Paulo Coelho IL VINCITORE E' SOLO. Traduzione di Rita Desti
ROMANZO.
BOMPIANI Coelho, Paulo, titolo originale:O vence...
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Paulo Coelho IL VINCITORE E' SOLO. Traduzione di Rita Desti
ROMANZO.
BOMPIANI Coelho, Paulo, titolo originale:O vencedor esta so Copyright © 2008 by Paulo Coelho First published by Agir Editora Ltda., Rio de Janeiro, 2008 Homepage: www.paulocoelho.com. This edition published by arrangements with Sant Jordi Asociados Agencia Literaria S.L., Barcelona. All rights reserved. ISBN 978-88-452-6279© 2009 RCS Libri S.p.A. Via Mecenate 91 - 20138 Milano. I edizione Bompiani: settembre 2009.
Dello stesso autore, presso Bompiani:
L'Alchimista, Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto, Manuale del guerriero della luce, Monte Cinque, Veronika decide di morire, Il Diavolo e la Signorina Prym, Il Cammino di Santiago, Undici minuti, lo Zahir, Sono come il fiume che scorre, La strega di Portobello, Brida.
L'autore Paulo Coelho è nato a Rio de Janeiro nel 1947. È considerato uno degli autori più importanti della letteratura mondiale. Le sue opere, pubblicate in più di centosessanta paesi e tradotte in sessantasette lingue, hanno venduto oltre cento milioni di copie. Tra i premi più recenti ricevuti dall'autore, il "Crystal Award 1999", conferitogli dal World Economie Forum, il prestigioso titolo di Chevalier de l'Ordre National de la Légion d'Honneur, attribuitogli dal governo francese, e la Medalla de Oro de Galicia. Dall'ottobre del 2002 è membro della Academia Brasileira de Letras. Dal settembre 2007 è stato nominato Messaggero di Pace delle Nazioni Unite. Bompiani ha pubblicato con enorme successo L'Alchimista (1995), Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto (1996), Manuale del guerriero della luce (1997), Monte Cinque (1998), Veronika decide di morire (1999), il Diavolo e la Signorina Prym (2000), Il Cammino di Santiago (2001), Undici minuti (2003), lo Zahir (2005), Sono come il fiume che scorre (2006), La strega di Portobello (2007), Henry Drummond il dono supremo (2007) e Brida (2008).
Per N.D.P., incontrata sulla Terra per mostrare il cammino del Buon Combattimento.
O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi. Amen.
Poi disse ai discepoli: "Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete, né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo, e il corpo più del vestito. "Guardate gli uccelli: non seminano e non mietono, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un 'ora sola alla sua vita? Se, dunque, non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? "Guardate i gigli come crescono! Non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. " Luca, 12, 22-27.
Chiunque tu sia che ora mi tieni per mano,senza una cosa sarà tutto inutile,è un avvertimento leale, quello che ti do, prima che continui a tentarmi:io non sono quello che tu immagini, ma un altro, assai differente.Chi vorrà essere il mio seguace?Chi vorrà candidarsi il mio affetto?La strada è sospetta,Il risultato è incerto, fors' anche fatale.Dovrai rinunciare a tutto il resto,perché io ho la pretesa di essere il tuo unico ed esclusivo padrone; ma anche così il noviziato sarà lungo e faticoso, dovrai abbandonare ogni opinione e codice dell'esistenza passata alle vite che si mostrano intorno a te. Perciò lasciami ora, prima di tormentarti ancor di più; ti prego, scosta la tua mano dalle mie spalle,lasciami ora - e prosegui lungo il tuo cammino. Walt Whitman, da "Calamus", Foglie d'erba
Prefazione. Nei miei libri, un argomento ricorrente riguarda l'importanza di pagare il prezzo dei propri sogni. Ma fino a che punto i nostri sogni possono essere guidati o manipolati? Negli ultimi decenni, la cultura dominante ha privilegiato la fama, il denaro e il potere. E molte persone sono state indotte a credere che questi fossero gli unici valori degni di essere perseguiti: ignoravano che i manipolatori agiscono dietro la scena, in modo anonimo, poiché sanno che il potere più efficace è quello che passa inosservato - finché è troppo tardi, e ci si trova intrappolati. Ebbene, Il vincitore è solo parla proprio di simili trappole. In questo romanzo, tre dei quattro personaggi principali permettono che i loro sogni vengano manipolati: Igor, un miliardario russo, il quale reputa accettabile l'omicidio, purché sia giustificato da un buon motivo: per esempio, alleviare la sofferenza umana o determinare il ritorno della persona amata. Hamid, un magnate nel campo della moda, il quale dopo aver iniziato con le migliori intenzioni — finisce per essere catturato da quel sistema che stava cercando di usare. Gabriela, una giovane che - come tantissime persone di quest'epoca - è convinta che la fama costituisca un fine autentico, l'estremo riconoscimento in un mondo che considera la celebrità come una realizzazione suprema di sé. Questo libro non è un thriller, bensì un affresco desolante della nostra situazione attuale. Paulo Coelho.
3:17 AM. La pistola Beretta Px4 compatta è poco più grande di un telefono cellulare, pesa circa 700 grammi e può sparare dieci colpi. Di dimensioni modeste e leggera, non lascia trasparire alcun segno della propria presenza sulla tasca dov'è riposta; inoltre, in considerazione del piccolo calibro, offre un enorme vantaggio: anziché attraversare il corpo della vittima, il proiettile frantuma le ossa e tutto ciò che incontra sulla sua traiettoria. Ovviamente, le possibilità di sopravvivere a una pallottola di questo calibro risultano piuttosto elevate: sono noti migliaia di casi in cui non è stato colpito alcun punto vitale, e la vittima ha avuto il tempo di reagire e disarmare l'aggressore. Comunque, se colui che spara possiede una certa esperienza, può scegliere tra una morte rapida mirando alla zona tra gli occhi, oppure al cuore - o una fine più lenta, puntando la canna dell'arma tra le costole del suo obiettivo con una certa angolatura e premendo il grilletto. Quando viene centrata, la vittima impiega qualche momento per rendersi conto di essere ferita a morte tenta di contrattaccare, di fuggire, di chiedere aiuto. Ha un grande vantaggio, però: ha il tempo sufficiente per vedere chi la uccide, mentre le forze la abbandonano; poi stramazza al suolo, senza sanguinare copiosamente e senza comprendere che cosa le sta succedendo. Di certo, la Px4 non può dirsi un'arma per intenditori: "È molto più adatta alle donne che alle spie," dice un tizio dei servizi segreti britannici a James Bond, nel primo film della serie, allorché gli confisca la vecchia pistola per consegnargli un nuovo modello. Un aggeggio per professionisti, sicuro: lo strumento migliore per i suoi obiettivi. L'uomo ha comprato la Beretta al mercato nero, per cui sarà impossibile identificare l'arma. Il caricatore contiene cinque pallottole, anche se lui intende utilizzarne una soltanto, sulla punta della quale ha inciso una "X" con una limetta per unghie. Cosicché, quando verrà sparata e colpirà una superficie solida, si aprirà in quattro frammenti. Comunque, userà la Beretta solo come ultima chance.
Conosce altri metodi per cancellare un mondo, distruggere un universo, e quando sarà rinvenuta la prima vittima, di certo lei comprenderà il messaggio. Saprà che lui lo ha fatto in nome dell'amore, che non prova alcun risentimento e l'accoglierà senza fare nessuna domanda su quanto è successo negli ultimi due anni. Dopo due mesi di meticolosa pianificazione, lui si aspetta dei buoni risultati, tuttavia avrà una qualche certezza solo a partire dall'indomani mattina. Il suo piano prevede che le Furie — antiche figure della mitologia greca - scendano con le loro ali nere su quel paesaggio bianco e azzurro, costellato di diamanti, botulino e automobili velocissime, pressoché inutili, giacché non possono trasportare più di due passeggeri. Sogni di potere, di successo, di fama e denaro — tutto questo può essere spazzato via da un momento all'altro con quei piccoli artefatti che ha portato con sé. Avrebbe già potuto essere in camera, visto che la sua attesa è terminata alle 11:11 PM, sebbene lui fosse pronto ad aspettare più a lungo. L'uomo è entrato in compagnia di una bella donna - entrambi vestivano abiti da sera -, per una delle molte feste di gala che si svolgevano pressoché quotidianamente dopo le cene importanti, ed erano più ambite di qualsiasi prima cinematografica del Festival. Igor ha ignorato la donna. Con una mano, si è accostato al viso un giornale francese (una rivista russa avrebbe destato sospetti) e si è ritratto verso la colonna, dimodoché lei non potesse vederlo. Si trattava di una precauzione superflua: quella donna non si guardava mai intorno, proprio come tutte coloro che si sentono regine del mondo. Sono lì per brillare, ed evitano di prestare una qualche attenzione a cosa indossano gli altri — perché la quantità e la caratura dei diamanti e l'esclusività degli abiti altrui potrebbero causare depressione, malumore, sensi di inferiorità, sebbene i loro vestiti e accessori siano costati un patrimonio. Il suo accompagnatore — un uomo dai capelli argentati, vestito elegantemente - si è avvicinato al bar e ha ordinato champagne: un aperitivo pressoché obbligatorio, prima di una serata che promette di essere ricca di contatti, di buona musica e di un'eccellente vista sulla spiaggia e sugli
yacht ancorati nel porto. Lui ha notato che l'uomo ha trattato la cameriera in maniera rispettosa, ringraziando quando ha preso le coppe ed elargendo una buona mancia. I tre individui si conoscevano. Igor ha provato una gioia immensa quando l'adrenalina ha sferzato il suo sangue: il giorno seguente, avrebbe fatto in modo di rendere nota la sua presenza lì. A un certo punto, si sarebbero incontrati. E soltanto Dio sapeva quale sarebbe stato il risultato di quell'incontro. Igor - cattolico ortodosso — aveva fatto una promessa e un giuramento in una chiesa di Mosca, davanti alle reliquie di Santa Maddalena (che si trovavano nella capitale russa per una settimana, offerte all'adorazione dei fedeli). Aveva passato cinque ore in fila e, una volta arrivato davanti a esse, aveva ormai maturato la convinzione che si trattasse di una furba invenzione dei sacerdoti. Comunque, non voleva correre il rischio di mancare alla parola data. Aveva chiesto aiuto per poter raggiungere il suo obiettivo senza grandi sacrifici. Poi aveva promesso un'icona d'oro - l'avrebbe commissionata a un noto pittore che viveva in un monastero di Novosibirsk — per quando tutto fosse finito e lui avesse potuto rimettere piede nella terra natale. Alle tre del mattino, il bar dell'Hotel Martinez odora di fumo e sudore. Sebbene Jimmy abbia ormai smesso di suonare il piano — Jimmy, che calza scarpe di colore diverso e la cameriera sia molto stanca, gli ospiti ancora presenti rifiutano di andare via. Per loro, sembra indispensabile rimanere in questa lobby almeno per un'altra ora, o per tutta la notte, finché non accada qualcosa! In fin dei conti, sono ormai passati quattro giorni dall'inizio del Festival del Cinema di Cannes, e non è ancora accaduto niente. Su tavoli diversi, aleggia un unico pensiero: entrare in contatto con il Potere. Donne bellissime attendono che un produttore si innamori e affidi loro una parte importante nel prossimo film. Alcuni attori chiacchierano, ridendo e fingendo che niente li riguardi, ma tengono costantemente d'occhio la porta.
Qualcuno arriverà. Sì, qualcuno deve arrivare. I giovani registi, con una miriade di idee strabilianti, curriculum corredati di video, e letture approfondite di saggi su fotografia e sceneggiatura, attendono un colpo di fortuna: qualcuno che, reduce da una festa, cerchi un tavolo libero, ordini un caffè, si accenda una sigaretta, sfinito e annoiato dopo aver frequentato sempre gli stessi posti, e sia disponibile a una nuova avventura. Quanta ingenuità. Se ciò accadesse, le ultime parole che quella persona vorrebbe udire sarebbero quelle a proposito di un "nuovo progetto non ancora sviluppato da nessuno". Comunque, lo sconforto può ingannare il disperato. I potenti, che di tanto in tanto entrano, si limitano a lanciare un'occhiata intorno, prima di salire in camera. Loro non sono preoccupati. Sanno di non aver nulla da temere. La Superclasse non perdona i tradimenti, e tutti conoscono i propri limiti — non sono certo arrivati fin lì calpestando gli altri, malgrado sia ciò che si dice. D'altro canto, se c'è qualcosa di imprevisto e importante ancora da scoprire - sia nel mondo del cinema, sia in quello della musica o della moda si arriverà a trovarlo attraverso delle ricerche, e non certo nei bar degli alberghi. La Superclasse ora sta facendo l'amore con la giovane che è riuscita a imbucarsi nella festa, pronta ad accettare tutto. O si sta struccando, contemplando le proprie rughe e pensando che è giunto il momento di un nuovo intervento di chirurgia plastica. Oppure è impegnata a scorrere le notizie online per vedere se la sua dichiarazione di quel giorno è stata riportata. O sta ingollando la solita pillola per dormire, e quel té che promette un dimagrimento senza alcun sacrifìcio. O, ancora, sta spuntando sulla lista delle consumazioni le voci per la colazione in camera, prima di appenderla al pomello della porta, insieme con il cartello "Non disturbare". La Superclasse è sul punto di chiudere gli occhi e pensa: "Spero che il sonno arrivi presto; domani ho un appuntamento prima delle dieci." In qualsiasi caso, nel bar del Martinez, tutti sanno che i
potenti si trovano lì. E se sono lì, loro hanno una chance. Non li sfiora neppure l'idea che il Potere dialoga solo con il Potere. Che i potenti si incontrano di tanto in tanto per bere e mangiare insieme, per presenziare alle grandi feste, per alimentare la fantasia che il mondo del lusso e del glamour sia accessibile a tutti coloro che sono abbastanza coraggiosi da perseverare in un'idea. Quelle persone sanno di dover evitare le guerre allorché non risultano lucrose e, al contrario, di dover fomentare l'aggressività tra paesi o società quando prevedono che ciò potrebbe generare altro potere e altro denaro. Devono fingere di essere felici, sebbene siano ormai ostaggi del proprio successo. Devono continuare a battersi per aumentare la propria ricchezza e la propria influenza, magari già enormi — e questo perché la vanità della Superclasse li porta a una concorrenza spietata per stabilire chi sia veramente al top. In un mondo ideale, adesso il Potere converserebbe con attori, registi, stilisti e scrittori - le persone che, in questo momento, con gli occhi arrossati per la stanchezza, stanno pensando a come rientrare nelle stanze prese in affitto nei dintorni, per riprendere l'indomani la maratona di richieste, di tentativi, di appuntamenti, di disponibilità. Nel mondo reale, ora il Potere se ne sta chiuso nelle proprie camere a controllare la posta elettronica, a lamentarsi che le feste sono tutte uguali, che un certo gioiello di un'amica era più prezioso, che lo yacht acquistato dal concorrente è arredato in maniera splendida e unica - com'è possibile? Igor non ha nessuno con cui parlare: comunque è qualcosa che non gli interessa. Il vincitore è solo. Igor, uomo di successo, proprietario e presidente di una compagnia telefonica russa. Ha riservato con un anno di anticipo la migliore suite del Martinez (l'hotel richiede a tutti il pagamento di almeno dodici giorni di soggiorno, indipendentemente dal periodo di permanenza). È arrivato nel pomeriggio con un jet privato, ha fatto un bagno ed è sceso nella lobby con la speranza di vedere un'unica scena. Per qualche tempo, è stato importunato da attrici,
attori e registi, ma per tutti aveva in serbo un'ottima risposta: I don 't speak English, sorry. Polish. " Oppure: I don 't speak French, sorry. Mexican. " Qualcuno ha provato ad approcciarlo con alcune parole in spagnolo, ma Igor ha fatto ricorso a un secondo sistema: annotava delle cifre su un blocco, al fine di non sembrare né un giornalista (cui tutti sono interessati) né un individuo legato all'industria cinematografica. Accanto a sé, teneva una rivista di economia in cirillico (in fin dei conti, la maggior parte di quella gente non avrebbe saputo distinguere il russo dal polacco, e magari anche dallo spagnolo), con la foto di un industriale tutt'altro che interessante in copertina. I frequentatori del bar - che ritengono di conoscere piuttosto bene il genere umano - lasciano in pace Igor, pensando che sia uno di quei miliardari che vanno a Cannes solo per cercare di raccattare una donna. Quando la quinta persona si siede al suo tavolo e ordina un'acqua minerale, adducendo che "non c'è un altro posto libero", la voce si è ormai diffusa: tutti sanno che quell'uomo solitario non appartiene all'industria del cinema o della moda — e quindi Igor viene lasciato in pace, accantonato e definito un "profumo". "Profumo" è un termine gergale utilizzato dalle attrici (o dalle starlet, come vengono chiamate durante il Festival): è facile cambiare "i profumi" (come le marche delle fragranze), che spesso possono rivelarsi dei veri e propri tesori. I "profumi" vengono abbordati solo negli ultimi due giorni del festival, nel caso in cui le starlet non siano riuscite a trovare elementi interessanti nel campo dell'industria cinematografica. Dunque quell'uomo strano, con un'aria da ricco, può aspettare. Di certo, tutte le attricette sanno che è preferibile lasciare quel posto con un corteggiatore (che potrebbe diventare un produttore cinematografico), piuttosto che precipitarsi al prossimo evento, a ripetere il medesimo rituale: bere, sorridere - soprattutto sorridere -, fingere di non guardare nessuno mentre il cuore accelera i battiti e i minuti dell'orologio passano rapidamente, e le serate di
gala si susseguono: feste alle quali non sono state invitate, al contrario degli uomini. Sanno già cosa diranno i "profumi", perché si tratta sempre delle solite frasi, cui loro fingono di credere: a) "Io posso cambiare la tua vita"; In) "Molte donne vorrebbero essere al tuo posto"; e) "Ora sei giovane, ma devi pensare a cosa farai fra qualche anno. È il momento di fare un investimento a lungo termine"; d) "Sono sposato, ma mia moglie..." (Qui la chiusa della frase può variare: "... è malata", "... ha minacciato di suicidarsi se la lascio" ecc); e) "Tu sei una principessa e meriti di essere trattata come tale. Inconsciamente, io ti stavo aspettando. Non credo alle coincidenze, ma penso che dovremmo concedere un'opportunità a questa relazione". Il senso della conversazione non cambia. Ciò che varia è ottenere quanti più regali possibile (di preferenza gioielli, che si possono rivendere), farsi invitare a qualche festa su uno yacht, procacciarsi il maggior numero di biglietti da visita, udire nuove versioni dello stesso discorso, trovare il modo di ottenere un invito alle gare di Formula 1, frequentate dallo stesso tipo di gente e dove potrebbe celarsi la grande occasione. "Profumo" è anche il termine con cui i giovani attori si riferiscono alle vecchie miliardarie, campionari di chirurgia plastica e botulino, ma più intelligenti degli uomini. Infatti non sprecano il loro tempo: arrivano negli ultimi giorni, sapendo perfettamente che il loro potere di seduzione è insito soltanto nel denaro. I "profumi" maschi sono in errore: pensano che le gambe affusolate e i visi giovanili si lascino sedurre e, di conseguenza, possano essere manipolati a loro piacimento. I "profumi" femmine, invece, confidano nel potere dei propri brillanti - soltanto in questo. Igor non conosce nessuno di questi dettagli: è lì per la prima volta. Con una certa sorpresa, si è appena reso conto che la gente non sembra particolarmente interessata ai film, tranne le persone in quel bar. Ha sfogliato qualche
rivista, aperto la busta in cui una segretaria della sua società aveva messo gli inviti per le feste più importanti — nessuno che riguardasse una prima. Prima di sbarcare in Francia, si era premurato di informarsi sulle pellicole in concorso - comunque, aveva incontrato enormi difficoltà per ottenere la lista. Finché un amico aveva commentato: "Lascia perdere i film. Cannes è un festival di moda." Moda. Che cosa pensa la gente? Che la moda sia quella cosa che cambia con le stagioni dell'anno? Che questi individui siano convenuti qui da ogni parte del mondo per mostrare i loro abiti, i loro gioielli, le loro collezioni di calzature? Non sa che cosa significhi tutto ciò. "Moda" è solo un modo per dire: "Io appartengo al tuo mondo, indosso l'uniforme del tuo esercito. Non sparare in questa direzione." Da quando gli uomini e le donne hanno cominciato a convivere in gruppo nelle caverne, la moda si è proposta come l'unica maniera di esprimere qualcosa che tutti comprendano, anche senza conoscersi: "Poiché ci siamo vestiti in modo pressoché identico, io appartengo alla tua tribù. Uniamoci contro i più deboli, e così sopravvivremo." Ma lì ci sono persone convinte che la "moda" sia tutto. Ogni sei mesi, spendono una fortuna per mutare un piccolo dettaglio del loro essere e rimanere nell'esclusiva tribù dei ricchi. Se facessero una gita nella Silicon Valley, dove i miliardari delle industrie di informatica portano orologi di plastica e pantaloni lisi, comprenderebbero che il mondo è cambiato: tutti sembrano appartenere al medesimo censo, nessuno presta alcuna attenzione alla grandezza del diamante, alla marca della cravatta, al modello della borsa di cuoio. A proposito, pare che cravatte e borse di cuoio non esistano in quella zona del mondo; lì vicino, però, c'è Hollywood, una struttura assai più potente sebbene in decadenza -, la quale riesce ancora a far sì che gli ingenui credano nei vestiti di alta moda, nelle collane di smeraldi, nelle gigantesche limousine. E poiché queste cose appaiono nelle riviste, chi può avere interesse a distruggere un'industria che produce utili per miliardi di dollari attraverso la pubblicità, la vendita di oggetti
inutili, il cambiamento di tendenze superflue, la commercializzazione di creme identiche ma con etichette differenti? Ridicoli. Igor non riesce a nascondere l'odio che prova per tutti coloro che, con le proprie decisioni, condizionano la vita di milioni di uomini e donne, di onesti lavoratori che conducono un'esistenza dignitosa perché godono di buona salute, hanno un posto dove vivere e l'amore della famiglia. Perversi. Quando sembra che non ci sia alcun problema, quando le famiglie si riuniscono intorno alla tavola per cenare, si materializza il fantasma della Superclasse, vendendo sogni impossibili: lusso, bellezza, potere. E la famiglia si disgrega. Il padre trascorre notti insonni, facendo gli straordinari per poter comprare il nuovo modello di scarpe da ginnastica al figlio, che altrimenti, a scuola, sarà emarginato. La moglie piange in silenzio perché le amiche indossano abiti firmati, mentre lei non ha soldi da sprecare. Gli adolescenti, anziché perseguire i valori autentici e profondi della fede e della speranza, sognano di diventare artisti. Le giovani provinciali tradiscono la propria identità e prendono in considerazione la possibilità di trasferirsi nella grande città e accettare qualsiasi cosa — assolutamente qualsiasi cosa — pur di arrivare a possedere un certo gioiello. Un mondo che dovrebbe proiettarsi verso la giustizia prende a ruotare intorno alla materia, intorno a qualcosa che nel giro di sei mesi non servirà più a niente, che si dovrà rinnovare: ma soltanto in questo modo il "circo" può continuare a mantenere sulla vetta del mondo quelle creature spregevoli che ora si trovano a Cannes. Igor non si lascia certo influenzare da questo potere distruttivo. Svolge uno dei lavori più invidiabili del mondo. Ogni giorno guadagna molto più denaro di quanto potrebbe spenderne in un anno, anche se decidesse di concedersi ogni piacere immaginabile - sia legale che fuorilegge. Gli è piuttosto facile sedurre una donna, anche prima che lei sia a conoscenza del fatto che è un uomo ricco - l'ha sperimentato spesso, e ha sempre funzionato. Ha appena compiuto quarant'anni, è in splendida forma, si è
sottoposto al solito check-up annuale, che non ha evidenziato alcun problema di salute. Non ha debiti. Non ha bisogno di vestire una certa griffe, di frequentare quel tale ristorante, di trascorrere le vacanze sulla spiaggia dove "andranno tutti" o di comprare un modello di orologio solo perché è pubblicizzato da uno sportivo famoso. Può firmare importanti contratti con una penna da pochi centesimi, indossare giacche comode ed eleganti, confezionate su misura in un negozietto accanto al suo ufficio indumenti che non portano etichetta. Può fare ciò che desidera, senza dover dimostrare a nessuno che è ricco, che fa un lavoro interessante ed è entusiasta della propria vita. Forse è proprio quello il problema: è sempre entusiasta di ciò che fa. È convinto sia questa la ragione per cui la donna che qualche ora prima è entrata nel bar non è seduta al suo tavolo. Si sforza di continuare a riflettere, per passare il tempo. Ordina a Kristelle un altro drink - conosce il nome della cameriera perché un'ora prima, quando il locale era meno frequentato (le persone erano ancora alle cene), ha chiesto un whisky, e la ragazza gli ha detto che lui sembrava triste, che avrebbe dovuto mangiare qualcosa e tirarsi su. Lui aveva ringraziato per quell'interessamento - gli era piaciuto che qualcuno si preoccupasse veramente del suo stato d'animo. Forse è l'unico a sapere come si chiama la persona che lo sta servendo: gli altri vogliono conoscere il nome — e se possibile la carica - dei vari individui che sono seduti ai tavoli e sprofondati nelle poltrone. Si impegna per seguitare a riflettere, ma sono ormai le tre del mattino passate, e la bella donna e l'uomo educato tra parentesi, fisicamente gli assomiglia moltissimo — non sono tornati. Forse sono andati difilato in camera e ora stanno facendo l'amore, o magari stanno bevendo champagne su qualche yacht, dove la festa comincia quando le altre sono prossime a concludersi. Forse sono sdraiati sul letto a leggere qualche rivista, senza neppure guardarsi. Tutto questo non ha importanza. Igor è solo e stanco, e ha bisogno di dormire.
7:22 AM. Si sveglia alle 7:22 del mattino. È molto più presto di quanto richiedesse il suo corpo, ma non ha ancora avuto il tempo di adattarsi alla differenza di fuso tra Mosca e Parigi: se fosse nel suo ufficio, avrebbe già partecipato almeno a due o tre riunioni con i collaboratori e starebbe riflettendo su dove andare a pranzo con qualche nuovo cliente. Ma il suo compito lì è un altro: trovare qualcuno da sacrificare in nome dell'amore. Gli occorre una vittima, in modo che Ewa possa capire il messaggio, quella mattina stessa. Fa la doccia, scende per la colazione in un ristorante dove quasi tutti i tavoli sono liberi e, poi, s'incammina lungo la Croisette, il lungomare sul quale si affacciano i principali alberghi di lusso. Non c'è traffico - una parte della carreggiata è chiusa al traffico e possono transitare solo le auto munite di un'autorizzazione ufficiale. La corsia in senso contrario è deserta, gli abitanti della città si stanno preparando per recarsi al lavoro. Non prova alcun risentimento: ormai ha superato la fase più difficile, quando non riusciva a dormire per il tormento e l'odio che nutriva. Oggi, riesce persino a comprendere l'atteggiamento di Ewa: in fin dei conti, la monogamia è un mito inculcato a forza nell'essere umano. Ha letto molto sull'argomento: non si tratta di un eccesso di ormoni o di vanità, bensì di una configurazione genetica riscontrata praticamente in tutti gli animali. I risultati delle ricerche sono incontrovertibili: gli scienziati hanno sottoposto a test di paternità uccelli, scimmie e volpi, scoprendo che, anche se queste specie hanno sviluppato una relazione sociale molto simile al matrimonio, ciò non significa che i soggetti interessati siano reciprocamente fedeli. Nel 70% dei casi, il cucciolo è bastardo. Igor rammenta sempre un paragrafo di un saggio di David Barash, docente di psicologia della University of Washington di Seattle: "Si dice che solo i cigni siano fedeli, ma anche questa è
una menzogna. L'unica specie della natura che non commette adulterio è l'ameba della varietà Diplozoon paradoxum. I due soggetti si incontrano in giovane età, e i loro corpi si fondono in un unico organismo. Tutti gli altri animali sono in grado di tradire." Perciò non può accusare Ewa di niente - lei ha semplicemente seguito un istinto della razza umana. Ma siccome è stata educata all'interno di convenzioni sociali che non rispettano la natura, in questo momento dovrebbe sentirsi in colpa, pensando che lui non l'ami più e che non la perdonerebbe mai. Al contrario: lui è disposto a tutto, persino a mandare dei messaggi che cancelleranno universi e mondi di altre persone, soltanto per farle capire che non solo sarà riaccolta con gioia, ma anche che il passato sarà sepolto senza neppure una domanda. Incontra una giovane che sta disponendo le proprie mercanzie sul marciapiede: oggetti di artigianato di dubbio gusto. Sì, ecco il sacrificio. Lei è il messaggio che deve inviare e che sicuramente sarà compreso appena giungerà a destinazione. Prima di avvicinarsi, Igor la osserva con tenerezza: quella giovane non sa che fra poco, se tutto cospirerà in favore di quella scelta, la sua anima vagherà tra le nuvole, libera per sempre da un lavoro idiota che non le permetterà mai di arrivare dove i suoi sogni vorrebbero che si trovasse. "Quanto costa?" domanda Igor, in un francese fluente. "Quale desidera, signore?" "Tutti." La giovane - non deve avere più di vent'anni — sorride. "Non è la prima volta che mi fanno una simile proposta. Il prossimo passo sarà: "Ti va di fare un giro con me? Sei troppo carina per stare qui, a vendere queste cose. Io sono..." "... No, io non sono... Io non lavoro nel cinema. Non farò di te un'attrice e non cambierò la tua vita. E tanto meno sono interessato alle cose che vendi. Ho soltanto voglia di chiacchierare, e possiamo farlo anche qui." La giovane svìa lo sguardo.
"Quest'attività appartiene ai miei genitori, e io sono orgogliosa del lavoro che faccio. Un giorno passerà qualcuno che riconoscerà il valore dei vari oggetti. La prego, se ne vada. Non le sarà difficile trovare una persona che voglia ascoltare ciò che ha da dire." Igor estrae dalla tasca una mazzetta di banconote e gliela posa gentilmente accanto. "Mi scuso per la rozzezza. Volevo solo che abbassassi il prezzo. Piacere, il mio nome è Igor Malev. Sono arrivato ieri da Mosca e mi sento ancora stordito per la differenza di fuso." "Io mi chiamo Olivia," dice la ragazza, fingendo di credere a quella che reputa una menzogna. Senza domandarle permesso, Igor si siede accanto a lei, che si scosta leggermente. "Di che cosa vuole chiacchierare?" "Prima prendi le banconote." Olivia esita. Poi, guardandosi intorno, capisce che non c'è alcun motivo di avere paura. Ora le automobili percorrono l'unica carreggiata disponibile, alcuni giovani si dirigono verso la spiaggia, e una coppia di anziani si sta avvicinando sul marciapiede — rivolge un cenno col capo. Infila il denaro in tasca, senza contarlo - l'esperienza le consente di reputarlo più che sufficiente. "Grazie per aver accettato la mia offerta, " risponde il russo. "Di cosa voglio chiacchierare? Per la verità, niente di particolarmente importante." "Ma... lei si troverà qui per qualche ragione! Nessuno visita Cannes in un periodo in cui la città risulta insopportabile sia per gli abitanti che per i turisti." Igor fissa il mare e si accende una sigaretta. "Il fumo è nocivo." Lui ignora il commento. "Per te, qual è il senso della vita?" domanda. "Amare." Olivia sorride. È un'ottima maniera di iniziare la giornata — parlando di argomenti più profondi rispetto al prezzo dei vari oggetti di artigianato, o all'abbigliamento della gente.
"E per lei, invece?" "Be'... sì, amare. Ma ho anche pensato che fosse importante avere denaro sufficiente per dimostrare ai miei genitori che sono un vincente. Ci sono riuscito, e oggi sono orgogliosi di me. Ho incontrato la donna perfetta, mi sono creato una famiglia, vorrei avere dei figli, onorare e temere Dio. I figli, però, non sono arrivati." Olivia pensa che sarebbe gentile domandargli il motivo. Ma quell'uomo sui quarantanni, che parla un francese perfetto, continua: "Abbiamo considerato l'ipotesi di adottare un bambino. Ci abbiamo riflettuto per due o tre anni. La nostra vita, però, ha cominciato a essere piuttosto movimentata: viaggi, feste, appuntamenti, affari..." "Quando si è seduto accanto a me per chiacchierare, ho pensato che fosse uno dei molti miliardari eccentrici in cerca di avventure. Sono proprio contenta di parlare di questi argomenti." "Pensi mai al tuo futuro?" "Certo! E credo che i miei sogni siano uguali ai suoi. Anch'io voglio avere dei figli, ovviamente." La giovane fa una pausa. Non intende ferire quell'interlocutore comparso in maniera così inaspettata. "... Se ciò risulterà possibile, è chiaro. A volte, Dio ha altri piani." Lui sembra non prestare attenzione alla risposta. "Per il festival vengono solo miliardari?" "Milionari, gente che crede di essere tale, o persone che vogliono diventarlo. In questi giorni, questa zona della città sembra un manicomio: tutti si comportano come se fossero persone importanti, tranne quelli che lo sono davvero - sono più gentili, non devono dimostrare niente a nessuno. Non sempre comprano le mie mercanzie, ma almeno sorridono, mi rivolgono qualche parola gentile e mi guardano con un certo rispetto. Lei che cosa sta facendo qui? "Dio ha creato il mondo in sei giorni. Ma che cos'è il mondo? È quello che vediamo tu e io? Ogni volta che muore un individuo, una parte dell'universo viene
distrutta. Tutto ciò che quell'essere umano ha sentito, provato, contemplato sparisce con lui, proprio come le lacrime si stemperano nella pioggia." "Come le lacrime nella pioggia... È vero. Ho visto un film in cui veniva pronunciata questa frase. Non ricordo il titolo." "Io non sono qui per piangere. Sono a Cannes per mandare dei messaggi alla donna che amo. E, per fare ciò, devo distruggere alcuni mondi." Anziché spaventarsi per quel commento, Olivia ride. Quell'uomo di bell'aspetto e ben vestito sembra non avere niente del folle. È davvero stanca di udire sempre i medesimi commenti: "Sei molto carina... Potresti ritrovarti in una situazione molto migliore... Qual è il prezzo di questo... Quanto costa quello... È estremamente caro... Faccio un giro e torno più tardi [Non accadeva mai, è evidente]", ecc. Perlomeno quel russo aveva il senso dell'umorismo. "E perché distruggere un mondo?" "Per ricostruire il mio." Olivia potrebbe tentare di consolare la persona che le siede accanto. Ma teme di udire la solita frase: "Vorrei che tu dessi un significato alla mia vita", e allora la conversazione si concluderebbe immediatamente, perché i suoi piani per il futuro sono altri. Oltretutto, da parte sua sarebbe stato perfettamente idiota tentare di insegnare a un uomo più anziano e di successo come superare le difficoltà. La via d'uscita è cercare di scoprire qualcos'altro della sua vita. In fin dei conti, lui ha pagato - e lautamente - il suo tempo. "Come intende agire?" "Hai qualche conoscenza riguardo ai rospi?" "Rospi?" Lui continua: "Svariati studi biologici dimostrano che un rospo collocato in un recipiente con l'acqua del suo stagno rimane immobile per tutto il tempo in cui il liquido viene riscaldato. L'animale non reagisce al graduale aumento della temperatura, ai mutamenti d'ambiente e, gonfio e felice,
muore quando l'acqua arriva a ebollizione. "D'altro canto, un rospo gettato nel medesimo recipiente con l'acqua già bollente balza immediatamente fuori. Mezzo bruciacchiato, ma vivo." Olivia non capisce cosa c'entri tutto questo con la distruzione di un mondo. Igor, però, continua: "Io mi sono comportato come il rospo messo a mollo nell'acqua del suo stagno. Non ho colto i cambiamenti. Pensavo che andasse tutto bene, che il malessere sarebbe passato, che fosse questione di tempo. Mi sono sentito sul punto di morire, allorché ho perduto la cosa più importante della mia vita. Anziché reagire, ho continuato a starmene lì, apatico, mentre l'acqua si riscaldava minuto dopo minuto." Olivia prende coraggio e domanda: "Cos'ha perduto?" "Per la verità, io non ho perduto niente: ci sono momenti in cui la vita separa due persone solo perché capiscano quanto l'una sia importante per l'altra. Diciamo che, ieri sera, ho visto mia moglie con un altro uomo. So che mi ama ancora, che lei desidera tornare, anche se non ha il coraggio di compiere questo passo. Alcuni rospi bolliti sono convinti che la cosa fondamentale sia l'obbedienza, e non l'adeguatezza: comanda chi è nelle condizioni di farlo, e obbedisce chi ha senno. Ma... in tutto questo, dov'è la verità? È meglio uscire mezzo bruciacchiato da una situazione, ma vivo e pronto all'azione. "E sono sicuro che tu puoi aiutarmi in questa faccenda." Olivia cerca di immaginare cos'abbia in mente quell'uomo. Ma come si può abbandonare una persona così interessante, in grado di conversare su argomenti che lei non aveva neppure mai udito? Insomma, nell'amore non c'è alcuna logica — malgrado la giovane età, è qualcosa che sa. Per esempio, il suo fidanzato arriva a comportarsi in maniera brutale, talvolta la picchia senza motivo, eppure non riesce a stare un giorno lontana da lui. Ma di cosa stanno parlando? Di rospi. E del fatto che lei possa aiutarlo. Ma, ovviamente, le risulta impossibile, e dunque è meglio cambiare argomento.
"E come intende distruggere un mondo?" Igor indica l'unica corsia libera dal traffico della Croisette. "Immaginiamo che io non desideri che tu vada a una festa, ma che non possa dichiararlo apertamente. Se aspettassi l'ora di maggior traffico e fermassi una macchina in mezzo a questa strada, nel giro di dieci minuti il viale della litoranea sarebbe congestionato. Gli autisti penserebbero: "Ci sarà stato un incidente," e mostrerebbero una certa pazienza. Dopo un quarto d'ora, arriverebbe la polizia con un carro-attrezzi per rimuovere l'auto bloccata." "È successo centinaia di volte." "Ma io sarei già uscito dall'auto e avrei disseminato chiodi e oggetti taglienti tutt'intorno. Con molta circospezione, affinchè nessuno se ne accorgesse. Avrei avuto l'accortezza di dipingere tutti quegli oggetti di nero, dimodoché si confondessero con l'asfalto. Allorché il carro-attrezzi si avvicinasse, gli pneumatici scoppierebbero. A questo punto, si dovrebbero affrontare due problemi - e l'imbottigliamento avrebbe quasi interessato la periferia della città, dove probabilmente abiti tu." "Molto creativa come idea. Ma, al massimo, riuscirebbe a farmi ritardare di un'ora." Adesso è Igor a sorridere. "Bene, potrei dilungarmi per ore sul modo di ingigantire il problema: allorché la gente si fosse radunata per dare una mano, per esempio, magari lancerei una piccola bomba fumogena sotto l'automezzo di soccorso. Tutti si spaventerebbero. Io risalirei in macchina, fìngendo di essere disperato, e avvierei il motore: contemporaneamente, spargerei del liquido per accendisigari sui tappetini della vettura, e appiccherei il fuoco. Avrei il tempo di balzare fuori e assistere alla scena: l'abitacolo avvolto dalle fiamme, che raggiungerebbero il serbatoio della benzina; poi l'esplosione, che colpirebbe anche l'auto che segue - e così via, in una reazione a catena. E ciò accadrebbe servendomi solo di un'automobile, di alcuni chiodi, di un fumogeno acquistabile in qualsiasi negozio di giochi pirici e una piccola confezione di liquido per accendisigari.
Igor tira fuori da una tasca un flaconcino e lo mostra alla ragazza. "... Grande come questa. Ecco cosa avrei dovuto fare, quando ho capito che Ewa se ne sarebbe andata. Ritardare la sua decisione, agire affinchè ci ripensasse, valutasse le conseguenze. Quando si comincia a riflettere sulle decisioni da prendere, generalmente si finisce per rinunciare necessario molto coraggio per compiere determinati passi. "Ma io mi sono mostrato orgoglioso, e ho pensato che si trattasse di un cedimento, che lei se ne sarebbe resa conto. Sono sicuro che ora è pentita, e desidera tornare — sì, sono sicuro. Ma, per arrivare a questo, ci sarà bisogno che distrugga alcuni mondi." L'espressione dell'uomo è cambiata, e Olivia comincia a non trovare più divertente quella conversazione. Si alza. "Be', devo mettermi al lavoro." "Ma io ti ho pagato perché mi ascoltassi. Ho sborsato abbastanza denaro per ricompensarti di tutta la giornata di lavoro." Lei infila la mano in tasca per prendere le banconote che le erano state consegnate e, in quel momento, scorge la pistola puntata contro il viso. "Siediti." Il primo impulso è quello di scappare. La coppia di anziani si sta avvicinando lentamente. "Non andartene," dice lui, come se le leggesse nel pensiero. "Non ho affatto intenzione di sparare — se ti siedi e ascolti sino alla fine. Se non reagirai, limitandoti a obbedire, giuro che non farò fuoco." Nella mente di Olivia scorrono velocemente alcune opzioni. La prima: correre via a zig-zag - ma si rende conto di avere le gambe molli. "Siediti," dice l'uomo. "Non ti sparerò, se farai ciò che ti ordino. Lo prometto." Sì, sarebbe una follia sparare con quell'arma in una mattina di sole, mentre le auto transitano lungo la strada, le persone si recano alla spiaggia, il traffico va intensificandosi e i passanti cominciano ad affollare il marciapiede. Meglio fare quello che dice lui - per il semplice fatto che
non è in condizione di agire diversamente. È sul punto di svenire. Obbedisce. Ora deve convincerlo di non essere una minaccia: deve ascoltare le sue geremiadi di marito abbandonato, promettere di non aver visto niente, e appena comparirà un poliziotto, impegnato nel solito giro di ronda, gettarsi a terra e urlare, chiedendo aiuto. "So esattamente cosa stai provando..." La voce dell'uomo cerca di calmarla. "I sintomi della paura sono immutabili sin dalla notte dei tempi. Erano questi quando gli esseri umani affrontavano le bestie feroci, e non sono cambiati fino a oggi: il sangue defluisce dalle guance e dall'epidermide, per proteggere l'interno del corpo ecco spiegata l'insorgenza del pallore. I visceri perdono elasticità e vigore, e rilasciano tutto, per evitare che sostanze tossiche possano contaminare l'organismo. In un primo momento, le membra rifiutano di muoversi, per non provocare la belva, per far sì che non attacchi al minimo gesto sospetto." "È tutto un sogno," pensa Olivia. Le vengono in mente i genitori: per la verità, quella mattina avrebbero dovuto esserci loro lì, ma avevano passato l'intera notte a lavorare al confezionamento della bigiotteria, giacché si prevedeva una giornata movimentata. Qualche ora prima, lei stava facendo l'amore con il fidanzato: credeva che fosse l'uomo della sua vita, anche se ogni tanto si comportava in modo violento — avevano avuto un orgasmo simultaneo, la qual cosa non succedeva ormai da tempo. Quella mattina, dopo colazione, aveva deciso di tradire le proprie abitudini e non fare la doccia: si sentiva libera, piena di energia, contenta della vita. No, non stava accadendo veramente. Meglio dimostrare una certa calma. "Parliamo. Lei ha comprato tutti i miei oggetti, e ora stiamo conversando. Io non mi sono alzata per andare via." Igor appoggia delicatamente la canna dell'arma sulle costole della giovane. La coppia di anziani passa: li guarda, ma non si accorge di niente. Ecco la figlia del portoghese che, come al solito, sta cercando di accalappiare un
qualche individuo di sesso maschile con le sue folte sopracciglia e il sorriso da bambina. Non è la prima volta che la vedono con un estraneo che, dagli abiti, sembra ricco. Olivia li fissa, come se lo sguardo potesse comunicare qualcosa. L'uomo accanto a lei dice, con voce allegra: "Buongiorno!" La coppia si allontana senza proferire parola — entrambi non erano soliti parlare con gli estranei, o salutare le venditrici ambulanti. "Sì, chiacchieriamo." Il russo ha rotto il silenzio. "Di certo, non agirò con questo traffico: si trattava soltanto di un esempio. Mia moglie apprenderà della mia presenza quando comincerà a ricevere i messaggi. Di sicuro, non farò la cosa più ovvia: e cioè cercare di incontrarla. Voglio che sia lei a venire da me." Ecco una via d'uscita. "Posso consegnarle i messaggi, se vuole. Basta che mi dica in quale albergo alloggia." L'uomo ride. "Hai il vizio di tutte le persone della tua età: credi di essere più furba degli altri. Comunque, immagino che non appena ti allontanerai da qui, andrai subito alla polizia." Si è sentita raggelare. Allora sarebbero rimasti lì per tutta la giornata? Lui le avrebbe sparato comunque, visto che ormai conosceva il suo volto? "Lei ha detto che non avrebbe sparato." "Ho promesso che non lo farò, se ti comporterai come un'adulta che rispetta la mia intelligenza." Sì, ha ragione lui. Ed essere adulta significa parlare di se stessa. Magari approfittare della compassione che alligna sempre nella mente di un folle. Spiegare che vive in una situazione borderline, anche se non è vero. Un ragazzo passa correndo, con gli auricolari dell'iPod nelle orecchie. Non si prende neppure la briga di guardare. "Convivo con un uomo che mi rende la vita un inferno, eppure non riesco a liberarmi di lui."
Gli occhi di Igor cambiano espressione. Olivia crede di aver trovato un modo per sfuggire a quella trappola. "Sii perspicace. Non offrirti. Pensa alla donna dell'individuo che ti sta accanto." "Dimostrati sincera." "Mi ha isolato dagli amici. E' ossessionato dalla gelosia, anche se può avere ogni donna che desidera. Critica qualsiasi cosa faccia, dice che non ho ambizioni. Controlla l'esiguo denaro che guadagno come commissione sulla vendita della bigiotteria." In silenzio, l'uomo seguita a fissare il mare. Il marciapiede si riempie di gente: che cosa accadrebbe se semplicemente si alzasse e fuggisse? Avrebbe il coraggio di sparare? È vera, quell'arma? Sa di aver toccato un argomento che forse lo mette più a suo agio. Meglio non correre il rischio di fare una follia - la giovane ripensa allo sguardo e alla voce di qualche minuto prima. "Eppure non riesco a lasciarlo. Anche se incontrassi il migliore, il più ricco, il più generoso degli esseri umani che vivono sulla Terra, non cambierei il mio fidanzato. No, non sono masochista, non provo alcun piacere nell'essere umiliata continuamente - io lo amo." Ha avvertito la canna dell'arma che le premeva di nuovo sulle costole. Forse aveva detto qualcosa di sbagliato. "Io non sono come quel mascalzone del tuo fidanzato..." Adesso la voce era carica d'odio. "Ho lavorato sodo per costruire ciò che possiedo. Ho lavorato duro, ho subito innumerevoli traversie, ma sono sopravvissuto: ho lottato onestamente, anche se talvolta sono stato costretto a mostrarmi ruvido e implacabile. Ma sono sempre stato un buon cristiano. Ho amici influenti, e non mi sono mai comportato da ingrato. Insomma, ho fatto tutto nel modo giusto. "Non ho mai annientato nessuno sulla mia strada. Ogniqualvolta ho potuto, mi sono adoperato affinchè mia moglie facesse ciò che voleva. Ed ecco il risultato: ora sono solo. Sì, ho ucciso alcuni esseri umani durante una guerra idiota, eppure non ho perduto il senso della realtà. Non sono un reduce traumatizzato, che entra in un ristorante e spara
all'impazzata con il mitra. Non sono un terrorista. Avrei potuto pensare che la vita sia stata ingiusta con me, che mi abbia sottratto la cosa più importante: l'amore. Ma ci sono altre donne, e le pene d'amore passano. Ho bisogno di agire: sono stanco di essere un rospo bollito a poco a poco." "Poiché sa che esistono altre donne, e che le pene si superano, perché soffrire tanto?" Sì, si stava comportando da adulta - era sorpresa per la calma con cui tentava di tenere a bada quel folle. L'uomo è sembrato sul punto di vacillare. "Non saprei rispondere. Forse perché sono stato abbandonato molte volte. Forse perché devo dimostrare a me stesso di cosa sono capace. Forse perché ho mentito, e non ci sono altre donne - ce n'è soltanto una. Comunque, ho un piano." Qual e? "Te l'ho già detto. Distruggere dei mondi. E continuare finché lei non si renderà conto di quanto è importante per me. E che, pur di riaverla al mio fianco, io sono disposto a correre qualsiasi rischio." La polizia! Entrambi hanno notato che si sta avvicinando un'auto della polizia. "Scusa," dice l'uomo "Avrei voluto continuare a parlare, visto che anche con te la vita non si è rivelata giusta." Olivia coglie la sentenza di morte. E poiché non ha più niente da perdere, fa il gesto di alzarsi. Ma la mano dello straniero si posa sulla sua spalla destra, come se l'abbracciasse con affetto. La Samozascita Bez Oruziya, o "Sambo" - com'è più conosciuta tra i russi -, è l'arte di uccidere rapidamente con le mani, senza che la vittima si renda conto di ciò che sta succedendo. È stata sviluppata nel corso dei secoli, quando i popoli e le tribù dovevano affrontare gli invasori senza l'ausilio delle armi. Venne ampiamente utilizzata dall'apparato sovietico per eliminare gli oppositori senza lasciare traccia. Tentarono di introdurla come disciplina alle olimpiadi del 1980 a Mosca, ma fu scartata perché troppo pericolosa — malgrado gli sforzi dei comunisti per
far ammettere nei giochi uno sport che praticavano soltanto loro. Perfetto. Proprio per questo, solo poche persone conoscono le sue mosse. Il pollice destro di Igor preme sulla giugulare di Olivia — il suo sangue non affluisce più al cervello. Intanto, l'altra mano esercita una pressione su un punto specifico dell'ascella, provocando la paralisi dei muscoli. Nessuna contrazione: si tratta soltanto di aspettare due minuti. Olivia sembra essersi addormentata fra le sue braccia. L'auto della polizia transita alle loro spalle, percorrendo la corsia chiusa al transito. Gli agenti non notano quella coppia abbracciata - hanno ben altro di cui preoccuparsi, quella mattina: devono fare in modo che la circolazione non s'interrompa, un incarico praticamente impossibile da rispettare. Hanno appena ricevuto una chiamata via radio: pare che un miliardario ubriaco abbia avuto un incidente con la sua limousine a tre chilometri da lì. Senza ritrarre il braccio su cui si appoggia la ragazza, Igor si abbassa e, con l'altra mano, raccoglie il telo sul marciapiede, sopra il quale erano esposti i manufatti di pessimo gusto. Con un gesto rapido, lo ripiega trasformandolo in un guanciale. Quando si rende conto che non c'è nessuno nei paraggi, con la massima cautela depone il corpo inerte sul terreno: sembra che la ragazza stia dormendo - forse ricorda in sogno una giornata bellissima, o forse è sprofondata in un incubo con il fidanzato violento. Soltanto la coppia di anziani aveva notato la loro presenza lì. E semmai fosse stato scoperto un delitto - cosa che Igor riteneva alquanto improbabile, poiché non esisteva alcun segno visibile —, lo avrebbero descritto alla polizia come un tipo biondo, o forse bruno, più vecchio o magari più giovane di quanto realmente apparisse: non c'era motivo di preoccuparsi, giacché le persone non prestano mai attenzione a ciò che accade nel mondo. Prima di allontanarsi, ha baciato sulla fronte quella bella dormiente che non si sarebbe mai risvegliata, e ha
mormorato: "Come vedi non ho tradito la mia promessa. Non ho sparato." Dopo aver fatto qualche passo, ha cominciato ad avvertire un dolore fortissimo alla testa. Normale: il sangue affluisce velocemente al cervello, una reazione pienamente plausibile per un soggetto che si sia appena liberato da uno stato di tensione estrema. Malgrado il mal di testa, era felice. Sì, ce l'aveva fatta. Sì, ne era stato capace. Ed era ancora più felice perché aveva liberato l'anima di quel corpo fragile, di quello spirito che non riusciva a reagire agli abusi di un vigliacco. Se quel rapporto morboso fosse continuato, ben presto la ragazza sarebbe diventata depressa e ansiosa, avrebbe perduto la stima di sé e si sarebbe dimostrata sempre più dipendente dal potere del fidanzato. Con Ewa non era accaduto niente di tutto ciò. Era sempre stata in grado di prendere le proprie decisioni; aveva beneficiato del suo appoggio morale e materiale, allorché si era intestardita per aprire il negozio di alta moda; era sempre stata libera di viaggiare quando e dove volesse. Lui si era sempre dimostrato un uomo, un marito esemplare. Eppure la donna aveva commesso un errore: non aveva saputo comprendere il suo amore — proprio come non aveva capito il suo perdono. Ma lui sperava che i suoi messaggi le sarebbero giunti - del resto, il giorno in cui lei aveva deciso di andarsene, Igor l'aveva avvisata che sarebbe stato pronto a distruggere dei mondi, pur di riaverla accanto a sé. Prende il cellulare che ha appena acquistato, caricato con un credito minimo. E digita un messaggio. 11:00 AM. A quanto si racconta, tutto inizia con una sconosciuta francese di diciannove anni che posa in bikini sulla spiaggia per alcuni fotografi inoperosi durante il Festival di Cannes del 1953. Poco tempo dopo, la ragazza assurgeva alla popolarità, e il suo nome si trasformava in una
leggenda: Brigitte Bardot. E adesso tutte pensano di poter percorrere la medesima strada! Nessuno comprende più l'importanza di essere attrice: ora conta soltanto la bellezza. Ecco perché bionde fanciulle, con gambe affusolate e capelli tinti, viaggiano per centinaia o migliaia di chilometri per essere lì, foss'anche solo per passare l'intera giornata sulla spiaggia, con la speranza di essere ammirate, fotografate, scoperte. Vogliono sottrarsi alla trappola che attende quasi ogni donna: quella di diventare una casalinga, che prepara la cena al marito quotidianamente, porta i figli a scuola tutti i giorni, tenta di scoprire qualche piccolo dettaglio della vita dei vicini di cui poter parlare con le amiche. Ora vogliono la fama, la celebrità e il glamour, l'invidia dei concittadini, delle ragazze e dei giovani che le hanno sempre trattate come il brutto anatroccolo, senza sapere che sarebbero sbocciate come un fiore ricercato da tutti, che avrebbero rivelato la leggiadria di un cigno. Una carriera in un mondo da sogno: ecco cos'è importante, anche se devono chiedere i soldi in prestito per l'impianto di una protesi al silicone ai seni, o per comprare abiti più provocanti. Lezioni di teatro? Non ce n'è bisogno: sono sufficienti la bellezza e le conoscenze giuste - il cinema può tutto. Purché si riesca a entrare in quel mondo di celluloide. Tutto per sfuggire alla trappola delle città di provincia e dei giorni sempre uguali. Milioni di persone che non si preoccupano di ciò — e dunque che vivano la loro vita come preferiscono. La ragazza che sceglie di venire al Festival deve lasciarsi alle spalle la paura ed essere pronta a tutto: ad agire senza esitazione; a mentire, se occorre; a diminuirsi l'età; a sorridere anche a chi detesta; a fìngere di essere interessata a persone prive di qualsiasi attrattiva; a dire: "Ti amo", senza pensare alle conseguenze; a pugnalare alle spalle l'amica che l'ha aiutata in un particolare momento, ma che ora si è trasformata in una fastidiosa concorrente. Ad andare avanti, senza rimorsi né vergogna. La ricompensa finale merita qualsiasi sacrifìcio. Fama.
Celebrità e glamour. Questi pensieri irritano Gabriela: non è il modo migliore di iniziare un nuovo giorno. Oltre tutto, è reduce da una sbronza. Per lo meno ha un motivo per consolarsi: non si è svegliata in un albergo a cinque stelle, accanto a un uomo che le chiede di vestirsi e andarsene perché ha molte cose importanti di cui occuparsi, tipo comprare o vendere i film che ha prodotto. Si rizza a sedere e si guarda intorno: vuole vedere se c'è ancora qualcuna delle sue amiche. Ovviamente no: sono già tutte sulla Croisette, nelle piscine, nei bar degli alberghi, sugli yacht, alla ricerca di inviti a pranzo e incontri sulla spiaggia. Cinque materassini sono sparsi sul pavimento del piccolo appartamento affittato a un prezzo esorbitante. Intorno a quegli improbabili giacigli, abiti, scarpe, grucce che nessuno si è preoccupato di riporre nell'armadio. "Qui, i vestiti meritano più spazio delle persone." Certo, visto che nessuna di loro poteva concedersi il lusso — il sogno - di indossare abiti di Elie Saab, Karl Lagerfeld, Versace o Galliano, restava ciò che poteva dirsi indispensabile, quello che comunque occupava praticamente l'intero appartamento: bikini, minigonne, magliette, scarpe con tacchi e zeppe, oltre a un'immensa quantità di trucchi. " Un giorno indosserò ciò che amo e voglio. In questo momento, mi occorre soltanto un'occasione." Ma perché brama solo un'occasione? Semplice. Perché sa di essere migliore delle altre, malgrado la pessima carriera scolastica, malgrado le delusioni che aveva dato ai genitori, malgrado le sfide che — da allora - si impone di affrontare per dimostrare a se stessa di poter superare le difficoltà, le frustrazioni e le sconfìtte subite. Lei è nata per vincere e brillare - riguardo a questo, non nutre il minimo dubbio. "E quando otterrò ciò che ho sempre desiderato, so che mi domanderò: mi amano e mi ammirano per quello che sono o per la mia notorietà?
Conosce persone che sono diventate famose attraverso i set e i palcoscenici. Al contrario di quanto immaginava, non sono serene: sono insicure, dubbiose, infelici quando si ritrovano a vivere fuori da una scena. Scelgono di fare le attrici per non dover rappresentare se stesse, agiscono con la paura di compiere un passo falso che possa pregiudicare la loro carriera. "Ma io sono diversa. Sono sempre stata me stessa." Davvero? O non sarà che tutte coloro che si trovano nella medesima condizione pensano la stessa cosa? Si alza e si prepara un caffè - la cucina è sporca: nessuna delle ragazze si è preoccupata di lavare le stoviglie. Non sa perché si sia svegliata di malumore e assalita dai dubbi. Conosce il proprio lavoro, vi si è sempre dedicata con grande passione, eppure sembra che nessuno voglia notare il suo talento. Di certo, conosce anche gli esseri umani, soprattutto quelli di sesso maschile - i futuri alleati in una battaglia che dovrà vincere nel volgere di breve tempo, perché ha già venticinque anni, e presto sarà troppo vecchia per l'industria dei sogni. Sa perfettamente che: a) gli uomini si rivelano meno traditori delle donne; b) non notano mai i vestiti indossati da una ragazza, perché l'unica cosa che fanno è spogliarla con gli occhi; e) seni, cosce, natiche, ventre: basta averli proporzionati e attraenti e si conquisterà il mondo. In considerazione di questi tre punti, e sapendo che tutte le rivali tendono ad accentuare i propri attributi, lei ha deciso di concentrarsi solo sul punto "e". Fa ginnastica, cerca di mantenersi in forma, evita le diete ferree e si veste esattamente al contrario di come ci si aspetterebbe: indossa abiti discreti. Finora la tattica ha funzionato: sembra più giovane della sua età. Adesso spera che sia così anche a Cannes. Seni, natiche, cosce. Ebbene, che rivolgano la loro attenzione a questo, se è assolutamente necessario. Arriverà il giorno in cui si accorgeranno di tutte le sue potenzialità. Mentre beve il caffè, comincia a capire il motivo del suo malumore. È circondata dalle donne più belle del mondo!
Per quanto non si ritenga brutta, non ha alcuna possibilità di porsi in concorrenza con loro. Deve decidere che cosa fare. Intraprendere questo viaggio è stata una scelta diffìcile - ha poco denaro e pochissimo tempo per ottenere un contratto. Nei primi due giorni di permanenza a Cannes, si è presentata in vari posti: ha distribuito curriculum e foto, ma ha ottenuto soltanto l'invito per la festa del giorno precedente - in un ristorante di quinta categoria, con la musica a volume altissimo, dove non è intervenuto nessuno della Superclasse. Ha bevuto per vincere le proprie inibizioni, ma ha superato il limite impostole dal proprio organismo - e, alla fine, non sapeva più dove si trovasse e che cosa ci facesse lì. Tutto le pareva strano: l'Europa, il modo in cui vestiva la gente, i diversi idiomi, la falsa allegria dei presenti, che avrebbero voluto essere invitati a qualche evento più importante, ma che stavano lì, in quel locale dozzinale, ad ascoltare una musica scontata, a conversare gesticolando della vita degli altri e dell'ingiustizia dei potenti. Gabriela è stanca di parlare dell'ingiustizia dei potenti: sono così, e basta. Scelgono chi vogliono, non devono render conto a nessuno — ecco perché le occorre un piano. Molte altre ragazze che nutrono il suo medesimo sogno (ma che non hanno talento, è chiaro) staranno distribuendo bizzeffe di curriculum e fotografìe: i produttori presenti al Festival sono sommersi di cartelle, DVD e biglietti da visita. Che cosa può fare la differenza? Deve riflettere. Non avrà un'altra chance come questa, soprattutto perché ha speso gran parte del proprio denaro per arrivare fin lì. E — terrore supremo - perché sta diventando vecchia. Venticinque anni. La sua ultima occasione. Beve il caffè guardando fuori dalla finestra, che si affaccia su un vicolo cieco. Riesce solo a vedere una tabaccheria e una ragazzina che mangia della cioccolata. Sì, è la sua ultima occasione. Spera che sia alquanto diversa dalla prima. Torna al passato, all'età di undici anni, alla sua prima
rappresentazione teatrale nella scuola che frequentava vicino a Chicago: aveva trascorso l'infanzia lì, studiando in uno degli istituti più esclusivi della zona. Il suo desiderio di primeggiare, di vincere non era nato da un'acclamazione unanime da parte del pubblico presente alla recita, costituito da padri, madri, parenti e insegnanti. Al contrario: allora interpretava il Cappellaio Matto che incontra Alice nel paese delle meraviglie. Aveva superato un'audizione con moltissimi altri ragazzini e ragazzine, poiché il ruolo era uno dei più importanti della rappresentazione. La prima battuta che avrebbe dovuto pronunciare era: "Dovresti tagliarti i capelli." A quel punto, Alice avrebbe risposto: "Questo dimostra che lei non è particolarmente educato con gli invitati." Quando era arrivato l'atteso momento, con la battuta tante volte provata e ripetuta, era talmente nervosa che aveva sbagliato, dicendo: "Dovresti farti crescere i capelli." La ragazzina che interpretava Alice aveva risposto pronunciando la frase sulla maleducazione, e il pubblico in platea non aveva notato alcuna differenza. Gabriela, però, si era accorta dell'errore. E aveva letteralmente perduto la parola. Ma, poiché il Cappellaio Matto era un personaggio indispensabile per il prosieguo della scena, e in considerazione del fatto che i bambini non sono abituati a improvvisare su un palco ( anche se ciò accade nella vita reale), nessuno degli interpreti sapeva più cosa fare - poi, dopo alcuni lunghi minuti durante i quali i piccoli attori si limitarono a guardarsi l'un l'altro, l'insegnante attaccò ad applaudire, annunciando che era arrivato l'intervallo e facendo uscire tutti di scena. Gabriela si era allontanata in lacrime - non solo dal proscenio, ma anche dalla scuola. L'indomani, aveva appreso che la scena del Cappellaio Matto era stata tagliata: nella prossima rappresentazione gli attori sarebbero passati direttamente alla partita di cricket con la Regina. Sebbene l'insegnante le avesse detto che l'episodio era pressoché privo di importanza, dato che anche la vicenda di Alice nel paese delle meraviglie non aveva né capo né coda, durante
l'ora della ricreazione i suoi compagni — maschi e femmine — si erano coalizzati e l'avevano picchiata. Non era la prima volta che accadeva. Comunque, Gabriela aveva imparato a difendersi con la stessa energia che impiegava per aggredire i bambini più deboli - qualcosa che capitava almeno una volta alla settimana. Ma, in quell'occasione, aveva incassato i colpi senza dire una parola né versare una lacrima. La sua reazione era risultata talmente sorprendente che il litigio era durato pochissimo in fin dei conti, i compagni si aspettavano che soffrisse e urlasse ma, allorché lei aveva mostrato soltanto indifferenza, il loro interesse era scemato. E tutto ciò perché in quel momento, a ogni colpo che riceveva, Gabriela pensava: "Sarò una grande attrice. E tutti — proprio tutti - si pentiranno di quello che stanno facendo." Chi dice che i bambini sono incapaci di decidere cosa vogliono dalla vita? Gli adulti. E, nell'epoca della crescita, si finisce per convincersi che gli adulti sono più saggi, che conoscono tutte le ragioni del mondo. Molti bambini si saranno ritrovati nella medesima situazione interpretando il Cappellaio Matto, la Bella Addormentata, oppure Aladino o Alice - e, in quel momento, avranno deciso di abbandonare per sempre le luci della ribalta e gli applausi del pubblico. Ma Gabriela, che fino all'età di undici anni non aveva mai perduto una battaglia, era la ragazzina più intelligente e più carina, quella che prendeva i voti migliori, che sapeva capire intuitivamente: "Se non reagisco, sarò perduta." Una cosa era prendere botte dai compagni, visto che anche lei sapeva picchiare; tutt'altra era portarsi appresso una sconfìtta per il resto della vita. E il motivo è assai facile da comprendere: ciò che inizia con un passo falso in uno spettacolo teatrale, con l'incapacità di ballare come gli altri, di sopportare commenti sulle gambe troppo sottili o sulla testa troppo grande - situazioni davanti alle quali può trovarsi qualsiasi adolescente -, può portare a due conseguenze radicalmente diverse.
Alcuni - pochi - decidono di vendicarsi, cercando di affermarsi, di primeggiare proprio nel campo in cui tutti li ritenevano degli incapaci. "Un giorno mi invidierete," pensano. La maggior parte, però, accetta il fatto di avere un limite - e, da quel momento, la loro vita peggiora. Le ragazzine crescono insicure, si dimostrano sempre obbedienti (pur sognando il giorno in cui saranno libere e potranno fare ciò che vogliono), si sposano per rivendicare che non sono particolarmente brutte (anche se continuano a trovarsi orrende), hanno dei figli per provare che non sono sterili (pur non avvertendo un desiderio autentico di maternità), si vestono con eleganza per evitare commenti sulla loro sciatteria (anche se sanno che qualcuno li farà, indipendentemente dall'abito che indossano). All'interno della scuola, la settimana successiva, l'episodio della recita era già stato dimenticato. Comunque, Gabriela aveva deciso che un giorno sarebbe tornata in quell'istituto da vincente - un'attrice nota a livello planetario, accompagnata da segretari, guardie del corpo, fotografi e legioni di fan. Avrebbe rappresentato Alice nel paese delle meraviglie per i bambini abbandonati: sarebbe stato un avvenimento ripreso dalla stampa, e i suoi vecchi compagni avrebbero potuto dire: "Un giorno, abbiamo calcato il palcoscenico con lei." Sua madre voleva che prendesse una laurea in ingegneria chimica. Al termine del college, i genitori l'avevano iscritta all'Illinois Institute of Technology. Durante il giorno, Gabriela studiava i legami delle proteine e la struttura del benzeno, ma nelle ore notturne si confrontava con Ibsen, Coward e Shakespeare, in un corso di teatro che si pagava con il denaro inviatole dai genitori per l'acquisto di vestiti e di testi universitari. Le era capitato di condividere l'esistenza con i professionisti più affermati; aveva avuto insegnanti eccellenti. Aveva ricevuto elogi e lettere di raccomandazione; all'insaputa di papà e mamma, si era ritrovata a lavorare come corista in un gruppo rock e come danzatrice del ventre in uno spettacolo su Lawrence d'Arabia.
Era un'ottima cosa saper accettare tutti i ruoli: una sera, in platea sarebbe potuta esserci una persona importante, la quale l'avrebbe convocata per un provino. Allora i suoi giorni di afflizione e la sua lotta per un posto al sole sarebbero forse terminati. Ma gli anni passavano. Gabriela accettava di interpretare spot commerciali per la TV, di comparire in pubblicità di dentifrici, di lavorare come modella - una volta, fu persino tentata di rispondere all'inserzione di un gruppo specializzato nel reclutamento di accompagnatrici per alti dirigenti: aveva un disperato bisogno di realizzare e stampare un opuscolo con le sue foto, che intendeva inviare alle più importanti agenzie di modelle e attrici degli Stati Uniti. Comunque, era stata salvata da Dio - non aveva mai perduto la fede. Proprio quel giorno, infatti, le avevano offerto un contratto come comparsa nel videoclip di una cantante giapponese, che sarebbe stato girato sotto un viadotto dell"'EC", il treno sopraelevato che attraversa la città di Chicago. Il compenso era più alto di quanto si aspettasse (evidentemente, i produttori avevano chiesto una fortuna alla troupe straniera), e con il denaro extra era riuscita a dare alle stampe il libro di foto (o "book", com'è definito in tutte le lingue del mondo), i costi del quale si erano rivelati maggiori di quanto avesse preventivato. Continuava a ripetersi che era appena all'inizio della carriera, sebbene i giorni e i mesi ormai cominciassero a volare. D'accordo, magari avrebbe potuto interpretare Ofelia dell'Amleto messo in scena dal suo corso di teatro ma, di solito, la vita le offriva pubblicità di deodoranti e creme di bellezza. Quando si recava in qualche agenzia per consegnare il book e le lettere di raccomandazione di insegnanti, amici e persone con le quali aveva lavorato, si ritrovava in una sala d'attesa insieme a ragazze molto simili a lei, che si sorridevano l'un l'altra, che si odiavano l'un l'altra, impegnandosi per ottenere qualcosa, una cosa qualsiasi che desse loro "visibilità", come dicevano i professionisti. Aspettava per ore che arrivasse il suo turno, leggendo
libri di meditazione e pensiero positivo. Alla fine, si sedeva davanti a una persona — uomo o donna - che non rivolgeva la minima attenzione alle lettere e passava direttamente alle foto, senza fare alcun commento. Veniva annotato il suo nome. Ogni tanto era chiamata per un provino - una volta su dieci lo superava. E così si ritrovava con quel suo talento incommensurabile - davanti a una telecamera e a gente maleducata, che aveva sempre qualcosa da obiettare: "Cerca di essere più disinvolta, sorridi, girati verso destra, abbassa leggermente il mento, umettati le labbra." Fatto: l'ennesima foto per un nuovo tipo di caffè era pronta. E quando non la ingaggiavano? Aveva un solo pensiero: rifiuto. Ma, a poco a poco, aveva imparato a convivere con esso: aveva capito che si trattava di esperienze necessarie, in cui veniva messa alla prova nella sua perseveranza e nella sua fede. Si rifiutava di accettare il fatto che il corso, le lettere, il curriculum ricco di ruoli secondari in lavori privi di importanza non servissero assolutamente... Il cellulare aveva squillato. ... A niente. Il telefonino aveva continuato a suonare. Senza comprendere cosa stesse succedendo — era riandata al passato, mentre guardava la tabaccheria e la ragazzina che mangiava la cioccolata -, Gabriela ha risposto. La voce all'altro capo della linea le comunicava che il provino era confermato: due ore dopo! IL PROVINO ERA CONFERMATO! A Cannes! Alla fin fine, ne era valsa la pena di attraversare l'oceano, approdare in una città dove tutti gli alberghi erano al completo, incontrare all'aeroporto alcune ragazze nella sua medesima situazione (una polacca, due russe, una brasiliana), e tutte insieme andare a bussare a varie porte, fino a trovare un appartamentino a un prezzo esorbitante. Dopo aver tentato la fortuna per molti anni a Chicago, recandosi di tanto in tanto a Los Angeles in cerca di altri agenti, altre opportunità, altri rifiuti, il suo futuro si era
palesato in Europa! Due ore dopo? Le era pressoché impossibile prendere un autobus, poiché non conosceva le linee. Il suo alloggio era situato in cima a una collina, e fino ad allora Gabriela aveva percorso la strada scoscesa soltanto due volte - per consegnare i book, e per quell'insignificante festa della sera precedente. Al termine della discesa, aveva sempre chiesto un passaggio a un estraneo — per lo più a uomini soli a bordo di belle automobili decappottabili. Se tutti conoscono Cannes come una cittadina sicura, ogni donna sa che la bellezza è di grande aiuto in simili momenti: lei, però, adesso non poteva fare affidamento sulla fortuna - doveva affrontare e risolvere il problema unicamente con le proprie forze. Riguardo ai provini, l'orario è rigido: è una delle prime cose che si imparano in ogni agenzia artistica. Inoltre, in considerazione del fatto che il primo giorno lì aveva notato che il traffico era davvero intenso, doveva soltanto vestirsi e uscire di corsa. In un'ora e mezza, sarebbe arrivata a destinazione - ricordava l'albergo nel quale si era installata la casa di produzione, perché aveva rappresentato una tappa della sua peregrinazione del pomeriggio precedente, in cerca di opportunità. Ora si presentava il solito problema: "Come mi devo vestire?" Si è gettata furiosamente sulla sua valigia, ha scelto un paio di jeans Armani prodotti in Cina e comprati in un mercatino alla periferia di Chicago, per un quinto del prezzo ufficiale. Nessuno avrebbe potuto affermare che si trattava di un falso, perché quel capo di abbigliamento era autentico: infatti, era risaputo che le aziende cinesi inviavano l'80% della produzione ai negozi delle varie griffe e, attraverso alcuni loro dipendenti, immettevano sul mercato il restante 20% senza documentazione fiscale. In poche parole, era una sorta di surplus. Ha indossato la maglietta bianca DKNY, più costosa dei pantaloni. Fedele ai propri principi, sapeva che quanto più discreta fosse apparsa, tanto meglio sarebbe stato. Niente gonne corte e scollature audaci - se avesse incontrato altre
ragazze al provino, tutte avrebbero avuto quel tipo di abbigliamento. Ha avuto qualche esitazione riguardo al trucco: alla fine, ha scelto un maquillage molto discreto - con un rossetto delicato. A questo punto, aveva già perduto quindici minuti preziosi.
11:45 AM. Le persone non sono mai soddisfatte. Se hanno poco, vogliono molto. Se posseggono molto, desiderano ancora di più. Se hanno in sorte ancora di più, pretendono di essere felici con poco - tuttavia non sono capaci di fare un solo sforzo per realizzare questa aspirazione. Perché non capiscono che la felicità è qualcosa di molto semplice? Cosa voleva quella ragazza che è passata correndo, vestita in jeans e maglietta bianca? Cos'era tanto urgente da impedirle di godersi quella splendida giornata di sole, il mare azzurro, i bimbi nelle carrozzine, le palme sul limitare della spiaggia? "Non correre, ragazza mia! Non riuscirai mai a sfuggire alle due presenze più importanti nella vita di ogni essere umano: Dio e la morte. Dio accompagna ogni tuo passo, irritato perché vede che non presti attenzione al miracolo della vita. E la morte? Be'... sei appena passata accanto a un cadavere, e non l'hai neppure notato." Igor si è recato più volte sul luogo del delitto. A un certo momento, ha concluso che il suo andirivieni avrebbe destato dei sospetti. Ha deciso perciò di fermarsi prudentemente a duecento metri di distanza, appoggiato alla balaustra che affacciava sulla spiaggia, con indosso un paio di occhiali scuri (la qual cosa non aveva niente di sospetto, e non solo per via del sole, ma anche per il fatto che gli occhiali scuri, in un luogo frequentato da celebrità, rappresentano una sorta di status). E' sorpreso allorché si rende conto che è quasi mezzogiorno e che nessuno si è ancora accorto della presenza di
una persona morta sul viale principale di una città che, in questo periodo, è al centro dell'attenzione dell'intero mondo. Adesso una coppia si avvicina: i due appaiono visibilmente irritati. Prendono a urlare contro la "bella addormentata". Sono i genitori della ragazza, e la insultano per il fatto che non sta lavorando. L'uomo la scuote violentemente. Poi la donna si china, gli impedisce la visuale. Igor non ha dubbi su cosa accadrà in seguito. Urla di donna. Il padre prende da una tasca il cellulare e si allontana di qualche passo, agitato. La madre scuote la figlia, il cui corpo non da alcun segno di reazione. I passanti si appressano: ora Igor può togliersi gli occhiali scuri e avvicinarsi: in fin dei conti, è solo uno dei tanti curiosi che si affollano intorno. La madre piange, abbracciando la ragazza. Un giovane la allontana e tenta di rianimare la vittima con la respirazione bocca a bocca. Rinuncia immediatamente - il viso di Olivia mostra già una leggera tonalità violacea. "Un'ambulanza! Un'ambulanza!" Svariate persone chiamano contemporaneamente il numero delle emergenze - tutti si sentono utili, importanti, premurosi. Si ode il suono di una sirena in lontananza. La madre urla ancora più forte, una ragazza tenta di stringerla a sé, implorandola di calmarsi, ma lei la respinge. Un tizio solleva il cadavere e tenta di metterlo seduto; un altro dice di lasciarlo sdraiato sul marciapiede. Ormai è troppo tardi per qualsiasi intervento. "Overdose. Di sicuro," commenta qualcuno lì accanto. "Si tratta proprio di una gioventù perduta." Coloro che hanno udito il commento annuiscono. Igor assiste impassibile all'arrivo dei paramèdici: attrezzature che vengono scaricate dall'autolettiga, stimolazioni elettriche al cuore; un medico più esperto segue la scena senza parlare: sa perfettamente che ogni tentativo è inutile, tuttavia non vuole che i suoi collaboratori siano accusati di negligenza. Sistemano il corpo sulla barella, lo infilano nell'ambulanza; la madre si aggrappa alla figlia; gli
infermieri discutono con lei ma, alla fine, le permettono di salire a bordo. L'autolettiga parte a grande velocità. Dal momento in cui la coppia ha scoperto il cadavere fino alla partenza dell'ambulanza sono passati al massimo cinque minuti. Il padre è ancora lì, stordito: non sa dove andare, che cosa fare. Ignorando chi sia, la persona che aveva commentato con il riferimento alla droga gli si avvicina e ribadisce la sua ipotesi; poi aggiunge: "Non si preoccupi, signore. Qui capita tutti i giorni. " Il padre non reagisce. È immobile, stringe il cellulare in una mano e fìssa il vuoto. O non ha compreso il commento, o non sa che cosa succede tutti i giorni, oppure si trova in uno stato di shock che l'ha sprofondato rapidamente in una dimensione sconosciuta, in cui non esiste il dolore. Così come si era radunata, la folla si disperde. Rimangono solo l'uomo con il telefonino in mano e l'individuo con gli occhiali scuri tra le dita. "Conosceva la vittima?" domanda Igor. Nessuna risposta. Meglio comportarsi come l'altra gente: seguitare a camminare lungo la Croisette e scoprire cosa sta succedendo in quell'assolata mattinata di Cannes. Proprio come il padre, neppure lui sa esattamente cosa prova: ha distrutto un mondo e non sarebbe in grado di ricostruirlo, anche se avesse tutto il potere dell'universo. Ewa lo meritava? Dal ventre di quella giovane - Olivia: sì, sapeva il suo nome, e questo lo infastidiva tremendamente, giacché non era più soltanto un volto nella folla - sarebbe potuto nascere il genio che avrebbe scoperto la cura contro il cancro o la maniera di redigere un accordo perché il mondo potesse finalmente vivere in pace. Aveva appena ucciso, non solo una persona, bensì anche le generazioni future che sarebbero potute nascere da essa. Che cosa aveva fatto? Per quanto grande e intenso, l'amore poteva giustificarlo? Con la prima vittima, ha sbagliato. La morte della giovane non farà mai notizia, ed Ewa non capirà il messaggio. "Non pensarci, ormai è successo. Sei pronto ad andare oltre, dunque prosegui." Lo spirito della giovane capirà che
la sua morte non è stata inutile, che si è trattato di un sacrificio in nome di un amore più grande. "Guardati intorno, osserva che cosa sta succedendo in città, comportati come una persona normale - da questa vita hai già avuto la tua razione di sofferenza e ora meriti un po' di conforto e tranquillità." "Goditi il Festival. Sì, sei pronto." Anche se fosse in costume da bagno, gli sarebbe assai difficile arrivare sulla riva del mare. Evidentemente, gli alberghi vantavano diritti esclusivi su ampie strisce di sabbia che disseminavano di sdraio, sedie, insegne, camerieri e sorveglianti, le quali richiedevano all'ospite il numero della camera o qualche altro elemento identificativo a ogni accesso all'area privata. Altre aree della spiaggia sono occupate da grandi tendoni bianchi, utilizzati da case di produzione cinematografica, marche di birra o prodotti di bellezza per lanciare le loro novità nel corso di quelle che definiscono "colazione". In quei luoghi riservati, le persone sono vestite in maniera normale - se per "normale" si intende un cappello, una blusa colorata e un paio di pantaloni chiari per gli uomini; e gioielli, abiti leggeri, bermuda e scarpe con tacco basso per le donne. Occhiali scuri per entrambi i sessi. In qualsiasi caso, nessuna esibizione del fisico, giacché la Superclasse non è più nell'età per concedersela - ogni dimostrazione può essere considerata ridicola o, più esattamente, patetica. Igor nota un altro dettaglio: il telefono cellulare, che costituisce l'elemento comune di ogni soggetto. È importante ricevere di continuo messaggi e chiamate, interrompere qualsiasi conversazione per rispondere a una telefonata che in realtà non è affatto urgente, o impegnarsi a digitare lunghissimi testi da inviare tramite i cosiddetti SMS — tutti hanno ormai dimenticato che questo acronimo significava Short Messages Service ("servizio di messaggi brevi") e utilizza la piccola tastiera come una macchina per scrivere. Si tratta di un sistema lento, scomodo, che può causare serie lesioni ai pollici — ma che importanza ha? Non solo a Cannes, bensì in tutto il mondo, in quel preciso istante lo spazio era inondato da frasi come
"Buongiorno, amore mio, mi sono svegliato pensando a te. Sono contento che tu esista e faccia parte della mia vita", " Arrivo fra dieci minuti. Per favore, preparami un pranzo veloce e controlla che il vestito sia stato mandato in tintoria", "La festa è noiosissima, ma non so in quale altro posto andare. Tu dove sei?". Sono frasi che richiedevano cinque minuti per scriverle, e dieci secondi appena per pronunciarle - ma il mondo è ormai questo. Igor sa perfettamente di cosa si tratta, poiché ha guadagnato milioni di dollari grazie al fatto che il telefono non è più solo un mezzo per comunicare con gli altri, bensì una sorta di filo della speranza, un modo per non sentirsi soli, un sistema per mostrare a tutti la propria importanza. E, comunque, questo meccanismo sta portando il mondo verso una condizione di demenza totale. Tramite un ingegnoso sistema ideato a Londra, con la modesta somma di 5 euro al mese una centrale invia messaggi-standard ogni tre minuti. Prima di conversare con una persona sulla quale si vuole far colpo, basta chiamare un certo numero e attivare il servizio. E così, quando il suono del cicalino avverte dell'arrivo di un SMS, si estrae dalla tasca il telefono, si apre il messaggio, si dà un occhiata al testo e si dice che può aspettare (ovviamente, visto che c'è scritto solo " Richiesta evasa", oltre all'ora). Ma ecco che subito l'interlocutore si sente più importante, e gli affari progrediscono rapidamente, perché si sta trattando con una persona molto occupata. Tre minuti dopo, la conversazione è interrotta di nuovo da un altro SMS — la pressione aumenta, e l'individuo può decidere se valga la pena spegnere il telefono per quindici minuti, o addurre il motivo di un impegno improcrastinabile e liberarsi di una compagnia sgradevole. Soltanto in una situazione è indispensabile che il telefono risulti irraggiungibile. Non a una cena formale, durante una rappresentazione a teatro, o nel passaggio topico di un film o di un'opera: no, in queste occasioni si sente sempre un cellulare che suona. L'unico momento in cui esiste un autentico timore che il telefono possa costituire un elemento di pericolo è quando si sale su un aereo e la voce
della hostess pronuncia la solita menzogna: "I cellulari devono rimanere spenti per l'intera durata del volo, poiché il loro funzionamento può interferire con gli strumenti di bordo." Tutti ci credono e obbediscono alla richiesta. Igor sa perfettamente quando e perché è nata questa fantasia. Sono anni che le compagnie aeree cercano di piazzare le chiamate effettuate tramite i telefoni delle poltrone di bordo - a dieci dollari al minuto, e con lo stesso sistema di trasmissione dei cellulari. È un servizio che non sono mai riuscite a vendere, ma l'avviso continua comunque a essere ripetuto: hanno omesso di cancellarlo dalla lista che la hostess legge prima del decollo. In qualsiasi caso, nessuno è a conoscenza del fatto che, su tutti i voli, ci sono almeno due o tre passeggeri che si dimenticano di spegnere il telefonino. Che i notebook accedono a internet per mezzo delle reti utilizzate dai cellulari. Eppure mai, in nessun posto del mondo, un aereo è caduto a causa delle interferenze dei telefoni mobili. Ora si cerca di modificare questa convinzione senza fare un improvviso voltafaccia nei confronti dei passeggeri, mantenendo comunque elevate le tariffe per la comunicazione: si possono usare i cellulari purché venga utilizzato il sistema di trasmissione dell'aereo. Il prezzo è quattro volte maggiore di quello normale. E nessuno ha mai spiegato quale sia il "sistema di trasmissione" impiegato. Ma se la gente vuole continuare a farsi ingannare è soltanto un problema suo. Igor seguita a camminare. Nell'ultimo sguardo della giovane c'era qualcosa che lo ha turbato - comunque, lui preferisce non pensarci. Altri sorveglianti, altri occhiali scuri, altri bikini sulla spiaggia, altri gioielli e vestiti chiari alle varie "colazioni", altre persone che camminano frettolosamente come se avessero faccende importantissime da sbrigare proprio quella mattina, altri fotografi sparsi qua e là che tentano invano di scovare qualcosa di inedito, altre riviste e giornali gratuiti che parlano degli avvenimenti del Festival, altri distributori di dépliant indirizzati ai poveri mortali che non
vengono invitati sotto i tendoni bianchi, brochure che pubblicizzano ristoranti sulla collina, lontani da tutto, dove non si sente quasi parlare degli eventi della Croisette è la zona dove le aspiranti dive affittano appartamenti per brevi periodi, sperando di essere convocate per un provino che potrebbe cambiare la loro vita. Tutto è sempre molto atteso. Tutto è molto prevedibile. Se avesse deciso di intrufolarsi in una di quelle " colazioni", nessuno avrebbe osato chiedergli un invito perché era ancora piuttosto presto e gli organizzatori temevano che l'evento venisse disertato. Mezz'ora più tardi, però, a seconda del risultato della manifestazione, i sorveglianti si sarebbero adeguati all'ordine di lasciar entrare solo belle ragazze senza accompagnatore. Perché non tentare? Igor cede al proprio impulso - alla fin fine, ha una missione da compiere. Imbocca uno degli accessi al mare che, prima di arrivare alla spiaggia, conduce a un grande tendone bianco con finestre in plastica trasparente, aria condizionata, mobili chiari, sedie e tavoli - per lo più liberi. Uno dei sorveglianti gli domanda se ha un invito: risponde di sì, fingendo di cercare in una tasca. Una hostess vestita di rosso gli chiede se ha bisogno di aiuto. Lui porge un biglietto da visita - il logo della sua compagnia telefonica, "Igor Malev, Presidente". Dice che sicuramente il suo nome è sulla lista degli ospiti, ma deve aver lasciato l'invito in albergo - è reduce da una serie di incontri e si è dimenticato di prenderlo. La ragazza gli da il benvenuto e lo invita a entrare: ha imparato a giudicare uomini e donne dal loro abbigliamento, e inoltre sa che il termine "presidente" ha un solo significato in qualsiasi parte del mondo. Oltre tutto, è il presidente di una società russa! È risaputo che i russi, quando sono ricchi, amano mostrare che nuotano nel denaro. No, non c'è bisogno di controllare l'elenco. Igor entra, si avvicina al bar - è un tendone splendidamente attrezzato, quello, dispone persino di una pista da ballo -, ordina un succo d'ananas al naturale, perché si combina alla perfezione con il colore dell'ambiente.
