Frontespizio_Niccacci.pdf
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78 STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM
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© 2011, Edizioni Terra Santa - Milano
Per informazioni sulle opere pubblicate e in programma rivolgersi a: Edizioni Terra Santa Via G. Gherardini 5 - 20145 Milano (Italy) tel.: +39 02 34592679 fax: +39 02 31801980 http://www.edizioniterrasanta.it e-mail:
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Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ En pase grammatike kai sophia
Saggi di linguistica ebraica in onore di Alviero Niccacci, ofm
Gregor Geiger (ed.) in collaborazione con Massimo Pazzini
Franciscan Printing Press
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Edizioni Terra Santa
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Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti.
Proprietà letteraria riservata Edizioni Terra Santa s.r.l. - Milano Finito di stampare nel luglio 2011 da Corpo 16 s.n.c. - Bari per conto di Edizioni Terra Santa s.r.l. isbn 978-88-6240-129-6
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Indice generale
Prefazione
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Abbreviazioni
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Collaboratori
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BOTTINI G. Claudio Scheda bio-bibliografica di Alviero NICCACCI
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BARTELMUS Rüdiger !"! (!#!): Sein oder werden? Sein und werden! Ein hebräisches (aramäisches) Allerweltswort und das Phänomen des lebenslangen Lernens .....................................
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CHIESA Bruno Divagazioni tiberiensi
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BARANOWSKI Krzysztof J. The Article in the Book of Qoheleth
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CRIMELLA Matteo Il Signore vede il cuore! Fra analisi sintattica e narratologia. Il caso di 1 Sam 16,1-13 ESKHULT Mats Thoughts on Phrases and Clauses Expressing Circumstance in Biblical Hebrew Narration
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107
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123
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FASSBERG Steven E. The Shift from qal to piel in the Book of Qoheleth GEIGER Gregor Erzählte Welt und wayyiqtol
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Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ
GROSS Walter wa=yiqtol für Anknüpfung/Wiederaufnahme: Stilmittel und redaktionelles Verfahren ...............................................
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ISAKSSON Bo The Textlinguistics of the Suffering Servant: Subordinate Structures in Isaiah 52,13-53,12
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JOOSTEN Jan A Neglected Rule and Its Exceptions: On Non-Volitive yiqtol in Clause-Initial Position
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MESSINA Paolo Il sistema verbale dell’Aramaico Biblico: Un approccio linguistico-testuale .........................................................
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NOTARIUS Tania Text, Discourse and Tenses in the Victory Song in 2 Sam 22,33-46: In Search of the Underlying Literary Convention
...............................
257
PAZZINI Massimo The Peshi!ta of the Twelve Prophets and the Texts of the Dead Sea ..............................................................
283
PIERRI Rosario Perifrasi verbali con "#$%&'( ed )*+,-' nei LXX
295
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TALSTRA Eep Sinners and Syntax: Poetry and Discourse in Jeremiah 5
....................
337
VOLGGER David Die Bestattung Jakobs (Gen 50,1-14) – oder: Die Tora Israels auf dem Weg von Ägypten nach Kanaan
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357
WATSON Wilfred G. E. Alcuni brani dell’Antico Testamento e testi dal Vicino Oriente antico ...........................................................
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W.GRZYNIAK Wojciech La problematica temporale dei verbi nei salmi 14 e 53
....................... 381
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Indice generale
ZEVIT Ziony Syntagms in Biblical Hebrew: Four Short Studies
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405
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415
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423
ZEWI Tamar On "(' !%$ &$ and ! )*!' +# !%$ &$ in Biblical Hebrew
Sintesi degli articoli Abstracts
Indici dei passi e degli autori citati
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Alviero Niccacci, ofm
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Prefazione
Il titolo di questa Festschrift, /$ 01*2 "3'&&'+(-4 -'5 *%6#7, dedicata al Prof. Alviero NICCACCI, ofm, in occasione del suo 70esimo compleanno, vuol sottolineare due campi di studi ai quali il festeggiato ha contribuito maggiormente, sia nell’insegnamento sia nella ricerca e pubblicazione: la grammatica, ossia la linguistica testuale ebraica, e la sapienza, ossia i libri sapienziali vetero-testamentari. I contributi qui raccolti si concentrano principalmente sul primo di questi campi. Tuttavia trattando la linguistica ebraica, i contributi (ed i contributori) si distinguono per una varietà notevole. È un grande piacere vederne qui uniti venti e ringrazio di cuore tutti i contributori. Tra di loro si trovano allievi dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, quindi allievi di P. Alviero, ma anche molti altri. Ci sono coetanei di P. Alviero, oramai professori emeriti, docenti di varie generazioni e anche dei giovani studiosi, che presentano qui per la prima volta i frutti della loro ricerca. Sono qui riuniti rappresentanti di vari paesi europei, dell’America e della Terra Santa. Hanno contribuito confratelli di P. Alviero, membri della famiglia Francescana, come pure fedeli di varie confessioni cristiane ed Ebrei; è un bel segno che la parola di Dio unisca fedeli di varie religioni, bello specialmente qui a Gerusalemme, dove capita che venga usata come arma contro l’altro. Alcuni contributi rispecchiano lo stesso approccio linguistico-testuale di Alviero NICCACCI, mentre altri seguono metodi diversi, non sempre compatibili con l’approccio e la terminologia che usano NICCACCI ed i suoi discepoli; è segno di una feconda discussione trovare in questa Festschrift anche articoli di studiosi che criticavano (e criticano), a volte molto apertamente, il sistema di NICCACCI. Il fattore che unisce tutti i contributori è l’interesse, o meglio la passione, per la Bibbia ebraica e per la lingua ebraica, ma è anche la stima per Alviero, che alcuni esprimono nei loro contributi, mentre altri l’hanno dimostrata in modo più personale. Ringrazio il Decano della Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia (Studium Biblicum Franciscanum), il Prof. G. Claudio BOTTINI, ofm, che ha dato l’inziativa a questa Festschrift. Ringrazio molto cordialmente il Prof. Massimo PAZZINI, ofm, che l’ha accompagnata fin dall’inizio e si è reso disponibile in ogni momento a portarla avanti. Ringrazio due collaboratrici instancabili dello Studium Biblicum Franciscanum, Osvalda COMINOTTO e Sinéad MARTIN. 9
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Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ
Mi sia permesso esprimere qui un ringraziamento personale ad Alviero. Non è stato solamente il maestro che mi ha introdotto nel suo sistema di sintassi ebraica e che ha accompagnato e sorretto i miei primi passi in questo campo (e che continua a farlo). Egli era anche il rettore dello Studium Biblicum Franciscanum quando arrivai per la prima volta a Gerusalemme come giovane studente di teologia nel 1992, e lo devo alla sua iniziativa se alcuni anni dopo potetti tornarvi per approfondire i miei studi e per inserirmi nel corpo docente dello Studium Biblicum come suo collega. Il titolo /$ 01*2 "3'&&'+(-4 -'5 *%6#7, preso dalla versione di Teodozione di Dan 1,17, letto nel suo contesto non sembra perfettamente adatto per una Festschrift in onore di un 70enne; infatti si parla lì del giovane Daniele e dei ) ;, P ' =1 UO() 2+ F- X1 b&1 %M1 U"&L ) X+ %Happy are you, o land whose king is a free man and whose ministers eat at the proper time, in strength, and not in drunkenness.
Here the time reference is to a specific moment during the day; hence the word .5) is properly accompanied by the article. There is a tendency to use the article with expressions of time because the moment to which they refer is seen as specific or because the time of their reference is naturally identifiable. The first explanation is valid for the article with 0"%' =$ !- 0"7' $_!- in 2,16 or in the prepositional phrase 0E_=- in 12,3. The second justification accounts for the frequent use of the article with words such as day and night, morning and evening. The article and the organization of information Throughout our analysis it has become clear that the use and non-use of the article is motivated largely by the perspective that the author wants to convey. The article is therefore a means of organizing information. It may mark the topic of the sentence in opposition to a comment which contains a new piece of information. It may also be used with an element that is in the focused position of the sentence.41 Qoh 10,19 illustrates very well the use of the article as means of focusing and organizing information: R2I(N !;. - %1 !H/1 5Y -" K:O1 (1 !- +# 0"P_' >- >FL - 8- +" , '"mO"- +# 0>1 21 M 0"8IL ' 5 WE> J 8+ 2' A banquet is made for laughter, and wine makes life merry: but money answers every need.
The verse lists three positive objects with the emphasis on the last one since it presents a radical and global solution to all needs. The focus on the last phrase is increased with the article, which otherwise seems unexpected. A similar explanation can be accepted for Qoh 6,7:
41 LYONS, Definiteness, 227-236. The use of the article in these instances may produce the impression that the article functions also as an emphatic particle. See CROATTO, L’article. It must be then stressed that “focus” or “emphasis” are not independent usages of the article but are the effects obtained at the level of the text and that they are due to the basic grammatical meaning of the article as a means of expressing definiteness. In this context one may wish to recollect that in the language of medieval Spanish Hebrew poetry the letter ! with a &ewa could be added at the beginning of a word for emphasis (for example "2!, “indeed to me”). See GOLDENBERG, Hebrew, 656.
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Krzysztof J. Baranowski
ם־ה ֶנּ ֶ֖פשׁ ֥ל ֹא ִת ָמּ ֵ ֽלא׃ ַ ַל־ע ַ ֥מל ָה ָא ָ ֖דם ְל ִ ֑פיהוּ וְ ג ֲ ָכּ All the labor of man is for the sake of his mouth, and yet the appetite is not filled.
Here the focus is on the appetite which is never satisfied in spite of all human efforts. The opposition between two noun phrases is explicit and strong thanks to וְ גַ ם. Masterful use of opposition can be seen also in the formulation of a proverb in 9,4: A living dog is better than a dead lion.
ן־ה ַא ְר ֵי֖ה ַה ֵ ֽמּת׃ ָ חי ֣הוּא ֔טוֹב ִמ ֙ ַ ְל ֶכ ֶ֤לב
The use of the article (with its individualizing and demonstrative force) contributes to build the following picture: any dog that is living is better than this lion which is dead. The article on “lion” reinforces the opposition between one and many which is implied by the lack of the article with “dog.” Qoheleth’s discourse is frequently organized in what may be called “pictures” and “case studies.” Each of these can be seen as a small and separate world of references which serves to deliver a specific statement or a particular piece of information. The use and non-use of the article is one of the means of constructing these “pictures” and “case studies.” It follows that the use of the article with any word may differ because the world of the references in that “picture” is different. In other words, the fact that the article appears with a certain word in chapter 3 does not necessarily mean that the same word will have the article in chapter 7. Therefore one should expect logic and regularity of the use of the article within the boundaries of a “picture” or “case study” rather than throughout the entire book. Indeed, this is the case, as can be seen in the following examples. In 2,4-9 Qoheleth speaks about his enterprise and his amassing riches. Although the single components of Qoheleth’s wealth are specific from a semantic point of view (as they belong to a particular person), they are presented in a generic perspective without the article. It is noteworthy that, with two exceptions, the article is never used: וּפ ְר ֵדּ ִ ֑סים וְ נָ ַ ֥ט ְע ִתּי ָב ֶ ֖הם ֵ ֥עץ ַ יתי ֔ ִלי גַּ נּ֖ וֹת ִ ָע ִ ֣שׂ5 ֤יתי ִ ֙לי ָבּ ִ֔תּים נָ ַ ֥ט ְע ִתּי ִ ֖לי ְכּ ָר ִ ֽמים׃ ִ ִהגְ ַ ֖דּ ְל ִתּי ַמ ֲע ָ ֑שׂי ָבּ ִנ4 7 וּשׁ ָפ ֔חוֹת ְ יתי ֲע ָב ִ ֣דים ֙ ִ ִ֙צוֹמ ַח ֵע ִ ֽצים׃ ָקנ ֥ ֵ יתי ִ ֖לי ְבּ ֵר ֣כוֹת ָ ֑מיִ ם ְל ַה ְשׁ ֣קוֹת ֵמ ֶ֔הם ַי ַ֖ער ִ ָע ִ ֥שׂ6 ל־פּ ִרי׃ ֽ ֶ ָכּ 8 ׃ ָכּ ַנ ְ֤ס ִתּי ִ ֙ליnֽירוּשׁ ָל ָ י־ביִ ת ָ ֣היָ ה ִ ֑לי ַגּ֣ם ִמ ְקנֶ ֩ה ָב ָ ֨קר וָ ֤צ ֹאן ַה ְר ֵבּ ֙ה ָ ֣היָ ה ֔ ִלי ִמ ֛כֹּל ֶ ֽשׁ ָהי֥ וּ ְל ָפ ַנ֖י ִבּ ֖ ַ ֵוּבנ ְ יתי ֜ ִלי ָשׁ ִ ֣רים וְ ָשׁ ֗רוֹת וְ ַת ֲענוּ ֹ֛גת ְבּ ֵנ֥י ָה ָא ָ ֖דם ִשׁ ָ ֥דּה ִ וּסגֻ ַ ֥לּת ְמ ָל ִ ֖כים וְ ַה ְמּ ִדינ֑ וֹת ָע ִ֨שׂ ְ ם־כּ ֶ֣סף וְ זָ ָ֔הב ֶ ַגּ ַ ֥אף ָח ְכ ָמ ִ ֖תי ָ ֥ע ְמ ָדה ִ ֽלּי׃n֑ירוּשׁ ָל ָ הוֹס ְפ ִתּי ִמ ֛כֹּל ֶשׁ ָה ָי֥ה ְל ָפ ַנ֖י ִבּ ַ֔ ְוְ גָ ַ ֣ד ְל ִתּי ו9 וְ ִשׁ ֽדּוֹת׃ I multiplied my possessions. I built myself houses; I planted vineyards. I made myself gardens and groves and I planted every kind of fruit tree in them. I made myself pools of water, to irrigate with them a forest springing up with trees. I bought male and female slaves and stewards; also I had cattle, a lot of herds and flocks, above all that were before me in Jerusalem. I further amassed for myself silver and gold and treasures of kings and of the provinces; and I got myself male and female singers and the luxuries of the sons of men, coffers and coffers
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The Article in the Book of Qoheleth
of them. Thus I became great and I gained more wealth than anyone before me in Jerusalem. In addition, my wisdom stood by me.
Two occurrences of the article in this passage are by no means erratic. The article with ָא ָדםappears in conformity to its use when the word refers to mankind. The article with the word ְמ ִדינוֹתis used because the reference is not to some provinces but the provinces par excellence, the provinces of the Persian Empire. Besides these two instances in which the article is used in a meaningful manner, the article is never used, giving the impression of coherency and regularity of its non-use within the “picture” built by the author in Qoh 2,4-9. Another case of a consistent and methodical use of the article is found in the famous poem on the darkness of death in chapter 12: נוֹת ִ ֣כּי ִמ ֵ֔עטוּ וְ ָח ְשׁ ֥כוּ ָהר ֹ֖אוֹת ֙ וּב ְט ֤לוּ ַה ֽטֹּ ֲח ָ שׁי ֶה ָ ֑חיִ ל ֣ ֵ ְעוּ שׁ ְֹמ ֵ ֣רי ַה ַ֔בּיִ ת וְ ִ ֽה ְת ַעוְּ ֖תוּ ַאנ ֙ ַבּיּ֗ וֹם ֶשׁיָּ ֙ ֻז3 ל־בּנ֥ וֹת ַה ִ ֽשּׁיר׃ ְ קוּם ְל ֣קוֹל ַה ִצּ ֔פּוֹר וְ יִ ַ ֖שּׁחוּ ָכּ ֙ ָוְ ֻסגְּ ֤רוּ ְד ָל ַ֙תיִ ֙ם ַבּ ֔שּׁוּק ִבּ ְשׁ ַ ֖פל ֣קוֹל ַ ֽה ַטּ ֲח ָנ֑ה וְ י4 ָבּ ֲא ֻר ֽבּוֹת׃ ָה ָא ָד ֙םN֤יּוֹנ֑ה ִ ֽכּי־ה ֵֹל ָ וְ יָ נֵ ֤אץ ַה ָשּׁ ֵק ֙ד וְ יִ ְס ַתּ ֵבּ֣ל ֶ ֽה ָח ֔ ָגב וְ ָת ֵ ֖פר ָ ֽה ֲא ִבNאוּ וְ ַח ְת ַח ִ ֣תּים ַבּ ֶ ֔דּ ֶר ֙ ַגּ֣ם ִמגָּ ֤בֹ ַהּ יִ ָ ֙ר5 6 עוֹל ֔מוֹ וְ ָס ְב ֥בוּ ָב ֖שּׁוּק ַהסּ ְֹפ ִ ֽדים׃ ַ ֣עד ֲא ֶ ֤שׁר ֽל ֹא־יֵ ָר ֵת ֙ק ֶ ֣ח ֶבל ַה ֶ֔כּ ֶסף וְ ָת ֻ ֖רץ גֻּ ַלּ֣ת ַהזָּ ָ ֑הב ָ ל־בּ֣ית ֵ ֶא ל־ה ֽבּוֹר׃ ַ וּע וְ נָ ֥ר ֹץ ַהגַּ ְל ַגּ֖ל ֶא ַ ל־ה ַמּ ֔בּ ַ וְ ִת ָ ֤שּׁ ֶבר ַכּ ֙ד ַע In the day when the keepers of the house shall tremble, and the men of valor shall bow themselves, and the grinders cease because they are few, and the ladies that peer through the windows shall grow dim, and the doors shall be shut in the street, when the sound of the mill is low and one shall start up at the voice of the bird, and all the daughters of the song shall be brought low; also when they shall be afraid of that which is high, and terrors shall be in the way; and the almond-tree shall blossom, and the grasshopper shall be burdened, and the caper berry shall fail because the man sets out for his eternal abode; and the mourners shall go about in the street; before the silver cord is snapped and the golden bowl is shattered, and the jar is broken at the spring and the wheel is shattered into the pit; then the dust will return to the earth as it was, and the spirit will return to God who gave it.
The frequent occurrence of the article in this passage is noteworthy.42 Moreover, it is not immediately clear why the article should occur with some words, for instance with “mill,” “bird” or “grasshopper.” Should one think that the author had in mind a specific mill that is known to the reader or that there is a certain species of birds which sing on ominous days and they are referred to as “the bird”? It seems that a separate explanation of each article would not be convincing. Indeed, the context larger than the sentence must be taken into account. In Qoh 12,3-7 the author transfers the reader into an imaginary world
42 The article is not used only with four nouns, ְדּ ָל ַתיִ ם, גָּ ב ַֹהּ, ַח ְת ַח ִתּים, and ַכּד. However, the lack of the article with these words does not nullify the general effect of the occurrence of the article. Moreover, the occurrence of the article with all the words would seem not natural to the reader as in the normal language pattern arthrous and anarthrous words alternate. The author, who was conscious of the natural language uses, chose to omit the article in a few instances.
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Krzysztof J. Baranowski
and builds a precise picture of it. The frequent occurrence of the article signals to the reader that he should be familiar with the references in this world and that he should be able to identify them.43 The use of the article helps to portray this specific world and time as a unified and tangible reality. In conclusion, the author of the book of Qoheleth is aware of the textual effects of the article. He uses it appropriately to organize his discourse into single parts of information and to build and convey his own perspective. Non-use of the article before the nota accusativi In seven instances Qoheleth uses the nota accusativi ֵאתbefore an anarthrous word. In four of them (4,4; 8,9; 9,1; 12,14) the article is not used with a word ָ ֶא. These occurrences are not as problematic as that follows the syntagma ת־כּל they may seem since this syntactic option is well attested elsewhere in the Hebrew Bible (Gen 1,21.29.30; 8,21; 39,23; 41,48; Lev 4,35; 11,15; Num 3,42; Deut 2,34; Josh 10,39; 2 Sam 6,1; 2 Kgs 25,9; Jer 25,23; 47,4; Ezek 27,5; Job 41,26; Est 2,3; 8,11; 9,29). Moreover, the word ָכּלimplies determination when the article does not occur because of its semantics. Indeed, the word ָכּלexpresses inclusiveness and in this function it overlaps with the article.44 This is why the noun ָכּלimplies a certain determination and is treated like a determinate noun.45 In 7,14 the nota accusativi occurs before the demonstrative pronoun זֶ ה. This case also poses no great difficulty since demonstratives are inherently definite and hence the “rule” (or rather our expectation) of the use of the nota accusativi before a determinate object is not violated.46 One should observe that in three of the seven problematic cases (8,9; 9,1; 12,14) the nota accusativi is employed before the syntagma ָכּל זֶ ה. Therefore, the two explanations provided above concur in these cases to account for the use of the nota accusativi. The use of ֵאתwith an indeterminate noun in 3,15 and 7,7 does not pose an insurmountable difficulty, as the nota accusativi may be used in the Hebrew Bible to indicate clearly the object also with indeterminate nouns (Ex 21,28; Lev 26,5; Num 21,9; Is 10,2; 41,7; 50,4; 64,4).47 One wonders, of course, why in these two instances the author did not use the article. The reason is the generic nature of the statements in which these direct objects occur. In 3,15 ֶאת־נִ ְר ָדּף
LYONS, Definiteness, 5-6: “The idea is that the use of the definite article directs the hearer to the referent of the noun phrase by signaling that he is in a position to identify it.” 44 LYONS, Definiteness, 32.148. 45 JOÜON-MURAOKA, § 125 h. 46 LYONS, Definiteness, 107; JOÜON-MURAOKA, § 125 g. 47 JOÜON-MURAOKA, § 125 h. For a possible occurrence of ֵאתbefore an indeterminate noun in Epigraphic Hebrew see DAVIES, Use, 19-20. 43
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refers to “whatever is pursued” in contrast to the arthrous ת־הנִּ ְר ָדּף ַ “ ֵאthe one who is pursued.” Similarly, in 7,7 the article and the nota accusativi are used in order to disambiguate the syntactic roles of the nouns in the generic statement. In the first stych the article clearly marks the subject while in the second stych the nota accusativi indicates the direct object. It is clear that in both cases the author wants to maintain the broad scope of his statement, and this explains apparent inconsistencies. In conclusion, the non-use of the article with the words that follow the nota accusativi poses no problems, if other similar examples in the Hebrew Bible are considered. The use of ֵאתbefore an indeterminate noun is an example of how Qoheleth explores all syntactic possibilities available in Biblical Hebrew and cannot be considered erroneous. Conclusions It is true that the use and non-use of the article in the book of Qoheleth may be perplexing at first sight. It was not my goal to treat exhaustively all possible exceptions and discrepancies. My intent was rather to show that careful consideration of these cases leads to discovery of possible explanations that are valid for single instances. This method of investigating the article is necessary because its use is highly contextual. Moreover, the article is a powerful tool in advancing discourse and thought. Indeed, it serves as a means of organizing information and it contributes to building a specific perspective in which the author perceives reality. All these suggest that one should try to understand the nuances of the meaning that the use or non-use of the article may produce and judge problematic cases in the light of these nuances. In this way one finds that the article in the book of Qoheleth is used not in a chaotic or erratic manner but is employed meaningfully in order to convey the intricacies of the author’s message. The use of the article is only a small detail of the peculiar style and vocabulary characteristic of the author of this formidable book. Nevertheless, these details confirm the characterization of Qoheleth as one of the first great Jewish thinkers made by Robert GORDIS48 already a half century ago: In any age Qoheleth would be an outstanding figure and his style would naturally mirror this characteristic difference. Moreover, his task was further complicated by the fact that he was a pioneer in the use of the Hebrew for quasi-philosophic purposes, a use to which the language had not been previously applied. A thousand years later, medieval translators like the Tibbonides, who rendered Saadiah, Maimonides, Judah Halevi and other Jewish philosophers into Hebrew,
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GORDIS, Qoheleth and Qumran, 407.
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still found that the language had not yet fully developed the flexibility, precision and vocabulary necessary for the treatment of philosophic themes. As a linguistic pioneer in this use of the language, Qoheleth found no models in Hebrew literature to imitate, no earlier texts that would lead him to classicize or archaize his style. He wrote as he thought. Krzysztof J. Baranowski, ofm University of Toronto
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The Article in the Book of Qoheleth
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!"! (!#!): Sein oder werden? Sein und werden! Ein hebräisches (aramäisches) Allerweltswort und das Phänomen des lebenslangen Lernens
Mancher Leser, vielleicht auch der Jubilar, dürfte sich schon bei der Lektüre des Inhaltsverzeichnisses dieses Bandes verwundert die Augen gerieben haben. Wie ist es möglich, dass in der Liste der Beiträger zur Festschrift für Alviero NICCACCI der Name eines Autors erscheint, dessen Stellungnahmen zu älteren Arbeiten des Jubilars mit dem Adjektiv „unfreundlich“ zu qualifizieren eine Verharmlosung darstellen würde? Indes: „Tempora mutantur et nos mutamur in illis“. Diese Binsenweisheit gilt nicht nur für Alviero NICCACCI, der in einer seiner neueren Veröffentlichungen freimütig zugestanden hat, jahrelang von einem Vorurteil betreffs der temporellen Funktion der hebräischen Verbalformen ausgegangen zu sein, das er nunmehr als einen Irrweg erkannt habe1. Sie gilt ebenso für den Autor dieses Beitrags, den der Auftrag, für das ThWQ den Artikel zu hyh (hwh) zu schreiben, dazu gebracht hat, ein von ihm vermeintlich bereits abschließend geklärtes wissenschaftliches Problem neu zu durchdenken. Hatte er in seiner Studie zu hyh den Umstand, dass es auch eine ganze Reihe von Belegen gibt, in denen hyh im nifal erscheint, noch recht unbedarft damit erklärt, dass in der Spätzeit unter dem Einfluss des Aramäischen eben manches möglich wurde, was in der „klassischen“ Phase undenkbar gewesen wäre, und zudem praktisch die Möglichkeit ausgeschlossen, dass ein Hebräer das Partizip qal von hyh anders als in der Nebenfunktion zum Ausdruck des „futurum instans“ gebraucht haben könne2, fielen ihm bei der Durchsicht der Qumran-Belege der Wurzel hyh plötzlich Schuppen von den Augen, Vgl. NICCACCI, System, 247. Die nach der grundsätzlichen Distanzierung von früheren Positionen gebotene Tabelle zu den „functions of the verbal system“ (248) zeigt überdeutlich, wie weit sich Kollege NICCACCI inzwischen von seinen früher vertretenen Extrempositionen distanziert und der in den siebziger Jahren des vergangenen Jahrhunderts im Münchener Kreis entwickelten Sicht des hebräischen Verbalsystems angenähert hat. (Der Umstand, dass die Schüler von A. DENZ und W. RICHTER nicht in allen Punkten identische Positionen vertreten, muss hier nicht ausführlich diskutiert werden – es geht um den gemeinsamen methodischen Ansatz). 2 Vgl. BARTELMUS, HYH, 170, Anm. 177 bzw. S. 89. 1
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deren Vorhandensein er vorher schlicht geleugnet hätte3: Die exorbitante prozentuale Steigerung der Belege für eine Verwendung des nifal und des Partizips qal von hyh, die in den Qumran-Texten (im Vergleich mit dem AT) wahrnehmbar ist, hat nichts mit aramäischem Spracheinfluss zu tun4 und stellt auch keinen Systembruch dar. Dass das nifal von hyh (wie auch das Partizip qal) in Qumran häufiger vorkommt als im AT erklärt sich vielmehr aus der Begegnung mit dem griechischen bzw. hellenistischen philosophischen Denken5. Anders als die Mehrheit der Juden, die um die Zeitenwende entweder aramäisch oder griechisch bzw. lateinisch sprach – z. T. auch schon mittelhebräisch –, hielt man in extrem konservativ orientierten Gruppen innerhalb der QumranGemeinschaft am alten Hebräisch fest, freilich ohne sich deshalb der Möglichkeit zu begeben, am aktuellen Diskurs teilzuhaben: Um bestimmte philosophische Denkfiguren, denen die Bevölkerung von Palästina bis dahin nicht oder nur ganz am Rande begegnet war, in der eigenen Sprache ausdrücken zu können, musste man keineswegs neue Worte (oder gar eine gänzlich neue Sprache) erfinden – man aktivierte vielmehr bis dahin ungenutzte, im eigenen Sprachsystem aber von Haus aus angelegte Ausdrucksmöglichkeiten, um Antworten auf zeitspezifische Fragestellungen zu formulieren bzw. um letztere ins Gespräch mit den alten Glaubenswahrheiten bringen zu können. Im folgenden soll die damit nur angedeutete neue, erweiterte Sicht auf hyh anhand von Beispielen ausführlicher dargestellt werden6. Dass dabei wiederholt auch aramäische Texte angesprochen werden, in denen natürlich hwh anstelle von hyh erscheint, ist dem Umstand geschuldet, dass das Corpus der Qumran-Bibliothek nun einmal mehr aramäische Texte enthält als das AT und dass man davon ausgehen kann, dass die semantisch nahezu gleichwertigen Wurzeln in unmittelbar vergleichbarer Weise gebraucht wurden7. Eine Ausnahme hinsichtlich der Vergleichbarkeit bildet naturgemäß die Verwendung der Wurzel im nifal, da diese Form der Stammbildung im aramäischen System fehlt. – Gerne widme ich diese Überlegungen dem Kollegen NICCACCI, mit dem mich augenscheinlich nicht nur eine Leidenschaft für das alte Hebräisch und die Überzeugung verbindet, dass Paulus recht hat, wenn er unser Wissen als
3 Unbeschadet seiner gut begründeten massiven Distanzierung von dem seinerzeit noch von vielen für wegweisend gehaltenen Opus von BOMAN, Das hebräische Denken (1952), war der Vf. damals offenbar zumindest latent immer noch von den Gedanken BOMANS beeinflusst. 4 Im Aramäischen fehlt diese Stammesmodifikation ja ohnehin! 5 Diese Möglichkeit hatte der Vf. seinerzeit zwar bereits „angedacht“, aber nicht weiter verfolgt; vgl. dazu BARTELMUS, HYH, 170, Anm. 177. 6 Dass sich dabei inhaltliche Überschneidungen mit dem erwähnten, bisher freilich noch nicht erschienenen Lexikon-Artikel ergeben, ist naheliegend; ich hoffe, der Jubilar nimmt daran keinen Anstoß. 7 Unmittelbare Angleichungen lassen sich v. a. im Bereich der Orthographie nachweisen.
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„Stückwerk“ qualifiziert (1 Kor 13,9), sondern neuerdings auch die Anerkennung der Tatsache, dass „different verbal forms need play different functions“8. I. Die oben angesprochene auffällige Häufung von Belegen für eine Verwendung des nifal und des Partizips qal von hyh in den Qumran-Texten anhand einer sauber gearbeiteten Statistik bis in Zehntel-Prozente hinein einigermaßen exakt aufzuweisen, ist im Falle der Qumran-Texte – anders als im AT9 – schlicht nicht möglich: Weit mehr als 10 % aller in den Konkordanzen aufgelisteten Belege für die Wurzel stammen aus Ein- bzw. Zweiwort-Fragmenten, die z. T. von den Editoren um Buchstaben ergänzt worden sind, die im Original fehlen, also aus Text-(Re-)Konstruktionen, und können somit nicht als sichere Belege gelten. Zieht man dann noch in Betracht, dass bei Verwendung einer reinen Konsonantenschrift selbst in komplett überlieferten Texteinheiten, wo durch den Kontext einige im Prinzip mögliche Lesungen polyvalenter Buchstabenkombinationen oft ausgeschlossen sind, nicht immer eindeutig geklärt werden kann, welche Formen/Lexeme der Autor „gemeint“ hat, wird vollends deutlich, dass man nur von Näherungswerten aus argumentieren kann: Wer – außer fundamentalistische Verfechter der Authentizität der masoretischen Vokalisation – wollte sich etwa im Falle von Jer 7,3 anmaßen, mit hundertprozentiger Sicherheit sagen zu können, ob die Lesung der Masoreten oder die im Apparat von BHS gebotene alternative Lesung der Intention des Autors der Tempelrede entspricht10? Wenn im folgenden unbeschadet dieser Relativierung mit Prozentzahlen argumentiert wird, ist das dem Bedürfnis nach Veranschaulichung geschuldet – „sichere“ Ergebnisse im Sinne naturwissenschaftliche Exaktheit sind im philologischen Bereich nun einmal nicht zu erzielen11. NICCACCI, System, 247. Vgl. dazu BARTELMUS, HYH, 80-89. Anspruch auf Exaktheit im naturwissenschaftlichen Sinn erheben die dort gebotenen statistischen Ausführungen freilich nicht. 10 Bezieht man den Kontext ein, in dem darauf verwiesen wird, dass Jahwe einst auch Silo verlassen hat, spricht eigentlich mehr für die Lesung im Apparat, die u. a. von der Vulgata gestützt wird. Mir scheint es freilich am wahrscheinlichsten, dass der Autor die Polyvalenz der Buchstabenfolge Mkt) hnk#)w nicht nur „billigend in Kauf genommen“, sondern bewusst eingesetzt hat: Wenn Jahwe eine Stadt verlässt, verlieren die Bewohner seinen Schutz und können dort nicht weiter leben. Mit den durch das Schriftsystem ermöglichten Ambivalenzen zu „spielen“, ist für Autoren im semitischen Kulturkreis eine Selbstverständlichkeit – dies nicht nur im Bereich der (erotischen) Poesie, sondern auch und gerade in theologischem Kontext. Gute Theologen wissen: Eindeutige Aussagen über Gott zu machen, hieße die Freiheit Gottes nicht ernst zu nehmen. 11 Leser, denen diese Ausführungen zu oberflächlich erscheinen, mögen den einschlägigen Passus im ThWQ zu Rate ziehen (BARTELMUS, hājāh). Dort finden sich auch Ausführungen zu 8 9
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Die Menge der Qumran-Belege deutet darauf hin, dass die Wurzeln hyh / hwh auch in Qumran die Rolle eines „Allerweltswortes“ beibehalten haben, mit dem Aussagen über Sachverhalte verzeitet werden, die beim Zeitbezug Gleichzeitigkeit/Gegenwart ohne verbales Element in Form von Nominalsätzen ausgedrückt werden12. Diese naheliegende erste Folgerung aus dem Blick in die Konkordanzen wird durch die Verwendung der beiden Lexeme in den Texten nicht nur bestätigt, es zeigt sich vielmehr, dass sich das hebräische hyh – aller Wahrscheinlichkeit nach unter dem Einfluss des aramäischen syntaktischen Systems13 – offenbar immer stärker in Richtung auf ein Hilfszeitwort hin entwickelt hat, was das (biblisch-) aramäische hwh schon war (a). – Dass auf der anderen Seite – dies offenbar unter dem Einfluss der hellenistischen Umwelt – eine Art Gegenbewegung in Richtung auf eine Verwendung der Wurzel als Vollverb stattgefunden hat, ist freilich ebenso festzustellen. Von da aus wurde es möglich, theologisch-philosophische Gedanken über „Sein“ und „Werden“ bzw. über „das Seiende“ und das „Werdende“ (“sich Anbahnende“)/„Gewordene“ zu artikulieren (b). a) Am deutlichsten lässt sich die Tendenz, hyh als bloßes Funktionswort zu verwenden, anhand der in Qumran breit belegten periphrastischen Fügung hyh qotel belegen, also der Kombination einer finiten Form von hyh mit dem Partizip aktiv eines beliebigen Verbs. Sie kommt zwar bereits im AT vor, spielt dort aber in den älteren Texten allenfalls eine Nebenrolle, um dann in der Spätzeit immer häufiger gebraucht zu werden: Gesamthaft gesehen repräsentieren nur rund 4,7 % aller alttestamentlichen Belege von hyh dieses Phänomen. Rund ein Drittel davon findet sich auffälligerweise in sicher nachexilischen Textkomplexen. Zieht man – ausgehend von dieser Wahrnehmung – nicht nur die von der Tradition als nachexilisch ausgewiesenen biblischen Bücher in Betracht, sondern berücksichtigt auch die unstrittigen Erkenntnisse der redaktionsgeschichtlichen Forschung, steigt die Zahl der nachexilischen Belege für diese Fügung auf weit mehr als die Hälfte14. Unterzieht man darüber hinaus die Vorkommen der Fügung hyh qotel im hebräischen Teil des AT einer genaueren Analyse, kann jedenfalls für die älden verschiedenen Lesemöglichkeiten der einschlägigen Buchstabenkombinationen. Eine Festschrift ist nach Meinung des Vf.s nicht der angemessene Ort für aufwändige Ausführungen zu Fragen der Statistik. 12 Vgl. dazu BARTELMUS, HYH, passim. 13 Diesen Hinweis auf aramäischen Spracheinfluss wird der Vf. – im Gegensatz zu dem oben bei Anm. 4 erwähnten – voraussichtlich nicht zurücknehmen müssen. – Anders argumentiert übrigens V. PEURSEN, Periphrastic Tenses, 158.162. 14 Bei hwh liegen die Dinge etwas anders, zumal die einschlägigen Texte unzweifelhaft spät sind: Fast drei Viertel aller Belege von hwh im aramäischen Teil des AT repräsentieren die Fügung hwh qatel.
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teren Texte die Feststellung getroffen werden, dass sie dort auf Fälle beschränkt ist, in denen dem Autor des jeweiligen Textes daran lag, die Dauer der angesprochenen Handlung zu betonen15. Dementsprechend geht es bei 71,7 % der Belege um Handlungen, die in der Vergangenheit stattgefunden haben, also um Ereignisse, bei denen die Information darüber, ob ein Sachverhalt schnell abgeschlossen war oder aber einige Zeit in Anspruch genommen hat, für den Leser bzw. Schreiber relevant war (ist). Warum umgekehrt immerhin bei knapp einem Drittel der Belege ein Zukunftsbezug gegeben ist, ist weniger leicht nachzuvollziehen: Die Frage der Dauer einer Handlung in der Zukunft kann ja sinnvoller Weise eigentlich nur in Gottesreden eine Rolle spielen – nur in seltenen Fällen reflektieren Menschen darüber, wie lange eine zukünftige Handlung dauern bzw. ob sie einen längeren Zeitraum in Anspruch nehmen wird. Ganz anders stellen sich die Dinge in den Qumrantexten dar: Hier scheint ab einer bestimmten Zeit die periphrastische Formulierung die einfache Darstellung von Sachverhalten mit finiten Verbformen zwar nicht gänzlich verdrängt, aber doch in den Hintergrund gedrängt zu haben. In der Tempelrolle etwa erscheint in knapp einem Drittel aller Belegstellen für hyh die Fügung hyh qotel, und dies – entsprechend dem präskriptiven Charakter dieser Schrift wenig überraschend – ausschließlich unter Verwendung von Formen aus dem Spektrum Imperfekt/Jussiv bzw. w-Perfekt. Dass hier hyh praktisch überall als bloßer „time indicator“ fungiert, (d. h. dass die Dauer des mit dem folgenden Partizip angesprochenen Vorgangs keine Rolle spielt), lässt sich exemplarisch anhand von 11QT 34,7 verdeutlichen. Dort ist betreffs der Priester die Anweisung gegeben: Myxbw+ wyhy bzw. Mysnwk wyhyw – es geht um die Schlachtung von Jungstieren und die dann folgende Blutapplikation. Dass der Schreiber auf die Dauer beider Handlungen abheben wollte, ist von der Sache her ausgeschlossen: Zumindest die Schächtung muss ja blitzschnell mit einem einzigen Schnitt erfolgen. Nicht viel anders liegen die Dinge in 11QT 31,7, wo es um die Beschreibung des Ortes geht, an dem man gewöhnlich in das Obergeschoss des Tempelhauses eintritt (My)b wyhy r#)16) – beim Weg ins Heiligtum trödelt man nicht! Auch in 1QM, der Kriegsrolle, lässt sich eine gehäufte Anwendung der Fügung wahrnehmen (wieder v. a. in präskriptiven Sätzen); hier liegt die Menge der Belege aber deutlich unter einem Drittel. Eher vereinzelt finden sich entsprechende Fügungen auch in anderen Textkomplexen. Wie weitgehend sich die periphrastische Formulierung in dieser Zeit im Alltag durchgesetzt hat, kann aus den Murabbaˁat-Verträgen entnommen werden. Dort, wo es um die Vgl. BARTELMUS, HYH, 206 mit Anm. 7.8, bzw. V. PEURSEN, Periphrastic Tenses, 158f. Die PK von hyh ist hier in Nebenfunktion zum Ausdruck des generellen Sachverhalts verwendet. 15 16
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Zahlungsmodalitäten geht, verwendet der Schreiber die Fügung hyh qotel17 – dass auf die Dauer des Zahlungsvorgangs analog Ratenzahlungen im modernen Sinne abgehoben sein sollte, ist auszuschließen. Umgekehrt ist festzustellen, dass dort, wo sich Schreiber darum bemüht haben, archaisierend im Stil der biblischen Texte zu schreiben (so in CD, 1QS und 1QH), Belege für die Fügung nur ganz vereinzelt zu finden sind. Als Beispiel für die redundante Verwendung der periphrastischen Formulierung beim aramäischen Äquivalent hwh sei auf 1QGenAp verwiesen. Mehr als die Hälfte aller Belege von hwh repräsentieren hier den Fügungstyp hwh qatel. Wie selbstverständlich aramäisch sprechende bzw. schreibende Angehörige der Qumran-Gemeinschaft nicht mehr die „einfachen“ Verbformen gebrauchten, sondern eine Formulierung des Typs hwh qatel bevorzugten, lässt sich anhand des Vergleichs eines in 1QGenAp „nacherzählten“ Textes aus der Genesis mit dem ursprünglichen Text erschließen. So ist aus dem knappen Mkyw („er schlug sie“) in dem Bericht von Abrahams Sieg über die vereinten Truppen der Ostkönige (Gen 14,15) in 1QGenAp 22,8 ein Nwhb l+q )wwhw geworden. Die Annahme, in solchen Fällen sei mit dem Gebrauch der periphrastischen Fügung die Konnotation der Dauer verbunden, kann mit hoher Wahrscheinlichkeit ausgeschlossen werden. Andernfalls müsste man die Verwendung der Fügung in Fällen wie 1QGenAp 21,7 bzw. 22,1.2.9 als hypertrophen Sprachgebrauch einstufen: Dort sind nämlich Verben mit hwh verbunden, die von Haus aus einen länger dauernden Vorgang bezeichnen, nämlich bty bzw. 18 Pdr („wohnen“/„bleiben“ bzw. „verfolgen“) : Die periphrastische Fügung (w)hwh qatel ist in dieser Zeit offenbar Standard in der aramäischen Erzählkultur – nicht viel anders als in (alt-)hebräischen Erzählungen bevorzugt wayyiqtol verwendet wird. Immerhin: Dort, wo im Zusammenhang mit Traumerzählungen bzw. Visionen die Fügung tywh )zx erscheint19, könnte man darüber spekulieren, ob durch diesen Fügungstypus evtl. darauf angespielt sein könnte, dass es sich nicht um eine bloße kurze Wahrnehmung gehandelt hat, sondern um eine längere „Schau“. Zieht man zum Vergleich das Danielbuch heran, wird diese Denk-Möglichkeit indes relativiert, denn dort wird – etwa in Dan 2,26ff20 – die Fügung promiscue mit finiten Formen des Verbums )zx gebraucht, ohne dass
Mur24 B,15; C,13; E,11. Eine relative Häufung des Fügungstyps taucht übrigens auch in den Fragmenten 4Q529-537 auf, die midraschartige Fortschreibungen von Gen 6 beinhalten (= 4QEnGiants); es handelt sich um Bestandteile der Henoch-Literatur. 19 „Ich sah“; so etwa 4Q206 4,I,18; vgl. auch 1QGenAp 23,9.10.11 bzw. 4Q530 2,II,6.9. Die Abfolge der beiden Lexeme variiert. 20 Anders als in den oben (Anm. 19) erwähnten Texten erscheint hwh hier nicht in der 1., sondern in der 2. Pers. 17 18
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unterschiedliche Bedeutungsnuancen zwischen den beiden Ausdrucksweisen feststellbar wären. b) Was den Bedeutungszuwachs der Wurzel in Richtung auf ein Vollverb betrifft, ist dieser auf die hebräische Wurzel hyh21 beschränkt. Als „primum movens“ kann man mit guten Gründen den Umstand vermuten, dass von hyh schon in alttestamentlicher Zeit eine Reihe von nifal-Bildungen belegt ist – eine Form der Stammbildung, die auf der einen Seite bei einem Zustandsverb auf den ersten Blick hin überrascht (jedenfalls wenn man gewohnt ist, das nifal vereinfachend als Passivum bzw. Reflexivum zu sehen22), und die auf der anderen Seite beim aramäischen hwh schon allein deshalb nicht vorkommen kann, weil das Aramäische diesen Stamm, dessen Funktion man mit dem von E. JENNI vorgeschlagenen Stichwort „Manifestativ“ angemessen umschreiben kann23, überhaupt nicht kennt. Dem Stamm nifal, der prinzipiell von jedem Verb gebildet werden kann, eignet – wie E. JENNI überzeugend dargelegt hat – die Funktion, „das Geschehen eines Vorgangs oder einer Handlung am Subjekt selber ohne Rücksicht auf die Art oder den Grad der Mitwirkung dieses Subjekts an diesem Geschehen“ zu beschreiben24. Wendet man diese Beschreibung mutatis mutandis auf das nifal von hyh an, ist es gleichsam dazu prädestiniert, in Opposition zum statisch konnotierten hyh qal das Phänomen des Eintretens, (Manifest-)Werdens, Geschehens lexikalisch auszudrücken, das bei der Verwendung von hyh qal gewissermaßen „unterschlagen“ wird: Ein Satz wie br( yhyw (Gen 1,5) drückt nun einmal – streng genommen – nur aus, dass der Zustand des Abend-Seins eingetreten ist: „dann war es Abend“. Wie es dazu gekommen ist, dass der Abend da war, ob der Vorgang ein prozesshaftes Geschehen war bzw. was gegebenenfalls alles abgelaufen ist, bis der mit dem Satz markierte (End-)Zustand erreicht war, ist für den Schreiber ohne Interesse und deshalb auch nicht ausgedrückt. Wenn alttestamentliche Autoren diese semantische Nuance einmal hervorheben wollten, griffen sie zu periphrastischen Fügungen wie etwa halok weqatol25. Ein Lexem-Paar, das – analog den griechischen Verben εἶναι und γίγνεσθαι – die Opposition Sein vs. Werden zum Ausdruck bringt, kennt das AT jedenfalls nicht; es wurde in älterer Zeit wohl auch nicht vermisst. Als „Lücke“ im Sprachsystem wurde dieser Umstand in der jüdischen Sprachgemeinschaft offenbar erst empfunden, als man im hellenistischen Zeitalter mit philosophischem Gedankengut konfrontiert wurde. Durch eine bewusste Differenzierung zwischen hyh qal und nifal konnte die Lücke indes unschwer geschlossen werden. 21 22 23 24 25
Sie erscheint freilich auch in der ans Aramäische angeglichenen Form hwh. Vgl. dazu unten Anm. 59. Vgl. JENNI, Funktion, und JENNI, Aktionsarten, bes. 70f. JENNI, Funktion, 63; vgl. aber auch JENNI, Präposition Beth, 101. Vgl. z. B. Gen 8,3.5.
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Worauf es bei diesem differenzierenden Gebrauch von hyh ankommt, lässt sich gut erkennen, wenn man nachvollzieht, wie hyh nifal bereits im AT, in Dan 12,1, in konsequenter Opposition zu hyh qal gebraucht ist: Nach der Ankündigung, dass eine Zeit der Not sein wird (hyh qal – w-Perfekt), ist dort ein erklärender Relativsatz eingeschoben. In ihm ist ausgeführt, dass eine solche Not noch nie eingetreten ist (hyh nifal – Perfekt), seit es Menschen gibt (hyh qal – Infinitiv). Auf der Basis der damit klar ausformulierten Opposition hat sich in Qumran dann ein vermehrter (und stark philosophisch konnotierter) Gebrauch von hyh nifal durchgesetzt: Machen im AT die Belege für hyh nifal gerade einmal 0,6 % aller Belege der Wurzel aus26, haben sich die Relationen in Qumran um den Faktor 15 verschoben: 9,3 % aller Belege von hyh stehen hier für das nifal, und mehr als die Hälfte von ihnen sind Partizipien: Das Phänomen des Werdens (Werdenden) bzw. Gewordenseins (Gewordenen) wird nun offenbar bewusst reflektiert. Analog dazu wurde in der Qumran-Gemeinschaft eine Möglichkeit entwickelt, in Opposition dazu mit eigensprachlichen Mitteln das Phänomen des Seienden zu reflektieren. Auch sie war im (alt-)hebräischen Sprachsystem zwar im Prinzip schon immer vorhanden, aber sie war doch nie realisiert worden: Im AT ist das Partizip qal von hyh zur Bezeichnung „des Seienden“ jedenfalls nirgends belegt27. Das liegt zum einen darin begründet, dass die Wurzel in alttestamentlicher Zeit augenscheinlich als bloßer „Funktor“ ohne semantischen Eigenwert verwendet wurde, um Sachverhalte mit einem „time indicator“ zu versehen, die beim Zeitbezug Gleichzeitigkeit/Gegenwart ohne jedes verbale Element in Form von Nominalsätzen ausgedrückt werden; auf der anderen Seite manifestiert sich darin das Desinteresse des AT an philosophisch-spekulativem Denken. Die Relation zwischen der Gesamtmenge aller Qumran-Belege von hyh qal und denen für das Partizip ist hier zwar nicht so auffällig wie im Falle des nifal (nur 2 % aller Belege sind Partizipien); berücksichtigt man freilich den Umstand, dass das Partizip von hyh – verwendet in seiner Grundfunktion – im AT vollkommen fehlt, ist die Zunahme dennoch exorbitant28. Noch einmal etwas anders liegen die Dinge beim Infinitiv, also bei der Form, mit der man „das Sein“ (im philosophischen Sinne) ausdrücken kann: Sind im AT etwa 4,85 % aller Belege von hyh Infinitive, ist dieser Anteil in Darunter findet sich mit Spr 13,19 nur ein – zudem unspezifisch gebrauchtes – Partizip! Zum Spezialfall Ex 9,3 – einem Partizip in der Funktion des futurum instans – vgl. BARTELMUS, HYH, 89. 28 Die beiden Belege für ein Partizip der Wurzel hwh in hebräischen Kontexten (Koh 2,22 und Neh 6,6) sind sicher nachexilisch und wohl aramäischem Spracheinfluss zu verdanken. Sie können von daher hier vernachlässigt werden, dies umso mehr, als im Falle von Neh 6,6 das Partizip ohnehin wohl in der Funktion des futurum instans gebraucht ist, der Beleg also als ein Sonderfall wie Ex 9,3 einzustufen ist. 26 27
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Qumran nahezu um den Faktor 4 gesteigert: Hier sind ca. 16,4 % der Belege Infinitive29. Auch wenn die Schreiber der Qumran-Texte bei ihrer Verwendung der Form in den wenigsten Fällen an das „Sein“ im philosophischen Sinn gedacht haben dürften, erlaubt diese statistisch relevante Verschiebung in der Verteilungshäufigkeit der Formen den Schluss, dass man in Qumran hyh allmählich wie ein vollwertiges Verbum zu gebrauchen begann. III. Sieht man von der Zunahme der Belege für das nifal, den Infinitiv und das Partizip bzw. für die periphrastische Fügung hyh qotel einmal ab, liegen keine signifikanten, jedenfalls keine theologisch relevanten Differenzen zwischen der Verwendung der Wurzel hyh im AT und der in Qumran vor. Lediglich in der Verteilungshäufigkeit der verschiedenen mit hyh „transformierten“ Nominalsatztypen gibt es Unterschiede, was zweifellos damit zusammenhängt, dass in Qumran andere Textgattungen dominieren als im AT. Und dementsprechend unterscheiden sich die Korpora auch in der Verteilungshäufigkeit der Tempora bzw. Modi, in denen die Wurzel hyh erscheint. Im AT halten sich die nachzeitig-futurisch konnotierten bzw. auslösenden Formen30 in etwa die Waage mit den vorzeitig-darstellenden Formen31. In den hebräischen Texten aus Qumran dominieren demgegenüber eindeutig die nachzeitig-futurisch konnotierten bzw. auslösenden Formen (67,8 %)32. Am größten ist die Differenz im Falle von wayyiqtol (AT: 28,7 % – Qumran: 6 %), was nicht nur dem Umstand geschuldet ist, dass mehrere Texte bereits mittelhebräischen Sprachduktus aufweisen; es hängt vielmehr ganz offensichtlich damit zusammen, dass – abgesehen von Aufnahmen bzw. Fortschreibungen alttestamentlicher narrativer Texte – keiner der in Qumran entdeckten hebräischen Texte dem Literatur-Typus „Erzählung“ zugeordnet werden kann. Anders gewendet: Im hebräisch formulierten Teil der Qumran-Literatur dominieren Texte mit präskriptiver Ten29 Im Blick auf den prozentualen Anteil der Belege, in denen der Infinitiv von hyh mit der Präposition l gefügt ist, unterscheiden sich die Texte aus Qumran nur wenig von den alttestamentlichen Texten. Da die Verwendung dieser finalen Konstruktion mit den hier diskutierten Fragen indes kaum etwas zu tun hat, gehe ich auf dieses Spezialfall der Verwendung von hyh hier nicht näher ein; einige Beispiele werden weiter unten diskutiert. 30 yiqtol, weqatal, qetol. Zählt man zu den auslösenden Formen den Infinitiv mit der Präposition l, ergibt sich ein kleines Plus im Blick auf diese Formen – zieht man allerdings die Fälle ab, in denen yiqtol und weqatal in Nebenfunktion zum Ausdruck von generellen bzw. iterativen Sachverhalten verwendet sind, liegt das Plus bei den vorzeitig-darstellenden Formen. 31 qatal, wayyiqtol. 32 Dieser auffällige Befund wird durch den Umstand, dass die Verwendung von yiqtol und weqatal auch in Qumran noch gelegentlich in der oben (Anm. 30) erwähnten Nebenfunktion vorkommt, nur geringfügig relativiert.
