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Flavia Franconi Simona Montilla
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Stefano Vella
Farmacologia
di Genere
Società Italiana di Farmacologia
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SEEd srl declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio delle informazioni contenute nel presente volume; declina inoltre ogni responsabilità derivante da errori sempre possibili, nonostante attenta e ripetuta correzione delle bozze. Tali informazioni non devono essere utilizzate o interpretate come ausilio diagnostico e/o terapeutico e non devono essere intese come sostitutive del consulto del medico.
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Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di
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ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero all’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dagli aventi diritto/dall’editore.
© SEEd srl Piazza Carlo Emanuele II, 19 - 10123 Torino Tel. 011.566.02.58 – Fax 011.518.68.92 www.edizioniseed.it
[email protected] ISBN 978-88-8968-884-7 Prima edizione novembre 2010 Tutti i diritti riservati
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Si ringrazia il progetto strategico “Salute della Donna” Ricerca Finalizzata 2008 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Si ringraziano, inoltre, il Professor Guido Rasi e l’Agenzia Italiana del Farmaco e, in particolare, il Dottor Paolo Daniele Siviero e il Centro Studi, e, per i dati cortesemente forniti, l’Ufficio di Farmacovigilanza e l’OsMed. Infine si ringraziano le Dottoresse Ilaria Campesi, Roberta Addis, Manuela Sanna, Adriana Galistru per l’aiuto editoriale e il Gruppo Italiano Salute e Genere (GISEG; www.giseg.org) che, insieme alla Società Italiana di Farmacologia e alla Società Italiana per la Salute e Medicina di Genere, hanno costantemente sostenuto tutte le iniziative per promuovere la cultura di genere.
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Sommario
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Presentazione 7 Qu
Introduzione 9
Premessa 11
1. 3 Cecità di genere 1 2. 9 Pregiudizio di genere e studi randomizzati e controllati 1 2.1. Considerazioni generali 19 2.2. Arruolamento 21 2.3. Analisi di genere 23 2.4. Prospettive 24 3. differenze Consumo di farmaci: di genere 27 4. Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche 4.1. Elementi di differenze di genere farmacocinetiche 4.2. Elementi di differenze di genere farmacodinamiche
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5. di Elementi farmacoterapia di genere 49 5.1. Farmaci per le malattie cardiovascolari 49 5.2. Antiaggreganti, trombolitici e anticoagulanti 70
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Farmacologia di Genere
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5.3. Farmaci del sistema nervoso centrale 77 5.4. Antibiotici 86 5.5. Farmaci per la cura dell’HIV 89 5.6. Criticità delle classi di farmaci genere-specifici per la donna: 98
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la terapia ormonale sostitutiva (TOS)
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6. 5 Reazioni avverse ai farmaci: differenze di genere 10 6.1. La segnalazione di sospette reazioni avverse in Italia 106 6.2. Alcune reazioni avverse più comuni nella donna 111 Bibliografia 115 est
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Glossario 147 Qu
Indice analitico 157 Autori 159
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Presentazione
Le più recenti acquisizioni scientifiche nell’ambito della medicina molecolare, e in particolare della farmacogenetica, hanno posto il problema dell’individualizzazione della terapia. Conseguentemente, sono emerse nuove problematiche relative al disegno sperimentale riguardante la farmacoterapia e la valutazione dei risultati degli studi di farmacologia clinica. Accanto alla farmacogenetica, altre problematiche, importanti nella valutazione della risposta ai farmaci in termini sia di risposta terapeutica sia di reazioni avverse, sono emerse all’attenzione degli sperimentatori e degli operatori sanitari, quali ad esempio: le differenze riscontrabili nell’anziano, nel bambino/adolescente (e comunque in campo pediatrico), e infine le differenze di genere tra uomo e donna. ues to e
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È chiaro dunque come gli studi di farmacoterapia debbano tenere conto, oltre che degli aspetti farmacogenetici, anche di tutte queste boo k
variabili che tanto incidono sulla risposta ai farmaci, curando con particolare attenzione, ad esempio, l’arruolamento di congrui numeri di app arti
donne negli studi clinici e definendo quindi nuovi criteri atti a progetene
tare un corretto disegno sperimentale.
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Farmacologia di Genere
In particolare, sempre di più si avverte la necessità di considerare debitamente tutte le osservazioni che evidenziano come nel campo della salute le differenze di genere stiano sempre più emergendo e riguardino tutti i campi della medicina, inclusa la terapia farmacologica, anche se specifici studi genere-mirati non sono certamente stati molto frequenti negli anni passati. Questa monografia ha lo scopo di mettere in evidenza le più importanti problematiche relative alla Farmacologia di Genere tramite la trattazione degli aspetti farmacocinetici e farmacodinamici che condizionano l’azione dei farmaci, così come la rilevanza del “genere” quale fattore di rischio per le reazioni avverse. La giusta considerazione di tutte queste tematiche potrà certamente giovare a un più corretto approccio terapeutico e quindi al miglioramento della salute. Carlo Riccardi Presidente della Società Italiana di Farmacologia
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Introduzione
Gli uomini e le donne, pur essendo soggetti alle medesime patologie, presentano sintomi, progressione delle malattie e risposte ai trattamenti molto diversi tra loro. Ciò è dovuto non solo a differenze biologiche, nel sistema riproduttivo e nel sistema ormonale, ma anche a tutte quelle variabili determinate dall’ambiente, dal tipo di società, dall’educazione, dalla cultura e dalla psicologia dell’individuo. Le malattie cardiovascolari, il diabete, l’obesità, il carcinoma del polmone, l’osteoporosi, le malattie infettive, i disturbi dell’umore e del sistema immunitario sono le aree in cui si annoverano le maggiori differenze. La ricerca scientifica in passato ha trascurato l’influenza del genere sulla fisiologia, sulla fisiopatologia e sulle caratteristiche cliniche delle malattie umane. Solo di recente la medicina sta investigando quali siano i meccanismi sottostanti a queste differenze e come la diagnosi e il trattamento delle malattie possano variare in funzione ues to e
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del genere.
Le donne consumano più farmaci e li associano più frequentemenboo k
te tra loro, sono soggette più spesso a reazioni avverse, molte volte più gravi di quelle degli uomini: eppure, le donne sono sottorappreapp arti
sentate nei trial clinici e subiscono protocolli di ricerca che non tenene
gono conto della loro diversità. In questa monografia viene trattata,
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Farmacologia di Genere
per la prima volta in modo sistematico, l’influenza del genere nella risposta ai farmaci, analizzando le differenze farmacocinetiche e farmacodinamiche delle principali categorie farmacologiche. Attraverso questa monografia si inizia a colmare una lacuna del sapere scientifico contribuendo alla diffusione della cultura di genere tra gli operatori sanitari. Una più ampia consapevolezza delle differenze di genere potrà suggerire approcci terapeutici più appropriati in funzione della complessità della vita della donna e contribuire a promuovere, ce lo auguriamo, politiche di promozione e tutela della salute che tengano conto delle differenze di genere. L’obiettivo finale è quello di migliorare lo stato di salute delle donne e degli uomini. Daniela Melchiorri Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia, Università La Sapienza, Roma
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Premessa
Le donne sono le maggiori utilizzatrici di farmaci etici, con consumi superiori del 20-30% rispetto agli uomini; a questo si aggiunge il fatto che sono anche le maggiori consumatrici di integratori alimentari e rimedi botanici (circa il 40% in più). Ciò nonostante, i farmaci sono poco studiati nelle donne perché sia gli studi clinici sia gli esperimenti preclinici sono eseguiti prevalentemente su soggetti maschi e giovani. A tal proposito è sufficiente rilevare che i grandi trial clinici relativi allo studio di terapie per le malattie del sistema cardiovascolare non hanno mai arruolato più del 26-36% di donne, rimanendo molto spesso, quindi, al di sotto della potenza statistica necessaria a evidenziare differenze di efficacia e di sicurezza dei farmaci sperimentati [Franconi, 2007]. Questo atteggiamento ha, quindi, determinato forti carenze nelle conoscenze relative alla risposta ai farmaci. Solamente testando un farmaco, o anche un presidio medico-chirurgico, nelle diverse categoues to e
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rie di pazienti e con un campione sufficientemente rappresentativo è possibile raccogliere informazioni che possano anticipare le reali caboo k
ratteristiche di efficacia e di sicurezza in condizione d’uso sull’intera popolazione. Inoltre, il pregiudizio di genere spiega, almeno parzialapp arti
mente, la maggiore frequenza e gravità delle reazioni avverse nelle ene
donne rispetto agli uomini [Franconi, 2007].
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Farmacologia di Genere
Per cercare di superare questo gap di conoscenze è nata la farmacologia di genere. La farmacologia di genere evidenzia se le risposte ai farmaci sono diverse fra uomini e donne, considerando le variazioni fisiologiche della donna, che avvengono in funzione della ciclicità della vita riproduttiva, dell’età e dell’uso di associazioni estro-progestiniche. È evidente che la farmacologia di genere deve non soltanto individuare le differenze uomo-donna, ma anche tener conto che le differenze di genere variano in base all’età o al particolare momento della vita di una donna. Esiste infatti una molteplicità di donne (donna fertile con il suo ciclo mensile, donna che usa contraccettivi orali, donna in gravidanza, donna in menopausa, ecc.), così come esistono tipologie differenti di uomini, sulla base dell’età. Pertanto, coerentemente con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità [WHO, 2008] e della Commissione Europea [European Commission, 2006] ci siamo proposti di diffondere, attraverso questo volume, gli elementi della farmacologia di genere per quanto riguarda sia la farmacocinetica sia la farmacodinamica.
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Sezione 1
Cecità di genere F. Franconi, E. Catastini
“Essere uomo o essere donna” è importante dal punto di vista della salute poiché i fattori causali e predisponenti, l’espressione clinica e l’approccio terapeutico di una determinata patologia possono variare sensibilmente a seconda del genere. Con il termine sesso si intendono le differenze basate sulla biologia, mentre il genere è inteso come l’insieme delle differenze basate sulla cultura. Quest’ultimo termine deriva dal latino genus, generis, e ci piace ricordare che ciò è affine a gignere – generare – ed è stato infatti usato nelle scienze sociali e umanistiche sin dagli anni ’60 per descrivere come le diverse società e culture interpretassero il sesso biologico, ovvero come gli atteggiamenti socioculturali considerassero cosa è maschile e cosa è femminile. Il genere è pertanto un concetto più ampio rispetto al sesso. Nel passato anche recente sesso e genere sono stati considerati dicotomici e separati, tuttavia il progredire delle conoscenze ha eviues to e
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denziato i nessi esistenti fra biologia, ossia il sesso, e cultura, ossia il genere.
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In medicina, una prospettiva di genere implica che le condizioni di vita, le posizioni della società e le aspettative sociali circa la femminiapp arti
lità e la mascolinità siano considerate accanto agli aspetti prettamenene
te biologici. Ormai è ben accertato che l’ambiente e, quindi, la cultura
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Farmacologia di Genere
possono modificare i nostri geni. La rete di informazioni e comunicazioni prodotta dall’esperienza e dalla cultura è determinante quanto la rete che lega fra loro le molecole e che presiede al funzionamento dei sistemi biologici. L’ambiente, sia esso interno oppure esterno, influenza il comportamento dei geni e persino li modifica nelle caratteristiche ereditarie, nel corso delle generazioni, tramite accomodamento o assimilazione genetica. Questo quadro porta a una nuova e affascinante complessità dove, accanto alla classica competizione darwiniana, entrano in gioco le interazioni e le cooperazioni e dove l’importanza della diversità non è fonte di conflitto ma, al contrario, di arricchimento del sistema. Da questi presupposti è evidente che il genere comprende non solo la cultura, ma tutta la complessa interazione tra fattori genetici che caratterizzano il maschile e il femminile e l’ambiente che interagisce con il genoma. Semplicemente si ricordino i cosiddetti effetti attivazionali degli androgeni, degli estrogeni e del progesterone che, insieme ad altri fattori, sono capaci di far funzionare in maniera genere-specifica il codice genetico per rendere l’uomo e la donna differenti nelle capacità di adattamento a stimoli esogeni ed endogeni e, al tempo stesso, a determinare nei due sessi diverse vulnerabilità e diverse risposte farmacologiche. Gli avanzamenti della medicina affascinano tutti i giorni gli operatori sanitari, siano essi uomini o donne; tuttavia permane una scarsa conoscenza dell’influenza del genere sulla salute. La maggior parte ues to e
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della ricerca che sta alla base delle strategie mediche è stata, infatti, condotta su uomini e su animali maschi. I risultati di tale ricerboo k
ca sono poi traslati quotidianamente alle donne, riconoscendo una app arti
specificità al genere femminile solo in relazione alla riproduzione. In effetti, da Ippocrate fino all’ultima decade del secolo scorso, le donne ene
sono state considerate dei “piccoli uomini”, tranne che per gli organi
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Cecità di genere
deputati alla vita riproduttiva. Quindi il corpo maschile è sempre stato considerato la norma, trasferendo poi le conoscenze ad esso relative al corpo femminile, creando così una sorta di cecità rispetto al genere (gender blindness). La cecità di genere ha prodotto una marcata carenza di identificazione e di riconoscimento delle differenze, non solo nella pratica clinica, ma anche in quella educativa, estendendosi alla scelta delle tematiche e al disegno delle ricerche. Persino le convenzioni sociali e linguistiche hanno consolidato l’uso di un linguaggio neutrale, tramite termini “a-sessuati” come “il medico” o “il paziente”, tramandando concetti che tendono a oscurare tanto la rilevanza del sesso quanto quella del genere nella società, nello sviluppo culturale e professionale e nella salute, contribuendo in tal modo a rallentare il raggiungimento della parità e dell’equità di genere. Conseguentemente, nella ricerca biomedica e nella clinica fino alla terapia sono state osservate e applicate differenze verso i due generi non giustificabili sulla base delle conoscenze e che quindi sono in contrasto con la logica della medicina basata sull’evidenza. Questo si è generalmente e più frequentemente verificato con effetti negativi per la salute della donna, cosicché alcune patologie sono state principalmente studiate nell’uomo: ne sono esempio le malattie del sistema cardiovascolare e del sistema renale, le malattie virali come l’AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome), il cancro del colon retto, il morbo di Parkinson e la psoriasi. ues to e
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Sono stati per primi i ricercatori americani a evidenziare in maniera inequivocabile la mancanza della cultura di genere in medicina. Infatboo k
ti, sin dal 1990, uno studio condotto dal National Institute of Health app arti
(NIH) ha messo in evidenza che la grande maggioranza delle ricerche destinate a comprendere la patogenesi e lo sviluppo delle malattie, ene
nonché la sicurezza e l’efficacia delle terapie, non ha tenuto conto
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Farmacologia di Genere
delle differenze tra i sessi dato che è stata condotta prevalentemente sull’uomo [General Accounting Office, 1990]. Nel 1991 la cardiologa americana Bernardine Healy denunciò, sul prestigioso New England Journal of Medicine, il comportamento discriminante dei cardiologi nei confronti delle donne e ciò ha dato inizio alla corrente di pensiero che prevede il superamento del pregiudizio di genere nella salute [Healy, 1991]. La scienziata commenta, in particolare, due studi: nel primo si dimostrava come le donne ricoverate in terapia intensiva per un episodio ischemico acuto avessero maggiori probabilità di subire errori diagnostici e terapeutici rispetto agli uomini. Nel secondo studio si evidenziava come, nonostante la diagnosi di disturbo coronarico severo, le pazienti di sesso femminile venissero invitate meno dei maschi a sottoporsi agli eventuali interventi di by-pass e angioplastica. Questa situazione ha portato il NIH, la Food and Drug Administration (FDA) americana e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a dare sempre maggior rilievo alle tematiche di genere, al punto tale che una recente raccomandazione dell’OMS ha affermato che «alla salute della donna deve essere dato il più elevato livello di visibilità e urgenza». Non bisogna tuttavia dimenticare che in alcuni casi, certamente più sporadici, il pregiudizio di genere si è rivolto verso l’uomo. Infatti, patologie ritenute classicamente femminili (depressione, emicrania, osteoporosi) non sono state studiate in maniera appropriata negli uomini [Risberg, 2009]. È evidente pertanto che la cecità di genere non ues to e
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permette di offrire la migliore cura possibile a entrambi i generi. Le differenze di genere sono state, quindi, prese in esame solo boo k
negli ultimi venti anni e ormai è sempre più evidente che il cuore, il app arti
cervello, il fegato e il polmone necessitano di essere declinati sia al femminile sia al maschile e che, quindi, le diversità devono essere ene
integrate nei processi e nelle politiche di cura e di tutela della salute.
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Cecità di genere
Il gender bias è sostenuto anche dal fatto che, ancora oggi, i libri di testo dedicati agli operatori sanitari trascurano le problematiche relative al determinante genere [Dijkstra, 2008]. Questo evidenzia che il gender bias sviluppa i suoi effetti a diversi livelli e ciascuno impatta sull’altro potenziandosi a vicenda. Lo scarso studio e la scarsa considerazione delle differenze biologiche e sociali hanno prodotto il cosiddetto “paradosso donna”: le donne vivono più a lungo degli uomini, ma si ammalano di più, usano di più i servizi sanitari e hanno un maggior numero di anni di vita in cattiva salute. Confermano questo paradosso i dati del 2007 raccolti dall’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) che evidenziano che la disabilità femminile è circa doppia in confronto a quella maschile, con valori rispettivi di allettamento prolungato e disabilità nelle funzioni quotidiane pari al 17% nelle donne e all’8,9% negli uomini. Analogamente, la prevalenza di patologie psichiatriche nelle donne è del 7,4% e del 3,1% negli uomini, e quella dell’osteoporosi è del 9,2% nelle donne e del 1,1% negli uomini. Queste disabilità, associate a una più lunga aspettativa di vita, condizionano le donne anziane a vivere un periodo di solitudine, di malattia e di povertà.
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Sezione 2
Pregiudizio di genere e studi randomizzati e controllati S. Vella, F. Franconi
2.1.
Considerazioni generali In questa Sezione evidenzieremo perché è opportuna la partecipazione delle donne agli studi randomizzati in doppio cieco. Tali studi rappresentano infatti il gold standard della ricerca clinica, perché riducono gli errori di selezione e offrono una buona opportunità per il controllo statistico dei fattori che possono influenzare l’analisi. Fino al 1993 l’arruolamento delle donne negli studi clinici d’intervento era sconsigliato dalla FDA perché si reputava che, al di fuori della sfera sessuale, l’uomo e la donna fossero molto simili (gender blindness). A rafforzare questa tendenza si aggiunsero i danni causati da talidomide e da dietilstilbestrolo – somministrati a donne in gravidanza – sul frutto del concepimento. Evidentemente tale politica, che potremmo definire protezionistica verso le donne, non risolve gli ues to e
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eventuali problemi di sicurezza, ma semplicemente ritarda la loro soluzione al periodo successivo all’introduzione del farmaco sul mercaboo k
to. Infatti, come ha sostenuto il Medical Research Council del Canada nel 1998 [Medical Research Council of Canada, 1998], l’estrapolaapp arti
zione alle donne dei risultati della ricerca condotta sugli uomini ene
minimizza l’utilità della ricerca stessa.
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Farmacologia di Genere
Per di più, lo scarso arruolamento delle donne si è sommato, e tuttora si somma, a una ricerca pre-clinica prevalentemente condotta su animali maschi, aggravando così la carenza di conoscenza del “femminile”. Ciò pone il problema della trasferibilità dei risultati della ricerca pre-clinica che risulta carente nei modelli di malattia [Franconi, 2008] e nei test da impiegare per evidenziare le differenze di genere [Franconi, 2007]. La gender blindness in farmacologia è silenziosamente “giustificata” anche dal fatto che la maggiore variabilità di risposta farmacologica delle donne implicherebbe la necessità di un numero più elevato di gruppi sperimentali e di un ampliamento del campione di soggetti in sperimentazione, innalzando tanto i tempi quanto, e soprattutto, i costi della ricerca. La cosiddetta “variabilità femminile”, che è invece una chiara espressione della complessità della realtà clinica, in parte dipende dalle variazioni ormonali fisiologiche, come quelle che si verificano in funzione dell’età, del ciclo mestruale, della gravidanza e del puerperio, ed è quindi, più in generale, condizionata dalle fluttuazioni ormonali. A queste variazioni, non eliminabili in alcun modo, si uniscono quelle, mai considerate a sufficienza, degli effetti legati all’uso delle associazioni estro-progestiniche, impiegate estensivamente nelle donne sia come contraccettivi sia come terapia ormonale sostitutiva in post-menopausa. Il trattamento con queste associazioni produce, ues to e
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pertanto, la differenziazione delle donne in più gruppi, in cui sono praticamente ignote le effettive risposte di efficacia o di sicurezza boo k
e, ancor più, le possibilità di interazioni farmacologiche [Wizemann, 2001]. Le interazioni, fra l’altro, possono essere genere-specifiche, app arti
come quella che si verifica tra digossina somministrata oralmente e ene
carvedilolo. Infatti, la somministrazione orale di beta-bloccante eleva
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Pregiudizio di genere e studi randomizzati e controllati
i livelli di digossina nei soggetti maschi, nei quali l’espressione della glicoproteina P è maggiore [Baris, 2006]. Al pregiudizio di genere si aggiunge poi la reticenza delle donne a partecipare alle sperimentazioni cliniche, dovuta al timore di ledere la propria capacità riproduttiva (principalmente a causa degli effetti teratogeni dei medicamenti) o alla carenza di tempo derivante dagli impegni familiari e di caregiver [Ding, 2007]. Tutto ciò pone problemi etici di rilievo, che non affronteremo in questo volume, ma che nel nostro Paese sono stati discussi dal Comitato Nazionale di Bioetica che, recentemente, ha elaborato delle raccomandazioni al riguardo [Comitato Nazionale per la Bioetica, 2008]. Al giorno d’oggi, quindi, non è più possibile ignorare le differenze biologiche, che distinguono il maschio dalla femmina, e di genere, che sottintendono la sfera culturale e di comportamento che riveste il corredo biologico e dà vita allo status di uomo o donna, poiché, come afferma l’OMS, esse influenzano in maniera notevole anche la salute. A questo proposito ricordiamo, come già accennato in precedenza, che il pregiudizio di genere non sempre riguarda la donna ma può investire anche la sfera maschile. In alcune aree patologiche a netta prevalenza femminile, come emicrania o depressione, il pregiudizio può portare alla mancata diagnosi o alla mancata prescrizione di un adeguato trattamento agli uomini che ne sono affetti [Risberg, 2009].
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2.2.
Arruolamento
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Negli ultimi anni il problema della sottorappresentazione delle donapp arti
ne nelle sperimentazioni cliniche è stato a lungo esaminato. Soprattutene
to negli Stati Uniti e in alcuni Paesi del Nord Europa sono state fornite
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Farmacologia di Genere
indicazioni più stringenti sul modo di condurre la ricerca clinica per aumentare l’arruolamento delle donne nei trial sperimentali. Come conseguenza, negli ultimi cinque anni, si è assistito a un incremento dell’arruolamento delle donne soprattutto nelle sperimentazioni di fase III. Ciò nonostante le donne rimangono sottorappresentate in aree come l’oncologia non genere-specifica, dove, ad esempio, costituiscono appena il 38,8% [Jagsi, 2009; Murthy, 2004], oppure nell’area cardiovascolare, nonostante le malattie cardiovascolari siano la prima causa di morte sia negli uomini sia nelle donne [Yang, 2009]. Inoltre si osserva che l’arruolamento delle donne rimane ancora fortemente carente nelle fasi precoci (fase I e fase II) della sperimen-
% degli studi che includono le donne
% delle donne arruolate
Anestetici, analgesici e antireumatici
88
33,8
Antivirali
50
27,5
54,5
27,8
60
43,8
Metabolismo e sistema endocrino
65,5
36,4
Sistema nervoso
36,4
33,2
Psichiatria
67,9
26,0
Oncologia
76,9
Sistema respiratorio e allergie
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34,2
41,7
24,9
100
37,2
Categoria terapeutica
Sistema cardiovascolare e renale Apparato gastrointestinale
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Riproduzione e urologia
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Tabella I. Studi di fase I che hanno reclutato donne nel periodo 2005-2006 divisi per categorie terapeutiche. Modificata da [Pinnow, 2009]
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Pregiudizio di genere e studi randomizzati e controllati
tazione clinica, anche se si registra un leggero trend positivo (Tabella I). Dati raccolti dalla FDA hanno evidenziato che la percentuale di donne arruolate tra il 1995 e il 1999 era del 22% e del 25% per le fasi I e II rispettivamente, dato confermato nel periodo 2000-2002 con valori del 25% di donne nelle fasi I e II rispetto al 63% degli uomini e al 12% di casi di genere non definito o ignoto. Tra il 2006 e il 2007 la percentuale di arruolamento, in fase I e II, è ancora scarsa, ma leggermente più alta rispetto al triennio 2000-2002 [Pinnow, 2009]. Anche se l’aumento è di lieve entità, esso è sicuramente rilevante perché è proprio nelle fasi I e II che viene definita la dose, si evidenziano gli effetti avversi dose-dipendenti, si raccolgono i primi dati sull’efficacia e viene studiata la farmacocinetica. Va sottolineato, infatti, che a parità di dose di farmaco le differenze farmacocinetiche possono produrre risposte marcatamente dissimili e genere-specifiche [Wizemann, 2001].
