Talento del giovane non era più necessario, perché adesso erano le truppe regolari di Ancar quelle che si stavano lanciando all'attacco: gli arcieri li tempestarono di frecce... non poche delle quali raggiunsero il bersaglio senza che i nemici potessero ribattere nella stessa moneta, perché i balestrieri avevano da tempo esaurito inutilmente le loro quadrelle ed avevano abbandonato la balestra per impugnare la spada come i loro compagni. Adesso che la prima fase del loro piano di battaglia stava per avere inizio, le Guardie di Selenay si prepararono a sostenere saldamente l'impatto della carica nemica. Allorché le truppe di Ancar si abbatterono sul centro dello schieramento di Valdemar, dove spiccava lo stendardo regale, tutt'intorno si levò di nuovo un clangore di metallo accompagnato da urla di rabbia e di dolore. Ignorando la vista di tanti uomini che uccidevano e che venivano uccisi, Selenay attese immobile ancora per parecchi lunghi momenti in attesa del momento giusto per agire... perché era lei, e non il Lord Maresciallo, il comandante assoluto delle truppe: il suo Talento della Preveggenza non era eccessivamente intenso ma era assai prezioso, in quanto operava con la massima affidabilità su un campo di battaglia. Esso non le rivelava ciò che sarebbe accaduto, ma piuttosto le indicava l'istante esatto in cui procedere alle varie fasi dei piani preventivamente elaborati. Di conseguenza, la regina aspettò a dare l'ordine fino a quando non le giunse quell'insistente suggerimento interiore. «Avverti l'ala sinistra di ripiegare sul centro» disse allora a Kyril. Immediatamente lui trasmise il messaggio e quasi all'istante le truppe che si trovavano alla sinistra dello stendardo presero ad avanzare verso il centro. Come Selenay aveva sperato, Ancar aveva inviato la cavalleria sulla sinistra facendola seguire dalla fanteria, con l'intento di aggirare in quel punto il nemico o addirittura di catturare l'Erede. «Accerchiamento...» ordinò ancora la regina a Kyril. A mano a mano che quel comando fu trasmesso agli altri Araldi presenti con ogni gruppo, l'intero schieramento di Valdemar converse verso il cen-
tro, in modo che l'estremità dell'ala sinistra si venisse a trovare al limitare della palude, nella quale alcuni cavalleggeri di Ancar stavano già sprofondando in un metro d'acqua e di fango. Seguì un altro lungo momento di attesa, fino a quando le truppe di Ancar si vennero a trovare fra lo schieramento di Valdemar e la foresta. «Adesso, Kyril! Falli muovere!» gridò Selenay. Dal bosco scaturirono allora le truppe che erano rimaste nascoste in attesa per tutta la notte... truppe fresche, furenti e assetate di sangue, formate da quanti avevano disertato dall'esercito di Alessandar e dagli Araldi loro assegnati. I disertori avevano un aspetto un po' strano, perché ciascuno di loro aveva trascorso parte delle ore di attesa impegnato a tagliare via le maniche dalla casacca dell'uniforme, in modo da rendere visibili quelle bianche del giustacuore sottostante e da non essere scambiato durante la battaglia per uno degli uomini di Ancar. Intrappolati fra due linee nemiche, con una palude che bloccava loro il passo, perfino i duri veterani di Ancar cedettero al panico. E la battaglia si trasformò in una rotta. Griffon fu il primo a raggiungere la Rocca, quasi accecato da una violentissima emicrania da reazione. Il giovane era infatti rimasto sul terreno dello scontro appena il tempo sufficiente per accertarsi che la vittoria fosse effettivamente andata a Selenay, poi si era issato in sella al suo Compagno ed era andato a cercare i Guaritori. «Ce l'abbiamo fatta... abbiamo vinto» disse ad Elspeth, mentre trangugiava con una smorfia un'amara pozione contro il dolore alla testa. «Quelle truppe in più venute da Hardorn hanno mutato le sorti della battaglia a nostro favore, e a questo punto quanto resta dell'esercito di Ancar si starà probabilmente affrettando a riattraversare il Confine con la coda fra le gambe.» «Che ne è stato di Ancar?» «Non ha mai partecipato direttamente allo scontro e con ogni probabilità deve essere fuggito... e prima che tu lo chieda, non so se Hulda fosse con lui, ma suppongo di no: sulla base di quello che ho appreso sul suo conto da te e da Talia, non mi sembra tipo da correre anche il minimo rischio, quindi probabilmente sarà alla capitale, intenta a consolidare la posizione del suo "piccolo caro".» «E cosa...» «Elspeth, ho la testa che sembra sul punto di spaccarsi. Ora credo di sa-
pere perché Lavan ha invocato su di sé la Tempesta di Fuoco... probabilmente gli è sembrata una soluzione migliore che patire simili emicranie da reazione! Adesso credo che riposerò per un po'. Ringrazia Talia per me, perché non ci saremmo mai riusciti senza di lei, e tieniti pronta perché da un momento all'altro cominceranno ad affluire i feriti: i Guaritori avranno bisogno di tutto l'aiuto possibile e ci saranno un sacco di persone ansiose di godere del privilegio di avere l'Erede che ascolta le loro vanterie mentre si fanno medicare.» Le previsioni di Griffon risultarono esatte... ed Elspeth imparò in prima persona che cosa fossero le conseguenze di una battaglia: nelle ore che seguirono maturò parecchio, e molto in fretta, e seppe che da allora non avrebbe mai più pensato alla guerra come ad una cosa "gloriosa". Selenay rimase sul Confine, facendovi affluire a mano a mano truppe fresche che l'aiutassero a "ripulire" la zona, ma Elspeth, i Consiglieri, i feriti e la maggior parte degli Araldi (compresi Talia e Dirk) fecero ritorno alla capitale. Poco prima della loro partenza, Selenay radunò presso di sé tutti i Consiglieri. «Io devo rimanere qui» affermò, sentendosi annientata dallo sfinimento. «In mia assenza, Elspeth avrà i pieni poteri della reggenza e sarà a capo del Consiglio... con diritto di voto.» Lord Gartheser parve sul punto di protestare, ma poi preferì tacere, con aria cupa; con l'eccezione di Hyron, i Consiglieri che erano stati dalla parte di Orthallen apparivano rabbiosi e contrariati, ed avrebbero costituito il primo problema di Elspeth. «Non avete scelta, miei Consiglieri» li avvertì Selenay, fissando Gartheser in particolare. «Come ben sapete, in tempo di guerra il monarca ha il diritto di emanare decreti speciali, e se ci dovessero essere dei problemi...» Selenay si concesse una pausa significativa, poi concluse: «Siate certi che ne sarò informata... e che agirò di conseguenza.» Elspeth convocò una riunione del Consiglio non appena si furono tutti insediati di nuovo alla capitale, ma avvertì anche che la riunione avrebbe avuto luogo nell'alloggio di Talia, cosa che obbligò i più anziani fra i Consiglieri a salire ansando e borbottando le lunghe rampe di scale che portavano fin lassù.
Talia non stava certo ancora bene: era guarita abbastanza da poter resistere un paio d'ore senza l'ausilio di anestetici, ma niente di più. La ragazza era adagiata in posizione semiseduta sul divanetto della stanza esterna, sistemato sotto la finestra, ed era fasciata praticamente dappertutto, con l'eccezione della testa e del collo, mentre i piedi rovinati erano avvolti da strani sostegni simili a stivali e il suo volto era bianco quasi quanto la candida uniforme che lei indossava. Elspeth le era seduta accanto e sembrava decisa a tenerla costantemente d'occhio. Com'era prevedibile, Lord Gartheser fu il primo a parlare. «Cosa sta succedendo qui?» domandò in tono rabbioso. «Cosa sono queste assurde storie secondo cui Orthallen sarebbe un traditore? Io...» «Non sono storie assurde, mio signore» lo interruppe Talia, in tono quieto. «Ho appreso del suo tradimento dai suoi stessi complici, e il modo in cui lui ha reagito quando è stato messo a confronto con le accuse a suo carico ha semplicemente confermato la sua colpevolezza.» Con parole semplici, senza inutili elaborazioni, Talia raccontò allora tutto ciò che lei e Kris avevano appreso sul conto di Ancar, parlando poi del massacro avvenuto al banchetto, della morte di Kris e dei suoi confronti personali con Hulda e con Ancar. Quando infine si concesse una pausa, apparendo visibilmente stanca, Elspeth si sostituì a lei nell'esporre ciò che Talia aveva riferito dopo che Dirk era riuscito a riportarla fra loro, e ciò che era accaduto quando avevano convocato Orthallen. Lord Gartheser rimase in silenzio per tutto il tempo, a bocca aperta e facendosi sempre più pallido. «In conseguenza di tutto ciò, Consiglieri» concluse Elspeth, «potete comprendere come il mio primo atto in qualità di reggente debba essere quello di accertare la fedeltà di ciascuno di voi con l'ausilio dell'Incantesimo della Verità. Kyril, saresti disposto ad applicarlo agli altri Consiglieri? Ho soltanto una domanda da rivolgere a ciascuno di voi... e cioè a chi e a che cosa siate innanzitutto fedeli!» «Ma certo, Elspeth» assentì subito Kyril. «Elcarth potrà poi sottoporre me alla prova.» «Ma... io...» balbettò Gartheser, che stava sudando profusamente. «Hai qualche obiezione, Gartheser?» domandò Lady Cathan, con voce mielata. «Io... uh...» «Se preferisci non sottometterti alla prova, puoi sempre dare le dimis-