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denz – diese seit langem bekannte Tatsache wird durch den Befund bei hyh statistisch untermauert33. Entsprechend dem geringen Anteil von Formen des Typs wayyiqtol fehlen in den originären Qumran-Texten Belege für die Verwendung von yhyw als Tempusmarker für die Vergangenheit34. Aber auch im Blick auf die Verwendung von hyhw als Tempusmarker für die Zukunft resp. zur Einleitung von Konditionalsätzen liegt die Menge der Belege prozentual weit unter der im AT, ein deutliches Indiz für den Sprachwandel hin zum Mittelhebräischen. Auch hier sind die wenigen eindeutigen Belege zumeist Zitate aus dem AT, v. a. aus dem Dtn, so etwa 4Q175 6 und mehrere Stellen in 11QT 61; 62. Die übrigen (z. B. 1QS 6,4 par. 4Q258 2,9; 4Q398 14-17,I,5) sind wohl als bewusste Angleichungen an die Sprache des Gesetzgebers Mose zu deuten, können also nicht als repräsentativ für den Sprachgebrauch der Qumran-Gemeinde gelten. Was die verschiedenen Funktionen betrifft, die verblosen Nominalsätzen im Hebräischen eignen und die in der Verzeitung durch hyh im AT mehr oder minder breit belegt sind, d. h. die Funktionen Identifikation, Klassifikation, Qualifikation und Existenzaussage, fällt auf, dass die erstgenannte in Qumran so gut wie überhaupt nicht belegt ist – es sei denn man nimmt etwa im Falle von 4Q251 14,2 den Artikel vor Mrx semantisch ernst und übersetzt: „And the (nicht „a“) dedicated field shall be the holding of [the priest]“35. Allenfalls könnte man noch CD 8,3 hier verorten, jedenfalls sofern man nicht mit J. MAI36 ER nach 4Q266 3,III,25 emendiert bzw. erweitert und stattdessen den ʾašær37 Satz in Anlehnung an E. LOHSE als Objektssatz auffasst: „Die Fürsten Judas sind in den Zustand gekommen, dass du über sie den Zorn ausgießen wirst“. Überraschend ist dieser Befund nicht, hält sich doch auch im AT die Zahl der Belege für verzeitete Nominalsätze mit der Funktion „Identifikation“ in engen Grenzen. Das hängt auf der einen Seite damit zusammen, dass Sätze dieses Typs aufgrund ihrer semantischen Struktur eine Affinität zur Gegenwart aufweisen38; auf der anderen Seite hat dieser Befund damit zu tun, dass TextzuAnders liegen die Dinge im Bereich der aramäischen Texte, d. h. im Falle von hwh: Der Bestand an Formen des Bildungstyps q(e)tal (mit und ohne w copulativum) ist hier etwas größer als der bei den Formen mit auslösender bzw. nachzeitiger Funktion (q(e)tal/uqtal ca. 51 %; yaqtul/q(e)tul ca. 48 %). Das dürfte daran liegen, dass die „Henoch-Literatur“ wie auch das Genesis-Apokryphon – zusammen bilden diese beiden Komplexe einen gewichtigen Teil der aramäisch überlieferten Texte – narrativen Charakter aufweisen. Dass die darin integrierten direkten Reden demgegenüber häufig auch Direktiven bzw. zukunftsbezogene Aussagen enthalten, steht auf einem anderen Blatt, dürfte sich aber in jedem Fall auf die Menge der Formen mit auslösender bzw. nachzeitiger Funktion ausgewirkt haben. 34 Der einzige diesbezügliche Beleg (4Q252 I,12) ist ein Zitat aus Gen 8,6. 35 Anders J. M. BAUMGARTEN in DJD XXXV z. St. 36 Vgl. MAIER, Qumran-Essener I, 19. 37 Vgl. LOHSE, Texte, 81. 38 Vgl. BARTELMUS, HYH, 117-120. 33
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sammenhänge wie Gen 9,18; 10,10; 36,11ff. etc., in denen es um die Identifikation von Personen geht, in den hebräischen Texten von Qumran fehlen39. Weit mehr Belege finden sich im Blick auf die übrigen o. g. Funktionen, vor allem aber im Blick auf Sätze mit präpositionalen Fügungen. Als Beispiele für die Funktion „Klassifikation“ seien vier Stellen mit unterschiedlichen Tempus- bzw. Modus-Formen von hyh genannt. In 11QT 57,8 ist formuliert: „Alle Ausgewählten, die er (sc. der König) auswählen wird, sollen zuverlässige Männer (tm) y#n) wyhy) sein“. In 4Q398 14-17,II,1 – einem Fragment aus Miqṣat maˁaśe ha-torah – heißt es demgegenüber mit präteritalem Bezug: „Denke [an] David, der ein Gnadenmann war“40. In CD 6,16 erscheint eine mit lihyot eingeleitete Fügung gleicher Funktion; es geht um Witwen, die (zur) Beute (von Gottlosen) werden (könnten). Wenn schließlich in 1QSb 5,25f in den Benediktionen für den Maskil formuliert ist: „Es wird sein Gerechtigkeit der Gürtel [deiner Lenden]“, lässt sich daraus unschwer erschließen, dass der Schreiber in der Sprache des AT quasi „zu Hause war“, wendet er doch ein Zitat aus Jes 11,5 auf den Maskil an (wie er auch in der Folge mit Zitaten aus dem AT spielt). Ein Unterschied gegenüber dem Sprachgebrauch im AT ist auch bei anderen Sätzen mit der Funktion „Klassifikation“ nicht zu erkennen. Analoges gilt auch für Sätze, in denen die Funktion „Qualifikation“ vorliegt, zumal im Hebräischen keine klare Grenze zwischen Substantiven und Adjektiven gezogen werden kann41. Wenn in den Ermahnungen Miqṣat maˁaśe ha-torah die Fügung M(y)rwh+ twyhl erscheint (so 4Q394 3-7,I,18 bzw. 4Q395 10), ist es letztlich nur eine Frage deutschen Stilempfindens, ob man übersetzt „um rein zu sein“ oder aber „um Rei(n)e zu sein“42. Wenn demgegenüber in 11QT 47, wo über mehrere Zeilen hin das Thema „Reinheit“ diskutiert wird (3-18), einmal das Substantiv hrh+ (10) in Verbindung mit hyh verwendet wird, während sonst das Adjektiv rwh+ (4-7) Verwendung findet, geht es um die Unterscheidung von abstrakt und konkret, nicht aber um die Unterscheidung von Substantiv und Adjektiv. Mutatis mutandis gilt das auch, wenn hier #wdq neben #dqm erscheint: Unterschieden werden der heilige Ort und die Qualität „heilig“, die durchaus Personen oder Sachen eignen kann; haben letztere die Qualität „heilig“, sind sie „Heilige“/„Heiliges“. Auch wenn sich die Menge der Belege für Existenzaussagen, die mit hyh verzeitet sind, in Qumran und im AT prozentual nicht wesentlich unterschei39 Im aramäischen Genesis-Apokryphon dagegen gibt es dergleichen, so etwa wenn in 1QGenAp 12,10 von den Söhnen Sems die Rede ist oder wenn der Pharao feststellt, dass Sara, die ihm als Schwester Abrahams vorgestellt worden war, in Wirklichkeit die Ehefrau Abrahams ist (1QGenAp 20,27). 40 So MAIER, Qumran-Essener II, 375; ob die Wahl des Terminus „Gnadenmann“ für Mydsx #y) allerdings im Kontext einer Belehrung über die Tora theologisch angemessen ist, kann man mit guten Gründen bezweifeln – näher läge „ein [gesetzes-]treuer Mann“! 41 Vgl. BARTELMUS, HYH, 134. 42 So MAIER, Qumran-Essener II, 364 bzw. 367.
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det – hier gibt es dennoch einen gewissen Unterschied, und zwar im Blick auf den Abstraktionsgrad. Das hat aller Wahrscheinlichkeit nach mit dem erwähnten und unten (IV.) ausführlicher diskutierten Phänomen zu tun, dass im Gefolge der Hellenisierung des Orients philosophisch-theologisches Nachdenken über Sein und Werden, über das „Sein“ bzw. das „Seiende“, auch im Judentum eine Rolle zu spielen begann und demzufolge auch in Qumran Einzug hielt. Einen Satz wie CD 2,20: „sie wurden, als ob sie nie gewesen wären“43, findet man im AT nur ganz am Rande in einer späten Schrift44. Und wenn (Pseudo-) Ezechiel Jahwe die Frage stellt: hl) wyhy ytm „wann sollen diese Dinge geschehen?“ (4Q385 6,9)45, gibt es dafür keine unmittelbare alttestamentliche Parallele. Als weitere Beispiele erwähnt seien noch zwei, die ähnlich oder real auch im AT belegt sind. So heißt es in 1QS 4,18: „Gott … hat einen Zeitraum für den Bestand des Unrechts gegeben“46. Und in 11QT 61,3 findet sich die konditionale Fügung: „Wird sich das Wort nicht verwirklichen“47. Dies ist schlicht ein Zitat aus Dtn 18,22, das belegt, dass bereits im AT gelegentlich die Existenzmöglichkeit von Sachverhalten (rbdh) diskutiert wurde. Was die Fülle der Fügungen betrifft, in denen hyh in Kombination mit Präpositionalgruppen erscheint, erübrigt sich eine ausführliche Auflistung von Beispielen. Praktisch alle im AT mehrfach belegten Fügungen erscheinen auch in Qumran. Herausgehoben seien immerhin zwei besonders häufig vorkommende Fügungen, zum einen solche mit l in der Funktion des Lamed revaluationis bzw. ascriptionis48, zum anderen Fügungen, in denen der Infinitiv von hyh in Kombination mit den Präpositionen b oder l (einmal auch mit assimiliertem Nm) erscheint – sind letztere doch sehr spezifische Elemente der hebräischen Syntax49. Unter den vielen Belegen, in denen ein Lamed ascriptionis erscheint (in älterer Literatur spricht man in diesem Zusammenhang von der „Haben-Relation“), seien nur zwei theologisch relevante hervorgehoben: 1QM 6,6 und 4Q491 11,II,17. In beiden Fällen wird Obd 21 frei zitiert: „Die KönigsherrSo übersetzt LOHSE, Texte, 71 die Fügung wyh )lk wyhyw. So in Obd 16; vgl. Sir 44,9. 45 Die Übersetzung von MAIER, Qumran-Essener II, 349, stellt eine Anpassung an das deutsche Sprachempfinden dar – im Prinzip ist nur gesagt: „Wann wird das sein?“. 46 MAIER, Qumran-Essener I, 176; der deutende Begriff „Bestand“ steht für das hebräische twyhl, das man genauso gut mit „Sein“ oder „Existenz“ wiedergeben könnte. 47 MAIER, Tempelrolle, 265 – einmal mehr unter Vermeidung des Worts „sein“ verdeutlichend übersetzt. 48 Vgl. JENNI, Präposition Lamed, 33-41.54-66. 49 Für letztere Fügungen gibt es im aramäischen Teil des AT überhaupt keine und im aramäischen Teil der Qumran-Literatur nur drei Beispiele mit l (4Q213a 1,18; 4Q530 7,II,7; 11Q10 15,5), von denen lediglich das erstgenannte einigermaßen sicher zu interpretieren ist: Es geht dort um die Nähe zu Gott, und der Sprecher möchte ihm gehören. 11Q10 15,5 ist demgegenüber eine Übersetzung des schon an sich kaum verständlichen Verses Ijob 30,1 – also wohl ein Hebraismus, und bei 4Q530 7,II,7 ist die Lesung unsicher und der Kontext unklar. 43 44
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schaft wird dem Gott Israels gehören“ bzw. „… wird Gott gehören und seinem Volk“. Die Tradition der Malkut JHWH – in ihrer kriegerischen Variante – ist in Qumran lebendig geblieben. Dazu fügt sich 1QHa 11,37 – ein erstes Beispiel für die Verwendung des l in der Funktion des Lamed revaluationis: „Du bist mir eine feste Mauer gewesen“. Alles andere als kriegerisch klingt demgegenüber 1QHa 17,24 par. 4Q381 33+35,3: „Es wurde mir deine Zurechtweisung zur Freude“. Ähnliches wird auch in 4Q381 1,1 artikuliert, nur ist dort wohl eher auf Zukünftiges angespielt und statt von Zurechtweisung ist vom Gesetzesanweiser die Rede. Aber auch ins Negative gewendet erscheint die Fügung, so in 4Q166 II,12, einem Peschär zu Hosea: Gott schlug sein Volk, dass sie „zu Schanden werden und zur Schmach vor den Völkern“. Numerisch häufiger, v. a. aber theologisch gesehen weit wichtiger sind die Stellen, an denen mit dieser Fügung die Zuwendung Gottes zu Einzelnen bzw. zu seinem Volk ausgedrückt wird, so etwa in 4Q174 1-2,I,11, wo die Nathan-Verheißung zitiert wird (2 Sam 7,14); fragmentarische Erinnerungen an diesen Satz bieten wohl auch 4Q382 104,3 und 4Q418a 19,3. In 4Q381 76-77,15 wird schließlich der Topos der Erwählung Israels aus allen Völkern erwähnt, damit Israel „für ihn (JHWH) zum Volk wird“, und in 11QT 59,13 wird sogar die Bundesformel (Lev 26,12 bzw. Jer 7,23) fast wörtlich zitiert, allerdings unter Verwendung der 3. statt der 2. Pers. (wie in Ez 37,23), dazu in 11QT 29,7 ein weiteres Mal in freier Variation: „damit … sie für mich zum Volk werden. Und ich werde auf Weltzeit für sie (da) sein“50. Was den Infinitiv von hyh in Kombination mit den Präpositionen b oder l betrifft, dominieren im Falle von twyhb die Beispiele für die Funktion, punktuelle Zukunft auszudrücken51. Daneben finden sich zwei Beispiele, in denen wohl ein Beth instrumenti vorliegt, so in 1QS 10,10 par. 4Q258 9,10; man könnte in letzterem Fall im Prinzip auch von einer Kombination von Existenzaussage und Präposition sprechen, dann käme „das Sein“ in den Blick. Dem gegenüber ist der einzige Beleg für twyhm (4Q502 1,6) zu fragmentarisch, als dass von ihm aus theologisch relevante Rückschlüsse gezogen werden könnten. Was die vielen Beispiele für twyhl betrifft, stehen sie zumeist für die intentionale Verknüpfung, gelegentlich auch für die admissionale bzw. konsekutive Verknüpfung52: Etwas oder jemand zu sein bzw. eine Qualität zu haben, hat einen Zweck bzw. Folgen. Andere Beispiele mit twyhl, in denen hyh eine eigenständige semantische Rolle spielt, wurden bereits weiter oben angesprochen.
So MAIER, Tempelrolle, 131; gemeint ist natürlich „für immer“. So JENNI, Präposition Beth, 325. Beispiele: 1QS 3,16; 8,4.12; 9,3 par. 4Q258 6,6; 7,4; 4Q265 7,7; 4Q396 1-2,III,7; 4Q402 4,4; 4Q463 1,2; 11QT 48,16. 52 Vgl. JENNI, Präposition Lamed, 154ff. 50 51
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Unbeschadet dessen, dass die häufige Verwendung des nifal von hyh eine Eigentümlichkeit der Qumran-Texte darstellt, bedürfen Stellen wie 1QM 1,12; 18,10 oder 4Q418 126,II,5, wo hyh nifal im Perfekt verwendet ist, keiner gründlicheren Erörterung, ist doch bereits in den (spät-)nachexilischen Schriften des AT eine Tendenz festzustellen, Eingetretenes, (neu) Gewordenes von bloß gegebenem zu unterscheiden; für ersteres steht hyh nifal, für letzteres hyh qal53. Eingehender zu betrachten sind demgegenüber Beispiele, in denen eindeutig eine Qumran-spezifische theologisch-philosophische Verwendung der Wurzel hyh vorliegt, also die Stellen, in denen das Partizip (aktiv) verwendet ist – sei es qal, sei es nifal. Um sie sinnvoll diskutieren zu können, muss vorher freilich noch einmal kurz in Erinnerung gerufen werden, welche Funktion das Partizip (aktiv) im hebräischen Sprachsystem hat. Ein Vergleich der deutschen, englischen und französischen Übersetzungen der Qumran-Texte lässt ein solches Verfahren jedenfalls unumgänglich erscheinen – zu krass sind deren Unterschiede im Blick auf die temporelle Wiedergabe der einschlägigen Formen: Letztere sind so groß, dass man gelegentlich auf den Gedanken kommen könnte, den Übersetzern hätten unterschiedliche Texte vorgelegen54. Anders als das Partizip im Deutschen spielt das hebräische Partizip (aktiv) eine wichtige Rolle im Tempussystem. Figurativ gesprochen: Es ist kein Stiefkind der Syntax, sondern kommuniziert „auf Augenhöhe“ mit den finiten Verbformen qatal und yiqtol bzw. wayyiqtol und weqatal55. Konkret formuliert: qotel ist eine Verbalform mit den Basis-Konnotationen Gleichzeitigkeit, Imperfektivität, Durativität und steht in totaler Opposition zu qatal mit den Konnotationen Vorzeitigkeit, Perfektivität, Punktualität und in partieller Opposition zu yiqtol mit den Konnotationen Nachzeitigkeit, Imperfektivität, Punktualität 56. In Nebenfunktion steht es – sofern der Relationspunkt der Gegenwartspunkt des Sprechenden ist – für den Ausdruck der unmittelbar bevorstehenden Zukunft, das „futurum instans“. Noetisch gesehen reicht ja jeder in der Gegenwart andauernde Sachverhalt ein Stück weit in die Zukunft hinein – auch das deutsche Präsens kann man in dieser Nebenfunktion verwenden. Wenn jemand sagt: „Ich gehe“, muss er nicht hic et nunc unterwegs sein, er kann damit auch sagen, dass er in nächster Zukunft aufbrechen möchte: „Mental“ ist der Vorgang bereits Realität, die Ausführung wird sogleich erfolgen. Vgl. das oben zu Dan 12,1 Gesagte. Näheres dazu s. u. und Anm. 66. 55 Diese Erkenntnis teilt NICCACCI, System, 248 mit dem Vf. 56 Vgl. dazu BARTELMUS, Einführung, 204-206, u. ö. Hier ist nicht der Ort, um ausführlicher auf die „zusammengesetzten Tempora“ wayyiqtol und weqatal einzugehen oder die Unterschiede zwischen der Verwendung der einschlägigen Formen in Rede und Erzählung bzw. außerhalb der Artikulationsebene „Darstellung“ anzusprechen. Im Fokus steht hier allein das Partizip. 53 54
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Ins Hebräische übertragen: Angesichts einer Fügung wie ry+mm ykn) (Gen 7,4) muss man den Kontext zu Rate ziehen, um herauszufinden, ob Jahwe schon dabei ist, es regnen zu lassen, oder aber ankündigt, dies in unmittelbar bevorstehender Zukunft zu tun – hier ist dank der Zeitangabe „nach sieben Tagen“ jeder Zweifel ausgeschlossen. Ex 9,3 (und viele andere – zumeist mit hnh eingeleitete – Sätze wie Ex 23,20) zeigen indes, dass es nicht zwingend einer solchen Zeitangabe bedarf, um ein „futurum instans“ diagnostizieren zu können57. (Ganz anders stellen sich die Dinge natürlich dar, wenn ein Partizip durch den Artikel determiniert ist, also als reines Nomen fungiert; dann ist der [relative] Zeitbezug aus anderen Elementen im Satz zu entnehmen). All das Gesagte gilt nun aber nicht nur für das Partizip aktiv qal, sondern auch für das Partizip nifal.58 Die Beispiele dafür sind Legion, erwähnt seien nur Ex 14,25 (Mxl Partizip nifal) bzw. Jes 19,18 ((b# Partizip nifal): In Ex 14,25 ist davon die Rede, dass die Ägypter erkennen, dass Jahwe hic et nunc für Israel streitet. Und in Jes 19,18 – einer Weissagung über Ägypten – ist klar, dass der Vorgang des Schwörens nicht in der Vergangenheit liegen kann. So lange man freilich davon ausging, das nifal sei ein Passiv zum qal59, wurde dem Partizip nifal oft latent eine Konnotation unterstellt, die im Falle des echten Passivs zum qal – repräsentiert in der Form qatul – Fakt ist, nämlich die Konnotation der Perfektivität. Vereinfacht gesagt: Weil das hebräische Partizip passiv qal weitgehend dem lateinischen Partizip Perfekt passiv entspricht, muss – so wurde gefolgert – auch das als Passiv verstandene Partizip nifal etwas mit dem Perfekt zu tun haben. – Selbst wenn (was der Vf. ausschließt) diese Assoziationskette ein Körnchen Wahrheit enthielte, würde sie im Falle von hyh in die Irre führen – ist hyh doch ein Intransitivum. Eine über das Passiv laufende Assoziationskette verbietet sich angesichts dessen von selbst. Die Übersetzung von hyhn (Partizip nifal) mit „geworden“/„Gewordenes“, die sich v. a. in der deutschen Textausgabe von J. MAIER60 häufig findet, kann von daher nur schlicht als falsch bezeichnet werden. In den Übersetzungen der Reihe DJD erscheint für hyhn zumeist eine Formulierung mit futurischer Konnotation; daneben wird in einigen Fällen präsentisch übersetzt. Eine Ausnahme bilden die wenigen Stellen, wo das Partizip a 61 hyhn mit Artikel gefügt ist (vgl. dazu etwa 1QH 11,33) . Unbeschadet des Vgl. dazu oben (Anm. 27) mit dem Verweis auf BARTELMUS, HYH z. St. Natürlich auch für das Partizip piel, hitpael und hifil; diese Stammbildungen kommen bei hyh indes nicht vor, können also außer Betracht bleiben. 59 Schon GK, § 51 h, hatte sich vehement gegen diese Sicht verwahrt; dennoch hielt sich diese Sicht bis in die Gegenwart. Die meisten Schulgrammatiken beschreiben die Funktion des nifal nach wie vor mit reflexiv und passiv zum qal (häufig sprechen sie auch noch von „Bedeutung“ statt von „Funktion“!), so etwa SCHNEIDER, Grammatik, 101. Und selbst dort, wo die Forschungsergebnisse von JENNI (s. o. Anm. 22) aufgenommen sind, wird als erste „Ersatzkonstruktion“ zum Übersetzen das Passiv empfohlen (so bei KRAUSE, Hebräisch, 130f). 60 MAIER, Qumran-Essener I + II, passim – Beispiele werden weiter unten zitiert. 57 58
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Umstands, dass das Partizip als Grundfunktion den Ausdruck der Dauer bzw. der Gleichzeitigkeit aufweist, ist die futurische Übersetzung zumindest im Falle der geprägten Wendung hyhn zr in jedem Falle vorzuziehen (knapp die Hälfte aller Belege des Partizips nifal sind mit zr gefügt!), zumal das nifal im Falle von hyh – noetisch gesehen – geradezu paradigmatisch erkennen lässt, warum dem Partizip als Nebenfunktion der Ausdruck des futurum instans eignet: Das „Werdende“/„im Werden befindliche“ ragt immer ein Stück weit über die Gegenwart hinaus in die Zukunft hinein. Demgegenüber verfehlt eine präteritale Übersetzung des indeterminierten hyhn den Sinn der Form in jedem Fall. Belege für eine Verwendung des Partizips finden sich überraschender Weise nicht nur im Kontext spezifisch sapientialer Komplexe wie 4Q416-418 (415; 423) oder 1Q2662, wo man sie am ehesten erwarten würde: Mit Ausnahme der Tempelrolle enthalten vielmehr alle umfangreicheren hebräischen Textkomplexe und viele Einzeltexte einschlägige Belege. Rigides Insistieren auf gesetzestreuem Verhalten und Aufnahme von aktuellem Gedankengut aus der Umwelt bildeten in der Qumran-Gemeinde ganz offensichtlich keinen prinzipiellen Gegensatz: Wohl nicht ganz zufällig hat man in Qumran auch Texte in griechischer Schrift gefunden. Zudem ist es sattsam bekannt, dass die Qumran-Manuskripte alttestamentlicher Texte relativ häufig andere Textversionen bieten als die Textvorlage des MT: In solchen Fällen besteht relativ häufig eine Übereinstimmung mit dem Textverständnis der LXX bzw. mit der als Vorlage der LXX zu vermutenden hebräischen Textfassung, was auf (wie immer geartete) Verbindungen zwischen der hellenistischen Judenheit in Alexandrien und der Qumran-Gemeinde schließen lässt. Eine kritische Aufnahme bzw. Adaption fremder Traditionen stand ohnehin in keinem Fall in Gegensatz zum Selbstverständnis der frühen Judenheit (die Qumran-Gemeinde verstand sich als das wahre Israel!) – war doch ein entsprechender Umgang mit Traditionen unterschiedlicher Herkunft bereits im AT vorgegeben und konnte somit als Vorbild dienen. Letzteres Verfahren lässt sich exemplarisch etwa anhand von 1QHa 20,4-11 aufzeigen63. Eingangs wird in diesem Abschnitt unmissverständlich auf Gen 1,14-19 rekurriert – einen Teil der priesterschriftlichen Schöpfungsgeschichte, die ihrerseits zum größten Teil aus neu interpretierten Traditionen aus der altorientalischen Umwelt konstruiert ist. Die durch den Mund Gottes geschaffene Ordnung der Abfolge von Licht und Finsternis, Tag und Nacht, wird in der Folge als hwwh tdw(t bezeichnet (1QHa 20,9)64. Diese innovative hebräische theologische Formulierung ist – wie man aus dem danach folgenden sp) Ny)w erschließen kann – wohl im Sinn von „verbürgtem“ (also absolut sicherem) 61 62 63 64
Dies fügt sich gut zu dem oben generell Gesagten. Zu dieser Qualifikation der hier verhandelten Texte vgl. HARRINGTON, Raz nihyeh, 549f. Ein fragmentarisches Duplikat davon bietet 4Q427 2,II. MAIER, Qumran-Essener I, 103, übersetzt dies mit: „Bezeugung von Seiendem“.
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Seiendem zu verstehen. Die alte Überlieferung ist damit gewissermaßen „modernisiert“: Das einst von Gott Geschaffene ist nichts anderes als das Seiende (τὸ ὄν), über das die Philosophen der hellenistischen Umwelt nachdenken. Damit gibt sich der Autor indes nicht zufrieden, er vertieft die Aussage vielmehr, indem er das den Griechen vertraute, aber auch schon im AT belegte Drei-Zeiten-Schema anwendet65: Die hier und jetzt existierende Ordnung wird auch weiterhin sein, d. h. Bestand haben (hyht): Außer ihr ist nie eine andere Ordnung gewesen (hyh) und wird nie eine andere sein (dw( hyhy )wlw), denn „der Gott der Erkenntnis(se) hat sie festgesetzt. Ähnlich wie der Beter von 1QHa 20, wenn auch weniger differenziert und ohne konkreten Bezug auf Gen 1, wohl aber auf die Genesis insgesamt (es erscheinen Begriffe wie twdlwt bzw. twrwd) argumentiert auch der Autor von 1QS 3,13ff., wenn er in einer Belehrung für den Maskil (Unterweiser) feststellt: „Vom Gott der Erkenntnis(se) ist (stammt) alles Seiende (hwwh) und Werdende (hyyhn)“ (3,15)66. Bemerkenswert an 1QS 3,13ff ist darüber hinaus, dass der Autor die Aussage von Gott als dem Urgrund des Seienden und Werdenden konsequent zu Ende denkt und in Z. 15f so etwas wie eine Vorstufe der Prädestinationslehre ausformuliert: „Bevor sie waren/sind, hat er ihr ganzes Planen festgelegt, wenn sie da sind, erfüllen sie entsprechend dem verbürgten Plan seiner Herrlichkeit ihr Werk, und es gibt keine Änderung“. Die damit ausformulierte Überzeugung, Gott habe einen feststehenden Plan für diese Welt, und dieser sei bestimmten Personen zugänglich, teilt die QumranGemeinde mit dem apokalyptischen Daniel-Buch. In diesen Kontext gehört auch 1QS 11,11, ebenso vielleicht das etwas anders ausformulierte Fragment 4Q402 4,12 par. Mas1k 1,2, wo freilich das Perfekt hyhn (wyhn) verwendet ist: „Durch sein Wissen ist alles geworden und alles Seiende lenkt er nach seinem Plan, ohne ihn geschieht nichts“ bzw. „vom Erkenntnis-Gott her …“; schon kurz vorher ist in 1QS 11 vom „ewig Seienden“ (5) bzw. von Erwählung (7) die Rede und danach wird die Aussage noch einmal mit determiniertem Partizip nifal und dem Stichwort „(Wohl-)Gefallen“ anstelle von „Wissen“ reformuliert (vgl. dazu auch 1QHa 9,20 – dort Perfekt). Einen deutlich anderen Akzent setzt demgegenüber der Beter/Sänger von 4Q511 10,10f, wenn er Gott als denjenigen preist, der in Gerechtigkeit Recht schafft für die ewig Seienden und die (vor/in?) Äonen gewordenen (Dinge/LeVgl. dazu R. BARTELMUS, Strukturprinzip. MAIER, Qumran-Essener I, 173, übersetzt hier wie auch an den meisten anderen Stellen h(y)yhn präterital, womit er sich gegen einen breiten, gut begründeten Konsens in der Forschung stellt. Dass er im Falle von 1QS 10,5 par. 4Q256 19,3 einmal nicht präterital übersetzt und hyhn Cq richtig mit „eintretende(n) Zeit“ wiedergibt, ist angesichts dessen mehr als inkonsequent, noch mehr der Umstand, dass er hyhn zr einmal sogar mit „Geheimnis des Seins“ wiedergibt (1Q26 1,1; ebd. 237), während er sonst „Geheimnis“ bzw. „Mysterium des Gewordenen“ verwendet. 65 66
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bewesen)67. Hier erscheint die Welt überraschender Weise einmal nicht so invariabel determiniert wie an den übrigen in diesem Zusammenhang angesprochenen Stellen. In einer an weisheitliche Mahnreden erinnernden Passage schließlich, in der einmal mehr Gott als ein Gott der Erkenntnis erscheint (CD 2,2ff.), wird wiederum die Ordnung der Zeit angesprochen und in diesem Kontext auf das ewig Seiende und das Werdende abgehoben68. Die Erkenntnis Gottes wird hier in der Damaskusschrift als so weit in die Vorzeit reichend dargestellt, dass Gott die Werke der Frevler (My(#r) schon kennt, bevor letztere überhaupt geschaffen bzw. „gegründet“ wurden, und sie reicht bis dahin, dass er weiß, was am Ende dessen sein wird, das jetzt im Werden ist (CD 2,9f bzw. 4Q268 2,I,8). Änigmatisch verkürzt und auf den „Aufseher“ hin umformuliert erscheint Entsprechendes auch in CD 13,8; dass Werdendes bereits vor seiner Erschaffung in seinem Tun und Ergehen festgelegt ist, ist zudem in 4Q180 1,1f angesprochen. In all diesen Fällen ist eine gewisse Korrelation zwischen deterministischem bzw. prädestinatianischem Gedankengut und der Rede vom Seienden bzw. Werdenden wahrzunehmen, wobei die theologisch brisantere der beiden Varianten zweifellos darin liegt, dass auch das Werdende (d. h. das nicht bereits von Urbeginn an Existierende bzw. am Anfang von Gott geschaffene) durch Gottes Plan festgelegt ist. Eine andere Form prädestinatianischen Denkens begegnet in 1QM 17,5: In hypertroph chauvinistischer Akzentsetzung greift der Autor auf das Begriffspaar „Seiendes“ und „Werdendes“ zurück und behauptet, dass Israel Anspruch auf alles Seiende und Werdende habe, und zwar in allem, was immer (in Äonen) noch werden wird. Ins Universalistische gewendet – sei es in Kombination mit lwk, sei es mit (My)mlw(, sei es mit beiden Elementen zusammen – erscheinen Partizipien von a hyh schließlich auch noch in 4Q403 1,I,22; 4Q405 13,6 (qal) bzw. in 1QH 5,18; 19,14; 21,12 und 4Q418 69,II,7 (nifal). So einfach die Kombination des Partizips qal von hyh mit (My)mlw( nachzuvollziehen ist, so wenig ist verständlich erscheint auf den ersten Blick die Kombination des Partizips nifal mit diesem Lexem. Mit einer gewissen Wahrscheinlichkeit kann man davon ausgehen, dass letzteres hier nicht im eingeschränkten Bedeutungsspektrum des AT gemeint ist: Mlw( meint in diesen Texten offenbar nicht „Ewigkeit“, sondern Mit den ewig Seienden gemeint sind wohl die Engel; das lässt sich mit hoher Wahrscheinlichkeit aus der parallelen Formulierung im Folgesatz erschließen, wo von Göttern und Menschen die Rede ist. 68 Die pluralischen hebräischen Formulierungen sind wohl als Abstraktplural zu interpretieren. Weisheit und Einsicht, Klugheit und Erkenntnis sind hier übrigens (nicht anders als die Weisheit im alttestamentlichen Buch der Sprüche) quasi als Hypostasen bzw. eigenständige Wesen gesehen, jedenfalls heißt es von ersteren, dass Gott sie vor sich hingestellt hat und von letzteren, dass sie Gott dienen – eine Formulierung, die wohl als synonymer Parallelismus membrorum einzustufen ist: Wer vor Gott steht, ist dessen Diener (vgl. 1 Kön 17,1b). 67
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bereits so etwas wie „Äon“, „Zeitalter“: Es ginge dann um das je und je im Verlauf von Äonen (eines Äons) Werdende. Die Übernahme der seit Hesiod im griechischen Bereich geläufigen Äonenspekulation durch die Judenheit – dokumentiert etwa in Dan 2 – hätte gemäß dieser Annahme Folgen für die Semantik von Mlw( gehabt; die Vermutung wird durch den mittelhebräischen Sprachgebrauch in gewisser Weise gestützt. Ganz auszuschließen ist allerdings auch nicht die Annahme, dass (My)mlw( in diesem Zusammenhang schlicht „für immer“ meinen könnte; (My)mlw( müsste dann als explikative Asyndese mit „und zwar für immer“ übersetzt werden. Unstrittig ist allein – das ist Konsens in den Lexika –, dass zwischen dem Sing. und dem Pl. von Mlw( in Qumran kein semantischer Unterschied zu erkennen ist. Massiv von apokalyptischen Vorstellungen geprägtes Denken manifestiert sich schließlich in der Fügung hyhn zr, auf die knapp die Hälfte aller Belege des Partizips nifal entfällt – „in the vast majority of cases … prefaced by the preposition b“69. Das aramäische (ursprünglich aus dem Persischen stammende) Lexem zr („Geheimnis“, „Mysterium“) ist im Daniel-Buch schon für sich allein Terminus technicus für bereits im Plan Gottes feststehende Sachverhalte, die sich in der Zukunft ereignen werden und die nur qua Offenbarung durch Gott selbst (hlg) und Deutung durch einen angelus interpres oder einen von Gott selbst informierten „Weisen“ zugänglich werden70. Erscheint der Terminus in hebräischen Kontexten als Lehnwort in Kombination mit hyhn, kann auch von daher kein Zweifel daran bestehen, dass das Partizip (gemäß den oben vorgestellten noetischen Überlegungen) angemessen nur als „future“ – genauer als futurum instans –, jedenfalls nicht als „past“ zu übersetzen ist71. Die Fügung kann geradezu als Musterbeispiel für die noetische Struktur des futurum instans gesehen werden: In der göttlichen Welt steht bereits fest, was sich (demnächst) ereignen wird, für Menschen ist es aber noch ein Geheimnis, das zu lüften allein dem Apokalyptiker vorbehalten ist. Auch wenn angesichts des fragmentarischen Zustandes des „Livre des mystères“ (1Q27) nicht eindeutig festgestellt werden kann, wer der Sprecher/ Schreiber ist, ist klar, dass nur Eingeweihte, d. h. vom „Lehrer der Gerechtigkeit“ bzw. von dem „Maskil“ instruierte Angehörige der Qumran-Gemeinschaft, um das hyhn zr wissen können. Nicht Eingeweihte kennen das Geheimnis des – demnächst – Eintretenden/im Werden Befindlichen nicht und können sich (ihre „Seele“) daher nicht vor ihm retten (1Q27 1,I,3.4 par. 4Q300 3,4)72. HARRINGTON, Raz nihyeh, 551. Vgl. dazu WILLI-PLEIN, Geheimnis, 68-74. 71 So dezidiert J. T. MILIK in DJD I, 104. 72 Letztere Stelle ist neben 4Q416 2,III,21 der einzige Beleg für eine Kombination der Fügung mit der Präp. Nm. Außer 1Q27 1,I,3 bieten nur noch 4Q416 2,III,14 und – vielleicht – 4Q418 77,2; 172,1 die Fügung ohne präfigierte Präp.; die letztgenannten Stellen sind aber so fragmentarisch, dass auf ihrer Basis keine weitergehenden Erkenntnisse gewonnen werden kön69 70
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In allen übrigen Fällen erscheint die Fügung mit präfigiertem b. Die Funktion dieser Präp. im jeweiligen Kontext wird in der Forschung alles andere als einheitlich gedeutet – dies nicht nur aus dem Grund, dass die Wendung in den Texten mit unterschiedlichen Verben gefügt erscheint. Die Einschränkung der Deutungsmöglichkeiten auf den lokalen und instrumentalen Gebrauch, wie sie D. J. HARRINGTON73 vornimmt, ist in jedem Fall zu wenig differenziert. Immerhin: Im Falle des einzigen Belegs für die Fügung, der nicht aus dem von der Forschung aus vielen Fragmenten rekonstruierten „Sapiential Work“ (1Q26; 4Q415-418; 423) und auch nicht aus dem „Livre des mystères“ (1Q27) stammt, aber sehr wohl sapiential konnotiert ist – d. h. im Falle von 1QS 11,3f – liegt eindeutig lokaler Gebrauch vor, genauer der Teilaspekt „geistiger Kontakt“74. Der Sprecher (aller Wahrscheinlichkeit nach der Maskil) erklärt, er sei aus der Quelle der Erkenntnis Gottes gewissermaßen „erleuchtet“ worden und fährt danach fort: „Auf seine Wunder schaute mein Auge und mein erleuchtetes Herz auf/in das Geheimnis des Werdenden/sich Anbahnenden und des ewig Seienden“ (+bn hifil)75. Eine andere Form des „geistigen Kontakts“ ist gegeben, wenn jemand dazu aufgefordert wird, Tag und Nacht über „das Geheimnis des Werdenden/sich Anbahnenden“ nachzusinnen (4Q418 43-45,I,4 par. 4Q417 1,I,6), es zu (be-) greifen (4Q418 77,4), im Blick auf das Geheimnis des Werdenden etwas zu prüfen (4Q415 6,4) oder etwas zu (unter-)suchen (4Q416 2,III,9)76. Dass diese Fügung indes auch so verstanden werden kann, dass durch die Präp. b das direkte Objekt bezeichnet ist77, ergibt sich aus der kurz darauf folgenden Formulierung in 4Q416 2,III,14. Dann wären beide Stellen als Aufforderung zu verstehen, das Geheimnis des sich Anbahnenden zu (unter-)suchen, d. h. sich mit ihm forschend auseinanderzusetzen. Weniger einfach zu deuten ist die Verwendung der Präp. in den mit r#)(k) eingeleiteten Sätzen, in denen davon die Rede ist, dass Gott das (die) Ohr(en) einer Person hyhn zrb geöffnet hat – in 1Q26 1,4 par. 4Q416 2,III,17f; 4Q418 nen (zu 4Q416 2,III,14 s. u.). 73 HARRINGTON, Raz nihyeh, 551. Er hat offenbar JENNI, Präposition Beth, nicht konsultiert. Deutschsprachige Literatur wird im anglo-amerikanischen Sprachraum bedauerlicherweise kaum mehr zur Kenntnis genommen, selbst wenn sie (wie in diesem Fall) von einem der bedeutendsten Hebraisten stammt, Grundlagenforschung darstellt und in einem renommierten Verlag erschienen ist – ein Armutszeugnis für den internationalen Wissenschaftsbetrieb. 74 Vgl. dazu JENNI, Präposition Beth, 248. 75 Imperativisch gewendet erscheint eine ähnliche Fügung (freilich ohne Verweis auf das ewig Seiende) in 4Q416 2,I,5 und 4Q417 1,I,18 (vielleicht auch 4Q417 2,I,11 und 4Q418 43-45,I,2; an beiden Stellen von den Herausgebern ergänzt – in ersterem Fall gestützt auf 4Q416 2,I,5). 76 Die Stelle ist dunkel, könnte aber mit den Herausgebern von DJD XXXIV evtl. als einziger Beleg für ein Beth instrumentale gewertet werden: „By the zr that is to come study the origins thereof“. 77 Vgl. dazu unten zu rxb.
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10a,1; 4Q418 184,2; 4Q418 190,2 ist ein „du“ angesprochen, in 4Q418 123,II,4 ist in der 3. Pers. von den „Verständigen“ die Rede. Instrumentaler Gebrauch der Präp. kann nicht vorliegen – das Geheimnis des im Werden Begriffenen ist schwerlich das Mittel, sondern doch wohl der Inhalt der Offenbarung. Somit könnte auch hier „geistiger Kontakt“ angenommen werden, und zwar in Analogie zur Verwendung der Präp. bei rxb78: Im Falle von rxb kann das direkte Objekt bekanntlich ohne erkennbaren Unterschied sowohl als Akkusativ erscheinen wie auch durch b markiert sein. Da hier nun die Position des direkten Objekts bereits mit „Ohr“ besetzt ist, könnte somit (quasi im Sinn eines doppelten Akkusativs) mit der Fügung das eigentliche Objekt der Offenbarung mit b hervorgehoben sein: Er hat die Ohren geöffnet „in Bezug auf“ das Geheimnis (und so das Geheimnis gelüftet). Zu erwägen ist aber auch eine Klassifikation als Spielform des Beth comitantiae79, oder als ein Beth communicationis80. Was – unabhängig von der genauen Klassifikation des b – freilich alle zuletzt diskutierten Stellen verbindet, ist die feste Überzeugung der von apokalyptischem Gedankengut geprägten Autoren (des Autors?), dass sich gemäß dem Plan Gottes (umwälzende) Ereignisse anbahnen: Allein den Lehrern der Qumran-Gemeinde wurde diese Tatsache durch den Einblick in die „Quelle der Erkenntnis Gottes“ zugänglich gemacht, und sie informieren die Gemeinde auf literarischem Weg über das „Geheimnis des Werdenden“. Da der Vf. kein Angehöriger der Qumran-Gemeinde, kein vom Maskil Belehrter ist, fehlt ihm der Zugang zum Geheimnis des im Werden Befindlichen. Immerhin meint er hoffen zu können, den Schleier über dem Geheimnis des „Seienden“ – der sprachlichen Gegebenheiten in Qumran – ein wenig gelüftet zu haben. Wenn es gelungen sein sollte, dem Jubilar damit ein wenig Freude zu bereiten, hat der Aufsatz in jedem Fall seinen Zweck erfüllt. Rüdiger Bartelmus Prof. em. Uni Kiel, Planegg
Bibliographie BARTELMUS R., „Tempus als Strukturprinzip. Anmerkungen zur stilistischen und theologischen Relevanz des Tempusgebrauchs im »Lied der Hanna« (1 Sam 2,1-10)“, in Biblische Zeitschrift. Neue Folge 31 (1987) 15-35 (= id., Auf der Suche nach dem archimedischen Punkt der Textinterpretation. 78 79 80
Vgl. JENNI, Präposition Beth, 256. JENNI, Präposition Beth, 93-96; hlg ist freilich kein Verbum der Bewegung. JENNI, Präposition Beth, 160-170; 169.
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Studien zu einer philologisch-linguistisch fundierten Exegese alttestamentlicher Texte, Zürich 2002, 133-157). BARTELMUS R., HYH. Bedeutung und Funktion eines hebräischen »Allerweltswortes« – zugleich ein Beitrag zur Frage des hebräischen Tempussystems (ATS 17), St. Ottilien 1982. BARTELMUS R., Einführung in das biblische Hebräisch, Zürich 22009. BARTELMUS R., „ ָהיָ הhājāh“, in H.-J. FABRY - U. DAHMEN (ed.), Theologisches Wörterbuch zu den Qumrantexten I, Stuttgart 2011, 762-779. BOMAN T., Das hebräische Denken im Vergleich mit dem Griechischen, Göttingen 1952. HARRINGTON D. J., „The Rāz nihyeh in a Qumran Wisdom Text (1Q26, 4Q415-418, 423)“, Revue de Qumran 17 (1996) 549-553. JENNI E., „Zur Funktion der reflexiv-passiven Stammformen im Biblisch-Hebräischen“, Proceedings of the Fifth World Congress of Jewish Studies:Volume IV, Jerusalem 1973, 61-70 (= id., Studien zur Sprachwelt des Alten Testaments I, Stuttgart - Berlin - Köln 1997, 51-60). JENNI E., Die hebräischen Präpositionen. Band 1: Die Präposition Beth, Stuttgart - Berlin - Köln 1992 JENNI E., Die hebräischen Präpositionen. Band 3: Die Präposition Lamed, Stuttgart - Berlin - Köln 2000 JENNI E., „Aktionsarten und Stammformen im Althebräischen: Das Piˁel in verbesserter Sicht“, ZAH 13 (2000) 67-90 (= id., Studien zur Sprachwelt des Alten Testaments II, Stuttgart -Berlin - Köln 2005, 77-96 KRAUSE M., Hebräisch. Biblisch-hebräische Unterrichtsgrammatik, herausgegeben von M. PIETSCH und M. RÖSEL, Berlin - New York 2008. LOHSE E., Die Texte aus Qumran. Hebräisch und deutsch. Mit masoretischer Punktation, Übersetzung, Einführung und Anmerkungen, Darmstadt 1964 MAIER J., Die Qumran-Essener: Die Texte vom Toten Meer, Band I: Die Texte der Höhlen 1-3 und 5-11, UTB 1862, München - Basel 1995. MAIER J., Die Qumran-Essener: Die Texte vom Toten Meer, Band II: Die Texte der Höhle 4, UTB 1863, München - Basel 1995. MAIER J., Die Tempelrolle vom Toten Meer und das »Neue Jerusalem«, UTB 829, München - Basel 31997. NICCACCI A., „The Biblical Hebrew Verbal System in Poetry“, in S. E. FASSBERG - A. HURVITZ (ed.), Biblical Hebrew in Its Northwest Semitic Setting. Typological and Historical Perspectives, Jerusalem - Winona Lake 2006, 247-268. V. PEURSEN W. Th., „Periphrastic Tenses in Ben Sira“, in T. MURAOKA - J. F. ELWOLDE (ed.), The Hebrew of the Dead Sea Scrolls and Ben Sira (STDJ 26), 1997. SCHNEIDER W., Grammatik des Biblischen Hebräisch, München 51982. WILLI-PLEIN I., „Das Geheimnis der Apokalyptik“, VT 27 (1977) 62-81. 43
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1. Nel mare dell’India, non lontano dallo Yemen – scriveva il poligrafo al-Masˁūdī1 –, vi è un’isola chiamata ‘isola della ragione’, e in essa si trovano acque chiamate ‘acque della ragione’; per questo, molti naviganti fanno rotta verso l’isola: tali acque, infatti, hanno un’eccezionale efficacia sul rinvigorimento di chi è dotato di ragione.
In realtà, al-Masˁūdī non diceva esattamente così,2 ma così gli fa dire il poeta andaluso Mosè Ibn Ezra (morto dopo il 1135),3 per aggiungere subito dopo: La stessa città di Tiberiade, per quanto si trovi nella provincia di Siria (waˀin kānat šāmiyya) – la sua aria e il suo lago, da cui si beve, sono speciali per l’affinamento della lingua, la sua purezza e il parlar fiorito.4
In altre parole, un’area della «Giordania» (al-ˀUrdun), una delle cinque province della Siria islamica (al-Šām),5 era equiparabile, secondo la teoria classica dei «climi», alla penisola arabica, considerata – quest’ultima – il migliore dei paesi, perché collocata nel migliore dei climi (il quarto sui sette canonici). Questa teoria sarà sottoscritta anche da Yehudah ha-Lewi (m. 1141 circa),6 come bene appare dalla risposta data al re dei Càzari, che aveva dichiarato senza mezzi termini di non avere mai sentito parlare di una qualche superiorità degli abitanti della Siria sulle altre popolazioni.7 Ma, mentre Yehudah ha-Lewi A Tiberiade nel 926 d. C. e morto probabilmente a Fusṭāṭ (Cairo Vecchia) nel 956 o 957; cfr. HUART, Littérature, 182-183. 2 Cfr. Prairies d’or, 35. – Del tutto casuale sarà il riapparire del concetto nel “Land des reinen Verstandes”, subito dopo qualificato come “Insel”, di I. KANT (cfr. Kritik der reinen Vernunft, edizione Hamburg 1956, 287) o ne L’Île de la raison di Pierre Carlet DE MARIVAUX (1727). 3 Sull’autore, cfr. DÍEZ MACHO, Mose ibn Ezra; ulteriore bibliografia in COHEN, Aesthetic, 282. 4 Kitāb al-muḥāḍara, ed. HALKIN, 30.68-72; ed. ABUMALHAM MAS, II, 34. 5 Cfr. MARMARDJI, Textes, 6. 6 Cfr. PIATTELLI, Khàzari. 7 Kūzarī II,19, ed. BANETH - BEN-SHAMMAI, 47s; cfr. ALTMANN, Torat ha-ˀaqlimim (ora accessibile anche in versione inglese, a cura di L. SCHRAMM: Theory of Climates). 1
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sottolineava, comprensibilmente, la centralità della terra d’Israele, nel passo di Mosè Ibn Ezra desta sorpresa la precisazione che il caso di Tiberiade è eccezionale («per quanto si trovi nella provincia di Siria»). Secondo N. ALLONY la ragione di questa ammissione a denti stretti sarebbe da ricercare nella situazione storica del tempo dell’autore, con le scuole masoretiche tiberiensi in declino e la Palestina in mano ai crociati.8 Checchè ne sia, è interessante seguire il ragionamento di Mosè Ibn Ezra, che così continua, senza un legame logico apparente: (… parlar fiorito), al punto tale che quanti dalla nostra diaspora si sono recati nel loro paese, intendo dire nel paese degli Arabi, e vi si sono stabiliti, hanno guadagnato una pronuncia più fluida, raffinato la lingua e ingentilito la propria poesia, perché si sono allontanati dall’aria umida della Siria per raggiungere l’aria del Ḥijāz, secca a confronto di quella.9
A riprova, l’autore ricorda come tra i poeti pre-islamici vi fossero personaggi dei quali (a lui) appariva indubbia l’appartenenza al giudaismo, come al-Samawˀal bin ˁĀdiyāˀ10 e altri. Ma dopo qualche divagazione su temi astrologici, Mosè Ibn Ezra ritorna all’«isola della ragione»: Gli Ismailiti, per il fatto di abitare su quell’isola già descritta e per lo stretto contatto con i paesi della Persia, dell’Iraq e della Siria, hanno ingentilito il proprio parlare, abbellito la poesia e raffinato l’eloquio, più ancora degli arabi puri, i Qaḥṭāniti, abitanti del deserto, che dimorano in tende, figli che Abramo ebbe da Qeṭurah, di cui è detto: Quanto ai figli delle concubine di Abramo (Gen. 25,6) – anche se noi non conosciamo se non quelle due, Hagar e Qeṭurah.11
In qualche modo Mosè Ibn Ezra è riuscito, quindi, a spostare quanto basta un dato geografico su cui poggiava la ˁarabīya12 e, pur ammettendo l’eccezionalità del caso, a recuperare tra i centri dell’elezione linguistica Tiberiade, la casa madre dei masoreti a cui si deve la sua, e nostra, Bibbia ebraica. L’impresa, del resto, non era così difficile. Già al-Yaˁqūbī (m. dopo l’872) aveva ricordato le acque calde di Tiberiade,13 capitale della Giordania (al-ˀUrdun).14 Dal canto suo, al-Muqaddasī (n. Gerusalemme nel 945) aveva più in generale sottolineato la temperatura media del clima della Siria e come essa si collegasse naturalmente al Ḥijāz, per aggiungere che l’efficacia terapeutica delle acque di Tiberiade era tale che, al tempo di Aristotele, il re della città era ALLONY, Reaction, 3s, con ulteriore bibliografia, in buona parte ora accessibile in ALLONY, Resurgimiento; su tutto il passo, cfr. anche CHIESA, Notizia, nonché ROTH, Jewish Reactions. 9 HALKIN 30.73-75; ABUMALHAM MAS, 34. 10 Cfr. MARGOLIOUTH, Relations, 71ss. 11 HALKIN 34, 7-11; ABUMALHAM MAS, 38. – Sui Qaḥṭāniti, cfr. KROPP, Geschichte. 12 Come dire la dottrina della superiorità della lingua araba; cfr. FÜCK, Arabiya. 13 Le qualità delle acque del lago erano ben note già a Giuseppe Flavio; cfr. Bellum 3, 506 (III, X, 7). 14 Kitāb al-buldān, ed. DE GOEJE, Leiden 1891, 327; traduzione francese in MARMARDJI, Textes, 5. 8
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stato costretto a far abbattere gli impianti in cui si curavano le più diverse malattie al fine di evitare che i medici restassero senza lavoro e pazienti. Al-Muqaddas" rilevava altresì che proprio a Tiberiade esisteva una scuola scribale di tradizione veneranda e – così come in Egitto – appannaggio esclusivo dei cristiani (sic!).15 Successivamente, e in termini più generali, al-Qazw"n" (m. 1283) riprenderà un dato della haggadah giudaica,16 ricordando come “il bene” fosse stato, a suo tempo, diviso in dieci parti, nove delle quali riservate alla Siria e una sola al mondo intero; “il male”, egualmente ripartito in dieci parti, assegnato per una sola parte alla Siria, il resto a tutta la terra, perché: La Siria è la terra santa, che Dio ha eretto a dimora dei profeti e dei giusti, e in luogo in cui discende la rivelazione. Il suo clima è eccellente, la sua acqua dolce. Gli abitanti sono i migliori in quanto a fisico e a morale, per l’aspetto e per i costumi.17
2. L’intrecciarsi di questi spunti leggendari può avere forse una qualche ricaduta sul problema dell’identificazione di un personaggio tradizionalmente collegato a Tiberiade, quell’Ibr#h"m al--abar!n,, che nell’anno 820 avrebbe sostenuto una disputa con ˁAbd al-Ra>m#n al-H#?im". Tutti i principali elementi autobiografici ricordati da questo personaggio, che si dichiara «della stirpe di Adamo, della famiglia di Qa>!#n, di Tiberiade di Siria, che abita in capanne (al-ˀakw!.), sorgente di scienza (ˁilm) e racconti (o: tradizioni, ˀa.b!r)», si ritrovano – come si vede – nell’esposizione, per quanto contorta, di Mosè Ibn Ezra, sicché è difficile sfuggire al sospetto che si tratti, anche in questo caso, di una ricostruzione di fantasia. Per contro, diventa pienamente comprensibile anche l’aggiunta che si ritrova nella recensione lunga del Dialogo, ovvero l’elogio fatto dall’emiro delle capacità oratorie del monaco, qualificato come fa%,$ wa-jayyid al-kal!m, «forbito e dal discorrere perfetto».18 A$san al-taq!s,m, 179.185s. (182 per gli scribi); MARMARDJI, Textes, 95.101; LE STRANGE, Palestine, 336 e 21-22 (alle p. 334-341 in traduzione inglese le principali fonti arabe su Tiberiade). Cfr. al-Muqaddasi, La migliore divisione. Apparentemente nessuna menzione di Tiberiade compare nei frammenti del Kit!b al-buld!n di al-J#>"@ (m. 869): cfr. PELLAT, Nouvel essai, 134, nr. *55 (ringrazio Francesca BELLINO per avermi indicato quest’opera). 16 Cfr. bQidd. 49b, sulle nove misure di bellezza assegnate a Gerusalemme, la sola restante al mondo. 17 /0!r al-bil!d, ed. WÜSTENFELD, 137; MARMARDJI, Textes, 106s. 18 Cfr. MARCUZZO, Le dialogue, § 20, p. 274-275 (e n. 16 per l’aggiunta, secondo il ms. di Parigi, ar. 215, f. 50v). MARCUZZO propende, invece, per la storicità del personaggio e identifica alˀakw!. con un toponimo ricordato in Y#q!t, Muˁjam I, 241, che lo definisce «località della regione di B#ni#s, poi di Damasco» (cfr. p. 108s). È difficile, comunque, che l’espressione «sor15
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3. Tra le altre figure leggendarie legate in qualche modo a Tiberiade – questa volta per le eccezionali doti di scriba e «lettore» – si può ancora ricordare il misterioso al-Ḫiḍr (o al-Ḫaḍir), a cui si allude già nel Corano (18:59-81).19 Abū Rifāˁa ˁUmāra b. Wathīma b. Mūsā b. al-Furāt al-Fārisī al-Fasawī, morto in Egitto nel 902, raccolse nel suo Libro sull’origine della creazione e le storie dei profeti tradizioni in parte già riunite dal padre, morto nell’851.20 Trattando del personaggio in questione, l’autore ricorda che egli fin dall’infanzia si distinse per una calligrafia senza pari e per l’espressività, ineguagliata, della lettura, tanto che il suo maestro, che proveniva da Tiberiade, affermò di non aver mai visto nulla di simile nel corso della propria vita. Quando poi il re ˁAmāˀīl bandì una gara per designare il più provetto degli scribi e ognuna delle mille città del suo regno selezionò il migliore dei propri scribi, la città di Tiberiade non trovò, tra tutti gli scribi che risiedevano in essa o nei dintorni, alcuno più bravo di al-Ḫiḍr. Inutile dire che il nostro risultò primo anche nella selezione generale, scoprendosi per giunta anche figlio del re. Il racconto ha, evidentemente, una coloritura tutta fiabesca, ma pare difficile non riconoscere nell’insistenza sulla rinomata scuola scribale tiberiense un’allusione alla scuola masoretica che rese famosa la città.21 4. Una vexata quæstio legata alle vicende storiche di tale scuola è l’affiliazione religiosa degli ultimi e più rappresentativi suoi adepti, la famiglia di masoreti ben Asher. Uno dei più strenui difensori della loro piena ortodossia, ovvero della loro appartenenza alla corrente rabbanita, anziché caraita, è A. DOTAN, il quale ha dedicato al tema una monografia non molto ampia, ma densa di argomentazioni.22 Tra gli argomenti addotti per provare tale tesi vi è la dimostrazione che il ben Asher contro il quale Saadia Gaon23 scrisse il poemetto ˀEśśa mešālī non è gente di scienza e racconti» si riferisca ad al-ˀakwāḫ e non, piuttosto, a Tiberiade. 19 Su questo personaggio e le sue metamorfosi in ambito islamico e giudaico, cfr. DE HOND, Beiträge, nonché TOTTOLI, Stories, spec. 105-106. 20 Cfr. LEVI DELLA VIDA, Manoscritti, 167; il testo è stato edito da KHOURY (Wiesbaden 1978); cfr. CHIESA, Fonti, 53s. 21 Il testo è nell’ed. cit., p. 6ss. La possibilità che il racconto contenga «una sorta di allusione alla scuola degli scribi (masoreti) di Tiberiade» era stata adombrata già da VAJDA, Rec. KHOURY, 142. 22 DOTAN, Creed. 23 Cfr. MALTER, Saadia Gaon; ROSENBLATT, Book of Beliefs.
