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-- -_.- ~~"lçl1i:mo il testo d I uente frammentarietà, associate alla radicale c e Qo~eJe1 ". I" \ ' izionaJi della sapienza, avevano dato luogo a monJtestazlone dei va~oi:1 , d ' d'I questo l'b I o te perPl ' già pn , mtro uZJOne I ro ne canone ebraico A essltà ' , Ie emerge Ia compresenza, a distanza " rfICIa di po h nche ' a una letturaT1ma i che negano il senso della vita, del lavoro e del~' e ,n~?e di testo di rale, con altri passi che riaffermano i valori appe attlvlta ~mana i~ :~ cer~ar?~o a loro vo~ta spieg,~zioni ,alle incongru~~z~egatl: I padri della nco sIgmflcato allegOrICO e ali IpoteSI della compres ' affIdandosi a un temo del libro, Tale tipologia interpretativa è stataenza ~I d~verse voci )ttocento, quando ha cominciato a guadagnare spazi~c~o ta SIn? alla fine, aIe, se cioè l'opera fosse o meno nata da un'ispirazio n dubbiO " ventI, anm'I a d'IScUSSIone , u ItImI e" npresa con vigore' ne c unJtana.. lenti e metodi di verifica gli esegeti si interrogano SU'II'~\?UOVI pe~~ e su] su~ ~ig~ifi,cato teolo~ic?, su:lla possibilità che ~I~ s~~~~turale abIli contraddIZIOnI SIano autorI dIverSI, diverse stesure SI 'f' delle " sostenevano 1' P a d n, " tutto SI spieghi con le pratllcate' a se, come gia f I "o genere letterario «dialogico», ar ICO aTltà lia, nonostante il moltiplicarsi degli studi, non vi è oggi Converg I , , d'l lavaro, enza su I IpoteSI cilitare il proseguimento del dibattito l'autrice propone, nella prima una sintesi delle posizioni più significative; nella seconda, prende , dalle conclusioni e dai problemi rimasti aperti per proporre, attraverj mento al testo, un'interpretazione nuova, che tuttavia non ha alcuna I di essere definitiva: il principio ermeneutico delle molteplici letture si I pienamente a un testo aperto e problematico come il Qohelet,
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ha conseguito la Jaurea in filosofia presso l'università degli studi e in Teologia presso la facoltà teologica dell'Italia meridionale (sez. San Luigi). da molti anni religione nelle scuole statali, è coniugata con due bambini e I :nte impegnata nelle strutture della diocesi di Napoli, Insegna Teologia biblica a facoltà teologica di Napoli e l'Istituto superiore di scienze religiose di
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Supplementi alla Rivista Biblic.
VITTORIA D'ALARlO
IL LIBRO DEL QOHELET Struttura letteraria e retorica
VITTORIA D'ALARlO
RIVISTA BIBLICA Organo dell'Associazione Biblica Italiana (A.B.!.) Pubblicazione trimestrale Comitato direttivo: Giuseppe Ghiberti, Presidente dell'A.B.1. - Direttore: Antonio Bonora Comitato di redazione: Giuseppe Danieli, Rinaldo Fabris, Vittorio Fusco, Mauro Làconi, Rosario Pius Merendino, Antonino Minissale, Romano Penna, Mauro Pesce, Gian Luigi Prato, Gianfranco Ravasi Segretario di Redazione: Roberto Mela Direttore Responsabile: Alfio Filippi
IL LIBRO DEL QOHELET
Supplementi alla Rivista Biblica 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27.
Carena O., Il resto di Israele Spreafico A., Esodo: memoria e promessa Priotto M., La prima Pasqua in Sap 18,5-25 Valentini A., Il magnificat Vanni D., L'Apocalisse. Ermeneutica, esegesi, teologia Marcheselli-Casale C., Risorgeremo, ma come? Tosco L., Pietro e Paolo ministri del giudizio di Dio Boschi B. G., Le origini di Israele nella Bibbia fra storia e teologia Bosetti E., Il pastore Dalbesio A., Quello che abbiamo udito e veduto Carbone S.P., La misericordia universale di Dio in Rom 11,30-32 Cilia L., La morte di Gesù e l'unità degli uomini (Gv II,47-53; 12,32) Vesco l.-L., (a cura di), Cent'anni di esegesi. I. L'Antico Testamento Murphy-O'Connor J., (a cura di), Cent'anni di esegesi. II. Il Nuovo Testamento D'Alario V., Il libro del Qohelet
Struttura letteraria e retorica
COllEGIO
Sacerdoti del S. Cuor.
V. CASALE S. PIO V, 20· ROAf.fi\1
EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA
Abbreviazioni
I. LIBRI SACRI Gen, Es, Lv, Nm, Dt, Gs, Gdc, Rt, 1 2Sam, 1 2Re, 1 2Cr, Esd, Ne, Tb, Gdt, Est, 1 2Mac, Gb, Sal, Pr, 00, Ct, Sap, Sir, Is, Ger, Lam, Bar, Ez, Dn, Os, Gl, Am, Abd, Gn, Mi, Na, Ab, Sof, Ag, Zc, MI.
II. RIVISTE, COLLANE, OPERE Seguiamo le abbreviazioni di S. SCHWERTNER, Internationale Abkurzungsverzeichnis fur Theologie und Grenzgebiete. Zeitschriften, Serien, Lexica, Quellenwerke mit bibliographischen Angaben, de Gruyter, Berlin-New York 1974; riprodotte anche in: Theologische Realenzyklopiidie, Abkurzungsverzeichnis, zusammengestellt von S. SCHWERTNER, de Gruyter, Berlin-New York 1976.
III. LETTERATURA ANTICA: CLASSICA, GIUDAICA E CRISTIANA Si seguono le abbreviazioni del GLNT I, Paideia, Brescia 1965, 21 *-62*.
IV. ALTRE ABBREVIAZIONI AT BHS CEI col., colI. FS ibid. id.
it.
LXX
Antico Testamento Biblia Hebraica Stuttgartensia (K. Elliger-W. Rudolph, a cura di) Conferenza episcopale italiana colonna, colonne Festchrift ibidem idem italiano Settanta, traduzione greca dell'AT 7
Introduzione
I.
LE CONTRADDIZIONI DEL QOHELET UN PROBLEMA ANTICO
Solo recentemente il problema della struttura del Qohelet si è imposto all'attenzione della critica esegetica, che negli ultimi due decenni si è sforzata di dare una risposta rigorosamente scientifica a due interrogativi fondamentali: se il Qohelet sia un'opera unitaria dal punto di vista logico e tematico e se abbia di conseguenza una sua struttura,! nella quale si rifletta uno sviluppo organico di pensiero. Considerato dunque dal punto di vista della sua formulazione esplicita, il problema è molto recente;2 tuttavia esso è presente, sia pure a livello impli-
l Un ottimo studio sulla struttura del Qohelet, condotto secondo i criteri dell'analisi letteraria (studio del vocabolario, della grammatica e dello stile) si trova in O. LORETz, Qohelet und der alte Orient, Herder, Freiburg 1964, 135-217. Cf. anche F. ELLERMEIER, Qohelet, l,l. Untersuchungen zum Buche Qohelet, Jungfer, Herzberg 1967, 22-92. Ispirato invece alla metodologia dell'analisi strutturale è il lavoro di J.A. LOADER, Polar Structures in the Book of Qohelet, (BZAW 152), de Gruyter, Berlin 1979. Per quanto riguarda i commenti, solo i più recenti dedicano un paragrafo dell'introduzione alla trattazione del problema della struttura. Cf. A. LAuHA, Kohelet, (BKAT 19), Neukirchener, Neukirken-Vluyn 1978,4-7; L. CRENSHAW, Ecclesiastes. A Commentary, SCM, Philadelphia 1987, 39-49; G.S. OGDEN, Qoheleth, (Readings - A New Biblical Commentary), JSOT, Sheffield 1987, 11-13; O. MlcHEL, Qohelet, (EdF 258), Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Oarmstadt 1988, 21-45; G. RAVASI, Qohelet, Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1988, 30-35; R.N. WHIBRAY, Ecclesiaste, (NCeB Commentary), Eerdmans, Grand Rapids 1989, 19-22. 2 Le pubblicazioni sul problema della struttura del Qohelet si intensificano a partire dalla fine degli anni sessanta. Cf., oltre alle opere già citate: G. CASTELLINO, «Qohelet and his Wisdom», in CBQ 30(1968),15-28; A.G. WRIGHT, «The Riddle of the Sphinx: the Structure ofthe Book of Qoheleth», in CBQ 30(1968), 313-334; W. ZIMMERLI, «Oas Buch Kohelèt - Traktat oder Sentenzensammlung?», in VT24(1974), 221-230; M.V. Fox, «Frame Narrative and Composition in the Book of Qohelet», in HUCA 48(1977), 83-106; A.G. WRIGHT, «The Riddle of the Sphinx Revisited. Numerical Patterns in the Book of Qohelet», in CBQ 42(1980),38-51; F. ROUSSEAU, «Structure de Qohélet I 411 et pian du livre», in VT 31(1981),200-217; A. SCHOORS, «La structure littéraire de Qohéleth», in OLoP 13(1982), 91-116; A.G. WRIGHT, «Additional Numerical Patterns in Qoheleth», in CBQ 45 (1983),32-43; S.G. BROWN, «The Structure of Ecclesiastes», in ERT 14(1990),195-208. Ma si trovano studi sull'argomento anche precedentemente: cf. A. MILLER, «Aufbau und Grundproblem des Predigers», in Miscellanea Biblica edita a Pontificio Instituto Biblico ad celebrandum annum XXV ex quo conditum est Institutum (SPIB), Romae 1934, 104-122; H.L. GINSBERG, «The Structure and Contents of the Book of Koheleth», in VTS 3(1955), 138-149.
