PHILIP K. DICK NOSTRI AMICI DA FROLIX 8 (Our Friends From Frolix 8, 1970) CAPITOLO PRIMO Bobby disse: «Non voglio fare l...
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PHILIP K. DICK NOSTRI AMICI DA FROLIX 8 (Our Friends From Frolix 8, 1970) CAPITOLO PRIMO Bobby disse: «Non voglio fare l'esame.» E invece devi farlo, pensò suo padre. Se vuoi che esista un futuro per la nostra famiglia che si estenda davvero nel futuro. In periodi che si aprono molto dopo la mia morte... la mia e quella di Kleo. «Proverò a spiegartelo in un altro modo» disse ad alta voce, mentre avanzavano lungo l'affollato marciapiede mobile verso l'Ufficio Federale per la Valutazione del Personale. «Persone diverse possiedono diverse capacità.» Lui lo sapeva fin troppo bene. «Le mie capacità, per esempio, sono molto limitate; non mi sono qualificato nemmeno per un livello governativo G-Uno, che è il più basso di tutti.» Gli faceva male ammetterlo, ma doveva farlo; doveva far capire al ragazzo quanto fosse vitale quella questione. «Quindi non sono qualificato per nessun tipo di lavoro. Ho un piccolo impiego non governativo... che in pratica non conta nulla. Vuoi diventare come me quando crescerai?» «Tu sei un tipo a posto» sentenziò Bobby con la solenne sicurezza dei suoi dodici anni. «Non è vero» disse Nick. «Per me lo sei.» Lui si sentì colto di sorpresa. Nonché, come di recente gli succedeva spesso, sull'orlo della disperazione. «Ascolta» disse, «in che modo la Terra è governata. Due entità continuano a manovrare l'una intorno all'altra, e se prima è una ad avere il controllo, poi tocca all'altra. Queste entità...» «Io non sono nessuna delle due» disse suo figlio. «Sono un Vecchio e un Regolare. Non voglio fare l'esame; so quello che sono. So che cosa sei tu e io sono come te.» Dentro di sé, Nick sentì lo stomaco farsi di colpo secco e raggrinzirsi, e per questo provò un bisogno acuto. Guardandosi intorno, scorse un drogabar sull'altro lato della strada, oltre il traffico delle razzauto e dei veicoli più grandi e rotondi convenzionati per il trasporto pubblico. Guidò Bobby su per una rampa pedonale, e una decina di minuti più tardi si ritrovarono sul marciapiede opposto. «Vado al bar per un paio di minuti» disse Nick. «Non mi sento abba-
stanza bene per portarti al Palazzo Federale, in questa particolare congiunzione di tempo e spazio.» Guidò il figlio oltre l'occhio della porta, nell'interno scuro del Drogabar Donovan... un locale che non aveva mai visitato in precedenza ma che gli andò a genio alla prima occhiata. «Non puoi portare qui dentro il ragazzo» lo informò il barista. Gli indicò un cartello sul muro. «Non ha ancora diciotto anni. Vuoi farmi passare per uno che vende roba ai minorenni?» «Nel mio solito bar...» cominciò Nick, ma il barista lo interruppe bruscamente. «Questo non è il tuo solito bar» sentenziò, e si mosse con passi pesanti per andare a servire un cliente al capo opposto della stanza immersa nella penombra. Nick disse: «Vai a guardare le vetrine del negozio accanto.» Diede un colpetto col gomito al figlio, indicandogli la porta dalla quale erano appena entrati. «Ci vediamo là fuori fra tre o quattro minuti.» «Sempre la stessa storia» disse Bobby, ma uscì strascicando i piedi, fuori sul marciapiede con le sue legioni di umanità che si accalcavano sotto il sole del mattino... Per un istante esitò, guardandosi alle spalle, poi proseguì fino a scomparire. Sedendosi su uno sgabello, Nick disse: «Vorrei cinquanta milligrammi di cloridrato di fenmetrazina e trenta di stelladrina, con dell'acetilsalicilato di sodio per buttarli giù.» Il barista disse: «La stelladrina ti farà sognare molte stelle lontane.» Sistemò un piattino davanti a Nick, poi prese le pillole e la soluzione di acetilsalicilato di sodio in un bicchiere di plastica; posando tutto davanti a Nick, si tirò indietro grattandosi un orecchio con aria pensierosa. «Spero proprio che lo faccia.» Nick inghiottì le tre magre pillole - era quasi la fine del mese e non poteva permettersi di meglio - e le cacciò giù con una sorsata della soluzione che aveva un sapore salmastro. «Accompagni tuo figlio a un esame federale?» Tirando fuori il portafoglio, Nick annuì. «Tu credi che siano truccati?» domandò il barista. «Non lo so» rispose secco Nick. Il barista, poggiando i gomiti sul ripiano lucido del bancone, si sporse verso di lui e disse: «Io credo di sì.» Prese i soldi di Nick e si girò verso il registratore di cassa aprendolo con uno squillo. «Vedo gente che va là dentro per quattordici, quindici volte. Incapaci di accettare il fatto che loro - o magari i loro figli, come nel tuo caso - non passeranno l'esame. Continua-
no a provarci e il risultato è sempre lo stesso. Gli Uomini Nuovi non hanno certo intenzione di lasciare che qualcun altro possa soffiargli i loro impieghi statali. Quelli vogliono solo...» Si guardò intorno e abbassò la voce. «Non se lo sognano nemmeno di dividere il comando con qualcuno che non sia dei loro. Diavolo, nei discorsi governativi arrivano quasi a confessarlo apertamente. Quelli...» «Hanno bisogno di sangue giovane» disse ostinato Nick... con lo stesso tono con cui lo aveva ripetuto a se stesso tante volte. Il barista disse: «Hanno i loro figli.» «Non bastano.» Nick bevve un altro sorso della soluzione. Cominciava già a sentire i primi effetti dell'idrocloruro di fenmetrazina, che aumentava il suo ottimismo e la fiducia in se stesso; avvertì un forte senso di calore irradiarsi nell'interno del suo corpo. «Se saltasse fuori» disse, «che gli esami per il Servizio Statale sono truccati, questo governo perderebbe la fiducia nel giro di ventiquattr'ore e gli Insoliti andrebbero subito al potere. Credi che gli Uomini Nuovi siano disposti a lasciar governare gli Insoliti? Dio santo.» «Io credo che loro stiano lavorando insieme» disse il barista. E si allontanò per servire un altro cliente. Quante volte, pensò Nick mentre lasciava il bar, questo l'ho pensato anch'io. Prima il governo degli Insoliti, poi quello degli Uomini Nuovi... se veramente si sono accordati fra di loro per mettere in piedi questo sistema, pensò, in modo da poter controllare il funzionamento degli esami per il personale, allora costituirebbero sul serio, come ha detto il barista, una struttura di potere capace di perpetuarsi da sola; ma il nostro intero sistema politico si basa sull'ostilità reciproca dei due gruppi... è una verità basilare della nostra esistenza... insieme all'altra verità indiscussa che grazie alla loro superiorità quelli meritano di governare e sanno farlo con saggezza. Si aprì un passaggio fra la massa in movimento dei pedoni e raggiunse il figlio, che se ne stava fermo a osservare rapito la vetrina di un negozio. «Andiamo» disse Nick, posando una mano decisa - le droghe lo avevano reso tale - sulla spalla del ragazzo. Senza muoversi, Bobby disse: «Qui vendono quei coltelli capaci di procurare dolore a distanza. Posso averne uno? Mi farebbe sentire più sicuro averne addosso uno mentre faccio l'esame.» «È un giocattolo» disse Nick.
«Fa lo stesso» disse Bobby. «Ti prego. Mi farebbe davvero sentire molto meglio.» Un giorno, pensò Nick, non dovrai più farti rispettare procurando dolore... non sarai più costretto a dominare i tuoi pari e a servire i tuoi padroni. Sarai tu stesso un padrone, e allora io potrò accettare serenamente tutto quello che mi vedrò succedere attorno. «No» disse, e guidò di nuovo il ragazzo in mezzo alla densa fiumana del traffico sul marciapiede. «Non pensare a cose concrete» disse con voce dura. «Concentrati sulle astrazioni; pensa ai processi della neutrologica. È su questo che dovrai fare l'esame.» Il ragazzo rimase indietro. «Muoviti!» gli gridò stridulo Nick, spingendolo avanti a forza. E avvertendo in modo fisico la riluttanza del ragazzo, sentì l'incombente presenza di un fallimento. Le cose andavano ormai avanti così da cinquant'anni, fin dal 2085, quando il primo Uomo Nuovo era stato eletto... otto anni dopo che un Insolito aveva assunto per la prima volta quell'alto incarico. Allora era apparsa una grande novità; tutti si erano chiesti come se la sarebbero cavata, sotto l'aspetto pratico, quei tipi anomali che si erano sviluppati solo di recente. Se l'erano cavata bene... troppo bene perché un Uomo Vecchio potesse seguire il loro esempio. Dove loro erano in grado di tenere in equilibrio un fascio di luci fulgide, un Vecchio riusciva appena a bilanciarne una. Certe azioni, basate su processi mentali che nessun Vecchio poteva sperare di seguire, non avevano addirittura precedenti di alcun genere fra le varietà di specie umane venute prima. «Guarda quel titolo.» Bobby si era fermato davanti a una rastrelliera carica di giornali. LA CATTURA DI PROVONI RITENUTA ORMAI IMMINENTE Nick lo lesse senza alcun interesse, senza credere a ciò che diceva e in realtà senza neppure trovarlo importante. Per quanto lo riguardava, Thors Provoni non esisteva più, né catturato, né a piede libero. Ma Bobby sembrava affascinato dalla notizia. Affascinato... e disgustato. «Non cattureranno mai Provoni» disse Bobby. «Abbassa la voce» disse Nick, le labbra vicine all'orecchio del figlio. Si sentiva profondamente a disagio. «Cosa mi importa se qualcuno mi sente?» disse Bobby con foga. Indicò il flusso di uomini e donne che scorreva loro intorno. «E poi, sarebbero
tutti d'accordo con me.» Sollevò verso il padre due occhi incupiti, carichi di collera repressa. «Quando Provoni è partito» disse Nick, «e ha lasciato il sistema solare, ha tradito l'intero genere umano, tanto quello Superiore che... l'altro.» A questo lui credeva fermamente. Loro due ne avevano discusso tante volte, ma non erano mai riusciti a integrare le rispettive opinioni contrastanti sull'uomo che aveva promesso di trovare un altro pianeta, un altro mondo abitabile, sul quale i Vecchi Uomini potessero vivere... e governarsi da soli. «Provoni era un codardo» disse Nick, «e mentalmente un subEnne. Non credo nemmeno che valesse la pena dargli la caccia. Comunque, a quanto pare lo hanno scovato.» «Lo dicono sempre» disse Bobby. «Due mesi fa ci hanno detto che nel giro di ventiquattr'ore...» «Era un subEnne» lo interruppe bruscamente Nick. «E quindi lui non conta.» «Anche noi siamo subEnne» disse Bobby. «Io lo sono» ribatté Nick. «Ma tu no.» Proseguirono in silenzio; nessuno di loro aveva più voglia di parlare con l'altro. L'Agente del Servizio Statale Norbert Weiss estrasse una strisciolina verde dal computer dietro la sua scrivania e lesse attentamente le informazioni che vi erano riportate. APPLETON, ROBERT. Me lo ricordo, pensò Weiss. Dodici anni, un padre ambizioso... quali erano stati i risultati del ragazzino nel test preliminare? Un fattore E piuttosto sviluppato, molto superiore alla media. Tuttavia... Sollevando il videotelefono interdipartimentale, fece il numero interno del suo superiore. Comparve il viso lungo e butterato di Jerome Pikeman, con evidenti segni di affaticamento da eccessivo lavoro. «Sì?» «Fra poco il ragazzo Appleton sarà qui» disse Weiss. «Avete preso una decisione? Gli facciamo superare l'esame oppure no?» Tenne la strisciolina di carta verde sollevata davanti alla microcamera dell'apparecchio, per rinfrescare la memoria al suo superiore. «Quelli del mio dipartimento non apprezzano molto l'atteggiamento servile di suo padre» disse Pikeman. «È talmente estremo - nei confronti dell'autorità - da farci ritenere che potrebbe facilmente generare riflessi nega-
tivi nello sviluppo emotivo di suo figlio. Bocciatelo.» «In via definitiva?» domandò Weiss. «O temporaneamente?» «Bocciatelo una volta per tutte. Senza ripensamenti. Gli faremo un favore; probabilmente anche lui vuole fallire l'esame.» «Il ragazzo aveva un punteggio molto alto.» «Ma non eccezionale. Nulla che a noi faccia comodo avere.» «Ma per onestà verso il ragazzo...» protestò Weiss. «Per onestà verso il ragazzo lo bocceremo. Non è un onore o un privilegio ottenere una qualifica federale, ma bensì un onere. Una responsabilità. Non è dello stesso avviso, signor Weiss?» Lui non aveva mai visto la questione in tali termini. Sì, pensò; il mio lavoro è faticoso, la paga striminzita e, come dice Pikeman, non ci sono onori, solo una specie di dovere. Però dovrebbero uccidermi per costringermi ad abbandonarlo. Si chiese perché provasse simili sentimenti. Nel settembre 2120 aveva ottenuto la sua qualifica per il Servizio Statale e da allora aveva lavorato per il governo, dapprima sotto un Presidente del Consiglio che era stato un Insolito, poi sotto un Uomo Nuovo... Ma qualsiasi fosse il gruppo politico che deteneva il controllo, lui, come ogni altro dipendente del Servizio Statale, era rimasto al suo posto continuando a svolgere le funzioni per le quali si era specializzato... e per le quali possedeva un particolare talento. Sì, proprio lui: fin dall'infanzia si era considerato legalmente come un Uomo Nuovo. La sua corteccia cerebrale mostrava visibilmente i Noduli Rogers... e nei test intellettivi lui aveva dimostrato, al momento giusto, le adeguate abilità. A nove anni di età aveva superato per capacità di pensiero un Uomo Vecchio ormai maturo; a venti sapeva interpolare mentalmente una tabella casuale di cento numeri... fra le altre cose. Per esempio, era in grado, senza l'uso di un computer, di calcolare la posizione di rotta di un'astronave sottoposta a tre diverse attrazioni gravitazionali. Sapeva dedurre un'ampia gamma di correlate partendo da una proposizione data, sia teorica che reale. E a trentadue anni... In uno studio che aveva ricevuto larga diffusione aveva presentato le sue obiezioni alla classica teoria dei limiti, dimostrando in un modo tutto suo e squisitamente unico un possibile ritorno - se non altro teorico - al concetto di Zenone del moto progressivamente dimezzato, utilizzando come fulcro la teoria del tempo circolare di Dunne. E come risultato di tutto questo, ora occupava un posto secondario in una sede secondaria dell'Ufficio Federale per la Valutazione del Personale.
Perché tutto ciò che lui aveva fatto, per quanto originale, non era stato poi granché. Non se confrontato ai progressi resi possibili da altri Uomini Nuovi. Avevano cambiato la mappa del pensiero umano... in soli cinquanta brevi anni. L'avevano trasformata in qualcosa che gli Uomini Vecchi, le persone del passato, non riuscivano a comprendere, né a riconoscere. Come la Teoria dell'Acausalità di Bernhad, per esempio... nel 2103 Bernhad, lavorando all'Istituto del Politecnico di Zurigo, era riuscito a dimostrare che Hume, nel suo abissale scetticismo, aveva fondamentalmente visto giusto: la consuetudine, e null'altro, collegava fra loro eventi ritenuti dagli Uomini Vecchi come causa ed effetto. Aveva inoltre aggiornato la teoria della monade di Leibniz... con effetti devastanti. Per la prima volta nella storia umana era diventato possibile prevedere i risultati di sequenze fisiche sulla base di una gamma di predicati variabili, ognuno dei quali intrinsecamente vero, e ognuno non meno «casuale» dell'altro. Inevitabilmente, le scienze applicate avevano assunto una nuova forma, qualcosa che gli Uomini Vecchi non erano più stati in grado di gestire; nelle loro menti un principio di acausalità significava il caos; loro non erano capaci di prevedere nulla. E c'era stato dell'altro. Nel 2130 Blaise Black, un Uomo Nuovo con una qualifica di livello GSedici, aveva rivoluzionato il principio della sincronicità di Wolfgang Pauli. Aveva dimostrato che la cosiddetta linea "verticale" della connettività operava, alla stessa stregua della sequenza "orizzontale", come un fattore prevedibile, e con la stessa facilità poteva essere trasferita su un grafico utilizzando i nuovi metodi di selezione casuale. In questo modo, la distinzione fra le due sequenze veniva praticamente annullata - liberando la fisica astratta dall'obbligo di una doppia determinazione - e ogni tipo di calcoli, compresi quelli derivanti dall'astrofisica, venivano enormemente facilitati. Il Sistema Black, come adesso era chiamato, aveva finalmente posto termine a ogni affidabilità delle teorie e della prassi dell'Uomo Vecchio. I contributi offerti dagli Insoliti erano stati più specifici; avevano riguardato operazioni relative a entità concrete. Quindi - almeno come la vedeva lui, un Uomo Nuovo - la sua razza aveva fornito i cardini teorici essenziali della nuova mappa dell'universo, mentre gli Insoliti avevano svolto la loro opera dando forma all'applicazione di queste strutture generali. Gli Insoliti, lo sapeva bene, non avrebbero concordato con questo giudizio. Ma a lui non importava. Ho una qualifica di livello G-Tre, si disse. E ho fatto la mia piccola par-
te; ho aggiunto il mio minuscolo contributo alla nostra conoscenza collettiva. Nessuno dei Vecchi Uomini, per quanto dotato, avrebbe saputo farlo. Tranne forse Thors Provoni. Ma Thors Provoni era scomparso da anni; non turbava più il sonno degli Insoliti o degli Uomini Nuovi. Provoni impazzava errabondo ai margini della galassia, alla ricerca, nella sua furia, di qualcosa di vago, qualcosa che forse era addirittura metafisico. Una risposta, per così dire. Un responso. Thors Provoni urlava nel vuoto, strepitava nella speranza di una risposta. Che Dio ci aiuti, pensò Weiss, se mai riuscirà a trovarla. Tuttavia non aveva paura di Provoni; neppure i suoi simili ne avevano. Alcuni Insoliti nervosi avevano continuato a borbottare fra loro mentre i mesi si erano trasformati in anni senza che Provoni morisse o venisse catturato. Thors Provoni costituiva un anacronismo: restava l'ultimo degli Uomini Vecchi incapace di accettare la storia, pronto a sognare azioni ortodosse e sconsiderate... viveva in uno squallido passato, che in buona parte non era neppure reale, un passato morto e senza sogni che ormai non si riusciva più a ricordare, nemmeno da parte di un uomo così dotato, colto e attivo come lo stesso Provoni. È un pirata, si disse Weiss, una figura quasi romanzesca, impregnata del culto per l'azione. In un certo senso ne sentirò la mancanza, quando morirà. In fondo, noi tutti siamo emersi dagli Uomini Vecchi; siamo tutti suoi parenti. Anche se alla lontana. Rivolgendosi a Pikeman, il suo superiore, disse: «È un onere. Lei ha pienamente ragione.» Un onere gravoso, pensò, questo incarico, la valutazione per il Servizio Statale. Io non posso volare lassù fra le stelle; non posso inseguire qualcosa che non esiste nelle più lontane pieghe dell'universo. Come mi sentirò, si chiese, quando distruggeremo Thors Provoni? Il mio lavoro, pensò, sarà semplicemente un pochino più noioso. Eppure mi piace. Non lo lascerei mai. Essere un Uomo Nuovo significa qualcosa. Forse sono vittima della nostra stessa propaganda, rifletté. «Quando Appleton arriverà con suo figlio» disse Pikeman, «faccia pure al piccolo Robert l'esame completo... poi li avverta che la valutazione sarà pronta solo fra una settimana o poco più. In questo modo il colpo sarà meno doloroso da sopportare.» Fece un sogghigno severo e aggiunse: «E così non dovrà neppure dare la notizia di persona... riceveranno una risposta scritta.» «Non avrei nessun problema a comunicarglielo di persona» disse Weiss. Ma non era così. Perché, probabilmente, quella non sarebbe stata la verità. La verità, pensò. Noi siamo la verità; noi la creiamo; ci appartiene. In-
sieme abbiamo tracciato un nuovo diagramma del mondo. Mentre noi cresciamo, questo cresce con noi; perché noi cambiamo. Dove saremo l'anno prossimo? si domandò. Nessuno poteva saperlo... tranne forse i precog fra gli Insoliti, e loro vedevano molti futuri in contemporanea, come tante così aveva sentito dire - file di scatole allineate. La voce della sua segretaria si levò dall'interfono. «Signor Weiss, un certo signor Nicholas Appleton e suo figlio sono qui per vederla.» «Li faccia entrare» disse Weiss, e si appoggiò allo schienale della massiccia poltrona in finta pelle, preparandosi ad accoglierli. Sulla sua scrivania c'erano i moduli del test d'esame; esaminò i fogli con aria pensierosa, vedendoli assumere - con la coda dell'occhio - forme svariate. Per un istante strizzò gli occhi fin quasi a chiuderli... e diede ai moduli, nella sua niente, la forma esatta che lui voleva avessero. Kleo Appleton, nel loro piccolo appartamento, lanciò una rapida sbirciata all'orologio da polso e tremò. È così tardi, pensò. E così terribilmente inutile. Forse non torneranno più a casa; forse diranno la cosa sbagliata e li rinchiuderanno in uno di quei campi di internamento di cui si sente parlare. «È uno stupido» disse al televisore. E dall'altoparlante dell'apparecchio risuonò uno scroscio di applausi mentre il «pubblico» irreale manifestava la sua approvazione. «La signora Kleo Appleton» disse l'anonimo "annunciatore", «di North Platte, Idaho, sostiene che suo marito è uno stupido. Sentiamo cosa ne pensa Ed Garley?» Un viso grasso e rotondo comparve sullo schermo, mentre una personalità televisiva come Ed Garley ponderava una risposta spiritosa. «Non direbbe anche lei che è completamente assurdo, da parte di un uomo adulto, immaginare anche solo per un istante che...» Kleo spense il televisore con un gesto della mano. Dalla cucina economica, contro la parete opposta del soggiorno, giungeva il profumo di una torta di mele sintetica. Aveva speso metà dei suoi buoni paga settimanali per ottenerla, insieme a tre tagliandi gialli delle razioni. E adesso loro non sono qui a mangiarla, si disse. Ma forse non è poi così importante. Non in confronto a tutto il resto. Quello, probabilmente, era il giorno più importante nella vita di suo figlio. Le serviva qualcuno con cui parlare. Mentre aspettava. Il televisore, in un caso simile, non bastava. Lasciando l'appartamento, attraversò il corridoio e andò a bussare dalla
signora Arlen. La porta si aprì. Di mezz'età e con i capelli arruffati, la signora Rose Arlen sporse la testa come una tartaruga. «Oh, signora Appleton.» Kleo Appleton disse: «Ha ancora lei il Mastro Pulitore? Ne avrei bisogno. Voglio mettere tutto in ordine per quando Nick e Bobby torneranno. Sa, oggi Bobby deve dare l'esame. Non è magnifico?» «Gli esami sono truccati» disse la signora Arlen. «Quelli che dicono così» disse Kleo, «sono persone che hanno fallito l'esame, o che hanno qualche parente che non è riuscito a passarlo. Ci sono tantissime persone che lo superano ogni giorno, e molti sono ragazzini come Bobby.» «Me lo immagino.» Con tono gelido, Kleo disse: «Lo ha lei il Mastro Pulitore? Ho diritto a usarlo per tre ore la settimana, e questa settimana non l'ho ancora avuto.» Con aria riluttante la signora Arlen si allontanò trascinando i piedi, rimase fuori vista per qualche secondo, poi fu di ritorno spingendo il pomposo e altezzoso Mastro Pulitore, l'incaricato della manutenzione interna del palazzo. «Buongiorno, signora Appleton» uggiolò con voce metallica, vedendola. «Bene mi inserisca ma è un piacere rivederla di nuovo. Buongiorno, signora Appleton. Bene mi inserisca ma è...» Kleo lo spinse attraverso il corridoio fino al suo appartamento. Rivolgendosi alla signora Arlen, le disse: «Perché è così ostile verso di me? Che cosa le ho mai fatto?» «Non sono ostile» disse Rose Arlen. «Cerco solo di farle capire come vanno veramente le cose. Se l'esame non fosse truccato, nostra figlia Carol l'avrebbe passato. Riesce a sentire i pensieri degli altri, almeno in parte; è un'autentica Insolita, almeno come quelli che hanno qualche qualifica nel Servizio Statale. A molti Insoliti succede di perdere i loro poteri perché...» «Mi scusi; devo fare le pulizie.» Kleo richiuse con forza la porta, si girò per cercare una presa alla quale collegare il Mastro Pulitore... Si bloccò. E rimase immobile. Dinanzi a lei c'era un ometto dall'aria sporca, con il naso a becco e i lineamenti mobili e sottili, che indossava una frusta giacca di tela e un paio di pantaloni senza piega. Era entrato nell'appartamento mentre lei parlava con la signora Arlen. «Lei chi è?» chiese Kleo, e sentì la paura farle battere più forte il cuore. Nell'atteggiamento dell'uomo avvertiva qualcosa di furtivo; sembrava pronto a schizzare fuori vista... i suoi occhi, scuri e socchiusi, sbirciavano
nervosamente da una parte e dall'altra come se, pensò Kleo, volesse assicurarsi di conoscere tutte le vie di uscita dall'appartamento. L'ometto disse con voce roca: «Sono Darby Shire.» La guardò con occhi fissi, e sul suo viso l'espressione da preda inseguita si fece più accentuata. «Sono un vecchio amico di suo marito» disse ancora. «Quando tornerà a casa? E posso restare qui fino al suo arrivo?» «Ormai dovrebbero essere qui da un momento all'altro» disse lei. Non si era ancora mossa; preferiva tenersi il più alla larga possibile da Darby Shire... sempre che quello fosse il suo vero nome. «Devo fare le pulizie in casa prima che ritornino» disse. Ma non collegò il Mastro Pulitore a una presa. Tenne lo sguardo puntato sull'ometto, senza mai perdere di vista Darby Shire, immobile. Di che cosa avrà tanta paura? si chiese. Sarà inseguito dagli agenti della Sicurezza Pubblica? E in questo caso, cosa avrà fatto? «Mi farebbe molto piacere una tazza di caffè» disse Shire. Abbassò il capo, come per cancellare il tono di supplica nella propria voce. Come se non approvasse di sentirsi chiederle qualcosa, ma ne avesse davvero bisogno, e quindi fosse costretto a farlo in ogni modo. «Posso vedere la sua identicarta?» disse Kleo. «A sua disposizione.» Shire frugò nelle tasche rigonfie della giacca e ne tirò fuori una manciata di tessere di plastica; le gettò sulla sedia accanto a Kleo Appleton. «Prenda tutte quelle che vuole.» «Tre identicarte?» disse lei, incredula. «Ma non si può averne più di una. È contro la legge.» Shire disse: «Dov'è Nick?» «Con Bobby. All'Ufficio Federale per la Valutazione del Personale.» «Oh, avete un figlio.» L'ometto fece un sorrisetto storto. «Ora si renderà conto di quanto tempo è passato dall'ultima volta che sono stato in contatto con Nick. Il ragazzo è un Nuovo? O un Insolito?» «Un Nuovo» disse Kleo. Si mosse attraverso il soggiorno in direzione del videofono. Sollevato il ricevitore, cominciò a comporre un numero. «Chi sta chiamando?» chiese Shire. «L'Ufficio Federale. Per sapere se Nick e Bobby sono già usciti.» Avvicinandosi a grandi passi al videofono, Shire disse: «Non se ne ricorderanno; non capiranno nemmeno di chi lei sta parlando. Non si rende conto di come sono fatti, quelli?» Allungò una mano e interruppe il circuito del videofono. «Legga il mio libro.» Frugando ancora nelle sue varie tasche, tirò fuori un libretto tutto piegato, con macchie e pagine spiegazzate,
la copertina strappata; lo porse a Kleo. «Dio, non lo voglio» disse lei con voce disgustata. «Lo prenda. Lo legga e capirà cosa dobbiamo fare per liberarci dalla tirannia dei Nuovi e degli Insoliti che impesta le nostre esistenze, che trasforma in una beffa tutto ciò che l'uomo tenta di fare.» Armeggiò goffamente con il libro unto e strappato, cercando una pagina particolare. «Posso avere una tazza di caffè, adesso?» chiese con lo stesso tono supplicante di prima. «A quanto pare non riesco a trovare il punto che voglio; ci vorrà un po' di tempo.» Lei rifletté un istante, poi andò nel cubicolo della cucina a riscaldare l'acqua per una tazza di surrogato solubile di caffè. «Può restare per cinque minuti» disse Kleo a Shire. «E se per allora Nick non sarà tornato, dovrà andarsene.» «Ha paura di essere sorpresa qui dentro insieme a me?» chiese Shire. «Io... è solo che sto diventando nervosa» disse lei. Perché adesso so chi sei, pensò. E ho già visto prima altri libri stropicciati e mutilati come quello, libri orribili portati qua e là in tasche sporche, maneggiati furtivamente e in gran segreto. «Lei è un membro del RID» disse ad alta voce. Shire sogghignò. «Il RID è troppo passivo. Loro vogliono agire attraverso libere elezioni.» Aveva trovato la pagina che cercava, ma ora sembrava troppo stanco e abbattuto per mostrargliela; se ne rimase semplicemente là, immobile, tenendo ben stretto il suo libro. «Ho passato due anni in una prigione federale» disse di colpo. «Mi dia quel caffè e me ne andrò; non aspetterò Nick. Tanto, probabilmente nemmeno lui può fare qualcosa per me.» «Che cosa pensava che potesse fare? Nick non lavora per il governo; non ha nessuna...» «Non è di questo che ho bisogno. Sono uscito di prigione in modo legale; ho scontato la mia pena. Non potrei restare qui? Non ho denaro e nessun posto in cui andare. Ho pensato a tutti quelli che ricordavo e che potevano darmi una mano, e poi mi è venuto in mente Nick per un processo di eliminazione.» Accettò la tazza di caffè, porgendole in cambio il libro. «Lei lo sa» disse poi, asciugandosi la bocca, «che l'intera struttura del potere su questo pianeta è sul punto di crollare perché è marcia? Marcia dall'interno... e noi potremo, un giorno, rovesciarla con un bastoncino. Pochi uomini chiave - Uomini Vecchi - sparsi qua e là sia all'interno che all'esterno dell'apparato del Servizio Statale, e...» Fece un gesto violento con una mano, come per spazzare via qualcosa. «È tutto scritto nel mio libro.
Lo tenga e lo legga; legga come gli Uomini Nuovi e gli Insoliti ci manipolano attraverso il loro controllo di tutti i mezzi di informazione e della...» «Lei è pazzo» disse Kleo. «Ora non più.» Shire scrollò la testa, i lineamenti topeschi che si contraevano con intensità, in un rifiuto rapido e appassionato delle parole di Kleo. «Quando mi arrestarono, tre anni fa, ero clinicamente e legalmente pazzo - paranoia, dissero - ma prima di decidersi a rimettermi in libertà mi hanno sottoposto ad altri esami psichiatrici, e adesso sono in grado di dimostrare che sono sano di mente.» Frugò ancora una volta nelle sue numerose tasche. «Ho perfino qui i documenti ufficiali, li porto sempre con me.» Kleo disse: «Dovrebbero farle qualche altro esame.» Dio mio, pensò. Ma Nick non torna più a casa? «Il governo» disse Shire, «sta preparando un programma di sterilizzazione per tutti i maschi degli Uomini Vecchi. Questo lo sapeva?» «Non ci credo.» Aveva sentito spesso simili voci assurde, ma nessuna si era mai dimostrata vera... o almeno, quasi nessuna. «Questo lo dice soltanto» disse, «per giustificare l'uso della forza e della violenza, e per scusare le sue attività illegali.» «Abbiamo una fotocopia del disegno di legge; è già stato firmato da diciassette Consiglieri su...» Il televisore si accese da solo e disse: «Notizie dell'ultima ora. Unità avanzate della Terza Armata segnalano che il Gray Dinosaur, l'astronave con la quale il Cittadino Thors Provoni lasciò il Sistema Solare, è stato localizzato in orbita attorno a Proxima e che a bordo non si registrano segni di vita. In questo momento, i rimorchiatori della Terza Armata sono impegnati nell'opera di aggancio di quella che appare un'astronave abbandonata, e si ritiene che il corpo di Provoni possa essere rinvenuto nel giro della prossima ora. Restate vicini al vostro televisore per i prossimi notiziari.» Il televisore, comunicato il suo messaggio, si spense. Un brivido strano, quasi una convulsione, percorse Darby Shire; fece una smorfia, strinse al fianco il braccio destro... morse selvaggiamente l'aria vuota, poi, con occhi scintillanti, si voltò di nuovo verso Kleo. «Non lo prenderanno mai» disse a denti stretti. «E io le dirò perché. Thors Provoni è un Uomo Vecchio, il migliore di noi, e superiore a ogni Uomo Nuovo o Insolito. Lui tornerà in questo sistema con l'aiuto che ci serve. Come ha promesso. Da qualche parte là fuori c'è l'aiuto di cui abbiamo bisogno, e lui lo troverà anche se dovessero volerci ottant'anni. Non sta cercando un
mondo da colonizzare; sta cercando loro.» Scrutò Kleo con occhi pungenti. «Questo non lo sapeva, vero? Nessuno lo sa... i nostri padroni hanno il controllo su tutte le informazioni, anche quando riguardano Provoni. Ma la verità è proprio questa; Provoni non ci farà più sentire soli e schiavi del controllo di opportunisti mutanti che sfruttano le loro cosiddette "capacità" come pretesto per impadronirsi del potere qui sulla Terra e conservarlo in eterno.» Ansimò rumorosamente, il viso contratto dalla tensione di quello sfogo appassionato; gli occhi si erano fatti vitrei per l'impeto del suo fanatismo. «Capisco» disse lei. E si girò, nauseata. «Mi crede?» domandò Shire. Kleo disse: «Credo che lei sia un devoto sostenitore di Provoni; sì, questo lo credo.» E credo anche, pensò, che tu sia di nuovo clinicamente e legalmente pazzo, almeno quanto lo eri un paio di anni fa. «Salve.» Nick, tirandosi dietro un Bobby alquanto deluso, entrò nell'appartamento. Notò subito Darby Shire. «Questo chi è?» domandò. «Bobby ha passato l'esame?» chiese Kleo. «Penso di sì» disse Nick. «Ci avvertiranno per posta entro la prossima settimana. Se ci fosse andata male ce lo avrebbero detto subito.» Bobby disse con voce lontana: «Non l'ho passato.» «Ti ricordi ancora di me?» chiese Darby Shire a Nick. «Dopo tutto questo tempo?» I due uomini si esaminarono a vicenda. «Io ti riconosco» disse Darby con tono speranzoso, quasi per invitare Nick a fare lo stesso. «Quindici anni fa. A Los Angeles. Negli uffici degli archivi di contea; eravamo assistenti di Faccia di Cavallo Brunnell.» «Darby Shire» disse Nick. Allungò la mano, e l'ometto gliela strinse. Quest'uomo, pensò Nicholas Appleton, è invecchiato malissimo. Che cambiamento spaventoso... ma in fondo, quindici anni sono un bel po' di tempo. «Sei rimasto uguale ad allora» disse Darby Shire. Allungò il suo libretto malconcio verso Nick. «Sto reclutando proseliti. Per esempio, ho appena cercato di convincere tua moglie.» Vedendo il libro, Bobby disse: «È un Uomo Nascosto.» La sua voce vibrò di eccitazione. «Posso vederlo?» chiese, allungando una mano verso il libro. «Esci subito di qui» disse Nick a Darby Shire. «Non pensi che potresti...» cominciò Darby, ma Nick lo interruppe con violenza.
«So che cosa sei.» Nick agguantò l'ometto per una spalla della giacca logora e lo spinse con forza verso la porta. «So che ti stai nascondendo agli agenti della Sicurezza Pubblica. Vattene.» Kleo disse: «Gli serve un posto dove stare. Voleva fermarsi qui con noi per un po' di tempo.» «No» disse Nick. «Mai.» «Hai paura?» chiese Darby Shire. «Sì.» Nick annuì. Chiunque fosse stato sorpreso a far circolare materiale di propaganda degli Uomini Nascosti - e chiunque avesse a che fare in qualunque modo con loro - veniva automaticamente privato del diritto di sostenere in futuro ogni genere di esami per il Servizio Statale. Se gli agenti della SP avessero scoperto Darby Shire in casa sua, la vita di Bobby sarebbe stata distrutta. Inoltre, avrebbero potuto multarli tutti quanti. E forse spedirli in qualche campo di rieducazione per chissà quanto tempo. Senza neppure il bisogno di un autentico processo legale. Darby Shire disse con voce pacata: «Non devi avere paura. Alimenta la speranza, piuttosto.» Si raddrizzò... perdiana quanto è basso, pensò Nick. E brutto. «Ricorda la promessa di Thors Provoni» disse Shire. «E ricorda anche questo: il tuo ragazzo non riceverà comunque una qualifica per il Servizio Statale. Quindi non hai nulla da perdere.» «Tranne la nostra libertà» disse Nick. Ma esitò. Non spinse di peso Darby Shire fuori dal suo appartamento e nel corridoio pubblico. Supponiamo che Thors Provoni torni indietro, disse a se stesso, come aveva già fatto molte altre volte prima. No, non ci credo; stanno per catturare Provoni proprio in queste ore. «No» disse, «non voglio avere nulla a che fare con te. Rovinati pure la vita; è una scelta che riguarda te solo. E ora... vattene.» Spinse l'ometto nel corridoio; diverse porte si erano aperte e i vari inquilini, alcuni dei quali lui conosceva e altri no, sbirciarono con interesse quello che stava succedendo. Darby Shire lo fissò, poi, con calma, infilò una mano in una tasca interna della sua giacca sgualcita. Sembrava più alto, ora, e più padrone di sé... oltre che della situazione. «Sono lieto, Cittadino Appleton» disse, tirando fuori un sottile astuccio nero e piatto, e aprendolo con uno scatto del polso, «che lei abbia scelto questo atteggiamento. Sto effettuando controlli campione in questo palazzo, verifiche casuali, per così dire.» Mostrò a Nick la sua identicarta ufficiale: luccicava debolmente, messa in risalto da un fuoco artificiale. «Agente SP Darby Shire.»
Nick sentì dentro di sé un'ondata di gelo che lo intorpidì. E lo rese silenzioso. Non seppe che cosa dire. «Oh, Dio» disse Kleo preoccupata; si mise accanto a Nick e la stessa cosa, dopo una breve pausa, fece Bobby. «Ma abbiamo detto le cose giuste, non è vero?» chiese a Darby Shire. «Esatto» disse Shire. «Le vostre reazioni sono risultate soddisfacenti. Buongiorno.» Rimise l'astuccio con il documento d'identificazione nella tasca interna, fece un breve sorriso e, sempre sorridendo, si aprì un varco nel cerchio di spettatori curiosi. Sparì nel giro di un paio di secondi. Solo il cerchio di spettatori rimase al suo posto. Oltre a Nick, sua moglie e suo figlio. Nick chiuse la porta sul corridoio e si girò verso Kleo. «Non si può mai abbassare la guardia» disse con voce impastata. C'era mancato poco. Ancora un attimo e... forse gli avrei detto di restare, si rese conto suo malgrado. In ricordo dei vecchi tempi. Dopo tutto, lo conoscevo. Una volta. Probabilmente, pensò, è per questo che lo hanno scelto per fare un controllo di fedeltà su di me e sulla mia famiglia. Buon Dio. L'esperienza lo aveva lasciato terrorizzato e tremante; a passi incerti si diresse verso il bagno e aprì l'armadietto dei medicinali dove teneva la sua scorta di pillole. «Un po' di cloridrato di fluofenazina» mormorò, allungando la mano verso il flacone rassicurante. «Oggi ne hai già prese tre di quelle» disse Kleo, da moglie giudiziosa. «Troppe. Smettila.» Nick disse: «Mi farà bene.» Riempito d'acqua il bicchiere del bagno, rapidamente e silenziosamente inghiottì la pasticca rotonda. E dentro di sé, sentì un'ira sorda. Sperimentò un transitorio lampo di rabbia, contro il sistema, gli Uomini Nuovi e gli Insoliti, senza dimenticare il Servizio Statale... poi il cloridrato di fluofenazina fece effetto. L'ira si affievolì fino a svanire. Ma non completamente. «Pensi che ci siano delle cimici spia nel nostro appartamento?» chiese a Kleo. «"Cimici?"» Lei alzò le spalle. «Direi proprio di no. Altrimenti ci avrebbero arrestati parecchio tempo fa per tutte quelle cose orribili che Bobby dice.» Nick disse: «Non credo di poterlo sopportare più a lungo.» «Sopportare cosa?» disse Kleo. Lui non lo disse. Ma sapeva bene, giù nel profondo del suo essere, chi e
cosa non poteva più sopportare. E lo sapeva anche suo figlio. Adesso si trovavano fianco a fianco... ma per quanto tempo, si domandò Nick, la penserò così? Aspetterò di vedere se Bobby ha superato il suo esame per il Servizio Statale, si disse. Poi deciderò cosa fare. Che Dio mi aiuti. Cosa sto pensando? Cosa mi sta succedendo? «Il libro è ancora qui» disse Bobby; piegandosi, raccolse il libretto sporco e stropicciato che Darby Shire si era lasciato alle spalle. «Posso leggerlo?» chiese a suo padre. Sfogliandone le pagine aggiunse: «Ha l'aria autentica. La polizia deve averlo preso a un Uomo Nascosto che ha catturato.» «Leggilo» disse ferocemente Nick. Due giorni dopo, una lettera governativa fece la sua comparsa nella cassetta postale degli Appleton. Nick l'aprì subito, il cuore pulsante per l'ansia. Erano i risultati dell'esame, per l'appunto; esaminò rapidamente le varie pagine - in allegato c'era anche una fotocopia del test sostenuto da Bobby - e infine arrivò alla valutazione. «Non è passato» disse Nick. «Io lo sapevo fin dall'inizio» disse Bobby. «Per questo non volevo nemmeno farlo.» Kleo cominciò a tirare su con il naso. Nick non disse nulla, non pensò nulla; era svuotato e intorpidito. Una mano, molto più gelida di quella della morte stessa, gli serrò il cuore uccidendo ogni sua emozione. Sollevando il ricevitore della sua linea numero uno, Willis Gram, Presidente del Consiglio nonché del Comitato Straordinario per la Sicurezza Pubblica, disse in tono ironico: «Come procede la cattura di Provoni, Direttore? Nessuna novità dell'ultima ora?» Ridacchiò. Solo Dio sapeva dove si trovasse Thors Provoni. Probabilmente era morto già da parecchio tempo, su qualche sperduto planetoide privo di atmosfera. Lloyd Barnes, il Direttore della Polizia, disse con voce impassibile: «Si riferisce ai comunicati per la stampa, signore?» Gram rise. «Mi dica di cosa stanno blaterando adesso la TV e i giornali.» Avrebbe potuto benissimo, naturalmente, accendere il suo televisore senza neppure doversi alzare dal letto. Ma lo divertiva rosolare sui carboni accesi quell'impettito pallone gonfiato del suo Direttore della Polizia per la faccenda di Thors Provoni. I colori del viso di Barnes solitamente si rivelavano interessanti, sia pure per i palati un po' morbosi. Ed essendo un In-
solito del livello più alto, Gram poteva godersi direttamente il caos che si scatenava nella mente del suo sottoposto quando si toccava l'argomento del fuggiasco traditore. In fondo, era stato il Direttore Barnes ad autorizzare la scarcerazione di Thors Provoni da una prigione federale dieci anni prima. In quanto riabilitato. «Provoni riuscirà ancora a sfuggirci tra le dita, sia pure per poco» disse cupo Barnes. «Perché non dite che è morto?» Una simile notizia avrebbe avuto conseguenze psicologiche enormi sulla popolazione... e proprio lungo le linee che lui maggiormente desiderava. «Se dovesse comparire qui di nuovo, le basi stesse della nostra posizione sarebbero messe a repentaglio. Il semplice fatto di rifarsi vivo...» «Dov'è la mia colazione?» chiese Gram. «Me la faccia portare subito.» «Sì, signore» disse Barnes, punto sul vivo. «Che cosa gradisce? Uova e pane tostato? Prosciutto rosolato?» «C'è ancora del vero prosciutto in circolazione?» chiese Gram. «Allora facciamo prosciutto, con tre uova di gallina. Ma si assicuri che non si tratti di surrogati.» Apprezzando assai poco il suo ruolo di domestico, Barnes mormorò: «Sì, signore,» e interruppe la comunicazione. Willis Gram si rilassò contro i cuscini; uno dei membri del suo personale privato comparve immediatamente e sistemò con mosse esperte i cuscini nel modo esatto in cui dovevano essere. Dove diavolo è quel dannato giornale? si chiese Gram, e tese una mano per riceverlo; un altro membro del suo personale privato notò il gesto e prontamente gli portò le tre edizioni attualmente in vendita del Times. Per diversi minuti Gram sfogliò le prime sezioni del grande e antico quotidiano... ora controllato dal governo. «Eric Cordon» disse infine, facendo un cenno con la mano destra per indicare che voleva dettare qualcosa. Subito apparve un segretario, con un piccolo trascrittore portatile fra le mani. «A tutti i membri del Consiglio» disse Gram. «Non possiamo proclamare la morte di Provoni, per motivi che il Direttore Barnes mi ha esposto, ma possiamo disfarci di Eric Cordon. Voglio dire che possiamo giustiziarlo. E questo sarà un grande sollievo.» Quasi, pensò, come mettere le mani sullo stesso Provoni. Eric Cordon era l'oratore e l'organizzatore più stimato in tutta la rete clandestina degli Uomini Nascosti. E poi c'erano, naturalmente, i suoi numerosi libri.
Cordon era un Uomo Vecchio e un autentico intellettuale, un fisico teorico capace di suscitare grandi reazioni di gruppo fra altri Uomini Vecchi disillusi che sognavano il ritorno dei tempi andati. Persone pronte, se ne avessero avuti i mezzi, a riportare indietro gli orologi di cinquant'anni. Cordon, tuttavia, malgrado la sua abilità forense davvero unica, era un pensatore, non un uomo d'azione... come invece Provoni: era stato l'avventuroso Thors Provoni ad andarsene con grande strepito per "cercare aiuto", come il suo amico di un tempo Cordon aveva riferito in infiniti discorsi, libri e squallidi opuscoli. Cordon era popolare, ma - a differenza di Provoni - non costituiva una minaccia pubblica. La sua esecuzione avrebbe lasciato un vuoto che in realtà lui non aveva mai completamente riempito. Era, nonostante il suo ascendente pubblico, un pesce piccolo. Ma gran parte della popolazione degli Uomini Vecchi questo non lo capiva. Eric Cordon era attorniato dall'adorazione che si riserva agli eroi. Provoni era una speranza astratta; Cordon esisteva in carne ed ossa. E lavorava, scriveva e parlava qui sulla Terra. Sollevando il ricevitore della linea numero due, Gram disse: «Mi passi Cordon sullo schermo grande, signorina Knight.» Riappese, si sistemò di nuovo sui cuscini e ricominciò a sbirciare gli articoli del giornale. «Ha altre cose da dettare, signor Presidente?» domandò il segretario, dopo un certo intervallo. «Oh, sì.» Gram spinse da parte il giornale. «Dove ero arrivato?» «Voglio dire che possiamo giustiziarlo. E questo sarà...» «Proseguiamo» disse Gram, schiarendosi la voce. «Voglio che tutti i capi dipartimento - sta scrivendo? - afferrino e comprendano le ragioni che giustificano il mio desiderio di farla finita con questo come-si-chiama.» «Eric Cordon» disse il segretario. «Già.» Gram annuì. «Dobbiamo distruggere Eric Cordon per quanto segue. Cordon è l'anello di collegamento fra gli Uomini Vecchi e Thors Provoni. Finché Cordon resterà vivo, la gente sentirà la presenza di Provoni. Senza Cordon non avranno più alcun contatto, reale o immaginario, con quel dannato bastardo che scorrazza nello spazio là fuori. In un certo senso, Cordon è il portavoce di Provoni mentre Provoni è lontano. Riconosco che questa mossa potrebbe avere ripercussioni negative; gli Uomini Vecchi potrebbero ribellarsi per qualche tempo... ma d'altro canto ciò potrebbe indurre gli Uomini Nascosti a uscire allo scoperto e consentirci di arrivare fino a loro. In un certo senso, sto per innescare deliberatamente una prova di forza prematura da parte degli Uomini Nascosti; ci saranno ondate di
violenza non appena la morte di Cordon verrà annunciata, ma alla fine...» Si interruppe. Sullo schermo grande, che ricopriva l'intera parete di fronte al letto nell'enorme camera, un viso stava iniziando a prendere forma. Un viso sottile e fine, incavato intorno alla linea della mascella; una mascella debole, rifletté Gram quando vide la mascella muoversi mentre l'uomo parlava. Occhiali senza montatura, i capelli ormai radi lisciati con cura sul cranio quasi calvo. «Audio» ordinò Gram, mentre le labbra di Cordon continuavano a muoversi silenziose. «... piacere» tuonò Cordon quando il sonoro venne inserito a un volume troppo alto. «So quanto lei sia occupato, signore. Ma se desidera parlarmi...» Cordon fece un gesto elegante. «Sono pronto.» A uno dei suoi assistenti accanto al letto, Gram disse: «Dove diavolo si trova adesso?» «Nel carcere di Brightforth.» «Le danno da mangiare a sufficienza?» chiese Gram all'immagine sul grande schermo. «Oh, sì, più che a sufficienza.» Cordon sorrise, mostrando una dentatura così regolare da apparire - come probabilmente era - falsa. «Ed è libero di scrivere?» Cordon disse: «Ho tutto il necessario.» «Mi dica, Cordon» disse Gram in tono energico, «perché dice e scrive tutte quelle dannate idiozie? Lei sa che non sono vere.» «La verità è nell'occhio di chi guarda.» Cordon fece una risatina sottile, priva di allegria. «Ricorda quel processo di alcuni mesi fa» chiese Gram, «dove lei è stato condannato a sedici anni di carcere per tradimento? Be', dannazione, i giudici ci hanno ripensato e hanno modificato i termini della sua pena. Ora hanno deciso di condannarla a morte.» Nessuna espressione comparve sul viso smunto di Cordon. «Può sentirmi?» chiese Gram a un assistente. «Oh, certo, signore. La sento benissimo.» Gram disse: «Stiamo per giustiziarla, Cordon. Come lei saprà, posso leggere nella sua mente; so quanto ora sia spaventato.» Era vero; dentro di sé, Cordon tremava come una foglia. Anche se il loro contatto era puramente elettronico, e Cordon si trovava in realtà ad almeno tremila chilometri da quella camera. Le facoltà psioniche di quel genere sbalordivano sempre gli Uomini Vecchi... e spesso, anche i Nuovi.
Cordon non disse nulla. Ma era ovvio che si era reso conto che Gram aveva iniziato a sondarlo telepaticamente. «Nel profondo della sua mente» disse Gram, «lei sta pensando, "Forse dovrei abbandonare tutto. Provoni è morto..."» «Non penso affatto che Provoni sia morto» lo interruppe Cordon con aria offesa; la sua prima espressione del viso sincera. «Inconsciamente» disse Gram. «Lei non ne è neppure consapevole.» «Anche se Thors fosse morto...» «Oh, facciamola finita» disse Gram. «Sappiamo entrambi benissimo che, se Provoni fosse morto, lei abbandonerebbe subito il suo ruolo di apostolo e agitatore per correre a nascondersi in qualche buco sperduto per il resto della sua dannata e inutile vita» Un cicalino nel sistema di comunicazioni alla destra di Gram lanciò uno squittio. Uno solo. «Mi scusi» disse Gram, e premette un pulsante. «È arrivato l'avvocato di sua moglie, signor Presidente. Lei aveva lasciato ordine di farlo passare subito, qualunque cosa stesse facendo. Devo farlo entrare, oppure...» «Lo faccia entrare» disse Gram. E a Cordon disse: «L'avvertiremo... più probabilmente avvertiremo il direttore Barnes, un'ora prima della sua esecuzione. Addio, ora sono occupato.» Fece un gesto e lo schermo sulla parete ritornò opaco. La porta centrale della camera da letto si aprì e un distinto signore alto e snello, con una barbetta e un vestito elegante, entrò a passo svelto con una borsa. Horace Denfeld vestiva sempre così. «Lo sa che cosa ho appena letto nella mente di Eric Cordon?» disse Gram. «Inconsciamente, lui vorrebbe non essersi mai unito agli Uomini Nascosti, e invece eccolo qui, a capo di tutta la loro organizzazione... se si può dire che hanno un capo. Ho intenzione di cancellare totalmente la loro esistenza, a cominciare da Cordon. Lei approva il mio ordine di giustiziare Cordon?» Dopo essersi seduto, Denfeld aprì la cerniera della sua borsa. «Sulla base delle istruzioni di Irma e della mia consulenza professionale, abbiamo modificato diverse clausole - clausole minori - nell'accordo per la separazione legale. Ecco qui.» Porse un fascio di fogli, un documento legale, a Gram. «Faccia pure con comodo, signor Presidente.» «Cosa succederà quando Cordon non ci sarà più?» chiese Gram mentre apriva i fogli piegati e cominciava a leggere qua e là; esaminò in modo particolare i passaggi evidenziati in rosso.
Denfeld disse con noncuranza: «Non riesco proprio a immaginarlo, signore.» «"Clausole minori", eh?» fu il commento amaro di Gram mentre leggeva. «Cristo santo, ha aumentato l'assegno per i figli da duecento a quattrocento pop al mese.» Sfogliò le varie pagine, sentendo le punte delle orecchie avvampare d'ira... e di attonito sgomento. «E i suoi alimenti da tremila a cinquemila. E...» Raggiunse l'ultima pagina; era costellata di righe rosse e di somme aggiunte a matita. «Metà dei miei rimborsi per le spese di viaggio... vuole anche quelli. E tutti i miei guadagni per i discorsi retribuiti.» Aveva il collo gonfio e madido di un sudore caldo e irritante. «Ma le consente di tenere tutti i guadagni derivanti dal materiale scritto che lei...» «Non esiste nessun materiale scritto. Chi pensa che io sia, Eric Cordon?» Gettò bruscamente il documento sul letto; per qualche istante rimase seduto a ribollire silenzioso... in parte per ciò che aveva appena letto e in parte a causa dell'avvocato, Horace Denfeld, che era un Uomo Nuovo; per quanto il suo livello fosse basso secondo gli standard generali degli Uomini Nuovi, Denfeld considerava tutti gli Insoliti - incluso il Presidente Gram - semplicemente alla stregua di una falsa evoluzione. Gram riusciva a coglierlo benissimo nella mente di Denfeld: quel sopito, ma costante senso di superiorità e di disprezzo. Gram disse: «Dovrò rifletterci sopra.» Mostrerò queste carte ai miei avvocati, si disse. Ai migliori avvocati che il governo possieda; quelli del reparto fiscale. «Voglio che lei rifletta su una cosa, signore» disse Denfeld. «Da un certo punto di vista, potrebbe sembrarle ingiusto da parte della signora Gram chiedere una...» Cercò le parole. «Una così ampia quota delle sue proprietà.» «La casa» annuì Gram. «E i quattro palazzi di appartamenti a Scranton, in Pennsylvania. Tutta quella roba, e adesso questo.» «Tuttavia» sottolineò educatamente Denfeld, passandosi la lingua sulle labbra con la leggerezza di una banderuola di carta danzante nel vento, «è essenziale che la sua separazione dalla signora Gram venga mantenuta segreta a ogni costo... nel suo interesse, signor Presidente. Per il fatto che chiunque si trovi a dirigere il Comitato Straordinario per la Sicurezza Pubblica non può permettersi di essere sfiorato da neppure un alito di... ecco, forse potremmo definirlo la calugna...» «Che cosa sarebbe?»
«Lo scandalo. Non possono esserci scandali su Uomini Nuovi o Insoliti che occupino cariche di altissimo livello, come lei sa bene. Questo fatto, unito alla sua posizione...» «Piuttosto di firmare questo accordo» gracchiò Gram, «darò le dimissioni. Cinquemila pop di alimenti al mese. È pazza.» Sollevò gli occhi e fissò Denfeld. «Cosa diavolo succede a una donna quando deve ottenere una separazione o un divorzio? Vuole sempre avere tutto, dai mobili agli immobili. La casa, gli appartamenti, l'auto, tutti i pop del mondo...» Dio, pensò, e si massaggiò stancamente la fronte. A uno dei domestici disse: «Portami altro caffè.» «Sì, signore.» L'uomo si mise all'opera con la macchina per il caffè e gli porse una tazza del suo espresso preferito, forte e senza zucchero. Quasi rivolgendosi al domestico e a tutti i presenti nella camera, Gram disse, appellandosi a loro: «Che cosa posso fare? Mi ha incastrato.» Poi infilò il fascio di fogli nel cassetto del comodino. «Non abbiamo altro da discutere» disse a Denfeld. «I miei avvocati le faranno conoscere la mia decisione.» Fissò ostile Denfeld, che non gli era per nulla simpatico. «Ora ho altre faccende da sbrigare.» Fece un cenno col capo a uno dei suoi assistenti, che posò una mano con decisione sulla spalla dell'avvocato e lo guidò verso una delle uscite. Quando la porta si fu chiusa alle spalle di Denfeld, Gram si appoggiò di nuovo contro i cuscini, meditando e bevendo il suo caffè. Se solo sua moglie avesse infranto qualche legge, si disse. Anche una semplice infrazione stradale, pensò... qualsiasi cosa che possa ritorcersi contro di lei nei suoi rapporti con la polizia. Se la beccassimo mentre attraversa la strada fuori dalle strisce pedonali, ci basterebbe; lei potrebbe opporre resistenza all'arresto, usare un linguaggio osceno e minaccioso in pubblico, rivelarsi una minaccia per gli altri grazie al fatto di aver deliberatamente infranto la legge... Se poi gli uomini di Barnes la cogliessero addirittura sul fatto mentre compie qualche reato grave, pensò ancora; per esempio, mentre compra o beve alcolici. In questo caso (i suoi avvocati glielo avevano spiegato), potremmo affibbiarle un'imputazione di madre indegna, toglierle i bambini e scaricare su di lei tutta la colpa in una vera causa di divorzio... che, in simili circostanze, potremmo rendere pubblica. Invece, come stavano le cose ora, Irma aveva troppe carte da giocare contro di lui. Una causa di divorzio in tribunale gli sarebbe costata molto cara sotto l'aspetto dell'immagine pubblica, specie con tutte le cose sgradevoli che Irma avrebbe potuto tirare fuori sul suo conto.
