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Silver Moon, il Serpente di Pietra (Bluenoctur...
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Silver Moon, il Serpente di Pietra (Bluenocturne N° 18)
Magic Study Study Trilogy 02
Yelena torna alla terra e alla famiglia cui era stata strappata e comincia il durissimo addestramento alla magia. Belve feroci, complotti e minacce di oscuri avversari non sono tuttavia i soli pericoli che deve affrontare nella selvaggia Sitia: un misterioso assassino, che paralizza e uccide come un serpente, ha deciso infatti di impadronirsi dei suoi poteri. Nella lotta per salvare se stessa e il suo mondo, Yelena troverà gli amici di un tempo e soprattutto Valek, l'unico uomo impermeabile alla magia, ma non al suo amore. visitaci al sito www.eHarmony.it
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La loro bellezza è incantevole. Il loro potere senza limiti. Per secoli la solitudine ha dato loro la caccia, ma all'improvviso un raggio di luce illumina le tenebre della loro esistenza con la promessa di un amore destinato a durare per l'eternità.
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santa pace», spiega di Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Fire Study Luna Books © 2006 Maria V. Snyder Traduzione di Gigliola Foglia Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.
© 2010 Harlequin Mondadori S.pA. Milano Prima edizione Bluenocturne giugno 2010 Questo volume è stato impresso nel febbraio 2011 da Grafica Veneta SpA - Trebaseleghe (Pd) BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X
Periodico quindicinale n. 18 dell'25/06/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA
Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171
Harlequin Mondadori S.p A. Via Marco D'Aviano 2-20131 Milano
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Capitolo 1 «Ci siamo» disse Irys. Mi guardai attorno. La giungla circostante traboccava di vita. Verdi cespugli troppo cresciuti ci bloccavano il cammino, dal baldacchino d'alberi pendevano tralci di rampicanti, e l'incessante cinguettare degli uccelli della giungla mi colpiva le orecchie. Le creaturine pelose che ci avevano seguito attraverso la foresta ci scrutavano dai loro nascondigli dietro enormi foglie. «Dove?» domandai, lanciando un'occhiata alle altre tre ragazze. Loro scrollarono le spalle all'unisono, parimenti perplesse. I loro sottili abiti di cotone erano intrisi di sudore. Anche i miei calzoni neri e la camicia bianca mi aderivano alla pelle madida. Eravamo stanche di trascinare gli zaini pesanti per i sentieri della giungla sottili come serpenti, e ci prudeva la pelle a cui si incollavano insetti innominabili. «L'insediamento Zaltana» rispose Irys. «Con ogni probabilità, casa
tua.»
Osservai la vegetazione lussureggiante e non vidi niente che assomigliasse a un centro abitato. Durante il nostro viaggio verso sud, ogniqualvolta Irys aveva dichiarato che eravamo arrivati ci trovavamo di solito nel mezzo di una piccola città o di un villaggio, con case fatte di legno, pietra o mattoni, attorniati da campi e fattorie. Gli abitanti ci davano il benvenuto, ci rifocillavano e, in mezzo a una cacofonia di voci, colori sgargianti e aromi speziati, ascoltavano la nostra storia, dopodiché alcune famiglie venivano convocate in gran fretta. Allora, in un turbine di eccitazione e chiacchiericcio, uno dei bambini del nostro gruppo, che era vissuto nell'orfanotrofio su al nord, si riuniva ai parenti, di cui spesso non aveva mai saputo l'esistenza. Di conseguenza il nostro numero si era ulteriormente ridotto via via che ci addentravamo nella zona meridionale di Sitia. La fredda aria del nord era ormai lontana, e adesso stavamo cuocendo nel calore umido della giungla, senza traccia di una cittadina in vista.
santa pace», spiega di «Insediamento?» domandai. Irys sospirò. Dalla stretta crocchia le erano sfuggite alcune ciocche dei capelli neri, e la sua espressione severa non era affatto in tono con l'espressione vagamente divertita dei suoi occhi di smeraldo. «Yelena, le apparenze possono essere ingannevoli. Cerca con la mente, non con i sensi» mi ammonì. Strofinai le mani scivolose lungo la venatura del mio bastone di legno, concentrandomi sulla superficie liscia. La mia mente si svuotò, e il ronzio della giungla svanì quando proiettai all'esterno la mia coscienza mentale. Con l'occhio della mente, sgusciai per il sottobosco insieme a una serpe, in cerca di una chiazza di sole. Mi arrampicai sui rami di un albero insieme a un animale dalle lunghe zampe, con tale facilità che mi parve volassimo. Poi, là sopra, mi mossi con le persone tra le cime degli alberi. Le loro menti erano aperte e rilassate, impegnate a decidere che cosa mangiare per cena e a discutere le notizie giunte dalla città. Solo una mente si preoccupava per i rumori che provenivano dalla giungla sottostante. C'era qualcosa che non andava. C'era qualcuno di estraneo. Possibile pericolo. Chi c'è nella mia mente? Tornai di scatto in me stessa. Irys mi fissò. «Vivono sugli alberi?» domandai. Lei annuì. «Ma ricorda, Yelena, solo perché la mente di qualcuno è ricettiva alla tua indagine, non significa che ti sia lecito immergerti nei loro pensieri più profondi. Questa è un'infrazione al nostro Codice Etico.» Le sue parole erano aspre: il mago del rango di maestro che rimproverava il suo allievo. «Mi dispiace» dissi. Lei scosse il capo. «Dimentico che stai ancora imparando. Occorre che raggiungiamo la cittadella e cominciamo il tuo addestramento, ma temo che questa sosta prenderà del tempo.» «Perché?» «Non posso lasciarti con la tua famiglia come ho fatto per gli altri ragazzi, e sarebbe crudele portarti via troppo presto.»
santa pace», spiega di Proprio allora una voce forte chiamò dall'alto: «Venettaden». Irys sollevò il braccio di scatto e mormorò qualcosa, ma i miei muscoli si raggelarono prima che riuscissi a respingere la magia che ci avvolse. Non potevo muovermi. Dopo un frenetico attimo di panico, placai la mia mente. Cercai di costruire un muro mentale di difesa, ma l'incantesimo che mi irretiva abbatteva i mattoni del muro mentale che cercavo di erigere con la stessa rapidità con cui io riuscivo a impilarli. Irys tuttavia era indenne. Gridò verso le cime degli alberi: «Siamo amici degli Zaltana. lo sono Irys del Clan Gemmarosa, Quarto Mago nel Consiglio». Un'altra strana parola echeggiò dagli alberi. Quando la magia mi lasciò libera, mi tremarono le gambe e crollai a terra, ad aspettare che la debolezza passasse. Le gemelle, Gracena e Nickeely, caddero insieme, gemendo. May si massaggiò le gambe. «Perché sei venuta, Irys Gemmarosa?» domandò la voce dall'alto. «Credo che potrei aver trovato la vostra figlia perduta» rispose lei. Una scala di corda calò tra i rami. «Andiamo, ragazze» disse Irys. «Yelena, reggi l'estremità mentre saliamo.» Mi lampeggiò nella mente un pensiero stizzito su chi avrebbe tenuto la scala per me. La voce seccata di Irys risuonò dentro la mia testa. Yelena, tu non avrai problemi a salire tra gli alberi. Forse
dovrei far loro ritirare la scala quando sarà il tuo turno di salire, visto che potresti usare il tuo arpione e la corda.
Aveva ragione, naturalmente. A Ixia avevo usato gli alberi per nascondermi dai nemici senza la comodità di una scala. E perfino ora mi godevo un'occasionale passeggiata tra le cime degli alberi per mantenermi in esercizio. Irys sorrise. Forse ce l'hai nel sangue. Lo stomaco mi si contrasse nel ricordare Mogkan. Aveva detto che ero maledetta dal sangue di Zaltana. Tuttavia, non avevo ragione di prestar fede all'ormai morto mago del sud, e avevo evitato di porre a Irys domande sugli Zaltana così da non alimentare
santa pace», spiega di le mie speranze di far parte della loro famiglia. Perfino in punto di morte sapevo che Mogkan sarebbe stato capace di giocarmi un ultimo tiro sprezzante. Mogkan e il figlio del Generale Brazell, Reyad, avevano rapito me insieme con altri trenta e più bambini di Sitia. A una media di due bambini l'anno, avevano portato maschi e femmine a nord, all'orfanotrofio di Brazell nel Territorio di Ixia, per usarli nei loro piani contorti. Tutti i bambini avevano il potenziale per diventare maghi, poiché erano nati da famiglie in cui la magia era forte. Irys mi aveva spiegato che i poteri magici erano un dono, e che da ogni clan proveniva solo una manciata di maghi. «Naturalmente, più maghi ci sono in una famiglia» aveva detto, «maggiore è la probabilità di averne altri nella generazione successiva. Mogkan ha corso un rischio a rapire bambini così piccoli: i poteri magici non si manifestano finché un ragazzo non raggiunge la maturità.» «Perché c'erano più femmine che maschi?» avevo chiesto. «Solo il trenta per cento dei nostri maghi sono maschi, e Bain Buonsangue è l'unico ad aver raggiunto il rango di maestro.» Mentre tenevo tesa la scala di corda che pendeva dalla volta della giungla, mi chiesi quanti Zaltana fossero maghi. Accanto a me, le tre ragazze si infilarono nelle cinture l'orlo degli abiti. Irys aiutò May ad affrontare i pioli della scaletta, e poi seguirono Gracena e Nickeely. Quando avevamo attraversato il confine di Sitia, le ragazze non avevano esitato a cambiare le uniformi nordiche con i vivaci e multicolori abiti di cotone portati dalle donne del sud. I ragazzi avevano sostituito le uniformi con semplici calzoni e tuniche di cotone, lo invece mi ero tenuta addosso l'uniforme da assaggiatore ufficiale fino a quando il caldo e l'umidità non mi avevano indotta ad acquistare un paio di calzoni da uomo di cotone e una camicia. Dopo che Irys fu scomparsa dentro la verde volta, posai lo stivale sul piolo più basso. Avevo la sensazione di avere i piedi gonfi d'acqua e pesantissimi. La riluttanza mi tratteneva le gambe mentre le trascinavo su per la scala. A mezz'aria, mi fermai. E se quella gente non mi avesse voluto? Se non avessero creduto che ero la loro figlia perduta? E se io fossi stata troppo grande perché si interessassero a
santa pace», spiega di me? Tutti i bambini che avevano già ritrovato le loro famiglie erano stati immediatamente accettati. Di età compresa tra i sette e i tredici anni, erano stati separati dai propri parenti per pochi anni soltanto. Somiglianza fisica, età, e perfino i nomi avevano reso semplice collocarli. Adesso, eravamo rimaste in quattro. Le gemelle identiche Gracena e Nickeely avevano tredici anni. May, che ne aveva dodici, era la più giovane, e io, ventenne, ero la maggiore del gruppo. Secondo Irys, gli Zaltana avevano perso una bambina di sei anni oltre quattordici anni prima. Era un lasso di tempo molto lungo, e io non ero più una bambina. Tuttavia ero la più vecchia a essere sopravvissuta ai progetti di Brazell e a rimanere intera. Quando gli altri bimbi rapiti avevano raggiunto la maturità, quelli che avevano sviluppato poteri magici erano stati torturati finché non avevano ceduto le proprie anime a Mogkan e Reyad. Mogkan allora aveva usato la magia di quei prigionieri per accrescere il proprio potere, rendendo i ragazzi niente più che corpi viventi senz'anima. Toccava a Irys il terribile compito di informare le famiglie di quei ragazzi, ma io provavo un certo senso di colpa per essere l'unica sopravvissuta ai tentativi di Mogkan di annientarmi, anche se lo sforzo mi era costato molto. Pensare a Ixia mi condusse a pensare a Valek. La sua mancanza mi morse il cuore. Agganciando un braccio attorno alla scala, sfiorai il pendente a forma di farfalla che aveva scolpito per me. Forse potevo trovare un modo per tornare da lui. Dopotutto, avevo imparato a controllare la magia che divampava nel mio corpo, e avrei preferito di gran lunga essere con lui che con quegli strani meridionali che vivevano sugli alberi. Il nome stesso, Sitia, mi appiccicava la bocca come sciroppo rancido. «Yelena, sbrigati» mi gridò Irys dall'alto. «Stiamo aspettando.» Deglutii a fatica e feci scorrere una mano sulla mia lunga treccia, lisciandomi i capelli neri e togliendone qualche viticcio che vi era attaccato. Malgrado il lungo tragitto attraverso la giungla, non ero molto stanca. Benché fossi più bassa della maggior parte degli ixiani,
santa pace», spiega di durante l'ultimo anno a Ixia il mio corpo si era trasformato da emaciato a muscoloso. Dal languire nella segreta all'assaggiare il cibo per il Comandante Ambrose, la mia condizione era migliorata quanto alla salute fisica, ma non avrei potuto dire lo stesso del mio benessere mentale durante quel periodo. Scossi il capo, bandendo quei pensieri e concentrandomi sulla situazione immediata. Mentre salivo, mi aspettavo che la scala terminasse su un ampio ramo o una piattaforma sull'albero, come il pianerottolo di una gradinata. Invece entrai in una stanza. Mi guardai attorno sbalordita. Pareti e soffitto erano formati di rami e fronde legati assieme. La luce solare filtrava all'interno dalle fessure. Fasci di stecchi erano stati trasformati in sedie con cuscini fatti di foglie. «È lei?» chiese a Irys un uomo alto. La sua tunica e i calzoni corti di cotone erano del colore delle foglie dell'albero. Della gelatina verde gli copriva i capelli e tutta la pelle esposta. Dalla spalla gli pendevano un arco e una faretra piena di frecce. Dedussi fosse la sentinella. Ma perché aveva bisogno di un'arma se era il mago che ci aveva immobilizzate? Irys tuttavia aveva annullato con facilità quell'incantesimo, riflettei. Avrebbe saputo anche deviare una freccia? «Sì» rispose Irys all'uomo. «Abbiamo sentito voci al mercato, e ci siamo chiesti se ci avresti fatto visita, Quarto Mago. Ti prego, aspetta qui» replicò lui. «Farò venire l'Anziano.» Irys si lasciò cadere su uno dei sedili, mentre le ragazze esplorarono la stanza, lanciando esclamazioni davanti al panorama visibile dall'unica finestra, lo camminai avanti e indietro per quello spazio angusto. La guardia parve scomparire attraverso la parete, ma indagando scoprii un'apertura che conduceva a un ponte di rami. «Mettiti a sedere» mi disse Irys. «Rilassati. Sei al sicuro qui.» «Perfino con questa calorosa accoglienza?» ribattei. «Procedura standard. I visitatori non accompagnati sono estremamente rari. Con il pericolo costante di predatori della giungla, la maggior parte dei viaggiatori assolda una guida Zaltana.
santa pace», spiega di Tu sei stata tesa e sulla difensiva fin da quando ti ho detto che eravamo diretti qui.» Indicò le mie gambe. «Vedi? Persino adesso sei in posizione di combattimento, pronta all'attacco. Queste persone sono la tua famiglia. Perché dovrebbero volerti fare del male?» Mi resi conto di essermi sfilata dalle spalle la mia arma e di serrarla nella posizione di guardia. Con uno sforzo, cercai di rilassarmi. «Mi dispiace.» Infilai nuovamente l'archetto, un bastone di legno lungo un metro e mezzo, nel suo sostegno sul lato dello zaino. La paura dell'ignoto mi aveva messo in tensione. A Ixia mi era stato detto che i miei familiari erano morti. Perduti per sempre per me. E tuttavia ero solita sognare di trovare una famiglia adottiva che mi amasse e avesse cura di me. Avevo rinunciato a queste fantasie solo quando ero stata destinata all'esperimento di Mogkan e Reyad; e adesso che avevo Valek, sentivo di non aver bisogno di una famiglia. «Questo non è vero. Yelena» disse Irys a voce alta. « La tua famiglia ti aiuterà a scoprire chi sei veramente. Hai bisogno di loro più di quanto tu sappia.» «Credevo avessi detto che era contro il vostro Codice Etico leggere nella mente di qualcuno a sua insaputa.» La sua intrusione nei miei pensieri privati mi aveva indispettito. «Essendo maestro e studente, noi siamo legate. Tu mi hai dato liberamente una via d'accesso alla tua mente accettandomi come tuo mentore. Sarebbe più facile deviare una cascata che spezzare il nostro legame.» «Non ricordo di aver creato una via d'accesso» borbottai. «Se vi fosse stato uno sforzo cosciente di creare un contatto, non sarebbe successo.» Irys osservò il mio viso per un po'. «Mi hai dato la tua fiducia e la tua lealtà. Questo era tutto ciò che occorreva per forgiare un legame. Anche se non metterò il naso nei tuoi pensieri e ricordi intimi, posso cogliere le emozioni di superficie.» Aprii la bocca per ribattere, ma la guardia dai capelli verdi tornò. «Seguitemi» disse. Avanzammo serpeggiando tra le cime degli alberi. Passaggi e ponti collegavano una stanza dopo l'altra, in alto al di sopra del
santa pace», spiega di terreno. Non si vedeva traccia di quel labirinto di abitazioni da terra. Non incontrammo né vedemmo un'anima mentre passavamo accanto a camere da letto e attraverso aree di soggiorno. Da qualche occhiata nelle stanze, vidi che erano decorate con oggetti trovati nella giungla. Gusci di noce di cocco, noci, bacche, erbe, ramoscelli e foglie erano tutti artisticamente modellati in arazzi da parete, copertine di libri, contenitori e statue. Qualcuno aveva perfino realizzato una copia esatta di uno di quegli animali dalla lunga coda usando pietruzze bianche e nere incollate assieme. «Irys» chiesi indicando la statua, «che cosa sono quegli animali?» «Valmuri. Molto intelligenti e giocherelloni. Ce ne sono milioni nella giungla. Sono anche curiosi. Ricordi come ci spiavano dagli alberi?» Annuii, rammentando le creaturine che non erano mai state ferme abbastanza a lungo perché potessi studiarle. In altre sale individuai ancora riproduzioni di animali fatte di pietre di colori differenti. Un nodo mi strinse la gola quando pensai a Valek e agli animali che lui scolpiva dalla pietra. Sapevo che avrebbe apprezzato la fattura di quelle statue. Forse avrei potuto mandargliene una. Non sapevo quando avrei potuto rivederlo. Il Comandante mi aveva esiliato a Sitia quando aveva scoperto che possedevo poteri magici. Se fossi tornata a Ixia, l'ordine di esecuzione sarebbe stato effettivo, ma lui non aveva mai detto che non potevo comunicare con i miei amici ixiani. Scoprii presto perché non avevamo incontrato nessuno nel nostro tragitto attraverso il villaggio. Entrammo in un'ampia sala comune rotonda, nella quale erano raccolte circa duecento persone. Sembrava che l'intero insediamento si trovasse lì. La gente riempiva la panche di legno intagliato che circondavano un enorme focolare in pietra. Il chiacchiericcio cessò nell'istante in cui entrammo. Gli occhi dei presenti si concentrarono su di me. Mi formicolò la pelle. Avevo la sensazione che stessero esaminando ogni pollice del mio viso, dei miei vestiti e dei miei stivali infangati. Dalle loro espressioni, dedussi che non rispondevo alle aspettative. Soffocai il desiderio di nascondermi dietro Irys. Mi pulsò nel petto il rammarico di non
santa pace», spiega di averle posto più domande riguardo agli Zaltana. Alla fine, un uomo anziano si fece avanti, «lo sono Bavol Cacao Zaltana, Consigliere Anziano per il clan Zaltana. Sei tu Yelena Liana Zaltana?» Esitai. Quel nome suonava così formale, così legato, così estraneo. «Il mio nome è Yelena» dissi. Un giovane di pochi anni maggiore di me si fece strada tra la folla. Si fermò vicino all'Anziano. Lo sguardo dei suoi occhi di giada, ridotti a una stretta fessura, penetrò il mio. Un misto di odio e repulsione gli contorse il viso. Sentii un lieve tocco di magia sfiorarmi il corpo. «Ha ucciso» dichiarò a gran voce. «Puzza di sangue.» Un ansito generalizzato risuonò dalla folla degli Zaltana. Orrore e oltraggio contraevano i volti ora ostili che mi fissavano. Mi trovai dietro Irys, sperando di bloccare la forza negativa che emanava da quegli occhi. «Leif, tu drammatizzi sempre» disse Irys. «Yelena ha avuto una vita difficile. Non giudicare ciò che non conosci.» Leif si rattrappì davanti allo sguardo di Irys. «Anch'io puzzo di sangue. O no?» chiese lei. «Ma tu sei Quarto Mago» replicò il ragazzo. «Tu sai quel che ho fatto e perché. Ti suggerisco di scoprire che cosa tua sorella ha dovuto affrontare a Ixia, prima di accusarla.» La mascella del giovane si serrò. I muscoli nel suo collo si tesero quando inghiottì quella che avrebbe potuto essere una risposta. Arrischiai un'altra sbirciata per la sala. Ora il gruppo era disseminato di sguardi contemplativi, preoccupati e perfino impacciati. Le donne Zaltana portavano abiti senza maniche oppure camicie a maniche corte e gonne a vivaci motivi floreali lunghe fino alle ginocchia. Gli uomini del clan indossavano tuniche in colori chiari e semplici calzoni. Tutti erano a piedi nudi, e per la maggior parte erano di costituzione snella e pelle bronzea.
santa pace», spiega di Poi le parole di Irys penetrarono nella mia coscienza. Le afferrai il braccio. Fratello? Ho un fratello? Un angolo della sua bocca si incurvò verso l'alto. Sì. Un fratello. Il
tuo unico fratello. L'avresti saputo se tu non avessi cambiato discorso ogni volta che cercavo di parlarti degli Zaltana. Grandioso. La mia fortuna teneva duro. Avevo creduto che i miei
guai fossero finiti quando avevo lasciato il Territorio di Ixia. Perché avrei dovuto sorprendermi di alcunché in tutto questo? Quando tutti gli altri sitiani vivevano in normali villaggi, la mia famiglia risiedeva sugli alberi. Studiai Leif, in cerca di una somiglianza. La sua robusta struttura muscolosa e il viso quadrato spiccavano rispetto a quelli degli altri membri del clan, più flessuosi. Solo i suoi capelli neri e gli occhi verdi erano simili ai miei. Durante gli imbarazzati momenti che seguirono, rimpiansi di non avere un incantesimo di invisibilità e mi feci un appunto di chiedere a Irys se esistesse qualcosa del genere. Un donna di mezza età all'incirca della mia altezza si accostò a noi. Mentre si avvicinava scoccò a Leif un'energica occhiata, e lui chinò la testa. Senza preavviso, mi abbracciò, lo trasalii per una frazione di secondo, incerta. I suoi capelli odoravano di lillà. «Ho desiderato farlo per quattordici anni» disse, stringendomi più forte. «Quanto hanno bramato le mie braccia la mia piccolina.» Quelle parole mi trasportarono indietro nel tempo, a quando ero una bambina di sei anni. Artigliando le braccia attorno a quella donna, scoppiai a piangere. Quattordici anni senza una madre mi avevano fatto credere che sarei rimasta impassibile quando finalmente l'avessi incontrata. Durante il viaggio verso sud avevo immaginato che sarei stata curiosa e spassionata. Lieta di fare la tua
conoscenza, ma noi veramente dobbiamo andare alla Cittadella.
Scoprii che invece ero dolorosamente impreparata al torrente di emozioni che mi squassò il corpo. Mi aggrappai a lei come se lei sola mi impedisse di affogare. In lontananza, udii Bavol Cacao dire: «Ognuno torni al lavoro. Quarto Mago è nostra ospite. Ci serve una festa adeguata per stasera. Petalo, prepara le stanze degli ospiti. Occorreranno cinque
santa pace», spiega di letti». Il brusio di voci che riempiva la sala comune scemò. La stanza era quasi vuota quando la donna... mia madre... aprì le braccia e mi lasciò andare. Era ancora difficile far combaciare il suo viso ovale con il nome di Mamma. Dopotutto, lei poteva non essere la mia vera madre. E se lo era, avevo io il diritto di chiamarla con quel nome dopo così tanti anni di lontananza? «Tuo padre sarà così felice» disse lei. Si spinse via dal viso una ciocca di capelli neri. Spruzzate di grigio le striavano le lunghe trecce, e i suoi occhi verde pallido scintillavano di lacrime non sparse. «Come lo sai?» chiesi. «Potrei non essere...» «La tua anima riempie alla perfezione il vuoto nella mia. Non ho alcun dubbio che tu sia mia figlia. Spero che mi chiamerai mamma, ma se non ci riesci, puoi chiamarmi Perl.» Mi asciugai il viso con il fazzoletto che Irys mi porgeva. Lanciando un'occhiata tutto intorno, cercai mio padre. Padre. Un'altra parola che minacciava di rovinare quel poco di dignità che mi restava. «Tuo padre è fuori a raccogliere campioni» spiegò Perl, come leggendomi nella mente. «Sarà di ritorno non appena gli giungerà la notizia.» Perl voltò la testa. Seguii il suo sguardo e vidi Leif ritto accanto a noi, le braccia conserte sul petto e le mani serrate a pugno. «Hai già conosciuto tuo fratello. Non startene lì impalato, Leif. Vieni a dare a tua sorella un benvenuto adeguato.» «Non riesco a sopportare l'odore» disse lui. Ci voltò la schiena e si allontanò deciso. «Non fare caso a lui» mi pregò Perl. «È ipersensibile. Affrontare la tua sparizione è stato molto difficile per lui. È stato benedetto da una magia forte, ma il suo potere è...» Esitò. «Unico. Lui riesce a percepire dove e che cosa una persona abbia fatto. Non di preciso, ma come sensazione generale. Spesso il Concilio lo chiama per dare una mano a risolvere crimini o dispute, e per determinare se una persona è colpevole oppure no.» Scosse il capo. «Gli Zaltana con poteri magici hanno capacità insolite. E tu, Yelena? Sento la magia che scorre in te.» Un sorriso le sfiorò le labbra. «È la mia, limitata, capacità. Qual è il tuo talento?»
santa pace», spiega di Lanciai un'occhiata a Irys per avere aiuto. «La magia le è stata estorta ed è rimasta incontrollata fino a pochi mesi fa. Dobbiamo ancora individuare la sua peculiarità.» Il colorito svanì dal viso di mia madre. «Estorta?» Le sfiorai la manica. «È tutto a posto.» Perl si morse il labbro. «Lei potrebbe deflagrare?» domandò a Irys. «No. L'ho presa sotto la mia ala. Ha acquisito un certo livello di controllo. Tuttavia, deve venire al Mastio dei Maghi affinché io possa insegnarle di più sulla magia che le scorre dentro.» Mia madre mi strinse forte il braccio. «Devi raccontarmi tutto quello che ti è successo da quando ci sei stata portata via.» «lo...» La sensazione di essere in trappola mi afferrò la gola. Bavol Cacao venne in mio soccorso. «Gli Zaltana sono onorati che tu abbia scelto uno dei nostri come tuo studente, Quarto Mago. Prego, lascia che scorti la tua comitiva alle vostre stanze, così che possiate rinfrescarvi e riposare prima del banchetto.» Il sollievo mi invase, anche se la linea determinata della mascella di mia madre mi avvertì che non aveva finito con me. La sua presa si serrò quando Irys e le tre ragazze si mossero per seguire Bavol Cacao. «Perl, avrai tempo in abbondanza da passare con tua figlia» disse lui. «Adesso è a casa.» Lei mi lasciò andare, arretrando. «Ci rivedremo stasera. Chiederò a tua cugina Nucci di prestarti dei vestiti decenti per la festa.» Sogghignai mentre ci dirigevamo alle camere degli ospiti. Con tutto quello che era successo quel giorno, mia madre era riuscita lo stesso a notare gli abiti che indossavo. Il banchetto cominciò come una cena tranquilla, ma poi si trasformò in una festa a dispetto del fatto che avrei potuto offendere chi mi ospitava assaggiando per prima i molti piatti a base di frutta e le carni fredde in cerca di veleni, prima di mangiare. Le vecchie abitudini sono dure a morire.
santa pace», spiega di L'aria notturna era pregna del profumo di citronella che bruciava, mescolandosi a un aroma di terra umida. Dopo il pasto, vari Zaltana tirarono fuori strumenti musicali fatti di bambù e spago, altri balzarono in piedi per danzare e altri ancora cantarono con la musica. Piccoli valmuri pelosi si lanciavano dalle travi del soffitto e saltavano di tavola in tavola. Alcuni dei miei cugini se li erano presi come animali da compagnia, e chiazze di nero e bianco e arancio e marrone stavano loro sulla testa e sulle spalle. Altri valmuri ruzzolavano negli angoli o rubacchiavano cibo dai tavoli. May e le gemelle erano deliziate dalle moine degli animaletti dalla lunga coda, e Gracena tentò di attirare un piccolo valmure rossiccio e oro porgendogli del cibo. Mia madre sedeva accanto a me. Leif non era venuto alla festa, lo portavo uno sgargiante abito giallo e viola stampato a gigli che mi aveva prestato Nucci. L'unica ragione per cui avevo indossato quel vestito detestabile era che desideravo far contenta Perl. Ringraziai la sorte che non ci fossero Ari e Janco, i miei amici soldati di Ixia. Si sarebbero sbellicati dalle risate nel vedermi indossare abiti così vistosi. Quanto mi mancavano! Cambiai idea, desiderando che fossero lì: sarebbe valsa la pena di sopportare l'imbarazzo solo per vedere lo scintillio negli occhi di Janco. «Dobbiamo partire entro pochi giorni» disse Irys a Bavol sopra il rumore di musica e voci. La sua affermazione fu come un brivido che percorse quelli attorno a noi, guastandone l'allegria. «Perché così presto?» chiese mia madre, corrugando la fronte per il dispiacere. «Devo accompagnare dalle loro famiglie le altre ragazze, e sono stata lontana dalla Cittadella e dal Mastio per troppo tempo.» La stanca tristezza nella voce di Irys mi rammentò che non vedeva la sua famiglia da quasi un anno. Stare nascosta a spiare ne! Territorio di Ixia l'aveva sfinita. Il nostro tavolo fu silenzioso per un po'. Poi mia madre si illuminò. «Puoi lasciare qui Yelena mentre che accompagni le ragazze a casa.»
santa pace», spiega di «Allungherebbe troppo la strada se dovesse tornare a prenderla» replicò Bavol Cacao. Mia madre lo guardò accigliata. Potevo scorgere i suoi pensieri turbinare dietro i suoi occhi. «Aha! Leif può accompagnare Yelena alla Cittadella. Ha delle faccende da sbrigare con Primo Mago tra due settimane.» Nel mio petto scorrazzarono mille emozioni contrastanti. Volevo restare, ma al tempo stesso avevo paura di essere separata da Irys. Loro erano la mia famiglia, tuttavia erano degli estranei. Non potevo fare a meno di essere cauta; era un'abilità imparata a Ixia. E viaggiare con Leif sembrava spiacevole come bere un vino addizionato di veleno. Prima che chiunque potesse concordare o dissentire, mamma decise: «Sì. Così andrà bene». E concluse ogni discussione sull'argomento. c Il mattino seguente ebbi un piccolo attacco di panico quando Irys si infilò lo zaino. «Non lasciarmi qui da sola» la implorai. «Non sei sola. Ho contato trentacinque cugini e una pletora di zie e zii.» Rise. «Inoltre, dovresti passare un po' di tempo con la tua famiglia. Devi imparare a non diffidare di loro. Ti ritroverò al Mastio dei Maghi. È dentro le mura della Cittadella. Nel frattempo, continua a far pratica di autocontrollo.» «Sissignora.» May mi abbracciò. «La tua famiglia è proprio uno spasso. Spero che anche la mia famiglia viva sugli alberi» dichiarò. Le lisciai le trecce. «Cercherò di venire a trovarti.» «May potrebbe venire alla scuola della Cittadella la prossima stagione fredda» disse Irys, «se riuscirà ad accedere alla fonte del potere». «Sarebbe grandioso!» esclamò May deliziata. Entrambe le gemelle mi diedero un rapido abbraccio. «Buona fortuna» disse Gracena con un sorrisetto. «Ne avrai bisogno.»
santa pace», spiega di Le seguii giù per la scala di corda fino all'aria più fresca vicino al terreno della giungla per salutarle. Osservai Irys e le ragazze aprirsi la strada sulla stretta pista, senza perderle d'occhio finché non furono fuori vista. Senza di loro, avevo la sensazione che il mio corpo fosse sottile come carta e a rischio di essere stracciato dalla lieve brezza. Per rimandare il ritorno alle cime degli alberi, studiai l'ambiente circostante. La volta sovrastante della giungla non mostrava traccia delle abitazioni Zaltana, e la densa vegetazione tutt'attorno mi impediva di vedere molto lontano in qualsiasi direzione. Nonostante il rumoroso ronzare degli insetti, mi parve di udire il debole rumore di acqua che scorreva lì vicino. Ma non riuscii a spingermi al di là della boscaglia per trovarne la fonte. Frustrata, sudaticcia e stanca di essere il pasto di ogni moscerino, rinunciai e risalii la scala di corda. Di nuovo nel caldo e asciutto baldacchino della foresta, in mezzo al labirinto di stanze, mi persi in fretta. Facce irriconoscibili annuivano o mi sorridevano. Altri si accigliavano e guardavano dall'altra parte. Non avevo idea di dove fosse la mia stanza, o di cosa dovessi fare, e non volevo chiedere. Il pensiero di raccontare a mia madre la storia della mia vita non era attraente. Inevitabile, lo sapevo, ma troppo da sopportare in quel momento. Mi ci era voluto quasi un anno per fidarmi di Valek al punto di confidargli la mia storia... come potevo rivelare ciò che avevo passato a qualcuno che avevo appena conosciuto? Così vagai qua e là, cercando un panorama del fiume che avevo sentito a livello del terreno. Ampie distese di verde riempivano ogni visuale. Svariate volte individuai la grigia levigatezza del fianco di una montagna. Irys mi aveva raccontato che la Giungla Illiais cresceva in una profonda valle. Incuneata tra le pieghe dell'orlo dell'Altopiano Daviiano, si trovava sotto il bordo dell'altopiano, lasciando un solo lato praticabile ai viaggiatori. «Ottimamente difendibile» aveva detto Irys. «È impossibile scalare le pareti per raggiungere l'altopiano.» Mi stavo divertendo a mettere alla prova il mio equilibrio su un ponte di corde quando una voce mi fece sobbalzare e dovetti agguantare il corrimano.
santa pace», spiega di «Cosa?» Cercai di ritrovare un appoggio fermo. «Ho detto, che cosa stai facendo?» Nucci stava all'estremità del ponte. Con un ampio gesto del braccio, risposi: «Godendomi il panorama». Potei dire dalla sua espressione dubbiosa di non averla convinta. «Seguimi, se vuoi vedere un vero panorama» mi disse correndo via. Mi arrabattai per tenerle dietro mentre prendeva scorciatoie tra i rami degli alberi. Le sue sottili braccia e gambe si tendevano ad afferrare viticci con tale flessibilità che mi ricordò un valmure. Quando entrò in una chiazza di sole, i suoi capelli color acero e la sua pelle splendettero. Dovetti ammettere che c'era almeno una cosa buona nello stare nel sud. Invece di essere l'unica persona di pelle scura, finalmente apparivo come un nativo. Vivere tanto a lungo nel nord con i pallidi ixiani, tuttavia, non mi aveva preparato a una simile varietà di tonalità di pelle bruna. Con mio grande imbarazzo, mi ero scoperta a guardare a bocca aperta le carnagioni più scure quando ero arrivata a Sitia. Nucci si fermò di colpo e per poco non le sbattei contro. Eravamo su una piattaforma quadrata sull'albero più alto della giungla. Niente ostruiva la visuale. Un tappeto di smeraldo si stendeva sotto di noi, per terminare contro due pareti rocciose a strapiombo angolate l'una verso l'altra. Dove le due falesie s'incontravano sgorgava un'ampia cascata, che precipitava in una nube di nebbia. Al di là dell'orlo superiore delle pareti rocciose vidi una distesa piatta. Un misto di rossi, gialli, dorati e marroni dipingeva il paesaggio levigato. «Quello è l'Altopiano Daviiano?» domandai. «Già. Non ci vive niente se non l'erba selvatica della savana. Non hanno molta pioggia. Bello, eh?» «Bello è dir poco.» Nucci annuì, e restammo in silenzio per un po'. Infine la mia curiosità interruppe la sosta nella conversazione. Posi a Nucci
santa pace», spiega di domande sulla giungla, e alla fine la conversazione deviò sulla famiglia Zaltana. «Perché ti chiamano Nucci?» domandai. Lei fece spallucce. «Il mio vero nome è Nocciola Palma Zaltana, ma tutti mi chiamano Nucci da quando ero piccola.» «Dunque Palma è il tuo secondo nome.» «No.» Nucci si slanciò oltre il bordo della piattaforma tra i rami dell'albero che la sorreggevano. Le fronde si scossero e dopo un momento lei si arrampicò di nuovo sulla piattaforma. Mi tese un grappolo di noci brune. «Palma, come l'albero di palma, è il nome della mia famiglia. Zaltana è il nome del clan. Chiunque ci sposi deve prendere quel nome, ma all'interno del clan ci sono diverse famiglie. Guarda, rompile così...» Nucci prese una delle noci e la sbatté contro un ramo vicino, rivelando un grano interno. «La tua famiglia è Liana, che significa viticcio. Yelena significa splendente. Tutti o prendono nome da qualche cosa della giungla oppure il loro nome significa qualcosa nell'antico linguaggio Illiais, che siamo costretti a imparare.» Nucci alzò gli occhi al cielo con esasperazione. «Sei fortunata a essertelo perso.» Mi punzecchiò con l'indice. «E ti sei persa il dovertela vedere con dispettosi fratelli maggiori, anche! Una volta io ho passato un guaio per aver legato il mio in una liana lasciandolo lì appeso... Oh, sputo di serpe! Mi sono dimenticata. Andiamo.» Si affrettò attraverso gli alberi. «Dimenticata che cosa?» domandai, arrancandole dietro. «Avrei dovuto portarti da tua madre. È stata ad aspettarti per tutta la mattina.» Nucci rallentò solo lievemente per affrontare un ponte di corda. «Zio Esaù è tornato dalla sua spedizione.» Un altro membro della famiglia da incontrare. Presi in considerazione l'idea di perdere accidentalmente Nucci. Ma ricordando le occhiate ostili che avevo ricevuto da alcuni dei miei cugini, restai con lei. Quando la raggiunsi l'afferrai per un braccio. «Aspetta» ansimai. «Vorrei sapere perché così tanti Zaltana mi guardano male. È l'odore del sangue?»
santa pace», spiega di «No. Lo sanno tutti che Leif vede sempre il peggio in ogni cosa. Cerca sempre di attirare l'attenzione.» Mi indicò con un gesto. «La maggior parte di loro pensano che tu non sia realmente una Zaltana, ma una spia di Ixia.»
santa pace», spiega di
Capitolo 2 «Stai scherzando, vero?» domandai. «Non crederanno veramente che io sia una spia.» Nucci annui. I suoi codini, uno su ogni lato della testa, ondeggiarono allegramente, in contrasto con il viso serio. «Questa è la voce che corre. Tuttavia, nessuno oserebbe farne parola a zia Perl o a zio Esaù.» «Perché dovrebbero pensare una cosa simile?» Gli occhi nocciola di Nucci si spalancarono, come se lei non riuscisse a credere alla mia stupidità. «Guarda i tuoi vestiti.» Accennò ai miei calzoni neri e alla camicia bianca. «Sappiamo tutti che i nordici sono costretti a portare uniformi. Dicono che se tu fossi veramente del sud, non vorresti più indossare dei calzoni.» Guardai la gonna arancione di Nucci. L'orlo era tirato su e infilato nella cintura di pelliccia marrone, e sotto si intravedevano un paio di calzoncini corti gialli. Ignorando il mio sguardo Nucci, aggiunse: «E porti un'arma». Questo era vero. Avevo con me il mio archetto nel caso trovassi un posto per fare esercizio, ma fino a quel momento l'unico spazio abbastanza ampio che avevo visto era la sala comune, e quella era sempre troppo affollata. Probabilmente, decisi, non era il momento migliore per dire a Nucci del coltello a serramanico che tenevo agganciato alla coscia. «Chi è stato a dire queste cose?» domandai. Lei alzò le spalle. «Varie persone.» Attesi, e alla fine il silenzio le strappò l'informazione. «Leif sta dicendo a tutti che non gli dai la giusta sensazione. Dice che riconoscerebbe sua sorella.» Giocherellò con la manica, arrotolando la vivace tela di cotone. «I sitiani sono sempre preoccupati che un giorno o l'altro il Comandante ci attacchi, e pensiamo che delle spie del nord stiano raccogliendo informazioni sulla nostra capacità di difenderci. Anche se Leif tende a reagire in
santa pace», spiega di modo esagerato, la sua magia è forte, così praticamente tutti credono che tu sia una spia.» «E tu cosa pensi?» «Non lo so. Avevo intenzione di aspettare e vedere.» Abbassò lo sguardo sui piedi nudi, abbronzati e callosi. Un altro motivo per cui mi distinguevo tra gli Zaltana: portavo ancora i miei stivali di cuoio. «Be', la tua è una posizione intelligente» dissi. «Lo pensi davvero?» «Sì.» Nucci sorrise. I suoi occhi si illuminarono. Notai una spruzzata di lentiggini sul suo piccolo naso. Lei proseguì, facendo strada per portarmi da mia madre. Seguendola, meditai sull'accusa di essere una spia ixiana. Non ero una spia, ma non potevo dire neppure di essere una vera meridionale. E non ero sicura di voler essere chiamata sitiana. La motivazione per cui mi trovavo lì era duplice: evitare di essere giustiziata e imparare a usare i miei poteri. Incontrare la mia famiglia d'origine era stato un sovrappiù, e non avevo intenzione di permettere che stupide dicerie rovinassero il periodo che avrei trascorso lì, così decisi di ignorare ogni futura occhiata in tralice, almeno per il momento. Non ci fu modo di ignorare la furia di mia madre, tuttavia, quando Nucci e io raggiungemmo la sua residenza. Ogni muscolo delle sue braccia sottili e del lungo collo era teso. Ondate di collera inespressa pulsavano da quella donna minuta. «Dove siete state?» domandò. «Ecco, ho visto partire Irys e poi...» La spiegazione parve debole davanti alla sua indignazione, così m'interruppi. «Sei stata lontana per quattordici anni, e abbiamo solo due settimane da passare insieme prima che te ne vada di nuovo. Come hai potuto essere così egoista?» A un tratto, si afflosciò su una sedia come se le fosse stata estratta tutta l'energia. «Mi dispiace...» cominciai. «No, dispiace a me» mi interruppe. «È solo che il tuo modo di
santa pace», spiega di parlare e di comportarti è così estraneo. E tuo padre è tornato ed è ansioso di vederti. Leif mi sta facendo impazzire, e io non voglio che mia figlia se ne vada di qui sentendosi ancora una straniera.» Mi cinsi il corpo con le braccia, sentendomi colpevole e inadeguata. Lei stava chiedendo molto; ero certa di deluderla in qualche cosa. «Tuo padre voleva svegliarti nel cuore della notte. L'ho fatto aspettare, e stamattina ha frugato per tutto il villaggio cercandoti» spiegò Perl. «Alla fine l'ho mandato di sopra con qualcosa da fare.» Spalancò le braccia. «Dovrai perdonarci se andiamo troppo in fretta per te. Il tuo arrivo è stato talmente inatteso, e io avrei dovuto insistere perché restassi con noi questa notte, ma Irys ci ha consigliato di non soffocarti.» Prese un profondo respiro. «Questo però mi sta uccidendo. Tutto ciò che voglio fare è stringerti tra le braccia.» Invece le braccia le caddero in grembo, posandosi sulla tela azzurra e bianca del suo abito senza maniche. Non potei ribattere. Irys aveva ragione; avevo bisogno di tempo prima di potermi sentire a mio agio. Ma riuscivo anche a capire mia madre. Ogni giorno Valek mi mancava più del giorno precedente. Perdere un figlio doveva essere molto peggio. In piedi presso la porta, Nucci si tirò i codini, e mia madre parve rendersi conto che c'era anche lei. «Nucci, puoi andare a prendere le cose di Yelena negli alloggi degli ospiti e portarle qui?» «Sicuro, zia Perl.» In un lampeggiare arancio, Nucci se n'era andata. «Puoi restare nella nostra stanza di riserva.» Mia madre si premette la mano sulla gola. «In effetti è la tua stanza.» La mia stanza. Suonava così normale. Non avevo mai avuto un posto tutto mio prima. Cercai di immaginare come avrei potuto decorarlo per renderlo personale, ma trovai il vuoto. La mia vita a Ixia non comprendeva speciali oggetti come giocattoli, doni o opere d'arte. Soffocai una risata. L'unica stanza privata che avevo avuto era stata la mia cella nella prigione. Perl balzò dal sedile. «Yelena, ti prego, siediti. Preparerò la colazione per noi. Sei troppo magra.» Mentre correva via, lanciò un
santa pace», spiega di richiamo verso il soffitto. «Esaù, Yelena è qui. Vieni giù a bere il tè.» Da sola, mi guardai attorno. L'aria calda odorava lievemente di mele. Il divano e le due poltrone sembravano fatti di corde intessute insieme, eppure erano duri al tocco. Le sedie erano diverse da quelle degli altri Zaltana, che erano costruite con rami e stecchi. Mi accomodai in una poltrona; i cuscini rossi col disegno di foglie frusciarono sotto il mio peso, e mi chiesi con che cosa fossero riempiti. Il mio sguardo indugiò su una ciotola di legno nero su un tavolino dal piano di vetro di fronte al divano. La ciotola sembrava intagliata a mano. Cercai di rilassarmi, cosa che funzionò finché non vidi contro la parete di fondo un lungo bancone. In fila per tutta la sua lunghezza c'era una serie di bottiglie di forma strana, collegate da tubi ad ansa. Candele spente stavano sotto alcuni dei contenitori. L'allestimento mi rammentò il laboratorio di Reyad, e il ricordo della sua collezione di vasi di vetro e strumenti metallici mi irritò i nervi. Visioni di me stessa incatenata a un letto mentre lui cercava il perfetto strumento di tortura mi fecero gocciolare il sudore giù per il collo. Mi rimproverai per la mia immaginazione iperattiva. Era ridicolo che un simile aggeggio potesse farmi quell'effetto dopo due anni. Mi costrinsi ad avvicinarmi. Del liquido ambrato si raccoglieva in alcune bottiglie. Ne raccolsi una e agitai il contenuto. Un forte aroma di mele mi riempì le narici. Mi fluttuò nella mente il ricordo di dondolio e di risate, ma l'immagine scomparve quando cercai di metterla a fuoco. Frustrata, rimisi giù la bottiglia. Gli scaffali sotto il piano erano ricoperti da file di altre bottiglie. L'attrezzatura sembrava un alambicco per distillare liquori. Forse il liquido era un brandy di mele come quello del generale Rasmussen del Distretto Militare 7 di Ixia. Sentii mia madre che tornava e mi voltai. Reggeva un vassoio colmo di frutta tagliata, bacche e tè. Posando la colazione sul tavolino di fronte al divano, mi fece cenno di unirmi a lei. «Hai trovato la mia distilleria, vedo» disse come se ogni Zaltana ne avesse una nel soggiorno. «Qualche odore familiare?» «Brandy?» tirai a indovinare.
santa pace», spiega di Le sue spalle si incurvarono un tantino, ma il suo sorriso non vacillò. «Prova di nuovo.» Piazzando il naso sopra una delle bottiglie piene di liquido color ambra, aspirai. L'aroma mi avvolse in sensazioni di benessere e sicurezza. Ma al tempo stesso soffocava e opprimeva, evocando ricordi di me che saltellavo misti a un'immagine in cui giacevo sulla schiena, artigliandomi la gola. Di colpo mi sentii girare la testa. «Yelena, siediti.» La mano di mia madre mi prese per il gomito, guidandomi a una sedia. «Non avresti dovuto inalare così profondamente. È molto concentrato.» Mi tenne la mano sulla spalla. «Che cos'è?» domandai. «Il mio profumo di MelaBacca.» «Profumo?» «Non ti ricordi.» Stavolta il suo disappunto trapelò, mentre il sorriso le svaniva dalle labbra. «Lo portavo sempre quando tu eri bambina. È il mio profumo di maggior successo... molto diffuso tra i maghi al Mastio. Quando tu scomparisti, non fui più capace di metterlo.» La mano le sfiorò di nuovo la gola, come se lei stesse cercando di bloccare le proprie parole o emozioni. Alla parola maghi mi si serrò la trachea. La scena del mio breve rapimento alla Festa del Fuoco dell'anno prima si svolse di nuovo nella mia mente. Le tende, il buio e l'aroma di MelaBacca misto al sapore di ceneri e all'immagine di Irys che ordinava a quattro uomini di strangolarmi. «Irys usa i tuoi profumi?» domandai. «Oh, sì. MelaBacca è il suo preferito. In effetti, l'altra sera mi ha chiesto di preparargliene dell'altro. L'aroma ti ricorda lei?» «Deve averlo avuto addosso la prima volta che ci siamo incontrate» risposi, decidendo di non dire di più. Se non fosse stato per il tempestivo arrivo di Valek, Irys sarebbe riuscita a uccidermi. Era ironico come entrambi i miei rapporti con Irys e con Valek fossero iniziati male, riflettei. «Ho scoperto che certi aromi sono collegati a ricordi specifici. È
santa pace», spiega di una cosa su cui abbiamo lavorato Leif e io come parte del suo progetto con Primo Mago. Abbiamo creato una varietà di aromi e di odori che usiamo per aiutare le vittime di un crimine a ricordare. Questi ricordi sono molto potenti, e aiutano Leif ad avere un quadro più chiaro di quello che è loro accaduto.» Si allontanò da me, sedette, e con un cucchiaio divise in porzioni la frutta in tre ciotole. «Avevo sperato che MelaBacca facesse scattare i tuoi ricordi di noi.» «Ho sentito qualcosa, ma...» Mi bloccai, incapace di rendere a parole le brevi impressioni. Soffocai il cruccio crescente per la mia incapacità di rammentare alcunché dei sei anni in cui avevo vissuto lì. Invece domandai: «Produci molti profumi?». «Oh, sì» rispose lei. «Esaù mi porta meravigliosi fiori e piante da usare. Mi piace creare nuovi profumi e aromi.» «Ed è la migliore del paese» disse una rombante voce maschile dietro di me. Mi voltai e vidi un uomo basso e tarchiato entrare nella stanza. La sua somiglianza con Leif era inconfondibile. «I suoi profumi sono stati portati da Maestri Maghi, come pure dalla Regina e dalla Principessa di Ixia quand'erano vive» aggiunse Esaù. Mi afferrò i polsi e mi trascinò in piedi. «Velena, bambina mia, guarda come sei cresciuta.» E mi stritolò in un abbraccio da orso che durò svariati secondi. Un forte odore di terra mi riempì le narici. Esaù mi lasciò andare, sedette con una ciotola di frutta in grembo e una tazza di tè in mano prima che io potessi reagire. Perl mi porse l'altra ciotola mentre riprendevo il mio posto a sedere. I capelli grigi e spettinati di Esaù gli cadevano sulle spalle. Mentre mangiava, vidi che le sue mani erano chiazzate di verde. «Esaù, sei stato di nuovo a giocare con quell'olio di foglie?» chiese Perl. «Nessuna meraviglia che tu ci abbia messo tanto a scendere. Per cercare di grattartelo via così da non spalmarlo da tutte le parti.» Avrei potuto dire, dal modo in cui lui chinava la testa senza rispondere, che quella fosse una vecchia discussione. Esaù mi fissò in silenzio, socchiudendo gli occhi e inclinando la testa da una parte e dall'altra come se stesse decidendo qualcosa. La sua carnagione assomigliava al tè senza latte. Rughe profonde gli incidevano la
santa pace», spiega di fronte e si allargavano a ventaglio dagli occhi. Aveva un viso gentile, avvezzo a ridere e a piangere. «Adesso voglio un resoconto di quello che hai fatto in tutti questi anni» disse infine. Soffocai un gemito. Non era più possibile evitarlo. Abituata a obbedire agli ordini, su nel nord, raccontai loro di come fossi cresciuta nell'orfanotrofio del Generale Brazell nel Distretto Militare 5. Tralasciai gli spiacevoli anni in cui avevo raggiunto la maturità ed ero diventata il topo da laboratorio di Reyad e Mogkan. I miei genitori erano angosciati a sufficienza al solo udire dei loro piani di usare i poteri magici dei bambini rapiti per aiutare Brazell a rovesciare il Comandante; non vidi ragione di riferire loro i brutali dettagli di come costoro avessero cancellato le menti alle loro vittime. Quando accennai al fatto di essere diventata l'assaggiatrice ufficiale del Comandante Ambrose, evitai di dire loro che ero stata nelle segrete del Comandante ad attendere l'esecuzione per aver ucciso Reyad. E che dopo aver trascorso un anno laggiù, mi era stata offerta la scelta tra il patibolo o l'incarico di assaggiatore di veleni. «Scommetto che eri il loro miglior assaggiatore» disse mio padre. «Che cosa terribile da dire» lo ammonì Perl. «E se fosse stata avvelenata?» «Noi Liana abbiamo un senso molto sviluppato del gusto e dell'odorato. E lei è qui, sana e salva, Perl. Se non fosse brava a individuare veleni, dubito che sarebbe durata così a lungo.» «Non è che ci sia qualcuno che cerca di avvelenare il Comandante tutto il tempo» dissi io. «È successo solo una volta, in effetti.» La mano di Perl scattò al collo. «Oh, povera me. Scommetto che fu il suo assassino del cuore a cercare di avvelenarlo. Quella creatura odiosa.» La fissai senza capire. «Sai, la sua spia, Valek? Ogni sitiano adorerebbe vedere la testa di quell'uomo su una picca. Ha assassinato praticamente l'intera famiglia reale. Solo un nipote è sopravvissuto. Senza Valek,
santa pace», spiega di quell'usurpatore non avrebbe mai raggiunto il potere e sconvolto le buone relazioni di Sitia con Ixia. Massacrati da Valek ancora nella culla!» Mentre lei rabbrividiva di repulsione, io rimasi a bocca aperta. Le mie dita cercarono la catenella che portavo al collo e trovarono il ciondolo a forma di farfalla che Valek aveva scolpito per me. Lo strinsi. Supposi che non avrei dovuto dirle della mia relazione con lui. E decisi di non illuminarla sulla linea di condotta del Comandante verso gli ixiani dotati di poteri magici, non truculenta come assassinare lattanti, ma che solitamente sfociava nella morte del disgraziato, uomo o donna. Valek non era stato un sostenitore di quella politica, tuttavia non avrebbe disobbedito a un ordine del Comandante, Forse, col tempo, avrebbe aiutato il Comandante a vedere i benefici di avere dei maghi ai suoi ordini. «Valek non è così tremendo come pensate» dissi, cercando di redimere la sua reputazione. «È stato fondamentale per svelare i piani di Brazell e Mogkan. In effetti, ha contribuito a fermarli.» Avrei voluto aggiungere: «Mi ha salvato due volte la vita», ma le smorfie gemelle di orrore sui visi dei miei genitori mi fermarono. A questo era servito il mio sforzo. Lui era il malvagio per Sitia, e ci sarebbe voluto ben più che delle semplici parole per cambiare la sua condizione. Non potevo dire di biasimare i miei genitori. Quando avevo incontrato Valek per la prima volta anche io avevo paura della sua nomea, non avendo alcun sospetto della fiera lealtà, del senso di giustizia e della disponibilità a sacrificarsi per gli altri che si celavano sotto quella reputazione. Ringraziai la sorte quando Nucci fece irruzione con il mio zaino che le ciondolava dalle mani. Esaù lo prese. «Grazie, Noce» disse tirandole uno dei codini. «Non c'è di che, Esaù.» Gli diede per finta un lieve pugno nello stomaco, poi danzò fuori portata mentre lui roteava per agguantarla. Mostrandogli la lingua, sgusciò verso la porta. «La prossima volta, Noce, ti schiaccio.» La risata della ragazza echeggiò. «Puoi provarci.» E se n'era già andata.
santa pace», spiega di «Lascia che ti mostri la tua stanza» propose Esaù. «Yelena, aspetta» mi bloccò Perl mentre stavo per seguirlo. «Dimmi, che ne è stato dei piani di Brazell?» «Sventati. Lui è nella segreta del Comandante.» «E Reyad e Mogkan?» Presi respiro. «Morti.» Aspettai che mi chiedesse chi li avesse uccisi, e mi chiesi se dovessi raccontarle quale ruolo avevo avuto nella morte di entrambi. Lei annuì con soddisfazione. «Bene.» L'abitazione di Esaù e Perl aveva due piani, e invece di una scala di corda o di legno a collegarli, Esaù usò quello che chiamò un elevatore. Non avevo mai visto niente del genere prima di allora. Stavamo in una camera delle dimensioni di un ripostiglio. Due spesse funi passavano attraverso dei fori nel pavimento e nel soffitto. Esaù tirò una delle funi, e la camera di legno salì, lo appoggiai la mano alla parete, ma il movimento era scorrevole. Alla fine, arrivammo al secondo piano. Esaù si affacciò di nuovo all'apertura dell'elevatore quando io non lo seguii all'esterno. «Ti piace?» domandò. «È grandioso.» «Uno dei miei progetti. Le pulegge sono la chiave» spiegò. «Non ne troverai molti nel villaggio. Gli altri sono alquanto restii ai cambiamenti, ma ne ho venduti parecchi al mercato.» «Anche Perl vende i suoi profumi al mercato?» domandai mettendo piede sul pianerottolo. «Già. Gli Zaltana in genere o vendono o scambiano merci al Mercato di Illiais, che è aperto tutto l'anno. Le mie invenzioni e i profumi di Perl ci hanno fornito una cospicua fonte di reddito» raccontò Esaù mentre attraversavamo il corridoio. «Un gruppo di Zaltana farà un salto giù al mercato quando saranno stati prodotti abbastanza oggetti o si dovrà consegnare un ordine speciale. Non siamo neanche i soli che vendono laggiù, così se ci occorre qualcosa andiamo e compriamo. Disgraziatamente, non tutto ciò che ci serve
santa pace», spiega di si può trovare nella giungla. Come le bottiglie di vetro di tua madre e l'intelaiatura per le mie poltrone.» «Hai creato tu anche i mobili di corda?» «Sì. Solo che non sono corde. Sono liane.» E accorgendosi che non avevo capito spiegò: «Viticci della giungla». «Oh.» «Le liane sono una costante fonte di problemi. Probabilmente è per questo che sono il nostro cognome.» Esaù sogghignò. «Crescono ovunque, e possono tirar giù gli alberi. Dobbiamo tenerle potate oppure tagliarle del tutto. Un giorno, invece di bruciarle, ne ho portato a casa un mucchio e ho provato a lavorarle.» Esaù spinse indietro una tenda di cotone che copriva un ingresso sul lato destro del corridoio e mi fece cenno di precederlo nella stanza. «I viticci diventano molto resistenti una volta seccati. Finché sono duttili, ci si può intrecciare praticamente qualsiasi cosa.» Dapprima pensai fossimo entrati in un magazzino. L'aria odorava leggermente di stantio, e file e file di scaffali che reggevano contenitori di vetro di ogni forma e dimensione oscuravano le pareti. Le bottiglie erano riempite di sostanze variopinte. Solo quando distolsi lo sguardo dalla coloratissima raccolta vidi un lettino fatto di liane e uno scrittoio di legno. Esaù chinò il capo e si passò tra i capelli una mano macchiata di verde. «Scusa. Ho usato questa camera per immagazzinare i miei campioni. Ma ho liberato letto e scrittoio questa mattina.» Indicò lo scrittoio d'ebano Pau infilato in un angolo. «Va benissimo» dissi, cercando di mascherare il disappunto. Avevo sperato che quella stanza mi avrebbe aiutato a ricordare qualcosa, qualsiasi cosa della mia vita prima di finire nell'orfanotrofio di Brazell. Posando lo zaino sul letto domandai: «Quali altre stanze ci sono qua sopra?». «La nostra camera da letto e il mio laboratorio. Andiamo, te li faccio vedere.» Proseguimmo lungo il corridoio. C'era un altro ingresso coperto da una tenda, sulla sinistra, che conduceva in un'ampia camera da letto. Questa stanza aveva un grande letto con una trapunta viola a
santa pace», spiega di fiori, due comodini, e scaffali carichi di libri anziché di contenitori. Esaù indicò il soffitto, che era fatto di pelli tese sopra dei rami. «L'ho spalmato d'olio, così la pioggia scivola via» spiegò. «Niente infiltrazioni d'acqua, però diventa molto caldo.» Appeso al centro del soffitto c'era un grande attrezzo a forma di corolla fatto di assicelle di legno. Delle funi, avvolte attorno al basamento, attraversavano il soffitto e piovevano lungo le pareti. «Che cos'è quello?» domandai. Lui sorrise. «Un'altra invenzione. Anche qui, delle pulegge e qualche peso fanno girare il fiore, rinfrescando la stanza.» Uscimmo nel corridoio. Di fronte alla camera da letto di Esau c'era un'altra stanza con un semplice letto singolo; guardaroba e comodino erano collocati con ordine all'interno. Non comparivano decorazioni, invenzioni o altre tracce del suo occupante. «Leif vive al Mastio dei Maghi per la maggior parte dell'anno» disse Esaù. «Così ho annesso la sua stanza alla mia area di lavoro.» Continuammo lungo il corridoio, che terminava in una spaziosa sala. Sogghignai guardandomi attorno. Il laboratorio di Esaù era pieno zeppo di piante, contenitori, pile di foglie e utensili. Gli scaffali gemevano sotto il peso di molti vasi colmi di strani oggetti e liquidi vari. Sembrava impossibile camminare nella stanza senza ammaccarsi uno stinco. La confusione mi ricordò l'ufficio e l'alloggio di Valek. Mentre Valek aveva libri, carte e rocce impilati dappertutto, Esaù aveva invitato la giungla ad abitare con lui. Rimasi per un istante sulla soglia. «Vieni dentro, vieni dentro.» Mi superò entrando. «Voglio mostrarti una cosa.» Lentamente, mi feci strada verso di lui. «Che cosa fai qui?» «Di tutto un po'» rispose lui cercando in mezzo a una pila di carte su un tavolo. «Mi piace raccogliere campioni dalla giungla e vedere che cosa ci posso combinare. Ho trovato delle medicine, cose da mangiare, fiori per tua madre... Aha!» Sollevò un taccuino bianco. «Ecco qua.» Presi il libricino, ma la mia attenzione era diretta alla stanza, in
santa pace», spiega di cerca di qualcosa di familiare. Le parole tua madre avevano fatto scattare il senso di dubbio che mi aveva tormentato fin dal mio arrivo all'insediamento Zaltana. Alla fine, posi a Esaù la medesima domanda che avevo fatto a Perl. «Come sai che sono tua figlia? Sembri così sicuro.» Esaù sorrise. «Guarda in quell'album.» Aprii la copertina. Sulla prima pagina c'era uno schizzo a carboncino di un neonato. «Continua a sfogliare.» La pagina seguente recava il disegno di una bambina piccola. Via via che voltavo le pagine, la ragazza cresceva da bambina ad adolescente diventando qualcosa che riconobbi. Me. Un nodo feroce mi strinse la gola mentre le lacrime minacciavano di sgorgarmi dagli occhi. Mio padre mi aveva amata anche se ero andata via e non riuscivo neppure a ricordare qualcosa del mio passato lì. Le immagini mostravano la mia infanzia come avrebbe dovuto essere se fossi vissuta con Esaù e Perl. «È davvero divertente sfogliare il libro in fretta. Ti guardi crescere di vent'anni in pochi secondi.» Esaù mi prese dalle mani l'album di schizzi e lo tenne aperto. «Vedi? È così che so che tu sei mia. Ho fatto il tuo ritratto ogni anno dopo la tua nascita, e anche dopo che sei scomparsa.» Andò all'ultima pagina e studiò il disegno che si trovava lì. «Non ero poi troppo lontano dal vero. Non è perfetto, ma adesso che ti ho visto posso fare delle correzioni.» Si strinse il taccuino al petto. «Quando sei sparita, tua madre portava con sé questo quaderno guardando i disegni tutto il giorno. Alla fine smise, ma dopo un paio d'anni mi vide tracciare un altro disegno e mi chiese di distruggerlo.» Esaù mi tese il libro. «Le dissi che non l'avrebbe visto mai più. A quanto ne so io, non l'ha fatto. Dunque teniamo la cosa tra noi per il momento. D'accordo?» «Sicuro.» Dedicai la mia piena attenzione a ogni pagina. «Questo è meraviglioso.» Tutti i dubbi sulla mia ascendenza svanirono mentre notavo i dettagli che mio padre aveva inserito in quei disegni. In quel momento seppi di far parte del clan Zaltana. Una sensazione di
santa pace», spiega di sollievo mi inondò. Giurai di sforzarmi di più per creare un legame con i miei genitori. Leif, tuttavia, era un'altra storia. «Dovresti mostrare il tuo album di schizzi a Leif» dissi, restituendo il libro a Esaù. «Allora magari crederebbe che sono sua sorella.» «Non preoccuparti di lui. Non ha bisogno di vedere un ritratto. Sa perfettamente chi sei. È il colpo del tuo arrivo che l'ha messo in crisi. Ha attraversato un periodo difficile quando sei scomparsa.» «Oh, sì. Dimenticavo; per me è stato così facile su al nord.» Esaù fece una smorfia, e io rimpiansi il mio sarcasmo. «Leif era con te il giorno in cui fosti rapita» spiegò con voce pacata. «L'avevi implorato di portarti a giocare sul terreno di superficie della giungla. Aveva otto anni, che possono sembrare pochi, ma ai bambini Zaltana si insegna a sopravvivere nella giungla non appena riescono a camminare. Pensa che Nucci si arrampicava sugli alberi prima ancora di muovere i primi passi, cosa che faceva impazzire mia sorella.» Esaù sedette in una delle sue poltrone di liane e lo sfinimento sembrò posarsi su di lui come una coltre di polvere. «Quando Leif tornò a casa senza di te, non ci preoccupammo molto. Un bambino smarrito era stato sempre ritrovato entro un'ora o due. Dopotutto, la Giungla Illiais non è poi così grande. I predatori non sono attivi durante il giorno, e di notte abbiamo alcuni trucchi per tenerli lontani dal nostro insediamento. Ma diventammo più ansiosi quando giunse la sera e ancora non ti avevamo localizzato. Eri scomparsa così totalmente che tutti pensarono fossi stata catturata da un serpente della collana o da un leopardo silvestre.» «Serpente della collana?» Lui sogghignò, e un lampo di apprezzamento gli brillò negli occhi. «Un predatore verde e bruno che vive sugli alberi. A volte lungo cinquanta piedi, lascia penzolare il corpo tra i rami, mimetizzandosi con la giungla. Quando la sua preda arriva vicino, si avvolge attorno al collo della vittima e stringe.» Esaù fece la dimostrazione con le mani. «Poi inghiotte il corpo intero e si nutre della carcassa per settimane.» «Poco piacevole.»
santa pace», spiega di «Già, ed è impossibile vedere che cosa c'è dentro il serpente a meno che tu non lo uccida. Ma la loro pelle è troppo spessa per le frecce, ed è fatale avvicinarsi a uno di essi. Stessa cosa con il leopardo silvestre: il felino trascina la preda dentro la sua tana, altro luogo inavvicinabile. Alla fine, soltanto Leif credeva che tu fossi ancora viva. Pensava che potessi esserti nascosta da qualche parte, per gioco. Mentre il resto di noi si affliggeva, lui batteva la giungla in cerca di te, giorno dopo giorno.» «Quando ha smesso?» domandai. «Ieri.»
santa pace», spiega di
Capitolo 3 Non c'era da stupirsi che Leif fosse così rabbioso. Quattordici anni trascorsi a cercare, e io non avevo nemmeno avuto la decenza di lasciarmi trovare da lui, il solo a credere che fossi ancora viva. Mi rammaricai di ogni pensiero aspro che avevo nutrito nei suoi confronti. Fino a quando non si affacciò alla porta del laboratorio di Esaù. «Padre» disse, ignorandomi. «Di' a quella ragazza, se vuole andare alla Cittadella, che io parto tra due ore.» «Perché così presto?» domandò Esaù. «Non sei atteso che tra due settimane!» «Bavol ha ricevuto un messaggio da Primo Mago. È successo qualcosa. C'è bisogno di me subito.» Il torace di Leif parve gonfiarsi della sua sensazione di importanza. Soffocai la voglia di colpirlo al plesso solare e fargli sputare un po' della sua boria. Quando se ne andò, chiesi a Esaù: «C'è qualcun altro che vada alla Cittadella nelle prossime due settimane?». Lui scosse il capo. «È un lungo viaggio. Molti giorni di cammino. E la maggior parte degli Zaltana preferisce la giungla.» «E che mi dici di Bavol Cacao? Non è il nostro Consigliere alla Cittadella? Non dovrebbe essere là?» Irys mi aveva spiegato che il Consiglio era formato dai quattro Maestri Maghi più una rappresentanza di ciascuno degli undici clan. Insieme, governavano le terre del sud. «No. Il Consiglio si scioglie durante la stagione torrida.» «Oh.» Era dura credere che stesse appena iniziando la loro stagione torrida. Arrivando da Ixia durante la stagione fredda, l'intero territorio meridionale dava l'impressione di essere già rovente. «Puoi darmi indicazioni?» domandai. «Yelena, sarai più al sicuro con Leif. Andiamo adesso, facciamo i bagagli. Due ore non è...» Esaù si bloccò e mi scoccò un'occhiata.
santa pace», spiega di «Quello zaino è tutto ciò che hai?» «E il mio archetto.» «Allora hai bisogno di alcune provviste.» Esaù prese a frugare la stanza. «lo non...» Le parole mi morirono in gola quando mi tese un libro. Era bianco come l'album degli schizzi, ma dentro c'erano disegni di piante e alberi con sotto una descrizione accurata. «Che cos'è?» chiesi. «Una guida sul campo. Avevo in progetto di insegnarti nuovamente come sopravvivere nella giungla, ma per il momento questo dovrà bastare.» Trovai una pagina con l'illustrazione di una foglia di forma ovale. Le istruzioni sotto l'immagine spiegavano che bollendo in acqua la foglia di Tilipi si otteneva una bevanda che abbassava la febbre. Poi Esaù mi diede una serie di piccole ciotole e alcuni utensili di forma bizzarra. «Quella guida è di scarsa utilità senza l'equipaggiamento idoneo. Adesso troviamo tua madre.» Fece una pausa e sospirò. «Non sarà felice.» Aveva ragione. La trovammo che lavorava nella sua distilleria e sfuriava contro Leif. «Non è colpa mia» si difendeva lui. «Se desideri così tanto che lei rimanga, perché non la porti tu alla Cittadella? Oh, giusto... tu non hai posato il tuo prezioso piedino a terra per quattordici anni.» Perl si girò di scatto verso il figlio con una bottiglia di profumo serrata nella mano, pronta a scagliarla. Lui arretrò. Quando lei scorse me ed Esaù fermi sulla soglia, tornò a riempire la bottiglia. «Avverti quella ragazza che sarò in fondo alla scala Palma tra due ore» disse Leif a Esaù. «Se non ci sarà, partirò senza di lei.» Quando Leif lasciò la stanza, il silenzio continuò a infittirsi. «Avrai bisogno di un po' di cibo» mormorò mio padre, ritirandosi in cucina. Con un tintinnio di bottiglie, mia madre si avvicinò. «Ecco. Due bottiglie di MelaBacca per Irys, e una bottiglia di Lavanda per te.»
santa pace», spiega di «Lavanda?» «Ti piaceva quando avevi cinque anni, così ho corso il rischio. Più tardi possiamo provare a cercare qualcos'altro, se ti va.» Aprii il tappo e annusai. Di nuovo, non trovai alcun ricordo di quando avevo cinque anni, ma il profumo mi fece ricordare il momento in cui ero nascosta sotto un tavolo nell'ufficio di Valek. Ero andata a cercare la ricetta dell'antidoto a Polvere di Farfalla, il cosiddetto veleno nel mio corpo che era stato per Valek il modo per impedirmi di fuggire. Credendo di aver bisogno di una dose quotidiana dell'antidoto per restare in vita, ero decisa a trovare la cura. Valek era tornato in anticipo, e mi aveva scoperto perché avevo usato sapone al profumo di lavanda. L'aroma mi piaceva ancora. «È perfetto» dissi a Perl. «Grazie.» Una paura inattesa fiammeggiò negli occhi di mia madre. Si strinse in se stessa e serrò le mani. Poi, prendendo un profondo respiro, dichiarò: «Verrò con te. Esaù, dov'è il mio zaino?», gli chiese mentre lui tornava con una bracciata di cibarie. «Di sopra, in camera nostra» rispose lui. Perl lo superò di corsa. Se lui fu sorpreso dalla sua improvvisa decisione, dalla sua espressione non si capiva. Aggiunsi al mio bagaglio il pane e la frutta che aveva portato, e avvolsi le bottigliette di profumo nel mantello. Durante il viaggio verso sud, il mantello era stato troppo caldo da indossare, ma aveva fornito un posto morbido dove dormire quando ci eravamo accampate lungo la strada. «Il cibo basterà solo fin là, e probabilmente avrai bisogno di altri vestiti quando arriverai alla Cittadella» disse Esaù. «Hai del denaro?» Frugai nello zaino. Aver bisogno di denaro per ottenere cibo e vestiario mi pareva ancora una cosa strana. Nel nord, ci fornivano il necessario per tutti i bisogni primari. Tirai fuori dalla sacca le monete d'oro ixiane che Valek mi aveva dato prima che ci separassimo. Mostrandone una a Esaù domandai: «Queste andranno bene?». «Mettile via.» Richiuse la mia mano attorno alla moneta. «Non farle vedere a nessuno. Quando arrivi alla Cittadella, chiedi a Irys di cambiartele con monete siriane.»
santa pace», spiega di «Perché?» «Potrebbero scambiarti per una del nord.» «Ma io sono...» «Tu non lo sei. Gran parte della gente del sud vede con sospetto la gente venuta da Ixia, perfino i rifugiati politici. Tu sei una Zaltana. Ricordalo sempre.» Una Zaltana. Mi rigirai il nome nella mente, chiedendomi se il solo pronunciarlo mi avrebbe reso tale. Chissà come, capii che non sarebbe stato facile. Esaù si diresse a uno scrittoio e frugò nei cassetti, lo misi via il denaro di Valek. Con le attrezzature e il cibo di mio padre. lo zaino era rigonfio. Feci un tentativo di organizzarne il contenuto. Avrei avuto bisogno della mia fune con l'arpione? O dell'uniforme nordica? Pur sperando di non aver morivo per usarle, non riuscii a indurmi a separarmene, per il momento. Tintinnio di metallo. Esaù tornò con una manciata di monetine d'argento. «È tutto ciò che sono riuscito a trovare, ma dovrebbe bastare finché non raggiungerai la Cittadella. Adesso va' a salutare tua madre. Si sta facendo tardi.» «Lei non verrà con noi?» «No. La troverai sul letto.» Pronunciò quelle parole con un misto di rassegnazione e accettazione. Ponderai le sue parole mentre tiravo su l'elevatore. La trovai accoccolata come una palla sopra la trapunta nella sua camera da letto, il corpo scosso dai singhiozzi mentre le lacrime inzuppavano il cuscino. «La prossima volta» singhiozzava. «La prossima volta verrò con Leif alla Cittadella. La prossima volta.» «Mi piacerebbe» dissi. Rammentando il commento di Leif su come lei non avesse lasciato la giungla per così tanto tempo, aggiunsi: «Tornerò a casa a trovarti non appena potrò». «La prossima volta. Lo farò la prossima volta.» Avendo deciso di rimandare il viaggio verso il Mastio dei Maghi,
santa pace», spiega di Perl si calmò. Alla fine si rilassò e si alzò in piedi, lisciandosi gli abiti e asciugandosi le lacrime dalle guance. «La prossima volta, resterai più a lungo con noi.» Suonava come un ordine. «Sì. Per... madre.» Le rughe di preoccupazione sparirono dal suo viso, rivelando la sua bellezza. Mi abbracciò stretta e bisbigliò: «Non voglio perderti di nuovo. Sta' molto attenta». «Lo farò.» Dicevo sul serio. Certe abitudini inveterate non si perdono mai. C'erano solo pochi accessi alla superficie della foresta. Ognuno portava il nome di una famiglia che abitava nei pressi. Raggiunsi la camera che aveva la scala Palma. Proprio mentre mettevo piede sul primo piolo, udii la voce di Nucci. Avevo già salutato i miei genitori e Bavol Cacao, ma non ero riuscita a trovare lei da nessuna parte. «Yelena, aspetta» gridò. Mi fermai, guardando su in tempo per vederla dondolarsi attraverso la porta. Aveva in mano una massa di abiti coloratissimi. «Ho fatto questi...» S'interruppe per prendere fiato. «... per te.» La gonna giallo chiaro (modesta, secondo gli standard Zaltana) era stampata a minuscoli ranuncoli, e la camicia era rosa corallo in tinta unita. Adocchiai con sospetto la gonna. Nucci rise. «Guarda» disse, aprendo l'indumento. «Vedi? Sembra una gonna, ma in realtà sono pantaloni. Avrai caldo da morire con quei calzoni neri quando attraverserai le pianure.» Mi appoggiò la cintura in vita, come per giudicarne la lunghezza. «E in questo modo non ti si noterà così tanto.» «Ragazza sveglia» dissi sorridendo. «Ti piace?» «Mi piace.» Parve compiaciuta di se stessa. «Lo sapevo.» «Puoi farmene delle altre? Forse potresti mandarmele tramite Bavol quando viene.»
santa pace», spiega di «Sicuro.» Mi tolsi lo zaino e cercai del denaro. «Quanto?» Nucci scosse la testa. «Quando vai al Mercato Illiais, compra qualche stoffa al banco di Felce e dille di mandarle a me. Me ne serviranno tre iarde per ogni completo di abiti. Ne farò quanti ne vuoi.» «Ma il compenso per la tua fatica?» I suoi codini ondeggiarono mentre faceva di nuovo cenno di no con la testa. «Gli Zaltana non fanno pagare i familiari. Tuttavia...» I suoi occhi castani scintillarono. «Se qualcuno dovesse chiedere chi ti ha disegnato i vestiti... sentiti libera di dar loro il mio nome.» «Lo farò. Grazie.» Piegai i miei abiti nuovi e li infilai nello zaino. Poi Nucci mi salutò con un abbraccio. Il calore del suo corpo mi rimase attaccato mentre scendevo la scaletta. Durò fino a quando il primo freddo sbuffare di Leif non lo soffiò via. Mi aspettava a terra. Si era cambiato con abiti da viaggio che consistevano in una tunica di cotone color ruggine, calzoni marrone scuro e stivali. Portava sulle spalle un grosso zaino e dalla spessa cintura gli pendeva un machete. «Tieni il passo o verrai lasciata indietro» disse all'aria sopra la mia testa, e girandomi le spalle, partì ad andatura sostenuta. Sapevo che presto mi sarei stancata di guardare la sua schiena, ma per il momento il passo a cui andava era una gradita occasione per sgranchirmi le gambe. Senza che tra noi venisse scambiata un'altra parola, viaggiammo lungo uno stretto sentiero attraverso la giungla. Presto il sudore mi inzuppò la camicia, e mi trovai a lanciare occhiate verso l'alto in cerca di serpenti della collana. Mio padre aveva nominato anche i leopardi silvestri. Decisi che avrei esaminato il manuale di Esaù per vedere un'immagine dei predatori, quando avessi avuto un po' di tempo. Vari uccelli cantavano e zufolavano, e versi di animali echeggiavano sotto la volta frondosa. Avrei voluto sapere i nomi di
santa pace», spiega di quelle creature, ma supposi che Leif avrebbe ignorato le mie domande. Si fermò una volta, prendendo il machete dalla cintura. Senza pensare, afferrai il mio archetto. Sbuffando di derisione, lui si limitò a tagliare un alberello. «Fico strangolatore» borbottò da sopra la spalla. Rimasi in silenzio. Avrei dovuto essere onorata che finalmente avesse deciso di parlarmi? Leif non attese risposta. «Un parassita. Il fico strangolatore usa un altro albero per raggiungere la luce del sole. Una volta lì diventa grande, e alla fine strangola e uccide il suo ospite.» Strappò i rami del fico dall'albero. «Una procedura che sono certo ti è familiare.» Buttò la pianta per terra e proseguì. Non una lezione sulla vita della giungla, bensì una stilettata contro di me. Presi in considerazione l'idea di farlo inciampare con il mio archetto. Sarebbe stata una cosa dispettosa e meschina da fare. La tentazione era forte, ma infilai il bastone nel suo supporto sullo zaino. Arrivammo al Mercato Illiais proprio quando il sole cominciava a tramontare. La serie di strutture di bambù aveva tetti di stoppie e stuoie di bambù come pareti. Alcune delle pareti erano state arrotolate per permettere ai compratori di girare e alla leggera brezza di portare frescura. Leif e io avevamo camminato in discesa, e la pista terminava al mercato, che stava in una radura sul limitare della giungla. I giganteschi alberi della foresta tropicale non dominavano più il paesaggio. Al di là della radura, potevo vedere del terreno alberato che assomigliava alla Foresta del Serpente a Ixia. «Ci accamperemo qui stanotte e ripartiremo all'alba» annunciò Leif prima di dirigersi verso una delle bancarelle. Avevo pensato che con il calare del sole il mercato chiudesse. Invece venne acceso un grande spiegamento di torce, e gli affari continuarono senza rallentamenti. I suoni delle trattative si potevano udire al di sopra del generico brusio di un centinaio e più di acquirenti che parlavano, chiamavano i bambini e si affrettavano da
santa pace», spiega di una bancarella all'altra reggendo pacchetti. Alcuni dei clienti indossavano i familiari abiti degli Zaltana, ma ne vidi anche parecchi che portavano le brache e tuniche verdi che erano l'abito del clan Cowan, che viveva nella foresta. Durante il viaggio da Ixia, Irys mi aveva insegnato a riconoscere i diversi clan dal loro abbigliamento. Individuai anche alcune donne che indossavano i tradizionali calzoni di seta lucida, corti corpetti ornati di perline e diafani veli del clan Gemmarosa. Perfino gli uomini Gemmarosa esibivano perle e gemme sulle tuniche lunghe fino al ginocchio che portavano sopra i calzoni. Quando Irys mi aveva spiegato gli usi del suo clan, non ero riuscita a immaginarla indossare altro che i semplici calzoni, camicia e ampia cintura che si era sempre messa. Vagabondai per il mercato, stupendomi della varietà di merci in vendita. Articoli essenziali come cibi e vestiario stavano fianco a fianco con gioielleria e artigianato. C'era un aroma di pino dominante, proveniente dalle torce, ma non mi ci volle molto per distinguere l'odore di carne che arrostiva. Seguii il profumo invitante fino a un focolare. Un uomo alto, coperto di sudore, rigirava la carne che sfrigolava sulle fiamme. Il suo grembiulone bianco era striato di fuliggine. Comprai da lui del manzo bollente da mangiare subito e un po' di carne affumicata per dopo. Cercando di ignorare le occhiate insistenti degli altri compratori, battei il mercato in cerca del banco di Felce, ripromettendomi di cambiarmi con gli abiti di Nucci non appena avessi trovato un luogo appartato. Poco dopo un tavolo con alte pile di balle di stoffa attirò la mia attenzione. Mentre sbirciavo tra i tessuti, una piccola donna bruna dai grandi occhi fece capolino da dietro l'esposizione. «Posso aiutarti?» domandò. «Sei Felce?» I suoi occhi si dilatarono allarmati mentre annuiva. «Mi ha mandato Nucci Zaltana. Hai delle stoffe in tinta unita?» Da sotto il banco Felce estrasse balle di tela e le posò sulla bancarella. Insieme abbinammo i colori per tre completi. «Sei sicura di non volere questo stampato Illiais?» Felce sollevò un
santa pace», spiega di chiassoso tessuto a fiori rosa e giallo. «Le tinte unite le portano di solito gli uomini Zaltana. Questo disegno è molto in voga tra le ragazze.» Scossi la testa. Proprio mentre stavo per pagarle le stoffe, individuai un materiale che aveva i colori della foresta. «Un po' anche di questo» dissi, indicando lo stampato verde. Quando i conti furono regolati, le chiesi di mandare le stoffe a Nucci, e riposi nello zaino la stoffa verde. «Chi devo dire che le manda?» domandò Felce; il suo calamo restò sospeso sopra la pergamena. «Sua cugina Yelena.» Il calamo si immobilizzò a mezz'aria. «Oh, diamine» sussurrò Felce. «La bimba perduta degli Zaltana?» Le rivolsi un mezzo sorriso esausto. «Non perduta, né più una bambina ormai.» Passando davanti ad altre bancarelle, mi fermai a un tavolo che esibiva statue di animali della giungla. Erano fatte di sassolini multicolori incollati assieme. Scelsi una statuetta di valmure bianca e nera e la comprai per Valek. Non del tutto sicura di come avrei potuto mandarglielo, avvolsi il dono nella mia nuova tela verde. Alle spalle del mercato cominciarono a brillare fuochi da campo. Il commercio rallentò mentre i venditori srotolavano le cortine di bambù, chiudendo le bancarelle. Gli acquirenti si diressero verso la foresta circostante o verso uno degli accampamenti. Individuai Leif seduto accanto a uno dei fuochi. Teneva una ciotola in grembo mentre parlava con tre giovani uomini Zaltana. Attraverso l'aria tremolante al di sopra delle fiamme, lo vidi sorridere e fare una risata. Il suo viso gli si trasformò completamente, in quell'istante. Le rughe di corruccio si spianarono. Le guance si sollevarono, cancellando l'impatto della sua espressione seriosa e ammorbidendo la mascella quadrata. Sembrò di dieci anni più giovane. Ricordando che Esaù aveva detto che mio fratello aveva otto anni quando io ero stata rapita, mi resi conto che aveva soltanto due anni più di me. Ne aveva ventidue, contro i trenta che avevo in origine
santa pace», spiega di ipotizzato. Senza pensare, mi mossi per raggiungerlo. In un batter d'occhio l'allegria svanì dal suo viso. Si rabbuiò con tale durezza che mi bloccai. Dove sarei andata a dormire quella notte? Qualcuno mi toccò la spalla. Mi voltai di scatto. «Sei la benvenuta al mio fuoco» disse Felce, indicandomi una piccola fiamma al di là della sua bancarella. «Sei sicura? Potrei essere una spia di Ixia.» Cercavo di scherzare, ma le parole mi uscirono più aspre di quanto volessi. «Allora puoi riferire al tuo Comandante che io faccio le telerie più fini di tutti i clan. E che se vuole farsi fare una nuova uniforme con il mio famoso stampato Illiais, non ha che da mandarmi un'ordinazione.» Risi all'idea dell'impeccabile Comandante Ambrose rivestito di vistosi fiorami rosa intenso e giallo. Quando i primi raggi di sole sfiorarono i tetti di paglia del mercato, attesi che Leif desse il segnale della partenza. Felce era stata un'ospite cortese, trattenendomi a cena e mostrandomi dove potermi cambiare in privato. A quanto venne fuori, Nucci era la sua miglior cliente, rifornendo di abiti tutti gli Zaltana. Bighellonai nella calda aria mattutina, cercando di abituarmi a tutta quella stoffa attorno alle gambe. L'orlo copriva appena 'a cima dei miei stivaletti di cuoio morbido. Felce mi aveva assicurato che gli stivali sarebbero passati inosservati una volta che avessi raggiunto la Cittadella. Solo i clan della giungla e della foresta preferivano il fango in mezzo alle dita. Finalmente Leif comparve. Senza dar segno di notare la mia presenza, si avviò per un sentiero nella foresta. Dopo un paio d'ore mi stancai di tenergli dietro in silenzio. Estrassi l'archetto e cominciai a eseguire parate e affondi mentre camminavo. Mi concentrai sulla sensazione del legno tra le mani, ponendo la mente in quello stato di consapevolezza che secondo Irys era il mio sistema personale per attingere alla fonte del potere magico. Per esercitarmi a controllare
santa pace», spiega di la magia, proiettai all'esterno la coscienza. Sulle prime incontrai un freddo muro di pietra. Confusa, battei in ritirata finché non mi resi conto che la barriera era la mente di Leif, chiusa e senza cedimenti. Il che non avrebbe dovuto sorprendermi. Aggirando la sua presenza, cercai la placida foresta che ci circondava. Sgattaiolai con un tamia in cerca di noci. Mi immobilizzai con un giovane daino, udendo un rumore di passi. La mia mente toccò svariate creature mentre mi protendevo. Gradualmente, proiettai la coscienza sempre più oltre, per vedere quanto lontano potessi arrivare. Dietro di me riuscivo ancora a sentire la gente del mercato, a cinque o sei miglia di distanza. Eccitata, mi spinsi avanti per vedere se vi fosse una città lì vicino. Dapprima toccai solo altri animali, ma proprio mentre stavo per tornare indietro la mia mente sfiorò quella di un uomo. Attenta a non infrangere il Codice Etico, sfiorai la superficie della sua mente. Era un cacciatore in attesa di preda, e non era solo. C'erano molti uomini attorno a lui. Stavano accucciati tra i cespugli appena fuori dalla pista. Uno era a cavallo, con l'arma levata per attaccare. Mi chiesi che cosa cacciassero. La curiosità mi fece affondare un po' di più nei pensieri dell'uomo. Apparve un'immagine della sua preda, facendomi tornare di scatto nel mio corpo. Mi fermai. Dovevo aver ansimato, perché Leif si girò e mi fissò. «Che cosa stai facendo?» domandò. «La foresta. Uomini.» «Ma certo. I boschi sono pieni di selvaggina» spiegò, come se stesse parlando a una deficiente. «Non cacciatori. Un'imboscata. Aspettano noi.» «Un'imboscata? Non essere ridicola» disse Leif. La sua voce era venata di stupore. «Non sei più a Ixia.» «Perché un gruppo di cacciatori si nasconderebbe così vicino al sentiero?» domandai, ignorando il suo tono e sperando che la logica prevalesse.