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cito, già nell'esegesi giudaica e patristica3 nel quadro del problema più generale dell'interpretazione del libro. Le numerose contraddizioni e l'apparente frammentarietà del testo, unite alla sua carica di radicale contestazione dei valori tradizionali della sapienza,4 avevano dato luogo a molte perplessità ancora prima dell'introduzione del 00helet nel canone ebraico. 5 È sufficiente infatti una lettura anche superficiale per cogliere con stupore come il testo passi agevolmente da un radicale pessimism06 al più benevolo e sorridente ottimismo,7 dalla negazione di alcuni valori, quali il senso della vita, del lavoro e dell'attività umana in genere,8 alla riaffermazione degli stessi valori appena negati. 9 I padri della chiesa, ponendosi sulla linea dell'esegesi giudaico-rabbinica, risolvevano le contraddizioni e le difficoltà dottrinali del libro ricorrendo prevalentemente all'interpretazione allegorica, inaugurata da Origene. lO Il primo commento all'Ecclesiaste, la Metaphrasis in Ecclesiasten Salomonis di Gregorio Taumaturgo, dopo aver attribuito a Salomone il titolo di profeta, si preoccupa in primo luogo di mettere in luce l'intento dell'autore, che, a suo avviso, è quello di convincere i lettori della vanità di tutte le realtà terrene al fine di elevare l'anima alla contemplazione delle realtà celesti. I testi che no~ si conciliano con questa interpretazione vengono spiegati da Gregorio Taumaturgo come convinzioni dello stesso Salomone, che poi egli avrebbe abbandonato ravvedendosi, oppure come affermazioni degli stolti (epicurei ed edonisti), con i quali Salomone entra in dialogo polemico. li Nel quadro di un'interpretazione tipologica del libro, per cui l'Ecclesiaste è tipo di Cristo, anche Gregorio di Nissa si sforza di dimostrare che le riflessioni,
3 G. BERTRAM, «Hebraischer und griechischer Ooheleb>, in ZA W 64(1952),26-49; S. HOLMNIELSEN, «On the Interpretation of Oohelet in Early Christianity», in VT 24(1974), 168-177; ID., "The Book of Eccleslastes and the Interpretation of it in Jewish and Christian Theology», in ASTI 10(1975/1976), 38-96; S. LEANZA, L'Ecclesiaste nell'interpretazione dell'antico cristianesimo Edas Messina 1978. ' , 4 M.V. Fox, Qohelet and his colItradiclions, (Bible and Literature Series 18) Almond Sheffield 1989. ' , 5 L. DI FONzo, Ecclesiaste, (La Sacra Bibbia, A.T.), Marietti, Torino-Roma 1967, spec. 85-92. ~ Cf. i testi sulla vanità generale di ogni cosa nella vita: 1,2.14; 3,9; 9,11; 12,8. 8 Sul valore? la gioia e la bontà ~el vivere cf. anche 2,24ss; 3,22; 9,7-10; 11,lss.7ss. Per la vamta del lavoro, del bem e delle ricchezze cf. l 2-3' 2 17-21' 222-23' 39' 47ss' 6,lss; 9,11. ' " " " , , , Una valutazione positiva dell'opera e del lavoro dell'uomo si trova in 3,22; 5,17; 9,10; 11,6. . Ongene ha ~omposto otto omehe sul Oohelet e un commento a scolii, di cui restano solo del frammenti; L'edl~lOne critica di questi testi origeniani è curata da S. LEANZA, L'esegesi di OrigeIle alltbro dell Ecclesta~le, Parallel.o 38, ReggIO Calabria 1985. L'interpretazione di Origene è spiccatamente allegonca; ne e un esempio. Il commento dell'antitesi cf. BRAUN, Kohelet, 49-51. Per l'affinità con la cultura fenicia cf. ancora DAHooD, «Canaanite-Phoenician Influence». Non è da scartare neanche l'influsso egiziano; per questa tesi cf. soprallullo P. HUMBERT, Recherches sur les sources égypriennes de liuérature sapientiale d'Israel, (Mémoires de l'Université de Neuchatel 7), Neuchatel 1929, 109-110. 25 ELLERMEIER, Qohelet, 1,1, 96 attribuisce questo versetto al redattore, collegandolo al v. 2. 26 Così Lvs, L'Ecclésiaste, 85.
66
IV. IL
POEMA
(1,4-11)
1. La forma poetica Prescind.endo per il momento dalla funzione del v. 3, si può affermare con certezza che I vv. 4-11 costituiscono un testo ben delimitato. Dal punto di vista . del genere letterario si tratta di un poema , 27 sulla CUI. . struttura poetica non eSiste un accordo unanime. 28 Adotterò qui la divisione' stichi di Lohfink,29 sulla quale si riscontrano le principali convergenze: In v. 4 v. 5 v. 6 v. 7 v. 8 v. 9 v. lO v. 11
2 stichi 2 stichi 3 stichi 4 stichi 4 stichi 3 stichi 4 stichi 4 stichi
2. La struttura del testo
Pe~ quanto riguarda l'articolazione tematica deHa pericope, la divisione in dueyartt: e,8-lI semb.ra a prima vista la più logica. Si tratterebbe qui di due testi paralleli, l uno cosmICO, nel quale vengono descritti gli avvenimenti che si svolgono nell'universo, l'altro antropologico, in cui si fa riferimento all'uomo con la sua storia.30
4-?
27 Cf 217 L d· . anche HERTZBERG, Der Prediger, 69; ROUSSEAU, «Structure de Qohélet 14-11», 2()(). a ISposlZlonem stlchl e discussa. Cf. ad es. BARTON, The Book o[ Ecclesiastes 69 che redige ~~~to;orma dI 5lJchl, I vv. ,2:8, mentre considera in prosa i vv. 9: 11. Cf. anche DI FON Ecclesiaste, vv ODEC~ARD, L Ecclesla~te, 235-246 mette Invece In prosa I vv. 4-6, in stichi i vv. 7-8 e in prosa i 605· 6 11. DI avvIso diverso e T ..NISHIMURA, «Un Mashal de Qohelet 1,2-11», in RHPhR 59(1979) - 15 per Il quale SI tratta dI un masal. ' C d ; Per quanto riguarda la divisione in stichi, le principali divergenze riguardano i vv 5 e 6 Seon o 29 O~SSEAU, «Strueture ~e Qohélet I 4-11», 203 il~. 5 è composto di 4 stichi e il v. 6 di 4 stichi. sche d .. ~OIlFINK, «Dre WI~derkehr des Immer Glelchen. Eme friihe Synthese zwischen griechimen~ ~nff ]udlschem Weltgefuhl m Kohelet 1,4-11», in AF 53(1985), 125-149, spec. 129. Legger. I erente. la precedente analISI nel commento del 1980. Cf. Kohelet 21· vv. 4-7: 11 stlchl v. 4: 2 stichi ' . v. 5: 2 stichi v. 6: 3 stichi v. 7: 4 stichi v. 8: 4 stichi vv. 8-11: 15 stichi, così articolati: v. 9: 3 stichi v. lO: 4 stichi 30 Cf v. 11: 4 stichi y Sab·d .. s«(rattutto DI FONZO, Ecclesiaste, 124-125; ma anche L. ALONso SCHOKEL Eclesiastes l una, os Llbros Sagrados V, 17), Ediciones Cristiandad, Madrid 1974, 18-19.
9-
lo,
67
Contro tale suddivisione però occorre considerare attentamente la posizione del v. 8: esiste un evidente parallelismo formale con il v. 7, che costringe a ripensare la struttura dei vv. 4-11 in termini completamente diversi:
kol hannel]Illìm halekìm 'et hayyiim kol-haddebiirìm yege'ìm
v. 7 v. 8
Alcuni autori infatti isolano il v. 8, che viene considerato quasi come la cerniera tra due parti: 4-7 e 9_11. 31 Tuttavia è anche vero che i vv. 4-7 sono accomunati da 14 verbi di movimento: per 6 volte ricorre il verbo hlk, per 4 volte il verbo sbb, per 2 volte bw', per 2 volte infine il verbo swb. 32 Questi primi rilievi formali autorizzano ad assumere la divisione bipartita del testo: 4-7 e 8-11; ma occorre tener presente fin da ora che non si può applicare fino in fondo al Qohelet una ripartizione rigida e statica dei versetti. Sulla base del parallelismo tra i vv. 6-8 e 9-11 Lohfink individua nel testo una struttura chiastica così articolata: 33 I
v. 4 v. 5 vv. 6-8 vv. 9-11
II
III IV
2 stichi 2 stichi 3+4+4 stichi 3+4+4 stichi
Storia A Cosmo B Cosmo B' Storia A'
L'elemento problematico di questa proposta è nella riduzione del v. 4 al tema storico; ciò è vero per il v. 4a ma non per il v. 4b, che contiene un evidente riferimento a un elemento cosmologico: la terra. Anche Glasser34 riscontra nel testo una struttura chiastica, costruita proprio sull'antitesi tra generazioni umane e cosmo, enunciata nel v. 4 e poi sviluppata e precisata nei vv. 5-11. Lo sviluppo in chiasmo riprenderebbe i due termini dell'antitesi nell'ordine inverso: il v. 4b in 5-8; il v. 4a in 9-11: 1,4a
1,4b
1,5-8~ 1,9-11 Tuttavia la validità di questo schema dipende esclusivamente dall'ipotesi che il v. 4 contenga un'antitesi tra generazioni umane e cosmo ed è ciò che invece occorre verificare nell'esegesi del testo.
31
Così ELLERMEIER, Qohelet, 1,1, 187.
:~ Cf. queste osserv~zioni di carattere formale in RAVASI, Qohelet, 77-94.
LOHFINK, «DIe WIederkehr des Immer Gleichen», 130. GLASSER, Le procès du bonheur, 23-24; seguito da R. MICHAUD, Qohélet et l'ellenisme. La littérature de Sagesse. Histoire. Théologie, Cerf, Paris 1987, II, 135. Cf. anche FESTORAZZI, La sapienza, 9~, Ii quale propone però una struttura chiastica differente: v. 4 (esposizione del tema: contrasto tra Ii passare dell'uomo e Il permanere del tempo); vv. 5-8 (il tema annunciato sopra è sviluppato lO modo chlastIco: II permanere del cosmo nei vv. 5-7 e il passare dell'uomo nel v. 8); vv. 9-11 (conseguenze per l'uomo: nessuna novità e caduta nell'oblio: v. Il). 34
68
A. Natura e storia: un ciclo senza speranza (1,4-7) v. 4
dor halek wedor ba' wehii'iire~ ["oliim '6miidet.
A una prima lettura il v. 4 sembra costruito sull'antitesi tra il movimento delle generazioni umane e l'identità della terra. L'idea del movimento, e per di più di un movimento circolare, è contenuta già nel sostantivo dor, generazione, periodo, età, dal verbo dwr, muoversi intorno quasi circolarmente. 35 Ma è soprattutto il verbo hlk che esprime il movimento, l'andare per il mondo; il fatto poi che hlk nell'Antico Testamento sia usato come eufemismo per morire 36 (Gb 10,21; 14,20; Sal 39,14; 2Sam 12,23), proietta già su questo movimento l'ombra della morte. L'espressione dor h6lek wedor ba' simboleggia pertanto il succedersi effimero delle generazioni: una generazione va, un'altra viene al suo postoY L'immobilità della terra, o forse dell'intero cosmo,38 sembra essere in netta antitesi con il movimento delle generazioni umane; il verbo 'md, esprime infatti l'idea della permanenza (cf. anche 2,9; 4,12.15; 8,3) e il sostantivo 'oliim quella dell'invariabilità. 39
35 L'idea fondamentale del vocabolo è quella del «muoversi in circolo», come attestano anche i vocaboli corrispondenti in ugaritico, accadico, arabo. Cf. L. KaHLER-W. BAUMGARTNER, Lexicon in Veteris Testamenti Libros, Brill, Leiden 1958,206; D.N. FREEDMAN-J. LUNDBOM-G.J. BOTTERwEcK, «don>, in ThWAT 1,169-181, spec. 169-173. Contro Kahler cf. LORETZ, Qohelet, 249-251, il quale, nega che l'idea fondamentale del vocabolo sia quella di circolo e rimanda invece a wohnen «abitare prendere dimora» (cf. soprattutto Sal 84,11; Sir 50,26). A mio avviso, però, il parallelism~ con le al: tre lingue comparate (ugaritico, accadico, arabo) è determinante. Per l'interpretazione di dar in senso ciclico cf. anche gli ultimi studi sull'argomento: G.S. OGDEN, «The Interpretation of dwr in Ecclesiastes 1,4», in JSOT 34(1986),91-92; R.N. WHIBRAY, «Ecclesiastes 1,5-7 and the Wonders of Nature», in JSOT 41(1988), 105-112. 36 Il verbo hlk, che è impiegato 30 volte nel Qohelet, è usato per ben 12 volte nel senso di :<morire» (1,4; 3,20; 5,14bis.15; 6,4.6; 8,10; 9,10; 12,5 e forse anche 2,14 e 10,3). Inoltre i passi in cui II verbo hlk è associato a bw' parlano di nascita e di morte (5,14.15; 6,4). Sull'uso dei due verbi nel Qohelet è utilissima l'analisi di Lys, L'Ecclesiaste, 94-95. . 37 Un'interpretazione decisamente alternativa del termine dar si trova in WHIBRAY, «Eccleslastes 1,5-7», 105-112. Pur riconoscendo che il sostantivo designa nell'Antico Testamento un periodo di tempo mIsurato dalla lunghezza della vita umana, l'autore ritiene che quest'associazione con la vita ,!mana non sia essenziale al suo significato, come attestano soprattutto Is 41,4; 51,9. In questi stessI testI SI trovano associati i termini dar e 'olam; poiché il plurale di dar ricorre frequentemente lO parallelo con il singolare 'olam, è probabile che si pensasse al tempo come a una successione di processi che si ripetono ciclicamente in natura. I vv. 5-7, secondo Whibray, intendono appunto illustrare tale processo. Contro quest'interpretazione si può osservare, come l'autore stesso riconosce, che I verbi hlk e bw' sono usati eufemisticamente per descrivere la nascita e la morte dell'uomo, non solo nel Qohelet ma anche nei testi dell'Antico Testamento precedentemente citati; il fatto che nei passI del Qohelet essi siano applicati al destino dell'individuo (5,14.15; 6,4) conferma l'interpretazIOne di dar come generazione. Il singolo infatti non fa che ripercorrere il triste destino dell'intera razza umana. 38 Cf. LOHFINK, «Die Wiederkehr des immer Gleichen», 132-133, per il quale non si tratta in Qo 1,4 semplicemente della terra ma del cosmo; il termine fa pensare a qualcosa di più della terra intesa come palcoscenico su cui si svolgono le vicende della storia umana. 39 Si veda l'analisi del termine in E. JENNI, «olam», in THATII, 228-243 = DTATII, 206219; a proposito di Qo 1,4 l'autore ritiene che il termine conservi il significato statico di invariabilità. Sulla stessa linea è Qo 3,14. Cf. anche ID., «Das Wort 'olam», in ZAW 64(1952), 197-248.