sioni dalla tua posizione...» Lord Gartheser lasciò scorrere lo sguardo su ciascuno dei presenti, nella vana speranza di trovare comprensione. «Io... Lady Elspeth, temo che la tensione... connessa alla posizione che occupo sia eccessiva per me. Con il tuo permesso, preferirei rassegnare le dimissioni.» «Molto bene, Gartheser» replicò Elspeth, con calma. «Qualcun altro ha obiezioni? No? Allora, mio signore, puoi lasciarci. Il mio suggerimento è che tu ti ritiri nelle tue terre, per godere di quella vita tranquilla e pacifica che ti sei ampiamente meritato. Considerata la tensione a cui sei stato di recente sottoposto, non credo che sarebbe saggio da parte tua intrattenere troppi visitatori.» Mentre osservava il nobile che si alzava e raggiungeva la porta con passo incespicante, Elspeth atteggiò il volto ad un'espressione così impassibile che neppure Selenay avrebbe potuto eguagliarla. «Kyril» ordinò, quando Gartheser fu uscito. «Puoi cominciare da me.» «Subito dopo Elspeth, vorrei sottopormi io alla prova» intervenne Hyron, con espressione vergognosa, «dal momento che ero uno dei maggiori sostenitori di Orthallen.» «Come preferisci. Kyril?» La prova richiese un tempo minimo e com'era prevedibile tutti i presenti la superarono. «Adesso abbiamo due seggi del Consiglio da colmare, quello del portavoce del Nord e quello dei Distretti Centrali. Avete qualche suggerimento?» «Per il Centro, proporrei Lord Jelthan» suggerì Lady Kester. «Anche se è giovane, è signore dei suoi possedimenti da quattordici anni, perché suo padre è morto da tempo, ed ha alcune idee molto valide.» «Altri candidati? No? E per il Nord?» Nessuno parlò, e alla fine Talia infranse il silenzio con voce che era appena un sussurro. «Se nessuno ha altre proposte, io consiglierei il Sindaco Loschal di Trevendale. È un uomo capace, conosce a fondo i problemi del Nord e che io sappia non ha rancori personali, senza contare che è abbastanza anziano da controbilanciare la giovane età di Lord Jelthan.» «Altri suggerimenti? Così sia, allora... Kyril, provvedi a informare gli interessati, d'accordo? Ora, l'altra questione da affrontare è quella costituita da Ancar e da Hardorn. Dovremo accrescere il numero delle Guardie, e
questo significa aumentare le tasse...» «Perché? Abbiamo inflitto loro una sonora sconfitta.» «Non c'è bisogno...» «Ti fai spaventare dalle ombre...» «So per certo che tua madre non ha dato ordini del genere...» «Silenzio!» tuonò Kyril, sovrastando quel vociare, e quando tutti lo fissarono con espressione sconcertata, aggiunse: «L'Araldo Talia desidera parlare, ma non riesce a farsi sentire sopra il vostro fracasso.» «Elspeth ha ragione» sussurrò stancamente Talia. «Io conosco Ancar meglio di chiunque altro fra voi e so che ci attaccherà ancora e ancora, fino a quando uno dei due paesi resterà senza sovrano. Vi dico che il regno corre più pericoli adesso di quanti ne corresse prima della nostra vittoria, perché ora lui sa almeno in parte di cosa siamo capaci e quante truppe possiamo raccogliere con uno scarso preavviso. La prossima volta che ci attaccherà sarà con forze che lui riterrà sopraffacenti, e noi dovremo essere pronti a tenere loro testa.» «E ciò significa più effettivi per le Guardie, tasse per sostenere questo sforzo...» «E il vostro aiuto, Consiglieri. Soprattutto quello del tuo Circolo, Bardo Hyron» proseguì Talia. «Del mio Circolo? Perché?» «Perché come tu hai dimostrato con Griffon, il Circolo Bardico è la sola fonte di informazioni di cui disponiamo per quanto concerne l'antica magia.» «Di certo tu sopravvaluti questi maghi...» cominciò Lady Wyrist. «Guarda qui e dimmi se li sopravvaluto!» ribatté Talia, abbassando ancora una volta l'abito e le bende per mostrare il marchio ancora livido e dolente lasciato dalla mano di Hulda. «Porterò questo segno fino al giorno che morirò, e per Hulda si è trattato soltanto di un gioco da salotto!» Lady Wyrist impallidì e distolse lo sguardo, mentre Talia proseguiva: «Chiedete alle vedove e ai figli di quanti sono stati uccisi dai demoni se sto sopravvalutando il pericolo! Io vi assicuro che quello che Ancar ha portato con sé doveva essere uno dei suoi maghi minori, perché non avrebbe mai rischiato i più potenti in battaglia. Hyron, soltanto il tuo Circolo custodisce le leggende tradizionali in cui si dice ciò che possiamo aspettarci e si spiega come possiamo difenderci da questa magia. Ammesso che una difesa esista.» «Esiste» replicò pensosamente Hyron. «La soluzione è in alcune delle
cronache più antiche che risalgono all'epoca di Vanyel... quando i Talenti hanno cominciato ad avere la meglio sulla magia. È possibile che voi Araldi e i vostri Compagni risultiate essere la nostra sola difesa contro i maghi di Ancar.» «E se vuoi il mio parere, questa mi sembra un'ottima ragione per averli qui vicino a noi» commentò in tono asciutto Lady Kester. «Avremo bisogno dei membri del vostro Circolo anche per un motivo più tradizionale» aggiunse Elspeth, sorridendo ad Hyron, «soprattutto se non vogliamo ricorrere alla leva forzata per aumentare il numero delle Guardie.» «Vuoi che risvegliamo il fervore patriottico e che diffondiamo la storia di quanto è successo e di quanto ci dobbiamo aspettare? Sì. Lady Elspeth, come sempre il nostro Circolo è ai tuoi ordini.» «E badate a mantenere alto il morale della popolazione.» «Sempre al tuo servizio...» Elspeth lanciò allora una rapida occhiata a Talia e vide che era adagiata all'indietro sui cuscini, con il volto pallido e teso. «Non ci sono altri problemi immediati?» domandò. «Nulla che non possa aspettare» garantì Lord Gildas. «Allora penso che sia meglio aggiornare la riunione e lasciare Talia alle cure dei Guaritori.» Mentre i membri del Consiglio uscivano dalla stanza, Skif sgusciò dentro insieme al Guaritore Devan e alla Guaritrice Rynee. «Sorellina, Dirk sta aspettando dabbasso...» cominciò Skif. Talia si accasciò all'improvviso e cominciò a piangere. «Per favore... non ora... sono così stanca...» «Ascoltami... ascolta...» insistette Skif, prendendole una mano fra le sue e inginocchiandosi accanto al divano. «So cosa ti sta succedendo, e lo capisco! Ho visto come cerchi di non ritrarti quando lui ti tocca e l'ho convinto a tornare a casa per parlare di te ai suoi genitori. Io lo accompagnerò e quando torneremo tu starai finalmente bene... so che sarà così. Adesso raccogli tutto il tuo coraggio e salutalo nel migliore dei modi per mandarlo via contento, d'accordo?» Talia rabbrividì, poi si rilassò mentre Skif le asciugava le lacrime. «È per questo che hai portato qui Rynee?» chiese. «Hai capito al volo» ridacchiò Skif. «È qui per fornirti qualche piccolo blocco mentale. Lasciala lavorare, mentre io vado a chiamare Dirk.» Talia riuscì a fare quanto le era stato chiesto da Skif, e anche di più, ma
quando finalmente i due se ne furono andati, tornò a crollare. «Rynee... potrò mai essere di nuovo... come prima? Lo amo, ho bisogno di lui... ma ogni volta che lui mi tocca io vedo Ancar e le sue guardie...» «Zitta, ora... zitta» la calmò Rynee, come se Talia avesse avuto dodici anni meno di lei, invece di averne quattro di più. «All'inizio andava tutto bene, ma dopo la battaglia questo fenomeno ha cominciato a ripetersi ogni volta che un uomo mi toccava, raggiungendo il suo culmine quando si trattava di lui! Non posso sopportarlo, Rynee, non posso!» «Calmati, Talia. Sì, guarirai, proprio come ha detto Skif. È soltanto una questione di Risanamento, interno anziché esterno. Ora dormi.» Non appena Talia fu scivolata in un sonno indotto dalla trance di Risanamento, Devan si girò verso Rynee con espressione triste. «Guarirà davvero?» domandò. «Certamente» rispose la ragazza, in tono sereno. «E sarà prevalentemente opera sua. Aspetta e vedrai.» «Prego che tu abbia ragione.» «So che sarà così.» CAPITOLO DODICESIMO Skif salì i gradini della torre di corsa, anche se con passo tanto silenzioso da impedire a chiunque di accorgersi del suo passaggio; il giovane era tornato dal nord ormai da parecchie ore e la sua pazienza aveva raggiunto il limite. «Non puoi ancora vedere Talia» gli avevano detto, «perché ogni mattina ha una seduta con i Guaritori, che hanno ordinato di non essere mai disturbati per nessun motivo.» Era una cosa ragionevole ma saperlo non aveva l'effetto di diminuire l'impazienza di chi era preoccupato per lei, quindi Skif aveva deciso di riuscire a vedere Talia subito dopo pranzo ed aveva trangugiato il cibo tanto in fretta che per poco non si era strozzato con esso. Evidentemente, doveva aver sbagliato un poco nel calcolare i tempi, perché quando si avvicinò alla porta socchiusa in cima alle scale sentì delle voci giungere dall'interno: immediatamente si ritrasse nell'ombra del pianerottolo e sbirciò oltre l'angolo, scoprendo che da dove era nascosto poteva vedere con facilità l'interno della camera. In essa c'erano due Guaritori, entrambi identificabili a causa della tunica
verde e disposti ai due lati di un divano su cui era sdraiato qualcuno che portava la bianca divisa degli Araldi... senza dubbio doveva trattarsi di Talia. Nel vederla, Skif sussultò interiormente, perché la ragazza aveva il volto contorto dal dolore e gli occhi colmi di lacrime, anche se dalle labbra non le sfuggiva neppure un lamento. «Basta così» decretò poi il Guaritore alla destra della ragazza, che Skif riconobbe infine come Devan. «Per oggi dobbiamo assolutamente smettere, Talia.» Il viso della ragazza si rilassò leggermente e la donna alla sua sinistra le porse un fazzoletto per asciugarsi le lacrime, accompagnando il gesto con uno sguardo carico di comprensione. «In realtà potresti evitare di sopportare tutto questo, sai» aggiunse Devan, in tono un po' contrariato. «Se tu ci permettessi di "risanarti" seguendo i ritmi consueti, il procedimento sarebbe del tutto indolore.» «Non ho tempo, mio caro Devan, e lo sai benissimo anche tu» replicò Talia, in tono sommesso. «Allora dovresti almeno permetterci di lavorare al riparo di blocchi contro il dolore! E ancora non capisco perché continui a pensare di non avere tempo!» «Se voi ricorreste ai blocchi, io non vi potrei aiutare e non potrebbe farlo neppure Rolan, nel qual caso ci vorrebbero sei di voi per ottenere i risultati che ora conseguite in due» puntualizzò Talia, con una sfumatura di divertimento nella voce. «Ti ha colto in castagna, Devan» commentò in tono asciutto la Guaritrice Myrim. «Araldi!» sbuffò lui, in tono disgustato. «Non so perché continuiamo a sopportarvi! Quando non siete in giro a farvi ammazzare cercate di costringerci a risanarvi a velocità record in modo da poter tornare a ridurvi in pezzi il più presto possibile!» «Se ben ricordi, mio caro amico, la prima volta che mi hai vista ero una tua paziente: anche se allora ero ancora soltanto una studentessa, era già stato fatto un tentativo di liberare il mondo dalla mia presenza, e non ti aspetterai certo che cambi adesso le mie abitudini dopo un esordio così promettente, vero?» Il Guaritore si protese ad accarezzarle una guancia in uno spontaneo gesto di affetto. «È solo che mi fa male vederti soffrire tanto ogni volta, mia cara.»