santa pace», spiega di «Gli animali usano le piste nella foresta. È più facile che arrancare nel sottobosco.» Leif fece per proseguire. «Andiamo.» «No. Ci stai conducendo in una trappola.» «Benissimo. Andrò senza di te.» Quando mi voltò di nuovo la schiena, fui travolta dalla rabbia. «Pensi che io stia mentendo?» Le parole mi sibilarono tra i denti. «No. Penso che tu sospetti di tutto e di tutti, proprio come una nordica.» Torse la bocca come se volesse sputare. «Tu pensi che io sia una spia» sbottai per la frustrazione. «Abbasserò le mie difese. Proietta all'esterno la tua mente e vedrai da te che non sono qui per spiare contro Sitia.» «Non so leggere la mente. In effetti, nessuno Zaltana ne è capace.» Ignorai la stilettata. «Non puoi almeno percepire chi sono?» «Fisicamente sei una Zaltana. Ma solo perché Irys dichiara che sei sopravvissuta ai tentativi di Mogkan di cancellarti la mente, non significa che sia vero.» Leif mi puntò contro un dito accusatore. «Potresti essere una pedina, un vaso vuoto che è stato riempito con un ospite del nord. Quale modo migliore per avere occhi e orecchie al sud?» «Ridicolo.» «No. Non lo è. Tu ti sei tradita» disse Leif con pacata intensità. Poi i suoi occhi divennero opachi e vuoti come se scrutasse in un altro mondo. «Sento una forte lealtà e nostalgia per Ixia emanare da te. Puzzi di sangue e dolore e morte. Rabbia e Passione e fuoco ti aleggiano attorno come una nebbia.» Il suo sguardo si rimise a fuoco su di me. «Mia sorella sarebbe gioiosa della sua libertà, e ammantata d'odio per i suoi rapitori. Tu hai perduto la tua anima, su al nord. Tu non sei mia sorella. Sarebbe stato meglio che fossi morta, piuttosto che tornare da noi contaminata.» Presi un profondo respiro per calmare la repentina furia che minacciava di prendere il controllo. «Svegliati, Leif! Quello che hai sognato di trovare nella giungla non ha riscontro nella realtà. Non sono quell'innocente bambina di sei anni. Ho sopportato più di quanto tu possa immaginare, e ho combattuto duramente per
santa pace», spiega di conservare la mia anima.» Scossi il capo. Non avrei spiegato me stessa a quello stupido cocciuto, «lo sono chi sono. Forse tu hai bisogno di rivedere le tue aspettative su di me.» Restammo per un momento a fissarci. Infine dissi: «Ti stai dirigendo in un'imboscata». «Mi sto dirigendo alla Cittadella. Vieni?» Soppesai le mie opzioni. Se avessi usato il grappino e la fune per arrampicarmi tra gli alberi, avrei potuto spostarmi attraverso la volta della foresta e superare l'imboscata pur restando vicino alla pista. Ma Leif? Mio fratello, che agiva come un mio nemico? Aveva il machete. Sapeva come usarlo in combattimento? E se fosse stato ferito nell'imboscata? Sarebbe stata colpa sua. Eravamo fratello e sorella soltanto per sangue, e non riuscivo a immaginare che saremmo potuti diventare intimi. Tuttavia, una fitta di rimpianto mi toccò il cuore. Esaù e Perl non avrebbero voluto vedere Leif ferito. Poi realizzai che lui era un mago. Poteva difendersi con il proprio potere? Scossi il capo. Non sapevo abbastanza della magia anche solo per prendere in considerazione che cosa ci si potesse fare. «Non avrei mai immaginato che una battuta di caccia potesse spaventare un settentrionale fino a farlo scappare.» Leif rise mentre si avviava per il sentiero. Bel risultato. Mi tolsi dalle spalle lo zaino e trovai il coltello a serramanico. Tagliando una piccola tasca lungo la cucitura esterna dei miei nuovi pantaloni, mi agganciai alla coscia il fodero. Poi sciolsi la treccia e arrotolai i capelli in una crocchia, usando i miei grimaldelli per fissarli. Pronta per lo scontro, mi feci scivolare lo zaino su una sola spalla e corsi dietro a Leif. Non appena lo raggiunsi, lui mi rivolse un grugnito divertito. Tenendo in mano il mio archetto lungo cinque piedi, mi preparai al combattimento con una tecnica di concentrazione che mi permetteva di anticipare le mosse dei miei avversari mentre mi battevo. Stavolta, focalizzai l'attenzione sulla pista là davanti. Gli uomini erano all'erta e pronti, sei su ciascun lato della strada. Sentii il momento in cui ci udirono, tuttavia attesero. Volevano
santa pace», spiega di circondarci, attaccando solo quando fossimo avanzati fino in mezzo al loro gruppo. lo avevo altri piani. Appena prima che raggiungessimo l'imboscata, lasciai cadere a terra lo zaino e gridai: «Aspetta!». Leif si girò di scatto. «Che c'è adesso?» «Credo di aver udito dei...» Un urlo riempì la foresta. Gli uccelli sfrecciarono nel cielo in un frullare d'ali. Gli uomini eruppero dai cespugli con le spade in mano. Ma l'elemento sorpresa era dalla mia parte. Sbalzai via le spade dei primi due uomini che mi attaccarono. Sbattendo forte il mio archetto sulla tempia a entrambi, li stesi a terra. Quando un terzo uomo si avvicinò, gli tolsi i piedi di sotto. Altri due uomini corsero verso di me, mi feci avanti per affrontarli, ma essi balzarono ai lati del sentiero. La mia perplessità durò finché non sentii un profondo rombare sotto le suole degli stivali. Alzando gli occhi, vidi un cavallo dall'ampio petto caricare giù per il sentiero verso di me. Mi tuffai fuori dalla sua traiettoria proprio mentre un lampo di acciaio mi pungeva la parte superiore del braccio sinistro. Furiosa, attaccai l'uomo più vicino a me, colpendolo di punta al naso con il bastone. Il sangue uscì a fiotti mentre l'uomo gridava di dolore. «Fermatela» ordinò l'uomo a cavallo. Cercai Leif. Era in mezzo alla strada, circondato da quattro uomini armati. Un'espressione attonita gli corrugava la fronte, ma per il resto appariva incolume. Il machete giaceva ai suoi piedi. Mi restavano solo pochi secondi, prima di essere sopraffatta dal numero degli avversari. Il cavaliere aveva voltato il destriero, preparandosi a un'altra carica. L'uomo con il naso rotto giaceva a terra. Gli camminai sul petto e gli minacciai il collo con la punta del bastone. «Fermati o gli schiaccio la trachea» urlai. Il giovane arrestò il cavallo. Ma mentre gli altri indietreggiavano, fissandomi increduli, lui sollevò la spada nell'aria. «Arrenditi o ucciderò tuo fratello» disse.
santa pace», spiega di Come sapeva che era mio fratello? Guardai Leif, riflettendo. La punta della spada di una guardia era sospesa a pochi pollici dal suo cuore. La paura gli aveva sbiancato il viso. Gli stava proprio bene. Il soldato sotto i miei piedi ansimò. Scrollai le spalle. «Sembra che siamo a un punto di stallo» dissi al cavaliere. «Infatti.» Fece una pausa. «Che ne dici di abbassare la guardia e discutere della situazione?» Feci per acconsentire quando il cavaliere schioccò le dita. Percepii un movimento, ma prima che potessi voltarmi udii un tonfo tremendo, sentii un dolore schiacciante alla base del cranio, poi più nulla. La testa mi pulsava di dolore come se qualcuno mi stesse battendo due magli ai lati del cranio. Aprii gli occhi per un secondo, ma li chiusi di nuovo. Dondolante pelame marrone mi ostruiva la visuale, facendomi venire la nausea. Mentre lottavo per mantenere dov'era il contenuto dello stomaco, mi resi conto che ero stata appesa a testa in giù e venivo trasportata. Arrischiai un'altra sbirciata, che confermò il mio sospetto di essere riversa sul dorso di un cavallo. Vomitai. «È sveglia» disse una voce maschile. Il cavallo si fermò. «Bene. Ci fermiamo e pianteremo il campo qui» decise il cavaliere. Sentii un forte spintone nei fianco, e piombai a terra. All'impatto, l'urto mi riverberò per tutto il corpo. Stordita, tutto ciò che riuscii a fare fu sperare di non essermi rotta niente. Mentre la luce del sole svaniva, sentivo il fruscio degli uomini al lavoro. Quando cercai di girarmi in una posizione più comoda, il panico minacciò di sopraffarmi. Non riuscivo a muovermi. Poi riconobbi il familiare, nauseante tintinnio dei ceppi serrati attorno a polsi e caviglie. Esaminandole, notai una catena lunga un piede che pendeva dalle manette metalliche ai miei polsi. Ci volle uno sforzo considerevole per non urlare e dibattermi contro quella contenzione. Alcuni profondi respiri mi calmarono il cuore al galoppo e la mente.
santa pace», spiega di Valutai i danni fisici. A parte qualche muscolo ammaccato, non sentivo ossa rotte, anche se la parte superiore del braccio sinistro mi bruciava dove la spada mi aveva ferita. Non avevo avvertito il dolore durante il combattimento e perfino adesso sembrava un mero fastidio a paragone del martellare nella testa. Così restai distesa immobile e attesi il mio momento. Con la piena oscurità, i rumori del campo che veniva piantato erano stati sostituiti dal tranquillo mormorio di voci. Quando la fitta alla testa si ridusse a un dolore sordo, cercai di nuovo di muovermi e riuscii a girarmi sulla schiena. La vista delle stelle mi fu presto oscurata dalla faccia di un uomo che guardava giù verso di me. Piccoli occhi ravvicinati scrutavano dai lati di un naso rotto molte volte. La luce della luna gli scivolò sulla spada, permettendomi di vedere che la punta era sospesa sulla mia gola. «Crea problemi, e ti scanno con la mia lama» disse l'uomo con un sorriso schifato. «E non sto parlando della spada.» Per confermare l'argomento, sfoderò l'arma. Decisi di non creare problemi. Almeno non ancora. La guardia parve soddisfatta del mio silenzio. Incrociò sul petto le braccia dai muscoli spessi, squadrandomi. Potevo sentire attorno alla coscia il sostegno del coltello a serramanico. Che contenesse ancora l'arma oppure no era un'altra faccenda, e non potevo arrischiarmi a controllare mentre ero sotto sorveglianza. Invece esaminai l'area per capire dove mi trovavo. I miei assalitori si erano accampati in una radura. Gli uomini sedevano intorno a un piccolo fuoco, cucinando qualcosa che dall'odore sembrava carne. Era stata eretta un'unica tenda. Leif e il cavaliere non si vedevano, ma il cavallo era legato a un albero lì vicino. Contai dieci uomini nella radura, incluso il mio guardiano. Avrebbero potuto essercene altri dentro la tenda. In un modo o nell'altro, troppi da combattere per me sola. Cercai di sedermi. Il mondo mi girò attorno, e lo stomaco mi si rovesciò finché non vi fu rimasto più niente dentro. Una guardia venne dal fuoco da campo verso di me. Era un uomo di mezza età con corti capelli grigi che gli spuntavano ritti dal cuoio capelluto. Teneva in mano una tazza, che mi porse. «Bevi
santa pace», spiega di questo» ordinò. Dal liquido emanava il caldo aroma dello zenzero. «Che cos'è?» Avevo la voce rauca. «Non ha importanza.» Il mio guardiano si avvicinò di un passo, sollevando un pugno. «Fa' come dice il capitano Marrok.» «Calma, Goel, dev'essere in grado di camminare domani» disse il capitano Marrok. Poi a me: «Tuo fratello l'ha fatto con certe foglie che aveva nello zaino». Leif era vivo. Il sollievo che provai mi sorprese. «È per farti star meglio con la testa» disse il capitano quando le mie labbra esitarono sull'orlo della tazza. Una traccia di gentilezza toccò i suoi occhi grigioazzurri, ma lui non lasciò che quel sentimento alterasse la sua espressione severa. Perché avvelenarmi adesso quando avrebbero potuto uccidermi prima? Forse Leif mi voleva morta? «Bevilo o te lo caccerò in gola io» disse Goel. Gli credetti, così presi un piccolo sorso, assaggiando in cerca di veleni. Sapeva di zenzero dolce misto a succo di limone. Sentendomi un pochino meglio già a quell'unico assaggio, inghiottii il resto. «Cahil dice che è meglio spostarla più vicino al fuoco. È troppo buio qua dietro. Ho assegnato turni di guardia di quattro ore per stanotte» annunciò il capitano Marrok. Goel mi abbrancò sotto le braccia e mi tirò in piedi. Mi preparai a un altro attacco di nausea, ma non accadde nulla. Lo stomaco si era placato, e la testa mi si era schiarita a sufficienza per chiedermi come pensassero che potessi camminare con una catena così corta tra le caviglie incatenate. Almeno polsi e caviglie non erano legati assieme. Il problema fu risolto quando Goel mi caricò sulla sua spalla. Quando mi lasciò cadere vicino al fuoco, gli altri uomini smisero di parlare. Uno mi squadrò da sopra la benda insanguinata che portava sul naso. Marrok mi diede un piatto di cibo. «Mangia. Avrai bisogno di forze.»
santa pace», spiega di Tutte le guardie risero. Fu un suono senza allegria, agghiacciante. Ponderai se mangiare oppure no la carne e il pane al formaggio. Erano passati solo pochi minuti da quando mi ero svuotata lo stomaco per terra, ma l'odore invitante di carne arrostita prese la decisione per me. Dopo aver assaggiato in cerca di veleni, trangugiai il pasto. Il mal di testa se n'era andato, e con il corpo un tantino rifocillato dal cibo, esaminai la mia situazione. La domanda più pressante era perché Leif e io fossimo stati catturati, e da chi. Goel stava ancora nei paraggi, così glielo domandai. Lui mi schiaffeggiò con il dorso della mano. «Non si parla» ordinò. Mi bruciava la guancia mentre sgorgavano lacrime involontarie. Odiavo quel Goel. Trascorsi le ore successive in silenzio, usando il tempo per cercare una via di fuga. Non vedevo il mio zaino, ma al di là del fuoco un uomo corpulento cercava di fare della scherma con un'altra guardia col mio archetto. Sudando a profusione, l'uomo grosso colpiva da inesperto la spada da allenamento dell'altro, e fu battuto con facilità. Dopo aver osservato la ripresa, decisi che quegli uomini dovevano essere soldati anche se indossavano semplici abiti civili tessuti a mano. La loro età spaziava dai venticinque anni alla quarantina inoltrata, forse addirittura cinquanta. Mercenari, forse? Il comando del capitano Marrok su questi uomini era evidente. Allora perché ci avevano attaccato? Se avessero cercato denaro, avrebbero potuto prendere ciò che volevano e andarsene per la loro strada. Se fossero stati sicari, a quell'ora sarei stata morta. Restava il rapimento. Per un riscatto? O per qualcosa di peggio? Un brivido mi scosse quando pensai ai miei genitori che ricevevano la notizia che io ero scomparsa di nuovo, e promisi a me stessa che non avrei permesso alla faccenda di arrivare a quel punto. In qualche modo sarei fuggita, ma sapevo che non sarebbe stato sotto la zelante sorveglianza di Goel. Mi massaggiai il collo. La mano venne via appiccicosa di sangue. Esplorando con la punta delle dita, trovai un profondo taglio alla base del cranio e uno più piccolo sopra la tempia sinistra. Mi toccai
santa pace», spiega di la crocchia e allontanai la mano con quello che sperai apparisse un movimento casuale. I grimaldelli mi reggevano ancora una parte dei capelli, e pregai che Goel non li vedesse. Erano la mia unica possibilità di fuga. Avevo solo bisogno di un po' di tempo senza sorveglianza. Disgraziatamente non sembrava probabile che accadesse presto: due uomini uscivano dalla tenda e si dirigevano dritto verso di me. «Lui vuole vederla» disse uno degli uomini mentre mi tiravano in piedi. Mi trascinarono verso la tenda. Goel ci tenne dietro. Fui spinta dentro e crollai a terra. Quando i miei occhi si abituarono alla fioca luce di candela, vidi il giovane cavaliere seduto a un tavolino di tela. Leif, indenne e senza catene, gli sedeva accanto. Il mio zaino era sul tavolo, e i miei effetti personali erano lì, esposti. Con uno sforzo, mi misi in piedi. «Amici tuoi?» chiesi a Leif. Qualcosa di duro mi colpì la testa, sbattendomi di nuovo a terra. Leif si alzò a mezzo dallo sgabello, ma si rimise a sedere quando il cavaliere gli toccò la manica. «Questo non era necessario, Goel» disse il cavaliere. «Aspetta fuori.» «Ha parlato senza permesso!» «Se non mostrerà adeguato rispetto, potrai insegnarle un po' di buone maniere. Adesso vai» ordinò il cavaliere. Mi trascinai in piedi di nuovo. Goel se ne andò, ma le altre due guardie rimasero accanto alla porta. Ormai la mia pazienza si era esaurita. Se fossi stata abbastanza svelta, pensai, avrei potuto attorcigliare il tratto di catena che mi pendeva tra i polsi attorno al collo del cavaliere. Mentre stavo valutando la distanza, quello disse: «Se fossi in te, non tenterei stupidaggini». Sollevò dal grembo una spada lunga e larga. «Chi diavolo sei tu, e che cosa vuoi?» domandai. «Bada al linguaggio o chiamerò indietro Goel» rispose lui con un sorriso.
santa pace», spiega di «Avanti, richiamalo. Toglimi i ceppi e lasciaci avere uno scontro leale.» Quando lui non rispose, aggiunsi: «Suppongo tu abbia paura che vinca io. Tipica mentalità di gente buona solo a tendere imboscate». Lui fissò sbalordito Leif. Leif rispose con preoccupazione a quello sguardo, e mi chiesi che cosa fosse intercorso tra loro. Erano amici o nemici? «Hai mancato di far cenno alla sua audacia. Naturalmente» e si volse di nuovo verso di me, «potrebbe essere tutta una commedia.» «Mettimi alla prova» dissi. Il cavaliere rise. Malgrado i baffi e la barba bionda, sembrava ugualmente più giovane di me. Poteva avere diciassette o diciotto anni. I suoi occhi erano di un azzurro slavato, e i capelli biondi lunghi fino alle spalle erano raccolti sulla nuca in una coda di cavallo. Indossava una semplice tunica grigio chiaro. Perfino a distanza, potevo dire che la tela della sua camicia era più fine di quella degli abiti delle guardie. «Che cosa vuoi?» chiesi di nuovo. «Informazioni.» Restai a bocca aperta all'inattesa risposta. «Oh, andiamo» disse. «Non fare l'ingenua con me. Voglio statistiche militari su Ixia. Consistenza e dislocazione delle truppe. Punti di forza. Debolezze. Quante armi? La precisa collocazione di Valek. Chi e dove sono le altre sue spie. Questo genere di informazioni.» «Perché credi che io sappia tutto ciò?» Lui lanciò un'occhiata a Leif, e un'improvvisa comprensione mi inondò la mente. «Pensi che io sia una spia del nord.» Sospirai. Leif mi aveva proprio sistemata. Ecco perché il cavaliere sapeva che lui era mio fratello. La paura e lo stupore di Leif durante l'imboscata erano state tutta una finzione. Lui non aveva niente da sbrigare con il Primo Mago. Non c'era da stupirsi che non avesse detto una parola da quando io ero giunta alla tenda. «D'accordo, dal momento che tutti credono che io sia una spia,
santa pace», spiega di immagino che dovrei comportarmi come tale.» Incrociai le braccia per assumere una posa di sfida. Il tintinnio delle manette non contribuiva all'idea, ma ci provai lo stesso. «Non ho intenzione di dire alcunché a voi feccia del sud.» «Non avrai scelta.» «Allora avrai una sorpresa.» Intendendo che non avevo le risposte che cercava. Se avesse voluto conoscere il cibo preferito dal Comandante, sarei stata lieta di accontentarlo. «Potrei farti torturare da Goel fino a estorcerti le informazioni» disse. «Gli piacerebbe. Ma questo è un lavoro sporco che per giunta richiede tempo. E io ritengo sempre sospetti i fatti rivelati sotto costrizione.» Il cavaliere si alzò dalla sedia e girò attorno al tavolo, venendomi più vicino. Stringeva la spada nella mano destra, cercando di incutermi timore. Era circa sette pollici più alto di me e aveva i calzoni grigio scuro infilati negli stivali da cavallo. «Sei tu quella che avrà una sorpresa, perché ho intenzione di portarti al Mastio dei Maghi dove Primo Mago ti sbuccerà la mente come una banana, lasciando esposto il cuore tenero dove stanno tutte le risposte. Il cervello ti resta un tantino ammaccato nella procedura...» Scrollò le spalle come se non si curasse di tale dettaglio. «... ma le informazioni sono sempre accurate.» Una reale paura mi sfiorò la pelle per la prima volta da quando mi ero svegliata prigioniera. Forse avevo fatto un errore a recitare la parte della spia. «Immagino che non mi crederesti se dicessi che non ho ciò che vuoi?» Il cavaliere scosse il capo. «La prova della tua fedeltà sta nel tuo zaino. Monete ixiane e la tua uniforme nordica.» «Il che prova in realtà che non sono una spia, perché Valek non recluterebbe mai qualcuno così stupido da portarsi l'uniforme in missione» dissi con frustrazione, ma rimpiansi di aver citato il nome di Valek. Un'occhiata del tipo si è tradita da sé scoccò tra il cavaliere e Leif. Cercai di guadagnare tempo. «Chi sei tu e perché vuoi queste informazioni?»
santa pace», spiega di «lo sono Re Cahil Ixia. E rivoglio il mio trono.»
santa pace», spiega di
Capitolo 4 Re? Quel giovane idiota intendeva rivendicare il trono di Ixia? «Il Re di Ixia è morto» dissi. «So benissimo che il tuo capo, Valek, assassinò la famiglia reale al completo quando il Comandante Ambrose prese il controllo di Ixia. Ma compì quello che presto si rivelerà essere stato un errore fatale.» Cahil infilzò l'aria con la spada. «Non contò i corpi, e il nipote del sovrano, un bambino di sei anni, scampò alla strage e fu portato di nascosto al sud. lo sono l'erede al trono e ho intenzione di reclamarlo.» «Ti serviranno più uomini» osservai. «Quanti di più?» chiese con considerevole interesse. «Più di dodici.» La mia stima più accurata del numero di uomini nell'accampamento. Lui rise. «Non preoccuparti. L'esercito del Comandante e il suo corpo di assassini sono per Sitia una minaccia sufficiente perché mi forniscano fiancheggiatori in abbondanza. Inoltre...» rifletté per un momento, «... una volta che ti avrò consegnato alla Cittadella e avrò mostrato loro di aver smascherato una pericolosa spia, non avranno altra scelta che sostenere la mia campagna contro Ambrose. Avrò l'intero esercito sitiano al mio comando.» Non riuscì a impressionarmi. Piuttosto, mi ricordò un ragazzino che giocava con i soldatini. Feci un rapido calcolo mentale: Cahil aveva un anno più di me, quindi ventun anni. «Allora mi porterai alla Cittadella?» chiesi. Annuì. «Là, Primo Mago ti strapperà le informazioni dalla mente.» Sorrise mentre uno scintillio avido gli lampeggiava negli occhi. Chissà perché, non avevo colto il legame tra il Mago e la Cittadella la prima volta che Cahil l'aveva nominata. Il riferimento all'ammaccarmi il cervello doveva avermi distratto. «Stavo andando alla Cittadella comunque. Perché tutto questo fastidio?» domandai, mostrando le manette.
santa pace», spiega di «Ti camufferesti da studente. Disgraziatamente i Maghi prendono molto sul serio il loro Codice Etico, e non ti interrogherebbero a meno che tu non fossi colta a compiere qualcosa di illegale. Senza il mio intervento, ti avrebbero invitato a entrare e insegnato tutti i segreti di Sitia.» Così, io dovevo essere la sua prova. Voleva mostrare loro che lui aveva salvato i Sitiani dalla minaccia di una criminale. «D'accordo, verrò con te alla Cittadella.» Presentai i polsi. «Toglimi queste, e non ti darò alcun problema.» «E che cosa ti tratterrà dal fuggire?» chiese lui. C'era una punta di incredulità nella sua voce. «La mia parola.» «La tua parola non significa niente» disse Leif. Era la prima cosa che diceva quella sera, e io provai il forte istinto di zittirlo con un pugno. Lo fissai, irradiando la promessa di un futuro confronto. Cahil non parve convinto. «Hai dodici uomini a farmi la guardia» sottolineai. «No. Tu sei mia prigioniera. Dovrai presentarti come tale.» Cahil agitò una mano e le due guardie all'ingresso della tenda mi afferrarono per le braccia. Riunione conclusa. Fui trascinata fuori dalla tenda e lasciata cadere presso il fuoco, dove Goel riprese la sua sorveglianza con occhi da falco. Cahil non mi aveva lasciato scelta: non sarei arrivata alla Cittadella al suo prezzo. Giacqui dov'ero, osservando e ascoltando gli uomini mentre nella mia mente prendeva forma un piano semplicissimo. Quando il campo si preparò per la notte, due uomini diedero il cambio a Goel. Finsi di dormire, aspettando che il secondo turno di sentinelle avesse avuto tempo a sufficienza per annoiarsi. La magia era l'unica arma che mi era rimasta; tuttavia ero ancora insicura della mia forza e delle mie capacità. Quello che progettavo di fare poteva essere considerato una diretta violazione del Codice Etico dei Maghi, ma a questo punto non me ne importava più nulla.
santa pace», spiega di Avrei preferito combattere, tuttavia ero a corto di opzioni e di tempo. Respirando profondamente, provai a proiettare all'esterno la coscienza. Senza l'aiuto del mio bastone, fallii miseramente. Non riuscivo a concentrarmi. Non azzardandomi a fare ampi movimenti, strofinai i pollici contro la punta delle altre dita. Il contatto mi aiutò a focalizzare l'attenzione. Avevo sperato che i miei guardiani fossero sonnacchiosi, ma uno zufolava sottovoce e l'altro ripassava mentalmente tattiche militari, benché io potessi sentire il desiderio di sonno che bussava alle loro menti. Usai quel desiderio. Diedi loro il comando mentale di dormire, e incrociai le dita. La mia conoscenza della magia era molto limitata, e non avevo idea se avrebbe funzionato. Dapprima incontrai resistenza. Provai di nuovo. Dopo un po' i due uomini si sdraiarono per terra, ma erano ancora svegli. Anche se avrei preferito usare maggior cautela, la notte avanzava, così ordinai energicamente: Dormire, e i due crollarono. Le catene tintinnarono quando mi rizzai a sedere. Premendomele al petto pulsante, esaminai gli uomini addormentati. Non avevo considerato il rumore, e dal momento che potevo usare solo una mano e la bocca, forzare le serrature delle manette sarebbe stato difficile e sicuramente rumoroso. Forse, però, potevo spedire tutti gli uomini in un sonno profondo, dal quale i suoni non li avrebbero svegliati. Toccai la mente di ciascuno, spingendoli in un pesante torpore senza sogni. Cahil dormiva su una branda dentro la tenda. Anche se mi sarebbe piaciuto frugargli nella mente, mi limitai a porlo in uno stato di incoscienza. La protezione magica di Leif mi impediva di influire su di lui. Sperai avesse il sonno pesante. Lavorando con la chiave a stella in una mano e la storta tra i denti, riuscii a far scattare le chiusure delle manette al quinto tentativo. Il cielo cominciava a rischiarare. Il mio tempo si stava esaurendo. Sgusciai dentro la tenda per recuperare lo zaino, infilandovi le mie proprietà. Feci più rumore di quanto volessi, ma l'istinto mi diceva che l'alba piena avrebbe svegliato gli uomini.
santa pace», spiega di Mentre fuggivo, abbrancai l'archetto dal fianco della guardia che se n'era impossessata. Correndo attraverso la foresta, notai che l'oscurità si dileguava a ogni passo. I miei pensieri si facevano confusi, e ansimavo per respirare mentre la debolezza mi appesantiva le gambe. Usare la magia aveva prosciugato le mie energie. Scrutai le cime degli alberi, cercando una specie a foglie grandi e molto ramificata. Individuando un albero con quelle caratteristiche, mi fermai e presi dallo zaino fune e grappino. Quando finalmente riuscii ad agganciare un ramo, mi sentivo le braccia come gomma. Sorrisi per l'ironia della situazione, mentre mi issavo su per la corda. Quella era la terza volta che usavo le cime degli alberi come via di fuga, e la scalata stava diventando quasi una cosa normale. Ma le grida distanti di uomini incolleriti mi pungolarono. Quando raggiunsi la cima ritirai la corda, arrotolandola, dopodiché mi trascinai su un ramo più alto per avere maggiore copertura. Mi avvolsi nella tela verde di Felce mentre sedevo con la schiena appoggiata al tronco e le ginocchia sollevate contro il petto. Lasciando un'apertura per vedere fuori, mi disposi a una lunga attesa, augurandomi che le forze mi tornassero presto. Udendo del trambusto, immaginai la scena che si svolgeva al campo di Cahil. La reprimenda alle sentinelle che erano cadute addormentate durante il loro turno di guardia; la scoperta che il mio zaino e le altre mie cose erano spariti. Confidai che l'accaduto inducesse Cahil a riflettere sul fatto che ero stata solo a pochi passi da lui e tuttavia l'avevo lasciato vivere. La mia posizione sull'albero era più vicina all'accampamento di quanto avrei voluto. Cercatori con le spade snudate giunsero in vista più presto di quanto mi fossi aspettata. Mi immobilizzai nel mio bozzolo verde. Goel guidava gli uomini. Si fermò a esaminare un cespuglio, poi chiamò: «Da questa parte. Non è lontana. La linfa è ancora appiccicosa». Rivoli di sudore mi scorrevano sulla pelle. Goel era un battitore.
santa pace», spiega di Mossi la mano, trovando la fessura nei calzoni. Il coltello a serramanico non mi era stato confiscato, e serrare il legno liscio dell'impugnatura mi fece sentire un po' meglio. Goel si fermò ai piedi del mio albero. Spostai il peso in avanti accosciandomi sul ramo, pronta a scappare se necessario. L'uomo esaminò il terreno attorno alla base del tronco. I suoi occhi scivolarono su verso i rami. Mi si mozzò il respiro mentre una gelida paura si riversava su di me. Mi resi conto di aver commesso un grave errore. Un sorriso da predatore si allargò sulle labbra di Goel. «Ti ho trovata.» Gettai via il camuffamento color foresta e sbattei la stoffa come un lenzuolo. «Eccola» gridò uno degli uomini di Goel, indicandomi. Lasciai cadere la stoffa verso gli uomini. Nel momento in cui la tela oscurò loro la visuale, mi lanciai per le cime degli alberi, arrampicandomi con un improvviso stimolo d'energia di ramo in ramo nel tentativo di portarmi più in alto e più lontano da Goel e dai suoi uomini. «Ehi!» strillò qualcuno da sotto. «Fermatela!» Continuai a muovermi, sperando che Goel non riuscisse a seguire le mie tracce attraverso gli alberi. Il mio errore era stato dimenticare che Cahil aveva frugato nel mio zaino: sapeva che avevo con me un arpione e una corda, ed essendo un battitore non aveva impiegato molto a trovarmi. Imprecazioni e grida mi inseguivano. Concentrai tutti i miei sforzi nel trovare rami che reggessero il mio peso e mi consentissero di allontanarmi. Quando la mia mente si calmò abbastanza per pensare razionalmente, mi resi conto che stavo facendo molto rumore. Goel e i suoi uomini potevano rintracciarmi ascoltando il fruscio delle foglie e lo scricchiolare dei rami. Tutto quel che dovevano fare era aspettare che cadessi, o che mi sfinissi.
santa pace», spiega di Rallentando, feci attenzione a non produrre altro rumore. Potevo udire gli uomini arrancare sotto di me, nella foresta. Si gridavano l'un l'altro la mia posizione, convergendo su di essa. «Alt!» disse a un tratto una voce proprio sotto di me. I muscoli mi scattarono per la sorpresa. «Si è fermata.» Continuai ad arrampicarmi. La mia avanzata era una snervante andatura da lumaca, ma silenziosa. «Ti teniamo» gridò Goel. «Vieni giù adesso e ti farò male solo un po'.» Ricacciai indietro una risposta sarcastica alla sua generosa offerta e continuai a muovermi attraverso gli alberi. Gli uomini restarono in silenzio, e presto non ebbi idea di dove fossero. Sostai su un ramo alto per cercare di individuarli, ma non vidi nient'altro che un mare di foglie verdi. Poi la mia immaginazione entrò in azione. Mi sentii in trappola. Mi avvampò il viso all'improvvisa convinzione di avere addosso gli occhi di Goel. Il panico mi gonfiò il cuore fino a quando non ricordai le istruzioni che mi aveva dato Irys nella giungla: cerca con la mente, non con gli occhi. Usare la magia non era ancora diventato un istinto per me. Prendendo un profondo respiro, estrassi l'archetto, mi concentrai sul legno liscio sotto le dita, e proiettai la mia coscienza verso il terreno della foresta. Gli uomini si erano sparpagliati e battevano una vasta area alla mia destra. Non riuscii a sentire Goel di sotto. Con un senso di nausea che mi serpeggiava nello stomaco, passai in rassegna le cime degli alberi. Goel si era arrampicato fin dentro la volta e seguiva la traccia che avevo lasciato per la fretta. Neri pensieri di dolore da infliggere gli coloravano la mente. Quando raggiunse il punto in cui avevo cominciato a spostarmi con maggior cautela, attesi. Lui esitò per un istante, ma individuò un altro segnale, continuando verso la mia posizione. Era solo questione di tempo prima che mi trovasse. Presi in
santa pace», spiega di considerazione l'idea di usare la magia per distoglierlo dalle mie tracce. Potevo farlo addormentare? Probabile, ma alla fine si sarebbe svegliato e mi avrebbe rintracciato. Potevo provare a indurlo a dimenticare chi stesse cercando, ma per questo avrei avuto bisogno di penetrare in profondità nella sua mente e un simile sforzo avrebbe prosciugato l'energia che mi restava.
Pensa. Yelena. Dovevo togliere di mezzo Goel. A meno che Cahil
non avesse un altro battitore, le mie probabilità di fuggire aumentavano senza quell'uomo alle calcagna. Un piano cominciò a formarsi nella mia mente. Feci scivolare di nuovo l'archetto nel suo supporto sullo zaino.
Mantenendo un leggero contatto con la mente di Goel, mi rimisi in marcia e continuai per la mia strada per un po', assicurandomi di lasciare una pista. Quando raggiunsi una piccola radura nella foresta, balzai a terra, atterrando con un duro impatto. Lasciando belle impronte profonde di stivali, attraversai la radura e feci irruzione nel sottobosco dall'altra parte. Adesso veniva il difficile: ripercorrendo a ritroso il tragitto, tornai all'albero da cui ero saltata giù. L'arpione avrebbe lasciato dei segni, così lo usai per lanciare la fune al di là del ramo dell'albero e poi mi issai. Speravo che i segni di attrito sul ramo li inducessero a pensare che fossi scesa in corrispondenza della radura, non salita. Poi arrotolai la fune e me la misi a tracolla, così da avere le mani libere. Goel adesso era abbastanza vicino da sentirmi. Emisi un piccolo grugnito, come per un atterraggio duro, e con la massima cautela mi arrampicai più in alto sull'albero. Dopo un po' intravidi Goel. Mi immobilizzai. Lui esaminò il ramo che avevo usato per calarmi nella radura. Si sporse in fuori e scrutò il terreno della foresta. «Dunque la mia preda è scesa a terra» disse Goel tra sé. Balzò giù e si accosciò accanto alle mie orme. I suoi pensieri si focalizzarono su quanto si sarebbe divertito a torturarmi. Dormire, proiettai nella sua mente. Dormire. Ma lui era sveglio e all'erta, e il comando sollevò immediati sospetti. Si alzò in piedi e si guardò attorno nella radura.
santa pace», spiega di Accidenti. Non funzionava. Non guardare in su, trasmisi mentre mi spostavo su un ramo più basso. Le fronde si scossero, ma Goel non lo notò. Azionando il coltello a serramanico, tagliai un pezzo di corda lungo tre piedi e avvolsi le estremità attorno alle mani mentre Goel si voltava a esaminare le mie impronte. Saltai, atterrando alle sue spalle. Prima che potesse fare una mossa, gli agganciai attorno alla gola la corda che stringevo. Mi girai. Il mio zaino gli toccò la schiena, e ora la corda mi passava sopra una spalla. Mi lasciai cadere su un ginocchio, costringendo Goel a piegarsi all'indietro sopra di me. In quella posizione solo le punte delle sue dita riuscivano a raggiungermi. Proprio quando pensavo che avesse perso i sensi, la sua testa cozzò contro la mia e sentii tutto il suo peso sulla schiena. Fece un salto mortale all’indietro sopra di me. Vidi i suoi stivali toccare terra davanti a me. Accidenti. Goel conosceva un po' di tecniche di autodifesa. Si raddrizzò e mi strappò la fune dalle mani. «Hai qualcos'altro?» domandò. Aveva la voce raspante per il tentativo di strangolamento. Sganciai l'archetto dallo zaino. Lui estrasse la spada. Sorrise. «Ragazza piccola, arma piccola.» Poi indicò se stesso. «Uomo grosso, arma grossa.» Mi misi in posizione di combattimento, bilanciando il peso sulle piante dei piedi. Non poteva farmi paura. Se ero riuscita a disarmare il mio amico Ari, che aveva il doppio della massa muscolare di Goel, e il camerata di Ari, Janco, che era svelto come un coniglio, potevo farcela anche con lui. Passando le mani lungo il legno della mia arma, ristabilii il legame mentale con Goel. Quando fece un affondo, lo seppi prima che si muovesse. Feci un passo di lato, voltandomi sul fianco così che la sua spada mancò il mio stomaco. In una falcata gli fui addosso e gli picchiai il bastone sulla tempia. S'afflosciò a terra privo di sensi. Ringraziando la sorte che Goel non avesse chiamato i suoi uomini, gli frugai nello zaino. Trovai manopole di ottone, una piccola frusta, un randello nero, un assortimento di coltelli, un
santa pace», spiega di bavaglio, manette, chiavi e la mia stoffa mimetica. Se avessi ucciso quel farabutto, avrei fatto un favore al sud. Peccato che la sua morte non avrebbe ben figurato nella mia asserzione di non essere una spia. Così lo trascinai accanto a un albero e lo appoggiai in posizione seduta contro il tronco. Le manette avevano catena appena sufficiente perché gli legassi le mani dietro l'albero. Gli infilai il bavaglio in bocca, stringendo i lacci attorno alla testa. Presi dal suo zaino la mia tela mimetica e le chiavi delle manette. Poi nascosi zaino e spada tra i cespugli. Fermandomi un istante per orientarmi, cercai gli uomini di Goel con la mente. Soddisfatta che fossero abbastanza lontani, mentalmente esplorai la foresta in cerca dell'accampamento di Cahil. Una volta capito in che direzione andare, mi misi in marcia. Non potevo lasciare lì Goel a morire. Tuttavia se lo avessi liberato lui mi avrebbe inseguita. Potevo trovare qualcuno che mi indirizzasse alla Cittadella, e sperare che le poche ore che ci sarebbero volute a Cahil per trovare Goel bastassero a seminarli. Quella era stata la mia intenzione quando ero fuggita. Ma mi resi conto che il piano non funzionava. Sarebbero state le azioni di un criminale o di una spia, e io non ero colpevole. Non sarei scappata, decisi. Forse potevo usare la mia magia per indurre Goel a perdere le mie tracce. Allora avrei potuto seguire Cahil tenendolo d'occhio da vicino. Ma avrebbe proseguito verso la Cittadella senza di me? Non lo sapevo. Un improvviso, intenso desiderio di Valek invase il mio corpo. Discutere di tattiche militari con lui mi aveva sempre aiutato a risolvere un problema. Pensai a come lui avrebbe gestito quella situazione e poco dopo si formò un abbozzo di piano. «L'avete persa» ripeté Cahil. Era accigliato mentre squadrava le facce dei quattro disgraziati che gli stavano davanti. «Dov'è Goel?» domandò. La riposta fu un borbottio indistinto. «Avete perso anche lui?» Lo sdegno contrasse il viso di Cahil.
santa pace», spiega di Gli uomini si fecero piccoli piccoli e presero a balbettare. Soffocai l'istinto di scoppiare a ridere. La mia posizione vicino al suo campo mi concedeva una chiara visuale di Cahil e dei suoi uomini, mentre me ne stavo nascosta sotto il mio camuffamento. Avevo usato la luce morente del giorno e la confusione dell'arrivo della squadra di ricerca per avvicinarmi alla radura. «Siete una massa di idioti. Perquisire un prigioniero per confiscargli armi e qualsiasi cosa possa favorire la fuga è una procedura standard!» Cahil squadrò i suoi uomini. «Una perquisizione completa e accurata. Non ci si ferma perché si trova un'arma!» Cahil fissò gli uomini finché quelli si agitarono nervosi. «Capitano Marrok!» «Sì, signore.» Marrok scattò sull'attenti. Cahil si diresse a grandi passi alla sua tenda. Quando se ne fu andato, potei vedere le facce funeree dei suoi uomini mentre si aggiravano per l'accampamento. Il profumo di carne arrostita fece protestare il mio stomaco. Non avevo mangiato per tutto il giorno, ma non potevo rischiare di fare rumore. Con un sospiro mi sistemai in una posizione comoda, disponendomi a una lunga attesa. Tenersi all'erta si dimostrò difficile una volta che gli uomini furono andati a dormire. Il capitano Marrok aveva appostato due guardie che facevano il periplo del campo. Usare la magia mi aveva esaurita e lottai contro le palpebre che si appesantivano fino a quando non cedetti e sonnecchiai per un po'. L'immagine, in sogno, delle mani di Goel sul mio collo mi fece svegliare di scatto nel cuore della notte. Le guardie erano sul lato opposto dell'accampamento. Usai la magia per far dormire più profondamente gli uomini addormentati. Le sentinelle tuttavia lottarono con forza. L'immagine dell'aspra punizione che avevano ricevuto i loro camerati per essersi addormentati durante il turno di guardia la notte precedente li teneva vigili. Così provai con l'ordine di non guardare mentre strisciavo verso la tenda di Cahil. Raggiungendo il retro della tenda, azionai il mio coltello a serramanico e praticai un taglio nella tela. Poi entrai attraverso
santa pace», spiega di quella minuscola apertura. Cahil dormiva. Leif sembrava non mi avesse sentito entrare. Accoccolato sul fianco con un braccio che penzolava oltre il bordo della branda, pareva addormentato. Cahil era disteso sulla schiena, le braccia incrociate sullo stomaco. La sua lunga spada riposava a terra a portata di mano. Spostai lontano l'arma prima di sedergli sul torace. Nell'istante in cui si svegliò, io tenevo la mia lama premuta contro la sua gola. «Zitto o ti uccido» bisbigliai. I suoi occhi si dilatarono. Cercò di muovere le braccia, ma il mio peso gliele inchiodava. Avrebbe potuto spingermi via a forza, ma gli premetti sulla pelle la punta del pugnale. Sgorgò una goccia di sangue. «Non muoverti» intimai. «La tua spada è fuori portata. Non sono così stupida.» «Me ne sono accorto» bisbigliò lui. Lo sentii rilassarsi. «Che cosa vuoi?» mi domandò. «Una tregua.» «Di che genere?» «Tu la smetti di cercare di trascinarmi alla Cittadella in catene, e io ti seguirò là come compagna di viaggio.» «Che cosa ottengo in cambio?» «Goel e la mia cooperazione.» «Hai tu Goel?» Domandai facendogli dondolare davanti agli occhi le chiavi delle manette. «Come posso fidarmi di te, se non lo fa nemmeno tuo fratello?» «Ti sto offrendo una tregua. Finora ho avuto due occasioni per ucciderti. Tu sei un pericolo reale per Ixia. Se io fossi davvero una spia, la tua morte mi renderebbe un mito, su al nord.» «E se io rompessi la tregua?»
santa pace», spiega di Scrollai le spalle. «Scapperò di nuovo. Ma questa volta mi lascerò dietro il cadavere di Goel.» «È un buon battitore» disse Cahil con orgoglio. «Disgraziatamente.» «Se rifiuto la tua offerta?» «Allora me ne vado; lascio a te il compito di trovare Goel.» «Morto?» «Sì» mentii. «Perché tornare indietro? Ti sei sbarazzata di Goel. Lui era l'unica minaccia per te.» «Perché voglio l'opportunità di provare che non sono una spia» spiegai, frustrata, «lo sono una Zaltana. E non ho intenzione di scappare come una criminale, perché non sono colpevole. Ma non voglio essere tua prigioniera. E poi...» Non riuscii a spiegarmi oltre. Sospirai. Cahil aveva ragione. Se il mio stesso fratello non si fidava di me, perché avrebbe dovuto farlo lui? Avevo scommesso, e perduto. Era l'ora del piano B, decisi. Sarei fuggita. Il corso d'azione più sicuro era trovare Irys. Ritrassi il coltello a serramanico dalla gola di Cahil. Dopo un'intera giornata alla macchia, senza cibo né sonno, una stanchezza profonda mi sopraffece. «Non ho intenzione di uccidere nessuno» dichiarai, e indietreggiai verso l'apertura che avevo tagliato nella tenda, tenendo gli occhi puntati su Cahil. Quando mi voltai per cercare la fenditura nella tela, mi sopraffece un'improvvisa ondata di stordimento e caddi a terra. La tenda roteò e persi conoscenza per un istante mentre tutte le energie mi abbandonavano. Ripresi i sensi in tempo per vedere Cahil raccogliere il mio coltello.
santa pace», spiega di
Capitolo 5 Cahil si allontanò e accese la lanterna sul suo tavolino da notte per esaminare il mio coltello. «Mio signore?» chiamò una voce attraverso la porta. «È tutto a posto» disse Cahil a voce alta. «Benissimo, signore.» Sentii la guardia allontanarsi e guardai sorpresa Cahil. Forse voleva che gli dicessi dov'era Goel, prima di recuperarmi. Mi rizzai a sedere e lanciai un'occhiata a Leif. Aveva gli occhi chiusi, ma non sapevo se la luce e la voce di Cahil l'avessero svegliato. «Queste incisioni mi sono familiari» disse Cahil, riferendosi ai sei simboli intagliati sul manico del coltello. «Sono i codici di battaglia segreti di mio zio, suppongo.» Il suo sguardo tornò su di me. Annuii. I codici erano stati usati dal Re di Ixia per inviare messaggi segreti ai suoi capitani durante le battaglie. «È stato tanto tempo fa» mormorò Cahil. Una breve tristezza gli tirò il volto. «Che cosa significano?»
«Assedi superati, insieme combattuto, amici per sempre. Era un
regalo.»
«Qualcuno su al nord?» La solitudine mi toccò il cuore quando pensai a ciò che avevo perduto venendo al sud. Le mie dita cercarono il rigonfio sotto la camicia, la farfalla di Valek. «Sì.» «Chi?» Strana domanda. Perché avrebbe dovuto importargli? Scrutai il viso di Cahil in cerca di qualche traccia di doppiezza, e trovai solo curiosità. «Janco. Uno dei miei insegnanti di autodifesa.» Sogghignai al ricordo di Janco che canterellava i suoi versetti mentre rintuzzava i miei assalti. «Senza lui e Ari, oggi non avrei avuto l'abilità di sfuggirti e di sopraffare Goel.» «Ti hanno insegnato bene.» Cahil si fece scorrere una mano sul
santa pace», spiega di collo, spandendo la goccia di sangue. Sembrò immerso in profondi pensieri mentre si rigirava il mio coltello tra le mani. Risospinse la lama dentro il manico, poi l'azionò. Lo scatto dell'arma mi fece trasalire. «Ben fatto» sentenziò. Cahil avanzò verso di me. Mi trascinai in piedi e mi misi in posizione di difesa. Pur essendo debole e in preda alle vertigini, esaminai le mie possibilità di fuggire. Invece di minacciarmi, Cahil richiuse la lama e mi restituì il coltello. Guardai l'arma nella mia mano con stanco sbalordimento. «Una tregua, allora» disse lui. «Ma crea altri problemi, e ti farò mettere in catene.» Accennò a un angolo della tenda. «Sei sfinita. Riposati un poco. Avremo una lunga giornata, domani.» Rimettendo la sua spada a portata di mano, Cahil si sdraiò sulla sua branda. «Vuoi sapere dov'è Goel?» domandai. «È in pericolo immediato?» «No, a meno che non vi siano animali velenosi o predatori in questa foresta.» «Allora lascialo sudare per questa notte. Gli sta bene per essersi fatto prendere.» Cahil chiuse gli occhi. Mi guardai in giro. Leif non si era mosso da quando ero arrivata, ma aveva gli occhi aperti. Non fece alcun commento mentre si girava sull'altro fianco, dandomi la schiena. Di nuovo. Sospirai, chiedendomi quanto avesse udito, e scoprii di essere troppo stanca per curarmene. Con lo sfinimento che mi appesantiva le membra, stesi a terra il mio mantello, spensi con un soffio la lanterna e crollai sul giaciglio improvvisato. Il mattino seguente, Leif lasciò la tenda senza dire una parola. Cahil mi disse di restare all'interno mentre lui faceva la commedia sul fatto che Goel non fosse rientrato. Udii Cahil interrogare le sentinelle della sera prima. «Era tutto tranquillo, mio signore» rispose uno degli uomini. «Niente d'insolito?» domandò Cahil.
santa pace», spiega di «Solo la vostra luce, signore. Ma avete detto...» «E se io avessi avuto un coltello puntato alla gola, Erant? Avresti creduto a quello che dicevo?» «No, signore.» «Come sapevi allora che non avevo alcun problema?» «Non lo sapevo, signore. Avrei dovuto controllare» rispose Erant, infelice. «Gli avrei dovuto portano alla morte. In guerra non hai una seconda possibilità. In una battaglia con il nord, non ci manderanno contro un'armata. Manderanno un solo uomo. Senza vigilanza, saremo tutti uccisi nel sonno.» Qualcuno emise un'esclamazione beffarda. «Senz'altro un solo uomo non riuscirebbe ad avvicinarsi a noi.» «Che né dici di una donna?» chiese Cahil. «Impossibile» rispose una guardia tra acclamazioni d'assenso. «Allora spiegami questo. Yelena» chiamò Cahil. Un immediato silenzio riempì la foresta. «Raggiungimi, per favore.» Non mi piaceva far parte della lezione di Cahil, ma aveva ragione. Un sicario addestrato da Valek non avrebbe avuto problemi a sopraffare le sue guardie. Uscii dalla tenda, stringendo il mio archetto nel caso in cui qualcuno decidesse di aggredirmi. Il sole del mattino mi brillò negli occhi mentre li socchiudevo perscrutare gli uomini di Cahil. Sorpresa, rabbia e incredulità spruzzavano i loro visi. Il capitano Marrok estrasse la spada. Leif non si vedeva da nessuna parte. «Non era tutto a posto questa notte, Erant» disse Cahil. «La prossima volta, assicuratene.» Erant chinò il capo. «Sissignore.» «Yelena viaggerà con noi fino alla Cittadella. Trattatela come un camerata» ordinò Cahil. «E Goel?» domandò il capitano Marrok. Cahil mi guardò. «Digli dov'è.»
santa pace», spiega di «Terrai Goel al guinzaglio?» domandai. Nella mia mente non c'era alcun dubbio che il desiderio di vendetta di Goel avrebbe provocato guai. Rabbrividii al pensiero di essere alla sua mercé. «Capitano Marrok, spiegate la situazione a Goel. Prima di liberarlo, assicuratevi che dia la sua parola di non fare del male a Yelena.» «Sissignore.» «A meno che io non gli dia il permesso» aggiunse Cahil fissandomi. «Un solo problema e ti farò mettere in catene. Il tradimento ti porterà da Goel.» Un mormorio di approvazione corse tra gli uomini di Cahil. La sua piccola scena gli aveva fatto guadagnare dei punti nelle loro menti. Gli rivolsi un'occhiata annoiata. Ero stata minacciata molte volte prima d'allora e avevo imparato che gli uomini che non avanzavano minacce verbali erano i più pericolosi. Con quel pensiero in mente, scrutai l'accampamento in cerca di Leif. Forse era tornato a casa ora che io mi ero consegnata a Cahil. Diedi a Marrok la chiave delle manette e le istruzioni necessarie per trovare Goel e il suo zaino. Non appena il capitano partì per andare a liberarlo, le altre guardie cominciarono a levare il campo. Gli uomini di Cahil mi tenevano d'occhio e lanciarono un paio di occhiate ostili dalla mia parte, specialmente quando scoprirono lo squarcio nella stoffa della tenda. Mentre aspettavo che il capitano e Goel tornassero, svuotai e riorganizzai il mio zaino. Mi pettinai e intrecciai i capelli, poi arrotolai la lunga treccia in una crocchia, usando i grimaldelli per tenere i capelli a posto. Non faceva mai male essere preparati. Cahil poteva confidare che non creassi problemi, ma credeva ancora che io fossi una spia del nord. Goel tornò con Marrok e Leif. Fui sorpresa di vedere Leif, ma non dall'espressione ribollente di minaccia sulla faccia di Goel. Le sue guance avevano profondi segni rossi dove i lacci del bavaglio avevano premuto la pelle. Capelli e abiti erano in disordine. Aveva i pantaloni macchiati di bagnato e la pelle costellata di punture d'insetti. Goel abbrancò la propria spada, avanzando verso di me.
santa pace», spiega di Il capitano Marrok lo intercettò e gli indicò dall'altra parte della radura un tettuccio da campo ancora srotolato a terra. Goel rinfoderò la spada e si diresse alla stuoia, scoccandomi un'occhiata al veleno. Ripresi a respirare. Una volta che il campo fu tolto, Cahil montò sul suo cavallo e ci condusse alla pista nella foresta. Restai vicino a Marrok, casomai Goel dimenticasse di nuovo la sua promessa. Il capitano mi rivolse un ghigno e disse: «Bada, adesso». Cahil fece schioccare la lingua affondando i tacchi nei fianchi dell'animale. Il cavallo allungò il passo, e gli uomini partirono di corsa. «Tieni il passo» disse Marrok. Non avevo più fatto giri di corsa dai miei allenamenti con Ari e Janco, ma avevo trovato un po' di tempo per fare esercizio durante il viaggio verso sud. Uguagliando l'andatura di Marrok, domandai: «Perché vi fa correre?». «Ci tiene pronti alla battaglia.» Avevo altre domande, ma risparmiai il fiato, concentrandomi invece sul tener dietro a Marrok. Quando raggiungemmo la zona del successivo accampamento, il mio campo visivo si era ristretto a una piccola area sulla schiena del capitano. I miei sforzi di tenermi in forma non erano stati sufficienti. Quando ci fermammo mi mancava l'aria, che risucchiavo in enormi boccate. Anche Leif sembrava affannato. Non aveva corso con i suoi amici da un bel po', pensai piccata. Una volta rizzato il campo, Cahil mi offrì di nuovo di dormire in un angolo della sua tenda. Lì crollai per terra senza prendermi il disturbo di stendere il mantello. Al mattino feci una leggera colazione. I tre giorni seguenti rispecchiarono il primo giorno di viaggio con Cahil, ma alla fine del quarto non ero più così esausta. Riuscii a cenare, e perfino rimasi accanto al fuoco per un po'. Goel mi lanciava occhiatacce ogni volta che incrociavo il suo sguardo, così lo ignorai. Leif fingeva che io non esistessi.
santa pace», spiega di Cominciai a pensare che la foresta fosse senza fine. Giorno dopo giorno coprivamo miglia e miglia, tuttavia non incontravamo nessuno sulla pista né vedevamo alcun segno di villaggi. Sospettai che Cahil evitasse le città di proposito, e mi chiedevo se fosse a mio o a suo vantaggio. Alla fine gli uomini si abituarono alla mia presenza. Scherzavano tra loro e si prendevano in giro, e si esercitavano a combattere con la spada. Le occhiate caute scomparvero, e il mio arrivo al fuoco del campo non provocò più un zittirsi immediato. Trovai interessante che gli uomini cercassero sempre l'approvazione del capitano Marrok prima di fare alcunché. Dopo aver viaggiato per sette giorni, Marrok mi sorprese. Alcune delle guardie stavano eseguendo schemi di autodifesa, e lui mi invitò a unirmi a loro. «Potremmo fare un po' di pratica contro quel tuo bastone» propose. Accettai, mostrando agli uomini alcune basilari mosse difensive con l'archetto. Mentre loro usavano le loro spade di legno, io dimostrai i vantaggi di avere un'arma più lunga. La mia partecipazione all'allenamento attirò l'attenzione di Cahil. Di solito non mostrava alcun interesse per le sedute di addestramento, preferendo invece parlare con Leif della propria ambizione di conquistare Ixia, ma ora si avvicinò a osservare. «Legno contro legno va bene per fare pratica, ma legno contro acciaio non regge in un vero combattimento» osservò. «Lina spada tagliente ridurrebbe quel bastone in schegge.» «I fili sono la zona di pericolo della spada. Il trucco è evitare i fili» spiegai io. «Fammi vedere.» Cahil estrasse la sua spada. La lama spessa si estendeva dall'elsa per circa tre piedi e mezzo. Arma impressionante, ma pesante. Cahil avrebbe avuto bisogno di due mani per maneggiarla, il che l'avrebbe rallentato. Mi concentrai sulla sensazione del legno del bastone tra le mani, preparandomi al combattimento.
santa pace», spiega di Lui fece un affondo. Sorpresa dalla sua rapidità, balzai indietro. Cahil teneva la spada con una mano sola, e mi trovai sulla difensiva. Era piuttosto abile con quell'arma, ma non eccessivamente. Quando roteò la massiccia lama, io schivai, mi feci sotto, e colpii il piatto della spada con l'archetto. Quando la brandì nuovamente gli colpii la mano. Quando sferrò una stoccata, tenni l'archetto orizzontale e lo portai giù sulla punta piatta della lama, deflettendo l'arma verso terra. I miei contrattacchi non lo disarmavano, ma per tutto il tempo continuai a muovermi, costringendo Cahil a inseguirmi. Quando afferrò la spada con entrambe le mani, capii che stava cominciando a stancarsi. Era solo questione di tempo prima che commettesse un errore tattico. Il nostro scontro andava per le lunghe. I suoi uomini lo acclamavano, incitandolo a togliermi di mezzo. Non notavano il luccichio di sudore sulla fronte di Cahil, né udivano l'ansimare del suo respiro. Poco dopo, menò un fendente troppo ampio, lo mi abbassai avvicinandomi, e gli battei di punta il mio archetto sulle costole. «Ho provato la mia tesi?» domandai, e schivai danzando il successivo attacco. Cahil si fermò. «Si sta facendo tardi. Dovremo finire più tardi» disse. Rinfoderando la spada, marciò via diretto alla sua tenda. L'esercitazione era finita. I suoi uomini erano silenziosi mentre riponevano l'equipaggiamento. Sedetti accanto al fuoco dell'accampamento, aspettando finché Cahil avesse avuto l'opportunità di sbollire la rabbia. Il capitano Marrok sedette accanto a me. «Hai provato la tua tesi» osservò. Scrollai le spalle. «Con una spada più leggera, Cahil avrebbe vinto.» Per un po' fissammo le fiamme in silenzio. «Perché porta quella spada?» chiesi a Marrok. «Era quella del Re. Riuscimmo a portarla di nascosto al sud insieme a Cahil.»
santa pace», spiega di Studiai Marrok. Il suo viso aveva il colore di cuoio consunto di un uomo che ha viaggiato molto e che ha visto tutto. Mi resi conto che la sua pelle era abbronzata dal sole e che non era una pigmentazione naturale. «Tu sei del nord.» Lui annuì e accennò agli altri. «Lo siamo tutti.» Esaminai gli uomini. Erano una ciurma mista di gente di pelle chiara e scura. E io rammentai che prima del colpo di stato il confine tra Ixia e Sitia era soltanto una linea su una mappa, e la gente di entrambe le nazioni si mescolava liberamente. Marrok continuò: «Eravamo i soldati che non erano abbastanza importanti per essere assassinati, né disposti a cambiare bandiera giurando fedeltà al Comandante. Goel, Trayton, Bronze e io facevamo tutti parte della guardia del Re». Marrok smosse uno stecco nel fuoco. Le scintille volarono nel cielo notturno. «Non riuscimmo a salvare il Re, ma salvammo suo nipote. Lo allevammo, e gli insegnammo tutto ciò che sapevamo. E progettiamo di dargli un regno.» Si alzò e abbaiò ordini ai suoi uomini, dopodiché si diresse alla sua stuoia. La stanchezza mi aggredì. Le palpebre si fecero pesanti e mi trascinai nel mio angolo della tenda buia. Appena prima che cadessi nel sonno, la tenda si rischiarò. Avvertii una presenza accanto a me. I miei occhi si aprirono di scatto. Cahil incombeva su di me con la spada in mano. La rabbia emanava da lui a ondate. Lentamente mi alzai e mi allontanai da lui. «Tu mi hai umiliato davanti ai miei uomini» disse con rabbia Cahil. «Tu mi hai chiesto di mostrarti come un bastone potesse resistere contro una spada. Stavo solo facendo quello che volevi.» «Non è stato uno scontro leale.» «Che cosa?» «Leif ha detto che hai usato la magia durante il combattimento. Che mi hai fatto sentire stanco.»
santa pace», spiega di Soffocai la collera e guardai Cahil dritto negli occhi. «Non è vero.» «Allora che cosa?» «Vuoi davvero sapere perché hai perso?» domandai. «Hai davvero una risposta?» ribatté lui. «Hai bisogno di smontare dal tuo cavallo e di correre insieme ai tuoi uomini. Non hai energie sufficienti per uno scontro prolungato. E trovati una spada più leggera.» «Ma questa era di mio zio.» «Tu non sei tuo zio.» «Però sono il Re. e questa è la spada del Re» affermò Cahil. Le sue sopracciglia si aggrottarono, toccandosi. Pareva incerto. «Allora portala per la tua incoronazione» dissi. «Se la usi in battaglia, la porterai al tuo funerale.» «Tu credi che sarò incoronato?» «Non è questo il punto.» «Qual è il punto?» «Ti avrei battuto con il mio archetto. Quella spada è troppo pesante per te.» «Vinco sempre contro i miei uomini.» Sospirai. Ovvio che i suoi uomini non volevano batterlo. Provai un'altra tattica. «Sei mai stato in battaglia?» «Non ancora. Siamo in addestramento. E inoltre, un Re non mette a rischio la propria incolumità in battaglia. Resta nel campo base a dirigere le operazioni.» La sua osservazione non mi suonò giusta, ma non avevo esperienza di arte bellica. Dissi invece: «Pensaci, Cahil. I tuoi uomini ti hanno allevato. Vogliono reclamare il trono. Ma lo vogliono per te o per se stessi? L'esilio nel sud non è così attraente come essere la guardia reale». Cahil sbuffò sdegnoso, scuotendo il capo. «Tu non sai niente. Perché dovrebbe importarti? Sei una spia. Stai solo cercando di confondermi.» E tornò al suo lettuccio.
santa pace», spiega di Aveva ragione. Non me ne importava niente. Una volta che avessimo raggiunto il Mastio e avessi provato la mia innocenza. non avrei più dovuto darmi pena per lui. Leif, d'altro canto, aveva interferito una volta di troppo nella mia vita. Esaminai la tenda. La branda di mio fratello era vuota. «Dov'è Leif?» chiesi. «Andato.» «Dove?» «L'ho mandato avanti per notificare al Mastio il nostro arrivo. Perché?» «Questioni di famiglia.» Sputai le parole. Cahil dovette vedere lo scintillio assassino nei miei occhi. «Non puoi fargli del male.» «Oh, sì che posso. Mi ha causato un sacco di guai.» «Lui ha la mia protezione.» «Questo è uno dei vantaggi dell'essere un membro della tua impresa nei confronti del nord?» «No. Quando abbiamo catturato te e Leif, gli ho dato la mia parola che non gli sarebbe venuto alcun danno in cambio della sua piena cooperazione nel tenerti a bada.» Battei le palpebre. Avevo sentito bene? «Ma Leif mi ha consegnata a voi.» «No, affatto.» «Perché non me l'hai detto prima?» «Pensavo che lasciarti credere di essere stata tradita dal tuo stesso fratello ti avrebbe demoralizzato. Invece, sembra aver avuto l'effetto contrario.» Il piano di Cahil avrebbe potuto funzionare se Leif e io avessimo avuto un legame. Mi massaggiai il viso mentre cercavo di decidere se sapere la verità cambiasse la mia opinione su Leif. Seduto sull'orlo della sua branda, Cahil mi studiava in silenzio. «Se Leif non mi ha consegnato, chi l'ha fatto allora?»
santa pace», spiega di Cahil sorrise. «Non posso svelare le mie fonti.» Leif era riuscito a convincere molti Zaltana che io ero una spia, pertanto l'intero clan era sospetto. Inoltre, chiunque al Mercato Illiais poteva aver origliato la nostra destinazione. Non potevo preoccuparmi di questo, ora, ma neppure me ne sarei dimenticata. «Hai detto di aver mandato Leif al Mastio» dissi. «Saremo là presto?» «Domani pomeriggio; circa un'ora dopo l'arrivo di Leif. Voglio assicurarmi che verremo accolti dalle persone giuste» rispose Cahil. «Sarà un giorno importante, Yelena. Meglio dormire un po'.» Spense la lanterna. lo mi distesi sul mio mantello, interrogandomi sulla Cittadella e il Mastio. Irys sarebbe stata lì per l'indomani? Dubbio. Protesi la mia coscienza all'esterno, cercando Irys ma incontrando solo fauna selvatica. Senza di lei al Mastio, il Primo Mago mi avrebbe sbucciato la mente strato per strato? L'ansia mi annodava lo stomaco. Avrei preferito affrontare Goel piuttosto che l'ignoto. Alla fine, tuttavia, mi addormentai. Cupi sogni di Reyad mi turbinarono nella mente. «Stessa storia, Yelena» disse lo spettro di Reyad, ridendo e sbeffeggiandomi. «Nessuna opzione. Nessun amico. Però hai un coltello. Di nuovo.» Nei miei sogni lampeggiò un'immagine di Reyad avvolto in lenzuola inzuppate di sangue. La ferita mortale sul suo collo era il risultato del mio desiderio di proteggere me stessa e gli altri bambini sottratti alla tortura e a una schiavitù demente. «Taglierai la gola a qualcun altro per salvarti?» chiese. «Che ne diresti della tua?» Mi svegliai sentendo qualcuno che piangeva e mi resi conto con orrore che il mio viso era bagnato. Spazzando via le lacrime, decisi di non lasciare che i dubbi mi tormentassero. Lo spettro di Reyad poteva anche infestare i miei sogni, ma non gli avrei permesso di infestare la mia vita. Sorse il mattino con l'odore di frittelle dolci, e mi unii agli uomini
santa pace», spiega di accanto al fuoco per la colazione. Dopo mangiato, gli uomini di Cahil levarono il campo. Erano d'umore leggero e scherzavano amichevolmente, così fui colta alla sprovvista quando sentii una mano sulla spalla. Prima che potessi muovermi la presa si serrò, facendomi male. Voltai la testa. Goel stava dietro di me. Affondò più profondamente le dita nella mia carne mentre mi bisbigliava all'orecchio: «Ho promesso di non farti del male finché saremo in viaggio verso la Cittadella. Ma una volta là, sei mia». Gli sferrai una gomitata nello stomaco. Goel grugnì. Feci un passo avanti e scossi via la sua mano dalla mia spalla con il braccio mentre ruotavo su me stessa. Fronteggiandolo, domandai: «Perché mi avverti?». Lui inspirò profondamente e sogghignò. «La tua ansia nell'attesa renderà la caccia più eccitante.» «Basta chiacchiere, Goel. Facciamolo adesso.» «No. Voglio tempo per giocare. Ho programmato ogni genere di divertimenti per quando ti avrò, dolcezza mia.» Un gelido brivido di repulsione mi scosse il corpo. Avevo la pelle d'oca. Era una sensazione che non avevo mai pensato di provare nel soffocante sud. «Goel, da' una mano a smontare la tenda» ordinò il capitano Marrok. «Sissignore.» Goel si allontanò, voltandosi a lanciarmi un'occhiata con un sorrisetto beffardo sulle labbra e una promessa negli occhi. Lasciai andare lentamente il respiro. Non prometteva bene. Quando gli uomini terminarono di levare il campo, Cahil montò a cavallo e ripartimmo attraverso la foresta. Dopo svariate ore gli alberi si diradarono mentre la pista risaliva una collina. In cima alla salita un'ampia vallata, divisa in due da una lunga strada sterrata, si estendeva davanti a noi. Campi coltivati intagliavano forme geometriche sulla sinistra della strada. Un'immensa pianura dominava il paesaggio sul lato destro. Al di là della vibrante vallata c'era un'altra cresta, e riuscii appena a discernere una bianca fortezza che ne cingeva la sommità.
santa pace», spiega di «È quella la Cittadella?» domandai a Marrok. Lui annuì. «Un'altra mezza giornata di marcia.» I suoi occhi grigi scivolarono sulla destra come in cerca di qualcosa. Seguii il suo sguardo e osservai i lunghi steli d'erba oscillare nella brezza. «L'Altopiano Daviiano?» «No. Quello è più a sudest» rispose Marrok. «Questo è il margine delle Pianure Avibiane. La piana è enorme. Ci vogliono almeno dieci giorni per attraversarla.» «Mia cugina ha parlato di un viaggio attraverso una pianura per arrivare alla Cittadella, ma in realtà la stiamo sfiorando appena.» «Attraversare le Avibiane è una scorciatoia. Gli Zaltana lo fanno, ma chiunque altro evita il contatto con il Clan Semedisabbia che chiama le pianure casa propria. La strada per la foresta è più lunga, ma è sicura.» Volevo chiedere di più, ma Cahil aumentò l'andatura mentre scendevamo nella conca. O era impaziente di raggiungere la Cittadella, oppure era ansioso di lasciarsi le pianure alle spalle. Oltrepassammo dei braccianti che lavoravano nei campi coltivati, e una carovana di mercanti con i loro carri trainati da cavalli e carichi di merci. Nient'altro che l'erba alta si muoveva nella pianura. La Cittadella appariva sempre più imponente e massiccia via via che ci avvicinavamo. Ci fermammo solo una volta per far bere il cavallo e gli uomini. Quando raggiungemmo le porte torreggiane, restai ammirata dalla nuda massa dei contrafforti esterni. Venature verdi striavano le pareti di marmo bianco. Vi passai una mano, trovandolo liscio e fresco malgrado il calore bruciante. Avevo creduto che nella foresta facesse caldissimo, ma non era niente a paragone dell'essere esposti in pieno al sole rovente. Le due guardie ai cancelli aperti della Cittadella si accostarono a Cahil. Dopo una breve conversazione, Cahil ci condusse in un cortile. Socchiusi gli occhi nella luce vivida. Una vista maestosa mi stava davanti: entro le mura esterne della Cittadella stava una città intera. Tutte le strutture erano fatte del medesimo marmo bianco
santa pace», spiega di con venature di verde che costituiva il muraglione esterno. Avevo visualizzato la Cittadella come un unico ampio edificio, simile al castello del Comandante a Ixia, ma questo andava molto al di là di qualsiasi cosa avessi potuto immaginare. «Impressionata?» chiese Marrok. Chiusi la bocca e annuii. Il nostro gruppo prese a camminare per le strade e mi resi conto che il posto era deserto. «Dove sono tutti?» domandai a Marrok. «La Cittadella è una città fantasma durante la stagione torrida. Il Consiglio è in disarmo, il Mastio è in vacanza, e solo un personale ridotto al minimo cura le messi. Tutti quelli che possono fuggono verso climi più freschi, e quelli che rimangono si ritirano in casa a metà pomeriggio per evitare il sole.» Non li biasimavo. Mi sentivo lo scalpo come se andasse a fuoco. «Quanto manca ancora?» domandai. «Un'altra ora» rispose Marrok. «Vedi quelle quattro torri?» Indicò a est. «Quello è il Mastio dei Maghi.» Feci tanto d'occhi alla loro altezza, chiedendomi che cosa dimorasse in quelle stanze elevate. Ci trascinammo per le strade vuote. La superficie della strada alternava terra battuta e acciottolato. Individuai cani, gatti e qualche pollo accovacciati in chiazze d'ombra. Quando ci avvicinammo a un'ampia struttura squadrata a piani multipli, Marrok disse: «Quello è il Palazzo del Consiglio dove il governo sitiano ha i suoi uffici e tiene le riunioni». L'edificio aveva lunghe gradinate che si estendevano per l'intera lunghezza al di sotto del primo piano e conducevano a un ingresso monumentale. Colorate colonne di giada delimitavano la soglia. Un gruppo di persone si accalcava all'ombra del Palazzo. Si accostarono a noi mentre li sorpassavamo. Emanavano un forte odore di urina. Sporcizia impastava loro i capelli e copriva i loro abiti cenciosi. Un uomo si protese con una sudicia mano annerita. «Per favore, signore, avete una moneta?» Gli uomini di Cahil li ignorarono e continuarono a camminare. Il
santa pace», spiega di gruppo ci seguì con determinazione. «Chi sono...?» cominciai a chiedere, tuttavia Marrok non rallentò. Cercai di tenergli dietro, ma un bambino mi tirò il braccio. I suoi occhi bruni erano orlati di piaghe e sbaffi di sudiciume gli striavano le guance. «Bella signora, ti prego. Ho fame» disse il bambino. «Hai una monetina di rame?» Mi guardai attorno in cerca di Marrok. Era mezzo isolato più avanti. Non riuscivo a capire perché quel ragazzino avesse bisogno di denaro, ma non seppi resistere a quegli occhi. Affondai la mano nello zaino ed estrassi le monete sitiane che mi aveva dato Esaù. Gliele lasciai cadere tutte nel palmo. Inginocchiandomi per stare al suo livello, dissi: «Condividile con i tuoi amici. E fatti un bagno. D'accordo?». Un'espressione gioiosa gli illuminò il viso. «Grazie...» Prima che potesse finire, fummo sommersi da un forte puzzo mentre gli altri ci circondavano. Mi afferrarono per le braccia, mi tirarono i vestiti e mi strattonarono lo zaino. Vidi il bambino intascare le monete e sgusciare fuori dalla bolgia tra le gambe degli altri. L'odore putrido di tanti corpi non lavati mi diede un urto di vomito. «Bella signora. Bella signora!» Le loro suppliche mi riempirono le orecchie finché le loro parole non furono interrotte dal rumore di zoccoli sull'acciottolato. «Allontanatevi da lei» gridò Cahil. Brandiva la spada in aria. «Andatevene, o vi taglierà in due.» In un batter d'occhio la folla scomparve. «Tutto a posto?» chiese Cahil. «Sì.» Mi lisciai i capelli e mi rimisi in spalla lo zaino. «Che cos'era tutto ciò?» «Mendicanti. Sudici ratti di strada.» Un'espressione di disgusto gli incupì il volto. «È stata colpa tua. Se non avessi dato loro dei soldi, ti avrebbero lasciata in pace.»
santa pace», spiega di «Mendicanti?» La mia confusione parve sorprendere Cahil. «Senz'altro saprai che cosa sono i mendicanti?» Quando non risposi, continuò: «Non lavorano. Vivono nelle strade. Mendicano denaro per nutrirsi. Devi averne visti a Ixia» concluse con frustrazione. «No. Tutti a Ixia hanno un lavoro. Ai bisogni essenziali provvede l'esercito del Comandante.» «E come paga per questo?» Prima che potessi rispondere, Cahil lasciò cadere le spalle. «Con il denaro di mio zio. Probabilmente ha prosciugato il tesoro della corona.» Ricacciai indietro una replica sarcastica. Per quanto mi riguardava, era meglio usare il denaro per aiutare la gente che per coprire il pavimento di qualche sala del tesoro. «Andiamo.» Cahil tolse il piede dalla staffa, si chinò e tese una mano. «Dobbiamo raggiungere gli altri.» «Sul cavallo?» domandai. «Non dirmi che non hanno cavalli al nord.» «Non per me» risposi mentre posavo il piede nella staffa e mi aggrappavo al suo braccio. Lui mi issò in sella. Sedetti dietro di lui, incerta sul da farsi con le braccia. Cahil si voltò leggermente. «Per chi, allora?» «Il Comandante, i generali e gli ufficiali di grado elevato.» «Cavalleria?» domandò Cahil. Stava gettando l'amo in cerca di informazioni. Soffocai un sospiro. «Non che io abbia visto.» Era la verità, ma avevo smesso di curarmi se lui mi credeva oppure no. Cahil torse indietro la testa e studiò il mio viso. Un'ondata di calore mi avvolse; all'improvviso mi sentii troppo vicina a lui. I suoi occhi scintillavano di un colore grigioazzurro come l'acqua al sole. E io mi trovai a chiedermi perché portasse la barba in un clima così caldo. Cercai di immaginarlo senza barba. Sarebbe apparso più giovane, e sarebbe stato più facile vedere la sua liscia carnagione
santa pace», spiega di abbronzata e il naso aquilino. Quando si voltò di nuovo, scossi il capo. Non volevo aver nient'altro a che fare con lui. «Reggiti» disse. Poi schioccò la lingua. Il cavallo cominciò a muoversi. Serrai la vita di Cahil mentre sobbalzavo sulla sella. Il terreno sembrava così lontano e appariva così duro. Lottai per tenermi in equilibrio mentre raggiungevamo i suoi uomini. Quando li superammo, mi rilassai, supponendo che lui si sarebbe fermato per farmi scendere. Invece continuammo ad avanzare, gli uomini di corsa dietro di noi. Mentre ci facevamo strada verso la Cittadella, focalizzai l'attenzione sul cavallo sotto di me, cercando di trovare un ritmo che assecondasse quello del cavallo, come sembrava fare Cahil. Stava adagiato sulla sella, mentre le mie gambe puntavano il cuoio. Mi concentrai sul movimento del cavallo e di colpo mi trovai a guardar fuori dagli occhi dell'animale. La strada si piegava tutt'attorno come se io fossi dentro una bolla. Potevo vedere molto innanzi come pure da entrambi i lati, e quasi per tutto lo spazio dietro. Il cavallo era accaldato e stanco, e si chiedeva perché ci fossero due persone sul suo dorso. Uomo-diMentine era l'unico che di solito lo cavalcava. Ma a volte Ragazzodi-Paglia lo portava fuori per fare esercizio e poi di nuovo a casa. Bramava il suo fresco, tranquillo stallo riempito di fieno e un secchio d'acqua.
Acqua presto, pensai rivolta al cavallo. Sperai. Come ti chiami?, domandai. Topaz. Strabiliai al nostro comunicare. Il contatto con altri animali mi aveva concesso soltanto una breve occhiata attraverso i loro occhi e una traccia dei loro desideri. Non avevo mai avuto un'effettiva conversazione con un animale, prima. Cominciava a dolermi la schiena. Più placido?, chiesi. Topaz cambiò andatura. Cahil grugnì di sorpresa, ma io sospirai di sollievo. Era come se viaggiassi su una slitta giù per una collina coperta di neve. Con il nuovo passo ci muovevamo più rapidi, e gli uomini
santa pace», spiega di restarono indietro rispetto a noi. Cahil cercò di rallentare Topaz, ma il cavallo era deciso a raggiungere la sua acqua. Raggiungemmo la base di un'alta torre e ci fermammo nella sua ombra. Cahil balzò a terra e ispezionò le zampe di Topaz. «Non l'ho mai visto far così, prima» commentò. «Fare cosa?» «È un cavallo da tre andature.» «Cioè?» «Significa che sa andare al trotto, al piccolo galoppo e al gran galoppo.» «E allora?» «Allora questa non era una delle sue andature. Alcuni cavalli sanno tenerne fino a cinque, ma non sono neppure sicuro di che cosa fosse questa.» «Era placida e svelta. Mi piaceva» dissi io. Cahil mi squadrò con sospetto. «Come faccio a scendere?» domandai. «Piede sinistro nella staffa. Passa la gamba destra indietro verso sinistra, poi salta giù.» Atterrai su gambe malferme. Topaz girò la testa e mi guardò. Voleva acqua. Presi dalla sella un otre e glielo tenni aperto. Cahil scrutò a occhi socchiusi prima me, poi il cavallo. «È questo il Mastio dei Maghi?» chiesi per distrarre Cahil. «Sì. L'ingresso è dietro l'angolo. Aspetteremo i miei uomini, poi entreremo.» Non ci volle molto ai suoi uomini per raggiungerci. Camminammo verso l'ingresso del Mastio, dove alti archi smerlati incorniciavano le massicce porte marmoree. Colonne rosa sorreggevano le arcate, che si innalzavano per due piani. I battenti erano aperti, ed entrammo senza alcuna resistenza da parte delle sentinelle. All'interno c'era un cortile e al di là una serie di edifici. Un'altra
santa pace», spiega di città dentro la città. Non riuscivo a credere alle dimensioni e ai colori. Un mosaico di marmo a vari colori formava le strutture. Statue di svariati animali occhieggiavano da angoli e cornicioni. C'erano prati e giardini. I miei occhi furono sollevati alla vista del verde dopo aver sopportato il bianco barbaglio delle mura della Cittadella. Potei vedere che la spessa muraglia esterna del Mastio formava un rettangolo che racchiudeva l'intera area. Una torre occupava ciascuno dei quattro angoli. Proprio dirimpetto all'entrata, due figure stavano sui gradini che conducevano all'edificio più grande. Piccoli blocchi di marmo color pesca punteggiavano la costruzione colorata in modo predominante di giallo. Mentre arrivavamo più vicino, mi resi conto che le sagome erano Leif e una donna alta. Portava un abito blu notte senza maniche che le ricadeva sulle caviglie. Aveva i piedi nudi e i capelli bianchi tagliati cortissimi, aderenti alla testa. La luce solare spariva nella sua pelle quasi nera. Quando giungemmo ai piedi della scalinata, Cahil consegnò le redini del cavallo a Marrok. «Portalo alle scuderie e poi disfa i bagagli. Ci incontreremo alle baracche.» «Sissignore» rispose Marrok, voltandosi per andarsene. «Marrok» chiamai. «Assicurati di dare a Topaz qualche biscottino di avena e latte.» L'uomo annuì e se ne andò. Cahil mi strinse il braccio. «Che ne sai tu di biscottini?» Pensai in fretta. «Cahil, sto viaggiando con voi da più di una settimana e ho aiutato a dargli da mangiare.» Era vero solo fino a un certo punto, ma non credevo fosse una buona idea dire a Cahil che il suo cavallo mi aveva chiesto dei biscottini al latte e avena. Ed ero sicura che non volesse sapere che il suo cavallo lo chiamava Uomodi-Mentine. «Stai mentendo. I biscottini all'avena sono un premio speciale che prepara il Mastro Stalliere. Li dà lui ai cavalli, e nessun altro.» Aprii la bocca per ribattere, ma una voce stridente ci interruppe:
santa pace», spiega di «Cahil, qualcosa non va?». Lanciammo insieme un'occhiata alla donna. Lei e Leif stavano scendendo verso di noi. «Non c'è niente che non va» rispose Cahil. Si fermarono alcuni gradini più in alto di noi. «Questa è lei?» chiese la donna. «Sì, Primo Mago» rispose Cahil. «Sei sicuro della sua fedeltà a Ixia?» domandò. «Sì. Si porta dietro un'uniforme ixiana e ha delle monete ixiane» affermò Cahil. «La sua lealtà e la sua nostalgia per Ixia hanno un sapore melmoso come una zuppa rancida» commentò Leif. La donna si avvicinò a me. Guardai nei suoi occhi d'ambra. Assomigliavano a quelli di un gatto delle nevi ed erano altrettanto letali. Il suo sguardo si espanse, inglobandomi, e il mio 'mondo scomparve mentre il terreno si mutava in liquida ambra increspata. Cominciai a sprofondare. Qualcosa mi cinse le caviglie, e poi mi tirò sotto la superficie. Mi vennero strappati gli abiti, poi la pelle, poi i muscoli. Le mie ossa si dissolsero finché non rimase altro che la mia anima.
santa pace», spiega di
Capitolo 6 Qualcosa di aguzzo mi raspò l'anima, cercando punti deboli. Spinsi via l'invasivo oggetto e cominciai a costruire un muro di difesa nella mia mente. Questo mago non mi avrebbe raggiunto. Mattoni si formavano e s'impilavano, ma si sbriciolavano ai margini. Vi si creavano dei buchi mentre io lottavo per tener testa al Primo Mago. Riversai tutta la mia energia in quel muro. Rappezzai i fori. Aggiunsi un'altra parete all'interno della prima. Ma i mattoni si disintegravano e crollavano.
Accidenti! No! Mi arrabattai per un po', ma era solo questione di
tempo. Alla fine lasciai dissolvere il muro. Ma con un subitaneo impeto di energia creai una cortina di marmo venato di verde, tagliando fuori quella presenza ostile. Mi premetti contro la pietra liscia e resistetti con tutte le mie forze. Lo sfinimento mi bussava alla mente. Per pura disperazione, usai il residuo del mio potere, chiamando aiuto. Il marmo si trasformò in una statua di Valek. Mi guardava preoccupato. «Aiuto» dissi. Lui mi cinse con le sue braccia forti, mi attirò vicino al suo petto. «Qualsiasi cosa, amore.» Mi aggrappai a lui mentre calava il buio. Mi svegliai in una minuscola stanza, con le tempie che mi pulsavano dolorosamente. Guardando verso il soffitto, mi resi conto di essere sdraiata su un letto letto. Era addossato a una parete sotto una finestra aperta. Quando mi mossi per rizzarmi a sedere, le gambe irrigidite protestarono. Mi sentivo dolorante e violata come se qualcuno mi avesse grattato via la pelle. Mi ardeva la gola per la sete. Sul comodino c'era una caraffa d'acqua coperta di condensa, con accanto un bicchiere vuoto. Lo riempii e inghiottii il liquido fresco in tre sorsate. Sentendomi un pochino meglio, esaminai la stanza. Lungo la parete opposta stava un guardaroba, con uno specchio a tutta altezza sulla destra e una porta sulla sinistra.
santa pace», spiega di Cahil apparve sulla soglia. «Mi era sembrato di sentirti.» «Che cosa è successo?» domandai. «Primo Mago ha cercato di leggerti la mente» rispose Cahil. Appariva imbarazzato. «Era estremamente seccata dalla tua resistenza, ma ha detto che non sei una spia.» «Simpatica.» Il sarcasmo rese la mia voce tagliente. Incrociai le braccia sul petto. «Come sono arrivata qui?» Chiazze di rossore gli si allargarono sulle guance. «Ti ho portato io.» Mi strinsi le braccia intorno al corpo. Il pensiero di essere toccata da lui mi faceva formicolare la pelle. «Perché sei rimasto?» «Volevo assicurarmi che stessi bene.»
«Adesso ti preoccupi per me? Trovo difficile crederlo.» Mi alzai.
Avevo male alle gambe, come se avessi fatto molti giri di corsa, e il fondoschiena era indolenzito. «Dove sono?»
«Negli alloggi degli studenti. L'ala degli apprendisti. Ti sono state assegnate queste stanze.» Cahil si ritirò nell'altra camera. Lo seguii in un piccolo soggiorno con un ampio scrittoio, un divano, tavolo e sedie, e un caminetto di marmo. Le pareti erano di marmo verde chiaro. Il mio zaino stava sul tavolo insieme all'archetto. C'era un'altra porta. Attraversai la stanza e l'aprii. Oltre la soglia c'era un giardino con alberi e statue. Attraverso la vegetazione potei scorgere il sole al tramonto. Uscii fuori, guardandomi attorno. Le mie stanze erano al termine di un lungo edificio a un solo piano. Non c'era nessuno in vista. Cahil mi raggiunse nel cortile. «Gli studenti saranno di ritorno al principio della stagione fresca.» Indicò un vialetto. «Quello porta al refettorio e alle aule. Vuoi che ti faccia fare un giro?» «No» risposi, tornando nel soggiorno. Mi voltai sulla soglia. «Voglio che tu e i tuoi soldatini mi lasciate in pace. Adesso che sai che non sono una spia, stammi lontano.» Sbattei la porta e la chiusi a chiave, lasciando fuori Cahil. E per maggior sicurezza, incuneai una sedia sotto la maniglia.
santa pace», spiega di Mi accoccolai sul letto. Il desiderio di andare a casa mi sferzava il corpo. A casa da Valek. Dalla sua forza e dal suo amore. Solo quel breve contatto con lui me ne faceva sentire ancor più la mancanza. La sua assenza lasciava un vuoto che bruciava profondo dentro di me. Volevo andarmene da Sitia. Avevo acquisito sufficiente controllo della mia magia per evitare una deflagrazione. Non avevo bisogno di stare lì con quella gente orribile. Tutto quello che dovevo fare era dirigermi a nord, e avrei raggiunto il confine di Ixia. Pianificai il viaggio nella mia mente, facendo una lista di provviste, e considerai perfino di rapire Topaz per mettere in atto la mia fuga. Quando la camera si fece buia, mi addormentai. Al risveglio, mi rigirai sull'altro fianco, soppesai le probabilità di evadere dal Mastio senza che nessuno se ne accorgesse, e realizzai di non sapere niente della conformazione di quel posto. Avrei potuto fare una ricognizione dell'area, ma non avevo voglia di vedere nessuno né di essere vista. Così rimasi a letto tutto il giorno e tornai a dormire quella notte. Un altro giorno passò. Qualcuno armeggiò con la maniglia e poi bussò, chiamandomi, lo urlai di andarsene via, e fui soddisfatta quando lo fecero. Alla fine giacqui come in trance. La mia mente galleggiava, e raggiunse alcuni animaletti nel giardino. Mi ritrassi perfino da quel lieve contatto, cercando un posto tranquillo. Poi trovai Topaz. Uomo-di-Mentine era andato a trovarlo, ma il cavallo si chiedeva dove fosse Signora-di-Lavanda. Vidi un'immagine di me stessa nella mente di Topaz. Signora-di-Lavanda doveva essere il nome che mi aveva dato. Era buffo che Topaz mi chiamasse così. Viaggiare insieme a Cahil lasciava poco tempo per lavarsi, eppure ero riuscita a trovare qualche momento in privato per rinfrescarmi e applicare qualche goccia del profumo di mia madre.
Vado placido e svelto, pensò Topaz. Mi porteresti lontano lontano su al nord?, chiesi. Non senza Uomo-di-Mentine. Placido e svelto con tutti e due. lo
santa pace», spiega di sono forte. Sei molto forte. Forse resterò con te. No. non lo farai. Yelena. Ti sei crogiolata abbastanza nel malumore, disse nella mia mente la voce di Irys. Il suo contatto fu come un denso balsamo fresco massaggiato su una ferita aperta.
Non mi sto crogiolando. Mora questo come lo chiameresti?, domandò Irys con fastidio. Proteggere me stessa. Lei rise. Da che cosa? Roze ti ha penetrato appena. Roze? Roze Pietrapiuma, Primo Mago. Ed è furibonda da allora. Hai sopportato cose peggiori, Yelena. Qual è il vero problema? Mi sentivo indifesa e sola senza nessuno a guardarmi le spalle. Seppellii quel pensiero nel profondo, maldisposta a condividerlo con Irys, e ignorai la domanda. Sapendo che il mio mentore era tornato, mi rianimai. Lei era la sola persona di cui mi potessi fidare al Mastio.
Sto arrivando con del cibo. Tu mi lascerai entrare e mangerai,
ordinò Irys.
