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IT DI P
OLl I
Enzo Siciliano
VITADI PASOLINI •
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Prima edizione: gennaio 1995 Prima riscampa: febbraio 1995
ISBN 8S-()9·2060S·S © 1995 Giunti Gruppo Editoriale, Firenze
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VITA DIPASOLINI
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PreJazione
A distanza di sedici anni dalla prima, la nuova edizione di questo libro presenta ovvie novita di aggiornamento e qualche correzione di stile. Non ho pensato di intervenire sullasostanza del testo, poich6 Ie ragioni per cui 10 scrissi sono rimaste inratte.
Lavorai allibro nel convincimento di chiarire, anzitutto a me stesso, cosa fosse avvenuto suI campo dell'Idroscalo di Ostia, la notte del due novembre 1975. Era stato uccis" un poeta, un amico verso il quale nutrivo profonda devozione. Quella notte, peri>, entrava nel novero delle lante notti al buio delle quali si an nod a la fatica a esserci, a crescere, della democrazia italiana. Sono convinto che in s6 il delitto Pasolini non fu un delitto politico: fu piuttosto I'esca a una revulsione collettiva, a uno strano, quasi ininterrotto, esame di coscienza, 0 a una revisione di giudizio cui la figura di Pasolini, ormai consegnata alia storia, costrinse, costringe aneora moltissimi. Perch6 Pasolini era stato ucciso in quel modo? Quale il significato di quell a morre? Cosa egli aveva rappresentato come scrittore e uomo d'azione intellettuale? Questi alcuni degli interrogativi di superficie che seguirono allo strazio pravato per quell'assassinio. Alcuni decisera che Pasolini era morto perch6 cos) egli aveva desiderato. Scrissi questa libra nella convinzione che in lui
non c'era mai srata I'ombra di una decisione simile. Ma era vero pure che il suo destino, nella morte, proprio in quella morte, aveva reovato un paradossale com pimento. Pasolini aveva mostrato un insolito coraggio: tutta la sua opera dichiarava che egli non aveva avuto rnai paura della fine. In •
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termini di filosofia, Pasolini non aveva previsto per s6 una eonclusione secca della propria esistenza, dall'egoismo persona Ie res a simile al calare di un impenetrabile sipario. Era accaduto con Pasolini, in modo vistoso, provocatoria· mente palese, che un llama avesse real mente sacrificato la propria esistenza individuale aile necessita della sua propria essenza. E quest'uomo era un poeta, uno scrittore che non aveva mai taduto su quanta vedeva accadere intorno a lui, nella soeieta ferita e travagliata che 10 aveva partorito. Di qui l'equivoco politico. Quella sua morte, cosllegata aile zone private e insondabili della sua vita, finl col provoeare un eolleniyo psicodramma. L'accadimento di essa venne strappato alia easualira che apparriene al singolo e interpretato alia luee della necessit,L Quella morre orribile riveto, dunque, un'essenza umana necessaria, qualcosa di cui un'intera comunid. nazionale 5i appropriava, quasi pot esse esserne la proiezione anamorfica, frantumando gli stessi steeeati ehe Pasolini in vita aveya ereato attacno a se. Si vide in Pasolini, dapprincipio oscuramente, il poeta ehe .. . . . .,
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supera agnl mtenzlOne egOlstlca per consacrarSl a un opera comune. Pasolini, morendo nei modi in cui mOrl, sembro non essersi limitato a rappresentare l'azione morale di un eroe, positivo 0 negativo' che fosse, rna a compiere in se stesso il piu tra-
gieo dei sacrifieL In vita Pasolini non cereo la morte: in morte la sua immagine trOYO pero una dr.mmatiea perfezione. Fra questi due pianj andarono scavando e continuano a scavare gli interrogativi cui ho fatto eenno. Le risposte che a essi disegno questo libro mi paiono tuttora appropriate. Tale it motivo di una sua nuova edizione .