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-Si tratta, secondo Braun, di un topos della letteratura pessimistica, soprattutto greca. 40 Ma altri testi ancora possono essere accostati a Qo 1,4: nell'Antico Testamento un parallelo interessante è Sir 14,18,41 ma è soprattutto nella letteratura egiziana che si incontrano testi molto vicini a quello del Qohelet, come il Cantico dell'Arpista,42 che evidenzia la caducità delle generazioni umane. Nel testo del Qohelet l'effimero destino dell'uomo risalta ancora di più di fronte all'immobilità eterna della terra. Ma l'intenzione di Qohelet è veramente quella di stabilire un'antitesi tra storia e cosmo? La predilezione tradizionale dei commenti per una costruzione avversativa in 4b è stata posta in discussione da Ellermeier ,43 il quale sostiene che i vv. 4-7 sono caratterizzati da una serie di proposizioni paratattiche, che egli raggruppa secondo il seguente schema logico: 2 affermazioni + 1. La traduzione corrente: «una generazione va e una generazione viene, ma la terra resta sempre la stessa» è inesatta, in quanto non rende bene il pensiero di Qohelet il quale non vuole istituire una contraddizione tra il movimento delle generazioni umane e l'identità della terra, ma anzi confermare con la terza proposizione il concetto espresso nelle prime due. La descrizione dei fenomeni osservati in Qo 1,4-11 porta, secondo Ellermeier, alla conclusione che non esiste un termine per gli avvenimenti e che anzi la loro durata è caratterizzata da un andare e un venire uniformi e costanti. L'intenzione del testo è di sottolineare questa uniformità degli eventi. La proposta di Ellermeier, che si basa sull'esegesi complessiva del testo, va presa seriamente in considerazione, anche se contro la sua tesi occorre considerare, come elemento non trascurabile, l'antitesi espressa nei verbi tra il movimento ciclico delle generazioni e l'immutabilità della terra.
v. 5
zoreaf]. haJsemes ubii' haJsiimes we'el m'qomo so'ep zoreaf]. ha' siim.
Con un altro participio, che esprime ancora una volta il senso continuativo dell'azione, inizia nel v. 5 la descrizione del percorso del sole, che sorge (zrf].)44
40 BRAUN, Kohelet, 57-58. L'autore riporta, a sostegno della sua tesi i versi di Omero, Il 6, 146ss, ripresi da Mimnermo, da Simonide, nonché dalla riflessione del fondatore della scuola scettica Pirrone. 41 BRAUN, Kohelet, 58 rileva la differenza esistente tra il testo del Siracide, che si serve di un'immagine altamente poetica al fine di illustrare il divenire e il cessare delle cose, e quello del 00helet, che, attraverso affermazioni freddamente razionali, si ferma al contrasto tra la caducità dell'uomo e la permanenza della natura. 42 Cf. questo testo in ANET 476a. 43 ELLERMElER, Qohelet, 1,1, 189-190. Contro la sua tesi si pone BRAUN, Kohelet, 65-66, che, optando per l'ambientazione ellenistica del libro, riscontra nel testo l'uso di quei mezzi stilistici che sono propri della diatriba: primo tra tu.ui il parallelismo antitetico, che caratterizza proprio il v. 4. 44 Nel TM il verbo zr/J è al perfetto; condivido invece l'opinione di quanti correggono con il participio, come in LXX e Pesh, anche per il parallelismo con 5b. L'errore è dovuto probabilmente a un copista, il quale ha invertito le due lettere iniziali z e w. Su questo cf. DI FONZO, Ecclesiaste, 127.
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ogni giorno e ogni giorno continua il suo cammino, «viene» (bW'),45 affrettandosi 46 verso il luogo da cui nuovamente sorgerà. Se si pensa alla visione trionfale ed eroica del Sal 19, di Is 60,1-3.19-20 o di Sir 43,1-5, si comprende meglio come Qohelet descriva un sole estremamente stanco e affaticato, che ricorda molto da vicino l'immagine del dio sole, proprio della letteratura egiziana. 47 È infatti la stanchezza di questo percorso, nel suo eterno ripetersi, che l'autore vuole sottolineare, analoga alla fatica di Sisifo o a quella dello schiavo di Giobbe (Gb 7,2; 36,30), che fa un lavoro senza fine e senza significato. Ma c'è un altro elemento da considerare ed è la circolarità di questo percorso; secondo l'antica cosmologia il sole, dopo il tramonto a occidente, attraversava vie sconosciute e sotterranee per raggiungere nuovamente l'oriente. 48 Se fosse valida quest'interpretazione che rileva un movimento circolare anche del percorso del sole, verrebbe a costituirsi un interessante parallelismo tra il sole e le generazioni umane. Nell'immaginario del Qohelet il sole non è più il dio invincibile, ma una creatura che gira in tondo e le cui corse quotidiane si succedono invano come le generazioni umane. 49 Va in questo senso anche l'uso del verbo hlk in questo versetto che, unito alle immagini di stanchezza e affaticamento, pone le generazioni umane e il sole sullo stesso piano, confermandone la caducità. V.
6
hOlek ' el-darom wesobeb ' el-~iipon sobeb s6beb hOlek hiiruaf]. w"al-s ebfb6tiiyw siib hiiruaf]..
Contrariamente a quanto risulta da alcune versioni,so nel v.6 non si tratta del movimento del sole, da nord a sud per l'inverno-estate, ma del vento, che si dirige a nord verso la regione splendente di sole e poi volge indietro a settentrio-
45 La traduzione del verbo bw' con «viene» piuttosto che con «tramonto» è giustificata sia dall'analogia con il versello precedente, dove lo stesso verbo designa ciò che va, sia dalruso del verbo S'p, immediatamente seguente, che molto probabilmente è parallelo all'accadico shfpu = marciare. Tanto il verbo bw' quanto S'p indicano il percorso del sole. -16 Non convince la proposta di P. JOUON, «Notes philologiques sur le texte hébreu d'Ecclésiastes" in Bib 11(1930),419-425, spec. 419; l'autore legge b invece di w, ottenendo così sàb 'ap. Il participio sb corrisponderebbe ai participi sb e sb'm dei VV. 6 e 7. Respinge la lezione S'p, perché «troppo forte» e non consona allo stile semplice del Oohelet; ritengo al contrario che è proprio il senso forte dell'affaticamento che il testo vuole comunicare. • 47 Cf. Lvs, L'Ecclesiaste, 98, nota 6, che cita al riguardo i seguenti testi: il mito della liberaZIOne dell'umanità in ANET, 10-11; la lotta del dio sole contro il drago Apophis, che mette in pericolo la sua esistenza e quindi l'ordine della creazione in ANET6-8; 11-12; 366. Nello stesso tempo questa immagine del sole si oppone a quella celebrativa dell'egiziano Inno ad Aton o degli inni mesopotamici al dio solare Samas. Per i famosi inni al sole della letteratura egiziana e babilonese cf. ANET 367b-371a; 387-389. Per i paralleli extrabiblici cf. anche RAVASI, Qohelet, 80-81. 48 Anche nella storia delle religioni si incontra il tema del trasporto del sole, sollo terra, di nolle da ovest a est, da parte della luna. Cf. sull'argomento E.A.S. BUlTERWORT, The Treeat the Navel o[ the Earth, de Gruyter, Berlin 1970, 134ss. 49 Si veda per questa interpretazione anche RAVASI, Qohelet, 80. 50 Cf. Vg, Tg., Pesh.
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ne, ripetendo in continuazione il suo moto di ascesa-discesa. Il verbo sbb è il termine tipico del movimento rotatono e la ripetizione dal participio accentua la completezza di questa azione, sottolineandone nello stesso tempo la ripetitività. Se si interpreta la preposizione 'al come «da», il testo va inteso nel senso che «il vento ritorna dai suoi circuiti».51 Anche qui si tratta di un ciclo; infatti il verbo sbb indica un movimento che va in una direzione ben precisa, che è quella del ritorno all'indietro. 52 v. 7
kol-hannelJiilim hOlekfm 'el-hayyiim whayyiim 'enennu male' 'el meqom sehannelJalim hOl'kfm siim hem siibfm latiiket.
Il v. 7 risulta composto da due proposizioni asindetiche, in cui la seconda parte, per alcuni, non sarebbe che la ripetizione della prima. 53 Fiumi e mari, che rappresentano qui l'elemento acqua, sono sottoposti, come il sole e il vento, alla stessa fatica. Il verbo hlk, ripetuto per ben due volte, pone sullo stesso piano le generazioni umane (v. 4), il sole (v. 5), il vento (v. 6) e i fiumi (v. 7). Soprattutto gli ultimi due stichi, dove si insiste sulla descrizione del ritorno dei fiumi «alluogo dove essi vanno», sembrerebbero riproporre, grazie all'uso del verbo swb, quell'immagine di circolarità che ha prevalso nei versetti precedenti; ma forse qui l'intenzione del testo è piuttosto di introdurre un nuovo elemento, quello dell'insaziabilità e dell'incompiutezza: 'enennu miile', che prelude poi alla tematica del v. 8. A esso è connesso anche l'effetto della ripetitività. «Asindeto» infatti non significa che le proposizioni dal punto di vista sintattico siano tutte sullo stesso piano; coll'asindeto si possono anche esprimere rapporti di subordinazione. 54 Il senso del v. 7 potrebbe essere allora: tutti i fiumi vanno al mare e, poiché il mare non è mai sazio, al luogo dove essi vanno, là essi continuano ad andare. 55 L'insoddisfazione diventa in tal caso l'elemento scatenante del processo ripetitivo.