Cibo?, pensò speranzoso Topaz. Mela? Mentine? Sorrisi. Più tardi. Mi gorgogliò lo stomaco. Non appena mi mossi per sedermi sull'orlo del letto, mi sopraffece un'ondata di stordimento. Avevo perso il conto dei giorni ed ero debole per la fame. Irys arrivò come promesso, portando un vassoio carico di frutta e carni fredde. C'era anche una brocca di succo d'ananas e qualche dolcetto. Mentre mangiavo mi raccontò del suo viaggio verso la casa di May, l'ultima dei bambini rapiti ad aver ritrovato la famiglia perduta. «Cinque sorelle proprio come lei» disse Irys scuotendo la testa. Sogghignai, immaginando l'arrivo a casa di May. Sei ragazzine che squittivano deliziate, ridendo e piangendo mentre parlavano tutte assieme.
santa pace», spiega di «Il loro assediato padre ha voluto che mettessi alla prova tutte le ragazze per verificarne il potenziale magico. May ne ha un po', ma voglio che attenda un altro anno prima di venire alla scuola. Le altre sono ancora troppo piccole.» Irys versò due tazze di succo. «Ho dovuto interrompere la mia visita quando ho sentito la tua chiamata in aiuto.» «Quando Roze mi stava invadendo?» «Sì. Ero troppo lontana per aiutarti, ma sembra che tu ce l'abbia fatta da sola.» «Valek mi ha aiutato» dissi. «Questo è impossibile. Non potevo raggiungerti io. Valek non è un mago.» «Ma lui era lì e io ho attinto alla sua forza.» Per nulla disposta a credermi, Irys scosse la testa. Pensai a come Irys mi aveva trovato su al nord. «Tu hai percepito il mio potere quand'ero a Ixia» dissi. «È la stessa distanza per Valek.» Lei scosse di nuovo il capo. «Valek è refrattario alla magia; credo che tu abbia usato la sua immagine come scudo contro Roze. Quando ti percepii, l'anno scorso, non avevi controllo sui tuoi poteri. Eruzioni incontrollate di magia causano increspature nella fonte del potere. Tutti i maghi, ovunque siano nel mondo, possono sentirlo, ma soltanto i Maestri sanno da quale direzione proviene.» Questo mi preoccupò. «Hai sentito la mia chiamata d'aiuto quand'eri a casa di May, però. Ero fuori controllo, per essere in grado di raggiungerti a quella distanza?» La perdita di controllo portava alla deflagrazione, che conduceva alla morte del mago e danneggiava la fonte del potere per tutti i maghi. Lei parve perplessa. «No.» Si accigliò e fissò la parete, meditando. «Yelena, che cosa hai fatto con la tua magia da quando ti ho lasciato?» Le raccontai dell'imboscata, della fuga e della tregua con Cahil. «Dunque hai immerso tutti gli uomini di Cahil in un profondo sonno?» domandò.
santa pace», spiega di «Ecco, erano solo dodici. Ho fatto qualcosa di sbagliato? Ho infranto il vostro Codice Etico?» C'era così tanto che non sapevo sulla magia. Irys sbuffò, leggendomi la mente. E volevi scappare con un
cavallo.
«Meglio che restare qui con Cahil e Leif» dissi ad alta voce. «Quei due.» Irys si accigliò di nuovo. «I Maestri Maghi hanno avuto una discussione con entrambi. Roze è furiosa all'idea che abbiano cercato di influenzare il suo giudizio su di te. Cahil effettivamente ha avuto l'ardire di chiedere una sessione del Consiglio nel bel mezzo della stagione torrida. Dovrà proprio aspettare fino alla stagione fresca. Forse rientrerà nell'ordine del giorno, e forse no.» «I Sitiani scenderebbero in guerra per Cahil?» domandai. «Noi non abbiamo contese con i settentrionali, ma neppure nutriamo affetto nei loro confronti. Il Consiglio ha aspettato che Cahil maturasse. Se sviluppa il carisma necessario e forti capacità di comando, i suoi progetti di riprendersi Ixia potrebbero essere sostenuti dal Consiglio.» Inclinò di lato la testa come considerando la prospettiva di entrare in guerra. «Il trattato commerciale è il primo contatto ufficiale che abbiamo avuto con Ixia in quindici anni» spiegò. «È un buon inizio. Ci siamo sempre preoccupati che il Comandante Ambrose cercasse di impadronirsi anche di Sitia. ma sembra soddisfatto.» «Un esercito sitiano prevarrebbe contro il nord?» «Tu che cosa credi?» «Sitia avrebbe serie difficoltà. Gli uomini del Comandante sono fedeli, devoti e ben addestrati. Per perdere una battaglia, dovrebbero essere ampiamente sopraffatti in numero o in astuzia.» Irys annuì. «Una campagna contro di loro dovrebbe essere lanciata con la massima cura, ed è per questo che il Consiglio sta in attesa. Ma non è questa la mia preoccupazione, oggi. La mia priorità è insegnarti la magia, e scoprire la tua specialità. Sei più forte di quanto pensassi, Yelena. Mettere a nanna dodici uomini non è un
santa pace», spiega di lavoro facile. E fare conversazione con un cavallo...» Irys si scostò i capelli dal viso e li trattenne dietro la testa. «Se non fossi stata ad ascoltare, non ti avrei creduto.» Irys si alzò e cominciò a impilare i piatti sul vassoio. «Ciò che hai fatto agli uomini di Cahil sarebbe normalmente considerata un'infrazione al Codice Etico, ma hai agito per autodifesa, pertanto era accettabile.» Tacque per un momento. «Quello che ti ha fatto Roze era una chiara violazione della nostra etica, ma pensava che tu fossi una spia. Il Codice non si applica alle spie: tutti i Sitiani sono concordi a questo proposito. Il Comandante ha conquistato il potere infiltrandosi nella monarchia e usando l'assassinio, così quando viene scoperta una spia Sitia si preoccupa che il Comandante stia cercando di raccogliere informazioni sufficienti per un altro colpo di stato.» Irys raccolse il vassoio con le stoviglie sporche e aggiunse: «Domani ti mostrerò il Mastio e inizierò il tuo addestramento. Ci sono candele e acciarino nell'armadio, se ti serve luce, e c'è della legna da ardere dietro l'edificio per quando viene freddo. Ti ho assegnato all'ala degli apprendisti perché sei troppo anziana per i dormitori del primo anno. E credo che per l'inizio della scuola sarai pronta a unirti al corso degli apprendisti». «Che cos'è?» «Il Mastio ha un corso di studi quinquennale. Gli studenti iniziano il programma circa un anno dopo che raggiungono la pubertà. Di solito attorno ai quattordici anni la loro padronanza della magia è cresciuta a un livello in cui sanno indirizzarla. Ogni anno del corso di studi ha un titolo. Primo anno, novizio, junior, senior e apprendista. Tu sarai al livello di apprendista, ma il tuo piano di studi sarà differente perché devi imparare la nostra storia e la nostra forma di governo.» Irys scosse la testa. «Te lo spiegherò prima che inizino le lezioni. Probabilmente sarai con studenti di diversi livelli, a seconda della materia. Ma adesso non preoccuparti di questo. Perché non disfi i bagagli e non ti sistemi come a casa tua?» Le sue parole mi ricordarono che avevo qualcosa per lei nello zaino. «Irys, aspetta un momento» dissi prima che potesse andarsene. «Mia madre ti ha mandato del profumo.» Affondai la mano nella
santa pace», spiega di sacca. Per un qualche colpo di fortuna, le bottigliette non si erano danneggiate durante il viaggio. Diedi a Irys il profumo di MelaBacca, e posai sul tavolo la mia bottiglietta di Lavanda. Irys mi ringraziò e uscì. Dopo che se ne fu andata, la stanza mi sembrò vuota. Tolto tutto dallo zaino, appesi nell'armadio la mia vecchia uniforme e posai sul tavolo la statuetta di vaimure che avevo comprato per Valek, ma le stanze sembravano ancora nude. Avrei chiesto a Irys di cambiarmi il denaro ixiano. Forse potevo comprare qualche cosuccia per rallegrare quel luogo. In fondo allo zaino trovai la guida da campo di Esaù. Portando una candela in camera da letto, la lessi finché gli occhi non mi si fecero pesanti. Dalle sue ampie annotazioni, pareva che praticamente ogni pianta e albero nella giungla avesse una ragione di esistere. Mi scoprii a desiderare che ci fosse una pagina nella sua guida che recasse la mia immagine, con la motivazione della mia esistenza scritta sotto nella nitida grafia di Esaù. Il mattino seguente, Irys arricciò il naso quando entrò nei miei alloggi. «Forse è meglio che prima ti mostri la casa dei bagni. Manderemo i tuoi vestiti in lavanderia e ne prenderemo di freschi.» Risi. «Puzzo così tanto?» «Sì.» Irys e io ci recammo in un altro edificio di marmo con colonne azzurre tutt'attorno, dove c'erano vasche separate per uomini e donne. Lavarmi via dalla pelle il sudiciume del viaggio fu una sensazione meravigliosa. La responsabile della lavanderia prese i miei abiti strappati e macchiati. Il completo cucito da Nucci, la camicia bianca e i calzoni neri, avevano tutti bisogno di essere rammendati. Presi in prestito una tunica di cotone verde chiaro e calzoni color kaki. Irys mi disse che il Mastio non aveva specifiche regole di vestiario per le lezioni e gli atti quotidiani, mentre gli eventi speciali richiedevano una divisa da apprendista. Dopo che mi fui pettinata e intrecciata i capelli, andammo in refettorio per fare colazione. Guardandomi in giro, riuscii a distinguere uno schema nella disposizione interna. Viali e giardini si
santa pace», spiega di estendevano lungo edifici di marmo di varie forme e dimensioni. Dormitori e alloggi per gli studenti erano disposti ad anello attorno al campus principale. Le scuderie, la lavanderia e i canili coprivano la parete di fondo del Mastio. I cavalli pascolavano in un ampio prato cinto da uno steccato, accanto a un campo di addestramento ovale. Interrogai Irys sulle quattro torri. «Ci vivono i quattro Maestri Maghi.» Indicò quella nell'angolo di nordovest. «Quella è la mia. Quella nell'angolo di nordest vicino alle scuderie è di Zitora Cowan, Terzo Mago. Quella a sudovest è di Roze Pietrapiuma, e quella a sudest di Bain Buonsangue, Secondo Mago.» «E se avete più di quattro Maestri?» «Nella storia del Mastio dei Maghi, non ne abbiamo mai avuti più di quattro. Di meno sì, ma mai di più. Sarebbe un problema se ne avessimo. Le torri sono enormi, per cui ci sarebbero camere in abbondanza da condividere.» Sorrise. Nel refettorio c'erano tre persone. File e file di tavoli vuoti ricoprivano la lunga sala. «Quando comincia la scuola, questi tavoli sono pieni di studenti, insegnanti e maghi. Tutti mangiano qui» spiegò Irys. Mi presentò ai due uomini e alla donna che stavano facendo colazione. Giardinieri in pausa, erano solo una piccola parte della grande forza necessaria a curare il paesaggio verde. Mangiammo, mi misi in tasca una mela per Topaz e Irys mi portò ai propri alloggi. Dopo aver salito quelli che parvero un milione di gradini e aver superato dieci piani di stanze, finalmente arrivammo in cima. Le finestre della camera circolare si estendevano dal pavimento al soffitto. Lunghe tende a pizzi sventolavano nella calda brezza. Divani e cuscini coloratissimi a sfumature di blu, viola e argento decoravano quell'area luminosa. Le pareti erano coperte di scaffali di libri, e nell'aria aleggiava un fresco aroma di agrumi. «La mia sala di meditazione» disse Irys. «L'ambiente perfetto per attingere potere e per imparare.» Gironzolai, guardando fuori. La vista sul Mastio era fantastica e
santa pace», spiega di attraverso le finestre che davano a nordest potevo vedere un infinito susseguirsi di verdi colline punteggiate da minuscoli villaggi. «Quella è parte delle terre del Clan Pietrapiuma» disse Irys seguendo il mio sguardo. Accennò al centro della stanza. «Siediti, cominciamo.» E sedette su un cuscino viola, incrociando le gambe. Io mi appollaiai su un guanciale azzurro di fronte a lei. «Ma il mio archetto...» «Non ne avrai bisogno. Ti insegnerò come attingere potere senza contare sul contatto fisico. La fonte del potere circonda il mondo come una coltre. Tu hai la capacità di prendere un filo da quella tela, attirarlo dentro il tuo corpo e usarlo. Ma non prenderne troppo o raggrinzerai la coperta, deformando la fonte e lasciando alcune aree scoperte e altre con troppa energia. Si dice ci siano luoghi dove nella coltre ci sono fori, aree di energia nulla, ma io non ne ho trovate.» Sentii il suo potere allargarsi da lei come una bolla. Poi Irys sollevò la mano e disse: «Venettaden». Il potere mi investì. I miei muscoli si immobilizzarono, rigidi. La fissai con panico crescente. «Spingilo via» disse lei. Presi in considerazione il mio muro di mattoni, ma sapevo che non c'era paragone con la sua forza. Una volta ancora calai la cortina di marmo e spezzai il flusso di potere. I miei muscoli si rilassarono. «Molto bene» approvò Irys. «Ho preso un filo di energia e gli ho dato la forma di una sfera. Poi, usando una parola e un gesto, l'ho diretta verso di te. Insegniamo agli studenti parole e gesti a scopo di apprendimento, ma in realtà puoi usare qualsiasi cosa tu voglia. Aiuta solo a focalizzare l'energia. E dopo un po' non avrai bisogno di usare le parole per compiere la magia. Diventa istintivo. Adesso è il tuo turno.» «Ma io non so tirare un filo di potere. Semplicemente mi concentro sulla sensazione del legno del mio archetto e poi chissà come la mia mente si distacca e la proietto fuori verso altre menti. Perché questo funziona?»
santa pace», spiega di «La capacità di leggere il pensiero è un altro filo di potere che collega due menti, creando una connessione. Una volta creato il legame, resta lì e riconnettersi è facile. Per esempio, considera il legame tra noi, e tra te e Topaz.» «E Valek» dissi. «Sì, anche Valek. Anche se con la sua immunità alla magia penso che il tuo legame con lui debba essere a un livello subconscio. Gli hai mai letto i pensieri?» «No. Ma non ci ho provato. Non so come, sapevo sempre che cosa stava provando.» «Istinto di sopravvivenza. Ha senso, considerando la sua posizione a Ixia e dal momento che decideva lui quotidianamente se dovevi vivere o morire.» «Quell'istinto mi ha salvato, qualche volta» dissi, ricordando i guai che avevo passato. «Mi trovavo alle strette, e all'improvviso sembrava che un'altra persona avesse preso il controllo del mio corpo, e accadevano cose impossibili.» «Sì, ma adesso tu hai il controllo e puoi far accadere quelle cose.» «Non ne sono così sicura...» Irys alzò la mano. «Basta. Adesso concentrati. Senti il potere. Attiralo a te e trattienilo.» Presi un profondo respiro, e per buona misura chiusi gli occhi. Sentendomi un tantino sciocca, mi concentrai sull'atmosfera attorno a me, cercando di percepire la coltre di energia. Per un po' non accadde nulla. Poi sentii l'aria addensarsi e premermi contro la pelle. Espressi il desiderio che la magia si raccogliesse più vicina. Una volta che la pressione si fece intensa, aprii gli occhi. Irys mi osservava. «Quando lo liberi verso di me, pensa a ciò che vuoi che il potere faccia. Una parola o un gesto aiuteranno, e potranno essere usati come scorciatoia per la prossima volta.» Spinsi il potere e dissi: «In là». Per un momento non successe niente. Poi i suoi occhi si dilatarono per il colpo, e Irys cadde all'indietro.
santa pace», spiega di Corsi da lei. «Mi dispiace.» Lei sbirciò in su. «Questo era strano.» «Strano come?» «Invece di spingermi indietro, la tua magia ha invaso la mia mente, dandomi il comando mentale di cadere.» Irys si risistemò sul cuscino. «Prova di nuovo, ma stavolta pensa al potere come a un oggetto fisico, un muro per esempio, e dirigilo verso di me.» Seguii le istruzioni, ma il risultato fu il medesimo. «È un metodo non ortodosso, ma funziona.» Irys si sistemò dietro l'orecchio una ciocca di capelli vagabonda. «Lavoriamo sulle tue difese. Voglio che tu defletta il mio potere prima che possa avvincerti.» In un rapido movimento indistinto diresse verso di me una palla di energia. «Teatottle.» Balzai indietro e alzai le mani, ma non fui abbastanza rapida. Il mondo girò. Strie di colore rotearono attorno a me prima che potessi erigere le mie difese. Mi ritrovai stesa sulla schiena, guardando su il soffitto inclinato della torre. Un gufo dormiva nel suo nido tra le travi. «Devi tenere sollevate le tue difese per tutto il tempo» disse Irys. «Non vorrai esser colta alla sprovvista. Ma in fondo...» Irys si lisciò la camicetta. «Hai impedito a Roze di entrare nel profondo della tua mente.» Schivai l'argomento. «Che cosa significa Teatottle?» domandai. «È una parola priva di significato» rispose Irys. «L'ho inventata io. Non avrebbe avuto senso avvertirti di ciò che progettavo di fare. Uso queste parole per mosse offensive e difensive. Ma per faccende pratiche come il fuoco o la luce, uso parole reali.» «Posso produrre fuoco?» «Se sei abbastanza forte. Ma è un lavoro stancante. Usare la magia sfinisce, alcuni tipi più di altri. Tu sembri in grado di connetterti con altre menti senza molto sforzo» disse Irys. «Forse è quella la tua specialità.»
santa pace», spiega di «Che cosa intendi per specialità?» «Alcuni maghi sanno fare solo determinate cose. Abbiamo maghi che possono guarire ferite fisiche e altri che sono d'aiuto in un trauma mentale. Alcuni riescono a spostare grossi oggetti, come per esempio statue, mentre altri possono accendere fuochi con minimo sforzo.» Irys giocherellò con le nappine del cuscino. «A volte troverai qualcuno che sa fare due o tre cose, o un talento ibrido come Leif che riesce a percepire l'anima di una persona. In quanto a te, abbiamo scoperto che non solo sai leggere la mente, ma puoi anche influenzare le azioni di una persona o di un animale. Un talento raro. E sono due abilità.» «È questo il limite?» domandai. «No. I Maestri Maghi sanno fare tutto.» «Allora perché Roze si chiama Primo Mago e tu sei Quarto?» Irys mi rivolse un sorriso stanco. «Roze è più forte di me. Sappiamo entrambe accendere fuochi. Ma io so fare solo un fuoco da campo, mentre lei ha la capacità di mettere a fuoco un edificio di due piani.» Pensai a ciò che aveva detto. «Se un mago possiede un solo talento, che cosa fa quando finisce l'addestramento?» «Assegniamo i maghi a diverse cittadine e villaggi, a seconda delle necessità. Cerchiamo di avere un guaritore in ogni città in ogni momento. Altri maghi coprono varie località, viaggiando di luogo in luogo per contribuire a dei progetti.» «Che cosa potrei fare io?» domandai, chiedendomi se esistesse un posto adatto a me. Ma allo stesso tempo non ero sicura di volere un posto utile a Sitia. Irys rise. «È troppo presto per dirlo. Per ora devi imparare a condensare il potere e a usarlo. E a tener sollevate le tue difese.» «Come faccio a tener su il mio muro senza esaurirmi?» «lo immagino il mio muro difensivo, che assomiglia a questa stanza nella torre. Lo faccio solido e forte, e poi lo rendo traslucido così che ci posso vedere attraverso, e infine non ci penso più. Ma quando mi viene diretta contro la magia, la mia barriera si solidifica
santa pace», spiega di e deflette l'attacco ancor prima che la mia coscienza ne sia pienamente consapevole.» Seguii le sue istruzioni e creai nella mia mente una barriera invisibile. Irys la mise alla prova in momenti inattesi per tutta la mattinata, e quella resse. Per il tempo restante mi esercitai a raccogliere potere, ma per quanto intensamente ci provassi la mia magia riusciva ad influenzare due cose soltanto. Irys e il gufo che dormiva tra le travi. La pazienza di Irys mi stupì, e per la prima volta da quando ero arrivata a Sitia osai sperare che padroneggiare i miei poteri potesse essere nelle mie capacità. «Questo era un buon inizio» disse Irys quando arrivò l'ora di pranzo. «Va' a mangiare, e per questo pomeriggio riposati. Lavoreremo al mattino e potrai esercitarti e studiare la sera. Ma oggi devi vedere il Mastro di Stalla e sceglierti un cavallo.» L'avevo sentita bene? «Un cavallo?» «Sì. Tutti i maghi hanno cavalli. Occasionalmente avrai bisogno di recarti da qualche parte in fretta, lo ho dovuto lasciare qui il mio, Seta, durante la missione a Ixia, e quando hai chiamato aiuto ho dovuto farmene prestare uno dal padre di May. Altrimenti come pensi che sarei arrivata qui così presto?» Non ci avevo neppure pensato. Ero così avviluppata nella mia infelicità, all'epoca. Seguendo le istruzioni di Irys, localizzai il refettorio. Pranzai, poi tornai ai miei alloggi dove crollai sul letto e mi addormentai. Quella sera, dopo cena, cercai il Mastro di Stalla. Lo trovai in fondo a un'infilata di stalli, a pulire una sella di cuoio. Era un uomo piccolo e robusto, con selvatici capelli castani che gli ricadevano oltre le spalle come la criniera di un cavallo. Quando alzò lo sguardo a squadrarmi, soffocai il sorriso. «Che cosa vuoi? Non vedi che sono occupato?» domandò. «Sono Yelena. Mi ha mandato Irys.» «Oh, giusto, la nuova allieva. Non so perché Quarto Mago non
santa pace», spiega di ha potuto aspettare che tornassero tutti per cominciare le tue lezioni» borbottò tra sé mentre posava la sella. «Da questa parte.» Mi condusse per la stalla. Topaz sporse la testa dal suo stallo. I suoi grandi occhi marroni apparivano speranzosi. Mela?, domandò. Irys aveva ragione. Mi ricollegai a Topaz senza alcuno sforzo consapevole. O era lui che si era riconnesso con me? Avrei dovuto chiederlo a Irys. Gli diedi la mela che tenevo in tasca. Il Mastro di Stalla si voltò. «Ti sei appena fatta un amico per la vita» disse, sbuffando divertito. «Quel cavallo ama il cibo. Non ho mai visto prima un cavallo prendere un simile piacere nel mangiare. Puoi addestrarlo a fare praticamente qualsiasi cosa per una mentina.» Superammo il fienile diretti al pascolo. Il Mastro di Stalla si appoggiò alla palizzata di legno. Sei cavalli pascolavano nel prato. «Scegline uno. Non fa differenza quale, sono tutti buoni, lo andrò a cercare il tuo istruttore.» «Non insegni tu?» chiesi prima che potesse andarsene. «Non nel bel mezzo della stagione torrida, quando se ne sono andati tutti tranne me» rispose, irritato. «Sono troppo occupato a spalar via letame dagli stalli e a preparare mangime. Ho detto di aspettare, ma Quarto Mago ha voluto farlo subito. Fortuna che uno di miei istruttori è tornato in anticipo.» Borbottò ancora qualcosa dirigendosi verso la scuderia. Studiai i cavalli nel prato. Tre erano marrone scuro come Topaz, due neri, e uno color rame con balze bianche sulle zampe dalle ginocchia in giù. Non sapendo niente di cavalli, supposi che avesse perso il colore. Il cavallo rame e bianco mi guardò.
Tu piaci, disse Topaz. Lei va placido e svelto per Signora-diLavanda. Come faccio a farla venire?, domandai. Mentine. Topaz guardò
amorevolmente una sacca di cuoio appesa accanto al suo stallo. Il Mastro di Stalla era scomparso. Io tornai alla scuderia. Presi due mentine, ne diedi una a Topaz e mi portai l'altra nel campo.
Mostra mentina a Kiki. Tesi la caramella. Kiki lanciò un'occhiata agli altri cavalli, poi si
santa pace», spiega di mosse verso di me. Quando arrivò vicino, vidi che aveva il muso bianco con una macchia marrone attorno all'occhio sinistro. Nei suoi occhi c'era qualcosa di strano. Solo quando lei succhiò la mentina dal mio palmo notai che erano azzurri.
Gratta dietro orecchi, suggerì Topaz. I lunghi orecchi ramati della
giumenta erano tesi in avanti. Mi alzai sulle punte dei piedi e passai le unghie dietro di essi. Kiki abbassò la testa e me la premette contro il petto. «Che cosa pensi, ragazza?» chiesi a voce alta. Non riuscivo a sentirla come Topaz. Mentre le grattavo le orecchie, tirai un filo di energia e proiettai la mia mente verso di lei. Stare con me? Lei mi diede un buffetto col naso. Sì. Percepii il piacere di Topaz. Noi andiamo placido e svelto
insieme.
Sobbalzai quando udii il Mastro di Stalla dietro di me. «Ne hai già trovato uno?» chiese. Annuii senza guardarlo. «Questo qui è arrivato dalle pianure» disse. «Ottima scelta.» «Dovrà sceglierne un altro» disse una voce familiare. Mi voltai. La paura si rigirò nel mio stomaco. Cahil stava accanto al Mastro di Stalla. «E perché dovrei?» domandai. Lui fece un sorrisetto. «Perché io sono il tuo istruttore.»
santa pace», spiega di
Capitolo 7 «No» dissi io. «Tu non sarai il mio istruttore.» «Non hai scelta» replicò il Mastro di Stalla. Lanciò un'occhiata a Cahil, poi a me, con aria perplessa. «Non c'è nessun altro e Quarto Mago insiste perché tu inizi subito.» «Che ne dici se ti aiuto a spazzare gli stalli e a nutrire i cavalli? Avrai tempo di insegnarmi, allora?» chiesi al Mastro di Stalla. «Giovane signora, tu hai già abbastanza da fare. Spazzerai il letame e ti occuperai del tuo cavallo, e intanto studierai le tue lezioni. Cahil è un topo di stalla da quando aveva sei anni. Nessuno, tranne me...» Sogghignò. «... ne sa di più sui cavalli.» Mi misi le mani sui fianchi. «Ottimo. A patto che sui cavalli sappia più di quanto non sappia sulle persone.» Cahil si irrigidì. Bene. «Però tengo questo cavallo» dissi. «Lei ha un leucoma» disse Cahil. «Un cosa?» domandai. «Ha gli occhi azzurri. Il che porta male. Ed è stata allevata dal Clan Semedisabbia. I loro animali sono difficili da addestrare.» Kiki sbuffò contro Cahil. Ragazzo Meschino. «Una sciocca superstizione e una reputazione ingiusta. Cahil, dovresti essere più accorto» disse il Mastro di Stalla. «È un cavallo ottimo. Qualsiasi cosa ci sia fra te e Yelena, dovrete sbrigarvela da voi. lo non ho tempo per farvi da balia.» Con ciò si allontanò a grandi passi, ancora una volta borbottando tra sé. Cahil e io ci squadrammo per un po' finché Kiki non mi spinse il braccio, cercando mentine. «Mi dispiace, ragazza, non ne ho più» dissi, tendendo la mano vuota. Lei scrollò la testa e riprese a brucare. Cahil mi fissò. Incrociai le braccia sul petto, ma parvero una barriera inadeguata tra noi. Avrei preferito spesse pareti di marmo.
santa pace», spiega di Lui si era cambiato gli abiti da viaggio con una semplice camicia bianca e brache aderenti da cavallerizzo, anche se portava ancora gli stivali di cuoio nero da equitazione. «Dovrai scontare per tutta la vita la tua decisione sul cavallo. Ma se hai intenzione di scontrarti con me ogni volta che cerco di insegnarti qualcosa, fammelo sapere adesso e non sprecherò il mio tempo.» «Irys vuole che impari, dunque imparerò.» Lui parve soddisfatto. «Bene. La prima lezione comincia adesso.» Si arrampicò sulla palizzata del pascolo. «Prima di imparare a montare un cavallo, devi sapere tutto di lui, dall'aspetto fisico a quello emotivo.» Cahil schioccò la lingua rivolto a Kiki, e quando lei lo ignorò, le si accostò. Appena lui le arrivò a lato lei si voltò, facendolo cadere dandogli uno spintone col didietro. Mi morsi il labbro per impedirmi di ridere. Ogni volta che lui cercava di avvicinarsi, Kiki o si allontanava o gli cozzava contro. La faccia rossa di frustrazione, Cahil infine disse: «All'inferno. Vado a prendere una cavezza». «Hai ferito i suoi sentimenti quando hai detto che portava sfortuna» spiegai. «Collaborerà se le chiedi scusa.» «E tu come lo sai?» domandò Cahil. «Lo so e basta.» «Non sapevi nemmeno smontare da cavallo. Non sono così stupido» ribatté lui. Quando fece per scavalcare la palizzata, io dissi: «Lo so nello stesso modo in cui sapevo che Topaz voleva i biscottini al latte e avena». Cahil si fermò, in attesa. Sospirai. «Topaz mi ha detto che voleva quei dolcetti. Mi ero collegata con la sua mente per puro caso, così gli ho chiesto di prendere un'andatura più morbida perché mi faceva male il didietro. È lo stesso con Kiki.» Cahil si tirò la barba. «Primo Mago l'aveva detto che avevi grandi
santa pace», spiega di poteri magici. Immagino che avrei dovuto accorgermene prima, solo che ero troppo concentrato sulla faccenda della spia.» Mi guardò come se mi notasse per la prima volta. Per un secondo pensai di aver scorto del freddo calcolo scorrere negli occhi celesti di Cahil, ma scomparve, lasciandomi a chiedermi se l'avessi poi visto davvero. «Kiki è il suo nome?» domandò lui. Annuii. Cahil tornò da Kiki e si scusò. Provai un improvviso, piccato dispetto. Avrebbe dovuto chiedere scusa a me per tutto il dolore che aveva provocato.
Spingo Ragazzo Meschino?, chiese Kiki. No. Sii gentile. Lui mi insegnerà ad aver cura di te. Cahil mi accennò di raggiungerlo accanto a Kiki. Mi arrampicai per scavalcare la palizzata. Mentre Kiki stava ferma sul posto, Cahil mi tenne una lezioncina sulle diverse parti del suo corpo, indicandole. Cominciando dal muso, non si interruppe finché non le ebbe sollevato lo zoccolo posteriore destro mostrandomene il lato inferiore. «Stessa ora domani» disse, concludendo la lezione. «Mi trovi nella scuderia. Vedremo come si accudiscono i cavalli.» Prima che potesse dirigersi di nuovo al fienile, lo fermai. Adesso che non ero più irritata all'idea che fosse lui il mio istruttore, mi chiedevo come mai fosse lì. «Perché mi stai insegnando? Pensavo che la tua campagna per riavere il trono di Ixia prendesse gran parte del tuo tempo.» Consapevole di cosa pensassi della sua impresa, Cahil mi scrutò, cercando tracce di sarcasmo. «Finché non ricevo il pieno sostegno del Consiglio sitiano, posso fare solo questo» disse. «Inoltre, mi serve denaro. La maggior parte dei miei uomini sono assunti al Mastio come guardie o giardinieri, a seconda di cosa serve.» Si asciugò le mani sui calzoni, fissando i cavalli al pascolo. «Quando il Mastio è in pausa durante la stagione torrida, concentro tutti i miei sforzi a raccogliere sostegno. Speravo che quest'anno finalmente il Consiglio si sarebbe schierato.» Mi
santa pace», spiega di guardò. «Ma la cosa non si è risolta. Così sono di nuovo al lavoro e di nuovo a implorare il Consiglio di inserirmi nell'ordine del giorno della prossima seduta.» Si accigliò e scosse il capo. «Domani, allora?» «Domani.» Osservai Cahil mentre si dirigeva alle scuderie. Aveva fatto conto sulla cattura di una spia ixiana per influenzare il Consiglio. Mi chiesi che cosa avrebbe tentato poi. Kiki mi spinse il braccio e io la grattai dietro le orecchie prima di tornare ai miei alloggi. Dopo aver frugato in cerca di carta, sedetti allo scrittoio e tracciai un rozzo schizzo di un cavallo. Contrassegnai con il loro nome le parti che riuscivo a ricordare. Topaz e Kiki mi aiutarono con il resto. Il legame che avevo stabilito con i due animali era strano, eppure consolante. Era come se fossimo tutti nella stessa stanza, svolgendo compiti differenti e badando ciascuno agli affari propri e nutrendo i propri pensieri privati. Ma quando uno di noi parlava direttamente all'altro, lo sentivamo. Avevo solo da pensare a Kiki, e i suoi pensieri riempivano la mia mente. Lo stesso succedeva con Irys. Non avevo bisogno di attingere potere e proiettarlo verso Irys. Tutto quel che dovevo fare era pensare a lei. Nel corso della settimana seguente, le mie giornate presero un ritmo ordinato: mattinate passate con Irys a imparare la magia, pomeriggi trascorsi a fare un sonnellino, a studiare e a esercitarmi nelle tecniche di autodifesa. Le sere le passavo con Cahil e Kiki. Quando mi muovevo per il campus, tenevo un occhio vigile nel caso fosse in vista Goel. Non avevo dimenticato la sua minaccia. Non molto dopo aver iniziato il mio addestramento magico, Irys cominciò a testarmi in cerca di altre capacità. «Vediamo se riesci ad appiccare il fuoco» disse un mattino. «Stavolta, quando attiri a te il potere, voglio che ti concentri sull'accendere questa candela.» Posò un candeliere davanti a me. «Come?» chiesi, sedendomi ritta. Ero mezza sdraiata sui cuscini nella sua stanza nella torre, pensando a Kiki. Era trascorsa una settimana e ancora non l'avevo cavalcata. Fino a quel momento, Cahil aveva passato ogni lezione a istruirmi sulla cura del cavallo e i
santa pace», spiega di finimenti. Che uomo pedante. «Pensa a una singola fiamma davanti a te prima di indirizzare la tua magia.» Irys mi mostrò come si faceva. «Fuoco» disse. La candela si accese e bruciò prima che lei vi soffiasse sopra. «Ora tocca a te.» Mi concentrai sullo stoppino della candela, formando un'immagine di fiamma nella mia mente. Spingendo potere magico verso la candela, espressi la volontà che si accendesse. Non accadde niente. Irys emise un suono strangolato e la candela arse. «Stai dirigendo la tua magia verso la candela?» «Sì. Perché?» «Mi hai appena ordinato di accendere la candela per te» disse Irys con esasperazione. «E io l'ho fatto!» «Questo è male?» «No. Spero tu sappia come accendere un fuoco nella maniera comune, perché finora sembra non faccia parte delle tue capacità magiche. Proviamo qualcos'altro.» Tentai di muovere un oggetto, senza alcun successo. A meno che indurre Irys a farlo per me si potesse considerare un'abilità magica. Lei sollevò le proprie difese mentali, bloccando il mio influsso. «Prova di nuovo. Stavolta concentrati per mantenere il controllo.» Mentre attingevo potere, Irys mi lanciò addosso un cuscino. Il guanciale mi colpì nello stomaco. «Ehi!» «Avresti dovuto defletterlo con la magia. Riprova.» Al termine della seduta, fui contenta che Irys avesse scelto un cuscino, altrimenti sarei stata coperta di lividi. «Credo che tu abbia soltanto bisogno di esercitare il tuo controllo» disse Irys al termine della lezione, rifiutando di darsi per vinta. «Prenditi un po' di riposo. Farai meglio domani.» Prima di andarmene le chiesi una cosa che avevo in mente da vari giorni. «Irys, posso vedere di più della Cittadella? E avrei bisogno di cambiare le mie monete ixiane con quelle sitiane per potermi comprare dei vestiti e degli oggetti. C'è un mercato?»
santa pace», spiega di «Sì, ma è aperto solo un giorno alla settimana durante la stagione torrida.» Tacque un momento, meditando. «Ti darò un giorno libero quando c'è il mercato. Niente lezioni. Potrai esplorare la Cittadella o fare qualsiasi altra cosa tu voglia. Sarà aperto fra due giorni. Nel frattempo ti cambierò il denaro.» Irys non poteva perdere l'occasione di impartirmi una lezioncina sullo spendere con oculatezza. «Le tue spese sono coperte finché sei al Mastio. Ma una volta diplomata, dovrai provvedere a te stessa. Avrai il tuo stipendio di mago, ovviamente» aggiunse. «Ma non buttar via il denaro.» Sorrise per alleggerire la reprimenda. «Non ci piace incoraggiare i mendicanti.» L'immagine del ragazzino sudicio mi si affacciò alla mente. «Perché loro non hanno denaro?» domandai. «Alcuni sono pigri e preferiscono mendicare anziché lavorare. Altri sono inabili al lavoro a causa di problemi fisici o mentali. I guaritori possono fare fino a un certo punto. E alcuni, infine, giocano d'azzardo oppure spendono il loro denaro più in fretta di quanto riescano a guadagnarlo.» «E riguardo ai bambini?» «Fuggiti di casa, orfani, o prole dei senza dimora. La stagione torrida è il periodo peggiore per loro. Una volta che comincia la scuola e la Cittadella si ripopola, ci sono posti dove possono andare per avere cibo e riparo.» Irys mi toccò la spalla. «Non preoccuparti per loro, Yelena.» Rimuginai sui consigli di Irys mentre tornavo ai miei alloggi. Quella sera, mentre mi insegnava a sellare Kiki e a metterle le briglie dentro il suo stallo nel fienile, Cahil chiese: «Che ti è preso? Mi scatti contro da tutta la sera».
Signora-di-Lavanda turbata, concordò Kiki. Inalai un profondo respiro, preparandomi a scusarmi, ma invece un involontario torrente di parole si riversò dalla mia bocca. «Tu vuoi Ixia così da poter essere re. Così da poter raccogliere tasse, sedere su un trono e portare una corona di gemme mentre il popolo soffre come soffriva sotto tuo zio. Così che i tuoi scagnozzi come Goel possano uccidere bambini innocenti quando i loro genitori non
santa pace», spiega di pagheranno le tasse per i tuoi raffinati vestiti di seta, o possano uccidere i genitori lasciando i figli senza casa e mendicanti.» Il mio sfogo terminò repentinamente com'era iniziato. Cahil restò a bocca aperta per lo stupore, ma si riprese presto. «Non è questo che voglio» dichiarò, «lo voglio aiutare il popolo di Ixia. Perché abbia la libertà di indossare gli abiti che vuole anziché essere costretto a portare uniformi. Perché chiunque possa sposare chi desidera senza dover chiedere una licenza al Generale del proprio distretto. Perché possa vivere ovunque voglia, perfino a Sitia. Voglio la corona per liberare Ixia dalla dittatura militare.» Le sue motivazioni suonavano superficiali. Il popolo sarebbe stato davvero più libero con lui come governante? Non credevo che la sua risposta fosse il motivo reale. «Che cosa ti fa pensare che il popolo ixiano voglia che tu lo liberi? Nessun governo è perfetto. Ti è mai venuto in mente che gli Ixiani potrebbero essere contenti sotto il dominio del Comandante?» domandai. «Tu eri contenta della tua vita su al nord?» ribatté Cahil. Una certa tensione teneva il suo corpo rigido mentre attendeva la mia risposta. «lo ho vissuto in circostanze insolite.» «Cioè?» «Non sono affari tuoi.» «Lasciami indovinare...» disse Cahil in tono di superiorità. Fui costretta ad afferrarmi le braccia per non prenderlo a pugni. «Un bambino con poteri magici rapito dalle terre del sud? Questo è insolito, lo ammetto. Ma credi di essere stata la prima persona che Quarto Mago ha dovuto liberare? Anche i nordici nascono con poteri magici. Mio zio, per esempio, era un Maestro Mago. E tu sai che cosa fa il Comandante a chiunque venga scoperto con il potere.» Le parole di Valek mi echeggiarono nella mente. Chiunque entro il Territorio di Ixia fosse scoperto in possesso di poteri magici veniva ucciso. Tuttavia, i maghi potevano anche essere proibiti a Ixia, ma il resto dei cittadini aveva tutto ciò di cui aveva bisogno. «Noi non siamo così diversi, Yelena. Tu sei nata a Sitia e cresciuta a Ixia, io sono un ixiano allevato a Sitia. Tu sei tornata a casa, lo sto
santa pace», spiega di solo cercando di trovare la mia.» Aprii la bocca per ribattere, ma la chiusi di scatto quando Irys mi parlò nella mente. Yelena, vieni in infermeria immediatamente.
Tutto a posto?, domandai. lo sto bene. Vieni e basta. Dov'è l'infermeria? Fattelo spiegare da Cahil. Poi le sue energie magiche si ritrassero. Dissi a Cahil che cosa chiedeva Irys. Senza esitazione lui tolse la sella e la briglia a Kiki. Le appendemmo nella stanza dei finimenti prima di dirigerci al centro del Mastio. Dovetti correre per stare al passo con lui. «Ha detto di che cosa si trattava?» mi domandò da sopra la spalla. «No.» Poco dopo entrammo in un edificio a un solo piano. Le pareti di marmo erano di un rilassante azzurro pallido che faceva pensare al ghiaccio. Un giovane in uniforme bianca si muoveva in quello spazio accendendo lanterne. Era ormai il tramonto e i raggi del sole avevano cominciato a sparire, per quel giorno. «Dov'è Irys?» domandai al giovane. Lui mi fissò perplesso. Cahil precisò: «Quarto Mago». «È con il Guaritore Hayes» rispose il giovane, e visto che noi non ci muovemmo indicò un lungo corridoio. «In fondo all'ingresso. Quinta porta a sinistra.» «Pochi la chiamano Irys» spiegò Cahil mentre ci affrettavamo giù per il passaggio deserto. Ci arrestammo alla quinta porta. Era chiusa. «Entra» disse Irys prima che potessi bussare. Aprii la porta. Irys stava accanto a un uomo vestito di bianco. Il Guaritore Hayes, forse. Una sagoma giaceva sotto un lenzuolo steso su un letto al centro della stanza, il viso avvolto in bende. Leif stava rattrappito su una sedia nell'angolo della camera, con
santa pace», spiega di espressione inorridita. Quando mi scorse domandò: «Che cosa ci fa lei qui?». «Le ho chiesto io di venire. Potrebbe essere d'aiuto» rispose Irys. «Che cosa succede?» domandai. «Tula è stata trovata a Booruby mezza morta. La sua mente è fuggita, e non riusciamo a raggiungerla» spiegò Irys. «Abbiamo bisogno di scoprire chi le ha fatto questo.» «lo non riesco a sentirla» disse Leif. «Gli altri Maestri Maghi non possono raggiungerla. Se n'è andata, Quarto Mago. Stai solo sprecando tempo.» «Che cosa le è successo?» chiese Cahil. «Picchiata, torturata, stuprata» elencò il guaritore. «Nomina qualcosa di orribile, e probabilmente le è stato inflitto.» «Ed è stata fortunata» aggiunse Irys. «Come puoi chiamarlo una fortuna?» domandò Cahil, l'indignazione evidente nell'improvvisa rigidità delle spalle, nel tono stridente della sua voce. «È riuscita a fuggire, viva» ribatté Irys. «Nessuna delle altre è stata così fortunata.» «Quante?» domandai, senza volerlo realmente sapere, ma incapace di fermare le parole. «Lei è l'undicesima vittima. Le altre sono state tutte trovate morte, brutalizzate nella stessa maniera.» Un'espressione di disgusto segnò il viso di Irys. «Come posso essere d'aiuto?» domandai. «La guarigione mentale è il mio potere più forte, tuttavia tu hai raggiunto il Comandante e l'hai riportato indietro quando io non ci sono riuscita» rispose Quarto Mago. «Che cosa?» gridò Cahil. «Tu hai aiutato il Comandante Ambrose?» Il suo sdegno si concentrò su di me. Lo ignorai. «Ma io conoscevo il Comandante. Avevo un'idea di dove cercare» spiegai a Irys. «Non sono sicura di poterti aiutare.»
santa pace», spiega di «Prova comunque. I corpi sono stati scoperti in differenti città sitiane. Non siamo riusciti a trovare un movente per gli omicidi e non abbiamo sospetti. Dobbiamo prendere quel mostro.» Irys si tirò i capelli. «Disgraziatamente, questo è il genere di situazione che sarai chiamata a trattare quando diventerai un mago. Considera questa un'esperienza istruttiva.» Mi avvicinai al letto. «Posso tenerle la mano?» chiesi al guaritore. Lui annuì e tirò indietro il lenzuolo, scoprendo il torace della ragazza. Tra i bendaggi inzuppati di sangue, la sua pelle appariva come carne cruda. Cahil imprecò. Lanciai un'occhiata a Leif; il suo viso restò girato verso il muro. Steccato con asticelle di legno, ogni singolo dito della ragazza doveva essere stato rotto. Le presi delicatamente la mano, accarezzandole il palmo con le punte delle dita. Attirando a me un filo di potere, chiusi gli occhi e proiettai la mia energia verso di lei. La sua mente comunicava un senso di abbandono. La sensazione che fosse fuggita e non sarebbe mai tornata colmava il vuoto. Grigi intangibili spettri fluttuavano nella sua mente. A un esame più ravvicinato, ogni spettro rappresentava il ricordo di uno specifico orrore che Tula aveva subito. Le facce degli spettri si contorcevano di dolore, terrore e paura. Crude emozioni cominciarono a penetrarmi nella carne. Cacciai via i fantasmi, concentrandomi sulla necessità di trovare la vera Tula, che con ogni probabilità si stava nascondendo da qualche parte dove quegli orrori non potevano raggiungerla. Provai una sensazione lungo le braccia, come se delle lunghe erbe mi solleticassero la pelle. Il pulito odore terrestre di un prato coperto di rugiada aleggiava nell'aria, ma non potei tracciarne la provenienza. Cercai fino a quando la mia energia si esaurì e non riuscii più a mantenere il contatto. Alla fine aprii gli occhi. Ero seduta sul pavimento con la mano della ragazza ancora racchiusa nella mia. «Mi dispiace. Non riesco a trovarla» dissi. «Vi avevo detto che era tempo sprecato» disse Leif. Si alzò dal suo angolo. «Che cosa vi aspettavate da una settentrionale?» «Per esempio puoi aspettarti che non mi arrenda facilmente come
santa pace», spiega di hai fatto tu» gli gridai dietro prima che uscisse a grandi passi dalla stanza. Guardai accigliata la sua sagoma che si ritirava. Doveva esserci un altro modo per svegliare Tula. Il guaritore prese la mano della ragazza dalla mia e la infilò di nuovo sotto il lenzuolo. Rimasi seduta sul pavimento mentre lui e Irys discutevano delle condizioni della ragazza. Il suo corpo sarebbe guarito, pensavano, ma lei probabilmente non avrebbe mai ripreso conoscenza. Sembrava quasi che sarebbe rimasta priva di mente come i bambini che Reyad e Mogkan avevano creato a Ixia quando avevano prosciugato il loro potere magico, lasciandosi dietro nient'altro che vuoti corpi senz'anima. Rabbrividii a! ricordo di come quei due uomini malvagi avessero cercato di spezzarmi. Riportai la mente a Tula. Come avevo trovato il Comandante? Lui si era ritirato nel luogo del suo più grande successo. Il luogo dove si era sentito più felice e dove aveva avuto il completo controllo sulla propria vita. «Irys» li interruppi. «Dimmi tutto ciò che sai su Tula.» Lei rifletté per un momento. Potevo vedere le domande sull'orlo delle sue labbra.
Fidati di me, le trasmisi. «Non è molto. La sua famiglia gestisce una proficua fabbrica di vetro appena fuori Booruby» rispose Irys. «Questa è la stagione più impegnativa per loro, così tengono le fornaci accese per tutto il tempo. Tula stava sorvegliando il fuoco durante la notte. Il mattino seguente, quando suo padre andò al lavoro, i carboni erano freddi e Tula scomparsa. La cercarono per parecchi giorni. Fu finalmente trovata dodici giorni dopo in un campo coltivato, in fin di vita. Il nostro guaritore a Booruby ha curato le sue ferite fisiche. Ma la sua mente era irraggiungibile, così l'hanno mandata qui da me.» Il disappunto le traspariva dal viso. «Tula ha fratelli o sorelle?» chiesi. «Parecchi. Perché?» Riflettei intensamente. «Qualcuno di età prossima alla sua?»
santa pace», spiega di «Credo una sorella più piccola.» «Più piccola quanto?» «Non molto. Un anno e mezzo, forse» valutò Irys. «Puoi portare qui sua sorella?» «Perché?» «Con il suo aiuto, potrei essere in grado di riportare indietro Tula.» «Invierò un messaggio.» Irys si rivolse al guaritore. «Hayes, fammi sapere se ci sono cambiamenti nelle condizioni di Tula.» Hayes annuì e Irys si diresse verso la porta. Cahil e io la seguimmo. Lui non disse niente mentre lasciavamo l'infermeria e uscivamo nel crepuscolo. Dopo il tramonto, l'aria rinfrescava e una debole brezza mi accarezzava il viso. Aspirai la freschezza, cercando di diluire l'odore amaro dell'orrore della ragazza. «Che supponenza» disse Cahil lanciandomi un'occhiata. «Pensare di poterla raggiungere quando un Maestro Mago non ci è riuscito.» E si allontanò a grandi falcate. «Che stupidità» gridai dietro la sua sagoma che si allontanava. «Arrendersi prima che siano state tentate tutte le soluzioni possibili.» Cahil continuò a camminare senza reagire ai miei commenti. Bene. Mi aveva dato un'altra ragione per provare che lui era in torto.
santa pace», spiega di
Capitolo 8 Sogni dell'orrenda ordalia di Tula mi turbinarono nella mente quella notte. Ancora e ancora, combattei i suoi demoni finché, alla fine, non si trasformarono nella faccia beffarda del mio stesso demone. Vividi ricordi delle torture e dello stupro che avevo subito per mano di Reyad turbarono il mio sonno. Mi svegliai urlando. Il cuore mi martellava contro la cassa toracica. La camicia da notte era intrisa di sudore. Mi asciugai il viso, mettendo a fuoco la realtà. Doveva esserci un modo per aiutare Tula. Completamente sveglia, mi vestii e andai in infermeria. Nella camera di Tula, il Guaritore Hayes era accasciato mezzo addormentato su una sedia. Si rizzò quando mi avvicinai al letto. «Qualcosa non va?» domandò. «No. Volevo...» Cercai la spiegazione esatta. «Passare un po' di tempo con lei.» Lui sbadigliò. «Male non può fare, e a me potrebbe giovare un po' di riposo. Sarò nel mio ufficio in fondo al corridoio. Svegliami se c'è qualche cambiamento.» Sedetti sulla sedia di Hayes e presi la mano di Tula. Ristabilendo il nostro legame, entrai di nuovo nella sua mente vacua. Gli spettri dei suoi orrori mi sfrecciavano accanto. Li esaminai, in cerca di punti deboli. Quando Tula fosse tornata, avrebbe dovuto vedersela con ciascuno di quegli spettri, e io progettavo di aiutarla a scacciarli. Irys mi svegliò il mattino seguente. Avevo appoggiato la testa sul bordo del letto di Tula. «Sei stata qui tutta la notte?» chiese. «Solo metà» sorrisi, strofinandomi gli occhi. «Non riuscivo a dormire.» «Lo capisco fin troppo bene.» Irys lisciò le lenzuola sul letto della ragazza. «In effetti, non riesco a star qui a far niente. Andrò a prendere io stessa la sorella di Tula. Bain Buonsangue, Secondo Mago, ha acconsentito a proseguire il tuo addestramento mentre io
santa pace», spiega di sono via. Di solito insegna storia, e ama impartire lezioni su maghi famosi o infami.» Irys sorrise. «Ti darà una tonnellata di libri da leggere, e ti interrogherà su di essi, dunque assicurati di finire tutti i tuoi compiti.» Hayes entrò nella cameretta. «Novità?» Scossi la testa. Quando cominciò a cambiare le fasciature di Tula, Irys e io lasciammo la stanza. «Partirò stamattina» annunciò Irys. «Prima di andare ti presenterò a Bain.» La seguii fuori dall'infermeria. Ci dirigemmo verso il grosso edificio con i blocchi di marmo pesca e giallo che era situato all'opposto dell'ingresso del Mastio. La struttura ospitava uffici per il personale amministrativo del Mastio. Conteneva sale di varie dimensioni per conferenze e per riunioni, e un ufficio per ogni Maestro Mago. Secondo Irys, i Maestri preferivano incontrarsi con gli esterni e con il personale in quelle stanze piuttosto che nelle loro torri. Irys mi condusse in una piccola sala. Quattro persone si accalcavano sopra una mappa che era spiegata su un tavolo. Altre mappe e cartine erano appese alle pareti. Dei quattro riconobbi Roze Pietrapiuma e Leif. Roze portava un altro abito lungo blu, e Leif aveva il suo solito cipiglio. Accanto a loro stavano un uomo di mezza età con una palandrana azzurro mare e una giovane donna dai capelli intrecciati. Irys mi presentò all'uomo. Aveva ricci capelli bianchi che gli si rizzavano con strane angolazioni. «Bain, questa è Yelena, tua allieva per la prossima settimana o poco più.» «La ragazza che hai recuperato dal nord?» Mi strinse la mano. «Strana missione, quella.»
Una missione fallita, i freddi pensieri di Roze mi trafissero la mente. Yelena avrebbe dovuto essere uccisa, non recuperata. E troppo vecchia per imparare.
santa pace», spiega di Yelena è collegata con me. Può udire i tuoi pensieri. L'irritazione
di Irys era palese.
Roze mi squadrò con i suoi occhi d'ambra. Non me ne importa
niente.
Senza batter ciglio, ricambiai lo sguardo. Errore tuo. Irys si frappose tra di noi, interrompendo il contatto di sguardi. «E questa è Zitora Cowan, Terzo Mago» disse accennando alla donna giovane. Le trecce castano miele di Zitora le arrivavano alla vita. Invece di stringermi la mano, mi abbracciò. «Benvenuta, Yelena» disse. «Irys dice che potresti essere in grado di aiutarci a trovare l'aggressore di Tula.» «Ci proverò» risposi. «Tula è del mio clan, dunque apprezzerei qualsiasi cosa tu possa fare per aiutarla.» I chiari occhi gialli di Zitora scintillavano di lacrime. Si voltò. «Come puoi vedere» disse Bain indicando il contenuto della sala, «stiamo cercando di individuare i metodi e le modalità di questo assassino. Un tipo molto abile e astuto. Disgraziatamente è tutto quello che sappiamo. Forse occhi freschi potranno cogliere qualcosa che a noi è sfuggito.» Bain indicò la mappa sul tavolo. «Lei non dovrebbe essere qui» decretò Leif. «Non sa niente di questo.» Prima che Irys potesse parlare in mia difesa, replicai: «Hai ragione, Leif, non ci ho avuto a che fare perché un assassino come quello non sarebbe sopravvissuto a lungo a Ixia». «Perché allora non torni di corsa dal tuo prezioso Comandante, nella tua perfetta Ixia, e non tieni il naso fuori dai nostri affari? » sbottò Leif, sputandomi addosso le parole. Presi fiato per controbattere, ma Irys mi posò sulla manica una mano ammonitrice. «Yelena, Leif, basta così» intimò. «State sprecando tempo. Catturare al più presto questo assassino è di vitale importanza.» Abbassai gli occhi sulla mappa. Le terre sitiane erano divise in
santa pace», spiega di undici territori, uno per ciascun clan. Erano segnate le posizioni di città e villaggi, come pure i luoghi dov'erano state trovate le altre ragazze. Alcune cittadine avevano due vittime, mentre altre non ne avevano nessuna. Non riuscii a intuire uno schema. «L'unica costante era nelle vittime» spiegò Bain. «Erano tutte femmine nubili tra i quindici e i sedici anni. Tutte sono scomparse approssimativamente per dodici, quattordici giorni. Tutte sono state rapite durante la notte. Alcune sono state addirittura strappate dalla stessa stanza da letto che dividevano con le sorelle. E mai dei testimoni. Nessuno.» La mia iniziale sensazione di pancia indicava che nei rapimenti era coinvolta la magia, ma non volevo dirlo davanti a quattro Maestri Maghi. «Abbiamo preso in considerazione un mago pervertito» disse Irys. «E anche se abbiamo verificato gli alibi di quelli che si sono diplomati nella nostra scuola, non siamo in grado di interrogare quelli che hanno poteri ad artificio unico.» «Artificio unico?» domandai. «Alcuni possiedono magia appena sufficiente per fare un'unica cosa, come accendere una candela, ma sono incapaci di usare il loro potere per alcunché d'altro» spiegò Irys. «Quelli ad artificio unico non vengono al Mastio, ma normalmente usano il proprio dono in modi benefici. Alcuni tuttavia impiegano la propria capacità nel crimine, in massima parte crimini minori. È possibile che l'artificio unico di questo assassino sia rendersi invisibile, oppure riuscire a camminare senza far rumore. Qualcosa che gli dia vantaggio quando rapisce una ragazza.» Il viso di Irys si indurì in un'espressione di grave determinazione. Un'espressione che riconobbi con un senso di nausea nel profondo dello stomaco. L'aveva quando aveva cercato di uccidermi a Ixia. «Ma solo per il momento» promise. «Non abbiamo escluso un mago pervertito» disse Bain. «La storia ne è piena. E includo la storia recente.» Mi fece un cenno con il capo. «Un giorno devi raccontarmi delle malefatte di Kangom a Ixia, e di come è andato incontro alla sua fine. Vorrei aggiungere questa
santa pace», spiega di pazzia ai libri di storia.» Dapprima confusa, mi ci volle un momento per ricordare che Kangom aveva cambiato il proprio nome in Mogkan fuggendo a Ixia. «A proposito di libri» aggiunse Bain, «ne ho alcuni per te nel mio ufficio.» Si volse verso Roze. «Abbiamo finito, qui?» Lei fece un brusco cenno d'assenso. Gli altri maghi fecero per andarsene, ma Zitora restò presso il tavolo, trascinando un dito sulla mappa di Sitia. «Irys?» chiamò. «Hai segnato il punto di ritrovamento di Tula?» «No.» Irys afferrò un calamo e lo immerse in una bottiglietta di inchiostro rosso. «Con tutto il trambusto, me ne sono dimenticata.» Tracciò un segno sulla mappa e si ritrasse. «Sarò di ritorno entro dieci giorni. Per favore, avvisatemi se accade qualcosa. Yelena, continua a esercitarti nel controllo dei tuoi poteri.» «Sissignora» risposi. Irys sorrise, poi lasciò la sala. Lanciai un'occhiata alla mappa per vedere quanto fosse lontana Booruby dalla Cittadella. L'inchiostro rosso non si era ancora seccato. La cittadina di Tula si trovava al confine occidentale delle Pianure Avibiane. Avevo creduto che il capitano Marrok esagerasse quando aveva detto che le pianure erano enormi, ma la mappa mostrava che le piane dominavano il paesaggio orientale di Sitia. Quando il mio occhio colse gli altri punti rossi, dovetti emettere un'esclamazione perché Zitora mi serrò il braccio. «Che c'è?» chiese. «Uno schema. Vedi?» Indicai la mappa. «Tutti i segni sono vicini al confine delle Pianure Avibiane.» Gli altri tornarono al tavolo. «Occhi freschi» commentò Bain, annuendo tra sé. «È evidente, ora che la mappa è stata aggiornata» disse Roze. Il dispetto le rendeva la voce tagliente. «Qualcuno ha cercato nelle pianure quando le ragazze erano
santa pace», spiega di scomparse?» domandai. «Nessuno va nelle pianure» rispose Zitora. «Il Clan Semedisabbia non ama i visitatori, e la loro strana magia può confondere la mente. È meglio girar loro alla larga.» «Solo gli Zaltana sono bene accolti dai Semedisabbia» aggiunse Roze. «Forse Yelena e Leif potrebbero fare loro visita e scoprire se c'è qualcosa che non va.» «Non c'è fretta» disse Bain. «Meglio aspettare finché Irys non torna con la sorella di Tula. Se Tula si sveglia e identifica il suo aggressore, avremo un vantaggio.» «E se un'altra ragazza scomparisse nel frattempo?» chiese Leif. Il suo cipiglio si era intensificato, e lui pareva turbato, o dal pensiero di un'altra vittima o dalla prospettiva di viaggiare di nuovo con me. «Allora, bene accolti o no, invieremo investigatori armati nelle pianure» disse Bain. «Ma potrebbe essere troppo tardi» obiettai io. «Abbiamo un po' di tempo.» Zitora si tirò una delle trecce. «Questo è stato un altro schema che siamo riusciti a discernere. Tiene le vittime per due settimane, e poi aspetta quattro settimane prima di cercarne una nuova.» Il pensiero di un'altra vittima mi colmò di timore e condusse a un orribile scenario. «E se viene al Mastio per finire ciò che ha cominciato? Tula potrebbe essere in pericolo!» «Che venga.» La voce di Roze si fece gelida di determinazione. «Mi occuperò io di lui.» «Prima dovremmo catturarlo.» Bain picchiò sul tavolo con un dito ossuto. «Dobbiamo appostare delle guardie nella stanza di Tula.» «Ma è la stagione torrida, e siamo a corto di personale» obiettò Zitora. «Dirò a Cahil di assegnare alcuni dei suoi uomini alla sorveglianza» disse Roze. «Mi è debitore.» «Mandali subito, Roze» raccomandò Bain. «Non c'è un momento da perdere. Adesso vieni, Yelena, abbiamo del lavoro da fare.»
santa pace», spiega di Bain mi condusse fuori dalla stanza e giù per il corridoio. «Ottime osservazioni, signorina. Capisco perché Irys ha scelto di non ucciderti.» «Irys ha mai scelto di uccidere?» domandai. Il commento di Cahil, che io non ero la prima persona che Irys avesse recuperato da Ixia, mi pesava nella mente. «Inevitabile, a volte. Brutta scelta complessivamente, ma Irys è ben preparata per quel ruolo. Ha l'abilità unica di fermare un cuore senza dolore o paura. Anche Roze ha quella capacità, ma è di gran lunga troppo brusca. Lavora meglio con i criminali e la loro genia. Leif l'aiuta in quelle sfortunate investigazioni. Durante il suo addestramento al Mastio, i Maestri decisero che quello sarebbe stato l'impiego migliore del suo insolito potere. Zitora, d'altro canto, morirebbe piuttosto che fare del male a qualcuno. Non ho mai incontrato un'anima più dolce.» «E tu, signore?» domandai. «Che posto occupi in questo gruppo di maghi?» «lo insegno. Guido. Ascolto.» Ammucchiò dei libri in una pila. «Rispondo alle domande. Lascio andare in missione i giovani maghi. Racconto storie del mio burrascoso passato.» Bain sorrise. «Che i miei compagni desiderino ascoltarle o meno. Adesso, con te cominceremo con questi pochi libri.» Mi porse la pila. Contai sette testi. Pochi? Evidentemente la mia definizione di pochi era diversa dalla sua. Se non altro, mi consolai, la maggior parte dei libri erano sottili. «Domani è giorno di mercato. Una giornata in più per studiare.» La voce di Bain conteneva una nota di reverenza. Per lui sembrava che una giornata in più per studiare fosse come ricevere una borsa d'oro. «Leggi i primi tre capitoli di ogni libro. Vieni alla mia torre dopo colazione.» Si affaccendò attorno a un tavolo, cercando qualcosa. Estrasse un sacchetto di cuoio da sotto un enorme tomo. «Per te, da parte di Irys.» Il sacchetto tintinnò mentre lo aprivo. Irys aveva cambiato il mio denaro ixiano con monete sitiane.
santa pace», spiega di «Come trovo il mercato?» m'informai. Bain frugò sulla scrivania finché non trovò un foglio di carta. Era una mappa della Cittadella. «Usa questa.» Bain indicò la piazza del mercato situata vicino al centro della Cittadella. «Posso tenerla?» «È tua. Adesso vai. Leggi.» Con l'indulgenza di un padre che mandi fuori a giocare il figlioletto, mi spinse fuori dalla porta. Lessi i titoli dei libri mentre mi dirigevo ai miei alloggi. La Fonte
della Magia: Mutazioni Magiche; Storia della Magia Sitiana: Maghi del Rango di Maestro attraverso i Secoli: Abusi della Fonte del Potere: Il Codice Etico dei Maghi, e Windri Bak Verdalbero: Biografia. Dovetti ammettere che i titoli sembravano affascinanti, così iniziai a leggere non appena raggiunsi i miei alloggi. Il pomeriggio volò via, e solo l'incessante gorgogliare del mio stomaco mi fece smettere per cercare un po' di cibo. Dopo cena passai alle scuderie. Le teste di Topaz e Kiki comparvero al di sopra delle porticine dei loro stalli nell'istante in cui arrivai.
Mele? Entrambi i cavalli parevano speranzosi. Sono mai venuta senza?, domandai. No. Signora-di-Lavanda gentile, disse Topaz. Diedi le mele a Topaz e Kiki. Dopo essermi pulita le mani, mi resi conto che Cahil era in ritardo. Decidendo di non aspettarlo, presi la briglia e la sella di Kiki dallo stanzino dei finimenti.
Esercizio? Kiki sembrava annoiata quanto me dalle ripetitive
lezioni.
Che ne dici di una passeggiata?, chiesi io.
Veloce? No. Lento e regolare, così non cado. Misi briglia e sella a Kiki senza incidenti, sorprendendo me stessa
santa pace», spiega di per quanto avevo imparato. Prima che potessi montare arrivò Cahil, rosso in viso e con la barba umida di sudore. Sembrava fosse venuto alle scuderie di corsa. Mi domandai da quanto lontano avesse corso, il che mi condusse a chiedermi dove vivesse dentro il Mastio, il che a sua volta mi condusse a interrogarmi sulla sua infanzia. Com'era stato crescere nel Mastio dei Maghi senza nessuno di famiglia? Impervio alla mia curiosità, Cahil ispezionò ogni pollice della bardatura di Kiki. Probabilmente cercando un errore. Sorrisi di soddisfazione quando tutto quello che trovò fu una staffa arrotolata. «D'accordo allora, dal momento che è sellata, perché non provi a montare?» disse, ricordandomi di montare sempre dal lato sinistro del cavallo. Posai il piede sinistro nella staffa e abbrancai la sella. Quando lui si mosse per darmi una spinta, lo bloccai con uno sguardo. Kiki arrivava a sedici spanne, oltre un metro e sessanta, alta per una giumenta, ma io volevo montarla senza aiuto. Spingendomi con il piede destro mi slanciai verso l'alto e passai la gamba sopra la sella. Una volta sistemata, guardai giù Cahil da quella che ora dava la sensazione di una comoda altezza. Da quella posizione di vantaggio, il terreno ai suoi piedi sembrò trasformarsi da erba lussureggiante a duro e poco cedevole terreno. Cahil mi fece un discorsetto sulle redini e sul modo corretto di tenerle, e su come sedere sulla sella. «Se credi di stare per cadere, afferrale la criniera. Non la sella.» «Perché no?» «Potresti schiacciarti un dito. Non preoccuparti, al cavallo non farai male.» Cahil continuò a predicare sul modo giusto di dirigere il cavallo e la maniera migliore di dare i comandi di fermo e di avanti. Ripeté almeno una mezza dozzina di volte l'avvertenza di afferrare la criniera di Kiki se mi fossi sentita sul punto di cadere. Alla fine smisi di dargli retta, guardandomi attorno nel Pascolo dalla mia nuova prospettiva. Ammirai il modo in cui il sole si rifletteva sul manto di uno stallone accanto alla palizzata più lontana, finché un cambiamento nel tono di Cahil fece drizzare le orecchie a Kiki.
santa pace», spiega di «... ascoltando?» domandava Cahil. «Che cosa?» «Yelena, questo è molto importante. Se non sai come...» «Cahil» lo interruppi. «Non ho bisogno di comandi. Tutto quello che devo fare è chiedere a Kiki.» Mi fissò come se avessi parlato in un'altra lingua. «Osserva.» Ressi le redini davanti a me come Cahil aveva raccomandato. L'orecchio sinistro di Kiki si girò all’indietro, l'altro puntato in avanti. Kiki voltò lievemente la testa verso sinistra per potermi vedere interamente.
Passeggiata attorno al pascolo?, le chiesi. Vicino allo steccato. Kiki prese a muoversi. I suoi passi mi dondolavano da un lato all'altro. Lasciai che fosse lei a trovare il sentiero mentre io mi godevo la vista. Mentre giravamo attorno al pascolo, udii Cahil strillare: «Talloni giù! Raddrizzati!». Alla fine ci portammo fuori dalla sua vista.
Veloce?, chiese Kiki. Non ancora. Un barbaglio di luce solare e un rapido movimento indistinto fuori dalla palizzata mi catturarono l'occhio. Kiki scartò, girando bruscamente a destra, lo scivolai a sinistra.
Odore cattivo. Cosa cattiva. D'istinto le afferrai la criniera, bloccando la caduta. La mia gamba destra si allungò attraverso la sella mentre pendevo dal fianco di Kiki, serrando i ruvidi crini castani. I muscoli della giumenta si tesero e lei scartò di lato. Colsi un'occhiata di ciò che l'aveva fatta trasalire. Ferma. Un uomo. Lei si bloccò, ma le zampe le tremavano di terrore. Uomo cattivo.
Cosa luccicante.
Mi tirai ritta in sella. Uomo cattivo. Correre.
santa pace», spiega di
Capitolo 9 Kiki partì. Mi tenni alla sua criniera, cercando di restare in sella. Dopo alcune falcate mi guardai indietro giusto in tempo per vedere la spada di Goel lampeggiare nella luce del sole. Quando Cahil ci vide sfrecciare per il pascolo, sollevò le braccia e urlò. «Ooh! Ooh!» Kiki galoppò dritta verso di lui, la mente così concentrata sulla sopravvivenza che dovetti aspettare che l'odore di Goel svanisse prima che lei rispondesse ai miei pensieri tranquillizzanti.
Uomo andato. Tutto bene, le dissi. Le battei sul collo e le sussurrai
la stessa cosa all'orecchio. Lei si calmò e si fermò a pochi pollici da Cahil. «Almeno sei rimasta in sella» commentò il mio istruttore, afferrando le redini di Kiki. «Che cosa è successo?» Balzai a terra e lo squadrai. Non sembrava sorpreso. In effetti, sembrava moderatamente divertito. «Tu che cosa pensi sia successo?» ribattei. «Kiki si è imbizzarrita per qualcosa. Ti ho detto che i cavalli sono ombrosi, ma tu sei voluta partire prima di essere pronta.» Qualcosa negli occhi di Cahil mi rese sospettosa. «Hai mandato tu Goel a tendermi un'imboscata?» domandai. «Goel? » Cahil parve preso in contropiede. «No, io...» «L'hai organizzato tu. Volevi che Kiki andasse nel panico» lo accusai. Cahil si accigliò. «Volevo che tu imparassi. I cavalli sono animali da preda e reagiscono al minimo rumore, odore o movimento molto prima che qualsiasi logica possa notarlo. E se tu fossi caduta, avresti imparato che non è poi così terribile. Allora non avresti più avuto paura di cadere o di lasciar andare un cavallo quando serve.» «Che gentile da parte tua aver già dimenticato che sono caduta da
santa pace», spiega di cavallo. Anzi, spinta giù da un cavallo. Il tuo cavallo, per essere esatti. È un ricordo che vorrei poter dimenticare così facilmente.» Cahil ebbe la decenza di apparire contrito. «Così mandare Goel era una lezione?» domandai. «Non ci credo, Cahil. Era armato.» La furia lampeggiò sul volto di Cahil. «Ho chiesto a Erant di aiutarmi. Coel dovrebbe essere di guardia alla stanza di Tula. Se la vedrà con me.» «Non prenderti il fastidio. Posso occuparmi io di Goel. Almeno lui ha avuto la decenza di avvertirmi dei suoi piani. Diversamente da altri.» Lanciai un'occhiataccia a Cahil, gli strappai le redini dalle mani e tornai alla scuderia con Kiki. Era stato un errore andare alla lezione disarmata. Avevo stupidamente supposto che Goel non mi avrebbe attaccata mentre ero con Cahil. Lezione appresa. Cahil doveva esserne fiero, anche se non era la lezione che intendeva lui. Il mattino seguente uscii a cercare il mercato. Tenni un occhio cauto sulla gente per le strade della Cittadella. Sembravano tutti diretti verso la piazza centrale. Stupita dal numero di persone che si affollavano attorno alle bancarelle, esitai. Non volevo farmi strada a spintoni in mezzo a loro, tuttavia avevo bisogno di fare acquisti. Individuai alcuni dei lavoratori del Mastio, e avevo deciso di chiedere assistenza a uno di loro quando mi sentii tirare la manica. Girandomi di scatto, tesi la mano verso l'archetto agganciato allo zaino. Il ragazzino si fece piccolo piccolo. Lo riconobbi per il mendicante a cui avevo dato le mie monetine sitiane il mio primo giorno alla Cittadella. «Mi dispiace. Mi hai fatto trasalire» dissi. Lui si rilassò. «Amabile signora, avresti una monetina di rame?» Rammentando che cosa aveva detto Irys sui mendicanti, mi venne un'idea. «Che ne dici se tu aiuti me e io aiuto te?» Un'ombra di sospetto gli guizzò nello sguardo. In quell'istante parve invecchiare di dieci anni. Mi si spezzò il cuore, e avrei voluto svuotare la mia borsa nelle sue mani. Invece dissi: «Sono nuova qui. Sto cercando dove comprare carta e inchiostro. Conosci un bravo
santa pace», spiega di commerciante?». Lui parve capire. «Maribella ha la cancelleria migliore» disse, gli occhi animati. «Ti mostrerò la strada.» «Aspetta. Come ti chiami?» Lui esitò, poi abbassò gli occhi. «Fisk» borbottò. Mi lasciai cadere su un ginocchio. Guardandolo negli occhi, gli porsi la mano. «Salve, Fisk. lo sono Yelena.» Lui mi afferrò la mano con entrambe le sue, la bocca spalancata per lo stupore. Valutai avesse all'inarca nove anni. Fisk si riprese con una scrollata del capo. Poi mi guidò al banco di una ragazza molto giovane sul limitare della piazza. Acquistai carta per scrivere, uno stilo e dell'inchiostro nero, poi diedi a Fisk una monetina di rame di Sitia per il suo aiuto. Mentre la mattinata si consumava, lui mi guidò ad altre bancarelle per altre forniture e presto altri bambini furono assunti per aiutare a portare i miei pacchetti. Quando terminai le compere, esaminai il mio seguito. Sei bambini sudici mi sorridevano malgrado il caldo e il sole rovente. Sospettai che uno di loro fosse il fratellino più piccolo di Fisk: avevano gli stessi occhi castano chiaro. Gli altri due maschietti avrebbero potuto essere suoi cugini. Ciocche di capelli bisunte nascondevano gran parte dei faccini delle due bambine. cosicché era impossibile dire se fossero imparentate con Fisk. Mi resi conto allora di essere riluttante a tornare al Mastio. Intuendo il mio stato d'animo, Fisk chiese: «Amabile Yelena, ti piacerebbe fare un giro della Cittadella?». Annuii. Il calore del mezzodì aveva svuotato il mercato, ma mentre seguivo i bambini per le strade deserte si impadronì di me un senso di disagio. E se mi stavano conducendo in una trappola? La mia mano cercò l'impugnatura del coltello a serramanico. Concentrandomi, tirai un filo di potere e proiettai la mia coscienza. La mia mente toccò vita tutt'attorno a me. La maggioranza dei cittadini della Cittadella erano in casa, i pensieri focalizzati sul trovare un posto fresco o un'attività tranquilla mentre aspettavano che il sole calasse. Niente minacce. Niente imboscate.
santa pace», spiega di Udii il rumore d'acqua prima di vedere la fontana. Con strilli deliziati, i bambini misero giù i miei pacchetti e corsero verso lo spruzzo. Fisk tuttavia restò al mio fianco, prendendo seriamente il suo ruolo di guida turistica. «Quella è la Fontana dell'Unità» disse. Un cerchio di zampilli circondava un'enorme sfera di pietra con grossi buchi spaziati regolarmente sulla superficie. Come annidata dentro la sfera, potei vedere un'altra sfera più piccola. Il colore verde profondo della fontana non era venato come il marmo delle mura della Cittadella, tuttavia la pietra offriva l'impressione di contenere qualcos'altro al suo interno. «Marmo?» chiesi a Fisk. «Giada estratta dalle Montagne di Smeraldo. Questo è il pezzo più grosso di giada pura mai trovato. Ci è voluto un anno per portarlo qui e, siccome la giada è molto dura, ci sono voluti oltre cinque anni per scolpirla con ceselli dalla punta di diamante. Ci sono undici sfere e tutte quante sono state scolpite all'interno di quell'unica pietra. Sorprendente. Mi avvicinai alla fontana così da poter vedere le altre sfere. La fresca nebbiolina dava una sensazione piacevole contro la mia pelle accaldata. «Perché undici?» domandai. Fisk mi giunse accanto. «Una sfera per ogni clan. E uno zampillo per ogni clan. L'acqua rappresenta la vita» spiegò. «Vedi le incisioni sul perimetro esterno?» Rischiai di inzupparmi per osservare la intricate linee sulla fontana. «Creature mitiche. Ciascuna rappresenta un Maestro Mago, Ying Lung. un drago celeste, per Primo Mago; Fei Lian, un leopardo del vento, per Secondo; Kioh Twan, un unicorno, per Terzo; e Pyong, un falco, per Quarto.» «Perché quelle creature?» chiesi, rammentando che Irys aveva indossato una maschera da falco quando era venuta in visita a Ixia come parte della delegazione sitiana. «Quando i maghi raggiungono il rango di Maestro, sono
santa pace», spiega di sottoposti a una serie di prove.» Fisk sembrava citasse un libro di scuola. «Durante quel tempo, viaggiano per l'ultramondo e incontrano la loro guida. Questa creatura non solo fa loro strada nell'ultramondo, ma li guida per tutta la vita.» «E tu ci credi?» A me suonava come una fiaba. Quando il Comandante aveva preso il potere a Ixia, superstizioni e credenze religiose erano state scoraggiate. Se qualcuno ancora ci credeva, se ne stava zitto e praticava la sua fede in segreto. Fisk scrollò le spalle. «So che qualcosa succede ai Maghi durante l'esame, perché mio padre l'ha visto. Una volta lavorava al Mastio.» Sul faccino di Fisk s'installò una certa durezza, per cui non feci altre domande. Ma mi interrogai sulle creature. Irys si era travestita da falconiere a Ixia. Aveva indossato l'uniforme idonea per confondersi con gli ixiani. Forse aveva anche lavorato con i falchi del Comandante. «Porta fortuna bere dalla fontana» disse Fisk. Poi corse dai suoi amici che giocavano nell'acqua, aprendo le bocche per catturare gli spruzzi. Dopo un momento di esitazione mi unii a loro. L'acqua aveva un sapore fresco come se contenesse minerali forti, quasi un elisir vitale. Bevvi a grandi sorsi. Poteva servirmi un po' di fortuna. Quando i bambini finirono di giocare, Fisk mi condusse a un'altra fontana, scolpita in rara giada bianca. Quindici cavalli colti in movimento circondavano un grande zampillo d'acqua. Anche se Fisk non si lamentava, mi accorsi che il caldo l'aveva infine esaurito. Tuttavia, quando mi offrii di riportare personalmente i miei acquisti al Mastio tutti i bambini rifiutarono, dicendo che li avrebbero trasportati loro come promesso. Sulla via del ritorno, percepii la preoccupazione di Topaz l'istante prima di vedere Cahil svoltare l'angolo. Il mio corteo di bambini si spostò sul lato della strada mentre Cahil avanzava, fermando Topaz di fronte a noi. «Yelena, dove sei stata?» mi domandò. Io lo squadrai. «A far compere. Perché? Hai un altro esame a sorpresa per me?»
santa pace», spiega di Lui ignorò la domanda, fissando invece i miei compagni. I bambini si addossarono al muro, cercando di farsi il più piccini possibile. «Il mercato ha chiuso da ore. Che cosa sei stata in giro a fare?» chiese. «Niente che sia affar tuo.» Il suo sguardo scattò verso di me. «Sì che lo è. Questo è il tuo primo giro da sola nella Cittadella. Avresti potuto essere derubata. Avresti potuto perderti. Quando non sei tornata, ho pensato al peggio.» Gli occhi di Cahil scivolarono di nuovo sui bambini. «So badare a me stessa.» Lanciai un'occhiata a Fisk. «Fai strada» dissi. Fisk annuì e ripartì giù per la strada. Gli altri bambini e io lo seguimmo. Cahil sbuffò e smontò. Prendendo le redini di Topaz, si mise a camminare accanto a me. Ma non riuscì a starsene zitto. «Le tue scelte in fatto di scorta porteranno problemi» pronosticò. «Ogni volta che andrai alla Cittadella, ti caleranno addosso come parassiti, succhiandoti fino a prosciugarti.» La ripugnanza gli inondava il viso. «Altra lezione?» chiesi senza nascondere il sarcasmo. «Sto solo cercando di essere d'aiuto.» La rabbia gli serrava la voce. «Puoi smetterla. Attieniti a ciò che sai, Cahil. Se non concerne i cavalli, allora non ho bisogno del tuo aiuto.» Lui rilasciò il respiro con un lungo sbuffo. Con la coda dell'occhio lo vidi inghiottire la bile. Notevole. «Sei ancora furiosa con me» disse. «Perché dovrei esserlo?» «Per non averti creduto sulla faccenda della spia.» Quando non dissi niente, continuò: «Per quello che è successo con Primo Mago. So che dev'essere stato orribile...». «Orribile!» Fermandomi in mezzo alla strada, mi girai di scatto verso di lui. «Che cosa ne sai? L'ha fatto anche a te?»
santa pace», spiega di «No.» «Allora non hai idea di che cosa significhi. Immagina di essere impotente e spogliato nudo. I tuoi pensieri e sentimenti esposti a uno spietato, intimo scrutinio.» I suoi occhi si dilatarono per il colpo. «Ma lei ha detto che l'avevi ricacciata indietro. Che non è riuscita a leggerti pienamente.» Rabbrividii al pensiero di Roze che andava più nel profondo, comprendendo perché Cahil aveva affermato che il suo interrogatorio lasciava alcune persone con danni mentali. «È peggio che essere stuprati, Cahil. Io lo so. Ho patito entrambe le cose.» Lui restò a bocca aperta. «È questo il motivo?» «Che cosa? Vai avanti. Chiedi.» Non avevo intenzione di risparmiarlo per farlo sentire meglio. «Il motivo per cui sei rimasta nella tua stanza quei primi tre giorni?» Annuii. «Irys mi disse che mi stavo crogiolando nel malumore, ma io non potevo sopportare il pensiero che qualcuno anche solo mi guardasse.» Topaz sporse la testa sopra la mia spalla. Strusciai la guancia contro il suo muso morbido. La mia collera contro Cahil aveva bloccato fuori i pensieri del cavallo. Ora gli aprii la mia mente.
Signora-di-Lavanda al sicuro. Il piacere di Topaz mi riempì la mente. Mela? Sorrisi. Più tardi. Cahil ci osservava con una strana espressione sul viso. «Sorridi solo ai cavalli.» Non seppi dire se fosse geloso o triste. «Quello che Roze... io... ti abbiamo fatto. È per questo che tieni tutti a distanza?» mi domandò Cahil. «Non del tutto. E non tutti.» «A chi altri sorridi?»
santa pace», spiega di «Irys.» Annuì, come se si fosse aspettato quella risposta. «Qualcun altro?» Le mie dita sfiorarono il piccolo rigonfio sul petto creato dal ciondolo a forma di farfalla sotto la camicia. Valek otteneva da me più che un sorriso. Ma dissi: «I miei amici al nord». «Quelli che ti hanno insegnato a combattere?» «Sì.» «E la persona che ti ha regalato quella collana?» Scostai la mano di scatto. «Come sai della mia collana?» chiesi. «Era uscita dalla scollatura mentre eri priva di sensi.» Mi accigliai, ricordando che Cahil mi aveva trasportato in camera mia dopo l'interrogatorio di Roze. «Immagino che non avrei dovuto ricordartelo» mormorò. «Ma avevo ragione sul fatto che è un regalo, vero?» «Non è affar tuo. Cahil, ti stai comportando come se fossimo amici. E noi non lo siamo.» I bambini ci attendevano a un crocicchio. Mi avviai verso di loro. Cahil mi raggiunse. Continuammo a camminare in silenzio. Quando raggiungemmo il Mastio, presi i miei pacchetti dai bambini e li pagai ciascuno due monetine di rame. Sorrisi a Fisk, poi lanciai un'occhiata a Cahil, consapevole dei miei sorrisi. «Ci vediamo il prossimo giorno di mercato» dissi al ragazzino. «E di' ai tuoi amici che avranno una monetina in più se si presenteranno puliti.» Lui salutò con la mano. Guardai sparire il gruppo di bambini; probabilmente conoscevano tutte le vie interne e i segreti passaggi dentro la Cittadella. Quella conoscenza avrebbe potuto essere utile un giorno. Avrei dovuto chiedere a Fisk di insegnarmeli. Essendo cresciuto nella Cittadella, probabilmente anche Cahil conosceva le scorciatoie, ma non volevo chiedere a lui. Non quando aveva un'espressione così acida. «E adesso?» domandai.
santa pace», spiega di Lui sospirò. «Perché rendi sempre le cose così difficili?» «Hai cominciato tu. Ricordi? Non io.» Lui scosse la testa. «Perché non ricominciamo da capo? Siamo stati ai ferri corti fin dal principio. Che cosa posso fare per ricevere uno dei tuoi rari sorrisi?» «Perché ne vuoi uno? Se stai sperando che diventeremo amici e che io ti confiderò tutti i segreti militari di Ixia, non ti disturbare.» «No. Non è questo che voglio. Voglio che le cose siano diverse tra noi.» «Diverse come?» Cahil si guardò attorno, come cercando le parole giuste. «Migliori. Meno ostilità. Più amichevoli. Conversazioni anziché discussioni.» «Dopo quello che mi hai fatto passare?» «Mi dispiace, Yelena.» Le parole gli uscirono di gola come se gli facesse male pronunciarle. «Mi dispiace di non averti creduto quando dicevi di non essere una spia. Mi dispiace di aver chiesto a Primo Mago di...» Deglutì. «... di violare la tua mente.» Distolsi lo sguardo da lui. «Queste scuse sono vecchie di settimane, Cahil. Perché darsi tanta pena adesso?» Sospirò. «Si stanno facendo progetti per la festa dei Nuovi Inizi.» Un'esitazione nella voce di Cahil mi indusse a guardare verso di lui. Si arrotolava e srotolava le redini di cuoio di Topaz storno alle mani. «È una festa per celebrare l'inizio della stagione fresca e del nuovo anno scolastico. Un'occasione per tutti di ritrovarsi insieme e cominciare daccapo.» Gli occhi celesti di Cahil indagarono i miei. «In tutti questi anni, non ho mai desiderato portare nessuno con me. Non ho mai avuto nessuno che desiderassi avere al mio fianco. Tuttavia, quando ho sentito per caso i cuochi discutere del menu della festa questa mattina, la tua immagine mi ha riempito la mente. Verrai con me, Yelena?» Le parole di Cahil mi urtarono come un colpo fisico. Balzai
santa pace», spiega di indietro di un passo. Il suo viso si rattristò alla mia reazione. «Suppongo che questo sia un no. Probabilmente ci saremmo comunque scontrati per tutta la sera.» Fece per allontanarsi. «Cahil, aspetta» dissi raggiungendolo. «Mi hai... sorpreso.» Era senz'altro un eufemismo. Avevo creduto che l'unica cosa che Cahil volesse da me fossero informazioni su Ixia. Quell'invito poteva pur sempre essere un adescamento, ma per la prima volta vidi una certa dolcezza nei suoi occhi. Gli posai la mano sul braccio. Lui si fermò. «Ci vanno tutti, a questa festa dei Nuovi Inizi?» gli domandai. «Sì. È un buon sistema per far incontrare ai nuovi studenti i loro insegnanti, e un'occasione per tutti di riprendere i contatti. lo ci vado perché insegnerò equitazione alle classi dei senior e degli apprendisti.» «Dunque io non sono il tuo primo studente?» «No, ma sei stata la più ostinata.» Sorrise, contrito. Ricambiai il sorriso. Gli occhi di Cahil si illuminarono. «D'accordo, Cahil, nello spirito di questa festa dei Nuovi Inizi, ricominciamo daccapo. Sono disposta ad accompagnarti alla festa quale primo passo della nostra nuova amicizia.» Inoltre, il pensiero di andare da sola a conoscere i miei compagni di studi appariva deprimente. «Amicizia?» «Questo è tutto ciò che posso offrire.» «A causa della persona che ti ha dato quel ciondolo a forma di farfalla?» volle sapere. «Sì.» «E tu che cosa gli hai dato in cambio?» Avrei voluto scattare dicendo che non erano affari suoi, ma mi controllai. Se dovevamo diventare amici, occorreva che lui sapesse la verità. «Il mio cuore.» Avrei potuto aggiungere: il mio corpo, la mia fiducia e la mia anima.
santa pace», spiega di Lui mi guardò per un momento. «Immagino che dovrò accontentarmi dell'amicizia.» Sogghignò. «Questo significa che non farai più così la difficile?» «Non contarci.» Lui rise e mi aiutò a portare nei miei alloggi le cose che avevo acquistato al mercato. Passai il resto della serata a leggere i capitoli che Bain mi aveva assegnato, fermandomi di tanto in tanto a pensare al nuovo ruolo di Cahil nella mia vita, quale amico. Mi godevo le affascinanti mattinate con Bain Buonsangue. La storia sitiana datava di secoli e secoli. Gli undici clan di Sitia avevano combattuto gli uni contro gli altri per decenni finché Windri Verdalbero, un Maestro Mago, li aveva riuniti creando il Consiglio degli Anziani. Mi resi conto, con mio smarrimento e delizia di Bain, di avere un bel po' di studio davanti a me per imparare tutta la storia. E la mitologia sitiana da sola, popolata di animali, demoni e leggende, avrebbe richiesto anni di lezioni per conoscerla tutta. Bain mi spiegò anche la struttura della scuola. «Ogni studente ha un mago quale mentore, che supervisiona il suo apprendimento. Insegna, guida, pianifica lezioni con altri maghi che hanno maggior esperienza in certi argomenti.» «Quanti studenti ci sono in ogni classe?» chiesi. Bain fece scorrere la mano nell'aria, indicando la stanza, vuota eccettuando noi. Sedevamo in una sala aperta, circolare, alla base della sua torre. Libri foderavano in pile ordinate le pareti, e programmi di scrittura coprivano ciascuno dei quattro tavoli da lavoro chiazzati d'inchiostro. Gli anelli metallici dell'astrolabio di Bain scintillavano al sole del mattino. lo stavo appollaiata sull'orlo della sua ampia scrivania. Piccoli oggetti per scrivere e pile di documenti erano posati sulla superficie secondo uno schema organizzato. Una conchiglia bianca sembrava essere l'unica decorazione. Seduto di fronte a me, Bain indossava una palandrana viola cupo che assorbiva la luce. La sua varia collezione di abiti mi sorprendeva. Finora era l'unico mago che avessi visto indossare una divisa formale quotidianamente.
santa pace», spiega di «Noi siamo una classe» disse. «Possono esserci fino a quattro studenti, ma non di più. Non vedrai file e file di allievi ad ascoltare un lettore, in questa scuola. Noi insegniamo usando apprendimento concreto e piccoli gruppi.» «Quanti studenti ha ogni mentore?» «Non più di quattro quelli che hanno esperienza. Soltanto uno i nuovi maghi.» «A quanti insegnano i Maestri Maghi?» Stavo guardando con timore al giorno in cui avrei dovuto condividere Irys con altri. «Ah...» Esitò. Per una volta parve a corto di parole. «I Maestri non fanno da mentore agli studenti. Noi siamo necessari nelle sedute del Consiglio. Aiutiamo Sitia. Reclutiamo futuri studenti. Solo occasionalmente capita un allievo che cattura il nostro interesse.» Mi scrutò come per decidere quanto dovesse dirmi, «lo mi sono stancato delle sedute del Consiglio, così ho trasferito tutte le mie energie nell'insegnamento. Quest'anno ho due studenti. Roze ne ha scelto solo uno da quando è diventata Primo Mago. Zitora non ne ha nessuno. Si sta adattando: è diventata Maestro solo l'anno scorso.» «E Irys?» «Tu sei la prima per lei.» «Soltanto me?» domandai sbalordita. Lui annuì. «Hai detto che Roze ne prese uno. Chi?» «Tuo fratello, Leif.» L'evidenza che il Mastio si preparava a un'invasione di studenti aumentava via via che la settimana avanzava. I domestici si affannavano ad arieggiare camere e dormitori. La cucina ferveva di attività mentre il personale preparava per il banchetto. Perfino le strade della Cittadella brulicavano di vita mentre i residenti tornavano. La sera, risate e musica aleggiavano nell'aria che rinfrescava.
santa pace», spiega di Mentre attendevo che Irys tornasse con la sorella di Tula, passavo le mattinate con Bain, i pomeriggi a studiare, e le serate con Cahil e Kiki. La mia abilità era progredita dal far andare Kiki al passo fino al trotto, un'andatura spaccaossa che mi lasciava indolenzita e dolorante al termine della giornata. Ogni notte sedevo accanto a Tula, connettendomi con lei e prestandole il mio sostegno. La sua mente restava vuota, ma il suo corpo brutalizzato guariva a passi da gigante. «Hai poteri di guarigione?» mi domandò Hayes una sera. «Il suo miglioramento fisico è stato sorprendente. Più simile al lavoro di due guaritori.» Considerai la sua domanda. «Non so. Non ho mai provato.» «Forse l'hai aiutata a guarire senza rendertene conto. Ti piacerebbe scoprirlo?» «Non voglio farle male» dissi, ricordando i miei tentativi falliti di muovere una sedia. «Non te lo permetterò.» Hayes sorrise, raccogliendo la mano sinistra di Tula. Le stecche alla mano destra erano state rimosse, ma le dita della sinistra erano ancora gonfie e livide, «lo ho soltanto energia sufficiente per riparare qualche osso al giorno. Solitamente lasciamo che il corpo guarisca da sé. Ma Per ferite gravi, acceleriamo il processo.» «Come?» «Attiro potere a me. Poi mi concentro sul danno. Pelle e muscoli scompaiono davanti ai miei occhi, rivelando le ossa. Uso il potere per sollecitare l'osso a ripararsi. Funziona allo stesso modo per altre ferite. I miei occhi vedranno soltanto il danno. È realmente meraviglioso.» Gli occhi di Hayes brillavano di dedizione, ma quando si spostarono su Tula si spensero. «Per disgrazia, certe ferite semplicemente non si possono guarire, e la mente è così complessa che qualsiasi danno è di solito permanente. Abbiamo pochi guaritori della mente. Quarto Mago è il più forte, ma perfino lei non può fare più di tanto.»
santa pace», spiega di Mentre Hayes si concentrava su Tula, sentii l'aria attorno a me addensarsi e pulsare. Respirare divenne una fatica. Poi Hayes chiuse gli occhi. Senza pensare, collegai la mia mente con la sua. Attraverso di lui vidi la mano di Tula. La sua pelle divenne translucida, mostrando i provati muscoli fibrosi rosa attaccati alle ossa. Vidi ciocche di potere, sottili come tele di ragno, avvolte attorno alle mani di Hayes. Lui tesseva le ragnatele attorno alla frattura nell'osso di Tula. Mentre io osservavo, la frattura scomparve e poi i muscoli guarirono. Interruppi il collegamento mentale con Hayes e guardai Tula. I lividi erano impalliditi dal suo dito indice ora integro. L'aria si rarefece mentre il potere svaniva. La fronte di Hayes era lucida di sudore e il suo respiro era ansante per lo sforzo che aveva appena profuso. «Adesso prova tu» disse. Mi avvicinai a Tula e presi la sua mano. Reggendole il dito medio, lo accarezzai delicatamente con il pollice mentre attiravo potere a me, rivelando l'osso. Hayes trattenne il respiro. Mi fermai. «Vai avanti» disse. I miei fili di potere erano spessi come funi. Quando applicai le ciocche all'osso, vi si avvolsero attorno come un cappio. Lo tirai in senso opposto, temendo che il suo dito si spezzasse a metà. Posando di nuovo la mano di Tula sul letto, guardai Hayes. «Mi dispiace. Non ho ancora il pieno controllo della mia magia.» Lui fissò la mano di Tula. «Guarda.» Entrambe le dita ora avevano l'aspetto di esser state guarite. «Come ti senti?» mi chiese. Usare la magia di solito mi lasciava stanca, ma in realtà non ne avevo usata affatto. Oppure sì? «Più o meno la stessa.» «Tre guarigioni e io devo andare a dormire.» Hayes scosse il capo. I capelli scuri gli piovvero sugli occhi. Spinse indietro il ciuffo con mano impaziente. «Hai appena aggiustato un osso senza sforzo. Che la sorte sia con noi» disse. Reverenza e timore gli inasprivano la voce. «Quando avrai il pieno controllo, potresti essere in grado di
santa pace», spiega di risvegliare i morti.»
santa pace», spiega di
Capitolo 10 La paura mi montò dentro, lasciandomi i muscoli tremanti. «No» dissi a Hayes. «Devi esserti sbagliato. Nessuno può svegliare i morti.» Hayes si strofinò con la mano gli occhi stanchi, meditando. «Forse ho parlato avventatamente» concordò. «Soltanto una persona nella nostra storia sapeva rianimare i morti.» Rabbrividì. «E i risultati furono veramente orribili.» Volevo fare altre domande, ma Hayes schizzò verso la porta, sostenendo di avere del lavoro da fare. Sentendomi strana e inquieta, scrutai la forma immobile di Tula. Attraverso il lenzuolo e la pelle, potei vedere ogni sua singola ferita. Pareva che, adesso che avevo appreso questa nuova capacità, non potessi spegnerla. Fratture, distorsioni, lividi, tutti pulsavano di un'urgente luce rossa. Più esaminavo la luce e vi immergevo la mente, più sentivo il dolore fisico di Tula filtrare dentro di me. In un'improvvisa agonia, crollai sul pavimento. Rannicchiandomi a palla, chiusi gli occhi. Una piccola parte di me sapeva che il dolore era immaginario, ma, cercai comunque, in preda al panico, di cacciar via il tormento. Attirai potere dalla fonte. La magia mi riempì. Il sovrappiù mi crepitò sulla pelle come fuoco. Rilasciai il potere. Il mio urlo risuonò nella stanza quando un fresco sollievo mi invase, placando il dolore. Svuotata di energia, restai sul pavimento, boccheggiando. «Yelena, stai bene?» Aprii gli occhi. Hayes stava sospeso sopra di me, preoccupato. Annuii. «Tula?» Lui lasciò il mio fianco. «Sta bene.» Mi rizzai a sedere. La stanza girò per un momento, ma mi costrinsi a mettere a fuoco. «Che cosa è successo?» chiese Hayes. Avrei voluto dire che avevo perso il controllo, spiegare che i miei
santa pace», spiega di vecchi istinti di sopravvivenza avevano preso piede, reagendo alla sofferenza senza pensiero cosciente. Ma non mi ero affatto sentita così, e ammettere di aver perso il controllo sarebbe stato pericoloso. I maghi privi di controllo potevano danneggiare la fonte del potere e i Maestri sarebbero stati costretti a uccidermi. Invece serrai le labbra, cercando di portare un qualche ordine nei miei pensieri caotici. Prima che potessi parlare, Hayes disse: «Le hai guarito le altre due dita». Stava ritto accanto al letto di Tula e le teneva la mano sinistra sollevata. Esaminò le dita prima di posarle il braccio sul petto. Poi si voltò verso di me accigliato. «Non avresti dovuto provarci senza di me. Non c'è da stupirsi che tu abbia urlato. Hai accumulato troppo potere e hai dovuto rilasciarlo.» Hayes accennò alla mia forma prona. «L'errore di un principiante, e adesso sei esausta. Hai davvero bisogno di lavorare sul tuo controllo.» Mentre Hayes mi aiutava a rimettermi in piedi, il suo cipiglio si ammorbidì in quello che avrebbe potuto essere sollievo. «Hai la capacità di guarire, ma ti occorre una guida. Ti ho male valutata prima, pensando che potessi essere un Cercatore d'anime.» Hayes soffocò una risata. «La prossima volta, aspettami. D'accordo?» Non fidandomi a parlare, annuii. Hayes mi guidò verso la porta. «Prenditi un po' di riposo. Probabilmente sarai debole per qualche giorno.» Mentre mi trascinavo verso l'ala degli apprendisti, riesaminai mentalmente gli eventi, e quando infine crollai sul mio letto ero riuscita quasi a convincermi che la spiegazione di Hayes fosse esatta. Quasi. La stanchezza mi accompagnò per tutto il giorno seguente. La lezione mattutina di Bain trascorse come in un sogno indistinto. Invece di leggere trascorsi il pomeriggio a sonnecchiare, e lottavo per stare sveglia mentre cavalcavo Kiki quella sera. Il ruggito di Cahil alla fin fine penetrò la nebbia della mia mente. «Yelena!»
santa pace», spiega di Lo guardai come se lo vedessi quella sera per la prima volta. Coperta di polvere e di crini di cavallo, la sua camicia di cotone un tempo bianca gli aderiva al fisico muscoloso. L'irritazione gli aggrottava la fronte. La sua bocca si mosse parlando, ma mi ci volle un momento per discernere le parole. «... distratta, esausta, e finirai per farti male.» «Male?» chiesi. «Sì, male. Quando ti addormenti in sella e scivoli giù da cavallo.» Cahil controllò la frustrazione, ma potei vedere dal modo in cui pompava i pugni serrati che avrebbe voluto svegliarmi a suon di scrolloni.