2.3.
Analisi di genere Un maggiore arruolamento delle donne nei protocolli sperimentali è una condizione necessaria ma non sufficiente per raggiungere l’appropriatezza della cura: è infatti anche fondamentale che gli studi ues to e
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clinici prevedano un’analisi di genere. Sempre riferendoci a dati raccolti dalla FDA, 25 su 58 prodotti per il trattamento di patologie non boo k
genere-specifiche e per i quali è stata richiesta l’approvazione nel periodo 2000-2002 hanno presentato differenze nella farmacocinetica, app arti
nell’efficacia e nella sicurezza. Il 71% dei relativi studi presentati a ene
supporto delle richieste di autorizzazione all’immissione in commer-
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Farmacologia di Genere
cio era accompagnato da analisi di genere [Yang, 2009]. Questo miglioramento si deve all’introduzione di specifiche raccomandazioni e linee guida per una corretta rappresentazione di entrambi i generi nella sperimentazione clinica. Nel 1988 è stata infatti pubblicata da parte della FDA la “Guideline for the format and content of the clinical and statistical sections of new drug applications”, che per la prima volta stabilisce che nei dossier sperimentali presentati ai fini della registrazione dei farmaci siano inserite informazioni sui dati demografici distinti per genere [FDA, 1988]. Una seconda linea guida della FDA, emessa nel 1993 e intitolata “Guideline for the study and evaluation of gender differences in clinical evaluation of drugs”, ha poi fissato regole affinché entrambi i generi siano presi in considerazione durante le varie fasi di sviluppo dei farmaci, con individuazione delle differenze farmacocinetiche, e i risultati statistici siano valutati per genere [FDA, 1993]. In Europa, e analogamente in Italia, non esistono attualmente studi disponibili né raccolte di dati per verificare la rappresentatività del genere femminile negli studi clinici, così come non sono state formulate regole specifiche di inclusione delle donne negli studi clinici, essendo stata ritenuta sufficiente la richiesta che nei trial clinici siano presentati dati demografici e valutazioni statistiche per tutte le sottopopolazioni, individuando tra queste ultime le donne.
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2.4.
Prospettive
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Sebbene il modo di percepire il problema della sottorappresentaapp arti
zione della donna nella sperimentazione stia lentamente migliorando, ene
è senz’altro auspicabile e opportuno che l’arruolamento delle donne
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Pregiudizio di genere e studi randomizzati e controllati
aumenti in tutte le fasi della sperimentazione clinica. Ciò è di particolare rilevanza soprattutto in considerazione del fatto che i consumi dei farmaci nelle donne sono molto elevati e maggiori rispetto agli uomini e che spesso le donne sono trattate contemporaneamente con più farmaci (politerapia) [Rademaker, 2001] e presentano reazioni avverse più frequenti e più gravi [Government Accountability Office, 2001]. È doveroso ribadire che se un farmaco, oppure un dispositivo medico-chirurgico, non è espressamente testato sulle donne, non esiste modo di predire quali saranno i reali risultati di efficacia, con la conseguenza di non avere a disposizione le terapie più appropriate per le donne e incorrere in problemi di sicurezza solamente dopo che i prodotti sono stati introdotti sul mercato. Nel disegno degli studi è necessario considerare l’interazione età-genere e le varie fasi della vita femminile, poiché le differenze di genere possono essere etàdipendenti, e sono già presenti durante lo sviluppo embrionale [Franconi, 2007]. Un esempio dell’interazione età-genere è riportato in Tabella II. È opportuno inoltre che, quando le differenze emergono, siano prodotte raccomandazioni genere-specifiche. Attualmente, infatti, molte
Età (anni)
41-60
+++
++
Attività ADH nella donna
+
+++
Differenze uomo-donna
+++
++
boo k
ues to e
Attività ADH nell’uomo
61-80
Q
20-40
+ + +
app arti
ene
Tabella II. Variazione dell’attività della alcol deidrogenasi (ADH) gastrica in funzione dell’età. Dati ottenuti da [Mancinelli, 2004]
zo
aLo ren P ol e n zan i
25
Farmacologia di Genere
delle linee guida sono basate su studi condotti prevalentemente negli uomini adulti e ciò concorre a una minore appropriatezza della cura nelle donne rispetto agli uomini [Johnell, 2009]. È quindi senz’altro essenziale sensibilizzare anche l’industria farmaceutica alla problematica di genere poiché al momento gli studi finanziati con fondi pubblici arruolano più donne rispetto a quelli finanziati privatamente [Jagsi, 2009].
Q boo k
ues to e app arti ene zo
aLo ren P ol e n zan i
26
Sezione 3
Consumo di farmaci: differenze di genere S. Montilla
In tutti i Paesi occidentali l’aspettativa di vita sta crescendo. I trend demografici dimostrano, infatti, un progressivo invecchiamento della popolazione, con aumenti sensibili della vita media soprattutto nella donna. In Italia la speranza di vita alla nascita per la donna è di circa 83,8 anni mentre quella dell’uomo è di 78,4 anni. Circa il 20% della popolazione è rappresentato da soggetti di età pari o superiore ai 65 anni e di questi il 50% è costituito da ultra-settantacinquenni. La prevalenza maggiore di soggetti anziani è di genere femminile: il 54% dei soggetti di età compresa tra 65 e 74 anni è costituito da donne e dai 75 anni in poi la proporzione sale al 63% [Rapporto Osservasalute, 2008]. Questi valori sono destinati ad aumentare nei prossimi decenni e le conseguenze socio-sanitarie saranno di forte impatto e richiederanno un impiego sempre crescente di risorse. In tale prospettiva sarà quindi necessaria una sempre migliore appropriatezza di utilizzo ues to e
Q
delle risorse e la definizione di soluzioni e strategie necessariamente gender-specifiche che sappiano tenere conto delle differenze legate boo k
al genere.
A ciò si aggiunga che, sebbene l’aspettativa di vita stia aumentanapp arti
do, spesso gli uomini guadagnano anni di vita in salute mentre le donene
ne acquisiscono anni di vita in disabilità. Nel corso dell’ultimo secolo
zo
aLo ren P ol e n zan i
27
Farmacologia di Genere
il ruolo sociale della donna ha subìto profondi mutamenti e ai ruoli consueti si sono aggiunti incarichi nella vita pubblica che hanno intensificato l’impegno richiesto alla donna, senza però diminuire il carico di responsabilità familiare cui tradizionalmente si è costantemente dedicata. Anche gli stili di vita si sono modificati e le donne hanno quindi acquisito anche quei comportamenti un tempo ritenuti “sconvenienti” per il genere femminile e considerati, almeno apparentemente, una prerogativa sociale quasi esclusiva del genere maschile, come l’abitudine al bere e il tabagismo. Il risultato prodotto da questi cambiamenti è stato quello di un aumento nella popolazione femminile delle malattie un tempo più prevalenti nel genere maschile. Dai dati epidemiologici emerge, infatti, che alcune patologie che una volta erano addirittura ritenute tipicamente maschili stanno diventando sempre più prevalenti nel genere femminile: ne sono esempio le patologie renali e la patologia coronarica cardiaca precoce. Per tali motivi è ancora più necessario praticare in futuro la medicina di genere, cioè poter disporre di approcci terapeutici che tengano in considerazione le differenze tra i due generi mettendo a disposizione terapie e trattamenti adeguati per ciascun genere. Per ottenere questi risultati le conoscenze biochimiche e cliniche dei trattamenti dovranno necessariamente essere migliorate e dovranno essere condotte analisi di genere. Le differenze farmacocinetiche e farmacodinamiche tra i due generi, infatti, influenzano l’efficacia e la sicurezza ues to e
Q
dei trattamenti farmacologici.
Analogamente sono state evidenziate, ormai da tempo, significatiboo k
ve variazioni di genere nell’accesso alle cure e nella medicalizzazione app arti
e, in particolare, nel consumo dei farmaci. In Italia, difatti, le donne sono maggiori consumatrici di farmaci rispetto agli uomini, soprattutene
to nelle fasce di età comprese tra i 15 e i 54 anni, e sono in maggior
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28
Consumo di farmaci: differenze di genere
misura soggette a reazioni avverse, come confermano i dati riportati nelle Tabelle III e IV. I dati del consumo e della spesa pubblica di farmaci erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) tramite l’assistenza territoriale (farmaci di classe A) vengono raccolti annualmente dall’Osservatorio Nazionale sull’Uso dei Farmaci (OsMed): i dati relativi all’anno 2008, distribuiti per genere e per fasce di età, sono riportati nella Tabella III [OsMed, 2008]. Il consumo dei farmaci viene misurato, in accordo con le raccomandazioni dell’OMS, tramite i valori di riferimento standard, indicati come
Età (anni)
DDD/1.000 ab die
Spesa lorda pro capite (€)
Uomini
Donne
Uomini
0-4
114,2
134,6
35,2
41,6
5-14
79,5
97,0
29,1
36,1
15-24
156,0
101,4
33,9
34,0
25-34
270,7
145,4
53,1
42,2
35-44
394,6
284,7
82,2
68,0
45-54
733,5
716,2
140,7
137,6
55-64
1.471,2
1.687,2
270,8
287,9
65-74
2.507,4
2.919,1
436,0
477,3
≥ 75
3.173,2
3.696,4
512,7
607,7
boo k
ues to e
Q
Donne
app arti
Tabella III. Distribuzione per età e per sesso del consumo e della spesa territoriali di farmaci rimborsati dal SSN nel 2008 [OsMed, 2008] ene
DDD = Defined Daily Dose
zo
aLo ren P ol e n zan i
29
Farmacologia di Genere
Età (anni)
5-14 15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 ≥ 75
Apparato cardiovascolare
♂♀
♂♀
♂♀
♂
♂
♂
♂
♂
♂
Apparato gastrointestinale
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
Antimicrobici generali, uso sistemico
♂
♂
♀
♀
♀
♀
♀
♂♀
♂
Sistema nervoso centrale
♀
♀
♀
♀
♀
♀
♀
♀
♀
Apparato respiratorio
♂
♂
♂
♂♀
♀
♀
♀
♂
♂
Sangue e organi emopoietici
♀
♀
♀
♀
♀
♂♀
♂
♂
♂
Antineoplastici e immunomodulatori
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
♀
♀
♀
♀
♀
Apparato muscoloscheletrico
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
♀
♀
♀
♀
Ormoni sessuali e sistema genitourinario
♂♀
♂♀
♀
♀
♀
♀
♂
♂
♂
Ormoni, esclusi ormoni sessuali
♂
♂
♀
♀
♀
♀
♀
♀
♀
Organi di senso
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
♂♀
♀
♀
♂
Dermatologici
♂♀
♂♀
♂
♂
♂
♂
♂
♂
♂
boo k
ues to e
Q
0-4
app arti
Tabella IV. Differenze di consumo delle categorie terapeutiche per genere e fascia di età nell’assistenza territoriale SSN, anno 2008 [OsMed, 2008] ene
♂♀ = consumo simile negli uomini e nelle donne; ♂ = maggior consumo negli uomini; ♀ = maggior consumo nelle donne
zo
aLo ren P ol e n zan i
30
Consumo di farmaci: differenze di genere
dosi definite giornaliere (Defined Daily Dose, DDD). La DDD rappresenta «la dose media giornaliera, di mantenimento per un farmaco, nella sua indicazione principale in pazienti adulti». Per rendere più agevole la lettura dei dati, i consumi vengono espressi in DDD/1.000 abitanti die, corrispondenti al numero medio di dosi di farmaco consumate giornalmente ogni 1.000 abitanti. La spesa farmaceutica territoriale lorda pro capite, espressa in euro, rappresenta la spesa per i farmaci distribuiti dalle farmacie pubbliche e private a carico del SSN, comprensiva degli sconti obbligatori e della quota per compartecipazione da parte del cittadino, incluso il ticket per le Regioni dove questo viene applicato.
Q boo k
ues to e app arti
ene
Figura 1. Consumo di farmaci SSN per fasce di età e per genere. Anno 2008 [OsMed, 2008]
zo
aLo ren P ol e n zan i
31
Farmacologia di Genere
Sia in termini di consumi sia in termini di spesa si osservano comportamenti dissimili tra i due generi e con ampia variabilità in rapporto all’età. La distribuzione per classi di età rende evidente che l’utilizzo di farmaci in età pediatrica risulta lievemente maggiore negli uomini, mentre aumenta significativamente nelle donne in età fertile, compresa tra i 15 e i 44 anni, e nella fascia di età pre-, post-menopausale. All’approssimarsi della terza età si osserva che il consumo dei farmaci aumenta nelle donne in misura ridotta rispetto agli uomini e la differenza di genere si riduce. Dai 55 anni in poi si nota un rovesciamento del rapporto, con consumi maggiori da parte degli uomini in tutte le fasce di età e con incrementi significativamente superiori a quelli delle donne (Figura 1). Le dinamiche del consumo di farmaci e della relativa spesa meritano approfondimenti e analisi farmacoepidemiologiche specifiche e appropriate per poter trarre conclusioni significative, poiché le ragioni alla base di queste differenze di utilizzo dei farmaci sono molteplici e complesse. Tuttavia, nella congerie di cause, possono essere citate l’attitudine della donna a prestare maggiore attenzione al proprio stato di salute e la maggiore consapevolezza della propria condizione patologica, soprattutto in caso di malattie croniche non fatali. Queste ultime sono caratterizzate da una più alta morbilità nelle donne e spiegherebbero, quindi, un più frequente ricorso alle terapie mediche [Progetto ARNO, 2004]. A queste si associa il potenziale riproduttivo della donna che la espone al sistema sanitario ues to e
Q
con maggiore facilità di accesso e con aumento del numero dei trattamenti cui è sottoposta. Infine, il consumo più elevato di medicinaboo k
li nelle donne può essere spiegato attraverso il bias di genere che app arti
produce un diverso approccio terapeutico alla medesima condizione morbosa. Alcune ricerche internazionali hanno evidenziato come il ene
trattamento farmacologico più frequente nelle donne possa anche
zo
aLo ren P ol e n zan i
32
Consumo di farmaci: differenze di genere
Motivazioni del più alto consumo dei farmaci nelle donne •• Le donne si ammalano di più e manifestano maggiormente sintomatologie dolorose (es. emicrania, dolori muscoloscheletrici, ecc.) •• A causa di una serie di eventi fisiologici, quali mestruazioni, gravidanza, allattamento e menopausa, le donne entrano più spesso in contatto con gli operatori sanitari (ciò anche perché alcuni di tali fenomeni sono stati eccessivamente medicalizzati) •• Per attenuare il disagio derivante dai ruoli sociali (caregiver, family absorbers e lavori stressanti come l’infermiera) le donne si rivolgono più facilmente al medico rispetto agli uomini, che invece ricorrono maggiormente a mezzi al di fuori del sistema sanitario (es. consumo di alcol) •• Le donne sono più povere e la relazione inversa povertà-salute è ben nota •• Le donne sono maggiormente vittime di violenza
essere l’espressione di una maggiore tendenza da parte del medico prescrittore, in presenza della medesima diagnosi e dei medesimi sintomi, a trattare le donne piuttosto che gli uomini, generando come risultato un sovratrattamento delle donne e un sottotrattamento degli uomini a parità di condizioni morbose [Hamberg, 2004]. Il bias di genere in medicina, inoltre, non è condizionato solamente dal genere del paziente, ma può essere determinato anche dal genere del mediues to e
Q
co prescrittore stesso.
Le differenze di genere nel consumo di farmaci delle diverse caboo k
tegorie, classificate secondo il primo livello di ATC, sono indicate in Tabella IV (pag. 30) distribuite per fasce di età. Nella fascia pediatrica app arti
e adolescenziale non si osservano significative differenze nel trattaene
mento dei bambini o delle bambine. In età fertile, invece, numerose
zo
aLo ren P ol e n zan i
33
Farmacologia di Genere
categorie terapeutiche, quali gli antimicrobici, i farmaci per il sistema nervoso centrale, soprattutto antidepressivi, i farmaci per il sistema ematopoietico e i preparati ormonali, risultano maggiormente prescritti nelle donne con consumi quasi doppi rispetto agli uomini. In questa fascia di età fanno eccezione i farmaci per l’apparato cardiovascolare e i prodotti dermatologici, entrambi consumati dagli uomini in misura maggiore, tendenza che si ripete in tutte le fasce di età. Nella popolazione maschile gli spostamenti più significativi nell’impiego di farmaci si verificano con l’avanzare dell’età. In particolare ciò si osserva nella classe dei farmaci per il sistema genito-urinario e degli ormoni sessuali, dove la principale voce del consumo e della spesa totale annuale è rappresentata dai farmaci alfa-bloccanti e dagli inibitori della 5-alfa-reduttasi per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB). Questi farmaci sono complessivamente responsabili di poco meno del 60% dei consumi e del 70% della spesa per l’intero gruppo. Questa tendenza, in aumento da alcuni anni, è senz’altro correlabile all’innalzamento dell’età media e alla conseguente maggiore esposizione della popolazione maschile all’ipertrofia prostatica benigna, la cui incidenza aumenta con l’età, e al fatto che alcune linee guida raccomandano l’impiego di associazioni di alfa-bloccanti e inibitori della 5-alfa-reduttasi in presenza di sintomi e aumento delle dimensioni della prostata, sebbene i benefici siano ritenuti modesti a fronte di numerosi effetti collaterali. Parallelamente, nella medesima categoria i contraccettivi rappreues to e
Q
sentano il 18%, ma la maggior parte dei consumi è a carico del cittadino e quindi non inclusa nei dati qui presentati. La prescrizione di boo k
farmaci progestinici ed estrogeni per la terapia ormonale sostitutiva app arti
e di raloxifene per la prevenzione delle fratture ossee nelle donne in post-menopausa rappresenta appena il 15% dell’intera categoria, ene
mentre le gonadotropine e gli stimolanti dell’ovulazione rappresenta-
zo
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34
Consumo di farmaci: differenze di genere
no solamente l’1%, essendo per lo più distribuite dalle strutture pubbliche e quindi non a carico dell’assistenza territoriale. Il consumo di farmaci antineoplastici risulta maggiore nelle donne in tutte le fasce di età, così come quello di farmaci per il sistema nervoso centrale, principalmente antidepressivi [OsMed, 2008].
Q boo k
ues to e app arti ene zo
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35
Q
boo k
ues to e
app arti
ene
zo
aLo ren
P
ol e n zan i
Sezione 4
Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche F. Franconi, L.I. Ferro
4.1.
Elementi di differenze di genere farmacocinetiche
4.1.1.
Generalità Le differenze biologiche tra i due sessi sono notevoli e possono influenzare i parametri farmacocinetici (Figura 2 e Tabella V) e, aspetto ancora più di rilievo, possono variare in funzione della fase del ciclo mestruale. Ad esempio, il metabolismo ossidativo raggiunge il massimo durante la fase ovulatoria, nella gravidanza e nell’allattamento ed è, per ambedue i generi, funzione delle fasi della vita e dell’età (vedi Paragrafo 4.1.2). La dimensione corporea è un parametro essenziale per calcolare il dosaggio medio di un farmaco, che attualmente è fissato su un maues to e
Q
schio caucasico del peso di 70 kg, evidentemente diverso dal peso medio di una donna [Franconi, 2007]. Considerando che il corpo femboo k
minile pesa mediamente meno e che ha una quantità di tessuto adiposo superiore del 25% rispetto a quello maschile, non meraviglia che le app arti
differenze farmacocinetiche possano essere molto frequenti e variabiene
li. In particolare il grasso varia, anche, in funzione dell’età. Nelle donne
zo
aLo ren P ol e n zan i
37
Farmacologia di Genere
Figura 2. Differenze biologiche che influenzano l’assorbimento, la distribuzione e l’eliminazione dei farmaci
in età fertile è pari a circa il 33% del peso corporeo e aumenta fino al 48% dopo la menopausa, mentre negli uomini il valore passa dal 18% al 36%. Pertanto i farmaci lipofili, come antipsicotici e benzodiazepine, tenderanno ad accumularsi nel tessuto adiposo delle donne per ues to e
Q
poi essere rilasciati successivamente. Proprio le donne anziane, in cui come si è detto la massa grassa può raggiungere il 48%, sono però le boo k
meno studiate [Anthony, 2002; Franconi, 2007; Soldin, 2009]. Le differenze dovute alla dimensione e alla composizione corporea app arti
potrebbero ridursi normalizzando la dose per il peso corporeo o per la ene
superficie corporea. Inoltre nelle donne, dopo somministrazione orale
zo
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38
Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche
di medicamenti basici quali le benzodiazepine o gli antidepressivi, l’assorbimento può essere più rapido poiché la minore acidità del succo gastrico nella donna è causa di una minore ionizzazione delle molecole. Si ricorda che il pH gastrico varia in funzione degli ormoni e pertanto varia nel corso del ciclo mensile e in gravidanza [Franconi, 2007].
Enzimi
Differenze uomo-donna
CYP3A4
+ (20-30%) nelle donne
CYP1A2
=
CYP2D6
- nelle donne
CYP2B6
+ nelle donne; poveri metabolizzatori 7% nelle donne e 20% nei maschi
CYP2C9
=
CYP2C19
+ nelle donne cinesi; - nelle donne americane ed ebree; = tra filippini e sauditi; + nei maschi olandesi; - nelle donne svedesi che assumono contraccettivi orali rispetto a quelle che non li usano
CYP2E1
- (30%) nelle donne non fumatrici; = nella popolazione in cui tali enzimi sono indotti dall’etanolo
Tiopurina metil transferasi
+ uomini
Glucuronazione*
+ uomini
Diidropirimidina transferasi
+ uomini =
Catecol-O-metil transferasi°
+ (25%) uomini
boo k
N-acetiltransferasi
ues to e
Q
UDP-glucoronosil transferasi* + uomini
app arti
Tabella V. Differenze biologiche che influenzano il metabolismo dei farmaci
ene
* aumentata dai contraccettivi orali ° metabolizza anche gli estrogeni oltre che le catecolamine; inoltre essa è down-regolata dagli estrogeni
zo
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39
Farmacologia di Genere
Il metabolismo dei farmaci è sessualmente dimorfico (Tabella V) e dipende dal singolo enzima coinvolto. Ad esempio, l’attività del CYP3A4, che metabolizza circa il 50-60% dei farmaci, è maggiore nel sesso femminile e sembra essere modulata dagli estrogeni, dai progestinici e dall’età, poiché è più espressa in età giovanile. Molti farmaci substrati del CYP3A4 mostrano una maggiore clearance nelle donne e tale differenza persiste anche in seguito alla correzione per il peso corporeo. Come conseguenza di ciò i farmaci che sono substrato di tale enzima potrebbero svolgere una minore azione terapeutica. Altre forme di CYP, come la 2D6, sono più attive nel genere maschile, basti pensare ai livelli di flecainide [Doki, 2007]. La presenza di induttori e di inibitori degli enzimi e di polimorfismi genetici impedisce di arrivare a conclusioni generali, per cui diventa necessario studiare ogni singola molecola, considerando addirittura ogni singolo periodo della vita (Paragrafo 4.1.2) [Franconi, 2007]. Si sospetta che i processi d’induzione siano genere-specifici (ad esempio la clearance della teofillina è maggiore nelle donne fumatrici rispetto alle donne non fumatrici) e che l’induzione del CYP1A2 sia superiore nelle femmine (200%) rispetto ai maschi (137%) [Franconi, 2007]. Inoltre, è bene tenere in considerazione il fatto che gli enzimi del citocromo P450 sono presenti in molti organi e che il metabolismo dei farmaci potrebbe variare nei singoli organi in funzione del genere. Le differenze di genere nel metabolismo possono dipendere anche dall’etnia del soggetto (Tabella V). ues to e
Q
Le differenze di genere coinvolgono anche le reazioni di fase II, essendo la glucuronazione maggiore negli uomini che nelle donne. Ad boo k
esempio il rapporto della clearance uomo/donna per le benzodiazepiapp arti
ne che vengono metabolizzate solo con la glucuronazione è approssimativamente di 1,5:1. Tale processo è poi maggiore in donne che fanene
no uso di contraccettivi orali. Anche l’attività glucurontransferasica è
zo
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40
Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche
superiore negli uomini rispetto alle donne, ed è per questo che la clearance di paracetamolo è più elevata (22%) nel sesso maschile. Anche in questo caso si osserva che la glucuronazione di paracetamolo è maggiore nelle donne che fanno uso di contraccettivi orali. I processi di solfatazione, invece, non divergono [Franconi, 2007]. Inoltre nella donna la glicoproteina P è meno espressa rispetto all’uomo e questo può determinare una variazione dei parametri farmacocinetici. Le differenze farmacocinetiche riguardano anche l’escrezione renale: i processi di filtrazione glomerulare sono infatti influenzati dal peso ma, anche dopo la sua correzione, la velocità di filtrazione è minore del 10% nelle donne rispetto agli uomini [Franconi, 2007]. A questo si attribuisce, ad esempio, la differente clearance di digossina e di metrotrexato che risultano essere inferiori del 12-14% e del 17%, rispettivamente, nella femmina rispetto al maschio. Poco si sa in merito alle differenze di genere a livello dei trasportatori renali e di altri organi, ma i pochi lavori sull’argomento sembrano suggerire differenze anche a questo livello [Franconi, 2007]. Molte donne, durante l’arco della loro vita, sono trattate con associazioni estro-progestiniche, per cui diventa indispensabile conoscere le interazioni a livello metabolico tra queste associazioni e altri medicinali. Questo perché gli ormoni possono influenzare il metabolismo di farmaci o, viceversa, il metabolismo degli ormoni può essere influenzato dalla contemporanea assunzione di altri medicinali. Come già evidenziato in precedenza le associazioni estro-progestiniche posso-
4.1.2.
boo k
ues to e
Q
no interagire con gli enzimi sia di fase I sia di fase II.
