Lefort, Aber.sour, Guaraldo, Lyotard, Esposito, Vatter, Tassin, Kohn, Honig, Cavarero, Bernstein, Savarino
Hannah Arend...
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Lefort, Aber.sour, Guaraldo, Lyotard, Esposito, Vatter, Tassin, Kohn, Honig, Cavarero, Bernstein, Savarino
Hannah Arendt Introduzione e cura di Simona Forti
Simona Forti insegna Storia del pensiero politico contemporaneo presso l'Universita del Piemonte Orientale. Ha svolto attivita di ricerca alla New School for Social Research di New York e aI Dipartimento di Studi politici dell'Universita di Torino. Si occupa Ji storia Jella filosofia politica del '900. I suoi contributi sono apparsi in "Filosofia politica", di cui e redattrice, "Micromega", "Teoria politica", e in volumi collettanei. Su Hannah Arendt ha pubblicato Vtia della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1994 (! 996').
Bruno Mondadori •
La eolian a .. Readings di filosofia, seienze umane e sociali" e diretta da ANDREA BORSARI
Indice
Hannah, Arendt / Lefort ... [el al] ; imroduzionc e cura di Simonll Forri. [Milano]: Bruno MonJadori, [1999].
352 p.; 17 em. -
(ReaJin~sl.
ISBN 88-424-9462·3 , L. 25.000.
1. Arendt, Hannah I. Leforr, Cillude II. Forti, Simona. 320.5092
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Sch('Ja catalogra/ica d curd di CAt'B. Mtlafro.
Introduzione Hannah Arendt: ftIosofia e politica. di Simona Forti
1
La questione della politica. di Claude Lefort
16
Contro un fraintendimento del totalitarismo. di Miguel Abensour
45
Cristalli di storia: il totalitarismo tra abisso e redenzione. di Olivia Guaraldo
Soprawissuto.
La casa editriee, esperite Ie pratiche per acquisire i diritti di rio
di Jean.Fran,ois Lyotard
produzione dei brani prescelti, rimane a disposizione di quano
tI avessero comunque a
• •
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van tare raglone in proposlto.
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di Roberto Esposito
© Edizioni Bruno Mondadori Milano, 1999 L'editore potra eoncedere a pagamento l'autorizzazione a riprodurre una porzione non superiore a un decimo del presente volume. Le richieste van no inoltrate a: Associazione Italiana per i Diritti di Riproduzione delle Opere dell'ingegno (AIDRO), via delle Erbe 2, 20121 Milano, tel. e fax 02·809506 Progetto grafieo: Massa & Marti, Milano
Polis 0 communitas?
107
La fondazione della liberti!. di Miguel E. Vatter
136
L' azione "contro" il mondo.
n senso dell' acosmismo. di Etienne Tassin
155
Per una comprensione dell'azione. diJerome Kohn
•
177
205
Identita e differenza.
Hannah Arendt: filosofia e politica
di Bonnie Honig
eli Simona Forti
Note arendtiane sulla caverna di Platone. di Adriana Cavarera
226
Provocazione e appropriazione: la risposta a Martin Heidegger. di Richard]. Bernstein
249
«Quaestio mihi factus sum». Una lettura heideggeriana. di II concctto d'amorc in Agostino di Luca Savarino
Bibliografia degli scritti di Hannah Arendt 286 Bibliografia degli scritti su Hannah Arendt 307 Elenco dei testi citati 270
310
Indice dei nomi
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Avvertenza Lungo tutto il corso del volwne i riferimenti bibliografici rimandano a una Blbliogra/ia degli scrlttl di Hannah Arendt, ordinata cronologicamente, per quanta riguarda Ie citazioni delIa letteratura primaria; a una Blbliogra/ta deg/i scritti su Hannah Arendl, che comprende la letteratura secondaria su Arendt; a un Elenco dei lesli dlall, entrambi in ordine alfabetico per autore, per quanta riguarda tutte Ie referenze a scritti diversi da quelli di Arendt stessa.
1. RUnasta per Ilrngo tempo un panah della cultura filosofica, conosciuta so!tanto come I. discussa studiosa del totalitarismo 0 l'ide.l!rice della contestata formula della "banalita dd male", I Lrnnah Arendt e stat a consacrata "c1assico" ddla filosofia politica dd Novecento da JUrgen Habellllas. Piu 0 meno da alIora, ha goduto di una progressiva fortuna frno a raggiungere, in questi ultimi anni, i vertici di una notorieta quasi eccessiva e "alIa modi'. La letteratura critica, cresciuta a dismisura neU'u!tin1o decennio, trava dunque nell'ipotesi interpretativa habellllasiana un luogo di confronRl'ebbligato. Nel saggio La collceziol1e comul1icativa d,'{ potere, (Habennas, 1976) egli celebra Vita activa (Arendt, 1958a) come I'architesto della "teoria dell'agire comunicativo", al quale va attribuito il merito di aver riscattato I'agire politico da una troppo salda connessione con I' agire strun1entale. Tuttavia, vestendo i non consueti panni del "realista politico", Habelmas rimprovera ad Hannah Arendt un eccesso di ingenuita teorica: la fede in un'llintersoggenivita inalterata", il mantenimento, ancora metafisico, della separazione tra teoria e prassi, rna anche I' angusto e anacronistico ritorno al pensiero greco. Insomrna, I'impotenza pragmatica e teorica del concetto arendriano di potere, privato eli ogni e1emento strategico, sarebbe dovuta a un pensiero rigidamente normativo che si avvale, senza rielaborarle, delle superate dicotomie aristoteliche. L"'ipostatizzazione dell'immagine della polis, proiettata nell'essenza stessa della politica" (ivi, trad. it., pp. 60-65) precluderebbe ad Hannah Arendt la comprensione della realta istituzionale e sociale della modernita. Ora, se da una parte, ha contribuito a restituire ad Han-
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Hd""db Arendt:/i/mo/t_ t' politic.
nah Arendt la dignita di grande pensatrice, dall'altra, Habennas ne ha costruito quell'immagine di .
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che iI pensiero puo fare e «poetare I'enigma dell'essere».12 Che I' «errore» sia iI contrassegno di ogni storia umana, e che in questa errare l'Essere non abbia a1cuna implicazione, e la condizione che apre aI pensiero, anche (Arendt 1951a, trad. it. pp. 637-638). Secondo Hannah Arendt, il terrore-Wncolo ferreo distrugge incontestabilmente Ia pohtica negando cio che Ia r~de possib~e e al tempo stesso cio che da essa ereso posslbile. Esso distrugge Ia citta, quella specifica forma di ~ta in .comune, quella sfera pubbhco-pohtica in cui gli uomini aglsc.ono, prendono Ie decisioni comuni, mettendo in opera e ill scena Ia condizione della pluralita attraverso un insieme di rapporti agonistici. Esso distrugge parimenti i frutti dell'agire pohtico, l'istituzione di un ambito degli affari umani, Ia costituzione di un mondo, l'istituzione di un Iegame tra gh uomini, ~sibile e in~sibile, che stia al di Ia delIa necessita e dell'utilita e che abbia a che fare con quello strano fenomeno chiamato "fehcita pubbhca". Cosl il terrore attenta 0 cerca di attentare alla condizione pohtica degli uomini. In breve, 10 staio che instaura il terrore comporta un nulla di societa e un nulla di pohtica. 28
Sebbene non sia aristotehca, senza dubbio Ia critica di Hannah Arendt possiede un'origine aristotehca. Come se, fino a un certo punto, Ia lotta contro il terrore in nome delIa pIuralita riprendesse Ia critica di Aristotele, in nome delIa moItephcita, nei confronti de La Repubblica di PIatone. In effetti, secondo Aristotele, La Repubblica, attraverso I'eccessiva valorizzazione dell'unita farebbe ~oIenza alla citta in quanto manifestazione della moItephcita degli uomini. Per quanta sia evidente che essa [la dttal, diventando sempre piu unitaria, finid con il non essere piii neppure una dtta. Essa eper sua natura una molteplicita e procedendo sempre di pili sulla strada dell'unita diventera da dtta famiglia e da famiglia uomo singolo. [. .. l Eevidente pertanto da do che si edetto che per natura non esiste una citta che abbia lUla unita COSI stretta quafe alcuni vogliono riscontrare in essa, e do che epresentato
come massimo bene delle dtta distrugge Ie dtta stesse in quanto tali (Aristotele, 1955, pp. 84-85). Ripresa della critica di Aristotele fino a un certo punto, diremo noi. Resterebbe da distinguere la pluralita arendtiana dalla moItephcita aristotehca e da precisare che Hannah Arendt non eKarl Popper. Sebbene Arendt abbia professato in diverse occasioni un antipIatonismo sistematico e ben articolato, non ha mai commesso l'errore di fare di PIatone il padre del totalitarismo modemo. Se si considera che il potere euna componente costitutiva della sfera pohtica, il terrore si dedica ancora, pure a questo riguardo, a un'opera di distruzione. Qui appare in tutta Ia sua forza I'analisi arendtiana. Per Hannah Arendt, il totalitarismo, Iungi dal costituirsi in un eccesso di potere, in una accumulazione di potere, come pretende Ia tesi delIa pohticizzazione totale, si sbarazza del potere, di ogni possibilita di potere tra gli uomini, 0 del potere come capacita eli agire di concerto. Si sa come Hannah Arendt sia uno dei rari pensatori della modernita che non possieda una concezione "negativa" del potere, nella misura in cui ~ta di identificare potere e forza, potere e coercizione. Esiste, secondo lei, una rnisteriosa alchirnia del potere, tale che que29
MIguel Abenrour
, Contro un /raintendimento del totalitarismo
