EDD (Un'Enciclopedi3 D'Dr;emamcnto) nasce all' interno del la Ellcìdopl'dia umatiCil Apt:rtn che l'EdiLOriale Jaca Book...
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EDD (Un'Enciclopedi3 D'Dr;emamcnto) nasce all' interno del la Ellcìdopl'dia umatiCil Apt:rtn che l'EdiLOriale Jaca Book sta realizzando, L:insieme dei piccoli volumi di EDO copre già e copriril negli anni molti insegnamemi univers il'ari cmi come c3mp; dclb ricefc.! e delle arri non ancorot riconosciu ti dall'università italiamt. Partecipano a EDO studiosi e riccreatel r; eu ropei ed extraeuropei per presentare, come dovessero svo lgcrt= u na .. Ie-/jonc inaugurale.. di fro nte a Sfuden ri c colleghi, la loro disciplina. Ogni volume di EDO non è perciò l'esposizione di un problema, ma costintisec la presentazione d i una d iscip lina, d i u n cam po scicnr ifieo od espressivo. Abb iamo chiesTo ad ogni aurore di fa re il punlO su tale campo e di essere perso nale come s rc.~se inrroduccndo Ull suo "co rso» . Abbiamo anche ch icsw di indicare i luoghi e le istituzio ni , a livello imern:nojonale, che l'autore stesso vogli:! co nsigliare:! colleghi o studenti per in izi,l fSi alla sua discip lin a. Sono già programmari oltre 120 titoli. Li t:ìlciclopl'dia ìhnatica Apl'rtn, i cui pflnu volumi sono già usci ti a partire dalla fin e d el 1992, è costintita d a Dizionari Enciclopedici illusmHi di ci rca 4 50 pagine l'uno. Attualmcm t! sono d isponibili 16 vo lumi.
UN'ENCICWPEDIA D'ORI ENTAMENTO
EDO
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AUGUSTO GRAZLANI
LA TEORIA DEL CIRCUITO MONETARIO
Il Jaca Book Il
© 1996 Editoriale Jaca Book spa, Mi lano rutti i d irini riservati prima edizione itali ana
onobre 1996 copertina e grafica
Ufficio grafico Jaca Book Stampa G. Canale & C. S.p.A., Borgaro T.se, Torino
EDO è stara ideara per la libreria in occasione del progetto edito riale in corso d i realizzazione della Enddopedia umatica Aperta (ETA). La 1.A.c. di Bologna cu ra il marketing c la pubblicità diretta della Encicwpedia matica Ap"ta.
u-
ISBN 88- 16-43098-2 Per informazioni $ull~ opere pubblicate e in progl'llmma
ci 51può rivolgere .:l.: Editoriale Jac:a Book spa, Servizio Lettori, via Giobc-:ni 7. 20123 Milano Te!. 02f48 56 1520/29; Fax 02/48193361
I NDICE
Inrroduzione
Pag. 9
La d efi nizione di
cconomia monetaria c le o rigini della 1ll01l~ta
pag. 17 Lo schema della circolazio ne monetaria
Pag.25 La cn::lzio nc di moneta bancaria Pag.3S
Redditi. pre-ai e profitti
P'g.45 I mercati finanziari
P'g.55
Osservazioni conclusive Jl ag.6 1
Hibliogr:tfi ..