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Ringraziamenti
Quesco libra e staco scritto con I'affettuosa partecipazione degli Eredi Pasolini, di Susanna Pasolini Colussi, di Graziella Chiarcossi e di Nico Naldini in particolare, che hanno cons entico all'aucore di esaminare i fascicoli di inediti pasoliniani e I'intera, vasCO corpus bibliografico in loro posses so. Agli Eredi Pasolini va il suo ringraziamento. L'autore ringrazia aluesl Laura Betti che gli ha apeTto la consultazione dell'Archivio dell"'Associazione• Fondo Pier Paolo Pasolini". II suo ringraziamento va anche a tutti coloro che con ricordi person ali, anche pronunciati fOrtuLCamente, 0 con testi 0 let·
tere da loro posseduti gli hanno permesso di ricostruire nei limiti possibili I'esistenza di Pier Paolo Pasolini. II suo pensiera grato va in particolare a: Alberto Arbasino, Adriana Asti, Anna Banti, Mariella Bauzano, Gaspare Barbiellini Amidei, Giorgio Bassani, Dario Bellezza, Giovanna Bemporad, Attilio Bercolucci, Bernardo Bertolucci, Alfredo Bini, Gianni Borgna, Cesare Bortotto, Giulio Cattaneo, Suso Cecchi D'Amico, Vincenzo Cerami, Pietro Citati, Sergio Citti, Ninetto Davoli, Federico Fellini. Marcella Ferrara, Franco Fortini, Augusto Frassineti, Cesare Garboli. Livio Garzanti. Sergio Graziani. Paolo Lepri. Dacia Maraini. Nino Marazzita, Fabio Mauri, Ferdinando Mautino, Elsa Morante. Alberto Moravia, Ottiero Ottieri, Silvana Mauri Ottieri. Piero Ottone. Niccolb Pasolini Dall'Onda, Toti Scialoja, Vittorio Sereni. Luciano Serra, Tonuti Spagnol, Giacinto Spagnoletti, Antonello Trombadori, Paolo Volponi, Andrea Zanzotto, Giuseppe Zigaina. L'aucore vuole esprimere anche la sua gratitudine a Laura
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Mazza e a Valerio Magrelli, che 10 hanno aiutato nelle ricerche
di
emeroteca.
Per questa flllova edizione ('autorc ringrazia per I'aiuto e i consigli ricevuti Arnalda Colasanti, Emanuele Trevie Giorgio Vitale.
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Moi! moi qui me suis dif mage ou ange, dispense de foule morole, je suis rendu au sol,
avec un devoir achercher; et /a rea/ifl rugueuse aItreindre! Arthur Rimbaud
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PROLOGO
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L'Jdroscalo di Ostia
AIl'Idroscalo di Ostia si arrivava, lasciato il lungomare voltato a nord verso Fiumicino, per una strada che taglia prati e mondezzai. Dopo una piazza, case basse, bar di periferia; eome puntando di nuovo verso Roma, si girava a sinistra. Quando ci sono andato la prima volta, settembre 1976, lit suI prato, dietto un riparo di tavole inehiodate, si alzavano Ie fabbriche grigie di tre quattro palazzi. • Un bivio, poi l'asfalto riprendeva in parallel a la linea delIa c o s t a . ' Era un pomeriggio di sciroeco, nuvole basse; un 'aria greve, soffocante. Un rudimentale campo di calcio: la casetta imbiancata degli spogliatoi. Giocavano la partitella: ragazzi e uomini rincorrendosi col fiato corto su un prato spelacehiato, soleato da qualche pozza d'acqua. Una rete Ii divideva dalla strada. Questo, verso il mare. Un'aria di pioggia si avvoltolava su Roma, e da quellato il margine della strada seguiva sterri profondi, erbacce, tovesci di rifiuti in una teoria all'apparenza infinita. La borgata prendeva forma, oltrepassato il campo da gioco, nel eongiungersi di quella mondezza a certe casette allineate suI traecialo di una traversa in perpendicolo alia strada. Una casa ancora in costruzione, rna l'unica abitata. Le altre, portoncini d'un qualche vezzo, colonnine di gesso, fi-
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nestre risolte col cartone inchiodato, erano sparse e solitarie, in mezzo al fango, in mezzo a carreggiate senza sensa. Fra quei tracciati, tre alberelli tesi e spogli, indecifrabiIi, attomo a una panchina di pietra scura, sui piano della quaIe il vento accarezzava un pugno di polvere. Oggi, tutto questa e sparito. Come in un film di Pasolini: una donna era uscita dalla casa ancora da ultimare, e diceva lamentosa: "C'e una bomba, c'e una bomba: non t'avvicinare; arrivano i carabinieri». Un "bambino correva sui ciglio di una buca; e pare che la dentro ci fosse, tra barattoli, cocci e resti di cibo, qualcosa che poteva assomigliare a un ordigno esplosivo. Poi arriva la "gazzella" dei carabinieri. Ma la donna giii badava a noi. Ero andato Iii con alcuni ragazzi della Federazione giovanile camunista romana: preparavana un videotape col quaIe ricordare Pier Paolo Pasolini, alcuni luoghi della sua vita, un cenno delle opere. La donna, guardando con due occhieni ispidi e solleciti, diceva adesso a noi: «Siete venuti per lui?». E indica la panchina. "Come gridava quella notte. "Mamma, mamma: m'ammazzano." Gridava COS): poveraccio.» Detto questo ci spia, quasi a misurare il tasso di credibilitit delle proprie parole: poi si allantana. Che Fosse menzogna, 0 verid, quella sua testimonianza, non si poteva discutere. Erano parole gia trascritte su un copione preparato ne! giro di vari mesi, dettato dall'aspirazione ingenua a sentirsi in qualche modo partecipe d'un evento tagliato in grande dalla vita.. Si allantanava [rettolasa, verso it bambino e i carabinieri, improvvisamente noncurante del proprio credito, coinvolta da una diversa novita.