st'ultimo viene a esistenza lasciando libero corso alIo stare insierne degli uomini, alia «grazia redentrice della compagnia» (Arendt, 1990b, p_ 359). Ponendo un legame tra il potere, la possibilita dd potere, e il fatto di essere-assieme, Hannah Arendt concepisce tale fenomeno come potere tra gli uomini, come potere con gli uomini e non come potere suo potere la manifestazione stessa della pluralita umana. (JI potere, nella misura in cui rappresenta sicuramente una delle componenti pili importanti dell'ambito politico, appare alI'interno dd concerto umano. Gli uomini, nd 10ro essere assieme, costituiscono quella sfera in cui il potere puo apparire e scoprono la sua esistenza nd momenta stesso in cui decidono di agire di concerto» (efr. Arendt, 1958a, trad. it. pp. 146-153). Inversamente, l'isolamento distrugge la possibilita stessa dd potere e della sua comparsa, genera la volonta di dominio. n tiranno, che esolo, senza amici, al di fuori della compagnia dei suoi pari, terne il potere dei molti e vi risponde con la volonta di dominio. Essendosi liberata dal pregiudizio che confonde politica e dominio, Hannah Arendt presenta un quadro ambivalente: dallato della pluralita, il dischiudersi dd potere eli agire di concerto, l'esperienza dell' uguaglianza dd potere tra gli uomini; dallato dell'isolamento, la volonta di dominio di un uomo sugli altri uomini. Arendt descrive la tirannia come fondata «sull'impotenza connaturata a tutti gli uomini che sono soli» (Arendt, 1990b, p. 338). In questo senso il totalitarismo, forma di do!llinio totale, regno illimitato della libIdo dominandi, esdude, per la confusione che instaura tra gli uomini e la distruzione dd legame umano, la possibilita stessa dd potere e dd suo sorgere. In preda a un dominio senza limiti, gli uomini prigionieri dd vincolo di ferro dd dominio totalitario sono precisamente senza potere, fuori dal potere, dalla politica, da ogni possibile azione. Descrizione che vale certamente per i dominati, rna altresi per i dominanti, poiche nd momento in cui si entra nell'orcline dd dominio, si chiude in certo qual modo la porta alia politica e a cia che la fonda, il dono di agire. Non ci si stupira, a questa punto, che Hannah Arendt, in un progetto di ricerca dd 1948, abbia fatto dd campo eli
concentramento l'istituzione essenziale dei regimi totalitari, organizzati alIo scopo di produrre ( loro capitare e sono salvi. Immediatamente pone il problema: «Salvi da cosa?» (ivi, p. 356). Logica di un'idea, l'ideologia e un tipo di dottrina che pretende che la chiave, la spiegazione di rutti i misteri delIa vita e de! mondo stia in un'unica formula che deterrnina il processo narurale 0 storico. Dal momenta che l'ideologia e coloro che la condividono tendono a emanciparsi dalla realta percepita attraverso i nostri cinque sensi, invocando una "rea!ta pili vera", nascosta, alla quale e possibile accedere proprio attraverso I'ideologia, essa funziona all'occorrenza come un sesto senso che corregge e soppianta i giudizi de! senso comune.1n tal modo, insiste Hannah Arendt, eproprio dell'ideologia ordinare i fatti secondo una pl'oce-
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dura assolutamente logica che parte da una premessa considerata come un assioma e ne deduce l'insieme de! processo, Ie cui conseguenze logiche si sviluppano alla maniera di un alfabeto.1n questa forma logica che si sostiruisce a! pensiero, risiede I'attrazione che l'ideologia esercita sulle masse, molto di pili che non net contenuto di qualsiasi piacevole paradiso. Quando il mondo che sta tra gli uomini e distrutto, quando gli uomini vivono net deserto, in preda alla desolazione, l' unica bussola che resta loro el'ideologia come logica di un'idea, tanto pili fonte di salvezza quanta pili ein grado di produrre una certezza ( (Ar~ndt, 1990b, p. 360). Che 10 si sia sperimentato in maruera diretta 0 indiretta, il totalitarismo ci lascia «in un vero e. proprio crunpo di macerie». Macerie della politica, ~acene del mondo. Oltre alia politica, il dominio totalitano ha distrutto il mondo, quell'orizzonte di senso che nasce tra gli uomini, in cui tutto cio che ognuno aggiunge con I~ nasclta puo essere visto e udito. L'imperialismo del movunento, scatenato aI punto da estendersi fino aI deserto ha distrutto questa spazio intermedio che si costituisce a1: l'!ncr.ocio di opera e azione e porta U; se, con se, uno spaZl,? di permane.nza. In tal modo, I'esperienza totalitaria ci lasCla m balia di un acosmismo di nuovo genere prodotto della desolazione. ' Cio che ormai e in questione e I'esistenza stessa di un mondo e, in rappOlto con tale esistenza problematica il fatto ch~ esista 0 non, esista, ~ runbito P?litico per gli' affari urn:uu, la posslbilita di un eslstenza polittca, questione prelimina:e nspetto a quals~asi ricostruzione di uno spazio pubblico-polittco. Non Slruno nOl malati di politica per a.veme abusato: per ~ssere stati eccessivrunente politicizza~, son,? la polittca e ~ mondo a essere malati a seguito delI espenenza tOlaiitana, avendo perduto consistenza la pri?Ja, strutrura il secondo. Di qui I' espressione strana a dire il vero, rna legittima, «riscoperta della politica», come se questa conttnente fosse scomparso dal nostro orizzonte. Ma un effetto del dominio totalitario consiste precisrunen-
te nellasciarci alia ricerca della politica perduta - come se, a guisa di schermo, esso avesse ricoperto, nascosto, la dimensione della politica, aI punto da farcene perdere il ricordo, il senso, fmanco il desiderio - e nell'esigere da noi «pescatori di perle» la scommessa della politica ritrovata.
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Ritomiruno aI conilitto delle interpretazioni. Se si continua a condividere la prima interpretazione, si aurnentera la confusione e non si otterra che di addentrarsi maggiormente in un mondo inurnano, nel deserto, conservando la diffidenza nei confronti della politica, considerata rutt' aI pili come un male necessario oppure come uno sttumento destinatq ad runministrare i problemi che derivano dalla coesistenza degli uomini. Quest' orrore della politica e cOSl innocente? Non partecipa forse, a sua insaputa, alI'odio nei confronti dell' azione su cui si costruisce il dominio totalitario? ntema ricorrente della fine della politica non riproduce, volente 0 nolente, l'illusione totalitaria di una eliminazione della politica, 10 scopo del movimento compiuto? Cleco nei confronti della rivoluzione democratica moderna, questo ritomo alia liberta evissuto come ritomo alia Ii, betta di liberarsi dalla politi ca. Prima di alzare la bandiera dell' odio nei confronti della politica, sarebbe forse opportuno provare un sospetto salutare ed enwlciarlo in termini arendtiani: quest' odio non e la ripresa dell' odio nei confronti dell'azione, non pOlta il marchio, Ie stigmate del desetto che ha attraversato? Pili che una parola d' ordine, converrebbe leggervi la confessione di un sintomo, di una sopravvivenza in un mondo post-totalitario delle attitudini che hanno nutrito I'esperienza totalitaria. , Se aI contrario ci volgiruno verso la second a interpretaZione, alia fine del totalitarismo, seguendo il filo dell'analisi proposta, possiruno porre una questione: dopo I'esperienza totalitaria, la politica ha ancora un senso? E incontrare, aI euore di tale interrogativo, una possibilita: questa senso non sara, nei termini di Hannah Arendt, l'evento-miracolo della liberta? E in questa direzione, dopo aver sperimentato 10 sconvolgimento del dominio totalitario, vediruno forse nascere, timido sorgere del sole, un nuovo pensiero Ii43
MIguel Abensour
bertario, 0 piuttosto un nuovo orientamento eli quella ispirazione che non ha cessato eli tormentare la politica modema? Come se la s£ida del totalitarismo, Ie rovine accumulate, la radicalira della elistruzione avessero rinnovato, come contraccolpo, Ie esigenze eli un pensiero della liberti\: come la liberta non possa pill pensarsi contro la legge, rna con essa, all'unisono con il desiderio eli liberta che l'ha fatta nascere? Come la liberta non possa pill concepirsi contro il potere, rna con esso, inteso come potere eli agire eli concerto? Soprattutto come la liberta non possa pill levarsi contro la politica, rna come la politica sia ormai I'oggetto stesso del desiderio eli libertil? La politica pensata, desiderata, praticata come interrogazione infinita, lungi da ogni idea eli solllZione, sul mondo e il destino degli uomini che abitano la terra. Dei due filosofi interpreti del totalitarismo verso cui ci siamo volti, l'uno, Claude Lefort, non ci fa scoprire un'idea libertaria della democrazia, la democtazia selvaggia? L'altra, Hannah Arendt, non ci comunica un "principio d' anarcma"? La decostruzione della politica cui invita non libera I'azione da! dominio dei principi, della teori. e dei fini? Un' azione libera da ogni arche. Traduzione di Luca Savarino
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Cristalli di storia: il totalitarismo tra abisso e redenzione eli Olivia Guaraldo
If paradosso della realtii Facendo confronti con gli antichi imperi, scambiando espansione per conquista, trascurando la differenza fra Commonwealth e impero (che gli storid preimperialisti conoscevano bene distinguendo fra stanziamenti e possedimenti, colonie e dipendenze, 0, un po' piLI tardi, colonialismo e imperialismo), ignorando, in altre parole, la differenza fra emigrazione di coloni ed esportazione di capitale, gli storid hanno cercato di far dimenticare il fatto inquietante che, a voler spiegare molti importanti awenimenti della storia modema nelloro nesso causale, secondo i criteri della storiografia classica, si ha l'impressione che delle mosche abbiano partorito elefanti (Arendt, 1951., trad. it. p. 183).