Signora-di-Lavanda stanca, concordò Kiki. Dimenticato mele. «Yelena, va' a casa.» Cahil prese le redini di Kiki per tenerla ferma mentre smontavo. Casa? Non invitata, mi balzò alla mente l'immagine della mia stanzetta nel castello del Comandante, seguita dal ricordo del viso sorridente di Valek. Potevo usare un po' della sua energia proprio adesso. «Va tutto bene?» Guardai negli occhi celesti di Cahil. Erano pallidi a paragone del vibrante color zaffiro di quelli di Valek. «Sì. Sono solo un po' stanca.» «Un po'?» Cahil rise. «Va' a farti un sonno; mi occuperò io di Kiki. Avrai bisogno delle tue energie per domani sera.» «Domani?» «La festa dei Nuovi Inizi. Ricordi?» «Non mi ero resa conto che fosse così presto.» «Preparati per un'invasione di studenti e di maghi. Arriveranno domattina, addio alla nostra pace e tranquillità.» Cahil condusse Kiki verso la stalla. Le promisi delle mele aggiuntive prima della nostra prossima lezione mentre mi dirigevo ai miei alloggi. L'apprensione per la festa tuttavia mi rodeva attraverso lo sfinimento perfino mentre mi trascinavo a letto. Ero già mezzo
santa pace», spiega di addormentata, quando il turbamento nel rendermi conto di non avere un abbigliamento adatto per la festa quasi mi fece svegliare di colpo. Che cosa ci si metteva, poi, a una festa? Avrei dovuto indossare la mia uniforme ufficiale da apprendista? Me lo domandai, poi sospirai. Troppo stanca per preoccuparmi di faccende quali il vestiario, mi girai dall'altra parte. Preoccupazioni più importanti, come la necessità di acquisire controllo sulla mia magia, cacciarono via tutte le altre. Il mattino seguente una frenesia di attività riempiva il campus. Sfiorai gruppi di persone che portavano pacchetti mentre mi dirigevo alla torre di Bain. Aprendo la porta del suo studio, feci per chiedergli degli studenti in arrivo, ma mi fermai quando vidi che aveva due visitatori. Da dietro lo scrittoio, Bain mi accennò di entrare. «Yelena, questi sono i miei studenti. Dax Verdelama, un collega apprendista, e Gelsi Luna, una novizia.» Con la mano aperta indicò a turno i suoi ospiti. I due mi salutarono con un cenno del capo. Le loro espressioni gravi apparivano fuori posto su visi così giovani. Stimai che Dax fosse sui diciotto anni, mentre la ragazza doveva averne circa quindici. «Hai scelto un altro studente, Maestro Buonsangue?» chiese Gelsi. Si tirava distrattamente il merletto bianco sull'orlo della manica. Spirali violette e bianche erano stampate sia sulla blusa sia sulla lunga gonna. «No. Yelena sta lavorando con un altro» rispose Bain. Dovetti soffocare un sorrisetto quando entrambi si rilassarono. Dax mi dardeggiò un sorriso. Gelsi tuttavia parve incuriosita da me. «Chi è il tuo mentore?» s'informò. «Irys... ah... il Maestro Gemmarosa.» I due studenti parvero altrettanto sorpresi quanto lo ero stata io quando Bain mi aveva raccontato di Irys. «Qual è il tuo clan?» chiese Gelsi.
santa pace», spiega di «Zaltana.» «Un'altra lontana cugina di Leif?» chiese Dax. «Sei un po' vecchia per iniziare l'addestramento. Quale strano potere hai?» Il suo tono implicava curiosità e umorismo, ma Bain lo rimproverò: «Dax, questo è inappropriato. Lei è la sorella di Leif». «Ahhh...» Dax mi studiò con vivo interesse. «Abbiamo lezione stamattina?» domandai a Bain. Il mago si animò alla mia domanda. Diede istruzioni a Dax di andare a disfare i bagagli, ma chiese a Gelsi di rimanere. Il suo viso a cuore impallidì per un momento prima che lei si facesse forza, lisciandosi i riccioli color rame lunghi fino alle spalle. «Temo che Irys sarà presto di ritorno e ti reclamerà» mi disse Bain con un sorriso. «L'obiettivo di Gelsi per questo semestre è imparare a comunicare tramite magia con altri maghi. Irys mi ha detto che è la tua capacità più forte. Pertanto gradirei la tua assistenza per presentare questa abilità alla mia allieva.» Gli occhi di Gelsi si spalancarono. Le sue lunghe ciglia folte le toccarono le sopracciglia. «Farò ciò che posso» dissi. Bain frugò in uno dei cassetti del suo scrittoio e ne estrasse un sacchettino di tela da imballaggio. Posò la borsa sulla scrivania e l'aprì, tirandone fuori due pezzetti di una materia marrone. «Useremo il Teobroma per la prima lezione» disse. I due boli fecero scattare ricordi della mia vita a Ixia. Teobrama era il nome meridionale per il Creolo, un delizioso dolce che aveva il disgraziato effetto di aprire la mente di una persona agli influssi magici. Il generale Brazell aveva usato quel dessert all'aroma di nocciola per superare la forte volontà del Comandante cosicché il mago di Brazell, Mogkan, potesse prendere il controllo della mente di Ambrose. Bain mi porse uno dei pezzi di Teobroma e diede l'altro a Gelsi. Poi ci disse di sedere su due sedie che stavano l'una rivolta verso l'altra. Anche se mi sarebbe piaciuto mangiare quel dolce che si scioglieva in bocca, lo ritenni inutile.
santa pace», spiega di «Prima potremmo provare senza?» chiesi. Le grigie sopracciglia cespugliose di Bain si sollevarono mentre prendeva in considerazione la richiesta. «Non ne hai bisogno per operare una connessione iniziale?» Pensai alle varie persone e cavalli con cui mi ero collegata. «Finora no.» «D'accordo, Yelena. Desidero che tu provi a collegarti con Gelsi.» Attingendo un po' della scarsa energia dal mio corpo stanco, tirai un filo di potere e lo diressi verso la ragazza. Percepii la sua apprensione a lavorare con quella strana donna di Ixia dentro la sua mente.
Salve, dissi. Lei sobbalzò per la sorpresa. Per aiutarla a rilassarsi dissi: Sono nata nella Giungla Illiais. Tu
dove sei cresciuta?
Gelsi formò nella propria mente l'immagine di un piccolo villaggio avvolto nella nebbia. Abitiamo tra le colline alle pendici
delle Montagne di Smeraldo. Ogni mattina la nostra casa è avvolta dalla bruma scesa dalle montagne. Le mostrai l'abitazione dei miei genitori tra gli alberi. Parlammo di
fratelli e sorelle. Figlia mezzana, Gelsi aveva due sorelle maggiori e due fratelli minori, ma era l'unica nella sua famiglia ad aver sviluppato poteri magici. Bain ci osservò in silenzio per un po', poi ci interruppe: «Spezzate il collegamento, adesso». Svuotata di energia, ritrassi come trascinandola la mia coscienza. «Gelsi, è il tuo turno di prendere contatto con Yelena.» Lei chiuse gli occhi, e la sentii cercare la mia mente. Tutto quello che avrei dovuto fare era bussare alla sua coscienza. «Non aiutarla» mi ammonì Bain. Tenni aperta la mia mente, ma lei non riuscì a raggiungermi. «Niente di cui preoccuparsi» la consolò Bain. «La prima volta è la
santa pace», spiega di più dura. Ecco perché usiamo il Teobroma.» Gli occhi grigi di Bain mi studiarono con gentilezza. «Riproveremo un'altra volta. Gelsi, va' a disfare i bagagli e sistemati.» E dopo che lei ebbe lasciato la torre, mi disse: «Senza dubbio hai abusato di te stessa, ieri. Hayes mi ha accennato qualcosa. Raccontami che cosa è successo». Gli raccontai del dolore e del potere. «Sembra che io non abbia ancora il pieno controllo» accennai, aspettando per vedere se mi avrebbe rimproverata. Se le mie azioni erano state davvero uno scoppio incontrollato, sapevo che gli altri Maestri Maghi l'avrebbero percepito. Ed ero certa che Roze avrebbe agito senza esitazione dietro quella consapevolezza. «Una lezione imparata» commentò Bain. «Riparare ferite esige uno sforzo immenso. Basta per oggi. Ti rivedrò stasera alla festa.» La festa! Me ne ero dimenticata. Di nuovo. «Che cosa dovrei...» Mi bloccai, sentendomi imbarazzata e sciocca a domandare di vestiti. Bain sorrise con simpatia. «Non ho esperienza in materia» mi confidò, come se mi leggesse nella mente. «Zitora si divertirà ad aiutarti. È un po' smarrita quest'anno e le sarà gradita un po' di compagnia.» «Pensavo fosse impegnata con le faccende del Consiglio.» «È così, infatti, ma è nella fase di transizione dall'essere stata studente per cinque anni al fare da sé. Non avere tempo per essere un mentore non significa che non abbia tempo per farsi un'amica.» Lasciai la torre di Bain e mi diressi verso quella di Zitora nell'angolo nordorientale del Mastio. Crocchi animati affollavano i viali del campus e la gente mi superava andando di fretta in tutte le direzioni. Le mie tranquille passeggiate per il Mastio erano finite, tuttavia mi sentii energizzata da tutta quell'attività. Zitora mi accolse con un luminoso sorriso che si affievolì solo quando parlammo delle condizioni di Tula. Il discorso alla fine volse sugli imminenti festeggiamenti, e io mi informai sul vestiario appropriato. «Le divise ufficiali sono solo per le noiose cerimonie scolastiche»
santa pace», spiega di mi informò Zitora. «Dimmi che hai qualcosa di carino da metterti.» Quando scossi la testa, lei si trasformò in una chioccia e si diede da fare per trovarmi alcuni vestiti. «Per fortuna sei della mia taglia» disse allegramente. Malgrado le mie proteste, mi trascinò su per due rampe di scale fino alla sua camera da letto e mi caricò le braccia di vestiti, gonne e bluse piene di pizzi. Poi si mise le mani sui fianchi, esaminandomi gli stivali. «Quelli non andranno bene.» «Sono comodi, e mi permettono di muovermi facilmente» obiettai. «Una sfida, allora. Mmh. Tomo subito.» Sparì in un'altra stanza, mentre io aspettavo in camera da letto al terzo piano della sua torre. Delicati dipinti floreali a pastello erano appesi alle pareti. Guanciali enormi ornavano il letto a baldacchino. La stanza ispirava confortevolezza come braccia aperte che mi chiudessero in un abbraccio. Con uno strillo trionfante, Zitora si precipitò nella stanza, un paio di sandali neri tenuti levati e offerti all'ammirazione. «Suole di gomma, pelle morbida e tacco modesto. Perfetti per danzare per tutta la notte.» Rise. «lo non so ballare» obiettai. «Non importa. Hai una grazia naturale. Guarda gli altri e imitali.» Zitora aggiunse i sandali alla pila. «Non posso proprio prendere tutto questo.» Cercai di renderle i vestiti. «Sono venuta per un consiglio, non per prendere il tuo intero guardaroba.» Progettai di andare al mercato. Con il ritorno dei residenti della Cittadella, i negozi restavano aperti tutti i giorni. Lei mi spinse fuori. «Non ho intaccato minimamente il mio armadio. Sono una collezionista di abiti. Non riesco a passare davanti a un negozio senza trovare qualcosa che devo avere.» «Almeno lascia che paghi...» «Ferma.» Alzò una mano. «Te lo renderò più facile. Domani sto partendo per una missione per il Consiglio, e... con mio gran
santa pace», spiega di dispiacere, avrò una scorta di quattro soldati. Irys e Roze possono scorrazzare per tutta Sitia da sole, e a loro vengono assegnate tutte le missioni divertenti, segrete. Ma il Consiglio si preoccupa per me. Così mi devo limitare alle missioni scortate.» Sbuffò di frustrazione. «Ti ho visto fare pratica con il tuo bastone vicino alla scuderia. Che ne dici se baratto i miei vestiti per qualche lezione di autodifesa?» «D'accordo. Ma perché non hai imparato a difenderti mentre eri studente qui?» «Odiavo il Maestro d'Armi» rispose lei con un profondo cipiglio. «Un bullo che trasformava le sessioni di insegnamento in sessioni di tortura. Si divertiva a infliggere dolore. Lo evitavo a tutti i costi. Quando i Maestri si resero conto che avevo forti poteri, si concentrarono di più sul mio apprendimento.» «Chi è il Maestro d'Armi?» «Uno dei nordici con Cahil. Si chiama Goel.» Zitora rabbrividì di repulsione. «Anche se non è stato brutto come l'esame di Maestro...» S'interruppe mentre una smorfia di orrore le attraversava il viso. Poi mosse di scatto la testa come a scrollar via ricordi indesiderati. «Comunque, Roze si è offerta di insegnarmi, ma io preferirei avere te come istruttore» affermò con un sorriso complice. Accettato lo scambio, scesi per gli scalini della torre di Zitora con il fagotto dei suoi abiti tra le braccia. Così carica, mi diressi ai miei alloggi. Per strada mi interrogai sull'esame di Maestro. Anche Fisk, il piccolo mendicante, vi aveva fatto cenno. Avrei dovuto chiedere a Irys. Il cortile che dovevo attraversare per arrivare alle mie stanze brulicava di studenti. Alcuni ragazzi si lanciavano una palla, mentre altri oziavano seduti sull'erba o chiacchieravano in crocchi. Impacciata dagli abiti di Zitora, pasticciai per aprire la porta. «Ehi, tu!» gridò qualcuno. Mi guardai attorno e scorsi un gruppo di ragazze che mi facevano cenni. «Le camerate del primo anno sono da quella parte.» Una delle ragazze con lunghi capelli biondi indicò col dito. «Qui è solo per gli
santa pace», spiega di apprendisti.» «Grazie, ma questa è la mia camera» risposi, voltandomi. Riuscii ad aprire la porta prima di sentire un formicolio di potere lungo la spina dorsale. Gettando i vestiti sul pavimento, roteai su me stessa. Un gruppo di allieve stava a pochi pollici da me. «Questo non è il tuo posto» disse la ragazza con i capelli lunghi. Un luccichio pericoloso le illuminava gli occhi violetti. «Tu sei nuova, lo conosco tutti, e i nuovi studenti vanno alle camerate del primo anno. Devi guadagnartela una stanza qui.» Magia persuasiva emanava da lei. Un forte desiderio di rifare i bagagli con le mie cose e traslocare nei dormitori del primo anno mi galoppò per la mente e premette contro il mio corpo. Respinsi il suo ordine magico rafforzando le mie difese mentali. Lei grugnì offesa. Le sue compagne si scambiarono un'occhiata. Il potere aumentò mentre si apprestavano a unirsi. Mi preparai a un altro attacco, ma prima che potessero usare il loro potere combinato, un'altra voce penetrò la folla. «Che sta succedendo qui?» Il potere si dissipò in un'onda rigida mentre Dax Verdelama si faceva strada attraverso il gruppo con il suo corpo snello e muscoloso, squadrando gli altri dall'alto in basso con gli occhi verde bottiglia. Alla luce del sole, la sua pelle color miele faceva sembrare più vecchio il suo viso. «Questo non è posto per lei» ripeté la ragazza. «Yelena è lo studente di Quarto Mago» disse Dax. «È stata assegnata a quest'ala.» «Ma non è giusto» piagnucolò la ragazza. «Ci si deve guadagnare il diritto di stare qui.» «E chi può dire che lei non l'abbia fatto?» ribatté Dax. «Se credete che Quarto Mago sia in errore, vi suggerisco di prendetela con lei.» Seguì un silenzio pieno di disagio prima che il gruppo tornasse nel cortile. Dax mi restò accanto. «Grazie» dissi. Il gruppo si raccolse poco lontano, lanciando
santa pace», spiega di occhiate cattive nella mia direzione mentre parlottavano. «Immagino di non essermi fatta degli amici.» «Tre punti contro di te, temo. Uno.» Dax sollevò un lungo dito snello. «Tu sei nuova. Due. Quarto Mago è il tuo mentore. Qualsiasi studente selezionato da un Maestro è garantito che sarà oggetto di gelosia. Se stai cercando amici, temo che Gelsi e io siamo le tue uniche possibilità.» «Qual è il terzo punto?» Lui sorrise sardonico. «Voci e ipotesi. Gli studenti scoveranno ogni minima informazione su di te e sul perché sei qui. Non ha importanza se la notizia sia vera o no. In effetti, più esotico è il bocconcino e meglio è. E io ho una sensazione, da quel che ho già sentito, che i bocconcini sul tuo conto siano molto succulenti e che infiammerebbero ancor più i pettegolezzi.» Studiai il suo viso. Rughe di preoccupazione gli increspavano la fronte, e non vidi alcun segno d'inganno. «Bocconcini?» «Sei la sorella perduta di Leif, sei più vecchia di tutti gli studenti, e sei estremamente potente.» Lo guardai sorpresa, lo? Potente? «Non sono intervenuto per aiutare te. Sono venuto per proteggere loro.» Inclinò la testa in direzione del gruppo nel cortile. Prima che io potessi commentare, Dax indicò una stanza a cinque porte dalla mia. «Vieni in qualsiasi momento e per qualunque ragione. Gelsi è nel dormitorio dei novizi vicino alla muraglia occidentale.» Mi salutò con la mano e si diresse a grandi passi verso la sua stanza. L'ostilità del gruppo si trasferì brevemente sulle sue spalle prima di tornare su di me. Chiusi la porta. Grandioso. Primo giorno e già ero una reietta. importava? Essendo lì per imparare e non per farmi pensai che non avrebbe avuto importanza una volta iniziate le lezioni. A quel punto, gli studenti sarebbero occupati per prestare la minima attenzione a me.
Ma me ne degli amici, che fossero stati troppo
Passai in rassegna gli abiti di Zitora, scegliendo una lunga gonna
santa pace», spiega di nera e una camicetta rossa e nera con lo scollo a V. La camicia era a due strati di stoffa: un fine pizzo nero operato sopra della seta rossa. Mi provai l'abbinamento. Decidendo di non portare l'archetto durante la festa, praticai un taglio in una delle tasche della gonna per avere rapido accesso al coltello a serramanico. I sandali erano un po' grandi, così feci un altro buco nella linguetta. Fino a quando non mi guardai allo specchio, non mi resi conto di indossare i colori del Comandante Ambrose, la medesima combinazione della mia uniforme nordica. Presi in considerazione un altro abbigliamento, provai perfino diversi vestiti, ma quelli con cui mi sentivo più a mio agio erano la mia prima scelta. Sciogliendomi la treccia, scrollai la testa. L'anno precedente avevo tagliato grovigli e nodi, e adesso le punte erano cresciute frastagliate. I capelli neri ora mi arrivavano ben oltre le spalle. Ci sarebbe stato bisogno di una bella spuntata e di un lavaggio. Indossai di nuovo gli abiti da giorno e lasciai i miei alloggi per portare le mele promesse a Topaz e Kiki. La conversazione nel cortile s'interruppe non appena uscii. Ignorando tutti, mi diressi alle scuderie. Mi sarei fermata ai bagni al ritorno. L'ora della festa arrivò più in fretta di quanto mi aspettassi. Una volta ancora stavo davanti allo specchio nella mia stanza, sistemandomi gli abiti con occhio critico. Mi scostai dal viso un ricciolo errabondo. Un'assistente ai bagni aveva fatto una scena al mio maldestro tentativo di tagliarmi i capelli da sola. Mi aveva requisito le forbici procedendo a regolare le punte, dopodiché mi aveva arrotolato i capelli su tubi di metallo riscaldato. Invece di essere tirati in una crocchia, adesso i capelli mi ricadevano sulle spalle in grossi boccoli morbidi. Mi sentivo ridicola. Ma prima che potessi risistemarli, qualcuno bussò alla porta. Afferrai l'archetto e sbirciai dalla finestra. Cahil aspettava fuori. I suoi capelli e la barba apparivano bianchi nella luce lunare. Aprendo
la
porta
dissi:
«Credevo
fossimo
d'accordo
di
santa pace», spiega di incontrarci...». Restai a bocca aperta. Cahil indossava una lunga tunica di seta blu notte. Il colletto stava in piedi rigido e un profilo d'argento seguiva l'orlo della stoffa per formare una V abbastanza profonda sotto la gola da lasciar intravedere uno scorcio del suo petto muscoloso. La profilatura gli seguiva anche le spalle e scendeva lungo la cucitura esterna delle ampie maniche. Una cintura di maglia d'argento trapuntata di pietre dure gli raccoglieva la tunica attorno alla vita sottile. I calzoni erano intonati alla camicia e, una volta ancora, un profilo d'argento gli segnava la cucitura esterna delle gambe, conducendo i miei occhi fino a un paio di stivali di cuoio lucidato. Regalità incarnata. «Sono passato davanti ai tuoi alloggi mentre ero per via. Sembrava sciocco non fermarmi» spiegò Cahil. Scrutò strizzando gli occhi nella luce della lanterna che ardeva dietro di me, e mi resi conto che non poteva vedere la mia espressione, fissa a bocca aperta. «Pronta?» chiese. «Dammi un momento.» Tornando nel soggiorno, indicai a Cahil una sedia mentre andavo in camera da letto, dove mi agganciai il coltello a serramanico e mi lisciai la gonna. Non avendo tempo di sistemarmi i capelli, decisi di spingerli dietro le orecchie. Boccoli! Vivere a Sitia mi aveva rammollita. Cahil fece un largo sorriso quando mi vide alla luce. «Non ridere» ammonii. «Non rido mai di una bella donna. Piuttosto, preferisco ridere e danzare con lei.» «La falsa adulazione non funzionerà su di me.» «Dicevo sul serio, ogni singola parola.» Cahil mi offrì il braccio. «Andiamo?» Dopo una lieve esitazione, agganciai il braccio al suo. «Non preoccuparti. Sono la tua unica scorta stasera. Mi offrirei di proteggerti dalle attenzioni da avvinazzati degli altri uomini, ma so fin troppo bene che sei capacissima di far valere le tue ragioni. Probabilmente sei armata. Giusto?»
santa pace», spiega di «Sempre.» Camminammo in un silenzio complice. Gruppi di studenti e altre coppie che camminavano nella medesima direzione presto si unirono a noi. Una musica vivace pulsava nell'aria, facendosi più forte via via che ci avvicinavamo. Il refettorio era stato trasformato in salone da ballo. Festoni di velluto arancione, rosso e giallo si intrecciavano sul soffitto e drappeggiavano le pareti. Risa e conversazioni gareggiavano con la musica mentre alcune persone bevevano e mangiavano, e altre danzavano sulla pedana di legno. Tutti sembravano indossare i loro abiti più belli. La sala scintillava di gioielli nella luce delle candele. Il nostro arrivo passò inosservato. Ma non appena Cahil mi trascinò in mezzo alla folla verso il fondo della sala, un paio di occhiate sorprese segnarono il nostro passaggio. Trasalii di scatto quando uscimmo dalla calca e individuai Leif. Non l'avevo più visto da quando Irys era partita, e dal momento che si era già diplomato al Mastio avevo supposto che non fosse più coinvolto con gli studenti o le classi. Invece eccolo lì, ritto accanto a Roze e Bain. Cahil si diresse verso di loro. Quasi svenni quando Leif mi sorrise mentre ci avvicinavamo. ma quando mi riconobbe il sorriso si trasformò in un cipiglio. Mi chiesi che cosa avrei dovuto fare per ottenere un vero sorriso da lui. Abbandonai il pensiero: non volevo guadagnarmi la sua benevolenza, e certamente non ne avevo bisogno. Ora, se riuscivo a continuare a ripetermelo più e più volte nella mente, forse prima o poi ci avrei creduto. Quando ci unimmo al gruppo, Bain si complimentò per la mia acconciatura, mentre Roze mi ignorò. Il nostro gruppo si animò veramente solo quando Zitora si unì a noi. «Perfetto! Assolutamente perfetto!» esclamò Zitora a proposito della mia toeletta. Il discorso presto si indirizzò su questioni del Consiglio e Cahil incalzò Roze a inserirlo nell'ordine del giorno. Poiché non avevo alcun interesse a discutere di politica, la mia attenzione divagò
santa pace», spiega di mentre scrutavo la folla. Vidi solo pochi degli uomini di Cahil. Portavano uniformi di gala e se ne stavano imbarazzati in disparte come se fossero in servizio anziché essere lì per piacere. Forse lo erano. Osservai per un po' i ballerini, che giravano a coppie attorno allo spazio per le danze. Dopo otto battute si fermavano, poi facevano quattro passi verso il centro, quindi quattro passi indietro e continuavano in cerchio. Poi lo schema veniva ripetuto. Simile ad alcune delle mie Kata di autodifesa, la danza assomigliava a una serie predefinita di movimenti. Comparvero Dax e Gelsi. Gli studenti di Bain salutarono i tre Maestri Maghi con rigida formalità. Gelsi indossava un abito di un morbido verde che scintillava alla luce delle lanterne. Il colore del vestito si intonava ai suoi grandi occhi. Trapunta di bottoni d'oro, la camicia rossa di Dax aveva un colletto a mandarino. Un profilo d'oro seguiva la cucitura esterna dei suoi calzoni neri. «Ehi, siamo intonati» mi disse. Riuscivo appena a sentirlo al di sopra della musica. «Ti andrebbe di ballare?» Lanciai un'occhiata a Cahil, che discuteva con Leif. «Certo.» Dax sorrise e mi trascinò in uno spazio libero sul terreno di danza. Guardare era stato più facile che imitare i passi, ma con la guida risoluta di Dax trovai presto il ritmo. Mentre giravamo in cerchio, Dax disse: «Ricordi quando ti ho detto che avevi tre punti contro di te?». Annuii. «Adesso ce ne sono cinque.» «Che cos'altro c'è?» chiesi esasperata. Era difficile credere che avessi avuto il tempo di far infuriare qualcun altro. «Sei venuta alla festa al braccio di Cahil. Tutti supporranno due cose. Uno: che sei la sua ragazza. E due: che sei una simpatizzante di Ixia, il che è il peggiore dei due mali.» «Ebbene, si sbaglierebbero. Chi se ne viene fuori con tutti questi argomenti e supposizioni?» domandai. «Non io, questo è sicuro» rispose Dax. «Se fossi io al potere,
santa pace», spiega di avremmo più dessert a cena, più feste, e molte più danze.» Ballammo per un po' in silenzio. Rimuginai sulle implicazioni e decisi di non sprecare il mio tempo a preoccuparmi di quel che pensavano tutti gli altri, né di darmi la pena di tentare di cambiare le loro opinioni. Il mio tempo al Mastio era soltanto una parentesi. Che si lambiccassero. Il mio nervosismo per la serata si dissipò con questa decisione. Sorrisi a Dax. «Hai uno scintillio malizioso negli occhi. Che cosa stai tramando?» «Solo cinque argomenti contro di me?» Socchiusi gli occhi con burlesca preoccupazione. «Un numero così piccolo. Dico che dovremmo provare ad averne otto o dieci.» Un ghigno da lupo si allargò sul viso di Dax. «Mia signora, sei di gran lunga troppo modesta. Sei più che capace di vedertela con quindici o venti.» Risi con genuino piacere. Dax e io roteammo attorno al terreno di danza per qualche ballata ancora, prima di riunirci al gruppo. Cahil accolse il nostro ritorno con un'espressione acida. Prima che potesse dire alcunché o tornare a dibattere con Leif, lo presi per mano e lo tirai verso i ballerini. «Stanotte non è per gli affari» dissi mentre seguivamo Dax e Gelsi. «Stanotte è per il divertimento. Ballare invece di lottare.» Lui rise. «Hai ragione.» La serata volò via mentre ballavo con Cahil, Dax e Bain. Perfino il Mastro di Stalla mi fece fare un giro di danza su una scalmanata canzone con gran batter di piedi. Se Cahil non avesse insistito, non mi sarei fermata nemmeno per mangiare. L'arrivo di Irys avrebbe reso perfetta la serata, ma potei vedere lo sfinimento inciso sul suo viso. Con indosso un semplice vestito blu chiaro invece degli abiti da viaggio, doveva essersi presa il tempo di fare un bagno e di ornarsi la regale crocchia con rubini e diamanti prima di venire alla festa. «È tutto a posto? Hai trovato la sorella di Tula?» domandai. Irys annuì. «Sua sorella, Opale, è con lei, adesso.» Mi rivolse un'occhiata strana.
santa pace», spiega di «Dovremmo tentare di aiutare Tula stanotte?» Irys scosse il capo. «Lasciamo che Opale passi un po' di tempo con sua sorella. È la prima volta che la vede da quando Tula è stata rapita.» Di nuovo, Irys mi lanciò quello sguardo strano. «Che c'è allora? C'è qualcosa che non mi stai dicendo.» «Ho avvertito Opale delle condizioni di Tula... sia mentali che fisiche.» Irys si strofinò una mano sulla guancia. «Ma quando siamo arrivate, è sembrato che fosse avvenuto un miracolo.» Irys scrutò nei miei occhi con profonda intensità. «Tula è sveglia?» domandai confusa. contraddicevano il linguaggio del suo corpo.
Le
notizie
di
Irys
«No, la sua anima è ancora nel suo nascondiglio, ma il suo corpo è completamente guarito.»
santa pace», spiega di
Capitolo 11 «Come?» chiesi a Irys. Hayes aveva detto che lui poteva guarire solo poche ossa alla volta. Forse un altro guaritore era venuto ad aiutarlo con Tula. «Dimmelo tu» ribatté Irys. «Che cosa hai fatto quel giorno? Hayes è in uno stato pietoso da allora. È terrorizzato da te.» «Da me?» Bain venne in mio temporaneo soccorso. «Forse a voi signore piacerebbe andar fuori.» Mi guardai attorno. Varie persone avevano smesso di parlare e ci squadravano intente. «Ho perso il controllo.» Irys si scusò con Bain. «Adesso non è il momento di discutere.» Si diresse verso il buffet. Ognuno tornò conversazione. Ma Irys non aveva finito con me.
alla
propria
Yelena, mi disse nella mente. Per favore raccontami che cosa è successo con Tula. Una paura improvvisa mi rimescolò lo stomaco. Irys era contrariata perché avevo perso il controllo della mia magia e avevo accidentalmente risanato Tula, oppure perché avrei potuto mettere a rischio la vita della ragazza? Con riluttanza, le raccontai tutto quello che era avvenuto quel giorno nella stanza di Tula.
Eri nel dolore e hai spinto il dolore via da te?, domandò Irys. Sì. Ho fatto qualcosa di sbagliato? No. Hai fatto qualcosa di impossibile. Pensavo che avessi cercato di guarirla, il che sarebbe stato pericoloso, ma sembra che tu abbia preso su di te le sue ferite e poi abbia guarito te stessa. Fissai Irys con puro sbalordimento. Era seduta dall'altra parte della stanza, a consumare la sua cena.
Potresti farlo di nuovo?, domandò. Non lo so. Dev'essere stata una reazione istintiva.
santa pace», spiega di C'è un solo modo di scoprirlo. Sentii il sospiro esausto di Irys. Per ora. voglio che tu ti prenda una buona nottata di riposo. Ci troviamo nella camera di Tula domani pomeriggio. Irys spezzò la sua
connessione mentale con me.
La perplessità corrugava il viso di Cahil, e mi resi conto che mi stava osservando. «Qual è il problema?» domandò. «Quarto Mago non dovrebbe essere compiaciuta che tu abbia guarito quella ragazza? Questo significherebbe... Oh, per la mia spada!» esclamò, restando a bocca aperta. Prima che potessi incalzarlo per avere dettagli, la musica finì. «Mezzanotte» annunciò Bain. «È tempo di andare. Gli studenti avranno una giornata piena domani.» La sua deliziata aspettativa di una giornata dedicata all'apprendimento provocò un incresparsi di sorrisi attorno a lui. Obbedienti, tutti sciamarono fuori nel buio, dirigendosi a dormitori e appartamenti. Mentre passava, Dax incrociò il mio sguardo. Sogghignò e alzò sette dita. Non vidi l'ora di sentire da lui gli ulteriori due punti del mio comportamento che avrebbero ispirato pettegolezzi. Cahil mi accompagnò ai miei alloggi. Era insolitamente silenzioso. Alla fine non riuscii più a sopportarlo. «Oh, per la mia spada, che cosa c'è?» chiesi. «Mi sono reso conto di una cosa» rispose, cercando di eludere la domanda. Non soddisfatta, incalzai: «Che era...». «Se te lo dicessi, ti arrabbieresti. E non voglio concludere la serata con uno scontro.» «E se io promettessi di non farlo?» «Lo faresti comunque.» «Domani, allora?» «Chiedimelo la prossima volta che ci stiamo scontrando.» «E se non succederà?» Cahil rise. «Con te, c'è sempre una prossima volta.»
santa pace», spiega di Poi, con una rapidità che mi sorprese, mi afferrò per la vita e mi attirò a sé per un rapido bacio sulla guancia prima di lasciarmi andare. «A domani» disse da sopra la spalla mentre filava via. Fu solo dopo averlo guardato scomparire nel buio che mi resi conto di avere il coltello a serramanico stretto nella mano destra. Ma non avevo fatto scattare la lama. Il sud mi stava rammollendo. Prima i riccioli, adesso questo. Scuotendo il capo, aprii la porta. Nella stanza di Tula, il pomeriggio seguente, dovetti farmi strada a fatica. Il letto occupava il centro. Leif e Hayes stavano in piedi sul lato destro, mentre Irys e una ragazza molto giovane stavano sulla sinistra. La guardia di Tula, uno degli uomini di Cahil, appariva scomodamente incuneato in un angolo. Hayes impallidì quando lo guardai. Irys mi presentò a Opale, la sorella di Tula. I lunghi capelli castani della ragazza erano tirati indietro in una coda di cavallo, e i suoi occhi arrossati apparivano gonfi dal piangere. Non mi ero aspettata un pubblico. «Irys» dissi, «ho bisogno di passare un po' di tempo con Opale prima di poter tentare di riportare indietro Tula.» Leif borbottò qualcosa a proposito del voler far colpo, mentre usciva, e Hayes si limitò a dirigersi alla porta. «Hai bisogno di me?» chiese Irys. «No.» «Non abbiamo molto tempo» mi avvertì mentre lasciava la stanza. Non occorreva che mi rammentasse che l'aggressore di Tula girava ancora libero, magari a caccia di un'altra vittima. Comunque, sapevo in cuor mio che se avessi affrettato la cosa, non avrei avuto successo. Chiesi a Opale di raccontarmi di sua sorella. A frasi smozzicate, la ragazzina mi raccontò solo un paio di storie della loro infanzia. «Tula una volta mi fece una grande tigre di vetro per proteggermi dagli incubi.» Opale sorrise al ricordo. «Funzionò, e la tigre sembrava
santa pace», spiega di così vera e viva che Tula cominciò a fare altri animali di vetro.» Mosse lo sguardo dalla figura immobile della sorella alla guardia nell'angolo. Opale pareva esitante e sconvolta dalle condizioni di Tula, così cambiai argomento e le chiesi del viaggio verso la Cittadella. I suoi occhi marrone scuro si allargarono. «Quarto Mago ci ha svegliato tutti facendoci alzare nel cuore della notte» spiegò guardando con timore Tula. «Ero a malapena sveglia. Prima di rendermene conto, ero sul cavallo della maga, e galoppavamo ventre a terra verso il Mastio.» Opale si strinse nelle braccia. «Quando Tula fu trovata, i guaritori la portarono di corsa alla Cittadella. I miei genitori dovettero trovare gente che facesse funzionare le fornaci e si occupasse di noi, prima di poterla seguire. Sono da qualche parte per via.» Opale prese a farfugliare. «Non li abbiamo superati. Loro non sanno che io sono qui. È il mio primo viaggio lontano da casa, e ci siamo fermate solo per mangiare. Ho dormito sulla sella.» Questo spiegava lo sfinimento di Irys e le occhiaie scure sotto gli occhi. Spiegava anche perché Opale apparisse così disorientata. Cambiai tattica e invitai la ragazzina a fare una passeggiata. Parve riluttante a lasciare la sorella finché non le assicurai che Tula sarebbe stata bene. Le mostrai il campus. La temperatura dell'aria era confortevole. Con pomeriggi caldi e serate frescoline, il tempo durante la stagione fresca era il mio preferito. A un certo punto vagabondammo fuori, nella Cittadella. Guidai Opale verso il mercato. Fisk comparve con un sorriso pronto e ci condusse a un negozio di abiti. Comprai a Opale un cambio di vestiario e Fisk giocò alla guida turistica con lei. Quando la ragazzina sembrò più rilassata, le mie domande su Tula si fecero più specifiche. Mentre lei ricordava altri episodi, io tirai un filo di magia e collegai la mia mente con quella di Opale, assistendo ai suoi ricordi mentre lei parlava. Sentii l'odore della fornace rovente nella fabbrica di vetri della sua famiglia, e tastai la sabbia grezza nelle mie mani.
santa pace», spiega di «Tula e io eravamo solite nasconderci da Mara, nostra sorella maggiore. Avevamo trovato il posto ideale. Mara non sa ancora dov'è» disse Opale sorridendo. L'immagine di un riparo di rami d'albero ed erba chiazzata di sole riempì la mente di Opale mentre il fresco aroma di terra umida mi raggiungeva le narici. «È questo.» Afferrai il braccio di Opale. «Tieni quel posto nella tua mente. Concentrati su di esso.» Lei fece come chiedevo. Chiusi gli occhi ed entrai nel ricordo. Fili d'erba mi strusciavano sulle braccia mentre giacevo nel piccolo incavo dietro un filare di cespugli troppo cresciuti. Il dolce profumo dei caprifogli era pesante nell'aria fresca. Gocciole di rugiada scintillavano al sole del mattino. D'istinto, seppi che quel posto celava l'anima di Tula. «Andiamo.» Spinsi Opale verso il Mastio, salutando Fisk con la mano. Fuori dalla porta di Tula stava una guardia. Ci salutò con un cenno del capo quando entrammo. «Non dovremmo aspettare Quarto Mago e gli altri?» chiese Opale. «Non c'è tempo. Non voglio perdere l'immagine.» Presi una delle mani di Tula e tesi l'altra mia mano a Opale. «Prendimi la mano. Adesso, voglio che tu ti immagini nel vostro nascondiglio insieme a Tula. Chiudi gli occhi e concentrati tantissimo. Riesci a farlo?» Opale annuì, il pallido viso contratto. Mi collegai con Tula. Gli spettri dei suoi orrori fluttuavano ancora nel vuoto, ma sembravano meno tangibili di prima. Collegandomi con Opale, seguii il profumo di caprifoglio e di rugiada attraverso la mente di Tula. Gli spettri si addensarono con improvvisa furia, volandomi contro, bloccandomi il passaggio. L'aria premeva e appiccicava come melassa. Li superai a forza solo per venire avviluppata in un filare di cespugli spinosi. I miei vestiti si impigliarono nei rami e i rovi mi affondarono nella pelle. «Vai via» gridò Tula. «Non voglio tornare indietro.»
santa pace», spiega di «I tuoi familiari sentono la tua mancanza» dissi io. Dei viticci cominciarono ad avvolgersi attorno alle mie braccia e alla vita, ancorandomi. «Vai via!» Le mostrai i ricordi di Opale di ciò che la sua famiglia aveva sofferto quando Tula era scomparsa. I cespugli spinosi si rarefecero un poco. Attraverso i loro rami scorsi Tula rannicchiata nel nascondiglio della sua infanzia. «Non posso affrontarli» disse Tula. «I tuoi familiari?» «Sì. Ho fatto... delle cose. Cose terribili perché lui non mi facesse male.» Tula rabbrividì. «Ma mi ha fatto male lo stesso.» I viticci mi risalirono le braccia e mi circondarono il collo. «I tuoi familiari ti vogliono ancora bene.» «Presto non me ne vorranno più. Lui dirà loro che cosa ho fatto. Saranno disgustati. Ero la sua schiava, ma non mi sforzavo abbastanza per lui. Non riuscivo a farne una giusta. Non sono neppure morta per lui.» Controllai la mia rabbia; il mio desiderio di ammazzare quella bestia avrebbe dovuto aspettare. «Tula, lui è quello disgustoso. Lui è quello che dovrebbe morire. I tuoi familiari sanno che cosa ha fatto al tuo corpo. Ti vogliono soltanto indietro.» Lei ritirò il corpo in una palla ancor più stretta. «Che cosa sai tu? Non sai niente di quello che ho passato. Va' via.» «Tu presupponi troppo» dissi con voce strangolata mentre i viticci attorno alla mia gola stringevano forte. Lottai per respirare. Potevo guardare di nuovo in faccia i miei orrori? Per trovare quel mostro, l'avrei fatto. Aprii la mia mente alla sua e le mostrai Reyad. Il suo piacere nel torturarmi. La mia disponibilità a farlo contento affinché non mi facesse del male. E la notte in cui gli tagliai la gola dopo che mi aveva stuprato. Tula sbirciò verso di me attraverso le braccia. I viticci allentarono la presa. «Tu hai ucciso il tuo torturatore. Il mio è ancora la fuori, in
santa pace», spiega di attesa.» Provai di nuovo. «Allora è libero di rendere sua schiava qualcun'altra. E se Opale fosse la sua prossima vittima?» Tula balzò su inorridita. «No!» urlò. Collegai la mente di Opale alle nostre. Per un momento, Opale restò attonita, battendo le ciglia per la sorpresa. Poi corse da Tula e l'abbracciò. Piansero insieme. I viticci si ritirarono, e i cespugli appassirono. Ma questo fu solo l'inizio. L'incavo erboso presto svanì e gli spettri di Tula aleggiarono attorno a noi. «Ce ne sono troppi» disse Tula in tono sconfitto. «Non mi libererò mai di loro.» Estrassi il mio archetto dal supporto sulle spalle e lo ruppi in tre pezzi. Porgendone uno a Tula e l'altro a Opale, dissi: «Non sei sola. Combatteremo insieme». I fantasmi attaccarono. Erano tenaci e rapidi. Menai fendenti contro di essi a più riprese, finché non mi sentii le braccia come piombo. Alcuni degli orrori di Tula scomparvero, altri arretrarono, ma alcuni parevano crescere mentre combattevano. La mia energia si prosciugava a un ritmo allarmante. Sentii il mio archetto restare infisso dentro uno degli spettri. Lo spirito si espanse e mi consumò. Urlai quando il dolore della fustigazione mi straziò il corpo. «Sei debole. Dimmi che obbedirai e mi fermerò» mi bisbigliò una voce all'orecchio. «No.» Prossima al panico, mi protesi all'esterno in cerca di aiuto. Una presenza possente prese forma e mi tese un archetto intero che pulsava di energia. Le forze mi ritornarono e picchiai su quell'orrore finché fuggì. Avevamo rintuzzato l'attacco, ma potevo vedere che i fantasmi di Tula si preparavano a un'altra offensiva. «Tula, questa è soltanto la prima battaglia di una guerra incombente. Ci vorranno tempo e fatica per liberarti delle tue paure, ma avrai aiuto in abbondanza da parte della tua famiglia. Vieni con
santa pace», spiega di noi?» chiesi. Lei si morse il labbro, guardando il pezzo di bastone tra le sue mani. Opale aggiunse il suo bastone a quello di Tula. Tula li serrò entrambi contro il petto. «Sì. Verrò.» La mente di Tula si colmò di ricordi della sua vita. Una vertigine mi turbinò nello stomaco quando spezzai i legami mentali con Tula e Opale. Calò il sollievo, e sprofondai nel buio. Quando ripresi i sensi, sentii dura pietra contro la schiena. Per la terza volta ero crollata sul pavimento della stanza di Tula. Stavolta non avevo speranza di muovermi: la mia energia era completamente esaurita. Dopo un po' notai che qualcuno mi stringeva le mani. Dita forti cingevano le mie, avvolgendole di calore. Con fatica aprii gli occhi per vedere chi mi teneva. Poi li chiusi stretti. Dovevo essere ancora addormentata. Ma dopo aver udito gli insistenti richiami di Irys, guardai di nuovo. Ed ecco lì seduto mio fratello, a tenermi le mani e a condividere la sua energia con me. Lo sfinimento traspariva dal viso di Leif. «Sei in grossi guai» disse. Le sue parole non parvero maligne, soltanto prosaiche, e come mi aspettavo, dietro le sue spalle vidi Irys, Roze, Hayes e Bain, tutti che mi fissavano accigliati. Leif mi lasciò le mani, ma restò sul pavimento accanto a me. Roze gli lanciò un'occhiata, il dispetto evidente nella piega serrata delle labbra. «Avresti dovuto lasciarla morire» lo rimproverò. «Un mago in meno a contaminare la nostra terra con la sua incredibile stupidità.» «Sei un tantino troppo brusca, Roze» replicò Bain. «Anche se concordo sulla stupidità. Bambina, perché hai provato a fare una cosa simile da sola?» mi domandò. Non potei neppure parlare in mia difesa, perché non avevo abbastanza forza per spiccicare parole, figuriamoci per cercare di spiegarmi. «Arrogante e stupida» disse Roze per me. «Da quando ha risanato Tula dalle sue ferite fisiche, deve aver creduto di essere un mago
santa pace», spiega di onnipotente e di poter fare qualsiasi cosa. Questa idiota probabilmente vorrà chiedere di affrontare l'esame per il livello di Maestro, prossimamente.» Sbuffò di disgusto. «Magari la penserà diversamente dopo che l'avremo assegnata ai dormitori del primo anno. Là potrà imparare i fondamenti della magia mentre lava i pavimenti, come ogni nuovo studente.» Lanciai un'occhiata a Irys. La punizione di Roze suonava orribile. Irys non disse niente. La disapprovazione pulsava da lei. Mi preparai a una sfuriata. Invece Opale gridò: «Tula è sveglia!». Chiusi gli occhi per il sollievo quando tutti si concentrarono su Tula. Quando riaprii gli occhi, i maghi erano tutti spariti dalla mia visuale. «Sei ancora testarda e senza freni; un fico strangolatore fuori controllo» sentenziò Leif. «Deduco che Ixia non abbia cambiato tutto in te.» Si alzò su gambe tremanti, e lo guardai raggiungere gli altri al capezzale di Tula. Restai perplessa per la sua osservazione. Buona o cattiva? Non riuscii a decidere. Poi la voce aspra di Roze mi riscosse dalle mie riflessioni. Bombardava Tula di domande sul suo aggressore, ma lei non voleva rispondere. Trasalii, sapendo che Tula non era in grado di sostenere l'interrogatorio di Roze. Per fortuna, intervenne Hayes. «Dalle un po' di tempo» disse. «Non c'è tempo» ribatté Roze. Un'esile voce arrochita domandò: «Chi sono tutte queste persone? Dov'è Yelena? Non riesco a vederla». «È qui» rispose Opale. «È solo esausta per averti aiutato, Tully.» «Hayes, chiama qualche aiutante e spostate quell'idiota di ragazza in un'altra stanza» ordinò Roze. «Ha fatto abbastanza danni, per una giornata.» Quando Hayes si mosse per obbedire, Tula esclamò: «No! Vattene tu. Tutti voi. Non vi dirò niente. Yelena resta con me. Parlerò solo con lei». Un borbottio di irritazione e contrarietà corse tra i maghi prima
santa pace», spiega di che Roze acconsentisse con riluttanza a far portar dentro un lettuccio per me. Hayes e Irys mi sollevarono dal pavimento e mi lasciarono cadere senza tante cerimonie sul materasso. Irys non aveva ancora detto una parola, e il suo silenzio mi spaventava. «Bambina» Bain disse a Tula, «comprendo la tua paura. Ti sei svegliata in una stanza piena di estranei.» Poi presentò tutte le persone nella stanza. «Primo Mago e Leif sono coloro ai quali devi raccontare del tuo rapimento. Loro troveranno il tuo rapitore.» Tula si tirò su il lenzuolo fino al mento. «Lo racconterò a Yelena. A nessun altro. Si occuperà Yelena di lui.» La risata aspra di Roze mi urtò le orecchie. «Non può nemmeno parlare! Se il tuo assalitore entrasse in questa stanza, vi ucciderebbe entrambe.» Scosse la testa, incredula. «Non stai pensando chiaramente. Sarò di ritorno domattina, e tu parlerai con me. Andiamo, Leif.» Roze uscì dalla porta a grandi passi con mio fratello alle calcagna. Hayes spinse fuori tutti gli altri. Non appena la porta si chiuse, udii Bain dire a Irys di assegnare una guardia in più per quella sera. Buona idea, pensai. Se fosse venuto Goel, da sola non avrei potuto impedirgli di portare a effetto la sua promessa di torturarmi. L'ansia di essere così inerme mi strisciò lungo la spina dorsale. Una situazione simile tormentava Tula. Uno dei suoi molti spettri era essere alla mercé di un altro. La sua promessa di raccontarmi ogni cosa pesava sulla mia mente; mi ero appena sbarazzata del mio fantasma. Tuttavia, odiavo ammetterlo, Reyad conservava ancora un certo potere. Ogni volta che avevo dei dubbi, pareva divertirsi a visitare i miei incubi. Oppure li causava lui? Oppure ero io a invitarlo? Per distrarmi da pensieri così ansiogeni, cercai di raccogliere un po' di energia per parlare con Tula, ma lo sfinimento mi vinse e sprofondai in un profondo sonno senza sogni. Mi sentivo un po' meglio al mattino, ma avevo soltanto forza sufficiente a sedermi sul letto. Quantomeno riuscii a chiedere a Tula come si sentisse.
santa pace», spiega di Lei chiuse gli occhi. Puntando alla propria tempia disse: «Vieni». lo sospirai con rammarico. «Non ho l'energia per collegare le nostre menti, Tula.» «Forse io posso essere d'aiuto» disse Leif dalla soglia. «No! Vai via.» Tula si schermò il viso con le braccia. «Se non parli con me, Primo Mago verrà e prenderà da te l'informazione che le occorre» spiegò Leif. Tula sbirciò verso di me, confusa. «Non sarà piacevole» dissi. «È quasi altrettanto brutto di quello che ti ha fatto il tuo aggressore, io lo so.» Leif distolse gli occhi. Sperai si sentisse in colpa. Studiandolo più attentamente, mi chiesi perché mi avesse aiutato il giorno prima. Che ne era stato del suo sorrisetto? Dov'erano la sua derisione e condiscendenza? Mi resi conto di conoscere a malapena quell'uomo. Non desiderando indagare oltre le sue motivazioni, domandai: «Perché mi hai aiutato?». Un cipiglio gli increspò il viso, ma con un sospiro Leif rilassò i lineamenti, escludendo le proprie emozioni. «Mamma mi avrebbe ucciso se ti avessi lasciato morire» rispose. Si rivolse a Tula, ma io mi rifiutai di lasciare che se la cavasse con una risposta così evasiva. «Qual è il vero motivo?» L'odio divampò nei suoi occhi di giada, ma un secondo più tardi il suo atteggiamento si ammorbidì, come se qualcuno avesse spento una candela. Bisbigliò: «Non potevo sopportare di non fare niente e perderti di nuovo». Poi, le sue difese mentali calarono e udii i suoi pensieri. Ti odio
ancora.
La sua confidenza mi sorprese, anche se il suo commento petulante non riuscì a preoccuparmi. Un'emozione, perfino l'odio, era meglio dell'apatia. Poteva questo essere un primo passo per superare l'abisso tra noi? «Che cos'ha detto?» chiese Tula. «Lui vuole aiutarti» dissi. «Tula, questo è mio fratello. Senza di lui
santa pace», spiega di non ti avremmo riportato indietro. Se vuoi che io trovi il tuo aggressore, avrò bisogno della sua forza.» «Ma allora lui vedrà. Lui saprà di...» Tula si strinse le braccia l'una con l'altra. «Lo so già» disse Leif. Le scostò le braccia dal viso con una gentilezza che mi stupì. Ripensai alle osservazioni di mia madre a proposito della magia di Leif. Aveva detto che lui era d'aiuto in caso di crimini, percependo la colpa e la storia di una persona. Ora, mentre lo osservavo insieme a Tula, desiderai saperne di più su di lui e su come impiegava la sua magia. «Occorre che lo troviamo e gli impediamo di fare del male a un'altra ragazza» spiegò Leif. Tula deglutì e si morse il labbro prima di annuire. Leif si mise tra i nostri due letti, prese la mano della ragazza e si protese per prendere la mia. lo mi lasciai andare sul materasso e gli afferrai la mano. Poi, usando la sua energia, formai un legame mentale con Tula. Nella sua mente, noi due stavamo presso una fornace di pietra grigia. Il potere di Leif ruggiva attorno a noi come il fuoco dentro la fornace. «Ero qui, a infilare carbone dentro la fornace. Era quasi mezzanotte quando...» Si serrò il grembiule. Nera fuliggine striava la tela bianca. «Un panno scuro avvolto attorno alla faccia. Prima che potessi gridare, ho sentito una puntura forte nel braccio. Poi... poi...» Tula smise di parlare. Sul nostro palcoscenico mentale, avanzò verso di me. Abbracciai il suo corpo tremante, e nello spazio di un respiro io divenni Tula, assistendo al mio stesso rapimento. Dal foro della puntura si diffuse un torpore, congelandomi i muscoli. La vertigine era l'unica indicazione del fatto che venissi mossa. Passò del tempo. Quando lo straccio mi venne tolto dalla faccia, ero distesa dentro una tenda. Incapace di muovermi, fissai dal basso all'alto un uomo scarno con corti capelli castani che erano striati d'oro, indossava soltanto una maschera rossa. Strani simboli cremisi erano stati dipinti su tutta la sua pelle color sabbia. Teneva in
santa pace», spiega di mano quattro paletti di legno, della corda e un mazzuolo. La sensibilità mi tornò nelle membra. «Tula, no. Non posso» dissi nella mia mente. Sapevo quali orrori minacciavano di venire. Mi mancava la forza di sopportarli con lei in quel momento. «Mostrami lui soltanto.» Lei congelò l'immagine dell'uomo così che io potessi esaminare i simboli. I disegni circolari erano contenuti dentro disegni più grandi di animali. Triangoli scendevano lungo le braccia e le gambe lisce. Benché magro, irradiava possanza. Un totale sconosciuto per Tula, ogni cosa in lui le sembrava estranea. Perfino il modo aspro in cui pronunciava il suo nome, enfatizzando la sillaba la, suonava strano. Ma lui la conosceva. Sapeva i nomi delle sue sorelle e dei genitori. Sapeva come fondevano la sabbia mutandola in vetro. Poi, in un turbine di suono e colore, lei mi mostrò l'uomo in diversi momenti. Non le era permesso di lasciare la tenda, ma ogniqualvolta lui entrava o usciva, Tula coglieva uno scorcio dell'esterno, uno stimolo di libertà. Lunga erba folta riempiva l'intera visuale. Quando veniva da lei, l'uomo indossava sempre una maschera. Lasciando svanire l'insensibilità dal suo corpo prima di picchiarla o stuprarla. Lasciandole provare il dolore che lui procurava con apparente reverenza. Dopo aver terminato la tortura, prendeva una spina e le graffiava la pelle. Da principio sbalordita da quell'atto, Tula presto imparò a temere e a bramare l'unguento che lui le spalmava dentro i tagli sanguinanti aperti dalla spina. Era la lozione paralizzante che la immobilizzava, portandosi via tutta la sofferenza, ma anche ogni possibilità di fuga. L'unguento aveva un forte odore pungente, simile al sentore acuto di alcol misto a essenza di agrumi. L'aroma rimase attorno a me come nebbia velenosa quando l'energia di Leif venne meno. Leif spezzò il collegamento magico con Tula. «Quell'odore...» disse bilanciandosi sul bordo del mio letto. «Non sono riuscito ad averne una buona aspirata. Tutto il mio sforzo è andato nel tenere te e Tula connesse.»
santa pace», spiega di «È orribile» disse Tula rabbrividendo. «Non lo dimenticherò mai.» «E quei simboli?» chiesi a Leif. «Li hai riconosciuti?» «Non proprio. Tuttavia ci sono alcuni clan che usano simboli simili per dei rituali.» «Rituali?» La paura mi annodò lo stomaco. «Cerimonie di nozze e riti di assegnazione del nome.» Leif aggrottò la fronte per la concentrazione. «Migliaia d'anni fa, i maghi erano soliti effettuare complessi rituali. Credevano che il potere magico venisse da una divinità, e che se si fossero tatuati i corpi e avessero mostrato un adeguato rispetto, sarebbe stato loro concesso un potere più grande. Ora noi ne sappiamo di più. Ho visto dei simboli dipinti su facce e mani prima d'ora, ma non come quelli dell'aggressore di Tula.» Leif si tirò dietro la testa i capelli neri con entrambe le mani. Con i gomiti sporgenti ai lati del viso, la sua postura sembrava così familiare. Mi sentii come se potessi tornare indietro a un tempo in cui le mie preoccupazioni si concentravano soltanto su quale gioco fare. Il debole ricordo d'infanzia si dissolse con i miei sforzi per concentrarmi su di esso. Tula si coprì gli occhi, mentre lacrime silenziose le colavano lungo le guance. Rivivere il rapimento e la tortura doveva essere stato agghiacciante. «Prenditi un po' di riposo» le disse Leif. «Tornerò più tardi. Forse Secondo Mago saprà qualcosa di quei simboli.» Lasciò la stanza. Gli eventi del mattino avevano esaurito la mia piccola riserva di energia. Sapevo che le parole non avrebbero dato alcun conforto a Tula, così fui sollevata quando entrò Opale. Vedendo la preoccupazione della sorella. Tula singhiozzò forte, e Opale si infilò nel letto con lei, la tenne stretta e la cullò come una bambina, lo piombai nel sonno ascoltando Tula che si liberava del veleno dell'uomo mascherato. Avemmo visitatori per tutto il resto della giornata. Arrivò anche Cahil, che puzzava di fienile. «Come sta Kiki?» chiesi, sentendo la sua mancanza. Anche se il mio
santa pace», spiega di legame con lei rimaneva, non riuscivo a creare abbastanza potere per udire i suoi pensieri. «Un po' agitata. Tutti i cavalli lo sono. Il Mastro di Stalla ha avuto uno dei suoi scoppi di malumore. I cavalli prendono suggerimenti dalle emozioni delle persone. Se un cavaliere è nervoso, allora lo sarà anche il cavallo.» Cahil scosse la testa. «Ho ancora grosse difficoltà a credere che tu possa comunicare con loro. Immagino che oggi sia proprio una di quelle giornate in cui viene dimostrato che le mie idee sono sbagliate.» «Perché dici questo?» «Ho creduto che tu fossi una spaccona troppo fiduciosa di sé quando hai detto che potevi aiutare Tula. Ma l'hai fatto.» Cahil mi scrutò. Accettai il titolo di troppo fiduciosa. Il mio recupero dell'anima del Comandante Ambrose era parso facile a confronto di quella di Tula, ma avevo dimenticato che Irys era stata con me nella camera del Comandante, e che erano state le superiori capacità di combattimento e la determinazione di Ambrose che ci avevano liberato dei suoi demoni. «Per poco non ti sei uccisa salvando Tula, però» aggiunse Cahil. «Valeva la pena di correre questo rischio, per dimostrare che ancora una volta avevo torto?» «Le mie motivazioni non erano egoistiche» scattai. «Volevo soltanto aiutarla. Capisco che cosa ha passato e sapevo che aveva bisogno di me. Una volta che ho avuto un'idea su come potevo trovarla, non mi sono fermata a pensare. Ho reagito e basta.» «E il fatto che tu stessa correvi un grave pericolo non ti è mai passato per la mente?» «Non questa volta.» Sospirai, vedendo la sua espressione stupefatta. «Ti sei messa in pericolo per gli altri già prima d'ora?» «lo ero l'assaggiatore ufficiale del Comandante Ambrose.» Questo era di pubblico dominio, diversamente dal mio ruolo nel fermare Brazell.
santa pace», spiega di Cahil annuì. «Posizione perfetta per origliare i piani del Comandante. Lui ti usava come scudo. Potevi ben desiderare di aiutare a rovesciarlo. Perché conservi una tale lealtà nei suoi confronti?» La frustrazione gli inaspriva la voce. «Grazie alla mia posizione, ho potuto vedere oltre la sua reputazione. Ho visto bontà e un profondo interesse per il suo popolo. Non ha abusato del suo potere e, benché lungi dall'essere perfetto, è sempre rimasto fedele ai propri principi. Affidabile e fedele alla parola data, non dovevi mai immaginarti significati nascosti o sospettare doppiezza da parte sua.» La sua ostinazione rifiutò di ammorbidirsi. «Ti hanno fatto il lavaggio del cervello. Yelena. Speriamo che ritrovi un po' d'intelletto dopo aver vissuto a Sitia per qualche tempo.» Cahil se ne andò senza attendere risposta. La conversazione mi aveva sfinito. Andai e tornai da un sonno agitato per il resto del pomeriggio. L'uomo mascherato invadeva i miei sogni, dandomi la caccia attraverso una fitta giungla. Verso sera Dax Verdelama spuntò nella stanza, energizzando l'aria. «Hai un aspetto d'inferno» mi disse a bassa voce. Tula e Opale erano cadute addormentate nell'angusto lettuccio di Tula. «Via, Dax, non indorare la pillola. Dimmi che cosa pensi realmente» replicai. Lui si coprì la bocca per soffocare una risata. «Ho pensato di colpirti mentre eri giù, perché quando sentirai le voci che sono corse per il campus come piedi nudi sulla sabbia rovente, il tuo ego lo riterrà un complimento.» Con un gesto magniloquente, Dax allargò le braccia nell'aria. «Sei diventata una leggenda!» «Una leggenda? lo?» L'incredulità mi colorava la voce. «Una leggenda nera» precisò lui, «ma pur sempre una leggenda.» «Andiamo! Quanto credulona pensi che io sia?» «Abbastanza ingenua da credere di poter ritrovare la coscienza di qualcuno da sola.» Dax agitò una mano verso il mio letto. «Tuttavia, non è così stupido, se questo era un tentativo di marinare le lezioni.
santa pace», spiega di Ma se vedi i tuoi colleghi studenti affrettarsi a togliersi dalla tua strada, adesso sai perché. Ecco che arriva Yelena, l'onnipossente Cercatrice d'Anime!» Lanciai il cuscino contro Dax. La sua magia mi sfiorò la pelle quando il cuscino virò sulla destra e colpì la parete con un morbido tonfo prima di scivolare sul pavimento. Lanciai un'occhiata alle ragazze. Sembravano addormentate. «Adesso stai esagerando» dissi. «Puoi biasimarmi? Maledetto dalla capacità di leggere e parlare lingue arcaiche, il Maestro Bain mi ha fatto tradurre storia antica. Molto arida e noiosa.» Dax recuperò il mio guanciale e lo sprimacciò perfino prima di rendermelo. Quando Leif entrò nella stanza portando una grossa scatola quadra, Dax si chinò su di me e bisbigliò: «Parlando di cose noiose...». Soffocai un risolino. Dax se ne andò mentre Leif prese a disimballare piccole fiale marroni. Il tintinnio di vetro svegliò Tula e Opale. Tula adocchiò le bottigliette con palese allarme. «Che cosa sono quelle?» chiesi a Leif. «Fiale di aromi» rispose. «Ciascuna contiene un sentore specifico. Mamma e papà mi hanno aiutato a crearle. Gli odori fanno scattare ricordi, il che mi aiuta a trovare i criminali. Ma ho supposto di poter usare questa attrezzatura come punto di partenza per individuare l'unguento che usava l'aggressore di Tula.» Interessata, la ragazza cercò di mettersi a sedere. Opale scese dal letto per aiutarla. Leif frugò nella sua collezione di circa trenta ampolle finché non ne ebbe allineate dieci. «Proveremo prima queste.» Ne stappò una e me la passò sotto il naso. «Respira normalmente.» Arricciai il naso e starnutii. «No. Questo è orrendo.» Un lieve sorriso sfiorò il viso di Leif mentre metteva via il contenitore. «Leif?» chiese Tula. «E se provassi io?»
santa pace», spiega di Lui esitò. «Hai già fatto così tanto; non voglio sfinirti.» «Voglio aiutare anch'io. È meglio che star qui distesa a far niente.» «D'accordo.» Ci fece annusare altre tre fiale. Tula e io annusammo ampolle diverse, poi facemmo una pausa per cenare. «Troppi odori vi darebbero il mal di testa, e dopo un po' non sareste in grado di dire la differenza tra l'uno e l'altro» spiegò Leif. Passò la serata con noi. Il mio interesse cominciava a venir meno, ma lui continuò anche quando fummo prossimi al fondo della cassa. Ero sul punto di addormentarmi quando un odore pungente mi riscosse. Leif reggeva una bottiglietta stappata. Tula era rannicchiata nel letto, le braccia sollevate come se stesse cercando di deflettere un colpo. Leif girò gli occhi, perplesso. «È questo» gridai. «Tu non riesci a sentirlo?» Lui si passò la fiala sotto il naso, aspirando l'odore pungente. Poi infilò di nuovo il tappo, rigirò la bottiglietta e lesse l'etichetta. Mi fissò stravolto. «Ha perfettamente senso!» Era a bocca aperta per l'orrore. «Che cosa?» domandai. «Dimmi.» «È Curaro.» Quando vide la mia perplessità continuò: «Si ricava da un rampicante che cresce nella Giungla Illiais. Paralizza la muscolatura. È grandioso per attutire il mal di denti e alleviare dolori modesti. Per immobilizzare l'intero corpo, la medicina dovrebbe essere molto concentrata». Gli occhi di Leif lampeggiarono di sgomento. «Perché sei così turbato?» chiesi. «Adesso sai cos'è. Non è un bene?» «Il Curaro è stato riscoperto appena l'anno scorso. Solo una manciata di Zaltana conosce le sue proprietà. Al nostro clan piace sapere tutto di una sostanza prima di venderla ad altri.» La comprensione mi invase la mente. Leif credeva che l'uomo dipinto di rosso potesse essere del nostro clan. «Chi ha scoperto il Curaro?» domandai.
santa pace», spiega di Ancora sconvolto, Leif si rigirò la fiala tra le mani. «Papà» rispose. «E l'unica persona a cui riesco a pensare, che abbia le capacità per concentrare il Curaro a sufficienza da paralizzare un intero corpo, è mamma.»
santa pace», spiega di
Capitolo 12 Mi rizzai a sedere sul letto. «Leif, non crederai davvero...» Non riuscii a esprimere il pensiero ad alta voce. A dire che Esaù e Perl, i nostri genitori, avrebbero potuto avere un qualche legame con quel mostruoso assassino. Leif scosse la testa. «No. Ma potrebbe essere qualcuno vicino a loro.» Mi venne in mente un altro pensiero terrificante. «Loro sono in pencolo?» «Non lo so.» Leif cominciò a riporre le fiale nella loro cassetta. «Ho bisogno di parlare al nostro capoclan. In qualche modo, il Curaro dev'essere stato rubato. Che uno del nostro clan sia...» Apparentemente a corto di parole, Leif chiuse con un colpo secco il coperchio della cassetta. «Coinvolto? Dire che abbiamo una spia suona troppo drammatico perfino per me.» Leif mi rivolse un triste sogghigno. «Dubito perfino che il nostro capo mi creda.» Abbrancò la sua attrezzatura e si precipitò fuori dalla stanza. Tula, che durante la nostra conversazione era rimasta in silenzio, chiese: «Potrebbe Ferde...». Deglutì. «Potrebbe il mio aggressore essere del Clan Zaltana?» «Ferde? È quello il suo nome?» Lei si coprì il viso con una mano. «No. È solo come lo chiamavo io. Te l'ho nascosto. Mi vergognavo.» Si bloccò e prese un profondo respiro, lanciando un'occhiata alla sorella. Opale sbadigliò e disse che aveva bisogno di dormire un po'.Baciò Tula sulla guancia e le rimboccò le coperte fino al mento prima di andarsene. Dopo qualche istante di silenzio, dissi: «Non sei tenuta a spiegare». «Voglio farlo: parlare aiuta. Ferde è il diminutivo di Fer-de-lance, una vipera velenosa che caccia le sue prede percependone il calore. Una volta ne avevamo sempre nella nostra fabbrica. Erano attratte dalle fornaci. Una uccise mio zio. Ogni volta che qualcuno di noi usciva per andare alla fabbrica, mia madre diceva: State attenti. Non fatevi prendere da Ferde. lo e la mia sorella maggiore facevamo
santa pace», spiega di spaventare Opale dicendole che Ferde stava venendo a prenderla.» Tula emise un piccolo suono mentre le lacrime le rigavano il viso. «Devo chiederle scusa per essere stata così meschina. È buffo...» Fu quasi soffocata dal pianto. «Sono stata io quella presa da Ferde, ma se avessi avuto scelta, avrei preferito essere morsa dal vero serpente.» Non riuscii a trovare parole di conforto per lei. Più tardi, quella sera, arrivò Bain. Reggeva una lanterna, e Dax, carico di rotoli di carta e di un grosso libro ricoperto di cuoio, lo seguì nella stanza. Un altro rotolo di carta era infilato sotto il braccio di Bain. Il mago accese le lanterne nella camera finché l'aria non rifulse di luce di fiammelle. Indossava la stessa palandrana viola che portava il giorno prima. Senza preamboli, srotolò la carta attraverso il mio letto. Mi si serrò lo stomaco quando guardai il rotolo. I simboli che avevo visto tatuati sul corpo di Ferde coprivano il foglio. Bain osservò attentamente la mia reazione. «Questi, allora, sono i simboli giusti?» Annuii. «Dove...?» Bain prese il libro da Dax, e per una volta il viso del giovane aveva un'espressione grave. «Questo antico testo scritto in lingua Efe parla di simboli magici di molto tempo fa. Afferma che questi simboli erano così potenti da non poter essere trascritti nel libro, poiché farlo avrebbe evocato il potere. Ma, cosa fortunata per noi, li descrive in dettaglio. È una fortuna anche che Dax fosse in grado di tradurre la lingua Efe in questi.» Bain indicò il foglio. «È un passo avanti» dissi. Dax mi scoccò un sorriso. «I miei talenti vengono finalmente usati per una buona causa.» Bain gli rivolse un'occhiata severa. Dax si fece serio. «L'ordine dei simboli è molto importante» spiegò Bain, «poiché tessono una storia. Se potete dirci dove si trovavano sul corpo dell'assassino, potremmo essere in grado di definire che cosa lo muove.» Studiai la pagina, cercando di ricordare dove Ferde avesse dipinti
santa pace», spiega di i segni sul suo corpo. «Ci sono dei disegni su di lui che non si trovano su questo foglio» dissi. «Qui» disse Tula. Aveva gli occhi chiusi. Anche se le tremava il braccio, tese la mano destra. «Li conosco a memoria.» Bain le porse il foglio mentre Dax posava i suoi rotoli sul pavimento. Srotolandone uno, prese a tracciare lo schizzo di un uomo con un sottile pezzo di carboncino. Tula fissò i simboli per un momento, poi indicò il loro ordine. Cominciando dalla spalla sinistra di Ferde, percorse il corpo fino alla spalla destra, poi continuò da sinistra a destra come le righe di un libro. Quando giunse a un simbolo che non era sul foglio di Bain. io lo tracciai per Dax su un pezzetto di carta. Anche se i miei schizzi apparivano goffi a paragone dei suoi, lui riuscì a riprodurre il mio tentativo sul suo foglio. Tula balbettò imbarazzata quando raggiunse l'inguine di Ferde. Bain le strinse la mano e fece un commento su quanto l'uomo avesse dovuto soffrire per quella sua arte, strappando a Tula una sola breve risata. Dalla sua espressione, capii che quel breve riso l'aveva sorpresa. Soffocai un sorriso: si era avviata per la lunga strada della guarigione. Tula aveva memorizzato i simboli sul dorso del suo aggressore. Trasalii, ricordando che aveva passato quasi due settimane alla sua mercé. Ricordava anche altre cose su di lui... le cicatrici sulle caviglie, le dimensioni delle sue mani, la polvere rossa sotto le unghie, la forma e la stoffa morbida della sua maschera rossa, e le sue orecchie. «Perché le orecchie?» chiese Bain. Tula chiuse gli occhi e, anche se le tremolava la voce, spiegò che ogni volta che lui la impalava a terra e affondava dentro di lei, voltava la testa per evitare di guardarla negli occhi. Per chiudere fuori il dolore, Tula si concentrava sul suo orecchio. La prima volta che l'aveva stuprata, gli aveva morso l'orecchio destro. Rammentò di aver provato un momento di soddisfazione quando il caldo sapore metallico del suo sangue le aveva riempito la bocca. «Una minuscola vittoria per me» disse, poi rabbrividì così forte che
santa pace», spiega di il letto tremò. «Non l'ho fatto mai più.» Dax, che aveva disegnato ogni tratto descritto da Tula dalla sua posizione sul pavimento, appianò un'espressione di orrore prima di darle lo schizzo. Dopo alcune minime correzioni, Tula tese il foglio a Bain. «È lui» disse. Lo sforzo aveva talmente attinto alle sue forze che cadde addormentata prima che Dax potesse raccogliere il suo armamentario. Toccai la manica di Bain. «Posso chiederti una cosa?» Il mago lanciò un'occhiata al suo apprendista. «Ti aspetterò nella torre» gli disse Dax. E se ne andò. «Puoi chiedere sempre. Non occorre domandare il permesso, bambina.» Scossi la testa a quel vezzeggiativo. Con soltanto una briciola della mia forza che ritornava, mi sentivo vecchia. Non avevo energia per correggerlo, anche se dubitavo che sarebbe servito. Bain tendeva a chiamare tutti bambina: perfino Irys, e aveva il doppio dei miei anni. «Irys non è venuta a farci visita. È ancora arrabbiata con me?» «Non userei la parola arrabbiata. Furiosa o livida va più vicino alla realtà.» La mia faccia dovette riflettere il terrore, perché Bain posò una mano tranquillizzante sulla mia. «Devi ricordare che sei la sua allieva. Le tue azioni riflettono le sue capacità come insegnante. Ciò che hai fatto con Tula era estremamente pericoloso. Avresti potuto uccidere Tula, Opale, Leif e te stessa. Non hai consultato Irys né chiesto il suo aiuto, confidando soltanto in te stessa.» Aprii la bocca per discolparmi, ma Bain alzò una mano per anticiparmi. «Una qualità, ne sono certo, che hai appreso a Ixia. Nessuno ad aiutarti. Nessuno di cui fidarti. Hai fatto quello che dovevi fare per sopravvivere. Non ho ragione?» Non attese la mia risposta. «Ma non sei più nel nord. Qui hai amici, colleghi e altri per
santa pace», spiega di guidarti e aiutarti. Sitia è molto diversa da Ixia. Nessun singolo comanda. Abbiamo un Consiglio che rappresenta il nostro popolo, discutiamo e decidiamo insieme. Questa è una cosa che devi imparare, e che Irys deve insegnarti. Quando capirà perché hai agito come hai agito, non sarà così turbata.» «Quanto ci vorrà per questo?» Bain sorrise. «Non molto. Irys è come i vulcani delle Montagne di Smeraldo. Può emettere un po' di vapore, sputare un po' di fuoco, ma fa presto a raffreddarsi. Probabilmente ti avrebbe fatto visita oggi, ma questo pomeriggio è arrivato un messaggero da Ixia.» «Un messaggero?» Cercai di alzarmi dal letto, ma le gambe non vollero reggere il mio peso. Finii sul pavimento. Bain sbuffò al mio indirizzo, chiamando Hayes ad aiutarmi a rimettermi a letto. Quando Hayes uscì, chiesi di nuovo: «Che messaggero? Dimmi». «Questioni del Consiglio.» Il mago fece un cenno di congedo con la mano, come se l'intero argomento lo tediasse. «Qualcosa a proposito di un ambasciatore ixiano con il suo seguito, che richiede il permesso di visitare Sitia.» Un ambasciatore ixiano che veniva lì? Rimuginai sulle implicazioni, mentre Bain, impaziente di tradurre i tatuaggi dell'assassino, si affrettava a lasciare la stanza. «Bain» lo chiamai mentre apriva la porta. «Quando arriveranno gli Ixiani?» «Non so. Sono certo che Irys te lo dirà, quando verrà a trovarti.»
Quando. A questo punto, sentivo che se era la parola migliore.
Aspettarla divenne intollerabile. Detestavo starmene semplicemente distesa lì, essere così inerme. Irys doveva aver percepito la mia agitazione.
Yelena, udii la sua voce nella mia mente. Rilassati. Conserva le forze. Ma ho bisogno... Di farti una bella notte di sonno. O non ti dirò niente. Intesi?
santa pace», spiega di Il suo tono fermo non mi lasciò possibilità di discutere. Sissignora. Cercai di calmarmi la mente. Invece di ossessionarmi su quando sarebbe arrivata la delegazione del nord, pensai a chi il Comandante Ambrose avrebbe mandato come suo ambasciatore. Non avrebbe rischiato uno dei suoi generali; mandare un attendente sembrava più logico. Valek sarebbe stato la mia scelta, ma i Sitiani non si sarebbero fidati di lui. e sarebbe stato in pericolo troppo grande. Cahil e i suoi uomini avrebbero cercato di ucciderlo per aver assassinato il Re di Ixia. Ma ci sarebbero riusciti? Questo sarebbe dipeso da quanti in una volta l'avessero attaccato. Immaginai Valek rintuzzare i colpi con la sua caratteristica grazia e rapidità, ma enormi foglie verdi cominciarono a oscurare l'immagine nella mia mente. Le foglie mi bloccarono la visuale e presto la vegetazione mi circondò. Lottai per aprirmi la strada attraverso la densa giungla, cercando Valek. La mia andatura accelerò non appena la consapevolezza di essere inseguita mi premette contro la schiena. Guardandomi indietro da sopra la spalla, scorsi un lungo serpente marrone rossiccio con segni rossi che strisciava verso di me. Scorgendo qualcosa di Valek attraverso gli alberi, urlai e lo chiamai in aiuto. Ma spessi viticci della giungla gli avevano cinto il torace e le gambe. Lui li colpiva con la spada, tuttavia i tralci continuavano ad avvilupparsi attorno a lui finché non gli coprirono anche le braccia. Mi spinsi verso di lui, ma un'acuta puntura nella coscia mi bloccò. La vipera si era arrotolata attorno alla mia gamba. Le sue zanne gocciolavano Curaro. Sgorgava sangue dai due piccoli buchi nei miei calzoni. La droga si diffuse nel mio corpo. Urlai finché il veleno mi gelò la voce. «Yelena, svegliati.» Qualcuno mi scuoteva forte la spalla. «È solo un sogno. Andiamo, svegliati.» Battei le palpebre e vidi Leif. Un cupo cipiglio gli oscurava il volto. I suoi corti capelli neri stavano ritti in angolazioni strane, e aveva occhiaie scure sotto gli occhi. Guardai Tula. Puntellata su un gomito, mi guardava con la preoccupazione negli occhi castani.
santa pace», spiega di «Valek è nei guai?» mi chiese. Lo sguardo di Leif scattò su Tula. «Perché chiedi di lui?» «Yelena stava cercando di aiutarlo quando è stata morsa dal serpente.» «Tu l'hai visto?» domandai. Lei annuì. «Sogno del serpente ogni notte, ma Valek è una novità. Lui deve venire dai tuoi sogni.» Leif si rivolse di nuovo a me. «Tu lo conosci?» «lo...» Chiusi la bocca. Scegliendo con cura le parole, risposi: «Come assaggiatore ufficiale del Comandante, lo vedevo ogni giorno». Leif batté le ciglia. Il rossore dell'irritazione si ritirò dal suo viso. «Non so niente della tua vita a Ixia» commentò. «Questa è stata una tua scelta.» «Non credo che potrei sopportare l'ulteriore senso di colpa.» Leif distolse il viso, fissando la parete. «Non dovresti provare alcun senso di colpa adesso che sai che sono stata rapita. Non c'era niente che tu potessi fare» dissi, ma lui rifiutò di incontrare il mio sguardo interrogativo. «Lei non è tua sorella?» domandò Tula nel silenzio. Poi arriccio il naso, socchiudendo gli occhi perplessa. «È una storia lunga e complicata» risposi. Tula posò la testa sul cuscino, e si agitò sotto le coperte come se stesse cercando una posizione più comoda. «Abbiamo tempo in abbondanza.» «Non abbiamo tempo affatto» disse Irys dalla soglia. «Leif, sei pronto?» «Sì.» Irys fece un passo dentro la stanza. «Allora va' ad aiutare Cahil con i cavalli.» «Ma io stavo per...» «Spiegare che cosa sta succedendo» domandai io rizzandomi a
santa pace», spiega di sedere. «Non c'è tempo. Bain ti metterà al corrente.» Irys e Leif si voltarono per andarsene. La furia mi sbocciò in petto. Senza pensare, attinsi potere e lo diressi verso di loro. «Fermi.» Entrambi si immobilizzarono sul posto finché non li lasciai andare. Mi afflosciai nel letto. La sfuriata aveva esaurito la poca forza che avevo. Irys tornò al mio capezzale. Sul suo viso, uno strano miscuglio di collera e ammirazione. «Ti senti meglio?» «No.» «Leif, vai» disse Irys. «Ti raggiungerò tra un momento.» Lui mi scoccò una triste occhiata, uscendo. Il suo modo di salutare, supposi. Irys si sedette in bilico sull'orlo del mio letto e mi spinse di nuovo giù sul cuscino. «Non starai mai meglio se continui a usare la magia.» «Mi dispiace. Solo che non sopporto di essere così...» «Inerme.» Un sorriso tirato le incurvò la bocca. «È solo colpa tua. Almeno, questo è quanto continua a dirmi Roze. Vuole che ti assegni per una stagione ai lavori di cucina quale punizione per aver salvato Tula.» «Dovrebbe essere ricompensata, non punita» affermò Tula. Irys sollevò la mano. «Consiglio che non accoglierò. In effetti, ritengo che la tua situazione presente sia abbastanza negativa da indurii a riflettere meglio la prossima volta che sarai tentata di usare più magia di quanta tu ne sappia maneggiare. E restare qui mentre Cahil, Leif e io ci rechiamo nelle Pianure Avibiane per far visita al Clan Semedisabbia è punizione sufficiente.» «Che cosa è successo?» domandai. Irys abbassò la voce, le parole appena più forti di un sussurro. «La notte scorsa Leif e io abbiamo chiesto a Bavol, il Consigliere degli Zaltana, del Curaro. È arrivato dai vostri genitori. Ne hanno prodotto una grossa partita e l'hanno fatta consegnare al Clan
santa pace», spiega di Semedisabbia.» Il cuore mi mancò un colpo. «Perché?» «Secondo Bavol. Esaù aveva letto di una sostanza che paralizza i muscoli in un libro di storia sulle tribù nomadi delle Pianure Avibiane. Così Esaù si è recato dal Clan Semedisabbia e ha trovato un guaritore di nome Gede che sapeva qualcosa di questa sostanza. Nel Clan Semedisabbia, la conoscenza viene trasmessa oralmente da un guaritore al successivo, e a volte delle informazioni vanno perdute. Esaù e Gede hanno battuto la giungla in cerca del tralcio di Curaro e, una volta trovatolo, hanno chiesto a Perl di aiutarli a estrarre la droga. È un procedimento lento, così Gede è tornato alle pianure ed Esaù ha promesso di mandargli del Curaro in dono per averlo aiutato.» Irys si alzò in piedi. «Così, adesso andremo a scoprire che cos'ha fatto Gede con questa sostanza, dal momento che il consigliere Harun Semedisabbia non ne sapeva niente.» «lo devo venire!» Lottai per mettermi a sedere, ma il braccio rifiutò di reggere il mio peso. Irys mi osservò impassibile. Quando smisi di agitarmi, chiese: «Perché?». «Perché conosco l'assassino. L'ho visto nella mente di Tula. Potrebbe essere con il clan.» Lei scosse la testa. «Abbiamo i disegni di Dax, e Leif ha visto quell'uomo di sfuggita quando ti ha aiutato a collegare la tua mente a quella di Tula.» Irys si protese a scostarmi i capelli dal viso. La sua mano era fresca contro la mia pelle caldissima. «Inoltre, non sei abbastanza forte. Resta qui. Riposa. Torna in forze. Ho un sacco di cose da insegnarti quando torno.» Esitò, poi si chinò avanti e mi baciò sulla fronte. Le proteste mi si gelarono sulle labbra. La ragione per cui ero al Mastio era imparare, e già mi sentivo come fossi andata fuori corso, ma far visita ai Semedisabbia poteva essere un'esperienza istruttiva. Perché non c'era niente di semplice? Irys aveva raggiunto la porta quando mi ricordai di chiederle della delegazione ixiana. Fermandosi sulla soglia, rispose: «Il Consiglio ha acconsentito a un
santa pace», spiega di incontro. Il messaggero è ripartito stamattina per recapitare la nostra risposta a Ixia». Chiuse la porta, lasciandomi a ponderare tutto ciò che mi aveva detto. «Ixia» disse Tula meditabonda. «Pensi che Valek sfuggirà ai viticci e verrà con la delegazione?» «Tula, quello è stato un incubo.» «Ma sembrava così reale» insistette lei. «I brutti sogni sono fantasmi delle nostre paure e preoccupazioni, che ci tormentano mentre dormiamo. Dubito che Valek sia nei guai.» I miei pensieri tuttavia indugiavano sull'immagine di Valek intrappolato. Era stato così reale. Digrignai i denti per la frustrazione e l'impazienza. Irys aveva ragione, giacere lì incapace di fare qualsiasi cosa era di gran lunga peggiore che pulire le cucine. Prendendo alcuni respiri profondi, placai la mia mente, ripulendola dalle preoccupazioni e dall'irritazione. Mi concentrai sulla mia ultima notte con Valek a Ixia. Un ricordo tenuto caro. Dovevo essermi addormentata, perché avvertii la presenza di Valek. Una forte nube di energia mi circondava.
