MIGNON G. EBERHART MOSAICO PERFETTO (The Pattern, 1937) 1 — È ancora molto graziosa! — esclamò Reginald. — Chiama la cam...
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MIGNON G. EBERHART MOSAICO PERFETTO (The Pattern, 1937) 1 — È ancora molto graziosa! — esclamò Reginald. — Chiama la cameriera perché mi porti dell'altro latte. — È una volpe — disse Maud. — È marcia sino in fondo. — Premette il campanello da tavolo fissando attentamente Anna. — È una donna di dubbia reputazione, e, se vuoi il mio parere, lo era anche quando si è sposata. Sono stata ben felice che Reginald non le abbia più permesso di frequentare la nostra casa. Anna desiderava ardentemente che si cambiasse discorso, ma Reginald e Maud, quando iniziavano un argomento, non lo tralasciavano se non era totalmente esaurito. Dopo che Olga ebbe portato il latte, Reginald lo bevve soprappensiero mentre Maud osservava: — Il latte non è l'alimento più adatto per farci dimagrire! Quella donna mi fa venire in mente una gatta in agguato. Oh, non guardarmi così, Anna! Quella donna è un vampiro che succhia il sangue e la giovinezza di Jerome. L'ho visto il mese scorso. Pareva invecchiato di cento anni. Non so proprio come faccia a pagare tutti quei conti. Sotto l'apparenza della gattina bisognosa di aiuto e di conforto, quella nasconde una volontà ferrea e priva di scrupoli. Stavano cenando all'isola di Tredinick, nell'ampia veranda a picco sull'estremo limite del lago. Erano arrivati alle sei di sera col vaporetto che li aveva portati dal villaggio, situato circa a quattro chilometri dall'isola, all'imbocco del lungolago. Ancora adesso, alle sette, si vedeva tanto chiaramente da poter fare a meno delle candele. Si poteva scorgere, attraverso la distesa azzurra delle acque, l'oscuro promontorio dell'isola di Haven innalzantesi circa un chilometro a oriente, con la macchia bianca della darsena. Per Anna, ospite di Reginald e Maud Predy, come lo era stata molte volte gli anni precedenti tranne gli ultimi tre, tutta la scena era familiare... L'azzurro nebbioso attorno ai salici, il profumo dei pini, la dolce risacca del lago. Tuttavia provava, e non per la prima volta, un vago rincrescimento per essere tornata ancora a Tredinick dopo la lunga assenza. La colpa era stata delle insistenze di Reginald e Maud, alle quali va aggiunto il caldo soffocante che faceva in città. Ma forse, più di tutto l'aveva convinta il
desiderio di provare a se stessa che l'isola di Tredinick non aveva più il potere di farle del male. Ma sbagliava. Reginald versò il latte dal pesante bricco di peltro nel bicchiere di Anna. — È latte di campagna — disse. — Bevilo, Anna; restituisce il colorito alle guance. — Quella donna di cui parlavate è la moglie di Jerome — proruppe Anna bruscamente. Non c'era bisogno che nominasse Celia, come non era occorso a Maud quando aveva alluso a una gatta in agguato. Reginald inarcò le bionde sopracciglia con aria interrogativa, mentre Maud, coi gomiti sul tavolo, rimproverava la giovane. — Non sai comportarti diversamente, vero, Anna? Jerome è il tuo idolo. "Moglie di Jerome... tutti i desideri di Jerome devono..." Be', sei una sciocca. Se non vuoi che si parli di Celia lasciamo perdere. Ma se lei continuerà a tormentare Ted Tredinick, avvertirò io stessa Frieda Tredinick. — Probabilmente Frieda lo sa. — Reginald finì il latte e guardò verso l'isola di Haven con un'espressione cupa di disprezzo stranamente contrastante col suo viso florido e i suoi modi tranquilli e sereni, di bimbo viziato. Era alto e ben proporzionato, ma con una certa tendenza alla pinguedine, il che lo spingeva, di tanto in tanto, a tentare una cura dimagrante. Sui trentacinque anni, con i capelli biondi che cominciavano a diradarsi. Piccole rughe si delineavano agli angoli della bocca e ai lati degli occhi.. Zoppicava leggermente, giocava abbastanza bene a bridge, si dilettava di pittura e si interessava agli affari. Era un buon avvocato, ma non brillante. Sua moglie provvedeva il denaro per mantenere l'alto tenore di vita di casa Predy. Anna lo sapeva bene, dato che era loro amica da parecchio tempo. — Frieda probabilmente lo sa — ripeté Reginald alzandosi. — È tutta dedita a quel ragazzo, come sempre, lo sai bene. Ma per l'amor del cielo, Maud, non immischiarti in queste cose. Tante ragazze vengono qui, in estate, e Ted avrà l'opportunità di innamorarsi almeno una mezza dozzina di volte prima che la stagione estiva sia terminata. — Ascolta, Reginald — rispose Maud — saresti pronto a puntare su una ragazza qualsiasi contro Celia Cable? — No. — Giusto — rispose Maud e si alzò anche lei. Anna segui la sua ospite che si dirigeva verso le invitanti sedie a sdraio in fondo alla lunga veranda. Frattanto Olga portò il caffè e sparecchiò in silenzio.
Con gran sollievo di Anna, non si parlò più di Celia... di Celia Cable, che era stata per tre anni la moglie di Jerome. I Predy cominciarono a discorrere dell'isola, del villaggio, ripetendo nomi che Anna aveva sempre sentito, perché non avrebbe potuto ricordare un'epoca in cui l'isola di Tredinick non avesse fatto parte della sua esistenza. Cominciava a far buio, e Reginald accese la luce, che si spandeva da un "abat-jour" rosa e da una lampada a stelo, oltre che da piccole appliques sparse qua e là accanto ai tavolini circondati da ampie poltrone e comodi divani che servivano per il bridge. Una brezza fresca e leggera cominciava a spirare dal lago. E, improvvisamente, calò la notte, che nascose le acque del lago. Alcuni scalini precedevano il sentiero che si inerpicava dal piccolo imbarcadero fino alla villa dei Predy. Anna, accomodata su una sedia a sdraio, sapeva bene cos'avrebbe potuto vedere se fosse stato giorno. Le era ben noto il punto sull'isola di Haven dove si sarebbe accesa la luce della piccola darsena. Sapeva che dalla veranda non si sarebbero potuti scorgere i bianchi muri di casa Cable, ma ne conosceva l'ubicazione esatta. Maud le aveva detto che Jerome e sua moglie non erano ancora venuti al lago. Sperò ardentemente che non tornassero prima che lei avesse potuto costruire un valido baluardo contro i flutti impetuosi delle memorie risorgenti dall'isola e dal lago. Sapeva che non avrebbe sempre potuto evitare Jerome e sua moglie. Lei doveva continuare la sua vita, e l'isola di Tredinick ne era parte integrante. Lo era stata fin da quando sua madre... una Tredinick... viveva ancora. Parecchie volte suo padre, il maggiore Bayne, ottenuto un lungo congedo, lo aveva trascorso all'isola. Anna aveva sempre ringraziato Dio che lui non avesse mai saputo che sua figlia e Jerome non si erano sposati... che, bisogna avere il coraggio di dirlo, la sua Anna era stata abbandonata per un'altra. — Una sigaretta? — offri improvvisamente Reginald posando il giornale e alzandosi a porgere il pacchetto prima alla ragazza e poi alla moglie. — Quando farà luna piena? — chiese Maud. — Avevo dimenticato il buio che regna qui in questo periodo. — Fra due settimane — disse Reginald sdraiandosi sul divano e fumando pacificamente. Dava l'impressione di un uomo senza pensieri, del tutto a suo agio. Indossava una giacca scura con camicia bianca su comodi pantaloni grigi di flanella con la disinvoltura del perfetto signore. Ed ecco un punto luminoso brillare lontano nell'oscurità... La lanterna
del piccolo cantiere dell'isola di Haven. — I giovani esploratori — annunciò pigramente Maud — hanno affittato Beaulieu per l'estate. Tutta una compagnia. Fortunatamente possiedono solo una lancia e nessun motoscafo. — Ma qualcuno ha un nuovo motoscafo — interruppe Reginald scacciando con gesto indolente una farfallina notturna. — L'ho visto all'imbarcadero. Alec mi ha detto che forse apparteneva ai ragazzi Gardiner. Era ancora imballato. — Oh Dio — esclamò Maud — che bella prospettiva! — Forse potranno anche annegare con quel motoscafo — la consolò scherzosamente Reginald. Olga comparve sulla porta facendo segno che aspettava ordini dalla padrona. Olga e Alec, il battelliere, erano nati nel villaggio che sorgeva sulla sponda opposta del lago. Anna volse lentamente la testa per guardare Maud Predy. Alta, non bella, coi capelli sempre ondulati e le mani perfettamente curate. Sincera amica di Anna fin dall'infanzia sebbene avesse qualche anno di più, Maud possedeva un acume e una saggezza non comuni. Aveva un chiaro senso materialistico delle cose, e riusciva a ottenere tutto quel che voleva. La luce proveniente dall'"abat-jour" ammorbidiva i suoi lineamenti severi. Indossava un abito di "chiffon" marrone scuro, di linea molto semplice, che probabilmente era costato moltissimo. Alta, col seno ben pronunciato, la sua figura nell'assieme era stupendamente modellata. Il volto affilato, la bocca carnosa, il mento volitivo, la carnagione scura, le guance piuttosto magre, le sopracciglia folte e diritte che quasi si incontravano sulla fronte. I capelli neri, che un sapiente ritocco ravvivava e rendeva lucenti, erano ondulati e raccolti a nodo sulla nuca. Gli occhi di un verde oliva scuro erano affascinanti. Anch'essi erano truccati molto bene. Una donna non bella che aveva denaro e buon gusto a profusione. Anna la conosceva come nessun altro, ma non riusciva a capirla; sapeva solo cosa potesse aspettarsi da lei. Dopo aver dato gli ordini a Olga, come al solito precisi e meticolosi, Maud prese una rivista da un tavolino e tornò a sedersi in poltrona. Anna, un po' agitata, si alzò. — Vado sulla spiaggia. — È meglio che ti metta uno scialle — consigliò Reginald. — È abbastanza caldo. Non disturbarti, Reg. Faccio solo un giretto. Reginald ritornò a sdraiarsi sul divano. Maud fissò Anna con uno sguardo profondamente comprensivo. — Da' un'occhiata alla lancia. L'abbiamo
acquistata l'anno scorso — e si immerse nuovamente nella lettura. — Non può vederla — commentò Reginald — è troppo buio, giù alla darsena. Chissà se un giorno faremo mettere la luce elettrica. Anna usci dolcemente chiudendo alla svelta dietro di sé la porta schermata da una rete che sbarrava il passaggio a un'odiosa nube di moscerini. Oltrepassato il cerchio luminoso davanti alla veranda, si trovò sul piccolo sentiero, intercalato di tanto in tanto da una serie di gradini rocciosi, che scendeva al minuscolo imbarcadero ed alla spiaggia. Piccoli arbusti crescevano ai lati dei gradini e, ad intervalli, si poteva notare ai fianchi della stradicciola qualche pino dalla balsamica fragranza. In fondo, si sbucava sull'imbarcadero che, protetto da una lunga ringhiera, si protendeva nel lago. La piccola darsena era vicina. Anna poteva sentire lo sciabordio dell'acqua contro le chiglie dei battelli. Una lanterna brillava dalla parte che dava sul lago emettendo un cerchio ristretto di luce diffusa. All'imbarcadero erano attraccati i battelli di casa Predy e quelli appartenenti a casa Tredinick, situata dall'altra parte dell'isola. Non c'erano altre ville sull'isola di Tredinick. Essa era proprietà esclusiva delle due famiglie. I Cable, di cui restava solo Jerome, erano padroni di tutta l'isola di Haven. Il lago era ricco di altre isolette, e molte ville sorgevano sulle coste sinuose della terraferma. Tutto assumeva il nome di villetta in quei paraggi, si trattasse di una capanna o di un imponente caseggiato. Tutte queste costruzioni erano vecchie e raramente cambiavano proprietario. Le scarpe di Anna facevano rumore sull'imbarcadero. Regnava un tal silenzio che molto probabilmente Reginald e Maud lassù sulla veranda avevano potuto sentire quel rumore. Le acque del lago erano nere come l'inchiostro, e riflettevano a tratti la luce della lanterna. Due barche a remi e tre canoe dondolavano vicino alla darsena. Dall'altra parte dell'imbarcadero, una stretta scalinata portava alla sottile striscia di sabbia che formava la spiaggia dell'isola. Nonostante il buio, Anna riuscì a ritrovar la roccia dove solevano mettere ad asciugare i costumi da bagno. E scoprì la piccola nicchia dove si poteva riposare. Dopo aver tastato con le dita, si accomodò, con un lieve sospiro, nella nicchia, e rabbrividì al contatto della superficie ruvida e fredda. La luce che brillava sull'isola di Haven sembrava, ora, più chiara, più vicina. La spiaggia giaceva di fianco all'imbarcadero in direzione obliqua della villa dei Predy, ma fuori della vista dei Tredinick. La loro villa era proprio all'estremità dell'isola, celata da un boschetto e da profonde insenature. La veranda illuminata dei Predy, in alto ed un po' distante, sembrava, nell'isolamento provocato dal buio, ancor più remota.
Anna si appoggiò alla roccia, mentre un'ondata di ricordi la sommergeva... Jerome... Celia... tutti gli avvenimenti passati... Ora, nell'oscurità, lontana dagli altri, volle deliberatamente ricordare, volle affrontare quella situazione, che ogni gradino, ogni punto di quel sentiero le rievocava. Dopotutto, lei aveva fronteggiato quei fatti incresciosi tre anni prima. Era illogico e vile, evitarli per tutto il resto della vita. Sentì che doveva venire a una conclusione, anche se amara. Poi la parentesi sarebbe stata chiusa. Ricordò la snella figura che quel lontano pomeriggio le si era presentata improvvisamente dinanzi, facendole tanta pena. Ora quella figura non era lì, eppure precedeva Anna sul sentiero fino alla veranda. A quella veranda dove, quel lontano pomeriggio, Anna stava scrivendo una lettera al suo amato. Aveva allora guardato in basso per scorgere un battello accostarsi all'imbarcadero. Ricordava il momento crudele in cui aveva visto una giovane, con un attillato abito nero di lino (stazzonato per il lungo viaggio, particolare che aveva infastidito Celia) e un largo cappello nero guarnito di bianche margherite, salire quei gradini, mentre lei, Anna, le correva incontro chiedendosi chi fosse, dopo aver interrotto, amara ironia, la lettera che stava scrivendo a Jerome. Jerome si trovava in quei giorni a New Orleans per affari che avrebbe dovuto concludere entro la settimana. Poi sarebbe tornato a casa per il loro matrimonio. La ragazza, man mano che si avvicinava, pareva meno giovane, più matura, ma ancora fiorente e molto carina. Aveva sollevato il fine viso ovale dalla pelle color magnolia, rivelando una bocca rossa e morbida e grandi occhi scuri melanconici, adombrati da lunghe ciglia ricurve. Erano stati quegli occhi, pensò Anna più tardi, a obbligarla ad ascoltare l'appello disperato. Celia era giunta al villaggio con un battello preso a nolo. Si era sentita male durante la traversata, e questo le aveva dato un aspetto ancor più fragile e infelice. Anna si era sentita forte, vigorosa, abbronzata da un caldo sole ristoratore e assai bene in grado di badare a se stessa, in confronto a quella figurina di porcellana. Solo parecchio tempo dopo, aveva capito che Celia era andata a colpo sicuro dalla rivale, che aveva condotto abilmente e senza scrupoli l'intera operazione. Tutto questo complesso dimostrava, con altre qualità poco apprezzabili, una forte volontà unita a un'estrema scaltrezza. Anna non ricordava molto chiaramente la partenza di Celia, eccetto che Reginald l'aveva allontanata dalla sua casa. Da qualche parte, nel limbo della tragedia, Celia era scomparsa... ma non prima d'aver strappato ad Anna il tesoro più prezioso della sua vita. Erano passati tre anni. Jerome aveva sposato Celia. Anna, priva di mezzi finanziari e incapace di approfittare della bontà di Maud, aveva tro-
vato un impiego. Si era dedicata al suo lavoro con impegno, lieta di poter vivere indipendente e di non avere il tempo di pensare troppo. Così, in qualche modo e in altri luoghi, aveva ritrovato la pace. Forse era stato uno sbaglio, tornare a Tredinick, dove tutto ricordava Jerome. Cambiò posizione appoggiando pensierosa il mento su una mano. Il contatto del gomito con la fredda roccia l'aiutò a calmarsi, mentre il calore della sabbia le dava un senso di conforto. In alto, sulla veranda, qualcuno accese la radio per sentire le ultime notizie. Ad Anna giunse chiaramente la voce dell'annunciatore. Minaccia di guerra! I suoi pensieri volarono immediatamente all'altra guerra... a lei stessa con un largo nastro di seta nei neri capelli corti, trattenuta per le gambette magre perché non precipitasse dalla finestra di un albergo della Quinta Strada mentre si sporgeva per seguire con lo sguardo le interminabili colonne di soldati in marcia. C'era un gran frastuono e un agitar frenetico di bandiere. La persona che la tratteneva per le gambette era Frieda Tredinick, la quale cercava di nascondere le lacrime mentre la mamma piangeva disperatamente perché il maggiore Bayne era laggiù, fra quei soldati che si dirigevano al porto. Proprio all'ultimo minuto, il maggiore era stato inviato al Campo Funston come istruttore delle reclute. E Jerome?... In tutti i suoi ricordi predominava Jerome. Lui era sgattaiolato su un balcone poco distante e, sportosi, aveva agitato freneticamente una bandierina. Zia Frieda gli aveva ordinato allora di andarsi a lavare le manine sporche. Poi avevano cenato insieme coi grandi, serviti da un cameriere che, secondo Jerome, era tedesco e avrebbe avvelenato la loro minestra. Tutto ciò aveva sconvolto Anna... E Ted? Ah, sì, ricordava chiaramente... non aveva ancora compiuto due anni eppure aveva rovesciato la sua scodella di latte sulla rubrica telefonica portata gentilmente dal cameriere che Jerome aveva creduto tedesco... I ricordi si susseguivano... poi tutti erano tornati a casa a Chicago, e poco dopo si erano trasferiti sull'isola di Tredinick. Era stato circa a quell'epoca che lo zio Randolph le aveva chiesto scherzosamente: — Cosa vuoi fare quando sarai grande, Annie? E lei, con semplicità, aveva risposto: — Sposare Jerome. I grandi avevano sorriso indulgenti. Sempre, per quanto poteva ricordare, il suo pensiero era stato rivolto a Jerome. E, da giovinetta, le era sembrato naturale e nello stesso tempo miracoloso che Jerome le dichiarasse il suo amore e le chiedesse di sposarlo. Poi tutto era finito. Lei, ora, doveva scacciare dalla mente gli spettri delle memorie. Nuovamente si trovava a Tredinick e nulla era mutato, tranne Jerome.
Si chinò per raccogliere un po' di sabbia che lasciò fluire lentamente fra le dita, provandone una sensazione piacevole. Appoggiò il capo all'indietro contro la roccia, lasciandosi avvolgere dal freddo manto della notte. L'acqua cantava la sua canzone mentre la luce sull'isola di Haven continuava a brillare. Rimase un po' di tempo seduta gustando l'abbraccio dell'oscurità. All'improvviso senti dei passi provenienti dalla direzione di casa Tredinick. Pensò che si trattasse di Ted. Tuttavia era così buio che poté scorgere a mala pena i contorni di un'alta figura d'uomo che avanzava verso di lei. Non era Ted. Spesso si era chiesta cos'avrebbe detto a Jerome quando l'avrebbe incontrato ancora. Dapprima ci sarebbero state parole amare: rimproveri, domande, spiegazioni dolorose. Non le avrebbe proferite, ma tante volte nelle lunghe notti aveva pensato a questo sfogo del suo dolore. Ora il dubbio sarebbe stato risolto. L'uomo si fermò bruscamente e chiese: — Sei tu, Maud? Era Jerome Cable. 2 Un attimo di sospensione, poi Anna rispose: — No, sono Anna. Salve, Jerome. L'uomo si accostò, quasi incredulo, fissando la giovane nell'oscurità, così vicino che lei, stendendo il braccio, avrebbe potuto toccarlo. — Anna... — gridò. — Anna... Anna poteva vederlo, ora, sebbene non troppo distintamente. Appariva più magro e invecchiato... ma era Jerome. Istintivamente stese la mano, ma poi si trattenne posandola sulla roccia. — Come stai, Jerome? — Io... sì... sto bene, Anna. Sei proprio tu? Io... — esitò nuovamente — ho visto il tuo vestito bianco. Ho pensato che fosse Maud. Io... "Dopo tutto" pensò Anna rinfrancata "mi comporto meglio di lui." — Sono ospite di Maud — disse la giovane — siamo arrivati tutti e tre questo pomeriggio. — Oh... oh, questo pomeriggio. Lui era ancora confuso e la fissava inebetito nell'oscurità. Anna ringraziò il buio perché facilitava il loro incontro. Poteva vedere i contorni del viso di lui, ma non l'espressione dei suoi occhi. Si sentiva più forte, più sicura perché il suo sguardo era ugualmente in ombra. — Devi essere stato a casa Tredinick.
— Sì — rispose l'uomo distrattamente. — Frieda e Ted sqno qui da parecchi giorni. Io sono venuto a forza di remi. La mia barca è laggiù. Ma... Anna, sei veramente tu? — Anna Bayne, in persona. Maud e Reginald sono in casa. Non vuoi andarli a salutare? — Intanto si era alzata. — Aspetta, Anna. Siediti ancora. Io... oh, sono rimasto molto turbato incontrandoti così all'improvviso. Non sapevo che eri qui vicina. Non sapevo che tu avessi deciso di tornare per l'estate. Siediti ancora. Vorrei parlarti. — Avrebbe voluto dire: "È passato molto tempo da quando ci siamo visti" e invece esclamò: — Ho sentito che hai fatto cose meravigliose. Dopo un attimo di esitazione Anna tornò a sedere sulla roccia. Immediatamente Jerome si accoccolò ai suoi piedi abbracciandosi le ginocchia. Era in giacca scura e camicia sportiva con colletto aperto su calzoni di flanella bianca. I suoi capelli scuri erano leggermente arruffati. In quella oscurità profonda, Anna non poteva vederlo distintamente. ma lo conosceva così bene che la sua memoria suppliva alla mancanza di luce. La sua figura era alta e piuttosto magra. Il volto ovale aveva per Anna fattezze ben definite: lineamenti marcati, pelle abbronzata, fronte alta, naso diritto, zigomi pronunciati. Era come se potesse vedere la curva della sua bocca sensitiva e nello stesso tempo controllata da una volontà ferma. I suoi occhi erano di un grigio azzurro profondo, e, quando lui provava qualche forte emozione, sembravano divenire quasi neri. Anche la sua mano, ora una semplice macchia bianca contro la giacca scura, era perfettamente nota ad Anna... le lunghe dita forti e nervose, e persino la forma delle unghie. Tuttavia sembrava più magro, invecchiato in modo inesplicabile. Anna non immaginava che anche lui, cercando disperatamente di penetrare l'oscurità, stava ricordando ciò che non poteva vedere di lei... la sua bocca morbida e rossa, con quel sorriso dolce, inconfondibile. Cosa aveva detto Jerome? Ah, sì, qualcosa che si riferiva al lavoro di lei. — È un lavoro non comune — si affrettò a dire, conscia della troppo lunga pausa — procede abbastanza bene, ma io non ho fatto cose meravigliose come tu hai detto poc'anzi. Mentre un suono lontano di radio giungeva ai loro orecchi, Jerome disse: — Anna, non desidero parlare del tuo impiego. Vorrei sapere qualcosa di più personale. Sei... oh, Anna... sono così turbato che non so più cosa dire. Cerca di capire... Lei capiva benissimo. Era inutile cercar di fingere indifferenza dietro una conversazione futile e banale, in un luogo che li aveva visti per tanto
tempo felici... ma forse istintivamente si sarebbero compresi in qualsiasi posto dove si fossero incontrati. — Sì... capisco, Jerome, credimi — disse con calma. — Sto bene. Non c'è niente per cui tu debba provar rimorso. — Rimorso... — proruppe lui, turbato. — Sono a posto. Tutto procede benissimo. Desidero che tu lo sappia. — Anna... — No... non devi... — Sì. Io ho sentito... — la voce di lui si fece un po' rauca. — Non so dirti quanto mi sia odiato, allora. Quanto... — Calmati. Tutto è ormai passato. Eccoci ancora qui a Tredinick. Un po' più vecchi, ma che importa, la vita continua. Dovremo per forza incontrarci spesso, d'ora in avanti. Cerchiamo di evitare, a noi e ai nostri amici, situazioni imbarazzanti. Sono contenta che ci siamo riveduti così, questa notte. — Vuoi dire che da questo momento siamo semplicemente amici? Anna non aveva inteso nulla di specifico, solo desiderava che lui non sentisse un perpetuo rimorso. — Naturalmente, Jerome. Che altro? — Anna. Mia cara... Anna pensò che era meglio por fine a quel dialogo. Dopo tutto non era molto piacevole e poteva dar adito a una situazione pericolosa. Si alzò nuovamente. — Va tutto bene, Jerome — ripeté provando un subitaneo sollievo per aver superato la prova difficile del loro incontro con discreto successo e forza d'animo. — Andiamo alla villa. Sicuramente Maud e Reginald vorranno vederti. Jerome, dopo un breve momento di esitazione, comprese che non poteva prolungare quell'incontro, e assentì. — D'accordo — si alzò. — Che strano, però, ritrovarci qui ancora. — Tu ci sei tornato, prima d'ora, vero? — chiese Anna che si affrettò a rettificare. — Intendevo dire che tu e... voi venite ogni estate qui. Tu e... — Si fece forza per pronunciare l'aborrito nome, Celia. Dopo un'altra piccola pausa, lui rispose: — Sì. C'è molta calma qui. E poi è nello stesso tempo così vicino alla città da permettermi di alternare il riposo con le ore di ufficio. Naturalmente, la vita quaggiù è monotona, per lei. C'è solo un ballo all'albergo e al Club Nautico una volta la settimana. L'unico campo di tennis lo possiede Frieda. A proposito, sai che ha acqui-
stato una rete nuova? — Ted è qui, ora? — chiese Anna cercando di sviare il discorso, ma accorgendosi troppo tardi di aver scelto un soggetto non adatto. — Frieda mi ha detto di sì. — Nella voce di Jerome si sentiva una certa acredine. — Mi ha informato che lui ha preso la sua lancia ed è andato al villaggio. Io non l'ho visto, ancora... ma lo vedrò certo fra poco. — Hai notato, Jerome, come è sempre lo stesso il villaggio? Nulla è cambiato. — Oh, non parlare di questo, Anna. Mi sembra così sciocco discorrere del villaggio e d'altre cose di poca importanza. Vuoi fumare? Anna rifiutò mentre Jerome accendeva una sigaretta. Lei approfittò del piccolo bagliore del fiammifero per scrutarlo in volto. Jerome alzò il capo e per un istante i loro sguardi s'incontrarono. Poi bruscamente, spenta la fiammella, Jerome scattò. — Non fingere di non saperlo. — Poiché lei non comprese immediatamente la ragione di questo scatto, soggiunse: — Mi riferisco a Ted. Naturalmente debbo fermarlo. Altrimenti interverrebbe Frieda, o almeno tenterebbe di farlo. Anna non poteva fingere di non capire perché conosceva perfettamente il carattere di Jerome. Solo poteva rammentargli che un'infatuazione da parte di un giovane per una donna carina, ma più anziana di lui, sarebbe svanita presto. — Ted è un bambino. Non c'è niente di serio. Jerome la interruppe seccato. — Maud e Reginald debbono averti informata coscienziosamente di tutte le novità. — Rise sarcastico. — No, Jerome. Come puoi... — Naturalmente, non è così... come dire, grave. Ma il ragazzo beve troppo! — Ted! Oh no! — Sì. Non preoccuparti, però, Anna. Ci penso io. — Ted non deve ubriacarsi... il nostro Ted! — Sì, capisco.. sembra ieri che portava il pagliaccetto e noi badavamo che non cadesse nel lago. Ricordi i suoi bei riccioli biondi? Non preoccuparti, Anna... Ci penso io. Ted era così grazioso mentre giocava sulla spiaggia sotto lo sguardo vigile di Anna che aveva allora otto anni e di Jerome quasi dodicenne. E ora Ted aveva quasi vent'anni. I suoi capelli erano tenuti a posto con la brillantina. Ma c'erano ancora momenti in cui ricompariva con i suoi begli occhi
azzurri e i capelli d'oro. Ted beveva... Jerome voleva dire che Ted si ubriacava... però non aveva detto che la colpa era di Celia. Anna si voltò verso di lui e con voce ferma disse: — Maud e Reginald vorranno certo vederti. È meglio che andiamo. — Sì, va bene. Si avviarono sulla spiaggia, attraverso il piccolo imbarcadero e proseguirono per il sentiero che portava alla villa. Raggiunsero la veranda. Reginald era ancora sdraiato sul divano. Maud alzò lo sguardo dalla rivista. — Guarda chi si vede... Jerome! Su, Reginald, c'è Jerome. — Salve, Maud. Salve, Reg. Come va? — Ciao, Jerome. Quando sei arrivato? — Ieri. Ero andato a salutare Frieda. Jerome sedette accanto a Maud. Anna, per non creare imbarazzo, consapevole che Maud e Reginald osservavano il suo modo di comportarsi, andò a sedere in una poltrona un po' in ombra. — Ho incontrato Anna sulla spiaggia — spiegò Jerome. Reginald si alzò e, dopo aver offerto le sigarette, si recò in tinello ritornandone poco dopo con una bottiglia, il sifone del seltz e quattro bicchieri. — Non c'è ghiaccio — disse la padrona di casa, quindi rivolta a Jerome: — È venuta anche Celia? — Sì. È a casa ad Haven. Non mi ha accompagnato da Frieda. Oh, a proposito — si frugò in tasca e ne trasse due buste. — Frieda mi ha incaricato di consegnarvi questi due inviti per la festa che terrà a casa sua la settimana prossima. Maud ne aprì una. — È un invito al tè e relativo bridge per domenica prossima. — Sorrise. — Frieda non rinuncia mai all'etichetta. Come sta? Le ho parlato per telefono, ma sono vari mesi che non la vedo. Jerome si affrettò a rassicurarla sulla salute di Frieda. Anna lo guardava chiedendosi se fosse molto cambiato. Anche lui la fissò mentre Maud ed il marito discutevano di ghiaccio e frigoriferi. Istintivamente, non poterono fare a meno di scambiarsi un lungo sguardo pieno di mute domande e risposte, e, nello stesso tempo, di... certezza scambievole d'amore. Uno sguardo franco, come era stato sempre tra loro... senza barriere o altri impedimenti. Quasi senza accorgersi, Anna sorrise felice perché Jerome era lì, e lei sentiva il calore della sua presenza e di quel lungo sguardo, così comunicativo e colmo di promesse.