Nodo centrale nella ricostruzione arendtiana delle origini del totalitarismo e, come e noto, la comprensibilita delI' accaduto storico. Non si tratta certo eli un problema neutrale, squisitamente epistemologico. 0 meglio, la novita del resoconto arendtiano sta proprio nel fatto che il problema epistemologico non epill neutrale, rna eliviene immeeliatamente problema politico. Le categorie politiche e Ie modalita storiografiche eli indagine del passato non sono pill utili alla comprensione del "senza precedenti". L'inutilita delIa tradizione si rende manifesta in virtU del fatto che l' accaduto storico non vuole essere compreso sine ira et studio. Esso deve, invece, essere "affrontato spregiuelicatamente". Ritmicamente l'insopportabile ereelita eli quell'accaduto ritoma nel testo sul totalitarismo come haunting presence, buia e irriducibile pesantezza che non si lascia mai afferrare del tutto. Non si lascia afferrare nel modo astratto della teotia, rna nemmeno in quello consequenziale e causalisti-
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Cristalli di stario: it totalitarismo Ira abisso e redenzione
Olivia Guaraldo
co della storiografia. Cosl come la realta del mondo delle apparenze, quella che Arendt chiama la realta vissuta in n:'~zo ad a1tri uomini, non.e mai sintetizzabile da un prinCtpIO parificatore, da una smtesi che la riduca a concetto, rna e invece un intreccio la cui complessita e compresa solo dal narratore che la osserva dal eli fuori, aIIo stesso modo iI fenomeno reale dello sterminio non puo essere ascritto a una sola causa, a un principio che 10 sintetizzi, a un'unica e rintracciabile origine che 10 esaurisca in quanta fe• nomeno stonco: deve essere possibile affrontare e comprendere il fatto straordinario che un fenomeno cosl piccolo (e nella politica mondiaIe cosl insignificante) come la questione ebraica e I' antisemitisma sia potuto diventare il catalizzatore, prima, del movimento nazista, poi di una guerra mondiale, e infine della creazione delle fabbriche della morte (ivi, po LII). La realta e un intreccio complesso la cui risolvibilita in un principio non e mai possibile (perche, come e noto, la realta, in Arendt, e plurale e irrappresentabilel. La realta e "I'infinitamente improbabile", iI nuovo e I'imprevisto a cui danno vita gli uomini e Ie donne che vengono aI mondo riempiendo la cornice materiale dello "spazio terrestre" con eliscorsi e azioni. Tutto questa e ormai patrimonio preziosissimo della folta "progenie" arendtiana. n problema, in questa caso, non e tanto quello eli tJ!1a comprensione delIa reald tout court, ossia della comprensione comunque poIitica della realta nel suo darsi come apparenza, fenomeno che si mostra e che vuole mostrarsi, rna della comprensione eli una realta inauelita e talmente assurda nella sua novita da sconvolgere tutte Ie categorie intellettuali a elisposizione della traelizione. Se la reald e infmitamente improbabile, la qualita della realta totalitaria sta proprio nell'aver rispettato tale "precetto arendtiano" oltre ogni immaginabilita. n paradosso e evidente. La realta come contingente concretizzarsi di fatti, come imprevisto intrecciarsi eli storie eli vita, e la realta delIa politica intesa da Arendt come dimensione genuinamente terrestre e umana, conelivisa e auspicabile, modalita eli
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lettura, per contrasto, eli una tradizione culturale essenzialmente speculativa e "celeste". La realta del totalitarismo, oltre a essere una realta complessa, intricata, molteplice 0 plurale, esoprattutto, per qualitil e dimensioni, nuova, mai esperita prima. losito, pero, nel suo primario carattere eli novita, vi e, pare superfluo ricordarlo, I'inauelito messaggio eli elistruzione. Comprendere tale realta e compito immenso, gravato non tanto, e non solamente, dalla mancanza eli strumenti, rna dalla tenace volonta eli «comprendere senza giustificare», per mantenere vivo e lacerante iI paradosso. La convinzione che tutto quanta avviene sulla terra debba essere comprensibile all'llomo puo condurre a interpretare la storia con
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luogbi comuni. Comprendere non significa negare I'atroce, dedurre il fatto inaudito da precedenti, a spiegare i fenomeni con analogie e afferrnazioni generali in cui non si awerte piu I' uno delIa realta edell' esperienza. Significa piuttosto esaminare e porrare coscientemente il fardello che il nostro secolo ci ha posta sulle spaile, non negarne l'esistenza, non sottomettersi supinamente al suo peso. Comprendere significa insomma affrontare spregiudicatamente, attentamente la realta, qualunque essa sia (ivi, p. LII).
n ritrno attraverso cui tale nodo percorre tutta I' analisi del totalitarismo e scandito assieme dalla questione epistemologica e dall'istanza etica. n gesto audace che guida Arendt nella ricostruzione dell' accaduto stot·ico nella sua complessita e novita e iI posizionamento responsabile e battagliero nei confronti eli una realta che Ie ha posto una sfida. Se la reald nel suo snodarsi plurale e innanzitutto politica, la sua comprensione non puo prescindere da tale pluralita, la quale per essere compresa nella sua essenza pluraIe richiede una responsabilita etica che rimanga fedele alia "struttura" della realta. Questa responsabilita si incama nell' esigenza arendtiana eli comprendere iI totalitarismo senza giustificame Ie premesse, sia storiche che epistemolagiche, e questa puo awenire solo leggendo la realta con acchio politico. I.:occhio attento alia dimensione plurale e contingente della politica pennette di trattare ogni accaduto storico con .
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Cristalli di storia: it totalitarismo tra abisso e redenzione
OlivIa Guaraldo
la disincantata consapevolezza che esso e innanzitutto un fatt,o reale e concreto, I~ cui necessita 0 dimensione epocaIe ~ solo un preglUdizio metafisico. 1 AIIo stesso tempo, pero, tale contmgenza non viene esaltata 0 idealizzata in quanto ':aI di la del bene e del male", rna fatta valere come p:ospetuva che assume forte valenza etica. Non elecito, sostI~e Arendt, volere a ogni costa rintracciare cause socio10glche, politIche, economiche 0 filosofiche che avrebbero necessanamente portato aI totalitarismo, quasi per voleme gmstificare iI male e I'assurdita assimilandolo aI processo stonco che meVltabilmente va avanti. n totalitarismo ci ha mostrato, sembra voler dire Arendt nell'introduzione allibr~, che iI Geist hegeliano non conquista progressivament~ I autocosclenza attuandosi nella storia. Ci sono momentI, mteri periodi, in cui Ie alte conquiste dello Spirito occiden.tale sembrano svanite, e rautocoscienza pigramente assop Ita. Trovarsi di fronte a un fatto, a un evento che per la sua specifica natura stonca e quindi temporale eun ', Cfr. LJ. Disch, 1994, pp. 115-116.
~ Un esempio lampante puo essere riscontrato quando Arendt
af-
fronta l' argomento "sociale" della condizione ebraica in Europa. Se da una parte vi sono numerosi fattori economici che contraddistinguono
Ia condizione ebraica negli stati nazionali, dall'altra fanon apparentemente superfidali, come per esempio la ncia tipicamente borghese delle societa europee di fine secolo, svolgono una funzione altrettanto detenninante a completare il quadro storico che Arendt ha in mente. Le interessanti divagazioni su Disraeli e su Proust "complicano", per cosl dire, il "quadro uftlciale", narrando storie di vita senz' altro im· portanti rna dd tutto contingenti nd loro svolgersi e senz'altro acci·
dentali nelloro intluire sui corso poco probabile della Storia.
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terizzata dal fatto eli essere stata letteralmente "fabbricata" in base a premesse ideologiche che trovano nella contingenza degli altri fenomeni storici il terreno fettile per svilupparsi. La realta dell'accaduto stOl-ico si pone innanzitutto come aIIontanamento dalla realta conelivisa. La realta del totalitarismo come "progetto politico" si fonda sull'irrealta. Arendt parla eli una «autocostrizione del pensiero ideologico» che «eIistrugge tutti i legami con la realta». La realtil conelivisa, quella che lei chiama la «realta dei cinque sensi>., perde, nel mondo dominato dall'ideologia, la sua oggettivita, la sua incontrovertibilita. . Prima di conquistare iI potere e eli creare un mondo confonne alle Ioro dottrine, i movimenti totalitari evocano un mondo menzognero di coerenza che meglio della realta risponde ai bisogni della mente umana e in cui, merce l'immaginazione, Ie
masse sradicate possono sentirsi a proprio agio ed evitare gli incessanti colpi che Ia vita e Ie esperienze reali infliggono agli uomini e alle Ioro aspettative (ivi, p. 488).
n ruolo svolto
dall'ideologia nella manipolazione ineliscriminata della realta produce un effetto totale che e1iviene operativo a ogni livello. La capacita del totalitarismo eli fabbricare in modo inflessibile una realta e eli farla valere plausibilmente attraverso una logica inflessibile, tipica delIa paranoia, vanifica ogni pretesa eli comprensione oggettiva, e, anzi, 10 stesso concetto eli realta perde ogni significato. , ed e il termine "partager", condividere, che y,otard riprende subito dopo neIJ'espressione "partager Ie real". n.d.t.)
supera Ie morti e Ie nascite, e cioe ogni rapporto con il nulla, con cio che non ha nessun rapporto. Tuttavia, persino nella tradizione pill" accresciuta", piil autorizzata, nella tradizione che pill "Iega", l'enigma di un qualcosa che non t[Ova risposta alI'interno di tale tradizione deve continuare ad abitare segretamente 10 spirito, la domanda "perche proprio io?", l'enigma della singolarita della nascita, non condivisibile, come quello della morte. La persistenza di tale enigma e sufficiente a rendere 10 spirito accessibile a un al di qua rispetto al mondo della cultura e della tradizione. A mantenerlo nell'infanzia, quindi impreparato. Soltanto se viene preservata la possibilita che questo enigma giunga alIo spirito, la tradizione non e la sopravvivenza serenamente inesorabile di cio che e gia qui, una morte imposta alI'improbabilita di cio che nasce. Ma cosl, se la sua possibilita viene mantenuta, l'incertezza, malinconica 0 stupita, non cessa attraverso Ie generazioni di scuotere il fondamento della tradizione e del consenso che si nutre di essa. Vorrei inquadrare in poche parole il totalitarismo, 0 alcuni asperti dello stesso, che Arendt analizza in rap porto a questa problematica di una tradizione del cominciamento. In rra passato e futuro (ivi, pp. 140 ss.) I'organizzazione del sistema totalitario, analizzata gia in Le origini del totalitarismo del 1951, viene paragonata alia struttura di una cipolla. l'autoritarismo gerarchizza il potere come in una piramide, mentre la tirannide 10 cala indifferentemente al di sopra delle teste livellate. La caratteristica della cipolla totalitaria, osserva Arendt, e che, considerato a partire dal euore, dove risiede il capo, ogni strato appare piil «realiStID> e meno «radicale» quanto piil e distante dal cuore. Visto invece dal di fuori (la «realtit») appare al contra rio piil impegnato, piil militante, piil «duro» di quello che 10 precede in superficie. (Esoterismo, essoterismo: la distinzione pitagorica tra i mathematikoi e i polittkoi attraverso l'iniziazione alla radicalita della dottrina e autoritaria oppure e gia totalitaria?) La mia domanda verte qui sul "realismo" dell' analisi e piil in generale del pensiero di Arendt.