Talia gli prese la mano fra le sue e sorrise, trasformandosi così da una donna semplicemente graziosa (nonostante gli occhi rossi e gonfi) in una creatura adorabile. «Rincuorati, vecchio amico, perché fra pochi giorni avremo finito: a quel punto l'unica cosa che rimarrà ancora da risanare saranno le ossa... e quello è un processo che non si può accelerare» gli ricordò, scoppiando a ridere. «Quanto al perché non ho tempo... ecco, non posso dirtelo perché non lo so neppure io. So soltanto che è vero quanto lo è il fatto che gli occhi di Rolan sono azzurri. Inoltre, sai bene che io sono una paziente che collabora: al contrario di Dirk e di Keren, faccio esattamente quello che mi viene detto... e dal momento che non ti puoi lamentare per la mia indocilità, devi per forza trovare qualcosa di cui essere irritato!» Myrim e Devan ridacchiarono entrambi a quelle parole. «Lo conosci fin troppo bene, signorina» commentò poi la Guaritrice, alzandosi in piedi e stiracchiandosi. «Ci vediamo domani.» I due lasciarono quindi la stanza e passarono accanto a Skif senza neppure accorgersi di lui. Talia parve però avvertire una presenza sul pianerottolo. «Se là fuori c'è qualcuno, è pregato di entrare» chiamò infatti, «perché non può certo essere a suo agio al buio e al freddo.» Con una risata, Skif spalancò la porta e vide che Talia lo stava osservando con la testa piegata da un lato e un'espressione piena di aspettativa sul volto. «Non ti ho mai potuta ingannare, vero?» «Skif!» esclamò lei, con gioia, protendendo entrambe le braccia. «Non mi aspettavo che tornassi così presto!» «Oh, mi conosci... mi basta avere con me un pezzo di sapone e una divisa di ricambio e sono pronto a mettermi in viaggio» rispose lui, abbracciandola con estrema cautela e baciandola sulla fronte prima di sedere per terra accanto al divano. «E dato che la nostra destinazione è la stessa, visto che io sono qui, pensi che Dirk possa essere molto lontano?» «Rispondimi tu» ribatté lei, e Skif fu lieto di notare la gioia accuratamente contenuta che le brillava nello sguardo. «Ecco, non lo è... molto lontano, intendo. Aveva intenzione di fermarsi un giorno di più rispetto a me, ma se lo conosco bene avrà recuperato il tempo perduto lungo la strada, al punto che non mi sorprenderebbe vederlo arrivare entro il pomeriggio. Tesoro, sono felice di constatare che lo desideri di nuovo.»
«Neanche io riesco a ingannare te, giusto?» osservò Talia, con un sorriso e gli occhi che brillavano. «Neppure un poco, ed è stato per questo che ho escogitato l'idea di mandarlo a casa per dare di persona la notizia alla sua famiglia. Mi ero accorto che la tua antica paura nei confronti degli uomini... ed anche qualcosa di peggio... andava affiorando sempre più in te ogni volta che lui ti si avvicinava, e che ti sforzavi di non darlo a vedere per non farlo soffrire.» «Oh, Skif... cosa ho mai fatto per meritare un amico come te? Hai ragione, era una sensazione orribile, perché mi sentivo praticamente in guerra con me stessa.» «Cara, se ben ricordi ho servito in un Settore di Confine, e sono nato e cresciuto in una zona che non era esattamente piacevole. Non sei stata la prima donna che ho visto soffrire per gli effetti a distanza delle violenze subite, e so quale sia di solito la reazione comune a tutte. Devo dedurre che ora ti sei ri...» «Sto benone, meglio che mai, e non ne posso più dalla voglia di rivederlo.» «È la notizia migliore che abbia ricevuto da molto tempo. Bene, non vuoi sapere come sono andate le cose, laggiù?» «Sono consumata dalla curiosità, perché se conosco Dirk probabilmente deve aver mandato alla sua famiglia un biglietto di due righe del tipo "sto per sposarmi, verrò a trovarvi fra una settimana", o qualcosa del genere, senza aggiungere la minima spiegazione.» Skif scoppiò a ridere ed ammise che quello era esattamente ciò che Dirk aveva scritto, parola per parola. «E li ha messi davvero in agitazione, te lo dico io! Soprattutto se si considera la situazione in cui erano quando è giunto il suo biglietto... ma lascia che ti racconti tutto dall'inizio.» Skif si sistemò un po' più comodamente e riprese subito a parlare. «Siamo arrivati alla fattoria circa una settimana dopo essere partiti da qui, viaggiando sempre a ritmi serrati, perché Dirk non voleva sprecare per strada più tempo del necessario... e non posso sentirmi di biasimarlo. Al nostro arrivo abbiamo trovato l'intero clan ad aspettarci, in quanto avevano messo i bambini di sentinella fin da quando avevano ricevuto il messaggio. Stelle Sante, che folla! Ti piaceranno, sorellina, perché sono pazzi quanto lui. Ci hanno separati quasi immediatamente, e i ragazzi più giovani si sono impadroniti di me, coprendomi di cibi e di bevande, mentre Dirk veniva trascinato via dai suoi genitori per una riunione di famiglia. Mi sono
subito accorto che erano piuttosto preoccupati per lui, soprattutto dopo la sua ultima esperienza in campo sentimentale... il modo in cui quella cagna di Naril si era presa gioco di lui...» «So tutto di quella storia, e non posso biasimare i suoi genitori se erano preoccupati.» «Il fatto che avesse ancora un aspetto un po' smagrito e sofferente non è certo servito a migliorare le cose, ne sono sicuro. Non gli deve essere stato facile convincerli che era tutto a posto, perché lo hanno tenuto segregato con loro per parecchie ore... eravamo arrivati per pranzo e quando infine sono emersi era già passata l'ora di cena, e quei poveri ragazzi non sapevano più che cosa fare per tenermi occupato!» commentò Skif, con un sorriso malizioso. «Quanto a me, temo di non essere stato di molto aiuto e di non aver collaborato. Comunque, non appena sono tornati da noi ho visto che il padre di Dirk appariva soddisfatto, ma che sua madre aveva ancora un'espressione dubbiosa negli occhi. Dopo la cena, è stato il mio turno di finire sotto il fuoco incrociato. Lascia che ti dica, a questo punto, che la madre di Dirk è una donna adorabile a cui dovrebbe essere dato l'incarico di interrogare i testimoni: con lei, l'Incantesimo della Verità diventerebbe una cosa superflua!» «Allorché ha finito di passarmi al setaccio, conosceva ormai tutto ciò che io so sul tuo conto, comprese parecchie cose che avevo ormai dimenticato. Praticamente, siamo rimasti alzati a parlare per tutta la notte, e si è trattato di una delle migliori conversazioni che abbia mai sostenuto. Non mi è importato di perdere tutto quel sonno, perché lei è davvero una persona splendida ed è valsa la pena di sbadigliare tanto quando ho visto che a mano a mano che parlavo la preoccupazione scompariva dai suoi occhi.» Talia sospirò e gli strinse la mano in un gesto che esprimeva sollievo e gratitudine. «Non so dirti quanto ti sia grata per avere insistito per accompagnarlo. Sei davvero un ottimo amico per entrambi.» «Mmmm... penso che sarai ancora più lieta di sapere che nessuno di loro potrà venire qui per il matrimonio. È a questo che alludevo quando ho parlato della "situazione in cui erano quando è arrivato il biglietto".» «Cosa è successo?» si affrettò a domandare Talia, con ansia. «La sua terza sorella sta avendo notevoli problemi a causa della sua gravidanza e non è in grado di viaggiare. Ovviamente, le sorelle maggiori non intendono lasciarla, ed è inutile dire che in qualità di genitrice e di Guaritrice anche sua madre si sente obbligata a rimanerle accanto. Inoltre, i do-
lori alle giunture di cui soffre il padre di Dirk si sono acuiti al punto che lui non può più sopportare lunghi viaggi su carri e tanto meno a cavallo. Ho fatto quindi del mio meglio per garantire a tutti che, in considerazione delle circostanze, tu non ti saresti sentita insultata dalla loro assenza.» «Non mi sarei mai perdonata se fossero venuti e a casa fosse andato storto qualcosa mentre loro erano qui.» «È esattamente quello che ho detto io. Entro il giorno successivo eravamo ormai buoni amici ed ero stato accettato come parte della famiglia. E a quel punto mi sono trovato di fronte al compito più arduo che abbia mai dovuto affrontare, perché mi hanno chiesto di Kris.» Skif abbassò lo sguardo sulle proprie mani e la voce gli si velò leggermente di pianto. «Loro... gli volevano bene, sorellina. Lo consideravano come un altro figlio, e non mi era mai capitato prima di informare qualcuno della perdita di un figlio.» Skif sentì la mano di lei che gli si posava leggera sulla spalla e nel sollevare lo sguardo scorse evidente nei suoi occhi quella tristezza che adesso non le abbandonava mai del tutto i lineamenti, mentre una lacrima isolata le rotolava lungo una guancia senza che lei si prendesse la briga di asciugarla; Skif allungò un dito con delicatezza e l'asciugò al suo posto. «Mi manca» mormorò con semplicità Talia. «Sento la sua mancanza ogni giorno, e se non fosse per ciò che ho percepito quando... se n'è andato... la cosa mi sarebbe intollerabile. Se non altro, invece, so che deve essere felice, e ciò mi è d'aiuto. Loro non hanno neppure questo conforto.» «È un altro motivo per cui sono contento di aver convinto Dirk a tornare a casa» affermò Skif, in tono quieto. «Kris era qualcosa di speciale per lui... era più di un amico, più di ciò che chiunque altro potrà mai essere, credo, e quando infine si è concesso di piangere la sua morte, ha avuto bisogno di avere vicino la sua famiglia...» Skif strinse fra le proprie le mani di Talia e per un lungo momento entrambi rimasero seduti in silenzio, oppressi dalla perdita subita. «Ecco» riprese infine Skif, con un colpetto di tosse, «vorrei proprio che tu potessi prendertela comoda fino ad esserti ripresa del tutto.» «Lo so, e lo vorrei anch'io» sospirò Talia, «ma non appena potrò usare di nuovo i piedi dovrò tornare in servizio. In effetti, ieri Selenay mi ha scritto una lettera tale che se per me non fosse così doloroso muovermi avrei già ripreso servizio oggi stesso.» «Lo so anch'io, ed è una cosa a cui non c'è rimedio. Ma ora ascoltami... devo proprio dirti com'è fatta quella tribù...» Con quelle parole Skif si lanciò in un'affettuosa descrizione degli svaria-