Gravidanza e farmacocinetica
app arti
Nel corso della gravidanza nella donna avvengono numerosi e draene
stici cambiamenti fisiologici che possono far variare alcune proprietà
zo
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41
Farmacologia di Genere
farmacocinetiche. L’assorbimento dei farmaci utilizzati per via orale può essere modificato da sintomi quali nausea e vomito, comuni nei primi mesi di gravidanza, oppure dai cambiamenti ormonali che producono un rallentamento dello svuotamento gastrico e del transito intestinale [Legato, 2004]. Dal secondo trimestre di gravidanza anche l’assorbimento dei farmaci utilizzati per via inalatoria (aerosol) può incrementare per aumento del flusso polmonare. È stato ad esempio riscontrato che alcuni anestetici inalatori (alotano, isoflurano, metossiflurano) in gravidanza sono attivi a dosi inferiori rispetto a quelle comunemente utilizzate. La distribuzione dei farmaci può subire delle variazioni anche in relazione all’aumento progressivo del volume plasmatico ed extraplasmatico e del peso corporeo nel corso della gravidanza, oppure in
Enzimi
Secondo trimestre
Terzo trimestre
CYP1A2
- 33%
- 50%
- 65%
CYP1A6
ND
+ 54%
+ 54%
CYP2C9
=
=
+ 20%
CYP2C19
ND
- 50%
- 50%
CYP2D6
ND
ND
+ 50%
CYP3A4
ND
ND
+ 50-100%
UGT1A4
+ 200%
+ 200%
+ 300%
UGT287
ND
ND
Renale
+ 20-65%
+ 20-65%
boo k
ues to e
Q
Primo trimestre
app arti
Tabella VI. Variazione (%) degli enzimi e della funzione renale durante la gravidanza. I dati sono tratti da [Anderson, 2005; Franconi, 2007] ene
ND = non disponibili
zo
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42
+ 50-200% + 20-65%
Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche
relazione alla diminuzione del legame con le proteine dovuto a una diminuzione delle albumine. Contemporaneamente si assiste anche a un aumento del flusso renale con conseguente aumento dell’eliminazione dei farmaci, specialmente di quelli che vengono eliminati immodificati [Anderson, 2005]. Il metabolismo di alcuni farmaci è maggiore durante la gravidanza (Tabella VI). Farmaci metabolizzati dal CYP2D6 (fluoxetina, citalopram, ecc.), dal CYP2A6 (nicotina, ecc.), e dal CYP3A4 (ad esempio, inibitori delle proteasi, ecc.) presentano livelli ematici sostanzialmente inferiori verso la fine della gravidanza. L’attività del CYP1A2 è significativamente ridotta in tutti i periodi della gravidanza rispetto al periodo post-partum [Anderson, 2005; Franconi, 2007; Pavek, 2009] . Accanto alle variazioni metaboliche osservate nella madre bisogna considerare che la placenta è un organo che possiede gli enzimi per metabolizzare i farmaci e ciò può assumere un grande rilievo. Queste brevi considerazioni indicano che è necessario conoscere i vantaggi in termini di efficacia e sicurezza per la madre senza dimenticare gli eventuali effetti tossici verso l’embrione e il feto, inclusi quelli tardivi, e che la problematica farmaci e gravidanza deve considerare sia la madre che il/la bambino/a.
boo k
ues to e
Elementi di differenze di genere farmacodinamiche
Q
4.2.
Purtroppo la ricerca farmacologica che prende in considerazione app arti
il genere si è focalizzata prevalentemente sulle differenze farmacociene
netiche mentre, fino ad oggi, le differenze farmacodinamiche hanno
zo
aLo ren P ol e n zan i
43
Farmacologia di Genere
ricevuto una scarsa attenzione anche perché più difficili da studiare. Concretamente, questo fa sì che esse appaiano meno frequenti rispetto a quelle farmacocinetiche [Franconi, 2007]. Tuttavia numerose evidenze ne stanno dimostrando rapidamente la presenza tanto che esse risultano più comuni e rilevanti rispetto a quanto si fosse finora ritenuto. Le differenze farmacodinamiche possono dipendere da meccanismi mediati dagli ormoni sessuali che, fra l’altro, si comportano da fattori di trascrizione, regolando così l’attività di numerosi geni in diversi tessuti, anche non legati alla riproduzione. I recettori ormonali sono, infatti, presenti su ossa, vasi, cervello, fegato e altri organi e tessuti. Tuttavia non bisogna dimenticare che gli ormoni sessuali agiscono anche attraverso recettori di membrana che mediano le loro azioni rapide senza l’intermezzo di un’attivazione genica. Gli estrogeni, ad esempio, interagiscono con il recettore GPR30 che ha la struttura dei recettori a proteine G e il recettore ER-X, principalmente attivato dall’alfa-estradiolo, che può attivare numerose chinasi e modulare il calcio intracellulare. Invece, interagendo con i propri recettori endocellulari, gli estrogeni attivano meccanismi di regolazione genica codificando proteine associate alla risposta infiammatoria (ciclo-ossigenasi II, ecc.), alla trasduzione del segnale, al citoscheletro e allo stress ossidativo nonché ai sistemi di regolazione del destino cellulare [Malorni, 2007; Maselli, 2009]. Come precedentemente detto, gli ormoni sessuali controllano ues to e
Q
anche lo stato redox cellulare le cui variazioni sono coinvolte nell’eziopatogenesi di malattie come l’aterosclerosi, l’ischemia, l’ipertensioboo k
ne, il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson, il cancro, il diabete app arti
mellito e, infine, le patologie con forte componente infiammatoria. Ciò implica che le differenze di genere legate alla regolazione dello stato ene
redox siano molto importanti, poiché la ricerca più recente ha evi-
zo
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44
Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche
denziato che le specie reattive dell’ossigeno sono molecole segnale che partecipano integralmente anche al signalling mediato dall’angiotensina II, dall’insulina e dal Tumor Necrosis Factor alfa (TNF alfa) [Malorni, 2007]. Anche i meccanismi di controllo del dolore, della memoria, dell’apprendimento e di numerose altre funzioni possono essere regolati dagli ormoni sessuali. Gli steroidi, ad esempio, controllano le funzioni sopra elencate attraverso la modulazione dei recettori degli oppioidi, della glicina, del GABA e del glutammato [Li W, 2007; Jiang, 2009]. Alcuni derivati del progesterone, i cosiddetti neurosteroidi, svolgono un ruolo chiave nelle attività promosse dall’attivazione dei recettori GABA-A e, quindi, anche sul tono dell’umore, sull’ansia, sulle convulsioni, ecc. [Mostallino, 2009]. Gli androgeni, invece, controllano la Na+/K+ ATPasi, le protein-chinasi A/C e le MAP-chinasi [Boonyaratanakornkit, 2008]. Inoltre gli estrogeni, gli androgeni e il progesterone modulano i canali ionici, inclusi quelli voltaggio-dipendenti del calcio, con importanti conseguenze a livello cardiaco e neuronale [Furukawa, 2007] e ciò è mediato dai recettori di membrana ed endocellulari. Queste brevi considerazioni rendono immediatamente comprensibile quanto siano numerosi i bersagli farmacologici controllati o influenzati dagli ormoni sessuali. È evidente che le modificazioni ormono-dipendenti hanno un’alta probabilità di essere età-dipendenti e ciclo-specifiche, essendo condizionate anche dalla gravidanza e dal puerperio. Durante la gravidanza, infatti, la concentrazione ues to e
Q
dei neurosteroidi è particolarmente elevata poiché sia la placenta sia il feto contengono gli enzimi responsabili della loro sintesi che, almeboo k
no in gravidanza, sembrano essere regolati dagli estrogeni [Mostalliapp arti
no, 2009].
In passato si è ritenuto che le differenze sessuali dipendessero ene
quasi esclusivamente dagli ormoni, ma la scoperta che alcuni geni a
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45
Farmacologia di Genere
livello celebrale sono sessualmente dimorfi già prima dello sviluppo delle gonadi suggerisce che anche i fattori genici giochino un ruolo determinante sul sesso. D’altra parte è ben noto che la cellula femminile è caratterizzata dalla presenza di due cromosomi X con più di mille geni, mentre quella maschile presenta un cromosoma X e un cromosoma Y che contiene circa 140 geni. Per compensare la presenza del doppio cromosoma X nella femmina viene inattivato durante lo sviluppo dell’embrione il cromosoma X paterno o materno in tutte le cellule somatiche. Questo fa sì che i geni del cromosoma X (X-linked imprinted genes) di origine materna siano più espressi nei maschi, mentre nelle femmine sono presenti anche quelli di origine paterna [Gabory, 2009]. Nei mammiferi il processo di silenziamento non sempre è perfetto per cui alcuni geni possono sfuggire a questo meccanismo e, di conseguenza, essere più espressi nel sesso femminile, determinando risposte sessualmente dimorfiche. In effetti alcuni geni risultano anche diversamente espressi sui cromosomi autosomici nei due sessi e possono contribuire a una differente risposta ai farmaci [Zhang, 2007]. Come già accennato, sia l’ambiente esterno sia quello interno, e quindi l’epigenetica, possono influenzare in maniera genere-specifica l’attività di regolazione dei geni anche in età molto precoce. Inoltre, per individuare le differenze farmacodinamiche sarebbe necessario impiegare modelli di malattia che siano trasferibili all’uomo, ma ciò non sempre accade. Ad esempio la mortalità per infarto ues to e
Q
del miocardio nei topi maschi è maggiore, circa il 60%, rispetto alle femmine, caratteristica che permette di evidenziare più facilmente gli boo k
effetti dei principi attivi sperimentati in fase pre-clinica [Brown, 2005]. app arti
Purtroppo, però, un principio attivo che dimostrasse di ridurre la mortalità del 30%, in tali modelli, potrebbe non avere un effetto statisticaene
mente significativo nelle femmine. Problematiche simili si riscontrano
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46
Elementi di differenze di genere farmacocinetiche e farmacodinamiche
nei modelli di scompenso cardiaco [Kadokami, 2000] e in altre aree della medicina come la diabetologia [Franconi, 2008]. Ad esempio, proprio in quest’ultimo campo si osserva che, mentre nei modelli il diabete mellito di tipo 2 si presenta con prevalenza e gravità maggiori nei maschi, nella pratica clinica questi dati non trovano riscontro. Dalle precedenti osservazioni emerge chiaramente la reale possibilità che le differenze di genere di tipo farmacodinamico siano difficili da studiare sia in fase pre-clinica sia clinica. è tuttavia necessario fare uno sforzo per trovare le migliori condizioni possibili per studiarle perché, in assenza di studi puntuali, si può incorrere nell’inappropriatezza prescrittiva. Un recente studio svedese, condotto su donne e uomini anziani, ha evidenziato che circa il 25% delle donne riceve una terapia non appropriata, percentuale che scende al 19% nel caso degli uomini anziani [Johnell, 2009]. Questo divario, senz’altro rilevante, lascia intendere, ancora una volta, quanto sia necessario approfondire le conoscenze di genere utilizzandole nella modulazione degli approcci terapeutici e sanitari.
Q boo k
ues to e app arti ene zo
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boo k
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Sezione 5
Elementi di farmacoterapia di genere F. Franconi, S. Canu, L.I. Ferro, A.M. Giammarioli, R. Chessa, S. Montilla, S. Vella
In questa Sezione verranno presentate e analizzate le principali evidenze scientifiche che hanno dimostrato la presenza di alcune differenze di genere di natura farmacocinetica oppure farmacodinamica nelle classi di farmaci di più largo impiego. Per gli aspetti farmacologici classici si rimanda ai principali testi di riferimento. Siamo inoltre perfettamente consapevoli di poter dare solo alcuni elementi di base, soprattutto in considerazione del fatto che molto spesso la scarsità dei dati non permette di tracciare nessuna conclusione definitiva e che l’area di ricerca della farmacologia di genere è in piena evoluzione e richiede ancora numerosi aggiustamenti metodologici.
5.1.
Farmaci per le malattie cardiovascolari Q ues to e
Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte sia per le boo k
donne sia per gli uomini. Negli ultimi decenni la mortalità nelle donne per malattie cardiovascolari ha subìto un progressivo incremento, app arti
contrariamente a quanto è avvenuto negli uomini [Legato, 2004]. Ciò ene
dipende da una serie di numerosi fattori come il cambiamento sociale
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49
Farmacologia di Genere
del ruolo della donna, la maggiore obesità, il maggior uso di tabacco, l’allungamento dell’aspettativa di vita [Legato, 2004]. Anche in questo settore le donne sono tuttora sottorappresentate negli studi clinici. Infatti da uno studio che ha preso in esame 30 revisioni sistematiche sulle malattie cardiovascolari è emerso che le donne rappresentano appena il 27% dei soggetti arruolati e che solo nel 33% degli studi i dati sono stati esaminati per genere [Yang, 2009]. Eppure, come sostiene Marianne Legato, una delle madri della gender medicine, il sistema cardiovascolare è l’apparato in cui le differenze di genere sono maggiormente evidenti [Legato, 2004]; a nostro avviso, questo potrebbe anche dipendere dal fatto che esso è uno dei più studiati per quanto riguarda il genere.
5.1.1.
Beta-bloccanti Questa classe di farmaci ha rappresentato e rappresenta una pietra miliare nella terapia farmacologica delle malattie cardiovascolari. Nonostante le evidenze sperimentali indichino che l’espressione dei recettori beta1-adrenergici sia estrogeno-regolata (nel caso di carenza estrogenica si ha una maggiore espressione dei recettori), i beta-bloccanti sono stati poco studiati e sperimentati nelle donne e perciò non sappiamo se esistono eventuali differenze di natura farmacodinamica nella risposta ai beta-antagonisti [Jochmann, 2005]. Relativamente alla farmacodinamica, è stata recentemente segnalata una suggeues to e
Q
stiva differenza di genere legata a un polimorfismo del gene GRK4 (G-protein-coupled Receptor Kinase 4) responsabile della fosforilazioboo k
ne e/o desensitizzazione del recettore beta-adrenergico [Bhatnagar, app arti
2009]. Questo polimorfismo sembra responsabile della conservazione dell’azione antipertensiva di metoprololo nelle donne e della corriene
spettiva perdita di tale azione negli uomini.
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Elementi di farmacoterapia di genere
Beta-bloccante Riferimento
Caratteristiche
Differenze farmacocinetiche
Acebutololo
[Dubois, 1982]
Selettivo beta1 Non substrato dei CYP
AUC più ampia nella donna
Atenololo
[Hebert, 2005]
Selettivo beta1 Non substrato dei CYP
Vd minore nelle donne
Metoprololo
[Jochmann, Selettivo beta1 2005] Substrato del CYP2D6
Vd e clearance minori nelle donne, livelli plasmatici aumentati del 100% e oltre con CO
[Högstedt, 1983]
In gravidanza: diminuzione della biodisponibilità e aumento della clearance
Propranololo
[Smith, 1983]
Non selettivo Substrato del CYP2D6
Nelle donne, la clearance orale, ma non sistemica, è ridotta con aumento dei livelli plasmatici dell’80% circa
Tabella VII. Esempi di differenze di genere nella farmacocinetica di alcuni betabloccanti AUC = area sotto la curva concentrazione-tempo; CO = contraccettivi orali; Vd = volume di distribuzione
D’altra parte sono da tempo note le differenze nella farmacocinetica di alcuni principi attivi appartenenti a questa categoria (Tabella VII). In linea generale, le donne presentano livelli plasmatici più alti di meues to e
Q
toprololo (circa il 100%) e di propranololo (circa l’80%). Ciò produrrebbe una più marcata diminuzione della frequenza cardiaca e della pressioboo k
ne sistolica nelle donne in trattamento con alcuni beta-bloccanti [Jochapp arti
mann, 2005], mentre minori differenze si riscontrano per i beta-bloccanti che utilizzano altre vie metaboliche. Per quanto riguarda la ene
prevenzione secondaria dell’infarto del miocardio, l’uso dei beta-bloc-
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Farmacologia di Genere
canti quando si considera la variabile genere produce dati contraddittori. È plausibile che tali contraddizioni possano derivare dal basso arruolamento delle donne che impedisce di raggiungere un potere statistico sufficiente per arrivare a conclusioni certe. Ciò nonostante, i risultati di una metanalisi, che ha incluso cinque studi dove gli uomini sono stati rappresentati in numero circa quattro volte superiore alle donne, indicano che metoprololo avrebbe effetti comparabili fra uomo e donna [Jochmann, 2005]. Inoltre metoprololo sembra avere un’efficacia maggiore nei soggetti maschili affetti da angina da stress piuttosto che nei soggetti di genere femminile [Cocco, 2006]. Recentemente è stato suggerito che l’uso dei beta-bloccanti nei pazienti sottoposti a chirurgia cardiovascolare possa migliorare gli esiti nella popolazione maschile, ma non in quella femminile che, invece, può perfino incorrere in esiti peggiori a causa dell’insorgenza di scompenso cardiaco [Matyal, 2008]. Nello scompenso cardiaco, dove ancora una volta i trial clinici hanno arruolato poche donne (Tabella VIII), alcuni studi evidenziano che carvedilolo aumenta la sopravvivenza delle donne reclutate. Tuttavia in uno studio successivo, denominato COPERNICUS, è emerso che il trattamento con carvedilolo riduce solo l’endpoint combinato mortalità-ospedalizzazione soprattutto per riduzione dell’ospedalizzazione. Anche con metoprololo e bisoprololo sono stati ottenuti risultati analoghi. D’altra parte, una metanalisi che ha incluso anche gli studi citati, seppur con i limiti dovuti allo scarso numero di donne (Tabella VIII) e al fatto che le donne arruolate avevano un’età superiore rispetto agli ues to e
Q
uomini e presentavano uno stato di malattia maggiore, è giunta alla conclusione che il trattamento con beta-bloccanti produce una lieve, boo k
ma significativa riduzione della mortalità delle donne. app arti
Per quanto riguarda l’ipertensione arteriosa, a parità di risposta in termini di pressione, le donne mostrano, rispetto agli uomini, una ene
maggiore ipertrofia ventricolare [Fan, 2008; Gerdts, 2008].
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Elementi di farmacoterapia di genere
Studio
Riferimento
Donne (%)
Farmaci
[Taylor, 2006]
40
Idralazina-isosorbide
BEST
[Ghali, 2003]
22
Bucindololo
CARE-HF
[Cleland, 2001]
26
Digossina + diuretico + prazosina vs digossina + diuretico, idralazina + isosorbide
CHARM-low LVEF [Young, 2004]
26
Candesartan
CIBIS II
[Simon, 2001]
19
Bisoprololo
CONSENSUS
[The CONSENSUS Trial Study Group, 1987]
30
Enalapril
COPERNICUS
[Packer, 2001]
20
Carvedilolo
DIG
[The Digitalis Investigation Group, 1997]
22
Digossina
ELITE-II
[Pitt, 2000]
31
Losartan
EPHESUS
[Pitt, 2001]
29
Eplerenone
MERIT-HF
[Ghali, 2002]
23
Metoprololo
RALES
[Pitt, 1995]
27
Spironolattone
SCD HeFT
[Bardy, 2005]
23
Amiodarone
U.S. Carvedilol
[Packer, 1996]
23
Carvedilolo
TRACE
[Køber, 1995]
29
Trandolapril
Val-HeFT
[Cohn, 2001]
20
Valsartan
V-HeFT I
[Cohn, 1991]
0
boo k
ues to e
Q
A-HeFT
Isosorbide + idralazina
app arti
ene
Tabella VIII. Percentuale di donne arruolate in alcuni studi clinici per lo scompenso cardiaco e farmaci analizzati
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53
Farmacologia di Genere
In conclusione potremmo dire, considerate tutte le limitazioni più volte accennate, che i beta-bloccanti sembrano meno attivi nelle donne rispetto agli uomini [Jochmann, 2005].
5.1.2.
Farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina-aldosterone Il sistema renina-angiotensina è sessualmente dimorfo (Figura 3) e la sua attività nella donna dipende dalla specifica fase del ciclo vitale, mostrando di essere più elevata dopo la menopausa [Jochmann, 2005]. È
Q boo k
ues to e app arti
ene
Figura 3. Alcuni effetti degli estrogeni e del testosterone sul sistema reninaangiotensina
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54
Elementi di farmacoterapia di genere
quindi probabile che, tenendo in considerazione le differenze fisiologiche, anche le risposte ai farmaci che agiscono su questo sistema possano essere diverse nei due generi. I farmaci che riducono l’attività di questo sistema sono ampiamente utilizzati nella terapia cardiovascolare e, quindi, meritano un esame orientato sulla variabile del genere.
5.1.3.
Inibitori dell’enzima di conversione (ACE-inibitori) I farmaci in grado di inibire l’enzima di conversione dell’angiotensina sono numerosi, tuttavia sono state osservate poche differenze farmacocinetiche di genere in questa classe di composti. Non vi sono, infatti, differenze per captopril e lisinopril, mentre per ramipril è stata evidenziata una maggiore biodisponibilità nella donna [Jochmann, 2005]. Anche nel caso degli ACE-inibitori poche donne sono state arruolate negli studi e questo, ancora una volta, non permette di trarre conclusioni definitive. Tuttavia, l’impiego di ramipril in pazienti ad alto rischio cardiaco sembra prevenire la mortalità per eventi coronarici sia nell’uomo sia nella donna (studio HOPE, Tabella IX), mentre con perindopril si conferma il risultato negli uomini, ma non nelle donne, pur osservandosi una lieve risposta positiva, forse perché lo scarso arruolamento, pari al 14,5%, non supporta lo studio con la sufficiente potenza statistica [Jochmann, 2005]. In linea generale, e con le limitazioni dovute alla bassa numerosità ues to e
Q
campionaria, si osserva un’efficacia minore di circa 1,5-2 volte nelle donne rispetto agli uomini e, allo stesso tempo, una maggiore prevaboo k
lenza di alcuni effetti collaterali, come la tosse [Os, 1992; Fan, 2008] e l’edema angioneurotico [Miller, 2006], mentre non sono state riapp arti
scontrate differenze genere-specifiche per quanto riguarda l’orticaria ene
[Jochmann, 2005].
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55
Farmacologia di Genere
Studio
Riferimento
Donne (%)
Farmaci
AASK
[Wright, 2002]
39
Ramipril vs metoprololo o amlodipina
ABCD
[Schrier, 2000]
33
Enalapril vs nisoldipina
ACCESS
[Schrader, 2003]
48
Candesartan vs placebo
ALLHAT
[ALLHAT Officers and Coordinators for the ALLHAT Collaborative Research Group, 2002]
32
Lisinopril vs clortalidone
CAPPP
[The CAPPP Group, 1990]
47
Captopril vs atenololo o metoprololo
CHARM-low LVEF
[Young, 2004]
26
Candesartan
CONSENSUS [The CONSENSUS Trial Study Group, 1987]
30
Enalapril
E-COST
[Suzuki, 2005]
46
Candesartan vs calcio-antagonisti
ELITE-II
[Pitt, 2000]
31
Losartan
EUROPA
[Fox, 2003]
13
Perindopril vs placebo
FACET
[Tatti, 1998]
23
Fosinopril vs amlodipina
HOPE
[Yusuf, 2000]
21
Ramipril vs placebo
IDNT
[Parving, 2001]
JMIC
[Yui, 2004]
24
Imidapril vs nifedipina
MOSES
[Schrader, 2005]
46
Eposartan vs nitrendipina
PROGRESS
[PROGRESS Collaborative Group, 2001]
30
Perindopril vs indapamide
RENAAL
[Parving, 2001]
23
Irbesartan vs placebo
SCOPE
[Trenkwalder, 2005]
23
Candesartan vs tiazidici
Irbesartan vs amlodipina o placebo
31,2
Q
boo k
ues to e
app arti
ene zo
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56
Continua >
Elementi di farmacoterapia di genere
> Segue
Studio
Riferimento
Donne (%)
Farmaci
SOLVD prevention
[The SOLVD Investigators, 1992]
13
Enalapril
SOLVD treatment
[The SOLVD Investigators, 1991]
20
Enalapril
STOP-2
[Hansson, 1999]
67
Enalapril o lisonipril vs diuretici o beta-bloccanti
UKPDS
[UK Prospective Diabetes Study Group, 1998]
46
Captopril vs atenololo
Val-HeFT
[Cohn, 2001]
20
Valsartan
V-HeFT II
[Cohn, 1991]
0
Enalapril vs idralazina-isosorbide dinitrato
VALUE
[Julius, 2004]
38
Valsartan vs amlodipina
Tabella IX. Alcuni studi di prevenzione con bloccanti del recettore dell’angiotensina II (ARB) e ACE-inibitori
Relativamente all’uso di ACE-inibitori nello scompenso cardiaco
ka
(Tabella IX), la maggior parte dei trial clinici ha arruolato, ancora unaQuesto eboo volta, uno scarso numero di donne e ciò non permette un’analisi statistica adeguata, nonostante gli ACE-inibitori siano tra i farmaci più utilizzati. Sono disponibili due metanalisi che suggeriscono un effetto positivo degli ACE-inibitori nelle donne. Nella prima, che ha esaminato 30 studi per un totale di 1.597 donne, viene evidenziata una riduzione della percentuale di mortalità delle pazienti trattate rispetto a quelle non trattate, con valori che si aggirano intorno al 15% [Garg, 1995]. La seconda metanalisi, comprendente 2.373 donne, suggerisce una maggiore efficacia degli ACE-inibitori nelle donne sintomatiche rispet-
57
Farmacologia di Genere
to a quelle asintomatiche [Shekelle, 2003]. Purtroppo entrambe le metanalisi hanno limiti di confidenza superiori a 1 e ciò rende i risultati alquanto incerti.