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raccontarla. E i testimoni che parlano vivono nell'orrore di essere stati scelti dal male di sopravvivere per poter raccontare. Di essere "usciti" per ultimi.) (E ricordiamoci anche questa: che noi scriviamo e pensiamo in relativa pace, senza spiare la scampanellata delle sei del mattino. Senza l'immediata e costante minaccia del piil abietto anruentamento. La protezione contro I'abbandono perde la propria urgenza nel pensiero quando la persecuzione e cosllontana. npensiero puo avvicinarsi un po' di piil allato della catastrofe, del sublime per esempio, del non-essere, poiche, a eccezione di qualche terrorista, nessuno oggi ci «rifiuta [a colui che pensal il diritto di coabitare sulla terra» con lui, come fu invece il caso di Eichmann (ivi, p. 284). Piil che «di coabitare sulla terra», direi piuttosto il diritto di condivtdere it racconto,' la nascita e la morte dell'improbabile, di condividere il giudizio. Chi puo perdon are, rimettere il rifiuto di questa condivisione, questa abbandono? E il gesto di protezione che puo essere percepito in Arendt, non deriva forse dal fatto che ella pensava piil vicina di quanta non 10 siamo noi oggi alI'orrore generato da tale rifiuto?) Ritorno alia tradizione. Che oggi e minacciata dal fatto di non essere che una sopravvivenza. Grazie a essa, uno stato di complessita, uno stato di opere si mantiene (per 10 meno) da una generazione alI'altra, di modo che i bambini esprimono illoro lamento e la loro responsabilita a partire da una sofisticata e ben fondata sistemazione dei saperi, dei savoirjaire, dei sentimenti, 0 dell' essere insieme nel senso piil generale. Rinvio alIe belle pagine sull'auctontas romana come fondazione, tradizione e religione, in rra passato e futuro (Arendt, 1961a, trad. it. pp. 146 ss.). Man mano che la tradizione si arricchisce, si trova a essere autorizzata, sempre menD i bambini nascono dal nulla: nascono meno nudi. Possono perdere persino il sentimento del non-essere, assicurati come sono di essere inscritti in una continuita che
Sopravvissuto
Jean-Franfois Lyolard
(Arendt, 1961a, trad. it. p. 245). Formulazione che interpreto nel seguente modo: cia che il sistema contemporaneo conserva del totalitarismo eil principio della moltiplicazione delle interconnessioni, non pili pero a forma di cipolla, rna a rete. Le "istituzioni" in cui l'infanzia metteva al sicu1'0 Ie sue insicurezze, Ie sue domande senza risposta, apprendendo nello stesso tempo Ie risposte degli adulti e Ie 101'0 insufficienze, queste istituzioni come la scuola e la fami88
glia in cui si giocava la sotte della tradizione rispetto alI'angoscia, vengono distrutte (basta invettirne la finalitlt) dal sistema contemporaneo poiche in esso l'infanzia e posta in immediato contatto con Ie sue esigenze, che consistono nelIe sue risposte all' angoscia. L'infanzia deve collocarsi il pili presto possibile nelle reti di comunicazione che hanno rimpiazzato gli strati della cipolla per funzionare alloro interno nel modo pili efficace, trasformandosi cioe in veicolo dei messaggi che vi passano e, nel migliore dei casi, per ottimizzare I'infonnazione. Non c'e tempo da perdere interrogando gli antichl, la tradizione. Bisogna invece guadagnar tempo, per evitare il ritorno di cia che deve essere dimenticato, dell' ospite che occupa Ie anime.' n (Jascian; che i morti sotterrino i morti» viene oggi interpretato nel senso dell'abbandono dei corpi alIe pompe funebri 0 alia medicina legale. I morti devono essere farti scomparire 0 essere utilizzati per il progresso. Con i bambini avviene 10 stesso che con i morti, sempre. Sono entrambi i due aspetti di cia che, nella tradizione stessa, puo appellarsi al non trasmissibile. Ci si ricordera forse dei due antagonisti contro cui si batte contemporaneamente il personaggio della parabola di 'Kafka commentata da Arendt nella prefazione a Tra passato e futuro: (<Egli ha due awersari; il primo 10 incalza alIe spalle, dall' origine, il secondo gli taglia la strada davantD> (ivi, p. 29). Non si tratta soltanto del passato e del futuro, rna della morte e della nascita. Cia che pero Arendt non dice e che, se qui i morti sospingono, opprimono l'anima e i bambini Ie sbarrano la via di fuga, e perche tanto gli uni quanto gli altri la sovrastano con il peso di cia che e gia cia che e. n passato esaturo delle sue conseguenze e il futuro dei suoi programmi. n tempo amministrato del castello regna sui tempo dell' anima. . Resta l'interstizio, privo d' estensione, l'istante del giudiZIO, delleggere, dell' apprendere e dello scrivere, l'istante in ~ [
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Traduzione eli Federica Sossi
Polis 0 communitas?
Polis
0
communitas?
di Roberto Esposito
rnunitaria, gli abitanti della polis cercano un'identitil perrnanente nella memoria dei posteri, nella immortalita della fama cui Ii destinano parole e azioni illustri: Solo l'esistenz. di una sfera pubblica e I. sua susseguente tra· sfonnazione del mondo in una com unit. di cose che radun. gli uomini e Ii pone in relazione gli uni con gli altri si fonda intera· mente sullo pennanenza. Se il rnondo deve contenere uno spazio pubblico, non puo essere costruito per una generazione e pianificato per una sola vita; deve trascendere l' arco della vita degli uomini mortaU (ivi, pp. 40-41).
1. Si puo dire che Hannah Arendt sia una pensatrice della comunita? 0 bisogna riconoscere che e soltanto la pili radicale pensatrice dell'intersoggettivita? Naturalmente la risposta a questa domanda dipende da cosa s'intenda per "comunita". Se essa eintesa in analogia, 0 addirittura in sovrapposizione, con la polis, aIlora l'interrogativo perde ogni problematicita: non solo Arendt ha pensato la comunita, rna e colei che ne! nostro secolo 10 ha fatto con la maggiore intensita. Allora (e questa la tesi di interpreti anche sottili e originali) si puo asserire senza timore di smentita che , che ecoevo alla liberta politica, «anticipa e preceJe ogni costituzione formale della sfera pubblica e delle varie forme eli governo, Ie varie forme, cioe, in cui la sfera pubblica puo essere organizzata». Sicuramente Arendt problematizza la potenzialita di questa spazio dell' apparenza. il quale, considerato nei suoi stessi termini, dura nd tempo. In questa contesto }'autrice elabora W1a complessa teoria della promessa, che Keenan riassume bene: (
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«La rivoluzione americana rimase fennamente orientata verso l'instaurazione della liberta e la fondazione di istituzioni durature: e a col~ro che operavano in questa direzione nulla fu pennesso che trasgredisse il diritto civile. La rivoluzione francese fin dall'inizio devil> da un tale orientamento, spinta dall'urgenza delle sofferenze del popolo; fu 9
Miguel E. Voller
La Jondazione della liberia
terrore delle rivoluzioni «sociali» in Francia e in Russia, 0 il fenomeno moderno del totalitarismo) eo condotta a partire dalla convinzione che la liberta dalla necessitil implica il fare dell'uomo un mezzo «assoluto» (il totalitarismo allora sarebbe la tremenda realizzazione di quella idea di liberta) mentre la liberta dal dominio e la appropriata assunzione del fatto che l'uomo eo un fine in se stesso (la repubblicana constitutio llbertatis allora sarebbe la realizzazione di quest'altra idea di libertii). Per rendere plausibile I'affermazione che solo la liberta dal dominio puo essere fondata politicamente in modo non violento, Arendt compie due mosse fondamentali. La prima consiste nell'identificare la liberta delle moderne rivoluzioni con l'antico concetto di isonornia (ivi, p. 26). n si· gnificato formale di isonomia non comprende solo il concetto di
tere piuttosto che dell. forza e dell. violenz•. (Cio che egia implicito e il mondo prodotto dell' azione liber. e di concerto, in cui gli eguali che la intraprendono come insieme, legari d. murue promesse e da reciprocita, e .giscono per d.re vita a qualcos. di nuovo.) (Honig, 1993, p. 101).
Questa lettura in realta dimentica che I'argomentazione di Arendt sugli . Una volta accettata la separazione tra potere e autorita il problema puo essere riformulato nei termini del «circolo~ ZlOsO di Sieyes; quelli che si riuniscono per costituire un nu~vo govemo sono essi stessi incostituzionali ossia non hanno I' autorit~ di fare cio che hanno iniziato a fare» (ivi, p. 210). La tradiZlone della filosofia politica tende a risolvere questa circolo vizioso facendo appello a una qualche fonte assol~ta di verita e giustizia (per esempio Ie leggi della natura, 1 comandamenti divini) al fine di fondare I'autorita. Ma per Arendt, ogni appello ad assoluti extra-politici, teor~lIcam~te. accertati, per fondare la liberta politica, e auto?istrutlI,:o, m quanta la liberta politica (come spontaneita mcondizlOnata) comporta I'assenza di eteronomia e dominlO, ?"entre ogni
vita umana: non e che una sfera, essa stessa limitata, nel contesto delle attivita e del mondo. «Nonostante la sua grandezza», tale sfera politica, scrive Arendt in conclusione di "Verita e politica", elimitata: Essa non comprende l'insieme dell'esistenza dell'uomo e del mondo. E limitata da quelle cose che gli uomini non possono cambiare a proprio piacimento. Ed e solo rispettando i suoi confini cbe questa ambito, dove siamo liberi di agire e di trasfonnare, puo rimanere intatto, preservando la sua integrita e mantenendo Ie sue promesse (Arendt, 1995e, trad. it. p. 76).
Se (Arendt, 1961a, trad. it. p. 293, n. 1) in fretta ( alia mente come due
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passato non semplicemente sublto rna giudicato e di un futuro non solo voluto rna anche asserito. Da questa stessa esperienza sorse la narrazione politica di Arendt, la sua abilita di immaginare gli eventi dai diversi punti di vista degli attori, di svelare la lzbertd come il vero significato dell' agire, e di giudicare la contingenza del mondo umano in modo imparziale. Per Arendt il «contrario della necessitil non e la contingenza L.. J rna la liberta,> (Arendt, 1978b, trad. it. p. 145) e, in opposizione a quasi tutta la tradizione della moderna fllosofia soggettivistica, l' autrice afferma che liberta non equivale a comprendere la necessitd. Una tale concezione della liberta e inerente alia fllosofia moderna, ed esicuramente per questa che Arendt rifiuto la ,J. Yarborough e P. Stem fanno notare brevemente che la riveduta fonnulazione della volonti! in La vita della mente presenta importanti innovazioni nella tcoria arendtiana della liberd, in quanta in quest' o~ pera <Ja liberta politic.,> " per la prima volta affiancata dalla <Jiberta della Volont"'>. Si veda Yarborough, Stem, 1981. R. Beiner, in un saggio sui giudizio, distingue due diverse accezioni della volonta in Arendt, una precedente e una sllccessiva, rna non fomisce un'analisi sui motivi del cambiamento. Beiner si limita a segnalare una sola differenza tra Ie due fonnulazioni,la Slessa fatta notare da Yarborough e Stern. A proposito della prima accezione Beiner sostiene: «L' aziane. rna non la volonta, e considerata libera [00.] Nella fonnulazione successiva [00.] per contro, [la] volonta [ ,,]liber.,>. Beiner, ruttavia, mette in questione la posizione di Yarborough eStern, sOSlenendo che Arendt. in questa contesto. intende la , sbagliano ne! ravvisare in questo un nuovo sviluppo presente nell'ultimo Iavoro di Arendt, in quanto, gia in Tra panato e futuro, Arendt afferrna: «Nd suo rapporto con la politica, la liberta. non e un fenomeno della volont"') (Arendt, 1961a, trad. it. p. 203). Che cosa Arendt qui intende, diviene chiaro in La vita delid mente quando distingue Ia e la «fonte dell' azione». Qui iI volere eo una condizione necessaria dell'azione che pero non interferisce con essa, in quanto la volonta non si rivolge all' azione rna alI'io per conto dell'azione. Proprio per questo l'attivita del volere termina prima che l' azione inizi. In rra passato e futuro, tuttavia, la volonta eo al servizio dell'intelletto, non eo autonoma e funziona in modo meno preciso. Ll non la volonta, bensi l'intelletto (ma colto come desiderabile» un «fine futuro». I:intelletto poi si rivolge alia volonta perche essa faccia cio che non eo in potere dell'intelletto: «comandare l'azione» (ivi, p. 203). n volere, quineli, econdizione necessaria dell'agire, rna, proprio perche la volonta detta l' azione, l' azione eo libera solo nella misura in cui non eo «Sottoposta [.. .] ai dettami della volonta» (ivi, p. • Cfr. anche Arendt, 1978b, trad. it. p. 531.