Hai bisogno d'aiuto, amore?, chiedeva lui nel mio sogno. Ho bisogno di te. Ho bisogno d'amore. Ho bisogno di energia. Ho bisogno di te. Il suo rammarico mi pulsò nel cuore. Non posso venire. Hai già il mio amore. Ma posso darti la mia forza. No! Sarai inerme per giorni! L'immagine di Valek avviluppato dai viticci mi balzò alla mente.
Starò bene. I poteri gemelli sono con me. Mi proteggeranno loro.
Valek mi mostrò un'immagine di Ari e Janco, i miei amici a Ixia, che presidiavano la sua tenda. Erano accampati nella Foresta del Serpente, per partecipare a un'esercitazione militare. Prima che potessi fermarlo, l'energia si riversò su di me, e il mio corpo l'assorbì.
Buona fortuna, amore.
santa pace», spiega di «Valek» gridai, a voce alta. Lui scomparve. «Quello cos'era?» chiese Tula. «Un sogno.» Ma mi sentivo rinvigorita. Mi alzai sulle gambe ora salde, strabiliata. Tula fece tanto d'occhi. «Non era un sogno. Ho visto una luce e...» Presi una decisione improvvisa e schizzai verso la porta. «Devo andare.» «Dove?» chiese Tula. «A raggiungere Irys.»
santa pace», spiega di
Capitolo 13 I due uomini a guardia della nostra stanza sobbalzarono per la sorpresa quando scattai fuori dalla porta. Corsi verso le scuderie prima che la mia mente potesse rallentarmi con la logica, ma arrivai troppo tardi. Il cortile era deserto. Kiki sporse la testa dallo stallo. Signora-di-Lavanda meglio?
Sì, molto meglio. Le accarezzai il naso. Ho mancato gli altri. Quando sono partiti? Qualche masticata di fieno. Li prendiamo. Scrutai gli occhi azzurri di Kiki. Offriva un'idea interessante. Anche se avessi raggiunto Irys prima che partissero, non c'era garanzia che mi avrebbe lasciato andare con loro alle Pianure Avibiane. Kiki pestò il terreno con impazienza. Andare. Pensai in fretta. Forse sarebbe stato meglio se avessi seguito Irys e Leif fino alle pianure, rivelandomi solo quando fossero arrivati troppo lontano per rimandarmi al Mastio.
Ho bisogno di provviste, dissi a Kiki. Tornando alle mie stanze,
feci un elenco mentale di tutto ciò di cui avrei avuto bisogno: zaino e archetto, il coltello a serramanico, il mantello, un po' di abiti e di cibo. Forse del denaro. Dopo aver raccolto ciò che potevo dalla mia camera, chiusi a chiave la porta, mi voltai per andarmene e sbattei contro Dax. «Guarda un po' chi è in verticale» disse lui. Un largo sorriso gli attraversò le labbra. «Non so perché la cosa mi sorprenda tanto. Dopotutto, sei una leggenda vivente.»
«Dax, non ho tempo di scambiare battute con te» replicai scuotendo il capo. «Perché?» Esitai, rendendomi conto che andarmene di mia iniziativa sarebbe stato un altro punto di demerito contro di me. Una decisione da Ixiana. Ma ottenere informazioni dai Semedisabbia era troppo
santa pace», spiega di importante perché mi preoccupassi delle conseguenze. Raccontai a Dax dei miei piani. «Puoi dire a Secondo Mago dove sono andata? Non voglio che Bain passi al setaccio il Mastio per cercarmi.» «Rischi l'espulsione» mi ammonì Dax. «Ormai ho perso il conto degli argomenti in tuo sfavore.» Fece una pausa, riflettendo. «Non ha importanza, adesso. Quanto vantaggio vuoi?» Guardai il cielo. Metà pomeriggio. «Fino al tramonto.» Il tempismo lasciava ancora a Bain una vaga possibilità di mandare qualcuno a recuperarmi, ma speravo che avrebbe aspettato fino al mattino. «D'accordo. aiuterebbe.»
Ti
augurerei
buona
fortuna,
ma
non
credo
«Perché no?» «Mia signora, sei tu l'artefice della tua fortuna.» Poi mi spinse via. «Vai.» Mi precipitai alle cucine e presi pane, formaggio e carne secca per dieci giorni. Il capitano Marrok aveva detto che le Pianure Avibiane erano vaste e che ci volevano dieci giorni ad attraversarle. Se il Clan Semedisabbia viveva all'estremità più lontana, avrei avuto cibo sufficiente per raggiungerli, e speravo di poterne comprare dell'altro per il viaggio di ritorno. Non appena giunsi al fienile, Kiki sbuffò per l'agitazione, e io le aprii la mia mente.
Cattivo odore, mi avvertì. Mi girai in tempo per vedere Goel attaccarmi. Prima che potessi reagire, la punta della sua spada si arrestò a pochi pollici dal mio stomaco. «Si va da qualche parte?» domandò. «Che cosa ci fai qui?» «Un uccellino mi ha detto che eri scappata dalla gabbia. Non è stato difficile rintracciarti.» Dovevano essere state le guardie fuori dalla stanza di Tula ad avvertirlo. Sospirai. La distrazione mentre raccoglievo provviste mi
santa pace», spiega di aveva reso un facile bersaglio. «D'accordo, Goel. Facciamo in fretta.» Indietreggiai tendendo la mano verso l'archetto, ma lui si spostò in avanti. La punta della sua spada mi tagliò la camicia e mi punse la pelle proprio mentre le mie mani trovavano il legno liscio del bastone. «Immobile!» urlò. Sbuffai più per l'irritazione che per la paura. Non avevo tempo per questo. «Troppo spaventato per uno scontro leale? Ouch!» La punta della spada mi puntò nello stomaco. «Lascia cadere a terra il bastone. Lentamente» ordinò. Mi punzecchiò più profondamente con la punta della spada quando esitai. Al rallentatore, estrassi l'archetto dal supporto, mantenendo l'attenzione di Goel su di me perché con la coda dell'occhio avevo visto Kiki aprire il chiavistello della porticina del suo stallo con i denti. La porticina si aprì sbattendo. Goel voltò la testa al rumore. Kiki roteò su se stessa e si impennò, lo arretrai in fretta di qualche passo. Non troppo forte, le dissi.
Uomo cattivo, rispose lei, e gli sferrò un calcio. Goel volò per aria e andò a sbattere contro lo steccato di legno del pascolo, dove si afflosciò per terra. Poiché non si muoveva, mi avvicinai e gli tastai il collo cercando il battito. Era ancora vivo. In preda a emozioni contrastanti, mi chiesi se si sarebbe arreso o avrebbe continuato a seguirmi finché non mi avesse preso o io l'avessi ucciso. Kiki interruppe i miei pensieri. Andare. Recuperai i suoi finimenti e cominciai a sellarla. Mentre le stringevo le cinghie del sottopancia domandai: Sei sempre stata
capace di aprire la tua porta? Si. Steccato, anche. Perché non lo fai sempre? Fieno dolce. Acqua fresca. Mentine.
Risi e presi degli zuccherini di menta dalla provvista di Cahil,
santa pace», spiega di sistemandomeli nello zaino. Agganciai alla sella cinque sacche di foraggio e di acqua per lei, insieme al mio cibo e alle mie borracce. Troppo pesante?, domandai. Lei mi guardò sprezzante. No. Partire, adesso. Odore di Topaz sta
andando.
Montai. Lasciammo il Mastio dei Maghi e attraversammo la Cittadella. Kiki camminava con cautela avanzando lungo le strade affollate del mercato. Scorsi Fisk, il mio piccolo mendicante, che portava un enorme pacco per una signora. Sorrise e cercò di fare un cenno di saluto. I suoi capelli neri, e puliti, brillavano al sole e le occhiaie scavate sotto gli occhi erano sparite. Non era più un mendicante: aveva trovato un lavoro. Quando passammo sotto le massicce arcate marmoree che segnavano l'ingresso della Cittadella, Kiki si lanciò al galoppo. Il panorama scorreva via mentre viaggiavamo lungo la principale strada della valle che conduceva dalla Cittadella alla foresta. Le operazioni del raccolto fervevano nei campi alla nostra destra. Sulla sinistra, le Pianure Avibiane si estendevano fino all'orizzonte. I colori delle erbe alte si erano mutati dai verdi e azzurri della stagione torrida in rossi, gialli e arancioni, come se qualcuno avesse preso un gigantesco pennello e tirato larghe strisce di colore sul paesaggio. Le pianure apparivano deserte, e non vidi segni di fauna selvatica. Solo i colori si increspavano nel vento. Quando Kiki svoltò per entrare nelle piane, individuai una pista poco segnata che tagliava attraverso l'erba. I lunghi steli mi strusciavano contro le gambe e contro il ventre di Kiki. Toccai la mente della giumenta. Eravamo sul sentiero giusto, e il forte odore di cavalli le riempiva il naso. Li individuò uno per uno dal loro odore. Seta. Topaz. Rusalka.
Rusalka? Di Uomo Triste. Mi ci volle un momento per realizzare che Uomo Triste era il nome che Kiki aveva dato a Leif. Da ciò che avevo ricavato da lei, la prima impressione che un cavallo percepiva di un essere umano la
santa pace», spiega di prima volta che lo incontrava, diventava il nome equino di quella persona e veniva comunicato agli altri cavalli. Apparentemente non cambiava più. Per i cavalli, aveva senso. Loro ci davano dei nomi proprio come noi avevamo dato dei nomi a loro.
Altri cavalli?, domandai. No. Altri uomini? No. Sorpresa che Cahil non avesse preso con sé qualcuno dei suoi uomini, mi chiesi il perché. Durante il nostro viaggio verso la Cittadella Cahil aveva evitato le pianure, temendo i Semedisabbia anche quando viaggiava con dodici uomini. Immaginai si sentisse più sicuro avendo un Maestro Mago ad accompagnarlo. O era così, oppure Irys aveva insistito perché lasciasse al Maniero i suoi cani da guardia. Mentre ci inoltravamo nelle piane, mi resi conto che il mare d'erba nascondeva molte cose. Pur apparendo piatto, il terreno era ondulato. Guardai indietro, nella direzione da cui eravamo venute, e non riuscii a vedere la terra coltivata. Grappoli di massi grigi costellavano il paesaggio, qualche occasionale albero si levava dall'erba, e scorsi di sfuggita topi campagnoli e piccoli animali schizzare lontano dagli zoccoli di Kiki. Oltrepassammo una strana formazione di roccia cremisi. Una striatura bianca venava il monolite, la cui balza più alta incombeva sopra la mia testa. Lo spesso profilo squadrato della struttura mi rammentò qualcosa. Frugai nella memoria e mi resi conto che la roccia assomigliava a un cuore umano. Essermi ricordata delle lezioni scolastiche mi sorprese: la biologia all'orfanotrofio di Brazell era stata la materia che amavo di meno: l'insegnante si deliziava a far vomitare i suoi studenti. Quando la luce cominciò a impallidire e l'aria rinfrescò, l'idea di passare la notte in un posto così esposto mi mise a disagio.
Raggiungiamo?, chiese Kiki. Siamo vicini?
santa pace», spiega di Il pungente odore di cavalli si mischiava a un lieve sentore di fumo. Attraverso gli occhi di Kiki, scorsi un fuoco lontano.
Loro fermi. Soppesai le opzioni. Una notte da sola, oppure l'eventualità di affrontare la collera di Irys se l'avessi raggiunta. Non abituata a sedere in sella per più di un'ora, avevo male alle gambe e alla schiena. Avevo bisogno di una sosta. Kiki tuttavia poteva viaggiare molto più a lungo. Attingendo potere, proiettai la mia coscienza, tastando l'umore complessivo dell'accampamento. Cahil stringeva l'elsa della spada: il cielo aperto lo allarmava. Leif si riposava per terra mezzo addormentato. Irys...
Yelena! Il suo sdegno mi scottò la mente. Decisione presa. Prima che lei potesse chiedere una spiegazione, le mostrai che cosa era accaduto tra Valek e me.
Impossibile. La parola fece scattare un ricordo. Dicesti la stessa cosa quando mi
protesi verso Valek perché mi aiutasse contro la sonda mentale di Roze. Forse c'è qualcosa che ci collega in cui tu non ti sei mai imbattuta? Forse, concesse lei. Vieni, unisciti a noi. È troppo tardi per rimandarti a casa. E non puoi tornare al Mastio senza di me ad aiutarti contro l'ira di Roze. Con quel grave pensiero, dissi a Kiki di trovare l'accampamento. Lei mi diede la sensazione di essere contenta quando raggiungemmo Topaz, che pascolava con gli altri cavalli vicino al campo. Tolsi i finimenti a Kiki, la strigliai e mi assicurai che avesse cibo e acqua a sufficienza. La riluttanza e i muscoli doloranti rendevano lenti i miei movimenti. Quando finalmente raggiunsi Irys nella piccola radura dove si erano accampati per la notte, lei mi chiese soltanto se volevo cenare. Lanciai un'occhiata agli altri. Leif rimestava una pentola di minestra che cuoceva sul fuoco. Aveva un'espressione neutra. La mano di Cahil stava librata vicino all'elsa della spada, ma lui sembrava più rilassato a proposito del cielo notturno. Sogghignò incontrando il
santa pace», spiega di mio sguardo. O era contento del mio arrivo, oppure pregustava il diversivo della reprimenda che avrei certamente ricevuto da Irys. Invece lei tenne una lezioncina a Cahil e a me sulla maniera idonea di interagire con i membri del Clan Semedisabbia. «Il rispetto degli anziani è imprescindibile» disse. «Tutte le richieste devono essere fatte agli anziani, ma solo dopo che ci abbiano invitato a parlare. Non si fidano degli estranei e osserveranno qualsiasi segno di mancato rispetto o qualsiasi indicazione che li stiate spiando. Dunque non ponete domande a meno che non abbiate il permesso, e non fissate nessuno.» «Perché li dovremmo fissare?» domandai. «Non amano portare abiti. Alcuni membri si vestono quando ci sono estranei in visita, ma altri no.» Irys sorrise con imbarazzo. «Hanno anche alcuni maghi potenti. Non sono addestrati al Mastio, e insegnano loro stessi ai propri allievi. Solo qualcuno dei loro maghi più giovani è venuto al Mastio, cercando di ampliare le proprie conoscenze. Kangom era uno di questi, ma non è rimasto a lungo.» Irys si accigliò. Disgraziatamente, io sapevo dove fosse andato, una volta partito da lì. Aveva cambiato il proprio nome in Mogkan e aveva cominciato a rapire bambini, portandoli di nascosto a Ixia. Prima che Cahil potesse dar voce alle sue domande su Mogkan, domandai a Irys: «E i maghi Semedisabbia che restano con il clan?». «Loro li chiamano Tessitori di Storie» spiegò Irys. «Sono i custodi della storia del clan. I Semedisabbia ritengono che la loro storia sia un'entità vivente, come un'invisibile presenza che li circonda. Dal momento che la storia del clan è sempre in evoluzione, sono i Tessitori a guidare le famiglie.» «In che modo?» chiese Cahil preoccupato. «Mediano le dispute, assistono nelle decisioni da prendere, mostrano ai membri del clan il loro passato e li aiutano a evitare i medesimi errori. È molto simile a ciò che fanno i Maestri Maghi per il popolo di Sitia.» «Rasserenano un cuore angustiato» disse Leif fissando le fiamme.
santa pace», spiega di «O così affermano.» Poi si alzò di scatto. «La minestra è pronta. Chi ha fame?» Mangiammo in silenzio. Prima di andare a dormire, Irys ci informò che saremmo stati sulla strada per un'altra notte prima di raggiungere gli insediamenti del clan. Cahil decise di stilare dei turni di guardia. «Farò io il primo» si offrì. Irys si limitò a guardarlo. «È sensato» si difese lui. «Cahil, non c'è niente da temere. E se un guaio viene nella nostra direzione, ti sveglierò molto prima che arrivi» disse Irys. Nascosi il sorriso guardando Cahil imbronciarsi. Mi avvolsi nel mantello per difendermi dalla fredda aria notturna e mi stesi sul morbido terreno sabbioso della radura. Controllai Kiki. Tutto a
posto? Erba dolce. Fragrante. Cattivi odori? No. Aria buona. Casa.
Ricordai allora che Kiki era stata allevata dai Semedisabbia. Bello essere a casa? Pensai a Valek nella Foresta del Serpente, e sperai che avesse ripreso un po' della sua forza.
Sì. Più bello con Signora-di-Lavanda. Mentine? Speranzosa. Domattina, promisi. Alzai lo sguardo al cielo notturno, osservando le stelle danzare mentre attendevo il sonno. La visuale della vita di Kiki suonava giusta: buon cibo, acqua fresca, un dolce di tanto in tanto, e qualcuno a cui voler bene. Ecco quello che ognuno dovrebbe avere. Era un modo di concepire la vita semplicistico e irrealistico, forse, ma mi rasserenò. Feci degli strani sogni quella notte. Correvo per le pianure, cercando Kiki. L'erba alta al ginocchio cresceva finché superò la mia testa e mi impedì di proseguire, lo premevo attraverso gli steli taglienti, cercando e non trovando una via d'uscita. Il mio piede urtò
santa pace», spiega di contro qualcosa e caddi. Quando rotolai sul terreno, l'erba si trasformò in un campo di serpenti che cominciarono ad avvolgersi attorno al mio corpo. Lottai finché non mi immobilizzarono. «Tu appartieni a noi» mi sibilò una serpe all'orecchio. Mi svegliai di soprassalto nella fioca luce dell'alba. Mi pizzicava l'orecchio, e rabbrividii nella fredda aria mattutina, cercando di scuotermi di dosso l'orrore dell'incubo. Irys e gli altri gironzolavano attorno al piccolo fuoco. Consumammo una colazione a base di pane e formaggio, e sellammo i cavalli. I muscoli mi si erano irrigiditi durante la notte, e protestavano a ogni movimento. A metà mattina, il sole scaldò la terra e mi sbarazzai del mantello, infilandolo nello zaino. Via via che avanzavamo nelle pianure, il terreno soffice si trasformò in dura pietra e l'erba si fece più rada. Piccoli affioramenti di arenaria disseminavano la zona. All'ora di pranzo gli affioramenti erano ormai più alti delle nostre teste, e avevo la sensazione di cavalcare attraverso un canyon. Durante una breve sosta, notai delle striature rossastre su una coppia di pilastri di arenaria a una certa distanza. «L'aggressore di Tula aveva qualcosa di rosso sotto le unghie» dissi agli altri. «Non potrebbe provenire da qui?» «È possibile» concordò Irys. «Potremmo prenderne un campione» propose Leif, frugando nel suo zaino finché non trovò una tozza ampolla di vetro. «Dobbiamo continuare a cavalcare.» Irys socchiuse gli occhi guardando il sole. «Voglio trovare un posto per accamparci prima del buio.» «Andate, lo vi raggiungerò» disse Leif. «Yelena, aiutalo, assicurati che sia il colore che ricordi» ordinò Irys, poi si rivolse a Cahil prima che lui potesse dar voce alle obiezioni che si intuivano dietro il suo cipiglio. «Tu resti con me. Se Yelena è riuscita a trovarci ore dopo che avevamo lasciato la Cittadella, non avrà alcun problema a raggiungerci oggi.» Irys e un ancora accigliato Cahil montarono sui propri cavalli e
santa pace», spiega di partirono in direzione del sole, mentre Leif e io imboccavamo un sentiero che conduceva ai pilastri. Erano più lontani di quanto avessi pensato. E raccogliere un campione ci prese più tempo di quanto avessimo preventivato. Le striature si rivelarono uno strato di argilla rossa. Quella esposta si era indurita, così la raschiammo per raggiungere il materiale sottostante, più morbido. Mettemmo nell'ampolla sia i frammenti duri sia l'argilla morbida. Quando infine tornammo al punto di partenza, il sole si librava a metà strada dall'orizzonte. Kiki trovò la pista di Topaz, e spingemmo i cavalli in corsa. Non mi sentii preoccupata quando il cielo cominciò a rabbuiare. L'odore pungente di Topaz riempiva il naso sensibile di Kiki, il che significava che ci stavamo avvicinando. Ma quando scese la notte e io non riuscii a vedere un fuoco, cominciai a preoccuparmi. Quando si levò la luna, fermai Kiki. «Ci siamo persi?» domandò Leif. Mi aveva seguito senza fare commenti da quando avevamo scoperto la pista. Riuscivo a malapena a distinguere il suo cipiglio seccato alla luce della luna. «No. Kiki dice che l'odore di Topaz è forte. Forse hanno deciso di andare più lontano?» «Puoi raggiungere Irys?» chiese Leif. «Oh, sputo di serpe! Me ne ero scordata!» Presi un profondo respiro e raccolsi una stringa di potere, rimproverandomi per essermi di nuovo dimenticata della mia magia. Mi chiesi quando usarla sarebbe diventato istintivo. Avvertii un sorprendente afflusso di potere. La fonte sembrava concentrata, in quell'area. Proiettando la mia coscienza, cercai nel territorio circostante. Niente. Allarmata, estesi la mia portata, cercando ulteriormente. Poi mi resi conto che la mia mente non aveva neppure toccato topi campagnoli o qualsiasi altra creatura. Mi fermai, frustrata. Se potevo collegarmi con Valek nella Foresta del Serpente, avrei dovuto essere in grado di trovare Irys; dopotutto, il suo cavallo era appena passato di lì.
Topaz ha sempre odore forte, concordò Kiki.
santa pace», spiega di Sempre? Sì. «Ebbene?» chiese Leif con impazienza. «Qualcosa non va. Non riesco a trovare Irys.» Gli riferii ciò che Kiki aveva appena detto. «Ma questo è un bene, giusto?» «Avrebbe dovuto esserci un aumento graduale della traccia, da debole a forte. Invece è sempre stata la stessa da quando abbiamo trovato la loro pista.» Girai in circolo; la magia pulsava nell'aria tutt'attorno a noi. «Qualcuno sta cercando di giocarci.» «Finalmente!» una voce profonda abbaiò dalle tenebre. Kiki e Rusalka arretrarono per la sorpresa, ma una tranquillizzante stringa di magia le placò. Sganciai il mio archetto ed esaminai le poche deboli forme che riuscivo a discernere nella luce fioca. «Non molto svegli siete, eh?» ci punzecchiò una voce alla mia sinistra. Girai Kiki in tempo per vedere un uomo materializzarsi da un azzurro raggio di luna. Abbastanza alto da incontrare il mio sguardo senza dover guardare in su, l'uomo nudo aveva la pelle color indaco, completamente glabra. La sua testa calva luccicava di sudore e potei vedere la forza raccolta nei suoi muscoli possenti. Ma il suo viso tondo esprimeva divertimento, e non percepii alcun pericolo immediato da parte sua. Pura energia magica emanava da lui, così pensai che forse stava influenzando le mie emozioni. Estrassi l'archetto. «Chi sei e che cosa vuoi?» domandai. Brillanti denti candidi lampeggiarono quando sorrise, «lo sono il vostro Tessitore di Storie.» Lanciai un'occhiata a Leif; la sua espressione di allarme si era trasformata in paura. Il colore gli sparì dal volto mentre passava lo sguardo da me al gigante color indaco. La pelle dipinta dell'uomo e la mancanza di vestiti mi fecero pensare all'aggressore di Tula, ma il suo corpo era più muscoloso e
santa pace», spiega di delle cicatrici gli intersecavano braccia e gambe. Inoltre, non aveva tatuaggi. Alzai una barriera mentale e tenni pronto l'archetto, ma lo sconosciuto rimase rilassato. Sarei stata rilassata anch'io, se avessi avuto accesso alla quantità di potere magico che riusciva a controllare. Non aveva alcun bisogno di muoversi; poteva ucciderci con una sola parola. Il che suscitava la domanda: perché era lì? «Che cosa vuoi?» chiesi. «Va' via» disse Leif all'uomo, «causi solo problemi.» «Le vostre storie si sono aggrovigliate e annodate assieme» replicò il Tessitore di Storie, «lo sono qui come guida per mostrare a entrambi come scioglierle.» «Caccialo via» mi suggerì Leif. «Lui deve obbedirti.» «Veramente?» Detto da lui sembrava piuttosto facile. «Se desideri che me ne vada, andrò. Ma a te e a tuo fratello non sarà concesso di entrare nel nostro villaggio. La sua anima contorta ci causa dolore e tu sei collegata a lui.» Fissai confusa il Tessitore di Storie; le sue parole non avevano senso. Era amico o nemico? «Hai detto di essere qui per farci da guida. Dove?» «Caccialo via!» urlò Leif. «Ti ingannerà. Probabilmente è in combutta con il rapitore di Tula e sta soltanto cercando di ritardarci.» «La tua paura resta forte» disse il Tessitore di Storie a Leif. «Non sei pronto ad affrontare la tua storia, preferendo invece circondare il tuo essere di nodi. Un giorno, essi ti strangoleranno. La tua scelta è stata di declinare il nostro aiuto, ma i tuoi viluppi minacciano di spremere via la vita anche da tua sorella. Questo dev'essere corretto.» E tendendo la mano verso di me, aggiunse: «Tu sei pronta. Lascia Kiki e vieni con me». «Dove?» «A vedere la tua storia.»
santa pace», spiega di «Come? Perché?» Il Tessitore di Storie rifiutò di rispondere. Irradiava una calma pazienza, come se potesse rimanere lì con il braccio teso per tutta la notte, in attesa. Kiki si voltò a guardarmi. Vai con Uomo-di-Luna, incalzò. Fame. Stanca. Voglio Topaz.
Odore? Cattivo? Strada dura, ma Signora-di-Lavanda forte. Andare. Rimisi l'archetto nel supporto e smontai. «Yelena, no!» gridò Leif, serrando strette al petto le redini di Rusalka. Mi fermai, turbata. «Questa è la prima volta che mi chiami per nome. Adesso ti importa che cosa mi succede? Spiacente, il gioco è andato troppo avanti perché questo funzioni. Francamente, non voglio dovermela vedere con i tuoi problemi. Ne ho abbastanza dei miei. E dobbiamo trovare l'aggressore di Tula prima che prenda qualcun'altra, per cui è imperativo che ci incontriamo con gli anziani del clan. Se questo è ciò che devo fare, così sia.» Scrollai le spalle. «E poi, Kiki mi ha detto di andare.» «E tu ascolteresti un cavallo piuttosto che tuo fratello?» «Se non sbaglio, mio fratello ha rifiutato di riconoscere un qualsiasi legame con me fin da quando sono arrivata a Sitia. Mi fido di Kiki.» Leif sbuffò di esasperazione. «Hai passato la maggior parte della tua vita a Ixia. Non sai niente di questi Semedisabbia.» «Ho imparato di chi fidarmi.» «Un cavallo. Sei una pazza.» Scosse la testa. Non aveva senso raccontargli di come mi fossi fidata di un assassino, di una maga che aveva cercato due volte di uccidermi, e di due soldati che mi erano balzati addosso nella Foresta del Serpente. Tutti e quattro ora cari al mio cuore. «Quando sarò di ritorno?» chiesi al Tessitore di Storie. «Con il primo raggio del sole.» Tolsi la sella a Kiki e le diedi una rapida strigliata mentre
santa pace», spiega di mangiava un po' di avena. Poi le cambiai la sacca del cibo con quella dell'acqua. Lei la prosciugò, e io posai le sacche vuote accanto ai finimenti. L'ansia per quello strano viaggio cominciò a formicolarmi nello stomaco. Mi aspetti?, chiesi a Kiki. Lei sbuffò e mi picchiò con la coda, allontanandosi per cercare dell'erba dolce da brucare. Che domanda idiota. Incontrai per un istante lo sguardo di sasso di Leif, poi mi diressi verso il Tessitore di Storie. Non si era mosso. Kiki l'aveva chiamato Uomo-di-Luna. Prima di prendere la sua mano chiesi: «Qual è il tuo nome?». «Uomo-di-Luna andrà bene.» Esaminai la sua pelle colorata. «Perché indaco?» Un lento sorriso si allargò sulle sue labbra. «Un colore rinfrescante per aiutare a placare il fuoco tra te e tuo fratello.» Poi uno sguardo imbarazzato. «È il mio preferito.» Misi la mia mano nella sua. Il suo palmo sembrava velluto. Il suo calore mi penetrò nelle ossa fluendo su per il braccio. La magia scintillò e il mondo attorno a noi si sciolse. Cominciai a srotolarmi, sentendo il mio corpo sciogliersi e allungarsi come se si trasformasse in un nastro. I singoli fili che si intrecciavano dentro la storia della mia vita presero a separarsi e a divergere, cosicché potei vedere i molti eventi che avevano formato la mia esistenza. Parte della mia storia era familiare; cercai i ricordi piacevoli, osservandoli come se stessi fuori da una finestra.
Ecco perché hai bisogno di me, la voce di Uomo-di-Luna fluttuò attraverso la scena davanti ai miei occhi. Resteresti qui. Il mio compito è guidarti al filo giusto. I ricordi si sfocarono attorno a me. Chiusi gli occhi mentre le visioni turbinavano. Quando l'aria si assestò di nuovo, li riaprii. Ero seduta al centro di un soggiorno. Divani fatti di liane e un tavolino dal piano di vetro mi circondavano. Un ragazzino di circa otto o nove anni era steso di fronte a me sul pavimento di legno. Indossava un paio di calzoncini verdi. Con le mani dietro la schiena
santa pace», spiega di e i gomiti sporgenti, fissava il soffitto coperto di foglie. Una decina di dadi di osso erano disseminati sul pavimento tra di noi. «Mi annoio» disse il bambino. Mi balzò alla mente la risposta appropriata. «Che ne dici di Cinque-Sassi? Oppure Due attraverso il teschio?» Raccolsi i dadi e li scossi. «Giochi da bambini» sentenziò lui. «Andiamo giù a terra nella giungla ed esploriamo!» Leif balzò in piedi. «Non so. E se andassimo in altalena con Nucci?» «Se vuoi fare stupidi giochi da lattanti con Nucci, vai pure, lo vado a esplorare e probabilmente a fare una grande scoperta. Magari troverò la cura per il marciume delle radici. Diventerò famoso. Probabilmente mi eleggeranno prossimo capoclan.» Non volendomi perdere scoperte importanti e conseguente fama, accettai di andare con lui. Con un rapido avviso a nostra madre, lasciammo la casa sull'albero e scendemmo per la Scala Palma nell'aria più fresca della superficie della giungla. Il terreno soffice sembrava spugnoso sotto i miei piedi nudi. Seguii Leif per la giungla, stupendomi della giovanile energia che pompava nel mio corpo di sei anni. Una parte di me sapeva che ero più vecchia e non realmente lì, che quella era una visione. Tuttavia scoprii che non me ne importava, e rotolai giù per il sentiero nella giungla per puro divertimento. «Questa è una cosa seria» mi rimproverò Leif. «Noi siamo esploratori. Dobbiamo prelevare dei campioni. Tu raccogli qualche foglia mentre io cerco petali di fiori.» Quando voltò la schiena, gli feci la lingua, ma colsi lo stesso alcune foglie dagli alberi. Un rapido movimento tra i rami mi distrasse. Mi immobilizzai, scrutando la zona. Appeso a un alberello si dondolava un giovane valmure bianco e nero. Occhi marroni sporgevano dal suo musetto, scrutandomi. Sorrisi e feci un fischio alla creaturina. Questa si arrampicò un po' più in alto, poi mi guardò di nuovo e batté la lunga coda. L'animaletto voleva giocare. Lo seguii, imitando i suoi movimenti.
santa pace», spiega di Scalammo liane, ci dondolammo e saltammo attorno alle enormi radici basali di un albero di palissandro. Mi fermai quando udii una voce lontana. Tendendomi in ascolto, sentii Leif che mi chiamava. L'avrei ignorato, giocare era più divertente che raccogliere foglie, ma mi parve dicesse qualcosa a proposito di un albero di ylang-ylang. Mamma ci avrebbe preparato delle torte di frutti stellati se le avessimo portato fiori di ylang-ylang per i suoi profumi. «Sto arrivando» gridai, balzando giù sul terreno della giungla. Quando mi voltai per salutare con la mano il piccolo vaimure, quello trasalì e si precipitò su per l'albero di palissandro. Una sensazione di disagio mi calò addosso come una nebbia. Scrutai i rami vicini, in cerca di serpenti della collana, i principali predatori dei valmuri. Con lo sguardo puntato sul baldacchino d'alberi, praticamente andai a sbattere contro un uomo. Balzai indietro per la sorpresa. Era seduto a terra con la gamba destra distesa all’infuori e l'altra raccolta presso il corpo. Le sue mani stringevano la caviglia sinistra. Strappati e macchiati di polvere e sudore, i vestiti gli pendevano a brandelli. Foglie e tralci erano appiccicati ai capelli neri. La parte adulta della mia mente urlò: Mogkan! Scappa! Ma la me stessa piccola restò tranquilla. «Grazie alla sorte!» gridò Mogkan mentre il sollievo gli appianava il viso preoccupato. «Mi sono perso. Credo di essermi rotto la caviglia. Puoi aiutarmi?» lo annuii. «Vado a cercare mio fratello...» «Aspetta. Prima aiutami ad alzarmi.» «Perché?» «Per vedere se riesco a camminare. Se la caviglia è davvero fratturata, dovrai portare qualcun altro in aiuto.» La mia coscienza adulta sapeva che mentiva, ma non potei impedire alla me stessa bambina di andargli più vicino. Tesi una mano; lui la strinse, poi mi tirò giù. Con un unico rapido movimento mi afferrò e soffocò il mio strillo con uno straccio bagnato. Me lo
santa pace», spiega di premette forte sulla bocca, costringendomi a inalare un aroma dolce. La giungla roteò attorno a me. Resta sveglia! Resta sveglia!, urlai al mio corpo, ma il buio strisciava più vicino. Mentre lottavo tra le braccia di Mogkan, la me stessa adulta sapeva che cosa sarebbe avvenuto poi. Lui mi avrebbe portato a Ixia e sarei stata allevata nell'orfanotrofio del padre di Reyad, il Generale Brazell, cosicché quando avessi raggiunto la maturità loro avrebbero potuto provare a trarre magia da me come mungendo una mucca. Tutto affinché Mogkan potesse accrescere i suoi poteri magici e aiutare Brazell a prendere il controllo del Comandante Ambrose e di Ixia. Neanche conoscere la fine mi faceva sentire meglio riguardo al mio rapimento. Il viso di Leif tra i cespugli fu l'ultima cosa che la me stessa bambina vide prima che la tenebra mi reclamasse. E questo fu realmente terrificante. La visione svanì. Mi trovavo con Uomo-di-Luna in una piana buia. «Leif vide davvero quel che mi accadde?» domandai al Tessitore di Storie. «Sì.» «Perché non lo disse ai nostri genitori?» Loro avrebbero potuto inviare una spedizione di soccorso, o cercare di riavermi indietro. Meglio per loro conoscere la sorte della figlia che immaginare e interrogarsi per anni. Pensando a Leif, il mio risentimento crebbe. Lui mi aveva derubato della possibilità di avere un'infanzia, di avere una cameretta e dei genitori amorevoli, di imparare cose sulla giungla con mio padre e di distillare profumi con mia madre, di dondolarmi tra gli alberi con Nucci e di giocare invece di imparare a memoria il Codice di Comportamento di Ixia. «Perché?» domandai. «Questa è una domanda che devi porre a lui.» Scossi il capo. «Deve avermi odiato. Era contento che mi avessero rapita. Questo spiega la sua rabbia quando sono tornata a Sitia.» «Odio e rabbia sono alcune delle emozioni che strangolano tuo
santa pace», spiega di fratello, ma non tutte» disse Uomo-di-Luna. «La risposta più facile non è mai la risposta giusta. Devi districare tuo fratello prima che si soffochi». Meditai su Leif. Mi aveva aiutato con Tula, ma poteva aver mentito sulle ragioni che l'avevano indotto a farlo, proprio come aveva mentito ai nostri genitori per quattordici anni. Le mie interazioni con lui fin dal mio ritorno a Sitia erano state quasi tutte spiacevoli. E l'unico ricordo che ora possedevo di Leif prima del periodo a Ixia mi faceva ribollire il sangue di furia. Forse se avessi avuto altri ricordi della mia infanzia... «Perché non riesco a ricordare la mia vita prima che Mogkan mi rapisse?» domandai. «Mogkan usò la magia per cancellare tutti i tuoi ricordi, così che gli credessi e restassi all'orfanotrofio.» Questo aveva senso. Se avessi ricordato una famiglia, avrei cercato di fuggire. «Vuoi indietro quei ricordi?» mi chiese Uomo-di-Luna. «Sì!» «Prometti che aiuterai tuo fratello, e io li sbloccherò.» Considerai la sua offerta. «Come faccio ad aiutarlo?» «Troverai una via.» «Siamo enigmatici, eh?» Lui sorrise. «La parte divertente del mio lavoro.» «E se rifiuto di aiutarlo?» «Questa è una tua decisione.» Sbuffai di frustrazione. «Perché te ne importa?» «Lui ha cercato sollievo alla sua pena nelle Pianure Avibiane. Ha cercato di uccidersi. Il suo bisogno di aiuto mi ha attirato a lui. Ho offerto i miei servigi, ma la paura ha contorto il suo cuore e lui ha rifiutato. La sua pena mi raggiunge ancora. Un lavoro non finito. Un'anima persa. Finché resta tempo, farò ciò che posso anche se devo mercanteggiare con un Cercatore d'Anime.»
santa pace», spiega di
Capitolo 14 «Cercatore d'Anime?» La paura mi strisciò su per la spina dorsale. «Perché continuo a sentire quel nome?» chiesi al Tessitore di Storie. Ci trovavamo ancora in quella distesa piatta, non diversa dalla superficie di uno stagno gelato. «Perché tu sei uno di loro» rispose lui, concreto. «No» protestai, ricordando l'aborrimento e l'orrore che erano passati sul viso di Hayes quando aveva menzionato per la prima volta quel titolo. Aveva parlato di svegliare i morti. «Te lo mostrerò.» La liscia piana sotto i nostri piedi si fece trasparente, e attraverso essa vidi il mio amico ixiano, Janco. Il suo volto pallido si contorceva in smorfie di dolore mentre il sangue sgorgava dalla spada confitta nel suo stomaco. La scena successiva mi mostrò il Comandante Ambrose che giaceva immobile su un letto, gli occhi vacui. Poi vidi il mio stesso viso mentre incombevo sul Generale Brazell privo di sensi. I miei occhi verdi assunsero un'improvvisa intensità, come se avessi avuto una rivelazione. Una breve immagine di Fisk, il piccolo mendicante, che portava pacchetti e sorrideva. Poi la figura di Tula, che giaceva spezzata sul suo letto. Le immagini svanirono mentre il terreno tornava. «Hai già trovato cinque anime» disse Uomo-di-Luna. «Ma non erano...» «Morti?» Annuii. «Sai cos'è un Cercatore d'Anime?» mi domandò. «Svegliano i morti?» Quando lui alzò un sopracciglio senza commentare, dissi: «No, non lo so». «Occorre che tu lo apprenda.» «E dirmelo sarebbe troppo facile, giusto? Toglierebbe tutto il divertimento di essere un misterioso Tessitore di Storie.» Lui sogghignò. «Che ne dici di uno scambio? Ricordi d'infanzia per
santa pace», spiega di il tuo aiuto con Leif.» Il solo udire il nome di mio fratello riaccese la mia rabbia. Le motivazioni che mi avevano spinto a venire a Sitia erano state semplici. Primo, per la sopravvivenza, sfuggendo all'ordine di esecuzione del Comandante. Secondo, per imparare a usare la magia e incontrare la mia famiglia. Forse durante il tragitto avrei potuto sviluppare un'affinità con quel mondo meridionale. O forse no. I miei piani erano parsi semplici, mentre la mia strada proseguiva a svolte e saliscendi e io continuavo a restare presa nelle sue trappole. Adesso mi sentivo impantanata nel fango nel bel mezzo del nulla. Smarrita. «Il tuo sentiero è chiaro» disse Uomo-di-Luna. «Devi solo trovarlo.» E il modo migliore per trovare qualcosa che si era perduto era tornare all'ultimo luogo dove si ricordava di averlo. Nel mio caso, dovevo cominciare dall'inizio. «Prometto che cercherò di aiutare Leif» capitolai. Odori e morbidezza mi inondarono la mente quando i ricordi della mia infanzia ripresero vita. Profumo di MelaBacca misto al sentore muschiato della terra. Risate e la pura gioia di dondolarsi nell'aria seguirono una discussione con Leif a proposito dell'ultimo mango. Giocare a nascondino con Leif e Nucci, appollaiarsi sui rami per un'imboscata ai fratelli di Nuoci durante una finta battaglia. L'impatto duro delle nocciole sulle mie braccia nude quando loro scoprivano il nostro nascondiglio, lanciando un attacco. Le palate di fango mentre il capoclan scavava una tomba per mio nonno. La voce di mia madre che mi cantava una ninnananna. Le lezioni con Esaù su diverse specie di foglie e le loro proprietà medicinali. Felicità, tristezza, sofferenza, paura ed eccitazione dell'infanzia mi travolsero. Sapevo che parte di quelle emozioni sarebbe scolorita con il tempo, ma altre sarebbero rimaste con me per sempre. «Grazie» dissi. Il Tessitore di Storie inclinò il capo. Allungò una mano e io l'afferrai. La piana buia svanì e crebbero forme dal terreno. I colori tornarono mentre la prima luce del sole orlava l'orizzonte. Battei le palpebre, cercando di orientarmi. La radura dove avevo
santa pace», spiega di lasciato Kiki e Leif era cambiata. Ampie tende rotonde circondavano un enorme focolare. Forme brune di animali erano dipinte sulla tela bianca delle tende. Persone dalla pelle scura giravano attorno al fuoco rombante. Alcune cucinavano, mentre altre accudivano i bambini. Alcune portavano abiti e altre non portavano niente. I vestiti erano tutti di cotone bianco. Le donne indossavano abiti senza maniche che arrivavano loro alle ginocchia, oppure tuniche e calzoni corti come gli uomini. Vicino al fuoco, Irys e Cahil sedevano a gambe incrociate con due uomini e una donna più anziani. Erano immersi nella loro conversazione e non mi videro. Non riuscii a individuare Leif né il suo cavallo, ma Kiki stava presso una delle tende. Una donna che indossava calzoncini corti la stava strigliando. Aveva i capelli bruni tagliati a zazzera sul collo. Trasalii quando mi resi conto che Uomo-di-Luna non era più accanto a me. In effetti non riuscii a vederlo da nessuna parte nel minuscolo villaggio. Forse era entrato in una delle tende. Non volendo interrompere Irys, andai a controllare Kiki, che mi salutò con un nitrito. La donna smise di spazzolarle la polvere dal mantello e mi studiò in silenzio.
Chi è questa?, domandai a Kiki. Mamma. «Questo è il tuo cavallo?» chiese la donna. L'inflessione della sua voce si alzava e si abbassava a ogni parola, e si avvertiva una lieve pausa tra l'una e l'altra. Ripassavo la lezione di Irys sui Semedisabbia fin dalla notte precedente. La donna aveva parlato per prima, così supposi di poterle rispondere. «Sono io a essere sua.» La donna emise una breve risata sbuffante attraverso il naso. «lo l'ho allevata, addestrata e mandata per la sua strada. È un piacere rivederla.» Diede un calcio alla sella per terra. «Lei non ha bisogno di questa. Volerà sotto di te come il vento.» «Quella è per me.» E per le nostre provviste. Un altro sbuffo divertito. Terminò di strigliarla. Kiki rivolse verso
santa pace», spiega di di lei i suoi occhi azzurri e la comprensione lampeggiò sul viso della donna, che mormorò: «Oooh» e le balzò in groppa.
Divertiti, dissi a Kiki mentre correva nell'erba alta. «Sarà saggio?» chiese Cahil osservando Kiki scomparire dietro una collina. «E se quella donna non tornasse indietro?» «Pazienza.» Scrollai le spalle, guardando oltre Cahil. Irys e i tre Semedisabbia stavano accanto al fuoco, ancora immersi nella conversazione. Uno degli uomini gesticolava con quella che pareva collera. «Non ti importa se quella ruba Kiki?» Anziché cercare di istruire Cahil sul mio rapporto con Kiki, scrutai il suo viso. La tensione gli aveva tirato gli occhi in un'espressione intenta. Il suo sguardo dardeggiava per l'accampamento come se si aspettasse di venire attaccato. «Che cosa sta succedendo?» gli chiesi, inclinando la testa verso Irys. «Ieri sera ci siamo accampati e abbiamo aspettato te e Leif. lo mi sono preoccupato quando non ci avete raggiunti, ma Irys pareva divertita. Poi questo gruppo di Semedisabbia è arrivato al nostro campo. Quelli sono i capiclan. Viaggiano di villaggio in villaggio, appianando dispute, portando notizie e mercanzie. È molto comodo che ci abbiano trovato. Penso ci stiano nascondendo qualcosa.» Il cipiglio di Cahil mi ricordò mio fratello. «Dov'è Leif?» La preoccupazione gli affiorò sul viso. «Loro hanno detto che è tornato al Mastio. Perché avrebbe dovuto farlo?» Perché anche lui aveva paura, pensai, ma dissi: «Probabilmente voleva consegnare i campioni di terra rossa a Bain». Cahil parve poco convinto. Prima che potessi fare altre domande, però, Irys terminò la sua conversazione e si mosse per raggiungerci. «Sono irritati» annunciò. «Perché?» domandai. «Credono che li stiamo accusando di aver dato il Curaro all'aggressore di Tula. E i tentativi di Cahil di reclutarli alla sua causa li hanno fatti infuriare.» Irys guardò accigliata Cahil. «Credevo che
santa pace», spiega di volessi venire per poter vedere un'altra parte della nostra cultura. La tua egoistica ossessione di radunare un esercito ha messo a repentaglio la nostra missione.» Cahil non mostrò alcun rimorso. «Non sarei costretto a radunare un esercito se il Consiglio mi sostenesse. Tu...» «Silenzio!» Irys tagliò l'aria con la mano e io avvertii un tocco di magia. Chiazze rosso vivido si allargarono sulle guance di Cahil mentre cercava, invano, di parlare. «Malgrado la mia esperienza di diplomazia, non riesco a indurli a dirmi alcunché. Cahil li ha offesi. Adesso parleranno solo con te, Yelena.» «Credi che dovremmo progettare una via di fuga?» chiesi. Lei rise. «In caso, spingeremo Cahil sulla loro strada per rallentarli.» Cahil scoccò a Irys un'occhiata velenosa. «Tu hai un lieve vantaggio, Yelena» proseguì Irys. «lo posso anche essere un Maestro Mago e un membro del Consiglio, ma tu sei un consanguineo. Ai loro occhi, un parente è più importante di un Maestro» concluse scuotendo il capo, frustrata. «Parente?» domandai. «Circa cinquecento anni fa un gruppo di Semedisabbia decise di traslocare nella giungla. I Semedisabbia sono nomadi per natura, e ci sono stati molti gruppi che si sono separati dal clan principale per trovare la propria strada. Per la maggior parte non sono in contatto con il clan principale, ma alcuni, come gli Zaltana, sì. Cerca solo di scoprire qualche informazione senza implicare che questi Semedisabbia siano coinvolti in ciò che è successo. Scegli con cura le parole.» Irys dovette leggere lo scetticismo sul mio viso, poiché aggiunse: «Considerala la tua prima lezione di diplomazia». «Vedendo che bel risultato hai avuto tu con loro, mi meraviglio di non sentirmi più fiduciosa.»
santa pace», spiega di «Evita il sarcasmo.» «Che ne dici di venire con me? Così quando comincio a dire qualcosa di stupido puoi agitare la mano e zittirmi.» Un sorriso sardonico le lampeggiò sul viso. «Mi è stato espressamente chiesto di andarmene e di portare quel cucciolo importuno con me. Sei da sola. Non sarò in grado di raggiungere la tua mente attraverso questa bolla di magia Semedisabbia, dunque ti incontreremo sul limitare delle Pianure Avibiane presso la Roccia di Sangue.» Irys formò nella mia mente un'immagine di quella struttura venata di bianco che Kiki e io avevamo oltrepassato due giorni prima. Cahil agitò le braccia e si batté sulla gola. Irys sospirò di nuovo. «Solo se prometti di non parlare di eserciti finché non saremo tornati alla Cittadella.» Lui annuì. «Yelena, lascerò a te il compito di ridargli la voce» disse Irys. Altra lezione. Placai i nervosi pensieri sul mio incontro con gli anziani prima di aprire la mia mente. Energia magica pulsava tutto attorno a me, ma io vidi un sottile filo di potere avvolto attorno alla gola di Cahil. Attirando a me il potere, gli sbloccai la voce. «Ben fatto» commentò Irys. Le orecchie di Cahil erano ancora rosso vivo, ma lui ebbe il buonsenso di parlare in tono pacato. «Se posso far notare l'ovvietà» disse, «lasciare Yelena da sola è rischioso.» «Non ho scelta» rispose Irys. «Potrei costringerli a dirmi ciò che sanno, ma i Semedisabbia lo considererebbero un atto di guerra. E in quel caso non avresti mai il tuo esercito, Cahil; perché saremmo troppo occupati a cercare di impedire ai Semedisabbia di prendersi una vendetta di sangue su ogni abitante di Sitia.» Si rivolse a me. «Yelena, buona fortuna. Avremo molto di cui parlare quando ci raggiungerai. Cahil, va' a sellare Topaz.» Irys si allontanò a grandi passi, fischiando per chiamare il suo cavallo. Un'espressione ostinata serrava il volto di Cahil, che incrociò le braccia sul petto. «Dovrei restare. Occorre che qualcuno ti guardi
santa pace», spiega di le spalle. Basilare tattica militare. Avere sempre un compagno.» «Cahil, c'è così tanta magia nell'aria qua attorno che i Semedisabbia mi potrebbero chiudere la trachea, e non c'è un accidente che tu o io potremmo farci.» «Allora vieni con noi.» «E che ne dici di Tula o della prossima vittima dell'assassino? Devo tentare.» «Ma il rischio...» «Vivere è di per sé un rischio» sbottai. «A ogni decisione, ogni interazione, ogni passo, ogni volta che scendi dal letto al mattino, corri un rischio. Sopravvivere è sapere che stai correndo quel rischio, e non alzarti dal letto cullando illusioni di essere al sicuro.» «La tua visuale della vita non suona consolante.» «Non deve esserlo. È proprio questo il punto.» Prima che Cahil potesse lanciarsi in una discussione filosofica, cercai di fargli levare le tende. «Vedi di andare prima che Irys perda di nuovo la pazienza con te.» Agitai la mano nell'aria come aveva fatto Quarto Mago. Lui mi afferrò il polso. «No, non farlo!» Mi trattenne la mano per un momento. «Se i Semedisabbia ti fanno del male, vedranno qualcosa della mia vendetta di sangue. Stai attenta.» Tirai via la mia mano. «Sempre.» Tutti quei pensieri preoccupati a proposito dell'offendere i Semedisabbia tornarono come una marea mentre guardavo Irys e Cahil galoppare via. Ripassai le istruzioni dell'ultimo minuto su come trattare con gli anziani del clan. Mi guardai attorno, chiedendomi che cosa dovessi fare. I Semedisabbia lavoravano nel loro villaggio temporaneo con calma efficienza. La fame divampò quando colsi una zaffata di carne che arrostiva, e mi resi conto di non aver mangiato da quando ci eravamo fermati per pranzare il giorno prima. Scaricai il mio zaino accanto alla sella di Kiki e frugai in cerca di qualcosa da mangiare, ma sedermi si rivelò una cattiva idea poiché lo sfinimento mi prese. Lasciai che i miei nuovi ricordi d'infanzia circolassero nella mia mente, e mi accontentai di riviverne alcuni. Usando la sella come
santa pace», spiega di cuscino, mi allungai sull'erba senza darmi la pena di stendere il mantello. Strano che mi sentissi così al sicuro, lì. Ma non ero al sicuro dai miei incubi. Inseguita da una massa guizzante di serpenti, arrancavo nella giungla. Mi si attorcigliavano alle caviglie, tirandomi giù. Mentre io ero incapace di muovermi, loro affondavano le zanne, inoculando Curaro nella mia carne. «Vieni con noi» sibilarono i serpenti. «Cugina?» chiese una timida voce. Mi svegliai con un grido. Una donna minuscola con grandi occhi arretrò allarmata. I suoi capelli bruni erano striati di giallo e legati sulla nuca con un legaccio di cuoio. Delle macchie orlavano la tela bianca del suo vestito. «Gli anziani vogliono vederti ora.» Scrutai il cielo, ma sudari di nuvole oscuravano il sole. «Quanto ho dormito?» La donna sorrise. «Tutto il giorno. Seguimi, per favore.» Guardai il mio archetto, sapendo che sarebbe stato un insulto portarmelo dietro, ma desiderandolo lo stesso. Con riluttanza lo lasciai per terra e seguii la donna. Le domande mi turbinavano nella mente mentre passavamo davanti alle tende, tuttavia mi morsi il labbro per impedirmi di esprimerle. Aspetta, aspetta, pensai, soffocando la mia impazienza. Disgraziatamente, la diplomazia era una danza che dovevo ancora imparare. La donna si fermò davanti alla tenda più grande. I disegni di animali quasi ricoprivano la tela bianca. Ne scostò un pannello e mi fece cenno di entrare. Avanzai, aspettando che i miei occhi si abituassero alla penombra. «Puoi avvicinarti» disse una voce maschile dall'estremità opposta della tenda rotonda. Passai in rassegna l'interno mentre mi dirigevo verso il fondo. Tappeti marroni e rossicci tessuti con intricati disegni geometrici coprivano il pavimento. Scorsi alcuni materassi per dormire e cuscini coloratissimi sulla sinistra. Cuscini più grandi sulla destra circondavano un tavolino basso, e reggicandela con lunghe nappine
santa pace», spiega di rosse pendevano dal soffitto. Seduti a gambe incrociate in fila su un materasso color ebano e oro c'erano due uomini e una donna. Uno lo riconobbi: era Uomodi-Luna, che mi sorrideva tra l'altro uomo e la donna. La sua pelle ora era dipinta di giallo. Le rughe increspavano il viso dell'altro uomo, e i capelli della donna erano spruzzati di grigio. Entrambi portavano lunghi abiti rossi. Mi fermai, turbata, quando la subitanea immagine del mio vestito rosso da prigioniera, strappato e insanguinato, si formò nella mia mente. Non avevo pensato più a quell'indumento da quando Valek mi aveva offerto la scelta tra essere giustiziata e diventare l'assaggiatore ufficiale del Comandante. L'avevo gettato da parte e accettato l'uniforme ixiana senza guardarmi indietro una sola volta. Strano che mi fosse tornato in mente adesso. O era stato il Tessitore di Storie a estrarre quei pensieri dalla mia mente? Scrutai con sospetto Uomo-di-Luna. «Siedi» disse la donna, accennando a un tappetino rotondo sul pavimento davanti a loro. Mi sistemai nella stessa posizione dei miei ospiti. «Una Zaltana che ha viaggiato lontano. Sei tornata dai tuoi antenati per cercare una guida» disse l'uomo. I suoi occhi scuri grondavano di conoscenza e il suo sguardo mi trafisse l'anima. «Cerco la comprensione» dissi. «Il tuo cammino è stato lungo e contorto. Il tuo cammino ti ha macchiato di sangue e dolore e morte. Devi essere lavata.» Poi l'uomo annuì, rivolto al Tessitore di Storie. Uomo-di-Luna si alzò. Da sotto il materasso estrasse una scimitarra. Il filo tagliente della lunga lama lampeggiò alla luce delle candele. Uomo-di-Luna avanzò. Posò la lama ricurva della scimitarra sulla mia spalla sinistra con il filo tagliente pericolosamente vicino al mio collo. «Sei pronta a essere purificata?» domandò.
santa pace», spiega di La gola mi si serrò. «Cosa? Come?» La bocca mi si impigliò sulle parole. Tutta la logica venne a mancare. «Noi togliamo da te le macchie di sangue, dolore e morte. Prendiamo il tuo sangue e ti causiamo dolore. Espierai per i tuoi misfatti con la tua morte, alla fine, e sarai accolta nel cielo.» Una parola trapassò il groviglio di paura nella mia mente. Un'improvvisa chiarezza focalizzò i miei pensieri. Mi alzai con deliberata cautela, cercando di non urtare l'arma, e arretrai. La lama restò librata a mezz'aria. «Non ho misfatti da espiare. Non provo rimorso per le mie azioni passate, e pertanto non ho bisogno di essere purificata.» Mi preparai alla loro reazione. E al diavolo la diplomazia. Uomo-di-Luna sogghignò e gli altri due anziani annuirono con approvazione. Confusa, lo guardai riporre la scimitarra sotto il materasso e rimettersi nella sua posizione. «Questa è la giusta risposta» disse. «E se avessi acconsentito?» «Allora ti avremmo mandato via con qualche ermetica frase su cui interrogarti.» Rise. «Devo ammettere di essere leggermente contrariato. Ho lavorato per tutto il pomeriggio su quelle sentenze.» «Siedi» ordinò la donna. «Che cosa cerchi di capire?» Scelsi le parole con grande cura mentre mi sedevo sulla stuoia. «Una bestia ha fatto preda di giovani donne per tutta Sitia. A oggi, ne ha uccise dieci e ferita una. lo voglio fermarlo. Cerco di capire chi sia.» «Perché venire da noi?» volle sapere la donna. «Ha usato una certa sostanza come arma. Sono preoccupata che possa averla rubata a uno dei membri del vostro clan.» Attesi, sperando che la parola rubata non implicasse colpevolezza. «Ah, sì, quella sostanza» disse l'uomo anziano. «Una benedizione e una maledizione. Un invio da parte di Esaù Liana Semedisabbia Zaltana arrivò a uno dei nostri villaggi presso l'Altopiano Daviiano. Quel villaggio fu razziato poco dopo dai Parassiti Daviiani.» Il vecchio sputò sul pavimento di terra. «Molte cose furono rubate in
santa pace», spiega di quella razzia.» Il suo disprezzo per quei Parassiti era evidente, ma io chiesi comunque: «Chi sono questi Parassiti?». Gli anziani serrarono le mascelle, rifiutando di rispondere. Accigliandosi, Uomo-di-Luna mi spiegò. «Sono giovani uomini e donne che si sono ribellati contro le nostre tradizioni. Si sono separati dal clan e insediati sull'Altopiano. L'Altopiano non concede i suoi frutti senza combattere. I Parassiti preferiscono rubare a noi piuttosto che lavorare per far crescere il proprio cibo.» «Potrebbe uno di loro essere il mostro che cerco?» «Sì. Essi hanno pervertito la nostra arte di tessere magia. Invece di beneficare il clan, essi cercano di accrescere il proprio potere, arricchendo solo se stessi. La maggior parte di loro non ha il dono, ma ce ne sono alcuni che sono molto potenti.» L'espressione feroce di Uomo-di-Luna mi diede un'idea di come sarebbe apparso mentre roteava la scimitarra in battaglia. Presentai nella mia mente un'immagine di Ferde, l'aggressore di Tula. «Lui è uno di loro?» chiesi. La magia di Uomo-di-Luna mi percorse. Il Tessitore di Storia grugnì, poi gorgogliò profondo di gola. Guardando l'uomo più anziano, disse: «Stanno praticando l'antico male. Dobbiamo fermarli». Inorridito, l'altro rispose: «Proveremo di nuovo a penetrare il loro scudo magico. Li troveremo». Si alzò con grazia e dignità, si inchinò una volta a me, poi fece un cenno alla donna. «Vieni. Dobbiamo stendere piani.» Lasciarono la tenda. Restammo Uomo-di-Luna e io. «L'antico male?» chiesi. «Un antichissimo, orribile rituale che consiste nel legare a te l'anima della vittima, e poi ucciderla. Quando la vittima muore, la sua magia fluisce in te, aumentando la tua forza. I marchi rossi su quella bestia sono parte del rituale.» La fronte di Uomo-di-Luna si aggrottò per un momento prima che i suoi occhi si dilatassero, preoccupati. «Hai detto che una donna è stata ferita. Dov'è adesso?» «Nel Mastio dei Maghi.»
santa pace», spiega di «Sorvegliata?» «Sì. Perché?» «Colui che cerchi non sarà sull'Altopiano Daviiano; sarà al Mastio, in attesa di un'altra possibilità di prenderle la vita. Non può irretire un'altra anima finché lei non muore.» «Devo tornare indietro immediatamente.» Balzai in piedi, decisa a partire. Uomo-di-Luna mi afferrò per la spalla e mi girò verso di sé. «Non dimenticare la tua promessa.» «Non lo farò. Prima Tula, poi Leif.» Lui annuì. «Posso chiedere un altro favore?» Esitai. Quantomeno, non voleva una promessa. «D'accordo, puoi chiedere.» «Quando il tuo addestramento con il Maestro Irys sarà completato, vuoi tornare da me affinché possa insegnarti le arti magiche dei Semedisabbia? È parte della tua eredità e del tuo sangue.» La proposta suonava allettante, ma sarebbe stata un'altra dilazione nel mio cammino. Di questo passo, dubitavo perfino che avrei finito l'addestramento. Se la storia serviva da indirizzo, il mio futuro tendeva ad andare in direzioni impreviste. «Cercherò.» «Bene. Ora vai!» S'inchinò a me, poi mi spinse fuori dalla tenda. Un'attività frenetica avvolgeva il campo. Tende smontate coprivano il terreno mentre i membri del clan si preparavano a partire. Il crepuscolo calò mentre cercavo il mio zaino. Invece trovai Kiki. Era sellata e pronta a partire. La sua mamma dai capelli corti mi porse le redini. Mentre prendevo le cinghie di cuoio, disse: «Non sederti sulla sella. Accovacciati su di essa e sposta il peso in avanti. E lei volerà a casa per te». «Grazie.» Mi inchinai. Lei sorrise. «Siete ben appaiate. Mi compiaccio.» Con un ultimo buffetto sul collo di Kiki, la donna si voltò per raggiungere il clan che
santa pace», spiega di si apprestava a partire. Montai in sella, e cercai di seguire le sue istruzioni. Presto sarebbe stato buio. Kiki voltò la testa a sinistra, scrutandomi con un occhio azzurro.
Raggiungere Topaz? Seta? Sì. Al volo! Kiki partì. Le lunghe erbe si confusero nel movimento oltrepassandomi i piedi finché non riuscii più a vederle nell'oscurità. Mantenni la postura mentre galoppavamo nella pianura. Mi sentivo come se cavalcassi un vento tempestoso anziché un cavallo. Quando la luna raggiunse il suo apice, sentii la magia dei Semedisabbia assottigliarsi e infine svanire. Non più circondata dal loro potere, usai la mia magia per cercare Irys.
Sono qui, disse Quarto Mago nella mia mente, e io vidi attraverso
i suoi occhi che si erano accampati presso la Roccia di Sangue.
Sveglia Cahil, le dissi. Dobbiamo tornare al Mastio più in fretta che possiamo. Tula è ancora in pericolo. È ben sorvegliata. Lui ha una magia potente. Siamo già per via. Inviai la mia coscienza verso il Mastio, sperando di avvertirli. La mia mente toccò Hayes che sonnecchiava nel suo ufficio. Rifuggì da me con orrore e innalzò una barriera più forte. Le difese degli altri Maestri Maghi erano altrettanto ben costruite delle torri in cui dormivano. Cominciando a stancarmi per lo sforzo, mi ritirai. Kiki raggiunse Irys e Cahil sulla strada per la Cittadella proprio mentre il cielo cominciava a rischiarare. Ebbi solo un momento per chiedermi come fosse riuscita a fare un viaggio di due giorni in una sola notte, prima che superassimo gli altri a tutta velocità.
Bisogno di riposo?, le chiesi, guardandomi indietro in tempo per
vedere Irys e Cahil farmi cenno.
No. Le gambe mi bruciavano come se avessero preso fuoco. Indirizzai
santa pace», spiega di a esse azzurri pensieri rinfrescanti, e si intorpidirono. Eravamo in vista delle porte marmoree della Cittadella quando ogni desiderio di riposare s'involò dalla mia mente. Un'improvvisa e terrorizzata sensazione di impotenza calò sul mio corpo. Tula. Lanciai la mia coscienza verso il Mastio, cercando qualcuno, chiunque, da avvertire. Le guardie insieme a Tula non possedevano alcuna magia. Mentre io potevo leggere le menti dei non-maghi, loro non avevano alcun potere di udirmi. Disperata, continuai a cercare. La mia mente trovò Dax. Era nel bel mezzo di una seduta di addestramento, imparando a fare parate e affondi con una spada di legno.
Tula, urlai nella sua mente. Pericolo! Trova aiuto! Lui lasciò cadere la spada per la sorpresa e venne colpito nelle costole dall'avversario.
Yelena? Roteò su se stesso, cercandomi. Tula è in pericolo! Vai. Adesso, ordinai. Poi il mio collegamento
con lui si spezzò. Sentii come se qualcuno avesse eretto tra noi una barriera di pietra. Il tempo rallentò mentre entravamo nella Cittadella e ci orientavamo per le strade. C'era molto movimento: pareva che l'intera popolazione stesse camminando per strada. La loro andatura senza fretta ostruiva la carreggiata. L'aria era frizzante, della perfetta temperatura della stagione fresca. E in netto contrasto con il fuoco nel mio cuore. Avrei voluto urlare alla folla di muoversi. Kiki, avvertendo la mia urgenza, allungò il passo e con il muso spinse via dalla nostra strada gli sfaccendati. Qualche imprecazione ci inseguì. Kiki fece sobbalzare le guardie all'ingresso del Mastio quando rifiutò di fermarsi. Si diresse difilato all'infermeria e salì perfino le scale, arrestandosi solo quando raggiungemmo la porta. Scivolai giù di sella. Correndo verso la camera di Tula, temetti il peggio scorgendo le guardie che giacevano nel corridoio. Le
santa pace», spiega di scavalcai con un salto e irruppi nella stanza. La porta sbatté contro la parete. Il rumore echeggiò dal marmo freddo, ma non riuscì a svegliare Tula. I suoi occhi senza vita fissavano il nulla. Le sue labbra esangui erano raggelate in una smorfia di orrore e di dolore. Le mie dita cercarono un battito; sentii la sua pelle gelata e rigida. Lividi neri le circondavano il collo. Ero arrivata troppo tardi? Le posai la mano sulla gola, attirando potere a me. Con l'occhio della mente vidi la sua trachea schiacciata. Era stata strangolata. Inviai una bolla di potere per farla espandere di nuovo, mandandole aria nei polmoni. Mi concentrai sul suo cuore, ordinandogli di pompare. Il cuore batté e l'aria riempì i polmoni, ma l'inespressività rifiutò di lasciare gli occhi di Tula. Spinsi più forte. La sua pelle si riscaldò e prese colore. Il torace si alzò e si abbassò. Tuttavia, quando smisi, tutto si fermò e lei non prese un altro respiro. Lui aveva rubato la sua anima. Non potevo rianimarla. Un braccio pesante si posò sulla mia spalla. «Non c'è nient'altro che tu possa fare» disse Irys. Mi guardai attorno. Dietro di me stavano Cahil, Leif, Dax, Roze e Hayes. Affollavano la stanzetta e non avevo neppure notato il loro arrivo. La pelle di Tula si raffreddò sotto le mie dita. Ritrassi la mano. Un acuto sfinimento, tale da schiacciarmi le ossa, mi calò addosso. Crollai sul pavimento, chiusi gli occhi e nascosi la testa tra le mani. Colpa mia. Non avrei mai dovuto lasciarla. La stanza era un vulcano di rumori e attività, ma io li ignorai mentre le lacrime mi scorrevano abbondanti sul viso. Avrei voluto dissolvermi nel pavimento, mescolandomi alla dura pietra. La pietra aveva un unico scopo: esistere. Niente complicate promesse, niente preoccupazioni, niente sentimenti. Posai la guancia sul marmo liscio. Il freddo mi punse la pelle febbricitante. Solo quando il rumore nella stanza svanì aprii gli occhi. E vidi una striscia di carta che giaceva sotto il letto di Tula. Doveva essere caduto quando avevo cercato di riportare in vita il suo corpo.
santa pace», spiega di Mi protesi a prenderlo, pensando che fosse appartenuto a Tula. Le parole scritte sulla carta squarciarono la nebbia del mio strazio come la scimitarra di Uomo-di-Luna. Il messaggio diceva:
Ho preso Opale. Scambierò la ragazzina per Yelena Zaltana al prossimo levarsi della luna piena. Issate il vessillo di lutto per Tula sulla torre di Primo Mago quale segno di assenso e Opale non patirà alcun danno. Seguiranno ulteriori istruzioni.
santa pace», spiega di
Capitolo 15 «Isseremo il vessillo di lutto per Tula, ma non scambieremo Yelena con Opale» insistette Irys. «Mancano ancora due settimane alla luna piena. Questo dovrebbe darci tempo sufficiente per trovare Opale.» Di nuovo discussioni vocianti echeggiarono nella sala riunioni dei maghi. Zitora era tornata dalla sua missione per il Consiglio, così c'erano tutti e quattro i Maestri Maghi, come pure la famiglia di Tula, Leif, e il capitano della guardia del Mastio. Leif aveva cercato di interrogarmi sui Semedisabbia prima che cominciasse la riunione, ma io avevo tagliato corto con una risposta irosa. Non riuscivo ancora a guardarlo senza vedere la sua faccia di bambino tra i cespugli, guardava mentre mi rapivano e non faceva niente. Gli eventi che erano occorsi dopo che avevo scoperto la richiesta di riscatto li avevo vissuti come se appartenessero a un sogno. Una volta che tutti si furono calmati, vennero rivelati i movimenti dell'assassino prima che aggredisse Tula. Aveva ottenuto un impiego tra i giardinieri del Mastio. Disgraziatamente, la gente con cui lavorava non riusciva a concordare sui suoi tratti somatici e Bain aveva disegnato quattro uomini completamente diversi sulla base delle loro descrizioni. Non riuscivano neppure a ricordare il suo nome. Con dieci anime magiche, Ferde aveva ottenuto potere sufficiente a equiparare un Maestro Mago. Aveva nascosto con facilità la propria presenza nel Mastio e aveva confuso coloro con i quali lavorava. Le guardie di Tula erano state bersagliate con minuscoli dardi intinti nel Curaro. Riuscivano a ricordare solo di aver visto uno dei giardinieri consegnare delle piante medicinali a Hayes prima che i loro muscoli si paralizzassero. Il fatto che Ferde si fosse infiltrato nel Mastio aveva messo le sentinelle in seri guai. «Lui viveva nel Mastio e noi non ne avevamo idea» disse Roze. La
santa pace», spiega di sua voce potente si levò al di sopra del baccano. «Che cosa vi fa pensare che potremmo trovarlo ora?» La madre e il padre di Tula trattennero il respiro, inorriditi. Erano arrivati il giorno prima, e la notizia del decesso li aveva sconvolti profondamente. Potevo vedere nelle loro facce tirate e negli sguardi spiritati che sapere che lo stesso uomo aveva Opale rendeva le loro vite un incubo. Proprio come la mia. «Diamogli Yelena» disse Roze nella stanza ora silenziosa. «È stata in grado di animare Tula. Ha il potere per affrontare questo assassino.» «Noi non vogliamo che qualcun altro soffra» disse il padre di Tula. Portava una semplice tunica marrone e calzoni. Le sue mani grandi erano ruvide di calli e cicatrici di ustioni, prova di una vita di lavoro con il vetro fuso. «No, Roze» ammonì Irys. «Yelena non ha ancora il pieno controllo della propria magia. Probabilmente è la ragione principale per cui lui la vuole. Se le rubasse la magia, pensa a quanto potente sarebbe allora.» Bain, che aveva tradotto i segni sulla pelle dell'assassino, disse al gruppo nella sala riunioni che lo scopo dell'impresa dell'uomo era scritto nei suoi tatuaggi. L'informazione data da Bain coincideva con quello che mi aveva detto Uomo-di-Luna. Ferde praticava un antico rituale di asservimento Efe che usava intimidazione e tortura per trasformare la vittima in una schiava obbediente. Quando ogni libera volontà era stata ceduta, la vittima veniva uccisa e la magia della sua anima incanalata dentro Ferde, accrescendone il potere. Lui aveva preso a bersaglio ragazze di quindici o sedici anni perché il loro potenziale magico era soltanto agli inizi. Una bile acida si agitò nel mio stomaco mentre ascoltavo la spiegazione di Bain. Le tattiche di Reyad e Mogkan a Ixia per accrescere la magia di Mogkan erano disgustosamente familiari. Tuttavia loro non avevano stuprato né ucciso le loro trentadue vittime, avevano torturato le loro anime fino a strappargliele, lasciandoli privi di mente. Altrettanto orribile.
santa pace», spiega di Ferde aveva conquistato undici anime. Secondo il rituale, la dodicesima doveva andare a lui volontariamente. Nessun rapimento per il rito finale che, una volta completato, gli avrebbe dato potere pressoché illimitato. Il dibattito sul perché Tula fosse sopravvissuta alla prima aggressione condusse alla supposizione che Ferde fosse stato vicino a essere scoperto e fosse fuggito prima di portare a compimento il rituale. «Yelena dovrebbe essere protetta in ogni momento» disse Irys. Le sue parole mi riportarono a quella riunione. «Se non riusciamo a trovarlo, appresteremo un'imboscata vicino al luogo dello scambio e lo cattureremo in questo modo.» I maghi continuarono a litigare. Sembrava che io non avessi voce in capitolo nei piani, ma la cosa non mi importava. O trovavo Ferde, o sarei stata nel luogo dello scambio. Ero venuta meno a Tula; non avevo intenzione di lasciare che Opale patisse la medesima sorte. Mentre la riunione terminava arrivò un messaggero dal Consiglio. Tese un rotolo a Roze. Lei lo lesse, poi passò il foglio a Irys con quello che parve disgusto. Le spalle di Irys si incurvarono quando diede una scorsa al documento.
Che cos'altro è andato storto?, domandai. Un'altra situazione da affrontare. Questa però non mette vite in pericolo, ha solo un pessimo tempismo, rispose. Almeno questa sarà per te un'altra occasione per fare pratica di diplomazia. Come? Una delegazione Ixiana è attesa tra sei giorni. Così presto? Mi sembrava che il messaggero con la risposta del Consiglio fosse appena partito.
Yelena. è stato cinque giorni fa. È un viaggio di due giorni a cavallo fino al confine ixiano e poi di mezza giornata per il castello del Comandante. Cinque giorni? Erano successe così tante cose che mi sentivo come se avessi vissuto un'unica interminabile giornata. Mi riusciva difficile anche credere che vivevo a Sitia soltanto da due stagioni e mezza.
santa pace», spiega di Quasi metà anno era trascorsa in quelle che sembravano appena un paio di settimane. La dolorosa nostalgia di Valek non si era attenuata, e mi chiesi se incontrare la delegazione del nord non mi avrebbe fatto sentire ancora di più la sua mancanza. Seguii gli altri fuori dalla stanza. Nel corridoio all'esterno, Zitora mi prese sottobraccio. «Ho bisogno di un po' di aiuto» disse, guidandomi dall'edificio amministrativo del Mastio verso la sua torre. «Ma io devo...» «Prenderti un po' di riposo. E non andare a setacciare la Cittadella in cerca di Opale» sentenziò Zitora. «Lo farò comunque. Questo lo sai.» Lei annuì. «Ma non stanotte.» «Che cosa ti serve?» Un triste sorriso le sfiorò il viso. «Una mano con il vessillo di Tula. Credo che chiederlo ai suoi genitori non farebbe che aumentare la loro pena.» Entrammo nella torre e salimmo due rampe di scale fino alla sua stanza da lavoro. Comode sedie e tavoli disseminati di attrezzature per cucito e altre arti riempivano l'ampia stanza. «La mia abilità di cucitrice è limitata» disse Zitora. Si mosse per la stanza, aggiungendo stoffe e filati all'unico tavolo vuoto vicino alle sedie. «Ma non per mancanza di pratica. So cucire e ricamare, però sono più brava a disegnare. A tempo perso, ho fatto esperimenti con la pittura su seta.» Soddisfatta della sua raccolta, Zitora rovistò in un'altra pila di telerie e tirò fuori un lenzuolo di seta bianca. Poi misurò e ritagliò un rettangolo di cinque piedi per tre. «Lo sfondo sarà bianco per la purezza e innocenza di Tula» spiegò. «Yelena, che cosa dovremmo mettere in primo piano, secondo te?» E nel vedere il mio sguardo perplesso aggiunse: «Un vessillo di lutto è il nostro modo di onorare il defunto. È una rappresentazione della persona. Lo decoriamo con le cose che riempivano la sua vita, e quando innalziamo il vessillo, esso libera il suo spirito nel cielo. Dunque, che cosa meglio
santa pace», spiega di rappresenterebbe Tula?». I miei pensieri andarono immediatamente a Ferde. Mi vennero in mente un serpente velenoso, rosse fiamme di dolore e un'ampolla di Curaro. Mi accigliai, non riuscendo a immaginare libero lo spirito di Tula. Era stata intrappolata nell'oscurità dell'anima di Ferde a causa della mia stupidità. «Lui è un demone astuto, vero?» chiese Zitora, come leggendomi nella mente. «Avere l'ardire di vivere nel Mastio, l'abilità di uccidere sotto il nostro tetto, e spingerti a incolpare te stessa per l'accaduto. Un giochetto da maestro, direi.» «Stai cominciando a parlare come un certo Tessitore di Storie che conosco» dissi. «Lo prenderò come un complimento» ribatté Zitora. Scelse tra coloratissimi riquadri di seta. «Vediamo. Se tu avessi ascoltato Irys e fossi rimasta indietro, l'assassino avrebbe preso Tula e anche te.» «Ma avevo riavuto la mia energia» replicai. Irys aveva ritenuto meglio non far menzione dell'aiuto di Valek. «Solo perché volevi seguire Irys.» Zitora sollevò un sopracciglio sottile. «Ma non sarei andata con Ferde volontariamente.» «Davvero? E se lui avesse promesso di non uccidere Tula in cambio di te?» Aprii la bocca, poi la richiusi, riflettendo. In parte aveva ragione. «Una volta che pronunci le parole o agisci con intenzione, è fatta. Quello che poi segue non cambia questo fatto, e lui avrebbe ucciso Tula comunque» disse Zitora, allineando i riquadri colorati lungo il bordo del tavolo. «Se tu fossi rimasta, ve ne sareste andate entrambe, e noi non avremmo le informazioni dei Semedisabbia.» «Stai cercando di farmi sentire meglio?» Zitora sorrise. «Adesso, che cosa dovremmo mettere sul vessillo di Tula?» Mi balzò alla mente la risposta. «Caprifogli, un'unica goccia di rugiada su un filo d'erba, e animali di vetro.»
santa pace», spiega di Era stata Opale a raccontarmi degli animali di vetro della sorella. La maggior parte di essi, Tula li aveva venduti oppure regalati, ma ne conservava una piccola collezione accanto al proprio letto. Si levò nella mia mente lo sgradito pensiero di cosa avremmo dovuto cucire sul vessillo di Opale. Lo soffocai, schiacciando l'immagine in un angolo del cervello. Non avrei lasciato che Ferde assassinasse anche lei. Zitora tracciò sagome sulla seta e io le ritagliai. Quando il mucchio incontrò la sua approvazione, le disponemmo sulla seta. I caprifogli bordavano il vessillo, mentre il filo d'erba si levava al centro, circondato da un anello di sculture animali. «Bellissimo» disse Zitora. I suoi occhi scintillavano di pena. «Adesso viene la parte noiosa... cucire tutti questi pezzetti di stoffa sullo sfondo!» lo le infilai gli aghi: il massimo a cui arrivava la mia abilità nel cucito. Dopo un po' mi disse di tornare in camera mia e farmi una dormita. «Non dimenticare il nostro accordo» mi gridò dietro mentre cominciavo a scendere i gradini. «Non lo farò.» Ora che era tornata, potevo cominciare a insegnarle un po' di autodifesa. Ero così intenta a programmare il suo addestramento, che sobbalzai vedendo le due guardie che mi attendevano fuori dalla torre di Zitora. «Che cosa volete?» chiesi, estraendo l'archetto. «Ordini da parte di Quarto Mago. Devi essere protetta in ogni momento» rispose il più grosso dei due uomini. Sbuffai seccata. «Tornate in caserma. So badare a me stessa.» Gli uomini sogghignarono. «Lei ci ha avvertito che avresti detto così» commentò l'altro uomo. «Noi eseguiamo i suoi ordini. Se la nostra unità manca di proteggerti, saremo assegnati a lavare pitali per il resto dei nostri giorni.» «Potrei rendere molto difficile il vostro lavoro» li avvertii. L'ostinata rigidità delle loro spalle non si allentò minimamente. «Non c'è niente che tu possa fare che sia peggio di pulire vasi da
santa pace», spiega di notte» sentenziò l'uomo grosso. Sospirai; seminarli per cercare Opale sarebbe stato difficile. Il che era probabilmente il motivo che aveva indotto Irys ad assegnarli a me. Sapeva che sarei uscita a caccia il prima possibile. «Soltanto, state fuori dai piedi» borbottai. Voltai la schiena alle guardie e mi diressi all'ala degli apprendisti. Il campus buio sembrava a lutto, e un silenzio sgradevole riempiva l'atmosfera. La cerimonia di alzabandiera per Tula era programmata per l'alba. Poi la vita sarebbe continuata. Avrei avuto la mia lezione pomeridiana con Irys. Cahil mi aveva già ricordato la nostra cavalcata serale. Avrei cercato di mantenere la mia promessa a Uomo-di-Luna. Tutti questi eventi sarebbero accaduti malgrado la minaccia per Opale. Oppure sarebbero avvenuti a dispetto della minaccia? Le guardie rifiutarono di lasciarmi entrare nei miei alloggi finché uno di loro non li avesse ispezionati in cerca di intrusi. Quantomeno, dopo rimasero fuori e non insistettero per rimanere con me. Ma Irys li aveva informati che avrei cercato di evadere, poiché quando guardai fuori dalla finestra della camera da letto vidi una delle due guardie di sentinella. Chiusi le imposte e le sbarrai. Le guardie bloccavano entrambe le uscite. Potevo vedere il ghigno di Dax nella mia mente, sapendo che sarebbe stato deliziato di raccontarmi le voci e i pettegolezzi degli altri studenti a proposito dei miei protettori. Sedetti contrariata sul letto e pensai al da farsi. La soffice comodità del cuscino mi chiamava. Avrei riposato solo un momento, schiarendomi la mente così da poter pianificare un sistema per seminare le mie due ombre. Durante i cinque giorni successivi, feci soltanto una scappatella coronata da successo. Il mattino dopo che avevo aiutato Zitora con il vessillo di lutto per Tula, rimasi ritta accanto a Irys per la cerimonia dell'alzabandiera.
santa pace», spiega di Il corpo di Tula era stato avvolto in bende di tela bianca e coperto con il suo vessillo. Il capo del clan Cowan pronunciò parole gentili sulla salma mentre i genitori piangevano. Tutti e quattro i Maestri Maghi erano presenti. Zitora inzuppò un fazzoletto di lacrime, ma io calpestai le mie emozioni e mi concentrai su Opale, irrobustendo la mia risolutezza a trovarla. Il corpo di Tula sarebbe stato portato a casa e sepolto nel cimitero di famiglia. Ma secondo le credenze sitiane, durante quella cerimonia d'addio il suo spirito si trasferiva nel vessillo. La gente attorno a me credeva che quando quel gonfalone di seta bianca avesse sventolato sopra la torre di Roze, lo spirito di Tula sarebbe stato liberato nel cielo. Io però sapevo che non era così. Lo spirito di Tula era intrappolato dentro Ferde e solo la morte di quell'assassino l'avrebbe liberato. Per me, il vessillo di Tula non solo segnalava a Ferde che accettavamo lo scambio, ma simboleggiava anche la mia determinazione a trovarlo e fermarlo. Il mattino dopo la cerimonia condussi le mie guardie ai bagni. Le vasche e gli spogliatoi brulicavano di studenti che si preparavano per le lezioni, e malgrado le occhiate guardinghe che puntavano nella mia direzione riuscii a pagare alcuni novizi perché creassero un diversivo accanto all'ingresso posteriore. L'astuzia funzionò. Mi precipitai fuori dai bagni e dal Mastio prima che i soldati alla cancellata potessero riconoscermi. Le guardie di stanza all'ingresso del Mastio monitoravano chi entrava e, a meno che non vi fosse una crisi, prestavano solo un fuggevole interesse a quelli che uscivano. Una volta fuori vista, il mio primo obiettivo consisteva nel trovare Fisk e i suoi amici. Il mercato si stava appena svegliando. Solo pochi acquirenti gironzolavano tra le bancarelle a quell'ora mattutina. Trovai Fisk che giocava a dadi con un gruppo di bambini. Corse verso di me. «Amabile Yelena, come posso esserti utile oggi?» Un luminoso sorriso gli illuminava il faccino. Gli altri bambini mi circondarono, attendendo istruzioni. Apparivano puliti e curati. Guadagnavano dei soldi per le loro
santa pace», spiega di famiglie, e pensai che quando avessi finito quello sporco affare con Ferde, avrei dato loro più aiuto. Mi ricordai di informarli della necessità di un altro giardiniere al Mastio, tuttavia, e fui ricompensata nel vedere una ragazzina correre a casa a dirlo a suo padre. «Mi servono delle guide» dissi a Fisk. «Mostratemi tutte le scorciatoie e le zone nascoste della Cittadella.» Mentre mi portavano per strade secondarie e quartieri dimenticati, li interrogai sulla gente. Qualcuno di nuovo? Qualcuno che si comportava stranamente? Avevano visto una ragazza giovane e terrorizzata insieme a un uomo? Mi saziarono di storie pazzesche, ma le informazioni non erano quelle di cui avevo bisogno. Mentre ci muovevamo, frugavo le case circostanti con la magia, in cerca di Opale o della traccia di magia di qualcun altro, o di qualsiasi altra cosa potesse darmi un indizio su dove si trovasse. La giornata fu spesa bene e soltanto la fame riuscì a fermarmi. Fisk mi portò dal miglior rosticciere nel mercato della Cittadella. Mentre mangiavo, decisi che avrei continuato la ricerca più tardi in serata e poi avrei trovato un posto per dormire. Avrei avuto altri giorni in abbondanza da passare in cerca di Opale. Almeno, quella era stata la mia intenzione finché Irys e le guardie non mi tesero un'imboscata. Nascosta dietro uno scudo di magia, Quarto Mago mi impedì di percepirli finché non fu troppo tardi. Nell'istante in cui i due soldati mi afferrarono per le braccia, lei prese il controllo del mio corpo, spingendo via quella che avevo creduto fosse una robusta barriera mentale. Il potere di un Maestro Mago ridusse le mie difese in polvere. Incapace di muovermi e di parlare, la fissai con totale sorpresa. Anche se avevo saltato la lezione mattutina con Irys e avevo bloccato i suoi tentativi di trovarmi con la magia, credevo che avrebbe capito la mia missione. Non ero preparata alla severità della sua collera. Le mie guardie, con aria cupa e spaventata, mi stavano appese addosso.