E soprattutto perché nel bicchiere guarnito con un piccolo parasole giapponese azzurro troneggia una cannuccia nera. Si siede a uno dei numerosi tavoli liberi. Tra le poche persone presenti, nota un uomo di oltre cinquant'anni, con i capelli tinti, l'abbronzatura artificiale, il corpo eccessivamente scolpito in una di quelle palestre che promettono l'eterna gioventù. Indossa una maglietta stropicciata ed è in compagnia di due individui vestiti con completi di alta sartoria. I due tizi lo fissano, e Igor svia lo sguardo - pur continuando a mantenere l'attenzione su quel tavolo, protetto dagli occhiali scuri. Gli uomini squadrano a lungo il nuovo arrivato, poi se ne disinteressano. Igor, però, è sempre concentrato sul terzetto. L'uomo in maglietta ha un cellulare posato sul tavolo, sebbene i suoi assistenti non facciano che rispondere a telefonate. Se consentono l'accesso a un tipo come quello — mal vestito, sudato e brutto, ma che si crede bello - e, inoltre, gli danno uno dei tavoli migliori; se il suo cellulare è spento; se un cameriere gli si avvicina di continuo, chiedendo se desidera qualcosa; se l'uomo non si degna neppure di rispondere, limitandosi a un cenno negativo con la mano, Igor sa di trovarsi davanti a una persona molto importante. Tira fuori da una tasca una banconota da cinquanta euro e la porge al cameriere che sta disponendo le posate e i piatti sul suo tavolo. "Chi è quel signore con la maglietta azzurra stropicciata?" domanda, indicando con gli occhi il tavolo. "Javits Wild. Un uomo assai importante." Perfetto. Dopo una vittima pressoché insignificante come la giovane venditrice, Javits potrebbe essere la preda ideale. Non famoso, ma importante. Uno di quelli che decidono chi deve stare sotto la luce dei riflettori e che non si preoccupano minimamente di apparire, perché hanno coscienza del proprio potere. Quelli che muovono i fili delle marionette, facendo loro credere di essere gli individui più invidiati del pianeta e di godere di enormi privilegi, finché un giorno, per qualche ragione, decidono di recidere le
cordicelle e i pupazzi cadono, esanimi e impotenti. Un uomo della Superclasse. Ciò significa uno con falsi amici e molti nemici. "Un'altra domanda. È accettabile distruggere dei mondi in nome di un amore più grande?" Il cameriere ride. "Lei è Dio? Oppure è gay?" "Nessuno dei due. Comunque, la ringrazio per la risposta." Si rende conto di aver agito in maniera errata. Innanzitutto, perché non ha bisogno dell'appoggio di nessuno per giustificare ciò che sta facendo: è convinto che, in considerazione del fatto che ogni abitante del pianeta prima o poi morirà, risulta accettabile che alcuni perdano la vita in nome di qualcosa di più grande. E stato così sin dall'inizio dei tempi, quando gli uomini sacrificavano la vita per nutrire le proprie tribù, quando le vergini venivano consegnate ai sacerdoti per placare l'ira di draghi e dèi. Poi perché aveva stuzzicato l'attenzione di un estraneo, mostrando di essere interessato a un uomo seduto a un tavolo poco distante. D'accordo, il cameriere lo avrebbe dimenticato, ma era perfettamente inutile correre rischi. Si dice che, in un festival come quello, è scontato voler sapere chi siano gli altri, e ancora più ovvio che un'informazione venga ricompensata. Lo aveva fatto centinaia di volte, in diversi ristoranti del mondo - del resto, dovevano aver agito così anche nei suoi confronti: cioè pagare il cameriere per sapere chi fosse, oppure per ottenere un tavolo migliore o per recapitare discretamente un messaggio. Non solo il personale di servizio è abituato a ciò, ma si attende questo tipo di comportamento. No, quell'uomo non si sarebbe ricordato di niente. Davanti a sé, lui ha la prossima vittima: qualora riuscisse a portare a termine il proprio piano, se il cameriere venisse interrogato, direbbe che l'unico fatto strano di quel giorno era rappresentato da una persona che aveva domandato se fosse accettabile distruggere dei mondi in nome di un amore più grande. Era anche possibile che non si sarebbe neppure
ricordato di quella frase. I poliziotti gli avrebbero domandato: "Com'era quell'uomo?" E lui avrebbe risposto: "Non gli ho prestato una particolare attenzione. Ma non era gay." Comunque, gli agenti erano ormai abituati agli intellettuali francesi, che sceglievano generalmente i bar come campi di indagine per realizzare tesi e analisi complicatissime sulla sociologia di un festival cinematografico, per esempio. E avrebbero accantonato l'argomento. Ma c'era qualcosa che lo disturbava. Il nome. I nomi. Lui aveva già ucciso — con le armi e la benedizione delle autorità del proprio paese. Non poteva dire quante persone, raramente aveva potuto vederle in viso, e non aveva mai — assolutamente mai - saputo i loro nomi. Perché conoscere il nome significa essere consapevoli di trovarsi davanti a un essere umano, e non a un nemico. Il nome trasforma la persona in un individuo unico e speciale, con un passato e un futuro, con antenati e probabili discendenti, con vittorie e sconfitte. In qualche modo, le persone sono i nomi che portano, si mostrano orgogliose di essi, li ripetono migliaia di volte nel corso dell'esistenza, e si identificano con il loro suono. Il nome è la prima parola che si apprende dopo i generici "papà" e "mamma". Olivia. Javits. Igor. Ewa. Ma lo spirito non ha alcun nome: è verità pura e assoluta, dimora in quel corpo per un certo periodo di tempo, prima di abbandonarlo - senza che Dio si preoccupi di domandare "Tu chi sei?" quando l'anima si presenta per il Giudizio Finale. Il Signore chiederà soltanto: "Hai amato quando eri vivo?" L'essenza della vita è proprio la capacità di amare, e non il nome che abbiamo scritto sui passaporti, sui biglietti da visita, sulle carte d'identità. I grandi mistici cambiavano il proprio nome - talvolta lo abbandonavano definitivamente. Allorché viene domandato a Giovanni Battista chi sia, lui risponde solo: "Sono la voce che reclama nel deserto." Incontrando colui che designò come continuatore della Sua chiesa, Gesù non bada al fatto che ha sempre risposto all'appellativo di Simone, e comincia a chiamarlo Pietro. E quando Mosè domanda a
Dio il suo nome, la replica è: "Io sono." Forse deve cercare qualcun altro. Una vittima con un nome — Olivia - può bastare. Comunque, in quel momento Igor si accorge di non poter tornare indietro, anche se è deciso a non domandare più come si chiama il mondo che sta per distruggere. Non può recedere dai suoi propositi perché vuole dimostrarsi giusto nei confronti di quella povera ragazza sul lungomare, totalmente indifesa, una preda facile e dolce. La sua nuova sfida pseudoatleta, capelli tinti, sudato, con uno sguardo annoiato e un potere probabilmente molto grande — è assai più diffìcile. I due uomini benvestiti non sono soltanto i suoi assistenti: Igor ha notato che i loro sguardi si spostano di continuo, sorvegliando ciò che accade tutt'intorno. Se vuole essere degno di Ewa ed equo nei confronti di Olivia, deve mostrare il proprio coraggio. Lascia che la cannuccia riposi nel succo d'ananas. A poco a poco sono arrivate altre persone. Ora si tratta di aspettare che l'ambiente si affolli - non ci vorrà molto tempo. Proprio come non aveva pianificato di distruggere un mondo in un ampio viale di Cannes, alla luce del giorno, ora sa esattamente come realizzare il suo progetto lì. Di certo, qualcosa gli dice che ha scelto il luogo perfetto. Il suo pensiero è ormai lontano dalla povera ragazza del lungomare: la sua produzione di adrenalina aumenta, il sangue prende a scorrere più velocemente, il cuore gli batte forte — lui è eccitato e contento. Javits Wild non sprecherebbe il suo tempo solo per cibo e bevande gratuite, in una delle migliaia di feste alle quali è stato invitato nel corso degli anni. Se si trova lì, dev'esserci un motivo preciso o una persona particolare. Quel motivo — o quella persona — sarebbe stato sicuramente il suo alibi migliore.
12:26 PM. Javits osserva l'ingresso degli invitati, il locale che comincia ad affollarsi, e pensa: "Che sto facendo qui? Non ho bisogno di stare in questo posto. Del resto, ho bisogno di assai poche cose dagli altri - possiedo tutto ciò che voglio. Sono famoso nell'ambiente del cinema, posso avere le donne che desidero, anche se sono brutto e mal vestito. Comunque, è una mia scelta. Ormai è passato il tempo in cui possedevo un solo vestito e, nelle rare occasioni in cui riuscivo a ottenere un invito dalla Superclasse (dopo aver strisciato, implorato, promesso), mi preparavo per l'evento - una di queste colazioni - come se si trattasse della cosa più importante del mondo. Oggi so che l'unico elemento variabile è la città: quanto al resto, ciò che accadrà qui è prevedibile e noioso." "Alcuni mi diranno che adorano il mio lavoro. Altri mi definiranno un eroe e mi ringrazieranno per le occasioni che offro agli esclusi. Donne belle e intelligenti, che non si lasciano depistare dalle apparenze, noteranno il movimento intorno al mio tavolo, domanderanno al cameriere chi sono e troveranno una scusa per avvicinarsi, convinte che l'unica cosa che mi interessa sia il sesso. Tutti assolutamente tutti - hanno intenzione di chiedermi qualche cosa. Per questo mi elogiano, mi adulano, mi offrono ciò che, secondo loro, voglio. Ma io desidero unicamente stare da solo." "Ho partecipato a migliaia di eventi come questo. E non sono qui per qualche motivo particolare — ma solo per il fatto che non sono riuscito a dormire, dopo essere arrivato a Cannes con il mio aereo privato, una meraviglia tecnologica che può volare a oltre undicimila metri di altitudine dalla California alla Francia senza scali per il rifornimento. Ho modificato la configurazione originale della cabina: l'aereo poteva ospitare diciotto persone nel massimo comfort, ma io ho ridotto a sei il numero delle poltrone, mantenendo separato l'ambiente riservato ai quattro membri dell'equipaggio. Giacché c'è sempre qualcuno che
chiede: «Non potrei venire con te?», ho la risposta pronta: «Purtroppo, non c'è posto.»" In effetti, Javits ha attrezzato il suo nuovo giocattolo costo: 40 milioni di dollari - con due letti, un tavolo per riunioni, una sauna idromassaggio, una doccia, un sistema audio Miranda (quelli di Bang & Olufsen hanno un ottimo design e un'eccellente campagna promozionale, ma ormai sono fuori moda), due macchine per il caffè, un forno a microonde per l'equipaggio e un forno elettrico per sé (detesta il cibo riscaldato). Beve solo champagne, e se qualcuno vuol condividere con lui una bottiglia di Moët & Chandon 1961 è sempre il benvenuto. Comunque, nella cantinetta dell'aereo ci sono vini di ogni genere. Quel gioiello è dotato di due schermi LCD da ventun pollici sui quali vengono proiettati i film più recenti, talvolta ancora inediti nelle sale cinematografiche. Quello è uno dei migliori aviogetti del mondo (sebbene i francesi insistano nell'affermare che il Dassault Falcon offre una qualità più elevata) e, comunque, per quanto potere e denaro avesse, Javits non sarebbe mai riuscito a cambiare tutti i fusi orari dell'Europa. In quel momento, a Los Angeles erano le 3:43 del mattino, e lui cominciava a sentirsi davvero stanco. Aveva passato in bianco la prima notte a Cannes, spostandosi da una festa all'altra, rispondendo alle due stupide domande con cui tutti iniziano la conversazione in quel frangente: "Com'è andato il volo?" Al che Javits risponde sempre con un'altra domanda: "Perché?" Ma, poiché le persone si trovano nella condizione di non saper replicare, fanno un sorrisetto forzato e passano alla seconda domanda: "E quanto tempo si fermerà?" Di nuovo, Javits ribatte: "Perché?" Poi, fìngendo di rispondere al cellulare, chiede scusa e si allontana con i suoi due inseparabili "amici". Nessuno di interessante, lì. Ma chi potrebbe rivelarsi interessante per un uomo che possiede praticamente tutto
ciò che il denaro può comprare? Javits aveva tentato di cambiare frequentazioni, cercandole al di fuori dell'ambiente del cinema: filosofi, scrittori, giocolieri di circo, dirigenti di aziende alimentari. All'inizio, era sempre una luna di miele, fino al momento in cui veniva formulata l'inevitabile domanda: "Potrei farti leggere un mio copione?" Oppure: "Ho un(a) amico(a) che ha sempre desiderato fare l'attore (l'attrice). Ti dispiacerebbe incontrarlo(a)?" Sì, gli sarebbe dispiaciuto. Nella vita, aveva ben altro da fare che non lavorare. Una volta al mese, volava in Alaska entrava in un bar, si ubriacava, mangiava pizza, camminava in mezzo alla natura, chiacchierava con i vecchi che abitavano nei piccoli villaggi. Si allenava per due ore al giorno nella sua palestra privata, ma era comunque sovrappeso: i medici lo avevano avvertito che rischiava un attacco cardiaco. A lui importava poco della forma: con quell'attività, voleva scaricare una parte della tensione che lo opprimeva in ogni secondo della giornata, praticare una meditazione attiva, curarsi le ferite dell'anima. Quando si trovava in campagna, aveva l'abitudine di domandare a chiunque incontrasse com'era una vita "normale", giacché ormai lo aveva dimenticato da tempo. Otteneva risposte di vario genere. A poco a poco, si era reso conto di essere solo al mondo, per quanto fosse sempre circondato da numerose persone. Aveva finito col compilare una lista di parametri riguardanti la normalità, basandosi essenzialmente sul modo in cui si comportavano le persone, piuttosto che sulle loro risposte. Javits si guarda intorno. Un uomo con un paio di occhiali scuri sta bevendo un succo di frutta, apparentemente estraneo a quanto lo circonda; contempla il mare come se fosse lontano da lì. È bello, ha i capelli brizzolati e appare ben vestito. È stato uno dei primi ad arrivare: probabilmente sapeva chi era lui, eppure non ha fatto alcun tentativo di presentarsi. Oltre tutto, ha il coraggio di starsene lì, da solo: a Cannes, la solitudine è un anatema, è la dimostrazione che nessuno si interessa a te, che non sei importante o che non hai contatti.
Javits prova una sorta di invidia per quell'uomo. Sicuramente, non rientra nei parametri della sua "lista di normalità" che tiene sempre in tasca. Sembra indipendente, libero. Gli piacerebbe davvero chiacchierare con lui, ma si sente troppo stanco. Si rivolge a uno degli "amici": "Che cosa significa essere normale?" "Hai forse qualche problema di coscienza? Pensi di aver fatto qualcosa che non dovevi?" Javits ha rivolto la domanda sbagliata all'uomo sbagliato. Probabilmente, ora il suo sodale starà pensando che si sia pentito delle proprie azioni e desideri iniziare una nuova vita. Nient'affatto. E se anche si fosse ravveduto, ora sarebbe comunque troppo tardi per tornare al punto di partenza: conosce le regole del gioco, lui. "Ti ho chiesto che cosa significa essere normale." Uno degli "amici" appare sconcertato. L'altro continua a guardarsi intorno, sorvegliando i movimenti della gente. "Vivere come una di quelle persone che non hanno ambizioni," risponde l'uomo, alla fine. Javits estrae da una tasca la lista e la posa sul tavolo. "La porto sempre con me. Aggiungerò anche questo elemento." L'"amico" dice che adesso non ha tempo di guardarla, perché deve prestare attenzione a ciò che accade lì intorno. L'altro, però, appare più rilassato e sicuro, e legge: Lista di normalità 1. E normale qualsiasi cosa che ci faccia dimenticare chi siamo e cosa desideriamo, in modo da poter lavorare per produrre, riprodurre e guadagnare soldi. 2. Che ci siano regole per una guerra (Convenzione di Ginevra). 3. Sprecare anni frequentando corsi universitari e non trovare lavoro quando ci si laurea. 4. Essere impegnati dalle nove del mattino alle cinque del pomeriggio in un'occupazione che non procura alcun piacere, purché nel giro di un trentennio si possa andare in pensione.
5. Andare in pensione, scoprire di non avere più l'energia per godersi la vita e morire nel volgere di pochi anni magari di tedio. 6. Usare il botulino. 7. Pensare che il potere sia molto più importante del denaro, e che il denaro sia molto più importante della felicità. 8. Cercare di ridicolizzare chi persegue la felicità anziché il denaro, definendolo un individuo "senza ambizione . 9. Rispecchiarsi in oggetti come automobili, case e abiti, e definire la vita in funzione di essi, anziché tentare di scoprire la vera ragione per cui ci si trova su questo mondo. 10. Non conversare con gli estranei. Sparlare dei vicini. 11. Pensare che i genitori abbiano sempre ragione. 12. Sposarsi, avere dei figli, rimanere insieme al coniuge anche quando l'amore è finito, dicendo che lo si fa per il bene del pargolo (come se questi non assistesse alle continue liti). 13. Criticare chiunque tenti di essere diverso. 14. Svegliarsi con una sveglia dal suono isterico accanto al letto. 15. Credere ciecamente a tutto ciò che viene dato alle stampe. 16. Portare una striscia di stoffa colorata annodata intorno al collo: non ha alcuna funzione apparente, ma risponde al pomposo nome di "cravatta". 17. Non porre mai domande dirette, anche nel caso in cui l'interlocutore sia a conoscenza di ciò che si vuole sapere. 18. Mostrarsi sorridenti, anche quando si sta morendo dalla voglia di piangere. E provare pietà per tutti coloro che rivelano i propri sentimenti. 19. Pensare che l'arte valga una fortuna, o che non valga assolutamente niente. 20. Disprezzare sempre ciò che si è ottenuto con una certa facilità, perché non ha richiesto il "sacrificio necessario" e, di conseguenza, non deve avere grandi qualità. 21. Seguire la moda, anche se ogni cosa appare ridicola e scomoda. 22. Vivere con la convinzione che ogni persona famosa
abbia accumulato caterve di denaro. 23. Investire copiosamente nella bellezza esteriore e preoccuparsi assai poco di quella interiore. 24. Impiegare ogni strumento possibile per mostrare che, pur essendo una persona normale, si è infinitamente al di sopra degli altri. 25. Non guardare mai negli occhi il prossimo a bordo di un mezzo di trasporto pubblico, poiché il gesto potrebbe essere interpretato come un elemento di seduzione. 26. Mantenersi rivolti verso la porta quando si entra in ascensore e fingere di essere l'unica persona in quel cubicolo, per quanto affollato sia. 27. Non ridere mai forte in un ristorante, per quanto divertente sia la storiella udita. 28. Adottare sempre un abbigliamento consono alla stagione dell'anno nell'emisfero boreale: maglietta con le maniche corte in primavera (per quanto freddo sia) e giacche di lana in autunno (per quanto caldo sia). 29. Costellare l'albero di Natale di batuffoli di cotone nell'emisfero australe, anche se l'inverno non ha niente a che vedere con la nascita di Cristo. 30. Credere di essere i depositari dell'intera saggezza del mondo a mano a mano che si diventa vecchi, anche se non si è vissuto abbastanza per apprendere ciò che è sbagliato. 31. Partecipare a un té di beneficenza con la convinzione di offrire un apporto sufficiente per eliminare le disuguaglianze sociali del mondo. 32. Mangiare tre volte al giorno, anche senza aver fame. 33. Credere che gli altri siano migliori in ogni cosa: pensare che siano più belli, più capaci, più ricchi, più intelligenti. È assai rischioso avventurarsi al di là dei propri limiti: meglio non agire. 34. Utilizzare l'automobile come un'arma - o un'armatura - invincibile. 35. Lanciare improperi mentre si guida. 36. Pensare che ogni azione scorretta del proprio figlio sia imputabile alle compagnie che ha scelto. 37. Sposarsi con la prima persona che sia in grado di offrire un avanzamento sociale. L'amore può aspettare.
38. Dire sempre "Io ho tentato", anche quando non si è cercato di fare alcun tentativo. 39. Procrastinare le cose più interessanti della vita per viverle quando non si avranno più le forze di apprezzarle. 40. Scongiurare la depressione con massicce dosi quotidiane di programmi televisivi. 41. Credere che sia possibile avere la certezza di quanto si è conquistato. 42. Pensare che le donne non apprezzino il calcio e che gli uomini detestino l'arredamento e la cucina. 43. Incolpare il governo per ogni accadimento negativo. 44. Avere la convinzione che il fatto di considerarsi una persona buona, seria e rispettosa porti gli altri a pensare che si è deboli, vulnerabili e facilmente manipolabili. 45. Essere altresì convinti che l'aggressività e la rozzezza nel rapporto con il prossimo siano manifestazioni di una personalità forte. 46. Avere paura di una fibroscopia (uomini) e del parto (donne).
L'"amico" ride. "Dovresti girare un film con queste cose," commenta. "Un altro ancora. Non riescono a pensare a qualcosa di differente. Non sanno qual è il mio lavoro, malgrado stiano sempre con me. Io non faccio film." Le origini di un film risalgono sempre a qualcuno che già appartiene al mondo della celluloide — il cosiddetto "produttore". Questi legge un libro, o è folgorato da un'idea brillante mentre guida sulle autostrade di Los Angeles - che, in realtà, è un grande sobborgo in cerca di una città. Ma l'uomo è solo: solo nell'abitacolo e nella volontà di trasformare quella brillante intuizione in qualcosa da proiettare sullo schermo. Si informa se i diritti del libro sono ancora disponibili. In caso di replica negativa, si impegna per trovare un altro prodotto - in fin dei conti, si pubblicano più di 60.000 titoli all'anno negli Stati Uniti. Se la risposta è positiva, telefona immediatamente all'autore, facendogli un'offerta assai bassa che, in genere, viene accettata - non soltanto gli attori e le attrici amano essere associati alla grande macchina dei sogni: uno scrittore si sente più importante allorché le sue parole vengono trasformate in immagini. Si accordano per una colazione. Il produttore si dice convinto di trovarsi davanti a "un capolavoro estremamente cinematografico" e definisce l'autore un "genio che merita di essere apprezzato dal grande pubblico". Lo scrittore spiega di aver lavorato su quel testo per cinque anni e chiede di partecipare alla stesura del copione. "Non le conviene, perché si tratta di un linguaggio differente" è la risposta. "Comunque, sarà soddisfatto del risultato." Il produttore conclude con la frase: "Il film sarà fedele al libro." È una menzogna assoluta — e lo sanno entrambi. Lo scrittore pensa che, per il momento, gli conviene accettare le condizioni proposte; si ripromette che la prossima volta agirà diversamente. Comunque, è d'accordo. A questo punto, il produttore gli dice che è necessario associarsi a una major per il finanziamento del progetto. Racconta che ingaggeranno la tale e la talaltra star per interpretare i ruoli
principali - un'altra menzogna, ripetuta in ogni trattativa, ma che dà sempre ottimi risultati quando si tratta di sedurre qualcuno. E così acquista la cosiddetta "opzione", ossia paga una cifra di circa 10.000 dollari per assicurarsi l'esclusiva sui diritti di sfruttamento per tre anni. E che cosa accadrà, dopo? "Be', alla stipula del contratto pagheremo una somma dieci volte superiore, e lei percepirà il 2% del profitto netto." Con ciò si conclude l'argomento finanziario della conversazione: lo scrittore è ormai convinto che guadagnerà una fortuna con la partecipazione agli utili. Se avesse domandato ai colleghi, saprebbe che i contabili di Hollywood riescono magicamente a fare in modo che un film non abbia MAI un attivo. La colazione termina quando il produttore estrae da una cartella un contratto lunghissimo, chiedendo all'autore di firmarlo subito, perché la major sappia di poter concretamente disporre di quel testo. Entusiasta per la percentuale (inesistente) e per il fatto di vedere il proprio nome sulla luminosa di una sala cinematografica (un'altra eventualità utopistica poiché, al massimo, avrà qualche riga nei ringraziamenti, "Basato sul libro di..."), lo scrittore firma senza pensarci troppo. La fiera delle vanità. Tutto è vanità: non c'è niente di nuovo sotto il sole, come affermava Salomone oltre tremila anni fa. Il produttore comincia a bussare alle porte dei vari studios. Poiché gode di un certo prestigio, alcune si aprono — non sempre, però, la sua proposta viene accettata. In questo caso, non si prende neppure il disturbo di invitare di nuovo lo scrittore a colazione - gli spedisce una lettera nella quale dice che, nonostante il suo entusiasmo, l'industria del cinema non è ancora matura per comprendere quel tipo di storia e che, pertanto, gli restituisce il contratto (che lui, ovviamente, non ha firmato). Se la proposta viene accettata, il produttore si rivolge alla persona che occupa il gradino più basso e meno remunerato dell'industria cinematografica: lo sceneggiatore colui che passerà giorni, settimane, mesi nella riscrittura e nell'adattamento del libro per lo schermo. Di solito, le
sceneggiature vengono inviate al produttore (mai all'autore del testo originale), il quale ha l'abitudine di rifiutare automaticamente la prima stesura, sicuro che lo scribacchino è in grado di produrre un lavoro migliore. Altre settimane e mesi di caffè, insonnie e sogni per il giovane talento, (o per il vecchio professionista: qui non esistono figure mezzane), che riscrive ciascuna delle scene rifiutate o trasformate dal produttore, domandandosi: "Se sa scrivere meglio di me, perché non se le adatta da sé?" Ma, in quel momento, gli sovviene il compenso e si rimette al computer, senza lagnarsi oltre. Alla fine, il testo è "quasi" pronto: infatti, a quel punto, il produttore chiede che siano eliminati i riferimenti politici (potrebbero creare problemi con il pubblico più conservatore) e che vengano aggiunte altre scene romantiche - alle donne piacciono. Che la storia abbia un inizio, una parte centrale, una fine e un eroe che sappia far piangere tutti con il suo sacrificio e la sua dedizione. Che qualcuno perda la persona amata all'inizio del film e la ritrovi nel finale. In fondo, la grande maggioranza dei copioni si può riassumere in un paio di righe: Un uomo ama una donna. Un uomo perde una donna. Un uomo ritrova una donna. Nel 90% dei casi, i film sono variazioni su questo tema. Per esulare da tale regola e soddisfare la platea, le pellicole devono contenere - forse come compensazione molta violenza, o una gran messe di effetti speciali. E la formula, ormai sperimentata migliaia di volte, risulta sempre vincente. Dunque, è meglio non correre rischi. ....... Quando il produttore è in possesso di una storia che considera ben scritta, chi va a cercare? Chi finanzia i progetti. Ma la major ha una lunga lista di film da piazzare nelle sale cinematografiche del mondo — sempre più scarse. Chiede al produttore di aspettare, o di rivolgersi a un distributore indipendente - prima, però, gli fa firmare un lunghissimo contratto (che prevede la cessione in esclusiva dei diritti di sfruttamento dell'opera forse anche "al di fuori del pianeta Terra"), nel quale si assume la
responsabilità di alcuni oneri finanziari. "Ed è proprio a questo punto che entra in scena gente come me." Un distributore indipendente, che può circolare liberamente senza essere riconosciuto, anche se agli eventi organizzati dalle major tutti lo conoscono. Quell'individuo che non ha scovato il soggetto, non ha collaborato alla stesura del copione, non ha investito un centesimo. È Javits l'intermediario. È Javits il distributore! Riceve il produttore nel suo piccolo ufficio (il fatto che possegga un aereo prestigioso, una villa con piscina e che sia invitato a tutti gli eventi mondani è qualcosa di esclusivamente privato). L'ospite non merita neppure un bicchiere di acqua minerale. Alla fine del colloquio, prende il DVD con il film e va a casa. Lì, visiona i primi cinque minuti. Se il lavoro gli piace, arriva sino ai titoli di coda, ma questo capita una volta ogni cento prodotti presentati. In tal caso, investe dieci centesimi in una chiamata telefonica e convoca il produttore nel suo studio, il tal giorno e alla tal ora. "Firmeremo un impegno," dice, come se stesse facendo un grande favore. "Lo distribuirò." Il produttore tenta di negoziare. Vorrebbe sapere in quante sale cinematografiche e in quanti paesi il film verrà distribuito, e a quali condizioni. Domande assolutamente inutili, perché conosce già la risposta: "Dipende dalle prime reazioni del pubblico-test." Infatti la pellicola viene proiettata per alcune platee selezionate che rappresentano i vari strati della società - persone selezionate da aziende di ricerca specializzate. Poi, i risultati sono analizzati da professionisti. Se risultano positivi, vengono investiti altri dieci centesimi per una chiamata telefonica, e il giorno seguente Javits accoglie il produttore con tre copie di un altro lunghissimo contratto. L'uomo chiede il tempo per farlo leggere al proprio avvocato. Il distributore risponde di non aver niente in contrario ma, poiché deve chiudere il programma della stagione, non può garantire che, dopo l'approvazione del legale, lo spazio per quel film sia ancora disponibile. Il produttore legge soltanto la clausola riguardante il suo
guadagno. Si considera soddisfatto e firma. Non vuole perdere quell'occasione. Sono ormai passati anni da quando è stato seduto di fronte allo scrittore per discutere del medesimo argomento, e così non pensa che ora sta vivendo una situazione identica. Fiera delle vanità. Tutto è vanità: non c'è niente di nuovo sotto il sole - proprio come affermava Salomone oltre tremila anni fa. Mentre vede l'ampio spazio affollarsi di invitati, Javits si domanda di nuovo che cosa stia facendo lì. Controlla più di cinquecento sale cinematografiche negli Stati Uniti; ha contratti di esclusiva con altre cinquemila nel resto del mondo, obbligate ad acquistare i suoi prodotti, talvolta senza ricavarne alcun utile. I proprietari dei cinema sanno perfettamente che un solo film di cassetta può compensare i mancati guadagni di cinque pellicole che non hanno riscosso un successo di pubblico. Dipendono da Javits, il megadistributore indipendente, l'eroe che è riuscito a spezzare l'egemonia degli studios e a diventare una leggenda nell'ambiente. Non si sono mai domandati come sia riuscito nell'impresa: purché continui a offrirgli un grande successo ogni cinque fiaschi (la performance delle major è, in media, un trionfo ogni nove fallimenti), è una domanda che non ha alcuna importanza. Ma Javits conosce il motivo per cui è riuscito ad avere tanto successo. E perciò non esce mai senza i suoi due "amici", che in questo momento hanno l'incarico di rispondere alle telefonate, prendere appuntamenti e accettare inviti. Sebbene entrambi abbiano un fisico piuttosto normale (non sono affatto corpulenti come i sorveglianti piazzati all'ingresso), valgono quanto un esercito. Sono stati addestrati in Israele e hanno operato in Uganda, Argentina e Panama. Mentre uno si occupa delle chiamate al cellulare, l'altro fa vagare incessantemente lo sguardo — fissa nella propria mente ogni persona, ogni movimento, ogni gesto. Si alternano in questo compito, proprio come accade ai traduttori simultanei e ai controllori aerei: la professionalità richiede una sosta ogni quindici minuti.
Che ci sta facendo a quella "colazione"? Avrebbe potuto rimanere in albergo e tentare di dormire: ormai è stanco di essere adulato ed elogiato, di dover ripetere in continuazione — sorridendo - che non gli diano quel biglietto da visita perché lo perderà. Se qualcuno insiste, lo prega gentilmente di rivolgersi a una delle sue segretarie (logicamente alloggiate in un altro albergo di lusso sulla Croisette, ma quasi senza il diritto di dormire, sempre attente al telefono che non cessa di squillare, pronte a rispondere alle e-mail inviate dalle sale cinematografiche di tutto il mondo, che arrivano inframmezzate da proposte commerciali per aumentare la lunghezza del pene o per avere orgasmi multipli, malgrado i filtri antispam). Sulla base di un codice fatto di cenni del capo, uno degli "amici" dà l'indirizzo e il telefono della segretaria, oppure informa che, al momento, i biglietti da visita di Javits sono esauriti. Che ci sta facendo a quella "colazione"? Se avesse deciso di rimanere a Los Angeles, ora starebbe dormendo, per quanto presto fosse rientrato da una festa. Javits conosce la risposta, ma non vuole accettarla: ha paura di rimanere solo. Prova invidia per quell'uomo che è arrivato in anticipo e ha bevuto adagio la sua bibita, con lo sguardo distante, apparentemente rilassato, libero dalla preoccupazione di mostrarsi indaffarato o importante. Decide di invitarlo al suo tavolo per un drink. Ma si accorge che è scomparso. In quel momento, avverte una puntura alla schiena. "Zanzare. Ecco perché detesto le feste sulla spiaggia.' Quando fa per grattarsi, estrae dalla sua carne uno spillo. Che scherzo idiota! Volge lo sguardo dietro di sé e, a una distanza di circa due metri, oltre alcuni invitati che passano, nota un nero con la tipica capigliatura giamaicana: sta ridendo, insieme a un gruppo di belle ragazze che lo guardano con devozione e desiderio. Javits è molto stanco per accettare la provocazione. Meglio lasciar perdere quel nero che si ingegna sul modo di mostrarsi divertente - ha soltanto questo per far colpo sugli altri. "Idiota." Gli "amici" reagiscono al repentino cambiamento di
posizione dell'uomo che sono incaricati di proteggere per 435 dollari al giorno. Uno porta la mano all'ascella destra: un'arma automatica in una fondina pressoché invisibile è riposta all'interno della giacca. L'altro si alza e, con un balzo discreto (si trovavano a una festa, del resto), si piazza fra il nero e il suo capo. "Non è stato niente," dice Javits. "Solo uno scherzo." Mostra lo spillo. Quei due idioti erano preparati per rispondere ad attacchi con armi da fuoco e pugnali, aggressioni fìsiche, minacce di attentati. Erano sempre i primi a entrare nella sua camera d'albergo, pronti a sparare, se necessario. Sapevano cogliere se qualcuno portava un'arma (una cosa abbastanza comune in molte città del mondo) e non lo perdevano d'occhio finché non avevano la certezza che l'individuo non rappresentasse una minaccia. Quando Javits prendeva un ascensore, si ritrovava pressoché schiacciato fra loro due: si accostavano l'uno all'altro, creando una specie di muro. Non li aveva mai visti estrarre le armi — in tal caso, le pistole avrebbero sparato: in genere, risolvevano qualsiasi problema unicamente con uno sguardo e parole calme. Problemi? Non ne aveva mai avuti, da quando aveva assunto quegli "amici". Come se la loro semplice presenza fosse sufficiente a tenere lontani gli spiriti cattivi e le brutte intenzioni. "Quell'uomo... Uno dei primi ad arrivare, che stava seduto da solo a quel tavolo..." dice uno. "Quell'uomo era armato, vero?" L'altro mormora qualcosa come: "È possibile." Comunque, se n'era già andato da qualche momento, uscendo dalla porta principale. In qualsiasi caso, era stato sorvegliato costantemente, perché non sapevano dove puntasse il suo sguardo, celato dietro gli occhiali scuri. Si rilassano. Uno riprende a rispondere al telefono; l'altro fissa negli occhi il nero giamaicano, che sostiene lo sguardo, senza timore. C'è qualcosa di strano in quell'uomo: se dovesse rifare un gesto scherzoso, da quel giorno avrebbe bisogno di una dentiera. Tutto avverrebbe con la
massima discrezione, sulla spiaggia, lontano da occhi indiscreti: ad agire sarebbe soltanto uno di loro, mentre l'altro rimarrebbe in attesa, col dito sul grilletto. Provocazioni del genere potrebbero essere solo un diversivo, per allontanare le guardie del corpo della vittima. Erano ormai abituati a quel vecchio trucco. "Tutto bene..." "Nient'affatto. Chiamate un'ambulanza. Non riesco a muovere la mano."
12:44 PM. Che fortuna! Quella mattina, lei poteva aspettarsi un'infinità di cose, tranne quella di incontrare l'uomo che - ne era certa - le avrebbe cambiato la vita. Ma lui è lì, e ha la solita aria trasandata: è semplicemente seduto con due amici, perché i potenti non hanno bisogno di niente per mostrare le loro capacità. Non hanno neppure le guardie del corpo. Secondo Maureen, a Cannes le persone si potevano dividere in due categorie: a) quelle abbronzate, che passavano la giornata al sole (probabilmente erano già dei vincenti) ed esibivano un tesserino all'ingresso delle aree riservate del Festival. Quando arrivavano negli alberghi, trovavano una messe di inviti — che per lo più venivano cestinati; b) quelle pallide, che correvano da uno studio buio all'altro, sottoponendosi a provini, assistendo a esibizioni ottime che sarebbero andate perdute per l'eccesso di offerta, o tollerando autentici scempi che avrebbero magari ottenuto un posto al sole (tra le persone abbronzate), in virtù del contatto con una certa persona. Javits Wild ostenta un'abbronzatura invidiabile. L'evento che si impadronisce di quella cittadina nel Sud della Francia per dodici giorni, che fa aumentare i prezzi, che consente di circolare per le strade solo alle vetture autorizzate, che satura l'aeroporto di jet privati e le spiagge di
modelle, non è costituito solo da un tappeto rosso assediato dai fotografi su cui sfilano le grandi stelle, dirigendosi verso l'ingresso del Palazzo dei Congressi. Cannes è un evento che non riguarda la moda, bensì il cinema! Sebbene il lusso e il glamour siano gli elementi più rappresentativi e visibili, la vera anima del Festival è il gigantesco mercato dell'industria cinematografica: acquirenti e venditori provenienti da ogni parte del mondo si incontrano per trattare prodotti finiti, investimenti, idee. In un giorno normale, in città si svolgono 400 proiezioni — per lo più in appartamenti affittati per brevissimi periodi, con un pubblico scomodamente sparpagliato tra letti e divani, che si lagna del caldo e pretende acqua minerale e attenzioni speciali: la qual cosa irrita particolarmente gli organizzatori delle proiezioni e disegna un sorriso glaciale sul loro viso. Bisogna saper accettare ogni istanza, far fronte a tutte le provocazioni, perché è importante mostrare ciò che, in genere, ha richiesto anni di lavoro. Contemporaneamente, mentre quelle 4800 produzioni ignote lottano con le unghie e con i denti per procurarsi l'occasione di scivolar fuori da una certa camera d'albergo o da un appartamento e arrivare a un'autentica proiezione in una sala cinematografica, il mondo dei sogni si muove in senso opposto: le nuove tecnologie guadagnano terreno, le persone non escono più di casa a causa della mancanza di sicurezza, della stanchezza per l'eccesso di lavoro, dei canali televisivi via cavo - dove, in genere, si può scegliere tra quasi cinquecento film al giorno, per un costo assai risibile. Ma c'è di peggio: oggi internet consente a ogni individuo di essere un cineasta. Portali dedicati diffondono video di lattanti che camminano, di persone decapitate nelle varie guerre, di donne che mostrano il loro corpo con il solo appagamento di sapere che qualcuno - magari dall'altra parte del mondo — sta godendo di un piacere solitario, oltre a filmati di individui congelati e di incidenti, a scene di sport, a sfilate di moda, a videoclip ripresi da telecamere nascoste con l'intenzione di creare situazioni imbarazzanti per gli innocenti che transitano nei paraggi.
Certo, si continua a uscire. Ma si preferisce spendere il proprio denaro per ristoranti e abiti di marca; comunque, molti soldi finiscono negli schermi ultrasottili dei televisori ad alta definizione o dei computer. Film. Ormai appartiene a un passato lontano l'epoca in cui tutti conoscevano i vincitori della Palma d'Oro. Ora, se si domandasse chi ha vinto l'ambito trofeo l'anno precedente, neppure i partecipanti al Festival saprebbero rispondere. "Un rumeno," dice uno. "No, sono sicuro che era un tedesco," commenta un altro. Di nascosto, vanno a consultare il catalogo e scoprono che il vincitore è un italiano - con un film che, tra parentesi, era stato proiettato solo nei circuiti alternativi. Le sale cinematografiche, che dopo un periodo di concorrenza con i negozi di videonoleggio erano tornate a crescere, sembrano aver imboccato una nuova fase di decadenza — e ciò riguarda anche la competizione con i DVD di vecchia produzione (spesso allegati gratuitamente a un giornale) e la pirateria ormai imperante. Tutto questo rende la distribuzione più selvaggia: poiché il lancio di un film è considerato un investimento altissimo, si lavora affinchè venga proiettato nel maggior numero di sale contemporaneamente, lasciando ben poco spazio alle produzioni che decidono di entrare in concorrenza. E quei pochi produttori che scelgono di affrontare il rischio - malgrado l'infinità di segnali contrari - scoprono troppo tardi che non è sufficiente proporre un lavoro di qualità. Perché un film arrivi nelle grandi capitali del mondo i costi di promozione sono proibitivi: annunci a piena pagina su giornali e riviste, feste e ricevimenti, addetti stampa, viaggi promozionali, troupe sempre più costose, attrezzature di ripresa particolarmente sofisticate, difficoltà di reperimento di manodopera qualificata. E' il problema più difficile da risolvere: trovare qualcuno che distribuisca il prodotto finale. Eppure il pellegrinaggio da un luogo all'altro continua anno dopo anno: appuntamenti, la Superclasse che si preoccupa di una miriade di cose, tranne di ciò che viene
proiettato sullo schermo; società che pretendono di pagare un decimo del giusto prezzo perché "concedono" a un certo cineasta "l'onore" di vedere il proprio lavoro trasmesso in televisione; richieste di rielaborare il materiale in modo da non offendere le famiglie; pretese di nuove stesure; promesse (non sempre mantenute) che, se il copione viene rivisto pesantemente e si pone in risalto un certo tema, verrà stipulato un contratto l'anno successivo. Le persone ascoltano e accettano — non hanno scelta. Il mondo è retto dalla Superclasse: le sue argomentazioni appaiono condivisibili, la sua voce soave, il suo sorriso gentile - ma le sue decisioni risultano inappellabili. Loro sanno. Loro accettano o rifiutano. Loro hanno il potere. E il potere non intavola trattative con nessuno — le fa unicamente con se stesso. Eppure non tutto è perduto. Tanto nel mondo della fiction quanto nel mondo reale, c'è ancora un eroe. E Maureen guarda orgogliosa: l'eroe è lì, davanti ai suoi occhi! Il grande incontro avverrà finalmente fra due giorni, dopo quasi tre anni di lavoro, sogni, telefonate, viaggi a Los Angeles, regali, richieste ad amici della Banca dei Favori e raccomandazioni di un ex innamorato: aveva frequentato insieme a lei la scuola di cinema, prima di ritenere che fosse molto più sicuro lavorare in un'importante rivista specializzata, piuttosto che rischiare di perdere testa e denaro su un set. "Gli parlerò," le aveva detto l'ex fidanzato. "Ma Javits non ascolta nessuno, neppure i giornalisti che possono promuovere o distruggere i suoi prodotti. È al di sopra di tutto, lui: abbiamo pensato di fare un reportage per tentare di scoprire come sia arrivato a controllare tante sale cinematografiche, ma nessuna delle persone con cui lavora ha voluto rilasciare dichiarazioni al riguardo. Io posso anche parlargli, ma non sono in grado di esercitare alcuna pressione." E infatti gli aveva parlato. Aveva ottenuto che Javits visionasse I segreti del sotterraneo. Il giorno seguente, lei aveva ricevuto una telefonata in cui le veniva comunicato che
si sarebbero incontrati a Cannes. Maureen non aveva neppure osato dirgli che si trovava a soli dieci minuti di taxi dal suo ufficio: aveva accettato quell'appuntamento in una lontana città della Francia. E così, si era procurata un biglietto aereo per Parigi, poi aveva preso un treno e, dopo un'intera giornata di viaggio, era giunta a destinazione; aveva mostrato un voucher all'irritato direttore di un albergo piuttosto mediocre, si era sistemata in una camera singola, dove ogni volta che doveva andare in bagno era obbligata a scavalcare le valigie e, sempre grazie al suo ex fidanzato, aveva rimediato alcuni inviti per eventi di secondaria importanza, quali la promozione di un ennesimo tipo di vodka e il lancio di una nuova linea di magliette. A quel punto, era ormai tardi per ottenere il pass che consente l'ingresso al Palazzo del Festival. È vero, aveva speso più delle proprie disponibilità e viaggiato per oltre ventiquattrore, ma avrebbe avuto i dieci minuti che potevano cambiarle la vita. Era sicura che, alla fine, sarebbe uscita dal colloquio con un contratto e un futuro. Sì, l'industria del cinema era in crisi. E allora? I film non continuavano ancora ad avere successo? Pochi, d'accordo! Le città non erano costellate di cartelloni che pubblicizzavano le novità? A chi erano dedicati gli articoli dei rotocalchi? A divi del cinema! Maureen sapeva — ne aveva la certezza - che la morte del cinema era già stata decretata varie volte, eppure quel mondo continuava a sopravvivere. "Il cinema è finito" quando è arrivata la televisione. "Il cinema è finito" allorché sono scesi in campo i noleggiatori. "Il cinema è finito" quando su internet sono comparsi i siti di pirateria. Ma il cinema era ancora lì, in quelle strade della città sul Mediterraneo, che doveva la sua fama proprio al Festival. Adesso doveva soltanto approfittare di quella fortuna che sembrava piovuta dal cielo. E accettare tutto, assolutamente tutto. Javits Wild è lì. Ha già visto il suo film. Il soggetto è dotato di tutti gli ingredienti per funzionare: lo sfruttamento sessuale, liberamente accettato o imposto forzosamente, stava acquistando un grande rilievo nei media a causa di una serie di
vicende di risonanza mondiale. Era il momento giusto perché i manifesti de I segreti del sotterraneo venissero esposti nel network di sale cinematografiche che controllava. Javits Wild, il ribelle, l'uomo che stava rivoluzionando il modo in cui i film raggiungevano il grande pubblico. Solo Robert Redford aveva tentato qualcosa di simile con il Sundance Film Festival, per cineasti indipendenti eppure, malgrado decenni di sforzi, l'attore non era ancora riuscito a spezzare l'egemonia delle società che movimentavano centinaia di milioni di dollari negli Stati Uniti, in Europa e in India. Javits, però, era un vincente. Javits Wild, la redenzione dei cineasti, il grande mito, l'alleato delle minoranze, l'amico degli artisti, il nuovo mecenate che, tramite un sistema di distribuzione mirato (ne ignorava i meccanismi, pur sapendo che garantiva ottimi risultati), ora raggiungeva le sale di tutto il mondo. Javits Wild l'aveva convocata per un incontro di dieci minuti. Ciò significava che sostanzialmente aveva approvato il suo lavoro. Ora si trattava solo di definire i dettagli. "Accetterò tutto. Assolutamente tutto," si ripete lei. E' evidente che, in dieci minuti, Maureen non riuscirà a raccontare le vicende che hanno caratterizzato gli otto anni (e cioè, un quarto della sua vita) durante i quali è stata impegnata nella produzione del suo film. Inutile spiegare che aveva frequentato un corso di cinematografia, diretto alcuni spot televisivi, realizzato due cortometraggi che avevano avuto un'ottima accoglienza in diverse sale di provincia e in alcuni spazi alternativi di New York. Che, per disporre del milione di dollari necessario per la produzione aveva dovuto ipotecare la casa ricevuta in eredità dai genitori. Che questa era la sua ultima occasione, poiché non aveva altre proprietà da dare in garanzia. Aveva seguito da vicino la carriera di alcuni compagni di corso i quali, dopo aver lottato strenuamente, avevano scelto il mondo facile della pubblicità - sempre più presente o un impiego oscuro, ma garantito, in una delle innumerevoli società che producono serie televisive. Dopo i giudizi positivi sui corti, aveva cominciato a sognare in grande: da
quel momento, non aveva più saputo controllarsi. Si era convinta di avere una missione: trasformare il mondo in un luogo migliore per le generazioni future. Unirsi ad altre persone che la pensavano allo stesso modo, per mostrare che l'arte non era soltanto una forma di intrattenimento o divertimento di una società perduta. Rendere palesi i difetti dei leader. Salvare i bambini che, in quel momento, morivano di fame in qualche parte dell'Africa. Denunciare i problemi dell'ambiente. Eliminare le ingiustizie sociali. Di certo, era un progetto ambizioso, ma lei era sicura che, grazie alla sua tenacia, sarebbe riuscita a realizzarlo. Per raggiungere questo obiettivo, doveva purificare la propria anima, e così si affidava sempre alle quattro forze che sovrintendono al percorso di ogni essere umano: amore, morte, potere e tempo. E' necessario amare giacché noi siamo amati da Dio. E' necessario essere consapevoli della morte, per comprendere la vita. E' necessario lottare per crescere — ma senza cadere nella trappola del potere ottenuto, perché è risaputo che esso non vale niente. Infine, è necessario accettare che la nostra anima — seppure eterna - si trovi attualmente imprigionata nella ragnatela del tempo, con le sue opportunità e i suoi limiti. Sebbene limitata dalla ragnatela del tempo, Maureen era tuttavia in grado di lavorare con uno strumento che le procurava piacere ed entusiasmo. Attraverso i suoi film, avrebbe potuto lasciare un contributo a quel mondo che sembrava disgregarsi, avrebbe potuto cambiare la realtà e trasformare gli esseri umani. Quando era morto suo padre, dopo aver recriminato per tutta la vita di non aver mai avuto l'opportunità di fare ciò che aveva sempre sognato, Maureen aveva compreso qualcosa di molto importante: le trasformazioni avvengono nei momenti di crisi. Di certo, non voleva arrivare alla fine della propria vita nelle condizioni di suo padre. Non avrebbe voluto dire a sua figlia: "Volevo, e a un certo momento avrei anche potuto, ma non ho avuto il coraggio di rischiare." Al ricevimento dell'eredità, aveva subito compreso che quel
beneficio le era stato concesso per un'unica ragione: permetterle di realizzare il proprio destino. Aveva accettato la sfida. Al contrario di molte ragazze che desideravano diventare attrici e raggiungere la fama, il sogno di Maureen era quello di filmare storie che le generazioni successive potessero ancora vedere, sorridendo e sognando. Il suo modello era Quarto potere, il film d'esordio di un professionista radiofonico che intendeva criticare un potente magnate della stampa americana. La pellicola è diventata un classico non solo per la trama, ma anche perché affronta in maniera nuova e creativa i problemi etici e tecnici dell'epoca che precede il secondo conflitto mondiale. Era bastato un film perché l'autore non venisse più dimenticato. "Il suo primo film." Si può fare centro già al primo colpo. Il suo autore, Orson Welles, non aveva più realizzato un'opera così riuscita. Alla fine, era sparito dalla scena (come accade talvolta), e ora veniva studiato solo nei corsi di cinema: comunque, prima o poi, qualcuno avrebbe "riscoperto " il suo genio. Quarto potere, infatti, non era stato il suo unico lascito. Welles aveva dimostrato che era sufficiente compiere un eccellente primo passo, per ottenere ricompense e inviti per il resto della vita. Lei avrebbe onorato ognuna delle opportunità che le sarebbero state offerte. Si era ripromessa di non dimenticare mai le difficoltà che aveva dovuto affrontare e di trasformare la propria vita in qualcosa che rendesse l'essere umano più degno. E dato che il primo film è soltanto uno, aveva concentrato i suoi sforzi fisici, le sue preghiere, le sue energie emotive in un solo progetto. Al contrario degli amici, che sfornavano in continuazione copioni, proposte e idee - e che finivano per lavorare a diverse opere contemporaneamente senza che nessuna portasse a qualche risultato -, Maureen si era dedicata anima e corpo a I segreti del sotterraneo, la storia di cinque monache che ricevono la visita di un maniaco sessuale. Anziché tentare di convertirlo alla salvezza cristiana, le suore comprendono che l'unico dialogo possibile soggiace al fatto di accettare le regole del suo
mondo di aberrazione; e così decidono di concedere all'uomo i loro corpi per fargli comprendere la gloria di Dio attraverso l'amore. Il piano di Maureen era semplice. Per quanto famose siano, le attrici di Hollywood normalmente spariscono dai cast quando raggiungono i trentacinque anni d'età. Per qualche tempo, compaiono ancora sulle pagine delle riviste di gossip, danno lustro alle aste di beneficenza, partecipano alle grandi feste, si dedicano alle cause umanitarie; poi, quando si accorgono che stanno per scomparire definitivamente dalle luci della ribalta, cominciano a sposarsi e a divorziare, determinando una serie di scandali - e tutto per qualche altro mese, qualche altra settimana, qualche altro giorno di gloria. Orbene, in questo periodo della vita che va dalla disoccupazione all'oblio, per loro i soldi non hanno più importanza: accetterebbero qualsiasi cosa pur di ritornare sullo schermo. Dapprima Maureen si era rivolta ad alcune attrici che, non più di dieci anni addietro, dominavano il mondo, ma che ora cominciavano a sentire che il terreno gli mancava sotto i piedi e che avevano un disperato bisogno di tornare a essere ciò che erano state. Il copione era buono: l'aveva mandato ai loro agenti, che avevano chiesto cachet assurdi, incassando soltanto dei secchi "no". Il passo successivo era stato quello di andare a bussare all'uscio di ciascuna attrice, spiegando di avere già un finanziamento per il progetto. Tutte avevano finito per accettare, chiedendo però di mantenere il segreto sui loro emolumenti, visto che avrebbero lavorato quasi gratis. In un'industria come quella cinematografica, era impossibile cominciare agendo in maniera umile. Di tanto in tanto, nei sogni di Maureen compariva il fantasma di Orson Welles, che le diceva: "Tenta l'impossibile. Non cominciare dal basso - sei già a quel livello. Sali rapidamente, prima che ti tolgano la scala. Se avvertirai un moto di paura, recita una preghiera, ma va' avanti." Lei aveva un'ottima storia e un cast di primissimo livello, ed era consapevole che doveva realizzare un'opera che fosse accettata dai grandi studios o dai distributori indipendenti,
senza tuttavia rinunciare alla qualità. Era pressoché obbligatorio che arte e affari procedessero di pari passo. Il resto poteva dirsi irrilevante: critici dediti alla masturbazione mentale che adoravano film che nessuno capiva. Piccoli circuiti alternativi nei quali tutte le sere la medesima dozzina di persone usciva dalle proiezioni per fare le ore piccole in qualche bar, fumando e commentando un'unica scena (il cui significato, peraltro, era probabilmente del tutto diverso dall'intenzione con cui era stata filmata). Registi che tenevano conferenze per spiegare ciò che sarebbe dovuto risultare ovvio per la platea. Incontri sindacali organizzati per proclamare ai quattro venti che i governanti non sostenevano il cinema nazionale. Dichiarazioni e manifesti su riviste intellettuali, frutto di riunioni interminabili, dove si ribadivano le lamentele sul disinteresse del governo a sostenere l'arte. Alcuni brevi articoli pubblicati dalla grande stampa, letti generalmente solo dagli interessati o dai componenti delle loro famiglie. Ma chi può cambiare il mondo? La Superclasse. Coloro che decidono. Che interferiscono nei comportamenti, nei cuori e nelle menti della maggior parte delle persone. Ecco perché lei voleva Javits. Voleva l'Oscar. Voleva Cannes. E giacché era impossibile arrivare a tutto ciò con un impegno democratico — in fondo, gli altri volevano soltanto esprimere un'opinione sul modo migliore di agire, senza mai assumersi un rischio -, Maureen aveva semplicemente deciso di giocarsi tutto. Aveva assunto una troupe, riscritto per mesi il copione e convinto degli ottimi — e sconosciuti — direttori della fotografìa, scenografi e attori non protagonisti a partecipare all'impresa, promettendo loro un compenso assai modesto, ma tantissima visibilità per il futuro. Tutti venivano colpiti dal nome delle cinque protagoniste ("Il budget dev'essere molto, molto alto") e, all'inizio, chiedevano cachet elevati, ma poi finivano per convincersi che partecipare a un simile progetto sarebbe risultato importantissimo per il loro curriculum. Maureen era talmente infervorata dalla sua idea che l'entusiasmo
sembrava aprirle tutte le porte. Ora mancava il balzo finale, quello che avrebbe fatto la differenza. Perché non basta che uno scrittore o un musicista produca un'opera di buona qualità, è necessario che il suo lavoro non venga lasciato ad ammuffire su uno scaffale o in un cassetto. È necessaria la vi-si-bi-li-tà! Maureen aveva inviato una copia del film a una sola persona: Javits Wild. Aveva utilizzato tutti i suoi contatti. Si era umiliata, tuttavia era riuscita ad andare avanti. Era stata ignorata, ma questo non l'aveva scoraggiata. Era stata trattata con sufficienza, ridicolizzata, esclusa, eppure aveva continuato a credere che fosse possibile arrivare alla meta, - si era impegnata con ogni goccia del suo sangue per ciò che aveva appena realizzato. Poi era entrato in scena il suo ex fidanzato. E Javits Wild le aveva fissato un appuntamento. Lo osserva durante il pranzo, assaporando in anticipo i pochi minuti che trascorreranno insieme, di lì a due giorni. All'improvviso, si accorge che l'uomo è paralizzato, ha lo sguardo fìsso nel vuoto. Uno dei suoi amici si guarda intorno, con la mano dentro la falda della giacca. L'altro prende il cellulare e comincia a digitare freneticamente una serie di numeri. Che sia accaduto qualcosa? Certamente no: le persone vicine continuano a chiacchierare, a bere, a godersi un'altra giornata di festival, i ricevimenti, il sole e gli splendidi corpi. Un amico tenta di sollevarlo e di farlo camminare sembra che Javits non riesca a muoversi. Comunque, non dev'essere niente di grave. Un goccio di troppo, al massimo. Stanchezza. Stress. No, non può essere niente. Lei è arrivata da molto lontano, e adesso che è così vicina... In lontananza, si ode una sirena. Dev'essere la polizia che apre un varco nel traffico eternamente congestionato a benefìcio di qualche personalità. Uno degli uomini fa scivolare il braccio di Javits intorno alla propria spalla e lo trascina verso la porta. La sirena
si avvicina. Senza togliere la mano dall'interno della giacca, l'altro muove il capo meccanicamente in ogni direzione. A un certo punto, i loro sguardi si incrociano. Ora Javits viene condotto verso l'ingresso da uno dei suoi amici. Maureen si domanda come un tizio dall'aspetto piuttosto fragile sia in grado di trasportare un uomo corpulento senza apparente sforzo. Il suono della sirena si zittisce proprio davanti al grande tendone. A questo punto, Javits è ormai scomparso, insieme a uno dei suoi amici; l'altro uomo si sta dirigendo verso di lei, con la mano affondata nella giacca. "Che cosa è successo?" domanda Maureen, spaventata. Anni di lavoro passati a dirigere gli attori le consentono di dire che l'individuo di fronte a lei ha un'espressione insondabile, simile a quella di un killer professionista. "Sai perfettamente cos'è successo." La voce è caratterizzata da un accento che non riesce a identificare. "Ho notato che stava sentendosi male. Che cos'è successo?" L'uomo tiene sempre la mano dentro la giacca. E, in quell'istante, Maureen concepisce l'idea che potrebbe trasformare un piccolo incidente in una grande occasione. "Posso essere d'aiuto? Mi è permesso di raggiungerlo?" La mano dell'uomo sembra rilassarsi, mentre i suoi occhi continuano a sorvegliare ogni movimento della giovane. "Vengo con voi. Conosco Javits Wild: sono una sua amica." In quella che le è parsa un'eternità, ma che non dev'essere durata più di una frazione di secondo, l'uomo si è voltato ed è uscito, dirigendosi a passi rapidi verso la Croisette, senza dire una parola. La mente di Maureen è in piena attività. Perché quell'uomo ha affermato che lei sapeva cos'era successo? E perché, all'improvviso, si è disinteressato della sua presenza? Gli altri invitati non notano assolutamente niente tranne il frastuono della sirena, che probabilmente attribuiscono a un incidente accaduto in strada. No, l'ululato non si sposa affatto con l'allegria, il sole, le bibite, i contatti, le
belle donne, i begli uomini, la gente pallida e abbronzata. Le sirene appartengono a un altro mondo, dove ci sono scontri, attacchi di cuore, malattie, delitti: esse non interessano minimamente le persone presenti lì. Maureen emerge dal vortice dei suoi pensieri. Dev'essere successo qualcosa a Javits, e questo può risultare un dono del cielo. Si precipita all'ingresso, vede un'ambulanza che sfreccia veloce nella corsia riservata, con la sirena accesa. "È un mio amico!" dice a uno dei sorveglianti all'entrata. "Dove lo stanno portando?" L'uomo mormora il nome di un ospedale. Senza riflettere neppure un istante, Maureen inizia a correre in cerca di un taxi. Dieci minuti dopo, si rende conto che in città non esistono taxi, tranne quelli chiamati dai portieri degli alberghi in cambio di laute mance. Poiché non ha soldi con sé, entra in una pizzeria, mostra la piantina della città e chiede informazioni: scopre che dovrà continuare a correre almeno per un'altra mezz'ora, prima di raggiungere la sua meta. Del resto, ha corso per tutta la vita — no, questo ulteriore sforzo non avrebbe fatto una grande differenza.
12:53 PM. "Buongiorno." "Buon pomeriggio," replica una delle ragazze. " Mezzogiorno è ormai passato." È proprio come aveva immaginato. Quattro ragazze fisicamente simili a lei. Ma truccate, con le gambe scoperte e le scollature provocanti, impegnate con i telefonini e gli SMS. Nessun dialogo perché, dopo aver superato le medesime difficoltà, accettato in silenzio le sconfitte, affrontato le stesse sfide, ormai si riconoscono come anime gemelle. Tutte pronte a credere che i sogni non abbiano scadenza, che la vita potrebbe cambiare da un'ora all'altra, che il momento propizio stia per arrivare e che adesso la loro volontà sia messa alla prova. Tutte probabilmente hanno litigato con i genitori, convinti che la figlia sarebbe finita in un giro di prostituzione. Tutte sono già salite su un palcoscenico, e hanno sperimentato l'angoscia e l'estasi di trovarsi davanti a una platea, sapendo perfettamente che il pubblico tiene solo lo sguardo fìsso sulla scena, mentre loro respirano l'elettricità nell'aria e, alla fine, si aspettano gli applausi. Tutte hanno già immaginato centinaia di volte che laggiù ci fosse qualche esponente della Superclasse e che, un giorno, qualcuno le avrebbe raggiunte in camerino dopo lo spettacolo con qualche proposta concreta - non il solito invito a cena, la richiesta del numero di telefono o i complimenti per l'eccellente interpretazione. Comunque, tutte hanno accettato tre o quattro di quegli inviti; poi si sono rese conto che, seguendo quella strada, non sarebbero arrivate da nessuna parte, se non nel letto di un uomo generalmente più vecchio, potente, ma interessato soltanto a possederle. E quasi sempre sposato, come tutti gli uomini interessanti. Tutte hanno un fidanzato giovane, ma se qualcuno domanda la loro posizione sentimentale, rispondono: " Libera e disponibile." Tutte pensano di riuscire ad avere il
controllo della situazione. Tutte si sono sentite ripetere centinaia di volte che hanno talento, che gli è mancata l'occasione, e che proprio li davanti c'è la persona che può trasformare le loro vite. A tutte è capitato di crederci. E, convinte di padroneggiare gli eventi, tutte sono cadute nella trappola dell'eccesso di fiducia, prima di accorgersi l'indomani che il numero di telefono corrispondeva semplicemente all'interno di qualche segretaria infastidita la quale non passava — per nessun motivo - la chiamata al capo. Tutte hanno già minacciato di raccontare dell'inganno subito, dicendo che avrebbero venduto la storia a un giornale scandalistico. Nessuna l'ha fatto, giacché tutte sono ancora nella fase del "Non posso bruciarmi nell'ambiente artistico". Probabilmente, una o due di loro hanno vissuto l'esperienza di Alice nel paese delle meraviglie, e ora vogliono dimostrare alla famiglia di essere più abili e intelligenti di quanto i genitori non pensassero. Comunque, dopo averle viste in qualche spot pubblicitario o effigiate su manifesti disseminati per la città, ormai le famiglie accantonati i litigi - sono fermamente convinte che il destino delle loro "bambine" sia soltanto uno: Fama e glamour. Tutte hanno pensato che il sogno fosse realizzabile, e che un giorno il loro talento sarebbe stato riconosciuto; poi hanno capito che in quell'ambiente esiste solo una parola magica: Contatti. Tutte hanno distribuito i loro book appena arrivate a Cannes, e adesso controllano il cellulare di continuo. Frequentano ogni luogo d'incontro e sperano di poter accedere a quelli riservati al gran mondo; sognano che qualcuno le inviti a una festa al giorno - e soprattutto al più importante degli eventi: la passerella sul red carpet del Palazzo dei Congressi. Ma quello è il sogno più difficile da realizzare — talmente difficile che non lo confessano neppure a se stesse, per evitare che le onnipresenti sensazioni di rifiuto e di frustrazione finiscano per distruggere l'allegria
che devono mostrare sempre, anche quando non sono affatto felici. Contatti. Dopo molti incontri privi di senso, finalmente hanno trovato qualcuno che le ha portate nel posto giusto. Per questo sono lì adesso. Perché hanno dei contatti, e grazie a essi un produttore neozelandese le ha chiamate. Nessuna si domanda il motivo: sanno solo che devono essere puntuali, giacché le persone non hanno tempo da perdere, specialmente nel mondo del cinema. Ad avere del tempo a disposizione sono loro: le quattro ragazze nella sala d'attesa, concentrate sui cellulari, attraverso i quali inviano compulsivamente degli SMS per raccattare un invito a una festa o per parlare con qualche amico, ribadendo sempre di non essere disponibili, poiché hanno un appuntamento molto importante con un produttore cinematografico. Gabriela è stata la quarta ragazza a essere chiamata. Aveva tentato di cogliere qualche informazione nello sguardo delle prime tre, che erano uscite dalla sala senza proferire parola - ma erano tutte attrici... capaci, dunque, di nascondere qualsiasi sentimento di gioia o di tristezza. Camminavano decise verso la porta d'uscita, auguravano "Buona fortuna" con voce ferma, come se intendessero dire: "Non dovete essere nervose, ragazze. Non avete niente da perdere o da guadagnare. La parte è già mia." Una delle pareti dell'appartamento è coperta da un telo nero. Sul pavimento: cavi elettrici di ogni tipo, una piantana con luci incastonate in una struttura di metallo, sopra la quale è montato una specie di parapioggia con un telo bianco davanti. Mixer audio, monitor e una telecamera. Negli angoli della stanza, bottiglie di acqua minerale, valigette di metallo, treppiedi, fogli sparpagliati, e un computer. Seduta a terra, una donna con gli occhiali, sui trentacinque anni, che sta sfogliando il suo book. "Orribile," dice, senza guardarla. "Orribile," ripete. Gabriela non sa che cosa fare. Se fingere di non aver udito, raggiungere l'angolo dove un gruppo di tecnici
chiacchiera animatamente e si accende una sigaretta dopo l'altra, oppure restare lì, immobile. "Questa la detesto," continua la donna. Sono io. Le è stato impossibile controllarsi. Aveva attraversato di corsa mezza Cannes, era rimasta per quasi due ore seduta in una sala d'attesa, sognando ancora una volta che la sua vita sarebbe cambiata (riusciva a controllare sempre più proficuamente queste fantasie e non si abbandonava a un'irrefrenabile eccitazione come in passato). In qualsiasi caso, rifuggiva da altri elementi che potessero deprimerla. "Lo so," dice la donna, senza distogliere lo sguardo dalle foto. "Ti saranno costate una fortuna. C'è gente che vive assemblando book, scrivendo curricula, organizzando corsi di teatro — insomma, guadagnando sulla vanità di persone come te." "Se le trova orribili, perché mi ha chiamato?" "Perché ci serve una persona orribile." Gabriela ride. La donna alza finalmente la testa e la squadra. "Mi è piaciuto il tuo abbigliamento. Odio le persone volgari." Ecco riaffacciarsi il suo sogno. Il cuore di Gabriela batte più forte. La donna le porge un foglio. "Cammina fino al segno." Poi, rivolgendosi ai tecnici: "Spegnete le sigarette! Chiudete la finestra per evitare interferenze nel suono." Il "segno" è una croce tracciata con nastro adesivo giallo sul pavimento. In questo modo, non c'è bisogno di intervenire sulle luci e la telecamera non deve spostarsi: l'attore si trova sempre nel punto ottimale per la ripresa. "Sto sudando: c'è un caldo tremendo qua dentro. Posso andare in bagno a mettermi del fondotinta, un po' di trucco?" "Certo che puoi. Ma, quando tornerai, non avremo più tempo per il provino. Dobbiamo consegnare il materiale entro sera."
Tutte le altre ragazze avranno fatto la medesima domanda e ottenuto la stessa risposta. Meglio non perdere tempo - prende dalla borsa un fazzoletto e si tampona leggermente il viso, mentre si dirige verso la croce segnata sul pavimento. Un tecnico si piazza dietro la telecamera, mentre Gabriela, in lotta contro il tempo, cerca di leggere almeno una volta il testo sul foglio che ha in mano. "Provino numero 25, Gabriela Sherry, Agenzia Thompson." "25?" "Si gira," dice la donna con gli occhiali. Silenzio assoluto nella stanza. "'No, non credo a quello che stai dicendo. Nessuno è capace di commettere un delitto senza alcun motivo.'" "Rifalla. Stai parlando con il tuo fidanzato." "'No, non credo a quello che stai dicendo! Nessuno è capace di commettere un delitto, così, senza alcun motivo. "La parola così non è presente nel testo. Pensi forse che lo sceneggiatore — il quale ha lavorato per mesi al testo — non abbia considerato la possibilità di inserire un 'così'? Che abbia deciso di ometterlo ritenendolo inutile, superficiale, inopportuno?" Gabriela trae un profondo respiro. Tranne la pazienza, non ha nient'altro da perdere. Ora farà quello che ritiene giusto - uscire da lì, andare alla spiaggia, magari tornare a dormire un altro po'. Ha bisogno di riposare: dovrà essere in splendida forma per i cocktail del tardo pomeriggio. Una strana, deliziosa calma s'impossessa di lei. All'improvviso, si sente protetta, amata, riconoscente per essere viva. Nessuno la obbligava a rimanere lì, a sopportare ulteriormente quell'umiliazione. Per la prima volta in tutti quegli anni, era consapevole del proprio potere - un potere che, fino ad allora, reputava inesistente. "'No, non credo a una parola di quello che stai dicendo. Nessuno è capace di commettere un delitto senza alcun motivo.'" "La battuta successiva."
Era un comando superfluo. Gabriela avrebbe proseguito comunque. "'Meglio rivolgersi a un medico. Penso che tu abbia bisogno di aiuto.'" "'No,'" replica la donna con gli occhiali, che interpreta la parte del fidanzato. "'D'accordo. Non interpelleremo un medico. Andremo a fare una passeggiata, e mi dirai esattamente che cosa sta succedendo. Io ti amo. Se a nessun altro al mondo interessa qualcosa di te, ricorda che a me importa.'" Le frasi sul foglio di carta erano terminate. Nella stanza regnava il silenzio. Una strana energia pervadeva il locale. "Di' alla ragazza in sala d'attesa che può andare via," ordina la donna con gli occhiali a uno dei presenti. Possibile che fosse proprio quello che lei stava pensando? "Devi recarti all'estremità sinistra della spiaggia, alla marina dove termina la Croisette, davanti alla Allée des Palmiers. Lì, all'1:55 in punto, ci sarà un'imbarcazione che ti porterà all'appuntamento con il signor Gibson. Gli invieremo subito il video; comunque, preferisce conoscere personalmente gli individui con cui potrebbe lavorare." Un sorriso illumina il viso di Gabriela. "Ho detto 'potrebbe lavorare'. Non 'lavorerà'." In qualsiasi caso, lei continua a sorridere. Gibson!
1:19 PM. Distesa su un tavolo d'acciaio inossidabile, tra l'ispettore Savoy e il medico legale, c'è una bella ragazza sui vent'anni, completamente nuda. E' morta. "Ne è certo?" Il medico legale si avvia verso un lavandino, anch'esso di acciaio inossidabile. Si è tolto i guanti di latex, li ha gettati nella spazzatura e ha aperto il rubinetto. "Assolutamente. Nessuna traccia di droga." "Allora cos'è stato? Una giovane sana... Un attacco di...?" Nella sala si ode soltanto il rumore dell'acqua che scorre. "Si pensa sempre all'ovvio: droghe, attacchi di cuore o cause analoghe." Indugia, prima di terminare il lavaggio delle mani - un po' di suspense non guasta, in considerazione del suo lavoro. Si passa il disinfettante sulle braccia e getta nell'immondizia il materiale monouso utilizzato nell'autopsia. Poi si volta e chiede all'ispettore di osservare il corpo della giovane - da capo a piedi. "In ogni minimo dettaglio, senza pudore. Fa parte della sua professione saper cogliere i particolari." Savoy esamina accuratamente il cadavere. Poi, a un certo punto, tende la mano per sollevare una delle braccia, ma il medico legale lo blocca. "Non è necessario toccarla." Gli occhi di Savoy percorrono il corpo nudo della giovane. Di certo, conosce molte cose su di lei — Olivia Martins, figlia di portoghesi, fidanzata con un giovane di professione indefinita, frequentatore abituale delle notti di Cannes, che in questo momento viene interrogato in un luogo lontano da lì. Un giudice ha autorizzato la perquisizione del suo appartamento, durante la quale sono stati rinvenuti alcuni flaconi di THC (tetraidrocannabinolo, il principale elemento allucinogeno della marijuana, che oggi può essere assunto diluito con olio di sesamo: il principio non rilascia alcun odore nell'ambiente e ha un effetto
assai maggiore rispetto all'assunzione con il fumo). Sei buste contenenti un grammo di cocaina ciascuna. Tracce di sangue su un fazzoletto - mandato al laboratorio per le analisi. Un piccolo trafficante, al massimo. Già noto alla polizia, che ha collezionato un paio di periodi di detenzione, ma che non è mai stato accusato di episodi di violenza fisica. Olivia è bella, anche da morta. Sopracciglia folte, aria infantile, seni... "Non posso pensare a simili cose. Sono un professionista." "Non vedo assolutamente niente." Il medico legale sorride - e Savoy è leggermente irritato da quei modi supponenti. Indica un piccolo, impercettibile segno violaceo tra la spalla sinistra e il collo della ragazza. Poi mostra un altro segno, nella parte destra del dorso, tra due costole. "Potrei esordire descrivendo alcuni dettagli tecnici: un'ostruzione della vena giugulare e dell'arteria carotidea, mentre una forza analoga veniva applicata su un determinato fascio di nervi, con una precisione tale da causare una paralisi completa della parte superiore del corpo..." Savoy non dice niente. Il medico legale capisce che non è il momento di sfoggiare la propria cultura o scherzare sulla situazione. Prova una certa pena: si ritrova quotidianamente a confrontarsi con la morte, vive circondato da cadaveri e gente seriosa. I suoi figli tacciono riguardo al mestiere del padre, il quale non è mai oggetto di conversazioni in società, giacché le persone detestano affrontare argomenti macabri. Più di una volta, si è domandato se ha scelto la professione giusta. "Ossia, è stata uccisa per strangolamento." Savoy è sempre in silenzio. La sua mente elabora informazioni a gran velocità: strangolamento in piena Croisette, di giorno? I genitori erano stati interrogati: la ragazza era uscita da casa con la merce, — un'attività illegale, visto che quel tipo di venditore non paga tasse al governo. "Ma questo non c'entra, ora."
"Eppure," continua il medico legale, "c'è qualcosa di intrigante. Di solito, in uno strangolamento, i segni sono presenti su entrambe le spalle - ossia, c'è la classica scena in cui la vittima viene afferrata per il collo e si dibatte per liberarsi. In questo caso, una delle mani - o più correttamente, un solo dito — ha impedito al sangue di arrivare al cervello, mentre un altro dito paralizzava il corpo, impedendogli di reagire. Una situazione che presuppone la padronanza di una tecnica molto sofisticata e una conoscenza perfetta dell'organismo umano." "Ma... potrebbe essere stata uccisa altrove e trasportata fino al marciapiede dove l'abbiamo rinvenuta?" "Se fosse andata così, sul corpo sarebbero state rinvenute delle tracce. È la prima cosa che ho cercato, considerando l'eventualità che fosse stata ammazzata da una sola persona. Ma non ho trovato niente, e quindi mi sono premurato di cercare i segni di eventuali mani che le avessero bloccato le braccia e le gambe, semmai avessimo a che fare con un crimine compiuto da più persone. Niente. Oltre tutto, pur senza addentrarmi in dettagli tecnici, ci sono alcune cose che si verifìcano nel momento della morte, elementi che lasciano delle tracce. Come l'urina, per esempio..." "Che cosa intende dire?" "Che l'hanno uccisa nel luogo in cui è stata ritrovata. Che, dai segni delle dita, il delitto è stato commesso da una sola persona. Che la donna conosceva il criminale, poiché nessuno l'ha vista mentre cercava di fuggire. Che l'omicida era seduto alla sua sinistra. Che dev'essere una persona addestrata, con una grande esperienza di arti marziali." Savoy ringrazia con un cenno del capo e si avvia rapidamente all'uscita. Intanto telefona al commissariato, dove in quel momento il giovane veniva interrogato. "Lasciate perdere la storia delle droghe," dice. "Avete fra le mani un assassino. Cercate di scoprire le sue conoscenze sulle arti marziali. Io vengo direttamente lì." "No," replica la voce all'altro capo della linea. "Vai all'ospedale. Mi sa che abbiamo un altro problema."
1:28 PM. Mentre volava sopra una spiaggia nel Golfo, il gabbiano vide un topo. Planò dal cielo e domandò al roditore: "Dove sono le tue ali?" Poiché ogni animale parla una propria lingua, il topo non comprese le parole del gabbiano, tuttavia notò le due "cose" strane e grandi che gli uscivano dal corpo. "Soffrirà di qualche malattìa," pensò il roditore. Il gabbiano si accorse che il topo stava fissando le sue ali. "Poverino. Sarà stato attaccato dai mostri che lo hanno reso sordo e gli hanno rubato le ali." Impietosito, lo afferrò con il becco e lo portò a passeggio nei cieli. "Per lo meno potrà placare la sua nostalgìa," pensò, mentre volavano. Poi, con grande delicatezza, lo depose sul suolo. Per alcuni mesi, il topo fu una creatura profondamente infelice: aveva conosciuto l'alto dei cieli, aveva visto un mondo vasto e bello. Ma, con il passare del tempo, finì per riabituarsi a essere un topo, e pensò che il miracolo che aveva illuminato la sua vita era soltanto un sogno. Era una storia della sua infanzia. Ma, in questo momento, lui vola alto nel cielo: può vedere il mare turchese, gli yacht lussuosi, le persone simili a formiche laggiù in basso, i tendoni montati sulla spiaggia, le colline e, alla sua sinistra, l'orizzonte - oltre il quale c'è l'Africa, assillata dai suoi problemi. Il suolo si avvicina velocemente. "Ogniqualvolta è possibile, bisogna guardare gli uomini dall'alto," pensa. "Solo così si può comprendere la loro vera dimensione e la loro piccolezza." Ewa sembra annoiata o nervosa. Hamid non è mai stato in grado di immaginare i pensieri nella mente della sua donna, anche se stanno insieme da oltre due anni. Ma sebbene la permanenza a Cannes costituisca un sacrificio per entrambi, non può lasciare la città prima della data programmata. Comunque, lei dovrebbe essere abituata, giacché la vita del suo ex marito non era molto diversa dalla
sua: cene a cui si è obbligati a partecipare, eventi che bisogna organizzare, continui cambiamenti di paese, di continente, di lingua. "Si è sempre comportata così, o... Non sarà che... Forse non mi ama più come prima." Pensiero proibito. "Concentrati su altre cose, per favore." Il frastuono del motore non consente di conversare, se non usando gli auricolari dell'interfono. Ma Ewa non li aveva neppure sganciati dal supporto accanto al sedile: anche se in questo momento le chiedesse di indossare le cuffie per ripeterle per la millesima volta che è la donna più importante della sua vita, che è pronto a qualsiasi cosa per farle trascorrere una settimana stupenda al suo primo Festival, non accadrebbe niente. Per la struttura del sistema audio di bordo, anche il pilota sentirebbe la conversazione - ed Ewa detesta le dimostrazioni pubbliche di affetto. E ora, eccoli lì, chiusi in quella bolla di acciaio e vetro che sta per raggiungere il molo. Riesce già a distinguere l'enorme automobile bianca, una Maybach, la macchina più costosa e sofisticata del mondo. Molto più esclusiva della Rolls-Royce. Fra poco saranno seduti là dentro, ascoltando una musica rilassante, e bevendo champagne ghiacciato o acqua minerale. Lui ha consultato il suo orologio di platino, un esemplare originale di uno dei primi modelli prodotti da una piccola fabbrica di Schaffhausen. Al contrario delle donne, che riescono a spendere fortune per i diamanti, l'orologio è l'unico gioiello consentito a un uomo di classe - e solo gli autentici intenditori conoscono l'importanza di quel modello che compare di rado nelle pubblicità delle riviste di lusso. Eppure la vera raffinatezza è questa: conoscere tutte le cose migliori — quelle che rappresentano l'eccellenza -, anche se gli altri non ne hanno mai sentito parlare. E fare tutte le cose migliori - quelle che incarnano la sublimità -, anche se gli altri sprecano il loro tempo a criticare. Erano quasi le due del pomeriggio, e doveva parlare con
il suo fiduciario di New York prima dell'apertura della Borsa. Appena arrivato, avrebbe fatto una telefonata soltanto una - con le istruzioni per quel giorno. Guadagnare denaro nel "casinò", come definiva i fondi di investimento, non era il suo sport preferito. Ma doveva fingere di essere attento alle varie iniziative dei suoi responsabili e consulenti finanziari. Questi beneficiavano della protezione, dell'appoggio e della supervisione dello sceicco, ma era importante che lui si mostrasse al corrente di ciò che accadeva. "Due" telefonate, e nessuna istruzione precisa riguardo all'acquisto o alla vendita di qualche azione. Perché la sua energia è concentrata su qualcos'altro: quel pomeriggio, almeno due attrici - una diva e una sconosciuta avrebbero indossato i suoi modelli sfilando sul red carpet. Certo, i suoi assistenti possono occuparsi di tutto, ma gli piace essere coinvolto in prima persona, foss'anche solo per ricordare a se stesso che ogni dettaglio è importante, e che non ha perso il contatto con la base sulla quale ha edificato il proprio impero. A parte questo, intende impiegare il resto del tempo che trascorrerà in Francia sfruttando ogni minuto della compagnia di Ewa - presentandola a persone interessanti, passeggiando sulla spiaggia, pranzando in ristoranti sconosciuti di qualche cittadina nei paraggi, o camminando mano nella mano in mezzo a quei vigneti che intravede all'orizzonte. Ha sempre creduto di poter innamorarsi soltanto del lavoro, anche se la sua lista di conquiste accoglieva una serie invidiabile di relazioni con donne strepitose. Ma, allorché è comparsa Ewa, ha scoperto di essere un altro uomo: due anni insieme, e il suo amore e il suo trasporto erano più forti e più intensi che mai. Innamorato. Lui, Hamid Hussein, uno degli stilisti più famosi del mondo, l'incarnazione di un gigantesco marchio internazionale del lusso e del glamour. Lui, che aveva lottato contro tutto e contro tutti, sfidando i preconcetti nei confronti di chi proviene dal Medio Oriente e professa una religione diversa; lui, che si era servito della saggezza
ancestrale della propria tribù per poter sopravvivere, apprendere e arrivare sulla vetta del mondo. Al contrario di quanto si potesse immaginare, non proveniva da una famiglia ricca che nuotava nel petrolio. Suo padre era stato un commerciante di tessuti che, un giorno, era entrato nelle grazie di uno sceicco per il semplice fatto di essersi rifiutato di obbedire a un ordine. Quando nutriva dei dubbi su qualche decisione, Hamid amava ricordare un insegnamento ricevuto nell'adolescenza: dire di no ai potenti, sia pure correndo un rischio altissimo. Quasi sempre si trattava della mossa giusta. E nelle poche occasioni in cui aveva scelto il gesto sbagliato, aveva notato che le conseguenze non si erano rivelate così gravi come immaginava. Ah, suo padre, che non aveva avuto la possibilità di assistere ai successi del figlio. Suo padre, che quando lo sceicco aveva cominciato ad acquistare tutti i terreni in una certa area del deserto per costruirvi una delle città più moderne del mondo, aveva avuto il coraggio di dire alla persona incaricata dell'acquisto: "Io non venderò. Sono secoli che la mia famiglia risiede in questo posto. Qui abbiamo seppellito i nostri morti. Qui abbiamo imparato a sopravvivere alle intemperie e agli invasori. Non si può vendere il luogo che Dio ci ha incaricato di curare su questa terra." La storia gli ritorna alla mente. Gli emissari aumentarono il prezzo. Poiché non riuscivano a ottenere alcunché si mostrarono irritati e pronti ad agire con ogni mezzo per allontanare quell'uomo da li. Lo sceicco era sul punto di spazientirsi - intendeva avviare il progetto subito, perché aveva grandi piani: sul mercato internazionale il prezzo del petrolio era salito, e il denaro doveva essere investito prima che le riserve diminuissero - al pari del gettito finanziario - e non fosse più possibile creare delle infrastrutture attraenti per gli investitori stranieri. Ma il vecchio Hussein continuava a rifiutare qualsiasi cifra per la sua proprietà. Finché, un giorno, lo sceicco decise di parlargli di persona. "Posso offrirti tutto ciò che desideri," disse al
commerciante di stoffe. "E allora, garantite un'educazione adeguata a mio figlio. Ha ormai sedici anni e, per lui, qui non ci sono prospettive. " "In cambio, tu mi venderai la casa." Ci fu un lungo momento di silenzio. Poi Hamid udì suo padre pronunciare una frase che non si sarebbe mai aspettato di sentire, mentre guardava negli occhi lo sceicco. "È un vostro dovere quello di educare i sudditi. Io non posso scambiare il futuro della mia famiglia con il suo passato." Lui ricorda di avere scorto negli occhi del padre un'immensa tristezza, mentre proseguiva: "Comunque, se mio figlio potrà avere almeno un'opportunità nella vita, accetterò la vostra offerta." Lo sceicco se ne andò, senza dire niente. Ma, il giorno seguente, inviò un emissario per chiedere al commerciante di mandare il ragazzo a palazzo: voleva parlargli. Così Hamid lo incontrò nella residenza principesca che sorgeva accanto all'antico porto: in città, dopo esser passato attraverso strade interrotte per lavori, aveva veduto gigantesche gru metalliche, operai che lavoravano alacremente, interi quartieri demoliti. Lo sceicco affrontò subito l'argomento: "Sai che desidero comprare la casa di tuo padre. Nella nostra terra ormai c'è rimasto poco petrolio e, prima che i pozzi stillino l'ultima goccia, occorre modificare la nostra fonte di reddito e battere nuove strade. Dimostreremo al mondo che siamo capaci di vendere non solo il nostro greggio, ma anche i nostri servizi. Tuttavia, prima di iniziare questa transizione, sono necessarie alcune importanti innovazioni — per esempio, realizzare un aeroporto moderno. Ci servono le terre perché gli stranieri possano costruire i loro edifici: credo che il mio sogno sia realizzabile, visto che è retto dalle migliori intenzioni. Avremo bisogno di persone istruite per quanto riguarda la finanza. Hai udito la mia conversazione con tuo padre, vero?" Hamid cercava di dissimulare la paura: oltre dieci persone assistevano al colloquio. Ma il suo cuore aveva una risposta pronta per ogni domanda.
"Che cosa desideri fare?" "Studiare alta sartoria." I presenti si scambiarono sguardi interrogativi. Probabilmente non sapevano di cosa stesse parlando. "Si, studiare alta sartoria. La maggior parte dei tessuti commerciati da mio padre viene rivenduta agli stranieri, i quali ottengono profitti cento volte superiori trasformandoli in abiti di lusso. Sono certo che si tratta di qualcosa che possiamo fare anche qui. Ho la certezza che la moda sarà una delle maniere per annientare i preconcetti che il resto del mondo nutre nei nostri confronti. Se capiranno che non vestiamo da barbari, finiranno per accettarci più facilmente." Un mormorio percorse la corte. Stava parlando di abiti? Cose da occidentali, più preoccupati di ciò che avviene all'esterno piuttosto che nell'intimo di una persona. "D'altronde, il costo che mio padre dovrà pagare è molto alto. Preferisco che tenga la casa. Io lavorerò con i suoi tessuti e, con l'aiuto di Dio misericordioso, riuscirò a realizzare il mio sogno. Proprio come Vostra Altezza, anch'io so dove voglio arrivare." La corte ascoltava, meravigliata: quel giovane sfidava la massima autorità della regione e si rifiutava di esaudire anche un desiderio del padre. Lo sceicco sorrise a quella risposta. "Dove si studia alta sartoria?" "In Francia. In Italia. Facendo pratica nelle botteghe dei maestri. Per la verità, esistono dei corsi in alcune università, ma niente può sostituire l'esperienza sul campo. È molto difficile, ma con l'aiuto di Dio misericordioso, ci riuscirò." Lo sceicco gli chiese di tornare nel tardo pomeriggio. Hamid girellò per il porto, visitò il bazar, affascinato dai colori, dai tessuti, dai ricami - adorava ogni occasione che gli si presentava per visitare quel luogo. Immaginò che, assai presto, lì tutto sarebbe stato distrutto, e ne fu rattristato: una parte del passato, della tradizione sarebbe andata perduta. Ma era possibile frenare il progresso? Era un atto intelligente impedire lo sviluppo di una nazione? Gli
sovvennero le tante notti passate a disegnare alla luce di una candela, riportando sulla carta gli abiti dei beduini, nel timore che anche i costumi tribali finissero distrutti dalle gru e dagli investimenti stranieri. All'ora stabilita, tornò a palazzo. Adesso c'era molta gente intorno al principe. "Ho preso due decisioni," disse lo sceicco. "La prima: mi farò carico delle tue spese per un anno. Ho pensato che ci sono abbastanza giovani attratti dal mondo finanziario, mentre fino a oggi nessuno mi ha parlato di un interesse per la sartoria. A me sembra una follia, ma tutti sostengono che anche i miei sogni sono folli - e tuttavia sono arrivato dove mi trovo ora. Di conseguenza, non posso smentire il mio stesso esempio. "Visto che nessuno dei miei assistenti ha contatti con l'ambiente a cui ti riferivi, ti elargirò anche un modesto mensile perché tu non sia costretto a mendicare nelle strade. Dovrai tornare da vincitore: tu rappresenti il nostro paese, ed è necessario che gli altri imparino a rispettare la nostra cultura. Prima di partire, dovrai studiare le lingue dei luoghi nei quali ti recherai. Quali sono: "Inglese, francese, italiano. Vi ringrazio enormemente per la generosità, ma il desiderio di mio padre..." Lo sceicco gli fece cenno di tacere. "E la seconda decisione è questa: la casa di tuo padre resterà intatta. Nella mia immaginazione, la vedo circondata da grattacieli: il sole non entrerà più dalle finestre, e lui sceglierà di trasferirsi. Ma la casa rimarrà lì per sempre. Nel futuro, allorché udiranno il mio nome, le genti diranno: "Fu grande, perchécambiò il suo paese. E fu giusto, perché rispettò i diritti di un commerciante di tessuti." L'elicottero atterra all'estremità del molo, e i ricordi vengono accantonati. Hamid scende per primo e tende la mano a Ewa, per aiutarla. Le sfiora la pelle, guarda con orgoglio la donna bionda, vestita di bianco; l'abito irradia tutt'intorno il sole che splende, mentre lei tiene l'altra mano posata sul discreto cappello beige - perché non voli via.