ti membri della famiglia di Dirk, e alla fine ebbe il piacere di vedere che la tristezza era in parte scomparsa dagli occhi di lei. «Questo era l'ultimo» concluse infine, e in quel momento il suo sguardo si posò su un cesto da cucito pieno di indumenti, nessuno dei quali apparteneva a Talia. «E questa cos'è?» domandò, tirando fuori un'enorme camicia con entrambe le maniche parzialmente staccate. Talia arrossì con violenza. «Non posso andare da nessuna parte e passo il mio tempo fra questo dannato divano e il letto, mi sono stufata di leggere, non riesco a reggere l'arpa a lungo senza cominciare ad avvertire dolore e non sopporto di stare senza fare nulla. Suppongo che sia un'abitudine che risale alla mia infanzia, quando non mi era permesso neppure di leggere senza svolgere intanto qualche lavoro utile. Quindi, siccome i miei ricami sono abbastanza brutti da far ridere anche i gatti, ho chiesto ad Elspeth di scovare tutti gli abiti di Dirk e mi sono messa a rammendarli: non gli posso impedire di avere un'aria sgualcita e arruffata, ma almeno posso evitare che sembri un mucchio di stracci.» Prima che Skif potesse stuzzicarla ulteriormente, un familiare rumore di passi prodotto da qualcuno che stava salendo i gradini a tre per volta indusse Talia a concentrare la propria attenzione sulla porta, dimenticandosi momentaneamente del proprio visitatore. Era impossibile sbagliarsi... quel passo poteva appartenere soltanto a Dirk... quindi Skif si affrettò a balzare in piedi e a spostarsi di lato prima ancora che l'altro Araldo raggiungesse la porta, perché non voleva intromettersi fra loro nel momento dei saluti. Ogni volta che aveva parlato di Talia durante il periodo trascorso con la sua famiglia, Dirk si era praticamente illuminato in volto, ed era stato proprio quel particolare che alla fine aveva convinto i suoi genitori che tutto andava per il meglio... ma se era parso illuminarsi nel parlare di Talia, nel vederla ora che lo attendeva con le braccia protese verso di lui, il giovane divenne addirittura incandescente. A Skif bastò una rapida occhiata in direzione di Talia per constatare che il suo volto era altrettanto radioso. In pochi passi Dirk attraversò la stanza e si lasciò cadere su un ginocchio accanto a lei, prendendole entrambe le mani fra le proprie e baciandole con gentilezza... ma quello che per chiunque altro sarebbe stato un atteggiamento insopportabilmente melodrammatico in loro risultò del tutto naturale. Talia dal canto suo si accostò le mani di lui al viso e vi appoggiò contro
una guancia, con espressione tale da indurre Skif a trattenere il respiro per non guastare l'atmosfera. «È stato molto duro, amore mio?» chiese quindi Dirk, in tono tanto sommesso che Skif riuscì a stento a distinguere le sue parole. «Non lo so... mentre eri lontano riuscivo soltanto a pensare a quanto desideravo averti qui, ed ora che sei tornato sono troppo felice di averti vicino per pensare ad altro» lo stuzzicò Talia. «Allora dovrò trovare il modo di rimpicciolirti per portarti sempre nella mia tasca» replicò lui con tenerezza, scivolando nel dialetto della propria infanzia. Talia liberò una mano dalle sue e gliela appoggiò con gentilezza contro una guancia. «Se mi avessi nella tua tasca, non ti stancheresti presto della mia compagnia?» domandò. «Non se questo potesse risparmiarti qualsiasi dolore. Oh, abbi cura di te stessa, uccellino» mormorò Dirk, «perché ti ho affidato la mia anima, che senza di te sarebbe soltanto un guscio vuoto e morto!» Il suo tono era scherzoso, ma la luce che gli brillava negli occhi rivelava che le sue affermazioni altro non erano che la pura e semplice verità. «Allora siamo davvero perduti al di là di ogni possibilità di redenzione» sussurrò Talia, di rimando, «perché io mi trovo nella stessa situazione, in quanto ti ho dato la mia anima in cambio della tua.» La gioia che ciascuno dei due traeva dalla presenza dell'altra sembrava rischiarare l'aria stessa intorno a loro. Skif, dal canto suo, cominciava intanto ad accorgersi che era possibile trattenere il respiro soltanto per un tempo limitato, non riuscendo però al tempo stesso ad indursi ad un'interferenza che avrebbe potuto infrangere l'atmosfera che avviluppava quei due. «Amore» avvertì poi Talia, con una risata contenuta che le trapelava dalla voce, «credo che il povero Skif stia tentando di decidere se disturbarci o svenire per mancanza d'aria...» Ridacchiando, Dirk girò appena la testa, in modo da poter vedere Skif con la coda dell'occhio. «Pensavi che non ti avessi notato in quell'angolo, vero? Vieni fuori di lì e smettila di fingere di essere un borsaiolo.» Con suo immenso sollievo, Skif constatò che l'atmosfera non si era infranta: forse si era attenuata un poco, ma soltanto per una deliberata scelta dei due interessati, intesa a metterlo a suo agio; mentre il ragazzo prendeva
una sedia e la tirava più vicino al divano, Dirk rimosse i cuscini contro cui era adagiata Talia e si sistemò al loro posto in modo che lei si appoggiasse invece sul suo petto e sulla sua spalla, cingendola con un braccio con fare protettivo. La vaga sfumatura di ansia era adesso svanita dal suo volto, e così anche si era dissolta la tristezza presente negli occhi di Talia: nel loro essere insieme c'era qualcosa di naturalmente "giusto" che sfidava qualsiasi analisi. Avevano appena finito di sistemarsi tutti che sentirono un rumore di passi in corsa lungo la scala e un momento più tardi Elspeth fece irruzione nella camera, con le braccia piene di una meravigliosa seta scarlatta. «I vestiti sono pronti, Talia! È...» L'Erede si arrestò di colpo nel vedere Dirk, poi lanciò un urlo di gioia e buttò il vestito a Skif (che lo afferrò con cautela), avvicinandosi infine con passo saltellante per afferrare l'Araldo per gli orecchi e deporgli sulle labbra un bacio pieno di entusiasmo. «Bene» commentò lui, quando infine riuscì a parlare. «Se è questo il modo in cui vengo accolto al mio ritorno, vuole dire che viaggerò più spesso.» «Oh, stupidaggini» ridacchiò Elspeth, salvando Skif dal vestito e deponendo un bacio altrettanto entusiasta sulle sue labbra. «Per amore di Talia, sono felice di rivederti, Dirk. Da quando te ne sei andato, lei è avvizzita come un giglio appassito.» «Elspeth!» protestò Talia. «E sono altrettanto felice di rivedere Skif... anzi, di più, perché lui può aiutarmi. Allora, mi hai sentita, razza di distratto: mi devi aiutare ad organizzare il matrimonio. Talia non può farlo, e Dirk è stato assente.» «Inoltre, non ho la minima idea di cosa si debba fare ad un matrimonio» aggiunse Dirk, con aria contrita. «Se mi dicessi che mi devo appendere ad un ramo e dondolarmi a testa in giù, probabilmente ti crederei.» «Oooh... che meravigliosa opportunità!» esclamò Elspeth, con gli occhi che brillavano. «Potrei anche farlo. No, meglio di no, perché dopo Talia potrebbe chiederti di suonarmele.» «Farò di peggio che chiedere a Dirk di picchiarti» minacciò Talia, con una strizzata d'occhio. «Dirò ad Alberich che penso che tu stia prendendo sotto gamba i tuoi allenamenti.» «Sei davvero una bestia, sai? Ti posso abbracciare senza problemi, cara?» «Da questa mattina sì» garantì Talia. Ottenuta quell'assicurazione, Elspeth si chinò sui due Araldi e abbracciò
Talia con calore ed entusiasmo, indugiando poi a torcere il naso a Dirk con un sogghigno impudente sul volto. «Erano eoni che desideravo farlo» dichiarò, prelevando un cuscino dal mucchio che Dirk aveva scartato e sedendosi per terra ai piedi di Talia. «Ti riferisci all'abbraccio o alla strizzata di naso?» volle sapere Dirk. «Ad entrambe le cose... ma soprattutto all'abbraccio» ribatté Elspeth, girandosi poi verso Skif e aggiungendo: «Tu non puoi saperlo, perché sei stato lontano a tua volta, ma all'inizio non si sapeva dove toccarla senza causarle danno. Povero Dirk, prima di partire era già tanto se riusciva a stringerle la punta delle dita!» «Oh, sono riuscito a trovare qualche altro posto» ridacchiò Dirk, ignorando il violento rossore di Talia. «Ora dimmi, quali altri progetti nuovi e meravigliosi per questo monumentale fiasco sei riuscita a distruggere mentre io non c'ero?» «Questo ti piacerà... ed è fresco di giornata. Il Lord Maresciallo ha pensato che sarebbe una splendida idea caricare Talia su una piattaforma coperta di fiori e farla trasportare alla presenza del prete da metà degli Araldi del regno. Sai, come l'immagine della Dea nella processione di Mezz'Estate.» «Oh, no!» protestò Talia, chiaramente combattuta fra il divertimento e l'imbarazzo. «Oh, sì! Ero appena riuscita a convincerlo che saresti morta d'imbarazzo se qualcuno avesse soltanto suggerito una cosa del genere, quando il Patriarca ha fatto irruzione chiedendo di sapere perché la cerimonia non si sarebbe tenuta nel Sommo Tempio!» «Signore delle Luci!» «Non appena gli ho fatto notare che anche i Compagni sarebbero stati presenti perché avevano avuto una parte notevole nel tuo salvataggio, il Patriarca ha convenuto con me che forse il Sommo Tempio non era il luogo più adatto.» «Mi sembra di vedere Dantris che assaggia i gigli della Dea per il puro gusto di combinare un guaio» borbottò Dirk. «Dantris? Cieli Lucenti, amore, probabilmente Rolan e Ahrodie deciderebbero di voler assistere dalla galleria del coro e lascerebbero impronte di zoccoli su tutto il pavimento di legno!» replicò Talia. «E pensare che quello che volevo era una piccola cerimonia privata con pochi amici.» «Allora non saresti dovuta diventare l'Araldo della Regina» le fece notare con dolcezza Elspeth. «Sei una figura d'importanza nazionale, quindi