Ma Jerome non sorrise, la sua bocca rimase ferma e severa. Circa mezz'ora più tardi, udirono, durante un breve intervallo nella conversazione, il colpo sordo di un battello che attraccava all'imbarcadero e subito dopo il rumore di passi vicino alla darsena. Reginald si alzò e guardò giù da un finestrone della veranda. — Chi è là? — gridò. Non ci fu una risposta immediata sebbene i passi si fermassero istantaneamente. Poi la voce di Ted. — Salve, Reg. — È Ted — spiegò Reginald, poi gridò: — Vieni su. — Non posso. Ci vedremo domani. Jerome si alzò di scatto scusandosi: — Debbo vedere Ted un attimo. Perdonami, Maud! — Oh, Anna — disse Maud senza guardare la giovane — ti dispiace andar giù a pregare Ted che inviti Frieda a venir qui domani sera per un bridge? Il nostro telefono non funziona ancora. Anna, mentre scendeva il sentiero insieme a Jerome, si chiedeva meravigliata perché mai Maud si fosse rivolta proprio a lei per quel favore. Forse aveva subodorato che Jerome e Ted si sarebbero scambiati parole piuttosto dure, e lei avrebbe dovuto far da paciere. Jerome, che precedeva Anna di qualche passo, gridò: — Ehi, Ted, aspetta un momento. C'è qui Anna che vuol salutarti. Ted si fermò e rimase sull'imbarcadero ad aspettare. Baciò distrattamente Anna sulle guance, promettendo che avrebbe riferito a Frieda l'invito di Maud. Però lui, disse, ben difficilmente avrebbe avuto la possibilità di partecipare. Il suo alito era leggermente appesantito dall'alcool. — Dove sei stato, Ted? — chiese Jerome con falsa indifferenza. — Ero venuto per salutare te e zia Frieda. Lei mi ha detto che eri andato al villaggio. Non ti sarai spinto fin laggiù a forza di remi, spero. — No. Io... ma perché sei andato a vedere zia Frieda? — Solita visita di prammatica. Vuoi una sigaretta? Ted nell'oscurità ignorò, o forse davvero non vide, il pacchetto offertogli. — Devi saperlo — disse il giovanotto con uno scatto rabbioso. — Io... sono andato all'isola di Haven. Io... — Oh — lo interruppe Jerome — allora non ci siamo incontrati per miracolo. Sono venuto qui con la barca che saranno state circa le otto. — Vuoi forse insinuare che ho aspettato che te ne andassi? — Ma va', Ted. Non me lo sognavo nemmeno. — Ah, sì. Invece è il contrario — la sua voce vibrava per l'emozione. —
Suppongo che tu e Frieda abbiate pettegolato un bel po' sulla faccenda... che vi siate mostrati preoccupati per il povero Ted dicendo che Celia... — Ascolta, Ted. Credo che sia meglio affrontare la questione. Noi... — Non dargli ascolto, Anna — pregò stizzosamente Ted. — Anna!... Forse è meglio che ne discutiamo un'altra volta, Ted. — Non abbiate soggezione. Vi lascio soli — disse Anna. Ted la trattenne per un braccio. — Rimani qui ad ascoltare Jerome recitare la parte del marito geloso. Lascia sola la moglie e poi viene a lamentarsi da zia Frieda. — Smettila, Ted! — disse asciutto Jerome. — Lasciamo fuori da questa faccenda Celia e Frieda. Tutto quello che voglio dirti è che non c'è senso che ti comporti così scioccamente. Anna pensò che Jerome dimostrava scarsa diplomazia. Ma riflettendo meglio capì che, trattandosi di sua moglie, non poteva parlare a mente serena. Ted, d'altra parte, pensava che Jerome fosse spinto dalla gelosia e non dal desiderio di aiutare veramente l'amico. — Comportarmi da sciocco — ripeté Ted ridendo forzatamente — ascolta, Jerome, tu credi di essere molto scaltro, ma bada, puoi sbagliare anche tu. — Oh Dio, lo so benissimo — esclamò Jerome fiaccamente — ma comprendi a cosa mi riferisco. — Credo che tu voglia alludere a Celia. Lasciami dire qualcosa che non capisci... quale angelo sia... quale meravigliosa... — Ted — scattò di nuovo Jerome. — Non parlavo di Celia. Volevo riferirmi al fatto che bevi troppo. Devi assolutamente fermarti finché sei in tempo. Ted non gli credette. La sua prima pena d'amore lo convinse che Jerome fosse geloso. Anna cercò di placarlo posandogli una mano sul braccio, ma venne respinta in modo brusco. — Bevo troppo! — proruppe furioso il giovanotto. — Questa è una scusa. Tu vuoi staccarmi da Celia, non dal bere. — Sei ubriaco anche adesso. E meglio che tu vada a letto. Ne parleremo in seguito. — Non c'è niente da dire — gridò Ted, nella sua collera accomunando Jerome ed Anna. — Pensate d'aver sempre ragione, voi due. Sono stanco di ubbidirvi. Sono un uomo e mi trattate come un bambino. E tu, Jerome, non puoi comportarti con Celia come fai ora. — Senti, Ted. — La voce di Jerome proruppe aspra. — Ho detto che
voglio lasciar Celia fuori dalla questione. Intendo che sia così e basta. Di colpo il pugno di Ted si abbatté con forza inaspettata su Jerome, che cadde pesantemente. — Prendi questo, brutto... Jerome, ripresosi dalla percossa improvvisa, rimase seduto per terra ad accarezzarsi il mento colpito. — Niente di grave. Va' a letto, Ted. — Alzati e combatti. — Cosa c'è? — gridò Reginald dalla veranda. Videro la sua alta figura stagliarsi dietro i vetri illuminati. Mentre fissavano Reg, anche Maud si accostò al marito. — Niente — rispose Jerome rialzatosi — sono scivolato su un gradino. — Poi rivolto a Ted: —Discuteremo un'altra volta. So bene che posso sbagliare anch'io. Va' ora, a... Anna interruppe: — Ti prego, va', Ted! Ted si voltò verso di lei, e il suo fiato pesante le rivelò che il giovanotto aveva ecceduto nel bere. — Non dimenticarti di avvisare Frieda per il bridge — continuò affettuosamente, e gli posò la mano sul braccio, ma ancora una volta fu respinta con un gesto rabbioso. — Va bene, me ne vado. Volete che mi faccia passare la sbornia con una dormita? D'accordo, ma la cosa non è finita qui. Si voltò rapidamente e sparì nel buio. I due rimasero per un po' ad aspettare finché il rumore dei suoi passi non svanì del tutto. — Debbo aver sbagliato, a parlargli così — disse Jerome. Anna chiese di rimando: — Ti ha fatto male? — No. Tuttavia ha buoni muscoli. Tutti quegli anni di tennis e nuoto lo hanno rinvigorito. Bene. Ora devo andare anch'io. Buona notte... mia cara. — Ripete sottovoce: — Mia cara. La prese fra le braccia improvvisamente. Tutto il mondo era sparito per Anna e Jerome. Le luci sulla veranda apparivano lontane e irreali. Solo il buio, il mormorio del lago e le forti braccia di Jerome erano realtà. L'uomo cercò la sua bocca e la baciò. Subito dopo il bacio, Anna ricordò quello che per un breve istante avevano dimenticato. Sentiva che era naturale trovarsi fra le braccia di lui, ma nello stesso tempo che non ne aveva il diritto. Jerome dovette comprendere la sua ritrosia, ancora prima che il corpo di
lei si ritraesse. L'allontanò un po' da sé per scrutarne il bel volto. — Sì — disse. — So cosa pensi in questo momento, e anche quello che stai per dirmi. Non dovevo baciarti. Non ne avevo intenzione, ma è stato più forte di me. — La sua voce era piena di angoscia. — Anna... è stato tutto un vero inferno. Lei non riusciva a parlare, e Jerome, con brusca decisione, proseguì: — Senti, Anna, devo dirti qualcosa di molto serio. Devo farlo assolutamente. In silenzio, si avviarono verso la spiaggia, consci che c'erano cose che dovevano essere dette e comprese, cose che in quel momento erano più importanti di tutte le altre. Forse Reginald e Maud avevano sentito i loro passi allontanarsi, le voci calar di tono, e pensavano che l'assenza di Anna si prolungava troppo. Ma che importanza avevano, in quel momento, Reg e Maud? Anna dimenticò ogni cosa, tranne che Jerome era lì, accanto a lei, così vicino, così caro... che la fissava con lo sguardo innamorato, tenendole la mano. — Sai, Anna — cominciò semplicemente — io ti amo. Ti ho sempre amata. Lei non poté nascondere un sussulto di gioia, ma si sforzò di rammentare: eppure ha sposato Celia. Jerome proseguì, come se avesse letto il suo pensiero. — Ascolta, Anna. Lasciami spiegare. Non ne ho mai avuto occasione. Mi hai scritto dicendomi che il nostro matrimonio era sfumato. Io ero allora a New Orleans. C'erano anche Celia e sua madre, e io... Ecco il perché ci siamo sposati così alla svelta. Lo hai saputo subito? — Solo due o tre giorni dopo... la data fissata per il nostro matrimonio. Il ricordo la colpì come una stilettata nel cuore. — Dimmi — chiese con voce ferma — come è accaduto, Jerome? Me lo sono chiesta tante volte. Lui voltò imbarazzato la testa a guardare il lago. — Inutile recriminare. Sono stato un pazzo, Anna. Sai che la mia Società mi aveva mandato laggiù per affari. Incontrai Celia e sua madre, le cui proprietà dipendevano dalla buona riuscita di quegli affari. Era così grave, la situazione, che loro, alla fine, si trovarono completamente senza denaro. Provai pietà per loro; la madre somiglia molto alla figlia. Come Celia, è minuta e ha l'aria delicata. — La sua voce assunse un tono amaro. — Cominciai a vederle. Era estate e tutto contribuiva a far perdere la testa: il caldo, la novità, lo stesso paesaggio romantico. M'infatuai di Celia. Mi la-
sciai vincere. Non parlo per scusarmi. Voglio solo farti sapere la verità. — Ma Jerome! Non eravamo fidanzati? Non dovevamo sposarci? Lui esitò cercando le parole adatte: gli ripugnava, quello che stava per confessare. — Io... avevo pensato che loro lo sapessero. Non so capacitarmi come sia accaduto. Lasciai andar tutto alla deriva senza lottare, trascinato dagli eventi. Ah, sì, ora capisco. In quel momento ero come trasognato, vivevo in un mondo irreale da cui speravo di risvegliarmi per tornare alla realtà. Purtroppo quando mi risvegliai, era tardi. Anna rimase in silenzio. Jerome le afferrò le mani. — Anna, sono stato un pazzo, un codardo. Sono, come lo ero anche allora, pieno di vergogna. Ma se questo può consolarti un po', ho pagato e pago molto caro. Probabilmente sconterò il mio fallo per tutta la vita. Anna, è meglio che tu lo sappia... Celia non mi ha mai amato! Ora ne sono convinto anch'io. L'ho delusa in molte occasioni. Jerome accostò la guancia al dorso della mano di Anna. La ragazza, dopo qualche istante, la girò e lo accarezzò dolcemente. Ma Anna aveva un gran peso da togliersi dal cuore... un peso che sopportava e la tormentava da ben tre anni. Così si decise a chiedere: — Perché mandasti Celia da me quella volta? Sentì che lui si irrigidiva. — La mandai da te? Ti giuro che non l'ho mai fatto! — Celia venne da me dicendo che eri stato tu a mandarla. — Venne?... Anna, vuoi dire che Celia venne qui, per parlarti? — Ma sì. Tu la mandasti da me con l'incarico di pregarmi di lasciarti libero. Non occorreva, Jerome! — Anna! Le afferrò nuovamente le mani, cercando disperatamente di scoprire la verità sul suo volto in penombra. — Anna, che dici? Non ho mai saputo niente! Non fui io a mandarla da te! — Venne qui a dirmi che tu l'amavi. Mi riferì che avresti voluto sposarla, ma che non potevi perché eri fidanzato con me. Mi fece capire che tu le appartenevi. Naturalmente lo credetti e, se non l'avessi fatto allora, dovetti per forza convincermene dopo il vostro matrimonio. — Sono stato un pazzo! — si lamentò Jerome. — In parole povere, ecco come sono andate le cose. Ho sempre sospettato che qualcuno ti avesse detto qualche menzogna, ma non avevo mai immaginato che Celia fosse
venuta da te. Quella settimana dovetti recarmi in città per la festa del Corpus Domini. Quando tornai, trovai la tua lettera dove mi scrivevi che avevi saputo di Celia e conseguentemente il nostro matrimonio era sfumato. Celia allora mi chiamò... — Non ti disse della visita che mi aveva fatto? — Mai. Quasi prima di rendermene conto, l'avevo sposata. Non potei rifiutarla, farle del male. Era così piccola, così fragile, così bisognosa d'aiuto! — Abbozzò un debole sorriso. — Anche questo, mi ha fatto! — concluse con una sorta di rassegnazione abituale che rivelava molto più di quanto lui non avrebbe voluto. — Cosa avresti fatto, Jerome, se Celia non fosse venuta da me? Era un quesito importante. La ragazza se l'era posto inutilmente per anni. — Non so, Anna. Credo che sarei tornato da te. Forse, per un po' di tempo, non sarei stato un buon marito. Ma l'avrei dimenticata, poi, come un uomo dimentica le cose irreali. Non era un sentimento profondo come quello che provo per te, Anna. Lei rabbrividì portandosi una mano alla gola. — Oh, caro! È inutile. — Inutile? Perché, Anna; perché no? Si volse bruscamente ad abbracciarla con impeto. Era tornato l'ardente Jerome di una volta. — Perché no, Anna? Tu appartieni a me... Sempre, in tutta la nostra vita siamo stati promessi. Nessuno... — Jerome... — Perché, Anna? C'è sempre il divorzio. È giusto. Lei è venuta con un inganno da te, per far sciogliere il nostro fidanzamento. Chiederò il divorzio. Celia non mi ama. Rinuncerò in suo favore a quasi tutta la mia fortuna. Anna, non potrà rifiutare di concedermelo. — No, no. Jerome, non devi. — Non c'è altro da fare. Abbiamo ancora una vita, davanti a noi, non posso vivere senza di te. È stata colpa mia, ma non è troppo tardi, Anna. — Jerome, ascoltami. Calmati... lasciami. Non riesco a riflettere con calma, fra le tue braccia. Non possiamo farlo. Non puoi recarti da Celia e dirle così brutalmente: "Non ti voglio più, divorziamo". Cercava di convincerlo, ma la sua voce tremava. Mai in tutti i pensieri rivolti a Jerome era balenata una tale soluzione. Ma era impossibile. Jerome ripeté con ansia: — Perché no, Anna? Celia non mi ha mai amato. Ascoltami, cara. È antipatico, ma devo farti conoscere la verità. Mi ha
sposato solo per il danaro. Quando si è accorta che non ero ricco come lei aveva creduto, è rimasta profondamente delusa. Celia vuol solo fare una vita brillante e sfoggiare abiti vistosi. Trapelava l'amarezza, dalla sua voce, un senso di infelicità. Appariva invecchiato e stanco. La giovane rammentò le parole di Maud: "Quella donna è un vampiro che succhia il sangue e la giovinezza di Jerome". — Non è giusto, Jerome. — Anna, tu mi ami, vero? — Jerome, ascoltami. Questa notte noi ci siamo incontrati inaspettatamente. Siamo troppo turbati per ragionare. Ora devo andar via. — Mi ami ancora, Anna? Devi dirmelo. — Ma... caro... ti prego... va'. — Anna, tesoro... tu piangi! — Lasciami andare, Jerome. È tardi. Segui un lungo silenzio. — D'accordo, Anna. Vado, ma tornerò. Poche ore più tardi nella sua stanza, Anna, con gli occhi fissi nell'oscurità, ripensò con tenerezza agli ultimi avvenimenti... al caldo abbraccio di lui. "Tornerò" aveva detto. Poi era andato via, ma prima l'aveva accompagnata fino al sentiero. Lei era rimasta trasognata ad ascoltare i remi battere ritmicamente le acque nere del lago, mentre la barca dirigeva la sua corsa verso la lanterna scintillante sull'isola di Haven. Dopo interminabili ore di veglia si accostò alla finestra, rivivendo in sogno i meravigliosi momenti vissuti sulla spiaggia. Fu allora che udì un colpo sordo, come di un battello che attraccasse all'imbarcadero. Il rumore era inconfondibile, nel silenzio della notte. Senza dubbio era stato provocato da una barca o da una canoa che aveva urtato contro l'imbarcadero mentre qualcuno la stava ormeggiando. Non riuscì a vedere nulla, sebbene le finestre della sua stanza dessero proprio sul sentiero e dominassero la darsena. Si poteva solo vedere un lato della darsena dalla parte dove brillava la lanterna sulla sponda opposta. Nulla si mosse... od almeno tutto parve immobile nell'oscurità. Aspettò un po' prima di tornare a coricarsi. Sentì uno strano brivido di freddo. Il silenzio e l'invisibilità del visitatore notturno la turbarono stranamente. Il giorno dopo era domenica, e nel pomeriggio tornò Jerome. Altri fatti
accaddero, quel giorno, e ognuno di essi rivelò più tardi la sua terribile importanza. Tuttavia, al momento, tranne la venuta di Jerome, tutto il resto apparve normale e calmo come al solito. 3 Il giorno si levò cupo e nuvoloso, e una nebbia si estese velando di azzurro le isole e la sottile striscia di Punta Rowdy, la più vicina alla terraferma. L'acqua era grigia, immobile, e regnava nell'aria un caldo soffocante. Anna si svegliò lentamente, e a poco a poco si rese conto della vita che riprendeva attorno a lei. Le parve strano e dolce, il risveglio in quella camera. Il vecchio letto col baldacchino, e il canterano, erano ancora gli stessi di quando era ragazza. I chintz pieghettati erano stati sostituiti perché il disegno non le era familiare, ma il colore era rimasto quello d'un tempo. I suoi piedi posavano ancora sul vecchio tappeto. Riconobbe i pochi quadri che adornavano le pareti e le tendine di pizzo. Ma qualcosa aveva dato una nuova vita a quel vecchio mondo. Jerome! Dal sentiero qualcuno la chiamò. Corse alla finestra e vide Reginald. — Non vuoi far colazione? — la invitò il giovane. — Sì. Vengo subito, ma non aspettatemi — rispose. Decise, mentre faceva la doccia, di non pensare più a Jerome... e subito si accorse che non poteva pensare ad altro. Dopo aver indossato un abito bianco sportivo, si guardò allo specchio. Cos'era quel misterioso splendore che sembrava illuminarla tutta... che dava luce ai riccioli neri che incorniciavano il suo incantevole ovale? Gli occhi di un profondo azzurro rivelavano una gioia incontenibile e scintillavano come stelle. Normalmente era una bella ragazza, di carattere allegro, ma quella mattina appariva di una bellezza radiosa. Corrugò un po' la fronte osservandosi perplessa e nello stesso tempo compiaciuta. "Ragazza fortunata che hai ritrovato il tuo amore" disse fra sé. "Anna, ragazza mia, spegni quello scintillio degli occhi, che rivela il tuo segreto al mondo." Un lieve rossore le salì alle guance. "Debbo cercar di nascondere la gioia, altrimenti Maud e Reginald capiscono immediatamente." Rimase un momento a pensare con commozione che Jerome l'amava, che l'aveva sempre amata. Gli occhi le brillarono ancor più vivacemente. Si legò, civettuola, un nastro rosso fra i capelli. — Come sei carina, Anna! — esclamò Reg. — Devi aver dormito pro-
prio bene. Maud, più osservatrice del marito, si affrettò a ordinare a Olga: — Per piacere, due uova e prosciutto per la signorina Anna. La cameriera diede per tutta risposta la solita gelida occhiata di disapprovazione e scomparve in cucina. Il suo posto fu preso da Alec, un ometto magro e pallido che pareva ogni anno rinsecchito sempre più. Quasi del tutto pelato, metteva in mostra una barba di due o tre giorni, numerose rughe sulle guance ed occhietti furbi, mobilissimi. Portava calzoni corti e un camiciotto sportivo. In mano teneva il cappello. Reginald, senza sollevare gli occhi dal giornale, domandò: — Che vuoi, Alec? — Vi occorre il motoscafo, signor Predy? — Sì. Oggi è domenica. Potrai lubrificare e controllare il motore domani. Alec, come tutti ben sapevano, aveva una vera mania per trafficare coi motori. Contrariato, disse: — Va bene, ma se il motoscafo si fermerà in mezzo al lago non date la colpa a me. A proposito, signor Predy, chi si è servito della barca, ieri sera, al ritorno non l'ha ormeggiata bene. — Non tutti sanno fare nodi complicati come te — rispose Reginald distrattamente, mentre si serviva dello zucchero. Poi, con aria sorpresa, aggiunse: — Ma nessuno ha preso la barca, ieri sera! Alec insistette che qualcuno l'aveva adoperata e Reginald guardò Maud interrogativamente. — Nessuno ha usato la barca — ripeté — a meno che Ted... — Ted ha il suo motoscafo — disse Alec, rifiutando di chiamare "signor Ted" il giovanotto che parecchie volte da bambino aveva ripescato nel lago. — Allora ti sei sbagliato, Alec — affermò categoricamente Maud. — Come volete, signora, ma io conosco i miei nodi. Reginald cambiò discorso. — Hai portato la posta dal villaggio? Alec si affrettò a consegnargliela. Poi si allontanò. — Ma davvero qualcuno ha usato la barca, ieri sera. Ho sentito l'urto dell'imbarcazione contro l'imbarcadero. — Cosa dici, Anna? — chiese Reginald mentre le consegnava una lettera. — Sai chi? — Ho sentito solo quel colpo. Era troppo buio per vedere.
Maud corrugò la fronte. — Non può essere stato nessuno di noi, salvo Ted. A che ora... — Prendi — la interruppe Reginald porgendole una lettera — è di Hattie Miner. Maud, mentre apriva la busta con il coltello, guardava pensierosa Anna. — Non saprei — disse questa. — So appena che era tardi. — Ma non hai proprio potuto veder niente? Strano! Deve essere stato Ted, ma dove voleva andare a quell'ora? — Sciocchezze! — riprese Reginald. — Alec invecchia e Anna ha sognato. E poi — proseguì contraddicendosi — se anche è stato Ted, che importa? Oh, guarda, Maud: è giunta la notizia che aspettavo. La riunione riguardante la libertà provvisoria di alcuni prigionieri è rimandata a questo autunno. Questo ci permette di passare insieme una vacanza libera da impegni. A ogni modo farò una scappata in ufficio fra due settimane per vedere se ci sono novità. Poi tornerò qui. — Hai parlato di quell'affare con Jerome? Reginald alzò le spalle. — Ieri sera non ho potuto. — Poi spiegò ad Anna: — La sua Società ha bisogno di un buon avvocato. Il vecchio Judson è morto dopo aver servito la ditta per tanti anni. Cerco di ottenere il suo posto. È un affare conveniente. Pagano molto bene. Anna chiese: — E Jerome può aiutarti? — Sì. Credo che la sua parola abbia molta influenza. Ha fatto carriera. In quel senso, il matrimonio gli ha giovato. — Matrimonio! — intervenne Maud severamente. — Vorrai piuttosto dire la sua tenacia. Forse va malvolentieri a casa, e preferisce lavorare in ufficio sino a tardi. — Poi cambiando argomento: — Hattie Miner è ancora all'ospedale. Le manderò un telegramma. Credi che il telefono ora funzioni? — L'ho sentito squillare poco fa — rispose Reginald alzandosi pigramente. — Il tuo assegno deve arrivare fra giorni. Ti avvertirò appena sarà giunto, Anna. Detto questo si scusò, rientrando in casa. — Reg è straordinariamente gentile — dichiarò Anna. — Si è occupato delle mie piccole faccende da quando papà è morto, e non vuole un centesimo per questo, né per i suoi consigli legali. Lo sai, Maud? Maud sorrise. — Oh, Reg è fatto così. È quasi una sua vanità, dirigere ed essere consultato... Sì, che vuoi, Olga? — Telefono, signora — disse la donna, col solito tono sgarbato.
Maud, che in città aveva domestici fin troppo rispettosi, soppoitava le maniere di Olga, che era un'ottima cuoca e sapeva far torte eccellenti. — Permetti, Anna — e andò a rispondere al telefono. Anna finì la colazione pensando che la vita riacquistava la bellezza perduta dopo tre anni lunghi e tediosi. Così ebbe inizio la domenica. Anna passò il resto della mattinata fingendosi immersa nella lettura di un libro, mentre invece non faceva che pensare a Jerome. Haven formava una verde e grigia sagoma innalzantesi dall'acqua. Più tardi la ragazza ricordò che spesso aveva guardato l'isola durante quel giorno e non aveva visto alcuna barca partirne o giungervi, tranne la grossa lancia del villaggio. Era una giornata calma. Più tardi, verso mezzogiorno, Ted arrivò all'imbarcadero e salì sul grosso motoscafo dei Tredinick. Scontroso, senza neanche dare un'occhiata alla casa, si allontanò dall'isola dirigendosi verso il villaggio. Un'ora dopo, mentre erano a tavola, e Olga, che la domenica era di libertà, era andata a prepararsi, Ted ritornò. Portava i giornali e una stecca di sigarette. Ancora una volta, non degnò di uno sguardo la villa dei Predy. Nelle prime ore del pomeriggio, Maud si ritirò nella sua camera a scrivere delle lettere. Reginald schiacciò un pisolino sul divano del salotto. Verso le due, una lancia proveniente dal villaggio arrivò per prendere Olga e i due domestici dei Tredinick: marito e moglie che d'inverno vivevano al villaggio, mentre d'estate prestavano servizio dai Cable sull'isola di Haven. Come d'abitudine, ogni domenica pomeriggio la grossa lancia veniva dal villaggio a prendere tutti i domestici per la loro giornata di libertà. Era una trovata conveniente anche per i padroni che potevano così godersi alcune ore assolutamente tranquille. Dopo che il battello si fu allontanato in direzione dell'isola di Haven, Anna prese un piccolo sentiero che conduceva sull'altro versante dell'isola. Si sentiva gaia e serena. Il suo Jerome le dava questa euforia. Non aveva percezione del passar del tempo. Erano circa le diciassette, quando la giovane tornò dalla passeggiata e si ritrovò sulla spiaggia dove scorse Jerome che fumava una sigaretta seduto sulla loro roccia. Lui la sentì avvicinare e le corse incontro. Anna si accorse subito, vedendo i suoi occhi scuri e turbati, che era sorta qualche contrarietà. Jerome le afferrò le mani non badando se qualcuno poteva vederli. — Anna — disse con voce rauca — Celia non vuole divorziare.
4 Anna pensò che avrebbe dovuto prevederlo. Rimase immobile afferrandosi alle mani di Jerome come a un'ancora di salvezza. — Non guardarmi così, Anna. Ascoltami. Cerchiamo insieme una soluzione. Dobbiamo far qualche cosa. Perdonami... Ma lei era così bianca, così abbattuta... I suoi occhi si spalancavano così inorriditi che mi sono spaventato. — Dimmi pure, Jerome. — È tutto qui. Le ho chiesto di divorziare, ma lei... — Lei cosa? — Non vuole. È inutile che io cerchi di chiedere il divorzio. Io non... — Non puoi. — Sì. Non posso — confessò lui meschinamente. In un baleno, per Anna era scomparsa ogni serenità. — Anche se mi desse motivo per divorziare — proseguì Jerome — non potrei. Non ci si poteva aspettare altro, da Celia. Mai avrebbe acconsentito a restituire ciò di cui si era impadronita con l'inganno. — Le hai detto perché volevi divorziare? — L'ha intuito. È scoppiata a ridere. — Capisco — disse Anna, stendendo la mano verso di lui con gesto amico. — Non puoi essere tu solo, a chiedere il divorzio. Jerome fece finta di non vedere la mano offertagli in segno di comprensione e, scattando all'improvviso, gridò selvaggiamente: — Tu capisci! Tu capisci sempre! Qui è l'errore. Bene, questa volta sarà diverso. Senza aggiungere parola, senza neppure sfiorarla, ma dopo uno sguardo lungo e appassionato, fuggì via. Rapidamente, attraversò prima la spiaggia, poi l'imbarcadero e, dopo la sua scomparsa dietro la darsena, Anna sentì il motoscafo che si avviava. Pochi minuti dopo, vide l'imbarcazione dirigersi verso Haven. Sempre le rimase in mente che lui non si era voltato a guardarla. Il loro prossimo incontro sarebbe avvenuto in una stanza, insieme con molte altre persone. I loro sguardi si sarebbero incontrati, atterriti e sospettosi... ma Anna, in quel momento, non lo sapeva. Cercò di seguire il motoscafo con gli occhi velati di lacrime. Non si ac-
corse che gli altri erano presenti, finché Reginald, il quale si trovava in fondo all'imbarcadero, non chiese: — Perché Jerome non ha aspettato ancora un po'? Cos'è tutta quella fretta? L'ho visto dalla veranda. Sono corso subito giù, ma non ho fatto a tempo a raggiungerlo. Anna, asciugandosi vergognosa le lacrime, rispose: — Non so. Seguì un breve silenzio. Poi Reg la invitò, bruscamente: — Frieda e Ted non sono ancora arrivati. Mentre li aspettiamo, vuoi fare una partita a carte con me? Anna lo seguì, pensando che era inutile nascondersi come un cagnolino bastonato. Tentò di concentrarsi nel gioco. Reginald non l'avvertì che sbagliava, non per mancanza di cortesia, ma perché approfittava volentieri degli errori dell'avversario, uomo o donna che fosse. Poco dopo, Maud li raggiunse e si mise a leggere. Si sentì lo sciabordio di un battello, e Reg, curioso come un gatto, corse alla finestra per vedere chi si avvicinava all'imbacadero. — È Ted — annunciò tornando al suo posto. — È una canoa. Chissà da dove viene. Maud stava per suggerire: "Dall'isola di Haven" ma, data un'occhiata ad Anna, si trattenne. — Tocca a te — avvertì Reg riprendendo la partita. Un po' più tardi, nel pomeriggio, i ragazzi Gardiner inaugurarono il loro nuovo motoscafo con una serie di assordanti esplosioni. Maud posò il libro esclamando: — L'hanno messo già a punto. Speravo che occorressero almeno altre ventiquattro ore. Il rumore divenne sempre più fragoroso, finché un piccolo fuoribordo non doppiò l'estrema punta dell'isola. Tutti si alzarono ancora una volta per salutare con ostentata dignità i ragazzi Gardiner che agitavano la mano con gioia esuberante. — Addio pace, per questa estate! — commentò Maud amaramente. Il marito la consolò: — Vedrai che fra due o tre giorni si saranno stancati di questo divertimento. Però non si stancarono quella sera. Tanto è vero che alle sette di sera Frieda, accompagnata da un cupo Ted, giunse esasperata alla villa. Furibonda, si rivolse agli amici. — Come possiamo scongiurare una tale calamità? Qualcuno dovrà affondare quel dannato motoscafo!... Ascoltate... si può sentire esattamente dove si dirigono. L'unico momento di respiro che ci è concesso è quando si trovano all'altra estremità del lago, e anche questo sollievo è quanto mai
breve. Onestamente, Reg, cosa possiamo fare? — Niente — disse Reginald. Anna, rifiutando di giocare a bridge con esperti della forza di Frieda e Reg, stette a osservare mentre si preparavano per la partita. Frieda, accesa una sigaretta, si tolse il golfino verde posandolo sulla spalliera della sedia. Era una donna magra sui cinquantacinque anni, così spontaneamente zitella nei modi e nel vestire, da far sospettare ad Anna che si trattasse di una ostentata posa. Aveva i capelli grigio cenere, folti e ricciuti, raccolti in un perfetto nodo sulla nuca. Naso affilato e mento appuntito. Occhi acuti verdegrigio. Qualche ruga sul volto abituato all'aria aperta. Generalmente indossava comodi abiti sportivi mantenendo sempre tuttavia uno stile da signora distinta. Il nipote Ted rappresentava il sole della sua vita. Anna, in seguito, non riuscì a ricordare quello che precisamente aveva fatto o detto Ted. Rammentò soltanto che era imbronciato e melanconico e le aveva rivolto la parola con aria assente, senza mostrar di ricordarsi l'incontro della sera prima. La domenica, solo questi avvenimenti, per quanto Anna poté ricordare, caratterizzarono la giornata. Per lei un unico fatto ebbe particolare importanza... Una volta che i quattro giocatori cominciarono la loro partita, estraniandosi da quello che li circondava, Anna, posato il libro che aveva fatto finta di leggere, rientrò in casa. Si sentiva nervosa, agitata. Dopotutto, aveva subìto diverse emozioni in quelle ultime ore... e di lì a poco ne avrebbe subito una peggiore. Anche se, prima, aveva provato, qualche volta, odio per Celia, mai aveva sentito per quella donna così corrotta il disprezzo di quel momento. Celia le aveva strappato con l'inganno più perfido Jerome, e adesso, dopo tre lunghi anni, non voleva concedere il giusto divorzio. Anna tremava per l'emozione e la collera. Si sforzò di sviare il pensiero su qualcosa di più banale. "Olga avrà preparato la cena prima di andarsene?" Entrò in cucina, accese la luce e notò che tutto era accuratamente preparato: ampi vassoi d'argento su cui troneggiavano panini imbottiti e tartine, il tutto ricoperto da candidi tovagliolini ricamati, un servizio cinese per iì caffè, stoviglie e posateria d'argento. Visto che tutto era pronto, si avvicinò alla porta della cucina e, dopo un attimo di esitazione, uscì lasciandola sbattere alle sue spalle. Il colpo parve assai forte, nel silenzio della notte. Era subentrata un'oscurità impenetrabi-
le per il calare di una densa nebbia. A tentoni raggiunse i gradini della veranda, mentre Frieda stava esclamando: — Slam! Centocinquanta punti! Ancora una volta, Anna si diresse verso la spiaggia con l'unico desiderio di rimanere sola almeno qualche ora. Andò giù, all'imbarcadero, avvicinandosi alla darsena, dove una lancia spandeva un debole chiarore sul lago, nella nebbia più fitta. Non volendo tornare alla roccia dove aveva ritrovato Jerome, disfece l'ormeggio che tratteneva una piccola barca. Si calò nel battello e vi rimase seduta, ascoltando distrattamente le voci confuse che provenivano dalla veranda e lasciandosi cullare dal dolce rollio. A un tratto le venne in mente di recarsi da Celia, come costei aveva fatto tre anni prima, salvo che Anna andava da lei forte della verità! Nel ricordo di Anna, questo gesto impulsivo rimase come se fosse stato compiuto da un'altra donna. Una donna che aveva agito al suo posto, più pratica, più decisa. Una donna che aveva disfatto il nodo e si era mossa con estrema cautela per non farsi sentire dalle persone sulla veranda. Una donna sicura di sé, forte, che era riuscita a raggiungere a forza di remi l'isola di Haven, e farne ritorno. Una donna che aveva saputo far scivolare silenziosamente il battello nell'oscurità dell'acqua e della notte. Anna maneggiò con tanta prudenza i remi che neppure il cigolio degli scalmi poté svelare la sua presenza. Questo anche per merito di Alec che era troppo preciso nel curare la barca a lui affidata. E quell'altra donna che aveva preso il posto di Anna puntò decisa verso la luce che brillava sull'isola di Haven. In seguito anche questo viaggio rimase molto confuso nella mente della ragazza. In primo luogo scoprì che l'esercizio dei remi era assai difficile. Era vero che molte altre volte in passato aveva vogato, ma ora mancava di allenamento. Di tanto in tanto doveva fermarsi a riposare. L'acqua, come appare di solito in una notte buia, sembrava possedere una forza segreta, indefinibile, come se il movimento dei remi fosse inutile e l'oggetto dei desideri di Anna rimanesse eternamente distante, irraggiungibile. Eppure, pian piano, lei si avvicinava alla luce che si scorgeva sull'isola. Finalmente poté distinguere la darsena e la ringhiera di legno del minuscolo imbarcadero. La luce stessa si trasformò in una grossa lampada. Dopo che ebbe attraccato la barca alla sponda, Anna rimase seduta per un po' a riposare e a riflettere su quello che avrebbe dovuto dire a Celia. Udì il rumore assordante del motoscafo dei Gardiner che stava doppiando l'isola di Tredinick per perdersi in lontananza, verso il villaggio.
Sentì rinascere in sé la collera e una nuova forza, e saltò giù dalla barca... Conosceva perfettamente il sentiero che dal molo portava alla casa. Non vi erano stati cambiamenti, la luce della darsena illuminava anche il piccolo sentiero, e una lampadina appesa sopra il ponticello di legno, gettato su un piccolo strapiombo, facilitava il cammino. Passato il ponte e due strette curve, raggiunse la casa. Qui si fermò esterrefatta. Le luci erano tutte accese. Si diresse allora, adagio, verso la veranda. Jerome doveva essere tornato mentre lei aveva pensato di trovare Celia sola, come quella volta Celia aveva trovato lei. Doveva esserci gente — pensò — altrimenti perché tutta quella illuminazione? Si rammaricò di non aver guardato, prima d'avviarsi, se nel piccolo porto c'erano altre imbarcazioni. Ma non c'era gente... La veranda era deserta. E dalle finestre del salotto poteva vedere facilmente l'interno: gli scaffali coi libri, il grande camino, le comode poltrone. Tutto il mobilio che lei, insieme con Jerome, aveva scelto con tanta cura. La stanza aveva quasi la stessa disposizione progettata da lei tanti anni fa. Forse era cambiata nei piccoli particolari, ma non nel complesso. Proprio in quel momento Anna provò la prima sensazione di disagio. Tutte quelle luci... e nessuno in vista! Sarebbe tornata indietro se l'altra donna che aveva preso con tanta autorità il suo posto non l'avesse spinta a proseguire nel suo proposito. Con cautela aprì l'antiporta munita di rete metallica contro gli insetti. Il portone d'ingresso era spalancato. La ragazza entrò chiamando ad alta voce: — Celia, Celia. — Nel silenzio della casa deserta, solo la sua voce risuonò. Nessuna risposta, tranne lo sbattere d'una farfalla notturna contro la rete di protezione. Anna sobbalzò come se quel rumore improvviso fosse stato un avvertimento. Fuggì spaventata dalla casa. Il cuore le batteva con impeto, e in quel momento, all'improvviso, tutte le luci si spensero. Nessun rumore, tranne il suo ansimare. Nessun segno che rivelasse una presenza umana nella casa o nei dintorni. Nulla! Un silenzio assoluto e un'oscurità altrettanto assoluta. Non era una novità che le luci si spegnessero così improvvisamente sulle isole. Accadeva invece con una certa frequenza. Un temporale, un vento rabbioso o anche un guasto alla piccola centrale... Eppure, in quel momento, Anna ebbe paura. Fuggì sul sentiero e, solo perché era assai pratica del luogo, ritrovò nell'oscurità la via da seguire. La casa si era trasformata in una macchia nera, mentre prima era tutta uno scintillio di luci. Nel buio, la giovane arrivò al ponticello di legno e, attraversatolo, per-
corse la ripida discesa verso il molo. Anche il cantiere era buio. Anna saltò nella barca, disfece, con mano tremante, l'ormeggio e si staccò dalla riva a forza di remi. Solo allora si accorse che la leggera nebbia di poco prima si era addensata e pesava come una coltre impenetrabile sul lago. Con amarezza pensò che stava ritornando a Tredinick. La sua era stata una mossa inutile. Provò anche un forte rammarico per il fatto che il coraggioso impulso che l'aveva dominata fosse ora scomparso e, alla donna forte di poco fa, si fosse sostituita la piccola Anna Bayne. Si volse un attimo, dato che la prua si trovava alle sue spalle. La veranda dei Tredinick formava un alone di luce gialla ed appariva ancora molto distante. La lanterna sul cantiere, proprio sotto la veranda, sembrava un lumicino e già quasi del tutto oscurato dalla nebbia. Sopra, oltre la veranda, come se fosse tra gli alberi, a lato della casa, notò un altro punto luminoso anch'esso quasi completamente offuscato dalla nebbia. Si chiese perché fosse stata accesa quella luce. Non significava nulla, in quel luogo. Il pensiero si perse immediatamente nel dedalo di preoccupazioni che assillavano la ragazza. Fra le altre, anche quella di dirigersi senza errore nella nebbia verso l'isola di Tredinick. A un certo punto, Anna si trovò a lottare in uno sconosciuto e terrificante vuoto d'oscurità. Solo la barca era qualcosa di concreto. Governarla era divenuto un compito terribilmente arduo e pesante, come se l'acqua avesse preso in una morsa il battello formando un tutto unito, e Anna e i remi fossero l'unica cosa estranea, quella notte, sul lago. Con forza disperata, per quanto i muscoli affaticati glielo permettevano, remò. Tutto era silenzioso e cupo. Quella casa su Haven, scintillante di luci e deserta... e poi improvvisamente buia. Dove potevano essere, Celia e Jerome? Si fermò un momento, rendendosi conto che aveva remato per un pezzo senza guardare le luci di Tredinick. La nebbia era aumentata. Non riuscì più a scorgere le due piccole luci e la zona luminosa proveniente dalla veranda dei Predy. Era in direzione sbagliata. In quel mentre, qualcosa urtò la sua barca. Un altro battello? Nessuno tuttavia lanciò un segnale d'avvertimento. — Chi è là? — gridò Anna con voce rauca. L'imbarcazione misteriosa urtò leggermente ancora la sua barca come se tentasse, con quello strano tocco, di rispondere all'interrogativo. Nessuno parlò, ciò nondimeno Anna poté vedere i contorni di un oggetto che pareva una canoa. Non doveva esserci nessuno. Probabilmente la canoa aveva
strappato l'ormeggio ed era stata trascinata da qualche corrente. Anna tentò di vogare con un remo solo per non rovesciare la canoa. Ma o sbagliò la manovra avvicinandosi di più... o il sinistro legno persistette a seguirla. Infatti di nuovo la canoa urtò contro il bordo della barca con un tocco leggero, quasi con insistenza accusatrice... "Strano" pensò Anna "sembra assai pesante. Strano davvero, per una canoa vuota!" Con uno sforzo disperato afferrò il bordo della canoa respingendola per liberarsi finalmente da quell'incubo. Ricominciò a vogare maledicendo la notte, le acque plumbee e la nebbia pesante. Questa volta, però, di tanto in tanto si volgeva per controllare se si avvicinava alle luci di Tredinick. Dopo un tempo che le parve interminabile, raggiunse il molo. Ormeggiata la barca, salì stancamente i gradini che portavano alla casa. Sulla veranda, Reg, Ted, zia Frieda e Maud stavano ancora giocando a bridge. Anna non se la sentiva di vederli, e pian pianino, passando per la porta di servizio, salì nella sua stanza. Loro lo avrebbero immaginato, che era a letto. Stavano per scoccare le dieci e mezzo, quando raggiunse la sua camera. Più tardi avrebbe potuto confermarlo con assoluta certezza perché aveva guardato il suo orologio da polso. Frieda e Ted se ne andarono verso le undici. Pochi minuti dopo aver dato la buona notte agli amici e spente le luci in veranda, Maud e Reg salirono per ritirarsi nelle rispettive camere. Anna udì Maud dire al marito: — Non salutare la piccola. A quest'ora dorme di certo. Immediatamente dopo, sentì che si richiudevano le porte delle due camere. Più tardi, verso mezzanotte, la lancia riportò Olga dal villaggio. Anna sentì la cameriera salire per il piccolo sentiero e poi chiudere a chiave la porta della veranda che era stata lasciata aperta apposta per lei. Dopo un bel po', Anna si alzò e andò alla finestra che dava sul lago, scrutando l'isola di Haven alla ricerca d'una luce che si rifiutava di apparire. Finalmente ritornò a letto e sognò una barca... stranamente pesante che la inseguiva nel buio. Maud in un ampio accappatoio grigio-azzurro, coi capelli sparsi disordinatamente intorno a un volto terreo, la mattina dopo la svegliò scuotendola bruscamente. — Sveglia, Anna. È accaduto qualcosa di spaventoso. Celia... la moglie
di Jerome... è stata uccisa nella notte. L'hanno trovata stamane... in una canoa alla deriva sul lago. 5 Alec aveva scoperto il cadavere. Aveva visto la canoa trascinata dalla corrente vicino alle Isole Gemelle. Col suo vecchio motoscafo, l'aveva intercettata ritrovando nella canoa il corpo di Celia. — Come?... — domandò Anna, le labbra smorte. Maud, comprendendo la domanda interrotta, rispose: — Con un colpo di rivoltella. L'arma non era nella canoa. Finora non è stata ritrovata, nonostante le minuziose ricerche sull'isola di Haven. Anna, sai dove è andato Jerome? Lei non sapeva neppure che Jerome si fosse assentato. Maud proseguì: — Allora vestiti e vieni giù. Come un automa, la ragazza si vestì, con la mente ancora confusa dalla tragedia. Finché non si trovò con Maud sulla veranda, e Olga non ebbe portato loro una tazza di caffè, Anna non riuscì a connettere. Turbata, la ragazza domandò a Maud: — Prima, intendevi dire che Jerome se ne è andato? — Proprio così. Nessuno sa dove sia. Se è stato lui a commettere il delitto — proseguì Maud con veemenza — è stato costretto da lei. Era malvagia, corrotta fino al midollo. Maud entrò in casa a telefonare a Frieda. — Oh, lo sai già!... Sì... Alec l'ha trovata... Questa mattina... Sì... Crede che fosse morta da un bel pezzo... La pagaia era scomparsa... Lui dice che la canoa è stata lasciata deliberatamente in balìa delle acque... Frieda, Ted lo sa?... Ah, sì. No, non riusciamo a trovare Jerome... Nessuno lo sa... Sì. Dopo un breve istante ricomparve sulla soglia annunciando: — Fra poco arriva Frieda. Controllati. Zia Frieda mi ha appena informato che ha dato la funesta notizia a Ted. Ascolta... un motoscafo! Corse alla finestra mentre una serie di scoppi di motore rompeva il silenzio mattutino. Era una giornata limpida, piena di sole. L'acqua del lago scintillava come uno specchio. Anna fissò quella liquida distesa confrontandola con raccapriccio a quella così scura della notte precedente. Con angoscia pensò: "Allora si trattava proprio di quella canoa", di quella silenziosa e stranamente pigra imbarca-
zione. Avrebbe dovuto subito raccontare agli amici la sua avventura notturna. Il pensiero la risvegliò dalla specie di torpore in cui era caduta. Celia non era soltanto morta... ma assassinata! Questo significava un assassino tra loro, una inchiesta, un processo. In quel baleno di lucidità, vide una serie di scene caotiche susseguirsi con ritmo incalzante. Mentre queste sgradevoli visioni le si affollavano nella mente, il rombo del motoscafo di Ted si affievolì lontano. "Con un motoscafo non impiegherà molto tempo a raggiungere Haven. Quanto di più si impiega" pensò con orrore "ad andarci con una barca a remi attraverso la nebbia, di notte... con una canoa che ti segue come la tua ombra..." Il motoscafo giunse in un baleno al molo e si fermò. Maud, voltandosi verso Anna con la fronte corrugata, disse: — Ascoltami, Anna. Parliamoci chiaro. Se Celia è stata veramente assassinata, sarà un disastro per tutti. So che fra te e Jerome c'è stata una specie di riconciliazione. Non c'è stato bisogno che me lo dicessi, e ne sono ben contenta. Speravo che Jerome lasciasse Celia come ogni uomo ben pensante avrebbe dovuto fare da tempo. Dammi retta, Anna. Non dir niente a nessuno... Proprio niente. Faresti solo dell'altro male a Jerome. — Evitò di guardare Anna scegliendo accuratamente le parole. — Hai un alibi, per ieri notte. Tu eri qui e, grazie al cielo, anche Ted. Ho sentito io stessa le parole precise di Alec. Celia è certo stata uccisa prima della mezzanotte, perché dopo quell'ora la nebbia è mutata in pioggia. Lui ha detto che il sedile sotto il cadavere era asciutto mentre tutto il resto era bagnato... Intendevo dire i suoi indumenti. Ma Jerome... cosa vuoi, Olga? — Desiderate la colazione? La cameriera era sulla soglia coi capelli ancora raccolti sulla nuca, un golfino e la gonna sopra la camicia da notte. Maud corrugò la fronte. — Faremo colazione quando tornerà il signor Predy. Ora puoi andare a vestirti. Olga lanciò alle due donne una breve occhiata carica di sottintesi. Anna si chiese angosciata da quanto tempo la cameriera fosse lì. Rimasero in silenzio finché il rumore lieve delle pantofole sull'impiantito non svanì del tutto. Poi Maud, chinandosi verso Anna, sussurrò: — Capisci ora cosa volevo dire. È meglio tener la bocca chiusa, ragazza mia. Senti, arriva Frieda. Frieda indossava un abito in lana verde, ed era pallida e turbata. Disse decisamente, come se avesse in pugno la situazione:
— O è omicidio o suicidio. Se è suicidio non abbiamo niente da preoccuparci. Se è omicidio, qualcuno l'ha uccisa nella notte dopo che ha telefonato a te, Maud. — Telefonato? — gridò Anna. Maud le lanciò un'occhiata di stupore. — Ma come, non ricordi? Celia ha telefonato ieri sera che saranno state circa le otto o le otto e mezzo. — Otto e cinque al massimo — precisò Frieda. — Proprio dopo che io avevo dichiarato slam per la prima volta nella serata. Ho guardato il mio orologio, pensando che era presto ed avevo tutto il tempo per fare una discreta vincita. — E aggiunse amaramente: — Ma sbagliavo. È stato proprio in quel mio slam che Celia ha telefonato e qualcuno ha rovesciato dell'acqua sul mazzo di carte. Reg è andato a prenderne un altro mazzo e... la fortuna mi ha abbandonato. Tutto questo è accaduto in non più di dieci minuti dopo le otto. — Bene — tagliò corto Maud. — Celia mi aveva telefonato che sarebbe venuta qui. Non è arrivata, e noi... — Abbiamo pensato — interruppe Frieda — che avesse cambiato idea. — Un pensiero la colpì improvvisamente. — Misericordia, Maud, non credi che sia stata uccisa mentre veniva qui? Seguì un cupo silenzio. — Se è stato così, nessuno di noi ne sa niente. Abbiamo alibi perfetti per quell'ora. Naturalmente sto pensando al metodo migliore per affrontare le indagini che la polizia farà di certo. — A meno che non si tratti di suicidio — interruppe ancora Frieda pensierosa. Sembrò che ad un tratto le fosse tolto un peso sul cuore. — Se è omicidio — proseguì — credo che noi fossimo quelli che la conoscevano meglio, nei dintorni. La polizia si accorgerà subito che abbiamo alibi inconfutabili. Tutti noi, tranne Jerome. — E guardò Anna con intenzione. Maud ribatté con calma: — Non sappiamo dove sia, ora, Jerome. È stato qui ieri, ma non ci ha detto che sarebbe partito. Frieda esclamò: — I poliziotti lo interrogheranno. Cercheranno il movente, come del resto fanno sempre. Nel tono e nelle parole si sentiva un palese avvertimento. Anna pensò che un movente plausibile sarebbe stato l'amore di Jerome per lei, se la polizia lo avesse scoperto. Maud lo sapeva e Frieda ne era a conoscenza, op-
pure lo sospettava. Forse esattamente non sapeva ciò che era accaduto... che Jerome, cioè, aveva chiesto a Celia il divorzio, e che lei l'aveva rifiutato. Anna si nascose il volto fra le mani. — Sì... io so... — mormorò. Frieda, dopo un breve silenzio, tentò di confortarla accarezzandole i capelli. Le due donne si allontanarono poi un po' per parlare a voce bassa, mentre la giovane rifletteva. Quello cui avevano accennato sarebbe stato un buon movente, una traccia che avrebbe certo portato a Jerome. A Jerome? Perché non a lei stessa? Anche lei aveva un movente. Inoltre si era recata sull'isola di Haven e... — il cuore ebbe un sobbalzo — aveva toccato la canoa e con la mano l'aveva sospinta via. Per un momento, il panico la assalì. Provò un forte desiderio di confidarsi a Maud e a Frieda, di raccontare tutto quello che aveva passato nella notte. Ma non lo disse. Gradatamente dominò il suo terrore. Non era stata lei a uccidere Celia, e neppure Jerome poteva essere l'assassino. Disperatamente si afferrava a questa speranza. La mattina passò in interminabili discorsi e in congetture. Maud raccontò ancora una volta le poche vicende che sapeva. Alec era venuto alla villa in tutta fretta, aveva svegliato Reg che dormiva nella sua stanza situata nel retro della casa. Anche Olga e Maud l'avevano sentito. Immediatamente avevano telefonato al villaggio, e il poliziotto locale, e più tardi lo sceriffo della contea, erano venuti insieme ai loro accoliti. Alec aveva rimorchiato la canoa indietro fino ad Haven dalle Isole Gemelle prima di venire a svegliare Reginald. Maud informò gli amici che Alec aveva detto che era andato su a casa Cable, ma, per quanto avesse bussato, non aveva ottenuto alcuna risposta. Così aveva lasciato al molo la canoa col cadavere ed era venuto a casa. Maud continuò a spiegare: — Reg si è vestito alla svelta, e insieme con Alec è andato all'isola di Haven. — Ecco un altro motoscafo — avvertì Frieda. — È quello grande dei ragazzi Gardiner. — Poi, cambiando argomento: — Come hai saputo che Jerome era andato via? — Oh, appena Alec ci ha svegliati, abbiamo telefonato a villa Cable. Il telefono ha trillato per un po', e finalmente quella cameriera di Celia... Mary o qualcosa di simile... ha risposto ancora mezzo addormentata. Mi ha informato che Jerome non c'era e che nella sua camera mancavano alcuni suoi vestiti. Mi ha detto anche che la stanza sembrava essere stata perquisi-
ta. Ogni cosa era sossopra. Mio marito l'ha informata allora di quanto era accaduto. Si è sentito un tonfo e poi più nulla. Se è svenuta speriamo che sia stato su qualcosa di duro. Non ho mai capito perché Celia tenesse quella donna! Un altro motoscafo passò dirigendosi anch'esso all'isola di Haven. Questa volta, tuttavia, le tre donne sulla veranda non sapevano che un magro giovanotto dai capelli neri e dagli occhi melanconici sedeva in mezzo al battello guardando attentamente la villa dei Predy. Il suo nome era Jacob Wait. In quel mentre si rammaricava di aver scelto come luogo di villeggiatura il Lago Tredinick. Era anche seccato perché il battello ondeggiava fastidiosamente. Soprattutto lo rattristava il fatto che di lì a poco sarebbe stato costretto a contemplare una cosa assai spiacevole. Nessuna delle tre donne lo vide. Nessuna delle tre avrebbe sospettato che la loro vita sarebbe cambiata, dopo l'arrivo di quel bruno, silenzioso, infelice giovanotto! Stava per scoccare mezzogiorno, quando Reginald tornò alla villa. Era insieme con Ted e altri tre uomini che Anna riconobbe come gente del villaggio o dei dintorni. Rufe Bailey, il poliziotto, John McHenry, lo sceriffo della contea, e il giudice Tim Walsh facevano parte della comitiva. A loro si era aggiunto un quarto personaggio, un forestiero. Reginald lo presentò semplicemente come il signor Wait. Pelle olivastra, capelli neri e statura media. Ascoltava in silenzio senza mai interloquire. Anna lo guardò e si dimenticò subito della sua presenza. La prossima volta che l'avrebbe riveduto, si sarebbe ricordata di lui, e come! Le sue palpebre socchiuse celavano occhi di furetto. Anna non si rese conto che quel personaggio insignificante aveva una sensibilità acutissima. Era venuto riluttante, su invito dello sceriffo. Si trovava in vacanza, il caso non lo riguardava, e lui era assolutamente restio a interessarsene. Tutti entrarono nella veranda, gravi in volto, le voci solenni e basse. Solo Reginald aveva un aspetto preoccupato e stanco. Domandò se c'era qualcosa da mettere sotto i denti. — Abbiamo aspettato a far colazione — disse Maud. — Darò ordine a Olga di preparare qualcosa per tutti. Gli altri rifiutarono. — Siamo venuti — spiegò lo sceriffo, un po' imbarazzato — solo per chiedervi se sapete dove sia andato Jerome Cable. — È ancora via — specificò Reginald. — La sua macchina non è più nell'autorimessa in città dove la tiene di solito, ma gli addetti al garage non
sanno quando sia partito. Si teneva una festa da ballo, ieri sera, e nessuno è rimasto laggiù. Reg offrì una sigaretta ai tre uomini, ma nessuno accettò. Poi chiese ad Anna: — Jerome ti ha detto che partiva? Maud, Frieda, quando è stato qui, ieri sera, non vi ha detto nulla? Maud rispose negativamente, mentre Frieda a sua volta domandava se la cameriera dei Cable non ne sapesse qualcosa. Reg accese una sigaretta e non rispose. Lo sceriffo, sentendo improvvisamente su di sé lo sguardo indagatore di Frieda, cominciò confuso a giocherellare con la tesa del cappello. L'uomo che chiamavano Wait guardò il lago. — Può darsi — disse infine Reg — che quella donna sappia più di quanto non voglia ammettere. Tuttavia dice di non sapere niente del delitto. Afferma che è arrivata alla villa a mezzanotte circa. Tornava dal villaggio sulla grande lancia. Appena rientrata si è ritirata subito nella sua stanza. Dichiara inoltre che non ha saputo della tragedia, finché la signora Predy non le ha telefonato stamane. Dice che non ha saputo nulla... — Tranne — interruppe lo sceriffo sempre fissando il suo cappello — che Cable e la moglie hanno avuto una discussione ieri sera. Lei li ha uditi. Subentrò un imbarazzante silenzio. Frieda chiese con voce rauca: — La cameriera ha afferrato l'argomento della discussione? John McHenry rispose lentamente: — Sì, sì. Credo che abbia sentito tutto. Dà l'impressione di una donna che ben difficilmente si lasci sfuggire una parola di quel che ascolta. Finora, però, non ha parlato. Credo che abbia paura. — Cambiando argomento domandò improvvisamente: — Il signor Predy mi ha detto che ieri sera avete giocato a bridge, qua. È vero? — Sì — rispose Frieda senza esitare. — Voi e i signori Predy... — E Ted — interruppe pronta Frieda. Lo sceriffo domandò allora voltandosi lentamente verso Anna: — Anche voi, signorina? Maud intervenne, calma: — Naturalmente. Tutti noi. Perché? Mio marito vi ha detto che Celia Cable ci ha telefonato? — Ah, sì. Sembra che sia stata uccisa subito dopo quella telefonata. Come mai non avete udito lo sparo? Era una notte molto calma e silenziosa! Anna notò che Maud volgeva pensierosa lo sguardo verso la radio, ma
Frieda intervenne prontamente: — Non l'abbiamo udito. Sono sicura che se ci fosse stato un colpo di arma da fuoco tra qui ed Haven l'avremmo sentito. — La notte era calma — ribatté lo sceriffo. Tacque per ascoltare un rumore proveniente dall'esterno. Reg s'accostò al finestrone. Si sentiva il brontolio di un motoscafo che si avvicinava. Reg improvvisamente esclamò: — Jerome!... Jerome!... Viene qui! Sta arrivando. Gli vado incontro sul molo. Anna alzò gli occhi e vide che lo sceriffo e il giudice Tim Walsh stavano scambiandosi uno strano sguardo d'intesa. Il forestiero dal volto olivastro tenne gli occhi bassi osservando la punta delle sue scarpe. — Posso fare una telefonata, signora Predy? — domandò Rufe Bailey. 6 Jerome sapeva. Anna lo capì nel momento in cui fece il suo ingresso nella veranda. Pallido e tremante, chiese: — Allora, è proprio vero? Lo sceriffo annuì tristemente. Fu Maud che rispose: — Sì, è vero, Jerome. — E, posandogli affettuosamente una mano sulla spalla: — Siediti. Sembri molto stanco. Reg, dagli qualcosa da bere. — Non ne ho bisogno — disse Jerome accasciandosi sopra una sedia. — Ditemi com'è accaduto. In nome di Dio, chi può averlo fatto? Dove... dov'è, lei? — Cerca di calmarti, Jerry — disse Tim Walsh, usando il vezzeggiativo di quando Jerome era bambino — mi occuperò io di tutto. Lei — esitò un attimo — non ha sofferto. Tutto è finito in un istante. — Come... — Le hanno sparato a una tempia. Certamente non si è accorta di morire! Il suo corpo è intatto... sembra che dorma. Anna ringraziò il cielo che Celia fosse rimasta ancora bella anche dopo morta e che Jerome potesse in avvenire ricordarla così. Nel cuore di lei, ogni motivo di rancore era annullato: non c'era più che una grande pietà. La morte di Celia era stata un fatto tremendamente inutile, pensò la ragazza, oppure... "oppure no"? "No, no" disse tra sé. "Jerome non può aver ucciso Celia!" Poi ricordò il momento che lei stessa era stata presa da un sentimento insolito... un sentimento che rassomigliava all'odio. Il ricordo la spaventò.