Camminano tra le file di yacht ancorati nelle darsene, diretti verso l'auto in attesa; lo chauffeur ha già aperto lo sportello. Hamid prende la mano della donna e le sussurra all'orecchio: "Spero che la colazione ti sia piaciuta. Sono grandi collezionisti d'arte. E il fatto di aver messo a disposizione degli invitati un elicottero è qualcosa di assai generoso." "Mi è piaciuta moltissimo." In realtà, Ewa avrebbe voluto dire: "L'ho detestata. E, oltre tutto, sono spaventata. Ho ricevuto un messaggio sul cellulare. So chi l'ha inviato, anche se non sono in grado di identificare il numero." Entrano nell'enorme auto destinata a ospitare soltanto due persone — il resto dello spazio è vuoto. L'aria condizionata rende la temperatura ideale, la musica è perfetta per un simile momento - nessun rumore riesce a penetrare in quell'ambiente perfettamente isolato. Lui si siede nella comoda poltrona di cuoio, allunga la mano verso la consolle di legno e chiede a Ewa se desidera un flûte di champagne ghiacciato. No, preferisce dell'acqua minerale. "Ieri, ho visto il tuo ex marito nel bar dell'hotel, prima che uscissimo per la cena." "Impossibile. Non ha affari da trattare a Cannes." Ma avrebbe voluto dire: "Forse hai ragione: ho ricevuto un messaggio sul cellulare. È meglio prendere il primo aereo e partire." "Credo che sia proprio così." Hamid nota che la compagna non ha granché voglia di conversare. Poiché è stato educato a rispettare la privacy di coloro che ama, si sforza di pensare ad altro. Si scusa in anticipo e telefona al fiduciario a New York. Ascolta pazientemente due o tre frasi; poi, con gentilezza, interrompe le notizie sulle tendenze del mercato. La conversazione non dura più di due minuti. Passa alla seconda chiamata: telefona al regista scelto per il suo primo film. L'uomo si sta recando sullo yacht per incontrare la Celebrità - sì, era stata selezionata
anche la ragazza e si sarebbe dovuta presentare alle due del pomeriggio. Si volta verso Ewa: apparentemente continua a non aver voglia di chiacchierare - ha lo sguardo distante, ma non osserva niente di ciò che scorre oltre i vetri della limousine. Forse è preoccupata perché in albergo avrà poco tempo: dovrà cambiarsi in fretta d'abito e uscire subito per andare alla sfilata di una stilista belga - un impegno poco importante. Vuole osservare personalmente una certa modella africana, Jasmine: secondo i suoi assistenti è il viso ideale per la prossima collezione. Vuole rendersi conto del modo in cui la ragazza affronterà la pressione di un evento a Cannes. Se non mostrerà titubanza, sarà una delle sue stelle durante la Settimana della Moda di Parigi, a ottobre. Ewa tiene lo sguardo fìsso sul finestrino dell'auto, ma non scorge nulla di ciò che avviene all'esterno. Conosce perfettamente quell'individuo elegante, dai modi gentili, creativo e lottatore, che è seduto accanto a lei. Sa che la desidera come mai un uomo ha desiderato una donna tranne quello che ha lasciato. Di lui può fidarsi, sebbene sia sempre circondato dalle ragazze più affascinanti del mondo. È una persona onesta, lavoratrice, ardita, che ha affrontato innumerevoli sfide per arrivare a quella limousine e poter offrirle un flûte di champagne o la sua acqua minerale preferita in una coppa di cristallo. Un uomo potente, in grado di proteggerla da ogni pericolo, tranne che da uno - la minaccia peggiore. Il suo ex marito. Ora non vuole destare sospetti, prendendo il cellulare per rileggere l'SMS. Ormai il testo lo conosce a memoria: "Ho distrutto un mondo per te, Katyusha." Non comprende appieno il significato. Ma nessun altro sulla faccia della terra la chiamerebbe con quel nome. Si è sforzata di amare Hamid, pur detestando la vita che conduce, le feste che frequenta, gli amici che lo circondano. Ignora se sia riuscita nel suo intento - ci sono momenti in cui scivola in una depressione talmente
profonda che pensa di suicidarsi. Di certo, sa che lui è stato la sua salvezza in un periodo nel quale si credeva perduta per sempre, incapace di sottrarsi alla trappola del suo matrimonio. Molti anni addietro, si era innamorata di un angelo che, dopo un'infanzia infelice, era stato arruolato nell'esercito sovietico per servire in una guerra assurda, in Afghanistan, dalla quale era tornato quando il paese stava per disgregarsi. Eppure lui aveva saputo vincere ogni difficoltà. Si era messo a lavorare duramente, aveva affrontato prove ardue per ottenere prestiti da gente assai pericolosa, aveva trascorso notti insonni strologando sul modo di restituirli e si era adeguato senza protestare alla corruzione del sistema - ogniqualvolta chiedeva una nuova licenza per un'impresa che avrebbe migliorato la qualità della vita del suo popolo, era necessario corrompere qualche impiegato con una bustarella. Era un idealista, oltre che un uomo affettuoso. Di giorno, riusciva a esercitare la propria autorità senza scatenare discussioni, giacché la vita lo aveva educato e il servizio militare gli aveva fatto comprendere i principi della gerarchia. Di notte, si aggrappava a lei e le chiedeva protezione e consigli, affinchè le cose procedessero senza intoppi, e lui potesse sfuggire alle innumerevoli trappole che costellavano il suo cammino quotidiano. Ewa gli accarezzava i capelli, lo rassicurava sul fatto che non c'erano problemi, che lui era un uomo buono e che Dio ricompensava sempre i giusti. A poco a poco, le difficoltà avevano iniziato a far posto alle opportunità. La piccola azienda che aveva creato, bussando a mille porte per ottenere dei contratti, cominciò a crescere - era stato uno dei pochi a investire in un campo che nessuno giudicava potenzialmente remunerativo, in un paese dove i sistemi di comunicazione erano obsoleti. Il governo cambiò e la corruzione diminuì. I soldi cominciarono ad arrivare - all'inizio, lentamente; poi in immense quantità. Comunque, entrambi non scordavano le difficoltà che avevano dovuto affrontare, e non sprecavano neppure un centesimo: finanziavano opere benefiche e associazioni di ex combattenti; vivevano senza grandi
lussi, sognando il giorno in cui si sarebbero trasferiti in una casa ai confini del mondo. Quando ciò fosse accaduto, avrebbero dimenticato che erano stati costretti a convivere con gente immorale e priva di dignità. In quel periodo, passavano gran parte del loro tempo fra aeroporti, jet e alberghi, lavorando anche diciotto ore al giorno — per anni, non riuscirono mai a fare un mese di vacanza insieme. In qualsiasi caso, inseguivano lo stesso sogno: il momento in cui quel ritmo frenetico sarebbe stato soltanto un ricordo lontano. Le cicatrici di quel periodo avrebbero rappresentato le medaglie di una battaglia combattuta in nome della fede e dei sogni. In fin dei conti, l'essere umano — così lei credeva allora - era nato per amare e condividere la propria vita con la persona amata. Poi le cose cambiarono: il loro processo operativo fu ribaltato. Ormai non mendicavano più i contratti — erano i clienti a bussare alla porta. Un'importante rivista economica pubblicò un ampio servizio dedicato a suo marito, e l'alta società cominciò a invitarli a feste ed eventi. A poco a poco, vennero considerati alla stregua di un re e una regina, mentre il denaro affluiva nei loro conti in quantità sempre maggiori. Dovevano adattarsi alla nuova realtà: comprarono una splendida casa a Mosca, dotata di ogni comfort. I vecchi soci del marito - coloro che, all'inizio, gli avevano prestato il denaro, restituito fino all'ultimo centesimo, nonostante gli interessi esorbitanti — finirono in prigione per motivi che Ewa ignorava (ma che non desiderava neppure conoscere). Malgrado ciò, da un certo momento, Igor si fece scortare da guardie del corpo: dapprima soltanto due, reduci e amici dei tempi della guerra in Afghanistan. In seguito, se ne aggiunsero altre, via via che la piccola azienda si trasformava in una gigantesca multinazionale, aprendo filiali in numerosi paesi, sparsi lungo sette fusi orari, con investimenti sempre più consistenti e più diversificati. Ewa trascorreva le giornate fra i centri commerciali e i té con le amiche, con le quali chiacchierava sempre dei
medesimi argomenti. Ma Igor voleva spingersi più lontano. Sempre più lontano. E non c'era da stupirsi: d'altronde, aveva raggiunto quella posizione e quello status sociale grazie all'ambizione e al lavoro instancabile. Quando lei gli domandava se non fossero arrivati ben oltre la meta prefissata, e non fosse giunto il momento di lasciare tutto per realizzare il sogno di vivere l'amore che nutrivano reciprocamente, lui le chiedeva un altro po' di tempo. Fu allora che cominciò a bere. Una sera, dopo una lunga cena con gli amici innaffiata di vodka e vino, al ritorno a casa Ewa ebbe una crisi di nervi. Disse che non sopportava più quella vita vuota, che aveva bisogno di fare qualcosa, o avrebbe finito per impazzire. Igor le domandò se non fosse soddisfatta di ciò che aveva. "Sicuro! Ed è proprio questo il problema: io sono appagata, ma tu non lo sei. E non lo sarai mai. Sei insicuro; hai paura di perdere tutto ciò che hai conquistato; non sai rinunciare alla lotta dopo aver ottenuto ciò che volevi. Finirai per distruggerti. Così come stai distruggendo il nostro matrimonio e il mio amore." Non era la prima volta che parlava di quella faccenda con il marito: aveva sempre adottato parole serene, ma ora aveva capito che stava per arrivare al limite. Non sopportava più di andare a fare shopping, detestava i té, odiava i programmi televisivi che doveva guardare in attesa del suo ritorno dal lavoro. "Non dire così. Non dire che sto distruggendo il nostro amore. Ti prometto che presto ci lasceremo tutto alle spalle: abbi soltanto un po' di pazienza. Forse per te è arrivato il momento di impegnarti in un'attività, visto che conduci una vita d'inferno." Almeno questo lo riconosceva. "Che cosa ti piacerebbe fare?" Sì, forse era quella la via d'uscita. "Lavorare nella moda. È qualcosa che ho sempre sognato." Il marito esaudì prontamente il suo desiderio. La settimana seguente, si presentò con le chiavi di un negozio
situato in uno dei migliori centri commerciali di Mosca. Ewa ne fu entusiasta - ora la sua vita cominciava ad avere un senso, i lunghi giorni e le solitàrie notti di attesa sarebbero finiti per sempre. Chiese del denaro in prestito a Igor, il quale si impegnò attraverso le sue conoscenze affinchè potesse ottenere un meritato successo. I banchetti e le feste - durante i quali si era sempre sentita un'estranea - cominciarono ad assumere un nuovo interesse: grazie alle ottime relazioni sociali, nel giro di due anni arrivò a gestire il negozio di alta moda più importante di Mosca. Sebbene avesse un conto in comune con il marito, e lui non interferisse nella sua attività, gli restituì il denaro che le aveva prestato. Cominciò a viaggiare in cerca di modelli e marchi esclusivi. Assunse alcuni dipendenti, si impratichì di contabilità, si trasformò - con sua grande sorpresa - in un'eccellente donna d'affari. Igor le aveva insegnato tutto: era il grande modello, l'esempio da seguire. E proprio quando le cose procedevano a gonfie vele, e la sua vita aveva acquistato un nuovo significato, l'Angelo della Luce che le aveva illuminato il cammino palesò segni di squilibrio. Si trovavano in un ristorante di Irkutsk, dopo avere trascorso il fine-settimana in un villaggio di pescatori sulle rive del lago Baikal. A quell'epoca, la compagnia telefonica possedeva due aerei e un elicottero, così potevano passare il week-end in luoghi lontanissimi e, il lunedì, tornare puntuali al lavoro. Nessuno si lagnava dell'esiguo tempo che trascorrevano insieme, tuttavia risultava evidente che i molti anni di lotta avevano lasciato qualche segno. Comunque, entrambi sapevano che l'amore era più forte delle avversità e, finché fossero rimasti uniti, sarebbero stati salvi. Durante la cena a lume di candela, un mendicante visibilmente ubriaco entrò nel ristorante, si diresse verso il loro tavolo e si sedette per conversare, interrompendo quel prezioso momento di intimità, lontano dalla vita
frenetica di Mosca. Nel volgere di un minuto, il proprietario li raggiunse per allontanarlo, ma Igor lo pregò di non intervenire - se ne sarebbe occupato personalmente. Il mendicante si sentì incoraggiato, prese la bottiglia di vodka e bevve a garganella; poi attaccò a fare domande ("Chi siete? Da dove arriva il vostro denaro, visto che tutti vivono in povertà?") e a lagnarsi della vita e del governo. Igor sopportò per alcuni minuti. Poi si scusò, prese l'uomo per un braccio e lo accompagnò fuori dal locale - il ristorante si trovava in una via senza neppure un marciapiede. Le due guardie del corpo aspettavano fuori. Dalla finestra, Ewa vide il marito parlottare brevemente con loro, dire qualcosa tipo " Sorvegliate mia moglie", e incamminarsi verso una traversa. Tornò qualche minuto dopo, sorridendo. "Non darà più fastidio a nessuno," disse. Ewa notò che il suo sguardo era cambiato: appariva colmo di una gioia immensa, una felicità più intensa di quella dimostrata durante il fine-settimana che avevano trascorso insieme. "Che cosa hai fatto?" Ma Igor non rispose e ordinò dell'altra vodka. Continuarono a bere sino al termine della serata — lui sorridendo, allegro, mentre lei si sforzava di capire solo ciò che le interessava: forse aveva regalato all'uomo del denaro per aiutarlo a uscire dalla miseria, poiché si era sempre dimostrato generoso con il prossimo meno fortunato. Quando tornarono nella suite dell'albergo, lui fece un solo commento: "L'ho imparato da giovane, quando combattevo una guerra ingiusta, per un ideale in cui non credevo. Si può sempre eliminare la miseria in maniera definitiva." .......... No, Igor non può trovarsi lì: forse Hamid si è sbagliato. In fondo, si erano visti solo una volta, nell'atrio dell'edificio nel quale vivevano a Londra, allorché Igor aveva scoperto dove abitava ed era andato lì per implorarla di tornare con lui. Hamid gli aveva aperto, ma non gli aveva
consentito di salire, minacciando di chiamare la polizia. Per una settimana, Ewa si era rifiutata di uscire di casa, adducendo che aveva mal di testa: in realtà, sapeva che l'Angelo della Luce si era trasformato nella Malvagità Assoluta. Prende il cellulare. Rilegge il messaggio. "Katyusha": solo una persona può chiamarla così. Una persona che vive nel suo passato e che terrorizzerà il suo presente per ogni attimo della vita, per quanto si creda protetta, distante, in un mondo dove l'altro non può accedere. Quella stessa persona che, di ritorno da Irkutsk - come se si sentisse sgravato di una gigantesca oppressione —, aveva cominciato a parlare liberamente delle ombre che affollavano la sua mente e la sua anima. "Nessuno - proprio nessuno — può minacciare la nostra intimità. Abbiamo già investito abbastanza tempo per creare una società più giusta e più umana: chi non rispetta i nostri momenti di libertà, dev'essere allontanato in modo tale da rendergli impossibile ogni ulteriore fastidio." Per paura, Ewa non gli aveva domandato che cosa significasse "in modo tale". Anche se credeva di conoscere suo marito, all'improvviso era come se un vulcano sottomarino avesse iniziato a ruggire, e le onde si propagassero con intensità sempre maggiore. Le erano sovvenuti allora alcuni discorsi notturni con il giovane che, in passato, si era trovato nella condizione di dover difendersi durante la guerra in Afghanistan, ed era stato costretto a uccidere. Lei non aveva mai scorto pentimento né rimorso nei suoi occhi. "Sono sopravvissuto, e questa è la cosa importante. La mia vita poteva chiudersi in un pomeriggio assolato, in un'alba tra le montagne ammantate di neve, in una notte in cui giocavamo a carte nella tenda, sicuri che la situazione fosse sotto controllo. E se fossi morto, quest'evenienza non avrebbe modificato alcunché sulla faccia della Terra: sarei stato un elemento in più nelle statistiche dell'esercito — e una medaglia per la mia
famiglia. "Ma Gesù Cristo mi ha aiutato - ho sempre reagito in tempo. E poiché ho superato le prove più ardue che un uomo può dover affrontare, il destino mi ha concesso le due cose più importanti della vita: il successo nel lavoro e una persona amata." Tuttavia esiste una differenza tra reagire per salvarsi la vita, e "allontanare" per sempre un povero ubriaco che ha interrotto una cena romantica e che avrebbe potuto essere facilmente mandato via dal proprietario del ristorante. Non riusciva a scacciare dalla mente quell'episodio: andava in negozio più presto e, al ritorno a casa, si tratteneva davanti al computer fino a tardi. Voleva evitare una domanda. Agendo così, era riuscita a dominare il proprio desiderio di sapere per alcuni mesi, scanditi dai soliti impegni: viaggi, vacanze, cene, appuntamenti, aste di beneficenza. Era giunta addirittura a pensare di avere frainteso le parole pronunciate dal marito a Irkutsk, arrivando a sentirsi in colpa per essere stata tanto superficiale nel giudicare. Con il passare del tempo, quell'interrogativo aveva cominciato a perdere importanza, fino al giorno in cui entrambi si trovarono a partecipare a una cena di gala in uno dei più lussuosi ristoranti di Milano, alla quale sarebbe seguita un'asta di beneficenza. Erano arrivati in quella città per ragioni diverse: Igor per definire i dettagli di un contratto con una società italiana, Ewa per la Settimana della Moda, durante la quale intendeva acquistare alcuni capi per la sua boutique di Mosca. Ciò che era accaduto nel cuore della Siberia successe di nuovo in una delle città più raffinate del mondo. Accadde che un suo amico, anch'egli ubriaco, si sedesse al loro tavolo senza chiedere permesso e iniziasse a scherzare, con battute sconvenienti rivolte a entrambi. Ewa aveva notato le dita di Igor che si contraevano su una delle posate. Con grande premura e gentilezza, aveva pregato l'amico di andarsene. L'uomo aveva già bevuto varie coppe di brut gli italiani identificano con questo nome lo champagne originario delle loro regioni. L'uso del termine francese è
inibito ai prodotti di altri paesi, e non solo per il rigido protocollo di fabbricazione, che prevede una doppia fermentazione. Il brut vinificato con il metodo champenois è pressoché identico allo champagne, ma la sua commercializzazione non viola alcun diritto sancito dalla legislazione europea. Poi avevano iniziato a conversare sullo spumante e sulle leggi di tutela del nome, mentre lei si sforzava di scacciare dalla mente quella domanda che aveva quasi dimenticato, ma che ora si era ripresentata prepotentemente. Chiacchieravano e bevevano. A un certo punto, però, non era riuscita più a controllarsi: "Che male c'è se qualcuno dimentica la buona creanza e viene a disturbarci?" La voce di Igor cambiò tono. "Raramente viaggiamo insieme. Di certo, io penso sempre al mondo in cui viviamo: soffocati dalle menzogne, fiduciosi più nella scienza che nei valori spirituali, costretti a nutrire le nostre anime con cose che la società definisce importanti, mentre moriamo lentamente, allorché ci rendiamo conto di ciò che accade intorno a noi, di essere costretti a compiere azioni contro la nostra volontà. Eppure siamo incapaci di abbandonare quella strada, per dedicarci giorno e notte alla vera felicità: alla famiglia, alla natura, all'amore. Perché? Perché dobbiamo portare a termine ciò che abbiamo iniziato, in modo da raggiungere quell'agognata stabilità finanziaria che ci consenta di godere l'uno dell'altra per il resto della vita. Perché siamo responsabili. Io so che talvolta pensi che lavoro troppo: ma non è vero. Io sto costruendo il nostro avvenire - e molto presto saremo liberi di sognare e vivere i nostri sogni." La stabilità finanziaria era qualcosa che davvero non mancava loro. Inoltre non avevano più debiti, si sarebbero potuti alzare da quel tavolo e scomparire portando con sé solo le carte di credito. Avrebbero potuto lasciare quel mondo che, all'apparenza, Igor detestava fortemente e ricominciare daccapo, senza preoccuparsi mai più del denaro. Ne avevano parlato moltissime volte, e il marito le aveva detto sempre quelle parole: dovevano aspettare ancora
un po'. Un altro po'. Comunque, quello non era il momento per discutere del loro futuro di coppia. "Dio ha pensato a tutto," aveva proseguito lui. "Noi stiamo insieme perché questa è la Sua decisione. Senza di te, non sarei arrivato così lontano, anche se non riesco ancora a comprendere appieno la tua importanza nella mia vita. È stato Lui che ci ha messo l'uno accanto all'altra, e mi ha offerto il Suo potere per difenderti ogniqualvolta ti fossi trovata in pericolo. Mi ha insegnato che tutto obbedisce a un piano predeterminato, a un disegno che io devo rispettare nei minimi dettagli. Se così non fosse, o sarei stato ucciso a Kabul, o vivrei in miseria a Mosca." Ed era stato allora che il vino - brut o champagne — aveva mostrato le sue "nobili facoltà", indipendentemente dal nome con il quale veniva commercializzato. "Cos'è accaduto a quel mendicante in Siberia?" Poiché Igor non capiva a cosa si riferisse, Ewa gli ricordò ciò che era successo nel ristorante. "Vorrei conoscere quello che accadde dopo." "Io l'ho salvato." E lei aveva tratto un sospiro di sollievo. "L'ho salvato da una vita immonda e senza prospettive, da quegli inverni ghiacciati, con il corpo distrutto lentamente dall'alcol. Ho fatto in modo che la sua anima potesse librarsi verso la luce, perché nel momento in cui è entrato nel ristorante con l'intenzione di distruggere la nostra felicità, ho capito che il suo spirito era infestato dal Maligno." Il cuore di Ewa aveva preso a battere furiosamente. Non c'era bisogno che le dicesse: "L'ho ucciso." Era chiaro. "Senza di te, io non esisto. Qualsiasi cosa, qualsiasi persona che tenti di separarci o di rovinare l'esiguo tempo che ci è concesso di trascorrere insieme in questa fase della nostra vita dev'essere trattata duramente." Forse voleva dire: "Deve essere uccisa." Che fosse già accaduto in precedenza, e lei non se ne fosse accorta? Aveva bevuto - ancora - mentre Igor sembrava rilassarsi: poiché
non apriva il proprio cuore a nessuno, adorava ogni momento in cui potevano conversare. "Parliamo la medesima lingua," aveva proseguito il marito. "Vediamo il mondo nella stessa maniera. Ci completiamo l'un l'altra con la perfezione consentita solo a coloro che pongono l'amore al di sopra di ogni cosa. Te lo ripeto: senza di te, io non esisto. "Considera la Superclasse qui intorno: crede di essere estremamente importante, di avere una coscienza sociale, e spende autentiche fortune per oggetti senza valore nelle varie aste di beneficenza che intendono promuovere la "raccolta di fondi per salvare i senzatetto del Rwanda" o l'"iniziativa gastronomica per la tutela dei panda cinesi". Per loro, i panda e gli affamati hanno il medesimo valore: si sentono speciali, superiori agli altri esseri umani, perché stanno facendo qualcosa di utile. Hanno mai dovuto affrontare un combattimento? No: le guerre le creano, ma non vi partecipano. Se sortiscono effetti positivi, ricevono i complimenti. Se l'esito è negativo, la colpa ricade sugli altri. Loro amano se stessi." "Amore mio, vorrei domandarti un'altra cosa..." In quel momento, un presentatore era salito sul palco e aveva ringraziato i partecipanti alla cena. Il denaro raccolto sarebbe stato impiegato nell'acquisto di medicinali per i campi profughi in Africa. "Sai cosa ha omesso di dire?" aveva replicato Igor, come se non avesse udito la sua domanda. "Che solo il 10% della somma servirà per le medicine. Il resto sarà impiegato per pagare questo evento - la cena, la pubblicità, le persone che hanno lavorato: o meglio, quelle che hanno partorito questa 'brillante idea'... E il tutto a prezzi esorbitanti. Utilizzano la miseria come strumento per arricchirsi sempre di più." "E perché noi siamo qui?" "Perché ci serve. Fa parte del mio lavoro. Io non ho alcuna intenzione di salvare il Rwanda o di inviare medicinali ai profughi — comunque sono consapevole di quelle situazioni. L'altra gente sta usando il proprio denaro per mondarsi la coscienza e l'anima dai sensi di colpa.
Durante il genocidio in Rwanda, io ho finanziato un piccolo esercito di "amici", che ha impedito il massacro di oltre duemila persone tra le tribù hutu e tutsi. Lo sapevi? "Non me ne hai mai parlato." "Non era necessario. Sai perfettamente che io mi preoccupo per gli altri." L'asta comincia con una borsa da viaggio Louis Vuitton, che viene aggiudicata per un prezzo dieci volte superiore al suo valore commerciale. Igor assiste impassibile alle varie offerte, mentre la moglie beve l'ennesima coppa di brut, riflettendo sull'opportunità di fare una certa domanda. Sulla melodia di un brano cantato da Marilyn Monroe, un artista dipinge una tela mentre danza. I rilanci vanno alle stelle - l'equivalente del prezzo di un piccolo appartamento a Mosca. Un'altra coppa di brut. Un altro oggetto venduto. Un altro prezzo assurdo. Ewa aveva bevuto davvero molto, quella sera, cosicché era stata letteralmente trasportata in albergo. Prima che il marito la mettesse a letto, lei - ancora cosciente - aveva finalmente preso coraggio: "E se un giorno ti lasciassi?" "La prossima volta, cerca di bere meno." "Rispondi." "È qualcosa che non potrà mai accadere. Il nostro matrimonio è perfetto." All'improvviso, Ewa è lucida, ma capisce che adesso ha una scusa, e si finge ancora più ubriaca: "Ma se accadesse?" "Agirei in modo da farti tornare: io so come ottenere le cose che desidero. Se fosse necessario arriverei a distruggere dei mondi." "E se incontrassi un altro uomo?" Lo sguardo di Igor non sembra irritato, ma benevolo. "Potresti giacere con tutti gli uomini della terra, ma il mio amore sarebbe più forte." E, da allora, ciò che all'inizio sembrava una benedizione aveva cominciato a trasformarsi in un incubo. Era sposata
con un mostro - con un assassino. Cos'era quella faccenda del finanziamento di un esercito di mercenari per portare soccorso in una lotta tribale? Quanti uomini aveva ucciso per impedire che qualcuno violasse la loro tranquillità di coppia? Ovviamente, poteva scaricare ogni colpa sulla guerra, sui traumi, sui momenti difficili che aveva attraversato, ma molti altri uomini avevano vissuto le stesse esperienze, senza però arrivare a formulare l'idea di esercitare la Giustizia Divina, di realizzare il Grande Piano Supremo. "Non sono geloso," le ripeteva Igor, quando lei doveva partire per lavoro. "Perché tu sai quanto ti amo, e io so quanto mi ami. Non accadrà mai nulla che possa destabilizzare la nostra vita insieme." Adesso ne era convinta più che mai. Quello non era amore: era un sentimento morboso, che doveva decidere se accettare, vivendo per il resto dell'esistenza prigioniera del terrore. Oppure scegliere di liberarsi di esso appena possibile, alla prima occasione che si presentasse. E, in effetti, le occasioni non le erano mancate. Ma quella più insistente, più perseverante si era incarnata in un uomo con il quale non avrebbe mai immaginato di iniziare una relazione stabile. Uno stilista che stava ammaliando l'ambiente della moda, che stava diventando sempre più famoso, e continuava a ricevere denaro dal proprio paese per far capire al mondo che le "tribù nomadi" possedevano dei valori reali, che andavano ben oltre il terrore seminato da una minoranza religiosa. L'uomo che ormai aveva il mondo della moda ai suoi piedi. A ogni manifestazione in cui si incontravano, quell'uomo era capace di cancellare ogni impegno, disdire pranzi e cene, solo per trascorrere un po' di tempo insieme, chiusi tranquillamente in una camera d'albergo, spesso senza neppure fare l'amore. Guardavano la televisione, mangiavano, Ewa prendeva un drink (lui non toccava mai una goccia d'alcol), andavano a passeggio in qualche parco, entravano nelle librerie, conversavano con gli estranei, parlavano assai poco del passato, mai del futuro e molto del presente.
Lei aveva resistito a lungo: non era innamorata di lui, e non lo era mai stata. Ma quando l'altro le aveva proposto di abbandonare tutto e trasferirsi a Londra, aveva accettato immediatamente. Era l'unica strada da percorrere per uscire dal suo inferno privato. Sul telefonino è appena arrivato un messaggio. Un altro. Impossibile: non erano più in contatto da anni. "Ho distrutto un altro mondo per causa tua, Katyusha." "Chi è?" "Non ne ho la minima idea. Non compare nemmeno il numero." Avrebbe voluto dire: "Sono terrorizzata." "Stiamo per arrivare. Ricordati che abbiamo poco tempo." La limousine deve compiere alcune manovre per raggiungere l'ingresso dell'Hotel Martinez. Dietro le transenne metalliche collocate dalla polizia su entrambi i lati della strada, gruppi di persone di ogni età trascorrono l'intera giornata in attesa di vedere qualche celebrità. Scattano foto con le macchine digitali, raccontano gli incontri agli amici, li comunicano alle comunità virtuali di cui fanno parte. Hanno la sensazione che la lunga attesa sia giustificata da un semplice e irripetibile momento di gloria: osservare da vicino l'attrice, l'attore, il presentatore della TV! Anche se è soltanto grazie a loro che l'industria cinematografica continua a prosperare, non sono autorizzati ad avvicinarsi: sorveglianti piazzati nei punti strategici domandano a tutti coloro che entrano una prova che siano alloggiati nell'albergo o che abbiano davvero un appuntamento con qualcuno. A questo punto, è indispensabile tirar fuori da una tasca la tessera magnetica che funge da chiave della stanza, altrimenti si viene bloccati di fronte a tutti. Qualora si debba partecipare a una riunione di lavoro o rispondere a un invito al bar per un drink, bisogna fornire all'incaricato della sicurezza il nome del cliente e, sotto gli sguardi della folla assiepata, attendere il controllo: verità o menzogna. La guardia utilizza una ricetrasmittente per chiamare la reception, passa un tempo che
sembra infinito, e finalmente arriva l'autorizzazione - dopo l'umiliazione pubblica. Ovviamente tutto questo non accade a chi arriva in limousine. Le portiere posteriori della Maybach bianca sono state aperte - una dall'autista, l'altra dal valletto dell'albergo. Le macchine fotografiche inquadrano Ewa e cominciano a scattare: anche se nessuno la conosce, visto che alloggia al Martinez e arriva su un'auto costosissima, dev'essere una persona importante. Forse l'amante dell'uomo al suo fianco - e, in questo caso, se lui fosse preoccupato di nascondere una relazione extraconiugale, quelle foto potrebbero essere vendute a qualche rivista scandalistica. Ma forse quella bellezza dai capelli biondi è una diva straniera, non ancora nota in Francia. Magari, in seguito, avrebbero trovato il suo nome nelle riviste di gossip e si sarebbero potuti vantare di essere stati a quattro o cinque metri da lei. Hamid guarda la piccola folla accalcata dietro le transenne. Non ha mai capito quel comportamento, giacché è cresciuto in un luogo dove queste cose non accadono. Una volta, ha domandato a un amico il motivo di quell'interesse assurdo. "Non credere che si tratti sempre di ammiratori," gli aveva risposto l'altro. "Da sempre, l'uomo è convinto che la vicinanza a qualcosa o qualcuno di irraggiungibile e misterioso porti delle benedizioni. Da qui, le peregrinazioni in cerca di guru e luoghi sacri." "A Cannes?" "In qualsiasi luogo in cui ci sia una celebrità, magari da osservare solo da lontano: il suo saluto equivale all'aspersione di particelle di ambrosia e manna degli dèi sul capo degli adoratori. "È qualcosa di generalizzato. I grandi eventi musicali assomigliano ai giganteschi assembramenti religiosi. Il pubblico si trattiene all'esterno di un teatro affollato, sperando di assistere all'entrata o all'uscita della Superclasse. Le folle che si accalcano negli stadi per osservare un gruppo di uomini che corrono dietro a una palla. Idoli... Icone, giacché vengono trasformati in qualcosa di simile ai
dipinti delle chiese, e sono venerati nelle stanze di adolescenti e casalinghe, e persino negli uffici di grandi industriali, che invidiano loro la celebrità, malgrado il potere che detengono. "C'è un'unica differenza: in questo caso, il pubblico è il giudice supremo, che oggi applaude e domani vuole vedere il proprio idolo bersagliato da una rivista scandalistica. A questo punto, quelle persone potranno dire: "Poverino! Ma, per fortuna, io non sono come lui". Oggi adorano e domani lapidano e crocifìggono, senza alcun senso di colpa."
1:37 PM. Al contrario delle altre ragazze che quella mattina si sono presentate per la sfilata e hanno cercato di scacciare la noia delle cinque ore che separano il trucco e il parrucchiere dall'ingresso in passerella con gli iPod e i cellulari, Jasmine ha gli occhi fissi su un libro. Un buon libro di poesie: In due si divideva la strada in un bosco dorato E lamentando di non poter prenderle entrambe Ed essere un viaggiatore solo, a lungo rimasi lì Guardando una di esse fin dove, in un declivio In mezzo agli alberi, la vedevo curvare. Imboccai l'altra, allora, pressoché equivalente Ma che forse un richiamo più intenso esercitava Perché appariva ricoperta d'erba e d'uso carente, Nonostante su entrambe la gente vi posasse il piede E sui loro letti il danno risultasse altrettanto esteso. E nel notare che sulle campiture di entrambe v'era Un tappeto di foglie da qualche impronta annerito, Oh, la prima lasciai per un altro giorno! Ma ben sapendo che una via conduce sempre a un 'altra, Ebbi il sospetto che lì non sarei ritornato dopo esser partito. In un sospiro ora racconto Di tempi e luoghi a una distanza immensa, In due si divideva in un bosco la strada, e io...
Io scelsi quella che meno gente percorreva E fu questo che fece la differenza. .......... Lei aveva scelto la strada meno battuta. Aveva dovuto pagare un prezzo alto, ma ne era valsa la pena. Le cose erano capitate al momento giusto. L'amore era comparso quando più ne aveva bisogno - quell'amore che continuava forte. Lavorava grazie a lui, con lui, per lui. O meglio, per lei. In realtà, Jasmine si chiama "Cristina". Il suo curriculum recita che è stata scoperta da Anna Dieter durante un viaggio in Kenya, ma lei evita di fornire dei particolari sull'episodio, lasciando aleggiare l'ipotesi di un'infanzia sofferente e affamata, vissuta nel pieno di conflitti civili. In realtà, malgrado la pelle nera, è nata nella città di Anversa, in Belgio, figlia di genitori fuggiti dall'eterna lotta tra le tribù hutu e tutsi, in Rwanda. A sedici anni, durante un fine-settimana in cui accompagnava la madre per aiutarla in uno dei suoi interminabili lavori di pulizia, lungo la strada un uomo si avvicinò e, dopo essersi scusato per l'impertinenza, si presentò, affermando che era un fotografo. "Sua figlia è di una bellezza incantevole," disse. "Vorrei che lavorasse per me come modella." "Vede questa borsa?" replicò la madre. "Contiene prodotti e attrezzi per la pulizia: lavoro giorno e notte perché mia figlia possa frequentare una buona scuola e, in futuro, ottenere un diploma. Ha soltanto sedici anni." "L'età ideale," disse il fotografo, porgendo alla ragazza un biglietto da visita. "Se cambia idea, mi chiami." Continuarono il cammino, ma la madre si accorse che la ragazza aveva conservato il biglietto. "Non farti illusioni. Quello non è il tuo mondo: vogliono soltanto portarti a letto." Era un commento superfluo: anche se le compagne di classe si rodevano dall'invidia e i ragazzi elaboravano mille strategie per accompagnarla alle feste, lei era consapevole delle proprie origini e dei propri limiti. Infatti non si illuse nemmeno quando quella scena si
ripetè. Era appena entrata in una gelateria, allorché una donna le rivolse un complimento per la sua bellezza, prima di dirle che era una fotografa di moda. Lei la ringraziò, prese il biglietto da visita e promise che le avrebbe telefonato — non aveva alcuna intenzione di mantenere la promessa, anche se quello era il sogno di tutte le sue coetanee. Poiché niente accade solo due volte, tre mesi più tardi, mentre stava guardando dei vestiti costosissimi in una vetrina, una persona uscì dal negozio e le si avvicinò. "Che cosa fa, signorina?" "Piuttosto dovrebbe domandarmi che cosa farò. Prenderò una laurea in veterinaria." "È sulla strada sbagliata. Le piacerebbe lavorare per noi?" "Non ho tempo per vendere vestiti. Quando posso, aiuto mia madre nel suo lavoro." "Non le sto chiedendo di vendere alcunché. Vorrei che posasse per qualche servizio fotografico con la nostra collezione." Se non fosse stato per un episodio avvenuto pochi giorni più tardi, quegli incontri sarebbero rimasti solo degli splendidi ricordi appartenenti al passato - dopo che si fosse sposata e avesse avuto dei figli, sentendosi realizzata nella professione e nell'amore. Era andata a ballare con alcuni amici in un locale, felice di essere viva, quando un gruppo di ragazzi entrò gridando. Nove erano armati di bastoni su cui erano conficcate delle lamette da barba: urlarono ai presenti di allontanarsi. Immediatamente si diffuse il panico, tutti presero a fuggire. Cristina non sapeva che cosa fare: l'istinto, però, le diceva di restare immobile e di volgere lo sguardo altrove. Ma non riuscì a muovere la testa, e così vide quando il decimo ragazzo si avvicinò a uno dei suoi amici e, dopo aver estratto un pugnale dalla tasca, lo afferrò per le spalle e lo sgozzò. Rapidamente com'era entrato, il gruppo uscì - mentre i presenti urlavano e scappavano, o si sedevano per terra e piangevano. Alcuni si avvicinarono alla vittima per tentare di soccorrerla, pur sapendo che era ormai troppo tardi. Alcuni fissavano la scena sotto shock — anche
Cristina. Conosceva il ragazzo ucciso, sapeva chi era l'assassino e qual era il movente del delitto (una rissa avvenuta in un bar poco prima che il gruppo facesse irruzione nel locale): adesso le sembrava di fluttuare tra le nuvole, come se quello fosse un sogno, da cui presto si sarebbe svegliata, madida di sudore, ma felice di scoprire che gli incubi si dissolvono. Ma non si trattava di un sogno. Nel giro di pochi momenti, tornò sulla terra e si mise a urlare: urlava affinchè qualcuno facesse qualcosa, urlava perché quella scena finisse, urlava senza sapere il motivo, urlava... Ed era come se i suoi strilli rendessero i presenti ancora più nervosi, mentre il locale si stava trasformando in un pandemonio: la polizia aveva fatto irruzione con le armi in pugno, i paramedici si affaccendavano intorno alla vittima, gli agenti avevano spinto i giovani contro un muro e li interrogavano, chiedendo loro documenti, telefoni, indirizzi. Chi era stato? Per quale motivo? Cristina non riusciva a proferire parola. Il cadavere era stato portato via coperto da un lenzuolo. Un'infermiera la costrinse a prendere una compressa, spiegandole che non avrebbe potuto tornare a casa in motorino: avrebbe dovuto prendere un taxi o un mezzo pubblico. Il giorno seguente, molto presto, il telefono di casa squillò. La madre aveva deciso di rimanere per l'intera giornata accanto alla figlia, che sembrava assente dal mondo. La polizia insisteva per interrogarla — si sarebbe dovuta presentare in un certo commissariato prima di mezzogiorno e chiedere del tale ispettore. La donna si era opposta. Ma la polizia l'aveva minacciata: non avevano scelta. Si presentarono all'ora stabilita. L'ispettore le chiese se conosceva l'assassino. Le parole pronunciate dalla madre le risuonavano ancora nella mente: "Non dire niente. Siamo immigrati: siamo neri, loro sono bianchi, sono belgi. Una volta usciti dalla prigione, ti cercheranno." "Non so chi sia stato. Non l'avevo mai visto prima." Lei sapeva che, con queste parole, stava rinunciando a
tutto il suo amore per la vita. "Di certo, lo sai," ribattè il poliziotto. "Non preoccuparti, a te non accadrà nulla. Tutti i componenti del gruppo sono già stati arrestati: ci servono solo dei testimoni per il processo." "Io non so niente. Ero lontana da dove è successo. Non ho visto chi è stato." L'ispettore scosse il capo, irritato. "Dovrai dirlo in tribunale," replicò. "Sappi che lo spergiuro, ossia mentire alla corte, potrebbe costarti una pena severa quanto quella degli assassini." Mesi dopo, venne convocata per il processo. Tutti i ragazzi del gruppo erano lì, schierati con i loro avvocati: sembrava che non gli interessasse affatto dell'accaduto. Una delle ragazze presenti nel locale aveva indicato l'assassino. Poi era arrivato il turno di Cristina. Il pubblico ministero le chiese di identificare l'individuo che aveva sgozzato il suo amico. "Non so dire chi sia stato," ribadì lei. Era nera. Figlia di immigrati. Beneficiava di una borsa di studio governativa. Adesso desiderava soltanto riacquistare la voglia di vivere, pensare di avere ancora un futuro. Aveva passato settimane a fissare il soffitto della sua camera, apatica, senza voglia di studiare o di fare una qualsiasi cosa. No, il mondo in cui aveva vissuto fino ad allora non le apparteneva più. A sedici anni, aveva appreso nel peggior modo possibile che non era assolutamente in grado di lottare per la propria sicurezza: in qualche maniera, doveva lasciare Anversa, viaggiare in altri paesi, recuperare la gioia e le forze. I ragazzi erano stati assolti per insufficienza di prove occorrevano due testimoni per sostenere l'accusa e far sì che i colpevoli pagassero per il loro crimine. All'uscita dal tribunale, Cristina aveva telefonato ai numeri indicati nei biglietti da visita che i due fotografi le avevano dato, nel tentativo di fissare un appuntamento. Poi si era diretta verso il negozio di alta moda, il cui proprietario le aveva chiesto di posare con la loro collezione. Non aveva ottenuto niente - le commesse le avevano detto che quell'uomo possedeva molti negozi sparsi in
tutta Europa, che era occupatissimo, e che non potevano darle il suo numero di cellulare. I fotografi, invece, avevano mostrato un'ottima memoria: si erano ricordati di lei durante la telefonata e le avevano fissato subito l'appuntamento richiesto. Al ritorno a casa, Cristina aveva comunicato la propria decisione alla madre. Non le aveva chiesto il permesso né aveva tentato di convincerla - semplicemente le aveva detto che intendeva lasciare la città, per sempre. Aveva un'unica opportunità: quella di accettare un lavoro come modella. Di nuovo, Jasmine si guarda intorno. Mancano ancora tre ore alla sfilata, e le modelle stanno mangiando insalata, bevendo té e chiacchierando su dove andranno dopo. Provengono da diversi paesi, hanno all'incirca la sua età — diciannove anni - e, di sicuro, si preoccupano soltanto di due cose: ottenere un nuovo contratto quel pomeriggio stesso, oppure trovare un marito ricco. Lei conosce la routine che caratterizza la vita di ciascuna di esse: prima di andare a dormire, si applicano creme per la pulizia e l'idratazione della pelle — abituando il proprio organismo a elementi esterni per conservare la tonicità ottimale. Al mattino, bevono una tazza di caffè nero, senza zucchero, accompagnata da frutti ricchi di fibre dimodoché gli alimenti che assumeranno durante il giorno abbiano un rapido transito intestinale. Prima di uscire in cerca di un ingaggio, fanno qualche esercizio fisico per lo più stretching. Per la ginnastica è troppo presto, perché altrimenti i loro corpi acquisterebbero forme mascoline. Si pesano tre o quattro volte al giorno - quasi tutte posseggono una bilancia, perché non frequentano solo grandi alberghi, ma anche pensioncine. Entrano in depressione ogniqualvolta l'ago della bilancia segna pochi grammi in più. Sovente - quando è possibile - sono accompagnate dalle madri, perché hanno per lo più sedici e diciassette anni. Non confessano mai di essere innamorate - sebbene quasi tutte lo siano -, giacché l'amore può rendere i viaggi più lunghi e più insopportabili e accentuare nei fidanzati la
strana impressione che stiano perdendo la donna — o la ragazza? - amata. Di certo, pensano al denaro: in media, guadagnano quattrocento euro al giorno — un compenso invidiabile per chi spesso non ha neppure l'età per prendere la patente e guidare un'automobile. Ma i loro sogni devono spingersi più lontano: sono tutte consapevoli del fatto che in breve tempo saranno scalzate da volti nuovi, da nuove tendenze, e dunque si trovano nella condizione di dover obbligatoriamente dimostrare che il loro talento va ben oltre le passerelle. Di continuo, chiedono alle agenzie di procurar loro qualche provino, così da poter proporsi anche come attrici - il grande sogno. Ovviamente le agenzie si dichiarano disponibili: loro, però, devono avere un po' di pazienza, visto che sono appena all'inizio della carriera. In realtà, non hanno alcun contatto al di fuori del mondo della moda, incassano ottime percentuali, sono soggette a una feroce concorrenza: il mercato non è enorme. E' meglio incassare ricche provvigioni ora, prima che la modella superi la pericolosa soglia dei vent'anni — quando avrà la pelle rovinata dall'eccesso di creme, il corpo segnato da un'alimentazione a basso contenuto calorico, la mente condizionata dai medicinali che inibiscono la fame e finiscono per svuotare completamente il suo sguardo e i suoi pensieri. Al contrario di quanto si crede, le modelle si pagano personalmente tutte le spese - viaggi, alberghi e... le solite insalate. Vengono convocate dagli assistenti degli stilisti, incaricati del cosiddetto "casting", ossia della selezione delle ragazze che saliranno in passerella o poseranno per una seduta fotografica. A quel punto, si trovano davanti a persone invariabilmente infastidite, che usano lo scarso potere di cui dispongono per scaricare sugli altri le proprie frustrazioni quotidiane, e non dispensano mai una parola gentile o incoraggiante - "Orribile" è il commento più utilizzato. Escono da un provino, si recano a quello successivo, si aggrappano ai cellulari come se fossero dei salvagente, una rivelazione divina, il contatto con il Mondo Superiore al quale sognano di accedere, proiettandosi al di sopra di molti altri volti splendidi e trasformandosi in
stelle. I genitori sono orgogliosi di quelle figlie dai brillanti esordi, e si pentono di averle ostacolate nella carriera — in fin dei conti, guadagnano bene e aiutano la famiglia. I fidanzati hanno crisi di gelosia, ma si controllano: stare con un'indossatrice è qualcosa che fortifica lego. Gli agenti lavorano contemporaneamente con decine di ragazze che hanno la stessa età e le medesime fantasie, e sanno rispondere prontamente alle loro domande ripetitive: "Non potresti farmi partecipare alla Settimana della Moda di Parigi?", "Non credi che io abbia le doti per tentare la strada del cinema?". Le amiche le invidiano - in segreto o apertamente. Loro partecipano a tutte le feste a cui sono invitate. Si comportano come se fossero molto più importanti di quanto non siano in realtà ma, in fondo, sanno che se qualcuno riuscirà a superare la gelida barriera che creano intorno a sé, quell'individuo sarà ben accetto. Guardano gli uomini più vecchi con un misto di ripulsa e attrazione — sanno che nelle loro tasche c'è la chiave per il grande salto, ma non vogliono essere reputate prostitute di lusso. Stanno sempre con una coppa di champagne in mano, ma è soltanto qualcosa che appartiene all'immagine che desiderano offrire agli altri: infatti, sanno che l'alcol potrebbe influire sul loro peso - la loro bevanda preferita è l'acqua minerale naturale: per quanto non influisca sui valori ponderali, il gas ha conseguenze immediate sul girovita. Rivendicano idee, sogni, dignità - che verranno accantonati quando non riusciranno più a mascherare i segni precoci della cellulite. Stipulano un patto segreto con se stesse: "Non pensare mai al futuro." Spendono gran parte dei loro guadagni in prodotti di bellezza che promettono l'eterna gioventù. Adorano le scarpe - un accessorio costosissimo - eppure, di tanto in tanto, si concedono il lusso di acquistarne un paio delle migliori marche. Riescono a ottenere vestiti e biancheria a metà prezzo da negozi e boutique di amici. Vivono in appartamenti con il padre, la madre, un fratello che frequenta l'università, una sorella che ha scelto la
carriera di bibliotecaria o ricercatrice. Tutti immaginano che guadagnino cifre esorbitanti, e gli chiedono del denaro in prestito. Esaudiscono le richieste, perché vogliono apparire importanti, ricche, generose, al di sopra dei comuni mortali. Quando si recano in banca, apprendono che il saldo del loro conto è in negativo e il plafond della carta di credito esaurito. Hanno accumulato centinaia di biglietti da visita; hanno incontrato uomini vestiti in modo impeccabile, latori di proposte di lavoro palesemente false. Gli capita di fare qualche telefonata per mantenere i contatti, in considerazione del fatto che un giorno potrebbero aver bisogno di aiuto - di un aiuto che ha sempre un prezzo. Tutte sono già cadute in qualche trappola. Tutte hanno sognato il successo facile, prima di rendersi conto che è impossibile. Tutte hanno già vissuto, a diciassette anni, delusioni, tradimenti, umiliazioni, eppure continuano a credere in quel mondo. Dormono male a causa delle compresse antifame. Ascoltano storie di anoressia — una malattia assai comune in quell'ambiente, un disturbo nervoso incentrato sull'ossessione del peso e sul proprio aspetto, che porta l'organismo al rifiuto di qualsiasi tipo di alimento. Si dicono che a loro non accadrà. E non si accorgono della comparsa dei primi sintomi. Sono passate direttamente dall'infanzia al mondo del lusso e del glamour, senza vivere l'adolescenza. Se qualcuno gli chiede dei loro piani per il futuro, hanno sempre la risposta pronta: "Facoltà di filosofìa. Faccio questo lavoro solo per pagarmi gli studi." Sanno che non è vero. O, meglio, hanno la consapevolezza che c'è qualcosa di strano in quella frase - qualcosa che non riescono a identificare. Aspirano davvero a una laurea? Quel denaro gli serve proprio per pagarsi gli studi? In fin dei conti, frequentare una scuola è una sorta di lusso che spesso non possono concedersi: c'è sempre un provino la mattina, una seduta fotografica il pomeriggio, un cocktail prima di sera, una festa a cui devono partecipare per essere viste, ammirate, desiderate.
Per i loro conoscenti, conducono una vita da favola per un certo periodo, anch'esse hanno creduto che fosse quello il vero significato dell'esistenza: hanno avuto quasi tutto ciò che invidiavano alle ragazze che vedevano nelle riviste e nelle pubblicità di cosmetici. Con una certa disciplina, riescono anche a mettere da parte un discreto gruzzolo. Fino al momento in cui, durante il minuzioso e quotidiano esame della pelle, scoprono il primo segno del tempo. Da allora, sanno che è solo una questione di fortuna prima che uno stilista o un fotografo noti quel particolare. Hanno i giorni contati. Io scelsi quella che meno gente percorreva E fu questo che fece la differenza. Invece di continuare la lettura, Jasmine si alza, si versa una coppa di champagne (è sempre consentito, ma viene bevuto di rado), prende una tartina e si avvicina alla finestra. Resta in silenzio a guardare il mare. La sua storia è diversa. 1:46 PM. Si sveglia sudato. Guarda l'orologio accanto al letto, si accorge di avere dormito solo quaranta minuti. E' esausto, spaventato, in preda al panico. Si è sempre ritenuto incapace di fare del male a chicchessia, eppure quella mattina ha ucciso due persone innocenti. Non era la prima volta che distruggeva un mondo, tuttavia in ogni occasione aveva agito con valide motivazioni. Ha sognato che la giovane venditrice del lungomare gli correva incontro e, anziché condannarlo, lo benediceva. Lui piangeva fra le sue braccia, le chiedeva perdono, ma la ragazza sembrava ignorare le sue parole: si limitava ad accarezzargli i capelli e lo pregava di calmarsi. Olivia, la generosità e il perdono. Ora si domanda se l'amore per Ewa meriti tutto ciò. Preferisce credere che si sta comportando in modo giusto. Se quella ragazza si è schierata al suo fianco, se l'ha incontrata in una dimensione superiore e più vicina al
Divino, se tutto si è rivelato più facile di quanto immaginasse, dev'esserci una ragione. Non è stato complicato eludere la sorveglianza degli "amici" di Javits. Conosceva quel tipo di uomini: oltre che fisicamente preparati a reagire con rapidità e precisione, erano allenati a imprimersi nella memoria ogni volto, a seguire tutti i movimenti, a intuire il pericolo. Di sicuro, si erano accorti che era armato, e per questo motivo lo avevano sorvegliato a lungo. Poi avevano capito che non rappresentava una minaccia, e si erano rilassati: dovevano aver pensato che appartenesse al loro team, e che li avesse preceduti per un sopralluogo, per accertarsi che non sussistessero pericoli per il capo. Ma lui non aveva un capo. E costituiva una minaccia. Dal momento in cui era entrato e aveva identificato la prossima vittima, sapeva di non poter più tornare indietro - altrimenti avrebbe perduto ogni fiducia in sé. Aveva notato che la rampa di accesso al tendone era sorvegliata: comunque, era assai facile passare dalla spiaggia. Era uscito dieci minuti dopo essere entrato, aspettandosi che gli "amici" di Javits lo notassero. Aveva fatto un giro, era sceso lungo la passerella riservata agli ospiti del Martinez ( mostrando la tessera magnetica che funge da chiave) e si era diretto nuovamente verso il luogo dove si svolgeva la " colazione ". Camminare sulla sabbia indossando un paio di scarpe non era la cosa più piacevole del mondo, inoltre Igor si sentiva stanco, e non solo a causa del viaggio, ma anche per il timore di aver pianificato un'azione impossibile da realizzare, e per la tensione avvertita dopo aver distrutto il mondo e le probabili generazioni future di quella povera venditrice di artigianato. Lui, però, doveva andare fino in fondo. Prima di rientrare nel grande tendone, aveva preso da una tasca la cannuccia servitagli con il succo d'ananas l'aveva conservata con la massima cura. Aveva aperto la piccola fialetta di vetro mostrata alla venditrice di artigianato: contrariamente a quanto le aveva lasciato immaginare, non conteneva solo un liquido per accendisigari, ma anche due oggetti insignificanti: uno spillo e un pezzetto
di sughero. Usando una lametta, aveva adattato il sughero al diametro della cannuccia. Poi Igor era tornato nel locale, ormai affollato di invitati: gente che si muoveva in ogni direzione tra baci, abbracci ed esclamazioni di saluto, stringendo cocktail variopinti tra le mani per tenerle occupate e attenuare l'ansia, attendendo l'apertura del buffet per iniziare a mangiare - con moderazione, giacché si dovevano rispettare diete e ritocchi di chirurgia estetica; inoltre, la sera c'era il rischio di dover partecipare a qualche cena dove era obbligatorio servirsi anche senza aver fame, perché così vuole l'etichetta. La maggior parte degli invitati erano persone più anziane di lui, la qual cosa significava che l'evento era riservato ai professionisti. L'età dei partecipanti rappresentava un ulteriore punto a favore del suo piano poiché, di sicuro, quasi tutti avrebbero dovuto utilizzare delle lenti. Ovviamente non le portava nessuno, perché i problemi di vista sono un segno di vecchiaia. In quell'ambiente, tutti dovevano vestirsi e comportarsi come se fossero nel fiore dell'età, persone dallo "spirito giovanile", dall'" atteggiamento invidiabile", che fingono di non prestare attenzione alle cose perché interessati ad altro - mentre, in verità, non riescono a scorgere con chiarezza ciò che accade intorno. Le lenti a contatto li porrebbero nella condizione di riconoscere un individuo a qualche metro, e ciò gli consentirebbe di sapere con chi stanno parlando. Solo due invitati erano in grado di vedere tutto e tutti gli "amici" di Javits. Stavolta, però, erano loro i sorvegliati. Igor aveva infilato lo spillo nella cannuccia tappata, fingendo di immergerla nuovamente in un bicchiere di succo d'ananas. Al tavolo accanto, un gruppo di belle ragazze sembrava ascoltare con attenzione i racconti straordinari di un giamaicano: in realtà, ciascuna stava probabilmente elaborando un piano personale per allontanare le concorrenti e portarselo a letto — era opinione comune che i neri fossero pressoché insuperabili nel sesso. Lui si era avvicinato, aveva estratto la cannuccia dal bicchiere e, dopo aver tolto il tappo, aveva soffiato lo spillo in
direzione della sua vittima. Poi si era trattenuto solo il tempo di vedere l'uomo che si portava una mano alla schiena. Subito dopo, si era allontanato per tornare in albergo e cercare di dormire. Utilizzato originariamente dagli indios del Sudamerica per cacciare con le frecce, il curaro è reperibile anche negli ospedali europei — sotto controllo medico viene somministrato per paralizzare certi muscoli e facilitare in tal modo il lavoro del chirurgo. In dosi letali — come quella sulla punta dello spillo lanciato da Igor —, fa sì che gli uccelli cadano stecchiti in due minuti, i cinghiali restino agonizzanti per un quarto d'ora e i grandi mammiferi - come l'uomo - muoiano nel giro di venti minuti. Con l'immissione del curaro nel circolo sanguigno, dapprima le fibre del corpo si rilassano, poi cessano di essere reattive - provocando una lenta asfissia. La cosa più curiosa - o "peggiore", direbbero alcuni - è che la vittima è pienamente cosciente di quanto sta accadendo, ma non riesce a muoversi né per chiedere aiuto né per impedire il processo di graduale paralisi che s'impossessa del corpo. Nella foresta, se un indios si ferisce accidentalmente con il dardo o la freccia avvelenata, i compagni sanno come intervenire: respirazione bocca a bocca e somministrazione di un antidoto a base di erbe che portano sempre con sé, giacché quel tipo di incidente è piuttosto comune. Nelle città, le procedure dei paramedici risultano pressoché inutili - si ha l'impressione di trovarsi di fronte a un attacco cardiaco. Igor non si è neppure voltato a guardare, mentre usciva. Sapeva che, in quel momento, uno degli "amici" stava cercando di identificare il colpevole, mentre l'altro chiamava l'ambulanza, che sarebbe arrivata immediatamente, anche se gli infermieri avrebbero ignorato la situazione che dovevano affrontare. Sarebbero accorsi nelle loro divise colorate, con i giubbetti rossi, un defibrillatore — il dispositivo in grado di risolvere molte situazioni critiche inviando scariche elettriche al cuore - e un'unità elettrocardiografica portatile. Nel caso del curaro, sembra che il cuore sia l'ultimo organo a essere interessato dalla paralisi, e
continua a battere anche dopo la morte cerebrale. Quindi non avrebbero notato alcuna anomalia nel battito cardiaco, e avrebbero trattato la vittima con una flebo, pensando che si trattasse di un malore passeggero dovuto al caldo o a un'intossicazione alimentare: e così si sarebbero attenuti ai provvedimenti usuali, compresa la maschera dell'ossigeno. A questo punto, sarebbe già trascorso il limite dei venti minuti, e anche se il paziente fosse stato ancora vivo, non sarebbe mai riemerso dal coma. Igor sperava ardentemente che Javits non venisse soccorso in tempo: comunque, se ciò fosse accaduto, avrebbe passato il resto della vita in un letto d'ospedale, in uno stato vegetativo. Sì, aveva pianificato tutto. Aveva viaggiato su un aereo privato per entrare in Francia con una pistola dalla matricola abrasa e con i vari veleni che si era procurato grazie ai legami che manteneva con alcuni criminali ceceni che operavano a Mosca. Ogni passo e ogni mossa erano stati studiati e provati accuratamente, con grande precisione, come era solito fare per gli incontri d'affari. Aveva stilato una lista mentale di vittime: tranne l'unica che aveva conosciuto personalmente, tutte le altre dovevano essere di classi, età e nazionalità diverse. Aveva programmato per mesi la propria vita di serial-killer, utilizzando un software assai popolare fra i terroristi, che non lasciava traccia delle ricerche condotte. Aveva preso tutte le precauzioni necessarie per evitare, al termine della missione, di essere rintracciato. Sta sudando. No, non si tratta di pentimento - forse Ewa merita davvero questi sacrifici —, ma dell'inutilità del suo progetto. Anche se la donna amata sapeva che sarebbe stato capace di ogni gesto per lei, ne valeva davvero la pena? Oppure, in certi momenti, bisogna accettare il corso del destino, lasciare che le cose procedano e le persone riacquistino la ragione senza interventi esterni? E stanco. Non riesce più a riflettere proficuamente chissà, forse il martirio sarebbe meglio dell'assassinio. Consegnarsi e, in tal modo, rivendicare il sacrificio più grande, quello di colui che offre la propria vita per amore. E ciò
che Gesù fece su questa Terra e costituì il suo esempio più fulgido: quando lo videro sconfitto, inchiodato a una croce, pensarono che tutto fosse finito. Si sentirono orgogliosi delle proprie azioni, vincitori, sicuri di aver eliminato un problema in modo definitivo. È confuso. Il suo piano prevede di distruggere dei mondi, non di offrire la propria libertà per amore. Nel sogno, la ragazza dalle sopracciglia folte gli era apparsa come la Vergine della Pietà: la Madre con il Figlio tra le braccia, orgogliosa e insieme sofferente. Va in bagno, mette la testa sotto l'acqua gelata della doccia. Forse è la mancanza di sonno, è il luogo estraneo, è il cambio di fuso orario — oppure si tratta del fatto che ormai sta realizzando ciò che ha pianificato, anche se non ha mai creduto che sarebbe stato in grado di renderlo operativo. Si ricorda della promessa recitata davanti alle reliquie di Santa Maddalena, a Mosca. Ma starà facendo la cosa giusta? Ha bisogno di un segnale. Il sacrificio. Sì, avrebbe dovuto riflettere su quest'eventualità, ma forse soltanto l'esperienza dei due mondi distrutti quella mattina gli ha consentito di comprendere più chiaramente gli avvenimenti. La redenzione dell'amore è possibile solo attraverso l'abbandono totale. Il suo corpo è affidato alle mani di carnefici che giudicano soltanto i gesti, tralasciando le intenzioni e i motivi che soggiacciono a qualunque atto considerato "insano" dalla società. Sarà Gesù, il quale ritiene che l'amore sia meritevole di ogni sforzo, a ricevere il suo spirito, e a Ewa resterà la sua anima. E capirà di cosa è stato capace: consegnarsi e immolarsi di fronte alla società - e tutto in nome suo. Non sarà condannato a morte, giacché in Francia la ghigliottina è stata abolita da vari decenni, ma probabilmente passerà moltissimi anni in prigione. Ewa si pentirà dei propri peccati. Andrà a trovarlo, gli porterà dei generi di conforto; avranno tempo per parlare, riflettere, amarsi - anche se i loro corpi non si sfioreranno neppure, le loro anime saranno finalmente più unite di quanto non siano mai state. Anche se dovranno aspettare lustri per poter vivere nella casa che intende far costruire sulle rive del lago Baikal,
quell'attesa li purificherà e diventerà la loro benedizione. Sì, il sacrifìcio. Lui chiude il rubinetto della doccia, si guarda nello specchio, ma non vede se stesso, bensì l'Agnello che sta per essere nuovamente immolato. Indossa gli abiti che portava la mattina, scende in strada, cammina fino al luogo dov'era solita stare la giovane venditrice e si avvicina al primo poliziotto che incontra. "Ho ucciso la ragazza che stava qui." L'agente guarda l'uomo: è vestito elegantemente, ma ha i capelli spettinati e le occhiaie peste. "Quella che vendeva prodotti artigianali?" Annuisce: sì, quella che vendeva oggetti d'artigianato. Il poliziotto non riserva una grande attenzione alle sue parole. Con un cenno del capo saluta una coppia carica di sacchetti del supermercato. "Dovreste assumere un maggiordomo!" "Se lei gli paga lo stipendio..." replica la donna, sorridendo. "Impossibile trovare della gente disposta a lavorare, in questa parte di mondo." "Ogni settimana la vedo con un diamante diverso al dito. Non penso che sia un motivo di soldi." Igor osserva la scena senza capire. Ha appena confessato un delitto. "Forse non ha capito ciò che ho detto?" "Fa molto caldo. Vada a dormire per un paio d'ore, si riposi. Cannes può offrire molto ai visitatori." "Ma... e la ragazza?" La conosceva: "Non l'avevo mai vista prima. Era qui stamattina. E io..." "... Lei ha visto un'ambulanza che arrivava e una giovane che veniva portata via. Capisco. E ha concluso che era stata assassinata. Non so da dove venga, non so se abbia figli, ma le consiglio di andarci cauto con le droghe. Dicono che non facciano troppo male, eppure guardi cos'è successo a quella povera ragazza portoghese." L'agente si allontana, senza aspettare una replica.
Doveva forse insistere, o fornirgli alcuni dettagli tecnici, per essere preso sul serio? Di certo, poteva dirsi pressoché impossibile uccidere una persona alla luce del sole, sul viale principale di Cannes. Comunque, era pronto a raccontare anche dell'altro mondo che aveva spento in una festa affollata. Ma quel rappresentante della legge, dell'ordine e delle consuetudini, non gli aveva dato retta. In che mondo vivevano? Doveva forse estrarre l'arma dalla tasca e mettersi a sparare in tutte le direzioni perché finalmente gli credessero? Doveva comportarsi come un primitivo, che agisce seguendo il suo istinto, perché si degnassero di ascoltarlo? Igor segue con lo sguardo il poliziotto, lo vede attraversare la strada ed entrare in una rosticceria. Decide di restare lì ancora per qualche momento, sperando che cambi idea, che riceva delle informazioni dal commissariato e torni a parlare con lui, chiedendogli i dettagli del delitto. Ma è quasi sicuro che ciò non succederà: ripensa al commento sul diamante al dito della donna. L'agente sapeva da dove proveniva? Certamente no: altrimenti, l'avrebbe fermata, accompagnata al commissariato e accusata per l'utilizzo di un corpo di reato. Per la donna, è chiaro, quel brillante era comparso magicamente in qualche lussuoso negozio, dopo essere stato - come dicevano i venditori - "lavorato" da tagliatori olandesi o belgi. Era classificato in base a trasparenza, peso e taglio. Il prezzo poteva variare da alcune centinaia di euro a cifre considerate decisamente offensive per la maggior parte dei mortali. Il diamante. O "brillante", se si preferisce chiamarlo così. Com'è noto, si tratta di un semplice agglomerato di carbonio, elaborato dal calore e dal tempo. Poiché è scevro di inclusioni organiche, è impossibile stabilire quanto tempo sia necessario perché la sua struttura venga modificata - i geologi stimano dai 300 milioni a 1 miliardo di anni. Generalmente si forma a 150 km di profondità e, a poco a poco, sale verso la superficie terrestre, fino a consentirne l'estrazione.
Il diamante è il materiale più resistente e più duro presente in natura, e può essere tagliato e lavorato solo con l'ausilio di un altro diamante. Gli scarti della lavorazione - la polvere - vengono utilizzati nell'industria, per i macchinari per levigare. Alla fine, un diamante è contemplabile unicamente come gioiello. E da questo deriva la sua importanza: è pressoché inutile per qualsiasi altra cosa. È la manifestazione suprema della vanità umana. Da alcuni decenni, in un mondo che sembrava votato agli aspetti pratici e all'uguaglianza sociale, i diamanti stavano scomparendo dal mercato. Fino a quando la principale compagnia del mondo, con sede in Sudafrica, ha deciso di avvalersi dei servizi di una delle migliori agenzie pubblicitarie del pianeta. La Superclasse si incontra con la Superclasse, e vengono condotte alcune ricerche di mercato, il cui unico risultato è una frase di quattro parole: "I diamanti sono eterni." Ecco risolto il problema: i marchi di gioielleria hanno cominciato a investire in questa idea, e l'industria è rifiorita. Se i diamanti sono eterni, non esiste qualcosa di migliore per esprimere l'amore che, teoricamente, dovrebbe durare per l'eternità. Niente di più appropriato per distinguere la Superclasse dai miliardi di individui che si trovano alla base della piramide sociale. La richiesta di pietre è aumentata, i prezzi hanno cominciato a salire. In pochi anni, la società sudafricana, quella che dettava le regole del mercato internazionale, si è ritrovata circondata di cadaveri. Igor sa di cosa si tratta: allorché ha dovuto sostenere una milizia che operava in un conflitto tribale, è stato costretto ad affrontare una strada ardua. Non se ne pente: è riuscito a evitare tante morti, anche se quasi nessuno ne è al corrente. Aveva accennato della vicenda a Ewa, durante una cena ormai dimenticata; poi aveva deciso di non dilungarsi sull'argomento: quando fai un gesto di carità, la mano sinistra non deve mai sapere ciò che fa la destra. Con i diamanti aveva salvato numerose vite, anche se ciò non sarebbe mai risultato dalla sua biografia. Quel poliziotto al quale non importa che un criminale
confessi i propri delitti e si perde ad ammirare il gioiello al dito di una donna che trasporta sacchetti stipati di carta igienica e detersivi non è in grado di svolgere il proprio mestiere. Non sa che quell'industria pressoché inutile movimenta circa 50 miliardi di dollari all'anno, da lavoro a un gigantesco esercito di minatori, trasportatori, compagnie di sicurezza private, laboratori per il taglio delle pietre, assicurazioni, commercianti all'ingrosso e negozi di lusso. Non si rende conto che la sua produzione, prima di arrivare nelle vetrine, comincia nel fango ed è bagnata da fiumi di sangue. Il fango nel quale sguazza il lavoratore, passando la propria vita alla ricerca di quella pietra che gli garantirà la fortuna tanto bramata. Il cercatore vende per una media di venti dollari qualcosa che al consumatore finirà per costarne diecimila. Ma in fin dei conti è contento, giacché gli abitanti di quel paese guadagnano meno di cinquanta dollari all'anno, e una manciata di pietre è sufficiente per permettergli di condurre una vita breve ma felice, considerando che le condizioni di lavoro sono tremende. Le pietre passano dalle sue mani ad acquirenti sconosciuti, che le cedono immediatamente ai comandanti di eserciti irregolari in Liberia, in Congo o in Angola. In questi paesi, un uomo - circondato da guardie armate fino ai denti - si reca su una pista di atterraggio illegale. Arriva un aereo, da cui scende un signore in giacca e cravatta, accompagnato da un tizio generalmente in maniche di camicia, che regge una piccola valigetta. Si salutano freddamente. L'uomo scortato dai body-guard consegna dei piccoli pacchi: forse per superstizione, i pacchetti sono avvolti in calze usate. L'individuo in maniche di camicia estrae dalla tasca una lente da orafo, se la sistema nell'orbita dell'occhio sinistro, e inizia a controllare le pietre. Nel giro di un'ora e mezza si è fatto un'idea del materiale: a questo punto, prende dalla valigetta una piccola bilancia elettronica di precisione e svuota il contenuto delle calze sul piatto. Vengono fatti alcuni calcoli su un pezzo di carta. Le pietre grezze finiscono nella piccola valigia, insieme con la bilancia; l'uomo benvestito fa un cenno alle guardie armate, e cinque o sei
di esse salgono sull'aeroplano. Cominciano a scaricare grandi casse: sono ancora sul ciglio della pista quando il piccolo aereo decolla. Tutta l'operazione è durata meno di mezza giornata. Le grandi casse vengono aperte: fucili di precisione, mine antiuomo, pallottole esplosive, che scagliano intorno decine di pallini metallici. Le armi vengono consegnate a soldati e mercenari, e ben presto il paese si ritrova alle prese con un nuovo colpo di stato, la cui crudeltà non ha limiti. Intere tribù vengono annientate, i bambini finiscono mutilati a causa delle mine-giocattolo, le donne subiscono violenze. Nel frattempo, molto lontano da lì generalmente ad Anversa o ad Amsterdam -, abili professionisti sono impegnati nel taglio delle pietre: lavorano con precisione, dedizione e amore, estasiati dalla propria abilità, ipnotizzati dai bagliori che cominciano ad apparire da ciascuna delle sfaccettature di quell'agglomerato di carbonio, la cui struttura si è trasformata nel tempo. Un diamante che taglia un diamante. A un capo del mondo, donne che urlano disperatamente, il cielo nascosto da nuvole di fumo. All'altro, da sale perfettamente illuminate si possono ammirare splendidi palazzi antichi. Nel 2002, le Nazioni Unite hanno adottato una risoluzione, il Kimberley Process, attraverso la quale si chiede di tracciare l'origine delle pietre e si proibisce ai gioiellieri l'acquisto di quelle provenienti dalle zone in cui sono in corso conflitti armati. Per un periodo di tempo, i rispettabili intagliatori europei si sono rivolti solo alla società sudafricana per reperire il materiale. Ma ben presto hanno trovato alcuni sotterfugi per rendere commerciabile liberamente un diamante - la risoluzione è rimasta solo per consentire ai politici di affermare che "stanno facendo qualcosa per porre fine al commercio di quei "diamanti di sangue"": è questo il nome che li identifica. Cinque anni prima, Igor aveva scambiato pietre con armi e creato una piccola milizia che doveva contribuire a porre fine a un sanguinoso conflitto nel nord della Liberia: aveva raggiunto il suo scopo, ed erano stati uccisi solo
gli assassini. I piccoli villaggi avevano riacquistato la pace, e i diamanti del baratto erano stati venduti in America, ad alcuni gioiellieri che evitavano domande indiscrete. Quando la società non interviene per annientare il crimine, l'uomo ha il diritto di agire nel modo che reputa più corretto. Qualcosa di simile era accaduto alcuni minuti prima su quella spiaggia. Scoperti gli omicidi, qualcuno si sarebbe presentato al pubblico, ripetendo la solita frase di circostanza: "Stiamo facendo tutto il possibile per identificare l'assassino." Che lo facessero, dunque. Di nuovo, il destino - sempre generoso - gli aveva mostrato il cammino da percorrere. Il martirio non costituiva una ricompensa. Riflettendo, Ewa avrebbe sofferto molto per la sua assenza: non avrebbe avuto nessuno con cui parlare nelle lunghe notti e negli interminabili giorni da trascorrere in attesa della sua liberazione. Avrebbe pianto, immaginandolo al freddo, immobile a fissare le pareti bianche della cella. E quando fosse giunto il momento di trasferirsi nella casa sul lago Baikal, forse non avrebbero più avuto l'età per vivere le avventure che avevano programmato. Il poliziotto è uscito dalla rosticceria e ha ripreso a camminare sul marciapiede. "Lei è ancora qui? Si è perduto? Ha bisogno di aiuto?" "No, grazie." "Vada a riposare, come le ho suggerito. A quest'ora, il sole può essere molto pericoloso." Igor torna in albergo. Si fa una doccia. Chiede alla reception di essere svegliato alle quattro del pomeriggio quel riposo gli consentirà di riacquistare la lucidità necessaria ed evitare di agire in modo avventato, com'è successo nella mattinata, rischiando di mandare a monte i suoi piani. Telefona al concierge e riserva un tavolo in terrazza per quando si sveglierà: desidera prendere un té senza essere disturbato. Poi rimane a fissare il soffitto, aspettando che arrivi il sonno.
Non ha importanza da dove vengono i diamanti, purché brillino. In questo mondo, solo l'amore merita ogni sacrifìcio. Quanto al resto, è tutto illogico. Come molte altre volte nella vita, Igor ha avvertito la sensazione di possedere una libertà totale. A poco a poco, la confusione sta scemando, sostituita dalla lucidità. Aveva affidato il proprio destino alle mani di Gesù. E Gesù aveva deciso che doveva continuare in quella missione. Si addormenta senza alcun senso di colpa.
1:55 PM. Gabriela decide di avviarsi lentamente verso il luogo che le hanno indicato. Ha bisogno di riordinare i pensieri, di calmarsi. In quel momento, non solo i suoi sogni più segreti, ma anche i suoi incubi più tenebrosi, potrebbero trasformarsi in realtà. Il telefono emette un avviso sonoro. È un messaggio della sua agente: "COMPLIMENTI. ACCETTA, DI QUALSIASI COSA SI TRATTI. BACI." Guarda la folla che sembra percorrere avanti e indietro la Croisette, senza una meta precisa. Lei, invece, ha un obiettivo! Non è più una delle innumerevoli cacciatrici di fortuna arrivate a Cannes senza sapere da che parte cominciare. Ha un curriculum ottimo e un'esperienza professionale considerevole: nella vita, non ha mai cercato di imporsi sfruttando unicamente le proprie doti fisiche - lei ha talento! Per questo l'hanno selezionata per incontrare il famoso regista - senza raccomandazioni, senza che fosse vestita in maniera provocante, senza che avesse avuto il tempo di preparare la parte. Di certo, lui avrebbe tenuto in considerazione tutto ciò. Si è fermata per fare uno spuntino - fino a quel momento, non aveva mangiato nulla. Alla prima sorsata di
caffè, i suoi pensieri sono tornati alla realtà. Perché avevano scelto proprio lei? Quale sarebbe stata la sua parte nel film? E se, dopo aver ricevuto il video, Gibson avesse scoperto che non era l'attrice che stava cercando? "Calmati." "Non hai niente da perdere," tenta di convincersi. Ma la voce interiore insiste: "Davanti a te, hai un'opportunità unica." "Non esistono «opportunità uniche»: la vita concede sempre un'altra chance.' Ma la voce incalza: "Può darsi. Ma quanto tempo ci vorrà? Conosci la tua età, vero?" "Sì, certo. Venticinque anni. E la carriera delle attrici, anche più longeve, dura fino a...' Non occorre che se lo ripeta. Paga il panino e il caffè, e s'incammina verso il molo. Si sforza di dominare l'ottimismo, di non definire le altre ragazze "cacciatrici", e si ripete mentalmente le regole del pensiero positivo che riesce a ricordare - in questo modo, evita di pensare all'incontro. "Se credi nella vittoria, la vittoria crederà in te. "Rischia tutto in nome dell'occasione e allontanati da quanto ti offre un 'esistenza confortevole. "Il talento è un dono universale. Ma occorre molto coraggio per poterlo usare: non aver paura di essere la migliore! In qualsiasi caso, non è sufficiente concentrarsi sulle parole dei grandi maestri: bisogna chiedere aiuto al Cielo. Comincia a pregare, come fa sempre quando è angosciata. Sente che deve fare un voto, e decide che, se otterrà la parte, da Cannes andrà subito in pellegrinaggio a Roma. Se il film si farà veramente. Se otterrà un successo mondiale. No, le basterebbe soltanto partecipare a quel film di Gibson, perché questo richiamerebbe l'attenzione di altri registi e produttori su di lei. Se ciò accadrà, farà il pellegrinaggio. Arriva nel luogo indicato, guarda il mare, legge di nuovo il messaggio della sua agente: ne era già al corrente perché quell'impegno è davvero serio? Ma che cosa significa
"accettare qualsiasi cosa"? Andare a letto con il regista? Con l'attore principale? Anche se non lo aveva mai fatto, ora è disposta a tutto. In fondo, chi non sogna di andare a letto con una celebrità del cinema? Torna a concentrarsi sul mare. Sarebbe potuta passare all'appartamento per cambiarsi d'abito, ma è superstiziosa: se era arrivata fino a quel molo con un paio di jeans e una maglietta bianca, doveva aspettare almeno la conclusione del giorno prima di apportare un qualsiasi cambiamento al suo aspetto. Si allenta la cintura, si accoscia, e assume la posizione del loto e inizia a fare yoga. Respira lentamente - il suo corpo, il suo cuore, il suo pensiero... tutto sembra godere dell'armonia. Vede la lancia avvicinarsi: attracca e ne scende un uomo che la raggiunge. "Gabriela Sherry?" Lei annuisce: l'uomo la prega di seguirlo. Salgono sull'imbarcazione, cominciano a solcare un mare affollato di yacht di ogni foggia e dimensione. Il tizio non le rivolge la parola: è come se fosse lontano da li — forse sogna ciò che avviene nelle cabine di quelle regge galleggianti, e immagina che sarebbe davvero bello possederne una. Gabriela esita: nella sua mente si susseguono le domande e i dubbi, e una parola gentile potrebbe trasformare quello sconosciuto in un alleato, in grado di aiutarla con preziose informazioni sul comportamento da adottare. Ma chi è quell'uomo? Avrà qualche influenza su Gibson, oppure si tratta solo di un infimo impiegato incaricato di accogliere attrici sconosciute e accompagnarle dal gran capo? Meglio rimanere in silenzio. Cinque minuti dopo, abbordano un gigantesco yacht bianco. Lei riesce a scorgere il nome scritto sulla prua: "Santiago." Un marinaio scende da una scaletta e l'aiuta a salire a bordo. Attraversano un ampio salone centrale dove, all'apparenza, stanno preparando una festa per quella sera. Arrivano a poppa, dove ci sono una piccola piscina, due tavolini con ombrelloni e alcune sdraio. A godersi il sole del primo pomeriggio, ecco Gibson e la Celebrità!
"Be', non mi dispiacerebbe finire nel letto di entrambi," dice fra sé e sé, sorridendo. Si sente fiduciosa, anche se il suo cuore batte più velocemente del solito. La Celebrità la squadra da capo a piedi e accenna un sorriso simpatico, tranquillizzante. Gibson le stringe la mano con decisione, si alza, prende una delle sedie dal tavolo più vicino e la invita a sedersi. Fa una telefonata e chiede il numero di una stanza d'albergo. Lo ripete a voce alta, guardando lei. Proprio come immaginava. Una camera d'albergo. Lui riaggancia. "Quando te ne andrai, recati in questa suite all'Hilton. Lì sono esposti i vestiti di Hamid Hussein. Questa sera, sei invitata alla festa a Cap d'Antibes." Non era quello che desiderava? La parte era sua! E la festa a Cap d'Antibes, a CAP D'ANTIBES! Gibson si rivolge alla Celebrità: "Che ne pensi?" "Meglio sentire cos'ha da dire lei." Il regista annuisce, facendo un gesto con la mano, come se intendesse suggerire: "Raccontaci qualcosa di te." Gabriela esordisce parlando del corso di teatro, poi prosegue menzionando le pubblicità in cui ha lavorato. Si accorge che i due uomini non le prestano attenzione: avranno udito una storia analoga migliaia di volte. Lei, comunque, non riesce a tacere: parla sempre più rapidamente, pur pensando di non avere altro da aggiungere. Forse l'occasione della sua vita dipende da una certa parola — quella che, tuttavia, non sa trovare. Trae un profondo respiro, cerca di mostrarsi a proprio agio: vorrebbe apparire disinvolta, scherzare, ma non è in grado di scostarsi dal copione che, secondo la sua agente, deve seguire in momenti del genere. Due minuti dopo, viene interrotta da Gibson. "Perfetto. Tutto questo lo abbiamo già appreso dal tuo curriculum: perché non ci parli veramente di te?" Qualche baluardo interno va in frantumi senza alcuna avvisaglia. Anziché essere pervasa dal panico, la sua voce è ora più calma e più ferma."