Con il v. 7 si conclude la descrizione del movimento insito nella natura. È opportuna a questo punto un'ultima osservazione: che qui il numero dei verbi è quattordici,56 multiplo di sette, un numero caro al Qohelet e che, come si vedrà, assume nel contesto del libro un significato del tutto particolareY B. Nella storia come in natura: nulla di nuovo sotto il sole (1,8-11) v. 8
kol-haddebarfm yege'fm lo' -yukal 'fs ledabber lo' -tisba' 'ayin lir'ot welo' -timmiile' ,ozen misS'moa'.
Esiste un evidente parallelismo formale tra kol-haddebiirfm e kol-hannehiilfm, che pone la parola umana sullo stesso piano di tutti gli altri elementi d~lla natura. Il sostantivo dabiir, come è noto, potrebbe significare tanto «cosa»58 quanto «parola», ma diversi elementi fanno propendere per la traduzione di dabar con parola: 1) questo sostantivo nel Qohelet significa quasi sempre parola;59 2) alla fine di questo stico la radice del termine diibiir viene ripetuta nel verbo, che ha indiscutibilmente il significato di «parlare». Inoltre nello stesso versetto si fa riferimento all'occhio in relazione al vedere e all'orecchio in relazione all'udire, coprendo in tal modo tutto l'arco delle funzioni vitali dell'uomo: linguaggio, vista, udito. Il verbo usato per esprimere l'inutile fatica del linguaggio umano,60 yg', è al participio come i verbi dei versetti precedenti. Che il verbo si intenda in senso riflessivo «tutte le parole si affaticano» o in funzione di aggettivo «sono faticose», è certo che la parola umana, in base a questa immagine, è allineata al sole, di cui nel v. 5 si descrive lo stanco percorso, e ai fiumi del v. 7. Con RAvAsl, Qohelet, 77. Per l'uso del numero sette e la sua funzione nel libro del Qohelet cf. l'ultimo capitolo di questo volume .. • 58 Favorevoli alla traduzione di diibiir con «cosa» sono: BRAUN, Kohelet, 64; DI FONzo, Ecc1eslUst~, 130; HERTZBERG, Der Prediger, 72. Cf. anche la Vg. I LXX, invece, traducono con «parole»; CO~I anche LAUHA, K.oheleth, 35-36 e ZIMMERLI, Das Buch des Predigers, 143-144. La proposta di LYs, L EccleslUste, 106 di tradurre diibiir con «cause» è motivata dall'autore in base alla necessità di rendere in qualche modo il gioco di parole causes/causer; non è escluso però che essa sia dettata da una precomprensione filosofica. Secondo l'autore l'incapacità dell'uomo di parlare in maniera esau· shva sarebbe dovuta ai limiti antologici della parola umana, che non è creatrice e quindi non può conoscere come DIO le cause dei fenomeni e il loro segreto. Un'esegesi di questo tipo potrebbe anche trovare un fondamento in testi successivi, ma per il momento è priva di base. Non vi è nulla che faccia pensare III questo testo all'inconoscibilità delle cose da parte dell'uomo. S9 Raramente nel Qohelet il termine diibiir significa «cosa»; cf. ad es. 1, lO; 7,8 e 8,1. RAvAsl, Qohelet, 85 però fa giustamente osservare l'ambiguità di questo termine, il cui uso nel Oohelet è innale :enzlO . T. NISHIMURA, «Un Mashal de Oohelet 1,2-1l», in RHPhR 59(1979), 605-615, spec. 611 ndlvldua pOI un terzo slgmflcato nel termme: quello di parola-proverbio, che diventa poi centrale per l'lllterpretazione originale che l'autore dà di 00 1,2-11 come maSal. 60 F ZIMMERMANN, The Inner World o[ Qohelet, 41 sostiene che y'gè'im è una translazione dal1'aram~lco mslhyn, che !>uò essere sia attivo che passivo e ritiene che qui il senso richieda l'attivo e II transItivo. Diversa opllllOne III WHlTLEY, Kohelet, lO, che intende il verbo in funzione di aggettivo sulla base di un confronto con Dt 25,18 e 2Sam 17,2. 56
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51 Cf. HERTZBERG, Der Prediger, 71; seguito da DAHooo, «The Phoenician Background of Ooheleth», 265, che riscontra questo significato nel semitico nord-ovest. WHITLEY, Koheleth, 9-10 trova invece conferma del significato di 'al come «da» in tutte le lingue semitiche (accadico, fenicio, mòabita, aramaico ed ebraico). Cita al riguardo il detto di Esarhaddon: riddu kinu eli aljljèya ittabik; l'iscrizione fenicia di Ahiram; la stele moabita; in aramaico Dn 6,19. Per la lingua ebraica cf. Sal 16,2; Dn 2,1; l'uso di 'al nel senso di «da» è attestato infine anche nella Misnà: Maas 3,1. 52 Cf. KOHLER-BAUMGARTNER, Lexicon Veteris Testamenti, 951-953. Dissento dall'interpretazione di LYs, L'Ecclesiaste, 100-1O}, secondo il quale Oohelet non intende parlare di ciclo, ma di un movimento sterile e disordinato. E invece proprio l'ordine che regna nel creato che fa problema a Oohelet, in quanto gli appare come sinonimo di ripetitività. 53 Cf. per questa interpretazione LYs, L'Ecclesiaste, 104; Gooo, «The Unfilled Sea: Style and Meaning in Ecclesiastes 1,2-11», 68-69. Non è chiaro a chi debba riferirsi l'avverbio. JOUON, Grammaire de l'hébreu biblique, 129q, congiungendo il pronome relativo con siim, traduce con > in Bib 60(1979) 509-529 spec 519 che predilige nella critica testuale 1cnten di ana a " " . '. . .' I anlZ semantica: «Preference should be given to an analysls of the dlscourse, In whlch the forma org c tion of the structural signals closely correspond to the semantic relations of the text, so that no su factor as stylislic rearrangement has to be taken into accounl».. . . F EL 65 Per questa interpretazione cf. CASTELLINO, «Qohelet and hls Wlsdom», 27, nota lO, . 'c LERMEIER, Qohelet 1,2. Einzelfrage Nr. 7: Das Verbum lfws in Koh 2,25. Akkadisch l:Jasu(m) «SI sorgen» im Lichte neu veroffentlicher Texte, Jungfer, Herzberg 1968, 12-20.
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tazion~ dell~ :a~ienza tradizi~na~e~ su cui Qoh~let pronuncerebbe poi il suo giudizio dI vamta; e questo un pnnclplo ermeneutIco abbastanza valido per risolvere il problema delle presunte contraddizioni del libro. A questo proposito va segnalata l'interpretazione di Ravasi 66 che propone di intendere i termini (ob e /]0(e' non nel senso tradizionale di «buono-peccatore» ma secondo due altri significati: «chi è gradito (a Dio)>> ((ob) e «colui che fallisce il bersaglio, che ha insuccessO» (/]o(e'). Nell'evocare la dottrina tradizionale, Qohelet l'ha sottilmente stravolta e proprio basandosi sulla dichiarazione tradizionale propone la sua lettura scettica dell'agire divino: «Chiamiamoli pure "buoni, giusti, sapienti" «(ob) quelli che ora godono il frutto dell'affanno altrui, offerto a loro da Dio quasi su un vassoio. Chiamiamoci pure "buoni, fortunati e beati" ((ob) quando mangiamo, beviamo e godiamo. In realtà è solo perché in quel momento noi siamo "graditi" a Dio che nel suo incomprensibile disegno semina nel mondo lunghe notti oscure per giusti e ingiusti e bagliori di godimento per giusti ed empi. Chiamiamoli pure "peccatori, empi, malvagi" (/]o(e') quelli che ora vedono sfuggirsi dalle mani il frutto del loro affannoso affaticarsi. In realtà essi sono solo dei "falliti" che in quel momento sperimentano le strane evoluzioni della sorte e del destino decretato per loro dalla mano di Dio». Che si accetti l'una o l'altra interpretazione, è certo che il giudizio di vanità si trova, nella struttura generale di questa sezione, al termine di tutto il processo di riflessione. A questo proposito Festorazzi 67 rilevando la presenza di una struttura ebdomadaria nel Qohelet, è giunto a conclusioni molto interessanti. L'autore ritrova questa struttura anche in 2,12-26: v. 11
+
1
12-15 2 16-17 3 18-19 4 20-21 + 5 22-23 + 6 24-26 7
realizzazione [delle proprie opere] e fatica fatta nel compierle (sproporzione) sapienza posta nel realizzare le vanità
accento posto sulla fatica (sproporzione) accento posto sulla fatica (sproporzione) il «sabato» di gioia nella concezione radicalmente negativa del timore di Dio, come risoluzione del problema posto dai primi 6 momenti.
. In questo contesto l'esito della struttura settenaria è catastrofico. La valutazIOne dell' espenenza . . Id' . .. SI eone u e con I affermazlOne della sua radicale negatiVIta (24-26).
---
: RAVASI, Qohe/et, 134. FESTORAZ7.1,
Sapienza, 98.
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La mia analisi ha condotto a conclusioni analoghe, ma, secondo me, è tutta la sezione 1,12-2,26 a presentare la struttura settenaria, come risulta dall'analisi condotta. 5. Conclusione
È possibile ora dare una risposta a parte degli interrogativi formulati nella presentazione generale della sezione che inizia in 1,12; per quanto riguarda 1,12-2,26 ci troviamo di fronte a un testo profondamente unitario, come dimostra il suo tessuto semantico. Si tratta di un testo articolato in più unità, che sono legate tra loro mediante una serie di parole-chiave. Ciò non comporta però, come sosteneva Ellermeier, che esse fossero originariamente staccate le une dalle altre; troppi sono i legami tematici e stilistici tra le varie unità e non vi sono tracce di apporti redazionali. Più difficile è invece risolvere il problema del rapporto tra il poema iniziale e 1,12-2,26. Si potrebbe addirittura ipotizzare una doppia introduzione allibro, in quanto in 1,12-2,26 sono enunciati temi e prospettive che, come si vedrà, sono sviluppati in tutta l'opera. Per l'assunzione della figura salomonica, che nella tradizione ebraica rappresenta il massimo potenziale di acquisizione della sapienza umana, questo testo iniziale assume la fisionomia di un discorso programmatico, in cui però è già interamente preannunciato l'esito negativo della ricerca. Fin dall'inizio il discorso del Qohelet si configura come una radicale contestazione della sapienza umana, in quanto la figura salomonica nel testo qoheletiano si è dilatata nei suoi contorni fino a rappresentare il paradigma stesso della sapienza universale, giudaica e profana insieme. Sia le immagini che il linguaggio usati da Qohelet orientano a una lettura in questo senso; tanto il poema quanto questa sezione iniziale del libro evocano immagini e problematiche che, pur essendo quelle tipiche della sapienza giudaica, aprono a un mondo dai confini più ampi. Tutto confluisce nell'individuare nell'uomo della società ellenistica il destinatario del discorso di Qohelet; nel prendere in considerazione la condizione umana, l'autore ha presente soprattutto l'uomo del suo tempo. L'analisi del testo ha mostrato come questa prima sezione del libro sia articolata su tre piani: la contemplazione, il piacere, l'azione. Essi corrispondono ai tre tipi di vita delineati nella classificazione dei filosofi greci;68 soprattutto il verbo twr, così insolito nel vocabolario biblico, evoca quel processo di ricerca che era in atto nella cultura ellenistica, una ricerca basata sull'esperienza e ostile a ogni forma sistematica di sapere. Se questi collegamenti sono, come credo, pertinenti, Qohelet condivide con i filosofi greci dell'ellenismo (cinici e scettici)
61! Cf. E. BICKERMANN, Quallro libri stravaganti della Bibbia: Giona, Daniele, Koheterh, Ester, Patron, Bologna 1979, 151-179.