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uno dei masoreti di Tiberiade, ma un qualche polemista caraita contemporaneo dell’autore stesso. In altri termini, non potendosi certo dimostrare che Saadia non scrivesse contro un caraita, si individua, quale destinatario della polemica, un caraita di nome ben Asher, che non fosse un masoreta. Ricerca non difficile, perché si ha memoria di un certo Samuel ben Asher ben Manṣūr, «conosciuto come Abū al-Ṭayyib al-Jabalī», caraita e non masoreta. La sola difficoltà è data dalla cronologia di tale personaggio: chi lo menziona, infatti, lo dice contemporaneo di Abū ’l-Faraj Hārūn,24 e poiché quest’ultimo terminò il suo Kitāb al-muštamil nel 1026 è difficile capire come Saadia (m. nel 942) possa averlo fatto bersaglio di un attacco personale. Per ovviare alla difficoltà, DOTAN propone di identificare il Samuel ben Asher ben Manṣūr, «conosciuto come Abū al-Ṭayyib al-Jabalī», con l’Abū alṬayyib, «soprannominato al-Jabalī», ricordato da Sahl b. Maṣliaḥ come uno dei confutatori di Saadia. E poiché Sahl b. Maṣliaḥ fu attivo nella seconda metà del sec. X,25 è da presumere che la sua informazione sia più attendibile di quella fornita da Ibn al-Hītī, l’autore della Cronaca dei dottori caraiti,26 del XV sec., da cui si desumeva l’altra cronologia. Il cerchio viene quindi a chiudersi in modo perfetto: Abbiamo così dimostrato chiaramente che Samuel ben Asher, conosciuto come Abū al-Ṭayyib al-Jabalī, fu un attivo polemista caraita, contemporaneo (e forse più vecchio) di Saadia Gaon. Da tutto ciò che sappiamo non c’è ragione per cui non dobbiamo ammettere che egli fosse il ben Asher contro il quale Saadia compose l’Essa meshali.27
Peccato che la cronologia di Ibn al-Hītī sia pienamente corretta: Abū al-Ṭayyib Samuel ben Asher ben Manṣūr è, difatti, il destinatario di un responsum del caraita Yūsuf al-Baṣīr, autore attivo nel primo terzo dell’XI sec.,28 come risulta ora da un manoscritto dello stesso secolo (!), conservato nella National Library of Russia di S. Pietroburgo tra i materiali delle collezioni Firkovich.29 Naturalmente si può anche scrivere che, alla fin fine, «il problema dell’identità della persona contro cui Saadia abbia scritto l’Essa meshali non ha peso per il punto principale della discussione»: quel che conta è l’aver provato che Aharon ben Asher e suo padre Mosè non erano caraiti.30 Basterebbe provarlo, appunto, e con argomenti più solidi.31 Su questo autore caraita cfr. da ultimo: KHAN - ÁNGELES GALLEGO - OLSZOWY-SCHLANGER. DOTAN, Creed, 84. 26 MARGOLIOUTH, Chronicle. 27 DOTAN, Creed, 64; le conclusioni di DOTAN sono state accolte da GIL, History, 182 (cfr. anche p. 179). 28 Cfr. VAJDA, Muḥtawī, 4. 29 St. Petersburg, National Library of Russia, II Firkovich Coll., Arab.-Yevr. 33, f. 1r; cfr. SKLARE, Judaeo-Arabic, 108. 30 DOTAN, Creed, 85. 31 Per un quadro sicuramente più attendibile, e avvincente, della questione del caraismo e i 24 25
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5. Per avviare a conclusione questa serie di aneddoti, che intendono colmare in qualche misura una raccolta più ampia di fonti sulla storia della scuola masoretica di Tiberiade,32 diamo notizia di un’ulteriore testimonianza circa la purezza della locale tradizione di lettura del testo biblico. A parlare (verso il 938 d. C.) è, questa volta, il caraita irakeno Ya‘qūb alQirqisānī, nel suo commento a Gen 49,21: Neftali … cerva libera e veloce. Con queste parole si alluderebbe alla preminenza dei figli di Neftali tra le altre tribù «per l’impareggiabilità del parlar forbito e del discorrere squisito». Altri vorrebbero, invece, vedervi un’allusione a Baraq figlio di Abinoam, che si scagliò contro Sisera (Gdc 4,16), così come con l’espressione «parole bellissime» (della fine del versetto) si alluderebbe al Canto di Debora (e Baraq) di Gdc 5,1-31. Un altro autore, però – continua al-Qirqisānī –, propone di intendere quest’ultima come un riferimento alla «lettura e recitazione (tilāwa) della Scrittura propria della gente di Tiberiade, perché Tiberiade è parte del retaggio di Neftali e la loro lettura della Scrittura è la più bella e la più corretta».33 Bruno Chiesa Università di Torino
masoreti si veda DRORY, Models; DRORY, Le rôle. 32 Cfr. CHIESA, Emergence (uno dei pochi scritti che abbia retto alle critiche di BARTHÉLEMY: cfr. Critique, xvi s). La documentazione letteraria ed epigrafica di età greca, romana e bizantina sulla città è stata adeguatamente studiata da ADINOLFI, Il lago, e da CAMPAGNANO DI SEGNI, Tiberiade; per i riferimenti alla città nelle fonti rabbiniche, cfr. SPERBER, City, p. 196 dell’indice, s. v. Tiberias; sempre fondamentale BALDI, Enchiridion. 33 S. Pietroburgo, National Libr. of Russia, II Firkovich Y.-A. I.4529, f. 101v (recensione breve del Kibāb al-riyāḍ). – Di ḥusn qirāˀat shèveṭ Naftali, ovvero della «eccellenza della lettura della tribù di Naftali», in specie della gente di Tiberiade, parla in riferimento allo stesso passo l’anonimo compilatore di un commento alla Genesi (S. Pietroburgo, National Libr. of Russia, II Firkovich Y.-A. I.1907, f. 2r), non senza rilevare la diversità di opinioni tra i commentatori e palesare la propria preferenza per un collegamento con Debora e Baraq. – Da ultimo, si può ricordare quanto scritto nel Sefer Pitron Torah (URBACH, 343), databile tra la fine del IX e l’inizio del X sec: «Tiberiade usa nella (lettura della) Torah un linguaggio chiaro più di chiunque al mondo, dacché essi hanno una pronuncia gradevole»; cfr. anche BEIT-ARIÉ, מבוא, 5-28.
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I. L’analisi sintattica Fra i molti contributi del professor Alviero NICCACCI nei vari campi degli studi biblici, indubbiamente spiccano i suoi saggi sulla sintassi ebraica1. Prendendo le mosse dalla teorizzazione di WEINRICH, il nostro festeggiato ha studiato la prosa dell’Antico Testamento, mettendone a punto il sistema sintattico. Tre sono gli aspetti posti in luce dalle sue ricerche: anzitutto l’attitudine linguistica (raccontare o commentare); poi la messa in rilievo (distinguendo il piano principale della narrazione e lo sfondo); infine la prospettiva linguistica (ovverosia l’informazione recuperata, il grado zero e l’informazione anticipata). Non è inutile offrire qui di seguito una breve sintesi del suo metodo. Nella prima fase occorre determinare l’attitudine linguistica, se cioè la proposizione appartenga al mondo narrato o al mondo commentato: il mondo narrato è caratterizzato dalla presenza della terza persona, mentre il mondo commentato (o discorso diretto) è dominato dalla prima e dalla seconda persona2. Osserva NICCACCI: «In ebraico la forma verbale della narrazione è il WAYYIQTOL, mentre lo YIQTOL è la forma principale del discorso. WAYYIQTOL e YIQTOL sono perciò le forme fondamentali della prosa ebraica (non YIQTOL e QATAL come suppongono le grammatiche tradizionali), in quanto esse vengono identificate dall’opposizione mondo narrato (WAYYIQTOL) – mondo commentato o discorso (YIQTOL)»3. A questa prima fondamentale distinzione ne segue una seconda: occorre individuare se la proposizione sia di tipo verbale o nominale. Le proposizioni 1 Esprimo un vivissimo ringraziamento alla comunità dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme (e in particolare al decano padre G. C. BOTTINI, ofm) la cui ospitalità nei mesi estivi del 2010 mi ha permesso di preparare il presente contributo. 2 Cf. WEINRICH, Tempus, 18-21. 3 NICCACCI, Sintassi, 18.
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verbali sono caratterizzate dal verbo in prima posizione (wayyiqtol, weqatal, weyiqtol e forme volitive in prima posizione), mentre le proposizioni nominali hanno un elemento non verbale in prima posizione (sostantivi, pronomi, congiunzioni, etc.). Queste ultime si dividono ulteriormente: abbiamo una proposizione nominale semplice laddove vi sono unicamente forme nominali (fra cui anche participi e infiniti); abbiamo invece una proposizione nominale complessa dove c’è un verbo ma non in prima posizione (quest’ultima categoria vede i costrutti x-yiqtol e x-qatal, dove x indica l’elemento non verbale in prima posizione). V’è un’ulteriore distinzione riguardante la messa in rilievo della proposizione (primo piano o sfondo) e la sua prospettiva linguistica (informazione recuperata o linea principale della comunicazione o informazione anticipata), in relazione al progredire della comunicazione testuale4. Di norma la linea principale della narrazione vede una catena di wayyiqtol, mentre le altre proposizioni verbali e nominali comunicano informazioni di secondo piano o di sfondo. Nel discorso, invece, il primo piano è indicato con x-yiqtol indicativo, forme volitive, (x)-qatal e la proposizione nominale semplice, mentre lo sfondo è segnalato da una proposizione nominale semplice (laddove si vuole indicare una circostanza contemporanea) e da waw-x-qatal (quando v’è una circostanza anteriore). Circa le forme di secondo piano (o di sfondo) NICCACCI afferma: «nella narrazione l’informazione recuperata (retrospezione o antefatto) è espressa con WAW-x-QATAL iniziale, il grado zero con WAYYIQTOL, […] l’informazione anticipata con YIQTOL»5. Invece nel discorso «Si usa QATAL retrospettivo, solo oppure preceduto da kî, ˀăšer, ecc., per l’informazione recuperata; YIQTOL (iussivo), imperativo, forme volitive, o proposizione nominale semplice per il grado zero; YIQTOL (indicativo), weQATAL, proposizioni finali, ecc. per l’informazione anticipata»6. La teorizzazione di NICCACCI oltre che essere un interessante strumento euristico per l’analisi sintattica della prosa biblica, si presta pure ad essere un’ottima base di partenza per lo studio del punto di vista, all’interno di un’indagine tipicamente narrativa. Bisogna però introdurre, sia pur brevemente, i termini della discussione a proposito della focalizzazione o punto di vista.
4 Afferma WEINRICH, Tempus, 56-57: «Über die Regulierung der Sprechhaltung durch die Tempus-Gruppen der besprochenen und der erzählten Welt hinaus sind im Tempus-System Unterscheidungen angelegt, die eine Orientierung im Verhältnis zur Textzeit ermöglichen. Sie erlauben insbesondere eine relativ freie Verfügung über die Textzeit. Es kann nämlich auf diese Weise Information entweder nachgeholt oder vorweggenommen werden». 5 NICCACCI, Sintassi, 76. 6 NICCACCI, Sintassi, 82.
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II. La focalizzazione o «punto di vista» Lo studio del punto di vista7 deve molto alla teorizzazione di GENETTE, che ha dominato per più di trent’anni8. Punto di partenza della riflessione del linguista francese è la domanda: chi vede nella narrazione e come vede? Oppure: con lo sguardo di chi il narratore sceglie di far vedere l’azione? E, di riflesso: chi percepisce ciò che sta accadendo, cioè l’avvenimento nel racconto? A partire da queste domande GENETTE distingue tre punti di vista (o focalizzazioni). Anzitutto la focalizzazione zero (o discorso non focalizzato): il narratore esce dai confini spazio-temporali entro i quali si svolge l’azione e offre un’informazione che non è percepibile rimanendo all’interno del racconto; il narratore ne sa più del personaggio. V’è poi la focalizzazione interna: il narratore accede all’interiorità del personaggio, rivelando che cosa pensa e/o desidera; il narratore ne sa come il personaggio. Infine v’è la focalizzazione esterna: essa corrisponde a ciò che ogni spettatore della scena è in grado di osservare; si tratta di una visione “dal di fuori” o “esterna” (esterna al personaggio, non alla scena) e inferiore rispetto a quello che può sapere un personaggio; il narratore ne sa meno del personaggio. Tale classificazione si è imposta, pur non mancando gli echi critici. L’affondo più significativo è venuto da BAL che ha rimproverato a GENETTE di non distinguere fra il soggetto della focalizzazione (focalizor) e l’oggetto della focalizzazione (the focalized object)9. In altre parole, il linguista francese si limiterebbe ad individuare il punto di vista che scaturisce dal narratore, senza riuscire a spiegare come e con quali modalità il narratore deleghi il suo punto di vista ai personaggi del suo racconto oppure lo assuma come un’affermazione propria. Nel pertugio aperto dalla BAL s’inserisce la più ampia riflessione di RABATEL. Il linguista di Lione ha elaborato una teoria del punto di vista che prende le mosse proprio dalla distinzione fra focalizzatore e focalizzato. Egli, in particolare, rifiuta la tesi GENETTEiana che vi sia un punto di vista esterno e un punto di vista zero10. La sua definizione è totalmente inclusiva:
Cf. la rassegna panoramica di MARGUERAT, Le point de vue, 97-102. Cf. GENETTE, Figures III, 206-211. La sua teoria è entrata anche nei manuali di analisi narrativa della Bibbia: cf. SKA, Our Fathers, 65-81. 9 Cf. BAL, Narratology, 142-161. 10 Afferma: «La définition de la focalisation externe a toujours posé problème : les considérations nombreuses et, surtout, fluctuantes, autour de ce soi-disant type “neutre“, “objectif“, “impartial“ témoignent des difficultés à définir son statut. Ce qui frappe le spécialiste, c’est d’abord l’absence de critères contrastifs linguistiques discriminant les différents types de focalisation, cette absence se faisant particulièrement sentir pour la focalisation zéro» (RABATEL, L’introuvable focalisation, 88; corsivi dell’autore). L’opera teoreticamente più impegnativa è: RABATEL, La construction textuelle. 7 8
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On nommera point de vue tout ce qui, dans la référenciation des objets (du discours) révèle, d’un point de vue cognitif et axiologique, une source énonciative particulière et indique, explicitement ou implicitement, ses représentations, et, éventuellement, ses jugements sur les référents.11
Secondo RABATEL v’è sempre un punto di vista perché il discorso enuncia sempre una percezione della realtà. In altre parole egli si congeda dall’idea di una neutralità enunciativa mentre difende la tesi che pure laddove il racconto sviluppa il punto di vista di un personaggio, esso costituisce contemporaneamente il punto di vista del narratore sul personaggio e sul punto di vista del personaggio, dando luogo ad una dissolvenza incrociata (fondu enchaîné). La differenza dei punti di vista si evince dalla presenza di alcuni segnali linguistici che denotano o connotano l’istanza enunciativa all’origine della referenziazione. Parole, pensieri, percezioni possono essere rapportati e/o rappresentati secondo schemi sintattici ed enunciativi identici. Proprio a questo livello l’elaborazione di RABATEL s’intreccia con le prospettive di WEINRICH e dunque di NICCACCI a proposito della prosa biblica. Il linguista francese offre la seguente classificazione: v’è anzitutto un punto di vista raccontato che corrisponde allo svolgersi dei fatti a partire dalla prospettiva di uno degli attori dell’enunciato (personaggio o narratore), senza pertanto ch’egli si esprima. Il segnale linguistico è il racconto in primo piano: la narrazione appare essere obiettiva e nasconde quasi interamente l’enunciatore. Si tratta cioè di un punto di vista embrionale, minimale, quasi assente. V’è poi un punto di vista rappresentato che permette al narratore di descrivere con parole sue (come locutore) le percezioni e i pensieri dei personaggi che ne sono la fonte enunciativa ma che rimangono quasi mascherati dietro il racconto. Si realizza dunque una disgiunzione fra il locutore e l’enunciatore. Il segno più evidente è il passaggio al racconto in secondo piano. Infine il punto di vista asserito corrisponde al discorso diretto i cui segnali linguistici sono più facilmente riconoscibili. Va aggiunta ancora un’osservazione: non è immediato distinguere fra il punto di vista del personaggio e quello del narratore, soprattutto perché la voce del narratore è sempre presente. Spesso si crea una vera e propria polifonia, cioè una dissolvenza incrociata di punti di vista: qualunque sia la forma del punto di vista (raccontato, rappresentato e asserito) e il soggetto del punto di vista, il narratore è dappertutto in sovrimpressione. Sulla base di questo breve duplice schizzo teorico, lo studio della pericope dell’unzione di Davide (1 Sam 16,1-13) mostrarà come l’analisi sintattica secondo il metodo linguistico-testuale sviluppato da NICCACCI si rivela essere un ottimo supporto per la ricerca del punto di vista secondo il modello posto in luce da RABATEL12. 11 12
RABATEL, Points de vue, 23. Istruttivi i contributi di WÉNIN che applicano ai racconti biblici le categorie di RABATEL:
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III. L’unzione di Davide (1 Sam 16,1-13) Dopo la campagna contro Amalek e la disobbedienza a Dio (1 Sam 15,1-9), il re Saul viene respinto dal Signore (v. 10-23); Saul implora invano il perdono da Samuele (v. 24-31); la divergenza fra re e profeta è tale che il veggente arriva a uccidere di spada il re Agag (v. 32-33). A questo punto le strade di Saul e di Samuele si dividono. E tuttavia il racconto non manca di osservare che non v’è solo una rottura fra il re e il profeta; la decisione di Dio a proposito di Saul rattrista il profeta, al punto che si delinea una sorta di spaccatura fra Samuele e il Signore (v. 34-35). 1. Esposizione (v. 1)13
v. 1
מוּאל ֵ֗ ל־שׁ ְ הוה ֶא ֜ ָ ְאמר י ֶ ֹ וַ ֨יּ
E disse YHWH a Samuele:
a
ל־שׁ ֔אוּל ָ תי ַא ָתּ ֙ה ִמ ְת ַא ֵבּ֣ל ֶא ֙ ַ ד־מ ָ ַע
b
ַעל־יִ ְשׂ ָר ֵ ֑אלAC֖ וַ ֲא ִנ֣י ְמ ַא ְס ִ֔תּיו ִמ ְמּ
c
ֶ֗שׁ ֶמןH֜ ְַמ ֨ ֵלּא ַק ְרנ
d
A֤וְ ֵל
e
ית־ה ַלּ ְח ִ֔מי ַ ֶאל־יִ ַ ֣שׁי ֵ ֽבּH֙ ֶ ֽא ְשׁ ָל ֲח
f
׃Aיתי ְבּ ָב ָנ֛יו ִ ֖לי ֶ ֽמ ֶל ִ י־ר ִ ֧א ָ ִ ֽכּ
g
«Fino a quando tu farai lutto su Saul mentre io l’ho rifiutato dal regnare su Israele? Riempi il tuo corno di olio, e va’, voglio mandarti da Iesse il Betlemmita, perché tra i suoi figli ho visto un re per me».
Il locutore dell’esposizione del racconto è la voce narrativa che si mostra fin dall’inizio onnisciente, rivelando di conoscere le parole del Signore a Samuele. Il sintagma la, rma (nella tipica forma narrativa in wayyiqtol) introduce un discorso riportato e indirizzato che corrisponde al punto di vista asserito del locutore. Chiari i segnali enunciativi: il pronome personale (hT'a;) rinvia al destinatario del discorso; l’avverbio temporale (yt;m'-d[;)14 e il participio (lBea;t.mi) manWÉNIN, Marques linguistiques; id., Le point de vue. 13 Il testo e la traduzione sono disposti graficamente in modo differenziato per evidenziare a colpo d’occhio i vari livelli: | Linea principale della narrazione ↑ Sfondo | Linea secondaria (antefatto) | Discorso diretto La strutturazione del testo è secondo lo schema quinario (cf. MARGUERAT-BOURQUIN, Pour lire, 58-66), ponendo in luce la moltiplicazione di “complicazioni”. 14 Commenta HABEL, The Form, 312: «Moreover, the expression ytm d[ normally implies a
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tengono il discorso nel presente, riprendendo quanto il narratore aveva già detto a proposito del profeta (15,35): Samuele fa lutto per Saul. E tuttavia a rivelare le azioni del profeta è lo stesso Signore mediante il rimprovero. In contrapposizione al lutto15 del profeta, un waw-x-qatal segnala un ritorno indietro nel tempo, ovverosia un’analessi che introduce un secondo piano, recuperando un contenuto proposizionale già offerto precedentemente (cf. 15,26); così il locutore (il Signore) ribadisce la scelta già compiuta e sulla quale non intende tornare. Né il narratore prima (15,35) né il Signore ora (16,1) esplicitano il motivo del lutto del profeta. Una tale ritenzione d’informazione, invece di essere colmata con varie ipotesi di ordine storico o psicologico16, ha da essere compresa anzitutto come strategia narrativa17. Ciò infatti che risulta è la divaricazione tra il profeta e Dio, facendo crescere l’attesa per quanto avverrà. I verbi all’imperativo (aLem; e %le) e in forma volitiva (^x]l'v.a,), poi, dirigono l’attenzione ancora su Samuele che, nonostante lo scacco, è nuovamente chiamato in gioco dallo stesso Signore. Con una nuova proposizione x-qatal si ritorna su un’informazione di livello secondario del discorso diretto che esprime la motivazione del nuovo incarico del veggente e rappresenta, narrativamente, la soluzione del problema benché ancora indeterminata: il Signore ha visto18 un re. «Non sarà dunque il “che cosa” succederà a mantenere la tensione narrativa a livello stilistico, ma il “come”»19. In altre parole non si tratterà di un intreccio di risoluzione (dove l’azione trasformatrice opera a livello pragmatico) tone of indignation rather than of tenderness». L’espressione è tipica dei rimproveri profetici: 1 Sam 1,14 (Eli rimprovera Anna per la sua presunta ubriachezza); 1 Re 18,21; Ger 4,14.21; Zac 1,12 (cf. KESSLER, Narrative Technique, 547, n. 21). 15 Il verbo lba all’hitpael ha il senso di «fare lutto» (cf. HALOT, 7); precisa BAUMANN, lb;a', in ThWAT I, 48-49: «Im Bereich des Gerichts bzw. der Gerichtsdrohung wird lba immer im Hinblick auf eine mögliche Wendung der Dinge vollzogen. […] Auch 1 Sam 15, 35; 16, 1 wird von hier aus zu verstehen sein». 16 Scrive POLZIN, Samuel, 154: «God had rejected someone whom Samuel had so successfully molded to his own power-driven specifications». 17 Come osserva FOKKELMAN, Narrative Art, 115: «The reader’s imagination fills in the text which itself leaves a blank here». 18 Compare qui per la prima volta il verbo har: il suo significato fondamentale è «vedere», anche se il verbo può indubbiamente anche assumere il senso di «scegliere, eleggere» (cf. HALOT, 1159); tuttavia si preferisce il primo significato (senza escludere il secondo) perché tutto l’episodio è giocato sulla differenza fra il vedere di Dio e il vedere di Samuele. Annota ALTER, The Art, 148-149: «The verb “chosen” (raˀho be) points neatly in two thematic directions. It is an antonym of “reject” (maˀos be) and “to choose not” (loˀ baḥor be), which function as Leitwörter referring both to the turning away of Saul and the choices not to be made among Jesse’s sons. At the same time, the literal meaning of the idiom is “to see in”, and the verb “to see” will be the other dominant thematic key-word of the story». 19 VIRONDA, Gli inizi, 265-266. Conviene ricordare la definizione offerta da BARONI, La tension narrative, 18: «La tension est le phénomène qui survient lorsque l’interprète d’un récit est encouragé à attendre un dénouement, cette attente étant caractérisée par une anticipation teintée d’incertitude qui confère des traits passionnels à l’acte de réception».
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ma di un intreccio di rivelazione (in cui v’è un aumento di conoscenza)20. Ricorrendo al linguaggio degli “universali narrativi” si può parlare di curiosità21: un elemento del passato (la scelta del nuovo re) sfugge al lettore perché il narratore ha deciso di passarlo sotto silenzio, mettendo in moto una ricerca basata sulle inferenze. 2. Prima complicazione (v. 2-4b)
v. 2
֙מוּאל ֵ אמר ְשׁ ֶ ֹ וַ ֤יּ
E disse Samuele:
a
A ֵא ֔ ֵלAֵ ֣אי
b
וְ ָשׁ ַ ֥מע ָשׁ ֖אוּל
c
וַ ֲה ָר ָג֑נִ י
d
«Come potrò andare? Certamente Saul sentirà e mi ucciderà».
e
הוה ֗ ָ ְאמר י ֶ ֹ וַ ֣יּ
E disse YHWH: Hֶעגְ ַל֤ת ָבּ ָק ֙ר ִתּ ַ ֣קּח ְבּיָ ֶ ֔ד
f
וְ ָ ֣א ַמ ְר ָ֔תּ
g
אתי׃ ִ יהו֖ה ָ ֽבּ ָ ִלזְ ֥בֹּ ַח ַ ֽל
h
«Una giovenca dell’armento prenderai nella tua mano e dirai: “Per sacrificare a YHWH sono entrato”!
v. 3
את ְליִ ַ ֖שׁי ַבּ ָזּ ַ֑בח ָ וְ ָק ָ ֥ר
E chiamerai Iesse al sacrificio,
a
ר־תּ ֲע ֶ֔שׂה ַ ֵ ֣את ֲא ֶ ֽשׁH֙ אוֹד ֲיע ֽ ִ וְ ָ ֽאנ ִֹ֗כי
b
׃Hוּמ ַשׁ ְח ָ ֣תּ ֔ ִלי ֵ ֥את ֲא ֶשׁר־א ַ ֹ֖מר ֵא ֶ ֽלי ָ
c
mentre io ti farò conoscere quanto dovrai fare e ungerai per me colui che ti dirò». v. 4
הוה ֔ ָ ְשׁר ִדּ ֶבּ֣ר י ֣ ֶ מוּאל ֵ ֚את ֲא ֵ֗ וַ ַיּ ַ֣עשׂ ְשׁ
E fece Samuele quanto aveva detto YHWH
a b
וַ ֖יָּב ֹא ֵבּ֣ית ָל ֶ֑חם
ed entrò in Betlemme.
Cf. MARGUERAT-BOURQUIN, Pour lire, 80-81. Cf. la teorizzazione di STERNBERG, Expositional, 65: «Suspense derives from a lack of desired information concerning the outcome of a conflict that is take place in the narrative future; […] curiosity is produced by a lack of information that relates to the narrative past». «For surprise, however, the narrative first unobtrusively gaps or twists its chronology, then unexpectedly discloses to us our misreading and enforces a corrective rereading in late re-cognition» (id., How Narrativity, 117). 20 21
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Il narratore riprende la linea principale del racconto, introducendo la risposta di Samuele. La domanda diretta del veggente (v. 2b-d) ha la forma dell’obiezione e introduce un ulteriore elemento di tensione, legato al pericolo della sua stessa vita22. Occorre osservare che il profeta si sente minacciato da Saul, non dal re: l’utilizzo del nome proprio invece che del titolo regale, segnala che il veggente, nonostante la sua interiore opposizione, ha accettato l’inappellabile decisione di Dio. La risposta divina all’obiezione di Samuele introduce un nuovo punto di vista asserito del Signore e dunque un nuovo cambio di locutore. Narrativamente l’intervento di Dio ha una duplice funzione: da una parte rappresenta l’azione trasformatrice che supera la prima complicazione, dall’altra fa avanzare il racconto introducendo una novità: l’unzione di uno dei figli di Iesse (già annunciata nel primo ordine [v. 1]) avverrà nel contesto di un sacrificio. La precisazione tuttavia non chiarisce l’identità del futuro re che rimane ancora sconosciuta. La linea principale del discorso diretto del Signore è interrotta da una proposizione di tipo waw-x-yiqtol (v. 3b) che esprime contemporaneità ma pure un sottile contrasto con quanto è stato detto precedentemente: l’accento cade sul pronome personale ykinOa' che rimanda solennemente al locutore23. A guidare tutta l’azione è il Signore: Samuele dovrà semplicemente agire di conseguenza24. L’enfasi sul ruolo da protagonista del Signore è ribadito da un altro segnale enunciativo, il complemento preposizionale yli (v. 3c) che richiama quanto già detto al v. 125. Il comando del Signore pone non pochi problemi; se dal punto di vista narrativo esso rappresenta l’azione trasformatrice, la sua interpretazione è discussa. Non pochi commentatori moderni parlano di “sotterfugio” per proteggere il profeta26; e tuttavia i commentatori ebrei medievali erano di tutt’altro avviso. Kimchi, menzionando l’interpretazione del midrash, pone in bocca al Signore questa espressione: «$twa grwh ym harnw ayshrpb $l»27. In altre parole: a fronte del timore di Samuele Dio ordina al profeta di compiere un sacrificio pubblico, così che l’unzione del nuovo re sia “ufficiale”. 22 Notevoli sono i parallelismi fra l’obiezione di Samuele e quella di Mosè (Es 3): 1. ambedue sono inviati: ^x]l'v.a, %lew> (1 Sam 16,1) e ^x]l'v.a,w> hk'l. hT'[;w> (Es 3,10); 2. v’è l’obiezione del chiamato: %leae %yae (1 Sam 16,2) e %leae yKi ykinOa' ymi (Es 3,11); 3. ricorre il motivo del sacrificio: ytiaB' hw"hyl; x:Boz>li (1 Sam 16,2) e hw"hyl; hx'B.z>nIw> (Es 3,18). Cf. HABEL, The Form, 297-305. 23 Come nota COSTACURTA, Con la cetra, 35: «Il pronome “io” è sovrabbondante per la sintassi ebraica, e perciò enfatico, sottolineando l’iniziativa di Dio e il fatto che tutto si deve risolvere tra Lui e il re». 24 Commenta FOKKELMAN, Narrative Art, 116: «This pair [v. 3bc] tresses the relationship of Samuel with his God, assumes his obedience, and pacifies him concerning his task: God himself assists him». 25 I due valori di dativus commodi e dativus possessoris sembrano essere entrambi pertinenti (cf. GKC, § 119 r-s). 26 Così SMITH, A Critical, 144. 27 83 ,twlwdg twarqm ,!hk.
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Col passaggio (v. 4a) alla linea principale della narrazione (per mezzo di una proposizione con wayyiqtol), la parola ritorna alla voce narrativa che annuncia l’esecuzione dell’ordine da parte del profeta. Se la prima complicazione ha trovato la sua soluzione per mezzo dell’azione trasformatrice (l’ordine del Signore), l’esecuzione di Samuele si realizza solo a metà. Allorché egli entra a Betlemme il narratore introduce una seconda complicazione. E tuttavia proprio l’esecuzione dei comandi divini (sintetizzati dal verbo f[;Y:w:, con una notevole accelerazione del racconto), pone finalmente il profeta in sintonia con la volontà di Dio28. 3. Seconda complicazione (v. 4c-5) אתוֹ ֔ יר ִל ְק ָר ֙ וַ יֶּ ֶח ְר ֞דוּ זִ ְק ֵנ֤י ָה ִע
Gli anziani della città vennero incontro a lui trepidanti
v. 4
c d
אמר ֶ ֹ וַ ֖יּ
e si disse29:
e
׃Hבּוֹא ֽ ֶ םC֥ ָשׁ
«Pace il tuo entrare»30?
v. 5
אמר ׀ ֶ ֹ וַ ֣יּ
E disse:
a
ָשׁ ֗לוֹם
b
אתי ִ ִלזְ ֤בֹּ ַח ַ ֽליהוָ ֙ה ָ֔בּ
c
ִ ֽה ְת ַק ְדּ ֔שׁוּ
d
אתם ִא ִ ֖תּי ַבּ ָזּ ַ֑בח ֥ ֶ וּב ָ
e
«Pace. Per sacrificare a YHWH sono entrato. Santificatevi, così entrerete con me al sacrificio»! ת־בּ ָ֔ניו ָ שׁי וְ ֶא ֙ ַ ִוַ יְ ַק ֵ ֤דּשׁ ֶאת־י
f
וַ יִּ ְק ָ ֥רא ָל ֶ ֖הם ַל ָזּ ַֽבח׃
g
E fece santificare Iesse e i suoi figli e li chiamò al sacrificio.
Continua la catena di wayyiqtol nella linea principale del racconto in bocca al narratore. È introdotta una seconda complicazione, proveniente dagli anziani di Betlemme, la quale corrisponde pure ad un rallentamento narrativo che fa crescere la suspense. Ancora una volta non è detto il motivo della trepidazione Cf. VIRONDA, Gli inizi, 268. Alcuni manoscritti hanno il plurale che sembrerebbe più coerente. GKC, § 144 d, lo interpreta come un impersonale. 30 La Septuaginta aggiunge a questo punto o` ble,pwn, variante attestata anche a Qumran: harh (4QSamb 4,4). 28 29
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timorosa degli anziani, come non si diceva da che cosa fosse causato il lutto di Samuele31. È possibile un’inferenza a partire da una costante dei capitoli precedenti: allorché Samuele si sposta (cf. 13,10.13-14; 15,12.13.15-23) v’è sempre un giudizio nei confronti della realtà (là la monarchia)32. Diventa così forse comprensibile il timore degli anziani a fronte della visita del profeta33. Se la risposta che Samuele offre agli anziani risolve subito la complicazione creatasi con il suo arrivo, l’ordine del profeta inizia a dare attuazione al comando ricevuto da Dio (cf. v. 2h). In realtà dopo il dialogo fra gli anziani e il veggente, il passaggio alla linea principale del racconto (v. 5fg) rappresenta un restringimento del campo d’azione del profeta: degli anziani e degli abitanti di Betlemme non si dirà più nulla; tutta l’attenzione si concentra su Iesse e i suoi figli. 4. Terza complicazione (v. 6-10)
v. 6
בוֹאם ָ֔ וַ יְ ִ ֣הי ְבּ
E avvenne che, nel loro entrare,
a
יאב ֑ ָ ת־א ִל ֱ וַ ַיּ ְ֖ רא ֶא
b
אמר ֶ ֹ וַ ֕יּ
c
vide Eliab e disse:
d
יחוֹ׃ ֽ הו֖ה ְמ ִשׁ ָ ְ ֶנ֥ גֶ ד יAַ ֛א
«Certamente è di fronte a YHWH il suo unto»! מוּאל ֵ֗ ל־שׁ ְ הוה ֶא ֜ ָ ְאמר י ֶ ֹ וַ ֨יּ
Ma disse YHWH a Samuele:
v. 7
a
b «Non prestare attenzione al suo aspetto e all’altezza della sua statura ִ ֣כּי ְמ ַא ְס ִ ֑תּיהוּ c perché l’ho rifiutato, ִ ֣כּי ׀ ֗ל ֹא ֲא ֶ ֤שׁר יִ ְר ֶא ֙ה ָה ָא ָ ֔דם d perché non [è] ciò che vede l’uomo; קוֹמ ֖תוֹ ָ ל־מ ְר ֵ ֛אהוּ וְ ֶאל־גְּ ֥בֹ ַהּ ַ ל־תּ ֵבּ֧ט ֶא ַ ַא
31 I commentari propongono diverse soluzioni: HERTZBERG, Die Samuelbücher, 105-106, afferma: «Der Empfang durch die Ältesten, die weit mehr geängstigt als geehrt erscheinen, mag darauf beruhen, daß sie von dem Zerwürfnis zwischen Samuel und Saul wissen und fürchten, Unannehmlichkeiten zu bekommen, wie später die Bewohner der Priesterstadt Mob». Di diversa opinione è KLEIN, 1 Samuel, 160: «Their trembling may reflect their general reverence for Samuel, […] but it also shows a good deal of apprehension». 32 Cf. VIRONDA, Gli inizi, 269. 33 Diversa, ma a nostro avviso meno fondata, l’interpretazione di CAQUOT-DE ROBERT, Les livres, 188: «La crainte manifestée par les anciens de Bethléem veut évoquer probablement le caractère extraordinaire de la mission de Samuel (cf. 21. 2). Par ailleurs, le rôle de celui-ci dans la célébration du sacrifice et l’insistance sur la sanctification rituelle le font apparaître sous des traits sacerdotaux».
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e
יהו֖ה יִ ְר ֶ ֥אה ַל ֵלּ ָ ֽבב׃ ָ ַו
f
l’uomo infatti guarda negli occhi34 ma YHWH vede il cuore»35.
v. 8
ל־א ִ ֣בינָ ָ ֔דב ֲ שׁי ֶא ֙ ַ ִוַ יִּ ְק ָ ֤רא י
Iesse chiamò Abinadab
a
מוּאל ֑ ֵ וַ יַּ ֲע ִב ֵ ֖רהוּ ִל ְפ ֵנ֣י ְשׁ
b
אמר ֶ ֹ וַ ֕יּ
c
e lo fece passare davanti a Samuele, e [questi] disse:
d
הוה׃ ֽ ָ ְא־ב ַ ֥חר י ָ ֹ ם־בּ ֶז֖ה ֽל ָ ַגּ
«Nemmeno costui ha scelto YHWH»!
v. 9
וַ יַּ ֲע ֵ ֥בר יִ ַ ֖שׁי ַשׁ ָ ֑מּה
Iesse fece passare Sammà,
a b
אמר ֶ ֹ וַ ֕יּ
e [Samuele] disse:
c
הוה׃ ֽ ָ ְא־ב ַ ֥חר י ָ ֹ ם־בּ ֶז֖ה ל ָ ַגּ
«Nemmeno costui ha scelto YHWH»! מוּאל ֑ ֵ וַ יַּ ֲע ֵ ֥בר יִ ַ ֛שׁי ִשׁ ְב ַ ֥עת ָבּ ָנ֖יו ִל ְפ ֵנ֣י ְשׁ
E Iesse fece passare i suoi sette figli davanti a Samuele מוּאל֙ ֶאל־יִ ַ֔שׁי ֵ אמר ְשׁ ֶ ֹ וַ ֤יּ
e disse Samuele a Iesse:
v. 10
a b c
הו֖ה ָבּ ֵ ֽא ֶלּה׃ ָ ְא־ב ַ ֥חר י ָ ֹל
«YHWH non ha scelto fra questi».
34 Si preferisce questa traduzione (sacrificando la ripetizione del verbo «vedere»), perché idiomatica in italiano. 35 Il testo massoretico è difficile. La Septuaginta l’ha esplicitato in questo modo: o[ti ouvc
w`j evmble,yetai a;nqrwpoj( o;yetai o` qeo,j\ o[ti a;nqrwpoj o;yetai eivj pro,swpon( o` de. qeo.j o;yetai eivj kardi,an (così nel codice Vaticanus; il testo antiocheno è lievemente differente: o[ti ouvc w`j a'n i;dh| a;nqrwpoj( ou[twj o;yetai o` qeo,j …). Commenta MCCARTER, I Samuel, 274:
«The text of MT is defective (yr′h h′lhym having fallen out by homoioarkton), reading ky l′ ′šr yr′h h′dm ky h′dm yr′h l′ynym wyhwh yr′h llbb, “For it is not what (the) man sees, for (the) man looks into the eyes, but Yahweh looks into the heart.” Space considerations suggest that 4QSamb shared the longer reading of LXX». Difende la lezione del testo massoretico BARTHÉLEMY, Critique textuelle, 189: «Mieux vaut admettre que le grec, ou plutôt sa Vorlage […] ont glosé un texte sobre de type massorétique». Anche la Peshitta ha una lezione diversa (al v. 7d): )$N) )zXd kY) D[Yg tYwh )L. Sostiene JOOSTEN, 1 Samuel, 229: «Though the MT is not clear, it gave the translator no cause to introduce a 1st person (pronoun or verb). I submit, therefore, that here, as in v. 6, the Syriac must be explained as being based on a variant Hebrew text. The following is a possible retroversion of the Syriac into Hebrew: kī lōˀ kaˀªšer yirˀeh hāˀādām ˀªnî (ˀānōkī), “I am not similar to what man sees”». E conclude: «It would seem that the MT is indeed secondary to the text preserved by the Peshitta version» (p. 231). Pure la Vulgata rende con la prima persona singolare: «nec iuxta intuitum hominis iudico». La differenza delle versioni testimonia la difficoltà del testo massoretico che, proprio per questa ragione, deve essere mantenuto.
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La terza complicazione è introdotta dal costrutto yhiy>w:, definito da NICCACCI un «segno macrosintattico della narrazione»36, con la funzione di rendere verbale la circostanza temporale che introduce. All’interno di uno schema sintattico a due membri37 la voce narrativa introduce i personaggi, in prima battuta senza svelarne l’identità (v. 6a), poi chiamandoli per nome (v. 6b.8a.9a). Quali sono le strategie narrative poste in essere dal narratore? In primo luogo la voce narrativa informa che Samuele (in realtà il soggetto non è espresso ma lo si può facilmente dedurre dal contesto) «vide Eliab» (v. 6b). Una tale informazione è della massima importanza perché proprio intorno al campo semantico del “vedere” è costruito tutto l’intreccio38. Il lettore sa che il Signore ha visto (e/o scelto) un re tra i figli di Iesse (v. 1) e conosce l’ordine divino dato al profeta (v. 3c). Il lettore attende dunque che il profeta individui il futuro re. E tuttavia, a dispetto delle attese dell’udienza narrativa, il narratore introduce una serie di elementi ritardanti che hanno l’effetto di far crescere la suspense, la quale è tanto più intensa quanto più prolungata; inoltre associa il lettore prima al punto di vista asserito di Samuele (v. 6d), poi a quello di Dio (v. 7b-f). Il dialogo tra il profeta e Dio è interamente giocato sulla contrapposizione di punti di vista. In realtà l’affermazione di Samuele a proposito di Eliab più che rappresentare il suo punto di vista asserito, intende esprimere il punto di vista di Dio. La presenza dei segnali enunciativi lo mostra: l’assenza della seconda persona, il riferimento a hwhy, l’uso del pronome di terza persona (Axyvim.) e la forma asseverativa spingono a cogliere nelle parole del profeta una troppo frettolosa (ed errata) anticipazione del giudizio di Dio39. In realtà la risposta divina, espressa ancora una volta per mezzo di un punto di vista asserito, capovolge la prospettiva40. Eliab è infatti descritto come un alter Saul: se il suo aspetto e la sua statura richiamano la bellezza e l’altezza del primo re d’Israele (cf. 9,2; 10,23), la reazione del Signore è ancora una volta il rifiuto (cf. 15,23; 16,1)41. Con un passaggio ad una proposizione nominale semplice (v. 7d)42, Cf. NICCACCI, Sintassi, 21. Lo schema sintattico a due membri è costituito da una protasi (preposizione + infinito costrutto [v. 6a]) e da un’apodosi (wayyiqtol [v. 6b]) (cf. ibid., 83-100). 38 Cf. l’analisi di FOKKELMAN, Narrative Art, 121-125, a proposito del verbo har. 39 Commenta STERNBERG, The Poetics, 97: «Ironically, the prophet commits his worst mistake in the first and easiest test. What would be more natural than to disqualify or at least distrust (with the reader) the candidate who shares the rejected king’s most salient feature? But Samuel again puts a favorable construction on physical stature and beauty (cf. 10:24), with ignominious results». 40 La formula d’introduzione (laeWmv.-la, hw"hy> rm,aYOw: – v. 7a) ricalca esattamente quella iniziale (v. 1a), offrendo così al lettore un indizio di rimprovero (cf. KESSLER, Narrative Technique, 546-547). 41 Si può anche ipotizzare che il suffisso del verbo (WhyTis.a;m.) si riferisca alle caratteristiche fisiche, sicché sarebbero proprio queste (aspetto e altezza) ad essere rigettate. 42 FOKKELMAN, Narrative Art, 122-123, individua nel v. 7d il centro del discorso di Dio, tro36 37
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sempre all’interno del discorso diretto del Signore, s’introduce l’opposizione fra il vedere dell’uomo e quello di Dio. L’uomo vede secondo la misura di ciò che percepisce con gli occhi43, ovverosia di ciò che appare44, il Signore invece scruta il cuore, cioè la ragione e la volontà. Nella contrapposizione dei due punti di vista emerge l’ironia drammatica, tutta a spese del profeta il quale, nonostante il suo stato e il suo ruolo ben riconosciuto, si ritrova in dissonanza con il Signore45. La contrapposizione dei punti di vista fa crescere la competenza di Samuele e del lettore. Se, come già si è osservato, v’è un intreccio di rivelazione, l’esplicitazione dei criteri divini offre una preziosa informazione a proposito delle caratteristiche del futuro re. Tuttavia cresce pure l’opacità: il testo infatti non esplicita (se non per negazione) quali siano i criteri corrispondenti al cuore di Dio. Il lettore poi è informato a proposito del dialogo fra Dio e il suo profeta, trovandosi così in una posizione di superiorità rispetto a Iesse il quale, invece, ignora la parola divina a Samuele. Per mezzo di questo scarto, allorché il padre presenta al veggente Abinadab, Sammà e gli altri figli, il lettore, ascoltando le tre sentenze del profeta che riferiscono il punto di vista celeste (v. 8-10), è pure in grado di inferire (almeno negativamente) il motivo della scelta di Dio, rigorosamente taciuto a Iesse: i suoi figli (che sembrano essere tutti i suoi figli) non corrispondono ai criteri richiesti da Dio per l’elezione del re. La narrazione, iniziata con una giusta velocità (v. 6), rallenta a motivo di una pausa descrittiva46 e riflessiva (v. 7), equivalente ad un’estrema lentezza narrativa ma, per mezzo della presentazione degli altri due giovani (v. 8-9), rivandosi in mezzo fra due yKi. 43 Per ben due volte si ripete il sintagma l. har; il lamed può indicare l’oggetto della visione (quindi: «vedere l’apparenza» e «vedere il cuore») oppure essere considerato come lamed normæ (cf. FOKKELMAN, Narrative Art, 724; JOÜON, Grammaire, § 133 d;). Nella stessa linea si pone JONGELING, La préposition, 97: «Il me semble que le deuxième L (LLBB) doit être compris dans le même sens que le premier (LcYNYM), et qu’il faut traduire: “YHWH voit selon (la norme) le (du) cœur”. Pour l’homme les yeux sont la norme selon laquelle il voit et juge, pour Dieu c’est le cœur». JENNI, Präposition Lamed, 281 parla di «normative Relationen („gemäß”)» e a proposito del nostro passo afferma: «bb'Lel; / ~yIn:y[el; „(sehen = beurteilen) nach den Augen/nach dem Herzen”» (p. 282). È forse possibile che l’espressione sia anfibologica: da una parte si dice che il Signore «vede il cuore», dall’altra che «vede secondo il cuore», coerentemente con quanto era stato annunciato in 13,14. Interessante è la versione dell’intero v. 7 offerta da BUBER e ROSENZWEIG: «ER aber sprach zu Schmuel: Blicke nimmer auf sein Aussehn, auf seinen ragenden Wuchs, denn ich habe ihn verworfen, denn nicht was der Mensch sieht ists, denn: der Mensch sieht in die Augen, ER aber sieht in das Herz» (BUBER-ROSENZWEIG, Bücher der Geschichte, 197). 44 DHORME, Les livres, 141-142 commenta: «Le mot ~yIn:y[e signifie l’aspect extérieur (cf. le v. 12 ; Lev. XIII, 5, 37, 55 ; Num. XI, 7). Le grec des Septante a traduit par pro,swpon». 45 Come già affermava Rashi (82 ,twlwdg twarqm ,!hk): «hawr $nyaX $[ydwm yna !ak ,(jy,j a״X) ״hawrh ykna ״lwaXl trmaX ,׳hawr ׳$mc[l tarqX p[״a». 46 La “pausa descrittiva” è un «ralentissement extrême de la narration, où un segment du récit correspond à une durée nulle sur le plan de l’histoire racontée» (MARGUERAT-BOURQUIN, Pour lire, 123).
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prende una velocità normale (dove il tempo del racconto equivale al tempo della storia) per aumentare ancor più con il sommario finale (v. 10a). Un simile stratagemma porta la tensione narrativa al suo acme. Infatti per mezzo dell’ultimo e autorevole giudizio di Dio (v. 10c) la complicazione sembra prendere il sopravvento sul programma iniziale (v. 1.3) sancendone il fallimento. A tirare una simile conclusione contribuisce pure l’utilizzo del numero «sette» che normalmente indica completezza. 5. Azione trasformatrice (v. 11-12)
v. 11
מוּאל ֶאל־יִ ַשׁ֮י ֣ ֵ אמר ְשׁ ֶ ֹ וַ ֨יּ
E disse Samuele a Iesse:
a b
ם ֒ ֲה ַ ֣תמּוּ ַהנְּ ָע ִרי
«Sono proprio finiti i ragazzi»?
c
אמר ֶ ֹ וַ ֗יּ
E disse: עוֹד ָשׁ ַ ֣אר ַה ָקּ ָ֔טן
d
וְ ִה ֵנּ֥ה ר ֶ ֹ֖עה ַבּ ֑צּ ֹאן
e
«È rimasto ancora il più piccolo, ed ecco sta pascolando il gregge».
f
שׁי ֙ ַ ִמוּאל ֶאל־י ֤ ֵ אמר ְשׁ ֶ ֹ וַ ֨יּ
E disse Samuele a Iesse: ִשׁ ְל ָ ֣חה
g
וְ ָק ֶ֔חנּוּ
h
ִ ֥כּי לֹא־נָ ֖סֹב ַעד־בּ ֹ֥אוֹ ֽ ֹפה׃
i
«Manda e prendilo perché non ci metteremo [a tavola] finché non sarà entrato qui»! v. 12
וַ יִּ ְשׁ ַל֤ח
E mandò
a
הוּ ֙ יא ֵ֙ וַ ִיְב
b
↑ ֑ר ֹ ִאי
c
e lo fece entrare מוֹני ִעם־יְ ֵ ֥פה ֵע ַינ֖ יִ ם וְ ֣טוֹב ִ֔ וְ ֣הוּא ַא ְד
ed egli era rossiccio, con bellezza di occhi e piacevole d’aspetto.
הו֛ה ָ ְאמר י ֶ ֹ וַ ֧יּ
E disse YHWH:
d
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Matteo Crimella ֥קוּם
e
ְמ ָשׁ ֵ ֖חהוּ
f
י־ז֥ה ֽהוּא׃ ֶ ִ ֽכּ
g
«Alzati, ungilo perché è lui»!
La domanda di Samuele a Iesse (v. 11b) introduce l’ultima azione trasformatrice che conduce alla soluzione; la questione del profeta rilancia la narrazione47 ma insieme riporta il lettore alla verità della parola pronunciata da Dio: «Samuele sospetta che ci siano ancora altri ragazzi, perché sa che la parola del Signore nel v. 1 deve essere vera»48. Ad essere sbugiardato è Iesse che non ha presentato al profeta tutti i suoi figli. Che il dialogo fra i due introduca qualcosa di nuovo lo si comprende dalla duplice introduzione del narratore (v. 11a.f) nel quale si esplicitano nuovamente sia il locutore come l’allocutore. Se la presentazione dei sette figli di Iesse e il relativo rifiuto divino avevano gettato un’ombra di sospetto sulla promessa divina e sulla missione del profeta facendo crescere la suspense, la narrazione riprende vigore per mezzo di una sorpresa che per modalità e contenuto contraddice gli indizi precedenti: Iesse ha un ottavo figlio il cui nome non è ancora esplicitato. Il ragazzo è presentato secondo il punto di vista asserito del padre come «il più piccolo»49, ora occupato nella cura del gregge come pastore. Il profeta e il lettore, a differenza di Iesse, conoscendo i criteri dati da Dio (v. 7), colgono nella presentazione del «più piccolo» il contraltare di Eliab e di Saul (cf. 9,2; 10,23), caratterizzati per l’altezza della loro statura. La stessa valenza ironica ha il riferimento al pastore del gregge: sulla bocca di Iesse denota una semplice circostanza, alle orecchie del lettore, invece, evoca una delle caratteristiche del re, pastore del suo popolo50 più che uomo d’armi. All’ordine di Samuele di convocare il giovanetto (v. 11g-i) corrisponde la pronta esecuzione di Iesse (v. 12a-b). Nel momento in cui il «più piccolo» entra51 la narrazione è al suo climax: l’intreccio di rivelazione è giunto alla sua soluzione. Ma, a dispetto delle attese, il narratore frena il racconto introducendo una descrizione (la cui velocità narrativa corrisponde a zero) e frustrando le Cf. CAQUOT–DE ROBERT, Les livres, 189. VIRONDA, Gli inizi, 274. 49 Commenta KLEIN, 1 Samuel, 161: «Perhaps we should see in the word !jqh (v 11) the connotation of “smallest”, as well as youngest». 50 Contro CAQUOT–DE ROBERT, Les livres, 189, che affermano: «La qualification de David comme “berger” a été surexploitée par certains théoriciens de la “royauté sacrée” qui voient en tout “pasteur” un titre royal». 51 FOKKELMAN, Narrative Art, 123, nota che le ricorrenze del verbo awb sono otto (v. 2h.4b.e. 5c.e.6a.11i.12b), così come (accettando la lezione della Septuaginta al v. 7d) quelle della radice har (v. 1g.6b.7b.d [2x].e.f.12c); ciò corrisponde al numero dei figli di Iesse. 47 48
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aspettative: «Ed egli era rossiccio, con bellezza di occhi52 e piacevole d’aspetto» (v. 12c). Prima di individuare la fonte enunciativa dell’apprezzamento del ragazzo occorre porre in luce le relazioni intertestuali. Due sembrano essere le allusioni reperibili nella descrizione del giovanetto. La prima allusione, legata alla bellezza/bontà (bwOj), ricorda la figura del neonato Mosè che proprio in questo modo (aWh bAj-yKi) era caratterizzato (Es 2,2). Se la bellezza di Mosè era la ragione della sua salvezza e quindi della sua crescita, la bellezza di Davide prelude ad uno splendido futuro. La seconda allusione è ad Esaù che alla nascita aveva l’inconsueto colore rossiccio (ynImod>a;) della pelle e/o dei capelli (Gen 25,25). «Due personaggi molto diversi tra di loro, ma con un importante punto in comune: ambedue hanno a che fare con il capovolgimento delle usuali graduatorie d’importanza tra fratelli. […] Forse c’è, velatamente, un gioco di personaggi, una strana somiglianza nel destino cui sono destinati, a parti invertite, questi due “rossi” protagonisti della storia d’Israele»53. Ma, al di là delle pur importanti allusioni, il lettore non tarda a cogliere la problematicità di un simile apprezzamento. Esso infatti riprende quasi letteralmente le espressioni utilizzate per tratteggiare Eliab e per offrire un nuovo modello di discernimento (v. 7b.e); il fatto poi che la descrizione del ragazzo culmini con l’espressione yairo bAj, echeggia l’importante motivo del “vedere” (har), filo rosso dell’intera narrazione, ma sembra smentire palesemente i criteri offerti da Dio per la scelta del re54. ESLINGER, prendendo le mosse da questa osservazione, afferma: «Of his [di Davide] heart, supposedly so central to the choice, the reader hears nothing at all. This selectivity of description, along 52 Sulla difficile espressione ~yIn:y[e hpey>-~[i v’è una discussione aperta. Scriveva DHORME, Les livres, 142: «La construction de ~[i avec un adjectif est difficilement admissible. Graetz et Krenkel ont proposé, chacun de son côté, de lire ~l,[, “jeune homme” (cf. XVII, 56 ; XX, 22), et cette conjecture est généralement admise. Inutile alors de recourir à une seconde correction de Krenkel qui voudrait remplacer ~[i par ~[in" “aimable” (II Sam. I, 23 ; Cant. I, 16)». Tuttavia nota KLEIN, 1 Samuel, 161: «Proposals to emend the text (e.g. ruddy and attractive; McCarter), fail to convince because of the nearly identical expression in 17:42». 53 COSTACURTA, Con la cetra, 43. Espressioni molto simili ritornano nel capitolo seguente in bocca al narratore ma, per mezzo di un décrochage sintattico, esprimono il punto di vista rappresentato di Golia: «Il filisteo guardò fisso e vide Davide e lo disprezzò perché era giovane, rosso (ynImod>a;) e bello all’apparenza (ha,r>m; hpey>-~[i)» (1 Sam 17,42). Evidente la torsione ironica delle espressioni, come ha finemente notato RABATEL, Points de vue, 22: «Le lecteur comprend en effet […] que le terme “gamin”, la mention de “la jolie figure”, à la grâce quasi féminine, tout comme celle du teint clair, qui caractérise davantage les femmes que les hommes, tout cela connote le mépris du mâle viril en son âge mûr pour un jeunot qui lui paraît appartenir sinon au monde des femmes, du moins ne pas faire partie du monde des hommes virils, et n’est, à ces titres, pas un adversaire digne de sa force». 54 La difficoltà dell’espressione è testimoniata anche dalla Septuaginta che glossa: avgaqo.j o`ra,sei kuri,w| (secondo il codice Vaticanus; il testo antiocheno legge: avgaqo.j th/| o`ra,sei kuri,ou). «Le “plus” de la LXX, “selon le regard du Seigneur”, est à mettre en relation avec l’exposition entre le regard de l’homme et celui de Dieu» (GRILLET-LESTIENNE, Premier livre des Règnes, 287).