"Sono soltanto una dei milioni di persone che hanno sempre sognato di trovarsi qui, su questo yacht, a guardare il mare, a conversare sulla possibilità di lavorare almeno con uno di voi due. Ed entrambi ne siete consapevoli. A parte questo, penso che niente di ciò che potrei dire cambierebbe qualcosa. Sono sposata? No. E come quasi ogni donna nubile, ho un innamorato che in questo momento mi aspetta a Chicago e spera ardentemente che tutto mi vada storto." I due uomini ridono. Gabriela si rilassa. "Voglio lottare fin dove sia possibile, benché sappia di essere giunta quasi al limite delle possibilità, poiché la mia età può rappresentare un problema per gli attuali standard del cinema. Ho la consapevolezza che esistono molte ragazze dotate del mio stesso talento — anzi, alcune mi sono superiori. Non conosco il motivo per cui sono stata scelta, comunque ho deciso in anticipo di accettare qualsiasi cosa. Forse questa è la mia ultima chance, e il fatto che ora lo ammetta potrebbe sminuire il mio valore: in qualsiasi caso, non ho scelta. Per tutta la vita, ho fantasticato su un momento simile: partecipare a un provino, essere selezionata e poter lavorare con un grande professionista. Tutto ciò si sta realizzando. Se non riuscirò ad andare oltre questo incontro, se dovrò tornare a casa a mani vuote, potrò sempre dirmi che sono arrivata fin qui per un paio di peculiarità del mio carattere: integrità e perseveranza. "Sono la migliore amica di me stessa — e anche la mia peggiore nemica. Prima di venire qua, pensavo di non meritare nulla, di non essere in grado di dare quanto ci si aspetta da me: ero convinta che avessero sbagliato a selezionare la candidata. Però, l'altra parte del cuore mi diceva che stavo riscuotendo la ricompensa per non aver desistito, per aver difeso una scelta fino in fondo. Ha sviato lo sguardo dai due uomini - e, all'improvviso, ha avvertito un'immensa voglia di piangere: si è controllata, perché avrebbero potuto intendere le sue lacrime come un ricatto morale. La bella voce della Celebrità ha spezzato il silenzio:
"Come in qualunque altra industria, anche in quella cinematografica esistono persone oneste che valorizzano la professionalità. È per questo che io sono arrivato dove mi trovo oggi. E la stessa cosa si è verifìcata per il nostro regista. Pure io ho vissuto la situazione in cui sei adesso. E so che cosa si prova." In quel momento, ha visto scorrere davanti agli occhi tutta la sua vita. Gli anni in cui aveva cercato invano un contatto, in cui aveva bussato a porte che non si erano aperte, in cui aveva chiesto senza mai udire una parola di risposta - soltanto indifferenza, come se lei per il mondo non esistesse. Nella testa le ronzavano tutti i "no" ascoltati quando qualcuno si era reso conto che, invece, era viva e meritava almeno una replica. "Non posso piangere." Rivedeva tutte le persone che l'avevano messa in guardia, dicendole che stava inseguendo un sogno irraggiungibile: se fosse stata presa, avrebbero detto: "Lo sapevo che avevi del talento!" Le sue labbra hanno cominciato a tremare: era come se, in quel momento, un'enorme cascata di parole e sentimenti le scaturisse dal cuore. Era felice di avere avuto il coraggio di mostrarsi umana e fragile - si sentiva diversa anche nell'anima. Se ora Gibson si fosse pentito della scelta, lei avrebbe potuto risalire sulla lancia e andarsene senza alcun rimpianto: nell'istante della lotta, aveva rivelato coraggio. Sapeva di dipendere dagli altri: aveva faticato molto per imparare questa lezione ma, alla fine, aveva capito l'importanza del prossimo nella sua vita. Conosceva persone che si mostravano orgogliose della propria indipendenza emotiva, anche se in realtà erano fragili quanto lei individui che piangevano di nascosto e non chiedevano mai aiuto. Credevano nella regola non scritta che recita: "Il mondo appartiene ai forti" - un mondo in cui " sopravvive solo colui che si dimostra più capace". Se ciò corrispondesse a verità, gli esseri umani si sarebbero estinti, perché appartengono a una specie che necessita di protezione per un lungo periodo di tempo. Una volta, suo padre le aveva raccontato che gli uomini raggiungono una
sommaria capacità di sopravvivenza solo dopo i nove anni, mentre una giraffa arriva a quell'obiettivo in cinque ore di vita, e un'ape in meno di cinque minuti. "Cosa stai pensando? " le domanda la Celebrità. "Che non ho bisogno di fingermi forte, ed è qualcosa che mi procura una grande tranquillità. Per un periodo della vita, ho avuto problemi a rapportarmi con gli altri, giacché ritenevo di essere l'unica a sapere come arrivare dove desidero. I fidanzati mi detestavano, e io non riuscivo a comprenderne la ragione. Una volta, durante la tournée di uno spettacolo, mi beccai un'influenza che mi obbligò a starmene chiusa in camera — ero terrorizzata dall'idea che qualcun altro si impossessasse del mio ruolo. Poiché non mangiavo e deliravo per la febbre, chiamarono un dottore — che mi prescrisse anche un periodo di convalescenza. Pensai allora di aver perduto il lavoro e il rispetto dei colleghi. Ma non accadde nulla di tutto ciò. Anzi, ricevetti fiori e telefonate - tutti volevano accertarsi del mio stato di salute. All'improvviso, quelle persone che ritenevo degli avversari, con le quali pensavo di dover lottare per un unico posto sotto i riflettori, si preoccupavano di me! Una collega mi mandò un biglietto con le parole di un medico che era andato a lavorare in un paese lontano: " Tutti noi conosciamo la malattia del sonno, un morbo diffuso in Africa Centrale. Non sappiamo, però, che esiste una malattia simile che colpisce l'anima — estremamente pericolosa, perché aggredisce senza essere percepita. Quando si avverte un modestissimo segno di indifferenza o di mancanza di entusiasmo nei confronti di un proprio simile, bisogna stare allerta! Esiste una sola forma di prevenzione contro questa malattia: capire che l'anima soffre — e soffre tremendamente allorché la costringiamo a vivere in maniera superficiale. L'anima ama le cose belle e profonde? Frasi. Alla Celebrità è sovvenuto il verso di una poesia imparata a scuola, di una frase che, con il passare del tempo, lo ha spaventato sempre di più: "Dovrai rinunciare a tutto il resto, perché io ho la pretesa di essere il tuo unico ed esclusivo padrone." Compiere una scelta è forse la cosa più difficile nell'esistenza di un essere umano: mentre l'attrice
raccontava la sua storia, lui vi vedeva riflessi i propri passi. La prima grande occasione - grazie anche al suo talento di attore teatrale. La vita che cambiava da un momento all'altro, la fama che aumentava più velocemente della sua capacità di adattarsi a essa, cosicché si era ritrovato ad accettare inviti in posti da evitare, e rifiutare incontri che lo avrebbero aiutato a proseguire nella carriera. Nonostante l'esiguità, il denaro gli dava la sensazione di un potere assoluto. I regali costosi, i viaggi in un mondo sconosciuto, gli aerei privati, i ristoranti di lusso, le suite di hotel che sembravano le dimore dei re e delle regine su cui fantasticava da bambino. Le prime critiche - ma anche la stima, gli elogi, quelle parole che lo toccavano nell'anima e nel cuore. Le lettere che riceveva da ogni parte del mondo, e alle quali all'inizio aveva risposto sempre, concedendo appuntamenti a tutte le donne che gli spedivano le loro fotografie. Poi aveva scoperto che gli era impossibile reggere quei ritmi. Del resto, il suo agente aveva cercato di dissuaderlo, prima di mettergli paura, dicendo che forse stava cadendo in una trappola. Comunque, ancora oggi provava un piacere speciale quando i fan, che seguivano ogni momento della sua carriera, aprivano siti internet dedicati a lui, distribuivano giornalini in cui si raccontava tutto ciò che accadeva nella sua vita — principalmente le cose positive — e lo difendevano dagli attacchi della stampa, quando le sue interpretazioni non venivano elogiate ed esaltate. E gli anni passavano. Quello che prima era considerato un miracolo o una chance offerta dal destino - dal quale si era ripromesso di non farsi schiavizzare - iniziava a trasformarsi nell'unica ragione per continuare a vivere. Fino a quando aveva guardato più avanti, avvertendo una stretta al cuore: un giorno, tutto sarebbe potuto finire. Si sarebbero affermati nuovi attori (più giovani), che avrebbero accettato compensi inferiori in cambio di maggior visibilità. Lui aveva cominciato a sentir parlare solo del grande film del suo esordio, anche se ne aveva interpretati altri novantanove, di cui nessuno si ricordava. Poi le condizioni finanziarie erano cambiate — perché,
credendo che si trattasse di un lavoro destinato a non finire mai, la Celebrità aveva spinto l'agente a mantenere elevatissimi i suoi cachet. Risultato: opportunità sempre minori. Ora chiede la metà del vecchio compenso per girare un film. Sono comparsi i primi segnali di disperazione in un mondo nel quale fino ad allora esisteva soltanto la speranza di arrivare più lontano e più in alto, più rapidamente. Non è possibile che la Celebrità si deprezzi all'improvviso: quando gli sottopongono un contratto, ha preso l'abitudine di dire che "il ruolo gli è piaciuto particolarmente, e quindi ha deciso di accettarlo, anche se il cachet è inferiore ai suoi guadagni abituali". I produttori fanno fìnta di crederci. L'agente finge di essere riuscito a ingannarli, pur sapendo che il suo "prodotto" deve assolutamente bazzicare festival come questo, mostrandosi sempre occupato, sempre gentile, sempre distante - è qualcosa di assai importante per i miti. L'addetto stampa gli suggerisce di farsi fotografare mentre bacia un'attrice famosa - può fruttare una copertina in qualche rivista scandalistica. Prendono contatto con la prescelta, alla quale serve un po' di pubblicità extra - a questo punto, si tratta solo di individuare il momento adatto durante una cena di gala. La scena deve apparire spontanea, tuttavia occorre accertarsi preventivamente che vi sia qualche fotografo nei dintorni - anche se la coppia non deve "accorgersi" di essere sorvegliata. In seguito, dopo la pubblicazione delle foto, si rivolgeranno ai giornali smentendo l'episodio, dichiarando che si tratta di un'autentica violazione della privacy: gli avvocati denunceranno i direttori responsabili delle riviste, e gli addetti stampa di entrambi cercheranno di mantenere vivo l'argomento il più a lungo possibile. In fondo, malgrado gli anni di lavoro e la fama planetaria, lui non era in una situazione molto diversa da quella della ragazza. "Dovrai rinunciare a tutto il resto, perché io ho la pretesa di essere il tuo unico ed esclusivo padrone." Gibson rompe il silenzio che era calato per trenta secondi su quello scenario perfetto: lo yacth, il sole, le bibite
ghiacciate, gli stridi dei gabbiani, la brezza che soffia e attenua il caldo. "Innanzitutto, penso che vorrai sapere quale sarà la tua parte, visto che il titolo del film potrebbe cambiare mille volte da qui alla prima. La risposta è questa: un ruolo di coprotagonista, insieme a lui." E indica la Celebrità. "Dunque, uno dei ruoli principali. A questo punto, la tua prossima domanda dovrebbe essere: "Perché io, e non un'attrice famosa?" "Proprio così." "La spiegazione è il prezzo. Il film di cui mi è stata affidata la regia, e che sarà il primo prodotto da Hamid Hussein, ha un budget limitato. E la metà del quale è destinata alla promozione. Dunque, ci servono una celebrità, per richiamare pubblico, e uno sconosciuto - economico — che acquisirà la visibilità che merita. E' qualcosa che non accade solo oggi: da quando l'industria del cinema ha cominciato a dettare legge nel mondo, anche gli studios si comportano in maniera analoga per mantenere viva l'idea che fama e denaro siano sinonimi. Ricordo che, in gioventù, allorché vedevo le grandi ville di Hollywood, pensavo che gli attori guadagnassero cifre esorbitanti. "Una menzogna. In tutto il mondo sono soltanto dieci o venti le celebrità che possono affermare di guadagnare una fortuna. Le altre vivono di apparenze: la casa affittata dagli studios, i sarti e i gioiellieri che prestano abbigliamento e gioielli, le automobili date in comodato gratuito per un certo periodo di tempo, dimodoché possano essere associate al lusso. Lo studio paga tutto ciò che significa glamour, e gli attori percepiscono un compenso assai modesto. Non è il caso della persona seduta qui con noi, ma probabilmente è qualcosa che ti riguarderà." La Celebrità non sa se il regista in quel momento sia sincero, cioè se ritenga di trovarsi realmente davanti a uno dei più grandi attori del mondo, o se stia bluffando. Ma non fa alcuna differenza, purché si firmi il contratto, il produttore non cambi idea all'ultimo momento, gli sceneggiatori consegnino il testo alla data fissata, il bilancio
venga rispettato rigorosamente e parta un'eccellente campagna di stampa. Aveva già assistito all'interruzione di centinaia di progetti — può capitare nella vita. Ma, dopo che il suo lavoro più recente era passato quasi inosservato, lui aveva disperatamente bisogno di un successo schiacciante. E Gibson era in grado di ottenerlo. "Accetto," dice la giovane. "Abbiamo già discusso ogni particolare con la tua agente. Firmerai un contratto in esclusiva con noi. Per il primo film, guadagnerai cinquemila dollari al mese, per un anno — e avrai l'obbligo di intervenire a feste, seguire le indicazioni dei nostri esperti di public-relations, recarti dovunque ti manderemo, dire quello che vorremo, e non ciò che realmente pensi. È chiaro?" Gabriela ha annuito. Che altro poteva dire: che cinquemila dollari equivalgono allo stipendio percepito da una segretaria in Europa? Si trattava di prendere o lasciare, e lei non voleva mostrare alcuna esitazione: certo, capiva le regole del gioco. "Dunque..." continua Gibson, "vivrai come una miliardaria, ti comporterai come una diva, ma tenendo sempre presente che è solo una messinscena. Se le cose funzioneranno, nel prossimo film il tuo stipendio salirà a diecimila dollari. Poi ne riparleremo, poiché avrai un solo pensiero in mente: "Mi vendicherò di tutto questo." "Com'è ovvio, la tua agente è al corrente della nostra proposta sapeva cosa aspettarsi. Ignoro se tu la conoscessi." "Questo non ha importanza. Né intendo vendicarmi di niente." Gibson finge di non udire. "Non ti ho convocata qui per parlare del provino: ottimo, il migliore che ho visto da molto tempo. È la stessa opinione della nostra responsabile del casting. Ho chiesto di incontrarti per mettere in chiaro, sin dall'inizio, su quale terreno ti stai muovendo. Molte attrici e molti attori, dopo il primo film, dopo aver capito di poter avere il mondo ai loro piedi, vorrebbero cambiare le regole. Ma hanno firmato dei contratti, e sanno che non è possibile: così hanno crisi depressive, comportamenti autodistruttivi e cose
del genere. Oggigiorno, la nostra politica è cambiata: spieghiamo chiaramente cosa accadrà. Nel tuo intimo, dovranno convivere due donne: se tutto andrà bene, una di loro sarà quella che il mondo adorerà; l'altra sarà quella che, in ogni momento, saprà di non possedere alcun potere. "Dunque, prima di andare all'Hilton e scegliere il vestito che indosserai stasera, ti consiglio di riflettere sulle conseguenze. Nel momento in cui entrerai in quella suite, ti attenderanno quattro copie di un lunghissimo contratto da firmare. Prima di apporre il tuo nome in calce, il mondo ti appartiene e puoi fare ciò che desideri. Una volta firmato quell'impegno, non sarai più padrona di niente: noi controlleremo tutto, dal tuo taglio di capelli alla scelta dei locali dove mangiare — anche se non hai appetito. Ovviamente potrai incrementare i tuoi guadagni con la pubblicità, sfruttando la tua fama - ecco il motivo per cui le persone accettano queste condizioni." I due uomini si alzano. "A parer tuo, ti troverai bene a lavorare con lei?" "Sarà un'attrice eccellente. Ha mostrato partecipazione e sentimento in un momento in cui tutti vogliono solo apparire efficienti." "Non pensare che questo yacht sia mio," dice Gibson, dopo aver chiamato qualcuno che la condurrà alla lancia per tornare al molo. Lei aveva capito perfettamente il messaggio.
3:44 PM. "Andiamo a prendere un caffè in terrazza," dice Ewa. "Ma la sfilata è tra un'ora. E, sai, il traffico..." "Per un caffè abbiamo tempo." Salgono le scale, svoltano a destra, arrivano alla fine del corridoio; l'addetto alla sicurezza piazzato davanti alla porta ormai li conosce e si limita a salutarli. Oltrepassano alcune vetrine con gioielli — diamanti, rubini, smeraldi — ed escono nel sole della terrazza al primo piano. Lì, un famoso marchio di gioielli affittava ogni anno uno spazio per ricevere amici, celebrità, giornalisti. Arredamento assai ricercato, un ricco buffet rifornito continuamente di specialità. Si siedono a un tavolo con un ombrellone colorato. Si avvicina un cameriere e ordinano acqua minerale gassata e caffè espresso. Il giovane si informa se desiderano qualcosa dal buffet. Ringraziano, ma hanno già mangiato. Dopo circa due minuti, il cameriere torna con le bevande. "Tutto a posto?" "E' tutto ottimo." "È tutto pessimo," pensa Ewa. "Tranne il caffè." Hamid sa che c'è qualcosa di strano nella compagna, ma vorrebbe rimandare le discussioni a un altro momento. Non vuole pensarci ora. Non vuole rischiare di udire frasi tipo: "Ho deciso di lasciarti." Possiede abbastanza forza di volontà per controllarsi. A un altro tavolo siede uno dei più famosi stilisti del mondo; ha una macchina fotografica posata accanto a sé e lo sguardo perso lontano - come se desiderasse mettere in chiaro che non vuole essere disturbato. Nessuno si avvicina, e se qualcuno che non ha notato l'espressione del maestro tenta di accostarsi, l'addetta alle pubbliche relazioni del locale - una simpatica signora di cinquant'anni - lo prega gentilmente di non importunarlo, perché gli va concessa una tregua dall'assedio continuo di modelle, giornalisti, clienti, imprenditori. Hamid ripensa alla prima volta che lo aveva visto: sono passati talmente tanti anni che gli sembra un'eternità. Ormai si trovava a Parigi da oltre undici mesi, si era
fatto alcuni amici nell'ambiente, aveva bussato a varie porte e, grazie ai contatti dello sceicco (il quale gli aveva detto di non conoscere nessuno in quel mondo, ma aveva ottimi rapporti con persone che occupavano posizioni di potere), aveva ottenuto un impiego come disegnatore in una delle più celebrate maison d'alta moda. Anziché limitarsi a creare bozzetti in base al materiale a disposizione, era solito trattenersi nell'atelier fino a notte fonda, lavorando con i campioni di tessuto che aveva portato dal proprio paese. Durante quel periodo, aveva dovuto far ritorno in patria due volte: la prima, quando gli era stata comunicata la notizia della morte del padre, il quale gli aveva lasciato in eredità la piccola azienda famigliare di tessuti. Non aveva neppure avuto il tempo di riflettere, allorché aveva appreso da un emissario dello sceicco che una persona espressamente nominata si sarebbe occupata dell'amministrazione degli affari — ci sarebbero stati investimenti cospicui perché l'azienda prosperasse, e lui avrebbe continuato a essere il titolare e a percepire gli utili. Lui aveva domandato il motivo di quelle decisioni, giacché lo sceicco aveva palesato una totale ignoranza e una mancanza di interesse per quel campo. "Un'azienda francese che fabbrica valigie intende impiantare un'unità produttiva qui. La sua prima mossa è stata quella di contattare dei fornitori di tessuti locali, promettendo di utilizzarli per alcuni prodotti di lusso. Dunque, si può dire di avere già un cliente: in tal modo, tramandiamo le nostre tradizioni e manteniamo il controllo sulla produzione delle materie prime." Hamid era tornato a Parigi con la convinzione che l'anima di suo padre si trovasse in Paradiso, e che la sua memoria fosse destinata a perpetuarsi su quella terra che aveva tanto amato. Aveva continuato a lavorare oltre l'orario normale, sperimentando ingegnose soluzioni estetiche con l'ausilio dei nuovi campionari che aveva portato con sé. Se la famosa ditta francese — celebre per l'intraprendenza e la raffinatezza - era interessata a quanto si produceva nel suo paese, certamente la notizia sarebbe arrivata ben presto nella
capitale della moda e avrebbe determinato una considerevole richiesta. Era solo una questione di tempo. Ma, evidentemente, le notizie correvano più rapidamente di quanto pensasse. Una mattina, infatti, era stato convocato dallo stilista. Era la prima volta che entrava nello studio del grande sarto — un luogo sacro -, ed era rimasto colpito dal disordine che vi regnava: giornali sparsi ovunque, pile di documenti sopra un tavolo antico, un'immensa quantità di foto di celebrità, copertine di riviste incorniciate, campioni di vari materiali, e un vaso colmo di piume bianche di ogni dimensione. "Il tuo lavoro è ottimo. Ho dato un'occhiata ai bozzetti che hai lasciato in giro, esposti agli sguardi di tutti. Ti chiedo di essere più prudente: magari, in futuro, qualcuno potrebbe cambiare sede di lavoro e traghettare le nostre buone idee verso un'altra maison." Hamid non aveva affatto gradito apprendere la notizia di essere spiato. Ma era rimasto in silenzio, mentre il grande maestro proseguiva: "Perché dico che sei bravo? Perché vieni da un paese in cui le persone vestono in maniera particolare, e tu stai cercando di adattare il loro abbigliamento all'Occidente. Ma c'è un grande problema: risulta pressoché impossibile trovare quel tipo di tessuto qui. Il disegno ha connotazioni religiose. La moda, invece, è soprattutto una rappresentazione della carne, per quanto rifletta ciò che lo spirito vuole esprimere." L'uomo si era avvicinato a una pila di riviste in un angolo e, come se conoscesse a memoria il contenuto, aveva preso alcuni fascicoli, probabilmente acquistati dai bouquinistes — i librai che, sin dall'epoca di Napoleone, vendono i libri su una sponda della Senna. Aveva aperto un "Paris Match" d'antan sulla copertina del quale c'era Christian Dior. "Cosa ha reso quest'uomo una leggenda? Il fatto che abbia saputo comprendere il genere umano. Tra gli innumerevoli elementi rivoluzionari che ha introdotto nella moda, uno dev'essere ricordato: subito dopo la Seconda Guerra
Mondiale, quando l'Europa era pressoché impossibilitata a vestirsi per mancanza di tessuti, lui creava modelli che richiedevano un'enorme quantità di stoffa. In tal modo, non mostrava soltanto una bella donna vestita, ma rendeva credibile anche il sogno che tutto sarebbe tornato come prima: eleganza, abbondanza, ricchezza. Per questo, venne attaccato e criticato, ma lui sapeva che stava procedendo nella giusta direzione — che è sempre quella contraria." Il grande sarto si era preoccupato di rimettere la rivista esattamente nel posto in cui l'aveva presa e ne aveva sfilato un'altra. "E qui c'è Coco Chanel. Abbandonata nell'infanzia dai genitori, ex cantante di cabaret, può essere considerata quel tipo di donna che può aspettarsi dalla vita solo le cose peggiori. Tuttavia lei sfruttò l'unica occasione che l'esistenza poteva offrirle - gli amanti ricchi - e, in breve, si trasformò nella figura più importante dell'alta moda della sua epoca. Che cosa fece? Liberò le donne dalla schiavitù dei corpetti: quegli 'strumenti di tortura' che modellavano il busto e impedivano qualsiasi movimento naturale. Commise un solo errore: nascose il proprio passato, che invece avrebbe contribuito a trasformarla in una leggenda ancora più grande la donna che era sopravvissuta nonostante tutto." Poi aveva rimesso a posto la rivista, prima di proseguire: "Ti starai domandando perché qualcuno non lo ha fatto prima? Non conosceremo mai la risposta esatta. Di sicuro, qualcuno ci avrà provato: qualche grande sarto completamente dimenticato dalla storia, perché non è stato in grado di riflettere compiutamente nelle proprie collezioni lo spirito del tempo in cui viveva. Perché il lavoro di Chanel potesse influenzare la moda successiva, non erano certo sufficienti il suo talento creativo o i suoi amanti ricchi: occorreva che la società fosse pronta per la grande rivoluzione femminista che avvenne in quel periodo." Lo stilista aveva fatto una pausa. "Adesso è il momento della moda con ascendenze mediorientali. Proprio perché le tensioni e la paura che tengono il mondo con il fiato in sospeso provengono da quell'area geografica. Posso affermarlo perché sono il
direttore di questa maison. In fin dei conti, la moda comincia da un incontro tra i principali fornitori di colori e pigmenti." "In fin dei conti, la moda comincia da un incontro tra i principali fornitori di colori e pigmenti." Hamid guarda di nuovo il grande stilista, che ora siede solitario in terrazza, con una macchina fotografica posata accanto a sé. Probabilmente anche lui lo aveva visto arrivare, e si stava domandando dove avesse trovato il denaro per diventare il suo principale concorrente. L'uomo che fissa il vuoto e finge indifferenza verso ciò che gli sta intorno aveva sfruttato ogni opportunità per impedire ad Hamid di entrare nel consorzio dell'haute couture. Aveva pensato infatti che i suoi affari godessero di finanziamenti derivanti dagli utili del petrolio — e dunque si trattava di concorrenza sleale. Ma non sapeva che, otto mesi dopo la morte del padre di Hamid e due mesi dopo che il direttore della maison per cui lavorava gli aveva offerto un incarico migliore - comunque il suo nome non avrebbe potuto figurare, visto che la casa aveva assunto un altro stilista che avrebbe ricevuto applausi e onori sotto i riflettori e sulle passerelle —, lo sceicco l'aveva convocato di nuovo, con l'intenzione di parlargli personalmente. Quando Hamid era arrivato in quella che era stata la sua città, aveva faticato a riconoscerla: una fila interminabile di armature di grattacieli in costruzione fiancheggiava l'unico viale della città, il traffico era insopportabile, il vecchio aeroporto era ormai prossimo al caos più totale. In qualsiasi caso, l'idea del principe cominciava a concretizzarsi: quella città avrebbe rappresentato un'oasi di pace tra le guerre, un paradiso degli investimenti tra i tumulti del mercato finanziario mondiale, il volto di una nazione che molti si divertivano a criticare, umiliare, caricare di preconcetti. Nella regione, altri paesi avevano cominciato a credere in quella città che si stava ampliando in mezzo al deserto, e il denaro iniziava a riversarsi lì - dapprima come un'esile fonte, poi come un fiume in piena. Il palazzo non era cambiato, anche se poco lontano da lì ne stavano costruendo un altro, molto più grande.
All'incontro, Hamid aveva spiegato in modo infervorato di aver ricevuto un'eccellente proposta di lavoro e di essere nella condizione di non abbisognare di ulteriori aiuti finanziari. Anzi, avrebbe restituito ogni centesimo di quanto aveva avuto. "Devi licenziarti," gli aveva detto lo sceicco. Hamid non riusciva a capire. Sì, sapeva che l'azienda ereditata dal padre stava ottenendo ottimi risultati, ma aveva altri sogni per il futuro. Tuttavia non poteva sfidare una seconda volta l'uomo che lo aveva tanto aiutato. "In uno dei nostri incontri precedenti, mi sono permesso di dire di 'no' a Sua Altezza perché dovevo tutelare i diritti di mio padre, che sono sempre stati più importanti di qualsiasi altra cosa al mondo. Ora, però, devo obbedire alla volontà del mio sovrano. Se egli ritiene di aver perduto il proprio denaro investendo nel mio lavoro, farò ciò che chiede. Ritornerò qua e mi occuperò del lascito ereditario. Se debbo rinunciare al mio sogno per onorare il codice della mia tribù, lo farò." Aveva pronunciato queste ultime parole con voce ferma. Non poteva dimostrarsi debole davanti a un uomo che rispettava la forza del proprio interlocutore. "Io non ti ho chiesto di tornare. Se ti hanno promosso, vuol dire che sei in possesso delle capacità che ti servono per creare un tuo marchio. Ed è ciò che io voglio." "Creare un mio marchio? Ho capito bene?" "Ho notato che molti grandi marchi del lusso hanno deciso di aprire show-room e boutique qui," aveva proseguito lo sceicco. "Sono soggetti che ponderano attentamente le loro iniziative: le nostre donne stanno modificando il loro modo di pensare e vestire. Più dei vari investimenti stranieri, ciò che ha influenzato la nostra regione è la moda. Ne ho parlato con uomini e donne che se ne intendono: io sono solo un vecchio beduino che, quando ha visto la prima automobile, ha creduto che bisognasse alimentarla come i cammelli. "Vorrei che gli stranieri leggessero i nostri poeti, ascoltassero la nostra musica, danzassero e cantassero le melodie che vengono trasmesse di generazione in generazione dalla memoria dei nostri antenati. Ma, a quanto pare,
sono cose che non interessano a nessuno. Esiste un solo modo perché gli altri imparino a rispettare le nostre tradizioni: il campo in cui lavori tu. Se capiranno chi siamo attraverso il nostro modo di vestire, finiranno per comprendere anche tutto il resto." Il giorno seguente, Hamid si era incontrato con un gruppo di investitori di altri paesi, i quali avevano deciso di mettergli a disposizione enormi somme di denaro, che avrebbe dovuto rimborsare a una certa scadenza insieme agli interessi. Gli avevano domandato se accettava la sfida, se si sentiva pronto. Lui aveva chiesto un lasso di tempo per riflettere. Si era poi recato sulla tomba del padre e aveva pregato per tutto il pomeriggio. Durante la notte, aveva passeggiato nel deserto, sentendo il vento gelargli le ossa, e poi era tornato all'albergo dove alloggiavano gli stranieri. "Benedetto colui che riesce a dare ai propri figli ali e radici," recita un proverbio arabo. A lui occorrevano delle radici: c'è un posto nel mondo dove nasciamo, impariamo una lingua, scopriamo la maniera in cui i nostri antenati affrontavano e risolvevano i problemi. A un certo momento, noi diventiamo responsabili di quel luogo. A lui servivano delle ali. Esse ci mostrano gli orizzonti infiniti dell'immaginazione, ci conducono fino ai nostri sogni, ci trasportano in luoghi distanti. Sono le ali che ci consentono di conoscere le radici dei nostri simili e apprendere da essi. Aveva dunque chiesto ispirazione a Dio, mettendosi a pregare. Due ore dopo, si era ricordato di una conversazione tra suo padre e uno degli amici che frequentavano il negozio di tessuti. "Stamane, mio figlio mi ha chiesto il denaro per comprare un agnello. Devo darglielo?" "Non si tratta di una situazione di emergenza. Dunque, aspetta una settimana, prima di rispondere." "Ma io sono in grado di aiutarlo fin d'ora: che differenza farà aspettare una settimana?" "Una differenza enorme. L'esperienza mi ha insegnato
che le persone danno valore a qualcosa solo quando si trovano a dubitare se riusciranno a ottenerlo." E così Hamid si era comportato in modo che gli emissari aspettassero una settimana; poi aveva accettato la sfida. Gli servivano persone che si occupassero del denaro, che lo investissero seguendo le sue indicazioni. Gli servivano collaboratori che, preferibilmente, provenissero dal suo villaggio. Gli serviva un altro anno di lavoro sul campo, per imparare ciò che ancora non conosceva. Solo questo. "Tutto ha inizio con una fabbrica di colori." In realtà, non è proprio così: tutto inizia quando le società di ricerca che rilevano le tendenze del mercato (in francese, cabinets de tendence, in inglese trend adapters) notano l'interesse di un certo strato della popolazione per alcuni temi piuttosto che per altri — e questo non riguarda direttamente la moda. La ricerca viene condotta sulla base di interviste ai consumatori e monitoraggio dei gusti, ma soprattutto attraverso l'osservazione meticolosa di una gran massa di persone - generalmente tra i venti e i trent'anni che frequenta locali, passeggia nelle strade, legge assiduamente ciò che si pubblica sui blog in internet. In genere, non si prendono in considerazione i beni presenti nelle vetrine, anche se appartengono a marchi prestigiosi: hanno già raggiunto il grande pubblico, e sono destinati a morire. In realtà, gli esperti degli studi di tendenza vogliono identificare esattamente il prossimo interesse o la prossima curiosità del consumatore. Non avendo abbastanza denaro per acquistare prodotti di lusso, i giovani si ritrovano costretti a inventare nuovi stili di abbigliamento. Poiché utilizzano massicciamente computer e web, condividono i propri interessi con altri, e spesso questo finisce per diventare una sorta di virus che contagia la comunità. I ragazzi influenzano i genitori nella politica, nella lettura, nella musica - non è il contrario, come ingenuamente si pensa. D'altro canto, i genitori influiscono sui giovani per quello che viene definito il "sistema di valori". Nonostante gli adolescenti siano ribelli per natura, sono convinti che le famiglie abbiano ragione: loro potranno anche vestirsi in
maniera bizzarra e amare i cantanti che urlano, si dimenano e fracassano le chitarre in scena, ma tutto finisce qui. Non hanno il coraggio di spingersi oltre e impegnarsi in un'autentica rivoluzione dei costumi. "Lo hanno già fatto in passato. Ma, per fortuna, l'ondata è passata ed è tornata al mare." Attualmente gli studi di tendenza mostrano che la società procede verso uno stile più conservatore, distante dal pericolo che, in un passato lontano, è stato incarnato dalle "suffragette" (quelle donne che, all'inizio del XX secolo, lottarono e ottennero il diritto di voto) o dai capelloni e dagli hippies (un gruppo di matti convinto di poter vivere di pace e di amore). Per esempio, nel 1960, un mondo segnato dalle sanguinose guerre post-colonialiste, terrorizzato dal pericolo di un conflitto atomico e, nello stesso tempo, pervaso da una fortissima prosperità economica, aveva disperatamente bisogno di gioia: se Christian Dior aveva capito che la speranza della ricchezza risiedeva nell'abbondanza dei tessuti, ora gli stilisti sembravano concentrarsi sulla combinazione di colori, in cerca di una soluzione che risollevasse lo stato d'animo generale. Giunsero alla conclusione che il rosso e il viola erano in grado di tranquillizzare e, nel contempo, di provocare. Quarantanni più tardi, la visione collettiva era decisamente cambiata: il mondo non era più sotto la minaccia di una guerra, bensì si trovava ad affrontare gravi problemi ambientali: e gli stilisti cominciarono a optare per tonalità di colore legate alla natura - come quelle della sabbia del deserto, delle foreste, dell'acqua del mare. Tra un periodo e l'altro, nacquero e si affermarono varie tendenze psichedelica, post-moderna, aristocratica, nostalgica. Prima che siano elaborate le grandi collezioni, gli esperti di tendenze di mercato forniscono un panorama generale dello "stato d'animo" del mondo. Oggi sembra che il tema centrale delle preoccupazioni dell'uomo nonostante le guerre, la fame in Africa, il terrorismo, la violazione dei diritti umani, l'arroganza di alcune nazioni - sia la salvezza della terra dagli innumerevoli pericoli creati
proprio dalla società. "Ecologia. Salvare il pianeta. Ridicolo!" Hamid sa che non serve lottare contro l'inconscio collettivo. Le tonalità, gli accessori, i tessuti, le ipotetiche opere di beneficenza della Superclasse, i libri pubblicati, le canzoni trasmesse alla radio, i documentari di ex politici, i nuovi film, il materiale usato per le calzature, il carburante delle auto, le petizioni ai parlamentari, i premi elargiti dalle più grandi banche del mondo... tutto sembra concentrarsi su un unico fine: salvare il pianeta. Si creano fortune dalla sera alla mattina; le multinazionali ottengono un'enorme visibilità sulla stampa grazie a interventi irrilevanti che si prefiggono questo obiettivo; organizzazioni non governative senza scrupoli riescono a pubblicizzare le proprie attività sui potenti network televisivi e ricevono centinaia di milioni di dollari in donazioni, perché si mostrano decisamente preoccupati per il destino del nostro pianeta. Ogni volta che Hamid leggeva sui giornali o sulle riviste qualcosa riguardo ai soliti politici che utilizzavano temi come il riscaldamento globale o la distruzione dell'ambiente per le loro campagne elettorali, pensava: "Come possiamo essere tanto arroganti e presuntuosi? Il pianeta è, è stato e sarà sempre più forte di noi. Non possiamo distruggerlo: se supereremo una certa frontiera, troverà il modo di eliminarci dalla sua superficie, e poi continuerà a esistere. Perché nessuno inizia a parlare di 'agire affinchè il pianeta non ci distrugga?" Perché "salvare il pianeta" conferisce una sensazione di potere, di azione, di nobiltà. "Agire affinchè il pianeta non ci distrugga", invece, potrebbe sprofondarci nella disperazione, relegandoci nell'impotenza, nella vera dimensione delle nostre povere e limitate capacità. Comunque, era proprio questo che le tendenze mostravano, e la moda deve adattarsi ai desideri dei consumatori. Adesso gli esperti di colori si concentravano sulla creazione delle tonalità più consone alla prossima collezione. I fabbricanti di tessuti s'indirizzavano verso le fibre naturali; i creatori di accessori (cinture, borse, occhiali, orologi ecc.) si sforzavano di adattarsi alla nuova situazione — o,
per lo meno, fingevano di farlo -, diffondendo brochure e opuscoli esplicativi di carta riciclata per preservare l'ambiente e rivendicando il proprio impegno. Tutto ciò sarebbe stato proposto ai grandi stilisti nel corso della più importante fiera della moda, riservata agli addetti ai lavori, che vantava il suggestivo nome di Première Vision. A partire da lì, ciascuno di loro avrebbe disegnato le collezioni lasciando agire la propria creatività, e tutti avrebbero avuto la sensazione che l'alta moda fosse decisamente creativa, originale, diversa. Nient'affatto. In realtà, tutti seguivano pedissequamente le indicazioni degli studi di tendenza. E quanto più importante fosse il marchio, tanto minori erano i rischi che si intendevano correre, giacché il posto di lavoro di centinaia di migliaia di persone sparse nel mondo dipendeva dalle decisioni di un piccolo gruppo - cioè dalla Superclasse del fashion, ormai stanca di fingere di vendere prodotti diversi ogni sei mesi. I primi disegni erano opera dei cosiddetti "geni incompresi", i quali sognavano di vedere il proprio nome sull'etichetta di un abito in un futuro prossimo. Lavoravano al progetto all'incirca sei, otto mesi: dapprima si servivano solo di carta e matita, poi realizzavano i prototipi con materiali scadenti - abiti che potevano essere fotografati indosso alle modelle ed esaminati dai responsabili. Ogni cento prototipi, ne venivano mediamente selezionati una ventina per la sfilata successiva. Quindi si apportavano i ritocchi indispensabili: nuovi bottoni, taglio diverso delle maniche, differenti tipi di cuciture. Altre foto - ora con le modelle sedute, sdraiate, in movimento - e ulteriori modifiche, perché certi commenti per esempio: "Funziona solo per le indossatrici in passerella" - avrebbero potuto distruggere un'intera collezione e rovinare la reputazione della maison. Durante questo processo, alcuni "geni incompresi" venivano messi alla porta, senza alcun indennizzo, dato che per loro si trattava sempre di uno stage. I più talentuosi dovevano rivedere svariate volte le loro creazioni, pienamente consapevoli che, per quanto successo potesse riscuotere la modella, sarebbe stato citato soltanto il nome della griffe.
Tutti si ripromettevano di vendicarsi, un giorno. Tutti si ripetevano che sarebbero riusciti ad aprire un proprio show-room - e finalmente sarebbero stati apprezzati. In qualsiasi caso, ciascuno sorrideva e continuava a lavorare come se fosse entusiasta che la scelta avesse premiato lui. E via via che venivano selezionati i modelli per il défilé, sempre più individui erano licenziati, nuovo personale era assunto (per la collezione successiva) e, alla fine, gli abiti venivano confezionati con i tessuti definitivi ed erano pronti per sfilare. Era come se fosse la prima volta che venivano davvero mostrati al pubblico. Ovviamente, ciò faceva parte della leggenda. Perché, in quel momento, i compratori del mondo intero avevano tra le mani le foto delle modelle in mille posizioni; sulle schede erano indicati anche i dettagli degli accessori, la trama delle stoffe, il prezzo consigliato e gli indirizzi dove ordinare le forniture. A seconda della grandezza e dell'importanza del marchio, si produceva la " nuova collezione" in diversi luoghi del mondo. Finalmente arrivava il grande giorno - o meglio, le tre settimane che segnavano l'inizio di una nuova era (che, come tutti sapevano, sarebbe durata appena sei mesi): un periodo che iniziava a Londra, passava per Milano e si concludeva a Parigi. Venivano invitati giornalisti dai quattro angoli del mondo; i fotografi si contendevano un posto in prima fila - ogni particolare era mantenuto nel massimo segreto; i giornali e le riviste dedicavano pagine e pagine alle novità; le donne si meravigliavano; i loro uomini guardavano con distacco quei capi che giudicavano solo espressioni di una "moda" e pensavano che avrebbero dovuto spendere alcune migliaia di dollari per qualcosa che, secondo loro, non aveva alcuna importanza, ma che le loro mogli consideravano il grande emblema della Superclasse. Una settimana dopo, quello che era stato presentato come un'esclusiva assoluta si trovava già nei negozi del mondo intero. Nessuno si domandava come avesse potuto essere prodotto in così poco tempo e viaggiare tanto rapidamente.
Ma la leggenda è più importante della realtà. I consumatori non si rendevano conto che la moda veniva creata da coloro che obbedivano a una tendenza già esistente. Che l'esclusiva era soltanto una menzogna in cui volevano credere. Che gran parte delle collezioni elogiate nella stampa specializzata era riconducibile alle grandi concentrazioni di marchi del lusso, i quali sovvenzionavano quelle riviste e quei giornali con inserzioni a piena pagina. Certo, esistevano alcune eccezioni. E, dopo anni di lotta, Hamid era una di esse. Era proprio in ciò che risiedeva il suo potere. Lui nota che Ewa sta controllando di nuovo il cellulare - una cosa piuttosto inusuale. In realtà, la donna detestava quell'apparecchio, forse perché le ricordava una storia del passato, un'epoca della sua vita sulla quale lui non era mai riuscito a far chiarezza - evitava di affrontare quell'argomento. Lei guarda l'orologio - possono finire di prendere il caffè tranquillamente. Lui continua a osservare il grande sarto. Ah, se tutto avesse avuto inizio con una fabbrica di colori e si fosse concluso con la sfilata. Ma non era così. Sia lui sia l'uomo solitario che sta fissando l'orizzonte si erano incontrati per la prima volta alla Première Vision. Hamid lavorava ancora presso la maison dov'era stato assunto come disegnatore, sebbene lo sceicco avesse già mobilitato quel piccolo esercito di undici persone che avrebbe perseguito l'idea di mostrare il suo mondo, la sua religione, la sua cultura attraverso la moda. "Per la maggior parte del tempo, ci ritroviamo ad ascoltare spiegazioni sul modo in cui si possono presentare le cose semplici in una maniera estremamente complicata," aveva detto. Passeggiavano tra gli stand nei quali venivano presentati i nuovi tessuti, le tecnologie più rivoluzionarie, i colori adottati nei prossimi due anni, i campionari di accessori sofisticatissimi - fìbbie di platino, portafogli per carte di credito che si aprivano con la semplice pressione di un pulsante, braccialetti regolabili al millimetro con l'ausilio di un anello incastonato di brillanti.
L'altro lo aveva squadrato dall'alto in basso. "Il mondo è sempre stato complicato, e continuerà a esserlo in eterno." "Non credo. Se un giorno riuscirò a lasciare il posto di lavoro attuale, aprirò un negozio, la cui attività andrà esattamente in direzione contraria a tutto ciò che stiamo vedendo." Il sarto aveva riso. "Sai com'è questo mondo, no? Hai sentito parlare della Federazione, vero? Gli stranieri riescono a essere ammessi solo dopo moltissimi sforzi." La Federation Française de la Couture era infatti uno dei circoli più esclusivi del mondo. Decretava chi partecipava alle Settimane della Moda di Parigi e dettava gli standard per i partecipanti. Fondata nel 1868, era dotata di un potere enorme: aveva depositato il marchio "Haute Couture" e, di conseguenza, nessuno poteva utilizzare questa dicitura senza incorrere nel rischio di una denuncia. Pubblicava diecimila copie del Catalogo Ufficiale delle due grandi manifestazioni annuali, decideva la distribuzione dei duemila accrediti per i giornalisti, selezionava i compratori e sceglieva i locali per le sfilate - in base all'importanza dello stilista. "So perfettamente com'è," aveva replicato Hamid, troncando la conversazione. Aveva intuito che, in futuro, il suo interlocutore sarebbe diventato un grande stilista. E aveva capito che non sarebbero mai stati amici. Sei mesi dopo, era tutto pronto per la sua grande avventura: si era licenziato dalla maison, aveva aperto il primo negozio a Saint-Germain-des-Près e iniziato a lottare. Dopo aver perduto varie battaglie, aveva capito una cosa: che non poteva piegarsi alla tirannia delle aziende che dettavano le tendenze della moda. Doveva essere originale - e c'era riuscito, perché possedeva la semplicità dei beduini, la saggezza del deserto e la perizia acquisita nella casa di moda in cui aveva lavorato per oltre un anno, e si avvaleva della collaborazione di persone esperte in campo finanziario e dell'ausilio di tessuti decisamente originali e ignorati. Due anni più tardi, dopo aver inaugurato cinque o sei
show-room in varie zone del paese, era stato accettato dalla Fédération - non solo per il suo talento, ma anche per i contatti dello sceicco, i cui emissari negoziavano duramente la concessione di autorizzazioni per aprire filiali di società francesi nel suo paese. E mentre l'acqua scorreva sotto i ponti, le persone cambiavano mentalità, i presidenti venivano eletti o concludevano i propri mandati, le nuove tecnologie si imponevano, l'immensa rete di internet cominciava a dominare le comunicazioni del pianeta, l'opinione pubblica richiedeva una trasparenza sempre maggiore in tutti i campi delle attività umane, e il lusso e il glamour si riappropriavano dello spazio perduto. Il lavoro di Hamid aumentava sempre più e si diffondeva per il mondo: ormai non era limitato strettamente alla moda, ma riguardava anche gli accessori, i mobili, i prodotti di bellezza, gli orologi, i tessuti d'arredamento. Hamid era ormai a capo di un impero, e tutti coloro che avevano investito nel suo sogno venivano ampiamente ricompensati dagli utili delle varie società. Continuava a supervisionare personalmente la produzione delle sue aziende e i servizi fotografici più importanti, oltre a disegnare la maggior parte dei modelli. Almeno tre volte all'anno si recava nel deserto, a pregare nel luogo dov'era sepolto il padre, prima di andare a render conto del suo lavoro allo sceicco. Ora si trovava davanti a una nuova sfida: produrre un film. Hamid guarda l'orologio. Dice a Ewa che è ora di andare. Lei gli domanda se quella cosa sia davvero così importante. "Non è particolarmente importante. Ma io vorrei essere presente." Ewa si alza. Hamid rivolge un ultimo sguardo al sarto solitario e famoso che contempla il Mediterraneo, estraneo a tutto.
4:07 PM. Da giovani, tutti hanno sempre il medesimo sogno: salvare il mondo. Alcuni finiscono presto per dimenticarlo, convinti che esistano altre cose più importanti - crearsi una famiglia, guadagnare, viaggiare e imparare una lingua straniera. Altri, invece, decidono di impegnarsi per cambiare la società attuale e agire affinchè il mondo odierno sia consegnato alle prossime generazioni in condizioni migliori. È allora che intervengono le scelte professionali: politici (all'inizio, sempre desiderosi di aiutare la comunità), attivisti sociali (convinti che i crimini siano causati dalle differenze di censo), artisti (i quali pensano che sia tutto perduto e occorra ricominciare da zero) e... poliziotti. Savoy aveva l'assoluta certezza di poter essere decisamente utile. Dopo aver letto molti romanzi gialli, immaginava che tutti i cattivi si sarebbero ritrovati dietro le sbarre, mentre i buoni avrebbero sempre avuto un posto al sole. Aveva frequentato l'Accademia con entusiasmo, ottenuto votazioni eccellenti agli esami, allenato il fisico ad affrontare le situazioni di pericolo e imparato a sparare con precisione - di certo, però, non avrebbe mai voluto uccidere nessuno. Il primo anno aveva pensato di essere in una fase di apprendimento della realtà professionale - i suoi colleghi si lamentavano degli stipendi bassi, dell'incompetenza della giustizia, dei preconcetti che riguardavano il loro lavoro e della quasi totale assenza di azione nell'area in cui operavano. A mano a mano che il tempo passava, sia la vita che le lamentele erano risultate identiche, tranne che per una sola cosa che si era aggiunta alla monotonia. Le scartoffie. Rapporti interminabili sul dove, sul come e sul perché un certo avvenimento si era verifìcato. Per un semplice caso di spazzatura depositata in un posto vietato occorreva ispezionare il materiale alla ricerca di un indizio che portasse al colpevole (c'era sempre qualche pista: buste o biglietti aerei, per esempio), fotografare l'area, disegnare
accuratamente una mappa, identificare il soggetto, recapitare una contestazione amichevole, cui seguiva l'invio di un atto assai più formale; poi, qualora il trasgressore considerasse tutto ciò una stupidaggine interminabile, si finiva nell'aula di un tribunale, e c'erano le testimonianze, le sentenze e i ricorsi presentati dagli avvocati. Insomma, passavano anche due anni prima che la pratica fosse archiviata definitivamente, spesso senza alcun provvedimento reale per il trasgressore. I delitti erano rarissimi. Le statistiche aggiornate mostravano che la maggior parte dei crimini che interessavano Cannes riguardava litigi tra giovani ricchi in locali costosi, furti in appartamenti abitati solo d'estate, infrazioni al codice della strada, denunce per lavoro clandestino e liti coniugali. Di certo, lui avrebbe dovuto essere contento di tutto ciò — in un mondo sempre più agitato, il Sud della Francia rappresentava una sorta di oasi di pace, anche nel periodo in cui migliaia di stranieri invadevano la città per godersi la spiaggia, o vendere e acquistare film. L'anno precedente, si era occupato di quattro casi di suicidio (il che significava sei o sette chili di carte da dattilografare, compilare e firmare) e due - soltanto due aggressioni, sfociate in una morte. Adesso, in sole due ore si erano esaurite le statistiche di un anno intero. Che cosa stava succedendo? Le guardie del corpo si erano dileguate prim'ancora di rendere una deposizione giurata. E Savoy ha annotato mentalmente che, non appena ne avrà il tempo, presenterà un rapporto contro i poliziotti responsabili del caso. In fin dei conti, si erano fatti scappare gli unici testimoni dell'accaduto — perché la donna che adesso si trovava nella sala d'aspetto non sapeva assolutamente niente. In meno di due minuti, aveva capito che era distante nel momento in cui era stato scagliato il veleno - il suo unico obiettivo era quello di approfittare dell'evento per contattare il famoso distributore. E così non gli rimane che immergersi in altre scartoffie. È seduto nella sala d'aspetto dell'ospedale, con due relazioni davanti.
La prima, redatta dal medico di guardia e costituita da due soli fogli fìtti di noiose annotazioni tecniche, analizza i danni subiti dall'organismo dell'uomo che ora si trova nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale: avvelenamento causato da una sostanza sconosciuta, attualmente all'esame dei tecnici del laboratorio - la somministrazione era avvenuta attraverso una perforazione della zona lombare sinistra con l'ausilio di uno spillo intinto nell'agente tossico. L'unico elemento repertato nella lista dei veleni capaci di una reazione tanto violenta e rapida è la stricnina - ma essa provoca convulsioni e spasmi. In base a ciò che è stato riferito dalle guardie del corpo e confermato sia dai paramedici che dalla donna in sala d'attesa, tale sintomo non è stato rilevato. Al contrario, si è osservata una paralisi immediata dei muscoli, con lo scivolamento del busto della vittima in avanti: per questo è stato possibile soccorrerla e trasportarla fuori dal locale senza l'intervento di altri presenti alla "colazione". La seconda relazione, assai più estesa, proveniva dall'EPCTF (European Police Chiefs Task Force, la Task Force dei Capi di Polizia dell'UE) e dall'Europol, la polizia europea, che sorvegliava ogni passo della vittima dal momento in cui aveva messo piede sul suolo del Vecchio Continente. I poliziotti si davano il cambio e, al momento dell'incidente, l'uomo era sotto il controllo di un agente di colore, proveniente da Guadalupe, ma dall'aspetto giamaicano. "Eppure la persona incaricata della sorveglianza non ha visto niente. O meglio, nel momento in cui si è verifìcato l'agguato la sua visione era parzialmente ostruita dal transito di un individuo con un bicchiere di succo d'ananas." Sebbene la vittima non avesse mai avuto a che fare con la giustizia e fosse nota nell'ambiente cinematografico come uno dei più rivoluzionari distributori di film, i suoi affari costituivano solo una copertura per qualcosa di assai più redditizio. Secondo l'Europol, Javits Wild era un produttore/distributore di seconda categoria fino a cinque anni prima, quando era stato contattato da un cartello specializzato nello spaccio di cocaina sul territorio americano, attraverso
il quale veniva riciclato del denaro sporco. "Comincia a farsi interessante." Per la prima volta, Savoy apprezza quello che sta leggendo. Potrebbe ritrovarsi a gestire un caso importante, assai diverso dagli incarichi di routine legati a spazzatura, liti coniugali, furti negli appartamenti, e dai due omicidi all'anno. Conosce il meccanismo. Sa di cosa parla quel rapporto. I trafficanti guadagnano autentiche fortune dalla vendita della merce ma, poiché non possono provarne l'origine, sono impossibilitati ad aprire conti in banca, ad acquistare appartamenti o automobili o gioielli, oppure a investire nei vari campi e a trasferire ingenti somme da un paese all'altro - il governo vuole sempre sapere: "Come sei riuscito a diventare tanto ricco? Dove hai guadagnato tutti questi soldi?" Per aggirare l'ostacolo, adottano un meccanismo noto come "lavaggio del denaro". Ossia trasformare proventi criminali in rispettabili attivi finanziari che possano rientrare nel circolo del sistema economico legale e generare altri profitti. L'origine di questa espressione era attribuita al gangster italo-americano Al Capone che, a Chicago, aveva acquistato la catena di lavanderie Sanitary Cleaning Shops, attraverso la quale depositava nelle banche il denaro guadagnato con la vendita illegale di alcolici durante il Proibizionismo negli Stati Uniti. Se gli avessero domandato la provenienza delle sue ricchezze, avrebbe sempre potuto rispondere: "È un periodo che le persone lavano biancheria sempre più spesso. Sono contento di aver investito in questo ramo." "Fece tutto in maniera corretta. Tralasciò solo di versare le imposte sul reddito dell'azienda," riflette Savoy. Ora il "lavaggio del denaro" non interessava soltanto la droga, ma riguardava molte altre faccende: politici che incameravano percentuali sugli appalti di opere pubbliche, terroristi che avevano bisogno di finanziare operazioni in diverse parti del mondo, società che intendevano nascondere i profitti e le perdite agli azionisti, individui che ritenevano le imposte sul reddito qualcosa di inaccettabile. In
passato, era sufficiente aprire un conto cifrato in un paradiso fiscale, ma adesso molti governi avevano approvato leggi di reciproca collaborazione in materia di tasse, e il meccanismo si era dovuto adattare ai tempi. Comunque, esisteva una certezza: i criminali erano sempre molto più avanti rispetto alle autorità e al fisco. Come funzionava adesso? In modo assai più elegante, sofisticato e creativo. Occorreva soltanto rispettare tre passaggi chiaramente definiti: impiego, occultamento e integrazione. Come prendere diverse arance, fare una spremuta e servirla senza destare sospetti sull'origine della frutta. Fare una spremuta è relativamente facile: provenendo da una serie di conti, alcune modeste somme vengono spostate da una banca all'altra, spesso attraverso disposizioni gestite in via informatica, e fatte confluire pian piano in un unico conto. Le varie strade sono talmente tortuose che è quasi impossibile seguire le tracce degli impulsi elettronici sottesi a ogni operazione. Sì, perché dal momento in cui il denaro viene depositato cessa di essere carta e si trasforma in codici digitali binari, composti da "0" e "1". Savoy pensa al proprio conto corrente: indipendentemente dalla somma depositata — e non è elevata -, è affidato a codici informatici. E se, di punto in bianco, qualcuno decidesse di cambiare il sistema di gestione dei file? E se il nuovo programma non funzionasse? Come dimostrare che aveva una determinata somma di denaro? Come poter trasformare la disponibilità di quegli "0" e " 1 " in beni reali, come una casa o i prodotti del supermercato? Non potrebbe fare niente: è nelle mani del sistema. Ma decide che, appena uscirà dall'ospedale, passerà a uno sportello bancomat e chiederà un estratto conto. Annota quell'incombenza nell'agenda: d'ora in avanti, dovrà farla tutte le settimane. E se nel mondo si verifìcherà una calamità informatica, lui avrà sempre una prova su un pezzo di carta. Ricapìtola le sue conoscenze sul lavaggio del denaro. L'ultima fase è quella più facile: i soldi vengono convogliati su un conto rispettabile, magari appartenente a una società di transazioni immobiliari, o a un fondo di investimento
finanziario. Se il governo dovesse porre la solita domanda: "Da dove arriva quel denaro?", sarebbe assai facile offrire una spiegazione: "Da piccoli investitori che credono nei nostri prodotti." Da quel momento, i soldi possono essere investiti in azioni, terreni, aerei, oggetti di lusso, ville con piscina, carte di credito anonime senza limite di spesa. I soci dell'attuale impresa sono le stesse persone che originariamente hanno finanziato gli acquisti di droga, di armi, di molte altre mercanzie illegali. Ora però il denaro è pulito: in fin dei conti, qualsiasi società può guadagnare milioni di dollari speculando in Borsa o vendendo terreni. Resta, comunque, una domanda alla quale è assai difficile rispondere: "Chi sono quei piccoli investitori?" Ed è lì che entra in scena la creatività criminale. Poteva essere che le "arance" fossero persone che giocavano nei casinò con denaro prestato da un "amico", in quei paesi dove il controllo sulle scommesse era assai minore della corruzione: a nessuno è proibito guadagnare delle fortune al tavolo verde. In quei casi, esistevano degli accordi con i proprietari, ai quali veniva riconosciuta una percentuale del denaro che circolava nei loro locali. Ma il giorno successivo, il giocatore - una persona a basso reddito, di solito - era in grado di giustificare alla propria banca il deposito di quell'enorme quantità di denaro. Fortuna. Poi, il giorno seguente, trasferiva quasi tutti i soldi all'amico" prestatore, trattenendo una piccola percentuale. In epoche precedenti, l'escamotage preferito era l'acquisto di ristoranti - che potevano avere prezzi esorbitanti e, dunque, consentivano spostamenti di denaro senza destare sospetti. Anche se, trovandosi a passare, qualcuno avesse notato i tavoli vuoti, sarebbe stato impossibile dimostrare che non c'era stato un solo cliente durante l'intera giornata. Ma ora, con la crescita dell'industria dello svago e del lusso, si stava affermando un procedimento assai più creativo. Il mercato dell'arte — sempre imponderabile, arbitrario e incomprensibile! Alcuni individui appartenenti alla classe media, ma
dotati di redditi piuttosto esigui, immettevano sul mercato delle opere d'arte di grande valore affidategli dall'organizzazione — affermavano di averle ritrovate nella soffitta della casa dei nonni. A quel punto, una casa d'aste specializzata le aggiudicava per cifre altissime a mercanti compiacenti, — raggiungevano prezzi dieci e anche venti volte superiori ai valori delle stime. Il tizio che impersonava l'"arancia" si diceva estremamente soddisfatto, ringraziava banditori e dèi per la generosità del destino, e depositava il denaro in banca: poco tempo dopo, decideva di investire il ricavato in qualche paese straniero, ma lasciava una parte della somma — la percentuale - sul proprio conto. Quadri, mercanti, soffitte e... spuntavano soldi puliti! Ma in questo gioco rientravano anche alcuni prodotti più costosi, come il teatro o la produzione e la distribuzione di un film. Era lì che gli invisibili lavatori di denaro ottenevano i massimi profitti. Savoy continua a leggere il resoconto della vita dell'uomo ricoverato nel reparto di terapia intensiva, colmando i vuoti con la propria immaginazione. Un attore che sogna di diventare una celebrità. Non ha mai firmato contratti importanti - per quanto continuasse a curare il proprio aspetto come una grande stella -, tuttavia è riuscito ad avere numerose entrature nell'industria cinematografica. Giunto alla mezz'età, si è riconvertito come produttore. Ha ottenuto da alcuni investitori il denaro per realizzare un paio di film, che si sono rivelati dei fiaschi, per non aver beneficiato di una distribuzione adeguata. Il suo nome, però, è comparso nelle pagine delle riviste specializzate — una persona che ha tentato di proporre qualcosa al di fuori degli schemi degli studios. Si trova a vivere un periodo di disperazione, non sa che fare della propria esistenza, nessuno gli offre un'ulteriore chance, e lui è stufo di mendicare finanziamenti da gente interessata solo a investire in successi garantiti. Poi, un giorno, viene avvicinato da un gruppo di persone: alcune si mostrano gentili, altre non spiccicano una parola. Gli sottopongono una proposta: distribuire i film. La sua
prima acquisizione dovrà essere un prodotto apprezzabile, con una buona chance di interessare il grande pubblico. Per quella pellicola, i principali studios faranno offerte consistenti, ma lui non dovrà preoccuparsi — qualsiasi somma sarà coperta dai suoi nuovi amici. Il film verrà proiettato in innumerevoli sale e renderà una fortuna. Ma, in effetti, Javits guadagnerà ciò di cui ha maggiormente bisogno: la reputazione. Fino ad allora, nessuno avrà ancora svolto delle indagini sulla vita di quel produttore frustrato. Dopo due o tre film, però, le autorità cominceranno a porsi alcune domande sulla provenienza del denaro - ma, a quel punto, ogni verifica sarà inammissibile, essendo superato il tempo concesso per i controlli, che la legge quantifica in cinque anni. Javits inizia dunque una carriera vincente. I primi film della casa di distribuzione ottengono ottimi profitti; i proprietari delle sale cominciano a credere nel suo talento di selezionare le opere più valide del mercato; i registi e i produttori ambiscono a lavorare con lui. Per mantenere il proprio status di innovatore, ogni semestre accetta sempre un paio di progetti fuori dagli schemi - gli altri prodotti sono film dai bilanci enormi, con stelle di prima grandezza, professionisti insospettabili e competenti, che dispongono di molto denaro per la promozione, finanziati da gruppi con sede in paradisi fiscali. I proventi del botteghino vengono depositati presso un normalissimo fondo di investimento, al di sopra di ogni sospetto, che ha partecipato anche alla realizzazione del film. E così che il denaro "sporco" si è trasformato in una meravigliosa opera d'arte, che magari non ha fornito i profitti auspicati, ma ha reso comunque milioni di dollari - che ora sono investiti da uno dei soci dell'impresa. A un certo punto, un impiegato del fisco più coscienzioso — o la denuncia di qualche studio - attira l'attenzione su un fatto banale e curioso nel contempo: molti produttori sconosciuti riescono a scritturare grandi celebrità, ad assicurarsi i registi più dotati, a spendere fortune in pubblicità, anche se utilizzano UN SOLO distributore per i loro film. La spiegazione è semplice: i grandi studios
sono interessati unicamente alle proprie produzioni. Adesso Javits è l'eroe, l'uomo che sta contrastando la dittatura delle major, il nuovo mito, il David che lotta contro un Golia rappresentato da un sistema ingiusto. Il fisco decide di proseguire nella sua ricerca, malgrado tutte le spiegazioni ragionevoli. Iniziano le indagini, in forma riservata. Le compagnie che investono nei grandi film di cassetta sono quasi sempre delle società anonime con sede alle Bahamas, a Panama o a Singapore. In quel momento, qualche infiltrato nel dipartimento delle imposte (c'è sempre un infiltrato) comunica che quel soggetto è ormai privo di interesse - per pulire il denaro bisogna scovare un nuovo distributore. Javits si dispera — ormai è abituato a vivere da miliardario e a essere blandito e adorato come un semidio. Parte per Cannes, una copertura eccellente per incontrare i " finanziatori" senza dare nell'occhio, stringere accordi, scambiarsi personalmente i codici di accesso dei conti cifrati. Ignora di essere seguito da tempo, non sa che il suo arresto è soltanto una questione tecnica, decisa da impiegati incravattati che lavorano in uffici scarsamente illuminati: lo lasceranno continuare per ottenere altre prove, oppure decideranno di agire e porre la parola "fine" sull'intera vicenda? Di certo, i "finanziatori" non vogliono correre rischi inutili. Quell'uomo potrebbe essere arrestato da un momento all'altro, raggiungere un accordo con i funzionari della giustizia e infine fornire i dettagli dell'organizzazione di quel sistema - oltre ai nomi, alle fotografìe di determinate persone scattate a loro insaputa. C'è solo un modo di risolvere il problema: toglierlo di mezzo. È tutto chiaro, ora: Savoy sa esattamente come funzionano queste faccende. Si ritrova a dover occuparsi delle solite cose. Scartoffie. Redigere un rapporto, consegnarlo all'Europol e lasciare ai suoi burocrati l'incarico di scovare gli assassini, giacché si tratta di un caso che potrebbe favorire la promozione di molte persone e rivitalizzare carriere stagnanti. E'
necessario che le indagini siano fruttuose, e nessuno dei suoi superiori crede che un detective di una città provinciale della Francia sia capace di scoprire granché (sì, perché Cannes, nonostante il lusso e il glamour di quel periodo, negli altri trecentocinquantatré giorni dell'anno era soltanto una piccola città di provincia). Lui sospetta che il colpevole sia una delle guardie del corpo che sedevano al tavolo con la vittima, dato che la vicinanza era essenziale per l'inoculazione del veleno. Comunque, tacerà questa faccenda. Impiegherà ulteriori fogli di carta per descrivere l'indagine tra i camerieri presenti alla colazione, che non avrà prodotto alcun testimone. Alla fine, considererà chiuso quel caso — per quanto lo riguarda —, dopo aver passato alcuni giorni a scambiare fax e dispacci con dipartimenti gerarchicamente superiori. Tornerà ai suoi due omicidi annuali, alle liti, alle multe, sapendo di essere stato vicinissimo a qualcosa che avrebbe potuto avere ripercussioni internazionali. Anche ora il suo sogno di adolescente - migliorare il mondo, contribuire a edificare una società più sicura e più giusta, ottenere una promozione, battersi per un posto adeguato al Ministero della Giustizia, offrire a sua moglie e ai suoi figli una vita più confortevole, collaborare al cambiamento del modo in cui i cittadini vedono gli agenti di pubblica sicurezza ( attraverso la dimostrazione che esistono ancora poliziotti onesti) - è finito con la solita parola: "Scartoffie." *** 4:16 PM. La terrazza adiacente al bar del Martinez è affollata, e Igor si sente orgoglioso per il fatto di saper pianificare le cose: pur non avendo mai soggiornato in quella città, aveva riservato un tavolo lì - immaginando una situazione che era esattamente quella che ora aveva davanti agli occhi. Ordina un té con pasticcini, si accende una sigaretta, si guarda intorno. Lo scenario è identico a quello di
qualsiasi locale chic del mondo: donne gonfie di botulino o anoressiche, matrone cariche di gioielli che mangiucchiano un gelato, uomini con accompagnatrici molto giovani, coppie dall'aria annoiata, ragazze sorridenti che, davanti a bibite prive di calorie, fìngono di concentrarsi sulle conversazioni altrui mentre, in realtà, lasciano vagare lo sguardo nel locale, sperando di scorgere una persona interessante. Un'unica eccezione: tre uomini e due donne hanno spiegato varie carte tra le lattine di birra e discutono sottovoce, continuando a verificare le cifre con una calcolatrice. Sembrano gli unici a essere realmente impegnati in un progetto, ma non è così: lì, tutti stanno lavorando - tutti sono impegnati nella ricerca di una cosa sola: Vi-si-bi-li-tà. Che, se tutto andasse bene, condurrebbe alla Fama. Che, se non ci fossero imprevisti, porterebbe al Potere. La parola magica, che trasforma l'essere umano in un semidio, in un'icona intoccabile con la quale sarebbe difficile dialogare, poiché lui è abituato a vedere esaudito ogni suo desiderio, suscita invidia e gelosia quando passa a bordo della sua limousine dai vetri fumé o della sua costosissima auto sportiva, e non ha altre montagne da scalare o mete impossibili da raggiungere. I frequentatori di quella terrazza hanno ormai superato molte transenne — non sono più all'esterno, con le macchine fotografiche puntate al di là di quelle barriere di metallo, in attesa che qualcuno esca dall'ingresso principale e inondi di luce i loro universi. Ormai sono attestati nella lobby dell'hotel e, al massimo, ora gli mancano il potere e la fama — non importa in quale campo. Gli uomini sanno che l'anzianità non costituisce un problema: occorrono soltanto i contatti giusti. Le ragazze, che sorvegliano la terrazza con l'abilità di un provetto body-guard, sentono che si sta avvicinando un'età pericolosa, nella quale, all'improvviso, svaniranno tutte le probabilità di ottenere qualcosa grazie alla bellezza. Le signore mature vorrebbero essere riconosciute e rispettate per le loro doti e la loro intelligenza, ma i diamanti offuscano ogni possibilità di scoprire quelle qualità. Accompagnati dalle mogli, alcuni
individui aspettano che la gente passi e li saluti, che tutti si girino a guardarli e pensino: "Ma è davvero lui?", oppure che si chiedano quanto sia famoso. La sindrome della celebrità — in grado di distruggere carriere, matrimoni e valori cristiani, e di annichilire sia i saggi che gli ignoranti. Grandi scienziati, che hanno ricevuto premi importanti e che, chissà perché, hanno abbandonato quelle ricerche che avrebbero potuto migliorare l'esistenza dell'intera umanità per tenere conferenze che soddisfano soltanto lego e il conto in banca. L'indios amazzonico, improvvisamente adottato da un famoso cantante, che si è convinto di essere stato sfruttato per la sua miseria. Il pubblico ministero che, dopo aver lavorato duramente per tutelare i diritti dei deboli, decide di candidarsi per una carica pubblica, trionfa nell'elezione e comincia a ritenersi al di sopra di qualsiasi legge e convenzione finché un giorno viene scoperto in un motel con una professionista del sesso, pagata dal contribuente. La sindrome della celebrità - allorché gli individui dimenticano chi sono e cominciano a credere a ciò che gli altri dicono di loro. La Superclasse, il sogno di tutti, quel mondo senza ombre né tenebre, nel quale la parola "sì" rappresenta la risposta a qualsiasi richiesta. Igor è un uomo potente. Ha lottato con grande tenacia per arrivare dove è ora. Perché ciò accadesse, ha dovuto partecipare a cene noiose, a conferenze interminabili, a incontri con persone che detestava, a sorridere allorché avrebbe voluto solo insultare, a offendere quando provava soltanto pena per quella povera gente che doveva " servire da esempio". Ha lavorato giorno e notte, nei finesettimana — oberato di riunioni con i suoi avvocati, i suoi amministratori, i suoi impiegati, i suoi addetti stampa. Era partito da zero dopo la caduta del regime comunista, ed è riuscito a raggiungere la vetta. Ma, soprattutto, è stato capace di sopravvivere a tutte le tempeste politiche ed economiche che hanno devastato il suo paese nel primo ventennio del nuovo regime. Per quale motivo? Perché era timorato di Dio e sapeva che la strada che aveva percorso nella vita era una benedizione
da rispettare - in caso contrario, avrebbe perso tutto. Certo, in alcuni frangenti una voce interiore gli diceva che stava trascurando la parte più importante di quella benedizione: Ewa. Ma, per anni, aveva avuto la certezza che lei comprendesse e accettasse il fatto che si trattava solo di un periodo, che ben presto avrebbero potuto godere insieme del tempo di cui abbisognavano. Facevano grandi progetti: viaggi, crociere, una casa isolata in montagna, con il camino acceso — e la certezza di poter rimanere lì quanto desiderassero, senza dover preoccuparsi di denaro, debiti, obblighi. Avrebbero trovato una scuola per i molti figli che intendevano concepire, avrebbero trascorso interi pomeriggi passeggiando nei boschi circostanti, prima di cenare nei modesti ma accoglienti ristoranti della zona. Avrebbero avuto il tempo di occuparsi del giardino, di leggere, di andare al cinema, di dedicarsi alle cose semplici sognate da tutti, le uniche in grado di riempire la vita di ogni essere sulla faccia della terra. Quando Igor tornava a casa, appesantito dalle carte che sparpagliava sul letto, le domandava di pazientare ancora. Se il cellulare squillava proprio il giorno in cui avevano deciso di cenare insieme, e lui era costretto a interrompere la loro conversazione e dedicare un tempo lunghissimo all'interlocutore, le chiedeva un altro po' di pazienza. Sapeva che Ewa faceva ogni sforzo possibile affinchè si sentisse a suo agio, anche se talvolta si lamentava - con molto affetto - dicendo che avrebbero dovuto godersi la vita finché erano giovani, che potevano disporre di denaro per le prossime cinque generazioni. Igor confermava: avrebbe potuto smettere di lavorare quel giorno stesso. Ewa sorrideva, e gli accarezzava il viso - ma lui ricordava subito qualcosa di importante, andava al telefono o al computer, e parlava o inviava un'e-mail. Un uomo sulla quarantina si alza, si guarda intorno e brandisce un giornale sopra la testa, urlando: "'Violenza e terrore a Tokyo!" E' quanto recita il titolo. "'Sette persone assassinate in un negozio di videogiochi.'" Tutti volgono lo sguardo verso di lui. "Violenza! Non sanno di cosa stanno parlando! La violenza è qui!"
Igor avverte un brivido lungo la schiena. "Se uno squilibrato uccide a coltellate degli innocenti, il mondo intero è pervaso dall'orrore. Ma qualcuno si accorge della violenza intellettuale perpetrata a Cannes? Il nostro festival viene assassinato in nome di una dittatura. Qui non si tratta più di scegliere il film migliore, ma di commettere dei crimini contro l'umanità, costringendo la gente a comprare prodotti che non desidera, a dimenticare l'arte per adeguarsi ai dettami imposti dalla moda, a disertare le proiezioni per partecipare a pranzi e cene. È un atto di brutalità! Io sono qui per..." "Chiudi il becco!" dice qualcuno. "A nessuno interessa sapere perché sei qui." "... Io sono qui per denunciare la schiavitù dei desideri dell'uomo! Che ha cominciato a compiere le sue scelte non sulla base dell'intelligenza, ma spinto dalla propaganda, dalla menzogna! Perché vi preoccupate delle coltellate a Tokyo e non date alcuna importanza ai colpi che un'intera generazione di cineasti è costretta a subire?" L'uomo fa una pausa, aspetta l'ovazione che lo consacrerebbe, ma non ode neppure il silenzio della riflessione: ai tavoli, tutti hanno ripreso la conversazione, indifferenti alle sue parole. Si risiede, affettando un'aria di massima dignità, ma ha il cuore squassato per la scena ridicola della quale è stato protagonista. "Vi-si-bi-li-tà,! pensa Igor. "Il problema è che nessuno gli ha prestato attenzione." Adesso è lui a guardarsi intorno. Ewa alloggia in quell'albergo e Igor, dopo molti anni di matrimonio, potrebbe giurare che sta prendendo un té o un caffè poco distante da dov'è seduto. Ha ricevuto i suoi messaggi e sicuramente lo starà cercando, sapendo che dev'essere assai vicino. Non riesce a scorgerla. Proprio come non riesce a smettere di pensare a lei - è la sua ossessione. Con la mente, va a una certa sera nella quale, mentre tornava a casa a tarda ora a bordo della sua limousine di importazione, guidata da un autista che fungeva anche da guardia del corpo avevano combattuto insieme in Afghanistan, ma la sorte aveva arriso loro in maniera diversa -, aveva chiesto di
fare una sosta all'Hotel Kempinski. Aveva lasciato il cellulare e i documenti in macchina, ed era salito al bar sulla terrazza dell'edificio. Contrariamente a quello sul terrazzo di Cannes, il locale era quasi deserto e stava per chiudere. Lui aveva elargito una generosa mancia ai camerieri perché continuassero a lavorare - solo per lui - per un'altra ora. E lì aveva capito tutto. No, non si sarebbe affatto fermato il mese successivo, né l'anno seguente, e neppure nei prossimi dieci anni. Non avrebbero mai avuto quella famosa casa in campagna e la famiglia che sognavano. Quella sera, lui si domandò perché non fosse possibile: gli sovvenne una sola risposta. Il cammino del potere non procede mai a ritroso. Sarebbe stato eternamente schiavo di ciò che aveva scelto e, se davvero avesse realizzato il sogno di abbandonare tutto, sarebbe entrato in una profonda depressione. Perché si comportava così? A causa degli incubi notturni, allorché rivedeva le trincee e quel ragazzo spaventato che compiva il proprio dovere perché non aveva scelta, perché era obbligato a uccidere? Perché non riusciva a dimenticare la sua prima vittima, un contadino che si era trovato sulla linea di tiro quando combatteva contro i guerriglieri afghani? Era forse a causa delle molte persone che prima lo avevano guardato con disprezzo e poi lo avevano umiliato, quando aveva deciso che il futuro del mondo sarebbe passato attraverso la telefonia cellulare e aveva cominciato a cercare investitori per i suoi progetti? O perché, all'inizio, era stato costretto a entrare in società con una serie di ombre, alcuni mafiosi russi che volevano ripulire il denaro guadagnato con la prostituzione? Era riuscito a restituire i vari prestiti senza farsi corrompere e a non restare in debito di favori. Era riuscito a trattare con le ombre e a mantenere, comunque, la propria luce. Sapeva che la guerra apparteneva a un passato molto remoto, e che non avrebbe mai più posato il piede su un terreno di battaglia. Aveva avuto fortuna, incontrando la donna della sua vita. Lavorava nel campo che aveva sempre sognato. Era ricco - ricchissimo -, e anche se il regime comunista fosse tornato al potere, era tranquillo: la
maggior parte delle sue fortune si trovavano all'estero. Manteneva buoni rapporti con tutti i partiti politici. Aveva conosciuto i leader mondiali. Aveva creato una fondazione che si occupava degli orfani dei soldati uccisi durante l'invasione sovietica dell'Afghanistan. Ma lì, in quel caffè nei pressi della Piazza Rossa, di cui era il solo avventore, consapevole di poter pagare profumatamente i camerieri e trascorrere tutta la notte a quel tavolo, aveva capito. Aveva capito perché tutte quelle cose stavano accadendo anche a sua moglie, che adesso era sempre in viaggio, o che rincasava tardi quando si trovava a Mosca, dirigendosi verso il computer non appena varcava la soglia. Aveva capito che, contrariamente a ciò che tutti pensano, il potere significa una schiavitù assoluta. Quando lo si ottiene, si agisce solo per mantenerlo. C'è sempre una nuova vetta da conquistare. C'è sempre un concorrente da convincere o superare. Insieme con altri duemila individui, apparteneva al circolo più esclusivo del mondo, che si riunisce una volta all'anno a Davos, in Svizzera, per il World Economie Forum: erano tutte persone straricche, miliardarie, potenti. E tutte lavoravano dalla mattina alla sera, con l'intenzione di migliorare, senza mai cambiare motivazioni e argomenti - acquisti, Borse Valori, tendenze di mercato, denaro... Denaro... Lavorare non perché si ha bisogno di qualcosa, ma per il fatto che ci si considera necessari: dovevano sostenere migliaia di famiglie, erano convinti di avere una responsabilità immensa verso i governi e i propri soci. Lavoravano pensando sinceramente di aiutare il mondo - la qual cosa poteva anche essere vera: sovente, però, in cambio chiedeva le loro vite. Il giorno seguente, si era risolto a fare una cosa che aveva sempre detestato: aveva preso contatto con uno psichiatra - doveva esserci qualcosa che non andava. E così aveva scoperto di soffrire di una malattia piuttosto comune tra coloro che avevano raggiunto una posizione al di là dei limiti di un individuo normale: era un lavoratore compulsivo, un workaholic, secondo l'espressione nota a livello mondiale per designare una persona affetta da questo tipo di disturbo. Lo psichiatra aveva detto che i
lavoratori compulsivi, quando non sono impegnati nelle sfide e nei problemi delle proprie aziende, corrono il rischio di scivolare in una profonda depressione. "Un disturbo di cui non conosciamo ancora la causa, ma che rimanda all'insicurezza, a certe paure infantili, a una realtà che si vuole negare. Comunque, è una turba seria quanto la schiavitù delle droghe. "Ma, al contrario di queste, che riducono la produttività, il lavoratore compulsivo finisce per assicurare un grande contributo alla ricchezza del proprio paese. Dunque, non interessa a nessuno fare in modo che si agisca per curarlo." "E quali sono le conseguenze?" "Dovrebbe già conoscerle, visto che è venuto da me proprio per questo. Quella più grave è rappresentata dalla distruzione della vita famigliare. In Giappone, uno dei paesi in cui la malattia si manifesta con maggiore frequenza e talvolta con conseguenze fatali, esistono vari metodi per controllare questa ossessione." Negli ultimi due anni della sua vita, lui non ricordava di aver ascoltato qualcuno con la medesima considerazione che riservava a quell'uomo con gli occhiali e i baffi. "Allora, suppongo che esista una soluzione per questo disturbo?" "Quando un lavoratore compulsivo arriva a chiedere assistenza a uno psichiatra è pronto per la cura. Solo in un caso su mille il soggetto si rende conto di aver bisogno di aiuto." "Sì, mi serve il suo aiuto. Ho abbastanza denaro..." "Ecco le parole tipiche di un lavoratore compulsivo. Sì, so che ha denaro sufficiente, come tutti coloro che sono affetti da quel disturbo. E so chi è, ho visto le sue foto prese durante gli eventi di beneficenza e i congressi, e in occasione di un incontro privato con il nostro presidente — il quale mostra anch'esso i sintomi di questa turba, tra parentesi. "Il denaro non basta. Deve dirmi se ha la volontà." Igor aveva pensato a Ewa, alla casa in montagna, alla famiglia che avrebbe voluto creare, alle centinaia di milioni di dollari del suo patrimonio personale. Aveva pensato al prestigio e al potere che deteneva in quel momento, e a
quanto sarebbe stato diffìcile abbandonare tutto. "Non le sto suggerendo di abbandonare le sue attività," aveva commentato lo psichiatra, come se gli avesse letto nel pensiero. "Le sto indicando di utilizzare il lavoro come fonte di gioia, e non come un'ossessione compulsiva." "Va bene, sono pronto." "E qual è la sua grande motivazione? In fin dei conti, tutti i lavoratori compulsivi pensano di essere soddisfatti di ciò che fanno: nessuno dei suoi amici che si trovano nella medesima situazione riconoscerà di aver bisogno di aiuto." Igor aveva abbassato gli occhi. "E allora... qual è la sua grande motivazione? Vuole che risponda per lei? Ebbene, lo farò. Come dicevo prima, la sua famiglia sta andando in pezzi." "Peggio. Mia moglie presenta gli stessi sintomi. Ha cominciato ad allontanarsi da me dopo un soggiorno sul lago Baikal. E se c'è qualcuno al mondo per cui sarei capace di uccidere di nuovo. Igor si era reso conto di aver parlato troppo. Ma lo psichiatra, al di là del tavolo, era rimasto impassibile. "Se c'è una persona al mondo per cui sarei capace di fare qualsiasi cosa - sì, proprio tutto - quella è mia moglie." Lo psichiatra aveva chiamato la propria assistente e le aveva chiesto di fissare una serie di appuntamenti. Non aveva domandato al paziente se fosse disponibile per quelle date: rientrava nella terapia la concezione che qualsiasi altro impegno, a prescindere dall'importanza, poteva essere rinviato. "Mi concede un'altra domanda?" Il medico aveva annuito. "Il fatto che io sia spinto a lavorare fino allo stremo non può essere inteso anche come un atteggiamento nobile? Un rispetto profondo per le opportunità che Dio mi ha concesso in questa vita. Un modo per migliorare la società, sebbene in alcuni frangenti io sia costretto a usare metodi un po'..." Silenzio. "... Un po'... cosa?" "Niente."
Igor era uscito dallo studio confuso e sollevato nel contempo. Forse lo psichiatra non comprendeva l'essenza di ciò che faceva: nella vita esiste sempre una ragione, tutte le esistenze degli umani sono collegate, e spesso è necessario estirpare i tumori maligni perché il corpo continui a essere sano. Le persone si chiudono egoisticamente nel proprio mondo, elaborano progetti che non includono il prossimo, credono che il pianeta sia solo un altro terreno da sfruttare, seguono i propri istinti e cercano di soddisfare i propri desideri senza dedicare nemmeno un pensiero al benessere collettivo. Lui non stava distruggendo la sua famiglia: semplicemente, voleva consegnare un mondo migliore ai figli che sognava di avere. Un mondo senza droga, senza guerre, senza lo scandaloso mercato del sesso — un mondo in cui l'amore fosse la grande forza che univa le coppie, i popoli, le nazioni, le religioni. Ewa avrebbe capito - anche se in quel momento il loro matrimonio stava vivendo una fase critica, sicuramente riconducibile allo spirito del Maligno. Il giorno seguente, aveva chiesto alla sua segretaria di annullare tutti gli appuntamenti - aveva altre cose importanti da fare. Stava elaborando un grande piano per purificare il mondo, aveva bisogno di aiuto ed era già entrato in contatto con un gruppo disposto a lavorare per lui. Due mesi dopo, veniva abbandonato dalla donna che amava. Il Maligno si era impossessato di lei. Igor non aveva potuto spiegarle i motivi di alcuni suoi atteggiamenti. E tornato alla realtà di Cannes con il fastidioso rumore dello spostamento di una sedia. Davanti a lui c'è una donna con un bicchiere di whisky in una mano e una sigaretta nell'altra. Ben vestita, e visibilmente brilla. "Posso sedermi? I tavoli sono tutti occupati." "Si è appena seduta, signora." "Non è possibile," ha detto la donna, come se lo conoscesse da molto tempo. "Semplicemente, non è possibile. La polizia mi ha cacciato dall'ospedale. E l'uomo per il quale mi sono sobbarcata un viaggio di quasi una giornata e ho affittato una camera in un albergo pagando il doppio del prezzo abituale, ora si trova tra la vita e la morte.
Accidenti!" Qualcuno della polizia? Ma forse nessuna delle parole pronunciate da quella tizia aveva un qualche riferimento con ciò che lui stava pensando. "Come mai lei è qui? O meglio: come mai 'tu' ti trovi qui? Non hai caldo? Non sarebbe meglio se ti togliessi la giacca? Oppure vuoi fare colpo con la tua eleganza?" Di solito, sono le persone a scegliere il proprio destino. Esattamente ciò che stava facendo quella donna. "Porto sempre la giacca, indipendentemente dalla temperatura. Lei è un'attrice?" La donna ha riso - prossima all'isteria. "Diciamo che sono... un'attrice. SI, sono un'attrice. Sto recitando la parte di una persona che si nutre ancora di un sogno dell'adolescenza: è cresciuta con esso, combattendo per sette miserabili anni della propria vita per trasformarlo in realtà, ipotecando la casa, lavorando incessantemente. "So che cosa significa." "No, non lo sai. Significa pensare giorno e notte a una sola cosa. Andare nei posti dove non ti hanno invitato. Stringere la mano a persone che disprezzi. Telefonare una, due, dieci volte, fino a ottenere un briciolo di attenzione da parte di gente che non possiede neanche la metà del tuo talento o del tuo coraggio, ma occupa una determinata posizione e decide di vendicarsi di tutte le frustrazioni della propria esistenza famigliare, rendendo impossibile la vita agli altri." "... E non avere altro piacere nella vita se non quello di perseguire ciò che si desidera. Non avere svaghi. Trovare tutto noiosissimo. Finire per distruggere la famiglia." La donna lo fissa, stupita. L'ebbrezza sembra scomparsa. "Lei chi è? Come può leggermi nel pensiero?" "Era esattamente ciò che stavo pensando quando è entrata. Comunque, può continuare a darmi del 'tu'. Penso di poterla aiutare." "Nessuno può aiutarmi. L'unica persona in grado di farlo, in questo momento si trova nell'unità di terapia intensiva dell'ospedale di Cannes. E da quel poco che sono
riuscita a sapere prima che arrivasse la polizia, non ne uscirà vivo. MIO DIO!" La donna beve l'ultimo sorso del suo whisky. Igor fa un cenno al cameriere. Questi lo ignora e si dirige verso un altro tavolo. "Nella vita, ho sempre preferito un elogio cinico a una critica costruttiva. "Ti prego, dimmi che sono bella, che ho talento." Igor ride. "Come sa che non posso aiutarla?" "Lei è un distributore di film? Ha contatti in tutto il mondo, sale cinematografiche sparse ai quattro angoli del pianeta?" Forse entrambi pensavano la medesima cosa. Se così fosse stato, e se si fosse trattato di una trappola, ormai era troppo tardi per fuggire - evidentemente lo stavano sorvegliando e, appena si fosse alzato, sarebbe stato arrestato. Igor sente lo stomaco contrarsi. Ma perché ha paura? Qualche ora prima, aveva tentato invano di consegnarsi alla polizia. Aveva scelto il martirio, offerto la propria libertà alla stregua di un sacrificio — un dono che, però, era stato rifiutato da Dio. E ora il Creatore aveva riconsiderato la propria decisione. Igor deve pensare al modo di cautelarsi nella scena che seguirà: il sospetto viene identificato, una donna fintamente ubriaca gli si piazza davanti e conferma i dati. Poi, con la massima discrezione, un uomo entra e gli chiede di seguirlo per un breve colloquio. Quell'individuo è un poliziotto. Igor ha una penna nella giacca, che non desta alcun sospetto - la Beretta, invece, lo smaschererà. Vede scorrere tutta la vita davanti ai propri occhi. Può reagire usando la pistola? Di sicuro, il poliziotto che si presenterà appena confermata l'identificazione sarà accompagnato dai colleghi: sorveglieranno la scena, e lui verrà ucciso prima di poter accennare un qualsiasi gesto. D'altro canto, non è venuto fin lì per ammazzare degli innocenti in maniera barbara e indiscriminata: ha una missione, e le sue vittime — o "martiri dell'amore", come preferisce
chiamarle - devono servire per uno scopo più grande. "Non sono un distributore," replica. "Non ho niente a che spartire con il mondo del cinema, della moda, del glamour. Mi occupo di telecomunicazioni." "Benissimo," dice la donna. "Deve avere molto denaro. Di certo, anche lei ha avuto dei sogni nella vita, e dunque sa di cosa sto parlando." Igor stava perdendo il filo del discorso. Indirizza un cenno a un altro cameriere: l'uomo si avvicina, e lui ordina due té. "Non ha notato che bevevo whisky?" "Sì. Ma, come le ho detto prima, io posso aiutarla. Però dev'essere sobria, consapevole di ogni suo passo." Maureen ha cambiato tono. Dal momento in cui quell'estraneo era riuscito a indovinare ciò che stava pensando, era come se stesse tornando alla realtà. Sì, magari avrebbe potuto aiutarla davvero. Da molti anni, nessuno tentava di sedurla pronunciando una delle frasi utilizzate più frequentemente in quell'ambiente: "Posso aiutarti. Conosco gente influente." Per modificare lo stato d'animo di una donna non c'è niente di meglio del fatto di apprendere di essere desiderata da un individuo dell'altro sesso. Ha avvertito l'impulso di alzarsi e andare alla toilette per controllare il suo aspetto allo specchio e ritoccarsi il trucco. Per questo, però, poteva aspettare: prima doveva inviare dei chiari segnali che era interessata. Sì, aveva bisogno di compagnia: era pronta alle sorprese del destino - quando Dio chiude una porta, apre sempre una finestra. Per quale motivo, fra tutti i tavoli della terrazza, quello era l'unico occupato da una persona sola? Aveva un significato: era un segnale occulto che dovevano incontrarsi. Ha riso di se stessa. Nella disperazione in cui versava, qualsiasi cosa era un segnale, una via d'uscita, una buona notizia. "Prima di tutto, ho bisogno di sapere che cosa le occorre," dice l'uomo. "Aiuto. Ho terminato un film, con un cast di prima scelta, e avrebbe dovuto essere distribuito da una delle
persone che credono ancora nel talento di qualcuno che non fa parte del sistema. Oggi avrei incontrato il distributore. Ero presente al pranzo al quale partecipava, quando, all'improvviso, ho notato che si è sentito male." Igor comincia a rilassarsi. Forse quella donna stava dicendo la verità, poiché nel mondo reale le cose sono più assurde che nei libri. "Sono uscita, ho scoperto in quale ospedale lo avevano portato e sono andata lì. Strada facendo, riflettevo su cosa avrei detto: che ero una sua amica, e che stavamo per lavorare insieme. In realtà, non gli avevo mai parlato, tuttavia sono certa che quando si deve affrontare una situazione critica ci si sente rassicurati allorché qualcuno - una persona qualsiasi - ci offre vicinanza e comprensione." "Cioè avrebbe sfruttato la tragedia a proprio benefìcio," ha pensato Igor. "Sono tutti uguali. Assolutamente uguali." "E quale sarebbe esattamente il cast di prima categoria?" "Vorrei andare alla toilette, se non le dispiace." Igor si alza educatamente, si inchina, si risiede, infila gli occhiali scuri e, mentre lei si allontana, cerca di mostrare la massima calma. Beve il té; il suo sguardo scruta incessantemente la terrazza. Teoricamente, non c'è alcun pericolo, tuttavia sarà meglio lasciare quel posto al ritorno della donna. Maureen è colpita dalla cavalleria del nuovo amico. Erano anni che non vedeva qualcuno comportarsi secondo le norme dell'etichetta apprese dai genitori. Mentre si allontanava, ha notato che alcune splendide ragazze, sedute al tavolo accanto - che probabilmente avevano udito alcuni passi della loro conversazione —, lo guardavano e sorridevano. Si è accorta che lui aveva indossato gli occhiali scuri - forse per poter osservarle a loro insaputa. Magari, al suo ritorno, li avrebbe trovati che prendevano il té tutti insieme. Ma la vita è così: niente di cui lamentarsi e niente di cui aspettare l'arrivo. Si osserva allo specchio: come può un uomo provare interesse per lei? Avrebbe davvero dovuto tornare a una sobria realtà, come le aveva suggerito quel tizio. Ha gli occhi
stanchi e vuoti, è esausta come tutti coloro che partecipano a un festival cinematografico, eppure sa di dover continuare a lottare. Cannes non è ancora finito, e forse Javits si sarebbe ripreso, o magari sarebbe comparso qualcuno a rappresentare la sua casa di distribuzione. Lei aveva i biglietti per assistere ad alcuni film, un invito per partecipare alla festa organizzata dalla rivista "Gala" - una delle più importanti di Francia -, e poteva approfittare dell'altro tempo disponibile per scoprire come agiscono i produttori e i registi indipendenti in Europa per far conoscere i propri lavori. Doveva ricomporsi rapidamente. Quanto al bell'uomo là fuori, meglio non farsi illusioni. Torna al tavolo convinta di trovarvi sedute le ragazze che lo guardavano sorridendo. Invece è solo. Di nuovo, lui si alza educatamente e scosta la sedia per farla accomodare. "Non mi sono presentata. Mi chiamo Maureen." "Igor. Molto piacere. Abbiamo interrotto la nostra conversazione mentre mi stava parlando del suo stupendo cast." Poteva approfittare della domanda per punzecchiare le ragazze del tavolo accanto. Attacca a parlare con voce più alta del solito. "Tutti gli anni, qui a Cannes, o in qualsiasi altro festival, si scoprono nuove attrici. Allo stesso modo, ogni anno alcune grandi interpreti perdono la propria posizione vengono accantonate perché l'industria cinematografica le reputa ormai troppo vecchie, per quanto siano ancora giovani e piene di entusiasmo. Tra quelle che vengono scoperte - «Speriamo che le ragazze qui accanto stiano ascoltando» —, alcune imboccano la strada del glamour. Sebbene guadagnino poco con i film - i registi ne approfittano , investono nella cosa più sbagliata del mondo." "Ossia..." "Nella bellezza. Diventano delle celebrità e cominciano a essere pagate per intervenire alle feste; sono assai ricercate per le pubblicità, per consigliare determinati prodotti. Conoscono gli uomini più potenti e gli attori più desiderati del mondo. Guadagnano cifre immense - perché sono giovani e belle, e i loro agenti stipulano una gran messe di contratti.