Tu non lascerai più il Mastio. Non seminerai di nuovo le tue
santa pace», spiega di guardie. Altrimenti ti rinchiuderò nella prigione. Intesi? Sì. lo... Starò all'erta. Ma... Irys spezzò la nostra connessione mentale così bruscamente da farmi venire mal di testa. Tuttavia la sua magia artigliava ancora il mio corpo. «Riportatela al Mastio» ordinò alle guardie. «Conducetela nelle sue stanze. Potrà lasciarle solo per le lezioni e i pasti. Non perdetela di nuovo.» Le guardie trasalirono sotto il suo sguardo bruciante. Il più grosso mi sollevò e mi caricò sulla sua spalla. Sopportai la vergogna di essere trasportata per tutta la Cittadella, per il campus del Mastio e scaricata senza troppe cerimonie sul mio letto. Irys non lasciò il controllo del mio corpo fino al mattino seguente, tuttavia sentivo ancora una striscia della sua magia avvolta attorno alla gola. A quel punto, ero pronta a strozzare chiunque osasse pararsi sulla mia strada. Evitata come fossi un'appestata, potei solo sfogare il malumore sulle guardie mentre mi scortavano in giro per il campus. Dopo tre giorni di quest'inferno, stavo accanto a Irys nella sala grande dell'edificio del Consiglio, in attesa dell'arrivo della delegazione ixiana. Irys aveva usato il tempo delle mie lezioni per indottrinarmi su diplomazia e idonei protocolli sitiani. Aveva rifiutato di lasciarmi parlare di alcunché d'altro che l'argomento della lezione. La frustrazione dovuta al non sapere niente delle ricerche di Opale mi stringeva il petto come una morsa. La grande sala era decorata con grandi gonfaloni di seta che rappresentavano gli undici clan e ognuno dei Maestri Maghi. Finestre alte e strette separavano i gonfaloni, permettendo alla luce solare di striare d'oro il pavimento. I membri del Consiglio indossavano abiti ufficiali in seta, ricamati con filo d'argento. Irys e gli altri Maestri Maghi portavano i loro paludamenti cerimoniali e le maschere.
santa pace», spiega di Ricordavo la maschera da falco di Irys da quando aveva fatto visita al Comandante a Ixia, e guardai le altre con interesse. Roze Pietrapiuma, Primo Mago, indossava una maschera da dragone azzurro. Bain Buonsangue, Secondo Mago, ne aveva una di pelle di leopardo. E un bianco unicorno copriva il viso di Zitora, Terzo Mago. Secondo Fisk, quegli animali agivano quali guide dei maghi attraverso l'ultramondo e per tutta la loro vita. Li avevano trovati sottoponendosi all'esame per il livello di Maestro, che, dai minuscoli frammenti di informazioni che avevo potuto raccogliere, pareva un'orribile ordalia. Cahil aveva scelto per l'occasione la tunica blu notte con la bordura argento che portava alla festa dei Nuovi Inizi. Il colore era complementare ai suoi capelli biondi, e lui appariva regale malgrado l'espressione dura. Presente per valutare le debolezze del nemico, aveva promesso di mantenere il silenzio e di non attirare l'attenzione su di sé; altrimenti, i membri del Consiglio l'avrebbero bandito dalle cerimonie di benvenuto. Mi arrotolai attorno al braccio le ampie maniche della divisa ufficiale da apprendista. L'orlo del semplice abito di cotone giallo pallido mi sfiorava i piedi e rivelava i sandali neri che mi aveva dato Zitora. Mi grattai la pelle del collo e tirai la scollatura del vestito.
Cosa c'è che non va?, chiese Irys. La sua postura impettita
irradiava disapprovazione.
Era la prima volta dai miei arresti domiciliari che comunicava mentalmente con me. Avrei voluto ignorarla. La rabbia per la sua punizione mi sfrigolava ancora nel sangue. Anche adesso, la sua magia mi stringeva il collo. Non stava scherzando quando aveva detto che sarebbe stata all'erta. Il potere di cui avrei avuto bisogno per disattivare la sua magia mi avrebbe sfinito, e non possedevo abbastanza sangue freddo per provocarla di nuovo.
Il tuo guinzaglio pizzica. I miei pensieri erano freddi. Ottimo. Forse adesso imparerai ad ascoltare e a pensare prima di agire. A fidarti del giudizio degli altri. Qualcosa ho imparato.
santa pace», spiega di Che cosa? I metodi sbrigativi del Comandante non sono un'esclusiva di Ixia. Oh. Yelena. Il contegno rigido di Irys si sciolse. La dura fascia di magia attorno alla mia gola scomparve. Sono al limite. Tu sei così mirata sull'azione. Hai una determinazione maniacale che irrompe dentro le situazioni. Sei stata fortunata fin qui, e io non so come farti capire che se l'assassino di Tula assorbe il tuo potere, sarà inarrestabile. Sitia sarà sua. da dominare. Questo va al di là di te e del tuo desiderio di vendetta. Questo ci riguarda tutti. Tutte le opzioni devono essere attentamente valutate prima di intraprendere qualsiasi azione. Questo è il sistema qui a Sitia. Scosse la testa, sospirando. Ho dimenticato che tu sei una donna adulta. Quando avrai il completo controllo sulla tua magia e quando questo assassino sarà trovato, potrai fare come ti piace, andare dove desideri. Avevo sperato che saresti diventata parte dei nostri sforzi per fare di Sitia un luogo sicuro e ameno dove vivere. Ma la tua imprevedibilità metterà soltanto a rischio la nostra comunità. Le parole di Irys penetrarono oltre la mia collera. Essere libera di fare qualsiasi cosa volessi sembrava un concetto estraneo. La prima volta in vita mia che mi fosse stata offerta una simile opportunità. Immaginai di viaggiare per tutta Sitia insieme a Kiki e senza preoccupazioni né promesse da mantenere. Essere senza legami. Spostarsi da una città all'altra, facendo esperienza della cultura del posto. O arrampicarsi per la giungla con mio padre, imparando le proprietà medicinali di qualche foglia. O introdurmi a Ixia per incontrarmi con Valek. Irys mi aveva presentato un'opzione attraente. Forse l'avrei presa in parola, ma non prima di aver catturato Ferde e mantenuto la mia promessa a Uomo-di-Luna. Decidendo che mi sarei sforzata di più di lavorare alla maniera sitiana, dissi: Irys, mi piacerebbe aiutare a trovare Opale. Intuendo le mie intenzioni, lei si voltò verso di me e studiò la mia espressione. C'è in programma una riunione dopo i convenevoli con
gli Ixiani. Sei la benvenuta, se vuoi venire.
Lisciai le maniche della mia tunica mentre la fila di trombettieri
santa pace», spiega di annunciava l'arrivo dei settentrionali. Un silenzio di tomba calò nella grande sala mentre entrava un imponente corteo di Ixiani. L'Ambasciatrice guidava la processione. Il taglio elegante della sua uniforme nera le conferiva un'aria di importanza. Due diamanti scintillavano sul suo colletto. Il Comandante doveva averle mostrato grande favore permettendole di portare le pietre preziose per quella missione. I suoi lunghi capelli lisci cominciavano a virare verso il grigio, tuttavia gli occhi a mandorla avevano ancora una potente vitalità. L'improvviso riconoscerla mi trapassò il cuore.
santa pace», spiega di
Capitolo 16 Passai rapidamente in rassegna il resto del seguito dell'Ambasciatrice, cercando la persona che doveva essere lì. Il suo attendente, che camminava un passo dietro di lei, indossava la stessa uniforme dell'Ambasciatrice, solo che i diamanti rossi sul suo colletto erano ricamati. Il suo viso placido non aveva niente di particolare, così trasferii lo sguardo sugli altri. Alcune delle guardie mi parevano familiari, ma due capitani verso il centro catturarono la mia attenzione. I muscoli massicci di Ari tiravano le cuciture dell'uniforme. I suoi fitti riccioli biondi sembravano quasi bianchi sotto il sole. Il suo viso restò impassibile quando mi lanciò un'occhiata, ma potei vedere due chiazze di rossore allargarsi sulle sue guance mentre lottava per impedirsi di sorridere. Janco camminava a passo rilassato accanto a lui, con un'aria molto più in salute di quando gli avevo detto addio a Ixia. Allora il suo volto pallido era tirato dal dolore, e non aveva la forza di reggersi in piedi: risultato dell'aver difeso Irys contro gli uomini di Mogkan. Adesso invece si muoveva di nuovo con la consueta grazia atletica, e aveva la pelle abbronzata. Mi lanciò un'occhiata severa, ma io riuscii a vedere la scintilla maliziosa che danzava nei suoi occhi. Era meraviglioso vederli, tuttavia continuai a cercare. Stringendo attraverso il vestito il pendente a forma di farfalla, scrutai con attenzione i volti di tutte le guardie. Lui doveva esserci. Se il Comandante era lì, a impersonare l'Ambasciatrice ixiana, Valek doveva essere nei pressi. Ma Valek non conosceva il segreto del Comandante Ambrose. Solo io ero al corrente di quella che il Comandante chiamava la propria mutazione, essendo nato donna con l'anima di un uomo. Dal momento che Valek non sapeva che l'Ambasciatrice e il Comandante erano in realtà la medesima persona, probabilmente sarebbe rimasto con chiunque stesse impersonando il Comandante a Ixia. A meno che Ambrose non avesse affidato a Valek un'altra
santa pace», spiega di missione, oppure, ancor peggio, che Valek non si fosse ancora ripreso dopo aver dato a me la sua forza. Forse era stato ferito mentre era debole. Oppure ucciso. Orribili scenari si rincorrevano nella mia mente mentre la delegazione scambiava saluti formali. Desiderai ardentemente che i convenevoli procedessero più rapidi. Il bisogno di interrogare Ari e Janco a proposito di Valek cresceva a ogni secondo. Con i pensieri rivolti a Valek, scoprii i miei occhi a indugiare sull'attendente dell'Ambasciatrice. I lisci capelli neri gli piovevano sulle orecchie e aderivano flosci alla testa. Un grosso naso molliccio pendeva su labbra incolori e un mento sfuggente; l'uomo appariva annoiato mentre scrutava i consiglieri e i maghi nella sala senza un barlume di intelligenza negli occhi azzurri. I nostri sguardi si incontrarono per un istante. Un lampeggiare blu zaffiro mi colpì il cuore. Quel sorcio! Avrei voluto prendere Valek a pugni e baciarlo allo stesso tempo. La sua espressione non mutò mai. Lui non diede alcun segno di avermi vista, mentre la sua attenzione si concentrava di nuovo sui consiglieri. Non potevo sopportare il resto dell'incontro. Troppo impaziente per aspettare finché la riunione si fosse conclusa, cercai di collegarmi mentalmente con lui. Incontrai una barriera formidabile, più forte di quella di qualunque Maestro Mago. Valek Però percepì la magia e mi lanciò un'occhiata. Quando le presentazioni e le formalità giunsero al termine, alla delegazione ixiana furono serviti dei rinfreschi e tutti si dispersero in piccoli gruppi. Allora mi diressi verso Ari e Janco, che stavano ritti accanto all'Ambasciatrice come se avessero delle barre metalliche legate alia schiena, ma Bavol Cacao, il mio capoclan, mi fermò. «Ho un messaggio da parte di tuo padre» disse, e mi tese un piccolo rotolo. Lo ringraziai. Quella era solo la seconda volta che parlavo con lui da quando era arrivato alla Cittadella. Mi aveva recapitato gli abiti che Nucci aveva cucito per me. Anche se desideravo parlare ai miei amici, gli chiesi notizie del clan.
santa pace», spiega di «Alle prese con i soliti minimi problemi, e si cerca di combattere un fungo che sta divorando il legno su alcune pareti.» Sorrise. «Non ho dubbi che Esaù ci riuscirà. Ora, se vuoi scusarmi, devo controllare che gli appartamenti dell'Ambasciatrice siano pronti.» Prima che Bavol potesse allontanarsi, gli sfiorai la manica. «Com'è l'appartamento?» domandai. Perplesso, rispose: «Hanno le nostre stanze più lussuose. Gli alloggi degli ospiti alla Cittadella godono di ogni comodità. Perché?». «L'Ambasciatrice non ama il lusso. Forse potresti far togliere qualcosa? Un'eleganza semplice le piacerebbe di più.» Bavol rifletté. «È una cugina del Comandante Ambrose. L'hai mai incontrata?» «No. Ma so che la maggior parte degli Ixiani condivide il disprezzo del Comandante per le raffinatezze eccessive.» «Prendo nota della tua osservazione. Provvederò ai cambiamenti» mi assicurò allontanandosi in fretta. Spezzai il sigillo di cera sul rotolo e, srotolato il foglio, lessi il messaggio di mio padre. Poi chiusi gli occhi per un momento. Con l'occhio della mente vidi il tragitto della mia storia attorcigliarsi in un grosso, complicato nodo simile a un cappio. Secondo la lettera, Esaù e Perl erano in viaggio alla volta del Mastio per farmi visita. Progettavano di arrivare cinque giorni prima della luna piena. Chi altri poteva arrivare? Se avessi ricevuto un messaggio dal mondo infero che mi annunciava l'arrivo di Reyad e Mogkan, non sarei rimasta sorpresa. Riponendo il biglietto, scossi la testa. Non avevo controllo su quegli eventi e me la sarei vista con i miei genitori quando fossero arrivati. Mi avvicinai agli Ixiani. L'Ambasciatrice chiacchierava con Bain, Secondo Mago. I suoi occhi dorati dardeggiarono su di me e Bain smise di parlare per presentarci. «Ambasciatrice Signe, questa è l'Apprendista Yelena Liana Zaltana.» Strinsi la mano fredda della donna nel saluto ixiano, e poi mi
santa pace», spiega di inchinai formalmente nel saluto sitiano. Lei ricambiò l'inchino. «Ho sentito molto parlare di te da mio cugino. Come progrediscono i tuoi studi?» «Molto bene, grazie. Per favore, trasmettete i miei più cordiali saluti al Comandante Ambrose» risposi. «Lo farò.» Signe si volse verso il suo attendente. «Questi è il Consigliere llom.» Mantenni un'espressione neutra mentre gli stringevo la mano inerte. Lui borbottò un saluto, poi mi ignorò come se non fossi degna del suo tempo o della sua attenzione. Sapevo che Valek stava recitando, tuttavia il suo totale disinteresse mi fece preoccupare che i suoi sentimenti per me fossero mutati. Non ebbi molto tempo per rimuginare, tuttavia. Quando Bain condusse Signe e llom a conoscere un altro consigliere. Ari mi afferrò in un rapido abbraccio da orso. «Che cos'è quel vestito?» chiese Janco. «Meglio di quell'uniforme spiegazzata» contrattaccai. «E quello nella tua barbetta è pelo grigio?» Janco si passò una mano sulla faccia. «Un regalino dal mio scontro con una spada. O dovrei dire da quando la spada ha avuto uno scontro con me?» I suoi occhi si accesero. «Vuoi vedere la ferita? È grandiosa.» Cominciò a tirarsi fuori la camicia dai calzoni. «Janco» lo ammonì Ari. «Non ci si aspetta che noi fraternizziamo con i Sitiani.» «Ma lei non è sitiana. Giusto, Yelena? Non sei passata al sud contro di noi, vero?» La voce di Janco simulava orrore. «Perché se l'hai fatto, non posso darti il tuo regalo.» Tirai fuori il coltello a serramanico, mostrando a Janco l'iscrizione. «Che ne dici di Assedi superati, insieme combattuto, amici per sempre? Questo cambia, se io divento ufficialmente una del sud?» Janco si grattò la barbetta sul mento, meditando. «No» rispose Ari. «Potresti trasformarti in una capra e sarebbe ancora valido.»
santa pace», spiega di «Solo se fa un po' di formaggio per noi» precisò Janco. Ari strabuzzò gli occhi azzurro chiaro, simulando esasperazione. «Dalle il regalo e basta.» «È da parte di Valek» disse Janco, frugando nel proprio zaino. «Dal momento che non ha potuto accompagnare la delegazione, ha chiesto a noi di portartelo.» «Sarebbe stato un suicidio, capisci?» aggiunse Ari. «I Sitiani giustizierebbero Valek se lo sorprendessero nelle loro terre.» La preoccupazione per Valek mi fece rabbrividire, e guardai in giro per la sala, cercando di vedere se qualcun altro l'avesse riconosciuto. Tutti sembravano impegnati a conversare tranne Cahil, che se ne stava da solo, osservando gli Ixiani. Quando incontrò il mio sguardo, si accigliò. Al trionfante grugnito di Janco mi volsi di nuovo verso i miei amici. Una volta che ebbi visto ciò che Janco aveva nel palmo, ogni pensiero su Cahil scomparve. Un serpente di pietra nera con pagliuzze d'argento si attorceva quattro volte attorno alle sue dita. Le scaglie del serpente erano state scolpite secondo un disegno a diamante lungo la schiena, e due minuscoli zaffiri scintillavano al posto degli occhi. Una delle sculture di Valek. «È un bracciale» spiegò Janco. Mi prese la mano e vi infilò il serpente finché non mi aderì all'avambraccio. «Era troppo piccolo per me» scherzò. «Così ho detto a Valek che poteva darlo a te. Sembra che ti vada alla perfezione.» Rimasi sbalordita dal dono. Perché Valek aveva scelto un serpente? L'ansia mi si agitò nello stomaco. «Tutto è stato tranquillo da quando sei partita» mi informò Ari. «Anche se noi non facciamo parte dei corpi militari al suo comando, Valek ha intagliato una volpe per Janco e un cavallo per me. Sono le cose più belle che possediamo.» Parlammo finché Ari e Janco non dovettero seguire l'Ambasciatrice ai suoi alloggi. Mi dissero che avrebbero avuto turni a rotazione per sorvegliare Signe e llom, e avrebbero avuto altro tempo per chiacchierare con me. Proposi di far loro da guida per la Cittadella e magari nel Mastio.
santa pace», spiega di Irys mi trovò prima che lasciassi la grande sala e mi accompagnò per le strade della Cittadella all'incontro per discutere i prossimi tentativi di trovare Opale. Le mie onnipresenti guardie, che durante la cerimonia erano state discrete, ci seguivano. «Janco sembra in gran forma» commentò Irys. «È stata una guarigione rapida da una ferita così grave. Sono contenta.» Le parole di Irys mi rammentarono una cosa che aveva detto il Tessitore di Storie. Con tutto il trambusto per via di Opale e della delegazione, non avevo parlato con lei delle richieste di Uomo-diLuna. «Irys, che cos'è un Cercatore d'Anime? II...»
Non pronunciare mai più ad alta voce quel nome, mi ammonì la voce di Irys nella mia mente. Non è cosa che ti piacerebbe che qualcuno origliasse. Perché no? Perché tutta questa paura? La mia mano cercò il bracciale di Valek. Me lo rigirai attorno al braccio.
Lei sospirò. La storia sitiana è piena di splendidi e coraggiosi
maghi, che hanno riunito i clan e fermato le guerre. Disgraziatamente, quelle storie non vengono raccontate nelle taverne e ai bambini. I racconti sui pochi maghi che hanno Provocato danno sembrano essere gli unici bisbigliati accanto al fuoco. Con la corruzione di Mogkan e ora questa bestia che tiene prigioniera Opale, non voglio che circolino voci e storie a proposito di un Cercatore d'Anime. Irys giocherellò con le penne brune della maschera da falco che indossava. Circa centocinquant'anni fa, nacque un Cercatore
d'Anime. Fu considerato un dono dall'ultramondo. La sua forte magia influiva sull'anima delle persone, guarendo sofferenze sia spirituali che fisiche. Poi scoprì di poter cogliere un'anima dall'aria prima che quella volasse in cielo, ridestando il morto. Ma accadde qualcosa. Non sappiamo che cosa, ma lui divenne cattivo e passò dall'aiutare le persone all'usarle. Svegliava i morti, tenendo però le loro anime per sé. Queste creature prive di sentimenti ed emozioni eseguivano i suoi ordini senza provare alcun rimorso per le proprie azioni. Da allora quella capacità è considerata
santa pace», spiega di un'aberrazione ed è contro il nostro Codice Etico. Con il suo esercito di creature senz'anima. lui ebbe il controllo di Sitia per molti, motti anni bui prima che i Maestri Maghi riuscissero a fermarlo. Prima che potessi chiedere ulteriori dettagli, Irys continuò il suo racconto. Yelena, tu hai tutte le capacità di un Cercatore d'Anime.
Quando hai fatto respirare Tula, mi hai colpito e hai allarmato Roze. Ecco perché sono stata così severa con te per aver seminato le guardie addette alla tua sorveglianza. Dovevo mostrare a Roze di poterti controllare. Ma oggi mi hai fatto capire che avevo torto. È stato probabilmente lo stesso genere di reazione di paura a spingere il Cercatore d'Anime al di là del limite. Abbiamo bisogno di scoprire l'estensione delle tue capacità prima di catalogarti. Chissà? Potresti essere un Maestro Mago. lo risi, pensando a quanto era stato facile per Irys tendermi un'imboscata e fare breccia nelle mie difese magiche. «Altamente dubbio» risposi. E altrettanto dubbia era l'affermazione di Uomo-diLuna che io fossi un Cercatore d'Anime. L'anima di Tula era stata rubata. Potevo far respirare il suo corpo, tuttavia non potevo svegliarlo senza di essa. Evidentemente, considerai, avevo alcune delle capacità di un Cercatore d'Anime, ma non tutte. Mentre ci avvicinavamo all'ingresso del Mastio, notai un piccolo mendicante con indosso un mantello sudicio rannicchiato presso il muro, che scuoteva una scodella. Irritata di essere l'unica a prestargli attenzione, avanzai e gli lasciai cadere una monetina nella tazza. Il mendicante alzò la testa, e io vidi il lampeggiare del sorriso di Fisk prima che nascondesse di nuovo il viso. «Abbiamo notizie di quello che cerchi» mi sussurrò. «Vieni al mercato domani.» «Ehi, tu! Smettila di importunare la signora» gli intimò una delle mie guardie. Girai su me stessa per lanciare un'occhiataccia all'uomo. Quando mi voltai di nuovo, Fisk era sparito. Rimuginai sul suo messaggio. Di primo acchito avrei voluto sbarazzarmi delle guardie l'indomani e incontrarmi con lui; ma era una reazione prettamente ixiana, così decisi di provare l'approccio sitiano e vedere che cosa avessero scoperto gli altri a proposito di
santa pace», spiega di Opale. Leif era chino su un tavolo nella sala riunioni, e studiava una mappa. Salutò il mio arrivo con espressione sorpresa, ma io ignorai la sua presenza e dovetti soffocare la furia improvvisa che mi sgorgò in gola. Non avevo idea di come avrei mantenuto la mia promessa a Uomo-di-Luna, quando tutto ciò che volevo fare era scuotere Leif e chiedergli una spiegazione. Irys ruppe il silenzio e mi ragguagliò sui tentativi fatti dal gruppo fino ad allora. Avevano diviso la Cittadella in settori e un mago era stato assegnato a ciascun quarto. Il Consigliere Harun, delegato dei Semedisabbia, aveva portato la sua gente a cercare Opale nella parte delle Pianure Avibiane che confinava con la Cittadella. Non erano stati trovati indizi. «Invieremo guardie a frugare ogni edificio all'interno della Cittadella» propose Roze, facendo irruzione nella sala riunioni con Bain alle calcagna. «Il che causerà la morte immediata di Opale» ribattei io. Roze mi squadrò con disprezzo. «Chi ti ha invitato?» Rivolse a Irys un'occhiata al veleno. «Ha ragione, Roze» replicò Irys. «La notizia delle perquisizioni si diffonderebbe come fuoco tra le stoppie, e lui si mettere in allarme.» «Qualcuno ha un'idea migliore?» «lo» dissi nel silenzio. Tutti gli occhi si voltarono verso di me. Lo sguardo di Roze mi gelò il sangue. «Ho amici nella Cittadella che possono ottenere informazioni senza richiamare su di sé l'attenzione. Sembra che potrebbero aver già appreso qualcosa, ma ho bisogno di incontrarli al mercato domani.» Sotto la manica, rigirai attorno al polso il serpente di Valek, aspettando la loro risposta. «No» disse Roze. «Potrebbe essere una trappola.» «Adesso tu ti preoccupi della mia incolumità? Com'è commovente. Anche se penso che in realtà sia la gelosia a spingerti» contrattaccai.
santa pace», spiega di «Signore, vi prego» intervenne Bain. «Concentriamoci problema presente. Ti fidi di questa fonte, Yelena?»
sul
«Sì.» «Non sembrerebbe insolito che Yelena andasse al mercato a far spese. Le sue guardie sarebbero con lei» aggiunse Irys. «Le guardie spaventerebbero la mia fonte» ribattei; il che era abbastanza vero per i miei scopi. «Inoltre la mia fonte potrebbe condurmi da qualche parte, quindi dovrò muovermi in fretta.» «Ma avrai bisogno di protezione. Potremmo far travestire le guardie» propose Irys. «No. Non sono loro la protezione di cui ho bisogno. So difendermi da sola contro una minaccia fisica, mentre ho necessità di difendermi contro una magica.» Irys era un'alleata potente. Irys annuì, e tracciammo piani per il giorno seguente. Dopo la riunione, andai al refettorio a rimediare qualcosa da mangiare e presi qualche mela per Kiki e Topaz. Le mie guardie continuavano a seguirmi, e pareva strano come mi fossi abituata alla loro presenza. Almeno non avrei dovuto preoccuparmi che Goel tentasse un altro attacco di sorpresa. Specialmente quando avevo un sacco di altre cose a occupare i miei pensieri. Non avevo avuto la possibilità di cavalcare da quando mi avevano costretta agli arresti domiciliari, e anche se non potevo lasciare il Mastio, almeno potevo far pratica di equitazione. La madre di Kiki aveva riso beffarda della mia sella, così volevo imparare a montare a pelo. Inoltre, avrebbe potuto essere una tecnica utile da imparare. Durante un'emergenza non avrei avuto il tempo di sellarla. E poi avevo bisogno di quella distrazione. Cattivi pensieri, a proposito di sganciarmi dalle mie guardie e sgattaiolare nella camera di un certo consigliere negli alloggi degli ospiti alla Cittadella, continuavano ad affiorare. Soffocai quel pericoloso impulso. Non avrei messo a rischio la vita di Valek per mie motivazioni egoistiche. Tirandomi su la manica, esaminai il suo dono alla luce del tardo
santa pace», spiega di pomeriggio, passando un dito sull'intaglio. Il bracciale dava perfino la sensazione tattile di un serpente, anche se il suo linguaggio corporeo pareva indicare una postura protettiva piuttosto che aggressiva. Di nuovo mi interrogai sulla sua scelta. Forse aveva assistito in qualche modo ai miei incubi sui serpenti, ma perché farne uno come regalo? Una mangusta non sarebbe stato un dono migliore? Kiki mi aspettava presso il cancellerò del pascolo. Nitrì un saluto, e io le diedi una mela prima di saltare lo steccato. Le guardie presero posizione all'esterno del cancello, vicine ma non troppo. Stavano imparando. Mentre Kiki mangiava, la controllai dappertutto. Aveva ortiche appiccicate alla coda, e fango sul ventre e incrostato attorno agli zoccoli. «Nessuno ti ha strigliato?» chiesi ad alta voce, beffarda. «Non ha permesso a nessuno di avvicinarsi» spiegò Cahil, tendendomi un secchio di spazzole e pettini al di sopra della palizzata. «Pare che solo tu possa avere l'onore.» Presi il secchio per il manico. «Grazie.» Tirai fuori una striglia e cominciai a liberare il mantello della giumenta dal fango. Cahil appoggiò le braccia sullo steccato. «Ti ho vista parlare con i nordici, oggi. Ne conosci qualcuno?» Gli lanciai un'occhiata. Un'espressione grave gli induriva il viso. Dunque il suo tempestivo arrivo con gli arnesi non era stato una coincidenza. Mi stava aspettando per assalirmi con domande sugli Ixiani. Scegliendo con cura le parole, risposi: «Due delle guardie sono miei amici». «Quelli che ti hanno insegnato a combattere?» Cahil cercò di mantenere un tono neutro. «Sì.» «A quale divisione appartengono?» Smisi di strigliare Kiki e lo fissai. «Cahil, che cosa vuoi sapere di preciso?» Lui esitò, così lo incalzai. «Non starai pensando di mettere a rischio la delegazione, vero? Progettando di sabotare gli incontri? O
santa pace», spiega di sei più interessato a tendere loro un'imboscata sulla via del ritorno a Ixia?» Lui aprì la bocca, ma non ne uscì alcuna parola. «Sarebbe molto poco saggio» continuai. «Ti faresti nemiche sia Sitia sia Ixia, e inoltre...» «Inoltre cosa?» domandò. «Le guardie scelte del Comandante circondano l'Ambasciatrice. Sarebbe un suicidio tentare un rapimento.» «Sei proprio un pozzo di saggezza oggi» replicò Cahil con una stilettata di sarcasmo. «La tua preoccupazione per l'incolumità dei miei uomini è davvero toccante. Sei sicura di non voler solo proteggere i tuoi amici del nord? O forse stai proteggendo il tuo amico del cuore?» Doveva aver tirato a indovinare. Rintuzzai la sua insinuazione. «Di che cosa stai blaterando?» «Ti stavo osservando quando è arrivata la delegazione. Anche se il tuo viso è rimasto impassibile, ho visto la tua mano correre a quel pendente a farfalla che tieni sotto il vestito. So che chi te l'ha dato è qui. In effetti, ti ha dato un altro regalo oggi.» Mi voltai di nuovo a lavorare su Kiki, nascondendo il viso a Cahil. «Se la sai così lunga, allora perché stai facendo domande a me?» «Chi è lui?» Quando rifiutai di rispondere, Cahil continuò: «È l'uomo a cui manca metà dell'orecchio destro. Quello che ti ha dato il serpente». Aveva un'espressione così truce che io scoppiai a ridere. «Janco? Bisticciamo come fratello e sorella. No. Lui stava solo consegnando il dono.» «Non ti credo.» lo scrollai le spalle. «Tieni.» Tesi a Cahil una spazzola di fil di ferro. «Puoi toglierle le ortiche dalla coda.» Quando lo vidi esitare, aggiunsi: «Non preoccuparti, non ti prenderà a calci». Lavorammo per un po' in silenzio. Cahil tuttavia non si accontentò di tacere. «Sei più felice, adesso
santa pace», spiega di che i tuoi amici nordici sono qui.» «Mi sono mancati» ammisi. «Vorresti tornare a Ixia?» «Sì. Ma questo è impossibile per il fatto che sono un mago.» E c'era un ordine già firmato per la mia esecuzione, ma di questo ritenni prudente non fare menzione. «Niente è impossibile.» Cahil finì con la coda di Kiki e cominciò a pettinarle la criniera. «Quando prenderò il controllo di Ixia e libererò il popolo, potresti avere un posto al mio fianco se volessi accettarlo.» Evitando la domanda inespressa, gli scoccai un'occhiata dubbiosa. «Credi ancora che Sitia ti sosterrebbe, anche dopo lo scambio di gentilezze con la delegazione del nord?» Con la passione di un mistico, Cahil rispose: «Per tutta la vita mi è stato detto che un giorno avrei governato Ixia. Ogni lezione, ogni interazione e ogni emozione era tagliata per quell'unico scopo. Perfino il Consiglio mi ha incoraggiato a pianificare e addestrarmi e attendere il momento ideale per attaccare». Gli occhi azzurri di Cahil irradiavano una tale pura intensità che per poco non arretrai. «Poi il nord accetta un trattato commerciale e quelli visitano Sitia» proseguì, quasi sputando le parole. «Tutto a un tratto il Comandante è amico del Consiglio, e la mia ragion d'essere non è più sostenuta. Il Consiglio non ha saputo rendersi conto che il Comandante li sta ingannando, e quando metterà le carte in tavola, io ci sarò. Ho molti leali sostenitori che sono altrettanto scontenti degli approcci del Consiglio con il nord.» «Avrai bisogno di un esercito addestrato se progetti di andare contro le forze del Comandante» dissi. «E se Valek...» «Sì?» Cahil mi afferrò il braccio. Le sue dita mi premettero il bracciale nella carne. Trasalii di dolore. Kiki inclinò un orecchio. Calcio?
No. Non ancora. «Se Valek scopre che cosa stai progettando, ti fermerà prima che tu possa radunare i tuoi uomini.»
santa pace», spiega di «Credi davvero che lui potrebbe fermarmi?» domandò Cahil. «Sì.» Strappai il braccio dalla sua stretta, ma lui mi catturò il polso con l'altra mano e mi tirò su la manica con la mano libera, rivelando il serpente arrotolato attorno al mio braccio. Prima che potessi fermarlo, lasciò andare la manica e mi tirò giù il colletto. La mia farfalla di pietra nera ciondolò fuori liberamente. I puntolini d'argento sulle ali scintillarono alla luce del sole, in sintonia con l'argento sul corpo del serpente. «E tu dovresti saperlo» disse Cahil, lasciandomi andare. Il suo viso assunse un'espressione sbalordita all'improvvisa realizzazione. Arretrai, incespicando. «Come assaggiatore ufficiale del Comandante, hai lavorato con Valek ogni giorno. Ti ha insegnato veleni e tecniche di avvelenamento.» Mi fissò con repulsione. «Marrok mi disse che quando i membri della famiglia reale venivano assassinati, il sicario si lasciava dietro una statuetta nera che luccicava d'argento. Era il biglietto da visita dell'assassino. Solo dopo che il Comandante ebbe preso il controllo di Ixia, all'assassino fu dato il nome di Valek.» Ripresi a spazzolare Kiki. «Questo è un salto logico bello grosso, Cahil. Basato su una storiella che sono certa diventi più interessante a ogni ripetizione, e con un paio di abbellimenti. Valek non è l'unica persona che scolpisce oggetti da queste rocce. Riflettici, prima di balzare alle conclusioni.» Evitando di incontrare il suo sguardo, rimisi nel secchio la striglia e condussi Kiki al suo stallo. Quando ebbi finito di riempirle il secchio dell'acqua, Cahil se n'era andato. Le guardie mi seguirono ai bagni, e rimasero fuori mentre mi sciacquavo via i crini di cavallo e la polvere che mi ricoprivano la pelle. Quando infine tornammo ai miei alloggi, il sole era tramontato. Attesi fuori, rabbrividendo nella fredda aria notturna, mentre una guardia ispezionava l'interno. Datomi il via libera, entrai nel soggiorno buio. Chiusi le finestre contro il vento freddo e le bloccai, poi accesi il fuoco nel caminetto. «Così va meglio» disse una voce che diede fuoco alla mia anima. Mi voltai. Valek stava accomodato su una sedia con gli stivali
santa pace», spiega di appoggiati sul tavolo.
santa pace», spiega di
Capitolo 17 Valek teneva in mano la statua di valmure che avevo comprato per lui molto tempo prima, ammirandola alla luce del fuoco. Portava semplici calzoni e camicia neri. Gli abiti non sembravano aderenti come la sua tuta con cappuccio, ma parevano abbastanza confortevoli da non impacciargli i movimenti. «Come hai fatto a...» «Farmi beffe delle tue guardie? Non sono un granché. Hanno dimenticato di controllare il soffitto, per i ragni.» Valek sogghignò. Il suo viso angoloso si ammorbidì. Sbalordita, mi resi conto che non aveva il travestimento. «Questo è pericoloso.» «Lo sapevo che innamorarmi di te era rischioso, tesoro.» «Intendevo, venire a Sitia. Essere qui nel Mastio dei Maghi con delle guardie appena fuori dalla mia porta.» «È pericoloso solo se sanno che io sono qui. Per loro, sono soltanto il tardo e ottuso attendente dell'Ambasciatrice Signe.» Valek si alzò in piedi con un movimento liquido. La tela nera degli abiti aderì alla figura snella. Lui allargò le braccia. «Vedi, non sono neppure armato.» Fece un debole tentativo di assumere un'aria innocente, ma io lo conoscevo troppo bene. «Posso indovinare quante armi nascoste hai, o devo spogliarti per perquisirti?» «Una perquisizione con svestizione è l'unico modo per essere assolutamente certi.» I profondi occhi blu di Valek danzavano di piacere. Feci tre passi e fui avvolta dalle sue braccia, dov'era il mio posto. Niente confusione, qui. Niente preoccupazioni. Niente problemi. Solo il profumo di Valek, un'inebriante combinazione di muschio e spezie. Durante il breve tragitto fino al letto trovai due coltelli agganciati agli avambracci di Valek, dardi e altri accessori da lancio infilati dentro la cintura, un coltello a serramanico assicurato alla coscia
santa pace», spiega di destra e una corta spada nello stivale. Sapevo che altre armi si nascondevano sotto i suoi vestiti, ma non appena toccai la sua pelle, il gioco cessò di avere importanza mentre riprendevamo familiarità. Con il suo corpo accanto al mio, sentii tutti i posti vuoti dentro di me riempirsi della sua essenza. Casa. Fu solo molto più avanti nella notte che ci fermammo a parlare. Distesa accanto a lui sotto il lenzuolo, lo ringraziai a bassa voce per il bracciale a forma di serpente e gli raccontai di Tula, di Opale e la ragione per cui ero sorvegliata dalle guardie. «E dicevi che era pericoloso per me» commentò Valek, sottolineando l'ironia. «Buona cosa che io sia qui. Avrai bisogno di rinforzi che non possano essere influenzati dalla magia.» L'immunità di Valek alla magia poteva considerarsi un'altra arma nascosta. La speranza di recuperare Opale indenne mi fiorì in petto per la prima volta da quando era stata catturata. «Come puoi fornire rinforzi? Dovresti stare con l'Ambasciatrice.» Lui sogghignò. «Non preoccuparti. L'ho fatto di nascosto. Questa non è la prima volta, e non sarà neanche l'ultima, che vengo a Sitia. Controllare i nostri vicini è sempre stato uno dei miei doveri come capo della sicurezza. Robetta divertente.» «Finché non ti beccano» replicai io. Il mio umore si era guastato, ma Valek non parve toccato dal mio commento. «C'è sempre quella possibilità, in effetti. Fa parte dell'attrattiva, suppongo.» Mi annusò il collo e sospirò di rammarico. «Farò meglio a rientrare. Sarà presto l'alba.» Rotolò fuori dal letto e cominciò a vestirsi. «Inoltre, non voglio essere qui quando arriva il tuo fidanzatine.» «Chi?» Mi rizzai a sedere. «Il biondino che segue ogni tua mossa con occhi adoranti» scherzò Valek. «Cahil?» lo liquidai con una risata. «Lui credeva che Janco fosse il mio amico del cuore. Penso che dovresti essere geloso del mio cavallo, piuttosto: è lei che mi ha rubato il cuore.» Valek si immobilizzò mentre il divertimento gli svaniva dal viso.
santa pace», spiega di «Come si chiama lui?»
«Lei si chiama Kiki.» Scosse la testa. «Non il cavallo. Il biondo.» «Cahil.» «Cahil Ixia? Il nipote del Re? È vivo?» Valek parve confuso. «Credevo che lo sapessi» risposi. Avevo dato per scontato che Valek avesse lasciato vivere Cahil di proposito, una volta che aveva raggiunto Sitia. Ma ora mi tornava in mente il commento di Cahil sul fatto che Valek aveva dimenticato di contare i corpi quando aveva assassinato la famiglia reale. Con crescente orrore, mi resi conto del mio sbaglio. «Valek, non ucciderlo.» «È una minaccia per il Comandante.» Una mortale inespressività coprì gli occhi di Valek. Lui indossò la sua faccia di pietra. Inflessibile. Senza compromessi. «È mio amico.» Il freddo sguardo da sicario di Valek incontrò il mio. «Nell'istante in cui diventa più che una potenziale minaccia, è morto.» Valek aveva giurato di proteggere il Comandante, e soltanto il suo amore per me gli impediva di assassinare Cahil quella notte stessa. La sua fedeltà era senza fallo. Se il Comandante gli avesse dato l'ordine diretto di uccidermi, lui l'avrebbe fatto. Fortuna per noi che il Comandante non gli avesse dato quell'ordine. «Sono contento che il Comandante sia al sicuro entro i confini di Ixia.» Il viso di Valek si ammorbidì, e lui rise. «Si sta prendendo una vacanza. È l'unica persona che conosco che ritiene che cacciare ragni delle sabbie sia divertente.» «Non sei preoccupato che venga punto?» Mi si accapponò la pelle al pensiero dei ragni velenosi. Erano delle dimensioni di un cagnolino e saltavano con una velocità letale. Ma poi ricordai che il Comandante era in realtà negli alloggi per gli ospiti della Cittadella. «No. Non so ancora battere il Comandante in uno scontro con i coltelli. Le sue capacità sono più che adeguate per affrontare un
santa pace», spiega di ragno delle sabbie. I complotti della regalità, invece, sono un'altra faccenda. Dovrò tener d'occhio questo Cahil.» Sapevo che era solo questione di tempo prima che Valek scoprisse i progetti di Cahil di riprendersi il regno. Che cos'avrei fatto allora? Quei pensieri mi fecero ricordare una cosa che Cahil aveva detto e che non mi era suonata giusta. «Valek, eri solito lasciarti dietro le tue sculture quando assassinavi qualcuno?» «Sei stata ad ascoltare le voci che circolano a Sitia?» Sorrise. Annuii. «Ma non credo per forza a tutto ciò che sento.» «Bene. Tuttavia, sono imbarazzato di dover ammettere che è vero. Ero giovane, arrogante e stupido, e mi piaceva essere conosciuto come l'Artista della Morte. Cominciai perfino a lasciare una scultura prima di iniziare un lavoro, così che la mia futura vittima la trovasse.» Valek scosse il capo al ricordo. «Quell'idiozia per poco non mi costò la vita, così ci diedi un taglio una volta per tutte.» Valek terminò di vestirsi. «Sarò al mercato, oggi, nel caso succeda qualcosa.» Mi baciò e io mi aggrappai a lui per un momento, desiderando che potessimo fuggire via e dimenticarci di Cahil e di maghi che rubavano anime. Ma non faceva per noi. Vedercela con prigionieri, congiurati e assassini sembrava essere il nostro destino nella vita. Inoltre, probabilmente ci saremmo annoiati a vivere in tranquillità senza nessun problema di cui preoccuparci. Ma lo desiderai lo stesso. Con riluttanza, lasciai andare Valek. Lui accennò con la testa alla porta, lo l'aprii e distrassi la guardia. Quando tornai nel soggiorno, la pesante oscurità mi gravò sulla pelle mentre l'aria gelata mi penetrava nelle ossa. Valek era andato via. Irys e io andammo a piedi al mercato quella mattina. Il cielo coperto, incolore, rifletteva il mio stato d'animo. Mi strinsi nel mantello. Era la prima volta che avevo necessità di portarlo durante il giorno. La gente affollava il mercato, affrettandosi a finire le compere
santa pace», spiega di prima che le nuvole scure di pioggia che gravavano sull'orizzonte calassero sulla Cittadella. Feci qualche piccolo acquisto prima di sentire uno strattone familiare alla manica. Vicino a me c'era Fisk. Mi scoccò un sorriso. Il suo viso non aveva più i tratti emaciati della malnutrizione, e potei vedere la sua affaccendata banda di bambini che portavano pacchetti per gli acquirenti. «Volevi trovare un uomo strano che vive con una ragazzina?» domandò. «Sì. Li hai visti?» Lui sogghignò, protendendo la mano. «Le informazioni hanno un prezzo.» «Vedo che ti stai espandendo in un nuovo tipo di commercio. Molto saggio» dissi, tendendogli una moneta di rame sitiana. «Ma attento a con chi hai a che fare. Qualcuno non prenderà bene le tue domande.» Lui annuì, indicando di aver capito, e vidi una saggezza molto superiore ai suoi nove anni negli occhi nocciola. Soffocai un sospiro. A Ixia, l'intelligenza di Fisk sarebbe stata incoraggiata e lui sarebbe stato allevato per diventare un consigliere o un ufficiale d'alto livello, ma a Sitia era cresciuto per la strada, mendicando cibo e denaro. Anche se ora non lo faceva più. Sorrisi. «Che cosa sai?» «Ti farò vedere.» Fisk mi tirò per la mano. Irys, che era rimasta in silenzio durante il nostro colloquio, domandò: «Posso venire con voi?». Fisk chinò il capo, guardando per terra. «Se così ti piace, Quarto Mago» borbottò. Un sorriso tirato sfiorò il volto di Irys. «Tante grazie al mio travestimento.» Fisk guardò in su sorpreso. «Solo i mendicanti che lavorano vicino al Palazzo del Consiglio ti riconoscerebbero, Quarto Mago. Avendo ben poco da fare tutto il giorno, studiano i membri del Consiglio. È un gioco essere il primo a riconoscere uno dei Maestri Maghi.»
santa pace», spiega di Irys considerò le osservazioni di Fisk. Lui si agitò sotto il suo scrutinio fino a quando non riuscì più a tollerarlo e voltò le spalle al suo sguardo fisso. «Venite. Da questa parte» disse. Lo seguimmo attraverso la Cittadella, tagliando per strade secondarie e cortili deserti. Mi chiesi se Valek ci seguisse. I residenti sembravano intenti alle proprie faccende e non badavano al nostro passaggio. Fisk si fermò prima che raggiungessimo una piazza aperta. Una grande statua di tartaruga in giada con complicati disegni sul guscio occupava il centro della spianata. La testuggine verde scuro sprizzava acqua dalla bocca in una vasca. Indicando un edificio sul lato opposto della piazza, Fisk disse: «Al secondo piano vive un uomo con righe rosse sulle mani. È nuovo e nessuno lo conosce. Porta un mantello che gli nasconde la faccia. Mio fratello ha visto una ragazza giovane entrare nell'edificio con dei pacchetti». Guardai Irys. Questo quartiere è stato ispezionato con la magia?, le chiesi con la mente.
Sì. Ma non da un Maestro. Protese la propria coscienza e l'occhio della mia mente andò con lei fino a toccare una giovane donna che accudiva un neonato al primo piano. Avvertimmo i suoi pensieri mentre metteva a nanna il piccino dopo che aveva succhiato a sazietà. Un'altra donna al terzo piano si preoccupava della possibilità che piovesse. Non riuscimmo a percepire nessuno al secondo piano, ma la magia di Ferde aveva una forza pari a quella di Irys, e lui non sarebbe stato facile da individuare.
Potrei spingermi oltre, ma lui saprebbe che siamo qui. disse Irys. Tornerò con dei rinforzi. Chi? Roze e Bain. Insieme dovremmo essere in grado di sopraffarlo. E una volta che sia privo di sensi, sarà più facile trasportarlo alla prigione del Mastio. Perché privo di sensi?
santa pace», spiega di Un mago è inerme quando è privo di sensi. Addormentato?, chiesi allarmata. No. Solo se è un sonno drogato o se viene stordito. Che cosa succede una volta che si sveglia? Non sarà in grado di usare la magia per scappare? Le celle della prigione del Mastio contengono un imbuto di energia. Se un mago cerca di usare la magia dentro la cella, l'imbuto assorbe il potere magico e lo incanala nelle difese della cella finché il mago non smette. Fisk, che era rimasto a fissarci affascinato, si schiarì la gola. «Credete che quello che cercate viva qui?» «La ragazza giovane che tuo fratello ha visto potrebbe essere quella con il bambino?» chiese Irys a Fisk. Lui scosse il capo. «Quella è Rubino. A volte mi assume per tener d'occhio Jatee.» Sorrisi. «Stai diventando proprio un imprenditore.» «Ho comprato un vestito nuovo a mia madre» rispose lui con orgoglio. Cominciò a cadere la pioggia mentre tornavamo verso il mercato. Con un cenno di saluto, Fisk raggiunse i suoi amici e scomparve. Il mercato si svuotò mentre i venditori ritiravano le proprie merci. Una donna mi sbatté contro nella fretta di togliersi da sotto la pioggia. Gridò delle scuse, ma non rallentò il passo. Rumoreggiare di tuoni echeggiò dalle mura di duro marmo della Cittadella.
Troverò Roze e Bain. Tu torna al Mastio, ordinò Irys. Ma io voglio esserci quando ispezionerai quell'edificio. No. Resta al Mastio, Yelena. Lui ti vuole. E se qualcosa andasse storta e lui minacciasse di fare del male a Opale, sai bene che ti consegneresti. È troppo pericoloso. Avrei voluto discutere, ma Irys aveva ragione, e se l'avessi seguita malgrado le sue istruzioni, non si sarebbe più fidata di me. Quarto Mago si diresse verso il Palazzo del Consiglio per cercare Roze, che aveva appuntamento con l'ambasciatrice ixiana. Un
santa pace», spiega di incontro che mi sarebbe piaciuto origliare. L'arrogante Maestro Mago contro il potente Comandante. La pioggia prese a cadere a catinelle, inzuppandomi il mantello. Quando mi infilai nelle tasche le mani infreddolite e bagnate, le mie dita toccarono un pezzo di carta. Non riuscii a ricordare di averci messo niente. Non indossavo il mantello da quando ero arrivata a Sitia, tuttavia l'avevo usato per dormirci quando ci eravamo accampati nelle Pianure Avibiane. Forse la carta conteneva un ermetico messaggio del Tessitore di Storie. Risi; sembrava una cosa che lui si sarebbe divertito a fare, lasciarmi un biglietto misterioso nel mantello. Comunque, il mistero avrebbe dovuto aspettare finché non avessi trovato riparo dalla pioggia. Le guardie mi attendevano all'ingresso del Mastio e mi seguirono mentre mi dirigevo verso la mia stanza. Dopo che ebbero ispezionato l'interno, li invitai a entrare, ma loro declinarono l'invito, citando non so quale regolamento militare. Dopo aver acceso un fuoco scoppiettante e steso il mantello zuppo, estrassi la carta. Era un messaggio per me. Le mani mi si fecero di ghiaccio mentre leggevo le parole, e neppure il calore proveniente dal focolare riuscì a riscaldarle. «Che cosa dice il messaggio?» chiese Valek, arrivando dalla camera da letto. Avevo smesso di stupirmi delle sue capacità. Gocciolante, doveva essere entrato dalla finestra della camera da letto sotto il naso di una delle mie guardie. Mi sfilò il biglietto di mano. «Ha delle tecniche rudimentali. Probabilmente ha assoldato una borseggiatrice per darti questo biglietto. Hai dato una buona occhiata alla sua faccia?» Feci un tardivo collegamento tra la donna che mi aveva urtato al mercato e il messaggio. «No. Il cappuccio le copriva gran parte della testa.» Valek si strinse nelle spalle, ma il suo sguardo mi trapassò dopo che lesse rapidamente il biglietto. «Interessante sviluppo.» Sì, Valek avrebbe ritenuto interessante questa svolta degli eventi, lo, invece, mi trovai in conflitto.
santa pace», spiega di «Pare che l'assassino sia un passo avanti ai maghi» disse lui. «Sa che non ti scambieranno con Opale. Così ha preso la faccenda nelle sue mani. Quanto è importante la vita di quella ragazza per te?» Valek aveva, come al solito, centrato il nocciolo del problema. Il biglietto di Ferde specificava un luogo e una nuova data per lo scambio. Tre notti prima della luna piena, il che significava che mancavano quattro giorni. Supposi che avesse bisogno di un po' di tempo per prepararmi al rituale Efe. Mi si accapponò la pelle per la paura, e scacciai dalla mente immagini orribili in cui venivo stuprata e torturata. Potevo dirlo a Irys e agli altri. Avrebbero teso una trappola a Ferde. Ma non mi avrebbero permesso di avvicinarmi al sito, così la trappola era destinata a fallire. Oppure non avrei detto a Irys del messaggio e sarei andata al luogo dell'incontro da sola. Gli avvertimenti di Quarto Mago su ciò che sarebbe accaduto se Ferde avesse assorbito la mia magia filtrarono nella mia mente. Sarebbe diventato abbastanza potente da avere il controllo di Sitia. Sacrificare Opale per salvare Sitia? Avevo promesso a me stessa che non avrei permesso che le accadesse questo. E poi, che cosa avrebbe impedito a Ferde, una volta che Opale fosse morta, di indurre un'altra maga a cedergli la propria anima? Niente. Avrei dovuto mantenere quella nuova situazione celata in profondità sotto i miei pensieri di superficie. Irys aveva mantenuto la parola di non sbirciare nella mia mente, ma con il destino di Sitia in ballo, non mi sarei sorpresa se avesse infranto la promessa. Il mio sguardo incontrò quello di Valek. La magia non poteva individuare lui. «La sua vita è importante» dissi, rispondendo alla sua domanda. «Ma catturare l'assassino è vitale.» «Che cosa ti serve, amore?» Valek e io abbozzammo alcuni piani per liberare Opale. Quando lui tornò dalla delegazione ixiana, provavo una rinnovata sensazione
santa pace», spiega di di avere un indirizzo. Il giorno seguente impiegai il mio tempo libero per esercitarmi a controllare la magia e a fare un po' di allenamento fisico in preparazione all'incontro con Ferde. Irys, Roze e Bain avevano fatto irruzione nell'appartamento dove secondo Fisk viveva l'uomo con le mani rosse. Le stanze erano vuote e, dalla baraonda che vi regnava, era evidente che gli occupanti se n'erano andati di fretta. O qualcuno gli aveva dato l'imbeccata, oppure lui aveva sentito l'appressarsi dei Maestri. Eravamo di nuovo a un punto morto, il che rendeva critici i piani miei e di Valek. Cominciai anche a mostrare tecniche di autodifesa a Zitora, mantenendo finalmente la mia parte del nostro patto. Il ripasso aiutò anche il mio, di addestramento. La pioggia del giorno seguente formava pozzanghere nel cortile da esercitazione, e ci schizzava di fango mentre lavoravamo sulle basilari tecniche di autodifesa. Zitora era un'allieva portata: afferrava in fretta i concetti. «Strappo il polso dalla tua presa attraverso il tuo pollice?» chiese Zitora. «Sì. È la parte più debole.» Grugnii mentre lei mi sottraeva il suo braccio. «Perfetto. Adesso ti farò vedere come non solo liberarti il polso, ma rigirare la mano così da poter afferrare il braccio del tuo aggressore e spezzarlo.» I suoi occhi si illuminarono gioiosamente e io risi. «Tutti pensano che tu sia così dolce e gentile. Quasi quasi mi dispiace per la prima persona che proverà ad approfittarne. Quasi!» Lavorammo per un po' finché le sue mosse divennero più istintive. «È un buon inizio» dissi. «Quelle mosse ti aiuteranno contro un avversario più forte di te, ma se combatterai contro un nemico ben addestrato, dovrai usare tattiche differenti.» Zitora guardò oltre la mia spalla e i suoi occhi dorati si dilatarono. «Vuoi dire che io potrei sfidare qualcuno come lui?» Mi voltai. Ari incedeva a grandi passi nell'area di addestramento, con Janco alle calcagna. Portando la maglietta senza maniche e i
santa pace», spiega di calzoni corti da allenamento, il suo fisico possente era ben in vista. Benché Janco fosse più mingherlino del compagno, io sapevo che la sua velocità poteva uguagliare la forza di Ari. Entrambi portavano bastoni e larghi sorrisi. Le mie guardie sembrarono a disagio, e indecise. Le congedai con un gesto. «Sì» risposi a Zitora. «Con l'addestramento adeguato, potresti sfuggirgli. Non dureresti in uno scontro di scherma, ma l'autodifesa non è questo. Ricordi ciò che ti ho detto? Colpisci e...» «Vai!» aggiunse Janco. «Corri come un coniglietto con un lupo alle calcagna. Vedo che stai trasmettendo la nostra saggezza, Yelena.» Janco si volse verso Zitora, e disse in un bisbiglio cospiratorio: «È stata addestrata in assoluto dagli istruttori migliori di tutta Ixia». «Un'altra regola di autodifesa è non credere mai a ogni cosa che senti» sentenziò Ari quando Zitora parve impressionata dalle parole di Janco. «Come avete superato le guardie del Mastio?» chiesi ad Ari. Lui scrollò le spalle massicce. «Il guardiano ci ha chiesto i nostri nomi e la ragione della nostra visita. Glieli abbiamo detti, e lui è andato dentro la guardiola a consultarsi con qualcuno. Quando è uscito ci ha detto dove trovarti.» Doveva esserci un mago di stanza al cancello, che tramite la magia poteva comunicare con gli altri dentro il Mastio. Buono a sapersi. «Possiamo unirci a voi?» chiese Janco. «Ho imparato alcune nuove mosse di autodifesa. Sono cattive, anche!» «Stavamo giusto finendo» dissi io. Zitora si asciugò il viso con una salvietta. «Ho bisogno di darmi una ripulita prima della seduta del Consiglio.» E scappò via con un cenno di saluto. «Sei troppo stanca per un incontro?» mi domandò Janco. «Voglio essere sicuro che tu sia al meglio quando ti batterò.» Sorrise soave. «È tutto il giorno che sta cercando guai» mi avvisò Ari. «Troppo tempo trascorso a gironzolare, sorvegliando l'Ambasciatrice Signe e il Consigliere llom mentre passano da una riunione all'altra.»
santa pace», spiega di «Noioso!» concordò Janco. Il fatto che Valek fosse riuscito a imbrogliare Ari e Janco con il suo travestimento mi fece sentire un tantino meglio circa la sua presenza a Sitia. «Potrei essere mezzo addormentata e batterti lo stesso, Janco» mi vantai. Lui roteò l'archetto e indietreggiò in posizione di combattimento. lo raccolsi il mio e mandai la mente nella mia zona di concentrazione. Attaccai. «Vedo che ti tieni in forma» sbuffò Janco. «Buono a sapersi.» Si ritrasse di qualche passo, ma contrattaccò con determinazione. «Lei è forte e scattante, ma sarà anche volante?» canticchiò. Sorrisi, rendendomi conto di quanto mi fossero mancate le sue rime da combattimento. Un secondo prima che lui si muovesse, seppi che avrebbe fatto una finta alta per attirare in su la mia guardia, così da potermi colpire le costole esposte. Quando non abboccai all'amo e parai il colpo alle costole, Janco ammutolì sbalordito. Ridendo, lo spinsi indietro, gli scalzai i piedi di sotto, e scattai indietro per evitare lo schizzo di fango quando lui piombò in una pozzanghera. Pulendosi gli occhi con il dorso della mano, Janco esclamò: «Accidenti, Ari, e tu eri preoccupato per lei». «Ha imparato un nuovo trucco da quando è arrivata a Sitia» commentò Cahil. Era appoggiato alla palizzata del cortile da esercitazione, e doveva aver osservato l'incontro. La postura di Ari si fece difensiva e all'erta non appena Cahil si mosse per raggiungerci. Armato della sua lunga spada, Cahil indossava una tunica sciolta color sabbia e calzoni marroni. Dopo che ebbi presentato loro Cahil, Ari ancora non si rilassò. Gli teneva addosso un occhio cauto. Sperai che i miei amici ixiani non riconoscessero il nome di Cahil. I nomi dei familiari del defunto Re di Ixia non venivano menzionati nei libri del Comandante sulla storia della sua presa di potere, e se i cittadini più anziani li ricordavano, lo tenevano per sé.
santa pace», spiega di «Quale trucco?» chiese Janco. «Un trucco magico. Anticipa ogni tua mossa leggendoti la mente. Perversa, vero?» rispose Cahil. Prima che Janco potesse parlare, dissi: «Non ho letto la sua mente. Ho tenuto aperta la mia e ho colto le sue intenzioni». «A me pare la stessa cosa» ribatté Cahil. «Leif aveva ragione quando ti accusò di aver usato la magia per battermi quella volta che ci scontrammo nella foresta. Non sei solo perversa, ma anche bugiarda.» Posai una mano sul braccio di Ari per impedirgli di prendere Cahil per il collo. «Sbagli: non avevo bisogno di leggerti nella mente. La verità è che non sei abile quanto Ari e Janco. In effetti, mi hanno insegnato loro a trovare quella zona di concentrazione, altrimenti non avrei mai avuto la possibilità di vincere contro di loro. C'è soltanto una persona che io conosca che potrebbe affrontarli e batterli senza alcun aiuto» dissi. Janco rifletté. «Una?» Si grattò la cicatrice all'orecchio destro, meditabondo. «Valek» indovinò Ari. «Oh, sì. Il famigerato Valek. Sono sicuro che la sua amante avrebbe una così alta opinione di lui. O dovrei chiamarti la sua spia?» Cahil mi fissò con aria di sfida. «Credo che dovresti andartene. Adesso» intervenne Ari. La sua voce rombò molto simile a un ruggito. «Questa è casa mia. Grazie a Valek. Andatevene voi» rispose Cahil ad Ari, ma i suoi occhi non lasciarono mai il mio viso. Janco si parò tra noi due. «Vediamo se ho capito giusto» disse a Cahil. «Yelena ti batte, tu vuoi la rivincita, ma credi che userà la magia invece della sua abilità di combattente, per vincere. Un bell'imbarazzo.» Janco si tirò la barbetta. «Dal momento che le ho insegnato io tutto ciò che sa, e io non possiedo alcuna magia, grazie al fato, che ne dici di combattere con me? La tua spada lunga contro il mio bastone.» «Tu le hai insegnato tutto?» chiese Ari, piccato.
santa pace», spiega di Janco liquidò con un gesto il suo commento. «Dettagli, dettagli. Sto parlando per linee generali, Ari.» Cahil acconsentì allo scontro. Con espressione tronfia, si mise in posizione di combattimento, poi attaccò. L'archetto di Janco divenne quasi invisibile per la velocità. L'avversario fu disarmato in tre mosse. L'umore di Cahil non migliorò quando Janco gli disse che doveva usare una spada più leggera. «Ti ha aiutato lei» lo accusò Cahil. «Avrei dovuto essere più accorto, e non fidarmi di un mazzo di settentrionali.» Filò via a grandi passi con la promessa di uno scontro futuro che gli fiammeggiava negli occhi. lo liquidai i suoi commenti con una scrollata di spalle. Sfidando Janco a un altro incontro, menai un fendente con l'archetto verso di lui, che però lo bloccò con facilità e controbatté con una delle sue stoccate veloci come il lampo. Lavorammo insieme per un po'. Anche se ero connessa alla mia zona mentale, Ari mi batté ugualmente due volte. Sogghignò. «Sto cercando di non proiettare le mie intenzioni» spiegò dopo avermi gettata nel fango. La luce del giorno scomparve rapidamente. Stanca, coperta di strati di fango e sudore, e così puzzolente da attirare scarafaggi stercorari, bramavo un bagno. Prima di tornare alla Cittadella, Ari mi posò sulla spalla la sua mano enorme. «Sii molto cauta. Non mi piace il modo in cui Cahil ti guardava.» «Sono sempre cauta, Ari.» Feci un cenno di saluto e diressi il mio corpo dolorante verso l'edificio dei bagni. La stagione fresca era al termine, e la costellazione della Regina dei Ghiacci scintillava nel limpido cielo notturno. La mezzaluna brillava come una gemma. Mancavano soltanto sei giorni al plenilunio. Rabbrividii nell'aria fredda. Le pozzanghere sarebbero state gelate, ora di mattina. I miei pensieri indugiarono su Cahil e su quanto in fretta il nostro rapporto fosse tornato al punto di quei primi giorni, quando lui
santa pace», spiega di credeva che io fossi una spia del nord. Un cerchio completo. Toccai il bracciale a forma di serpente, rigirandomelo attorno al braccio. Solo quando notai che il campus sembrava stranamente vuoto e silenzioso mi guardai attorno in cerca delle mie guardie. Abituata alla loro presenza, mi ci vollero alcuni istanti prima di rendermi conto che non mi seguivano più. Estraendo l'archetto, cercai eventuali assalitori. Non vidi nessuno. Attinsi potere per proiettare all'esterno la mia coscienza, ma un insetto mi punse sul collo e io, distratta, lo colpii con la mano. Le mie dita trovarono un minuscolo dardo. L'estremità cava del metallo gocciolava del mio sangue. Avevo mentito ad Ari. Non ero stata cauta. Avevo confidato nel fatto che le guardie mi avrebbero tenuta al sicuro. Centinaia di scusanti per la mia mancanza mi frullarono per la mente mentre il mondo attorno a me cominciava a girare. Non potevo biasimare nessuno tranne me stessa. Disgraziatamente, questo riconoscere la mia stupidità non impedì alla tenebra di inghiottirmi.
santa pace», spiega di
Capitolo 18 Un dolore acuto e uno stordimento bruciante nelle spalle mi destarono dal sonno. Con un sapore rancido in bocca, lanciai un'occhiata tutto attorno. Niente sembrava familiare. E perché stavo in piedi? Non ero in piedi, mi resi conto, bensì appesa. Guardando in su, individuai la ragione della mia posizione. I miei polsi erano ammanettati alle estremità di una lunga catena che pendeva da una spessa trave di legno del soffitto. Portai il peso sulle punte dei piedi, e il dolore nelle spalle si attutì un poco. Esaminando l'ambiente circostante, vidi pale arrugginite e zappe incrostate di terra che ricoprivano le pareti di legno. Da accette ormai poco affilate pendevano ragnatele. La polvere ricopriva gli attrezzi. La luce del sole filtrava all'interno attraverso minuscole fessure e buchi, illuminando ciò che supposi fosse un ripostiglio abbandonato. La mia perplessità su come fossi giunta lì scomparve nell'istante in cui udii la sua voce dietro di me. «Cominceremo le tue lezioni adesso.» Il tono soddisfatto di Goel mi diede il voltastomaco. «Voltati e guarda che cosa ho preparato per te» aggiunse. Mi si accapponò la pelle per la paura, ma mi costrinsi ad assumere un'espressione indifferente prima di girarmi. Un sorrisetto illuminò il viso di Goel mentre accennava a un tavolo alla sua destra. Armi ed esotici strumenti di tortura ne coprivano il piano. Un carretto contenente un sacco di tela vuoto stava alla sinistra di Goel. La struttura era più grande di quanto avessi pensato. La porta del magazzino occhieggiava dietro di lui, apparendomi impassibilmente lontana, ma in realtà era a soli dieci piedi. Goel seguì il mio sguardo e sorrise. «Sprangata e chiusa a chiave. Siamo in un posto dimenticato molto lontano dal Mastio.» Raccolse un piccolo frustino di cuoio nero con punte metalliche alle estremità. Il Mastio! Attirai a me un po' di potere e proiettai un disperato
santa pace», spiega di appello mentale. Irys! «Come vanno le costole?» domandai, cercando di distrarlo. Lui si accigliò e si toccò il lato del torace. «Quel cavallo diventerà un saporito stufato.» Fece schioccare le labbra. «Ma questo più tardi.» Sollevò il frustino.
Yelena! Grazie al fato sei viva. Dove sei? La voce preoccupata di
Irys risuonò nella mia mente.
In un magazzino da qualche parte. Goel si avvicinò per colpirmi con la frusta. Gli sferrai un calcio nello stomaco. Balzò indietro più per la sorpresa che per il dolore. «Errore mio» disse, ritirandosi verso il tavolo. «Niente di cui preoccuparsi. Lo sistemerò.» Raccolse un dardo, immergendolo in una fiala di liquido. La pozione soporifera. Pensai in fretta.
Ho bisogno di maggiori informazioni. Ferde è con te?, domandò
Irys.
Non Ferde. Goel. Goel? Non c'è tempo. Ti spiegherò più tardi. Goel collocò il dardo in una cannuccia cava. Mirò, lo risi. La canna oscillò mentre lui mi guardava di traverso, perplesso. «Non posso crederci» dissi. «Credere cosa?» Abbassò l'arma. «Che hai paura di me. No, non paura. Terrore.» Risi di nuovo. «Non puoi battermi in uno scontro leale, così tendi un'imboscata e mi droghi. E perfino quando sono incatenata, sei ancora spaventato.» «Non è vero.» Cambiò la canna con un paio di manette, poi si tuffò sui miei piedi. Lottai, ma lui era più pesante di me. Alla fine le caviglie mi furono incatenate assieme. Goel poi fissò al pavimento i sei pollici di catena tra i ceppi. Non potevo più dare calci, ma restavo sveglia, e avevo
santa pace», spiega di un altro trucchetto. La magia. La mia mente esaminò in fretta le opzioni. Potevo cercare di raggelare i muscoli del suo corpo, ma non sapevo come. Goel scelse dal suo tavolo un'altra frusta, più lunga, con flagelli di cuoio intrecciato e piccole sfere di metallo legate nelle frange alle estremità. Il suo braccio scattò. Proiettai un disorientante armamentario d'immagini nella sua mente. Goel perse l'equilibrio e cadde a terra. Sembrava confuso. Mentre si rimetteva in piedi, colsi un lieve movimento dietro di lui. Il chiavistello si muoveva e la maniglia girava. La porta si spalancò lasciando entrare un torrente di luce. Due figure stavano sulla soglia. Puntarono le spade al cuore di Goel. Ari e Janco. «Yelena, tutto a posto?» chiese Ari. I suoi occhi non lasciarono la faccia stupefatta di Goel. Janco si fece avanti e ispezionò le catene. «Chiavi?» chiese a Goel, che strinse le labbra. «Immagino che dovrò usare le maniere forti.» Ed estrasse di tasca i suoi grimaldelli. Il mio primo impeto di sollievo nel vedere i miei amici si raffreddò. Questo salvataggio non avrebbe impedito a Goel di riprovarci. Anche se fosse stato arrestato per rapimento, avrebbe nutrito il proprio risentimento fino alla sua liberazione e negli anni a venire avrei potuto trovarmi in quella stessa, precisa situazione. Dovevo vedermela con lui. Doveva capire che non poteva vincere contro di me. Scossi il capo rivolta a Janco. «Ho la situazione sotto controllo. Tornate al Mastio, ci incontreremo là.» Janco mi fissò in sbalordito silenzio. Ari tuttavia si fidò di me. «Andiamo, non le serve il nostro aiuto» disse rinfoderando la spada. Janco si riprese e mi scoccò uno dei suoi sogghigni maliziosi. «Scommetto una moneta di rame con te che sarà libera in cinque minuti» disse ad Ari. Ari grugnì divertito. «Una d'argento su dieci minuti» ribatté. «lo scommetterò con entrambi una moneta d'oro che lei lo
santa pace», spiega di ucciderà» annunciò Valek da dietro di loro. I due si fecero da parte e lui entrò, ancora travestito da Consigliere llom. «È l'unico modo per sistemare il tuo problema. Giusto, amore?» «Niente uccisioni» risposi. «Ce la farò.» «Lui è un mio uomo. Me la vedrò io con lui» disse Cahil dalla soglia. Valek si girò di scatto, ma Cahil si limitò a fissarlo un momento prima di entrare. «Goel, ritirati» ordinò. Valek sparì alla vista. L'affollato magazzino parve rimpicciolire e a quel punto non sarei stata sorpresa di vedere Irys e gli altri Maestri seguire Cahil. Avremmo potuto fare una bella festa. Durante la conversazione e gli arrivi, la faccia di Goel si era trasformata da attonita a terrorizzata e finalmente composta in un'ostinata determinazione. «No.» «Goel, avevi ragione sul suo conto. Ma non è questo il modo di vedersela con lei. Specialmente non con i suoi due accoliti appresso. Lasciala andare.» «lo non prendo ordini da te. Tutti gli altri possono fingere che sia tu al comando, lo no.» «Stai sfidando la mia autorità?» domandò Cahil. «Tu non hai nessuna autorità su di me» ribatté Goel. Il viso di Cahil si fece rosso vivo mentre farfugliava: «Come osi...». «Signori!» gridai. «Potete risolvere la vostra disputa più tardi. Andatevene tutti. Adesso! Le mie braccia mi stanno uccidendo.» Janco trascinò via Cahil dal magazzino. Ari chiuse la porta. Goel restò lì battendo le palpebre nell'improvvisa oscurità. «Dove siamo?» incalzai. «Non puoi aspettarti che io...» Accennò verso la porta. «Dimenticati di loro. Hai più di che preoccuparti qui che là fuori.» Lui sbuffò sprezzante. «Non sei proprio nella posizione di fare l'arrogante.» «E tu non capisci appieno cosa significhi metterti contro un mago.»
santa pace», spiega di La smorfia sprezzante gli svanì dalle labbra. «Tu pensi che io sia soltanto una ragazzetta a cui dare una lezione. Che dovrei aver paura di te. Ma sei tu quello che ha bisogno di una lezione.» Raccolsi potere in me e protesi la mia coscienza verso quella di Goel. La parola mago aveva provocato solo un breve senso di dubbio nella sua mente. Dopotutto, pensava, se lei fosse un buon mago non
sarebbe stata così facile da catturare.
«Un fallo momentaneo» dissi. Dal momento che lui non possedeva potere magico, non avrebbe potuto udire i miei pensieri, ma io avrei potuto controllarlo. Chiusi gli occhi e mi proiettai dentro Goel, cogliendo lo spunto che se potevo farlo con Topaz sarei stata capace di farlo con una persona. Lui fece un salto come colpito da un fulmine quanto penetrai nella sua mente. Pur contenta che il mio trasferimento avesse funzionato, stare vicina ai torbidi pensieri di Goel mi fece rimpiangere la mente limpida di Topaz. Quando focalizzai su di me gli occhi di Goel, compresi perché avesse una così bassa opinione di me. I capelli mi pendevano in mazzi aggrovigliati. La combinazione di occhi chiusi, faccia sporca di polvere e abiti coperti di fango mi faceva apparire patetica. Una figura inerme con gran bisogno di un bagno. Sentii il suo panico quando si rese conto di aver perduto il controllo del proprio corpo. Poteva ancora pensare, vedere e sentire. Mi stupii della sua forza fisica, ma incontrai qualche difficoltà a muovere il suo corpo. Le proporzioni sembravano strane e mantenere l'equilibrio richiese uno sforzo enorme. Lui cercò di riprendere il controllo, ma io spinsi da parte i suoi deboli sforzi. Cercai le chiavi delle manette e le trovai nel suo zaino sotto il tavolo. Poi aprii le manette e le tolsi dai piedi del mio corpo. Sorreggendo me stessa con una delle braccia di Goel, aprii le manette ai polsi. Poi afferrai il mio corpo prima che cadesse a terra e lo sollevai. Sembrava leggero come un cuscino. Respirava, e il sangue pulsava. Lo trasportai e lo deposi delicatamente a terra vicino alla
santa pace», spiega di porta. Usando il pollice di Goel, sollevai la mia palpebra sinistra. Anche se il mio corpo era vivo, la scintilla vitale era altrove. Inquieta, mi alzai in piedi e indietreggiai. Quando Goel fu sopraffatto dal senso di totale impotenza, lo lasciai a sperimentare quella sensazione per un bel po'. Scegliendo un coltello dal tavolo, feci un taglio lineare e poco profondo lungo il suo braccio. Sentii il suo dolore per il taglio, ma era attutito e distante. Posando la punta della lama sul suo torace, mi chiesi: se avessi affondato il coltello nel suo cuore, saremmo morti entrambi? Domanda interessante che avrebbe dovuto trovare risposta in un altro momento. Scalciando via i suoi stivali, feci scattare i ceppi attorno alle caviglie di Goel, poi accorciai la catena che pendeva dalla trave in alto prima di incatenargli i polsi nelle manette. Assaporai la combinazione di paura, disagio e vergogna che percorse la sua mente prima di proiettarmi di nuovo nel mio corpo. Il magazzino girò per un momento quando aprii gli occhi. Lo sfinimento mi invase le membra. Mi alzai al rallentatore, ma riuscii a indirizzare un sorrisetto soddisfatto alla nuova posizione di Goel. Mentre mi dirigevo alla porta, pensai che probabilmente avrei scoperto che quell'abilità magica non funzionava con Irys o con gli altri maghi. Che cosa avevo fatto esattamente? Trasferito la mia magia? La mia volontà? La mia anima? Mi ritrassi da quei pensieri inquietanti. Prendere il controllo del corpo di qualcuno e costringerlo a muoversi poteva essere una violazione del Codice Etico. Ma quando Goel mi aveva rapito era divenuto un criminale. Il Codice Etico non si applicava a lui. Per poco non risi. Immaginai di dover essere grata che mi avesse assalito. Adesso conoscevo un'altra magica mossa difensiva. Ari e Janco mi aspettavano nel campo incolto che circondava il magazzino. Vidi una palizzata cadente e un fienile crollato, e supposi ci trovassimo in una fattoria abbandonata fuori dalla Cittadella. Valek e Cahil non mi avevano aspettato. Ari sorrise mentre Janco gli sbatteva una moneta d'argento nella mano enorme. «Il tuo problema?» mi chiese Ari.
santa pace», spiega di «L'ho lasciato appeso.» «Perché ti ci è voluto così tanto?» si lamentò Janco. «Volevo provare la mia tesi. Dove sono... ehm, il Consigliere llom, e Cahil?» «Perché questa improvvisa preoccupazione per llom?» domandò Janco con burlesca ingenuità. «È un uomo adulto con abilità sorprendenti. Quell'impettito vecchio noioso è comparso dal nulla, ha fatto un'imitazione mortalmente perfetta della voce di Valek ed è scomparso come per magia. Quell'uomo è un genio! Avrei dovuto saperlo che sarebbe venuto insieme a noi. Valek non si sarebbe perso tutto il divertimento.» Il sorriso svanì dal viso di Ari. «Valek si farà beccare. Cahil è andato difilato alla Cittadella, probabilmente a raccontare tutto ai membri del Consiglio.» «Travestimento grandioso, però» commentò Janco. «Ci ha fatti fessi.» «Cahil sospettava già che Valek fosse qui» dissi, rabbrividendo nella fredda aria del mattino. Adesso lo sapeva per certo. «Sono certa che Valek può affrontare la cosa.» La mia mente stanca tuttavia non riuscì a produrre una buona soluzione. Ari tornò nel magazzino e recuperò il mio zaino. «Ho pensato potessi aver bisogno di questo.» Me lo tese. Dentro trovai il mio mantello. Avvolgendomi nel caldo indumento feci per infilarmi lo zaino sulle spalle, ma Ari me lo prese. «Andiamo» disse. Lui e Janco mi condussero per i campi incolti. Oltrepassammo una fattoria vuota. «Dove siamo?» domandai. «A circa due miglia a est della Cittadella» rispose Ari. Barcollai al pensiero delle due miglia da percorrere. «Come mi avete trovato?» «Abbiamo seguito le tue guardie ieri notte per assicurarci che sapessero il fatto loro. Quando ci siamo resi conto che erano state
santa pace», spiega di colpite, tu eri scomparsa» raccontò Ari. Janco sogghignò. «I maghi erano frenetici. Sono state inviate spedizioni di ricerca.» Scosse la testa, come stupito dal trambusto. «Non avevamo idea di cosa avrebbero trovato al buio. Speravamo soltanto che non guastassero la pista. Una volta che si è levato il sole, non ci è voluto niente a seguire le tracce. Goel ha usato un carro per portarti fuori dal Mastio e dalla Cittadella.» Pensai al sacco di tela abbandonato nel carro. Goel doveva avermi nascosta lì dentro. «Suppongo che Cahil ci abbia seguiti» continuò Janco. Grattandosi la cicatrice, aggiunse: «Ovviamente, non avevi bisogno del nostro aiuto. Adesso dovrò andare a dare una battuta a qualche soldato tanto per salvare il mio amor proprio». Quando raggiungemmo il cancello orientale della Cittadella, notai del trambusto vicino al corpo di guardia. Un cavallo imbizzarrito stava dando dei problemi alle guardie. Kiki. Si bloccò quando attraversammo il cancello. Signora-di-Lavanda
stanca. Bisogno di cavalcare. Come mi hai trovato? Seguo odore di Uomo Forte e Uomo Coniglio.
Si riferiva ad Ari e Janco. Mi scusai con le guardie del portone per le bizze di Kiki. Ari mi aiutò a salirle in groppa e mi passò lo zaino. «Ci vediamo più tardi» promise. Prima che Kiki e io ci dirigessimo verso il Mastio, ringraziai i miei amici. «Per cosa? Non abbiamo fatto niente» borbottò Janco. «Per esservi dati abbastanza pena da seguire le mie guardie. E la prossima volta, potrei aver bisogno dell'aiuto.» «Sarebbe meglio non ci fosse una prossima volta» disse Ari, rivolgendomi uno sguardo severo. «Che commovente» commentò Janco, fingendo di asciugarsi gli occhi. «Datti una mossa, Yelena. Non voglio che tu mi veda piangere.» E fece finta di tirar su col naso.
santa pace», spiega di «Sono sicura che il tuo amor proprio è in grado di affrontarlo» gli risposi. «O avrai bisogno di battere qualche novellino per sentirti di nuovo uomo?» «Molto divertente» replicò lui. Feci un cenno di saluto ai miei amici e chiesi a Kiki di portarmi a casa. Per strada mi collegai con Irys e la aggiornai su quanto era accaduto. Lei promise di inviare delle guardie ad arrestare Goel.
Se non ce la faccio ad arrivare in camera mia, sarò a dormire nel fienile, dissi sbadigliando. La sentii esitare. Che c'è ora? Stamattina sono arrivati i tuoi genitori. Oh, no! Oh, sì. Esaù è qui con me. ma quando tua madre ha scoperto che eri scomparsa, si è arrampicata su un albero e non riusciamo a convincerla a scendere. È isterica e non vuole ascoltarci. Dovrai parlare tu con lei. Sospirai. Sto arrivando. Dov'è? Perl era su una delle alte querce vicino al pascolo. Kiki mi portò alla base dell'albero. Una manciata di foglie arancio e marrone era ancora attaccata ai rami. Individuai il mantello verde di mia madre quasi in cima. La chiamai, dicendo che stavo bene. «Puoi venire giù, adesso» le assicurai. «Yelena! Grazie al fato! Vieni quassù, dove è sicuro.» Mi rassegnai al fatto che far scendere Perl di lì sarebbe stato difficile, e mi tolsi il mantello e lo zaino, lasciandoli cadere a terra. Pur in groppa a Kiki, dovetti ugualmente protendermi per raggiungere il ramo più basso. L'abilità di mia madre nell'arrampicarsi era impressionante. Mentre Kiki pascolava, io mi slanciai più in alto, arrampicandomi finché non raggiunsi mia madre. Mi sistemai su un ramo sotto di lei, ma in un istante mi comparve accanto, abbracciandomi forte. Quando il suo corpo cominciò a essere scosso dai singhiozzi, dovetti afferrarmi al tronco dell'albero per impedire a entrambe di cadere. Attesi che si calmasse prima di scostarla dolcemente. Sedette di
santa pace», spiega di fianco a me, appoggiandosi alla mia spalla. Il suo viso era striato di sudiciume dove le lacrime si erano mischiate al fango secco dei miei vestiti. Le offrii l'unico punto pulito della mia camicia, ma lei scosse la testa, togliendosi di tasca un fazzoletto. Il suo mantello verde cupo aveva molte tasche, ed era di taglio affusolato, che eliminava il rigonfio della stoffa in eccesso. Non sarebbe stato una buona coperta, ma era perfetto per tener caldo mentre si viaggiava tra le cime degli alberi. «Questo è uno dei modelli di Nucci?» le chiesi, palpando l'indumento. «Sì. Dal momento che non lasciavo la giungla da quattordici anni...» Mi rivolse un triste sorriso. «... avevo bisogno di qualcosa per il clima più freddo.» «Sono contenta che tu sia venuta» dissi. Il suo sorriso svanì di colpo. Un'espressione di terrore le sfiorò gli occhi prima che prendesse alcuni profondi respiri. «Tuo padre mi ha dato un po' di Eladina per tenermi calma durante il viaggio, e stavo andando così bene fino a...» Si posò una mano sul collo, con una smorfia. «Cattivo tempismo» concordai. «Ma io sto bene, vedi?» Sporsi un braccio. Errore mio. Lei trattenne il fiato, fissando i lividi attorno al mio polso. Mi tirai giù la manica per coprirli. «Sono solo graffi.» «Che cosa è successo? E non indorarmi la pillola» ordinò. Le diedi una versione condensata con solo una lieve infarinatura di zucchero. «Lui non mi darà più noie.» «Non succederà di nuovo. Tu vieni via con noi» dichiarò. Dopo quella mattinata, avevo voglia di acconsentire. «Che cosa farei là?» «Aiuteresti tuo padre a raccogliere campioni, o aiuteresti me a creare profumi. Il pensiero di perderti di nuovo è troppo da sopportare.»
santa pace», spiega di «Ma devi farlo, madre, lo non fuggirò né mi nasconderò alle situazioni difficili o pericolose. E ho fatto certe promesse, a me stessa e ad altri. Devo prima finire alcune cose, perché se scappassi via, non potrei vivere con me stessa.» Una brezza fece frusciare le foglie, e il sudore sulla mia pelle sembrò ghiaccio. Mia madre si strinse nel mantello. Potevo percepire le sue emozioni come se si attorcessero in nodi attorno a lei. Era in un luogo estraneo, di fronte alla consapevolezza che sua figlia si sarebbe volontariamente messa in pericolo per altri, e che lei poteva perderla di nuovo. Lottava contro la paura, non desiderando altro che la sicurezza della propria famiglia e la familiarità della propria casa. Mi venne un'idea. «Il mantello di Nucci mi ricorda la giungla» dissi. Lei abbassò gli occhi sull'indumento. «Davvero?» «È dello stesso colore del rovescio della foglia di ylang-ylang. Ricordi quella volta, quando fummo sorprese da un acquazzone improvviso sulla via del ritorno dal mercato, e ci rannicchiammo sotto una grande foglia di ylang-ylang?» «Hai ricordato!» Era raggiante. Annuii. «I miei ricordi d'infanzia sono stati sbloccati. Ma adesso non li avrei, se non avessi corso un rischio e non avessi seguito Irys nelle Pianure Avibiane.» «Sei stata nelle piane.» L'orrore sul suo viso si trasformò in ammirazione. «Tu non hai paura di niente, vero?» «Durante quel viaggio, potrei elencare almeno cinque cose di cui ho avuto paura.» Specialmente che mi venisse spiccata la testa dalla scimitarra di Uomo-di-Luna, ma fui abbastanza sveglia da non raccontare questo a mia madre. «Allora perché sei andata?» «Perché avevamo bisogno di informazioni. Non potevo permettere alla paura di impedirmi di fare ciò che era assolutamente necessario.» Lei rifletté in silenzio sulle mie parole.
santa pace», spiega di «Il tuo mantello può proteggerti da ben più del freddo» dissi. «Se riempi le tasche con oggetti speciali di casa, puoi circondarti della giungla ogni volta che ti senti sopraffatta o impaurita.» «Non ci avevo pensato.» «In effetti, ho qualcosa che puoi metterti in tasca adesso, che ti farà ricordare di me. Andiamo.» Senza aspettare di vedere se mi seguisse, scesi dall'albero. Restai appesa al ramo più basso prima di lasciarmi cadere al suolo. Mentre frugavo nello zaino, udii un fruscio e alzai gli occhi in tempo per vedere mia madre scivolare lungo il tronco dell'albero. Trovai il mio amuleto a forma di fiamme in una delle tasche dello zaino. Considerata la mia recente serie di guai, la medaglia sarebbe stata più al sicuro con mia madre. «Ho vinto questo durante un periodo in cui la paura era la mia costante e unica compagna.» Glielo tesi. Era il primo premio di un concorso di acrobazia all'annuale Festa del Fuoco di Ixia. Quello che era seguito era stato il periodo peggiore della mia vita, ma avrei gareggiato di nuovo per quella medaglia, anche conoscendo le conseguenze. Consegnai l'amuleto a mia madre. «Questo è uno degli unici quattro oggetti che tengo cari. Voglio che l'abbia tu.» Lei esaminò la medaglia a forma di fiamme. «Quali sono gli altri tre?» «La mia farfalla e il serpente.» Estrassi la collana, e le mostrai il bracciale. «Qualcuno li ha fatti per te?» «Sì. Un amico» dissi prima che potesse chiedere di più. Sollevò un sottile sopracciglio, ma chiese soltanto: «Che cos'è l'ultimo oggetto?». Frugai nello zaino mentre decidevo se mia madre sarebbe stata sconvolta sapendo che avevo cara un'arma. Lungi dall'essere la figlia perfetta, supposi che non sarebbe stata affatto sorpresa. Tendendole il coltello a serramanico, le spiegai che cosa significavano i simboli d'argento sull'impugnatura.
santa pace», spiega di «Stesso amico?» chiese lei. lo risi e le raccontai di Ari e Janco. «Sono più simili a fratelli maggiori che ad amici.» Il sorriso di mia madre parve un raggio di sole che bucava la coltre di nubi dopo una tempesta. «Sono felice di sapere che ci sono persone a Ixia che si curano di te.» Infilò la mia medaglia di fiamme dentro una tasca del mantello. «Il fuoco rappresenta la forza. Lo terrò con me sempre.» Mi abbracciò stretta per un momento, poi si scostò e dichiarò: «Stai gelando. Mettiti il mantello. Andiamo dentro». «Sì, madre.» Esaù e Irys ci aspettavano negli alloggi per gli ospiti del Mastio, sul lato occidentale del campus. Tollerai un abbraccio stritolante da parte di mio padre, ma dovetti declinare l'invito a cenare con i miei genitori. Il desiderio di farmi un bagno e dormire superava di gran lunga la fame. Dovetti promettere di passare la maggior parte del giorno seguente con loro, prima che mi lasciassero andare. Irys mi accompagnò all'edificio dei bagni. Occhiaie scure le segnavano gli occhi e appariva altrettanto stanca di quanto mi sentissi io. Pareva di umore contemplativo. «Hai usato la magia su tua madre?» domandò. «Non credo. Perché?» «Sembrava in pace. Forse l'hai fatto istintivamente.» «Ma questo non va bene. Dovrei avere il totale controllo. Giusto?» «Sto cominciando a pensare che non tutte le regole si applichino a te, Yelena. Forse è come sei stata cresciuta, o il fatto che hai cominciato a controllare la tua magia a un'età più avanzata, che ha fatto sviluppare i tuoi poteri in modo insolito. Niente di cui preoccuparsi, tuttavia» aggiunse quando vide la mia espressione. «Credo che tornerà a tuo vantaggio.» Irys e io ci separammo ai bagni. Dopo un lungo ammollo bollente, mi trascinai alle mie stanze. Il mio ultimo pensiero prima di scivolare nel sonno fu che Irys si era fidata di me abbastanza da non
santa pace», spiega di assegnarmi altre guardie. Mi sembrava fosse passato solo un momento da quando ero sprofondata in un sonno senza sogni quando la chiamata mentale di Irys mi destò. Strizzai gli occhi alla viva luce, cercando di orizzontarmi. Che ora è?, le domandai.
Metà mattina, rispose Irys. Mattina? Ciò significava che avevo dormito dal pomeriggio precedente. Perché mi hai svegliata?
È stata indetta una sessione d'emergenza del Consiglio, ed è richiesta la tua presenza. Sessione di emergenza? Goel è stato assassinato, e Cahil afferma che il Consigliere llom è Valek sotto mentite spoglie.
santa pace», spiega di
Capitolo 19 Goel assassinato? Valek scoperto? La mia mente sonnolenta non riusciva a comprendere appieno l'affermazione di Irys e la sua attenzione venne meno prima che potessi interrogarla. Mi cambiai in fretta e corsi verso il Palazzo del Consiglio. Valek aveva ucciso Goel? Se Valek era davvero sotto custodia, aveva appena dato ai Sitiani una ragione in più per giustiziarlo. Avrei dovuto fingere sorpresa per la sua presenza al Mastio, o ammettere che sapevo di lui? Sarei stata considerata complice dell'assassinio di Goel? Forse mi sospettavano. Se soltanto avessi detto a Irys dove trovarlo: non le avevo fatto parola degli altri. Domande senza risposta turbinavano nella mia mente. Mi fermai davanti ai gradini del Palazzo del Consiglio, mi lisciai la treccia e mi sistemai i vestiti. Portavo una delle nuove camicie e gonna-pantalone che Nucci mi aveva cucito. Guardandomi attorno, controllai che nessuno mi avesse seguito. Irys confidava che mi prendessi cura di me stessa. Non potevo deluderla. I membri del Consiglio, i quattro Maestri Maghi, un pugno di guardie del Mastio e Cahil erano assembrati nella grande sala. Il clamore delle loro varie discussioni raggiungeva livelli assordanti, e individuai Cahil che gesticolava freneticamente con il delegato dei Semedisabbia. Il suo viso arrossato si contorse di rabbia mentre l'uomo rispondeva. Roze Pietrapiuma, Primo Mago, batté un martelletto per riportare ordine nella seduta. Le conversazioni cessarono mentre i delegati prendevano posto nei propri seggi. Le decorazioni per la cerimonia di benvenuto erano state tolte, ed era stato portato un tavolo a forma di ferro di cavallo. Roze e gli altri tre Maghi sedevano sulla curva, mentre gli Anziani dei clan sedevano lungo i lati diritti. Sei su un lato, cinque dall'altro, con Cahil che occupava il sesto posto. Al centro della U era stato piazzato un podio di legno, lo restai in piedi con il Capitano della Guardia e i suoi uomini presso la parete laterale, sperando di confondermi con il marmo bianco. «Affrontiamo l'argomento del tenente Goel Ixia» ordinò Roze.
santa pace», spiega di Guardai sorpresa Irys.