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Matteo Crimella
with the profuse descriptors of physical appearance marks the narrator’s forceful efforts to highlight the incongruity between what God has said and what he has done. God said, ‘don’t judge according to appearance’ (marˀēhû, v 7) and then he picks David, who is good to look at (rōˀî)»55. La conclusione di ESLINGER si basa sul fatto che l’apprezzamento del v. 12c rappresenti il punto di vista del narratore. Annota infatti: «There is no indication, in v 12, that the description of David’s appearance belongs to any other than the narrator. There are no distinctive linguistic qualities in the description that suggest or allow the reader to think that this is Samuel’s view expressed through the voice of the narrator»56. Occorre tuttavia chiedersi se davvero manchino segnali linguistici che permettano di riconoscere un differente punto di vista. Unendo considerazioni di tipo sintattico secondo il metodo di NICCACCI e la teoria dei punti di vista di RABATEL del v. 12c può essere offerta una differente interpretazione. Sintatticamente v’è una proposizione nominale semplice con ruolo di commento, dunque di sfondo: all’interno di un racconto dove tutte le informazioni appartenenti al mondo narrato sono collocate nella linea principale (cioè sono caratterizzate dall’utilizzo del wayyiqtol), la proposizione del v. 12c è la sola interruzione; è l’unico décrochage dell’intera narrazione: come interpretarlo? Secondo il linguista di Lione il passaggio sintattico dal primo al secondo piano può segnalare un punto di vista rappresentato, ovverosia un punto di vista nel quale avviene una disgiunzione fra locutore ed enunciatore57. L’osservazione ben si adatta a questo caso: la frase è detta dal narratore ma mette in scena un enunciatore intratestuale, Samuele, fonte enunciativa di un punto di vista, senza che questo punto di vista corrisponda a un discorso del profeta. La parafrasi corrisponderebbe ad una sorta di monologo interiore di Samuele che il narratore riporta per mezzo di parole sue; alla percezione è dato un carattere più oggettivante, con l’effetto di mascherare il personaggio che esprime i propri pensieri58. Su questo difficile aspetto analisi sintattica e studio del punto di vista mostrano la loro feconda reciprocità. In altre parole: non è qui espresso il punto di vista del narratore (come vorrebbe ESLINGER), perché questo condurrebbe al vicolo cieco dell’incongruenza fra i criteri divini di elezione e la loro concreta applicazione; v’è, invece, il punto di vista rappresentato di Samuele il quale sino alla fine, nonostante sia guidato dal Signore, non riesce a vedere se non con gli occhi, cioè secondo quanto appare59. Fino all’ultimo il punto di vista ESLINGER, A Change, 356. ESLINGER, A Change, 356, n. 21. 57 Cf. RABATEL, Points de vue, 22-23. 58 Rifacendosi alle teoria di GENETTE, FOKKELMAN, Narrative Art, 130-131, riconosce un caso di focalizzazione interna legata a Samuele (cf. anche VIRONDA, Gli inizi, 275-276). 59 Contro VIRONDA, Gli inizi, 276, che afferma: «[Samuele è un] personaggio che funge ormai decisamente da soggetto, senza più le valenze negative dell’inizio (oppositore)». 55 56
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dell’uomo (addirittura del profeta) differisce da quello di Dio. Lo scarto persiste, senza possibilità di soluzione. Ne consegue che la narrazione nega al profeta la capacità di vedere secondo il cuore (v. 7f), riservandola unicamente a Dio che guida la vicenda dell’elezione del nuovo re60. La scelta del re è solo opera di Dio, realizzata con criteri che superano la visione umana (e pure profetica) ma che non sono ancora del tutto espliciti. L’ordine dato a Samuele da Dio (v. 12e-g) segna ancora un passaggio al punto di vista asserito del Signore: v’è un’ulteriore indicazione della differenza fra il punto di vista del profeta e quello di Dio. Infatti l’ultima e definitiva parola detta da Dio a Samuele (aWh hz- 7) 8$ %B!!- 0E_=- ,7$ !$ %d) )_ -# “Haman ' D+ B%d+ $" 0"d' &$ !$ “the couriwent out that day happy”, as opposed to Esth 3,15: 0"9B> ers went out quickly”. Formal adverbs, such as 0E&5$ and 0W"$ &) may be used adjectively in a predicative function, as appears in Job 24,7: B/"2' $" 0E&5$ “naked they pass the night”, and Ruth 1,21: ! $#! +" " '/G"- X' !4 0W"$ &) +# "f' - .+ 7' ! $#! +" ."=) sf$ %' "!' +" -# it seems that hidden is a subject complement. From direct speech, Gen 37,35 is often quoted: 2G) %$ " '/=;2 + %1 D&) %) “I shall go down to my son, mourning”. In Aramaic, the particle k,2 / ka2 introduces an adjective or participle expressing circumstance: the Targum reads: % $/2"G' %- D""%) , and the Peshitta reads:ˀe..o0 ˁal ber(y) ka2 ˀa7,l-n!. 17 A qualification of state is mostly added with a prepositional phrase, as in, e. g., Judg 8,32: !GET $ !G"$ 8) =+ X%E";, $ =1 ,E5D+ 'Q .7$ $_ -# “Gideon son of Joash died at a ripe old age”. 12
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Thoughts on Phrases and Clauses Expressing Circumstance
the manner of an action and the condition of the subject, e. g., Judg 14,9: W43 )` .# $ WM4!$ sZ" $ %' sf$ %' W43 )` .# 4PC%$ +# WM4!$ “he went on, eating as he went”; 2 Sam 3,16: !PCOJ “her husband went with her weeping”; 1 Sam 6,12 (abbr.): W6!$ JC4+ !$ /M&k$ !. ! $0&+ ]. '" .# M9 $I +# “the cows went straight on, lowing as they went; cf. also Josh 6,9 and 2 Sam 15,30. Contrariwise, a case like 1 Sam 20,37: 9P. e?J$ !() !. Z"%' !$ J!() .` .# “the man hit him, striking and wounding (him)”, focusses on the verbal activity as do cases where an adjective occupies the last slot, e. g., Gen 26,13: 4L) $I +# WM4!$ W43 )` .# “and grew more and more”, as well as the less frequent A B A’ pattern, which—except for two cases—involves the infinitive absolute ha&k6m: &D) L. %[ $# &D) L. +# 1() Z+ !. 1C" 3 4) %[ “I spoke to you persistently”. (b) More frequently, an indefinite adjective or participle is used to describe the state or activity of the object at the moment of the action. With verbs other 3 %3 +# than those of perception, the construction is rare, e. g., Josh 8,23 "9. !$ W43 $ 9$ ,C) +# “and so he did for all his foreign wives, who burned incense and sacrificed to their gods”. 18 19
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Mats Eskhult
the Canaanites who inhabited Zephath”; and Judg 8,34: the Israelites J&C+ $H %P4 $ 4"_' N. !. “who had rescued them”. ! $#! +"B/%3 “did not remember the Lord”, 1/M% However, if both subject and object are indefinite, there is no contrast between the predicative and the attributive function. Thus, Judg 1,24: Z"%' 1"&' B" + (' “the Lord saw that Leah was unloved”.27 Moreover, an adjective describing a preposed object is found in, e. g., Gen 7,1: Y";' e. "/"' %' &$ l/P+ % “thee have I seen righteous” (Authorized Version); but nor) 9. $ & $I!B4 $ %3 ,f) '` .# “and gave it to Hagar, placing it on her shoulder”. The qatal seemingly refers to an anterior action in Gen 44,12: ,PVx$ OJ. 4F) !) 4ML $TD. >k) F. +" .# !K$ (' “and he searched, having begun (a3d1&I$%U) with the eldest, he ended with the youngest”.29 In principle, the circumstantial clause does not refer to the principal verb only, it rather describes both the subject and the verbal action. Ch. RABIN, discussing the pes+q hamm!%!7 “static clause”, in 2 Sam 18,14: 1M4Z$ O+ %. O4) D+ 19) Y$ /+ '` .# "F. J*LM9 3 “he thrust them into the heart of Absalom, while he was still alive”, states that ˁ52ænn+ $ay qualifies Absalom, not the verb or the clause as a whole.30 The circumstantial clause is not easily defined. In some passages a circumstantial clause even borders on an attributive clause, since the added information refers to the nounal parts of the main clause, e. g., Gen 24,22: Fx. '` .# M4Y$ Z+ Tannaitic L9) '" ‘designate’, or biblical ! $0k$ > Tannaitic ! $*k' ‘turn (intrans.)’. The movement away from qal has been identified in Qumran Hebrew, the Hebrew of Ben Sira, Samaritan Hebrew, Tannaitic Hebrew, and Amoraic Hebrew.6 According to Zeˀev BEN-9AYYIM, the origin of the shift lies in the neutralization of the morphological difference between qal active verbs with thematic a/o-vowels (e. g., & piel is reflected also in the shift of their respective passive stems, i. e., the replacement of the qal internal passive (Gp) or of nifal by pual (Dp).12 An example of this may be seen in (d) J& +TAp ‘they were shut’ Y#wO 1"/4L J& +TAp +#
and the doors to the street were shut (Qoh 12,4)
&IA ‘shut’ is attested as a transitive verb forty-three times in qal and eight times
with passive meaning in nifal. It is found four times in piel as ‘deliver up’ and thirty times in hifil with the same meaning.13 The three occurrences of pual (Dp) “be shut” align semantically with the qal. Note that in the Hebrew Bible
10 Elsewhere in Hebrew the piel is attested in piyyutim from the Byzantine period. See Maagarim, the database of the Historical Dictionary of the Hebrew Language, at http://hebrewtreasures.huji.ac.il. 11 GORDIS, Koheleth, 353, attributes &x) F' to assonance with the two other contiguous piel verbs. The meaning of , )\%' , which occurs in piel only in this passage, is disputed (e,H% ‘hear’— denominative from , 3HP% ‘ear’?; e,H# ‘weigh’—root attested in Biblical Hebrew only in 1 '" .0 +H%P< ‘scales’?). The verb ,x) f' is a clear borrowing from Aramaic. 12 FASSBERG, Movement. 13 In some additional verses the hifil also appears to have the meaning ‘isolate’ (< ‘shut in’). See HALOT, 743b.
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The Shift from qal to piel in the Book of Qoheleth
qal, not piel, is regularly used for the closing of doors (Gen 19,6 and Jos 2,5), and, similarly, nifal is employed for the closing of city gates (Isa 45,1 and 60,11; Ezek 46,2; Neh 13,19). The piel verbs cited above occur where one expects qal and also where one expects a qal internal passive or the qal-related nifal. Though some have assigned the language of Qoheleth to a relatively early date, it has generally been viewed as post-exilic.14 These piel verbs in Qoheleth reflect the movement from qal to piel attested in Second Temple period sources, and therefore constitute additional evidence for the late date of the book. Steven E. Fassberg The Hebrew University of Jerusalem
Bibliography BEN-9AYYIM Z., “La tradition samaritaine et sa parenté avec les autres traditions de la langue hébraïque”, Mélanges de Philosophie et de Littérature Juives 3-5 (1958-1962) 89-128 (a revised version of .:7? ,u@ 0"">-,G [>?"w.] G?< #//#w2 ,?2?@> ,#w22# >27! 0" .#2"A7 2w ,#w2! .:72 !.W"@# 0"/#&7#w! 245-223). .90-1 (A?"w.) u!-uA :&T/#W ,uD @>7 052 #//#w2 ,?!wD> .#%"d7G !W".5 ,#w2? ,u@ 0"">-,G BERLIN A., The Dynamics of Biblical Parallelism, Bloomington 1985. BLAU J., Phonology and Morphology of Biblical Hebrew (Linguistic Studies in Ancient West Semitic 2), Winona Lake 2010. FASSBERG S. E., “The Movement from Qal to Piʿʿel in Hebrew and the Disappearance of the Qal Internal Passive”, Hebrew Studies 42 (2001) 243-255 GORDIS R., Koheleth. The Man and His World. A Study of Ecclesiastes, New York 31968. JOOSTEN J., “The Functions of the Semitic D Stem: Biblical Hebrew Materials for a Comparative-Historical Approach”, Orientalia 67 (1998) 202-230. KOUWENBERG N. J. C., Gemination in the Akkadian Verb (Studia Semitica Neerlandica 32), Assen 1997. KRÜGER T., Qoheleth: A Commentary (Hermeneia), Minneapolis 2004. NICCACCI A., “A Neglected Point of Hebrew Syntax: Yiqtol and Position in the Sentence”, LA 37 (1987) 7-19.
14 On the dating of the language of the book, see SEOW, Ecclesiastes, 11-21; NICCACCI, La gioia, 34, n. 18; SCHOORS, Preacher; KRÜGER, Qoheleth, 34-36.
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Steven E. Fassberg
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Gregor Geiger Erzählte Welt und wayyiqtol
Als ich damit begann, an dieser Festschrift zu arbeiten, ahnte ich nicht, daß ich schon bald den Hebräisch-Kurs von Alviero NICCACCI würde halten müssen, eines der Herzstücke des curriculums am Studium Biblicum Franciscanum. Ich benutze im Unterricht sein Vorlesungsskript1 und fühle mich dabei wie der junge David, der, in Sauls Rüstung gesteckt, darin nicht gehen konnte (1 Sam 17,39). Im folgenden einige Kieselsteinchen, mit denen ich versuche, dem Tempussystem des biblischen Hebräisch beizukommen. Mir kommt es so vor, als habe es bisher noch alle verhöhnt, die sich an ihm versuchten. Es geht in diesem Beitrag2 um das tempus wayyiqtol, und zwar im Rahmen von NICCACCIS textlinguistischem Ansatz, der auf H. WEINRICH3 zurückgreift. Ich gehe dabei von zwei Voraussetzungen aus: zum einen, daß tempora die Opposition von Erzählung und Besprechung ausdrücken können,4 zum anderen, daß diese Funktion im biblischen Hebräisch realisiert ist.5 Die hebräische Verbform wayyiqtol ist im synchronen Ansatz NICCACCIS ziemlich unproblematisch.6 NICCACCI, Sintassi (in der aktualisierten Form von 2010); dieses Vorlesungsskript ist die Fortführung des Manuskripts seiner 1986 als SBF. Analecta 23 erschienenen Sintassi del verbo ebraico nella prosa biblica classica. Dieses Werk wurde, vor allem seit es 1990 in englischer Übersetzung erschienen ist (JSOT.S 86), oft zitiert, oft diskutiert (und oft mißverstanden). Inzwischen hat NICCACCI es ausgiebig überarbeitet; die Paragraphenzählung ist beibehalten. Es bleibt zu hoffen, daß die neue Version bald veröffentlicht wird. 2 Ich danke Alviero NICCACCI für seine zahlreichen Kommentare zu einer früheren Version dieses Artikels sowie A. NEUBERT für das Korrekturlesen. 3 WEINRICH, Tempus. 4 Ich bin allerdings nicht sicher, ob WEINRICH mit seiner Überzeugung recht hat, diese Opposition sei allgemein, d. h. in allen Sprachen realisiert. Die Anwendung seiner Theorie auf das Lateinische (Tempus, 293-300) überzeugt mich nicht, und auch das moderne Hebräisch scheint diese Opposition nicht zu zeigen. 5 Die Anwendung der WEINRICHschen Textlinguistik auf das biblische Hebräisch ist v. a. im deutschsprachigen Raum teils heftig kritisiert worden (siehe auch den Beitrag von ISAKSSON in dieser Festschrift: Textlinguistics, 1.3). Ich bin mir der Problematik dieses Ansatzes bewußt (welche Erklärung des hebräischen Verbsystems ist nicht problematisch?), trotzdem bin ich nach längerer Beschäftigung mit den Thesen NICCACCIS überzeugt, daß diese Anwendung durchaus dazu beitragen kann, zu klären, was durch das hebräische tempus-System ausgedrückt werden kann. 1
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Allerdings zeigt sie einige unsymmetrische Eigenschaften: Zum einen taucht sie in seinem Schema7 an mehreren Stellen auf, zum anderen können unter gewissen Bedingungen andere Formen die gleiche Funktion haben. Diese Unebenheiten betreffen sowohl die Abgrenzung zwischen Erzählung und Rede als auch die zwischen Vordergrund und Hintergrund. Konkret geht es in diesem Zusammenhang um folgende Fragen: • Wie ist die Stellung des discorso narrativo, der „erzählenden Rede“, im Rahmen des textlinguistischen Tempussystems? Welches sind die Kriterien, um die „erzählende Rede“ von der Erzählung einerseits und von der (direkten) Rede andererseits abzugrenzen? (1.1) • Verläßt der biblische Erzähler die Rolle des Erzählers und wird zum Kommentator? Bespricht er das Erzählte? (1.2) • Warum kann wayyiqtol nicht verneint werden? Oder, mit anderen Worten, warum wird wayyiqtol mit %I2( +#)-qatal, also streng genommen mit (w-)x-qatal, verneint? (2.1) • Wie ist die Fortsetzung des Hintergrunds der Erzählung durch wayyiqtol zu werten? (2.2) Diese Unebenheiten (und ähnliche für die anderen tempora) sind m. E. einer der Gründe, warum der Ansatz NICCACCIS so kompliziert erscheint und so oft mißverstanden wird. Für die Form wayyiqtol schlage ich vor, direkt auf WEINRICHS Ansatz zurückzugreifen. Dabei haben die kleinen Unterschiede zwischen den beiden Ansätzen eine wichtige Bedeutung. Ich stelle die erwähnten Themenbereiche an Texten aus der Prosa der hebräischen Bibel dar. Abschließend streife ich die Frage nach einem Zusammenhang zwischen der Sprechhaltung „Erzählen“ und dem Modalsystem; eine Frage, die für die diachrone Erklärung der Form wayyiqtol von Bedeutung ist. 1. WEINRICHS Erzählung – NICCACCIS Narrazione [Die] Tempora der erzählten Welt […] besagen, daß nicht die Umwelt gemeint ist, in der sich Sprecher und Hörer befinden und unmittelbar betroffen sind. Sie 6 Unproblematische Eigenschaften dieser Form sind beispielsweise (GROSS, wayyiq!ol, 6): Sie ist morphologisch eindeutig zu identifizieren (zumindest wenn man vom masoretischen vokalisierten Text ausgeht), und sie steht immer am Satzanfang (zumindest wenn man den gelegentlich vorausgehenden casus pendens nicht als Teil des Satz analysiert, so NICCACCI, Sintassi, §§ 96.104). Problematisch an dieser Form ist dagegen die diachrone Einordnung, und zwar sowohl die innerhebräische Entwicklung als auch der Vergleich mit anderen semitischen Sprachen. Beides ist hier nicht mein Thema; auf letzteres gehe ich im abschließenden Abschnitt 3.3 kurz ein. 7 Eine tabellarische Zusammenstellung der Funktionen der einzelnen hebräischen Verbformen (genauer gesagt Satztypen) in NICCACCIS System findet sich bei NICCACCI, Sintassi, §§ 4.5. In dieser Festschrift ist eine Wiedergabe davon als Appendice 2 von MESSINAS Artikel abgedruckt (S. 253).
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besagen, daß die Redesituation, abgebildet im Kommunikationsmodell, nicht auch zugleich Schauplatz des Geschehens ist und daß Sprecher und Hörer für die Dauer der Erzähler [!] mehr Zuschauer als agierende Personen im theatrum mundi sind – auch wenn sie sich selber zuschauen. Diese Rede läßt die Existenz des Sprechers und Hörers aus dem Spiel.8
Anders ausgedrückt, das Erzählte hat für die reale Welt und damit für die Gegenwart, die Sprechzeit, keine unmittelbare Bedeutung. Diese erzählte Welt steht in Opposition zur „besprochenen Welt“. In ihr ist der Sprecher gespannt und seine Rede geschärft, weil es für ihn um Dinge geht, die ihn unmittelbar betreffen und die daher auch der Hörer im Modus der Betroffenheit aufnehmen soll.9
WEINRICH teilt die tempora des Verbs in zwei Gruppen ein, in erzählende und besprechende, analog zu den beiden Sprechhaltungen. Diese Sprechhaltung […] ist eine Einstellung des Sprechers, der den Hörer anweist, in welcher Rezeptionshaltung er die fragliche Textstelle aufnehmen soll.10
Somit kann er dann Texte in diese beiden Kategorien einteilen, je nach dem, welche der beiden Verbformengruppen überwiegt. Allerdings: Nicht annähernd alle Gesprächssituationen, mit denen wir es zu tun haben, lassen sich in der gleichen Deutlichkeit polarisieren. Man kann jedoch in realtypischer Aufzählung für jede der beiden Gesprächssituationen eine Reihe von Situationstypen bezeichnen, wenn man dabei die Hilfestellung literarischer Gattungen (im […] sehr weiten Sinne des Wortes) zuläßt.11
WEINRICH gibt für die Begriffe „Erzählung“ und „Besprechung“ keine exakten Definitionen. Überspitzt formuliert, sein Ansatz basiert auf einem Zirkelschluß: Erzählende tempora sind erzählende tempora, weil sie hauptsächlich in erzählenden Texten vorkommen, und erzählende Texte sind erzählende Texte, weil in ihnen hauptsächlich erzählende tempora vorkommen. Wie auch immer, ich kann und brauche hier dieses theoretische Problem nicht zu lösen. WEINRICH untermauert seine These hinreichend mit empirischen Argumenten. Auch NICCACCI gibt in seiner Anwendung der Theorie WEINRICHS auf die hebräischen Texte des Alten Testaments keine exakte Definition des Begriffs Erzählung („narrazione“ oder „narrazione storica“): As for definitions, I suppose everybody agrees on what historical narrative and direct speech are.12 WEINRICH, Tempus, 46f. WEINRICH, Tempus, 36; DE REGT, Verb Forms, 82-87, bestimmt dagegen die Funktion des wayyiqtol als „cognitive proximity“, was eigentlich das Gegenteil von WEINRICHS Sprechhaltung der Erzählung ist. Ich bin nicht sicher, ob ich ihn richtig verstehe, aber ich habe den Eindruck, seine Funktion der cognitive proximity ist ähnlich der in Abschnitt 2 (s. u.) genannten des Vordergrunds. 10 WEINRICH, Tempus, 342. 11 WEINRICH, Tempus, 36. 12 NICCACCI, Hebrew, 133, n. 10. 8 9
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La narrazione riguarda persone o fatti non presenti o non attuali nella situazione del rapporto scrittore-lettore e usa perciò la terza persona.13
Er grenzt die „Erzählung“ zum einen von der direkten Rede, zum anderen von poetischen Texten ab. NICCACCI setzt direkte Rede weitgehend mit WEINRICHS Besprechung (in der italienischen Fassung: „commento“) gleich: Direi anzi che esso [il commento] consiste essenzialmente nel discorso diretto, dato che il narratore biblico non interviene mai in prima persona a commentare ciò che sta raccontando, come accade invece nella letteratura moderna che Weinrich esamina.14
Für poetische Texte stellt er fest,
that the functions of the verbal forms in poetry are basically the same as in prose, more precisely in direct speech.15
Also ist, vereinfacht gesagt, biblische Erzählung alles außer direkter Rede und poetischen Texten. Aufgrund der Textgattungen, die in der hebräischen Bibel vorkommen, dürfte diese Aussage weitgehend stimmen.16 Es bleibt ein Rest von unsicheren Stellen: In einigen (wenigen) Fällen ist unklar, ob eine Äußerung direkte Rede ist oder nicht, in einigen (häufigeren) Fällen ist unklar, ob ein Text als poetisch oder als Prosa anzusehen ist. Schließlich bleiben zwei Gruppen von Textsegmenten übrig, für welche sich WEINRICHS und NICCACCIS Klassifikation unterscheiden, der discorso narrativo (erzählende Rede – 1.1) und der commento (Kommentar – 1.2). WEINRICH ordnet den beiden Sprechhaltungen die verschiedenen tempora in den von ihm behandelten Sprachen zu. Die erzählenden tempora im Deutschen sind beispielsweise „Präteritum, Plusquamperfekt, Konditional und Konditional II“,17 mit unterschiedlichen Funktionen innerhalb der Erzählung. Nach NICCACCIS Anwendung dieser Textlinguistik ist wayyiqtol eines der hebräischen Erzähl-tempora, und zwar mit der Funktion, den Vordergrund der Erzählung sowohl zu beginnen als auch fortzusetzen.18 Allerdings findet sich wayyiqtol auch in direkter Rede, und zwar im:
NICCACCI, Sintassi, § 7. NICCACCI, Sintassi, § 2, n. 4. 15 NICCACCI, Poetry, 247. 16 Folgende Tatsache untermauert NICCACCIS Klassifizierung: Größere Abschnitte von Prosa-Texten, die eigentlich zu besprechenden Gattungen gehören (wie Weisungen und Gesetzestexte) stehen in direkter Rede, siehe z. B. die Einleitungen dazu in Lev 1,1f oder Deut 1,1-6. 17 WEINRICH, Tempus, 18. 18 NICCACCI, Sintassi, § 39. 13 14
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1.1 Discorso narrativo (erzählende Rede) Die biblischen Erzähler sind in der Regel keine Ich-Erzähler.19 Deshalb stehen die Erzählungen in der Bibel normalerweise in der dritten Person.20 Im Unterschied dazu stehen erzählende Textteile innerhalb direkter Rede oft in der ersten Person. NICCACCI bezeichnet diese als „discorso narrativo“ oder „narrazione orale“.21 Ein Beispiel dafür ist Ri 12,2f: 2a b c d 3a b c d e f
1!" 3S 4) %[ FQ f$ ?+ '" &+ '" FY^X . 4B% $ P 48 Nicht hat Jifsrael das Land Moab noch das Land der Söhne Ammons genommen. 16a 1 '"&E $ e+ N' L1 2;." 1 =N ) 7' B/>+ /- q %Y 0"&e ' GI+ 5 „Wir ziehen von Betlehem in Jehuda nach dem Rückrand des Gebirges Efrajim, c "f$M 9+ '_ -# und schlossen auf, e R.7N ) !d$ &+ %O - 29IH ) / 0!" 1M )/I DL %Y !J )*!' +# da: hingefallen ihr Herr zur Erde, tot!
Dreimal kommt in diesen beiden Versen das Wort ! )*!' +# vor. In 24d geht ihm ein Verb des Sehens voraus (B%&+ '_ -#), ! )*!' +# beginnt die Beschreibung dessen, was 40 41 42 43
NICCACCI, Sintassi, § 71. Vgl. die Bezeichnung dieser Partikel als „Präsentativ“ (BLAU, Adverbia, 130). WEINRICH, Tempus, 47. ESKHULT, Thoughts, 113.
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die Knechte sahen. In 25e geht dem ! )*!' +# kein Verb des Sehens voraus, aber es folgt ihm die Beschreibung der Szene, die die Knechte sahen, nachdem sie die Tür geöffnet hatten (JFf$ ?+ '` .#). Weniger deutlich ist 25b. Die Erklärung ist nicht naheliegend, die Knechte hätten während des Wartens gesehen oder wahrgenommen, daß der König nicht aufschloß. Der mit ! )*!' +# eingeleitete Nominalsatz könnte also durchaus als Hintergrund-Beschreibung gedeutet werden: Sie warteten, und (gleichzeitig) schloß er nicht auf. Ich halte diese Erklärung deswegen für unbefriedigend, weil dadurch das eigentlich Nebensächliche (das Warten) als Vordergrund erzählt würde, während das für den Verlauf der Erzählung Wichtigere (der König schließt nicht auf) den Hintergrund bildet. Die Einschätzung, was nebensächlich und was wichtiger ist, mag subjektiv sein, und es ist auch nicht auszuschließen, daß der Autor aus rhetorischen Gründen Wichtiges als Hintergrund formuliert. Trotzdem schlage ich vor, diesen ! )*!' +#-Satz und die beiden anderen hier erwähnten nicht als Hintergrund der Erzählung zu interpretieren, sondern als Wechsel zur Sprechhaltung der Besprechung. 2. Vordergrund und Hintergrund der Erzählung [Es] ist […] nicht a priori zu sagen, was in einer Erzählung Vordergrund ist […]. Vordergrund ist, was der Erzähler als Vordergrund aufgefaßt wissen will. Der Ermessensspielraum des Erzählers ist jedoch auch hier durch einige Grundbedingungen des Erzählens eingeschränkt. Vordergrund ist nach den Grundgesetzen des Erzählens gewöhnlich das, um dessentwillen die Geschichte erzählt wird […]; mit einem Wort Goethes: die unerhörte Begebenheit. Von hier aus läßt sich umgekehrt bestimmen, was in einer Erzählung Hintergrund ist. Hintergrund ist im allgemeinsten Sinne das, was nicht unerhörte Begebenheit ist, was für sich alleine niemand zum Zuhören bewegen würde, was dem Zuhörer jedoch beim Zuhören hilft und ihm die Orientierung in der erzählten Welt erleichtert.44
NICCACCI übernimmt WEINRICHS Klassifizierung (Vordergrund: primo piano; Hintergrund: sfondo).45 Auf die hebräische Erzählung angewandt bedeutet das, wayyiqtol ist das Vordergrund-tempus, der Hintergrund kann durch mehrere verschiedene Konstruktionen, die unterschiedliche semantische Funktionen haben, ausgedrückt sein.46 Zwei Konstruktionen stören die Symmetrie: verneinte Vordergrundformen (2.1) sowie wayyiqtol zur Fortsetzung des Hintergrunds (2.2). WEINRICH, Tempus, 94. Einen interessanten Aspekt fügt NICCACCI in einer neueren Veröffentlichung (Integrated, 123) hinzu: “foreground constructions indicate time, while background constructions indicate aspect ”. 46 NICCACCI, Sintassi, §§ 39-50; vorsichtiger formuliert COOK, Semantics, 263: wayyiqtol drücke Vordergrund aus, dagegen seien andere Konstruktionen nicht automatisch Hintergrund. 44 45
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2.1 Verneinte Erzählung Die Form wayyiqtol kann nicht verneint werden. Diese Beobachtung kann auf zwei Arten erklärt werden: Entweder ist die Funktion der Form wayyiqtol nicht mit der Funktion „Verneinung“ vereinbar, oder eine andere Form übernimmt die Funktion des zu verneinenden wayyiqtol. NICCACCI neigt, wie die meisten, zur zweiten Möglichkeit, d. h. soll wayyiqtol verneint werden, werde es durch %P4 +#-qatal ersetzt, welches dieselbe Funktion – Vordergrund der Erzählung – habe. Ho chiamato “proposizione verbale” quella che inizia con un verbo finito e “proposizione nominale” quella che inizia con un elemento differente, escluse la congiunzione waw e le negazioni l5ˀ e ˀal.47
%P4 ist also nach NICCACCI kein Element x, der Satz ist kein Nominalsatz. Ich
habe dafür bei ihm keine explizite Begründung gefunden. Es gibt Gründe, die eine solche Analyse möglich machen: In verschiedenen Sprachen finden sich Verbformen, die, wenn sie verneint werden sollen, durch andere ersetzt werden, z. B. der lateinische oder der italienische Imperativ oder die arabische Verbform faˁala – lam yaf ˁal (Apokopat). Man mag auch noch die äthiopische Verneinung ˀi- anführen, die sich proklitisch mit der Verbform verbindet, die also als eine Einheit mit ihr aufgefaßt werden kann. Außerdem ist es in vielen Sprachen (z. B. Deutsch oder Italienisch) möglich, die Erzählzeit im Vordergrund zu verneinen, so im folgenden Beispiel (Gen 31,34), dem ich die Übersetzung von NICCACCI hinzufüge.48 34d 4!3 % P = !B4 $ (B/ $ %3 ,O5 $ 4$ Z]: ) ;2 ' %1 0"af+ran ra$,man ‘God is merciful’ (Sura 4:96, etc., FISCHER, Arabic, § 181 b, n. 2). The statement in Isaiah 52,7, m!lak ˀæl5h!yik ‘Your God reigns as king!’ (BLENKINSOPP, Isaiah, 338) is as eternal as the Arabic example and represents an aspect with a definitive nuance.5 In such instances the Vsuff expresses an established fact. The intensive function of VprefS, and in a parallel development in the separate Westsemitic languages the Vsuff with varying diachronic pace superseded VprefS as a narrative gram. As for Aramaic this development was completed already in Imperial Aramaic; traces of a perfective narrative VprefS are found only in the earliest Aramaic inscriptions (Tel Dan 2.3; KAI 202, A11; cf. TROPPER, wyqtl). In another Central Semitic language, Arabic, in the attested stages, the Vsuff gram has taken over the perfective narrative functions only in affirmative clauses, whereas in the more conservative negative clauses VprefS is still productive (lam yaqtul).
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prophetic utterance is another use of the Hebrew stative/resultative Vsuff, often inadequately called “perfectum propheticum” (criticized by GZELLA, Sprachen, 75), for which the pragmatic context usually triggers a future connotation: Is 9,1 h!-ˁ!m ha-h5l=k,m ba-$o&æk r!ˀ+ ˀ5r g!d5l ‘Das Volk, das durchs Dunkel zieht, sieht ein großes Licht’ (WILDBERGER, Jesaja I, 363),6 and Is 52,7 m! n!ˀw+ ˁal-hæ-h!r,m ragl6 m=ba((6r ‘How welcome on the mountains are the footsteps of the herald’ (BLENKINSOPP, Isaiah, 338).7 Since VprefL can also express the future, this future meaning of the ‘prophetic perfect’ can be regarded as an example of “the tendency for prophetic discourse to use archaic language” (ANDERSEN, Evolution, 55). Verbal grams may have, and often also have, multiple aspectual meanings (cf. SANDE, Perspective, 373).8 If we detect multiple meanings of a specific gram, then this indicates that the “uses are in a diachronic relation” (BYBEE, Evolution, 194).9 A resultative meaning usually represents the first (prototypical) step in such a development.10 Resultative grams like the Westsemitic Vsuff tend to develop into ‘anteriors’ or ‘perfects’ (ISAKSSON, Circumstantial qualifiers, 132f; ANDERSEN, Evolution, 9). The anterior meaning of the Vsuff is widely acknowledged in Hebrew grammar and will need no further comment here. The “next development for anteriors along their diachronic path is the change from anterior to past or perfective”. A “perfective presents the situation described by the clause as having temporal boundaries, as being a single, unified, discrete situation”. It is not at all limited to past events. A present event may be viewed as bounded in a performative utterance with the Vsuff, an ex5 For the “ ‘gnomische’ Gebrauch von SK im Hebräischen”, see KOTTSIEPER, Verbalsystem, 70. 6 ‘The people that walks through darkness sees a great light!’ 7 As ANDERSEN, Evolution, 55, points out, this meaning of Vsuff with future time reference is archaic rather than secondary. TROPPER, Aspektsystem, 182f, calls a gnomic shade of this stative aspect, “SK für perfektiv-gnomische Sachverhalte” in accordance with his (uncalled for) efforts to explain all meanings of Vsuff as ‘perfective’. 8 V. D. SANDE refers to ANDERSEN, Evolution, who in his turn refers to BYBEE, Evolution. 9 This achievement of the last decades of empirical linguistic research on the languages of the world is amply described and elaborated by ANDRASON, who calls the method “the panchronic model” (Panchronic yiqtol, 20). Any gram develops according to strictly determined general linguistic rules codified in functional paths: it acquires new values that correspond to subsequent stages. The “meanings that are synchronically provided by a gram reflect such well ordered unidirectional and successive diachronic stages” (ibid., 19). 10 This means that the structuralistic approach must be modified somewhat. Grams may possess meanings of their own, even meanings that overlap the meaning of other grams. At the same time a gram is certainly exposed to the influence from the meanings of the other grams in a verbal system. Classical Hebrew possessed, for example, two grams able to express the perfective aspect, the old perfective VprefS (especially in the syntagm “wayyiqtol ”), and the relatively new perfective Vsuff. This lead to a gradual development towards a system with only one perfective in postbiblical Hebrew, Vsuff, while VprefS retained only one of its previous meanings, the so-called “jussive”.
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ample of which is the prophetic quotative frame k5 ˀ!mar YHWH ‘thus says YHWH’ (DOBBS-ALLSOPP, Performatives, 44). Even future events can be viewed as bounded, for example expressing an ‘immediate future’ (BYBEE, Evolution, 133.83.81; ISAKSSON, Circumstantial qualifiers, 134, example 137). This development must have occurred early in Westsemitic since it is attested already in Ugaritic and in Amarna Canaanite as well as in standard biblical Hebrew. The ‘perfective’ meaning of the Vsuff gram in classical Hebrew is not as frequent as is often suggested, since it meets overwhelming competition by another perfective gram in Hebrew, the Proto-Semitic and even Afroasiatic VprefS (‘short yiqtol’, ISAKSSON, Circumstantial qualifiers, 125f).11 Thus the Vsuff gram in classical Hebrew exhibits three basic meanings: stative/resultative, anterior, perfective. Which meaning to read in a specific passage must be inferred from the immediate pragmatic and linguistic context. 1.1.2 VprefS Hebrew inherited its short prefix conjugation gram (VprefS) from Proto-Semitic. This grammatical morpheme may be used with three basic meanings: as a general present, as a modal expression (‘jussive’), and as a narrative perfective. It is hard to explain the diachronic relations between the three meanings without supposing that the prototypical (original) meaning somewhere back in Afroasiatic times must have been a general present (ISAKSSON, Circumstantial qualifiers, 125 f).12 A general present may develop narrative functions and become a perfective, which is a meaning widely attested in Afroasiatic, including Akkadian and Northwest Semitic. A general present may also take modal nuances.13 Biblical Hebrew has retained all the three basic meanings of the VprefS gram. It is one of the merits of Josef TROPPER’s article (Aspektsystem) on the ancient Hebrew verbal system to have made plausible that the short Vpref is more widely used in classical Hebrew as an indicative gram than is usually understood, and “can be used in different temporal frames of reference” (BLOCH, The dominance of the VprefS in the storyline of my corpus text (Judges) made me disregard in my previous study the less conspicuous perfective uses of Vsuff in classical Hebrew (ISAKSSON, Circumstantial qualifiers, 134). 12 The VprefS is certainly not a past tense as is often maintained (“preterite”); see for uses as a present tense, GROSS, Verbform. The temporal reference was determined by the context and not the presence or absence of the morpheme way (BLOCH, Perfective, 36, quoting CROSS and FREEDMAN). The less conspicuous and often neglected general present meaning of VprefS in Central Semitic is presumably a case of semantic bleaching of the prototype meaning, or of the prototypical meaning becoming more peripheral. As a result the prototype meaning becomes less salient. DAHL calls such grams “doughnut grams” (DAHL, Tense-aspect, 10). 13 The general present is often overlooked, but attested also in Akkadian with performative functions and gnomic meanings. Exactly the same meanings are found also in biblical Hebrew (TROPPER, Aspektsystem, 158.172-174). 11
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Perfective, 38). This was true also of Ugaritic, Old Canaanite (Amarna) and Old Aramaic (TROPPER, Aspektsystem, 162.172ff.177; for Aramaic also TROP14 PER, wyqtl; MURAOKA, Tel Dan, 20; KOTTSIEPER, Verbalsystem, 61). The normal syndetic form of the narrative VprefS gram is the way-VprefS (‘wayyiqtol’) syntagm. During the Masoretic reading tradition the syndetic mark of narrative VprefS became differentiated from the syndetic mark of other uses of Vpref.15 Way-VprefS became the form of syndetic VprefS in narrative, while in other functions the syndetic VprefS was read with the current form of the conjunction (w=- < wa-), with the consequence that the two morphemes (w= and way) came to be used in complementary distribution and thus should be regarded as allomorphs rather than distinct morphemes.16 In early Hebrew poetry there is a fairly ‘free’ use of asyndetic Ø-VprefS and syndetic way-VprefS (GIANTO, Guessing, 182; BLOCH, Perfective, 34.67), but in narrative prose the asyndetic forms were no more productive. This stylistic tendency to use fronted syndetic VprefS forms in the storyline of narrative prose is attested also in other ancient Northwest Semitic languages. The w-yqtl construction in ancient inscriptions has even been adduced as a “proof” of a “conversive” waw also in Aramaic. In reality it is an indication of an oral narrative style which uses syndetic clauses with a fronted verb form, a tendency which ancient Hebrew shared with the other languages in its Northwest Semitic setting (TROP14 As KOTTSIEPER notes for Old Aramaic: “Besonders auffällig ist, daß die erzählenden PKK-Formen auch ohne einleitendes w gebraucht werden können”. He also observes that “das w fehlt gerade an den Stellen, wo die berichteten Ereignisse in einem besonders engen Folgeverhältnis stehen” (Verbalsystem, 61). As we have observed in ISAKSSON, Qualifiers, 117-118, syndesis with w is essentially a neutral marking of a clause juncture. The absence of this mark (= ‘asyndesis’) usually indicates a closer and more immediate semantic connection to the preceding clause. 15 The “retracted stress in wayyiqt5l forms was a late secondary development” (ANDERSEN, Evolution, 21, referring to REVELL, Stress, 443). 16 The gemination after wa- needs no further explanation, since it represents a widespread phonetic phenomenon in biblical Hebrew, cf. the gemination after ma in may-yihy+ $al5m5t!w ‘What comes of his dreams’ Gen 37,20. The distinction between the way- and w=- readings of the syndesis marker is probably a Masoretic innovation. This hypothesis is supported by the Secunda column in Origen’s Hexapla and by the Samaritan reading tradition (SANDE, Perspective, 221-232.370; TROPPER, wyqtl, 636). This means that the way/w= difference originated in the MH period (thus SCHÜLE, Syntax, 129.106, note 1). In ancient Hebrew there was no distinction between a way-VprefS and a we-VprefS (SCHÜLE, Syntax, 101). The specific way-pronunciation of the syndesis mark came to distinguish the narrative function of VprefS in a time when the linguistic instinct had ceased to grasp the ancient verbal syntax, in particular the distinction between VprefS and VprefL. It goes without saying that such an innovation introduced an element of grammatical analysis in the Masoretic pronunciation, which must have led to mistakes in less conspicuous passages, since in their native linguistic competence they knew of only one yiqtol and since the verb for them expressed tense, not aspect (SANDE, Perspective, 231). TROPPER, Aspektsystem, 164ff, points out many instances where the Masoretic distinction between long and short Vpref is inconsistent. Linguistic investigation remains to be done in order to establish the cases when the Masoretic linguistic instinct failed on this point.
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Aspektsystem, 168; DEGEN, Altaramäische Grammatik, 114, note 21; PIETSCH, Tempus, 165). The way morpheme—so often called ‘consecutive waw’—did not in itself express sequentiality, progression in the narrative was instead a property inferred from the narrative pragmatic and textual context, which is shown to have been the case already in the earliest Westsemitic inscriptions (SCHÜLE, Syntax, 105). Ancient Hebrew was a mainstream language among other adjacent Central Semitic languages.17 In poetry both short and long Vpref may occur in initial as well as noninitial position of a clause as can be seen in Ps 18 in comparison with its parallel in 2 Sam 22.18 In such contexts—and they include prophecy—VprefS is syntactically free (TROPPER, Aspektsystem, 187). In prose there are certainly more instances of perfective Ø-VprefS than has previously been acknowledged,19 but it is nevertheless easy to observe that in narrative a fronted syndetic way-VprefS became the stylistic norm.20 The Masoretic reading tradition developed a secondary distinction between way and w= to help distinguish a narrative way-yiqtol (VprefS) from an imperfective w=-yiqtol (VprefL; ANDERSEN, Evolution, 20). In a prophetic pragmatic context the reference of a wayVprefS may be future, as in Is 9,5 where two introductory prophetic resultative Vsuff with future reference (yullad ‘is born’ and nittan ‘is given’) are elaborated by a short narrative with two VprefS (wat-t=h, and way-yiqr!ˀ, here enclosed within {…}): k, yælæd yullad-l!n+ b6n nittan-l!n+ {wat-t=h, hammi(r! ˁal-&ikm-5 way-yiqr!ˀ &=m-5 pæl8ˀ y5ˁ6%} ‘For to us a child is born, to us a son is given {and the government will be on his shoulders. And he will be called Wonderful Counsellor}’ (NIV). This function of the VprefS to ‘elaborate’ or ‘expand’ a preceding clause by adding a short non-past narrative is quite common in poetry, as in Job 3,23, where the narrative elaborates a nifal participle and functions as an attribute in clausal form, l=-gæbær ˀa&ær dark-5 nist!r! {way-y!sæk ˀæl5ah baˁad-5} ‘(Why is light given) to a man whose way is hid {and God hedges him in}?’21 Such way-VprefS forms are usually narra-
17 For a discussion of Central Semitic, which included also Arabic, see HUEHNERGARD, Central Semitic. 18 The comparison is valuable since it proves that some asyndetic “indicative” Vpref in Ps 18 are in reality short forms, since they in 2 Sam 22 are syndetic with the reading way-VprefS. 19 t=subb8n! in Gen 37,7 w=-hinn6 t=subb8n! ˀalumm5t6-kæm wat-ti&ta$aw8n! la-ˀalumm!t-, ‘and your sheaves gathered around mine and bowed down to it’ is almost certainly such a case. It is not convincing to analyse t=subb8n! as a VprefL, since the two clauses are clearly coordinated (VprefS + way-VprefS). 20 Sentence-initial position was the norm for past perfective VprefS also in Phoenician, which however did not require the grams to be syndetic (KRAHMALKOV, Phoenician-Punic, 292). 21 As an Arabic fa-Vsuff can (“Häufiger noch als u̯a steht fa vor Sätzen, die einen vorhergehenden erläutern”, BROCKELMANN, Grundriss II, § 302 e, cf. WALTISBERG, Satzkomplex, 29).
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tive in some sense, but they do not necessarily express past time, and they do not always code a main storyline. 1.1.3 VprefL The long prefix conjugation is the imperfective gram in biblical Hebrew (ISAKS22 SON, Circumstantial qualifiers, 136ff; TROPPER, Aspektsystem, 178ff). Phonological changes have partly obscured the morphological difference between the short and long Vpref, but at the time when the classical Hebrew texts were created the native linguistic competence could still differentiate between the two (GIANTO, Guessing, 182). It is only to be expected that during the time of the Masoretic textual tradition the linguistic instinct for the distinction was lost in some passages and we therefore now and then encounter a long form when we expected a short and vice versa. For the same reason we sometimes encounter a w=- conjunction in cases when we would expect a ‘narrative’ style way-Vpref. It will be a task of Hebrew scholarship to investigate the use of distinctly short Vpref (‘VprefS!’) and the use of distinctly long forms (‘VprefL!’) and then, taking these cases as points of departure, distinguish between the grams also in cases when the forms coincide morphologically (the cases of ‘VprefS*’ and ‘VprefL*’). This is not something entirely new. Biblical scholars in all times have been able to distinguish between a ‘jussive’ Vpref and an ‘indicative’ Vpref when the two have an identical form, or discern a ‘jussive’ Vpref, even when the ‘jussive’, against the rule, exhibits a distinctly long form (JOÜON-MURAOKA, p. 347, n. 3).
22 As it was also in Ugaritic (TROPPER, Sachverhalte, 157). TROPPER, Aspektsystem, 157ff, shows that there were two categories of the prefix conjugation in practically all ancient Semitic languages. The central Semitic long form was yaqtul-u as can bee seen in Ugaritic and classical Arabic, while Akkadian, Ethiopic and modern South Arabian have the formation iparras. Functionally yaqtul-u and iparras seems to have been identical, both expressing the imperfective aspect (ibid., 159). The “apocopation” of the VprefS in the verb class III.inf. seems to be a later phenomenon, necessitated by the phonetically triggered fall of short final vowels, which threatened to wipe out the distinction between short and long Vpref. The tendency to apocopate VprefS forms of verba III.inf. remained a strong tendency and was never complete, which means that many “long” Vpref of verba III.inf. should be analysed as short (ibid., 167; JOÜON-MURAOKA, § 79 m). The nature and origin of the imperfective VprefL is analysed in a methodologically ground-breaking article by the linguist ANDRASON, who points out that “the semantic potential of a gram at a given point in time is typically an amalgam of the meanings up to that particular moment in time” (Panchronic yiqtol, 23).
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1.2 Subordination in biblical Hebrew Hebrew is poor in specific subordinating conjunctions. Subordination of clauses is most often expressed by other syntactical means than a conjunction (NYBERG, Grammatik, § 30 c).23
Hypotaxis is defined by HALLIDAY as “the binding of elements of unequal status” (Introduction, 198). It was one of the results of ISAKSSON, Qualifiers, that subordination is often marked in Hebrew and Arabic by a shift in the basic clause structure, “CQ-marking: a pattern of ‘tense-switching’ ” (ibid., 121). It is true that subordination is sometimes marked by a subordinating conjunction, but such conjunctions play a role only in a minor part of the massive interplay between main and subordinate clauses in classical Hebrew.24 As in early Romance literature with its roots in an oral tradition, “narrative subordination seems to be handled in large part through manipulation of categories of the verb within a predominantly paratactic main-clause structure” (FLEISCHMAN, Discourse, 869). Subordination being defined as a shift to a clause with unequal status (in comparison with a head clause) is in Hebrew usually signalled by a ‘switch’ of clause type (ISAKSSON, Circumstantial qualifiers, 121f). Thus, what determines hypotaxis is a contrast between two clauses, rather than any specific inherent ‘subordinate characteristics’ within the subordinate clause itself. Hypotaxis signifies a relation. Any full-fledged (not ‘desententialized’) subordinate clause can be used as a main clause in another context, provided it lacks a subordinating conjunction.25 There is no specific group or class of subordinate clauses in biblical Hebrew (ibid., 4, 13-14).
“Hebr. är fattig på underordnande konjunktioner i egentlig mening. Satsers underordning uttryckes oftast med andra syntaktiska medel än en konjunktion.” The same observation was recently done by BLOCH, who points out that “clauses logically dependent on a main clause are often connected to that clause asyndetically or with the conjuction w-, rather than with a formally subordinating conjunction” (Perfective, 40, note 26). 24 It seems that in early stages of central Semitic an enhancing subordinate clause could sometimes facultatively be fronted by a subordinating conjunction in order to avoid ambiguity. In some instances the subordinating particle can be regarded as an additional way of signaling the subordination. In such cases hypotaxis became doubly marked: by the structural status-shift (e. g., by a ‘gram-switch’) in relation to the head clause and by the conjunction. Most subordinating particles in addition signify a specific semantic relation to the head clause. It is possible that in later diachronic stages, a) use of a conjunction became increasingly obligatory for the reader to perceive the subordination, b) the conjunction could be the only signal of the subordination (without a shift in the basic syntactic structure in relation to the head clause). 25 It should be emphasized that the kind of hypotaxis in focus here is the subordination MATTHIESSEN and THOMPSON call ‘enhancing hypotaxis’ (Discourse, 283; ISAKSSON, Circumstantial qualifiers, 3-4). In spite of MATTHIESSEN and THOMPSON’s reluctance to the term ‘subordination’ (ibid., 286), we have decided to use this term to include also this extremely common type of hypotaxis. 23
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Decisive for the clausal status in Hebrew is the verbal gram in the clause (VprefS, VprefL, Vsuff, IMP, PA, VN), or the absence of such a gram (NCl). Desententialized clauses with participles and infinitives are often involved in hypotactic clause combining, in which case they usually—but not always— function as subordinate clauses, and then in the dependent case (ISAKSSON, Circumstantial qualifiers, 15-18). Desententialized clauses always represent a shift of clause type in relation to a finite clause. The subordinate clause may precede or succeed the head. The most frequent case is a fronted head clause with the ‘satellite’ following. Thus, classical Hebrew exhibits a limited number of basic clausal oppositions signaling subordination: Vsuff/VprefS, Vsuff/VprefL, Vsuff/NCl, VprefS/Vsuff, VprefS/VprefL, VprefS/NCl, VprefL/Vsuff, VprefL/VprefS, VprefL/NCl, VprefS/PA, VprefS/VN, IMP/Vsuff, etc. In spite of the limited number of basic clause types, the number of combinations is considerable, each with its own unique semantic contribution to the textual web.26 Other properties of a clause, like word order and the presence of adverbs, are important for expressing topicalization and making the temporal reference explicit. But they do not affect the status of the clause in HALLIDAY’s sense. A fronted clause constituent, like an initial subject, does not cause a shift of clausal status. Subordination in biblical Hebrew is often coded as a gram-switch from one clause to the other.27 Detecting subordination is not a question of identifying a 26 Examples of wp-Vsuff clauses being subordinate to a way-VprefS clause are discussed in PIETSCH, Tempus, for 2 Ki 23,4-15. Such wp-Vsuff clauses are “koordinierende Perfekta” that “jeweils den Handlungsprogress unterbrechen und eine Begleithandlung oder Umstandsangabe zur Haupthandlung einführen” (177.175). This type of subordinate clause relations are found also in the most ancient Hebrew inscriptions. SCHÜLE, Syntax, distinguishes three main subordinate functions of wa-Vsuff clauses in the inscriptions, 1) Vsuff may express circumstances that occur before the main clause: wˀnk mlkty ˀ$r ˀby wˀˁ( hbmt zˀt ‘[Und ich wurde König nach meinem Vater.] Da errichtete ich diese Kulthöhe’ (KAI 181, 2-3); 2) Vsuff may express the consequence or result of the main clause: wˀrˀ bh wbbth wy(rˀl ˀbd ˀbd ˁlm ‘Da triumphierte ich über ihn und über sein Haus. [Und (so) ging Israel auf immer zugrunde]’ (KAI 181, 7); 3) Vsuff may code a state that is concomitant with the main clause wyq%r ˁbdk wykl wˀsm ‘Da erntete dein Knecht und maß ab, [während/wobei er den Speicher füllte]’ (MHas(7):1, 4-5; RENZ-RÖLLIG I, 324-325; translations by SCHÜLE). SCHÜLE’s conclusion for the Hebrew inscriptions is that it is not possible in such cases to take a ‘basic meaning’ of Vsuff and then try to describe how this meaning is applied to the clause- and text-levels. On the contrary, the meaning of the Vsuff clause must primarily be deduced from the context of the clauses to which it belongs. The meaning of the Vsuff in the syntagm we-Vsuff should not be explained in connection with the prefixed w=. The main difference is instead found between the use of the Vsuff in independent clauses, and its use in subordinate clauses where it serves “zur Angabe von Voraussetzungen, Nebenumständen und Folgen”. Hebrew has only one Vsuff conjugation, not two. There is no “perfect consecutive”. “Mit ihrer stativischen Funktion ist dabei ein Syntagma erhalten geblieben, das noch zum ältesten Bestand des Semitischen gehört und damit ein archaisches Element gegenüber anderen westsemitischen Sprachen wie dem Phönizischen, Aramäischen oder Arabischen darstellt” (SCHÜLE, Syntax, 129-130.132.182).
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specific type of subordinate clause structure. Apart from a possible initial subordinating conjunction and nominalized constructions, there are no specific ‘subordinate’ clause types. A noun clause can be a main clause or a subordinate clause. A Vsuff clause may be subordinate or not, and the same holds for a VprefS clause and a VprefL clause. The heart of the matter is the relation between a head (matrix) clause and a clause with unequal status, marked by a gram-switch or with a switch to a noun clause or a nominalized clause. Since a subordinate clause frequently lacks an initial subordinating conjunction, the specific semantic relation to the head clause often remains unexpressed and must be inferred by the listener (and reader) from the immediate context (ISAKSSON, Circumstantial qualifiers, 7.10.14.19.23). When a subordinate clause has an initial subordinating particle, the linking between head and subordinate clause in many cases retains the shift of clause structure,28 which means that a conjunction like k, often functions as an additional (redundant) mark of the hypotaxis, supplied for the sake of clearness. A conjunction may also be added in order to make explicit the semantic subordinate relation to the head (final, concessive, causal, temporal, comparative, etc.). It is a fundamental weakness of the current scholarly discussion on the Hebrew TAM system that the concept of subordination, so important in general linguistic theory, has been practically neglected, as if it played no significant role at all in the unceasing shifts of grams in biblical Hebrew clause syntax.