non puoi negare al popolo il suo divertimento più di quanto possa farlo io.» «Immagino che adesso sia troppo tardi per tirarmi indietro.» «Dal matrimonio o dal fatto di essere l'Araldo della Regina?» rise Dirk. «Prova a indovinare!» «Preferisco di no, perché la risposta potrebbe non piacermi.» «Sentite» intervenne Elspeth, «dal momento che Skif è qui, ne approfitterò per prenderlo in disparte e informarlo su tutto quello che è stato deciso finora, d'accordo? In questo modo non saremo interrotti.» «Una buona idea» approvò Dirk. Raccolto il suo vestito, Elspeth trascinò Skif nella camera da letto e richiuse la porta alle loro spalle. «In effetti non ho bisogno di aiuto per organizzare le cose, ma fingiamo che sia così, d'accordo? E prendiamocela comoda» mormorò subito dopo. «Essere l'Erede ha qualche vantaggio: per esempio, finché io sarò quassù nessuno verrà a disturbarla come fanno di solito quando non è con i Guaritori. Ci sarebbe da pensare che la gente dovrebbe rendersi conto che forse lei vuole restare un poco sola, soprattutto adesso che lui è tornato, ma non è così.» «Ma... perché?» «Perché salgono quassù? Per un sacco di ragioni. Il Lord Maresciallo ha sempre qualche nuova informazione da chiedere sul conto di Ancar, mentre Kyril e Hyron fanno domande su Hulda, anche se soltanto gli dèi sanno quali possano essere i suoi poteri. Perfino i suoi amici, che la Signora li benedica, vengono di continuo per accertarsi che lei "stia bene", e a dire la verità io non sono migliore di loro. Forza, visto che sei qui, tanto vale che mi aiuti, dato che voglio sfoggiare questo.» Elspeth si nascose per un momento dietro il guardaroba ed emerse poco dopo con l'abito scarlatto indosso. «Ti dispiace allacciarmelo? Poi ci sono le emergenze, anche se grazie agli dèi non ne abbiamo avute di veramente gravi, come per esempio il riflesso della morte di un Araldo. C'è stato soltanto il caso della povera Nessa» proseguì la ragazza, rannuvolandosi in viso, «ma Talia lo ha risolto in fretta, non appena è stata abbastanza bene da potersene occupare.» «Dèi, a sentirti pare che tutto il mondo vada e venga da qui.» «A volte sembra proprio così. Sai, non credo che nessuno si sia mai reso veramente conto di quante vite Talia abbia toccato fino a quando non abbiamo creduto di averla perduta. Questo vestito, per esempio... hai mai visto una stoffa del genere in vita tua?»
«Mai» ammise Skif, ammirando il tessuto con il suo occhio da ladro, abituato a valutare ogni oggetto: l'abito era fatto di una seta scarlatta striata da fili d'oro puro e di un cupo vermiglio. Un tessuto davvero incredibile. «Neppure io... e ti garantisco che ho visto davvero molti abiti di Corte. È arrivata mediante uno speciale messaggero, dopo che Dirk ha chiesto di cercare di rintracciare il mercante che aveva fatto pervenire a Talia l'argonel e le frecce e che aveva poi consegnato il messaggio a Rolan... l'intento di Dirk era quello di ringraziarlo e di fargli sapere che Talia stava bene.» «Quel mercante è riuscito ad attraversare il Confine prima che Ancar lo chiudesse dalla sua parte, ha ricevuto il messaggio di Dirk ed ha risposto mandando questa. Era accompagnata da un biglietto in cui si spiegava che presso il suo popolo le spose vestono sempre di rosso e che pur sapendo che le nostre usanze erano diverse, lui sperava che questo "piccolo dono" potesse essere bene utilizzato. Piccolo dono! Mia madre ha detto che l'ultima volta che ha visto una pezza di questa stoffa, il suo prezzo era tale che con esso si sarebbe potuta comprare una piccola città» proseguì Elspeth, finendo di allacciarsi l'abito sulla schiena. «Talia ha pensato che sarebbe stata una stoffa splendida per gli abiti delle damigelle, e non sono certo stata io a contraddirla, visto che mia madre non mi comprerebbe mai una cosa del genere a meno di scoprire che sugli alberi della Foresta dei Dolori crescono diamanti in abbondanza. E poi, c'è stato un altro dono davvero strano. Talia ti ha mai parlato di una donna che ha aiutato a Berrybay? Quella che chiamano la Strega del Tempo?» «Mi ha detto qualcosa.» «Un giorno è arrivato questo Araldo davvero anziano... voglio dire, vecchio al punto che in teoria avrebbe dovuto essere a riposo, e ci ha portato un messaggio della Strega del Tempo... l'indicazione del giorno perfetto per tenere il matrimonio, e tu sai quanto sia imprevedibile il tempo in autunno. Dal momento che abbiamo intenzione di organizzare la cosa all'aperto, eravamo un po' preoccupati, ma Talia ha garantito che questa Maeven non si sbaglia mai e che possiamo andare sul sicuro, quindi abbiamo scelto il giorno da lei indicato.» Elspeth premette per un momento l'orecchio contro la porta e ridacchiò. «Credo che adesso ci possiamo anche arrischiare ad uscire, ma scommetto che appena qualche minuto fa non avremmo potuto farlo. Andiamo a sfoggiare questa meraviglia.» Nell'osservare Talia e Dirk, Skif si sentì pronto a giurare che nessuno dei due si era mosso da quando li avevano lasciati soli... anche se i capelli di
Talia erano un po' più arruffati ed entrambi avevano un'espressione sognante e astratta. «Allora, che ne pensi?» domandò Elspeth, assumendo una posa teatrale. «Penso che sia meraviglioso. Con te e Jeri in giro, nessuno che sia sano di mente degnerà me di una sola occhiata» dichiarò Talia, con ammirazione. «Elspeth ed io abbiamo preso gli accordi necessari e ci occuperemo di tutti i preparativi per il matrimonio» annunciò quindi Skif, con aria possessiva. «Questo ti lascerà un po' più libero, Dirk... a patto naturalmente che la cosa non ti secchi.» «Non mi secca affatto, e penso che sia molto gentile da parte tua» replicò Dirk, sorpreso. «Soprattutto dal momento che sai molto bene che non ho bisogno di avere tempo libero per fare altro se non restare quassù più a lungo.» «Questa era l'idea» dichiarò Elspeth, in tono beffardo. «Basta, basta!» rise Dirk. «Allora è tutto deciso, e grazie a entrambi.» «Ricordalo, la prossima volta che farò qualcosa di sbagliato.» Elspeth continuò a stuzzicare Dirk ancora per qualche momento, poi si rannuvolò in volto per l'ansia nel rendersi conto che Talia si era addormentata, cosa che ultimamente le accadeva molto spesso, a volte addirittura nel bel mezzo di una conversazione. Nel suo intimo, Elspeth cominciava a temere che quello fosse un segno che indicava che lei non si sarebbe mai più ripresa del tutto. Dirk e Skif si limitarono però a scambiarsi un'occhiata divertita, mentre Dirk si assestava meglio contro la spalla il peso di Talia, ed Elspeth si concesse allora un udibile sospiro di sollievo, perché se mai c'era qualcuno in grado di capire se qualcosa non andava in Talia, quello era di certo Dirk. Al giovane non erano sfuggiti né la sua espressione ansiosa né il successivo sospiro di sollievo. «Non è una cosa importante» la rassicurò, parlando in tono sommesso per non svegliare Talia. «Ha ragione... davvero!» rincarò Skif. «La madre di Dirk ci ha avvertiti che Talia si sarebbe addormentata così senza preavviso: a quanto pare, è un effetto collaterale del Risanamento accelerato ed è una cosa che ha a che vedere con la quantità di energie che si consumano e con la tensione a cui ci si sottopone. Secondo la madre di Dirk è lo stesso effetto che si potrebbe ottenere correndo per una ventina di chilometri, attraversando a