P'g.69 I Luoghi
P'g. 75
LA TEORIA DEL CIRCUITO MONETARIO
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I NTRODUZIO NE
Nel corso degli ultimi venti anni, si è andata di/Tonden do. sopranuno ad opera di economisti fr,mcesi , una formulazione (corica che ha preso il nome di /l'orin d~/ cirCllitO mOlluflrio. Q uesta cosrfu'f.ione, che assegna un ruolo centrale alla rum.ione della moneta nelJa determi nazione dell'equilibrio economico. si contrappone alla tOOria economica dominante, storicamente collegata alla ({:oria marginalisra c basata sull 'analisi dci comportamento individuale. 1'3.1e teoria tende a sonolincarc la lIel/tralità de/la mOf//!lfl rispcrro alle grandC'Lze economiche reali (occupaziom e lavorativa , livello di produzione, distribuzione del n:.-ddil~ fra salari, profini e ah'rc fo rme di reddiro). Se da un J;no la teoria dci circu ito si co ntrappone alla teoria tradizionale marginalisra, dall'altro essa si differenzia anche dalla maçrocconornia di stam po kcyncsiano: nella teoria del circuiro infarti la moneta esplica le sue funzioni principali in quantO mezzo di pngn/1/t'IIIO, mentre secondo la scuola kcynesiana, le conseguenze maggiori derivanti della prese nza della moneta si osservano In quanto la moneta viene trattenuta com~ scorta liquida,
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G li esponenti fr..mces i della domina del circuilO possono essere distinti in m: gru ppi principali . Il prim o è rappreSCnt:ItO dalla così detta Scuold di Digione che, an im ata da Bernard Schmi n , possiede ramificazioni in Svizzera, a Friburgo, dove inst:gna lo Stesso Schmitt, cd a Vezia, presso Lugano, dove è anivo A. Cencini . Un secondo insieme di studiosi è rappre5elHam dal Gruppo di Parigi, son o intorno ad A1ain Parguez, fondatore della collana MOIIIIl/ie et Prodl/ctiol/; mie gruppo è strettamente co llegalO ad aUlori canadesi fra ncofoni, fra i q uali spicca Mare L:lvoit:: dell' Universirà di Onawa. 11 ramo parigino, non se mpre rispenoso delle capillarità termi nologichc c concenuali sulle quali insiste invece Bernard Schmitt , è pcr contro molto sensibile ai problemi concre ti della politiGI eco nomica dci paesi avanzati. Infin e, un [eilO gruppo, molto attivo negli anni ommta , è sono a Bordeau x inrorno il François Pou lon. Q uesti ha cercaw di costruire, sulla base della donrina dci circuilO, un modello l11acroeconomico co mplt:to ed è l'u nico, fra gli autori fra ncesi dci circuilO . che si si a avvenl'ura to a redigere un manuale complcro di macroeconomia (Poulon 1982). L, domina del circuito mon etario ha destato interesse anche presso studiosi italiani (si vedano le analisi d i M. Messori 1985 e 1986, no nché il rcsocomo sinretico dei principi di 'luesta corrente di pensiero in Graziani
1989 c 1994). Sebbene agli autOri francesi dianzi ricordati vada il merito di avere posro la circolazione monetaria al centro dell':l1\'11isi economica , non si può d ire che essi siano in (Uno gli scopri tori origi nali di tale idea. Una descrizione dd circuito monetario è presemata, in modo sintetico, ma chiaro e com pleto, nella monografia giustamente famosa di Knur Wickscl1 . IIIft'rm~ mOlleltlrio ~ prazi dei
lO
bm; (Wicksell 1898, cap. IX, Scz.. B). Lo stesso termine drcl/il, introdotto dagli studiosi fra nccsi, dcriva dal termine tedesco Kreisl/tl/j Tale termine (tr:ldorro in italiano a volte com e oecircuilO,. altre volre come oeprocesso circo1:UClo), viene utilizzaro molm largamente dagli scrittori tedeschi per designare in gCller.l1e la circola7.iol\ t! non soltanto della moneta m a anche delle ricchezze (Schumpcter 191 2, cap. I; Ncisser 1931); visio ne q UCSr:l che ricalca le orme dei primi fisiocratici, che descrivevano il meccanismo economico come un o rganismo nel quale la circolazione delle ricchC7.1..e procede in modo non d issimile dalla ci rcolazione del sangue nel corpo umano. In ogni presentazione elementare della teoria della monera, si stabilisce che la mOllem. olrre ad essere il numerario comu nemente usa to per la misura dci prezzi, esplica due fu n'Lioni principali : al di essere mezzo d; pllgat1Ielllo, e; b) di essere rùerva di Ilfllori (infarti , se si prescinde dai pericoli dell'infl azione. la mo neta rapprt!senta il mezzo mi gliore pc r trasferire una ricchezza nel futu TO lenendola rurtavia in fo rma liq uida. sempre pronta per essere spesa). G li aurori dci circui to ritengono che, tra le due funzioni della moneta , la prima sia quella centrale e che la mo neta eserciti il suo influsso pitl profondo su\l'equi librio eco nomico. non già quando viene tenura come scorta liquida, ma qlf(mdo /linu liti/izzma L'OfIll' meZZi) di paga111m/o. Il termine d i uoria del circuito mOllUflTio frae o rigine proprio dal faltO che la teoria analizza il c iclo complcm della moneta dalla sua e missio ne ad opera delle banche SQcro forma di c reditO concesso alle imprese prod unive, alle utilizzazion i successive della mo neta nei merca ti. fino al rimbo rso del debito co n il ri tOrno della mo neta alle banche e sua conseguente distruzione.