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La panchina era piantata di traverso sulla terra battuta, a segnare il punta dove era stata ritrovato il corpa di Pasoli-
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ni: un passo dalla palizzata, ancora eretta con Ie tavolette rosa e verdine fra cui una servl al massacro. Il vento tirava indietro i tronchi sottili degli alberelli. AI di Ii di un dosso, quasi una curva da cui sfiatava un cam ion, un altro campetto, dove correvano dei ragazzini urlando: un cam petro per niente regolamentare, una striscia di prato stretta fra una fila di baracche lontane e questa stradicciola che portava forse ad esse. Un'altra partitclla, un'altra gara. Dunque: il corpo rovesciato sui punto della panch ina. L'auto parcheggiata piu in Hi. Le case risucchiate e spaziate in un disordine raccapricciante. Il buio, rotto da una ftIa di lampioni: troppo lontani per illuminare altrimenti che con una bava incerta di luce 10 spiazzo fra la strada asfaltara e il campetto. •
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Sui «Messaggero» di luned] 3 novembre 1975 sono riportate Ie parole di Maria Teresa Lollobrigida, casalinga di 46 anni, moglie del manovale edile Alfredo Principessa di 48 anni: «II morto rho scoperto io. Siamo venuti qui domenica .mattina aile sei e mezzo can la nostra Citroen. Veniamo a passare tutte Ie domeniche qui, e dopo pranzo lavoriamo tutti per costruirci una casetta per I'estate. II terreno e demaniale. D'estate c'e aria buona. Quando siamo arrivati ho norato qualcosa davanti alia nostra casa. Ho pensato che fosse immondizia e ho detto a mio figlio Giancar10: "Ma tu vedi sti fiji de 'na mignotta che ce vengono a burd!. davanti a ccasa la monnezza". Mi sono avvicinata per . vedere come si poreva ri pulire la zona e ho scoperto che si trattava del corpo di un uomo. Aveva la testa fracassata. I . capelli impastati di sangue. Stava a faccia in giu, can Ie mani satta. Era vestito male. Aveva una canottiera verde a maniche corte, un blue-jeans macchiato di grasso di macchina, stivaletti marrone alti fino alia caviglia, una cintura marrone. Ho chiesto a mio marito di fare marcia indietro e di
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avvisare subito la polizia. Aile 6,40 eravamo tutti al com•
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ffilssanato»).
La trascrizione giornalistica non rende ragione, forse, al vibrato colloquiale di Maria Teresa Lollobrigida. Cib che resta e la posizione del corpo di Pasolini: testa in giu, capelli impastati di sangue, la canottiera, gli stivaletti, la cintura marrone.
Ayeva il volto sfigurato, un orecchio reciso 0 quasi. Le fotografie sui giornali ritraggono l'asciuttezza del suo carpo stracciato in terra, il braccio destro sotto il petto. Altre fotografie, con gli agenti della polizia scientifica intorno, 10 mostrano supino: Ie mani e Ie dita abrase; qualcosa di monco nell'espressione arresa e soffocata del yolto; il torace slargato e informe, senza pili la snellezza che gli era propria. Nella notte fra il sabato l' novembre e la domenica 2, circa all'una e mezzo, un'auto del nucleo mobile dei carabinieri aveya incrociato, sui lungomare Duilio di Ostia, una Giulia 2000 Alfa Romeo GT grigia che correya a velocira sostenuta. Viene predisposto 10 sbarramento per un controllo. La Giulia 2000 mostra d'ayvertire l'inseguimento accelerando I' andatura: sbanda, sfiora il marciapiede. L'inseguimento e duro, finche l'auto dei carabinieri riesee a stringere l'Alfa contro la recinzione di uno stabilimento balneare. A bordo c'e un r.gazzo, che tenta di fuggire a piedi. I militi di altre auto scendono e 10 fermano. E Giuseppe Pelosi, 17 anni e quattro mesi. Ha precedenti penali: furto , d'auto e atti di teppismo. E uscito da Casal del Marmo, iI c.rcere minorile romano, Ia terz. e ultima volta il 13 settembre 1975. L'auto sulla quale e stato sorpreso e di P.solini. Durante l'interrogatorio, Pelosi chiede gli sia restituito I'accendino, il pacchetto delle sig.rette lasciati in macchin. al momento in cui e stato catturato, e un anello, un ane!-
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10 ornata da una pietra rossa e la scritta «United States». II particalare sembra senza impartanza: e camunque iscritta a verbale. Verso Ie quattra del mattina, il ragazza viene calta da, una crisi. Pare gridi: «Casa ha fatta, mamma. Casa ha fatta». Quindi cade addarmentata..