Sollevato il ricevitore della linea numero uno, disse: «Barnes, voglio che si metta in contatto con quello sbirro in gonnella, quella Alice Noyes, e me la mandi qui. Forse sarà meglio che venga anche lei.» L'agente di polizia Noyes guidava la squadra che stava tentando, da quasi tre mesi, di raccogliere qualcosa contro Irma. Ventiquattr'ore al giorno, sua moglie era sorvegliata dalla polizia con microfoni e telecamere... a sua insaputa, naturalmente. Una telecamera teneva addirittura sotto controllo ciò che succedeva nel bagno di Irma, ma sfortunatamente non aveva ancora rivelato nulla di utile. Tutto quello che Irma diceva e faceva, ogni persona che incontrava, ogni posto in cui entrava... tutto registrato su nastro alla Centrale dell'SP a Denver. E senza che potesse servire assolutamente a nulla. Anche lei ha la sua polizia, rifletté cupo. Ex-piedipiatti della SP che l'accompagnavano a frotte quando andava a fare la spesa o a qualche festa o dal suo dentista, il dottor Radcliff. Devo riuscire a sbarazzarmi di lei, si disse Gram. Non avrei mai dovuto sposare una donna dell'umanità Vecchia. Ma era successo tanto tempo prima, quando lui non occupava ancora il suo alto incarico. Ogni Insolito e ogni Uomo Nuovo in privato lo deridevano, e ciò a lui non piaceva; leggeva i pensieri, a decine e decine, che emanavano da molte persone, e sepolto da qualche parte in quei pensieri c'era il disprezzo. Era incredibilmente forte fra gli Uomini Nuovi. Mentre attendeva sdraiato l'arrivo del Direttore Barnes e dell'agente Noyes, esaminò di nuovo il Times, aprendolo a caso a una delle sue trecento pagine. E si trovò di fronte un articolo sul progetto Grande Orecchio... un articolo firmato da Amos Ild, un Uomo Nuovo molto ben piazzato: qualcuno che Gram non poteva toccare. Bene, a quanto pare l'esperimento Grande Orecchio procede a meraviglia, pensò con sarcasmo mentre leggeva. "Ritenuti inizialmente di gran lunga superiori alle più ottimistiche probabilità di riuscita, i lavori per la costruzione del primo congegno d'ascolto telepatico interamente elettronico procedono a ritmo rassicurante," hanno dichiarato oggi funzionari della McMally Corporation - la società che ha progettato e sta costruendo il Grande Orecchio, così come è stato chiamato - in una conferenza stampa alla quale hanno assistito molti osservatori scettici. "Quando il Grande Orecchio entrerà in funzione" ha dichiarato
Munro Capp, "sarà in grado di percepire telepaticamente le onde del pensiero di decine di migliaia di persone, e con la possibilità - non riscontrabile fra gli Insoliti - di decodificare e scindere queste enormi maree di pensiero..." Gettò via il giornale, che cadde con un tonfo sonoro sulla folta moquette che ricopriva il pavimento. Quei bastardi di Uomini Nuovi, si disse inferocito, digrignando i denti impotente. Riverseranno miliardi di pop nel progetto, e dopo il Grande Orecchio costruiranno una macchina in grado di rimpiazzare gli Insoliti precognitivi, poi tutti gli altri, uno alla volta. Ci saranno macchine che se ne andranno in giro per le strade o ronzando nell'aria come tanti poltergeist. Noi non serviremo più. E... al posto del governo bipartitico forte e stabile che avevano ora, ci sarebbe stato un sistema con un partito unico, un mostro monolitico con Uomini Nuovi sistemati in ogni posto chiave, a tutti i livelli. Addio al Servizio Statale... tranne per gli esami di valutazione dell'attività corticale dei Nuovi Uomini, quella specie di neutrologica da bilobati con postulati del tipo, "Una cosa è uguale al suo opposto, e maggiore è la discrepanza, maggiore la conformità." Cristo! Forse, pensò, l'intera struttura del pensiero dell'Uomo Nuovo è una gigantesca montatura. Noi non riusciamo a capirla; gli Uomini Vecchi neppure; ci fidiamo tutti quanti della loro parola quando dicono che è un passo completamente nuovo nello sviluppo evolutivo del funzionamento del cervello umano. Ammettiamolo pure, ci sono quei noduli Rogers, o quel che diavolo sono. La loro corteccia cerebrale possiede una struttura fisica diversa. Ma... Uno degli interfono si accese. «Sono appena arrivati il Direttore Barnes e una donna poliziotto...» «Fateli entrare» disse Gram. Si stese all'indietro mettendosi comodo, incrociò le braccia e attese. Attese il momento in cui li avrebbe informati della sua nuova idea. Alle otto e trenta del mattino, Nicholas Appleton si presentò al lavoro e si preparò a iniziare la giornata. Il sole batteva sul negozio, sul piccolo edificio che lo ospitava. All'interno, lui si arrotolò le maniche, infilò gli occhiali da ingrandimento e accese il ferro. Il suo capo, Earl Zeta, gli andò vicino con passi pesanti, le mani nelle ta-
sche dei pantaloni cachi e un sigaro italiano penzolante dalle labbra sporgenti. «Come va, Nick?» «Lo sapremo fra un paio di giorni» disse Nick. «Ci spediranno per posta i risultati.» «Ah, già, tuo figlio.» Zeta posò una zampa massiccia e scura sulla spalla di Nick. «Stai incidendo i solchi troppo leggeri» disse. «Li voglio che arrivino bene in fondo al copertone. Giù fino alla dannata carcassa.» Nick, in tono di protesta, disse: «Ma se scendo più in fondo...» La gomma scoppierà non appena passa sopra un fiammifero ancora caldo, disse a se stesso. Sarà come bucarli con un fucile laser. «D'accordo» disse, lasciando defluire ogni istinto battagliero; in fondo, Earl Zeta era il padrone. «Scenderò più a fondo» disse, «fino a far spuntare il ferro dall'altra parte.» «Fallo e sei licenziato» disse Zeta. «La tua filosofia è che non appena hanno comprato i loro ricambi...» «Non appena le loro tre ruote toccano il suolo pubblico» disse Zeta, «la nostra responsabilità finisce. Da quel momento, ciò che può succedere ai clienti è solo affare loro.» Nick non aveva mai voluto diventare un risolcatore di gomme... un uomo che prendeva una gomma liscia e, con un ferro arroventato, incideva nuovi solchi sempre più profondi nel copertone, facendolo sembrare regolare. Facendolo sembrare dotato di tutto il battistrada necessario. Aveva ereditato il mestiere dal padre, che a sua volta lo aveva imparato da suo padre. Nel corso degli anni, da padre in figlio; pur odiando quel mestiere con tutto il cuore, Nick sapeva una cosa: era un magnifico risolcatore di gomme e lo sarebbe sempre stato. Zeta aveva torto; lui incideva già abbastanza a fondo il copertone. L'artista sono io, pensò; dovrei essere io a decìdere fino a quale profondità devono scendere i solchi. Pigramente, Zeta accese la sua radio da collo. Una musica volgare e rumorosa - se la si voleva chiamare musica - strombazzò dai sette od otto altoparlanti sistemati sopra il corpo panciuto dell'uomo massiccio. La musica si interruppe. Una pausa, poi la voce di un annunciatore, che parlava in tono professionalmente distaccato. «Portavoce della SP, parlando a nome del Direttore Lloyd Barnes, hanno annunciato poco fa che il prigioniero Eric Cordon, da tempo incarcerato per atti contro il popolo, è stato trasferito dalla prigione di Brightforth al centro di terminazione di Long Beach, California. Alla domanda se questo significava che Cordon sarebbe stato giustiziato, i portavoce della SP hanno dichiarato che al momento attuale non era ancora stata presa una decisione. Fonti bene infor-
mate esterne alla SP sostengono apertamente che questo trasferimento preannuncia l'esecuzione di Cordon, sottolineando che degli ultimi novecento prigionieri della SP trasferiti in epoche diverse presso il centro detentivo di Long Beach, quasi ottocento sono stati poi giustiziati. Questo è un bollettino trasmesso dalla...» Convulsamente, Earl Zeta cercò di raggiungere l'interruttore della sua radio da corpo; lo mancò, strinse il pugno con un gesto spasmodico, chiuse gli occhi e cominciò a oscillare avanti e indietro. «Quei bastardi» disse fra i denti. «Vogliono assassinarlo.» Riaprì gli occhi; fece una smorfia, e il suo viso mostrò un dolore acuto e violento... poi, per gradi, riacquistò il controllo di sé; la sua angoscia sembrò allentarsi. Ma non scomparve; il suo corpo tozzo rimase teso mentre fissava Nick. Nick disse: «Sei un Uomo Nascosto.» «Sono dieci anni che ci conosciamo» gracchiò Zeta. Tirò fuori un fazzoletto rosso e si asciugò lentamente la fronte. Aveva le mani che tremavano. «Ascoltami, Appleton» disse, riuscendo a parlare con voce più naturale, ora. Più salda. Tuttavia il tremito continuava all'interno del suo grosso corpo, fuori vista. Nick lo sentiva, sapeva che era là. Nascosto e sepolto, per paura. «Verranno a prendere anche me. Se giustiziano Cordon, vuol dire che si metteranno in moto e ci spazzeranno via tutti quanti, giù fino ai pesci più piccoli come me. E finiremo in quei campi, quei dannati, fetenti, schifosi campi di detenzione sulla Luna. Sapevi che esistono davvero? È là che finiremo. Noi... la mia gente. Non tu.» «Sapevo dei campi» disse Nick. «Vuoi denunciarmi?» Nick disse: «No.» «Mi beccheranno lo stesso» disse Zeta amaro. «Sono anni che compilano le loro liste. Liste lunghe un chilometro, anche su micronastri. Hanno i computer; hanno le spie. Chiunque potrebbe essere una spia. Ogni persona che conosci o con cui hai parlato. Stammi a sentire, Appleton... la morte di Cordon significa che ora non stiamo più lottando solo per l'uguaglianza politica, ma per le nostre vite. Questo lo capisci, Appleton? Forse non ti sono molto simpatico - Dio sa che non ci siamo mai intesi granché - ma tu vuoi vedermi assassinato?» «Cosa posso fare?» disse Nick. «Non posso fermare la SP.» Zeta si raddrizzò, il corpo massiccio irrigidito dall'agonia della disperazione. «Potresti morire con noi» disse. «D'accordo» disse Nick.
«"D'accordo"?» Zeta lo fissò, cercando di capire. «Cosa vuoi dire?» «Farò quello che posso» disse Nick. Si sentiva stordito da ciò che stava dicendo. Era finito tutto, ormai: l'unica possibilità per Bobby si era rivelata un'illusione, e la razza dei risolcatori di gomme sarebbe proseguita in eterno. Avrei dovuto attendere, pensò. Tutto questo mi è soltanto precipitato addosso; io non me lo aspettavo... non riesco nemmeno a capirlo. Dev'essere perché Bobby ha fallito l'esame. Eppure adesso sono qui e sto dicendo a Zeta queste cose. È fatta. «Andiamo nel mio ufficio» disse Zeta roco, «e beviamo una pinta di birra.» «Hai dei liquori?» Non riusciva nemmeno a concepirlo, la pena era talmente spaventosa. «Berremo alla salute di Eric Cordon» disse Zeta, e gli fece strada. «Non avevo mai bevuto alcol prima» disse Nick mentre se ne stavano seduti l'uno di fronte all'altro intorno al tavolo. Aveva cominciato a sentirsi tremendamente strano. «Sui giornali si legge sempre che fa diventare la gente pazza furiosa, provoca cambiamenti totali della personalità e danni al cervello. Invece...» «Tutte storie per spaventare la gente» disse Zeta. «Però, è vero che all'inizio si dovrebbe andarci piano. Bevi lentamente; lascia che ti scivoli giù.» «Qual è la pena per chi beve alcol?» chiese Nick. Scoprì che aveva qualche difficoltà a formare le parole. «Un anno. Da scontare per intero, senza possibilità di libertà sulla parola.» «Ne vale la pena?» La stanza, intorno a lui, sembrava irreale; aveva perso la sua solidità, la sua concretezza. «E non dà assuefazione? I giornali dicono che quando cominci, non riesci più...» «Pensa solo a bere la tua birra» disse Zeta; lui sorseggiava la sua, ingollandola senza apparenti difficoltà. «Lo sai» disse Nick, «che cosa direbbe Kleo se sapesse che bevo alcool?» «Le mogli sono fatte così.» «Non credo. Lei è fatta così, ma alcune no.» «No, sono tutte così.» «Perché?» «Perché» disse Zeta, «il marito è la fonte di tutto il loro denaro.» Fece
un rutto, abbozzò una smorfia e si appoggiò all'indietro sulla sua seggiolina girevole, la bottiglia di birra stretta in una grossa mano. «Per loro... be', prova a vederla in questo modo. Immagina di aver avuto una macchina, una macchina molto complessa e delicata, che quando funzionava a dovere ti stampava, ti sfornava fuori, una fila di pop. Ora, supponiamo che questa macchina...» «È davvero questo che le mogli pensano dei loro mariti?» «Certo.» Zeta fece un altro rutto, annuì col capo e allungò a Nick la bottiglia di birra. «È disumanizzante» disse Nick. «Certo che lo è. Puoi scommetterci il tuo culo rosso e verde.» «Io credo che Kleo si preoccupi per me perché suo padre è morto quando lei era ancora molto giovane. Ha paura che tutti gli uomini siano...» Cercò la parola ma non riuscì a trovarla; ormai i suoi processi mentali perdevano colpi, erano appannati e straniti. Non aveva mai provato prima qualcosa del genere, e si spaventò. «Cerca di restare calmo» disse Zeta. Nick disse: «Io credo che Kleo sia vapida.» «"Vapida"? Cosa vuol dire?» «Vuota.» Fece un gesto. «Forse voglio dire passiva.» «Tutte le donne di solito sono passive.» «Ma questo interferisce...» Incespicò nella parola e si sentì arrossire per l'imbarazzo. «Interferisce nella loro maturazione.» Zeta si sporse verso di lui. «Stai dicendo questo perché hai paura della sua disapprovazione. Dici che è "passiva", eppure è esattamente ciò che vorresti da lei, in questo momento. Vuoi che lei continui così; voglio dire, che approvi quello che stai facendo. Ma perché dirglielo, poi? Che bisogno c'è di farglielo sapere?» «Le dico sempre tutto.» «Perché?» sbottò con forza Zeta. «Perché è così che si fa, di solito» disse Nick. «Quando avremo finito questa birra» disse Zeta, «tu ed io andremo in un posto. Non ti dirò dove... è solo un posto. Qui, se avremo fortuna, potremo prendere un po' di materiale.» «Vuoi dire materiale degli Uomini Nascosti?» chiese Nick, e sentì il gelo dare uno strattone al suo cuore; si sentiva pilotato verso acque pericolose. «Ho già un libretto di un vecchio amico che si è fatto passare per...» Si interruppe, incapace di completare la frase. «Non voglio correre rischi.»
«Lo stai già facendo.» «Ma questo mi basta» disse Nick. «È più che sufficiente. Starsene seduti qui a bere birra e a parlare di queste cose.» Zeta disse: «C'è una sola "parola" che conta. La parola di Eric Cordon. La roba vera; non le panzane che fanno circolare per le strade, ma quello che dice lui, la verità. Io non voglio dirti niente; voglio che sia lui a dirti come stanno le cose. In uno dei suoi opuscoli. So dove possiamo trovarne uno.» Si alzò in piedi. «Non sto parlando delle "parole di Eric Cordon". Parlo delle vere parole di Eric Cordon, le sue ammonizioni, le parabole, i piani, noti solo a quelli che sono membri autentici del mondo degli uomini liberi. Degli Uomini Nascosti nel loro significato più autentico; il significato più vero.» «Non voglio fare nulla che Kleo non approverebbe» disse Nick. «Un marito e una moglie devono essere onesti l'uno con l'altra; se continuo con questa storia...» «Se lei non ti approva, trovati un'altra moglie che può farlo.» «Parli sul serio?» chiese Nick; ormai il suo cervello era talmente annebbiato da impedirgli di capire se Zeta stava parlando seriamente. E da capire, nel caso che lui parlasse sul serio, se aveva ragione o no. «Intendi dire che questo potrebbe separarci?» disse. «Ha già spezzato parecchi matrimoni prima d'ora. Comunque, tu sei felice con lei? Due minuti fa hai detto, "È vapida." Sono state le tue esatte parole. E le hai dette tu, non io.» «È l'alcol» disse Nick. «Certo che è l'alcol. "In vino veritas"» disse Zeta, e sogghignò mostrando i denti brunastri. «È latino; significa...» «Lo so cosa significa» disse Nick; si sentiva irritato, adesso, ma non sapeva contro che cosa. Contro Zeta, forse? No, pensò, si tratta di Kleo. So come reagirebbe dinanzi a questa situazione. Non dobbiamo cercarci altri guai. Finiremo sotto una cupola lunare, in uno di quegli orribili campi di lavoro. «Cos'è più importante?» chiese a Zeta. «Anche tu sei sposato; hai una moglie e due figli. La tua respons...» Di nuovo la sua lingua si rifiutò di funzionare correttamente. «Verso chi ti senti più leale? Verso di loro? O verso l'azione politica?» «Verso gli uomini in senso generale» disse Zeta. Curvò la testa all'indietro, sollevò la bottiglia alle labbra e si scolò l'ultimo sorso di birra. Poi la sbatté con violenza sul tavolo. «Muoviamoci» disse a Nick. «È come dice la Bibbia: "Tu conoscerai la verità, e la verità ti renderà libero."»
«"Libero"?» chiese Nick, alzandosi a sua volta... e incontrando qualche difficoltà nell'operazione. «Questa è l'ultima cosa che le opere di Cordon possono garantirci. Qualche infiltrato troverà i nostri nomi, scoprirà che stiamo comprando scritti Cordoniti, e allora...» «Sempre a guardarti alle spalle in cerca di spie» sbottò caustico Zeta. «Ma come fai ad essere ancora vivo se vivi così? Ho visto centinaia di persone comprare e vendere opuscoli, a volte per un valore di almeno mille pop, e... - fece una pausa - ...certe volte le spie riescono a infiltrarsi. O un'auto civetta ti scorge mentre passi i pop a un venditore. E allora, come dici tu, si finisce in galera sulla Luna. Ma si deve correre il rischio. La vita stessa è un rischio. Ti chiedi: "Ne vale la pena?" e ti rispondi: "Sì, perdio, ne vale la pena."» Infilò la giacca; aprì la porta dell'ufficio e uscì sotto il sole. Nick, dopo una pausa prolungata - e vedendo che Zeta non si guardava alle spalle per aspettarlo - lo seguì lentamente. Raggiunse Zeta accanto alla sua razzauto parcheggiata davanti al negozio. «Credo che dovresti cominciare a cercarti una nuova moglie» disse Zeta; aprì la portiera del veicolo e strizzò la sua mole dietro la barra di comando. Anche Nick salì, sbattendosi dietro la portiera. Zeta sogghignò mentre la razzauto schizzava su nel cielo del mattino. «Questi non sono affari tuoi» disse Nick. Zeta non rispose; era concentrato sulla guida. Poi, girando il capo, disse a Nick: «Adesso siamo puliti, quindi posso anche guidare senza badare troppo al codice. Ma al ritorno avremo la roba, e così non ci troveremo alle costole un agente della SP che ci fa segno di scendere per eccesso di velocità o guida pericolosa. Giusto?» «Sì» disse Nick, e sentì crescere dentro di sé una paura raggelante. Era diventata inevitabile, con la strada che avevano imboccato; ora non poteva più uscirne. Perché no? si domandò. So di dover continuare con questa storia, ma perché? Per dimostrare di non avere paura che una spia possa consegnarci alla polizia? Per dimostrare che non sono dominato da mia moglie? Per tutte le ragioni sbagliate, pensò... e soprattutto perché ho bevuto alcol, la sostanza più pericolosa in assoluto - dopo l'acido prussico che una persona possa bere. Be', pensò, vada come vuole. «Bella giornata» disse Zeta. «Gelo limpido, niente nuvole dietro cui nascondersi.» Salì sempre più in alto con aria soddisfatta; Nick si rannicchiò intorpidito sul suo sedile e rimase immobile, impotente, mentre la razzauto procedeva per la sua rotta.
A un vìdeofono pubblico, Zeta fece una chiamata; furono solo poche parole appena articolate. «Li ha ancora?» chiese Zeta. «È là? Bene. Sì, certo. Grazie. Ciao.» Riappese. «Questa è la parte che non mi piace» disse. «Quando si deve chiamare. L'unica cosa è pensare che ogni giorno vengono fatte chiamate a milioni e che loro non possono sorvegliarle tutte.» «Ma c'è la Legge di Parkinson» disse Nick, cercando di mascherare la propria paura con una falsa allegria. «"Se una cosa può succedere..."» Zeta, tornando sulla razzauto, disse: «Non è ancora successa.» «Ma alla fine...» «Alla fine» puntualizzò Zeta, «la morte ci prenderà tutti.» Rimise in moto il mezzo e schizzarono di nuovo verso l'alto. Al momento, stavano volando sopra un ampio quartiere residenziale della città; Zeta sbirciò di sotto con aria cupa. «Tutte quelle dannate case sono identiche» mormorò. «È una bella fatica distinguerle dall'alto. Ma è anche un vantaggio; il nostro amico è nascosto in mezzo a dieci milioni di fedeli sostenitori di Willis Gram e degli Insoliti e degli Uomini Nuovi e di tutte le loro stronzate.» La razzauto scese bruscamente in picchiata. «Ci siamo» disse Zeta. «Sai, la birra ha fatto effetto anche a me... te lo giuro.» Sogghignò a Nick. «E tu hai l'aria di un gufo impagliato; hai l'aria di uno che riuscirebbe a far compiere un giro completo alla sua testa.» Scoppiò a ridere. Scesero su un tetto dotato di pista d'atterraggio. Zeta uscì dal mezzo grugnendo; Nick lo seguì, e si diressero insieme verso la scala mobile. A bassa voce, Zeta gli disse: «Se la polizia ci ferma per chiedere cosa ci facciamo qui, diciamo che stiamo riportando a un tizio le chiavi della sua razzauto che abbiamo dimenticato di ridargli quando gli abbiamo aggiustato la macchina.» «Questo non ha senso» disse Nick. «Perché non ha senso?» «Perché se avessimo noi le chiavi della sua razzauto, lui non sarebbe potuto tornare qui in volo.» «D'accordo, allora diciamo che è una seconda serie di chiavi che ci ha ordinato per sua moglie.» Al cinquantesimo piano, Zeta scese dalla scala mobile; percorsero un corridoio ricoperto di moquette, senza vedere anima viva. Zeta si fermò di colpo, lanciò una rapida occhiata tutt'attorno, poi bussò a una porta. La porta si aprì. Una ragazza comparve dinanzi a loro, una ragazza piccola e dai capelli neri, graziosa sia pure in modo strano e in un certo senso duro; aveva il naso schiacciato, due labbra sensuali e zigomi modellati con
eleganza. Intorno a lei aleggiava un'aura di magia femminile; Nick la percepì subito. Il suo sorriso, pensò, è come un faro; illumina il suo intero viso, lo rende vivo. Zeta non sembrò contento di vederla. «Dov'è Denny?» chiese a voce bassa ma chiaramente scandita. «Entrate.» Lei spalancò la porta. «Sta arrivando.» A disagio, Zeta entrò facendo segno a Nick di seguirlo. Non fece nessuna presentazione; attraversò invece il soggiorno, entrando prima nella piccola camera da letto e poi nella zona cucina del soggiorno, guardingo come un animale. «Sei pulita, qui?» domandò bruscamente. «Sì» disse la ragazza. Sollevò gli occhi verso il viso di Nick, una scalata di almeno trenta centimetri. «Non ti ho mai visto prima.» «Non siete puliti» disse Zeta; si era fermato davanti all'imboccatura dello scarico dei rifiuti; allungò una mano e la ritrasse di colpo con un pacchetto che era stato fissato con nastro adesivo all'interno del condotto. «Voi ragazzi siete degli idioti.» «Non sapevo che ci fosse qualcosa là dentro» disse la ragazza in tono duro e tagliente. «Comunque, era fissato in modo tale che se qualcuno avesse fatto irruzione dalla porta, avremmo potuto spingerlo giù per il tubo con una minima pressione, e così non ci sarebbero state prove.» «E loro bloccano il tubo» disse Zeta. «Così lo recuperano all'altezza del primo piano, prima che finisca nelle fornaci.» «Mi chiamo Charley» disse la ragazza a Nick. «Una ragazza che si chiama Charley?» chiese lui. «Charlotte.» Allungò la mano, e lui la strinse. «Sai, penso di sapere chi sei. Sei il risolcatore di gomme di Zeta.» «Sì» disse lui. «E vuoi un opuscolo autentico? Lo paghi tu o lo paga Zeta? Perché Denny non ha più intenzione di fare credito a nessuno; vuole pop in contanti.» «Lo pago io» disse Zeta. «Per questa volta, almeno.» «Fanno sempre così» disse Charley. «Il primo opuscolo è gratis; quello successivo costa cinque pop; quello seguente dieci; il...» La porta dell'appartamento si aprì. Tutti smisero di muoversi, di respirare. Un bel ragazzo se ne stava fermo sulla soglia, muscoloso e ben vestito, con capelli biondi arruffati, occhi grandi, un'espressione intensa sul viso che deformava la sua bellezza fino a trasformarla in una maschera dura e
crudele. Esaminò Zeta per qualche istante, poi Nick, e gli istanti silenziosi aumentarono. Dopo di che richiuse la porta - e la barra in Ferok pensò a sbarrarla - attraversò la stanza fino alla finestra, sbirciò fuori, rimase fermo a masticarsi l'unghia del pollice irradiando, tutt'attorno, vibrazioni minacciose, come se qualcosa di spaventoso, qualcosa capace di distruggere tutto quanto, fosse sul punto di manifestarsi... come se, pensò Nick, lui fosse sul punto di farlo. Ci massacrerà tutti quanti con le sue mani. Il ragazzo emanava un'aura di forza, ma era una forza malata; era eccessiva, troppo piena di sé, come lo erano gli occhi scuri e i capelli spettinati. Un Dioniso sorto dalle fogne cittadine, pensò Nick. Così questo era lo spacciatore. La persona dalla quale avrebbero acquistato le opere autentiche. «Ho visto la tua razzauto sul tetto» disse il ragazzo a Zeta, quasi stesse annunciando la scoperta di qualche atto maligno. «Questo chi è?» chiese, facendo un cenno col capo verso Nick. «Uno che conosco, uno che vuole comprare» disse Zeta. «Oh, davvero?» Il ragazzo, Denny, si accostò a Nick e lo studiò da vicino. Studiò i suoi abiti, il suo viso; mi sta giudicando, si rese conto Nick. Come se fosse in corso un bizzarro tipo di combattimento, la cui natura gli riusciva completamente estranea. A un tratto, gli occhi grandi e sporgenti di Denny si spostarono rapidamente; il ragazzo fissò il divanetto, l'opuscolo incartato che si trovava là sopra. «L'ho tirato fuori io dal tubo di scarico» disse Zeta. «Piccola puttana» disse Denny alla ragazza. «Ti avevo detto di tenere pulito questo posto. Capito?» La guardò minaccioso dall'alto in basso; lei sollevò gli occhi, le labbra socchiuse per l'ansia, gli occhi fissi e allarmati. Girandosi di scatto, Denny raccolse l'opuscolo, strappò la carta che l'avvolgeva e lo esaminò. «Questo lo hai avuto da Fred» disse. «Quanto lo hai pagato? Dieci pop? Dodici?» «Dodici» disse Charley. «Sei paranoico. Smettila di comportarti come se pensassi che uno di noi è un infiltrato. Pensi sempre che chiunque sia una spia se non sei tu personalmente a...» «Come ti chiami?» chiese Denny a Nick. «Non dirglielo» disse Charley. Girandosi verso di lei, Denny sollevò un braccio e fece un mezzo passo indietro; lei lo fronteggiò calma, il viso impassibile e lo sguardo duro. «Avanti» disse. «Colpiscimi e ti mollerò un calcio dove ti farà male per il resto della tua vita.»
Zeta disse: «È un mio dipendente.» «Oh, certo» disse Denny caustico. «E lo conosci da tutta una vita. Perché non dici semplicemente che è tuo fratello?» «È la verità» disse Zeta. «Che cosa fai?» chiese Denny a Nick. «Risolco gomme» disse Nick. Denny sorrise; il suo intero atteggiamento cambiò, come se i problemi fossero stati risolti. «Oh, davvero?» chiese, e scoppiò in una risata. «Che razza di lavoro. Che vocazione. Tramandato da tuo padre?» «Sì» disse Nick, e sentì una vampata d'odio. Fece del suo meglio per non tradirsi, perché non voleva che l'altro se ne accorgesse; aveva paura di Denny, forse perché anche gli altri nella stanza ne avevano, e lui la percepiva. Denny tese la mano a Nick. «D'accordo, risolcatore di gomme, vuoi comprare un opuscolo da cinque o da dieci pop? Ne ho di entrambi i prezzi.» Infilò una mano sotto la giacca di pelle e tirò fuori un mazzo di opuscoli. «È roba buona» disse. «Autentica; conosco il tipo che li stampa. Ho visto il manoscritto originale di Cordon nella stamperia.» «Visto che lo pago io» disse Zeta «sarà un opuscolo da cinque.» «Ti suggerisco "La morale di un uomo per bene"» disse Charley. «Sul serio?» disse beffardo Denny, fissandola. Lei sostenne il suo sguardo, come prima, senza battere ciglio. È dura almeno quanto lui, pensò Nick. Riesce a tenergli testa. Ma perché? si chiese. Per lei è davvero importante restare vicina a una persona così violenta? Sì, pensò; posso sentire anch'io la violenza, e l'instabilità. È capace, in qualsiasi momento, di fare qualsiasi cosa, senza alcun preavviso. Ha una personalità da anfetamine. Probabilmente prende dosi massicce di qualche anfetamina, per via orale o per iniezione. O magari, per fare il lavoro che fa, deve comportarsi per forza così. «Prendo quello» disse Nick. «Quello che ha suggerito Charley.» «Ti ha già accalappiato» disse Denny. «Come accalappia tutti quanti, tutti gli uomini, sempre.» Rivolto a Nick, disse: «È una stupida. Una stupida puttana nana.» «Finocchio» disse Charley. «Ha parlato la lesbica» disse Denny. Zeta tirò fuori una banconota da cinque pop e la allungò a Denny; era chiaro che voleva concludere la transazione e andarsene. «Ti infastidisco?» chiese Denny a Nick, bruscamente.
Nick disse, cauto: «No.» «Certe persone mi trovano fastidioso» disse Denny. «Lo credo bene» disse Charley. Allungò una mano, prese il mazzo di opuscoli che lui stringeva, scelse quello giusto e lo porse a Nick, scoccandogli intanto quel suo sorriso luminoso. Sedici anni, pensò lui; non può averne di più. Bambini che si divertono al gioco della vita e della morte, odiando e lottando, ma... probabilmente pronti a fare fronte comune quando ci sono guai. L'animosità fra Denny e la ragazza mascherava, decise, una più profonda attrazione. In qualche modo, quei due funzionavano abbinati. Un rapporto simbiotico, ipotizzò; non molto piacevole da osservare ma non per questo meno reale. Un Dioniso delle fogne, pensò, e una piccola ragazza, graziosa e incallita, capace di tenergli testa... o almeno di provarci. Odiandolo, con ogni probabilità, eppure incapace di staccarsi da lui. Forse perché lui era, ai suoi occhi, così attraente sotto il profilo fisico, e rappresentava il vero uomo. Perché lui era più duro di lei, ed era ciò che lei rispettava. Perché anche lei era abbastanza dura da comprendere che cosa significasse. Ma che razza di individuo a cui attaccarsi. Come un frutto succoso in un clima troppo caldo, lui si era sciolto; il suo viso era molle e fuso, e solo il truce bagliore degli occhi manteneva insieme i suoi lineamenti. Mi sarei aspettato, pensò, che coloro che distribuivano e vendevano gli scritti di Cordon fossero persone idealiste e nobili. Ma a quanto pare mi sbagliavo. Le sue opere sono illegali; attirano quelli che per natura si occupano di cose illegali, e questi individui sono una specie a parte. Gli oggetti che spacciano, infondo, di per se stessi non contano molto; conta solo il fatto che siano illegali, e che la gente sia pronta a pagarli bene, molto bene. «Sei sicura che adesso questo posto sia pulito?» chiese Denny alla ragazza. «Lo sai, io abito qui; sono qui dentro dieci ore al giorno. Se ci scoprissero qualcosa...» Si aggirò per la stanza, sospettoso in modo animalesco: il suo era un sospetto acido, pieno di odio. Di colpo, sollevò una lampada a stelo. La esaminò, poi tolse di tasca una moneta; svitò tre viti e il basamento si staccò fra le sue mani. E dal tubolare cavo della lampada sbucarono tre opuscoli arrotolati. Denny si girò verso la ragazza, che rimase immobile, il viso calmo... o quasi calmo, almeno; Nick la vide serrare le labbra come se si preparasse a qualcosa. Sollevando il braccio destro, Denny la colpì, cercando di raggiungere
l'occhio ma facendo cilecca. Lei si era chinata, ma non abbastanza in fretta; il colpo la raggiunse su un lato della testa sopra l'orecchio. E con sorprendente rapidità, lei agguantò il braccio teso di Denny, gli sollevò il polso e lo morse, conficcando a fondo i denti nella carne. Denny lanciò un urlo e mulinò l'altro braccio, cercando di liberare il polso dai suoi denti. «Aiutatemi!» strillò Denny a Nick e a Zeta. Nick, non sapendo cosa fare, si mosse verso la ragazza e sentì la propria voce dirle che doveva lasciarlo andare, che poteva danneggiare un nervo e procurargli una paralisi alla mano. Zeta, invece, agguantò la mascella della ragazza, infilò le sue grosse dita macchiate di olio fra i denti e fece forza per aprirle la bocca; Denny ritirò di scatto il braccio, esaminando il morso; sembrava instupidito, ma poi, quasi subito, la violenza fece ritorno sul suo viso. E adesso era una violenza omicida; gli occhi erano sporgenti come se volessero schizzargli letteralmente dalla testa. Si chinò, raccolse la lampada e la sollevò alta sopra di sé. Zeta lo bloccò, ansimante; tenne stretto il ragazzo nella sua stretta poderosa, gorgogliando nel frattempo a Nick: «Falla uscire di qui. Portala da qualche parte dove lui non possa trovarla. Non capisci? Lui è un alcolomane! Sono capaci di tutto. Vai!» Come in trance, Nick prese la ragazza per mano e la guidò fuori dall'appartamento. «Puoi prendere la mia razzauto» gli gridò dietro, sempre ansimante, Zeta. «Va bene» disse Nick; si tirò dietro la ragazza - lei lo seguì docile, piccola e leggera - e raggiunse la scala mobile, pigiando il pulsante. «Sarà meglio salire alla svelta fino al tetto» disse Charley. Sembrava calma; addirittura, gli lanciò dal basso in alto quel sorriso radioso che rendeva adorabile il suo viso. «Hai paura di lui?» chiese Nick mentre salivano sulla scala mobile e cominciavano a divorare gli scalini due alla volta. Lui la stringeva ancora per un polso, e lei riusciva lo stesso a restargli dietro. Agile come un folletto, sapeva combinare una sveltezza felina con una capacità di sgusciare quasi soprannaturale. Come una cerbiatta, pensò lui, mentre continuavano a salire. Lontano sotto di loro, all'imbocco della scala mobile, comparve Denny. «Torna indietro!» urlò, la voce tremante per l'agitazione. «Devo andare all'ospedale a farmi visitare questo morso. Portami là!» «Dice sempre così» disse placida Charley, insensibile alle pietose la-
mentele del ragazzo. «Non devi fare altro che ignorarlo, e sperare che non riesca a correre più veloce di noi.» «Ti tratta così molto spesso?» ansimò Nick mentre raggiungevano il tetto e si lanciavano di corsa verso la razzauto parcheggiata di Zeta. «Sa quello che sono capace di fare» disse Charley. «Hai visto cosa ho fatto... l'ho morso, e lui non sopporta di essere morso. Sei mai stato morso da un adulto? Hai mai pensato cosa si deve provare? E so fare un'altra cosa... mi appoggio contro una parete e allargo le braccia per fare presa, in modo da essere salda contro qualcosa, e poi scalcio con entrambi i piedi. Una volta o l'altra dovrò fartelo vedere. Quindi ricordatelo: mai cercare di toccarmi quando non voglio essere toccata. Nessun uomo può riuscirci e farla franca.» Nick la infilò dentro la razzauto, fece il giro fino alla portiera del guidatore e salì dietro la barra. Avviò il motore, e in quell'istante Denny comparve, ansimante, all'uscita della scala mobile. Vedendolo, Charley rise allegramente, una risata da ragazzina; portò le mani alla bocca e oscillò avanti e indietro, gli occhi scintillanti. «Oh, Dio» disse. «Com'è arrabbiato. E non può fare nulla. Partiamo.» Pigiando la manopola del gas, Nick decollò; la razzauto, per vecchia e sgangherata che potesse sembrare, aveva un motore ben carburato che Zeta aveva costruito di persona; ne aveva modificato ogni parte mobile. Quindi, a bordo della sua razzauto, Denny non li avrebbe mai raggiunti. A meno che, naturalmente, anche Denny non avesse truccato il suo motore. «Cosa sai della sua razzauto?» chiese a Charley, che sedeva tranquilla lisciandosi i capelli. «Sai se per caso lui...» «Denny non sa fare nulla che comporti un lavoro manuale. Odia sporcarsi le mani di grasso. Ma ha una Shellinberg 8, con il motore B-3. Quindi può filare molto veloce. A volte, se non c'è altro traffico, come di notte sul tardi, spinge al massimo e arriva fino ai cinquanta.» «Non è un problema» disse Nick. «Questa vecchia carretta raggiunge i settanta o perfino i settantacinque. Sempre che possiamo fidarci della parola di Zeta.» La razzauto si muoveva veloce, ora, sgusciando in mezzo al traffico di mezza mattina. «Lo seminerò» disse Nick. Dietro di sé vide una Shellinberg verniciata di rosso porpora. «È lui?» le chiese. Girandosi a guardare, Charley disse: «Sì, è lui. Denny possiede la sola Shellinberg rosso porpora di tutti gli Stati Uniti.» «Mi infilerò nel grosso del traffico» disse Nick, e cominciò a scendere verso la quota frequentata dalle razzauto per i percorsi brevi. Quasi subito,
due mezzi dall'aspetto innocuo si infilarono dietro di lui mentre si inseriva nella corsia principale. «E adesso svolterò qui» disse, quando il pallone con la scritta HASTINGS AVENUE comparve sussultante alla sua destra. Affrontò la curva, immergendosi completamente - come aveva sperato fra le lente file di razzauto che cercavano un posto per parcheggiare... in massima parte guidate da donne uscite a fare acquisti. Nessun segno della Shellinberg 8 color porpora. Sbirciò in tutte le direzioni, cercando di individuarla. «Lo hai seminato» disse Charley in tono pratico. «Lui fa affidamento sulla velocità... lo sai, dare tutto gas lassù in alto sopra le rotte normali, al di fuori dal traffico, ma quaggiù...» Rise di nuovo, gli occhi scintillanti di ciò che a Nick sembrò autentica allegria. «È troppo impaziente; non guida mai a queste quote.» Nick chiese: «Allora cosa pensi che farà?» «Rinuncerà. In un paio di giorni la rabbia finirà col passargli, comunque. Ma per almeno quarantotto ore sarà di umore omicida. È stato davvero stupido da parte mia nascondere quegli opuscoli nella lampada; Denny ha ragione. Però non mi piace lo stesso essere picchiata.» Con aria pensierosa, si massaggiò il lato della testa dove lui l'aveva colpita. «Picchia duro» disse. «Però non sopporta che qualcuno lo colpisca in risposta; io non riesco a colpirlo come si deve, sono troppo piccola... ma hai visto come so mordere.» «Sì» disse lui. «Il più spettacolare morso del secolo.» Non se la sentiva di mettere in discussione questo punto. «È molto gentile da parte tua» disse Charley. «Sei un perfetto sconosciuto eppure mi aiuti in questo modo, quando non mi conosci nemmeno. Non sai nemmeno come mi chiamo.» «Mi accontenterò di Charley» disse lui. Quel nome sembrava calzarle piuttosto bene. «Non ho sentito il tuo nome» disse la ragazza. «Nick Appleton.» Lei emise la sua solita risata scoppiettante fra le dita delle mani. «È il nome che avrebbe il personaggio di un libro. "Nick Appleton." Un poliziotto privato, magari. O in uno di quegli spettacoli televisivi.» «È il genere di nome che denota competenza» disse Nick. «Tu sei competente» ammise lei. «Voglio dire che sei riuscito a cavarci a cavare me - da quel pasticcio. Grazie.» «Dove conti di passare le prossime quarantotto ore?» chiese Nick. «Fin-
ché Denny non si sarà calmato?» «Ho un altro appartamento; usiamo anche quello per il lavoro. Trasferiamo il materiale da uno all'altro, nel caso che la SP ci scodelli uno dei suoi mandati p-più-s. Perquisisci e sequestra, lo sai, no? Ma non sospettano di noi. La famiglia di Denny ha un sacco di soldi e di influenza, e quando un ficcanaso della polizia ha cominciato ad annusare intorno, un alto funzionario della SP, amico del padre di Denny, ha chiamato per avvertirci in tempo. È stata l'unica volta che abbiamo avuto qualche fastidio.» Nick disse: «Non credo che dovresti andare nell'altro appartamento.» «E perché? Ci sono tutte le mie cose; devo andarci per forza.» «Vai dove lui non possa trovarti. Sarebbe capace di ucciderti.» Aveva letto articoli sui cambiamenti di personalità che subivano le persone assuefatte all'alcol. Spesso ne derivava una crudeltà bestiale, una personalità dalla struttura praticamente psicopatica che miscelava i rapidi mutamenti d'umore dei maniaci alla rabbia sospettosa della paranoia. Be', ora ne aveva visto uno, aveva visto un autentico alcolomane. E non gli era affatto piaciuto. Non c'era da stupirsi se le autorità avevano reso l'alcol illegale... e illegale sul serio: di solito un alcolomane finiva col trovarsi rinchiuso, se scoperto, in un campo di lavoro psicodidattico per il resto dei suoi giorni. A meno di non potersi pagare un avvocato importante che a sua volta poteva pagare costosi esami della personalità del suo cliente, nel tentativo di dimostrare che il periodo di assuefazione era terminato. Ma naturalmente non era mai terminato. Un alcolomane restava ciò che era per sempre, anche dopo un intervento chirurgico di Platt sul diencefalo, l'area del cervello che controllava gli appetiti orali. «Se mi uccide» disse Charley, «io ucciderò lui. In pratica Denny è più fifone di me. Ha un sacco di paure; quasi tutto quello che fa, lo fa per paura... spinto dal panico, direi. Vive in uno stato di panico continuo.» «E se non ha bevuto?» «Ha sempre paura lo stesso, ed è per questo che beve... ma non diventa violento se non beve; vuole solo scappare via e nascondersi. Ma se non può farlo - perché pensa che la gente intorno a lui lo tenga d'occhio e sappia che è uno spacciatore - allora si mette a bere; è così che funziona.» «Ma bevendo» disse Nick, «attira l'attenzione degli altri, e questa è proprio la cosa che cerca di evitare; non è così?» «Può darsi che non sia così. Forse vuole essere scoperto e arrestato. Non ha mai fatto lavori di nessun genere nella sua vita prima di mettersi a commerciare opuscoli, libri e mininastri; la sua famiglia lo ha sempre man-
tenuto. E adesso approfitta anche della cred... com'è quella parola?» «Credulità?» disse Nick. «È quando vuoi credere a tutti i costi in qualcosa?» «Sì.» Era una definizione abbastanza prossima al vero. «Così lui approfitta della loro credulità, perché la gente, tanta gente, ha una fede quasi superstiziosa in Provoni, lo sapevi? E crede in tutto ciò che riguarda il suo ritorno e tutte quelle altre idiozie che si trovano negli scritti di Cordon.» Nick, incredulo, chiese: «Vorresti dire che proprio voi, le stesse persone che fanno circolare gli scritti di Cordon, le persone che vendono i suoi...» «Non siamo mica costretti a crederci. L'uomo che vende a qualcuno una bottiglia di liquore deve per forza essere un alcolomane lui stesso?» Quella logica, per quanto ineccepibile, lo lasciò di sasso. «Lo fate per i soldi» disse. «Probabilmente non leggete nemmeno cosa c'è scritto in quegli opuscoli; li conoscete solo per nome. Come un impiegato che lavora in un magazzino.» «Io ne ho letto qualcuno.» Lei si girò a fissarlo, sempre massaggiandosi la fronte. «Dio, che mal di testa mi è venuto. Non hai un po' di darvon o di codeina a casa tua?» «No» disse lui, invaso da un repentino e guardingo senso di disagio. Vuole venire a stare da me, pensò, per i prossimi due giorni. «Ascolta» le disse, «ti accompagno in un motel, uno scelto a caso; lui non ti troverà mai. Pagherò io per le prossime due notti.» «Diavolo» disse Charley, «così dovrò sorbirmi la schedatura elettronica e il centro di controllo che verifica i nomi di tutti gli ospiti di ogni albergo e motel del Nord America; per due pop Denny avrà l'informazione che gli serve soltanto sollevando la cornetta del videofono.» Nick disse: «Useremo un nome falso.» «Già, perché no?» Nick sentì crescere il proprio disagio; aveva l'impressione che lei gli si stesse attaccando come carta moschicida; non riusciva a togliersela di dosso. «Non voglio restare sola» disse Charley, «perché se lui mi trova in qualche camera di motel, da sola, mi riempirà di botte; e stavolta sul serio, non come hai visto poco fa. Voglio stare con qualcuno; devo avere una persona che...» «Io non riuscirei a fermarlo» disse Nick, in tutta sincerità. Perfino Zeta, nonostante la sua forza, era riuscito a trattenere Denny soltanto per pochi
minuti. «Con te non farà a botte. A lui non piace avere intorno qualcuno, una terza persona, che veda quello che mi fa. Però...» Fece una pausa. «Non dovrei cercare di coinvolgerti. Non è giusto nei tuoi confronti. Supponi che scoppi una zuffa a casa tua, che la SP facesse irruzione e che ti scoprissero addosso quell'opuscolo che hai preso da noi... conosci la pena prevista.» «Lo getterò via» disse lui. «Subito.» Abbassò il finestrino della razzauto e infilò una mano nel suo portatutto per prendere il fascicolo. «Così Eric Cordon viene secondo» disse Charley con voce neutra, senza alcuna sfumatura di rimprovero. «Prima viene il proteggermi da Denny. Non è buffo? È davvero buffo!» «Un individuo è più importante di qualunque opera teorica che...» «Questo perché non hai ancora abboccato all'amo, tesoro. Non hai letto Cordon; quando lo avrai fatto, la penserai in modo diverso. Comunque, ho altri due opuscoli nella mia borsa, quindi non farebbe nessuna differenza.» «Gettali via.» «No» disse Charley. Be', pensò lui, siamo nei guai fino al collo. Lei non vuole liberarsi degli opuscoli e non vuole che lasci in un motel. Ora che faccio? Continuo a girare in tondo in questo maledetto traffico finché non finisco il carburante? E c'è sempre la possibilità che la Shellinberg 8 si rifaccia viva, così finiremo conciati per le feste; probabilmente quel matto ci speronerà e ci ucciderà tutti quanti. A meno che l'alcol non abbia cessato il suo effetto. «Ho una moglie» disse semplicemente. «E un figlio. Non posso fare nulla che...» «L'hai già fatto. Quando hai lasciato capire a Zeta che volevi un opuscolo; ti sei compromesso nel momento in cui tu e Zeta avete bussato alla porta del nostro appartamento.» «Anche prima di allora, se è per questo» disse Nick, annuendo; era vero. Tutto così in fretta, pensò. Un impegno di quella gravità preso in un batter d'occhio. Ma era già dentro di lui da parecchio tempo, sempre crescente. La notizia dell'imminente assassinio di Cordon - perché era di questo che si trattava - lo aveva condotto a una decisione, e già in quel momento Kleo e Bobby si erano trovati in pericolo. D'altra parte, la SP lo aveva appena sottoposto a un controllo casuale, servendosi di Darby Shire come esca. E lui - insieme a Kleo - lo aveva superato. Quindi, dal punto di vista delle probabilità statistiche, era piuttosto improbabile che avrebbero indagato di nuovo sul suo conto in tempi brevi.
Ma non poteva illudersi con tanta facilità. Probabilmente sorvegliano Zeta, pensò. E sanno dei due appartamenti. Sanno tutto quello che c'è da sapere; devono soltanto decidere quando fare la loro mossa. In quel caso, era davvero troppo tardi. Poteva anche arrivare fino in fondo; lasciare che Charley restasse con lui e Kleo per un paio di giorni. Il divano in soggiorno poteva trasformarsi in una brandina; avevano già avuto amici a dormire da loro per qualche notte. Tuttavia questa situazione differiva, e in modo radicale, da simili precedenti. «Puoi fermarti da me e mia moglie» disse, «se ti liberi degli opuscoli che hai con te. Non è necessario che li distruggi... non puoi semplicemente lasciarli in qualche posto che conosci bene?» Charley, senza rispondere, prese uno degli opuscoli, ne sfogliò le pagine e poi lesse ad alta voce: «"La misura di un uomo non è la sua intelligenza. Non è il livello che può raggiungere nel sistema dei fenomeni di natura. La misura di un uomo è questa: con quale rapidità sa reagire ai bisogni di un'altra persona? E quanto di se stesso può dare? Quando il dare è autentico dare, non si riceve nulla in cambio, o almeno..."» «Certo; quando si dà, si riceve sempre qualcosa di ritorno» disse Nick. «Se dai qualcosa a qualcuno, prima o poi lui ti restituirà il favore dandoti qualcosa in cambio. È ovvio.» «Questo non è dare; è barattare. Ascolta questo. "Dio ci dice..."» «Dio è morto» disse Nick. «Hanno trovato la sua carcassa nel 2019. Galleggiava nello spazio vicino ad Alpha.» «Hanno trovato i resti di un organismo che era parecchie migliaia di volte più progredito evolutivamente di noi» disse Charley. «E che evidentemente era in grado di creare mondi abitabili e di popolarli con esseri viventi derivati da se stesso. Ma questo non prova che fosse Dio.» «Io penso che fosse Dio.» Charley disse: «Posso fermarmi a casa tua per questa notte e forse, se necessario - e solo se necessario - magari anche per domani notte. D'accordo?» Lo guardò dal sotto in su, il suo luminoso sorriso inondato da una luce d'innocenza. Come se, alla stregua di una gattinà, stesse chiedendo solo un piattino di latte, niente di più. «Non devi avere paura di Denny, non ti farà del male. Se prenderà a botte qualcuno, quel qualcuno sarò io. Ma non riuscirà a risalire al tuo appartamento; come potrebbe? Non sa come ti chiami; non sa...» «Sa che lavoro per Zeta.»
«Zeta non ha paura di lui. Zeta potrebbe ridurlo a una polpetta...» «Ti contraddici» disse Nick, o almeno così gli sembrava; forse l'alcol non aveva ancora cessato il suo effetto su di lui. Si chiese quando sarebbe scomparso. Dopo un'ora? Due? Comunque, gli sembrava di guidare decorosamente la razzauto; o almeno, nessun agente della SP gli aveva ancora segnalato di scendere o lo aveva uncinato con un raggio traente. «Hai paura di ciò che dirà tua moglie» disse Charley. «Se mi porti a casa. Penserà un sacco di cose.» «Be', questo è sicuro» disse lui. «E c'è anche quello che la legge definisce "abuso di minore". Non hai ventun anni, vero?» «Ne ho sedici.» «Ecco, vedi...» «Va bene» disse lei allegramente. «Atterra e fammi scendere.» «Hai soldi?» chiese lui. «No.» «Ma te la caverai?» «Sì. Riesco sempre a cavarmela.» Parlava senza ombra di rancore; non sembrava biasimarlo per la sua esitazione. Forse queste cose sono già successe prima fra loro due, rifletté Nick. E altri, come me, sono stati coinvolti. Con le migliori intenzioni del mondo. «Ti dirò cosa potrebbe succederti se mi portassi a casa tua» disse Charley. «Potresti essere arrestato perché scoperto in una stanza dove si trova del materiale Cordonita. Potresti essere accusato di abuso di minorenne. Tua moglie, che verrà arrestata a sua volta perché anche lei si trova nella stessa stanza che contiene della propaganda Cordonita, ti lascerà, e non potrà mai capirti o perdonarti. E nonostante tutto questo tu non riesci a deciderti a scaricarmi, anche se non mi conosci affatto, e solo perché sono una ragazza e non ho un posto dove andare...» «Gli amici» disse lui. «Devi avere qualche amico a cui puoi rivolgerti.» Oppure hanno tutti troppa paura di Denny? si domandò. «Hai ragione» disse poi. «Non ce la faccio a scaricarti così.» Sequestro di persona, pensò; potrei essere accusato anche di questo, se a Denny venisse in mente di rivolgersi alla SP. Ma... Denny non poteva farlo, non lo avrebbe mai fatto, perché in questo caso sarebbe rimasto incastrato a sua volta come spacciatore di propaganda Cordonita. Non può correre un simile rischio, si disse. «Sei una strana piccola ragazza» disse a Charley. «Sotto certi aspetti sei l'ingenuità in persona, e sotto altri sei dura come un malvivente incallito.»
Era il fatto di vendere materiale proibito a renderla così? si domandò. Oppure era vero il contrario... lei era cresciuta in mezzo a tante difficoltà, si era indurita, e per questo aveva finito con l'avvicinarsi a quel genere di attività? La guardò, ora, valutando ciò che indossava. È troppo ben vestita, pensò; questi sono abiti costosi. Forse è soltanto avida... e questo è un modo per guadagnare pop a sufficienza per soddisfare la sua avidità. Nel suo caso, i vestiti. Per Denny, la Shellinberg 8. Senza quella attività criminosa sarebbero stati solo due adolescenti, che se ne andavano a scuola in jeans e maglioni sformati. Il male, pensò, al servizio del bene. Ma gli scritti di Cordon erano davvero il bene? Non aveva mai visto prima un autentico opuscolo di Cordon; adesso, presumibilmente, ne possedeva uno ed era libero di leggerlo e di prendere una decisione. E le permetterò di restare con me se è il bene? si chiese. Mentre se non lo è, la getterò in pasto ai lupi, in bocca a Denny e alle razzauto di pattuglia con i loro Insoliti telepatici sempre in ascolto? «Io sono la vita» disse la ragazza. «Come?» fece lui, sorpreso. «Per te, sono la vita. Quanti anni hai, trentotto? Quaranta? Cos'hai imparato finora? Hai fatto qualcosa? Guardami, avanti. Io sono la vita, e quando sei insieme a me una parte di questa vita si trasmette a te. Non ti senti così vecchio, adesso, vero? Con me qui dentro, vicina a te?» Nick disse: «Ho trentaquattro anni e non mi sento per nulla vecchio. Anzi, è a starmene seduto qui dentro con te che mi sento più vecchio, non più giovane. Non mi trasmetti un bel niente.» «Col tempo vedrai.» «Si vede che lo hai imparato con l'esperienza» disse lui. «E con uomini più vecchi. Prima di me.» Aprendo la borsa, lei tirò fuori specchietto e stick per le guance; cominciò a tracciarsi linee complicate che dagli occhi, superando gli zigomi, si allungavano fino all'orlo della mascella. «Usi troppo trucco» disse lui. «Va bene, dì pure che sono una puttana da due pop.» «Cosa?» fece lui, fissandola, la sua attenzione distolta momentaneamente dal traffico di metà mattino. «Nulla» disse lei. Chiuse l'astuccio dello stick da guance e lo rimise insieme allo specchietto nella borsa. «Vuoi un po' di alcol? Denny e io abbiamo diversi contatti per l'alc. Magari potrei trovarti un po' di - come si
chiama? - o sì, Scotch.» «Fatto in qualche distilleria sbucata dalle nuvole e con Dio solo sa cosa» disse Nick. Lei cominciò a ridere senza ritegno; continuò a ridere, la testa chinata e la mano destra sugli occhi. «Mi sembra quasi di vederla, una distilleria che di notte esce svolazzando dalle nuvole diretta verso una nuova destinazione. Dove la SP non riuscirà a individuarla.» «L'alcol può rendere ciechi» disse Nick. «Palle. Quello è l'alcol metilico, che si estrae dal legno.» «Come puoi essere sicura che non sia quello?» «Come puoi essere sicuro di qualsiasi cosa? Denny può beccarci da un momento all'altro e ammazzarci entrambi, o magari lo farà la SP... però è improbabile, e si deve avere fiducia in ciò che è probabile, non in ciò che è soltanto possibile. Qualsiasi cosa è possibile.» Lei gli sorrise dal sotto in su. «Ma questo è anche rassicurante, non capisci? Significa che puoi sempre sperare; Cordon dice appunto questo... me lo ricordo. Cordon lo ripete spesso. In realtà il suo messaggio non è mai granché, ma questo lo ricordo. Tu e io potremmo innamorarci; tu potresti lasciare tua moglie e io lascerei Denny, così lui impazzirebbe del tutto - si metterebbe a bere come un matto - poi ci ucciderebbe tutti quanti e alla fine si suiciderebbe.» Scoppiò a ridere, gli occhi luminosi scintillanti. «Ma non è grandioso? Non vedi quanto è grandioso?» Lui non lo vedeva. «Lo vedrai» disse Charley. «Nel frattempo, non parlarmi per i prossimi dieci minuti. Devo escogitare cosa raccontare a tua moglie.» «Glielo dirò io» disse Nick. «Combineresti un bel casino. Glielo dirò io.» Chiuse le palpebre con forza, concentrandosi. Così lui continuò a guidare, dirigendosi verso il suo appartamento. Fred Huff, assistente personale di Lloyd Barnes, Direttore della SP, depose un elenco sulla scrivania del suo superiore e disse: «Mi scusi, ma lei aveva chiesto un rapporto giornaliero sull'appartamento 3XX24J ed eccolo qui. Abbiamo usato le registrazioni standard di voci su nastro per identificare i visitatori. Solo una persona - una persona nuova, voglio dire - si è fatta viva. Un certo Nicholas Appleton.» «Non mi sembra granché» disse Barnes. «Abbiamo sottoposto i dati al computer, quello che ci noleggia l'Univer-
sità del Wyoming. E abbiamo ottenuto un'interessante estrapolazione non appena gli è pervenuto tutto il materiale precedente su questo Nicholas Appleton... l'età, l'occupazione, i precedenti sociali e familiari, lo stato civile, i figli, se aveva mai...» «Se aveva mai infranto la legge in precedenza.» «Vale a dire, se era mai stato colto in fallo. Abbiamo chiesto anche questo al computer. Oltre a quali erano le probabilità che un simile individuo potesse infrangere la legge, e in modo grave. Il computer ha risposto di no, che probabilmente non lo avrebbe mai fatto.» «Però lo ha fatto, quando è andato all'appartamento 3XX24J» disse caustico Barnes. «Abbiamo annotato e inserito questo dato; dopo di che, logicamente, abbiamo chiesto una prognosi al computer. Estrapolando da questo caso e da altri simili accaduti nelle ultime ore, il computer sostiene che la notizia dell'imminente esecuzione di Cordon ha già aumentato i ranghi del movimento clandestino Cordonita del quaranta per cento.» «Ridicolo» disse il Direttore Barnes. «Eppure il risultato statistico è questo.» «Vorreste dire che si sono già riuniti in segno di protesta? Apertamente?» «Apertamente, no. Ma in segno di protesta, sì.» «Chiedete al computer quale sarà la reazione alla notizia della morte di Cordon.» «Non è in grado di calcolarla. Non ha dati sufficienti. Be', qualche ipotesi l'ha fatta, ma tutte talmente diverse da non dirci nulla di utile. Dieci per cento: un'insurrezione di massa. Quindici per cento: il rifiuto di credere che...» «Qual è l'ipotesi con le probabilità maggiori?» «La convinzione che Cordon sia morto, ma Provoni no; anzi, che Provoni sia vivo e sul punto di ritornare. Anche senza Cordon. Dobbiamo tenere presente che migliaia di scritti di Cordon - autentici o falsificati - circolano dappertutto sulla Terra in ogni minuto del giorno. La sua morte non porrà fine a questo. Ricorda quel famoso rivoluzionario del ventesimo secolo, Che Guevara? Anche se morto, il diario che lasciò dietro di sé...» «Come Cristo» disse Barnes. Si sentiva depresso; aveva cominciato a riflettere con aria cupa. «Uccidete Cristo e avrete il Nuovo Testamento. Uccidete Che Guevara e avrete un diario che è un manuale di istruzioni per impadronirsi del potere in tutto il mondo. Uccidete Cordon...»