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L'analisi degli anelli di qUClita carena parte da un assunto fond::lmemale: che, fra i due gruppi sociali d egli imprenditOri c dei lavoratori, si debba dfereuare una rigorosa disdnzionc, in qualllo gli imprenditori, avendo accesso al creditO bancario, dispongono di una capacità d 'acquisto virrualmeme ill imitata, mentre i salariari dispongono solt:mtO dci redd ito effettiva mente guadagnato e riscosso. I d ue gruppi soci:lli sono qui ndi soggetti a vincoli del bilancio profondamente diversi , il che dà luogo ad una differell1~'l di fondo nella con figurazione del loro agire. Quesm assunto conduce ad una frattura rispetto alla dourina marginalista. Secondo mIe domina, non è mai la disponibilità di moneta a rapprese ntare un vin colo per il soggetto economico, 1::1 cui capacità d'acqu isro è fissata da gr.lIldezze aventi natura non già monetaria ma reale, quali la sua attitud ine al lavoro o il valore d i mercaro dci suo patrllllOnlo. In ulteriore antitesi alla teoria dominante, i culwri della teoria dci ci rcui to sottolin eano il fatto che le imprese, avendo accesso al crcd im banca rio, e avendo q uindi la disponibilità dci mezzi di pagamento, godono alt rcsl delle seguenti possibilità: a) esse possono acquisi re mezzi di produzione c determinare secondo criteri propri il livel lo dell'occupazione nonché la Ilarurn del la produzione; b) a produzione ultimata, essi possono acquistare l:! quan tità de.siderua del prodono (presumibilmelllc beni strumentali) Teoricame nte senza limiti. I lavoratori, peT contro. si trovano in una siruazionc opposta. La loro capt'!c il livello dd prezzi, si ottengono i profitti totali in tl:'!cmini reali:
b-, (wN+iB)
b-s
I-b
P/p
nN
=
1-, I-b
iB (-+ - ) w
n
1-,
nN
Come si vede, l profitti reali sono indipendenti dal tasso dLIt'intertsst che le imprese pagano sui titoli. QuestO risulIalO si riferisce pera!uo unicamente all'interesse che le imprese pagano ai risparmiatori: non si estende invece all 'interesse corrisposw alle banche, dal momento che questo pagamento campana un trasferimento di ricchezza reale dal settore industriale al settore finanz.iario. Se i salaria[j consumano per intero il proprio reddito (s '" O), i profitti reali diventano:
il che sign ifica che i profitti risultano pari agli IIlvestimc=mi. Poiché gli investimenti, come abbiamo dc=no in precedenz.a, rappresentano anche la spesa dei cap italisti,
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in questo caso viene: verificata alla len era la fa mosa concl usione di Kalccki che i mpitll/isli gundngnano esattamente quallto spmdoflo. I profitti misurati fin o a questo rn ornl!nCQ sono ancora al lordo degli inte ressi pagati alle banche:. Al neno degli oneri fi nanziari verso le banche. i profi ni sono pari ai profiui lordi una volra derma i gli imeressi dovuti alle banche sul fina nl.iamento bancario in corso. Nel caso semplificato preso in esame, il debiro delle imprese verso le banche, comc già osservalO, è pa'ri all'ammomare delle giacenze liquide dci risparmiatori. Secondo la consuctudine. possiamo immaginare che le giacenze liquide siano una fra1.io ne L del reddim correme. Avremo quind i: l ", l (wN
1-
iB)
G li oneri fin a nziari del le imprese verso le ba nche sono pari a questa somma mohiplicat3 per l' imeres5e i HK doVUIO alle banche, I profitti netti saranno quindi: Pn", r(wN
l'
iB) - i HK fl (wN + jB»)
Spesa pubblica c prelievo fi scale Risultati non molto diversi da q uelli raggiunti fin ora, valgono anche per il caso in cui nell'economia agisca anche il sen ore pubblico. Q uesto caso può essere commentalo brcvememe come segue. Abbiamo den o in precedenza che gli imprc:ndilOri godono di un accesso illimitato al credi m, per la ragione che le imprese, considerare nel loro com plesso. hanno la certezza del rimborso e che di conseguenza nemmeno le banche possono avere alcuna preoccupazione di finan-