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l'opposizione a ogni pretesa di conoscenza assoluta del reale: il suo interiacutore potrebbe ess.ere non solo il sapiente della tradizione ebraica ma anche il filosofo greco, lo stOICO, che propone ugualmente una visione onnicomprensiva del reale. Il rapporto con lo stoicismo risulta però complesso. 69 Da un lato sembra che egli condivida con gli stoici la concezione ciclica del tempo e forse del cosmo, come si vedrà meglio nell'esegesi del terzo capitolo; dall'altro l'uso di una terminologia che lo avvicina alle correnti scettiche e relativistiche dell'ellenismo segna indiscutibilmente il suo distacco dallo stoicismo. Ciò che si può affermare con certezza per il momento e che bisognerà tener presente d'ora in poi, è l'ipotesi di un confronto critico di Qohelet con il pensiero greco. Un ultimo problema occorre ora affrontare ed è quello di stabilire se vi sia o meno un rapporto di continuità tra il secondo e il terzo capitolo. Questa prima sezione del libro presenta tutte le caratteristiche di un testo compiuto, soprattutto perché si conclude con il giudizio di vanità: gam-zeh hebel CII"'" Clt rClalf· Il poema successivo sui tempi presenta dal punto di vista stilistico un elemento di rottura rispetto al materiale precedente e sembra quindi segnare una svolta nel discorso, ma tanto l'interrogativo di 3,9, che richiama molto da vicino 1,3, quanto l'espressione ra'ftf 'et-ha'iinyàn 'riSer nàtan 'él6hfm libnè hà'àdàm la'linot bO di 3,10 impediscono una delimitazione troppo rigida dei testi. II. C'È
UN TEMPO PER OGNI COSA; MA QUAL È IL VANTAGGIO?
L'articolazione di questa sezione in due parti: 1) 3,1-8; 2) 3,9-15, non dovrebbe costituire un problema;70 come pure è evidente che il testo si conclude in 3,15, in quanto inizia in 3,16 un discorso del tutto nuovo sul tema dell'ingiustizia nel mondo. Vale comunque anche per questa sezione il principio enunciato in pre~eden~a: che non si possa attuare per il Qohelet una ripartizione troppo rigida; mfattll'mterrogativo del v.9 fa da transizione all'unità successiva, per cui pot~ebbe appartenere ugualmente all'una e all'altra unità. Del resto la difficoltà di situare alcuni versetti è dovuta all'indole problematica del libro, che si riflette di ; Conseguenza nella struttura. l. La dialettica dei tempi (3,1-8)
. piO
Considerata dal punto di vista formale, la pericope 3,1-8 fornisce un esememblematico di parallelismo chiastico. Il motivo per il quale a mio avviso il
~ GAMMIE, «Stoicism and Anti-Stoicism», 180. lI; IlI) 3 iL. Invece MICHEL, Qohelet, 135-138, c~e suddivide la ~ericope in tre parti: I) 1-9; II) 10temp I ' 215, conSiderando l due vv. 10-11 umtl dal tema dell'Impegno (Mahe) e dalla dialettica o eternità.
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testo termina al v. 8 e non al v. 971 è, come si vedrà, inerente alla sua struttura sia stilistica che tematica. Il v. 1 enuncia il tema attraverso la parola chiave 'él, di cui z'man non è che un sinonimo: per ogni cosa esiste un tempo stabilito, determinato. L'idea di determinazione è contenuta soprattutto nel verbo zmn al pual (cf. Esd 10,14, ecc) 72 mentre il sostantivo 'ét. 73 allude soprattutto al momento opportuno, all'i. , d 74 M l' stante giusto e preciso in cui devono essere svolte le ~accen e umane. a osservazione più importante è che il v.1 è composto di 7 parole. Dal v. 2.al ~. ~, quindi in 7 versetti, si sviluppa una serie di 14.tesi con ~ltrettan~e a.ntltesl, I~ quanto ciascun emistichio è strutturato secondo Il paralle.hsm~ antlte~lco. La npetizione poi del termine 'ét per 28 volte conferma ,che CI tro~Iamo dI fronte all'uso intenzionale del numero 7, sul quale occorrera tornare 10 un secondo momento. Questi rilievi sono finora sufficienti a dimostrare che il testo dal punto di vista della struttura letteraria si conclude al v. 8. Si tratterà poi di vedere quale .. funzione svolga l'interrogativo del v. 9, analogo a. qu~ll? ~i 1,3 .. , L'associazione in ebraico di due termini opposti puo mdIcare CIO che SI tIene tra i due poli estremi, l'affermazione di due momenti distin~i la cui caratte.ristica è l'esclusione reciproca;75 l'antitesi nel caso del Qohelet nguarda due azIOni di cui l'una è costruttiva e l'altra è distruttiva. , La prima opposizione concerne la nascita e la morte (v .. 2).: .più precisamente il verbo yld, qui all'infinito costrutto preceduto da ze, slgmflca generare (Gen 4,18; 10,8; 1Cr 1,10; Pr 17,21).76 Esiste un momento favorev~le per la generazione come esiste un momento, che è ineluttabile, per monre. La seconda antitesi è tra il piantare e lo sradicare (v. 2b); lafa' al è un hapax nella Bibbia ed è una forma tardiva di infinito costrutto. Non si tratta qui del lavaro dell'uomo che deve saper cogliere il momento opportuno per piantare (se77 condo l'accezione di Dt 11,10ss e Gdc 5,24), coniugando lavoro e grazia ma d~l crearsi delle condizioni oggettive che rendono possibile l'azione dell'uomo; m antitesi troviamo l'atto dello sradicare, che indica un'azione violenta (cf. Sof
11 Per l'inclusione del v. 9 nella pericope cf. LAUHA, Kohelet, 62; GLASSER, Le procès du bonheur, 60-61; RAVASI, Qohelet, 138-14? ," . . ' Sir 72 Il termine z'miin è un aramalsmo dell ebraICO tardiVO (Est 9,27.31, Nm 2,6, Dn 2,16, . 43,7). Il significato di «stabilito, fissato» è comune all'aramaico zimnii, all'arabo zaman, all'asslro~' mfmu. Cf. KOHLER-BAUMGARTNER, Lexlcon In Vetem Testamenti, 259 .. :VHITLEY, .Koheleth, 3 ._ 13 Il termine z'miin indica una durata lunga, un penodo, mentre et deSigna Il momento op portuno' i LXX infatti traducono z'miin con XQovoç, 'et con XUlQOç. Il termine XQovoç deSigna appunto l'~poca o durata determinata. Cf. G. DELLlNG, «XQovoç», in GLNT XV, 1091-1126, spec. 1105-1106. 14 Sul tempo cf. anche PRATO, 1/ problema della Teodicea,. 177-.181. . . 8 15 ALONSO SCHOKEL, A Manual 01 Hebrew Poetics, PontificIO Istituto Biblico, Roma 198 . 85-87. 16 La Vg corregge il verbo da qal a nilal, nel senso qui~di di nascere. . re17 Rifiuto qui l'interpretazione dI Lys, che, a mIo aVVISO, e dettata nuovamente da una p comprensione, che mira a fare di qI!esto testo l'espressione di ~n'apertura crede,nte al.la grazla~TC~~ «L'Etre et le Temps. CommumcatlOn de Qohèleth», In GILBE , Per questa interpretazione ID. . ' Testament (BEThL 51), Leuven Umversl\y, . . Leuven 1979 , 249-258. cura di, La Sagesse de l'Anclen
9R
2,4, dove è parallelo ad abbandonare, devastare ed espellere). Tra i due stichi esiste dunque un parallelismo sinonimico; l'azione del piantare è parallela quella del generare e lo sradicare al morire. a . ~l.v. 3 ~ambia invec~ ~'or~ine degli elementi: il negativo Occupa il primo emIstichIO e 1elemento POSItiVO Il secondo. Il verbo hrg, «uccidere» si trova solo qui in tutto il libro; considerando il suo uso negli altri testi dell'Antico Testamento, esso assume una molteplicità di significati che vanno dalla distruzione delle cose all'uccisione vera e propria. 78 In antitesi il verbo rp', «gu.arire» (38 impieghi nell'Antico Testamento di cui 29 volte Dio è il soggetto nel senso di restituire la .vita). In parallel~ CO? l'antitesi «uccidere/guarire» viene posta l'antitesi ~(de~o~lre/co~trUIre». Il nfenmento più immediato è a Ger 2,10; negli altri testi 10 CUI ncorre Il verbo bnh (cf. anche Qo 2,4) si tratta di costruire una casa ma anche una dis~end.enza (2Sam 7,11-14) o anche la casa di Israele (Rt 4,11-12). In Gen 38,29 e DIO che costruisce. .Al v. 4 l'antitesi, in perfetto parallelismo, riguarda il piangere/ridere e correla~IVame?te gemere/dan~are. Nel secondo stico manca la preposizione ze (come 10 5a e ID 8b, dove troVIamo il sostantivo). Dahood 79 nota che i quattro verbi hanno antecedenti cananei e l'assenza della preposizione nel secondo stico è dovu.ta, for~e a causa del parallelismo, alla doppia funzione delle preposizioni del pnmo .stl~O che portano ora sul verbo accompagnato ora su quello parallelo. TuttaVIa Il fatto che Qohelet qui si allontani dalla sua costruzione abituale potrebbe esse~e .dovuto a un caso di citazione;80 l'assonanza delle finali in odh pot~ebbe costitUIrne la prova, ma un'ulteriore conferma all'ipotesi che ci troviamo dI fronte alla citazione di un proverbio si può individuare nel fatto che il verbo bkh, «piangere» è impiegato solo qui nel Qohelet, come anche shq «ridere» e i verbi spd, «gemere» (cf. solo 12,5) e rqd, «danzare». . , . Il v. 5 presenta le maggiori difficoltà dal punto di vista esegetico, tanto che Wnght ne fa il punto di partenza della sua interpretazione del poema. 81 Il pro~lem.a nasce ?al fatto che i due stichi del v. 5 sono più lunghi del solito e ciò per l ~gglUnta del complementi. Questo particolare può far pensare che ci troviamo dI front~ a~ .una gI0~sa,8~ che riguarda il complemento oggetto 'abanim, «pietre». POlche Il verbo slk ncorre anche alla fine del v. 6, Wright ritiene che il complemento .oggett.o in 5a potrebbe appartenere alIa composizione originale, in quanto utile a dIfferenziare le due descrizioni in 5a e 6b. Inoltre il ritorno del verbo .slk nel v. 6 orienta a considerare insieme i due versetti, in cui si costituisce Un chIasmo.