Un cicalino suonò sulla scrivania di Barnes. «Sì, signor Presidente» disse Barnes nell'interfono. «L'agente Noyes è qui con me.» Le fece un cenno col capo e lei si alzò dalla poltrona in pelle piazzata di fronte alla scrivania. «Arriviamo.» Le fece un altro cenno, provando al tempo stesso una profonda antipatia nei suoi confronti. In genere non gli piacevano le donne-poliziotto, e ancora meno quelle che amavano indossare l'uniforme. Una donna, aveva deciso fra sé molto tempo prima, non dovrebbe portare una divisa. Gli informatori di sesso femminile non lo infastidivano, perché in nessun caso veniva loro richiesto di rinunciare alla loro femminilità. L'agente Noyes, invece, era asessuata... nel senso concreto, fisiologico del termine. Si era sottoposta all'intervento di Snyder, quindi, sia legalmente che fisicamente parlando, non era più una donna; non aveva più quegli organi sessuali, e neppure i seni; i fianchi erano sottili come quelli di un uomo, e il viso impenetrabile e crudele. «Provi a pensare» le disse Barnes mentre scendevano il corridoio - oltre la doppia fila di guardie armate di tutto punto - fino alla porta di quercia massiccia e intarsiata delle stanze di Willis Gram, «come si sentirebbe soddisfatta adesso se fosse riuscita a trovare qualcosa sul conto di Irma Gram. Un vero peccato.» Le diede un colpetto col gomito mentre la porta si apriva, poi entrarono nell'ufficio-camera da letto di Gram. Quest'ultimo se ne stava disteso sul suo letto enorme, sepolto sotto un mucchio di fascicoli del Times, un'espressione scaltra sul volto. «Signor Presidente» disse Barnes, «questa è Alice Noyes, l'agente speciale incaricata di indagare sulle abitudini morali di sua moglie.» «Ci siamo già conosciuti» le disse Gram. «Esatto, signor Presidente» disse Alice Noyes, annuendo. Gram disse con voce pacata: «Voglio che mia moglie venga assassinata da Eric Cordon, durante una diretta televisiva mondiale.» Barnes lo fissò in silenzio. Gram gli restituì lo sguardo tranquillamente, sempre con quell'espressione furbesca in volto. Dopo una pausa, Alice Noyes disse: «Naturalmente, eliminarla sarebbe di per sé facile. Un incidente fatale provocato da una razzauto, durante un giro di shopping in Europa o in Asia, come lei fa molto spesso. Ma per mano di Eric Cordon...» «Questo è il punto più aperto all'inventiva» disse Gram. Dopo un'altra pausa, Alice Noyes disse: «Con tutto il rispetto, signor Presidente, dobbiamo metterci all'opera per elaborare un progetto, oppure
lei ha qualche idea su come dovremmo o potremmo procedere? Più suggerimenti potrà fornirci, migliore risulterà la nostra posizione, sotto l'aspetto operativo, intendo dire, fino ai livelli più direttamente coinvolti nell'operazione.» Gram la osservò. «Con tutto questo, lei vorrebbe sapere se io so come farlo?» «Anch'io sono perplesso» disse a quel punto il direttore Barnes. «Sto cercando, in primo luogo, di immaginare l'effetto che ciò avrebbe sul cittadino medio... come reagirebbe se Cordon compisse un gesto simile.» «Si renderebbero conto che tutto l'amore e la solidarietà e l'aiuto reciproco e l'empatia e la collaborazione fra Uomini Vecchi, Uomini Nuovi e Insoliti... non sono altro che un cumulo di pompose idiozie. E io mi libererei di Irma. Non dimentichi questa parte, Direttore; non la dimentichi.» «Non la sto dimenticando» disse Barnes, «ma ancora non vedo come sia possibile farlo.» «All'esecuzione di Cordon» disse Gram, «saranno presenti tutte le più alte cariche del governo, mogli incluse... e ci sarà anche la mia. Cordon verrà scortato fuori da una dozzina circa di guardie armate. Le telecamere riprenderanno ogni cosa; non dimentichi questo particolare. Tutt'a un tratto, per uno di quei casi del destino che inevitabilmente si verificano, Cordon strappa la pistola a una guardia, prende di mira me, ma mi manca e uccide Irma, che naturalmente sarà seduta al mio fianco.» «Dio santo» disse lentamente il Direttore Barnes; sentiva un peso enorme accumularsi sopra di lui, obbligandolo a incurvare le spalle. «Quindi noi dovremo modificare il cervello di Cordon per costringerlo ad agire direttamente? Oppure dobbiamo semplicemente chiederglielo, sentire se non ha nulla in contrario a...» «Cordon sarà già stato eliminato» disse Gram. «Al più tardi il giorno prima.» «E allora come...» Gram disse: «Il suo cervello verrà sostituito con una torretta di sintocontrollo neurale che lo guiderà a fare ciò che noi vogliamo - o meglio, ciò che essa vuole - che lui faccia. Questo passo è abbastanza facile. La faremo installare da Amos Ild.» «L'Uomo Nuovo che sta costruendo il Grande Orecchio?» chiese Barnes. «Ha intenzione di chiedere a lui di aiutarla in questa operazione?» «Le cose stanno in questo modo» disse Gram. «Se lui non collabora, gli taglierò tutti i fondi per lo sviluppo del Grande Orecchio. E noi troveremo
qualche altro Uomo Nuovo in grado di raschiare fuori il cervello di Cordon...» Si interruppe; Alice Noyes aveva rabbrividito. «Mi scusi. Di sostituire il suo cervello, allora, se preferisce metterla in questi termini. In ogni cosa, il risultato sarà lo stesso. Che ne dice, Barnes? Non è un piano brillante?» Fece una pausa. Ci fu silenzio. «Mi risponda.» «Potrebbe servire» disse cauto Barnes, «a screditare il movimento degli Uomini Nascosti. Ma il rischio è troppo grande. Il rischio supera di gran lunga i possibili benefici; deve considerare la questione sotto questo punto di vista... con tutto il dovuto rispetto.» «Quale sarebbe il rischio?» «In primo luogo, dovrebbe informare esattamente del suo progetto un Uomo Nuovo del più alto livello, cosa che la renderebbe dipendente da loro, e questo non è assolutamente nel suo interesse. E poi quei cervelli sintetici da laboratorio che stanno sviluppando nei loro centri di ricerche... non sono affidabili. Potrebbe impazzire e sparare a chiunque, lei compreso. Personalmente, non ci terrei a trovarmi là allo scoperto quando quello esce con una pistola e comincia a seguire la sua programmazione; preferirei trovarmi distante un milione di chilometri, per essere certo di salvare la pelle.» «L'idea non le piace, allora» disse Gram. «La mia opinione potrebbe essere verbalizzata in questa forma» disse Barnes, ribollendo di indignazione dentro di sé. Cosa che Gram, naturalmente, percepì. «Lei che ne pensa, Noyes?» chiese Gram alla donna-poliziotto. «Io penso» disse Alice Noyes, «che sia il piano più brillante e fantasioso in assoluto che abbia mai incontrato.» «Visto?» disse Gram a Barnes. Incuriosito, Barnes le chiese: «Quando è arrivata a questa conclusione? Un attimo fa, quando il signor Presidente ha parlato di...» «È stata solo la sua scelta di parole, quell'accenno al raschiare fuori» disse Alice Noyes. «Ma ora vedo il piano nella giusta prospettiva.» «È l'idea più brillante che mi sia mai venuta in tutti gli anni che ho trascorso nel Servizio Statale e in questo ufficio» disse fiero Gram. «Può darsi» disse stancamente Barnes. «Forse la è.» Il che, pensò, la dice lunga sulla qualità delle idee uscite da questo ufficio. Cogliendo i pensieri di Barnes, Gram si fece scuro in volto. «Soltanto un dubbio momentaneo, passeggero» disse Barnes. «Un dubbio che sono sicuro sparirà ben presto.» Aveva momentaneamente dimen-
ticato le capacità telepatiche di Gram. Ma anche se le avesse ricordate, avrebbe lo stesso pensato la stessa cosa. «È vero» disse Gram, annuendo mentre coglieva anche questo pensiero. «Vuole dare le dimissioni, Barnes?» chiese. «E dissociarsi da questa operazione?» «No, signore» disse rispettosamente Barnes. «Bene.» Gram annuì. «Mettetevi in contatto al più presto con Amos Ild e assicuratevi che capisca bene che si tratta di un segreto di stato; ditegli anche di mettersi al lavoro su un analogo artificiale del cervello di Cordon. Fornitegli tutti gli encefalogrammi necessari, o qualunque altra cosa gli serva per procedere.» «Certo, gli encefalogrammi» disse Barnes annuendo. «Uno studio massiccio ed esaustivo della mente di Cordon... o del suo cervello che dir si voglia.» Gram disse: «Dovete tenere presente l'immagine che Irma presenta nei suoi contatti diretti con il pubblico. Noi sappiamo com'è in realtà, ma loro la giudicano una filantropa gentile e generosa che appoggia associazioni benefiche e inaugura opere pubbliche generalmente belle, come i giardini fluttuanti nel cielo. Ma noi sappiamo...» «In questo modo» lo interruppe Barnes, «l'opinione pubblica penserà che Cordon ha assassinato una persona innocua e adorabile. Un crimine spaventoso, specie agli occhi degli Uomini Nascosti. Tutti saranno contenti quando Cordon verrà "ucciso" immediatamente dopo il suo orribile e insensato... sempre che il cervello di Ild risulti efficiente al punto di ingannare gli Insoliti, i telepati.» Nella sua mente, immaginò il cervello sintetico che mandava Cordon a rimbalzare qua e là nell'arena dell'impiccagione, mietendo vittime a centinaia fra il pubblico. «No» disse Gram, cogliendo ancora una volta i suoi pensieri. «Lo faremo abbattere immediatamente. Non ci dovranno essere errori su questo punto. Sedici uomini armati, tutti tiratori scelti, faranno fuoco su di lui all'istante.» «All'istante» disse secco Barnes, «dopo che lui sarà riuscito a sparare a una sola specifica persona in mezzo ad altre migliaia. Dovrebbe essere un tiratore maledettamente in gamba.» «Ma penseranno che voleva colpire me» gli ricordò Gram. «E io sarò seduto in prima fila... con Irma al mio fianco.» «In ogni caso» gli fece notare Barnes, «non potrà essere abbattuto "all'istante". Dovranno trascorrere un secondo o due, per dargli modo di sparare
il suo colpo. E se sbagliasse anche di poco... lei sarà seduto proprio accanto a sua moglie.» «Hmm» disse Gram, mordicchiandosi un labbro. «Un errore di centimetri» disse Barnes «e il bersaglio sarebbe lei, non Irma. Temo che il suo tentativo di combinare i suoi problemi con Cordon e gli Uomini Nascosti e quelli con Irma in un grandioso finale a sorpresa, drammatico e operistico, pecchi un pochino troppo di...» Si fermò per riflettere. «C'è una parola greca per indicarlo.» «Tersicore» disse Gram. «No,» disse Barnes. «Hybris. Il tentare troppo; lo spingersi troppo in là.» «Io rimango sempre d'accordo con il Presidente Gram» disse Alice Noyes con la sua voce spiccia, gelida da fare arrossare la pelle. «Certo, è un piano temerario. Ma risolverà tanti problemi. Un uomo che governa, come fa il Presidente, deve poter prendere una simile decisione, poter tentare iniziative audaci per conservare il sistema funzionante. Con quest'unica singola azione...» «Rassegno le dimissioni da Direttore della Polizia» disse Barnes. «Perché?» chiese Gram, sorpreso; ovviamente nessun pensiero nella mente di Barnes lo aveva preavvertito di questo... la decisione era sbucata dal nulla. «Perché probabilmente significherà la sua morte, signor Presidente» disse Barnes. «Perché Amos Ild programmerà quel cervello per uccidere lei, non Irma.» «Ho un'idea» disse Alice Noyes. «Mentre Cordon viene condotto verso il centro dell'arena, Irma Gram scenderà nell'arena portando una rosa bianca. La porgerà a Cordon, e in quel momento lui strapperà un'arma a una guardia distratta e la ucciderà.» Fece un sottile sorriso a fior di labbra, gli occhi solitamente opachi ora scintillanti. «Questo dovrebbe rovinare per sempre il loro ascendente. Un simile gesto di crudeltà insensata; solo un folle ucciderebbe una donna che gli porge una rosa bianca.» «Perché bianca?» chiese Barnes. «Perché bianca che cosa?» chiese Alice Noyes. «La rosa, quella dannata rosa.» «Perché è un simbolo di innocenza» disse lei. Willis Gram, sempre mordicchiandosi un labbro, sempre accigliato, disse: «No, non può andare. Deve sembrare che lui voglia colpire me, dal momento che avrebbe un motivo valido per farlo. Ma quale motivo avreb-
be per voler uccidere Irma?» «Per uccidere la donna che lei ama sopra ogni cosa.» Barnes scoppiò a ridere. «Cosa c'è di tanto buffo?» domandò Gram. «Forse funzionerà» disse Barnes. «Il buffo sta proprio in questo. E poi, "Per uccidere la donna che lei ama sopra ogni cosa." Posso citarla, Noyes? Una frase modello che tutti i bambini di scuola dovrebbero imparare; sintatticamente si scandisce a meraviglia.» «Pura accademia» disse caustica Alice Noyes. Con voce roca, rosso in viso, Gram disse a Barnes: «Non mi interessa la sua sintassi. Non mi interessa la mia sintassi. Non mi interessa la sintassi di nessuno. L'unica cosa che mi interessa è che questo è un buon piano e l'agente Noyes concorda con me, mentre lei, Barnes, ha dato le dimissioni a partire da questo momento. Quindi non ha diritto di voto su questa faccenda... almeno, sempre che io decida di accettare le sue dimissioni. Dovrò rifletterci sopra. Le farò sapere qualcosa; per il momento può aspettare.» A quel punto la sua voce sprofondò in un borbottio autistico mentre rimuginava sull'argomento in discussione. All'improvviso, sollevò gli occhi su Barnes e disse: «La trovo di umore strano. Di solito non solleva tante obiezioni ai miei suggerimenti. Cosa le è successo?» «3XX24J» disse Barnes. «E che sarebbe?» «Un appartamento campione degli Uomini Nascosti che stiamo sorvegliando. Servendoci del computer nel Wyoming, abbiamo in corso un'analisi statistica delle caratteristiche di coloro che vanno e vengono.» «E ha appena ricevuto qualche notizia che non ha gradito.» «Ho ricevuto una minuscola notizia» disse Barnes. «Un cittadino medio, che apparentemente aveva sentito la notizia dell'imminente esecuzione di Cordon, all'improvviso ha deciso di fare il grande salto. Qualcuno che avevamo appena controllato, fra l'altro. Al computer la cosa non è piaciuta affatto. Un simile sbalzo, una tale inversione di lealtà, e in così breve tempo... Annunciare la morte di Cordon può essere stato un errore... un errore cui possiamo ancora rimediare. I "giudici" potrebbero cambiare di nuovo idea.» E con sarcasmo, ma serio in viso, aggiunse: «Ho una idea per una minuscola modifica da apportare al suo piano, signor Presidente. Visto che Cordon è un falso, facciamo in modo che anche la sua arma sia falsa. Quando lui punterà la pistola e sparerà, un tiratore scelto nascosto nelle vicinanze di Irma provvederà a spararle sul serio. In questo modo le probabi-
lità che lei possa essere colpito verranno ridotte praticamente a zero.» «Una buona idea» disse Gram, annuendo. «Lei prenderebbe sul serio un simile suggerimento?» chiese Barnes. «È un buon suggerimento. Annulla l'elemento di rischio personale che lei ha sollevato prima, in merito a...» Barnes disse: «Lei deve separare la sua vita pubblica dalla viia privata. Al momento sono troppo confuse fra loro.» «E le dirò un'altra cosa» disse Gram, sempre rosso in viso e con voce roca. «Quell'avvocato, Denfeld... voglio che nel suo appartamento vengano nascosti opuscoli e saggi Cordoniti, e poi voglio vedere un'irruzione nella quale lui viene colto con le mani nel sacco. Dopo di che lo ficcheremo nel carcere di Brightforth, insieme a Cordon. Potranno parlare a loro piacere.» «Denfeld potrà parlare» disse Alice Noyes. «E Cordon potrà scrivere tutto quanto. E il resto dei prigionieri potrà leggerlo.» «Ritengo» disse Gram, «che sia un colpo maestro della mia innata genialità riuscire a risolvere i miei problemi pubblici e privati con un gesto solo; obbedisce ai requisiti del rasoio di Occam, se capite cosa intendo. Capite cosa voglio dire?» Né Barnes né Alice Noyes risposero. Barnes si stava chiedendo come ritirare le proprie dimissioni... presentate in fretta e furia, e senza tener conto delle future possibilità. E mentre pensava questo, si rese conto che, come sempre, Gram stava ascoltando. «Non si preoccupi» disse Gram. «Non è necessario che si dimetta. Tuttavia, lo sa che mi è davvero piaciuto quel tocco del tiratore scelto sistemato vicino a Irma e me, pronto a intervenire quando Cordon spara con la sua pistola fasulla? Sì, è eccellente; grazie per il contributo.» «Non c'è di che» disse Barnes, cercando di soffocare la propria avversione e i pensieri che gli ribollivano nella mente. «Quello che pensa» disse Gram, «non mi interessa. Mi interessa solo ciò che fa. Si goda pure tutta l'ostilità che vuole, non ha importanza, purché dedichi a questo progetto la sua totale e immediata attenzione. Voglio che sia fatto alla svelta... Cordon potrebbe morirci in carcere o chissà che altro. Ci serve un nome per il progetto. Un nome in codice. Come lo chiameremo?» «Barabba» disse Barnes. «Non afferro il significato, ma per me sta bene» disse Gram. «D'accordo; d'ora in poi è l'Operazione Barabba. Tanto nelle comunicazioni verbali quanto in quelle scritte la nomineremo solo in questo modo.»
«Barabba» ripeté Alice Noyes. «Quella è stata una situazione in cui, delle due, è stata assassinata la persona sbagliata.» «Oh» fece Gram. «Be', a me sembra ancora un nome ottimo.» Si stiracchiò pensoso il labbro inferiore. «Come si chiamava la persona innocente che è stata liquidata?» «Gesù di Nazareth» disse Barnes. «Sta per caso tracciando un'analogia?» domandò Gram. «Cordon sarebbe come Cristo?» «L'hanno già tracciata altri» disse Barnes. «Comunque, mi lasci sottolineare un altro punto a sfavore. Tutti gli scritti di Cordon si oppongono all'uso della forza, della coercizione e della violenza. È inconcepibile che possa tentare di assassinare qualcuno.» «Il punto è proprio questo» disse paziente Gram. «Il punto focale. Screditerà ogni cosa che ha scritto. Lo mostrerà come un ipocrita; toglierà ogni valore ai suoi opuscoli e ai suoi trattati. Capisce?» «Si ritorcerà contro di noi» disse Barnes. «Non riesce davvero ad apprezzare la mia soluzione» disse Gram, fissandolo con occhi indagatori. «Io penso» disse Barnes, «che in questo caso... lei si stia comportando in modo estremamente sconsiderato.» «E questo cosa vorrebbe dire?» «Sconsigliato.» «Nessuno mi ha dato consigli, l'idea è mia.» A questo punto il direttore Barnes si arrese; lasciò che i suoi pensieri cupi avessero il sopravvento e la sua lingua rimase silenziosa. Nessuno sembrò accorgersene. «Allora, avanti con il Progetto Barabba» disse allegramente Gram, e fece un largo sorriso felice. Al suono del loro modo di bussare concordato, Kleo Appleton aprì la porta dell'appartamento. Già di ritorno a metà giornata? si chiese. Deve essere successo qualcosa. E allora vide, insieme a lui, una ragazzina, probabilmente sui diciotto anni, ben vestita e molto truccata, con un grande sorriso come se la riconoscesse. «Tu devi essere Kleo» disse la ragazzina sorridente. «Sono molto lieta di conoscerti, dopo quello che Nick mi ha detto di te.» Lei e Nick entrarono nell'appartamento; la ragazza si guardò intorno esaminando i mobili e i co-
lori alle pareti: valutò con aria esperta l'arredamento, notando ogni cosa. Ebbe l'effetto di rendere Kleo nervosa e impacciata, mentre invece, lei se ne rendeva conto, avrebbe dovuto essere il contrario. Chi è questa ragazza? si domandò. «Sì» disse. «Sono la signora Appleton.» Nick chiuse la porta. «Deve nascondersi dal suo ragazzo» disse alla moglie. «Lui ha cercato di picchiarla e lei è scappata. Qui non può rintracciarla perché non sa chi sono o dove vivo, così con noi è al sicuro.» «Caffè?» chiese Kleo. «Caffè?» ripeté Nick. «Preparerò un po' di caffè» disse Kleo. Osservò la ragazza e notò quanto fosse graziosa, nonostante il trucco pesante. E quanto fosse piccola. Probabilmente incontrava difficoltà a trovare vestiti abbastanza piccoli per la sua taglia... un problema che vorrei avere anch'io, rifletté Kleo. «Mi chiamo Charlotte» disse la ragazza. Si era seduta sul divano del soggiorno e si stava slacciando i gambali. L'ampio sorriso rassicurante non aveva mai lasciato il suo viso; sollevò gli occhi verso Kleo con un'espressione che sembrava quasi di affetto. Affetto! Per una persona che non aveva mai visto prima in vita sua. «Le ho detto che poteva fermarsi qui per stanotte» disse Nick. «Certo» disse Kleo. «Il divano può diventare un letto.» Andò nell'area della cucina e versò tre tazze di caffè. «Come lo preferisci il caffè?» chiese alla ragazza. «Senti» disse Charlotte, balzando in piedi elasticamente e andando verso di lei. «Non è il caso di prenderti tanti fastidi per me, te lo assicuro. Non ho bisogno di niente, all'infuori di un posto dove restare per un paio di giorni, e purché sia un posto che Denny non conosce. E ce lo siamo già scrollato di dosso, lo abbiamo seminato in tutto quel traffico. Quindi non c'è nessun pericolo di...» fece un gesto vago «... di una scenata. Te lo garantisco.» «Non mi hai ancora detto come vuoi il tuo caffè.» «Nero.» Kleo le porse una tazza. «È un ottimo caffè» disse Charlotte. Portando con sé due tazze, Kleo tornò nel soggiorno, diede a Nick la sua tazza e si sedette su una sedia di plastica nera. Nick e la ragazza, come due persone dirette verso due sedili adiacenti in un cinema, sedettero fianco a fianco sul divano.
«Hai chiamato la polizia?» disse Kleo. «La polizia?» chiese Charlotte con espressione sorpresa. «No, certo che no. Si comporta sempre così; è sufficiente che io stia lontana da lui per un po' e che aspetti... so quanto gli dura. E poi torno indietro. Chiamare la polizia? E farlo arrestare? In prigione morirebbe. Ha bisogno di sentirsi libero; deve poter veleggiare sopra grandi spazi, a grande velocità, in quella sua razzauto così strana, noi la chiamiamo il Tricheco Purpureo.» Dopo di che cominciò a sorbire il suo caffè, frettolosamente. Kleo cominciò a riflettere. Provava sensazioni confuse, caotiche. È un'estranea, pensò. Non la conosciamo; non sappiamo nemmeno se ci dice la verità sul suo ragazzo. E se fosse qualcosa di diverso? Se fosse la polizia a inseguirla? Ma a Nick sembra piacere; sembra che lui si fidi di lei. E se dice la verità, naturalmente dobbiamo permetterle di restare qui da noi. Poi Kleo pensò: È molto graziosa. Forse è per questo che Nick vuole che rimanga qui; forse lui ha... cercò invano la parola. Un interesse particolare per lei. Se non fosse così graziosa, lui sarebbe ugualmente disposto a farla restare con noi? Ma Nick non era il tipo d'uomo capace di comportarsi in questo modo. A meno che lui stesso non fosse ignaro dei suoi veri sentimenti; forse lui sapeva di voler aiutare la ragazza, ma senza conoscerne il vero motivo. Penso che dovremmo correre questo rischio, decise Kleo. «Saremo lieti di averti con noi» disse ad alta voce, «per tutto il tempo che vorrai fermarti.» Sentendo questo, il viso di Charlotte si fece radioso. «Dammi il soprabito» disse Kleo, mentre la ragazza ne sgusciava fuori agilmente... e con il galante aiuto di Nick. «No, non è necessario» disse Charlotte. Kleo disse: «Se vuoi fermarti qui» ...e prese il soprabito dalle mani di Charlotte... «dovrai pure appendere il tuo soprabito.» Lo portò verso l'unico armadio a muro dell'appartamento, aprì l'anta, cercò un appendiabito... e vide, in una tasca del soprabito, un opuscolo arrotolato in fretta e furia. «Propaganda Cordonita» disse ad alta voce, mentre lo estraeva dalla tasca. «Sei un membro degli Uomini Nascosti.» Charlotte smise di sorridere; assunse un'espressione nervosa, e fu subito evidente che i suoi pensieri si accavallavano gli uni agli altri mentre cercava una risposta. «Allora tutta la storia del tuo ragazzo» disse Kleo, «è inventata. È la polizia a inseguirla; ecco perché vuoi nasconderla da noi.» Riportò il soprabi-
to e l'opuscolo a Charlotte. «Non puoi restare qui» disse. Nick disse: «Te lo avrei spiegato io, ma...» Fece un gesto con la mano. «Sapevo che avresti reagito in questo modo. E avevo ragione.» «La storia di Denny è vera» disse Charlotte con voce pacata ma ferma. «È da lui che voglio nascondermi. La polizia non mi sta cercando. E poi avete appena avuto un controllo casuale, Nick me lo ha detto. Questo appartamento non verrà più sorvegliato per... diavolo, per mesi. Forse per anni.» Kleo si fermò accanto a Charlotte porgendole il suo soprabito. «Se lei se ne va» disse Nick, «me ne vado anch'io.» «Vorrei che lo facessi davvero» disse Kleo. «Dici sul serio?» chiese Nick. «Sì, dico sul serio.» Charlotte si alzò. «Non ho intenzione di rovinare la vostra unione. Non sarebbe giusto... Me ne vado.» Si girò verso Nick. «Grazie lo stesso» disse. Prese il soprabito, lo indossò e si mosse verso la porta. «Capisco quello che provi, Kleo» disse mentre apriva la porta. Le lanciò il suo luminoso sorriso... anche se ora era un po' raggelato. «Addio.» Nick si mosse rapido... la superò con tre passi svelti e la fermò sulla porta stringendole una spalla. «No» disse Charlotte, e con una forza insolita per una donna, si liberò dalla sua stretta. «Addio, Nick. In ogni caso ci siamo scrollati di dosso il Tricheco Purpureo. È stato divertente. Sei un bravo pilota; in molti hanno cercato di seminare Denny quando era sulla sua razzauto, ma tu sei il solo che ci sia riuscito sul serio.» Gli batté amichevolmente sul braccio e uscì a passo spedito nel corridoio. Forse la storia del suo ragazzo è vera, pensò Kleo. Forse ha cercato davvero di picchiarla; forse dovremmo lasciare che rimanga qui. In ogni caso. Nonostante il fatto... ma non me lo hanno detto, pensò; né lei, né Nick. Il che costituisce una menzogna, sia pure per omissione. Nick non aveva mai fatto nulla di simile, che io sappia, pensò. Adesso, tutt'a un tratto, ci fa correre questo pericolo e non dice una parola... solo per caso ho visto quell'opuscolo nella sua tasca. Sì, pensò, forse potrebbe andarsene insieme a lei, come ha detto. In questo caso dovrebbe essere veramente innamorato di lei. Non possono essersi conosciuti soltanto adesso; sarebbe assurdo per chiunque spingersi a tanto per dare aiuto a una estranea... a meno che l'estranea non sia bella, piccola e indifesa. Perché gli uomini sono fatti così. C'è un punto debole
nella loro struttura quando si tratta di affrontare situazioni di questo genere. Non pensano più, e non agiscono più in modo ragionevole; vogliono seguire ciò che loro definiscono "spirito cavalieresco". A qualunque costo per loro stessi e, in questo caso, per la loro moglie e il loro figlio. «Puoi restare» disse a Charlotte, seguendola nel corridoio mentre la ragazza era ancora intrigata a infilarsi il soprabito; Nick rimase immobile e silenzioso, come se non riuscisse più a seguire la situazione... e quindi a svolgervi una parte attiva. «No» disse Charlotte. «Addio.» E corse come un uccello appena liberato giù per il corridoio. «Dio ti maledica» disse Nick a Kleo. «E maledica anche te» disse Kleo. «Cercavi di portarcela in casa per farci arrivare un'irruzione della polizia. Dio ti maledica per non avermelo detto.» «Lo avrei fatto alla prima opportunità» disse lui. «Non le vai dietro?» disse Kleo. «Hai detto che lo avresti fatto.» Lui la fissò, il viso reso mobile dall'ira, gli occhi piccoli e incrostati di oscurità. «L'hai appena condannata a quarant'anni di lavori forzati sulla Luna; vagherà per le strade senza soldi e senza un posto in cui trovare rifugio, e alla fine un'auto di pattuglia si fermerà per interrogarla.» «È una ragazza sveglia; si sbarazzerà degli opuscoli» disse Kleo. «L'arresteranno lo stesso. Per qualche altra cosa.» «Allora seguila e assicurati che non le succeda niente. Dimenticati di noi; dimentica Bobby e me, e vai a vedere se lei sta bene. Avanti, fallo. Muoviti!» La mascella di Nick si contrasse... come se, pensò lei, volesse colpirmi. Ecco che cos'ha già imparato da questa sua nuova amichetta, pensò Kleo. La brutalità. Tuttavia, lui non la colpì. Invece si girò e si lanciò di corsa lungo il corridoio dietro a Charlotte. «Bastardo!» gli urlò dietro Kleo, infischiandosene di chi poteva sentirla nel palazzo. Poi, tornando nell'appartamento, sbatté la porta e la chiuse a chiave; poi tirò il catenaccio notturno, così anche con la sua chiave lui non avrebbe potuto riaprire la porta. Camminarono mano nella mano lungo la strada affollata con i suoi numerosi negozi, attraversando il fitto traffico dei marciapiedi, senza che nessuno dei due parlasse.
«Ho rovinato il tuo matrimonio» disse alla fine Charley. «No, non è vero» disse Nick. E aveva ragione; il fatto di presentarsi a casa con quella ragazza aveva soltanto portato alla superficie qualcosa che già c'era sul fondo. Abbiamo vissuto un'esistenza di paura quotidiana, pensò, una vita fatta di preoccupazioni e di squallidi terrori. Paura che Bobby non superasse il suo esame; paura della polizia. E adesso... il Tricheco Purpureo, pensò. Dobbiamo solo preoccuparci che non ci passi vicino. E pensando questo, cominciò a ridere. «Perché ridi?» domandò Charley. «Mi stavo immaginando Denny che ci bombardava in picchiata. Come uno di quei vecchi Stuka che usavano nella Seconda Guerra Mondiale. E tutti che correvano intorno per cercare riparo, pensando che fosse scoppiata la guerra con la Germania Nord occidentale.» Camminarono mano nella mano, ognuno immerso nei propri pensieri. Poi, a un tratto, Charley disse: «Non è necessario che tu rimanga con me, Nick. Diamoci un taglio; torna da Kleo... sarà contenta di rivederti. Conosco le donne; so con quanta rapidità possono farsi passare un'arrabbiatura, specialmente in un caso come questo, quando ciò che le minaccia - in altre parole, io - si è allontanato. D'accordo?» Probabilmente era vero, ma lui non le rispose; non aveva ancora trovato una via d'uscita dal groviglio dei suoi pensieri. In definitiva, che cosa gli era successo quel giorno? Aveva scoperto che il suo datore di lavoro Earl Zeta era un Uomo Nascosto; si era unito a Zeta nel bere alcol; erano andati nell'appartamento di Charley... o di Denny; c'era stato un litigio, e lui se n'era andato insieme a Charley - portandola in salvo, una perfetta sconosciuta - con l'aiuto del suo corpulento e robusto principale. E poi c'era stata la faccenda di Kleo. «Sei sicura che la SP non sappia nulla del vostro appartamento?» chiese a Charley. In altre parole, pensò, mi avranno già individuato come un nuovo sospetto? «Siamo molto prudenti» disse Charley. «Davvero? Hai lasciato quell'opuscolo nel tuo soprabito in modo che Kleo lo trovasse. Non mi è sembrata una mossa molto prudente.» «Ero tutta sbalestrata e su di giri. Eravamo appena sfuggiti al Tricheco Purpureo. Di solito non faccio cose simili.» «Ne hai degli altri con te? Nella borsa?» «No.» Le tolse la borsa dalle mani e vi frugò dentro. Era vero. Poi frugò nelle
tasche del suo soprabito, mentre continuavano a camminare. Anche il soprabito era pulito. Ma gli scritti di Cordon circolavano anche sotto forma di micropunti; lei poteva averne parecchi addosso, e se li avessero fermati, gli agenti della SP li avrebbero scoperti senz'altro. Questo significa che non mi fido di lei, decise. Dopo che ha provocato quel pasticcio con Kleo è logico. Naturalmente, se ha potuto farlo una volta... E allora pensò: Probabilmente c'erano spie che sorvegliavano l'appartamento, che lo tenevano d'occhio in qualche modo; chi entrava e chi usciva. Io sono entrato, e io sono uscito. Quindi, se le cose stanno così, ormai sono sulla loro lista. Così è troppo tardi per tornare da Bobby e Kleo. «Hai un'aria cupa» disse Charley, in tono quasi allegro e da al-diavolotutto-quanto. «Cristo» disse lui, «ho saltato il fosso.» «Sì, adesso sei un Uomo Nascosto.» «E questo non darebbe un'aria cupa a chiunque?» Charley disse: «Dovrebbe riempirti di gioia.» «Non voglio finire in un campo di lavori forzati sulla...» «Ma non finirà in questo modo, Nick. Provoni sta ritornando e tutto finirà bene.» Tenendolo per mano, lei girò la testa, la inclinò e lo sbirciò di lato come un uccellino. «Stai allegro, e raddrizza la schiena! Cerca di avere un'aria felice! Devi sentirti felice!» La mia famiglia, pensò lui, è andata in frantumi per causa sua. Non abbiamo un posto in cui andare - in un motel ci troverebbero facilmente - e... Zeta, pensò. Lui può aiutarmi. In gran parte la responsabilità è sua; è stato Zeta a innescare tutto quello che è successo oggi. «Oh» fece Charley, battendo le palpebre mentre lui la stiracchiava verso un cavalcavia pedonale. «Dove stiamo andando?» «Al Fronte Unito Razzauto Leggermente Usate» disse Nick. «Oh, vuoi dire da Earl Zeta. Forse è ancora nell'appartamento, intento ad azzuffarsi con Denny. No, immagino che ormai Denny sia riuscito ad andarsene; almeno, è ciò che abbiamo pensato mentre stavi guidando, dopo che lo avevamo visto sbucare sul tetto. Oh, bene; così adesso potrò godermi ancora la tua bravura di pilota. Lo sai che, per quanto Denny sia bravo, e lo è davvero, tu sei migliore? Te lo avevo già detto? Sì, credo di sì.» Sembrava in preda a una crisi di logorrea. E in più, tutto a un tratto, molto a disagio.
«Cosa c'è?» chiese Nick, mentre salivano sulla scala mobile che li avrebbe portati al parcheggio del cinquantesimo piano dove lui aveva lasciato la razzauto. «Be' «disse lei, «ho paura che Denny ci stia cercando proprio là. Magari si aggira là intorno, in agguato, guardando. Solo guardando.» Ripeté quella parola ringhiando, con violenza, cogliendo di sorpresa Nick... lui non aveva ancora visto questo lato della sua personalità. «No» disse lei, «non posso andare là. Vacci da solo. Lasciami da qualche parte, o magari prenderò la scala in discesa e...» Fece un gesto di taglio con il palmo della mano. «Uscirò dalla tua vita per sempre.» Di nuovo scoppiò a ridere, in quel modo inaspettato che le era caratteristico. «Ma possiamo restare amici. Possiamo comunicare con cartoline.» Rise ancora. «Continueremo a conoscerci, anche se non ci incontreremo più. Le nostre anime si sono fuse, e quando le anime si fondono fra di loro, una non può essere distrutta senza che anche l'altra muoia.» Ormai rideva in modo inconsulto, isterico; .si coprì gli occhi, ridacchiando fra le dita socchiuse. «È questo che Cordon insegna, ed è divertente; è così maledettamente divertente.» Lui le prese le mani e gliele allontanò dal volto. Gli occhi di Charley brillavano, occhi fissi come stelle nei suoi, intenti a frugare nel suo intimo, come se lei stesse cercando risposte non da ciò che lui diceva ma da ciò che i suoi occhi mostravano. «Pensi che io sia pazza» disse lei. «Su questo non ci sono dubbi.» «Noi due ci troviamo in questa situazione spaventosa, Cordon sta per essere giustiziato e io non so fare altro che ridere.» Aveva smesso, ora, ma con uno sforzo visibile; la bocca le tremava mentre tratteneva a stento il riso. «Conosco un posto dove possiamo trovare un po' di alcol» disse. «Andiamoci; là potremo sbronzarci a dovere.» «No» disse lui. «Sono già abbastanza sbronzo.» «Ecco perché hai fatto quello che hai fatto, scegliendo di venire con me e di lasciare Kleo. Per l'alcol che Zeta ti ha fatto bere.» «Ne sei sicura?» chiese lui. Forse aveva ragione. Era risaputo che l'alcol provocava cambiamenti alla personalità, e di certo lui non si era comportato di recente nel suo solito modo. Ma si trattava di una situazione insolita; quali sarebbero state le sue reazioni «solite» dinanzi a ciò che gli era successo quel giorno? Devo prendere il controllo della situazione, pensò. Devo tenere sotto controllo questa ragazza... oppure abbandonarla.
«Non mi piace essere dominata» disse Charley. «Intuisco che hai intenzione di darmi ordini, di dirmi cosa fare e cosa non fare. Come fa Denny. Come faceva mio padre. Un giorno o l'altro, dovrò raccontarti alcune delle cose che mi ha fatto mio padre... forse allora mi capirai meglio. Alcune delle cose, le cose orribili, che mi ha costretto a fare. Cose sessuali.» «Oh» disse Nick. Questo poteva spiegare le sue tendenze lesbiche, se Denny l'aveva descritta in modo corretto. Charley disse: «Credo che con te dovrò fare una cosa. Ti porterò in uno dei centri di stampa dei Cordoniti.» «Sai dove si trova uno di questi centri?» chiese lui incredulo. «Allora qualsiasi informatore darebbe un occhio della testa per...» «Lo so. Sarebbero molto felici di catturarmi. L'ho scoperto attraverso Denny. È uno spacciatore molto più importante di quello che credi.» «Lui si aspetterebbe che tu andassi là?» «Non sa che io lo so. L'ho seguito una volta... pensavo che andasse a letto con qualche altra ragazza, ma non si trattava di questo: era un centro di stampa. Sono tornata indietro e ho finto di non essere mai uscita dall'appartamento; era molto tardi, e ho finto di essere addormentata.» Gli prese la mano e la strinse con forza. «Questo centro è particolarmente importante perché stampa propaganda Cordonita per i bambini. Del tipo: "Esatto! È un cavallo! E quando gli uomini erano liberi galoppavano sui cavalli!" Roba del genere.» «Abbassa la voce» disse Nick. C'erano altre persone che salivano sulla scala mobile, e la voce di Charley, vibrante e adolescenziale, arrivava lontana sull'onda del suo entusiasmo. «Va bene» disse lei, obbediente. «Un centro di stampa Cordonita non rappresenta uno dei vertici dell'organizzazione?» le chiese. «Non esiste un'organizzazione, ci sono solo vincoli reciproci di fratellanza. No, un centro stampa non si trova al vertice; lassù c'è solo la stazione ricevente.» «La stazione ricevente? E cosa riceve?» «I messaggi di Cordon.» «Dal carcere di Brightforth?» Charley disse: «Lui ha una trasmittente inserita nel corpo che la SP non ha ancora scoperto, nonostante tutti i raggi X che gli hanno fatto. Ne hanno scoperte due, ma non questa, e lui la usa per farci arrivare le sue riflessioni quotidiane, i pensieri e le idee in corso di sviluppo, che poi i centri di
stampa cominciano a sfornare il più presto possibile. Dai centri, il materiale viene passato ai punti di distribuzione, dove gli spacciatori lo prelevano e lo portano in giro, cercando di convincere la gente ad acquistarlo.» Poi aggiunse: «Come puoi immaginare, c'è un alto tasso di mortalità fra gli spacciatori.» «Quanti centri di stampa avete?» chiese lui. «Non lo so. Non molti.» «E le autorità...» «Gli sporcaccioni... scusami, la SP... ne individua uno ogni tanto. Ma allora ne formiamo un altro, così il numero rimane generalmente lo stesso.» Fece una pausa, riflettendo. «Penso che sarà meglio andarci con un tassi invece che con la tua razzauto. Se non hai nulla in contrario.» «C'è qualche motivo speciale?» «Non ne sono sicura. Possono aver registrato il tuo numero di targa; di solito cerchiamo di arrivare ai centri di stampa con macchine noleggiate. I tassi sono i mezzi migliori.» «È lontano da qui?» chiese lui. «Vuoi dire se si trova sperduto nella campagna? No, è proprio in centro, nella zona più affollata della città. Vieni.» Saltò sulla rampa che scendeva e lui la seguì. Pochi istanti dopo raggiungevano il livello stradale; la ragazza prese subito a scrutare nel traffico alla ricerca di un tassi. Un mezzo pubblico si abbassò dolcemente dal flusso del traffico e si posò sul marciapiede al loro fianco. La portiera si aprì e loro salirono. «Emporio Bagagli Feller» disse Charley all'autista. «Nella Sedicesima Strada.» «Um» fece l'autista, e sollevò di nuovo il veicolo in mezzo al traffico, stavolta dirigendosi nella direzione opposta. «Ma l'Emporio Feller...» cominciò Nick, e senza darlo a vedere Charley gli conficcò un gomito nelle costole; lui afferrò il messaggio e rimase in silenzio. Dieci minuti più tardi, scesero dal tassi. Nick pagò la corsa, e il veicolo si sollevò nell'aria come un giocattolo dipinto. «L'Emporio Feller» disse Charley, osservando il palazzo dall'aspetto aristocratico. «Uno dei più antichi e stimati magazzini di vendita al dettaglio di tutta la città. Magari pensavi che fosse uno squallido capannone dietro una stazione di servizio in periferia. Infestato da topi.» Lo prese per mano, guidandolo oltre le porte ad apertura automatica e nell'atrio coperto di mo-
quette del negozio famoso in tutto il mondo. Un commesso vestito con impeccabile eleganza si avvicinò. «Buongiorno» disse affabile. Charley disse: «Ho prenotato una serie di valigie. Pelle di struzzo sintetica, quattro pezzi. Mi chiamo Barrows. Julie Barrows.» «Vuole seguirmi, prego?» le disse il commesso, girandosi e avviandosi dignitoso verso il retro del negozio. «Grazie» disse Charley. Diede un'altra gomitata nelle costole a Nick, questa volta senza alcun motivo. E gli sorrise. Una pesante porta di metallo scivolò di lato, rivelando una stanzetta dove svariati bagagli riposavano su semplici scaffali di legno. La porta dalla quale erano entrati si richiuse silenziosa. Il commesso attese un istante, consultando il proprio orologio, poi iniziò a caricarlo con cura... e subito, la parete opposta della stanza si aprì nel mezzo, mostrando un locale molto più grande. Un pesante battito giunse alle orecchie di Nick, come se una grossa stampatrice fosse in funzione, e ora poté vederla. Per poco che se ne intendesse di stampa, si accorse subito che era un modello moderno e nuovissimo, il migliore sul mercato, e parecchio costoso. Le tipografie degli Uomini Nascosti non si affidavano a ciclostili, questo era certo. Quattro soldati in uniforme grigie e con maschere antigas li circondarono, tutti armati di letali tubi Hopp. «Chi siete?» chiese uno di loro un sergente... e la sua non era una domanda, ma un ordine. «Sono la ragazza di Denny» disse Charley. «Chi è Denny?» «Lo sapete.» Con un gesto della mano, Charley disse: «Denny Strong. Opera in questa zona a livello di distribuzione.» Una telecamera si spostò avanti e indietro, esaminandoli. I soldati conferirono con qualcuno, parlando nei microfoni che portavano all'altezza delle labbra e ascoltando attraverso auricolari grandi come pasticche che portavano nell'orecchio destro. «Va bene» disse infine il sergente al comando. Riportò la sua attenzione su Nick e Charley. «Che cosa volete qui?» domandò. «Un posto dove restare per un po'» disse Nick. Con un cenno del capo verso Nick, l'uomo disse: «Lui chi è?» «Un convertito. È passato con noi oggi.» Nick disse: «A causa dell'annuncio dell'esecuzione di Cordon.» Il soldato emise un grugnito e rifletté. «Ormai stiamo ospitando un sacco di gente. Non so se...» Si masticò il labbro inferiore, accigliato. «Anche tu
vuoi restare qui?» chiese a Nick. «Per un giorno o due. Non di più.» Frettolosamente, Charley disse: «Lo sapete che Denny ha queste crisi di furore psicopatico, ma in genere gli durano soltanto...» «Non conosco Denny» disse il soldato. «Voi due potete occupare la stessa stanza?» «Io... penso di sì» disse Charley. «Sì» disse Nick. «Possiamo offrirvi asilo per settantadue ore» disse il sergente. «Poi dovrete andare altrove.» «Quanto è grande questo posto?» gli chiese Nick. «Quattro interi isolati.» Gli credette sulla parola. «Non è di sicuro un'operazione da quattro soldi» disse ai soldati. «Se lo fosse» disse uno di loro, «non avremmo nemmeno una possibilità. Stampiamo opuscoli a milioni, qui dentro. Per la maggior parte finiscono sequestrati dalle autorità, ma non tutti. Usiamo il principio della pubblicità spedita per posta; anche se solo uno su cinquanta viene letto, e tutti gli altri gettati via, ne vale la pena; è il modo migliore.» Charley disse: «Che cosa sta arrivando da Cordon, ora che sa di dover essere giustiziato? Oppure non lo sa? Glielo hanno detto?» «Alla stazione ricevente dovrebbero saperlo» disse il soldato. «Ma non avremo loro notizie per qualche altra ora; in genere c'è una pausa mentre il materiale viene rivisto e corretto.» «Allora voi non stampate le parole di Cordon esattamente come lui le trasmette» disse Nick. I soldati fecero una risata. E non risposero. «È un po' fuori di testa» spiegò Charley. Nick disse: «Ci sarà qualche tentativo di organizzare agitazioni per ottenere un rinvio dell'esecuzione?» «Dubito che abbiano deciso qualcosa del genere» disse uno dei soldati. «Non avrebbe nessun effetto» disse un altro. «Falliremmo; giustizierebbero lui e noi finiremmo tutti in campi di internamento.» «Così avete intenzione di lasciarlo morire?» chiese Nick. «Non possiamo farci nulla» dissero insieme diversi soldati. Nick disse: «Una volta che sarà morto, non avrete più nulla da stampare; dovrete interrompere questa attività.» I soldati risero.
«Avete ricevuto notizie da Provoni» disse Nick. Ci fu un breve silenzio, poi uno dei soldati, il sergente, disse: «Un messaggio confuso. Ma autentico.» Il soldato dietro di lui disse con voce calma: «Thors Provoni sta ritornando sulla Terra.» CAPITOLO SECONDO «Questo getta una luce nuova sulle cose» disse cupo Willis Gram. «Mi rilegga il messaggio intercettato.» Il Direttore Barnes lesse dalla copia che aveva davanti a sé. «"Ho trovato... che può... il loro aiuto sarà... e io sono..." Questo è quanto si è riusciti a comprendere e trascrivere. Il resto era sommerso dai disturbi.» «Ma le risposte ci sono già tutte» disse Gram. «È vivo; sta tornando indietro; ha trovato qualcuno... non qualcosa, ma qualcuno, perché usa la parola "loro". Infatti dice: "Il loro aiuto sarà..." e ciò che manca è probabilmente il resto di una frase sul tipo "Il loro aiuto sarà sufficiente." O qualcosa di simile.» «Credo che lei sia troppo pessimista» disse Barnes. «Devo esserlo. E comunque, dannazione, ho motivo di essere pessimista. Sono anni che aspettano notizie da Provoni, e adesso le hanno ricevute. Le loro tipografie spargeranno la notizie in tutto il pianeta nel giro di sei ore, e non abbiamo la possibilità di impedirglielo.» «Possiamo bombardare il loro centro stampa più importante, quello nella Sedicesima Strada» disse il Direttore Barnes; lui ne sarebbe stato felicissimo. Erano mesi che aspettava il permesso di distruggere quell'enorme impianto degli Uomini Nascosti. «Si inseriranno sui circuiti televisivi» disse Gram. «Due minuti... poi troveremo la loro trasmittente e la faremo tacere, ma intanto avranno trasmesso il loro maledetto messaggio.» «Allora lasci perdere» disse Barnes. «Non ho intenzione di lasciar perdere. Io non mi arrendo mai. Farò uccidere Provoni entro un'ora dal momento in cui sbarcherà sulla Terra. E chiunque abbia portato con sé per farsi aiutare... liquideremo anche loro. Dannati organismi non umani, probabilmente hanno sei gambe e una coda che punge. Come gli scorpioni.» «E ci pungeranno a morte» disse Barnes. «Qualcosa del genere.» In accappatoio e ciabatte, Gram camminava cu-
po avanti e indietro per il suo ufficio-camera da letto, le braccia allacciate dietro la schiena e lo stomaco sporgente. «Non sembra anche a lei un tradimento del genere umano... Uomini Vecchi, Uomini Nascosti, Uomini Nuovi, Insoliti... tutti quanti, insomma? Condurre qui una forma di vita non umanoide che probabilmente, dopo averci distrutti, vorrà colonizzare il nostro pianeta?» «Con la sola differenza» gli fece notare Barnes, «che non saranno loro a distruggere noi, ma noi a distruggere loro.» «Con queste cose non si può mai sapere» disse Gram. «Potrebbero conquistare una testa di ponte. È questo che dobbiamo impedire.» Barnes disse: «Dai calcoli sulla distanza dalla quale è pervenuto il messaggio, abbiamo stabilito che lui - e loro - non arriveranno qui prima di altri due mesi.» «Può darsi che dispongano di una propulsione iperluce» disse diffidente Gram. «Forse Provoni non è più a bordo del Gray Dinosaur, potrebbe essere a bordo di una delle loro navi. E poi, dannazione, il Gray Dinosaur era già anche troppo veloce; tenga a mente che era il prototipo di un'intera nuova classe di navi da trasporto interstellari; lui si è impadronito del primo modello ed è sparito.» «Questo è vero» disse Barnes. «Provoni può aver modificato la propulsione della sua nave; può averla migliorata. È sempre stato in gamba a pasticciare con quelle cose. Non lo escluderei in moto assoluto.» «Cordon verrà giustiziato immediatamente» disse Gram «Provveda subito. Avverta i mezzi d'informazione, così potranno assistere. Raduni i simpatizzanti.» «I nostri? O i loro?» «I nostri» sibilò Gram. «Inoltre» chiese Barnes, prendendo appunti su un taccuino, «posso avere il permesso di bombardare il centro di stampa nella Sedicesima Strada?» «È a prova di bombe.» «Non esattamente. È suddiviso, come un alveare, in...» «So tutto in proposito... sono mesi che mi sorbisco i suoi maledetti promemoria. Lei ce l'ha proprio a morte con quel centro di stampa, non è vero?» «Forse non dovrei? Non avrebbe dovuto essere distrutto molto tempo fa?» «C'è qualcosa che mi impedisce di farlo.» «Perché?» domandò Barnes.
Seccamente, Gram disse: «In primo luogo, perché io ho lavorato là. Prima di salire i gradini del Servizio Statale. Ero una spia. Conosco quasi tutti quelli che lavorano laggiù; un tempo erano miei amici. Non hanno mai scoperto la verità sul mio conto... allora non avevo questo aspetto. Avevo una testa artificiale.» «Cristo santo» disse Barnes. «Cosa c'è di strano?» «È solo così... assurdo. Queste cose non si fanno più da anni; da quando sono Direttore non le abbiamo mai fatte.» «Be', si facevano prima che lei diventasse Direttore.» «Così loro non lo sanno ancora.» «Le darò il permesso di fare irruzione nel centro e di arrestare tutti quanti» disse Gram. «Ma non le consentirò di bombardarli. Comunque, vedrà che ho ragione; non farà alcuna differenza. Trasmetteranno la notizia di Provoni in televisione; nel giro di due minuti lo sapranno in tutta la Terra... due minuti!» «Non appena la trasmissione avrà inizio...» «Due minuti basteranno. In ogni caso.» Barnes annuì, malvolentieri. «Quindi lei capisce che ho ragione. Comunque, proceda con l'esecuzione di Cordon; voglio che sia effettuata entro le sei di stasera, ora locale.» «E il progetto relativo al tiratore scelto e Irma...» «Lasciamo perdere. Per ora pensiamo a Cordon. Lei la liquideremo in seguito. Forse una di quelle forme di vita non umanoidi potrebbe soffocarla con il suo corpo di protoplasma, a forma di sacco.» Barnes si mise a ridere. «Parlo seriamente» disse Gram. «Lei ha un'idea piuttosto sinistra circa l'aspetto che queste creature non umanoidi risulteranno avere.» «Vesciche afflosciate» disse Gram. «Avranno questo aspetto. Però con la coda. Ed è alla coda che dovremo stare attenti, perché il veleno si trova lì.» Barnes si alzò. «Posso congedarmi e iniziare le procedure per l'esecuzione di Cordon? Nonché l'attacco al centro di stampa degli Uomini Nascosti nella Sedicesima Strada?» «Sì» disse Gram. Indugiando sulla porta, Barnes chiese: «Vorrebbe assistere all'esecuzione?»
«No.» «Potrei farle preparare un'area schermata dalla quale potrebbe vedere tutto senza che nessuno...» «La guarderò sul televisore a circuito chiuso.» Barnes batté le palpebre. «Allora non vuole che l'esecuzione venga trasmessa con il solito sistema in mondovisione? Perché tutti quanti la vedano?» «Oh, sì» disse Gram, annuendo con aria tetra. «Certo. In fondo lo facciamo per questo, no? D'accordo, la guarderò come ogni altro spettatore normale. Per me è più che sufficiente.» «Quanto al centro di stampa della Sedicesima Strada... farò preparare un elenco di tutti quelli che vi arresteremo, così lei potrà esaminarla...» «E vedere quanti vecchi amici sono inclusi» terminò Gram. «Forse vorrà andare a trovarli in prigione.» «Prigione! Ma tutto deve sempre concludersi in una prigione o con una esecuzione? È giusto?» «Se intende dire: "È così che funziona?" allora la risposta è sì. Ma se invece...» «Lei sa cosa intendo dire.» Barnes, riflettendo, disse: «Quella che stiamo combattendo è una guerra civile. Ai suoi tempi, Abramo Lincoln fece imprigionare centinaia e centinaia di uomini, senza un regolare processo, eppure ancora oggi è ricordato come il più grande Presidente degli Stati Uniti.» «Ma lui concedeva sempre la grazia a un sacco di gente.» «Può farlo anche lei.» «Va bene» disse subdolamente Gram. «Libererò tutti gli arrestati della Sedicesima Strada che conoscevo. E loro non sapranno mai perché.» «Lei è un uomo buono, signor Presidente» disse Barnes. «Sa estendere la sua lealtà anche a coloro che oggi agiscono contro di lei.» «Sono un viscido bastardo» disse Gram. «Questo lei lo sa bene, e lo so anch'io. È solo che... ah, dannazione. Insieme ci divertivamo un mondo; ridevamo sempre come matti per quello che stampavamo. Ridevamo, perché ci inserivamo cose divertenti. Adesso, invece, questa propaganda è tutta così solenne e virtuosa. Ma quando c'ero io, riuscivamo... oh, al diavolo tutto quanto.» Piombò nel silenzio. Che cosa ci faccio qui? si domandò. Come ho fatto a finire in una posizione simile, con tutta questa autorità? Non ero fatto per questo genere di cose. D'altro canto, pensò, forse lo ero.
Thors Provoni si svegliò. E non vide nulla, solo abissi di tenebra che lo attorniavano. Io ci sono dentro, si rese conto. «È esatto» disse il Frolixiano. «Sono rimasto alquanto turbato quando hai ceduto al sonno... come tu lo chiami.» «Morgo Rahn Wilc» disse Provoni, rivolto alle tenebre. «Tu sei portato a preoccuparti troppo. Noi dormiamo ogni ventiquattro ore; dormiamo da otto a...» «Questo lo so» disse Morgo. «Ma rifletti sulle circostanze in cui ciò si verifica: gradualmente tu smarrisci la tua personalità, il tuo battito cardiaco rallenta, il ritmo del respiro si abbassa... tutto ciò assomiglia moltissimo alla morte.» «Ma tu sai che non è così» sottolineò Provoni. «È il funzionamento mentale che cambia più di ogni altro, e che ci mette a disagio. Tu non ne hai coscienza, ma mentre dormi si svolge un'attività mentale molto insolita e violenta. Prima di tutto, entri in un mondo che in un certo senso ti è familiare... nella tua mente ti trovi insieme ad amici personali, a nemici, a conoscenti dell'ambito sociale, che possono parlare e interagire con te.» «In altre parole» disse Provoni, «inizio a sognare.» «Questo genere di sogni costituisce una specie di riepilogo della giornata, di ciò che hai fatto, delle persone a cui hai pensato, di quelle con cui hai parlato. Non è questo ad allarmarci. È la fase successiva. Sprofondi verso un livello inferiore, molto più interno; incontri personaggi che non hai mai conosciuto, situazioni che non hai mai vissuto. Inizia una disintegrazione della tua persona, in quanto entità singola; ti fondi con entità primordiali dagli attributi divini, che possiedono un enorme potere; mentre ti trovi in questo stato tu corri il serio pericolo di...» «L'inconscio collettivo» disse Provoni. «Che il più grande dei pensatori umani, Carl Jung, ha scoperto. Un'abreazione che risale oltre il momento della nascita, spingendosi fino a vite anteriori, a luoghi precedenti... e popolata di archetipi, come Jung...» «Jung ha fatto presente che uno di questi archetipi potrebbe, in qualsiasi momento, assorbirti? E che una riformazione della tua persona non avrebbe più modo di verificarsi? Che saresti soltanto un'estensione ambulante e parlante di quell'archetipo?» «Certo che lo ha fatto presente. Ma non è di notte, durante il sonno, che l'archetipo assume il sopravvento, bensì durante il giorno. E quando com-
paiono durante il giorno che sono pericolosi... perché è allora che la persona viene distrutta.» «In altre parole, quando dormi mentre sei sveglio.» Riluttante, lui disse: «Esatto.» «Così, quando sei addormentato noi dobbiamo proteggerti. Perché non vuoi che ti avvolga durante questo periodo? Sono preoccupato per la tua vita; a giudicare dal modo in cui sei strutturato, potresti perderla con un solo gesto azzardato. Come il tuo viaggio fino al nostro mondo... un terribile gesto azzardato, che non avresti mai dovuto compiere, statisticamente parlando.» «Ma l'ho compiuto» disse Provoni. Le tenebre avevano cominciato a diradarsi mentre il Frolixiano si ritirava da lui. Distinse la paratia metallica della nave, il grande cesto usato come amaca, il portello semichiuso che dava nella sala comando. La sua nave, il Gray Dinosaur: il suo mondo da tanto tempo. Il suo bozzolo, al cui interno aveva passato dormendo buona parte del suo tempo. Adesso resterebbero allibiti davanti al fanatico, pensò, se avessero potuto vederlo steso nella sua amaca, la barba di una settimana sul viso, i capelli lunghi fino alle spalle, il corpo sudicio, gli abiti impregnati di sudore rancido e ancora più sudici. Eccolo là, il salvatore del genere umano. O almeno, di una parte del genere umano. Quella parte che era stata oppressa fino a... si domandò come andassero le cose sulla Terra, ora. Gli Uomini Nascosti avevano trovato qualche appoggio? O la maggior parte degli Uomini Vecchi si era rassegnata alle sue squallide condizioni di vita? E Cordon, pensò. Chissà se il grande scrittore e oratore era morto? In questo caso, probabilmente tutto il resto era morto insieme a lui. Ma adesso lo sanno - i miei amici, almeno, lo sanno - che ho trovato l'aiuto necessario e che sto tornando. Purché abbiano ricevuto il mio messaggio. E purché abbiano saputo decifrarlo. Io, il traditore, pensò. Colui che è andato a cercare aiuto presso gli inumani. Che ha aperto la via della Terra a un'invasione da parte di creature che altrimenti non l'avrebbero neppure notata. La storia mi considererà il più spregevole degli uomini... oppure un salvatore? Magari qualcosa di meno estremo, una specie di via di mezzo. Quanto basta a riempire un quarto di pagina sull'Encyclopedia Britannica. «Come puoi definire te stesso un traditore, signor Provoni?» chiese Morgo. «Già, me lo chiedo anch'io.»