nuoto un fiume, scalando un paio di montagne e poi rimanendo svegli per tre giorni di fila.» «Mia madre dice che dipende dai veleni da stanchezza... mi pare che così li abbia definiti. Quando ci si sottopone al Risanamento accelerato, essi si accumulano più in fretta di quanto il corpo riesca a smaltirli e l'interessato tende a dormire parecchio. Non appena si sospende il Risanamento, il soggetto smette anche di dormire di continuo.» «Esibizionista» lo provocò Skif. «Vedi quante informazioni inutili si assimilano, ad essere figlio di una Guaritrice?» ribatté Dirk con un sorriso, scrollando le spalle. «Inutili un accidente!» protestò Elspeth. «Io ero convinta che ci fosse sotto qualcosa di grave e che nessuno volesse dirmelo... proprio come quando non riusciva a tornare in sé. Ormai nessuno mi dice più niente!» «Vedi, diavoletto» ribatté Dirk, «questo è il prezzo che si paga quando si ficca il naso continuamente in ogni cosa... la gente comincia a pensare che tu sappia già tutto!» Il Confine era adesso ufficialmente chiuso, ma gruppetti di profughi continuavano ad attraversarlo di nascosto ogni notte, ciascuno con storie peggiori delle precedenti da raccontare. Quanto a Selenay, avendo avuto la premonizione che Ancar non avesse ancora finito di vedersela con Valdemar, era rimasta sul Confine con un contingente costituito soprattutto dai disertori dell'esercito di Hardorn, ora tutti fanaticamente devoti a lei. Ed aveva avuto ragione. Questa volta l'attacco giunse di notte, preceduto da una tempesta che Selenay sospettò essere stata causata dai maghi, e si trattò di una finta in direzione di un Avamposto delle Guardie, condotta con violenza tale da convincere la maggior parte dei comandanti che si trattava di un attacco genuino. Selenay aveva però con sé Davan, dotato di Vista a Distanza, ed Alberich, un Preveggente, e non si lasciò ingannare: l'intenzione di Ancar era soltanto quella di recuperare parte dei soldati che aveva perduto e di infiltrare alcuni traditori fra le nuove Guardie di Frontiera di Selenay... e per ottenere entrambi i risultati era deciso ad utilizzare alcuni degli altri talenti di quanto restava del suo esercito di ladri e di assassini. Il contingente di infiltrati vestiti di nero che cercò di penetrare nel villaggio fortificato che ospitava i disertori di Hardorn e i loro servi andò però incontro ad un'amara sorpresa. I nemici riuscirono ad arrivare fin qua-
si alla palizzata che cingeva il villaggio, poi... Luce! Una luce accecante scoppiò sulle loro teste, intensa quasi quanto quella diurna; mentre gli assalitori sussultavano e sollevavano lo sguardo offuscato, quattro figure vestite di bianco apparvero sopra di loro, e dall'oscurità sovrastante la palizzata emersero centinaia di uomini e di donne armati d'arco, che non volevano assolutamente tornare dall'uomo che adesso si faceva chiamare re. Tutt'intorno, sospese agli alberi mediante sottili cavi, c'erano sfere ardenti formate da un'ignota sostanza che bruciava con incandescente ferocia. «Avreste potuto bussare» gridò Griffon. «Saremmo stati lieti di lasciarvi entrare.» «Forse però questa non è una visita amichevole» obiettò Alberich, schivando un coltello che uno degli uomini in basso aveva scagliato in preda alla disperazione. «Per gli dèi, Alberich, credo che tu abbia ragione» replicò Davan, schivando un secondo missile. «Maestà?» «Prendeteli!» ordinò Selenay, concisa. Alcuni nemici furono catturati vivi e rivelarono cose interessanti, come interessante risultò anche l'assortimento di droghe e di pozioni che quegli uomini avrebbero dovuto rovesciare nel pozzo del villaggio e che, secondo i prigionieri che Selenay fece interrogare con l'uso dell'Incantesimo della Verità, avrebbero dovuto aprire la mente di coloro che le avessero bevute all'influenza dei maghi del re... e dello stesso Ancar. Questo di per sé rivelò parecchio su quanto Ancar era in grado di realizzare, e ciò che accadde in seguito sul lato del Confine detenuto dal giovane disse loro ancora di più. Ancar infatti lo fortificò, creando una fascia profonda un chilometro e mezzo in cui non lasciò in piedi una sola abitazione o fattoria, e per qualche tempo né Preveggenti né Araldi dotati di Vista a Distanza riuscirono a scorgere mosse offensive da parte sua. Per il momento, quindi, il coltello di Ancar non era più puntato alla gola di Valdemar... e Selenay si sentì finalmente libera di tornare a casa per riassumere il comando e per partecipare al matrimonio di Talia. Il Campo del Compagno risultò alla fine essere il solo posto nelle vicinanze del Collegio che potesse contenere tutte le persone che ci si aspettava fossero presenti; il luogo del matrimonio doveva essere per forza facilmente raggiungibile perché i piedi di Talia non erano ancora guariti: i Gua-
ritori erano certi di aver ridisposto a dovere le ossa (dopo una tale quantità di sedute dirette a rimettere a posto ogni minuscolo frammento che chi non era un Guaritore aveva cominciato a dubitare che la ragazza potesse mai camminare di nuovo), ma le fratture avevano appena cominciato a saldarsi e Talia aveva quindi avuto la proibizione assoluta di far gravare il proprio peso sui piedi... il che significava che doveva essere portata a braccia dovunque andasse. I Guaritori avevano preferito non ricorrere con lei al genere di ingessatura che avevano usato per il fianco di Keren, soprattutto perché dovevano poter controllare il processo di risanamento che stavano portando avanti in maniera molto più sottile e costante di quanto avessero fatto con l'istruttrice di equitazione, ma anche perché l'ingessatura avrebbe costituito un notevole peso su un corpo già molto provato ed esausto. Come alternativa, avevano costruito una sorta di stivali con strisce di legno e di cuoio indurito incollate insieme, il tutto rivestito di feltro e formato da due metà unite da lacci, che potevano essere rimosse a piacimento. Inutile dire che Talia aveva accolto quella soluzione con estremo sollievo. «Come avrei potuto fare un bagno con quegli aggeggi di gesso ai piedi?» aveva commentato, con una smorfia comica. «E come avrei potuto tenerli nascosti durante il matrimonio? O trovare qualcuno abbastanza forte da poter trasportare non solo il mio peso ma anche quello di quei dannati aggeggi?» «Per non parlare delle difficoltà che avrebbero causato in seguito a Dirk...» aveva aggiunto Elspeth, provocando in Talia un immediato rossore. Nella camera di Talia, Elspeth stava aspettando che Keren e Jeri finissero di apportare gli ultimi tocchi al volto e ai capelli della sposa, pensando fra sé che Talia era tanto bella da poter spezzare il cuore a chiunque. Certo, era ancora molto magra e pallida in conseguenza di quello che aveva passato, ma stranamente questo aveva soltanto l'effetto di renderla più attraente. Era quasi come se lei avesse distillato l'essenza del proprio vero io... o che fosse stata temprata e affilata come una spada. Il vestito di seta bianca e argento era stato modellato con estrema cura, in modo che ricadesse bene quando chi lo portava veniva trasportata a braccia e che fosse abbastanza lungo da coprire gli orribili stivali... ma non tanto da far inciampare chi stava sorreggendo Talia. Jeri le aveva disposto i capelli in una pettinatura molto semplice che si
accordava all'abito, adornandola soltanto con alcuni fiori freschi. «"Con te e Jeri in giro, nessuno che sia sano di mente degnerà me di un'occhiata"» citò Elspeth sottovoce, rivolta a Keren, con una risata repressa che le scintillava nello sguardo. «Cieli Lucenti, vicino a lei sembro un airone rosso che non abbia ancora cambiato tutte le piume!» «Considerato quanto tempo è passato, spero che voi donne siate finalmente pronte» esclamò Dirk, oltrepassando la soglia, per una volta nella sua vita assolutamente ordinato e immacolato nella divisa di velluto bianco. «Dirk!» rise Jeri, interponendosi fra lui e Talia. «Secondo la tradizione non dovresti vedere la sposa fino a quando non sarete davanti al prete!» «Al diavolo la tradizione. Il solo motivo per cui permetto a Skif di essere lui a sorreggerla è che se cercassi di tenere al tempo stesso lei e l'anello lascerei inevitabilmente cadere una delle due cose.» «Oh, d'accordo, sei troppo cocciuto perché si possa discutere con te» si arrese Jeri, traendosi di lato. Non appena si trovarono uno di fronte all'altra, tanto Dirk quanto Talia parvero illuminarsi di una luce interiore e profonda. «Io passo due ore ad acconciarla...» borbottò sottovoce Jeri, con evidente divertimento... «e in un batter d'occhio lui riesce a far apparire insignificanti tutti i miei sforzi.» Chinandosi, Dirk sollevò Talia fra le braccia con cautela e con estrema facilità, come se il suo peso fosse stato pressoché inconsistente. «Sei pronta, tesoro?» domandò in tono sommesso. «Sono pronta da sempre» replicò lei, senza distogliere lo sguardo dal suo. Il Campo del Compagno era pieno di colori: il verde dei Guaritori, lo scarlatto dei Bardi, l'azzurro delle Guardie... e le tonalità più spente di grigio, verde e rosso degli studenti sparsi in mezzo agli altri, ai quali si mescolavano gli abiti dorati e ingioiellati dei cortigiani, che brillavano sotto il sole. La tinta che però prevaleva, com'era da aspettarsi, era il Bianco Araldico, e questo non soltanto perché il numero degli Araldi che erano riusciti a rientrare per l'occasione superava quello degli Araldi presenti al giuramento di fedeltà di Elspeth, ma anche perché la metà delle sagome bianche sparse fra la folla erano quelle dei Compagni, adornati di fiori e di nastri dalle mani amorevoli dei loro Prescelti al punto di dare l'impressione che fossero loro ad essere in procinto di sposarsi. Perfino il puledro di Cymry sfoggiava una ghirlanda, anche se era costantemente impegnato nel tenta-