5.1.4.
Antagonisti dei recettori di tipo 1 dell’angiotensina (ARB) Altro caposaldo della terapia dello scompenso cardiaco e dell’ipertensione arteriosa è rappresentato dagli antagonisti dei recettori di tipo 1 dell’angiotensina, o sartani. Anche per i sartani si registra un basso arruolamento delle donne negli studi clinici e solo per candesartan e valsartan sono stati raccolti dati di genere (Tabella IX). Prima di tutto occorre sottolineare che le differenze farmacocinetiche sono poche e riguardano losartan e telmisartan, che raggiungono concentrazioni plasmatiche doppie nelle donne. Nonostante ciò non sono raccomandate modificazioni nel dosaggio [Jochmann, 2005]. Le donne trattate con losartan, a parità di risposta pressoria, mostrano però un’ipertrofia ventricolare sinistra residua maggiore rispetto ai maschi [Gerdts, 2008]. L’associazione di irbesartan e idroclortiazide (studio INCLUSIVE) evidenzierebbe una diminuzione pressoria maggiore nelle donne rispetto agli uomini, probabilmente dovuta a concentrazioni plasmatiche superiori (11-44%) anche se significative differenze di tipo farmacocinetico non sono state ancora confermate [Saunders, 2008]. In termini di efficacia, la terapia con candesartan o con valsartan riduce l’endpoint combinato sopravvivenza-ospedalizzazione nelle donne [Young, 2004; Cohn, 2001]. Per valsartan nella donna si osserva un particolare effetto collaterale, consistente nell’aumento del desiderio sessuale, che, invece, non è osservato nell’uomo [Fogari, 2004]. In conclusione, è possibile che l’efficacia dei sartani rispetto agli ACE-inibitori sia maggiore nelle donne, come suggerisce anche uno studio canadese [Miller, 2006].
58
ok a
Questo ebo
Elementi di farmacoterapia di genere
5.1.5.
Antagonisti dell’aldosterone Gli antagonisti dell’aldosterone non sembrano presentare differenze farmacocinetiche e farmacodinamiche significative tra uomo e donna, confermando però anche in questa area di studio una percentuale di arruolamento di donne inferiore al 30% [Pitt, 1995; Pitt, 2001] (Tabella VIII, pag. 53). Gli studi disponibili che hanno utilizzato gli antagonisti dell’aldosterone mostrano una riduzione della mortalità nelle donne.
5.1.6.
Calcio-antagonisti Le differenze farmacocinetiche osservate in alcuni calcio-antagonisti sono illustrate nella Tabella X, ma non è ancora sufficientemente chiaro se tali variazioni abbiano rilevanza clinica.
Farmaco
Riferimento
Differenze farmacocinetiche
Verapamil
[Watkins, 1992; Gupta, 1995]
La clearance allo steady state, normalizzata per il peso, è 50% più alta nelle donne, soprattutto se anziane, rispetto agli uomini
Nifedipinanimodipina
[Greenblatt, 2008]
Maggior metabolismo nelle donne
Amlodipina
[Abad-Santos, 2005]
La biodisponibilità è leggermente più alta nelle donne forse a causa del loro peso inferiore
Diltiazem
[Sáenz-Campos, 1995] AUC e Cmax più elevate nei maschi, ma non si raggiunge la significatività statistica
ok a
Questo ebo
Tabella X. Differenze farmacocinetiche di alcuni calcio-antagonisti AUC = area sotto la curva concentrazione-tempo; Cmax = concentrazione massima
59
Farmacologia di Genere
Le differenze farmacodinamiche sono scarse, anche se in uno studio con amlodipina si osserva, dopo aggiustamento della dose per il peso corporeo, una riduzione della pressione arteriosa più pronunciata nelle donne rispetto agli uomini; questo effetto è associato all’uso di contraccettivi orali [Jochmann, 2005]. La scarsità dei dati non permette, tuttavia, nessuna conclusione definitiva. Lo studio VALUE ha dimostrato che amlodipina nelle donne si associa a una maggiore riduzione della pressione arteriosa e degli eventi cardio- e cerebrovascolari in confronto a valsartan [Julius, 2004]; come si vede dalla Tabella IX lo studio arruola solo il 38% di donne. Lo studio ASCOT indica che l’associazione amlodipina/perindopril, in entrambi i sessi, è efficace nel ridurre gli eventi cardiovascolari e l’incidenza di diabete [Dahlöf, 2005].
5.1.7.
Diuretici I diuretici sono molto utilizzati, specialmente negli anziani e soprattutto nelle donne. A causa delle cadute associate alle vertigini, costituiscono la terza causa di effetti avversi negli anziani in comunità e potrebbero essere responsabili di osteoporosi in entrambi i sessi [Lim, 2009]. L’ipopotassemia e l’iponatremia da diuretici sembrano essere più frequenti nelle donne [Widmer, 1995] e i disturbi dell’equilibrio elettrolitico possono portare ad aritmie; pertanto non meraviglia che l’uso cardiaco di furosemide (< 80 mg) sia associato a una maggiore mortalità nelle donne affette da scompenso cardiaco rispetto agli uomini [Cohen, 2004]. Alcuni studi suggeriscono che, per quanto riguarda la pressione arteriosa, sia più difficile nelle donne raggiungere i valori pressori target in confronto agli uomini; tuttavia quando si raggiungono i valori target la riduzione di rischio appare più rilevante nelle donne rispetto
60
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Questo ebo
Elementi di farmacoterapia di genere
agli uomini [Hajjar, 2003; Messerli, 2002; European Society of Hypertension-European Society of Cardiology Guidelines Committee, 2003; MacMahon, 1994; Vasan, 2001]
5.1.8.
Glicosidi digitalici
Le piante medicinali contenenti glicosidi cardioattivi e il loro impiego clinico sono noti sin dagli antichi Egizi. Digossina, in particolare, è stata introdotta nella pratica clinica più di 200 anni or sono, diventando uno dei farmaci più comunemente prescritti per il trattamento dello scompenso cardiaco. Il suo utilizzo, tuttavia, negli ultimi decenni ha registrato una notevole diminuzione almeno in questa indicazione a causa dell’incertezza sulla sua sicurezza ed efficacia. A tale scopo nel 1991 è stato condotto un ampio studio clinico randomizzato, denominato The Digitalis Investigation Group Trial, che ha coinvolto oltre 300 centri negli Stati Uniti e in Canada e ha reclutato circa 8.000 pazienti per chiarire efficacia e tossicità di digossina [The Digitalis Investigation Group, 1997]. Due analisi successive dei dati raccolti dallo studio (post-hoc analysis) hanno evidenziato che la mortalità da digossina aumenta nella donna, ma ka uesto eboo non nell’uomo, in confronto al placebo (hazard ratio pari a 1,23%).Q Tuttavia è bene ricordare che non tutti concordano su questo punto [Domanski, 2005]. Le principali differenze di genere descritte per digossina riguardano la farmacocinetica: nelle donne il farmaco raggiunge livelli ematici maggiori rispetto agli uomini; inoltre il bersaglio dei glicosidi cardioattivi digitalici (la Na+/K+ ATPasi) sembra avere un comportamento sessualmente dimorfico [Jochmann, 2005]. Accanto al sospetto di una minore efficacia nel corso di scompenso, si deve tener conto che digossina provoca un maggior numero di effetti collaterali nelle donne rispetto agli uomini [Aarnoudse, 2007].
61
Farmacologia di Genere
5.1.9.
Antiaritmici In merito ai farmaci antiaritmici sono disponibili solo studi frammentari che impediscono qualsiasi suggerimento di ordine generale. In particolare, flecainide, un bloccante dei canali del sodio utilizzato nelle aritmie sopraventricolari, presenta delle notevoli differenze farmacocinetiche di genere. Negli uomini, infatti, si raggiungono livelli plasmatici inferiori e la conseguenza è che flecainide è più efficace nelle donne [Doki, 2007]. Procainamide nella formulazione ritardo ha una farmacocinetica molto simile fra uomo e donna; tuttavia nelle donne appare opportuno correggere la dose sulla base del peso corporeo [Koup, 1998]. Amiodarone è uno dei farmaci antiaritmici più utilizzati ed è molto efficace nel mantenere il ritmo sinusale in pazienti con fibrillazione atriale. Tuttavia è associato a numerose reazioni avverse (fra l’altro amiodarone è capace d’indurre in maniera genere-specifica la sindrome del QT lungo, per la cui trattazione si rimanda al Paragrafo 6.2.1). Inoltre, nei pazienti con fibrillazione atriale, la bradicardia indotta da amiodarone sembra richiedere inserzione del pacemaker più frequentemente nelle donne che negli uomini, indipendentemente dal peso o dall’indice di massa corporea [Essebag, 2007]. Amiodarone è un farmaco altamente liposolubile ed è caratterizzato da una lunghissima emivita e tende ad accumularsi nei tessuti, specialmente in quello adiposo [Plomp, 1990] che è quantitativamente maggiore nella donna. Nelle donne, inoltre, i livelli ematici risultano essere più elevati rispetto a quelli degli uomini [Plomp, 1990] e ciò potrebbe essere correlato a una maggiore bradicardia. In linea generale, comunque, nonostante le differenze sopra elencate, sembra che l’efficacia terapeutica non presenti significative differenze di genere [Jochmann, 2005].
62
ok a
Questo ebo
Elementi di farmacoterapia di genere
5.1.10. Statine
Il metabolismo dei lipidi presenta delle differenze di genere estremamente rilevanti, tanto che è uno dei pochi settori in cui i valori di riferimento sono differenziati in base al sesso; ciò dipende anche dal
Studio
Riferimento
Farmaco
Donne (%)
Effetto
Commenti
4S
[AA.VV., 1994]
Simvastatina
19
Rischio di eventi Basso coronarici maggiori: potere donne = uomini statistico
CARE
[Sacks, 1996]
Pravastatina
14
< eventi coronarici Basso potere fatali e infarti del miocardio statistico non fatali: 46% nelle donne vs il 20% dell’intera popolazione
LIPID
[Hague, 2003]
Pravastatina
17
Morte per malattia Basso potere coronarica statistico (endpoint primario): ok a Questo ebo donne = uomini
MRC/ BHF Heart Protection Study
[Collins, 2002]
Simvastatina
30
Mortalità ed eventi Basso vascolari fatali o potere non fatali: statistico donne = uomini
PROSPER*
[Shepherd, 2002]
Pravastatina
51
< della mortalità Analisi cardiaca: forse più per sottopronunciata negli gruppo uomini
Tabella XI. Studi condotti con le statine in prevenzione secondaria * non efficace tra i 70 e gli 80 anni e aumento dell’incidenza del carcinoma mammario
63
Farmacologia di Genere
fatto che il metabolismo lipidico è grandemente influenzato dagli ormoni sessuali e quindi anche dalla somministrazione delle associazioni estro-progestiniche [Legato, 2004]. Le variazioni dell’assetto lipidico rappresentano uno dei più importanti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e il suo miglioramento può essere raggiunto attraverso il cambiamento degli stili di vita e la terapia farmacologica. Tra i farmaci ipolipidemizzanti le statine occupano un ruolo di grande rilievo. Nella Tabella XI, relativa ai trial di prevenzione secondaria, è evidenziato ancora una volta che le donne sono sottorappresentate nella maggioranza degli studi: spesso manca l’analisi per sottogruppo e frequentemente non è stata raggiunta la validità statistica. La situazione appare più critica quando si parla di prevenzione primaria [Kendrick, 2007] e alcuni Autori sostengono addirittura che non vi sono evidenze sufficienti a sostenere che le statine riducano il rischio cardiovascolare nelle donne [Walsh, 2004]. Un’altra metanalisi, condotta per valutare l’efficacia delle statine in donne anziane, non giunge a conclusioni così nette e asserisce che le statine possono avere un certo effetto benefico senza però raggiungere l’evidenza scientifica [Ali, 2007]. Un recente studio giapponese comprendente più di 5.000 donne, pari a oltre il 64% dei soggetti arruolati, ha invece evidenziato una buona efficacia nel sesso femminile (Tabella XII) [Mizuno, 2008]. Analogamente The Collaborative Atorvastatin Diabetes Study evidenzia una riduzione degli eventi sia negli uomini sia nelle donne, che rappresentano il 32% degli arruolati [Colhoun, 2004]. Una recente metanalisi che ha incluso circa 70.000 pazienti (di cui il 34% donne, età media = 63 anni), molto eterogenei per livello di rischio, per statina somministrata e per dose, evidenzia in entrambi i sessi un effetto positivo su tutte le cause di morte e sugli eventi cardiovascolari e cerebrali maggiori [Brugts, 2009]. I precedenti risultati sono
64
ok a
Questo ebo
Elementi di farmacoterapia di genere
Studio
Referenza
Farmaco
Pazienti
Donne (%)
AFCAPS/ TexCAPS
[Downs, 1998]
LSV
Con alterazione del quadro lipidico
13*
Donne = uomini
ALLHATLLT
[ALLHAT PRV vs Ipertesi Officers and normale Coordinators terapia for the ALLHAT Collaborative Research Group, 2002]
49
Non si osserva riduzione degli eventi
ASCOTLLA
[Sever, 2003]
ATV vs Ipertesi placebo
9
Nessun effetto nelle donne
Basso n. donne arruolate
ASPEN
[Knopp, 2006]
ATV
Diabetici
38
Nessun effetto
Basso n. donne arruolate
CARDS
[Colhoun, 2004]
ATV
Diabetici
32
Donne = uomini
Basso potere statistico
HPS
[Collins, 2004]
SMV
Ipertesi e ipercolesterolemici
23
Donne = uomini
Basso n. donne arruolate
Jupiter
[Ridker, 2008]
RSV
Senza iperlipidemia, ma PCR alta
38,5
Donne = uomini
Studio Questo ebo con molti problemi
MEGA
[Mizuno, 2008]
PRV
43
Donne = uomini
Solo asiatici
0
Positivi solo Nessuna nell’uomo donna
WOSCOPS [Shepherd, 1995]
PRV
Alterazioni assetto lipidico
Effetti
Commenti Basso potere statistico
ok a
Tabella XII. Alcuni studi condotti con le statine in prevenzione primaria * donne in menopausa ATV = atorvastatina; LSV = lovastatina; PCR = proteina C reattiva; PRV = pravastatina; RSV = rosuvastatina; SMV = simvastatina
65
Farmacologia di Genere
anche confermati da un articolo che comprende gli studi pubblicati fino al gennaio 2008 [Petretta, 2010]. Recentemente Ridker [Ridker, 2008] e Mora [Mora, 2010] hanno evidenziato, analizzando lo studio JUPITER, una certa efficacia di rosuvastatina verso placebo (20 mg per 2 anni) nella prevenzione primaria nelle donne che hanno un profilo di rischio cardiovascolare elevato, sebbene in maniera inferiore rispetto agli uomini. L’inclusione dello studio JUPITER nella metanalisi condotta da Mora suggerisce, a differenza delle precedenti metanalisi, una certa efficacia delle statine in prevenzione. La presenza di dati così contrastanti gli uni dagli altri, anche nelle metanalisi, pone quindi delle incertezze sull’efficacia della terapia con statine in prevenzione primaria (Tabella XII) che invece appaiono assenti nella prevenzione secondaria, sia nelle donne sia negli uomini. Inoltre, risulta particolarmente difficile avere informazioni sulla sicurezza del trattamento in una prospettiva di genere anche perché i dati non sono stati disaggregati per sesso [Rosenberg, 2008]. Le statine sono generalmente considerate farmaci che provocano pochi effetti collaterali, nella maggior parte dei casi lievi e reversibili. Alcuni studi hanno però evidenziato che le donne possono sviluppare più frequentemente miopatia rispetto agli uomini e, oltretutto, non è stata considerata la particolare vulnerabilità femminile ai problemi muscolari [Rosenberg, 2008]. In un piccolo studio condotto su soggetti con ipercolesterolemia familiare che praticavano attività sportiva a livello agonistico, solo il 20% delle donne era in grado di tollerare le statine [Kendrick, 2007]. È doveroso rimarcare il fatto che i medici tendono a sottovalutare gli effetti collaterali da statine e questo atteggiamento influenza anche il paziente che, non adeguatamente informato dal medico, sottostima i sintomi e il peggioramento della qualità della vita [Kendrick, 2007]. D’altra parte è stato calcolato che l’1-5% dei sog-
66
ok a
Questo ebo
Elementi di farmacoterapia di genere
getti che assumono statine soffra di disturbi muscolari (dolore, debolezza, crampi accompagnati da un aumento della creatina chinasi) che possono portare anche al drop-out [Kapur, 2008]. Alcuni Autori sostengono che nella pratica clinica la percentuale di pazienti in trat-
Statina
Riferimento
Enzimi
Atorvastatina [Lennernäs, CYP3A4 (lipofila) 2003]
CT (-)
LDL (-) HDL (+)
TG (-)
Commenti
25/45
26/60
5/13
17/53 Livelli ematici < nelle donne 12/25 Donne = uomini
Fluvastatina (lipofila)
[Scripture, 2001]
CYP2C9
16/27
22/36
3/11
Lovastatina (lipofila)
[Vree, 2003]
CYP3A4
16/34
21/42
2/10
Simvastatina (lipofila)
[Vree, 2003]
CYP3A e CYP2C8
19/36
26/47
8/16
12/34 Beta-idrossiacido*: donne > uomini
Pravastatina (idrofila)
[Pan, 1993]
No 16/25 substrato CYP
22/34
2/12
o 15/24 AUC > negli Questo eb anziani soprattutto se donne
Rosuvastatina [Li Y, 2007] CYP2C19 33/46 (idrofila)
45/63
8/14
10/35 Uomini = donne (asiatici)
6/27
Donne > uomini, beta-idrossiacido*
ok a
Tabella XIII. Confronto fra le diverse statine sui parametri dell’assetto lipidico e sul loro metabolismo * metabolita attivo AUC = area sotto la curva concentrazione-tempo; CT = colesterolo totale; HDL = lipoproteine ad alta densità; LDL = lipoproteine a bassa densità; TG = trigliceridi
67
Farmacologia di Genere
tamento con statine che presentano disturbi a carico dell’apparato muscolare potrebbe anche raggiungere il valore del 33%. Per lovastatina, atorvastatina e simvastatina, statine metabolizzate dall’isoforma microsomiale del citocromo CYP3A4 (Tabella XIII), l’incidenza dei disturbi muscolari sembra essere maggiore e si possono verificare importanti interazioni con alcuni inibitori del citocromo P450, come eritromicina e gli antifungini azolici [Kapur, 2008]. Come illustrato in Tabella XIII, infatti, le singole statine presentano caratteristiche farmacocinetiche molto diverse. Ad esempio, quelle lipofile possono presentare un volume di distribuzione maggiore nelle donne, mentre quelle che sono substrato del CYP3A possono essere metabolizzate più velocemente. Nelle giovani donne, inoltre, è necessario tenere presente un probabile effetto teratogeno, essendo stati evidenziati disturbi neurologici gravi e disturbi agli arti in bambini nati da donne che nel corso della gravidanza avevano assunto statine [Taguchi, 2008]. I dati attualmente a disposizione sulle statine fanno sperare che nel futuro si giunga finalmente a progettare studi in cui le donne siano maggiormente rappresentate e che prevedano l’analisi di genere, in modo tale da individuare la statina e il relativo dosaggio più adatti al trattamento delle donne.
5.1.11. Niacina
Se le statine sono state studiate poco nelle donne, niacina lo è stata ancor meno. Questo fatto rappresenta una grave carenza della ricerca farmacologica, poiché niacina si è rivelata molto efficace nella prevenzione primaria e secondaria negli uomini grazie a effetti di innalzamento dei valori di HDL molto più marcati rispetto ad altri
68
ok a
Questo ebo
Elementi di farmacoterapia di genere
farmaci ipolipidemizzanti presenti sul mercato [Canner, 1986]. In considerazione del fatto che numerosi studi indicano che l’aumento dei livelli di HDL produce effetti particolarmente protettivi, si auspica che la ricerca in merito approfondisca presto questi aspetti e gli effetti della terapia con niacina anche in rapporto al genere.
5.1.12. Fibrati
Questi farmaci riducono i trigliceridi e hanno una qualche efficacia nel ridurre il rischio di eventi in prevenzione secondaria in entrambi i sessi. Lo studio FIELD ha anche dimostrato che nei pazienti in prevenzione primaria fenofibrato riduce gli eventi cardiovascolari nelle donne ma non negli uomini. Questo non meraviglia perché i trigliceridi sono un maggior fattore di rischio nelle donne che non negli uomini [Legato, 2004], supportando il concetto di una diversa importanza delle frazioni lipoproteiche nei due sessi.
5.1.13. Ezetimibe
Ezetimibe è un farmaco relativamente nuovo che inibisce seletti-Questo ebook a vamente, a livello dell’orletto a spazzola della cellula della mucosa dell’intestino tenue, l’assorbimento del colesterolo, di origine sia alimentare sia biliare. Ezetimibe, associato alle statine, riduce maggiormente le LDL in confronto al risultato ottenuto con la sola statina. Per quanto riguarda il genere, non si osservano differenze di efficacia e sicurezza [Bennett, 2004]. Tuttavia l’Australian Adverse Drug Reactions Bulletin, il bollettino di farmacovigilanza australiano, ha segnalato la possibilità che questa molecola sia responsabile di episodi depressivi e questo potrebbe essere particolarmente grave per le donne, nelle
69
Farmacologia di Genere
quali l’incidenza della depressione è maggiore [�������������������� The Adverse Drug Reactions Advisory Committee, 2006].
5.2.
Antiaggreganti, trombolitici e anticoagulanti Le differenze di genere nella prevalenza e nella sintomatologia della trombosi venosa e arteriosa sono state ampiamente descritte [Bailey, 2009]; oltre che nell’uomo questo si verifica anche in alcuni modelli animali [Hamilton, 2004]. Tra i fattori implicati nel fenomeno rammentiamo il diverso pattern della secrezione dell’ormone della crescita, che determina una diversa espressione dei geni responsabili della sintesi delle proteine che regolano i processi di coagulazione [Wong JH, 2008]. La somministrazione dell’ormone della crescita prolunga il tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT) nell’uomo, ma non nella donna [Miljic, 2006]. Nei megacariociti e nelle piastrine sono presenti i recettori degli estrogeni, del progesterone e degli androgeni [Miller, 2008; Khetawat, 2000] e ciò suggerisce che lo stato ormonale possa influenzare il fenotipo dei megacariociti e, di conseguenza, quello piastrinico. Ad esempio le variazioni ormonali che portano alla maturità sessuale diminuiscono l’aggregazione piastrinica nei maschi, ma non nelle femmine [Jayachandran, 2004]. Inoltre sono state descritte altre differenze, come la maggior risposta delle piastrine ottenute dagli uomini agli alfa2-agonisti e alla serotonina, mentre le piastrine ottenute dalle donne hanno un minor numero di glicoproteina IIb/IIIa [Bailey 2009]. La conferma dell’importanza degli ormoni sessuali femminili sull’attività delle piastrine deriva anche dal fatto che questa varia nel corso del ciclo mestruale [Suzuki, 1995] e in gravidanza [Hayashi, 1999] e che il testosterone riduce l’attivazione
70
ok a
Questo ebo
Elementi di farmacoterapia di genere
piastrinica. Queste differenze biologiche possono influenzare l’azione dei farmaci che interferiscono con questa importante funzione.