«Sei stato definito da altri un traditore. Sei stato anche definito un salvatore. Ho esaminato ogni particella della tua persona conscia, e non v'è traccia di alcuna brama della vanagloria di grandezza; hai compiuto un viaggio difficile, praticamente senza alcuna speranza di successo, e lo hai fatto perché spinto da un unico motivo; aiutare i tuoi amici. Non è scritto in uno dei vostri libri della saggezza: "Se un uomo dona la vita per il suo amico..."» «Non riesci a completare la citazione» disse Provoni, divertito. «No, perché tu non la conosci per intero, e l'unica cosa che abbiamo per conoscervi è la tua mente... il suo contenuto, fino al livello che tu definisci collettivo, e che di notte ci preoccupa così tanto.» «Pavores nocturni» disse Provoni. «La paura della notte; avete una fobia.» Si alzò malfermo dall'amaca, si raddrizzò con la testa che girava, poi arrancò verso lo scomparto delle provviste alimentari. Premette un pulsante, ma non emerse nulla. Premette un secondo pulsante. Di nuovo dal contenitore non comparve nulla. Solo allora provò una fitta di panico; premette pulsanti a caso... e finalmente un cubo di razioni-R cadde nel ricettacolo. «Ne rimane a sufficienza per riportarti sulla Terra, signor Provoni» lo rassicurò il Frolixiano. «Già» disse lui con aria feroce, digrignando i denti, «razionando tutto. Conosco i calcoli; è possibile che gli ultimi giorni dovrò passarli senza cibo. E voi vi preoccupate per il mio sonno; Cristo, se volete preoccuparvi per qualcosa, preoccupatevi per il mio stomaco.» «Ma noi sappiamo che ce la farai.» «Va bene» disse Provoni. Aprì il cubo di cibo, lo mangiò, bevve un bicchiere di acqua ridistillata, rabbrividì e pensò a come avrebbe potuto lavarsi i denti. Puzzo, pensò. Dalla testa ai piedi. Resteranno sbigottiti. Avrò l'aria di uno rimasto intrappolato in un sottomarino per quattro settimane. «Ne comprenderanno il motivo» disse Morgo. «Voglio fare una doccia» disse Provoni. «Non c'è acqua a sufficienza.» «Non potresti... procurarmene un po'? In qualche modo?» In diverse occasioni precedenti, il Frolixiano gli aveva fornito elementi chimici, costruendo i blocchi di sintesi che a lui servivano per composti più elaborati. Di sicuro, se poteva fare questo era anche in grado di sintetizzare dell'acqua... là, intorno al Gray Dinosaur, dove si era sistemato. «Anche il mio sistema somatico è a corto di acqua» disse Morgo. «Pensavo di chiedertene un po'.»
Lui scoppiò a ridere. «Cosa c'è di buffo?» chiese il Frolixiano. «Eccoci qua, nello spazio fra Proxima e il mio sistema solare, diretti a salvare la Terra dalla tirannide di una ristretta oligarchia di oppressori, e ce ne stiamo a discutere su chi dovrebbe portar via all'altro pochi litri d'acqua. Come faremo a salvare la Terra se non possiamo neppure sintetizzare l'acqua?» «Lascia che ti racconti una leggenda su Dio» disse Morgo. «In principio egli creò un uovo, un uovo enorme, con una creatura al suo interno. Dio cercò di aprire il guscio per fare uscire la creatura... la prima creatura vivente. Ma non ci riuscì. Tuttavia la creatura che egli aveva creato possedeva un becco acuminato, fatto appunto per quello scopo e così si aprì un varco attraverso il guscio. E di conseguenza... ora tutte le creature viventi dispongono del libero arbitrio.» «Perché?» «Perché siamo stati noi a rompere l'uovo, non Dio.» «E perché questo ci darebbe il libero arbitrio?» «Perché, dannazione, noi possiamo fare quello che Dio non può fare.» «Oh.» Provoni annuì, poi sogghignò, divertito dall'inglese idiomatico del Frolixiano insegnatogli, ovviamente, da lui stesso. La creatura conosceva le lingue terrestri nella misura in cui le conosceva lui: aveva una buona conoscenza dell'inglese - anche se non all'altezza di Cordon - oltre a un'infarinatura di latino, tedesco e italiano. Sapeva salutare in italiano, e sembrava divertirsi molto a farlo; concludeva sempre i suoi contatti con un solenne ciao. Personalmente, lui preferiva "ti spino dopo", ma evidentemente i Frolixiani consideravano quella frase insoddisfacente... e secondo il suo stesso metro di misura. Era infatti una frase in gergo del Servizio Statale di cui non era riuscito a liberarsi. Come per molte altre cose nella sua mente, faceva parte di un nugolo di pulsi: frammenti saltellanti di pensieri e idee, ricordi e timori, che si erano installati nel suo cervello con l'evidente intenzione di restarci. Era toccato ai Frolixiani mettere in ordine tutto quel pasticcio, e così avevano fatto, a quanto pareva. «Sai» disse Provoni, «quando arriveremo sulla Terra, voglio trovare da qualche parte una bottiglia di brandy. E poi sedermi sui gradini...» «Quali gradini?» «Vedo solo un grande palazzo grigio, senza finestre, un edificio pubblico sul tipo dell'Ufficio delle Imposte, qualcosa di veramente orribile, e vedo me stesso seduto sui gradini, con addosso un vecchio impermeabile blu
scuro, che bevo brandy. Là all'aperto, sotto gli occhi di tutti. E la gente mi passerà vicino e mormorerà: "Guarda, quell'uomo beve in pubblico." E io dirò: "Sono Thors Provoni." E allora quelli diranno: "Se lo merita. Non lo faremo arrestare." E non lo faranno.» «Non ci sarà nessun arresto per te, signor Provoni» disse Morgo. «Né allora, né in nessun altro momento. Noi saremo con te fin dall'istante in cui atterrerai. Non solo io, come adesso qui, ma anche i miei fratelli. La fratellanza. E loro...» «Si impadroniranno della Terra. E poi mi sputeranno da una parte a morire.» «No, no. Ci siamo stretti la mano su questo. Non ricordi?» «Forse avete mentito.» «Noi non possiamo mentire, signor Provoni. Te l'ho spiegato, e anche il mio supervisore, Gran Ce Wanh. Se non credi a me, e se non credi nemmeno a lui, un'entità che ha più di sei milioni di anni...» Il tono del Frolixiano sembrava esasperato. «Quando lo vedrò» disse Provoni, «ci crederò.» Con aria accigliata bevve un secondo bicchiere di acqua riciclata, anche se la luce rossa sopra la macchina dell'acqua era accesa... e lampeggiava già da una settimana. Il corriere speciale salutò Gram Willis e disse: «Questo è arrivato con la qualifica Codice Uno. Deve leggerlo immediatamente, se non le spiace, con tutto il rispetto, signor Presidente.» Willis Gram aprì la busta con un grugnito. Dattiloscritta su un semplice foglio di carta comune da sedici once c'era una sola frase. "Il nostro agente al centro di stampa della Sedicesima Strada riferisce che è giunto un secondo messaggio da Provoni, e che ha avuto successo." Che il diavolo se lo porti, disse Gram a se stesso. Successo. Sollevò gli occhi verso il corriere e disse: «Mi porti un po' di cloridrato di metanfetamina puro. Lo prenderò oralmente, in una capsula; si assicuri che sia una capsula.» Un po' sorpreso, il corriere salutò di nuovo e disse: «Sì, signor Presidente.» Lasciò l'ufficio-camera da letto, e Gram si ritrovò solo. Mi ucciderò, si disse. La depressione lo invase, divorandolo finché non si sentì floscio come un palloncino sgonfio. Magari prima ancora che Cordon sia morto, pensò. Be', prima liquidiamo Cordon.
Premette un pulsante sull'interfono. «Mi mandi un ufficiale; uno qualunque... non ha importanza.» «Sì, signore.» «Gli dica di presentarsi armato.» Cinque minuti più tardi, un maggiore vestito in modo impeccabile entrò nella stanza e si esibì in un saluto fluido e professionale. «Sì, signor Presidente.» «Voglio che lei vada nella cella di Eric Cordon presso il centro di terminazione di Long Beach» disse Gram, «e voglio che lei personalmente, con la sua pistola, la pistola che vedo alla sua cintura, spari a Cordon finché non sarà sicuro della sua morte.» Gli porse un foglio di carta. «Questo le fornisce la mia autorizzazione.» «È certo...» cominciò l'ufficiale. «Sono certo» disse Gram. «Voglio dire, signore, lei è certo che...» «Se non lo fa lei, andrò là io stesso» disse Gram. «Vada.» Fece un gesto brusco e improvviso verso la porta principale del suo ufficio. Il maggiore se ne andò. Niente riprese televisive, si disse Gram. Niente pubblico. Solo due uomini in una cella. Be', Provoni mi ha costretto a farlo; non posso averli entrambi in circolazione contemporaneamente. In un certo senso, è veramente Provoni che sta uccidendo Cordon. Chissà che forme di vita saranno? si chiese. Quelle che Provoni ha trovato? Quel bastardo, si disse. Manovrò alcuni interruttori, imprecò, e infine riuscì a trovare quello che accendeva la telecamera nella cella di Cordon. Il viso magro, ascetico, gli occhiali grigi, i capelli ancora più grigi e radi... il classico professore universitario che scrive libri, si disse Gram. Ebbene, assisterò di persona mentre quel maggiore - chiunque sia - gli spara. Sullo schermo, Cordon sedeva come se fosse addormentato... ma ovviamente stava dettando qualcosa, quasi di sicuro al centro della Sedicesima Strada. Trasmetti pure le tue pontificazioni, pensò cupo Gram, e attese. Passò un quarto d'ora. Non successe nulla; Cordon continuava a trasmettere. Poi, tutt'a un tratto, cogliendo di sorpresa tanto Cordon quanto Willis Gram, la porta della cella si aprì. Il maggiore dall'aria impeccabile entrò a passo svelto. «È lei Eric Cordon?» chiese il maggiore.
«Sì» disse Cordon, alzandosi. Il maggiore - un giovanotto, in pratica, con lineamenti magri e affilati alzò una mano verso la sua arma. Sollevò la pistola e disse: «Dietro autorizzazione del Presidente del Consiglio, ho ricevuto istruzioni di recarmi in questo luogo e di ucciderla. Vuole leggere l'autorizzazione?» Frugò in una tasca. «No» disse Cordon. Il maggiore sparò. Cordon cadde all'indietro, spinto dal fascio di energia distruttiva a retrocedere con un movimento slittante che lo portò contro la parete opposta della cella. Poi, per gradi, scivolò verso il basso fino a ritrovarsi seduto come una bambola abbandonata... le gambe divaricate, la testa china, le braccia inerti. Parlando nel microfono davanti a sé, Gram disse: «La ringrazio, maggiore. Ora può andarsene. Il suo incarico è terminato. A proposito... come si chiama?» «Wade Ellis» disse il maggiore. «Riceverà una citazione al merito» disse Gram, e interruppe il contatto. Wade Ellis, pensò. È fatta. Provava... che cosa? Sollievo? Ovvio. Dio, pensò; quanto è stato semplice. Ordini a un soldato, che non hai mai visto prima, di cui non conosci neppure il nome, di andare a uccidere uno degli uomini più influenti sulla Terra. E lui lo fa! Quella constatazione creò, nel suo cervello, un'agghiacciante conversazione immaginaria. Il dialogo si svolgeva in questo modo: Persona A: Salve, mi chiamo Willis Gram. Persona B: Io sono Jack Kvetck. Persona A: Vedo che lei è maggiore nell'esercito. Persona B: Può scommetterci l'uccello. Persona A: Senta, maggiore Kvetck, lei ammazzerebbe qualcuno per me? Ho dimenticato come si chiama... aspetti che guardo fra questi fogli. E avanti di questo passo. La porta della stanza si spalancò; il Direttore della Polizia Lloyd Barnes entrò di corsa, il viso rosso d'ira e d'incredulità. «Lei ha appena...» «Lo so» disse Gram. «Crede di dovermelo dire lei? Pensa che non lo sappia?» «Allora è stato davvero un suo ordine, come sostiene il comandante della guarnigione al carcere.» «Già» disse lui, stoicamente. «E ora che cosa prova?»
«Ascolti» disse Gram. «È arrivato un secondo messaggio da Provoni. Specifica chiaramente che sta portando con sé una forma di vita non terrestre. Queste non sono ipotesi, sono fatti.» «Solo perché non si sentiva capace di tenere testa contemporaneamente a Cordon e a Provoni» disse infuriato Barnes. «Può scommetterci il culo! Proprio così!» disse ferocemente Gram; sventolò un dito verso Barnes. «Detta in due parole, la verità è proprio questa. Quindi la smetta di fare tanto baccano in proposito; era necessario. Forse voi... e intendo tutti voi Uomini Nuovi, super evoluti e bilobati, avreste saputo far fronte a quei due riuniti qui sulla Terra, a lavorare insieme? La risposta è no.» «La risposta» disse Barnes, «sarebbe stata una dignitosa esecuzione, con il rispetto di tutte le formalità.» «E magari, mentre noi gli serviamo l'ultimo pasto e tutto il resto, qualche gigantesca entità radiante, a forma di pesce, atterra a Cleveland, rapisce ogni Insolito e Uomo Nuovo, e poi li ammazza dal primo all'ultimo. Giusto?» Dopo una pausa, Barnes disse: «Intende dichiarare lo stato di emergenza planetaria?» «Come se fossimo con l'acqua alla gola?» «Sì. Nel senso più estremo della definizione.» Gram rifletté. «No. Metteremo in stato di all'erta i militari, la polizia, poi i Nuovi e gli Insoliti che occupano posizioni chiave... hanno il diritto di sapere qual è l'esatta situazione. Ma non diremo nulla a quella fottuta feccia, ai Vecchi e ai Nascosti.» Tuttavia, pensò, il centro di stampa della Sedicesima Strada li informerà comunque. Indipendentemente dalla rapidità del nostro attacco. Devono soltanto inoltrare i messaggi di Provoni alle trasmittenti secondarie e ai centri di stampa minori... cosa che, dannazione, avranno già fatto senza dubbio. «La squadra commando di intervento, Verde A, appoggiata dalla B e dalla C, si sta dirigendo verso il centro di stampa della Sedicesima Strada» disse Barnes. «Ho pensato che le avrebbe fatto piacere saperlo.» Diede un'occhiata all'orologio da polso. «Fra circa mezz'ora daranno l'assalto alla prima linea difensiva dell'impianto. Abbiamo allestito un collegamento televisivo a circuito chiuso, così potrà assistere all'operazione.» «Grazie.» «Lo dice con ironia?» «No, no» disse Gram. «Intendevo dire ciò che ho detto; ho detto grazie e
intendevo grazie.» Alzò il tono della voce. «Ogni cosa deve sempre avere un significato nascosto? Siamo forse un branco di dinamitardi che strisciano nel buio, usando parole in codice? È davvero così? Oppure siamo un governo?» Barnes disse: «Siamo un governo legittimo e nel pieno esercizio delle sue funzioni. Fronteggiato da una sedizione all'interno e da un'invasione all'esterno. Stiamo prendendo misure protettive in entrambe le direzioni. Per esempio, possiamo appostare astronavi della flotta nello spazio profondo, dove saranno in grado di raggiungere con i loro missili la nave di Provoni non appena rientra nel sistema solare. Possiamo...» «Questa è una decisione che spetta ai militari, non a lei. Farò riunire il Supremo Consiglio di Pace dei Capi di Stato Maggiore nella Sala Rossa...» sbirciò il proprio orologio, un Omega «... alle tre di questo pomeriggio.» Premette un pulsante sulla scrivania. «Sì, signore.» «Voglio i Capi di Stato Maggiore riuniti nella Sala Rossa per le tre di questo pomeriggio» disse Gram. «Priorità di Livello A.» Riportò la sua attenzione su Barnes. «Arresteremo il maggior numero possibile di Uomini Nascosti» disse Barnes. «Certo» disse Gram. «Ho il suo permesso di bombardare i loro altri centri di stampa? Almeno quelli di cui siamo a conoscenza?» «Certo» disse Gram. «Lei mi sembra ancora ironico» disse Barnes incerto. «Sono soltanto molto, molto incazzato» disse Gram. «Come può un essere umano istigare una situazione nella quale delle forme di vita non umane... oh, al diavolo tutto quanto.» Piombò in silenzio. Barnes attese qualche istante, poi si chinò in avanti per accendere uno degli schermi televisivi di fronte a Gram. Lo schermo mostrò agenti armati che sparavano missili miniaturizzati contro una porta di rexeroid. C'erano fumo e poliziotti armati fino ai denti dappertutto. «Non sono ancora entrati» disse Gram. «Quello è rexeroid... una sostanza molto resistente.» «Hanno appena iniziato.» La porta di rexeroid si disintegrò in rivoli di metallo fuso che schizzarono nell'aria sotto forma di frammenti fiammeggianti, simili a uccelli d'alta
quota marziani. Con un sordo tac-tac-tac-tac giunse il suono degli spari, da parte della polizia e di quelle che ora sembravano essere guardie in uniforme all'interno. La polizia, colta di sorpresa, corse al riparo, poi lanciò granate a gas paralizzante e altra roba del genere. Il fumo tendeva a oscurare ogni cosa, ma lentamente si poté notare che la polizia stava avanzando. «Liquidate quei bastardi» disse Gram, mentre una squadra di due uomini con un lanciarazzi sparava un colpo diretto contro la fila di guardie all'interno. Il razzo superò le guardie ed esplose in mezzo alle grandi macchine da stampa dentro la sala. «Ecco sistemata la tipografia» disse Gram con una punta di gioia. «Bene, è andata.» La polizia era ormai penetrata nella sala centrale del centro di stampa. La telecamera li seguì, mettendo a fuoco una battaglia in miniatura fra due agenti dalle divise verdi e tre guardie vestite di grigio. Il baccano si affievolì. Le armi che sparavano erano ormai poche, e si vedeva meno gente che si muoveva. La polizia stava cominciando a rastrellare il personale delle rotative, continuando a scambiare colpi di pistola con le poche guardie degli Uomini Nascosti ancora vive e armate. Nella piccola stanza privata che il personale delle rotative aveva concesso loro, Nick Appleton e Charley sedevano rigidi, senza parlare; ammutoliti, ascoltavano i suoni della battaglia, e dentro di sé Nick pensò: Niente asilo per settantadue ore, a quanto pare. Non per noi, questo è sicuro. Adesso è finita sul serio. Charley si strofinò le labbra sensuali, poi, di colpo, si morse il dorso della mano. «Gesù» disse. «Gesù!» gridò, alzandosi per assumere una posa da animale impaurito. «Non ci rimane una sola possibilità!» Nick non disse nulla. «Parla!» ringhiò Charley, il viso deformato da una rabbia impotente. «Di' qualcosa! Prenditela con me perché ti ho portato qui, di' qualsiasi cosa... ma non startene lì seduto a fissare quel fottuto pavimento.» «Non è colpa tua» disse lui, mentendo. Ma sarebbe stato assurdo prendersela con lei; Charley non poteva sapere che all'improvviso la polizia avrebbe attaccato il centro di stampa. In fondo, non era mai successo prima. Lei aveva semplicemente fatto i suoi calcoli sulla base di ciò che sapeva. Il centro di stampa era un rifugio sicuro; molte persone vi erano entrate e poi erano uscite. Le autorità lo hanno sempre saputo, pensò Nick. Adesso si stanno muo-
vendo perché Provoni ha segnalato il suo ritorno. Cordon. Dio, pensò, Dio del cielo, probabilmente lo hanno ammazzato subito. Il segnale del ritorno di Provoni ha innescato un attacco complesso, accuratamente progettato, su tutto il pianeta, da parte del sistema. Probabilmente stanno rastrellando tutti gli Uomini Nascosti che risultano schedati in qualche modo. E tutto dovrà essere fatto - i centri di stampa bombardati, i Nascosti arrestati, Eric Cordon ucciso - prima che Provoni arrivi qui. Il suo ritorno gli ha forzato la mano; ha portato allo scoperto la loro artiglieria pesante, nel vero senso della parola. «Ascolta» disse, alzandosi e andando accanto a Charley; le mise un braccio intorno alle spalle e strinse a sé il suo corpo piccolo e solido. «Per qualche tempo finiremo in un campo di rieducazione, ma alla fine, quando questa faccenda si sarà risolta in un modo o nell'altro...» La porta della stanza si spalancò. La figura di un poliziotto, l'uniforme coperta di particelle grigie che parevano polvere - e in realtà erano ossa umane incenerite - comparve sulla soglia, puntando loro addosso un fucile Hopp B-14. Nick sollevò subito le mani, poi afferrò le mani di Charley e sollevò anche quelle, aprendo le sue dita per mostrare che non aveva armi. Il poliziotto sparò con il suo B-14 a Charley; lei si afflosciò, inerte, contro Nick. «È solo svenuta» disse il poliziotto. «Una scarica a livello tranquillante.» E sparò con il suo B-14 anche a Nick. Osservando lo schermo televisivo, il Direttore della Polizia Barnes disse: «Così abbiamo anche 3XX24J.» «Come?» chiese irritato Gram. «In quella stanza: l'uomo con la ragazza. I due che l'agente ha appena messo a dormire. Era la persona campione che secondo il computer avrebbe indicato...» «Sto cercando di rivedere qualche vecchio amico» disse Gram tagliando corto. «Stia zitto e guardi; guardi e basta. O è chiederle troppo?» Barnes disse seccamente: «Il computer nel Wyoming ha scelto quell'individuo come prototipo dell'Uomo Vecchio che, a causa dell'annuncio dell'imminente esecuzione di Cordon, sarebbe passato - come ha fatto - dalla parte degli Uomini Nascosti. Ora lo abbiamo catturato, anche se... stranamente, non credo che quella sia sua moglie. Chissà cosa direbbe il computer nel Wyoming se...» Cominciò a camminare avanti e indietro. «Quale sarebbe la sua reazione al fatto che lo abbiamo arrestato? Che ci siamo impossessati del campione di Uomo Vecchio che...»
«Perché dice che non è sua moglie?» chiese Gram. «Pensa che se la stia spassando con quella figliola? Che non solo sia diventato un Uomo Nascosto, ma che abbia addirittura piantato la moglie e già trovato un rimpiazzo? Chieda questo al computer; controlli cosa ne pensa.» La ragazza, pensò, è graziosa, anche se ha un po' l'aria di un maschiaccio. Hmm, pensò. «Può fare in modo che non venga fatto del male alla ragazza?» chiese a Barnes. «È in grado di comunicare con le squadre di commando in quella tipografia?» Frugando nella sua cintura, il Direttore Barnes prese un microfono, lo avvicinò alle labbra e disse: «Il capitano Malliard, prego.» «Sì, qui è Malliard, Direttore.» Una voce ansimante, che lasciava traspirare tensione e una grande agitazione. «Il Presidente del Consiglio mi ha incaricato di chiederle di fare in modo che all'uomo e alla ragazza...» «Solo alla ragazza» lo interruppe Gram. «... che una ragazza in una delle stanze laterali, appena tranquillizzata da un nostro agente con un fucile Hopp B-14, venga protetta in modo particolare. Vediamo, cercherò di comunicarle le coordinate.» Barnes sbirciò di lato, come un gufo, lo schermo. «Coordinate 34 e 21, poi 9 o 10.» «Dovrebbe trovarsi alla mia destra e leggermente più avanti rispetto alla mia posizione» disse Malliard. «Bene, provvedo subito. Abbiamo fatto un buon lavoro, Direttore... in venti minuti ci siamo praticamente impadroniti del centro, con perdite minime da entrambe le parti.» «Pensi a tener d'occhio quella ragazza» disse Barnes, e rimise il microfono nella cintura. «Lei è pieno di fili e di collegamenti come un operaio dei telefoni» disse Gram. Barnes disse, gelido: «Lo sta facendo di nuovo.» «Sto facendo che cosa?» «Confonde ancora la sua vita privata con la vita pubblica. Quella ragazza.» «Ha un viso strano. Schiacciato, come un boccale di birra irlandese.» «Signor Presidente, dobbiamo fronteggiare un'invasione di forme di vita aliene; dobbiamo fronteggiare un'insurrezione di massa che può...» «Una ragazza come quella la si vede solo una volta ogni vent'anni» disse Gram. «Posso chiederle un favore?» chiese Barnes. «Certo.» Willis Gram si sentiva bene, ora; l'efficienza della polizia nel
catturare il centro di stampa nella Sedicesima Strada lo aveva messo di buonumore, e la sua libido era stata riaccesa dalla vista di quella strana ragazza. «Quale favore?» «Voglio che lei - in mia presenza - parli con l'uomo, quell'uomo del 3XX24J... Voglio sapere se le sue sensazioni dominanti sono positive, dal momento che hanno avuto notizie da Provoni e che Provoni sta portando con sé un aiuto, oppure se il suo morale è andato a pezzi perché è stato arrestato nel corso di un'operazione della polizia. In altre parole...» «Un sondaggio campione» disse Gram. «Sì.» «D'accordo. Gli darò un'occhiata. Ma meglio farlo in fretta; meglio sbrigarsi prima che Provoni arrivi qui. Tutto deve essere fatto prima che Provoni arrivi con i suoi mostri. Mostri.» Scrollò la testa. «Che rinnegato. Che razza di spregevole, infimo, egoista, ambizioso rinnegato privo di scrupoli. Dovrebbero scrivere il suo nome sui libri di storia con questa definizione.» In effetti, gli piaceva quella descrizione di Provoni. «Se la annoti, per favore» disse a Barnes. «La farò inserire nella prossima edizione della Encyclopedia Britannica, così come l'ho detta. Parola per parola.» Sospirando, il Direttore Barnes tirò fuori il suo taccuino e annotò diligentemente la frase. «Ci aggiunga anche» disse Barnes, «mentalmente instabile, fanatico radicale, una creatura - badi bene a questo: una creatura, non un uomo - che ritiene l'uso di qualsiasi mezzo giustificato dal fine. E quale sarebbe il fine in questo caso? La distruzione di un sistema grazie al quale l'autorità viene affidata e mantenuta nelle mani di coloro che sono fisicamente strutturati per avere la capacità di governare. È il governo di chi è più qualificato, non di chi è più popolare. Millard Fillmore era popolare. Anche Rutherford B. Hayes. Anche Churchill. E lo stesso vale per Lyons. Ma erano incompetenti, e questo è il punto capitale. Capisce il mio punto? «In che modo Churchill sarebbe stato incompetente?» «Sostenne la necessità di massicci bombardamenti notturni di aree residenziali, della popolazione civile, invece di colpire i bersagli chiave. Prolungò la Seconda Guerra Mondiale di almeno un anno.» Il direttore Barnes disse: «Sì, comprendo il suo punto.» E intanto, pensò, non mi serve una lezione di storia... Un pensiero che Gram colse immediatamente, insieme a molti altri. «Vedrò quest'uomo del 3XX24J alle sei in punto di stasera» disse Gram. «Lo conduca qui. Li porti qui insieme... anche la ragazza.» Colse altri pen-
sieri sgradevoli, dissenzienti, da Barnes, ma preferì ignorarli. Come la maggior parte dei telepati, aveva imparato a ignorare la grande massa dei pensieri rudimentali della gente: ostilità, noia, disgusto, invidia. Tutti pensieri di cui, nella maggior parte dei casi, la persona stessa era inconsapevole. Un telepate doveva imparare ad avere la pelle robusta. In pratica, doveva imparare a sintonizzarsi sui pensieri consci, positivi, di un individuo, tralasciando la mistura assortita dei suoi processi mentali inconsci. Sbirciando in quella regione, si poteva trovare praticamente di tutto... e quasi in chiunque. Ogni dattilografo che transitava per il suo ufficio aveva pensieri fuggevoli di distruggere il proprio superiore per prendere il suo posto... e alcuni miravano anche più in alto; strutture mentali ricche di fantastiche illusioni personali esistevano anche negli uomini e nelle donne più miti... e questi erano, in buona parte, Uomini Nuovi. Personalmente, lui stesso aveva fatto ricoverare in segreto alcuni collaboratori che ospitavano pensieri veramente squilibrati. Per il bene di tutti quelli coinvolti... e soprattutto lui stesso. Infatti, in svariate occasioni, aveva colto pensieri omicidi dalle fonti più sorprendenti, grandi e piccole che fossero. Una volta, un tecnico Nuovo venuto a installare una serie di collegamenti video nel suo ufficio aveva soppesato a lungo l'idea di sparargli... e aveva perfino con sé la pistola per farlo. Sempre la stessa storia, oggi come ieri: un ritornello senza fine che aveva cominciato a manifestarsi quando le due nuove classi del genere umano si erano rivelate al mondo cinquantotto anni prima. Ormai lui ci era abituato... oppure no? Forse no. Ma ormai viveva in quel modo da una vita, e a questo punto della partita non prevedeva di perdere la sua capacità di adattamento... non ora che Provoni e i suoi amici non umani erano sul punto di intersecare la linea della sua vita. «Come si chiama l'uomo dell'appartamento 3XX24J?» domandò a Barnes. «Dovrei fare qualche ricerca» disse Barnes. «Ed è sicuro che la ragazza non sia la moglie?» «Ho visto rapidamente qualche foto della moglie. Grassa, bisbetica... una strega, a giudicare dal video trasmesso dall'impianto installato nel loro appartamento. Il solito impianto 243 che è installato in tutti quegli appartamenti quasi-moderni.» «Che cosa fa per vivere?» Barnes alzò gli occhi al soffitto, si leccò il labbro inferiore e disse: «Il risolcatore di gomme. Presso un rivenditore di razzauto usate.»
«E cosa diavolo sarebbe?» «Be', diciamo che portano in officina una razzauto, e un controllo rivela che i copertoni delle gomme sono praticamente lisci. Allora lui prende un ferro rovente e incide solchi nuovi, fasulli, in ciò che rimane della gomma.» «Ma non è illegale?» «No.» «Be', adesso lo è» disse Gram. «Ho appena approvato una legge; risolcare le gomme è un reato. È pericoloso.» «Sì, signor Presidente.» Barnes annotò un appunto sul suo taccuino, pensando: Stiamo per essere sopraffatti da creature aliene ed ecco a cosa riesce a pensare Gram: a mettere fuorilegge i risolcatori di gomme. «Non si possono trascurare le cose minori neppure sotto il peso dei problemi maggiori» disse Gram, in risposta al pensiero di Barnes. «Ma in un momento simile...» «Provveda subito a notificarla come infrazione con validità immediata» disse Gram. «E faccia in modo che tutti i rivenditori di razzauto usate ne abbiamo una copia stampata - badi bene: ho detto "stampata" - entro venerdì.» «Perché non induciamo gli alieni ad atterrare» chiese Barnes con sarcasmo, «e poi diciamo a quest'uomo di incidere le loro gomme, così quando cercheranno di spostarsi sul terreno le gomme scoppieranno e loro resteranno uccisi nell'incidente che seguirà?» «Questo mi ricorda una storiella sugli inglesi» disse Gram. «Durante la Seconda Guerra Mondiale, il governo italiano era piuttosto preoccupato - e a ragione - all'idea di uno sbarco inglese in Italia. Così, venne suggerito che in tutti gli alberghi dove alloggiavano gli inglesi i loro conti venissero maggiorati in modo spaventoso. Gli inglesi, capisce, sarebbero stati troppo educati per lamentarsi; avrebbero invece preferito andarsene... e andarsene da tutta l'Italia. Aveva mai sentito questa storiella?» «No» disse Barnes. «Siamo veramente in un gran brutto pasticcio» disse Gram. «Anche se abbiamo ammazzato Cordon e tolto di mezzo quel centro di stampa nella Sedicesima Strada.» «Sono d'accordo, signor Presidente.» «Non riusciremo a rastrellare tutti gli Uomini Nascosti, e magari questi alieni risulteranno simili ai Marziani nella Guerra dei mondi di H.G. Wells; si papperanno la Svizzera con un solo boccone.»
«Teniamo da parte le nostre speculazioni finché non li avremo incontrati» disse Barnes. Dalla sua mente, Gram prelevò pensieri di stanchezza, pensieri di un lungo periodo di riposo... e, al tempo stesso, la consapevolezza che non ci sarebbe stato nessun riposo, breve o lungo, per nessuno di loro. «Mi dispiace» disse Gram, in risposta ai pensieri di Barnes. «Non è colpa sua.» Fra il cupo e l'imbronciato, Gram disse: «Dovrei dimettermi.» «In favore di chi?» «Lascerò che siate voi bilobati a trovare qualcuno. Del vostro tipo.» «È una proposta che si potrebbe discutere in consiglio.» «Niente da fare» disse Gram. «Non ho nessuna intenzione di dimettermi. Non ci sarà nessuna riunione del consiglio per discuterne.» Da Barnes colse un pensiero fuggevole, rapidamente soppresso. Forse ci sarà. Se non riuscirai a tenere testa agli alieni, e alla sollevazione dall'interno. Gram pensò: Dovranno ammazzarmi per togliermi da questa stanza. Che cerchino pure qualche mezzo per liquidarmi. È difficile fare fuori un telepate. Ma probabilmente lo stanno già cercando, decise. Non era un pensiero piacevole. Nick Appleton riprese conoscenza e si trovò disteso su un pavimento verde. Verde: il colore degli sporcaccioni, la polizia di stato. Era in un campo di detenzione della SP, probabilmente uno di transito. Sollevando la testa, si guardò intorno. Trenta, forse quaranta uomini, molti fasciati, molti feriti e sanguinanti. Immagino di essere stato uno dei fortunati, decise. E Charley... doveva trovarsi insieme alle donne, impegnata a strillare con tutto il suo fiato contro i suoi carcerieri. Riuscirà a organizzare una bella zuffa, pensò; li prenderà a calci nei testicoli quando verranno a prenderla per portarla in uno dei campi stabili di rieducazione. Naturalmente, pensò, non la rivedrò mai più. Scintillava come le stelle; l'amavo. Anche se è durata così poco. Come se avessi avuto un barlume, come se avessi potuto superare la cortina della vita banale, per vedere cosa mi serviva per essere felice. «Non avrai per caso qualche pastiglia antidolorifica con te?» chiese un giovane accanto a lui. «Ho una gamba rotta e mi fa un male fottuto.» «No, spiacente» disse Nick. Ritornò ai suoi pensieri.
«Non essere così pessimista» disse il giovane. «Non lasciare che gli sporcaccioni ti freghino, qui dentro.» Si batté sulla testa. «Sapere che potrei trascorrere il resto della mia vita in un campo di rieducazione sulla Luna o nello Utah sud-occidentale mi impedisce di sorridere» disse caustico Nick. «Però» disse il giovane, con un sorriso radioso e quasi beato, «avrai saputo che Provoni sta tornando, e con i rinforzi.» I suoi occhi luccicavano, malgrado il dolore alla gamba. «Non ci saranno più campi di rieducazione. "La cortina della tenda si è squarciata, e i cieli si accartocceranno come un rotolo."» «Abbiamo aspettato più di duemila anni da quando l'hanno scritto» disse Nick. «E ancora non è successo.» Non è ancora passato un giorno intero da quando sono diventato un Uomo Nascosto, pensò, e adesso eccomi qui! Bella fine che ho fatto. Un uomo alto e magro, accoccolato nelle vicinanze, con una profonda lacerazione ancora aperta sopra l'occhio destro, disse: «Uno di voi sa se hanno trasmesso il messaggio di Provoni a uno degli altri centri di stampa?» «Oh, certo.» Gli occhi del giovane dai capelli d'oro si infiammarono di fiducia e di sicurezza. «L'hanno capito subito; il nostro addetto alle comunicazioni non doveva fare altro che premere un interruttore.» Osservò radioso Nick e l'uomo alto e magro. «Non è meraviglioso?» chiese. «Tutto questo; perfino questo.» Indicò gli altri prigionieri nella cella malamente illuminata e ventilata ancora peggio. «È magnifico. È bello!» «Ti dà la carica?» chiese Nick. «Non ho familiarità con la letteratura del secolo scorso» disse il giovane, liquidando con tono sprezzante l'anacronismo di Nick. «So accettarlo! Tutto questo... è mio. Finché Thors Provoni non atterra. Atterrerà presto, e i cieli...» Un poliziotto in uniforme si fermò accanto a loro, consultando un foglio. «Sei tu il visitatore del 3XX24J?» chiese a Nick. «Sono Nick Appleton» disse Nick. «Per noi sei un uomo che ha fatto visita a un certo appartamento a una certa ora di un certo giorno. Pertanto sei il 3XX24J, oppure no?» Nick annuì. «Alzati e vieni con me» disse quel servo del sistema, e si incamminò rapido. Nick, con una certa difficoltà, riuscì ad alzarsi in posizione eretta benché deforme - e lentamente seguì il poliziotto, chiedendosi - con paura - cosa stesse succedendo.
Mentre il poliziotto apriva la porta della cella - usando un complesso sistema elettronico a ruota, con tanti numeri che giravano velocissimi - uno degli uomini seduti sul pavimento, con le spalle contro il muro, disse a Nick: «Buona fortuna, fratello.» L'uomo accanto a lui sollevò un auricolare transistorizzato dall'orecchio e disse: «Il notiziario lo ha appena annunciato. Hanno ucciso Cordon. L'hanno fatto sul serio. "È morto di una malattia cronica del fegato", dicono, ma non è vero... Cordon non aveva nessuna malattia al fegato. Gli hanno sparato.» «Andiamo» disse il poliziotto, e con forza sorprendente spinse di peso Nick attraverso l'apertura e fuori dalla cella, la cui porta si richiuse subito automaticamente. «È vero di Cordon?» chiese Nick al poliziotto, lo sporcaccione verde. «Non lo so.» E il poliziotto aggiunse: «Ma se lo hanno fatto, è stata una buona idea. Non capisco perché lo abbiano tenuto a Brightforth per tutto questo tempo; perché non riuscivano a prendere una decisione? Be', questo è quello che succede quando si ha un Insolito come Presidente del Consiglio.» Proseguì lungo il corridoio, e Nick lo seguì. «Lo sa che Thors Provoni è tornato?» chiese Nick. «E con l'aiuto che aveva promesso?» «Possiamo sistemare anche loro» disse il poliziotto. «Perché ne è convinto?» «Chiudi il becco e continua a camminare» disse il poliziotto, la grossa testa con il cranio espanso degli Uomini Nuovi che oscillava rabbiosamente. Sembrava irritato e aggressivo, alla ricerca di un'opportunità per usare il suo manganello metallico su qualcuno, e Nick pensò: mi ammazzerebbe qui e subito, se potesse. Ma ha ordini a cui obbedire. Nondimeno, il poliziotto lo spaventava: la concentrazione di odio sul viso di quell'uomo quando lui aveva nominato Provoni... Se questo è un campione indicativo dei loro sentimenti collettivi, decise, sapranno opporre una notevole resistenza. Il poliziotto varcò una soglia; Nick lo seguì... e vide, con una sola occhiata, il centro nevralgico dell'apparato della polizia. Piccoli schermi televisivi, a centinaia e centinaia, con un poliziotto che sorvegliava ogni gruppo di quattro. Una cacofonia di suoni ronzanti, ticchettanti e stridenti riempiva l'enorme sala; uomini e donne si affrettavano da una parte all'altra... sbrigando piccoli incarichi come quello affidato al poliziotto dei Nuovi Uomini così pieno d'odio che lo aveva scortato fin lì. Erano tutti
maledettamente indaffarati. Ma la SP era impegnata nel tentativo di arrestare ogni Uomo Nascosto di cui fossero a conoscenza; solo questa operazione doveva costituire un carico notevole per la loro attrezzatura neuroelettronica, e per quelli che la facevano funzionare. In quel breve istante, vide la loro fatica. Non avevano un'aria trionfale o felice. Ebbene, pensò, l'assassinio di Eric Cordon non vi solleva il morale? Ma loro guardavano già al futuro che li aspettava, come facevano anche gli Uomini Nascosti. La parte che riguardava l'interno, il bombardamento e le incursioni nei centri di stampa, l'arresto dei Nascosti... doveva essere portata a termine nel giro, probabilmente, di tre giorni. Perché tre giorni? si chiese. I due messaggi non avevano permesso di stabilire la posizione dell'astronave - evidentemente - eppure quella sembrava essere l'ipotesi di chiunque: avevano a disposizione solo pochi giorni, tutto qua. Ma supponiamo che gli serva un anno per arrivare, pensò Nick. O cinque anni. «3XX24J» disse il suo poliziotto di scorta, «sto per consegnarti a un rappresentante del Presidente del Consiglio. Sarà armato, quindi non tentare di fare l'eroe.» «D'accordo, amico» disse Nick, intimidito dai rapidi sviluppi che si succedevano intorno a lui. Un uomo in un normale completo da ufficio - maniche viola, anelli, scarpe appuntite all'insù - gli si avvicinò. Nick lo esaminò. Aria scaltra, di chi era dedito al suo lavoro... ed era un Uomo Nuovo. Sopra il corpo, la grande testa oscillava; non usava l'abituale sostegno da collo in voga fra molti Uomini Nuovi. «Lei è 3XX24J?» chiese l'uomo; esaminò la fotocopia di qualche genere di documento. «Sono Nick Appleton» disse testardo Nick. «Sì, questi sistemi di identificazioni numerici non funzionano molto bene» disse il rappresentante del Presidente del Consiglio. «Lei lavora - o lavorava - come...» Aggrottò la fronte, poi sollevò la testa massiccia. «Un che cosa? Un "risolcatore di gomme"? È esatto?» «Sì.» «E oggi lei si è unito agli Uomini Nascosti per tramite del suo datore di lavoro, Earl Zeta, che la polizia sorvegliava, mi pare, da parecchi mesi. Stiamo parlando di lei, non è vero? Voglio essere sicuro di portare con me la persona giusta. Ho qui le sue impronte; le trasmetteremo all'archivio generale. Per l'ora in cui il Presidente del Consiglio la riceverà, le impronte saranno state confermate... oppure no.» Piegò il documento e lo infilò con
cura nella borsa. «Venga con me.» Nick guardò ancora una volta dentro l'enorme camera con i suoi diecimila schermi televisivi. Sembrava una grotta. Le persone, pensò, scivolano intorno come pesci; pesci purpurei, sia maschi che femmine, e ogni tanto si scontrano, come molecole di qualche liquido. Ebbe, allora, una visione dell'inferno. Li vide come spiriti ectoplasmici, privi di un vero corpo. Quei poliziotti che andavano e venivano con le loro commissioni; avevano rinunciato alla vita molto tempo prima, e ora, invece di vivere, assorbivano vitalità dagli schermi che sorvegliavano... o, per essere più precisi, dalle persone sugli schermi. Gli indigeni primitivi del Sud America possono avere ragione, pensò, nel credere che quando qualcuno scatta una foto a una persona ruba l'anima a questa persona. Questa cos'è, se non un milione, un miliardo, una processione infinita di simili foto? Che strano, pensò. Mi sento demoralizzato; sto pensando in termini superstiziosi, spinto dalla paura. «Questa sala» disse il rappresentante del Presidente del Consiglio, «è la fonte dei dati che la SP raccoglie su tutto il pianeta. Affascinante, non è vero? Tutti quegli schermi di sorveglianza... e lei ne sta vedendo solo una frazione; a rigor di termini, questa che vede è l'Appendice, costruita due anni fa. Il complesso nevralgico centrale non è visibile da qui, ma mi creda sulla parola, è tremendamente grande.» «"Tremendamente"?» chiese Nick, sorpreso da quella scelta di parole. Sentiva, sia pure debolmente, una certa simpatia nei suoi confronti da parte del rappresentante del Presidente del Consiglio. «Quasi un milione di dipendenti della polizia vengono tenuti davanti a quegli schermi. Una burocrazia enorme.» «Ma gli è servito?» chiese Nick. «Oggi? Quando hanno iniziato i primi rastrellamenti?» «Oh, sì; il sistema funziona. Ma è buffo, in modo quasi ironico, che tenga impegnati così tanti uomini e ore lavorative se si pensa che l'intera idea originale era quella di...» Un ufficiale di polizia in uniforme comparve vicino a loro due. «Esca di qui e accompagni quest'uomo dal Presidente del Consiglio.» Il suo tono era stizzoso. «Sì, signore» disse il rappresentante, e guidò Nick lungo un corridoio fino a un'ampia porta d'uscita in plastica trasparente. «Barnes» disse il rappresentante, quasi a se stesso; aggrottò la fronte con aria di dignità offesa. «Barnes è l'uomo più vicino al Presidente del Consiglio» disse. «Willis
Gram ha un consiglio di dieci persone fra uomini e donne, e con chi si consulta? Sempre con Barnes. Secondo lei ciò indica dei processi cerebrali adeguati?» Un altro caso di un Uomo Nuovo che se la piglia con un Insolito, si rese conto Nick; non fece commenti mentre salivano su una luccicante razzauto rossa, che era stata decorata con lo stemma ufficiale del governo. All'interno di un piccolo ufficio arredato in stile moderno, con una di quelle nuove composizioni artistiche a forma di ragno penzolante sopra la testa, Nick Appleton ascoltava irrequieto musica trasmessa da chissà dove. Al momento quel dannato apparecchio stava suonando una selezione di brani di Victor Herbert. Oh, Cristo, pensò stancamente Nick; se ne stava seduto piegato in avanti, la testa fra le mani. Charley, pensò. Sei viva? Sei ferita, o stai bene? Decise che stava bene. Charley non si sarebbe lasciata liquidare da nessuno. Avrebbe vissuto la sua vita per intero; più di centododici anni, la media della popolazione ordinaria. Chissà se riuscirò a uscire da qui, pensò. Dinanzi a sé aveva due porte; una era quella da cui era entrato, l'altra ovviamente era destinata a condurre verso uffici più interni e più esoterici. Cautamente, provò a girare il pomolo della prima porta. Chiusa a chiave. Allora, con maggiore furtività, si avvicinò alla porta che conduceva negli uffici interni; girò il pomolo, trattenne il respiro, e scoprì che anche quella era chiusa a chiave. E in più fece scattare un allarme. Lo sentì squillare. Dannazione, si disse furibondo. La porta interna si aprì; comparve il Direttore della Polizia Barnes, imponente con tutte le decorazioni che costellavano la sua uniforme verde, quella tonalità di verde più chiaro indossato soltanto dagli ufficiali superiori della polizia. Rimasero immobili a fissarsi l'un altro. «3XX24J?» domandò il Direttore Barnes. «Nick Appleton. "3XX24J" è l'indirizzo di un appartamento, che fra l'altro non è neppure il mio. O almeno lo era. Probabilmente i suoi uomini lo hanno già saccheggiato, cercando materiale Cordonita.» Solo allora, per la prima volta, pensò a Kleo. «Dov'è mia moglie?» domandò. «È rimasta ferita o uccisa? Posso vederla?» E mio figlio, pensò. Specialmente lui. Barnes girò la testa e parlò da sopra la spalla. «Controllate il 7Y3ZRR e verificate se la donna è in buone condizioni di salute. Anche il ragazzo. In-
formatemi subito.» Si girò di nuovo per fissare Nick. «Non si riferisce alla ragazza che era con lei in quella stanza nel centro di stampa, vero? Lei sta parlando della sua moglie legittima.» «Voglio sapere come stanno entrambe» disse Nick. «La ragazza che era con lei al centro è in ottime condizioni.» Non si dilungò in particolari, ma per Nick fu sufficiente. Charley era sopravvissuta. Ringraziò Dio per quello. «Vuole farmi qualche altra domanda prima del nostro incontro con il Presidente del Consiglio?» Nick disse: «Voglio un avvocato.» «Non può averlo, poiché stante l'attuale legislazione approvata lo scorso anno, viene proibita l'assistenza legale a qualunque persona già arrestata. E comunque un avvocato non avrebbe potuto aiutarla, anche se lo avesse visto prima del suo arresto, in quanto il suo crimine è di natura politica.» «Qual è il mio crimine?» disse Nick. «Detenzione di materiale Cordonita. Questo equivale a dieci anni in un campo di rieducazione. Essersi trovato alla presenza di altri - e ben noti Cordoniti. Cinque anni. Essere stato scoperto in un edificio dove materiale illegale...» «Ho sentito abbastanza» disse Nick. «Circa quarant'anni, tutto compreso.» «Secondo il codice. Ma se lei collaborerà con me e con il Presidente del Consiglio, forse potremo ottenere un decorso simultaneo delle sue condanne. Entriamo.» Indicò la porta aperta e Nick, senza una parola, varcò la soglia, entrando in un ufficio decorato in modo splendido... ma era davvero un ufficio? Un letto enorme riempiva metà della stanza, e su quel letto, appoggiato a un mucchio di cuscini, stava disteso Willis Gram, il signore supremo del pianeta, con un vassoio sulle ginocchia che reggeva ancora la sua cena. Sparsi sul letto c'erano tutti i tipi di documenti stampati possibili; a prima vista Nick distinse i codici a colori di una dozzina di ministeri. Non avevano l'aria di essere stati letti... erano in condizioni troppo perfette; nuovi di stampa. «Signorina Knight» disse Willis Gram nel microfono facciale che aderiva a una guancia flaccida, «venga a portare via questa "reale di pollo" o come diavolo si chiama, non ho appetito.» Una donna snella, quasi senza seno, entrò e sollevò il vassoio. «Gradirebbe un po' di...» incominciò, ma Gram la interruppe con un cenno tagliente della mano. Lei si zittì all'istante e uscì dalla stanza con il vassoio. «Sa da dove viene il mio cibo?» chiese Willis Gram a Nick. «Dalla men-
sa del palazzo, ecco da dove viene. Perché diavolo...» Ora si stava rivolgendo a Barnes. «Perché diavolo non ho mai fatto installare una mia cucina personale? Devo essere rimbecillito. Penso che mi dimetterò. Voi Uomini Nuovi avete ragione... noi Insoliti siamo solo degli scherzi di natura. Non siamo forgiati con il materiale che serve per governare.» Nick disse: «Potrei prendere un tassi fino a un buon ristorante come Flores' e portarle...» «No, no» disse brusco Barnes. Gram si girò a fissare Nick incuriosito. «Quest'uomo è qui per un motivo importante» disse accalorato Barnes. «Non è un domestico. Se desidera un pasto migliore, mandi fuori uno dei suoi collaboratori. Questo è l'uomo di cui le ho parlato.» «Oh, già» disse Gram, annuendo. «Proceda pure; lo interroghi.» Barnes si sedette su una sedia dallo schienale rigido che doveva risalire al primo ottocento, probabilmente francese. Tirò fuori un piccolo registratore a nastro e premette un pulsante. «La sua identità» disse Barnes. Nick, accomodandosi a sua volta su una poltrona anche troppo imbottita di fronte a Barnes, disse: «Pensavo che mi avessero portato qui per vedere il Presidente del Consiglio.» «Infatti» disse Barnes. «Il Presidente Gram interverrà di quando in quando per sviscerare più a fondo la questione che ci interessa... dico bene, signor Presidente?» «Sì» disse Gram, ma con tono svogliato. Sono tutti esausti, pensò Nick. Anche Gram. Specialmente lui. È stata l'attesa; ora che il "nemico" è qui, sono troppo snervati per reagire. Anche se, pensò, hanno fatto un ottimo lavoro nella tipografia della Sedicesima Strada. Forse questa stanchezza non si estende ai livelli più bassi della gerarchia poliziesca, forse colpisce solo quelli al vertice, che conoscono la vera situazione... interruppe bruscamente i suoi pensieri. «Nella sua mente circola materiale interessante» disse Gram, il telepate. «È vero» disse Nick. «Lo avevo scordato.» «Ha perfettamente ragione» disse Gram. «Sono esausto. Ma posso permettermi di esserlo in pianta quasi stabile; il lavoro viene portato avanti dai capi dei singoli ministeri nei quali ho assoluta fiducia.» «La sua identità» disse Barnes. «7Y3ZRR, ma più recentemente 3XX24J» disse Nick, infine capitolando.
«Oggi, lei è stato arrestato in un centro di stampa Cordonita. Lei è un Uomo Nascosto?» «Sì» disse Nicholas Appleton. «In quale momento» disse Barnes, «lei è diventato un Uomo Nascosto, un seguace del demagogo Eric Cordon e delle sue perverse pubblicazioni che...» «Sono diventato un Uomo Nascosto» disse Nick, «quando abbiamo ricevuto i risultati dell'esame di nostro figlio per il Servizio Statale.» Quando ho visto come erano riusciti a esaminarlo sulla base di domande che lui non avrebbe mai potuto conoscere o comprendere; quando mi sono reso conto che tutti i miei anni di fiducia nel governo erano stati sprecati. Quando ho ricordato tutte le persone che avevano cercato di aprirmi gli occhi, e sempre inutilmente. Finché non sono arrivati i risultati dell'esame, e leggendo la fotocopia dei test, mi sono reso conto che Bobby non aveva mai avuto una sola possibilità. «Quali sono i componenti, previsti dalla formula di Black, che produrranno la legatura in rete su una superficie dello spessore di una sola molecola, se le entità originali sono ancora in funzione, o se le entità originali sono in funzione, sia vive o come vive, nell'Eigenwelts che si sovrappone a un solo...» La Formula di Black. Comprensibile soltanto agli Uomini Nuovi. E pretendevano che un bambino formulasse un risultante pari passu, basandosi sui postulati di quel sistema impenetrabile. «I suoi pensieri sono ancora interessanti» disse Gram. «Sa dirmi chi ha fatto l'esame a suo figlio?» «Norbert Weiss» disse Nick. Sarebbe passato molto tempo prima che riuscisse a dimenticare quel nome. «E sul documento c'era un altro nome. Jerome qualcosa. Pike. No, Pikeman.» «Quindi» disse Barnes, «l'influenza di Zeta su di lei ha avuto effetto solo dopo questo episodio con suo figlio. Fino a quel momento, ciò che Zeta predicava non ha avuto...» «Zeta non mi ha mai detto niente» disse Nick. «È stata la notizia dell'imminente esecuzione di Cordon; ho visto l'effetto che ha avuto su Zeta, e allora mi sono reso conto che...» Piombò nel silenzio. «Dovevo protestare» disse, «in qualche modo. Earl Zeta mi ha aperto la porta in quella direzione. Abbiamo bevuto...» Si interruppe e scrollò la testa, cercando di schiarirsi le idee; l'effetto del tranquillante era ancora attivo nel suo sistema nervoso. «Alcol?» chiese Barnes. Prese un appunto olografo del fatto, usando un
piccolo taccuino di plastica e una penna a sfera che tenne sollevata vicino al viso come un miope. «Be'» disse Gram, «come sostenevano i Romani, "In vino veritas". Sa che cosa significa, signor Appleton?» «C'è della verità nel vino.» Barnes disse caustico: «Esiste anche il detto: "Questa è la bottiglia che parla".» «Io credo di più a "In vino veritas "» disse Gram, e ruttò. «Devo mangiare qualcosa» disse lamentoso. «Signorina Knight» disse nel suo microfono facciale, «mandi qualcuno al... come ha detto che si chiama, Appleton? Quel ristorante?» «Flores',» disse Nick. «Il loro salmone affumicato dell'Alaska è una delizia del cielo.» «Dove trovava i pop necessari» chiese sospettoso Barnes, «per mangiare da Flores'? Le bastava il suo salario di risolcatore di gomme?» Nick disse: «Kleo ed io ci siamo andati una volta sola. Per il nostro primo anniversario. Mi è costato una settimana di paga, incluse le mance, ma ne è valsa la pena.» Non lo aveva mai dimenticato; né lo avrebbe dimenticato in futuro. Con un gesto brusco, Barnes proseguì il suo interrogatorio. «Quindi questi risentimenti sotterranei, che in teoria avrebbero potuto non raggiungere mai la fase dell'azione... questi risentimenti si sono concretizzati quando Earl Zeta le ha offerto un modo per realizzare i suoi sentimenti unendosi al movimento. Se lui non fosse stato un Uomo Nascosto, forse i suoi risentimenti non sarebbero mai saliti in superficie.» «Che cosa sta cercando di dimostrare?» chiese Gram, infastidito. «Che una volta distrutto l'asse portante degli Uomini Nascosti, una volta tolti di mezzo uomini come Cordon...» «L'abbiamo già fatto» gli fece notare Gram. E a Nick, disse: «Questo lo sapeva? Che Cordon è morto di un male inguaribile al fegato, e che nessun trapianto era disponibile? Lo ha sentito alla radio? Alla TV?» «Ho sentito» disse Nick, «che hanno mandato un assassino a sparargli nella sua cella.» «Questo non è vero» disse Gram. «Non è morto nella sua cella, ma sul tavolo operatorio dell'ospedale della prigione durante un tentativo di innestargli un organo artificiale. Abbiamo fatto tutto il possibile per salvarlo.» No, pensò Nick. No, non è andata così. «Non mi crede?» chiese Gram, leggendogli nella mente. Si rivolse a
Barnes. «Ecco i suoi dati statistici: l'incarnazione dell'uomo naturale, dell'Uomo Vecchio, non crede che Cordon sia morto per cause naturali. Da questo elemento può estrapolare che la stessa incredulità si ripeterà su tutto il pianeta?» «Certo» disse Gram. «Be', dannazione» disse Gram, «a me non importa un accidente di quello che credono; per loro è finita. Rimane solo qualche topo sperduto qua e là per le fogne, in attesa che noi li zippiamo uno alla volta. Non è d'accordo con me, Appleton? I sostenitori come lei, ormai, non hanno più un posto dove andare e nessun capo da ascoltare.» A Barnes disse: «Così, quando Provoni atterrerà, non ci sarà nessuno ad accoglierlo. Niente folle oceaniche di fedeli, si saranno tutte sciolte come neve al sole, così come farebbe il nostro Appleton qui presente. Solo che lui è stato arrestato e quindi adesso gli tocca lo Utah sud-occidentale oppure la Luna, come preferisce. Preferisce la Luna, signor Appleton? Signor 3XX24J?» Nick disse, scegliendo le parole con cura: «Ho sentito dire che famiglie intere sono state trasferite intatte nei campi di rieducazione. È vero?» «Vuole restare con sua moglie e suo figlio? Ma loro non sono in stato di accusa.» Barnes snudò una zanna smussata, spingendo l'idea fino alla sua logica conclusione. «Potremmo accusarli di...» «Troverete un saggio di Cordon nel nostro appartamento» disse Nick. E subito dopo averlo detto, desiderò con tutta l'anima di non averlo fatto. Dio, perché l'ho fatto? si chiese. Ma almeno così saremo insieme. E allora pensò a Charley, così piccola e così dura, con i suoi grandi occhi scuri e il naso schiacciato. Il suo corpo snello, sodo, privo di seno... e sempre quel suo sorriso allegro, come un personaggio di Dickens, pensò. Uno spazzacamino. Un malvivente di Soho. Sempre alla ricerca di sotterfugi per togliersi dai guai, a persuadere qualcuno a fare qualcosa. E comunque sempre intenta a parlare. A parlare. E sempre con il suo sorriso luminoso, speciale, come se il mondo fosse un grande cane peloso che lei voleva stringere a sé. Potrei andare con lei? si chiese. Rinunciando a Kleo e Bobby. Dovrei andare con lei? Se è legalmente possibile? «Non lo è» disse Gram dal suo letto spropositato. «Che cosa non lo è?» domandò Barnes. Gram disse pigramente: «Vuole andare con la ragazza che abbiamo trovato insieme a lui nel centro di stampa della Sedicesima Strada. Se la ricorda?»