Lei, Anna Bayne, aveva potuto sentire così. Poi anche un'altra persona... Ma "non Jerome" era stato spinto dall'odio al punto di uccidere Celia. Fino a quel momento, Anna aveva pensato solo al pericolo che i sospetti potessero cadere su Jerome, su lei stessa o su qualcuno molto vicino a Celia. Ora, nel ricordare quel suo momento d'odio, cercò di comprendere quale sorta di sentimento e di esasperazione avessero portato alla morte Celia Cable. Mentre lei pensava a queste cose, Reg offri a Jerome un cognac dicendogli affettuosamente: — Tieni, amico. Jerome, ancora sconvolto, domandò: — Allora... è accaduto ieri sera? — Si — rispose laconico lo sceriffo, e poi soggiunse: — Quando siete partito, Cable? — Non ricordo. Saranno state le sette e mezzo. — Volete dire che a quell'ora siete andato in città? — Precisamente. Ho preso il motoscafo che ho lasciato al villaggio, e in macchina ho proseguito per Chicago. — Come mai siete ritornato stamane? — Qualcuno del villaggio mi ha telefonato. Ho preso il treno delle dieci e mezzo. Non riesco ancora a credere che... Si alzò rimanendo con la schiena voltata e osservando con occhio vacuo il lago. — Sapete come è avvenuto? "Chi"... — E improvvisamente tacque. — Non sappiamo ancora chi sia stato, né il movente, Cable. Speravamo che poteste illuminarci voi. Con voce senza inflessione, Jerome rispose: — Non so. Mi hanno detto al telefono che l'autore del delitto era ignoto. Ho tentato di scovarlo nella mia mente. Tutto è stato vano. Tra i miei conoscenti non riesco a immaginare nessuno nelle vesti di un assassino. Inoltre non c'era nessuno che odiasse Celia a tal punto. Dev'essere stato qualche vagabondo... Lo sceriffo lo interruppe: — La villa era a soqquadro, ma dovete voi stesso verificare se manca qualcosa. Finora non è giunto alcun rapporto su tipi sospetti nei paraggi. Così... avete visto vostra moglie per l'ultima volta quando avete lasciato l'isola di Haven ieri sera alle sette e mezzo circa. — Sì. Lei era sola. La sua cameriera si trovava al villaggio, in libertà. Tillie Bowers, la cuoca, e suo marito, il battelliere, vengono solo di giorno... ma è un luogo così tranquillo, così sicuro, che... — Allora, vostra moglie era sola quando siete partito? — Sì. Lo sceriffo guardò Reginald. — A che ora ha telefonato che veniva qui,
la signora Cable? Le spalle di Jerome sussultarono, e gli sfuggì un grido roco. — Celia ha telefonato qui? Quando? — Ieri sera — disse Reginald. — Dev'essere stato poco dopo che tu hai lasciato l'isola di Haven. Jerome si voltò di scatto. — Perché? Cos'ha detto? — Solo che stava per venir qui. — Ma lei... Celia non ha mai usato una pagaia. Odiava le canoe, e anche l'acqua. — Come sapete che si tratta di una canoa? — chiese lo sceriffo. — Come... Ah, sì, qualcuno lo ha detto. Ascoltatemi, McHenry, cosa intendete dire? Lo sceriffo rigirò imbarazzato il cappello che teneva in mano. — Forse ho parlato troppo alla svelta — disse con calma. — Comprendete che ho una grave responsabilità. Non intendevo sottintendere che foste voi, l'assassino di vostra moglie, né vi tendevo una trappola per strapparvi una confessione. Scacciate questo brutto pensiero, Jerome. È mio dovere interrogare tutti quelli che sono implicati nel caso. Volete che lo faccia, vero? — Buon Dio, certamente. Ma che io abbia ucciso mia... mia moglie, levatevelo dalla testa. Vi assicuro che non sono stato io. Fatemi pure tutte le domande che volete. È vostro dovere. Suppongo che comincerete da me, vero? Voglio essere liberato da ogni sospetto al più presto possibile. — Chi ha parlato con la signora Cable, al telefono? — prosegui lo sceriffo. — Io — dichiarò Maud. — Mi ha detto che veniva qui e nient'altro. Non ha specificato con che mezzo, e io non gliel'ho chiesto. — Visto che non arrivava, non vi siete preoccupata? Non avete telefonato per sapere del ritardo e chiedere cosa fosse accaduto? — No — rispose Maud. — Vedete... — Tacque osservando Jerome. Lui si morse le labbra, e con voce rauca la pregò di continuare. — Era ubriaca — proseguì Maud — così non siamo stati sorpresi di non vederla. — Ah, capisco. — Lo sceriffo guardò interrogativamente il giudice che continuava a guardarsi la punta delle scarpe. Frieda disse improvvisamente: — Ascoltate, McHenry. Noi cinque siamo stati qui tutta la sera a giocare a bridge. Jerome Cable è partito dall'isola di Haven alle sette e mezzo. E Celia ha telefonato dopo la sua partenza.
— Pare che l'ora coincida. — Abbiamo udito il ronzio del motoscafo che si affievoliva allontanandosi dall'isola di Haven mezz'ora prima che Celia telefonasse. Posso dirvi l'ora esatta. — E ne spiegò il perché. — Ma non avete potuto vedere se Jerome Cable era sul battello — ribatté lo sceriffo. — Faceva troppo buio. — Non avevamo bisogno di vederlo. Quando un motoscafo lascia l'isola di Haven la domenica sera, non può esserci che Jerome. Celia non sa guidare. — Qualcun altro ha udito il motoscafo allontanarsi da Haven? Nessuno l'aveva udito, ma Maud prontamente affermò che non era necessario averlo notato. — Siamo così abituati al rumore dei motoscafi che sappiamo distinguerli senza vederli — e Reg sostenne l'asserzione, mentre Ted rimaneva in silenzio e Anna non riusciva a pronunciar parola. Frieda interloquì: — Ma come fate a sapere che si tratta di un delitto? Non può essere un suicidio? L'arma non si è trovata, vero? — No. — Ma c'è un lago intero! La rivoltella può esserle scivolata di mano... — Avete una pistola in casa, Cable? — domandò lo sceriffo. Jerome si sforzò di ricordare. — Ma no. Almeno non credo. Ho una rivoltella, da qualche parte, ma penso che sia nel mio appartamento a Chicago. — Che calibro? — Trentotto — e nominò la marca. — È regolarmente registrata. Lo sceriffo e Rufe, il poliziotto, si scambiarono uno sguardo. Jerome, accortosene, gli domandò: — Avete... il proiettile? — Non ancora — rispose lo sceriffo. — Appena verrà estratto, lo invieremo agli esperti di Chicago. — È un suicidio — esclamò ancora Frieda. — È l'unica possibile soluzione. Lo sceriffo aveva l'aspetto preoccupato. — Forse avete ragione, signorina Tredinick. Speriamo proprio che sia così — e fece segno agli altri che era ora di andarsene. Wait, il giovanotto dall'apparenza insignificante, si mosse rapido verso la porta. Rufe, il poliziotto, riferì al suo capo di aver ordinato di sospendere le ricerche dato che Jerome era tornato spontaneamente. — Bene — approvò lo sceriffo e, con un'occhiata di scusa a Jerome: —
Avevamo segnalato alla polizia di Chicago i vostri connotati... solo per rintracciarvi il più presto possibile. Prima che lo portino via, volete per favore venire con noi a vedere il corpo della povera signora? Con un sussulto Jerome assentì mentre i suoi occhi cercavano disperatamente quelli del vecchio, simpatico giudice. Con angoscia pregò: — Cercate di... — Non preoccuparti, ragazzo mio, so io cosa fare — lo rassicurò il giudice. Reginald intervenne: — Vengo con voi. Così poi riporterò qui Jerome, Maud. Ci fu un lungo silenzio, mentre gli uomini attraversavano il molo e prendevano posto sul battello. Erano circa le tredici. Il sole scintillava sulla darsena. La veranda e la verde pineta a fianco della villa mitigavano i raggi ardenti. Tutto era esattamente come il giorno prima... come anni prima! Il tavolo del bridge era ancora là, con le carte e il quadernetto per segnare i punti. Sembrava incredibile, ma nulla era cambiato. Anna guardò verso il molo. Improvvisamente le parve di vedere una snella figura con un abito nero di lino salire agilmente il sentiero: Celia. In tutta quella distesa tranquilla, come sonnecchiante al sole, in quelle isole ombrose, su quel lago grigio-azzurro, chi poteva aver compiuto il delitto? Su Haven poté vedere gli uomini attraversare il molo: uno di loro si fermò, si tolse la giacca e la gettò sul battello. Poi tutti scomparvero dietro la darsena. Anna chiuse gli occhi. Quindi si alzò di scatto. Anche Ted Tredinick si levò in piedi per correre alla finestra a guardare. Il suo volto magro sembrava ancor più affilato, gli occhi avevano uno sguardo intorpidito, i capelli biondi e ricciuti facevan vivo contrasto con la sua espressione triste. Improvvisamente egli proruppe: — Doveva capitarle. La meritava, una punizione. Ma non volevo questo, Celia... 7 — Ted, no! — gridò Frieda, ma lui, respingendola, singhiozzò disperatamente: — Celia... Celia... — e fuggì via piangendo. Maud rivolse un'occhiata eloquente a Frieda, e le chiese: — Cosa voleva dire il ragazzo?
— Non so — rispose questa in tono di sfida. — A meno che non sia stato deluso da Celia... Io vado a casa. Se c'è qualche novità, telefonami. Soprappensiero Maud esclamò: — Forse Ted si è accorto che Celia si era solo divertita con lui. Celia non avrebbe guardato un uomo senza quattrini... e Ted poi è così bambino. Ha sofferto molto per questa delusione e per la tragedia. Mi chiedo cosa sia accaduto tra loro. Qualsiasi cosa sia stata deve essere avvenuta di recente. La delusione deve essere stata tremenda per il povero Ted. Era il suo primo amore. Ma, Anna, chi può avere assassinato Celia? Anna non rispose. Più tardi, nel pomeriggio, Reginald e Jerome tornarono sul battello di Alec. Reginald dichiarò che Jerome doveva essere suo ospite, almeno per quella notte. Disse inoltre che si sentiva stanco e accaldato; desiderava una bibita fresca e aveva bisogno di cambiarsi d'abito. Annunciò che non vi erano altre novità tranne l'inchiesta, che si sarebbe tenuta l'indomani. Reginald e Maud si ritirarono nelle stanze superiori. Era il primo momento, dopo la tragedia, che Jerome aveva l'occasione di rimaner solo con Anna. Lei accostò uno sgabello per sederglisi accanto. Lui, istintivamente, le posò una mano sulla spalla, che ritrasse subito. — È orribile — esclamò Anna — ma, Jerome, non tormentarti. Non potevi far nulla per impedirlo. Jerome si afferrò la testa tra le mani. — Se appena sapessi chi è stato e perché. Anna per calmarlo gli posò una mano sulle ginocchia, e Jerome, per sfogarsi, cominciò a narrare cos'era accaduto quella domenica pomeriggio. — Vedi, Anna, quando son tornato ad Haven, ieri dopo il nostro incontro, Ted si trovava là con Celia. Io ero già abbastanza sconvolto... e quando sono entrato in casa e li ho trovati con davanti alcune bottiglie di liquore ... ho visto rosso. Le avevo già detto di lasciar stare Ted, e così... Continuò a raccontare tutto come aveva sempre fatto. — Be'... ho detto qualcosa di forte. Ora non ricordo precisamente. Ted si è offeso, mentre Celia, ridendo, mi ha chiesto perché non la lasciavo. Allora, l'ho presa in parola. Sono salito nella mia camera a preparare le valigie. Ted era scomparso, quando sono tornato da basso. Me ne sono andato circa alle sette e mezzo. Vedi, Anna, avevo intenzione di lasciarla per sempre, e volevo che Celia lo capisse. Mai, tuttavia, avrei immaginato un distacco simile. Chi potrebbe averlo fatto, Anna? "Chi?" "Non c'era motivo alcuno — proseguì. — La polizia ci ha chiesto quale
potrebbe essere il movente, se abbiamo dei sospetti e cosa pensiamo in particolare. Ho detto loro che non ho la minima idea. La sola cosa pensabile, per me, è che l'assassino sia un vagabondo... uno senza fissa dimora. E io, non ero là!" Si alzò e cominciò a passeggiare su e giù, nervosamente. — A parte i reciproci sentimenti... lei era ancora mia moglie e io mi trovavo accanto a lei per difenderla. Lei era sola, e... — Non tormentarti così — ripeté Anna. — Non è colpa tua. Come avresti potuto impedire qualcosa di cui non avevi il minimo sospetto? Se è stato un ladro o un criminale incallito... e non può essere che così... ancor meno avresti potuto scongiurare il delitto. — Sì, forse hai ragione. Eppure noi non teniamo in casa oggetti di valore. Sebbene la villa sia stata messa a soqquadro, non manca nulla. Inoltre i gioielli sono nella cassetta di sicurezza in banca, e in casa non teniamo molto denaro liquido. Mi hanno poi detto che Celia non è stata uccisa in casa. Ma perché aveva deciso di venir qui? Aveva paura? E se era così, perché non l'ha detto a Maud, quando ha telefonato? E quella canoa... Celia odiava l'acqua, e soprattutto remare con la pagaia. Cosa l'ha decisa a salire su quella imbarcazione... e di notte? — Jerome — confessò Anna con un sospiro. — Io ero là, sull'isola di Haven, ieri notte. — Tu! — Sì, proprio io. Deve essere stato poco tempo dopo che tu sei partito. — Buon Dio, Anna, cosa facevi, là? Hai visto qualcuno? Altri lo sanno? — Non credo. Temo solo che Maud lo sospetti. — Maud... — Si interruppe e, data un'occhiata verso il sentiero, propose: — Andiamo da quella parte, dove nessuno potrà ascoltarci né spiare le nostre mosse. Anna non riusciva ancora a capacitarsi. Provava una sensazione di triste incredulità, una sensazione che l'avrebbe riafferrata molte volte durante quel suo soggiorno estivo. Tuttavia questa sensazione scomparve non appena, assieme all'uomo amato, imboccò il sentiero che s'internava nel bosco. Qui, dopo pochi passi, Jerome si fermò bruscamente ponendosi davanti a lei. Afferrandole le braccia, domandò con improvvisa tensione: — Perché sei andata laggiù? Raccontami tutto. — Volevo vedere Celia. Restituirle quello che mi aveva fatto tre anni fa. Pensavo che forse, se le avessi spiegato bene la situazione, lei avrebbe
compreso e ceduto. — Anna, tesoro mio! La ragazza raccontò la paurosa avventura affrettando il più possibile la fine della difficile confessione. Jerome l'abbracciò per confortarla, dandole così un senso di sicurezza. Terrorizzato, pensò allo spaventoso pericolo che lei aveva corso quando, entrata in casa, tutte le luci si erano spente. — Hanno tagliato i fili — la informò con voce rauca. — Chiunque sia stato, si trovava sull'isola, mentre eri là anche tu. Anna continuò il racconto. Riferì che aveva diretto poi la sua imbarcazione verso le luci che brillavano sull'isola di Tredinick: la zona luminosa proveniente dalla veranda e le altre due più piccole luci. Narrò che aveva sbagliato direzione e confessò che non ricordava esattamente in quale punto la tragica canoa aveva urtato per la prima volta la sua barca. — È stato non lontano dall'isola di Haven. Questo è quello che so. Infine sono giunta a Tredinick e nessuno mi ha visto. — Allora nessuno sa di questa tua avventura? — Nessuno... a meno che Maud non lo abbia intuito, o che qualcuno mi abbia scorta quando ho camminato sotto la luce della darsena... qui o su Haven... o forse quando mi sono fermata sulla soglia della casa ancora illuminata, laggiù. — Ascoltami, Anna. Il salotto era già a soqquadro, quando l'hai visto tu? Sapessi come l'ho trovato io. Sembrava che lo avesse sconvolto una tempesta... cassetti per terra, tappeti rivoltati, cuscini sventrati... come se qualcuno avesse cercato un oggetto particolarmente prezioso. — No: era perfettamente in ordine. Anzi con una certa pena ho notato che quasi tutto aveva mantenuto la disposizione che avevamo progettato insieme molto tempo fa. — Allora il delitto dovrebbe essere stato commesso pochi minuti prima del tuo arrivo. Sei certa di non aver udito nulla? Improvvisamente, Anna ricordò. — Quando mi sono seduta, ancora perplessa se recarmi ad Haven, sono passati i ragazzi Gardiner con il loro nuovo fuoribordo. È stato l'unico momento in cui il colpo d'arma da fuoco ha potuto essere stato sparato confondendosi con gli scoppi del motore. — Allora i fili della luce sono stati tagliati dopo — commentò Jerome. — Se l'assassinio è stato commesso nel breve istante in cui passava il motoscafo dei Gardiner, l'ora coincide. Celia ha telefonato a Maud, e quasi subito è scesa al molo per entrare nella canoa. Intanto, tu vogavi verso Ha-
ven. — Ma era così tranquillo... Non si sentiva anima viva. E quando le luci si sono spente, è stato così orribile, che... — I fili sono stati tagliati vicino alla darsena. Un taglio netto, preciso. Questo prova che si tratta di assassinio, non di suicidio. Celia si sarebbe tolta la vita solo in una crisi di follia. Un omicidio unito a un tentativo di furto. Eppure... niente è stato rubato. Solo Mariette, la cameriera di Celia, afferma che possedeva duecento dollari e che ora sono scomparsi. Ma Mariette... uhm... è francese e le piace molto il denaro. Di solito, mette in banca il suo mensile non appena lo ha riscosso. Non mi è mai risultato che tenesse denaro in casa, e dubito che avesse una somma così forte in giro. Eccetto il furto, non vedo altro movente. Nessuno aveva bisogno di uccidere Celia. Nessuno tranne... — Chi? — Io stesso. Lo capisci? I fatti mi accusano. Tutto congiura contro di me. Lo vedo in quei loro occhi indagatori. Ma... io non l'ho uccisa. Mi credi, Anna? — Jerome, come puoi farmi una domanda simile? — Se mi ami tanto da credermi, non temo più niente. Insieme supereremo qualsiasi ostacolo, qualsiasi avversità. Dovremo affrontare momenti difficili, anche se non mi accuseranno. Ci saranno penosi interrogatori e numerosi sospetti da fugare. Desidero togliere ogni dubbio, ogni possibile macchia dal mio nome prima di legarti a me. Non vorrei che tu venissi coinvolta in questa spiacevole inchiesta. Credo di poterti lasciar fuori da ciò. Almeno voglio tentare. Tacque e, dopo un momento d'intensa concentrazione, riprese: — Non dire a nessuno della tua traversata di ieri notte. L'unico vantaggio, per la polizia, sarebbe quello di fissare l'ora del delitto in modo approssimativamente esatto. Ciò che mi hai detto non fornirebbe allo sceriffo dati importanti. Lui più o meno sa ciò che è accaduto intorno a quell'ora. I fatti sono già risaputi, e io, anche se sapessi che il tuo racconto potrebbe cambiare le cose, non parlerei. Celia è morta. Non avrei mai voluto che avvenisse un fatto così orribile. Ora, ascolta attentamente. Domani forse salirai sul banco dei testimoni. Non so perché, ma dovrai farlo. Se questa mia supposizione si avvera, taci. Rispondi solo quel che è necessario, semplicemente e il più brevemente possibile. Ma non dire altro, ti raccomando. — Temo che Maud sospetti che mi sono recata laggiù — disse Anna timidamente. — Non le sfugge mai nulla. Lei e Frieda sono state troppo
pronte a confermare allo sceriffo che ero con loro, l'altra sera. — Se è solo un sospetto, Maud non lo esternerà certo. Possiamo fidarci di lei. In quel mentre la voce della padrona di casa chiamò: — Jerome. Anna uscì dal bosco e rispose: — Siamo qui. — Il telefono — spiegò Maud. — È un giornalista. Reginald suggerisce che Jerome risponda dicendo che non ha alcuna idea sul delitto. — Grazie — gridò Jerome. — Vengo subito. Maud rientrò in casa e lui ne approfittò per dire, con accento appassionato: — Ti amo, Anna. Ti ho avuta sempre nel cuore. Mi sono comportato come un pazzo e ho buttato via la felicità, la vita. Ciò che mi sta a cuore più di tutto al mondo sei tu... e la tua felicità. Quando sabato ti ho riveduta qui, mi è sembrato un sogno stupendo. Anche quando Celia ha rifiutato il divorzio, sono tornato a te come ho sempre fatto... anche quando tu eri lontana sentivo che appartenevamo l'uno all'altra. E anche dopo il rifiuto di lei, ero felice perché avevi confessato di amarmi. E tutto quello che sono riuscito a fare è stato procurare la tua infelicità... — Basta. Ti amo, Jerome. — E, fiduciosa, posò la testa sul suo petto. Lui mormorò qualcosa d'inintelligibile e la baciò. Mentre Jerome si allontanava a un nuovo richiamo di Maud, Anna si diresse verso la casa. Prima di entrare, si fermò per guardare la darsena sottostante. Era stata proprio quella lanterna che l'aveva guidata la notte prima. Le venne in mente l'altra piccola luce misteriosamente apparsa tra gli alberi di fianco alla casa. La cercò, ma invano. Cosa poteva essere? Una luce proveniente da una finestra? No. Sarebbe stata una striscia. Sembrava piuttosto dello stesso tipo di quella della lanterna che brillava sopra la darsena. Un punto scintillante nella notte... subito scomparso tra la nebbia. Alec uscì dalla cucina. Anna, a stento, trattenne l'impulso di chiedergli cosa potesse essere stata quella misteriosa luce. Non osò, ricordando quanta abilità avesse il battelliere nel fare e nel distinguere i nodi per legare le barche. Forse si era accorto che un'imbarcazione era stata usata nella notte. Poi, all'improvviso, si fece animo. — Ieri, prima di tornare al villaggio — gli chiese — avete lasciato accesa unicamente la lanterna della darsena? Lui le lanciò una breve occhiata indagatrice. — Sì. C'è sempre stata quella sola lanterna. Non ne occorrono altre. — Era tutto a posto, stanotte, nella darsena? — Mi pare di sì.
Alec sembrava evasivo, come se celasse qualcosa, ma era il suo solito modo di fare. — Non so esattamente — proseguì — avevo molto da fare con quel McHenry che continuava a seccarmi con tutte le sue domande. Sembrava pensare che fossi stato io a uccidere la signora Cable invece di essermi grato per l'aiuto che gli davo. — Smanioso di sfoggiare la sua eloquenza, chiese: — Volete che vi racconti tutto, signorina Anna? — No, grazie — protestò la giovane, spaventata. — È una cosa terribile, Alec. — Eh si, una vera tragedia — commentò lui con una certa soddisfazione. Dopo tutto chi aveva rinvenuto il cadavere era stato lui! Sarebbe stato un personaggio importante, all'inchiesta. — Cosa volete sapere della lanterna, signorina Anna? La ragazza non aveva mai avuto molta fiducia in Alec. Anzi aveva sempre provato una certa repulsione per quei suoi occhietti sfuggenti e maligni. — Niente — rispose, asciutta. Così dicendo, si diresse verso la veranda. Guardò ancora sospettosa il fianco della villa. Vi si aprivano larghe finestre con ampi tendoni ora tirati per riparare l'interno dal sole. Un cordone di seta penzolava dal gancio superiore per tirare la tenda. A quel gancio facilmente si sarebbe potuto appendere una lanterna che sarebbe stata visibile dal lago, dato che davanti c'era uno spiazzo completamente libero da vegetazione. Ma perché questa manovra? Non c'era necessità, né ragione, di una luce in quel punto! Si accorse che lo sguardo di Alec la seguiva attento e vigile. Salì nella veranda in tempo per vedere l'arrivo di Mariette, la cameriera di Celia. La barca con la quale era giunta cozzò malamente contro il molo. Nessuno era sulla veranda, e Anna scese incontro alla nuova venuta. — Chi desiderate vedere? Con lo sguardo duro, fissando Anna dal battello, la cameriera rispose: — Voi. Da sola. 8 Mariette si alzò in piedi. Indossava un bianco abitino all'ultima moda. Si era tolta la cuffietta e il grembiulino da cameriera e con essi aveva abbandonato i soliti modi formali. Mariette Beauparle era una francese di circa quarant'anni, piccola, bruna
e vivace. Una leggera peluria le adombrava il labbro superiore. La bocca aveva una piega dura e gli occhi uno sguardo glaciale. Appariva troppo elegante e ricercata. Rimase immobile a guardare la sottile striscia d'acqua che separava la sua barca dal molo. Finalmente Anna domandò: — Cosa desiderate? Più tardi, Anna si rese conto che appena Mariette le aveva detto con tono altezzoso "da sola", avrebbe dovuto immediatamente chiamare Maud. Mai si era trovata in una situazione così imbarazzante. Non sapeva cosa dire. Sentiva i nervi tesi, come pronti a darle un avvertimento... quella donna era venuta a minacciarla... a ricattarla. Quegli occhi, così fissi, ricordavano quelli d'una fiera in agguato. La donna disse lentamente: — Volete, per favore, assicurare il mio battello al molo, signorina Bayne? Anna automaticamente ubbidì. Mariette rimase in piedi nell'imbarcazione e sorrise, scoprendo una chiostra di denti smaglianti. Disse con aria di degnazione: — Sono venuta qui solo per chiedere il vostro consiglio, signorina Bayne, e il vostro aiuto. — Cosa posso fare per voi? La donna guardò in alto, verso la veranda, poi attentamente il molo come se volesse accertarsi che nessuno poteva sorprenderle. — Mi preoccupa l'inchiesta, signorina Bayne. L'inchiesta e questa terribile faccenda. Vedete... — Allora? Mariette alzò le spalle. — Vedete, la polizia m'interrogherà. Sarò un testimonio. Dovrò raccontare tutto quello che so, che ho visto... e forse che ho sentito. — Mi sembra logico. — Il consiglio che desidero, se sarete così gentile da accontentarmi, è questo, signorina Bayne. Come devo comportarmi? Devo rispondere a tutte le domande che mi faranno? — Certamente. Ma se volete un parere legale... — No, no... mi basta il vostro consiglio. Devo proprio raccontare tutto, signorina Bayne? — Veramente, Mariette, sarà meglio che vi rivolgiate a un avvocato. La donna ebbe un moto di impazienza. — Allora, dovrei riferire che la signora Cable aveva rifiutato il divorzio al marito? — proruppe bruscamente. A questa domanda, inattesa, Anna rimase esterrefatta, incapace di ri-
spondere. Mariette ne fraintese il silenzio e, con un sorriso di trionfo, proseguì: — Naturalmente so che le frasi imprudenti da lui dette sono state proferite in uri momento d'ira. Ma come interpreteranno, la giuria, il giudice, quello che sarò obbligata a dire? Cioè che il signor Cable ha dichiarato che vi amava, che sempre vi ha amata, signorina Bayne? Che voleva il divorzio per sposarvi? E che la signora Cable gli ha riso in faccia vantandosi del trucco da lei usato per intrappolarlo, sposarlo e... — È meglio che andiate via — disse Anna, con voce soffocata dall'emozione e dalla collera — prima che il signor Cable vi trovi qui e sappia quel che siete venuta a dire. Il sorriso svanì dal volto di Mariette. — Sono molto povera, signorina Bayne. I miei risparmi sono miseri. Potrei fare qualcosa, per voi, un piacere che... — Andatevene. Subito! Gli occhi della francese scintillarono di collera, i suoi lineamenti si contrassero. — Ah... il tenere a freno la mia lingua non sarebbe un favore per voi! Pensavo che fosse una dimostrazione di amicizia. Sono venuta fin qui solo perché non volevo mettervi nei guai... voi e il signor Cable... — Grazie, Mariette. Ma il mio consiglio è che rispondiate sinceramente a tutte le domande che vi saranno rivolte. Anna era riuscita con un tremendo sforzo a dominare la collera e la repulsione che l'avevano assalita. — Allora... desiderate che ne parliamo più a lungo in seguito, signorina Bayne? Per quanto mi riguarda, sarei lieta di favorirvi, di tenere il segreto con discrezione, sicura della vostra gratitudine... come dire?... in forma concreta. — Ascoltate, Mariette — dichiarò Anna con gli occhi sfavillanti d'ira: — Non vi darò un soldo. Non c'è niente che possiate fare per me. Capito? — Così dicendo slegò la barca. — Ora andate! Il battello dondolò leggermente, mentre la francese rimaneva immobile come una statua, fissando Anna. Quello sguardo calcolatore e avido aveva un che di sinistro. Anna augurò seccamente: — Buona notte — e tornò verso la casa. Aveva agito prudentemente, si chiese, permettendo a una serpe di prepararsi a inettare il suo veleno invece di schiacciarne l'infido capo? Eppure non avrebbe potuto fare altrimenti. Reginald apparve all'ingresso della veranda.