I carabinieri andarana a casa Pasalini. I telefani, nella zona, erana fuori usa: un atrentata alia central ina dell'Eur Ii aveva resi inurilizzabili. In cas a Pasalini, c'e Graziella Chiarcassi, figlia di una cugina di Pier Paolo: vive can lui e Susanna Pasolini Colussi da anni, lasciata la famiglia in Friuli, contrattista presso la facalta di Lettere dell'Universita romana. Graziella avverte Ninetta Davoli. Ninetta ha cenata can Pasolini al ristorante "Pommidara", .1 Tiburtino: si sana lasciati da poche are. La Giulia 2000, fino a quel punta, non era stata rubata. • ,
E natte inaltrata, Pasalini non e rientrato a casa. Rientrava salitamente tardi: e vera. Questa volta, pen), c'e I'arriva dei carabinieri in casa, I'automobile rubata e ritravata can illadra a bordo. Ninetta Davoli si rivolge ai carabinieri. Di Pasolini non c'e notizia. Verso Ie sette del mattina, la segnalaziane dal Com missariata di PS di Ostia: e stata ritravata un cadavere nella zana dell'Idrascalo. ' I carabinieti invitana Ninetta Davoli can lora al sopralluoga. La scomparsa di Pasolini pravoca agni ipatesi . . ENinetta a riconascere, nel cadavere baccani sulla sterrata, Pier Paala marta. Pelosi ha chiesta dell'anella smarrita: e I'anello e stata ritravata presso il marta dagli agenti di palizia che vanna rilevanda reperti sulla terra battuta della stradicciala e del , campetta sportlva. •
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Accanto a una porta di questo, limitata da tubi metallici, c'" la camicia insanguinata di Pasolini, raccolta a mucchio, due spezzoni di un asse di legno, anch 'essi insanguinati e intrisi di materia cerebrale. I giornali riferiscono che intorno al mezzogiorno del2 novembre Giuseppe Pelosi confessa d'avere ucciso Pasolini. Dapprincipio il ragazzo sostiene d'avere avuto la GT in prestito da un amico, quindi d 'averla trovata, chiavi ne! quadro, in un parcheggio al Tiburtino, presso un cinema. Gli viene contestata la presenza dell'anello accanto al cadavere. A quel punto Pelosi cominda a raccontare che verso Ie died della sera precedente, mentre con alcuni amici si attardava sotto i portici del piazzale della Stazione Termini, era stato avvicinato da un «frocio., un signore fra i trentacinque e i cinquant'anni, al volante dell'auto GT. Ci sono dubbi che Pelosi faccia "marchette". I portici delIa Stazione costituiscono il tempio di quell'eros che si stende come un alone intorno ai riti degli arrivi e delle partenze: l'instabilita e la precarieta, suggerite dai viaggi appena conc1usi 0 imminenti, fanno da afrodisiaco, alimentano l'anonimaro di cui quegli incontri pili 0 menD furtivi hanno bisogno.
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Pasolini non amava il furtivo, n6 in questioni erociche ne in altro. Doveva amarlo, nei portici della Stazione Termini, l'umanita mista, il paesaggio variato e caotico, quella specie di borgata metropolitana che vi si raduna, stimolata dalla compravendita del corpo. Era un frequentatore abitaale di quel luogo? Si e fatta l'ipotesi 10 frequentasse per una raccolta di materiale da elaborare ne! romanzo che andava scrivendo da olere due anni, e che provvisoriamente aveva intirolato Petrolio prima e poi Vas. Gli amplissimi srralci finiti e semirifiniti che restano di questo gran libro-progetto possono suffragare in qualche
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modo I'ipotesi, considerando il margine di documentarismo che la narrativa pasoliniana contempla: ma non c'e in essi alcuna letterale allusione a quella piazza romana. ,
E stata mossa anche la supposizione che Pasolini avesse gia incontrato Pi no detto dagli amici "Ia rana"; ma niente la confofta. Di acquisito immediatamente c'e, dunque, I'arrivo di Pasolini in piazza dei Cinquecento, una volta lasciato Ninetto Davoli all'uscita del ristorante "Pommidoro"; e I'incontro con Pelosi. Pelosi ha tutti i caratteri fisici del "tipo pasoliniano", del ragazzo di vita. Le fotografie apparse sui quoddiani il mattino appresso al rinvenimento del cadavere all'Idroscalo 10 ritraggono in strada, appoggiato a un albero, giubbetto, jeans attillati, la fronte stretta e incorniciata di riccetti, mani in tasca, un sorrisetto fra aperto e malandrino. Ma • in quel viso, se non sorride, c'e qualcosa di murato e triste. Che Pasolini abbia avvicinato proprio lui non sorprende, conoscendo quanto 10 scrittore fosse fedele fino all'ossessione ai propri paradigmi plastici. La scelca dei voId, nei suoi film, 10 mostra in modo chiaro. Pino Pelosi avrebbe poruro apparire nel Decameron, nelIe Millet una notte. Enzo Ocone, direttore di produzione degli ultimi film pasoliniani, una volta avvenuto I'assassinio, si e dato a una rice rca scru polosa fra i provini delle eomparse utili aile scene di massa, sieuro ehe il ragazzo fosse passato al vaglio di Pasolini: e stata una ricerea senza esito. L'aecanimento di Ocone riprova peri) quanto Pelosi rientrasse nell'ieonografia pasoliniana . . II racconto di Pelosi e sommario. II «froeio» al volante della GT 10 avvieina; Lui si allontana verso il chiosco-bar di piazza dei Cinqueeento. Dopo pochi minuti la GT e II che 10 tallona. II «frocio» ne discende: gli si avvicina, gli offre di fare un giro,promettendo un «bel regalo».