5.2.1.
Acido acetilsalicilico L’acido acetilsalicilico (ASA) è il farmaco più usato nella terapia antiaggregante. Sebbene nella storia della medicina le virtù terapeutiche dell’acido salicilico si trovino citate già nel Papiro di Ebers, la raccolta egizia di testi di medicina e ricette terapeutiche risalenti al 1550 a.C. circa, il relativo meccanismo d’azione è stato identificato soltanto nella seconda metà del secolo scorso. Il bersaglio dell’acido acetilsalicilico sono le ciclossigenasi (COX), che acetila irreversibilmente. La COX2, costitutivamente espressa sull’endotelio e nelle piastrine molto giovani, una volta acetilata produce l’acido 15(R)-idrossieicosatetraenoico (15R-HETE), acido grasso polinsaturo che agisce soprattutto come inibitore del traffico e dell’attivazione dei leucociti. Il 15R-HETE, attraverso la lipossigenasi dei leucociti, viene trasformato nella 15-epilipossina A4, provvista di attività antinfiammatoria molto marcata. I meccanismi appena descritti mostrano una specificità di genere [Chiang, 2006]. Infatti nelle donne si osserva una correlazione positiva tra età e produ-
ok a
Questo ebo
zione di lipossina che non si osserva, invece, nel maschio, dove si registra perfino il fenomeno inverso. L’acetilazione della COX1 piastrinica porta a riduzione della produzione di trombossano. I livelli plasmatici e la biodisponibilità dell’acido acetilsalicilico e dell’acido salicilico sono significativamente più alti nelle donne di tut-
te le età rispetto agli uomini, anche dopo normalizzazione per il peso corporeo standard. Questo si associa al fatto che il principale enzima coinvolto nel metabolismo di ASA è generalmente inferiore nelle donne rispetto agli uomini [Franconi, 2007]. I livelli dei prodotti coniugati, sia con la glicina sia con l’acido glucuronico, sono più elevati negli uo-
71
Farmacologia di Genere
mini, soprattutto se confrontati con donne facenti uso di associazioni estro-progestiniche [Franconi, 2007]. Nella comunità scientifica è argomento di ampia discussione se queste differenze possano avere un risvolto nella pratica clinica. L’efficacia di ASA nella prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari è fuori da ogni dubbio ed è ampiamente dimostrata, mentre si discute della sua efficacia nella prevenzione primaria, indicazione peraltro non riconosciuta in alcuni Paesi europei e negli Stati Uniti. Gli studi di prevenzione primaria sono riassunti in Tabella XIV: i primi tre hanno arruolato esclusivamente soggetti di sesso maschile e non sono utilizzabili per analizzare il parallelo impiego nelle donne; due di essi evidenziano una diminuzione del rischio di infarto del miocardio senza una corrispondente riduzione di mortalità, mentre nel British Doctor’s Trial non viene mostrato nessun effetto positivo del tratta-
Studio
Riferimento
Soggetti
% donne
Physician’s [Steering Health Study Committee of Group the Physicians’ Health Study Research Group, 1989]
Soggetti: sani (22.071) Età: 40-85 Durata dello studio: 5 anni Doppio cieco Dose: 325 mg/die Placebo: sì Terapia addizionale: betacarotene Livello di qualità: buono
0
British [Peto, 1988] Doctor’s Trial
Soggetti: sani (5.139) Durata dello studio: 5 anni Open-label Dose: 500 mg/die Placebo: no Livello di qualità: sufficiente
0
Continua >
72
ok a
Questo ebo
Elementi di farmacoterapia di genere
> Segue
Studio
Riferimento
Thrombosis Prevention Trial
[The Medical Research Council’s General Practice Research Framework, 1998]
Soggetti
% donne
Soggetti: ad alto rischio di malattia coronarica (5.085) Durata dello studio: 6,8 anni Doppio cieco Dose: 75 mg/die Placebo: sì Terapia addizionale: warfarin Livello di qualità: buono
0
Hypertension [Hansson, 1998] Optimal Treatment
Soggetti: con pressione arteriosa diastolica tra 100-115 mmHg (18.790) Durata dello studio: 3,8 anni Doppio cieco Dose: 75 mg/die Placebo: sì Terapia addizionale: felodipina con o senza ACE-inibitori e beta-bloccanti Livello di qualità: buono
47
Primary Prevention Project
Soggetti: con almeno un fattore di rischio per malattie cardiovascolari (4.495) Durata dello studio: 3,8 anni In aperto Dose: 100 mg/die Placebo: no Terapia addizionale: vitamina E Livello di qualità: sufficiente
57
Soggetti: femmine sane (39.876) Durata dello studio: 10,1 anni Doppio cieco Dose: 100 mg/die Placebo: sì Terapia addizionale: vitamina E e carotene (quest’ultimo sospeso dopo 2,2 anni) Livello di qualità: buono
100
[de Gaetano, 2001]
Women’s [Ridker, 2005] Health Study
ok a
Questo ebo
Tabella XIV. Studi sul trattamento con ASA in prevenzione primaria
73
Farmacologia di Genere
mento. Nei due studi che hanno arruolato pazienti ad alto rischio si riscontrano risultati positivi. La successiva metanalisi [Hayden, 2002] conferma che ASA riduce il rischio per l’endpoint combinato infarto del miocardio non fatale e malattie cardiache fatali; tuttavia si assiste a un aumento statisticamente significativo delle emorragie cerebrali e gastrointestinali. Nel 2005 è stato pubblicato un lavoro che ha arruolato solamente donne e ha evidenziato la riduzione di eventi ischemici cerebrali soprattutto nelle ex-fumatrici e nelle donne anziane [Ridker, 2005] (Tabella XIV). Gli studi descritti in Tabella XIV sono stati analizzati in una metanalisi del 2006, dedicata specificamente al genere, dalla quale è emerso che che l’uso di ASA riduce significativamente il rischio di ictus (17%) senza ridurre in maniera significativa l’infarto del miocardio e la mortalità nelle donne [������������������������������������������� Berger, 2006]������������������������������ . Negli uomini, invece, si osserva una riduzione significativa dell’infarto del miocardio (32%), ma non si osserva una riduzione dell’infarto cerebrale e della mortalità cardiovascolare. La metanalisi ha inoltre evidenziato che è necessario trattare 330 donne per ottenere una diminuzione del rischio pari a 4 eventi su 1.000 trattati, mentre bisogna trattare 270 uomini per ottenere una diminuzione di 4 eventi su 1.000 trattati. Le emorragie, invece, sono state registrate più frequentemente negli uomini: infatti è necessario trattare 400 donne contro 303 uomini per 6,4 anni affinché si verifichi un evento emorragico maggiore. Nel marzo 2009 è apparso un aggiornamento delle linee guida prodotte dalla Preventive Services Task Force degli Stati Uniti, che ha assegnato all’uso di ASA negli uomini di età compresa tra i 45 e i 79 anni il massimo livello di raccomandazione affermando che il rapporto rischio/beneficio è favorevole alla riduzione del rischio di infarto rispetto al potenziale rischio emorragico [US Preventive Servi-
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Questo ebo
Elementi di farmacoterapia di genere
ces Task Force, 2009]. Per quanto riguarda le donne, le stesse linee guida recitano che l’uso è consigliabile se esse hanno un età compresa tra i 55 e i 79 anni e se il rischio di eventi cerebrali calcolato sulla coesistenza di altri fattori di rischio (età, diabete, ipertensione, fumo, fibrillazione atriale, ipertrofia ventricolare sinistra) supera quello emorragico. Per entrambi i sessi non ci sono evidenze di benefici dopo gli 80 anni di età. In seguito è stata pubblicata sulla rivista Lancet un’altra metanalisi che ha incluso gli studi elencati in Tabella XIV, dove i pazienti sono stati considerati singolarmente per caratterizzare il rapporto rischio/ beneficio nei sottogruppi ottenuti dalla categorizzazione del livello di rischio cardiovascolare [Antithrombotic Trialists’ Collaboration, 2009]. Purtroppo i dati della metanalisi non sono stati disaggregati per il sesso, ma è emerso che per evitare un evento cardiovascolare bisogna trattare 1.500 pazienti e che il trattamento con ASA ha mostrato di ridurre solamente il rischio di infarto del miocardio non fatale. Le emorragie intra- ed extra-craniche sono risultate aumentate. Infine nel 2009 alla Società Europea di Cardiologia sono stati riportati i risultati di uno studio che ha arruolato prevalentemente donne
ok a
Questo ebo
(70%) e in cui ASA non ha mostrato nessun effetto positivo rispetto al placebo, ma ha aumentato il rischio di sanguinamento. Tuttavia il numero di pazienti arruolati era molto esiguo, circa 3.400 soggetti, e includeva anche le malattie venose periferiche che non erano incluse negli altri studi.
In conclusione rimane un problema ancora irrisolto se l’acido acetilsalicilico sia efficace nella prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari, soprattutto quantificandone il rapporto rischio/beneficio e la sostanzialità degli effetti distinguendo tra donne e uomini.
75
Farmacologia di Genere
5.2.2.
Inibitori dei recettori purinergici Negli scorsi anni sono state sviluppate numerose molecole che inibiscono irreversibilmente il recettore piastrinico P2Y12. I farmaci dotati di questo meccanismo d’azione attualmente in commercio sono ticlopidina, clopidogrel e prasugrel. Essi sembrano avere la stessa efficacia clinica negli uomini e nelle donne [Bailey 2009]; forse le donne presentano una maggior suscettibilità al sanguinamento [Michelson, 2008].
5.2.3.
Eparina ed eparine a basso peso molecolare Eparina è un anticoagulante che viene utilizzato da più di 80 anni. Durante la terapia con eparina si osserva una serie di effetti collaterali quali sanguinamento, osteoporosi, alopecia, porpora trombocitopenica e lesioni cutanee. Fino dal 1980 è noto che le donne sono più a rischio di sanguinamento se sottoposte a terapia eparinica [Walker, 1980]. Essere donna comporta una maggiore frequenza di porpora trombocitopenica, una patologia a base immunitaria più spesso indotta da eparina ad alto peso molecolare [Warkentin, 2006]. Inoltre, dopo l’aggiustamento della dose per il peso corporeo, dalteparina porta a un aumento dei livelli di anti-Xa soprattutto nelle donne, senza però ridurre la coagulazione con la stessa efficacia che si riscontra nell’uomo.
5.2.4.
Warfarin Warfarin, noto farmaco anticoagulante, è un antagonista della vitamina K e presenta un indice terapeutico molto stretto, essendo il sanguinamento un evento avverso molto frequente; tale evento sem-
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ok a
Questo ebo
Elementi di farmacoterapia di genere
bra essere più frequente e più grave nelle donne che negli uomini [Hughes, 2007].
5.2.5.
Antitrombina e inibitori della glicoproteina IIb/IIIa Dabigatran etexilato non presenta differenze farmacocinetiche nei due generi [Stangier, 2009] così come bivalirudina, derivato sintetico di irudina [Robson, 2002]. Abciximab, un anticorpo monoclonale chimerico, tirofiban, un antagonista non peptidico della glicoproteina IIb/IIIa, ed eptifibatide, un peptide ciclico, sono stati poco studiati nella donna: infatti una metanalisi evidenzia che le donne arruolate in fase III non hanno mai superato il 35% del totale dei pazienti arruolati e in uno studio non superano il 4% [Labinaz, 2007]. Ciò nonostante queste molecole sembano indurre un maggior sanguinamento nella popolazione femminile e le donne vanno anche più facilmente incontro a un sovradosaggio rispetto agli uomini (46% vs 16%) [Alexander, 2006].
5.3.
Farmaci del sistema nervoso centrale
ok a
Questo ebo
Negli ultimi anni sono state descritte le numerose differenze esistenti tra cervello femminile e cervello maschile. Per esempio, è noto che il cervello del maschio è di dimensioni maggiori mentre quello femminile è più ricco di neuroni e interconnessioni. Di recente è stato anche rilevato che gli estrogeni sono fattori di regolazione e promozione della neurogenesi [Gorman, 2006]. Non sorprende, quindi, che nella risposta ai farmaci attivi sul sistema nervoso centrale vi siano delle differenze indotte dal genere.
77
Farmacologia di Genere
5.3.1.
Analgesici Numerose differenze di genere sono presenti nei sistemi che sottendono al dolore, sia a livello animale sia a livello umano. Anche l’epidemiologia ha riscontrato che le donne sono più colpite dalle sindromi dolorose croniche. Ciò nonostante nella sperimentazione pre-clinica in algologia gli animali più utilizzati sono di sesso maschile. A questo si aggiunge una scarsa cura nello scegliere il tipo di test sperimentale che possa offrire la maggiore trasferibilità possibile in termini di genere, anche considerando che i maschi sono più sensibili agli stimoli algogeni termici mentre le femmine sono più sensibili alla formalina, che procura una risposta infiammatoria importante [Paller, 2009]. Classicamente gli analgesici si dividono in oppioidi e non oppioidi. I primi, rappresentati dalla morfina e dai suoi analoghi e derivati, esercitano la loro azione farmacologica mediante tre sottotipi recettoriali: μ, k e δ. Studi recenti evidenziano che gli agonisti di questi recettori hanno un’azione più potente nelle donne piuttosto che negli uomini [Paller, 2009]. Infatti, nel dolore post-operatorio, i pazienti di genere maschile si autosomministravano oppioidi in dose circa 2,4 volte maggiore rispetto alle pazienti di genere femminile. Alla maggior efficacia della morfina nelle donne si accompagna di conseguenza anche una maggiore probabilità di sviluppare depressione respiratoria. Sembrerebbe che la necessità di dosi maggiori di morfina dipenda da fattori farmacodinamici e non farmacocinetici. In effetti, negli animali da esperimento e su cervelli umani ottenuti da cadaveri si è osservato che nelle femmine si ha una maggiore densità dei recettori μ e una maggiore affinità tra substrato e recettore. Anche le tecniche di imaging cerebrale indicano differenze tra uomo e donna essendo, in alcune aree cerebrali, la densità dei recettori condizionata anche dal ciclo mestruale [Paller, 2009].
78
ok a
Questo ebo
Elementi di farmacoterapia di genere
Le differenze di genere non si limitano al recettore μ,������������ �������������� ma interessano anche i recettori k; le donne, infatti, sembrano presentare una maggiore analgesia con i farmaci agonisti dei recettori k (pentazocina, butorfanolo) per il dolore post-operatorio, al punto che numerosi Autori sostengono che l’uso degli agonisti k nelle donne possa rappresentare una valida alternativa alla morfina [Paller, 2009]. Anche i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono utilizzati per indurre analgesia e soprattutto per il controllo del dolore acuto e cronico. Nonostante essi siano largamente utilizzati nelle donne a causa della maggiore prevalenza nel sesso femminile di situazioni algogene (emicrania, dismenorrea, dolori osteomuscolari, ecc.) gli studi specificamente disegnati per visualizzare le differenze di genere sono scarsissimi e per di più, talvolta, le differenze risultanti sono contraddittorie. Differenze di genere sono state accertate con ibuprofene che, a parità di concentrazioni plasmatiche, è più efficace negli uomini. Tale differenza non è da imputarsi neanche a un differente dolore iniziale perché l’analgesia è stata misurata come variazione dalle condizioni basali [Paller, 2009]. Questi dati fanno sospettare differenze di tipo farmacodinamico e ciò è coerente con le differenze di genere rilevate nei topi privi di COX1 e COX2, bersagli farmacologici di ibuprofene.Questo
ebook a
Nei topi privi di tali enzimi, la somministrazione di antinfiammatori ha maggiori effetti nelle femmine rispetto ai maschi quando vengono testati nell’artrite indotta con l’adiuvante di Freund. Differenze di genere per quanto riguarda la COX2 sono state anche osservate a livello cerebrale, dove la sua inibizione produce alterazioni cognitive nelle femmine, ma non nei maschi [Guzmán, 2009]. Tutto ciò suggerisce che vi possono essere differenze di genere fino ad oggi insospettate anche nel trattamento con gli antinfiammatori non steroidei [Paller, 2009].
79
Farmacologia di Genere
Anche gli ASIC (Acid-Sensing Ion Channels), che giocano un ruolo importante nella sensazione dolorosa, presentano delle differenze di genere alquanto interessanti, poiché la somministrazione di amiloride, un bloccante aspecifico degli ASIC, blocca completamente la risposta alla formalina nelle femmine ma non nei maschi e l’assenza degli ASIC provoca un aumento del dolore nei maschi ma non nelle femmine [Paller, 2009].
5.3.2
Anestetici generali Riteniamo opportuno inserire in questo libro gli anestetici generali, sia per il loro specifico ruolo sia per la rilevanza che hanno in medicina. Fra questi ci siamo focalizzati su desflurano, un anestetico appartenente ai composti che si somministrano per via inalatoria, e su propofol, che si somministra per via endovenosa. D’altra parte la prima differenza di genere in farmacologia è stata proprio descritta nel 1932 in seguito a somministrazione di barbiturici. Desflurano appartiene al gruppo dei metiletileteri alogenati; in particolare esso è alogenato unicamente con il fluoro [Laster, 1994]. Come gli altri agenti di questa classe, quando viene somministrato per via inalatoria produce effetti reversibili, dose-dipendenti, quali la perdita di coscienza, la soppressione della sensibilità dolorifica, la perdita dell’attività motoria volontaria e riduzione dei riflessi autonomi, agendo quindi sia sul SNC che sul SNA [Koblin, 1999]. L’addensamento elettronico intorno al legame etereo, che l’ulteriore fluorurazione del carbonio α-etilico comporta, stabilizza la molecola di desflurano e ne riduce la reattività chimica e fisico-chimica. Tale sostituzione è alla base di molte delle sue peculiarità: infatti la riduzione del peso molecolare conferisce a desflurano un aumento di volatilità maggiore di ogni altro gas anestetico inalatorio [Strum,
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Elementi di farmacoterapia di genere
1994], ne riduce la solubilità nel sangue e nei tessuti e comporta una perdita di potenza (< MAC, minima concentrazione alveolare). Inoltre, il fluoro rende l’anestetico più stabile, meno tossico e più solubile, fornendo caratteristiche farmacocinetiche migliori [Grundmann, 1992]. A questo proposito, uno studio condotto da Yerer e colleghi con desflurano e sevoflurano dimostra come il genere influenzi l’attività meccanica degli eritrociti di ratto e quindi la loro adattabilità, in tal modo deteriorando o favorendo la perfusione d’organo durante l’anestesia [Yerer, 2008]. In breve, con sevoflurano l’attività meccanica e quindi l’adattabilità degli eritrociti aumenta nel genere maschile, ma non nel genere femminile; mentre con desflurano aumenta in ambedue i generi. Questi dati indicano ancora una volta che, quando si tratta di differenze di genere, difficilmente si può parlare di un effetto di classe. Il metabolismo d’organo di desflurano è praticamente assente e ciò permette il suo impiego anche in pazienti affetti da grave patologia renale ed epatica [Arslana, 2010]. Tuttavia, sperimentalmente, è stato evidenziato che desflurano e sevoflurano inducono lesioni epatiche nei giovani ratti femmine rispetto ai giovani maschi, essendo l’effetto tossico maggiore in età avanzata.
esto ebook
Passando alla clinica e usando come parametro i tempi di risve-Qu glio, Tercan e colleghi hanno osservato che nel genere maschile l’eliminazione di desflurano e di sevoflurano avviene più rapidamente rispetto che nel genere femminile [Tercan, 2005]; ciò però non avviene con tutti gli anestetici, tanto è vero che con propofol e remifentanil si realizza la condizione inversa [H��������������������� ø�������������������� ymork, 2000]. Tuttavia, Katoh e colleghi riportano che non ci sono differenze di genere nella concentrazione dell’end-tidal e nel risveglio dei pazienti dopo anestesia generale condotta con desflurano e sevoflurano [Katoh, 1993].
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Farmacologia di Genere
Propofol è un altro anestetico che viene diffusamente usato per l’induzione e il mantenimento dell’anestesia generale. Il meccanismo d’azione risulta poco conosciuto. Ueno, in uno studio pubblicato nel 2009 [Ueno, 2009], riassume le differenze farmacocinetiche fra anestetici, evidenzia che i maschi sono più sensibili all’azione di propofol e indica che la dose standard prevista dovrà essere ridotta di circa il 30-40% rispetto al sesso femminile, al contrario di quanto avviene con i curari rocuronio o vecuronio [Steinberg, 2009]. I dati qui presentati sono suggestivi del fatto le differenze di genere nel campo dell’anestesia siano maggiori di quelle pensate, tanto che per alcuni farmaci si consigliano dosaggi diversi nell’ambito dei due generi.
5.3.3.
Antidepressivi La depressione è in costante aumento e tra i 14 e i 44 anni essa costituisce la prima causa di disfunzionalità. In generale sono soprattutto le donne a essere colpite, in misura doppia rispetto agli uomini, ed è evidente che sono anche le maggiori consumatrici di farmaci antidepressivi. Gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) sono tra i farmaci più venduti e sono soprattutto utilizzati nelle donne. Le reazioni avverse con gli SSRI sono abbastanza comuni e sono più frequenti e più gravi nelle donne e queste ultime sembrano rispondere meglio proprio agli SSRI e agli inibitori del reuptake della serotonina e della noradrenalina, al contrario di quanto avviene agli uomini che sembrano rispondere meglio ai triciclici [Sloan, 2003; Kornstein, 2001], anche se su questo punto non tutti gli autori concordano [Bigos, 2009]. In particolare le reazioni avverse includono problemi neurologici (22%), psichiatrici (19%), gastrointestinali (18%) e dermatologici (11,4%) [Spigset, 1999]. Si ricorda che questi composti
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Elementi di farmacoterapia di genere
possono essere associati alla cosiddetta “reazione serotoninergica” soprattutto se assunti insieme ad altri farmaci che interferiscono con la serotonina. La reazione è caratterizzata da disturbi comportamentali (stati confusionali, ipomania, agitazione), alterazioni delle funzioni neuromuscolari (mioclono, iperriflessia, tremore, difficoltà nella coordinazione dei movimenti), diarrea, febbre, sudorazione e alterazioni
Amitriptilina
CYP1A2
CYP2C9
CYP2C19
CYP2D6
+
+
+
+
Nortriptilina
CYP3A
+
Clorimipramina
+
+
+
Imipramina
+
+
+
Desimipramina
+
Citalopram
(o)
(o)
+(o)
+ (+)
+
Fluoxetina
(+)
+(++)
+(+/++)
+(+++)
+(+/++)
Paroxetina
+(+++)
+(+)
Mianserina
+
Sertralina
(+)
(+/++)
+(+)
Venlafaxina
+
+
Reboxetina
(+)
+(+)
Duloxetina
(+)
+ (+)
+
+
Nefazodone Mirtazapina
+
Fluvoxamina
(+++)
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(++)
(+++)
(+)
(+)
+(+)
+
(+)
(++)
Tabella XV. Enzimi coinvolti nel metabolismo degli antidepressivi e l’inibizione esercitata dagli antidepressivi sulle singole CYP
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Farmacologia di Genere
della pressione arteriosa; se non curata può evolvere in coma, acidosi metabolica, rabdomiolisi, insufficienza renale e morte. Secondo una metanalisi pubblicata su PLos Medicine l’efficacia dell’antidepressivo dipende dalla severità della depressione [Kirsch, 2008]. L’uso degli SSRI può, secondo Sheffield, contribuire ad aumentare i costi per l’ospedalizzazione [Sheffield, 2002]. In Tabella XV sono riportate le principali tappe metaboliche di alcuni antidepressivi; dall’esame della Tabella e dalle nozioni fornite nella Sezione 4 è evidente che vi possono essere differenze di genere nel metabolismo degli antidepressivi. Inoltre si deve tenere conto del fatto che fluoxetina e paroxetina sono inibitori del CYP2D6, fluvoxamina inibisce marcatamente i CYP1A2 e CYP2C19, mentre nefazodone inibisce il CYP3A4. Pertanto questi antidepressivi possono causare interazioni rilevanti quando somministrati con farmaci che sono metabolizzati dai suddetti enzimi. Sertralina, citalopram, venlafaxina, mirtazapina e reboxetina sono invece inibitori deboli e quindi danno meno frequentemente luogo a interazioni farmacologiche. La farmacocinetica degli antidepressivi può variare nel corso del ciclo mestruale e delle fasi della vita della donna; ad esempio i livelli di imipramina si riducono in fase premestruale, durante la gravidanza e nella menopausa, e con l’uso delle associazioni estroprogestiniche [Bigos, 2009]. Altri antidepressivi, come escitalopram, citalopram e fluoxetina, sembrano risentire meno di fluttuazioni dei livelli plasmatici con le fasi del ciclo [Bigos, 2009]. I livelli ematici degli SSRI come sertralina e fluvoxamina sono più bassi di circa il 40% nell’uomo rispetto alla donna. Per quanto riguarda la risposta terapeutica in questi ultimi anni ha assunto una grande importanza la farmacogenetica a causa della presenza di alcuni polimorfismi. Il polimorfismo uVNTR, nella configura-
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Elementi di farmacoterapia di genere
zione allelica 4R della MAO-A, un enzima di fondamentale importanza nella degradazione delle amine biogene, nella donne nella condizione omozigote 3R è associato a una buona risposta terapeutica a fluoxetina [Peters, 2004; Bigos, 2009]. Analogamente avviene anche con il Quedi stoparticolare poliformismo C-1019G del gene del recettore 5-HT1A; ebook appart iene aLoren interesse è il fatto che in questo ultimo caso è presente solo nel sesso femminile ma non in quello maschile [Yu, 2006]. Tuttavia è opportuno ricordare che il numero dei campioni esaminati è basso e quindi sono necessari ulteriori studi per arrivare a una definizione definitiva del problema. Fra tutte le interazioni è bene ricordare quella con tamoxifene, un farmaco che riduce l’incidenza delle recidive nel tumore della mammella estrogeno-positivo, soprattutto grazie al legame del metabolita (endoxifen), prodotto grazie all’azione del CYP2D6. Si discute della sua utilità nelle pazienti con polimorfismi che portano a una perdita dell’attività dell’enzima e quindi se sia il caso di trattare le donne in terapia con tamoxifene con farmaci inibitori di detta isoforma (CYP2D6) perché è biologicamente plausibile che ciò determini una perdita di efficacia [Hoskins, 2009]. Recentemente è stato evidenziato che i bambini nati da donne trattate con SSRI nel secondo e terzo trimestre di gravidanza hanno una maggiore probabilità di sviluppare ipertensione polmonare; questo fatto si associa ad altre preoccupazioni legate all’uso di SSRI in gravidanza, quali l’insorgenza di irritabilità, la difficoltà a nutrirsi e, più raramente, la difficoltà respiratoria. Inoltre i bambini che nascono da madri che hanno assunto SSRI sono a rischio di nascita prematura. Si ricorda infine che paroxetina è stata recentemente riclassificata da classe C ad A perché l’esposizione nel primo trimestre di gravidanza sembra essere associata a rischio di malformazioni cardiache.