A tutti i rifugiati settentrionali viene dato Ixia quale nome del clan, spiegò Irys nella mia mente. Cahil è considerato il loro capo. Sono un clan e un titolo onorari. Lui non ha terre e nessun potere per votare in Consiglio. Questo spiegava il risentimento di Cahil nei confronti del Consiglio e la sua frustrazione nel non riceverne il supporto per la propria campagna contro il Comandante. «Il tenente Ixia è stato trovato morto in un campo incolto a est della Cittadella, nel territorio del Clan Pietrapiuma» recitò Roze. «I guaritori hanno stabilito che è stato ucciso con una spada che gli ha trapassato il cuore.» Un mormorio si diffuse tra i membri del Consiglio. Roze li bloccò con un'occhiata gelida. «L'arma non è stata trovata sulla scena del delitto, ed è in corso al momento un'ispezione dei campi circostanti. Secondo Quarto Mago, Yelena Liana Zaltana è stata l'ultima persona a vederlo vivo. La chiamo al banco dei testimoni.» Sedici paia d'occhi si volsero verso di me, con espressioni ostili, interessate e talvolta preoccupate.
Non preoccuparti, disse Irys. Di' loro che cosa è successo. Camminai verso il podio, supponendo che fosse quello il banco dei testimoni. «Spiegati» ordinò Roze. Raccontai loro del rapimento e della mia fuga. Risuonò un ansito collettivo quando spiegai di aver preso il controllo del corpo di Goel. Cominciarono a diffondersi bisbigli a proposito del Codice Etico. Irys si alzò in piedi. «Non c'è niente di illegale nell'usare la magia per difendersi» dichiarò. «In effetti, dovrebbe essere lodata per essersi liberata senza fare del male a Goel.» I membri del Consiglio posero una quantità infinita di domande sulle motivazioni di Goel. Solo dopo che le guardie che erano state assegnate a proteggermi ebbero confermato di essere state drogate, il Consiglio restò a corto di interrogativi.
santa pace», spiega di «Hai lasciato Goel incatenato nel magazzino, e quella è stata l'ultima volta che l'hai visto?» chiese Roze. «Sì» risposi. «Sta dicendo la verità.» Dall'espressione acida di Roze, capii che era stata dura, per lei, pronunciare quell'affermazione. «L'indagine sull'assassinio di Goel continuerà. Yelena, puoi andare a sederti.» Roze indicò una panca situata dietro di lei e gli altri Maestri Maghi. «Questo ci lascia con l'altro argomento. Chiamo Cahil Ixia al banco dei testimoni.» Mentre andavo verso la panca, passai accanto a Cahil. I suoi occhi azzurri contenevano dura determinazione, e lui rifiutò di incontrare il mio sguardo. Sedetti sull'orlo della panca di legno, e anche se mi ero fatta forza per le sue accuse, le parole di Cahil mi fecero stringere il cuore dalla paura. «... e a corroborare l'inganno di Valek è il fatto che la sua compagna del cuore e principale spia è Yelena Zaltana.» La stanza esplose di una cacofonia di voci. Roze batté il martelletto, ma nessuno l'ascoltò. Sentii la forza della sua magia quando ordinò a tutti il silenzio. Li tenne zitti per un momento soltanto, ma le fu sufficiente per intervenire. «Cahil, dov'è la tua prova?» chiese Roze. Lui accennò a una delle guardie del Mastio. La guardia aprì una porta nella parete di fondo e nella sala entrarono il Capitano Marrok e quattro degli uomini di Cahil, trascinando con sé il Consigliere llom. Le braccia di llom erano ammanettate dietro la schiena e le quattro guardie tenevano le spade puntate contro di lui. L'Ambasciatrice Signe e un pugno di soldati ixiani seguivano il truce corteo. Mi sforzai di incontrare gli occhi di Valek, ma lui guardava i membri del Consiglio con un cipiglio seccato. L'Ambasciatrice Signe fu la prima a parlare. spiegazione. Questo è un atto di guerra.»
«Esigo una
«Cahil, ti avevo detto di rilasciare il Consigliere fino a che questa faccenda non fosse stata chiarita» disse Roze. La furia divampava nei
santa pace», spiega di suoi occhi ambrati. «E lasciarlo fuggire? No. Meglio portarlo qui e smascherarlo di fronte a tutti.» Cahil avanzò a grandi passi verso llom e gli strattonò i capelli. Trasalii, ma la testa di llom scattò verso il basso mentre lui gridava di dolore. Imperterrito, Cahil tirò il naso del consigliere, poi gli artigliò la carne sotto il mento, llom strillò e gli sgorgò sangue dai graffi sul collo. Cahil arretrò sbalordito. Protese le mani di nuovo verso il prigioniero, ma Marrok lo afferrò e lo trattenne. La bocca di Cahil era spalancata per lo stupore. «Rifasciate il consigliere» ordinò Roze. Le manette di llom vennero rimosse e Cahil, il viso paonazzo di rabbia, fu scortato fuori dalla sala insieme ai suoi uomini. La seduta terminò e Roze si affrettò a fare ammenda e a scusarsi con l'Ambasciatrice e con llom. lo restai sulla panca, a osservare mentre la collera di Signe e il broncio di llom si trasformavano in espressioni più gradevoli alle parole di Roze. Avevo paura di attirare l'attenzione su me stessa, sperando che nessuno ricordasse le altre accuse di Cahil sul mio conto. Lo sbalordimento di Cahil a proposito di llom aveva eguagliato il mio. Benché conoscessi i suoi trucchi, Valek continuava a sorprendermi. Passai in rassegna le guardie ixiane, e notai un soldato dagli occhi blu che appariva enormemente compiaciuto di sé. llom probabilmente si vestiva come una guardia quando Valek si travestiva da consigliere, e verosimilmente si scambiavano di posto quando Valek aveva necessità di sgattaiolare in giro per Sitia. Alla fine i membri del Consiglio e gli Ixiani cominciarono ad andarsene. Irys si unì a me sulla panca.
Di' a Valek di partire, disse Irys. Il rischio è troppo grande. Tu sai. Ma certo. Mi aspettavo che fosse con la delegazione. Non ti turba che lui sia qui? Che possa spiare Sitia?
santa pace», spiega di Lui è qui per te. E sono contenta che abbiate un po' di tempo da passare insieme. Ma se avesse ucciso Goel? Goel era un pericolo per te. Anche se avrei preferito arrestarlo, non sono sconvolta dalla sua dipartita. «Va' a mangiare qualcosa. Sei un po' pallida» mi disse poi ad alta voce. «Questo è proprio grandioso. Sono passata dal non averne nessuna, ad avere due mamme chiocce.» Irys rise. «Alcune persone hanno bisogno di un aiuto in più.» Mi batté sul ginocchio e andò a cercare Bain. Prima che potessi andarmene, tuttavia, vidi Bavol Zaltana che si dirigeva verso di me. Lo aspettai. «L'Ambasciatrice Signe richiede un incontro con te» annunciò Bavol. «Quando?» «Adesso.» Bavol mi condusse fuori dal grande salone. «All'Ambasciatrice sono stati assegnati alcuni uffici perché possa trattare gli affari mentre è ospite qui» mi spiegò mentre attraversavamo il Palazzo del Consiglio. L'intero governo sitiano era ospitato nell'ampio edificio. Uffici e sale riunioni fervevano dei compiti quotidiani di un'amministrazione governativa. Un archivio sotterraneo conservava tutti i documenti ufficiali, anche se gli archivi locali restavano presso il capitolo di ogni singolo clan. Mi domandai come facessero i Semedisabbia. Si tiravano dietro i propri archivi mentre viaggiavano per le pianure? Rammentando la lezione di Irys sui Semedisabbia, mi resi conto che probabilmente tenevano una registrazione orale, raccontando la storia tramite i Tessitori. L'immagine di Uomo-di-Luna dipinto di blu e seduto nella sala sotterranea del Consiglio mi fece sorridere. Bavol mi rivolse un'occhiata interrogativa.
santa pace», spiega di «Stavo pensando all'archivio» dissi. «Cercavo solo di immaginare come il Clan Semedisabbia riferisca le informazioni al Consiglio.» Bavol sogghignò. «Sono sempre stati difficili. Siamo indulgenti con le loro... maniere insolite. Due volte all'anno, un Tessitore di Storie viene al Consiglio e recita gli eventi del clan a uno scriba. La cosa funziona, e mantiene pace nella nostra terra. Eccoci arrivati.» Mi indicò una porta aperta. «Parleremo ancora più tardi.» Dopodiché chinò testa e spalle in un mezzo inchino e se ne andò. L'invito dell'Ambasciatrice non aveva incluso Bavol. Entrai in un'area di ricevimento. Il Consigliere llom sedeva dietro un semplice scrittoio. I graffi sul suo collo avevano smesso di sanguinare. Due soldati sorvegliavano una porta chiusa. llom si alzò e bussò alla porta. Udii una voce lieve, e llom girò la maniglia. «Lei è qui» disse, poi spinse ulteriormente la porta e mi fece cenno di entrare. Avanzai nell'ufficio dell'Ambasciatrice Signe, notando il semplice e funzionale mobilio e la mancanza di decorazioni. Le stavano attorno delle guardie, ma lei le congedò. Nessuno dei soldati era Valek, e io mi chiesi dove si fosse cacciato. Ari e Janco probabilmente erano fuori servizio. «Hai provocato una considerevole agitazione ieri notte» esordì Signe quando fummo sole. I suoi occhi potenti mi scrutarono. Strabiliai al suo aspetto. Aveva gli stessi lineamenti delicati del Comandante Ambrose, tuttavia i capelli lunghi e le sottili righe di kohl attorno agli occhi trasformavano il volto di lui nella bellezza senza età di lei. «Spero che il vostro sonno non sia stato interrotto» risposi, attenendomi a un approccio diplomatico. Lei liquidò il commento con un gesto. «Siamo soli. Puoi parlare liberamente.» Scossi il capo. «I Maestri Maghi hanno un udito eccellente.» Pensavo a Roze: avrebbe considerato origliare i discorsi dell'Ambasciatrice un preciso dovere patriottico. Signe annuì, accennando di aver capito. «Sembra che Voglio-
santa pace», spiega di Essere-Re abbia messo le mani su qualche informazione erronea. Mi chiedo come sia successo.» «Un difetto di comunicazione tra varie controparti.» «Non ci saranno altre false accuse?» chiese Signe. Il suo sguardo mi trafisse come se mi puntasse un coltello alla gola. Si interrogava sulla mia capacità di tener segreto il suo travestimento. «No.» Le mostrai il mio palmo, indicando la cicatrice che mi aveva fatto quando avevo promesso di non rivelare il suo segreto a nessuno. Neppure a Valek. Quel pensiero mi ricordò il suggerimento di Irys che Valek lasciasse Sitia. Tirai fuori il mio ciondolo a forma di farfalla. «Alcune voci tendono a spegnersi, e sarebbe meglio assicurarsi che non sia rimasto carburante per accendere un altro fuoco.» Signe doveva sapere di Valek. «Prenderemo in esame la cosa. Tuttavia, avevo un altro argomento da discutere con te.» Estrasse un foglio di pergamena dalla sua valigetta di cuoio nero, lo arrotolò e lo tenne in mano. «Il Comandante ha inviato un messaggio per te. Ha riflettuto profondamente sulla tua ultima conversazione con lui. Ha deciso che il parere sottoposto era valido e gradirebbe ringraziarti per i suggerimenti.» Signe mi porse il rotolo di carta. «Un invito a farci visita quando il tuo addestramento magico sarà completato. Noi programmiamo di tornare a Ixia nel giro di una settimana» disse. «È richiesta la tua risposta prima che partiamo.» Era un congedo. Mi inchinai all'Ambasciatrice e lasciai il suo ufficio. Mentre mi dirigevo verso il Mastio, meditai perplessa sulle sue parole. Il Comandante Ambrose aveva firmato un ordine di esecuzione, visitare Ixia sarebbe stato un suicidio. Attesi di avere un caldo fuoco acceso nelle mie stanze prima di srotolare il messaggio. Fissando le fiamme danzanti, meditai sull'offerta del Comandante. Tenevo nelle mie mani l'ordine della mia esecuzione. Ma gettarlo nel fuoco non sarebbe stata un'azione semplice. Sul documento era stato scritto un breve appunto.
santa pace», spiega di Che provassi la mia fedeltà a Ixia, e l'ordine sarebbe stato annullato. Dimostrassi i benefici di avere un mago che lavorava per Ixia ai generali, e un posto di consigliere sarebbe stato mio. Se avessi fatto queste cose, sarei potuta tornare a Ixia. Tornare dai miei amici. Tornare da Valek. Senza saperlo, Cahil aveva visto il mio possibile futuro quando mi aveva chiamato principale spia alla seduta del Consiglio.
santa pace», spiega di
Capitolo 20 Fissavo il fuoco mentre le mie emozioni, fedeltà e desideri in conflitto divampavano tutti e mi danzavano nel petto, imitando le fiamme. Non giungendo più vicina a una decisione, nascosi l'ordine di esecuzione nello zaino. Forse sarebbe stato meglio pensarci su più tardi. Ricordando la promessa ai miei genitori, mi diressi verso il refettorio sperando di trovarli a pranzo. Strada facendo incontrai Dax. «Yelena» disse, mettendosi al passo con me. «Non ti vedo da giorni.» «Sono sicura che stai morendo dalla voglia di raccontarmi tutti i pettegolezzi del campus sul mio conto. Giusto?» «lo ho una vita. Magari sono stato troppo occupato per ascoltare le chiacchiere» sbuffò lui, fingendo di sentirsi ferito dal mio commento. Lo guardai. Lui sospirò. «D'accordo, hai vinto. Mi annoio da impazzire. Secondo Mago è affaccendato a giocare all'investigatore, e Gelsi è dentro fino al collo in un qualche progetto e non riesco Più a vederla.» Dax fece una pausa drammatica. «La mia vita è così noiosa che sono costretto a vivere per interposta persona, attraverso le tue avventure.» «E dal momento che le chiacchiere sono così dettagliate...» «Le tue avventure sono diventate leggenda.» Spalancò le faccia, ridendo. «Dunque dove sei diretta adesso? Vai ad ammazzare un drago? Posso aggregarmi come tuo umile scudiero? Luciderò il tuo bastone del potere ogni sera con la mia camicia. Prometto.» «Sono lieta che i miei problemi ti servano da svago» replicai con un certo sarcasmo. «Sto cercando i miei... ah, il Re degli Alberi e la sua Regina. Intendiamo pianificare il nostro attacco contro i malvagi
santa pace», spiega di Parassiti degli Alberi che hanno radunato un esercito invisibile nel Mastio.» Gli occhi di Dax si illuminarono. «Ho sentito delle avventure della Regina degli Alberi questa mattina.» Il gioco diventò sgradevole. Non volevo sentire i pettegolezzi degli studenti su mia madre. Prima che Dax potesse parlare, lo invitai ad aggregarsi. Trovai i miei genitori nella sala refettorio e ci unimmo a loro. Mentre mangiavamo, la presenza di Dax agì a mio vantaggio. Fulcro della conversazione furono la scuola e i cavalli e argomenti generici, non dando alcuna occasione ai miei genitori di interrogarmi sulla seduta del Consiglio. E quando mia madre si offrì di distillare una speciale colonia per Dax, seppi che era contenta che avessi trovato un amico sitiano. Dopo aver salutato Dax andai con i miei genitori agli alloggi degli ospiti. Mentre Perl preparava del tè nel cucinino, chiesi a Esaù del Curaro. Irys gli aveva raccontato della droga quando temeva che Ferde mi avesse rapito. Lui si passò sul viso una mano callosa. «Non ho mai pensato che sarebbe stato usato in quel modo» disse scuotendo il capo. «Quando scopro qualcosa di nuovo, faccio sempre degli esperimenti finché non conosco tutti gli effetti collaterali e non so come la sostanza potrebbe venire usata o abusata. Allora soppeso gli aspetti negativi e positivi. Alcune scoperte non vedono mai la luce del giorno, ma per altre, anche se possono non essere perfette, i benefici superano i rischi.» Esaù smise di parlare quando Perl entrò nella stanza con un vassoio di tè. L'ammonimento negli occhi di mio padre mi disse che mia madre non sapeva del truce uso del Curaro da parte di Ferde. Lei servì il tè e mi sedette accanto sul divanetto. Durante il pasto si era tenuta addosso il mantello, ma se l'era tolto quando eravamo entrati nel loro appartamentino. «Che cosa è successo alla seduta del Consiglio?» mi chiese. Fornii loro una versione annacquata delle accuse di Cahil al Consigliere llom. Perl si portò la mano alla gola quando citai il nome
santa pace», spiega di di Valek, ma si rilassò quando le dissi che era stato provato che Cahil aveva torto. Poi, evitando di menzionare le insinuazioni sul mio coinvolgimento con Valek, li informai dell'uccisione di Goel. «Bene» commentò Perl. «Mi risparmia la fatica di maledirlo.» «Madre!» Ero sbalordita. «Puoi far questo?» «Profumi ed essenze non sono le uniche cose che so distillare.» Guardai Esaù. Lui annuì. «Buona cosa che Reyad e Mogkan fossero già morti. Tua madre ha una fertile immaginazione quando è furiosa.» Mi chiesi quali altre sorprese avrei scoperto sui miei genitori. Cambiando argomento, mi informai del loro viaggio verso il Mastio e della famiglia Zaltana, trascorrendo con loro la giornata come promesso. Quando l'ora si fu fatta tarda, Esaù si offrì di scortarmi ai miei alloggi. Dapprima rifiutai. Non mi erano state assegnate altre guardie dopo l'episodio con Goel. Quando lui insistette e Perl si rabbuiò, ricordai il suo commento a proposito delle maledizioni di mia madre e, non volendo essere bersaglio della sua ira, accettai. L'atmosfera del campus era silente e vuota. La luce della luna scintillava sugli alberi coperti di brina. Mancavano soltanto altri quattro giorni al plenilunio. La mia mano trovò il serpente di Valek, e mi rigirai il bracciale attorno al braccio. Quando fummo a metà strada Esaù disse: «Devo dirti un'altra cosa a proposito del Curaro». «C'è dell'altro?» Lui annuì. «La pianta dell'ortica pungente è la ragione per cui mandai la fornitura di Curaro ai Semedisabbia prima di aver terminato tutti i miei esperimenti sulla droga. La pianta cresce nelle Pianure Avibiane e la sua puntura causa dolore insopportabile per molti giorni. Sono solitamente i bambini che senza rendersene conto capitano dentro un ciuffo. A bassi dosaggi, il Curaro è eccellente per intorpidire la ferita. Non mi era mai passato per la mente che qualcuno potesse usare forti dosi di quella droga per paralizzare l'intero corpo.» Esaù si aggrondò, passandosi una mano sui capelli
santa pace», spiega di grigi lunghi fino alle spalle. «In seguito scoprii un altro effetto collaterale che all'epoca mi parve trascurabile. Ma adesso...» Si interruppe e si voltò verso di me. «Ad alte dosi il Curaro paralizza anche i poteri magici di una persona.» Sentii il sangue abbandonarmi il viso. Ciò significava che il Curaro poteva rendere totalmente inerme perfino un Maestro Mago. L'indomani notte sarebbe avvenuto lo scambio segreto. Da quando avevo preso il controllo del corpo di Goel con la magia, progettavo di prendere il controllo di quello di Ferde, ritenendo che, anche se fossi stata immobilizzata dalla droga, avrei potuto comunque usare i miei poteri. Ora appariva imperativo evitare che mi venisse iniettato del Curaro. Mio padre doveva aver visto l'orrore nei miei occhi. «C'è una specie di antidoto» disse. «Antidoto?» «Non annulla completamente gli effetti della droga, ma libera la magia e restituisce alcune sensazioni, anche se crea alcuni nuovi problemi.» Esaù scosse il capo, frustrato. «Non sono stato in grado di sperimentare pienamente con esso.» «Che cos'è?» «Teobroma.» Questo spiegava il nuovo problema. Mangiare quel dolce marrone avrebbe aperto la mia mente agli influssi magici, ma le mie difese mentali non avrebbero funzionato contro un altro mago, neppure uno più debole di me. «Di quanto Teobroma avrei bisogno?» chiesi a mio padre. «Un bel po'. Tuttavia, potrei concentrarlo» rifletté. Un vento gelido mi soffiò addosso, e rabbrividendo mi avvolsi più strettamente nel mantello mentre continuavamo il discorso. «Non avrebbe un così buon sapore, ma sarebbe una quantità minore» aggiunse Esaù. «Puoi prepararlo per domani pomeriggio?» domandai. Lui mi fissò, un'espressione preoccupata negli occhi gentili.
santa pace», spiega di «Yelena, stai per fare qualcosa che non dovrei raccontare a tua madre?» «Sì.» «Importante?» «Molto.» Esaù rifletté sulla mia richiesta. Quando arrivammo alle mie stanze, mi abbracciò. «Sai quello che stai facendo?» «Ho un piano.» «Yelena, sei riuscita a trovare la via di casa a dispetto delle probabilità. Voglio confidare che avrai nuovamente successo. Avrai l'antidoto per domani dopo mezzogiorno.» Restò sulla soglia del mio alloggio come un orso protettore mentre io ispezionavo l'interno. Soddisfatto che fossi al sicuro, mi diede la buonanotte e tornò agli appartamenti degli ospiti. Andai a letto e rimuginai sulle informazioni che Esaù mi aveva fornito. Quando le imposte si spalancarono mi rizzai a sedere, abbrancando il coltello a serramanico da sotto il guanciale. Valek si arrampicò sulla finestra con grazia leggera, lasciandosi cadere senza un rumore sul mio letto. Chiuse le imposte, poi mi raggiunse. «Devi andartene. Troppa gente sa che sei qui» dissi. «Non finché non troviamo l'assassino. E poi, il Comandante mi ha ordinato di proteggere l'Ambasciatrice. Mancherei ai miei doveri se me ne andassi.» «E se lei ti ordinasse di tornare a casa?» Mi voltai così da Poterlo vedere in viso. «Gli ordini del Comandante sopravanzano tutti gli altri.» «Valek, hai...» Lui interruppe la mia domanda con un bacio. Avevo bisogno di discutere molte cose con lui. La morte di Goel e l'offerta del Comandante. Ma una volta che il suo corpo aderì al mio e il suo odore raggiunse le mie narici, ogni pensiero di assassinio e di intrigo evaporò. Gli tirai la camicia. Lui sorrise deliziato. Il nostro tempo insieme era limitato e non volli sprecare la notte in parole.
santa pace», spiega di Quando mi destai nella semioscurità dell'alba, Valek se n'era andato. Ma io mi sentivo piena di energie. L'appuntamento con Ferde era in programma per mezzanotte, così ripassai il piano mentre mi preparavo ad affrontare la giornata. Irys aveva voluto che provassi di nuovo a muovere oggetti con la magia per la lezione mattutina. Dovevo ancora riuscire a padroneggiare quella capacità. Ma chiesi se potevamo lavorare sul rafforzamento delle mie difese mentali. Se avessi dovuto ricorrere all'uso dell'antidoto di Esaù, volevo essere in grado di erigere una barriera abbastanza resistente da poter bloccare la magia di Ferde anche mentre ero sotto l'influenza del Teobroma. Prima di congedarmi per quella giornata, Irys domandò: «Ti senti ancora stanca per il confronto con Goel?». «Un pochettino. Perché?» Lei mi rivolse un sorriso ironico. «Mi hai assillato tutti i giorni con le ricerche di Opale per l'ultima settimana. Niente domande ancora, per oggi.» «Ho dato per scontato che mi avresti raccontato qualsiasi novità.» «Abbiamo raggiunto una pietra miliare!» esclamò Irys. «Stai imparando a fidarti di noi.» Poi l'allegria nei suoi occhi si affievolì. «Nessuna novità. Non crediamo siano nella Cittadella o nelle pianure, così adesso stiamo ampliando l'area di ricerca.» Sensi di colpa mi strinsero il petto mentre mi affrettavo a cercare mio padre. Avevo voluto lavorare con Irys e gli altri, ma adesso intendevo incontrare Ferde con soltanto Valek a guardarmi le spalle. Valek valeva quattro uomini armati, tuttavia non avevo confidato i nostri piani a Irys, mentre una vera Sitiana avrebbe comunicato l'informazione al Consiglio. Ma perché non mi ero confidata con Irys? Perché lei non mi avrebbe lasciato andare all'appuntamento. Il pericolo per Sitia era troppo grande, tuttavia provare a tendere un'imboscata a Ferde non avrebbe funzionato senza di me lì presente. Irys credeva che alla fine l'avrebbero trovato, e che sacrificare Opale era un piccolo prezzo da pagare per Sitia. lo invece ritenevo che rischiare tutto fosse l'unico modo per fermarlo. Conoscere i rischi, e cercare di ridurli al minimo,
santa pace», spiega di poteva essere la chiave. Irys non credeva nella mia capacità di catturare Ferde, ma io avevo impedito a Roze, il più potente mago di Sitia, di strapparmi i miei più intimi pensieri, avevo guarito il corpo di Tula e trovato la sua coscienza, avevo preso possesso del corpo di Goel e avrei presto avuto un antidoto al Curaro. La fiducia occorreva funzionasse in entrambi i sensi. Anche la lealtà. Provavo un qualche senso di lealtà? Verso Irys, sì. Ma verso Sitia? Non avrei saputo dirlo. Anche se fossimo riusciti a salvare Opale e a catturare Ferde, Irys avrebbe interrotto le mie lezioni. Quel triste pensiero mi indusse a esaminare il futuro che mi attendeva e l'offerta del Comandante. Irys avrebbe spezzato il nostro rapporto, e io non avrei avuto obblighi verso Sitia. Avrei potuto raccontare al Comandante di Cahil e dei suoi piani di radunare un esercito per rovesciare Ixia. Cahil, quel furbacchione, non aveva avuto alcun ritegno a raccontare al Consiglio del mio legame con Valek. Mio padre mi aspettava fuori dagli alloggi degli ospiti. Aveva concentrato il Teobroma in una pillola della stessa forma e dimensioni di un uovo di pettirosso. «L'ho ricoperta di una gelatina che le impedirà di sciogliersi» mi spiegò. «Sciogliersi?» «Come la mangeresti se fossi immobilizzata dal Curaro?» Quando i miei occhi si spalancarono all'improvvisa comprensione, aggiunse: «Puoi tenere questa pillola tra i denti. Se vieni Punta col Curaro, dalle solo un morso e cerca di inghiottirne guanto puoi prima che i muscoli della mascella ti si paralizzino. Speriamo che il resto si sciolga e ti coli giù in gola». Prima di apprendere di questo antidoto, il mio principale obiettivo era stato non farmi proprio pungere con il Curaro. Se fossi andata volontariamente con Ferde, lui non avrebbe avuto bisogno di usarlo. O così avevo sperato. La pillola di Esaù mi rese ancor più fiduciosa sull'incontro di quella notte, e lui mi aveva dato un'idea. Presi in prestito alcuni altri oggetti da mio padre.
santa pace», spiega di Trascorsi il resto del pomeriggio in esercitazioni di autodifesa con Zitora, e dopo la cena con i miei genitori andai al fienile. Tutto di quella giornata sembrava strano, come se facessi le cose per l'ultima volta. Forse la sensazione era dovuta al fatto che la mia vita sarebbe stata diversa dopo quella notte. Kiki percepì il mio umore. Signora-di-Lavanda triste.
Un po'. Condussi Kiki fuori dal suo stallo e la strigliai. Di solito le
parlavo, ma quella sera lavorai in silenzio.
lo vado con Signora-di-Lavanda. Sorpresa, smisi di spazzolare. Avevo pensato che la mia connessione con Kiki riguardasse soltanto emozioni e semplice comunicazione. Lei individuava i miei sentimenti, e possedeva certi istinti come quando ero stata minacciata da Goel, ma fino a quel momento avevo creduto che lei non sapesse perché.
Sarebbe sospetto se ti portassi. Portami a distanza di fiuto. Signora-di-Lavanda ha bisogno di me. Ponderai le sue parole mentre riponevo le spazzole per strigliare. Cahil non era venuto al fienile per la mia lezione. Non ne fui particolarmente sorpresa. Immaginavo che avrei fatto pratica per conto mio. Ma come arrivare sulla groppa di Kiki senza una sella o una spinta?
Afferra criniera. Hop. Tira. Kiki. sei piena di consigli stasera. Sveglia, concordò lei. Mentre cavalcavamo attorno al pascolo, mi resi conto del valore della sua offerta. L'avrei portata con me e l'avrei lasciata pascolare nelle pianure. Il sito dello scambio era nell'unica località delle pianure che io conoscessi: la Roccia di Sangue. Mi si accapponò la pelle quando indagai come Ferde avesse ottenuto quell'informazione. L'immagine e i pensieri di Ferde frequentavano spesso i miei incubi, e mi chiesi se non avessi inavvertitamente creato una connessione mentale con lui. La sua brama di possedermi infestava i miei sogni. Non scappavo più dai serpenti. Invece attendevo il loro
santa pace», spiega di stretto abbraccio, accogliendo con gratitudine l'oblio dei loro morsi. Le mie azioni in sogno erano diventate disturbanti quanto quelle di Ferde. Kiki passò al trotto, riscuotendomi dai miei pensieri. Mi concentrai sulla necessità di mantenere l'equilibrio. Quando gambe e schiena presero a dolermi, lei si fermò. Dopo aver dato una rapida asciugata a Kiki la riportai nel suo stallo. Ci vediamo più tardi, dissi, dirigendomi verso le mie stanze per prepararmi per lo scambio. La mia fiducia si tramutò in nervosismo mentre le tenebre avanzavano sopra il cielo.
Fiducia, disse Kiki. Fiducia è mentine. Risi. Kiki vedeva il mondo attraverso il proprio stomaco: le mentine erano buone; pertanto, fidarsi di un altro era buono. Valek mi aspettava nelle mie stanze. La sua espressione severa assomigliava a una maschera di metallo. Un freddo splendore gli accendeva gli occhi: il suo sguardo da assassino. «Tieni.» Mi tese una maglia nera a collo alto e calzoni neri. «Sono fatti di una stoffa speciale che ti proteggerà da dardi lanciati da una cerbottana a fiato, ma non fermerà un dardo se ne vieni trafitta.» «Fantastico» dissi ringraziandolo. Almeno non sarei stata colta di sorpresa, e speravo che, una volta che Ferde mi fosse stato abbastanza vicino da infilzarmi, io avrei avuto la meglio. Gli abiti nuovi pendevano addosso alla mia figura minuscola. Rimboccai le maniche e aggiunsi una cintura per impedire ai Pantaloni di cascare. Un breve sorriso sfiorò le labbra di Valek. «Erano miei. Non sono la migliore delle sarte.» Riempii con cura il mio zaino, prendendo solo le cose essenziali, il che includeva il Teobroma, gli oggetti che mi aveva dato Esaù, la fune con il grappino, una mela, e il mio archetto. Ferde non aveva specificato di andare all'incontro disarmata. Come di consueto, fermai i capelli con i grimaldelli, e mi agganciai il coltello a serramanico alla coscia attraverso un foro tagliato dentro la tasca dei pantaloni. Valek mi aveva prevenuta. Poteva anche non essere il
santa pace», spiega di massimo con ago e filo, ma conosceva l'arte del combattimento come nessun altro. Ripassammo il nostro piano e gli dissi di Kiki. «Sgattaiolare fuori dai cancelli del Mastio e della Cittadella senza un grosso animale è già abbastanza difficile, amore» obiettò. «Ci riuscirò. Fidati di me.» Lui mi rivolse uno sguardo piatto, senza mostrare alcuna emozione. «Porterò Kiki fuori dalle mura e ti darò il tempo di passare le porte della Cittadella prima di dirigermi al luogo dell'incontro» dissi. «Una volta che Opale sia fuori pericolo e Ferde sia visibile, quello sarà il segno di intervenire.» Valek annuì. «Contaci.» Mi misi il mantello e partii. Mancavano quattro ore alla mezzanotte. Poche persone si muovevano per il campus. Le torce lungo i viali erano state accese e gli studenti si affrettavano nella fredda aria notturna, diretti a un corso serale o a un incontro con amici, lo ero un'estranea in mezzo a loro. Un'ombra che osservava e bramava di unirsi a loro, desiderando che le mie preoccupazioni vertessero solo sullo studiare per una delle interrogazioni di storia di Bain. Kiki mi aspettava nel suo stallo. Aprii lo sportello e la lasciai uscire. Salirle in sella con addosso un mantello e uno zaino carico era un'impresa impossibile, così usai uno sgabello.
Bisogno di pratica, sentenziò Kiki. Niente sgabelli in natura. Più tardi, acconsentii. Kiki guardò indietro verso la torre di Irys mentre ci avviavamo al cancello del Mastio. Signora-di-Magia. Il senso di colpa che avevo soffocato, per non aver detto a Irys dello scambio, minacciò di scatenarsi. Non sarà contenta.
Scalciare da matto. Dai mentine a Signora-di-Magia. Risi, pensando che avrei avuto bisogno di qualcosa di più delle mentine per riparare il danno.
santa pace», spiega di Mentine dolci su entrambi i lati, disse Kiki. Ermetico consiglio equino? Sei sicura che Uomo-di-Luna non sia tuo padre? Uomo-di-Luna sveglio. Ponderai le sue parole, cercando di decifrarne il reale significato. Prima che raggiungessimo il portone del Mastio, tirai a me un filo di magia e proiettai la mia coscienza all'esterno. Due guardie sorvegliavano il cancello. Annoiata, una sentinella pensava con desiderio al termine del suo turno; l'altra decideva che cosa avrebbe mangiato come cena tardiva. Un mago sonnecchiava su uno sgabello. Inviai il mago in un sonno più profondo, e usando i desideri delle guardie li incoraggiai a concentrarsi su qualcos'altro che il cavallo e il cavaliere che passavano sotto l'arcata. Mentre un soldato scrutò il cielo per vedere quanto si fosse mossa la Stella del Sud, l'altra frugò per il corpo di guardia in cerca di qualcosa da mangiare. Né l'uno né l'altro ci notarono e presto fummo fuori vista. Kiki camminava silenziosamente per la Cittadella. Nessun fabbro ferraio si sarebbe avvicinato a un cavallo Semedisabbia, poiché l'avversione di quella razza per i ferri metallici era ben nota. Quattro sentinelle sorvegliavano i cancelli della Cittadella. Ancora una volta distrassi le guardie mentre passavamo. Una volta lontane a sufficienza, Kiki partì al galoppo e ci dirigemmo verso le Pianure Avibiane. Solo quando non potemmo Più vedere la strada o la Cittadella rallentò al passo. I miei pensieri tornarono sulle parole di Kiki a proposito delle mentine. Perché quella notte il piano funzionasse, tutt'e due dovevamo fare la nostra parte. Entrambi i lati dovevano essere dolci. Lei aveva affermato che la fiducia era come le mentine. Si era riferita a Irys piuttosto che a Valek? La risposta mi sbocciò nella mente. Non seppi se sentirmi intelligente per aver inteso l'ammonimento di Kiki, oppure sentirmi una perfetta stupida ad avere un cavallo che mi suggeriva quale fosse la cosa giusta da fare.
Irys, chiamai nella mia mente. Yelena? Che cosa succede?
santa pace», spiega di Presi un profondo respiro, tenni i nervi saldi, e le raccontai i miei piani. Un silenzio, lungo e vuoto, seguì la mia confessione.
Morirai, disse infine. Non sei più la mia allieva. Mi collegherò con gli altri Maestri Maghi e ti fermeremo prima che tu arrivi da lui. Mi aspettavo quella risposta. La sua rabbia e l'immediata censura erano le ragioni per cui non avevo voluto dirle dello scambio. Irys,
mi hai detto prima d'ora che sarei morta. Ricordi la prima volta che ci incontrammo, nella Foresta del Serpente a Ixia? Lei esitò. Sì. Ero in una situazione impossibile. I miei poteri magici erano incontrollati, tu stavi minacciando di uccidermi ed ero stata avvelenata da Valek. Ogni linea d'azione sembrava condurre alla mia morte. Ma io ti chiesi di darmi un po' di tempo, e tu lo facesti. Mi conoscevi appena, eppure ti fidasti di me abbastanza da lasciarmi cercare una via d'uscita. Posso anche non conoscere le usanze di Sitia, ma sono un'esperta a vedermela con le situazioni impossibili. Riflettici, prima di chiamare gli altri. Un altro lungo, penoso silenzio. Ritirai il mio collegamento con Irys, avendo bisogno di concentrare l'attenzione sul da farsi. Kiki si fermò a un miglio dalla Roccia di Sangue. Percepii la sottile magia dei Semedisabbia. La protezione mancava della forza di quella che aveva coperto il loro accampamento, ma assomigliava a una sottile ragnatela, in attesa di catturare la sua preda inconsapevole. Un mago con le idonee difese magiche levate poteva evitare di essere individuato dai Semedisabbia, ma se il clan intensificava il proprio potere, allora avrebbero percepito la sua presenza. La loro magia avrebbe attaccato l'intruso. Esalai un piccolo sospiro di sollievo, sapendo che l'immunità di Valek l'avrebbe reso non individuabile. Scivolai giù dalla groppa di Kiki. Resta fuori vista, le dissi.
Resta sottovento. Tieni odore forte, mi istruì Kiki. Mi nascosi nell'erba alta, dando tempo a Valek di venirci dietro. Kiki aveva raggiunto quel punto in un'ora, ma a lui ci sarebbe voluta un'ora in più per raggiungere la posizione. Quando sentii di aver atteso abbastanza a lungo, cominciai a camminare verso la Roccia di Sangue, confidando che Valek si avvicinasse al luogo dello scambio
santa pace», spiega di dalla direzione opposta.
Coniglio, disse Kiki. Buono. Sorrisi. Doveva aver fatto fuggire un coniglietto dalla sua tana. La vivida luce lunare brillava sui lunghi steli d'erba. Soffiava una lieve brezza e io guardavo la mia ombra lunare scivolare sulla superficie increspata. La voce di Irys raggiunse la mia mente. Sei da sola. Poi la sua connessione mentale con me si spezzò, distruggendo il nostro collegamento mentore-studente. Mi pulsò la testa per il vuoto improvviso. Il cuore mi schizzò piccole fitte di panico. Calmai i nervi rammentando a me stessa che sia Valek sia Kiki mi guardavano le spalle. Quando fui più vicino al punto d'incontro, mi fermai e dopo essermi tolta il mantello lo arrotolai e lo nascosi in un ciuffo d'erba alta. Estraendo dallo zaino la pillola di Teobroma che mi aveva dato Esaù, me la piazzai tra i denti. La bocca mi dava fastidio, e sperai di non inghiottire accidentalmente la pillola. Proseguii. La sagoma scura della roccia si ergeva davanti a me. Raggi di luce lunare filtravano tra le nubi mentre scrutavo nella semioscurità, cercando qualche segno di Ferde e di Opale. Il sollievo mi invase quando vidi Opale sbucare da dietro la Roccia di Sangue. Si precipitò verso di me. e solo quando uscì dall'ombra potei vedere il terrore sul suo viso. I suoi occhi apparivano gonfi; la sua pelle pallida chiazzata dal pianto. Esplorai l'area con la magia, cercando di percepire Ferde mentre il mio sguardo gli dava la caccia. Opale mi si gettò tra le braccia, singhiozzando. Troppo facile. Ferde non avrebbe preteso la mia promessa di andare con lui prima di rilasciarla? La ragazza mi abbracciava così forte da pizzicarmi la pelle. Ferde ancora non compariva. La spinsi via, con l'intenzione di ricondurla alla Cittadella. «Mi dispiace così tanto, Yelena» gridò, e corse via. Mi voltai di scatto, aspettandomi che ci fosse lì Ferde gongolante.
santa pace», spiega di Nessuno. Confusa, feci per seguire Opale ma i miei piedi non vollero obbedirmi. Incespicando, caddi mentre il mio corpo perdeva ogni sensibilità.
santa pace», spiega di
Capitolo 21 Giacqui a terra mentre la paralisi mi si diffondeva per il corpo con rapidità stupefacente. Ebbi solo un secondo per rendermi conto che ero stata punta con il Curaro, prima che la droga mi raggelasse i muscoli. Solo un secondo per mordere la pillola di Teobroma prima che la mascella mi si serrasse, inghiottendo solo una goccia dell'antidoto. Distesa su un fianco, nella grigia luce lunare, vidi Opale che correva verso la Cittadella. La condizione di impotenza in cui mi trovavo era la diretta conseguenza del mio spaventoso eccesso di fiducia. Concentrata com'ero sul pericolo proveniente da Ferde, non ero preparata a un'aggressione da parte di Opale. Lei mi aveva trafitto, si era scusata ed era corsa via. Una sommessa paura pulsava nel mio corpo. Il Curaro sembrava attenuare le emozioni oltre che la magia, e mi sentivo come se avessi un pesante cappuccio di lana bagnata attorno alla testa. Dietro di me, udii il lieve fruscio di passi arrivare più vicino. Attesi Valek. Avrebbe colpito quando Ferde si fosse accostato a me? I passi si fermarono e la mia visuale mutò quando fui rigirata sulla schiena. Qualcuno mi voltò la testa un momento prima che potessi mettere a fuoco il cielo stellato. Non potevo spostare lo sguardo, ma riuscivo ancora a battere le palpebre. Non riuscivo a parlare, tuttavia potevo respirare. Non ero in grado di muovere la bocca o la lingua, però potevo deglutire. Strano. Quando una faccia entrò nel mio campo visivo, ricordai di nuovo che ero spaventata. Finché la sorpresa non eclissò per un istante la paura. Una donna dai lunghi capelli mi scrutava dall'alto. Portava una palandrana e potei vedere che aveva linee sottili disegnate o tatuate sul collo. Quando brandì un pugnale e avvicinò la punta metallica ai miei occhi, d'un tratto l'aria mi parve densa e difficile da inspirare. «Dovrei ucciderti adesso?» chiese. Il suo accento suonava familiare. Inclinò la testa di lato, divertita. «Nessun commento? Niente di cui preoccuparsi. Non ti ucciderò adesso: non sentiresti alcun dolore.
santa pace», spiega di Devi soffrire enormemente prima che io metta fine alle tue pene una volta per tutte.» La donna si alzò e si allontanò. Frugai nella mia memoria. La conoscevo? Perché voleva uccidermi? Forse lavorava con Ferde. Il suo modo di esprimersi era simile a quello dell'assassino, anche se l'inflessione era diversa. Dov'era Valek? Doveva pur aver visto la mia situazione. Udii uno strusciare e un tonfo, poi uno strano disorientamento mi fece capire che la donna mi stava trascinando. Il mio mondo si inclinò e si raddrizzò. Lei brandiva una corda, e dal poco che vedevo e sentivo dedussi che mi aveva gettato su un carretto e mi stava legando. Poi balzò a terra e dopo un momento la udii chiamare un cavallo. Dal cigolio delle ruote e dallo scalpitio dell'animale mi resi conto che ci stavamo muovendo. Dal frusciare dell'erba, indovinai che eravamo dirette nel cuore delle Pianure Avibiane. Dov'era Valek? Mi preoccupai, e attesi, e dormii perfino. Ogni volta che un po' di Teobroma disciolto mi raggiungeva la parete della gola, deglutivo. Ne avrei avuto abbastanza per contrastare il Curaro? Quando la donna si fermò, il pallido lucore dell'alba si era incuneato nel cielo notturno e la sensibilità cominciava a tornarmi nelle membra. Mossi la lingua, cercando di inghiottire altro Teobroma. Il dolore mi divampò nei polsi e nelle caviglie. Mani e piedi erano rigidi e freddi. Ero stata legata con gli arti spalancati sul pianale. La mia capacità di connettermi alla fonte del potere cominciò a ridestarsi quando la donna si arrampicò sul carro. I miei pensieri s'infransero nel vederla tenere in mano un lungo ago sottile. Allontanai la paura e attirai potere in me. «Oh. no, questo no» dichiarò lei, trafiggendomi con l'ago. «Dobbiamo raggiungere il Vuoto prima che ti permetta di avere sensazioni. Allora potrai sentire l'acciaio che ti affetta la pelle.» Pensai che quello sarebbe stato per Valek un momento eccellente per arrivare. Ma quando lui non comparve, dissi: «Chi...» prima che la droga mi intorpidisse tutti i muscoli. «Tu non mi conosci, ma conoscevi molto bene mio fratello. Non
santa pace», spiega di preoccuparti: saprai la ragione del tuo soffrire abbastanza presto.» Balzò giù dal carro e i familiari rumori del movimento ripresero.
In qualsiasi momento da ora, Valek!, pensai. Tuttavia, mentre il
sole procedeva attraverso il cielo, le mie speranze si affievolirono. Doveva essere accaduto qualcosa che aveva impedito a Valek di seguirmi. Forse il messaggio di Irys, la sera prima, sul fatto di essere sola, era stato un avvertimento.
Svariati orribili scenari a proposito di Valek si animarono nella mia mente. Per distrarmi, pensai a Kiki. Era vicina? Avrebbe seguito il mio odore? Con i poteri magici paralizzati, avrebbe saputo che avevo bisogno del suo aiuto? Il sole si librava sopra l'orizzonte quando il carretto si fermò di nuovo. Una sensazione di bruciore nei polpastrelli mi avverti che l'effetto del Curaro cominciava a svanire. Ben presto crampi, dolore e aria fredda tempestarono il mio corpo. Rabbrividii e inghiottii il resto dell'antidoto di Esaù, preparandomi a un'altra puntura. Che però non venne. Invece la donna si arrampicò sul carro e incombendo su di me con le braccia spalancate proclamò: «Benvenuta nel Vuoto. O, nel tuo caso, benvenuta all'inferno». Nella luce morente, vidi con chiarezza i suoi occhi grigi. I lineamenti forti del suo viso mi ricordavano qualcuno, ma non riuscivo a pensare. Mi doleva la testa e mi sentivo la mente ottusa. Mi protesi per prendere un filo di potere, ma trovai aria morta. Niente. Un sorrisetto soddisfatto si allargò sulle labbra della donna. «Questo è uno dei pochi luoghi di Sitia dove c'è un foro nella coltre di energia. Niente energia significa niente magia.» «Dove siamo?» domandai. La mia voce suonò rauca. «Sull'Altopiano Daviiano.» «Chi sei tu?» Ogni traccia di umorismo svanì dal viso della donna. Sembrava sulla trentina. I capelli neri le scendevano fin sotto la vita. Si rimboccò le maniche della palandrana color sabbia, rivelando i
santa pace», spiega di purpurei tatuaggi di animali che le coprivano le braccia. «Non l'hai capito? Hai ucciso così tanti uomini?» «Quattro, ma non avrei nulla in contrario a uccidere una donna.» Le rivolsi uno sguardo piccato. «Non sei davvero nella posizione di fare l'arrogante» ribatté lei sfilando il coltello da una tasca dell'abito. Pensai in fretta. Dei quattro, Reyad era l'unico che conoscessi bene, gli altri li avevo uccisi per autodifesa. Non sapevo neppure i loro nomi. «Non capisci ancora?» domandò avvicinandosi. «No.» La rabbia fiammeggiò nei suoi occhi grigi, e quell'espressione fece scattare i miei ricordi. Mogkan: il mago che mi aveva rapito e cercato di derubarmi della mia anima. A Sitia lo chiamavano Kangom. «Kangom meritava di morire» dissi. Valek aveva sferrato il colpo letale, ma Irys e io avevamo prima catturato il mago in una rete di potere magico. Non l'avevo incluso nel mio conteggio, ma ammettevo di essere responsabile della sua morte. La furia contorse l'espressione della donna. Affondò il coltello nel mio avambraccio destro, poi lo estrasse con la stessa rapidità. Il dolore mi esplose su per il braccio. Urlai. «Chi sono io?» domandò. Mi ardeva il braccio, ma incontrai il suo sguardo. «Sei la sorella di Kangom.» Lei annuì. «Il mio nome è Alea Daviian.» Quello non era il nome di uno dei clan. Lei comprese la mia perplessità e spiegò: «Un tempo ero una Semedisabbia». Pronunciò il nome del clan con disprezzo. «Sono legati al passato. I Semedisabbia sono i più potenti di tutta Sitia, eppure si accontentano di vagare per le pianure, sognare e tessere storie. Mio fratello ebbe una visione su come avremmo potuto dominare Sitia.»
santa pace», spiega di «Ma lui stava aiutando Brazell a prendere il potere a Ixia.» Trovavo difficile seguire la sua logica quando il mio sangue usciva a fiotti dalla pugnalata. «Era solo il primo passo. Prendere il controllo delle armate del nord, poi attaccare Sitia. Ma tu hai rovinato tutto.» «Sembrava una buona idea, all'epoca.» Alea mi passò il coltello lungo il braccio sinistro, tracciando una linea dalla spalla al polso. «Imparerai a rimpiangere quella decisione prima che io ti tagli la gola, proprio come hai fatto tu a mio fratello.» Il dolore mi trafiggeva le braccia, ma mi bussò alla mente una bizzarra irritazione perché lei aveva rovinato la camicia di Valek. Alea sollevò di nuovo il coltello, mirando al mio viso. Pensai in fretta. «Tu vivi sull'altipiano?» domandai. «Sì. Ci siamo separati dai Semedisabbia e abbiamo formato un nuovo clan. I Daviian conquisteranno Sitia. Non dovremo più rubare per sopravvivere.» «Come?» «Un altro membro è alla ricerca di potere. Quando avrà completato il rituale, sarà più potente di tutti e quattro i Maestri Maghi messi insieme.» «Sei stata tu a uccidere Tula?» chiesi. E quando lei mi guardò senza capire, aggiunsi: «La sorella di Opale». «No. Mio cugino ha avuto quel piacere.» Alea aveva un legame familiare con Ferde. Doveva essere lui l'altro mago alla ricerca, il che suggeriva altre domande. A chi stava mirando Ferde per il rituale conclusivo? Poteva trattarsi di qualsiasi ragazza con un po' di poteri magici, e lui poteva essere ovunque. E avevamo soltanto due giorni per trovarlo. Strattonai le corde con l'improvviso bisogno di muovermi. Alea sorrise di soddisfazione. «Non preoccuparti. Non ci sarai, per la pulizia di Sitia. Tuttavia, ci sarai ancora per un poco.» Tirò fuori l'ago e mi trafisse dentro il taglio al braccio. Guaii.
santa pace», spiega di «Non mi piace sprecare il tuo sangue su questa carretta» decise la donna, balzando giù dal carro. «Abbiamo una speciale bordura approntata così che io possa raccogliere la tua rossa vita e farne buon uso.» Il Curaro cominciava ad attenuare il dolore nelle mie braccia, ma non mi paralizzò del tutto il corpo. L'antidoto di Esaù forse stava funzionando. La presenza del Vuoto significava che non dovevo preoccuparmi che la mia mente fosse aperta a influssi magici. Tuttavia, essendo legata al carro e disarmata, non sapevo se sarei mai stata in condizione di combattere. Cercare lo zaino e l'archetto avrebbe rivelato ad Alea che potevo muovermi. Così serrai i denti per impedirmi di digrignarli e per rammentarmi di restare immobile. Udii un tonfo e il carro si inclinò. I miei piedi ora puntavano verso terra mentre la testa era sollevata. Da quella nuova angolazione, potei vedere una cornice di legno a pochi piedi di distanza. Fatta di assi spesse, aveva manette e catene che pendevano dalla sommità con una specie di carrucola collegata a esse. Sotto la cornice stava un bacile metallico. Supposi che la vittima stesse in piedi dentro il bacile. Al di là della cornice si estendevano i vividi colori del piatto Altopiano Daviiano. Il mosaico di gialli, fulvi e marroni sembrava così rasserenante a confronto del congegno di tortura. Il mio cuore prese a battere a ritmo accelerato. Tenni gli occhi fissi davanti a me quando Alea giunse in vista. Di pochi pollici più alta di me, arrivava con il mento a livello dei miei occhi. Si era tolta il mantello, rivelando i calzoni azzurri e una camicetta a maniche corte e scollo a punta, con dei dischi bianchi cuciti sopra, che la facevano sembrare rivestita di scaglie di pesce. Un cinturone di cuoio le cingeva la vita. «Ti senti meglio?» mi domandò. «Vediamo di esserne sicuri.» E affondò la punta della lama nella mia coscia destra. Ero così concentrata sulla necessità di non reagire, che mi ci volle un momento per accorgermi che la trafittura non aveva fatto male. La punta del pugnale di Alea aveva colpito il fodero del mio coltello
santa pace», spiega di a serramanico. Mi chiesi se l'arma, ancora agganciata alla mia coscia, fosse rimasta nascosta. Alea esaminò la mia espressione per molti frenetici battiti del mio cuore. Se avesse sospettato che riuscivo a muovermi, poteva essere tutto perduto. «I tuoi abiti sono strani» disse infine. «Sono spessi e resistono al mio coltello. Te li toglierò e li conserverò. Saranno un bel ricordo del tempo passato insieme.» Avanzò verso la cornice e afferrò le manette che vi stavano appese, tirando. La ruota della carrucola girò e lasciò scendere la catena fino a quando le manette non raggiunsero il carro. «Sei troppo pesante per me da sollevare. Buona cosa che mio fratello avesse aggiunto questa carrucola, così posso facilmente issarti in posizione» aggiunse aprendo le polsiere metalliche. Per me si avvicinava il momento di agire. Se era intelligente, mi avrebbe bloccato i polsi nelle manette prima di sciogliermi i piedi. Una volta che avessi avuto le braccia imprigionate nella cornice, sarei stata di nuovo impotente. Avevo soltanto una breve finestra di tempo per reagire. E progettavo di rischiare tutto sulla base di una congettura. Alea si chinò in avanti e tagliò la corda che mi legava il braccio destro al fianco del carretto. Lo lasciai cadere di lato come se fosse un peso morto, sperando che lei mi slegasse l'altro braccio prima di incatenarmeli. Invece la donna ripose il coltello nella cintura e si protese per prendermi il braccio. Affondai la mano nella tasca e cercai a tentoni il coltello a serramanico. Alea si raggelò un istante per la sorpresa. Le mie dita trovarono la liscia impugnatura e per poco non scoppiai a ridere per il sollievo. Estraendo l'arma con uno strattone, respinsi il suo braccio e feci scattare la lama. Lei estrasse il suo pugnale. Prima che potesse ritrarsi, le affondai la mia lama nel basso ventre. Grugnendo di sorpresa, mi puntò la sua arma al cuore. Barcollò un poco mentre si sporgeva avanti per colpire, e io sentii il freddo acciaio affondarmi nello stomaco. Alea cadde, finendo pesantemente seduta a terra. Si incurvò sul mio coltello a serramanico.
santa pace», spiega di Ansimai in cerca d'aria, combattendo contro le vertigini. Il dolore mi fiammeggiava su per la schiena e mi artigliava le interiora come una stretta morsa. Alea si estrasse la mia lama dai visceri e la lasciò cadere a terra. Strisciando verso il mantello, recuperò una fiala di liquido da una delle tasche. La aprì, vi immerse un dito e spalmò il liquido dentro la ferita. Curaro. Trascinandosi in piedi tornò verso di me e studiò in silenzio le mie condizioni. Il Curaro che aveva usato doveva essere stato diluito affinché lei riuscisse a muoversi. «Tira fuori il mio pugnale per liberarti e morirai dissanguata» mi avvertì con truce soddisfazione. «Lascialo dentro, e alla fine morirai comunque. In un modo o nell'altro, sei nel bel mezzo delle pianure senza nessuno ad aiutarti e nessuna magia a risanarti.» Scrollò le spalle. «Non è ciò che avevo in progetto, ma il risultato sarà lo stesso.» «Che mi dici del tuo problema?» chiesi, sbuffando per lo sforzo. «Ho un cavallo e la mia gente vive qui vicino. Il nostro guaritore mi curerà e sarò di ritorno in tempo per assistere ai tuoi ultimi istanti.» Oltrepassò il carretto. Dopo alcuni fruscii e grugniti, schioccò la lingua al cavallo, e io udii il familiare calpestio di zoccoli. Non appena la mia vista cominciò a offuscarsi dovetti concordare con Alea. La mia situazione non era migliorata, ma quantomeno le avevo negato la soddisfazione di torturarmi. Il dolore intenso rendeva difficile concentrarmi. Dovevo estrarre il pugnale? O tenermelo dentro? Il tempo passava e io entravo e uscivo dall'incoscienza. Mi destai quando il ritmico scalpitio di un cavallo al galoppo mi raggiunse le orecchie. Non avevo ancora preso la mia decisione e Alea stava tornando per gongolare. Chiudendo gli occhi per evitare di vedere la sua espressione soddisfatta, udii un nitrito. Il suono placò la mia sofferenza come se mi venisse somministrato del Curaro. Aprii gli occhi e vidi il muso di Kiki. A un tratto le mie prospettive parvero migliori, ma non ero sicura
santa pace», spiega di di poter comunicare con Kiki. «Coltello» dissi a voce alta. La gola mi bruciava dalla sete. «Dammi il coltello.» Guardando il mio coltello a serramanico per terra, fissai poi Kiki muovendo gli occhi e la testa dall'uno all'altra. «Per favore.» Lei voltò un occhio nella giusta direzione. Poi si mosse e afferrò l'impugnatura con i denti. Sveglia davvero. Protesi la mano libera e lei mi posò l'arma nel palmo. «Kiki, se usciremo da questo guaio» promisi, «ti darò tutte le mele e le mentine che vuoi.» Nuove ondate di dolore mi spazzarono il corpo quando mi torsi per tagliare la fune attorno al polso sinistro. Quando i capi si spezzarono, caddi a terra, ma ebbi sufficiente prontezza di spinto da atterrare su gomiti e ginocchia, evitando che il pugnale mi affondasse più profondamente nello stomaco. Dopo un'eternità, tesi la mano all'indietro e tagliai la corda che mi bloccava i piedi. Probabilmente mi sarei accoccolata sul terreno e arresa all'incoscienza, se Kiki non mi avesse sbuffato addosso annusandomi la faccia col muso. Guardando in su, pensai che la sua groppa pareva irraggiungibile quanto le nubi nel cielo. Niente sgabelli in natura. Risi, ma il suono che scaturì dalle mie labbra sembrava piuttosto un urlo isterico. Kiki si allontanò. Tornò con il mio zaino in bocca, posandomelo accanto. Le rivolsi un triste sorriso. Ogni volta che la cavalcavo, avevo sempre con me lo zaino. Probabilmente lei Pensava che ne avessi bisogno per salirle in groppa. Battendo la zampa con impazienza, mi spinse lo zaino più vicino. Aveva parlato di mele. Forse voleva quella che c'era dentro. Lo aprii. Ragazza sveglia. Trovai il Curaro, di cui mi ero dimenticata. Progettando di usare la droga contro Ferde, avevo messo nel bagaglio una delle fiale di Esaù. Ne sparsi una minuscola goccia dentro la ferita. La droga mi alleviò il dolore. Sospirando di sollievo, provai a sedermi. Sentivo braccia e gambe legnose e pesanti, ma si muovevano nel modo giusto. Il Teobroma che avevo in corpo impediva al Curaro di paralizzarmi i muscoli. Fu una fatica infilarmi lo zaino, ma il timore del ritorno di Alea mi motivò, e mi
santa pace», spiega di alzai su gambe tremanti. Kiki si piegò sulle zampe anteriori. La guardai di sbieco. | Niente sgabello? Lei nitrì d'impazienza. Intrecciai le dita nella sua criniera e passai una gamba sul suo dorso. Lei si alzò sulle zampe e si lanciò in lisce falcate che divoravano il terreno. Percepii il momento preciso in cui lasciammo il Vuoto. La magia mi circondò come una pozza d'acqua, ma presto mi sentii affogare: uno sfortunato effetto collaterale del Teobroma apriva la mia mente alla magica aggressione. Entrando nelle Pianure Avibiane, gli incantesimi protettivi dei Semedisabbia mi assalirono. Incapace di bloccare la magia, caddi. Strani sogni, immagini e colori mi turbinavano attorno. Kiki mi parlava con la voce di Irys. Valek si armava di coraggio mentre un capestro gli cingeva il collo. Aveva le braccia legate dietro la schiena. Ari e Janco stavano rannicchiati presso un fuoco in una radura erbosa, allarmati e inquieti. Non si erano mai persi, prima. Mia madre pendeva dai rami più alti di un. albero che oscillava selvaggiamente in una tempesta. L'odore del Curaro mi riempiva le narici e il sapore del Teobroma mi rivestiva la bocca. Il coltello di Alea mi era penetrato più profondamente nell'l'addome quando avevo urtato il terreno. Con l'occhio della mente, vidi i muscoli lacerati, la ferita nello stomaco da cui sgorgavano sangue e acido gastrico. Tuttavia non riuscii a focalizzare la mia magia per sanare la ferita. I pensieri di Valek mi raggiunsero. Combatteva i soldati attorno a sé con i piedi, ma qualcuno tirava la fune e quella si serrava attorno al suo collo. Rammarico gli pulsava nel cuore. Mi dispiace, amore. Non credo
che ce la faremo, stavolta. No!, gli urlai. Resta vivo. Pensa a qualcosa! Resterò se tu lo farai, ribatté Valek.
Che uomo frustrante. Esasperata, raccolsi le immagini danzanti e la magia che minacciava di sopraffarmi e le stritolai, combattendo con tutte le mie forze. Le immagini mi roteavano attorno come fiocchi di neve in un turbine. Il Teobroma mi scorreva nel sangue e
santa pace», spiega di intensificava le mie percezioni, rendendo la magia tangibile. I fili di potere mi scivolavano tra le mani come una coperta ruvida. Sudando e ansimando per lo sforzo di resistere, mi strappai dallo stomaco il pugnale di Alea e attirai magia verso la ferita. Posandomi le mani sull'addome, ricoprii di potere il caldo torrente di sangue. Concentrandomi, inviai l'occhio della mia mente verso il danno. Afferrai un filo della magia che mi turbinava attorno e lo usai per ricucire lo strappo nello stomaco. Riparai i muscoli addominali lacerati e annodai insieme la pelle. Una rapida occhiata al mio stomaco rivelò una brutta cresta rossa di carne raggrinzita che provocava un'acuta fitta di dolore ogni volta che tiravo il fiato. Ma la ferita non metteva più a rischio la mia vita. Avevo mantenuto la mia parte del patto. Sperai disperatamente che Valek mantenesse la sua. Lo sfinimento mi prostrava, e sarei caduta addormentata, ma Kiki mi spinse con il muso. Vieni, disse nella mia mente. Aprii gli occhi. Stanca.
Cattivo odore. Andare. Eravamo fuori dal Vuoto, ma dovevamo essere vicine alla gente di Alea.
Afferra coda, mi istruì. Stringendo i lunghi crini, mi trascinai in posizione eretta. Kiki si inginocchiò, e le montai in groppa. Lei partì, galoppando veloce come il vento, lo mi aggrappai alla criniera e cercai di stare sveglia. Le piane correvano via indistinte mentre il sole calava. L'aria ghiacciata mi morse la pelle. Quando Kiki rallentò, battei le palpebre cercando di mettere a fuoco l'ambiente circostante. Eravamo ancora nelle pianure, ma vidi più avanti un fuoco da campo.
Fai rumore. Non spaventare Coniglio. Conigli? Una fame improvvisa mi fece gorgogliare lo stomaco.
Avevo una mela, ma l'avevo promessa a Kiki.
Lei sbuffò divertita, nitrì e si fermò. Guardai oltre la sua testa e
santa pace», spiega di vidi due uomini che bloccavano il cammino. La luce lunare si rifletteva sulle loro spade. Ari e Janco. Li chiamai e loro rinfoderarono le spade mentre Kiki si accostava.
Coniglio? Non Uomo Coniglio? Troppo veloce per un uomo. «Grazie al fato!» gridò Ari. Vedendo come ciondolavo sul collo della giumenta, mi tirò giù e mi trasportò al loro fuoco da campo, adagiandomi come se fossi fragile come un uovo. L'improvviso desiderio che Ari fosse il mio vero fratello mi sopraffece. Avrei scommesso che perfino a otto anni Ari non avrebbe mai permesso che fossi rapita. «Partire e conquistare di nuovo tutta la gloria» sbuffò Janco, fingendo di essere annoiato. «Non so perché poi ci siamo disturbati a venire in questa terra pazzesca. Le tracce della tua pista non hanno neanche avuto la decenza di andare da qualche parte, se non in circoli» borbottò. «Non ti piace esserti smarrito, Janco?» scherzai. Lui bofonchiò e incrociò le braccia. «Non preoccupatevi. Le vostre tecniche sono ancora brillanti. Siete nelle Pianure Avibiane. C'è una magia protettiva, qui, che confonde la mente.» «Magia» borbottò. «Un'altra buona ragione per starsene a Ixia.» Ari sedette accanto a me presso il fuoco. «Hai un aspetto terribile. Tieni.» Mi avvolse il mantello attorno alle spalle. «Dove...» «L'abbiamo trovato nelle piane» spiegò Ari. Poi si accigliò. «Valek ci aveva chiesto di guardargli le spalle ieri notte. L'abbiamo seguito, ma gli hanno teso un'imboscata ai cancelli della Cittadella.» «Cahil e i suoi uomini» indovinai. Lui annuì, poi prese a ispezionare i tagli sulle mie braccia. «Come sapevano dove trovarlo?» domandai. «Il capitano Marrok è un battitore di una certa fama» rispose Ari.
santa pace», spiega di «Pare abbia avuto a che fare con Valek in precedenza. È l'unico soldato a essere fuggito dalle segrete del Comandante. Dev'essere stato ad aspettare l'occasione ideale.» Scosse il capo. «La cattura di Valek ci ha messi di fronte a un dilemma...» «Aiutare Valek o aiutare te» completò Janco. «Credo che lui sospettasse che potesse capitargli qualcosa, e non voleva che tu restassi senza protezione. Così ci siamo attenuti al piano e ti abbiamo seguita.» Ari mi tese una brocca d'acqua. Trangugiai il liquido. «Non che abbiamo combinato qualcosa di buono» sbuffò Janco. «Quando abbiamo raggiunto il luogo dell'incontro, carro e cavallo erano partiti e abbiamo immaginato di poterti rintracciare. Lei doveva pur fermarsi una volta o l'altra. Ma...» «Avete perso la strada» terminai per lui. Ari tastò il profondo taglio sul mio avambraccio destro. «Ahi!» «Sta' ferma» disse Ari. «Janco, prendi l'equipaggiamento medico dal mio zaino... questi tagli devono essere puliti e sigillati.» Se avessi avuto un minimo di energia, avrei curato le ferite sulle mie braccia con la magia. Invece mi sottoposi alle cure e agli ammonimenti di Ari. Quando tirò fuori il vasetto del collodio sigillante di Rand, gli chiesi del nuovo chef del Comandante per distrarmi dal dolore. «Dal momento che Rand non ce l'ha mai fatta a raggiungere Brazell per lo scambio di cuochi, il Comandante ha promosso uno della brigata di cucina di Rand.» Ari si accigliò. Feci una smorfia quando mi applicò la colla sul taglio, più per il ricordo che per il bruciore al braccio: Rand aveva perso la vita proteggendomi, ma non mi sarei mai neppure trovata in pericolo se lui non mi avesse spedita dritta dritta in un'imboscata. «Il cibo non è più lo stesso» disse Janco con un sospiro. «Stanno tutti perdendo peso.» Dopo avermi fasciato le braccia, Ari tirò fuori qualcosa dal fuoco. «Janco ha preso un coniglio.» Ne tirò via un pezzo e me lo porse. «Hai bisogno di mangiare qualcosa.»
santa pace», spiega di All'improvviso ricordai una cosa. «Kiki ha bisogno...» Feci per alzarmi. Janco mi accennò di stare seduta. «Mi prenderò cura io di lei.» «Tu sai...» «Ovvio, sono cresciuto in una fattoria.» Avevo strappato ogni bocconcino di carne dall'osso di coniglio quando Janco tornò coperto di crini. Pareva di umore migliore. «Che bella bestia» disse di Kiki. «Non ho mai avuto un cavallo che stesse così pazientemente a farsi strigliare, e non era nemmeno legata!» Gli dissi dell'onore che lei gli aveva fatto cambiando il suo nome da Uomo Coniglio a Coniglio. «Senza precedenti.» Lui mi rivolse un'occhiata strana. «Cavalli parlanti. Magia. Pazzi di meridionali.» Scosse la testa. Avrebbe potuto dire altro, ma io non riuscii più a stare sveglia. Il mattino seguente raccontai ai miei amici di Alea e del clan che si era insediato sull'altopiano. Avrebbero voluto inseguirla, ma ricordai loro di Valek e della necessità di trovare Ferde. Mi si strinse il cuore quando pensai a Valek. Anche con una nottata di sonno, non avevo ancora energia sufficiente per scoprire che cosa gli fosse accaduto. Il resto però mi aveva dato la carica. «Dobbiamo tornare alla Cittadella» dissi alzandomi in piedi. «Sai dove siamo?» chiese Ari. «Da qualche parte nelle pianure» risposi, gettandomi in spalla lo zaino. «Che maga sei» commentò Janco. «Sai anche in che direzione si trova la Cittadella?» «No.» Kiki venne e si fermò accanto a me. Le afferrai la criniera. «Che ne dici di aiutarmi?» chiesi a Janco. Lui borbottò sottovoce, ma offrì le mani unite perché vi appoggiassi lo stivale. Quando mi fui sistemata sulla groppa, guardai giù verso di lui. «Kiki sa dove andare. Potete tenerci dietro?»
santa pace», spiega di Lui sogghignò. «Questo coniglio sa correre.» Ari e Janco sistemarono nel bagaglio il loro equipaggiamento e partimmo al trotto. Tutti quei giri di corsa attorno al castello del Comandante li avevano tenuti in ottima forma fisica, perché tennero il passo senza fatica. Quando raggiungemmo la strada, udii Janco imprecare e borbottare sul fatto di essersi persi ad appena un miglio di distanza. Nei pressi delle porte della Cittadella incontrammo i quattro Maestri Maghi. Erano tutti a cavallo. Un drappello ben armato li accompagnava. Sorrisi all'espressione attonita di Roze Pietrapiuma, ma tornai seria alla gelida occhiata di Irys. «Perché siete qui?» domandai. «Stavamo venendo a salvarti o a ucciderti» rispose Zitora, scoccando a Roze uno sguardo seccato. Rivolsi a Irys un'occhiata interrogativa. Lei distolse lo sguardo e bloccò i miei tentativi di raggiungere la sua mente. Anche se avevo sempre saputo che mi avrebbe evitata per punirmi di essere partita da sola, ugualmente i suoi atti mi laceravano il cuore. Senza curarsi di celare la soddisfazione, Roze spiegò: «A causa del tuo pericoloso disinteresse per il bene di Sitia, sei stata espulsa». Era la minore delle mie preoccupazioni. «Opale è salva?» chiesi ai maghi. Bain Buonsangue annuì. «Ci ha raccontato che una donna la teneva prigioniera. Era collegata all'assassino?» «No. Dobbiamo ancora trovare Ferde. Lui non vuole me. Deve aver preso qualcun altro. È stata denunciata la scomparsa di qualcuno?» Il mio annuncio causò considerevole agitazione. Tutti avevano supposto che fosse Ferde a tenere prigioniera Opale. Adesso dovevano cambiare tattica. «Lo abbiamo cercato per due settimane» disse Roze, mettendo fine al chiacchiericcio. «Che cosa ti fa pensare che possiamo trovarlo adesso?»
santa pace», spiega di «L'ultima vittima non avrebbe dovuto essere rapita» disse Bain. «Torniamo indietro e discutiamone. Yelena, il posto più sicuro per te è nel Mastio. Parleremo del tuo futuro quando questo disastro sarà risolto.» I Maghi si diressero verso il Mastio. Ari, Janco e io li seguimmo. Pensai al commento di Bain. Il mio futuro non sarebbe stato niente senza Valek. Raggiunsi Bain e gli chiesi di lui. Maestro Buonsangue mi rivolse uno sguardo severo, e percepii la sua magia premere contro la mia barriera mentale. Allentai la guardia e sentii la sua voce nella mia mente.
Meglio non parlare ad alta voce di questo, bambina. Cahil e i suoi uomini l'hanno catturato due notti fa, ma Cahil non vuole consegnarlo né ai Consiglieri né ai Maestri Maghi. Percepii la disapprovazione di Bain per le azioni di Cahil. E io dovetti soffocare il desiderio di trovare quello sciagurato e scannarlo con la sua stessa spada.
Cahil ha cercato di impiccare Valek ieri all'imbrunire, ma lui è fuggito. Bain pareva impressionato. Non abbiamo idea di dove sia adesso. Ringraziai Bain e feci rallentare Kiki, lasciando che gli altri mi precedessero. Assaporai il sollievo che Valek fosse vivo. Quando Ari e Janco mi raggiunsero, passai loro l'informazione. Giunti al Palazzo del Consiglio, Ari e Janco si diressero verso l'ala degli ospiti. Kiki accelerò e raggiungemmo gli altri. Pensai a dove potesse essere andato Valek. Tornare a Ixia sembrava la linea d'azione più sicura e più logica, ma sapevo che sarebbe rimasto nei paraggi fino a che Ferde non fosse stato preso. Ciò mi condusse a riflettere su chi potesse essere la prossima vittima dell'assassino. Lui aveva lavorato nel Mastio dove c'erano molte giovani maghe che stavano appena imparando a controllare la propria magia. Dal momento che la luna piena si sarebbe levata l'indomani notte, probabilmente aveva bisogno di qualche giorno per prepararsi. I Maestri Maghi non potevano localizzarlo con i loro poteri, tuttavia avrebbero potuto essere in grado di contattare la ragazza che era con lui. Ma come trovarla?
santa pace», spiega di Appena varcati i cancelli del Mastio i Maestri Maghi smontarono, affidarono i cavalli alle guardie e si avviarono all'edificio amministrativo, lo li seguii, ma Roze mi bloccò alla base dei gradini. «Sei confinata nei tuoi alloggi. Ce la vedremo con te più tardi» promise. Non avevo intenzione di obbedirle, ma sapevo che non mi avrebbero lasciato entrare nella sala riunioni. Così, prima che Bain potesse salire i gradini dell'edificio, gli sfiorai il braccio. «L'assassino probabilmente ha convinto una delle giovani del primo anno ad andare con lui» gli dissi. «Se ognuno di voi controlla un dormitorio, potrete scoprire chi manca e cercare di comunicare con lei.» «Eccellente» approvò Bain. «Ora va' a riposare, bambina. E non preoccuparti. Faremo tutto ciò che è in nostro potere per trovare l'assassino.» Annuii. La stanchezza mi avvolgeva come una cappa di pietre, e l'idea di riposare era sensata. Prima di dirigermi alle mie stanze, feci una breve deviazione fino agli alloggi degli ospiti del Mastio. Fu mio padre ad aprire la porta. Mi stritolò tra le braccia muscolose. «Sei tutta intera? La mia pillola ha funzionato?» «Sì.» Lo baciai sulla guancia. «Mi hai salvato la vita.» Lui chinò la testa. «Ne ho fatte delle altre per te, casomai ti servissero.» Sorrisi con gratitudine. Sbirciando oltre la sua spalla, domandai: «Dov'è mamma?». «Sulla sua quercia preferita vicino al pascolo. Stava andando tutto bene finché...» Mi rivolse un ghigno sardonico. «Lo so. La troverò.» Mi fermai ai piedi della quercia, sentendomi come se fossi stata disarcionata da un cavallo. «Madre?» chiamai. «Yelena! Vieni su! Vieni su dove è sicuro!» Nessun posto è sicuro, pensai. Gli eventi degli ultimi due giorni cominciavano a sopraffarmi. Troppi problemi, troppo cavalcare. Il
santa pace», spiega di mio incontro con Alea provava che, anche quando mi sentivo fiduciosa di poter affrontare una situazione, in realtà non sapevo che cosa stavo facendo. Se lei mi avesse perquisito in cerca di armi, in quel momento probabilmente sarei stata ritta e immersa fino alle caviglie nel mio stesso sangue. «Vieni giù. Ho bisogno di te» gridai. Crollai a terra e mi cinsi le gambe con le braccia mentre mi ruscellavano lacrime dagli occhi. Con un fruscio e un cigolio di rami, mia madre comparve accanto a me. Come se fossi una bambina di sei anni, mi gettai tra le sue braccia e singhiozzai. Lei mi consolò, mi aiutò a raggiungere la mia stanza, mi diede un fazzoletto e un bicchier d'acqua. Mi mise a letto, e rimboccandomi le coperte mi baciò sulla fronte. Quando fece per andarsene, le afferrai la mano. «Ti prego, rimani.» Lei sorrise, si tolse il mantello e si distese accanto a me. Caddi addormentata tra le sue braccia. Il mattino seguente mia madre mi portò la colazione a letto. Protestai per l'esagerazione, ma lei mi bloccò. «Ho quattordici anni di maternità da recuperare. Fammi contenta.» Anche se il piatto era carico di cibo, divorai tutto fino all'ultimo boccone e prosciugai il tè. «Le frittelle dolci sono le mie preferite.» «Lo so» rispose lei con un sorrisetto. «Ho chiesto a una delle serventi del refettorio, e si è ricordata che ogni volta che cucinavano frittelle dolci ti si illuminavano gli occhi.» Prese il vassoio vuoto. «Dovresti tornare a dormire» suggerì prima di andare nell'altra stanza. Mi sarebbe stato facile obbedire, ma avevo bisogno di sapere se gli altri avessero scoperto chi fosse scomparso. Incapace di restare a letto, decisi di fare un rapido bagno prima di cercare Bain. «Vieni ai nostri alloggi quando hai finito ai bagni» disse Perl. «Quando tuo padre mi ha raccontato che cosa sta succedendo con questo assassino e il Curaro, ho pensato a qualcosa che potrebbe aiutarti. Avrebbe potuto esserti utile ieri» sbuffò. «Non sono un
santa pace», spiega di delicato germoglio. Non occorre che tu ed Esaù mi teniate nascoste le cose. E questo include Valek.» Si puntò le mani sui fianchi, arricciando le linee fluide del suo abito verdeazzurro. «Come...» sbottai. «Non sono sorda. Il refettorio era tutto un brusio su di te e Valek. E sulla fuga di Valek dalle mani di Cahil!» Si portò una mano alla gola, poi prese un profondo respiro. «So che tendo a reagire in modo sproporzionato ad alcune cose e a scappare sugli alberi.» Sorrise imbarazzata. «Valek ha la più orrenda delle reputazioni, ma io mi fido di te. Quando avrai un po' di tempo, devi illuminarmi su di lui.» «Sì, madre» risposi, e promisi anche di fermarmi ai loro appartamenti dopo il bagno. Era metà mattina, così l'edificio era pressoché vuoto. Pensai a quanto raccontare a mia madre a proposito di Valek. Quando ebbi finito di asciugarmi, mi cambiai e mi diressi ai quartieri degli ospiti. Dax mi intercettò. Il suo viso solitamente gioviale era tirato per la preoccupazione, e le occhiaie scure sotto gli occhi lasciavano pensare come se non avesse dormito da un bel po'. «Hai visto Gelsi?» domandò. «Non dalla Festa dei Nuovi Inizi.» Erano accadute così tante cose da quella notte. Il semestre non era andato come avevo immaginato. Niente da quando ero giunta a Sitia era andato come avevo immaginato. «Non stava lavorando a uno speciale progetto per Maestro Buonsangue?» «Sì. Stava sperimentando con la pianta dei campanellini d'argento. Ma non la vedo da giorni e non riesco a trovarla da nessuna parte.» Le sue parole mi colpirono come il coltello di Alea. Trattenni il fiato. «Che c'è?» I suoi occhi verdi si dilatarono allarmati. «Pianta? Dove? Con chi?» Le domande mi uscirono di bocca affastellandosi. «Ho già controllato i vivai molte volte. Lavorava con uno dei giardinieri. Forse potremmo chiedere a lui?»
santa pace», spiega di Lui. Mi si strinse il cuore, lo sapevo con chi era Gelsi.
santa pace», spiega di
Capitolo 22 «lo? Ma non mi sono mai collegato con Gelsi!» Il viso tirato di Dax assunse un'espressione di folle paura. L'avevo portato nelle mie stanze ed eravamo seduti insieme sul divano. «Non preoccuparti, lo ho lavorato con lei solo una volta, ma tu la conosci da un anno. La troverò attraverso di te.» Almeno, lo speravo. «Rilassati» lo istruii. Presi la sua mano nella mia. «Pensa a lei.» Trovato un filo di magia, mi protesi verso la sua mente. Un'orribile visione di Gelsi, insanguinata e terrorizzata, mi riempi la mente. «Dax, non immaginare dove potrebbe essere. Pensa a lei alla festa dei Nuovi Inizi.» L'immagine si trasformò in una giovane donna sorridente con indosso un morbido abito verde. Sentii l'emozione di Dax mentre le teneva la mano e la conduceva nello spazio riservato alle danze. Inviai la mia magia a Gelsi, cercando di vedere Dax attraverso la mente di lei. La ragazza gli lanciava un'occhiata dal basso. Avevano sempre danzato insieme alla festa, ma questa volta la sensazione era diversa. La sua pelle bruciava dove lui l'aveva toccata, e un calore le pulsava nel petto.
Gelsi, chiamai, attirandola dentro il ricordo. Che serata incantevole, pensò lei. Come sono cambiate le cose, in seguito. Dax sembrava distante dopo quella notte. Preoccupato. Gelsi. dove sei?, domandai. Divampò la vergogna. Sono stata una stupida. Nessuno deve sapere. Ti prego, non dirlo a nessuno. Tremava di paura. Sei stata ingannata da un astuto stregone. Nessuno te ne farà una colpa. Dove sei? Lui mi punirà. Cercò di ritrarsi. Le mostrai la preoccupazione di Dax per lei. La sua ricerca per tutto il Mastio. Non lasciare che il tuo rapitore vinca, implorai.
santa pace», spiega di Gelsi mi mostrò una stanza spoglia. Lei era nuda e legata a pioli metallici che erano stati conficcati nel pavimento di legno. Strani simboli erano stati dipinti sul pavimento e sulle pareti. Il dolore pulsava tra le sue cosce e i molteplici tagli lungo le braccia e le gambe bruciavano. Lui non aveva avuto bisogno di drogarla con il Curaro.
Lo amavo, disse lei. Mi sono data a lui. Invece della meravigliosa esperienza amorosa che si era aspettata, Ferde l'aveva legata, picchiata e stuprata. Poi l'aveva quasi dissanguata, raccogliendo il sangue in una ciotola di terracotta.
Mostrami dove sei, ordinai. Dietro la camera c'era un soggiorno e fuori potei vedere un cortile con una scultura di quindici cavalli in giada bianca.
Abbi fede, dissi. Presto saremo lì. Lui se ne accorgerà. Ha circondato i dintorni con uno scudo magico, sa quando qualcuno ci passa attraverso, e se si sentirà minacciato, completerà il rituale. Non deve aspettare fino alla luna piena di stanotte? No. Il messaggio lasciato da Alea aveva originariamente fissato lo scambio per il plenilunio, così tutti avevano supposto non solo che fosse stato Ferde a inviare il biglietto, ma anche che la fase lunare fosse indispensabile per il rituale.
Ha dovuto spostarsi molte volte, disse Gelsi. All'inizio pensavo che fosse una cosa eccitante. Non sapevo che era lui l'uomo che i Maestri stavano cercando. Mi ha indotta a credere di essere in missione segreta per conto dei Maestri Maghi. Troveremo un modo, promisi. Fate in fretta. Ritrassi la mia coscienza e mi appoggiai allo schienale. Dax mi fissò inorridito: era stato in grado di vedere e udire la nostra conversazione. «Avrà bisogno di te quando tutto questo sarà finito» gli dissi.
santa pace», spiega di «Dobbiamo dire ai Maestri...» «No.» La mia mente passava rapidamente in rassegna le opzioni. «Ma lui è forte. Hai sentito Gelsi. Ha uno scudo» obiettò Dax. «Ragione di più per andarci da sola. Loro lo hanno cercato a lungo e lui li conosce, lo penso di poter passare senza essere individuata.» «Come?» «Non c'è tempo di spiegare. Ma Gelsi avrà bisogno di averti vicino. Puoi raggiungermi al mercato tra un'ora?» «Certo.» Balzai in piedi e cominciai a raccogliere attrezzature. Dax esitò sulla porta. «Yelena?» Lo guardai. «Che cosa succederà se non lo fermi?» Nei suoi occhi verdi brillava la paura. «Dovremo trovare Valek. Altrimenti, Sitia sarà di Ferde.» Dax inghiottì il panico e annuì prima di andarsene. Misi nel bagaglio il mio equipaggiamento e mi cambiai d'abito. Vestita con tunica e calzoni marroni in tinta unita mi sarei confusa con i comuni cittadini della Cittadella. Coprendo il mio travestimento con il mantello, mi avviai verso gli alloggi dei miei genitori. Leif sedeva con loro nel soggiorno. Lo ignorai. «Padre, hai quelle pillole di scorta?» domandai, sperando che lui capisse che volevo il Teobroma. Lui annuì e andò a recuperarle. Mentre aspettavo, mamma si ricordò della piccola invenzione di cui mi aveva parlato e mi porse uno strano congegno fatto di tubicini e gomma, spiegandomi come farlo funzionare. «Giusto in caso di necessità» disse. «È grandioso» dissi io. «Avevi ragione sul fatto che potrebbe tornarmi utile.» Perl sorrise, raggiante. «Questo è ciò che ogni madre vorrebbe
santa pace», spiega di sentirsi dire.» Leif era rimasto in silenzio, ma potei sentire il suo sguardo fisso e penetrante, come se tastasse le mie intenzioni. Esaù mi porse le pillole. «Verrai a pranzo con noi?» «No. C'è qualcosa che devo fare. Vi raggiungerò più tardi» risposi, abbracciando mio padre e dando a mia madre un bacio sulla guancia. Un senso di nausea mi rivoltò lo stomaco. Forse avrei dovuto dire ai Maestri Maghi di Ferde e Gelsi? Dopotutto, era stato solo un puro caso che mi aveva salvato da Alea. Stavo ancora scoprendo che cosa ero in grado di fare con la mia magia. Adesso che ero stata espulsa, sarei stata in grado di esplorare pienamente il mio potenziale? Mia madre mi bloccò appena fuori dalla porta. «Tieni» disse, consegnandomi l'amuleto fiammeggiante. «Credo che tu abbia bisogno di questo. Ricorda che cosa hai sopportato per vincerlo.» Aprii la bocca per protestare, ma lei scosse il capo: «Lo rivoglio indietro». Mi stritolò in un abbraccio forte. Esaminando il premio scarlatto alla luce del sole, mi stupii dell'empatia di Perl. Mi infilai l'amuleto in tasca e mi avviai a passo svelto verso la Cittadella. Dopo aver passato le porte del Mastio, udii dietro di me dei passi pesanti. Roteai su me stessa, estraendo l'archetto. Leif si fermò a pochi passi. Il machete gli pendeva dalla cintura, ma lui non fece atto di impugnarlo. «Non ora. Leif» dissi voltandomi, ma lui mi afferrò per la spalla e mi fece girare per guardarmi in faccia. «So dove stai andando» annunciò. «Buon per te.» Allontanai bruscamente la sua mano. «Allora sai che il tempo è essenziale. Torna al Mastio.» Ripresi a camminare. «Se lo faccio, dirò ai Maestri che cosa intendi fare.» «Davvero? Non sei molto bravo a raccontare.» «Questa volta non esiterò.»
santa pace», spiega di Vedendo la postura ostinata delle sue ampie spalle, mi fermai. «Che cosa vuoi?» «Venire con te.» «Perché?» «Avrai bisogno di me.» «Considerato quanto sei stato d'aiuto nella giungla quattordici anni fa, credo che me la caverò meglio da sola» sibilai, piena di rancore. Lui trasalì, ma la sua espressione rimase ostinata. «O mi includi nei tuoi piani, oppure ti seguirò e li guasterò.» Tenni a freno la rabbia che d'un tratto ardeva dentro di me. Non avevo tempo per questo. «Ottimo, ma lascia che ti avverta che dovrai permettermi di entrare nella tua mente se vuoi passare attraverso lo scudo di Ferde.» Leif impallidì, ma annuì e si mise al passo con me mentre mi affrettavo verso il mercato. Dax era già arrivato. Lasciai Leif insieme a lui e andai a cercare Fisk. Stava aiutando una donna a contrattare per una pezza di stoffa, ma concluse non appena mi riconobbe. «Amabile Yelena, hai bisogno d'aiuto?» domandò. Gli dissi di cosa avevo bisogno. Lui sorrise e rispose: «Sembra divertente, ma...». «Mi costerà» terminai per lui. Il ragazzino corse via per radunare i suoi amici. Allorché Fisk tornò con una ventina di bambini, spiegai loro il mio piano. «State attenti a non entrare negli isolati del cortile finché non udrete il segnale. Intesi?» domandai. I ragazzini annuirono. Quando fui persuasa che avessero capito alla perfezione cosa dovevano fare, gli amici di Fisk si sparpagliarono e andarono a prendere posizione. Fisk condusse Leif e me verso la statua di giada bianca. Dax attendeva in una via laterale, abbastanza distante da non toccare lo scudo di Ferde, ma in vista delle finestre del secondo piano. Tenni aperta la mente, cercando l'orlo della barriera magica di
santa pace», spiega di Ferde. A poca distanza dal cortile, Leif mi toccò il braccio, fermandomi. «È appena qui davanti» bisbigliò. «Come lo sai?» «Percepisco un muro di fuoco. Tu no?» «No.» «Allora è un bene che io sia venuto.» Gli lanciai un'occhiataccia, ma non avevo risposta. Fisk ci osservava, attendendo il nostro segnale. Non era quello il momento per uno scontro. Guardai Leif. «Devi aprirmi la tua mente» gli dissi. «Devi fidarti di me.» Lui annuì senza esitare. «Fallo.» Attirai a me il potere, filandomelo attorno come un'enorme tenda. Protendendomi all'esterno, presi contatto con la mente di Fisk. «Pensa ai tuoi genitori» ordinai, sperando che la cosa funzionasse. Il ragazzino chiuse gli occhi e immaginò i genitori, lo mi collegai alle loro menti attraverso Fisk, dopodiché cercai di raggiungere quella di Leif. La mente di mio fratello assomigliava a un nero labirinto di pena. Colpa, vergogna e ira si intrecciavano assieme. Compresi perché Uomo-di-Luna volesse aiutarlo, ma provai una meschina soddisfazione avvertendo il rimorso che lo divorava. Spingendo da parte i suoi cupi pensieri, li sostituii con la preoccupazione del padre di Fisk di trovare lavoro e mantenere la famiglia. Attirai nella mia mente i pensieri della madre di Fisk sulla salute malferma della sorella. Tenendo nella mente di Leif e nella mia le loro personalità e pensieri, diedi il segnale al ragazzino. Lui abbaiò come un cane. Presto altri latrati echeggiarono in risposta dalle mura di marmo. Gli amici di Fisk cominciarono con il diversivo che avevamo congegnato, giocando a rimpiattino e correndo dentro e fuori dal cortile e dal magico scudo di Perde. lo presi per mano Fisk e Leif e tutti e tre proseguimmo dentro il
santa pace», spiega di cortile. Mentre attraversavamo la barriera, sentii il calore sondante di un mago irritato e potente. Esaminò i nostri pensieri, decise che eravamo una delle famiglie di mendicanti del posto, e ci liquidò. Quando raggiungemmo la statua, lasciai andare i genitori di Fisk. Avrebbero avuto una storia insolita da raccontare agli amici, di come avessero avuto la sensazione di trovarsi in due posti contemporaneamente. «Questa è metà della battaglia» dissi a Leif. Lui non volle incontrare i miei occhi. Il suo viso era rosso di vergogna. Irritata, scattai: «Adesso non è il momento». Lui annuì, ma non volle ugualmente incrociare il mio sguardo. Fisk corse a raggiungere i suoi amici nel gioco, dandoci ancora qualche minuto per entrare nella casa. Ci accostammo all'edificio da una stradicciola laterale. La porta era chiusa a chiave. Estrassi dallo zaino la mia chiave a diamante e la storta, e mi misi al lavoro sulla serratura. Quando ebbi allineato i perni, il cilindro della serratura girò e la porta si aprì verso l'interno. Udii lo sbuffare sorpreso di Leif. Poi avanzammo nell'atrio e chiudemmo la porta. Mi infilai i grimaldelli in tasca. Camminando senza far rumore, entrammo in un soggiorno. Il comune mobilio e le decorazioni sembravano fuori posto. Immagino mi fossi aspettata qualcosa di strano e inquietante; qualcosa che riflettesse la mente di un assassino. Leif impugnò il machete e io afferrai l'archetto, ma sapevo che non ci avrebbero protetti. La magia riempiva la casa. Mi premeva contro la pelle, e cominciai a sudare. I rumori dei bambini svanirono e udimmo un lieve tonfo di piedi dal piano sopra di noi. Collegandomi con la mente di Gelsi, vidi Ferde avvicinarsi a lei. Reggeva una ciotola di pietra bruna e un lungo pugnale. Indossava la maschera rossa e nient'altro. Lei era stata affascinata dai tatuaggi e dai simboli del suo fisico scultoreo, ma adesso li fissava con repulsione.