This observation is made also by TROPPER, wyqtl, 643, who puts forward Ugaritic examples of the type qm y0ˁr / wy&l$mnh ‘he rised in order to prepare (food) and give him to eat’ (KTU 1.3.I:4f) and says, “In diesen Syntagmen wird jeweils eine präteritale SK-Form von zwei PK-Formen gefolgt. Letztere sind – wegen des Wechsels von SK zu PK – sehr wahrscheinlich hypotaktisch an die jeweils vorangehende SK-Form angeschlossen”. Note in this example that the subordination is marked by the shift Vsuff/VprefL, and that the first subordinate clause is asyndetically joined to the head clause. There is no subordinating particle that signals the semantic relation (‘in order to’) which is inferred from the context. The two VprefL clauses are both subordinate to the initial Vsuff clause, but mutually coordinated (the two are paratactically joined). Note also that the two subordinate clauses in another context could have been normal main clauses. The only signal of the subordination is the relation between the clause and the subordinate clauses, marked by the gram-switch Vsuff/VprefL. TROPPER, wyqtl, 643, also gives an example from Akkadian epic of an iparras that is subordinate to a preceding iprus (VprefS + [VprefL]). For pre-classical Arabic NEBES observes that a switch from Vsuff to VprefL marks “Umstandssätze der Gleichzeitigkeit”, and that in this clausal relation “aus der syntaktischen Tempusmarkierung die syntaktische Unterordnung resultiert” (NEBES, Satzschema, 80f, syndesis with wa and fa). 28 There are certainly cases when the conjunction alone marks the subordination (without a shift clause type). 27
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1.3 The question of text types Biblical Hebrew text types like narrative prose, poetry, prophecy, direct speech, etc. are often treated in the scholarly debate as if each type would exhibit its own grammar. It is one of the merits of Tania NOTARIUS’ article “Poetic discourse and the problem of verbal tenses in the oracles of Balaam” (2008) to have questioned this unlinguistic approach. Her bold attempt to analyse a poetic (and prophetic!) text, the Balaam oracles, with the same methods as for narrative prose is commendable. She maintains that “the verbal forms in the poetic text should be analyzed according to the same universal semantic and pragmatic parameters as in any type of text” (ibid., 56). This is also the point of departure of the present author (cf. ISAKSSON, Circumstantial qualifiers, 38). In a crosslinguistic perspective we expect a prophetic text to require the same linguistic competence and exhibit the same grammar as found in narrative prose. The verb system “is grounded upon a uniform grammatical substratum, both for prose and for poetry” (KORCHIN, Markedness, 338). Poets wanted to get through with their message, and used the same language and the same grammar as in prose, though possibly within a higher register. Otherwise they would not have been understood by their contemporaries. “Poetry shows preferences in its selection of grammatical forms from general grammar. It differs from prose texts in its selections, but not in its grammatical system” (TALSTRA, Reading, 125, quoted from NOTARIUS, Poetic discourse, 55). NOTARIUS also questions the common notion of parallelism, the gramswitchings of which often have been “explained” as a “poetic device” (which is not an explanation anyway). She maintains that parallelism “has no decisive influence on the semantic value of the verbal categories” (ibid., 55.59). The gram-switchings so commonly encountered in poetry have another function. They express something. They are not only a poetic device as will be demonstrated in the present article. The advantage of the textlinguistic approach outlined above is that it works in all text types. There is no need to work out a separate grammar for poetry, nor for prophetic texts. 2. Subordinate structures in Isaiah 52,13–53,12 The prophetic utterances about the suffering servant of YHWH leave the modern reader in doubt about the historical and temporal reference of the text. In many other cases of prophetic speech the pragmatic context indicates to the listener that a future reference is to be inferred, regardless of the use of a “prophetic” Vsuff, a “prophetic” VprefS, or a “prophetic” VprefL. But in the case of the 177
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suffering servant we simply do not know whether he is a historic personality among the contemporaries of the prophet or belongs to a prophetic future. Does the prophecy refer to a future ideal personality? Most translations and commentaries tend to emphasize a past historical setting within the lifetime of the prophet.29 They prefer a past reference for most of the prophecies on him, instead of the also possible present or future. This will be the approach also in the present article. A decision for the one and the other possibility will not affect the conclusions in the article. In some instances of Isaiah 52,13-53,12, however, a future reference is plausible, as in 52,13, where what can be described as the “prophetic main line” is coded by distinctly long forms of the prefix conjugation (VprefL!):30 (1)
Pattern: VprefL! + VprefL! + [Vsuff + Vsuff]
LP% .T '0 nigga( [w=-h+ˀ naˁan8 [w=-l5ˀ yipta$-p,w]] [ka(-(8 [la'-'æba$ y+b!l]] [+-k=r!$6l [lipn6 g5z=z8-h! næˀæl!m!]] [w=-l5ˀ yipta$ p,w] (Is 53,7) he was oppressed [yet being submissive [in that he opened not his mouth]], [being like a lamb [when it is led to the slaughter]], [like a ewe [being silent before her shearers]] [without opening his mouth]
In Isaiah 53,7 the prophetic main line continues in Is 53,7 with only one word, the Vsuff clause nigga(. The rest of the verse is a series of clauses that in different ways enhance this nigga(. Three of them are mutually coordinate and represent the first level of subordination in relation to nigga(, coded by the contrast Vsuff/NCl: ‘he was oppressed [being …] [being …] [being …]’. Below we discuss these three noun clauses and their satellites. 42 It is certainly also possible, as BLENKINSOPP, Isaiah, does, to translate with an anterior aspect, ‘We had all gone astray like sheep’. The real semantic difference is very slight in this case.
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NCl 1. w=-h+ˀ naˁan8 is a noun clause with a subject pronoun and nifal participle as predicate. The participle is formally a PA but the nifal conjugation makes it semantically equivalent to a passive participle and an adjective. While the head clause nigga( tells about the objective course of events (‘he was oppressed’), w=-h+ˀ naˁan8 describes the inner attitude of the servant when he was oppressed (or abused): ‘being submissive’. This noun clause is itself further enhanced, which is coded by a switch NCl/VprefL*, in which the clause [w=-l5ˀ yipta$ p,w] adds a significant detail of the submissive attitude, an aspect of the naˁan8: ‘not opening his mouth’. The imperfective VprefL gives the clause a nuance of durativity or endurance: while being submissive the servant never opened his mouth. NCl 2. ka(-(8 is a noun clause in which only the predication is coded, while the subject h+ˀ—explicit in the preceding circumstantial clause w=-h+ˀ naˁan8—is dropped as understood, ‘(he is) like a lamb’, the ‘he’ of course referring to the subject of the main line nigga(. This first level subordinate clause (ka(-(8) is qualified by a VprefL clause [la'-'æba$ y+b!l], which could be taken as an asyndetic relative clause: ‘which is led to the slaughter’. The analogical structure of the preceding two clauses, in which the w=-l5ˀ yipta$ p,w cannot, because of the w=, be analysed as a relative clause, speaks in favour of taking also la'-'æba$ y+b!l as a circumstantial: ‘when it is lead to the slaughter’. The imperfective VprefL here expresses the process of being lead (unfinished action). NCl 3. +-k=-r!$6l is a noun clause of the same type as ka(-(8, with an understood subject pronoun, ‘(he is) like a ewe’. In relation to the head clause (nigga() it takes a subordinate meaning, ‘(being) like a ewe’, the subordation being coded by the contrast Vsuff/NCl. The noun clause is further qualified by a Vsuff clause (lipn6 g5z=z8-h! næˀæl!m!), in which the nifal 3fs Vsuff (næˀæl!m!) is close to a stative: ‘she is silent’. The contrast NCl/Vsuff creates a subordination that expresses the attitude of the ewe while being sheared, ‘being silent before her shearers’. The last clause in Is 53,7 is a repetition (w=-l5ˀ yipta$ p,w) and seems unnecessary. It is doubted by BHS and many commentators, probably with justice (DRIVER, Servant, 94). If original, as BLENKINSOPP, Isaiah, 347, maintains on the basis of LXX, Vulgate and the Qumran Isaiah Scroll 1QIsaa, it cannot refer to the r!$6l (feminine), nor possibly to the subject of nigga( (which is already qualified by such a clause), and a reference to (8 would be even more far-fetched. The only solution, if original, is that it is a repetition that summarizes the preceding subordinate clauses as ‘in a nutshell’, being directly related to nigga( with the contrast Vsuff/VprefL.
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In Isaiah 53,8 the prophetic main line is resumed by a Vsuff luqq!$ (with pausal reading). (11) Pattern: Vsuff + [VprefL + [k, + Vsuff]] M$ 9$ Ab.r:w> aK'l.m; !AhB. wyTiv.aiw> e bevvero in essi il re, i suoi dignitari, le sue mogli e le sue concubine
4a ar"m.x; wyTiv.ai Bevvero vino b an"b.a;w> a['a' al'z>r>p; av'x'n> aP's.k;w> ab'h]D: yhel'ale WxB;v;w> e lodarono gli dei d’oro e d’argento, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra
La prima forma verbale di questa sequenza (3b) è un waw-qetal in stretta relazione con il precedente costrutto di PP (3a). L’autore in 4a riprende la stessa notizia appena data e aggiunge che il re e i suoi ospiti lodano i falsi dei. La ripetizione del verbo pone l’accento sull’ubriachezza del re10, ma la mancanza del waw in 4a serve a creare una specie di interruzione da quanto precede e una più forte coordinazione con il waw-qetal successivo. Nella traduzione si può dare inizio in 4a ad un nuovo periodo11. 1.3 x-qetal Questo tipo di PNC12 si ritrova sia nella Nar che nel DD. L’elemento x, che precede la forma verbale, può essere costituito da uno o più sintagmi. Quando, relativamente alla messa in rilievo, l’x-qetal si trova sul background, esso può esprimere diverse sfumature: dare enfasi alla componente x13; riferire una circostanza coincidente all’azione espressa nel PP14; indicare contrapposizione15; esprimere un’azione antecedente o riportare alla mente un avvenimento NICCACCI, Sintassi, § 5. L’ebbrezza del re sembra essere un fatto importante, infatti nei primi quattro versetti di Dan 5 viene ripetuta cinque volte: Dan 5,1b.2ab.3b.4a. 11 Alcuni esempi di un tale fenomeno nel DD sono Dan 4,8ab; 5,26bc.27ab.28ab. 12 NICCACCI, Sintassi, § 6: «Quando a un nome segue una forma verbale finita, si ha una “proposizione nominale complessa”». 13 BUTH, Word, 197; NICCACCI, Sintassi, § 48. Cfr. Dan 4,4b; 6,15b. 14 NICCACCI, Sintassi, §§ 41.86. Cfr. Dan 3,19b.23a. 15 NICCACCI, Sintassi, § 42. Cfr. Dan 4,4c; Esd 5,12d. 9
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passato (qetal retrospettivo16). Non ho trovato nessuna regola che permetta di distinguere tra queste sfumature, ma occorre di volta in volta analizzare il contesto17. Nella Nar l’x-qetal è sempre un costrutto della linea secondaria, si ritrova infatti solo nell’Antefatto (Dan 3,1a.2a; 5,1a.2a) e nello sfondo (Dan 3,19b; 6,1a). Ad esempio, quando i tre giovani, Sadrach, Mesach e Abdenego, vengono portati fuori dalla fornace (Dan 3,26f), l’autore interrompe l’esposizione degli avvenimenti per descrivere le condizioni in cui essi si trovano ed utilizza tre x-qetal di Sf: Dan 3,27 d %r:x't.hi al' !Ahv.arE r[;f.W e la capigliatura della loro testa non era stata bruciata
e Anv. al' !AhyleB'r>s'w> e i loro mantelli non erano mutati f !AhB. td"[] al' rWn x:yrEw> e l’odore del fuoco non era passato su di loro
All’interno del DD l’x-qetal si trova quasi esclusivamente18 nell’asse temporale del passato. Tale costrutto all’inizio della catena temporale è di PP e con esso comincia un racconto orale. In tutti gli altri casi l’x-qetal è sempre Sf. Dan 6,23 a Hkea]l.m; xl;v. yhil'a/ Il mio Dio ha mandato il suo angelo
b at'w"y"r>a; ~Pu rg:s]W e ha chiuso la bocca dei leoni c ynIWlB.x; al'w> e non mi hanno sbranato
NICCACCI, Sintassi, §§ 8.40. Cfr. Dan 2,41d.43a.45a-c. COOK, Word, 7, afferma che per il «qetal there is a marked correlation of Verb-Object (VO) constructions with the narrative or consecutive use, while Object-Verb (OV) constructions are more frequently found with a perfect/pluperfect and remotive (remote past, time indifferent) signification». 17 È quello che NICCACCI, Sintassi, § 50, chiama criterio semantico. 18 Un caso particolare è rappresentato da Dan 7,27, in cui l’x-qetal è posto sullo Sf dell’asse temporale del futuro indicativo. Credo che tale costrutto esprima un’azione futura antecedente ad un’altra e che vada tradotto con il futuro anteriore. ROGLAND, Remarks, 424-426, lo tratta come un caso di perfetto profetico nell’AB. Egli ritiene che «many languages occasionally use past tense form as a rethorical device to refer to future events “as if” they had already taken place»; tuttavia conclude che è possible che l’autore si riferisca anche ad una passata decisione di Dio. GZELLA, Tempus, 232-233, non considera Dan 7,27 come un perfetto profetico, in quanto sarebbe l’unica attestazione di tale uso del perfetto nell’AB. Egli esclude anche l’idea di considerarlo come un futurum exactum, che si trova solo nella protasi di un periodo ipotetico. Infine afferma: «vielmehr könnte es sich um ein „Perfekt“ mit Vergangenheitsbezug handeln, das die Vision zitiert» (cioè questo versetto farebbe riferimento a Dan 7,14). LI, Verbal, 32, parla di un «futur anterior/resultative function». 16
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Daniele, appena uscito dalla fossa dei leoni, racconta al re quello che è accaduto. La prima proposizione è costituita da un x-qetal (a), mentre le due successive informazioni sono date attraverso due waw-qetal (b.c), di cui il secondo è negato. Tutti e tre i costrutti sono di PP. 1.4 yiqtul Nella Nar ci sono solo due attestazioni di una PV con lo yiqtul iniziale. Entrambe si trovano nel libro di Daniele e appartengono all’antefatto (Dan 4,2b; 5,2b)19. Il waw-yiqtul indica un avvenimento contemporaneo a quello espresso dal precedente x-qetal, descrivendo l’azione nel suo svolgimento. Nel DD lo yiqtul è attestato sul PP dell’asse temporale del futuro indicativo e del futuro volitivo. Nel primo caso indica semplicemente un’azione futura. Dan 7,17 b a['r>a;-!mi !WmWqy> !ykil.m; h['B.r>a; 18a
b
quattro re sorgeranno dalla terra
!ynIAyl.[, yveyDIq; at'Wkl.m; !WlB.q;ywI
e riceveranno il regno i santi dell’Altissimo
aY"m;l.[' ~l;[' d[;w> am'l.['-d[; at'Wkl.m; !Wns.x.y:w>
e possederanno il regno per l’eternità e per l’eternità dell’eternità
Daniele sta chiedendo il senso della visione che ha di fronte. Uno dei presenti (Dan 7,16b) gli parla e descrive ciò che avverrà. I due yiqtul (18ab) di PP seguono un x-yiqtul che, quando compare all’inizio della linea temporale del futuro, occupa la linea principale. Si può fare un parallelo tra il (waw-)qetal come forma continuativa dell’asse del passato nel DD e il (waw-)yiqtul come forma continuativa nella linea del futuro indicativo20; entrambe le forme infatti sono di PP ma non iniziano mai un’unità discorsiva. Lo yiqtul assume un senso iussivo ed appartiene, quindi, all’asse temporale del futuro volitivo quando è all’inizio di una catena temporale21, oppure nella forma breve, oppure si trova insieme alla negazione la;22. Per gli altri casi in cui si presenta una forma neutra dello yiqtul l’assegnazione all’asse del futuro volitivo o all’asse del futuro indicativo deve essere valutata a seconda del contesto.
19 In generale, per l’uso di questo tempo nel campo del passato, si veda BLAU, Minutiae, 8. SHEPHERD, Verbal, 112, riferendosi allo yiqtul in Dan 4,2, afferma che esso non fa avanzare la narrazione. GZELLA, Tempus, 290, invece considera Dan 5,2b una proposizione finale introdotta da waw. Per il rapporto yiqtul – waw-yiqtul cfr. sotto (1.5). 20 Cfr. quanto NICCACCI, Sintassi, § 57, afferma per il weqatal. 21 Cfr. NICCACCI, Sintassi, § 64,1, per lo yiqtol in ebraico. 22 MURAOKA, Notes, 162; LI, Verbal, 125. La negazione la; è attestata solo quattro volte nell’aramaico biblico: tre con uno yiqtul di forma breve (Dan 4,16e; 5,10ef); una con uno yiqtul di forma neutra (Dan 2,24d), il cui senso volitivo appare dal contesto.
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Non è del tutto chiaro se il waw-yiqtul che segue un costrutto volitivo (imperativo23, x-imperativo24) assuma un senso finale, sulla scia della successione “forma volitiva – weyiqtol” in ebraico25, oppure semplicemente una sfumatura di conclusione come la sequenza “forma volitiva – weqatal”26. Non avendo argomenti a favore dell’una o dell’altra interpretazione, preferisco non trarre conclusioni che rischiano di essere non corrette27. Lo yiqtul si trova talvolta nello Sf dell’asse temporale del futuro indicativo come yiqtul*c e segue un precedente x-yiqtul di Sf o un yDI-(x-)yiqtul28. 1.5 yiqtul e waw-yiqtul NICCACCI distingue il weqatal come forma continuativa di un x-yiqtol nell’asse del futuro indicativo, in cui il waw iniziale è parte della forma stessa, dal weyiqtol, che invece è una forma volitiva29. Nell’AB tale distinzione non è possibile. Nel DD30 ci sono tre casi di uno yiqtul in prima posizione con valore volitivo, sempre senza la congiunzione waw: Dan 2,20c e 4,11g (forma neutra); Dan 5,10e (forma breve). Tuttavia questa indicazione può essere assunta come una condizione necessaria ma di per sé non sufficiente per l’individuazione di tale forma. Infatti esi-
23 24
litivo.
Cfr. Dan 4,11fg. Cfr. Dan 5,10de. Non ci sono casi in cui è attestato un (waw-)yiqtul dopo un x-yiqtul vo-
NICCACCI, Sintassi, § 64. NICCACCI, Sintassi, § 156. 27 In Dan 2,9f un waw-yiqtul segue un x-imperativo. In questo caso sono possibili due letture: “Perciò ditemi il sogno, affinché io sappia” oppure “Perciò ditemi il sogno cosicché io saprò”. Quanto detto vale anche per l’x-yiqtul. Per maggiore chiarezza riporto la seguente tabella: 25 26
(waw-)yiqtul
(waw-)x-yiqtul
imperativo
Dan 4,11fg
x-imperativo
Dan 2,9ef; 5,10de
Dan 2,4cd.24ef; Esd 4,21ab; 5,15de; 6,7ab
Dan 4,24bc; 5,17de; Esd 4,22ab; 7,19a-20a.25ab
In essa sono raccolti i casi di una sequenza costituita da una forma volitiva del tipo imperativo o x-imperativo, a cui segue un costrutto (waw-)yiqtul oppure (waw-)x-yiqtul. Le attestazioni di questo tipo non sono molte e solo in due casi questa successione coinvolge uno yiqtul con senso volitivo (cfr. forme sottolineate). In corsivo sono riportati i casi di yiqtul in forma lunga; gli altri sono in forma neutra. 28 Dan 2,40e; 4,32c; Esd 4,15bc solo per citare alcuni casi. 29 NICCACCI, Sintassi, § 5. 30 Come detto in precedenza nella Nar ci sono solo due casi di waw-yiqtul di antefatto e non è mai presente uno yiqtul senza waw. Questa assenza potrebbe far pensare ad una differenza tra l’uso dello yiqtul e del waw-yiqtul in tale atteggiamento linguistico, ma non ci sono altre basi per una solida argomentazione.
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ste anche uno yiqtul senza waw appartenente all’asse del futuro indicativo. Un esempio di questo tipo si ha in Dan 2,44c: Dan 2,44 c qDIT; farà in pezzi
d at'w"k.l.m; !yLeai-lK' @yset'w> e finirà tutti quei regni
Il primo di questi due costrutti (c) è uno yiqtul di PP, a cui segue in 44d un waw-yiqtul. La congiunzione waw non modifica né la messa in rilievo, né l’asse temporale, e le due forme yiqtul e waw-yiqtul sono identiche. Concludendo si può affermare che lo yiqtul con senso volitivo si trova sempre senza waw, mentre lo yiqtul nell’asse temporale del futuro indicativo con waw oppure senza. Comunque la congiunzione waw ha solo una funzione stilistica di coordinazione. 1.6 x-yiqtul L’x-yiqtul nella Nar occupa sempre la linea secondaria31. Una funzione di questa PNC è quella di descrivere un’azione nel suo svolgimento32. In Dan 4,16b al costrutto di PP segue un x-yiqtul con il quale l’autore espone la reazione di Daniele alle parole del re. Daniele è al contempo spaventato e turbato. L’x-yiqtul può indicare anche un’azione abituale o ripetuta33. In Dan 4,30cd appare chiaro che il re Nabucodonosor non si nutre di erba e non è bagnato dalla rugiada del cielo solo una volta, ma per tutto il periodo in cui egli si trova in questo stato di esilio in mezzo alle bestie della campagna. Nel DD invece l’x-yiqtul è attestato nell’asse temporale del passato come costrutto di Sf, con le stesse caratteristiche individuate per la Nar. In Dan 5,21de si ritrova lo stesso avvenimento narrato in Dan 4,30, riportato con le stesse forme ma in un differente atteggiamento linguistico. Daniele infatti racconta a Baldassar l’espulsione del padre dal consesso umano. Egli vuole solo richiamare alla memoria dell’attuale re gli avvenimenti passati, per mettere in evidenza da un lato la capacità di Nabucodonosor di ravvedersi e dall’altro l’orgoglio smisurato di Baldassar. Il racconto è posto sullo Sf. In Dan 4,30cd e Antefatto: Dan 4,2d; Sf: Dan 6,3b, per citare solo un esempio. BAUER-LEANDER, § 78 q. 33 In questo senso si può comprendere anche il caso di Dan 6,20: LI, Verbal, 106, considera lo yiqtul presente in questo versetto come una circumstantial clause. Altri autori, tra cui ROGLAND e GZELLA, lo interpretano in maniera differente. Il primo (ROGLAND, Remarks, 429) lo pone in parallelo alla costruzione ebraica za' + yiqtol e dunque lo traduce con un passato remoto, sulla scia di BAUER-LEANDER (§ 78 q, n. 3). Il secondo (GZELLA, Tempus, 146) invece riguardo a ~Wq afferma: «als „Perfekt“ wird in einer solchen Verbindung gegenüber dem nachfolgenden „Perfekt” zum Hilfsverb degradiert»; allora per evitare questo fraintendimento e sottolineare che il verbo ha il senso di “alzarsi” l’autore utilizzerebbe la forma ~Wqy>. 31 32
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Dan 5,21de pur non essendoci una perfetta corrispondenza di termini, il tempo verbale tuttavia è identico nei due casi. Dan 4,3034 b dyrIj. av'n"a]-!miW e (lontano) dagli uomini fu cacciato c lkuayE !yrIAtk. aB'f.[iw> e come i buoi mangiava erba
Dan 5,21 a dyrIj. av'n"a] ynEB.-!miW e (lontano) dai figli dell’uomo fu cacciato d HNEWm[]j;y> !yrIAtk. aB'f.[iw> come ai buoi gli davano in pasto erba
d [B;j;c.yI Hmev.GI aY"m;v. lJ;miW e [B;j;c.yI Hmev.GI aY"m;v. lJ;miW e dalla rugiada del cielo il suo e dalla rugiada del cielo il suo corpo era bagnato corpo era bagnato
Nell’asse temporale del futuro indicativo l’x-yiqtul è di PP quando si trova all’inizio della linea temporale. La forma continuativa di questo costrutto è (waw-)yiqtul. La presenza di un successivo x-yiqtul determina il passaggio della comunicazione dal primo piano allo Sf35. Dan 2,44 a Wkl.m; aY"m;v. Hl'a/ ~yqiy> !WNai aY"k;l.m; yDI !AhymeAyb.W Ai giorni di quei re farà sorgere il Dio dei cieli un regno,
lB;x;t.ti al' !ymil.['l. yDI
che per sempre non sarà distrutto,
b qbiT.v.ti al' !r"x\a' ~[;l. ht'Wkl.m;W e il regno non sarà concesso ad un altro popolo c qDIT; farà in pezzi d at'w"k.l.m; !yLeai-lK' @yset'w> e finirà tutti quei regni e aY"m;l.['l. ~WqT. ayhiw> ma esso rimarrà in eterno
L’x-yiqtul in 44a apre una nuova serie di proposizioni che si trovano nell’asse temporale del futuro indicativo e predice, per la prima volta all’interno della storia, l’avvento di un regno. Lo yiqtul (c) e il waw-yiqtul (d) seguenti costituiscono la linea principale della comunicazione. I due x-yiqtul (b.e) interrompono invece il flusso delle informazioni e forniscono alcune specificazioni. Lo yiqtul in questa classe di PNC può essere di forma breve. In questo caso l’x-yiqtul appartiene all’asse temporale del futuro volitivo ed assume una sfumatura di comando. Dan 4,16 e %l'h]b;y>-la; arEv.piW am'l.x, rC;av;j.l.Be Baltazzar il sogno e la sua interpretazione non ti turbino
SHEPHERD, Verbal, 129, n. 40, parla di anomalous uses in questo caso come anche negli altri in cui si trova uno yiqtul in un contesto dove prevale invece la forma qetal. 35 NICCACCI, Sintassi, § 55. 34
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Dan 4,16e è un x-yiqtul di PP perché è iniziale, ed è volitivo perché lo yiqtul è di forma breve ed è preceduto dalla negazione la;. Se l’x-yiqtul volitivo segue una forma imperativale o uno yiqtul volitivo, è invece di Sf (Dan 5,10f)36. 1.7 Participio e x-participio NICCACCI considera le proposizioni che contengono un participio come proposizioni nominali semplici37, in quanto non presentano una forma finita del verbo. Durante l’analisi dei testi ho notato che nell'AB il participio può occupare la prima posizione della proposizione (“participio”), sia dopo un elemento x (“xparticipio”) con un uso particolare nella Nar e nel DD38. Ho preferito quindi distinguere le proposizioni che contengono un participio, per il quale si può presupporre un uso verbale, e le PNS, tra cui sono classificate le proposizioni senza verbo finito, quelle che contengono un participio con funzione nominale (attributivo o sostantivato) e quelle con la particella yt;yai39. Il comportamento del participio di prima posizione nella Nar sembra essere del tutto simile al (waw-)qetal40. In Dan 3,26f-27b, p. es., si susseguono tre participi di PP: Dan 3,26 f ar"Wn aAG-!mi Agn> dbe[]w: %v;yme %r:d>v; !yqip.n" !yId:aBe Allora vennero fuori di mezzo al fuoco Sadrach, Mesach e Abdenego 27a aK'l.m; yrEb.D"h;w> at'w"x]p;W aY"n:g>si aY"n:P.r>D:v.x;a] !yviN>K;t.miW e si radunarono i satrapi, i governatori, i prefetti e i consiglieri del re
36 NICCACCI per l’ebraico biblico afferma che «normalmente il costrutto (waw-) x-yiqtol è iussivo quando è preceduto da una forma volitiva diretta, ad esempio nella sequenza imperativo (waw-) x-yiqtol […]. È ugualmente iussivo quando è seguito da un weyiqtol, cioè nella sequenza x-yiqtol weyiqtol. […] Il costrutto (waw-) x-yiqtol è invece indicativo quando è preceduto da un weqatal» (Sintassi, § 64). Nell’AB non sempre è possibile distinguere tra x-yiqtul indicativo o volitivo soprattutto quando si trova sullo Sf. In alcuni casi tale distinzione risulta chiara da alcuni indicatori (Esd 4,21b; 6,7b), in altri invece no (Esd 5,15e; 7,20a). Occorre quindi ricorrere di volta in volta al criterio semantico. 37 NICCACCI, Sintassi, § 4,1 (b); NICCACCI, Types, 243. La PNS è una proposizione «in cui non compare alcuna forma finita del verbo» (NICCACCI, Sintassi, § 6). 38 In un primo momento del mio studio non ho preso in considerazione le attestazioni dei participi dei verbi hn"[] e rm;a], che secondo parecchi autori rappresentano solo una formula caratteristica dell’aramaico per introdurre il discorso diretto (cfr. BAUER-LEANDER, § 81 u; SEGERT, Grammatik, § 6.6.3.4.7 c; COHEN, Phrase, 414-415; GZELLA, Tempus, 134-135; LI, Verbal, 43-45). Secondo me occorreva prima studiare l’uso del participio come costrutto, cercare di comprendere quando esso si trova nel PP o nello Sf, e solo successivamente inquadrare nello schema verbale così rinvenuto anche la formula rm;a'w> hnE[.' 39 I casi in cui il participio si trova unito al verbo aw"h] in costruzione perifrastica saranno discussi più avanti (1.12). 40 BROCKELMANN, Grundriss, § 84 b; GZELLA, Tempus, 122-123.
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b
%Leai aY"r:b.gUl. !yIz:x'
videro quegli uomini
Il re Nabucodonosor richiama dalla fornace di fuoco Sadrach, Mesach e Abdenego. Dopo un DD la Nar riprende con un costrutto !yId:a/ + participio41 e prosegue con due participi iniziali42 (a.b), che esprimono due azioni susseguenti: i satrapi e gli altri ufficiali si radunano e osservano cosa sia successo ai tre giovani43. La differenza tra il participio in prima posizione e l’x-participio si può comprendere considerando Dan 6,11b-f: Dan 6,11 b Htey>b;l. l[; Andò a casa sua c ~l,v.Wry> dg lbeq\-lK' o !yId:a/ come segno macrosintattico, che riporta sul piano principale della narrazione i costrutti in cui tali sintagmi sono posti all’inizio, sarà discusso più avanti (1.11). 42 Per l’esattezza si tratta di un waw-participio e di un participio, ma anche per questo tipo di costrutto il waw iniziale non modifica il senso o il valore dello stesso. 43 GZELLA, Tempus, 128. 44 Cfr. Dan 5,6cd in cui due x-participio di Sf seguono un x-yiqtul di Sf. 45 Cfr. Dan 3,4a; 4,4bc; Esd 5,3b. 46 BOMBECK, Verwendung, 5; cfr. Esd 5,2c. 41
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ci sono solo tre casi di x-participio di Sf, ma nessuna attestazione del participio in prima posizione47. In Dan 5,15b il participio iniziale nel passato segue un costrutto di PP del tipo ![;K.-qetal e continua sullo stesso livello principale48: Dan 5,15 b hy"w"x]h;l. at'L.mi-rv;P. !ylih]k'-al'w> e non sono stati capaci di indicare il significato della cosa
Sono attestati casi di participio iniziale nello Sf dell’asse temporale del passato. Essi vanno considerati come costrutti continuativi di una forma che è già nella linea secondaria49. Il participio*c si comporta allo stesso modo dell’x-participio di Sf del passato nel DD. Entrambi i costrutti possono indicare o delle azioni puntuali (Dan 4,11b; 5,23c; 7,20d.21b; Esd 4,19e)50 o un’azione continua o abituale (Esd 4,20c). Nell’asse temporale del presente il participio non si trova mai all’inizio della linea temporale ma solo dopo un costrutto del tipo x-participio o PNS51 di PP e continua sullo stesso livello quanto alla messa in rilievo. L’x-participio è di PP, se all’inizio dell’asse del presente (Dan 3,25c; Esd 5,16c), negli altri casi è sempre sullo Sf ed esprime contemporaneità con l’azione della linea principale oppure assume una funzione descrittiva. Infine un caso di costrutti xparticipio di Sf nell’asse temporale del futuro indicativo si trova in Dan 4,22ad, i quali, collegati agli x-yiqtul (b.c.e) presenti nello stesso versetto, descrivono la futura punizione che toccherà in sorte a Nabucodonosor52. Da quanto esposto si possono trarre alcune conclusioni: • Nella Nar è stato osservato un particolare uso del participio in prima posizione come forma di PP53, come il qetal. Tale impiego distingue questo costrutto dalle normali PNS che non si trovano mai sulla linea principale della Nar54. Si può allora comprendere l’uso della formula rm;a'w> hnE[', non come un’ecce-
Cfr. n. 108 per Dan 6,27b e Esd 6,10a. In Esd 4,16a il participio iniziale si ricollega al precedente waw-qetal in 14b ed è di PP sull’asse temporale del passato. 49 Tali participi*c si trovano: 1) dopo un x-participio (Dan 7,10b.21c); 2) dopo una PNS (Dan 2,31e; 7,7de); all’interno di una proposizione relativa (Dan 7,19a). È da notare che in tutti questi casi il soggetto del participio in prima posizione non è espresso nella proposizione. 50 GZELLA, Tempus, 251, parla di un uso del participio per indicare la «Vorvergangenheit» quando si trova in proposizioni subordinate. 51 Cfr. Dan 4,34a-c ed Esd 5,11bc. 52 BAUER-LEANDER, § 81 g; SEGERT, Grammatik, § 6.6.3.4.6. GZELLA, Tempus, 220, analizzando questo versetto, considera il participio come espressione di un «futurum imminens», ma conclude che dai pochi esempi presenti nell’AB si può osservare solo una «freie Variation». 53 COOK, Word, 14. 54 GZELLA, Erscheinungsformen, 401.406, afferma che il participio verbalizzato può assumere il ruolo di «Erzählform» ma esso, a differenza del qetal, non apre mai una sezione narrativa ed è una «sekundäre Vergangenheitform». Lo stesso autore considera l’uso del participio come forma narrativa in aramaico in relazione allo sviluppo di un presente storico in questa lingua ad opera proprio del participio. 47 48
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zione oppure un’espressione precostituita dell’AB ma come un uso normale di due participi di PP nella narrazione. • Nel DD participio e x-participio, con alcune differenze, ricoprono tutti e tre gli assi temporali. Nell’asse temporale del passato è attestato un participio di PP, a differenza delle PNS, che in tale asse sono sempre sulla linea secondaria55. • Non viene meno il principio per il quale il participio sia una forma verbale atemporale56, ma la linguistica testuale ha evidenziato i diversi usi nella Nar e nel DD e ha aiutato a comprendere come deve essere inteso nei vari casi57. • Rimane aperta la questione se le proposizioni che contengono un participio siano da considerarsi verbali o nominali. Il problema è connesso al modo di intendere tale forma: se da un lato, infatti, il participio in prima posizione e l’x-participio sembrano assumere un comportamento simile alle PV (qetal, yiqtul) e alle PNC (x-qetal, x-yiqtul), piuttosto che a quello delle PNS, in altri casi, ad esempio quando è unito alla particella yt;yai o ad una forma del verbo aw"h] in costruzione perifrastica esso ha una chiara funzione nominale58. 1.8 PNS Con PNS, come detto, intendo le proposizioni che non contengono un verbo finito o un participio con funzione verbale. Sono inserite invece tra le PNS quelle proposizioni in cui è presente un participio con funzione nominale (attributiva o sostantivata) o la particella yt;yai, sia da sola sia insieme ad un participio59. Nella Nar la PNS appartiene sempre alla linea secondaria ed esprime essenzialmente contemporaneità con l’azione della linea principale, o svolge una funzione descrittiva60. In Dan 3,1bc, p. es., l’autore fornisce con due PNS le misure della statua fatta erigere da Nabucodonosor. Nel DD tale costrutto si trova in tutti e tre gli assi temporali. Nel passato assume un valore simile a quello visto per la Nar61. Nel campo del presente la 55
1.11).
A meno che non sia preceduta dalla particella presentativa Wla] (cfr. paragrafo sui SgM
56 MURAOKA, Notes, 157, afferma che «the indication of time as such is not the proper function of the participle, but this arise from the general context». 57 Non si può accettare una soluzione troppo semplificata come quella di COHEN, Phrase, 411: «le participe est narratif en contexte narratif, c’est un présent en contexte de discours direct». 58 Per una trattazione più analitica ed esauriente della questione del participio come forma nominale o verbale rimando a GEIGER, Partizip, §§ 477-480. 59 SEGERT, Grammatik, § 6.5.5; GZELLA, Tempus, 219. Io ho scelto di dare più importanza ad eventuali tense marker (LI, Verbal, 89), sia in questo caso come anche nelle costruzioni perifrastiche. 60 NICCACCI, Sintassi, §§ 33.43; GZELLA, Tempus, 195. 61 Cfr. Dan 2,32a-d; 4,9abc; 5,21c; 7,6cd.7ch; Esd 4,20b.
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PNS può appartenere sia al foreground che al background 62. Infine nell’asse del futuro è sempre sullo Sf, ed esprime contemporaneità in questo asse temporale63. 1.9 Imperativo e x-imperativo L’imperativo è un modo verbale con il quale viene espresso un comando o un desiderio64 e si trova solo all’interno del DD65, occupando l’asse del futuro volitivo66. Si distingue tra “imperativo”, se il verbo si trova in prima posizione, e “x-imperativo”, nel caso in cui sia preceduto da uno o più sintagmi. Nell’AB l’imperativo può trovarsi all’inizio della catena temporale come costrutto di PP, ma può anche essere una forma di continuazione, rimanendo inalterata la messa in rilievo67 (Dan 4,11c-f; Dan 7,5ef68), coordinato sia con waw (Dan 3,26de) che senza (Esd 5,15bcd). L’x-imperativo, quando si trova all’inizio dell’asse temporale del futuro volitivo, è sempre di PP69; quando, invece, segue un’altra forma volitiva appar62 Per questo motivo nel caso di una successione nel testo di due PNS non è semplice distinguere se la messa in rilievo cambi oppure no (Dan 4,16hi), a meno che non ci siano chiari segnali testuali come la presenza di una congiunzione subordinante (Dan 3,17a) o della particella relativa yDI (Dan 2,10d). 63 Dan 4,12bd.20fh.23b.29b; Esd 6,3de.4b. A questi casi se ne devono aggiungere due la cui assegnazione al campo del futuro non è così chiara. Dan 7,27b riporta un’affermazione che può essere intesa legata sia all’asse del futuro che a quello del presente. Tale PNS può essere compresa anche come un commento da parte della voce narrante, la quale inserisce, all’interno di questo quadro rivolto al futuro, l’affermazione che il regno di Dio “è un regno eterno”. Considerato, però, il contesto immediato, la lettura al futuro a mio parere è da preferire. In Esd 4,16d è presente la particella yt;yai il cui uso è attestato per lo più nell’asse temporale del presente. Per tale motivo alcuni studiosi non esitano a tradurre il testo in questione proprio con questo tempo verbale. Tuttavia il fatto che tale PNS sia preceduta da costrutti appartenenti all’asse temporale del futuro indicativo, insieme al significato proprio della frase, indicano che Esd 4,16d sta nell’asse del futuro. SEGERT, Grammatik, § 5.5.5.2, cita questo caso e propone la traduzione «es gibt»; BDB (ad vocem yt;yai) riporta questo versetto di Esd solo per notare che la particella yt;yai è posta prima del soggetto; HALOT (ad vocem yt;yai) riporta «there is»; VOGT (ad vocem yt;yai [2]b) invece traduce al futuro: «si Jerusalem munitur, in Transpotamia pars (i. e. dominatus et reditus) … tibi non erit». 64 BAUER-LEANDER, § 84; SEGERT, Grammatik, § 6.6.6.4. 65 «L’imperativo è una forma verbale che presenta affinità strutturali con le forme verbali commentative» (WEINRICH, Tempus, 265). 66 NICCACCI, Sintassi, § 4,1 (d). 67 Per l’ebraico biblico NICCACCI, Sintassi, § 65, ritiene possibile una sequenza di imperativi non coordinati da waw. Inoltre egli considera l’ûqetol una forma volitiva di continuazione, in cui il waw ha solo una funzione coordinante e il cui valore sintattico è uguale a quello dell’imperativo iniziale (ibid., § 61). Ciò vale anche per l’AB. 68 SEGERT, Grammatik, § 6.6.6.4.4, afferma che l’azione espressa dal secondo verbo è logisch subordiniert alla prima, e traduce il versetto: «steh auf, iß», che secondo lui equivale: «steh auf, um zu essen». Io invece ritengo che le due azioni si possano considerare successive l’una all’altra. 69 Dan 2,4b; 5,10d; 6,7c.22b. Per il senso da dare a queste formule cfr. BAUER-LEANDER,
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tiene allo Sf (Dan 4,12a.20e). All’interno del DD l’x-imperativo segna il passaggio da altri assi temporali a quello del futuro volitivo ed in questi casi si pone sul PP70. 1.10 Proposizioni con yDI iniziale La particella yDI è usata con diverse funzioni in AB. In modo generale, la funzione di tale particella71 è di nominalizzare l’elemento seguente, sia quando esso è solo un sostantivo72, sia quando è costituito da una intera proposizione verbale o nominale, che in tal caso si pone sullo Sf73. In questo secondo caso la particella yDI può essere legata ad un qualche elemento della proposizione precedente74 (Dan 3,7b) o assumere il valore di una congiunzione subordinante75, da sola o unita ad una preposizione76 (Dan 2,34a): Dan 3,7 b ab'h]D: ~l,c,l. !ydIg>s' adorarono la statua d’oro
aK'l.m; rC;nk;Wbn> ~yqEh] yDI
che il re Nabucodonosor aveva eretto § 84, e la risposta di MURAOKA, Notes, 161, alla loro interpretazione. In Esd 4,22a secondo SEGERT, Grammatik, § 6.6.3.6.4, è attestato l’uso dell’imperativo di aw"h] in costruzione perifrastica, con il valore di un semplice imperativo. SEGERT cita altri casi di imperativo perifrastico al di fuori dell’AB. In realtà il problema è connesso alla forma !yrIyhiz> e al modo in cui essa è analizzata. SEGERT, appunto, la considera un participio peil della radice rhz [BDB ad vocem rh;z>], ma sia VOGT che HALOT la trattano come un semplice aggettivo [VOGT ad vocem ryhiz>; HALOT ad vocem ryhiz>]. GREENFIELD, Imperative, 207, ha studiato l’imperativo perifrastico in vari documenti in lingua aramaica ed arriva alla conclusione che «this form is not known from Biblical Aramaic». 70 Una tale funzione non si riscontra mai con l’imperativo iniziale. Questa, se non è all’inizio del discorso diretto, segue sempre un x-imperativo (Dan 2,4c; 3,26e; Esd 5,15c; 6,7a) e in un caso viene dopo un x-yiqtul volitivo di PP (Dan 2,24e). 71 Per l’ebraico rv,a] cfr. NICCACCI, Sintassi, § 6. 72 In questo caso yDI esprime il genitivo in concorrenza con lo stato costrutto (MURAOKA, Notes, 152-153). Per le varie funzioni di yDI inquadrate nello sviluppo storico delle lingue semitiche, con un’attenzione particolare all’ebraico rv,a], cfr. ROSÉN, Vorgeschichte, 318-321. 73 Un’eccezione a questa regola l’ho fatta nei casi in cui yDI introduce un discorso diretto. Tutto il DD seguente si può intendere come un complemento oggetto del verbum dicendi da cui dipende (BAUER-LEANDER, §§ 109 d.110 c; SEGERT, Grammatik, §§ 7.4.6.6; 7.5.6.1). Questo particolare uso si può paragonare al greco o[ti o all’ebraico yKi (HALOT ad vocem yDI [3b]; cfr. Dan 2,25c; 4,31f; 5,7d; 6,6b.14c). Interessante a tal proposito è ciò che afferma MILLER, Representation, 116, per il yKi e la posizione di PAT-EL, Syntax, 69-70, per yDI. 74 Si può pensare che la proposizione relativa abbia una funzione attributiva rispetto all’elemento a cui la particella yDI si riferisce. Ho lasciato queste proposizioni all’interno dello stesso riquadro. 75 COHEN, Phrase, 404; per l’ebraico cfr. NICCACCI, Sintassi, §§ 99.146.150.155. Ho evidenziato la dipendenza dalla proposizione precedente con il simbolo “÷”, posto alla fine di questa e all’inizio della yDI-P. 76 BAUER-LEANDER, § 110; SEGERT, Grammatik, § 7.5.6. Si può pensare che le yDI-P siano complementi (di tempo, di causa, di fine, ecc.) retti dal verbo della proposizione principale (LI, Verbal, 121).
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Dan 2,34 a ÷ t'y>w:h] hzEx' PP Stavi guardando b !b,a, tr,zt.hi yDI d[; ÷ Sf finche si staccò una pietra
Si possono distinguere: 1) yDI-P in cui la forma verbale segue immediatamente la particella yDI: yDI-qetal (Dan 3,18d; 6,25b); yDI-yiqtul (Dan 3,6a; 5,29d); yDI-participio (Dan 5,5c); 2) yDI-P in cui tra la particella yDI e la forma verbale si interpone un elemento x: yDI-x-qetal (Dan 2,23c; 5,22b); yDI-x-yiqtul (Dan 4,3b); yDI-xparticipio (Dan 2,11a; Esd 4,19d); 3) proposizioni in cui alla particella yDI segue una proposizione senza verbo: yDI-PNS77 (Dan 4,5a; 5,23e). Tutte queste proposizioni hanno un duplice carattere. Da un lato sono strettamente legate ad un’altra proposizione sovraordinata, dall’altro presentano un proprio comportamento che deriva dal tipo particolare di costrutto che la particella yDI introduce: yDI-(x-)qetal; yDI-(x-)yiqtul; yDI-(x-)participio, yDI-PNS. Inoltre l’ analisi comparata di tali costrutti ha mostrato che la presenza o l’assenza dell’elemento x, tra la particella relativa e la forma verbale, non cambia il senso delle singole forme, per questo, nel precedente elenco è posto tra parentesi. 1.11 Segni macrosintattici NICCACCI suggerisce che compito dei segni macrosintattici è quello di collegare le diverse parti di un testo in modo da non interrompere l’unità narrativa78. WEINRICH afferma che tale funzione nella lingua è svolta dagli avverbi79. Nell’AB ho individuato tre categorie di SgM: !yId:a/80, presente per lo più nella Nar; ![;K., attestato solo nel DD; Wla]/Wra], esclusivo del DD. La presenza di un SgM lungo il racconto indica che quanto alla messa in rilievo la proposizione seguente si trova sul PP, anche se è costituita da un costrutto che normalmente si trova sullo Sf. !yId:a/ e ![;K. possono anche introdurre nella linea principale – senza interromperla – una proposizione duplice costituita da una protasi81, che indica una circostanza temporale, causale o condizionale, e da un’apodosi. I SgM più ricorrenti nella Nar sono !yId:a/ e !yId:aBe, a cui molti autori riconoscono un ruolo particolare82. Questa classe di SgM si unisce prevalentemente al 77 Per PNS qui intendo lo stesso tipo di proposizioni analizzate in precedenza in 1.8. Non sono inseriti in questa categoria i casi in cui yDI esprime la funzione di genitivo, ma si considerano yDI-PNS quelle proposizioni in cui l’antecedente funge da soggetto, il quale non viene ripreso nella proposizione relativa, ad esempio %d"ybi-yDI in Esd 7,25a (cfr. BAUER-LEANDER, § 98 f.v). 78 NICCACCI, Sintassi, § 12. Per l’ebraico egli individua tre tipi di SgM: yhiy>w:, hNEh(i w>), hT'[(; w>). 79 WEINRICH, Tempus, 244; li chiama «Segnali macrosintattici di articolazione» (ibid., 254s). 80 In questa categoria ho raggruppato anche altri avverbi e sintagmi: !yId:aBe, hn"D> lbeq\-lK', an"m.zI-HBe, ht'[]v;-HB;, hn"D> rt;aB', !yrEx\a' d[;w>. 81 Cfr. NICCACCI, Sintassi, §§ 19.31.96, per i termini “protasi” e “apodosi”. 82 BUTH, ˀĕḏáyin/tote, 35.37. Lo stesso autore, nel medesimo articolo, tenta una distinzione
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qetal o a x-qetal, ma è attestato un loro uso con il participio e l’x-participio e, solo in un caso, rispettivamente con una PNS, con lo yiqtul e l’x-yiqtul 83. Nella Nar questo segna l’inizio del PP, dopo i costrutti di antefatto84. Nel DD !yId:a/ si trova legato all’asse temporale del passato all’interno di un racconto orale85 (Dan 5,24a). In Dan 3,7a un SgM mantiene sul PP una proposizione duplice costituita da un yDI-participio (righe 2 e 3), la protasi, e da un participio iniziale (4), l’apodosi. Il primo membro fornisce le indicazioni temporali, il secondo riporta l’azione principale ed è seguito da un altro participio (Dan 3,7b), che si trova sul PP della Nar. La presenza del segno macrosintattico permette al racconto di procedere senza interruzioni e nello stesso tempo di inserire delle circostanze secondarie86. Dan 3,7a 1) an"m.zI-HBe hn"D> lbeq\-lK' SgM
2)
Protasi
3)
4)
Allora, in quel tempo
at'yqiArv.m; an"r>q; lq" aY"m;m.[;-lK' !y[im.v' ydIK.
quando sentirono tutti i popoli il suono del corno, del flauto, ar"m'z> ynEz> lkow> !yrIjen>s;P. ak'B.f; [sArt.q;] (srtyq) della cetra, della sambuca, del salterio, e di ogni genere di strumenti musicali
aY"n:V'liw> aY"m;au aY"m;m.[;-lK' !ylip.n"
Apodosi si prostrarono tutti i popoli, le nazioni e le lingue
tra il significato da attribuire ai due avverbi. In un precedente lavoro (Word, 127.132.134) BUTH aveva affermato che !yId:a/, !yId:aBe, come anche hn"D> lbeq\-lK', sono «clausal relators [that] were not counted as occupying the first constituent position of the clauses». an"m.zI-HBe, ht'[]v;-HB; e hn"D> rt;aB' degradano, a suo dire, la proposizione allo Sf, se ricoprono la prima posizione di una proposizione. POLAK asserisce che l’uso di !yId:a/ crea una «highly schematic sequence, quite suitable for oral narrative» (POLAK, Daniel, 256, in particolare la n. 24). SEGERT, Grammatik, § 6.6.3.1.7, afferma che queste particelle servono per specificare l’appartenenza ad un determinato asse temporale delle diverse forme verbali. LI, Verbal, 106, considera !yId:aBe, non un «temporal marker», ma «a discourse marker introducing clause clusters». ROSÉN rappresenta, in questo quadro, una voce discordante. Egli afferma che questi avverbi hanno una funzione di «hypotactic syndesis» (ROSÉN, Tenses, § 3,41). 83 hn"D> lbeq\-lK' una volta con x-yiqtul e an"m.zI-HBe una volta con yiqtul. Un caso particolare è rappresentato da Esd 5,5d dove c’è la forma !yId:a/w< insieme ad uno yiqtul di Sf nella Nar. In questo caso, come in Esd 5,16c dove si trova lo stesso avverbio unito alla preposizione !mi, !yId:a/ non assume la funzione di SgM bensì quella di avverbio con valore temporale. 84 Dan3,3a; 4,4a; 5,3a; 7,1c; Esd 4,9a. 85 NICCACCI, Sintassi, § 25. 86 Per questo SgM vale ciò che NICCACCI, Sintassi, § 36, afferma per il yhiy>w: ebraico, esso infatti assume «la funzione di rafforzare la “testualità” (cioè la coerenza e la consistenza) del testo». Cfr. anche Dan 6,15a; Esd 4,23a; 6,13a.
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In Dan 4,33a si può osservare l’esistenza in AB di un waw di apodosi87: Dan 4,33a1) an"m.zI-HBe SgM
2)
Protasi
3)
In quel momento
yl;[] bWty> y[iD>n>m;
mentre il mio senno mi tornava
yl;[] bWty> ywIzIw> yrId>h; ytiWkl.m; rq;yliw>
Apodosi e per la gloria del mio regno il mio onore e il mio splendore
4) 5)
mi tornavano
!A[b;y> yn:b'r>b.r:w> yr:b.D"h; yliw>
e mi cercavano i miei consiglieri e i miei nobili
tn:q.t.h' ytiWkl.m;-l[;w>
sul mio regno fui riposto (letteralmente: la cosa fu posta in ordine)
Al SgM (1) seguono tre x-yiqtul (2;3;4) che descrivono azioni contemporanee a quella della proposizione di apodosi (5), un x-qetal preceduto appunto da un waw, che nella traduzione può essere tralasciato riporta l’informazione principale che l’autore vuol fornire. ![;K.88 può essere paragonato all’ebraico hT'[;. Il suo valore è cioè temporaleargomentativo89, nel senso che con esso viene indicata la conseguenza di un’azione o si specifica la conclusione a cui si giunge in seguito a ciò che viene detto precedentemente. Anche questo avverbio riporta sul PP un costrutto che, dato il contesto, potrebbe essere assunto come di Sf. ![;K. si trova con forme del passato (Dan 5,15a), del presente (Dan 4,34a) e del futuro (Dan 3,15a; Esd 4,13). In Esd 4,14a ![;K. regge sul PP un’intera proposizione duplice90:
87 NICCACCI, Sintassi, §§ 96.122. GRELOT, Waw, 39, ha individuato un waw di apodosi nell’aramaico d’Egitto, ma non in quello di Daniele, per il quale egli ritiene che «l’apodose qui suit les propositions conditionnelles est généralement introduite sans aucun avertissement». Occorre sottolineare tuttavia che l’uso dei termini protasi e apodosi è ristretto da questo studioso solo ai casi di periodi ipotetici introdotti dalla congiunzione subordinante !he. WESSELIUS, Literary, 275-283, ammette l’esistenza di un waw di apodosi in aramaico biblico, anche se lo pone in relazione con yDI lbeq\-lK'. 88 In Esd 5,16c tale avverbio temporale è preceduto dalla preposizione d[; e non sembra ricoprire alcuna funzione macrosintattica. Essa è l’unica attestazione in cui non compare all’inizio di una proposizione [cfr. HALOT ad vocem ![;K.]. 89 NICCACCI, Sintassi, § 73; GZELLA, Tempus, 212; VOGT, Lexicon, ad vocem ![;K.. 90 Il versetto in questione permette anche un’altra interpretazione che non toglie alcun valore alla funzione macrosintattica dell’avverbio temporale ![;K.. Infatti è possibile considerare come protasi solo il yDI-x-qetal (riga 2) e come apodosi la waw-PNS (riga 3), la quale però, essendo un costrutto di PP, si dovrebbe porre sull’asse temporale del presente. Seguendo questa ipotesi la congiunzione coordinante w> sarebbe un waw di apodosi e il successivo x-qetal inizierebbe l’asse temporale del passato. La traduzione, che ne deriva, è la seguente: “Ora, poiché noi abbiamo mangiato il sale del palazzo, l’ignominia del re non è appropriato a noi vedere; abbiamo mandato su questo (una lettera)”.
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Esd 4,14a 1)
SgM
2)
Protasi
3)
Protasi
4)
![;K.