"In realtà, a guidarle sono gli agenti, i quali stuzzicano continuamente la loro vanità. Incarnano il sogno delle casalinghe, delle adolescenti, dei giovani artisti che non hanno neppure i soldi per recarsi nella città vicina, ma che le considerano alla stregua di amiche, persone che stanno vivendo ciò che loro vorrebbero almeno provare. Continuano a interpretare film — con i quali adesso guadagnano cifre accettabili - malgrado gli addetti stampa parlino di cachet altissimi: semplici bugie, a cui non credono neppure i giornalisti, che tuttavia pubblicano quei dati perché sanno che il pubblico brama la notizia, non l'informazione." "E qual è la differenza?" domanda Igor, sempre più rilassato, anche se continua a prestare una grande attenzione a ciò che lo circonda. "Be', diciamo che hai comprato un computer d'oro in un'asta a Dubai e hai deciso di scrivere un libro con quel gioiello. Quando viene a conoscenza del fatto, il giornalista ti telefona domandando: "... Com'è il tuo computer d'oro?" Questa è la notizia. La vera informazione - cioè quello che stai scrivendo - non ha alcuna importanza." "Che Ewa stia ricevendo notizie, anziché informazioni?" Non ci aveva pensato. "Continui." "Il tempo passa. O, meglio, passano sei o sette anni. D'un tratto, scompaiono le scritture per i film. I guadagni derivanti dalle partecipazioni agli eventi e dalle pubblicità cominciano a scarseggiare. L'agente è sempre occupato — non risponde più prontamente alle telefonate. La diva si ribella: come possono fare tutto questo proprio a lei, lo status symbol sessuale, l'icona del glamour? Per prima cosa, accusa l'agente, decide di affidare ad altri la sua rappresentanza e, con sorpresa, nota che questi non si mostra affatto preoccupato. Anzi, le chiede di firmare un documento nel quale dichiara che, durante il loro sodalizio, le ha garantito ottimi successi; poi le augura buona fortuna e chiude il rapporto." Maureen ha lasciato vagare lo sguardo sulla terrazza, con l'intenzione di scoprire qualche esempio di ciò che affermava: gente tuttora famosa, ma scomparsa dalla scena, che
ora è alla disperata ricerca di una nuova occasione. Tutte le donne si comportano ancora come grandi dive: hanno il medesimo sguardo scostante del passato, ma il loro cuore è colmo di amarezza, la pelle gonfia di botulino e percorsa da invisibili cicatrici di interventi di chirurgia estetica. Scorge tracce di botulino e di chirurgia estetica, ma non vede nessuna delle celebrità degli ultimi dieci anni. Forse non hanno nemmeno i soldi per partecipare a un festival: probabilmente sono impegnate in qualche ballo di provincia, in qualche manifestazione per la presentazione di prodotti come cioccolata o birra - e si atteggiano come se fossero quelle di un tempo, pur sapendo di non esserlo più. "Ma lei ha detto che solo alcune giovani attrici imboccano una certa strada." "Vero. Comunque, anche le altre si ritrovano esattamente con lo stesso problema. Con una differenza, però..." Ha alzato ulteriormente la voce perché, adesso, le ragazze del tavolo accanto si dimostrano interessate a quanto sta dicendo - lei è una che conosce l'ambiente. "Sanno che la bellezza è passeggera. E raro vederle nelle pubblicità o sulle copertine delle riviste, perché sono impegnate a perfezionarsi dal punto di vista artistico. Continuano a studiare, a instaurare contatti che risulteranno importanti in futuro, a dare il proprio nome e la propria immagine ad alcuni prodotti - non come testimonial, ma come socie dell'impresa. I loro guadagni sono inferiori, è chiaro. Ma incassano per il resto della vita. "Ed ecco che spunta una come me. Ho un buon copione, dispongo del denaro sufficiente, e vorrei che recitassero nel mio film. Accettano: hanno abbastanza talento per interpretare le parti che gli vengono affidate, e posseggono l'intelligenza per capire che, anche se l'opera non ottenesse un grande successo, almeno sarebbero ancora sugli schermi, potrebbero mostrarsi al lavoro anche in età matura, attirando così l'attenzione di un qualche produttore sulla loro attività." Anche Igor si accorge che le ragazze stanno ascoltando la conversazione. "Forse è meglio fare due passi," le dice, sottovoce. "In
questo bar, non c'è riservatezza. Conosco un posto tranquillo, dove potremo anche ammirare il tramonto: è uno spettacolo bellissimo." Lei non desiderava sentire altro in quel momento: un invito a fare due passi! Ad ammirare il tramonto, per quanto mancasse ancora molto tempo prima del calar del sole! Niente di banale tipo: "Saliamo un attimo in camera mia perché devo cambiarmi le scarpe", e: "Non accadrà niente, lo prometto." Poi, lassù, sarebbero arrivati i soliti discorsi: "Ho buoni contatti e so esattamente cosa ti serve", parole che l'uomo avrebbe pronunciato tentando di afferrarla per darle il primo bacio. Francamente non le dispiacerebbe essere baciata da quella persona affascinante e della quale non sa assolutamente nulla. L'eleganza con cui la corteggia è qualcosa che non avrebbe dimenticato presto. Si alzano e, uscendo, chiede di addebitare le consumazioni sul conto della sua camera ("Allora alloggia al Martinez!") Arrivati alla Croisette, lui suggerisce di andare a sinistra. "È più isolato. E poi, immagino che la vista sia più bella: il sole scende oltre le colline che avremo davanti." "Igor, tu chi sei?" "Ottima domanda," replica lui. "Vorrei saperlo anch'io." Un altro punto a suo favore. Non aveva esordito parlando della sua ricchezza, della sua intelligenza e della sua abilità in questo o quello. A lui interessava solo ammirare il crepuscolo insieme a lei - davvero. Camminano in silenzio fino all'estremità della spiaggia, incrociando persone di ogni genere - dalle coppie attempate che sembrano vivere in un altro mondo, totalmente estranee al festival, ai giovani che sfrecciano sui pattini, con le tute attillate e le cuffiette degli iPod nelle orecchie. Ai venditori ambulanti con le mercanzie esposte su tappeti dagli angoli che terminavano in cordicelle, dimodoché alle prime avvisaglie di un controllo possano trasformare le "vetrine" in borse. Oltrepassano un punto del lungomare isolato dalla polizia per qualche motivo sconosciuto - c'era solo una panchina, lì. Lei nota che il suo accompagnatore si
guarda alle spalle due o tre volte, come se aspettasse qualcuno. Ma non è così — magari ha scorto un conoscente. Si avviano lungo un molo dove le imbarcazioni occludono parzialmente la vista della spiaggia; alla fine, raggiungono un luogo isolato. Si siedono su una comoda panchina con lo schienale. Sono completamente soli - è un posto dove non va nessuno, perché lì non c'è passeggio, non succede mai niente. Lei è di buon umore. "Che panorama! Sai perché Dio decise di riposarsi il settimo giorno?" Igor non riesce a spiegarsi il significato di quella domanda; comunque, lei prosegue: "Perché il sesto giorno, prima di concludere il lavoro e lasciare all'essere umano un mondo perfetto, fu avvicinato da un gruppo di produttori di Hollywood: "Non preoccuparti del resto! Penseremo noi al tramonto in technicolor, agli effetti speciali per le tempeste, all'illuminazione appropriata, agli impianti di diffusione sonora grazie ai quali ogni volta che l'uomo sentirà lo sciacquio della risacca penserà che si tratti davvero del mare!" Ride da sola. L'uomo al suo fianco ha assunto un'aria severa. "Mi hai domandato chi sono," dice lui. "Non so chi sei, ma ho capito che conosci a fondo la città. E potrei aggiungere che incontrarti è stata una benedizione. In un solo giorno, ho vissuto la speranza, la disperazione, la solitudine e il piacere di avere una compagnia. Molte emozioni insieme." Igor estrae da una tasca un oggetto: un cilindro di legno lungo meno di quindici centimetri. "Il mondo è pericoloso," le dice. "Indipendentemente dal luogo in cui ti trovi, corri sempre il rischio di essere avvicinato da persone che non si fanno alcuno scrupolo di aggredire, distruggere, uccidere. E nessuno - mai nessuno - decide di imparare a difendersi. Siamo tutti nelle mani dei più potenti." "Hai ragione. A questo punto, immagino che quel tubo di legno sia uno strumento di difesa." Lui svita la parte superiore dell'oggetto. Con la
delicatezza di un maestro che ritocca un capolavoro, rimuove il coperchio: in realtà, non si tratta di un vero e proprio coperchio, bensì di una sorta di testa di un chiodo enorme. I raggi del sole si riflettono sulla parte metallica. "Se avessi questo oggetto in valigia, in un aeroporto ti fermerebbero," dice lei, ridendo. "Di sicuro." Maureen pensa di trovarsi in compagnia di un uomo gentile, bello, probabilmente ricco, ma anche in grado di proteggerla da tutti i pericoli. Per quanto ignori le statistiche sui delitti commessi in quella città, è sempre bene prendere in considerazione ogni evenienza. È il motivo per cui erano stati creati gli uomini - per pensare a ogni evenienza. "Ovviamente, per usare questo oggetto in modo appropriato, bisogna sapere con precisione dove sferrare il colpo. Pur essendo d'acciaio, è uno strumento fragile per via del diametro, e troppo piccolo per provocare danni consistenti. Senza precisione, non si ottiene alcun risultato." Igor ha sollevato la lama all'altezza dell'orecchio di Maureen. La prima reazione della giovane è stata lo spavento, subito sostituita da una strana eccitazione. "Questo sarebbe un punto ideale, per esempio. Poco più sopra, le ossa del cranio attutirebbero il colpo. Appena sotto, allorché si centri la vena del collo, il soggetto potrebbe morire, ma sarebbe in grado di reagire. E se per caso fosse armato sparerebbe, e dato che sono molto vicino..." La lama è scesa lentamente lungo il corpo di lei. Quando le ha sfiorato il seno, Maureen ha capito: quell'uomo voleva impressionarla e, nel contempo, eccitarla. "Non pensavo che una persona che lavora nel campo delle telecomunicazioni fosse un'esperta di simili cose. Dalle tue descrizioni, uccidere con questo oggetto è piuttosto complicato." È stato come dire: "Mi interessano i tuoi racconti. Mi interessi. Fra poco, ti prego, prendimi la mano - e potremo assistere insieme al tramonto."
La lama è scivolata sul suo seno orizzontalmente, senza fermarsi. Eppure è bastato quel tocco passeggero per eccitarla. Infine, si è bloccata poco sotto lo sterno. "Sono all'altezza del cuore, naturalmente protetto dalle costole. Se stessi lottando, sarebbe impossibile provocare un danno significativo con questa piccola arma, che sicuramente colpirebbe una delle costole; seppure la lama riuscisse a penetrare nel corpo, il sanguinamento della ferita non sarebbe sufficiente per diminuire la forza dell'avversario. Che forse non avvertirebbe neppure il colpo. Ma qui, in quest'altro punto, diventerebbe uno strumento mortale." Che cosa stava facendo lì, in un luogo isolato, con un estraneo che le parlava di un argomento tremendamente macabro? In quel momento, ha sentito una specie di scarica elettrica che l'ha paralizzata - la mano le aveva conficcato la lama nel corpo. Adesso era in debito d'aria, cercava di respirare. Poi ha perso conoscenza. Igor l'ha abbracciata - com'era accaduto con la prima vittima. Ma ora ha fatto in modo che restasse seduta. Il suo unico gesto è stato quello di infilarsi i guanti e spostarle il capo in maniera che fosse reclinato in avanti. Se qualcuno avesse deciso di spingersi fino a quel lembo di spiaggia, avrebbe visto solo una donna addormentata, esausta dopo aver inseguito produttori e distributori al Festival del Cinema. Il ragazzo appostato dietro un muretto - adorava nascondersi lì in attesa che qualche coppietta si avvicinasse e si scambiasse effusioni per masturbarsi - ora stava telefonando alla polizia. Era sconvolto. Aveva assistito all'intera scena. All'inizio, aveva pensato che si trattasse di un gioco, poi quell'uomo aveva conficcato uno stiletto nel corpo della donna! Prima di uscire dal suo nascondiglio, doveva aspettare l'arrivo degli agenti: quel folle sarebbe potuto tornare da un momento all'altro, e lui sarebbe stato perduto. Igor getta la lama in mare e s'incammina verso l'hotel. Adesso era stata la stessa vittima a votarsi alla morte. Lui era seduto da solo, a un tavolo sulla terrazza dell'albergo, riflettendo sulle sue azioni e riandando con la mente al passato, quando la donna si era avvicinata. Non
immaginava certo che avrebbe accettato di recarsi con uno sconosciuto in un posto isolato, ma lei si era spinta oltre. Poi, allorché aveva cominciato a mostrarle i vari punti dove un piccolo oggetto può infliggere una ferita mortale, aveva avuto innumerevoli possibilità di fuggire — invece era rimasta lì. Un'auto della polizia gli passa accanto, nella corsia chiusa al traffico normale. Decide di seguirla con lo sguardo e, con sorpresa, la vede svoltare nella strada d'accesso a quel molo che nessuno frequenta durante i giorni del Festival. Era già stato là quella mattina, e lo aveva trovato deserto come nel pomeriggio, per quanto fosse il posto ideale per ammirare il tramonto. Pochi secondi dopo, passa un'ambulanza un'assordante sirena e le luci blu che lampeggiano. Imbocca la medesima stradicciola. Igor continua a camminare, con una certezza: qualcuno ha assistito al delitto. Come lo avrebbe descritto? Un uomo dai capelli brizzolati, con un paio di jeans, una camicia bianca e una giacca nera. L'ipotetico testimone avrebbe fornito un identikit, la qual cosa non solo avrebbe richiesto tempo, ma avrebbe portato alla conclusione che esistevano decine, forse migliaia di persone simili a lui. Da quando si era presentato a quel poliziotto che lo aveva invitato a tornare in albergo, era sicuro che nessuno avrebbe potuto fermare la sua missione. Il grande dubbio era un altro: Ewa meritava davvero i sacrifìci che stava offrendo all'universo? Era arrivato in città convinto di sì. Ora, qualcosa di diverso cominciava a far breccia nel suo animo: lo spirito della giovane venditrice di artigianato, con le sue folte sopracciglia e il suo sorriso innocente. "Siamo tutti parte della scintilla divina," sembrava dire quella presenza impalpabile. "Tutti abbiamo uno scopo all'interno della creazione, e si chiama "Amore". Il quale non deve concentrarsi su una sola persona - da sempre, l'amore vivifica ogni essere del mondo, e attende solo di essere rivelato. Svegliati, destati a quell'amore. Ciò che è accaduto, non deve ripetersi. Ciò che arriverà, dev'essere riconosciuto."
Adesso Igor lotta contro questa idea: ci si rende conto che un piano è sbagliato solo quando si arriva alle conseguenze estreme. O allorché Dio misericordioso ci guida in un'altra direzione. Guarda l'orologio: gli restano dodici ore di permanenza in città, un periodo di tempo sufficiente. Poi riprenderà l'aereo insieme con la donna amata e tornerà... ... Dove? Al suo lavoro a Mosca, dopo tutto quello che aveva provato, sofferto, meditato e pianificato? Oppure riuscirà finalmente a rinascere attraverso il sacrificio di tutte le sue vittime, a conquistare la libertà assoluta, a scoprire l'individuo che ignorava di essere e, da quel momento, fare proprio ciò che sognava quando stava con Ewa? ***
4:34 PM. Jasmine fissa il mare mentre fuma una sigaretta, senza pensare a niente. In quei momenti, avverte un legame profondo con l'infinito, come se lì non ci fosse lei, ma un essere più potente, capace di cose straordinarie. Si ricorda di un vecchio racconto che aveva letto, ma non saprebbe dire dove. "Nasrudin si presentò a corte con un turbante magnifico, chiedendo la carità. "Sei venuto a chiedere quattrini, ma indossi un copricapo molto costoso. Quanto hai pagato quel turbante meraviglioso?" domandò il sovrano. "Niente. È stato un dono di una persona molto ricca. A quanto ho potuto appurare, il suo prezzo è di cinquanta monete d'oro," rispose il saggio sufi. "Un ministro sussurrò: 'È una bugia. Non esiste un turbante che possa costare una simile fortuna." Nasrudin insistette: "Non sono venuto soltanto per chiedere l'elemosina, ma anche per trattare. In tutto il mondo, esiste un solo sovrano in grado di comprarlo per seicento monete. In tal caso, io darei il ricavato ai poveri, accrescendo così la sua fama." Lusingato, il sultano pagò ciò che Nasrudin chiedeva. Uscendo, il saggio commentò con il ministro: "È probabile che tu conosca il reale valore di un turbante, ma io so dove la vanità può condurre un uomo." Questa era la realtà che circondava Jasmine. Non aveva niente contro la propria professione, né giudicava le persone in base ai loro desideri, tuttavia era perfettamente consapevole di cosa sia davvero importante nella vita. E voleva restare coi piedi ben saldi sulla terra, seppure circondata da innumerevoli tentazioni. Qualcuno apre la porta, annuncia che manca appena mezz'ora per andare in passerella. Quella che generalmente è la parte peggiore della giornata - il lungo periodo di noia che precede il momento della sfilata - sta arrivando alla fine. Le ragazze abbandonano iPod e cellulari, i
truccatori si dedicano ai dettagli, i parrucchieri sistemano le ciocche fuori posto. Jasmine si siede davanti allo specchio e lascia che lo staff si immerga nel proprio lavoro. "Non essere nervosa solo perché si tratta di Cannes," le dice la truccatrice. "Non sono nervosa." Perché avrebbe dovuto esserlo? Al contrario, ogni volta che calcava una passerella avvertiva una sorta di estasi ed eccitazione — quella famosa scarica di adrenalina. Sembra che la truccatrice abbia voglia di chiacchierare: fa commenti sulle rughe delle celebrità che ha servito, le parla di una nuova crema, le racconta che è stanca di quell'ambiente... Poi le domanda se, per caso, non ha un invito da regalarle per qualche festa. Jasmine ascolta tutte quelle cose con una pazienza infinita: il suo pensiero corre alle vie di Anversa, al giorno in cui aveva deciso di chiamare i fotografi. Aveva vissuto un momento di difficoltà ma, alla fine, tutto era andato bene. Proprio come oggi. Rammenta come allora avesse suonato il campanello del fotografo che l'aveva avvicinata per la strada: era accompagnata dalla madre, la quale desiderava che lei si riprendesse rapidamente dalla depressione. La porta immetteva in una saletta, dove c'erano un tavolo trasparente coperto di negativi, una postazione con un computer e un tavolino da disegno ingombro di carte. Con il fotografo c'era una donna sulla quarantina, che la squadrò da capo a piedi e sorrise. Si presentò come una "coordinatrice di eventi"; poi tutt'e quattro si sedettero. "Sono certa che sua figlia avrà un ottimo futuro come modella," disse la donna. "Io sono qui solo per accompagnarla," replicò la madre. "Per qualsiasi cosa, si rivolga direttamente a lei." La donna impiegò qualche secondo per superare lo shock di queste parole. Poi prese una scheda e cominciò ad annotare dettagli e misure. Disse: "Ovviamente, Cristina non è un nome adatto. Troppo
comune. Per prima cosa, dobbiamo cambiarlo." "Cristina non è un nome adatto per altri motivi," aveva pensato lei. Perché apparteneva a una ragazza che si era ammalata il giorno in cui aveva assistito a un assassinio ed era morta quando aveva negato ciò che i suoi occhi si ostinavano a non dimenticare. Quando aveva deciso di cambiare, era partita dal nome con cui la chiamavano da bambina. Infatti, sentiva la necessità di mutare tutto - proprio tutto. E così, aveva già la risposta sulla punta della lingua: "Jasmine Tiger. La dolcezza di un fiore, il pericolo di una bestia feroce." Alla donna piacque. "La carriera di modella non è affatto facile, e tu hai avuto la fortuna di essere stata scelta per intraprendere questa strada. È chiaro, non devi sbagliare alcuna mossa, ma noi siamo qui proprio per aiutarti ad arrivare dove desideri. Ti faremo delle foto e le distribuiremo alle agenzie specializzate. Avrai bisogno anche di un composite." Si aspettava che Cristina domandasse: "Che cos'è un composite?" Ma non venne formulata alcuna domanda, e così la donna riprese: "Credo che tu sappia cos'è un composite: una scheda in cartoncino patinato con la tua foto migliore e le tue misure. Sul retro, altre foto - in diverse situazioni. In bikini, vestita da studentessa... Un primo piano del viso... Un altro ritratto con un filo di trucco, dimodoché tu possa essere scelta anche se stanno cercando una modella più vecchia. I tuoi seni..." Altro istante di silenzio. "... Be', i tuoi seni sono abbastanza grossi rispetto alle misure convenzionali di una modella." Si rivolse al fotografo: "È qualcosa che dovremo mascherare. Prendi nota." Il fotografo lo annotò. Cristina - che già si stava rapidamente trasformando in Jasmine Tiger - pensò: "Ma nel momento in cui mi chiameranno, si accorgeranno che ho il seno più grande di quello della foto!" Poi la donna prese una bella borsa di cuoio, dalla quale estrasse un foglio con una specie di lista.
"Dovremo chiamare un truccatore e un parrucchiere. Non hai alcuna esperienza di passerella, vero?" "Nessuna." "In passerella, non puoi camminare come per la strada. Se lo facessi, finiresti per cadere a causa della velocità e dei tacchi alti. I piedi vanno portati esattamente uno davanti all'altro, come fanno i gatti. Non devi mai sorridere. E, soprattutto, devi mantenere una certa postura." La donna fece tre segni accanto ad altrettante voci dell'elenco. "Sarà necessario affittare dei vestiti." Un altro segno. "Penso che, per il momento, questo sia tutto." Di nuovo, tuffò la mano nella borsa elegante e ne estrasse una calcolatrice. Riprese la lista, scrisse alcune cifre e fece la somma. Nessuno osava proferire parola. "Circa duemila euro, penso. Non metteremo in conto le foto perché anche se Yasser è esosissimo..." Guardò il fotografo. "... ha deciso di fare il servizio gratuitamente, purché tu gli consenta di utilizzare il materiale. Possiamo convocare il truccatore e il parrucchiere per domani mattina. Mi metterò subito in contatto con la scuola per indossatrici, per cercare un posto. L'otterrò di sicuro. Del resto, sono certa che, investendo in te stessa, ti stai creando splendide opportunità per il futuro, e che ben presto rientrerai delle spese." "Sta dicendo che devo pagare io?" La "coordinatrice di eventi" parve sconcertata. Generalmente, le ragazze che arrivavano lì non vedevano l'ora di realizzare il sogno di un'intera generazione: diventare una tra le donne più desiderate della terra. E dunque non facevano mai domande "indelicate", che avrebbero potuto mettere in imbarazzo gli altri. "Ascolta, cara Cristina..." "Jasmine. Dal momento in cui ho varcato quella soglia, sono diventata Jasmine." Squillò un telefonino. Il fotografo estrasse l'apparecchio dalla tasca e si avviò verso il fondo della sala, fino ad allora immerso nell'oscurità. Quando aprì una delle tende, Jasmine potè scorgere una parete interamente nera, alcuni
treppiedi muniti di flash, strutture costellate di lampadine colorate e un paio di riflettori fissati al soffitto. "Ascolta, Jasmine cara: migliaia... milioni di persone vorrebbero trovarsi al tuo posto. Sei stata selezionata da uno dei più importanti fotografi della città; ti avvarrai dell'aiuto e dei consigli dei migliori professionisti, e io mi occuperò personalmente della tua carriera. Tuttavia, come accade per qualsiasi altra cosa nella vita, devi essere convinta di poter trionfare — e investire perché ciò avvenga. Io so che sei sufficientemente bella per avere successo, ma ciò non basta in un mondo così competitivo. Bisogna anche essere la migliore — e questo costa, almeno all'inizio." "Ma se pensa che io possegga tutte queste qualità, perché non investe il suo denaro?" "Lo farò, in seguito. Per ora, voglio verificare qual è il tuo grado di impegno. Voglio accertarmi che tu desideri veramente diventare una professionista, che tu non sia soltanto una delle molte ragazze affascinate dalla possibilità di viaggiare, conoscere il mondo e accalappiare un marito ricco. Il tono di voce della donna si era fatto serio. Il fotografo tornò dallo studio. "C'è il truccatore al telefono. Vuole sapere a che ora deve venire domani." "Se è veramente necessario, riuscirò a trovare la somma..." disse la madre. Ma Jasmine si stava alzando per avviarsi verso la porta, senza neanche una stretta di mano di congedo. "Molte grazie. Non ho quel denaro. E, anche se lo avessi, lo userei per qualcos'altro." "Ma si tratta del tuo futuro!" "Proprio così. Si tratta del mio futuro — e non del suo." Uscì con le lacrime agli occhi. Prima era stata nella lussuosa boutique dove non solo l'avevano trattata male, ma avevano anche insinuato che avesse mentito dicendo di conoscere il proprietario. Ora aveva creduto di poter intraprendere una nuova vita, si era inventata anche un nome perfetto, ma le avevano chiesto duemila euro per fare il primo passo!
Madre e figlia tornarono a casa, senza scambiare una parola. Il cellulare squillò più volte: lei guardava il numero sul display, e poi lo rimetteva in tasca. "Perché non rispondi? Non abbiamo un altro appuntamento, nel pomeriggio?" "Infatti, si tratta proprio di questo. Noi non abbiamo i duemila euro." La madre la prese per le spalle. Conosceva l'estrema fragilità emotiva della figlia, e doveva fare qualcosa. "Invece non è così: li abbiamo. Da quando tuo padre è morto, io ho lavorato tutti i giorni, e adesso abbiamo duemila euro. Ne avremo di più, se sarà necessario. Qui in Europa, una donna delle pulizie guadagna bene, perché non piace a nessuno spazzare la sporcizia degli altri. E, comunque, stiamo parlando del tuo futuro. Non dovrai rinunciare." Il telefonino squillò di nuovo. Adesso Jasmine era tornata a essere Cristina, e obbedì alla madre. All'altro capo della linea, la donna si presentò, disse che avrebbe tardato di due ore a causa di un altro impegno e si scusava. "Non importa," replicò Cristina. "Ma, prima di farle sprecare il suo tempo, vorrei sapere quanto dovrò pagare." "Pagare....!" "Sì. Sono reduce da un incontro, durante il quale mi hanno chiesto duemila euro per le foto, il parrucchiere. La donna al telefono rise. "Non ti costerà niente. Conosco il trucco, ma ne parleremo quando verrai."
Lo studio assomigliava a quello del mattino, ma la conversazione fu assai diversa. La fotografa volle sapere perché, ora, il suo sguardo appariva più triste, evidentemente, rammentava il loro primo incontro. Cristina le raccontò della richiesta di poche ore prima e la donna le spiegò che si trattava di una cosa piuttosto normale, sebbene le autorità esercitassero un controllo sempre maggiore riguardo a simili situazioni. In quel preciso momento, in varie parti del mondo, alcune ragazze carine venivano invitate a mostrare il "potenziale" della loro bellezza con l'esborso di cifre considerevoli. Con il pretesto di scoprire nuovi talenti, c'era gente che affittava camere in alberghi di lusso, piazzava delle attrezzature di ripresa, prometteva almeno una sfilata all'anno — in caso contrario, assicurava la "restituzione del denaro" — e chiedeva una fortuna per i servizi fotografici indispensabili. Gente che ingaggiava professionisti falliti come truccatori e parrucchieri, suggeriva scuole e corsi per indossatrice - e spesso spariva senza lasciare traccia. Cristina aveva avuto la fortuna di recarsi in uno studio autentico, tuttavia si era mostrata intelligente al punto da rifiutare l'accordo. "È qualcosa che appartiene alla vanità umana - e non c'è niente di sbagliato, purché tu sappia difenderti, è chiaro. Succede non solo nel campo della moda, ma anche in molti altri settori: scrittori che si autopubblicano le opere, pittori che sponsorizzano le proprie mostre, cineasti che si indebitano con l'illusione di raggiungere la fama dei grandi studios, ragazze della tua età che abbandonano tutto e vanno a lavorare come cameriere nelle grandi città, sperando che un giorno un regista si accorga del loro talento e gli regali la popolarità." No, non avrebbe scattato foto adesso. La donna voleva conoscerla meglio, perché premere il pulsante che comanda l'otturatore della macchina fotografica è l'ultima fase di un lungo processo, che comincia con il disvelamento dell'anima di una persona. E così fissarono un appuntamento per il giorno successivo, e parlarono d'altro. "Dovresti scegliere un altro nome." "Jasmine Tiger."
Sì, il desiderio era ricomparso. La fotografa la invitò a trascorrere un fine-settimana in una località di mare alla frontiera con l'Olanda. Passarono oltre otto ore al giorno facendo prove di ogni genere davanti all'obiettivo della macchina fotografica. Lei doveva cercare di raffigurare attraverso le varie espressioni del viso le emozioni che suscitavano parole come: "Fuoco!", o "Seduzione!", o ancora: "Acqua!". Mostrare il lato bello e quello brutto dell'anima. Guardare avanti, guardare di lato, verso il basso, verso l'infinito. Immaginare gabbiani e dèmoni. Pensare di essere aggredita da uomini anziani, abbandonata nel bagno di un bar, violentata da uno o più individui. Sentirsi peccatrice e santa, perversa e innocente. Fecero fotografie all'aperto — il suo corpo era sul punto di congelare per il freddo, ma Jasmine era in grado di reagire a ogni stimolo, di obbedire a ogni suggerimento. Utilizzarono anche uno studiolo allestito in una delle camere dell'alberghetto: scattarono con un sottofondo di musiche diverse, con un'illuminazione modificata di continuo. Jasmine si truccava, la fotografa si occupava di acconciarle i capelli. "Vado bene? Perché stai perdendo il tuo tempo con me?" "Ne parliamo più tardi." La donna passò le notti ad analizzare le immagini, riflettendo, prendendo appunti. Non disse mai se era soddisfatta o delusa dei risultati. Solo il lunedì mattina, Jasmine (a quel punto, Cristina era ormai quasi scomparsa) udì un commento. Si trovavano nella stazione di Bruxelles, in attesa della coincidenza per Anversa. "Sei fantastica. La migliore." "Non è vero." La donna la guardò, meravigliata. "Sì, sei la migliore. Lavoro in questo campo da vent'anni, ho fotografato un'infinità di persone, ho scattato con modelle professioniste e artisti cinematografici. Gente con esperienza. Ma nessuno - assolutamente nessuno - ha mai dimostrato la tua capacità di esprimere i sentimenti.
"E sai come si chiama tutto questo? Talento. Per certe categorie professionali, è facile valutarlo: dirigenti in grado di assumere la gestione di un'azienda sull'orlo del fallimento e portarla in attivo. Sportivi che battono i record. Artisti che riescono a essere attuali per almeno due generazioni con le loro opere. Ma com'è possibile che io possa fare una simile valutazione per una giovane indossatrice? Perché sono una professionista. E tu sei riuscita a rivelare i tuoi angeli e i tuoi dèmoni attraverso l'obiettivo di una macchina fotografica — e questo non è qualcosa di facile. Non sto parlando di giovani che amano vestirsi da vampiri e frequentare feste gotiche. E nemmeno di ragazze che assumono un'aria innocente e cercano di far emergere la pedofilia occulta degli uomini. Sto parlando di autentici dèmoni e di veri e propri angeli." Nella stazione, c'era un viavai di persone. Jasmine controllò l'orario del treno e suggerì di uscire dall'edifìcio aveva voglia di fumare una sigaretta, ma all'interno era proibito. Intanto rifletteva se fosse il caso di dire che cosa provava nell'anima in quel momento. "Può darsi che io abbia del talento ma, in tal caso, sono riuscita a dimostrarlo per un unico motivo. Tra parentesi, nei giorni trascorsi insieme, non hai mai parlato della tua vita privata né, tanto meno, hai domandato qualcosa della mia... Vuoi che ti aiuti con il bagaglio? A livello professionale, la fotografia dovrebbe essere un impegno maschile: ci sono sempre tantissime attrezzature da trasportare." La donna si mise a ridere. "Non ho niente di speciale da raccontare, se non che adoro il mio lavoro. Ho trentacinque anni; sono divorziata e non ho figli. Ho una serie di contratti che mi permettono di vivere abbastanza bene, anche senza grandi lussi. A proposito, vorrei aggiungere qualcosa a ciò che hai detto: se i provini andassero bene, ricorda che non dovrai MAI comportarti come una persona che dipende dalla propria professione per sopravvivere, anche se sarà così. "Se non seguirai il mio consiglio, verrai facilmente manipolata dal sistema. È chiaro che userò le tue foto, e guadagnerò del denaro con esse. Ma da oggi ti consiglio di
avvalerti dei servizi di un agente professionista." Jasmine si accese un'altra sigaretta: ora o mai più. "Sai perché sono riuscita a dimostrare il mio talento? Per qualcosa che non avrei mai pensato che potesse accadermi nella vita: mi sono innamorata di una donna. Che vorrei avere al mio fianco, a guidarmi nei passi che dovrò compiere. Una donna che, con la sua dolcezza e il suo rigore, ha saputo insinuarsi nella mia anima, liberando le cose peggiori e quelle migliori celate negli angoli più profondi dello spirito. E questo non è accaduto dopo lunghe lezioni di meditazione o sedute psicanalitiche, come avrebbe voluto mia madre. Lei ha usato..." Fece una pausa. Aveva paura, ma doveva continuare: non aveva nient'altro da perdere. "Ha usato... una macchina fotografica." Fu come se, in quella stazione, il tempo si fosse fermato. Le persone avevano smesso di camminare, i rumori erano scomparsi, il vento non soffiava più, il fumo della sigaretta si era bloccato nell'aria, tutte le luci si erano spente — tranne quelle di due paia d'occhi che brillavano fissi l'uno nell'altro. "A posto," dice la truccatrice. Jasmine si alza e guarda la sua compagna: sta attraversando con passo svelto il salone trasformato in camerino e controlla dettagli e accessori. Appare nervosa: del resto, è la sua prima sfilata a Cannes e, sulla base dei risultati, potrebbe ottenere un qualche contratto con il governo belga. Vorrebbe avvicinarla e tranquillizzarla. Dirle che va tutto bene, com'era accaduto fino ad allora. Probabilmente udirebbe una replica tipo: "Hai solo diciannove anni, cosa ne sai della vita?" Al che, lei risponderebbe: "Conosco le tue doti, proprio come tu sei a conoscenza delle mie. Conosco la relazione che ha cambiato la nostra vita sin dal giorno in cui, tre anni fa, hai alzato la mano e mi hai sfiorato dolcemente il viso in quella stazione ferroviaria. Eravamo entrambe spaventate, ricordi? Ma siamo sopravvissute alla nostra paura. Grazie a questo, ora io sono qui, e tu, oltre a essere una fotografa eccellente e stimata, ti ritrovi a vivere qualcosa che
hai sempre sognato: disegnare e produrre vestiti." Ma sa che un tale commento sarebbe fuori luogo: dire a qualcuno di calmarsi contribuisce ad acuirne il nervosismo. Si avvicina alla finestra e si accende una sigaretta. Sta fumando molto - ma che può farci? È la sua prima grande sfilata in Francia. *** 4:43 PM. Sulla soglia c'è una giovane in tailleur nero e camicetta bianca. Le domanda il nome, controlla nella lista e la prega di attendere: la suite è piena. Anche due uomini e una donna - forse più giovane di lei - aspettano. Educati, in silenzio, in attesa del proprio turno. "Quanto tempo ci vorrà? Che cosa sta facendo lì, esattamente?" Si pone questa domanda - e ottiene due risposte. La prima le ricorda che deve continuare lungo la strada che ha scelto. Gabriela, l'ottimista, la ragazza che, con perseveranza, è riuscita ad arrivare fin lì, ora deve pensare al grande debutto, agli inviti, ai viaggi a bordo di aerei privati, ai manifesti pubblicitari affìssi nelle capitali di tutto il mondo, ai fotografi presenti stabilmente davanti alla sua casa, interessati al modo in cui si veste, alle boutique dove fa i suoi acquisti, allo sconosciuto rossiccio e muscoloso con il quale è stata vista in un locale di tendenza. Il ritorno vittorioso nella città natale, gli amici con sguardi di invidia e stupore, i progetti benefici che intende sostenere. La seconda le ricorda che Gabriela, l'ottimista, la ragazza che, con perseveranza, è riuscita ad arrivare fin lì, ora sta procedendo sul filo di un rasoio e rischia di perdere l'equilibrio e cadere nell'abisso. Perché Hamid Hussein non sapeva nemmeno della sua esistenza, non l'aveva mai vista truccata e pronta per andare a una festa. Era possibile che il vestito non fosse della misura giusta, e allora avrebbe dovuto essere ritoccato, e così si sarebbe presentata in
ritardo all'appuntamento al Martinez. Lei aveva ormai venticinque anni - ed era possibile che, in quel momento, sullo yacht ci fosse un'altra candidata, perché avevano cambiato idea. Oppure potevano aver scelto scientemente quella strada: incontrare due o tre attrici per decidere quale fosse in grado di imporsi al pubblico. Forse erano state invitate tutt'e tre lì, all'insaputa l'una dell'altra. Paranoia. No, non era paranoia. Solo realismo. Oltre tutto, sebbene Gibson e la Celebrità si impegnassero solo in progetti importanti, il successo non era garantito. E se qualcosa fosse andato storto, la colpa sarebbe stata esclusivamente sua. Il fantasma del Cappellaio Matto di Alice nel paese delle meraviglie era ancora presente. Non aveva un autentico talento: era solo una persona tenace. Non era stata baciata dalla fortuna come molti altri - fino ad allora non era accaduto niente di importante nella sua vita, malgrado avesse lottato giorno e notte, notte e giorno. Dal momento dell'arrivo a Cannes, non si era concessa un attimo di riposo: aveva distribuito i suoi book — le erano costati tantissimo - a varie agenzie di casting, ma le avevano fruttato un solo provino. Se fosse stata davvero speciale, a quel punto avrebbe già avuto diverse offerte e si sarebbe trovata nella posizione di dover scegliere quale ruolo accettare. Stava facendo sogni troppo grandi: presto avrebbe assaporato il gusto della sconfitta, che sarebbe risultato assai amaro, dato che aveva quasi raggiunto la meta: i suoi piedi avevano calpestato la riva dell'oceano della fama... ma non ce l'aveva fatta a entrare. "Ecco le vibrazioni negative. Le sento. Devo controllarmi." Non può certo mettersi a fare degli esercizi yoga davanti a quella donna in tailleur nero e a quei due tizi che attendono in silenzio. Deve scacciare i pensieri negativi: ma da dove provengono? Poiché aveva letto numerosi testi sull'argomento in un periodo durante il quale pensava di non riuscire a ottenere niente a causa dell'invidia altrui, è certa che gli influssi malevoli provengano da qualche attrice
esclusa dalla selezione che, in quel momento, stava concentrando la propria energia per riottenere la parte. Sì, riusciva a sentire tutto ciò, ERA VERO! L'unica via d'uscita era lasciare che la mente abbandonasse quel corridoio e andasse in cerca del suo Io Superiore, il quale si compenetra con tutte le forze dell'Universo. Trae un respiro profondo, sorride e dice a se stessa: 'In questo momento, sto diffondendo intorno a me l'energia dell'amore, che è più potente di tutte le forze delle ombre. Il Dio che dimora in me comunica con il Dio che vive in ogni abitante della Terra, anche in quelli che. Risuona una risata. La porta della suite si apre: una coppia di attrici e un gruppo di giovani di entrambi i sessi, sorridenti e allegri, escono e si dirigono verso l'ascensore. Dopo aver raccolto le decine di sacche lasciate accanto alla soglia, i due uomini e la donna entrano e si uniscono a una piccola folla che li aspetta. Evidentemente, sono assistenti, autisti, segretari. "È il suo turno," le dice la ragazza in tailleur. "La meditazione non fallisce mai." Lei sorride alla giovane - e quasi le manca il respiro. L'interno della suite sembra una grotta stipata di tesori: occhiali di varie marche e fogge, attaccapanni carichi di vestiti, valigie di diversi modelli, gioielli, prodotti di bellezza, orologi, scarpe, calze, apparecchiature elettroniche. Una signora bionda, che ha una lista in mano e un cellulare appeso al collo, le va incontro. Verifica la presenza del suo nome sull'elenco e la prega di seguirla. "Non abbiamo molto tempo. Dedichiamoci subito a ciò che ci interessa." Si avviano verso una delle camere, dove Gabriela scorge altri tesori: tutto è lusso e glamour. Ha sempre ammirato quegli oggetti nelle vetrine, ma non ha mai avuto occasione di avvicinarsi a essi - se non quando erano indossati da altre persone. Ora tutte quelle cose la stanno aspettando. Dev'essere rapida e decidere subito. "Posso cominciare dai gioielli?" "Non potrai scegliere niente. Sappiamo già quello che
"HH" desidera. E dovrai restituirci il vestito domattina." "HH": Hamid Hussein. Sanno già cosa desidera per lei. Attraversano la camera. Sul letto e sui mobili sono disseminati altri prodotti: magliette, vasetti di spezie e condimenti, un espositore di una nota marca di macchine per il caffè con accanto vari esemplari in confezione regalo. Entrano in un corridoio, alla fine del quale si aprono le porte di un salone più grande. Gabriela non immaginava che gli alberghi disponessero di suite così gigantesche. "Eccoci nel Tempio." Un elegante pannello orizzontale bianco con il logo del famoso marchio di alta moda campeggia sopra un enorme letto matrimoniale. Una creatura androgina Gabriela non saprebbe dire se si tratta di un uomo o di una donna - le aspetta in silenzio. È estremamente magra, con i lunghi capelli di un colore indefinito, le sopracciglia rasate, una serie di anelli alle dita e alcune catene che ornano dei pantaloni aderenti. "Spogliati." Gabriela si leva la maglietta e i jeans, mentre cerca ancora di indovinare il sesso dell'altra persona che, in questo momento, si è avvicinata a uno dei grandi attaccapanni e ha preso un vestito rosso. "Togliti anche il reggiseno. E' visibile sotto l'abito." Nella camera c'è uno specchio enorme, ma è posizionato in modo da non consentirle di vedere se il vestito le stia bene. "Dobbiamo sbrigarci. Hamid ha detto che, oltre che partecipare alla festa, la ragazza deve 'salire la scalinata.' "SALIRE LA SCALINATA!" La frase magica! Il vestito non le dona particolarmente. La donna e la creatura androgina si agitano. La donna chiede che le vengano portati due, tre abiti differenti: la ragazza dovrà " salire la scalinata" con la Celebrità che, a questo punto, sarà ormai pronta. "Salire la scalinata" con la Celebrità! Stava forse sognando? Decidono per un vestito lungo, dorato, aderente, con una scollatura profonda fin quasi alla vita. Nella parte
superiore, all'altezza dei seni, una catena d'oro limita l'apertura: l'immaginazione umana potrà completare la visione. La donna è nervosa. L'androgino è uscito di nuovo e sta rientrando con una sarta, che provvede agli indispensabili ritocchi all'orlo. Se adesso Gabriela potesse intervenire, le direbbe di non farlo: cucendo un abito indosso a una persona anche il suo destino viene cucito e, dunque, interrotto. Ma non è un momento di superstizioni - e molte attrici famose devono affrontare situazioni analoghe pressoché tutti i giorni, ma non gli capita mai niente di male. Arriva una terza persona: regge una valigia enorme. Va in un angolo della sala e la apre: è una sorta di postazione portatile per il trucco, che rivela pure uno specchio incorniciato di luci. L'androgino è davanti a Gabriela, inginocchiato come una Maddalena pentita, e le fa provare decine di scarpe. Una Cenerentola! Che fra poco incontrerà il Principe Azzurro, insieme al quale "salirà la scalinata"! "Queste sono perfette," commenta la donna. L'androgino comincia a riporre le altre scarpe nelle scatole. "Spogliati di nuovo. Finiremo i ritocchi del vestito mentre ti acconciano i capelli e ti truccano. Che bello, le cuciture sul corpo sono finite. Il suo destino fluisce di nuovo. Indossa solo le mutandine, quando viene condotta in bagno, dove c'è una postazione portatile da coiffeur: un uomo dalla testa rasata - la persona della valigia - la prega di accomodarsi e rovesciare la testa all'indietro, sopra una sorta di bacinella di acciaio. Per lavarle i capelli utilizza una doccia manuale adattata al rubinetto del lavandino; come tutte le persone lì dentro, anche lui sembra sull'orlo di una crisi di nervi. Reclama per il rumore proveniente dall'esterno: ha bisogno di tranquillità per poter lavorare bene - nessuno gli dà ascolto. Inoltre, non gli viene mai concesso il tempo per realizzare le sue creazioni - sempre all'ultimo secondo. "Nessuno riesce a comprendere l'enorme responsabilità che pesa sulle mie spalle."
Non si sta rivolgendo a Gabriela, ma a se stesso. E continua: "Quando sali quella scalinata, credi forse che stiano guardando te? No, guardano il mio lavoro. Il MIO trucco. La MIA acconciatura. Tu sei solo una tela su cui io dipingo, disegno, elaboro le mie opere. Se avrò sbagliato, cosa diranno gli altri? Potrei anche perdere il lavoro, lo sapevi?" Gabriela si sente offesa, ma è qualcosa a cui deve abituarsi. Il mondo del glamour e della notorietà è questo. In seguito, quando sarà davvero famosa, sceglierà di lavorare solo con persone educate e gentili. Per ora, preferisce rifugiarsi nella sua virtù più grande: la pazienza. Il discorso del coiffeur è interrotto dal rumore del phon, simile a quello di un aereo in fase di decollo. Perché mai reclama del rumore che c'è fuori? Le asciuga i capelli con una certa foga; poi la fa spostare alla postazione per il trucco. Lì, l'umore dell'uomo cambia completamente: in silenzio, osserva la figura nello specchio, come se fosse in un altro mondo. Si sposta ora a destra, ora a sinistra; utilizza il phon e la spazzola proprio come Michelangelo usava il martello e lo scalpello per lavorare al "David". Gabriela si sforza di tenere lo sguardo fisso davanti a sé; le sovvengono i versi di un poeta portoghese: Lo specchio riflette in modo esatto: non commette errori perché non pensa. Pensare significa essenzialmente commettere errori. La donna e l'androgino tornano. Ormai mancano solo venti minuti all'arrivo della limousine che la condurrà al Martinez, dove incontrerà la Celebrità. Lì è pressoché impossibile posteggiare: deve essere puntuale al secondo. Il coiffeur mormora qualcosa, come se fosse un artista incompreso dai committenti, ma sa perfettamente di avere il tempo per rispettare gli orari. Attacca a lavorare sul viso della ragazza come se fosse Michelangelo che dipinge gli affreschi della Cappella Sistina. La limousine! "Salire la scalinata!" La Celebrità! Gabriela si sforza di non pensare a tutto ciò, per non farsi contagiare dallo stress e dal malumore che regnano lì: le
vibrazioni negative potrebbero ripresentarsi. Vorrebbe domandare che cosa significa quella suite stipata di una gran varietà di oggetti, ma deve comportarsi come se fosse abituata a frequentare luoghi del genere. Michelangelo dà gli ultimi ritocchi alla propria opera sotto lo sguardo severo della donna e gli occhi assenti dell'androgino. Lei si alza, viene aiutata a vestirsi rapidamente, infila le scarpe — è tutto a posto, grazie a Dio. Da qualche parte nel salone prendono una borsetta di cuoio Hamid Hussein. L'androgino la apre, estrae una parte dell'imbottitura di carta che la tiene in forma, la osserva con la solita aria assente - sembra approvarne il volume attuale - e gliela consegna. La donna le da quattro copie di un lunghissimo contratto; sui margini dei fogli sono appiccicati dei piccoli indicatori rossi, con la scritta: "Firmare qui." "Puoi firmarlo senza leggere, oppure portarlo a casa, o telefonare al tuo avvocato, o dire che hai bisogno di più tempo per prendere una decisione. In qualsiasi caso, dovrai salire quella scalinata, perché ormai non possiamo fare altro. Anche se non restituirai il contratto domani mattina, dovrai obbligatoriamente rendere il vestito." Lei si ricorda del messaggio inviato dall'agente: " Accetta qualsiasi cosa." Prende la penna che le viene porta, apre le pagine del contratto segnate dagli indicatori e firma rapidamente. Non ha proprio niente da perdere. Se le clausole sono inique, potrà sicuramente intraprendere un'azione legale, sostenendo di essere stata quasi obbligata a firmare: ma prima deve fare ciò che ha sempre sognato. La donna prende le copie e scompare senza neanche salutarla. Il Michelangelo sta richiudendo la postazione portatile per il trucco, sempre immerso nel suo mondo dominato dall'ingiustizia, dove il suo lavoro non viene riconosciuto, dove non ha il tempo di seguire la sua ispirazione, e dove se qualcosa andrà storto la colpa sarà soltanto sua. L'androgino la invita a seguirlo fino alla porta della suite, consulta l'orologio — sul quadrante del quale Gabriela nota un teschio - e, per la prima volta da quando si sono incontrati, parla.
"Mancano ancora tre minuti," dice. "Non puoi scendere adesso e rimanere esposta alla vista di tutti. Comunque, ho l'obbligo di accompagnarti alla limousine." Di nuovo quella tensione: lei non sta più pensando alle limousine, alle celebrità, alla scalinata. Ora ha paura. Ha bisogno di parlare. "Cos'è questa suite? Perché ci sono tanti oggetti di ogni genere?" "Incluso un safari in Kenya," replica l'androgino, indicando un certo angolo. In effetti, lei non aveva notato un discreto striscione di una compagnia aerea, e alcune buste posate sopra un tavolo. "Gratuito, come tutto il resto qui dentro, tranne i vestiti e gli accessori del Tempio." "Macchine per il caffè, apparecchiature elettroniche, vestiti, borse, orologi, articoli di bigiotteria, safari in Kenya. Tutto gratis?" "So quello che stai pensando," dice l'androgino, con una voce né maschile né femminile, ma che sembra appartenere a un alieno. "Sì, gratuito. O meglio, uno scambio paritario, giacché su questo mondo niente è gratis. È una delle molte Stanze dei Regali sparse in tutta Cannes durante il periodo del Festival. Gli "eletti" entrano e scelgono ciò che desiderano: sono persone che poi se ne andranno in giro con la camicia di A e gli occhiali di B, daranno ricevimenti per altre persone importanti e, alla fine della festa, si rifugeranno in cucina a prepararsi un caffè con un nuovo modello di macchina. Trasporteranno i loro notebook in borse create da C, finiranno per consigliare le creme di D, che stanno per essere lanciate sul mercato - si sentiranno importanti per il fatto di possedere alcuni oggetti esclusivi, non ancora immessi nei circuiti commerciali. Andranno in piscina con la bigiotteria di E, saranno fotografate con la cintura di F - anche questi, prodotti assenti dalle vetrine. Quando ci arriveranno, la Superclasse li avrà pubblicizzati a sufficienza — non perché siano beni che apprezza, ma perché non sono accessibili a nessun altro. A quel punto, i comuni mortali spenderanno i loro risparmi per comprare quegli oggetti. Niente di più semplice, mia cara. I produttori investono
in campionari, e gli eletti si trasformano in manifesti pubblicitari ambulanti. "Ma non essere depressa: tu non ci sei ancora arrivata." "E che cosa c'entra con tutto questo il safari in Kenya?" "C'è forse pubblicità migliore di una coppia di mezz'età che torna entusiasta da un'avventura nella savana, con la memoria della macchina fotografica piena di immagini, raccomandando questo viaggio esclusivo? Tutti gli amici vorranno vivere la stessa esperienza. Lo ripeto: non c'è assolutamente niente di gratuito su questo mondo. Ma... i tre minuti sono passati: è ora di scendere e prepararsi a salire la scalinata." Una Maybach bianca li aspetta. L'autista, con guanti e berretto, apre lo sportello. L'androgino le dà le ultime istruzioni: "Dimentica il film: non è per quello che salirai la scalinata. Arrivata in cima, saluta il direttore del Festival e il sindaco. Appena entrata nel Palazzo dei Congressi, dirigiti verso il bagno che si trova al primo piano. Alla fine del corridoio, svolta a sinistra ed esci dalla prima porta laterale. Fuori ci sarà qualcuno ad attenderti: sa come sei vestita e ti condurrà a un'altra seduta di maquillage. Poi potrai riposare qualche momento sulla terrazza. Ci rincontreremo lì, e io ti accompagnerò alla cena di gala." "Ma i registi e i produttori non saranno irritati per il mio comportamento?" L'androgino ha sollevato rapidamente le spalle ed è tornato verso l'albergo con la sua andatura ritmata e strana. Il film? Il film non aveva alcuna importanza. L'importante era: "SALIRE LA SCALINATA!" Un'espressione locale che identifica la passerella lungo il tappeto rosso, il corridoio supremo della fama, il luogo dove tutte le celebrità del mondo del cinema, delle arti, del lusso venivano immortalate: poi il materiale fotografico era distribuito dalle agenzie ai quattro estremi del globo, pubblicato su innumerevoli riviste, dall'America all'Oriente, dal Nord al Sud del pianeta. "L'aria condizionata va bene, Madame?"
Gabriela rivolge un cenno affermativo all'autista. "Se desidera bere qualcosa, c'è una bottiglia di champagne ghiacciato nella consolle alla sua sinistra." Lei apre la consolle e prende una coppa di cristallo e la bottiglia. Con la mano lontana dall'abito, la stappa e beve il vino spumante. Lo trangugia, riempie di nuovo la coppa e beve ancora. Fuori, teste di curiosi si protendono per vedere chi viaggia su quell'auto immensa dai vetri fumé, che percorre la corsia riservata. Ben presto, la Celebrità e lei sarebbero stati insieme, vicini: l'inizio non solo di una nuova carriera, ma di un'incredibile, stupenda, intensa storia d'amore. Gabriela è una donna romantica, e ne è orgogliosa. Si ricorda di aver lasciato la borsa e i vestiti nella Stanza dei Regali. A questo punto, non aveva più la chiave dell'appartamento in cui alloggiava e non sapeva dove andare al termine della serata. Del resto, se in futuro avesse deciso di scrivere un libro sulla sua vita, non sarebbe stata in grado di raccontare lo sviluppo degli accadimenti di quel giorno: dal risveglio in un appartamento disseminato di vestiti e materassini, priva di un lavoro e di pessimo umore, al fatto di ritrovarsi sei ore dopo in una limousine, pronta a sfilare sul tappeto rosso davanti a una folla di giornalisti, accanto a uno degli uomini più desiderati del pianeta. Le tremano le mani. Pensa di bere un'altra coppa di champagne, ma decide di soprassedere: non vuole correre il rischio di presentarsi brilla sugli scalini che conducono alla fama. "Rilassati, Gabriela. Non dimenticare chi sei. Non lasciarti coinvolgere da tutto ciò che sta accadendo in questo momento. Sii realista." Si ripete di continuo queste frasi mentre l'auto si avvicina all'Hotel Martinez. Ma, che lo voglia o no, non potrà tornare a essere quella di prima. Non c'è alcuna porta d'uscita - se non quella che l'androgino le ha indicato e che la condurrà ai piedi di una montagna ancora più alta. ***
4:52 PM. Persino il Re dei Re, Gesù Cristo, dovette affrontare la prova davanti alla quale ora si trova Igor: la seduzione del demonio. E lui ha bisogno di aggrapparsi con le unghie e con i denti alla fede, per non vacillare nella missione che gli è stato concesso di assolvere. Il demonio gli sta chiedendo di fermarsi, di perdonare, di allontanare ogni dubbio. Il demonio è un professionista eccelso e intimorisce i deboli con sensi di colpa, preoccupazioni, impotenza, disperazione. Per i forti, le tentazioni sono più raffinate: buone intenzioni. È quanto il demonio mise in pratica con Gesù, allorché lo incontrò nel deserto: gli suggerì di trasformare i sassi in pane. Così, non solo avrebbe potuto saziare la propria fame, ma anche quella di tutti coloro che imploravano del cibo. Ma Gesù si comportò con la saggezza che lo connotava come il Figlio di Dio. Rispose che l'uomo non vive di solo pane, bensì di ciò che viene dallo Spirito. Buone intenzioni, virtù, integrità... che cosa sono veramente? Alcuni uomini che si dicevano virtuosi e integerrimi perché obbedivano ai propri governanti finirono per creare i campi di concentramento. Alcuni medici che vivevano nella convinzione che il comunismo fosse un sistema giusto diagnosticarono forme di demenza ed esiliarono in Siberia molti intellettuali schierati contro il regime. Tantissimi soldati vanno in guerra e uccidono in nome di un ideale che neppure conoscono, animati da buone intenzioni, virtù, integrità. Niente di tutto ciò è vero. Il peccato per il bene è una virtù; la virtù per il male è un peccato. Nel caso di Igor, il perdono è il sentimento che il Maligno ha insufflato nella sua anima per scatenare un conflitto. Gli dice: "Non sei l'unico a trovarsi in questa situazione. Molti sono stati abbandonati dalla persona amata, eppure sono riusciti a trasformare l'amarezza in felicità. Pensa alle famiglie di coloro che, per mano tua, hanno appena lasciato questo mondo: saranno in preda all'odio, alla sete di vendetta,
all'amarezza. È così che pensi di migliorare il mondo? È questo che intendi offrire alla donna che ami?" Ma Igor sa di essere più saggio delle tentazioni che ora sembrano possedere la sua anima: se riuscirà a resistere, quella voce finirà per stancarsi e scomparirà. Soprattutto perché una delle persone che ha spedito in cielo è sempre più presente nella sua vita: la ragazza dalle sopracciglia folte gli ripete che va tutto bene, che esiste una grande differenza tra perdonare e dimenticare. Non c'è odio nel suo cuore, e lui non sta agendo per vendicarsi del mondo. Il demonio insiste, ma lui deve mostrarsi deciso e irremovibile: deve rammentare la ragione per cui è lì. Entra nella prima pizzeria che scorge. Ordina una margherita e una coca-cola. È meglio che mangi qualcosa adesso, giacché non riuscirà - non c'è mai riuscito - a farlo durante una cena con altre persone. Tutti si sentono in obbligo di mantenere viva la conversazione, in un'atmosfera rilassata, e adorano interromperlo proprio quando sta per gustare un boccone della deliziosa portata che ha davanti. In occasioni normali, ha sempre un piano per evitare queste situazioni: subissare i commensali di domande, in maniera che abbiano modo di parlare di cose intelligenti, mentre lui cena tranquillo. Ma questa sera non è particolarmente ben disposto verso la conversazione e la socialità. Sarà antipatico e distante. In caso estremo, potrà addurre che non conosce la lingua. Sa che nelle prossime ore la Tentazione sarà tremendamente forte, quasi insopportabile, e lo implorerà di fermarsi, di rinunciare a tutto. Ma lui non intende piegarsi a essa: il suo obiettivo è portare a compimento la missione programmata, anche se il motivo che lo ha spinto ad agire sta cambiando. Non ha la minima idea se tre morti violente rientrino nella normale statistica di una giornata a Cannes. Se così fosse, la polizia non sospetterà che stia accadendo qualcosa di strano. Gli agenti continueranno nelle consuete procedure burocratiche e lui, come previsto, potrà ripartire nelle prime ore del mattino. E tanto meno sa se lo abbiano identificato: pensa alla coppia di passanti che ha salutato la venditrice, a
una delle guardie del corpo della seconda vittima, a chi aveva assistito all'assassinio della donna. Ora la Tentazione sta cambiando strategia: vuole spaventarlo, come fa con i deboli. A quanto pare, il demonio non ha idea di come siano andate le cose e di come lui sia uscito rafforzato dalla prova che il destino gli ha imposto. Prende il cellulare e digita un messaggio. Immagina la reazione di Ewa quando lo riceverà. Nel suo intimo, qualcosa gli dice che sarà spaventata e, nel contempo, contenta. Dev'essere profondamente pentita del passo che ha compiuto due anni addietro - allorché si è lasciata tutto alle spalle, compresi abiti e gioielli, e ha chiesto al suo avvocato di contattarlo per le pratiche di divorzio. Motivo: incompatibilità di carattere. Come se tutte le persone interessanti del mondo potessero avere le medesime opinioni e condividere moltissime scelte. Era chiaramente una menzogna: sua moglie si era innamorata di un altro. Passione. Chi sulla faccia della terra può dire, dopo oltre cinque anni di matrimonio, di non aver guardato e desiderato di trovarsi al fianco di un'altra persona? Chi può dire di non aver tradito almeno una volta, quand'anche il tradimento sia avvenuto soltanto nella fantasia? E quante donne e uomini hanno lasciato il tetto coniugale, prima di scoprire che la passione scema e tornare dai precedenti partner? Un po' di maturità, e tutto sarebbe stato dimenticato. È qualcosa di normale, accettabile: è insito nella struttura biologica dell'uomo. Di certo, Igor ha dovuto impararlo gradualmente. All'inizio, ha istruito gli avvocati affinchè si dimostrassero estremamente rigidi - se Ewa intendeva lasciarlo, doveva rinunciare al patrimonio che avevano accumulato insieme, centesimo dopo centesimo, in quasi vent'anni. Si era ubriacato per una settimana, mentre aspettava la risposta: gliene importava assai poco del denaro, si comportava così perché la rivoleva a qualunque costo, e quella era l'unica forma di pressione che conosceva. Ewa era una persona integra. I suoi avvocati avevano accettato le condizioni.
La stampa aveva appreso la notizia della separazione proprio dai giornali lui era venuto a conoscenza della nuova relazione della ex moglie. Uno dei sarti più famosi del globo, una persona che veniva dal nulla, proprio come lui. Che aveva circa quarantanni. Che era conosciuta come una gran lavoratrice, priva di arroganza. Come lui. Non riusciva a capire cosa fosse accaduto. Poco prima di partire per una fiera della moda a Londra, avevano trascorso un raro momento di romantica solitudine a Madrid. Sebbene avessero viaggiato sul loro jet privato e fossero scesi in un albergo dotato di ogni comfort, avevano deciso di riscoprire il mondo insieme con umiltà. Non prenotavano i ristoranti, facevano lunghe code nei musei, usavano il taxi anziché la limousine sempre a disposizione, camminavano e si smarrivano nella città. Mangiavano robustamente, e bevevano ancora di più — rientravano esausti e felici, ed erano tornati a fare l'amore tutte le notti. Entrambi si erano imposti di non utilizzare i loro notebook e di non accendere i cellulari. Ce l'avevano fatta. Tornarono a Mosca con il cuore colmo di ricordi e il sorriso sulle labbra. Lui si immerse di nuovo nel lavoro, e fu sorpreso di vedere che le cose erano andate a gonfie vele nonostante la sua assenza. Ewa partì per Londra la settimana successiva, e non tornò più. Igor si rivolse a uno dei migliori servizi di investigazione privata - di solito, impiegato per lo spionaggio industriale o politico -, e fu costretto a visionare centinaia di foto nelle quali sua moglie compariva mano nella mano con un nuovo compagno. I detective riescono anche a procurarle "un'amica" perfettamente adatta a lei, sfruttando le informazioni fornite dall'ex marito. Ewa la incontra per caso in un negozio: è appena arrivata dalla Russia, dov'è stata "abbandonata dal marito"; non trova lavoro per via delle leggi britanniche, e ora è ridotta davvero alla fame. All'inizio, Ewa si mostra diffidente, poi si risolve ad aiutarla. Ne parla con il compagno, che decide di affrontare quel rischio e la fa assumere in uno dei suoi uffici, anche
se non ha i documenti in regola. La donna è l'unica amica di Ewa che parla la sua lingua. È sola. Ha avuto problemi matrimoniali. Secondo gli psicologi della società di investigazione, rappresenta il modello ideale per ottenere le informazioni desiderate: infatti sanno che Ewa non è ancora riuscita a inserirsi nel nuovo ambiente, e rientra nel normale istinto di ogni essere umano condividere le proprie questioni intime anche con una persona pressoché sconosciuta in una situazione simile. Non per trovare una risposta: semplicemente per sfogarsi, per sgravare la propria anima. L'"amica" registra tutte le conversazioni, che finiscono sul tavolo di Igor - e sono più importanti dei documenti da firmare, degli inviti da accettare, dei regali da inviare ai clienti ad alto valore, ai fornitori, ai politici, agli imprenditori. I nastri risultano molto più utili - e molto più dolorosi - delle foto. Igor scopre che la relazione con il famoso sarto è iniziata qualche tempo prima, durante la Settimana della Moda di Milano, dove gli amanti si erano incontrati per motivi professionali. All'inizio, Ewa aveva resistito lo spasimante era sempre circondato dalle donne più belle del mondo, e all'epoca lei aveva già trentott'anni. Poi avevano finito per andare a letto insieme, a Parigi, la settimana successiva. Quando Igor udì questo racconto si accorse di essere pervaso dall'eccitazione, e non riuscì a capire se fosse una risposta del proprio corpo. Perché il semplice fatto di immaginare sua moglie nell'atto di venir penetrata da un altro uomo gli provocava un'erezione, anziché un moto di ripulsa? Fu l'unico momento in cui ritenne di aver perso la ragione. E decise di procedere a una sorta di confessione pubblica, per alleviare i sensi di colpa. Conversando con gli amici, raccontò di un tizio - un "conoscente" — che provava un piacere immenso nell'apprendere i particolari delle relazioni extraconiugali della moglie. A questo punto, ebbe una sorpresa. All'inizio, gli amici - quasi tutti importanti uomini
d'affari o esponenti politici di varie estrazioni sociali - si dissero scandalizzati. Ma, dopo il decimo bicchiere di vodka, confessarono che quella era una delle cose più eccitanti che potesse avvenire in un matrimonio. Un tipo, addirittura, raccontò che chiedeva alla moglie di riferirgli i dettagli più sordidi e le frasi che si erano scambiati. Un altro confessò che i circoli di swing- i locali per scambisti frequentati da coppie pronte a concedersi esperienze sessuali collettive costituivano la terapia ideale per salvare un matrimonio. Un'esagerazione. Ma lui fu felice di sapere che non era l'unico uomo a eccitarsi nell'apprendere dei rapporti adulterini della moglie. E si sentì contento per il fatto di conoscere assai poco il genere umano, soprattutto gli uomini - i loro discorsi affrontavano sempre e soltanto gli affari, ed entravano di rado nella sfera personale. Igor ripensa a quei nastri. Alla Settimana della Moda di Londra (sette giorni dopo, giacché le manifestazioni erano consecutive per favorire lo spostamento dei professionisti), quel famoso sarto era già innamorato. E non era difficile crederlo, poiché aveva incontrato una delle donne più speciali del mondo. Dal canto suo, Ewa era assalita da mille dubbi: Hussein era il secondo uomo con cui faceva l'amore, entrambi operavano nello stesso campo e lei si sentiva decisamente inferiore. Avrebbe dovuto rinunciare al sogno di lavorare nella moda, perché reputava impossibile competere con il futuro marito - e, di conseguenza, sarebbe tornata a essere una semplice casalinga. Ma c'era qualcosa di peggiore: non riusciva a spiegarsi come una persona così potente potesse interessarsi di una russa prossima alla mezz'età. Se lei gli avesse concesso almeno un'occasione, Igor avrebbe potuto spiegarglielo. La sua presenza era in grado di risvegliare la luce di coloro che la circondavano, facendo in modo che tutti dessero il meglio di sé e risorgessero dalle ceneri del passato inondati di luminosità e speranza. Era accaduto proprio questo al giovane reduce di una guerra sanguinosa e inutile. Di nuovo la Tentazione. Il demonio gli dice che la situazione è differente: in realtà, lui è riuscito a superare il
trauma grazie al lavoro compulsivo. Per quanto gli psichiatri lo considerino anche un disordine psicologico, è un modo di sanare le ferite attraverso il perdono e l'oblio. D'altronde, Ewa non era particolarmente importante: Igor deve smetterla di far risalire tutte le proprie emozioni a un rapporto che non esiste più. "Non sei affatto il primo," ripete il demonio. "Sei spinto ad agire per il male nella convinzione di risvegliare il bene." Igor comincia a innervosirsi. E' un uomo buono, e ogni volta che si è dovuto comportare in maniera dura, ha agito solo in virtù di una causa più grande: servire il paese, evitare che gli esclusi soffrissero inutilmente, porgere l'altra guancia e, insieme, usare la frusta, come aveva fatto Gesù Cristo, il suo unico modello di vita. Si fa il segno della croce, sperando che la Tentazione si allontani. Si costringe a ricordare quei nastri, le parole di Ewa, la sua strana infelicità con il nuovo compagno. E la sua decisione di non tornare sui propri passi, perché era stata sposata con uno "squilibrato". Che assurdità! Evidentemente, era stata sottoposta a una sorta di lavaggio del cervello nel suo nuovo ambiente. Doveva frequentare delle pessime compagnie. Igor è sicuro che mentisse quando diceva all'"amica" russa di aver deciso di sposarsi per un unico motivo: la paura di rimanere sola. Da giovane, Ewa si sentiva respinta dagli altri, non riusciva mai a essere se stessa - era costretta a fingere di interessarsi alle cose che piacevano alle amiche, a partecipare ai loro giochi durante le feste, a dirsi in cerca di un uomo bello, che le desse una certa sicurezza nella vita domestica, alcuni figli e la fedeltà coniugale. "Tutte menzogne," pensa lui. In realtà, Ewa aveva sempre sognato l'avventura e l'ignoto. Se, da giovane, avesse potuto scegliere una professione, avrebbe optato per un'attività in campo artistico. Sin da bambina, adorava creare dei collage con le illustrazioni delle riviste del Partito Comunista: pur detestando le immagini, riusciva a rendere vive quelle figure cupe e a gioire dei risultati. Per le difficoltà di trovare dei vestitini per le bambole, Ewa le abbigliava con modelli che realizzava con le proprie mani. Non solo amava le sue creazioni, ma si
ripeteva che, un giorno, sarebbe stata in grado di fare la stessa cosa per i grandi. Nella defunta Unione Sovietica, la moda non esisteva. Si iniziò a conoscere quanto accadeva nel resto del mondo solo dopo la caduta del Muro di Berlino, allorché le riviste straniere cominciarono a entrare nel paese. Era ormai un'adolescente, e realizzava dei collage estremamente vivaci e interessanti; poi, un giorno, decise di confessare alla famiglia il suo sogno: disegnare abiti. Ma, al termine degli studi superiori, i genitori la iscrissero alla facoltà di Diritto. Nonostante la felicità per la libertà riconquistata, alcune idee capitalistiche avrebbero distrutto il paese, allontanando il popolo dalla vera arte, sostituendo Tolstoj e Puskin con romanzi di spionaggio e corrompendo il balletto classico con le moderne aberrazioni concettuali. La loro unica figlia doveva essere allontanata rapidamente dal degrado morale sopraggiunto con la coca-cola e le automobili di lusso. All'università, Ewa incontrò un giovane bello e ambizioso, che la pensava proprio come lei: "È impossibile immaginare un ritorno del regime sotto cui hanno vissuto i nostri genitori. Quel periodo è passato — e per sempre. È arrivato il momento di iniziare una nuova vita." Ewa adorò subito quel giovane. Cominciarono a frequentarsi. Era un ragazzo con un'intelligenza brillante e avrebbe ottenuto grandi risultati nella vita. E poi sapeva capirla. Aveva combattuto in Afghanistan, era stato ferito durante un'azione — niente di serio, però. Non si lagnava mai del passato e, per molti anni del loro rapporto, non palesò mai alcun segno di squilibrio o i postumi di qualche trauma. Una mattina, lui arrivò all'appuntamento con un mazzo di rose. Le disse che stava per lasciare l'università: intendeva mettersi in affari. In seguito, le chiese di sposarlo. Lei accettò. Sebbene provasse soltanto ammirazione e un sentimento di cameratismo, pensava che l'amore sarebbe nato con il tempo e la convivenza. Di certo, quel ragazzo era l'unica persona che davvero la capiva e la stimolava: se si fosse lasciata sfuggire quell'occasione, forse non avrebbe mai più trovato qualcuno che l'accettasse com'era.
Si sposarono senza troppe formalità, e senza l'appoggio della famiglia. Il giovane si procurò il denaro necessario, facendoselo prestare da alcune persone che lei reputava pericolose - ma non esistevano soluzioni alternative. A poco a poco, l'azienda del giovane crebbe. Dopo quasi quattro anni di convivenza, con molto timore, lei avanzò la sua prima richiesta: il marito avrebbe dovuto restituire immediatamente tutto il denaro dei prestiti, anche se quei tizi non sembravano molto interessati al rientrare della somma. Lui acconsentì, - in seguito, l'avrebbe ringraziata spesso. Gli anni passarono, tra inevitabili sconfitte e notti insonni, finché le cose migliorarono decisamente. Da quel momento, il brutto anatroccolo della favola cominciò a scomparire: si trasformò in un cigno bellissimo, desiderato da tutti. Ewa si lamentava della sua vita da casalinga. E lui, anziché reagire come i mariti delle sue amiche, per i quali il lavoro era un sinonimo di femminilità negata, le acquistò una boutique in un elegante centro commerciale di Mosca. Iniziò con la vendita di alcuni modelli delle grandi firme dell 'haute couture, poiché non osava proporre le sue creazioni. Ma nel lavoro trovava anche altri compensi e soddisfazioni: viaggiava per partecipare ai principali eventi della moda e incontrava persone interessanti. Fu allora che conobbe Hamid. Finora non sapeva se lo amasse — probabilmente la risposta sarebbe stata: "No." Ma accanto a lui si sentiva a proprio agio. Si disse che non aveva niente da perdere quando, confessandole di non aver mai incontrato una persona così intrigante, le propose di andare a vivere insieme. Ewa non aveva figli. E suo marito poteva dirsi sposato con il lavoro: forse non avrebbe neppure notato la sua assenza. "Mi sono lasciata tutto alle spalle," affermava Ewa, in uno dei nastri. "E non mi pento della mia decisione. L'avrei presa anche se Hamid non avesse comprato - contro la mia volontà — quella bellissima tenuta in Spagna, intestandomela. Avrei assunto la medesima decisione anche se Igor, il mio ex marito, mi avesse offerto metà del suo patrimonio. Avrei fatto la stessa scelta perché so che non devo più avere paura. Se uno degli uomini più desiderati del mondo decide di
stare accanto a me, sono migliore di quanto io pensi." Ascoltando un altro nastro, Igor giunge a formulare l'ipotesi che la donna amata abbia dei seri problemi psicologici. "Mio marito ha perso la ragione. Non so se a causa della guerra, o per lo stress derivante dall'eccessivo carico di lavoro, ma è convinto di poter comprendere i disegni di Dio. Prima di decidere di andarmene, mi sono rivolta a uno psichiatra per cercare di comprendere la sua situazione, per tentare di salvare il nostro rapporto. Non sono scesa nei particolari per non comprometterlo, e non citerò alcun dettaglio nemmeno con te. Tuttavia penso che sarebbe capace di compiere atti terribili, se ritenesse di operare per il bene. "Lo psichiatra mi ha spiegato che molta gente generosa e compassionevole verso il prossimo può cambiare atteggiamento da un momento all'altro. Sono stati condotti alcuni studi sull'argomento, e gli esperti definiscono quel comportamento come l'"Effetto Lucifero", l'angelo più amato da Dio che finì per voler esercitare il Suo medesimo potere." "E perché accade?" domanda l'altra voce femminile. Ma il nastro finisce lì: evidentemente, avevano programmato il tempo di registrazione in modo errato. Igor vorrebbe davvero conoscere la risposta. Perché sa che non si sta paragonando a Dio. Perché ha la certezza che la donna amata si stia inventando tutto, per paura di non essere accettata al suo ritorno. Di certo, lui ha dovuto uccidere - l'ha fatto per necessità -, ma tutto questo cosa c'entra con il matrimonio? Ha ucciso in guerra, con la giustificazione morale che accompagna tutti i soldati. Ha ammazzato anche due o tre individui, ma ha agito sempre per garantire il loro bene, giacché non erano più in condizione di vivere dignitosamente. A Cannes, stava solo compiendo una missione. Comunque, ucciderebbe una persona che ama solo se capisse che è impazzita, che ha smarrito la strada e sta distruggendo la propria vita. Non permetterebbe mai che il decadimento della mente compromettesse un passato di
splendore e generosità. Ucciderebbe la donna amata soltanto per salvarla da una lunga e dolorosa autodistruzione. Igor guarda la Maserati che si è appena fermata lì davanti, in sosta vietata: è un'auto assurda e scomoda, obbligata a procedere alla velocità delle utilitarie malgrado la potenza del motore, troppo bassa per le sconnesse strade provinciali, troppo pericolosa per le veloci autostrade. Un uomo sui cinquant'anni - che si è impegnato a fondo per dimostrarne trenta - apre la portiera e scende, facendo una fatica enorme, poiché lo sportello è rasente al suolo. Entra nella pizzeria e ordina una quattro formaggi da asporto. Maserati e pizzeria. Due cose pressoché inconciliabili che tuttavia ora coincidono. La Tentazione ritorna. A questo punto, non gli parla più di perdono e generosità, non gli chiede di dimenticare il passato e continuare. Gli propone qualcosa di diverso, che comincia a insinuargli alcuni dubbi sul funzionamento della sua stessa mente. E se Ewa fosse davvero infelice come affermava? Se malgrado il grande amore che provava per lui, fosse sprofondata nell'abisso di una decisione sbagliata, com'era accaduto ad Adamo quando accettò la mela e finì per condannare il genere umano? Per la millesima volta, si ripete che ha pianificato tutto. La sua idea era quella di tornare insieme, di non lasciare che una semplice parola come "addio" distruggesse la loro vita. Si dice che nel matrimonio compare sempre qualche crisi, soprattutto dopo diciott'anni. In qualsiasi caso, sa che un bravo stratega dev'essere pronto a cambiare i propri piani. Invia di nuovo l'SMS, solo per essere sicuro che lei lo riceva. Si alza, recita una preghiera e implora di non dover accostarsi al calice della rinuncia. L'anima della giovane venditrice di artigianato gli è accanto. Solo adesso Igor capisce di aver commesso un'ingiustizia: non gli sarebbe costato nulla attendere fino a incontrare un avversario con la sua stessa forza, come lo pseudoatleta dai capelli rossicci del pranzo. Oppure agire
con l'imperativo di salvare una persona da ulteriori sofferenze, com'era accaduto con la donna in fondo alla passeggiata. Gli sembra che la giovane dalle sopracciglia folte fluttui nelle sue vicinanze come una santa, pregandolo di non pentirsi: lui sa di aver fatto la cosa giusta, salvandola da un futuro di sofferenze e dolore. A poco a poco, l'anima pura della ragazza riesce a scacciare la Tentazione: gli fa comprendere che la motivazione della sua presenza a Cannes non corrisponde alla volontà di forzare il ritorno dell'amata - è impossibile. Lui è lì per salvare Ewa dalla decadenza e dall'amarezza. Per quanto si sia dimostrata ingiusta nei suoi confronti, ciò che ha fatto per aiutarlo merita di essere ricompensato. "Sono un uomo buono." Igor va alla cassa, paga il conto e chiede una bottiglietta di acqua minerale. Appena uscito dal locale, si versa il contenuto sulla testa. Ha bisogno di essere lucido per riflettere. Ha sognato a lungo questo giorno, ma adesso si sente confuso. *** 5:06 PM. Per quanto la moda si rinnovi ogni sei mesi, qualcosa rimane identico: gli addetti alla sorveglianza indossano sempre abiti neri. Hamid aveva studiato alcune alternative per le sue sfilate - sorveglianti in abiti colorati, per esempio. O vestiti di bianco. Ma se avesse modificato la consuetudine, la critica si sarebbe soffermata su quelle "innovazioni inutili", anziché occuparsi di ciò che realmente era meritevole di attenzione: la collezione in passerella. Inoltre, il nero è un colore perfetto: conservatore, misterioso, massicciamente impresso nell'inconscio collettivo grazie ai vecchi film di Hollywood, dove i buoni si vestono sempre di bianco e i cattivi di nero. "Immaginate che la Casa Bianca si chiami «Casa Nera». Penserebbero che lì vive il Genio delle Tenebre."
Ogni colore ha un suo preciso fine, per quanto si pensi che il senso di ciascuno di essi sia scelto casualmente. Il bianco significa purezza e integrità. Il nero incute timore. Il rosso colpisce e paralizza. Il giallo richiama l'attenzione. Il verde fa sembrare tutto tranquillo - si può procedere. L'azzurro dona calma. L'arancione suscita confusione. I sorveglianti dovevano essere vestiti di nero. Era stabilito così fin dall'inizio - e senza alcuna possibilità di cambiamento. Come sempre, tre ingressi separati. Il primo per la stampa: pochi giornalisti e molti fotografi con le loro pesanti attrezzature, apparentemente gentili gli uni con gli altri, ma sempre pronti a sgomitare pur di avere l'inquadratura migliore, la foto eccelsa, il momento perfetto, l'errore stridente. Il secondo ingresso per gli invitati: tutti piuttosto mal vestiti, quasi sicuramente senza la disponibilità finanziaria per acquistare ciò che veniva presentato. Eppure devono obbligatoriamente essere li, coi loro jeans, le loro maglie di pessimo gusto, le loro scarpe da ginnastica che balzano subito all'occhio, convinti che quell'abbigliamento dimostri dimestichezza e familiarità con l'ambiente. Niente di più falso. Alcuni muniti di borse e cinture molto costose, per un risultato ancora più patetico: come se si piazzasse un dipinto di Velasquez in una cornice di plastica. Comunque, rispetto a quella stazione balneare nel Sud della Francia, la Settimana della Moda di Parigi non offriva alcunché di differente. Infine l'ingresso per i VIP. Gli addetti alla sicurezza sono sempre all'oscuro di tutto, si limitano a sorvegliare con le braccia conserte e lo sguardo minaccioso - quasi fossero i proprietari del locale. La giovane, abituata a scrutare i visi delle persone famose, si avvicina gentilmente. Con una lista in mano, raggiunge la coppia: "Benvenuti. Grazie per aver confermato la vostra presenza." Loro oltrepassano tutti: anche se c'è un unico corridoio, un divisorio creato con una serie di colonnine di metallo e un nastro di velluto rosso mostra quali siano gli ospiti davvero importanti. È il momento della Piccola Gloria,
quando viene riservato un trattamento speciale agli invitati di un certo rango. Benché la sfilata non figuri nel calendario delle manifestazioni ufficiali - d'altronde, non bisogna dimenticare che quello di Cannes è un festival cinematografico —, il protocollo va rispettato rigidamente. Per quel momento di Piccola Gloria nei vari eventi concomitanti (cene, pranzi e cocktail), uomini e donne passano ore davanti allo specchio, anche se sono convinti che la luce artificiale non sia dannosa per la pelle come i raggi del sole, per ripararsi dai quali bisogna usare tonnellate di creme protettive. Sono a due passi dalla spiaggia, ma preferiscono le sofisticate lampade abbronzanti degli istituti di bellezza - anch'essi a un isolato dal luogo in cui alloggiano. Potrebbero ammirare un panorama splendido, se decidessero di passeggiare lungo la Croisette - ma quante calorie perderebbero in quella camminata? Meglio usare i tapis roulant delle palestre degli alberghi. Così saranno in splendida forma, nelle "colazioni" che rivelano la propria importanza quando si è invitati, nelle cene di gala per le quali bisogna pagare somme consistenti o avere delle conoscenze altolocate, o nelle feste organizzate la sera, che si prolungano fino alle ore piccole e si concludono con un ultimo caffè o un whisky al bar dell'albergo. E ogni impegno è inframmezzato da visite alle toilette per ritoccare il trucco, rifare il nodo della cravatta, rimuovere la forfora o la polvere dalle spalle della giacca, controllare che il rossetto abbia una tenuta accettabile. Finalmente ci sarà il ritorno nelle camere degli alberghi di lusso, dove si troveranno un letto soffice, il menù per la colazione, le previsioni del tempo, un cioccolatino ( subito cestinato perché significa un ulteriore apporto calorico), una busta con i nomi scritti in bella calligrafìa (che non viene mai aperta, perché contiene soltanto la lettera del direttore dell'albergo con gli auguri di benvenuto), accanto a un cesto di frutta (divorata avidamente, perché fornisce una discreta quantità di fibre, buona per le corrette funzioni intestinali e ottima per evitare la formazione di gas). Si guardano allo specchio mentre si tolgono la cravatta, il trucco, i vestiti e gli smoking, e dicono tra sé e sé:
"Oggi non è successo niente, proprio niente di importante. Ma forse domani sarà meglio." Ewa è vestita elegantemente, con un abito HH che rivela discrezione ed eleganza nel contempo. La coppia viene accompagnata alla fila di sedie piazzata davanti alla passerella, accanto alla postazione dei fotografi — che cominciano a entrare e a montare le attrezzature. Un giornalista si avvicina e rivolge l'immancabile domanda: "Signor Hussein, qual è il film migliore tra quelli che ha visto?" "Ritengo prematuro esprimere un'opinione" è l'immancabile risposta. "Ho assistito alla proiezione di molte pellicole di buona fattura, interessanti, tuttavia preferisco aspettare la conclusione del Festival." In realtà, non ha visto nulla. In seguito, chiederà a Gibson qual è "il miglior film della stagione". Una giovane bionda, educata e ben vestita, invita il cronista ad allontanarsi. Poi domanda loro se interverranno al cocktail offerto dal governo belga al termine della sfilata. Spiega che sarà presente un ministro, il quale desidererebbe parlare con Hamid. Lui riflette sulla proposta, dato che il Belgio sta investendo autentiche fortune perché i suoi sarti ottengano un posto di rilievo sulla scena internazionale - al fine di riacquistare lo splendore perduto dopo la dissoluzione delle colonie. "Sì, potrei venire a bere una coppa di champagne." "Credo che, subito dopo, abbiamo un appuntamento con Gibson," dice Ewa.