Sono al piano di sotto, le dissi. Che cosa sta per fare? Vuole altro sangue. Aspetta ancora un poco, altrimenti mi
santa pace», spiega di ucciderà se ti sente. Dovetti fisicamente aggrapparmi a Leif quando Gelsi cominciò a gemere di dolore. Tendendo a mio fratello una delle pillole di Teobroma di Esaù, gli accennai di mettersela in bocca. Posai i bagagli sul pavimento e silenziosamente tolsi dallo zaino il marchingegno di Perl. Con l'archetto in una mano e l'apparecchio nell'altra, attesi insieme a Leif ai piedi della scala finché non udimmo Ferde muoversi di nuovo.
Se n'è andato, disse Gelsi con sollievo. L'ansia mi serrò lo stomaco. Attirai potere in me per rafforzare le mie difese mentali. Fu un errore. Ferde lo sentì spillare e io potei percepire il suo crescente allarme. «Adesso» bisbigliai a Leif, e ci precipitammo su per i gradini, facendoli a due a due. Ferde ci aspettava sul pianerottolo. Ci fermammo al volo sull'ultimo gradino. Un sorriso divertito storse le labbra del mago prima che le serrasse assieme per concentrarsi. Repulsione e terrore mi salirono in gola nel vederlo, e per un attimo pensai che avrei vomitato mentre gli orribili ricordi di Tula mi riempivano la mente. L'ondata della sua magia s'infranse contro di noi. Afferrai il corrimano per evitare di rotolare giù per le scale. Leif scattò accanto a me, ma rimase ritto. Tutto qui? Lanciai un'occhiata a Ferde. Aveva gli occhi chiusi. Muovendomi verso di lui, sollevai il meccanismo di Perl. «Yelena, fermati» disse Leif. La sua voce suonò strana. Lo guardai appena in tempo per vederlo roteare il machete. Balzando indietro, lasciai cadere il marchingegno di Perl e bloccai l'arma di Leif con il mio archetto. «Che cosa stai...» cercai di chiedere, ma con la pillola tra i denti era difficile parlare. Leif sputò la sua e fece per colpire di nuovo. «Quando quegli uomini presero la mia perfetta sorellina, credetti che avrei ottenuto la totale attenzione dei miei genitori.» Il machete di Leif scese in un
santa pace», spiega di fendente verso il mio collo. Mi chinai. La sua vergogna e il suo senso di colpa erano state tutta una commedia? Aveva lavorato con Ferde per tutto questo tempo? Lasciando da parte la mia sbalordita incredulità, lo colpii allo stomaco con la punta del bastone. Lui si piegò e grugnì. La magia mi premette sulla pelle e Leif si raddrizzò con rinnovato vigore. Ma la magia di chi? «Invece, ho dovuto competere con un fantasma perfetto» continuò Leif, attaccando. Schegge di legno volarono in aria quando bloccai la sua larga lama. Fu solo questione di tempo prima che lui distruggesse il mio archetto e io fuggissi fuori dalla stanza sull'angusto pianerottolo. C'era un corridoio alla mia sinistra, e una porta aperta alla mia destra. «Mamma rifiutava di uscire di casa, e papà non c'era mai. Tutto a causa tua.» Leif sbuffò per lo sforzo. «E tu restavi lontana tanto per farmi dispetto. Non è vero? Tu sei il mio fico strangolatore, e adesso è tempo di farti a pezzettini.» Ferde era scomparso. Sentii il breve grido di allarme di Gelsi quando il mago entrò nella sua stanza. Progettava di finire il rituale mentre Leif mi teneva occupata. E stava funzionando. Con un crack tremendo, il mio archetto si schiantò in due. Leif avanzò e io diedi forma a uno scudo magico, ma lui ci passò attraverso senza nemmeno rallentare. Quale estremo tentativo, inviai all'esterno la mia coscienza, penetrando la sua mente oscura. Odio e disprezzo di sé colmavano i suoi pensieri. Percepii un'altra presenza nella mente di Leif. Ferde aveva capacità da Tessitore di Storie, e aveva portato allo scoperto tutte le emozioni brute di mio fratello per usarle contro di me. Mentre Leif brandiva il machete pronto a colpirmi, mi spostai a sinistra, riportando indietro la mia coscienza. Non potevo difendermi fisicamente mentre ero mentalmente altrove; semplicemente, non ero così forte. Leif ritrasse l'arma e vibrò un altro affondo verso di me. Non mi restava niente per difendermi. L'apparecchio di Perl era fuori portata.
santa pace», spiega di Le invocazioni d'aiuto di Gelsi si aprirono una strada bruciante attraverso i miei pensieri come un attizzatoio rovente, energizzandomi. Mi proiettai dentro la mente di Leif, prendendo controllo del suo corpo come avevo fatto con Goel. Arrestando la punta del suo machete a un sol pollice dal mio stomaco, lo costrinsi ad arretrare. Premendo attraverso la tenebra della sua mente, trovai il ragazzino che aveva visto la sorella che veniva rapita; non toccato dai sensi di colpa e d'odio. In quel momento dentro di lui albergavano soltanto curiosità e incredulità. Due emozioni che Ferde non sarebbe stato in grado di usare contro di me. Spedii Leif in un profondo sonno senza sogni. Lui si afflosciò sul pavimento mentre io tornavo nel mio corpo. Fermare Ferde era prioritario: me la sarei vista con mio fratello più tardi. Speravo. Raccogliendo il meccanismo di Perl, corsi lungo il corridoio, cercando Gelsi. Soltanto l'ultima porta sulla sinistra era stata chiusa. A chiave. Tirai fuori con uno strattone i miei grimaldelli e sbloccai la porta. Nel minor tempo di sempre. Janco sarebbe stato fiero di me. La porta si spalancò verso l'interno e io irruppi incespicando nella stanza. Ferde aveva le mani attorno alla gola di Gelsi. Guardai inorridita mentre ogni segno vitale lasciava il viso della ragazza e i suoi occhi diventavano vacui e ciechi. Ferde ululò e protese i pugni verso il soffitto, esultante. Troppo tardi. Con un tuffo al cuore, guardai Ferde esultare. Ma poi vidi una strana ombra levarsi dal corpo di Gelsi. Prima che la logica potesse avere il sopravvento, mi tuffai. Rovesciando il mago, inalai quell'ombra, raccogliendo l'anima di Gelsi dentro di me. Ebbi la sensazione che il mondo si fermasse per un momento così che io potessi infilarla in un angolo sicuro della mia mente. Poi, uno scatto. Il movimento riprese e caddi sopra Ferde. L'apparecchietto di Perl mi volò via di mano. atterrando vicino alla parete. Dopo una breve lotta, Ferde mi inchiodò al pavimento, sedendomi sullo stomaco. «Quell'anima è mia» disse. «Restituiscimela.»
santa pace», spiega di «Non appartiene a te.»
Yelena? Sentii la confusione di Gelsi nella mia mente. Tieni duro, le dissi. Ferde si protese verso il mio collo. Gli afferrai le mani, e sfruttando il suo slancio in avanti lo spinsi ulteriormente con il ginocchio sinistro, sbilanciandolo. Piantai il piede sinistro sul pavimento e girai di scatto le anche, facendomelo rotolare via di dosso. Poi balzai in piedi e assunsi una posizione di combattimento. Ferde sorrise e si rialzò con la grazia scattante di una pantera. «Siamo ben assortiti. Ma penso di avere io il vantaggio.» Mi preparai a un attacco, ma lui non si mosse. I suoi tatuaggi rossi presero a splendere fino a farmi bruciare gli occhi. Poi Ferde catturò il mio sguardo con il suo, fissandomi con gli occhi marrone scuro. Il suo viso si trasformò in quello di Reyad. Il mondo roteò e mi ritrovai nella camera da letto di Reyad a Ixia, legata al letto a guardare il mio aguzzino che frugava nella cesta di strumenti di tortura. Dopo un iniziale momento di panico, e terrore di essere costretta a rivivere le torture di Reyad, la scena scattò in avanti, all'espressione attonita di Reyad mentre sangue caldo gli sgorgava a fiotti dalla gola, inzuppandomi.
Anche tu sei un'assassina, disse Ferde nella mia mente. Mi
lampeggiarono davanti immagini degli altri uomini che avevo ucciso.
Tu hai il potere di raccogliere anime senza bisogno di simboli e di sangue. Perché credi che Reyad ancora ti perseguiti? Tu hai preso la sua anima, la prima di motte, lo vedo il futuro e il tuo non migliora.
Le immagini rotearono fino a stordirmi e i freddi occhi di Irys mi fissarono mentre guardavo Valek pendere da un cappio. L'odio di Leif mi martellò nella mente insieme al desiderio di Cahil di vedermi giustiziata. Vidi il Comandante sorridere di soddisfazione al mio processo per spionaggio, perché aveva avuto da me ciò che voleva e adesso non sarei più stata un problema per Ixia.
Guarda che cosa hanno fatto i Maestri Maghi a quel Cercatore d'Anime tanto tempo fa, disse Ferde. Un uomo incatenato a un palo veniva arso vivo. Le sue urla
santa pace», spiega di strazianti riverberavano nella mia mente. Ferde mantenne quell'immagine finché la pelle dell'uomo non fu consumata dal fuoco. Lottai per riprendere il controllo sulla mia mente, ma la magia di Ferde era pari a quella di un Maestro e non riuscii a scacciarlo.
Il Cercatore d'Anime voleva soltanto aiutare, riportando in vita i morti per i loro familiari e amici. Non era colpa sua se erano diversi quando si svegliavano, disse Ferde nella mia mente. Panico e paura dell'ignoto lo condannarono, proprio come il Consiglio condannerà anche te. Tutto quello che ti ho mostrato sarà il tuo destino. Lo vedo nei fili della tua storia. Uomo-di-Luna non è il tuo vero Tessitore di Storie, sono io. La sua logica era persuasiva. Ferde comprendeva il mio desiderio di trovare il mio posto nel mondo. Era accanto a lui. Cercatrice d'Anime e Ladro d'Anime.
Sì. lo cambierò la tua storia e il Consiglio non ti brucerà viva. Dammi soltanto l'anima di Gelsi. Un angolo della mia mente resistette, urlando per la brama di agire. Rubare anime è sbagliato, dissi, lo non lo farei.
Allora perché sei stata dotata di quella capacità, se non devi usarla?, chiese Ferde. Dovrei utilizzarla per aiutare le persone. Questo è ciò che voleva fare anche l'altro Cercatore d'Anime. Hai visto che cosa gli è accaduto. Mettere a fuoco i pensieri divenne difficile. Il controllo di Ferde cominciava ad allargarsi e presto mi avrebbe preso Gelsi.
Dammi la ragazza. Se la strappo via da te, morirai. Sarai la prima vittima del mio nuovo regime. I tuoi genitori saranno le successive due. Immagini di Perl che veniva mutilata e di Esaù fatto a pezzi mi riempirono la mente. Schizzava sangue mentre io guardavo con orrore impotente.
Salvali e potrai avere totale libertà per la prima volta in vita tua. Il suo incantesimo potente mi allettava. Mi scoprii a concordare
santa pace», spiega di con lui. Libertà. Ferde inviò attraverso il mio corpo un'ondata di piacere. Gemetti mentre un'inebriante mistura di gioia e gratificazione mi scorreva dentro. Desiderai consegnargli Gelsi. Ma lui si spinse troppo oltre quando la mia anima si colmò di appagamento... perché già vivevo quell'emozione ogni volta che Valek mi teneva tra le braccia. Mi alzai in piedi barcollando e sudando per lo sforzo di impedire a Ferde di prendere Gelsi. Il mago si era reso conto del proprio errore e lanciò un attacco mentale per ottenere l'anima che tanto desiderava. Cingendomi forte il torace con le braccia, crollai a terra. Il fuoco mi bruciava dentro. Lacrime e sudore mi pungevano gli occhi, ma individuai l'apparecchio di Perl lì vicino prima che il dolore contorcesse il mio corpo. Tutto quello che mi serviva era un secondo.
Guai, amore?, chiese Valek. Ho bisogno della tua immunità alla magia. È tua. Una resistenza alla magia, differente da qualsiasi barriera io potessi innalzare, crebbe nella mia mente bloccando il controllo di Ferde. Aprii gli occhi. «Per poco non mi avevi in tuo potere» dissi a Ferde. Raccolsi la macchinetta di Perl e mi alzai su gambe malferme. La sorpresa non bloccò a lungo il mago. «Non importa. Lo sforzo di respingermi ti ha indebolito.» In due falcate annullò la distanza tra noi. Le sue mani si strinsero attorno alla mia gola. Aveva ragione. Ma anche se non avevo il potere di fermarlo, potevo fare qualcos'altro. Mentre i suoi pollici mi premevano sulla trachea, alzai il marchingegno di Perl. Puntolini bianchi e neri mi danzavano davanti agli occhi. Prima che Ferde avesse il tempo di reagire, puntai il beccuccio contro di lui e pompai con la sfera di gomma, spruzzandogli il Curaro in faccia. Inventato per applicare il profumo, il piccolo apparecchio di Perl funzionò da incanto. La faccia di Ferde si raggelò per l'orrore. Spinsi via le sue mani e
santa pace», spiega di lui cadde a terra.
Ci saranno altri, fu l'ultimo pensiero di Ferde prima che la droga
paralizzasse il suo corpo e la sua magia.
Una volta persuasa che lui fosse immobilizzato, entrai nella sua mente. Intrappolate entro la tenebra c'erano tutte le anime che lui aveva rubato. Le rilasciai nel cielo. Avvertendo un lieve movimento, mi unii brevemente alle anime liberate immergendomi nella loro gioia e beatitudine, poi tornai nel mio corpo. Mi chinai su Gelsi. Posando le punte delle dita sul suo collo, mi concentrai sulle sue ferite e le riparai, inclusi i tagli su braccia e gambe.
Torna indietro, le dissi quando ebbi terminato. Lei si era rannicchiata nella mia mente, spaventata e confusa, durante la battaglia con Ferde, ma a quel punto comprese. Il suo corpo sbocciò di vita, e Gelsi inalò un lungo respiro sussultante. Tagliai le corde che la legavano con il coltello a serramanico, e dopo aver sputato la pillola di Teobroma ormai rammollita mi stesi accanto a lei esausta e sfinita. Gelsi si aggrappò a me. Mi ardeva la gola a ogni boccata d'aria. Dopo un bel po', raccolsi le energie per alzarmi, tirando in piedi anche la ragazza. Trovammo i suoi vestiti e l'aiutai a metterseli. Prima di guidarla verso il soggiorno per riposare su un comodo divano, agitai una mano da una delle finestre del secondo piano. Dax sarebbe stato presto lì. «Sarò espulsa» bisbigliò Gelsi. Scossi il capo. «No, sarai coccolata con affetto e comprensione. E ti verrà concesso tutto il tempo che ti serve per riprenderti.» Poco dopo, Dax prese il mio posto accanto a Gelsi, e io tornai al pianerottolo dove avevo lasciato Leif. La riluttanza mi rallentava le gambe. Avevo la sensazione che fossero state punte con il Curaro. Non avevo la forza di sciogliere i suoi pensieri contorti. La mia promessa a Uomo-di-Luna avrebbe dovuto aspettare ancora un po'. Attirai mio fratello in un sonno più leggero, così che si svegliasse dopo che me n'ero andata. L'ultimo commento di Ferde mi aveva
santa pace», spiega di fatto rendere conto che avevo ancora una faccenda in sospeso da sistemare. Dax teneva un braccio protettivo attorno alle spalle di Gelsi quando scesi dabbasso. «Ho mandato un messaggio a Bain Buonsangue. I Maestri stanno arrivando con un battaglione di guardie per condurre Ferde alla prigione del Mastio» mi informò Dax. «Allora è meglio che me ne vada. Dovrei essere confinata nei miei alloggi.» Dax scosse il capo. «Maestro Buonsangue sa che cosa hai fatto.» «Ragione di più per non essere qui quando arrivano.» «Ma...» Rivolsi loro un cenno di saluto e mi affrettai verso la porta, appendendomi lo zaino su una spalla. Essendo stata espulsa dal programma del Mastio, sapevo che presto sarei stata buttata fuori a calci dalle mie stanze. Avevo in progetto di essermene andata da un pezzo prima di dare a Roze la soddisfazione di sfrattarmi. Fisk mi corse incontro quando attraversai il cortile. «Siamo stati d'aiuto?» chiese. «È tutto a posto?» «Siete stati grandi.» Frugai nello zaino e porsi a Fisk tutte le monete sitiane che avevo. «Distribuisci queste alle tue truppe.» Lui sorrise e corse via. La stanchezza mi calò addosso come una coltre di piombo mentre attraversavo la Cittadella. Il panorama circostante si fece indistinto e camminai come in una nebbia. Quando oltrepassai il Palazzo del Consiglio, il gruppo di mendicanti che si tratteneva sempre vicino ai gradini prese a seguirmi. «Mi dispiace. Oggi non posso aiutarvi» gridai da sopra la spalla. Il gruppo tornò al Palazzo, ma uno non si diede per vinto. Mi voltai. «Ho detto...» «Amabile signora, hai una monetina?» domandò l'uomo.
santa pace», spiega di La sporcizia gli striava il viso e i capelli gli pendevano in grovigli unti. I suoi abiti erano laceri e sudici, e puzzava come letame di cavallo. Ma non poteva nascondere a me quei penetranti occhi blu zaffiro. «Non hai una monetina per l'uomo che ti ha appena salvato la vita?» chiese Valek. «Sono a secco. Ho dovuto pagare per il diversivo. Quei bambini non lavorano per poco o niente. Che cosa...» «Fontana dell'Unità. Un quarto d'ora.» E Valek tornò presso i gradini unendosi agli altri accattoni. lo proseguii verso il Mastio, ma non appena fui lontana a sufficienza dal palazzo del Consiglio imboccai un vicolo laterale e mi diressi alla Fontana dell'Unità. La sfera di giada con i suoi fori e le altre sfere annidate al suo interno brillava nella luce solare. La spuma proveniente dal cerchio di zampilli scintillava nell'aria fredda. Il sollievo di sapere che Valek era indenne lottava con la mia preoccupazione che andasse ben lontano dalla Cittadella. Un rapido movimento nell'ombra catturò la mia attenzione. Vagabondai verso gli scuri recessi di una soglia e raggiunsi Valek, abbracciandolo per un folle momento prima di ritrarmi. «Grazie di avermi aiutato contro Ferde» dissi. «Adesso va' a casa prima di farti prendere.» Valek sorrise. «E perdermi tutto il divertimento? No, amore. Verrò con te.» Riuscii a esprimere soltanto una modesta sorpresa. Valek e io non avevamo una connessione mentale come quella che mi aveva unito a Irys, eppure lui conosceva i miei pensieri, e quando avevo avuto bisogno del suo aiuto lui non mi aveva mai deluso. «Non ho alcuna speranza di convincerti a tornare a Ixia?» Il mio breve rigurgito di energia al vedere Valek salvo svanì. «Nessuna.» «Va bene. Anche se mi riservo il diritto di commentare Te l'avevo detto, se dovessi essere catturato.» Cercai di dirlo in tono severo, ma la mia anima stanca e sbattuta era così colma di sollievo che lui
santa pace», spiega di venisse con me, che le parole diventarono giocose. «Affare fatto.» Gli occhi di Valek s'illuminarono, pregustando la sfida.
santa pace», spiega di
Capitolo 23 Valek e io decidemmo sulla migliore linea d'azione, e ci accordammo per incontrarci di nuovo sul limitare delle Pianure Avibiane. Quando raggiunsi il Mastio andai difilato nelle mie stanze a fare i bagagli. Mentre decidevo che cosa portarmi dietro, qualcuno bussò alla porta. Per forza d'abitudine cercai l'archetto prima di rendermi conto che era stato distrutto da Leif. Al suo posto afferrai il coltello a serramanico. Mi rilassai un poco quando aprii la porta. Irys stava lì con aria esitante. Arretrando, la invitai a entrare. «Ho alcune notizie» disse Irys, e quando mi limitai a fissarla, proseguì: «Ferde è stato portato nelle celle del Mastio, e il Consiglio ha revocato la tua espulsione. Vogliono che tu rimanga, affinché tu possa esplorare pienamente i tuoi poteri magici». «Chi mi insegnerebbe?» Irys guardò per terra. «Sarebbe una scelta tua.» «Ci penserò su.» Irys annuì e si voltò per andarsene. Poi si fermò. «Mi dispiace, Yelena. Non ho avuto fiducia nelle tue capacità, eppure tu hai ottenuto ciò che quattro Maestri Maghi non sono riusciti a realizzare.» C'era ancora un debole legame tra noi, e percepii l'incertezza di Irys e la sua perdita di fiducia in se stessa. Metteva in dubbio la propria capacità di affrontare future situazioni difficili. Sentiva che le proprie convinzioni su ciò che era necessario per risolvere un problema si erano dimostrate errate. «In questa situazione, la magia non era la soluzione» le spiegai. «È stata proprio l'assenza di magia che mi ha permesso di battere Ferde. E non avrei potuto farlo senza Valek.» Lei rifletté un momento sulle mie parole, e parve prendere una decisione. «Propongo un'associazione» disse.
santa pace», spiega di «Un'associazione?» «Ritengo che tu non abbia più bisogno di un insegnante, bensì di un compagno che ti aiuti a scoprire esattamente quanto forte sei come Cercatore d'Anime.» Trasalii nel sentirla usare quel titolo. «Pensi sul serio che io lo sia?» «L'ho sospettato, ma non volevo davvero crederci. Una risposta automatica, proprio come il tuo trasalimento adesso. E sembra che anch'io abbia bisogno di una guida. Ho scoperto che il sistema sitiano non è sempre appropriato. Forse potresti aiutarmi in questo?» «Sei sicura di voler imparare il metodo buttati in una situazione e
spera in bene?»
«Fintantoché tu vuoi scoprire di più sul fatto di essere un Cercatore d'Anime. È davvero contro il Codice Etico? Forse il Codice ha bisogno di essere aggiornato. E potresti essere considerata un Maestro, oppure dovresti prima sottoporti all'esame?» «L'esame di Maestro? Ho sentito certi racconti dell'orrore.» Mi si serrò la gola. Deglutii con una certa difficoltà. «Sono per lo più voci. Per scoraggiare gli studenti, in modo che soltanto quelli che si sentono sicuri delle proprie capacità chiedano di essere sottoposti all'esame.» «E se non sono forti abbastanza?» «Non diventano Maestri, tuttavia imparano la piena estensione dei propri poteri. Il che è meglio che avere sorprese in seguito.» Irys ammutolì. Sentii la sua mente protendersi verso la mia. Affare fatto?, chiese nella mia mente.
Ci penserò su. Sono successe molte cose. Vero. Fammi sapere quando sei pronta. E lasciò le mie stanze. Chiusi la porta. La mia mente oscillava tra la possibilità di esplorare i miei poteri e il rischio di essere condannata come Cercatrice d'Anime. Benché avessi dovuto preoccuparmi del veleno nel cibo del Comandante, cominciavo a pensare che la vita a Ixia era stata più facile di quella che mi si prospettava alla Cittadella. Dopo la mia commissione, come Valek l'aveva chiamata così
santa pace», spiega di disinvoltamente, avrei potuto scegliere dove andare poi. Bello avere di nuovo quella possibilità. Mi mossi per le mie stanze controllando di non aver dimenticato qualcosa. Avevo messo nei bagagli la statua di valmure per Valek, il rimanente delle mie monete sitiane, l'uniforme ixiana e un cambio d'abiti. Nell'armadio erano rimaste le uniformi da apprendista e un paio di gonne pantalone di Nucci. Carte e libri erano impilati sulla scrivania, e la stanza profumava di MelaBacca e Lavanda. Mi si strinse lo stomaco per la nostalgia e per un'improvvisa rivelazione: quelle stanze nel Mastio erano diventate la mia casa, ormai, malgrado le mie resistenze. Mettendomi sulle spalle lo zaino, sentii il peso rallentarmi mentre me ne andavo. Mi diressi agli alloggi degli ospiti nel Mastio per far visita ai miei genitori. Potevo sentire Esaù in cucina, e Perl aveva una strana espressione sul viso. Si toccava il collo con la mano, così capii che qualcosa l'aveva turbata. Mi fece promettere di restare per il tè, sfilandomi lo zaino, e non si tranquillizzò finché non sedetti in una delle poltroncine rosa esageratamente imbottite. Gridando a Esaù di portare un'altra tazza, Perl si appollaiò sul bracciolo accanto a me, come se fosse pronta a entrare in azione nel caso io decidessi di andarmene. Esaù portò il vassoio del tè. Lei balzò in piedi e mi porse una delle tazze fumanti. Apparentemente soddisfatta che io restassi ancorata alla mia sedia, almeno finché non avessi finito il tè, Perl disse: «Stai partendo, vero?». Scosse la testa prima che potessi rispondere «So che non me lo diresti. Mi tratti come un fiore delicato Ti informo che i fiori più delicati spesso producono il profumo più intenso quando vengono schiacciati.» Mi fissò. «Ho delle faccende in sospeso da sistemare. Tornerò» dissi ma quella debole risposta non riuscì a placarla. «Non mentire a me.» «Non ti stavo mentendo.» «D'accordo. Allora non mentire a te stessa.» Adocchiò lo zaino rigonfio che avevo posato sul pavimento. «Mandaci notizie quando sarai sistemata a Ixia, e verremo a trovarti» disse in tono pratico.
santa pace», spiega di «Però, probabilmente non fino alla stagione torrida. Non mi piace il freddo.» «Madre!» Mi alzai in piedi e per poco non rovesciai il tè. Esaù annuì, e parve imbarazzato dall'argomento della nostra conversazione. «Mi piacerebbe trovare il Lauro di montagna che cresce vicino alla banchisa di ghiaccio. Ho letto da qualche parte che quella pianta può curare la tosse cronica. Sarebbe interessante poterlo appurare.» «Non vi preoccupa il fatto che potrei tornare a Ixia?» chiesi ai miei genitori. «Considerata la settimana che hai avuto» rispose mio padre, «siamo solo felici che tu sia viva. Inoltre, ci fidiamo del tuo giudizio.» «Se davvero tornerò a Ixia, promettete di venire spesso a trovarmi?» Promisero. Non volendo prolungare gli addii, recuperai lo zaino e me ne andai.
Mela?, chiese Kiki in tono speranzoso. No, ma ti porterò delle mentine. Andai nella stanza dei finimenti
del fienile per cercare il sacchetto di caramelle. Ne presi due e tornai da Kiki.
Dopo che ebbe succhiato la mentina le domandai: Pronta ad
andare? Sì. Sella? Non questa volta. Il Mastio forniva finimenti per gli studenti, ma
era inteso che una volta che uno studente si diplomava si comprasse il proprio equipaggiamento.
Tirai vicino lo sgabello e Kiki sbuffò. Lo so. Lo so, dissi. Niente
sgabelli in natura. Ma sono stanca.
In effetti, la poca energia rimastami colava via ad allarmante velocità. Non incontrammo problemi né ai cancelli del Mastio né a quelli della Cittadella. Prendemmo per un po' la strada attraverso la valle. Mi rifiutai di guardarmi indietro. Avevo in progetto di tornare,
santa pace», spiega di no? Quel giorno non sarebbe stata l'ultima volta che vedevo i colori pastello del tramonto riflessi nelle mura di marmo bianco. Giusto? Mentre la luce svaniva dal cielo, udii un rumore di zoccoli sulla strada dietro di me. Kiki si fermò e si girò per affrontare il nuovo venuto. Topaz, disse con piacere. Dalla rabbia e dall'espressione assassina sul viso di Cahil, capii che quell'incontro sarebbe stato tutt'altro che piacevole. «Dove pensi di andare?» domandò. «Non è affar tuo.» La faccia di Cahil si fece di un rosso livido mentre lui sbottava attonito: «Non è affar mio? Non è affar mio?». Lo vidi controllare la collera. Poi, con un rombo mortale, disse: «Tu sei l'amica del cuore del criminale più ricercato di Sitia. Dove ti trovi è del massimo interesse per me. In effetti, ho intenzione di provvedere personalmente per sapere esattamente dove sei in qualsiasi momento». Fischiò. Udii un turbine di movimento e mi voltai in tempo per vedere gli uomini di Cahil schierarsi in posizione difensiva dietro di me. Cercando di conservare le forze, non avevo esplorato la strada davanti a noi con la mia magia. Non avevo pensato di averne bisogno. Che sciocca.
Hai sentito il loro odore, Kiki?, domandai. No. Sopravvento. Superiamo? Non ancora. Guardando indietro verso Cahil, domandai: «Che cosa vuoi?». «Fai la finta tonta per ritardare l'inevitabile, Yelena? Suppongo che abbia funzionato, in passato. Certamente hai fatto passare me per uno stupido» rispose con una calma inquietante. «Convincendo me e anche Primo Mago che non eri una spia, usando la tua magia per far sì che mi fidassi di te. Ci sono cascato in pieno.» «Cahil, io...» «Ciò che io voglio è uccidere Valek. Oltre a ottenere vendetta per l'assassinio della mia famiglia, sarò in grado di mostrare al Consiglio
santa pace», spiega di le mie capacità e finalmente mi sosterranno.» «Hai già avuto in tuo potere Valek, e l'hai perso. Che cosa ti fa pensare di poterlo uccidere questa volta?» «Il tuo amico del cuore scambierà la sua vita per la tua.» «Avrai bisogno di altri uomini per catturarmi.» «Davvero? Da' un'altra occhiata.» Mi lanciai uno sguardo dietro le spalle. Gli uomini di Cahil avevano mantenuto le distanze dai quarti posteriori di Kiki, ma anche nel crepuscolo potei vedere che ognuno di loro teneva una cerbottana puntata su di me. «I dardi sono trattati con Curaro» mi informò Cahil. «Un'eccellente arma sitiana. Non andrai lontano.» La paura sostituì l'irritazione mentre il battito del mio cuore accelerava. Avevo del Teobroma nello zaino, ma sapevo che se avessi provato a togliermelo dalle spalle sarei diventata un puntaspilli per gli uomini di Cahil. «Vuoi collaborare o devo farti immobilizzare?» Cahil lo disse come se mi chiedesse se gradivo del tè.
Spettro, disse Kiki. Prima che potessi capire che cosa intendesse Kiki, Valek irruppe in mezzo al nostro gruppo balzando fuori dall'erba alta delle pianure. Per un secondo tutti furono raggelati per lo stupore. Cahil restò a bocca aperta. «Questa è una proposta interessante, amore» disse Valek. «Ti servirà un po' di tempo per pensarci. Nel frattempo...» Valek tenne le braccia discoste dal corpo mentre si avvicinava a Cahil. Non indossava più il travestimento da mendicante, ben sì la semplice tunica e i calzoni marroni che portavano i cittadini del luogo. Sembrava disarmato, ma io la pensavo diversamente e, così parve, anche Cahil che si passò le redini di Topaz nella mano sinistra ed estrasse la spada. «Vediamo se ho capito» continuò Valek, che non sembrava per nulla interessato alla spada di Cahil a poche spanne da lui. «Vuoi vendetta per la tua famiglia. Comprensibile. Ma dovresti sapere che
santa pace», spiega di la famiglia reale non è la tua famiglia. Una cosa che ho imparato nel corso degli anni è che conoscere il proprio nemico può fare la differenza. E la stirpe di sangue reale è finita il giorno in cui il Comandante ha preso il potere a Ixia. Mi sono assicurato di questo.» «Tu menti!» Cahil spinse avanti Topaz, incalzando Valek con la spada. Balzando di lato con grazia e rapidità, Valek evitò di essere calpestato e fatto a pezzi. Quando Cahil voltò Topaz per un'altra carica, decisi di intervenire. «Ha senso. Valek non lascerebbe mai un lavoro incompleto.» Cahil tirò la briglia, arrestandosi incredulo. «Il tuo amore per lui ti ha danneggiato il senno.» «E la tua brama di potere ha leso la tua intelligenza. I tuoi uomini ti stanno usando, eppure tu rifiuti di vedere l'evidenza.» Cahil scosse la testa. «Non ascolterò altre menzogne. I miei uomini sono leali. Mi obbediranno, altrimenti saranno puniti. La morte di Goel mi ha aiutato a rafforzare questa lezione.» Riconobbi l'espressione vacua nei suoi pallidi occhi azzurri. «Sei stato tu a uccidere Goel.» Lui sorrise. «I miei uomini hanno votato a me le loro vite. Non ho commesso alcun crimine.» Brandì la spada. «Pronti» gridò ai suoi uomini. «Mirate...» «Pensa a questo prima di vantarti dei tuoi uomini, Cahil. Guardano il capitano Marrok in cerca di approvazione prima di eseguire i tuoi ordini. Ti hanno dato una spada che era troppo pesante per te, e hanno mancato di addestrarti adeguatamente. Si suppone che tu sia imparentato con il re, che era un mago potente. Perché allora non hai alcuna magia?» «lo...» Cahil esitò. I suoi uomini si guardarono l'un l'altro, costernati o confusi. E questo spezzò la loro concentrazione. In quel momento, Valek balzò in groppa a Kiki dietro di me. Lei si lanciò per le piane senza che ci fosse bisogno di dirglielo. Afferrai la sua criniera mentre le braccia di
santa pace», spiega di Valek mi cingevano la vita, e Kiki si mise a correre rapida come un nembo di tempesta. Udii Cahil abbaiare l'ordine di colpire, e mi sembrò di sentire il sibilo di un dardo vicino all'orecchio, ma fummo presto fuori portata. Kiki copriva il doppio della distanza di un normale cavallo al galoppo senza sforzo visibile. Quando la luna ebbe raggiunto il suo apice, rallentò, poi si fermò. Odore sparito, annunciò. Valek e io le scivolammo giù dalla groppa. La controllai in cerca di ferite prima che lei nitrisse impaziente e si allontanasse per pascolare. Rabbrividii nell'aria fredda, ispezionando il mio corpo in cerca di dardi prima di avvolgermi più strettamente nel mantello. «Ci siamo andati vicini.» «No davvero» ribatté Valek, attirandomi a sé. «Abbiamo distratto gli uomini, così quando Voglio-Essere-Re ha dato l'ordine non hanno avuto il tempo di mirare.» Sentii Valek caldo anche se non portava mantello. Come se mi avesse letto nella mente, disse: «Dividerò il tuo». Sorrise con malizioso piacere. «Ma prima hai bisogno di un fuoco, di cibo e di un po' di sonno.» Scossi la testa. «Ho bisogno di te.» Non mi ci volle molto per convincerlo. Una volta che l'ebbi spogliato dei suoi abiti, scelse di unirsi a me dentro il mio mantello. Mi svegliò un delizioso profumino di carne che arrostiva. Socchiudendo gli occhi nella vivida luce solare, vidi Valek accosciato accanto a un fuoco. Aveva infilzato uno spiedo di carne sopra le braci ardenti. «Colazione?» domandai mentre lo stomaco mi gorgogliava. «Cena. Hai dormito tutto il giorno.» Mi rizzai a sedere. «Avresti dovuto svegliarmi. E se Cahil ci trovasse?»
santa pace», spiega di «Dubito, con tutta questa magia nell'aria.» Valek scrutò nel cielo, annusando il vento. «Ti dà noia?» Aprii la mia mente al potere che ci circondava. La magia protettiva dei Semedisabbia cercò di invadere e confondere i pensieri di Valek, ma la sua immunità deflesse con facilità le stringhe di potere. La magia parve indifferente alla mia presenza. «No.» Raccontai a Valek della mia lontana parentela con il clan dei Semedisabbia. «Se mi avvicinassi al loro villaggio con l'intenzione di far loro del male, credo che la protezione mi attaccherebbe.» Poi pensai ai poteri magici di Uomo-di-Luna e alla sua scimitarra. «O lo farebbe uno dei loro Tessitori di Storie.» Valek rifletté sulle mie parole. «Quanto ci vorrà per raggiungere l'Altopiano Daviiano?» «Dipende da Kiki. Se decide di usare la sua andatura da vento di tempesta, potremmo essere là in poche ore.» «Vento di tempesta? È così che la chiami? Non ho mai visto un cavallo correre così veloce prima d'ora.» Rimuginai sull'osservazione di Valek. «Lo fa solo quando siamo nelle pianure. Forse è collegata alla magia dei Semedisabbia.» Valek si strinse nelle spalle. «Prima è, meglio è. Prima possiamo occuparci di Alea, e meglio è.» Ma come esattamente ci saremmo occupati di Alea restava la vera questione. Sapevo che lei sarebbe stata una minaccia per me se era sopravvissuta alla ferita, tuttavia non volevo ucciderla. Forse riconsegnarla ai Semedisabbia sarebbe stato sufficiente. Pensai ai commenti di Uomo-di-Luna sui Parassiti Daviian, e mi resi conto che l'affermazione di Ferde sull'esistenza di altri poteva non riferirsi ad Alea che mi avrebbe dato la caccia, ma agli altri Daviian. Valek estrasse la carne dal fuoco e mi tese lo spiedo. «Mangia. Hai bisogno di energie.» Annusai il boccone. «Che cos'è?» Lui rise. «Preferiresti non saperlo.» «Veleni?»
santa pace», spiega di «Dimmelo tu» mi stuzzicò. Ne assaggiai un boccone. La carne sugosa aveva uno strano gusto di terra. Un qualche tipo di roditore, pensai, ma niente veleni. Quando ebbi finito di mangiare, cominciammo a raccogliere i nostri risicati bagagli. «Valek, dopo che avremo sistemato Alea, devi promettermi di tornare a Ixia.» Lui sogghignò. «Perché dovrei? Il clima sta cominciando a piacermi. Potrei costruirmi una residenza estiva qui.» «È questo atteggiamento testardo che ti ha messo nei guai, in primo luogo.» «No, amore. Sei stata tu. Se non ti fossi fatta catturare da Goel, non avrei scoperto le mie carte con Voglio-Essere-Re.» «Non hai scoperto tu le tue carte. Temo di averlo fatto io mentre combattevo con Cahil.» «Di nuovo per difendere il mio onore?» domandò lui. A Ixia avevo inavvertitamente svelato una delle sue operazioni sotto copertura schierandomi dalla sua parte. «Sì.» Lui scosse il capo, sbalordito. «So che mi ami, dunque non hai bisogno di continuare a dimostrarlo. Davvero non m'importa dell'opinione che Voglio-Essere-Re ha di me.» Pensai a Cahil. «Valek, mi dispiace di aver creduto che fossi stato tu a uccidere Goel.» Lui liquidò le mie scuse con un gesto. «Avresti avuto ragione. Ero tornato per sistemarlo, ma Cahil mi aveva battuto sul tempo.» I lineamenti angolosi di Valek si fecero gravi. «Voglio-Essere-Re rimane un problema.» Annuii. «Me ne occuperò io.» «Adesso chi è testardo?» Feci per protestare, ma Valek mi bloccò con un bacio. Quando si staccò, notai che la testa di Kiki era alzata e le sue orecchie puntate in avanti. Odore?, le chiesi. Poi udii lo scalpitio di zoccoli diretto verso di noi.
santa pace», spiega di Rusalka, disse Kiki. Uomo Triste. La mia prima reazione fu di irritazione all'idea che Leif ci avesse seguiti. Ma il pensiero che, se poteva trovarci lui, allora poteva farlo anche Cahil mi riempì di apprensione.
Qualcun altro?, domandai. No. Valek scomparve nell'erba alta proprio mentre il cavallo di Leif parve materializzarsi da una nuvola di polvere. Gli occhi verdi di mio fratello erano dilatati per il colpo. «Lei non ha mai fatto così, prima.» La mia irritazione si trasformò in divertimento. Il mantello nero di Rusalka luccicava di sudore, ma la giumenta non sembrava provata, «lo la chiamo l'andatura da vento di tempesta di Kiki» dissi a Leif. «Rusalka è un cavallo Semedisabbia?» Lui annuì. Prima che potesse dire un'altra parola, vidi un movimento indistinto alla sua sinistra quando Valek balzò fuori dall'erba e trascinò Leif giù dal cavallo. Atterrarono insieme, Valek sopra il torace di Leif, e lui puntò alla gola di mio fratello il suo stesso machete. «Che cosa ci fai qui?» chiese Valek. «Venuto. Cercare. Yelena» rispose Leif tra un ansito e l'altro. «Perché?» A questo punto, mi ero ripresa dalla sorpresa. «È tutto a posto, Valek. È mio fratello.» Valek allontanò la lama, ma restò addosso a Leif. Il viso di mio fratello si torse in un'espressione di attonito terrore. «Valek? Non hai nessun odore. Nessuna aura» disse. «È un povero deficiente?» mi chiese Valek. lo sogghignai. «No. La sua magia può percepire l'anima di una persona. Probabilmente la tua immunità sta bloccando il suo potere.» Mi chinai su Leif e lo esaminai, cercando ossa rotte con la mia magia. Non trovai ferite serie. «Tutto a posto?» gli domandai.
santa pace», spiega di Lui si mise a sedere e guardò Valek. «Dipende.» «Non preoccuparti di lui, è iperprotettivo.» Valek bofonchiò. «Se tu riuscissi a restare fuori dai guai per un solo giorno, proteggerti non sarebbe cosi istintivo.» Si massaggiò una gamba. «O così doloroso.» Leif si era ripreso dal colpo e si alzò in piedi. La mia irritazione tornò. «Perché sei qui?» lo interrogai. Lui guardò Valek e poi per terra. «Per una cosa che ha detto mamma.» Attesi. «Mi ha detto che eri perduta di nuovo. E che solo il fratello che ti aveva cercato per quattordici anni poteva trovarti.»
«Come mi hai trovato?» Leif accennò con gesti piuttosto scoordinati al suo cavallo. «Kiki aveva trovato Topaz nelle pianure, così, visto che Rusalka è stata allevata dei Semedisabbia, le ho chiesto di trovare Kiki. E... E...» «E lei ci ha trovati molto in fretta.» Rimuginai su ciò che Leif aveva detto a proposito di nostra madre. «Perché Perl pensa che io sia perduta? E perché mandare te? Non mi sei stato di nessun aiuto l'ultima volta.» Dovetti soffocare l'impulso di colpirlo con un pugno. Mi aveva quasi ucciso con il suo machete in casa di Ferde. Leif trasalì con fare colpevole. «Non so perché abbia mandato me.» Stavo per dirgli di andarsene a casa, quando Uomo-di-Luna entrò nel nostro campo visivo. «Una brava persona» dissi a Valek prima che potesse attaccarlo. «Questo sembra essere il posto degli incontri» borbottò Valek sottovoce. Quando Uomo-di-Luna ci raggiunse, chiesi: «Niente misterioso arrivo? Niente condensazione da un raggio di sole? Dov'è la pittura?». Le cicatrici sulle braccia e sulle gambe spiccavano sulla sua pelle scura, e indossava un paio di calzoncini corti. «Non c'è divertimento quando conosci già quei trucchi» rispose
santa pace», spiega di Uomo-di-Luna. «Inoltre, Spettro mi avrebbe certamente ucciso se fossi comparso all'improvviso.» «Spettro?» domandai, confusa. Uomo-di-Luna indicò Valek. «Il nome di Kiki per lui. Ha senso» disse, vedendo l'espressione perplessa sul mio viso. «In quanto esseri magici, noi vediamo il mondo attraverso la nostra magia. Lui lo vediamo con i nostri occhi, tuttavia non possiamo vederlo con la magia. Così lui è come uno spettro per noi.» Valek ascoltava Uomo-di-Luna. Benché fosse privo di espressione, mi resi conto dalla postura rigida delle sue spalle che era pronto a colpire. «Un altro parente?» mi domandò. Un largo sorriso distese le labbra di Uomo-di-Luna. «Sì. Sono il terzo cugino della moglie dello zio di sua madre.» «Lui è un Tessitore di Storie, un mago del Clan Semedisabbia» spiegai. «E che cosa ci fai qui?» La giocosità svanì dal viso di Uomo-di-Luna. «Siete sulla mia terra. Potrei chiederti la stessa cosa, ma so già perché tu sei venuta, lo sono qui per assicurarmi che tu mantenga la tua promessa.» «Che promessa?» chiesero Leif e Valek all'unisono. lo liquidai con un gesto la domanda. «Lo farò, ma non adesso. Dobbiamo...» «So che cosa intendete fare. Non riuscirai in questo, a meno che non districhi te stessa» disse Uomo-di-Luna. «Me stessa? Credevo che avessi detto...» Mi bloccai. Lui mi aveva fatto promettere di slegare Leif, ma aveva detto anche che le nostre vite si attorcevano assieme. Ma perché aiutare Leif avrebbe dovuto servirmi per dare la caccia ad Alea? «Perché non riuscirò?» domandai. Uomo-di-Luna rifiutò di rispondere. «Hai qualche altro ermetico consiglio?» chiesi. Lui protese in fuori le mani. Una verso Leif e l'altra verso di me. Valek sbuffò, non sapevo se di divertimento o di irritazione. «Sembra un affare di famiglia. Sarò nei paraggi se hai bisogno di me, amore.»
santa pace», spiega di Studiai Leif. La sua reazione di fronte al Tessitore di Storie l'ultima volta che l'avevamo incontrato era stata di paura. Ora si fece avanti e afferrò la mano di Uomo-di-Luna, scoccandomi uno sguardo di ostinata determinazione. «Finiamo questa cosa» decise, sfidandomi.
santa pace», spiega di
Capitolo 24 Feci scivolare la mano in quella di Uomo-di-Luna. Il mio mondo si sciolse non appena la calda magia del Tessitore di Storie prese il controllo dei miei sensi. Viaggiammo verso la Giungla Illiais, fino al luogo in cui mio fratello si era nascosto a guardare Mogkan rapirmi oltre quattordici anni prima. Tutti e tre assistemmo agli eventi attraverso gli occhi di Leif e provammo le sue emozioni. Una meschina soddisfazione che Yelena avesse ciò che si meritava per non essere rimasta vicino a lui punzecchiò il cuore di Leif. Ma quando lo strano uomo la fece dormire e tirò fuori da sotto un cespuglio lo zaino e la spada, un'improvvisa paura di essere catturato da quell'uomo travolse il ragazzino nel suo nascondiglio. Leif rimase lì per molto tempo dopo che l'uomo aveva portato via sua sorella. Uomo-di-Luna maneggiò per un momento i capi della storia, mostrando a Leif e me che cosa sarebbe accaduto se Leif avesse cercato di salvarmi. Il clangore dell'acciaio riverberò nella giungla quando Mogkan estrasse la spada dal fodero e trafisse Leif al cuore, uccidendolo. Restare nascosto, a quanto pareva, era stata un'ottima decisione. La storia poi cambiò e si incentrò sulla disperazione e la collera di Perl ed Esaù quando Leif disse loro che ero scomparsa. Lui era convinto che si sarebbe trovato in guai peggiori se avesse raccontato loro la verità e i genitori avessero saputo che lui non aveva fatto niente per fermare quell'uomo. Era persuaso che le squadre di ricerca avrebbero trovato l'uomo e sua sorella. Già si sentiva geloso dell'attenzione che lei avrebbe riscosso per aver vissuto una simile avventura. Quando le squadre di ricerca tornarono a mani vuote, Leif iniziò la sua personale ricerca, convinto che i due vivessero nella giungla, tenendosi fuori vista solo per fargli dispetto. Se avesse ritrovato Yelena, forse suo padre e sua madre l'avrebbero amato di nuovo. Con il passare degli anni, il senso di colpa lo spinse a tentare il
santa pace», spiega di suicidio, e alla fine la colpa si trasformò in odio. Quando finalmente lei era tornata nelle loro vite, con addosso l'odore del sangue e del nord, Leif aveva desiderato ucciderla. Soprattutto quando, per la prima volta in quattordici anni, aveva visto il viso di sua madre trasfigurato dalla gioia. L'imboscata di Cahil, benché inattesa, aveva dato a Leif un uditorio ricettivo sulla necessità di sbarazzarsi della spia ixiana. Ma vedere farle del male aveva creato una lieve grinza di preoccupazione nella sua nera cappa d'odio. La fuga di Yelena dalle mani di Cahil era stata la prova che lui aveva ragione sul suo conto, ma poi lei era tornata indietro, insistendo nell'affermare che non era una spia e che pertanto non sarebbe fuggita come se lo fosse. Roze poi aveva confermato le sue affermazioni, lasciando Leif perplesso. La sua confusione e le emozioni contrastanti si erano ulteriormente amplificate quando l'aveva vista cercare di aiutare Tula. Perché avrebbe dovuto curarsi di qualcun altro? Non si era curata di lui né di quanto aveva sofferto mentre lei era via. Voleva continuare a odiarla, ma quando lei aveva lottato per riportare indietro Tula, si era reso conto che non avrebbe sopportato il senso di colpa se fosse stato presente e ancora una volta non avesse fatto niente. Quando viaggiavano nelle pianure e si era fatto avanti il Tessitore di Storie, Leif aveva capito che sua sorella avrebbe scoperto la verità su di lui. Così era fuggito, incapace di affrontare le accuse che avrebbero colmato gli occhi di Yelena. Poi, a mente fredda, si era chiesto se in fondo la verità sarebbe stata così difficile da sopportare per sua sorella. In fondo, Yelena aveva sopportato così tanto a Ixia. Forse era in grado di superare anche quella prova. Ma dopo che lei era tornata dalle pianure, Leif aveva capito che era impossibile. La rabbia e il risentimento le fiammeggiavano sulla pelle. Lei non lo voleva né aveva bisogno di lui. Solo le preghiere di sua madre affinché l'aiutasse l'avevano spinto a cercarla. Il Tessitore di Storie lasciò andare i fili della storia. Tutti e tre ci trovammo nella stessa piana buia che ricordavo dall'ultimo incontro con lui. La sua colorazione si intonava a un raggio di luce lunare. Leif
santa pace», spiega di si guardò attorno con meraviglia. «Perché mamma ti ha chiesto di aiutarmi a salvare Gelsi?» domandai a Leif. «Pensava che potessi esserti d'aiuto in qualche modo. Invece io ho cercato di...» «Uccidermi? Puoi aggregarti alla Gilda Voglio Uccidere Yelena. Ho sentito dire che hanno sei membri di alta reputazione. Valek è il presidente, dal momento che ha cercato di eliminarmi ben due volte.» Sorrisi, ma Leif mi fissò con la colpa negli occhi. «Non eri tu. Ferde ha attinto ai tuoi ricordi e li ha usati.» «Volevo ucciderti, prima che tu aiutassi Tula» confessò mio fratello a capo chino. «Non vergognarti di avere quei sentimenti e quei ricordi. Ciò che è accaduto nel passato non può essere cambiato, ma essi possono essere una guida per ciò che accadrà nel tuo futuro.» Uomo-di-Luna irradiò approvazione. «Potremmo fare di te un Tessitore di Storie se non fossi già un Cercatore d'Anime.» Mi lampeggiò un largo sorriso. «Davvero?» Da quante persone avrei dovuto sentirlo, prima di crederci? Forse sarebbe stato meglio non proclamarmi Cercatrice d'Anime ed essere solo la vecchia solita Yelena. Uomo-di-Luna sollevò un sopracciglio. «Vieni a farmi visita quando sei pronta.» Poi il mondo girò e chiusi gli occhi per contrastare la sensazione di vertigine. Quando cessò, li riaprii, trovandomi di nuovo nelle pianure con Leif. Uomo-di-Luna stava parlando a Valek. Assimilai ciò che era successo nella piana rocciosa. Leif era stato sul punto di districarsi. La sua strada si era appianata quando aveva preso la decisione di aiutarmi con Tula. Allora perché Uomo-di-Luna mi aveva chiesto di aiutarlo? Cercai con gli occhi il Tessitore di Storie, ma era scomparso. Poi venne la risposta, e con essa il mio senso di colpa. Senza realmente comprendere Leif, l'avevo trattato male, rinfacciando le azioni di un bambino di otto anni a un uomo adulto, senza rendermi
santa pace», spiega di conto di come lui cercasse di emendarle. Leif mi osservava. «Com'è che non mettono mai in programma una Festa dei Nuovi Inizi quando si ha davvero bisogno di ricominciare da capo?» domandai. Leif mi sorrise. Il primo sorriso genuino da quando ero tornata da Ixia. Mi riscaldò fin nel profondo dell'anima. «Va bene così, lo non ballo» replicò. «Lo farai» promisi. Valek si schiarì la gola. «Per quanto tutto questo sia toccante, dobbiamo andare. Il vostro Tessitore di Storie ci fornirà alcuni soldati per aiutarci contro la gente di Alea. Dobbiamo incontrarci con loro all'alba. Deduco che tuo fratello...» «Leif» dissi, rammentando di non avere mai fatto le presentazioni. «... verrà con noi?» «Certo» rispose Leif. «No» dissi io allo stesso tempo. «Non voglio che tu ti faccia male. Mamma non gradirebbe.» «E io non sarei capace di affrontare la sua collera se non rimanessi ad aiutarti.» Leif si incrociò le braccia sul petto. La sua mascella quadrata assunse una linea ostinata. «Vostra madre sembra una donna formidabile» commentò Valek nel silenzio. «Non ne hai idea» rispose Leif con un sospiro. «Ebbene, se è anche vagamente simile Yelena, hai la mia più profonda simpatia» scherzò Valek. «Ehi!» Leif rise e il momento di tensione si dissipò. Valek porse a Leif il machete. «Sai come usarlo?» «Sì. Ho sbocconcellato il bastone di Yelena in legnetti per il fuoco» scherzò Leif. «Mi hai colto di sorpresa. Non volevo farti male» ribattei.
santa pace», spiega di Leif parve dubbioso. «Che ne dici di una rivincita?» «In qualsiasi momento.» Valek ci interruppe. «Inizio a rimpiangere che tu non sia un'orfana, amore. Riuscite tutti e due a concentrarvi sul problema presente senza cercare di recuperare quattordici anni di fraterna rivalità?» «Sì» dicemmo all'unisono, giustamente rimproverati. «Bene. Allora andiamo.» «Dove?» chiesi. «In accordo con la sua natura misteriosa, tutto ciò che il tuo Tessitore di Storie ha detto è stato: I cavalli sanno dove andare.» Valek scrollò le spalle. «Non è certo una strategia militare che io userei, ma ho imparato che il sud usa una strategia propria. E per quanto strano possa sembrare, funziona.» I cavalli sapevano dove andare, e mentre il sole si levava sulle pianure, incontrammo un gruppo di soldati Semedisabbia su un affioramento roccioso circondato dall'erba alta. Una dozzina di uomini e sei donne vestiti in armature di cuoio ed equipaggiati con scimitarre o lance stavano in attesa. Avevano strisce rosse dipinte su visi e braccia, che davano loro un aspetto feroce in modo impressionante. Non c'erano altri cavalli. Valek e io balzammo giù da Kiki e Leif smontò da Rusalka per unirsi a noi. Rabbrividii nella fredda aria mattutina, sentendomi nuda senza il mio archetto, e desiderando di avere un'altra arma oltre al coltello a serramanico. Uomo-di-Luna ci salutò. Si era vestito come gli altri membri del clan, ma era armato di scimitarra e di archetto. Il bastone che brandiva non era un comune palo in legno d'ebano. Era stato intagliato con simboli e animali, rivelando un legno di colore dorato sotto la superficie nera. E io sentii che, se soltanto avessi potuto fissarlo abbastanza a lungo, gli intagli mi avrebbero svelato una storia. Scossi il capo, cercando di restare concentrata sulle parole di
santa pace», spiega di Uomo-di-Luna. «Ho inviato un esploratore la scorsa notte» stava dicendo il tessitore di Storie. «Ha trovato il congegno per spillare sangue nel Vuoto, come aveva descritto Yelena. Poi ha seguito la traccia dei Parassiti Daviian fino a un accampamento a circa un miglio a est di quel sito. Attualmente ci troviamo sul limitare delle pianure a circa due miglia a nord di quella posizione.» «Aspetteremo che faccia buio e poi lanceremo un attacco di sorpresa» propose Valek. «Non funzionerà» replicò Uomo-di-Luna. «I Parassiti hanno uno scudo che li avverte della presenza di intrusi. Il mio esploratore non ha potuto avvicinarsi molto al loro campo per timore di essere scoperto.» Scrutò l'orizzonte. «Hanno dei potenti Distorsori, che possono celare la loro posizione alla nostra magia.» «Distorsori?» domandò Leif. Uomo-di-Luna si accigliò. «Maghi. Rifiuto di chiamarli Tessitori di Storie perché manipolano i fili del potere per i propri desideri egoistici.» Lanciai un'occhiata al gruppo dei Semedisabbia, notando di nuovo la dotazione di armi. «Non progettate di usare la magia, dunque?» «No.» «E nemmeno di prendere prigionieri?» «Questa non è la maniera dei Semedisabbia. I Parassiti devono essere sterminati.» io volevo neutralizzare la minaccia di Alea, senza però ucciderla. Nel mio zaino avevo ancora la fiala di Curaro di Esaù. Forse potevo paralizzarla e riportarla alle celle del Mastio. «Come impedirete ai Daviian di usare la loro magia?» s'informò Valek. Uno scintillio pericoloso lampeggiò negli occhi di Uomo-di-Luna. «Sposteremo il Vuoto.» «Potete farlo?» domandai sorpresa.
santa pace», spiega di «La coltre di potere può essere riposizionata solo con la massima cura. Centreremo il foro della coltre direttamente sopra il campo dei Parassiti e poi attaccheremo.» «Quando?» domandò Valek. «Adesso.» Uomo-di-Luna si diresse verso i suoi soldati. «Avevo sperato di usare i Semedisabbia come diversivo» mi confidò Valek in un basso bisbiglio. «Funzionerà. Una volta che Alea sarà morta, ce ne andremo. Questa non è la nostra battaglia.» «lo credo che la cattura e l'incarcerazione sarebbe una punizione più dura per lei» obiettai. Valek mi scrutò per un momento. «Come desideri.» Il gruppo di Uomo-di-Luna lanciò un grido di guerra, poi scomparve nell'erba alta mentre lui tornava da noi. «Si apposteranno attorno all'accampamento. Il segnale d'attacco arriverà quando il Vuoto sarà in posizione. Voi verrete con me.» Lanciò un'occhiata a noi tre. «Avete bisogno di un'arma. Tieni.» Mi lanciò il suo bastone. Lo afferrai nella mano destra. «È tuo. Un dono da Suekray.» «Chi?» «Una cavallerizza del nostro clan. Devi aver fatto impressione su di lei. I suoi doni sono rari come la neve. Vi è incisa la tua storia.»
Mamma, disse Kiki con approvazione. E io ricordai la donna
Semedisabbia dai capelli corti che aveva portato Kiki a fare una cavalcata il giorno in cui mi ero incontrata con gli anziani. Strabiliai nel prendere in mano quel bastone. Il bilanciamento e lo spessore erano perfetti nella mia mano, e malgrado le sculture, il legno nero era liscio e resistente. Quando distolsi lo sguardo dalla bellezza del bastone, vidi che Valek stringeva una scimitarra e Leif impugnava il proprio machete. «Andiamo.» Mi tolsi il mantello e feci alcuni rapidi preparativi, prima di seguire Uomo-di-Luna nell'erba alta insieme ai miei compagni.
santa pace», spiega di Dalla nostra posizione presso l'accampamento Daviian. potevo vedere una certa attività attorno alle tende e al fuoco da campo. L'aria che gravava sul loro bivacco sembrava scintillare e distorceva le immagini della gente all'interno, come se un'enorme bolla di calore fosse stata intrappolata sopra di loro. Le erbe dell'altopiano crescevano in piccoli ciuffi ed erano diventate marroni per mancanza di pioggia. Mi accovacciai con Valek dietro un piccolo cespuglio. Leif e Uomo-di-Luna erano a cinquecento piedi alla nostra destra, rannicchiati in una lieve depressione. Mi chiesi come fossero riusciti gli altri Semedisabbia a trovare dei nascondigli. I Daviian avevano scelto una vasta area scoperta per il loro campo, e la copertura era minima. Sentii la peluria rizzarmisi sulle braccia quando il potere mi premette sulla pelle. Tastando all'esterno con la mia coscienza, sentii Uomo-di-Luna e altri tre maghi tirare la coltre di potere. Applicavano eguale pressione, così che la coltre non si raccogliesse in un sol punto ma si muovesse fluida. Le loro capacità magiche mi impressionarono e pensai che, se fossi rimasta a Sitia, i Semedisabbia sarebbero stati dei maestri potenti. All'arrivo del Vuoto mi sembrò che tutta l'aria mi venisse risucchiata dai polmoni. La mia consapevolezza di ciò che mi circondava si ridusse ai comuni sensi della vista, dell'olfatto e dell'udito. Prima che potessi adattarmi alla perdita della magia, risuonò un alto grido di guerra. Il segnale d'attacco. Balzai in piedi e seguii Valek verso l'accampamento. E mi bloccai quando la scena di fronte a me si impresse nella mia mente. Lo scudo dei Daviian era stato distrutto, e con esso l'illusione. Invece di poche persone che gironzolavano attorno al fuoco da campo, ce n'erano oltre trenta. Invece di una manciata di tende, ce n'erano file e file. La maggior parte dei Parassiti aveva lo sguardo fisso nel vuoto, come se fossero ancora tramortiti dalla perdita della loro magia, ma noi eravamo decisamente in minoranza. Era troppo tardi per ritirarsi. Avevamo dalla nostra l'elemento sorpresa, e diciannove Semedisabbia assetati di battaglia che aprivano ampie falciate sanguinose tra i Daviian. Potevo vedere la testa calva di Uomo-di-Luna al di sopra della battaglia, e i potenti
santa pace», spiega di colpi di Leif che tenevano occupati un paio di Daviian. Valek mi scoccò un'occhiata truce. Trova Alea, mi segnalò muovendo silenziosamente la bocca prima di lanciarsi nella mischia. Grandioso, pensai, costeggiando il limitare della battaglia. Trovare Alea in quel macello. Mi chinai quando un Daviian mi menò un fendente con la sua ascia. Gli scalzai i piedi di sotto e gli balzai sul torace prima che potesse sollevare la sua lunga arma, conficcandogli nel collo l'estremità del mio bastone. Mi fermai per una istante. Era la prima persona che uccidevo da quando ero arrivata a Sitia. Avevo sperato di non togliere mai più una vita, ma volevo sopravvivere a quella mischia e non potevo permettermi di essere compassionevole. Un altro Daviian mi attaccò. I miei pensieri melanconici scomparvero mentre mi difendevo e cercavo Alea. Schivando e combattendo, persi la cognizione del tempo mentre gli scontri in serie cominciavano a confondersi l'uno nell'altro. Alla fine, fu Alea a trovarmi. I suoi lunghi capelli neri erano tirati all' indietro in un nodo, e portava una semplice tunica bianca e calzoni che erano schizzati di sangue. Reggeva in ciascuna mano una corta spada insanguinata. Mi sorrise. «Avevo in progetto di trovarti» disse. «Che gentile da parte tua avermi risparmiato la fatica.» «È proprio così che sono, sempre a pensare agli altri.» Lei incrociò le spade in un burlesco saluto e vibrò un affondo. lo arretrai, e calai il bastone sulla punta delle sue spade, deflettendole verso terra. Lei fece un passo avanti per riprendere l'equilibrio proprio mentre io le sgusciavo più vicino. Ci toccammo. Le nostre armi puntarono in basso. Ma la mia rimase sopra. Sollevai il bastone di scatto, colpendola in pieno viso. Guaì mentre il sangue le sgorgava dal naso. Il mio colpo tuttavia non riuscì a fermarla, e lei cercò di roteare le spade verso il mio stomaco. Mi portai più vicina a lei; troppo vicina per armi grosse. Le lasciammo cadere. Io feci scattare la lama del mio coltello a serramanico e lei estrasse
santa pace», spiega di un pugnale dalla cintura. Si girò e mi sferrò una pugnalata. lo bloccai la sua lama con il braccio. Il dolore divampò quando il coltello mi morse la carne, ma la mossa mi permise di afferrarle la mano. La tirai verso di me e le tagliuzzai l'avambraccio, poi la lasciai andare. Alea arretrò barcollando, confusa. Avrei potuto affondarle il coltello nello stomaco, uccidendola. La sua espressione si mutò in orrore quando si rese conto di quello che avevo fatto. Il mio coltello era stato trattato con il Curaro. Tutto quello che avevo dovuto fare era pungerle la pelle con la punta dell'arma. Quando lei cadde a terra, io le fui sopra. «Non è divertente essere impotenti, vero?» chiesi. Mi guardai attorno. Valek combatteva in modo da tenersi tra me e i Daviian, impedendo agli altri di interferire nel mio scontro con Alea. Leif combatteva a breve distanza, menando fendenti con il machete. Non riuscii a vedere gli altri Semedisabbia, ma individuai Uomo-di-Luna proprio mentre spiccava la testa a un uomo con la sua scimitarra. Subito dopo, Uomo-di-Luna corse verso di noi. «È tempo di ritirarsi» gridò. «La prossima volta» dissi ad Alea. «Finiremo questa cosa.» Poi il Vuoto si spostò e la magia tornò in metà dell'accampamento, creando un diversivo. Fummo immersi nel potere, e sentii Uomo-di-Luna avvolgerci in uno scudo di magia protettiva mentre cominciavamo la ritirata. Valek tuttavia si fermò accanto alla forma immobile di Alea, si inginocchio accanto a lei, raccolse il suo pugnale e le disse qualcosa. Prima che potessi chiamarlo, le tagliò la gola con una sola liquida mossa: lo stesso colpo letale che aveva assestato a suo fratello, Mogkan. Quando mi raggiunse, Valek disse: «Non possiamo permetterci di fare favoritismi». Tornammo di corsa verso le pianure. I Parassiti smisero di inseguirci al confine delle Pianure Avibiane, ma noi mantenemmo l'andatura finché non raggiungemmo l'affioramento roccioso dove
santa pace», spiega di attendevano Kiki e Rusalka. «Senza dubbio sposteranno il campo più all'interno dell'altipiano» disse Uomo-di-Luna. Lo sforzo di correre non gli aveva tolto il fiato, anche se la pelle gli luccicava di sudore. «Avrò bisogno di portare altri soldati. Se hanno ingannato il mio esploratore e me, significa che i loro Distorsori sono più potenti di quanto sospettassimo. Devo consultarmi con gli anziani.» Poi inclinò la testa in un cenno di saluto e presto lo persi di vista in mezzo all'erba. «E adesso?» domandò Leif. Incontrai lo sguardo di Valek. E adesso, già. «Tu vai a casa e altrettanto farò io» risposi a Leif. «Torni con me al Mastio?» chiese Leif. «lo...» Tornare al Mastio e al senso d'isolamento? Tornare a essere temuta per i miei poteri? O a spiare Sitia così da poter alla fine tornare a Ixia? O semplicemente starmene per conto mio, esplorando Sitia e passando del tempo con la mia famiglia? «lo penso che tu abbia paura di tornare al Mastio» disse Leif. «Che cosa?» «Sarà molto più facile per te stare lontano, e non dovertela vedere con il fatto di essere un Cercatore d'Anime, una figlia e una sorella.» «lo non ho paura.» Avevo cercato di trovare un posto a Sitia, ma continuavo a essere respinta. Quanti suggerimenti mi occorrevano? Non ero bramosa di punizioni. E se avessero deciso che un Cercatore d'Anime equivaleva al male e mi avessero bruciata viva per aver violato il loro Codice Etico? «Tu hai paura» mi sfidò Leif. «Non è vero.» «Sì che ce l'hai.» «No.» «Allora provalo.» Aprii la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Alla fine dissi: «Ti
santa pace», spiega di odio». Leif sorrise. «Il sentimento è reciproco.» Tacque per un momento. «Vieni?» «Non adesso. Ci penserò su.» Era una tattica dilatoria e lui lo sapeva. «Se non tornerai al Mastio, allora io avrò avuto ragione. E ogni volta che mi vedrai, sarò insopportabilmente tronfio.» «E in che modo ciò sarebbe diverso da adesso?» Lui rise e io potei vedere nei suoi occhi il ragazzino spensierato che era stato. «Hai avuto solo un assaggio di quanto insopportabile e irritante io sappia essere. Come fratello maggiore, è mio diritto di nascita.» Leif montò su Rusalka e galoppò via. Valek e io camminammo con Kiki verso nord. Verso Ixia. Lui mi teneva la mano e io mi sentivo appagata mentre i miei pensieri rimuginavano sulle ultime ore. «Valek. Che cos'hai detto ad Alea?» «Le ho raccontato com'era morto suo fratello.» Rammentai come io avessi intrappolato Mogkan con la magia, immobilizzandolo così che Valek potesse tagliargli la gola. Alea era morta nello stesso identico modo. «Non avevamo tempo di portare Alea con noi, amore. E non avevo intenzione di lasciare che avesse un'altra occasione di farti del male.» «Come fai a sapere sempre quando ho bisogno di te?» Gli occhi di Valek fiammeggiarono con un'intensità che avevo visto raramente. «Lo so e basta. È parte di me come la fame o la sete. Un bisogno che deve essere soddisfatto per sopravvivere.» «Come ci riesci? lo non so connettere la mia mente alla tua con la magia. E tu non possiedi alcun potere. Dovrebbe essere impossibile.» Valek rimase un momento in silenzio. «Forse, quando io percepisco il tuo sgomento, allento la guardia e ti permetto di collegarti con me?»
santa pace», spiega di «Forse. L'hai mai fatto per qualcun altro?» «No, amore. Tu sei l'unica che mi ha spinto a fare le cose più strane. Mi hai davvero avvelenato.» Risi. «Buffo, eh?» «È una buona cosa che tu non possa leggere nella mia mente, amore.» Un fuoco blu zaffiro covava nei suoi occhi, e notai un irrigidimento nei suoi muscoli affusolati. «Oh, so cosa stai pensando.» Avanzai fin tra le sue braccia, infilando le mani sotto la sua cintura, là dove si erano portati i suoi pensieri, esprimendo il mio punto di vista. «Non posso. Nascondermi. Da te» ansimò Valek. Udii Kiki sbuffare e allontanarsi mentre il mio mondo si colmava del contatto e dell'odore e del sapore di Valek. Passammo i giorni seguenti camminando nelle piane e godendo di essere insieme senza alcuna preoccupazione o problema incombente sulle nostre teste. Scoprivamo piccole riserve nascoste di cibo e acqua lungo il cammino. E anche se non avevo la sensazione che qualcuno ci osservasse, sentii che i Semedisabbia sapevano dove eravamo, e che le provviste erano il loro modo di estendere la propria ospitalità a una lontana cugina. Alla fine lasciammo le pianure. Passando a est della Cittadella, ci dirigemmo a nord attraverso i territori del clan Pietrapiuma. Attenti a viaggiare di notte e a nasconderci durante il giorno, impiegammo tre giorni per raggiungere il seguito dell'Ambasciatrice. Avevo perso il conto dei giorni e fui sorpresa di vedere il loro campo, ma Valek sapeva che sarebbero stati a circa mezza giornata di cammino dal confine ixiano. Dopo aver individuato dove si nascondevano le spie sitiane, Valek indossò il suo travestimento da llom e sgusciò nell'accampamento nel cuore della notte, lo attesi e mi avvicinai il giorno seguente. Non avevo motivo di nascondermi, e se fossi tornata a Ixia le spie sitiane avrebbero potuto riferire al Mastio e al Consiglio che me n'ero andata. Gli Ixiani avevano cominciato a togliere il campo quando arrivai
santa pace», spiega di in groppa a Kiki. Una tenda era ancora in piedi, ma Ari e Janco si precipitarono a darmi il benvenuto prima che potessi raggiungerla. «Non te l'avevo detto, Ari? È venuta a salutarci, dopotutto. E tu che sei stato imbronciato e infelice per giorni» disse Janco. Ari si limitò a roteare gli occhi, e io capii che se qualcuno era infelice quello era Janco. «Oppure hai deciso che non sopporti di stare lontana da noi e intendi travestirti da soldato e tornare a Ixia?» Il sorriso di Janco era speranzoso. «Batterti in uno scontro con gli archetti ogni giorno è davvero una grossa tentazione, Janco.» Lui sbuffò. «Conosco i tuoi trucchi, ormai. Non sarò così facile da battere.» «Sei sicuro di volere che io venga? Ho la tendenza a creare guai.» «È su questo che faccio conto» rispose Janco. «La vita è stata terribilmente noiosa senza di te.» Ari scosse il capo. «Non abbiamo bisogno di altri guai. Le cortesie diplomatiche hanno cominciato ad andare in pezzi tra l'Ambasciatrice e il Consiglio Sitiano, verso la fine. Prima che partissimo, uno dei Consiglieri ha accusato l'Ambasciatrice di aver portato Valek a Sitia per sterminare il Consiglio.» «Non bene» dissi. «I Sitiani sono costantemente preoccupati che il Comandante voglia prendere il controllo dei loro territori. E lo sarei anch'io, sapendo che Valek potrebbe assassinare i Consiglieri come pure i Maestri Maghi senza difficoltà, creando abbastanza caos affinché ci fosse ben poca resistenza a un attacco ixiano.» Scossi la testa, sospirando. Ixiani e Sitiani vedevano il mondo in maniere così diverse. Avevano bisogno di qualcuno che li aiutasse a comprendersi gli uni gli altri. Una strana sensazione mi mise lo stomaco in subbuglio. Paura? Eccitazione? Nausea? Forse tutte e tre; era difficile dirlo. «A proposito di Valek» disse Janco. «Suppongo stia bene?» «Lo conosci» risposi.
santa pace», spiega di Janco annuì, sogghignando. «Farò meglio a parlare con l'Ambasciatrice.» Scivolai giù da Kiki. Prima che potessi allontanarmi, la grande mano di Ari mi afferrò il braccio. «Ricordati soltanto di dire addio a Janco» mi disse. «Tu credi che sia seccante quando è di buon umore; ma è molto peggio quando è di cattivo umore.» Gli diedi la mia parola e proseguii verso la tenda dell'Ambasciatrice; ma mentre camminavo, quella fredda sensazione alla bocca dello stomaco si fece quasi dolorosa. Addio sembrava così definitivo. Una delle due guardie fuori dalla tenda entrò per annunciarmi. Quando uscì, mi tenne aperto il lembo perché entrassi. L'Ambasciatrice Signe sedeva a un tavolino pieghevole, bevendo il tè con Valek ancora travestito da Consigliere llom. Signe lo congedò e io colsi da lui un'occhiata e la parola stanotte prima che lasciasse la tenda. Tralasciando i convenevoli, Signe domandò: «Hai deciso se verrai a farci visita?». Presi dallo zaino l'ordine di esecuzione del Comandante Ambrose. Mi tremava leggermente la mano e presi un respiro per calmarmi i nervi. «Con questo sfortunato scontro di opinioni tra Ixia e Sitia, credo che entrambe abbiano bisogno di un collegamento. Una parte neutrale che conosca entrambe le nazioni e possa facilitare i negoziati, aiutando i due paesi a comprendersi meglio l'un l'altro.» Intendevo dire che non avrei fatto la spia per Ixia, ma offrivo il mio aiuto. Tesi l'ordine a Signe. Il Comandante doveva decidere che cosa farne. Ed eccolo lì nell'uniforme di Signe, a studiarmi con i suoi magnetici occhi dorati. Battei le ciglia varie volte. La trasformazione da Signe a Comandante Ambrose era così completa che riuscivo a scorgere solo una debole somiglianza con l'Ambasciatrice sul viso di lui. Il Comandante arrotolò l'ordine di esecuzione e se lo batté sul palmo mentre il suo sguardo si faceva distante. Stava considerando
santa pace», spiega di tutte le opzioni, pensai; lui non prendeva mai una decisione affrettata. «Un valido argomento» disse infine. Si alzò in piedi e percorse il piccolo spazio. Sul pavimento dietro di lui vidi una brandirla e una lanterna. La tenda e il tavolo parevano essere i suoi unici lussi. Il Comandante Ambrose si fermò, poi strappò l'ordine di esecuzione in minuscoli pezzi, disseminandoli sul terreno, e voltandosi di nuovo verso di me mi tese la mano. «D'accordo, ufficiale di collegamento Yelena.» «Ufficiale di collegamento Yelena Zaltana» precisai mentre ci stringevamo la mano. Discutemmo dei progetti del Comandante per Ixia e di come lui volesse ampliare i commerci con Sitia. Insistette affinché terminassi il mio addestramento magico prima di diventare la figura di collegamento ufficiale. Prima di andarmene, assistetti al ritorno dell'Ambasciatrice Signe. Fu allora che sentii, per un breve istante, che due anime abitavano entro un unico corpo. Ciò spiegava perché lui avesse avuto un tale successo nel mantenere il proprio segreto. Rimuginai su quell'interessante idea, per tenere lontana la mia mente dal sorprendente fatto che stavo per tornare al Mastio. Il seguito dell'Ambasciatrice terminò di fare i bagagli. Dissi ad Ari e Janco che li avrei rivisti. «La prossima volta, accidentaccio, il culo ti faccio» rimò Janco. «Tieniti allenata» ordinò Ari. «Era già abbastanza brutto avere due madri, adesso ho addirittura due padri» scherzai. «Facci sapere se hai bisogno di noi» disse Ari. «Sissignore.» Mi diressi a sud mentre gli Ixiani viaggiavano verso nord. Attirando un filo di magia, proiettai all'esterno la mia coscienza. Una delle spie sitiane mi seguiva nella speranza che mi incontrassi con Valek. Inviai all'uomo una serie di immagini per confonderlo finché perse ogni senso di ciò che doveva fare.
santa pace», spiega di
Rammentando la promessa di Valek, non andai troppo lontano. Trovai un'area boscosa deserta tra due fattorie e piantai un minuscolo campo. Mentre la luce solare svaniva, proiettai la mia coscienza nei boschi circostanti. Alcuni pipistrelli cominciavano a svegliarsi e una coppia di conigli sgusciava attraverso il sottobosco. Tutto era tranquillo, salvo per il risoluto appressarsi di Cahil e dei suoi uomini. Cahil non cercò di mascherare i suoi movimenti. Superbo e testardo, lasciò i suoi uomini a sorvegliare il limitare del bosco mentre lui proseguiva verso di me. Sospirai, più seccata che spaventata, e tesi la mano verso l'archetto. Mi guardai attorno. Nessun posto per nascondersi a terra, anche se il baldacchino d'alberi poteva offrire una certa protezione. Poteva funzionare, a meno che Marrok non attendesse con gli uomini di Cahil. Ed ero sicura che fossero state le capacità di battitore del capitano a condurre Cahil fino a me. Avrei dovuto ricorrere all'uso della magia per difendermi. Proiettandomi, mi protesi verso la mente di Cahil. Le sue emozioni ribollivano d'odio, ma le aveva temperate con freddo calcolo. Si fermò sul limite del mio accampamento e inclinò la testa. «Posso unirmi a te?» «Dipende dalle tue intenzioni» risposi. «Credevo che tu potessi leggere le mie intenzioni.» Fece una pausa. «Vedo che hai deciso di restare a Sitia. Una mossa ardita, considerato che il Consiglio saprà del tuo coinvolgimento con Valek.» «Non sono una spia. Cahil. E il Consiglio ha bisogno di un collegamento con Ixia.» Lui abbaiò una risata. «Sei un collegamento, adesso? Quanto è divertente. Pensi davvero che il Consiglio si fiderà di te?» «Pensi che il Consiglio andrà in guerra per uno qualunque?» Cahil si fece serio per un momento. Si lanciò un'occhiata dietro le spalle nella direzione dove i suoi uomini attendevano. «Scoprirò la
santa pace», spiega di verità su questo. Ma effettivamente per me non ha più importanza. Ho deciso di prendere la faccenda nelle mie mani.» Benché non si fosse mosso, potei sentire una rinnovata sensazione di minaccia provenire da lui. «Perché mi stai dicendo questo? Sai di non poter arrivare a Valek tramite me. Inoltre, a quest'ora è tornato a Ixia.» Lui scosse la testa. «Come se io potessi credere a te. Una bella giornata per cavalcare e ti fermi qui?» Accennò ai boschi circostanti, poi fece due passi verso di me. «Sono qui per darti un avvertimento.» Un altro passo. Brandii il mio bastone. «Fermo lì.» «Una volta dicesti che pensavi che Goel si fosse comportato onestamente avvertendoti delle sue intenzioni. Ho pensato di fare lo stesso. So di non poter battere te o Valek... neppure i miei uomini hanno una possibilità... ma qualcuno, da qualche parte, avrà questa capacità. Giuro che lo troverò e, insieme ci impegneremo per vedere te e Valek morti.» Con questo Cahil girò sui tacchi e si diresse verso i suoi uomini. Non allentai la presa sull'archetto finché non montò su Topaz e galoppò via. I suoi uomini gli tennero dietro, correndo per stare al passo. Non appena spezzai la mia connessione con la mente di Cahil, sprofondai nella mente di Marrok. Era spaventato e preoccupato dello strano comportamento di Cahil. E con lui eravamo in due. Quella notte, il mio fuoco da campo parve solitario finché non arrivò Valek. Comparve accanto al fuoco, scaldandosi le mani alle fiamme. Decisi di non rovinare la nostra ultima notte insieme dicendogli della visita di Cahil. «Dimenticato di nuovo il mantello?» chiesi. Lui sorrise. «Mi piace condividere il tuo.» Molto tempo dopo che il fuoco si era spento, mi addormentai tra le braccia di Valek. Quando il sole fece capolino, mi infilai più profondamente sotto il mantello. «Vieni con me» disse Valek.
santa pace», spiega di Non era un'implorazione o un ordine. Un invito. Il rammarico fu come una stilettata al cuore. «Ho ancora molto da imparare. E quando sarò pronta, sarò la nuova figura di collegamento tra Ixia e Sitia.» «Questo potrebbe portare a guai seri» scherzò Valek. «Ti annoieresti se andasse in altro modo.» Lui rise. «Hai ragione. E così il mio serpente.» «Serpente?» Lui mi tirò fuori il braccio per mostrare il bracciale. «Quando l'ho scolpito, i miei pensieri erano rivolti a te, amore. La tua vita è come le spire di questo serpente. Non importa quanti .giri fa, tu tornerai sempre al posto a cui appartieni. Con me.» I suoi occhi di zaffiro contenevano una promessa. «Attenderò con impazienza la tua prima visita ufficiale. Ma non aspettare troppo, ti prego.» «Non lo farò.» Dopo un altro bacio, Valek si alzò e mentre si vestiva gli raccontai di Cahil. «Molti hanno provato a ucciderci. Hanno fallito tutti.» Si strinse nelle spalle. «L'abbiamo spinto verso una svolta. O si deprimerà alla sua mancanza di sangue reale e scomparirà, oppure si convincerà che abbiamo mentito e troverà una rinnovata determinazione ad attaccare Ixia, il che dovrebbe rendere la vita interessante per il nuovo ufficiale di collegamento.»
«Interessante non è la parola che userei io.» «Assicurati di tenerlo d'occhio da vicino.» Valek sorrise tristemente. «Devo andare, amore. Ho promesso all'Ambasciatrice che l'avrei raggiunta al confine. Se i Sitiani dovessero crearci qualche problema, vorrei essere nei paraggi.» Rimpiansi la mia decisione nell'istante in cui lui se ne andò e un senso di totale solitudine mi sopraffece. Ma il naso fresco di Kiki contro la guancia si insinuò nei miei tetri pensieri.
Kiki resta con Signora-di-Lauanda, disse. Kiki aiuta. Sì. tu sei un grande aiuto.
santa pace», spiega di Sveglia. Più sveglia di me, concordai. Mela? Hai pascolato tutta la notte. Come fai ad avere ancora fame? Sempre spazio per mela. Risi e le diedi una mela prima che iniziassimo i due giorni di viaggio per tornare al Mastio. Quando arrivai al portone del Mastio, la guardia mi ordinò di andare direttamente alla sala riunioni dei Maestri. Mentre davo una rapida strigliata a Kiki nelle scuderie, mi chiesi che cosa fosse successo in mia assenza. Gli studenti passavano frettolosi da un edificio all'altro mentre un vento gelato spazzava il campus. Mi rivolgevano solo un fuggevole sguardo sorpreso prima di accelerare il passo. Il cielo grigio si incupiva e del nevischio tagliava l'aria. Un minaccioso inizio della stagione fredda. Mi tirai su il cappuccio per proteggermi la faccia. Ero arrivata a Sitia all'inizio della stagione torrida. Le due stagioni che avevo vissuto, le sentivo più simili a due anni. Quando entrai nella sala riunioni, tre espressioni neutrali e una livida salutarono il mio arrivo. Roze mi scagliò contro una palla di furiosa energia, che mi colpì in pieno petto. Vacillai all'indietro prima di deflettere il suo attacco. Attirando potere a me, proiettai verso di lei la mia coscienza. Le sue difese mentali erano impenetrabili, ma io mirai più in basso. Attraverso il suo cuore e dentro la sua anima. Un punto assai più vulnerabile.
Su. adesso, dissi. Gioca pulito. Lei sobbalzò. Cosa? Come? Ho trovato la tua anima. Roze. È buio e cattivo qui dentro. Sei stata vicina a quei criminali troppo a lungo. Farai meglio a cambiare strada, o quest'anima non voterà al cielo. I suoi occhi d'ambra bruciarono nei miei con tutto l'odio e il disdegno che riuscì a raccogliere. Sotto sotto, tuttavia, era
santa pace», spiega di terrorizzata. Odio e disdegno non mi turbavano, ma la paura era un'emozione potente. La paura spingeva il cane a mordere e Roze era una cagna. La lasciai andare. Roze farfugliò e mi fulminò con un'occhiata al veleno, lo ricambiai lo sguardo con calma sopportazione. Alla fine, uscì come un turbine dalla stanza. «Dunque è vero» mormorò Bain nell'improvviso silenzio. «Sei un Cercatore d'Anime.» Pareva più pensieroso che spaventato. «Che cosa l'ha turbata tanto?» domandai. Irys mi accennò di sedermi. Mi lasciai cadere in una delle poltrone imbottite. «Roze crede che tu e Valek facciate parte di un complotto per sterminare il Consiglio.» Prima che potessi rispondere, Irys continuò: «Non c'è alcuna prova. Ma quel che è più allarmante è la fuga di Ferde dalle celle del Mastio». Balzai in piedi. «Ferde è fuggito? Quando? Dove?» Irys scambiò un'occhiata d'intesa con Bain. «Ti avevo detto che lei non aveva niente a che fare con la sua liberazione» gli disse. «Non siamo certi di quando sia accaduto» spiegò tornando a rivolgersi a me. «La sua assenza è stata scoperta stamattina». Mi rivolse un sorrisetto triste. «Crediamo l'abbia fatto evadere Cahil.» «Cahil?» Adesso ero confusa. «Se n'è andato. Il capitano Marrok è stato ritrovato brutalmente picchiato. Quando ha ripreso conoscenza, ci ha raccontato che Cahil l'aveva torturato finché lui non gli aveva detto la verità.» Irys tacque, scuotendo la testa con perplessità. «Che Cahil non ha sangue reale» dissi io. «Tu sapevi?» chiese Zitora. «Perché non ce l'hai detto?» «Lo sospettavo. Ma Valek ha appena confermato i miei sospetti.» «Marrok ci ha raccontato che la madre di Cahil era morta di parto, e che lui era figlio di un soldato ucciso durante il colpo di stato ixiano. Quando fuggirono a Sitia, se lo portarono dietro» spiegò Irys.
santa pace», spiega di «Dov'è adesso?» domandai. «Non lo sappiamo» rispose Irys. «E non sappiamo quali siano i suoi piani ora che ha appreso la verità, né perché abbia preso con sé Ferde.» «Immagino che dobbiamo soltanto trovarlo e chiederglielo» sentenziai. «Non ancora» disse Irys, e sospirò. «Il Consiglio è nel caos. Dal momento che tu hai liberato tutte quelle anime, Ferde è debole e sarà incapace di fare una qualsiasi magia per un bel po' di tempo. E poi...» Esitò, e io ebbi la spiacevole sensazione che ciò che avrebbe detto non mi sarebbe affatto piaciuto. «Vogliono che tu esplori le tue capacità di Cercatore d'Anime e magari diventi una consulente del Consiglio.» Scoprire le mie capacità coincideva con i miei desideri, ma se volevo essere una figura di collegamento neutrale, non potevo essere legata al Consiglio in alcuna misura. «Non hanno bisogno di un consulente per il Consiglio» replicai. «Hanno bisogno di un collegamento con Ixia.» «Lo so» annuì Irys. «Dovremmo inseguire Ferde e Cahil oggi stesso.» «Lo so. Dovrai solo convincere il Consiglio che è necessario.» Fissai Irys. Il mio Tessitore di Storie in quel preciso momento probabilmente si sbellicava dalle risa. Il mio futuro appariva quale una lunga strada tortuosa piena di inghippi, labirinti e trappole. Proprio come piaceva a me.