Adesso
an"x.l;m. al'k.yhe xl;m.-yDI lbeq\-lK'
poiché noi abbiamo mangiato il sale del palazzo
azEx/m,l. an"l; %yrIa]) al' aK'l.m; tw:r>[;w>
e l’ignominia del re a noi non era appropriato vedere
an"x.l;v. hn"D>-l[;
Apodosi su questo abbiamo mandato (una lettera)
Wla] ed Wra] sono due SgM che rendono presente e vivo all’ascoltatore un fatto o un elemento su cui l’autore vuole richiamare particolarmente l’attenzione. Tali segni si possono porre in relazione con la particella presentativa hNEh91 i , che svolge un ruolo simile nella sintassi ebraica92. A differenza di hNEhi, però, Wla] ed Wra] sono presenti solo nel DD93, e nel caso dell’AB tutte le attestazioni sono legate all’asse del passato e ricorrono in racconti di sogni o di visioni. Wla] ed Wra] mantengono sul PP il costrutto seguente, che, senza la presenza di tali particelle, sarebbe di Sf. 1.12 Costruzione perifrastica Nella costruzione perifrastica ho dato preminenza al tense marker94 ed ho classificato le proposizioni in cui il participio è unito al qetal o allo yiqtul di aw"h]95 come (x-)qetal o (x-)yiqtul 96. In ogni attestazione ho messo in evidenza se il participio segue (aw"h] + participio) o precede (participio + aw"h]) la forma del verbo essere. Ho puntato il mio interesse sulle eventuali differenze nella costruzione perifrastica a seconda dell’ordine participio/aw"h97 ] , indipendentemente dal tempo di quest’ultimo98. Ho messo, quindi, a confronto l’uso dell’una e dell’al91 Secondo COHEN, Phrase, 425, Wla]/Wra] non sono interiezioni, quanto piuttosto degli elementi che introducono un predicato, sia nominale che verbale. 92 NICCACCI, Sintassi, §§ 70-72. COHEN, Phrase, 426, pensa che «cette construction avec Wla]/ Wra] pour introduire une phrase explicitant le contenu d’un rêve ou d’une vision est très exactement parallèle à celle qu’on trouve en hébreu dans les textes prophétiques». 93 Wla]/Wra] si trovano con l’x-qetal (Dan 7,8b), l’x-participio (Dan 7,2e) o con una PNS (Dan 7,8d). 94 LI, Verbal, 89. MURAOKA, Notes, 158, parla di «time marker» e considera il participio «neutral». 95 Cfr. n.69 per il caso di costruzione perifrastica participio + imperativo di aw"h]. 96 Solo in tre casi il verbo essere si trova all’inizio della proposizione: Dan 2,20c.43c; Esd 4,24b. 97 Per BAUER-LEANDER, § 81 p, la terza persona del verbo aw"h] si trova prima del participio, mentre nelle altre persone lo segue. GREENFIELD, Imperative, 206, considera delle eccezioni i casi in cui il participio precede il verbo essere. Secondo lui alcuni di questi casi si possono spiegare come scelta stilistica dell’autore, in quanto la forma che ci si dovrebbe attendere normalmente è aw"h] + participio. 98 Ritengo valido ciò che affermano gli studi consultati cioè che la costruzione perifrastica con il qetal del verbo aw"h] indica la durata di un evento nel passato o un’azione abituale (MURAO-
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tra costruzione perifrastica in contesti simili e ho verificato inoltre l’influenza di un elemento x anteposto alla costruzione perifrastica, indipendentemente dall’ordine dei costituenti della costruzione perifrastica99. La costruzione perifrastica aw"h] + participio è attestata nella Nar sia con qetal che con yiqtul ed è presente sia nel PP (Dan 6,4a)100 sia nello Sf (Dan 6,11g)101. La costruzione participio + aw"h] nella Nar si trova solo una volta come xqetal di Sf (Dan 4,26a)102. Dal raffronto si evince che non vi sono differenze tra aw"h] + participio e participio + aw"h] in tale atteggiamento linguistico. Inoltre nella Nar la presenza di un eventuale elemento x prima della costruzione perifrastica è determinante quanto alla messa in rilievo. Infatti i costrutti del tipo x-aw"h] + participio oppure x-participio + aw"h] sono relegati al background. Solo la presenza di un SgM permette che tali costrutti si trovino sul PP (Dan 6,4a; 6,5a). Quando invece il verbo aw"h] si trova in prima posizione (Esd 4,24b), la proposizione occupa la linea principale. Nell’asse temporale del passato del DD è presente sempre il qetal di aw"h]. Mentre i costrutti che contengono la perifrastica aw"h]-participio si trovano sempre sullo Sf e sono tutti del tipo x-aw"h] + participio (Dan 5,19a-e), quelli contenenti la successione participio + aw"h103 ] sono presenti solo sul PP, sia con sia senza un elemento x davanti al participio. La formula participio del verbo hz"x] + qetal del verbo aw"h] ricorre nel contesto o di sogni (Dan 2,31a.34a; 4,7a.10a) o di visioni (Dan 7,2d.4c.6a.7a.9a.11ab.13a.21a) e sembra dare un ritmo al racKA,
Notes, 158; GZELLA, Tempus, 249-250; LI, Verbal, 80-81); la combinazione del participio con lo yiqtul del verbo essere esprime invece un futuro continuo (LI, Verbal, 82) o durativo (GZELLA, Tempus, 265). 99 Occorre infatti sottolineare che quasi mai un sintagma si interpone tra il participio e aw"h], indipendentemente dall’ordine della loro successione. Solo in due casi su 44, Dan 6,3a (yDI-yiqtul nella Nar) e Dan 2,20c (yiqtul di PP nell’asse del futuro volitivo nel DD), aw"h] e participio non sono posti l’uno accanto all’altro. Per Esd 6,10a cfr. n.108. 100 A riprova di quanto sia complesso assegnare un determinato aspetto modale alla costruzione perifrastica basti considerare che gli autori non sempre giungono alla stessa conclusione per un medesimo esempio. Nel caso del versetto citato sopra GZELLA, Tempus, 246, suggerisce che, nel contesto in cui si trova, esso assume il senso di «andauernde oder wiederholte Sachverhalte» e traduce: «Darauf pflegte sich dieser Daniel vor den hohen Beamten und den Provinzstatthaltern auszuzeichnen». LI, Verbal, 81, cita lo stesso caso per fare un esempio di passato «progressive» oppure di aspetto incoativo della perifrastica e traduce: «then this Daniel was distinguishing himself [or began to distinguish himself] over the supervisors and satraps». Dan 6,5a è citato da STEVENSON, Grammar, § 22,4, come un caso di iteratività: «they sought repeatedly to find an excuse»; MURAOKA, Notes, 159, indica lo stesso versetto come un’istanza di «incoative»: «began to seek», mentre LI, Verbal, 81, come un esempio di «inceptive»: «began trying [or, kept trying] to find». 101 Sull’aspetto iterativo che la costruzione perifrastica esprimerebbe in questo contesto convengono sia GZELLA, Tempus, 246, che LI, Verbal, 81. 102 LI, Verbal, 87 riconosce in questo caso alla costruzione perifrastica un aspetto progressivo. 103 In questo tipo di costruzione perifrastica non è mai presente un sintagma tra il participio e aw"h], indipendentemente dall’ordine participio/verbo essere.
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conto, riportando la messa in rilievo sulla linea principale (Dan 7,8a). Tale formula indica che l’autore sta per descrivere un’altra scena, utilizzando poi dei costrutti di Sf104 per tratteggiarla nei suoi particolari. Nell’asse temporale del futuro105 è presente sia il costrutto aw"h] + participio sia participio + aw"h]. Un confronto tra Dan 2,20c e Esd 4,12a106 mette in evidenza che non ci sono differenze di senso o di uso di queste due forme: Dan 2,20c
%r:b'm. ah'l'a/-yDI Hmev. awEh/l,
Sia il nome di Dio benedetto
Esd 4,12a
aK'l.m;l. awEh/l, [:ydIy>
Noto sia al re
Entrambe le occorrenze presentano la stessa persona del verbo aw"h], sono di PP nell’asse del futuro ed assumono una funzione performativa. In Dan 2,43bc107 è possibile osservare tutti e due i tipi di costrutti insieme: Dan 2,43 b av'n"a] [r:z>Bi !wOh/l, !ybir>['t.mi (le parti) saranno mischiate con seme umano
c hn"D>-~[i hn"D> !yqib.D" !wOh/l,-al'w> e non saranno legate tra di loro
La prima parte (b) è un x-yiqtul di PP nell’asse temporale del futuro indicativo; questa è seguita da un waw-yiqtul negato che continua la linea principale. In questo come in tutti i casi esaminati non si notano differenze rispetto ai costrutti x-yiqtul o waw-yiqtul in cui è assente la costruzione perifrastica, né diversità dovute alla sequenza verbo/participio. Nella linea secondaria del futuro non ci sono esempi di costruzione perifrastica del tipo participio + aw"h] ma si trova solo la sequenza aw"h] + participio (Dan 2,42c), talvolta legata alla particella relativa yDI. Dan 6,27 b laYEnId"-yDI Hhel'a/ ~d"q\-!mi !ylix]d"w> [!y[iy>z"] (!y[az) !wOh/l, ytiWkl.m; !j'l.v'-lk'B. yDI che in tutto il dominio del mio regno si tremerà e si avrà timore davanti al Dio di Daniele
104 In questo senso dissento da GZELLA, Tempus, 248, che invece considera queste costruzioni appartenenti all’Hintergrund. 105 COXON, Syntax, 109, afferma che l’uso del participio con lo yiqtul del verbo essere esprime un’azione che è continua o ripetuta. 106 Altre attestazioni di questa formula sono Dan 3,18b e Esd 5,8a. 107 LI, Verbal, 87 analizza separatamente le costruzioni perifrastiche in cui il participio è passivo e arriva alla conclusione che «the occurrences of aw"h] with the passive participle consist of the verb “to be” with an adjectival predicate».
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In Dan 6,27b il verbo aw"h] è posto prima di due participi108 ed è legato ad entrambi. L’x-yiqtul specifica il contenuto del decreto del re, analogamente a quei casi in cui è utilizzato un costrutto simile senza costruzione perifrastica. Anche nel DD la presenza di un elemento x prima della costruzione perifrastica pone tali costrutti sullo Sf, indipendentemente dal tempo del verbo aw"h] (Dan 2,42c). Nei due casi in cui lo yiqtul è in prima posizione (Dan 2,20c; 2,43c) o nei casi in cui non vi è nessun elemento prima della costruzione perifrastica, il costrutto invece occupa sempre il PP109. Da quanto detto posso trarre le seguenti conclusioni: 1) Sia nella Nar che nel DD non si osservano differenze tra le costruzioni aw"h] + participio e participio + aw"h110 ] . 2) Nella costruzione perifrastica è il verbo aw"h] che determina il tempo del costrutto e nel DD l’asse temporale in cui esso deve porsi. 3) Il tipo di costrutto all’interno del quale si trova una costruzione perifrastica è determinato dalla posizione del verbo aw"h] e non del participio; tutti i casi sono classificabili in una delle seguenti categorie: (waw-)qetal; (waw-)x-qetal; (waw-)yiqtul; (waw-)x-yiqtul. 4) La presenza di uno o più sintagmi prima della costruzione perifrastica, a prescindere dall’ordine degli elementi (participio, aw"h]), è rilevante per la determinazione della messa in rilievo di tale costrutto, sia nella Nar che nel DD.
108 Cfr. Dan 5,19a ed Esd 6,10a. Il secondo participio si può anche considerare come una proposizione a sé stante. Nel caso di Dan 5,19a sarebbe un participio*c nell’asse del passato, simile ad altri casi attestati in tale piano linguistico. In Dan 6,27b e Esd 6,10a i due waw-participi dovrebbero essere posti nello Sf dell’asse temporale del futuro indicativo. Essi costituirebbero però le uniche attestazioni di un participio iniziale in questo asse temporale. Preferisco dunque seguire l’opinione di LI, Verbal, 79, n. 1, il quale afferma che il secondo participio è «a continuation of the complex verb phrase hwh + participle» e non costituisce un «indipendent participle». 109 Ci sono alcuni esempi di participio + aw"h] che sembrano, però, contraddire quanto detto, in quanto tale costruzione occupa la linea principale nonostante un elemento x compaia prima del participio. In realtà, considerando più da vicino i singoli casi, si nota che tale elemento x o è un casus pendens (Dan 2,31a) oppure è parte di un x-qetal (Dan 4,7a) o di un x-yiqtul (Dan 2,41b), i quali si trovano all’inizio dei rispettivi assi temporali del passato e del futuro. In Dan 7,6a.7a.11b.13b il costrutto x-participio + aw"h] è tenuto sul PP grazie alla presenza di un SgM. 110 ROWLEY, Aramaic, 98, giunge ad una conclusione simile. Egli afferma infatti che «in Biblical Aramaic the participle may stand either before or after the auxiliary». LI, Verbal, 96, ritiene che nella costruzione perifrastica l’ordine dei costituenti muti perché «has not yet become fixed».
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2. Narrazione 2.1 Antefatto La narrazione111 inizia sempre con dei costrutti di livello secondario che con NICCACCI chiamo antefatto112. Essi forniscono una specie di introduzione al successivo racconto, presentano il personaggio narrante o riassumono brevemente l’oggetto principale della vicenda. L’antefatto in AB si apre sempre con un xqetal 113. Gli antefatti presenti nel testi presi in considerazione nel mio studio sono114: • Dan 3,1a-2a: costituito da un x-qetal (1a), seguito da due PNS (1bc) e da un qetal continuativo (1d), chiuso infine da un secondo x-qetal (2a); • Dan 4,1a-3b: i due x-qetal (1a;2a) che aprono questo capitolo sono seguiti da un waw-yiqtul (2b), da una PNS (2c) e da un x-yiqtul (2d); l’antefatto procede con un x-participio (3a) e si chiude con un yDI-x-yiqtul (3b); • Dan 5,1a-2b: inizia con un x-qetal (1a) seguito da un x-participio (1b); quindi si conclude con un secondo x-qetal (2a) e un waw-yiqtul (2b); • Dan 7,1ab: il breve antefatto in questo caso serve per indicare il tempo del sogno (x-qetal, 1a) e per fornire una breve specificazione (PNS, 1b); • Esd 4,8a: l’x-qetal riprende il versetto ebraico precedente e inquadra il racconto successivo. I capitoli 5 e 6 di Daniele, così come Esd 4,28-6,18 possono considerarsi come un unico lungo episodio. Le diverse parti, infatti, sono connesse insieme alla fine di un capitolo e all’inizio dell’altro o da forme di sfondo o da forme di PP115. La fine dell’antefatto e l’inizio del PP della Nar è segnato dalla presenza dell’avverbio !yId:aBe, legato a differenti costrutti116. Cfr. Appendice 1. Nello schema non ho riportato le yDI-P sia per non renderlo eccessivamente complesso, sia perché quanto alla messa in rilievo esse si comportano sostanzialmente come le corrispondenti proposizioni che presentano un elemento x davanti al verbo o, nel caso delle yDI-PNS, come le PNS senza particella relativa. 112 NICCACCI, Sintassi, § 6. 113 NICCACCI, Sintassi, § 15, distingue un (waw-)x-qatal iniziale come costrutto di antefatto per distinguerlo da un (waw-)x-qatal non iniziale che si trova sullo Sf. Anche per l’AB i costrutti di antefatto e di Sf sono identici. La loro distinzione può essere fatta in base alla loro posizione prima o dopo il SgM che apre la narrazione (ibid., §§ 19.27.36). 114 Un antefatto è presente anche in Dan 2, ma esso non è stato analizzato perché non fa parte del corpo aramaico del testo masoretico. Seguendo le regole della sintassi ebraica proposta da NICCACCI, esso è costituito da un x-qatal (2,1a), seguito da un wayyiqtol continuativo (2,1b) ed ancora da un secondo x-qatal (2,1c). Con il rm,aYOw: che apre il v. 2 inizia la linea principale della narrazione. 115 Il capitolo 5 di Esdra si chiude con la conlusione della lettera di Tattenai e Setar Boznai e il successivo capitolo 6 si apre con forme di PP nella Nar (Esd 6,1a-2a). 116 Participio in Dan 3,3a; 4,4a; qetal in Dan 5,3a; x-qetal in Dan 7,1c; PNS in Esd 4,9a. In questa ultima occorrenza si trova !yId:a/. 111
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2.2 Sfondo Le proposizioni che nella narrazione occupano lo Sf sono del tipo x-qetal (azione unica), x-yiqtul (azione abituale, ripetuta o descritta nella sua durata), x-participio117; essi sono tutti costrutti in cui la forma verbale non si trova in prima posizione nella proposizione. Anche la PNS nella Nar non occupa mai il PP. Dan 2,48a-49c si apre con un !yId:a/-x-qetal di PP. Esso fornisce l’informazione principale, che di per sé è sufficiente a conoscere ciò che è accaduto dopo l’interpretazione del sogno del re da parte di Daniele. I successivi costrutti di sfondo specificano questo avvenimento e ne offrono alcuni dettagli. I primi tre (48bcd) sono rispettivamente un x-qetal, un qetal*c e una PNS. Essi non indicano azioni posteriori a quella dell’elevazione di Daniele a un rango superiore da parte del re, ma ci informano su ciò che la decisione reale ha comportato: Daniele ricevette dei doni, fu posto a capo della provincia di Babilonia e dei saggi di quella regione. Il waw-x-qetal in 49a pone un elemento di contrapposizione: alla generosità manifestata dal re Daniele, “da parte sua”, espone un’ulteriore richiesta e il waw-qetal*c (49b) dà la notizia dell’immediata promozione anche dei tre amici di Daniele118. La PNS finale (49c) indica un fatto contemporaneo al precedente costrutto. Questi costrutti finali forniscono il setting per il successivo episodio119. Il lettore viene a sapere che le vicende dei quattro protagonisti in qualche modo si separano: i tre amici, Sadrach, Mesach e Abdenego120 subiranno la denuncia da parte dei Caldei per non avere adorato la statua fatta erigere nella valle di Dura (Dan 3), in un luogo lontano dalla reggia; il personaggio di Daniele ricompare invece nel capitolo 4, in un racconto ambientato nel palazzo del re (Dan 4,1a).
117 Secondo BLAU, Minutiae, 8-9, le forme verbali yiqtul e participio possono indicare simultaneità all’azione espressa dal «preceding perfect or temporal adverb»; l’alternanza di questi costrutti mostrerebbe la fusione di due diversi sistemi utilizzati in questa lingua per indicare, appunto, un’azione contemporanea, di cui «the earlier one with the imperfect and the later one with the participle». ESKHULT, Studies, 113, riguardo al Late Biblical Hebrew, parla di un uso del participio in concorrenza con lo yiqtol. Occorre sottolineare però che nell’AB l’x-participio può anche descrivere un’azione unica nel passato (Dan 3,4a; 4,4bc; Esd 5,3b). Dunque mentre l’uso dello yiqtul nella narrazione sembra fissato, lo stesso non avviene per il participio, che appare una forma verbale ancora in evoluzione in questo tipo di costrutto di Sf (ROSENTHAL, Grammar, § 178; GZELLA, Tempus, 143-144). 118 Questo secondo waw-qetal potrebbe essere interpretato anche come un costrutto di PP. Le due informazioni poste sulla linea principale sarebbero, in questo modo, da un lato la promozione di Daniele, dall’altro il nuovo incarico che i tre amici hanno ricevuto dal re. L’interpretazione che ho esposto sopra mi sembra, però, più coerente con il contesto immediato. 119 COLLINS, Daniel, 173. 120 MEADOWCROFT, Aramaic, 124.
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2.3 Primo piano Il PP della narrazione è occupato da due forme: (waw-)qetal, (waw-)participio. Il qetal può essere coordinato ad una precedente forma di PP sia attraverso waw sia per asindeto121, senza alcuna modifica della messa in rilievo. In questo secondo caso è possibile pensare ad una piccola interruzione nella sequenza di tali costrutti122. Un caso particolare si ha quando si presenta un segno macrosintattico che nella Nar è solo della classe !yId:a/. Esso mantiene sul PP il costrutto seguente, anche se non del tipo elencato prima, oppure una intera proposizione duplice. Una sequenza relativamente lunga di forme di PP nella Nar si trova in Dan 3,7a-9b. hn"D> lbeq\-lK' apre la catena e mantiene sul PP una proposizione duplice costituita da un yDI-participio, a cui si può assegnare un valore temporale, e dal participio !ylip.n", l’apodosi, che descrive il fatto principale. Un participio coordinato per asindeto (7b) indica la successiva azione. Nuovamente un SgM123 mantiene sulla linea principale un x-qetal (8a), il quale è seguito poi da un waw-qetal (8b). Infine il qetal del verbo hn"[] (9a) e il participio !yrIm.a'w> (9b) introducono un DD. Una più ampia sezione narrativa si trova in Dan 6,17-21. Essa presenta in prevalenza una serie di qetal, mentre il participio si trova solo nelle formule introduttive del DD (17de; 21bc). La sequenza si apre con un !yId:a/-x-qetal (17a); i waw-qetal seguenti (17bc) si riferiscono ad azioni successive all’ordine del re. Dopo il breve DD la Nar continua con tre waw-qetal (18a-c) di PP, a cui segue un yDI-yiqtul (18d) di Sf: Dan 6,18 a hd"x] !b,a, tyIt'yhew> PP Fu portata una pietra
b aB'GU ~Pu-l[; tm;fuw> PP e fu messa sopra la bocca della fossa c yhiAnb'r>b.r: tq'z>[ib.W Hteq.z>[iB. aK'l.m; Hm;t.x;w> PP e il re la sigillò con il suo anello e con l’anello dei suoi dignitari d laYEnId"B. Wbc. anEv.ti-al' yDI Sf perché non cambiasse niente riguardo a Daniele
La descrizione delle singole azioni in successione costituisce un rallentamento della dinamica narrativa del racconto e crea un effetto di attesa nel lettore. La Nar ritorna sul PP con la forma !yId:a/-qetal di 19a124. Questa procede con un sucTale fenomeno si riscontra anche nel caso del participio (cfr. Dan 3,27b; 5,7a). Questo comportamento differisce dall’ebraico biblico, in cui la forma continuativa di un wayyiqtol di PP è solo un altro wayyiqtol, e nella narrazione non è possibile incontrare un qatal nella prima posizione della proposizione (NICCACCI, Sintassi, §§ 9.15). 123 Solo in Dan 3,7a.8a, si combinano insieme due SgM: hn"D> lbeq\-lK' e an"m.zI-HBe. 124 Paragonando questo costrutto con il precedente waw-qetal in 18a non si notano differenze tra i due: entrambi riportano il racconto sul foreground dopo una interruzione della catena narrativa. È difficile dire se l’autore, utilizzando in questo caso un costrutto diverso abbia voluto 121 122
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cessivo waw-qetal (19b), ancora sulla linea principale, e con due x-qetal (19cd) sullo Sf, i quali descrivono i dettagli della notte insonne del re. Dan 6,20 a aK'l.m; !yId:aBe SgM
Protasi
Allora il re
ah'g>n"B. ~Wqy> ar"P'r>P;v.Bi
all’alba si alzava sul far della luce
lz:a] at'w"y"r>a;-ydI aB'gUl. hl'h'B.t.hib.W
Apodosi e in fretta andò alla fossa dei leoni 21a Sf
q[iz> byci[] lq"B. laYEnId"l. aB'gUl. Hber>q.mik.W
e, quando arrivò alla fossa, con voce angosciata gridò a Daniele
L’avverbio !yId:aBe in 20a segnala che la Nar è di nuovo sul PP. Esso regge una proposizione duplice, in cui la protasi è costituita da un x-yiqtul125, e l’apodosi da un x-qetal. Un’ulteriore interruzione del racconto è data dall’x-qetal in 21a, che sposta la scena dal palazzo del re alla fossa dei leoni. Infine i due participi rm;a'w> hnE[' (21bc) introducono un nuovo DD126. 3. Discorso diretto Per il DD occorre distinguere oltre alla messa in rilievo anche i diversi assi temporali: passato, presente, futuro indicativo, futuro volitivo127.
segnare l’inizio di un nuovo passo nell’episodio, sottolineando il cambiamento di scena dalla fossa dei leoni al palazzo del re, oppure se la sua scelta sia stata determinata da una semplice variazione stilistica. Altri simili esempi si trovano in Dan 6,13a; Esd 4,24a; 5,2a. Il mio interesse, comunque, è di dimostrare che entrambi i costrutti contenenti (waw)-qetal e !yId:a/-(x)-qetal hanno il medesimo comportamento quanto alla messa in rilievo. 125 Cfr. n. 33. Nella traduzione ho preferito mantenere il senso originale del verbo, traducendolo con un imperfetto. Inquadrato nel più ampio contesto di questa sequenza, penso che un senso che si può attribuire a questa forma verbale sia quello di descrivere l’azione nel suo svolgimento, in modo da rallentare il tempo del racconto e creare una maggiore attesa nel lettore (BAR-EFRAT, Narrative, 146). MEADOWCROFT, Aramaic, 91, riguardo ai versetti in esame, afferma: «the suspense over what is happening is achieved by keeping each scene distinct. The suspense is not relieved until the reader with Darius discovers the events of the night. This method of “shaping space” is a characteristic of biblical narrative». 126 Riassumendo l’analisi fatta, in questa parte narrativa ci sono in totale 13 forme di PP (tre !yId:a/-qetal; sei waw-qetal; quattro (waw-)participi) e quattro forme di Sf (tre waw-x-qetal; un yDI-yiqtul, a cui si deve aggiungere l’x-yiqtul che costituisce la protasi della proposizione duplice del v. 20a). 127 Cfr. Appendice 1. Anche in questo caso non ho riportato la posizione né delle yDI-P, né dei SgM per non rendere più complesso lo schema.
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3.1 Passato L’asse temporale del passato si apre sempre con x-qetal. Sia tale forma che il semplice qetal possono essere preceduti da un SgM128. La catena sintattica procede sull’asse principale con forme del tipo qetal o participio (Dan 5,15ab; Esd 5,11de.16ab) Quando si presenta una delle forme che si trovano sullo Sf si ha un’interruzione della sequenza narrativa. In Dan 2,35a l’!yId:a/.-qetal iniziale indica che il costrutto è di PP. Questo è seguito da due waw-qetal (35bc) che rimangono sulla linea principale della comunicazione, mentre l’x-qetal di Sf (35d) pone maggiore enfasi sulla forza del vento, che ha spazzato via i pezzi della statua. Un altro x-qetal (35e) crea un contrasto con quanto detto prima: nonostante la forza del vento la pietra non viene rimossa, ma diviene una montagna. Il waw-qetal*c (35f) chiude la scena, in relazione con la proposizione precedente, dà un’informazione che ne è la diretta conseguenza. 3.2 Presente Nell’asse temporale del presente all’inizio si trova un x-participio o una PNS. Esso prosegue poi sul PP con una successiva PNS o con un participio iniziale129. In tale asse temporale la comunicazione si sposta dalla linea principale a quella secondaria o con costrutti del tipo x-participio (Dan 3,12d; 4,32ab), o con una PNS di Sf (Dan 6,27de)130. Dan 4,34 a xB;v;m. rC;nk;Wbn> hn"a] ![;K. PP Adesso, io Nabucodonosor, lodo
b ~meArm.W PP ed esalto c aY"m;v. %l,m,l. rD:h;m.W PP e glorifico il re del cielo
In Dan 4,34a-c, p. es., i tre costrutti si trovano sul PP131. Il primo (a) è un x-participio, introdotto dal SgM ![;K., seguito da due waw-participi (b.c). In Dan 2,23ab, l’asse del presente inizia con un x-participio (a) e continua con un waw-participio (b). Un esempio, invece, di due PNS di PP nel presente è dato da Dan 4,16hi. In Dan 3,25cde si trova ancora una successione di costrutti appartenenti tutti all’asse del presente. Nabucodonosor si accorge che qualcosa di strano sta avvenendo nella fornace ardente e proclama apertamente la sua incredulità. Il Nel DD può essere del tipo !yId:a/ o ![;K. oppure Wla]/Wra]. Non sono stati rilevati costrutti con qetal o yiqtul in questo asse temporale. 130 Sono attestati participi*c in questo asse temporale. Essi si trovano solo in continuazione di un precedente x-participio o di una PNS di Sf. 131 Anche SHEPHERD, Verbal, 114, pensa che questo versetto sia da analizzare come discorso diretto e non come narrazione. 128 129
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primo (c) di questi costrutti è un x-participio. Esso inizia la linea temporale del presente, segue poi PNS (d), anch’essa di PP. La presenza di un successivo xparticipio (e) fa variare la messa in rilievo. Sull’elemento x, HwErE, è posta l’enfasi della proposizione132. 3.3 Futuro Indicativo L’asse del futuro indicativo inizia con x-yiqtul e prosegue nella linea principale attraverso una successione di (waw-)yiqtul. Quando lungo la catena si incontra un altro x-yiqtul, la messa in rilievo cambia e dal foreground si passa al background. Dan 7,23b-27d presenta una lunga sequenza di proposizioni appartenenti tutte all’asse temporale del futuro indicativo. Un personaggio misterioso (7,16a), presente nella visione di Daniele, spiega a costui il senso di ciò che sta osservando: Dan 7,23b 1) at'y>["ybir> at'w>yxe Casus pendens Riguardo alla quarta bestia
2)
a['r>a;b. awEh/T, [ha'['ybir]> (ay[ybr) Wkl.m;
3)
at'w"k.l.m;-lK'-!mi anEv.ti yDI
PP
c
PP
d
PP
e
PP
un quarto regno sarà sulla terra che sarà diverso da tutti i regni
a['r>a;-lK' lkuatew>
e divorerà tutta la terra
HN:viWdt.W
e la calpesterà
HN:qiD>t;w>
e la stritolerà
L’interpretazione del sogno si apre con un casus pendens (23b1) che annuncia l’argomento seguente. L’x-yiqtul (23b2) apre l’asse del futuro indicativo; ad esso è unito un yDI-yiqtul (23b3), che dà una specificazione riguardante il futuro regno. Seguono altri tre waw-yiqtul (23cde) che comunicano le azioni che il regno compirà.
132 Solo in un caso si osserva una sequenza del tipo PNS di PP/PNS di Sf: Dan 3,16c.17a. La seconda PNS, però, è la protasi di un periodo ipotetico, l’apodosi del quale è costituita dal successivo x-yiqtul. Quindi i due costrutti, seppur vicini, sono in realtà semanticamente separati tra di loro. Le PNS di Sf in questo asse si trovano per lo più dopo la congiunzione subordinante !he (Dan 3,15a.17a; Esd 5,17a) o all’interno di una yDI-P, in particolar modo dopo una yDI-PNS (Dan 5,23e; 6,27de).
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Dan 7,24a 1)
rf;[] aY"n:r>q;w>
Casus pendens E riguardo ai dieci corni
2)
!Wmquy> !ykil.m; hr"f.[; ht'Wkl.m; HN:mi
b
!AhyrEx]a; ~Wqy> !r"x\a'w>
PP Sf
c
Sf
d
Sf
25a Sf
b
Sf
c
PP
d
PP
da quel regno sorgeranno dieci regni ma un altro sorgerà dopo di essi
ayEm'd>q;-!mi anEv.yI aWhw>
ed esso sarà diverso dai precedenti
lPiv.h;y> !ykil.m; ht'l't.W
e tre re abbatterà lLim;y> [ha'L'[i] (ayl[) dc;l. !yLimiW e proferirà parole contro l’Altissimo
aLeb;y> !ynIAyl.[, yveyDIq;l.W
e i santi dell’Altissimo logorerà
td"w> !ynIm.zI hy"n"v.h;l. rB;s.yIw>
esso avrà intenzione di mutare i tempi e il giudizio
!D"[i gl;p.W !ynID"[iw> !D"[i-d[; HdEyBi !Wbh]y:t.yIw>
ed essi saranno dati nella sua mano per un tempo, tempi e metà di un tempo
I v. 24-25 permettono di osservare l’alternanza dei costrutti di PP e di Sf. Il casus pendens e l’x-yitul (24a) indicano l’inizio di una nuova catena con un cambio di argomento. Non si parla più del quarto regno ma dei successivi dieci che sorgeranno da quello. Il racconto, poi, passa sullo Sf per la presenza di un secondo x-yiqtul (24b) che crea un contrasto con quanto detto in precedenza. Esso annuncia l’avvento di un successivo regno diverso dai dieci. Attraverso una serie di x-yiqtul di Sf ne vengono descritte le caratteristiche (24c) e il comportamento nei confronti di altri tre re non meglio specificati, dell’Altissimo e dei suoi santi (24d.25ab). Quando, però, l’autore elenca le azioni di questo regno in relazione ai dieci regni, che costituiscono il tema dei v. 24-25, egli usa dei costrutti di PP del tipo waw-yiqtul (25cd), posti in relazione diretta con xyiqtul iniziale di PP (24a). I v. 26-27133 presentano, invece, dei costrutti di Sf diversi tra loro: tre x-yiqtul (26ab.27c), un waw-yiqtul continuativo di Sf134 (27d), una PNS (27b) e un x-qetal (27a)135. Essi annunciano la fine di questo ultimo regno, in contrasto 133 Per i problemi relativi alla traduzione di questi versetti cfr. MEADOWCROFT, Aramaic, 217-221. 134 Il waw-yiqtul*c si trova solo in continuazione di un precedente x-yiqtul di Sf sull’asse del futuro indicativo. 135 Cfr. n. 18. SHEPHERD, Verbal, 122, spiega la presenza in questo contesto di tale tempo verbale tipico, a suo dire, solo della narrazione, come una costruzione che ricorda la successione wayyiqtol/x-qatal nell’ebraico biblico, in cui i verbi all’imperfetto inverso e al perfetto appartengono alla stessa radice. Egli richiama il caso di Gen 1,5 dove si contrappongono le forme ar"q.YIw: e ar"q". Nel testo in esame lo stesso fenomeno si verificherebbe tra Dan 7,25d e Dan 7,27a. «Here
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con la potenza che esso sembrava avere nel precedente passaggio, e la venuta del regno del popolo dei santi dell’Altissimo. 3.4 Futuro Volitivo L’asse del futuro volitivo può iniziare con un imperativo (Dan 4,11c), con un x-imperativo (Esd 5,15b), con un x-yiqtul (Dan 2,24d) o con uno yiqtul (Dan 2,20c). Esso prosegue solitamente con un imperativo in prima posizione nella proposizione, con o senza waw. Nel successivo schema propongo queste costruzioni in sinossi: (waw-)imperativo
← ← ← ← Costrutti iniziali
Dan 4,11cd yhiApn>[; WcCiq;w> e spezzate i suoi rami Esd 5,15bc lz/# is reconstructed. This verbal idiom (.>/ piel “press down the bow”, i. e., set it or bend it) is attested also in Ugaritic.21 In any case, both readings have a weqatal construction; its grammatical function is to be cleared up.22 The second accusative on the piel verb D?72 is introduced by the 2 of accusative (!7$ >$ 2+ F' 2- , v. 35).23 l.I+ /5Y -# of v. 36 is v.&@5# in 4QSama. Ps 18 has l.+ -# +/5- +# and enlarges this verse by another clause " '/D) 5$ :+ .' l +/"7"' '#; LXX suggests a longer version as well.24 A rare grammatical form of the preposition with nun " '/f) >+ f- is found in v. 37.25 Ps 18 omits nun and 4QSama omits the whole prepositional phrase. The colon "C$ :p &+ W- BD5Y 7$ %I2 +# seems to be supralinearly added in 4QSama.26 The clauseinitial full yiqtol form G">' &+ f- looks like G[">]&. in 4QSama, partly broken, but the full spelling is reconstructed.27 In v. 38 the lengthened form !9$ 6+ &+ %1 is not transmitted in Ps 18: … KE6&+ %1 0 )A"}' %- . 0D") 7' X+ %- $# is lacking in Ps 18. The use of the waw-less lengthened ˀäqtol form in the presumably narrative/story-telling function is quite rare.28 Two verb forms 0d) >$ 7+ %1 $# 0C) 7% in 4QSama without the waw consecutive. Yiqtol forms with or without waw seem to be in free distribution in different versions.29 See HALOT, 736.1709. D. PARDEE (in HALLO, Context, 348, note 50) lists this idiom among “formulae, attested in variants forms, for divine travel and arrival at ˀIlu’s abode”. 20 Cf. Deut 32,4 for similar vocabulary. 21 On the parallel phrase ‘to bend or stretch the bow’ in the Ugaritic context see CROSS, Canaanite Myth, 23, especially note 57 and p. 176, note 127. 22 See the discussion in paragraph 3.4.3 below. 23 See KEIL-DELITZSCH, Biblical Commentary, 480. 24 See the discussion in CHISHOLM, Study, 90-91. 25 See GKC, § 103. The prepositions can have nun in Ugaritic and Phoenician; see DAHOOD, Psalms, 116, who pointed to the nun-suffixed prepositions in Ugaritic and Phoenician and claimed that the forms with nun are archaic and original. 26 See the wider discussion in MCCARTER, II Samuel, 460. 27 Thus according to DJD XVII, 181. 28 According to GKC, § 108 e, this might be a conditional sentence “if I determined to pursue, then ….” WALTKE-O’CONNOR, 576, interpret the form as a pseudo-cohortative without waw for past narrative; cf. the discussion in paragraph 3.4.2 below. 29 Cf. CROSS-FREEDMAN, Royal Song, 83: “An examination of the material shows that the use of the conjunction follows no determinable set of rules. Rather, it seems to be distributed at random, haphazardly inserted in one text, omitted in the other.” 18 19
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In v. 40 " '0&) +Hf. .#, with a syncope of intervocalic aleph, corresponds to "0&H%/[#] in 4QSama.30 9". &' C+ f. is rendered by 9&C/# in 4QSama—a hifil verb with defective spelling and with waw. The defective spelling does not necessarily indicate the short form of the prefix conjugation.31 This case, together with O"F' &+ f. in v. 37, is an example of a full form of the prefix conjugation in clause-initial position, apparently for the past tense use.32 The epistemic modal ,J<JY +" is paraphrased 1JY J4C+ p" %P4 +# in Ps 18. In v. 41 a rare grammatical form !f$ f. with an apparent aphaeresis of the initial nun is broken in 4QSama and is spelled regularly with nun in Ps 18. According to CROSS and FREEDMAN, the initial yod is dropped due to haplography, and !//" is to be read, namely as ,G/" root.33 1/") #"2A& !"#$%&'( (34) :".I$ 5I& +@ !XB> $ +/ .X1 W1 3$/(A&2 !7$ >$ 2+ F' 2- "D- $" )*+$,'( (35) :" '/=) &+ f- l.I+ /5Y -# l51 X+ '" , )A7$ "2' C"#(#$2 (36) :"C$ :p &+ W- @=.)7* %I2 +# " '/f) >+ f- "D' 5Y d- G">' &+ f- (37) :0.EC $ (- D5- GBX%$ %I2 +# +D+ f- "7- W$ 5" - &' $ 2+ F' 2- 2 '">- $ X+ %1 +#, v. 43, and B& +Q>+ -" +#, v. 46.57 However, the text does not disclose any explicit or implicit indications of such changes of illocutionary force. 3.2.3 Aspectual entities and the viewpoint aspect Most aspectual entities that shape this passage are dynamic bounded events (&f) -_ -#, v. 33; " '/D) 7' 5Y -", v. 34; ,f1 f' -#, v. 36; etc.). The dynamic bounded events tend to be interpreted as perfective non-present, or rather past.58 One cannot exclude progressive on-going activity as an aspectual interpretation for at least some of Cf. to the translation in ANDERSON, 2 Samuel, 259. Narrative is usually characterized by the spatial-temporal dislocation from the speaker and listener (see TOOLAN, Narrative, 5), or the detachment from Speech Time (see SMITH, Domain, 605). 54 Report, on the contrary to the narrative, is characterized by wider involvement of the communication participants and the constant reference to Speech Time; cf. SMITH, Domain, 606. 55 On the illocutionary force of the narrative see TOOLAN, Narrative, 4-6. For details on the aspectual and temporal arrangement of the passage see paragraphs 3.2.3 and 3.2.4 below. 56 Cf. KEIL-DELITZSCH, Biblical Commentary, 479-480. 57 For the critics of the morphosyntactic value of the waw and its vocalization in interpreting biblical poetry see CROSS-FREEDMAN, Royal Song, 84: “It can no longer be doubted, however, that the imperfect form of the verb was the common, generally used verb form in old Israelite poetry, as in old Canaanite poetry, and that its time aspect was determined by the context, not the presence or absence of the conjunction.” 58 On the basis of the Bounded Event Constraint, the default temporal interpretation will be past tense, see SMITH, Time in Navajo, 45-46. For this interpretation see MCCARTER, II Samuel, 454-455.470-472. CROSS-FREEDMAN, Royal Song, 84, theoretically support this approach to tenses, but do not always apply it to their translation (see CROSS-FREEDMAN, Royal Song, 92-93). 52 53
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especially due to the demonstrative particle !$ in the opening (4%) !$ , v. 33). This aspectual interpretation will mean that Event Time embraces Reference Time, but the temporal interpretation can differ: if Reference Time overlaps with Speech Time, the tense is present progressive; if Reference Time is located in the past (anterior to Speech Time), the tense will be past progressive; if Speech Time is metaphorically relocated into past narrative, the tense is historical present.59 Theoretically, dynamic verbs can be used in habitual or even generic sayings.60 However, such an interpretation seems unlikely for most verbal sayings in the passage, especially in the second part: habitual sayings suggest generalizations about the situation pattern and generic sayings suggest the agent’s characterization.61 Both possibilities contradict the eventive non-generic character of the military activity described in the passage. Some utterances, especially in the third part, can imply an iterative, or rather a distributive meaning, especially due to the plurality of the agent or patient (J9Z+ '", v. 42; " '0Lp O+ 9. .", v. 44; JZF[ (. /+ '", v. 45; etc.). These sentences can even be interpreted as present habitual, taken as the pattern-characterization of the miserable situation of the enemies.62 However, the text lacks clear formal indications of such a shift from dynamic eventualities to general statives. 3.2.4 Temporal arrangement The temporal interpretation of the passage is a highly hazardous issue, since the text does not provide sufficient information about the exact temporal locations. The egocentric elements (" '0L) 270
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RAINEY A. F., Canaanite in the Amarna Tablets: A Linguistic Analysis of the Mixed Dialect Used by the Scribes from Canaan. Volume II: Morphosyntactic Analysis of the Verbal System, Leiden 1996. REICHENBACH H., Elements of Symbolic Logic, New York 1947. ROGLAND M., “Remarks on the Aramaic Verbal System”, in M. F. J. BAASTEN W. Th. VAN PEURSEN (ed.), Hamlet on a Hill: Semitic and Greek Studies Presented to Professor T. Muraoka on the Occasion of his Sixty-Fifth Birthday (Orientalia Lovanensia Analecta 118), Leuven - Paris - Dudley 2003, 421-432. SAKITA T. I., Reporting Discourse, Tense, and Cognition, Oxford 2002. SCHMUTTERMAYR G., Psalm 18 und 2 Samuel 22: Studien zu einem Doppeltext, München 1971. SIVAN D., A Grammar of the Ugaritic Language, Leiden 2001. SMITH C., The Parameter of Aspect, Dordrecht - Boston - London 1997 (= 1991). SMITH C., Modes of Discourse: The Local Structure of Texts, Cambridge 2003. SMITH C., “The Domain of Tense”, in J. GUERON - J. LECARME (ed.), The Syntax of Time, Cambridge 2004, 597-620. SMITH C., “Aspectual Entities and Tense in Discourse”, in P. KEMPCHINSKY - R. SLABAKOVA (ed.), Aspectual Inquiries, Dortrecht 2005, 223-239 SMITH C., “Tense and Temporal Interpretation”, Lingua 117 (2007) 419-436. SMITH C., “Time with and without Tense”, in J. GUÉRON - J. LECARME (ed.), Time and Modality, Dordrecht 2008, 227-250. SMITH C. - PERKINS E. - FERNALD T., “Time in Navajo: Direct and Indirect Interpretation”, International Journal of American Linguistics 73 (2007) 40-71. SMITH M. S. - PITARD W. T., The Ugarit Baal Cycle: Volume 2, Leiden 2009. #G0 c"O&/ ,G/"4%L#
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We may, therefore, hypothesize that, in the case of Zeph 3,15 (ËyIb;y“ao) and Ob 17 (çyrwm), we are dealing with a likely diverse Vorlage as regards the MT (Ëbey“ao and vr:/m). There are, nonetheless, some “distinctive readings” of Mur88 which have no equivalent in the Syriac text of the Peshi!ta. These also deserve our consideration in so far as they show us the freedom of interpretation of the ancient scribes: Hab 3,10 Am 7,16 Am 9,5 Jon 3,8 Mi 7,12 Hag 2,1
Mur88 twb[ µym wmrz πyft dw[ bçwy … lbaw l[ µwyb la
MT rb;[; µyIm' µr l’uomo è mangiante, ma “la sintassi storica non accetta la derivazione del participio perifrastico da una forma finita”. Il participio perifrastico equivalente a un verbo (durativo o no) si deve a una rianalisi del participio reintrodotto con IE (115-117). La definizione del confine tra perifrasi aggettivale e perifrastica riguarda la semantica e non la sintassi e l’interpretazione dipende dai verbi o participi presenti nel contesto. KARLEEN, per distinguere le due perifrasi, ricorre alla prova applicata in inglese per individuare il participio aggettivale nel predicato: si aggiunge ‘very’ (J#'$ in greco), che funziona in Tt 3,3 e Lc 2,51 ma non in Lc 5,17 (120). Interessante quanto afferma della proposizione nominale, dove sembra (“it appears”) che, quando il participio fa parte di una catena di aggettivi, IE può essere ridotto a zero (“zeroed”), altrimenti il participio sarebbe perifrastico (134). Stando agli esempi, a quanto pare, con “zeroed” KARLEEN intende definire la funzione di copula di IE. Quanto esposto è sufficiente per dare lo spunto ad alcune considerazioni. Ferme le critiche di PORTER, KARLEEN tenta in qualche maniera di dare una spiegazione all’origine della perifrasi anche originale, se si vuole (con il passaggio del participio da attributivo a predicato), benché gli argomenti addotti non appaiano così stringenti, anzi talvolta discutibili. Che la rianalisi, poi, riguardi il solo participio e non l’intera costruzione perifrastica fa sorgere più di qualche dubbio. Che il verbo IE, perché si abbia perifrasi con il participio, non debba essere copula è una teoria che si può sottoscrivere, ma KARLEEN (e non è il solo) non dice
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Natura e funzione di IJFC A conferma del suo assunto PORTER muove dalla critica che RUJIGH fa a KAHN41. Qui interessa essenzialmente ricordare che, sulla base delle sue ricerche, RUJIGH42 sostiene che, quanto all’adattabilità all’uso copulativo “IE è il verbo meno marcato semanticamente della lingua”. Sulla scia di questa affermazione PORTER individua nel significato semantico lessicale generico del verbo, che gravita intorno al significato centrale di ‘essere presente’ (“being present”), la condizione per l’uso di ausiliare nelle costruzioni perifrastiche43. Definizione della perifrasi in greco44 Mancano nella letteratura specializzata criteri comuni per definire la natura e la funzione della perifrasi. Nonostante il tentativo di sistemazione da parte di AERTS, PORTER sostiene che rimangono ampi margini di soggettività nella determinazione dell’esistenza contestuale di una perifrasi45. Molti grammatici non ne danno una definizione. Stando all’autore, le condizioni richieste perché si abbia una perifrasi sono due: 1) la presenza di verbo ausiliare con aspettualità generica, 2) la concordanza del participio con il suo referente. Il primo fattore è necessario per evitare incompatibilità aspettuale con il participio, in caso contrario si ha una costruzione verbale catenative46. Il verbo IE + participio costituisce l’unità minima grammaticale della perifrasi, dove l’ausiliare stabilisce atteggiamento, persona e relazione al discorso, il participio determina l’aspetto verbale47. Oltre alla concordanza, perché vi sia perifrasi, i due memin caso di perifrasi quale sia la funzione di IE, probabilmente proprio perché concentra la sua attenzione prevalentemente sul participio. Quanto alla derivazione della perifrasi, è molto più probabile la sua dipendenza dall’uso predicativo del participio. Cf. TUSA MASSARO, Sintassi, 199, che parla, va precisato, di “formazioni perifrastiche del Perfetto e dei tempi da esso derivati”. 41 PORTER si rifà alla teoria espressa da RUJIGH, Review of KAHN. Cf. PORTER, Verbal Aspect, 449-452. In queste pagine sono riassunte le posizioni dei due autori. 42 RUJIGH, Review of KAHN, 67. 43 Per RUJIGH, Review of KAHN, 55, il valore locale di IE (“être présent, être là”) è fondamentale, anche se rimane centrale la costruzione copulativa. Cf. PORTER, Verbal Aspect, 450. 44 Il titolo di questo paragrafo riprende quello del volume di PORTER, Verbal Aspect, 492. 45 Così FANNING, Verbal Aspect, 311. 46 Si assume in prestito l’aggettivo inglese “catenative”. 47 EVANS, Periphrastic, 223, riconosce che senza la nozione di genericità (aspettuale) di PORTER sarebbe difficile definire l’apporto aspettuale dell’ausiliare alla forma perifrastica, e sostiene che PORTER ha ragione nell’affermare che nella perifrasi è il participio a determinare l’aspetto. EVANS ritiene che sia la semantica lessicale e non quella aspettuale a determinare il possibile uso di un verbo come ausiliare in una perifrasi. Alcuni verbi si adattano per il loro significato lessicale ad essere grammaticalizzati in questo ruolo. Quando un verbo lessicalmente adatto diventa grammaticalizzato in funzione ausiliare, si ha come risultato un certo grado di aspettualità generica. Come per PORTER anche CAMPBELL, Verbal aspect, è il participio a determinare l’aspetto della perifrasi. Una perifrasi con presente participio sarà imperfettiva come riflesso del tema del presente che è imperfettivo (33-34). Quanto alla spazialità, CAMPBELL afferma che le perifrasi seguono gli stessi principi delle forme sintetiche: il presente indicativo dell’ausiliare veicola pros-
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bri devono essere adiacenti; se vi sono elementi aggiunti, devono essere connessi al participio (cioè alla parte che veicola il significato lessicale della costruzione), nel caso, invece, determinino l’ausiliare, ne sanciscono l’autonomia rispetto al participio. Si rimane nell’incertezza, quando tra i due membri si frappone un sintagma locativo o temporale48. Una perifrasi sostituisce una forma semplice, quando quest’ultima non è più usata. In caso di coesistenza di entrambe le forme si pone un problema di sinonimia, data per assodata da alcuni autori ma non da PORTER, per il quale la sinonimia è cognitiva ma non assoluta. Le due forme possono occorrere in uno stesso contesto, ma la perifrasi conserva un suo significato semantico49. simità spaziale, l’imperfetto lontananza spaziale. Nella perifrasi con presente indicativo e il participio perfetto entrambi i costituenti veicolano prossimità spaziale. Il risultato è una maggiore prossimità, così come avviene nella forma sintetica, l’aspetto è imperfettivo (36). – La neutralità aspettuale di IE teorizzata da PORTER, tuttavia, non avrebbe il consenso di MCGAUGHY, Descriptive Analysis, § 5.3, dove si legge: “Like other verbs, IL$'( participates the verbal system in signaling tense, mood and aspect, though only to a limited degree … its morphology distinguishes tense as time and mood, and it contributes to tense as aspect in periphrastic constructions”. L’autore pone in evidenza i limiti dell’esposizione della voce riservata al verbo IE in BAUER, Lexicon. La critica principale è la confusione tra il livello semantico e quello sintattico. BAUER, restringendo la discussione alla perifrasi, pone questa costruzione nella seconda (II) sezione IE “as a copula, uniting subject and predicate” come sub-categoria (II. 4). Per MCGAUGHY, invece, la perifrasi è una sottocategoria “which defines the strictly grammatical function of IE as a tense indicator (i.e., it is lexically empty; § 10.3)”. Più avanti, nell’introdurre il paragrafo sulla perifrasi, lo studioso ricorda, volendo alludere a possibili convergenze d’uso, che in inglese ci sono due gruppi di ausiliari, i “primary auxiliaries”, che indicano tempo e aspetto (have, be, do), e i “modal auxiliaries”, che indicano tempo e modo (can, could, dare, may etc.). Allargando lo sguardo ad altri fattori, aggiunge che in greco le funzioni di tempo, modo e aspetto sono segnalate per mezzo di un sistema di prefissi, infissi e suffissi più che dagli ausiliari. Dopo aver elencato le diverse combinazioni perifrastiche con IE + participio, MCGAUGHY propone tre esempi di perifrasi. In Lc 5,16 'T+bU F\ }$ u0%OW3Y$ /$ +'[U /3v&%(U la perifrasi }$ u0%OW3Y$ corrisponde, secondo lo studioso, a un imperfetto in una proposizione formata da soggetto e verbo intransitivo; Mt 7,29 }$ "Z3 F(F1*-W$ 'T+%cU rientra nella struttura soggetto – verbo transitivo – oggetto. Tale costruzione perifrastica va distinta da quella composta da soggetto – verbo equativo (copula) – predicato (“Subject—Equative Verb—Subjective Complement”) (§ 49). L’esempio di riferimento è Gv 1,49b *k IL ~ SmbU +%G QI%G (§ 13.1). MCGAUGHY ha ragione a insistere sulla distinzione tra i casi di perifrasi e di predicato, ma non tutte le attestazioni di costruzioni sono chiare come quelle da lui portate ad esempio. Sono senza dubbio pertinenti e disambiguanti, tuttavia, le sue affermazioni relative al ruolo di IE nel definire l’aspetto (se ne deduce che per MCGAUGHY la perifrasi va intesa come unità) e alla distinzione tra ‘copula’ e ‘ausiliare’. 48 Il fatto è che PORTER, Verbal Aspect, 453, fa degli elementi frapposti tra i membri della perifrasi una discriminante troppo decisiva: arriva a comprendere anche il soggetto tra di loro! Lo stesso principio (con esempi di soggetto frapposto) è ribadito in PORTER, Idioms, 45-46. Per EVANS lo sforzo di PORTER di individuare elementi formali per distinguere una perifrasi: indeterminatezza aspettuale, l’abbandono della distinzione tra participi pienamente aggettivati e quelli come costituenti di perifrasi, l’ordine delle parole, non sono argomenti convincenti. Nell’individuazione della perifrasi, soprattutto di quelle sostitutive, è inevitabile la soggettività. Cf. EVANS, Periphrastic, 233. I limiti della posizione di PORTER emergono con tutta evidenza in casi come Gen 39,23 %T- }$ ~ a3O(FI*&%6cJ'd +%G FI*&W+,3#%S "($*-W$ F({ 'T+b$ %TQV$, citato dallo stesso EVANS (232) che ritiene, a ragione, }$ … "($*-W$ perifrasi.
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Una volta stabilito che un participio è aggettivato, che sia o no in parallelo con altri aggettivi, per alcuni grammatici non c’è perifrasi. PORTER, al contrario, spinge a superare questa visione. Che un participio possa svolgere la funzione di aggettivo, argomenta, è un dato di fatto, ma nella perifrasi un participio conserva e afferma l’aspetto verbale50. Una posizione certamente condivisibile. EVANS Nelle conclusioni (255-257) EVANS riconosce che, nella determinazione dell’occorrenza di una perifrasi, concorrono inevitabilmente fattori soggettivi. Lo sforzo di PORTER di stabilire criteri formali in questo campo è invalidato da criteri arbitrari personali e dalla poca attenzione alle sfumature della lingua greca. EVANS definisce la perifrasi una combinazione di un ausiliare più participio o infinito come quasi (“as near”) equivalente (perifrasi sostitutiva) o supplenza (perifrasi suppletiva) di una forma sintetica. Negli ausiliari vanno considerati i tratti lessicali semantici e non quelli aspettuali al fine di stabilire la grammaticalizzazione della loro funzione. Nel Pentateuco gli ausiliari sono IE, "#$%&'( combinati con presente e perfetto participio e &VJJW seguito da presente e aoristo infinito. La teoria di AERTS, secondo cui i LXX hanno influito sull’uso della perifrasi nel greco del NT, è fondata ma non nei termini formulati dallo studioso, inoltre 49 PORTER non spiega quale sia il significato proprio della perifrasi o la sua funzione. A tale proposito, soprattutto per la funzione che la perifrasi può svolgere in un racconto, andrebbero rivalutate le osservazioni di GONDA, Remark, 99-102. Secondo questo autore, per fare un esempio, il passaggio dalla forma finita narrativa a quella perifrastica è riferibile alla necessità di sottolineare lo stato delle cose. Il contrasto tra le due forme, inoltre, emerge quando sono presenti entrambe in un medesimo contesto (101). 50 PORTER, Verbal Aspect, 454. L’autore poco prima fa un’osservazione pertinente ma debole sul piano dell’interpretazione. Commentando alcuni esempi in inglese addotti da AERTS per chiarire quando un participio è aggettivato o no, PORTER dice che tali espressioni dimostrano che la traduzione in inglese (dal greco) non è un criterio valido per stabilire se in un dato contesto si ha o meno l’aggettivazione del participio. Un parlante può dire “uomo vedente” (“seeing man”) o “uomo cieco” (“blind man”) ma può non avere la capacità di capire se ‘vedente’ è aggettivato. Lo stesso è valido per il greco. Qui PORTER rimanda a BJÖRCK, |$ F(F1*-W$, 25. La debolezza a cui si è accennato sta nel fatto che non è la competenza del parlante che qui conta ma l’uso, e se ci sono criteri per mettere a fuoco l’uso aggettivale o verbale del participio. Poniamo che un parlante riuscisse a determinare l’uso aggettivale di ‘vedente’ in una costruzione perifrastica, quali ripercussioni avrebbe nell’uso della perifrasi aggettivale? Semplicemente nessuna, il parlante se ne serve perché la percepisce come corretta grammaticalmente. Va ancora osservato che PORTER definisce la perifrasi un’unità grammaticale ma finisce per attribuire la determinazione dell’aspetto al solo participio. Per EVANS, Verbal Syntax, 231, PORTER non si affranca dalla soggettività nell’analisi ed inoltre è difficile che in un participio aggettivato o sostantivato operi ancora l’aspetto, l’uso sempre sostantivato di l3OW$ nel Pentateuco ne è un esempio. Siccome participi di questo tipo non occorrono al presente e al perfetto l’opposizione perfettività/imperfettività non è operativa. La questione richiede di essere approfondita nella grecità antica. In assenza di criteri oggettivi si può stabilire l’aggettivazione di un participio in base al contesto.