~ Cf. le ricorrenze del termine in LYs, L'Ecc/ésiaste, 305.
DAHOOD, «The Phoenician Background", 270. Cf. sul problema LYs, L'Ecc/ésiaste, 309. teen O A.G. WRIGHT:«For Everything There Is a Season: The Structure and Meaning ofthe FourParis 1~àolsIt3e2s (EcclesIastes 3,2-8)>>, m De la Torah au Messie. Mélanges Henri Cazelles Desclée 82 ' 1-328, spec. 322. ' , Cf. in questo senso LORETZ, Qohe/et, 187, nota 207. 80 81
99
Per quanto riguarda il significato del versetto, tra le numerose spiegazioni che sono state proposte per il gesto del gettare le pietre e ammassarle,83 la più convincente è quella che interpreta il testo in senso sessuale;84 esso può riferirsi ai periodi di purità della donna, in cui si gettano le pietre, e a quelli di impurità, in cui si ammassano le pietre, cioè all'unione sessuale e all'astinenza. L'argomento migliore, anche se non valido in assoluto, è il parallelismo con il secondo stico. Qui il verbo Ifbq, che significa tenere tra le braccia, può benissimo essere inteso nel senso di abbraccio tra l'uomo e la donna (cf. 2Re 4,16; Pr 4,8; 5,20; Gb 24,8 e Lam 4,5). Come si è già detto, il v. 6 è strettamente legato al precedente per la presenza del verbo slk alla fine. Già il v. 5, se è valida la precedente interpretazione, segnava un ritorno alla posizione dell'elemento positivo nel primo emistichio. Il primo verbo bqs significa cercare per trovare (Gen 37,16), per possedere (Nm 16,10), per consultare (IRe 10,24). Il verbo si ritrova ancora in 7,25.28.29; 8,17; 12,10 e in 3,15, dove ha come soggetto Dio. A bqs si contrappone 'bd, che significa far perire, distruggere. Il secondo stico conferma le idee espresse nel primo, opponendo l'idea della conservazione a quella del gettare. È impossibile però dare un contenuto più preciso a questi versetti, in quanto è forse proprio questa l'intenzione del testo. Le antitesi del v. 7 fanno riferimento, come quelle del v. 4, ad atti di lutto e di gioia. Il primo verbo qr' (strappare) è usato in genere per indicare un rito di dolore (cf. Gen. 37,29); tpr (cucire), invece, è in alternativa all'atto precedente, il segno di un cambiamento radicale, soprattutto se si tiene conto del fatto che l'abito esprime l'atteggiamento fondamentale della persona: per quanto riguarda il tacere (lfsh), e il parlare (dbr) , anche se il testo non fornisce elementi precisi per stabilire i casi in cui è possibile tacere o parlare, è probabile, in base al parallelismo con lo stico precedente, che si tratti del tacere in caso di lutto e del parlare nella gioia. La dialettica dei tempdi conclude nel v. 8 con la doppia antitesi amare/odiare; guerra/pace. La prima fa riferimento ai sentimenti fondamentali dell'uomo, cui non viene dato comunque un contenuto preciso; la seconda invece, che si differenzia dalla precedente perché costituita da due sostantivi, e non da due verbi, esprime piuttosto il movimento dal caos al riposo, alla proprietà, alla salvezza, secondo quella pienezza di significato che ha in ebraico il sostantivo sa10m. I due stichi del v. 8 presentano infine una struttura chiastica.
83 K. GALLING, «Das Riitsel der Zeit im Urteil Kohelets (Koh 3,1-15)>>, in ZThK 58(1961),115, spec. 7-12 pensa che con pietre qui bisogna intendere il rastrellare pietre, che il commerciante usava nella borsa e di cui si serviva come strumento di calcolo. Secondo ZIMMERLI, Das Buch des Predigers, 165 si tratta di gettare pietre dalla fionda, in riferimento a 1Sam 25,29. Per altre interpretazioni cf. Lys, L'Ecclésiaste, 312-314. 84 Favorevole a questa interpretazione, che risale tra l'altro a Qoh. Rab, è WRIGHT, «For Everything there is a Season», 322-323.
100
I vv. 2-8 costituiscono pertanto un testo compiuto, con una struttiua che ' secondo Loader,85 è articolata in modo rigoroso e preciso: 2
D D
V V
3
V V
D D
4
V V
D D
5
D D
V V
6
D D
V V
7
V V
D D
8
D V
V D
I primi quattro stichi (vv. 2-3) formano un chiasmo così strutturato: DVVD. Il secondo gruppo di quattro (vv. 4-5) forma un chiasmo dalla struttura UDDV. Queste due unità chiastiche costituiscono tra loro un altro chiasmo:
D
D
2
V
V
D
D
D
D
V
V
3
V
V
V
V
4
5 D
D
La terza quartina (vv. 6-7) segue il modello della prima, cioè due stichi dalla forma DV e due dalla forma VD. Il v. 8 è un chiasmo DVVD.86 D
D
6
V
V
D
D
7
V
V
D
V
V
D
8
242
~5 l.A. LOADER, «Qohe!:t 3,2-8. A "Sonne.t" in the Old Testament», in ZA W 81(1969),240CIO che è d~slderabJ1e, con U ciò che è indesiderabile. . LJutore IndIca con Per questo ultenore approfondImento della struttura cf. LOADER, Polar Structures, 11.
p
101
Diversa è la proposta di struttura presentata da A.G. Wright, per il quale il poema è costituito di due strofe di tre coppie ciascuna: vv. 2-4 e 5-7 + una coppia finale (v. 8).87 L'autore assegna grande importanza a un dato che Loader avrebbe indebitamente trascurato: l'analogia esistente tra il v. 4 e il v. 7, che riguardano entrambi azioni di lutto e di interruzione del lutto. A cosa è dovuta questa ripetizione? Loader non ne ha tenuto conto, .al punt? ch~ di fatt~ la sua interpretazione acuisce il problema, in quanto pone In relazIOne Il v. 5 e 11 v. 4 e ne fa una quartina chiastica. Poiché nella sua interpretazione «raccogliere le pietre» e «astenersi dall'abbraccio» costituiscono un'altra espressione di lutto, sei dei quattordici versetti ruotano intorno alla topica del lutto (il 43 per cento del poema). . . Facendo leva soprattutto sulle irregolarità stilistiche del testo, Wnght articola in questi termini la sua analisi del poema: 1. Le irregolarità del v. 2, in cui troviamo l'aggiunta di una parola, e del v. 4b, dove manca la preposizione davanti agli infiniti, sono indizi dell'inizio e dell.a fine della sezione. I tre stichi che seguono sono invece perfettamente regolano La sezione è formata da due coppie di antitesi e una coppia che verte sulla topica del lutto. 2. La seconda parte inizia col V. 5, che presenta la stessa irregolarità del V. 2' esso costituisce un'unità con il v. 6 a causa della ripetizione del verbo slk, per c~i abbiamo, come nella prima strofa, una serie di due coppie, seguita nel v. 7 da una terza coppia che, in parallelo al v. 4, riguarda azioni di lutto. Il v. 8, caratterizzato dalla struttura DU-UD, costituisce la conclusione.
102
2
AB A'B'
3
BA B'A'
2
DU DU
4
BA B'A'
3
UD UD
5
AB A'B'
4
UD UD
6
AB A'B'
5
DU DU
7
BA B'A'
6
DU DU
8
AB B'A'
7
UD UD
8
87 WRIGlIT,
Ne risulta la seguente struttura. Gli otto verbi delle prime due coppie danno luogo all'antitesi vita/morte; inizio/fine; costruzione/distruzione. Esse sono poi seguite dalla coppia lutto/gioia del V. 4. Gli otto verbi della seconda strofa sono correlati ad azioni che denotano unione-separazione e la seconda strofa si conclude anch'essa con una coppia lutto/gioia, espressa in verbi che indicano unione/separazione. Le conclusioni di Wright sono, a mio avviso, valide, ma alcune delle argomentazioni addotte dall'autore sono discutibili: infatti i rilievi stilistici su cui si basa l'analisi risultano inconsistenti; le irregolarità sono probabilmente dovute a citazioni implicite da parte del Qohelet di proverbi popolari, che l'autore riporta senza modificarne lo stile, oppure a glosse esplicative. Anche il parallelismo tra il V. 4 e il v. 7 non è necessariamente intenzionale. Mi sembra inoltre discutibile la designazione desiderabile-indesiderabile, introdotta da Loader e condivisa da Wright, perché introduce un elemento di soggettività che tradisce l'opinione dell'esegeta su ciò che è desiderabile e su ciò che non lo è. 88 Sarebbe pertanto preferibile sostituire i simboli D U con A B, dove A indica l'elemento positivo e B l'elemento negativo e con A' e B' gli elementi paralleli del secondo stico di ciascun versetto. Avremmo pertanto:
DU UD
«For Everything there is a Season», 325-327.
Occorre infine evidenziare l'importanza del numero 7 ai fini dell'interpretazione del testo; il numero è presente anche nel poema introduttivo, nei 14 verbi dei vv. 4-7 e nelle 7 unità che strutturano il secondo capitolo. Il simbolo del
BB
Cf. una critica analoga in BRAUN, Kohelet, 88 e la risposta di
LOADER,
Polar Strm:tures, 11.
103
numero sette ci rimanda inevitabilmente alla creazione, considerata sotto l'aspetto della totalità e della perfezione. Le allusioni al Genesi erano presenti anche nel secondo capitolo nella descrizione dell'esperienza salomonica; in 3,1-8 il riferimento è dato proprio dal numero sette, in cui è implicito il giudizio di Qohelet sui tempi che scandiscono i ritmi della natura e della storia dell'uomo. 89 Nella presentazione dell'opera di Dio, che egli considera compiuta e perfetta, l'autore è in linea con la teologia sapienziale della creazione, così come è espressa in Pr 8,22-31; Gb 38; Sap 8. Ma a tale presentazione Qohelet fa seguire nel v. 9 l'interrogativo: mah-yyitròn ha 'òSeh ba'Mer ha' 'ame!. Questa domanda è strettamente collegata a 3,1-8; nell'ottica del Qohelet scaturisce proprio dalla riflessione sulla perfezione dell'opera divina. Se Dio ha già tutto stabilito nei suoi tempi, che senso ha l'affaccendarsi dell'uomo? Il problema del Qohelet è dunque di ordine antropologico, non però nel senso che egli voglia indagare sulla natura dell'uomo; ciò che interessa a Qohelet è il porsi dell'uomo in relazione con Dio, più precisamente è l'agire dell'uomo in relazione con l'agire di Dio. In 3,9 l'interrogativo è formulato diversamente che in 1,3: al posto di la'adam si trova il soggetto ha', per cui in primo piano questa volta è l'agire dell'uomo, qui dialetticamente correlato all'agire di Dio (3,11). L'uso di 'amai fa poi pensare che l'oggetto della riflessione di Qohelet sia nuovamente il lavoro dell'uomo con tutto il suo carico di fatica e di stress. Per questo l'uomo che Qohelet ha davanti a sé, e sul quale si sta interrogando, non è l'uomo astratto ma l'uomo in situazione; ma questo discorso diventerà più chiaro quando si passerà ad analizzare i testi che riguardano specificamente i temi dell'ingiustizia sociale e del lavoro. Lo stesso interrogativo mah-yyitròn ha'ò~eh ba'ii-fer ha' 'amel è finalizzato a comprendere il vantaggio che l'uomo concretamente ricava dalla sua fatica. Il v. 9, proprio per l'uso del verbo 'sh, fa da tramite alla riflessione successiva, che si sviluppa nei vv. 10-15, in cui il confronto tra l'azione dell'uomo e l'azione di Dio si risolve in un netto ridimensionamento dell'agire umano nei confronti dell'onnipotenza divina.