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Bonnie Honig
!dentitii e dtflerenza
204).10 Secondo questa fOllllulazione i catalizzatori non determinativi dell'azione devono essere i principi che ci ispirano dall' estemo e che non sembrano correlati ne alla volonta ne a qualsiasi altra facolta spirituale. Ma l'ispirazione che ci viene dai principi non basta a farci abbandonare la sfera privata. E necessario anche il coraggio, perche «il coraggio libera gli uomini dalla preoccupazione per la loro vita in ordine alla liberta del mondo» (ivi, p. 209). Tuttavia in La vita della mente non si fa menzione ne del coraggio ne dei principi." La volonta agisce come un catalizzatore e gli oggetti-pensiero «de-sensibilizzati» forniti dal pensare ne sono il contenuto. Questi oggetti eli pensiero ricordano in qualche modo i «principi» della prima Arendt: entrambi sono universali, etemi e generali. La volonta eli La vita della mente, eliversamente da quella eli Tra passato e futuro, si autogenera e da luogo a una attivita limitata nel tempo, che non determina I' azione. Secondo Arendt nessun volere si compie come fine a se stesso, pago di trovare il
proprio adempimento nell'atto stesso di volere [... J ogni volizione guarda davanti a se in vista del proprio fine, dal momento cioe in cui voler.qualcosa si sara convertito nel far-qualcosa. In altre parole, 10 stato emotivo normale dell'io che vuole e l'impazienza,l'agitazione e la cura [SorgeJ, [... J perche i1 progetto della volonta presuppone un Io-posso di cui non esiste nessuna
garanzia. I:inquietudine ansiosa della volonta puo essere placata solo dail'Io-posso-e-faccio, cioe daila cessazione della propria artivita e daila liberazione della mente daila presa di tale attivita (Asendt, 1978b, trad. it. pp. 351-352)." La volonta libera I'io, tra Ie altre cose, dailefacoltil spirituali, indusa se stessa, funge da antecedente 0 condizione dell' agire senza contarninare 0 determinare Ie conseguenze, preservando novita, spontaneitil e impreveelibilita dell'azione." n modo migliore per capire il mutamento della visione arendtiana e per rintracciare elementi della fOIlIlulazione pili tarda negli scritti precedenti e rifarsi a due pensatori che Arendt cita in entrambe Ie versioni: Agostino e Kant. In Tra passato e futuro Arendt adotta la visione eli Agostino: la volonta e elivisa e autoelistruttiva. Arendt parla eli una «presenza simultanea eli un "io voglio" e eli un "io non voglio"» (Arendt, 1961a, trad. it. p. 212). Fin qui tutto rimane inalterato in La vita della mente, dove ogni artivita spiriA questa proposito einteressante norare che, in ultima analisi, l'a~ zione, a differenza della valonta, non riguarda un "Io·posso" rna un "Noi·possiamo" in quanto l'azione. secondo Arendt, awiene sempre in concerto: (Ibid.). Questo . contiene molti dementi decisivi per la concezione arendtiana il disinteresse per Ie comoJita e la sicurezza. la glorificazione delle prestazioni spontanee e sorprendenti, la convinzione che la gloria dell' azione sia indipendente dalla sua bonta. v Si veda ancora Nietzsche: (Nietzsche, 1979a, II, p. 6). . JJ Aneora una volta una posizione analoga a questa e rintraeciabile nella teoria politica di Arendt: «ll pericolo e il vantaggio inerente a lUt-
mente da quelli ehe si fondano sulla sDvranita, lasciano sussistere rim· prevedibilita delle faccende urnane e l'inattendibilita degli uomini [... J Se Ie promesse perdono anche illoro carattere di isole precarie di eertezza in un oee-ano eli incertezza. si dissolve illoro potere vincolante e l'edificio si sgretola» (Arendt, 1958a, trad. it. p. 180). E, ancora una volta, Arendt fa eeo a Nietzsche: «Un ordinamento giuridico pensato COme sovrano e generale, non come mezzo nella lona tra complessi eli potenza, rna come mezzo contro ogni lotta in genere L.. J sarebbe un principio ostile alla vita, una ,,:-alta che distrugge e dissolve l'uomo, un attentato al futuro dell'uomo, un segno di stanchezza. un cammino tOttuoso verso il nulla» (Nietzsche, 1979a, D, p. 11). " Cfr. Arendt 1978b, trad. it. p. 528: «La libert' politica e possibiIe solo nella sfera della plurahta urnana». Proprio perche Arendt concepisce la differenza come un postulato della politica, diffida della compassione nella sfera pubblica, perche la compassione. secondo lei, eliminala distanza tra Ie persone, e questo «infra» eessenziale per la vita politica. In questo si avvicina a Kant, per il quale il rispetto, espressione del riconoseimento della elistanza che separa ciaselU10 eli noi dagli a1tri, e l'atteggiamento piiI proprio alla sfera politica. In Vita activa il debito di Arendt verso Kant emolto evidente. «ll rispetto [: .. ] euna specie di "amicizia" senza intimita e senza vicinanza; e un nguardo per la persona dalla distanza che 10 spazio de! mondo mette tra noi, e questo riguardo e indipendente dalle quahta che possiamo atnmirare» (ivi, p. 179).
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Identita e differenza
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portera inevitabilmente ad «abolire la sfera pubblica stessa» e al «dominio arbitrario di tutti gli altrD> oppure allo «scambio del mondo reale con uno immaginario in cui gli altri non esistono». Arendt, dunque, critica quei filosofi che, quando si trovano di fronte alla , rna mai di una autpbiografia. Questo «chi» non eun «io che si autaJetenninID>, rna un io la cui storia (e quindi l'identita) e in mani altrui. Se questa io e «anche qualcosa ill piu di speciHche azioni e parole», e perche estato trasformato , (ivi, p. 522). Si veda anche, a questo proposito, la critica eli Arendt aJ.S. Mill e al suo rifarsi a quello che lei chiama ,do durevole>, (ivi, pp. 415-416). Questa lettura esostenuta da lUl passaggio nd capitolo "Pensare" che chiaramente si riferisce al passaggio appena citato. Dopo aver delineato il percorso che intende seguire nd tracciare una storia della volonta, Arendt afferma: «Allo stesso tempo intendo seguire quell' evoluzione parallela della storia della Volont. secondo cui la volizione e la capacita interiore grazie alla quale gli uomini deciJono "chi" saranno, can quali fattezze desiderano mostrarsi nel rnondo delle apparenze. In altre parole, la volonta, che ha a che fare non con oggetti, rna con progetti, crea in un cefto senso la persona che puo essere biasimata 0 10data. comunque ritenuta responsabile non delle sue azioni soltanto, rna di tutto il suo "Essere", dd suo carattere. Le concezioru maooste ed esistenzialiste, che giuocano un ruolo tanto notevole nd pensiero del XX secolo e pretendono che ['uomo sia il produttore e l'artefice eli se stesso, riposano su tali esperienze, anche se e palese che nessuno si e"fatto" da solo 0 ha "prodotto" ]a propria esistenza; si tratta. credo, dell'u1tima delle fallacie rnetafisiche» (ivi, pp. 309-310). Basandosi esdusivamente sulla seconda frase di questa passaggio, Jacobitti afterrna che Arendt «segue la tradizione sostenendo che proprio perche la volonta equella facolra grazie alia quale siarno liberi e agiarno, in virtU di essa dobbiarno essere ritenuci responsabili e moralmente consapevoJi" (Jacobitti, 1988, il capitolo "Arendt's Concept of the Will"). Secondo la mia lettura. invece, Arendt non caldeggia questa posizione. anzi la contrasta can decisione.
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bisogIlO di rifo~ulare i termini della discussione. Nel saggIO di J~CObIttl sono presenti in nuce gli elementi per un lunge ~ unportante dibattito sui temi del se, dell'identita e dell'azlone. In questa dibartito, pero,Jacobitti deve figurare come I'awersario di Arendt, non come il suo alIeato.
Note arendtiane sulla caverna eli Platone di Adriana Cavarero
Traduzione di Olivia Guaraldo
C'I: un affresco di Vasari 1 che allude obliquamente alia ca-
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vema di Platone. Un uomo sta seduto nello spazio che si apre tra la fiamma di un braciere, che arde alIe sue spalle, e la parete di fronte, su cui si proietta la sua ombra. l'affresea si chiama r:invenvone del disegno: l'uomo I: un artista, e segue con la matita il profllo dell' ombra tracciandone la figura sulla parete. n meccanismo della proiezione gli consente di fungere, al contempo, da soggetto e oggetto della propria rappresentazione. Egli produce e riproduce la propria inImagine. Fissa sulla parete il profllo di un'ombra che edestinata presto a sparire: qualora, per esempio, egli si alzi, si volti e lasci la stanza. La situazione nella caverna platonica eovviamente molto pili complessa. Gli uomini seduti sono molti e sono tutti prigionieri. Legati in modo che non possano muovere neppure la testa, come sottolinea acutamente Hannah Arendt, essi sono costretti a una sola attivid: il vedere. AIle loro spalle c'l: un muretto dietro al quale passano altri uomini che si muovono in flla e portano sulle spalle delle statuette, simulacri. Dietro ancora c'l: un fuoco acceso, la cui luce proietta Ie ombre dei simulacri sul fondo della caverna. Catturati in un meccanismo rappresentativo di cui nulla sanno, i prigionieri vedono ombre mobili sulla parete della caverna che sta 101'0 di fronte. Vedono I'ombra dei simulacri e la propria. Quel che I: certo I: che essi sono spettatori coatti, non artisti. l' artista I: Platone. E meglio dido subito: si tratta di un artista particolarmente duttile e alquanto ambiguo. Narratore di miti e pittore di costituzioni (persino poeta, a quanta pare) egli ar.--~.--------------~
, G. Vasari, L'z'lVenzione del dzsegno, Casa Vasari, Firenze.