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né la perifrasi progressiva né quella con il futuro prendono avvio dai LXX. Per formulare conclusioni sulle perifrasi greche e l’influsso ebraico occorrono dati più esaustivi. Non è stato stabilito perché non si ha sempre perifrasi rispetto a una costruzione ebraica che potrebbe motivarla o rispetto a !"! + participio51. Gli studi, infine, non hanno prodotto dati sufficienti che permettano di studiare la frequenza della perifrasi nel Pentateuco rispetto a quella del greco extra biblico. Queste considerazioni di EVANS sono in parte condivisibili. L’autore, però, non discute le varianti (che possono offrire interessanti elementi sulla ricezione della perifrasi) e il tratto di quasi equivalenza delle perifrasi con le forme sintetiche: non dice in cosa si distinguono sostanzialmente le due forme. Attribuisce, infine, un’importanza decisiva al rapporto con l’ebraico. Con ciò non si vuol dire che un confronto con la lingua tradotta non possa essere illuminante, ma non è questa comparazione a produrre elementi discriminanti per stabilire se una costruzione sia perifrastica o no in greco, al più fornisce notizie sulla tecnica di traduzione e sull’interpretazione del traduttore. Stabilire che una perifrasi rispecchi un modello di traduzione è un fatto, un’altra è l’analisi in greco. AMENTA L’autrice52 riconosce che: 51 Per DIETRICH, Verbalaspekt im Griechischen, 201, la costruzione semitica non ha la stessa funzione di quella greca; in ebraico il participio ha per lo più valore aggettivale, in greco verbale. Un calco sintattico, osserva AMENTA, Perifrasi aspettuali, 65, non necessariamente comporta implicazioni semantiche. 52 La monografia dell’autrice è stata recentemente recensita da BENTEIN, Review, 127-141. Nel suo puntuale contributo l’autore 1) ricorda: – le diverse proposte di classificazione della perifrasi verbale come temporale, aspettuale, modale o come participiale, gerundiale, infinitivale; – che la ricerca si è concentrata soprattutto sulle lingue europee e sull’evoluzione della perifrasi dal latino nelle lingue romanze; – gli studi di COSERIU (Aspecto Verbal; Problem des griechischen Einflusses) e DIETRICH (Verbalaspekt in den romanischen Sprachen) sulle perifrasi aspettuali con verbi come esistere, venire, andare, prendere; entrambi gli studiosi giungono alla conclusione che le lingue romanze hanno ereditato dal greco tale costruzione attraverso la mediazione del primo latino cristiano; 2) presenta gli studi principali su questioni specifiche riguardanti la perifrasi (classificazione, ricerca, evoluzione, origine, influsso aramaico o ebraico, definizione del concetto di perifrasi verbale ed altre questioni); 3) dopo aver esposto per sommi capi il contenuto dei sette capitoli del volume, muove alcuni appunti all’autrice. AMENTA non chiarisce a quali perifrasi aspettuali appartengono quelle che integrano i sistemi verbali … nell’espressione di significati aspettuali e cosa le differenzia da altre perifrasi verbali; – non risponde a PORTER per il quale IE è l’unico vero ausiliare e ritiene che non c’è distinzione tra funzione nominale e verbale del participio come base della delimitazione; – non studia in dettaglio influssi esterni e interni sulle perifrasi verbali greche e ignora EVANS (Verbal Syntax); – ipotizza che il participio nelle perifrasi verbali con verbi di stato si sia sviluppato da una funzione nominale a una verbale; – non registra esempi della produzione successiva al NT per quanto concerne la grammaticalizzazione di IE e non contestualizza gli esempi. Per BENTEIN, inoltre, la defini-
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La varietà e la complessità di realizzazioni comprese sotto l’etichetta di «forme verbali perifrastiche» ne hanno determinato difficoltà di identificazione e di caratterizzazione,
e aggiunge:
Nella sua definizione più ampia, una perifrasi è un sintagma verbale complesso costituito da un verbo di modo finito che apporta al costrutto informazioni grammaticali relative al tempo, al modo, alla persona e da un verbo di modo non finito (gerundio, participio, infinito) legati direttamente o tramite una particella o una congiunzione53.
L’opposizione tra le teorie poligenetica e monogenetica sull’origine della perifrasi ha interessato anche gli studi sul greco e sul latino54. La definizione della perifrasi dipende dalla grammaticalizzazione del verbo finito come ausiliare, fenomeno che comporta nel verbo desemantizzazione, decategorizzazione e riduzione e perdita del peso fonologico55. zione proposta da EVANS manca di precisione. In futuro la ricerca dovrà studiare in maniera sistematica la perifrasi nel greco post-classico e nel greco medievale, definirne la tipologia su criteri semantici e morfosintattici. Si prevede un approccio scalare nella definizione delle perifrasi verbali, perché, si pensa, esprimano diversi gradi di grammaticalizzazione. Sull’ultima affermazione c’è da fare un rilievo sostanziale. L’approccio scalare, infatti, manifesta tutta la debolezza della teoria che estende la categoria di ausiliare in termini omogenei a più verbi, sulla base della comune costruzione sintattica, e pone in secondo piano, se non ignora il fatto oggettivo, che non tutti i verbi ‘ausiliari’, o definiti tali, possono desemantizzarsi come IE (ciò è innegabile) o ne posseggono la “aspectual vagueness”. Del resto lo stesso BENTEIN cita PUSCH-WESCH, Verbalperiphrasen, 4, per i quali questo approccio porterebbe a un uso inflazionistico del concetto di perifrastica con la conseguente svalutazione della terminologia descrittiva. Lo studio delle perifrasi verbali per il greco post-classico, prosegue BENTEIN, deve seguire criteri semantici e un approccio diacronico che evidenzi il rapporto tra forme semplici e perifrastiche; va approfondita la distribuzione delle categorie di tempo, aspetto e modo tra il verbo finito e il non-finito; la communis opinio che la perifrasi verbale possa ridursi all’imperfettività è una semplificazione; le perifrasi verbali vanno inquadrate all’interno dell’evoluzione dell’intero sistema verbale (con rimando a BROWNING, Medieval and modern Greek, 36ss); non va trascurata la fonologia nell’analisi del fenomeno (con rimando a HORROCKS, A History, 76, dove l’autore, però, non fa accenno alla fonologia!). Aggiungiamo che a conclusione del paragrafo The impact of bilinguism HORROCKS (78) sostiene che vari fenomeni di carattere lessicale e sintattico, inclusa la perifrasi, nonostante gli innegabili contatti tra greco e latino, sono da attribuire a un processo interno alle due lingue, allorché si passa dallo stadio di dialetto locale a lingua internazionale, con il noto slittamento verso l’adozione di forme analitiche, espressione di un registro più popolare. Queste note di BENTEIN offrono un quadro condivisibile dello stato della ricerca e dei suoi possibili sviluppi. L’autore non ha tutti i torti nel suggerire la produzione di studi più settoriali, i contributi per lo più trattano la perifrasi sotto vari punti di vista, producendo risultati di carattere generale. 53 AMENTA, Perifrasi aspettuali, 11. 54 La prima teoria considera le perifrasi aspettuali come espressione di uno sviluppo interno alla lingua, la seconda le comprende nei fenomeni che a partire dal latino tardo si sono sviluppati nelle lingue romanze. Cf. AMENTA, Perifrasi verbali, 12-13. 55 Una parola sottoposta a desemantizzazione perde il suo contenuto lessicale e assume funzione grammaticale; il verbo finito della perifrasi sottoposto alla decategorizzazione passa da verbo pieno a semi-ausiliare/modificatore. Cf. AMENTA, Perifrasi verbali, 20.22.25. DIK, Copula
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AMENTA individua nel passaggio dalla funzione nominale-aggettivale a quella verbale del participio, “in presenza del verbo ausiliare/modificatore IL$'(/esse”, la ragione della formazione delle perifrasi aspettuali. Il fenomeno può essere causato “dall’analogia formale delle due strutture”56. AMENTA introduce una distinzione che ai fini della discussione si può rivelare di primaria importanza: un participio aggettivale non equivale a un aggettivo come tale, il primo “denota una condizione permanente nel soggetto”, il secondo indica per lo più “una qualità presente nel sostantivo”. Oltre ad essere aggettivale un participio può assumere il ruolo di sostantivo e, fattore da non trascurare, non perde la sua natura verbale, come prova la presenza di avverbi che lo determinano. La studiosa individua nella coordinazione con sostantivi o aggettivi un segno dell’uso aggettivale del participio57. Mentre prima ha parlato di ausiliarizzazione del verbo finito nella perifrasi verbale, in seguito afferma che “la copula apporta al costrutto tutte le informazioni di tipo verbale (tempo, aspetto, modo) e il participio le informazioni lessicali”58. La perifrasi assume valore aspettuale se il participio ha funzione verAuxiliarization, 55-56, sostiene che l’ausiliarizzazione della copula non concerne la desemantizzazione. 56 AMENTA, Perifrasi aspettuali, 29-30. Che le due strutture siano analoghe nella sintassi è evidente e che si possa parlare di slittamento da una funzione a un’altra è condivisibile, ma quale sia la ragione a monte dello slittamento non viene spiegato, così come non si pone neppure la domanda del perché in una costruzione perifrastica aggettivale è percepita una potenzialità espressiva verbale. 57 AMENTA, Perifrasi aspettuali, 30-32. La distinzione a cui si accenna è accettabile ma fine a se stessa nell’economia della discussione. Se si confrontano “egli è buono” ed “egli è benedicente/benedetto”, emerge subito una differenza radicale: il primo enunciato è attivo (intransitivo), il secondo è attivo (transitivo) e il terzo passivo, nel quale “benedetto” rimanda implicitamente a qualcuno che ha dato la benedizione, ossia ad un’azione. Con un verbo intransitivo la differenza non viene meno. Dire che in un’eventuale coordinazione del tipo “Egli è libero e camminante” il participio sia aggettivato è un esercizio d’immaginazione. Si possono trovare possibili usi affini: “Egli è sempre libero” vs. “Egli è sempre camminante”, ma “camminante” non smette d’essere verbo, per cui è naturale dire “Egli è camminante lungo la strada” ma non “Egli è libero lungo la strada”. Ritornando all’esempio precedente, nel caso dovessero apparire in coordinazione “egli è buono e benedetto”, il riferimento all’azione in “benedetto” scomparirebbe? Non sembra una soluzione così scontata. Un esempio piuttosto vistoso a sfavore di una tale posizione si ha in Gen 1,2 R F\ "K }$ aH3'+%U -'5 a-'+'*-Ic'*+%U, -'5 *-H+%U /01$W +KU agc**%S, -'5 0$IG&' QI%G /0I6V3I+% /01$W +%G ÄF'+%U. Aquila ha R F\ "K }$ -V$W&' -'5 %TQV$, -'5 *-H+%U /0 5 03H*W0%$ agc**%S, -'5 0$IG&' QI%G /0 (6I3H&I$%$ /0 5 03H*W0%$ uF1+W$, dove è chiaro che }$ unisce come copula "K a -V$W&' e %TQV$, mentre è predicato verbale rispetto a *-H+%U e ausiliare di /0 (6I3H&I$%$ (medio) con cui forma un’evidente perifrasi. Teodozione e Simmaco hanno la stessa costruzione con lo stesso participio. In altri termini, in questo testo, come può accadere altrove, si può pensare a un’ellissi di }$ sia come predicato verbale che come ausiliare. 58 AMENTA, Perifrasi aspettuali, 33. L’affermazione è quanto meno ambigua, perché senza dubbio IL$'( è copula nel costrutto aggettivale. Che continui a esserlo nella perifrasi sul piano semantico non sembra possibile: nell’ausiliarizzazione IL$'( non è elemento di collegamento tra soggetto e predicativo ma, come AMENTA afferma dopo (45), un costituente della perifrasi in cui i membri hanno perso la propria autonomia sintattica e semantica. DE LA VILLA POLO, Auxiliari-
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bale59. In questa condizione la costruzione può essere coordinata con altri verbi finiti. Nelle perifrasi che hanno come modificatori verbi di movimento il participio ha “mantenuto una funzione essenzialmente predicativa circostanziale”, perché completa in qualche maniera il significato del verbo finito con il quale è in relazione60. Nell’articolazione del complesso e strutturato sistema verbale greco le perifrasi hanno tutto sommato, continua AMENTA, una funzione marginale e secondaria61. Sull’origine e l’affermarsi della costruzione, soprattutto nei testi del NT, concorrono l’influsso indiretto del costrutto semitico (attraverso i LXX) e la diffusione che la forma aveva acquisito nella lingua corrente62. dad verbal, 197-198, individua i seguenti criteri di identificazione per l’ausiliarizzazione: mutamento nell’argomentazione del verbo; restrizioni nella collocazione della negazione e di altri elementi dipendenti. Il primo criterio è valido nella costruzione con il participio, gli altri due con l’infinito. Successivamente (205) classifica come “indizi” di ausiliarizzazione i seguenti fattori: l’evoluzione posteriore di un verbo come ausiliare può indicare che in epoca precedente avesse tratti di ausiliarizzazione; il contenuto semantico modale, aspettuale, temporale, ecc. L’autore tratta di verbi di movimento e altri verbi mai espressamente di IE, a cui dedica un solo accenno, rimandando ad altri studiosi. Ad ogni modo l’evoluzione diacronica, precisa, non è una prova dell’ausiliarizzazione sincronica ma un indizio, perché un verbo può a un certo punto essere usato come ausiliare senza che vi fossero segni precedenti (205). 59 Sarebbe più esatto dire che è la costruzione bimembre a diventare verbo. 60 AMENTA, Perifrasi aspettuali, 35. Ci sembra opportuno rilevare che la definizione di predicativo circostanziale riferita da AMENTA è da altri, compreso chi scrive, applicata al participio predicativo (che completa il significato del verbo), mentre i participi segnalati da AMENTA nel paragrafo “Participio circostanziale in greco” andrebbero analizzati come congiunti (appunto circostanziali) e non come predicativi. Riprendiamo (in parte) Mc 1,39, un esempio registrato dall’autrice (37): -'5 }JQI$ -,3c**W$ IEU +ZU *S$'"W"ZU 'T+Y$. Il testo viene tradotto “andò predicando per le loro sinagoghe”. Nel passo citato, sul piano semantico, “il participio predicativo modifica il verbo finito nell’espressione della modalità o delle circostanze in cui si verifica un evento”. Tale modificazione opera soprattutto “nei casi in cui vi sia una relazione quasi sinonimica” tra i due verbi, come in “pregò dicendo”. Nella pagina successiva (38) AMENTA osserva: “in effetti (l’esempio) avrebbe un altro significato, se le determinazioni locative fossero poste tra il verbo … e il participio”. Va rilevato quanto segue. In primo luogo il participio non è predicativo e la traduzione proposta, anche se è efficace, non rispecchia il rapporto sintattico tra il verbo finito e il participio che è congiunto. Non si vede a quale livello il participio modifichi il verbo finito. Nel caso di Mc 1,39 il participio ha valore finale: “andò a predicare”. Nell’espressione “pregò dicendo” (in greco) è preferibile e più esatto definire il participio, sulla scia dell’analisi corrente, come congiunto modale grafico o descrittivo per il suo evidente pleonasmo. Nella nota 2 di pagina 45 l’autrice accenna ai verbi di conoscenza e percezione che “possono reggere una costruzione participiale con funzione di complemento”. Quanto espresso è corretto, ma è proprio con questi verbi che si ha il participio complementare o predicativo secondo la più comune analisi. Se AMENTA intende proporre come perifrastici usi di participi come quelli qui riferiti, si ha un’estensione d’uso della perifrasi più che soggettiva, a piacimento. 61 AMENTA, Perifrasi aspettuali, 45. 62 AMENTA, Perifrasi aspettuali, 65-66. La studiosa rimanda a MANDILARAS, Non-Literary Papyri, 50, dove si sostiene che l’esistenza di un processo endogeno alla lingua greca è evidenziato dalla presenza di peculiarità linguistiche del NT in testi greci non soggetti a influssi semitici. –
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Per quanto concerne la semantica è il participio a svolgere la funzione verbale e poter reggere argomenti propri, mentre IL$'( “è una marca grammaticale indicante tempo, modo e persona”. La costruzione tende ad assumere l’aspetto progressivo e a sottolineare l’“estensione temporale” rispetto a una forma imperfettiva monolettica63. La perifrasi, rispetto alle forme sintetiche dell’imperfettività, mette a fuoco un punto dell’azione in corso. Un esempio chiarificatore è il seguente: Quando entrarono nella sinagoga insegnava (linea continua) / stava insegnando (punto dell’azione)64. Un’indice del grado di grammaticalizzazione è l’acquisizione da parte del verbo finito di una certa rigidità sintattica nella posizione, che tende ad opporsi all’interposizione di elementi tra i costituenti della perifrasi65. La desemantizzazione gli impedisce di essere negato e di reggere argomenti indipendentemente dal participio, la decategorizzazione “di essere coniugato in tutti i tempi e modi”66. Guardando sempre a passi del NT, AMENTA ipotizza che l’uso della perifrasi si possa far risalire a ragioni “d’ordine stilistico e di marcatezza” più che lessicale, al fine di marcare l’aspetto durativo67. Si può anche essere d’accordo con la teoria dell’autore fatta propria da AMENTA, ma questa origine non spiega il perché della nascita della perifrasi, ossia a quali finalità espressive risponda. Inoltre, considerata l’operatività di due fattori, l’uno endogeno l’altro allofono, occorre precisare se vi è convergenza di significato e di funzione tra la perifrasi endogena e quella allofona, e se la perifrasi nel NT, per fare un esempio, dipenda sul piano del significato più dall’una che dall’altra o, contestualmente, possa esprimere ora un uso in linea con lo sviluppo endogeno ora con l’influsso allofono. 63 AMENTA, Perifrasi aspettuali, 69. Sulla base di quanto su esposto l’origine della perifrasi potrebbe rispondere all’esigenza di esprimere l’imperfettività con più enfasi. Un’ipotesi del genere postulerebbe un indebolimento aspettuale della forma monolettica corrispondente, data la compresenza delle due forme. Contro una tale proposta depone il fatto che la perifrasi, per quanto diffusasi, non raggiunge mai la stessa frequenza della forma monolettica. 64 AMENTA, Perifrasi aspettuali, 71. L’esempio è ambiguo. Se il soggetto di “entrarono” comprende anche il soggetto del verbo della principale, allora il verbo di quest’ultima è “insegnava”, meglio ancora “si mise a insegnare” (l’ingressività non è solo dell’aoristo). Se non ne fa parte, occorre scrivere “stava insegnando”. L’incertezza si riflette nella traduzione proposta dall’autrice per Lc 19,47, -'5 }$ F(F1*-W$ +b -'Q{R&V3'$ /$ +y mI3y, “e stava insegnando ogni giorno nel tempio”: “stava insegnando” (punto dell’azione) si oppone palesemente a “ogni giorno” (di senso distributivo e, dunque, periodico), casomai, il senso è “si fermava a insegnare”, “se ne stava a insegnare ogni giorno”. Lo stesso esempio di AMENTA, ma in termini più generici (“enseñaba” vs “estaba enseñando”) e in sintonia, nel commento, con la critica qui esposta si trova in COSERIU, Aspecto Verbal, 110. Sempre COSERIU (108-109) sembra che leghi la nascita della perifrasi con il presente e l’aoristo participio alla mancanza nel greco di forme per esprimere una visione verbale parziale (= punto dell’azione). 65 Per l’autrice l’interposizione del soggetto è indice di coreferenza (AMENTA, Perifrasi aspettuali, 78). Abbiamo visto come per PORTER il soggetto interposto è al contrario segno di indipendenza tra i due verbi (cf. sopra, n. 48). 66 Nonostante la decategorizzazione di IL$'( nel NT, il verbo è usato all’imperativo (AMENTA, Perifrasi aspettuali, 83). 67 Quanto affermato dall’autrice può avere fondamento, tuttavia andrebbe verificato in un
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Un punto chiave è che le perifrasi e le forme sintetiche convivono68. Le prime non sopperiscono a limiti del sistema verbale esistente ma tendono a esplicitare significati particolari69. Gli studiosi postulano che nelle lingue indoeuropee le perifrasi da una prima fase, nella quale esprimevano opposizione aspettuale, siano passate a marcare, in taluni contesti, la temporalità. Le forme analitiche, secondo AMENTA, non dipendono dalla ristrutturazione del sistema verbale dove, concretamente, le opposizioni strutturali rimangono operative, ma sono forme che integrano il sistema verbale70. Elementi sul rapporto della perifrasi verbale tra LXX e TM: GOOD Alla luce di quanto ha affermato EVANS sulla mancanza di studi più sistematici sull’influsso dell’ebraico sulle perifrasi greche, può offrire dati interessanti il recente volume di GOOD sul rapporto tra il sistema verbale ebraico e la sua resa in LXX Cronache. Si riassume essenzialmente quanto l’autore scrive sul costrutto perifrastico ebraico e greco senza entrare nel merito della tecnica di traduzione. In linea generale, dov’è possibile, per ogni forma ebraica il traduttore adopera un equivalente costante. Avendo come punto di riferimento la sua comprensione dell’ebraico parlato ai tempi della traduzione, il traduttore ha reso le forme qatal con l’aoristo, il qotel con il presente, la forma yiqtol con il futuro, le forme perifrastiche con le forme perifrastiche71. Nell’ebraico biblico tardivo il participio occorre nei tre assi temporali, passato, presente e futuro. In un contesto di passato il participio perifrastico con !"! può indicare azione contemporanea a un’altra forma verbale. In un contesto futuro spesso veicola la nozione di azione imminente o in progressione e può trovarsi in forma perifrastica accompagnato da una forma yiqtol di !"!72. Quanto al participio perifrastico in greco in rapporto all’indicativo, GOOD ricorda che in greco oltre alle forme sintetiche ci sono anche quelle analitiche o tempi perifrastici. Questi consistono in una forma del verbo IE, che grammaticalizquadro più ampio, applicando, nel caso, la linguistica testuale. 68 L’autrice si rifà a HASPELMATH, Periphrasis, 659. Per lo studioso le perifrasi verbali e le forme sintetiche hanno una distribuzione complementare. Cf. AMENTA, Perifrasi aspettuali, 132. 69 AMENTA, Perifrasi aspettuali, 132. Il concetto è tratto da BYBEE-PERKINS-PAGLIUCA, Evolution, 133. Anche HASPELMATH, Periphrasis, 659, sottolinea che il processo di grammaticalizzazione delle perifrasi non opera per colmare una lacuna. Quanto a BYBEE-PERKINS-PAGLIUCA, Evolution, 133, HASPELMATH, Periphrasis, 660, osserva che, come altri autori, non pongono in relazione la perifrasi con eventuali paradigmi flessivi. L’autore accetta la teoria dei diversi gradi di grammaticalizzazione (con rimando a LEHMANN, Grammaticalization) ma, nello stesso tempo, ammette l’impossibilità di definirne con esattezza i vari livelli (661). 70 AMENTA, Perifrasi aspettuali, 133-134. 71 GOOD, Translation, 3. 72 GOOD, Translation, 56.
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za modo, tempo, persona e numero, e un participio, che grammaticalizza aspetto e voce. GOOD, quindi, considera la perifrasi nella sua unità. I tempi perifrastici sono una maniera di indicare azione o stato soprattutto sotto l’aspetto imperfettivo o stativo. Quando la perifrasi è con il participio presente, indica l’aspetto imperfettivo o durativo, quando si ha il perfetto, si esprime l’aspetto perfettivo-imperfettivo o stativo. Queste costruzioni occorrono al passato, presente e futuro ed equivalgono alle forme regolari dell’indicativo73. Participi nominali con !"! sono tradotti in greco perifrasticamente: “Perhaps this reflects the increase in periphrastic constructions in Hebrew contemporary with the translator”. La nozione durativa del participio è talvolta rinforzata per mezzo di !"! e in greco è resa con IE + participio74. Se da una parte una buona percentuale di participi sono tradotti come nomi, perché spesso sono sostantivati, dall’altra, a causa dell’incremento della costruzione perifrastica sia nell’ebraico contemporaneo al traduttore sia nel greco ellenistico, ci si potrebbe attendere la resa di alcuni participi nominali in forme verbali analitiche75. I verbi stativi sono spesso tradotti con aggettivi e !"! con IE. Questi fenomeni sono influenzati dall’ebraico contemporaneo. Nell’ebraico rabbinico, poi, gli aggettivi subentrano ai verbi stativi, e !"!, che, nel suo significato di ‘essere’ allarga di molto l’uso, diventa marca temporale per aggettivi e participi76. GOOD nella discussione non parla di perifrasi verbale, sembra che la sottintenda. Ad ogni modo non si pone il problema se aggettivo e participio abbiano le stesse funzioni o se queste coincidano solo in determinati contesti né rimanda ad altri contributi77. GOOD, Translation, 65. GOOD, Translation, 159. 75 GOOD, Translation, 166. L’idea di un fenomeno parallelo di una graduale e sempre maggiore diffusione della perifrasi in ebraico e greco è ribadita anche successivamente: l’influsso dell’ebraico contemporaneo sul traduttore è agevolato dall’incremento della costruzione nel greco ellenistico (168). L’aumento della frequenza delle forme perifrastiche (soprattutto nei tempi passati durativi), osserva GOOD, è un fenomeno che ha le sue radici nell’ebraico parlato dell’epoca del traduttore (GOOD, Translation, 200). Per l’espressione del passato durativo in ebraico l’autore (p. 84, n. 23) rimanda a PÉREZ FERNÁNDEZ, Grammar, 98: Quest’ultimo annota che il verbo ! $"!$ , nel periodo rabbinico, perde gradualmente il significato di ‘divenire’, con la conseguente scomparsa della forma "!' +" .#, a ciò corrisponde un incremento del significato di ‘essere’ del medesimo verbo nell’ebraico rabbinico. Nello stesso tempo i verbi stativi tendono ad essere sostituiti (da formazioni perifrastiche) con aggettivi: 4L. $T nel suo significato di ‘egli era grande’ è sostituito nell’ebraico rabbinico da ! $"!$ + aggettivo 4ML $T. Qui si può osservare che nel fenomeno or ora esposto non si ha la sostituzione della forma semplice con !"! + participio ma con l’aggettivo e che l’alternativa si ha solo con i verbi stativi e non è un uso esteso potenzialmente a tutti i verbi come in greco. 76 GOOD, Translation, 201. 77 Al riguardo si possono citare alcune tra le principali grammatiche di ebraico. GKC, 73 74
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Una sintesi e spunti di riflessione Un breve status quaestionis della riflessione sulla perifrasi ci è offerto da MARKOPOULOS. Nonostante gli innumerevoli studi sull’argomento, osserva l’autore, la definizione di perifrasi rimane intuitiva. Negli studi che vanno da AERTS (1965) a HASPELMATH (2000) affiora costantemente la nozione di paradigma, e la descrizione della perifrasi si ha in relazione alle forme sintetiche. Si parla di perifrasi suppletiva, in genere, sia quando in una lingua esiste il paradigma composto da forme sintetiche, sia quando mancano forme sintetiche sinonime, per cui la definizione di perifrasi si stabilisce in rapporto ad un’altra lingua. Casi simili HASPELMATH (Periphrasis, 660) li definisce perifrasi categoriali. Non c’è unanimità su quali elementi si possa stabilire che ci sia perifrasi. Alcune proprietà appaiono punti fermi: la non composizionalità delle parti; la loro unità sintattica (come la rigidità del loro ordine); la povertà morfologica delle forme. Tali condizioni, tuttavia, non occorrono sempre congiuntamente. Tra le ventidue proprietà individuate dagli studiosi per definire un verbo come ausiliare tre appaiono le più condivise e convincenti: ausiliare e verbo devono avere il medesimo soggetto; il loro ordine è fisso; nessuno o pochi elementi devo§ 116r si limita a segnalare che al participio è aggiunto il perfetto !"! per dare enfasi ad un’azione continua nel passato, così come si usa l’imperfetto !"!" per sottolineare un’azione continua nel futuro (rispettivamente il iussivo "!" o l’imperfetto consecutivo). Più articolata l’esposizione in JOÜON-MURAOKA, § 121 e-g. Nel punto g si registra che nei libri tardivi la perifrasi talvolta risulta superflua, ma, ad un’attenta osservazione, la costruzione è vicina (al significato) dell’imperfetto incoativo greco o al presente grafico storico. Nella medesima opera in § 154 m si osserva, riguardo alla perifrasi, che il participo esprime l’aspetto durativo e !"! la sfera temporale. Va rilevato che il contenuto del sottoparagrafo g appare piuttosto empirico e poco documentato sul piano storico (non si riflette sul fenomeno) e dell’analisi testuale (quale ruolo svolge la perifrasi nella succesione delle azioni?). In WALTKE-O’CONNOR, § 37.7.1 b, si ricorda che dall’unione di una forma finita del verbo !"! il participio acquista una componente aspettuale e/o modale, dando luogo a forme progressive passate, future e iussive (nella nota 51 di pagina 628 si osserva che, quando il participio precede !"! o è aggettivo o sostantivo); – c nell’ebraico biblico tardivo !"! + participio sta per una forma perfettiva, questa forma perifrastica si fa risalire all’influsso dell’aramaico (qui si rimanda all’edizione originale in francese di JOÜON, § 121 g). Gli stessi autori osservano, dopo la citazione di JOÜON, che: “Lacking firm formal criteria to distinguish the full range of roles noted here, we must sometimes hesitate over identifying precise nuances”. Qui si rileva che in JOÜON-MURAOKA, § 121 g, il riferimento all’aramaico è scomparso (come pure nell’edizione del 1991, ristampa 1993) e non sembra che, per ciò che riguarda la perifrasi, se ne parli altrove. C’è inoltre da chiedersi se l’incertezza ammessa da WALTKE-O’CONNOR sulla definizone della sfumatura contestuale della perifrasi non dipenda da una carente riflessione sulla sintassi della costruzione. L’influsso aramaico sulla perifrasi ebraica è inserito in un quadro meno generico da MURAOKA, Participle, 200-201: “… we have pointed out above that the structure in question is firmly rooted in pre-exilic books, whereas the corresponding structure in Aramaic becomes a real factor only in the Official Aramaic of the Persian period … The most one could say is that in the Second Temple period this native Hebrew syntagm was reinforced through constant contacts with Aramaic … Such a restructuring of the Hebrew tense system may have intesified with the onset of the influence of Official Aramaic”. L’autore, tuttavia, non formula un’ipotesi sull’origine endogena della costruzione. Sui criteri per individuare un aramaismo nell’ebraico cf. HURVITZ, Hebrew and Aramaic, 24-37, dove non si accenna alla perifrasi.
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no interporsi. Malgrado ciò non è stata formulata una definizione soddisfacente. Gli ausiliari possono essere descritti solo sulla base di proprietà attinenti (relevant). Non essendoci chiari parametri per stabilire il livello di grammaticalizzazione delle costruzioni con ausiliari, si può stabilire solo se sono più o meno grammaticalizzate78. Si può aggiungere quanto segue. La perifrasi è una costruzione che ha un’origine endogena alla lingua greca e nel greco dei LXX subisce l’influsso della lingua di partenza, almeno per i testi tradotti. Perché si abbia perifrasi verbale il verbo finito deve subire principalmente un processo di ausialiarizzazione. Per quanto concerne il participio, occorre che la forma svolga il ruolo di verbo e non di aggettivo. Su taluni argomenti la discussione rimane ancora aperta. In primo luogo è da chiarire, prendendo spunto da PORTER, nonostante le riserve di EVANS, se il processo di ausiliarizzazione sia uniforme per tutti i verbi adoperati in questa funzione. Prendendo come riferimento il verbo "#$%&'(, il più vicino a IE, abbiamo visto che sono diversi autori a riconoscere che "#$%&'( conserva nella perifrasi il suo valore aspettuale (o lessicale?): PORTER, FANNING (nota 11). Lo stesso EVANS ammette una differenza di fondo tra i due verbi. Affermando che talvolta il significato di "#$%&'( si sovrappone a quello di IE e che "#$%&'( nella costruzione perifrastica conserva il proprio valore aspettuale e che le perifrasi con "#$%&'( e u013OW, almeno nel periodo della koinè, appaiono alternative alle perifrasi con IE, non fa altro che riconoscere tacitamente uno statuto particolare ad IE nella costruzione della perifrasi. Qui vale riaffermare che nel presentare e commentare la posizione di alcuni autori si è a più riprese suggerito di evitare di definire come copula il verbo essere e di preferire il più esatto ausiliare, quando il verbo è parte integrante della perifrasi79. Che il participio debba comportarsi come verbo e poter reggere argomenti propri, perché si abbia perifrasi, trova il consenso generale, ma una coordinazione contestuale tra aggettivo e participio prova che il participio è aggettivo? Non è così certo, un passo come Sir 41,27, -'5 N*2 'E*OS$+,3bU aJ,Q($YU -'5 Iu3#*-W$ O13($ N$'$+( 0'$+bU a$Q30%S, “e sarai veramente discreto e troverai grazia presso ogni uomo” dovrebbe indurre a una certa cautela. Qui è evidente che IE svolge la doppia funzione di copula con 'E*OS$+,3HU e di ausiliare con Iu3#*-W$. Inoltre, se il participio è sostantivato e conserva la reggenza del verbo, vuol dire che il participio rimane essenzialmente verbo e che può MARKOPOULOS, Future, 11-13. L’autore non discute segnatamente della perifrasi, ma la lettura del recente libro di MORO, Breve storia, lascia pochi dubbi sulle particolarità del verbo. Sono sufficienti anche le sole pagine 95-97 del volume per prendere atto delle implicazioni e delle riflessioni, un po’ troppo trascurate, condotte nel corso dei secoli su IE (e non sugli altri verbi). 78 79
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avere un uso aggettivale, non l’inverso80. Pertanto la domanda da porsi non è tanto quando il participio nella perifrasi è verbo, ma quando è aggettivo81. Non è infine casuale l’insistenza sulla perifrasi con IE, che di fatto è quella originaria82. Non si intende dire che gli altri verbi finiti non formino perifrasi con il participio, ma che questi esprimono (e si sono costruiti in perifrasi proprio per questo) in maniera più esplicita una modalità che caratterizza l’azione del participio. Quanto affermato, per chi scrive, vale anche per "#$%&'( ed )*+,-'83.
80 Prendiamo ad esempio Gen 39,23 -'5 /"V$I+% xgIJ 0%(&w$ 03%g1+W$, Å'($ F\ }$ /3"'XH&I$%U +w$ "K$. Il valore lessicale del radicale di 0%(&v$ è transitivo ma, mentre il sostantivo vuole il genitivo, il verbo corradicale 0%(&'#$W regge l’accusativo. Per il sostantivo cf. Gen 4,2; 13,7; per il participio cf. Es 2,16; 3,1. Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Così avviene con /3"1+,U e /3"1X%&'(. Anche il sostantivato ~ /3"'XH&I$%U si comporta da verbo (Pr 12,11; 28,19). EVANS, Verbal Syntax, 235, ha dunque ragione nel sostenere la costruzione perifrastica di }$ /3"'XH&I$%U in Gen 39,23 ma non adduce argomenti sintattici. Per l’uso di /3"1+,U cf. 1 Mac 3,6; Sap 17,16 e a conferma Mt 10,10; 20,2; Lc 10,7; 13,27; 1 Tm 5,18. Ciò vale anche per il sostantivato ~ l3OW$, che regge, come il verbo l3OW, il genitivo. Ciò vuol dire, com’è noto, che la natura di un participio sostantivato rimane verbale. Supporre che tale condizione permanga anche per un participio aggettivato è nell’ordine delle cose. Qualcosa del genere sostiene RIJKSBARON, Syntax and Semantics, 128, quando afferma, considerando la coordinazione tra l’aggettivo e il participio in questo passaggio dell’Edipo re %Ç+I "Z3 KLGMNO %Ç+’ %É$ PLEQIRMGO IE&5 +y "I $G$ JÑ"Ö, “Unlike adjectives, however, the participle has aspectual meaning, and this may be relevant here. Thus, 03%FIÜ*'U … may exhibit the ingressive nuance of the aorist of verbs of emotion”. Per gli aspetti verbali e nominali del participio ebraico e le loro interazioni v. GEIGER, Partizip, §§ 647-649. 81 Cf. sopra, n. 57. 82 Un quadro dello sviluppo della perifrasi con il perfetto con i verbi essere e avere nelle lingue europee è delineato in DRINKA, Periphrastic Perfects, 105-128. 83 Benché riguardi le lingue romanze, a supporto di quanto si sostiene, valga questo passaggio di GIACALONE RAMAT, Boundaries of Grammaticalization, 118-119: “Besides the two auxiliaries ‘be’ and ‘have’, which appear completely grammaticalized, though with different distribution in Romance languages and dialects […], there is another group of less grammaticalized forms which allow us to single out a continuum of grammaticalization and to highlight the scalar nature of the auxiliary category”.
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Perifrasi verbali con givnomai ed e{sthka nei LXX
IIa. Occorrenze di perifrasi con "#$%&'( nei LXX84 Presente indicativo – presente participio attivo
2 Esd 4,20 -'5 g'*(JI[U E*OS3%5 "#$%$+'( /0 5 áI3%S*'Jw& -'5 /0 (-3'+%G$+IU MJ,U +KU _*0V3'U +%G 0%+'&%G85 E ci furono re potenti in Gerusalemme e governarono su tutta la regione a occidente del fiume BRENTON: And there were powerful kings in Jerusalem, and they ruled over all the country beyond the river NETS: and kings became strong in Ierousalem and ruled over the whole west of the river TM: !&$ !Y -/ &G- 5Y 2I- 2EX ) ). Il TM corrispondente è 0" '/=$ !- "G;B& ' 7+ -_ -#. 89 Cf. MURAOKA, Hebrew/Aramaic Index, 88. 90 In Ger 5,23 +y F\ J'y +%c+Ö /"I$vQ, -'3F#' a$v-%%U -'5 a0I(QvU i due aggettivi attributivi rendono due participi attributivi. Il TM corrispondente è !&E7B 1 &&E: ) G2) ! $"!$ ! 1Z!- 05$ 2$ +#. Qui la resa privilegia la qualità del soggetto e non l’azione. 91 In O si ha "#$%S u0%OW3Y$ per u0%OW3Y$ "#$%S: la trasposizione ristabilisce la posizione degli elementi della perifrasi più consueta; 603 ha u0%OW3Y$ 6IG"I “allontanandoti datti alla fuga / allontanati e fuggi ”. 87 88
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Perifrasi verbali con givnomai ed e{sthka nei LXX
Presente imperativo – perfetto participio passivo
Gdt 15,10 ITJ%",&V$, "#$%S 0'3Z +y 0'$+%-31+%3( -S3#Ö Sii benedetta presso l’onnipotente/dall’onnipotente Signore
Nei LXX il verbo "#$%&'( non appare mai connesso all’aggettivo verbale ITJ%",+HU92. BRENTON: blessed be thou of the Almighty Lord
NETS Be blessed before the omnipotent Lord93
Imperfetto indicativo – presente participio attivo
2 Mac 8,27 (~0J%J%"v*'$+IU F\ 'T+%kU -'5 +Z *-GJ' /-Fc*'$+IU +Y$ 0%JIW$) 0I35 +b *1gg'+%$ /"#$%$+% 0I3(**YU ITJ%"%G$+IU -'5 /d%&%J%"%c&I$%( +y -S3#Ö +y F('**'$+(94 (ma, quando ebbero raccolto le armi dei nemici e portato via le spoglie,) riguardo al/durante il sabato benedicevano incessantemente e rendevano grazie al Signore che li aveva salvati BRENTON: … they occupied themselves about the sabbath, yielding exceeding praise and thanks to the Lord, who had preserved them NETS: … they kept the sabbath, giving great praise and acknowledgement to the Lord, who had preserved them Vulgata: … sabbatum agebant benedicentes Dominum qui liberavit eos
Il senso del testo non è: “… e passarono il sabato benedicendo incessantemente e ringraziando …”95. Osservare o celebrare il sabato o la festa si esprime con verbi quali l"W, 6SJ1**W, ã"(1XW96. L’imperfetto /"#$%$+% non va disgiunto dai participi (ITJ%"%G$+IU -'5 /d%&%J%"%c&I$%(), che non sono congiunti modali, ma componenti della perifrasi.
Sulla perifrasi con l’aggettivo verbale cf. TUSA MASSARO, Sintassi, 206: “gli aggettivi verbali uscenti in -+HU, insieme ai Participi perfetti in -&V$%U – tardivamente subentrati nella lingua greca in concorrenza con quelli in -+HU –, in unione con IE ed NOW, costituiscono forme perifrastiche atte ad esprimere i tempi del Perfetto e i suoi derivati”. 93 Per i rapporti del testo dei LXX con la Vetus Latina e la versione di Girolamo cf. MOORE, Judith, 94-95. 94 Il codice 93 ha /"V$%$+% per /"#$%$+%. Una variante dovuta a fattori aspettuali? Il codice 771 omette -'# prima di /d%&%J%"%c&I$%(. Questa omissione depone a favore della perifrasi, in questo caso limitata a /"#$%$+% 0I3(**YU ITJ%"%G$+IU; /d%&%J%"%c&I$%( passa a participio congiunto modale, per cui si ha “durante il sabato benedicevano incessantemente rendendo grazie”. 95 La Bibbia della CEI (Editio princeps 2008), 686. 96 Per l"W cf. 2 Mac 15,3; 1 Esd 5,50; 7,14; per 6SJ1**W (più legato al comando di osservare il sabato) cf. Es 31,13.14.16; Lv 19,3.30; 26,2; Is 56,6; per ã"(1XW cf. Dt 5,12.15; Ez 20,20; 44,24. 92
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Rosario Pierri
Sal 98,8 ~ QIHU, *k IT#J'+%U /"#$%S 'T+%[U -'5 /-F(-Y$ /0 5 01$+' +Z /0 (+,FIc&'+' 'T+Y$97 O Dio, tu eri benigno con loro e/ma facevi giustizia di tutte le loro pratiche MORTARI: o Dio, tu eri loro propizio pur castigando tutte le loro pratiche98 BRENTON: O God, thou becamest propitious to them, though thou didst take vengeance on all their devices NETS: O God, it was you who was being very merciful to them and an avenger of all their practices TM (Sal 99,8): 0.E2" $ 2' 5;2 Y 5- 0WI) / +# 0!1 2$ ." $ '"!$ %8I) / 2%) Vulgata: Domine propitius fuisti eis et ultor super commutationibus eorum
In MORTARI il participio è interpretato come congiunto concessivo, ma la coordinazione (-'#) sotto il profilo grammaticale si oppone a questa lettura. Nelle ultime due traduzioni il participio è reso come sostantivato. Quella del passo in esame è l’unica occorrenza di participio di /-F(-VW che nei LXX è costruita con /0 #, mentre sono diverse le attestazioni di forme finite del medesimo verbo con questa preposizione99. Questi dati si oppongono all’interpretazione del participio come sostantivato. Il participio non è neppure predicativo complementare, non indica un modo di essere o agire del soggetto né completa l’idea generica di /"#$%S ma forma con esso una perifrasi che è sostituibile con /dIF#-I(U (l’imperfetto non è attestato nei LXX). In alternativa a /"#$%S si può anche pensare all’ellissi di }$. Aoristo indicativo – presente participio attivo
Mi 2,1 å"V$%$+% J%"(XH&I$%( -H0%SU -'5 /3"'XH&I$%( -'-Z /$ +'[U -%#+'(U 'T+Y$100 Tramavano tribolazioni ed escogitavano mali nei loro letti CARBONE-RIZZI: Andarono pianificando travagli e operando cose cattive sui loro giacigli101 BRENTON: They meditated troubles, and wrought wickedness on their beds NETS: They came devising troubles and working out evil deeds on their beds TM: 0.EG $ (+ X+ 7;2 ' 5- 5&$ "2) 5IY 9B , 1#%;" $ G) XI+ > "E! Vulgata: vae qui cogitatis inutile et operamini malum in cubilibus vestris
Hanno /"V$%S per /"#$%S S 2032 Lb´ Rc. MORTARI, Salterio, 241. 99 Ne registriamo alcune: Os 2,15; 4,9; Am 3,2.14. 100 In W si premette %m a /3"'XH&I$%(. 101 CARBONE-RIZZI, Il libro di Michea, 94. 97 98
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Perifrasi verbali con givnomai ed e{sthka nei LXX
Aoristo indicativo (passivo) – presente participio medio Sal 125,3 /"I$vQ,&I$ IT63'($H&I$%(102 (Noi) gioimmo
MORTARI sembra interpretare il participio come perfetto: siamo stati colmati di gioia103 BRENTON: we became joyful NETS: and we became people gladdened TM (Sal 126,3): 1"F' + J0" '"!$ Vulgata: facti sumus laetantes
Il participio indica azione e non qualità acquisita. Aoristo indicativo – perfetto participio attivo
Is 30,12 -'5 PJ0 #*'+I /0 5 iIcFI( -'5 M+( /"H""S*'U -'5 0I0%(Q`U /"V$%S /0 5 +y JH"Ö +%c+Ö104 (perché …) e confidaste nella menzogna e perché mormorasti e hai confidato su questa parola BRENTON: … and because thou hast murmured, and been confident in this respect NETS: (Because) … and hoped in a lie and because you murmured and trusted in this word TM: #"4$ 9$ J09[ ]$ f' .# HM4 $0 +# YZP3 9D+ JFV+ O+ f' .# Vulgata: pro eo quod reprobastis verbum hoc et sperastis in calumniam et tumultum et innixi estis super eo
Aoristo indicativo (passivo) – perfetto participio passivo
Ez 36,34 -'5 R "K R P6'$(*&V$, /3"'*Qv*I+'(, a$Q{ ç$ M+( P6'$(*&V$, /"I$vQ, e la terra desolata sarà lavorata, mentre era/appariva desolata BRENTON: and the desolate land shall be cultivated, whereas it was desolate NETS: and the annihilated one shall be tilled instead of becoming annihilated TM: !+ + ' X+ !' con il presente, invece BG"5' .+ !' con il passato. 7
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Wojciech Węgrzyniak
La situazione cambia nel Salmo 53, dove il qatal J/"F' Z+ !' è seguito da un weqatal JO"9' /+ !' +#14. Secondo NICCACCI il weqatal può designare il passaggio all’asse del futuro15, oppure esprimere una linea secondaria della comunicazione nell’asse del passato16. Se accettiamo la prima interpretazione, il testo trasmette l’idea di ‘totalità temporale’ delle azioni dei malvagi (nel passato, nel futuro e nel presente espresso dalla proposizione nominale che segue). Invece il prevalere della linea della comunicazione nel passato può esprimere diversi aspetti quali abitudine o descrizione17. Da parte mia preferisco collocare anche l’azione 4 3#9$ JO"9' /+ !' +# nel passato. 14,2-3 (53,3-4) Il passaggio dai verbi in qatal della prima posizione nel v. 1 (53,2) a x-qatal nel v. 2 (R"Y' Z+ !' 1 '"+ '"BW43 Biblical Translations JPS = Tanakh. A New Translation of the Holy Scriptures According to the Traditional Hebrew Texts, Philadelphia 1985. RSV = MAY H. G. - METZGER B. M. (ed.), The New Oxford Annotated Bible with the Apocrypha: Revised Standard Version, Oxford 1977.
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Sintesi degli articoli
BARANOWSKI K. J., The Article in the Book of Qoheleth
L’uso dell’articolo nel libro di Qoelet è spesso considerato come caotico e costituisce per molti un argomento a favore di un originale non-ebraico del libro oppure della sua tardiva data di composizione. Però le supposte incongruenze nell’uso dell’articolo in Qoelet devono essere esaminate di nuovo alla luce dell’uso dell’articolo in altre lingue nord-semitiche nonché dello studio dell’articolo nella linguistica moderna. Infatti un’attenta lettura dei singoli versetti e delle pericopi nei loro propri contesti mostra che l’articolo in Qoelet è usato piuttosto in maniera logica e consistente per esprimere il pensiero dell’autore nella prospettiva da lui voluta. Perciò l’analisi grammaticale concernente l’articolo nella Bibbia Ebraica deve investigare le ragioni contestuali della presenza o dell’assenza dell’articolo. BARTELMUS R., !"! (!#!): Sein oder werden? Sein und werden! Ein hebräisches (aramäisches) Allerweltswort und das Phänomen des lebenslangen Lernens
Motivato dall’incarico di scrivere l’articolo HYH per il “Theologisches Wörterbuch zu den Qumrantexten” (ThWQ) l’autore offre in questo contributo una visione rivista e aggiornata delle sue tesi concernenti il significato e la funzione del verbo ebraico HYH, pubblicate nel 1982 in ATS 17. Riguardo all’uso della radice in qal (che è stato il punto centrale nel suo precedente contributo) c’è poca necessità di rivedere la precedente opinione. Tuttavia nei rotoli del Mar Morto il participio qal di HYH è molto più frequente che nell’Antico Testamento, ed è usato non solo per denotare il futurum instans (cf. Es 9,3); è usato in maniera analoga al termine greco ]$. Tutte le altre funzioni sono identiche. È invece degno di nota l’aumento delle occorrenze di HYH nifal, in particolare del participio. Seguendo la ricerca riguardante le “coniugazioni” nell’ebraico biblico condotta da E. JENNI, il quale ha mostrato che il nifal sta per “das Geschehen eines Vorgangs oder einer Handlung am Subjekt selber ohne Rücksicht auf die Art oder den Grad der Mitwirkung dieses Subjekts an diesem Geschehen”, l’autore sostiene che la Gente di Qumran si serviva della 399
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differenza fra il nifal e il qal di HYH per esprimere l’opposizione fra “diventare” e “essere” – un modello di pensiero che giocò un ruolo importante nell’ambiente ellenistico di Qumran, ma non nell’AT. CHIESA B., Divagazioni tiberiensi
In onore di Alviero NICCACCI, caro amico e grande studioso, il cui contributo alla conoscenza dell’Ebraico biblico può solo essere maggiormente apprezzato, sono qui presentate alcune spigolature sulla tradizione di lettura tiberiense dell’Ebraico biblico e l’attività masoretica locale, tratte da diverse fonti medievali, sia giudaiche sia musulmane. CRIMELLA M., Il Signore vede il cuore! Fra analisi sintattica e narratologia. Il caso di 1 Sam 16,1-13
Il saggio presenta anzitutto per sommi capi il metodo sintattico di NICCACCI applicato alla prosa ebraica; passa poi ad introdurre le distinzioni di RABATEL nello studio del punto di vista (punto di vista raccontato, rappresentato e asserito). L’ipotesi di lavoro è unire le due prospettive, utilizzando l’analisi sintattica come base per reperire i punti di vista. L’applicazione all’episodio dell’unzione di Davide (1 Sam 16,1-13) mostra che il narratore, nell’alternanza continua dei punti di vista asseriti (dialoghi) di Dio e di Samuele e per mezzo di una serie di successive complicazioni, ha fatto crescere la tensione narrativa, provocando una grande attesa nel lettore. Il profeta, a dispetto del proprio ruolo, vede solo secondo le apparenze mentre il Signore vede il cuore. Al culmine della narrazione, allorché il più piccolo dei figli di Iesse entra in scena e sembra ormai realizzarsi lo scioglimento, un inatteso décrochage sintattico ribadisce il punto di vista rappresentato da Samuele (v. 12c), profeta che sino alla fine vede solo secondo le apparenze. Così l’elezione di Davide appare essere unicamente opera divina. ESKHULT M., Thoughts on Phrases and Clauses Expressing Circumstance in Biblical Hebrew Narration
La discussione concerne la nozione di circostanza nella narrazione. Secondo il livello al quale si riferiscono le descrizioni e le osservazioni – una proposizione, un periodo, o un episodio – la discussione mette a fuoco elementi che sono descrittivi di un agente al tempo dell’azione, o descrivono una situazione come un tutto, oppure contestualizzano persone ed eventi. A livello della proposizio400
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Sintesi degli articoli
ne, la circostanza – come viene descritta qui – si riferisce a ciò che il soggetto o l’oggetto è, non in generale ma in riferimento alla realizzazione dell’azione. A livello del periodo, la circostanza si riferisce alla descrizione di situazioni costituite da due o più proposizioni statiche connesse alla linea principale degli eventi. A livello testuale, la circostanza si riferisce a proposizioni contestualizzanti, con un soggetto preposto seguito da qatal. Il denominatore comune per i tre livelli è che a un agente viene attribuita una condizione che si riferisce al contesto e quindi viene appresa come una circostanza associata, prescindendo dal fatto che sia un’attitudine attribuita o una qualità, un’attività continua, o anche un’azione compiuta. FASSBERG S. E., The Shift from qal to piel in the Book of Qoheleth
Anche se alcuni hanno assegnato alla lingua di Qoelet una datazione relativamente antica, questa viene solitamente vista come post-esilica. Credo che ci siano esempi, in Qoelet, che riflettono un passaggio dal qal al piel, in maniera simile a ciò che è attestato nelle fonti del periodo del Secondo Tempio. Questi verbi costituiscono un’ulteriore evidenza in favore della datazione tardiva del libro: (a) &x) F' ‘egli indagò’ (Qoh 12,9); (b) JV9) al 9ever and Wadi Murabba‘ât). The texts taken into consideration are: Murabba‘ât 88, the Pesharim of the Minor Prophets, the Damascus Document, and a manuscript from Na>al 9ever (89evXIIgr). The conclusion is “that the Hebrew Vorlage of the Peshi!ta was almost identical with that of the MT, although it seems probable that the translation was made at a date when some variant readings were still in circulation”. The value of the Peshi!ta for textual criticism of the OT therefore must be reconsidered. 411
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PIERRI R., Perifrasi verbali con "#$%&'( ed )*+,-' nei LXX
This article presents a study of the periphrasis formed from the verbs "#$%&'( and )*+,-' with the participle found in the LXX. The reading key of the author’s research is that the participle conserves its verbal nature in all of its uses and that its adjectival use is less frequent and integral than what is usually maintained. The theory that aspectual periphrasis may be found only in the case of a possible interchange with synthetic forms is well-founded but it is not, however, the norm in the absolute sense. It is also possible to draw from the theory of the gradualness of grammaticalization, viewed not only from the diachronic point of view, i. e. there are periphrasises that have a greater or lesser degree of grammaticalization and therefore of ‘fusion’ of the two parts. The periphrasis made up of "#$%&'( and )*+,-' with the participle, are parallel constructions to those made up of IE and NOW but with their own modal uniqueness more or less present in the various contexts. This is especially valid for "#$%&'(, while )*+,-' conserves it’s meaning in a more emphasised way. The article is composed of two parts: the first part contains a synthesis and a discussion on the various positions of the different authors regarding the periphrasis, the second part outlines the selected and interpreted occurrences as periphrasis in combination order according to tense (finite verb – participle). TALSTRA E., Sinners and Syntax: Poetry and Discourse in Jeremiah 5
This paper discusses the basic question of whether we need a special starting point for the linguistic analysis of poetry. Is the signification of poetic structure done primarily by parallelism or lexical repetition, whereas the signification of narrative discourse is primarily done by patterns of grammatical elements? Or can linguistic and rhetorical interests be brought into cooperation in our reading of poetic texts? One way to do this is by a distributional approach, such as the one proposed by NICCACCI in 2006, where he attempts to derive a model from the variation of syntactic forms and their distribution as observed in the actual texts. What grammatical signs do we find that help the reader to navigate through the textual structure? What is the function of the various patterns found? In the Appendix I propose a syntactic hierarchy of Jeremiah 5,1-9. It is a proposal made in continuation of NICCACCI’s line of research, through analysing a poetic text according to its syntax: clauses and verbal forms, as well as the order of clause constituents, the division into paragraphs and the marking of participants. 412
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Abstracts
It is concluded that research into the verbal system of poetry can not be done by a concentration on more or less isolated pairs of clauses only. It is only effective when done in interaction with text syntax and textual hierarchy. The study of verbal syntax in poetry requires a textual analysis where syntax takes priority over colometrical and rhetorical analysis. Poetic lines, the cola, can be defined by the syntactic clauses identified and not the other way round. The function of verbal forms interacts with the position verbal clauses take in the syntactic hierarchy. VOLGGER D., Die Bestattung Jakobs (Gen 50,1-14) – oder: Die Tora Israels auf dem Weg von Ägypten nach Kanaan
This examination of Jacob’s burial in Gen 50,1-14 tries to answer the following questions: What is the meaning of Jacob’s burial in Canaan for the whole people of Israel? Which divine instruction can be derived from this section of the book of Genesis? To what extent is this story an organic component of the entire Torah in the five books of Moses? After a close text analysis of Gen 50,1-14 and an outlook on the story of Sarah’s burial in Gen 23 follows a concluding chapter in which the author summarizes the results of the examination and answers the questions put at the beginning. WATSON W. G. E., Alcuni brani dell’Antico Testamento e testi dal Vicino Oriente antico
Here six passages from the Bible are compared with words, texts and images from the ancient Near East. They are from the books of Genesis (Noah’s name), Exodus (the crossing of the Red Sea), 2 Samuel (a sacrificial ritual), Daniel (the ‘Bel and the Dragon’ episode), Judith (the decapitation of Holofernes) and Jonah (the worm and the plant). W.GRZYNIAK W., La problematica temporale dei verbi nei salmi 14 e 53
The purpose of this article is to analyze the Hebrew verbs in the Psalms 14 and 53, relying on the text linguistic theory of A. NICCACCI. NICCACCI, known especially for his theory of the Biblical Hebrew verb system in prose, began in recent years to apply his theory on poetry as well. First, the Hebrew Text of the two psalms with a new translation in Italian is presented. Next, the verbal forms in Ps 14 and 53 are analyzed, applying the main principle of NICCACCI’s 413
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theory, i. e., that the verbal system in Biblical Hebrew poetry functions basically the same way it does in prose, viz., in direct speech. In the conclusion, I propose some general observations regarding the use of the verbal forms in Ps 14 and 53. Both psalms can be divided into two parts (14,1-6.7; 53,1-6.7), and the perspective of the psalmist is between the past and the future. The paper shows that the application of the theory of NICCACCI onto Ps 14 and 53 is plausible and fruitful. It helps to understand the difficult logic of the nearly identical psalms and possibly can also help with the interpretation of other poetic texts. ZEVIT Z., Syntagms in Biblical Hebrew: Four Short Studies
This study analyzes syntagms in Biblical Hebrew whose meanings, indiscernible on the basis of transparent etymologies, can be established only through an analysis of the pragmatic contexts within which they are embedded. Examples are presented from the semantic fields of commerce, sexual behavior, cognition, and querying. ZEWI T., On "(' !%$ &$ and ! )*!' +# !%$ &$ in Biblical Hebrew
The article follows, reexamines, and conveys support in a simple explanation for the differentiation between the use of ! )*!' +# and "(' following the verb !%$ &$ . It has been occasionally remarked that ! )*!' +# is related to physical observation, and it was suggested that while "(' is related to cognitive thoughts ! )*!' +# is related to visual physical perception. Examining all examples of "(' + !%$ &$ and ! )*!' +# + !%$ &$ in Biblical Hebrew, the distinction between the physical and non-physical observation stands out as the most valid between the two particles following !%$ &$ , and it accords with the majority of occurrences. This explanation is not intended to replace but to complement the observations presented to date regarding the meaning and function of ! )*!' +#.