Hamid recepisce il messaggio. E così spiega di avere dimenticato quell'impegno, aggiungendo che si metterà in contatto con il ministro in seguito. Alcuni fotografi si accorgono della loro presenza in sala e cominciano a scattare. In quel momento, sono le uniche persone interessanti per la stampa. Poco dopo arrivano alcune indossatrici che, in passato, hanno scatenato passioni ed emozioni: si mettono in posa e sorridono, firmano autografi al pubblico in platea e si sforzano in ogni modo di farsi notare - sperano di rivedere i propri volti nelle pagine a colori delle riviste. I fotografi si concentrano su di loro - sono coscienti di assolvere a un dovere e rispondere a un desiderio degli editori: di certo, nessuna di quelle foto verrà pubblicata. La moda costituisce il presente, e le modelle di tre anni prima - a parte quelle che riescono a comparire nei titoli dei giornali per qualche scandalo accuratamente studiato dagli agenti, o per il fatto di aver saputo effettivamente affermarsi - sono ricordate soltanto dagli individui che si accalcano dietro le transenne piazzate di fronte agli alberghi o dalle donne che non riescono a mantenersi al passo delle cose che cambiano. Le vecchie modelle appena entrate (cioè quelle che hanno ormai raggiunto i venticinque anni) sono consapevoli di tutto ciò - e se desiderano apparire, certo non è perché sognano di tornare in passerella: sperano piuttosto di raccattare una parte in un film, o di partecipare come presentatrici a qualche programma televisivo. Chissà chi sfilerà in passerella quel giorno, oltre a Jasmine - l'unico motivo per cui Hamid si trova lì. Sicuramente, nessuna delle quattro o cinque top-model più celebri - ormai fanno solo ciò che desiderano, guadagnano fortune e non hanno alcun interesse a essere presenti a Cannes per dare prestigio a un evento che riguarda altri. Hamid immagina che ce ne saranno due o tre di classe A, come Jasmine, che guadagnano intorno ai millecinquecento euro per la sfilata di quel pomeriggio - per loro è indispensabile avere carisma e, soprattutto, una reale possibilità di un futuro nell'industria cinematografica. Due o tre modelle di classe B, professioniste che percepiscono tra
i seicento e gli ottocento euro a prestazione, padroneggiano la passerella, esibiscono una silhouette splendida, ma non vengono invitate agli eventi paralleli - le feste dei grandi marchi del lusso. Le altre saranno modelle di classe C, cioè quelle ragazze che sono appena entrate nel giro delle sfilate e incassano tra i duecento e i trecento euro per "fare esperienza e impratichirsi". Hamid sa perfettamente quale pensiero fisso occupi la mente di alcune delle ragazze appartenenti al terzo gruppo: "Io ce la farò. Mostrerò a tutti le mie capacità. Diventerò una delle modelle più importanti della terra, anche se dovrò sedurre decine di uomini anziani." Gli uomini anziani, però, non sono così stupidi: la maggior parte di quelle modelle è minorenne, e qualsiasi rapporto carnale può portare all'arresto in quasi tutti i paesi del mondo. La voce che circola nell'ambiente si contrappone a quell'ipotesi: non è possibile arrivare al top sfruttando soltanto la propria generosità sessuale. Ci vuole ben altro. Carisma. Fortuna. L'agente giusto. Il momento adatto. E, secondo gli studi di mercato, il momento adatto non è quello immaginato dalle ragazze che sono appena entrate nel mondo della moda. Hamid ha letto le indagini più recenti, dalle quali emerge che il pubblico si è stancato di vedere donne anoressiche, stranite, dagli sguardi provocanti e dall'età indefinita. Le agenzie di casting sono alla ricerca di un soggetto estremamente difficile da trovare: la ragazza della porta accanto. Ossia, una ragazza perfettamente normale, che trasmetta a chiunque guardi i manifesti e le fotografie nelle riviste la sensazione di "essere come lei". E trovare una giovane straordinaria che abbia l'aspetto di una "ragazza normale" è un'impresa pressoché impossibile. È passato il tempo delle indossatrici apprezzate unicamente per essere le grucce ambulanti degli stilisti. Di certo, è molto più facile vestire una figura magra - l'abito " cade" sempre meglio. È passato il tempo in cui la pubblicità dei prodotti di lusso maschili era concepita su giovani aitanti: funzionava nell'epoca degli yuppies, alla fine degli anni ottanta - oggi non vende più. Diversamente da
quanto avviene per il mondo femminile, nell'ambito maschile non esiste un preciso standard di bellezza: ciò che l'uomo vuole trovare nei prodotti è qualcosa che lo avvicini al collega d'ufficio o al compagno di bevute. Il nome di Jasmine è giunto ad Hamid associato alla frase: "È il vero volto della tua nuova collezione" — qualcuno l'aveva vista provare una sfilata. Ed è arrivato insieme a commenti tipo: "Possiede un carisma straordinario, eppure tutti possono riconoscersi in lei." Al contrario di quanto accade con le indossatrici di classe C (sempre alla ricerca di contatti e di uomini potenti in grado di trasformarle in stelle), la migliore promozione nel mondo della moda - e probabilmente in qualsiasi altro ambiente - sono i commenti disinteressati degli addetti ai lavori. Nel momento in cui una modella sta per essere "scoperta", gli investimenti su di lei cominciano ad aumentare, senza alcuna logica. Talvolta funziona. Talvolta no. Ma il mercato è questo: non si può vincere sempre. La sala comincia ad affollarsi - i posti in prima fila sono riservati: un gruppo di uomini in giacca, e cravatta e donne vestite elegantemente occupa alcune sedie, le altre sono ancora libere. Il pubblico "normale" viene fatto accomodare nella seconda, nella terza e nella quarta fila. Adesso l'attenzione dei fotografi è rivolta a una famosa modella, la moglie di un calciatore, che ha compiuto numerosi viaggi in Brasile, perché "adora quel paese". Un "viaggio in Brasile" è sinonimo di un intervento di "chirurgia estetica", ma nessuno osa dirlo apertamente. Tuttavia, dopo un breve lasso di tempo, si può domandare discretamente al viaggiatore se, oltre ad ammirare le bellezze di Salvador de Bahia e ballare durante il Carnevale di Rio, abbia incontrato qualche medico specializzato in chirurgia plastica. A quel punto, un biglietto da visita passa rapidamente da una mano all'altra - e il discorso s'interrompe. La giovane bionda e gentile aspetta che i professionisti della stampa concludano il proprio lavoro (stanno domandando anche alla modella quale sia il miglior film che ha visto finora). Poi la accompagna all'unico posto libero accanto ad Hamid ed Ewa. Si avvicinano i fotografi e
scattano decine di foto al gruppetto dei tre - il grande sarto, la sua compagna e l'indossatrice ormai divenuta una persona di famiglia. Alcuni giornalisti vogliono sapere l'opinione di Hamid sul lavoro della stilista. Lui è ormai avvezzo a simili domande. "Sono qui per conoscerla. Mi hanno riferito che è estremamente talentuosa." I giornalisti insistono, come se non avessero udito la risposta. Sono quasi tutti belgi — sembra che la stampa francese non sia ancora interessata. La giovane bionda e simpatica li prega di non importunare gli invitati. Gli altri si allontanano. L'ex modella che si è seduta accanto ad Hamid tenta di intavolare una conversazione, dicendogli che ammira molto i suoi lavori. Lui la ringrazia gentilmente: se la donna si aspettava una risposta tipo "Parliamone dopo la sfilata", dev'essere rimasta davvero delusa. In qualsiasi caso, seguita a raccontare della propria vita - le foto, gli inviti, i viaggi. Lui la ascolta con una pazienza infinita ma, non appena si presenta l'occasione (quando la donna si gira per salutare qualcun altro), si rivolge a Ewa pregandola di strapparlo a quel dialogo fra sordi. La compagna, però, appare molto strana, e non ha voglia di chiacchierare: non gli rimane che concentrarsi sul programma della sfilata. La collezione è un omaggio ad Ann Salens, considerata la pioniera della moda belga. Esordì alla fine degli anni sessanta con una piccola boutique, ma si rese immediatamente conto che il modo di vestire dei giovani hippies che confluivano ad Amsterdam da tutto il mondo aveva una potenzialità enorme. Capaci di sfidare - e sbaragliare - gli stili sobri che prevalevano nell'ambiente borghese, le creazioni della stilista entrarono a far parte del guardaroba di alcune personalità - la regina Paola e Juliette Greco, la grande musa dell'esistenzialismo francese. Fu una delle inventrici della cosiddetta " sfilataevento", in cui gli abiti in passerella sono associati a spettacoli di luce, suono e arte. Tuttavia il suo lavoro non ottenne un particolare riscontro oltre le frontiere belghe.
Aveva sempre avuto il terrore del cancro. E, come recita la Bibbia nel Libro di Giobbe: "Mi son piovuti addosso i mali che temevo." Infatti morì a causa della malattia che più la spaventava, mentre assisteva al tracollo dei propri affari per una totale mancanza di talento nella gestione del denaro. E alla stregua di tutto ciò che accade in un mondo che si rinnova ogni sei mesi, fu completamente dimenticata. L'atteggiamento della stilista in procinto di presentare la propria collezione nei minuti successivi era davvero molto coraggioso: tornare al passato, anziché tentare di inventare il futuro. Hamid ripone in una tasca il programma. Se Jasmine non fosse stata all'altezza delle sue aspettative, avrebbe parlato con la stilista per trovare qualche altro progetto da sviluppare insieme. C'è sempre spazio per le nuove idee purché tutto si svolga sotto la sua supervisione. Si guarda intorno: i riflettori sono posizionati in modo superlativo; il gruppo dei fotografi è abbastanza numeroso - non se lo aspettava. È possibile che la collezione meriti davvero di essere vista, o che il governo belga abbia sfruttato la propria influenza per richiamare la stampa, offrendo rimborsi e ospitalità. Ma esiste un'altra possibilità per quell'interesse: Jasmine - Hamid spera ardentemente di sbagliarsi. Per il successo dei suoi progetti, la modella dev'essere sconosciuta al grande pubblico. Fino a quel momento, lui ha udito solo i commenti di gente legata all'ambiente in cui lavora. Ma se il suo viso fosse già apparso su molte riviste, quell'impresa sarebbe solo una perdita di tempo. Primo, perché sarebbe stato preceduto da qualcun altro. Secondo, perché non avrebbe avuto alcun senso agire per associarla a una novità. Hamid riflette. Quell'evento non avrà certo comportato un impegno economico modesto, ma il governo belga deve aver fatto le medesime considerazioni dello sceicco la moda per le donne, lo sport per gli uomini, le celebrità per entrambi i sessi: ecco gli argomenti che interessano ogni mortale, i soli temi in grado di proiettare l'immagine amplificata di un paese sullo scenario internazionale.
Di certo, nel caso della moda, c'è anche la faccenda - che può durare anni - dell'ingresso nella Fédération. Ma uno dei suoi dirigenti è proprio lì, seduto accanto ai politici belgi: evidentemente, non intendono lasciare le cose in sospeso. Nel frattempo stanno arrivando altri VIP, accompagnati dalla simpatica giovane bionda. Sembrano un po' disorientati: non sanno esattamente il motivo della loro presenza lì. Sono vestiti fin troppo bene: dev'essere la prima sfilata a cui assistono in Francia, provenienti direttamente da Bruxelles. Di certo, non fanno parte della fauna che in questo momento inonda la città per via del Festival del Cinema. Cinque minuti di ritardo. Al contrario della Settimana della Moda di Parigi, dove nessun défilé inizia all'ora stabilita, a Cannes si stanno svolgendo molte manifestazioni, e la stampa non può attendere a lungo. Poi Hamid si rende conto di essere in errore: la maggior parte dei giornalisti sta intervistando il ministro e i funzionari. Dunque sono quasi tutti stranieri, provenienti dal medesimo paese. Politica e moda si rapportano solo in una situazione simile. La giovane bionda si dirige verso il crocchio parlottante e prega i giornalisti di tornare ai propri posti: la sfilata sta per cominciare. Hamid ed Ewa non scambiano neppure una parola. Lei non rivela né contentezza né fastidio, e questa è la cosa peggiore. Se sbuffasse, se sorridesse, se dicesse qualcosa! E invece niente: nessun segnale di ciò che sta accadendo dentro di lei. Meglio concentrarsi sul pannello laggiù in fondo, dal quale entreranno le indossatrici. Là dietro per lo meno qualcosa sta succedendo. Da alcuni minuti, le modelle si sono tolte gli indumenti intimi e sono nude - sotto i capi che presenteranno non dev'essere visibile alcun segno. Adesso hanno indossato il primo abito, e aspettano che le luci si spengano, che la musica risuoni e che qualcuno - di solito, una donna - le sfiori sulla spalla, indicando loro il momento preciso per avviarsi verso i riflettori e verso il pubblico.
Le indossatrici di classe A, B e C presentano diversi gradi di nervosismo — quelle meno esperte rivelano un'eccitazione maggiore. Alcune recitano una preghiera; altre cercano di sbirciare attraverso il sipario se sia presente un conoscente in sala, se il padre o la madre abbiano avuto un posto adeguato. Sono dieci o dodici. La foto di ciascuna compare nel punto dove sono appesi - nell'ordine di sfilata - i vestiti che dovranno indossare nel giro di pochi secondi, prima di tornare in passerella con un'aria rilassata, come se stessero portando quel modello dal primo pomeriggio. Anche gli ultimi ritocchi al trucco e alla pettinatura sono solo un ricordo. Le ragazze continuano a ripetersi: "Non posso scivolare. Non posso inciampare nell'orlo. Mi ha scelta personalmente la stilista fra sessanta modelle. Sono a Cannes. Di sicuro, in platea ci sarà qualche persona importante. È presente HH e potrebbe scegliermi come testimonial per il suo marchio. Dicono che ci siano tantissimi fotografi e giornalisti. "NON POSSO SORRIDERE: è una regola fondamentale. I piedi devono seguire una linea invisibile. Devo camminare come se stessi marciando, per via dei tacchi! Non importa che l'andatura risulti artefatta, che non mi senta a mio agio. Non debbo dimenticare niente! "Devo arrivare al segno, girarmi, fermarmi per due secondi e tornare indietro con il medesimo passo rapido, sapendo che appena fuori qualcuno mi aiuterà a togliermi quel vestito e a infilarne un altro, e io non avrò neppure il tempo di guardarmi allo specchio! Devo essere fiduciosa che andrà tutto bene. Devo far ammirare non solo il mio corpo o l'abito che indosso, ma anche la forza del mio sguardo!" Hamid fissa il soffitto: ecco il segno, un riflettore con la luce più intensa degli altri. Se la modella andrà oltre, o si fermerà prima, la fotografia non avrà una buona resa. In tal caso, gli editori - o meglio, i direttori delle riviste belghe - sceglieranno un'altra indossatrice. In questo momento, gli operatori della stampa francese sono impegnati davanti agli alberghi, nei pressi del red carpet, ai cocktail del tardo pomeriggio - oppure stanno mangiando un panino in
attesa della cena di gala più importante di quella serata. Le luci della sala si spengono. I riflettori illuminano la passerella. Il grande momento è arrivato. Un potente impianto stereo diffonde una colonna sonora con musiche degli anni sessanta e settanta. Hamid viene trasportato in un mondo che non ha avuto modo di conoscere, ma che ha sentito raccontare. Prova una certa nostalgia verso ciò che non ha mai conosciuto, e anche un senso di ribellione - perché non ha vissuto il grande sogno dei giovani che allora vagabondavano in ogni angolo del pianeta? Entra la prima indossatrice - e la visione si fonde con il suono: quell'abito colorato, pieno di vita ed energia, che racconta una storia risalente a tanti anni prima, ma che il mondo sembra voler vedere e ascoltare ancora. Accanto a sé, sente le decine, le centinaia di scatti delle macchine fotografiche. Le telecamere stanno riprendendo ogni dettaglio. La prima indossatrice fa una sfilata perfetta - arriva al punto luce, si gira a destra, si ferma per due secondi e torna indietro. Avrà una quindicina di secondi per rientrare nelle quinte - lì, si rilasserà per un attimo, poi correrà verso la gruccia su cui è appeso il vestito della prossima uscita, si spoglierà velocemente, si rivestirà ancor più rapidamente, riprenderà il suo posto nella fila e sarà pronta per un nuovo défilé. La stilista segue la sfilata attraverso un monitor del sistema televisivo a circuito chiuso, mordendosi le labbra e sperando che nessuna ragazza scivoli, che il pubblico comprenda il suo messaggio, che alla fine sia applaudita e che l'emissario della Fédération rimanga impressionato dai suoi lavori. La sfilata continua. Nella posizione in cui si trova, Hamid - al pari delle telecamere - può notare il portamento elegante delle modelle, i passi decisi delle loro lunghe gambe. Ma le persone sedute nelle file laterali - e che non sono abituate a frequentare le sfilate: è il caso della maggior parte dei VIP presenti - hanno una sensazione strana: perché "marciano" invece di camminare (come accade alla maggior parte delle indossatrici che si vedono nei
programmi televisivi di moda)? Che sia un'invenzione della stilista per conferire un tocco di originalità? "No," risponde silenziosamente Hamid a se stesso. "È a causa dei tacchi alti. In tal modo, sono abbastanza sicure e salde a ogni passo. Le immagini mostrate dalle telecamere - le stanno riprendendo frontalmente - non riportano ciò che accade nella realtà." La collezione è più bella di quanto Hamid pensasse - un ritorno al passato, con dettagli contemporanei e creativi. Nessun eccesso - giacché il segreto della moda è identico a quello della cucina: saper dosare gli ingredienti. Fiori e perline ricordano gli anni andati, ma sono disposti in modo tale da apparire decisamente moderni. In passerella hanno già sfilato sei indossatrici, e sul ginocchio di una di loro, Hamid ha notato un puntino che il trucco non è riuscito a mascherare: qualche minuto prima dev'essersi iniettata una dose di eroina per sentirsi sicura e controllare l'appetito. All'improvviso, compare Jasmine. Indossa una blusa bianca con le maniche lunghe, interamente ricamata a mano, e una gonna del medesimo colore che le arriva sotto il ginocchio. Cammina con sicurezza e, diversamente dalle colleghe che l'hanno preceduta, la sua contegnosità non appare studiata: è naturale - davvero naturale. Hamid lancia uno sguardo rapido alla platea: tutti sembrano ipnotizzati dalla presenza di Jasmine; nessuno presta attenzione alla modella che sta uscendo dopo che lei ha completato il suo défilé e si avvia verso il cambio d'abito. "Perfetta!" Nelle due successive uscite di Jasmine, lui fissa lo sguardo su ogni dettaglio del suo corpo — e si rende conto che quella giovane irradia qualcosa di assai più intenso delle sue curve perfette. Come potrebbe definirlo? Il matrimonio del Cielo con l'Inferno, oppure l'Amore e l'Odio che procedono tenendosi per mano. Come ogni sfilata, anche quella non dura più di quindici minuti - anche se ha richiesto mesi di lavoro per l'ideazione e l'allestimento. Alla fine, la stilista si presenta in passerella, ringraziando per gli applausi. Le luci si accendono, la musica sfuma - e solo in quel
momento, lui si rende conto di quanto gli piacesse quella colonna sonora. La ragazza bionda e simpatica si avvicina per dirgli che un esponente del governo belga vorrebbe conferire con loro. Hamid infila una mano in tasca e le porge un biglietto da visita, dicendo che alloggia al Martinez e che sarà molto lieto di fissare un appuntamento per il giorno seguente. "Piuttosto... io vorrei parlare con la stilista e l'indossatrice di colore. Sa a quale cena parteciperanno stasera? Posso attendere qui una risposta." Spera ardentemente che la giovane bionda torni subito. Nel frattempo, si sono avvicinati alcuni giornalisti e hanno iniziato a sottoporgli le solite domande - o meglio, a incalzarlo con la domanda scontata di tutti gli operatori della stampa: "Come ha trovato la sfilata?" "Molto interessante." Del resto, anche la risposta è sempre uguale. "E questo che significa?" Con grande gentilezza, a questo punto Hamid si rivolge al giornalista seguente. Mai trattare bruscamente la stampa, mai rifiutarsi di rispondere alle domande - è meglio dire soltanto ciò che conviene in quel momento. La simpatica ragazza bionda è tornata. No, non sarebbero andate alla grande cena di gala prevista per quella sera. Malgrado i numerosi notabili presenti, la politica della Federazione era dettata da un potere d'altro genere. Hamid dice che provvederà a fargli consegnare a mano gli inviti - subito accettati, anche se la stilista non avrebbe potuto partecipare. Evidentemente, la donna si aspettava un simile gesto, ben consapevole del "prodotto" che poteva offrire. Jasmine. Sì, la modella era lei. Difficilmente l'avrebbe impiegata per una sfilata, perché quella ragazza possedeva più forza degli abiti che indossava. E per essere "il volto visibile di Hamid Hussein", non c'era persona migliore. All'uscita, Ewa riaccende il cellulare. Qualche secondo dopo, appare una bustina che vola in un cielo azzurro: si
posa alla base del display e si apre. E ciò significa: "Hai un messaggio." "Che animazione ridicola," pensa. Anche stavolta non compare il numero. Lei è in dubbio se leggere l'SMS o no, ma infine la curiosità prevale sulla paura. "A quanto pare, qualche ammiratore ha scovato il tuo numero di telefono," scherza Hamid. "Non hai mai ricevuto tanti messaggi come oggi." "Può darsi." In realtà, vorrebbe dire: "E' possibile che tu non capisca? Dopo due anni che stiamo insieme, non riesci a scorgere il mio terrore, oppure pensi che sia soltanto un problema dovuto alle mestruazioni?" Finge di leggere distrattamente il messaggio: "Ho distrutto un altro mondo a causa tua. E comincio a chiedermi se ne valga la pena, poiché sembra che tu non capisca affatto. Il tuo cuore è morto" "Chi è?" le domanda Hamid. "Non ne ho idea. Non compare nessun numero. Ma è davvero bello avere degli ammiratori sconosciuti." *** 5:15 PM. Tre delitti. Tutte le statistiche erano state superate in poche ore e indicavano un aumento del 50% sui valori normali. Lui entra in macchina e si sintonizza su una frequenza radio riservata. "In città c'è un serial-killer." L'altra voce ha mormorato qualcosa. Il crepitio ha zittito alcune parole, ma Savoy ha compreso ciò che dice l'interlocutore. "Non ne sono sicuro. Ma non ho neppure particolari dubbi." Altri commenti, altri crepitii. "Non sono impazzito, commissario. E non passo la vita
a contraddirmi. Per farle un esempio, non sono certo che alla fine del mese mi verrà accreditato lo stipendio, eppure non nutro alcun dubbio al riguardo: mi sono spiegato?" Crepitio. Poi, di nuovo, la voce irritata: "Non sono qui a discutere di un aumento di stipendio, ma credo che certezze e dubbi possano convivere, soprattutto in una professione come la nostra. Ma lasciamo perdere questo argomento, e veniamo al nocciolo della questione. È possibile che nei telegiornali diano la notizia di tre omicidi, perché il tizio in ospedale è appena morto. Ovviamente, soltanto noi sappiamo che sono stati commessi con tecniche piuttosto sofisticate e, di conseguenza, nessuno sospetterà che siano collegati. Ma, tutt'a un tratto, Cannes verrà vista come una città insicura. E se questo venisse ribadito anche domani, comincerebbero le speculazioni su un possibile unico assassino. Che cosa desidera che faccia?" Commenti crepitanti del commissario. "Sì, sono proprio qui vicino. Il ragazzo che ha assistito all'assassinio sta raccontando tutto: in questi giorni, abbiamo fotografi e giornalisti ovunque. Pensavo che si sarebbero concentrati nella zona del red carpet ma, a quanto pare, mi sbagliavo. Penso che là ci saranno frotte di cronisti e scarso impegno professionale." Altri commenti disturbati. Lui estrae dalla tasca un blocnotes e scrive un indirizzo. "D'accordo. Andrò a Monte-Carlo, a parlare con la persona che mi ha detto." I crepitii sono cessati: la comunicazione è stata interrotta. Savoy arriva sino all'estremità del molo, mette il lampeggiante sul tettuccio dell'auto, alza il volume della sirena al massimo e parte di gran carriera — con la speranza di attirare i cronisti verso un delitto inesistente. Ma quelli conoscono il trucco e non abboccano: continuano a intervistare il ragazzo. Lui cominciava a sentirsi eccitato. Finalmente avrebbe potuto lasciare a qualche subalterno la compilazione delle scartoffie e dedicarsi al suo sogno di sempre: scovare degli
assassini che sfidano la logica. Vorrebbe davvero avere ragione - in città c'è un serial-killer e gli abitanti cominciano a essere terrorizzati. Grazie alla velocità con cui oggi si diffondono le notizie, si ritroverebbe ben presto sotto i riflettori, a spiegare che "non è stato ancora provato niente", ma in un tale modo che nessuno ci crederebbe - e pertanto le luci della ribalta resterebbero accese finché l'assassino non venisse scoperto. Perché, malgrado la fama e il glamour, Cannes è ancora una città di provincia, dove tutti sanno quello che accade, e dunque non risulterà difficile incastrare il criminale. Fama. Celebrità. Non è che stia pensando solo a se stesso, anziché alla sicurezza dei cittadini? Ma è forse sbagliato cercare un po' di gloria, visto che da anni è costretto a convivere con questi dodici giorni in cui tutto il mondo vuole brillare al di sopra delle proprie capacità? Tutti amano vedere riconosciuto pubblicamente il proprio lavoro. Del resto, anche i cineasti si comportano così. "Smettila di pensare alla gloria: arriverà, purché tu svolga coscientemente il tuo lavoro. Ma ricorda... la fama è capricciosa: immagina se, a un certo punto, venissi considerato inadeguato per la missione che ti è stata affidata! Anche l'umiliazione sarebbe pubblica. Concentrati." Dopo aver lavorato per quasi vent'anni nella polizia ( svolgendo incarichi di ogni genere), dopo essere stato promosso con merito e dopo aver letto montagne di rapporti e documenti, aveva capito che, nella maggior parte dei casi in cui si arriva alla cattura di un criminale, l'intuizione è altrettanto importante della logica. In questo preciso momento, mentre si sta dirigendo verso Monte-Carlo, il pericolo non è l'assassino - che ormai dovrà essere esausto dopo l'enorme quantità di adrenalina che gli ha sconvolto i ritmi vitali, e preoccupato, giacché qualcuno potrebbe averlo riconosciuto. Il grande nemico è la stampa. Anche i giornalisti utilizzano il principio di combinare logica e intuizione: se riuscissero a stabilire un legame (anche molto sottile),
un collegamento fra i tre omicidi, la polizia perderebbe completamente il controllo della situazione, e il Festival potrebbe trasformarsi in un caos assoluto, con la gente che non vorrebbe più uscire, gli stranieri che anticiperebbero la partenza, una gran messe di titoli su tutti i giornali del mondo - in fin dei conti, un serial-killer è molto più interessante nella vita reale che sugli schermi. E, negli anni successivi, il Festival del Cinema non sarebbe più quella manifestazione consacrata nel tempo: si imporrebbe il mito del terrore, il lusso e il glamour sceglierebbero un luogo più acconcio per presentare i loro prodotti, e la grande festa che resiste ormai da oltre sessant'anni a poco a poco finirebbe per trasformarsi in un evento di secondo piano, trascurato dalle telecamere e dalle riviste. Savoy ha una grande responsabilità. O meglio, ne ha due: la prima è scoprire l'autore di quei delitti e impedire un altro assassinio nella sua giurisdizione. La seconda è tenere sotto controllo la stampa. Logica. Ha bisogno di pensare logicamente. Quale dei cronisti presenti, per lo più provenienti da città lontane, conosce il numero esatto dei delitti commessi a Cannes? Quanti di loro si sarebbero preoccupati di contattare la Guardia Nazionale per avere le statistiche? Risposta logica: nessuno. A loro interessa soltanto ciò che è appena accaduto. Sono eccitati per il fatto che un grande distributore abbia avuto un attacco di cuore durante una delle "colazioni" che tradizionalmente si svolgono nel periodo del Festival. Nessuno sa ancora che l'uomo è stato avvelenato - il rapporto del medico legale si trova sul sedile posteriore della sua auto. Nessuno sa ancora - e probabilmente non lo saprà mai - che faceva parte di una grande organizzazione di riciclaggio del denaro. Risposta illogica: c'è sempre qualcuno che pensa in maniera diversa dagli altri. Appena possibile, sarà indispensabile fornire alcune spiegazioni, organizzare una conferenza stampa, ma parlare solo del delitto della regista americana sulla panchina. In tal modo, gli altri casi verranno
momentaneamente dimenticati. Una persona sconosciuta nell'ambiente del cinema viene assassinata. Chi si interesserà della morte di una giovane venditrice? Riguardo a questo caso, tutti giungeranno alla conclusione che anch'egli aveva tratto all'inizio delle indagini: overdose. Non c'è pericolo. Torniamo alla regista. Forse non è così importante come immagina, altrimenti il commissario l'avrebbe già chiamato sul cellulare. I fatti: un tizio ben vestito, sui quarantanni, capelli leggermente brizzolati, si era intrattenuto a parlare con lei per qualche momento mentre ammiravano l'orizzonte, spiati da un giovane nascosto dietro un muretto. Dopo averle conficcato uno stiletto in corpo con una tecnica da chirurgo, l'uomo si era allontanato e si era confuso tra le centinaia, le migliaia di persone pressoché identiche a lui. Savoy spegne la sirena e telefona al vice ispettore che era rimasto sulla scena del crimine: probabilmente ora stava interrogando il testimone - avrebbe dovuto essere lui a farlo. Gli chiede di rispondere ai giornalisti - "i suoi carnefici" - che creano una grande confusione con le conclusioni precipitose, dicendo che c'era "quasi la certezza" che si trattasse di un delitto passionale. "Non affermare che ne sei sicuro. Spiega che le circostanze potrebbero suggerirlo, poiché i due erano lì a flirtare. Non si tratta di un tentativo di rapina o di una vendetta, ma di un "drammatico regolamento di conti riguardante dei problemi personali." "Attento a non mentire: le tue dichiarazioni saranno registrate, e in seguito 'potranno essere usate contro di té." "E perché dovrei dare una spiegazione?" "Perché le circostanze suggeriscono di farlo. E quanto prima i giornalisti avranno una qualche soddisfazione, tanto meglio sarà per noi." "Continuano a domandare dell'arma del delitto." "Tutto indica che si è trattato di un pugnale, come ha riferito il testimone." "Ma non ne è sicuro."
"Se neanche il testimone sa ciò che ha visto, cos'altro puoi dichiarare, oltre al "Tutto indica"? Spaventa il ragazzo: digli che anche le sue parole vengono registrate dai giornalisti e che, in seguito, potrebbero essere usate contro di lui." Interrompe la comunicazione. Di lì a poco, il viceispettore avrebbe iniziato a fare domande scomode. "Tutto indica" che è stato un delitto passionale, sebbene la vittima fosse appena arrivata in città, proveniente dagli Stati Uniti. Sebbene alloggiasse in una camera d'albergo. Sebbene il suo unico impegno fosse stato un incontro - peraltro poco fruttuoso - in mattinata, al Marché du Film, ospitato accanto al Palazzo dei Congressi. Queste erano le informazioni che avevano scovato, ma i giornalisti non avrebbero avuto accesso a esse. E c'era qualcos'altro - qualcosa di assai importante - che solo lui conosceva: era ignorato da tutti quelli della sua squadra e dal mondo intero. La vittima si era presentata in ospedale chiedendo del distributore. Avevano scambiato qualche frase, e poi lui l'aveva congedata - mandata verso la morte. Riaccende la sirena, cosicché l'ululato assordante allontani ogni senso di colpa. No, non era stato lui a conficcarle lo stiletto nel corpo. Certo, potrebbe anche pensare: "Quella donna era lì, nella sala d'attesa, perché aveva un qualche rapporto con il giro del riciclaggio del denaro e della droga, e voleva scoprire se la vittima era davvero morta." Ciò rispecchierebbe esattamente la logica, e se informasse il suo superiore di quell'incontro, l'indagine imboccherebbe questa direzione. Ovviamente, potrebbe esserci una componente di verità: la donna era stata uccisa con un metodo molto raffinato, proprio come il distributore di Hollywood. Entrambi erano americani. Ed erano stati assassinati con oggetti appuntiti. Tutto indicava che si trattasse dello stesso gruppo criminale, e che le vittime avessero un qualche legame tra loro. Forse stiamo sbagliando, e non esiste nessun serial-killer che agisce in città! Perché la giovane venditrice rinvenuta sul lungomare,
con segni di asfissia provocati da mani esperte, potrebbe essere entrata in contatto, la sera precedente, con un membro del gruppo arrivato fin qui per incontrare il distributore. Forse, oltre alle mercanzie che era solita esporre sul marciapiede, vendeva altro: droga. Lui immagina la scena: gli stranieri arrivano per regolare i conti. In uno dei molti bar, il boss locale presenta a uno di loro la ragazza dalle sopracciglia folte - "che lavora per noi," dice. I due finiscono a letto, lo straniero ha alzato il gomito, gli si scioglie la lingua; in Europa si vive tutt'altra atmosfera, lui perde il controllo di sé e racconta cose riservate. Al mattino dell'indomani, si rende conto dell'errore commesso e incarica il killer - ce n'è sempre uno al seguito di queste bande - di risolvere il problema. Insomma, tutto è chiarissimo, tutto combacia alla perfezione - e non lascia margine a dubbi. Tutto si incastra così precisamente che, proprio per questo, si rivela privo di senso. Sarebbe pressoché impossibile che gli esponenti di un cartello della cocaina avessero deciso di regolare i propri conti in una città che, a causa dell'evento in corso di svolgimento, ospitava un cospicuo rinforzo di poliziotti provenienti dal resto del paese agenti che andavano ad aggiungersi ai body-guard, ai sorveglianti assunti per le varie manifestazioni, alle guardie incaricate di vigilare ventiquattr'ore su ventiquattro sui preziosissimi gioielli sfoggiati nelle strade e nei saloni. Comunque, se si trattasse di questo, sarebbe un elemento positivo per la sua carriera: i regolamenti di conti delle organizzazioni criminali attirano la luce dei riflettori quanto la presenza di un serial-killer. Può rilassarsi. Otterrà comunque la notorietà che ha sempre ritenuto di meritare. Spegne la sirena. In mezz'ora, ha percorso quasi tutto il tragitto autostradale, ha varcato una frontiera invisibile ed è entrato in un altro paese: adesso è a pochi minuti di viaggio dalla meta. Ma la sua mente è rivolta a cose che, in linea teorica, dovrebbero esserle proibite. Tre crimini nel medesimo giorno. Le sue preghiere andavano alle famiglie dei morti - è quanto dicono i
politici. Ovviamente, è consapevole che lo stato lo paga per mantenere l'ordine: di certo, non per rallegrarsi quando viene infranto in maniera così violenta. In questo momento, il commissario starà prendendo a pugni la parete, conscio dell'enorme responsabilità di risolvere due problemi: trovare il criminale (o i criminali: è possibile che non sia ancora convinto della sua tesi) e scovare una maniera di tener lontano la stampa. Sono tutti molto preoccupati, i commissariati della zona sono già stati allertati, le autopattuglie stanno ricevendo via radio l'identikit dell'assassino. Alcuni politici dovranno interrompere il meritato riposo perché il capo della polizia ritiene che quella sia una faccenda molto delicata e vuole investire della responsabilità delle decisioni le sfere più alte. Difficilmente gli uomini politici cadranno nella trappola, e si limiteranno ad affermare che occorre far tornare alla normalità la città nel più breve tempo possibile, giacché "da questo dipendono milioni, se non centinaia di milioni di euro". Non vogliono seccature: hanno problemi più importanti da risolvere - per esempio, la marca del vino da offrire quella sera agli ospiti di una certa delegazione straniera. "E io? Sarò sulla strada giusta?" I pensieri proibiti si ripresentano alla sua mente: Savoy è felice. E' il momento più importante della sua carriera, trascorsa a compilare fogli e a occuparsi di casi irrilevanti. Non avrebbe mai pensato che una simile situazione potesse proiettarlo in quello stato di euforia che sta vivendo adesso — un investigatore autentico, l'uomo che ha elaborato una teoria contraria alla logica e che, alla fine, otterrà un'onorificenza per essere stato in grado di vedere ciò che nessun altro riusciva a individuare. Non lo confesserà a nessuno, neppure a sua moglie - che si scandalizzerebbe per l'atteggiamento del marito, convinta che avesse perduto il senno a causa dell'ambiente pericoloso che frequentava. "Sono contento. Eccitato." Le sue preghiere andavano alle famiglie dei morti: il suo cuore, dopo alcuni anni di inerzia, tornava nel mondo dei vivi.
Contrariamente a quello che Savoy aveva immaginato un'enorme biblioteca stipata di libri impolverati, pile di riviste sparse ovunque, un tavolo disordinatamente ingombro di carte —, lo studio era di un bianco immacolato, con un'illuminazione gradevole, una poltrona comoda, un tavolo trasparente sul quale troneggiava il grande monitor di un computer. Appariva completamente sgombro, a parte una tastiera wireless e un piccolo bloc-notes con una lussuosa penna Montegrappa appoggiata sopra. "Cancelli quel sorriso dalle labbra e assuma un'aria preoccupata," gli dice l'uomo con la barba bianca. Nonostante il caldo indossa giacca di tweed, cravatta e pantaloni di ottima fattura - un abbigliamento che peraltro non si accorda affatto con il mobilio dello studio o l'argomento di cui si preparavano a discutere. "Che cosa intende dire?" "So perfettamente come si sente. Si ritrova a gestire il caso della sua vita, in una città dove non succede mai niente. Ho sperimentato un identico conflitto interiore quando vivevo e lavoravo a Penycae, Swansea, West Glamorgan, in Galles. E fu grazie a un caso simile che fui trasferito a Scotland Yard, a Londra." "Parigi. Ecco il mio sogno." Ma Savoy non dice niente. E l'ospite lo invita a sedersi. "Spero che il suo sogno professionale si realizzi. Piacere, Stanley Morris." Savoy decide di cambiare argomento. "Il commissario teme che la stampa finisca per sospettare la presenza di un serial-killer." "Possono sospettare ciò che vogliono: siamo in un paese libero. È quel genere di argomento che fa vendere i giornali, trasformando la tranquilla esistenza dei pensionati in qualcosa di eccitante: un caso che viene seguito scrupolosamente da tutti i mezzi di informazione, del quale si attende ogni possibile novità con un misto di timore e di tranquillità derivante dalla certezza che 'a noi non succederà'." "Spero che abbia ricevuto una descrizione dettagliata delle vittime. Secondo lei, si tratta di un serial-killer, oppure
ci troviamo di fronte a una vendetta o a un regolamento di conti all'interno dei grandi cartelli del riciclaggio di denaro e del traffico di droga?" "Sì, l'ho ricevuta. A proposito, volevano spedirmela per fax - un apparecchio ormai obsoleto al giorno d'oggi. Ho chiesto di mandarmela con la posta elettronica, ma sa cosa mi hanno risposto? Impossibile: non sono in grado di farlo. S'immagini! Una delle forze di polizia più attrezzate del mondo usa ancora il fax!" Savoy si muove sulla sedia, mostrando una certa impazienza. Non è lì per discutere i progressi o gli utilizzi della tecnologia moderna. "Mettiamoci al lavoro," dice il dottor Morris che, dopo essere diventato una celebrità a Scotland Yard, aveva deciso di ritirarsi nel Sud della Francia e che, probabilmente, era contento quanto lui di abbandonare la noiosa routine di letture, concerti, té e cene di beneficenza. "Poiché non mi è mai capitato di affrontare un caso del genere, forse mi occorrerebbe sapere se lei è concorde con la mia teoria che il criminale è soltanto uno. Inoltre, dovrebbe dirmi su quale terreno mi sto muovendo." Il dottor Morris gli spiega che, teoricamente, ha ragione: tre delitti che rivelano alcune caratteristiche comuni sono sufficienti per formulare l'ipotesi di un serial-killer. Di norma, i crimini si verificano in un'area geografica limitata (in questo caso, la città di Cannes), e... "Allora, l'assassino di massa... " Il dottor Morris lo interrompe, pregandolo di non utilizzare termini scorretti. Gli "assassini di massa" sono terroristi, oppure adolescenti immaturi che fanno irruzione in una scuola, in un ristorante e sparano all'impazzata prima di essere abbattuti dalla polizia o suicidarsi. Di preferenza, impiegano armi da fuoco a tiro rapido o bombe, per causare il maggior danno possibile in un lasso di tempo minimo - in genere, due o tre minuti. Sono individui che non considerano affatto le conseguenze dei propri atti - conoscono già il finale della storia. Nell'inconscio collettivo, l'assassino di massa viene accettato più facilmente, essendo considerato uno "
squilibrato mentale" - e ciò rende possibile stabilire una differenza tra "noi" e "lui". Il serial-killer, invece, riconduce a qualcosa di assai più complesso: l'istinto distruttivo presente in ogni essere umano. Fa una pausa. "Lei ha letto Il dottor Jekill e Mister Hyde di Robert Louis Stevenson?" A questo punto, Savoy spiega di avere poco tempo per la lettura, giacché lavora molto. Lo sguardo di Morris si è fatto glaciale. "E lei pensa che io non lavori?" "Non intendevo dire niente di simile. Senta, dottor Morris, mi sono rivolto a lei per una missione urgente. Preferirei non discutere di tecnologia o letteratura. Vorrei conoscere le conclusioni che ha tratto dai rapporti." "Mi spiace, ma in questo caso dobbiamo far ricorso alla letteratura. Il dottor Jekill e Mister Hyde è la storia di un individuo assolutamente normale, il dottor Jekill, il quale - in determinati momenti - è assalito da impulsi distruttivi incontrollabili e si trasforma in un altro essere, Mister Hyde. In tutti noi allignano questi istinti, caro ispettore. Quando il serial-killer agisce, non minaccia soltanto la nostra sicurezza, ma anche la nostra sanità. Perché ogni essere umano sulla faccia della terra, volente o nolente, racchiude in sé un immenso potere distruttivo, e spesso vorrebbe sperimentare la sensazione più repressa dalla società civile: togliere una vita. "I motivi possono essere svariati: la convinzione di portare l'ordine nel mondo, una vendetta per un episodio risalente ai primi anni di vita, un odio represso verso la società ecc. Comunque, consapevolmente o inconsapevolmente, ogni essere umano ha pensato a quell'eventualità sia pure soltanto nell'infanzia." Un altro silenzio studiato. "Suppongo che, al di là del ruolo che ricopre, sappia perfettamente di che sensazione si tratta. Le sarà capitato di investire volutamente un gatto, o di provare un piacere morboso nel dar fuoco a insetti che non le avevano fatto alcun male."
Ora è Savoy ad avere uno sguardo glaciale: non dice niente. Morris interpreta quel silenzio come un assenso, e continua a parlare con la medesima disinvoltura e superiorità: "Non credo che si imbatterà in una persona visibilmente squilibrata, con i capelli arruffati e una smorfia d'odio sulle labbra. Se fosse un discreto lettore - d'accordo, so che è una persona molto occupata... -, le suggerirei un libro di Hannah Arendt, La banalità del male. L'autrice analizza il processo a uno dei maggiori serial-killer della storia, Adolf Eichmann. È chiaro che quell'uomo dev'essersi avvalso di alcuni aiutanti, altrimenti non avrebbe mai neppure immaginato di poter portare a termine l'enorme compito che gli era stato affidato: la purificazione della razza umana. Aspetti un momento. " Scorre dei testi sul monitor del computer. Sa che il suo interlocutore pretende delle certezze, dei risultati qualcosa di impossibile in quel campo. Ma lui deve istruirlo, prepararlo ai giorni difficili che lo aspettano. "Ecco qua. La Arendt fa un'analisi dettagliata del processo ad Adolf Eichmann, responsabile dello sterminio di 6 milioni di ebrei nella Germania nazista. A pagina 25, afferma che gli psichiatri incaricati di esaminarlo arrivarono alla conclusione che si trattava di una persona simile a molte altre. Il suo profilo psicologico e il suo atteggiamento verso la moglie, i figli, la madre e il padre, rientravano negli standard sociali di un uomo responsabile. E la Arendt continua: "Il problema di Eichmann è rappresentato dal fatto che fosse simile a molti altri esseri umani, nei quali non si evidenzia alcuna tendenza alla perversione o al sadismo. Cioè, si tratta di una persona normale. (...) Dal punto di vista delle nostre istituzioni, la sua normalità è terrorizzante quanto i crimini che commise." Ora può entrare in argomento. "Dai referti autoptici, ho notato che non c'è stato alcun tentativo di violenza sessuale sulle vittime. "Dottor Morris, ho un problema da risolvere, e devo farlo rapidamente. Vorrei avere la certezza che siamo in presenza di un serial-killer. È ovvio che nessuno potrebbe violentare un uomo a una festa o una giovane venditrice
sulla Croisette, di giorno." È come se non avesse proferito parola. L'altro ignora le sue osservazioni e prosegue: "... E questo è abbastanza comune in molti serial-killer. Alcuni presentano svariate caratteristiche... 'umane', se è possibile definirle così. Infermiere che uccidono malati terminali; mendicanti che vengono assassinati e scompaiono senza che nessuno se ne accorga; impiegati dei servizi sociali che, impietositi dalle difficoltà di certi pensionati anziani e invalidi, arrivano alla conclusione che per loro sarebbe assai migliore un'altra vita — qualcosa di analogo si è verificato recentemente in California. Altri individui, invece, cercano di ristabilire l'ordine nella società: in tal caso, le prostitute sono le vittime preferite." "Dottor Morris, non sono venuto qui per..." Questa volta, Morris alza leggermente la voce. "Del resto, io non l'ho invitata. Le sto facendo un favore. Se preferisce, può andarsene. Se decide di restare, le chiedo di non interrompere continuamente il mio ragionamento. Per catturare qualcuno, dobbiamo capire la sua mentalità." "Allora lei pensa davvero che si tratti di un serial-killer?" "Non sono ancora arrivato alle conclusioni." Savoy si sforza per controllarsi. Ma perché aveva tanta fretta? Non sarebbe stato opportuno lasciare che la stampa scatenasse la solita baraonda, prima di arrivare a una soluzione? "D'accordo. Continui pure." Morris si sistema sulla sedia e sposta il monitor in modo che anche Savoy possa vederlo: sull'enorme schermo campeggia un'incisione, probabilmente del XIX secolo. "Ecco il serial-killer più famoso: Jack lo Squartatore. Agì a Londra, nella seconda metà del 1888, assassinando da cinque a sette donne in luoghi pubblici o poco frequentati. Ne squarciava i corpi ed estraeva gli organi — cuore, polmoni, utero. Non riuscirono mai a catturarlo. Si trasformò in una leggenda, e ancora oggi si indaga sulla sua vera identità." Ora sul monitor del computer c'è una specie di mappa astrale.
"Questa era la firma del Killer dello Zodiaco. Uccise cinque coppiette in California, nello spazio di dieci mesi: tutti giovani che posteggiavano l'auto in luoghi isolati, in cerca di intimità. Dopo l'assassinio, spediva una lettera alla polizia con questo simbolo, simile alla croce celtica. Finora, nessuno è riuscito a risalire alla sua identità. "Sia nel caso di Jack lo Squartatore che in quello del Killer dello Zodiaco, gli esperti ritengono che si trattasse di individui che si prefiggevano di ripristinare la moralità e la buona creanza nelle loro zone. Avevano, per così dire, "una missione da compiere". E, contrariamente a ciò che la stampa vuole far credere attraverso quei nomi creati per incutere terrore - lo Strangolatore di Boston o l'Infanticida di Tolosa, per esempio -, trascorrono i fine-settimana in compagnia dei vicini e lavorano duramente per mantenersi. Nessuno di loro trae beneficio dai propri atti criminosi." Per Savoy, il discorso cominciava a farsi interessante. "Ossia potrebbe essere chiunque arrivato a Cannes per il Festival..." "... Fermamente deciso a seminare il terrore per qualche motivo assurdo: ad esempio, per "lottare contro la dittatura del fashion", o "interrompere la diffusione di film che istigano alla violenza". La stampa inventa qualche espressione orripilante per designarlo e attacca a spargere sospetti, attribuendogli delitti che non sono affatto riconducibili a quell'assassino. Ma il panico si è ormai diffuso, e cessa solo se casualmente - lo ripeto, casualmente viene arrestato. Perché spesso agisce per un periodo limitato e poi scompare. Ha lasciato la sua impronta nella storia, magari ha scritto un diario che verrà ritrovato soltanto dopo la sua morte. E questo è tutto." Savoy non guarda più l'orologio. Il suo cellulare squilla, ma decide di non rispondere: l'argomento è più complesso di quanto immaginasse. "Dunque, lei concorda con me?" "Sì," risponde l'ex nume di Scotland Yard, l'uomo che era diventato una leggenda risolvendo cinque casi ormai considerati irrimediabilmente privi di colpevoli.
"Perché ritiene che ci troviamo davanti a un serialkiller?" Morris ha scorto nel computer l'icona di un messaggio di posta elettronica, e ha sorriso. Quell'ispettore aveva finalmente cominciato a mostrare un certo rispetto per ciò che stava dicendo. "Per la totale assenza di moventi nei delitti commessi. La maggior parte dei criminali lascia una sorta di firma: cioè, sceglie un unico tipo di vittima - l'omosessuale, la prostituta, il mendicante, le coppie che si appartano nei boschi ecc. Alcuni vengono definiti assassini visionari o allucinati: cioè, uccidono perché non riescono a controllare i propri impulsi. Arrivano a un punto in cui l'istinto viene soddisfatto e smettono di ammazzare, fino a quando la pulsione diventa nuovamente incontrollabile. Abbiamo a che fare con uno di essi." "Ci sono varie cose da tenere in considerazione, in questo caso: il criminale dimostra di avere un alto grado di preparazione e raffinatezza. Ha scelto armi diverse - le mani, il veleno, lo stiletto. Non è spinto dai fattori canonici: sesso, alcolismo, disordini mentali evidenti... Ha un'ottima conoscenza dell'anatomia umana — per il momento, questa è la sua unica firma. Deve aver pianificato i delitti con notevole anticipo, perché non dev'essere stato facile reperire il veleno: di conseguenza, possiamo classificarlo anche tra gli assassini missionari, vale a dire quelli che ritengono di dover 'compiere una missione' — che non sappiamo ancora quale sia. Da ciò che ho potuto dedurre dal referto riguardante la ragazza - e questa è l'unica pista che abbiamo finora - ha impiegato una mossa di un'arte marziale russa, chiamata "Sambo". "Potrei spingermi oltre, e dire che la sua firma è anche quella di avvicinare la vittima e diventarle amico per un certo periodo di tempo. Ma questa teoria si scontra con l'assassinio commesso nel corso di un pranzo, su una spiaggia di Cannes. A quanto pare, la vittima era accompagnata da due guardie del corpo, che avrebbero reagito. Ed era anche sorvegliata dall'Europol." Un russo. Savoy pensa di estrarre il telefonino e
chiedere di predisporre subito una ricerca in tutti gli alberghi della città: un uomo sui quarantanni, ben vestito, con i capelli leggermente brizzolati, russo. "Il fatto che abbia usato un'arte marziale russa non significa che provenga da quel paese," dice Morris, indovinando i suoi pensieri: era proprio un ex poliziotto. "Come del resto non possiamo affermare che sia un indio del Sudamerica solo perché ha utilizzato il curaro." "E allora?" "Allora bisogna aspettare il prossimo delitto." *** 6:50 PM. Cenerentola! Se le donne credessero di più alle favole, anziché prestare ascolto a mariti e genitori (che ritengono tutto impossibile), potrebbero vivere più spesso l'esperienza che ora sta sperimentando lei, seduta in una delle innumerevoli limousine che si dirigono, lente ma inesorabili, verso la scalinata, verso il tappeto rosso, verso la più importante passerella della terra. La Celebrità le siede accanto, sorridente, con uno splendido abito da sera. Lei si domanda se si senta tesa. Assolutamente no: nei sogni la tensione non esiste - al pari del nervosismo, dell'ansia, e della paura. Tutto è perfetto, gli eventi si svolgono come in un film: l'eroina soffre e lotta, ma riesce a realizzare i suoi desideri. "Se Hamid Hussein deciderà di portare a compimento il progetto, e se il film riscuoterà il successo che lui si aspetta, preparati a vivere altri momenti come questo." "Se Hamid Hussein deciderà di portare a compimento il progetto? Ma non è già tutto stabilito?" "Quando sono andata a ritirare il vestito nella Stanza dei Regali, io ho firmato un contratto!" "Dimentica le mie parole, non voglio rovinarti questo momento tanto speciale." "La prego, continui."
La Celebrità si aspettava proprio quel genere di commento dalla sciocchina che gli sedeva accanto. E acconsente alla sua richiesta con enorme piacere. "Ho partecipato a innumerevoli progetti che non sono arrivati alla fine — fa parte del gioco. Comunque, ora non preoccupartene." "E il contratto?" "I contratti servono per far guadagnare moltissimi soldi agli avvocati. Ti prego, dimentica ciò che ho detto. Goditi questo momento." Il "momento" si sta avvicinando. Per la lentezza del traffico, le persone riescono a vedere gli occupanti delle limousine, malgrado i vetri fumé che separano i comuni mortali dagli eletti. La Celebrità saluta. Qualche mano sbatte sul finestrino: chiede di aprirlo per un solo istante, di firmare un autografo, di lasciar scattare una fotografia. La Celebrità continua a salutare, come se non capisse che cosa vogliono le persone là fuori: è convinto che un sorriso sia sufficiente a inondare il mondo della sua luce. All'esterno, regna un'autentica isteria. Donne sulle seggiole pieghevoli aspettano lì dal mattino, lavorando a maglia; uomini panciuti che rivelano una noia mortale dopo essere stati costretti ad accompagnare le mogli di mezz'età vestite in modo improbabile, come se dovessero sfilare sul tappeto rosso; bambini inconsapevoli di ciò che accade, anche se immaginano che si tratti di qualcosa di importante. Asiatici, neri, bianchi, persone di ogni età dietro le transenne metalliche che delimitano la corsia riservata lungo la quale procedono le limousine convinti di trovarsi a soli due metri di distanza dalle grandi personalità del pianeta, mentre in realtà sono lontani centinaia di migliaia di chilometri. Perché non sono soltanto le transenne e i vetri delle auto a fare la differenza, ma anche le opportunità, la fortuna e il talento. Talento? Sì, lei vuole credere che anche il talento conti, ma sa che tutto questo è il risultato di una partita a dadi fra gli dèi — scelgono alcuni, e gli altri sono collocati al di là di un abisso insormontabile, con l'unica missione di
applaudire, adorare e condannare nel momento in cui il vento inizia a spirare in un'altra direzione. La Celebrità finge di conversare - ma, in realtà, non dice niente: si limita a muovere le labbra, guardandola, in una posa da grande attore. Non palesa né desiderio né piacere. Gabriela capisce immediatamente che non vuole apparire antipatico ai fan là fuori ma, nel contempo, ha smarrito l'entusiasmo per salutare, lanciare sorrisi e baci. "Probabilmente stai pensando che sono un arrogante e un cinico, un individuo dal cuore di pietra," dice, infine. "Se un giorno arriverai a realizzare i tuoi desideri, comprenderai ciò che provo: non c'è via d'uscita. Il successo schiavizza e, insieme, vizia. E, alla fine della giornata, con un uomo o una donna sempre diversi nel letto, finirai per domandarti: "Ne è valsa davvero la pena? Ho sempre desiderato tutto questo?" Fa una pausa. "Continui." "Non so perché ti sto parlando così." "Forse intende proteggermi. Perché è una persona per bene. La prego, continui." Gabriela poteva risultare ingenua riguardo a moltissime faccende, ma era una donna e sapeva come far esaudire quasi tutti i suoi desideri da un uomo. In questo caso, lo strumento giusto era la vanità. "Non so perché ho sempre desiderato tutto questo." La Celebrità era caduta nella trappola, e ora mostrava il suo lato fragile, mentre i fan all'esterno salutavano. "Spesso, quando torno in albergo dopo una giornata di lavoro estenuante, mi ficco sotto la doccia e rimango immobile ad ascoltare il rumore dell'acqua che mi scivola sul corpo. Due forze opposte lottano dentro di me: una che mi invita a ringraziare il Cielo, l'altra che mi esorta ad abbandonare tutto, finché sono in tempo. "In quei momenti, mi sento l'essere più ingrato del mondo. Ho schiere di ammiratori, ma ho perduto l'entusiasmo. Sono invitato alle feste più ambite del pianeta, tuttavia io desidero soltanto evitare il clamore, tornare nella mia camera e leggere un buon libro. Uomini e donne di varia
estrazione mi conferiscono premi, organizzano manifestazioni e si ingegnano per rendermi felice ma, in realtà, io mi sento esausto e inibito, e penso di non meritare niente perché non sono degno del mio successo. Capisci?" Per una frazione di secondo, Gabriela prova compassione per l'uomo che le siede accanto: immagina che sia costretto a partecipare a innumerevoli feste, durante le quali c'è sempre una persona che gli chiede una foto o un autografo, che gli racconta una storia affatto interessante (è obbligato a fingere una certa attenzione), oppure gli propone qualche progetto, lo infastidisce con la classica frase "Non si ricorda di me?", o, ancora, gli porge un cellulare chiedendogli di scambiare qualche parola con il figlio, la moglie, la sorella. E lui deve mostrarsi sempre allegro, sempre pronto, sempre disponibile ed educato - un autentico professionista. "Capisci?" "Capisco. Eppure vorrei tanto vivere i suoi conflitti, ma so che devo ancora lavorare molto." Quattro limousine in fila, poi saranno arrivati a destinazione. L'autista li avvisa di prepararsi. La Celebrità abbassa lo specchietto di servizio, si sistema la cravatta, mentre lei si ravvia i capelli. Gabriela intravede un'estremità del tappeto rosso; i gradini della scalinata sono ancora fuori del suo campo visivo. La gente animata da quella strana isteria è svanita per incanto, sostituita da persone con un badge di identificazione appeso al collo: conversano tra di loro e non prestano alcuna attenzione ai passeggeri delle auto, giacché sono ormai stanchi di assistere a quel tipo di scena. Ancora un paio di vetture. Alla sua sinistra, Gabriela scorge due gradini della scalinata. Uomini in giacca e cravatta aprono le portiere; le aggressive transenne di metallo sono state rimpiazzate da cordoni di velluto sostenuti da colonnine di legno con pomi di bronzo. "Accidenti!" La Celebrità lancia un'esclamazione. Gabriela trasale. "Accidenti! Guarda chi c'è! Guarda chi sta scendendo da quell'auto!" Gabriela vede una Supercelebrità di sesso femminile, che
indossa un abito di Hamid Hussein; ha appena messo piede sul red carpet. La Celebrità volge il capo nella direzione opposta al Palazzo dei Congressi; lei segue il suo sguardo e scorge qualcosa di inaspettato: una sorta di muro umano, alto quasi tre metri, sul quale lampeggiano incessantemente i flash. "Sta guardando dalla parte sbagliata," commenta la Celebrità. Il suo charme e i suoi modi gentili sembrano svaniti, insieme ai problemi esistenziali. "Non sono fotografi accreditati. Appartengono alla stampa di second'ordine." "E allora perché suggerire di guardare dalla parte giusta?" La Celebrità non riesce a dissimulare l'irritazione. C'è un'altra limousine prima del loro arrivo. "Non capisci? Ma in che mondo vivi, ragazza mia? Quando poseremo il piede sul tappeto rosso, le fotocamere degli operatori accreditati - quelli che si trovano esattamente a metà passerella - saranno puntate su di lei!" E rivolgendosi all'autista: "Rallenta!" Lo chauffeur indica un uomo vestito distintamente, con il cartellino d'ordinanza appeso al collo: indica con entrambe le mani di proseguire e non ostacolare il transito. La Celebrità trae un respiro profondo: no, non è proprio il suo giorno fortunato. Perché aveva deciso di parlare così diffusamente con quella principiante? Certo, era davvero stufo della vita che conduceva, eppure non riusciva a immaginarne una diversa. "Non scendere subito," le dice. "Facciamo in modo di trattenerci qui. Lasciamo un certo lasso di tempo tra la ragazza e noi." La "ragazza" era la Supercelebrità. La coppia a bordo della vettura davanti non attrae particolarmente la sua attenzione — anche se dev'essere importante, giacché non si arriva di fronte a quella scalinata senza aver conquistato innumerevoli vette nella vita. La Celebrità sembra rilassarsi; adesso è Gabriela a rivelare una certa tensione: non sa bene come comportarsi. Le sue
mani sudano. Afferra la borsetta, trae un profondo respiro e recita una preghiera. "Cammina lentamente," dice la Celebrità. "E non starmi troppo vicino." La limousine arriva a destinazione. Le portiere posteriori vengono aperte. All'improvviso, esplode un clamore che sembra invadere l'intero sistema solare — urla che provengono da ogni dove. Fino a quel momento, Gabriela non si era resa conto di trovarsi nell'abitacolo insonorizzato di una limousine. La Celebrità scende sorridente, come se gli infinitesimi contrattempi di un paio di minuti prima non l'avessero turbato e lui fosse il centro dell'universo - ormai aveva dimenticato le confessioni fatte durante il tragitto, quelle parole che sembravano tanto vere. Un uomo in conflitto con se stesso, con il proprio mondo, con la propria storia - che non può indietreggiare neppure di un passo. "Perché penso a tutto questo! Devo concentrarmi, vivere il presente! Salire la scalinata!" La coppia indirizza cenni di saluto alla stampa non accreditata; si perde un po' di tempo. Alcune persone gli porgono dei foglietti; la Celebrità appone la propria firma e ringrazia gli ammiratori. Gabriela non sa se restare lì accanto a lui o proseguire verso l'entrata del Palazzo dei Congressi. Poi viene salvata da qualcuno che le porge un foglio e una penna, e le chiede un autografo. Non è il suo primo autografo, ma è quello più importante fino ad allora. Guarda la donna che è riuscita a sgusciare fino all'area off-limits, le sorride e le domanda il nome, non riesce a sentirlo: è soverchiata dalle urla dei fotografi. Ah, come vorrebbe che questa cerimonia fosse trasmessa in mondovisione, che sua madre potesse vederla con indosso un abito meraviglioso, in compagnia di un attore celeberrimo (cominciava a nutrire qualche dubbio al riguardo, ma si impose di allontanare rapidamente quelle vibrazioni negative dalla mente) e concedere l'autografo più importante dei suoi venticinque anni di vita! Non capisce il nome della donna, sorride e scrive una frase tipo:
Con amore. La Celebrità le si avvicina: "Andiamo. La strada è libera." La destinataria di quelle parole affettuose legge il foglietto ed esclama: "Ma non è un autografo! Mi serve il suo nome per poter identificarla nelle foto!" Gabriela finge di non udire - niente al mondo può distruggere questo momento magico. Cominciano a percorrere la passerella più importante d'Europa, con gli addetti alla sicurezza che formano una sorta di barriera sebbene la gente sia piuttosto lontana. Disposti lateralmente, sulla facciata dell'edificio, alcuni giganteschi schermi al plasma mostrano ai comuni mortali i particolari di ciò che sta accadendo. In lontananza, si odono delle urla isteriche e il fragore degli applausi. Quando raggiungono uno scalino più ampio - una sorta di pianerottolo -, lei nota un'altra moltitudine di fotografi, vestiti in modo elegante, che urlano il nome della Celebrità, chiedendogli di girarsi di qua, di là — "Soltanto un'altra... Per favore, si avvicini... Guardi in alto, guardi in basso!". Alcune persone gli passano accanto e continuano nella salita, ma i fotografi non sembrano interessati a loro. La Celebrità mantiene intatto il proprio glamour, finge un certo distacco, sfodera qualche battuta per mostrarsi rilassato, abituato a quelle scene. Gabriela nota di essere comunque al centro dell'attenzione. Sebbene non urlino il suo nome (non hanno la minima idea di chi sia: la identificano come la nuova fiamma del famoso attore), la fissano; chiedono a entrambi di avvicinarsi per scattare qualche foto di coppia (la Celebrità si presta per qualche secondo, mantenendo sempre una certa distanza, evitando ogni contatto fisico con lei). Sì, erano riusciti a vincere l'interferenza della Supercelebrità! Che, a questo punto, ormai davanti all'ingresso del Palazzo dei Congressi, sta salutando il presidente del Festival del Cinema e il sindaco di Cannes. La Celebrità rivolge a Gabriela un cenno con la mano, invitandola a proseguire lungo la scalinata. Lei obbedisce. Guarda avanti e vede un altro schermo gigantesco: è
montato strategicamente, in modo che le persone possano vedersi. Attraverso il sistema di altoparlanti piazzato nel salone, una voce declama: "In questo momento, sta arrivando. E pronuncia il nome della Celebrità e il titolo del suo film più famoso. In seguito, qualcuno le spiegherà che tutti i presenti in sala stanno vedendo, attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso, la scena che i monitor al plasma diffondono all'esterno. Salgono i rimanenti scalini, arrivano davanti alla soglia, salutano il presidente del Festival e il sindaco della città, ed entrano nel salone. L'ascesa era durata meno di tre minuti. A questo punto, la Celebrità è circondata da moltissime persone: vogliono parlargli, ammirarlo, scattare foto (è un vizio che colpisce anche gli eletti, quello di desiderare foto con gente famosa). Dentro c'è un caldo soffocante, Gabriela teme per il trucco, e... Il trucco! Oddio, se n'era dimenticata completamente. Ora deve uscire da una porta del corridoio a sinistra; qualcuno la sta già aspettando. Scende meccanicamente i gradini, supera due o tre addetti alla sicurezza. Uno di essi le domanda se stia andando a fumare e se intenda rientrare per il film. Risponde di no, e prosegue. Oltrepassa una serie di transenne, nessuno le chiede niente - sta uscendo, non tentando di intrufolarsi nel salone. È alle spalle della folla che continua a salutare e urlare all'indirizzo delle limousine che non smettono di arrivare. Un uomo le si fa incontro, le domanda il nome e la prega di seguirlo. "Può attendere un momento?" L'individuo appare sorpreso, ma annuisce. Gabriela tiene gli occhi fìssi su una vecchia giostra: probabilmente è lì dall'inizio dell'altro secolo e continua a girare, con i bambini che saltano sulle sagome. "Possiamo andare ora?" le domanda l'uomo, gentilmente. "Soltanto un altro momento." "Arriveremo tardi."
Ma Gabriela non riesce più a trattenere le lacrime - la tensione, la paura, il terrore di quei tre minuti che ha appena vissuto. Singhiozza convulsamente - non le importa del trucco: verrà comunque ritoccato. L'uomo le porge il braccio perché si appoggi e non inciampi, vista l'altezza dei suoi tacchi. I due si avviano verso la piazza che si affaccia sulla Croisette; il rumore della folla si allontana; i singhiozzi si fanno sempre più ritmati. Piange tutte le lacrime del giorno, della settimana, degli anni in cui ha sognato quel momento: un momento che è finito prima che lei potesse rendersi conto che lo stava vivendo. "Mi scusi," dice all'uomo che l'accompagna. Lui le accarezza il capo. Il suo sorriso è carico di tenerezza e di comprensione — e di pietà. *** 7:31 PM. Finalmente aveva capito che è impossibile ottenere la felicità a ogni costo — la vita gli aveva dato i suoi frutti più appetitosi, e adesso cominciava a comprendere quanto fosse stata generosa. Nei giorni che gli restavano da vivere, si sarebbe dedicato a disseppellire i tesori celati dalla sofferenza, beandosi di ogni secondo di gioia come se fosse l'ultimo. Aveva vinto le tentazioni. Era protetto dallo spirito della giovane venditrice, la quale aveva compreso appieno la sua missione, e ora lo stava illuminando sulle vere ragioni del suo viaggio a Cannes. Per qualche istante, mentre si trovava nella pizzeria, e riandava con la mente alle frasi udite nei nastri, la Tentazione lo aveva accusato di essere uno squilibrato, convinto che tutto gli fosse permesso in nome dell'amore. Ma, grazie a Dio, quel momento davvero difficile era ormai alle spalle. Ora è una persona perfettamente normale: il suo lavoro richiede disciplina, orari, capacità di negoziazione e di pianificazione. Molti amici gli dicono che, negli ultimi tempi, si è isolato sempre di più - non sanno che è stato
sempre un solitario. Il fatto di essere obbligato a partecipare a feste, a presenziare a matrimoni e battesimi, a fìngere di divertirsi giocando a golf tutte le domeniche ha rappresentato soltanto una strategia mirata al conseguimento di un obiettivo professionale. Ha sempre detestato la vita mondana, la gente che nasconde dietro a un sorriso la profonda tristezza della propria anima. Non ha dovuto sforzarsi molto per capire che la Superclasse dipende dal successo quanto un drogato dalla sostanza psicotropa - e risulta assai più infelice di coloro che aspirano solo a una casa, un giardino, un bambino che gioca, del cibo ben cucinato e un caminetto acceso d'inverno. Questi individui sono consapevoli dei propri limiti, sanno che la vita è breve. Perché, dunque, spingersi oltre? La Superclasse tenta di vendere i propri valori. Le persone comuni si lamentano dell'ingiustizia divina, invidiano il potere, soffrono allorché vedono gli altri che si divertono. Non capiscono che, in realtà, nessuno sta veramente svagandosi: tutti sono preoccupati e insicuri, e tentano di celare i loro enormi complessi di inferiorità dietro i gioielli, le automobili, i portafogli gonfi di denaro. Igor è una persona dai gusti semplici — Ewa si lamentava sempre per il modo in cui si vestiva. Ma perché comprare una camicia costosissima se l'etichetta rimane nascosta all'interno del colletto? Perché frequentare i ristoranti alla moda, se le conversazioni non affrontano mai argomenti importanti? Sovente Ewa gli faceva notare che non era un grande conversatore, allorché era costretto a frequentare per motivi di lavoro feste e manifestazioni. Igor si sforzava di cambiare e di mostrarsi affabile e disponibile - ma tutto gli sembrava assolutamente privo di interesse. Guardava le persone intorno che chiacchieravano ininterrottamente, confrontavano le quotazioni dei titoli in Borsa, esaltavano le meraviglie di un nuovo yacht, si dilungavano in commenti sui pittori espressionisti solo perché avevano memorizzato ciò che la guida turistica aveva spiegato durante la visita a un museo di Parigi, o sostenevano che un certo scrittore è migliore di un altro soltanto per il fatto di aver scorso le recensioni, poiché gli
mancava il tempo di leggere anche un solo libro di narrativa. Tutti colti. Tutti ricchi. Tutti decisamente affascinanti. E tutti pronti a domandarsi a fine giornata: "Non sarà il momento di fermarsi?" E tutti rapidi a rispondersi: "Se lo farò, la mia vita non avrà più senso." Come se conoscessero il senso della vita. La Tentazione ha perduto la battaglia. Voleva fargli credere che era matto: una cosa è pianificare il sacrificio di certe persone, un'altra è avere la capacità e il coraggio di trasporre in azione i propri pensieri. La Tentazione obiettava che tutti sognano di commettere dei delitti, ma soltanto gli squilibrati trasformano la loro macabra idea in realtà. Igor è una persona equilibrata. È un uomo di successo. Se volesse, potrebbe assumere un killer professionista - il migliore assassino - per quel compito e inviare i suoi sottili messaggi a Ewa. Oppure potrebbe rivolgersi all'agenzia di public-relations più importante del mondo. Nel giro di un anno, diventerebbe uno degli argomenti privilegiati non solo dei giornali specializzati in economia, ma anche delle riviste che parlano di successo, fama e glamour. È sicuro che, a quel punto, la sua ex moglie valuterebbe le conseguenze della propria decisione sbagliata, e lui saprebbe che è arrivato il momento di mandarle dei fiori e di chiederle di tornare - è perdonata. Può vantare conoscenze in ogni classe sociale e tra ogni tipo di persone dagli imprenditori che hanno raggiunto la vetta dell'economia con la perseveranza e l'impegno ai criminali che non si sono mai trovati nella situazione di mostrare i loro lati positivi.
Se ora si trova a Cannes non è perché provi un piacere morboso nel vedere ciò che rivelano gli occhi di una persona quando si accorge di essere davanti all'inevitabile. Se ha deciso di mettersi sulla linea di tiro, nella posizione rischiosa in cui sta adesso, è perché ha la certezza che i suoi passi in questa giornata apparentemente senza fine saranno fondamentali affinchè il nuovo Igor che dimora nel suo intimo possa rinascere dalle ceneri della tragedia. È un uomo che ha sempre saputo imboccare strade difficili e percorrerle sino alla fine, anche se nessuno neppure Ewa - sapeva ciò che accadeva nel profondo della sua anima. Per anni, ha subito minacce da individui e gruppi; ha reagito con discrezione quando si è reputato sufficientemente forte per liquidare chi lo minacciava. Ha dovuto fare appello a tutto il suo autocontrollo per evitare che la sua vita fosse segnata dalle tremende esperienze passate. Non ha mai portato le sue paure tra le mura domestiche: Ewa doveva avere una vita tranquilla, al riparo dalle angustie e dai traumi che caratterizzano l'esistenza di ogni uomo d'affari. Igor aveva scelto di risparmiarle tutto ciò, ma non è stato ricambiato, e neppure capito. Lo spirito della giovane lo aveva tranquillizzato con questi pensieri, aggiungendo però un elemento sul quale non aveva mai riflettuto: non era lì per riconquistare la donna che lo aveva abbandonato, ma per capire - finalmente che lei non valeva tutti quegli anni di sofferenza, tutti quei mesi di strategie e pianificazione, tutta quella volontà di perdonare, di mostrarsi generoso, di avere pazienza. Ha mandato uno, due, tre messaggi - ma Ewa non ha mai reagito. Per lei, sarebbe stato facilissimo scoprire dove alloggiava. Certo, cinque o sei telefonate agli alberghi di lusso non avrebbero risolto il mistero, poiché si era sempre registrato con un nome e una professione diversa. Ma chi cerca... trova. Aveva letto le statistiche: Cannes ha solo 70.000 abitanti, che si triplicano nel periodo del Festival. Comunque, i forestieri vanno sempre nei medesimi posti. E lei, dov'era? In un albergo dove alloggiava lui, e frequentava lo stesso
bar - l'aveva vista lì con il compagno, la sera precedente. Di certo, Ewa non andava alla Croisette a cercarlo. Non telefonava agli amici comuni, tentando di scoprire dove si trovasse - almeno uno di essi era in possesso di tutte le informazioni necessarie per rintracciarlo: aveva immaginato che la sedicente donna della sua vita avrebbe cercato di contattarlo, sapendolo così vicino. L'amico le avrebbe comunicato il luogo e le modalità dell'incontro - ma finora non era accaduto niente. Si toglie i vestiti, s'infila sotto la doccia. Ewa non meritava tutti quegli sforzi. Anche se è quasi certo che stasera la incontrerà, la faccenda sta lentamente perdendo importanza. Forse la sua missione è molto più grande: forse non si tratta soltanto di recuperare l'amore di una donna che lo ha tradito, che diffonde notizie negative sul suo conto. Lo spirito della giovane dalle sopracciglia folte gli riporta alla mente la storia raccontata da un vecchio afghano, durante la pausa di una battaglia. Dopo secoli di disordini e pessimi governi, la popolazione di una città nei pressi delle montagne che circondano Herat è disperata. Non può abolire la monarchia e, nel contempo, si rifiuta di tollerare la presenza di sovrani corrotti ed egoisti. Si riunisce la Loya Jirga, l'assemblea dei saggi. La Loya Jirga delibera che, ogni quattro anni, sarebbe stato nominato un sovrano, con poteri assoluti. Avrebbe potuto aumentare le tasse, esigere un'obbedienza totale, scegliere una donna diversa con cui dormire ogni notte, mangiare e bere a sazietà. Il sovrano avrebbe indossato gli abiti più sontuosi, cavalcato gli animali più belli. Il popolo sarebbe stato obbligato a obbedire a qualsiasi ordine, per quanto assurdo fosse, senza poter discuterne la logica o la correttezza. Al termine dei quattro anni, però, il sovrano avrebbe dovuto rinunciare al trono e abbandonare il paese, portando con sé soltanto la famiglia e gli abiti che aveva indosso. Tutti sapevano che ciò significava morire nel giro di tre o quattro giorni, giacché la grande vallata era un immenso deserto, freddissimo d'inverno e insopportabilmente caldo d'estate.
I saggi della Loya Jirga immaginavano che nessuno avrebbe osato avanzare la candidatura per diventare sovrano, e così il popolo avrebbe potuto tornare all'antichissimo sistema delle elezioni democratiche. La delibera fu promulgata: il trono era vacante, ma le condizioni per occuparlo erano davvero rigorose. All'inizio, varie persone si sentirono incoraggiate a sfruttare quell'occasione. Un vecchio malato di cancro accettò la sfida, e fu incoronato, ma morì durante il mandato, con il sorriso sulle labbra. Gli succedette un folle, ma le sue condizioni mentali lo spinsero a equivocare sulla durata del regno, e quattro mesi dopo partì per il deserto. Fu allora che cominciò a circolare la voce che il trono fosse maledetto - e nessun altro decise di rischiare. La città si ritrovò senza guida e la confusione dilagò: gli abitanti si convinsero che l'istituzione monarchica doveva essere abbandonata per sempre, e si prepararono a cambiare usi e costumi. Prima, però, i cittadini avrebbero reso onore alla saggia risoluzione dei membri della Loya Jirga: non avevano obbligato il popolo a compiere una scelta, ed erano riusciti a sconfiggere l'ambizione di coloro che perseguivano il potere a qualsiasi costo. A quel punto, comparve un giovane, sposato e padre di tre figli. "Accetto l'incarico," disse. I saggi si sforzano di illustrargli i rischi del potere, ricordandogli che aveva una famiglia, che quella strana delibera era solo un espediente per scoraggiare avventurieri e despoti. Ma il giovane rimase fermo nella sua scelta. E poiché non era possibile sconfessare la decisione presa, la Loya Jirga non potè far altro che rassegnarsi ad attendere altri quattro anni per procedere alla revisione della forma di governo. Il giovane e la sua famiglia si dimostrarono degli eccellenti governanti: giusti ed equi, abbassarono i prezzi dei generi alimentari, organizzarono feste per celebrare il cambio delle stagioni e promossero il lavoro artigianale e la musica. Ogni sera, un convoglio trainato da cavalli lasciava la città; i carri erano coperti da teli di iuta, cosicché nessuno poteva vedere cosa trasportassero.
Quei convogli non facevano mai ritorno. All'inizio, i saggi della Loya Jirga immaginarono che si stesse depredando il tesoro cittadino. Ma furono riconfortati dal fatto che il giovane non si era mai avventurato oltre le mura della città: se lo avesse fatto e avesse raggiunto la prima montagna, avrebbe scoperto che i cavalli erano morti prima di valicarla - quello era uno dei luoghi più inospitali della terra. Si riunirono di nuovo e dissero: " Lasciamo che agisca come meglio crede. Al termine del suo regno, ci recheremo dove i cavalli sono morti d'inedia e di sete, e recupereremo ogni cosa." Smisero dunque di preoccuparsi e iniziarono ad attendere pazientemente. Dopo quattro anni di governo, per il giovane era arrivato il tempo di lasciare il trono e abbandonare la città. Ma la popolazione si ribella: in fin dei conti, erano secoli che non aveva un governante così saggio e giusto! Ma la decisione della Loya Jirga doveva essere rispettata. Il giovane si recò dalla moglie e dai figli e chiese loro di seguirlo. "Io verrò con te," disse la moglie. "Però lascia che i nostri figli restino qui: potranno sopravvivere e raccontare la tua storia." "Abbi fiducia in me." Ma le tradizioni tribali sono rigide, la donna non ha alcuna alternativa: deve soltanto obbedire al marito. Montarono sui cavalli, raggiunsero la porta della città, e lì si congedarono dai numerosi amici coi quali si erano legati durante il periodo di governo. La Loya Jirga poteva dirsi soddisfatta: malgrado tutti quegli eventi, il destino stava per compiersi. Nessun altro avrebbe osato reclamare il trono, e le antiche tradizioni democratiche sarebbero state finalmente ripristinate. In un futuro abbastanza immediato sarebbero andati a recuperare il tesoro che giaceva abbandonato nel deserto, a meno di tre giorni di cammino. La famiglia procedeva in silenzio verso la grande valle della Morte. La donna non osava parlare; i bambini non capivano cosa stesse succedendo, e il giovane era assorto
nei suoi pensieri. Oltrepassarono una collina, viaggiarono per una giornata intera attraverso la pianura, prima di accamparsi nei pressi del colle successivo. La donna si svegliò all'alba - voleva approfittare degli ultimi giorni di vita per ammirare le montagne che aveva sempre amato. Si recò sulla vetta, guardò verso il basso, dove sapeva che c'era soltanto una pianura squallida. Sussultò. Per quattro anni, le carovane serali non avevano trasportato né gioielli né monete d'oro. Bensì mattoni, semi, legname, tegole, tessuti, spezie, animali, attrezzi per perforare il suolo alla ricerca dell'acqua. Davanti ai suoi occhi si estendeva un'altra città, molto più moderna, più bella, più attiva. "Questo è il tuo regno," le disse il giovane, che si era appena svegliato e l'aveva raggiunta. "Dal momento in cui sono venuto a conoscenza del decreto, ho capito che era inutile tentare di ricostruire in quattro anni ciò che secoli di corruzione e pessima amministrazione avevano distrutto. Avevo una sola certezza: era possibile ricominciare tutto daccapo." Lui sta ricominciando tutto daccapo, mentre l'acqua gli scorre sul viso. Ha finalmente capito il motivo per cui la prima persona con la quale ha parlato a Cannes adesso si trovi lì al suo fianco, e lo guidi nel suo cammino, aiutandolo a compiere gli adattamenti indispensabili al piano, spiegandogli che il suo sacrificio non è stato casuale né inutile. In qualche modo, gli ha fatto comprendere che Ewa è sempre stata un'entità perversa, interessata unicamente all'affermazione sociale, anche se ciò avesse richiesto l'abbandono della famiglia. "Quando tornerai a Mosca, cerca di fare sport. Molto sport. Ti aiuterà a liberarti dalle tensioni." Lui riesce a scorgere il suo viso tra le nubi di vapore creato dall'acqua calda. Non si è mai sentito così vicino a qualcuno come adesso, accanto a Olivia, la ragazza dalle sopracciglia folte. "Persevera. Anche se non sei più convinto della tua strada, persevera: i disegni di Dio sono misteriosi e, talvolta, il cammino si rivela dopo aver compiuto i primi passi."
"Grazie, Olivia." Chissà che non si trovi lì per mostrare al mondo le aberrazioni del presente, di cui Cannes è la manifestazione suprema? Non può averne la certezza. Ma, comunque, lui è lì per qualche ragione - e i suoi due anni di tensione, di strategie, di paura e di incertezze hanno finalmente trovato una giustificazione. Immagina come sarà il prossimo Festival: persone dotate di tessere magnetiche persino per le feste sulla spiaggia, tiratori scelti su tutti i tetti, centinaia di poliziotti in borghese confusi tra la folla, metal-detector all'ingresso di ogni albergo, dove i membri della Superclasse dovranno attendere che le guardie guardino nelle borse, impongano loro di togliersi le scarpe dai tacchi alti, li costringano a ripassare sotto l'arco del dispositivo perché hanno dimenticato alcune monete in una tasca ed è suonato l'allarme, chiedano di alzare le braccia a signori dai capelli brizzolati (i quali verranno frugati alla stregua di criminali), accompagnino le signore presso una cabina di tela montata nell'ingresso (che stonerà con l'eleganza dell'ambiente) e le facciano attendere pazientemente in fila di essere perquisite poi la donna poliziotto scoprirà il motivo che ha scatenato il suono del metal-detector: i ferretti che sostengono il reggiseno. La città mostrerà il suo vero volto. Lusso e glamour verranno sostituiti da tensione, insulti, sguardi indifferenti di poliziotti, molto tempo sprecato. Un isolamento sempre maggiore, ma ora decretato dal sistema - e non dall'eterna arroganza degli eletti. Costi proibitivi che ricadono sui contribuenti: gli stipendi di quella gran massa di forze dell'ordine dislocate in una tranquilla località balneare con l'unico scopo di proteggere la Superclasse che tenta di divertirsi. E poi le manifestazioni. Lavoratori onesti che protestano contro quella che ritengono un'assurdità. Il portavoce del governo che rilascia una dichiarazione sulla possibilità di addebitare i costi agli organizzatori del Festival. Gli sponsor - che magari avrebbero potuto sostenere le spese — ormai non sono più interessati all'evento, soprattutto dopo l'umiliazione subita da uno di loro a opera di un
oscuro agente di polizia che gli ha ordinato di "chiudere il becco e rispettare le norme di sicurezza". Cannes inizierà a morire. Due anni dopo, ci si renderà conto che le iniziative intraprese per far rispettare la legge e mantenere l'ordine hanno avuto successo: nessun crimine è stato commesso durante il Festival. I terroristi non riescono più a seminare il panico. Si vorrebbe tornare indietro, ma non è possibile: Cannes continua a morire. La nuova Babilonia è distrutta. La Sodoma dei tempi moderni sta per essere cancellata dalle mappe. È uscito dal bagno, dopo aver preso una decisione: tornando in Russia, incaricherà uno dei suoi collaboratori di rintracciare la famiglia della giovane. La risarcirà con donazioni anonime tramite banche insospettabili. Commissionerà a uno scrittore di talento un romanzo con la sua storia e sosterrà le spese di traduzione in vari paesi del mondo. "La storia di una giovane che vendeva oggetti di artigianato, picchiata dal compagno e sfruttata dai genitori. Poi, un giorno, offre la propria anima a un estraneo, mutando così il destino del pianeta." Apre l'armadio, prende una camicia di un bianco immacolato, lo smoking perfettamente stirato, le scarpe di vernice cucite a mano. Non ha alcun problema con il nodo del cravattino a farfalla: una pratica nella quale era impegnato almeno una volta alla settimana. Accende il televisore: è l'ora del telegiornale locale. La sfilata sul red carpet occupa gran parte del notiziario, ma c'è anche un breve servizio che riguarda una donna assassinata su un molo. La polizia ha recintato l'area, il ragazzo che ha assistito alla scena (Igor presta attenzione, ma non è affatto interessato a vendicarsi) afferma di aver visto una coppia di innamorati sedersi sulla panchina e iniziare a chiacchierare; poi l'uomo ha estratto uno stiletto e ha cominciato a passarlo delicatamente sul corpo della vittima, che sembrava divertita e felice. Per questo, non ha chiamato subito la polizia: era convinto che si trattasse di un gioco.
"Che aspetto aveva?" "Bianco, sui quarantanni, vestito in maniera normale, dai modi gentili." Non ha alcun motivo di preoccuparsi. Apre la cartella di cuoio e prende due buste. L'invito per la festa che si terrà fra un'ora (è risaputo che inizierà con un ritardo di almeno novanta minuti), dove sa che vedrà Ewa. Se lei non l'ha cercato... pazienza! Ormai è tardi, lui la incontrerà comunque. Gli sono bastate meno di ventiquattro ore per comprendere con che genere di donna fosse sposato, e quanto inutilmente avesse sofferto negli ultimi due anni. L'altra busta è di colore argentato. È chiusa ermeticamente, e reca la scritta "Per te", vergata con una bella calligrafia, che potrebbe essere sia femminile che maschile. I corridoi sono sorvegliati attraverso le telecamere come accade ormai nella maggior parte degli alberghi. In qualche scantinato dell'edifìcio c'è una stanza buia, stipata di monitor, dove un gruppo di persone controlla ogni dettaglio di quanto sta avvenendo. La loro attenzione e le loro energie sono rivolte a tutto quanto esuli dalla normalità - come l'uomo che avevano visto salire e scendere per ore le scale dell'albergo: l'agente spedito a scoprire i motivi di quel comportamento aveva ricevuto una risposta lapidaria: "Esercizio fisico gratuito." E poiché l'uomo alloggiava nell'hotel, la guardia aveva chiesto scusa e si era allontanata. È chiaro che nessuno si preoccupa di quegli ospiti che entrano nella camera di altri ospiti per uscirne solo il giorno successivo, in genere dopo la prima colazione. Può essere considerato normale. E la cosa non lo riguarda. I monitor sono collegati a sistemi di registrazione digitale: i supporti che contengono tutto ciò che avviene nei locali dell'albergo aperti al pubblico sono conservati per sei mesi in una cassaforte di cui solo i direttori possiedono la chiave. Nessun albergo del mondo intende perdere i propri clienti perché un marito geloso — e decisamente facoltoso — è riuscito a corrompere un addetto ai monitor di controllo e ha piazzato (o venduto) il materiale registrato a qualche rivista scandalistica, dopo aver presentato le
prove dell'infedeltà di sua moglie in sede di divorzio, evitando di cedere alla donna parte del suo patrimonio. Se dovesse accadere qualcosa del genere, sarebbe un colpo davvero ferale per il prestigio dell'albergo, che si vanta della propria discrezione e affidabilità. Anche l'occupazione subirebbe un crollo — del resto, se una coppia sceglie un hotel di lusso è perché sa che gli impiegati sono preparati a non vedere mai niente. Se un ospite ordina un pasto in camera, per esempio, il cameriere entra tenendo gli occhi fissi sul carrello, porge il conto affinchè il cliente lo firmi e non guarda mai - MAI - in direzione del letto. Le prostitute e i gigolò di lusso si vestono in maniera discreta - comunque, gli uomini che, in questo momento, si trovano nella stanza buia dei monitor sanno esattamente chi sono, perché possono accedere a una banca dati fornita dalla polizia. Neppure la loro identità li riguarda, ma sorvegliano con particolare attenzione la porta della camera in cui sono entrati, fino al momento in cui li vedono uscire. In alcuni alberghi, le centraliniste hanno persino l'incarico di effettuare delle false chiamate per controllare che non siano sorti inconvenienti: quando il cliente risponde al telefono, una voce femminile chiede di una persona inesistente, e ottiene in risposta una frase sgarbata tipo "Ha sbagliato", a cui segue un segnale di occupato: la missione è compiuta, nessun motivo di cui preoccuparsi. I clienti ubriachi si stupiscono quando rovinano a terra, dopo aver cercato di aprire la porta della stanza di qualcun altro - e cominciano a colpirla con pugni e calci. In quel momento, si materializza dal nulla un solerte impiegato che si trova a passare lì "per caso" e si offre di accompagnare il malcapitato nella camera giusta (generalmente, a un piano e con un numero diversi). Igor sa che tutti i suoi movimenti in quell'albergo sono registrati nella stanza nel sotterraneo: il giorno, l'ora, il minuto e il secondo di ognuna delle volte che è entrato nella hall, che è uscito dall'ascensore, che si è avviato alla porta della suite, che ha strisciato sul rilevatore la carta magnetica che funge da chiave. In camera, però, è
totalmente protetto: nessuno ha accesso a ciò che succede lì dentro, perché sarebbe una violazione della privacy. Chiude la porta ed esce. All'arrivo, la sera precedente, ha avuto il tempo di studiare la disposizione delle telecamere. Proprio come nel caso delle automobili - per quanti specchietti retrovisori ci siano, esiste sempre un punto "cieco" che impedisce al guidatore di scorgere un veicolo nell'attimo in cui viene sorpassato —, le telecamere mostrano tutto ciò che accade nel corridoio, tranne quello che avviene in prossimità dei quattro appartamenti d'angolo. È evidente che se uno degli addetti al controllo vedesse un individuo che transita in una certa zona ma non compare nella schermata successiva, reputerebbe la faccenda piuttosto sospetta — magari uno svenimento — e manderebbe immediatamente qualcuno a verificare. Se l'incaricato arrivasse sul posto e non trovasse nessuno, si direbbe che probabilmente la persona è stata invitata a entrare in qualche camera - e questo è un affare privato del cliente. Ma Igor non ha intenzione di entrare in qualche stanza. Cammina nel corridoio con l'aria più naturale del mondo e, appena prima di svoltare verso gli ascensori, fa scivolare la busta argentata sotto la porta di una camera d'angolo - probabilmente una suite. Ha impiegato una frazione di secondo: se qualcuno là sotto stava seguendo i suoi movimenti, non si sarà accorto di niente. Molto più tardi, quando visioneranno i nastri nel tentativo di identificare il colpevole, gli inquirenti avranno difficoltà anche a determinare il momento esatto della morte. È possibile che l'ospite non fosse in camera o avesse aperto la busta solo al ritorno da uno degli eventi della serata. O può darsi che l'abbia strappata subito, ma il prodotto contenuto non agisce all'istante. Durante quel tempo, varie persone saranno passate nella zona cieca davanti alla suite, e tutte verranno sospettate. Se un soggetto mal vestito — o dedito a lavori e professioni dubbie o illecite come massaggi, prostituzione, consegna di droga - avrà avuto la sfortuna di transitare da quelle parti, sarà immediatamente arrestato e interrogato.