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Adriana Cavarero
Note arendtiane sulla caverna di Platone
gomenta a dovizia la sua condanna di narratori, pittori e poeti. Li accusa, notoriamente, di non essere dei tecnici bensi degli illusionisti: meri creatori di immagini. Con tutta evidenza, la narrazione della caverna rientra pero tra Ie creazioni pili fantastiche di quest' arte. Anticipando di parecchi secoli il narcisismo artistico esemplificato da Vasari, nel racconto della caverna Platone rappresenta soprattutto se stesso: il filosofo. n prigioniero che si scioglie dai lacci e lascia il mondo delle ombre per salire al mondo luminoso delle idee eappunto il filosofo. Con un rivolgimento di tutta I' anima, la celebre periagoge tes psyches, egli volta Ie spalle al regno delle apparenze e raggtunge quel regno delle vere essenze che e sempre stato la sua patria, che esempre stato illuogo dalla cui prospettiva, attraverso la voce di Socrate, Platone racconta. Questo nota artilicio da ventriloquo fmi~ce per confondere, qui pili che altrove, la trama della storia. Per alcuni versi, il protagonista del racconto e esplicitamente Socrateo Per altri versi, assai pili convincenti anche se nascosti, e invece Platone. Nella sua trama essenziale, il racconto si presenta come una sorta di autobiografia immaginaria creata a posterion' dal filosofo che contempla Ie idee. Viene quasi il sospetto che la scena della caverna, lungi dal rappresentare il mondo ordinario che il filosofo lascia, rappresenti piuttosto il mondo ordinario cosi come il filosofo contemplatore se 10 immagina: norr avendolo mai potuto vedere perche gli ha da sempre voltato Ie spalle. Resta il fatto che, in perfetto spirito platonico, la distinzione «tra un mondo di parvenze, di ombre, e il mondo delle idee eternamente vere» (Arendt, 1961a, trad. it. pp. 65-66) si configura, nel racconto, nei termini di una opposizione che corrisponde a cio che il filosofo colloca dietro 0 davanti a se. n rovesciamento del suo sguardo dall'uno all' altro polo, crea la struttura. ' Si tratta, secondo Hannah Arendt, di un rovesciamento primano che istituisce la tradizione filosofica del «pensare in termini di opposizione» (ivi, p. 63) e funge da modello per tutti i rovesciamenti che, da qui in poi, popolano la storia 206
della filosofia. La periagoge tes psyches genera dunque la struttura oppositiva entro cui si muovono i rovesciamenti successivi operati dai vari filosofi. Come in un gioco alquanto prevedibile, il sistema oppositivo costituito dal rovesciamento platonico funziona da motore e da scenario indiscusso delle loro operazioni di ribaltamento. Luce e oscurita, verita e falsita, essenza e apparenza, spirito e materia diventano i poli di un pensare per opposizioni che passa alIa tradizione come naturale. Altrettanto passa alia tradizione I'atto del rovesciamento: il quale epero OllUai un gesto consentito, anzi, suggerito, che si limita a ribaltare «opposti prefabbricati» (ivi, p. 65). In fondo ePlatone stesso a entrare per primo nel gioco da lui inaugurato. Nel corso del racconto, la periagoge tes psyches viene infatti rimessa in scena nella forma di una seconda inversione. Dopo aver visto il sole, !'idea del bene, ossia I'idea che illumina con la sua luce il regno delle idee, il filosofo fa di nuovo un mezzo giro su se stesso e torna gili, nel buio della caverna. Egli lascia (ivi, p. 155), iI filosofo non fa che trasportare la rassicurante stabilitiI delle idee nel mondo incerto, mobile e rischioso della politica. Uomo di pensiero invece che di azione, egli fonda I' eccellenza umana sui vedere invece che sull'agire e sowerte 10 statuto stesso delIa politica. Secondo Hannah Arendt, iI ritomo del filosofo nella cavema decreta dunque la fine della politica in quanta spazio dell' azione plurale e segna I'inizio della politica .in quant~ sistema costruito sulla theoria dei contemplaton e da eSSl govemato. Con Platone, muore la politica e nasc~ ~a filosofia politica. Detto con Ie parole di Arendt, la tradizlOne delIa filosofia politica «comincio quandp, dopo aver abbandonato la politica, i filosofi tomarono ad occuparse~e. per imporre iI proprio criterio nelle faccende umane» (1Vl: p. 41). Con iI risultato che «gran parte della filosofia polinca, da Platone in poi, potrebbe agevolmente esser~ in~erpret~ ta come una serie di tentativi di trovare fondazlOnl teoretlche e modi pratici per una fuga dalla politica» (Arendt, 1958a, trad. it. p. 163). Carica di conseguenze per I'intera tradizione, la svolta de! filosofo e dunque cruciale. Rispetto all' origine della £1losofia politica I'interpretazione arendtiana della seconda periagoge platonica porta a risultati convincenti. Un dub214
bio legittimo sui fatto che essa corrispon~h dawero al ritorno di Platone nella cavema, tuttaVla, nmane. Non solo perche tale ritomo sfocia in un omicidio, rna soprattutto perche, comunque la si intenda e anche al di ~iI della definizione arendtiana, <Ja sfera degli affari umanD> assomlglia ben poco alla cavema immaginata. da Platon~. Ci s~mo troppi trucchi, mistificazioni, laccl e mar~h,?ge~. n mondo che iI filosofo si lascia alle spalle non e, m ogru caso una scena condivisa in cui gIi "affari umani". hanno iI ca~attere imprevedibile dell' azione e gli umani stessi si mostrano come una pluraiitiI di esseri unici. E piuttosto un mondo di marionette immobili, di uomini che vivono gli uni accanto agli altri, senza guardarsi in faccia e senza alcuna relazione. Neppure I'ipotesi che questa mondo corrisponda alla cittiI di At~e, osservata 0 ~aginata d~ punto di vista di Platone, glUstifica del resto I uso di.tan~ bizzarri espedienti e la strana esistenza condotta dru pngionieri. La caverna rimane un'immagine che non si adatta ad alcuna nozione di politica. Que! che ecerto eche gIi occhi contemplativi de! fUosofo non sanno piu vedere 0 immaginare ne iI mondo dell' azio: . ne politica, ne la nascita come condizione umana s.uI CUI evento si fonda, secondo Arendt, questa mondo. Mru nato, o nato direttamente al regno del puro pensiero e percio subito morto per iI mondo, iI filosofo disegna direttamente un ordine politico secondo i criteri che ha tratto dalla sua ~on templazione delle idee. Fa parte del paradosso che, COSl facendo, cancelli per mille generazioni future. un mondo .dc;gli affari umani edell' azione politica che egli non ha mru VIsto ne immaginato. Tale cancellazione e appunto la conseguenza maggiore della sua opera politica. l'opera stessa ha tuttavia una sua propria destinazione: essa non prevede alcun ritorno del contemplatore nella caverna. A ben guardare, iI filosofo che torna nella caverna, 0 forse non I'ha mai lasciata, e infatti soltanto Socrate. Ammonito dall' assassinio del suo maestro, Platone non ci torna affatto. Egli rimane invece altrove, IiI dove esempre stato fin dall'inizio: nel mondo delle idee che sta dalla parte opposta. Ed e appunto da questa postazione privilegiata che Ie 215
Note arendtiane sulla caverna di Platone
Adriana Cavarero
Per quanto indulga all'illusionismo, l'arte platonica di creare inunagini ha una certa sottile malizia di stampo filosofico. Platone irnita gli artisti rna si prende anche gioco di loro. Omero e il suo bersaglio preferito. Dice Arendt che la penagoge les psyches costituisce un rovesciamento che e primario, ossia costitutivo, originale, solo in relazione alia stona della filosofia e a quella struttura oppositiva che esso crea consentendo tutti i rovesciamenti successivi. Sorto questo rovesciamento fatale, precisa Arendt, ce ne sta tuttavia un altro che coincide con la stesura della storia della cavema da parte di Platone. Tale storia «e quasi una replica e un ribaltamento della descrizione dell'Ade nell'undicesimo libro dell'Odlssea» (Arendt, 1961a, trad. it. p. 64). Che tra Platone e Omero non corresse buon sangue e cosa nota. Nella Repubblica questa inirnicizia assume una motivazione politica pili esplicita che non altrove. I contempia tori di idee destinati a govemare la citta prodotta dalla loro mente, i nuovi esperti di cio che e buono per i cittadini, scacciano infatti clamorosamente da tale citta tutta la cultura del mondo omerico nonche il fascino del suo metro poetico. Secondo Hannah Arendt, non pago di tanta severita, con l'inunagine della cavema, Platone si ingegna adeli-
rittura a rovesciarlo, questa mondo. Egli sceglie, non a caso, eli lavorare sull'episodio in cui la narrazione omerica raggiunge forse il suo massimo effetto fascinatorio: la discesa di Odisseo nell' Ade, il regno delle ombre. nribaltamento, anche filologicamente, e preciso. <J..e parole eidolon, inunagine, e skia, ombra» (ivi, p. 64), che Omero usa per descrivere la consistenza inunateriale dei morti incontrati da Odisseo, vengono adottate da Platone per definire
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di incantare gli uditori: come se legasse Ie loro orecchie con
il filo del racconto. 0 forse il filo e quello della voce che canta, con Ie sue iterate cadenze ritmiche. Fatto sta che gli ascoltatori se ne stanno sed uti e immobili. Essi ascoltano, come ipnotizzati, i versi di Omero recitati sempre di nuovo da un aedo: lone, per esempio. Cosicche, in buona sostanza, il racconto e una ripetizione infinita delle stesse storie nella medesima sequenza e con Ie medesime parole. Eppure gli ascoltatori non si stancano mai di sentirle. La catena magnetica, che scende dalla Musa a Omero e all' aedo, Ii tiene imprigionati con lacci invisibili. Come il potere attrattivo del magnete fonna «una lunghissima catena di ferro e di anelli pendenti gli uni dagli altri [.... ] coslla Musa forma gli ispirati, e attraverso questi si costituisce una catena» (lone, 533 doe) di cui gli ascoltatori sono <J'ultimo anello» (Cfr. lone,535e-536a). Non sono dunque tanto bizzarri i prigionieri della caverna platonica! Bizzarra ese mai l'idea di sostituire l'orizronte dell' ascolto con quello della visione, trasportando gli effetti di una pratica di orcline fonetico entro una pratica di orcline visivo. nfilosofo non puo owiamente fame a meno, visto che la contemplazione ela sua specialita. Ne puo fare . a meno di misurare l' umanita degli umani sui vedere, se non sui contemplare. Sennonche la cosa non funziona senza arrifici. Per tenere immobili i prigionieri, con gli occhi fissi sulle loro visioni, il filosofo ha bisogno di tmcchi e marchingegni. n potere magnetico della Musa, fonte di rniele per canti leggeri e alati che incatenano l'ascolto al racconto, deve essere rimpiazzato da un imbrigliamento artificiaIe dello sguardo mediante grosse catene e mdirnentali macchine di proiezione. Le catene stesse, come in un gioco di prestigio un po' maldestro, tl'apassano ambiguamente da un significato metaforico a uno rea1istico. In un certo senso, infatti, gli abitatori della caverna sono proprio gli ascoltatori dei canti epici: gente incatenata dal divino potel'e della Musa e catturata dall'illusionismo narrativo di Omero. n quale ha per di pili la colpa di ingannarli con il suo discorso perche parla eli tutto rna non ha nessuna vera conoscenza delle cose di 221