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Nessuna proposta concreta; rna Pelosi ha capito cosa gli e richiesto. • Segue la partenza sull'auto; l'arrivo in una trattoria vicina alia basilica di San Paolo. Pino beve una birra, mangia un piatto di spaghetti e un quarto di pallo; il «signore» non man• • gla mente. Fra Ie ventitre e le ventitre e trenta i due salgono in auto; sosta a una pompa di benzin. di via Ostiense: subitodopo viene imboccata la strada per il mare. Durante il percorso, dice Pelosi, il «signore» parIa di un campetto isolato: sarebbeto andati Ii a «fare qualche cosa», ventimila lire di regalo. Quanto accade dopa e cosl esposto, sulla base del verbale presentato dai carabinieri, nella sentenza del 26 aprile 1976, Tribunale dei minori di Roma, firmata dal presidente Alfredo Carlo Moro, e depositata in cancelleria il21 maggio 1976: .Aggiungeva il Pelosi che l'uomo 10 aveva portato al campo sportivo; che gli aveva preso il pene in bocca per un minuto rna non aveva completato "il bocchino"; che 10 aveva fatto scendere dana macchina e gli era venuto dietro premen dolo dal di dietro e eereando di abbassargli i pantaloni; ehe gli aveva detto di smettere e lui invece aveva raccolto un paletto del tipo di quelli che recingono i giardini e voleva infilarglielo nel sed ere a per 10 men a 10 aveva appoggiato Contra il sedere senza nemmeno abbassargli i pantaloni; che esso Pelosi si era girato e gli aveva detto "ehe ti sei impazzito"; ehe il Pasolini si era allora tolto gli oechiali che aveva lasciati in macchina e nel vederlo in vi so gli era sembra. ta una faccia da matto tanto ehe aveva avuto paura; che era seappato via rna era inciampato e caduto; che si era sentito add ossa il Pasolini che 10 aveva colpito alla testa con un bastone; ehe aveva afferrato il bastone e aveva searaventato lontano da se il Paolo; che era nuovamente fuggito ed era stato nuovamente raggiunto e eolpito ana tempia e in varie parti del corpo; che aveva vista per terra una tavola, l'aveva raccolta e gliela aveva rotta in testa; che gli aveva anche da-
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to due calci "nelle pal Ie"; che il Paolo sembrava non aver sentito neppure questi calci; che allora 10 aveva afferrato per i capelli e gli aveva ancora dato una bastonata sui naso; che non ci aveva visto pill e 10 aveva ripetutamente colpito con la tavola finche non 10 aveva sentito cad ere a terra rantolante; che era scappato in direzione della macchina portando con se i due pezzi di tavola e il paletto che aveva buttato vicino alia macchina; che subito dopo era sal ito in macchina ed era fuggito con quella; che non sapeva se nel fuggire era passato 0 non con l'auto sui corpo del Paolo; che non aveva investito volontariamente il corpo di Paolo ne si era accorto di esserci passato sopra perche era sotto choc; che sulla strada alia prima fontanella si era fermato per lavarsi e togliersi Ie macchie di sangue; che durante i fatti erano stati sempre soli lui e il Paolo •. La prosa burocratica, cavata dal verbale dei carabinieri, tradisce concitazione, e mette a nudo evidenti• lacune e contraddizioni. Pelosi quando fu sorpreso dalla "gazzella" dei militi non sembrava venir fuori da una rissa: trascurabili Ie tracce di sangue, neppure disordine negli abiti. Per via di questo, il Tribunale sostiene che la piena confessione dell'imputato «non impedisce la ricerca della veritii sostanziaIe.: una «verita. che riguardi tempi, movimenti, la meccanica del fatto. . In modo particolare, Ie perizie condotte durante il corso dell'istruttoria hanno dissolto la credibilita del racconto di Pelosi. . Anzitutto, gli indizi intorno alia presenza di terzi nella lotta sulla stradicciola e al campetto dell'Idroscalo. Quando Pelosi venne fermato dai carabinieri, sui sedile posteriore dell'auto di Pasolini fu trovato un golf verde. Era un golf, anche se un po' logoro, in buone condizioni: un golf dozzinale, di quelli che si vendono sulle bancarelle dei mercatini rionali. La sua taglia non corrispondeva ne a quella di Pasolini, ne a quella del ragazzo.