«Quella che le interessa» disse Barnes. Una paura rovente scese come una serpe lungo la spina dorsale di Nick; il suo cuore ebbe un profondo sussulto e una poderosa contrazione, e nelle sue braccia e nelle gambe la circolazione sanguigna accelerò rapidamente. Allora è vero quello che dicono di Gram, pensò. Che gli piace darsi da fare con le donne. Il suo matrimonio... «È come il suo» completò Gram per lui. Senza rifletterci troppo, Nick disse: «Ha ragione.» «Com'è questa figliola?» «Selvaggia e tremenda.» Ma non era necessario che lo dicesse ad alta voce, si rese conto. Bastava che pensasse a lei, che la immaginasse, che rivivesse nella sua mente i particolari della loro breve permanenza insieme. E Gram lo avrebbe percepito con la stessa rapidità con la quale lui lo avrebbe pensato. «Potrebbe rivelarsi pericolosa» disse Gram. «E quel Denny, il suo amichetto, sembrerebbe uno psicopatico o qualcosa del genere. L'insieme dei rapporti fra loro due, se lei ricorda in modo corretto, è malsano. Quella ragazza è malata.» «In un ambiente sano...» cominciò Nick, ma Barnes lo interruppe. «Posso continuare con le mie domande?» «Certo» disse Gram, ritirandosi con aria imbronciata; Nick vide il vecchio dall'aspetto corpulento rivolgere la propria attenzione all'interno, ai propri pensieri. «Se lei venisse rilasciato» chiese Barnes, «quale sarebbe la sua reazione? Che cosa farebbe se - e dico se - Thors Provoni tornasse? Accompagnato da alleati mostruosi? Alleati decisi a ridurre in schiavitù la Terra per interi...» «Oh, Dio» gemette Gram. «Sì, signor Presidente?» chiese Barnes. «Nulla» gemette Gram. Rotolò su un fianco, i capelli grigi sparsi sul biancore immacolato dei cuscini. Erano opachi e scoloriti, come se qualche sostanza che odiasse la luce si fosse fatta largo in mezzo a loro, mostrando solo la corteccia fibrosa. «Reagirebbe in uno dei modi seguenti?» proseguì Barnes. «Uno. Proverebbe una gioia isterica, senza riserve? Due. Sarebbe leggermente compiaciuto? Tre. Non le importerebbe molto? Quattro. Si sentirebbe a disagio? Cinque. La spingerebbe a unirsi a un'organizzazione militare o della SP predisposta per lottare contro questi innaturali invasori? Quale sarebbe la
sua scelta fra queste reazioni, sempre che ce ne sia una che la soddisfa?» Nick disse: «Non c'è qualcosa che stia fra il "proverebbe una gioia isterica senza riserve" e il "sarebbe leggermente compiaciuto"?» «No» disse Barnes. «Perché no?» «Vogliamo sapere chi sono i nostri nemici. Se lei provasse "una gioia isterica", agirebbe. Per aiutarli. Ma se fosse solo "leggermente compiaciuto", probabilmente non farebbe nulla. È questo che tali scelte ci aiutano a capire... lei si comporterebbe come un nemico dichiarato della società? E in questo caso, in quale direzione e fino a che punto?» Gram, la voce soffocata dalle coperte, mormorò: «Lui non lo sa. Dio santo, è diventato un Uomo Nascosto solo questa mattina! Come diavolo può sapere in che modo si comporterebbe?» «Tuttavia» fece notare Barnes, «ha avuto anni per pensare al ritorno di Provoni. Non lo dimentichi. La sua reazione, quale che sia, è profondamente radicata.» A Nick disse: «Scelga una risposta.» Dopo una pausa, Nick disse: «Dipende da quello che farete a Charley.» «Provi a estrapolare questo» disse Gram a Barnes, e ridacchiò. «Le posso dire io quello che succederà a Charlotte. Verrà portata qui, al sicuro da quello psicopatico demente, Denny o Benny che sia. Così lei è riuscito a seminare il Tricheco Purpureo, bravissimo. Ma la ragazza può averle mentito dicendo che nessun altro c'era mai riuscito prima... a questo non ha pensato. È riuscita a rigirarselo per bene intorno al suo piccolo pseudopodo, non è vero? Di colpo lei si è trovato a dire a sua moglie: "Se lei se ne va, me ne vado anch'io". E sua moglie le ha detto: "Vai". Cosa che lei ha fatto. E tutto questo senza nessuna avvisaglia. Lei ha portato Charlotte nel suo appartamento, ha inventato una fruttola sul modo in cui vi eravate conosciuti, poi Kleo ha scoperto l'opuscolo Cordonita, e blam!, il gioco era fatto. Perché questo le forniva ciò che a una moglie piace più di ogni altra cosa: una situazione nella quale il marito deve scegliere fra due mali, fra due scelte nessuna delle quali gli riesce gradita. Le mogli lo adorano. Quando si finisce in tribunale, per un divorzio, si ha la scelta fra tornare da lei o perdere tutti i propri averi, tutte le cose alle quali magari uno è attaccato fin dai tempi del liceo. Sì, alle mogli questo piace moltissimo.» Si seppellì più a fondo fra i cuscini. «Il colloquio è finito» borbottò sonnacchioso. «Le mie conclusioni» disse Barnes. «Va bene» disse Gram con voce impastata.
«Quest'uomo, 3XX24J» disse Barnes, indicando Nick, «pensa in un modo parallelo al suo, signor Presidente. Il suo interesse primario è rivolto alla propria vita privata, non a una causa. Se gli venisse assicurato il possesso della donna che desidera, al momento della decisione finale - ovvero all'eventuale ritorno di Provoni - egli resterebbe del tutto inerte.» «E da questo cosa pensa di poter dedurre?» borbottò Gram. Barnes disse con vivacità: «Che noi dobbiamo annunciare oggi, ora, che tutti i campi di rieducazione, tanto nello Utah quanto sulla Luna, saranno aboliti, e che i detenuti verranno restituiti alle loro case e alle loro famiglie, o a chiunque altro loro desiderino.» La voce di Barnes era venata da una sfumatura ruvida. «Noi daremo loro, prima dell'arrivo di Provoni, ciò che il qui presente 3XX24J vuole... o che si accontenterebbe di avere. Gli Uomini Vecchi vivono a un livello di estremo personalismo; non è la causa, l'ideologia, a motivarli. Se accettano una causa, lo fanno per riportare qualcosa nelle loro vite private, come la dignità o un significato. Come una casa migliore, o un matrimonio interrazziale... lei mi capisce, non è vero?» Scrollandosi come un cane bagnato, Gram si mise seduto sul letto e lo fissò, a bocca spalancata e con gli occhi sbarrati... come se, pensò Nick, stesse per venirgli un colpo. «Liberarli?» chiese Gram. «Tutti quanti? Anche quelli sul tipo degli ossi duri che abbiamo arrestato oggi, quelli che indossano uniformi come se appartenessero a qualche corpo paramilitare?» «Sì» disse Barnes. «È un gioco d'azzardo ma, sulla base di quanto il cittadino 3XX24J ha detto e pensato, per me è ovvio che lui non sta pensando: "Thors Provoni salverà la Terra"? ma bensì: "Però mi piacerebbe rivedere quella puttanella".» «Gli Uomini Vecchi...» mormorò Gram. Il suo viso si rilassò; ora la sua pelle pendeva flaccida. «Se offrissimo ad Appleton l'alternativa fra avere Charlotte o vedere Provoni vincitore, in pratica lui opterebbe davvero per la prima scelta...» Ma poi, di colpo, la sua espressione cambiò; divenne furtiva, quasi gattesca. «Però lui non può avere Charlotte, perché lei interessa a me.» A Nick disse: «Lei non può averla, quindi ritorni da Kleo e Bobby.» Sogghignò. «Ecco fatto, ho deciso io al posto suo.» Chiaramente infastidito da quella discussione, Barnes disse a Nick: «Quale sarebbe la sua reazione di Uomo Nascosto se tutti i campi di rieducazione... va bene, usiamo il loro vero nome... se tutti i campi di concentramento fossero aboliti e gli internati venissero rimandati a casa, presumibilmente dai loro amici e dalle loro famiglie. Cosa proverebbe se ciò ve-
nisse fatto anche per lei?» Nick disse: «Penso che sarebbe la decisione più sensata, umana e razionale che un governo potrebbe prendere. Ci sarebbe una ondata di sollievo e di gioia che sommergerebbe tutto il globo.» Ebbe l'impressione di essersi espresso malamente, usando dei luoghi comuni, ma era il meglio che aveva saputo fare. «Lo fareste veramente?» chiese a Barnes, incredulo. «Non posso crederci. In quei campi devono esserci milioni di persone. Sarebbe una delle decisioni più umane mai prese da un governo in tutta la storia; non verrebbe mai dimenticata.» «Vede?» disse Barnes a Gram. «Va bene, 3XX24J; supponendo che questo accadesse, come accogliereste Provoni?» Nick comprese la logica della domanda. «Io...» Esitò. «Provoni è andato in cerca di aiuto per distruggere una tirannia. Ma se voi liberate tutti, presumibilmente abolireste la categoria degli "Uomini Nascosti"; non ci sarebbero più arresti...» «Niente più arresti» disse Barnes. «Gli scritti Cordoniti potranno circolare liberamente.» Scuotendosi dal suo torpore, Gram rotolò sul letto, scalciò e si dimenò, e riuscì finalmente a mettersi seduto. «Lo prenderebbero come un segno di debolezza.» Sventolò un dito verso Nick e subito dopo, con maggior forza, verso Barnes. «Darebbero per scontato che lo facciamo perché abbiamo la consapevolezza di essere sconfitti. Tutto il merito andrebbe a Provoni!» Fissò Barnes con un miscuglio di emozioni; il suo viso assunse diverse espressioni, estremamente mutevole e agitato. «Lo sa cosa farebbero subito dopo? Ci costringerebbero a...» lanciò un'occhiata di sbieco a Nick, un po' nervosamente «... svolgere gli esami per il Servizio Statale in modo onesto. In altre parole, dovremmo rinunciare al nostro controllo assoluto su chi può entrare nell'apparato governativo.» «Ci serve l'aiuto di qualche altro cervello» disse Barnes, masticando l'estremità piatta della sua penna a sfera. «Intende dire un altro superuomo bilobato come lei?» Gram sputò quelle parole. «Per mettermi in minoranza? Perché non convochiamo una riunione plenipotenziaria del Comitato Straordinario per la Sicurezza Pubblica? Almeno in questo modo la sua gente e la mia saranno rappresentate in parti uguali.» Barnes disse pensieroso: «Mi piacerebbe far intervenire Amos Ild. Per sentire la sua opinione. Ci vorrebbero ventiquattr'ore per radunare il Comitato, mentre potremmo avere qui Ild entro mezz'ora... sta lavorando nel
New Jersey al Grande Orecchio, come lei sa.» «Quello strafottuto nemico degli Insoliti! Può ficcarsi in culo la sua idea, Barnes. Fino in fondo! Non mi piegherò mai alle opinioni di una testa a pera con, Dio solo sa, quante rotelle e viti fuori posto.» Barnes disse: «Ild è l'intellettuale di maggiore spicco che oggi esista sul pianeta. Noi lo riconosciamo come tale; ovviamente, anche voi Insoliti la pensate così.» Tremante per l'agitazione, Gram disse: «Sta cercando di rendermi obsoleto. Sta cercando di distruggere il sistema basato sulle nostre due entità che ha reso questo mondo un paradiso per...» «Allora procederò semplicemente per la mia strada e farò aprire i campi» disse Barnes. «Senza nessuna opinione concorde - o discorde - da parte di chicchessia.» Si alzò in piedi, mise via la penna e il taccuino, e sollevò la sua borsa. «Non è vero?» chiese Gram. «Non sta cercando di scalzare gli Insoliti? Non è questo il vero scopo del Grande Orecchio?» «Amos Ild» disse Barnes, «è uno dei pochi Uomini Nuovi che si preoccupano veramente per i Vecchi. Il Grande Orecchio fornirebbe loro pari poteri, abilità uguali alle vostre; li inserirebbe nel tessuto del governo. Il cittadino 3XX24J, per esempio... suo figlio potrebbe superare il test di capacità, nella sezione Abilità Speciali, la stessa che ha consentito a lei di entrare nel governo molti anni fa. E ora guardi fin dove è arrivato. Mi ascolti, Willis... gli Uomini Vecchi devono riavere i loro diritti civili e politici, ma questo non servirebbe a nulla se continuassero a restare privi, semplicemente sprovvisti, delle capacità, delle conoscenze e delle attitudini che noi possediamo. In realtà noi non falsifichiamo i risultati degli esami: d'accordo, ogni tanto succede... operiamo delle scelte, come hanno fatto Pikeman e Weiss nel caso del cittadino 3XX24J. È un male, ma non è questo il male maggiore. Il male maggiore sta nel costruire un esame che lei ed io potremmo superare, ma lui no. Noi non stiamo verificando che cosa sa fare lui, ma ciò che noi sappiamo fare. Così lui si trova davanti domande basate sulla Teoria dell'Acausalità di Bernhad, che nessun Uomo Vecchio è in grado di comprendere. Non possiamo dotarlo di una corteccia cerebrale più grande, non possiamo dargli un cervello da Uomo Nuovo... ma possiamo fornirgli abilità extra che possono compensare la disparità. Come nel suo caso. Come nel caso di tutti gli Insoliti.» «Lei mi sta guardando dall'alto in basso» disse Gram. Barnes, ancora in piedi, sospirò. E incurvò le spalle. «Bene, ho detto tut-
to ciò che potevo dire in un momento come questo. È stata una giornata difficile. Non contatterò Amos Ild; mi accontenterò di ordinare l'apertura dei campi. Sotto la mia responsabilità; la decisione sarà soltanto mia.» «Trovi Amos Hd; lo faccia venire qui» disse Gram digrignando i denti, e fece un tale sussulto sul letto che il pavimento vibrò sotto i loro piedi. Guardando il proprio orologio, Barnes disse: «Sta bene. Senz'altro nel giro di un paio di giorni. Ma ci vorrà del tempo per farlo...» «Lei aveva parlato di mezz'ora» disse Gram. Barnes allungò una mano verso uno dei ricevitori sulla scrivania di Gram. «Posso?» «Certo» disse Gram rassegnato. Mentre Barnes faceva la sua chiamata, Nick rimase sprofondato nei suoi pensieri, fissando dall'immensa finestra dell'ufficio-camera da letto la città intorno a lui, quella metropoli che si stendeva per chilometri... centinaia di chilometri. «Sta pensando» disse Gram, «ai modi migliori per convincermi che lei ha un diritto di precedenza su quella ragazza, Charlotte.» Lui annuì. «Ha ragione» disse Gram. «Ma questo non ha grande importanza, perché io sono quello che sono e lei è quello che è. Un risolcatore di gomme. Fra l'altro, ho appena varato una legge che vieta questa professione. Entro lunedì prossimo lei si troverà disoccupato.» «Grazie» disse Nick. «Ha sempre provato sensi di colpa in proposito» gli fece notare Gram. «Avverto una colpa profonda nella sua mente. Si preoccupava per la gente che guidava quelle razzauto con il falso battistrada. Per l'atterraggio. Soprattutto l'atterraggio. Quel primo scossone.» «È vero» disse Nick. Gram disse: «Adesso sta ripensando a Charlotte, e cerca di escogitare qualche sistema per portarsela via. E al tempo stesso si domanda per la milionesima volta cosa sarebbe eticamente giusto per lei... può sempre lasciar perdere questa storia e tornarsene da Kleo e Bobby. E fare in modo che Bobby sostenga un altro...» «La rivedrò ancora» disse Nick. I padri, pensò Thors Provoni. Sì, ecco che cosa sono, i nostri amici di Frolix 8. Come se fossi riuscito a entrare in contatto con l'Urvater, il Padre primordiale che costruì l'eidos kosmos. Sono ansiosi e preoccupati
perché sul nostro pianeta qualcosa non va nel modo giusto; sono partecipi; sono comprensivi; sanno quanto sia disperato il nostro bisogno di aiuto e quello che proviamo; sanno di cosa abbiamo bisogno. Si domandò se tutti e tre i suoi messaggi avessero raggiunto la tipografia nella Sedicesima Strada, dove si trovavano gli impianti radio e televisivi degli Uomini Nascosti. E se il governo li avesse intercettati. E nel caso li avessero intercettati, che cosa avrebbero fatto? Un'epurazione. Molto probabilmente. Ma non era una certezza. Il vecchio Willis Gram - sempre che fosse ancora lui al potere - era un uomo astuto e sapeva a chi rivolgersi e come farlo, per mungere preziose informazioni. Non gli costava una grande fatica, essendo un telepate; Gram poteva scandagliare le menti di chiunque fosse portato nelle sue vicinanze. Ma restava da vedere chi si sarebbe trovato a stargli vicino. Militanti radicali, come i dirigenti della McMally Corporation? I membri del Comitato Straordinario per la Sicurezza Pubblica? Il Direttore della Polizia Lloyd Barnes? Probabilmente Barnes, il cervello più intelligente e più equilibrato di tutti... almeno fra coloro che occupavano alte cariche a livello governativo. Fra gli Uomini Nuovi c'erano anche ricercatori e scienziati indipendenti, come il bizzarro Amos Ild. Ild! E se Gram lo avesse consultato? Ild avrebbe probabilmente inventato su due piedi uno scudo capace di proteggere la Terra da qualsiasi cosa. Dio non voglia, pensò Provoni, che a questo proposito si siano rivolti a Ild... o a Tom Rovere, o magari a Stanton Finch. Per fortuna, l'Uomo Nuovo veramente brillante e geniale gravitava più verso gli studi accademici, astratti: diventavano quasi tutti fisici teorici, esperti in statistica e cose simili. Finch, per esempio, all'epoca in cui Provoni era partito stava lavorando a un sistema per duplicare il microsecondo giunto terzo nella successione della creazione dell'universo; a tempo debito, in condizioni controllate, contava di risalire fino al primo secondo, e poi, Dio non volesse, di spingere - da un punto di vista teorico, in termini matematici - il flusso entropico all'indietro fino a quell'intervallo, definito un passaggio di valenza, immediatamente anteriore al primo secondo. Ma tutto questo sulla carta. Una volta completato il suo lavoro, Finch avrebbe potuto mostrare matematicamente quale situazione era stata necessaria perché l'universo del big bang fosse arrivato ad esistere. Finch era capace di lavorare con concetti come il tempo negativo, o addirittura il tempo a sviluppo nullo... probabilmente ora questa ricerca era già terminata, e Finch si trastullava con il suo passatempo preferito: collezionare tabacchiere rare del diciottesimo
secolo. Poi c'era Tom Rovere. Lui si era occupato dell'entropia, basando il suo progetto sul presupposto arbitrario che a lungo andare il decadimento e la distribuzione casuale degli erg nell'universo, raggiunto un certo livello, avrebbero automaticamente innestato un flusso antientropico a ritroso, a causa delle collisioni di unità semplici e indivisibili di energia o materia fra di loro, con la conseguente creazione di entità più complesse. La frequenza della possibilità di queste entità gradualmente sempre più complesse sarebbe stata inversamente proporzionale alla loro complessità. Una volta che fosse iniziato, tuttavia, il processo non poteva essere invertito finché non si fossero formate entità complesse in modo definitivo, con la formazione finale di un'unica entità - unica anche quanto a complessità che avrebbe compreso tutte le molecole dell'universo. Questa entità sarebbe stata Dio, ma Egli si sarebbe scisso, e con la Sua scissione la forza dell'entropia si sarebbe affermata... come nelle diverse leggi della termodinamica. In questo modo, Rovere aveva dimostrato che l'era attuale risultava di poco successiva alla scissione di quell'entità unica e onnicomprensiva chiamata Dio, e che si stava già realizzando un crescente e progressivo allontanamento dall'individualità e dalla complessità. Sarebbe continuato fino al raggiungimento della distribuzione originale - ed equilibrata - del calore di dispersione, dopo di che, trascorso parecchio altro tempo, la forza antientropica si sarebbe manifestata nuovamente, per evento o movimento casuale. Invece, Amos Ild... lui era diverso da loro: lui costruiva qualcosa, non lo descriveva solamente in termini teorici, matematici. Il governo avrebbe potuto trovarlo assai utile, se quel pensiero avesse attraversato la mente di Gram. Sì, ci avrebbe pensato, decise Provoni. Perché introducendo Ild nei più alti livelli governativi, il lavoro al Grande Orecchio si sarebbe rallentato, forse cessato del tutto. Gram avrebbe impiegato del tempo per accorgersene, ma alla fine lo avrebbe capito. Quindi devo dare per scontato, pensò Provoni, che ci troveremo contro Amos Ild. La mente più scintillante che posseggano gli Uomini Nuovi... e di conseguenza la più pericolosa per noi. «Morgo» disse. «Sì, signor Provoni.» «Puoi costruire una ricevente con il tuo corpo o con parti di questa nave, qualcosa che possa captare la banda dei trenta metri usata dalle trasmittenti terrestri? Intendo le trasmittenti comuni, quelle usate a scopi commercia-
li.» «Perché, se posso chiederlo?» «Trasmettono regolarmente due notiziari su due lunghezze di questa banda. Ogni ora.» «Vuoi sapere cosa sta succedendo politicamente sulla Terra?» «No» disse lui con sarcasmo. «Voglio sapere il prezzo delle uova nel Maine.» Sto perdendo il controllo dei mìei nervi, pensò. «Scusa» disse. «Non ci perdere il sonno» rispose il Frolixiano. Thors Provoni piegò indietro la testa e scoppiò in una risata. «"Non ci perdere il sonno!" C'è una massa gelatinosa di poltiglia protoplasmica del peso di novanta tonnellate che avvolge questa nave, che mi circonda da ogni parte come un barile. E mi dice: "Non ci perdere il sonno."» Quel genere di vocabolario avrebbe sorpreso non poco gli Uomini Nuovi, una volta arrivati sulla Terra. In fondo, il Frolixiano aveva assorbito da lui il suo vocabolario e i suoi modi colloquiali... che non erano certo dei più forbiti. «Posso inserirti sulla banda dei sedici metri» disse a un tratto Morgo. «Ti basta? Sembra che ci sia un traffico considerevole.» «Non del genere che voglio io» disse lui. «La banda dei quaranta metri, allora?» «Va bene» disse con una certa irritazione Provoni. Infilò la cuffia e regolò il condensatore variabile del suo impianto ricevente. Voci incrociate andavano e venivano, e infine, per qualche istante, colse un notiziario. «... la fine dei campi di rieducazione nel... e sulla Luna hanno provocato una comprensibile... alcuni dei quali da anni... insieme alla notizia della distruzione della tipografia sovversiva nella Sedicesima Strada...» La trasmissione svanì in lontananza. Ho sentito bene? si chiese Provoni. La fine dei campi di rieducazione sulla Luna e nello Utah sud-occidentale? Tutti rimessi in libertà? Solo Barnes poteva pensare a una mossa simile. Ma perfino Barnes... era una cosa difficile da digerire. Forse un capriccio di Gram, pensò. Una momentanea reazione di panico causata dai nostri tre messaggi radio al centro nella Sedicesima Strada. Ma se è stato distrutto, forse non hanno ricevuto i messaggi; forse hanno ricevuto solo il primo, o magari i primi due. Sperò che tanto il governo quanto i Cordoniti avessero ricevuto il terzo messaggio. Esso diceva:
"Vi raggiungeremo tra sei giorni e assumeremo il compito di governare." Al Frolixiano, disse: «Dovresti aumentare la mia potenza di trasmissione e continuare a ripetere il terzo messaggio, senza soste. Ecco, posso prepararti un nastro a circolo chiuso.» Accese il registratore e lesse le parole con tono duro, articolando le sillabe con estrema chiarezza... e provando un'intensa soddisfazione. «Su svariate frequenze?» chiese Morgo. «Su tutte le frequenze che puoi raggiungere. Se ce la fai a inserirti sui canali a modulazione di frequenza, potremmo aggiungerci anche un'immagine video. Da spedire sui loro televisori.» «Bene. Sarà una cosa piacevole. È un messaggio sibillino; non dice, per esempio, che io sono solo, e che i miei fratelli si trovano ancora mezzo anno luce dietro di noi.» «Lasciamo che Willis Gram se ne accorga dopo che saremo arrivati» grugnì Provoni. Morgo disse: «Ho meditato a lungo sul possibile effetto che la mia presenza avrà sul tuo signor Gram e sui suoi tirapiedi. In primo luogo, scopriranno che non posso morire, e questo li spaventerà. Poi vedranno che posso crescere, se nutrito in modo adeguato, e che inoltre posso utilizzare come cibo praticamente ogni genere di sostanze. In terzo luogo...» «Una cosa» disse Provoni. «Tu sei una cosa.» «Una cosa?» «Il fulcro di tutto è proprio questo.» «L'effetto psicologico, intendi dire?» «Esatto.» Provoni annuì con espressione seria. «Io credo» disse Morgo, «che sopra ogni altra cosa li spaventerà la mia capacità di rimpiazzare sezioni di organismi viventi con la mia sostanza ontologica. Quando mi manifesterò su scala ridotta, diciamo grande come una sedia, consumando l'oggetto in questione come fonte di energia... questo evento, esibito in miniatura in modo che possano comprenderlo, li getterà nel panico. Come tu hai già visto, posso sostituire qualsiasi oggetto con me stesso; non esistono limiti specifici alla mia crescita, signor Provoni, finché vengo nutrito. Posso diventare l'intero edificio nel quale lavora il signor Gram; posso diventare un condominio con cinquemila inquilini. E...» Morgo esitò. «C'è dell'altro. Ma per ora non voglio parlarne.» Provoni rifletté. I Frolixiani non possedevano una forma definita; il loro
metodo storico per sopravvivere era stato quello di imitare oggetti o altre creature viventi. La loro forza stava nel fatto che potevano assorbire creature, diventare quelle creature, usarle come carburante, e infine abbandonare i loro gusci vuoti. Questo processo, simile a quello del cancro, non sarebbe stato scoperto molto facilmente dalle squadre scientifiche della polizia di Gram; anche quando il processo di trasformazione raggiungeva gli organi vitali, la creatura imitata era in grado di svolgere le sue funzioni e sopravvivere. La morte giungeva quando il Frolixiano si ritirava... cessando di fornire polmoni, cuore, reni alla creatura. Un fegato frolixiano, per esempio, funzionava altrettanto bene del fegato autentico che aveva sostituito... ma si rifiutava di restare tale non appena aveva divorato ogni sostanza utile. L'aspetto più spaventoso era l'invasione del cervello da parte di un Frolixiano. L'umano - o l'altro organismo invaso - doveva far fronte a processi mentali pseudo-psicotici che non riusciva a riconoscere come propri... e a ragione, perché non li erano. Gradualmente, mentre il cervello veniva assorbito e rimpiazzato, tutti i suoi processi mentali diventavano frolixiani. A quel punto il Frolixiano lo abbandonava, ed egli cessava di esistere, completamente svuotato di ogni contenuto psichico. «Fortunatamente» rifletté ad alta voce Provoni, «voi sarete selettivi nella vostra scelta degli ospiti, dal momento che non avete interesse o intenzione di popolare la Terra e di provocare l'estinzione degli organismi umanoidi. Dovrete occuparvi solo delle strutture governative.» E una volta pensato a quelle, pensò, vi ritirerete. Non è così? «Sì» disse Morgo, ascoltando i suoi pensieri. «Non starai mentendo?» chiese Provoni. Il Frolixiano lanciò un grido di dolore. «Va bene» si affrettò a dire Provoni. «Mi dispiace. Ma supponi...» Non completò la frase, almeno non ad alta voce. Ma i suoi pensieri balzarono all'inevitabile conclusione: ho indirizzato verso la Terra una razza di assassini che distruggeranno tutti in uguale misura. «Signor Provoni» disse Morgo, «è per questo che io, e solo io, mi trovo qui insieme a te: vogliamo cercare di risolvere la questione senza un conflitto fisico... come succederebbe all'arrivo dei miei fratelli; anche in quel caso, noi li chiameremo in nostro aiuto solo se ci serviranno per una guerra dichiarata. Io negozierò un cambiamento radicale nella gestione del potere sul tuo pianeta; questa gestione accetterà. Nel notiziario che hai appena a-
scoltato, si diceva che i campi di concentramento sono stati aperti. Lo fanno per placarci, non credi? Non per debolezza da parte loro, ma per il desiderio di evitare una lotta aperta, per presentare un fronte unito. La tua razza è xenofoba. E io sono lo straniero assoluto. Ti amo, signor Provoni; amo la tua gente... per quanto mi è dato conoscerla attraverso la tua mente. Non farò quello che sono in grado di fare, ma farò in modo che capiscano ciò che sono in grado di fare. Nel settore memoria della tua mente c'è una storia Zen che riguarda il più grande spadaccino del Giappone. Due uomini lo sfidano. Stabiliscono di andare con una barca a remi su una piccola isola e di affrontarsi là. Il più grande spadaccino del Giappone, essendo uno studioso di Zen, fa in modo di essere l'ultimo a lasciare la barca. Non appena gli altri due hanno messo piede sulla spiaggia dell'isola, lui comincia a remare e si allontana, lasciando gli sfidanti e le loro spade sull'isola. In questo modo dimostra di essere veramente ciò che dice di essere: il più grande spadaccino del Giappone. Capisci come ciò si adatti alla mia situazione? Io posso sconfiggere il sistema che ti è nemico, ma lo farò senza combattere... se capisci cosa intendo dire. Infatti sarà il mio rifiuto a combattere - mostrando tuttavia la mia forza - che li spaventerà più di ogni altra cosa, perché loro non possono immaginare che qualcuno possegga un simile potere senza usarlo. Se lo avessero loro, gli uomini del tuo governo, lo userebbero. I tuoi Uomini Nuovi, che per me sono come il ronzio di qualche mosca. Purché l'immagine che ottengo dalla tua mente sia fedele, e purché tu li conosca realmente.» «Se non li conosco io...» disse Provoni. «Sono uno di loro. Sono anch'io un Uomo Nuovo.» Morgo disse di colpo: «Lo immaginavo. Qualche indizio era filtrato nella tua mente conscia. Specialmente durante il sonno.» «Così sono un doppio rinnegato» disse cupo Provoni. «Perché hai rotto con i tuoi compagni?» Provoni disse: «Ci sono seimila Uomini Nuovi sulla Terra, che governano con l'aiuto, per così dire, di quattromila Insoliti. Diecimila persone nella gerarchia di un Servizio Statale che esclude chiunque altro... cinque miliardi di Uomini Vecchi che non hanno nessun modo di...» Piombò nel silenzio, e poi fece una cosa sorprendente: sollevò una mano, e un bicchiere di plastica fluttuò direttamente verso di lui, posandosi fra le sue dita. «Sei anche un Insolito» disse Morgo. «Un t-c.» Poi aggiunse: «Questo non lo avevo immaginato.» Provoni disse: «Per quanto ne so, costituisco l'unica fusione di un Uomo
Nuovo e di un Insolito. Sono uno scherzo di natura, che si è staccato da altri mostri.» «Chissà quale carriera avresti fatto nel Servizio Statale; considera, come avrai senz'altro fatto, quale punteggio potresti raggiungere.» «Oh, diavolo; ero un doppio-03. Non fu una cosa ufficiale, perché feci gli esami in segreto. Avrei potuto sfidare Gram. Avrei potuto sfidare chiunque di loro.» «Signor Provoni» disse il Frolixiano, «non capisco perché tu abbia rinunciato all'idea di agire dall'interno.» «Non potevo sloggiare diecimila dipendenti statali, dai G-Uno ai doppi03, su fino al Comitato Straordinario per la Sicurezza Pubblica e al Presidente del Consiglio Gram.» Ma la ragione non era questa, e lui lo sapeva. «Avevo paura» disse, «che se avessero scoperto com'ero, mi avrebbero ucciso. I miei genitori avevano paura quando ero un bambino. Temevo tutti, gli Uomini Nuovi e gli Insoliti... e anche gli Uomini Vecchi e i Nascosti. Potevo essere il primo di una razza di super superuomini; se la cosa si fosse risaputa, la loro reazione sarebbe stata crudele e io...» fece un gesto «... sarei sparito. Dopo di che avrebbero cominciato a cercare altri come me.» «Nessuno aveva mai pensato che potesse apparire una persona che comprendesse entrambi i nuovi tipi di essere umano» disse il Frolixiano. «Voglio dire, in teoria. Prima che ti sottoponessero agli esami.» «Come ti ho detto, i miei esami furono privati. Mio padre aveva una qualifica G-Quattro, da Uomo Nuovo, e riuscì a farmi sostenere gli esami in segreto, dopo aver notato le mie doti telecinetiche e aver saputo, inoltre, che possedevo Noduli di Rogers che sporgevano dal cervello come mozziconi di matite. Fu lui a mettermi in guardia, che la sua anima riposi in pace. Vedi, quando scoppiano le guerre planetarie o anche interplanetarie, ci si aspetta che tutti pensino alle ideologie in gioco... mentre in realtà la maggior parte della gente desidera soltanto una buona, bella dormita.» Aggiunse: «C'è una frase che ho letto, che riassume tante pagine stampate. Diceva, per l'esattezza, che molte persone inclini al suicidio desideravano semplicemente una buona dormita, e che pensavano di trovarla nella morte.» Dove mi stanno portando i miei pensieri? si chiese. Non pensavo al suicidio da tanti anni. Da quando ho lasciato la Terra. «Hai bisogno di dormire» disse Morgo. «Ho bisogno di sapere se il mio terzo messaggio sta circolando sulla Terra» disse roco Provoni. «Possiamo davvero raggiungere la Terra in soli sei giorni?» Immagini fantasma avevano iniziato a tormentarlo: campi e
pascoli, le grandi città galleggianti sugli oceani azzurri della Terra, le cupole sulla Luna e Marte, New York, il reame di Los Angeles. E soprattutto San Francisco, con il suo bizzarro, favoloso, antiquato sistema di «transito rapido» BART, costruito nel lontano 1972 e per ragioni sentimentali usato ancora oggi. Il cibo, pensò. Costata con funghi, lumache, zampe di rana... che per risultare tenere dovevano essere surgelate in precedenza, cosa che ben poche persone sapevano, anche in molti ristoranti per altro degni di nota. «Lo sai che cosa voglio?» chiese al Frolixiano. «Un bicchiere di latte ghiacciato. Latte con del ghiaccio dentro. Un mezzo gallone di latte. Voglio starmene semplicemente seduto qui a bere latte.» «Come hai appena sottolineato, signor Provoni» disse Morgo, «i veri interessi di un uomo riguardano le cose minute e immediate. Stiamo compiendo un viaggio che influenzerà l'esistenza e le speranze di sei miliardi di persone, eppure quando ti immagini laggiù, finalmente a casa, ti vedi seduto a un tavolo sul quale si trova un cartone di latte.» «Ma vedi» disse Provoni, «loro sono come me, fatti nello stesso modo. C'è un'invasione della Terra da parte di extraterrestri, e tutti - tutti quanti! vogliono solamente continuare a vivere. Il mito della massa in fermento e incapace di esprimersi che sta cercando un portavoce, un capo... ecco, quello dovrebbe essere Cordon. Ma a quante persone importa sul serio? Forse anche a Cordon non importa... non in modo eccezionale. Sai di che cosa avevano paura le famiglie agiate durante la Rivoluzione Francese? Avevano paura che qualcuno entrasse in casa loro e spaccasse il pianoforte. La loro visione così limitata...» Si interruppe. «Che perfino io condivido» disse, «fino a un certo punto.» «Soffri di nostalgia. Lo riveli nei tuoi sogni; di notte, tu percorri i sentieri delle foreste sulla Terra, e ti innalzi con maestosi ascensori verso ristoranti e drogabar sui tetti di enormi palazzi.» «Già, i drogabar» disse Provoni. Aveva esaurito la sua scorta di medicinali molto tempo prima, sia quelli leggeri che tutto il resto... incluse, naturalmente, tutte le pillole allucinogene. Mi siederò in un drogabar, si disse, e caccerò giù una pillola, una capsula, una compressa, una tavoletta, una dopo l'altra. Mi raggelerò fino a diventare invisibile. Volerò come un corvo, come una cornacchia; gracchierò e cinguetterò sopra i prati verdi, tuffandomi nel sole e nell'ombra. Fra sei giorni soltanto. «C'è un punto che non abbiamo ancora stabilito, signor Provoni» disse il Frolixiano. «Dobbiamo compiere subito un'apparizione pubblica, con
grande pompa e solennità, oppure dobbiamo atterrare in qualche area fuori mano dove non saremo notati? E iniziare lentamente le operazioni da questa base? Nel secondo caso potresti muoverti liberamente. Potresti rivedere e goderti i tuoi campi di grano, i tuoi filari di granturco del Kansas; potresti riposarti, prendere le tue pillole e, se posso permettermi di dirlo, raderti, fare un bagno, trovare abiti puliti; rinfrescarti un po'. Mentre se scenderemo nel bel mezzo di Times Square...» «Non ha importanza se atterriamo in mezzo a Times Square o in un pascolo del Kansas» disse Provoni. «Avranno tutti i loro radar in stato di all'erta, per individuarci. Possono perfino attaccarci, o tentare di farlo, con navi della flotta, prima che scendiamo sulla Terra. Non possiamo passare inosservati, specialmente tu con le tue novanta tonnellate abbondanti. I nostri retrorazzi illumineranno il cielo come fuochi d'artificio.» «Non possono distruggere la tua nave. Ormai l'ho avvolta completamente.» «Capisco, ma loro non lo sanno; potrebbero provarci ugualmente.» Che aria avrò quando uscirò di qui? si chiese. Sporco, malridotto, ormai incline a pessime abitudini... Ma la folla non dovrebbe capire? Forse è proprio così che dovrei presentarmi a loro. «Times Square» disse ad alta voce. «Nel mezzo della notte.» «No; anche così sarebbe troppo affollata.» «Lanceremo scariche di avvertimento con i retrorazzi. Quando vedranno che stiamo atterrando, si ritireranno.» «E subito dopo una granata con testata all'idrogeno sparata da un cannone T-40 ci ridurrà in mille pezzi.» Si sentiva caustico e feroce. «Signor Provoni, ricorda che io sono fatto di semi-materia, e che posso assorbire qualsiasi cosa. Io sarò là, avvolto intorno a te e alla tua piccola nave, per tutto il tempo che sarà necessario.» «Forse impazziranno nel vedermi.» «Per l'entusiasmo?» «Non lo so. Per quello che fa impazzire la gente. La paura dell'ignoto; può essere anche questo. Magari si allontaneranno da me per quanto è loro fisicamente possibile. Possono anche ritirarsi fino a Denver, nel Colorado, e ammucchiarsi tutti là come un branco di gatti spaventati. Tu non hai mai visto un gatto spaventato, vero? Ho sempre avuto dei gatti con me, dei maschi, non sterilizzati, e il mio gatto si è sempre rivelato un perdente. Lo sai come si fa a capire se il proprio gatto è un perdente? Quando lui e un altro
gatto sono sul punto di azzuffarsi, prova ad andare a prendere il tuo gatto; se è un vincitore, salterà subito addosso all'altro gatto, mentre se è un perdente, si lascerà tranquillamente raccogliere e portare dentro casa.» «Presto vedrai gatti di nuovo» disse Morgo. «Anche tu li vedrai» disse Provoni. «Descrivimi un gatto» disse Morgo. «Lascia che prenda forma nella tua mente. Insieme a tutti i tuoi ricordi e contatti con i gatti.» Thors Provoni pensò ai gatti. Gli sembrava una cosa innocente da fare mentre aspettavano il trascorrere dei sei giorni che li separavano ancora dalla Terra. «Caparbio» disse infine Morgo. «Chi, io? Intendi dire sull'argomento?» «No, intendo il gatto. Ed egocentrico.» Irritato, Provoni disse: «Un gatto è fedele al suo padrone. Ma lo dimostra in modo sottile. Il punto è sempre questo: un gatto non si concede mai a nessuno, sono milioni di anni che si comporta in questo modo, poi magari ecco che si riesce a fare una minuscola breccia nella sua corazza, e lui ti si strofina contro, ti salta in braccio e fa le fusa. Così, a causa del suo affetto per te, infrange un codice di comportamento ereditato geneticamente... e vecchio di due milioni di anni. È una splendida vittoria.» «Supponendo che il gatto sia sincero» disse Morgo, «invece che motivato dal tentativo di ottenere più cibo.» «Tu pensi che un gatto possa essere ipocrita?» chiese Provoni. «Non avevo mai sentito insinuare che i gatti fossero insinceri. A dire il vero, molte delle critiche sono provocate dalla loro brutale onestà; se una persona non gli piace non c'è nulla da fare, se ne vanno da qualcun altro.» «Penso» disse Morgo, «che quando saremo sulla Terra mi piacerebbe avere un cane.» «Un cane! Dopo tutte le mie meditazioni sulla natura dei gatti... dopo tutta la ricchezza di notizie sugli adorati felini del mio passato; penso ancora a un vecchio maschio di nome Asherbanopol, ma noi lo chiamavamo Ralf. "Asherbanopol" è un nome egizio.» «Sì» disse il Frolixiano. «Tu rimpiangi ancora oggi la perdita di Asherbanopol. Ma quando morirai, come nella storia di Mark Twain...» «Già» disse lui scontroso. «Saranno tutti là ad aspettarmi, in fila sui due lati della strada. Un animale rifiuta di entrare in Paradiso senza il suo padrone. E così aspettano, anno dopo anno.» «E questo tu lo credi con fervore.»
«"Lo credo?" So che è vero; Dio è vivo; quella carcassa che hanno trovato nello spazio esterno alcuni anni fa, quello non era Dio. Non si trova Dio in simili circostanze, è un modo di pensare da Medioevo. Lo sai dove si può trovare lo Spirito Santo? Non è fuori nello spazio... diavolo, lo ha creato lui, lo spazio. È qui.» Si indicò il petto. «Io - cioè, noi - abbiamo una parte di Spirito Santo qui dentro. Considera la tua decisione di venire a portarci aiuto... non ne ricavi nulla, forse solo un danno, o qualche tipo di distruzione che i militari sono in grado di procurarti e di cui ignoriamo tutto.» «Io ottengo qualcosa venendo sul tuo pianeta» disse Morgo. «Potrò scegliere e conservare piccole forme di vita: gatti, un cane, una foglia, una lumaca, una tamia. Tu sai - lo hai capito - che su Frolix 8 tutte le forme di vita all'infuori della nostra furono sterilizzate, per cui scomparvero molto tempo fa... anche se ho visto le loro registrazioni, rielaborazioni tridimensionali che sembrano assolutamente reali. Collegate direttamente ai gangli dominanti dei nostri sistemi nervosi centrali.» La paura invase Thors Provoni. «Questo ti spaventa» disse Morgo. «Il fatto che siamo arrivati a questo. Proprio noi, non i nostri antenati; stavamo crescendo, ci scindevamo e continuavamo a crescere. Abbiamo dovuto urbanizzare ogni angolo del nostro pianeta; gli animali sarebbero morti di fame, così abbiamo preferito usare un gas sterilizzante, del tutto indolore. Non avrebbero potuto vivere con noi sul nostro mondo.» «Adesso la vostra popolazione si è ridotta, non è vero?» chiese Provoni. La paura stava sempre acquattata dentro di lui, come un serpente arrotolato su se stesso. In attesa di srotolarsi, di mostrare le zanne avvelenate. Morgo disse: «Un po' più di spazio non ci dispiacerebbe.» Come la Terra, pensò Provoni. «No, laggiù esiste già una specie senziente dominante. Il settore civile della nostra cerchia governativa ci proibisce di...» Morgo esitò. «Un militare» disse Provoni, allibito. «Io sono un commando. Per questo hanno scelto me per accompagnarti nel viaggio di ritorno a Sol 3. Ho la reputazione di saper risolvere le dispute usando tanto la ragione quanto la forza. La minaccia della forza li obbliga ad ascoltare; la conoscenza, tutto il mio sapere, indica il modo in cui può essere costruita la migliore società possibile.» «Lo hai già fatto altre volte?» Era ovvio che doveva essere così.
«Ho più di un milione di anni» disse Morgo. «Io, con l'appoggio dell'eventualità di fare ricorso alla forza, ho risolto guerre così vaste, con partecipanti così numerosi, che tu non riusciresti neppure a immaginare. Ho dipanato problemi politico-economici, a volte introducendo nuove tecnologie oppure i testi teorici grazie ai quali questi risultati potevano essere raggiunti. Dopo di che me ne sono andato altrove, e loro hanno dovuto occuparsi del resto.» «Intervenite solo se vi chiamano?» disse Provoni. «Sì.» «Così, in pratica, voi aiutate solo le civiltà che sono riuscite a sviluppare la propulsione interstellare. A fare arrivare il loro messaggero nelle vostre vicinanze... dove alla fine voi lo noterete. Ma una civiltà medievale, con archi ed elmi...» «La nostra teoria in proposito» disse Morgo, «è interessante. Al livello dell'arco, anzi, fino al livello del cannone, degli aerei, delle navi acquatiche, delle bombe... non sono affari che ci riguardano. Non vogliamo occuparcene, perché la nostra teoria ci dice che non sono in grado di distruggere la loro razza o il loro pianeta. Ma quando si costruiscono bombe all'idrogeno, e una tecnocrazia consente di sviluppare i viaggi interstellari...» «Non ti credo» disse Provoni con tono deciso. «Perché?» Il Frolixiano esplorò la sua mente, con destrezza ma anche con il consueto rispetto. «Oh, capisco» disse. «Tu sai che possono creare bombe all'idrogeno molto tempo prima di sviluppare la propulsione interstellare. Hai ragione.» Fece una pausa. «Benissimo, allora. Noi ci sentiamo indotti a intervenire solo quando siamo avvicinati da un'astronave capace di compiere voli interstellari. Perché a quel punto la civiltà che l'ha costruita è potenzialmente pericolosa per noi. Ci hanno trovati. Una qualche reazione da parte nostra è necessaria... come, per esempio, nella storia del vostro mondo, quando l'ammiraglio Perry infranse l'isolamento del Giappone... e l'intero paese dovette modernizzarsi nel giro di pochi anni. Ricordati sempre questo: noi avremmo potuto scegliere semplicemente di uccidere ogni visitatore interstellare, invece di domandarci cosa potevamo fare per aiutarli a stabilizzare la loro civiltà. Resteresti incredulo se sapessi quante civiltà sono in balia di guerre, lotte per il potere e tirannie... alcune anche molto più avanzate della vostra. Ma voi avete risposto al nostro requisito: ci avete trovati. Quindi, signor Provoni, eccomi qui.» Provoni disse: «Non mi piace quella faccenda dello sterminio degli animali.» Stava pensando ai sei miliardi di Uomini Vecchi sulla Terra. Sareb-
bero stati trattati in questo modo? si chiese. Ci tratteranno tutti quanti così, Uomini Nuovi, Insoliti, Vecchi, Nascosti... ci liquideranno tutti ed erediteranno il nostro pianeta con tutto ciò che contiene? Morgo disse: «Signor Provoni, permettimi di chiarire due punti che dovrebbero servire a placare i tuoi timori. Primo: conosciamo da secoli l'esistenza della tua civiltà. Le nostre navi sono penetrate nella vostra atmosfera ai tempi delle vostre baleniere. Avremmo potuto impadronirci del vostro mondo in qualsiasi momento, se lo avessimo desiderato; non credi che sarebbe stato più facile sconfiggere la "sottile linea rossa", le Giubbe Rosse inglesi, invece di affrontare missili tattici all'idrogeno e al cobalto come dovremo fare ora? Sono rimasto in ascolto. Avete diverse astronavi poste di sentinella nell'area prossima al punto in cui il campo gravitazionale del vostro sole incomincia a far sentire i suoi effetti su di noi.» «E il secondo punto?» «Ruberemo.» «Rubare?» Provoni rimase allibito. «Cosa ruberete?» «Innumerevoli passatempi di vostra invenzione: aspirapolvere, macchine da scrivere, sistemi video 3D, batterie che durano vent'anni, computer... in cambio del nostro aiuto per porre fine alla tirannia, ci tratterremo per un po' in mezzo a voi, assimilando modelli funzionanti, se possibile, o descrizioni dettagliate, di ogni immaginabile pianta, albero, battello, utensile; qualunque cosa.» «Ma come tecnologia voi siete molto più progrediti di noi.» Morgo disse con voce compiaciuta: «Non ha importanza. Ogni civiltà, su ogni pianeta, sviluppa prodotti unici e irripetibili altrove: strumenti, usi, teorie, giocattoli, cisterne resistenti all'acido, giostre. Lascia che ti faccia una domanda: immagina di poter tornare indietro nel tempo, all'Inghilterra del diciottesimo secolo. E di poter riportare indietro con te qualsiasi cosa tu desideri. Non sceglieresti una quantità di oggetti? Soltanto per i dipinti... ma vedo che hai capito.» «Per voi siamo pittoreschi!» disse Provoni infuriato. «Sì, è il termine più adeguato. E l'essere pittoreschi è una delle grandi componenti d'uso nell'universo, signor Provoni. È una suddivisione del principio di unicità, che proprio il vostro signor Bernhad ha esposto nella sua "Teoria della Acausalità misurata su due assi". L'unicità è unica, ma esistono quelle che Bernhad chiama "quasi-unicità", molte delle quali...» «Sono stato io a formulare quella teoria per Bernhad» disse Provoni. «A quell'epoca ero uno studente universitario convinto di saperla molto lunga,
uno degli assistenti di Bernhad. Abbiamo preparato noi tutti i dati, le citazioni, ogni cosa, per pubblicarli poi su Nature... e Bernhad ci ha messo soltanto la sua firma. Nel 2103 avevo solo diciotto anni. Adesso ne ho centocinque.» Fece una smorfia. «Un vecchio, anche se in un altro senso. Ma sono sempre vivo e pieno di energia; posso ancora pisciare, puzzare, mangiare, dormire e scopare. Comunque, hai letto anche tu delle persone che vivono fino a duecento anni, nate intorno al 1985, quando il virus dell'invecchiamento fu isolato e i composti anti-geriotopi vennero iniettati al quaranta per cento della popolazione.» Pensò, allora, agli animali, e poi ai sei miliardi di abitanti della Terra che non avevano nessuna prospettiva tranne quella, forse, dei giganteschi campi di rieducazione sulla Luna, con le pareti opache delle loro cupole; ai prigionieri non era neppure permesso vedere il panorama che li circondava. Devono esserci dai dodici ai venti milioni di Uomini Vecchi in quei campi, rifletté. Un esercito sterminato. Dove andranno a sistemarsi sulla Terra? Venti milioni? Dieci milioni di appartamenti? Venti milioni di nuovi posti di lavoro, e tutti non-G. Niente Servizio Statale. Può darsi che Gram ci stia consegnando una patata bollente, si disse. Se assumeremo il controllo del governo anche per breve tempo, dovremo affrontare questo problema. Con la prospettiva - incredibile ma vera - di trovarci costretti a rimetterli tutti nei campi in via "temporanea". Gesù, pensò, fino a che punto può spingersi la tua ironia? Morgo Rahn Wilc disse bruscamente: «Fregata a babordo.» «Una cosa dove?» «Controlla il tuo schermo radar. Vedrai un puntino... una nave, piuttosto grande, che si avvicina molto velocemente, troppo per essere un vascello commerciale, e punta diritta verso di noi.» Una pausa. «È in rotta di collisione; intendono sacrificarsi per fermarci.» «Possono riuscirci?» Pazientemente, Morgo disse: «No, signor Provoni. Neanche se fossero armati con missili all'idrogeno da .88 o con quattro torpedini con testate all'idrogeno.» Aspetterò, pensò Provoni, mentre si chinava sullo schermo radar, finché non la vedrò. Perché quello era ovviamente uno di quei nuovi modelli veloci, gli LR-82... si massaggiò stancamente la fronte. «No, questo era dieci anni fa; sto vivendo nel passato. Comunque» disse, «è una nave veloce.» «Non veloce come la nostra, signor Provoni» disse Morgo. Il Gray Dinosaur tuonò e rabbrividì, mentre i motori razzo venivano accesi; poi ci fu
l'uggiolio caratteristico dell'ingresso nell'iperspazio. L'altra nave li seguì. Ricomparve sullo schermo radar, come un punto sospeso, e ad ogni secondo che passava si faceva sempre più vicina, mentre i suoi motori principali fiammeggiavano in un'aureola brillante di luce gialla e danzante. «Penso che tutto finisca qui» disse Provoni. La notizia raggiunse subito Willis Gram. Rivolgendosi ai membri del Comitato Straordinario per la Sicurezza Pubblica, radunati intorno al suo letto nell'ufficio-camera da letto, disse, dopo essersi raddrizzato di colpo fra i suoi cuscini: «Sentite questa.» "Il Badger ha avvistato il Gray Dinosaur. Il Dinosaur ha iniziato manovre evasive. Ci avviciniamo rapidamente." «Non riesco a crederci» disse Gram giulivo. E ai membri del Comitato disse: «Vi ho convocati qui a causa della terza trasmissione che abbiamo ricevuto da Provoni. Saranno sulla Terra fra sei giorni.» Si stiracchiò, fece uno sbadiglio e guardò i presenti sogghignando. «Stavo per dirvi che avremmo dovuto agire in fretta... vale a dire, aprire i campi di rieducazione, interrompere il rastrellamento degli Uomini Nascosti ancora in libertà, cessare la distruzione delle loro trasmittenti e tipografie. Ma... se il Badger polverizza il Dinosaur, allora tutto è risolto! Possiamo continuare come se nulla fosse successo, come se Provoni non stesse neppure tornando indietro.» «Ma i primi due messaggi sono stati teletrasmessi» disse caustico Fred Rayner, il Ministro degli Interni. «Be', non diremo nulla del terzo messaggio. Del loro arrivo qui fra sei giorni e di come volessero "assumersi il compito di governare".» «Signor Presidente del Consiglio» disse Duke Bostrich, il Ministro degli Esteri, «il terzo messaggio sta arrivando - che Dio ci aiuti - sulla banda dei quaranta metri, quindi viene ricevuto qua e là in tutto il mondo. Domani a quest'ora, tutti ne saranno a conoscenza.» «Ma se il Badger raggiunge il Dinosaur non avrà importanza.» Gram inspirò profondamente, poi allungò una mano verso una capsula di anfetamine per volare ancora più in alto in quell'improvviso e inatteso momento di grandezza. «Voi sapete» disse a tutti, e specialmente a Patty Platt, Ministro della Difesa, che non aveva mai nutrito simpatia o rispetto per lui,
«voi sapete che è stata mia l'idea di appostare là fuori navi come il Badger cinque anni fa... navi sentinella, senza troppo armamento pesante. Noi sappiamo che il Gray Dinosaur non è armato. Quindi anche una nave sentinella può distruggerlo.» «Signore» disse il generale Rayburn dai baffetti neri e sottili, «io conosco bene la classe T-144 delle navi sentinella, la classe cui appartiene il Badger. A causa dei lunghi periodi di permanenza nello spazio e delle enormi distanze che devono percorrere, queste unità sono troppo goffe per manovrare fino a raggiungere una posizione che consentirebbe loro di piazzare, per fare un esempio, un colpo diretto a prua che sarebbe...» «Vuole farmi capire» disse Gram, «che le mie navi sentinella sono obsolete? Perché non me lo avete mai detto?» «Perché» disse il generale Rayburn dai baffetti neri e sottili, «a nessuno di noi è mai passato per la mente che, (primo) Provoni potesse ritornare, e (secondo) che una nave sentinella appostata in un'area enorme di spazio vuoto potesse avvistare Provoni se, o immagino che dovrei dire quando, egli fosse tornato.» Fece un gesto. «Il numero di parsec...» «Generali Rayburn e Hefele» disse Gram, «cominciate a preparare le vostre lettere di dimissioni. Fatemele avere nel giro di un'ora.» Si appoggiò ai cuscini, poi si sollevò ancora, di scatto; premette il pulsante che accese il suo schermo generale di collegamento. Gli mostrò il computer nel Wyoming, o almeno una parte di esso. «Tecnico» ordinò. Apparve un programmatore vestito con un camice bianco. «Sì, signor Presidente.» Gram disse: «Voglio una prognosi di questa situazione: una nave sentinella T-144 ha incontrato il Gray Dinosaur alle...» si allungò verso la scrivania, annaspando e contorcendosi e grugnendo «...alle seguenti coordinate.» Le lesse al tecnico, che naturalmente stava registrando le sue istruzioni. «Voglio sapere» disse, «tenuto conto di tutti i fattori, quali sono le probabilità che una nave della classe T-144 possa distruggere il Gray Dinosaur.» Il tecnico riavvolse il nastro, poi collegò l'apparecchio all'ingresso del computer e lo accese. Dietro pannelli di plastica, grandi bobine presero a girare, nastri magnetici si avvolsero e si svolsero. Mary Scourby, Ministro dell'Agricoltura, disse: «Perché non aspettiamo semplicemente di vedere quale sarà l'esito della battaglia?» «Perché» disse Willis Gram, «quel dannato Dinosaur e quell'idiota di
Provoni che lo pilota - con l'aggiunta del suo amico extraterrestre - possono essere tutti quanti imbottiti di armi. E magari una flotta li segue da vicino.» Al generale Hefele, che stava già meticolosamente scrivendo la sua lettera di dimissioni, Gram disse: «I nostri radar segnalano qualche altro oggetto in quell'area? Lo chieda al Badger.» Il generale Hefele estrasse una ricetrasmittente dalla tasca della giacca. «Nessun altro segnale radar avvistato dal Badger?» Ci fu una pausa. «No.» Tornò a scrivere le sue dimissioni. Il tecnico nel Wyoming disse: «Signor Presidente del Consiglio, abbiamo la risposta del computer 996-D alla sua domanda. Ritiene che il terzo messaggio di Thors Provoni, quello che stiamo ricevendo su tutte le frequenze della banda dei quaranta metri, sia il dato critico. Il computer sostiene che l'inizio del messaggio, "Vi raggiungeremo tra sei giorni", implica la presenza di uno degli alieni con Provoni. Non conoscendo i poteri dell'alieno, non è in grado di calcolare oltre, ma continua rispondendo a una correlativa... il Gray Dinosaur non è in grado di sfuggire per molto tempo a una nave sentinella T-144. Pertanto la variabile sconosciuta - la presenza dell'alieno - è troppo grande. Il computer non può calcolare la situazione.» «Sto ricevendo un messaggio dalla squadra radar che segue il Badger» disse improvvisamente il generale Rayburn. «Fate silenzio.» Inclinò il capo da un lato, nella direzione del suo telefono auricolare. Ci fu silenzio. «Il Badger è andato» disse il generale Rayburn. «Andato?» Una mezza dozzina di voci parlò all'unisono. «Andato?» domandò Gram. «E dove?» «Nell'iperspazio. Lo sapremo molto presto in quanto, come è stato abbondantemente dimostrato, una nave può rimanere nell'iperspazio per dieci, dodici, quindici minuti al massimo. Non dovremo aspettare tanto.» «Il Dinosaur si è tuffato nell'iperspazio?» chiese il generale Hefele, con aria incredula. «Questa è una mossa disperata... l'ultima manovra evasiva possibile. E si sono tirati dietro il Badger. Forse il Dinosaur è stato ristrutturato; forse adesso le sue superfici esterne sono composte di una lega che non si decompone rapidamente nell'iperspazio. Forse devono solo attendere che il Badger esploda o faccia ritorno allo spazio reciproco o paraspazio. Sapete, il Gray Dinosaur che ha lasciato questo sistema dieci anni fa può non essere lo stesso Gray Dinosaur che sta tornando indietro.» «Il Badger lo ha riconosciuto» disse il generale Hefele. «È la stessa na-
ve, e se ha subito modifiche non riguardano certo l'aspetto esterno. Il capitano Greco del Badger, prima di infilarsi nell'iperspazio, ha riferito che combaciava perfettamente con la foto di identificazione scattata quindici anni fa fino all'ultimo bullone e al nome, tranne...» «"Tranne"?» chiese Gram, digrignando i molari. Devo smetterla di digrignare i denti, si disse; l'ultima volta ho spaccato di netto la capsula del molare destro superiore. Come lezione dovrebbe essermi bastata. Si abbassò all'indietro, pasticciando con i cuscini. «Tranne per il fatto» disse il generale Hefele, «che alcuni dei sensori esterni erano stati rimossi o modificati in modo radicale, forse danneggiati. E lo scafo, naturalmente, era parecchio butterato.» «Il Badger ha potuto vedere tutto questo?» chiese Gram stupito. «I nuovi visori radar Knewdsen, i cosiddetti modelli oculari, possono...» «Stia zitto.» Gram stava consultando il suo orologio. «Voglio cronometrarli» disse con forza. «Sono già trascorsi circa tre minuti, mi pare. Facciamo cinque, per stare sul sicuro.» Rimase seduto in silenzio, fissando il proprio Omega; tutti gli altri stavano guardando i loro. Passarono cinque minuti. Dieci. Quindici. In un angolo della stanza, Camelia Grimes, Ministro dell'Istruzione e dei Possibili Posti di Lavoro, cominciò a piangere pacatamente nel suo fazzolettino di merletto. «Li ha attirati verso la morte» sussurrò roca. «Oh, poveretti, che cosa triste. Tutti quegli uomini morti.» Gram disse: «Già, è triste. Ma è triste anche il fatto che a beccarlo sia stata una nave sentinella. Una probabilità su... quante? Un miliardo? Che una nave sentinella lo intercettasse subito, e per prima. Per un attimo è stato come se l'avessimo già fra le mani. Inchiodato; liquidato, come spettacolo per far riflettere i suoi amici alieni.» Rivolgendosi al generale Hefele, il generale Rayburn disse: «Ci sono altre navi in grado di intercettare il Gray Dinosaur se e quando dovesse emergere dall'iperspazio?» Il generale Hefele disse: «No.» «Così non sapremo se è riemerso» disse Gram. «Forse è andato distrutto anche Provoni, insieme al Badger.» «Ci accorgeremo se e quando riemerge dall'iperspazio» disse il generale Hefele, «perché in quel medesimo istante ricomincerà a trasmettere il suo segnale sulla banda dei quaranta metri.» A un aiutante di campo disse:
«Ordini al mio com-net di controllare se la trasmissione dovesse riprendere.» A Gram disse: «Immagino...» «Immagina bene» disse il generale Rayburn. «Nessun segnale radio può transitare dall'iperspazio al paraspazio.» Il generale Hefele disse all'aiutante: «Si informi se il segnale di Provoni si è interrotto alcuni minuti fa.» Qualche istante dopo, attraverso l'attrezzatura per le comunicazioni che portava attaccata a diverse cinghie intorno al collo, l'alto e giovane aiutante ricevette il suo messaggio. «Il segnale si è interrotto ventidue minuti fa e non è più ripreso.» «Sono ancora nell'iperspazio» disse il generale Hefele. «E può darsi che il segnale non riprenda mai più; forse è tutto quanto finito.» «Voglio sempre le sue dimissioni» disse Gram. Una luce rossa si accese sul quadro della sua scrivania. Sollevò il ricevitore giusto e disse: «Sì? È arrivata?» «La signorina Charlotte Boyer» disse la sua segretaria del terzo piano con codice di accesso A, «è appena stata condotta qui da due uomini dell'SP che hanno dovuto trascinarla a forza per tutto il percorso. Santo cielo, domani le loro caviglie saranno nere e blu, e lei ha perfino morso una mano a uno di loro; gli ha staccato un bel pezzo di carne, e dovrà andare subito all'infermeria.» Gram disse: «Fai venire quattro MP per dare il cambio agli uomini dell'SP. Quando saranno arrivati e l'avranno completamente sotto controllo, fammelo sapere e verrò a vederla.» «Sì, signore.» «Se un individuo di nome Denny Strong arrivasse alla carica cercando di lei» disse Gram, «voglio che sia arrestato per ingresso abusivo in un edificio governativo e che venga sbattuto immediatamente in una cella. Se cercasse di fare irruzione fisicamente nel mio ufficio, qui, voglio che le guardie lo liquidino. Sul posto. Non appena la sua mano tocca la maniglia della porta che conduce in questa stanza.» Un tempo avrei saputo sbrigarmela da solo, pensò Gram. Ma adesso sono troppo vecchio e i miei riflessi troppo lenti. Tuttavia, sollevò il coperchio che richiudeva un angolo del suo scrittoio... ottenendo così a portata di mano il calcio di una pistola .38 Magnum. Se l'immagine mentale - e le sue impressioni - che Nicholas Appleton mi ha trasmesso di lui sono esatte, pensò, allora sarà meglio che mi tenga pronto. E buon Dio, pensò ancora, devo stare pronto ad affrontare anche Nick Appleton... solo perché se n'è andato da questo edificio di pro-
pria volontà e senza nessun indice di violenza, questo non significa che continuerà a comportarsi così. È il problema di quelli che hanno la sua età, rifletté. Si idealizza un'intera donna, il suo carattere, la sua personalità... mentre alla mia età ci si chiede solo se sarebbe una buona scopata e la cosa finisce lì. Me la godrò, la userò come mi pare, le insegnerò alcune cosette che probabilmente ignora sui rapporti sessuali - anche se è "una che ci sa fare" - e che non ha mai neppure sognato. Può diventare il mio pesciolino, per esempio. E una volta che le avrà imparate, che saprà metterle in pratica, le ricorderà per il resto della sua vita. Il loro ricordo la perseguiterà... ma a un certo livello ne sentirà la mancanza; erano così graziose. Vedremo ciò che Nick Appleton, o Denny Strong, o chiunque altro se la prenderà dopo di me, saranno capaci di fare per soddisfarla. E lei non riuscirà a trovare la forza di spiegare al suo nuovo uomo cos'è che non funziona. Ridacchiò. «Signor Presidente del Consiglio» disse il generale Hefele, «ho notizie dal mio aiutante.» L'aiutante si chinò verso di lui, parlandogli all'orecchio. «Sono spiacente di dover riferire... che il segnale sulla banda dei quaranta metri è ripreso.» «Ecco qua» disse stoicamente Gram. «Lo sapevo che sarebbero riemersi; non si sarebbero infilati nell'iperspazio se non avessero saputo di potersela cavare... e che il Badger non ce l'avrebbe fatta.» Laboriosamente, si sollevò a sedere, poi rotolò di lato, allungò una gamba massiccia e si erse in posizione eretta. «Il mio accappatoio» disse, guardandosi intorno. «Eccolo, signore» disse Camelia Grimes; glielo tenne sollevato mentre lui arretrava per infilarselo. «Adesso le sue pantofole.» Il generale Hefele disse gelido: «Sono lì accanto ai suoi piedi.» E pensò, Hai bisogno di qualcuno che ti infili anche quelle, signor Presidente del Consiglio? Specie di fungo gigantesco che devi essere accudito giorno e notte, che te ne rimani a letto come un bambino malato che si assenta da scuola, evadendo le realtà della vita adulta. E questo è il nostro capo. La persona che più di tutte ha la principale responsabilità di fermare gli invasori. «Lei dimentica sempre» disse Gram, girandosi verso di lui, «che io sono un telepate. Se avesse detto le cose che ha pensato, ora si troverebbe davanti ai fucili a gas di un plotone di esecuzione. E questo lei lo sa bene.» Provava una collera autentica, ed era raro che dei semplici pensieri lo
scombussolassero a tal punto. Ma in quel caso si era superato ogni limite. «Volete una votazione?» chiese, agitando un braccio verso tutti quanti, rivolgendosi all'assemblea generale del Comitato Straordinario per la Sicurezza Pubblica, con l'aggiunta dei due massimi consiglieri militari del pianeta. «Una votazione?» chiese Duke Bostrich, lisciandosi con aria pensierosa i capelli d'argento che gli davano un'aria così distinta. «Su che cosa?» Fred Rayner, degli Interni, disse acido: «Sulla rimozione del signor Gram dalla carica di Presidente del Consiglio, e sulla sua sostituzione con uno dei presenti in questa stanza.» Fece un sorriso cupo, pensando, Occorre proprio spiegarlo per filo e per segno, come con i bambini? È la nostra opportunità di sbarazzarci di questo vecchio ciccione folle; lasciamo che trascorra il resto della sua vita a sbrogliare le sue intricate faccende private... di cui abbiamo appena colto un esempio, quella ragazza, la Boyer. «Vorrei una votazione» disse Gram, dopo una pausa. Durante questa pausa aveva ascoltato i vari pensieri e sapeva che avrebbe ottenuto un voto di fiducia; di conseguenza non era affatto preoccupato. «Avanti» disse, «votate!» Rayner disse: «Ha letto i nostri pensieri; sa come andrà a finire.» «Oppure sta bluffando» disse Mary Scourby, dell'Agricoltura. «Ha letto i nostri pensieri e sa che possiamo metterlo in minoranza, e che lo faremo.» «Allora» disse Camelia Grimes, «dovremo proprio votare per forza.» Per alzata di mano, si ottennero sei voti favorevoli alla permanenza in carica di Gram, e quattro contrari. «Ti è andata buca, vecchio mio» disse Gram con sarcasmo feroce a Fred Rayner. «Acchiappa una donna se ce la fai; se non riesci a pigliarti una donna, acchiappa un vecchio pulito.» «E il "vecchio pulito"» disse Rayner, «è lei.» Rovesciando all'indietro la testa, Willis Gram scoppiò in una risata ululante. Poi, infilate le pantofole, si avviò dondolante verso la porta principale della stanza. «Signor Presidente del Consiglio» disse frettolosamente il generale Hefele, «potremmo riuscire a metterci in contatto con il Dinosaur e a farci un'idea delle richieste che Provoni avanzerà, e fino a che punto le sue legioni aliene potranno e vorranno...» «Ne discuteremo più tardi» disse Gram, aprendo la porta. Fece una pausa e poi disse, quasi fra sé: «Strappate pure le vostre dimissioni, generali.