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ziamento. QuaJe che sia l'ammontare di im pone che esse sono chiamare a pagare, le imprese, non avendo limiti nella capacità d'acquisw, av ranno sempre la poss ibilità di acquistare nel mercam la quantità desiderata di beni finici . Per le imprese, quindi, il prelievo tributario è un prelievo pummente no minale, senza alcun effetto in ter~ mini reali. Anche in una situazione estrema, nella q uale le imposte venissero prelevate per intero sui profirri ed il loro gettito venisse interamente urilizzato per corrispondere suss idi ai lavoratori , la posizione reale del le imprese non subirebbe modificrnoni. Si deve concl udere, come concludeva. K2lecki che, sebbene le imposte siano prele~ vate sui profitti, in termini reaJi le imprese non subiscono alcun prelievo. Gli unici a pagare le imposte in termini reali sono i saJariati. Costoro inf.mi non possono effettuare spese al di là del proprio salario monetario e, quando si trovano a compe~ tere con le imprese per l'acquisfO dei beni finiti, non possono che rimanere soccombcnti. I saJariati di conseguenza riusciranno ad acquisire soltanto quell'ammonrare di lxni reali che rimane d isponibile nel mercato dopo che le imprese avranno soddisfano le loro esigenze. La situazione non viene modificata dalla presenza di sussidi . A meno che le imprese non siano indotte a modificare i propri piani di spesa, i sussidi non possono aumentare i consumi reali dei lavoratori; l'unico loro effeno è di aumentare il livello dei prezzi monetari. Se lo Stato, invece di trasmenere sussidi ai lavoratori, utilizza il gettito delle imposte per acquistare direttamente beni reali nel mercato, il risultato è che, nel mer~ cat O dei lxni, si trovano adesso a competere tre soggetti , il $Cuore pubblico, i consumatori e le imprese. Le impre~ se, grazie alla possibilità di ricorrere aJ credito, sono sicu-
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re di realizzart i prop ri piani. ~ r cui i loro profini resrano intatti; lo Stato potrà realizzare gli acquisri progettati in misura pio o meno complera a seconda che la spesa pubblica possa o meno espandersi prontamente all'aumentare dei prelz.ij resteranno certamente sacrificati i salariati che, disponendo d i un reddito fissato in lermini monetari, con l'aumento dei preni vedono inesorabilmente ridO[ci i propri consumi reali.
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I MERCATI FINANZIARI
Il risparmio finanz.iario La spesa complessiva dei titolari di redditi monetari SI suddivide, come abbiamo ricordato piu volte, fra spesa nel mercato dei beni e risparmio finanziari o. È bene ricordare che la spesa e!fermata nel mercato dei beni non ha sempre per oggetto beni di consumo: se, ad esempio, il soggcuo acquista un immobile, una casa di abitazione, o un terrc=no agricolo, egli compie un ano di risparmio e colloca il frutto del risparmio in un bene reale. La spesa effeltuata nel mercato dei beni è quindi un insùme di consumo e di rùparmio mzk. La parte di reddi to che non viene spesa nel mercato dei beni, rappresenta il rimanen~ te del risparmio. e precisamente il riJpl1nnio fimmziario. Nel caso semplificato che stiamo esaminando, il risparmio finanziario non può assumere: che: due: form e:: acqui~ lto di titoli tmmi dalk imprm (azion i, obbligazioni), op~ pure formazione di riserve liquide SOttO forma di depoliti baI/cari. La cosli tuzione di un deposilO bancario, come abbiamo già osservato, dà luogo ad una perdi ta di liquidità pe:r le
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imprese. le quali vedono accrcsci uro il loro debiro verso le aziende di credito. Nel mercato finanziario, banche e imprese si trova no quindi a competere per impadroni rsi dei risparmi finanziari disponibil i. In questa co mpetizione, le banche cercano di rendere i depositi bancari sempn:: piu. am,l:enti (attraverso la corresponsione di un interesse più clevam o affiancando al deposito l'offerta di servizi complementari). Le imprese, dal camo loro, cercano di arti rare il risparmio offrendo titoli fl rmdimmto ~/e/Jato ~ po!!