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Sempre nella macchina, fu trovaro un plantare di scarpa destra: anche questo non di Pasolini 0 di Pelosi. Ne, come il golf, poteva trovarsi nell'auto prima di que I giorno. Graziella Chiarcossi ha dichiarato in istruttoria di aver pulito la GT di Pier Paolo la manina del 31 otrobre: non ha visto golf o plantare. Nell'automobile non vennero ritrovari, peraltro, il paeehetto di sigarette Marlboro e I'aecendino che Pelosi richiese al momento del fermo. E ppure sostenne di averveli lasciati dentro. La supposizione della sentenza e che una terza persona «nella confusione Ii abbia presi e portati via con se}}. Altre risultanze rese dalla polizia scientifica: «SuI terreno dell'area di rigore della porta sinistra del rudimentale campo da gioco [dell'Idroscalol esistevano delle impronte di scarpe sicuramente non lasciate ne dalle scarpe di Pasolini ne dalle scarpe di Pelosj,>. Si trana di impronte di suola gommata, scarpe da tennis probabilmente . • La pros a della sentenza dice: «E da escludersi che Ie impronte forografate possano essere state lasciate suI terre no dai ragazzi che giocavano a pallone nella mattina del 2 novembre. I rilievi, come si evince dal verbale (Vol. 6), sono stati effettuati aile ore 7,30 e comunque prima che arrivassero suI posto i ragazzi ehe poi giocarono a palla». Non solo Ie impronte delle scarpe da tennis, rna sempre nell'area della porta, «nurnerose altre irnpronte»: quante Ie persone, insomma, in quella notte suI carnpetto dell'Idroscalo? L:interrogativo non ha risposta: rna e importante che possa venir formulato. Aneora: suI tetto della GT, dalla parte dello sportello del passeggero, risultano incrostazioni tenui di sangue: sangue, per la perizia, appartenente a Pasolini. Se fosse stato il capo di Pier Paolo a picchiare suI tetto dell'auto, oltre alle tracce ernatiche, vi sarebbero state anche irnpronte di capelli, presenti in tutti i reperti. Se si fosse trat-
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tato di sangue schizzato, quelle tracce sarebbero state assai pili consistenti. N6 esse poterono venir stampate dalle mani di Pasolini, se, come racconta Pelosi, Pasolini, durante la lotta, non si avvicino mai alia GT. Uipotesi e che quelle macchie siano state impresse dalle mani di un aggressore . • Ma chi e questo aggressore? E Pelosi? Pelosi sostiene di essere salito in macchina e di aver guidato dopa la colluttazione: quindi, se cosl, e emrato per I'altro sportello che non quello presso il quale vi sono Ie in• • crostazlOfiI. Basta questo a rendere pili credibile I'ipotesi che can Pino "la rana" dovesse esservi per 10 menD un'altra persona, la quale e sal ita sulI'auto aprendo la portiera dalla parte del passeggero, appoggiandosi istintivamente con una mana • sulla capote. .