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Note arendtiane sullo caverna di Platone
Adriana Cavarero
cui parla, e canta, dlIDque, di parvenze menzognere, immaglnl false, ombre. In lID altro senso, pen), essi sono soltanto gli spettatori incatenati da Platone con corde di materia ben robusta: il quale Platone, non soccorso dal dolce magnetismo della Musa, deve applIDto legarli ben stretti affinche tengano 10 sguardo fisso aIIo schermo e non girino mai la testa, ne aII'indietro ne di fianco. Se voltassero la testa indietro, ovviamente, capirebbero troppo presto quel trucco di ombre cinesi che lIDO di loro deve scoprire a tempo debito. nguardare di fianco, invece, e costitutivamente proibito: tant'e vero che non si verifica mai in tutto il racconto della cavema. n fatto e che, voltando la testa di lato, i prigionieri si guarderebbero l'lID l' altro, entrerebbero in relazione. Proprio questa tuttavia e proibito nel mondo della caverna: la possibilita di qualsiasi forma di relazione. Com'e ovvio nell'orizzonte platonico si tratta di lIDa proibizione che ri: guarda innanzitutto il guardarsi, il vedere l' altro. La caverna e lID teatro specificamente visivo dove il suono riveste lID ruolo secondario. Questo mondo di visioni coatte risuona tuttavia anche di voci e di parole, confuse nell' eco che la parete dell' antro rimanda. Parlano i portatori di simulacri e parlano i prigionieri. Essi collegano Ie voci dei portatori aile ombre che i simulacri proiettano sullo schermo ~, avendo in fondo tutta lIDa vita per imparare a memona lIDa sequenza che e sempre la stessa, gareggiano a parole su chi indovina l' esatto succedersi delle ombre. I prigionieri, dlIDque, parlano. Ma non si parlano. Parlano di ombre senza mai vedersi l'lIDl'altro, guardando sempre f!Sso lIDa parete su cui, di se stessi e degli altri non vedono che I'ombra. ' A lID ceno PlIDtO lID prigioniero si slega 0 viene slegato ..Uno solo. La regola e precisa: due si sarebbero guardati ill faccla e avrebbero parlato tra loro, insomma, sarebb~ro e~trati in relazi,?ne. Egli non perde tempo a guardare 1 suO! ex compagm, rna subito si volta e inizia la sua salita verso il sole. Durante il primo tratto del cammino, ~ede i ponatori di simulacri e capisce il trucco. Ma non Ii illterroga sulle ragioni di quella su'ana messa in scena: ca222
pisce tutto da solo e, solitario, procede aII'insu. Altrettanto solitario egli contempla il sole e poi scendedi nuovo giu, nel buio della cavema. Qui gilIDtO, parla della sua esperienza ai prigionieri che non gli credono e 10 deridono. Si cimenta persino, con scarso successo, nella vecchia gara di indovinare la sequenza delle ombre. Poi Ii slega: Ii slega tutti come insieme a tutti loro aveva parlato. Poteva slegame lIDO solo, in fondo: COS! il viaggio in su di un altro prigioniero sarebbe cominciato, questa volta non in solitudine bens! in compagnia di lID altro, una guida giil esperta, lID maestro, lID amico. Invece Ii slega tutti. E loro 10 uccidono. n bizzarro mondo della cavema consiste dlIDque, sostanzialmente, in lIDa serie di meccanismi che costringono alia visione coatta e, al contempo, aII'irreiazione. Per ambedue gli aspetti, Omero entra in gioco. Ci entra come narratore capace di incatenare aile sue parole aseoltatori che Platone sostituisce con spettatori legati ben stretti con catene vere. E ci entra come narratore di lID mondo in cui I'azione su lIDa scena condivisa e la relazione, anche visiva, che essa comporta costituiscono la politica.7 Lordine politico che Platone fabbrica non compona invece nesSlIDa azione e tanto meno lIDa relazione. I filosofi che govemano possono persino essere molti, rna la qu'a!itil della citta migliore non dipende dalloro numero e dalloro confrontarsi con atti e parole, bens! da lIDa visione delle idee che, come ogni pensare, si esperisce sempre in solitudine (dr. Arendt, 1978, trad. it. p. 165). Sintomaticamente, la Repubbliea stessa elID addio a Socrate da parte di Platone. Rappresentato nel Hlosofo che tOlna nella cavema e viene ucciso, Socrate con la sua Hlosofia, radicata nel dialogo con gli altri e ponata nel popoloso mondo dei mercati e delle palestre, lascia il posto aile contemplazioni solitarie e ultramondane di Platone. La dia~ Per un'argomentazione piu ampia sulla categoria eli rdarlone in rio
ferunento alla politica. alla narrazione e allo sguardo, rimando di nuovo al mio Cavarero, 1997, cit.
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Adriana Cavarero
Note arendtiane sulla caverna'di Platone
lettica cambia scenario: da confutazione di stile socratico, che vede iI fllosofo cercare i suoi interlocutori ovunque e soprattutto nei giovani, diventa una disciplina scolastica a cui si accede dopo un preciso programma educativo, verso i cinquant' anni d'eta. Socrate, che incanta gIi interlocutori con i suoi discorsi e Ii paralizza come una torpedine marina, ha del resto molte (forse troppe) delle qualita di Omero. Non gli servono marchingegni e corde spesse. Come Omero protagonista di un mondo orale, egli parla, domanda, ascolta: e i giovani di Atene, come A1cibiade, vengono posseduti dal suo discorso e non possono staccare la loro attenzione dalla sua bocca. Senza strumenti musicali e con Ie nude parole, iI suo e1oquio invasa gIi a1tri ancor pili che la melodia di un f1autista (Simposio, 215 b-e). L'effetto incatenante del discorso, la fascinazione delle parole sugli ascoltatori fa di Soerate un fllosofo che ancora condivide con iI poeta iI divino potere magnetico della Musa. Anche se la filosofia di Socrate non epili un raccontare,
essa non e infatti ancora un vedere e, tanto meno,
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con-
templare essenze u1tramondane. Egli piuttosto guarda in faccia i suoi interlocutori e lascia che essi 10 guardino. Messo in scena dai cosiddetti Dialoghi socratici di Platone, iI suo fllosofare consiste notoriamente in un dialogo che implica la relazione in atto. Egli e iI fllosofo che vive nel mondo degli affari umani e va in cerca della compagnia di a1tri uomini: discorrendo con uno alia volta, perche non gli interessano ne i discorsi rivolti alla folia ne Ie e1ucubrazioni solitarie. Soerate si adatta dunque dawero ben poco alla figura del fllosofo che lascia iI mondo degli uomini per salire, da solo, nel mondo di sopra dedito alla contemplazione immobile e silenziosa. Sin dall'inizio, si era del resto detto che la strategia narrativa tende a sdoppiare iI suo protagonista: chi contempla Ie idee e Platone, chi torna e viene ucciso e Socrate. Nel racconto platonico della caverna, Soerate risulta cosl colui che, paradossalmente, ritorna in un mondo di sotto che non ha mai lasciato e dal quale ha accettato la con danna a mone. Si tratta, in fondo, di un paradosso che denun-
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cia la cruciale equivocita di tutto I'impianto. Pur volendo funzionare come teatro della morte di Socrate, la caverna infatti non rappresenta pi" iI mondo in cui Socrate stesso puC> parlare ai suoi interlocutori e incantarli, rna rappresenta gid un mondo incentrato su visioni coatte dove tutti vengono incantati per mezzo di catene e nessuno mai si guarda 0 si parla. Rappresenta, insomma, la spettacolare imitazione platonica del mondo orale a cui Omero e Socrate appartengono. Bizzarra nella sua configurazione scenica, I'immagine della caverna conduce dunque a risultati a1trettanto bizzarrio A quanta pare, Socrate muore per opera di un mondo ad alta concentrazione visiva in cui non e mai vissuto e di cui non ha mai fatto parte. Dal canto suo, Platone finisce per coinvolgere anche Socrate in quella denuncia dei discorsi incantatori che egli condanna, rna anche copia e riadatta, in termini di visione. La verita e che, per quanta iI suo autore si sforzi di suggerire iI contrario, nello scenario della caverna non c'e appunto posto ne per Soerate ne per Omero. La cavema non e un'immagine del mondo, bensl una proiezione attistica del contemplatore Platone: in cui una certa invidia per I'incanto di certe pratiche orali si trasforrna nella loro macchinosa imitazione e, aI tempo stesso, nella loro inappellabile condanna.
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Provocazione e appropriazione: la risposta a Martin Heidegger
Provocazione e appropriazione: Ia risposta a Martin Heidegger eli Richard J. Bernstein
Solo gli Indolenti vengono "inf!uenzati" veramente, mentre colui che apprende prima 0 poi riesce ad appropriarsi di quelfa parte de!l'opera di un altro che gli e utile, per assimifarfa, come tecnica, nelfa sua stessa opera. Walter Benjamin In venIa non eistruzione, ma provocazione aD che posso ricevere do un altro spirito. Ralph Waldo Emerson
Quando Hannah Arendt morl all'improwiso i!4 elicembre del 1975 non si sapeva molto sulla sua vita privata, se si esclude una ristretta cerchia eli amici intimi. Era sempre stata una persona molto riservata, anche una notorieta Iimitata la metteva a elisagio. La elistinzione tra i! "privato" (eelato nell'ombra e nell'oscurita) e "i! pubblico" (soggetto alia aspra luminosita della luce del sole) era uno degli aspetti pill importanti e controversi del suo pensiero politico. Era cosa nota che Arendt n~ 1924, a eliciott' anni, ando a Marburgo per stueliare con Heidegger. Un anno dopo si trasfed a Heidelberg per scrivere la tesi su sant'Agostino sotto la guida eli Kari]aspers (che a quel tempo era arnico intimo eli Heideggerl. Pochi anni prima eli morire Arendt, in occasione dell'ottantesimo compleanno eli Heidegger, scrisse un saggio di commiato in cui ricordava il potente e£fetto carismatico dell'antico maestro durante l'anno in cui Arendt studio con lui (tre anni prima della pubblicazione di Essere e tempo). Arendt pario della fama che si erano diffusa in tutta la Germania e che attirava numerosi studenti di talento a studiare con Heidegger (Arendt, 1969c, trad. it. p. 169).