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Farmacologia di Genere
5.4.
Antibiotici Gli antibiotici sono tra i farmaci più ampiamente ed estensivamente impiegati e il loro uso è prevalente nelle donne di tutte le fasce di Que sto ebook appa età, esclusa quella tra 0 e 9 anni [Macy, 2009]. La Tabella XVI illustra rtiene
alcune differenze farmacocinetiche riscontrate tra i due generi.
Poiché questi farmaci sono largamente utilizzati anche in gravidanza è bene aggiungere alcune considerazioni. Infatti, quando ci si riferisce alla possibilità di trattamento farmacologico in gravidanza, si tende a considerare, quasi automaticamente, il rischio degli eventuali effetti teratogeni dei farmaci sull’embrione e sul feto, ma sarebbe doveroso cominciare a pensare anche in termini materni. Difficilmente invece ci si occupa dei rischi potenziali per la madre e, di conseguenza, per il frutto del concepimento, derivati tanto dalla mancata assunzione dei farmaci quanto dalle variazioni dell’efficacia e della sicurezza del trattamento, che potrebbero essere indotte dalle modificazioni fisiologiche che avvengono durante il periodo di gestazione. Per questi motivi la chemioterapia antimicrobica in gravidanza dovrebbe tenere conto delle variazioni dei parametri farmacocinetici. Gli antibiotici sono tra i farmaci che inducono più reazioni avverse anche a causa del loro largo impiego. Fra quelle più rilevanti appaiono quelle di tipo immunologico che sembrano presentarsi in maniera genere-dipendente. Secondo alcune ricerche il 12,0% delle donne è allergico a una sola classe di antibiotici, il 2,5% a due classi, lo 0,6% a tre classi e lo 0,2% a quattro o più classi [Macy, 2009]. La frequenza delle reazioni da ipersensibilizzazione è anche dipendente dalla classe di antibiotici: la maggiore frequenza è registrata con le penicilline (9%), seguite da sulfamidici (5,4%), cefalosporine (1,3%), macrolidi (1,2%), tetracicline (0,9%) e chinolonici (0,6%) [Macy, 2009]. L’incidenza delle reazioni da ipersensibilità aumenta con l’età e con le penicilline si rag-
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aLoren
Elementi di farmacoterapia di genere
Antibiotico
Differenze farmacocinetiche
Riferimento
Cefazolina
La clearance aumenta in gravidanza mentre l’emivita diminuisce
[Cho, 1969]
Cefadrina
La clearance aumenta in gravidanza mentre l’emivita diminuisce
[Philipson, 1987] Questo ebook ap
Tomopenem
partiene aLor
en
AUC maggiore nelle donne anziane rispetto [Mallalieu, 2009] agli uomini anziani. Maggiore clearance della creatinina
Ciprofloxacina Clearance è minore nelle donne
[Overholser, 2004]
Gatifloxacina
Vd minore nella donna, differenza che scompare dopo la normalizzazione del peso corporeo. Cmax più alte del 25% nelle donne
[Zhang, 2006]
Ofloxacina
Clearance e Vd minore nelle donne con livelli plasmatici doppi rispetto all’uomo
[Sowinski, 1999; Zulfiqar-ul-Hassan, 2008]
Rifampicina
Maggior assorbimento nelle donne
[Gorski, 2003]
Telavancin (iv) Differenze di genere non osservate
[Wong SL, 2008]
Eritromicina
Minore biodisponibilità, ridotte concentrazioni ematiche
[Philipson, 1976]
Clindamicina
Cmax maggiore nelle donne, prima della normalizzazione del peso corporeo
[del Carmen CarrascoPortugal, 2008]
Metronidazolo AUC più bassa nelle donne
[Carcas, 2001]
Tabella XVI. Alcune differenze farmacocinetiche di genere per gli antibiotici AUC = area sotto la curva concentrazione-tempo; Cmax= concentrazione massima; Vd = volume di distribuzione
giunge un picco del 20% nelle donne anziane (> 80 anni). Si segnala che nella fascia di età tra 0-9 anni le penicilline provocano più allergie nei bambini maschi [Macy, 2009]; nella popolazione adulta invece il rischio sembra essere di 5 volte maggiore per le donne.
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Farmacologia di Genere
Un’altra reazione di tipo immunologico a base iatrogena è il lupus eritematosus, che può essere indotto dalle tetracicline. Minociclina, doxiciclina e tetraciclina sono ampiamente usate nel controllo dell’acne, per la cui terapia è previsto un uso molto prolungato. Proprio l’uso Questo ebook prolungato di minociclina, ma non di altre tetracicline, è associato appartie
all’insorgenza del lupus eritematosus e di altre malattie autoimmuni.
Il lupus da minociclina colpisce una percentuale di donne superiore all’80%. Solitamente guarisce entro alcuni mesi dalla sospensione del trattamento [Margolis, 2007]. La maggior suscettibilità delle donne alle reazioni avverse non si ferma a quelle su base immunologica ma si estende all’epatotossicità, che può essere anche estremamente grave nel caso di utilizzo di alcuni farmaci antitubercolari come rifampicina, isoniazide, pirazinamide ed etambutolo [Tostmann, 2008]. Per quanto riguarda rifampicina, dobbiamo anche ricordare che è un potente induttore del citocromo CYP3A sia a livello intestinale che epatico e ciò sembra avvenire in maniera sesso-specifica, essendo maggiore nel genere maschile rispetto a quello femminile [Franconi, 2007]. Ovviamente questo pone il problema delle interazioni con altri farmaci che vengono metabolizzati da CYP3A, come nel caso delle associazioni estroprogestiniche, di cui viene aumentato il metabolismo. Ancora una volta si evidenzia il fatto che le interazioni farmacologiche possono essere genere-specifiche e ciò è estremamente importante dal punto di vista dell’appropriatezza della cura. Un altro capitolo rilevante nella chemioterapia è la nefrotossicità da aminoglicosidi, ambito in cui, fino a poco tempo fa, sembrava che l’impatto del genere non fosse significativo. Invece un recente studio condotto su soggetti ospedalizzati trattati con amikacina e gentamicina ha indicato che le donne presentano una maggiore sensibilità alla nefrotossicità da amikacina, ma non a quella da gentamicina
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Elementi di farmacoterapia di genere
[Sweileh, 2009]. Questi risultati sottolineano l’importanza di studiare gli effetti del genere sulla singola molecola, poiché non è sufficiente analizzare le risposte in termini di classe. L’utilizzo di meflochina, raccomandata per la profilassi della malasto e ebdi oomolti ria dalle autorità sanitarie degli Stati Uniti, del RegnoQue Unito k appartiene
altri Paesi, si accompagna a una serie di reazioni avverse a livello gastrointestinale e a livello del sistema nervoso centrale. Queste ul-
time, costituite da disturbi del sonno, crisi epilettiche e depressione, sembrano presentarsi in maniera più grave rispetto a quelle gastrointestinali e sono più frequenti nel sesso femminile. Questa potrebbe essere anche una delle spiegazioni del maggior drop-out delle donne in trattamento con meflochina. La frequenza più elevata di reazioni avverse non è accompagnata da variazione dei livelli ematici dell’antimalarico ma, considerando che le donne hanno un maggior flusso ematico cerebrale rispetto agli uomini, è possibile che la distribuzione sia diversa nei due sessi [Schwartz, 2001]. Considerato l’aumento di tumore al seno, desideriamo segnalare che è stata descritta un’associazione positiva tra uso di antibiotici e tumore al seno nelle donne, indipendentemente dalla classe degli antibiotici utilizzati e, all’apparenza, in maniera indipendente da altre variabili [Velicer, 2004]. Questa serie di osservazioni suggerisce che la terapia antimicrobica richiede una particolare attenzione nelle donne, oltre che la correzione del dosaggio sulla base del peso o della superficie corporea.
5.5.
Farmaci per la cura dell’HIV Anche per quanto riguarda il trattamento dell’infezione da HIV si è avuto un basso arruolamento delle donne negli studi clinici. Per com-
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Farmacologia di Genere
pensare parzialmente questa limitazione, si stanno avviando diversi trial che prevedono un ampio arruolamento di donne HIV positive. Il WIHS (Women’s Interagency HIV Study) è uno degli studi più ampi nel settore; iniziato alla fine degli anni ’90, prevede un’ampia coorte di Questo ebook donne americane sia sane sia con infezione da HIV. Analogamente appartie
in Europa è in corso uno studio, EuroSIDA, nel quale la proporzione di donne arruolate è molto elevata [Moore, 2003]. In diversi trial è stato evidenziato che le donne presentano una maggiore vulnerabilità all’infezione da HIV [Padian, 1997] e, una volta in malattia conclamata, una più complessa gestione clinica [Farzadegan, 1998]. Inoltre, l’analisi delle differenze riscontrate tra uomo e donna in seguito al trattamento antiretrovirale fa emergere un quadro molto articolato in cui, oltre agli aspetti puramente biologici e clinici, hanno una notevole rilevanza fattori culturali, economici e sociali. Di seguito cercheremo di riassumere alcuni aspetti legati al trattamento dell’infezione da HIV
utilizzando un approccio di genere: sottolineando cioè la differenza che esiste tra diversità biologica e diversità culturale tra i due sessi.
5.5.1.
Progressione della malattia Come già accennato, sono state riscontrate differenze nella progressione dell’infezione da HIV e della malattia [Padian, 1997]. Le valutazioni delle differenze nei parametri immunologici e virologici hanno messo in evidenza che, dopo un’infezione acuta con HIV-1, le donne presentano una carica virale, espressa come numero di copie di HIV-RNA, più bassa rispetto agli uomini [Moore, 2003; Loupa, 2006; Sterling, 2001]. ���������������������������������������������� È stato ipotizzato che le differenze nei parametri virologici potrebbero essere attribuite alle diversità ormonali tra uomini e donne. Infatti i livelli ormonali di estradiolo e progesterone possono interferire con la replicazione del virus HIV-1 [Shanker, 1994]
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Elementi di farmacoterapia di genere
e regolare la funzione linfocitaria e la produzione di citochine [Athreya, 1993]. Inoltre nelle donne è stata osservata una correlazione tra i bassi livelli di HIV-RNA nel plasma e un alto valore del numero dei linfociti CD4+ negli stadi precoci dell’infezione [Collazos, 2007]. uesto eb Recenti studi confermano che la differenza nellaQcarica virale trapartie ook ap
donne e uomini varia con la conta dei linfociti CD4+ e, tanto è mag-
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giore il numero di CD4+, tanto maggiori sono le differenze osservabili tra i due sessi. Tuttavia, nonostante l’andamento apparentemente più favorevole dei parametri virologici e immunologici, le donne mostrano una più veloce progressione verso l’AIDS conclamato rispetto a quanto avviene negli uomini con la medesima carica virale [Padian, 1997]. Tale paradosso potrebbe essere in parte spiegato dalle conclusioni a cui sono giunti alcuni ricercatori statunitensi che hanno individuato un recettore coinvolto nel riconoscimento del virus HIV-1 (Toll-Like Receptor 7 o TLR7) che risponderebbe diversamente nei due sessi e indurrebbe differenze (genere-dipendenti) nell’attivazione cronica del sistema immunitario [Meier, 2009]. In effetti, una delle caratteristiche patogenetiche dell’infezione del virus HIV consiste proprio nell’indurre una costante attivazione del sistema immunitario dell’ospite fino a “esaurirlo”.
5.5.2.
Terapia antiretrovirale Sono oltre venti le molecole attualmente utilizzate, in diverse combinazioni, nella terapia antiretrovirale. Tutti questi farmaci, appartenenti a diverse classi (inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa, NRTI; inibitori delle proteasi, PI; inibitori non-nucleosidici della trascrittasi inversa, NNRTI; inibitori della fusione e dell’entry virale; inibitori dell’integrasi) permettono di creare combinazioni di tre o più farmaci
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Farmacologia di Genere
a seconda delle caratteristiche della persona e del suo quadro clinico. La terapia antiretrovirale è in continuo miglioramento sia dal punto di vista dell’aderenza del paziente sia per quanto riguarda gli effetti collaterali, che, tuttavia, hanno un’incidenza maggiore nelle donne riQuesto ebook spetto agli uomini [Clark, 2005; Currier, 2000]. La maggior frequenza appartie
di effetti collaterali fa sì che le donne presentino spesso una minore aderenza alla terapia e rischino quindi di andare incontro a fallimenti terapeutici [Escobar, 2003]. La maggior parte dei farmaci antiretrovirali viene somministrata allo stesso dosaggio in individui adulti di sesso maschile e femminile, e solo in certi casi vengono ricalcolate le dosi in base ad alcuni parametri come ad esempio il peso corporeo. Negli ultimi anni è stato evidenziato come i parametri farmacocinetici possano essere diversi nei due generi, determinando variazioni di concentrazioni plasmatiche, che possono spiegare, almeno in parte, le diverse risposte osservate nelle donne in termini reazioni avverse e tossicità nella terapia HAART (Highly Active Antiretroviral Therapy, consistente nella somministrazione di più farmaci antivirali; vedi Paragrafo 5.5.4). In particolare, la glicoproteina P è in grado di ridurre in modo significativo la biodisponibilità, la penetrazione e il metabolismo degli inibitori delle proteasi. Nella donna, la glicoproteina P è espressa a livelli più bassi rispetto all’uomo e, insieme agli enzimi metabolici P450, è considerata uno dei possibili fattori importanti nella diversità osservata tra i due sessi nella risposte al trattamento antiretrovirale. Molti
degli enzimi responsabili del processo metabolico degli inibitori delle proteasi virali e degli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa differiscono nei due sessi. Una particolare importanza rivestono gli enzimi responsabili della biotrasformazione di fase I e appartenenti alla famiglia del CYP450 e gli enzimi responsabili della biotrasformazione di fase II [Ofotokun, 2005; Franconi, 2007].
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Elementi di farmacoterapia di genere
Gli inibitori delle proteasi virali e degli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa sono metabolizzati selettivamente da alcuni degli isoenzimi del sistema CYP450 (per es. CYP2D6 e CYP3C9 per il metabolismo di ritonavir o CYP2B6 per nevirapina ed efavirenz, ecc.) Questo ebrilevanche sono genere-dipendenti (vedi Sezione 4) e clinicamente ook appartie
ti per quanto riguarda i farmaci utilizzati nel trattamento antiretrovi-
ne aLoren
rale. Purtroppo la variabilità inter-individuale, l’età e la complessità del polimorfismo enzimatico con penetranza diversa nelle diverse popolazioni ed etnie non permettono ancora una definizione chiara delle differenze osservate nei due sessi. Tuttavia nel loro insieme le differenze farmacocinetiche fra i due generi potrebbero indicare una ridotta eliminazione di composti già metabolizzati attraverso il metabolismo di fase I e la biotrasformazione di fase II e questo effetto potrebbe essere clinicamente rilevante nel determinare una concentrazione di farmaci antiretrovirali più alta sia nel plasma sia nei tessuti, predisponendo le donne a maggiori eventi avversi. Inoltre nelle donne sono state riscontrate differenze nell’attività chinasica intracellulare e questo potrebbe spiegare le differenze di efficacia e tossicità relative all’uso degli NRTI che per essere attivati richiedono una reazione di fosforilazione [Anderson, 2003]. Da quanto detto risulta chiaro come le differenze di genere osservate coinvolgano più meccanismi biologici e come sia ancora difficile poter standardizzare criteri terapeutici di genere per aggiustare la terapia antiretrovirale.
5.5.3.
Fattori economici e sociali Le differenze di genere non risiedono solo nei fattori biologici, ma anche in fattori economici e sociali. Infatti, in alcuni studi epidemiologici è stato osservato che le donne accedono tardivamente alle terapie antiretrovirali rispetto agli uomini. Le già menzionate differenze
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Farmacologia di Genere
incontrate in termini di carica virale negli stadi iniziali dell’infezione potrebbero far pensare a una decisione terapeutica tardiva da parte dei medici. Ma dai dati epidemiologici emerge un’altra realtà: le donne presentano un mancato accesso alla terapia antiretrovirale negli uesto ebook ap stadi iniziali di infezione perché nella maggior parte dei casi Q giungono partiene
a una diagnosi di sieropositività tardiva che spesso coincide con la diagnosi di AIDS conclamato.
I dati epidemiologici presentano risultati differenti per i diversi Pae si, correlando l’accesso alla terapia con indicatori di stato socio-economico come educazione e reddito. In molte società la cultura locale condiziona il comportamento femminile in gabbie comportamentali in cui una donna “per bene” dovrebbe ignorare argomenti riguardanti il sesso. Per queste donne può riuscire difficile informarsi correttamente e, qualora informate, proporre rapporti sessuali più sicuri attraverso l’uso del profilattico. I dati riportati dalla OMS per il 2007 stimano circa 7.400 nuovi casi al giorno di cui circa il 96% si riscontra in Paesi a medio e basso reddito, con un’alta incidenza in ragazzi al di sotto dei 15 anni (circa 1.000 casi) e in donne in età fertile (maggiore del 50%) [Anderson, 2003]. Solo nell’area sub-sahariana circa il 58% delle donne risulta infetto e il virus viene contratto precocemente rispetto ai loro coetanei maschi; la maggior parte delle donne risulta sieropositiva nella seconda decade della vita (tra i 15 e i 19 anni) mentre i maschi lo sono nella terza decade. Le donne, d’altra parte, sono biologicamente molto più vulnerabili rispetto agli uomini nel contrarre l’infezione da HIV durante rapporti con partner infetti. Da uno studio del 2007, condotto su coppie “discordanti” (cioè nelle quali uno solo dei partner era portatore del virus HIV), risulta che 68 su 360 donne (19%) hanno contratto il virus per via eterosessuale rispetto a 2 su 82 uomini (2,4%) [Joint United Nations Program on HIV/AIDS and World Health Organization, 2007].
94
aLoren
Elementi di farmacoterapia di genere
In realtà, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, la disuguaglianza di genere sociale ed economica priva le donne della possibilità di informazione in materia di prevenzione e nega loro la capacità di opporsi a pratiche rischiose [Periago, 2004]. La Onlus Afrika Obosso, uesto eb attiva in Africa nel campo della prevenzione, cita unoQstudio condotto ook appartie
in Zambia da cui è emerso che solo l’11% delle donne intervistate
ne aLoren
riteneva che una donna sposata potesse chiedere al marito l’utilizzo del preservativo, pur sapendo che lui aveva frequentato prostitute e che avrebbe potuto essere infetto. Altre ricerche condotte nel 2001 in 17 Paesi africani hanno evidenziato che oltre la metà delle ragazze non conosceva nessun metodo di prevenzione per l’infezione da HIV [Cleland, 2006]. La vulnerabilità a contrarre l’infezione è amplificata dalla dipendenza economica che impedisce alle donne di negoziare le regole della relazione di coppia o di uscire da un rapporto che le pone in condizione di rischio costringendole a sopportare violenze domestiche sistematiche [Periago, 2004]. Lo squilibrio di potere limita le donne nel sottoporsi al test o alle cure senza il parere del marito. Il ritardo nella diagnosi di sieropositività molto spesso risiede in una bassa percezione del rischio soprattutto in donne che hanno contratto il virus in rapporti eterosessuali all’interno della famiglia. Le donne spesso scoprono di essere sieropositive solo quando si sottopongono ai controlli prenatali.
5.5.4.
Gravidanza e terapia HAART Il maggior numero di casi di infezione da HIV si osserva in donne tra i 15 e 39 anni, periodo in cui il desiderio di maternità è maggiore. Il rischio di trasmissione verticale da madre a figlio ha incoraggiato molte donne a sottoporsi a screening e al trattamento antiretrovirale.
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Farmacologia di Genere
Per ridurre la trasmissione del virus HIV anche in gravidanza le donne sono sottoposte a terapia antiretrovirale a prescindere dallo stato clinico, immunologico e virologico [Cooper, 2002; de Ruiter, 2008]. Questo perché il rischio di trasmissione materno-fetale è massimo quando la Questplao ebook appa madre si trova in uno stadio avanzato della malattia, con valori rtiene
smatici di HIV-RNA molto elevati, bassa conta linfocitaria e carenza di vitamina A. Una madre sieropositiva può trasmettere il virus HIV al bambino sia durante il parto sia durante l’allattamento al seno. Le indicazioni delle linee guida (che prevedono di sottoporre la madre a terapia HAART, praticare il parto cesareo ed evitare l’allattamento al seno) hanno ridotto il rischio di trasmissione verticale nei Paesi industrializzati dal 20-25% a meno del 2% [de Ruiter, 2008]. La necessità di somministrare la terapia HAART alle donne in gravidanza deve essere comunque bilanciata rispetto al rischio di incorrere in eventuali eventi avversi nella madre e nel nascituro. In accordo con il contesto socio-economico sono state raccomandate pratiche semplificate in Paesi con risorse economiche limitate [de Ruiter, 2008]. In Paesi con risorse economiche adeguate, la somministrazione della terapia HAART è rappresentata dal trattamento standard [European AIDS Clinical Society, 2008] con alcune importanti limitazioni dovute alla possibilità di indurre malformazioni nel nascituro o predisporre la madre a eventi avversi legati alla gravidanza. Per esempio è sconsigliabile l’uso di efavirenz durante il primo trimestre di gravidanza (induzione di malformazioni nel nascituro) o l’impiego di alcune combinazioni di farmaci come stavudina con didanosina (induzione di acidosi lattica) o tenofovir (interazioni con il metabolismo dell’osso in sviluppo) o farmaci come gli analoghi nucleosidici che potrebbero indurre patologie mitocondrio-dipendenti [Blanche, 1999; de Ruiter, 2008; Public Health Service Task, 2010]. Un altro effetto osservabile in seguito alla terapia antiretrovirale è un maggior numero di parti prematuri [Tuomala,
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aLoren
Elementi di farmacoterapia di genere
2002]. Durante la gravidanza ci sono numerose variazioni fisiologiche che alterano la farmacocinetica (vedi Sezione 4), e ciò suggerisce l’opportunità di valutare cambiamenti di terapia caso per caso.
5.5.5.