— Non era la cameriera francese dei Cable? — Sì. — Cosa voleva? — Era venuta per sapere quando si sarebbe tenuta l'inchiesta. Domani mattina, vero, Reg? Lui assentì, diede un'occhiata al lago e, accendendo una sigaretta, domandò sospettoso: — Tutto qui? — Era sbarbato, fresco, pulito e roseo. — Sì — rispose Anna con voce flebile, pensando che fosse meglio non svelare quanto aveva detto la cameriera. Reg sembrò avere intuito. I suoi chiari occhi grigi ebbero un lampo di comprensione. — Oh — disse. — Sai, Anna, quella francese si è comportata spiacevolmente, stamane. Ha riferito allo sceriffo che tra Jerome e la moglie c'era stata una discussione. Ma ha chiuso le labbra come le valve di un'ostrica quando la polizia ha voluto sapere di più. Spero — disse lentamente, fissando la cenere della sigaretta — che non abbia mezzo di far male a qualcuno. È avida e senza scrupoli. Lui sapeva! — Ma forse ciò che sa è la pura verità. Allora che facciamo, Reginald? Reg si voltò di scatto. — Cosa vuoi dire? Che quella donna sa chi ha ucciso Celia? Ti ha detto questo? — Oh, no, no! — gridò Anna. — A meno che... Tacque per l'arrivo di Olga che era venuta ad apparecchiare. Reg ed Anna si allontanarono prudentemente verso il finestrone. — A meno che? — domandò a bassa voce Reg. — A meno che la discussione udita da Mariette non suggerisca il movente. Reg le diede un altro rapido sguardo indagatore. Dopo un momento le disse: — Tranquillizzati, Anna, e domani all'inchiesta rispondi solo quel che è necessario. Sempre, naturalmente, se sarai chiamata a testimoniare. Maud venne a dare ad Olga gli ordini per la cena. Anna lasciò gli amici per risalire nella sua camera, togliersi il pigiama che aveva ancora indosso e prepararsi per andare a tavola. Era sul primo gradino quando il telefono squillò vicino a lei. Si affrettò a rispondere. — Pronto. Non sentì che un ronzio. Ripeté: — Pronto... Pronto. Il ronzio continuò e lei ebbe la convinzione che all'altro capo del filo
qualcuno ascoltava senza dar risposta. Allora gridò con impazienza: — Pronto! — e attese ancora. Si udì un debole clic, e poi silenzio. Mentre Anna rimaneva ancora all'apparecchio, la voce della telefonista del centralino chiese: — Che numero desiderate, per favore? — Qualcuno ha telefonato, ma poi non ha risposto. — Non c'è nessuno in linea — continuò la ragazza del centralino, e Anna riappese. "Qualcuno ha sbagliato numero" pensò. Scacciò ogni pensiero molesto e salì in camera sua. Più tardi, fatta la doccia, appese l'accappatoio al solito chiodo all'esterno della porta dello stanzino da bagno, e vi posò sopra la cuffia. Aprì l'armadio e tirò fuori un fresco vestito di chiffon. Ma prima la mano indugiò ad accarezzare l'abito che indossava al momento dell'incontro con Jerome, quel fatidico sabato sera. Incontrò Jerome nel corridoio mentre un piccolo gong chiamava per la cena. Lui sembrava aver riacquistato l'antica disinvoltura. La ragazza lo informò brevemente della visita di Mariette. — Cosa voleva? — Quattrini. Le ho fatto capire chiaramente che non c'era nulla da fare. Si svegliò in Jerome una sorda ira unita a uno strano senso di timore. — Mi rincresce di non essere stato presente, per scacciarla. Ma senti un po', Anna, supponi che racconti quello che sa. Oh, Dio, non voglio che tu sia coinvolta in una faccenda così antipatica. Se racconta che io ho chiesto il divorzio a Celia e per quale motivo... — La cena è servita — annunciò Maud comparendo in fondo alla scala. A tavola, badarono che, quando il discorso verteva sul delitto, Olga non fosse presente. A un certo punto, Reginald si rivolse a Jerome suggerendogli che non sarebbe stata una cattiva idea preparare le risposte per l'inchiesta. — Probabilmente, anzi senz'altro, ti interrogheranno a lungo. Non perdere la calma, ma abbi sempre le risposte pronte. Se puoi contare su un alibi, su qualcuno che ti abbia visto ieri sera, sfruttalo. Sarebbe un buon aiuto! — Un'inchiesta non è un processo — ribatté Jerome. — Serve solo ad accertare la causa della morte, vero, Reg? — Sì, questa è la consuetudine, ma quando si tratta di morte violenta cercano di provare se sia suicidio o assassinio. Se è assassinio... be', c'è una bella differenza tra un omicidio perpetrato da mano ignota, e quello
commesso da persona conosciuta. — Vuoi dire che mi accuseranno di questo orrendo delitto? — No, il Gran Giurì è il solo che possa farlo, dopo l'arresto. Non preoccuparti, Jerome. Non si arriverà a questo punto. Però, domani sta' in guardia. Se puoi trovare qualcuno che sia in grado di dichiarare di averti visto in città o mentre partivi, prima che Celia telefonasse qui la notte fatale, sei a posto. — Buon Dio, Reg — lo interruppe Maud. — Non hanno accusato Jerome di assassinio. Il delitto è stato compiuto da qualcuno venuto dal di fuori... Un criminale incallito. Tutti lo pensano. Fra poco lo scopriranno. Certamente qualcuno sa e tace per paura. Ma la verità verrà a galla. Smettila di dar consigli a Jerome, come se fosse già sospettato. — Naturalmente farò come dici tu — rispose il marito con prontezza. Ma ancora più rapido, Jerome intervenne: — Non ci sono prove, per accusarmi! Attraverso il fumo delle sigarette, i due uomini si scambiarono uno strano sguardo d'intesa. Maud confermò decisamente: — Troveranno il vero assassino. Nessuno, a Tredinick, sarà sicuro finché non verrà catturato. Mentre stavano prendendo il caffè, ci fu una spiacevole interruzione da parte di Rufe Bailey, il poliziotto del villaggio. Era accompagnato da un giovanotto che teneva sotto braccio una cartella. Quest'ultimo, con molte scuse, chiese di rilevare le loro impronte digitali... — Solo per eliminare i sospetti — spiegò il giovanotto. — Abbiamo scoperto delle impronte nei dintorni della villa Haven e sulla darsena. Dobbiamo eliminare quelli che hanno il diritto di essere là, sull'isola. Non siete obbligati se voi non volete. Naturalmente nessuno rifiutò. Sarebbe stata una mossa inutile e sciocca. A parte questa visita antipatica, la serata trascorse piuttosto calma. Alec, verso le otto, ritornò al villaggio con un fracasso assordante. Subito dopo, Olga, sparecchiata la tavola, chiese il permesso di ritirarsi nella sua camera. Per quanto constò ad Anna, quella sera nessuna imbarcazione, eccetto il motoscafo di Alec e la lancia della polizia, approdò o lasciò l'isola di Tredinick. Almeno non vi furono luci rivelatrici e nessun rumore sopra o vicino al molo, dove l'unica lanterna formava come al solito un'oasi luminosa nell'oscurità. Circa alle nove giunse Frieda Tredinick. Non si trattenne molto. Aveva
poco da dire e si guardò bene dal menzionare Ted. Mostrava un aspetto preoccupato. Perduta la solita baldanza, per la prima volta in vita sua appariva vecchia. — Non c'è qualcosa nella vita di Celia... intendo dire nella vita passata — chiese rivolta a Jerome — che abbia potuto provocare questo delitto? — Se c'è stato, lo ignoro. Dio del cielo, Frieda, mi sono scervellato per ore intere. Non ho scoperto niente. Poco dopo, Reginald accompagnò la visitatrice fino al cancello della villa Tredinick. Dopo un po' di tempo, Maud disse: — Io vado a letto — e se ne andò. Anna guardò Reginald che era tornato e stava verificando la serratura dell'antiporta della veranda. — Stasera voglio chiudere tutte le porte a chiave — dichiarò lui. — Strano, chiudere a chiave le porte, su Tredinick. Zoppicante, attraversò il salotto per recarsi in cucina. — Non preoccuparti per domani, Anna — la rassicurò Jerome. Poche ore dopo, nella sua camera, Anna ripensò a lui, al suo grande amore. Stava seduta sul letto in camicia da notte, pronta a spegnere la luce, quando vide l'accappatoio appallottolato sul pavimento come se fosse caduto. Istintivamente, pur sempre col pensiero rivolto a Jerome, si alzò per raccattare l'indumento. Mentre si chinava per afferrarlo, qualcosa di piccolo e scuro si mosse in un lampo sul bianco tessuto spugnoso. La ragazza lasciò cadere l'indumento con un piccolo grido. Era soltanto un ragno, e lei, di solito, non era nervosa. Con cautela, toccò il bianco mucchietto nervosamente muovendolo finché il ragno non venne fuori dalle pieghe e corse velocissimo sul pavimento per scomparire definitivamente. Era un ragno nero! Dopo un'infruttuosa ricerca, Anna tornò a letto, stando ben attenta a dove posava i piedi nudi. Anche quella notte fece un sogno ossessionante. Ma questa volta non si trattava di una canoa, ma di un ragno, un ragno nero di proporzioni gigantesche e incredibilmente veloce. 9 Alle dieci del mattino seguente ebbe inizio, al villaggio, l'inchiesta sulla
morte di Celia Cable. Il villaggio costituiva il centro attorno al quale ferveva la vita di tutte le isole del lago di Tredinick. C'erano l'ufficio postale, la stazione ferroviaria, un emporio, l'autorimessa dove i proprietari delle ville lasciavano in custodia le loro automobili. C'era un lungo molo, la sala da gioco e il Club nautico. C'era inoltre una casa rossa, dove c'erano i vigili del fuoco, la piccola prigione e, sopra la sede dei vigili del fuoco, la lunga sala che veniva adibita a luogo di riunione, oppure usata come archivio. In questa sala, fu tenuta l'inchiesta. Nonostante l'afa, Anna notò strisce di stelle filanti rimaste dimenticate dopo la festa in onore di San Patrizio pendere dal soffitto melanconicamente, in anacronistici festoni. La sala era affollata. Il brusio cessò improvvisamente, quando Jerome entrò insieme con Reginald, e si diresse verso il giudice e lo sceriffo per sedersi accanto a loro. Ancora si notò quello strano silenzio quando Jerome salì sul banco dei testimoni. Un'atmosfera di simpatia aleggiava intorno a lui. Una volta o due, Anna, seduta tra Maud e Frieda, colse occhiate di curiosità rivolte a lei. Quelli che la conoscevano sapevan tutto e rammentavano di sicuro il suo matrimonio andato a monte. Tante cose, in quell'inchiesta, interessavano il piccolo villaggio... l'uomo la cui giovane e bella moglie era stata così barbaramente uccisa in quella placida domenica sera... la donna che era stata la sua fidanzata e quasi sposa. La tragedia aveva attirato sul luogo un nugolo di giornalisti dalla città. Di tanto in tanto, un lampo al magnesio s'accendeva qua e là. Tutta quell'atmosfera, vibrante d'attesa, dava la sensazione di trovarsi a un processo più che a una semplice inchiesta. Talvolta si deviava dal vero scopo, consistente nell'appurare solo la causa della morte, per esaminare invece alibi e interrogare testimoni presentatisi volontariamente. Tim Walsh e John McHenry erano decisi a scoprire l'assassino, quindi non guardavano per il sottile e sorvolavano i soliti procedimenti burocratici. Erano presenti anche parecchi forestieri che sedevano accanto allo sceriffo, assumendo così veste ufficiale. Tra questi c'era un esperto di impronte digitali appositamente chiamato dalla città, e un tecnico di balistica, il quale testimoniò che il proiettile era facilmente riconoscibile per quanto l'arma non si fosse trovata. Nella comitiva dei forestieri c'era anche quel tale signor Wait, che sembrava più che mai insignificante e inoffensivo.
Poco prima che l'inchiesta cominciasse, Anna vide l'uomo che avrebbe avuto una particolare importanza nei successivi avvenimenti. Lei fu consapevole solo istintivamente che era sotto l'attenta, concentrata osservazione di qualcuno. Le parve a un tratto che degli occhi stessero trafiggendole le spalle. A disagio, si trattenne dal voltarsi. Poi l'intensità di quello sguardo misterioso la obbligò ad affrontarlo suo malgrado. Incontrò due occhi scuri e sfrontati, un po' prominenti, che spiccavano in un viso volgare, dal colorito olivastro tipico dei meridionali. Quello sguardo che la fissava così intensamente pareva non fosse dovuto solo a pura curiosità, ma a un motivo più personale e diretto. C'era in esso, almeno così le sembrò, una specie d'interrogativo. Sembrava che il proprietario di quegli occhi sapesse qualcosa che concerneva la vita della ragazza. Eppure Anna era certa di non aver mai visto quell'individuo... e non poteva sapere che non lo avrebbe visto mai più. Era un uomo tarchiato, e sembrava straniero. Dava l'impressione d'un grosso rospo dagli occhi freddi e fissi. Anna provò un brivido di repulsione. Tornò a voltargli le spalle di scatto, chiedendosi angosciata il perché di quello sguardo malefico, quasi magnetico. Celava forse una minaccia? Ma per qual motivo? Come per cercar protezione, Anna accostò un po' di più la sua sedia a quella di Maud, il cui leggero abito verde profumava di gardenia, mentre un cappello a larga tesa le ombreggiava graziosamente il volto. Dall'altra parte di Anna sedeva Frieda, col busto eretto, in un tailleur sportivo tutto stazzonato. Aveva un'aria sprezzante. In testa portava un cappello vecchio di tre anni, che dimostrava chiaramente l'epoca in cui era stato acquistato. Ted non si vedeva da nessuna parte. L'inchiesta cominciò. Alec, che, vestito da festa, masticava nervosamente gomma, fu il primo testimone. Ripeté, parola per parola, la storia del ritrovamento della canoa col cadavere di Celia, la sua infruttuosa andata sull'isola di Haven per cercar aiuto, il ritorno a Tredinick, e tutto il susseguirsi di avvenimenti già ben noti ad Anna e ai suoi amici. Tim Walsh iniziò l'interrogatorio. — Avete trovato una rivoltella? — No, non c'erano armi, né sulla canoa, né sulla darsena di Haven. — Pensate che la rivoltella possa essere caduta di mano alla signora Celia e finita nel lago? — Sì.
— In che posizione giaceva il corpo? Alec lo raccontò, socchiudendo gli occhi come per concentrarsi meglio. Durante questa narrazione una figura femminile dominò l'inchiesta: Celia, bellissima e sorridente, che chiedeva assistenza... che invocava giustizia... — Credete che il corpo si trovasse nella canoa, prima che la nebbia si mutasse in pioggia? — Sì, prima che piovesse. Il sedile era asciutto, sotto il cadavere, e così pure il vestito a contatto col legno della canoa. — È questo, l'abito? Jerome guardò attentamente, mentre Tim Walsh indicava un vestito celeste, tutto sciupato. L'indumento giaceva su un tavolo vicino ad una busta che conteneva il proiettile. — Sì — rispose Alec. Anna pensò che tutte quelle domande erano rivolte per stabilire l'ora del delitto. Ascoltò, cercando di non sentire, il referto del perito settore. Venne presentato un grafico che spiegava il percorso del proiettile. Furono citati parecchi termini medici. L'autopsia aveva rivelato che la donna, al momento della morte, era ubriaca. Un altro testimone salì al banco: Reginald, che confermò il racconto di Alec per quanto poté, descrivendo come avevano agito e ciò che avevano trovato nella canoa. Anche a lui fu chiesto se sapesse qualcosa dell'arma. — Nessun'arma? Pensate allora che possa trattarsi di suicidio? — Non saprei. Suppongo di sì... almeno mi pare possibile, date le circostanze, che la rivoltella sia andata a finire nel lago. Successivamente si presentarono a testimoniare Rufe, il poliziotto, lo sceriffo McHenry e Maud. Costei non immaginava di essere chiamata e, sentendo proferire il suo nome, ebbe un sobbalzo nervoso. Si alzò e salì sul banco. Da lei si voleva sapere l'argomento e l'ora della telefonata di Celia. — Non sono sicura. Non ho guardato né la pendola in sala, né il mio orologio da polso. Credo però che fossero passate le otto di sera. — Vi ha detto, la signora Cable, perché voleva farvi visita a quell'ora? — continuò Tim Walsh. — No. Per quello che so non c'era uno scopo vero e proprio. Veniva a trovarci. — Sembrava nelle sue piene facoltà, quando ha telefonato? Maud, mordendosi le labbra, rispose: — Non del tutto. Appariva un poco alterata. Le sue parole giungevano confuse e indistinte. Parlava rapidamente, come...
— Come se avesse paura di qualcosa? — No. — Sembrava forse demoralizzata? — Perché? No, non mi pare. Ma cosa intendete dire? — Sembrava depressa al punto di voler togliersi la vita? Dopo un attimo di esitazione, Maud rispose: — Non ho pensato così, al momento. Credetti piuttosto che fosse ubriaca o molto prossima a esserlo. — Abbastanza ubriaca da non essere più cosciente delle proprie azioni? — Non saprei. Se volete dire abbastanza ubriaca da uccidersi, credo di sì. — Vi è mai risultato che Celia Cable avesse propositi suicidi? — No. — Non conoscete un motivo plausibile per questo suo presunto suicidio? — No. — Maud, si morse ancora una volta le labbra nervose. — Credete che fosse sotto l'effetto dell'alcool, quando vi ha telefonato? — Senz'altro. — È arrivata fin da voi? — No. — Vi siete allarmati? — No. — Avete sentito o visto qualcosa che potesse giustificare il suo mancato arrivo? — Niente. Il giudice congedò Maud, che tornò a sedersi accanto ad Anna. Gradualmente, dalle varie testimonianze, la storia prendeva forma concreta. Era quasi mezzogiorno, quando Jerome fu chiamato a testimoniare. Dalla folla, salì un mormorio di curiosità. Tim Walsh cominciò il fuoco di fila delle domande. — Quando avete visto per l'ultima volta Celia?... A che ora vi siete recato in città?... Dove avete lasciato il motoscafo?... Celia era rimasta sola nell'isola, quando siete partito? Possedevate una rivoltella calibro 32?... Avevate armi di qualsiasi genere? Avete mai tenuto una rivoltella, nella vostra villa di Haven?... La signora Cable aveva mai espresso propositi suicidi? — Mai — affermò decisamente Jerome. — Conoscevate una ragione, un motivo qualsiasi che avrebbe indotto la signora a un atto simile?
Ancora una volta Jerome, con tutta sincerità, dichiarò: — Nessuno. — Avete avuto visite, domenica pomeriggio? — Ma... sì — rispose Jerome con un'impercettibile titubanza. — Ted Tredinick. È stato là per un po'. Se ne è andato alle sei, circa, o forse un pochino dopo. Per quanto io sappia, nessun altro. Lo sceriffo diede un'occhiata a Frieda e Maud, poi si guardò intorno cercando Ted. Non vedendolo, tacque e il giudice continuò: — Signor Cable, potreste suggerirmi un eventuale movente per l'assassinio della vostra signora? Aveva avuto una discussione con qualcuno? Vi prego di dirmelo anche se si tratta di un domestico licenziato. Non c'è proprio un movente? — Nessuno... a meno che non si tratti di furto. Immediatamente gli fu chiesto perché pensasse al furto. — Perché è l'unica spiegazione che mi si presenti alla mente. E il fatto che i fili della luce sono stati tagliati e la casa messa a soqquadro, tende a farmi credere che si trattasse appunto d'un tentativo del genere. A questa dichiarazione, che pareva la più plausibile, si diffuse nella sala un mormorio di approvazione. — Allora questa è la vostra tesi? — chiese il giudice. Jerome, con voce rauca, assentì. Il guaio era che, tranne la somma dichiarata dalla cameriera, nulla era stato portato via dalla villa... Ad Anna sembrò che niente di nuovo fosse scaturito dalla famosa inchiesta. A mezzogiorno e mezzo, dopo vani tentativi di scoprire se qualcuno avesse notato in quei giorni la presenza di vagabondi o tipi sospetti, il giudice sospese la seduta per la colazione. Anna si sentiva ottimista, ma Reginald, scrollando il capo con aria dubbiosa, dichiarò: — Dovrebbero aver già pronunciato il verdetto! Mentre ritornavano alla sala dell'udienza, si imbatterono in Ted Tredinick. — John McHenry mi ha telefonato di venire subito per presentarmi come testimonio. Cos'è accaduto? Gli dissero che nessuno lo sapeva e ripresero i loro posti con una vaga sensazione d'angoscia. Maud aveva comprato un giornale e lo usava come ventaglio. Fu chiamata Mariette Beauparle. Quando Anna sentì quel nome, provò un tuffo al cuore. La francese andò al banco tutta baldanzosa, e specificò di chiamarsi Ma-
riette Beauparle, cameriera della signora Cable da tre anni, cioè dall'epoca del suo matrimonio. Raccontò che, insieme con Tillie Bowers e suo marito, si era recata al villaggio sulla lancia venuta a prenderla, la domenica verso le tre del pomeriggio. Confermò anche le dichiarazioni di Alec che riguardavano il mattino susseguente l'omicidio. Lei non aveva sentito bussare perché la sua camera era sul retro della villa. Non aveva saputo che la padrona fosse morta finché non le avevano dato la notizia per telefono. — A che ora siete ritornata, domenica sera? — Circa a mezzanotte. Riferì che, quando era mancata la luce, aveva pensato a uno dei soliti guasti, ed era andata a letto al buio. Non aveva udito nulla perché si era addormentata subito, profondamente, e non s'era svegliata che alla mattina. — Terribile! — esclamò alzando gli occhi al cielo e allargando le braccia. — Dormire così profondamente, mentre la mia povera signora giaceva morta in una canoa alla deriva! Tim Walsh, giocherellando con la matita ed evitando di guardare la francese, domandò, con una certa riluttanza: — È successo qualcosa d'insolito, domenica? Mariette guardò a terra fingendo di essere turbata. — Sì. I signori Cable ebbero tra loro... diciamo una discussione, per quanto sembrasse piuttosto una lite. Lui le chiese il divorzio, e la mia signora rifiutò decisamente. Qualcuno, alle spalle di Anna, ansimò. Questo lieve suono fu l'unico che si udì nella sala. Lo sceriffo lanciò un'occhiata al giudice per incitarlo a continuare l'interrogatorio sull'argomento. Tim Walsh non se ne diede per inteso e Mariette, notando la sua riluttanza, riprese con maggior sfacciataggine e malignità: — Lui voleva il divorzio per sposare un'altra donna. Quando la signora rifiutò... — Basta — ordinò seccamente il giudice, dando anche un'occhiata severa di ammonimento allo sceriffo. — Questo non è un processo, ma solo una inchiesta, e... — E la ricerca del movente di un assassinio — interruppe pronto lo sceriffo. — Proseguite pure, signorina Beauparle. Chi era questa donna? — Non voglio interferenze, John — gridò il giudice. — Sono io che presiedo l'inchiesta. È mio preciso dovere... — La signorina Anna Bayne, era la donna — si affrettò a dire la cameriera francese. — Quando la signora Cable rifiutò il divorzio, suo marito
disse che l'avrebbe obbligata. Soggiunse che avrebbe preferito vederla morta piuttosto che vivere ancora con lei. — Basta — gridò il giudice. — Il testimone lasci subito il banco. Un mormorio si levò, intorno ad Anna. La ragazza vide Mariette Beauparle scoccarle uno sguardo di trionfo. Successivamente, l'esperto chiamato da Chicago dichiarò che si erano trovate impronte digitali sotto il bordo della canoa, là dove la pioggia non aveva potuto cancellarle. Anna provò un'intensa angoscia e si torse le mani nervosamente, mentre il testimone diceva: — Le impronte digitali scoperte sotto il bordo della canoa corrispondono a quelle della signorina Anna Bayne. 10 L'esperto aveva terminato la sua dichiarazione. Naturalmente c'erano altre impronte digitali su quella tragica canoa: quelle di Reginald Predy, di Alec, di Celia, di Jerome. Tra le altre, anche le impronte del poliziotto del villaggio! Costui appariva confuso per la sua inesperienza, ma dopo tutto non ne aveva colpa. Non aveva mai avuto a che fare con un caso d'assassinio. Riguardo alle impronte di Reginald, Alec, Jerome e della stessa Celia c'era una spiegazione ragionevole. Infatti tutte queste persone erano state ad Haven durante la settimana, e avevano avuto occasione di usare la canoa. Solo Anna non aveva un motivo plausibile perché, per quanto ne sapevano gli altri, in quella stagione non si era neanche avvicinata all'isola di Haven. Non ci furono altre testimonianze degne di rilievo, tranne quella di Tillie Bowers che a un certo punto confermò il racconto di Mariette ammettendo che i Cable si erano scambiati parole vivaci. — Ma non so di cosa parlassero — disse guardando sprezzantemente Mariette — io non ho l'abitudine di ascoltare dietro le porte. Si levò un mormorio d'approvazione. Tillie era una compaesana, e Mariette una straniera. Tuttavia il racconto di Mariette era confermato dalla dichiarazione di Tillie. Anna cercò di vedere il volto di Jerome, ma non ci riuscì. Di li a poco l'avrebbero chiamata, e lei non sapeva cosa rispondere. Maud le prese una mano per calmarla, mentre il giudice chiedeva se Ted Tredinick fosse presente in sala. Il giovanotto si alzò. Sembrava ancora più giovane e magro.
Anna lo vide salire sul banco dei testimoni con la camicia slacciata, i capelli biondi spettinati e la fronte madida. Era pallidissimo e si notava lo sforzo tremendo che faceva per non piangere. Tim Walsh domandò a Ted, in tono amichevole, il nome e l'indirizzo, come se tutti quelli che vivevano sulle isole o nei dintorni del lago non conoscessero vita e miracoli dei Tredinick. — Conoscevate la signora Cable? — Sì. — Quando l'avete vista l'ultima volta? — Domenica pomeriggio. — Dove? — Sull'isola di Haven. — A che ora siete andato via? — Circa... sì, credo alle sei e mezzo di sera. — L'avete più vista? Ted scosse il capo violentemente. — No, signore. — Era già partito, il signor Cable, quando voi avete lasciato Haven? — No. Almeno il suo motoscafo era ancora al molo. — Tutto era a posto? Niente di sospetto che possa far luce su questa morte? Lo sceriffo rivolse al giudice un'occhiata di rimprovero. Ted rispose: — No, signore. — Era... di buon umore, la signora Cable? — Sì, come al solito, credo. — Vi ha detto qualcosa riguardo alla discussione sostenuta prima col marito? Reginald si chinò in avanti, interessato. Anna poté vedere le sue ampie spalle e i radi capelli chiari, mentre Reg protestava indignato: — Non potete accettare testimonianze indirette! — Io accetto quello che mi pare e piace — dichiarò Tim Walsh con irritazione. — Continuate, Ted. Sapete qualcos'altro? — No. Una risposta poco convincente. Il giudice diede a Ted un'occhiata indagatrice, mentre lo sceriffo si chinava all'orecchio di Tim Walsh per sussurrare qualcosa. Allora il giudice, abbandonando i modi formali, lo ammonì paternamente: — Stammi a sentire, Ted. Sarà meglio per te se dirai quel che sai. Rispondi alle mie domande.
— Vi dico che non so niente — rispose Ted, pallido e con le labbra tremanti. Mantenne ostinatamente l'atteggiamento negativo. Quando il giudice gli chiese se la signora Cable aveva bevuto eccessivamente, quel pomeriggio, diventò ancor più pallido e, stringendo i pugni, con disperazione, affermò che non era ubriaca. Questo suo disperato diniego fece sorgere nuovi dubbi, e il giudice e lo sceriffo si consultarono sottovoce. Fu allora che Anna venne chiamata. La giovane si diresse al banco dei testimoni con aria trasognata. Sembrava una donnina fragile e piena di paura. Il cuore di Jerome tremò! Quando vide la sua Anna cercare gli occhi del giudice e fissarli come ipnotizzata, si sentì impotente ad aiutarla, e avrebbe dato la vita per risparmiarle un dolore e renderle la vita felice. Forse, pensò, sarebbe giunto a una decisione estrema perché aveva la certezza che il suo amore era ricambiato, e la salvezza di Anna valeva qualunque sacrificio. Se la giuria credeva a Mariette e alla sua velenosa testimonianza, il movente era trovato. Avrebbero accusato Jerome di voler liberarsi della moglie per sposarsi con un'altra donna che era nell'isola al momento del delitto. Sì, avrebbe potuto confessarsi autore dell'assassinio, se non si fosse presentata un'altra via per salvare la sua Anna. Il matrimonio con Celia era stato fin da principio un tragico errore. Celia si era accontentata per un poco della loro situazione coniugale e della modica agiatezza che le offriva il marito. Poi le cose erano cambiate, e logicamente lei non avrebbe dovuto opporsi alla rottura di un legame che evidentemente non la soddisfaceva. Il giudice faceva intanto le solite domande ad Anna: come si chiamava, come viveva, dove abitava, che gente frequentava... Jerome, rivolto a Reginald, proruppe impaziente: — Non posso evitarle questa incresciosa inchiesta? Non posso far qualcosa? Frattanto il giudice chiedeva: — Signorina Bayne, siete stata, sabato sera o domenica, all'isola di Haven? — Sì. Domenica sera — confessò la ragazza. Jerome sentì che doveva fermarla a tutti i costi, che doveva assolutamente impedirle di raccontare tutto. Disperatamente chiese aiuto a Reginald: — Tu non sai... quella ragazza si sta rovinando. Dobbiamo far qualcosa prima che sia troppo tardi... S'interruppe, pensando di farsi avanti e confessarsi autore del delitto. Ma anche una sua confessione avrebbe coinvolto Anna.
— Domenica sera? — chiese il giudice. — E avete visto la signora Cable? Questa domanda rassicurò Jerome. — No — disse prontamente Anna — non ho visto nessuno. — A che ora? — Non sono sicura, ma credo circa le nove. — Con che mezzo siete andata là? Eravate sola? Nella voce del giudice si sentiva un'intonazione di speranza, quasi il desiderio che la giovane avesse un alibi. Se qualcuno l'aveva accompagnata laggiù, poteva fornire l'alibi. — Sì. Ero sola. Io... ero andata per far visita alla signora Cable, ma lei non era là. Così me ne sono tornata indietro. — Sapete, signorina Bayne, che le vostre impronte digitali sono state trovate su quella canoa? Il tono di voce di Tim Walsh era abbastanza amichevole. Lui aveva sempre avuto simpatia per Anna, ma conosceva troppo bene la natura umana per non sapere a quali estremi potessero portare l'amore, la gelosia e l'odio. Anna non rispose, e lui, dopo essersi schiarito la gola, proseguì: — Ditemi, per favore, tutto quello che avete fatto domenica sera. Esattamente dal momento che vi siete allontanata dall'isola di Tredinick fino al vostro ritorno. "È proprio questo che non deve dire" pensò angosciato Jerome. "Così, si lascia mettere in una trappola dalla quale non potrà uscire." Fece per balzare in piedi, ma Reginald, indovinandone le intenzioni, lo trattenne per un braccio e si alzò in vece sua, dichiarando: — Giudice, io rappresento la signorina Bayne. Sono il suo avvocato. Lei ha il diritto di chiedermi consiglio prima che l'interrogatorio prosegua. — Poi rivolto ad Anna: — Questo è vostro diritto per legge. Potete consultare in colloquio privato il vostro legale prima di continuare la testimonianza. Ve lo consiglio. — Sciocchezze — commentò lo sceriffo. — Continuate pure, giudice. Ma Tim Walsh rifiutò. — No. L'avvocato ha ragione. Qualsiasi teste ha il diritto di parlare in privato col suo legale. — Si rivolse quindi ad Anna. — Comprendete, signorina, che questo non può mutare quanto avete già testimoniato e che siete obbligata ugualmente a rispondere alle nostre domande legate all'investigazione sulla morte della signora Celia Cable. Lo spergiuro è punibi-
le. Potete tuttavia, se lo desiderate, parlare col vostro avvocato prima di continuare a deporre. Volete fare così? Era come un'ancora di salvezza. — Sì! — gridò Anna. — Sì! — E fu conscia del volto di Jerome accanto a quello di Reginald, i neri occhi imploranti. Nella sala ci fu un ondeggiamento. Si accesero improvvisi lampi di magnesio, mentre Anna usciva col suo avvocato. Reginald la precedette nell'atrio fino a un vestibolo caldo e privo d'aria. Diversi sgabelli pieghevoli erano ammucchiati in un angolo. Reginald, presone uno per sé, invitò Anna a fare altrettanto. — Sei pallida, stai poco bene, Anna? — Reginald, cosa devo fare? Io ero laggiù, e adesso loro lo sanno. Non ho potuto fare a meno di ammetterlo, quando mi hanno rivolto la domanda diretta. — Non so — rispose Reginald asciugandosi la fronte, madida di sudore. — Senti, Anna, ho detto che ero il tuo avvocato, perché Jerome stava per commettere una pazzia. Ma io non sono un penalista. Non ho mai avuto, nella mia carriera, un caso d'assassinio. Non è di mia competenza. Anna, ti confesso chiaramente che non mi sento di assumere una simile responsabilità. Credo, mia cara, che ci occorra un avvocato molto in gamba, il più abile che potremo trovare. — Ma, Reginald, io ero sull'isola di Haven, quella notte. Io l'ho toccata, quella canoa. — Su, presto. Raccontami tutto. Anche il peggio. Non occorse molto tempo, alla ragazza, per raccontare la sua orribile avventura. — Devi rivolgerti a un avvocato di grido, che ti possa consigliare meglio di me — disse Reginald in tono così grave da far comprendere alla ragazza che il suo racconto l'aveva realmente spaventato. — Non so cosa dovresti fare, Anna. Purtroppo la maggior parte di questa storia dovrà venire alla luce. Appena ritornerai in sala confermerai quanto avevi detto prima riguardo alla tua traversata del lago. Non dire troppo, però. Mi spiego meglio, non aggiungere altri particolari. Per esempio non accennare al fatto che le luci si sono improvvisamente spente. Lo potrai dire in seguito. Ma ora ricordati che non potrai più ritrattare neanche una parola. Tralascia i particolari, come per esempio quello del motoscafo che ti è passato vicino. Celia potrebbe essere stata uccisa proprio in quel momento, e il fracasso del motore ti avrebbe impedito di udire lo sparo. Se vorrai raccontarlo più
tardi, fallo pure. Ma ora non puoi renderti conto di quali particolari siano in tuo favore e quali no. Esponi i fatti nudi e crudi. Di' che tu eri là, che hai remato semplicemente per recarti da Celia e soprattutto guardati bene dallo svelarne il perché. Altrimenti penseranno che sei andata da lei, l'hai trovata, hai litigato per la questione del divorzio, e... dichiara che sei andata alla villa Cable, che non hai trovato nessuno, che sei rimasta là pochi minuti, che sei tornata al molo, hai ripreso la tua barca e a forza di remi ti sei allontanata dall'isola. — E la canoa? — interruppe Anna. — Ah, si, quello è il punto debole. Dovrai dire che nella nebbia la tua imbarcazione ha urtato un altro battello. Siccome non potevi vedere, l'hai spinto via. Più tardi hai immaginato che fosse la canoa. Mi rincresce che tu debba ammettere questo, ma non saprei cos'altro suggerirti. Sfortunatamente hanno scoperto le tue impronte, se no avresti potuto tacere. Ascoltami bene, Anna. Ricordati di enumerare i fatti, senza aggiungere particolari che potrebbero danneggiarti... Se ti fanno domande precise, rispondi solo con un sì, oppure un no. Vedi, se più tardi ci sarà un processo, e tu sarai chiamata a testimoniare, soppeseranno parola per paròla la tua deposizione di oggi, cercando qualcosa che possa incriminarti, che confermi o confuti la tua dichiarazione. Hai capito? — Sì. — Bene, questo è tutto ciò che posso consigliarti. Ora va' e spiega pure la questione delle impronte digitali. Devi... Reginald s'interruppe perché un uomo aveva fatto capolino. Costui disse: — Il giudice domanda se la testimone è pronta. — Dite al giudice che possiamo prendere tutto il tempo che ci occorre — rispose Reginald, asciutto; poi, rivolto alla sua cliente: — Questo è tutto, Anna. Sei sicura d'aver capito bene? Anna assentì alzandosi, desiderosa di rivedere Jerome. E improvvisamente lui comparve sulla soglia. Reginald, con una breve occhiata di avvertimento, disse: — Stavamo rientrando. Tutto è a posto, Jerome. Jerome si avvicinò ad Anna con le braccia aperte, ma bastò un'occhiata di Reginald a fermarlo. — Ti prego, Jerome, di non far scene là dentro — esclamò l'avvocato. — Anna deve rispondere alle domande del giudice, e, se intervieni, non fai che aggravare la situazione. L'uomo inviato dal giudice si allontanò e Reg soggiunse:
— È inutile che tu mostri in pubblico il sentimento che provi per Anna. Ricordati che tutti ormai sono convinti che si tratti di assassinio. — Lo so — disse Jerome — ma ascoltami, Anna. Ti prometto solennemente che ti trarrò fuori da questa tragedia. Troveremo il vero assassino. Dobbiamo riuscirci. E poi, non sai quanti miracoli sa fare la polizia scientifica. — Sì, caro. — Reg, Anna non può allontanarsi e non ripresentarsi in sala? Non c'è qualche scappatoia? Non c'era alcuna via d'uscita, e Anna dovette ritornare al banco dei testimoni. — La canoa che ha urtato la vostra barca era quella in cui è stato ritrovato il corpo della signora Cable? — Non so: era buio, per vedere. — Potevate però distinguere se si trattasse d'un'imbarcazione pesante o leggera? — No — rispose la ragazza, ricordando i consigli di Reginald. — Quello è stato il solo battello che avete toccato, a parte la vostra barca, mentre vi siete recata all'isola di Haven, e al ritorno? — Sì. — Avete visto nessuno? — Nessuno. — Neppure la signora Cable? — No. — Quando è stata l'ultima volta che avete visto Celia Cable? — Tre anni fa — disse Anna con voce chiara, in modo che il pubblico potesse udire bene. Questo era un fattore favorevole, pensò Jerome, insieme con la sua espressione sincera. Rimaneva purtroppo la faccenda della canoa. — C'era qualcuno, nella canoa? — Non so. Non ho avuto risposta, quando ho chiamato. — Allora l'avete sospinta lontano? — Sì. — Cosa avete fatto poi? — Sono tornata remando a Tredinick. — Qualcuno vi ha vista ritornare? — Non so. — Come siete rientrata in casa?
— Dalla porta di servizio. — Perché? — Sono andata subito in camera mia. — Quando è stato la prima volta che avete saputo dell'assassinio? — La mattina dopo. — In che modo? — Maud... voglio dire la signora Predy me ne ha informato. Finalmente la lasciarono andare. Lei tornò a sedersi accanto a Maud che, datale un'occhiata comprensiva, cominciò a farle vento col giornale. Fu interrogato ancora Jerome. Anche lui rispose a monosillabi, evidentemente seguendo i consigli di Reginald. Il caldo diveniva sempre più soffocante, mentre le testimonianze si susseguivano. Alle diciassette circa, poiché non erano affiorati nuovi fatti, il giudice si rivolse alla giuria perché si preparasse a formulare il verdetto. Subito, la giuria si ritirò per votare. Frattanto il giudice, piuttosto irritato, ordinò seccamente allo stenografo di fare una copia delle varie testimonianze. Lo sceriffo si consultò a bassa voce con Tim Walsh. Il poliziotto e l'esperto di impronte digitali guardarono i loro orologi. Il piccolo uomo chiamato Wait diede un'occhiata alla porta, si agitò impaziente sulla sedia, si fece vento col cappello. Finalmente si alzò dirigendosi verso l'uscita. Stava quasi per raggiungere la porta, quando John McHenry lo fermò. Gli disse qualcosa, Wait esitò, poi annuì brevemente, e rimase dove si trovava, appoggiandosi al muro e guardandosi in giro con aria annoiata. Tuttavia, a un attento osservatore non sarebbe sfuggito uno scintillio d'interesse nei suoi occhi. Poi la giuria fece ritorno in sala. 11 Il verdetto fu di assassinio con l'accusa specifica che autore del delitto era Jerome Cable e sua complice Anna Bayne. Per entrambi si ordinava che fosse spiccato, al più presto, il mandato di cattura. — Non potrebbe esserci un verdetto peggiore — esclamò Reginald. — Vi consiglio di chiedere subito l'opera del miglior penalista che potrete trovare. Ritornati sconvolti a casa dopo la sentenza, discussero a lungo il da farsi. Lo sceriffo non aveva ancora proceduto all'arresto. Non era obbligato a farlo subito. La giuria, emessi il verdetto e l'ingiunzione di arresto per i prevenuti, aveva terminato il suo compito. Al resto doveva pensare lui.
Jerome, stupito, domandò come mai McHenry non avesse ancora agito. Reginald, scuotendo la testa, rispose: — Non so. Probabilmente pensa che può farlo quando vuole. E, a dispetto di quell'ingiunzione, c'è una lunga trafila da svolgere e molte prove concrete da portare, prima di procedere contro di te. Se puoi trovare qualcuno che ti abbia visto lasciare il villaggio di Tredinick domenica sera, prima che Celia telefonasse a noi, sei salvo. McHenry lo sa tanto bene quanto noi. — No, non saremo sicuri finché non sapremo chi ha ucciso Celia — ribatté mestamente Jerome. Maud, socchiudendo gli occhi e fissandolo pensierosa, gli domandò: — Ma tu cosa pensi? Cosa credi che sia realmente accaduto? — Vorrei saperlo. Ho riflettuto molto... Non credi che sarebbe bene assumere un investigatore privato? McHenry, domani, se non è già in cammino adesso... Se posso agire è meglio che lo faccia subito. — Gli investigatori privati non valgono niente — protestò Reginald. — Almeno la maggior parte. McHenry ci aiuterà per quanto gli sarà possibile. Ricordati che quest'autunno ci saranno le elezioni. E poi è veramente un tipo in gamba. Avete visto come ha mandato a chiamare immediatamente dalla città un esperto d'impronte digitali? Inoltre tutto quello di cui si possono valere contro di te è rappresentato da due soli fattori: il movente e l'occasione. Se possiamo trovare qualcuno che ti abbia visto partire quella sera per Chicago, saremo forse in grado di eliminare l'occasione. Tolta questa, saresti libero da ogni sospetto. Dopotutto, debbono portare delle prove concrete, per poterti accusare di un delitto così orribile. Sono convinto che il verdetto, in base alle prove, non sia giustificabile. La sola cosa che sembrava potessero avere in mano contro di te era un possibile movente. — Ma supponiamo che non si scovi nessuno che mi abbia visto — ribatté Jerome. — Era domenica sera. Molte macchine passavano sull'autostrada, ma non posso dire se qualcuno mi conosceva. — Oh, ci sarà qualcuno! — replicò Reginald. — Dovrà esserci! Maud interloquì: — La testimonianza di Mariette è stata il principale atto di accusa contro di te. Ho avuto l'esatta percezione, mentre lei testimoniava, che non dicesse tutto quello che sapeva. Credo che abbia dato la stessa impressione a tutti. Forse non sa qualcosa che veramente ti possa danneggiare, Jerome. Ma se ci fosse, penso che sarebbe meglio pagare pur di farla tacere. — Non può sapere altro, che mi possa far del male. Ciò che mi poteva
più danneggiare era la mia richiesta di divorzio a Celia. — Non essere troppo sicuro che non ci sia altro — disse Maud. — Quella Mariette è troppo contenta di sé, come un gatto che sia riuscito a costringere in un angolo un topolino. Reginald si offrì spontaneamente per indagare di persona su quella donna. Jerome scosse il capo. — Ha già fatto tutto il male che poteva. È stata la sua testimonianza a convincere in modo così disastroso la giuria. No, la maniera migliore di tenerla a bada è rifiutar di trattare con lei, proprio come ha fatto Anna. — Oh, Jerome, se non avessi avuto... — Avevi ragione — dichiarò fermamente Jerome. — Non preoccuparti, cara. Siamo solo al principio. In realtà non hanno la minima prova per... Reginald lo interruppe: — Sei sicuro che non potrebbe essere suicidio? — Impossibile. Celia... anche ubriaca... non avrebbe mai pensato al suicidio. Credo piuttosto, come ho già detto a McHenry, che l'assassino sia stato un vagabondo che aveva intenzione di rubare. È la sola spiegazione possibile. McHenry mi ha assicurato che ha fatto l'inimmaginabile, per scovarlo. — Non è un fattore positivo che ci avvantaggi. — Lo so, ma non ho altro... — Senti un po'. Non hai pensato ad un'altra persona che, oltre voi due, avrebbe avuto un movente per l'assassinio? E questa persona possiede anche il coraggio per fare una cosa simile. Costei è... — Frieda! — esclamò Maud. — Frieda? — Anna sobbalzò, stupita. — Frieda! — ripeté incredula. Maud proseguì piuttosto freddamente: — Sì, anch'io ci avevo pensato mentre Ted testimoniava, questo pomeriggio. Era deciso a negare tutto e a confessare soltanto l'indispensabile. Quel ragazzo sa qualcosa, ma pare che non voglia rivelarlo. Può anche trattarsi di un fatto che non ha niente a che vedere col delitto. Ho pensato che Frieda... — Tacque un momento guardando indecisa Jerome. Quindi riprese lentamente: — È inutile che tergiversiamo: Celia esercitava una cattiva influenza su Ted, e Frieda lo sapeva. Ted era incatenato a quella donna, e io non me n'ero resa conto. L'ho capito solo oggi, quando è salito sul banco dei testimoni. Aveva il viso disfatto, e certo soffriva terribilmente.