tivo di mangiarla. La cerimonia, che veniva eseguita molto di rado, fu assai semplice perché il matrimonio di una coppia unita da un legame a vita era più una conferma che una promessa... e nonostante tutti i benintenzionati sforzi in senso contrario Skif ed Elspeth erano riusciti a ridurre al minimo la pompa e i rituali. Dirk trasportò la sposa fino al cospetto del prete, poi la passò con estrema cura a Skif, che appariva sul punto di esplodere per l'orgoglio e per la soddisfazione. Quando Elspeth porse a Dirk l'anello di Talia, che lui le infilò al dito, tanto l'Erede quando Skif dovettero mordersi le labbra per non versare qualche lacrima di commozione... sia perché Talia aveva trasferito l'anello d'amicizia datole da Kris al dito adiacente all'anulare sia perché l'anello nuziale le era ancora molto largo. Dirk pronunciò i voti con voce apparentemente sommessa ma abbastanza nitida da giungere fino al limitare della folla, poi Talia prese l'anello che Keren le porgeva, lo infilò al dito del giovane e recitò la formula nuziale con voce limpida e dolce. A quel punto Dirk tornò a prenderla fra le proprie braccia... e in quel momento tutti gli Araldi presenti scoppiarono in un applauso spontaneo che, chissà come, parve assolutamente appropriato alla circostanza. La coppia appena sposata si sistemò quindi su una pila di cuscini procurata da ogni appartenente al Collegio, e Talia venne sistemata in modo da poter vedere tutto ciò che le succedeva intorno senza essere costretta a muoversi. Quando finalmente la maggior parte di quanti erano andati a congratularsi si fu allontanata, Elcarth si decise infine ad avvicinarsi agli sposi con passo tranquillo. «Spero che vi rendiate conto che questa vostra esibizione infiammerà l'immaginazione dei Bardi per generazioni a venire» commentò, scuotendo il capo con finta severità. «Non oso pensare a tutte le opere decisamente orribili che ci pioveranno addosso il prossimo anno soltanto da parte degli studenti... e ogni Bardo a pieno titolo si cimenterà a sua volta nell'impresa, deciso ad essere lui l'autore del prossimo "Sole e Ombra".» «Oh, dèi» gemette Dirk, «non ci avevo proprio pensato. Credi che dovrei ripudiarla subito?» «Potremmo sempre inscenare una terribile lite» replicò Talia, scrutandolo con espressione meditabonda, poi raccolse una bottiglia di vino e la soppesò fra le mani. «Questa ti ammaccherebbe il cranio in maniera ado-
rabile... per non parlare dello spettacolare effetto che si otterrebbe rompendola sulla tua testa e facendo riversare il vino rosso su quell'immacolata casacca bianca» suggerì, poi dopo un momento di riflessione tornò a rivolgersi ad Elcarth e aggiunse, con un sospiro: «No, non funzionerebbe. Potrei finire per sporcarmi anch'io di vino, e poi se lui rimanesse privo di sensi, chi mi riporterebbe in camera?» «E se la ripudiassi, con chi dormirei stanotte?» aggiunse Dirk, mentre Talia scoppiava a ridere. «Mi dispiace, Elcarth, ma temo proprio che dovrai rassegnarti a soffrire. C'è qualcos'altro che possiamo fare per te?» «In effetti, ci sarebbe qualcosa. Volevo informarvi entrambi che il Circolo ha preso una decisione in merito al prossimo incarico da affidare a Dirk.» Nel sentire quelle parole, Talia s'irrigidì appena ma non dimostrò in altro modo il timore che ciò che Elcarth avrebbe detto fra poco stava destando in lei. «Innanzitutto... ho intenzione di ritirarmi dalla carica di Decano. Continuerò a rivestire il ruolo di Storico, ma ultimamente conservare entrambi gli incarichi mi è diventato un po' faticoso. Teren mi sostituirà, Dirk, e tu sostituirai Teren come Istruttore Orientativo, continuando al tempo stesso ad addestrare gli studenti nell'uso dei loro Talenti.» Talia rimase stupefatta, perché si era aspettata che a Dirk venisse assegnato un nuovo compagno o che gli venisse almeno affidato un servizio di Settore... se lo era aspettata a tal punto che si era già parzialmente rassegnata all'idea, dicendosi che averlo con sé almeno per una parte del tempo sarebbe stato meglio che non averlo affatto. «Elcarth... non puoi dire sul serio» protestò Dirk. «Io non sono il tipo dello studioso, e tu lo sai! Se il Circolo sta cercando di favorirci con un trattamento preferenziale...» «Allora vorremmo che ci ripensaste» concluse Talia, al suo posto. «Miei cari ragazzi, non è un trattamento preferenziale. Dirk, ci si aspetterà da te che tu continui ad assolvere incarichi speciali come in passato, e la sola differenza effettiva sarà che non dovrai più visitare i Settori dove sono insorti dei problemi. Ti abbiamo scelto per sostituire Teren in base alla stessa logica secondo cui in passato abbiamo scelto Teren per sostituire Werda come Istruttore Orientativo: la vostra capacità nel trattare con i giovani. Come lui, anche tu sei capace di accogliere ragazzini confusi e spaventati e di fornire loro calore, sicurezza e la consapevolezza che si trovano in un posto dove sono fra amici.»
«Hai dimostrato ripetutamente questa capacità nell'addestrare gli studenti, Dirk... il modo in cui hai aiutato Griffon, infondendogli sicurezza senza fargli mai capire che il suo era un Talento temibile e pericoloso è stato un vero capolavoro, e guarda quali risultati ha dato! Lui si è fidato di te in maniera così assoluta da collegarsi alla tua mente senza richiedere la minima spiegazione e da seguire alla lettera le tue istruzioni... e adesso è diventato l'ignoto eroe della Battaglia dei Demoni. Questo genere di abilità d'insegnamento è molto più rara dello scolasticismo, ed è ciò di cui abbiamo bisogno, quindi non voglio più sentir parlare di "trattamento preferenziale", d'accordo?» Dirk sospirò di sollievo, serrando appena il braccio intorno a Talia; dal canto suo, la ragazza ringraziò Elcarth con il bagliore che le apparve nello sguardo, senza che fossero necessarie altre parole. «E non è tutto...» proseguì questi. «Entrambi lavorerete anche con Kyril... Dirk con regolarità e Talia quando gli impegni glielo permetteranno. Non si era mai saputo che i Compagni incrementassero di proposito le capacità di qualcuno, tranne che in cronache ormai tanto antiche da essere vere e proprie leggende in cui non si riesce a separare il vero dal fantastico; di conseguenza, ci piacerebbe appurare se è una cosa di cui qualsiasi Araldo può approfittare o se si tratta di un fenomeno limitato a voi due e ai vostri Compagni. E prima che Kyril abbia finito con voi, entrambi desidererete di essere di nuovo in circuito da qualche parte!» I due scoppiarono a ridere, perché era risaputo che Kyril era instancabile nell'indagare sulla natura e sulle qualità dei Talenti Araldici e che si aspettava una pari dedizione da chi collaborava con lui. «Infine, vi ho portato il dono nuziale del Circolo: le prossime due settimane saranno completamente vostre, da usare come preferite... possiamo tirare avanti per quindici giorni senza di voi. Talia dovrà naturalmente portare avanti le sedute con i Guaritori, ma a parte questo... ecco, se doveste decidere di scomparire dalla circolazione per qualche giorno nessuno vi verrà a cercare. In fin dei conti, anche se non è in grado di camminare, Talia può sempre cavalcare! Badate soltanto che i vostri orari collimino con quelli dei Guaritori, perché l'ultima cosa che voglio è attirare su di me le ire di Devan! Quando vuole, quell'uomo riesce ad essere decisamente pericoloso.» Scoppiando a ridere, Talia promise di rispettare gli orari, e dal bagliore apparso negli occhi di Dirk comprese che lui aveva già in mente un paio di posti da visitare. Per qualche momento continuarono a conversare piace-
volmente con Elcarth, poi lo Storico... non più Decano, una cosa a cui avrebbero fatto fatica ad abituarsi... si congedò. «Non ho mai immaginato di finire per fare l'insegnante» commentò allora Dirk, scuotendo il capo. «Quello è sempre stato il ruolo che Kr...» S'interruppe con un verso soffocato, non riuscendo a pronunciare quel nome. «Quello è sempre stato il ruolo che Kris voleva» concluse Talia per lui, osservandolo con attenzione. «Stai evitando di parlare di lui, amore. Perché?» «Paura» fu la franca risposta. «Paura di ferire te, e me stesso. Io... ancora non so con esattezza cosa ciascuno di voi provasse per l'altra...» «Non avevi che da chiederlo» lo rimproverò Talia, in tono sommesso, traendolo in un rapporto mentale con un tocco gentile. Dopo un momento, Dirk incontrò il suo sguardo e le sorrise. «E hai sempre sostenuto che le emozioni non parlano chiaro. Dunque si trattava di questo?» «Niente di più e niente di meno» annuì lei. «Kris ha cercato di dirtelo, ma tu non lo ascoltavi.» «Non lo ascoltavo, vero?» sospirò Dirk. «Dèi... quanto sento la sua mancanza. Mi manca così dannatamente...» «Quando lo abbiamo perso, abbiamo perduto qualcosa di più di un amico» affermò Talia, esitando per scegliere bene le parole. «Credo... credo che abbiamo perduto una parte di noi stessi.» Dirk rimase in silenzio per un lungo momento. «Talia» chiese poi, «cosa è successo dopo che è morto? Hai detto cose molto strane, quando hai risposto al mio richiamo e sei tornata fra noi.» Talia scosse appena il capo, aggrottando la fronte in un'espressione riflessiva. «Non ne sono certa, perché non mi è molto chiaro ed è tutto mescolato ai sogni provocati dalla febbre. Tutto quello che ti posso dire con certezza è che io volevo morire e che sarei dovuta morire... ma che qualcosa mi ha impedito di farlo.» «O qualcuno.» «O qualcuno» convenne Talia. «Forse è stato Kris, o almeno i miei ricordi affermano che si trattava di lui.» «Ho molto di cui essergli grato, oltre a questo» osservò Dirk, in tono pensoso. «Eh?»