Nel corso di un festival di cinema, le possibilità che un simile individuo compaia nei monitor della sorveglianza sono elevatissime. Ma adesso Igor è ormai consapevole di un rischio che non aveva preso in considerazione: che qualcuno avesse assistito all'assassinio della donna sulla panchina. Per una strana congiuntura delle procedure burocratiche, quel ragazzo potrebbe essere convocato per visionare i nastri. In qualsiasi caso, lui si è registrato con un nome fittizio e un passaporto falso, la cui foto mostra un uomo con gli occhiali e i baffi (l'addetto alla reception dell'hotel non si è preoccupato di controllare la persona che aveva di fronte e, qualora lo avesse fatto, lui avrebbe spiegato che si era tagliato i baffi e adesso portava le lenti a contatto). Supponendo che gli investigatori siano estremamente perspicaci e rapidi — più di tutti i loro colleghi sparsi per il mondo - e abbiano già tratto la conclusione che un unico individuo ha deciso di compromettere il buon andamento del Festival, aspetteranno il suo ritorno per agire e fargli alcune domande. Ma quella è l'ultima volta che Igor percorre i corridoi del Martinez. Dopo un'attesa di qualche ora, entreranno nella sua camera e troveranno una valigia vuota, senza alcuna impronta digitale. Andranno nel bagno e penseranno: "Ma guarda un po'! Un uomo così ricco che decide di lavarsi la biancheria nel lavandino dell'albergo! Non potrebbe pagarsi il servizio di lavanderia?" Un poliziotto tenderà la mano per prendere quella che considera la "prova sulla quale ci sono tracce di DNA, impronte digitali, capelli" e lancerà un urlo: le sue dita saranno aggredite dall'acido solforico che sta dissolvendo tutto il materiale che aveva lasciato. Ora gli servono soltanto il passaporto falso, le carte di credito e i contanti, ha infilato tutto nelle tasche dello smoking, insieme alla piccola Beretta, così disprezzata dagli intenditori. Per lui, viaggiare si è sempre rivelato molto facile: detesta l'ingombro dei pesi. Pur avendo una missione complessa da compiere a Cannes, ha scelto materiali leggeri, facili da trasportare. Gli è impossibile comprendere come
alcune persone possano trascinarsi appresso delle valigie gigantesche, anche quando devono allontanarsi da casa solo per un paio di giorni. Igor non sa chi aprirà la busta — e comunque non gli interessa. Non è lui a scegliere, bensì l'Angelo della Morte. Nel frattempo, potrebbero accadere moltissime cose — oppure niente. Il cliente potrebbe telefonare in portineria, avvertendo che hanno consegnato una busta alla persona sbagliata, e pregare che vadano a riprenderla. Oppure potrebbe cestinarla, pensando che si tratti di una delle solite missive della direzione dell'albergo, nella quale viene gentilmente domandato se ha riscontrato qualche problema durante il soggiorno. Ha altre cose da leggere, e deve prepararsi per una festa. Se sarà un uomo in attesa dell'arrivo della moglie, se la infilerà in tasca, pensando che sia la risposta positiva di quella donna avvenente incontrata nel pomeriggio che ha tentato di sedurre. Se sarà una coppia, nessuno dei due saprà a chi sia rivolto quel "Per te"; potrebbero decidere entrambi che non sia proprio il caso di sospettare dell'altro, e sceglierebbero di disfarsi della busta. Se, malgrado queste eventualità, l'Angelo della Morte sarà fermamente deciso a sfiorare con le sue ali il viso del destinatario, allora lui (o lei) strapperà la parte superiore della busta per scoprirne il contenuto. Qualcosa che ha richiesto molto lavoro, prima di finire là dentro. Lui ha avuto bisogno dell'aiuto dei suoi vecchi "amici e soci": le persone che, in passato, gli avevano prestato una considerevole somma di denaro per impiantare la società e non avevano affatto gradito che avesse deciso di restituire quei soldi, giacché avrebbero preferito richiederli solo quando gli fosse convenuto - in qualsiasi caso, erano assai soddisfatti che un affare del tutto legale avesse consentito loro di reintrodurre nel sistema finanziario russo del denaro la cui origine era piuttosto dubbia. Comunque, dopo un periodo in cui non si erano quasi rivolti la parola, avevano riallacciato i rapporti. Ogni volta che gli chiedevano un favore - trovare un posto all'università per
una figlia, per esempio, o procurargli i biglietti per un concerto cui desideravano assistere i loro "clienti" —, Igor smuoveva tutte le sue conoscenze per accontentarli. In fin dei conti, erano stati gli unici a credere nei suoi sogni, indipendentemente dai motivi che li avevano spinti a farlo. Ewa adesso, ogni volta che pensava a lei, provava un'irritazione difficile da controllare - li accusava di avere sfruttato l'innocenza e la rettitudine del marito per riciclare denaro proveniente dal traffico di armi. Come se questo facesse qualche differenza: lui non era implicato né nell'acquisto né nella vendita di quella merce - e in qualsiasi affare del mondo devono guadagnarci entrambe le parti. Di certo, tutti si ritrovano a vivere momenti difficili. Alcuni dei suoi finanziatori erano finiti in galera per un certo periodo di tempo, ma lui non li aveva abbandonati pur sapendo che non avrebbe più avuto bisogno del loro aiuto. La dignità di un individuo non si valuta in base alle persone che lo circondano quando è all'apice del successo, ma in merito alla sua capacità di non dimenticare le mani che l'avevano soccorso nei periodi di difficoltà. E se queste mani erano lorde di sangue o di sudore, non c'era differenza: un tizio sull'orlo dell'abisso non si chiede chi sia la persona che lo sta aiutando a riguadagnare la terra ferma. Nell'uomo, il sentimento di gratitudine è estremamente importante: nessuno può arrivare molto lontano nel proprio percorso di vita se dimentica chi gli è stato accanto nel momento del bisogno. E nessuno deve limitarsi a ricordare chi ha aiutato o chi è andato in suo soccorso: Dio giudica con grande attenzione i Suoi figli e le Sue figlie, ricompensando solo coloro che si comportano all'altezza dei talenti e delle benedizioni ricevuti. Così, quando ha avuto bisogno del curaro, Igor sapeva a chi rivolgersi - comunque, ha dovuto pagare un prezzo assurdo per una sostanza piuttosto comune nelle foreste tropicali. Arriva nella hall dell'albergo. Il luogo in cui si svolgerà la festa è a oltre mezz'ora di strada: gli sarebbe molto difficile trovare un taxi se rimanesse in attesa sul marciapiede.
Ma lui sa perfettamente che, appena si arriva in un posto simile, è un'ottima cosa dare una generosa mancia al portiere — senza chiedere niente in cambio. È una consuetudine che caratterizza tutti gli uomini d'affari di successo: in tal modo, riescono sempre a ottenere le prenotazioni per i migliori ristoranti, i biglietti per gli spettacoli più ambiti, le informazioni su determinati luoghi della città che non compaiono nelle guide turistiche perché potrebbero scandalizzare le famiglie della classe media. Con un sorriso, chiede e ottiene — pressoché all'istante un'autopubblica mentre, lì accanto, un altro ospite reclama per i problemi di trasporto che è costretto ad affrontare. Gratitudine, necessità e contatti. Qualsiasi inconveniente può essere risolto. Anche la complessa fabbricazione della busta argentata, con il suggestivo "Per te" vergato in bella calligrafìa. Aveva deciso di impiegarla soltanto nell'ultimo tentativo della sua missione: se Ewa non fosse riuscita a comprendere gli altri messaggi, quello - il più sofisticato - avrebbe dissolto ogni dubbio. I suoi vecchi amici si erano davvero impegnati per fornirgli ciò che gli serviva. Glielo avevano offerto gratuitamente, ma lui aveva preferito pagarli: aveva il denaro, e non desiderava contrarre debiti. Comunque, non ha fatto domande superflue: aveva appreso soltanto che la persona incaricata di chiudere ermeticamente la busta si era avvalsa di un paio di guanti e di una maschera antigas. Sì, in questo caso, si è trattato di un prezzo più adeguato rispetto a quello del curaro, perché manipolare la sostanza è un'operazione estremamente delicata - anche se il prodotto non è difficile da reperire, poiché viene usato nella lavorazione dei metalli e nella produzione di carta, vestiti e plastiche. Ha un nome che mette una certa paura: cianuro. Ma il suo odore è simile a quello delle mandorle, e ha un aspetto inoffensivo. Igor smette di pensare a chi ha chiuso la busta e prende a immaginare chi la aprirà — vicino al viso, com'è normale. Scorgerà un cartoncino bianco, su cui è impressa, con l'ausilio di una stampante, una frase in francese:
"Katyusha, je t'aime." "Katyusha? Ma di cosa si tratta?" si domanderà la persona. E, nel contempo, noterà che il cartoncino è coperto di polvere. L'esposizione della polvere all'aria trasformerà la sostanza in gas. Un odore di mandorle si diffonderà nell'ambiente. La persona si stupirà: per lo meno avrebbero potuto scegliere un aroma migliore. Sarà una delle solite pubblicità di profumi, penserà. Prenderà il foglio, rigirandolo tra le dita, e il gas proveniente dalla polvere comincerà a spandersi sempre più rapidamente. "Che razza di scherzo è questo?" Sarà la sua ultima riflessione. La persona poserà il cartoncino sopra il tavolino nell'ingresso e si avvierà verso il bagno, con l'intenzione di farsi una doccia, di ritoccare il trucco o di sistemarsi la cravatta. In quel momento, si accorgerà che il cuore ha cominciato a battere furiosamente. Non assocerà subito il fatto con il profumo che si è diffuso nella camera - in fin dei conti, non ha nemici, ma solo concorrenti e avversari. Ancor prima di raggiungere il bagno si renderà conto che gli è impossibile reggersi in piedi. Si siederà sul bordo del letto. Mal di testa insopportabile e difficoltà di respirazione saranno i primi sintomi, a cui seguiranno conati di vomito. A questo punto, non avrà più tempo: perderà rapidamente conoscenza, ancor prima di riuscire a collegare il contenuto della busta con il proprio stato. Nel giro di pochi minuti - ha richiesto che la concentrazione della sostanza fosse elevatissima. I suoi polmoni cesseranno di funzionare, il suo corpo comincerà a contrarsi e sarà squassato dalle convulsioni, il suo cuore non pomperà più sangue. Sopraggiungerà la morte. Indolore. Compassionevole. Umana. Igor entra nel taxi e comunica l'indirizzo: Hotel du Cap Eden Roc, Antibes. La grande cena di gala di quella sera. ***
7:40 PM. L'androgino, che indossa una blusa nera con farfallino bianco e una specie di tunica indiana sopra un paio di pantaloni attillati che ne accentuano lo squallore, dice che stanno per arrivare e che l'ora può essere considerata sia molto buona sia pessima. "Il traffico è più fluido di quanto pensassi. Saremo tra i primi a entrare all'Eden Roc." Gabriela, che si è sottoposta a un "ritocco" della pettinatura e del maquillage (con una truccatrice che appariva decisamente annoiata del suo lavoro), non capisce il commento. "In considerazione dei rallentamenti e delle code, non è stato meglio essere previdenti? Comunque, perché dovrebbe essere un orario pessimo?" Prima di rispondere, l'androgino trae un respiro profondo: è costretto a spiegare delle ovvietà a qualcuno che ignora le leggi più elementari della fama e del glamour. "Potrebbe essere positivo, perché avrai l'opportunità di trovarti da sola nel 'corridoio'..." La guarda. Si accorge che lei non capisce di cosa stia parlando, trae un altro sospiro e prosegue: "In questo genere di feste, per entrare non si varca mai direttamente una soglia. Si percorre sempre un corridoio, nel quale, da un lato, ci sono i fotografi e, dall'altro, incombe una parete con il marchio dello sponsor della festa dipinto e ripetuto più volte. Non hai osservato le immagini pubblicate dai rotocalchi? Non hai notato che, alle spalle delle celebrità sorridenti, campeggia sempre il logo di qualche prodotto?" Celebrità. Il saccente androgino si era lasciato sfuggire una parola inadatta. Inconsciamente ammetteva che ne stava scortando una. Gabriela ha assaporato quella vittoria in silenzio - comunque era abbastanza matura per sapere che doveva percorrere ancora molta strada. "E cosa c'è di sbagliato nell'arrivare presto?" Altro sospiro. "Può darsi che i fotografi non siano lì. Ma speriamo che
non sorgano intoppi, così potrò liberarmi di questi opuscoli con la tua biografìa. " "La mia biografìa?" "Credi forse che tutti sappiano chi sei? No, mia cara. Io dovrò andare là dentro, distribuire questi maledetti pieghevoli a ciascuno di loro, annunciare l'imminente ingresso della star del prossimo film di Gibson, e chiedere di prepararsi a scattare. E quando tu comparirai nel corridoio, farò un cenno al gruppo. "Non mi dimostrerò troppo gentile con loro: sono comunque abituati a essere trattati come gli individui che occupano il gradino più basso nella scala del potere di Cannes. Dirò che gli sto facendo un grande favore, e basta. Di certo, non correranno il rischio di perdere una simile opportunità: potrebbero venir licenziati — se c'è una cosa che abbonda nel mondo, è la gente che dispone di una macchina fotografica e di un collegamento internet, e che non vede l'ora di mettere in rete qualcosa che sia sfuggito a tutti. Penso che, nel giro di qualche anno, i giornali utilizzeranno solo i servizi di autori anonimi, diminuendo così le spese - e questo anche in considerazione del fatto di una riduzione sempre maggiore nell'acquisto di riviste e quotidiani." L'androgino intende sfoggiare le proprie conoscenze sul mondo dei media, ma la giovane non sembra interessata: prende uno degli opuscoli e si mette a leggere. "Chi è Lisa Winner?" "Sei tu. Ti abbiamo cambiato il nome. O, meglio, il nome era già stato scelto prima che venissi selezionata. D'ora in avanti, ti chiamerai così: "Gabriela" ha un suono troppo italiano; "Lisa", invece, può essere riconducibile a qualsiasi nazionalità. Gli studi di tendenza affermano che i cognomi con quattro, cinque o sei lettere sono estremamente facili da ricordare per il grande pubblico: Fanta. Taylor. Burton. Davis. Woods. Hilton. Vuoi che continui?" "Ho capito che è molto preparato, riguardo al mercato. Ora, però, dovrei scoprire chi sono, secondo questa biografia." Non ha neppure cercato di dissimulare l'ironia presente
nel suo tono di voce. Stava guadagnando punti: iniziava a comportarsi come una star. Attacca a leggere il testo dell'opuscolo: "... La grande rivelazione selezionata tra più di mille candidate per la prima produzione cinematografica del famoso sarto e imprenditore Hamid Hussein..." "Questo pieghevole è stato stampato più di un mese fa," commenta l'androgino. Adesso il piatto della bilancia pende dalla sua parte - e lui assapora la vittoria. "L'ha redatto l'équipe di marketing del gruppo: è gente che non sbaglia mai. Considera i dettagli: "Ha lavorato come modella, ha seguito un corso di arte drammatica." Sei tu, non è vero? "Ciò significa che sono stata selezionata più per la biografia che per la qualità del provino." "Tutte le ragazze convocate avevano una simile biografia." "Che ne dice se smettessimo di punzecchiarci a vicenda e tentassimo di essere più umani e più amichevoli?" "In questo ambiente? Scordatelo. Non esistono gli amici, soltanto gli interessi. Non esistono gli esseri umani, solo delle macchine impazzite che travolgono tutto, finché riescono ad arrivare dove desiderano, oppure finiscono per schiantarsi contro un pilastro." Malgrado quella risposta, Gabriela sente di aver colto nel segno: l'animosità del suo accompagnatore comincia a dissolversi. "E leggi questo: "Per anni, ha rifiutato di lavorare nel cinema, preferendo il teatro come forma di espressione del proprio talento." Questo fa segnare vari punti a tuo favore: sei una persona integra, che ha accettato il ruolo solo perché se n'è innamorata veramente, per quanto le fossero stati offerti alcuni ingaggi per continuare a recitare Shakespeare, Beckett o Genet." L'androgino è un autentico mito. Shakespeare lo conoscono tutti; Beckett e Genet, invece, si rivolgono a un pubblico raffinato. Gabriela — o Lisa - concorda. L'auto arriva a destinazione: ecco gli addetti alla sicurezza vestiti di nero, con camicia bianca, cravatta e ricetrasmittenti, come se fossero
degli autentici poliziotti — e questo, forse, è il loro vero sogno. Una delle guardie suggerisce all'autista di proseguire: sono in anticipo. A questo punto, però, l'androgino ha ormai valutato i rischi e decide che è meglio arrivare presto. Scende dalla limousine e si avvicina a un uomo alto il doppio di lui. Gabriela avverte il bisogno di distrarsi: è meglio che rivolga ad altro la sua attenzione. "Che macchina è questa?" "È una Maybach 57S," risponde l'autista, con un accento tedesco. "Un'autentica opera d'arte, la macchina perfetta, il lusso supremo. È stata fabbricata..." Ma lei ormai non lo ascolta più. Vede l'androgino che parla con l'uomo altissimo, il quale mostra di non prestare attenzione alle sue parole: con un cenno, lo sollecita a tornare alla macchina e a non ostacolare il transito. Il moscerino - l'androgino - volta le spalle all'elefante, e si dirige verso l'automobile. Apre la portiera e la invita a scendere: loro entreranno comunque. Gabriela teme qualche scenata: uno scandalo. Insieme al moscerino passa accanto all'elefante, che esclama: "Ehi, voi, non potete entrare!" Ma loro avanzano decisi. Altre voci: "Per favore, rispettate le regole. Non è ancora consentito l'ingresso." Lei non ha il coraggio di voltarsi: immagina che li stiano inseguendo, pronti a fermarli. Ma non accade nulla. L'androgino non ha accelerato il passo, probabilmente pensando all'abito lungo di Gabriela. Ora avanzano nel giardino rigoglioso; l'orizzonte ha riflessi rosa e azzurri, il sole sta tramontando. L'androgino assapora un'altra vittoria. "Si comportano da duri quando nessuno reclama. Ma basta alzare la voce, guardarli fissi negli occhi e tirare dritto - e quelli lasciano perdere. Abbiamo gli inviti, e questo gli deve bastare. Saranno grossi, ma non sono certo stupidi: sanno perfettamente che solo la gente importante può trattarli come ho fatto io." E conclude, con sorprendente umiltà: "E ormai sono abituato a fìngere di essere importante."
Arrivano davanti all'ingresso del lussuoso albergo: è lontanissimo dal clamore di Cannes - isolato — e ospita solo quelle persone che non hanno alcun bisogno di mostrarsi a passeggio sulla Croisette. L'androgino chiede a Gabriela/Lisa di avviarsi verso il bar e ordinare due coppe di champagne - dimodoché tutti sappiano che è accompagnata. Niente chiacchiere con gli estranei. Nessuna volgarità, per favore. Lui andrà a fare un sopralluogo nel salone e a distribuire gli opuscoli. "E soltanto un'operazione di routine. Non pubblicheranno nessuna delle tue foto, ma io sono pagato per quest'incombenza. Torno fra un momento." "Ma ha appena detto che i fotografi... " Di nuovo, un moto d'arroganza. Prima che Gabriela possa replicare, l'androgino è già scomparso. Stranamente non ci sono tavoli liberi: il locale è affollato; i presenti indossano smoking e abiti da sera. Tutti parlano sottovoce, quando gli accade di farlo, giacché per lo più tengono lo sguardo fisso sul mare che si scorge oltre le grandi vetrate. Sebbene sia la prima volta che si trova in un posto simile, Gabriela avverte una presenza palpabile, una sensazione inconfondibile, che aleggia sopra quelle teste austere: una noia profonda. LI, tutti hanno già partecipato a centinaia, migliaia di feste identiche a quella. Un tempo, si sentivano eccitati all'idea di affrontare l'ignoto, di incontrare un nuovo amore, di stabilire dei contatti professionali importanti. Ma ormai sono arrivati al top della carriera, e non devono più affrontare alcuna sfida: rimangono solo i paragoni tra i vari yacht, tra i propri gioielli e quelli della vicina, tra chi è seduto ai tavoli più prossimi alle vetrate e chi è relegato in quelli più lontani — un segno inconfondibile dello status sociale. Sì, sono questi i termini: noia e confronti. Dopo decine di anni trascorsi a lottare per giungere dove si trovano ora, a quelle persone non è rimasto pressoché nulla - neppure il piacere di contemplare un tramonto in un luogo davvero splendido. Ma cosa pensano quelle donne, così ricche e silenziose e distanti dai loro mariti?
All'età. Spesso sono nella condizione di rivolgersi nuovamente a un certo chirurgo estetico per ripristinare ciò che il tempo sta corrompendo. Gabriela sa che, in futuro capiterà anche a lei, e all'improvviso - forse a causa delle emozioni di quella giornata, che si conclude in maniera decisamente diversa da com'era iniziata - avverte che i pensieri negativi stanno per ripresentarsi. Di nuovo, quella sensazione di terrore frammisto a gioia. Ancora una volta, l'impressione di non meritare malgrado l'impegno - quanto le viene offerto: in fondo, è soltanto una giovane disponibile e volenterosa nel proprio lavoro, ma impreparata nei confronti della vita. Non conosce le regole, forse sta osando oltre i limiti del buon senso, quel mondo non le appartiene e non riuscirà mai a farne parte. Si sente abbandonata, non sa più perché sia venuta in Europa - avrebbe potuto fare l'attrice anche negli Stati Uniti, dedicandosi solo a ciò che le piaceva, senza cedere a eventuali imposizioni. Vorrebbe essere felice, ma dubita di aver imboccato la strada giusta. "Smettila! Scaccia questi pensieri!" Non può certo mettersi a fare yoga lì, e così si sforza di concentrarsi sul mare e sul cielo rosso e dorato. Davanti a sé, ha un'occasione d'oro - deve superare la propria ripulsa e cercare di parlare con l'androgino nei pochi momenti che la separano dal 'corridoio'. Non può commettere errori: ha avuto fortuna, e deve saper approfittare della situazione. Apre la borsa per prendere la trousse e ritoccarsi le labbra, ma si rende conto che contiene solo carta velina stropicciata. Era stata per la seconda volta nella Stanza dei Regali (si era sottoposta ai trattamenti della truccatrice annoiata) e, di nuovo, aveva dimenticato i vestiti e i documenti. Ma anche se li avesse presi, dove avrebbe potuto lasciarli, ora? Quella borsa è un'eccellente metafora di ciò che sta vivendo: bella fuori, completamente vuota dentro. "Controllati! Il sole è appena scomparso dietro l'orizzonte; risorgerà l'indomani con il medesimo fulgore. Anch'io ho bisogno
di rinascere. Il fatto di aver sognato innumerevoli volte questo momento dovrebbe farmi sentire pronta. Sì, io credo nei miracoli - e Dio, che ha ascoltato le mie preghiere, mi sta offrendo la Sua benedizione. Devo ricordarmi delle parole del regista prima di ogni prova: anche se si ripete sempre la medesima scena, bisogna scoprire in essa qualcosa di nuovo, di fantastico, di incredibile - qualcosa che è passato inosservato in precedenza." Un bell'uomo sui quarant'anni, con i capelli brizzolati e uno smoking impeccabile, tagliato e cucito da qualche grande sarto, entra e si dirige verso di lei; poi, notando la seconda coppa di champagne, prosegue verso l'altra estremità del bar. Le piacerebbe parlare con quel tizio: l'androgino sta tardando. Poi le sovvengono le sue parole dure: "Nessuna volgarità." In effetti, è deprecabile e sconveniente vedere una giovane sola, nel bar di un albergo di lusso, che abborda un cliente - che cosa si potrebbe pensare? Beve la coppa di champagne e ne ordina un'altra. Se l'androgino è sparito definitivamente, lei non ha neppure i soldi per pagare — ma non importa. I suoi dubbi e le sue insicurezze si stanno dissolvendo per effetto delle bollicine dello spumante: ciò che adesso la spaventa è l'idea di non poter entrare alla festa e rispettare l'impegno assunto. No, ormai non è più una ragazza di provincia che ha lottato per scalare la montagna della vita - e no, non sarà mai più quella! Continuare lungo il cammino: ecco cosa deve fare! Un'altra coppa di champagne, e la paura dell'ignoto si trasforma nel terrore di non poter avere mai più l'occasione di scoprire che cosa significhi trovarsi lì. Ciò che adesso la terrorizza davvero è pensare che tutto potrebbe cambiare da un momento all'altro: come agire affinchè il miracolo di oggi si manifesti anche domani? Come ottenere qualche garanzia che le promesse delle ultime ore vengano rispettate? Molte volte si è trovata davanti a porte magnifiche, a opportunità stupende, sognando per giorni e settimane di avere la possibilità di cambiare radicalmente la propria esistenza, prima di scoprire che il suo curriculum era stato dimenticato in un cassetto, che il regista le
comunicava - dopo mille scuse - di aver trovato un'attrice più adatta al ruolo - "Ma tu hai un enorme talento, e non devi scoraggiarti". Talvolta il telefono non squillava nemmeno. La vita possiede innumerevoli modi per mettere alla prova la volontà di una persona: o non facendo accadere nulla, o disponendo affinchè tutto avvenga contemporaneamente. L'uomo brizzolato, quello che è arrivato solo, tiene lo sguardo fisso su di lei, e sulla seconda coppa di champagne. Gabriela vorrebbe tanto che si avvicinasse! Sin dalla mattina non aveva avuto la possibilità di parlare con qualcuno di ciò che le stava capitando. Aveva pensato più volte di telefonare a casa - ma il cellulare era rimasto nella borsa, e a quest'ora doveva ormai essere intasato di messaggi delle compagne di appartamento che le domandavano dove fosse, se avesse qualche invito o se potesse accompagnarle a un evento minore, dove magari ci sarebbe stata "la tal persona". Non può condividere niente con nessuno. Ha compiuto un grande passo nella vita, ma è sola nel bar di un albergo, terrorizzata che il suo sogno possa svanire e, al tempo stesso, consapevole che non potrà mai più tornare a essere quella di prima. È quasi arrivata sulla vetta della montagna: deve fare un altro sforzo, oppure sarà scaraventata in un dirupo dal vento. Adesso l'uomo dai capelli brizzolati sta bevendo un succo d'arancia. A un certo punto, i loro sguardi si incrociano, e lui le sorride. Lei fìnge di non vedere. Perché ha tanta paura? Per il fatto di non sapere come comportarsi a ogni nuovo passo. Nessuno la aiuta: si limitano a impartirle degli ordini, pretendendo che siano eseguiti rigorosamente. Ha la sensazione di essere una ragazzina chiusa in una stanza buia, che deve indovinare il percorso per arrivare alla porta, giacché una persona molto potente la sta chiamando e si aspetta che lei obbedisca ed esca da lì. Il flusso dei suoi pensieri viene interrotto dal ritorno dell'androgino. "Aspetteremo un altro po'. Stanno cominciando a
entrare adesso." Il bell'uomo brizzolato si alza, paga il conto e si avvia verso l'uscita. Sembra deluso: forse stava aspettando il momento propizio per avvicinarsi, presentarsi e... "... Fare due chiacchiere." "Che cosa?" Si era lasciata sfuggire quelle parole. Due coppe di champagne, e la lingua era più sciolta di quanto fosse auspicabile. "Niente." "Ma... hai detto che vorresti fare due chiacchiere." La stanza buia e la ragazzina sola, senza nessuno che la guidi. Umiltà. "Fa' quello che ti sei ripromessa qualche minuto fa." "Sì. Vorrei sapere da lei che cosa sta facendo qui. Come sia finito in questo universo che ci gira intorno e del quale io non comprendo ancora quasi nulla. È tutto diverso da come lo immaginavo: che lo creda o no, quando lei è andato a parlare con i fotografi, mi sono sentita abbandonata e spaventata. Conto sul suo aiuto. Ah, vorrei sapere se è soddisfatto del suo lavoro." Qualche angelo — uno che, di sicuro, ama lo champagne - le sta facendo pronunciare le parole giuste. L'androgino la guarda sorpreso: sta forse tentando di dimostrarsi amica? "Perché gli pone domande che non osa fargli nessuno, visto che lo conosce solo da poche ore?" In effetti, nessuno ha fiducia in lui, perché sfugge a qualsiasi confronto - è unico. Al contrario di ciò che molti pensano, non è omosessuale: ha soltanto perduto l'interesse nell'essere umano. Porta i capelli decolorati, si veste come ha sempre sognato, pesa esattamente quanto ha stabilito, è consapevole di suscitare una strana impressione nel prossimo - ma, d'altronde, non è obbligato a mostrarsi gradevole e simpatico: è sufficiente che svolga il proprio lavoro. E ora questa ragazza vuole sapere che cosa pensa. Come si sente. Prende la coppa di champagne - in attesa del suo ritorno da lunghi momenti - e beve d'un fiato. Probabilmente lei sta pensando che appartenga alla
cerchia di Hamid Hussein, che abbia un qualche potere di influenza, e cerca la sua collaborazione e il suo aiuto per sapere quali siano i passi giusti da compiere. Certo che li conosce, ma è stato ingaggiato solo per il periodo del Festival, per svolgere certi compiti, e ha deciso di limitarsi a rispettare gli impegni presi. Al termine di questi giorni di lusso e glamour, ritornerà nel suo appartamento alla periferia di Parigi, in un palazzo dove non è ben visto dai vicini a causa del suo aspetto che non rientra nei canoni stabiliti da qualche matto che un giorno ha esclamato: " Tutti gli esseri umani sono uguali!" Non è assolutamente vero: tutti gli esseri umani sono diversi, e devono praticare la loro diversità fino alle estreme conseguenze. Guarderà la televisione, andrà al supermercato vicino a casa, comprerà alcune riviste, le leggerà, si concederà qualche serata al cinema. Poiché è ritenuto un elemento valido e responsabile, ogni tanto riceverà una telefonata dalle agenzie che selezionano assistenti free-lance con "una lunga esperienza" nel campo della moda: collaboratori che sappiano vestire le indossatrici, scegliere gli accessori, scortare quelle persone che non conoscono ancora le regole di un certo ambiente, aiutandole a non commettere errori, spiegando loro ciò che si può fare e ciò che dev'essere assolutamente evitato. Ma anche l'androgino coltiva alcuni sogni. Lui è unico, si ripete fra sé e sé. Ed è felice perché sa di non dover aspettarsi niente dalla vita: anche se sembra molto più giovane, ha quasi quarant'anni. Sì, ha tentato la carriera di stilista, senza tuttavia ottenere risultati apprezzabili; ha litigato con coloro che avrebbero potuto aiutarlo, e oggi è piuttosto disilluso — anche se possiede cultura e buon gusto, e può vantare una disciplina ferrea. Ormai non crede più che, notando il suo modo di vestire, qualcuno possa avvicinarlo e dirgli: "Fantastico! Vorrei che venisse a trovarci per un colloquio." Ha ricevuto un paio di richieste per posare come modello, ma molti anni prima: le rifiutò perché quell'impegno non rientrava nel suo progetto di vita non si è mai pentito. Realizza da sé i propri vestiti, con gli scampoli delle
stoffe degli atelier di alta moda. A Cannes, alloggia con altre due persone in collina, forse non molto lontano dalla donna che ora gli è accanto - quella che sta per giocarsi la sua grande occasione. Per quanto pensi che la vita sia ingiusta, non deve lasciarsi sopraffare dalla frustrazione o dall'invidia: darà il meglio di sé, altrimenti non lo chiameranno mai più a fare "l'assistente di produzione". Sì, è felice: chi non ha desideri — ma soltanto sogni felice. L'androgino guarda l'orologio — è un momento buono per entrare. "Andiamo. Parleremo più tardi." Paga le consumazioni, chiede lo scontrino - da allegare alla nota spese al termine di quei giorni di lusso e glamour. Altri clienti si alzano e si preparano a uscire. Loro devono affrettarsi perché la ragazza non si confonda con la folla che comincia ad arrivare. Attraversano la hall dell'albergo e raggiungono l'imbocco del corridoio, dove lui consegna i due inviti, che aveva tenuto accuratamente in tasca — una persona importante non si preoccupa mai di questi dettagli, c'è sempre un assistente per simili incombenze. L'assistente è lui. E lei è la persona importante, che sta cominciando a rivelare alcuni segni di grandezza. Ben presto, apprenderà cos'è questo mondo: un mondo che assorbe ogni tua energia, ti riempie la testa di sogni, manipola la tua vanità, per scartarti proprio quando arrivi a pensare di poter dominare tutto. Così è capitato a lui, e anche agli innumerevoli individui che lo hanno preceduto. Scendono le scale. Si fermano nel piccolo atrio prima del corridoio: le persone procedono lentamente, perché dietro l'angolo sono già schierati i fotografi - ed esiste una remota possibilità di comparire in qualche rivista, magari in Uzbekistan. "Vado avanti, per allertare qualche fotografo che conosco. Tu non avere fretta: qui non è come sul red carpet. Se qualcuno pronuncia il tuo nome, voltati e sorridi. In tal caso, ci sono buone probabilità che anche gli altri comincino a scattare foto: se almeno uno conosce il tuo nome, probabilmente sei una persona importante. Non
trattenerti in posa più di due minuti: in fin dei conti, si tratta solo dell'ingresso a una festa, anche se sembra qualcosa di un altro mondo. Se vuoi diventare una celebrità, devi iniziare a comportarti come tale." "E allora perché devo entrare da sola?" "Dev'esserci stato un contrattempo. Lui avrebbe dovuto già essere qui: di certo, è un professionista. Sarà soltanto un ritardo." "Lui" è la Celebrità. L'androgino era stato tentato di rivelarle quella che riteneva la spiegazione del mancato arrivo: "Avrà trovato una ragazzina che non vedeva l'ora di scoparselo, ed evidentemente si è trattenuto in camera troppo a lungo." Ma il racconto avrebbe potuto spezzare il cuore della principiante - che, in quel momento, stava probabilmente sognando una bellissima storia d'amore con lui, pur non avendo nessun elemento reale sul quale scatenare l'immaginazione. Ma non occorreva che si mostrasse crudele, come non c'era alcun bisogno che le fosse amico: lui doveva soltanto svolgere il suo lavoro, prima di andarsene. Comunque, se quella sciocchina non fosse riuscita a controllare le proprie emozioni, le foto nel corridoio ne avrebbero risentito. Si mette in fila davanti a lei e la invita a seguirlo: a qualche metro di distanza, però. Appena superato il corridoio, lui si avvicinerà ai fotografi, per cercare di destare l'interesse di qualcuno. Gabriela aspetta qualche secondo, sfodera il suo sorriso più accattivante, sistema la borsa, assume una postura consona e si avvia con sicurezza verso il corridoio, pronta ad affrontare i flash. Svoltato l'angolo, entra in un ambiente illuminato intensamente, con una parete bianca ricoperta di Ioghi dello sponsor; di fronte, c'è una specie di slargo, dal quale emerge una selva di obiettivi puntati nella sua direzione. Continua ad avanzare, cercando di vivere consapevolmente ogni passo - non vuole ripetere la frustrante esperienza del tappeto rosso, terminato ancor prima che potesse rendersi conto di quel che le stava accadendo. Ora deve appropriarsi di quel momento come se il film della
sua vita venisse proiettato al rallentatore. A un certo punto, le macchine fotografiche avrebbero cominciato a scattare. "Jasmine!" urla qualcuno. "Jasmine?" Lei si chiama "Gabriela!" Si blocca per una frazione di secondo, il sorriso congelato sulle labbra. Adesso il suo nome non è più "Gabriela". Ma qual è? "Jasmine?!" All'improvviso, sente il rumore dei pulsanti premuti, i clic degli otturatori - peccato che gli obiettivi fossero puntati sulla persona dietro di lei. "Su, muoviti!" esclama un fotografo. "Il tuo momento di gloria è passato. Fammi lavorare!" Non riesce a credere a quello che ha appena vissuto. Continua a sorridere, ma comincia a muoversi con passo sostenuto verso il tunnel di oscurità che si apre al termine del corridoio illuminato. I fotografi sembrano in preda a un'isteria collettiva. È arrivata alla fine del corridoio: neppure una persona si è scomodata a pronunciare il suo nome — un nome che, tra parentesi, ha completamente dimenticato. L'androgino la sta aspettando lì. "Non ti preoccupare," le dice, mostrando per la prima volta un briciolo di umanità. "Capiterà lo stesso anche ad altri. Ma ci saranno scene peggiori: vedrai gente che, anni fa, si sentiva chiamare con voce squillante e, oggi, non viene degnata di una foto - neppure per compassione." Deve mantenersi calma e distaccata. Controllarsi. Non è certo la fine del mondo: i dèmoni non possono comparire proprio ora. "Non sono affatto preoccupata. In fin dei conti, ho iniziato solo oggi. Chi è Jasmine?" "Anche lei ha cominciato oggi. Nel tardo pomeriggio, c'è stato l'annuncio di un suo contratto fantastico con Hamid Hussein. Ma non per un film. Non ti preoccupare." Lei non è preoccupata. Semplicemente, desidera che la terra si apra e la inghiotta definitivamente. ***
8:12 PM. Sorride. Finge di non sapere perché tanta gente sia interessata al suo nome. Cammina come se fosse sul red carpet, e non su una passatoia. Attenzione: c'è qualcun altro che entra, i secondi per le foto sono ormai esauriti, è meglio proseguire. Ma i fotografi non cessano di chiamare il suo nome. Lei è imbarazzata, perché chi la segue — in realtà, una coppia - deve aspettare finché tutti abbiano completato i loro scatti e siano soddisfatti, la qual cosa non avverrà mai, giacché sono sempre alla ricerca dell'angolatura ideale, della foto unica (come se fosse possibile!), dello sguardo dentro l'obiettivo della propria macchina. Ora fa un cenno di saluto, sempre sorridendo. E prosegue. Quando arriva alla fine del corridoio, è circondata da un nugolo di giornalisti: vogliono sapere ogni particolare del fantastico contratto con uno degli stilisti più importanti del mondo. Lei vorrebbe dire: "Non è vero." Invece risponde: "Stiamo studiando i dettagli." Quelli insistono. Si avvicina una troupe televisiva: una giornalista con il microfono le domanda se sia soddisfatta delle novità. Sì, pensa che la sfilata sia stata un successo, e che il prossimo passo della stilista - ci tiene a citarne il nome — sarà la Settimana della Moda di Parigi. La giornalista sembra ignorare che, nel pomeriggio, hanno presentato una collezione. Le domande proseguono però stavolta sono filmate. "Non devi rilassarti, rispondi soltanto a ciò che reputi di un qualche interesse, e non alle domande che vogliono solo strapparti una dichiarazione a effetto. Fingi di non conoscere i dettagli, e limitati a parlare della sfilata, del meritato omaggio ad Ann Salens, un genio dimenticato perché non ha avuto il privilegio di nascere in Francia." Un giovanotto, cercando di mostrarsi spiritoso, le chiede che cosa ne pensa della festa; con un identico
tono ironico, lei risponde: "Ma lei non mi ha ancora consentito di entrare." Una ex modella, ora conduttrice televisiva, le domanda come si sente dopo essere stata scelta per presentare in esclusiva la prossima collezione di HH. Un giornalista più perspicace e informato vuole sapere se sia vero che guadagnerà davvero una somma a sei cifre: "Avrebbero dovuto parlare di quasi sette cifre nel comunicato stampa, non crede? Superiore a sei cifre suona piuttosto assurdo, non pensa? O meglio, avrebbero potuto dire che il compenso è superiore a un milione di euro, anziché costringere la gente a contare le cifre, non le pare? Anzi, avrebbero potuto parlare di zeri, invece che di cifre, non crede?" No, non crede. "Stiamo valutando i dettagli," ripete. "Vi prego, lasciatemi il tempo di prendere una boccata d'aria. Più tardi, cercherò di rispondere anche alle domande più specifiche." Bugia. Prenderà un taxi e tornerà in albergo. Qualcuno le chiede come mai non indossi un capo di Hamid Hussein. "Ho sempre lavorato per questa stilista." Insiste per ripetere il nome. Alcuni lo scrivono sui taccuini. Altri semplicemente lo ignorano - sono lì per avere una notizia da pubblicare, e non per scoprire la verità sottesa ai fatti. Viene salvata dal ritmo con cui si svolgono le cose in una festa del genere: nel corridoio, i fotografi hanno ripreso a urlare. Come in un movimento perfettamente orchestrato da un maestro invisibile, tutti i giornalisti si voltano: è appena arrivata una celebrità più fulgida. Jasmine approfitta dell'attimo di esitazione del gruppo per avviarsi verso la balaustrata di quel bellissimo giardino trasformato in salone delle feste, dove gli invitati bevono, fumano e passeggiano. Fra poco, anche lei potrà bere, fumare, guardare il cielo, prendere a pugni il parapetto, girarsi di scatto e andarsene. Nel frattempo, una donna e una strana creatura ricorda l'androide di un film di fantascienza - la guardano
fissamente, quasi volessero sbarrarle il passo. Forse non sanno cosa fare: meglio avvicinarsi e attaccare discorso. Si presenta. L'alieno estrae il cellulare da una tasca e, dopo una smorfia e qualche parola di scusa, si allontana. La ragazza rimane immobile, come paralizzata, e la guarda con l'aria di chi vuol dire: "Mi hai rovinato la serata." È pentita di avere accettato l'invito a quella festa. Le era stato consegnato a mano da due persone, mentre la sua compagna si stava preparando per andare a un modesto ricevimento offerto dalla BCA (Belgium Clothing Association, l'organo che controlla e promuove la moda del suo paese). Ma l'orizzonte non mostra soltanto nubi plumbee: se le foto verranno pubblicate, qualcuno vedrà il suo vestito e magari sarà interessato a scoprirne l'origine e la provenienza. Gli uomini che le avevano recapitato l'invito sembravano molto educati. Avevano detto che una limousine la attendeva davanti all'albergo - di sicuro, una modella esperta come lei non avrebbe impiegato più di un quarto d'ora per prepararsi. Uno di loro aveva aperto una cartella e ne aveva cavato un computer e una stampante portatile, dicendole che erano lì per concludere il più importante contratto di Cannes. Si trattava solo di definire alcuni dettagli. Avrebbero inserito le condizioni, e la sua agente - sapevano che la donna al suo fianco era anche la sua agente - si sarebbe incaricata di firmarlo. Avevano promesso alla sua compagna infinite facilitazioni per la prossima collezione. Sì, certo, avrebbe potuto mantenere il nome e l'etichetta. Ovviamente, potevano avvalersi del servizio stampa della maison! E non solo: HH intendeva acquistare il marchio e, dunque, investire una grossa somma di denaro perché avesse una certa visibilità sulla stampa italiana, francese e inglese. C'erano due condizioni, però. Uno: l'affare doveva essere deciso seduta stante, in modo da poter diffondere un comunicato stampa prima che le redazioni dei giornali chiudessero l'edizione dell'indomani. Due: doveva cedere il contratto di Jasmine Tiger, la quale avrebbe lavorato in esclusiva per Hamid Hussein. Nel
mercato, di certo le modelle non mancavano, per cui la stilista belga avrebbe trovato subito una sostituta. Comunque, poiché era anche la sua agente, avrebbe guadagnato una bella somma di denaro. "Accetto di trasferire al signor Hussein il contratto di Jasmine," aveva risposto immediatamente la sua compagna. "Quanto al resto, ne parleremo in seguito." Ha accettato così rapidamente? L'artefice di tutto ciò che era accaduto nella sua vita, ora sembrava contenta di separarsi da lei. Era come se fosse stata pugnalata alle spalle dalla persona che più amava al mondo. L'uomo tira fuori un blackberry da una tasca. "Invierò il comunicato stampa. È già stato scritto: "Sono emozionata per l'opportunità...'" "Un momento. Io non sono emozionata. E non so neanche di cosa state parlando." A questo punto, la sua compagna prende a rivedere il testo, sostituendo "emozionata" con "felice", e "opportunità" con "invito". Valuta accuratamente ogni parola e ogni frase. Pretende che venga indicata una cifra esorbitante. I due uomini non sarebbero d'accordo: così si potrebbe inflazionare il mercato. Allora l'affare salta, è la risposta. Gli altri si scusano, escono, telefonano e rientrano. Si potrebbe dare un'indicazione vaga - un contratto di oltre sei cifre, senza menzionare la somma esatta. Stringono le mani alle due donne, dopo aver elogiato la collezione e la modella, ripongono il computer e la stampante nella cartella e chiedono di poter registrare con uno dei cellulari un impegno verbale, così da avere una prova che la trattativa su Jasmine è andata a buon fine. Escono con la stessa rapidità con cui sono entrati, discutendo ai telefonini; la pregano di non tardare più di quindici minuti - la sua partecipazione alla festa di quella sera rientra nel contratto appena concluso. "Preparati per la festa." "Tu non hai alcun potere di decidere della mia vita. Sai che non sono d'accordo, eppure non ho avuto neppure la possibilità di esprimere la mia opinione. Non mi interessa lavorare per altri." La donna si avvicina ai vari vestiti, sparpagliati nella
camera e sceglie quello più ricercato - un modello bianco con bordure di merletto. Si sofferma a pensare a scarpe e borsa; poi decide rapidamente - non c'è tempo da perdere. "Non ti hanno chiesto di indossare un HH questa sera. Avremo l'opportunità di mostrare un capo della mia collezione." Jasmine non crede alle proprie orecchie. "È stato solo per questo?" "Sì, solo per questo." Si fronteggiano, e nessuna svia lo sguardo. "Stai mentendo." Si, e vero. Si sono abbracciate. "Sin da quel fine-settimana al mare, quando scattammo le prime foto, sapevo che sarebbe arrivato questo giorno. È dovuto passare del tempo, ma adesso hai diciannove anni, e sei abbastanza adulta per accettare le sfide. Altri mi avevano già contattato. Ma io ho sempre risposto negativamente, domandandomi poi se lo facessi per gelosia o perché non ti reputavo ancora pronta. Oggi, quando ho visto Hamid Hussein tra il pubblico, ho subito capito che non era lì solo per rendere omaggio ad Ann Salens: doveva frullargli per la mente una qualche idea - e quell'idea potevi essere soltanto tu. "Ho ricevuto il messaggio nel quale chiedeva di incontrarci per un colloquio. Non sapevo come comportarmi, ma ho dato il nome del nostro albergo. Non è stata una sorpresa quando si sono presentati con la proposta." "Ma perché hai accettato?" "Perché chi ama, sa rendere liberi. Hai un potenziale enorme - troppo grande per ciò che posso offrirti io. Accetto e benedico i tuoi passi. Voglio che tu abbia tutto quello che meriti. Continueremo a stare insieme, perché il mio cuore, il mio corpo, la mia anima ti appartengono.
"Ma io manterrò la mia indipendenza - anche se so quanto siano importanti i padrini in questo ambiente. Se Hamid mi ribadisse di voler rilevare il mio marchio, non avrei alcun problema a cederglielo e a lavorare per lui. Le trattative, però, non hanno riguardato il mio talento, bensì il tuo lavoro. E non sarei coerente con me stessa, come tua agente, se non accettassi la proposta." Lei l'ha baciata. "Non posso accettare io. Quando ti ho conosciuta, ero una ragazzina impaurita, spaventata per aver testimoniato il falso, infelice per aver contribuito a lasciare in libertà un criminale: un'adolescente che considerava seriamente l'ipotesi del suicidio. Tu sei l'artefice di quanto è accaduto nella mia vita." Adesso la compagna l'ha fatta sedere davanti allo specchio. Prima di iniziare a pettinarla, le ha accarezzato i capelli. "Quanto ti ho conosciuta, anch'io avevo perduto l'entusiasmo per la vita. Abbandonata da un uomo che aveva incontrato una giovane più bella e più ricca, costretta a scattare fotografìe di maniera per sopravvivere, trascorrevo i fine-settimana chiusa in casa, a navigare su internet, o a guardare vecchi film alla televisione. Il mio grande sogno di diventare una stilista sembrava allontanarsi sempre di più: non riuscivo a ottenere i finanziamenti necessari e non sopportavo di continuare a bussare a porte che non si aprivano, o a parlare con persone che non prestavano attenzione a ciò che dicevo. "È allora che sei comparsa tu. Devo confessarti che, quel week-end, pensavo solo a me stessa: mi era capitato tra le mani un gioiello raro, dal quale avrei potuto ricavare una fortuna, se avessi firmato un contratto in esclusiva. Mi proposi come tua agente, ricordi? Ma non perché dovessi proteggerti dal mondo: i miei pensieri erano altrettanto egoisti di quelli di HH in questo momento. Avrei saputo sfruttare il mio tesoro. Sarei diventata ricca con le foto." Ha dato un ultimo tocco alla pettinatura e rimosso il fondotinta in eccesso all'angolo sinistro della fronte.
"E tu, malgrado i tuoi sedici anni, mi dimostrasti come l'amore può trasformare una persona. Grazie a te, scoprii chi ero. Per poter rivelare al mondo il tuo talento, mi decisi a disegnare i tuoi abiti - erano sempre stati lì, nella mia testa, in attesa di un'opportunità che potesse trasmutarli in tessuti, ricami e accessori. Abbiamo camminato e abbiamo appreso insieme, anche se io avevo il doppio dei tuoi anni. Grazie a tutto questo, gli altri hanno cominciato ad accorgersi del mio lavoro, decidendo di investire su di esso: per la prima volta, potevo veder realizzato tutto ciò che desideravo. Poi siamo arrivate a Cannes insieme: e non sarà certo un contratto a separarci." Ha cambiato tono. È andata in bagno ed è tornata con il cofanetto dei trucchi; poi si è messa all'opera. "Stasera dovrai essere splendida. Fino a oggi, nessuna modella è mai passata dal totale anonimato alla gloria in un baleno: la stampa sarà particolarmente interessata alla faccenda. Di' che non sei al corrente dei dettagli: sarà sufficiente. I giornalisti insisteranno o, peggio, ti suggeriranno delle risposte tipo: "Ho sempre sognato di lavorare con lui", oppure: "Sto facendo un passo importante nella mia carriera." Poi l'ha accompagnata fino all'ingresso dell'albergo, dove un autista ha aperto la portiera della limousine. "Sii irremovibile: non conosci i particolari del contratto, se ne occupa la tua agente. E goditi la festa." La festa. In realtà, una cena - anche se lei non vede tavoli o cibarie: solo camerieri che offrono ai presenti bevande di ogni genere, compresa l'acqua minerale. Si formano vari gruppetti; gli invitati che arrivano da soli hanno un'aria smarrita. Si trova in un enorme giardino disseminato di poltrone e divani; su alcuni piedistalli alti un metro danzano delle modelle seminude, dai corpi scultorei, al suono di una musica che proviene da altoparlanti strategicamente nascosti. Continuano ad arrivare le celebrità. Gli invitati sembrano felici, sorridono, conversano con l'intimità di chi si frequenta da anni - Jasmine però sa che non è così: gli
capita d'incontrarsi solo in occasioni simili, non ricordano mai il nome della persona con cui stanno parlando, ma devono mostrare agli altri quanto siano influenti, conosciuti, ammirati, pieni di contatti. La giovane che all'inizio sembrava irritata ora dà la sensazione di essere smarrita. Le chiede una sigaretta e si presenta. Nel giro di pochi minuti, ciascuna conosce molti particolari della vita dell'altra. Si dirigono verso la balaustrata; si soffermano a contemplare il mare, mentre la festa si affolla di gente famosa e di sconosciuti. Scoprono di lavorare per la medesima persona, anche se in progetti differenti. Nessuna delle due lo conosce; per entrambe, tutto è avvenuto nello stesso giorno. Ogni tanto si avvicinano degli uomini e tentano di attaccare discorso, ma le ragazze si mostrano indifferenti. Gabriela è proprio la persona che aveva bisogno di incontrare per vincere il sentimento di abbandono che la attanaglia, malgrado le bellissime parole della sua compagna. Se dovesse scegliere tra la carriera e l'amore vero, non avrebbe dubbi: abbandonerebbe ogni lusinga, anche se questo sarebbe un comportamento da adolescente. Ma poiché il suo amore ha manifestato il desiderio che lei optasse per la carriera, ha accettato la proposta di HH solo per sentirsi orgogliosa di quanto la compagna ha fatto per lei, della premura con cui ha guidato i suoi passi, dell'affetto con cui ha corretto i suoi errori, dell'entusiasmo che le ha trasmesso con ogni parola e ogni gesto - anche con quelli più aggressivi. Anche Gabriela aveva bisogno di incontrare Jasmine. Per avere dei consigli, per ringraziarla di non dover stare da sola in quel momento, per poter credere che le cose belle non accadono a tutti. Per confessarle le sue preoccupazioni riguardo al modo in cui il suo accompagnatore l'aveva abbandonata quando, in realtà, aveva l'incarico di presentarla alle persone che avrebbero potuto aiutarla nella carriera. "Lui pensa di esser capace di dissimulare le proprie emozioni. Ma io so che qualcosa non sta funzionando." Jasmine le suggerisce di non preoccuparsi, di rilassarsi, di
bere una coppa di champagne e godersi la musica e il panorama. Gli imprevisti accadono sempre, ma c'è un esercito di persone pronte a risolverli, cosicché nessuno possa capire ciò che succede dietro le quinte del lusso e del glamour. Di certo, la Celebrità sta per arrivare. "Comunque, ti prego, non lasciarmi sola: non resisterei a lungo, qui," conclude Jasmine. Gabriela la rassicura: non lo farà. È la sua unica amica nel mondo in cui ha appena messo piede. Sì, è la sua unica amica - ma è molto giovane, e questo la fa pensare che forse non ha più l'età per intraprendere una nuova esperienza. La Celebrità si era dimostrata una persona decisamente superficiale, mentre si avviavano verso il tappeto rosso: l'incanto è ormai svanito - ora ha bisogno di avere accanto un uomo vero, di trovare un accompagnatore per la serata, nonostante che quella ragazza sia davvero affabile e simpatica. Nota la presenza dell'uomo brizzolato intravisto al bar. E' vicino al parapetto del grande giardino e contempla l'oceano: dà le spalle alla gente, è totalmente estraneo a quanto succede nella sontuosa festa, È carismatico, bello, elegante, misterioso. Al momento giusto, lei avrebbe suggerito alla sua giovane amica di avvicinarsi e iniziare una conversazione - su un argomento qualunque. In fin dei conti - e nonostante tutto - quello era il suo giorno fortunato: era anche possibile che incontrasse un nuovo amore. ***
8:21 PM. Il medico legale, il commissario, l'ispettore Savoy e una quarta persona - che è arrivata con il commissario, ma non si è presentata - sono seduti intorno a un tavolo. Non devono affrontare soltanto un nuovo crimine, ma stilare una dichiarazione congiunta per i giornalisti che affollano i marciapiedi davanti all'ospedale. Una celebrità mondiale è appena deceduta e un famoso regista è ricoverato nel reparto di terapia intensiva. Di certo, tutte le agenzie di stampa hanno sollecitato bruscamente i loro inviati: o scoprono qualcosa di concreto, o saranno licenziati. "La medicina legale è una delle scienze più antiche del mondo. Grazie a essa, si sono potuti identificare molti elementi di un veleno e fabbricare degli antidoti. Comunque, i sovrani e i nobili preferivano avvalersi di loro assaggiatori, così da evitare sorprese derivanti da sostanze non ancora scoperte dai medici." Savoy aveva già incontrato "l'erudito" nel pomeriggio. Ora lascia la scena al commissario, affinchè ponga fine a quell'esposizione pedante. "Basta con lo sfoggio di cultura, dottore. Un criminale si aggira libero in città. Il medico non si lascia impressionare." "Come medico legale, non ho alcuna autorità o conoscenza per determinare lo scenario di un assassinio. Non posso esprimere opinioni, bensì individuare la causa della morte, l'arma utilizzata, l'identità della vittima, l'ora approssimativa in cui è stato commesso il crimine." "A parer suo, esiste una qualche relazione tra le due morti? C'è qualcosa che potrebbe collegare l'assassinio del distributore americano con quello dell'attore?" "Sì. Entrambi lavoravano nel cinema!" Prorompe in una risata. Tutti restano impassibili: le persone in quella sala non hanno il minimo senso dell'umorismo. "C'è un'unica relazione evidente: in entrambi i casi, sono stati usati dei prodotti tossici che agiscono sull'organismo con una velocità impressionante. Comunque, c'è
qualcosa di davvero sorprendente: il modo in cui è stato confezionato il cianuro. Nell'interno della busta c'era una sottile pellicola di plastica a tenuta ermetica, la quale si sarebbe rotta nel momento in cui l'involucro fosse stato lacerato." "Potrebbe essere stata fabbricata qui?" domanda lo sconosciuto, con un forte accento straniero. "È possibile. Ma è qualcosa di molto difficile, perché prevede una manipolazione complessa. Di certo, la persona che l'ha confezionata sapeva che era destinata a un omicidio." "Ossia, non è stato l'assassino a fabbricarla." "Ne dubito. Quasi sicuramente è stata commissionata a un gruppo specializzato. Nel caso del curaro, potrebbe essere stato l'omicida a intingere lo spillo nel veleno; per il cianuro, invece, occorre un trattamento particolare." Savoy pensa a Marsiglia, alla Corsica, alla Sicilia, ai paesi dell'Est europeo, ai terroristi del Medio Oriente. Scusandosi, esce per qualche istante dalla sala e telefona all'Europol. Spiegando la gravità della situazione, chiede agli agenti in servizio di effettuare una ricerca sui laboratori nei quali si possono produrre simili armi chimiche. La chiamata viene trasferita a una persona che lo informa che una richiesta identica è stata avanzata da una centrale di intelligence degli Stati Uniti. Che cosa sta succedendo? "Niente. Vi chiedo di avvertirmi non appena avrete una pista. E, per favore, cercate di scoprirla entro i prossimi dieci minuti." "Impossibile," sentenzia la voce all'altro capo della linea. "Daremo la risposta solo dopo aver raggiunto una certezza. Comunque, prima di presentare una richiesta per..." Savoy riaggancia e si appresta a tornare nella sala. Scartoffie. Sono l'ossessione di tutti coloro che si occupano dell'ordine pubblico. Nessuno vuole rischiare una qualsiasi azione senza aver ottenuto tutte le garanzie che i superiori approvino il loro operato. Uomini che avevano davanti una carriera brillante, che all'inizio lavoravano con
creatività ed entusiasmo, ora se ne stanno in un angolo, spaventati, anche quando devono affrontare sfide importanti e occorre muoversi con rapidità: ci sono sempre una gerarchia da rispettare, una stampa pronta ad accusare la polizia di brutalità e un gruppo di contribuenti impegnato a lamentarsi che non si arriva mai a risolvere un caso. Ecco perché è opportuno scaricare la responsabilità su qualche superiore. La sua telefonata, però, è stata soltanto una sceneggiata: lui sa chi è il criminale. Agirà - e lo catturerà - da solo, e nessun altro potrà reclamare encomi e allori per la soluzione del più importante caso poliziesco della storia di Cannes. Deve mantenere il sangue freddo, ma non vede l'ora che quella riunione si concluda. Quando rientra, il commissario gli comunica che Stanley Morris, il grande esperto di Scotland Yard, ha appena telefonato da Monte-Carlo. Dice che non deve preoccuparsi oltremisura; dubita che il criminale utilizzerà la medesima arma. "Potremmo trovarci davanti a una nuova minaccia terroristica," afferma lo sconosciuto. "Sì, infatti," replica il commissario. "Ma, contrariamente a voi, l'ultima cosa che vogliamo è seminare il panico tra la popolazione. Per ora, dobbiamo definire i contenuti del comunicato stampa, per evitare che i giornalisti traggano delle conclusioni avventate e le divulghino nei notiziari della sera. "Ci troviamo di fronte a un criminale seriale, che non ha nessun legame con il terrorismo." "Ma..." "Niente 'ma'..." La voce del commissario è dura e autoritaria. "La sua ambasciata è stata contattata perché il morto viene dal suo paese. Lei è qui come invitato. Per quanto riguarda le altre due vittime americane, si è deciso di non convocare un rappresentante diplomatico, sebbene in uno dei casi sia stato utilizzato un veleno. "Se lei è qui per insinuare che ci troviamo davanti a una minaccia collettiva in cui vengono usate armi biologiche,
può anche andarsene. Non trasformeremo un atto criminale in un affare politico. Vogliamo che, l'anno venturo, il nostro Festival abbia lo splendore e il glamour che merita. Stileremo un comunicato che riprende le affermazioni dell'esperto di Scotland Yard." Lo straniero tace. Il commissario chiama un assistente: lo prega di avvertire i giornalisti che, nel giro di dieci minuti, avranno le notizie che aspettano. Il medico legale dice che si potrebbe risalire all'origine del cianuro, dal momento che lascia una sorta di firma. Comunque, ci vorrebbero più di dieci minuti - forse una settimana. "C'erano tracce di alcol nell'organismo. La pelle appariva arrossata. La morte è stata quasi istantanea. Non ci sono dubbi riguardo al tipo di veleno utilizzato. Se si fosse trattato di un acido, avremmo trovato tracce di bruciatura intorno alle narici e alla bocca. Nel caso della belladonna, invece, le pupille sarebbero state dilatate, se..." "Dottore, sappiamo che si è laureato con un'ottima votazione, che è in grado di determinare la causa della morte, e non intendiamo mettere in discussione la sua competenza. Dunque... si può affermare che si è trattato di cianuro?" Il dottore fa un cenno affermativo con il capo e si mordicchia un labbro, per controllare l'irritazione. "E quanto all'altro uomo ricoverato in ospedale? Il regista... "In questo caso, la terapia prevede la somministrazione di ossigeno puro, di 600 mg di Kelocyanor per via endovenosa ogni quindici minuti. Se non sortirà alcun effetto, si potrà aggiungere triosolfato sodico in soluzione al 25%..." Il silenzio nella sala è quasi palpabile. "Scusate. La risposta è: Si salverà." Il commissario prende appunti su un foglio di carta gialla. Sa che ormai non c'è più tempo. Ringrazia tutti, prega lo straniero di non uscire insieme a loro, per evitare ulteriori speculazioni. Si reca in bagno e si sistema la cravatta, dopo aver invitato Savoy a fare la stessa cosa.
"Morris ha detto che, la prossima volta, l'assassino non userà il veleno. In base a quanto ha potuto scoprire dopo la sua partenza, sta seguendo un modello preciso, anche se inconsapevolmente. È in grado di immaginare quale sia: Savoy ci aveva pensato, mentre tornava da MonteCarlo. Sì, una firma c'era - qualcosa che forse neanche il grande esperto di Scotland Yard aveva notato: La vittima della Croisette: il criminale era vicino. La vittima durante la colazione: il criminale era lontano. La vittima sulla panchina: il criminale era vicino. La vittima nella stanza d'albergo: il criminale era lontano. Di conseguenza, il prossimo delitto sarebbe stato commesso con il criminale nei pressi della vittima. O meglio, probabilmente questo è il piano dell'assassino: non riuscirà a portarlo a compimento, perché sarà arrestato nel giro di mezz'ora. E ciò, grazie ai suoi informatori che gli hanno passato le notizie senza darvi una particolare importanza. E Savoy, a sua volta, ha detto che erano cose irrilevanti. Invece non era così, è chiaro — ora si trova davanti all'anello mancante, alla pista giusta, all'unico tassello assente. Il cuore gli batte forte: è qualcosa che ha sognato per tutta la vita. Ah, quella riunione che sembrava non finire mai! "Mi sta ascoltando?" "Sì, signor commissario." "Allora sappia che le persone là fuori non stanno aspettando una dichiarazione ufficiale, tecnica, che dia risposte precise alle loro domande. Cercheranno di cavarci dalle labbra ciò che vogliono udire: non dobbiamo cadere nella loro trappola. Non sono qui per ascoltarci, ma per vederci - e perché anche il loro pubblico possa guardarci." Fissa Savoy con un'aria di superiorità, come se fosse il maggior esperto di comunicazione della terra. Evidentemente, esibire la propria cultura non era un privilegio di Morris o del medico legale - tutti avevano sempre un modo indiretto per affermare: "Io conosco il mio lavoro."
"Sia espressivo. Più esattamente: il corpo e il viso dovranno essere più eloquenti delle parole. Mantenga lo sguardo fermo, la testa alta, una postura rilassata, e leggermente inclinata all'indietro. Le spalle rigide rivelano tensione: in tal caso, tutti sarebbero pronti a dire che non abbiamo la minima idea di cosa sta succedendo." "Sì, signor commissario." Raggiungono l'ingresso dell'Institut de Médecine Legale. I riflettori si accendono, i microfoni si avvicinano, le persone cominciano a spintonarsi. Dopo qualche momento, il disordine acquista un certo assetto organizzato. Il commissario prende un foglio da una tasca. "L'attore è stato assassinato con il cianuro, un veleno mortale che può essere somministrato sotto varie forme: in questo frangente, il criminale ha utilizzato il gas. Il regista è fuori pericolo: nel suo caso, si è trattato di un incidente, poiché è entrato in un ambiente dove erano ancora presenti tracce della sostanza. Gli addetti alla sicurezza hanno notato sui monitor un uomo che percorreva il corridoio, penetrava in una delle suite e ne usciva di corsa cinque minuti dopo, dirigendosi a passo rapido verso le scale." Ha omesso che l'ingresso della stanza era fuori dal campo della telecamera. Ma omettere non significa mentire. "Gli addetti alla sicurezza hanno agito con rapidità, mandando immediatamente un medico. Quando questi si è avvicinato, ha avvertito l'odore di mandorle: a quel punto, la concentrazione del veleno era così bassa da non causare danni. È stata subito avvertita la polizia, che è giunta sul posto in meno di cinque minuti, ha isolato l'area e chiamato un'ambulanza: i paramedici sono entrati nella stanza con le maschere di ossigeno e sono riusciti a soccorrere il regista." Savoy sembra davvero colpito dalla disinvoltura del commissario. Che quel grado preveda l'obbligo di seguire un corso di pubbliche relazioni? "Il veleno era contenuto in una busta. Non siamo in grado di affermare se la calligrafìa su di essa sia di un uomo o di una donna. Dentro c'era un foglio." Ha omesso che la tecnologia usata per chiudere la busta
era estremamente sofisticata: esisteva una possibilità su un milione che qualcuno dei giornalisti presenti ne sapesse qualcosa, anche se in seguito questo tipo di domanda sarebbe stato inevitabile. Ha taciuto che un altro esponente dell'industria cinematografica era stato avvelenato quel giorno: evidentemente, tutti pensavano che il famoso distributore fosse morto per un attacco di cuore, anche se nessuno — assolutamente nessuno - aveva mentito al riguardo. È bene sapere che talvolta la stampa - per pigrizia o disattenzione — finisce per arrivare a conclusioni proprie, senza scomodare la polizia. "Cosa c'era scritto sul foglio?" è la prima domanda. Il commissario spiega che, al momento, non può rivelarlo, poiché rischierebbe di pregiudicare le indagini. Savoy comincia a capire su quale terreno intende portare l'intervista, e la sua ammirazione aumenta - quell'uomo si merita davvero il posto che occupa. "Potrebbe trattarsi di un delitto passionale?" è la seconda domanda. "Stiamo vagliando ogni possibilità. Scusate, signori, ora dobbiamo tornare al lavoro." Sale sull'auto della polizia, accende il lampeggiante, e parte a gran velocità. Savoy si incammina verso la propria macchina: si sente orgoglioso per il commissario. Che meraviglia! Riesce già a immaginare i notiziari che andranno in onda di lì a poco: "... È probabile che sia stato vittima di un delitto passionale!" Nient'altro avrebbe potuto sostituire l'interesse destato da ciò. La fama della Celebrità era talmente grande che gli altri delitti erano passati inosservati. A chi può importare di una povera ragazza — probabilmente una tossicodipendente - rinvenuta vicino al proprio banchetto di prodotti d'artigianato? Che rilevanza può avere la morte di un distributore cinematografico dai capelli rossicci attribuibile a un attacco cardiaco che l'ha colpito durante una colazione? Che dire di un delitto — anch'esso passionale - nel quale erano coinvolte due persone sconosciute, lontane dai riflettori del bel mondo, che
avevano inscenato l'epilogo di un dramma su un molo distante dal movimento della città? Erano cose che capitavano tutti i giorni, notizie già diffuse nei telegiornali del pomeriggio, e su cui si sarebbe continuato a discutere se non ci fosse stata... ... Quella Celebrità mondiale! Una busta! Un foglio con una scritta! Savoy aziona la sirena e prende la direzione opposta al commissariato. Per non destare sospetti, accende la ricetrasmittente: si sintonizza sulla frequenza del commissario. "Complimenti!" Anche il commissario è orgoglioso di se stesso. Hanno guadagnato alcune ore, forse alcuni giorni, tuttavia entrambi sanno che un serial-killer di sesso maschile, con capelli brizzolati, ben vestito, sui quarant'anni si aggira per la città. Usa armi sofisticate ed è esperto nell'arte di uccidere. Potrebbe ritenersi appagato dai delitti commessi, o potrebbe colpire di nuovo, in qualsiasi momento. "Mandi degli agenti a tutte le feste," ordina il commissario. "Devono cercare degli uomini soli che corrispondano alla nostra descrizione. Ordini che li tengano sotto sorveglianza e, se occorre, chiedano rinforzi. Devono essere poliziotti in borghese, discreti, vestiti in maniera consona all'ambiente: o jeans o abiti da sera. In tutte le feste, ripeto. Anche se si dovesse mobilitare la polizia urbana." Savoy esegue immediatamente l'ordine. Nel frattempo, riceve una chiamata sul cellulare. È l'Europol: hanno bisogno di più tempo per identificare i laboratori. Tre giorni lavorativi, come minimo. "Per favore, inviatemi un documento scritto. Non voglio responsabilità, se dovesse accadere ancora qualcosa." Ride fra sé e sé. Chiede che spediscano una copia all'incaricato straniero, anche se per lui non ha alcuna importanza. A gran velocità, si dirige verso l'Hotel Martinez; lascia la macchina davanti all'ingresso, ostacolando il transito delle altre auto. Il portiere reclama, e Savoy gli lancia il mazzo delle chiavi perché posteggi in modo regolare; poi mostra il proprio distintivo ed entra di corsa.
Sale al primo piano dove, in una sala privata, c'è un poliziotto accanto alla direttrice di turno e a un cameriere. "Quanto tempo dovremo restare qui?" domanda la direttrice. Lui la ignora e si rivolge al cameriere: "È sicuro che la donna assassinata - la cui foto è stata mostrata nel notiziario - sia la stessa persona che era seduta qui, oggi pomeriggio?" "Quasi sicuro, signore. Nella foto è più giovane, e ha i capelli tinti, ma io sono abituato a osservare il viso dei clienti, semmai qualcuno decidesse di svignarsela senza pagare." "È certo che era in compagnia dell'ospite che aveva riservato il tavolo?" "Assolutamente. Un uomo sui quarant'anni, di bell'aspetto, con i capelli brizzolati." Il cuore di Savoy batte all'impazzata. Si rivolge alla direttrice e al poliziotto: "Andiamo nella sua stanza." "Ha un mandato di perquisizione?" domanda la donna. Savoy è sul punto di perdere le staffe: "NON HO ALCUN MANDATO! Io non imbratto carte! Sa qual è il problema del nostro paese, cara signora? Sono tutti molto ossequienti - e obbedienti! Del resto, non è una questione solo nostra, ma di tutto il mondo! Lei non obbedirebbe se mandassero suo figlio in guerra? Suo figlio non obbedirebbe? E allora? E dato che lei è una persona obbediente, la prego di accompagnarmi subito in quella stanza, altrimenti dovrò arrestarla per favoreggiamento!" La donna sembra spaventata. Insieme al poliziotto, si dirigono verso l'ascensore, che in questo momento sta scendendo. Si ferma a ogni piano - il lift non sa che la salvezza di una vita umana dipende dalla rapidità con cui loro riusciranno ad agire. Decidono di prendere le scale. La direttrice reclama ha i tacchi alti, dice. Lui la invita a togliersi le scarpe e a seguirli. Salgono i gradini di marmo, oltrepassano alcune eleganti salette, reggendosi al corrimano di bronzo. Ai piani, le persone in attesa dell'ascensore si domandano chi sia quella donna senza scarpe, e per quale motivo un
poliziotto stia correndo per l'albergo. Che sia successo qualcosa di grave? E in tal caso, perché non servirsi dell'ascensore, visto che è più rapido? Pensano: "Sta diventando un festival di quinta categoria; gli alberghi non selezionano più i loro clienti; la polizia irrompe come se si trattasse di un bordello." Sì, andranno a reclamare con la direttrice. Ovviamente non sanno che è proprio lei la donna senza scarpe, quella che sale le scale di corsa. Arrivano finalmente alla porta della suite dove è alloggiato l'assassino. A quel punto, un responsabile degli addetti alla sorveglianza ha già mandato qualcuno a vedere cosa sta succedendo. L'uomo riconosce la direttrice e si informa se può essere d'aiuto. Savoy gli dice di abbassare la voce — sì, certo, può essere d'aiuto. Ha un'arma? L'addetto risponde negativamente. "Comunque, non si muova da qui. " Parlano sussurrando. Alla direttrice viene chiesto di bussare alla porta, mentre i tre - Savoy, il poliziotto e l'addetto alla sicurezza — restano accostati alla parete accanto. Savoy estrae la propria arma, imitato dall'agente. La donna bussa varie volte - nessuna risposta. "Dev'essere uscito." Savoy le chiede di usare il passe-partout. Ma lei spiega che non l'ha: non era pronta a una simile evenienza — e anche se lo fosse stata, avrebbe aperto quella porta solo con l'autorizzazione del direttore generale. Per la prima volta, Savoy si mostra gentile. "Non importa. Ora vorrei scendere e aspettare nella hall, insieme alla squadra di sicurezza che sorveglia l'entrata. Dovrà tornare, prima o poi, e vorrei essere il primo a incontrarlo." "Alla reception, abbiamo una fotocopia del suo passaporto e il numero della carta di credito. Perché siete tanto interessati a quest'uomo?" "Anche ciò non ha importanza." ***
9:02 PM. A mezz'ora di macchina da Cannes, c'è un paese in cui si parla la stessa lingua e si usa la stessa moneta della Francia, anche se lì vige un sistema politico del tutto diverso e il potere è detenuto da un principe (come nell'antichità) ebbene, in quel paese dove non esiste alcun controllo alla frontiera, adesso c'è un uomo seduto davanti a un computer. Quindici minuti prima, ha ricevuto un'e-mail, con la quale veniva informato dell'assassinio di un famoso attore. Morris guarda la foto della vittima: non ha la minima idea di chi sia — è da molto tempo che non va al cinema. Ma dev'essere una celebrità, poiché un portale di notizie sta diffondendo l'informazione della sua morte nel mondo intero. Sebbene sia ormai in pensione, simili eventi costituiscono la sua grande partita a scacchi, in cui di rado si lascia sconfiggere dall'avversario. La posta non è la sua carriera, bensì l'autostima. Quando lavorava a Scotland Yard, ha sempre voluto rispettare alcune regole: per esempio, partire dal fatto che tutto è possibile - in questo modo, non era obbligato a sentirsi infallibile. Nelle riunioni dei noiosi comitati di valutazione delle tecniche operative, gli piaceva provocare i presenti, dicendo: "Tutte le vostre conoscenze derivano dall'esperienza accumulata in anni di lavoro. Ma le vecchie soluzioni funzionano solo per i problemi che appartengono al passato. Se desiderate essere pratici e creativi, cercate di dimenticare che siete degli esperti!" Gli ispettori più anziani fìngevano di prendere appunti, quelli più giovani lo guardavano sgomenti - e la riunione continuava come se quelle parole non fossero mai uscite dalle sue labbra. Ma lui sapeva che il suo messaggio era stato recepito e, ben presto, ovviamente senza riconoscergli alcun merito, i superiori avrebbero cominciato a pretendere idee nuove. Stampa i dossier che gli ha mandato la polizia di Cannes. Detesta usare la carta - non intende venir accusato di essere un serial-killer delle foreste - ma, a volte, è obbligato
a farlo. Dapprima studia il modus operandi - ossia, il modo in cui sono stati commessi i delitti. Orario (mattina, pomeriggio o sera), arma (mani, veleno, stiletto), tipo di vittima (uomini e donne di età diverse), prossimità (due con contatto fisico, due senza alcun contatto), reazione contro l'aggressore (inesistente in tutti i casi). Quando si ha la sensazione di trovarsi in un tunnel senza uscita, la cosa migliore è lasciar vagare i pensieri, mentre l'inconscio lavora. Morris apre una nuova finestra del browser: compaiono i grafici con l'andamento della Borsa di New York. Dal momento che non ha investito denaro in azioni, non gli interessano particolarmente, ma questo è il suo modo di procedere: l'esperienza di anni analizza ogni informazione ottenuta fino ad allora, prima di formulare - attraverso l'intuizione - risposte e ipotesi creative. Venti minuti dopo, si concentra di nuovo sui dossier - con la mente sgombra. Il procedimento ha dato i suoi frutti: sì, c'era qualcosa in comune fra tutti i delitti. L'assassino possiede una grande cultura. Deve aver passato giorni, settimane in biblioteca, studiando il modo migliore di portare a termine le sue imprese. Sa come maneggiare i veleni senza correre rischi - no, non deve aver manipolato personalmente il cianuro. Conosce abbastanza bene l'anatomia umana per conficcare uno stiletto in un punto letale, senza incontrare ossa sulla traiettoria. Sferra colpi mortali con grande abilità. Poche persone al mondo conoscono il potere devastante del curaro. Probabilmente, ha letto diversi testi sugli omicidi seriali, e ha la consapevolezza che una firma conduce sempre al criminale, per cui si è premurato di compiere i delitti in maniera apparentemente incongrua, non rispettando un modus operandi. Ma questo è impossibile: senza alcun dubbio, l'inconscio dell'assassino deve aver lasciato una firma — che lui non è ancora riuscito a decifrare. Comunque, esiste un dato ancora più importante: ha denaro. Abbastanza per seguire un corso di Sambo e avere
così la perfetta conoscenza dei punti da colpire per paralizzare la vittima. Ha contatti: non ha certo acquistato quei veleni in farmacia, né da qualche esponente della piccola criminalità locale. Si tratta di armi biologiche evolute, che richiedono precauzioni nella manipolazione e nell'utilizzo. Dev'essersi servito di altre persone per ottenerle. Infine, agisce con estrema rapidità. E ciò porta Morris a concludere che non resterà lì a lungo. Forse una settimana, forse solo qualche altro giorno. Dove può arrivare con tutte queste informazioni? Adesso non riesce a giungere a una conclusione, per il semplice fatto che si è abituato alle regole del gioco. Ha perso quell'innocenza che richiedeva ai suoi subordinati. Infatti è questo che, alla fine, il mondo esige da un uomo: che pian piano diventi mediocre e che perda ogni stravaganza, ogni entusiasmo. Per la società, la vecchiaia è un marchio - non un indizio di saggezza. Superati i cinquantanni, ci si convince di non essere in condizioni di seguire gli eventi del mondo alla stessa velocità con cui accadono. Certo, lui non riesce più a correre come un tempo e deve usare gli occhiali per leggere. La sua mente, però, è sempre lucida - o almeno, è quanto gli piace credere. E il delitto? Se lui è davvero intelligente come pensa, perché non riesce a risolvere quell'enigma che prima gli sembrava tanto facile? Per ora, non può arrivare a nessuna conclusione definitiva. Deve aspettare qualche altra vittima. ***
9:11 PM. Passa una coppia e, sorridendo, gli dice che è un uomo fortunato: ha due bellissime donne accanto! Igor ringrazia: ha proprio bisogno di distrarsi. Di lì a poco avverrà l'incontro tanto atteso. Malgrado sia un uomo abituato ad affrontare pressioni di ogni genere, ripensa agli accampamenti nei dintorni di Kabul: prima di una missione pericolosa, i suoi compagni bevevano, parlavano di donne e sport - era come se non fossero lì, ma nelle loro città natali, intorno a un tavolo, con la famiglia e gli amici. Era un modo per scacciare il nervosismo e la paura, recuperare la propria identità ed essere più consapevoli, e più attenti alle sfide che si sarebbero presentate. Da buon soldato, sa che un combattimento non riguarda la contesa, bensì il bersaglio da colpire. Da ottimo stratega — si è fatto da sé e ha trasformato la sua piccola azienda in una delle più importanti società russe -, sa che l'obiettivo deve restare immutato, anche se spesso le motivazioni della scelta si modificano nel corso del tempo. È accaduto anche oggi: lui era arrivato a Cannes per un motivo preciso ma, solo quando è entrato in azione, ha compreso le vere ragioni che lo animavano. Era stato cieco per tutti quegli anni: ora, però, poteva vedere la luce finalmente era avvenuta la rivelazione. Ed è proprio per questo che lui deve proseguire sino alla fine. Ha preso le sue decisioni con coraggio, distacco e, a volte, con una certa dose di follia - non quella che distrugge, bensì la pazzia che porta l'essere umano a spingersi oltre i propri limiti. Del resto, è ciò che ha sempre fatto nella vita: ha vinto perché ha utilizzato la sua "follia controllata" nel momento di compiere delle scelte. I suoi amici passavano da commenti tipo "Stai rischiando troppo" a conclusioni come "Ero certo che si trattava del passo giusto" con una velocità strabiliante. Lui era capace di sorprendere e innovare - ma, soprattutto, correre i rischi necessari. Ma, a Cannes, forse per l'ambiente strano e
sconosciuto, ha rischiato inutilmente. Poiché era ottenebrato per la mancanza di sonno, tutto sarebbe potuto finire prima di quanto avesse programmato. E se ciò fosse accaduto, non avrebbe mai raggiunto quel momento di lucidità che ora gli consente di vedere con altri occhi la donna della quale credeva di essere innamorato, la sposa che meritava sacrifici e martirio. Si ricorda di quando si è avvicinato al poliziotto per confessare i propri atti. Lì è iniziata la transizione. Lì lo spirito della giovane dalle sopracciglia folte ha iniziato a proteggerlo e a spiegargli che stava agendo in modo giusto, sebbene le ragioni fossero sbagliate. Accumulare amore determina fortuna, accumulare odio determina calamità. Chi non sa riconoscere la porta d'ingresso dei problemi, finisce per lasciarla aperta - e le tragedie riescono a entrare. Lui aveva accettato l'amore di quella giovane. Era uno strumento di Dio, inviato per riscattarlo da un futuro cupo - e ora lo stava aiutando a perseverare. Igor è consapevole che, nonostante le innumerevoli precauzioni, potrebbe non aver considerato ogni eventualità - in tal caso, la sua missione potrebbe essere interrotta prima che sia compiuta. Ma non ha alcun motivo di lamentarsi o di temere: si è impegnato allo spasmo, ha agito in maniera impeccabile e, se Dio non vuole che porti a compimento l'impresa, lui dovrà accettare le Sue decisioni. "Rilassati. Chiacchiera con le ragazze. Riposa le membra prima del colpo finale - saranno più pronte." Gabriela - la ragazza che era sola al bar quando è arrivato alla festa sembra terribilmente eccitata e, ogni volta che un cameriere passa con il vassoio, depone il bicchiere, anche se mezzo pieno, e ne prende un altro. "Ghiacciato, sempre ghiacciato!" La sua allegria riesce a contagiarlo parzialmente. Da quanto ha raccontato, è appena stata scritturata per un film, sebbene non conosca né il titolo né il ruolo che dovrà interpretare — secondo le sue parole, "sarà l'attrice principale". Il regista è noto per la sua abilità nel selezionare buoni interpreti e ottimi copioni. Il protagonista, che Igor conosce e ammira, è una celebrità. Quando la giovane
menziona il nome del produttore, lui fa un cenno con il capo, come per dire: "Sì, so chi è", pur sapendo che lei lo intenderà come: "Non so chi sia, ma non voglio rimediare una figura da ignorante." Parla senza posa delle stanze piene di regali, del tappeto rosso, dell'incontro sullo yacht, della selezione assolutamente rigorosa e dei suoi progetti per il futuro. "In questo momento, ci sono migliaia di ragazze in questa città - e, nel mondo, milioni - che vorrebbero essere qui a parlare con lei e a raccontare queste storie. Le mie preghiere sono state ascoltate. Il mio impegno è stato ricompensato." L'altra ragazza è più discreta e riservata — forse per l'età e la mancanza di esperienza. Igor era piazzato dietro ai fotografi, quando lei è passata: ha sentito che chiamavano il suo nome, ha visto i giornalisti che la intervistavano alla fine del "corridoio". Ma evidentemente, gli altri invitati non sanno chi è - assediata prima, trascurata poi. Dev'essere stata sicuramente la ragazza chiacchierona ad aver deciso di avvicinarsi, domandandogli che cosa faceva lì. All'inizio, lui si è sentito infastidito, ma sapeva che, se non avesse deciso di conversare con quelle due giovani, sarebbe stato raggiunto da altre persone sole che non volevano dare l'impressione di essere smarrite, isolate, senza amici lì alla festa. Perciò ha accettato di parlare con loro o meglio, ha accettato la loro compagnia, visto che la sua mente era concentrata su ben altro. Si è presentato (come "Gunther"), spiegando di essere un industriale tedesco specializzato in macchinari pesanti (un argomento che non interessa a nessuno) e di essere stato invitato a quella serata da alcuni amici. Sarebbe partito l'indomani (cosa che sperava di fare veramente, anche se i disegni di Dio sono misteriosi). Quando l'attrice ha appreso che non lavorava nell'industria cinematografica e che non si sarebbe trattenuto a Cannes per molto tempo, era stata sul punto di allontanarsi, ma l'altra gliel'aveva impedito, dicendo che è sempre bello conoscere persone nuove. E adesso erano lì, tutt'e tre: lui in attesa dell'amico che non arrivava, l'attrice in
attesa di un assistente che era sparito, e la giovane taciturna in attesa di... Assolutamente nulla, se non di un po' di pace. .......... Tutto è accaduto molto rapidamente. L'attrice deve aver notato qualche granello di polvere sulla giacca dello smoking, ha sollevato la mano prima che lui potesse reagire e si è stupita: "Lei fuma il sigaro?" Meno male: un sigaro. "Sì, dopo cena." "Se volete, vi invito a una festa su uno yacht, stasera. Prima, però, devo trovare il mio assistente." L'altra giovane le suggerisce di non essere precipitosa. È appena stata scritturata per un film, e non è ancora nella condizione di poter invitare gli amici (o l'"entourage", per usare una parola che identifica i parassiti che ruotano intorno alle celebrità). Doveva seguire le regole, andarci da sola. L'attrice la ringrazia del consiglio. Passa un cameriere: la coppa di champagne piena a metà viene posata sul vassoio e sostituita con un'altra. "Penso che dovresti smettere di bere così smodatamente," dice Igor/Gunther. Prende la coppa dalla sua mano e versa il contenuto al di là della balaustra. L'attrice fa un gesto di sconforto, poi si rassegna: capisce che quell'uomo ha agito per il suo bene. "Sono molto eccitata," confessa. "Ho bisogno di calmarmi. Mi offrirebbe un sigaro?" "Spiacente, ne ho soltanto uno. E, oltre tutto, è scientificamente dimostrato che la nicotina è uno stimolante, e non un sedativo." Un sigaro. Sì, la forma era simile ma, a parte questo, i due oggetti non avevano alcunché in comune. Nel taschino sinistro della giacca, lui aveva un "soppressore di suono", detto anche "silenziatore". Un oggetto lungo circa dieci centimetri che, una volta montato sulla canna della Beretta che tiene in una tasca dei pantaloni, può operare un vero e proprio miracolo: Trasformare un "BANG!" in un "Puff...".