Jerome, pallidissimo, evitava i presenti. — Jerome ha parlato con Ted — intervenne Anna. — Ha cercato di metter fine alla loro relazione. — È mostruoso pensare che Frieda Tredinick... — scattò Reginald. — Eppure non ho potuto farne a meno. È sempre stata così indipendente, così compresa del suo dovere! Tuttavia se Frieda dovesse decidere di eliminare qualcuno, lo farebbe anche a dispetto di se stessa e dei suoi princìpi. Se avesse pensato che Celia stava rovinando Ted e non c'era altro mezzo per fermarla... — Tra tutte le persone al mondo, Frieda è l'ultima capace di un assassinio — protestò con violenza Anna. — Inoltre, lei era qui che giocava a bridge, quando Celia è stata uccisa. E c'era anche Ted, a far la partita quella sera. In quel momento il telefono squillò. Reginald con un sospiro disse: — Vado io. Lo sentirono dir qualcosa entrando nell'anticamera, evidentemente un ordine a Olga proveniente dalla cucina perché, subito dopo, si udì lo sbattere di una porta. Pochi minuti più tardi, un motoscafo rombò al largo e Jerome commentò: — Forse è McHenry. Maud, stanotte sarà meglio che io ritorni ad Haven. Sei stata molto gentile a ospitarmi, ma dato che anche Anna è qui... — Sì, capisco: ci sono state troppe chiacchiere — rispose Maud. — Hai ragione. Ma come ti arrangerai, solo, laggiù? — Se non sarò arrestato stanotte? — disse Jerome torvamente. — Bene, forse resterà Tillie. Mariette avrà bisogno di uno o due giorni per prendere i suoi effetti personali. Vorrei mandarla via subito, ma devo lasciarle il tempo di far le valigie. — Se ci sarà un processo, lei brillerà come la stella più fulgida fra i testimoni — commentò Maud, con amara ironia. Reginald rientrò con aria stranita. — Chi era che telefonava? Un giornalista? — chiese Maud. — No. Non so chi fosse. Chiunque sia stato, ha udito la mia voce, poi ha riappeso senza rispondere. — Qualcuno che ha sbagliato numero — dichiarò Maud. — Sì, forse è così. Evidentemente non era convinto perché si passò una mano fra i capelli e disse: — Solamente, mi ha fatto una strana impressione...
— È successo anche a me — intervenne Anna. — Quando poco prima sono andata al telefono, mi sono accorta che qualcuno all'altro capo del filo taceva come in attesa di qualcosa. Allora ho pensato quello che penso ora. Si accorse che la voce le tremava. Maud la fissò attentamente e Jerome, allarmato, le si avvicinò per prenderle una mano. — Sei stanca, cara... esaurita. Ascoltami. Io torno ad Haven, ma... Oh, non so cosa dirti, tesoro, tranne che ti amo. Reginald si schiarì la gola imbarazzato. — Senti, Jerome. Io e Maud sappiamo quello che c'è fra te ed Anna e comprendiamo. È una brutta situazione ed è meglio per ora che voi due evitiate di farvi vedere troppo assieme. Ora ti accompagnerò al molo. Prendi pure il piccolo motoscafo e rimandamelo domattina con il marito di Tillie. — Fate come volete — disse Maud — ma la gente sa già tutto di te ed Anna. Quando andrai a consultare un avvocato, Jerome? — Domani mattina, se mi permetteranno di andare in città. — Vuoi che ti accompagni? — chiese Reginald. — Non vorrei che fossi coinvolto anche tu in questa brutta faccenda. Reginald protestò, e Jerome soggiunse: — Ti prenderebbe un mucchio di tempo. — Non importa. — E dovrai star lontano da Tredinick... — Oh... temi per questo. Maud, accortasi dello sguardo preoccupato che si erano scambiato i due uomini, disse: — Non c'è pericolo, qui. Tredinick è un posto sicuro. — Anche Haven lo sembrava, fino a domenica sera. — Credo che Jerome abbia ragione — confermò Reginald. Anna pensò con tristezza che nulla poteva accadere di peggio. Jerome le si avvicinò per darle teneramente la buona notte. Quindi si allontanò con Reginald. — Se domani ti dovessero arrestare, Jerome, andrò io stesso ad assicurarmi l'opera di Carlson. Credo che tra gli avvocati disponibili sia il migliore. Non dimenticarti che c'è un telefono, ad Haven... se mai qualcosa non andasse. Hai una rivoltella? — Ne ho una nel mio appartamento in città. Le voci si affievolirono in distanza. Maud, lo sguardo enigmatico fisso nel buio, disse pacata:
— Frieda avrebbe avuto il coraggio di farlo. Eppure era qui con noi a giocare a carte... se è giusta l'ora del delitto. Celia ha telefonato che erano scoccate da poco le otto. Frieda era qui... proprio alcuni minuti prima aveva dichiarato l'unico suo slam della serata. Tu, Anna, ti sei allontanata da Haven che saranno state circa le nove, no? — Circa un quarto d'ora dopo — disse Anna fiaccamente. — D'accordo, un quarto d'ora dopo. Da quanto tempo eri sul lago quando la canoa ha urtato la tua barca? — Non saprei. Forse da un quarto d'ora. È tutto così confuso, nella mia mente... Maud rifletté qualche istante. — No! Non può essere stata Frieda! Era qui con noi. Sempre se l'ora è esatta e la canoa che tu hai urtato conteneva il cadavere di Celia. Ma non possono sorgere dubbi... era quella la tragica canoa perché altrimenti non avresti potuto lasciarvi le tue impronte digitali. E se ne stava andando alla deriva? — Sì. — Questo non prova naturalmente che la canoa contenesse in quel momento il corpo di Celia. Se lei fosse stata viva, avrebbe risposto al tuo richiamo... e se... Anna comprese d'un tratto la spaventosa supposizione, e balzò in piedi con gli occhi spalancati per il terrore. — Allora dentro la canoa poteva esserci l'assassino! — Proprio quello che volevo dire. Non vedo tuttavia come questo fatto possa cambiare la situazione. Però, se Celia è stata uccisa più tardi dell'ora che si crede, Frieda non ha più il suo alibi di ferro. Lei e Ted sono partiti da casa nostra verso le undici, appena è cominciato a piovere. McHenry e il giudice hanno basato l'inchiesta e gli interrogatori sulla convinzióne che Celia sia morta prima di quell'ora. Se loro non riescono a stabilire l'ora del delitto con maggior precisione, non vedo come siano in grado di produrre prove concrete. Un esame realistico dei fatti ci dice che non è possibile alcun giudizio concreto senza dati più positivi, e l'ora del delitto è fondamentale. Inoltre ricordati le parole di Ted: "Celia lo meritava". Questo dimostra che qualsiasi cosa sia accaduta riguardo a Celia è stato prima del delitto. Ma questa ipotesi escluderebbe la necessità da parte di Frieda di giungere a un simile estremo... — Forse allora Frieda non lo sapeva — disse impulsivamente Anna. Subito dopo se ne rammaricò. — Oh, non dovevo pensare questo, di
Frieda! — Qualcuno ha ucciso Celia... e probabilmente aveva una ragione per farlo — continuò Maud. — Quando la canoa ha urtato la tua imbarcazione, credi che ci fosse dentro Celia? Anna ricordò con terrore quei momenti tremendi nella nebbia. — Credo che la povera Celia fosse nella canoa... già morta. C'era un'atmosfera tragica, impressionante! Nel silenzio subentrato sulla veranda si udirono passi e voci in lontananza, che provenivano dal molo. Oltre al buio non scandagliabile del lago, si ergeva l'isola di Haven. Quella notte non brillava alcuna luce sulla sua darsena. Maud rabbrividì alzandosi in piedi, i lineamenti tesi e stanchi. — Mi chiedo — disse lentamente — chi possa essere questo fantomatico assassino. Se non è stato un vagabondo, chi è stato? Si senti il ronzìo del motoscafo messo in moto e Reginald che gridava un saluto, e si vide la luce del battello compiere un ampio semicerchio sull'acqua. Le due donne fissarono il punto luminoso finché non fu scomparso. Reginald, poco dopo, tornò zoppicando. — Ha raggiunto Haven — comunicò. Tutti e tre rientrarono in casa e, in fila indiana, cominciarono a salire le scale. Davanti alla porta della camera di Anna, Maud si fermò. — Dormi bene, cara — le disse. La ragazza entrò, e accese la luce. Subito emise un grido di spavento, mentre qualcosa di piccolo e nero scivolava fuori da dietro l'uscio. — Cos'è? — gridò Maud che aveva indugiato presso Anna. — Un ragno? Regi... Lui venne di corsa. Il ragno sparì come una piccola macchia nera giù per il corridoio. Uno strano panico le fece rabbrividire. Reg corse pesantemente nella stanza di Anna e, afferrata una spazzola da capelli, tornò trafelato nel corridoio. Maud rimase immobile, tenendo con una mano la gonna sollevata sulle ginocchia e con l'altra indicando qualcosa mentre gli occhi si spalancavano per la paura. — Là... sotto il tappeto! — gridò. Reginald, brandendo la spazzola, si preparò a dare il colpo mortale. Mosse cautamente un lembo del tappeto, poi lo scosse con maggior forza,
calando due o tre volte la spazzola. Finalmente si risollevò respirando a fatica. Una macchia nerastra era proprio vicino ai suoi piedi, e lui, col tacco della scarpa, la schiacciò ancora una volta: Maud riabbassò la gonna e rivolse il viso sudato verso Anna. — Permetti: vado a pulire la tua spazzola — e Reginald sparì dietro la porta del bagno. Il momento del panico era passato. Un ragno nero, un animaletto che non avrebbe fatto male a nessuno, ed ecco tre persone adulte protese a dargli la caccia, impaurite e spietate, fino alla sua morte. Maud esclamò con voce ancora un po' alterata: — Hai chiuso il portone a chiave, Reginald? Il marito rispose dal bagno: — Sicuro. Ho messo anche il catenaccio. Paradossale, una precauzione simile su Tredinick... almeno fino allora. Più tardi, spenta la luce, Anna andò alla finestra e, attraverso le alte cime dei pini, scrutò l'isola di Haven. Non c'era alcuna luce, sul cupo promontorio. La giovane si domandò con sgomento quando avrebbero proceduto all'arresto suo e di Jerome per il presunto assassinio di Celia. L'isola di Tredinick sprofondava nell'oscurità e nel silenzio, profondi come il lago che la circondava. C'erano, in quel lago, abissi mai misurati. Misteriose caverne dove il fondo precipitava bruscamente in sconosciuti meandri. Ad Haven, Jerome rimase sveglio quasi tutta la notte a pensare... finalmente riuscì ad addormentarsi dopo aver preso una risoluzione. Rimaneva una sola via di salvezza: scovare l'assassino. Si chiese ancora quando sarebbe stato arrestato. Anna avrebbe seguito la stessa sorte come complice. Il pensiero lo colpì dolorosamente. Il suo amore per Anna era sempre stato il sentimento più dolce, più bello di tutta la sua vita. Ora lui era più vecchio e saggio di quando, con tanta cecità, aveva rovinato le loro due vite. Si era illuso di aver pagato duramente quell'errore, e invece la punizione giungeva solo ora, colpendo anche Anna, che era stata una vittima. Anna meritava la felicità, e lui giurò a se stesso che gliela avrebbe data, in qualsiasi modo. 12
Trascorse una settimana lunga e assillante, e Jerome non fu arrestato. La cosa poteva avvenire da un momento all'altro. Eppure lo sceriffo continuava a rimandare. Nessuno riusciva a capacitarsi di questo voluto ritardo. Tutti se ne domandavano il perché. La polizia agiva in un'atmosfera di segretezza, e McHenry era riluttante a parlare. Una volta Jerome si arrischiò a domandargli quando l'avrebbe arrestato, e lo sceriffo, impassibile, rispose: — Forse quel momento non arriverà mai. — Mentite. Cosa aspettate? McHenry esitò. Lo sguardo gelido dei suoi occhi azzurri non lasciava trapelare alcun sentimento. — Perché non sono affatto sicuro che siate stato voi. — E se fuggissi? Potrei farlo. — Oh, no, non potete. Quella settimana, per Anna fu come un incubo orrendo. Nel corso dei sette giorni, certi avvenimenti ignorati da quasi tutti loro svelarono un dramma nascosto. Apparvero solo pochi fatti evidenti che assunsero più tardi la loro importanza. Tuttavia, su Anna e Jerome gravò una sensazione di attesa snervante. Sapevano che erano sempre sotto l'occhio vigile della polizia. Verso la fine, Anna cominciò a presentire un'indefinibile minaccia di pericolo. Si disse che era tutta immaginazione, che i suoi nervi erano fuori posto, e cercò di non pensarci. Più tardi, i suoi presentimenti dovevano assumere forma concreta. Il giorno dopo l'inchiesta Jerome si recò a viso aperto in città. Non tentò di allontanarsi dal villaggio furtivamente. Prese il suo motoscafo e, giunto in paese, lo attraccò al molo, in piena vista. Diede un dollaro al vecchio John Dubbard perché lo coprisse nel caso che lui non fosse tornato prima di sera. Poi, recatosi all'autorimessa per prendere la sua automobile, comunicò a George Adams che andava a Chicago e sperava di tornare nel tardo pomeriggio, ma non ne era del tutto certo. Si rese conto che la gente lo guardava con curiosità e simpatia. Chiaramente, le persone che incontrava gli dimostravano che l'inchiesta non le aveva persuase e che avevano fiducia in lui. Quando si fermò al distributore di benzina, poco prima di imboccare l'autostrada per Chicago, Timothy Elder lo raggiunse col suo vecchio trabiccolo. — Posso salire accanto a voi, signor Cable? McHenry mi ha incaricato di sorvegliarvi, e così...
Mostrò a Jerome il distintivo della polizia e la pistola appesa sotto l'ascella, nascosta dalla giacca. — La mia sartoria vende poco, d'inverno. Lo sceriffo mi paga cinque dollari al giorno per tenervi d'occhio, ma non riesco a seguirvi, con la mia vecchia carcassa. Allora, se non vi dispiace, salgo sulla vostra. Jerome accettò e, mentre proseguivano per Chicago, dovette sorbirsi le chiacchiere di Timothy sui raccolti dei campi e gli affari della sartoria. Il poliziotto attese, mentre Jerome aveva un lungo colloquio con Carlson. L'avvocato non era molto propenso ad assumere la difesa. C'erano due o tre cose che non gli andavano a genio, e lo disse chiaramente. — Non ho mai assunto la difesa di un cliente che reputassi colpevole. — Non lo sono. — Dicono tutti così, da principio. Jerome, ormai abituato a controllare i suoi impulsi, riuscì a contenersi. Carlson era il migliore avvocato attualmente sulla "piazza", e lui doveva assicurarsene il patrocinio. Jerome pensò ad Anna e, con uno sforzo di volontà, riaffermò la propria innocenza. L'avvocato, infine, sebbene riluttante, accettò di recarsi a Tredinick, dove avrebbe riveduto Jerome e parlato con la signorina Bayne, ma non promise nulla. Sottolineò, anzi, che il suo viaggio all'isola non doveva assolutamente essere interpretato come un assenso. Questo atteggiamento contribuì a far capire ai due quanto fosse grave la loro posizione. Per fortuna, Jerome era dotato di quella caratteristica tenacia che si rafforza con le difficoltà. Ritornò a Tredinick a pazza velocità con Timothy Elder che si afferrava spaventato alla maniglia della portiera. — Volete andar dentro per eccesso di velocità? — protestò il poliziotto. — Be', tocca a voi arrangiarvi coi vostri colleghi — ribatté Jerome, rallentando un poco. Il giorno seguente, facendo fede alla promessa, Carter Carlson giunse al villaggio, rigidamente seduto sul sedile posteriore della sua lunga macchina, guidata da un impeccabile autista in livrea. Con la stessa rigidità e alterigia, l'avvocato prese posto nel motoscafo col quale Jerome era venuto a prenderlo. Non si rilassò neanche sulla veranda di villa Predy, e rifiutò il whisky e soda offertogli da Reginald. Era un tipo alto, snello, biondo, occhi celesti, freddi, e labbra sottili. Uno
svedese preciso e sicuro come tutti quelli della sua razza. Ad Anna, cui tuttavia non piacquero i suoi modi altezzosi, ispirò fiducia. L'intervista fu breve, e consistette nell'ascoltare i fatti principali già risultati all'inchiesta. Infine, all'improvviso, Carlson accettò le loro dichiarazioni come vere. Né Anna né Jerome seppero esattamente cosa lo avesse persuaso ad assumere la loro difesa. Jerome pensò che si fosse deciso a causa di Anna... per quei suoi occhi cerchiati dopo tante notti insonni, per la bocca tremante, per il suo sguardo sincero. Carlson doveva ancora possedere un po' di pietà, celata sotto la dura corazza. Maud, che aveva ascoltato e osservato tutto in silenzio, dichiarò poi che l'avvocato si era deciso ad accettare perché il caso prometteva, da certi segni, di diventare, fra breve, molto interessante. Con Reginald commentò senza farsi udire da Anna: — È freddo come un pesce, quell'uomo. Per lui contano solo i fatti. Prima di andarsene, l'avvocato, senza abbandonare il suo atteggiamento duro e contegnoso, specificò a Jerome, che lo aveva accompagnato: — Non posso agire finché non vi arresteranno accusandovi ufficialmente. Vi consiglio di trovarvi al più presto un alibi. Qualcuno che vi abbia visto andare a Chicago, o in quella direzione, domenica sera... Esitò, poi soggiunse: — Ci penserò io. Conosco un uomo che potrà indagare su questo probabile alibi... un certo Wilson. Ve lo manderò. Nel frattempo vedrò cosa sia possibile fare. Presto mi farò vivo, ma se accadesse qualcosa di nuovo, avvertitemi. Fece un rigido inchino all'indirizzo di Anna, che era sulla soglia della veranda, e salì nel motoscafo con Jerome. Al ritorno, Jerome incontrò il motoscafo di McHenry e lo sorpassò di alcuni metri. Lo sceriffo era al volante e vicino gli stava quel tale Wait. Jerome si chiese perché McHenry se lo portasse sempre appresso, come un'ombra. Nel momento in cui i due battelli si sfioravano, gli occhi di Wait lo fissarono con una strana, ostile intensità. Mentre il motore del motoscafo di McHenry rallentava il batter dei colpi, lo sceriffo gridò: — Salve, Cable. Questo è Jacob Wait. Si trova qui in vacanza. C'era uno scintillìo di trionfo, nelle pupille di McHenry; uno sguardo di curiosità in attesa della reazione di Jerome, come se il nome di quell'uomo avesse dovuto stupirlo. Ma Jerome non lo aveva mai sentito nominare.
Attraverso la breve striscia d'acqua che li separava, si sentì borbottare Wait: — Le mie dannate vacanze — e poi un brontolìo dispettoso. — Andiamo, McHenry. Jerome, non comprendendo il significato di quell'incontro, salutò cordialmente e si allontanò con il suo motoscafo che sollevò ondate di spuma. Quella notte, dopo che Jerome se ne fu ritornato all'isola di Haven, Anna ebbe una tragica spiegazione con Ted. Lui era seduto sui gradini del molo e stava fumando. La ragazza vide la brace della sigaretta, pensò che la persona che fumava doveva essere Ted, e lo chiamò. Quando lui le ebbe risposto, corse giù. Ted le fece posto sul gradino e le offrì una sigaretta. Anna provò la vaga impressione che, sebbene non del tutto soddisfatto della sua compagnia, il giovane preferisse non rimanere solo. La ragazza fece due o tre tentativi per rompere il ghiaccio, ma Ted si limitò a rispondere con brevi monosillabi. La notte era nera, senza stelle, come lo erano state tutte quelle della settimana prima. Improvvisamente, con voce un po' rauca, Ted chiese: — Era molto buio la notte che Celia fu uccisa?... Voglio dire quando sei andata ad Haven? — Sì — affermò Anna dopo un momento. — Anche qui a Tredinick era tremendamente buio. Ricordo la nebbia, quando siamo tornati a casa. A stento abbiamo ritrovato il sentiero. Sentivamo il batter delle onde contro la riva, ma non vedevamo l'acqua. Tutto era nero... Sembrava il lamento di un bimbo. — Buttò la sigaretta ed esclamò improvvisamente: — Non riesco a pensare ad altro, Anna. Celia là fuori, morta... in una canoa. Non le avrei mai augurato una fine così orribile. Non importa quello che mi ha fatto. Tacque bruscamente, e Anna domandò: — Ma cosa ti ha fatto? Lui scattò. — Sì! Non dovevo più vederla! Mi aveva detto che era tutto finito, ma io l'amavo, capisci? Avevo vergogna di confessarglielo. Temevo che mi ridesse in faccia. Tu sai... ho appena vent'anni e lei era così bella... Anna gli tese una mano é lui l'afferrò per cercar conforto. Con tenerezza, la giovane pensò quante volte l'aveva fatto in passato ed un vago rimpianto l'assali. — Era così bella — ripeté Ted singhiozzando — eppure sapeva farsi odiare!
— Ted! — Ah, capisco che ti faccia impressione. Lei è morta e io l'amavo. So che tutti voi mi considerate ancora un bambino. Ma io l'amavo e lei... Bene, te lo dico... Quella domenica pomeriggio, io ero là. Celia... noi avevamo bevuto un po' troppo. Allora ha cominciato a parlare. Era evidente la tremenda difficoltà che il ragazzo doveva superare per far la sua confessione. — Le ho parlato dei miei sentimenti e lei... ha riso! — Fece una pausa, e un singhiozzo gli scaturì dalla gola. — Non la rimprovero per questo. Aveva ragione. Sono stato uno sciocco a credere che una donna come Celia potesse amare un giovane come me. Però, Anna, mi aveva sempre dato la sensazione che non le dispiacessi. Si era sempre dimostrata molto gentile con me, m'invitava spesso a casa sua. Quel suo accento dolce, e il modo di prenderti le mani mentre ti guardava negli occhi, ti obbligava a fare qualsiasi cosa per lei. Era così bisognosa di aiuto, una figurina così fragile... Nell'immaginazione di Anna, Celia era di nuovo lì che saliva il sentiero, in quella triste giornata, con gli occhi dolorosamente imploranti. — Sì — mormorò Anna sentendo come una morsa stringerle il cuore. Povero, tragico Ted. Era stato malleabile come la cera sotto quelle abili dita. — Ma non era fragile e bisognosa di aiuto! — proruppe Ted. — Era crudele, spietata, avida! Si alzò fissando con occhio vacuo il lago. — Mi ha detto che non dovevo più andare da lei. — Ma è... — Sì, pensi che sarebbe stato giusto. So bene che non avrei dovuto mai innamorarmi. Era la moglie di Jerome. Più anziana di me. Oh, sì, ma questo non è stato il motivo per cui mi ha... liquidato. Il mio sentimento la divertiva. Lo capisco ora. Fin da principio aveva sentito che mi sarei innamorato di lei sempre più. E lo trovava divertente. È come guardare una mosca intrappolata in una ragnatela e pensare che sia uno scherzo! Non ridere di me, Anna. — No certo, caro. — Allora mi ha scacciato, ordinandomi di non tornare mai più. — Perché a causa di... — Oh, no, non per Jerome. Celia si faceva beffe anche di lui. Lei... — nella sua voce si sentiva una certa riluttanza — ... diceva che poteva farne quello che voleva. Mi ha detto che lo aveva sposato soltanto pensando che
fosse molto ricco. Aveva scoperto più tardi che non possedeva tutto il danaro che lei aveva sperato. Diceva che si era sempre annoiata, con lui. lo... — c'era una specie di rammarico in questa forzata confessione — ... sapevo di te e Jerome, Anna. Voglio dire che eravate ancora innamorati. Sapevo che non avevi mai cessato di amarlo. Celia mi disse che Jerome desiderava il divorzio. Ma, Anna, non avevate bisogno, tu e Jerome, di eliminarla. Lei aveva intenzione di concederlo, quel malaugurato divorzio. — Ted — gridò Anna — sei impazzito? Né io né Jerome abbiamo ucciso Celia. Non devi essere in te, altrimenti non penseresti, né diresti queste orribili cose. — Celia è morta! — esclamò Ted con una gravità superiore ai suoi giovani anni. — Qualcuno l'ha uccisa. Non voglio dire con questo che ti dia tutta la colpa. So come... si possa odiare. Anch'io l'ho provato. L'ho odiata tanto, quanto l'amavo. In un istante, l'amore si è trasformato in odio. Celia posò la mano sul mio braccio, prima di allontanarmi per sempre. La respinsi con ribrezzo. Era come lo strisciare di una serpe. Ho compreso che se io ero riuscito improvvisamente a odiare così, anche altri ne sarebbero stati capaci. Ted tacque, e Anna disse con voce turbata: — Sì, sì, capisco — e ricordò il momento in cui lei stessa aveva odiato Celia con tanta intensità. — E se tu amavi Jerome come io amavo Celia... Be', capisci, Anna? — Sì, Ted. Lui rimase in silenzio, ignaro di quanto le sue parole avessero ferito la ragazza. — Ted, ripetimi una cosa. Cos'hai detto prima... che Celia voleva divorziare? — Sì. Ho detto che avrebbe concesso il divorzio a Jerome. — Ma lei... aveva dichiarato che non avrebbe acconsentito... — Oh, sì, lo so. Mi disse che l'aveva rifiutato. Ci fece su anche una bella risata. Tuttavia soggiunse che da tempo accarezzava il progetto di divorziare. Ma non era ancora pronta, e, inoltre, non voleva darla subito vinta al marito. Rammento con che voce calma, come se stesse parlando di fiori del prossimo ballo al Club Nautico, mi disse che non era ancora il momento adatto per il divorzio, ma che non ci voleva ancora molto. — Non ci voleva ancora molto! Che vuoi dire? — Non so — rispose Ted più calmo, ora che la tempesta del suo animo si era momentaneamente placata. — Non so che intenzioni avesse. Ho avuto l'impressione che fosse in attesa di qualcosa... qualcosa che le avrebbe
fatto molto piacere. Infatti sorrideva beata, parlando di divorziare da Jerome. Io ero sconvolto, non ubriaco. Celia invece... A me la sbornia era passata. Mi sentivo come uno che avesse preso uno schiaffo. Dio, Anna, quante cose ho detto... — Perché no, Ted? Ci sono solo io, qui. Anche la mente di Anna era sconvolta dall'inattesa rivelazione che Celia avrebbe concesso il divorzio. Se aveva detto la verità a Ted, perché l'inutile beffa del falso rifiuto? — Ma perché voleva divorziare? — Oh, no, non per te. Non ha mai potuto soffrirti. Si divertiva un mondo, quando ripensava al tiro che ti aveva fatto portandoti via Jerome. — Continuò a parlare tutto eccitato. — Jerome, sai, era già venuto. Tra loro due era scoppiata una lite per causa mia e lui era salito al primo piano, a fare le valigie. Comincia di qui il dramma. Ho perduto la testa e le ho detto francamente quali erano i miei sentimenti per lei. Celia, senza badarmi, furiosa contro il marito, ha continuato a bere e a sfogarsi parlando ininterrottamente. Disse qualcosa che si riferiva al modo usato per prendere in trappola Jerome. Ne era orgogliosa, ma non ho capito come avesse fatto esattamente. — Io purtroppo lo so. — Non ho badato molto a quello che diceva. Ero troppo sconvolto. Ricordo che ha accennato a un mosaico, un mosaico perfetto... — Ma perché intendeva divorziare da Jerome? Sei certo che fosse sincera? — Oh, sì! Stava dicendo la verità, in quel momento, come non aveva mai fatto prima con me. Credo che avesse una specie di progetto... un progetto che doveva accarezzare da parecchio tempo perché ho avuto l'impressione che stesse... come dire?... bruciando i ponti alle sue spalle. — Quale potrebbe essere questo progetto? Ted rimase un momento in silenzio con lo sguardo fisso. In quell'intervallo, qualcosa, in lui, si raffreddò. Quando riprese a parlare era distante e guardingo. Anna lo sentì subito. C'era qualcosa di incerto nel suo nuovo atteggiamento, un che di nebuloso come se Ted cercasse invano di mettere a fuoco l'oggetto della questione. Anna avrebbe ripetuto la domanda, ma Ted la prevenne. — Non lo so. Ma qualsiasi cosa fosse... lei mi ha scacciato. Era molto eccitata, e sembrava sicura di sé. Strano, Anna, ma c'è un battello là fuori. Ascolta. È molto vicino.
13 Le onde accarezzavano dolcemente la sabbia ai loro piedi. Tutto lo scenario intorno era buio. Solo la solita lanterna della darsena rompeva per un breve tratto l'oscurità. Il vuoto cupo formato dal lago e dal cielo era impenetrabile, silenzioso. Solo un debole mormorio d'onda. Dopo un momento, Anna esclamò a bassa voce: — Ma io non sento niente! — Ascolta — disse ancora Ted — non odi uno scricchiolìo di scalmi? È già da un po' che lo sento, ma non ne ero sicuro. Non ti pare che qualcuno si accosti alla riva, ma che la persona che sta nel battello, appena si considera troppo vicina, lo riporti al largo? Attenta. Anna aspettò con la gola stretta, cercando di tranquillizzarsi, di dirsi che non era niente, che non doveva aver paura, che era solo fantasia! In quel mentre udì anche lei. Una specie di raschiare inconfondibile, che si ripeteva periodicamente, accompagnato da un cauto battere di remi sull'acqua. La mano di Ted le afferrò il polso. — Guarda là. Proprio a filo della darsena. Una macchia più nera. La vedi? Al primo momento non la vide, ma forzando la vista le parve di scorgere una piccola macchia oblunga che si allontanava pian piano. — Adesso sì, che si sentono bene i remi. Chiunque stia allontanandosi, ora gli chiedo chi è. — No! — supplicò Anna, e, senza saperne il perché lo afferrò per un braccio. — Non farlo. Non sappiamo chi sia!... — È proprio per questo — replicò Ted. Poi gridò: — Chi è là? Nessuno rispose. Era la sua immaginazione, si domandò Anna, o quella macchia misteriosa si era fermata un attimo per poi riprendere a muoversi, questa volta ancora più silenziosamente? — Chi è là? Rispondi. Torna qui, brutto... — urlò Ted. Ancora nessuna risposta. Non riuscirono a scorgere più nulla... Che si fossero ingannati? Eppure, da lontano, debolissimo, giungeva il batter dei remi. — Vorrei proprio sapere chi era — brontolò Ted — se fosse stato qualcuno che aveva il diritto di star qui, avrebbe senz'altro risposto.
— Può darsi che si trattasse di uno del villaggio — disse Anna pensando allo sceriffo. — Qualcuno che ci sorveglia. Ted si voltò con un brusco scatto. — Chi intendi dire? — Lo sceriffo, la polizia. Dopo tutto, non siamo liberi da ogni sospetto. — Vuoi dire che ci sorvegliano continuamente? — Sì. — Lo sospettavo. Ogni volta che uscivo in motoscafo incontravo qualcuno sul lago, a parte i soliti... diciamo frequentatori abituali, come i ragazzi Gardiner. Per esempio, ieri c'era un tipo, su una barca, che fingeva di pescare. Me ne sono accorto perché non prendeva un pesce. C'è rimasto tutto il giorno. — Era qualcuno del villaggio? — No, almeno non l'avevo visto prima... e io conosco quasi tutti, al villaggio. Era basso e bruno di capelli e di carnagione. Sembrava uno straniero. Aspetta, mi pare... sì, sì: credo proprio che sia il nuovo amico di Mariette. Ho visto qualcuno con lei, oggi. Ero fuori in motoscafo e sono passato davanti all'isola di Haven. Mariette si trovava nel portico con un uomo. Erano seduti vicino... lui tarchiato e coi capelli neri. Sì, sono certo che era lo stesso uomo. Be', è meglio che non mi pronunci sui gusti personali di Mariette. Uno straniero? L'uomo che l'aveva così intensamente fissata all'inchiesta sembrava appunto uno straniero. Ricordò per un istante con raccapriccio quello sguardo sfacciato. Doveva assolutamente fare una domanda a Ted. — Ted, deve esserci un uomo... intendo dire qualcuno che Celia voleva sposare... un uomo ricco. Lui non parlò. Anna ripeté la domanda: — Chi era, Ted? — Non so. — Non ne hai proprio idea? Non hai visto, sentito... — Niente — scattò Ted con decisione. — Niente. — Ma deve esserci stato un altro uomo. Rifletté quali possibilità avesse una donna avida di denaro, non pratica di commercio e di affari di ottenere i quattrini agognati. Non esistevano molti modi... a meno di scegliere quelli pericolosi... come il ricatto, la frode, che a Celia sarebbero riusciti benissimo, col suo viso carino e l'aria angelica.
Ma anche se Celia era stata senza scrupoli, mai avrebbe corso rischi simili. Era soprattutto troppo egoista, troppo innamorata di sé. No, doveva esserci un uomo... altrimenti, perché divorziare da Jerome che, in fondo, le offriva una vita abbastanza comoda? Anna scosse il braccio di Ted. — Ma non comprendi quanto sia importante? Se c'era un uomo... Lui le allontanò bruscamente la mano. — Te l'ho già detto. Se c'era un altro uomo lo ignoro. Non ne so niente. — E Mariette? Credi che lo sappia? Ted esitò. — Come dovrei saperlo io? Se c'era un altro uomo e Mariette lo sa... non vorrei essere nei suoi panni. Ma Celia stava molto in guardia da Mariette. E se c'era un altro uomo, quando costui veniva a trovarla puoi essere sicura che Mariette non gironzolava li intorno. Anna passò rapidamente in rassegna gli uomini, escluso Jerome, appartenenti alla loro cerchia. C'erano Ted e Regjnald. Poteva esserci, ma la sua mente rifiutava il solo pensarlo, l'avvocato Carlson. Ted, per quanto aveva detto lui stesso, non rappresentava per la signora Cable un partito conveniente. Andava senz'altro scartato dalla lista dei sospetti, anche se, con ogni probabilità, avrebbe ereditato la fortuna di Frieda, che era molto ragguardevole. Ma Celia gli aveva dichiarato fermamente che tutto era finito tra loro. Anna esaminò l'altro sospettabile: Reginald. Lui non possedeva il becco di un quattrino e per di più aveva una moglie dispotica che non si lasciava commuovere facilmente e, anche se poteva mostrarsi generosa e gentile, era gelosissima di tutto ciò che le apparteneva. Anna sapeva ben poco delle conoscenze di Celia. Tuttavia aveva l'impressione che cambiasse spesso gli amici, e senza badar troppo per il sottile. Istintivamente, passò in rassegna tutti quelli che le passarono per la testa. All'improvviso ricordò gli occhi sfrontati dell'uomo che l'aveva fissata così intensamente all'inchiesta. Non sarebbe stato possibile che un conoscente di Celia avesse studiato un piano per procurarsi denaro... un progetto nel quale Celia avrebbe dovuto recitare la sua parte? Le sembrò assurdo, addirittura fantastico. Eppure avrebbe spiegato molte cose... — Celia — chiese — amava il denaro come abbiamo pensato? Se non fosse...