2. La determinazione divina della storia (3,10-15) Come osserva giustamente Muller,90 il v. lO ripete 1,13, anzi secondo l'autore fa inclusione con esso. Ma questo riferimento terminologico è importante per precisare che l'occupazione faticosa della quale Qohelet parla è ancora una volta la ricerca sapienziale. .
• 89 Particolarmente interessato al rapporto tra il Qohelet e il Genesi è R.K. JOHNSTON, «ConfesslOns of a Workaholic. A Reappraisal of Qohelet», in CBQ 38(1976), 14-28; cf. anche c.c. FORMAN, «Koheleth's Use of Genesis», in lSS 5(1960), 256-263. 90 MULLER, «Theonome Skepsis und Lebensfreude», 13.
104
Il giudizio di Qohelet sull'opera di Dio è contenuto in 11a: Dio ha fatto tutto bello. L'aggettivo yapeh, che si trova in 5,17 associato a (òb, nell'Antico Te-
stamento è in genere usato come attributo della donna per descriverne la bellezza esteriore; in 3,l1a Qohelet vuole mettere in evidenza proprio il fascino dell'opera di Dio. 91 Per quanto riguarda b"'ittò il suffisso pronominale può tanto riferirsi a Dio quanto alle cose create. La seconda parte del versetto si presenta irta di difficoltà, ma proprio in essa è possibile trovare la soluzione dell'enigma del Qohelet; inizia con la particella gam che, come si è detto precedentemente, ricorr~ in questo libro più frequentemente che in altri testi dell'Antico Testamento. E vero che in prima istanza essa ha funzione asseverativa, ma il più delle volte in Qohelet ha funzione aggiuntiva, segnala cioè un nuovo aspetto della stessa topica;92 in questo caso si tratta dell'opera di Dio, il quale ha posto nel cuore dell'uomo 'òlam. 93 Molti critici traducono questo termine con «eternità»,94 l'equivalente nel linguaggio occidentale del concetto ebraico di tempo remoto, del tempo supremo di Dio che ingloba tutti gli altri tempi. Recentemente questa traduzione è stata riproposta da G. Ravasi 95 secondo il quale il discorso del Qohelet verte sull'antitesi tra tempo storico e tempo metafisico; tale interpretazione presuppone però una concezione del tempo e dell'eterno, che distingue tra contenuti e contenenti e nella quale le azioni divine e umane costituiscano il contenuto del tempo e dell'eterno, anche se poi l'autore conclude che storia ed eternità, cosmo e creazione sono intrecciate in questo versetto. Ma la distinzione tra contenenti e contenuti è inaccettabile, a mio avviso, in quanto estranea alla concezione ebraica, che non distingue tra contenuti e contenenti e non ha una visione metafisica del tempo.96 Piuttosto occorre prendere in considerazione la proposta degli autori che traducono 'òlam con durata97 o durata infinita. 98 Qui l'eternità viene a essere collegata
91 Diversa l'opinione di Lys, L'Ecclésiaste, 334-335, il quale interpreta l'aggettivo yapeh nel senso di conveniente, buono. Perché allora il Qohelet non ha usato (ob come in Gen l? La risposta dell'autore è che il testo ha voluto evitare l'interpretazione moralistica presente nel termine (ob della bontà del creato. Ma in tal caso non è più semplice riconoscere che è proprio la bellezza del creato che Qohelet vuole evidenziare? 92 Così ISAKKsoN, Studies in the Language af Qaheleth, 181. 93 Cf. l'esposizione delle diverse interpretazioni del termine in DI FONzo, Ecclesiaste, 178182; LoRETZ, Qahelet, 281-287; ELLERMEIER, Qahelet, l,l, 309-322; ISAKKsoN, Studies in the Language of Qoheleth, 176-183. 94 Cf. in primo luogo DELlTZSCH, Hoheslied und Koheleth, 263-264; HERTZBERG, Der Prediger, 160ss; GALLING, «Der Riitsel der Zeit», 1-15; HENGEL, ludentum und Hellenismus, 221; ZIMMERLI, Der Prediger, 168-172; PREUSS, >, in VD 19(1939), 257-268; 289-299; 20(1940), 166-176; RAVASI, Qohelet, 162. 131 Cf. Enoc XXII,l-13 in P. SACCHI, a cura di, Apocrifi dell'Antico Testamento, (CdR 2), ~TET, Tor~no 1981, 500-502. In questo scritto apocalittico del III sec. ~.C .. si pensa ad un diverso estmo dell.amma rIspetto al corpo; mentre questI è destmato ad afflOSCiarsI nella polvere, l'amma vola m alto m attesa del giudizio divino. Contrariamente a quanto sostiene RAVASI, Qohelet, 168 ritengo c~e sia proprio a questa dottrina ormai popolare che il Qohelet intende riferirsi, in quanto l'interrogallvo retorico del v. 21 evoca proprio il tono vivace della satira e della diatriba. Cf. anche SACCHI, Ecclesiaste, 151. af lJ2 Signific~tivo è l'intervento del TM, che muta l'interrogazione retorica in una proposizione F ferrnatlva, con l mtenzIOne di eVitare un errore dottrInale. Sull'interpretazione masoretica cf. DI ONzo Ecciesiaste, 174-175; SCHOORS, «Koheleth», 301. i33 Con SCHOORS, «Koheleth», 301. b 134 Per l'uso della forma 'en lob in questi testi cf. OGDEN «Qoheleth's Use of the "Nothing is etter"-form», 345-347. ' (
115
senso: «ciò che accadrà nel mondo dopo la sua morte». Ciò che è inconoscibile non è dunque il destino ultraterreno, ma la totalità della storia. Il suffisso pronominale maschile però si può intendere anche al neutro e quindi come avverbio; in tal caso l'espressione farebbe riferimento al futuro dell'uomo, a ciò che può accadere in seguito durante la sua vita, come in altri testi paralleli (6,12; 7,14; 9,3).135 Non si può escludere però in assoluto che si tratti di una forma ellittica, che sta per «dopo la sua morte». 136 Il contesto fa propendere piuttosto per quest'ultima interpretazione, soprattutto se si considera che, come si è detto in precedenza, 'al]iiriiyw è quasi sempre connesso con la morte. 3. Un'unità di transizione (4,1-3)
Diversi sono gli autori 137 che fanno terminare il testo in 3,22; in effetti il v. 22 sembra concludere bene le riflessioni del Oohelet sul problema della sorte dell'uomo. È necessario però tener conto del verbo swb, che segna il ritorno della riflessione del Qohelet al tema dell'ingiustizia, che qui viene affrontato da un altro punto di vista: quello del rapporto tra oppressi e oppressori. Nel suo commento al testo Crenshaw 138 ha evidenziato la struttura retorica del versetto 4,1, nel quale per tre volte viene ripetuta la radice 'sq e per due volte la clausola we'en liihem menal]em. In particolare la radice ritorna ogni volta con una sfumatura diversa, la prima volta per indicare il fatto stesso dell'oppressione, la seconda per menzionare l'oggetto dell'oppressione e la terza per accusare gli oppressori. L'espressione 'et kol-hii'iisuqfm 'iiSer na'iiSlm ta/Jat hassiime§139 riprende 1,14. Seguono due proposizioni parallele, in cui al pianto degli oppressi corrisponde la violenza degli oppressori. 140 wehinnèh dim'at hii'iiSuqim we'en liihem menal]em umiyyad 'osqehem koa/J we'en liihem mena/Jem Per questa interpretazione cf. DI FONZO, Ecclesiaste, 177. Con CRENSHAW, Ecclesiastes, 105. . 137 Cf. DI FONZO, Ecclesiaste, 186-188; LAuHA, Kohelet, 80-83, che fa di 4,1-3 un'unità a se stante; LOADER, Po/ar Structures, 96; MICHEL, Qohe/et, 139-140. Molto diverse sono le ipotesi di suddivisione del capitolo quarto: PODECHARD, L'Ecclésiaste, 320-326 raggruppa i vv. 1-8; LOADER, po/ar Structures, 90, separa i vv. 4-6 sia dai vv. 1-3 che dai vv. 7-12. G.S. OGDEN, «The Mathemahcs of WI~ sdom: Oohelet IV,1-12», in VT 34(1984),446-453, spec. 447, individua in 4,1-12 tre osservaZIOnI (vv. 1.4.7), cui fanno seguito altrettante conclusioni (vv. 3.6.9). A mio avviso, però, il rIcorso al solo criterio stilistico non è sufficiente per la delimitazione delle pericopi; è necessario tener conto anch~ dello sviluppo tematico e 4,1-3 per il suo contenuto si distingue nettamente da 4,4-12, un'unità che e articolata intorno al tema del lavoro. 138 CRENSHAW, Ecclesiastes, 105. 139 Per quanto riguarda hi/asuqfm si tratta di un plurale intensivo, secondo GESENIUSKAUTZSCH, Grammatik, 120. Per questo PODECHARD, L'Ecclésiaste, 322 e ,?I FONZO, Ecclesraste~ 18~ propongono di tradurre con un singolare collettivo: «il complesso delle VIOlenze» (cf. Am 3,9, G 35,9). 140 DAHOOD «The Phoenician Background", 271 fa del termine «violenza» in 4,lc un determinativo del precedente sostantivo: «i loro potenti oppressori», ma in tal modo non si tiene conIO del parallelismo tra le due parti del versetto che in questa traduzione andrebbe perduto. Contro Dahood cf. WHITLEY, Kohelet, 89. 135
Due volte viene usato il verbo nl]m; è una ripetizione intenzionale per insistere sul concetto che non esiste per gli oppressi alcun consolatore. Nl]m è, come è noto, un termine giuridico che spesso viene riferito a Dio (cf. soprattutto Is 40,1; 52,9, dove è parallelo a g'l; cf. anche Is 12,1-12; Sal 71,20-21; Sal 86,17). Si tratta qui, come in Gb 9,22-24, di un'implicita accusa a Dio, che non interviene a favore degli oppressi? Se consideriamo anche i paralleli extrabiblici, in cui la tematica della violenza è strettamente connessa con il capriccio degli dei,I4I non è improbabile che qui Oohelet ponga come Giobbe un problema di teodicea: Dio non svolge la sua funzione di go'èl degli oppressi. Si è poi voluto vedere in questo testo la fredda rassegnazione di fronte all'ingiustizia che c'è nel mondo, in contrasto con l'appassionata difesa dei deboli che è propria dei profeti. 142 In realtà però non è questione qui di atteggiamento interiore quanto di un'ottica diversa, che considera la realtà senza la prospettiva della speranza. 143 I vv. 2-3 costituiscono infatti la conclusione del discorso. Il verbo sbl] «lodare, proclamare», usato qui con l'infinito assoluto seguito dal pronome 'iini,l44 ricorre ancora in 8,15 (ma col perfetto), in un contesto completamente diverso dove è in relazione con la gioia, mentre qui Qohelet fa della morte l'oggetto della sua lode. Formulate nello stile dei detti comparativi (ob le affermazioni del Oohelet superano per radicalità tutti gli altri testi veterotestamentari sulla morte (Ger 20,14-18; Gb 3,1-26; Sir 42,2).145 Al V. 2 il termine di confronto è tra i viventi e quelli che sono già morti; ma il v. 3 pone al di sopra di entrambi «coloro che non sono mai nati». Nei vv. 18-21 la morte annullava ogni differenza tra l'uomo e la bestia; qui, dove la dialettica è tra la morte, come fine della vita, e la non-vita, la morte finisce coll'essere superiore alla vita stessa. Proprio per la sua radicalità il testo del Oohelet sembra essere molto più vicino a opere della letteratura profana, quali l'elegia di Teognide di Megara,l46 che non ai passi biblici precedentemente citati: è il valore stesso dell'esistenza che viene messo in discussione, ma
136
116
141 Cf. soprattutto il Dialogo sulla miseria umana, in ANET, 440b; G.R. CASTELLINO, Sapienza babilonese, SEI, Torino 1962, 58. 142 Per questa interpretazione cf. LOADER, Polar Structures, 96; RAVASl, Qohelet, 170-171. 143 Con ALoNso SCHOKEL, Eclesiastes, 31-32: «La visi6n de la injusticia puede provocar diver-
sas reacciones: los profetas alzaban el grito de la denuncia, los maestros sapienciales repiten consejos
y aVlsoS, los salmistas suplican y apelan a Dios para que intervenga. Oohelet se siente incapaz de actuar y Slente que la injusticia establecida corroe eI sentido de la vida. No s610 sufrir la injusticia es
una tra~edia, su mera contemplati6n amarga la existencia». l L'uso di un infinito assoluto seguito dal pronome personale è del tutto insolito (oltre a ~uesto testo del Oohelet cf. solo Est 9,1). Una costruzione analoga ricorre solo in iscrizioni fenicie. ul problema si veda WHITLEY, Kohe/et, 39-40. 145 Per questi confronti cf. H. GESE, «Die Krisis der Weisheit bei Koheleth,), in La sagesse du p 'oche Onent, Presses Universitaires de France, Paris 1963, 139-151, spec. 147. f 146 ,Cf. THEOGNIS MEGAREUS, E/eg 1,425ss. Per il parallelismo tra 004,3 e il testo di Teognide c. BRAUN, Kohe/et, 94-95; RAVASI, Qohe/et, 172-173.