«È stato lui che ti ha insegnato cosa fosse l'amore, prima che quelle bestie ti facessero del male.» «Mi ha aiutata» convenne Talia, dopo un momento di riflessione. «Tesoro, sei davvero pronta ad andare fino in fondo?» domandò lui, dopo una pausa. «Ne sei certa?» Per tutta risposta Talia lo baciò, mantenendo attivo il rapporto mentale fra loro, e quando infine si ritrasse per respirare Dirk scoppiò a ridere, mostrandosi assai più rilassato. «Edonista» commentò. «Come minimo» confermò Talia, arricciando il naso nella sua direzione, poi però tornò a farsi seria. «Certo, ci sono delle cicatrici... ma ne hai anche tu. Le ferite più profonde sono quelle interiori e sono risanate... io non sono la sola risanatrice mentale, sai, sono soltanto l'unica che sia al tempo stesso Un Araldo. Rynee è molto brava... brava quanto me. Inoltre, non potevo permettere che quanto è accaduto rovinasse ciò che esiste fra noi... in realtà, quegli uomini hanno soltanto ferito il mio corpo, non hanno toccato me. Ciò che è successo a te è stato peggio, perché Naril ha praticamente violentato la tua anima.» «Anche quella ferita è ormai guarita» garantì lui, in tono quieto. «Allora abbandoniamo tutto al passato. Nessuno può vivere tutta una vita senza collezionare qua e là qualche cicatrice» consigliò Talia, accoccolandosi contro di lui mentre altre persone si avvicinavano alla spicciolata per porgere le loro congratulazioni. Poi, d'un tratto, si risollevò di scatto. «Dèi!» esclamò. «Cosa c'è?» domandò Dirk, in tono ansioso, calmandosi soltanto quando non scorse traccia di sofferenza sul volto di lei. «Cosa succede?» «Durante il mio apprendistato... c'è stata quella storia con Maeven, la Strega del Tempo... lei aveva Previsto qualcosa per me, ma allora io non sono riuscita a capire cosa intendesse dire. Ora lo so! Maeven ha detto che avrei visto i Cieli, ma che l'amore e il dovere mi avrebbero impedito di raggiungerli... e...» La voce le si incrinò e lei tacque per un momento. «E?» la incitò Dirk, gentilmente. «E che la mia più grande gioia sarebbe stata preceduta dal mio più grande dolore. Oh, dèi... se soltanto avessi saputo... se avessi immaginato...» «Non avresti mai potuto prevedere quello che è successo» ribatté Dirk, con intensità tale da riscuoterla dal suo stato di angoscia. «Nessuno lo a-
vrebbe potuto, quindi non ti biasimare. Considerato il numero di Preveggenti esistente fra gli Araldi, non credi che se fosse stato possibile impedire l'accaduto qualcuno lo avrebbe fatto?» «Hai ragione» sospirò Talia, tornando a rilassarsi. «Hai ragione.» I festeggiamenti si protrassero fin oltre il crepuscolo, quando infine gli ospiti cominciarono ad allontanarsi alla spicciolata: alcuni erano diretti ad altri raduni, come quello che Talia e Dirk sapevano essere certamente in corso fra gli Araldi, da qualche parte... mentre altri avevano in mente attività più personali. Alla fine, Talia e Dirk vennero lasciati soli, cosa che non dispiacque loro minimamente. Talia appoggiò con soddisfazione la testa sulla spalla di lui, lasciandosi circondare dalle sue braccia, e osservò le stelle che stavano sbocciando nel cielo, sopra di loro. «Comincia a rinfrescare» osservò infine. «Hai freddo?» «Un poco.» «Se non altro» ridacchiò Dirk, «ci hanno certo messi nelle condizioni di potercene andare senza dare nell'occhio.» «Sono sicura che lo hanno fatto di proposito. Tutti quegli applausi sono già stati abbastanza imbarazzanti, senza doverne subire altri adesso.» «Sarebbe potuta andare peggio. Pensa alla piattaforma coperta di fiori, o ai Compagni nel Sommo Tempio! O alle nostre riproduzioni con statuette di zucchero su scala naturale!» «Preferisco non pensarci» rise lei. «Pronta ad andare?» «Sì» acconsentì Talia, passandogli le braccia intorno al collo, in modo che potesse sollevarla. Dirk la trasportò su per le scale che conducevano alla sua stanza... ora la loro stanza... e questa volta salì i gradini uno per volta, con estrema cautela, per non assestarle scossoni. Arrivati in cima, entrambi rimasero sorpresi nel trovare Elspeth ad attenderli. «Cosa ci fai qui?» domandò Dirk. «Sto sorvegliando la vostra porta, o magnifico. È stata un'idea di noi studenti, e da quando ve ne siete andati, questa mattina, abbiamo montato la guardia a turno, tranne durante la cerimonia vera e propria... ma in quel periodo abbiamo disseminato la scala di trappole. Non che sospettassimo
di qualcuno, badate bene, ma volevamo essere certi che nessuno potesse entrare per organizzare qualche scherzo a vostre spese mentre non c'eravate. Ci sono persone che hanno un'idea davvero sgradevole di ciò che può essere umoristico. In ogni caso, questo è il nostro regalo di nozze» concluse la ragazza, allontanandosi di corsa lungo le scale senza neppure attendere di essere ringraziata. «"Un cuore compassionevole"» commentò Talia, in tono sommesso. «Un giorno sarà una buona regina.» Dirk aprì la porta con un piede, depose con cura Talia sul divano della camera più esterna e si girò per richiudere il battente e abbassare il chiavistello. «Non che io sospetti di qualcuno» commentò, con un bagliore nello sguardo, «ma una certa tua esibizione di poco fa mi induce a garantire che nessuno venga a disturbarci.» «Non subito, però» replicò Talia, con un sorriso. «Prima ho un dono nuziale per te.» «Un cosa?» «L'unica buona usanza della mia gente: la sposa ha sempre un dono per il marito. Il mio è laggiù, vicino al focolare.» «Ma...» Per un momento Dirk rimase senza parole. «Talia, quella è Milady: è la tua arpa, non posso accettarla.» «Guarda meglio.» Dirk obbedì... e si rese conto che c'era una seconda arpa nascosta nell'ombra. Un istante più tardi la tirò sotto la luce ed esaminò con cura entrambi gli strumenti. «Non riesco a distinguerle» ammise infine. «Io posso, ma del resto posseggo Milady da anni e conosco ogni venatura del suo legno. Nessun altro però ci riesce, perché sono identiche, fabbricate dalla stessa mano, con lo stesso legno. Hanno perfino la stessa età. No...» aggiunse, sollevando una mano a titolo di ammonimento... «non mi chiedere dove l'ho trovata, o come. Questo è un mio segreto. In cambio di quest'arpa, però, tu mi dovrai insegnare a suonare Milady come merita.» «Ne sarò felice... così potremo suonare dei duetti... come...» «Come facevate tu e Kris» concluse Talia, quando lui non riuscì a portare a termine la frase. «Amore... credo che questo sia il momento adatto per un ultimo dono...» proseguì, sfiorandogli la mente e condividendo con lui la gioia incredula che aveva contrassegnato la morte di Kris. «Dèi... oh, dèi, questo è d'aiuto... di certo sai già quanto lo è» riuscì a di-
re Dirk, dopo un momento. «Ora, se soltanto... vorrei che lui potesse sapere di noi... di adesso.» Mentre parlava, sollevò Talia fra le braccia per trasportarla nella camera da letto. «Se potessi ottenere l'esaudimento di un mio desiderio, chiederei anch'io la stessa cosa» replicò Talia, appoggiando la guancia contro la spalla di lui. «Una volta mi ha detto che il suo più grande desiderio era quello di vedere le due persone che più amava trovare la loro felicità uno nell'altra...» Talia stava per aggiungere altro, ma un profumo familiare l'avviluppò e le strappò un sussulto. «Cosa succede? Stai soffrendo?» chiese ansiosamente Dirk. «Là... sul letto...» Sul copriletto, nel centro e all'altezza del cuore, c'era un mazzolino dei piccoli fiori noti come Speranza di Fanciulla. Quando Dirk la mise a sedere sul letto, Talia lo raccolse con mani tremanti. «Sei stato tu a metterlo qui?» chiese, con voce che le tremava quanto le mani. «No.» «E dopo che ce ne siamo andati non è più entrato nessun altro...» mormorò Talia, continuando poi in tono sommesso: «Quando mi ha dato questo anello, Kris lo ha posto intorno ad un mazzolino identico. Non avevo mai sentito il profumo della Speranza di Fanciulla prima di allora... e lui ha promesso che ne avrebbe trovati alcuni boccioli per la mia ghirlanda nuziale, anche a costo di coltivarli di persona. Però non ne ho mai visti nelle vicinanze del Palazzo...» «Non si tratta soltanto di questo, uccellino» la interruppe Dirk, prendendole di mano i fiori e fissandoli con occhi pieni di meraviglia. «La Speranza di Fanciulla fiorisce soltanto nelle due settimane che precedono e che seguono la Mezz'Estate, mentre adesso siamo in pieno autunno. Inoltre non è possibile coltivarla nelle serre... è stato tentato... e per trovare anche un solo bocciolo in questa stagione, per non parlare di un intero mazzo, ci vorrebbe un miracolo. Nessun essere umano potrebbe farlo.» I due guardarono ancora i fiori, poi i loro sguardi s'incontrarono e un sorriso affiorò lento sulle labbra di entrambi: un sorriso che, per la prima volta da settimane, era del tutto privo di tristezza. Infine Dirk la prese fra le braccia, con il mazzolino ancora in mezzo a loro. «Il nostro desiderio è stato esaudito... ora vogliamo esaudire il suo?»
Con cautela, Talia allungò una mano alle proprie spalle e infilò i fiori nel vaso posato sul suo comodino. «Sì» sussurrò, girandosi verso di lui e instaurando il rapporto mentale prima ancora di accostare le labbra alle sue. «Penso proprio che dovremmo.» FINE