Avevo perso momentaneamente la calma; non è stato nulla.» Ma con te, Fred Rayner, pensò, non è finita. Te la farò pagare, specie di mostro bilobato. Ti vedrò morto per quello che hai pensato di me. Al terzo piano, Willis Gram caracollò in accappatoio, pigiama e pantofole fino alla scrivania della sua segretaria con codice di accesso A... una qualifica che le permetteva di conoscere e trattare buona parte delle sue attività più riservate e delle questioni più personali. Un tempo Margaret Plow era stata una sua amante... quando aveva avuto diciotto anni. E guardala adesso, si disse. Sulla quarantina. L'energia, il fuoco, tutto scomparso; rimaneva soltanto una funzionale maschera di efficienza. Le pareti del suo cubicolo erano state opacizzate. Nessuno poteva osservare la loro conversazione. Soltanto un telepate di passaggio, pensò lui, potrebbe cogliere qualcosa. Ma avevano imparato a convivere con quella possibilità. «Hai chiamato i quattro MP?» chiese alla signorina Plow. «Sono con lei nella stanza accanto. Lei ne ha morso uno.» «E lui come ha reagito?» «L'ha fatta volare per metà della stanza con un ceffone, e questo è sembrato calmarla. Lei era... come un animale selvatico, ma sul serio, non metaforicamente. Come se pensasse che stessero per liquidarla.» «Vado a parlarle» disse lui, e attraversò il cubicolo entrando nell'altra stanza. Lei se ne stava là eretta, gli occhi che urlavano odio e paura, come quelli di un rapace intrappolato... gli occhi di un falco, pensò lui, che sarebbe bene non fissare mai. Io l'ho imparato presto, rifletté; mai guardare negli occhi un falco o un'aquila. Perché non potrai mai dimenticare l'odio che ti trasmettono... e il bisogno insaziabile, appassionato, di essere liberi, il bisogno di volare. E poi, oh, quelle grandi altezze. Quelle picchiate a piombo sulla preda; un coniglio in preda al panico; ecco che cos'è il resto di noi altri. Buffa immagine: un'aquila tenuta prigioniera da quattro conigli. Tuttavia, gli MP non erano conigli. Notò il modo in cui la tenevano stretta... i punti nei quali la stringevano e con quanta forza. Lei non poteva muoversi. E loro avrebbero resistito più a lungo di lei. «Avrei potuto farti tranquillizzare di nuovo» le disse, in tono conciliante. «Ma so quanto lo odi.» «Brutto bastardo bianco» disse lei. «"Bianco"?» Lui non capì. «Ma non ci sono più bianchi, gialli o neri.
Perché dici bianco?» «Perché sei il re degli sbirri.» Uno degli MP disse bruscamente: «'Bianco' è ancora un insulto in certi strati sociali a basso reddito.» «Oh» fece lui, annuendo. Adesso stava cogliendo pensieri dalla sua mente, e quello che trovò lo sbalordì. In superficie lei era irrigidita, tesa come un cavo d'acciaio, immobile solo perché quattro MP la tenevano ferma. Ma dentro... Una ragazzina spaventata, che lottava come un bambino terrorizzato, supponiamo, dall'idea di andare dal dentista. Un ritorno irrazionale, a livello di abreazione, ai processi mentali anteriori alla razionalità. Lei non ci vede come esseri umani, si rese conto Gram. Ci distingue come ombre vaghe, che la trascinano prima da una parte, poi, quasi all'improvviso, da un'altra, e infine che le fanno questo: la costringono con la forza - quattro grossi professionisti della forza la costringono - a restare in piedi immobile in un posto, Dio solo sa per quanto tempo e per quale motivo. I suoi processi mentali erano, stimò, allo stesso livello di quelli di un bambino di tre anni. Ma forse lui avrebbe potuto ottenere qualcosa parlandole. Forse poteva attenuare la sua paura, permettere ai suoi pensieri di riacquistare una maggiore maturità. «Mi chiamo Willis Gram» le disse. «E sai che cosa ho appena fatto?» Sorrise, sollevò una mano e indicò lei, allargando il suo sorriso. «Scommetto che non riesci a indovinarlo.» Lei scrollò la testa. Brevemente. Una sola volta. «Ho aperto tutti i campi di rieducazione sulla Luna e nello Utah, e tutte le persone che si trovavano là torneranno libere a casa.» Con occhi immensi e luminosi, lei continuò a fissarlo. Ma nei suoi pensieri la notizia venne registrata; inviò flussi increduli di energia psichica lungo la sua corteccia cerebrale mentre lei cercava di capire. «E non arresteremo più nessuno» disse lui. «Così anche tu sei libera.» A queste parole, un'ondata di sollievo oceanico dilagò nella sua mente; i suoi occhi si appannarono e poi una singola lacrima le rigò la guancia. «Posso...» Deglutì con difficoltà e la sua voce tremò. «Posso vedere il signor Appleton?» «Puoi vedere chiunque ti pare. Anche Nick Appleton è libero; lo abbiamo buttato fuori di qui due ore fa. Probabilmente è tornato a casa. Ha una moglie e un figlio a cui è molto affezionato. Senz'altro è tornato da loro.» «Sì» disse lei con voce lontana. «Li ho conosciuti. La donna è una ca-
gna.» «Ma i suoi pensieri verso di lei... ho trascorso diverso tempo insieme a lui, oggi. Fondamentalmente, lui l'ama; vuole solo concedersi qualche scappatella di tanto in tanto... Devi sapere che sono un telepate; conosco cose sulle altre persone che un non...» «Ma puoi mentire» disse Charlotte a denti stretti. «Non sto mentendo» disse lui, anche se - come ben sapeva - era proprio ciò che stava facendo. Charlotte disse, improvvisamente calma: «Sono davvero libera di andarmene?» «C'è solo una questione.» Gram tastò cautamente la via, la mente sintonizzata sui pensieri di lei, cercando di coglierli prima che si tramutassero in parole o azioni. «Devi sapere che ti abbiamo sottoposta a un esame medico dopo che gli agenti della SP ti hanno estratta dalle macerie del centro di stampa nella Sedicesima Strada... questo te lo ricordi?» «Un... esame medico?» Lei lo guardò con aria incerta. «No, non ricordo. Ricordo solo di essere stata trascinata fuori per le braccia, con la testa che picchiava sul pavimento, fino all'aperto, e poi...» «Ecco il perché della visita medica» disse Gram. «L'abbiamo fatta a tutti quelli che erano stati arrestati nella Sedicesima Strada. C'è stato anche un rapido esame psicologico. Le tue condizioni sono risultate piuttosto gravi; eri rimasta completamente traumatizzata e in uno stato di torpore quasi catatonico.» «Quindi?» Lei lo fissava spietata. Lo sguardo fisso del falco, che non aveva mai lasciato i suoi occhi. «Hai bisogno di riposo a letto.» «E lo troverò qui dentro?» «Questo edificio» disse Gram, «ospita probabilmente le migliori attrezzature psichiatriche che esistano al mondo. Dopo alcuni giorni di riposo e di terapia...» Gli occhi di falco fiammeggiarono; pensieri schizzarono nella sua mente, emanazioni provenienti dal talamo e che lui non poteva seguire, e a un tratto, in un battito di ciglia, al suono dell'ultima tromba, lei si contorse, afflosciandosi, e subito dopo si irrigidì, e poi si mise a ruotare. A ruotare su se stessa! A quel punto i quattro MP avevano perso la loro presa su di lei; si allungarono per riafferrarla, e uno di loro tirò fuori un corto manganello di plastica appesantito con pallini di piombo. Lei indietreggiò rapida come il lampo, si accucciò, contorcendosi, aprì la
porta dietro di sé e si lanciò di corsa lungo il corridoio. Un agente dell'SP che veniva nella sua direzione vide Willis Gram e i quattro MP; cogliendo al volo la situazione, cercò di agguantarla mentre gli sfrecciava accanto. Riuscì a stringerle il polso destro... e mentre la tirava verso di sé lei gli mollò un calcio nei testicoli. Lui la lasciò andare. Lei proseguì la sua corsa, verso l'ampia porta d'ingresso dell'edificio. Nessun altro tentò di fermarla... non dopo aver visto l'agente dell'SP crollare sul pavimento in preda a un acuto dolore. Uno dei quattro MP sfoderò una pistola laser Richardson calibro 2.56 e la sollevò, la canna puntata verso il soffitto. «Devo liquidarla, signore?» domandò a Willis Gram. «Posso colpirla facilmente se lei me lo dice subito.» «Non riesco a decidermi» disse Gram. «Allora non sparerò, signore.» «Va bene. Non lo faccia.» Willis Gram tornò in ufficio e lentamente andò a sedersi sul bordo del letto; si piegò in avanti, fissando senza vederli i disegni della moquette. «È flippata, signore» gli disse uno degli MP. «Voglio dire, è matta. Completamente svitata.» Gram disse con voce roca: «Vi dirò io che cos'è... è una sgualdrina da bassifondi.» Aveva colto questa definizione nella mente di Nick Appleton. «E di quelle pericolose.» Certo so sceglierle bene, pensò. E anche lui non scherza. Mi ha detto, pensò Gram, che voleva vederla ancora. E succederà senz'altro; in qualche modo lei riuscirà a ritrovarlo. Nick non tornerà mai da sua moglie. Alzandosi, si diresse pesantemente fino alla scrivania di Margaret Plow nel cubicolo interno. «Posso usare il tuo videofono?» le chiese. «Ma certo; anzi, può usare il mio...» «Solo il videofono» disse lui. Compose il numero di priorità assoluta del Direttore Barnes; lo avrebbe messo in comunicazione con lui dovunque si trovasse: in bagno a fare un bisognino, in volo sulla razzauto di servizio, perfino alla sua scrivania. «Sì, signor Presidente.» «Voglio uno dei suoi... elementi speciali. Magari due.» «Chi?» disse Barnes imperturbabile. «Voglio dire, chi vuole fare liquidare?» «Il cittadino 3XX24J.»
«Dice sul serio? Non è un capriccio, un estro momentaneo? Intende veramente farlo liquidare? Le ricordo, signor Presidente, che lei stesso lo ha appena rimesso in libertà in quanto beneficiario dell'amnistia generale insieme a tutti gli altri.» Gram disse: «Mi ha portato via Charlotte.» «Oh, capisco» disse Barnes. «Lei se n'è andata.» «Quattro MP non sono riusciti a trattenerla; quando è intrappolata diventa una pazza furiosa. Nella sua mente ho colto qualcosa a proposito di un ascensore che una volta, durante la sua infanzia, non voleva aprirsi; lei era tutta sola là dentro. Credo che avesse circa otto anni. Quindi deve trattarsi di qualche variante della claustrofobia. Ad ogni modo, non si può tenerla rinchiusa.» «Il che non è certo colpa di 3XX24J» disse Barnes. «Però» disse Gram, «è da lui che lei sta andando.» «Vuole che sia fatto con discrezione? E fatto sembrare un incidente? Oppure vuole soltanto che gli agenti speciali lo trovino, lo facciano fuori e poi se ne vadano, senza badare a chi può vederli?» «La seconda opzione» disse Gram. «Deve sembrare un'esecuzione rituale. E la libertà che si gode adesso...» insieme, pensò, all'istante di gioia quando ritroverà Charlotte «... dovrà essere per lui come l'ultimo pasto che servono ai condannati a morte.» «Ormai quest'usanza non è più in vigore, signor Presidente.» «Penso che aggiungerò un'altra condizione per i suoi agenti» disse Gram. «Voglio che sia liquidato mentre lei è presente. Voglio che lei lo veda morire.» «Va bene, va bene» disse Barnes, esasperato. «Non c'è altro? Quali sono le novità su Provoni? Una stazione televisiva ha annunciato che una nave sentinella avrebbe avvistato il Gray Dinosaur. È vero?» «Di questo ci occuperemo quando ci saremo.» «Signor Presidente, questa frase non ha senso.» «D'accordo, allora ce ne occuperemo quando ci arriveremo.» Barnes disse: «La informerò non appena i miei uomini avranno completato il loro compito. Con il suo permesso, io manderei tre uomini, uno dei quali armato di una pistola tranquillizzante da usare sulla ragazza, se, come lei dice, a volte diventa pazza furiosa.» «Se diventasse aggressiva e violenta» disse Gram, «non fatele del male. Liquidare lui sarà più che sufficiente. Arrivederci.» E riappese. Margaret Plow disse: «Pensavo che lei le uccidesse, dopo.»
«Le ragazze sì. I loro amichetti, prima.» «Oggi la trovo particolarmente schietto, signor Presidente. La faccenda di Provoni deve sottoporla a una tensione spaventosa. Quel terzo messaggio; diceva sei giorni. Soltanto sei giorni! E adesso lei apre i campi e concede un'amnistia generale. Peccato che Cordon non sia vivo per vedere questo giorno; peccato che la sua malattia al fegato o ai reni o quello che era lo abbia costretto a soccombere solo poche ore prima che...» Si interruppe bruscamente. «"Solo poche ore prima che la vittoria fosse a portata di mano"» concluse Gram per lei, leggendo il resto senza alcuna fatica - come da un nastro audio all'ossido di ferro - nella sua mente praticamente vuota. «Be', Cordon era una specie di mistico. Forse lo sapeva già.» Sì, forse lo sapeva in anticipo, pensò Gram. Era una persona bizzarra. Forse risorgerà dal regno dei morti. Oh, diavolo, allora... diremo semplicemente che non era mai morto; che era una storia di copertura. Volevamo far credere a Provoni... Buon Dio, pensò. Cosa sto pensando? Nessuno è mai risorto in 2100 anni; e non cominceranno a farlo proprio adesso. Dopo la morte di Appleton, si chiese, mi converrà fare un ultimo tentativo con Charlotte Boyer? Se potessi mettere al lavoro i miei psichiatri governativi su di lei, loro saprebbero eliminare quella sua vena ferina, renderla passiva... come dovrebbe essere ogni donna. Eppure... a lui piaceva quel suo fuoco. Forse è questo che mi spinge a trovarla così attraente, pensò, quella sua vena da sgualdrina dei bassifondi, come la definiva Appleton. E forse è stato questo a fare presa anche su di lui. A molti uomini piacciono le donne violente; chissà perché? Non solo le donne forti, o testarde o egotiche, ma veramente sfrenate. Devo concentrarmi su Provoni, si disse. Invece di pensare a questa roba. Ventiquattr'ore più tardi, dal Gray Dinosaur giunse un quarto messaggio, ritrasmesso dall'enorme radiotelescopio su Marte. "Sappiamo che avete aperto i campi e concesso un'amnistia generale. Non ci basta." Indubbiamente sintetico, pensò Willis Gram, esaminando il messaggio nella sua forma stampata. «E noi non siamo ancora riusciti a metterci in
contatto radio con loro?» chiese al generale Hefele, che gli aveva portato la notizia. «Io credo che i nostri messaggi gli arrivino, ma che lui non sia in ascolto, forse per qualche guasto al suo impianto ricevente o perché non è intenzionato a negoziare con noi.» «Quando sarà arrivato all'incirca a un centinaio di unità astronomiche da noi» chiese Gram, «non potreste beccarlo con un missile a testata multipla? Uno di quelli che sono attirati da...» Fece un gesto. «Dalle forme di vita» disse il generale Hefele. «Abbiamo sessantaquattro tipi diversi di missili che possiamo mettere alla prova; ho già ordinato alle navi portamissili di posizionarli nell'area generale dove prevediamo di incontrare il Gray Dinosaur.» «Non avete la più pallida idea di quale sia "l'area generale dove prevediamo di incontrare il Gray Dinosaur." Potrebbe essere sbucato dall'iperspazio in qualunque angolo del sistema.» «Allora diciamo che tutti i nostri armamenti sono pronti all'uso, non appena la sua nave sarà avvistata. Forse sta bluffando. Magari è tornato indietro da solo. Esattamente come è partito, dieci anni fa.» «No» disse astutamente Gram. «C'è la sua capacità di restare così a lungo nell'iperspazio con quella antiquata bagnarola del 2198. No, la sua nave è stata modificata. E usando una tecnologia che noi non conosciamo.» Un'altra idea lo folgorò. «Dio santo... lui, lui e il Dinosaur, potrebbero trovarsi dentro la creatura; l'alieno può essersi avvolto intorno alla nave. Così, naturalmente, lo scafo non si è disintegrato. Provoni può essere come un piccolo parassita all'interno di un'entità non umanoide, ma un parassita che è in ottimi rapporti con il suo ospite. Simbiosi.» Quell'idea gli parve plausibile. Nessuna creatura, umanoide o meno, faceva mai qualcosa in cambio di niente; lui sapeva che questa era una delle verità imperiture della vita, con la stessa certezza con la quale conosceva il proprio nome. «Probabilmente vorranno che tutta la nostra razza, sei miliardi di Uomini Vecchi e in seguito noi, si fonda con questa creatura in qualche specie di gelatina poliencefalica. Provi a pensarci; che gliene pare?» «Tutti noi, inclusi gli Uomini Vecchi, lotteremmo fino all'ultimo per evitare una simile prospettiva» disse pacato il generale Hefele. «A me non sembra poi un'idea così malvagia» disse Gram. «E io so, molto meglio di voi tutti, che cosa significa una fusione mentale.» Perché tu sai quello che noi telepati facciamo due o tre volte all'anno, pensò. Ci riuniamo tutti quanti e uniamo le nostre menti a formare una sola enorme
mente composita, un singolo organismo di puro intelletto che pensa con la potenza di cinquecento, seicento fra uomini e donne. Ed è il nostro momento di gioia suprema, per tutti noi. Anche per me. Solo che in questo modo, nel modo di Provoni, tutti sarebbero stati inglobati nella fusione mentale. Ma forse questa non era l'idea di Provoni. Eppure... aveva colto qualcosa nei quattro messaggi, l'uso del pronome "noi". Che sembrava indicare una concordanza fra lui e la "creatura". Nonché una certa armonia, pensò Gram. I messaggi, benché sintetici, sono gelidi come ghiaccioli... come dicono i ragazzini. E l'alieno che si porta dietro è solo l'avanguardia di altri mille, si disse morbosamente. L'equipaggio del Badger aveva fornito le prime vittime. Avrebbero dovuto sistemare una targa da qualche parte, per onorare il loro ricordo. Non avevano avuto paura di affrontare direttamente Provoni; avevano tallonato il Dinosaur ed erano morti nel tentativo. Forse, pensò Gram, con uomini dotati di questo coraggio potremmo anche combattere e vincere. Perché una guerra interstellare non può durare molto a lungo... lo aveva letto da qualche parte. Pensando questo, si sentì leggermente meglio. Nicholas Appleton, dopo ore di lotta per aprirsi un varco fra folle incredibili, riuscì a individuare l'appartamento di Denny Strong. Entrò nell'ascensore e salì al cinquantesimo piano. Bussò alla porta. Silenzio. Poi la sua voce, la voce di Charley, si levò: «Chi cazzo è?» «Sono io» disse lui. «Sapevo che saresti venuta qui.» Se Willis Gram non voleva che ci rivedessimo, pensò, non avrebbe dovuto lasciarci liberi tutti e due. La porta si aprì. Charley era là, con una camicia a strisce rosso-nere, calzoni gonfi, un paio di sandali viventi... e aveva sul viso uno spesso strato di trucco, comprese delle ciglia enormi. Pur sapendo che le ciglia erano finte, le trovò affascinanti. «Sì?» chiese lei. CAPITOLO TERZO Denny Strong apparve al fianco di Charlotte Boyer. «Salve, Appleton» disse con voce inespressiva. «Salve» disse guardingo Nick; ricordava nitidamente come Denny - e
Charlotte - fossero diventati di colpo pazzi furiosi. E questa volta non c'era Earl Zeta che poteva aiutarlo a uscire di là, quando la gente avrebbe cominciato a rimbalzare contro le pareti. Ma Denny sembrava calmo. Quindi non era vero ciò che si diceva delle crisi di alcolismo? Un'oscillazione sinusoidale fra l'ubriachezza omicida e l'ordinaria buona educazione quotidiana... e Denny si trovava in fondo a una di quelle curve, almeno per il momento. «Come sapevi che sarei tornata qui?» chiese Charley. «Come sapevi che sarei tornata da Denny e avremmo fatto pace?» «Non avevo un altro posto in cui cercare» disse lui, in tono cupo. Era logico che sarebbe tornata da Denny, pensò. Tutte le mie preoccupazioni, i miei tentativi di aiutarla... tempo sprecato. E probabilmente lei lo sapeva già fin dall'inizio. Ero solo un pedone degli scacchi, usato per punire Denny. Be', pensò, se la lite è finita, se lei è tornata a casa... non mi rimane altro da fare. E disse: «Sono lieto che adesso le cose ti vadano così bene.» «Ehi» disse Denny, «hai sentito dell'amnistia? E dell'apertura dei campi? Uuuaauu!» Il suo viso leggermente gonfio, si gonfiò ulteriormente per l'eccitazione; gli occhi sporgenti danzarono intorno mentre lui mollava una pacca sul posteriore di Charley. «E Provoni è quasi...» «Non vuoi entrare?» disse Charley a Nick, passando un braccio intorno alla vita di Denny. «No, non è il caso» disse Nick. «Ascolta, amico» disse Denny, accoccolandosi sui talloni come se - e l'aria era proprio quella - stesse facendo qualche esercizio di bodybuilding. «Non mi succede spesso di perdere le staffe in quel modo. Ci vuole parecchio prima che diventi furioso. E scoprire che questo posto non era pulito... be', è stata la goccia finale.» Si spostò all'interno della stanza, sedendo sul divano. «Accomodati.» A voce più bassa aggiunse: «Ho una lattina di birra Hamm; possiamo bercela in tre.» Alcol, pensò Nick. Berrò con loro, così poi la follia calerà su tutti e tre. D'altro canto, c'era una sola lattina. Quanto potevano ubriacarsi con un terzo di lattina a testa? «Entro solo per un attimo» disse, ma a spingerlo ad accettare l'invito non fu la lattina di birra quanto invece la presenza di Charley. Voleva guardarla finché gli fosse stato possibile. Gli aveva lasciato un sapore amaro in bocca, vederla rappacificata con Denny; facendo questo, in pratica lei aveva respinto lui, Nicholas Appleton. L'emozione che tormentava Nick era
qualcosa che lui aveva provato raramente: la gelosia. Gelosia... e rabbia verso di lei perché lo aveva tradito in quel modo così meschino; in fondo, lui aveva rinunciato a sua moglie e a suo figlio, li aveva ripudiati quando si era allontanato dal suo appartamento insieme a Charley. Avrebbero dovuto stare insieme... al centro di stampa della Sedicesima Strada, come lui aveva scoperto in seguito. E ora, dal momento che il centro era stato bombardato e saccheggiato, lei era tornata, come un gatto ammalato, a ciò che conosceva e capiva, per quanto orribile potesse essere. Esaminando il suo viso, tuttavia, adesso notò una differenza. Il suo viso era duro e rigido, come se il trucco fosse stato applicato sopra una superficie di vetro o di metallo, comunque qualcosa di inorganico. Ecco, era proprio questo: benché in apparenza Charlotte sembrasse amichevole e sorridente, in realtà aveva un'aria dura e levigata come vetro, e per questo usava tanto trucco... per nascondere questo aspetto, questa mancanza di umanità. Denny, battendosi allegramente sull'inguine, gorgogliò: «Ehi, adesso abbiamo almeno seicento opuscoli nell'appartamento, e senza nessun problema; voglio dire, non dobbiamo più aspettarci un'irruzione. E hai visto i campisti?» Li aveva visti, certo, che affollavano le corsie pedonali. Individui magri, cadaverici, tutti orribilmente identici nelle loro uniformi governative verde oliva... e aveva visto le cucine da campo che la Croce Rossa aveva allestito per sfamarli. Erano dappertutto, erranti come spettri, con l'aria di non riuscire a stabilire nessun contatto con il loro nuovo ambiente. Diavolo, non avevano denaro, un lavoro, nessun posto in cui vivere; erano tagliati fuori in tutti i sensi. L'amnistia generale, come aveva ricordato Denny, aveva rimesso in libertà tutti quanti. «Ma non sono mai riusciti a beccare me» disse Denny, il viso che si faceva pallido per un'ondata di orgoglio aggressivo. «Anche se hanno beccato voi due. Che ve la spassavate al centro di stampa della Sedicesima Strada.» Allacciò le mani davanti a sé e cominciò a curvarsi avanti e indietro. A Charley disse: «E senza contare che tu hai fatto del tuo dannato meglio per farci arrivare un'irruzione fra capo e collo.» Allungandosi verso il tavolino prese la lattina di birra, la palpò e annuì. «È ancora abbastanza fresca. Okay, ecco che partiamo per il paese dei sogni.» Strappò la linguetta metallica dalla parte alta della lattina. «Tu per primo, Appleton, come nostro ospite.» «Ne berrò un goccio» disse Nick; e ingollò solo una piccola sorsata.
«Indovina cosa è successo a Charley» disse Denny dopo aver tirato una sorsata molto più lunga. «Probabilmente credi che sia qui da un giorno o due, da quando è uscita dalla tipografia della Sedicesima Strada. E invece non è così. È arrivata qui solo un'ora fa; ha continuato a scappare e a nascondersi.» «Willis Gram» disse Nick con voce roca. Ancora una volta si sentì pervaso da una paura che provocava nausea, lo rendeva teso e lo raggelava in modo terribile. «Tutto perché» disse Denny in tono pigro, scherzoso, «lui ha questi letti tutti in fila in quella che chiama "l'infermeria del palazzo". Ma in realtà...» «Basta così» disse Charley con un ringhio, fra le mascelle serrate. «Gram le ha offerto un po' di "riposo a letto". Sapevi che Gram era un tipo del genere, Appleton?» «Sì» disse Nick teso. «Ma sono scappata» disse Charley; ridacchiò maliziosamente. «Aveva quattro MP che mi tenevano ferma, e sono scappata lo stesso.» A Denny, disse: «Tu lo sai come divento quando mi arrabbio molto, davvero sul serio. Anche tu mi hai visto, Nick, quando ci siamo conosciuti; hai visto Denny ed io che ci picchiavamo, non è vero? Non sono spaventosa?» «Così Gram non ti ha avuta» disse Nick. E io ti rivedo ancora, rifletté. Ma... non è la stessa cosa. Ti rivedo truccata su misura per Denny, tornata ai tuoi travestimenti e alle forme fasulle. La legalità è scivolata nel tuo lavoro, ma le vecchie abitudini rimangono. Vuoi essere elegante - almeno, elegante secondo i tuoi criteri - e vuoi scorrazzare di nuovo sul Tricheco Purpureo, a velocità folli... velocità tali da disintegrare l'intero telaio della tua razzauto, se dovessi scontrarti con qualsiasi cosa. Ma prima che questo accada, ti divertirai un mondo. E voi due potrete entrare in una sala di prostetica estetica o in una fumeria di scenera o in un drogabar e la reazione di chiunque sarà: "Che bella figliola." E al tuo fianco, Denny potrà sogghignare un sogghigno che dice a tutti: "Ehi, gente, guardate che ganza mi scopo." E la loro invidia sarà enorme. Per modo di dire. Alzandosi in piedi, Nick disse: «Credo che ora me ne andrò.» A Charley, disse: «Sono contento che tu sia scappata a Gram. Sapevo che ti voleva e ho immaginato che ti avrebbe avuta. Questo mi fa sentire molto meglio.» «Può provarci ancora» disse Denny, sogghignando e bevendo birra. «Allora lasciate questo appartamento» disse Nicholas. «Se sono riuscito a trovarla io, potranno riuscirci anche loro.»
«Ma non conoscono il suo indirizzo» disse Denny, poggiando i piedi sul tavolino; portava due scarpe di vero cuoio... che probabilmente gli erano costate una fortuna. Ma che gli avrebbero consentito l'ingresso in tutte le più famose fumerie di scenera del pianeta, incluse quelle di Vienna. Era così, e lui non poteva farci nulla. Entrambi sembravano agghindati e leccati per un giro di drogabar e fumerie. L'alc non era la loro sola passione... era semplicemente una delle loro varie attività illegali. Fumare oppiacei era legale, quindi, vestendosi in un certo modo e usando un certo trucco, potevano mescolarsi con l'élite di un mondo particolare in cui non mancavano certo gli Uomini Nuovi o gli Insoliti. Tutti, dipendenti governativi inclusi, amavano il nuovo derivato dell'oppio, chiamato scenera dal nome del suo scopritore, Wade Scenera, un Uomo Nuovo. Era diventato, come le statuette in plastica di Dio, un prodotto per cui tutti andavano pazzi sull'intero pianeta. «Vedi Appleton,» disse Denny passando la lattina di birra praticamente vuota a Charley, «lei porta sempre con sé documenti d'identità completamente falsi, incluse tutte le cartacce obbligatorie...» fece un gesto vago «... mi capisci, quelle che devi avere con te per forza, non come, mettiamo, una carta di credito della Union Oil. E sono tutti documenti falsificati talmente bene che si inseriscono a meraviglia nelle fessure di quelle scatolette elettroniche che gli sporcaccioni si portano dietro. Non è vero, piccola cagna?» Allungò affettuosamente un braccio per posarglielo intorno alle spalle. «Sul fatto che sono una cagna non ci piove» disse Charley. «Ed è per questo che sono riuscita a filarmela dal Palazzo Federale.» «Qui riusciranno a trovarla» disse paziente Nick. In tono arrogante, e al tempo stesso esasperato, Denny disse: «Senti, te l'ho già spiegato. Quando hanno prelevato voi due al centro di stampa...» «A chi è intestato questo appartamento?» gli chiese Nick. Aggrottando la fronte, Denny disse: «A me.» Poi si illuminò. «Loro non sanno... per quello che li riguarda, io non esisto. Ascolta, Appleton, devi avere un po' più di fegato; sei un piagnone, un cacasotto. Ragazzi, se fossi lassù in cielo, proprio non mi andrebbe di averti vicino.» Rise, ma questa volta fu una risata insultante, di denigrazione. «Sei sicuro che il suo nome non sia mai apparso ufficialmente in relazione a questo appartamento?» chiese Nick. «Be', ha pagato l'affitto un paio di volte con un assegno. Ma non vedo proprio come...»
«Se ha firmato un assegno» disse Nick, «per questo appartamento, il suo nome è stato inserito automaticamente nel computer del New Jersey. E non soltanto il suo nome... ma anche la sua provenienza. Inoltre lei è schedata alla SP, come il resto di noi. Chiederanno al computer del New Jersey di sputare tutto ciò che ha su di te... faranno un controllo incrociato con le informazioni in mano alla polizia... per esempio, vi siete mai trovati insieme sul Tricheco Purpureo in occasione di qualche multa?» «Sì» grugnì Denny. «Per eccesso di velocità.» «Quindi avranno preso anche il suo nome, come testimone.» Denny, con le braccia incrociate, si afflosciò sempre più all'indietro contro il divano, fin quasi a sprofondarci dentro, e disse: «Sì.» Nick disse: «Non gli serve altro. Hanno il collegamento con te, poi quello con questo appartamento, e infine Dio solo sa cosa può esserci nel suo incartamento alla SP.» Un'espressione costernata attraversò il viso di Denny, come un'ombra che si muovesse da destra verso sinistra. I suoi occhi brillavano agitati e sospettosi; aveva lo stesso aspetto, ora, di quando Nick lo aveva conosciuto. Il miscuglio di odio e paura nei confronti delle autorità, i simboli paterni. Denny stava riflettendo rapidamente; ora l'espressione sul suo viso cambiava di secondo in secondo. «Ma di che cosa potrebbero accusare me?» disse roco. «Dio.» Si massaggiò la testa. «L'alc mi ha confuso le idee; non riesco a pensare. Come potrei cavarmela? Dannazione... devo prendere qualcosa.» Scomparve nel bagno, cominciando a frugare nell'armadietto dei medicinali. «Cloridrato di metanfetamina» disse, tirando giù una boccetta. «Questo mi schiarirà il cervello. Devo avere il cervello limpido se voglio togliermi da questo impiccio.» «Così vuoi toglierti la confusione dell'alc» disse Charley in tono tagliente, «ingurgitando quella schifezza.» «Non farmi prediche!» disse Denny, tornando nel soggiorno. «Non lo sopporto; mi fa impazzire.» A Nick, disse: «Portala via di qui. Charlotte, rimani insieme a Nick; non cercare di fare ritorno qui all'appartamento. Nick, hai dei pop con te? Abbastanza per prendere una camera in un motel per un paio di giorni?» «Penso di sì» disse Nick, e si sentì avviluppare da un'ondata di felicità... era riuscito a mettere alle corde Denny fino a fargli saltare i nervi. «Allora trova un motel. E non chiamarmi... probabilmente la linea è controllata. Ormai saranno pronti ad entrare in azione da un momento all'al-
tro.» «Paranoico» disse gelida Charley. Poi lanciò un'occhiata a Nick e... E due neroni - agenti di polizia in uniforme nera, gli "sporcaccioni neri" come venivano chiamati - entrarono nell'appartamento senza sfiorare la maniglia o usare una chiave... la porta si spalancò semplicemente davanti a loro. Lo sporcaccione nero sulla sinistra mostrò qualcosa a Nick. «Questa è una sua fotografia, signore?» «Sì» disse Nick fissando la foto. Come l'avevano avuta? Quell'istantanea - una sola copia - era sempre rimasta nell'ultimo cassetto del suo armadio a casa. «Non mi avrete» disse Charley. «Non mi avrete.» Avanzò verso di loro e, alzando il tono di voce, urlò: «Uscite di qui!» Lo sporcaccione nero allungò la mano verso la pistola laser di ordinanza. Il suo collega fece lo stesso. Denny saltò addosso allo sporcaccione di rincalzo; rotolarono avvinghiati sul pavimento, come gatti in una zuffa territoriale, in un turbine di movimenti convulsi. Charley mollò un calcio all'inguine del primo sporcaccione, poi, sollevando il braccio e piegandolo a V, lo colpì alla trachea con l'osso appuntito del gomito... il tutto muovendosi a una velocità tale da apparire a Nick come un vortice confuso. Dopo di che, lo sporcaccione si ritrovò sul pavimento, lottando per respirare, lanciando gemiti acuti e vani alla ricerca di una boccata d'aria. «Ce ne sarà ancora uno» disse Denny, alzandosi vittorioso dalla sua zuffa felina. «Di sotto, probabilmente, o sul tetto vicino al campo di atterraggio. Proviamo di sopra; se riusciamo a salire sul Tricheco possiamo dare la polvere a uno dei loro mezzi. Questo lo sapevi, Appleton? Posso seminare anche un mezzo della polizia; riesco a fare i centottanta all'ora.» Si avviò verso la porta. Nick lo seguì, inebetito. «Non cercavano te» disse Denny a Charley mentre salivano con l'ascensore. «Volevano il nostro signor Santità, qui presente.» «Oh» fece lei, con l'espressione di una persona colta in fallo. «Be', Cristo santo... così abbiamo salvato lui invece di me. Anche lui è importante, no?» Denny disse a Nick: «Non li avrei mai attaccati se avessi saputo che cercavano te. Non ti conosco nemmeno. Ma ho riconosciuto quello che ha cercato di prendere la pistola per primo... è un commando delle forze spe-
ciali. Così ho capito che erano qui per liquidare qualcuno.» Sorrise, di un sorriso liquido e luminoso che gli colò dai grandi occhi azzurri sensuali. «Lo sai che cosa ho qui?» Infilò una mano nella tasca posteriore e ne tirò fuori una piccola pistola. «Un'arma da difesa personale. Fabbricata dalla Colt. Spara un calibro .22 corto, ma con una velocità di uscita maledettamente alta. Non ho avuto il tempo di usarla; non ero preparato. Ma adesso lo sono.» Tenne la pistola lungo il fianco finché non raggiunsero il tetto. «Non uscire» disse Nicholas a Charley. «Esco prima io» disse Denny. «Perché ho la pistola.» Indicò con la mano. «Eccolo là, il Tricheco. Cristo, se hanno staccato i fili dell'accensione... sarà meglio che quel dannato veicolo si metta in moto subito, altrimenti tornerò di sotto e ammazzerò quei due fottuti sporcaccioni.» Uscì dall'ascensore. Uno sporcaccione nero si sporse da dietro il veicolo parcheggiato, puntò il suo tubo laser contro Denny e disse: «Fermo dove sei.» «Ehi, agente» disse Denny in tono cordiale, mostrando le mani vuote. La pistola era nella sua manica, ora. «Che succede? Voglio solo fare un giretto, tutto qua. Cercate ancora di incastrare i Cordoniti? Non sapete che...» Lo sporcaccione nero gli sparò con il suo tubo laser. Charley premette il pulsante uno sul pannello di comando dell'ascensore; le porte si chiusero pesantemente. Poi premette discesa rapida. L'ascensore precipitò come un sasso. Esattamente ventiquattr'ore più tardi, Kleo Appleton accese il televisore. Era l'ora di Rita che svampita, il suo programma preferito di metà pomeriggio. Qualcosa che era stato escogitato da astuti Uomini Nuovi per indurre con dolcezza gli Uomini Vecchi a pensare che la loro situazione non era poi così tragica... ma, quando lo schermo si accese, non apparve nulla. Solo una serie di disegni a spina di pesce e, dai quattro altoparlanti, solo il fruscio delle scariche elettrostatiche. Provò su un altro canale. Lo stesso. Provò tutti i sessantadue canali. Nessuno trasmetteva. Provoni deve essere quasi arrivato, pensò. La porta dell'appartamento si aprì e Nick entrò a lunghi passi, andando dritto verso l'armadio a muro. «I tuoi adorati vestiti» disse Kleo. «Già, non dimenticarti di prenderli. E in bagno ci sono ancora le tue cose personali; posso mettertele in una scatola, se vuoi aspettare un istante.» Non provava collera, solo una vaga an-
sietà provocata dalla rottura del loro matrimonio, dall'avventura di Nick con quella Boyer dall'aria così infantile. «È molto gentile da parte tua» disse solennemente Nick. «Puoi sempre tornare qui» disse Kleo. «Hai la tua chiave... usala quando vuoi, di giorno o di notte. Finché vivrò, qui ci sarà sempre un letto per te... non il mio, ma un letto solo per te. Così potrai sentirti più lontano da me. È la lontananza da me che tu vuoi veramente, non è così? Quella Charlotte Boyer - o si chiama Boyd? - è soltanto una scusa. Il tuo rapporto principale è ancora con me, anche se al momento è negativo. Ma scoprirai che lei non può darti tutto. Lei è soltanto un muro coperto di trucco, come un robot o qualcosa del genere, dipinto in modo da sembrare umano.» «Un androide» disse lui. «No, non è così. Lei è la coda di una volpe e un campo di grano. Ed è la luce del sole.» «Lascia qui qualche paio di scarpe» disse lei, cercando di non sembrare implorante, ma... implorando. «Non ti serviranno dieci paia di scarpe. Prendine due o tre al massimo. D'accordo?» «Mi dispiace veramente» disse Nick, «farti una cosa simile. Non ho mai cercato avventure altrove... e forse, come diresti tu, lo sto facendo adesso.» «Ti rendi conto che Bobby potrà sostenere un nuovo esame, un esame senza trucchi? Lo capisci questo? Rispondimi. Lo capisci?» Nick si immobilizzò fissando lo schermo del televisore. Di colpo lasciò cadere la sua bracciata di abiti e corse verso il televisore. «Su tutti i canali è lo stesso» disse Kleo. «Forse il cavo si è staccato.» Poi aggiunse: «O forse è Provoni.» «Allora non può essere lontano più di settanta milioni di chilometri.» Kleo disse: «Come sei riuscito a trovare un appartamento per te e... quella ragazza? Con tutti quei profughi dei campi di rieducazione... non hanno già affittato tutti gli appartamenti degli Stati Uniti?» «Stiamo da alcuni amici suoi» disse lui. «Non potresti lasciarmi l'indirizzo?» chiese lei. «O il numero di videofono? Nel caso dovessi raggiungerti per qualcosa di importante. Per esempio, se Bobby restasse ferito in qualche modo, o...» «Stai zitta» disse Nick. Si inginocchiò davanti al televisore, fissando lo schermo. Il fruscio sordo del rumore bianco di fondo era cessato di colpo. «Questo significa che una trasmittente è in funzione» disse Nick. «Erano tutte bloccate, prima, tutte quante; Provoni oscurava i loro segnali. Adesso lui cercherà di trasmettere.» Si girò verso la moglie, il viso arrossato, gli occhi spalancati e fissi come quelli di un bambino. O come se fosse am-
mattito, pensò lei leggermente allarmata. «Tu non sai cosa significa questo, vero?» chiese Nick. «Be', immagino che...» «Ecco perché ti lascio. Perché tu non capisci niente. Che cosa significa per te il ritorno di Provoni? L'evento più importante di tutta la storia! Perché con lui...» «La Guerra dei Trent'anni è stato l'evento più importante di tutta la storia» disse Kleo, con tono pratico. Si era diplomata su quel periodo della cultura occidentale e sapeva ciò che diceva. Sullo schermo comparve un viso: mento sporgente, robuste arcate sopraccigliari e due occhi piccoli e feroci, come buchi scavati nella trama della realtà, del guscio che li attorniava trattenendo indietro l'oscurità più buia. «Sono Thors Provoni» disse, e la ricezione era buona; la sua voce arrivava forse meglio dell'immagine video. «Vivo all'interno di un organismo senziente che...» Kleo scoppiò a ridere. «Taci!» ringhiò Nick. «"Salve, mondo."» scimmiottò Kleo, «"sono vivo e vegeto dentro un verme gigantesco." Oh, Dio, ma è penoso; davvero...» Lui la schiaffeggiò, facendola arretrare sotto la forza del suo colpo. Poi tornò a concentrarsi sullo schermo televisivo. «... fra circa trentadue ore» stava dicendo Provoni con voce roca e misurata... aveva un'aria spossata che Nick non aveva mai visto prima in nessun essere umano. Parlava con sforzi continui, come se ogni singola parola gli costasse un'altra oncia dell'energia vitale che ancora gli restava. «... la nostra schermatura ha respinto più di settanta tipi di missili. Il corpo del mio amico circonda l'astronave, e lui...» Provoni tirò un profondo, vibrante respiro. «Lui sa come neutralizzarli.» A Kleo, che adesso sedeva eretta e si strofinava la guancia con aria confusa, Nick disse: «Trentadue ore. Sarà il tempo che manca al suo atterraggio? È così vicino? Hai sentito?» La sua voce raggiunse un livello quasi isterico. Gli occhi di Kleo si riempirono di lacrime; si alzò, si girò senza rispondere e scomparve nel bagno per chiudersi dentro finché non avesse finito di piangere. Lui le corse dietro imprecando, e picchiò sulla porta chiusa a chiave. «Dio ti maledica, le nostre vite dipendono da quello che farà Provoni. E tu non stai a sentire!»
«Mi hai colpita.» «Cristo» disse lui, sopraffatto da un senso di inutilità. E tornò di corsa al televisore. Ma l'immagine era scomparsa e il fruscio del rumore bianco di fondo era tornato. E ormai, gradualmente, le normali trasmissioni di rete si stavano riaffacciando sullo schermo. Lo schermo mostrò sir Herbert London, il principale commentatore della NBC. «Siamo rimasti isolati» disse London, col suo modo di fare tranquillo, per metà ironico e per metà adolescenziale, «per quasi due ore. Lo stesso è accaduto a tutte le altre reti televisive del mondo; vale a dire, per due ore siamo rimasti privi di qualsiasi forma di trasmissione visiva, anche sui circuiti chiusi o privati, come quelli della polizia. Avete appena ascoltato Thors Provoni - o qualcuno che sostiene di essere lui - informare il mondo che fra trentadue ore la sua astronave, il Gray Dinosaur, atterrerà al centro di Times Square.» Girandosi verso il suo consueto collega per i notiziari, Dave Christian, disse: «Certo Thors Provoni, se era veramente lui, mi è apparso molto, molto affaticato. Mentre lo ascoltavo parlare e guardavo il suo viso - il segnale video non era così forte come quello audio, ma questo è naturale - ho avuto la netta impressione di guardare un uomo spossato, giunto al limite delle sue forze, un uomo che è stato sconfitto e se ne rende conto. Non vedo proprio come sarà in grado di svolgere un'attività politica di qualche pregio per un bel po' di tempo, a meno che non sia quella di prendersi un lungo, lungo periodo di riposo.» «Hai ragione, Herb» disse Dave Christian, «ma potrebbe essere l'alieno che è con lui a occuparsi degli affari... se questo è il termine giusto. Insomma, a sbrigare quello per cui sono arrivati qui.» «Thors Provoni» disse sir Herbert, «nel caso che non lo sappiate o lo abbiate dimenticato, lasciò la Terra dieci anni fa a bordo di un'astronave commerciale modificata con un motore super-C... fu lui stesso ad apportare le modifiche, quindi non sappiamo esattamente di quali velocità la sua nave sia oggi capace. Comunque, eccolo qua, di ritorno, e a quanto pare insieme all'alieno o agli alieni che aveva giurato di portare con sé, il suo "aiuto" per i miliardi di Uomini Vecchi che, a suo parere, sono trattati ingiustamente.» «Sì, Herb» disse Dave, «a quell'epoca i suoi sentimenti erano molto forti; Provoni sosteneva l'idea che gli esami per il Servizio Statale fossero truccati... anche se un'inchiesta di autorità esterne non riuscì a reperire nessuna prova concreta. Quindi penso che possiamo dire con sicurezza che gli esami non erano affatto truccati. Ciò che non sappiamo - e forse è proprio
questo il punto più vitale - è se Provoni accetterà di aprire negoziati con il Comitato Straordinario per la Sicurezza Pubblica e il Presidente del Consiglio Gram... in altre parole, se tutti questi signori si metteranno seduti intorno a un tavolo - sempre che questo alieno (risatina) sia in grado di sedersi - e discuteranno insieme. Oppure se saremo semplicemente attaccati di sorpresa fra trentadue ore. Provoni sostiene che il nostro governo ha lanciato un numero cospicuo di missili nello spazio, all'incirca nella sua direzione...» «Herb» lo interruppe Dave, «scusami. La dichiarazione di Provoni secondo la quale lui e il suo alleato alieno avrebbero distrutto un cospicuo e svariato numero di missili interplanetari può non risultare vera. Il governo potrebbe smentirla. Il "successo" di Provoni nel respingere questi ipotetici attacchi missilistici può essere semplice propaganda, un tentativo di instillare nella nostra mente l'idea che loro possiedono capacità tecnologiche superiori alle nostre.» «L'essere riuscito a bloccare le trasmissioni televisive su tutta la Terra» disse Herb, «dimostra che le capacità esistono; deve essere stato uno sforzo tremendo, e questo potrebbe spiegare almeno in parte l'aspetto palesemente affaticato di Provoni.» Il commentatore sfogliò alcune pagine dattiloscritte. «Nel frattempo, su tutta la Terra, si stanno progettando riunioni per il momento in cui Provoni - e i suoi amici - scenderanno sul nostro pianeta. Erano state previste riunioni simili in tutte le grandi città, ma ora che Provoni ha annunciato il suo atterraggio in Times Square, sarà in quel luogo che potremo aspettarci la più alta concentrazione di folla... persone spinte in alcuni casi dalle ideologie degli Uomini Nascosti e dalla fede in Provoni, o da semplice curiosità. Probabilmente, nella maggioranza dei casi, si tratterà di quest'ultima.» Nick disse: «Guarda che piccoli ritocchi riescono a dare alle notizie. "Semplice curiosità." Ma il governo non si rende conto che, solo ritornando, Provoni ha già lanciato una rivoluzione? I campi sono vuoti; gli esami non sono più truccati...» Si interruppe, mentre un pensiero lo folgorava. «Forse Gram capitolerà,» disse lentamente. Quella era una cosa alla quale lui non aveva - e neppure chiunque altro lui conoscesse - pensato. Una resa totale, immediata. Le redini del governo consegnate a Provoni e agli alieni. Ma questo non era nello stile di Gram. Gram era un combattente che si era aperto la strada fino al vertice, letteralmente sopra un mucchio di cadaveri. Willis Gram starà progettando la sua prossima mossa, rifletté. L'inte-
ra potenza militare del governo verrà concentrata per prendere di mira quell'unica astronave, un relitto vecchio di dieci anni... o forse non era più tale. Forse adesso scintillava come un dio a mezzogiorno. Un dio visibile anche alla luce splendente del sole. «Resterò chiusa in bagno finché non te ne sarai andato» disse piagnucolosa Kleo da dietro la porta chiusa a chiave. «Bene» disse lui. E raccolta la sua bracciata di vestiti, si diresse verso l'ascensore. «Sono Amos Ild» disse l'uomo alto con la testa enorme e calva, una testa bianca e idrocefalica sostenuta da tubi sottili di plastica molto robusta. Si strinsero la mano. La sua zampa è umida e fredda, come i suoi occhi, pensò Gram. E poi pensò: Non batte mai le palpebre. Dio mio, si è fatto asportare le palpebre. Probabilmente ingurgita pillole e lavora anche di notte, ventiquattr'ore al giorno. Non c'era da stupirsi se il Grande Orecchio procedeva così bene. «Si accomodi, signor Ild» disse il Presidente del Consiglio Gram. «È stato molto gentile a venire qui, considerando il valore immenso del suo lavoro.» «Gli agenti che mi hanno accompagnato qui» disse Ild con voce acuta e stridula, «mi hanno informato che Thors Provoni è tornato e che atterrerà entro meno di quarantotto ore. Certo questa è una faccenda molto più importante del Grande Orecchio. Mi dica a voce tutto quello che si sa - o mi consegni i documenti che contengono tutto quello che risulta - sul conto degli alieni che Provoni ha contattato.» Gram disse: «Allora lei crede che sia il vero Provoni? E che abbia davvero con sé uno o più alieni?» «Statisticamente» disse Amos Ild, «secondo il terzo ordine della neutrologica, l'analisi dovrebbe dedursi da sola in funzione di tale risultato. Probabilmente è Provoni; probabilmente ha uno o più alieni con sé. Dicono che abbia oscurato tutte le trasmissioni video-terrestri e che poi abbia trasmesso sia in video che in audio dalla sua nave. Cos'altro sapete?» «I missili» disse Gram, «che raggiungono la sua nave, non esplodono.» «Anche se non sono regolati per esplodere a contatto ma in prossimità del bersaglio?» «Esatto.» «Ed è rimasto nell'iperspazio per più di quindici minuti?» «Sì» disse Gram.