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Arendt paragona Heidegger a Platone quando afferma che 10 stupore e l'inizio della mosofia, e cita un passaggio del mosofo sulla capacita «di assumere e di accettare questo stupore come la propria memoria». La metafora della «dimora», , <Ja caratteristica distintiva dell'eta moderna» (Arendt, 1958a, trad. it. p. 187) Nell'epoca modema si e verificata <J'eclissi di una sfera pubblica comune», una si-- ------------
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Si veda come Arendt parla di Soc rate. il cittadino che cerca di estrarre la verila dalle opinioni dei suoi concilladini (Arendt. 1986b. pp.73-103). 4
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tuazione che, secondo Arendt, ha portato alla .
"Su questo punto si veda il recente saggio di Beiner, 1996, pp. 269284. " E questa la tesi di fondo dei curatori dell'edizione inglese della dissertazione. ora pubblicata con l'aggiunta ddle annotazioni, frutto dellavoro di revisione di Arendt stessa (efr. Arendt, 1929, trad. ingl. 1996, a cura di e con un saggio interpretativo di]. Vecchiarelli Scott e ].c. Stark). Secondo i due interpreti, 10 scritto su Agostino, ingiustamente trascurato dalla critica anglosassone, conterrebbe in nuce tutti i principali nodi problematici e metodologici del pensiero arendtiano della maturita. Sulla base di un'originale rilettura dell'opera di Agostino, Arendt prenderebbe congedo, gia all'epoca della dissenazione, dall'irnpostazione fenomenologica di Heidegger. Gli autori non sembrano del resto riconoscere in maniera adeguata la decisiva influenza di Heidegger proprio sull'interpretazione arendtiana di Agostino (efr. Vecchiarelli Scott e Stark, 1996, pp. 115·211).
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Bibltografia degli 'miti di Hannah Arendt
Bibliografia degli scritti di Hannah Arendt
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a cura eli Simona Forti
Bibliogra/za deg/i seritti di Hannah Arendt
Simona Forti
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Simona Forti
Bibliogra/ia degli seritli di Hannah Arendt
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DalO 10 stenninato numero di saggi e volumi che annualmente vengono pubblicati .~ul pensiero di Hannah Arendt, si riportano qui soltanto 1 ntoli plU SlgnificanVl per il pubblico italiano. Per una bibliografia piit completa, rni permetto di rimandare a quella contenuta In Forn S., Vila della mente e tempo della polis. Hannah Arendt tra /iloso/ia e politiat, Franco Angeli, Milano 1996' pp. 391-433. Abel L., 1963, The Aesthetics 0/ EVIl: Hannah Arendt on EIchmann and the Jews, in "Partisan Review", xxx, n. 2, pp. 211-230. Abensour M., 1984, Hannah Arendt et Ie slomsme en questIon in "Passe Present", n. 3, pp. 17-23. ' -, 1989, Buci-Glucksmann C, Cassin B., Collin F., Revault d' Allonnes M. (a c. di), Ontologie et pJJlitique. Actes du Colloque Hannah Arendt, Editions Tierce, Paris. Allen WF., 1982, Hannah Arendt: EXlstenlwl Phenomenology and Poblical Freedom, in "Philosophy and Social Criticism", I, n. 2, pp. 169-190. Arniel A, 1996, Hannah Arendt. Pobiique el evenement PUP Paris. ) , Aron R, 1954, I;essence du lotalitartsme, in "Critique", x, n. 80, pp.51-70. Auden WH., 1959, Thinking What We Are Doing in "En. " XII, n. 6, pp. 72-76. ' counter, Bacc~ L.~ 1989, C;;lica della modermla e /iloso/ta pollllca. Nola sulla nabtlltavone dl Arendt, Strauss, Voegelin in "Fenomenologia e societa", XII, n. 3, pp. 157 -172. ' Baget Bozzo G., 1972, RecenSlone di H. Arendt, Ut Crise de la Cullure, in "Renovatio", I, pp. 590-592. Bakan M., 1985, Hannah Arendt's Cnllcal Approprratlon o/Hel~ degger's Thought as Poltlical Philosophy, in D. Thde, H. Silverman (a c. di), Descnptions, State University of New York Press, Albany, pp. 224-247. Barley D., 1990, Hannah Arendt: Ein/iihrung in Ihr Werk Alber, FreiburgiMiinchen. '
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Indice dei nomi
Indice dei nomi
Lacan,]., 106 Lacoue-Labarthe, P., 230 Lazare, B., 77,80 Lefott, c., IV, XII-XII!, xv, 1-2,4, 6,8,10,12,14-15,18,22-23, 44 Levinas, E., XXXII, 108,230 Locke,]., 188 LOwith, K, 229-230, 250-251 Lyotard,J.-F., IV-V, XII, XVII, 66, 68,70,72,74,76,78,80,82, 84,86,88,90-92,104
Gray,J.G., 178, 187
Abensour, M., IV, XIII, xvrn, XXIII, 16, 18,20,22-24,26,28,3032,34,36,38,40,42,44,91 Adorno, Th.W., 87, 108 Agostino (sant'), VI, 68,100-102, 127,176,185-186,188,226, 240,249,251,254,256-257, 259-269 Archfinede, 142,153 Aron, R, 1 Bataille, G., 99 Beiner, R, 177, 182, 184, 187, 269 Benhabib, S., II, 62, 234 Benjamin, W,XXV,22,55,57-64, 69,132,226,231 Bergson, H., 181 Bernstein, RJ., V-VI, XXVI, 226230,232,234,236,238,240, 242,244,246,248 Blucher, H., 92 Bodei, R, 37,101,267 Boella, L., IV, 102,251,261 Brecht, B., 167 Burke, E., 11
Char, R, xxv, 14,49,134,156165,167-171,176 Clemenceau, G., 84 Dal Lago, A., IV, 101,249,265 Derrida,]., XI, xxv, XXXII, 108, 135,230 Descartes, R, 188 Dilthey, W, 58 Disch, Lj., 50 Disraeli, B., 50, 53
Habermas,]., 1-11,103 Hegel, G.F.W., 66-67, 69, 72, 103,158,170 Heidegger, M., II-III, V-XII, 3,14, 67,69,99,106,108,158,226235,237 -263,266,269 Heine, H., 77-78 Himmler, H., 12,86 Hinchmarm, L., 234 Hinchmarm, S., 234 Hitler, A., III, XVI, 85,87,227 Hochhuth, B., 79 Honig, B., IV, XX, xxv, 109, 120121,125-126,177-178,180, 182,184,186,188,190,192, 194,196,198,200,202,204 Hume, D., 188 Husser!, E., 3, 67,151,228
Machiavelli, N., XXI, 116 Marcuse, H., 230 Marx, K, xv, XXI, 2, 10, 132, 164 Meier, Ch., 41 Melville, H., 149 Merleau-Ponty, M., 3, 230
Michnik, A., 232 Eichmann. A, XXVI·x:xvm, xxx, 79,81-82,84,90,232-233 Emerson, R W, 226 Eraclito, VII, 148 Esposito, R, XVII, XX, XXII, 94, 96-100,102,104,106 Ettinger, E., VI, 233, 247 -248 Farias, V,229 Finley, M., 12 Flathman, R, 184 Flavio, G., 81 Fotti,S.,I,IV, VI, 105, 108, 190191,213 Foucault, M., II, 230, 240 Freud, S., 66, 70-71, 84, 90
Canetti, E., 73 Cartesio vedi Descartes Cavarero, A., xvrn, 94, 205-206, 208,210,212,214,216,218220,222-224 Cavell, S., 231 Celan, P., 78 Chalier, c., 87 Chaplin, c., 77
Gadamer, H-G., VI, 230 Gagnebin,J-M., 59-61, 63 Galli, c., IV, XXIV, 48, 163 Gaus, G., 4 Gesu, 76-77,190,267 Gobineau, A. de, 53 Goldmarm, L., 103
310
Mommsen, Th., 120 Montesquieu, Ch.-L. de Secondat,20,23,32, 34, 117, 119120
illuminati, A., IV, 96 lrigaray, L., 218 Jacobitti, S., 177-178, 187, 190, 192-193,196-204 Jaspers, K, III, 3,174,226,228229,244 Jonas, H., 230, 250-251, 254 Jiinger, E., 86-87
Nancy,J-L., XXII!, 97, 230 Nietzsche, F., 11,164,190-196, 198-200,240 Omero, XI, 167-168,213,216221,223-225 Ott, H., 229
Kafka, F., 78, 89,153,171-173 Kant, 1., XXIX-XXX, 38, 68, 75, 102-106,158,166,180-181, 185-186,190-191,194-195, 203 Kateb, G., 198 Keenan, A., 109-111, 116 Kierkegaard, S., 164 Kohn,J., v, xxv, XXVII, 155-156, 158,160,162,164,166,168, 170,172,174,176 Kojeve, A., 230
Paolo (san), 188,253-255,257, 262,264-265,267 Pamt, D., 188 Pericle, 192 Petitdemange, G., 249 Platone, VI, X, xvrn, 10, 14, 19, 29,130,205-225,227,233 Plotino, 188 Polibio, 130 Popper, K, 29 Proust, M., 50, 85
La Boctie, E. de, 37
311
Hannah Arendt RaJ:netta, G., 101 Ranke, L. von, 58 Rhodes, e., 54 Robespierre, M., 132 Rorty, R, 231 Rousseau,].-]c,20, 103, 115 Rousset, D., 92 RovieIJo, A-M., lV, 144 Ryan, A., 233 Sartre,}.-P.,230 Savarino, L., VI, 15,44, J54, 249250,252,254, 256, 2~S, 260, 262-264,266,268 Schiirmann, R, n, 107, L,iQ Shakespeare, W, 167 Sheenan, T., 230 Sieyes, E.-]., 122 Socrate, XXX, 21,155,206,213, 215,223-225,242 Sofode, 155, 158, 167 Stalin,JV.,87 Stark,J.e., 269 Stem, P., 177, 182, 187
Strauss, L., 14,230 Taminiaux,}., lV, VI, 234, 250 Tassin, E.,XXI-Jom, 136-138, 140, 142,144,146,148,150,152,154 Taylor, Ch., 231 Tocqueville, CA., 13,20 Varnhagen, R, 80, 229 Vasari, G., 205-206 Vecchiarelli, S., 269 Villa, D., VI, 234 Virgilio, 131-132 Volpi, F., VI, 250 Well, S., 99 West, R, IX Wiesel, E., 80 Williams, B., 188 Wittgenstein, L., 235 Yarborough,}., 177, 182, 187 Young-Bruehl, E., 187,203,227229,249
-
Anno
Ristampa
99000102
012145
Finito di s[ampare nel gennaio 1999 prcsso New Agel. San Vittore Olona (Milano)
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