117
r soprattutto è caduta completamente la prospettiva della giustizia divina, presente nel v. 17, ed è stato annullato nello stesso tempo il motivo della gioia. A conclusione dell'analisi ritengo di poter individuare in 3,16-4,3 la seguente struttura: 147
,.......-
-----.
/'
'" \
/
A (3,16) A' (4,1)
Ingiustizia
B'
Non c'è gò'el
Ingiustizia
\ \
C'
(4,2-3)
La morte è preferibile alla vita, la non-vita alla vita
/lr.
\
"
'-.. ..............
-
--
B
(3,17)
I
C
(3,18-21)
giudizio di Dio tutti muoiono
4. È bene lavorare, ma con calma! (4,4-12)
I
/ D
(3,22) /
prospettiva della gioia
La pericope 3,16-22 si ricollega al blocco precedente per l'espressione sul tempo (3,17), con'siderato questa volta in relazione al tema del giudizio di Dio. Un altro elemento di collegamento è dato dall'interrogativo di 3,21; mi yodea', che richiama 2,19a. Pertanto si può ritenere che con 4,3 inizi un nuovo blocco di
147 Secondo Lvs, L'Ecc/ésiaste, 360, il testo presenta invece una struttura simmetrica: a - 3,16 b - 3,17 C - 3,18-21 [ d - 3,22 e - 4,1 f - 4,2-3. Ouindi: alle,blld intorno al tema c (3,18-21), mortalità dell'uomo. Anch,e RAVASI, Qohe/et, 157 coglie nell'ambito di questa sezione due movimenti paralleli: Primo movimento (3,16-22), Introduzione: "Ho visto sotto il sole" (3,16) 1. Riflessione sull'ingiustizia (3,16-17) Introduzione: ,>, In lsraehte IS om, New York 1978, 191-204. . . . . AUSS 23 28 W.A. BRlNOLE, «Righteousness and Wlckedness In EcclesJastes 7,15-18», In (1985), 243-257, spec. 253. . .. . d Wic29 Così BARToN, Ecclesiastes, 144. Altre intepretazlOnJ In BRINOLE, «Righteousness an kedness in Ecclesiastes 7,15-18», 243-246. 30 WHIBRAY, «Qoheleth the Immoralist?», 196-197. 25 26
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alla pretesa dell'uomo a essere sapiente, anche perché 7,16a è in parallelo Con 7,17a, dove non è in questione la pretesa di essere malvagio. Si tratta piuttosto di un fare, di un agire in modo sapiente; infatti la forma hitpael di fJkm può anche significare «fare se stesso sapiente» e in Es 1,10 essa si riferisce alla condottaY La parola yoter, che è tipica del Qohelet, significa di solito superiorità, vantaggio, eccesso. È usato anche in 2,15, dove il Qohelet si pone l'interrogativo: 'anf 'iiz yoter. La conseguenza di un agire in modo eccessivamente sapiente è la propria rovina. In parallelo a 7,16a, in 7,17a il verbo ri' fa riferimento all'essere malvagio, all'agire in modo malvagio; stupisce naturalmente questa ammonizione a non essere troppo malvagio, quasi che Qohelet ammettesse la possibilità morale della malvagità o della stoltezza (siikiil come in 2,3.12.19; 7,12). Assumendo il punto di vista della tradizione nell'interrogativo: liimmfJ tiimut belo' 'ittekii, Qohelet mostra le conseguenze di un modo d'agire malvagio e stolto e cioè la morte prematura. L'interpretazione più logica mi sembra quella di Podechard, che cioè qui l'autore, data per scontata la vita peccaminosa dei malvagi, voglia premunirli contro gli eccessi sfrenati del vizio. 32 Qohelet ha davanti a sé due diversi atteggiamenti nei confronti della vita, rappresentati da due ipotetici interlocutori: da un lato quello di un eccessivo rigore morale, dall'altra quello di un'eccessiva immoralità. Le conseguenze dell'uno e dell'altro modo di agire sono le stesse: la rovina per entrambi. Il v. 18, introdotto da (ob 'Mer, esprime il punto di vista di Qohelet;33 ma il linguaggio che il testo usa è volutamente impreciso e indefinito. A cosa si riferisce il pronome zeh e che cosa significa kulliim? Il pronome zeh... zeh non si riferisce necessariamente alle due possibilità di cui si tratta nei versetti precedenti; piuttosto allude all'opportunità di non fare delle scelte troppo radicali nella vita, in quanto una scelta unilaterale potrebbe essere negativa nelle sue conseguenze. Conviene quindi orientarsi nella realtà in modo più elastico,34 perché ciò che assicura la riuscita di un'azione è il timore di Dio. Crenshaw 35 ha letto in 7,18 una conclusione ironica in quanto essa non si accorda con l'esperienza descritta in 7,15. Ma questa interpretazione parte dal presupposto che il timore di Dio non appartenga alle categorie di pensiero del Qohelet, il che è ancora da dimostrare! I vv. 19-20 contengono, secondo Murphy,36 due citazioni tradizionali, riguardanti la forza della sapienza e i limiti della giustizia. L'idea che il sapiente abbia un ruolo importante nella difesa della città ricorre in Pr 24,5-6; 21,22.
:: Con BRlNOLE, «Righteousness and Wickedness in Ecclesiastes 7,15-18", 255. POOECHARD, L'Ecclésiaste, 376-377. 15 l 33 Interessante l'osservazione di HERTZBERG, Der Prediger, 153-155, il quale rileva che i vv. - 8 presentano dal punto di vista formale una struttura chiastica. t . ce 34 CRENSHAW, Ecclesiastes, 142 propone un'interpretazione alternativa del verbo YS' che scaunS 3?all'uso della MiSnà, nel senso di potere in obbligazione, in Ber 2,1. 36 CRENSHAW, Ecclesiastes, 142. S h MURPHY, «A form-critical Consideration of Ecclesiastes VII", 81; cf. anche MICHEL, UnterUc ungen, 238-240.
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r Il linguaggio del v. 20 richiama invece la preghiera attribuita a Salomone in 1Re 8,46 e altri testi della sapienza tradizionale: Sal 143,2; Pr 20,9; Sir 19,16b. È pertanto probabile che si tratti di citazioni; la principale difficoltà è rappresentata però dal ki iniziale del v. 20: esprime un collegamento con il v. 19 o non andrebbe piuttosto riferito al v. 18, in quanto fornisce la motivazione dell'ammonimento? Alcuni autori intendono il kì come enfatico;37 in tal caso non vi sarebbe una connessione di tipo causale con quanto precede. A mio avviso, invece, la presenza del ki in questo versetto potrebbe essere dovuta all'implicito richiamo o allusione a testi tradizionali, come ad esempio Sal 143,2: kì lo' yi!idaq l'paneyka kol-fJiiy.
Entrambi i testi hanno il ki. È dunque inutile ricercare una connessione tra il v. 19 e il v. 20, perché si tratta di due riflessioni separate che richiamano evidentemente il pensiero della tradizione. È però vero che il v. 20 fornisce un'adeguata motivazione alle affermazioni dei vv. 16-18 o almeno si ricollega a essi tematicamente,38 mentre il discorso sulla forza della sapienza viene ripreso per essere problematizzato nei vv. 23-24. Il gam del v. 21, che ha come al solito valore aggiuntivo, introduce un'ulteriore riflessione sulla vanità della parola, che rimanda sorprendentemente al poema introduttivo. Il kì, invece, del v. 22 esplicita il motivo per cui non occorre prestare ascolto alle chiacchiere; in coscienza occorre riconoscere che molte volte uno ha parlato alle spalle degli altri. Non si tratta necessariamente in questi versetti dell'illustrazione, mediante un esempio, della tesi del v. 19;39 sembra piuttosto che essi sviluppino la topica della parolasilenzio, ricollegandosi pertanto ai vv. 9-10. I vv. 21-22 presentano infatti la stessa forma di ammonizione negativa. Che il c. 7 sia strutturato secondo unità a incastro, come il c. 2, è dimostrato dai vv. 23-24, che ritornano sul tema della sapienza: il Qohelet, che pure nel v. 9 ne aveva riconosciuto il valore secondo un'ottica tradizionale, problematizza ora su questo dato, affermando l'irraggiungibilità della sapienza. III. IRRAGGIUNGIBILITÀ DELLA SAPIENZA
(7,23-8,1a)
AlclÌni autori 40 fanno iniziare in 7,23 una nuova pericope, in quanto considerano il v. 22 come conclusivo della sezione precedente; non vi è infatti alcuna continuazione della tematica di questi versetti in 7,23, in cui si passa tra l'altro al discorso in prima persona. Per altri, invece, è in 7,25 che inizia una nuova sezio-
31 Cf. questa proposta in CRENSHAW, Ecclesiastes, 143; DI FONZO, Ecclesiaste, 238, propone invece di assegnare al kf un valore avversativo. 38 Per riscontri con i testi extrabiblici cf. DI FONZO, Ecclesiaste, 239. 39 Nel suo commento LOADER, Ecclesiastes, 88, considera il v. 19 come una parentesi. Questa interpret