ìbilmmu III/bile. Il pagamento degli interessi Per quantO i titoli offerti dalle imprese possano essere attraenti , il pubblico, se non altro per fan:: fronte ai pagamenti corn::nti , deve sempre tenen:: disponibi le un cerio ammontare di depositi bancari , il che crea aummaticamcme un indebitamento delle imprese verso le banche. Le imprese si trovano qui ndi inevitabilmente ad avere du~ ordini di o,,~ri fim11lzinri. gli interessi pagati IU; ,;roli da loro Stesse emessi, e gli interessi pagati a/k banche. I due tipi di pagamenti hanno luogo su mercati diversi. Il primo (interessi sui tiroli) ha luogo nel mercato fi nanziario ed è un pagamento effettuato dalle impme ai riIparmialori; il secondo (interessi sul credilO bancario) si svolge nd mercam monetario ed è un pagamento effettuato da/k imprt!Je IJ/h banch~. Esaminiam o separatameme la natura dei due tipi di o neri fi nanz.iari. Cominciamo con gli interessi che le imprese devono corrispondere alle banche in rdazione ai fin anziamenti ricevuti. t evideme che. al fine di corrispondere gli interessi alle banche in modo effettivo (e cioè non semplicemente mediante la registraZione contabile di un debito), le im-
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prese devono disporre di liquidità proveniente da una fonte diversa dal finanziamento bancario. Infatti, poich~ (Utta la moneta in circolazione è unicamente quella che le banche stesse hanno c reato finanz.iando le imprese, queste, nella migliore delle ipotesi, porranno riottenere (auraverso le vendite nel mercaro dei beni ed il colloca~ mento di titoli ncl mercaro finanziario) le somme che esse stesse hanno speso iniz.ialmente. Ciò significa anche che, nella migliore delle ipotesi, le imprese porranno ripagare all e banche il capitale preso a prestito, ma non gli interessi. Esaminiamo ora il problema dal punto di vista delle banche. Gli interessi che le banche ottengono dalle imprese sono in parte copertura dei costi di esercizio (ad esempio, salari e stipendi corrisposti ai dipendenti), in pane rappresentano profino nerro. I primi (salari e sti~ pendi) verrano utilizzati per acquistare beni di consumo, i secondi (profitti) per acquisire htni strumentali. Ciò si. gnifica che gli interessi perctpiri dalle banche sono destinati , indirenamenre, ad essere spesi nel metano dei be~ ni. Se la spesa delle banche eguaglia il debito di interessi delle imprese. le due partite possono compensarsi. In termini umid, la situazione potrebbe svolgersi cosf: le banche anticipano al le imprese la liquidità necessaria al pagamenro degli interessi, e successivamenre spendono la medesima liquidità nel mercato, acquistando beni e servizi ; con i provenri di tali vendite, le imprese ripagano per intero il debito alle banche. In unnir/i teor/omici, ciò significa che=: le imprese hanno pagato ii dtbùo di intermi in natura. Questa conclusione non può stupire: non essendovi , nd sistema semplificare che=: stiamo esaminando, altra moneta se non quella derivante dal credito ban~ cario, non vi è altro modo per le imprese di saldare i
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propri oneri finanziari verso le banche se non cedendo loro parte del prodotto. Se le imprese nd loro complesso pagano i propri debiti verso le banche in natura, e cioè mediante cessione di una quota dei beni reali prodotti, ciò sign ifica che il prodono complessivo al neno del mo nte salari (quello che alcuni denominerebbero «sovrappiulI e che i classici de· nominavano "prodono neuo,.) viene ripanilO rra banche e imprese, o, se si preferisce, fra capitale ;lIdwtriak e ca· pitale finanziario. La quota di prodono che le imprese cedono alle banche dipende evidenremenre: a) dal livello dell'imerc:sse fissato dalle banche nel concedere il finan· ziamemo e: b) dal livello dei prezzi praticati dalle imprese nel vendere beni alle banche. Tassi di imeresse elevati possono quindi indurre le imprese a proteggere i propri profìrri fissando prezzi di vendita piti elevati, il che significa che, per questa via, tassi di interesse (k/Jati possono mppresmtare una fonte di inflazione.