E questo sfruttando alcune leggi della fisica nel momento in cui l'arma fa fuoco: la pallottola passa attraverso una serie di anelli di gomma, detti "deflettori", mentre i gas dello sparo si comprimono nelle varie camere di espansione in cui è suddiviso il cilindro e che impediscono la propagazione del rumore dell'esplosione della polvere. È uno strumento pessimo per i tiri a lunga distanza, poiché modifica la traiettoria del proiettile, ma rappresenta un ottimo ausilio per colpire a bruciapelo. Igor comincia a essere impaziente: che la coppia avesse cancellato l'invito? O non sarà che... Per una frazione di secondo, si sente perduto. Non sarà che la suite nella quale ha infilato la busta fosse proprio quella in cui alloggiavano Ewa e il suo amico? No, non può essere: sarebbe un'autentica sfortuna. Pensa alle famiglie di coloro che sono morti. Se il suo unico obiettivo fosse ancora quello di riconquistare la donna che lo aveva lasciato per un uomo che non la meritava, tutto Il suo lavoro sarebbe inutile. Si sente vacillare: sarà questa la ragione per cui Ewa non si è messa in contatto con lui, malgrado tutti i messaggi inviati? Igor aveva telefonato due volte all'amico comune, apprendendo che non c'erano novità. I suoi dubbi si stanno tramutando in una certezza: sì, a quel punto dovevano ormai essere morti. Questo spiegava l'improvvisa scomparsa dell'assistente dell'attrice. E l'abbandono della giovane diciannovenne che sarebbe diventata il testimonial del grande stilista. Chissà, forse Dio lo stava punendo per aver amato una donna che non lo meritava? La sua ex moglie si era servita delle sue mani per strangolare una giovane che aveva davanti l'intera vita - la cui discendenza avrebbe potuto scoprire una cura per il cancro o trovare il modo di far sì che l'umanità prendesse coscienza che stava distruggendo il pianeta. Anche se Ewa ne era totalmente inconsapevole, era stata lei che lo aveva spinto a usare i veleni. Igor era certo - assolutamente certo - che niente di tutto ciò sarebbe stato necessario: nessun mondo distrutto, ma il messaggio sarebbe arrivato a destinazione. Ha portato con sé
quel piccolo arsenale, pur sapendo che si trattava soltanto di un gioco: arrivando nel bar dove aveva bevuto la coppa di champagne prima di recarsi a una festa, la sera precedente, lei si sarebbe accorta della sua presenza lì e avrebbe compreso di essere stata perdonata per la malvagità e la distruzione che aveva seminato intorno a sé. Da alcune ricerche scientifiche, Igor ha appreso che due persone che hanno trascorso molto tempo insieme sono in grado di intuire la reciproca presenza in un ambiente - anche se non sanno esattamente dove sia l'altro. Ma questo non è accaduto. L'indifferenza di Ewa forse il suo senso di colpa per tutto quello che gli aveva fatto - non le avrebbe consentito di notare quell'uomo che fìngeva di nascondersi dietro una colonna, ma che aveva lasciato sul tavolo in bella mostra varie riviste di economia in lingua russa: un'ottima pista per chi cerca ciò che ha perduto. Un individuo innamorato è sempre convinto di vedere per la strada, alle feste, nei teatri, il suo grande amore: forse Ewa aveva sostituito l'amore per lui con la fama e il glamour. Igor comincia a calmarsi. Ewa era il veleno più potente del pianeta e, se era stata uccisa dal cianuro... be', non era niente. Meritava una fine peggiore. Le due ragazze continuavano a chiacchierare. Igor si allontana: non può lasciarsi pervadere dalla paura di aver distrutto la propria opera. Ha bisogno di solitudine, di freddezza, di saper reagire rapidamente al repentino cambio di rotta. Si avvicina a un altro gruppo di invitati: stanno discutendo animatamente sui vari metodi per smettere di fumare - tutti sono alle prese con il problema del fumo. È uno degli argomenti di maggior attrazione in quel mondo, poiché consente di mostrare agli altri la propria forza di volontà. C'è un nemico, e loro lottano per dominarlo. Si accende una sigaretta, conscio del fatto che è una provocazione. "Nuoce alla sua salute," commenta una donna scheletrica, adorna di diamanti, con un bicchiere di aranciata in mano.
"Nuoce alla salute essere vivi," replica lui. "Si finisce sempre per morire, prima o poi." Gli uomini ridono. Le donne lo osservano con interesse. Ma, in quel momento, nel piccolo atrio a una ventina di metri di distanza, i fotografi iniziano a gridare. "Hamid! Hamid!" Seppure da lontano, e con la vista ostruita dalle persone che affollano il giardino, Igor può vedere il sarto che entra insieme alla sua compagna - quella donna che, in passato, aveva fatto innumerevoli ingressi al suo fianco in mille locali del mondo, quella donna che aveva stretto il suo braccio con affetto, delicatezza, eleganza. Ancora prima che possa trarre un sospiro di sollievo, qualcosa lo spinge a guardare nella direzione opposta: un uomo varca l'altro ingresso del giardino, senza essere bloccato da nessun addetto alla sicurezza. Muove il capo in tutte le direzioni: sta cercando qualcuno - non un amico perduto tra la folla. Senza neppure prendere congedo dal gruppo, torna verso la balaustrata: le due ragazze stanno ancora chiacchierando. Prende una mano dell'attrice. Recita una preghiera silenziosa all'indirizzo della giovane dalle sopracciglia folte, chiedendole perdono per aver dubitato - ma gli essere umani sono ancora impuri, incapaci di comprendere le benedizioni che ricevono tanto generosamente. "Non pensa di star correndo un po' troppo?" gli domanda l'attrice, senza fare alcun gesto per ritrarre il braccio. "Penso di sì. Ma da quanto hai raccontato, mi sembra che oggi gli eventi che riguardano la tua vita abbiano subito un'accelerazione." Lei scoppia a ridere. Ride anche la ragazza taciturna. Il poliziotto gli è passato accanto senza notarli — il suo sguardo si soffermava sugli uomini di circa quarant'anni, con i capelli brizzolati. Ma che erano lì da soli. ***
9.20 PM. I medici controllano gli esiti delle analisi: i valori si discostano totalmente da quelli della malattia diagnosticata - a questo punto, devono decidere se dar credito alla scienza o all'intuizione. Con il passare del tempo, prestano una maggiore attenzione all'istinto, e si accorgono che i parametri migliorano. Grandi uomini d'affari studiano pile di grafici, e poi finiscono per acquistare o vendere azioni in modo esattamente contrario alle istanze del mercato, e si arricchiscono. Artisti scrivono libri o realizzano film che, secondo un'enormità di persone "non funzioneranno, poiché nessuno affronta questi temi", e alla fine diventano delle autentiche icone della cultura popolare. Leader religiosi si affidano alla paura e al senso di colpa, invece che all'amore - che, in teoria, è la cosa più importante del mondo -, e le loro chiese si riempiono di fedeli. Tutti in controtendenza, a parte i politici, che vogliono piacere al mondo intero e si adeguano alle regole del manuale dei corretti atteggiamenti. Finiscono per dover rinunciare, discolparsi, smentire. Morris apre una finestra dopo l'altra sul browser del suo computer. E qualcosa non ha niente a che vedere con la tecnologia: riguarda l'intuizione. Lo aveva già fatto con l'indice Dow Jones, ma non era ancora soddisfatto dei risultati - meglio concentrarsi sui personaggi con cui ha convissuto per gran parte della vita. Per l'ennesima volta, guarda il video in cui Gary Ridgway - il Serial-killer del Green River - racconta con voce calma come abbia ucciso quarantotto donne, quasi tutte prostitute. Ammette i delitti non perché brami l'assoluzione dei suoi peccati, o desideri levarsi un peso enorme dalla coscienza: semplicemente, il procuratore distrettuale gli ha offerto di sostituire il rischio di una condanna a morte con l'ergastolo. In altre parole, malgrado abbia agito impunemente per lungo tempo, non ha lasciato prove sufficienti per essere condannato senza una confessione.
O forse è ormai stanco o annoiato del macabro compito che si è imposto. Ridgway - impiego fisso come verniciatore in una carrozzeria industriale - è in grado di ricordare le vittime solo se le mette in relazione con le sue giornate lavorative. Per vent'anni, è riuscito a commettere delitti senza lasciare una firma o una traccia - sebbene, per alcuni periodi, oltre cinquanta investigatori gli dessero la caccia. "Era un individuo non particolarmente brillante, sul lavoro si dimostrava piuttosto impreciso, non aveva una grande cultura, ma era un assassino perfetto," dichiara uno degli investigatori nel filmato. Ossia, era nato per uccidere. Il suo caso è stato definitivamente archiviato. Morris aveva già visionato quel filmato infinite volte. Di solito, traeva l'ispirazione per risolvere altri casi, ma oggi quel metodo non stava funzionando. Chiude la schermata del player e apre un'altra finestra: compare la lettera del padre di Jeffrey Dahmer - il Mostro di Milwaukee, responsabile di avere ucciso e squartato diciassette uomini tra il 1978 e il 1991: "Ovviamente non riuscivo a credere a ciò che diceva la polizia di mio figlio. Mi sono seduto spesso a quel tavolo che veniva usato come posto di squartamento e altare satanico. Quando aprivo il suo frigorifero, vedevo solo bottiglie di latte e confezioni di soda. Com'è possibile che il bambino che ho tenuto innumerevoli volte fra le braccia e il mostro il cui ritratto era su tutti i giornali possano essere la medesima persona? Ah, se almeno fossi stato al posto di quei genitori che, nel luglio del 1991, ricevettero la notizia che temevano — che i loro figli non solo erano scomparsi, ma erano stati assassinati. In quel caso, avrei potuto visitare la tomba in cui riposavano i suoi resti, alimentare la sua memoria. E invece no: mio figlio era vivo, ed era l'autore di quegli orribili delitti." Altare satanico. Charles Manson e la sua "famiglia". Nel 1969, quattro giovani fanno irruzione nella villa di una star del cinema e uccidono tutti i presenti, oltre a un amico del custode ammazzato prima di entrare nella casa.
Altri due assassinii il giorno seguente - una coppia di droghieri. "Io, da solo, avrei potuto assassinare l'intera umanità," dice Manson. Morris osserva per la millesima volta il viso del mentore di quegli orrendi crimini che sorride alla telecamera, circondato da amici hippies - c'è anche un famoso musicista dell'epoca. Tutta gente assolutamente insospettabile, che parlava di pace e di amore. Chiude tutti i file aperti. All'apparenza, Manson è quello più facilmente associabile a ciò che sta accadendo ora — cinema, vittime conosciute. Una sorta di manifesto politico contro il lusso, il consumismo, la celebrità. Malgrado fosse l'ispiratore di quei delitti, non fu mai presente nei luoghi dove furono perpetrati: delegava l'esecuzione ai suoi adepti. No, la pista non è quella. Morris ha spedito alcune email, spiegando che non è in grado di fornire risposte in breve tempo: comincia ad avere la sensazione di presentare i sintomi del morbo che ha aggredito i detective di tutti i tempi, quando si sono trovati a confrontarsi con un serial-killer. Cioè, il caso diventa una faccenda personale. Da un lato, un uomo che probabilmente svolge una professione, che ha pianificato i crimini anche in base alle armi utilizzate, e che ignora le capacità della polizia locale e si muove in un terreno sconosciuto — un uomo vulnerabile, cioè. Dall'altro, l'esperienza di vari organi preposti alla sicurezza, abituati ad affrontare ogni aberrazione della società. Comunque, lui non sa come interrompere il rituale omicida di quello che reputa un semplice dilettante. Non avrebbe dovuto accogliere l'appello del commissario. Aveva deciso di vivere nel Sud della Francia perché lì il clima è migliore, gli abitanti sono più divertenti, il mare è davvero vicino, e lui si aspettava di avere davanti ancora molti anni per godersi i piaceri dell'esistenza. Aveva lasciato il servizio a Scotland Yard quando era ancora considerato il migliore. E adesso la notizia del suo
fallimento sarebbe giunta alle orecchie degli ex colleghi lui non avrebbe più potuto sentirsi appagato della meritata fama ottenuta con un duro lavoro e un'enorme dedizione. Avrebbero detto: "Ha tentato di compensare le sue lacune insistendo perché venissero installati dei computer nel nostro dipartimento. Ma adesso, malgrado l'ausilio della tecnologia, si sta dimostrando vecchio, incapace di mantenersi al passo con le sfide dei tempi moderni." Ha premuto il bottone dello spegnimento. Lo schermo si è oscurato quasi subito, dopo aver mostrato il logo del sistema operativo. All'interno della macchina, i bit scomparivano dalla memoria volatile, senza lasciare alcun sentimento di colpa, rimorsi, impotenza. Il suo corpo, però, non ha pulsanti simili. Nel suo cervello, i circuiti continuano a funzionare, giungendo sempre alle medesime conclusioni, tentando di giustificare l'ingiustificabile, minando la sua autostima, convincendolo della validità dell'opinione degli ex colleghi: forse il suo istinto e la sua capacità di analisi erano ormai influenzati dall'età. Va in cucina, accende la macchina per il caffè espresso non sempre funziona. Annota mentalmente ciò che intende fare: oggigiorno è molto più economico gettare via un elettrodomestico guasto e comprarne uno nuovo, piuttosto che farlo riparare. Per fortuna, stavolta la macchina funziona, e lui beve senza fretta il caffè. Passa una considerevole parte della giornata a premere pulsanti: computer, stampante, telefono, luce, fornello, macchina per il caffè, fax. Ora deve premere il pulsante giusto nella sua mente: non vale la pena rileggere i documenti inviati dalla polizia. Si sforza di pensare in maniera diversa. Deve compilare una lista, anche se ripetitiva: a) il criminale possiede cultura e raffinatezza - almeno per quanto riguarda le armi. E sa come utilizzarle; b) non è della zona, altrimenti avrebbe scelto un periodo migliore - e luoghi meno affollati di poliziotti; e) non lascia una firma evidente. Ossia, non vuole essere identificato. Per quanto ciò sembri ovvio, nei delitti le "firme" costituiscono un modo disperato con il
quale il Medico tenta di evitare i mali causati dal Mostro. Il dottor Jekill dice a Mister Hyde: "Per favore, fermami. Io sono un male per la società, ma non riesco a controllarmi"; d) dal momento che è stato capace di avvicinare almeno due delle vittime, guardarle negli occhi, conoscere alcuni elementi della loro vita, è un soggetto che uccide senza rimorsi. Dunque, deve avere partecipato a una guerra; e) deve avere denaro, molto denaro - non perché Cannes sia esosa durante i giorni del Festival, ma per il costo di produzione della busta con il cianuro. Stima una cifra intorno ai 5000 dollari - 540 per il veleno, e 4.460 per il confezionamento; f) non fa parte di organizzazioni dedite allo spaccio di droga, al traffico di armi o ad altre attività delittuose, altrimenti avrebbe l'Europol alle calcagna. Contrariamente a ciò che pensa la maggior parte dei criminali, essi rimangono in libertà solo perché non è ancora arrivato il momento giusto per sbatterli in gattabùia. I loro gruppi sono infiltrati da agenti lautamente retribuiti; g) non vuole farsi prendere, adotta innumerevoli precauzioni. Tuttavia non può controllare il proprio inconscio, e - involontariamente - sta adeguandosi a un determinato modello; h) è una persona del tutto normale, che non desta alcun sospetto; probabilmente è dolce e affabile, e sa guadagnarsi la fiducia di coloro che attira verso la morte. Passa un certo tempo con le vittime. Due erano di sesso femminile e, di conseguenza, assai più diffidenti degli uomini; i) non sceglie le sue vittime - possono essere uomini e donne di qualsiasi età ed estrazione sociale. Morris si ferma per un attimo. Ha scritto qualcosa che non quadra con il resto. Rilegge le sue note due o tre volte. Alla quarta lettura, riesce a identificare l'elemento che stride: e) non lascia una firma evidente. Ossia, non vuole essere identificato. Ebbene, l'assassino non sta cercando di ripulire il mondo come Manson, non intende purificare la sua città
come Ridgway, non brama di soddisfare l'appetito degli dèi come Dahmer. Gran parte dei criminali non desidera venir catturata, ma vuole essere identificata. Alcuni per ottenere titoli sui giornali, fama, gloria, come il Killer dello Zodiaco o Jack lo Squartatore - forse pensano che i nipoti, quando scopriranno un diario impolverato nella soffitta di casa, saranno orgogliosi delle loro gesta. Altri hanno una missione da compiere: diffondere il terrore e allontanare le prostitute, per esempio. Consultati al riguardo, degli psicanalisti hanno concluso che i serial-killer che smettono improvvisamente di uccidere credono che il loro messaggio sia stato recepito. Sì, ecco la risposta. Perché non ci aveva pensato prima? Per una semplice ragione: perché avrebbe indirizzato le ricerche della polizia in due direzioni opposte. Quella dell'assassino e quella della persona a cui il criminale desidera mandare il messaggio. E, nel caso di Cannes, l'omicida sta agendo con grande rapidità. Morris ha quasi la certezza che presto sparirà - non appena il suo messaggio sarà stato inteso. Due, tre giorni al massimo. E, come alcuni degli omicidi seriali in cui le vittime non hanno una caratteristica in comune, il messaggio dev'essere destinato a una persona sola. Sì, a una persona soltanto. Torna al computer, lo riaccende e invia un'e-mail tranquillizzante al commissario: "Smetta di preoccuparsi. I delitti cesseranno all'improvviso, prima della fine del Festival." Per il piacere di correre un rischio, ne invia una copia a un amico di Scotland Yard - in modo da renderlo edotto sul fatto che la Francia lo rispetta come professionista, ha chiesto il suo aiuto e l'ha ottenuto. È ancora in grado di giungere a conclusioni professionali che si riveleranno corrette. Non è vecchio come si vuole far credere. C'è in gioco la sua reputazione: ma lui è sicuro di quanto ha appena scritto. ***
10:19 PM. Hamid spegne il cellulare - non è minimamente interessato a quanto accade nel mondo. Nell'ultima mezz'ora, il suo telefono è stato subissato di messaggi negativi. Tutto ciò è un segnale che deve abbandonare definitivamente l'idea assurda di produrre un film. Si è lasciato trascinare dalla vanità, piuttosto che ascoltare i consigli dello sceicco e della compagna. Evidentemente, sta cominciando a perdere il contatto con se stesso: il mondo del lusso e del glamour lo sta avvelenando - proprio lui, che si è sempre reputato immune! Basta. Domani, quando la serenità regnerà di nuovo nella sua vita, convocherà la stampa e annuncerà che, malgrado abbia già investito una discreta somma nella realizzazione del progetto, lo interromperà perché "si trattava di un sogno condiviso da tutti coloro che ne erano coinvolti, e uno di essi non è più tra noi". Di sicuro, qualche giornalista vorrà sapere se sta già pensando ad altri progetti. Lui risponderà che è ancora presto per parlarne, "dobbiamo rispettare la memoria di chi se n'è andato". Come ogni altro essere umano che possegga un briciolo di correttezza morale, è ovviamente dispiaciuto del fatto che l'attore che stava per scritturare fosse morto avvelenato, e che il regista scelto per il progetto si trovasse in ospedale - fortunatamente non versava in pericolo di vita. Ma entrambe le vicende contenevano un messaggio chiaro: niente cinema. Non era il suo mondo, avrebbe perso denaro - anzi, in cambio, non avrebbe ottenuto proprio nulla. Il cinema ai cineasti, la musica ai musicisti, la letteratura agli scrittori. Da quando aveva intrapreso quell'avventura, due mesi prima, i suoi problemi erano aumentati: aveva dovuto confrontarsi con ego smisurati, rifiutare preventivi assurdi, correggere un copione che peggiorava a ogni nuova versione, sopportare distributori dall'aria affettata che lo trattavano con una certa compiacenza, quasi fosse un ignorante assoluto in campo cinematografico. Era animato da una grande intenzione: mostrare la
cultura del suo paese, la bellezza del deserto, la millenaria saggezza e i codici d'onore dei beduini. Era un debito contratto con la propria tribù, anche se lo sceicco aveva insistito perché non si allontanasse dalla strada tracciata originariamente. "Le persone si perdono nel deserto perché si lasciano attrarre dai miraggi. Tu stai svolgendo in modo eccelso il tuo lavoro, concentra su di esso tutte le tue energie." Però Hamid voleva spingersi più lontano: mostrarsi capace di stupire ulteriormente, di salire più in alto, di rivelare il proprio coraggio. Ha peccato di orgoglio, ma questo non sarebbe più accaduto. I giornalisti lo subissano di domande — a quanto pare, la notizia si è diffusa con una velocità inusuale. Lui spiega che non conosce ancora i dettagli della vicenda, ma farà una dichiarazione il giorno seguente. Per decine di volte ripete la stessa risposta, fino a quando si avvicina un membro del suo servizio di sicurezza e invita gli astanti a lasciare in pace la coppia. Lui chiama un assistente. Gli chiede di trovare Jasmine tra la gente che affolla il giardino e di accompagnarla lì. Sì, bisogna predisporre qualche foto insieme, un nuovo comunicato in cui venga confermata la stipula del contratto, una campagna di stampa che mantenga vivo l'interesse sull'argomento fino a ottobre, fino alla Settimana della Moda di Parigi. In seguito, convincerà personalmente la stilista belga: quei lavori gli sono piaciuti davvero, ed è sicuro che potranno fruttare denaro e prestigio al suo gruppo - ne è assolutamente certo. Comunque, sa perfettamente ciò che la donna sta pensando, ora: che ha tentato di comprarla perché trasferisse il contratto con la sua stupenda modella. Insistere adesso non solo farebbe salire il prezzo, ma non sarebbe neppure elegante. Tutto a tempo debito: meglio attendere il momento giusto. "Penso che dovremmo andarcene da qui." Evidentemente, Ewa è infastidita dalle domande dei giornalisti. "Scordatelo. Come sai, non ho un cuore di pietra, ma non posso neppure abbandonarmi alla disperazione per
qualcosa che, in realtà, ha solo confermato quanto mi avevi suggerito: "Sta' lontano dal cinema." Siamo a una festa, e ci resteremo sino alla fine." La sua voce ha un tono più duro di quanto pensasse, ma Ewa non sembra particolarmente dispiaciuta — come se il suo amore o il suo odio le fossero indifferenti. Lui continua, con un'intonazione più appropriata: "La perfezione di questa festa è strabiliante. Il nostro ospite avrà investito una cifra altissima per essere presente al Festival di Cannes, alla quale deve aver aggiunto le spese per i biglietti aerei e gli alberghi delle star intervenute in esclusiva all'evento. Di certo, otterrà un profitto dieci o dodici volte maggiore solo con la visibilità che questa cena di gala gli procura: intere pagine di riviste e giornali, spazi nei programmi televisivi, servizi sulle TV via cavo che si limitano a trasmettere cronache mondane. Le donne assoceranno i propri gioielli al glamour e alla gioia di vivere; gli uomini useranno i loro orologi come dimostrazione di potere e denaro. I giovani apriranno le pagine dedicate alla moda e penseranno: "Un giorno ci sarò anch'io, indossando proprio quelle cose." "Andiamo via. Ho un presentimento." È la goccia che fa traboccare il vaso. Hamid aveva subito per tutto il giorno il malumore della compagna, passivamente. Lei ha controllato di continuo il telefono per verificare l'arrivo di qualche altro messaggio, e ora lui comincia a sospettare seriamente che stia accadendo qualcosa di molto strano. Un altro uomo? Il suo ex marito, che aveva intravisto nel bar dell'albergo, e che forse voleva fissare a tutti i costi un appuntamento? In tal caso, perché non gli aveva detto chiaramente ciò che provava, anziché chiudersi in se stessa? "Non parlarmi di presentimenti! Io sto tentando affettuosamente di spiegarti il motivo per cui si organizzano feste simili. Se vuoi tornare a essere la donna d'affari che sognavi, se vuoi ancora lavorare nel mondo dell'alta moda, presta attenzione alle mie parole. A proposito, quando ti ho detto di aver visto il tuo ex marito nel bar dell'albergo, ieri sera, mi hai risposto che era impossibile. E' per lui che
controlli il cellulare ogni minuto? "Igor non ha niente da fare, qui." Avrebbe voluto dirgli: "Io so chi ha agito per distruggere il tuo progetto cinematografico, riuscendo nella sua impresa. E so che lui è capace di spingersi oltre. Ascoltami: stiamo correndo un pericolo enorme, andiamo via." "Non hai risposto alla mia domanda." "La risposta è: Sì. Controllo il cellulare proprio per questo. Perché io lo conosco, so che è vicino. E ho paura." Hamid ride. "Anch'io sono vicino." Ewa prende una coppa di champagne e beve d'un fiato. Lui non fa commenti: era un'altra provocazione. Hamid si guarda intorno, cercando di non pensare alle notizie comparse sul display del suo telefonino; aspetta di fare le foto con Jasmine, prima che tutti i presenti vengano invitati ad accomodarsi nel salone in cui sarà servita la cena — lì, l'ingresso è vietato ai fotografi. L'avvelenamento del famoso attore non sarebbe potuto capitare in un momento peggiore: nessuno gli aveva fatto qualche domanda sul sontuoso contratto firmato con una modella sconosciuta. Mezz'ora prima, era l'unica cosa su cui i giornalisti cercavano informazioni: ora, quell'argomento non gli interessava più. Nonostante i numerosi anni di frequentazione dell'ambiente del lusso e del glamour, ha ancora molto da imparare: mentre il contratto milionario con la giovane modella era passato in secondo piano, il loro anfitrione stava riuscendo a mantenere intatto l'interesse per l'evento. Nessuno dei fotografi e dei giornalisti aveva lasciato la festa per recarsi al commissariato o all'ospedale e verificare che cosa fosse realmente successo. Certo, erano tutti specializzati nella moda, ma gli editori non gli avevano chiesto di seguire gli altri eventi per il semplice fatto che i delitti non compaiono nelle pagine dedicate alla mondanità. Le firme dei gioielli di lusso non si imbarcano in avventure cinematografiche. E i grandi promotori di eventi sanno che, indipendentemente dal sangue versato nel mondo in quel preciso momento, le persone saranno sempre attratte da foto che raccontano un universo perfetto,
irraggiungibile, esuberante. Gli omicidi possono accadere anche nella casa accanto, o nella strada di fronte. Ma feste come quella riguardano il top del mondo. E cos'è più interessante per i mortali? La festa perfetta, naturalmente. La cui promozione è iniziata mesi prima, con comunicati stampa attraverso i quali si informava che, seguendo una tradizione ormai consolidata, la gioielleria avrebbe presentato la nuova collezione a Cannes, e che gli inviti erano già esauriti. In realtà, non era così: in quel momento, infatti, la metà degli invitati stava ricevendo una sorta di memorandum in cui si chiedeva gentilmente la disponibilità per quella data. Poiché tutti avevano letto la notizia della presentazione, si affrettavano a rispondere. E riservavano la data. Acquistavano i biglietti aerei e prenotavano gli alberghi per dodici giorni - anche se si sarebbero fermati solo quarantotto ore. Dovevano dimostrare al mondo che appartenevano ancora alla Superclasse - la qual cosa avrebbe facilitato gli affari, aperto molte porte e alimentato l'ego. Due mesi dopo, ecco il lussuoso invito. Le signore iniziavano a essere pervase dal nervosismo, poiché non riuscivano a decidersi sull'abito da indossare; gli uomini incaricavano le segretarie di telefonare al tale o al talaltro conoscente, chiedendo se fosse possibile incontrarsi al bar - prima di quella cena - per una coppa di champagne e per discutere di un certo affare. Era il modo maschile per dire: "Io sono stato invitato alla festa? E tu?" Se l'interlocutore adduceva di avere già un impegno — difficilmente sarebbe potuto essere a Cannes, in quel periodo il messaggio era chiaro: la mancanza di disponibilità era solo un pretesto per il fatto di non aver ancora ricevuto alcun invito.
Qualche minuto dopo, l'"uomo senza disponibilità" cominciava a mobilitare amici, assistenti e soci per ottenere l'agognato cartoncino. A questo punto, l'anfitrione poteva selezionare gli altri invitati, basandosi su tre elementi: potere, denaro, contatti. La festa perfetta. Poi viene assunta una squadra di professionisti. Quando arriva il gran giorno, l'ordine è di servire principalmente bevande alcoliche - di preferenza, il mitico e insuperabile champagne francese. Provenienti da altri paesi, gli invitati non si rendevano conto che, in quella circostanza, veniva loro offerto un prodotto nazionale e, dunque, assai più economico di quanto pensassero. Le donne — compresa Ewa - ritenevano che una coppa di quel liquido dorato fosse il migliore complemento per l'abito, le scarpe e la borsa. Anche le mani degli uomini ne tenevano in mano una, ma bevevano molto di meno: erano lì per incontrare un concorrente con cui rappacificarsi, un fornitore con il quale migliorare i rapporti, un potenziale cliente che avrebbe potuto distribuire i loro manufatti. In quella serata, venivano scambiati centinaia di biglietti da visita per lo più tra professionisti. Alcuni - pochi - erano offerti a qualche splendida fanciulla, sebbene tutti quegli azzardati Romeo fossero consapevoli che si trattava di uno spreco di carta: nessuno, infatti, era lì per incontrare il grande amore della sua vita. Tutti erano lì per concludere affari, per mettersi in mostra e, eventualmente, per divertirsi. Lo svago era un optional — e tutt'altro che importante. Gli invitati provengono dai tre vertici di un triangolo immaginario. Dal primo vertice arrivano coloro che, avendo ormai ottenuto tutto, trascorrono le giornate sui campi da golf, impegnati in colazioni interminabili, all'interno di circoli esclusivi - e, quando entrano in un negozio, non devono informarsi sul prezzo, prima di procedere all'acquisto. Hanno raggiunto la vetta, ma si rendono conto di qualcosa cui non avevano mai pensato: non possono vivere da soli. Comunque, non sopportano la compagnia del marito o della moglie, e avvertono la necessità di
essere sempre in movimento, convinti di rappresentare ancora un modello per l'umanità - pur avendo scoperto che, da quando si sono ritirati a vita privata, si trovano ad affrontare la medesima, noiosa routine quotidiana della classe media: colazione, lettura dei giornali, pranzo, riposino, cena, televisione. Accettano quasi tutti gli inviti. Nei finesettimana partecipano a eventi sociali e sportivi. Trascorrono le ferie nei luoghi alla moda (pur essendo in pensione, sono convinti che esistano ancora le cosiddette " ferie"...). Dal secondo vertice del triangolo provengono coloro che non hanno ancora ottenuto niente e tentano di barcamenarsi in acque turbolente, di scalfire la resistenza dei vincenti, di mostrarsi allegri anche quando hanno il padre o la madre in fin di vita. Cercano di vendere ciò che ancora non possiedono. Dall'ultimo vertice, quello più alto, arriva la Superclasse. Ecco la mistura ideale per una festa. Ci sono quelli che, seguendo il normale cammino della vita, hanno raggiunto una posizione apparentemente invidiabile. Malgrado posseggano denaro sufficiente per varie generazioni, ormai la loro influenza è nulla - e così scoprono che il potere è assai più importante della ricchezza. Ma è troppo tardi. Ci sono quelli che, non avendo ancora conquistato un posto al sole, lottano con energia ed entusiasmo per animare la festa, convinti davvero di riuscire a dare una buona impressione di sé - nelle settimane successive, nessuno gli telefonerà, malgrado gli innumerevoli biglietti da visita distribuiti. Alcuni si mantengono in equilibrio sulla costa della montagna, sapendo perfettamente che spira un vento forte, e che una folata potrebbe farli precipitare nell'abisso. E poi c'è la Superclasse. Gli invitati continuano ad avvicinarsi per chiacchierare con lui: nessuno affronta l'argomento dell'assassinio per totale ignoranza (in quel mondo simili cose non accadono), o per delicatezza (un'eventualità alquanto dubbia). Hamid si guarda intorno e vede ciò che maggiormente detesta in fatto di moda: donne di mezz'età abbigliate come
se avessero vent'anni. Ma non si accorgono che dovrebbero cambiare stile?! Conversa con qualcuno, sorride a qualcun altro, ringrazia per gli elogi, presenta Ewa alle poche persone che ancora non la conoscono. Ha solo un pensiero fisso: incontrare Jasmine e posare insieme per i fotografi entro i prossimi cinque minuti. Un industriale, accompagnato dalla moglie, gli parla dettagliatamente del loro ultimo incontro — sebbene Hamid non riesca a ricordarsene, annuisce. Tutti chiacchierano di viaggi, incontri, progetti. Nessuno affronta argomenti interessanti, domandando per esempio: "Sei davvero felice?", oppure: "Dopo tutto quello che abbiamo vissuto, qual è il vero senso della vittoria, dell'essere arrivati?" Poiché appartengono alla Superclasse, devono comportarsi come se fossero davvero soddisfatti e si sentissero realizzati, anche se magari si stanno chiedendo: "Cosa ne sarà del mio futuro, ora che possiedo tutto ciò che sognavo?" Una creatura strana e sordida - sembra uscita da un fumetto e indossa un paio di pantaloni attillatissimi sotto una tunica di foggia indiana, si avvicina. "Signor Hamid, sono davvero spiacente..." "Scusi, chi è?" "In questo momento, sto lavorando per lei." Che assurdità. "Sono impegnato. E sono già al corrente di ogni particolare del deprecabile incidente di questa sera, per cui non stia a perdere tempo." Ma la creatura non si allontana. Hamid comincia a sentirsi infastidito dalla sua presenza, soprattutto perché gli astanti hanno udito quella terribile frase: "In questo momento, sto lavorando per lei. " Che penseranno? "Signor Hamid, condurrò qui l'attrice del film e gliela presenterò. Mi sono dovuto allontanare perché ho ricevuto un messaggio sul cellulare, ma..." "Più tardi. In questo momento, sto aspettando Jasmine Tiger. La strana creatura si è allontanata. L'attrice scelta per il film! Quella povera ragazza, scritturata e licenziata nello stesso giorno.
Ewa ha una coppa di champagne in una mano e un telefonino nell'altra - tra le dita della quale c'è una sigaretta spenta. L'industriale estrae da una tasca un accendisigari d'oro e fa il gesto di offrirle il fuoco. "Non si incomodi, potrei accenderla da sola," risponde lei. "Ma tengo l'altra mano occupata proprio perché sto cercando di fumare meno." Vorrebbe dirgli: "Tengo il cellulare in mano per proteggere questo idiota che mi sta accanto. Che non mi crede. Che non si è mai interessato della mia vita e di ciò che ho passato. Se riceverò un altro messaggio, farò una scenata - e lui sarà costretto ad allontanarsi con me, pur non volendolo. Anche se si arrabbierà, io saprò di avergli salvato la vita. Conosco quel criminale. Sento che la Malvagità Assoluta è vicina." Adesso una hostess invita i presenti a dirigersi verso il salone superiore. Hamid Hussein è pronto a subire la tirannia del destino senza reclamare: dovrà rinviare le foto all'indomani. In quel momento, arriva uno degli assistenti: "Jasmine Tiger non è alla festa. Dev'essere andata via." "Non ha importanza. Forse si saranno dimenticati di avvisarla sul luogo esatto dell'incontro." Si mostra calmo — è abituato ad affrontare situazioni simili. Ma il sangue gli ribolle: se n'è andata dalla festa? Chi crede di essere? .......... È così facile morire. Sebbene l'organismo umano sia uno dei congegni meglio concepiti della Creazione, è sufficiente che un piccolo proiettile di piombo entri nel corpo con una certa velocità, secondo una traiettoria imprevedibile, e tutto finisce. "Morte": secondo il dizionario, il punto finale di una vita (per quanto anche la parola "vita" avrebbe bisogno di una definizione più corretta). La paralisi permanente delle funzioni vitali, come l'attività cerebrale, la respirazione, il flusso sanguigno e il battito cardiaco. Due elementi corporei resistono a questo processo per alcuni giorni, forse per qualche settimana: i capelli e le unghie, infatti, continuano a crescere. La definizione di "morte" assume valori differenti se
riferita alle religioni: per alcune si tratta di un passaggio a uno stadio superiore; per altre rappresenta uno stato provvisorio - e l'anima che dimorava in quel corpo, tornerà sulla terra per scontare i propri peccati o godere delle benedizioni che non ha avuto nell'incarnazione precedente. La giovane è immobile, accanto a lui. O l'effetto dello champagne ha raggiunto l'acme, oppure è scemato - e lei si sta rendendo conto che non conosce nessuno, che questo potrebbe essere il suo primo e ultimo invito e che, talvolta, i sogni si trasformano in incubi. Quando lui si è allontanato in compagnia della giovane dall'aria triste, si sono avvicinati alcuni uomini ma, evidentemente, nessuno di essi è riuscito a metterla a suo agio. Così, nel momento in cui si sono rincontrati, lo ha pregato di farle compagnia per il resto della serata. E gli ha domandato se disponesse di un qualche mezzo per riaccompagnarla a casa, visto che lei non aveva denaro con sé e, a quanto pareva, il suo accompagnatore non sarebbe più tornato. "Certo che posso riaccompagnarla. E con molto piacere. Era qualcosa che non rientrava nei suoi piani ma, da quando ha notato quel poliziotto che scrutava la folla alla ricerca di uomini soli, sa di dover stare in compagnia: a questo punto, è una delle molte persone importanti o sconosciute invitate alla festa, un individuo orgoglioso di avere al proprio fianco una bella donna, assai più giovane di lui - qualcosa che rientra perfettamente negli schemi di quel mondo. "Non pensa che dovremmo entrare?" "Sì. Ma conosco questo genere di eventi: la cosa più intelligente è attendere che tutti abbiano preso posto. Di solito, ci sono almeno tre o quattro tavoli riservati; aspettando, non correremo il rischio di trovarci in situazioni imbarazzanti." Nota che la giovane è rimasta piuttosto delusa dal fatto che lui non abbia un posto riservato, ma ha accettato tranquillamente la situazione. I camerieri stanno raccogliendo i bicchieri sparsi ovunque nel giardino. Le modelle sono ormai scese dai
ridicoli piedistalli su cui ballavano, per mostrare agli uomini che esistono ancora cose interessanti nell'esistenza terrena e rammentare alle donne i prodigi della liposuzione, del botulino, di una protesi al silicone o di un intervento di chirurgia estetica. "La prego, andiamo. Ho bisogno di mangiare qualcosa. Sto per sentirmi male." Lei lo prende sottobraccio, e si avviano verso il salone al piano superiore. Evidentemente, Ewa ha ricevuto il messaggio e l'ha cancellato: ma ora lui sa cosa aspettarsi da una donna corrotta come la sua ex moglie. Avverte sempre la presenza dell'angelo dalle sopracciglia folte: è stato quell'essere soprannaturale a farlo voltare appena in tempo per scorgere il poliziotto in borghese - in quel momento, la sua attenzione si sarebbe dovuta concentrare sul famoso sarto che stava arrivando. "D'accordo, entriamo." Salgono le scale e si dirigono verso il salone. Prima di varcare la soglia, lui chiede gentilmente alla giovane di lasciargli il braccio - i suoi conoscenti potrebbero equivocare, "E' sposato?" "Divorziato." .......... Sì, Hamid ne è sicuro, la sua intuizione era corretta: i problemi di quella sera hanno perduto ogni significato dopo ciò che ha appena visto. Giacché non ha alcun interesse professionale per partecipare a un festival cinematografico, c'è un unico motivo che spieghi la sua presenza lì. "Igor!" C'è un uomo in lontananza, accompagnato da una giovane, che guarda nella sua direzione. Il cuore di Ewa comincia a battere all'impazzata. "Che cosa stai facendo?" Ma Hamid si è già alzato, senza neppure scusarsi. No, davvero non sa quello che sta facendo. Si sta avviando verso la Malvagità Assoluta, infinita, capace di qualsiasi azione. Pensa di avere a che fare con un adulto e di poter affrontarlo - o con la forza fisica, o con un'argomentazione logica. Non sa che la Malvagità Assoluta ha un
animo rozzo e infantile, ed è totalmente irresponsabile dei propri atti, convinto di essere sempre nel giusto. E quando non riesce a ottenere ciò che vuole, non si perita di usare ogni stratagemma per soddisfare i propri desideri. Ora comprende come l'Angelo abbia potuto trasformarsi in un demonio in un modo così repentino: nel suo cuore hanno sempre allignato vendetta e rancore, malgrado affermasse di essere cresciuto e di aver superato tutti i traumi. È stato davvero il migliore quando ha dovuto dimostrare di essere un vincente nella vita - e questo gli ha confermato la sua condizione di onnipotenza. Non conosce la rinuncia, poiché è sopravvissuto ai peggiori tormenti senza mai volgere lo sguardo indietro, animato da queste parole: "Un giorno, tornerò. E vi accorgerete di cosa sono stato capace. "A quanto pare, ha trovato qualcuno più importante di noi," la punzecchia l'ex Miss Europa, anch'essa seduta al tavolo d'onore, insieme a due celebrità e all'anfitrione della festa. Ewa cerca di dissimulare la sensazione di malessere che l'ha colta. Non sa cosa fare. L'ospite sembra divertito della scena: aspetta la sua reazione. "Scusate. E un mio vecchio amico." Hamid si incammina verso l'uomo, che sembra tentennare. La giovane che lo accompagna esclama: "Sono qui, signor Hussein! Sono la sua nuova attrice!" Alcune persone ad altri tavoli si voltano per vedere cosa sta succedendo. L'anfitrione sorride — è sempre opportuno che accada un qualche imprevisto, dimodoché gli invitati abbiano un argomento di cui parlare nei giorni successivi. A questo punto, Hamid è piazzato davanti all'uomo: l'anfitrione comprende la stranezza di quella scena, e si rivolge a Ewa. "Penso che sia meglio farlo tornare qui. Comunque, se vuole, potremmo aggiungere una sedia per il suo amico; la sua accompagnatrice, però, dovrà accomodarsi altrove. Gli invitati sono di nuovo concentrati sulle portate in
arrivo, sui discorsi che spaziano dagli yacht agli aerei privati, alle quotazioni di Borsa. Solo l'anfitrione è attento a ciò che accade. "Vada a prenderlo," insiste. Ormai Ewa non è più lì. I suoi pensieri sono volati a migliaia di chilometri di distanza, fino a un ristorante di Irkutsk, sul lago Baikal. Allora la scena era diversa: Igor stava accompagnando un mendicante fuori dal locale. Con uno sforzo enorme, lei si alza e si avvicina ai due uomini. "Torna al tavolo," le intima Hamid, a bassa voce. "Noi andremo fuori a parlare." Era proprio il gesto più assurdo che potesse fare in quel momento. Lei lo afferra per un braccio, con un sorriso forzato. Si finge eccitata per avere incontrato qualcuno che non vedeva da tempo, e con voce estremamente calma, dice: "Ma la cena sta per cominciare!" Ha evitato di aggiungere: "Amore mio." Non voleva spalancare le porte dell'inferno. "È vero. Meglio parlare qui," dice l'altro. Sono davvero queste le parole che ha pronunciato lui? Non si sarà immaginata tutto, visto che è esattamente il contrario di ciò che pensa? Che il bambino sia cresciuto, diventando un adulto responsabile? Che il demonio abbia ottenuto il perdono per la propria arroganza e sia tornato nel Regno dei Cieli? Vorrebbe sbagliarsi, ma i due uomini si guardano fissamente negli occhi. Hamid può rintracciare una nota di perversione in quelle iridi azzurre; per un attimo, avverte un brivido. Poi la giovane gli porge la mano. "Molto piacere, il mio nome è Gabriela..." Lui non contraccambia la gentilezza. Gli occhi dell'altro uomo brillano. "C'è un tavolo libero in quell'angolo. Accomodiamoci," dice Ewa. Un tavolo nell'angolo? La sua compagna che abbandona il posto d'onore per accomodarsi a un tavolo d'angolo durante una cena di gala? Ma Ewa ha già preso sottobraccio i due uomini e li conduce verso l'unico tavolo libero,
accanto alla porta da cui escono i camerieri. L'attrice li segue. Hamid si allontana per un momento, torna dall'anfitrione e si scusa. "Ho appena incontrato un amico d'infanzia che partirà domani e non vorrei assolutamente perdere l'occasione di fare due chiacchiere con lui. Vi prego di scusarci. Non aspettateci, però: non so quanto tempo ci tratterremo." "Nessuno occuperà i vostri posti," replica l'ospite, sorridendo. Sa perfettamente che le due sedie resteranno vuote. "Pensavo che fosse un amico della sua compagna," commenta l'ex Miss Europa, in tono beffardo. Ma Hamid si è già avviato verso il peggior tavolo del salone — riservato agli assistenti delle celebrità, che trovano sempre il modo di imbucarsi, malgrado le precauzioni degli organizzatori degli eventi. "Hamid è davvero un brav'uomo," pensa l'anfitrione, mentre guarda il famoso stilista che si allontana a testa alta. "E questo inizio di serata dev'essere tremendamente difficile per lui." Si siedono al tavolo d'angolo. Gabriela capisce che si tratta di un'occasione unica - una delle molte occasioni uniche che le sono capitate quel giorno. Dice che è particolarmente contenta del contratto e dell'invito, che darà il meglio di sé per rispondere alle loro aspettative. "Mi fido di lei. Ho firmato il contratto senza leggerlo," replica Hamid Hussein. Gli altri commensali tacciono; si limitano a guardarsi. "Forse c'è qualcosa che non va. O magari è l'effetto dello champagne. Meglio continuare a parlare." "E sono ancora più contenta perché, contrariamente a quanto si dice riguardo all'ambiente cinematografico, le procedure per la selezione sono state corrette. Niente raccomandazioni, niente favori. La mattina del provino, prim'ancora che terminassi di leggere il testo, mi hanno interrotto, comunicandomi che sarei dovuta andare su uno yacht a parlare con il regista. È un bell'esempio per il mondo artistico, signor Hussein. Correttezza professionale. Onestà nella scelta delle persone con cui lavorare. In
genere, si pensa che l'ambiente del cinema sia totalmente diverso, che l'unica cosa che conti davvero. Stava per dire: "Sia andare a letto con il produttore", ma lui è lì con la moglie. "... Sia l'aspetto delle persone." E' arrivato il cameriere con gli antipasti. Comincia a recitare il solito monologo: "Come antipasto, vi proponiamo cuori di carciofi in salsa di senape di Digione, conditi con olio di oliva ed erbe aromatiche, e accompagnati da sfoglie di formaggio di capra dei Pirenei..." Solo la ragazza presta attenzione a queste parole. Quando si accorge di sprecare il fiato, il cameriere si allontana. "Una leccornia!" Poi Gabriela volge lo sguardo verso i commensali: nessuno ha alzato gli occhi dal tavolo. "Sì, c'è davvero qualcosa che non va." "Avete bisogno di parlare in privato, vero? Forse è meglio che mi sieda a un altro tavolo." "Sì," replica Hamid. "No, rimanga," dice Ewa. "E ora... che fare?" "È soddisfatta del suo accompagnatore?" domanda la donna. "Ho appena conosciuto Gunther." Gunther?! Hamid ed Ewa guardano verso Igor: è impassibile. "E... di cosa si occupa lui?" "Ma siete voi, i suoi amici!" "Sì. E sappiamo di che cosa si occupa. Ciò che ignoriamo è quanto conosca lei della sua vita." Gabriela si volta verso Igor. Perché lui non le prende la mano? Si avvicina un cameriere e domanda quale tipo di vino desiderino. "Bianco o rosso?" "Un estraneo l'ha appena salvata." "Rosso. Per tutti," risponde Hamid. "Tornando a noi, di che cosa si occupa Gunther?"
"Nessuna salvezza." "Di macchinari pesanti, a quanto ho potuto capire. Non abbiamo una conoscenza reale. L'unica cosa in comune è che entrambi stavamo aspettando alcuni amici che non sono arrivati." "Ottima risposta," pensa Gabriela. "Chissà che quella donna non abbia una relazione con il suo nuovo conoscente. O che il marito non abbia appena scoperto una sua tresca. Ecco spiegata la tensione." "Il suo nome è Igor. Possiede una delle maggiori società di telefonia mobile della Russia. Un'attività assai più importante della vendita di macchinari pesanti." "Se è così, perché quell'uomo le ha mentito?" Lei decide di tacere. "Speravo di trovarti qui, Igor." La donna si è rivolta direttamente a lui. "Sono venuto a prenderti. Ma poi ho cambiato idea" è la risposta. Gabriela sfiora la sua borsa imbottita di carta e assume un'aria stupita. "Il cellulare sta squillando. Penso che il mio cavaliere sia arrivato; devo raggiungerlo. Chiedo scusa, ma è venuto da molto lontano solo per accompagnarmi. Non conosce nessuno, qui, e io mi sento responsabile della sua presenza." Si alza. Secondo le regole della buona creanza non bisogna stringere la mano a qualcuno che sta mangiando — lì, però, le posate erano ancora intoccate. Ma i bicchieri di vino rosso apparivano vuoti. E l'uomo che fino a due minuti prima si chiamava "Gunther" aveva appena ordinato un'altra bottiglia. "Spero che tu abbia ricevuto i miei messaggi," dice Igor. "Ne ho ricevuti tre. Qui le reti telefoniche devono essere peggiori di quelle gestite dalla tua azienda." "Non sto parlando di SMS." "Allora non riesco a capire a cosa ti riferisci." Avrebbe voglia di dire: "Ho capito di cosa stai parlando."
Di certo, Igor sapeva che, durante il primo anno della sua relazione con Hamid, si era aspettata una telefonata, un messaggio, un amico comune che le dicesse quanto lui sentiva la sua mancanza. Non avrebbe voluto averlo accanto, ma sapeva che ferirlo sarebbe stata la cosa peggiore - per lo meno doveva calmare la Furia, fingere che sarebbero diventati buoni amici. Un pomeriggio, dopo aver bevuto abbondantemente, aveva deciso di chiamarlo, ma il numero del cellulare era cambiato. Quando l'aveva cercato in ufficio, le avevano detto che "era in riunione". E nelle telefonate seguenti - sempre effettuate quando eccedeva con gli alcolici e prendeva coraggio -, si era sentita rispondere che "era partito" o che "l'avrebbe richiamata dopo". Ma non era mai successo, ovviamente. E lei aveva cominciato a vedere fantasmi ovunque, a sentirsi sorvegliata e ad avere la sensazione che ben presto le sarebbe toccato il medesimo destino del mendicante e delle altre persone a cui lui "aveva consentito di passare a una condizione migliore". Hamid non le faceva domande sul passato, sostenendo che tutti hanno il diritto di serbare i dettagli della propria esistenza nei sotterranei della memoria. Si prodigava affinchè lei fosse felice, confessandole che la sua vita aveva iniziato ad avere un senso solo nel momento in cui l'aveva incontrata e dimostrandole quotidianamente che adesso poteva sentirsi sicura, protetta. Un giorno, la Malvagità Assoluta aveva suonato il campanello della loro abitazione di Londra. Hamid era in casa, e lo aveva allontanato. Poi, nei mesi successivi, non era accaduto più nulla. A poco a poco, era riuscita a ingannare se stessa. Sì, aveva fatto la scelta giusta: allorché si sceglie un cammino, tutti gli altri scompaiono. Era infantile pensare di essere la compagna di uno e l'amica dell'altro - accade solo quando le persone sono equilibrate, e questo non era proprio il caso del suo ex marito. Meglio convincersi che una mano invisibile l'aveva salvata dalla Malvagità Assoluta. Era abbastanza adulta per fare in modo che l'uomo che adesso stava al suo fianco dipendesse in qualche maniera da lei, e
doveva sforzarsi di aiutarlo: doveva essere amante, consigliera, sposa e sorella. E così impegnava ogni sua energia per aiutare il nuovo compagno. Durante quel periodo, aveva avuto un'unica vera amica - scomparsa all'improvviso, proprio com'era comparsa. Era russa ma, al contrario di lei, era stata abbandonata dal marito e adesso viveva in Inghilterra, senza lavoro né prospettive. Chiacchieravano pressoché quotidianamente. "Mi sono lasciata tutto alle spalle," le raccontava Ewa. "E non mi pento della mia decisione. Avrei fatto la medesima scelta anche se Hamid — contro la mia volontà - non avesse comprato quella magnifica tenuta in Spagna, intestandola a mio nome. Avrei preso la stessa decisione anche se Igor, il mio ex marito, mi avesse offerto la metà del suo patrimonio. Sì, mi sarei comportata in modo identico perché so che non devo avere più paura. Se uno degli uomini più desiderati del mondo vuole stare accanto a me, allora sono migliore di quanto io pensi." Menzogne. Non stava tentando di convincere la sua unica confidente, ma se stessa. Era una farsa. Dietro la donna forte — che adesso siede a un tavolo d'angolo con due uomini importanti e potenti —, c'era una ragazzina che aveva paura di perdere, di ritrovarsi sola e povera, senza aver mai provato le gioie della maternità. Si era abituata al lusso e al glamour? No. Si esercitava mentalmente per essere pronta a perdere tutto l'indomani, quando si fosse scoperto che lei era peggiore di quanto pensasse, incapace di corrispondere alle aspettative degli altri. Sapeva manipolare gli uomini? Sì. Tutti immaginavano che fosse forte, sicura di sé, padrona del proprio destino: pensavano che sarebbe stata capace di abbandonare qualsiasi uomo all'improvviso. Ma c'era di peggio: gli uomini le credevano. Come Igor, per esempio. E anche Hamid. Perché lei sapeva fingere. Perché non diceva mai ciò che pensava. Perché era l'attrice migliore del mondo e possedeva una rara dote che le consentiva di celare il suo lato patetico. "Che cosa vuoi?" domanda lui, in russo.
"Dell'altro vino." Adesso la voce di Igor suona come se quella risposta non gli interessasse granché: lui ha già detto ciò che desiderava. "Prima che te ne andassi, ti dissi una cosa. Penso che tu l'abbia dimenticata." In realtà, le aveva detto molte cose: "Ti prometto che cambierò e lavorerò di meno", o: "Tu sei la donna della mia vita", oppure: "Se te ne vai, mi distruggi" - insomma, quelle frasi che risultano pressoché prive di significato quando un rapporto è arrivato alla fine. "Allora ti dissi: Se fosse necessario arriverei a distruggere dei mondi." Lei non riusciva a ricordare, ma poteva averlo detto davvero. Igor era sempre stato un pessimo perdente. "E questo che significa?" ha domandato, in russo. "Abbiate almeno la decenza di parlare in inglese," li ha ripresi Hamid. Igor lo ha fissato. "Parlerò in inglese, ma non per decenza. Perché voglio che tu capisca." Poi, rivolgendosi di nuovo a Ewa: "Ti dissi che avrei distrutto dei mondi per riaverti con me. Ho iniziato a farlo, ma sono stato salvato da un angelo - è qualcosa che tu non meriti. Sei una donna egoista, implacabile, interessata unicamente a ottenere più fama, più denaro. Hai rifiutato tutte le cose belle che potevo offrirti perché pensavi - e probabilmente lo pensi ancora — che una casa su un lago non si addica all'universo in cui sogni di vivere. Un universo al quale non appartieni e non apparterrai mai. "Ho sacrificato me stesso e altre persone per causa tua — e adesso so di dover proseguire lungo il cammino. Devo arrivare alla fine, in modo da poter tornare nel mondo dei vivi con la consapevolezza di aver compiuto il mio dovere, di aver portato a termine la mia missione. Per ora, anche se stiamo parlando, io sono nel mondo dei morti." "Dagli occhi di quest'uomo promana la Malvagità Assoluta," pensa Hamid, mentre assiste a quella conversazione
assurda, inframmezzata da lunghi silenzi. Perfetto: lascerà che le cose arrivino sino alla fine, come suggerisce lui, purché l'epilogo non implichi la perdita della donna che ama. Ma una cosa è incomprensibile: l'ex marito si è presentato in compagnia di una donna piuttosto volgare e la insulta. Lascerà che si spinga oltre; e poi, al momento giusto, saprà come porre fine a quello sproloquio — quando l'altro non potrà più chiedere scusa e dichiararsi pentito. Chissà se anche Ewa starà scorgendo la stessa cosa: un odio cieco contro tutto e contro tutti, solo perché una persona non si è piegata alla sua volontà. Hamid si domanda come avrebbe agito se si fosse trovato al posto di quell'individuo che, apparentemente, sta lottando per la donna amata. Per lei, sarebbe stato capace di uccidere? Il cameriere si avvicina e nota che i cibi sono intoccati. "Qualcosa non va?" Nessuno risponde. Il cameriere immagina la situazione: la donna era a Cannes con l'amante, il marito li ha scoperti e ora erano arrivati alla resa dei conti. Era una scena cui aveva assistito spesso, e generalmente finiva con una lite o uno scandalo. "Un'altra bottiglia di vino," ordina uno degli uomini. "Tu non meriti assolutamente niente," dice l'altro, con lo sguardo fisso sulla donna. "Mi hai usato come ora stai usando questo idiota che ti sta accanto. Sei stata il più grosso errore della mia vita." Il cameriere decide di consultare l'anfitrione, prima di servire un'altra bottiglia. L'uomo che ha parlato per primo si alza e dice alla donna: "Basta. Andiamocene da qui." "Vengo io con te. Usciamo fuori," incalza l'altro. "Voglio vedere dove puoi arrivare per difendere una persona che non conosce il significato di parole come 'onore' e 'dignità'." I due maschi che si affrontano per una femmina. La donna li prega di calmarsi, di tornare al tavolo, ma il suo compagno sembra realmente intenzionato a lavare l'offesa. Il cameriere riflette sull'opportunità di avvisare gli addetti alla sicurezza che fuori potrebbe verifìcarsi una rissa, ma il maître
lo riprende, dicendo che il servizio è lento - e lui che sta facendo, lì immobile? Deve occuparsi degli altri tavoli. Ha perfettamente ragione: ciò che può accadere là fuori non lo riguarda. Se dirà di aver sentito la conversazione, verrà rimproverato. In fondo, lo pagano per servire ai tavoli, non per salvare il mondo. I tre attraversano il giardino dove era stato servito il cocktail. Una serie di inservienti lo sta trasformando: quando gli invitati scenderanno, troveranno una pista da ballo con luci stroboscopiche, una pedana in materiale sintetico, poche poltrone e molti bar sparsi nel verde. Igor cammina senza parlare. Ewa lo segue in silenzio e Hamid chiude la fila. La scala che conduce alla spiaggia è sbarrata da un cancello di ferro battuto - si apre facilmente. Igor vuole cedere il passo, ma Ewa rifiuta la cortesia. Lui non sembra infastidito e prosegue, scendendo le varie rampe che portano al mare, laggiù in basso. Sa che Hamid non si dimostrerà vigliacco. Fino al momento in cui lo ha incontrato alla festa, era soltanto un sarto senza scrupoli, che non aveva esitato a sedurre una donna sposata e a manipolare la vanità altrui. Ora, però, segretamente lo ammira: è un vero uomo, pronto a lottare per qualcuno che ritiene importante - ma Igor sa che Ewa non merita neppure la scarsissima considerazione che lui aveva riservato all'attrice seduta al tavolo con loro. Al contrario di quanto immagina, lei non sa fingere: può sentire la sua paura, sa che sta sudando, che sta riflettendo su chi chiamare, su come chiedere aiuto. Adesso procedono sulla sabbia, Igor si spinge sino a un'estremità della spiaggia e si siede accanto ad alcuni scogli; invita gli altri a fare la stessa cosa. Sa che Ewa, nonostante il terrore che prova, starà pensando: "Mi rovinerò il vestito, mi sporcherò le scarpe." Comunque, si accomoda accanto a lui. L'altro la prega di spostarsi, vuole sedersi lì. Ewa non si muove. Lui non insiste. Ora sono tutti e tre seduti, come conoscenti di lunga data in cerca di un attimo di tranquillità per godersi il sorgere della luna, prima di essere
obbligati a risalire e a sopportare il frastuono infernale della musica. Hamid si ripromette di restare lì solo per dieci minuti - il tempo sufficiente perché l'altro dica tutto ciò che pensa, sfoghi la sua rabbia e se ne torni da dov'è venuto. Se tenterà un gesto violento, potrà dirsi perduto: lui è fì sicamente più forte e, da beduino, è stato abituato a reagire con rapidità e precisione a qualsiasi assalto. Non vorrebbe creare uno scandalo lì alla cena, ma quel russo dovrà comportarsi in modo molto attento: lui è pronto a tutto. Quando ritorneranno di sopra, andrà a scusarsi con l'anfitrione e a spiegargli che l'incidente è ormai risolto. Sa di poter parlargli francamente: gli dirà che l'ex marito della sua compagna si è presentato all'improvviso, e che lui è stato costretto ad allontanarlo dalla festa, prima che il suo comportamento diventasse intollerabile. Ovviamente, se l'altro non se ne andrà, chiamerà una delle sue guardie del corpo per cacciarlo: non importa che sia ricco, che possieda una delle più importanti società di telefonia mobile della Russia, il suo atteggiamento è davvero sconveniente. "Tu mi hai tradito. E non solo nei due anni in cui sei stata con quest'uomo, ma anche durante tutto il periodo che abbiamo trascorso insieme." Ewa non replica. "E tu, cosa saresti disposto a fare per continuare a stare con lei?" Hamid riflette: non sa se rispondere. Ewa non è una merce sulla quale è possibile trattare. "Formula la domanda in maniera diversa." "D'accordo. Daresti la tua vita per la donna che ti sta accanto?"
Negli occhi di quell'uomo c'è solo la malvagità - pura, assoluta. Anche se fosse riuscito a prendere un coltello nel ristorante (un dettaglio cui non ha prestato attenzione, ma deve considerare ogni possibilità), riuscirà a disarmarlo facilmente. No, lui non sarebbe disposto a sacrificare la vita per nessuno - se non per Dio o per il capo della sua tribù. Comunque, sa di dover rispondere con altre parole. "Per lei lotterei, mi batterei allo spasmo. Penso che, in una situazione estrema, sarei anche capace di uccidere." Ewa sta per cedere alla tensione: vorrebbe rivelare tutto ciò che sa dell'uomo alla sua destra. È certa che abbia commesso un delitto, distruggendo il sogno di produrre un film che il nuovo compagno accarezzava da anni. "Torniamo su." In realtà, vorrebbe dire: "Per favore, andiamo via da qui, immediatamente. Stai parlando con uno psicopatico." Igor non l'aveva neppure ascoltata. "Per lei, saresti capace di uccidere. Dunque, saresti pronto anche a morire." "Se uscissi sconfitto dalla lotta, penso di sì. Comunque, non è il caso di inscenare un duello qui, sulla spiaggia." "Voglio salire," ribadisce Ewa. Adesso, però, Hamid si sente ferito nell'amor proprio. Non può svignarsela come un vigliacco. La danza ancestrale degli uomini e degli animali per conquistare la femmina è appena iniziata. "Da quando te ne sei andata, non sono più stato lo stesso," dice Igor, come se fosse solo su quella spiaggia. "Gli affari prosperavano. Durante il giorno, riuscivo a mantenere il mio sangue freddo, ma trascorrevo la notte insonne. Ho perso qualcosa di me che non potrò mai più recuperare. Quando sono venuto a Cannes, pensavo che fosse ancora possibile. Ma ora mi rendo conto che quella parte di me è definitivamente morta - e non può e non deve essere resuscitata. Non tornerei mai con te, anche se tu strisciassi ai miei piedi, implorassi perdono o minacciassi di suicidarti." Ewa trae un sospiro di sollievo. Almeno non ci saranno liti.
"Tu non hai compreso i miei messaggi. Io ti ho ripetuto che sarei stato capace di distruggere dei mondi, ma tu non hai capito. E se hai capito, non ci hai creduto. Che cosa significa "distruggere dei mondi"?" Infila una mano in tasca ed estrae una piccola arma ma non la punta contro nessuno: continua a tenere gli occhi fissi sul mare, sulla luna che sta sorgendo. Nelle vene di Hamid, il sangue comincia a scorrere più rapidamente: o quell'uomo vuole spaventarli e umiliarli, oppure entrambi sono attesi da un epilogo mortale. Ma lì, a quella festa? Sapendo che, quando risalirà quelle scale potrebbe essere arrestato? No, quell'individuo non può essere tanto folle - altrimenti non avrebbe ottenuto così tante cose dalla vita. Meglio non distrarsi. È un guerriero addestrato a difendersi e ad attaccare. Deve restare assolutamente immobile: i suoi sensi sanno percepire qualsiasi gesto dell'altro, forse anche l'intenzione celata nello sguardo. Di certo, può muovere gli occhi: non c'è nessuno sulla spiaggia. Dal giardino, provengono i primi suoni dell'orchestra: i musicisti stanno accordando gli strumenti, lentamente - sarà una serata di grande divertimento. Hamid non pensa: il suo istinto gli consente di agire senza ricorrere al cervello. Tra l'altro uomo e lui c'è Ewa, ipnotizzata dalla vista dell'arma. Se dovesse azzardare un qualsiasi gesto, l'altro si volterà e farà fuoco.
Sì, forse la sua prima ipotesi è corretta: vuole solo spaventarli. Obbligare lui a comportarsi da vigliacco, a perdere l'onore. Se fosse veramente intenzionato a sparare, non impugnerebbe l'arma in quel modo - con noncuranza. Meglio parlare, farlo rilassare, e intanto cercare una via d'uscita. "Che significa "distruggere dei mondi"?" gli domanda. "Significa semplicemente 'distruggere una vita'. Il mondo finisce lì. Tutto ciò che quell'essere ha visto e provato, tutte le cose brutte e belle che hanno intersecato il suo cammino, tutti i sogni e le speranze e le sconfitte e le vittorie cessano di esistere. Durante l'infanzia, a scuola ci facevano studiare un brano di un religioso protestante — solo più tardi, avrei scoperto questa notizia sull'autore. Diceva all'incirca così: Quando il mare che abbiamo davanti porta nelle sue profondità un granello di sabbia, tutta l'Europa si riduce. Ovviamente, non ce ne accorgiamo, perché si tratta solo di un granello di sabbia. Ma, in quel momento, il nostro continente si è ridotto." Igor fa una pausa. Prova una certa irritazione per il rumore proveniente dal giardino: proprio adesso che le onde lo aiutavano a rilassarsi e a calmarsi, e lo preparavano ad assaporare questo momento con il rispetto e la devozione che meritava. L'angelo dalle sopracciglia folte assiste alla scena, felice di ciò che vede. "Lo studiavamo per capire quanto fossimo responsabili della società perfetta: il comunismo," continua lui. "Uno doveva considerarsi fratello dell'altro. In realtà, era il guardiano, il delatore." Ora sembra di nuovo calmo, riflessivo. "Non riesco a sentirti bene," dice Hamid, cercando un pretesto per muoversi. "Non è vero. Poiché ho un'arma in mano, vuoi tentare di avvicinarti per strapparmela. Parli per cercare di distrarmi mentre rifletti sulle mosse da fare. Per favore, non muoverti. Il momento non è ancora arrivato." "Igor, basta," gli sussurra Ewa, in russo. "Io ti amo. Andiamo via insieme."
"Parla in inglese. Il tuo compagno deve capire." Sì, lui avrebbe capito. E, in seguito, l'avrebbe ringraziata. "Io ti amo," ripete, in inglese. "Non ho ricevuto i tuoi messaggi, altrimenti mi sarei precipitata da te. Più volte, ho tentato di parlarti al telefono, ma non ci sono mai riuscita. Ho lasciato alla tua segretaria tantissimi messaggi, che non hanno mai avuto risposta." "E' vero." "Oggi, dopo aver letto i tuoi SMS, non vedevo l'ora di incontrarti. Non avevo idea di dove fossi, ma sapevo che mi avresti cercata. So che non intendi perdonarmi, ma permettimi almeno di vivere al tuo fianco. Sarò la tua cameriera, la tua serva, mi occuperò di te - e della tua amante, se vorrai averne una. Tutto ciò che desidero è tornare con te." Più tardi, avrebbe spiegato tutto ad Hamid. Adesso era il momento di dire qualsiasi cosa per poter allontanarsi da quel posto e tornare lassù, nel mondo reale, dove c'erano persone in grado di impedire che la Malvagità Assoluta continuasse a mostrare il suo odio. "Benissimo. Vorrei tanto crederci. O meglio, vorrei tanto poter credere che ti amo ancora e che ti voglio di nuovo al mio fianco. Ma non è vero. E penso che tu stia mentendo, come hai sempre fatto." Hamid ormai non ascolta più quel dialogo assurdo - la sua mente è lontana, con i suoi antenati guerrieri, ai quali sta chiedendo un'ispirazione per il colpo da sferrare. "Avresti potuto dirmi che il nostro matrimonio era entrato in crisi. Poiché abbiamo costruito tante cose insieme, era forse impossibile trovare un rimedio, una soluzione? Esiste sempre l'opportunità di far entrare la felicità nelle case, ma occorre essere in due ad aver coscienza dei problemi. Io avrei ascoltato tutto ciò che avevi da dirmi, e il nostro rapporto avrebbe riacquistato la gioia, il trasporto e l'allegria di quando ci siamo incontrati. Ma tu non hai voluto farlo. Hai preferito la via d'uscita più facile." "Ho sempre avuto paura di te. E adesso che impugni una pistola, la mia paura è diventata ancora più grande." La frase di Ewa riporta Hamid sulla terra - la sua anima
non si libra più nello spazio e nel tempo, non chiede più un'ispirazione ai guerrieri del deserto sul colpo da sferrare. No, lei non può aver pronunciato quelle parole. Ha concesso un potere tremendo al nemico: ora sa che può terrorizzarla. "Avrei voluto invitarti a cena, dirti che mi sentivo sola malgrado le feste, i gioielli, i viaggi, gli incontri con re e presidenti," continua Ewa. "Ti voglio dire un'altra cosa: mi hai sempre fatto regali costosi, ma non mi hai mai offerto una delle cose più semplici e belle del mondo: dei fiori." Ora è diventata una discussione tra coniugi. "Vi lascerò da soli a parlare." Igor non dice niente. Continua a guardare fissamente il mare; adesso, però, gli punta contro l'arma, intimandogli di non muoversi. E folle: quella calma apparente è assai più pericolosa delle urla di rabbia o delle minacce di violenza. "Insomma," riprende Igor, come se non fosse stato distratto dai commenti di lei né dal movimento di lui, "tu hai scelto la via d'uscita più facile: abbandonarmi. Non mi hai dato alcuna chance, non hai capito che io facevo tutto per te, in tuo onore, per il tuo amore. "Eppure, malgrado le ingiustizie e le umiliazioni subite, avrei accettato qualsiasi cosa pur di riaverti al mio fianco. Fino a oggi. Fino al momento in cui ti ho mandato quei messaggi, che fingi di non aver ricevuto. Ossia fino al sacrificio di alcune persone. Ma neppure con questo sono stato in grado di destare il tuo cuore, di uccidere la tua sete di potere e di lusso." La Celebrità avvelenata e il regista che giace in ospedale: Hamid si chiede se non stia immaginando tutto. E comprende qualcosa di estremamente più grave: con la sua confessione, quell'uomo ha appena firmato una sentenza di morte. O si suicida, oppure li ammazza entrambi perché sanno troppo. Ma è probabile che stia delirando o che lui abbia frainteso. In qualsiasi caso, sa che il tempo sta per esaurirsi.
Guarda l'arma nella mano di Igor. Piccolo calibro. Se non colpirà punti vitali, non provocherà gravi danni. Non deve avere molta esperienza, altrimenti avrebbe scelto una pistola più performante. Evidentemente, quell'uomo è piuttosto confuso: deve aver acquistato la prima arma che gli hanno offerto, dicendogli che sparava e poteva uccidere. Lassù hanno cominciato a suonare. Hamid si rende conto che il frastuono della musica soverchierà lo sparo. Ma gli ospiti della serata di gala saprebbero riconoscere la differenza tra uno sparo e uno degli innumerevoli rumori che, in questo momento, infestano - sì, è corretto il termine "infestano"; al limite si può usare "inquinano" l'ambiente? L'uomo sembra di nuovo tranquillo — e questo è assai pericoloso: continuando a parlare, si sarebbe liberato l'animo da un po' di amarezza e di odio. Hamid valuta le varie possibilità: deve agire nei prossimi secondi. Gettarsi su Ewa e afferrare l'arma che, per il momento, l'altro tiene con noncuranza in grembo, seppure con il dito sul grilletto. Tendere le braccia in avanti: l'uomo si ritrarrà, ed Ewa sarà fuori tiro. Alzerà il braccio nella sua direzione, puntandogli contro l'arma, ma ormai sarà abbastanza vicino per poter afferrargli il polso. Tutto accadrà nel giro di pochi attimi. Adesso. Forse questo silenzio è qualcosa di positivo: forse ha perso la concentrazione. Oppure può rappresentare l'inizio della sua fine: ormai ha detto tutto ciò che aveva da dire. Adesso. Nella prima frazione di secondo, il muscolo della coscia sinistra di Hamid si tende e si irrigidisce al massimo, prima di scagliarlo con grande rapidità e violenza contro la Malvagità Assoluta: la superficie del suo corpo appare ridotta, mentre si protende sulla moglie, con le mani in avanti. Sempre nel primo secondo, scorge l'arma puntata contro la propria fronte - il movimento dell'altro è stato più veloce di quanto pensasse. Il suo corpo continua a volare in direzione dell'arma.
Avrebbero dovuto parlarne prima - ma Ewa non gli aveva mai raccontato molto dell'ex marito, come se appartenesse a un passato che decisamente non amava ricordare. Sebbene tutto stia accadendo al rallentatore, l'altro si è ritratto con la rapidità di un felino. Nella sua mano, la pistola non trema. Il primo secondo sta per concludersi. Hamid ha visto un movimento del dito, ma non ha udito il suono, tranne il tonfo soffocato di qualcosa sulle ossa centrali della sua fronte. Da quel momento, il suo universo ha cominciato a spegnersi, e si sono stemperati i ricordi del giovane che sognava di diventare qualcuno, il suo trasferimento a Parigi, il padre con il negozio di stoffe, lo sceicco, le lotte per conquistarsi un posto al sole, le sfilate, i viaggi, l'incontro con la donna amata, i sorrisi e i pianti, l'ultimo sorgere della luna, gli occhi della Malvagità Assoluta, lo sguardo terrorizzato della sua compagna - tutto si è dileguato, è scomparso. "Non gridare. Taci. Stai calma." Di certo, lei non griderà - ed è perfettamente inutile che le dica di calmarsi. E sotto shock: è un animale braccato, malgrado i gioielli e l'abito costoso. Il suo sangue non circola più rapidamente, il suo viso impallidisce, la voce si smorza, la pressione arteriosa è arrivata a livelli di guardia. Lui sa esattamente ciò che Ewa sente - ha avvertito la stessa sensazione di immobilità totale e incapacità di reagire, quando il soldato afghano gli ha puntato il fucile contro il petto. È sopravvissuto perché un compagno ha sparato per primo. Ancora oggi è grato all'uomo che gli ha salvato la vita - tutti pensavano che fosse il suo autista, mentre in realtà era un azionista della società. Chiacchieravano spesso, loro due, e si erano parlati proprio quel pomeriggio lui gli aveva telefonato per sapere se Ewa l'avesse chiamato per dirgli che aveva ricevuto i messaggi. Ewa, povera Ewa. Con un uomo che le sta morendo in grembo. Gli esseri umani sono imprevedibili, reagiscono in modo incontrollato, come ha fatto quello stupido, pur sapendo di non avere alcuna possibilità di sopraffarlo. Anche le armi sono imprevedibili: Igor pensava che la
pallottola sarebbe uscita dall'altro lato della testa, asportandogli una porzione di cervello; ma l'angolatura del tiro deve averle permesso di attraversare la massa cerebrale, rimbalzare su qualche osso e penetrare nel torace. Che sta dibattendosi convulsamente, senza sanguinare. Dev'essere il tremore — e non lo sparo - che ha ridotto Ewa in quello stato. Lui si protende e spara un colpo alla nuca dell'altro. I tremori cessano. Quell'uomo meritava una morte dignitosa — è stato coraggioso sino alla fine. Adesso sono soli sulla spiaggia. Igor si inginocchia davanti a lei e le appoggia la pistola sul seno. Ewa non fa alcun movimento. Lui aveva sempre immaginato un epilogo diverso per questa storia: un finale in cui Ewa avrebbe compreso i messaggi. E concesso una nuova chance alla felicità. Aveva pensato a ciò che le avrebbe detto quando finalmente si sarebbero ritrovati soli come adesso, senza nessuno intorno, a guardare le acque tranquille del Mediterraneo, sorridendo e conversando. Non soffocherà le sue parole nella gola, sebbene adesso siano perfettamente inutili. "Ho sempre immaginato che avremmo passeggiato mano nella mano in qualche parco o in riva al mare, scambiandoci quelle parole d'amore taciute troppo a lungo. Avremmo cenato in un ristorante romantico tutte le settimane, saremmo partiti per luoghi sconosciuti solo per il piacere di scoprire insieme cose mai viste. "Mentre tu non c'eri, ho copiato alcune poesie su un quaderno, per sussurrartele mentre eri sul punto di addormentarti. Ho scritto lettere in cui ti raccontavo ogni mia sensazione: le avrei lasciate dove tu potessi trovarle, e capire che non ti ho dimenticata un solo giorno né un solo minuto. Avremmo discusso insieme i progetti per la villa che intendevo far costruire sulle rive del Lago Baikal so che avevi diverse idee al riguardo. Avevo persino pensato a un aeroporto privato. Comunque, avrei lasciato che fossi tu a occuparti dell'arredamento. Tu, con la tua raffinatezza e il tuo buon gusto. Tu, la donna che ha giustificato e dato un senso alla mia vita."
Ewa non dice niente. Si limita a fissare il mare davanti a sé. "Sono venuto qui per te. E, alla fine, ho capito che era tutto inutile." Ha premuto il grilletto. Quasi non si è sentito lo sparo - l'imboccatura dell'arma era accostata al corpo. La pallottola ha centrato un punto vitale, e il cuore ha cessato di battere all'istante. Malgrado tutto il dolore che gli aveva causato, non voleva che soffrisse. Se esisteva una vita dopo la morte, adesso tutti e due la donna che l'aveva tradito e l'uomo che si era fatto strumento di quell'infedeltà - camminavano tenendosi per mano, nel chiaro di luna che tempestava di riflessi la riva del mare. Stavano per incontrare l'angelo dalle sopracciglia folte che avrebbe spiegato loro cos'era successo e si sarebbe preoccupato di cancellare ogni sentimento di rancore o di odio: tutti, prima o poi, devono lasciare il pianeta conosciuto come Terra. Poi avrebbe aggiunto che l'amore giustifica alcuni gesti che gli esseri umani sono incapaci di comprendere — a meno che non vivano ciò che aveva vissuto lui. Ewa ha ancora gli occhi aperti, ma il suo corpo si affloscia e ricade sulla sabbia. Igor guarda i cadaveri e si avvicina agli scogli: cancella accuratamente le impronte digitali dall'arma e la getta in mare - il più lontano possibile dal punto in cui, poco prima, loro tre ammiravano la luna. Mentre risale le scale, vede un cestino dei rifiuti e vi getta il silenziatore — non aveva avuto bisogno di usarlo: il volume della musica era aumentato al momento giusto. *** 10:55 PM. Gabriela si avvicina all'unica persona che conosce. Gli invitati stanno abbandonando il salone della cena. L'orchestra esegue brani degli anni sessanta: la gran festa
sta per iniziare. La gente sorride e chiacchiera, malgrado il rumore assordante. "La stavo cercando! Dove sono i suoi amici?" "E il suo amico dov'é?" "Ah, non era lui al telefono. E il mio assistente è appena andato via, dicendo che è sorto un grave problema con l'attore e il regista! Mi ha lasciato, senza darmi una minima spiegazione! Mi ha detto soltanto che la festa sullo yacht è annullata." Igor immagina quale sia il problema. Non aveva alcuna intenzione di uccidere una persona che ammirava — cercava di vedere i suoi film ogni volta che gli impegni glielo consentivano. Ma, alla fine, è il destino che sceglie l'uomo è solo uno strumento. "Io sto andando via. Se vuole, posso lasciarla in albergo"Ma la festa comincia adesso!" "Allora, buon divertimento. Io devo partire domattina presto." Gabriela deve prendere una decisione rapidamente. O resta lì, sola, con la sua borsetta piena di carta, in un posto dove non conosce nessuno, sperando in qualche anima caritatevole che la accompagni almeno fino alla Croisette - dove si toglierà le scarpe, prima di arrancare su quella salita ripida, fino all'appartamento che divide con quattro ragazze. Oppure accetta l'invito di quell'uomo gentile, che deve avere delle ottime conoscenze ed è amico della moglie di Hamid Hussein. Aveva assistito all'inizio della loro discussione, ma è convinta che cose del genere accadano tutti i giorni - la riconciliazione era pressoché inevitabile. Ormai ha una parte garantita. È esausta per tutte le emozioni della giornata. Ha paura che finirà per bere troppo e rovinare tutto. Qualcuno potrebbe abbordarla domandandole se sia sola, se abbia dei programmi per la tarda serata e se non apprezzi l'idea di accompagnarlo, l'indomani, in qualche gioielleria. Per cui, dovrebbe passare il resto della serata evitando gentilmente gli approcci di quel tipo di individui, senza ferire la loro suscettibilità, perché non
si sa mai con chi si sta parlando. Quella è una delle occasioni mondane più esclusive del Festival. "Andiamo." E' così che si comporta una star: se ne va all'improvviso, in modo inatteso. Si avviano verso la hall dell'albergo. Gunther (l'altro nome non riesce proprio a ricordarlo) chiede un taxi; il portiere dice che sono davvero fortunati — se avessero aspettato ancora un po', avrebbero trovato una fila lunghissima. Durante il tragitto, lei domanda all'uomo perché abbia mentito riguardo al suo lavoro. Lui replica, sostenendo di aver detto la verità - sì, possiede una compagnia telefonica, ma ha deciso di venderla, perché è convinto che il futuro sia nei macchinari pesanti. "E il nome?" "Igor è un soprannome: il diminutivo di Gunther in russo." Gabriela si aspetta da un momento all'altro l'invito: "Perché non prendiamo un drink nel mio albergo, prima di andare a dormire?" Ma non accade nulla: lui la lascia davanti all'entrata del condominio, salutandola con una stretta di mano. Il taxi si allontana. Ecco cos'è la classe! Quello è stato il suo primo giorno fortunato. Il primo di una lunga serie, spera. Domani, dopo aver recuperato il cellulare, farà una telefonata con tariffa a carico del destinatario: chiamerà una cittadina nei pressi di Chicago per raccontare le grandi novità. Dirà di essere stata costretta a cambiare nome e di comprare le riviste di gossip, perché è stata fotografata accanto alla Celebrità sul red carpet. Quando, eccitati, le domanderanno che cosa succederà adesso, tacerà: ha una certa superstizione nel parlare di progetti prima che si realizzino. Apprenderanno tutto attraverso i giornali: "Attrice sconosciuta scelta per il ruolo principale", "Lisa Winner è stata l'invitata d'onore a una festa a New York", "Una giovane debuttante di Chicago è la grande rivelazione del film di Gibson", "Agente negozia un contratto milionario con una major di Hollywood". Il cielo è l'unico limite.
*** 11:11 PM. "Ma sei già di ritorno?" "Sarei arrivata molto prima, se non fosse stato per il traffico." Jasmine lancia le scarpe da una parte, la borsa dall'altra, e si getta sul letto, esausta, senza neppure togliersi il vestito. "In tutte le lingue, le parole più importanti sono brevi. Sì' per esempio. O Amore. O Dio. Sono vocaboli che si dicono con facilità e riempiono gli spazi vuoti del nostro mondo. Eppure esiste una parola - anch'essa molto breve - che io pronuncio con enorme difficoltà. Ma ora la dirò." Ha guardato la sua compagna. No. Battendo con la mano sul letto, le ha chiesto di sedersi lì accanto. Poi le ha accarezzato i capelli. "Il 'no' viene considerato una parola maledetta, egoista, poco spirituale. Quando pronunciamo un sì, ci crediamo generosi, comprensivi, educati. Ma quello che intendo dire ora è proprio: No. Non farò quello che mi chiedi, quello che mi imponi, pensando che sia la cosa migliore per me. Certo, mi dirai che ho solo diciannove anni, e ancora non ho capito bene cos'è la vita. Ma mi è bastata una festa come quella di stasera per scoprire cosa desidero e cosa non voglio assolutamente. "Non ho mai pensato di fare la modella. E, soprattutto, non ho mai creduto di essere capace di innamorarmi. So che l'amore può vivere solo in libertà, ma chi ti ha detto che io sia schiava di qualcuno? Sono schiava soltanto del mio cuore, ma il fardello è dolce, e il peso è inesistente. Ho scelto te prim'ancora che tu mi scegliessi. Mi sono abbandonata a un'avventura che sembrava impossibile, sopportando senza lamentarmi tutte le conseguenze - dai preconcetti della società ai problemi con la mia famiglia. Ho superato innumerevoli prove per essere qui con te, a
Cannes, stasera, ad assaporare il successo di una bellissima sfilata. So perfettamente che la vita mi offrirebbe opportunità più grandi. Ma so di averle anche insieme a te." La sua compagna si è distesa accanto a lei, poggiandole il capo in grembo. "È stato un estraneo che mi ha fatto comprendere tutto questo: mentre ero lì, perduta tra la folla, senza sapere cosa dire. Gli ho domandato perché fosse a quella festa: mi ha risposto che aveva perduto l'amore e che era lì per cercare di ritrovarlo — anche se non era sicuro di desiderare davvero quell'amata. L'ho invitato a guardarsi intorno: eravamo circondati da individui pieni di certezze, di gloria, di conquiste. Lui ha detto: "Non si divertono. Pensano di essere arrivati al top delle loro carriere, e sono spaventati dall'inevitabile discesa. Hanno dimenticato che esiste ancora tutto un mondo da conquistare. E questo perché...'" "... Perché si sono abituati." "Proprio così. Adesso possiedono molte cose, ma hanno poche aspirazioni. La loro vita è piena di problemi risolti, di progetti approvati, di imprese che prosperano, senza che sia necessario alcun controllo. Ora temono soltanto il cambiamento, la trasformazione. Passano da una festa all'altra, da un incontro all'altro, per non avere il tempo di pensare. Per incontrarsi con le stesse persone, e credere che tutto sia immutabile. Le certezze hanno sostituito le passioni." "Spogliati," ha detto la compagna, sforzandosi di evitare ogni commento. Jasmine si alza, si toglie il vestito e si infila sotto le coperte. "Spogliati anche tu. E abbracciami. Ho davvero bisogno del tuo abbraccio: oggi ho pensato che mi avresti lasciata andar via." Anche la compagna si sfila i vestiti; poi spegne la luce. Jasmine si addormenta subito dopo tra le sue braccia; la compagna rimane sveglia per un po': guarda il soffitto e pensa che, a volte, una diciannovenne — nella sua semplicità - si dimostra più saggia di una donna di trentott'anni. Sì, per quanto lo temesse, per quanto insicura si sentisse
in quel momento, lei sarebbe dovuta crescere ancora. Adesso l'aspetta un nemico potente: di sicuro, HH utilizzerà ogni metodo per impedirle di partecipare alla Settimana della Moda, a ottobre. Prima, insisterà per acquisire il suo marchio. Poi, quando capirà che non è intenzionata a cederlo, cercherà di screditarla agli occhi della Federazione, dicendo che non ha mantenuto la parola. I prossimi mesi saranno molto difficili. Ma HH e il resto del mondo non sanno che lei possiede una forza assoluta, totale, che le consentirà di superare ogni difficoltà: l'amore della donna che ora si è rannicchiata tra le sue braccia. Per lei, avrebbe fatto tutto — tranne che uccidere. Con lei, sarebbe stata capace di tutto - anche di vincere. ***
1:55 PM. Il jet della sua società ha già i motori accesi. Igor si accomoda nel suo sedile preferito - seconda fila, lato sinistro — e aspetta il decollo. Quando il segnale di controllo delle cinture si spegne, si dirige al piccolo bar e si versa una generosa dose di vodka. Beve d'un fiato. Per un attimo, si chiede se abbia mandato davvero i messaggi a Ewa, mentre distruggeva tutti quei mondi intorno a sé. Avrebbe forse dovuto essere più chiaro, lasciando magari un biglietto, un nome, qualcosa del genere? Rischiosissimo - avrebbero potuto pensare che fosse un serialkiller. E lui non lo era: aveva un solo obiettivo che, per fortuna, è riuscito a correggere in tempo. Il ricordo di Ewa non gli pesa più come prima. Adesso non la ama come l'amava in passato, e non la odia come aveva iniziato a fare. Con il trascorrere del tempo, scomparirà dalla sua vita. Un vero peccato: malgrado i suoi difetti, difficilmente avrebbe incontrato una donna come lei. Ritorna al bar, si versa un'altra vodka e beve. Chissà se capiranno che a distruggere i mondi degli altri era un'unica persona? Questo, però, non lo riguarda più: al limite, si può pentire del momento in cui aveva deciso di consegnarsi alla polizia, nel pomeriggio. Ma il destino l'ha favorito, e lui è riuscito a portare a compimento la sua missione. Sì, ha vinto. Ma il vincitore è solo. I suoi incubi sono finiti: adesso un angelo dalle sopracciglia folte veglia su di lui, pronto a indicargli la strada da percorrere. Il giorno di San Giuseppe 2008, 19 marzo. *****
Ringraziamenti. Sarebbe stato impossibile scrivere questo libro senza l'aiuto di tante persone che, ora in maniera ufficiale ora in forma confidenziale, mi hanno consentito di accedere alle informazioni che ho utilizzato nella stesura. Quando ho iniziato le ricerche, non immaginavo che ci fossero tutte queste cose interessanti dietro al lusso e al glamour. Oltre agli amici che mi hanno chiesto di omettere i loro nomi, desidero ringraziare Alexander Osterwald, Bernadette Imaculada Santos, Claudine e Elie Saab, David Rothkopf ( inventore del termine "Superclasse")» Deborah Williamson, Fâtima Lopes, Fawaz Gruosi, Franco Cologni, Hildegard Follon, James W. Wright, Jennifer Bollinger, Johan Reekman, Jòrn Pfotenhauer, Juliette Rigai, Kevin Heienberg, Kevin Karroll, Luca Burei, Maria de Lourdes Débat, Mario Rosa, Monty Shadow, Steffi Czerny, Victoria Navaloska, Yasser Hamid, Zeina Raphael - tutti hanno collaborato direttamente o indirettamente alla realizzazione di questo romanzo. Devo confessare che gran parte di queste persone mi ha aiutato in modo inconsapevole, poiché non è mia abitudine parlare del tema su cui sto scrivendo. *** La redenzione dell'amore è possibile solo attraverso l'abbandono totale.