Infezione da HIV nei Paesi in via di sviluppo
Questo ebook
appartiene aL
oren
Nei Paesi industrializzati, l’applicazione di adeguate azioni preventive e l’accesso alle cure per tutte le persone già malate di AIDS hanno di fatto arginato l’epidemia; anche l’AIDS pediatrico è stato quasi completamente eliminato grazie alla prevenzione della trasmissione materno-fetale. Come accennato precedentemente, svariate ragioni economiche e culturali impediscono che tali interventi siano attuati in maniera adeguata nei Paesi che ne avrebbero maggiormente bisogno. Infatti, nei Paesi a basso e medio reddito, in particolare nell’Africa subsahariana, poche delle persone che necessitano di terapie antiretrovirali possono permettersi cure così costose, e in molti sono costretti a interrompere la terapia. Pertanto il contagio da madre a figlio è un problema estremamente grave nei Paesi a basso e medio reddito, specialmente nel continente africano dove oltre alla scarsità di risorse economiche si affianca la carenza di risorse naturali (acqua e cibo) e logistiche (mezzi di trasporto e ospedali). I governi di numerosi Paesi sub-sahariani hanno recentemente cominciato a cercare una soluzione al problema AIDS dopo averlo ignorato per anni. Una delle difficoltà più ovvie è la mancanza di fondi anche se, nei Paesi in via di sviluppo con il maggior numero di infezioni da HIV e AIDS, si sta cercando di distribuire aiuti umanitari e fornire infrastrutture mediche. Negli ultimi anni la significativa diminuzione dei prezzi dei farmaci di prima linea ha permesso una più ampia diffusione delle cure. Tra il 2006 e il 2008 il costo della maggior parte delle terapie di prima linea è sceso del 10-40%. Il nuovo rapporto congiunto, diffuso da WHO,
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Farmacologia di Genere
UNICEF e UNAIDS, rivela che alla fine del 2008 erano oltre 4 milioni le persone che hanno avuto accesso alle terapie antiretrovirali nei Paesi in via di sviluppo, con un aumento del 36% rispetto all’anno precedente [WHO/UNICEF/UNAIDS, 2009]. Que o ebook appa Parimenti è migliorato anche l’accesso alle cure per donne e st bamrtiene
bini, ma restano ancora importanti ostacoli da superare. Nei Paesi a basso e medio reddito solo l’11% delle donne sieropositive in gravidanza riceve il trattamento di profilassi antiretrovirale. Ciò comporta che dei 2,3 milioni di bambini con HIV sotto i 15 anni (il 90% dei quali vive nell’Africa sub-sahariana) più di 9 su 10 sia stato contagiato durante la gravidanza, il parto o l’allattamento. Sebbene nel 2008 nei
Paesi in via di sviluppo sia migliorato l’accesso ai servizi di contrasto all’HIV, a livello globale l’AIDS rimane la principale causa di mortalità tra le donne in età fertile [WHO, 2009]. In conclusione, la differenza tra il sesso e il genere è scandita dalla differenza che esiste tra diversità sessuale biologica e diversità culturale tra i due sessi. Sono molti gli aspetti che rimangono ancora insoluti in termini di interventi per la prevenzione della trasmissione del virus dell’HIV. L’esempio dell’AIDS dimostra come un approccio di genere applicato alla salute dovrebbe essere utilizzato in tutte le malattie che colpiscono l’umanità, permettendo l’accesso e la cura in tutte le aree del mondo.
5.6.
Criticità delle classi di farmaci genere-specifici per la donna: la terapia ormonale sostitutiva (TOS) La necessità di incrementare la presenza del genere femminile nelle sperimentazioni cliniche farmacologiche è resa più forte da esempi
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aLoren
Elementi di farmacoterapia di genere
documentati che hanno rilevato come anche una sperimentazione genere-specifica, per classi di farmaci destinate a un uso selettivo nelle patologie femminili, non sempre abbia saputo evidenziare correttamente tanto l’efficacia quanto i rischi derivanti dai trattamenti Questè o quello esaminati. Un esempio classico di queste problematiche of-partie ebook ap
ferto dalla terapia ormonale sostitutiva (TOS) per il trattamento dei
ne aLoren
sintomi e delle relative complicanze nelle donne in post-menopausa. L’aumento dell’aspettativa di vita nella donna e i cambiamenti del ruolo sociale ne hanno accresciuto anche il bisogno e la domanda di salute e il periodo post-menopausa, o climaterio, ha acquisito un peso sempre maggiore nella vita della donna, in termini sia di qualità sia di quantità. Attualmente la maggior parte delle donne del mondo occidentale vive oltre un terzo della propria vita durante il climaterio e spesso la menopausa, e la conseguente sintomatologia, è vissuta come una malattia e non come un cambiamento naturale e fisiologico. In tale scenario l’attenzione dedicata alla menopausa e la promessa di un’eterna giovinezza hanno provveduto a magnificare il vantaggio del trattamento ormonale sostitutivo, facendo leva sulla scomparsa dei sintomi, ma anche sulla riduzione dell’osteoporosi e del rischio cardiovascolare. Nel corso dei passati decenni, infatti, la TOS è stata proposta a milioni di donne con il risultato di un’estensiva ed eccessiva medicalizzazione, soprattutto negli Stati Uniti e nella maggior parte dei Paesi del Nord Europa. In Italia l’approccio al trattamento è stato sempre più cauto e la percentuale di donne trattate è stata sempre relativamente moderata. Negli ultimi anni si sono registrati trend di trattamento sempre più in riduzione, soprattutto alla luce delle evidenze man mano emerse dalla pratica clinica e dalla ricerca indipendente. Nell’ultimo ventennio, infatti, l’impiego della TOS è stato oggetto di approfondimenti e di numerose ricerche e indagini su benefici e rischi
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Farmacologia di Genere
a lungo termine, grazie al contributo di importanti studi finanziati pubblicamente, primi fra tutti il Women’s Health Initiative (WHI) e il Million Women Study. Il Women’s Health Initiative è un programma britannico di ricerca Que sto ebook appa sanitaria a lungo termine finanziato dai National Institutes of Health rtie
(NIH) dal 1991. Gli obiettivi del programma di studio sono stati quelli di elaborare e valutare strategie di cura e prevenzione delle cause di
mortalità, disabilità e scarsa qualità della vita nelle donne in postmenopausa. In questi anni di ricerca il WHI ha analizzato le principali cause di mortalità femminile, ovvero le patologie cardiovascolari, il cancro e l’osteoporosi. Una parte del programma ha valutato i rischi e i benefici della terapia ormonale sostitutiva tramite uno studio randomizzato in doppio cieco contro placebo che ha evidenziato che non vi sono prove di effetti benefici a lungo termine della TOS come prevenzione della malattia cardiovascolare. Non solo non è stata dimostrata una riduzione del rischio di infarto del miocardio nel gruppo di donne in trattamento con ormoni estrogeni associati a progestinici rispetto al gruppo di donne trattate con solo placebo ma, al contrario, è stato evidenziato che il trattamento aumenta il rischio di infarto, di tromboembolismo venoso (TEV) e di ictus ischemico. Questo rischio si manifesta soprattutto nel primo anno di trattamento, indipendentemente da altri fattori – quali anamnesi di malattia cardiovascolare, ipertensione, diabete, fumo, assunzione di statine, di acido acetilsalicilico e di supplementi vitaminici – e il rischio aumenta in rapporto all’età e in modo proporzionale alla durata del trattamento [Rossouw, 2002; Wassertheil-Smoller, 2003]. A questi risultati si è aggiunta l’evidenza di un incremento del rischio di carcinoma invasivo della mammella al punto tale che si è dovuto precocemente interrompere lo studio. L’aumento di insorgenza di carcinoma della mammella nel gruppo di trattamento con TOS si è
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Elementi di farmacoterapia di genere
presentato con un’istologia e un grado di differenziazione di carcinoma della mammella simili al gruppo placebo, ma di dimensioni maggiori e in stadio più avanzato [Chlebowski, 2003; Manson, 2003]. Anche rispetto alla protezione dal rischio di aterosclerosi perifeQuesto eboo rica [Hsia, 2004] si è evidenziato che la TOS non comporta alcuna k appartie
protezione delle donne sane, così come non determina alcun miglio-
ne aLoren
ramento o prevenzione del deterioramento delle funzioni cognitive in donne di età superiore ai 65 anni, nelle quali al contrario è stato dimostrato un aumentato rischio di demenza [Rapp, 2003; Shumaker, 2003]. Anche rispetto all’incontinenza urinaria la TOS comporta effetti non protettivi, ma peggiorativi, con aumento della comparsa di incontinenza urinaria da sforzo e mista nelle donne sane, e peggioramento di tutti i tipi di incontinenza nelle donne già precedentemente incontinenti [Hendrix, 2005]. Infine, non è stato dimostrato che la TOS influisca positivamente sulla qualità della vita delle donne che non presentano i sintomi caratteristici del climaterio. Gli effetti positivi della terapia con estro-progestinici evidenziati nello studio WHI si riassumono in: sollievo dei sintomi della menopausa, con forte miglioramento della sintomatologia vasomotoria e dei disturbi del sonno; prevenzione del carcinoma colon rettale; prevenzione dell’osteoporosi, con riduzione del numero di fratture totali e delle fratture dell’anca [Hays, 2003; Cauley, 2003]. I più recenti risultati del Million Women Study hanno confermato l’aumento considerevole del rischio di insorgenza di cancro al seno nelle donne in trattamento con TOS. La sperimentazione, durata cinque anni, ha coinvolto un campione di oltre un milione di donne inglesi, di età compresa tra 50 e 64 anni, e ha ulteriormente approfondito il profilo rischio/beneficio della TOS. In particolare, il rischio di cancro
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Farmacologia di Genere
al seno è stato valutato per le differenti terapie ormonali sostitutive (estro-progestinica, solo estrogenica, con tibolone). Per le donne sottoposte nel lungo periodo a TOS si presenta un maggior rischio di sviluppare il cancro al seno e tale effetto risulta maggiore nel caso di Questo ebook TOS con combinazioni estro-progestiniche [Women Study Collaboraappartie
tors, 2007; Reeves, 2006]. Dopo cinque anni dall’interruzione della terapia, il rischio di carcinoma torna agli stessi livelli delle donne che non hanno praticato la TOS.
Queste ricerche hanno posto in luce aspetti e risultati aggiuntivi molto allarmanti e contrastanti rispetto a quelli che la ricerca sponsorizzata aveva evidenziato [Heiss, 2008], al punto tale che nel 2003, in risposta alle crescenti preoccupazioni sulla sicurezza di questo trattamento, anche l’EMA (già EMEA), l’ente regolatorio europeo preposto alla valutazione dei farmaci, ha condotto una rivalutazione del rapporto rischio/beneficio della TOS per le indicazioni autorizzate. La revisione dettagliata che ne è emersa, successivamente approvata dalle autorità regolatorie competenti dei singoli Paesi europei, è giunta alla conclusione che il rapporto rischio/beneficio della TOS è da considerare favorevole solamente nel trattamento dei sintomi della menopausa (sintomi vasomotori, quali sudorazione e vampate di calore, disturbi vaginali legati a secchezza delle mucose, dispareunia, disturbi del sonno). In questo caso, infatti, i benefici derivanti dal trattamento sono considerati superiori ai rischi per la maggior parte delle donne. Il rapporto rischio/beneficio risulta però non favorevole come prima scelta per la terapia a lungo termine nella prevenzione dell’osteoporosi, soprattutto nelle donne che hanno più di 50 anni e sono ad alto rischio di fratture. La TOS può, quindi, essere considerata un’opzione di seconda scelta, dopo accurata valutazione del rapporto individuale rischio/beneficio, per il trattamento di donne intolleranti ad altre tera-
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Elementi di farmacoterapia di genere
pie di prevenzione dell’osteoporosi e per coloro in cui le altre terapie sono controindicate o non hanno prodotto alcun beneficio. Per il trattamento è stato, pertanto, raccomandato che nell’utilizzo della TOS venga impiegata la minima dose efficace e per un periodo uestomostrano che sia il più breve possibile. Nelle donne sane cheQnon ebook apipart iene aLoren sintomi della menopausa la TOS non andrebbe impiegata poiché il rapporto rischio/beneficio è generalmente non favorevole. Le conclusioni della revisione hanno riguardato tutti i prodotti a base di estrogeni o di tipo combinato estro-progestinico impiegati nella TOS. La decisione di iniziare una terapia sostitutiva dovrebbe, quindi, essere presa su base individuale, informando accuratamente la paziente e valutandone attentamente la sintomatologia, lo stile e la qualità di vita, soprattutto considerando individualmente l’assenza di fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, per il tromboembolismo e per l’osteoporosi, il potenziale rischio oncologico e il potenziale rischio di anormale declino cognitivo. Il trattamento, inoltre, dovrebbe essere riconsiderato almeno annualmente alla luce delle nuove evidenze scientifiche e soprattutto in relazione al cambiamento dei fattori di rischio della paziente. Poiché la menopausa non costituisce un evento brusco e inaspettato, il ginecologo, l’endocrinologo e il medico di medicina generale hanno un ruolo educativo fondamentale nel guidare la donna attraverso questa tappa evolutiva del suo ciclo vitale, ma hanno anche il compito di informarla sui rischi e i benefici a lungo termine in modo tale da porla in grado di condurre una corretta valutazione del rapporto rischio/beneficio della terapia.
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Sezione 6
Reazioni avverse ai farmaci: differenze di genere
Questo ebook appartiene aL S. Montilla, F. Franconi oren
Le donne sono maggiori consumatrici di farmaci e per questo sono ovviamente esposte in maggior misura al rischio di una più alta frequenza di reazioni avverse (Adverse Drug Reaction, ADR) ai trattamenti farmacologici. Alcune ricerche internazionali hanno, infatti, evidenziato che nelle donne le ADR appaiono circa 1,7 volte più frequenti rispetto a ciò che si osserva negli uomini [Pirmohamed, 2004]. Le differenze riguardano anche la gravità delle reazioni, maggiore nelle donne, e le conseguenze cliniche che comportano: infatti nelle donne è stimato un numero più elevato di ricoveri ospedalieri. Il genere femminile sembra costituire, quindi, un potenziale fattore di rischio per le reazioni avverse ai farmaci a loro volta causa di morbilità e mortalità [Juntti-Patinen, 2002] e di numerose ospedalizzazioni (1-35% nei Paesi occidentali) [Lazarou, 1998]. Le cause di queste disuguaglianze di genere e il conseguente impatto clinico non sono ancora pienamente comprese ma sono senz’altro dovute alle differenze morfologiche, biochimiche e fisiologiche (dimensione, acqua corporea, flusso sanguigno, massa muscolare, funzioni d’organo, ciclo mestruale, gravidanza e menopausa). Come verrà approfondito più avanti, esempi rilevanti di reazioni avverse peculiari o “selettive” nelle donne sono, citandone solo alcuni
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Farmacologia di Genere
tra quelli più emergenti in letteratura, le gravi aritmie come la torsade de pointes e la sindrome del QT lungo indotta da un’ampia varietà di classi di farmaci, per lo più di largo impiego e non correlate tra loro come antiaritmici, antibiotici, antimicotici, antivirali, antidepressivi e Quest o ebook appa antipsicotici; il rischio di scompenso cardiaco da chemioterapici, quali rtiene
le antracicline; le fratture degli arti nelle donne in trattamento per il diabete mellito con l’ipoglicemizzante orale rosiglitazone.
6.1.
La segnalazione di sospette reazioni avverse in Italia Sebbene la rilevanza clinica delle differenze di genere in rapporto alla frequenza di ADR non sia ancora del tutto chiara, è evidente come l’insorgenza di reazioni avverse ai farmaci aumenti con l’età e in presenza di politerapia, ma non è ancora chiaro se l’età e il sesso siano correlati al maggior consumo di farmaci oppure a un’aumentata vulnerabilità alla tossicità del farmaco. Le segnalazioni spontanee di sospette reazioni avverse in Italia, raccolte dalla Rete Nazionale di Farmacovigilanza nel 2008, confermano la maggiore frequenza di segnalazione di ADR nelle donne. In Tabella XVII e in Figura 4 è riportato il numero di segnalazioni di sospette reazioni avverse nel 2008 in rapporto al genere e alla classe di età. Sia tra le donne sia tra gli uomini la classe più rappresentata è quella di età compresa fra 65 e 74 anni, con valori di segnalazione relativi del 20,46% e del 17,28% rispetto al totale delle segnalazioni in ciascun genere. La maggiore frequenza di segnalazioni di sospette reazioni avverse si registra nelle donne, oltre il 56% del totale nei due generi. In aggiunta, oltre il 61% di ADR nelle donne si manifesta nelle
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Reazioni avverse ai farmaci: differenze di genere
Fasce di età
Donne
Uomini
n. segnalazioni
%
n. segnalazioni
%
0-4
517
7,95
601
11,90
5-14
589
9,05
374
15-24
319
4,90
219
4,34
25-34
481
7,39
271
5,37
35-44
635
9,76
401
7,94
45-54
819
12,59
534
10,58
55-64
933
14,34
822
16,28
65-74
1.124
17,28
1.033
20,46
≥ 75
1.088
16,73
794
15,73
Totale
6.505
100,00
5.049
100,00
% genere
56,30
Questo7,41 ebook
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43,70
Tabella XVII. Distribuzione per età e per sesso della segnalazione di sospette reazioni avverse in Italia nel 2008 (elaborazione dai dati dalla Rete Nazionale di Farmacovigilanza, Agenzia Italiana del Farmaco)
fasce di età dai 45 a oltre i 75 anni, cioè nelle fasce pre-, post-menopausale e in quella anziana. Nelle fasce di età del periodo fertile (da 15 a 44 anni), invece, le segnalazioni rappresentano circa il 21% delle totali nelle donne. Anche stratificando sia per classe di età sia per genere le incidenze percentuali del totale delle sospette reazioni avverse segnalate, come riportato in Figura 5, emerge che le sospette ADR segnalate nel genere femminile sono superiori a quelle segnalate negli uomini in tutte le fasce di età.
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Farmacologia di Genere
Questo ebook
Figura 4. Distribuzione delle segnalazioni di reazioni avverse per genere e per età, anno 2008 (elaborazione dai dati dalla Rete Nazionale di Farmacovigilanza, Agenzia Italiana del Farmaco)
Va inoltre considerato che in Italia, come nel resto d’Europa, si registra un generale fenomeno di sottosegnalazione, al punto tale che negli ultimi anni sono stati messi a punto strumenti e strategie volti a incrementare il numero di possibili segnalatori. In passato in Italia e negli altri sistemi nazionali di farmacovigilanza la facoltà di segnalare le ADR era affidata esclusivamente al medico, mentre attualmente tale possibilità è stata estesa anche ai farmacisti e agli infermieri. Il numero di segnalazioni di sospette ADR in Italia è di conseguenza aumentato considerevolmente negli ultimi anni, tuttavia è probabile che molte ADR non vengano ancora rilevate e che le differenze di genere potrebbero essere anche più marcate.
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Reazioni avverse ai farmaci: differenze di genere
Questo ultimo aspetto è, però, funzione di fattori concorrenti, di seguito brevemente descritti. Una prima ipotesi per il maggiore verificarsi di ADR nelle donne è relativa alla più consistente esposizione delle donne ai farmaci, di cui Queche sto eb sono maggiori consumatrici, e la frequente politerapia, aumenta ook appartiene aLoren il rischio di interazione tra farmaci, così come tra farmaci e rimedi bo-
Figura 5. Incidenze percentuali stratificate per fasce di età, distinte per genere, sul totale delle segnalazioni di reazioni avverse, anno 2008 (Rete Nazionale di Farmacovigilanza, Agenzia Italiana del Farmaco)
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Farmacologia di Genere
tanici e tra farmaci e cibo [Keitt, 2003]. Si deve infatti tener conto del fatto che una considerevole proporzione della popolazione femminile in età fertile (circa un terzo) utilizza anticoncezionali orali in maniera costante e concomitante con altre eventuali terapie. Queormosto ebook appa Anche una probabile particolare vulnerabilità e le fluttuazioni rtie
nali che caratterizzano la vita riproduttiva femminile hanno senz’altro un peso rilevante nella reazione ai farmaci.
Infine la sottorappresentazione delle donne nella sperimentazione clinica dei farmaci e la carenza dell’analisi di genere hanno fatto sì che le differenze farmacocinetiche e farmacodinamiche non siano state indagate a sufficienza e che, in numerosi casi, i profili di sicurezza nella donna siano stati evidenziati solamente dopo la commercializzazione. Le maggiori differenze di genere farmacocinetiche si verificano nell’espressione e nell’attività delle isoforme dell’enzima CYP450, principali responsabili del metabolismo dei farmaci (vedi Sezione 4). In termini di differenze farmacodinamiche va di nuovo sottolineato che lo scarso arruolamento delle donne nelle sperimentazioni e la conseguente sottorappresentazione comportano che il dosaggio standard dei farmaci venga calcolato uniformemente per soggetti di sesso maschile, considerando un peso medio di 70 kg [Franconi 2007]. Quindi, anche la sola correzione dei dosaggi in rapporto al minor peso della donna, permetterebbe, almeno in parte, di superare il bias di genere e costituirebbe una prima trasformazione verso un approccio farmacologico gender oriented che consentirebbe di ottenere importanti miglioramenti in termini di salute della donna [Franconi, 2007; Soldin, 2009]. Si ricorda, infine, che le patologie iatrogene presentano incidenza, morbilità, mortalità e costi sociali ed economici rilevanti, tanto da essere paragonabili a quelli delle principali patologie non iatrogene, come il diabete, l’ipertensione e l’obesità. In considerazione,
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ne aLoren
Reazioni avverse ai farmaci: differenze di genere
quindi, delle possibili differenze di genere nella sicurezza dei farmaci risulta ancora più pressante disporre di dati e informazioni più dettagliate e complete. La sensibilità degli operatori sanitari e il loro ruolo nel trasmettere le informazioni sulle ADR assumono un Questeola peso di grande rilievo nell’accrescere la segnalazione ebcultura ook appartie
della farmacovigilanza in generale e distinguendo per genere più in
ne aLoren
particolare.
6.2.
Alcune reazioni avverse più comuni nella donna
6.2.1.
Sindrome del QT lungo La sindrome del QT lungo, condizione di rischio di episodi di sincope e di morte improvvisa, è caratterizzata da un prolungamento dell’intervallo QT evidenziabile all’elettrocardiogramma ed è frequente causa di ritiro dei farmaci dal mercato. Ne sono un esempio cisapride e terfenadina. Tale sindrome ha una incidenza nettamente superiore nelle donne (65-75%); pertanto essere donna è considerato un fattore di rischio. Sebbene le cause di questo dimorfismo sessuale non siano state del tutto chiarite, sembra certo che gli ormoni sessuali giochino un ruolo importante poiché il tratto QT è fisiologicamente più lungo di 20 msec nelle donne dopo la pubertà, mentre è simile nei due sessi alla nascita. Gli ormoni sessuali femminili condizionano la ripolarizzazione poiché essa varia nelle diverse fasi del ciclo, essendo più corta durante la fase luteale. Un periodo critico per lo sviluppo di questo tipo di reazione avversa è il puerperio, mentre in gravidanza il rischio è ridotto [Furukawa, 2007]. Per essere sempre aggiornati sui principi attivi (più di 100), molto eterogenei, che inducono la sindrome del QT lungo e
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Farmacologia di Genere
sul loro potenziale aritmogeno, nonché per conoscere quelli che inducono questo evento avverso maggiormente nella donna, è bene consultare il sito web http://www.torsades.org. Il rischio aritmogeno può aumentare anche a causa d’interazione Questdue o ebook appa tra farmaci. Il caso più ovvio è quello in cui vengano associati rtie
farmaci che possiedono entrambi la capacità di prolungare l’intervallo QT, come avviene, per esempio, quando a una terapia cronica con un antiaritmico si aggiunge una terapia, anche a breve termine,
con un macrolide, come eritromicina. Potrebbe però anche accadere che un farmaco che prolunga il QT venga associato a un altro farmaco – ad esempio antimicotici azolici, antiretrovirali, antidepressivi inibitori selettivi del reuptake della serotonina – che ne inibisca il metabolismo epatico tramite il sistema del citocromo P450, con il conseguente aumento della concentrazione plasmatica dell’antiaritmico o comunque del farmaco che può indurre la sindrome del QT lungo. Prima di prescrivere un farmaco di cui è nota la capacità di indurre un prolungamento del tratto QT, specialmente se il trattamento è destinato a una paziente, si dovrebbe considerare la disponibilità di alternative terapeutiche ugualmente efficaci, ma con un miglior profilo di sicurezza. Andrebbe anche valutata la storia personale o familiare (es. una storia di episodi di sincope in età infantile o giovanile, casi in famiglia di morte improvvisa in giovane età) che potrebbe porre il dubbio diagnostico di sindrome genetica e che può essere confermata dall’elettrocardiogramma. Infine, nei pazienti a rischio e in quelli in trattamento con farmaci che allungano il QT bisognerebbe, se possibile, evitare la co-somministrazione di farmaci che possano a loro volta indurre lo stesso effetto o che inibiscano il metabolismo del farmaco in questione.
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ne aLoren
Reazioni avverse ai farmaci: differenze di genere
6.2.2.
Fratture ossee da tiazolidindioni I tiazolidindioni, farmaci insulin-sensitizer, sono agonisti selettivi del fattore di trascrizione PPAR gamma che controlla numerosi geni coinvolti nel metabolismo lipidico, nell’infiammazione, ecc. Que stoAl di là del-
ebook appart
le problematiche relative alla cardiotossicità di cui si continua a discu-
iene aLoren
tere, nelle pazienti diabetiche, ma non nei pazienti maschi, essi inducono un maggior numero di fratture alle estremità distali degli arti, siti diversi da quelli normalmente associati all’osteoporosi [Jones, 2009]. La genesi di questa reazione avversa, che sembra essere esclusivo appannaggio del sesso femminile, è molto discussa ma sembra che gli estrogeni vi giochino un ruolo importante [Hong, 2009]. Durante la preparazione di questo testo sono emersi ulteriori dati che evidenziano che le fratture ossee da glitazonici non sono confinate alle fratture distali come piedi, mani arti inferiori e superiori: infatti si è anche osservato un notevole aumento di fratture dell’anca. Inoltre le fratture si verificano anche nell’uomo; tuttavia le donne sono le più colpite [Colhoun, 2010]. Ciò sembra accompagnarsi a una più elevata efficacia nelle donne, probabilmente associata alla maggiore massa grassa, pur non escludendo un ruolo svolto dagli ormoni sessuali [Franconi, 2007].