L.:equilibrio monetario In uno schema di economia monetaria come quello che stiamo esaminando , la definizione di equilibrio si scosta in misura sensibile dalla definizione usuale. Nella teoria dell'equilibrio economico generale. le co ndizioni di equilibrio includono il rispeuo del pareggio del bilancio per ogni singolo soggerro; una volta raggiunto l'equili· brio, nessun soggeno può quindi avere debiti pendenti verso altri soggetti. L.:unica eccezione riguarda il settore pubblico, per il quale si ammette che, anche nella posizione di equilibrio, la spesa possa essere coperta da deb itO, sia fruttifero (titoli pubblici nelle mani dei privati), sia infruuifcro (moneta IcgaJe nelle giacenze liq uide pri-
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vate). Anzi, poiché, secondo la teoria dominante, si riconosce che in un'economia monetaria deve essere sempre presente uno stock di moneta liq uida, viene considerato come normall": che. nella posizionl": di equilibrio, sia anche presente un certO ammontare di debito infnmifero dello Stato (moneta legale) e che, di conseguenza, anche nella posizione di equilibrio, lo Stato, unico soggetto in tali condiuoni , non rispeni il vincolo del pareggio del bilancio. Nello schema dell'econo mia monetaria la situazione si presenta diversa. Anche qui si deve considerare comI': normale il fano che nella posizione di equilibrio esista un certo ammontare di moneta liquida tenuta come scorta; ma poiché in questo schema l'operazione tipica che dà luogo alla creazione di moneta è il credito bancario, la moneta esistente non è un debito dello Stato verso la Banca centrale, bensf un debito delle imprese verso le banche. Dobbiamo quindi ammettere che, nello schema dell'economia monetaria, la posizione di equilibrio non comporta l'estinzione di tuni i debiti. ma prevede come normale la prl":Senza di un ceno ammontare di indebitamento delle imprese verso le banche. In queste condizion i, defi nire la posizio ne d i equil ibrio significa dunque individuare un livello «no rmale. di indebitamento delle imprese; livello questO che ovviamente è difficile fissare in termini rigorosi. Quale che sia il debi to consid erato normale, sarebbe altrettanto erroneo imporre che il debito delle imprese verso le banche debba essere costanre. Anche nel caso più semplice di un'economia stazionaria, potrebbe verificarsi infatti un aumento della propensione alla liquidità da parte degli operatori, il che comporterebbe immediatamente un aumento del debito delle imprese (e quindi un aumento
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della quantità di moneta esistente), senza che questo significhi alcunché sul piano dell'efficienza delle imprese, della saldezza dci loro bilancio, e senza che sia segno d i uno squilibrio generale dell'economia. Questo punto è stato riconosciuto anche da studiosi che in materia di politica monetaria hanno assuntO gli atteggiamenti più rigorosi (si veda, ad es., H ayek 1978). Dire che l'economia si trova in posiz.ione di equilibrio allorché il debito delle imprese assume un livello ~ norma le», significa dire che detto debito deve essere considerato accettabile dal sistema bancario. Il problema dell'equilibrio si riduce quindi all'analisi dell'atteggiamento delle banche nei confronti dell'indebitamento delle imprese.
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OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Nei suoi aspetti formali, la COSI detta tcoria monetaria della produzione si presenta come una semplice ricostruzione del processo di creazione, circolazione, e disrruzione fina le della moneta e delle conseguenze che tale processo esercita sull'equil ibrio economico. Pur partendo da un intento meramente descrittivo, tale impostazione, conduce, per molti aspetti, II conclusioni contrtlJtanti con quelle della dottrina dominante, basata, come si è derro, sull'analisi del comportamento del singolo individuo in un'economia di mercato. Esaminiamo brevemente gli aspetti principali di rali divergenze. La natura del mercato
Nel sistema ncodassico, il mercato di concorrenza perfetta è un meccanismo democratico ed egualitario. Le diseguaglianze nella distribuzione dei redditi e delle ricchezze cui l'econom ia di mercato dà luogo non vanno in alcun modo ricondone all'operare dci mercato in sé, in quanto il mercato di concorrenza ammette tutti gli operatori alla contrattazione senza alcuna d isparità, quale che sia la na-