Ted la interruppe seccamente: — Celia avrebbe venduto volentieri l'anima, per denaro. — Ma allora... — Ti dico che non lo so. Non voglio più parlarne. — Fece una pausa come se stesse combattendo una piccola lotta interna. Poi soggiunse forzatamente: — C'è un fatto che mi sembra possa costituire una traccia. Celia quel giorno... intendo dire quell'odioso pomeriggio di domenica... continuava a ripetere trionfante: "Oggi... oggi... dopo quest'oggi", come se fosse quello il punto di partenza della sua felicità. Non l'ho detto alla polizia. Celia è morta, e io... non voglio più parlarne. — La sua voce divenne acuta, quasi isterica. Più tardi Anna si chiese se, insistendo, lei non avrebbe cambiato il destino. Ma non insistette, e, poco dopo, il fischio di Frieda giunse fino a loro. Un fischio ben conosciuto, che significava: "Ted, dove sei?". Attraversarono la spiaggia per incontrare Frieda davanti al cancello della sua villa. — Ero in pensiero — disse la donna — come stai, Anna, cara? Vieni dentro. Questo accadeva un giovedì sera della prima quindicina di giugno. La stagione turistica era iniziata abbastanza tranquillamente. La gente arrivava come al solito isolata o a gruppi sempre più numerosi. Il piccolo porto si affollò di battelli, le finestre delle ville furono spalancate. L'unico fatto insolito era un continuo andirivieni d'imbarcazioni fra Tredinick e Haven. Quel giovedì sera, Anna, dopo il burrascoso colloquio con Ted, rimase insieme a Frieda e al giovanotto per più di un'ora sulla veranda della villa di Tredinick. Frieda chiacchierò vivacemente come al solito, esponendo una dozzina di teorie sull'assassinio, tutte comprovanti che l'autore del delitto era un ladro. Ted avrebbe voluto non parlare della tragedia, ma, come ipnotizzato, ritornava sempre sull'argomento. Come la zia, pareva prematuramente invecchiato, tanto era pallido e affranto. Frieda, di quando in quando, lo guardava di sfuggita, con sollecitudine materna. Anna pensò che Maud aveva ragione a dire che Ted rappresentava tutto il firmamento nella vita di Frieda e che questa avrebbe ucciso chiunque avesse minacciato il suo Ted. Per vent'anni aveva badato che crescesse sano e robusto. Gli aveva inculcato profondi princìpi di onestà e moralità. E Celia aveva tentato, con arte diabolica, di distruggere il frutto di tanti anni d'amore e di dedizione. Non si poteva tuttavia biasimare solo Celia... anche Ted aveva la sua parte di
colpa. Ma Frieda non avrebbe potuto sempre combattere per il nipote. Ormai questi era un uomo. Era stato amaramente deluso da Celia prima che questa morisse assassinata... e Frieda l'aveva saputo. Improvvisamente un pensiero orribile balenò nella mente di Anna. Ted stesso avrebbe potuto uccidere Celia. Ted ubriaco, Ted spaventosamente sconvolto dalla gelosia e dalla delusione. Tentò di scacciare questo infamante pensiero mentre rispondeva automaticamente a una domanda di Frieda. Ricordò gli isterismi di cui aveva dato prova il ragazzo quella stessa sera. Ricordò l'alibi di Ted. Purtroppo, soltanto lei, Anna, e Jerome erano privi di alibi. Subito dopo si preparò per andarsene. Mentre il giovanotto le proponeva di riaccompagnarla, squillò il telefono. Era qualcuno che chiedeva di Ted. Sulla porta, Frieda trattenne Anna per un momento. — Senti un po', Anna. Hai visto quel tale... quel Jacob Wait? — Jacob Wait? Chi è? — Un poliziotto di Chicago. Trascorre qui le vacanze. È sempre in giro con lo sceriffo. — Ah, si. Ricordo che era all'inchiesta. Perché me lo chiedi? — Ti ha fatto qualche domanda insidiosa? — No. — Allora era presente quando ti hanno interrogata? — Una volta sì, ma non ha fatto niente, si è limitato ad ascoltare. — Oh — disse Frieda sbattendo le palpebre — è stato qui con McHenry. Mentre lo sceriffo interrogava, questo Wait è rimasto impassibile, ma ho avuto la netta sensazione che fosse stato lui a suggerire, prima che entrassero, tutte le domande a McHenry. — Fece una pausa e, con aria torva, proseguì: — Se non è così, allora McHenry possiede più cervello di quanto io non abbia mai supposto. Non mi piace, quell'uomo, quel Wait. Non vedo l'ora che termini le sue vacanze e se ne torni a casa sua. Vuoi una torcia elettrica? No? Allora, buona notte, cara. Anna riattraversò la spiaggia, dirigendosi pensierosa verso Villa Predy. Non aveva paura... tuttavia, a un dato momento, ebbe un tuffo al cuore nell'udir delle voci. Si fermò. Aveva sbagliato. C'era soltanto il rumore della risacca e lo sciabordìo dei battelli nella lunga ombra scura proiettata dalla darsena sul lago. Ascoltò con estrema attenzione ma non sentì altro, e riprese il cammino ripensando a quella imbarcazione che, insieme a Ted, aveva visto allontanarsi furtivamente poche ore prima. C'era qualcosa di
conturbante, in quella fugace apparizione. Salì pensierosa gli ultimi gradini che portavano alla veranda. — Oh, finalmente, Anna! — esclamò Maud, mentre la ragazza apriva la porta. — Eravamo in pensiero. — Sono stata da Frieda. Maud posò il libro. — Come sta, Frieda? — Mi sembra preoccupata. — E non lo siamo tutti? — rispose asciutta Maud. Anna contemplò l'isola di Haven pensando a Jerome che si trovava laggiù. In quel momento, Mariette doveva essere già partita, ma per fortuna c'erano sempre Tillie Bowers e il marito, a tenergli compagnia. Maud non stava leggendo, ma tamburellava sui braccioli della poltrona con le lunghe dita. — Non vedo l'ora che tutto sia finito — proruppe con violenza subito soffocata. — Celia non valeva la pena di... Lo squillo del telefono la interruppe, e lei si alzò per andare a rispondere. Tornò quasi subito. — Era Frieda che voleva sapere se eri tornata. La sua voce risuonava come una corda di violino tesa al massimo. — Questo paragone era davvero uno strano volo di fantasia per Maud. — "Strano!" — Cosa? Maud corrugò la fronte. — Le telefoniste del centralino devono essere impazzite. Frieda voleva sapere se qualcuno di noi le aveva telefonato ieri nel pomeriggio. — Io non sono stata. — Neanch'io, e Reg non era qui. Eppure Frieda asserisce che qualcuno le ha telefonato e che questo individuo è rimasto ad ascoltare senza rispondere e poi ha riappeso. — Guardò interrogativamente Anna. — Avranno ancora sbagliato numero? La stessa cosa che è accaduta qui. Anna annuì. — Frieda ha aggiunto che hanno telefonato anche ieri a tarda notte, solo che questa volta hanno chiesto di Ted chiamandolo per nome. Era una voce d'uomo. Una voce che lei non è riuscita a riconoscere. E quando Ted è andato al telefono è accaduto lo stesso fatto spiacevole. Nessuno ha parlato e dopo le urla di protesta di Ted si è udito soltanto un piccolo "clic". Lui e Frieda hanno pensato che fosse strano, ne hanno discusso per un po', poi Ted ha domandato spiegazioni alla ragazza del centralino. Lei non ricorda-
va più la chiamata, e si è scusata dicendo che doveva aver sbagliato a inserire la spina. Le due donne si guardarono impressionate. — Siamo in un tale stato d'animo, che le cose più banali assumono per noi un'esagerata importanza! — esclamò bruscamente Maud. — Sciocchezze. — Ma si vedeva chiaro il tentativo di convincere se stessa. Si risedette con un'espressione dura in volto e gli occhi gonfi di stanchezza. — Senti, Anna — proseguì — è accaduto un fatto increscioso. L'ho scoperto oggi. — Si guardò le mani. — Il mio anello di smeraldi è sparito. — Maud, ne sei sicura? Ci fu un breve lampo nei suoi occhi verdi. Maud era profondamente attaccata a ciò che possedeva, per quanto a volte sapesse mostrarsi incredibilmente generosa. Donare era facile, ma il dover perdere un oggetto che le apparteneva risvegliava il suo orgoglio di padrona, il suo profondo senso della proprietà. — Certamente, ne sono sicura. Sai che non potrei sbagliarmi su cose simili. Avevi visto l'anello. C'era incastonata una pietra di valore... Sai che non avrei mai portato gioielli falsi. L'avevo al dito un paio di sere fa. L'ho riposto nel cofanetto dei gioielli. Stasera, con quest'abito, ho pensato di mettere anche l'anello... Be'... non c'era più. — Chi può... — Non so. Se l'avessi saputo glielo avrei già ripreso. Ancora una volta balenò nei suoi occhi un lampo di offesa gelosia. Chiunque le avesse preso, o anche abusato di qualcosa di suo, l'avrebbe pagata cara. — Credo — continuò Maud — che non si tratti di uno dei soliti furterelli da cameriera. Olga è onesta, per quanto ho potuto capirne in questi anni. La casa è sempre aperta e le occasioni per un ladro non sono certo mancate. Tuttavia un fatto mi stupisce. Quella pietra l'avevo pagata circa duemilasettecento dollari, una bella cifra, ma nel cofanetto c'erano tanti altri gioielli di considerevole valore e, se fosse stato uno dei soliti ladri, avrebbe rubato tutto. Perché prendere un solo gioiello? — Ma... non saprei — rispose Anna imbarazzata. Non era infatti piacevole essere ospite... anche se un'ospite conosciuta e cara... in una casa dov'era scomparso uno smeraldo. — Hai interrogato Olga? — domandò. Gli occhi di Maud si incupirono. — Si — rispose. E Anna ringraziò il cielo di non essere stata presente
all'interrogatorio. — Non credo che sia stata lei. Penso piuttosto... Maud, interrompendosi, si alzò di scatto e si avvicinò alla finestra volgendo le spalle ad Anna. — Credo piuttosto che sia qualcosa di connesso all'assassinio. Proruppe nella parola assassinio, come se il fuoco che covava sotto le ceneri fosse divampato improvvisamente in lei. Anna trattenne un attimo il respiro, poi chiese, quasi in un soffio: — Perché? Maud tuttavia la udì e, senza voltarsi, rispose: — Perché non è mai successo prima d'ora. — Che strano — riprese Maud, e Anna, dal tono della voce incuriosita, si avvicinò. — La luce sulla darsena di Haven è scomparsa di colpo. Si vede che qualcuno l'ha spenta. Infatti è tardi... Anna sentì un improvviso disagio, pur senza comprenderne il motivo. Voltandosi bruscamente disse: — Vado a telefonare a Jerome. Maud rimase sulla veranda, mentre Anna entrava in casa di corsa, senza far rumore. C'era una piccola lampada accesa sopra il telefono, e un'altra ai piedi della scala. Nessun lume di sopra, al primo piano. Staccò il ricevitore. Il telefono era di vecchio modello a cassetta. Per telefonare si doveva chiamare prima il centralino e assicurarsi che la linea fosse libera, dato che si trattava di un triplex. Era libero. La ragazza si affrettò a mettersi in comunicazione con Haven. Nel breve attimo di silenzio in cui attendeva dal centralino di essere messa in linea, sentì Reginald camminare cautamente al piano superiore. Solamente non poteva trattarsi di Reginald, perché il passo non era quello di uno zoppo. 14 Un istante dopo, Anna riattaccò la cornetta con mano tremante. I passi di sopra si fermarono un momento, poi ripresero. Se avesse chiamato aiuto, la persona misteriosa avrebbe capito di essere stata scoperta. E lei era sola, e il corridoio là sopra immerso nell'oscurità. Riuscì a vincere l'attimo di terrore che l'aveva colpita e a raggiungere di corsa la veranda. — Cosa c'è? — gridò Maud vedendo il volto atterrito della ragazza. Anna glielo spiegò, e Maud sussurrò:
— Reginald è laggiù, sulla spiaggia. Ho scorto un momento fa la brace della sua sigaretta. Così dicendo uscì sui gradini che davano sul sentiero. Anna la seguì e trasse un sospiro di sollievo vedendo nel buio il punto rosso della sigaretta. — Reg — gridò Maud. — Reg. Lui venne loro incontro zoppicando. Saputo cosa le aveva spaventate, attraversò la veranda e si fermò titubante sulla soglia di casa. — Se avessi una rivoltella o un'arma qualsiasi... può essere un disperato, un pazzo, magari furioso. Maud, con disprezzo per la pusillanimità del marito, disse: — Scapperà. Ti accompagno io. — Oh, ecco le molle del caminetto — mormorò Reginald, ignorando le parole caustiche della moglie. Le afferrò e avanzò qualche passo, per nuovamente fermarsi ai piedi delle scale. — Non sento anima viva. Sei certa di avere udito bene, Anna? — Ma va' a vedere — lo incitò Maud, impaziente. — Ci scapperà se continueremo a discutere invece di agire. Dio, Reg, forse è l'assassino! — È proprio quello che pensavo — disse il marito guardando con riluttanza la scala. Maud lanciò un'occhiata enigmatica ad Anna e seguì Reginald. — Accendi la luce in cima alle scale — gli suggerì. — Presto. Anche Anna li seguì, benché titubante. Reg, giunto in cima alle scale, si fermò ancora una volta ad ascoltare. Fu Maud che accese la luce alle sue spalle. Nessuno si trovava nel corridoio e tutte le porte che lo fiancheggiavano erano aperte. Nessun suono, anche debole, che rivelasse una fuga precipitosa. Guardarono dappertutto, perfino negli armadi e sotto i letti. Non c'era nessuno, e neanche traccia della presenza d'un estraneo. Unico indizio: una finestra della camera di Anna era spalancata. Proprio quella da cui facilmente si poteva saltare all'esterno, data la pendenza del terreno. — Io non l'ho lasciata aperta, anzi non l'apro mai. Spalanco solo le finestre che danno sul lago. — Be', ora è aperta — esclamò con aria severa Maud. — È scappato di lì. Si sarà buttato tra i cespugli e... bravo chi lo prende. Reg, ancora con cautela, si avvicinò alla finestra e guardò giù. — È buio pesto. Ma se aveva una torcia elettrica, ha certo visto dove saltare. A un tratto Maud si sbiancò in volto e con un grido di spavento fuggì
verso la sua camera. — Il mio cofanetto dei gioielli. L'ho lasciato sul tavolino da notte. — Dio mio — esclamò sbigottito Reginald, correndole appresso. Nulla era stato toccato, nella camera di Maud. In quella di Reginald, invece, la carta da lettere intestata, le lettere e il libretto degli assegni erano tutti sparsi sotto la scrivania e sul pavimento. Una borsetta mancava dalla camera di Anna. — Ne sei sicura? — domandò Reginald. — Oh, sì. Non conteneva gran che... una cinquantina di dollari. Sai, Maud, era quella borsetta di coccodrillo che mi avevi regalato per il mio compleanno. L'avevo lasciata lì, sul tavolino. Reg aggrottò la fronte. — Di mio non manca niente... a parte il fatto che non possiedo denari tranne quelli che ho in tasca. Credo che il furfante cercasse solo quattrini. Maud richiuse il cofanetto dei gioielli su cui erano incise le sue iniziali: M.P. — Bene — disse — non può essere la stessa persona che mi ha rubato l'anello, altrimenti avrebbe saputo l'ubicazione della mia camera e trafugato questo cofanetto. — Forse ha sentito i passi di Anna e ha dovuto interrompere l'operazione — suggerì Reginald. — Evidentemente cercava denaro liquido, se no non avrebbe frugato nella mia scrivania. Cercarono eventuali indizi anche da basso. Scoprirono in cucina alcuni segni attorno alla serratura, rivelatori che questa era stata forzata. Olga, che dormiva in una stanzetta a fianco della cucina, dovette essere risvegliata con forti colpi ripetuti alla porta. Aprì l'uscio di malavoglia, comparendo coi bigodini e in una lunga camicia da notte. Teneva in mano una mazza da golf. Disse che aveva dormito profondamente, non aveva sentito nulla, e aveva tutta l'intenzione di andarsene alla fine del mese. — Se non sarò assassinata prima nel mio letto — terminò con aria tragica. Poi soggiunse: — Dite che sono entrati dalla porta della cucina, signore? — Non ne siamo certi, ma se sarai assassinata nel tuo letto, consolati, perché non te ne accorgerai neanche. Tornarono sulla veranda, ma prima Reg prese un pezzo di torta dal frigo. Poi, tenendo sempre sotto il braccio il paio di molle, raggiunse gli altri. Da quando Anna era andata al telefono, erano passati dieci minuti. La ragazza notò con apprensione che non era ancora tornata la luce sull'isola di Haven. Provarono allora a telefonare a Jerome, ma il telefono squillò a
vuoto. Reginald disse che sapeva di sicuro che Jerome era laggiù. — Non gli è accaduto niente — disse tentando di rassicurare Maud. — Sarà fuori dalla villa, e Tillie era troppo distante per sentire. Inoltre, non può succedere nulla, con tutta la sorveglianza cui ci sottopone senza tregua la polizia. — C'era un battello, stasera — disse Anna lentamente — molto vicino a riva. — Chi era? — domandò Reg prontamente. — Non so. Non ho potuto vederlo. Ho solo sentito il battere dei remi. Sai come si propagano facilmente i suoni sull'acqua. — Santo Cielo! — esclamò Maud. — Doveva essere la barca di quel farabutto che è stato di sopra. Aspettava l'occasione per... farci una visita. — Poi, bruscamente, rivolta al marito: — Metti giù quelle molle. Cosa pensi che sia venuto a fare? Non era uno dei soliti furti. È inutile che fingiamo di crederlo. — Eppure, la borsetta di Anna è stata rubata. Maud lo guardò con aria di compassione. — Questo non significa nulla... a meno che non si tratti d'un tentativo per far credere a un furto. Reginald sembrava preoccupato. — E non potrebbe essere stato un uomo di McHenry venuto di nascosto a cercar prove? — Nella tua scrivania! — commentò Maud acida. Reginald trasalì. — Avresti preferito che fosse un assassino, invece di un ladro. Non dimenticare il tuo smeraldo. Ringrazia Dio che lo avevi assicurato. E quella stupida di Olga va a prendere proprio la mia mazza da golf nuova fiammante. — Reginald, possiamo andare ad Haven? — chiese Maud. — Come? Sì, naturalmente. Vuoi prendere il motoscafo? Ma certo, cara. Anna, non preoccuparti per Jerome. Vedrai che sta benissimo. — Non posso fare a meno di credere — disse Maud seguendo testarda il filo dei suoi pensieri — che il mio smeraldo e la faccenda di stanotte sono connessi all'assassinio. È come se... — Esitò, poi proseguì, in tono grave e quasi macabro: — È come qualcosa che si sia iniziato con l'assassinio di Celia e non abbia avuto ancora fine. Anna meditò sulle parole di Maud. Non era un pensiero molto simpatico, e lei si voltò di scatto, dicendo:
— Provo a telefonare ancora ad Haven. Reginald si alzò premuroso per accompagnarla. Entrò in casa con lei, lasciando Maud immobile alla finestra a fissare il lago con uno sguardo enigmatico nei profondi occhi scuri. La bocca aveva una smorfia severa, decisa. Anna non se ne accorse. Questa volta, la voce di Jerome, sebbene assai debolmente, rispose al telefono. — Pronto — disse Anna. — Si era spenta la luce sulla darsena della tua isola, e volevo assicurarmi che non ti fosse accaduto qualcosa. — Qui tutto bene. Niente paura. Ti spiegherò domani la faccenda della luce. Mariette è andata via stasera. Adesso andrò a mettere a posto la luce. Non preoccuparti per me. Buona notte, cara. Maud, quando Anna le riferi le parole di Jerome, annuì freddamente, ma non poté scacciare l'ostinato pensiero che continuava a turbarle la mente. Reginald, che conosceva bene sua moglie, la guardò un po' a disagio. — Non ci accadrà niente di brutto — disse rivolto ad Anna, ma guardando Maud. — Non abbiamo alcun legame con Celia. Personalmente reputo che questi incidenti siano dovuti a un ladro astuto che ha cercato di approfittare della nostra... distrazione. Maud rise nervosamente. — Distrazione! Bella parola, hai scelto! — disse con accento sarcastico. — Strano, quali effetti abbiano prodotto questi... come li chiami... incidenti. Fanno dubitare di tutti quelli che ti circondano. Sono assolutamente certa che chiunque fosse stato di sopra, stasera, non era Jerome Cable. Eppure mentre, qui seduta, guardavo verso l'isola di Haven, non ho potuto fare a meno di pensare che lui non era laggiù quando abbiamo telefonato la prima volta... e invece ha risposto alla seconda telefonata di pochi minuti fa. Se fosse stato lui in casa nostra, non avrebbe avuto il tempo di tornare ad Haven. Ho fatto queste congetture solo per dimostrare fino a che punto si possa diventare ridicolmente sospettosi rispetto a una persona. Ora me ne vado a letto. Tutti seguirono il suo esempio, meno Reginald, che, zoppicando, andò a chiudere a chiave le varie porte di accesso. Anna, dopo aver spento la luce, rimase a lungo insonne nella sua camera. Si sentiva sempre più turbata, come se subodorasse una segreta minaccia diretta a lei e vicina. Ma la stanza non presentava nulla di sospetto. Lei si era già assicurata che nessuno fosse nascosto nell'armadio, sotto il letto o
dietro la tenda. Nel buio, la camera sembrava estranea e sconfortante. Finalmente riuscì ad addormentarsi. Bruscamente si risvegliò come se una voce misteriosa le avesse bisbigliato all'orecchio un allarme. Si sentì impaurita. Nessun rumore. Solo una debole luce, dalle finestre, rompeva l'oscurità. Tuttavia lo strano spavento, invece di placarsi, aumentava sempre più, come se una tremenda minaccia gravasse su di lei. Con uno sforzo di volontà, Anna stese la mano per accendere la lampada sul comodino. La stanza s'illuminò di colpo, rivelando la solita scena familiare. Eppure... Anna si voltò rimanendo seduta in letto. Si guardò in giro preoccupata, non scorgendo nulla di allarmante. A un tratto si accorse che sul muro, sopra la testiera del letto, qualcosa di nero si muoveva. Si trattava di un ragno... un ragno nero un po' più grosso di quello che Reginald aveva ucciso... ma con le stesse caratteristiche. Il ragno esitò, come se si fosse accorto di essere guardato. Anna provò, con un'istintiva ripugnanza, un inesplicabile brivido di paura. La prima cosa logica da farsi sarebbe stata attirare il ragno su di una carta o un libro, e poi gettarlo dalla finestra. Portava sfortuna uccidere i ragni... ma quello non era uno dei soliti. Tale la chiara conclusione di Anna. Rimaneva un mistero da che parte fosse venuto. Finalmente, la giovane prese una pantofola con l'intenzione di ucciderlo. Ma il ragno mostrò non solo d'essersi accorto che lo guardavano, ma anche di avere una diabolica percezione del pericolo. In un baleno scivolò giù dalla parete, attraversò il tappeto e sparì. Anna, dopo infruttuose ricerche, si rassegnò a tornare a letto. Era, si chiese con angoscia, lo stesso tipo di ragno che Reginald aveva ucciso? Questo accadde la notte di giovedì. Alla mattina di buon'ora, Anna raccontò a Olga la faccenda del ragno. Le due donne, con lo spazzolone e la paletta del carbone, cercarono, ma invano. Fu anche quella mattina, che lo sceriffo ritornò alla villa accompagnato dal solito riluttante Jacob Wait. Anna, memore delle parole di Frieda, lo osservò con maggior attenzione. Non seppe spiegarsi il perché dell'antipatia che provava verso quell'uomo. McHenry si rivolse direttamente a Reginald, parlandogli di una matita d'argento ritrovata nella canoa assieme al cadavere di Celia. Aggiunse che non l'avevano presentata all'inchiesta come prova, senza spiegarne il motivo. Reginald, datale un'occhiata, confessò agitato e rosso in volto: — È la mia matita. Ci sono incise le mie iniziali. Ma non è una prova risolutiva e
lo sapete bene. Deve essermi scivolata dal taschino della giacca quando mi sono chinato sul cadavere. Perché non me lo avete chiesto prima? Lo sceriffo, sempre tenendo la matita nella grossa mano, domandò: — Quando l'avete usata l'ultima volta? Era nella canoa. — Non ricordo. — Poi, rivolto a Maud: — Non mi hai visto segnare i punti al bridge con quella matita, domenica sera? Maud disse rabbiosamente che non poteva ricordarselo. Dopo un'occhiata d'intesa a Wait, lo sceriffo continuò: — Potrebbe benissimo essere scivolata dalla vostra tasca quando vi siete chinato sul cadavere. Questo era ciò che supponevamo. Quando l'inchiesta terminò come voi sapete, mi parve che questa matita non rappresentasse una traccia importante. Ma ora... — Buon Dio! Credete ora che sia una traccia che conduce a me? — domandò Reginald, diventando paonazzo. — Be', a ogni modo non possiamo trascurarla. Cercate per favore, signor Predy, di rammentare quando avete avuto l'ultima volta questa matita... e quando è stato l'ultima volta che avete visto Celia viva. 15 — Cosa volete dunque? — cominciò Reginald poi tacque imbarazzato e livido d'ira. Infine si decise ad ammettere: — Non so cosa intendiate fare. Quella è la mia matita. Uno sciocco qualsiasi lo capirebbe. Ci sono sopra le mie iniziali! Ma se non è scivolata fuori dal taschino lunedì mattina, non so proprio come e quando sia potuta arrivare là — proseguì selvaggiamente fissando con ira lo sceriffo. — E non ho visto la povera signora Celia da... Un improvviso balenio negli occhi di McHenry lo avvertì di non fare passi falsi. Dopo una breve pausa soggiunse: — L'ho vista poco tempo fa. Abbiamo pranzato insieme. Seguì un breve, imbarazzante silenzio, poi Maud proruppe incredula: — Reginald! Tu, pranzare con Celia Cable! Lui la guardò con imbarazzo unito a sfida. — Sì, sì. Abbiamo pranzato alla Pietra Nera. Perché no? — Perché no? — gridò Maud. — Ma tu non me ne hai fatto parola! E perché poi, con tanta gente che esiste al mondo, sei andato a pranzare proprio con Celia Cable? Persino il flemmatico Jacob Wait mostrò una certa sorpresa.
Reginald si affrettò a spiegare: — Avevo bisogno, Maud, di quel lavoro che tu sai. Contavo sull'aiuto di Jerome. Ero andato a cercarlo. Era fuori e ho trovato sua moglie. Celia ha detto che mi avrebbe aiutato, che aveva una certa influenza. Ho pensato che avrebbe appoggiato la mia richiesta presso Jerome. Sai che Celia è sempre stata così gentile... — Gentile! — scattò Maud. — Ascoltami, Maud. Non fare la stupida. — Ne basta uno, di stupido, in famiglia! — ribatté pronta Maud. Poi, rivolta a McHenry: — Da quando sapevate questo? Anche lo sceriffo sembrava confuso. — Bene, vedete, noi dobbiamo per forza indagare. Interrogare cameriere, lift, facchini... tutti, insomma, quelli da cui possiamo attingere preziose informazioni, al villaggio, in città. Abbiamo parlato con chiunque abbia avuto occasione di vedere Celia Cable. — Trasse di tasca una piccola agenda, ma notando lo sguardo ironico di Wait, si affrettò a riporla. — Abbiamo dovuto rintracciare tutti i suoi conoscenti... quelli che telefonavano, i suoi amici abituali e anche i luoghi che era solita frequentare. Quel lunedì che avete pranzato con lei, era la settimana prima dell'assassinio, vero? — Sì — rispose Reginald, che sembrava stesse per essere preso da un colpo apoplettico. — C'era qualcosa che... — Niente — lo interruppe di scatto Reginald. — Niente che possa aver a che fare con l'assassinio. — Di cosa avete parlato? — chiese Maud, gelida. — Maud, non far scenate. Non era un delitto, in fin dei conti, pranzare con Celia Cable. Non c'è stato che... — si interruppe un momento sotto lo sguardo implacabile della moglie. Indi proseguì rivolto a McHenry: — Cercherò di ripetervi quello che ci siamo detti, parola per parola, naturalmente per quanto mi ricordo. Il colloquio, come fu riferito, apparve del tutto innocente, ma appena Reginald ebbe terminato calcando troppo sulle parti del discorso riferentisi agli affari, Maud lanciò un'occhiata sprezzante al marito e fece notare allo sceriffo: — Possibile che Reg abbia dimenticato anche il minimo complimento? Non reputo tuttavia, sceriffo, che il pranzare con una donna lo faccia immediatamente sospetto d'averla uccisa. Pur essendosi affrettato a rassicurarla su quel punto, lo sceriffo chiese
con aria grave a Reginald se avesse veduto molto spesso Celia Cable. — No — gridò con veemenza Reginald. — No... e avesse voluto il cielo che non l'avessi mai vista! Anna provò un po' di pietà per lui. Forse Maud dava l'impressione di difendere il marito, ma Anna sapeva bene che mai avrebbe dimenticato un affronto. E la colpa di Reginald, aver visto Celia senza farne parola alla moglie, era senz'altro, per l'intransigente Maud, un affronto. Maud, osservando lo sceriffo che bilanciava pensieroso la matita, esclamò: — Ricordo quando te l'ho regalata, Reginald. Signor McHenry — proseguì con una certa arroganza — avete altre tracce che finora ci abbiate nascosto? — Non dir stupidaggini! — proruppe seccato Reginald. — Per forza ci sono cose che non ci hanno detto. Maud, ignorandolo, continuò, mentre Jacob Wait si avviava silenzioso verso la porta: — C'era qualcos'altro nella canoa o nella vita di Celia che voi presumete possa essere una traccia? Non può pregiudicarvi, il raccontarlo. E voi sapete quanto siamo interessati in questa odiosa faccenda. Lo sceriffo ammise con riluttanza: — Be'... la pagaia. Per essere precisi, la pagaia avrebbe dovuto essere nella canoa. Vorrei trovarla. Infatti non può essere affondata, dato che galleggia. Non vedo quale motivo possa avere avuto l'assassino per sottrarla. Posso solo pensare che, dopo aver sparato alla donna, abbia voluto spingere al largo la canoa e, per non lasciare impronte rivelatrici, si sia servito della pagaia. Fu a quel punto che Jacob Wait sembrò voler parlare per la prima volta. Lo sceriffo lo fissò interrogativamente, ma il poliziotto evitò il suo sguardo. Dopo un attimo di attesa McHenry proseguì: — Può d'altronde essere anche accaduto che la pagaia sia stata strappata dalla mano della vittima dall'assassino, e che lui l'abbia poi rimessa nella canoa. Tutto dipende dal luogo dove l'assassinio è stato commesso. Se presso il molo, mentre Celia Cable stava entrando nell'imbarcazione, va bene la prima ipotesi. Ve la ripeto. L'assassino ha allontanato la canoa con la pagaia, e poi, resosi conto del pericolo in cui sarebbe incorso, ha nascosto la pagaia stessa. — Perché? — domandò Maud. — Perché l'avrebbe potuto incriminare. E la spiegazione più logica è che
ci siano rimaste le sue impronte digitali. — Avrebbero potuto essere cancellate — insistette la signora Predy. — Nel buio? E come avrebbe potuto essere sicuro di averle cancellate completamente? — Avete altre tracce significative? — chiese Maud. Lo sceriffo ebbe un momento di esitazione e, dopo aver invano chiesto un suggerimento a Wait, rispose: — Be', sì. Un pezzo di carta. Anche questo nella canoa. Un lampo d'interesse balenò negli occhi verdi di Maud. — Carta? — domandò Reginald. — Che specie di carta? Io non ho visto niente. — Era sotto il sedile. La canoa aveva imbarcato acqua e la carta ne era letteralmente inzuppata. Doveva esserci stato scritto sopra qualcosa, ma purtroppo sembrava indecifrabile. L'abbiamo inviata al laboratorio scientifico della polizia di Chicago, che l'ha ancora. Proprio ieri sera mi hanno detto che stanno esaminandola. Non credo d'aver fatto male a dirvelo. Reginald, incollerito, scattò: — Non avete bisogno di trattarci come se fossimo dei criminali. Dopotutto, come chiunque altro, abbiamo il diritto si sapere quello che state facendo. Paghiamo le tasse. — Non voglio far discussioni, signor Predy, ma la cattura di questo brutale assassino è compito mio e devo farlo alla mia maniera. Non ho ancora arrestato il signor Cable. Non ho neanche prodotto questa vostra matita all'inchiesta. Ho cercato di mostrarmi il più giusto e comprensivo che potevo. Maud chiese, turbata: — Che specie di carta era? — Volete dire di che tipo? — Si — rispose la donna con impazienza. — Carta stampata, da lettere, intestata, cartoncino... — Mi pare carta normale da scrivere. Forse di tipo ordinario. — Che colore? — Bianca. — C'erano segni di scrittura, sopra? — insistette Maud. — Sì... in inchiostro rosso scuro, tendente al violetto. Inoltre sembrava che ci fosse stato, su un lato, un disegno a lapis. Così dicendo rimise in tasca la matita d'argento che teneva in mano. Reginald, a disagio, chiese: — C'erano impronte digitali sulla matita?... Le mie?
Inaspettatamente lo sceriffo scoppiò in una risata. Gli altri neppure sorrisero e Wait aprì bruscamente la porta. McHenry disse allora: — No, signor Predy. C'è un mucchio di impronte confuse. Quest'oggetto è passato fra le mani di troppa gente! Mentre stavano per uscire, Maud chiese ancora: — Il laboratorio riuscirà di nuovo a far risaltare con sufficiente chiarezza i caratteri? — Lo spero — rispose lo sceriffo, leggermente seccato da tutte quelle domande. — Buongiorno, signori. Mentre i due sgraditi visitatori si allontanavano, Anna, che era rimasta vicina alla finestra aperta della veranda, sentì McHenry dire: — Be', Wait, che ne pensi? — Niente. — La voce di quell'uomo era ricca di vibrazioni, ma ostile. — Sono in vacanza e per me tutto il resto vada pure al diavolo. Santo Cielo, McHenry, mai più farò la traversata di questo lago. Domani me ne tornerò a casa dritto filato. — Che guaio! — stava commentando amaramente Reginald. — La mia matita! Chissà come ha fatto ad arrivare là. — Forse ti è scivolata dal taschino — ribatté Maud — o può darsi che tu gliel'abbia regalata... distrattamente, caro... quando avete pranzato insieme. Reginald, si tratta di assassinio e tu sei rimasto confuso ed imbarazzato, davanti allo sceriffo, come se fossi il vero colpevole. La prima cosa che faranno McHenry e Wait sarà il tuo arresto. — Finora — rispose piccato Reg — non hanno arrestato alcuno... Però si sono diretti ad Haven... Anna, ansiosa, si volse a guardare il motoscafo dello sceriffo che puntava verso l'isola di Haven. Tuttavia neanche quella volta Jerome fu arrestato. Infatti, dopo qualche ora giunse a Tredinick. Salutò Anna che gli era andata incontro al molo. — Oh sì — disse rispondendo all'ansiosa domanda della ragazza — McHenry è venuto a farmi la solita visita mattutina. Lo accompagnava quella sua ombra inseparabile... quel Jacob Wait. È un poliziotto in vacanza e non capisco proprio perché lo sceriffo se lo porti sempre dietro. Non lo posso digerire. — Neanch'io — assentì Anna. — È un buon investigatore? — Non saprei. Visto così, non sembra. Ma spero che se ne torni a casa presto. — Se ne va domani. Ho sentito che lo diceva a McHenry. C'è qualche
novità? — Nessuna. Solo che McHenry mi ha mostrato una matita d'argento con le iniziali di Reg, e mi ha fatto un mucchio di domande su questo. Ho pensato che avessero creduto che io l'avessi sottratta a Reg e lasciata nella canoa per creare una falsa pista. Ma mi sono ricreduto, perché, se fosse stato così, m'avrebbero fatto questa domanda molto prima. Credo piuttosto che le altre prove in loro possesso stiano a poco a poco perdendo importanza. Mentre si avvicinavano alla villa, Jerome spiegò ad Anna perché si erano spente le luci la notte prima. — È stata Mariette. È partita con uno sconosciuto che non ho potuto vedere appunto perché lei aveva spento la lanterna alla darsena. Evidentemente ciò costituiva un segnale. Poco prima l'avevo vista uscire dalla porta di servizio. Aveva una valigetta e portava in testa un cappellino. Così l'ho seguita per vedere se partiva davvero, e con che mezzo. Non mi aveva fatto parola della sua partenza. Raggiunse la darsena, spense la luce, e rimase in attesa. Trascorsero circa venti minuti prima che un uomo giungesse in una barca a remi. Suppongo che si trattasse di una barca a remi perché ho potuto soltanto sentire il cigolio degli scalmi. Parlarono un po' tra loro, ma non riuscii a udire i loro discorsi. Finalmente Mariette saltò nella barca e insieme se ne andarono. Io non ho cercato di fermarla. Ero felice di vederla partire. Ha protratto la sua permanenza nella mia casa adducendo una scusa dietro l'altra, da quando è avvenuta l'inchiesta sino a oggi. Questa mattina ho riferito la sua partenza a McHenry. — Chi potrebbe essere quell'uomo? Nonostante Ted mi abbia... Si interruppe chiedendosi se raccontare tutto quello che aveva appreso da Ted. — Che c'entra Ted? — Ted ha visto Mariette, ieri, insieme con un uomo, uno straniero. Dalla sua descrizione sembrava trattarsi dello stesso che avevo visto all'inchiesta. — Probabilmente Mariette l'ha scovato in qualche ritrovo. La trattenne ancora un momento prima di salire verso la veranda, per informarla che sarebbe andato in città da Carlson. Anna notò quale cambiamento avesse fatto Jerome dopo quella tragica settimana. Sembrava che il giovanotto fosse scomparso per lasciar posto a un uomo di carattere forte, dai lineamenti decisi... un uomo che le sofferenze avevano prematuramente invecchiato. In quel momento, udirono Reginald chiamare dalla veranda: — Jerome.
— Eccomi. Insieme raggiunsero la veranda. Reginald decise di accompagnare l'amico dall'avvocato. — Ho da far qualcosa in città — disse evitando lo sguardo truce della moglie che rivelava come la collera ribollisse ancora. — Mangio qualcosa alla svelta. Maud, per favore, di' a Olga che faccia presto a preparare mentre mi cambio. Reginald non avrebbe mai rinunciato a un pasto sostanzioso, nonostante la pretesa dieta cui diceva di sottostare. — State tranquille — disse rivolto alle due donne — vado a parlare alla compagnia di assicurazioni per lo smeraldo. La nostra polizza arriva a coprire anche le perdite dei nostri ospiti fino a cinquanta dollari. Così, Anna, potrai essere risarcita. — Che smeraldo? — domandò incuriosito Jerome. Gli raccontarono il furto, interrompendosi continuamente l'uno con l'altra — Cosa dice McHenry? — Non glielo abbiamo detto. — Perché? Maud, dovevi immediatamente farglielo sapere. Tu... — Mi ha impedito di dirlo — interruppe Reginald. — Certamente — spiegò Maud. — Temo che questa faccenda sia connessa col delitto. — Ragione di più per raccontarglielo — esclamò Jerome esasperato e perplesso. — No — replicò con violenza Maud — no. Ci coinvolgerebbe ancor più con l'assassinio. Ed io non voglio averci a che fare. Jerome diventò pallidissimo. — Non verrò più qui, Maud. Non vi comprometterò più con la mia presenza. Comprendo quello che provi. — Sciocchezze, Jerome. Non mi riferivo a te. Vedi, se avessi detto allo sceriffo la faccenda dello smeraldo, o il furto della borsetta di Anna, McHenry non ci avrebbe più lasciati in pace. Gli avremmo offerto involontariamente la mira su cui puntare. Ti ripeto che io non voglio entrarci più, in questa brutta faccenda. Jerome, con la fronte corrugata, si volse a Reginald: — Ma Reg, non capisci che... — Sì, sì. Ma quando Maud si ostina, non c'è più niente da fare. Tuttavia penso che il furto dello smeraldo e della borsetta non abbiano alcuna con-
nessione col delitto. Perciò la mia coscienza è a posto se anche non riferisco allo sceriffo. E poi sono convinto che lui non fermerebbe la "routine" della polizia per cercare lo smeraldo. Inoltre la compagnia di assicurazione invierà qui un suo investigatore privato per indagare. Maud si voltò di scatto. — Già... lo faranno subito. Credi, Reginald, che non sarebbe saggio... — Su, Maud! — si pulì la bocca col tovagliolo e prese il cappello. — Non fare la sciocca. Non ti capisco. Fra poco la gente penserà che hai da nascondere qualcosa. Sei pronto, Jerry? Saremo di ritorno stasera prima delle nove. Frattanto, state calme. Jerome chiese preoccupato: — Credi che saranno sicure, qui da sole, Reg? — Oh, sì, Dio mio! Alec è qui vicino e poi il lago e i dintorni pullulano di poliziotti. Giù al molo incontrarono Ted che arrivava di corsa. Dopo un breve colloquio salirono tutti e tre sul motoscafo e partirono. Verso le due del pomeriggio, Maud, dopo aver mormorato qualcosa d'incomprensibile, si ritirò in casa. Dopo un'ora, riapparve con indosso un leggero tailleur marrone scuro, una camicetta con un colletto bianco di piqué, un cappellino marrone sulle ventitré, scarpe eleganti e una larga borsetta nera. — Starò via un po'. Non hai paura, vero, di rimanere sola? — No — rispose Anna dapprima titubante, poi decisa. — No, naturalmente. — Olga è qui, e io rimanderò subito Alec. Prendo il piccolo battello di Frieda. È più comodo della nostra grossa lancia. Maud, così gelosa di ciò che le apparteneva, usava sempre con indifferenza la roba degli altri. Ma certamente Frieda non avrebbe protestato. Anna, rimasta sola, prese un libro e si mise a leggere senza riuscire a concentrarsi. Poi, un po' turbata, cominciò a fumare nervosamente guardando il lago. L'acqua era scintillante e invitava a un bagno o alla pesca... le solite occupazioni della gente del luogo. Improvvisamente le venne il desiderio di andare sul campo da tennis di Frieda per allenarsi. Si alzò indolentemente dirigendosi verso la porta della veranda. Sulla soglia lo sguardo spaziò lungo il molo. All'improvviso... Una fragile e graziosa figurina con un vestito di lino nero balzò giù dalla
lancia presa a nolo e s'avviò su per il sentiero... una figurina con un volto di magnolia, occhi melanconici, imploranti al di sotto di un cappello di paglia a larga tesa, ornato di candide margherite... Anna voltò la testa di scatto per fugare la penosa visione. Decise di agire per non lasciarsi vincere dall'incubo. Se ne andò sulla spiaggia e rimase seduta per un po' sulla famosa roccia dei loro appuntamenti. Poi, dopo essersi avvicinata al cancello della villa Tredinick, pensò che era meglio andar a pescare. Sebbene tutto l'occorrente fosse su, in villa, c'erano sempre nella darsena canne da pesca, ami e reti. Attraversò quella parte di molo che formava una piattaforma inclinata sulla spiaggia, voltò a destra lungo la specie di ponte che si proiettava nel lago e proseguiva parallelo alla darsena per circa sei metri. Scese tre o quattro gradini laterali che immettevano nel piccolo cantiere. Era così buio che finché non ebbe abituato gli occhi all'oscurità non vide nulla. L'acqua nell'interno della darsena formava una liquida massa nera leggermente mobile racchiusa da tre parti da una piattaforma sagomata ad U. Da un lato dondolava la grossa lancia che Maud aveva donato a Reginald il giorno del suo compleanno. Appoggiate alla parete, vicino ad Anna, stavano le canne da pesca. La ragazza ne scelse una abbastanza leggera. Notò con soddisfazione un barattolo di vetro con un coperchio accuratamente avvitato. "Che fortuna" pensò "c'è anche l'esca già pronta!" Sollevò il barattolo ma, osservandolo più attentamente, le parve vuoto... ma non del tutto. Qualcosa si muoveva là dentro. Era un piccolo ragno nero. Un ragno che evidentemente non era potuto entrare da solo perché il coperchio era ben avvitato. L'acqua lambiva dolcemente la piattaforma sotto i suoi piedi. L'odore particolare di pesce e di chiuso, caratteristico di ogni darsena, la stordiva. Fu assalita dalla nausea, mentre un sudore freddo la pervadeva. Le sue dita non erano ferme, e depose per terra il vasetto, esterrefatta, provando una veemente repulsione. Il ragno corse dall'altra parte del recipiente, poi tentò di arrampicarsi sulla liscia parete. Ma, fallito il tentativo, cadde riverso mostrando sul ventre una piccola macchia rossastra. Anna, terrorizzata, fuggì all'aperto, risalendo velocissima i gradini del molo e inciampando nel risvolto della gonna pantalone. Si accorse del sudore che le colava copioso dal volto quando sentì l'aria fredda. Ma fuggire era uno sbaglio; doveva buttar via il ragno gettando il barattolo in acqua. Tornò nella darsena e, non del tutto conscia di quello che faceva, con di-
ta tuttavia ferme, svitò pian piano il coperchio e lo tenne sopra il vasetto finché questo non fu a livello dell'acqua, in modo che il ragno non avesse possibilità di scampo. Poi tornò sul molo. Si fermò a guardare l'acqua azzurro verde così stranamente contrastante con quella nera all'interno della darsena. Lasciò passare diverso tempo prima di riuscire a connettere nuovamente i fatti. Le venne in mente che dovevano esserci state impronte digitali sia sul vasetto che sul coperchio. Ma ormai il male era fatto. Doveva chiamare Olga, Alec, qualcuno insomma che l'aiutasse a cercare il ragno che aveva scoperto nella sua camera da letto. Il pensiero dominante era un tremendo interrogativo: "Perché avrebbero cercato di ucciderla? Cosa aveva fatto di male, lei?". 16 Ormai non c'era dubbio; il ragno visto nella sua camera apparteneva a una specie velenosa. Non poté chiaramente ricordare come fosse il primo che era stato trovato in casa, ma rammentava distintamente il secondo. Adesso era assolutamente certa che, tranne una lieve differenza nelle dimensioni, era identico a quello nel barattolo di vetro. Un ragno velenoso? Non sapeva nulla sui ragni, e in particolare su quelli velenosi. Ricordò con raccapriccio di aver letto su un giornale d'una razza di ragni chiamata "Vedova nera". Cercò di ricordare le caratteristiche delle orribili bestiacce. Erano nere. Questo era certo. Inoltre era quasi sicura di aver letto, o sentito dire, che questi ragni avevano una macchia scarlatta o arancione, sottile, a forma di clessidra. Questa parola la convinse. Non avrebbe certo pensato a una clessidra spontaneamente. Ma a qualsiasi specie fosse appartenuto quel ragno, non c'era dubbio sulla sua velenosità. Non poteva trattarsi d'un caso accidentale, che due ragni velenosi fossero stati trovati nella sua stanza da letto. Ma doveva invece apparire un incidente. Perché? Dopo un po', spinta dal bisogno di trovare e distruggere l'immondo animale che circolava ancora per la casa, attraversò il molo raggiungendo la veranda. In cima alle scale si sorprese a imitare Olga brandendo una mazza da golf. Oltrepassò la porta aperta della camera di Maud e guardò all'interno. Vari indumenti erano sparsi sul letto, dopo la toilette affrettata della padrona di casa. La piatta borsetta marrone scura, che completava la toilette con cui era uscita Maud, giaceva sul tavolino da notte. Entrata poi nella sua camera cercò disperatamente da ogni parte dove poteva essersi ficcato il ragno, ma invano.