Si faccia il caso che Ie macchie di sangue siano state stampate dalle mani di Pelosi: dunque, Pelosi, lasciato Pasolini rantolante suI terreno, corre verso I'auto, fa per salirvi, preme casualmente una rna no sui tetto della carruzzeria e si accorge di avere sbagliato. Per fuggire deve entrare dalla parte opposta dell'auto: richiude 10 sportello del passeggero e passa alIa sportello del guidatore. Se tanto fosse avvenuto, doveva lasciare, forse ancora pili tenui, altre tracce di sangue, sia sulla portiera di destra della GT sia suI volante. Niente di questa, invece. Conclude la semenza: «Due sale ipotesi sana possibili: a Pelosi aveva Ie mani sporche di sangue ed entro nella macchina dalla parte del passeggero, mentre altra persona guido la mac china nella fase del sormontamento del corpo del Pasolini e poi fino alia fontanella ove Pelosi si lava (rna sembra poco probabile che anche i complici del Pelosi siano arrivati con lui fino alIa fontanella); 0 i1 complice can Ie mani sporche di sangue si sedette al posto del passeggero aprendo 10 sportello di sinistra mentre il Pelosi, che non aveva Ie mani sporche di sangue, si sedette alla guida della macchi-
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na. In un caso come neWaltro appare sicuro che insieme al Pelosi entro nella macchina altra persona che con lui aveva partecipato all'aggressione» . •
In favore di questa tesi - non un solo aggressore rna pill d'uno -, gioca il fatto che Pelosi, negli abiti e nel corpo, era quasi netto del sangue di Pasolini; mentre Pasolini, prima di ricevere il calcio allo scroto che gli provoco una violenta emorragia interna, ebbe dal capo, per i col pi ricevuti, una altrettanto violenta emorragia esterna: «non vi fu una semplice fuoriuscita di sangue rna vi furono veri e propri "schizzi" di sangue». La cosa eo dimostrata, come ho detto, dalla quantita di materia ematica di cui era intrisa la camicia abbandonata a terra. La perizia ha aeeertaro ehe Pelosi aveva sangue di Pasolini suI pols ina sinistro della maglia a carne (per tre eentimetri), suI fondo del pantalone a destra e satta la suola di una scarpa. Se la colluttazione Fosse stata corpo a corpo, cosl come il ragazzo ha sostenuro nella «confessione», tutti i suoi obiti dovevano risultare sporchi, non solo di sangue rna anche d'altro, cos) come aWesame sono risultati il bastone e i due laeerti di tavola serviti a lui quali armi di offesa. Ma Pelosi esce indenne dalla lotta. . Pasolini resta al suolo col vol to stigurato, profonde ferite al cranio, l'orecchio quasi strappato, Ie mani raschiate, Ie unghie maciullate. Pelosi ha solo una piccola ferita sull'alto della fronte dal lato sinistro, verso il sopracciglio; ed e una ferita che ripona per la brusca frenata cui eo costretto quando la "gazzeIla" dei carabinieri 10 bloeehera sullungomare Duilio. Pelosi barte la fronte suI volante della Giulia GT, e niente , altro. E proprio questo che riduce all'incredibilita il raccontoconfessione di Pino "Ia rana". Quel raceonto, wtto tempi stretti, pare dettato da una lucida drammawrgia: possiede una sua allucinata coerenza; rna quella coerenza eo scredita,
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ta da una congerie di dati cui Pelosi stesso, nel dibattimento processuale, ha offerro spiegazioni divagate. I vuoti, Ie incongruenze, nelle parole del ragazzo, hanno corso fin dal momento in cui egli narra il proprio inconteo con Pasolini ai portici della Stazione Termini. Daile testimonianze raccolte e accertato che Pasolini arriva davanti al bar di quei portici, e non scende dall'auto. Parla con un gruppo di ragazzi di vita con diffidenza e prudenza; dice di aspectare un amico. Quelli tentano con lui un approccio pill suerto, fanno per prendergli la mano: lui mette la ~icura allo sportello e serra il veteo. Intanto, uno dei ragazzi, di nome Seminara, entra nel bar, chiama Pelosi, e gli suggerisce di avvicinarsi alia Giulia GT. A questo puntO la diffidenza di Pasolini muta segno. Pa, solini accoglie nell'auto il ragazzo presentatosi ultimo. (E per la rispondenza iconologica di Pelosi a una ossessione fi• sica ed estetical) Pelosi sale sull'Alfa. L'Alfa si allontana da piazza dei Cinquecento per mezz'ora. In questa mezz'ora Pelosi convince Pasolini a ritornare alia Stazione, e si fa promettere d'essere riaccompagnato, una volta concluso l'incontro, a casa, al Tiburtino III. Seppur minorenne, il ragazzo guida di straforoo si permette una utiliraria «in condominio» con due ragazzi; in quel momento e lui ad averne Ie chiavi, deve passarle agli altri 1. . Al ritorno a piazza dei Cinq uecento, Pelosi chiede agli amici di non farsi.vedere dall'uomo della Giulia GT: con la scusa delle chiavi dell'automobile pari a con loro, rna non si sa cosa dica. .. A questo punto la GT parte alia volta di Ostia. ,