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tura o la quamità della merce domandata e offerra. Se poi, sempre muovendoci nella medesima ottica, cerchiamo di approfondire le ragioni che spiegano le diseguaglianze nella distribuzione, troveremo che tali diseguaglianze risultano largamente giustificate. Eventuali diseguaglùmu nei redditi da lavoro vanno attribuite a differenze nelle capacità innate dei singoli, oppure a diversità nella formazione professionale; diseguaglianze dovute invece ai redditi da capitale, e quindi alla diversa distribuzione della proprietà e delle ricchezze, vanno attribuite alla diversa propensione al risparmio, sia dell'individuo stesso, sia delle generazioni precedenti che gli hanno trasmesso il patrimonio di cui egli dispone. In definitiva il reddiro di cui ogni singolo gode, viene ricondotto per intero al lavoro e al risparmio del singolo o dei suoi ascendenti. Nello schema delineato dalla teoria monetaria della produzione, il meccanismo del mercato appare in veste profondameme diversa. In un'economia monetaria, il fano in sé di disporre di risorse produttive reali, siano esse beni fisici o capacità lavorative, I)on implica la possibilità di accedere al mercato e acquisire 'una frazione del prodotto complessivo. Questo vale in particolare per il lavoratore al quale la capacità di lavoro può anche non garamire alcun redd ito monetario, se ad esempio egli si trova vittima di disoccupazione involontaria. In un'economia monetaria, l'accesso al mercato dipende dalla d isponibilità non già di risorse produttive ma di mezzi di pagamemo; per il lavoratore tale disponibilità è subordinata alla possibilità di trovare occupazione e tale possibiliTà dipende a sua volta dalle decisioni delle imprese. La teoria dell'economia monetaria si distacca ancora dalla dottrina dominante quando sottolinea come la ricchezza finanz iaria, [cnma dai risparmiatori sotto forma
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di titoli o di d epositi bancari, non costituisca una aUlentica ricchezza per i possessori presi nel loro insieme. lndubbiameme un si ngolo risparmiatore potrà cedere in tuttO O in pane la propria ricchez.za finan ziaria ad altri, nel caso in cui intenda aumemare i propri consumi correnti. Un singolo rispamiatore, considerato isolatamente, potrà quindi servirsi del la ricchezza individuale accumulata per modificare il profìlo temporale del proprio consumo; ma ai risparmiatOri nel loro insieme tale possibilità rimane preclusa. Se infatti tutti i rispa rmiatori decidessero di vendere parte della propria ricchezza per accrescere il consumo COfreme, essi, per definizio ne, non troverebbero un acquiremc; e se anche lo trovassero, la loro spesa nd mercato dei beni di consumo fareb be crescere i prezzi, senza consentire loro alcun aumento di consumo reale. Se la ricchezza finan ziaria non è ricchezza per i lavoratori presi nel loro complesso, ciò significa che per COStoro il livello dci reddito reale è pari al consumo reale. Un terzo pun to di dissenso rispetto al la domi na dominante si risco ntra nell'analisi della distribuzione del reddito. Per la teoria monetaria della distribuzione, il consumo reale dei lavoratori nel loro complesso (che, come si è appena detto, co rrisponde al [oro reddito reale) è fissa tO dall'ammontare d i beni di consumo che le imprese decidono di produrre: non vi è dunque posto per un ruolo auronomo dei consumarori. Il princi pio della sovrani tà del consumatore. caro alla teoria tradizionale, viene roral meme respinto e sostituito con un principio di sovranità del produttore. Le medesime conclusioni valgono anche se lo Stato interviene con la spesa pubblica e il prelievo fi scale: gli investimenti delle imprese, essendo del tu n o autonomi , non possono risuhare né
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cQmpressi dal prelievo fiscale né spiazzati dalla spesa pubblica, mentre vengono spiazzati i consumi privati delle famiglie. Il dissenso che si apre tra onica uadizionale e teoria monetaria della produzione in merito alla distriblU.ione del reddito merita alcuni ulteriori commemi . Nell'onica neoclassica, la distribuz.ione dei redditi segue il principio della produttività. in virn! del quale ad ogni risorsa produniva spcnerebbe una quota del prodono totale commisurata al prodono che essa ha comribuito ad ottenere. Grandi sfoni sono stati dedicati dagli studiosi neodassici a costruire un edificio teorico rispondente a questa ortica strettamente merirocrarica e a dimostrare come tale costruzione sia dotata di coerenza logica quanto di realismo interpretati va. L' intera dottrina della