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Indice dei passi citati
Bibbia ebraica La numerazione segue la Bibbia ebraica, anche se è citata la LXX. Genesi 1 1,2 1,5 1,10 1,12 1,14-19 1,18 1,21 1,25 1,29 1,30 1,31 2,1 2,25 3,6 3,8 3,9 3,11 3,13 3,17 4,1 4,2 4,19 4,16 4,17 4,25 5,29-32 6,2 6,5
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69 310 59, 248 408 408 68 408 47, 408 408 47 47 409 149 115 400, 408 112 401 401 400 399s 396, 398s 317 401 399 396 399 371s 408 409
Genesi 6,8-9,29 6,12 7,1 7,4 8,3 8,3s 8,5 8,6 8,13 8,21 9,4 9,18 9,20s 10,1 10,10 10,32 11,7 12,8 12,14 12,18 13,7 13,10 13,11s 14,12 14,15 15,15 15,17 16,2 16,2-4
371 412 114 67 59 371s 59 62 412 47 116 63 372 371 63 371 400 109 411 400 317 410 118 116 58 215, 217 406 396, 399 398
Genesi 16,4 16,5 16,13 16,13s 17,1 18,1 18,2 18,15 18,18 18,22 19,5 19,6 19,23-25 19,28 19,31 19,32 20,9 20,10 20,11-13 20,31 21,9 21,14 21,16 21,27 21,32 22,13 23 23,2 24,10
107, 409 409 112 140 318 116 114, 157s, 412 114 297 116s 396 126 120s 412 397 396 400s 409 401 396 112 115 159s 165 165 412 361, 365-367 358 160
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Genesi 24,15 24,16 24,18 24,22 24,30 24,56 24,58 24,63 25,6 25,19 25,25 26,8 26,10 26,13 26,27 27,20 28,6 28,8 28,12 29,2 29,5 29,9 29,21 29,23 29,31 30,1 30,3s 30,9 30,16 30,38s 31,2 31,5 31,10 31,10-12 31,19 31,34 31,40 32,14 32,23s 32,23-33 32,26
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Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ
116 116, 396 109 115 117 116 214 113, 406, 412 76 360 100, 111 113s, 412 400 112, 299 116 401 409 409 115s 412 113, 386 117 398 398 114, 309 409 398 409 398 160 412 409, 412 318, 413 398 120 143 296, 298s 163 162-164 163 409
Genesi 32,30 33,1 34,7 34,8 36,11ss 37,2 37,7 37,9 37,20 37,25 37,35 38 38,8 38,8s 38,14 38,16 38,24s 38,26 39,3 39,10 39,12 39,13 39,23 40,6 40,16 41,10 41,14-16 41,15 41,22 41,34 41,43 41,48 42,1 42,7s 42,8 42,23 42,27 42,28 43,7 44,12 44,15
116 113, 412 399 398 63 110 181 405 180 412 111 397 396 398 409 398 118 396 409 109, 399 399 411 47, 306, 317 412 408, 413 111 361 215 412 214 110 47 409 160 118 114 412 400 386 115 386, 402
Genesi 44,31 409 45,12 411 46,26s 363 46,31-47,10 361 47,27 365 47,27-31 362 47,29-31 359s 47,30 364 47,30s 358 48,1 113 48,17 411 49,11 272 49,15 408s 49,21 80 49,29s 365 49,29-33 358, 364 49,31s 361 49,33 361 50,1-14 357-370 50,15 409 50,26 358 Esodo 1-15 1,1-15 2,2 2,6 2,10 2,11 2,12 2,16 2,19s 3,1 3,2 3,4 3,10 3,11 3,14 3,18 4,2-7 4,8s
18 363 100, 114 412 149 113 410 317 138 317 114, 412 411 92 92 18, 214 92 399 399
21/06/11 15:41
433
Indici dei passi e degli autori citati
Esodo 5,20 8,11 9,3 9,34 10,7 10,10 14,5 14,10 14,11 14,13s 14,15-17 14,21-23 14,22 14,25 14,27 15 15,8 15,16 15,26 17,12 18,24 19-24 19,3 19,19 20,18 20,21 20,22 21,28 22,15 23,8 23,20 31,13s 31,16 32,1 32,9 32,25 34,30 34,35 39,43
An_78.indb 433
112 409 60, 67 409 386 409 400 113 400 169 372 372 116 67 372 23, 262, 271, 277 372 272 399 296, 298s, 318, 325 399 20 215, 217 299 160 160 410 47 396 215, 217 67 320 320 409 412 409 413 413 412
Levitico 1,1s 4,6 4,17 4,35 5,15 5,18 5,25 11,15 13,5 13,6 13,8 13,13 13,17 13,19 13,20s 13,25s 13,30-32 13,34 13,36 13,37 13,39 13,42 13,43 13,47 13,49 13,53 13,55 13,56 14,3 14,37 14,39 14,44 14,48 15,18 15,24 15,33 18,32 18,20 19,3 19,19 19,30
132 190 190 47 394s 394s 394s 47 97, 412 412 412 412 412 299, 326 412 412 412 412 412 97 412 326 412 326 325 412 97, 412 412 412 412 412 412 412 397 399 397 397 397 320 397 320
Levitico 20,15 20,18 22,13 26,2 26,5 26,12 27,21
397 396 299 320 47 65 395
Numeri 3,17s 3,35 3,42 5,1 5,19 5,20 10,34 11,7 11,10 16,27 18,16 19,2 21,9 22,21 22,22 22,31 22,35 22,38 24,1 24,2 31,7 33,3 33,5
396 396 47 399 399 397 296, 298s, 318 97 160 111 395 326 47 164 116 112 164 117 409 113 397 160 160
Deuteronomio 1,1-6 132 2,34 47 5,2-5 135 5,12 320 5,15 320 7,7 398 8,20 399
21/06/11 15:41
434
Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ
Deuteronomio 9,13 412 9,16 412 9,18 165 9,25 165 10,15 398 13,19 399 15,2 217 16,1 217 16,15 322, 399 16,19 215 17,13 214 18,22 64 19,3 217 19,11 299, 326s 20,7 327s 21,11 398 21,13 396 22,13 396, 398 22,22 396 22,23 299, 327s 22,25 399 22,28 399 24,1 396 24,9 217 25,5s 397 27,1 217 27,21 397 28,30 396 28,49 400 31,27 318 32 262, 277 32,4 260 33,2 201 Giosuè 2,1 2,5 2,9-12 2,16 2,21s 3,16
An_78.indb 434
110s 126 136-138 149 160 137
Giosuè 4,9 5,9 5,13 6,4-20 6,9 6,25 7,21 7,26 8,20 8,21s 8,23 8,28 8,29 9,5 9,12 9,27 10,1-3 10,39 13,13 14,13-15 14,14 15,63 16,10 19,29 22,11s 22,28 23,12
148 148s 113, 116, 412 167 112 148, 156 412 148 412 160 112 148 148 329 329 148 144s 47 148 139s 148 148 148 218 160 214 397
Giudici 1,4s 1,17 1,19 1,21 1,24 2,2 2,5 2,20 3,6 3,16 3,20 3,21s
161 112s 156 148 113 400 148 156 156 115 118 108
Giudici 3,23 3,24 3,25 3,26 3,27 4,1 4,12ss 4,16 4,21 4,32 5 6,6 6,19 6,11 6,13 6,21 6,22 6,24 6,38 7,2-8 7,19 7,13 7,16-22 8,4 8,20 8,32 8,34 8,28 9,34 9,43 9,55 10,4 11,1 11,7 11,15-22 11,39 12,2s 12,3 12,6 13,9 14,6
110, 118 118, 141s, 412 117, 141s 156 167 118 120 80 116, 156 156 80, 262, 277 156 115 116 117 118 409 148s 156 167s 110 117 165-169 111 111 111 113 156 111, 113s, 412 167 409 148 149 134-136 134 148, 396 133 135, 409 115, 194 116 102
21/06/11 15:41
435
Indici dei passi e degli autori citati
Giudici 14,8 14,9 14,19 15,6 15,11 15,14 15,19 16,18 18,2 18,9 18,12 18,14 18,17 18,26 18,28s 18,29 19,7 19,18 19,22 19,25 19,30 20,16 20,36 20,41 21,12 21,21
412 112 102 138 386, 400 102 148 409 118 114, 409 148 386 137 409 116 148 109 136 396 396 143s 115 409 409 396 412
1 Samuele 1,14 90 1,19 396 2,3 109 2,25 399 3,11 405 4,11 156 5,1 156 5,7 409 6,12 112 6,19 160 9,2 96, 99 9,10s 118 9,16 409
An_78.indb 435
1 Samuele 9,27 110 10,6 102 10,10 102 10,11 402, 412 10,13 402 10,14 409 10,23 96, 99 10,24 96 11,11 167 11,6 102 12,12 409 12,17 109, 409s 13,3 213s 13,10 94 13,11 409 13,13s 9 13,14 97, 103 13,17 115 13,17s 167 14,1 160 14,3 160 14,6 160 14,16 412 14,17 406, 412 14,43 214, 401 15 89 15,1 399 15,12s 94 15,15-23 94 15,23 95 15,26 90 15,35 90 16,1-13 85-106 16,14 102s 17,39 129 17,42 100 17,49s 161 17,51 411 17,56 100 18,5 115 18,15 114, 410
1 Samuele 18,28 412 19,20 330s 20,1 401 20,22 100 20,30 386 20,36 109 20,37 112 22,33-46 257-281 23,11 214 23,15 409 24,12 410 26,3 409 28,13 113 28,19 218 28,21 409 30,3 156 30,8 214 31,5 409 31,7 409 2 Samuele 1,23 100 2,26 386 2,28 115, 167 3,7 398 3,16 112 3,24 402 3,26-34 402 3,38 386 5,12 156 6,1 47 7,14 65 10,6 409 10,9 409 10,14s 409 10,19 409 11,2 113 11,11 399 11,20 386 12,11 399 12,19 114, 411
21/06/11 15:41
436
Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ
2 Samuele 12,21 402 12,41 156 13,8 109 13,34 412 14,7 400 15,16-32 119 15,26 214 15,30 111s 15,32 302 17,14 119 17,23 409 18,14 115 18,24 113, 412 18,26 113 19,2 147s 19,23 386 19,36 386 20,12 411 22 181, 190s 24,21s 373 1 Re 1,22 3,11 3,28 4,1 5,2 10,7 11,8 11,28 11,39 12,16 12,32s 13,21 13,26 16,18 17,1 17,10 18,11 18,14 18,21
An_78.indb 436
117 400 409 396 111 412 112 409 218 409 161 319 319 409 70 117 384 384 90
1 Re 19,9 19,13 19,19-21 20,4 20,7 20,25 20,43 21,8s 21,12 21,29 22,3 22,22 22,35 22,37
164 164 373 323 410 399 111 160 302 409 386 214 161 161
2 Re 1,9 2,3 2,5 2,14 3,7 3,26 4,32s 5,11s 5,7 6,17 6,20 6,30 6,32 7,5 7,7 7,8 8,29 9,1-29 9,15s 10,6 11,1 11,3 11,14 12,5 12,11
117 386 386 160 214 409 160 160 40 406 412 412 409 160 160 160 160 119s 160 399 409 111 412 395 411
2 Re 19,9 159 25,9 47 25,18-20 160 Isaia 9,1 178 9,5 181, 199 10,2 47 11,5 63 13,6 396 15,6 326 18-20 21 19,18 67 30,12 296, 299, 322 37,9 158s 40,6 384 40,21 386 40,28 386 41,7 47 42,16 115 42,22 323 43,19 386 45,1 126 45,10 384 50,4 47 52,13-53,12 22, 173-212 52,7 178 52,7-12 187 54,1-17 187 56,6 320 59,16 409 60,11 126 62,5 396 64,4 47 64,9 328 Geremia 2,19 3,8 4,14 4,21
410 409 90 90
21/06/11 15:41
437
Indici dei passi e degli autori citati
Geremia 4,23-26 5 5,23 7,3 7,23 9,9 10,11 13,12 17,6 17,8 18,19s 18,20 18,21 25,23 31,29 31,30 32,29 34,9s 40,14 41,10 44,2 44,8 47,5
412 337-355 319 55 65 347 221 386 409 409 399 328 299, 328s 47 125 125 318 159 386 161 318 318 47
Ezechiele 1,4 412 1,15 412 2,3 318s 2,5-8 319 2,8 318 2,9 412 3,9 319 3,26s 319 8,2 412 8,7 412 8,8 412 10,1 412 10,9 412 12,2 319 12,3 319, 409 12,9 319
An_78.indb 437
Ezechiele 12,25 319 12,27 319 14,14 371 14,20 371 16,28 160 17,12 319, 386 18,2 125 18,3 327 19,5 409 20,5 160 20,20 320 20,21 318s 23,13 409 23,44 398 24,3 319 27,5 47 30,6 214 36,34 322 37,8 409 37,23 65 44,4 412 44,6 319 44,24 320 46,2 126 Osea 2,15 4,1 4,9 4,16 6,6
321 206 321 290, 292 206
Amos 2,7 3,2 3,14 7,15 7,16 9,5
397 322 322 286 287s 287s
Abdia 3 11 16 17 21
384 288 64 286s, 292 64
Giona 1,10 3,8 4,6-8
400 287s 377
Michea 1,3s 1,10 2,1 3,1 7,5 7,12
258 288 321 386 286 287s
Abacuc 1,5 1,14 1,17 2,16 2,17 3 3,10 3,14 3,19
289, 292 290 290 289, 292 291s 262 287s 288 258
Sofonia 3,7 3,9 3,15
291s 286 286s, 292
Aggeo 2,1 2,13
287s 214
21/06/11 15:41
438
Zaccaria 1,12 2,15 4,2 4,5 4,13 5,1 5,9 6,1 14,2 Salmi 9-10 10,14 13,2 14 18 24,6 29,5 30,8 34,9 42,6 42,12 43,5 45,10 52,7 53 65,5 66,4 69,24s 69,26 69,36 72,3 73,14 79,5 85,14 88,4 88,13 94,16 97,3 99,8
An_78.indb 438
Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ
90 412 412 386 386 412 412 412 396 21 409 217 381-392 181, 190s, 257278 201 124 323 408 216 216 216 396 217 381-392 206 217 328 328 217 17 296, 323 217 217 206 386 217 217 321
Salmi 106,2 119,159 126,3 139,10
217 409 296, 322 217
Giobbe 1,17 2,13 3,21 3,23 12,17 20,4 24,7 24,20 28 30,1 32,22 37,15s 37,19-24 38,33 38,37 39,1 41,26
167 409 192s 181 112 386 111 322 17, 20, 22 64 109 386 17 386 397 386 47
Proverbi 1,16 217 2,5 206 12,11 317 12,21 40 13,19 60 22,17-23,11 17, 21 23,26-24,22 21 24,24 384 28,19 317 Rut 1,8 1,18 1,21 2,15
214 107 111 109
Cantico dei Cantici 1,16 100 Qoelet 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,9 1,13 1,14 1,17 2,1 2,3 2,4-9 2,11 2,13 2,16 2,17 2,18-20 2,21 2,22 2,24 2,26 3,1 3,1-8 3,15 3,16 3,19 3,21 3,22 4,1 4,3 4,4 4,6 4,7 4,13 4,15 4,16 4,17 5,1
41 41 41 42 41 41 41 41s, 413 42 412 41 45s 41s 410 44 41s 41 38s, 43 38s, 41, 60 409 42 41 43 47s 41 42 41 409 41, 413 41 42, 47, 409 42 41 37 41 42 39 41
21/06/11 15:41
439
Indici dei passi e degli autori citati
Qoelet 5,8 5,9 5,12 5,15 5,17 6,1 6,2 6,5 6,7 6,8 6,9 6,11 6,12 7,7 7,8 7,11 7,14 7,20 8,8 8,9 8,11 8,12 8,14 8,15 8,16 8,17 9,1 9,3 9,6 9,9 9,13 9,4 10,5 10,6 10,7 10,10 10,11 10,16 10,17 10,19 10,20
An_78.indb 439
41 36 39, 41 39,42 41 39,41 39 42 44s 35 42 37 41 47s 42 41 39s, 47 41 42 41, 47 39s 39 37, 41 41 41 41 37, 47 39, 41 41 41 41 45 39, 41 35 41 125 37 41 41, 44 44 41
Qoelet 11,2 11,3 11,4 11,5 11,7 11,10 12,1 12,2 12,3 12,3-7 12,4 12,7 12,9 12,14
39, 41 41 41s 42 41 39 40 41 44, 125 46s, 218 125 41s 124s 47
Lamentazioni 1,4 325 1,11 324 1,16 322, 324s 1,20 409 3,30 206 Ester 2,3 2,12 3,5 3,15 5,9 7,7 8,11 9,29
47 359 409 111 111 409 47 47
Daniele 1,17 2 2,1 2,4 2,9 2,10 2,11
10 58, 71 242 221, 226, 233 226 233 235
Daniele 2,20 226, 238, 240s, 249 2,23 235 2,24 225s, 234, 249 2,25 234 2,31 231, 239, 241 2,32 232 2,34 234s, 239 2,35 246 2,40 226s 2,41 224, 241 2,42 240s 2,43 224, 238, 240s 2,44 227s 2,45 224 2,48s 243 3,1 232 3,1s 224, 242 3,3 236, 242 3,4 230, 243 3,6 235 3,7 234-236 3,7-9 244 3,12 246 3,15 237, 247 3,16 247 3,17 233, 247 3,18 235, 240 3,19 223s 3,23 223 3,25 231, 246 3,26 224, 229, 234 3,27 224, 229s, 244 4,1 243 4,1-3 242 4,2 225, 227 4,3 235 4,4 223, 230, 236, 242s 4,5 235 4,7 239, 241
21/06/11 15:41
440
Daniele 4,8 4,9 4,10 4,11 4,12 4,16 4,20 4,22 4,23 4,24 4,26 4,29 4,30 4,31 4,32 4,33 4,34 5,1s 5,1-4 5,2 5,3 5,3s 5,5 5,6 5,7 5,10 5,15 5,17 5,19 5,21 5,22 5,23 5,24 5,26-28 5,29 6,1 6,3 6,4 6,5
An_78.indb 440
Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ
223 232 239 226, 231, 249 233s, 249 225, 227, 233 233s, 249 231 233 226 239 233 227s 234 226, 246 237 231, 237, 246 224, 242 223 225, 396 242, 396 223 235 230 234, 244 225s, 229, 233, 249 237, 246 226 239, 241 227s, 232 235 231, 235, 247, 396 236 223 235 224 227 239 236
Daniele 6,7 6,11 6,13 6,14-19 6,15 6,17-21 6,18 6,20 6,22 6,23 6,25 6,27 7,1 7,2 7,4 7,6 7,7 7,8 7,9 7,10 7,11 7,13 7,14 7,16 7,17s 7,19 7,20 7,21 7,23-27 7,27 7,28 8,3 8,5 8,15 10,5 10,20 11,17-19 12,1 12,4 12,5
229, 233 230, 239 245 222 223, 236 244s 222 227 233 224s 235 231, 240s, 246s 236, 242 238s 239 232, 239, 241 231s, 239, 241 238, 240 239 231 239, 241 239, 241 224 225, 247 225 231 231 231, 239 247-249 224, 244 221 412 302 412 214 386 218 60, 66 206 412
Esdra 4,8 4,9 4,12 4,13 4,14 4,15 4,16 4,19 4,20 4,21 4,21s 4,22 4,23 4,24 5,2 5,3 5,5 5,8 5,11 5,12 5,14s 5,15 5,16 5,17 6,1s 6,3s 6,7 6,10 6,13 6,18 7,12-26 7,19s 7,20 7,25
221, 242 236, 242 240 237 237s 226 231, 233 231, 235, 250 231s, 250, 318 226 250 226, 234 236 238s, 245 230, 245 230, 243 236 240 231, 246 223 222 226, 229, 231, 234, 249 231, 236s, 246 247 242 233 226, 234 231, 241 236 221, 242 221 226 229 226, 235
Neemia 2,6 6,6 13,19
396 60 126
21/06/11 15:41
441
Indici dei passi e degli autori citati
1 Cronache 1,4 371 10,5 409 10,7 409 19,6 409 19,10 409 19,15s 409 19,19 409 21,28 409 28,10 409
2 Cronache 9,6 412 12,7 409 13,5 386 15,9 409 16,14 358 18,21 214 22,9 117 22,10 409 23,13 412
2 Cronache 24,11 411 30,10 302 32,2 409 32,13 386
Scritti deuterocanonici ed apocrifi
An_78.indb 441
1 Esdra (LXX) 5,20 320 7,14 320
1 Maccabei 9,47 325 9,13 325
Giuditta 5,10 12,20 13,6-10 14,1 14,11 16,9
320 375s 376 376 376 376
2 Maccabei 3,34 322, 325 8,27 320 15,3 320
Tobia 6,12/13
327
4 Maccabei 16,15 330 Sapienza 1-19 23 17,16 317
Siracide 2,5 6,19 13,9 18,33 41,27 44,9 44,17
299 17 296, 319 296s 316 64 371
Daniele (Bel e il drago) 14,1-22 375 14,23 374 14,27 374
21/06/11 15:41
442
Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ
Nuovo Testamento Matteo 3,1 7,29 10,10 11,18s 16,3 20,2 20,6 27,63 Marco 1 1,4 1,39 3,6 9,3 9,7 11,13 11,25
296 306 317 19 326 317 330 110 20 296 311 317 297 297 110 296
Luca 4,20 5,16 7,34s 10,7 13,27 19,47 23,10
330 306 19 317 317 312 196
Giovanni 1,19-51 1,49 4,6-38 15s 20,1-29
17 306 17 17 17
Atti degli Apostoli 1,10 330 1,11 296 26,6 296 26,22 296
1 Corinzi 13,9 55 2 Corinzi 3,7 330 3,13 330 6,14 297 Galati 6,3
110
Colossesi 1,18 297 1 Timoteo 5,18 317 Ebrei 5,12
297
Apocalisse 1,18 297 3,2 297 16,10 297
Manoscritti del Mar Morto 1QpHab II:9 1QpHab XI:9 1QapGen XII:10 1QapGen XX:27 1QapGen XXI:7 1QapGen XXII:1 1QapGen XXII:2 1QapGen XXII:8 1QapGen XXII:9
An_78.indb 442
289 289 63 63 58 58 58 58 58
1QapGen XXIII:9 58 1QapGen XXIII:10 58 1Q26 68, 72 1Q26 1:1 69 1Q26 1:4 72 1Q27 72 1Q27 1i:3s 71 1QS III:13ss 69 1QS III:16 65
1QS IV:18 1QS VI:4 1QS VIII:4 1QS IX:3 1QS IX:20 1QS X:5 1QS X:10 1QS XI:3s 1QS XI:5
64 62 65 65 69 69 65 72 69
21/06/11 15:41
443
Indici dei passi e degli autori citati
An_78.indb 443
1QS XI:7 1QS XI:11 1QSb V:25s 1QM I:12 1QM VI:6 1QM XVII:5 1QM XVIII:10 1QHa V:18 1QHa XI:33 1QHa XI:37 1QHa XVII:24 1QHa XIX:14 1QHa XX 1QHa XX:9 1QHa XXI:21
69 69 63 66 64s 70 66 70 67 65 65 70 68s 68 70
4QSama IV:4 4Q166 II:12 4Q174 1-2i:11 4Q175 :6 4Q180 1:1s 4Q206 4i:18 4Q213a 1:18 4Q252 14:2 4Q252 I.II 4Q252 I:12 4Q254a 3:2 4Q256 XIX:3 4Q265 7:7 4Q258 II:9 4Q258 VI:6 4Q258 VII:4 4Q258 IX:10 4Q266 3iii:25 4Q268 2i:8 4Q300 3:4 4Q381 1:1 4Q381 33+35:3
93 65 65 62 70 58 64 62 371 62 371 69 65 62 65 65 65 62 70 71 65 65
4Q381 76-77:15 4Q382 104:3 4Q385 6:9 4Q394 3-7i:18 4Q394 3-7ii:1 4Q395 :10 4Q396 1-2iii:7 4Q402 4:4 4Q402 4:12 4Q403 1i:22 4Q405 13:6 4Q415-418 4Q415 6:4 4Q416 2i:5 4Q416 2iii:9 4Q416 2iii:14 4Q416 2iii:17s 4Q416 2iii:14 4Q416 2iii:21 4Q417 1i:6 4Q417 1i:18 4Q417 2i:11 4Q418 10a:1 4Q418 43-45i:2 4Q418 43-45i:4 4Q418 69ii:7 4Q418 77:2 4Q418 77:4 4Q418 123ii:4 4Q418 126ii:5 4Q418 172:1 4Q418 184:2 4Q418 190:2 4Q418a 19:3 4Q423 4Q427 2ii 4Q463 1:2 4Q491 11ii:17
65 65 64 63 63 63 65 65 69 70 70 68, 72 72 72 72 72 72 71s 71 72 72 72 72s 72 72 70 71 72 73 66 71 73 73 65 68, 72 68 65 64s
4Q502 1:6 4Q511 10:10s 4Q529-537 4Q530 2ii:6 4Q530 2ii:9 4Q530 7ii:7
65 69 58 58 58 64
5Q13 1:7
371
11Q10 XV:5 11QT XXIX:7 11QT XXXI:7 11QT XXXIV:7 11QT XLVII 11QT XLVIII:16 11QT LVII:8 11QT LIX:13 11QT LXI.LXII 11QT LXI:3
64 65 57 57 63 65 63 65 62 64
CD I:13s CD II:2ss CD II:9ss CD II:20 CD III:1 CD VI:16 CD VIII:3 CD XIII:8
290 70 70 64 371 63 62 70
Mur24 B:15 58 Mur24 C:13 58 Mur24 E:11 58 Mur88 286-288, 292 8!evXIIgr
291s
Mas1k I:2
69
21/06/11 15:41
Indice degli autori citati
ABULHAM MAS 75S ADINOLFI 80, 82 AERTS 295, 298-305, 307, 315, 331S A!ITUV 33, 49, 396, 403 AHRENS 377S AJDUKIEWICZ 36, 49 ALAND 295 ALEXANDER 304, 332 ALLONY 76, 82 ALONSO SCHÖKEL + CARNITI 386, 388S ALTER 90, 104 ALTMANN 75, 82 AMENTA 295, 308-313, 332 ANBAR 154, 170 ANDERSEN F. I. 114, 121 ANDERSEN T. D. 174, 176, 178, 180S, 209 ANDERSON 258, 261S, 266, 268, 278, 388S ANDRASON 174, 176, 178, 182, 209 ASSMANN 359, 369 AVIGAD + SASS 32S, 49 AVISHUR + HELTZER 33, 49 BAETHGEN 384, 389 BAILEY 371, 378 BAL 87, 104 BALDI 80, 82 BANETZ + BEN-SHAMMAI BAR-EFRAT 245, 254 BARNES 384-386, 389 BARONI 90, 104 BARR 32, 35, 49
An_78.indb 444
75
BARTELMUS 53-57, 60, 62S, 66S, 69, 73S, 364, 369 BARTHÉLEMY 80, 82, 95, 104, 291, 293 BARTOR 402S BASILE 326, 332 BAUER 306, 332 BAUER + LEANDER 203, 209, 221, 227, 229, 231, 233-235, 238, 249, 254 BAUMANN 90 BAUMGARTEN 62 BECKER 154, 170 BECKMAN 374, 378 BEER 387, 389 BEIT-ARIÉ 80, 82 BEN-!AYYIM 123S, 126 BENTEIN 308S, 333 BERGSTRÄSSER 274, 278 BERLIN 113, 121, 123, 126 BERMAN 359-365, 369 BIEBERSTEIN 155, 160, 170 BJÖRK 301S, 304, 307, 333 BLACK 377S BLAU 123, 126, 141, 151, 225, 243, 254 BLENKINSOPP 177S, 187-193, 196, 198204, 206, 209 BLASS + DEBRUNNER 296, 299, 301, 332S BLOCH 179S, 183, 209 BLUM 155, 162, 164, 170, 216, 219 BLYTHIN 205S, 209 BOMAN 54, 74 BOMBECK 230, 254
21/06/11 15:41
Indici dei passi e degli autori citati
BONEH + DORON 270, 278 BORDREUIL + PARDEE 277S BRENNER 396, 403 BRENTON 298S, 318-329, 331, 333 BRIGGS 384-386, 388S BROCKELMANN 181, 209, 229, 254 BROOKE + MCLEAN 298 BROWNING 309, 333 BRUCK 259, 272, 278 BUBER + ROSENZWEIG 97, 104, 133, 147S, 151, 153, 158, 160 BUDDE 387, 389 BUTH 119, 121, 144, 149-151, 154, 170, 221-223, 235S, 254 BYBEE 118, 121, 174-179, 191, 194, 209 BYBEE + PERKINS + PAGLIUCA 313, 333 CALÈS 386, 389 CAMPBELL 305S, 333 CAQUOT 259, 278 CARBAJOSA 284, 293 CARBONE + RIZZI 321, 333 CARROLL 340-342, 352 CASTELLINO 382, 384-386, 389 CATHCART + GORDON 287, 289, 293 CHESTERMAN 36, 49 CHIESA 76, 78, 80, 82 CHISHOLM 257-261, 163, 265, 267S, 270S, 273, 278 CLINES 371S, 378 CLINES + ELWOLDE 206, 209 CLOETE 338-344, 352, 354S COHEN D. 222, 229, 232, 234, 238, 254 COHEN M. 75, 82, 92, 97, 104 COLLINS 243, 254 COMPAGNANO DI SEGNI 80, 82 COMRIE 174, 209 CONYBEARE + STOCK 296, 299, 333 COOK E. M. 224, 231, 250, 254 COOK J. A. 119, 221, 142, 149-151 COQUET + DE ROBERT 94, 99, 104 COSERIU 308, 312, 333
An_78.indb 445
445
COSTACURTA 92, 100, 104 COXON 240, 254 CRAIGIE 384-386, 388S CROATTO 44, 49 CROSS 260, 278 CROSS + FREEDMAN 179, 209, 257, 260S, 266, 268S, 278 CRÜSEMANN 263, 278 DAHL 174S, 179, 209, 270, 278 DAHOOD 31, 33, 49, 260, 278, 387S, 390 DANA + MANTEY 296, 333 DAVIDSON 115S, 121 DAVIES G. I. 32, 47, 49 DAVIES P. R. 290, 293 DEGEN 181, 209 DELITZSCH 384, 386, 388, 390 DELSMAN 31, 49 DEMIRDACHE + URIBE-ETXEBARRIA 265, 278 DEMSKY 363, 370 DHORME 97, 100, 104 DIETRICH 295S, 298, 308, 333 DÍEZ MACHO 75, 82 DIK 309S, 333 DOBBS-ALLSOPP 33, 49, 179, 209 DOTAN 78S, 82 DRINKA 317, 334 DRIVER 109, 115S, 121, 189S, 200-204, 209, 214, 218S DRORY 80, 82 DUHM 191, 210, 386, 388, 390 EDZARD 376, 378 EHRLICH 158, 170, 398 EMERTON 271, 278 ERMAN-GRAPOW 372, 278 ESHEL 396, 403 ESKHULT 109, 118, 120S, 141, 151, 243, 254, 405, 407, 414 ESLINGER 100S, 105
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EVANS 297-299, 304-309, 316-318, 325, 334 EWALD 384, 390 FANNING 297, 305, 316, 334 FASSBERG 124-126 FIRMAGE 33, 49 FISCHER G. 340, 342, 352 FISCHER W. 177, 192S, 206, 210 FLEISCHMANN 174, 183, 210 FOKKELMAN 90, 92, 96S, 99S, 103, 105, 339, 352 FOLLINGSTAD 407, 414 FRITZ 160, 170 FÜCK 76, 83
Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ
GREENFIELD 234, 238, 253 GREENSTEIN 257, 271, 277, 279 GRELOT 237, 254 GRILLET + LESTIENNE 100, 105 GROSS 130, 136, 149, 152-154, 165, 170, 179, 210, 213, 216, 219 GUNKEL 158, 170, 384, 388, 390 GURNEY 374, 378 GZELLA 33, 50, 178, 210, 221, 224S, 227, 229-232, 237, 239S, 243, 254S
HABEL 89, 92, 105 HALKIN 75S HALLIDAY 183S, 195, 210 HALLO 259S, 279 HARRINGTON 68, 71S, 74 HARTLEY 395, 403 GALPAZ-FELLER 358S, 361, 370 GARCÍA MARTÍNEZ + TIGCHELAAR 290, 293 HASPELMATH 313, 315, 334 GARR 271, 273, 279 HATAV 107, 113, 119, 121, 151S, 265, 279 GASS 163, 170 HATCH + REDPATH 325, 334 GEIGER 232, 254, 317, 334 HENKIN 151 GELSTON 285S, 288, 290-293 HERKENNE 386, 390 GENETTE 87, 101, 105 HERMISSON 162, 170 GESENIUS + KAUTZSCH (+ COWLEY) 67, HITZIG 382, 390 92S, 109, 111, 114, 116, 260, 314S, 386, HOFFNER 374S, 378 405 HOLZINGER 160 GIACALONE RAMAT 317, 334 DE HOND 78, 83 GIANTO 180, 182, 210 HOOROCKS 309, 334 GIBSON + DAVIDSON 118, 121, 381, 384S, HOSSFELD + ZENGER 388, 390 390 HUART 75, 83 GIL 79, 83 HUEHNERGARD 181, 210 GINSBERG 259, 279 HURVITZ 315, 334 GINSBURG 386, 390 HUTZBERG 94, 105 GIRARD 386, 388, 390 GIVÓN 119, 121, 201, 210 ISAKSSON 31, 43, 50, 110, 114, 117, 121, 150, 152, 173, 176, 178-180, 182-186, DE GOEJE 76 188, 190-195, 208, 210 GOGEL 32S, 50 GOLDENBERG 44, 50 JACOB 158, 170, 358, 363S, 370 GOLDINGAY 386-388, 390 GONDA 304, 307, 334 JACQUET 386, 388, 390 GOOD 295, 313S, 334 JENNI 59, 64S, 67, 72-74, 97, 105 GORDIS 48, 50, 125S JONGELING 97, 105
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Indici dei passi e degli autori citati
JOOSTEN 95, 105, 123S, 126, 218S JOÜON 97, 105, 120S, 315, 334 JOÜON + MURAOKA 32, 47, 50, 109, 111, 116-118, 121, 149, 152, 177, 182, 191, 203S, 206, 210, 315, 334, 381, 385S, 390, 405, 407, 414 KADDARI 397S, 403, 405, 407, 414 KAHN 304S, 334 KAMP + REYLE 265, 279 KANT 75 KARLEEN 304S, 335 KATSUMURA 405, 414 KEIL + DELITZSCH 260S, 263, 266S, 269, 279 KESSLER 90, 96, 105 KHAN + ÁNGELES GALLEGO + OLSZOWYSCHLANGER 79, 83 KHOURY 78 KIENAST 109, 121 KING 386, 390 KIRKPATRICK 384-386, 388, 390 KISSANE 386, 390 KITTEL 386, 390 KLEIN 94, 99S, 102, 105 KOENEN 163, 170 KOGAN + TISHCHENKO 258, 279 KOGUT 113S, 122, 405, 414 KÖNIG 111, 122, 160, 170, 388, 391 KORCHIN 173, 186, 210 KOSCHMIEDER 155, 171 KOSESKA-TOSZEWA + GARGOV 34, 50 KOSTER 284S, 293 KOTTSIEPER 178, 180, 210 KOUWENBERG 123, 126 KRAHMALKOV 181, 210 KRAUS 386, 388, 391 KRAUSE 67, 74 KRIFKA 267, 270, 279 KROPP 76, 83 KRÜGER 126 KUHL 154, 171
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KUHR
114, 122
LAMSA 286, 290S, 294 LANE 284S, 294 LEHMANN 187, 195, 210, 313, 335 LELIÈVRE + MAILLOT 386, 388, 391 LEMAIRE 32, 50 LEVI DELLA VIDA 78, 83 LEVINE 395, 403 LI 221, 224, 227, 229, 232, 234, 236, 238-242, 255 LIDDLE + SCOTT 324S, 335 LIFSCHITZ 386, 388, 391 LIMBURG 386, 391 LIPSIUS + BORMET 330, 335 LOHSE 62, 64, 74 LONG 154, 171 LONGACRE 265, 279 LUNDBLOM 341-344, 350-352, 354S LUST + EYNIKEL + HAUSPIE 299, 329, 335 LUTHER 153 LUZZATTO 396, 398 LYONS 34-36, 42, 44, 47, 50 MAIER 62-65, 67-69, 74 MALTER 78, 83 MANNATI 382, 388, 391 MARCUZZO 77 MARGOLIOUTH 76, 79, 83 MARGUERAT 87, 105 MARGUERAT + BOURQUIN 89, 91, 97, 105 DE MARIVAUX 75 MARKOPOULOS 315S, 335 MARMARDJI 75-77, 83 MATTHIESSEN + THOMPSON 183, 211 MCCARTER 95, 105, 257-262, 266, 268, 279 MCCARTHY 405S, 414 MCGAUGHY 306, 335 MEADOWCROFT 243, 245, 248, 255 V. D. MERWE 149, 152, 405, 407, 414 MESCHONNIC 386, 391
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Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ
MEYER 112, 116, 122 MICHEL 257, 265, 279 MILGROM 395, 397, 403 MILIK 71 MILLER 32, 50, 217, 234, 255 MONTANARI 323, 329, 335 MOORE 320, 335 MORAN 150, 173-175, 211, 271, 279 MORO 316, 335 MORTARI 298, 322S, 335 MOULTON 107, 122 MÜLLER A. R. 32, 50 MÜLLER H. P. 206, 211 MURAOKA 180, 211, 225, 234, 238S, 255, 271, 279S, 299, 315, 326, 329, 335, 405, 414 NAUMANN 365, 370 NEBES 185, 211 NICCACCI passim NICCACCI + CORTESE 381 NIDA + LOUW 323, 335 NOTARIUS 151S, 186, 211, 259, 265, 269S, 272, 280 NOTH 162, 171 NYBERG 109, 113, 116, 118, 122, 183, 190, 192, 196, 201S, 211 O’CONNOR 338S, 353 OESTERLEY 385S, 391 DEL OLMO LETE + SANMARTÍN ORLINSKY 397, 403 PARDEE 259S PARKER 259, 280 PARKINSON 372S, 278 PARRY 258, 280 PARTEE 267, 280 PAT-EL 234, 255 PELLAT 77, 83 PÉREZ FERNÁNDEZ 314, 335 PETERS 386, 391
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259, 280
V.
PEURSEN 37, 50, 56S, 74 PIATTELLI 75 PIETERSMA + WRIGHT 295, 335 PIETSCH 181, 184, 211 PIQUER OTERO 271, 277, 280 PODECHARD 384S, 388, 391 POLAK 236, 255 POLZIN 90, 105 PORTER 295-297, 303-307, 312, 316, 335S PREMPER 111, 122 PROPP 271, 289 PUSCH + WESCH 309, 335 QIMRON
216, 219
RABATEL 87S, 100S, 105S RABIN 115, 122 RAHLFS 295, 298, 374 RAINEY 173-175, 211, 271, 280S RATNER 123, 127 RAVASI 382, 385S, 391 REED 376, 378 REGARD 304, 336 DE REGT 131, 152 REICHENBACH 265, 281 REINHART 119 RENDSBURG 377S RENZ + RÖLLIG 184, 188, 211 REVELL 180, 211, 213, 219 RICHTER 153S, 166, 171, 213 RIJKSBARON 317, 336 ROBINSON 377S ROGLAND 224, 227, 255, 271, 281 ROSÉN 213, 219, 221, 234, 236, 255, 304, 336 ROSENBAUM 339S, 353 ROSENBLATT 78, 83 ROSENTHAL 243, 249, 255 DE ROSSI 386, 391 RÖSSLER 213, 219 ROTH 76, 83 ROTHSTEIN 397-399, 403
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Indici dei passi e degli autori citati
ROWLEY 241, 255 RUBINSTEIN 202, 211 RUDOLPH 159, 171 RUJIGH 305, 336 RUNDGREN 110, 120, 122 SABOURIN 384, 386, 388, 391 SAKITA 267, 281 V. D. SANDE 173, 178, 180, 211 SANDY 377, 379 SANMARTÍN 376, 379 SARFATTI 32, 50 SAVOCA 386, 391 SCARPAT 330, 336 SCHERER 166, 171 SCHMIDT H. 386, 388, 391 SCHMIDT L. 160, 171 SCHMUTTERMAYR 259, 261S, 265, 281 SCHNEIDER 67, 74, 337, 349, 353 SCHOORS 31, 39, 41-43, 50, 126 SCHORCH 35, 50, 396S, 403 SCHRAMM 75 SCHÜLE 32, 50, 176S, 180S, 184, 211 SCHWEIZER 364, 370 SCHWIENHORST-SCHÖNBERGER 31, 51 SEEBASS 159, 171 SEELIGMAN 154, 171 SEGERT 33, 51, 195, 211, 221, 229, 231234, 236, 249, 256 SEOW 126S SEYBOLD 386, 391 SHEPHERD 221, 225, 228 SIMPSON 372, 379 SINGER 374, 379 SIVAN 33, 51, 259, 271, 281 SKA 87, 106, 154, 163, 171 SKLARE 79, 83 SMITH C. 265-271, 281 SMITH H. P. 92, 106 SMITH M. P. + PITARD 259, 277, 281 SMYTH 326, 336 V. SODEN 177, 211, 377, 379
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SPEISER 394-396, 403 SPERBER 80, 83 SPICQ 327, 336 STEINMETZ 372, 379 STERNBERG 91, 96, 102, 106 STEVENSON 239, 256 STIPP 155, 158, 161, 171S STRACK 163, 172 LE STRANGE 77, 83 STOL 377, 379 TALMON 154, 172 TALSHIR 274, 281 TALSTRA 186, 211, 337, 345, 348, 353 TATE 386, 388, 392 TAWIL 398, 403 THACKEREY 297, 336 TOMLIN 174, 211 TOOLAN 266, 281 TOTTOLI 78, 83 TOV 283, 291, 294 TROPPER 173-182, 185, 187, 211, 259, 271S, 277, 281 TURNER 297, 336 TUSA MASSARO 305, 320, 336 URBACH
80
VAJDA 78S, 83 VESCO 382, 384-386, 388, 392 VIGNOLO 103, 106 DE LA VILLA POLO 310S, 336 VIRONDA 90, 93S, 99S, 106 VOGT 233S, 237, 249, 256 WALTERS 102, 106 WALTISBERG 181, 211 WALTKE + O’CONNOR 155, 172, 260, 262, 272, 281, 315, 336, 388, 392 WATKINS 375, 379 WATSON 338, 353, 371 WATTS 189, 211
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WEINRICH 85S, 106, 129-133, 135S, 140142, 144, 146, 150, 152, 222, 233, 235, 256 WELLHAUSEN 382, 392 WENDLAND 338, 353 WENHAM 398, 403 WÉNIN 89, 106 WESSELIUS 237, 256 WESTERMANN 158, 172 WEVERS 298, 326, 336 WIENER 154, 172 WILDBERGER 159, 172, 178, 211 WILLIAMS 385S, 392 WILLIAMSON 206, 211 WILLI-PLEIN 71, 74 WILSON 372, 379
Ἐν πάσῃ γραμματικῇ καὶ σοφίᾳ
WINER 297, 336 WOLF 301, 336 WRIGHT 108, 111S, 116, 122 WÜSTENFELD 77 WYATT 374, 379 XRAKOVSKIJ
269, 281
YOUNG 258, 261, 281 YUN 33, 51 ZADOK 33, 51 ZENGER 386 ZEVIT 107, 122 ZEWI 117, 122, 271, 281, 405, 407, 414 ZIMMERMANN 31, 51
BDB 233S, 262, 286, 289, 291, 405, 407 CAD 377, 398 DJD 62, 67, 71S, 258, 260, 278, 286, 293S HALOT 90, 125, 198, 203, 233S, 237, 260, 262, 287, 371S, 377, 405, 407 KAI 33, 177, 184 KTU 185, 259, 272
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Collana Analecta Studium Biblicum Franciscanum - Jerusalem
77 L. Cignelli - R. Pierri, Sintassi di greco biblico (Lxx e NT). Quaderno II.A. Le diatesi, Milano 2010, 140 pp. 76 E. Cortese, Il tempo della fine. Messianismo ed escatologia nel messaggio profetico, Milano 2010, 252 pp. 75 R. Mazur, La retorica della lettera agli Efesini, Milano 2010, 580 pp. 74 M Pazzini, Il Targum di Rut, Milano 2009, 136 pp. 73 F. Manns, Jérusalem, Antioche, Rome. Jalons pour une theologie de l’Eglise de la circoncision, Milano 2009, 442 pp. 72 M. Pazzini, Il libro dei Dodici profeti. Versione siriaca - vocalizzazione completa, Milano 2009, 138 pp. 71 N. Casalini, Parole alla Chiesa. La tradizione paolina nelle lettere pastorali, Milano 2009, 470 pp. 70 N. Ibrahim, Gesù Cristo Signore dell’universo. La dimensione cristologica della lettera ai Colossesi, Milano 2007, 240 pp. 69 L. D. Chrupcała, The Kingdom of God. A Bibliography of 20th Century Research, Jerusalem 2007, xliv+873 pp.; fully indexed. 68 R. Pierri (a cura di), Grammatica Intellectio Scripturae. Saggi filologici di Greco biblico in onore di Lino Cignelli OFM, Jerusalem 2006, 17x24, 386 pp. 67 N. Casalini, Lettura di Marco. Narrativa, esegetica, teologica, Jerusalem 2005, 381 pp. 66 N. Casalini, Introduzione a Marco, Jerusalem 2005, 303 pp. 65 A. Niccacci - M. Pazzini - R. Tadiello, Il Libro di Giona. Analisi del testo ebraico e del racconto, Jerusalem 2004, 134 pp. 64 M. Pazzini, Lessico Concordanziale del Nuovo Testamento Siriaco. Jerusalem 2004, XIX-469 pp. 63 A. M. Buscemi, Lettera ai Galati. Commentario esegetico, Jerusalem 2004, XXVI-691 pp.
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62 F. Manns, L’Évangile de Jean et la Sagesse, Jerusalem 2002, 316 pp. 61 L. Cignelli - R. Pierri, Sintassi di Greco Biblico. Quaderno I,A: Le concordanze, Jerusalem 2003, 108 pp. 60 M. Pazzini, Il Libro di Rut. Analisi del testo siriaco, Jerusalem 2002, 108 pp. 59 R. Pierri, Parole del Profeta Amos. Il libro di Amos secondo i LXX, Jerusalem 2002, 161 pp. 58 N. Casalini, Le Lettere Cattoliche e Apocalisse di Giovanni. Introduzione storica, letteraria e teologica, Jerusalem 2002, 368 pp. 57 N. Casalini, Teologia dei Vangeli, Jerusalem 2002, 402 pp. 56 F. Manns, Le Midrash. Approche et commentaire de l’écriture, Jerusalem 2001, 200 pp. 55 I. Molinaro, Ha parlato nel Figlio. Progettualità di Dio e risposta del Cristo nella lettera agli Ebrei, Jerusalem 2001, 360 pp. 54 N. Casalini, Le lettere di Paolo. Esposizione del loro sistema di teologia, Jerusalem 2001, 304 pp. 53 N. Casalini, Iniziazione al Nuovo Testamento, Jerusalem 2001, 396 pp. 52 A. Niccacci (Ed.), Jerusalem. House of Prayer for All Peoples in the Three Monotheistic Religions, Jerusalem 2001, 193 pp. 51 A. Niccacci - M. Pazzini, Il Rotolo di Rut. Analisi del testo ebraico, Jerusalem 2001, 106 pp. Prima ristampa ETS, Milano 2008. 50 G. C. Bottini, Giacomo e la sua lettera. Una introduzione, Jerusalem 2000, 311 pp. 49 J. C. Naluparayil, The Identity of Jesus in Mark. An Essay on Narrative Christology, Jerusalem 2000, xviii-636 pp. 48 A. M. Buscemi, Gli inni di Paolo. Una sinfonia a Cristo Signore, Jerusalem 2000, 200 pp. 47 E. Cortese, Deuteronomistic Work. English translation by S. Musholt, Jerusalem 1999, 178 pp. 46 M. Pazzini, Grammatica Siriaca, Jerusalem 1999, 188 pp. 45 L. D. Chrupcala, Il Regno opera della Trinità nel Vangelo di Luca. Jerusalem 1998, 276 pp.
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44 M. Adinolfi - P. Kaswalder, Entrarono a Cafarnao. Lettura interdisciplinare di Marco. Studi in onore di V. Ravanelli, Jerusalem 1997, 20022, 306 pp. 43 A. M. Buscemi, San Paolo: vita, opera e messaggio, Jerusalem 1996, 335 pp. Prima ristampa ETS, Milano 2008. 42 F. Manns, L’Israël de Dieu. Essais sur le christianisme primitif, Jerusalem 1996, 340 pp. 41 F. Manns (Ed.), The Sacrifice of Isaac in the Three Monotheistic Religions. Proceedings of a Symposium on the Interpretation of the Scriptures held in Jerusalem. March 16-17 1995, Jerusalem 1995, 203 pp.; ills. 40 A. Niccacci (Ed.), Divine Promises to the Fathers in the Three Monotheistic Religions. Proceedings of a Symposium held in Jerusalem, March 24-25th, 1993, Jerusalem 1995, 220 pp. 39 M. C. Paczkowski, Esegesi, teologia e mistica. Il prologo di Giovanni nelle opere di S. Basilio Magno, Jerusalem 1996, 264 pp. 38 P. Garuti, Alle origini dell’omiletica cristiana. La lettera agli Ebrei. Note di analisi retorica, Jerusalem 1995, 20022, 439 pp. 37 G. Bissoli, Il Tempio nella letteratura giudaica e neotestamentaria. Studio sulla corrispondenza fra tempio celeste e tempio terrestre, Jerusalem 1994, 20022, XIV-239 pp. 36 F. Manns, Le Judaïsme ancien, milieu et mémoire du Nouveau Testament, Jerusalem 2001, 267 pp. 35 G. C. Bottini, Introduzione all’opera di Luca. Aspetti teologici, Jerusalem 1992, 255 pp. 34 N. Casalini, Agli Ebrei. Discorso di esortazione, Jerusalem 1992, 459 pp. 33 F. Manns, L’Évangile de Jean à la lumière du Judaïsme, Jerusalem 1991, 20002, 548 pp. 32 N. Casalini, I misteri della fede. Teologia del Nuovo Testamento, Jerusalem 1991, 722 pp. 31 A. Niccacci, Lettura sintattica della prosa ebraico-biblica. Principi e applicazioni, Jerusalem 1991, XI-264 pp. 30 N. Casalini, Il Vangelo di Matteo come racconto teologico. Analisi delle sequenze narrative, Jerusalem 1990, 114 pp.
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29 P. A. Kaswalder, La disputa diplomatica di Iefte (Gdc 11,12-28). La ricerca archeologica in Giordania e il problema della conquista, Jerusalem 1990, 364 pp. 28 N. Casalini, Libro dell’origine di Gesù Cristo. Analisi letteraria e teologica di Matteo 1-2, Jerusalem 1990, 173 pp. 27 A. Niccacci, Un profeta tra oppressori e oppressi. Analisi esegetica del capitolo 2 di Michea nel piano generale del libro, Jerusalem 1989, 211 pp. 26 N. Casalini, Dal simbolo alla realtà: l’espiazione dall’Antica alla Nuova Alleanza secondo Ebr 9,1-14. Una proposta esegetica, Jerusalem 1989, 276 pp. 25 E. Testa, La legge del progresso organico e l’evoluzione. Il problema del monogenismo e il peccato originale, Jerusalem 1987, 458 pp., 74 pls. 24 A. Lancellotti, Grammatica dell’ebraico biblico. A cura di Alviero Niccacci, Jerusalem 1996, VIII-200 pp. 23 A. Niccacci, Sintassi del verbo ebraico nella prosa biblica classica, Jerusalem 1986, 127 pp. 22a F. Manns, Jewish Prayer in the Time of Jesus, Jerusalem 1994, 20022, XI291 pp. 22 F. Manns, La prière d’Israël à l’heure de Jésus, Jerusalem 1986, 304 pp. 21 F. Manns, Pour lire la Mishna, Jerusalem 1984, 246 pp. 20 V. Cottini, La Vita Futura nel Libro dei Proverbi, Jerusalem 1984, 404 pp. 19 F. Manns, Le symbole eau-Esprit dans le Judaïsme ancien, Jerusalem 1983, 340 pp. 18 A. Vítores, Identidad entre el cuerpo muerto y resucitado en Orígenes según el “De resurrectione” de Metodio de Olimpo, Jerusalem 1981, 259 pp. 17 A. M. Buscemi, L’uso delle preposizioni nella lettera ai Galati, Jerusalem 1987, 119 pp. 16 G. C. Bottini, La preghiera di Elia in Giacomo 5,17-18. Studio della tradizione biblica e giudaica, Jerusalem 1981, 200 pp. 2 pls. 15 L. Cignelli, Studi Basiliani sul rapporto “Padre Figlio”, Jerusalem 1982, 128 pp. 14 B. Talatinian, Il Monofisismo nella Chiesa armena. Storia e Dottrina, Jerusalem 1980, 122 pp.
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13 F. Manns, Bibliographie du Judéo-Christianisme, Jerusalem 1979, 263 pp. Non disp. 12 F. Manns, Essais sur le Judéo-Christianisme, Jerusalem 1977, 226 pp. Non disp. 11 F. Manns, “La Vérité vous fera libres”. Etude exégétique de Jean 8,31-59, Jerusalem 1976, 221 pp. 10 M. F. Olsthoorn, The Jewish Background and the Synoptic Setting of Mt 6,25-33 and Lk 12,22-31, Jerusalem 1975, 88 pp. 9 L. Cignelli - I. Mancini - M. Brlek, Bonaventuriana. Saggi in occasione del VII centenario della morte di S. Bonaventura, Jerusalem 1974, 159 pp. 8 G. Giamberardini, Il culto mariano in Egitto. Vol. III. Secolo XI-XX, Jerusalem 1978, 487 pp.; 24 pls. 7 G. Giamberardini, Il culto mariano in Egitto, Vol. II. Secolo VII-X. Jerusalem 1974, 432 pp.; ills. 6 G. Giamberardini, Il culto mariano in Egitto, Vol. I. Secolo I-VI. Jerusalem 1975, 330 pp.; 24 pls. 5 M. Miguéns, El Pecado que entró en el mundo. Reflexiones sobre Rom. 5,1214, Jerusalem 1972, 138 pp. 3 E. Testa, Il Peccato di Adamo nella Patristica (Gen. III), Jerusalem 1970, 217 pp. 2
M. Miguéns, El Paráclito (Jn 14-16), Jerusalem 1963, 277 pp.
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