Finalmente, scoraggiata, ritornò giù, nella veranda. L'aria era ancora afosa, ma non così umida e calda come in casa. Anna prese quella che più tardi le apparve come la decisione più ragionevole. Andò dritta dritta a casa Tredinick. Frieda era là, intenta a preparare i tavolini e l'occorrente per il bridge. Alle cinque del pomeriggio Maud non era ancora tornata. Alle sei Anna cominciò a sentirsi inquieta e Frieda, che aveva finito di preparare i tavolini, passeggiò nervosamente sulla veranda scrutando ripetutamente il lago col binocolo. — Dove è andata? — chiese ad Anna. — Dici che Alec l'ha accompagnata? Bene, se si è recata al villaggio, non tarderà molto a tornare. Chissà se Ted sarà anche lui di ritorno tardi. Mi ha detto che aveva poco da fare, a Chicago. Mi ha anzi promesso che avrebbe preso il treno se non avesse ritrovato al ritorno Reg e Jerome. Alle sette squillò il telefono. Era il centralino che chiedeva di comunicare con Anna, avendo Olga riferito che la ragazza si trovava a Tredinick. — Signorina Bayne — informò la telefonista — c'è stata una interurbana da Chicago per voi. Credo che fosse la signora Predy. — Siete sicura? — domandò sorpresa Anna. — Oh, signorina Bayne. Riconosco la voce della signora. Mi è dispiaciuto, ma non vi ho rintracciata a casa. — Non potete mettermi in comunicazione con lei, adesso? — Tenterò. Attendete un momento, per favore. Anna aspettò, mentre Frieda si avvicinava ascoltando con interesse. — Mi rincresce, signorina Bayne, ma la persona che ha chiamato ha rinunciato alla telefonata. Anna riattaccò. — Bene — propose Frieda — possiamo anche cenare. È inutile che l'aspettiamo. Forse Maud, dopo il suo arrivo al villaggio, ha avuto qualche affare da sbrigare, o è andata in banca o in giro per spese. Vedrai che si sono incontrati in città e torneranno tutti insieme. Anna non raccontò a Frieda del ragno. Non se la sentiva, e inoltre avrebbe sconvolto la sua ospite che presentava un volto disfatto dalla stanchezza e dalle preoccupazioni. Anna si domandò se Frieda non avrebbe pensato ciò che lei aveva sospettato di Ted. Ma Ted non avrebbe messo due volte un ragno nella stanza di Anna. Ted non avrebbe mai tentato di assassinarla. — Mangia. Devi mangiare! — la esortò Frieda con voce rotta dall'emozione. — Il coraggio si mostra proprio in momenti simili.
Il tono con cui venivano proferite queste frasi di incoraggiamento contrastava con la voce roca. Frieda si soffiò il naso e prosegui: — Ah, se Ted fosse stato fuori da questo dramma! Ma un momento dopo, osservando con occhio critico l'aragosta in gelatina, esclamò: — Debbo dire due o tre paroline alla cuoca! Il caldo non è una buona scusa per non presentare in tavola una gelatina ben rappresa. Alle nove, ancora nessuna luce di battello aveva attraversato il lago. Alle dieci telefonò Reginald chiedendo di parlare con Anna. — Sto telefonando da Chicago. Non riesco ad avere risposta da casa. È lì, Maud? — No, è a Chicago. — Chicago? Ma dove? Qui nel nostro appartamento non c'è. Anna spiegò brevemente quello che sapeva. — Non importa — replicò Reginald — volevo solo avvertirvi che torneremo abbastanza presto... almeno lo spero. Ha telefonato Jerome? — No. — Be', se telefona digli che sono qui. Vedi, dovevamo incontrarci nel mio appartamento. Non è ancora venuto e temo che non abbia capito, che abbia sbagliato indirizzo, oppure che abbia frainteso l'ora. — Chiedigli dov'è Ted — sussurrò Frieda. — Anche lui non è ancora qui. Ma lo aspetto da un momento all'altro. Rassicura Frieda. Arrivederci. La telefonata, invece di calmarla, innervosì ancor più Frieda. — Dio mio! — esclamò. — Questa è la notte più scura che abbiamo mai visto a Tredinick. Chiudiamo le porte a chiave e andiamo a letto. Quando arriveranno ci sveglieranno. In quel momento, videro la luce di un battello doppiare Veaulieu. Era Maud che ritornava. Le andarono incontro al molo. Maud era affranta di stanchezza e di malumore, e si limitò a dire che si era dovuta recare in città per affari, che aveva telefonato ad Anna e, non avendola trovata, aveva pensato che fosse da Frieda. Alec, in dignitoso e imbronciato silenzio, legò l'imbarcazione e, ripreso il suo vecchio fuoribordo, se ne andò. — I ragazzi su Beaulieu hanno acceso un gran falò e vi danzano intorno urlando selvaggiamente come indiani Comanci — disse Maud, poi soggiunse: — Mi dispiace, Anna, di averti lasciata sola così a lungo. — Se non v'importa — disse Frieda — io aspetterò qui finché ritorne-
ranno. Hai visto Ted? — No — rispose Maud un po' esitante. — Non ho visto nessuno. Andiamo a casa, Anna. Quell'imbecille di Alec... Sembrava davvero in collera con lui perché, mentre salivano il sentiero che portava a villa Predy, non risparmiò al battelliere qualche scelto improperio. Anna, incerta se raccontare la scoperta del vasetto di vetro contenente il ragno, aveva pensato che Alec avrebbe dovuto aspettare Maud al villaggio e invece aveva atteso soltanto fino alle sei, poi, cosa abbastanza naturale, era andato a casa sua. Maud, che era giunta col treno al villaggio di Tredinick alle dieci, era stata obbligata a cercarlo a casa sua per tornare all'isola. — Pigro idiota — si sfogò dopo aver acceso la luce ed essersi accomodata in poltrona. — Reginald — la informò Anna — ha telefonato verso le dieci dal vostro appartamento di Chicago. Sembrava molto sorpreso quando gli abbiamo riferito che tu eri andata in città. — Ah sì? Si vede che lui è arrivato subito dopo che me ne ero andata io. Nell'appartamento non c'era niente per cenare, e allora ho preso un tassì e mi sono recata al ristorante di Jacques. Ho mangiato in giardino e poi ho preso il treno di ritorno. Era strano, pensò Anna, che Maud si dilungasse a spiegare tutto così minutamente. Di solito non spiegava mai il suo operato. Sentiva che doveva dire a Maud che in casa poteva esserci nascosto un ragno velenoso. Ma, pensando che l'immonda bestiaccia era stata intrufolata in casa nella speranza di provocare una morte che passasse come accidentale, pensò di consigliarsi prima con Jerome. Eppure doveva avvertire le due donne, in modo particolare Maud. Così si decise a dire: — C'è un altro di quei ragni, in casa. L'ho visto ieri notte nella mia camera. Può essere velenoso. Ho cercato in tutti gli angoli della stanza, ma invano. Gli occhi di Maud rimanevano invisibili nell'ombra, ma la sua voce, fredda e atona, rispose che l'avrebbero cercato più tardi. — Abbiamo avuto una vera invasione di ragni — spiegò sarcastica — ma non c'è da stupirsi. Non è un fatto insolito. Ne troviamo dappertutto ogni volta che riapriamo la villa dopo che è stata chiusa tutto l'inverno. Quindi Maud si alzò e la caccia al ragno cominciò. Cercarono minuziosamente sui pavimenti delle camere da letto, fra i tendaggi, nei punti più bui, in tutti gli angolini dove poteva essersi nascosto il ragno. Poi Maud,
dopo l'infruttuosa battuta di caccia, se ne andò in cucina lasciando Anna e Frieda in salotto. Qui, vicino al caminetto, c'era una grossa cassapanca. Conteneva vecchi giornali, attrezzi per la pesca, una torcia elettrica avvolta con uno spago di cui Anna si impossessò per accorgersi subito che le pile erano scariche, e altre cianfrusaglie. Maud ritornò con latte caldo e bicchieri. Vista tutta la roba ammucchiata sul pavimento, pregò Frieda di riporla. Frieda, che era seduta con le gambe incrociate davanti al mucchio, disse a un tratto: — Guarda un po' questa istantanea! — e la passò ad Anna. Era una foto di Jerome, Anna e Ted sul campo da tennis, una fotografia di tanto tempo prima. Mostrava Jerome che rideva felice, Anna ancora ragazzina e Ted, un bel ragazzo biondo. Maud s'avvicinò e guardò sopra la spalla di Anna. — Ricaccia dentro tutto — ripeté bruscamente. — Andiamo fuori ad aspettare dove c'è aria fresca. Era mezzanotte quando il motoscafo coi tre uomini stanchi e nervosi ritornò. C'era stato un contrattempo per un errore commesso riguardo il luogo dell'appuntamento. Reginald aveva pensato di doversi trovare da "Drake" alle Sette o al massimo alle otto se Jerome fosse stato in ritardo. Jerome aveva creduto invece di doverli incontrare alle sette nel suo appartamento per poi recarsi insieme a cena da "Drake". Era rimasto ad aspettarli finché erano arrivati. Ted, dopo essere uscito dal cinema alle sette, si era recato da "Drake" e aveva aspettato gli amici per due ore. Quindi era andato nell'appartamento dei Predy, proprio subito dopo che Reginald aveva telefonato a Tredinick. Insieme avevano trovato Jerome nel suo appartamento, mangiato alla svelta e in macchina erano tornati a Tredinick. Jerome scambiò poche parole con Anna, prima di tornarsene ad Haven. Quando se ne furono andati anche Frieda e Ted, Maud parlò a Reginald del ragno. Tutti insieme cercarono ancora una volta invano, e così decisero di ritirarsi nelle rispettive camere. La mattina seguente era calma e leggermente nebbiosa. Si alzarono tutti e tre molto tardi. Maud ancora arrabbiata, con gli occhi cerchiati e pronta a scattare anche per futili motivi con Reginald, anche lui stanco e nervoso. Jerome arrivò circa a mezzogiorno, comunicando che aveva avuto un colloquio abbastanza soddisfacente con Carlson, per quanto l'uomo incaricato dall'avvocato non fosse ancora in grado di trovare un alibi per Jerome in quella notte fatale.
— A Carlson piace poco questo ritardo nell'arrestarmi — disse Jerome. — Pensa che lo sceriffo e i suoi stiano tendendomi una trappola da cui non potrò più uscire. Mi pare che Carlson abbia preso a cuore la mia situazione, e questo non è un buon segno, perché lui si occupa sempre dei casi più gravi e clamorosi. Mi ha chiesto se Wait era il poliziotto incaricato di questa indagine. Aveva sentito dire così, in giro. Io l'ho negato. — Cosa ha risposto Carlson? — Ha taciuto. Più tardi, nel pomeriggio, Anna riferì a Jerome il penoso colloquio avuto con Ted e il segreto desiderio che Celia aveva di divorziare. Jerome protestò: — Ma se ha rifiutato! Mi ha detto che mai e poi mai avrebbe acconsentito. — Lo so. Ma Ted mi ha raccontato così. Finalmente Jerome si arrese all'evidenza, riconoscendo il solito frasario di Celia che trapelava dal racconto di Ted. Con tragica calma parafrasò le parole riferite dal giovanotto: — Celia avrebbe dato l'anima per i soldi. Non c'era un altro uomo! L'avrei saputo! Allora Anna gli raccontò del ragno. Jerome impallidì. — Nessuno ha motivo di farti del male, tesoro mio. — E con voce ansiosa domandò: — Ci sono altri incidenti? — No, nessuno. — Anna, nessuno sarebbe potuto entrare in casa per mettere quel ragno nella tua camera. Avrebbe dovuto sapere quale era la tua stanza e poi l'avrebbero visto. No, no, Anna. Tranquillizzati, il ragno nel vasetto non c'entra affatto con quello scoperto nella villa... a meno che non sia stato quel ladro che ha rubato la tua borsetta. — Ma c'è stato prima l'altro ragno. Jerome ripeté che questo non provava niente, ma nello stesso tempo si notava nella sua voce un tono di viva preoccupazione. Poi le riferì che Carlson aveva detto che appena lui fosse stato arrestato lo avrebbe tirato fuori subito e che Anna non sarebbe stata affatto arrestata. — A questo, stai pur sicura, ci penso io — dichiarò Jerome decisamente senza voler specificare altro. Accettò l'invito a una cena che si svolse in un'atmosfera tesa, dato che la padrona di casa e Reginald non nascondevano la loro irritazione. — Questo delitto ci guasterà tutta l'estate — scattò Reginald. — Vorrei proprio sapere cosa nasconde nella manica lo sceriffo.
Riferì quindi ad Anna che la compagnia di assicurazioni le avrebbe risarcito i suoi cinquanta dollari e che più tardi avrebbe inviato un investigatore privato per appurare la faccenda dello smeraldo e pagare la polizza. Pochi minuti dopo le otto, giunsero lo sceriffo e l'inseparabile Jacob Wait. Anna si stupì perché aveva creduto che Wait, terminate le vacanze, fosse partito. Questa volta McHenry disse semplicemente: — Ricordate il signor Wait? Tutti lo rammentavano perfettamente. — Voi siete un investigatore — disse Reginald guardando agitato entrambi. — Cosa c'è? Cosa è accaduto ancora? Perché siete qui? Anche Anna presentiva che qualcosa di nuovo fosse accaduto. Jacob Wait parlò per la prima volta a tutti loro: — Sono qui per investigare in veste ufficiale su un assassinio. Un uomo chiamato Franz Durr è stato ucciso con un'arma da fuoco ieri notte o alle prime ore di stamane. Il suo cadavere è stato ritrovato sulla strada ai margini del bosco nella Contea di Wrexe. Esattamente a trentacinque minuti d'auto da Loop. L'ultima volta che fu visto era con Mariette Beauparle, la cameriera francese della povera signora Cable — voltò un attimo la testa verso Jerome, ma i suoi tristi occhi ritornarono subito su Anna. — Era giunto qui sabato scorso, il giorno prima che la signora Cable venisse assassinata. Aveva affittato una casetta a Punta Rowdy ed anche una barca a remi. Fece una pausa fissando con occhio implacabile Anna, mentre Reginald domandava aggressivo: — Che c'entriamo noi? Jacob Wait proruppe: — La pagaia della canoa nella quale è stato ritrovato il corpo di Celia Cable era sotterrata vicino alla casetta di Durr, sotto una siepe. Abbiamo verificato che portava le sue impronte digitali... e questa l'abbiamo trovata nella macchina accanto al cadavere. Così dicendo estrasse da sotto il soprabito una borsetta di coccodrillo su cui spiccavano le iniziali di Anna. — È la vostra borsetta, signorina Anna Bayne? 17 "Impossibile. Non può essere vero!" Tre voci all'unisono lo stavano affermando. Ma c'era la borsetta marrone con le lucide iniziali dorate a confutare le loro asserzioni. Soltanto Anna taceva, attonita.
Jacob Wait ascoltò tuttavia il racconto di Reginald e Maud sul furto dei cinquanta dollari e della borsetta. Udì e soppesò il loro sospetto che il ladro fosse fuggito dalla finestra. Si rivolse quindi direttamente ad Anna: — Chi avete sentito camminare, lassù? — Ma ho udito solo dei passi. Wait si girò di scatto. — Dove eravate voi a quell'ora, Cable? Jerome rispose freddamente: — Ad Haven, ma non posso provarlo. È stato circa quando Mariette si allontanò dalla casa. — Mariette? Ah, sì, quella francese che se ne è andata giovedì sera. Quella donna che voi avete lasciato partire senza tentare minimamente di trattenerla. Chi era l'uomo che è andato con lei? — Vi ho già detto che non lo so. — Ripetetemi esattamente i particolari di questo strano furto. Voi, signora Predy, pensate che chiunque sia stato a rubare questa borsetta abbia avuto il tempo di raggiungere l'isola di Haven e incontrare la cameriera all'ora che il signor Cable dice di averla vista partire? Maud non perse la calma e ripeté il racconto. — E voi dite che non sapete chi fosse l'uomo? — Nessuno di noi lo sa. Wait si rivolse ad Anna. — Ma questa è la vostra borsetta, vero? — Sì. — Infatti contiene la vostra carta di identità e l'indirizzo dell'ufficio in cui lavorate. Non c'è denaro dentro. Conoscevate Franz Durr? — Mai sentito nominare. — Sceriffo, fatele vedere la fotografia. McHenry ubbidì prontamente. Era una spaventosa fotografia che riproduceva il cadavere nella macchina in cui era stato rinvenuto. — Gli hanno sparato alla schiena — disse lo sceriffo. Anna, sentendo che le ginocchia le si piegavano, cercò una poltrona e sedette. — L'avevate visto prima? — chiese Wait, notando la reazione della ragazza. — Sì... credo di sì. Ma l'ho soltanto visto. — Dove? — All'inchiesta. Tra la folla, e mi fissava. Non lo conoscevo. — L'avete mai visto con qualcuno?
— Io no. Ma Ted... Ted Tredinick ha detto che ha visto un uomo con Mariette. Dalla sua descrizione ho pensato che si trattasse della stessa persona, ma non ne sono certa. — E voi, Cable? Non lo riconoscete? — No... Eppure il viso mi sembra di averlo già visto in qualche luogo, ma non ricordo dove. Se viveva a Punta Rowdy, suppongo che sia il motivo di questo vago ricordo. — Credete così, eh? Bene, proseguite. Cosa sapete dirmi di questa Mariette? — Cosa vorreste insinuare? — Niente. L'assassinato è stato visto in sua compagnia. Era il suo amico? — Io non lo so. Non ho mai... — La vostra povera moglie lo conosceva? — No, almeno per quanto ne sappia io. Vi ripeto che non so niente di questo Durr. — Sentite, Cable — disse in tono suadente McHenry. — Ritorniamo al momento in cui la francese ha lasciato la vostra casa. Avete detto che un uomo è venuto a prenderla con una barca e che non siete riuscito a vederlo. E voi non avete neanche tentato di trattenerla... — Certamente. Ero ben felice anzi che se ne andasse. Credete che godessi a tenermela attorno? — No — rispose pronto lo sceriffo. — Non dopo la sua testimonianza all'inchiesta. Tuttavia sarà una testimone importante al processo... quando si farà. Vi sarei stato grato se aveste avuto la compiacenza di avvertirmi subito che lei se ne stava andando. — Dio mio, McHenry, tocca a voi e non a me tener d'occhio i testimoni, specialmente quando... — Intendevate dire "... specialmente quando la testimonianza è contro di me". — Non è giusto — intervenne Reginald. — State insinuando che Jerome ha allontanato Mariette perché non potesse deporre contro di lui. — Questo l'avete detto voi, signor Predy, non io. Wait interruppe impaziente: — Quella francese è scomparsa. Sapete dove possa essere, Cable? — Come ho già detto a McHenry, non "ho visto", ma soltanto "sentito". Ho intuito che stava per partire, ma non so dove andava, né volevo saperlo. — Di questo sono sicuro. L'uomo potrebbe essere stato quel Franz Durr.
— Sì, sì, possibile... come poteva essere... voi o McHenry. — Come avete fatto a sapere che la persona con Mariette era un uomo? — Ne ho sentito la voce. — Cosa diceva? — Non ho potuto capire. Ho sentito soltanto la voce di un uomo e uno scricchiolio di scalmi. Ho supposto quindi che se ne siano andati su di una barca a remi. Jerome faceva un enorme sforzo per controllarsi. Jacob Wait stava pensando: "Donne! Belle donne". (Dopotutto, doveva riconoscere che Anna era una gran bella figliola.) Lui aveva conosciuto altre donne che erano considerate affascinanti... e una in modo particolare. I suoi tenebrosi occhi scuri brillarono al ricordo... un ricordo non troppo piacevole. Era come se una fiamma d'odio lo bruciasse internamente. Eppure il desiderio di vendetta era estinto. Ormai... era un sentimento inutile e vano. Gli era rimasta tuttavia una vera repulsione per tutto ciò che concerneva le donne e qualsiasi cosa connessa a loro. Fissò Anna quasi con rancore. Ora non poteva più trarsi da parte per il caso Cable, quel miserabile Franz Durr lo aveva costretto ad occuparsene. E quella ragazza, Anna Bayne, era il punto di partenza dell'indagine. Reginald aveva frattanto riacquistato la sua baldanza e stava consigliando Jerome di non ammettere cosa alcuna se non suggerita dal legale. — Aspetta che io parli con Carlson — disse. — Tu non sai niente di questo Durr. Non rispondere a quello che ti chiederanno sul suo conto. Ne hai il diritto... — Voi parlate troppo — commentò Wait guardando Reginald che lo fissò attonito. — Franz Durr era uno dei tanti nomi di quell'uomo. Era un gangster; parecchie volte... ha assaggiato la prigione. Aveva una fedina penale ben sporca. Ha scontato da poco una condanna. L'accusa in origine era di assassinio. Ma fu arrestato per furto e gli venne concessa la libertà provvisoria con l'obbligo di presentarsi di tanto in tanto ai tutori dell'ordine e denunciare qualsiasi cambiamento di domicilio. Non si arrischiò, in tutta la sua bella carriera, a far grossi colpi, ma fu sempre una solerte pedina di varie bande. Noi conosciamo tutto di lui... tranne chi l'abbia ucciso ieri e il movente. Se lui aveva assassinato Celia Cable... — Durr? Quel bandito? — gridò Jerome additando incredulo la fotografia che McHenry teneva in mano. — Perché? Sarei pronto a giurare che
mia moglie non lo conosceva. — Davvero? — replicò Wait. — Allora cosa potete dirmi della pagaia e delle impronte digitali che vi abbiamo scoperto? Perché Durr l'ha nascosta e quando? E se Franz Durr ha ucciso vostra moglie, chi, a sua volta, ha assassinato lui e perché? Potete rispondere a questa domanda, Cable? Fece una pausa come se aspettasse una risposta. Jerome, pallido come un morto, confessò di non poter rispondere a quei precisi interrogativi. — Ma quale potrebbe essere stato il movente? Rapina? — chiese. — Rapina? No, non è così semplice. Nulla è stato rubato che valesse la pena, per Durr, di scomodarsi. Eppure aveva in tasca un bel gruzzolo! Reg interruppe: — Quando è stato ucciso, Durr? Jerome ha un alibi. — Non sappiamo quando sia stato ucciso, almeno per ora — rispose Wait guardando Reginald con palese antipatia. — E gli alibi non contano sempre. McHenry intervenne. — Ascolta, Wait. È logico che se un uomo si trova in tutt'altro luogo che quello del delitto, non può essere l'omicida. — Ti fidi troppo degli alibi, McHenry. L'avevo già capito all'inchiesta, ma non era affar mio. Ora invece lo è. Informati pure dove si trovavano i presenti ieri. L'assassinio può essere stato commesso tra venerdì pomeriggio e le prime ore di sabato mattina. Questo è tutto ciò che so. L'automobile in cui è stato trovato Durr era nuova di zecca, comprata a Chicago venerdì. Lui ha pagato cinquecento dollari in contanti dicendo al venditore che aspettava presto altro denaro. Allora, Cable, dov'è questa cameriera francese? — Non lo so. — Cosa le avete fatto? — Vi ripeto che ignoro dove sia andata e che non le ho fatto alcun male. Lasciatemi stare. Jerome appariva furibondo e impaurito. — Ascoltate, Cable! È inutile che facciate così. Avete ucciso Durr? — No, no! — L'avevate pagato perché uccidesse vostra moglie? — Cosa? No! — urlò Jerome come un ossesso. Perduto il controllo di sé, si scagliò con cieca furia contro il poliziotto. Reginald e McHenry si precipitarono a separarli. Dopo l'inutile scatto di collera, Jerome rimase in piedi, immobile, maledicendo la sua stupidità. Wait domandò a McHenry:
— Perché non lo arresti? — Perché non lo fai tu? — rispose lo sceriffo piccato. — Non ho una prova concreta... almeno per ora. — Può darsi che anch'io non l'abbia. Be', lasciamo perdere. Per favore, signori, sentiamo i vostri alibi. Cominciamo da voi, signora Predy. Mentre Wait ascoltava con aria sardonica, lo sceriffo accuratamente trascrisse le varie dichiarazioni. Diveniva sempre più adirato e sospettoso, particolarmente quando venne a sapere il malinteso sorto tra Reg, Ted e Jerome riguardo al loro appuntamento. Reginald ripeté impaziente: — Ho aspettato a casa mia. Sono arrivato tra le sei e le sette. Non so dirvi l'ora precisa perché non ho guardato l'ora. Appena giunto a Chicago, alle quattro circa, mi sono recato nel mio ufficio e ho telefonato alla compagnia di assicurazione... Se non si fosse interrotto così bruscamente, dando a Maud uno sguardo disperato per l'errore commesso, forse la frase sarebbe sfuggita. Ma Wait domandò: — Che c'entra la compagnia di assicurazione? E non smise di indagare e interrogare finché tutta la faccenda dello smeraldo non venne alla luce. — Se Durr è riuscito a introdursi qua dentro una volta per rubare la borsetta di Anna e i cinquanta dollari, può essere venuto anche prima per impadronirsi dello smeraldo — suggerì Maud. — Avreste potuto anche informarmi di tutto questo, signor Predy — fece notare freddamente McHenry. Wait si volse a chiedere a Jerome: — Siete proprio sicuro che nulla è stato portato via dalla vostra casa, la notte del delitto? Jerome ne era certo e riuscì a convincere Wait, che finalmente disse allo sceriffo: — Prosegui a raccogliere le loro deposizioni. Predy stava dicendo che aveva telefonato alla compagnia di assicurazioni. — Sì, ho telefonato e mi hanno detto che la mia domanda era in regola e mi avrebbero inviato un modulo che avrei dovuto riempire. Mi hanno anche informato che avrebbero mandato un loro investigatore. Sono rimasto lì nel mio ufficio finché non sono andato nel mio appartamento. La mia segretaria è in vacanza, ma c'è un mucchio di gente che può testimoniare di avermi visto. Il ragazzo dell'ascensore mi conosce e ho parlato con diverse
persone. Se poi volete verificare l'ora in cui sono giunto al mio appartamento, non dovete fare altro che chiederlo alla cameriera. Da quello che avevo capito, io e Jerome dovevamo aspettarvi Ted. — Ted Tredinick? — interruppe pronto Wait. — Certamente. Ted era andato al cinema e aveva promesso di raggiungerci nel mio appartamento. Dovevamo poi tutti e tre insieme andare al ristorante di Drake e tornare quindi a Tredinick sulla macchina di Jerome come avevamo fatto all'andata. Ma Ted ha sbagliato, si è recato prima da Drake ad aspettarmi e poi a piedi è venuto fino al mio appartamento. È arrivato a casa mia che saranno state circa le ventidue. Frattanto Jerome... McHenry si rivolse a Jerome: — Va bene. Cable, tocca a voi. — Io sono andato direttamente a consultare un avvocato. Ho dovuto aspettarlo. Siamo giunti in città, come vi ha già detto Reg, circa alle quattro. Non avevo fissato prima l'appuntamento in ufficio, tuttavia la segretaria gentilmente ha telefonato a Carlson che è arrivato lì verso le cinque e mezzo. Le nere sopracciglia di Wait si inarcarono. — So che suona falso. Eppure è la verità. Lui mi difenderà... Lo sceriffo terminò la frase: — Al processo. Proseguite. — Abbiamo parlato fino alle sei e mezzo... o forse anche le sette. Poi mi sono recato nel mio appartamento, credendo che lì fosse il luogo del raduno. Ho aspettato. Vedendo che gli amici non arrivavano, ho telefonato da Drake, ma non li ho trovati. Sapendo che mi avrebbero cercato, sono rimasto in casa. Non mi sono reso conto di quanto tempo fosse trascorso. Avevo un sacco di cose cui pensare! — Avete lasciato trascorrere tre ore dal termine fissato per l'appuntamento con Predy e Ted... solo a pensare? — domandò dubbioso lo sceriffo. — Mi pare che nessuno di voi tre fosse molto ansioso di ritrovarsi. — Poi rivolto a Wait continuò: — Sembra che ognuno di loro abbia avuto tempo sufficiente per prendere la macchina, correre fino ai margini di quel bosco e uccidere Durr. — Perché? — esclamò Wait inaspettatamente. — Perché? — sbottò lo sceriffo. — Perché... non hai appena detto... — Non ho detto niente — protestò Wait. — E ora voglio dire proprio questo: "Perché?" Reginald non resistette. Sconvolto dall'ira urlò:
— Fuori di qui, tutti e due. Vi abbiamo sopportato anche troppo. Pazientemente abbiamo risposto alle vostre domande dicendovi la verità. Non possedete la minima prova contro di noi. Se l'aveste avuta ci avreste già arrestati. Non abbiamo nulla da nascondere? vogliamo che si trovi l'assassino. Nessuno di noi sarà libero da sospetti finché il criminale non sarà scoperto. Ma ora ne abbiamo abbastanza dei vostri insulti. Uscite! Prima di andarsene, lo sceriffo verificò lentamente con calma le dichiarazioni trascritte, assistito da Wait che, di tanto in tanto, commentava e dava suggerimenti. Appena si furono allontanati, in direzione di villa Tredinick, Maud si volse al marito. — Non avrei mai creduto che tu fossi capace di questo, Reg. Circa un'ora dopo, Wait e lo sceriffo lasciarono villa Tredinick e poco più tardi Jerome se ne tornò ad Haven. Avevano discusso a lungo sui recenti avvenimenti, e specialmente sull'assassinio di Durr, che aveva obbligato Wait ad occuparsi del caso Cable. Arrivò domenica. Arrivò mezzogiorno e McHenry e Wait non s'erano ancora fatti vivi. Alle dodici in punto venne Frieda. Indossava un tailleur di tweed e portava in testa un fazzoletto rosso a guisa di turbante che faceva sembrare la sua testa un grosso pomodoro. Disse che Ted dalla fotografia aveva identificato Durr, riconoscendolo come l'uomo che aveva visto una volta con Mariette e diverse altre intento a fingere di pescare in barca sul lago. Ricordava di averlo veduto anche all'emporio del villaggio. — Ted sapeva chi era e per qual motivo gironzolasse da queste parti? — domandò Maud. Frieda scosse il capo. — No. Ma è strano che Mariette non si trovi. Cosa potrà esserle accaduto? Nessuno rispose, e dopo qualche minuto Maud disse: — È ovvio che quel Durr aveva una relazione con Mariette. Chiunque sia stato in questa casa giovedì notte... Frieda aggrottò la fronte mormorando: — Sì, a proposito, me lo hanno detto. Maud terminò la frase interrotta: — ... aveva un certo legame con Durr, a meno che il ladro non fosse lui stesso che cercava di rubare qualcosa prima di fuggire con Mariette. Altrimenti come si spiegherebbe che la borsetta di Anna è stata trovata nella sua macchina?
— Veramente sembra che Durr e Mariette siano andati via assieme — interloquì Frieda. — Ma c'è una cosa che ho notato e mi sono chiesta se l'aveste rimarcata anche voi. Che quelle misteriose telefonate senza risposta sono cessate. Credete che fosse Durr? E sapete dirmi il motivo? Maud negò con un secco monosillabo. Dopo un po' Frieda se ne andò, non osando chiedere di fare la solita partita a bridge. Sul giornale, che poco dopo Alec portò, c'era tutto il resoconto del ritrovamento del cadavere di Durr, tutti i particolari, compreso quello della borsetta di Anna. — Si fa un gran scalpore per la scomparsa di Mariette — annunciò Reginald. — Pare che la polizia creda che sia stata assassinata. Maud corrugò la fronte. — Che sciocchezze! Non è stata uccisa. Si nasconde da qualche parte per fare la sua uscita sensazionale al momento buono. Mi domando quali odiosi progetti accarezzi la sua perfida mente. — Sei sicura di quello che hai detto? — chiese il marito. — Sì. Jerome non avrebbe dovuto lasciarla fuggire. Reginald fissò pensieroso il caminetto, mentre Anna diceva: — Se è stata la stessa persona a uccidere Celia e Durr, e lo si potrà provare automaticamente, saremo liberi da ogni sospetto. Reginald si girò fiaccamente, e trasognato domandò: — Come? — Intendo un alibi — spiegò Anna. — Quando Celia è stata uccisa, tu, Maud, Frieda e Ted eravate assieme... usufruendo di un ottimo alibi. Quando Durr è stato assassinato, io e Frieda eravamo insieme, e tutti noi... Tacque e Reginald terminò la frase lasciata interrotta: — ... avevamo un alibi tranne Jerome. È vero, Anna. Potrebbe essere stata la stessa persona ad uccidere entrambe le vittime, a meno che, per quanto riguarda la morte di Durr, non si tratti di una vendetta di qualche banda. Ma se l'assassino è un'unica persona, questo lascia Jerome, il solo vicino a Celia, senza alibi. Questo non mi piace. Al tramonto il motoscafo dello sceriffo attraccò al molo. McHenry e Wait si fermarono per interrogare Reginald su quel fatale venerdi, prima di andare ad Haven per arrestare Jerome. — Signor Predy, veramente non avete visto, tra le sedici e le ventidue, Cable? — No.
— E voi, signora Predy, siete sicura che quella notte fosse proprio Celia a telefonarvi che sarebbe venuta a Tredinick? — Senz'altro. — Andate ad arrestare Jerome — domandò Reginald — per l'assassinio di Celia e di Durr? — Di Durr — disse Wait. — Di Celia Cable — assicurò lo sceriffo. — Non potete metterlo in due prigioni separate — commentò ironicamente Reginald — dato che lo arrestate sotto l'accusa di due crimini avvenuti in contee differenti. — Lo ammetto — rispose asciutto Wait. — Andiamo, McHenry. — Ma se Durr ha ucciso Celia — insistette Reginald — non potete arrestare Jerome... Wait si diresse alla porta, ma McHenry replicò: — C'è una nuova prova. Il pezzo strappato di una busta che abbiamo decifrato indirizzata a Jerome Cable. E la parte rimanente di quella busta... — McHenry! — ammonì severamente Wait, ma lo sceriffo non se ne diede per inteso e continuò: — ... l'altra metà della busta, che combacia esattamente col pezzo trovato, l'abbiamo scoperta in casa di Franz Durr... nella tasca di un soprabito. E poi c'è la piantina topografica. — Una piantina topografica? — gridò Maud. — Sì. Era disegnata sull'altro pezzo della busta... quello trovato nella canoa, voglio dire. — Che specie di piantina? — Uno schizzo a matita che rappresenta l'isola di Haven e il suo molo... Punta Rowdy ed una parte dell'isola di Tredinick con segnate la villa Predy e la darsena. — Fatemi vedere — disse Reg. McHenry finse di non udire e già sulla soglia esclamò: — Non sono mai stato convinto della colpevolezza di Cable, malgrado le prove presentate all'inchiesta. Conosco Jerome fin da quando era ragazzo. Non è tipo da pagare un criminale per far uccidere la moglie. Wait afferma che questo schizzo prova che è stato un forestiero a spararle. Qualcuno che non conosceva né il lago, né i dintorni. Lui dice che Cable... Wait uscì sbattendo infuriato la porta della veranda e McHenry, dopo aver mormorato qualche parola di scusa, si affrettò a tenergli dietro. Né Maud, né Reginald osavano guardare Anna sapendo quanto doveva
soffrire per l'imminente arresto di Jerome. La ragazza si ritirò nella sua camera. In quel rifugio, sentì che doveva correre da Jerome, prima che lo conducessero via. Indossò sulla gonna e il golfino una giacca di antilope e uscì dalla porta di servizio per evitare da parte di Reginald e Maud incresciose domande. Fuori era freddo, buio e nebbioso. Il piccolo fuoribordo doveva essere nella darsena dato che non si vedeva vicino al molo. Si diresse quindi alla darsena. Nell'interno l'oscurità era ancora più fitta. A poco a poco, forzando la vista, distinse i contorni confusi del fuoribordo che dondolava sull'acqua. Percorsa la piattaforma a ferro di cavallo, era pronta a salire sul battello quando la porta della cabina della grossa lancia si aprì. Il cuore di Anna sobbalzò mentre qualcuno chiedeva: — Chi è là? — Mariette! — gridò Anna esterrefatta. Ci fu un istante di silenzio, poi la donna disse con voce ansimante: — Oh... Voi, signorina Bayne! Io non... Si interruppe come se stesse ascoltando qualcosa. Anche Anna sentì: un rumore di passi... passi che stavano attraversando il molo. — Signorina Bayne! Questa volta l'accento era acuto, disperato. — Signorina Bayne, sapete nuotare? — Sì. — Calatevi in acqua allora... e nascondetevi. Ci fu una breve pausa, come se Mariette stesse ascoltando per sentire se Anna avesse ubbidito. — Fatelo, signorina Bayne. Presto! Credetemi. Ne va della vostra vita. Non voglio avere sulla coscienza un altro assassinio. Queste furono le ultime parole pronunciate da Mariette Beauparle. 18 Anna obbedì. Il terrore manifestato nel tono di voce di Mariette l'aveva convinta che uno spaventoso pericolo incombeva. Ma non era cosa facile eseguire un ordine del genere. Anna indossava gonna di lana, pullover e giacca di antilope, e calzava pesanti scarpe. Pian pianino si calò in acqua. Dall'esterno si udirono i passi avvicinarsi con maggior rapidità e scendere i gradini che dal molo conducevano alla porta della darsena.
Ci fu una piccola pausa ed Anna sentì che Mariette aveva emesso un breve ansito. Forse stava per rivelare qualcosa ad Anna quando si era all'improvviso accorta che non c'era più tempo ormai. Anna, aiutandosi coi sostegni della piattaforma, silenziosamente si spinse attraverso l'acqua scura. Non osò tentare di nuotare. Doveva sbarazzarsi delle pesanti scarpe e della giacca d'antilope che, inzuppate, erano divenute un peso insopportabile. Approfittò di quella breve pausa per spingersi nel breve spazio tra la piattaforma e l'acqua sottostante e dirigersi verso il lago. Poco dopo, sentì che la porta della darsena si apriva. Con la forza della disperazione riusci a liberarsi delle scarpe che l'ostacolavano. Respirò profondamente e si tuffò sotto. Superò la brevissima distanza che la separava, raggiunse il molo, ma non ebbe la forza di arrampicarvisi. Il cuore le batteva come se stesse per scoppiare. Vedendo una delle scalette di ferro che servivano per immergersi sull'altro lato del molo, fece il morto con un lieve batter di mani, e la raggiunse facendo attenzione di star sempre sotto il molo. Mentre si attaccava alla provvidenziale scaletta sentì un rumore provenire dalla darsena... un forte, sordo rumore. Nessuno sulla veranda dei Predy lo udì. Subentrò un minaccioso silenzio. Niente altro nelle tenebre che silenzio, nebbia e gelida acqua nera che si frangeva contro il molo. Ma... "attenzione!". Qualcosa, "qualcuno" sopra il molo. La scaletta a pioli cui Anna era attaccata improvvisamente vibrò per una rapida fuga di pesanti passi. Passi che di corsa dalla darsena, furtivamente, si allontanarono lungo il molo nel complice buio. Trascorse parecchio tempo prima che Anna, irrigidita dal freddo e dal terrore, finalmente riuscisse a vincere questa specie di paralisi e, con estrema cautela, ad arrampicarsi sul molo. A un tratto il lugubre silenzio fu rotto dal fragore di un motoscafo che si avvicinava. La ragazza desiderò con tutto il cuore che fosse Jerome, per quanto sapesse che era impossibile, perché a quell'ora ormai doveva essere stato arrestato. Invece era proprio Jerome. Lui balzò sul molo, e Anna, incredula di tanta felicità, corse a rifugiarsi fra le sue braccia. — Anna, cosa è successo? Sei tutta bagnata! La ragazza fece un racconto confuso di quanto era accaduto e Jerome, presa un torcia elettrica dal motoscafo, entrò nella darsena. Le parve un'eternità, prima che Jerome tornasse. Lui la prese in braccio e la calò dolcemente nel motoscafo. Anna sedette bagnata e tremante sul sedile di pelle e Jerome avviò il mo-
tore. A tutta velocità il motoscafo si diresse verso l'isola di Haven. Una volta Anna si arrischiò a chiedere: — E Mariette? Ma la risposta di Jerome fu soffocata dal rombo del motore. Giunti all'isola di Haven, Jerome aiutò Anna, sostenendola per la vita, a salire il breve sentiero che portava alla casa. La ragazza era così esausta quando raggiunsero la villa che vedeva tutto confuso e si sentiva semincosciente. Si accorse appena che un fuoco ardeva nel caminetto e che qualcuno la sbarazzava della pesante giacca di antilope e che, inginocchiato davanti a lei, le toglieva le calze e le scaldava i poveri piedi intirizziti. Tillie portò un forte grog, che Anna fu obbligata a bere. Le sue povere estremità furono immerse in un catino d'acqua calda. Jerome scomparve qualche minuto, mentre Tillie aiutava la ragazza a togliersi gli indumenti bagnati e ad avvolgersi in un caldo accappatoio. Suonò il campanello d'entrata e Tillie venne ad annunciare a Jerome che qualcuno attendeva in anticamera. — Va bene. Fa' passare. Anna aprì gli occhi assonnati e vide entrare McHenry in compagnia dell'inseparabile Wait. "Dio mio" pensò "sono venuti ad arrestare Jerome." Bene, ora lei aveva la prova che non era Jerome il colpevole. Tillie ritornò nella stanza con una pentola di acqua calda. Ne versò un po' nel catino, la regolò con quella che già conteneva. Poi portò una bottiglia di whisky con due bicchieri. Anna chiese angosciata a Wait: — Mariette? — Ho già parlato con loro, Anna — la interruppe Jerome. — Si occuperanno del triste caso. Nessuno purtroppo può far più niente. Wait si collocò di fronte ad Anna, tra lei e il caminetto. — Rispondete con comodo — disse il poliziotto con tono che contraddiceva queste parole — raccontatemi esattamente ciò che è accaduto. Come fate a sapere che Mariette è stata assassinata? Jerome pregò Anna di rispondere mentre Wait continuava impaziente: — Cosa è accaduto? Chi l'ha uccisa? — Non so — disse Anna con voce roca. — So appena quello che mi ha detto Mariette e che ho udito dei passi. — Raccontatemi tutto e dal principio. Perché vi siete recata alla darsena? Questo fu l'inizio di un burrascoso interrogatorio. Wait interrogò, appro-
fondì, indagò senza tregua. Si sedette su di una sedia di fronte ad Anna, rigido e immobile, con il riflesso della fiamma del camino sul volto. — Così, volevate venir qui ad avvisare Cable che stavamo per arrestarlo? — Sì — rispose Anna. — No, volevo solo vederlo prima che fosse arrestato. — Signorina Bayne, quel rumore che avete sentito provenire dalla darsena... siete sicura che fosse un colpo d'arma da fuoco? — Ma cosa sono tutte queste domande? Non vi ho forse detto che Mariette è stata uccisa con un colpo di rivoltella? — scattò con impazienza Jerome. La mano di Wait si alzò per impedirgli di parlare. — Allora volete rispondere, signorina Bayne? — Sì... credo che sia così. — Quando Mariette vi avvertì di nascondervi, vi sembrò sincera? — Oh, sì, sì. — E Mariette non fece alcun tentativo di fuggire? — Non so. Non ci fu tempo per... — Allora avete avuto l'impressione che fosse lì per un appuntamento? — No... io non... — Ma è quello che pensate. Lei sapeva chi doveva avvicinarsi, vero? — Sì. — Allora non c'è dubbio, era lì in attesa di una persona conosciuta. Aveva paura? — Sì. Credo di sì. — Tuttavia è rimasta. Avete sentito delle voci prima dello sparo? — No. Ero in acqua e l'unico rumore che ho sentito è stato il colpo. — Dite che era buio fitto nella darsena? — Sì. — Avete potuto vedere Mariette? Oppure lei vedeva voi? — Ho udito aprirsi la porta della cabina della lancia. Quando lei ha parlato ho riconosciuto la sua voce dall'accento straniero. Era buio pesto e i miei occhi non si erano ancora assuefatti all'oscurità. Vedevo a stento i contorni del battello vicino a me, e anche della figura di Mariette. — Le hanno sparato a bruciapelo — la informò Jerome. — Chiunque sia stato ha potuto avvicinarsi a lei in modo da essere sicuro di non fallire il colpo.