«Allora dovreste dedurne che ha un alieno con sé.» «Durante la trasmissione televisiva ha detto che l'alieno "circondava la sua nave", capisce... come se le facesse da scudo.» «Come una chioccia che protegge le sue uova» disse Amos Ild. «Ben presto potremmo trovarci tutti in questa situazione. Uova non ancora schiuse sotto una gallina cosmica.» Gram disse: «Tutti mi hanno consigliato di ascoltare la sua opinione in merito al da farsi.» «Distruggetelo; concentrate tutte le vostre...» «Non riusciamo a distruggerlo. Ciò che voglio da lei è la risposta a come dovremmo reagire quando Provoni atterrerà e sbucherà dalla sua nave... o dall'alieno. Dovremmo fare un ultimo tentativo, mentre Provoni è all'esterno della nave? Dove l'alieno non può aiutarlo? Oppure se lo attirassimo di sopra, qui nel mio ufficio, in modo da farlo restare solo... dove l'alieno non potrebbe seguirlo.» «E perché non potrebbe?» «Se è avvolto intorno alla sua astronave, deve pesare tonnellate. L'ascensore non lo porterebbe.» «Non potrebbe essere una specie di sottile sudario? Come un velo?» Ild si sporse verso di lui. «Avete calcolato il peso, la massa, della sua nave?» «Certo. Ecco qui.» Gram frugò fra un fascio di rapporti, ne trovò uno e glielo porse. «Centottantatré milioni di tonnellate» lesse Ild. «No, non è un "sottile sudario". Possiede una massa enorme. Capisco perché vuole atterrare in Times Square. Dovrete mandare squadre antisommossa a sgombrare l'area in anticipo; è una misura ovvia e obbligatoria.» «E anche se non avesse spazio sufficiente per atterrare, se non sulle teste dei suoi sostenitori?» chiese irritato Gram. «Loro sanno che sta arrivando; sanno che scenderà a peso morto, con i retrorazzi accesi. Se sono così maledettamente idioti da...» Amos Ild disse: «Se vuole consultarsi con me, deve fare esattamente ciò che le dico. Non consulterà nessun altro consigliere, non si formerà nessun'altra opinione. In pratica, io diventerò il capo del governo e mi comporterò come tale finché questa crisi non sarà terminata, ma, naturalmente, ogni decreto porterà la sua firma. In particolare non voglio che lei consulti il Direttore della Polizia Barnes. E in secondo luogo, non dovrebbe consultare il Comitato Straordinario per la Sicurezza Pubblica. Resterò con lei ventiquattr'ore al giorno finché tutto non sarà finito; vedo che lei ha notato l'as-
senza delle mie palpebre. Sì, prendo del solfato di zaramide. Non dormo mai... non posso permettermelo. Ho troppe cose da fare. Lei eviterà inoltre di consultarsi con i vari individui che le capita di incontrare, come fa solitamente. Io sarò l'unico a darle consigli, e se questo non lo trova soddisfacente, tornerò al Grande Orecchio.» «Gesù» disse Gram, ad alta voce. Si sintonizzò sul cervello di Amos Ild, cercando ulteriori dati. I suoi pensieri interni erano identici a quelli espressi a voce; era ovvio che la mente di Ild non funzionava come quelle delle altre persone, che dicevano una cosa e ne pensavano un'altra. Poi fu colpito da un'idea che gli giunse dalla propria mente, qualcosa che Ild aveva trascurato. Ild sarebbe stato il suo consigliere. Ma Ild non aveva precisato che lui doveva seguire i suoi consigli; quindi non era obbligato a fare altro che ascoltarli. «Ho registrato ciò che lei ha appena detto» disse a Ild. «Ciò che entrambi abbiamo detto. Un giuramento orale è un vincolo legale, come stabilito nella causa Cobbs contro Blaine. Giuro di fare come lei dice. E lei giura di dedicarmi la sua totale attenzione; durante questa crisi lei non avrà altro datore di lavoro all'infuori di me. Siamo d'accordo?» «D'accordo» disse Ild. «Ora mi fornisca tutte le informazioni relative a Provoni. Materiale biografico, i lavori che ha prodotto durante gli studi, i testi dei notiziari; voglio che tutte le notizie mi vengano trasmesse in questo edificio nel momento stesso in cui sono raccolte dai mezzi d'informazione. Tutto verrà controllato da me, e sarò io a decidere se dovranno essere diffuse in pubblico o meno.» «Ma lei non può impedire che vengano diffuse» disse Gram. «Perché lui può impadronirsi quando vuole dei canali televisivi; può...» «Lo so. Intendevo tutte le notizie aggiuntive ai discorsi in diretta fatti da Provoni in televisione.» Ild rifletté. «Per favore, chieda ai suoi tecnici di ritrasmettere l'ultimo messaggio di Provoni. Voglio vederlo di persona, immediatamente.» Subito, sulla parete opposta della stanza, comparve una luce; ci fu un forte fruscio di cariche statiche... poi il fruscio cessò, e dopo un istante il viso massiccio e stanco di Provoni apparve sullo schermo. «Sono Thors Provoni» dichiarò. «Vivo all'interno di un organismo senziente che non mi ha assorbito ma mi sta proteggendo, come presto succederà anche a voi. Fra circa trentadue ore la sua protezione si manifesterà su tutta la Terra e non ci saranno più atti di aggressione. Fino a questo momento, la nostra schermatura ha respinto più di settanta tipi di missili. Il
corpo del mio amico circonda l'astronave, e lui...» una pausa affaticata «... lui sa come neutralizzarli.» «Questo è sicuro» disse Gram ad alta voce. «Non dovete temere nessun attacco fisico» disse Provoni. «Noi non faremo del male a nessuno, e nessuno può fare del male a noi. Vi parlerò ancora...» ansimò per la fatica; i suoi occhi erano fissi, con un'espressione irrigidita «... in seguito.» L'immagine video scomparve. Amos Ild si grattò il naso piuttosto lungo e disse: «Il viaggio prolungato nello spazio lo ha quasi ucciso. Probabilmente è l'alieno a mantenerlo in vita; senza di lui morirebbe. Forse Provoni si aspetta che Cordon faccia qualche discorso. Lei sa se è a conoscenza della morte di Cordon?» «Può essersi sintonizzato su qualche notiziario» ammise Gram. «L'uccisione di Cordon è stata un bene» disse Ild. «Anche l'apertura dei campi e l'amnistia generale; ha spinto gli Uomini Vecchi a valutare in modo erroneo il quid pro quo: loro pensano di averci guadagnato, ma la morte di Cordon ha un peso ben maggiore rispetto all'apertura dei campi.» «Lei crede» disse Gram, «che l'alieno sia una di quelle cose che si attaccano come ragni al collo della gente, scavano un buco fino ai gangli superiori del sistema nervoso e poi controllano l'individuo come una marionetta? C'era un vecchio libro, molto famoso, uscito intorno al 1950, dove queste creature si impadronivano di esseri umani e...» «La cosa avveniva su scala individuale?» «"Individuale"? Oh, capisco, un parassita per ogni ospite. Sì, ce n'era uno per ogni persona.» «Evidentemente, nel nostro caso agiranno su scala collettiva.» Ild rifletté. «Come quando si cancella un nastro magnetico. L'intera bobina in un colpo solo, senza far passare il nastro sulla testina di cancellazione.» Si sedette, stabilizzando l'enorme testa con le mani durante il movimento. «Ho intenzione» disse lentamente, «di considerarlo un bluff.» «Vuole dire che non c'è nessun alieno? Che non li ha trovati, e che non ne sta portando indietro uno con sé?» «Lui sta portando indietro qualcosa» disse Ild. «Ma fino a questo momento tutto ciò che abbiamo visto può essere spiegato in chiave tecnologica. Respingere i missili, oscurare le trasmissioni televisive... trucchi tecnici che può aver raccolto su qualche mondo in un altro sistema stellare. Avranno ricostruito lo scafo della sua nave per farlo viaggiare più a lungo nell'iperspazio... magari per sempre, se lui lo volesse. Ma ho intenzione di optare per la scelta che la neutrologica impone. Non abbiamo visto nessun
alieno; ergo, finché non lo vedremo, dobbiamo presumere che probabilmente non esista. Probabilmente, dico. Ma io devo prendere una decisione ora, per poter impostare le nostre difese.» Gram disse: «Ma Provoni ha detto che non ci sarebbero stati atti di aggressione.» «Non da parte sua. Solo da parte nostra. E ci saranno. Vediamo... il più potente sistema laser sulla Costa Orientale si trova a Baltimora. Può farlo trasferire a New York, installandolo in Times Square, prima che siano trascorse le trentadue ore?» «Penso di sì» disse Gram. «Ma abbiamo già usato raggi laser contro la sua nave nello spazio, e non sono serviti a nulla.» «I sistemi laser mobili, come quelli montati sulle navi da guerra» disse Ild, «emettono un fascio insignificante rispetto a un grande sistema fisso come quello che hanno a Baltimora. Vuole cortesemente usare il suo videofono e dare subito gli ordini necessari? Trentadue ore non sono tante.» Sembrava una buona idea; Willis Gram sollevò il ricevitore della sua linea numero quattro e fece chiamare Baltimora, mettendosi in contatto con i tecnici addetti al sistema laser. Di fronte a lui, mentre diramava istruzioni, Amos Ild rimase seduto massaggiandosi la grossa testa, l'attenzione concentrata su ogni parola che Gram diceva. «Bene» disse Ild, quando Gram ebbe riappeso, «ho calcolato le probabilità che Provoni aveva di scoprire una razza le cui capacità scientifiche fossero talmente superiori alle nostre da permettere loro di imporci la loro volontà politica. Fino ad oggi, i voli interstellari hanno individuato solo due civiltà più avanzate della nostra... e la loro superiorità non è poi così spiccata: forse un centinaio d'anni o poco più. Ora, tenga presente che Provoni è tornato con il Gray Dinosaur; questo è importante, perché se avesse veramente incontrato una razza talmente superiore, quasi certamente loro sarebbero venuti qui a bordo di una o più delle loro navi. Invece, lo guardi; guardi la sua stanchezza, la sua fatica. È praticamente cieco e morto. No, la neutrologica ci porta a concludere che Provoni sta bluffando; avrebbe potuto dimostrare con molta facilità il contrario, tornando semplicemente qui con un'astronave aliena. E in questo caso...» Amos Ild sogghignò «sarebbe stata un'intera flotta, per impressionarci. Invece, quella è la stessa nave con cui è partito, e l'aspetto che aveva nell'ultimo messaggio...» La sua testa oscillò violentemente; sul cranio calvo le vene si gonfiarono, pulsanti.
«Si sente bene?» domandò Gram. «Sì. Sto risolvendo alcuni calcoli problematici; la prego di restare in silenzio per qualche istante.» Gli occhi senza palpebre si fecero fissi, e Willis Gram si sentì a disagio. Per un attimo si inserì nella mente di Ild, ma come succedeva spesso nel caso degli Uomini Nuovi, trovò processi mentali che non era in grado di seguire. Però, stavolta... non era neppure un linguaggio; sembravano simboli arbitrari che trasmutavano, cambiavano forma... al diavolo, pensò, e si arrese. A un tratto Amos Ild parlò: «Ho ridotto le probabilità a zero, usando la neutrologica. Non ha nessun alieno con sé, e l'unica minaccia che può costituire è data dalla tecnologia che qualche razza molto evoluta gli ha fornito.» «Ne è certo?» «Secondo la neutrologica è una certezza assoluta, non relativa.» «Può arrivare a tanto con la neutrologica?» chiese Gram, colpito. «Voglio dire, invece di indicare probabilità come trenta a settanta o venti a ottanta, lei le esprime in termini che un precog non riuscirebbe mai a utilizzare; il massimo che lui saprebbe fornire sarebbero probabilità parziali, perché esistono parecchi futuri alternativi. Ma lei dice: "zero assoluto". Allora dobbiamo semplicemente eliminare...» in quel momento capì perché era necessario spostare il sistema laser di Baltimora «... solo Provoni. Quell'uomo e basta.» «Sarà armato» disse Amos Ild. «Con armi molto potenti, sia montate sulla sua nave che portatili, addosso alla sua persona. E si troverà all'interno di un qualche scudo, di un'area protettiva che si sposterà insieme a lui. Noi gli terremo il laser di Baltimora puntato contro finché non riuscirà a penetrare nel suo scudo; lui morirà; le folle di Uomini Vecchi lo vedranno morire; Cordon è già morto; non siamo lontani dalla fine. Fra trentadue ore, tutto potrebbe essere già concluso.» «E allora mi tornerà l'appetito» disse Gram. Amos Ild disse, con un leggero sorriso: «A me sembra che non le sia mai mancato.» Sai, pensò Gram rivolgendosi a se stesso, il fatto è che non mi fido di questa faccenda dello "zero assoluto"; non mi fido della loro neutrologica... forse perché non riesco a capirla. Ma come possono sostenere che un evento nel futuro deve accadere per forza? Tutti i precog con i quali ho parlato in vita mia hanno sempre detto che in ogni punto del tempo esisto-
no centinaia di possibilità... ma anche loro non capiscono la neutrologica, non essendo Uomini Nuovi. Sollevò uno dei suoi ricevitori. «Signorina Knight» disse, «voglio una convocazione urgente di tutti i precog che sarà possibile raggiungere entro, diciamo, le prossime ventiquattro ore. Voglio che si colleghino in rete attraverso dei telepati e, dal momento che sono un telepate anch'io, mi metterò in collegamento con tutti i precog; così vedrò se, lavorando insieme, riusciranno a elaborare un buon indice di probabilità. Si metta subito al lavoro... deve essere fatto entro oggi.» Riattaccò. «Ha infranto il nostro accordo» disse Amos Ild. «Volevo solo integrare l'opera dei precog attraverso i telepati» disse Gram. «E avere la loro...» fece una pausa «... opinione.» «Richiami la sua segretaria e annulli questa richiesta.» «Sono obbligato a farlo?» «No» disse Amos Ild. «Ma se insiste, tornerò al Grande Orecchio e continuerò là il mio lavoro. Dipende da lei.» Gram risollevò il ricevitore e disse: «Signorina Knight, annulli quell'ordine relativo ai precog, ciò che le ho appena detto.» Riappese, cupo e imbronciato. Estrarre informazioni dalle menti degli altri era il principale modus operandi della sua vita; non gli riusciva facile rinunciarci. «Se lei si affida a loro» disse Ild, «ritorna indietro al calcolo delle probabilità; ritorna alla vecchia logica del ventesimo secolo, un tremendo passo indietro; più di duecento anni.» «Ma se avessi diecimila precog collegati in rete da telepatici...» «Non arriverebbe lo stesso a sapere» disse Amos Ild, «neppure la metà di quanto le ho già detto io.» «Lasciamo le cose come stanno» accettò Gram. Aveva eletto Amos Ild sua fonte di informazioni e di consigli, e probabilmente era la cosa giusta da fare. Ma diecimila precog... oh, al diavolo, pensò. E poi non rimane abbastanza tempo. Ventiquattro ore... non sono nulla. Dovrebbero radunarsi tutti nello stesso luogo, e nonostante l'efficienza dei mezzi di trasporto sotterranei ventiquattro ore non basterebbero. «Ha davvero intenzione di starsene seduto qui nel mio ufficio» disse ad Amos Ild, «in continuazione, senza pause, fino alla conclusione di questa faccenda?» Ild disse: «Voglio il materiale biografico su Provoni; voglio tutto il resto che le ho elencato.» Sembrava impaziente. Con un sospiro, Willis Gram premette un pulsante sulla sua scrivania,
quello che lo metteva in collegamento con tutti i principali computer sparsi nel mondo. Usava raramente - praticamente quasi mai - quel meccanismo. «Provoni virgola Thors» disse. «Tutto il materiale disponibile, poi un sunto in base all'importanza. Con la massima rapidità possibile.» Si ricordò di aggiungere: «Questa richiesta ha priorità assoluta.» Tolse il dito dal pulsante e allontanò il viso dal microfono. «Cinque minuti» disse. Quattro minuti e mezzo più tardi, un fascio di fogli cominciò a sgorgare da una fessura nella scrivania. Era una stampa di tutte le informazioni. Poi, profilato in rosso, il sunto: un paio di pagine. Allungò tutto il materiale a Ild senza neppure guardarlo. La lettura di qualcos'altro sul conto di Provoni non lo allettava; durante gli ultimi giorni aveva letto, sentito e visto anche troppe cose che riguardavano quell'uomo. Ild lesse dapprima il sunto, con una velocità notevole. «Ebbene?» chiese Willis Gram. «Lei ha formulato la sua prognosi dello zero assoluto senza avere questo materiale; adesso che lo ha, la sua neurologica ne esce modificata?» «Quell'uomo è un attore» disse Ild. «Come molti Uomini Vecchi che sono intelligenti, ma non abbastanza da entrare nel Servizio Statale. È un imbroglione.» Lasciò cadere il sunto e cominciò a leggere la spessa pila di fogli del materiale biografico; come prima, leggeva a velocità fantastica. Poi, a un tratto, si accigliò. Di nuovo la grande testa simile a un uovo oscillò instabile; Amos Ild sollevò pensieroso una mano per arrestare le oscillazioni ormai quasi spiraliformi. «Cosa c'è?» chiese Gram. «Un piccolo dato. Piccolo?» Ild scoppiò a ridere. «Provoni rifiutò gli esami pubblici. Non risulta da nessuna parte che abbia mai sostenuto un esame per il Servizio Statale.» «E allora?» chiese Gram. «Non lo so» disse Ild. «Forse sapeva che avrebbe fallito. O forse...» giocherellò con i fogli, cupo in viso «... forse sapeva che li avrebbe superati. Forse...» puntò i suoi occhi senza palpebre su Gram «... forse è un Uomo Nuovo. Ma non possiamo saperlo.» Sollevò la mole del materiale stampato con un gesto irritato. «Qui non risulta in nessun modo. Il dato è semplicemente mancante; nessun risultato di nessun test attitudinale sostenuto da Provoni... come se non ci fossero mai stati.» «Ma ci sono i test obbligatoli» disse Gram. «Cosa?» «A scuola. Fanno test obbligatoti, per il quoziente intellettivo e le attitu-
dini individuali, per stabilire quale canale di istruzione lo studente dovrebbe seguire. Dovrebbe averne fatto uno ogni quattro anni all'incirca, a partire dai tre anni di età.» «Qui non ci sono» disse Ild. Gram disse: «Se qui non ci sono, Provoni o qualcuno che lavorava per conto suo nel sistema scolastico li ha fatti sparire.» «Capisco» disse subito Amos Ild. «Ora è disposto a ritirare quella sua previsione dello "zero assoluto"?» chiese acido Gram. Dopo una pausa, a voce bassa e controllata, Amos Ild disse: «Sì.» Charlotte Boyer disse: «Si fottano le autorità. Io voglio essere a Times Square quando atterra.» Guardò il proprio orologio. «Mancano due ore.» Nick disse: «Non puoi andarci. I militari e la SP...» «Ho sentito anch'io l'annunciatore» disse Charley. «Come te. "Una folle enorme, compatta di Uomini Vecchi, che probabilmente sfiora i due milioni, si è raccolta in Times Square, e..." Vediamo, com'è che ha detto? "E per la loro stessa incolumità sono stati trasportati a mezzo di palloni-elicottero in un luogo più sicuro." Come l'Idaho. Lo sai che a Boise, nell'Idaho, non si riesce a trovare un solo ristorante che fornisca un pasto cinese?» Si alzò, cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza. «Scusa» disse a Ed Woodman, il proprietario dell'appartamento nel quale lei e Nick avevano trovato ospitalità. «Tu cosa ne pensi?» Ed Woodman disse: «Guarda la TV. Stanno caricando tutti quelli che si trovano dalle parti di Times Square sopra quei dannati mezzi da trasporto 4D e li portano in volo fuori città.» «Ma sta arrivando altra gente» disse sua moglie Elka. «Ormai non ce la fanno più a tenere il ritmo; arriva più gente di quella che riescono a portare altrove.» «Voglio andarci» disse Charley. «Guardalo alla TV» disse Ed. Era un uomo più anziano, sulla quarantina, massiccio e di indole buona, ma sempre sul chi vive. Nick aveva scoperto che conveniva dare ascolto ai suoi consigli. Alla televisione, l'annunciatore stava dicendo: «Le voci secondo le quali il più grosso cannone laser sulla Costa Orientale degli Stati Uniti sarebbe stato trasportato da Baltimora a New York, per essere installato nei pressi di Times Square, sembrano avere un fondamento reale. Verso le dieci di questa mattina, ora di New York, un grande oggetto, che secondo alcuni
osservatori aveva tutta l'aria di essere un sistema laser completo, è stato posato da mezzi aerei sul tetto dello Shafter Building, che sovrasta Times Square. Se - e ripeto se - le autorità avessero intenzione di usare un fascio laser molto potente contro Provoni o la sua astronave, questo sarebbe il punto più indicato per installare una simile arma laser.» «Non possono impedirmi di andare là» disse Charley. Ed Woodman, ruotando sulla sua poltrona per guardarla, disse: «Sì, certo che possono. Stanno usando gas tranquillizzante; addormentano tutti quanti e poi li stivano sopra quei grossi trasporti 4D come tanti quarti di manzo.» «È ormai chiaro» disse l'annunciatore televisivo, «che il momento del confronto finale si avrà quando, dopo essere atterrato con la sua nave, e presumendo che ciò avvenga, Thors Provoni uscirà dalla nave per esibirsi di fronte al pubblico adorante che indubbiamente lui si aspetta. La sua delusione sarà allora, come possiamo dire, acuta? Non troverà nessuno là, solo polizia e barricate dell'esercito.» L'annunciatore fece un amabile sorriso. «Vuoi la linea, Bob?» «Sì» disse Bob Grizwald, un altro membro dell'innumerevole armata non molto diversa da uno stormo di moscerini - dei commentatori televisivi, «Provoni è destinato a una grossa delusione. Nessuno, ripeto: nessuno potrà avvicinarsi alla sua nave.» «Quel cannone laser montato in cima allo Shafter Building potrebbe dargli un caldo benvenuto» disse il primo annunciatore; Nick non aveva afferrato il suo nome, ma la cosa non era importante... erano tutti uomini intercambiabili, tutti calmi, tutti a loro agio, incapaci di perdere la loro flemma anche di fronte alla peggiore delle calamità. L'unica emozione che si consentivano di lasciar trapelare era un raro sorrisetto ogni tanto. Come facevano ora. Charley disse: «Spero che Provoni spazzi via tutta New York.» «Insieme a settanta milioni di Uomini Vecchi?» chiese Nick. Ed Woodman disse: «Sei troppo crudele, Charlotte. Se gli alieni sono venuti a distruggere le nostre città, questo vuol dire che distruggeranno gli Uomini Vecchi invece degli Uomini Nuovi, che se ne stanno là fuori in campagna sulle loro zattere aeree. E questo non coinciderebbe di sicuro con i desideri di Provoni. No, non sono le città che vogliono... è il sistema. L'insieme delle strutture che governano.» Nick gli disse: «Se tu fossi un Uomo Nuovo, Ed, adesso saresti nervoso?»
«Sarei nervoso» disse Ed, «se quel cannone laser non gli procurasse alcun danno. In realtà sarei nervoso comunque. Ma non nervoso come un Uomo Nuovo, no, certo che no. Se fossi un Nuovo o un Insolito, e vedessi il fascio laser rimbalzare addosso a Provoni, cercherei un buco in cui nascondermi; non riuscirei ad allontanarmi abbastanza in fretta. Ma probabilmente loro non la pensano così; hanno governato per tanto tempo, avuto il potere per tanto tempo, che l'idea di cercare un buco in cui nascondersi, letteralmente e fisicamente, non sfiorerebbe mai la loro mente.» «Se comunicassero veramente tutte le notizie» disse severa Elka, «direbbero anche quanti Nuovi e Insoliti hanno lasciato New York nelle ultime otto o nove ore. Si può vedere anche adesso, guardate.» Indicò fuori dalla finestra. Il cielo era annerito da una marea di puntini. Tutte razzauto che si allontanavano dal centro della città: il loro antico e abituale territorio. «Passando ad altre notizie» disse l'annunciatore, «ci è giunta la comunicazione ufficiale che il celebre teorico e costruttore del Grande Orecchio, la prima entità telepatica elettronica, l'Uomo Nuovo Amos Ild, ha ricevuto un incarico speciale dal Presidente del Consiglio Gram. La denominazione di questa carica è "Consigliere del Presidente del Consiglio". Notizie giunte dall'enorme Palazzo Federale di Washington...» Ed Woodman spense l'apparecchio. «Perché hai spento?» chiese Elka, alta e snella nei suoi pantaloni rigonfi e nella camicetta a rete da pesca, i capelli rosso bronzo che le scendevano fin sul collo. Sotto un certo punto di vista, aveva notato Nick, assomigliava a Charley. Erano amiche, aveva scoperto, fin dai tempi della scuola; in pratica fin dal livello A, che corrispondeva agli anni dell'infanzia. «Amos Ild» disse Woodman. «Ecco un tipo veramente strano. Sono anni che mi interesso a lui; Cristo, è considerato uno dei tre o quattro uomini più geniali dell'intero sistema solare. Nessuno capisce il suo pensiero, tranne forse quei due o tre che appartengono alla sua stessa classe... o che arrivano vicino alla sua classe, dovrei dire. È...» fece un gesto vago «... uno svitato.» «Ma non possiamo saperlo con certezza» disse Elka. «Non siamo in grado di seguire la sua neutrologica.» «Ma se anche gli altri Uomini Nuovi non riescono a capirlo...» «Einstein si è trovato nella stessa situazione con la sua Teoria del Campo Unificato» disse Nick. «La teoria di Einstein sul Campo Unificato veniva compresa teoricamen-
te, ma ci vollero vent'anni per dimostrarla.» «Be', quando il Grande Orecchio sarà finito, sapremo cosa pensare di Ild» disse Elka. «Lo sapremo molto prima di allora» disse Ed. «Lo sapremo stando a guardare che decisioni prende il governo in questa crisi di Provoni.» «Tu non sei mai stato un Uomo Nascosto» disse Nick a Ed. «Temo proprio di no. Troppo fifone.» «E questo ti fa venire la voglia di lottare?» chiese Charley, avvicinandosi per infondere se stessa nella loro conversazione. «Lottare? Contro il governo? Contro l'SP e l'esercito?» «Abbiamo un aiuto» disse Nick. «L'aiuto dei non-terrestri. Quelli che Provoni porta con sé... o almeno così sostiene.» «Probabilmente dice il vero» disse Ed Woodman. «Sarebbe assurdo tornare sulla Terra a mani vuote.» «Infilati la giacca» disse Charley a Nick. «Voliamo a Times Square. O vieni con me, o fra noi due è finita.» Lei infilò la sua, una giacca di pelle grezza, marciò fino alla porta dell'appartamento, l'aprì e rimase ferma là. Ed Woodman disse: «Be', potete volare fin là, e un elicottero dell'SP o dei militari vi bloccherà con un raggio traente e vi farà scendere. Poi infileranno il nome di Nick nei loro computer e scopriranno che figura nella lista dei liquidabili degli sporcaccioni neri. Così gli spareranno, e tu potrai tornartene qui.» Ruotando su se stessa, come intorno a un asse verticale, Charley rientrò nell'appartamento e riappese la sua giacca. Le sue labbra carnose sporgevano in una smorfia imbronciata, ma il suo cervello cedeva alla logica. Dopo tutto, era per questo che se ne stavano rintanati in casa di amici, amici che lei non vedeva da due anni. «Non capisco,» disse Charley. «Perché volevano uccidere Nick? Se il bersaglio fossi stata io - e lo abbiamo pensato tutti, in quel momento - riuscirei anche a comprenderlo, perché quel vecchio caprone ha cercato inutilmente di infilarmi in uno dei suoi letti di "infermeria" per ragazze convalescenti... ma Nick... lui ti aveva già lasciato libero. Allora non sentiva la necessità di ucciderti; sei uscito tranquillo dall'edificio, libero come l'aria che respiriamo.» «Io penso di sapere il perché» disse Elka Woodman. «L'idea di lasciarti andare poteva anche accettarla, in sé; ma lui sapeva dove saresti andata: saresti tornata da lui. E aveva ragione; lo hai fatto.» «Ho visto lei insieme a Denny» disse Nick. «Se Denny...» Decise di non
terminare la frase. Se Denny fosse ancora vivo, Charley sarebbe con lui, non con me, pensò. E questo non era un pensiero che gli piaceva. Ma comunque adesso aveva un'opportunità, e molti uomini prima di lui, in simili situazioni, si erano fatti avanti per approfittarne. Faceva parte della battaglia per il possesso sessuale, sempre pianificata con cura dagli esperti del settore, era la sindrome del "guardate chi mi scopo io" condotta alla sua logica conclusione: l'opposizione era stata liquidata. Povero Denny, pensò. Denny era così sicuro che se fossero riusciti a salire sul Tricheco Purpureo lui avrebbe potuto farcela, e salvarli tutti e tre. Forse ce l'avrebbe fatta. Non lo avrebbero mai saputo, perché loro avevano deciso di non lasciarsi lusingare dal Tricheco; per quanto ne sapevano lui e Charley, si trovava ancora sul tetto del palazzo, là dove Denny l'aveva lasciato. Sarebbe stato troppo pericoloso tornare indietro. Erano fuggiti a piedi, perdendosi fra la folla di Uomini Vecchi e di detenuti liberati dai campi; New York, negli ultimi due giorni, era diventata una massa compatta di umanità che fluiva, come una marea, verso Times Square, si infrangeva contro le rocce che erano le barricate dell'SP e dell'esercito, e poi rifluiva indietro. Oppure veniva portata via in volo, Dio solo sapeva dove. In fondo, Willis Gram aveva soltanto promesso di aprire i vecchi campi... non aveva promesso di non costruirne di nuovi. Charley chiese in tono aggressivo: «Almeno lo guarderemo alla TV, oppure neanche questo?» «Certo» disse Ed Woodman, chinandosi in avanti e allacciando le mani in mezzo alle ginocchia. «Perdersi lo spettacolo è fuori questione; hanno piantato telecamere su tutti i tetti di quella zona. Speriamo che in questa occasione Provoni non decida di oscurare ancora tutti i canali.» «Io spero che lo faccia» disse Elka. «Voglio sentirlo parlare.» «Si farà sentire» disse Nick. Ne era sicuro. «Vedremo tutto, sentiremo tutto. Ma non come hanno stabilito le reti televisive.» «Non c'è una legge che vieta le interferenze nelle trasmissioni TV?» chiese Elka. «Voglio dire, non ha infranto la legge quando ha oscurato tutte le reti e ha trasmesso dalla sua nave?» «Oh, Dio» disse Charley ridacchiando, e si coprì gli occhi con una mano. «Non fateci caso, ma è troppo divertente. Provoni ritorna dopo dieci anni con un mostro di un altro sistema stellare per salvarci, e viene arrestato per aver manomesso la ricezione dei programmi televisivi. Ecco come possono sbarazzarsi di lui; questo lo rende un criminale ricercato!»
Ormai, pensò Nick, manca meno di un'ora e mezzo. E per tutto questo tempo, rifletté, mentre il Gray Dinosaur si avvicina alla Terra, loro continuano a bersagliarlo di missili. Hanno smesso di parlarne al pubblico: sanno che i missili non ottengono nessun risultato. Ma esiste una probabilità matematica che un missile riesca a superare in qualche modo lo scudo della nave, di qualunque genere esso sia, che la creatura "nella quale la nave è avvolta " si stanchi o diventi in qualche modo inefficace... forse solo per un istante, ma in quell'istante anche un piccolo missile riuscirebbe probabilmente a polverizzare il Dinosaur. Se non altro il governo ci prova, si disse accigliato. Com'è giusto che facciano, dal loro punto di vista. «Riaccendi il televisore» disse Charley. Ed Woodman lo fece. Sullo schermo una vecchia nave interstellare, con i retrorazzi fiammeggianti, si stava abbassando verso il centro deserto di Times Square. Una nave antiquata, corrosa e butterata, con pezzi di metallo smozzicati che sporgevano qua e là: i resti di un sistema di sensori un tempo funzionanti. «Li ha fregati!» disse Ed Woodman. «È in anticipo di un'ora e mezzo! Il loro cannone laser sarà già pronto a sparare? Dio, ha rovinato tutti i loro calcoli! Hanno bevuto completamente la storia delle trentadue ore!» Razzauto ed elicotteri della polizia si allontanavano come moscerini danzanti, cercando di evitare le fiamme dei retrorazzi. A terra, soldati e agenti dell'SP fuggivano di corsa, cercando riparo. «Il fascio laser» disse Ed Woodman con voce inespressiva, gli occhi fissi sullo schermo. «Dov'è?» «Vuoi proprio vederlo?» domandò Elka. «Prima o poi lo faranno funzionare» disse Ed. «Meglio che la prova avvenga subito. Gesù, quei poveri bastardi; staranno correndo sul tetto dello Shafter Building come tante formiche.» Dal tetto dello Shafter Building un fascio rosso di energia guizzò con precisione millimetrica verso la nave ormai atterrata. Anche in televisione riuscirono a sentire il suo gemito furioso mentre si caricava, aumentando sempre più in intensità. Ormai deve essere quasi a piena potenza, pensò Nick. E... la nave rimaneva intatta. Qualcosa di enorme e di orribile si materializzò intorno alla nave, e lui capì di cosa si trattava. Stavano vedendo la creatura aliena. Sembra una lumaca, pensò. Si increspò leggermente, allungò due pseudopodi, e parve fluire più direttamente sotto il fascio del raggio laser... e mentre il raggio la
colpiva, diventò più grande e più tangibile. Si nutre del laser, comprese Nick. Più a lungo la colpiranno con quel raggio, più forte diventerà. L'annunciatore televisivo, sconcertato per la prima volta in vita sua, esclamò: «Sembra che il laser la faccia crescere.» Il suo collega intervenne: «Una creatura di un altro sistema stellare, impossibile a credersi, ma eccola qui. Deve pesare migliaia di tonnellate; ha inglobato la nave...» Il portello della nave scivolò di lato. Thors Provoni, con addosso un indumento grigio che sembrava un capo di biancheria, uscì all'aperto, senza casco e senza armi. Il raggio laser, manovrato dai tecnici che lo controllavano, si spostò fino a centrare Provoni. Non successe nulla. Provoni rimase indenne. Nick, strizzando gli occhi, vide una struttura a forma di tenda, simile a una ragnatela, che ricopriva Provoni. Proveniente dall'alieno. I ragazzi del laser non avevano fortuna. «Non era un bluff» disse Elka in tono pacato. «Ha portato una creatura con sé.» «E ha un potere enorme» disse Ed con voce roca. «Vi rendete conto della potenza di quel raggio laser? Calcolata in erg...» A Nick, Charley disse: «Cosa faranno adesso? Adesso che il cannone laser non ha funzionato?» La voce dell'annunciatore fu interrotta bruscamente a metà di una frase. Sullo schermo, in piedi accanto alla sua nave, Thors Provoni sollevò un microfono alle labbra. «Salve» disse, e la sua voce uscì dal televisore; ovviamente Provoni non si fidava delle reti televisive: ancora una volta si era impadronito dei vari canali, ma questa volta solo per la parte audio. L'immagine video proveniva ancora dalle telecamere terrestri. Nick disse: «Salve, Provoni. È stato un lungo viaggio.» «Il suo nome» disse Provoni nel microfono, «è Morgo Rahn Wilc. Voglio dirvi qualcosa di più preciso sul suo conto. Prima di tutto questo. È antico. È telepatico. Ed è mio amico.» Nick si staccò dal televisore, andò nel bagno e prese qualche pìllola dall'armadietto; scelse un paio di compresse di cloridrato di fenmetrazina, le inghiottì, poi aggiunse una compressa da venticinque milligrammi di cloridrato di clordiazepossido. Scoprì che gli tremavano le mani; fece fatica a reggere il bicchiere d'acqua e poi fece fatica a inghiottire le compresse. Charley apparve sulla porta del bagno. «Ho bisogno di qualcosa. Cosa
mi consigli?» «Fenmetrazina e clordiazepossido» disse lui. «Cinquanta milligrammi della prima e venticinque del secondo.» «Ma una tira su e l'altra butta giù» disse lei. «Però è una buona combinazione; il clordiazepossido intensifica la capacità della corteccia cerebrale, mentre la fenmetrazina stimola il talamo, dando una bella carica al metabolismo generale del cervello.» Annuendo, lei prese le pillole che lui consigliava. Scrollando la testa, Ed Woodman entrò a sua volta in bagno e prese diverse pillole dalle file di flaconi. «Accidenti» disse. «Non riescono proprio a ucciderlo; lui non vuole saperne di morire. E quella cosa mangia energia; la stanno rimpinzando a ogni secondo che passa, quegli stupidi bastardi. Fra un'altra mezz'ora sarà diventata grande come Brooklyn; è come pompare aria in un pallone infinitamente grande che non può scoppiare.» Dal televisore, Thors Provoni stava dicendo: «... non ho mai visto il suo mondo. Ci siamo incontrati nello spazio esterno; lui era di pattuglia e ha raccolto i segnali radio automatici che la mia nave trasmetteva. Là, nello spazio esterno, ha ricostruito la mia nave, consultandosi telepaticamente con i suoi fratelli su Frolix 8, e ha ricevuto il permesso di accompagnarmi nel mio viaggio di ritorno. È solo uno fra tanti. Penso che lui sia in grado di fare ciò che è necessario fare. Se non ci riuscisse da solo, ci sono altri cento e più come lui che aspettano a un anno luce di distanza. Su navi capaci di viaggiare nell'iperspazio. Quindi, se necessario, potrebbero essere qui in brevissimo tempo.» «Adesso sta bluffando» disse Ed Woodman. «Se sono capaci di viaggiare nell'iperspazio, allora anche Provoni e questa cosa lo avrebbero fatto; invece, sono arrivati nello spazio normale, pur usando una propulsione super-C.» «Ma» disse Nick, «lui ha usato la sua nave, il Gray Dinosaur. Le loro navi potrebbero essere costruite per l'iperspazio; il Dinosaur no.» «Allora tu gli credi?» chiese Elka. «Sì» disse Nick. «Gli credo anch'io» disse Ed Woodman, «però è un gigione. Questa storia di farsi vivo con otto ore di anticipo... ha colto tutti di sorpresa, e senza dubbio è stata deliberata. E adesso se ne rimane là a prendersi miliardi di volt di scariche laser. E il suo "amico", Morgo qualcosa; lo ha fatto uscire e lo tiene in mostra, per impressionarci.» Poi aggiunse, acido: «E personalmente sono impressionato.»
Charley andò alla finestra del soggiorno, l'aprì, si sporse in fuori e gridò: «Ehi, hai intenzione di mangiarti tutta New York? Non ti venga in mente di farlo, capito?» Richiuse la finestra, il viso privo di qualsiasi espressione. «Questo dovrebbe farlo riflettere» disse Nick. «New York è la città dove sono nata» disse Charley. Di colpo, si premette le dita contro la fronte. «Ho sentito qualcosa. Come un... un contatto, qualcosa che mi sondava. Che mi attraversava la mente e poi se ne andava.» Acutamente, con un guizzo di intuito istintivo, Nick disse: «Sta cercando gli Uomini Nuovi.» «Oh, Dio» gemette Elka. «L'ho sentito anch'io, solo per un attimo. Sta cercando davvero i Nuovi. Che cosa ne farà? Li liquiderà? Se lo meritano? Non hanno mai liquidato noi.» «Denny lo hanno liquidato» disse Charley. «E con me, ci sono andati vicini; per poco non mi hanno sparato nel Palazzo Federale. E hanno mandato degli assassini a liquidare Nick. Se tu - come si dice? - estrapoli questi dati...» «È una percentuale alta» disse Nick. E poi c'è Cordon, si disse. Gli avranno sparato, probabilmente. Non lo sapremo mai... tranne il fatto che è morto. Provoni lo saprà già? si chiese. Dio ci aiuti, potrebbe perdere la testa. Sul circuito audio del televisore, Provoni disse: «Sintonizzandoci sulle trasmissioni terrestri, abbiamo saputo della morte di Eric Cordon.» Il suo viso massiccio si rattrappì, come se volesse ritirarsi in se stesso per il dolore. «Entro un'ora, conosceremo le circostanze - quelle reali, non quelle trasmesse dai mezzi d'informazione - della sua morte, e allora noi...» Fece una pausa. Si sta consultando con l'alieno, pensò Nick. «Noi...» Di nuovo una pausa. «Il tempo lo dirà» disse infine, enigmatico, la grande testa chinata in avanti e gli occhi chiusi; un brivido convulso gli contorse i lineamenti, come se cercasse a fatica, con grande fatica, di riprendere il controllo di sé. «Willis Gram» disse Nick. «Ecco chi è stato. Ecco da chi è giunto l'ordine. Provoni questo lo sa; sa dove cercare. La liquidazione di Cordon darà un nuovo colore a tutto ciò che succederà da questo momento in poi, a tutto ciò che Provoni farà o dirà; e a quello che il suo amico farà. È la condanna delle nostre classi dominanti; credo che Provoni sia il tipo d'uomo...» «Non sappiamo quale effetto può aver avuto l'alieno su di lui» gli fece
notare Ed. «Potrebbe moderare l'amarezza e l'odio di Provoni.» A Elka, disse: «Quando ha sondato la tua mente, ti è sembrato... crudele? Ostile? Distruttivo?» Lei rifletté, poi guardò Charley. Lei fece cenno di no con la testa. «Non mi pare» disse Elka. «È stato solo... molto strano. E cercava qualcosa che non ha trovato in me. Così è passato oltre. È durato solo una frazione di secondo.» «Riuscite a immaginare quella cosa» disse Nick, «che sonda centinaia di menti? Forse migliaia? Tutte in un colpo solo?» Ed disse sottovoce: «Forse milioni.» «In così poco tempo?» chiese Nick. Charley, con voce irritata, disse: «Mi sento schifosamente. Mi sento come se stesse per arrivarmi il periodo. Vado a stendermi.» Scomparve nella camera da letto; la porta si chiuse alle sue spalle. «Dolente, signor Lincoln» disse Ed Woodman, «ma adesso non ho proprio il tempo di ascoltare gli appunti che ha preparato per il suo discorso a Gettysburg.» La sua voce era dura e sarcastica, e il suo viso si era fatto di un rosso furente. Nick disse: «Ha paura; ecco perché si è chiusa là dentro. Per lei è troppo. Non è troppo anche per te, in fondo? Stai affrontando questa situazione in modo intellettuale, ma emotivamente non ti sembra di provare poco o nulla? Io vedo lo schermo; so cosa sto vedendo, ma...» fece un gesto «... solo il lobo frontale del mio cervello comprende ciò che vedo. E sento.» Andò fino alla porta della camera e la socchiuse. Lei era distesa sul letto, il corpo che formava un angolo strano, il viso girato da un lato, gli occhi spalancati. Nick entrò, richiuse la porta dietro di sé, si avvicinò lentamente e sedette sul bordo del letto. «Io so che cos'ha intenzione di fare» disse lei. «Sul serio?» «Sì.» Lei annuì, il viso inespressivo. «Vuole sostituire alcune parti delle loro menti e poi ritirarsi, lasciando il nulla. Il vuoto. Vivranno come gusci vuoti. Come una lobotomia. Ricordi a scuola, quando leggevamo delle insensate tecniche psichiatriche del ventesimo secolo? Decerebrati, ecco come quei dottori riducevano i loro pazienti. Quella cosa eliminerà i Noduli di Rogers e ben altro... non si accontenterà di renderli semplicemente come noi. Non è stata la cosa a influenzare Provoni; è stato lui a convincerla.» «Questo come lo sai?» chiese Nick. «Be', non è una storia lunga. Due anni fa ho falsificato una serie di esami
completi a livello G-Due... ottenendo risultati soddisfacenti. Così, per qualche tempo, ho avuto accesso agli archivi governativi, e una volta, per puro divertimento, ho chiesto informazioni su Provoni, il cosiddetto "dossier Provoni", e me lo sono portato a casa, nascosto sotto la giacca... erano quasi tutti microfilm. E sono stata alzata tutta la notte a leggerlo.» Si spiegò meglio. «Io leggo molto lentamente.» «E lui che tipo è? Vendicativo?» «È ossessionato. È ciò che Cordon non era; Cordon era un uomo razionale, una figura politica razionale, a cui era capitato di vivere in una società dove il dissenso non era permesso. In un'altra società sarebbe diventato un grande statista. Ma Provoni...» «Dieci anni possono averlo cambiato» le fece notare Nick. «Vivendo da solo per quasi tutto questo tempo... deve aver fatto molta introspezione e autoanalisi.» «Ma non lo hai sentito oggi? Poco fa?» «No» disse lui, sincero. «Sono stata licenziata e multata di 350 pop, e questo ha comportato la mia schedatura. Dopo di che ho aggiunto altri reati alla mia fedina penale.» Rimase silenziosa per un attimo. «È successo anche a Denny. Anche lui aveva fatto qualche scivolone.» Sollevò la testa. «Torna a guardare la TV. Per favore. Se non lo fai, mi obblighi a venire di là e questo non posso davvero farlo, quindi vacci tu, d'accordo?» «D'accordo» disse lui. Lasciò la camera, riportando la sua attenzione sul televisore. Charley ha ragione? si chiese. Circa Provoni, sul tipo d'uomo che è? Non è quello che si sentiva dire... dalle pubblicazioni degli Uomini Nascosti. Ma se lei la pensava in questo modo, come ha potuto diventare una Cordonita, distribuire e vendere i suoi opuscoli? Ma quelli erano opuscoli di Cordon, rifletté. Forse Cordon le piaceva al punto da vincere la sua diffidenza verso Provoni. In nome di Dio, pensò, spero che si sbagli su ciò che vorrebbero fare agli Uomini Nuovi... lobotomizzarli, tutti quanti, dieci milioni! Compresi gli Insoliti. Come Willis Gram. Qualcosa gli spazzò l'interno della mente, un vento che pareva uscito dall'inferno. Si premette le mani sulla fronte, chinandosi in due per il... dolore? Non era dolore; più una specie di strana sensazione, quella di sbirciare giù in un enorme pozzo nero e poi, molto lentamente, di cominciare a precipitarci dentro al rallentatore.
La sensazione scomparve di colpo. «Sono appena stato sondato» disse con voce malferma. «Cos'hai sentito?» chiese Elka. Nick disse: «Mi ha mostrato l'universo completamente privo di stelle. Non voglio mai più vederlo finché campo.» Ed Woodman disse: «Ascoltate. Al decimo piano di questo palazzo vive un Nuovo di basso livello... appartamento BB293 KC. Voglio scendere da lui.» Si diresse verso la porta. «Nessuno vuole venire? Magari tu, Nick?» «Vengo» disse Nick. Seguì Ed Woodman, raggiungendolo sulla passatoia del corridoio silenzioso. «Sta sondando» disse Ed mentre raggiungevano l'ascensore e lui premeva il pulsante di chiamata. Indicò le porte dei vari appartamenti, le file e file di porte che riempivano quel singolo edificio. «Dietro ognuna di queste porte, quella cosa sta sondando. Dio sa come dev'essere per alcuni di loro; ecco perché voglio vedere questo Nuovo... Marshall, credo che si chiami. Una volta mi ha detto di essere un G-Cinque. Quindi capisci che è un pesce molto piccolo; questo spiega perché abita in un palazzo pieno in massima parte di Uomini Vecchi.» L'ascensore arrivò; entrarono e scesero. «Senti, Appleton» disse Nick. «Ho paura. Anch'io sono stato sondato, ma non ho detto nulla. Sta cercando qualcosa e in noi quattro non l'ha trovato, ma altrove potrebbe riuscirci. E io voglio sapere che cosa fa quando lo trova.» L'ascensore si fermò; uscirono nel corridoio. «Da questa parte» disse Woodman, avanzando a passi svelti; Nick si affrettò per non lasciarsi distanziare. «BB293KC. È là in fondo.» Si diresse verso la porta, la raggiunse, si fermò; Nick lo raggiunse. Ed Woodman bussò. Nessuna risposta. Girò la maniglia. La porta si aprì. Cautamente, Ed Woodman spinse la porta, guardò dentro, poi si tolse dalla visuale di Nick. Sul pavimento, a gambe incrociate, sedeva un uomo snello con una barbetta nera, vestito con costosi abiti in hashair. «Signor Marshall?» disse piano Ed Woodman. L'uomo snello e dalla pelle scura sollevò la sua testa gonfia, simile a un pallone; li osservò, sorridente. Ma non parlò. «Con che cosa sta giocando, signor Marshall?» chiese Ed Woodman, chinandosi in avanti. Poi si girò verso Nick. «Un frullatore elettrico. Sta facendo girare le pale con le dita.» Si raddrizzò. «G-Cinque. All'incirca ot-
to volte le nostre capacità mentali. Comunque, non sta soffrendo.» Avvicinandosi, Nick disse: «Può parlare, signor Marshall? Può dirci qualcosa? Come si sente?» Marshall cominciò a piangere. «Vedi» disse Ed, «ha ancora emozioni, sentimenti, perfino pensieri. Ma non è in grado di esprimerli. Ho visto persone in ospedale dopo un colpo apoplettico, quando non riescono a parlare, non possono comunicare in nessun modo, e piangono proprio così. Se lo lasciamo da solo si riprenderà.» Insieme, Ed e Nick lasciarono l'appartamento; la porta si chiuse dietro di loro. «Ho bisogno di qualche altra pillola» disse Nick. «Puoi suggerirmi qualcosa di utile, di veramente utile, viste le circostanze?» «Cloridrato di desipramina» disse Ed. «Te ne darò alcune delle mie, ho notato che di queste non ne hai.» Raggiunsero l'ascensore e premettero il pulsante di risalita. «Sarà meglio non dirlo alle donne» disse Ed, mentre salivano. «Lo sapranno ugualmente ben presto» disse Nick. «Lo sapranno tutti. Se sta succedendo dovunque.» «Qui siamo vicini a Times Square» disse Ed. «Può darsi che stia sondando in cerchi concentrici; Marshall è stato beccato adesso, ma ai Nuovi nel Jersey potrebbe toccare solo domani.» L'ascensore si fermò. «O la prossima settimana. Possono volerci mesi, e in questo frattempo Amos Ild - è il solo che possa riuscirci - potrebbe escogitare qualcosa.» «Tu vuoi che ci riesca?» chiese Nick, mentre uscivano dall'ascensore. La luce negli occhi di Ed Woodman tremolò. «Questa...» «Questa è una decisione difficile da prendere... per te» disse Nick, completando la frase incerta di Ed. «E tu che ne pensi?» Nick disse: «Non potrei essere più soddisfatto di così.» Insieme, tornarono nel loro appartamento. Nessuno dei due parlò: un muro era sceso fra loro due. Semplicemente non c'era più nulla di cui parlare. Ed entrambi gli uomini lo sapevano. «Qualcuno dovrà prendersi cura di loro» disse Elka Woodman. Aveva saputo estrarre un resoconto delle condizioni del signor Marshall da tutti e due. «Ma noi siamo miliardi; possiamo farlo. Si possono creare dei centri per loro, come dei campi gioco. Con dormitori. E pasti pronti.» Charley sedeva sul divano, silenziosamente intenta a disfare le cuciture
di una gonna. Aveva un'espressione infastidita, di disapprovazione; Nick ne ignorava il motivo, e al momento la cosa non gli interessava molto. «Se è proprio necessario farlo» disse Ed Woodman, «non potrebbe farlo lentamente? In modo da lasciarci il tempo di provvedere all'assistenza? Possono morire di fame o farsi investire da una razzauto, sono come neonati.» «L'estrema vendetta» mormorò Nick. «Sì» disse Elka. «Ma non possiamo lasciarli morire così impotenti e...» fece un gesto «... ritardati.» «"Ritardati"» disse Nick. Sì, ecco quello che erano, non come bambini, ma come bambini cerebrolesi. Questo spiegava la frustrazione di Marshall quando avevano cercato di fargli delle domande. Perché si trattava indiscutibilmente di lesioni cerebrali. Il loro cerebellum era stato manomesso dall'interno, dalla cosa che li aveva sondati. Il televisore, sempre acceso, adesso diffondeva la voce del solito annunciatore della rete: «... è stato solo dodici ore fa che il famoso fisico Amos Ild, nominato dal Presidente del Consiglio Gram suo consigliere speciale in questa crisi, ha predetto a tutte le reti televisive riunite che non c'era nessuna possibilità - ripeto: nessuna possibilità - che Thors Provoni avesse portato con sé nel suo viaggio di ritorno sulla Terra una forma di vita aliena.» Per la prima volta, Nick sentì una collera autentica nella voce dell'annunciatore. «Sembrerebbe che il Presidente del Consiglio abbia fatto eccessivo affidamento su chi... com'è quell'espressione? Chi crede di saperla più lunga del suo cavallo, o qualcosa del genere; non lo so. Dio del cielo.» Sullo schermo, l'annunciatore chinò il capo. «Ci sembrava - noi, almeno, l'abbiamo vista così - una buona idea, quella del laser di Baltimora puntato sul portello del Dinosaur. Ma adesso, ripensandoci, immagino che fosse troppo semplice. Provoni non si sarebbe certo lasciato liquidare in quel modo, dopo dieci anni passati nello spazio. Morgo Rahn Wilc, non sappiamo se è il nome o il titolo dell'alieno.» Distogliendo il viso dal microfono, l'annunciatore disse a qualcuno fuori campo: «Per la prima volta in vita mia, sono felice di non essere un Uomo Nuovo.» Non sembrava rendersi conto che le sue parole venivano trasmesse in tutto il mondo, e nemmeno gliene importava: rimase seduto a strofinarsi gli occhi, scuotendo il capo, senza dire nulla. Poi la sua immagine scomparve e un altro annunciatore, che evidentemente era stato chiamato a sostituire il primo, apparve. Aveva un'espressione grave. «I danni ai tessuti neurologici sembrano essere stati deliberatamente...»
iniziò, ma a quel punto Charley prese Nick per mano e lo allontanò dal televisore. «Voglio sentire» disse lui. «Ce ne andiamo a fare un giro» disse Charley. «Perché?» «Invece di starsene seduti qui intorno al televisore a sentirsi tutti squinternati. Andremo a fare una corsa. Con il Tricheco Purpureo.» «Vuoi dire tornare là dove hanno ammazzato Denny?» La fissò con totale incredulità. «Probabilmente gli sporcaccioni neri avranno lasciato qualcuno appostato, un sistema d'allarme...» «Adesso la cosa non gli interessa più» disse Charley pacata. «Prima di tutto, sono stati richiamati tutti per tenere sotto controllo la folla, e in secondo luogo, se non vado a fare un giro sul Tricheco per qualche minuto, molto in alto e molto veloce, probabilmente cercherò di suicidarmi. Dico sul serio, Nick.» «Va bene» disse lui. In un certo senso aveva ragione: era inutile starsene lì, incollati al televisore. «Ma come ci arriviamo laggiù?» «Con la razzauto di Ed» disse Charley. «Ed, possiamo prendere in prestito la tua razzauto? Per fare un giretto?» «Certo.» Ed allungò loro le chiavi. «Però forse avrete bisogno di carburante.» Insieme, Nick e Charley salirono le scale fino al tetto: erano solo due piani, quindi l'ascensore non era necessario. Per qualche minuto, nessuno dei due parlò; si concentrarono sulla ricerca della razzauto di Ed. Salito a bordo, sistemato dietro la barra, Nick disse: «Avresti dovuto dirgli dove andiamo. E del Tricheco.» «Perché farlo preoccupare?» Quella fu la sua unica risposta completa; non aggiunse altro. Nick portò la razzauto su nel cielo; adesso, l'aria era praticamente priva di traffico. Dopo un po', si librarono sopra il vecchio palazzo di Charley. Là, sul campo di atterraggio sopra il tetto, spiccava il Tricheco Purpureo. «Devo scendere qui?» le chiese Nick. «Sì.» Lei guardò intorno. «Non vedo nessuno in giro. Sul serio, Nick, ormai non importa più a nessuno. È la fine di tutto. La fine della SP, di Gram, di Amos Ild... riesci a immaginare cosa farà quella cosa quando arriverà a lui?» Nick spense il motore e planò silenzioso fino a posarsi accanto al Tricheco. Fino a quel momento, tutto sembrava filare liscio.
Charley scese in fretta, la chiave in mano; andò alla portiera del Tricheco, inserì la chiave. La portiera si aprì; lei si infilò subito dietro la barra, facendo segno a Nick di aprire l'altra portiera. «Sbrigati» disse. «Sento suonare un allarme, probabilmente a piano terra. Ma cosa ce ne frega, ormai?» Pigiò ferocemente sull'acceleratore, e il Tricheco balzò verso l'alto, veleggiando obliquo come una rondine uscita da un granaio, come un disco sottile lanciato nell'aria. «Guarda dietro» disse Charley, «e vedi se qualcuno ci segue.» Lui obbedì. «Nessuno in vista.» «Farò qualche manovra evasiva» disse lei, «come le chiamava Denny. Sapevamo fare un sacco di spirali e di Immelmann. Roba davvero forte.» La razzauto picchiò, risalendo rombante in un canyon fra alti condomini. «Ascolta la musica di questi getti» disse Charley, e premette ancora di più il pedale dell'acceleratore. «Se guidi così» disse lui, «ci troveremo qualche poliziotto alle costole.» Lei girò la testa verso di lui. «Ma non capisci? A loro adesso non importa. L'intero sistema, tutto ciò che loro dovevano proteggere... è sparito. I loro superiori sono come l'uomo che tu e Ed avete trovato di sotto.» «Sai» disse lui, «sei cambiata da quando ti ho conosciuta.» Da un paio di giorni, si corresse. La sorprendente vitalità era scomparsa in lei; era diventata dura in modo quasi volgare: usava ancora il suo trucco, ma adesso era diventato una maschera completa, inanimata. Lo aveva già notato prima, ma adesso la cosa sembrava salire da livelli molto più profondi. Tutto in lei, anche quando parlava o si muoveva, sembrava inanimato. Come se ormai non provasse più nulla, pensò. Ma rifletti su quanto è successo, si disse: prima l'attacco della SP al centro di stampa della Sedicesima Strada, poi il suo orribile incontro con quel mostro in calore di Willis Gram, poi la morte di Denny. E adesso questo. Non le restava più nulla con cui provare sentimenti. Come se gli leggesse nel pensiero, Charley disse: «Non so guidare questo coso come lo guidava Denny. Lui era un asso come pilota; arrivava fino a centottanta...» «In città?» chiese Nick. «In mezzo al traffico?» «Sulle grandi linee autostradali» disse Charley. «Non so come abbiate fatto a non ammazzarvi mai.» La sua guida lo metteva terribilmente a disagio; per gradi, aveva continuato ad aumentare la velocità. Il tachimetro segnava centonovanta. Per lui era una velocità più che sufficiente.
«Sai» disse Charley, tenendo stretta la barra con entrambe le mani e fissando dritto davanti a sé, «Denny era un intellettuale, uno vero. Aveva letto tutti gli opuscoli e i saggi di Cordon, tutto quello che lui aveva scritto. Ne era molto fiero; lo faceva sentire superiore a chiunque altro. Sai cosa diceva di solito? Che lui - Denny - non poteva mai sbagliare, e che una volta avuta una premessa, era in grado di estrarne deduzioni di una sicurezza assoluta.» Rallentò, dirigendo la razzauto giù in una strada laterale fra edifici più bassi. Ora sembrava avere in mente una destinazione... prima aveva guidato solo per il gusto di volare, ma adesso rallentò ancora e scese di quota. Nick guardò di sotto, vide una piazza priva di costruzioni. «Central Park» disse lei, lanciandogli un'occhiata. «Eri mai stato qui?» «No» disse lui. «Non credevo che esistesse ancora.» «La maggior parte no. È stato ridotto a un solo acro. Ma c'è ancora erba; è sempre un parco.» Con voce seria, disse: «Denny e io lo abbiamo scoperto un giorno per caso, mentre facevamo un giro molto tardi, verso le quattro di mattina. Ci ha conquistati subito, non appena lo abbiamo visto. Atterreremo là.» La razzauto si abbassò, rallentando fino a librarsi quasi a mezz'aria, e infine lei permise alle gomme di toccare il terreno. La razzauto, con le ali richiuse, diventò di colpo un veicolo da superficie. Aprendo la portiera dal suo lato, Charley scese; Nick la imitò, e rimase sbalordito dalla consistenza dell'erba sotto i suoi piedi. Non aveva mai camminato sull'erba in vita sua. «Come sono le tue gomme?» chiese. «Cosa?» «Sono un risolcatore, ricordi? Se mi dai una torcia, darò un'occhiata e vedrò se qualcuna è ricostruita. Potrebbe costarti la vita, te ne rendi conto? Avere una gomma ricostruita senza saperlo.» Charley si distese sull'erba, le braccia piegate dietro la testa. «Le mie gomme sono a posto» disse. «Usiamo il Tricheco solo di notte, quando c'è spazio per volare liberi. Non lo usiamo di giorno come mezzo di superficie tranne nei casi di emergenza. Come quello che ha ucciso Denny.» Poi rimase silenzioso per parecchi minuti, semplicemente distesa sull'erba fredda e umida fissando le stelle. «Qui non viene nessuno?» chiese Nick. «Mai. L'avrebbero già cancellato completamente, ma Gram ha un debole per questo posto. Sembra che da bambino abbia giocato qui.» Sollevò la testa e disse in tono stupito: «Riesci a immaginarti Willis Gram da bambi-
no? O Provoni, magari? Lo sai perché ti ho portato qui? Per poter fare l'amore.» «Oh» disse lui. «Non sei sorpreso?» «È da quando ci siamo conosciuti che questa idea ci frulla per la testa» disse lui. Almeno per quanto riguardava lui, era vero; sospettava che anche per lei fosse lo stesso, ma naturalmente lei poteva sempre negarlo. «Posso spogliarti io?» chiese lei, frugandogli nelle tasche della giacca per controllare se aveva qualcosa di valore che poteva cadere fuori e andare perduto in mezzo all'erba. «Le chiavi della razzauto?» gli chiese. «Identicarte? Oh, al diavolo. Mettiti seduto.» Lui obbedì, e lei gli tolse la giacca, sistemandola con cura sul terreno accanto alla testa di lui. «Adesso la camicia» disse lei, e anche quella venne tolta. Finché, alla fine, fu lei a cominciare a spogliarsi. «Che seni piccoli hai» disse lui, vedendola al fioco chiarore delle stelle. «Senti» disse lei bruscamente, «non è che ti verrà a costare qualcosa.» Questo gli sciolse il cuore. «No, certo, lo so» disse. «Ma non voglio che tu lo faccia per...» Le posò una mano sulla spalla. «È solo che tu lo hai già fatto, qui, con Denny.» Per te, pensò, può essere come ai vecchi tempi, ma nel mio caso c'è uno spettro che incombe sopra di me: il viso da Dioniso di quel ragazzo... tutta quella vitalità, per finire liquidato in quel modo. «Mi ricorda un pezzo di una poesia» le disse, «di Yeats.» L'aiutò a togliersi il maglioncino alloplasmico; erano facili da infilare, difficili da togliere, una volta che si erano modellati sulle curve del corpo. «Dovrei semplicemente spruzzarmi di vernice» disse lei, quando finalmente il maglioncino venne via. «In questo modo non sentiresti il contatto del tessuto» disse lui. Fece una pausa, poi disse, speranzoso: «Ti piace Yeats?» «E venuto prima di Bob Dylan?» «Sì.» «Allora non voglio sentirne parlare. Per quello che mi riguarda, la poesia è iniziata con Dylan e dopo di lui è iniziato il declino.» Insieme, si tolsero il resto dei loro indumenti; per qualche istante rimasero nudi sull'erba fredda e umida, poi, simultaneamente, rotolarono l'uno verso l'altra; lui rotolò sopra di lei, la tenne ferma e la fissò in viso. «Sono brutta» disse lei. «Non è vero?» «Tu pensi questo?» Nick era allibito. «Ma se sei una delle donne più attraenti che abbia mai conosciuto.»