6.2.3.
Altre reazioni avverse Si citano come altre reazioni avverse più facilmente sviluppate nella donna: •• reazioni allergiche provocate più frequentemente dalle penicilline
e, in minor misura, da sieri eterologhi, insulina, enzimi come la streptochinasi e alcuni anestetici generali;
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Farmacologia di Genere
•• alterazioni metaboliche, come aumento di peso e alterazioni me-
taboliche ematiche, sono più frequenti nelle donne (37%) rispetto agli uomini in corso di terapia con acido valproico e antipsicotici [El-Khatib, 2007; Mencacci, 2007], comportando maggiore faciliQueestuna o ebook appa tà di sviluppare insulino-resistenza, malattie cardiovascolari rtiene aLoren maggiore tendenza a interrompere la terapia; •• depressione respiratoria, di cui le donne vanno maggiormente soggette, in seguito a terapia con analgesici oppioidi (come discusso nel Paragrafo 5.3.1).
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appartiene aL oren •• Women Study Collaborators (2007). Ovarian cancer and hormo-
ne replacement therapy in the Million Women Study. Lancet; 369: 1703-8 •• Wong JH, Dukes J, Levy RE, Sos B, Mason SE, Fong TS et al (2008).
Sex differences in thrombosis in mice are mediated by sex-specific growth hormone secretion patterns. J Clin Invest; 118: 2969-78 •• Wong SL, Barriere SL, Kitt MM, Goldberg MR (2008). Multiple-dose
pharmacokinetics of intravenous telavancin in healthy male and female subjects. J Antimicrob Chemother; 62: 780-3 •• Wright JT Jr, Bakris G, Greene T, Agodoa LY, Appel LJ, Charleston
J et al; African American Study of Kidney Disease and Hypertension Study Group (2002). Effect of blood pressure lowering and antihypertensive drug class on progression of hypertensive kidney disease: results from the AASK trial. JAMA; 288: 2421-31 •• Yang Y, Carlin AS, Faustino PJ, Motta MI, Hamad ML, He R et al
(2009). Participation of women in clinical trials for new drugs approved by the Food and Drug Administration in 2000-2002. J Womens Health (Larchmt); 18: 303-10 •• Yerer MB, Aydoğan S, Comu FM (2008). Gender-related alterations
in erythrocyte mechanical activities under desflurane or sevoflurane anesthesia. Clin Hemorheol Microcirc; 39: 423-7 •• Young JB, Dunlap ME, Pfeffer MA, Probstfield JL, Cohen-Solal A,
Dietz R et al; Candesartan in Heart failure Assessment of Reduction in Mortality and morbidity (CHARM) Investigators and Committees (2004). Mortality and morbidity reduction with Candesartan in
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Farmacologia di Genere
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patients with chronic heart failure and left ventricular systolic dysfunction: results of the CHARM low-left ventricular ejection fraction trials. Circulation; 110: 2618-26 Yui Y, Sumiyoshi T, Kodama K, Hirayama A, Nonogi H, Kanmatsuse K et al; Japan Multicenter Investigation for Cardiovascular Diseases-B Study Group (2004). Comparison of nifedipine retard with angiotensin converting enzyme inhibitors in Japanese hypertensive patients with coronary artery disease: the Japan Multicenter Investigation for Cardiovascular Diseases-B (JMIC-B) randomized trial. Hypertens Res; 27: 181-91 Yu YW, Tsai SJ, Liou YJ, Hong CJ, Chen TJ (2006). Association study of two serotonin 1A receptor gene polymorphisms and fluoxetine treatment response in Chinese major depressive disorders. Eur Neuropsychopharmacol; 16: 498-503 Yusuf S, Sleight P, Pogue J, Bosch J, Davies R, Dagenais G (2000). Effects of an angiotensin-converting-enzyme inhibitor, ramipril, on cardiovascular events in high-risk patients. The Heart Outcomes Prevention Evaluation Study Investigators. N Engl J Med; 342: 145-53 Zhang W, Bleibel WK, Roe CA (2007). Gender-specific differences in expression in human lymphoblastoid cell lines. Pharmacogenet Genomics; 17: 447 Zhang X, Overholser BR, Kays MB, Sowinski KM (2006). Gatifloxacin pharmacokinetics in healthy men and women. J Clin Pharmacol; 46: 1154-62 Zulfiqar-ul-Hassan, Riffat S, Naseer R (2008). Gender differences on bioavailabity of ofloxacin. J Ayub Med Coll Abbottabad; 20: 114-7
Glossario
Aderenza L’aderenza alla terapia è un comportamento individuale che comprende la compliance (assumere i farmaci ai dosaggi indicati e con la o bo
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frequenza prescritta) e la persistenza (continuare la cura per il perio-
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do di tempo consigliato).
ADR (Adverse Drug Reaction) La reazione, nociva e non intenzionale, a un medicinale impiegato alle dosi normalmente somministrate nel paziente a scopi profilattici, diagnostici o terapeutici o per ripristinarne, correggerne o modificarne le funzioni fisiologiche. Secondo la definizione dell’OMS, è «qualsiasi risposta a un farmaco che sia dannosa e inattesa e che sopravvenga alle dosi comunemente usate nell’uomo a scopo di profilassi, diagnosi o terapia» [WHO Technical Report Series No. 425, 1969]. Tipologie particolari di reazioni avverse sono la reazione avversa grave e la reazione avversa inattesa. Reazione avversa grave: se provoca il decesso di un individuo, o ne mette in pericolo la vita, ne richiede o prolunga il ricovero ospedaliero, provoca disabilità o incapacità persistente o significativa, o comporta un’anomalia congenita o un difetto alla nascita.
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Reazione avversa inattesa: la reazione avversa di cui non sono previsti nel riassunto delle caratteristiche del prodotto la natura, la gravità o l’esito.
AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) È un organismo di diritto pubblico che opera sulla base degli indirizzi e della vigilanza del Ministero della Salute, in autonomia, trasparenza ed economicità. Scopi dell’AIFA sono: garantire, in accordo con le Regioni, l’unitarietà nazionale del sistema farmaceutico nazionale, promuovere l’impiego sicuro e appropriato dei medicinali, favorire la ricerca e sviluppo e mantenere rapporti con le altre Agenzie Internazionali.
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Assistenza farmaceutica territoriale
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Detta anche assistenza farmaceutica convenzionata, indica l’erogazione di farmaci a carico del Servizio Sanitario Nazionale tramite farmacie pubbliche o private (farmaci di classe A), con esclusione quindi dell’erogazione ospedaliera e della distribuzione diretta da parte di strutture sanitarie pubbliche alternative a quelle convenzionali.
ATC La classificazione Anatomica Terapeutica Chimica è il sistema internazionale di classificazione dei farmaci curato dal Collaborating Centre for Drug Statistics Methodology dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La classificazione assegna, sulla base dell’uso terapeutico principale, un codice univoco articolato in cinque livelli gerarchici corrispondenti rispettivamente al gruppo anatomico principale su cui il farmaco agisce (I livello), gruppo terapeutico (II livello) sottogruppi chimico/farmacologico/terapeutico (livelli III e IV) e singolo principio attivo (V livello).
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Glossario
AUC (Area Under the Curve) Parametro farmacocinetico che individua l’area della curva concentrazione plasmatica-tempo. Dipende dall’entità di assorbimento, dal volume di distribuzione e dalla velocità di eliminazione del farmaco.
Biodisponibilità Percentuale o frazione della dose di farmaco somministrata che entra effettivamente nel circolo sistemico.
Citocromo P450 (CYP450) Sistema enzimatico microsomiale di emoproteine coinvolte nella detossificazione dell’organismo di tipo ossido-riduttivo in grado di agire
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su numerosi substrati, sia esogeni (farmaci e tossine di origine ester-
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na, cibi) sia endogeni.
Clearance Volume di sangue virtualmente ripulito, nell’unità di tempo, dai processi di eliminazione.
Cmax Massimo valore di concentrazione plasmatica del farmaco.
Commissione europea Organo esecutivo dell’Unione europea che promuove l’interesse generale dell’Unione europea. A tal fine partecipa al processo decisionale, in particolare presentando proposte per il diritto europeo, sovraintendendo alla corretta applicazione dei trattati e del diritto europeo, sviluppando politiche comuni e occupandosi della gestione dei fondi.
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Compliance Disponibilità del paziente a collaborare in modo consapevole e responsabile alla terapia, e quindi ad assumere i farmaci ai dosaggi indicati e con la frequenza prescritta.
DDD (Defined Daily Dose) Valori di riferimento standard, utilizzati per misurare i consumi di farmaci in accordo con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Rappresentano la dose media giornaliera di mantenimento per un farmaco, nella sua indicazione principale in pazienti adulti. Il numero di DDD si esprime abitualmente in DDD/1.000 abitanti die, che indica il numero medio di dosi di farmaco consumate
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giornalmente ogni 1.000 abitanti.
Diminuzione della risposta dopo azione prolungata dell’agonista.
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Desensitizzazione del recettore Differenze di genere L’insieme delle differenze uomo-donna basate sulla cultura.
Differenze di sesso L’insieme delle differenze uomo-donna basate sulla biologia.
Dimorfismo sessuale Differenza morfologica esistente tra due soggetti appartenenti alla stessa specie, ma di sesso opposto.
Drop-out Con questo termine si indica l’abbandono della terapia da parte del paziente.
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Glossario
EMA (European Medicines Agency) L’EMA (già EMEA) è l’organismo europeo, con sede a Londra, responsabile del coordinamento delle risorse scientifiche, messe a sua disposizione dagli Stati membri, per la valutazione, la supervisione e la farmacovigilanza dei medicinali.
Emivita plasmatica (o tempo di dimezzamento) Tempo necessario affinché la concentrazione plasmatica o la quantità di farmaco nel plasma si riduca del 50%.
Epigenetica Insieme delle modificazioni che intervengono sul DNA non in modo diretto, cioè non mediante l’azione sulla sequenza delle basi, ma sulla o bo
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sua struttura tridimensionale, comportando una diversa accessibilità
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al DNA di quei complessi proteici che si occupano della trascrizione genica. L’espressione genica può dunque risultare alterata da modificazioni epigenetiche quali ad esempio la metilazione del DNA e l’acetilazione degli istoni (proteine attorno alle quali il DNA è avvolto).
Farmacocinetica Studio dei processi che regolano il movimento di un farmaco nell’organismo (assorbimento, distribuzione, metabolizzazione ed eliminazione della sostanza).
Farmacodinamica Studio del meccanismo d’azione di un farmaco nell’organismo.
Farmacologia di genere Branca della farmacologia volta a indagare e definire, dove presenti, le differenze di efficacia e sicurezza dei farmaci tra uomo e donna con
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Farmacologia di Genere
lo scopo di superare il pregiudizio di genere che ha caratterizzato in passato la ricerca farmacologica, sia pre-clinica sia clinica.
FDA (Food and Drug Administration) Agenzia federale statunitense a cui sono affidati compiti di tutela della salute pubblica e che ha lo scopo fra l’altro di sorvegliare l’efficacia e della sicurezza dei medicinali a uso umano e a uso veterinario e della sicurezza e controllo degli alimenti.
GABA (acido gamma-amminobutirrico) Principale neurotrasmettitore inibitorio del sistema nervoso centrale.
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Gli effetti di un errore sistematico (bias) causato dal pregiudizio legato
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al genere.
Gender blindness (cecità di genere) Distorsione legata alla convinzione che l’uomo e la donna siano biologicamente e fisiologicamente molto simili.
Gold standard Il metodo, la procedura o la misura che è ampiamente accettata come la migliore possibile contro la quale i nuovi interventi devono essere confrontati. È particolarmente importante in studi che riguardano l’accuratezza dei test diagnostici.
Induttore enzimatico Molecola capace di indurre l’attivazione genica mediante recettori endocellulari in modo da aumentare la sintesi dell’enzima.
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Glossario
Istat (Istituto nazionale di statistica) Ente di ricerca pubblico e principale produttore di statistica ufficiale a supporto dei cittadini e dei decisori pubblici.
Medicina di genere Consiste in un approccio alla terapia che tenga conto delle differenze tra i due generi, adeguando il trattamento a ciascuno di essi.
Metanalisi Tecnica clinico-statistica, principalmente impiegata nell’ambito delle revisioni sistematiche, che permette di integrare i risultati di una se-
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rie di studi condotti sullo stesso argomento, consentendo una sintesi o bo
quantitativa dei risultati e permettendo di superare la scarsità di dati
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e quindi la scarsa potenza degli studi, oppure di superare la discordanza dei risultati.
NIH (National Institutes of Health) Agenzia federale statunitense cui sono affidati compiti di conduzione e supporto della ricerca medica.
OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) Anche detta WHO (World Health Organization) è l’agenzia specializzata dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) per la salute. Ha come obiettivo il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile di salute, definita come condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto come assenza di malattia o di infermità.
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OsMed L’Osservatorio Nazionale sull’impiego dei medicinali dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA ) elabora rapporti annuali e periodici relativi all’uso dei farmaci nella popolazione in Italia.
Paradosso donna È quel fenomeno per cui le donne vivono mediamente più anni degli uomini, ma si ammalano di più e hanno un maggior numero di anni di vita in cattiva salute.
Polimorfismo Variazione della sequenza genomica rispetto alla maggior parte della
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popolazione; per essere definita tale, la variazione deve verificarsi in
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più dell’1% della popolazione.
Reazione di fase I Reazione chimica di biotrasformazione enzimatica che converte il farmaco in un metabolita più polare attraverso una reazione di ossidazione, riduzione o idrolisi.
Reazione di fase II Reazione chimica di biotrasformazione enzimatica che determina il legame del farmaco, o di un suo metabolita, con un substrato endogeno, come ad esempio acido glucuronico, acido solforico, acido acetico o un aminoacido.
Rete telematica nazionale di farmacovigilanza Il flusso informativo che collega le strutture sanitarie, le Regioni e le aziende farmaceutiche per la raccolta delle informazioni utili per la
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Glossario
sorveglianza dei medicinali con particolare riguardo alle reazioni avverse.
Studi di fase I Gli studi clinici di fase I hanno lo scopo di valutare la dose massima del farmaco in studio tollerata dall’uomo e gli effetti collaterali. Sono condotti generalmente su un numero limitato di volontari sani.
Studi di fase II Negli studi clinici di fase II viene valutato se il farmaco funziona sufficientemente bene per essere testato in fase III e forniscono maggiori informazioni sugli effetti collaterali, su come gestirli e sulla dose efficace. È arruolato un numero limitato (100-300) di pazienti affetti
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dalla patologia per la quale il farmaco è stato sviluppato.
Studi di fase III Negli studi clinici di fase III è arruolato un numero molto maggiore di soggetti (> 1.000); questi trial hanno lo scopo di determinare se il farmaco è efficace e sicuro confrontandolo con la migliore terapia farmacologica al momento disponibile.
Studi di fase IV Gli studi di fase IV servono a valutare l’efficacia e la sicurezza dopo l’immissione sul mercato e quindi nelle reali condizioni di impiego.
Studio in aperto Con questa terminologia si intende: •• un trial clinico in cui lo sperimentatore è a conoscenza dell’inter-
vento a cui sono stati sottoposti i partecipanti allo studio (la randomizzazione può o no essere presente);
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•• un trial clinico in cui l’investigatore decide l’intervento a cui devono
essere sottoposti i pazienti (assenza di randomizzazione). Tale studio è anche chiamato open label design; •• un trial clinico con un disegno aperto sequenziale (open sequential design): i pazienti vengono sottoposti prima a un trattamento e poi a un altro.
Studio in doppio cieco Studio clinico nel quale viene mantenuto segreto il gruppo di assegnamento ai partecipanti allo studio e ai medici che somministrano la terapia.
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Volume apparente di distribuzione (Vd) Volume che il farmaco occuperebbe nell’organismo se avesse in tutti i distretti corporei la stessa concentrazione che ha nel plasma al tempo 0 dopo somministrazione per bolo endovenoso. È dato dal rapporto fra la quantità di farmaco nell’organismo all’equilibrio di distribuzione e la sua concentrazione plasmatica. Dipende dalla lipofilia del farmaco, dal suo legame con le proteine plasmatiche e dall’affinità per esso dei tessuti di deposito.
Xenobiotico Sostanza estranea all’organismo.
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Indice analitico
A ACE-inibitori.................................... 55 Acido acetilsalicilico................ 71,100
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Allattamento........................ 32,37,96
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Analgesici........................................ 78
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Analisi di genere............................. 23 Anestetici...................................42,80 Antagonisti dell’aldosterone.......... 59 Antiaggreganti................................ 70 Antiaritmici...................................... 62 Antibiotici........................................ 86
B
Benzodiazepine.............................. 39 Beta-bloccanti...........................20,50
C
Calcio-antagonisti........................... 59 Cecità di genere................13,20,152 Ciclo mestruale................................... .............12,20,32,37,70,78,105,111 Consumo di farmaci........................27 Contraccettivi orali.............................. ............................12,20,34,39,40,60
Anticoagulanti................................. 70 Antidepressivi...................... 35,39,82 Antipsicotici.................................... 38
D
Aritmia............................................. 62
Differenze biologiche..................... 39 Dimorfismo sessuale...40,46,111,150 Distribuzione dei farmaci............... 39 Diuretici........................................... 60
Arruolamento negli studi clinici.......... .................... 19,21,23,52,58,89,110
E
Antiretrovirali...................................91 Antitrombina................................... 77
Associazioni estro-progestiniche........ Eliminazione dei farmaci............... 39 .....................12,20,41,64,72,88,101 Eparine a basso peso molecolare...76 Assorbimento dei farmaci.............. 39 Epigenetica..............................46,151
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Equità di genere............................. 15 Ezetimibe........................................ 69
O Ormoni sessuali.................................. ........................34,44,64,70,111,113
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Paradosso donna....................17,154
G
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Gender bias....................... 17,32,152 Gender blindness Vedere Cecità di genere Glicosidi digitalici............................61 Gravidanza..........................12,32,37, 43,45,68,70,85,86,95,98,105,111
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H HIV................................................... 89
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Farmacocinetica..............................37 Farmacodinamica.......................... 43 Farmacovigilanza................. 108,111
I Inibitori dei recettori purinergici.....76 Inibitori della glicoproteina IIb/IIIa.. 77 Iperlipidemia..............................64,68 Ipertensione arteriosa......50,58,100
Pregiudizio di genere..................... 16
Reazioni di fase I............................41,92,154 di fase II..................... 40,41,92,154 Reazioni avverse.............9,11,25,62, 82,86,88,92,105,106,111,113,147 Rete Nazionale di Farmacovigilanza... ................................................106,154
S Sartani............................................ 58 Scompenso cardiaco.......... 57,58,60 Sindrome del QT lungo.................. 62 Sottotrattamento............................ 33 Sovratrattamento........................... 33 Statine.....................................63,100
M
T Malattie cardiovascolari................ 49 Menopausa.......................................... Terapia ormonale sostitutiva....34,98 .......12,20,32,34,38,54,99,101,105 Trombolitici..................................... 70 Metabolismo dei farmaci..........37,39 Trombosi venosa............................ 70
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Niacina............................................ 68
Warfarin...........................................76
Autori
Silvia Canu Laureata in Farmacia presso l’Università di Sassari, è Dottore di Ricerca in Farmacologia di Genere e socio della Società Italiana di Faro bo
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macologia. È coautrice di pubblicazioni sulla farmacologia di genere
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su riviste internazionali ed è stata premiata per la migliore comunicazione orale sulla farmacologia di genere nel 33° e nel 34° congresso della Società Italiana di Farmacologia.
Elena Catastini Laureata in scienze sociali. Da alcuni anni si occupa di genere in ambito medico sanitario, interessandosi soprattutto dei risvolti economico–sociali prevalentemente nel settore farmaceutico.
Roberto Chessa È laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Sassari, Facoltà di Medicina e Chirurgia, con Specializzazione in Anestesia e Rianimazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Medicina e Chirurgia, di Roma. Ha conseguito il Master presso l’University College of London sotto la guida del Professor Marvin Singer e il Dottorato di Ricerca in Farmacologia di Genere presso
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Farmacologia di Genere
Università degli Studi di Sassari sotto la guida della Professoressa Flavia Franconi. È Dirigente medico di ruolo presso il Dipartimento di Anestesia e rianimazione della ASL 3 Genovese. È coautore di pubblicazioni scientifiche pubblicate su riviste internazionali.
Laura Iris Ferro Psichiatra, farmacologa clinica, MBA presso Università Bocconi, è autrice di numerose pubblicazioni internazionali ed è coinventore di brevetti. Ha fondato la società biotech Gentium e l’ha successivamente quotata al Nasdaq negli Stati Uniti. è consulente di progetti di ricerca scientifica e responsabile delle relazioni esterne del Gruppo Italiano Salute e Genere.
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Flavia Franconi
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Medico specialista in psichiatria. Attualmente è Professore di Farmacologia Cellulare e Molecolare presso la Facoltà di Farmacia dell’Università di Sassari dove coordina il dottorato di Farmacologia di Genere. Insieme ad altre quattro università europee, ha attivato un master in gender medicine finanziato dall’Unione Europea. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni internazionali sull’argomento ed è membro del comitato editoriale della rivista Gender Medicine. È responsabile del gruppo di Farmacologia di Genere della Società Italiana di Farmacologia, vicepresidente della Società Società Salute medicina di genere e presidente del Gruppo Italiano Salute e Genere.
Anna Maria Giammarioli Svolge attività di ricerca presso il Dipartimento del Farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità occupandosi dello studio dei meccanismi di citotossicità e degenerazione cellulare e della loro possibile modulazione mediante agenti biologici e sostanze farmacologicamente atti-
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Autori
ve. In questo ambito, negli ultimi anni, collabora a studi di medicina sperimentale e di sperimentazione clinica di fase I e II. Dal 2007 svolge attività di docenza nell’ambito del Corso Integrato di Farmacologia, Medicina Interna e Malattie Infettive, per il Corso di Laurea in Tecniche di Laboratorio Biomedico dell’Università di Roma La Sapienza (sede di Rieti). È autrice di numerose pubblicazioni su riviste internazionali.
Simona Montilla Laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche e Dottore di ricerca di Farmacologia e Farmacotossicologia, ha svolto attività di ricerca presso La Sapienza e presso l’Istituto Superiore di Sanità. Dal 2005 svolge la sua attività presso il Centro Studi dell’Agenzia Italiana del Farmaco con particolare attenzione ai temi riguardanti le politiche o bo
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economiche del farmaco, l’impiego di farmaci generici, le metodologie
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della ricerca e la valutazione dell’innovazione farmaceutica. Ha partecipato a progetti di ricerca internazionali sulle politiche del farmaco e sull’organizzazione dei sistemi sanitari. È autrice di pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali su temi di farmacoepidemiologia e farmacoutilizzazione ed è coautrice di rapporti istituzionali nazionali e internazionali in tema di politiche farmaceutiche e sanitarie. Si occupa di farmacologia di genere dal 2007.
Stefano Vella Medico specialista in malattie infettive e medicina interna, è attualmente direttore del Dipartimento del Farmaco presso l’Istituto Superiore di Sanità. È coordinatore del network di eccellenza europeo sulla ricerca clinica HIV (NEAT), finanziato dalla commissione europea, e fa parte del Scientific Advisory Group, HIV and Viral Diseases dell’European Medicines Agency (EMA). Dal 2000 al 2002 è stato Presidente dell’International AIDS Society (IAS). Oltre a tali attività, è membro del-
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Farmacologia di Genere
la Commissione Nazionale AIDS, del Comitato Etico dell’Istituto Superiore di Sanità, e della Commissione Sperimentazione Clinica di Fase I (di cui è anche Presidente supplente), oltre che membro supplente della Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA. È, inoltre, Professo-
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re a contratto di terapia delle malattie infettive presso l’Università di Sassari. È attualmente membro di diverse commissioni internazionali che si occupano di linee guida di terapia antiretrovirale e resistenza ai farmaci antiretrovirali, oltre che di revisione di progetti di ricerca per la ricerca sull’AIDS, e autore di oltre 250 pubblicazioni scientifiche, principalmente inerenti i farmaci antiretrovirali. È responsabile scientifico del Progetto “Patologia, clinica e terapia dell’infezione da HIV” – Programma nazionale di ricerca sull’AIDS – e direttore di Progetto per il Consiglio Nazionale delle Ricerche (area malattie infettive e immunologia).
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