— Avete detto che non avete visto alcuna arma, Cable? — Certo. Ho dato una frettolosa occhiata, ma non c'era nessuna rivoltella. McHenry si agitò chiedendo: — Non sarebbe meglio che io andassi là? Wait, senza degnarlo di uno sguardo, rispose: — No. Prima mettiamo le cose in chiaro qui. Laggiù nessuno toccherà il cadavere, perché nessuno sa di questo omicidio. McHenry brontolò sottovoce, ma rimase. — Ascoltate, signorina Bayne — scattò improvvisamente Wait — vi ho udito deporre all'inchiesta. Avete raccontato quello che vi è successo la notte in cui Celia Cable venne assassinata, precisamente una settimana fa. Mi ha colpito il fatto che esponevate il minimo possibile, trascurando la maggior parte dei dettagli. Ora sarà bene che mi raccontiate tutta la storia. Tutta! Anna lanciò uno sguardo disperato a Jerome. — Suvvia, signorina, sarà un discorso fra me e voi. McHenry non lo registrerà. — Io farò quello che mi parrà giusto — protestò lo sceriffo seccato. Wait lo agghiacciò con un'occhiata. — Ho detto che non si scrive niente di ufficiale e basta. Ora mi raccomando, signorina Bayne, tutta la verità. Se voi e Cable non avete assassinato la signora Celia, non dovete temere di dire la verità. Inoltre dovete aver capito che io non voglio farvi del male, altrimenti non mi avreste rivelato subito la tragica fine di Mariette. — Siamo stati obbligati. Non c'era altro da fare — rispose Jerome. Wait non riusciva convincente quando faceva appello alla sua scrupolosa onestà... Anna non dubitò che avrebbe fatto soltanto ciò che voleva e che fosse il suo interesse. — Cosa devo fare? — chiese rivolgendosi a Jerome. — Non so. È tutto così complicato. Carlson mi ha raccomandato di star zitto. Ma io non so più. Oh, Dio, Anna, non possiamo certo peggiorare le cose. Sono venuti per arrestarmi e sanno già... Wait, impaziente, lo interruppe. — Sappiamo già i fatti principali. Proseguite, signorina Bayne. Non abbiamo tempo da perdere e c'è un mucchio di cose da fare. — Va bene — si arrese Anna — da dove debbo cominciare? — Da quando quella sera fatale avete preso la barca e siete andata all'i-
sola di Haven. Lei raccontò ricordando persino troppo bene l'orribile avventura. Rammentò la nebbia e le luci intraviste su Tredinick, che l'avevano guidata al ritorno. — Quali luci? — Quella sulla veranda dove i miei amici stavano ancora giocando a bridge... poi quella diffusa dalla piccola lanterna sulla darsena ed infine un'altra piccola luce, mai vista prima di allora, su in alto. Tuttavia ho perso ugualmente la direzione. — Avete detto una piccola luce in alto, sopra quella della darsena? Spiegatemi cos'era. — Ma non so. Ci ho riflettuto dopo, e mi sono recata a fianco della villa, mi spiego meglio, in una breve radura accanto alla casa, da dove mi era parso fosse provenuta quella misteriosa luce. Non c'era alcuna lampadina. — Lateralmente alla casa? Forse sopra i gradini? Risultava a perpendicolo sulla darsena vista dal lago? — Sì, ma non ho trovato alcuna lampada. Wait disse soprappensiero: — Vediamo un po'. Finestre, pochi alberi... tendoni con ganci, facilmente accessibili da una finestra vicina... proseguite. È interessante. — Be', fu proprio allora che la canoa urtò la mia imbarcazione. Lei proseguì la narrazione, ripetendo parecchie volte particolari o spiegazioni dietro la sua insistenza a volte perfino fastidiosa. Terminò il suo racconto dicendo che finalmente aveva raggiunto l'isola di Tredinick e, visto che i quattro giocatori erano ancora attorno al tavolino del bridge, era salita in camera sua passando per la porta di servizio. — E voi fino alla mattina dopo non avete saputo che nella canoa c'era il cadavere di una donna? — No. Appena mi fu detto non credetti che fosse la stessa canoa. Ma io... — Voi? — Ebbi uno strano presentimento. — Perché? — Non so il perché — rispose Anna disperata — ma c'era qualcosa in quella canoa che... — Che? — incalzò il poliziotto. — Era così silenziosa... si muoveva così pigramente, come se nell'interno ci fosse un peso.
Wait la fissò con sguardo severo, mentre McHenry si agitava inquieto. Wait cambiò argomento. — Mariette Beauparle — disse — era la testimone più pericolosa per voi e... Cable. Per fortuna McHenry ha registrato la sua testimonianza all'inchiesta. Ma voi sapete bene che la deposizione perderà molta efficacia, ora che Mariette non potrà più ripeterla di persona. Siete stata voi ad ucciderla, signorina Bayne, o è stato Cable che è entrato nella darsena e ha sparato il colpo mortale? 19 Avevano fatto un tremendo errore a non seguire il consiglio di Carlson. Si erano fidati del poliziotto e avevano raccontato tutto. Jerome stava cercando di discolparsi dall'assurda accusa furioso ed esasperato anche per il timore di quello che sarebbe capitato ad Anna. — Se l'avessimo uccisa noi, credete che vi avremmo raccontato tutto questo? Avremmo ammesso di saperlo? Non avremmo cercato piuttosto un alibi che ci salvaguardasse? — Voi e il vostro motoscafo eravate troppo vicini al luogo del delitto perché risulti convincente ciò che dite. — Ma è la verità. Ogni parola detta da noi è vera. Wait chiese a McHenry: — Sa, Cable, della mappa? — No. Devo mostrargliela? — Certo. — Guardate allora — disse McHenry mostrandogli lo schizzo a matita debitamente racchiuso in una custodia di cellophane. — C'è il vostro nome sopra... e sul retro è disegnata una mappa. È la metà di una busta. L'altra metà è stata trovata nella casetta di Franz Durr. — Avvicinandola ancor più al volto di Jerome domandò: — Lo vedete il vostro nome? — Sì, vedo... Ma come ha fatto, Durr, ad averla? Dov'è la mappa di cui mi avete parlato? — Dietro. Ma non è possibile vederla senza appositi occhiali colorati. Noi l'abbiamo vista ieri nel laboratorio scientifico. Dovete credermi sulla parola. È uno schizzo che riproduce Punta Rowdy, Haven e la costa orientale di Tredinick. Notate che i moli sono ben marcati... — L'avete disegnata voi questa mappa? — interruppe brusco Wait.
Jerome sobbalzò. — No — proruppe con violenza. — Perché avrei dovuto farla? — Chi ha scritto il vostro indirizzo sulla busta? Lo sguardo di Jerome divenne ancor più perplesso e turbato. — Anna, sa Wait della faccenda di quei due ragni? — Che ragni? Che storia è questa? — scattò furiosamente il poliziotto. Stancamente, Anna ripeté tutta la storia. Quando ebbe terminato, lo sceriffo le lanciò un'occhiata e disse a Wait: — Ho sentito strani racconti su ragni velenosi comparsi su qualcuna delle nostre isole. Non ci ho mai creduto. Ho letto anche sui giornali circa un anno fa qualcosa sulle "Vedove nere". Non ne ho mai viste... però potrebbero esserci. — Va bene, Cable. Indagheremo anche su questo punto misterioso. C'è qualcos'altro che mi avete nascosto, signorina Bayne? — Cosa volete dire? — Voglio dire, qualcosa che potrebbe essere una prova. State per subire un processo. Non capite che non vi conviene nascondere fatti che, inevitabilmente, verranno alla luce? — Vi ho detto tutto. Io non ho ucciso Mariette — gridò Anna. — Non conoscevo Durr... Il volto di Jacob Wait si fece scuro. Il poliziotto si rivolse quindi nuovamente a Jerome. — Non fatemi perdere tempo. Io penso che Durr abbia ucciso vostra moglie. McHenry — prosegui sprezzante — non è d'accordo su questo, ma io ne sono certo. Durr ha nascosto la pagaia... gli abbiamo trovato addosso parecchio denaro... ed evidentemente ne attendeva dell'altro. Era anche in contatto con Mariette che si era recata ad un appuntamento con qualcuno... notate, dopo che Durr era già stato ucciso. Era terrorizzata, ma decisa a vincere la paura. Perché? Naturalmente per denaro. Allora chi è che paga? Chi ha pagato Durr per il primo delitto è il vero assassino. Potrebbe benissimo essere uno di voi. Deve trattarsi di una persona che conosceva ed era molto vicina a Celia Cable. Chi voleva liberarsi di lei e non osava farlo personalmente? Ecco il vero assassino, il vile che ha pagato Durr e gli ha fornito uno schizzo del luogo. Durr infatti era un forestiero e non conosceva i posti. Il mandante deve aver mantenuto segreta la sua identità a Durr... finché ha potuto. Ho saputo delle misteriose telefonate senza risposta. L'autore doveva essere Durr che cercava di scoprire il suo mandante. Infatti chi chiamava al telefono sembra si accontentasse di udire la voce che ri-
spondeva. Perché? Quale altra ragione se non quella di identificare dalla voce colui che l'aveva pagato? Questo ci palesa che Durr mai aveva visto in faccia chi l'aveva incaricato di compiere il delitto, ma soltanto ne aveva udito la voce. E perché voleva conoscerlo? Naturalmente per poterlo ricattare. Durr era uno stupido criminale, altrimenti non avrebbe ucciso per conto di terzi. Pensò di essere più intelligente di chi l'aveva assoldato. Così egli lasciò delle tracce nella canoa, tracce che forse l'avrebbero salvato in caso il suo misterioso mandante avesse tentato un doppio gioco. Evidentemente l'assassino (il vero assassino) quello che ha pagato un altro per fargli compiere lo sporco crimine, ha studiato accuratamente il suo piano per avvicinare Durr ed assicurarsene l'opera in segreto. Riuscì a parlargli senza farsi vedere e nello stesso tempo, a sua volta, riuscì a fissarsi bene in mente i lineamenti di Durr per riconoscerlo all'occasione più tardi. Durr finse di acconsentire a rimanere all'oscuro di chi si serviva di lui con lo scopo di scoprirne più tardi l'identità per dissanguarlo sino alla fine dei suoi giorni. Non è facile assicurarsi l'opera di un criminale professionista. Ci si serve di solito di un intermediario... anzi di due, ognuno che protegga gli interessi del padrone. Per mettersi d'accordo direttamente con un assassino di professione occorrono quattro cose. Primo: essere sicuro che accetterà l'incarico. Secondo: essere in grado di avvicinarlo impunemente. Terzo: prendere le necessarie misure per proteggere se stesso celando la propria identità. Quarto: convincere il mandatario che per il suo bene non tenti il doppio gioco. Altro fatto importante, il sistema di pagamento. Non è cosa facile far commettere ad altri un assassinio, eppure è stato fatto da qualcuno che voleva eliminare Celia Cable e non aveva sufficiente coraggio per eseguire il crimine con le proprie mani. Un delinquente che ha dimostrato la disperata codardia di sparare alle spalle del suo accolito... quando Durr ha portato a termine con successo il suo odioso compito. Questo più tardi, quando Durr è riuscito a scoprire l'identità... diciamo... del suo principale e ha tentato di ricattarlo. Mariette doveva essere al corrente e Durr le aveva chiesto di cooperare con lui. Anche dopo la morte del gangster, lei non volle rinunciare al danaro che intendeva estorcere. Ma chi ha pagato Durr per assassinare? — Io non sono stato — si difese Jerome, pallido. — Non ho detto questo — rispose con grinta feroce Wait — però è possibile. Chiunque può averlo fatto. Anche una donna... Ma voi siete l'unica persona che avesse il movente più pressante, Cable. Voi e la signorina Bayne!
— No — ribatté bruscamente Anna. — Avete sbagliato. C'è qualcosa che... Wait si voltò di scatto con gli occhi che fiammeggiavano per l'ira. — Cosa? — Non so esattamente. Ted mi ha detto che Celia aveva un piano. Allora riferì tutto il colloquio burrascoso avuto con Ted e quella strana frase che il giovanotto aveva udito dire da Celia riguardo... un mosaico. — Mosaico? — indagò Wait. — Sì. Aveva parlato di un mosaico. Ha detto a Ted che qualcosa sarebbe riuscito come un mosaico perfetto... come sempre era riuscito in passato. Wait meditò un momento, poi fissò Jerome chiedendogli a bruciapelo: — Chi era l'uomo? — L'uomo? Non so. Forse non c'è neppure stato un altro uomo. — Lo so che voi pensate così. Ma vostra moglie si comportava, secondo le parole di Ted, come se stesse per partire per un viaggio — spiegò il poliziotto — ed era felice pensando alla realizzazione del suo progetto. Intendeva divorziare da voi, Cable... per danaro. Danaro che si sarebbe procurato a mezzo di un uomo e di un progetto, probabilmente disonesto. Un progetto che costituì una minaccia diretta per qualcuno che istintivamente capì di doverne impedire l'attuazione... con qualsiasi mezzo. Ted ha anche riferito che Celia Cable ripeteva trionfante quel giorno: "Oggi... dopo quest'oggi...". — Sì — assentì Anna. — Credete che Ted vi abbia detto la verità? — Sì. — Pensate che sia stato lui ad ucciderla? Deluso nel suo amore? — Ucciderla lui stesso — interruppe lo sceriffo — o che abbia pagato Durr per farlo? — L'una o l'altra ipotesi fa lo stesso — sbottò Wait. — Allora cosa ne pensate, signorina? — Ted non l'ha uccisa. Non può averlo fatto! — Oh, sì. Può benissimo! — Non avrebbe posto nella mia camera quegli orribili ragni velenosi... ucciso Durr e Mariette con tanto sangue freddo! — Non possiede un alibi per l'ora in cui è morto Durr. — Ma nessuno di noi l'ha — protestò Jerome — tranne Anna... La signorina Bayne era assieme a Frieda Tredinick. Jacob Wait ritornò sul fatto che gli alibi per lui contavano ben poco.
— Alibi! — esclamò con una sarcastica risata. — E quel segnale che la signorina Bayne ha scorto? Qualcuno ha collocato con un recondito scopo quella seconda luce. Chiunque potrebbe essere stato ad appendere quel lume là fuori. È facilissimo. Forse la stessa signora Predy... quando ha lasciato il telefono dopo aver parlato con Celia Cable. Chiunque dei quattro giocatori avrebbe potuto assentarsi un momento per fare quel segnale. La sua breve assenza sarebbe più tardi sicuramente sfuggita. Può essersi servito di una lanterna, o di una torcia elettrica appesa ad uno di quei ganci per informare Durr che era il momento propizio per... Per avvisarlo che Celia Cable stava dirigendosi all'isola di Tredinick e doveva a tutti i costi essere fermata. — Ma come fate a dire che si trattava di un segnale? Non ne sapete niente — interruppe lo sceriffo. — Credo che sia stato un segnale, perché Celia Cable proprio allora ha telefonato che veniva a villa Predy e nessuno se l'aspettava. Era sua abitudine annunciare una sua visita così improvvisa? Veniva spesso all'isola di Tredinick? Era la benvenuta, a villa Predy o a quella dei Tredinick? Tutti quelli che vivono sul lago Tredinick o nei dintorni sanno la storia del suo matrimonio con Cable, signorina Bayne. Sanno anche che i Predy e Frieda Tredinick hanno preso le vostre parti e si sono limitati a riconoscere Celia come moglie di Cable e basta. "Cosa l'ha spinta tutto a un tratto a telefonare che sarebbe venuta a Tredinick? Perché soprattutto telefonò che sarebbe venuta subito? Questa fu la sua condanna. Le fu tagliato il cammino da un crudele messaggero di morte. Perché?" Wait fissò con occhi scintillanti il gruppetto che l'ascoltava. — Ecco perché proprio allora quella seconda luce. Durr stava aspettando con la mappa il segnale che doveva avvertirlo che il momento era giunto. Così Celia Cable non raggiunse più l'isola perché... fu intercettata dall'assassino che attendeva nell'oscurità. È come se la telefonata di Celia fosse un ultimatum che annunciava una sua inderogabile decisione. Allora il vero assassino mise in vista il segnale, e un criminale professionista, come possiamo chiamare Durr, agì mentre il suo mandante si preparava un alibi di ferro, giocando a bridge con altre persone. L'unica connessione da parte sua col delitto fu quel segnale. La sola azione che dovette fare fu di abbandonare per un istante brevissimo i compagni di gioco, fare il segnale e tornare come se niente fosse. Anna disse ancora pensierosa:
— Avete detto che il segnale potrebbe essere stato fatto con una torcia elettrica, vero? C'è una torcia elettrica nella cassapanca di villa Predy. Maud l'ha fatta riporre a Frieda di nuovo nella cassapanca. La torcia era avvolta tutt'intorno da uno spago. — Esattamente — disse Wait. — Signorina Bayne, perché la signora Predy è andata a Chicago venerdì pomeriggio? Lei ha detto a McHenry che andava in città per richiudere i gioielli nella cassaforte del suo appartamento e per fare delle spese. Venne a casa con dei pacchetti? — No — rispose Anna. — Ma potrebbe darsi che fosse andata a mettere al sicuro i suoi gioielli, perché aveva una borsa piuttosto grande. — Grande abbastanza per celare, senza dar nell'occhio, una rivoltella? — No, no! — urlò Anna. — Non Maud! — Perché no? Così dicendo Wait si volse e lasciò la stanza. Si sentirono i suoi passi attraversare l'anticamera e quindi la sala da pranzo. Il rumore di una porta che si chiudeva fece loro pensare che fosse andato in cucina. Nessuno parlò. Tutti riflettevano a ciò che aveva detto Wait, ciascuno interpretandolo alla sua maniera. Wait ritornò, consultò il suo orologio fermandosi sulla soglia della sala da pranzo e dicendo alla cuoca che era dietro alle sue spalle: — Tillie, dite a vostro marito che vogliamo prendere la barca a remi, subito. — Perché la barca a remi? Non abbiamo il motoscafo? — domandò stupito lo sceriffo. Wait non si degnò di rispondergli, ma disse a Jerome: — Ascoltate, Cable. Quello che vi chiederò sarà molto doloroso per voi, ma debbo saperlo. Tillie mi ha detto tutto quello che sapeva, ma non è sufficiente. Quali sono state esattamente le circostanze del vostro matrimonio? — Non ci furono, per essere precisi, circostanze... come avete detto voi. L'ho incontrata e l'ho sposata. Ero fidanzato e stavo per sposare Anna... la signorina Bayne. Lei è venuta a sapere di Celia e mi ha scritto per rompere il fidanzamento. Poi Celia e io ci siamo sposati. E questo è tutto. Wait imprecò, poi assalì Anna: — Ditemi voi come avete saputo di Celia e Jerome. Rispondetemi! — Me lo disse. — Ve lo disse? Volevate dire che ve lo scrisse? — No. Venne da me — spiegò Anna turbata.
— Cosa vi disse? Raccontatemelo esattamente e in fretta. Wait ascoltò attentamente, poi si rivolse nuovamente a Jerome: — Non era vero? — No. Non come fu riferito da Celia. — Ma riuscì nel suo intento... e come! Ora parliamo ancora di questa busta con il vostro indirizzo, ritrovata nella canoa. Di chi è la calligrafia? Con voce atona Jerome rispose: — Di Frieda. Frieda Tredinick. Oh Dio! Ora capisco! Guardò il poliziotto e lentamente disse: — Volete venire con me? Credo di potervi mostrare qualcosa di interessante. Wait seguì immediatamente Jerome fuori dalla stanza. Rimasero assenti per una decina di minuti. Quando tornarono, Wait corse subito al telefono e chiese la comunicazione coi Tredinick. Mentre attendeva di essere messo in linea, Wait disse, rivolto allo sceriffo: — Preparati; ce ne andiamo subito; spero che avrai una rivoltella. — Dove andiamo? E perché? — Dai Tredinick, naturalmente, alla darsena. Il corpo di Mariette deve essere rimosso. Non si può arrischiare che venga scoperto. Altrimenti qualcuno stanotte ficcherà il cadavere in un sacco con pesanti pietre e lo sprofonderà nel lago... ma noi arriveremo prima. Andremo con la barca per non farci sentire. Il motoscafo farebbe troppo rumore. Pronto... Pronto. Voglio sapere se Ted Tredinick è lì. 20 In quella notte spaventosamente tetra tre uomini stavano per affrontare un assassino brutale e straordinariamente vile. Uno come i Borgia che assoldava incalliti criminali e, finalmente costretto dalla disperazione, uccideva a sua volta l'individuo da lui incaricato a commettere il nefando delitto. Silenziosamente, senza misericordia aveva sparato a Durr un colpo di revolver nella schiena, mentre costui aspettava su di una strada solitaria, quasi certamente su appuntamento del diabolico mandante. Seduto nella sua nuova macchina acquistata con il primo danaro avuto per quel losco affare, era stato soppresso spietatamente. Mariette era stata pure lei freddata con un colpo di pistola mentre attendeva di incassare il danaro del ricat-
to. Fortunatamente all'ultimo istante quella donna, pur così avida di danaro, aveva salvato la vita dell'innocente Anna. Qualcuno mormorò: — Ecco il molo! La barca si avvicinò alla darsena, al tragico teatro del delitto. Jerome a bassa voce specificò dove la barca doveva dirigersi. — Dobbiamo saltare a riva. Non temete. Qui è profondo circa un metro. Wait e McHenry ubbidirono prontamente, e, prendendo contatto con la sabbia, non provocarono alcun rumore. — Adesso spicco il salto — disse Anna, provando ad alzarsi, ma Jerome la fece sedere nuovamente dicendo a Bowers: — Ti raccomando, trattienila qui, anche con la forza se occorre. Le diede un bacio e si allontanò con gli altri due. Lei fece per muoversi, ma Bowers la fermò. — Avete sentito, signorina Bayne, cosa ha detto lui? Non posso soffrire di doverlo fare, ma se mi costringete... È vero che c'è il cadavere di una assassinata nella darsena? — Sì. — Chi è stato? — Non lo so. — Be'... io me ne ritorno ad Haven. — Cosa volete fare? — Me ne vado — disse freddo l'uomo — venite con me o volete scendere qui? Potete andare alla villa dei Predy evitando la darsena. McHenry non può arrestarmi per non averlo aspettato. Io non voglio star qui. Ho sentito che ci sarà forse una sparatoria. Bowers aiutò Anna a scendere. E appena lei fu sulla spiaggia, partì remando in fretta. Anna si avvicinò con cautela al molo, ascoltando con estrema attenzione se si fosse udito qualche rumore sospetto. Raggiunto il molo, temendo di attraversarlo, fu obbligata a fare un ampio semicerchio per arrivare ai gradini che portavano alla veranda. A un tratto, mentre lei presentiva il pericolo incombente, questo si materializzò. La sabbia trascinata da cauti piedi avanzanti rivelò una presenza umana: Reginald. Il cuore le diede un tuffo di sollievo. — Reg! Lui si fermò bruscamente e, dopo un attimo, si chinò come se volesse deporre un oggetto che portava. Poi, raddrizzatosi, si avvicinò ancor più a lei per vedere chi fosse.
— Ah, sei tu, Anna! Che fai qui? — Stavo andando a casa. Ti ho sentito venire... e ho avuto paura. — Ma... io pensavo... dove sei stata? Da Frieda? Pensavo che tu fossi a casa, Maud credeva che ti fossi ritirata in camera. — Tacque e ridacchiò nervosamente. — Mi sono spaventato anch'io. Era un'imprudenza enorme star lì a chiacchierare tranquillamente, mentre forse l'assassino stava avvicinandosi per occultare il cadavere che si trovava nella darsena. Lei implorò: — Andiamo via... — È meglio che tu vada a casa, Anna. Ti raggiungerò dopo. Ho qualcosa da fare. — Tacque, e Anna istintivamente chiese: — Ma dove vuoi andare? — Ho un affaretto da sbrigare giù alla darsena. Neanche di Alec, si può più aver fiducia. — Oh, ma "non devi" andare alla darsena — gridò con angoscia Anna. — Non devi andare laggiù, perché... La ragazza si accorse che Reginald aveva avuto un brusco soprassalto. La afferrò per le spalle di scatto. — "Perché no?" — domandò. — Perché — cominciò a spiegare Anna, e istintivamente allontanò le mani dell'uomo che, perso leggermente l'equilibrio, inciampò con un piede nell'oggetto che prima aveva messo a terra... un masso? Come mai portava in giro una roccia... così pesante? "Pesante!" Anna sentì come se il cuore le si spezzasse mentre comprendeva l'orribile significato dell'"affaretto da sbrigare giù alla darsena", come aveva dichiarato con noncuranza Reginald. Si voltò e ciecamente, con frenesia, sfuggì dalla sua stretta, precipitandosi in una corsa folle attraverso il buio molo. Lui non la inseguì o, se lo fece, Anna non se ne accorse. La ragazza, con la forza della disperazione, prese un lungo, ansimante respiro e cacciò un urlo alto e stridulo. Gli uomini dalla darsena l'udirono e corsero in suo aiuto. Jerome se la strinse al petto... Subito dopo una gran confusione... voci urlanti, pile che scrutavano nella notte. Qualcuno gridò che aveva trovato qualcosa di interessante sulla spiaggia vicino al molo. Si udirono dei passi affrettati. Poi improvvisamente nell'oscurità e nel tumulto scoppiato, il fracasso del motore di un motoscafo nella darsena abbandonata! Prima che loro potessero impedire la fuga o almeno raggiungere la darsena, un fuoribordo partì veloce prendendo
il largo. Rimasero sbalorditi e qualcuno, forse McHenry, sparò nel buio, pur senza speranza, verso il punto da cui giungeva sempre più fioco il rombo del motore. Questo si affievolì sempre più, finché tutto non tornò silenzioso. Qualcuno, forse Maud, aprì una porta su in villa e una luce ruppe le tenebre. Wait disse: — Vado a telefonare — e sparì. Jerome accompagnò Anna da Frieda, mentre McHenry si affrettava a raggiungere Wait. Circa due ore più tardi Wait venne a villa Tredinick. Questa volta era solo. Accettò la poltrona che Frieda gli offriva, e il cognac. — Maud sapeva — disse spontaneamente Frieda all'apparire di Wait. — Lo ha saputo dal momento in cui scomparve lo smeraldo. Il venir a scoprire che il marito frequentava Celia l'aveva dolorosamente stupefatta. Ciò aveva svegliato il suo sospetto. Si era recata allora nel loro appartamento in città in cerca di una prova che scoprì: un biglietto di Celia. Anche allora non fu del tutto certa fino a questa notte... — Ma lei non avrebbe mai tradito suo marito — commentò Wait. — Lo ha affrontato stanotte ponendogli davanti il famoso biglietto. Lui, disperato, ha confermato tutto, sicuro che lei non l'avrebbe mai rivelato. — Allora Maud avrebbe permesso che Jerome fosse processato e magari condannato? — domandò Frieda. — Non so. Forse non lo sapremo mai. Ma ora non importa affatto. — Non testimonierà mai contro di lui — disse amaramente Frieda. — Forse in questo momento pensa il contrario. È pazza di collera. Soffre tremendamente per il suo orgoglio così ferito... eppure sono certa che rifiuterà di testimoniare. Andrà all'estero e rimarrà via finché sarà terminato il processo. — Forse — rispose freddamente Wait — il processo non ci sarà nemmeno! Frieda esclamò: — Ma come ha potuto farlo! — Piuttosto come avrebbe potuto non farlo! Quando una donna come Celia Cable l'aveva afferrato con i suoi artigli! Reginald Predy e il denaro dei Predy erano stati i segreti piani di Celia. Reginald aveva accondisceso, finché lei non aveva preteso il divorzio. Ma lui non voleva divorziare da Maud e sposare Celia. Soprattutto non voleva rinunciare al denaro di Maud che gli permetteva una vita comoda, senza fatica e rischi. Lui amava tanto il denaro quanto Celia, solo che già ne poteva usufruire e mai più l'avrebbe
perduto così. Sapeva che se Celia avesse accennato a Maud del divorzio, lei non l'avrebbe mai più perdonato. Così tentò di dissuaderla, ma non ci riuscì. Anzi, Celia mostrò le grinfie minacciose. Reginald le confessò la verità, che il denaro dei Predy apparteneva tutto e solamente a Maud. Anche se avesse divorziato e sposato lei, il denaro sarebbe rimasto alla sua prima moglie. Tuttavia si decise a dirlo troppo tardi. Pochissimi sapevano che questa era la pura verità, tanto più che Maud aveva fatto credere sempre che il patrimonio era di entrambi senza distinzione di sorta. Celia rifiutò di credergli. Questa era la chiave del mistero. Ted lo sapeva... me lo ha detto stasera quando gli ho telefonato. — Non è vero che lo sapessi — protestò Ted. — Ho avuto solo il sospetto dopo quel mio colloquio con Anna. Ho tentato di riflettere e cercare un movente. Mi sono ricordato di quanto insistentemente Celia mi avesse chiesto ragguagli sui Predy e il loro denaro... se tutta la loro fortuna appartenesse a Maud. Io non lo sapevo e non me ne ero mai interessato. Quando poi mi stupii della sua insistenza, lei mi disse che non importava più tanto. Tuttavia quando questo sospetto mi si affacciò era così incerto che reputai meglio non parlarne finché Wait non mi fece per telefono direttamente la domanda: se lei mi avesse chiesto particolari sul denaro di Reginald. Frieda appoggiò maternamente la mano sulla spalla del nipote, mentre Jerome diceva: — Ted, anche noi lo abbiamo saputo in ultimo. A causa del biglietto d'invito. Ho trovato nella tasca del mio abito blu, che indossavo la sera che mi hai consegnato i due inviti di Frieda, uno indirizzato a me e l'altro per Reginald, quello di Reginald. Per errore gli avevo consegnato il mio. Per questo noi sapevamo già. — Perché mai? — domandò Ted. Allora gli raccontarono la faccenda della busta trovata nella canoa con l'indirizzo di Jerome su di un lato e lo schizzo sull'altra parte e che l'altra metà di quella busta famigerata era stata rinvenuta in un soprabito nella casetta di Durr. — False tracce — commentò Wait. — La condotta di Durr, la sua intenzione fin dal principio di svelare l'identità di colui che l'aveva assoldato, di dissanguare e nello stesso tempo di proteggerlo come... la famosa gallina dalle uova d'oro... è stata sempre un pericolo per Reginald. Questa condotta era proprio quella che confondeva e nello stesso tempo chiariva la losca faccenda. Reginald si era messo d'accordo per telefono con il suo accolito di incontrarlo a Punta Rowdy sabato notte. — (Anna rammentò con un
brivido quel colpo di un battello che urtava contro il molo la prima notte che lei era giunta a Tredinick.) — Si incontrarono nell'oscurità e Reginald tentò di mascherare sia la voce sia l'aspetto. Era una notte tenebrosa e lui doveva assolutamente incontrarsi con Durr. Gli consegnò infatti il primo pagamento di cinquecento dollari in contanti. Durr voleva uno schizzo.... forse per tenerlo come una falsa pista... Reginald prese la sua matita d'argento e disegnò una specie di mappa topografica sulla busta. Forse si accorse che era indirizzata a Jerome e la usò apposta per gettare il sospetto su di lui o almeno allontanarlo da sé... Ma Reginald doveva essere molto eccitato e spinto dalla disperazione e Durr riuscì a impadronirsi della matita e tenerla insieme con la mappa. Entrambi gli oggetti li lasciò nella canoa per confondere le cose e mettere delle prove che incriminassero qualcun altro, in modo che se Reginald avesse tentato un doppio gioco, quelle tracce sarebbero state una tremenda minaccia per il mandante. Questa, almeno per me, è la spiegazione logica di quella busta e matita lasciate deliberatamente da Durr nella canoa. La chiamata al telefono era un ultimatum a Reginald. Era proprio questo che aspettava e significò la morte di Celia. Reginald entrò in casa... — Sì, mi ricordo. Era andato a prendere un altro mazzo di carte — interruppe Frieda. — ... Appese fuori dalla finestra la torcia elettrica e ritornò a giocare a bridge. Anche quel segnale non permise a Durr di scoprire l'identità del suo mandante, perché chiunque avrebbe potuto approdare all'isola di Tredinick e mettere un lume là dove Durr avrebbe dovuto aspettare che spuntasse il segnale. Durr aspettava, su Punta Rowdy o ad Haven; son più propenso a credere Punta Rowdy. Con una barca a remi andò ad intercettare la canoa di Celia. Fu fatto così, perché Reginald mai più pensava che Celia sarebbe rimasta sola quella notte ad Haven. "Durr attese che lei salisse sulla canoa e... Questo è tutto. Lasciò le false tracce, con la pagaia allontanò al largo la canoa e poi, fedele al suo istinto di ladro inveterato, tagliò i fili della luce elettrica per cercare di impadronirsi di gioielli e denaro che fossero in casa. Malgrado fosse certo di essere solo sull'isola, tagliò i fili, consapevole di avere assassinato pochi minuti prima una donna. Voi — disse rivolgendosi direttamente ad Anna — siete stata straordinariamente fortunata a non essere passata vicino alla darsena di Haven. Sembra che l'assassino sia andato su alla casa dei Cable, abbia messo tutto a soqquadro e poi sia fuggito dall'isola." — Era Durr che ho sentito camminare di sopra, giovedi sera? — chiese
Anna. — Sì, sembra proprio che sia stato lui. Non poteva essere Mariette, perché lei era ad Haven in attesa, credo, di Durr. Lui tutta la settimana aveva cercato di scoprire chi aveva approfittato della sua opera e quale fosse stato il movente per l'assassinio di Celia. Tutto questo per trarne un profitto personale. Fu presente tra il pubblico all'inchiesta. Era sempre nei dintorni del lago. Tutte le telefonate misteriose che avete ricevuto erano le sue nel tentativo di riconoscere la voce di Reginald, sebbene avesse compreso che lui l'aveva contraffatta. Chiese aiuto a Mariette. Non so quanto lei ne sapesse, degli affari della padrona. Certamente Mariette combinò l'appuntamento, giovedì notte, fra Reginald e Durr. Deve essere stato proprio in quell'incontro che Reginald promise di dare il restante della somma pattuita a Durr, ai margini del bosco della contea di Wrexe venerdì. Tutti e due diffidavano. Durr, prima di quell'incontro, si intrufolò in casa Predy e cercò nella scrivania di Reginald qualcosa che lo compromettesse maggiormente. Il furto era un'operazione abituale per lui... specialmente sapendo che se fosse stato scoperto da Reginald, questi non avrebbe osato chiamare la polizia. Durr, accortosi che Reginald diventava restio a pagare, cercò qualche altra prova... forse uno scritto di Celia... per tenere ancora più saldamente la sua vittima. Sembra che non l'abbia trovata e, mentre fuggiva, vide la borsetta della signorina Bayne e se ne impossessò. Dopo deve essere andato ad Haven a prendere Mariette. Da quel momento fino a stasera, quando doveva incontrare Reginald, non so né dove sia stata, né cosa abbia fatto Mariette. Ma, qualunque sia stata la sua parte nel laido gioco, Mariette aveva al dito lo smeraldo quando fu uccisa. Questo doveva esserle stato dato da Reginald per farla tacere su quanto sapeva sull'assassinio di Celia. — E i ragni? — chiese Anna. — Ricordatevi che voi avevate visto la seconda luce sull'isola di Tredinick. Quel lume era l'unico indizio che legasse Reginald all'assassinio di Celia. Pensate come quella conoscenza debba averlo atterrito. Ricordate come si è affrettato ad avvertirvi di tacere alcune circostanze all'inchiesta. Probabilmente il primo ragno fu un caso fortuito, ma gli suggerì l'idea di uccidere l'unica persona che poteva farlo coinvolgere nel delitto, per mezzo di un ragno velenoso. Il secondo e il terzo, trovato per riserva nel barattolo di vetro, erano là con uno scopo ben preciso. Jerome interruppe: — Forse è stato Durr a mettere i ragni, pensando che Anna l'avesse visto ad Haven. Non posso credere che l'abbia fatto Reginald.
— Ma ricordate quello che ha fatto Reginald — disse Wait. — Assoldò un assassino per fargli commettere un delitto in vece sua, perché lui era un vile. Terrificato, disperato, ma codardo al massimo, sparò nella schiena a Durr e preparò con astuzia diabolica il suo alibi. "Immaginate quale terrore e disperazione l'abbiano assalito quando ha saputo che Durr e Mariette avevano scoperto la sua identità e intendevano dissanguarlo come vampiri." Frieda rabbrividì. — Ora comprendo come, dominando il terrore, sia riuscito a eliminare Durr e Mariette. Come ha fatto, Reginald, a conoscere Durr? — Oh, facile. Reginald si occupava di prigionieri sulla parola. Durr era uno di essi e, quando ottenne la libertà provvisoria sulla parola, tutto il suo passato fu esposto alla commissione giudicatrice di cui faceva parte Reginald. Fu allora che Reginald lo conobbe. — Cosa c'è scritto, in quel biglietto trovato da Maud nell'appartamento di Chicago? Wait lesse: — Caro Reg, ti lascio riflettere fino a domenica. Saremo tutti a Tredinick. Se non vieni prima di allora andrò io stessa da lei a raccontare tutto. Sono sicura, caro, che concederà il divorzio quando avrà udito la verità. Ti telefonerò prima di venire. È firmato: Celia. Ted mormorò: — Ecco il mosaico... il mosaico perfetto... proprio come era stato impostato, tre anni or sono, per Anna. Erano le tre della mattina, quando Wait partì. Reginald non era stato rintracciato. — Ci sono posti profondi nel lago di Tredinick — esclamò con accento tragico Frieda. — molto profondi! Ma se è riuscito a fuggire, Maud gli invierà sempre denaro. Va' a letto ora, Ted. Anche tu, Anna. Il Cielo sa cosa domani... — Domani — disse Jerome, scuotendosi come da un incubo. Si alzò, volgendo verso di loro il volto pallido e stanco. — Domani — ripeté guardando Anna. Allargò le braccia e Anna, rifugiatasi sul suo cuore, mormorò: — Domani! FINE