«Non sono una donna» disse lei in tono pratico. «Non posso dare nulla in cambio. Posso solo accettare, non dare. Quindi non aspettarti nulla da me, se non il fatto che ora sono qui.» «È violenza sessuale su una minorenne» le disse lui, di colpo. Charley disse: «Senti, la fine del mondo è arrivata; una creatura che è impossibile uccidere si sta impossessando di noi e ci distrugge neurologicamente. Quindi, in un momento simile, pensi che qualche sporcaccione voglia portarti in tribunale? E poi, prima dovrebbe esserci una denuncia, e chi la farebbe? Chi potrebbe testimoniare?» «"Testimoniare"» ripeté lui, tenendola stretta a sé per un istante. I sistemi di controllo televisivo della SP... probabilmente avevano una telecamera installata anche a Central Park, per quanto fosse ormai un luogo dimenticato da tutti. Si staccò da lei, poi balzò in piedi. «Rivestiti in fretta» disse, raccogliendo i suoi vestiti. «Se stai pensando a una telecamera degli sporcaccioni nel parco...» «Esatto.» «Credimi, stanno tutti guardando Times Square. Tranne quelli che sono Uomini Nuovi, come il Direttore Barnes. Quelli si staranno occupando dei Nuovi già colpiti.» Un pensiero la colpì. «Questo significa Willis Gram.» Si mise seduta, infilando le mani fra i capelli arruffati e bagnati dall'erba. «Mi dispiace» disse, «ma in un certo senso mi piaceva.» Cominciò a raccogliere i suoi vestiti, poi di colpo li lasciò ricadere a terra e disse implorante: «Ascolta, Nick, la SP non verrà ad arrestarci. Ora ti dico che cosa facciamo: tu mi tieni stretta ancora un po', magari anche solo per cinque minuti. E potrai leggermi quella - cos'era? - specie di poesia.» «Non ho il libro con me e lo sai bene.» «Non te la ricordi?» «Penso di sì.» La paura, simile a una marea che si alzasse nel suo cuore, lo fece tremare mentre rimetteva gli abiti a terra e tornava verso la ragazza supina. Mentre la circondava con le braccia, disse: «È una poesia triste; stavo pensando a Denny e a questo posto, al parco, dove venivate con il Tricheco. È come se il suo spirito fosse sepolto qui.» «Mi stai facendo male» si lamentò Charley. «Fallo più lentamente.» Nick si alzò nuovamente in piedi. Cominciò a rivestirsi metodicamente. «Non posso correre il rischio di farmi beccare» disse, «con quegli assassini, gli sporcaccioni neri, che mi cercano.» Lei rimase sdraiata, immobile. E poi disse: «Dimmi quella poesia.» «Ti vestirai? Mentre la dico?»
«No» disse lei, le braccia dietro la testa e gli occhi fissi sulle stelle. «Provoni è arrivato da lassù» disse. «Dio, come sono felice in questo momento di non essere un Uomo Nuovo...» Strinse le mani a pugno e macinò le parole fra i denti, con durezza: «Sta facendo quello che è giusto, ma... come si fa a non provare pena per loro, per i Nuovi? Lobotomizzati. I loro Noduli di Rogers spariti insieme a Dio solo sa cos'altro. Chirurgia dallo spazio.» Scoppiò a ridere. «Scriviamoci un libro e intitoliamolo "Il chirurgo cosmico giunto da una stella lontana". D'accordo?» Lui si accucciò, raccogliendo le cose di Charley. Borsa, maglioncino, biancheria. «Ti dirò la poesia e allora capirai perché non posso andare con te nei posti dove tu e Denny siete andati insieme; io non posso sostituirlo, non sono un nuovo Denny. La prossima volta mi regalerai il suo portafogli, che probabilmente è in pelle di struzzo, poi il suo orologio, un Criterion, e i suoi gemelli di agitite...» Si interruppe. «"Devo andare: c'è una tomba dove l'asfodelo e il giglio ondeggiano, e..."» Fece una pausa. «Continua» disse lei. «Ti sto ascoltando.» «"E vorrei compiacere l'impotente fauno, sepolto sotto il terreno addormentato, con gaie canzoni prima dell'alba."» «Cosa significa "gaie"?» chiese lei. Lui la ignorò e proseguì: «"Le sue giornate chiassose erano incoronate dalla gioia; e ancora sogno che cammini sul prato, passando tra la rugiada come un fantasma."» "Trafitto a fondo, pensò, dal mio felice cantare". Ma non riuscì a dirlo ad alta voce; lo emozionava troppo «A te piace?» chiese Charley. «Questa roba vecchia?» Nick disse: «È la mia poesia preferita.» «Ti piace Dylan?» «No» disse lui. «Dimmi un'altra poesia.» Rivestita, Charley sedette accanto a lui, le ginocchia piegate e la testa china. «Non ne so altre a memoria. Non ricordo neanche come continua questa, eppure l'avrò letta un migliaio di volte.» «Beethoven era un poeta?» chiese lei. «Un compositore. Scriveva musica.» «Anche Bob Dylan.» Nick disse: «Il mondo è iniziato prima di Dylan.» «Andiamo» disse Charley. «Sto cominciando ad avere freddo. Ti è piaciuto?» «No» disse lui sincero.
«Perché no?» «Sei troppo tesa.» «Se avessi passato quello che ho passato io...» «Forse il punto è proprio questo. Sei troppo esperta. Hai visto e fatto troppe cose e troppo presto. Ma ti amo.» Le mise un braccio intorno alle spalle, la strinse a sé e la baciò su una tempia. «Sul serio?» Un parte della sua antica vitalità ritornò in lei; fece un salto, spalancò le braccia e roteò su se stessa, le braccia tese. Una razzauto della polizia, con la sirena e il faro lampeggiante spenti, si abbassò dietro di loro e atterrò silenziosamente. «Il Tricheco» disse Charley; insieme si lanciarono verso il Tricheco e salirono a bordo, con Charley dietro la barra. Lei mise in moto; il Tricheco rollò in avanti mentre le ali si aprivano. Il faro rosso sul mezzo di pattuglia della SP si accese; lo stesso fece la sirena. E un altoparlante strombazzò parole che non riuscirono a decifrare; le parole echeggiarono in continuazione finché Charley non emise uno strillo di sofferenza. «Lo seminerò» disse lei. «Denny lo ha fatto un migliaio di volte; ho imparato da lui.» Pigiò l'acceleratore, schiacciandolo a tavoletta. Il ruggito dei reattori a pieno regime tuonò alle spalle di Nick, e al tempo stesso la sua testa fu spinta indietro mentre il Tricheco acquistava improvvisamente velocità. «Un giorno o l'altro ti mostrerò il suo motore» disse lei, gli occhi che si muovevano avanti e indietro. E il Tricheco continuava ad accelerare; Nick non aveva mai visto prima una razzauto carburata in quel modo, benché gli fossero capitate sotto gli occhi parecchie vetture truccate nell'officina di Zeta. Non erano di sicuro come questa. «Denny ha speso ogni pop che aveva nel Tricheco» disse lei. «L'ha costruito per questo, per dare la polvere agli sporcaccioni. Stai a guardare.» Toccò un interruttore e si appoggiò allo schienale del sedile, le mani staccate dai comandi. La razzauto si abbassò bruscamente, fin quasi a terra; Nick tese ogni muscolo del corpo - un impatto gli sembrava imminente ma poi, con l'intervento di un sistema di pilotaggio automatico che lui non conosceva, il veicolo cominciò a sfrecciare a enorme velocità lungo stradine strette, fra vecchi magazzini con le facciate in legno... sgusciando a circa un metro dal suolo. «Non puoi procedere così bassa» le disse. «Siamo al di sotto della quota per abbassare le ruote e continuare sulla superficie.» «Adesso guarda questo.» Lei girò la testa, esaminò il mezzo della SP
dietro di lei - li aveva seguiti, abbassandosi fino alla loro quota - e poi spostò il comando dello spostamento ascensionale sulla posizione dei novanta gradi. Schizzarono verso l'alto, nell'oscurità, con il mezzo inseguitore appiccicato alla loro coda. E in quel momento, da sud, comparve un secondo veicolo della polizia. «Dovremmo arrenderci» disse Nick, mentre i due veicoli della SP si appaiavano. «Ormai possono aprire il fuoco da un momento all'altro, e colpirci. Fra un altro minuto, se non obbediamo a quella luce rossa che lampeggia, lo faranno.» «Ma se ci prendono, ti liquideranno» disse Charley. Aumentò l'angolo di volo, e tuttavia, dietro di loro, i due mezzi della polizia continuarono a fare ululare le loro sirene e a lampeggiare i fari rossi. Il Tricheco si abbassò di nuovo, come un sasso, finché il controllo automatico non lo bloccò a poco più di un metro dall'asfalto. La polizia continuò a tallonarli. Anche loro si tuffarono verso il basso. «Oh, Dio» disse Charley. «Anche loro hanno il sistema di controllo marginale Reeves-Fairfax. Vediamo un po'...» Il suo viso si contorse freneticamente. «Denny» disse. «Denny, cosa devo fare? Cosa faccio adesso?» Girò dietro un angolo... graffiando un lampione stradale, notò lui. Poi una nube infuocata esplose direttamente davanti a loro. «Hanno lanciagranate o missili termotropici» disse Nick. «Un colpo di avvertimento. Accendi la radio sulla frequenza della polizia.» Allungò una mano verso il quadro comandi, ma lei gliela afferrò rabbiosamente e la spinse indietro. «Non voglio parlare con quelli» disse Charley. «E non voglio nemmeno ascoltarli.» Nick disse: «Con il prossimo colpo ci distruggeranno. Hanno l'autorità per farlo, e lo faranno.» «No» disse Charley. «Non riusciranno ad abbattere il Tricheco. Denny, te lo prometto.» Il Tricheco riprese quota, fece un Immelmann, poi ne fece un altro, poi un avvitamento a spirale... e i mezzi della polizia gli rimasero incollati dietro. «Adesso vado... lo sai dove voglio andare?» disse Charley. «A Times Square.» Lui se lo aspettava. «No» disse. «Non lasciano entrare mezzi aerei in quella zona; l'hanno isolata. Andresti a sbattere contro una falange compat-
ta di soldati e poliziotti.» Ma lei continuò decisa. Lui vide la luce di molti riflettori davanti a loro, e diversi veicoli militari che volavano in cerchio. Erano quasi arrivati. «Voglio andare da Provoni» disse lei, «e chiedergli asilo. Per tutti e due.» «Per me, vuoi dire» disse lui. Charley disse: «Gli chiederò senza troppi complimenti di farci entrare sotto il suo scudo protettivo. Lo farà; so che lo farà.» «Forse» disse Nick. Di colpo, una sagoma massiccia comparve di fronte a loro. Un lento veicolo dell'esercito, che portava munizioni per il cannone che sparava testate all'idrogeno; aveva tutte le sue luci di posizione accese, da un'estremità all'altra. Charley disse: «Oh, Dio, non posso...» E poi l'urto. Una luce gli colpì gli occhi. Udì - sentì - dei movimenti intorno a sé. La luce gli procurava dolore e lui cercò di sollevare la mano, di schermare quella luce, ma il braccio non volle muoversi. Però non sento nulla, si disse. Si sentiva completamente lucido. Siamo a terra, si disse. È un agente della SP che mi punta la sua torcia negli occhi, cercando di capire se sono privo di sensi oppure morto. «Come sta lei?» domandò Nick. «La ragazza che era con te?» Una voce pacata, calma. Troppo calma. La voce di qualcuno a cui non importava nulla di ciò che vedeva. Aprì gli occhi. Un agente dell'SP in uniforme verde gli incombeva sopra con una torcia e una pistola. Rottami, in massima parte del mezzo militare che trasportava munizioni, erano sparsi dappertutto; vide un'ambulanza, con uomini vestiti di bianco all'opera. «La ragazza è morta» disse l'agente della SP. «Posso vederla? Devo vederla.» Lottò, cercando di alzarsi; l'agente lo aiutò, poi tirò fuori penna e taccuino. «Il tuo nome?» chiese. «Me la faccia vedere.» «È conciata male.» Nick disse: «Me la faccia vedere.» «Va bene, amico.» L'agente della SP gli fece strada, usando la sua torcia, fra i mucchi di rottami. «Eccola là.» Era il Tricheco Purpureo. Charlotte era ancora dentro l'abitacolo. Chiunque l'avesse vista per primo non poteva aver nutrito dubbi sul fatto che
fosse morta: il suo cranio era stato spaccato nettamente in due dalla barra di comando, contro la quale era stata scagliata con forza enorme quando il Tricheco aveva colpito il grosso scafo del trasporto munizioni. Qualcuno, tuttavia, aveva spostato la barra, lasciando scoperta l'apertura che la barra aveva provocato. Si vedeva la corteccia cerebrale, sporca di sangue, con le sue circonvoluzioni, spaccata in due. Trafitta, pensò lui, come nella poesia di Yeats; "trafitta a fondo dal mio felice cantare." «Doveva succedere» disse Nick al poliziotto. «Se non così, in qualche altro modo. Un modo rapido. Magari ammazzata da qualche alcolomane.» «Stando ai suoi documenti,» disse il poliziotto, «aveva solo sedici anni.» «È esatto» disse Nick. Risuonò un tremendo boato, che fece tremare la terra sotto di loro. «Il cannone a testate H» disse il poliziotto, indaffarato con penna e taccuino. «Stanno sparando ancora su quel Frolixiano.» Si strinse nelle spalle. «Non servirà a niente. Si è già infilato nella mente di tutti gli abitanti del pianeta. Il tuo nome?» «Denny Strong.» «Fammi vedere un'identicarta.» Nick si girò e cominciò a correre, come meglio poteva. Il poliziotto gli gridò dietro: «Rallenta pure, amico. Non ti sparerò. Che cosa me ne importa, ormai? Mi dispiace soltanto per la ragazza.» Rallentando fino a fermarsi, Nick si girò a guardarlo. «Perché?» chiese. «Perché ti dispiace per lei? Non la conoscevi nemmeno. Perché non ti dispiace per me? Sono sulla lista degli sporcaccioni neri; non ti importa nemmeno questo?» «Non molto. Non dopo aver visto il mio capo al videofono. Era un Uomo Nuovo, capisci? Come un bambino. Stava giocando con gli oggetti sulla sua scrivania, li ammucchiava secondo il colore, credo.» «Potresti darmi un passaggio?» chiese Nick. «Dove vuoi andare?» «Al Palazzo Federale» disse Nick. «Ma quella ormai è una gabbia di matti. Con tutti quegli Uomini Nuovi nei loro ufficetti... meglio starne alla larga.» «Voglio vedere il Presidente del Consiglio Gram.» «Probabilmente è come tutti gli altri, gli altri Insoliti e Uomini Nuovi.» Pensieroso, l'agente disse: «Però, non so se ha fatto qualcosa anche agli Insoliti, ad essere sincero. Agli Uomini Nuovi sì, ma...» «Portami là» disse Nick.
«Va bene, amico, ma sei ferito... hai un braccio rotto e probabilmente, molto probabilmente, qualche lesione interna. Non preferisci andare in un ospedale?» «Voglio vedere il Presidente del Consiglio Gram.» L'agente disse: «D'accordo, ti darò uno strappo fin là. Ma ti scarico sul tetto. Non voglio restare impegolato in quello che sta succedendo... e non voglio che cominci a fare effetto anche su di me.» «Sei un Uomo Vecchio?» chiese Nick. «Sì, certo. Come te. Come quasi tutti. Come tutta questa città, tranne nei posti come il Palazzo Federale dove gli Uomini Nuovi...» «Non farà effetto su di te» disse Nick. Camminò con andatura incerta, ma senza bisogno di aiuto, verso il più vicino mezzo di pattuglia della polizia. Camminò... cercando di non perdere i sensi. Non ora, si disse. Prima viene Gram; dopo non avrà più importanza. Forse è stato risparmiato; come ha detto il poliziotto, la cosa sembra colpire più gli Uomini Nuovi, non gli Insoliti. Il poliziotto salì con calma sul veicolo, lo aspettò, poi salì nel cielo. «Un vero peccato per quella figliola,» disse il poliziotto. «Ma ho notato che razza di belva guidava, truccata da matti. Era sua?» Nick non disse nulla, tenendosi stretto il braccio destro e lasciando la mente sgombra di ogni pensiero. Sentendo semplicemente i palazzi che gli sfrecciavano sotto mentre la razzauto della polizia si dirigeva verso il Palazzo Federale, settantacinque chilometri oltre i confini della città di New York, nella satrapia di Washington, D.C. «Perché andava così forte?» chiese il poliziotto. «Per salvarmi» disse lui. «Ecco perché andava così forte. È stato questo a ucciderla.» La razzauto proseguì il suo volo, con il solito rumore familiare di un aspirapolvere. Il campo di atterraggio sul tetto del Palazzo Federale brulicava delle luci dei veicoli che arrivavano e partivano. Tuttavia si vedevano solo razzauto con i contrassegni ufficiali; il campo era ovviamente chiuso al pubblico... Dio solo sapeva per quanto ancora. L'agente della SP disse: «Ho l'autorizzazione alla discesa.» Indicò una luce verde pulsante sul complicato pannello di comando della razzauto. Scesero su una piazzola libera; Nick, con l'aiuto dell'agente, riuscì a uscire e a reggersi in piedi sia pure in modo malfermo.
«Buona fortuna, amico» disse l'agente, e un attimo dopo era già sparito; la sua razzauto diventò invisibile nel cielo soprastante, quando le sue luci rosse ammiccanti si confusero con le stelle. Alla rampa di accesso, situata sul lato opposto del campo d'atterraggio, una fila di sporcaccioni neri gli sbarrò il passo. Tutti erano armati con carabine dai grilletti sottili come piume. E tutti lo guardarono come se lui fosse un mucchio di letame. «Il Presidente del Consiglio Gram...» cominciò Nick. «Levati dai piedi» disse uno sporcaccione nero. Nick disse: «... mi ha chiesto di venire qui per incontrarlo.» «Non sai che un alieno di quarantamila tonnellate sta...» «Sono qui per l'emergenza» disse Nick. Uno degli sporcaccioni neri parlò in un microfono da polso, aspettò in silenzio continuando ad ascoltare dal suo ricevitore auricolare, poi annuì. «Può entrare.» «Ti scorto fino all'ufficio» disse un altro degli sporcaccioni neri. «Tutto questo cazzo di posto sta andando in malora.» Fece strada, e Nick lo seguì muovendosi come meglio poteva. «Cosa ti è successo?» chiese l'agente. «Sembri uscito da un incidente di volo.» «Sto benissimo» disse Nick. Passarono davanti a un Uomo Nuovo immobile con dei fogli dattiloscritti fra le mani, e chiaramente assorbito dal tentativo di leggerli. Qualche residuato di intelligenza gli diceva che doveva leggerli, ma nei suoi occhi non c'era comprensione, solo una confusione spaventata. «Da questa parte.» L'agente vestito di nero lo guidò attraverso una fila di cubicoli; Nick riuscì a scorgere alcuni Uomini Nuovi sparsi qua e là, alcuni seduti sul pavimento, altri che cercavano di fare qualcosa, di maneggiare oggetti, altri ancora che si limitavano a sedere o a stare sdraiati, guardando vacuamente in avanti. Notò anche che alcuni dimostravano attacchi di collera violenta; a quanto sembrava, degli impiegati Vecchi, fatti arrivare in volo per l'emergenza, cercavano di tenerli sotto controllo. L'ultima porta si spalancò; l'agente si fece di lato, disse: «Eccoci» e si allontanò, ripercorrendo la strada dalla quale erano giunti. Willis Gram non si trovava sul suo grande letto sgualcito. Invece, era seduto su una sedia all'estremità opposta della stanza, con aria inequivocabilmente riposata; il suo volto sembrava controllato e tranquillo. «Charlotte Boyer» disse Nick, «è morta.»
«Chi?» Gram sbatté le palpebre e si girò per concentrare la sua attenzione su Nick. «Ah. Sì.» Alzò le mani con le palme verso l'alto. «Mi hanno tolto le mie capacità telepatiche. Adesso sono solo un Uomo Vecchio.» Un interfono sulla scrivania annunciò improvvisamente: «Signor Presidente, abbiamo installato il secondo sistema laser, questa volta sul tetto del Carriager Building, e tra venti secondi avrà concentrato il suo raggio nello stesso punto del sistema laser di Baltimora.» Gram disse, ad alta voce: «Provoni si trova ancora lì?» «Sì. Il raggio di Baltimora è indirizzato interamente su di lui. Quando aggiungeremo il raggio di Kansas City, praticamente raddoppieremo la potenza a livello di emissione.» «Mi tenga informato» disse Gram. «E grazie.» Si girò verso Nick. Oggi, Gram era vestito di tutto punto: pantaloni da uomo d'affari, camicia di seta con maniche a sbuffo, scarpe a punta quadrata. Era ben curato, vestito alla moda, e calmo. «Mi dispiace per la ragazza» disse. «Sono addolorato, ma non addolorato sul serio... non nel vero senso della parola... come sarebbe stato se l'avessi conosciuta meglio.» Si stropicciò il volto con un gesto stanco, ed essendo stato incipriato da poco, uno strato bianco gli rimase attaccato alle mani; batté le mani irritato. «Non ho intenzione di sprecare lacrime per gli Uomini Nuovi» disse, contorcendo le labbra. «È colpa loro. Conosce una persona, un Uomo Nuovo, di nome Amos Ild?» «Certo» rispose Nick. «"Non esiste la benché minima possibilità"» disse Gram, «"che Provoni abbia portato un alieno con sé." Tutto merito della neutrologica, che tutti noi, Uomini Vecchi, Uomini Nascosti e Insoliti non siamo in grado di capire. Be', non c'è niente da capire, non funziona. Amos Ild era solamente un eccentrico, che giocherellava con milioni di componenti per il suo progetto del Grande Orecchio. Era un folle.» «Dove si trova adesso?» disse Nick. «Da qualche parte a giocare con dei fermacarte» disse Gram. «Intento a preparare complicati sistemi di bilanciamento per i fermacarte, usando righelli come barre di sostegno.» Sogghignò. «E lo farà per il resto della sua vita.» «Quanto si è espansa la distruzione dei tessuti neurologici, in senso geografico?» chiese Nick. «Su tutto il pianeta? Fino alla Luna e Marte?» «Non lo so. Quasi tutti i circuiti di comunicazione non sono più controllati dal solito personale; non c'è nessuno, proprio nessuno, all'altro capo. Il che è a dir poco strano.»
«Ha chiamato Pechino? Mosca? Sumatra Uno?» «Le dirò chi ho chiamato» disse Gram. «Il Comitato Straordinario per la Sicurezza Pubblica.» Nick disse: «E non esiste più.» Annuendo, Gram disse: «Lui... esso... li ha uccisi. Ha svuotato il loro cranio, li ha lasciati vuoti. Tranne per il diencefalo, per qualche strano motivo. Hanno lasciato solo quello.» «Le funzioni neurovegetative» disse Nick. «Sì, avremmo potuto tenerli in vita come vegetali. Ma non ne valeva la pena. Non appena ho conosciuto la gravità dei danni cerebrali, ho detto ai vari dottori di lasciarli morire. Comunque, tutto questo riguarda solo gli Uomini Nuovi. Ci sono due Insoliti nel Comitato per la Sicurezza Pubblica, un precognitivo e un telepate. Le loro capacità sono sparite, come la mia. Ma siamo vivi. Per un po'.» «A voi non farà più niente» disse Nick. «Ora che lei è un Uomo Vecchio, non corre più pericoli di me.» «Perché voleva vedermi?» chiese Gram, girandosi per guardarlo in viso. «Per dirmi di Charlotte? Per farmi sentire colpevole? Cristo, c'è un milione di puttanelle come lei che si aggirano per il mondo; può trovarsene un'altra nel giro di mezz'ora.» Nick disse: «Lei ha mandato tre sporcaccioni neri a uccidermi. Invece hanno ucciso Denny Strong, e a causa della sua morte non siamo riusciti a controllare il Tricheco Purpureo; questo ha provocato lo schianto. Questo ha provocato la sua morte. È stato lei a mettere in moto il succedersi delle circostanze; tutto è iniziato da lei.» «Richiamerò gli agenti speciali» disse Gram. «Questo non basta» disse Nick. L'interfono gorgogliò a nuova vita. «Signor Presidente, entrambi i fasci laser sono ora puntati sul bersaglio, Thors Provoni.» «Con quali risultati?» chiese Gram, ora rigidamente in piedi, sostenendo la sua grande massa appoggiandosi alla scrivania. «Me li stanno passando adesso» disse l'interfono. Gram attese in silenzio. «Nessun cambiamento visibile. No, signore, nessun cambiamento.» «Forse con tre sistemi laser» disse Gram con voce roca. «Se ne prendessimo uno da Detroit...» «Signore, non riusciamo nemmeno a far funzionare a pieno regime quel-
li che abbiamo. La malattia mentale che sta attaccando i Nuovi Uomini non ci permette di...» «Grazie» disse Gram, e spense l'interfono. «"Malattia mentale"» disse, con feroce ironia. «Magari si trattasse soltanto di quello. Qualcosa che si potesse trattare in un sanatorio. Com'è che chiamano quel genere di malattie? Psicogeniche?» Nick disse: «Vorrei vedere Amos Ild. Mentre sistema fermacarte in equilibrio sopra dei righelli.» Il più grande intelletto mai prodotto dalla razza umana, pensò. Neanderthal, Homo Sapiens, poi Uomo Nuovo... l'evoluzione. E usando la neutrologica degli Uomini Nuovi, aveva tentato la battuta; facendo cilecca. Ma forse Gram ha ragione, pensò. Forse Amos Ild è sempre stato pazzo... ma non avevamo nessun metodo per misurare una mente unica come la sua, nessuno standard con il quale giudicarlo. È un bene che ci siamo liberati di Ild, pensò. È un bene che ci siamo liberati di tutti loro, pensò. Forse tutti gli Uomini Nuovi, in un modo o nell'altro, erano pazzi. È solo una questione di percentuale. E la loro neutrologica... la logica dei pazzi. «Ha un aspetto orribile» disse Gram. «Farebbe meglio a cercare assistenza medica; vedo che ha un braccio rotto.» «Nella sua infermeria?» disse Nick. «Come lei la chiama?» «Sotto l'aspetto medico sono competenti» disse Gram. «È strano» disse, parlando per metà con se stesso, «continuo a sforzarmi di sentire i suoi pensieri e non arrivano mai. Ho solo le sue parole su cui basarmi.» Inclinò la testa arruffata, studiando Nick. «È venuto qui per...» «Volevo che sapesse di Charlotte» disse Nick. «Ma lei è disarmato; non ha intenzione di liquidarmi. È stato perquisito; lei non lo sa, ma ha superato cinque zone di controllo. Non è così?» Con una velocità insolita per un uomo della sua corporatura, si girò rapidamente e toccò una sporgenza della sua scrivania. All'istante cinque agenti vestiti di nero comparvero nella stanza; non sembrava fossero entrati; erano solo comparsi. «Controllate se è armato» disse Gram rivolto agli agenti in nero. «Cercate qualcosa di piccolo, come un coltello di plastica, o una microtavoletta di germi.» Due di loro perquisirono Nick. «No, signore» informarono il Presidente del Consiglio. «Restate dove siete» ordinò loro Gram. «Puntategli addosso i vostri tubi e uccidetelo se fa una mossa. Quest'uomo è pericoloso.» «Davvero?» chiese Nick. «Il cittadino 3XX24J è pericoloso? Allora an-
che sei miliardi di Uomini Vecchi sono pericolosi, e i suoi sporcaccioni neri non riusciranno a tenerli a bada. Sono tutti Uomini Nascosti, adesso; hanno visto Provoni; sanno che è tornato, come aveva promesso; sanno che le vostre armi non possono ferirlo; sanno quello che il suo amico, il Frolixiano, è capace di fare - e ha già fatto - agli Uomini Nuovi. Il mio braccio rotto è paralizzato; non potrei premere un grilletto in nessun modo. Perché non ha voluto lasciarci in pace? Perché non ha voluto permetterle di venire da me, e lasciarci vivere insieme? Perché ha dovuto sguinzagliarci dietro quegli sporcaccioni neri? Perché?» «Gelosia» disse Gram pacato. «Intende dimettersi da Presidente del Consiglio?» chiese Nick. «Lei non ha nessuna qualifica speciale. Lascerà governare Provoni? Provoni e il suo amico di Frolix 8?» Dopo una pausa, Gram disse: «No.» «Allora la uccideranno. Saranno gli Uomini Nascosti a farlo. Verranno qui non appena capiranno cosa è successo. E quei carri blindati e le razzauto armate e le squadre di guardie nere riusciranno a malapena a fermare le prime migliaia di loro. Sei miliardi, Gram. I militari e gli sporcaccioni neri possono ammazzare sei miliardi di uomini? Oltre a Provoni e al Frolixiano? Le resta davvero qualche via di scampo? Non è giunto il momento di passare il controllo del governo, l'intero apparato di questo sistema, a qualcun altro? Lei è vecchio e stanco. E non ha certo svolto un buon lavoro. Liquidare Cordon... solo questo, se venisse giudicato da un tribunale onesto, basterebbe a farla impiccare.» E può benìssimo darsi che ciò accada, pensò. Per questa e per altre decisioni prese da Gram durante la sua permanenza al potere. Gram disse: «Voglio andare a parlare con Provoni.» Fece un cenno col capo agli agenti vestiti di nero. «Fate venire una razzauto della polizia, e che tutto sia pronto.» Premette un pulsante sulla scrivania. «Signorina Knight, chieda al reparto comunicazioni di stabilire un contatto audio fra me e Thors Provoni. Dica loro di mettersi al lavoro immediatamente. Massima priorità.» Tolse il contatto, si alzò e disse a Nick: «Voglio...» Esitò. «Lei ha mai assaggiato whiskey scozzese?» «No» disse Nick. «Ho uno Scotch di ventiquattro anni, una bottiglia che non ho mai aperto, una bottiglia per un'occasione speciale. Secondo lei questa non è un'occasione speciale?»
«Immagino che la sia, signor Presidente.» Avvicinatosi alla libreria contro la parete di destra, Gram spostò diversi volumi, frugò dietro quelli che rimanevano e tirò fuori una lunga bottiglia piena di un liquido ambrato. «Okay?» disse a Nick. «Okay» disse Nick. Gram si sedette alla scrivania, strappò il sigillo metallico dal collo della bottiglia, tolse il tappo, poi si guardò intorno in mezzo al disordine finché non trovò due bicchieri di plastica. Vuotò il loro contenuto in un cestino lì accanto, poi versò dello Scotch in entrambi i bicchieri. «A cosa brindiamo?» chiese a Nick. «Fa parte del rituale per bere alcol?» chiese Nick. Gram sorrise: «Berremo a una ragazza che è riuscita a liberarsi di quattro MP alti un metro e ottanta.» Rimase silenzioso per un attimo, senza bere. Anche Nick strinse il suo bicchiere senza sollevarlo. «A un pianeta migliore» disse Gram, e scolò il suo bicchiere. «A un pianeta dove non avremo bisogno dei nostri amici di Frolix 8.» «A questo non voglio bere» disse Nick; posò il suo bicchiere. «Be', allora beva e basta! Scopra che sapore ha lo Scotch! Il migliore dei whiskey!» Gram lo fissò con incredulità e risentimento... quest'ultimo crebbe fino a rendergli il viso di un rosso cupo. «Non si rende conto di ciò che le viene offerto? Ha perduto il suo senso della prospettiva.» Picchiò un pugno con aria irosa sulla superficie in noce della sua maestosa scrivania di legno. «Tutta questa storia le ha fatto perdere i suoi valori! Dobbiamo...» «La vettura speciale è pronta, signor Presidente» disse l'interfono. «È in attesa sul tetto, all'imbarco cinque.» «Grazie» disse. «E il contatto audio? Non posso muovermi finché non avrò un contatto a voce per mettere in chiaro che non ho intenzione di fare loro del male. Spegnete i laser. Tutti e due.» «Signore?» Gram ripeté l'ordine. Frettolosamente. «Sì, signore» disse l'interfono. «Continueremo a cercare di stabilire un contatto audio. Nel frattempo, terremo pronto il suo mezzo.» Sollevando la bottiglia, Gram si versò altro Scotch. «Non riesco a capirla, Appleton» disse a Nick. «Lei viene qui a... a fare cosa, in nome di Dio? È ferito, ma rifiuta...» «Forse è per questo che sono venuto qui» disse Nick. «"In nome di Dio". Come ha detto lei.» Per starti a guardare, pensò, finché non sarai pronto a
morire. Perché tu e quelli come te dovete scomparire; dovete fare spazio a ciò che sta per arrivare. Per quello che noi faremo. Per i nostri progetti, invece di quelle idee semi-psicotiche come il Grande Orecchio. Il Grande Orecchio... che magnifico congegno per qualsiasi governo, per riuscire a tenere chiunque in riga. Peccato che non sarà mai completato, pensò. Provvederemo noi, anche se in realtà ci hanno già pensato Provoni e il suo amico. Ma noi renderemo definitiva la cosa. «Abbiamo stabilito un contatto video e audio, signor Presidente» disse l'interfono. «Linea cinque.» Gram sollevò il ricevitore rosso e disse: «Salve, signor Provoni.» Sullo schermo apparve il viso ruvido e ossuto di Provoni, con le sue ombre, le rughe, le asperità, le infossature... e quei due occhi che contenevano il vuoto assoluto che Nick aveva sentito quando la sonda lo aveva attraversato. Ma gli occhi contenevano dell'altro: scintillavano di una luce animalesca, erano gli occhi di una creatura viva e determinata che cercava e inseguiva ciò che voleva. Un animale fuggito dalla sua gabbia. Occhi forti, infossati in un viso altrettanto forte, per quanto esausto. «Penso che sarebbe bene se lei venisse qui» disse Gram. «Ha già compiuto danni enormi; o meglio, l'organismo irresponsabile che si trova con lei ha compiuto danni enormi. Migliaia di uomini e donne, di importanza vitale per il governo, l'industria e le scienze...» «Dovremmo incontrarci» lo interruppe Provoni con voce roca, «ma sarebbe difficile per il mio amico spostarsi così lontano.» «Abbiamo spento i laser, come gesto di buona fede,» disse Gram, teso, lo sguardo fisso. «Sì, grazie per i raggi laser.» Il viso granitico di Provoni si aprì per rivelare un sorriso fra la barba lunga. «Senza quella fonte di energia, non avrebbe potuto compiere la sua opera. Almeno per il momento. Nel giro di qualche mese... be', alla fine ci sarebbe riuscito; la nostra opera sarebbe stata compiuta.» «Dice sul serio?» chiese Gram, grigio in volto come cenere. «A proposito dei raggi laser?» «Sì. Lui ha convertito l'energia del sistema laser; lo ha rivitalizzato.» Gram distolse per un attimo il viso dallo schermo, evidentemente per riprendere il controllo di sé. «Si sente bene, signor Presidente?» chiese Provoni. Gram disse: «Qui lei potrebbe radersi, fare un bagno, un massaggio, una visita medica, riposare per un po'... e poi potremmo parlare.»
«Sarà lei a venire qui» disse con calma Provoni. Dopo una pausa, Gram disse: «D'accordo. Sarò lì fra quaranta minuti. Garantisce la mia sicurezza e la libertà di andarmene?» «La sua "sicurezza"» ripeté Provoni. Scosse il capo. «Lei non comprende ancora l'ampiezza di ciò che è accaduto. Sì, sarò lieto di garantire la sua sicurezza. Se ne potrà andare nello stesso stato in cui è arrivato, almeno per quanto riguarda le nostre azioni. Se le viene una trombosi alle coronarie...» «D'accordo» disse Gram. E così, nel giro di un solo minuto, Willis Gram aveva capitolato completamente; era lui che doveva andare da Provoni, non il contrario... e non si trattava neppure di un luogo neutrale, a mezza strada, fissato a uguale distanza fra loro due. Ed era una decisione necessaria, razionale; non aveva altra scelta. «Ma non ci saranno trombosi alle coronarie» disse Gram. «Sono pronto ad affrontare qualsiasi cosa si renda necessaria. Qualsiasi condizione si debba accettare. Chiudo.» Riappese il ricevitore. «Lo sa cos'è che mi tormenta, Appleton? La paura che possano arrivare altri Frolixiani, che questo sia solamente il primo.» «Non ne servono altri» disse Nick. «Ma se vogliono impadronirsi della Terra...» «Non lo vogliono.» «Lo hanno già fatto. In un certo senso.» «Ma adesso è finita. Non ci saranno altri danni. Provoni ha ciò che vuole.» «Supponiamo che a loro non interessi Provoni e ciò che lui vuole. Supponiamo...» Uno degli agenti in nero disse: «Signore, per raggiungere Times Square in quaranta minuti... dovremmo partire subito.» Aveva dei galloni addosso: uno sporcaccione di alto grado. Con un grugnito, Gram raccolse un pesante cappotto di lanex e se lo mise sulle spalle. Uno degli agenti lo aiutò. «Quest'uomo,» disse Gram, indicando Nick, «deve essere portato in infermeria e curato.» Inclinò il capo, e due degli agenti si avvicinarono a Nick minacciosi, gli occhi più spenti del solito e tuttavia sempre intensi. «Signor Presidente» disse Nick, «vorrei chiederle un favore. Posso vedere Amos Ild per qualche minuto, prima di andare all'infermeria?» «Perché?» chiese Gram, mentre si avviava verso la porta insieme agli al-
tri due agenti in nero. «Voglio solo parlargli. Vederlo. Cercare di capire tutto questo, tutto ciò che è successo agli Uomini Nuovi, vedendolo. Vedendolo al livello in cui si trova ora...» «Al livello di un deficiente» disse duramente Gram. «Non vuole venire con me a incontrare Provoni? Potrebbe esprimergli i desideri di...» Fece un gesto. «Barnes diceva che lei era rappresentativo.» «Provoni sa ciò che voglio... ciò che tutti vogliono. Quello che succederà fra voi due è semplice: lei si dimetterà dal suo incarico e lui prenderà il suo posto in questo ufficio. Il sistema del Servizio Statale verrà cambiato in modo radicale; molte cariche diventeranno elettive, invece che ottenute per nomina. Saranno creati campi dove gli Uomini Nuovi potranno essere felici; dobbiamo pensare anche a loro, alla loro impotenza. Ecco perché voglio vedere Amos Ild.» «Allora lo faccia.» Gram fece un cenno di assenso ai due agenti che fiancheggiavano Nick. «Voi sapete dove si trova Ild... accompagnatelo là, e quando avrà finito portatelo in infermeria.» «Grazie» disse Nick. Esitante, Gram chiese: «Lei è davvero morta?» «Sì» disse Nick. «Mi dispiace.» Gram allungò un mano. Nick declinò l'offerta. «Io volevo vedere morto lei, Appleton» disse Gram. «Ma adesso... al diavolo, adesso non ha più importanza. Be', finalmente sono riuscito a separare la mia vita privata dalla vita pubblica; la mia vita privata è finita.» «Come ha detto lei» disse gelido Nick, «"c'è un milione di puttanelle come lei che si aggirano per il mondo."» «È vero» disse Gram impassibile. «L'ho detto io.» Dopo di che se ne andò, insieme alle due guardie. La porta si richiuse con un sibilo dietro di loro. «Vieni con noi» disse uno dei due sporcaccioni neri rimasti. «Verrò con la velocità che mi va di tenere» disse lui; il braccio gli doleva terribilmente, e incominciava a provare un senso di nausea allo stomaco. Gram aveva ragione... molto presto avrebbe dovuto scendere all'infermeria. Ma non prima di aver visto, con i suoi occhi, Amos Ild. Il più grande intelletto mai nato nel genere umano. «Là dentro.» Una delle guardie indicò una porta sorvegliata da un agente della SP che indossava l'uniforme verde regolamentare. «Fatti da parte»
disse lo sporcaccione nero. «Non sono autorizzato a...» L'agente in nero sollevò il fucile. Come per colpirlo. «Come volete» disse l'agente in verde, e si fece da parte. Nicholas Appleton entrò nella stanza. Al centro della stanza sedeva Amos Ild, la grande testa sorretta dal colletto di staffe metalliche. Si era circondato con un grande varietà di oggetti: fermagli, penne, fermacarte, righelli, gomme, fogli di carta, cartoni, riviste, riassunti... aveva strappato pagine dalle riviste, le aveva appallottolate e poi le aveva gettate via. Ora, in questo istante, stava disegnando su un pezzo di carta. Nick si avvicinò per vedere. Uomini filiformi, un enorme cerchio nel cielo che rappresentava il sole. «Alla gente piace il sole?» chiese ad Amos Ed. Ild disse: «Li riscalda.» «Allora vanno nel sole?» «Sì.» Amos Ild si mise a disegnare su di un altro foglio, stanco del precedente. Disegnò una cosa che sembrava un animale. «Un cavallo?» chiese Nick. «Un cane? Ha quattro gambe; è un orso? Un gatto?» Amos Ild disse: «Sono io.» Il dolore schiacciò il cuore di Nick Appleton. «Ho una tana» disse Ed, disegnando verso il basso del foglio, con un pastello marrone, un cerchio schiacciato e irregolare. «È qui.» Mise il dito sul cerchio schiacciato marrone. «Vado dentro quando piove. Sto al caldo.» Nick disse: «Le costruiremo una tana. Esattamente come questa.» Sorridendo, Amos Ild appallottolò il disegno. «Che lavoro vuole fare» chiese Nick, «quando diventerà grande?» «Sono già grande» disse Dd. «Allora, che lavoro fa?» Ild esitò. Poi disse: «Costruisco cose. Guarda.» Si alzò dal pavimento, con la testa che ondeggiava pericolosamente... Dio, pensò Nick, gli spezzerà la schiena. Con orgoglio, mostrò a Nick il groviglio di fermacarte e righelli che aveva costruito. «Molto bello» disse Nick. «Se si toglie un peso» disse Ild, «crolla tutto.» Un'espressione maliziosa comparve sul suo viso. «Sto per togliere un pezzo.»
«Ma non vorrà farla crollare, vero?» Amos Ild, torreggiando su Nick, dominandolo con la sua enorme testa e con il complicato sostegno, disse: «Che lavoro fai?» «Sono un risolcatore di gomme» rispose Nick. «La gomma è quella cosa che ha una razzauto e che continua a girare e girare?» «Giusto» disse Nick. «La razzauto ci atterra sopra. Sulle gomme.» «Un giorno, potrei farlo anch'io? Diventare un...» Ild esitò. «Un risolcatore di gomme» completò paziente Nick. Si sentiva calmo. «È un lavoraccio. Non credo le piacerebbe.» «Perché no?» «Perché, vede, ci sono i solchi sulle gomme... e bisogna scavarli più in profondità in modo da far sembrare che ci sia più gomma di quella che c'è, ma la persona che la compra, per questo motivo, potrebbe bucare. E allora potrebbe avere un incidente, e anche ferirsi.» «Tu sei ferito» disse Ild. «Il braccio è rotto.» «Allora deve farti male.» «Non proprio. È paralizzato. Sono ancora sotto shock, almeno per un po'.» La porta si aprì e uno degli agenti in nero guardò dentro, osservando la scena con gli occhi socchiusi. «Potrebbe portarmi una tavoletta di morfina dalla farmacia?» gli chiese Nick. «Il mio braccio...» Glielo indicò. «Okay, amico» rispose l'agente, e se ne andò. «Deve farti molto male» disse Ild. «Non così tanto. Non si preoccupi per questo, signor Ild.» «Come ti chiami?» «Appleton. Nick Appleton. Mi chiami Nick e io la chiamerò Amos.» «No» disse Amos Ild. «Non ci conosciamo ancora così bene. Io ti chiamerò signor Appleton e tu mi chiamerai signor Ild. Ho trentaquattro anni, sai? Il prossimo mese ne compirò trentacinque.» «E riceverà molti regali» disse Nick. Ild disse: «Voglio solo una cosa. Voglio...» Divenne silenzioso. «C'è un vuoto nella mia mente; vorrei che se ne andasse. Prima non c'era.» «Il Grande Orecchio» disse Nick. «Se lo ricorda? Di averlo costruito?» «Oh, sì» disse Ild. «L'ho fatto io. Ascolterò i pensieri di tutta la gente e poi...» una pausa «... potremo mettere la gente nei campi. Campi di riedu-
cazione.» «È una bella cosa da farsi?» chiese Nick. «Io... non lo so.» Ild portò le mani alle tempie e chiuse gli occhi. «Cosa sono gli altri? Forse non ci sono altri; forse sono solo illusioni. Come te... forse ti ho inventato io. Forse posso farti fare tutto quello che voglio.» «Cosa vorrebbe farmi fare?» chiese Nick. «Sollevarmi» disse Amos Ild. «Mi piace essere sollevato, e poi c'è un gioco... tu giri in tondo, tenendomi per le mani. E la forza cen-trif-uga...» Incespicò sulla parola, e si arrese. «Mi fai volare orizz...» Si impappinò ancora. «Potresti sollevarmi?» chiese in tono lamentoso, guardando in basso verso Nick. «Non posso, signor Ild» disse Nick. «A causa del mio braccio rotto.» «Grazie lo stesso» disse Amos Ild. Strascicò i piedi pensieroso fino alla finestra della stanza, guardando fuori verso il cielo notturno. «Stelle» disse. «La gente ci va. Il signor Provoni c'è andato.» «Sì» disse Nick. «Lui c'è andato.» «E signor Provoni è un uomo buono?» Nick disse: «È un uomo che ha fatto quello che bisognava fare. No, non è un uomo buono... è un uomo cattivo. Ma voleva aiutare.» «Aiutare, è una cosa buona?» «La maggior parte della gente pensa di sì.» «Signor Appleton» chiese Amos Ild, «hai una madre?» «No, ormai è morta.» «Nemmeno io. Hai una moglie?» «Non proprio. Non più, ora.» «Signor Appleton, hai una fidanzata?» «No» disse lui, bruscamente. «È morta?» «Sì.» «Poco tempo fa?» «Sì» disse lui a denti stretti. «Allora devi trovartene una nuova» disse Amos Ild. «Davvero?» chiese Nick. «Non penso che... non credo che vorrò mai più un'altra fidanzata.» «Hai bisogno di qualcuno che si preoccupi per te.» «Quella che avevo si preoccupava per me. È stato questo a ucciderla.» «Che bello» disse Amos Ild. «Perché?» Nick lo fissò.
«Pensa a quanto ti amava. Prova a immaginare qualcuno che ti ami così tanto. Come vorrei che qualcuno mi amasse così tanto.» «È questo che conta?» chiese Nick. «È questo il fulcro di tutto, non l'invasione di alieni, la distruzione di dieci milioni di splendide menti, il trasferimento del potere politico - di tutto il potere - dalle mani di un gruppo di pochi eletti...» «Non capisco queste cose» disse Amos Ild. «So soltanto che è meraviglioso, avere qualcuno che ti ami così tanto. E se qualcuno ti ha amato in questo modo, devi essere una persona che merita di essere amata, così abbastanza presto qualcun altro ti amerà in questo modo, e tu li amerai nello stesso modo. Capisci?» «Penso di sì» disse Nick. «Niente supera questo, il fatto che un uomo dia la sua vita per un amico» disse Amos Ild. «Vorrei poterlo fare.» Si mise a riflettere, questa volta su una poltroncina girevole. «Signor Appleton» chiese, «ci sono altri adulti come me?» «Come lei in che senso?» chiese lui, cercando di prendere tempo. «Che non riescono a pensare. Che hanno uno spazio vuoto proprio qui.» Appoggiò la mano sulla fronte. «Sì» disse Nick. «Uno di loro mi amerà?» «Sì» disse Nick. La porta si aprì; sulla soglia apparve l'agente in nero con un bicchiere di plastica pieno d'acqua e una tavoletta di morfina. «Amico, ancora cinque minuti» disse l'agente, «poi dovrai andare in infermeria.» «Grazie» disse Nick, prendendo subito la compressa. «Fratello, ti deve fare un male d'inferno» disse l'agente. «E hai l'aria di dover crollare da un momento all'altro. Non sarebbe una bella cosa che il bambino...» fece una pausa, si corresse «... che il signor Ild ti vedesse: si preoccuperebbe, e Gram non vuole che si preoccupi.» «Ci saranno dei campi per loro» disse Nick. «Dove potranno stabilire rapporti al loro livello. Invece di tentare di essere come noi.» Il soldato grugnì e chiuse la porta dietro di sé. «Il nero non è il colore della morte?» chiese Ild. «Sì, lo è» disse Nick. «Allora quelli sono la morte?» «Sì» disse Nick. «Ma non le faranno del male.» «Non avevo paura che facessero del male a me; stavo pensando che tu
hai già un braccio rotto e forse sono stati loro.» «È stata una ragazza» disse Nick. «Una ragazza bassa, con il naso schiacciato, un'autentica piccola sgualdrina da bassifondi. Una ragazza per la quale, se servisse a cancellare ciò che è successo, darei la mia vita. Ma è troppo tardi.» «È la tua fidanzata che è morta?» Lui annuì. Amos Ild prese un pastello nero e disegnò. Nick guardò emergere le consuete figure filiformi. Un uomo, una donna. E un animale nero, a quattro gambe, a forma di pecora. «Un sole nero, un paesaggio nero con case e veicoli neri.» «Tutto nero?» chiese Nick. «Perché?» «Non lo so» disse Amos Ild. «È bene che siano tutti neri?» Dopo una breve pausa Amos Ild disse: «Aspetta.» Scarabocchiò sopra il disegno, poi strappò il foglio in tante strisce, le appallottolò e le gettò via. «Non riesco più a pensare» si lamentò stizzosamente. «Ma noi non siamo tutti neri, vero?» chiese Nick. «Mi risponda, e poi potrà smettere di pensare.» «Credo che la ragazza sia tutta nera. E anche tu sei parzialmente nero, come il tuo braccio e alcune parti dentro di te, ma penso che il resto non lo sia.» «Grazie» disse Nick, alzandosi con la testa che gli girava. «Io credo che adesso farei meglio ad andare dal dottore» disse. «Ritornerò più tardi.» «No, non tornerai» disse Amos Ild. «No? È perché?» «Perché hai scoperto quello che volevi. Volevi che disegnassi la Terra e ti mostrassi di che colore è, soprattutto se era nera.» Prendendo un foglio di carta disegnò un grande cerchio... in verde. «È viva» disse. E sorrise a Nick. Nick disse: «"Devo andare: c'è una tomba dove l'asfodelo e il giglio ondeggiano, e vorrei compiacere l'impotente fauno, sepolto sotto il terreno addormentato, con gaie canzoni prima dell'alba. Le sue giornate chiassose erano incoronate dalla gioia; e ancora sogno che cammini sul prato, passando tra la rugiada come un fantasma, trafitto a fondo dal mio felice cantare."» «Grazie» disse Amos Ild. «Perché?» disse Nick.
«Per avermi spiegato.» Iniziò un altro disegno. Con la sua matita nera disegnò la donna, sottoterra e orizzontale. «Ecco la tomba» disse, indicandola. «È qui che devi andare. È dove si trova lei.» «Mi sentirà?» chiese Nick. «Saprà che ci sono?» «Sì» disse Amos Ild. «Se canterai. Ma dovrai cantare.» La porta si aprì e l'agente in nero disse: «Avanti, amico. Si va all'infermeria.» Nick cercò di tirare in lungo. «E dovrei mettere là gigli e asfodeli?» chiese ad Amos Ild. «Sì, e dovrai ricordarti di chiamarla per nome.» «Charlotte.» Amos Ild annuì. «Sì.» «Andiamo» disse l'agente, prendendolo per la spalla e guidandolo fuori dalla stanza. «È inutile parlare ai pupi.» «"Pupi"?» chiese Nick. «E così che avete intenzione di chiamarli?» «Be', qualcuno ha già cominciato a farlo. Sono come bambini.» «No» disse Nick, «non sono come bambini.» Sono come santi e profeti, pensò. Come indovini, o vecchi saggi. Ma dovremo occuparci di loro, perché non sapranno cavarsela da soli. Non riusciranno nemmeno a lavarsi da soli. «Ha detto qualcosa che valeva la pena di sentire?» gli chiese l'agente. Nick disse: «Ha detto che una certa persona può sentirmi.» Erano arrivati all'infermeria. «Entra là» disse l'agente con un gesto. «Da quella porta.» «Grazie» disse Nick. E si unì alla fila di uomini e donne in attesa. «Non mi sembra» disse l'agente in nero, «che abbia detto granché.» «È stato sufficiente.» «Sono patetici, non è vero?» chiese l'agente. «Avevo sempre desiderato essere un Uomo Nuovo, ma adesso...» Fece una smorfia. «Se ne vada» disse Nick. «Voglio poter pensare.» L'agente vestito di nero se ne andò. «Mi scusi, il suo nome?» gli chiese l'infermiera. Teneva la penna pronta. «Nick Appleton» disse lui. «Sono il risolcatore di gomme.» Poi aggiunse: «E vorrei pensare. Forse, se potessi stendermi un attimo...» «Non ci sono più letti liberi, signore» disse l'infermiera. «Ma il suo braccio...» lo toccò cautamente «... possiamo ingessarlo.» «Va bene» disse lui. E appoggiandosi al muro più vicino per reggersi in piedi, attese. E mentre attendeva, pensò.
L'avvocato Horace Denfeld entrò a passo svelto nell'anticamera dell'ufficio del Presidente del Consiglio Willis Gram. Aveva con sé la sua cartella, e l'espressione sul suo volto, unita al modo di camminare, mostravano un ulteriore potenziamento della sua convinzione di poter negoziare da una posizione di forza. «Dica al signor Gram che ho altro materiale relativo agli alimenti e alla divisione delle proprietà...» Alla sua scrivania, la signorina Knight sollevò gli occhi e disse: «È arrivato tardi, avvocato.» «Scusi? Vuol dire che al momento è occupato? Che dovrò aspettare?» Denfeld consultò l'orologio da polso attorniato da diamanti. «Posso aspettare al massimo quindici minuti. La prego di informarlo.» «Se n'è andato» disse la signorina Knight, incrociando le dita sotto il mento aguzzo, un gesto lento e sicuro di sé che non andò sprecato con Denfeld. «Tutti i suoi problemi personali, lei e Irma in particolare... sono finiti.» «Vuol dire a causa dell'invasione.» Denfeld si grattò una narice con aria irritata. «Be', gli faremo arrivare una citazione del tribunale» disse, aggrottando la fronte e assumendo la sua espressione più temibile. «Ovunque sia andato.» «Willis Gram» disse la signorina Knight, «è andato dove nessuna citazione potrà raggiungerlo.» «Vuol dire che è morto?» «È fuori dalle nostre vite, ora. Oltre la Terra sulla quale viviamo. È con un nemico, un vecchio nemico, e con quello che potrebbe diventare un nuovo amico. Almeno possiamo sperarlo.» «Lo troveremo» disse Denfeld. «Vuole scommettere? Cinquanta pop?» Denfeld esitò. «Io...» Ricominciando a scrivere a macchina, tra una battuta e l'altra la signorina Knight disse: «Buona giornata, signor Denfeld.» Accanto alla scrivania, Denfeld rimase immobile... qualcosa aveva attirato la sua attenzione, e ora allungò una mano per sollevare l'oggetto: una statuetta in plastica di un uomo con una tunica. La tenne fra le mani per diversi minuti - la signorina Knight cercò di ignorarlo ma lui era pur sempre lì - maneggiando la figurina, studiandola attentamente da vicino, con aria solenne. Sul suo viso era comparsa un'espressione di meraviglia, come
se, ad ogni secondo che passava, riuscisse a vedere sempre qualcosa di nuovo nella statuetta di plastica. «Chi è questo?» chiese alla signorina Knight. «Una statua di Dio» disse la signorina Knight, e interruppe la sua laboriosa battitura per osservarlo. «Tutti ne hanno una, è l'ultima moda. Non ne aveva mai vista una prima?» «Questo sarebbe l'aspetto di Dio?» chiese Denfeld. «No, certo che no; è solo...» «Ma è Dio» disse lui. «Be', sì.» La signorina Knight osservò Denfeld; vide la meraviglia nei suoi occhi, tutta la sua consapevolezza concentrata su quel piccolo manufatto... e capì: Ma certo, Denfeld è un Uomo Nuovo. E sto assistendo al processo; sta diventando un pupo. Alzandosi dalla sedia, disse: «Si accomodi, signor Denfeld.» Lo accompagnò al divano e lo fece sedere... rendendosi conto che lui aveva dimenticato la cartella sulla scrivania. Dimenticata adesso; dimenticata per sempre. «Posso portarle qualcosa?» chiese; non sapeva cosa dire. «Una Coca? Una Zing?» Denfeld sollevò lo sguardo e la fissò con occhi spalancati e pieni di speranza. «Potrei avere questa statuetta? Da tenere?» «Certo» disse lei, e provò una punta di compassione per lui. Uno dei meno importanti e degli ultimi Uomini Nuovi ad andarsene. Adesso dov'è la sua arroganza? Dov'è l'arroganza di tutti quanti? «Dio può volare?» chiese Denfeld. «Può aprire le braccia e volare?» «Sì» disse lei. «Un giorno...» Lui si interruppe. «Penso che ogni cosa vivente volerà o in qualche modo scarpinerà o correrà; alcuni andranno veloci, come in questa vita, ma molti voleranno o scarpineranno. Su e su. Per sempre. Anche le lumache e le chiocciole; andranno molto lente, ma alla fine ce la faranno. Tutti ce la faranno prima o poi, non importa quanto siano lenti. Lasciando tante cose dietro di sé; questo bisognerà farlo. Non crede?» «Sì» disse lei. «Lasciando moltissime cose dietro di sé.» «Grazie» disse Denfeld. «Per cosa?» «Per avermi dato Dio.» «Non c'è di che» disse lei. E stoicamente ricominciò a battere a macchina. Mentre Horace Denfeld giocava ininterrottamente con la statuetta di plastica. Con la vastità di Dio.
FINE