produttività marginale, e con essa la teoria marginalista dell'impresa e della produzione, è stata costruita a questo, scopo. I sostenitori della teoria monetaria della produzione, ch iaramente dissidenti rispetto alla formulazione neoclassica. e pur sottoscrivendo le argomentazioni critiche formulate da altre scuole ed in particolare dalla moderna scuola neoricardiana. si servono di argomenti assai piu radicali per rifiutare la dottrina neoclassica. Torniamo per un istante alla dottrina ncodassica del profino. La versiOne piu rigorosa della teoria marginalista è quella esposta da Léon Walras (1834- 19 10) nei suoi giustameme famosi E/~m~llIi di uOllomin politica pura (la prima edizione di q ueseopera risale al 1874; l'edizione definitiva è del 1926). Secondo tale costruzione, nella posizione di equilibrio di concorrenza perfetta, il profitto risulta totalmente eliminato: la concorrenza fra imprese fa si che l'imprenditore esca dal . mercato «senza profitti né perdi te», ma con un guadagno che remunera
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unicamente il lavoro da lui svolto in qualità di organizzatore della produzione. Nella costruzione della teoria monetaria della produzione, come abbiamo visro, il profitto non sohanto è presente per [Uni gli imprenditori , ma esso si fo rma in modo del rutro indipendente dalle capacità o dalle prestazioni dell'imprenditore. II profiuo è dovuto unicamente al fatto che gli imprendi tori, c=ssendo in grado di intervenire nel mercato co me acqui renti senza alcuna limitl1.ione di porere d'acquisro, ed essendo certi di recuperare dalla vendita dei prodoni la totalità dei lo ro esborsi, possono liberamente aggiudicarsi la qUOta del prodotto che corri· sponde ai loro pian i di produ1.ione e di invesfimento. Sempre nell'ambito della distribuzione del reddito, una differenza altre([anto profond:l separa la formulazione del· la teoria monetaria della produ1.ione dalla domina domiIlante per quanto riguarda i 1'IIpportifra profitto e im~u!Jf. NeI!:l domi na marginalista, mentre il profitto, se esiste, corrispo nde ad una capacità particolare dell'imprenditore, l'interesse com pare come il compenso per il risparmiatore che ha anticipato le risorse necessarie ad acquisire i capitali fissi. L'interesse è quindi il compenso per il risparmio o, se: si vuole per l'astinenza, del capitalista. II compenso torale del fattore capitale, e quindi gli oneri fi nanziari complessivi pagati dalle imprest:, risultano dunque commisurati all'ammontare del cllpùlt/~ fisso ;,wmùo, oneri che vengono corrisposti ai risparmiatori. Nel modello marginalista non compaiono interessi pagati al sellare bancario: poiché, nella costruzione particolare di tale modello, si immagina che i salari vengano pagati posticipatamente, le imprese non devono anticipare il monte salari e quindi non debbono fare ricorso al cred ito bancario per tale anticipa1.ione.
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L'impostazione della teoria monetaria della produzione è opposta. L.:interesse non è pagato ai risparmiatori ma al settore bancario, viene pagato sul finanziamento corrente e non in relazione al capitale fisso investito, e non è in alcun modo commisuram alla produHività dei mezzi di produzione impiegati Nella teoria monetaria della produzione, la radice dell' interesse non risiede infatti nel risparmio o nell'astinenza, ma nel fatto che, in un'economia moneta ria, l'accesso al credito e alla monera è un fattore chiave: i produttori di moneta e di cred ito, e cioè il serrare bancario, godo no quindi di una posizione di privilegio che consente loro di appropriarsi di una quota del prodotlo totale. Veniamo ora alla rilevanza che la teoria mo netaria della produzione presenta in merito a problemi concreti e attuali. È una osservazione comune che le economie di oggi tenderebbero alla finanzùtrizzaziollt' e cioè a privilegiare gli im piegh i finanziari rispetto agli impieghi produttivi. Si afferma abitualmente che il cosi dcno fe nomeno della finanziari7.2.1zione dipenderebbe da una modificazione nelle preferenze degli operatori. ed in panicolare da Ifl/t1 caduta ne/la propemio'le aL rischio da parte degli investitori. Si verificherebbe in altri termini una situazione in virtu della quale i soggetti che dispongono di risorse liquide, anziché impiegarle nella messa in atto di un processo produttivo, preferirebbero darle a presrim e ottenere in cambio un reddim sicuro SOttO forma di imeresse. Lanalisi della teoria monetaria della produzione mostra che, affinché il f