E Pasolini a conoscere gil l'Idroscalo, 0 e Pelosi? Nessuno sa se Pasolini avesse mai frequentato ilposto. La sen-
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tenza del Tribunale di prima istanza prospetta l'ipotesi che Pelosi 10 conoscesse: non a caso avrebbe trovato la fontanella di piazza Scipione I'Africano a Ostia dove lavarsi Ie mani e . l'odo dei calzoni imbrattato di sangue, parcheggiando I'auto in una strada appartata come via delle Caserme. Comunque, e ne! momento della seconda partenza da ·piazza dei Cinqueccnto che deve essersi disegnato l'Idroscalo quale puntO terminale del viaggio, seppure non si sa in chi. Le tappe: la trattoria "Biondo Tevere" sulla via Os dense; nPasolini e conosciuto, ed e riconosciuto. Quindi, un distributore di benzina: anche n, da un c1iente occasion ale, Pasolini e riconosciuto. Sembra una sera come tante altre. C'e un ragazzo che mangia in trattoria un piatto di spaghetti aglio e olio, e un'auto che si rifornisce di carburante a un distribu• tore auto matico. C'e forse anche una macchina che·segue I'Alfa GT, e l'aspetta non vista aile soste? L'ipotesi dell'agguato, sostenuta a pill voci, trova corpo negli accertamenti delle perizie legali. Quegli accertamenti mettono in luce crepe e contraddizioni della «confessione» di Pelosi: spingono l'indagine all'interno della medesima «confessione» e sottolineano quel che Ie parole svelano nascondendo. Lunedl 3 maggio 1976, il cronista di «Paese sera» Franco Rossi pubblica una lettera che gli e stata recapitata in anonimo (di medesimo tenore, anche l'avvocato Nino Marazzita, di parte civile al processo presso il Tribunale dei minori di Roma, ne ha ricevuto una). La lettera recapitata a Rossi sostiene che la sera del sabato·! novembre, la GT di Pasolini, lasciata piazza dei Cinquecento, fu seguita da una macchina targata Catania: a bordo, quattro persone che i ragazzi dei portici della Stazione conoscevano benissimo. Chi scrive la Iettera e uno di questi ragazzi. La lettera dice: «Quei quattro eranO molto conosciuti da noi perch" di solito vengono e ci pestano di botte e ci fregano i soldi gua0
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dagnati col nostro lavoro. E ci dicono che dobbiamo farla finita col nostro lavoro perch" gli roviniamo la piazza delle lora donne)).
E ancora: «I giudici del tribunale hanno fatto una grande infamita a condannare il Pelosi, perche pili di tre anni per furto d 'auto non meritava visto e considerato che noi ragazzi di vita, per non dire marchettari, sappiamo che Pino Pelosi e assalutamente innocente. Quei quattro l'hanno minacciato di morte se diceva una sola parola di tutto». L'agguato. L'emozione per I'uccisione di Pasolini fu enorme: e I'idea che egli fosse stato ucciso in un agguato "politico" si diffuse subito presso moltissimi. Lui il polemista, pubblico accusatore del "Potere", del regime trentennale che governava l'Italia, veniva "liquidato", messo violentemente a tacere, e a tacere nel modo pili sofisticato e screditante: su un campetto di calcio, periferia tomana, per mana d'un ragazzo di vita cui voleva "fare il culo". Non il col po di pistol., la sventagliata di mitr. al mattino, al salire in macchina, al portone di casa: niente di questo, secondo 10 schema del delitto politico, divenuto consueto nei torbidi, canvulsi anni Settanta. A Pasolini sarebbe stata riservata una messa in scena diabolicamente casuale, • suo modo perfetta, persuasiva: una mess. in scena in cui egli si sarebbe trovato invischiato fino al collo per il suo «noto masochismo», il suo «autolesionismo». ..
A questa interpretazione, che sfruttava certa vulnerabilira esistenziale di Pasolini, rispose Alberto Arbasino: «Macch6 masochismo! Macche. autolesionismo! C'e un limite! Anzi, ce ne sono due. Uno: it rispetto della propria figora pubblica ingaggiata in una battaglia civile: in questi casi non ci si puo permettere neanche it modesto lusso di farsi sorprendere dietro un cespug[io con Ie mutande in mano. E questo, il nostro amico [0 sapeva bene: come anche i pili spericolati cavalieri <jel [avoro sanna bene i modi e i "giri" per
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non lasciarsi "beccare sui fatto". L'altro: che un minimo di riguardo per la letteratura, un minimo di affetto per i titoli dei propri libri, non consentono - proprio! e pili forte di turto! - che questi diventino titoli di giornali, usati magari come calembours di cattivo guSto, in occasione poi della propria morte! Non c'e davvero niente che torna: e meno che meno in tutti quei raccontini cosl precisini, temini in cia sse referenziati come una domestica tuttofare. Mai, nella storia giudiziaria italiana, tutto e apparso cosllogico e definitivo e "ne varietur" in poche ore domenicali» 2. ' •
L'agguato. Oi fronte a un agguato la vulnerabilita esistenziale di Pasolini diventava forza morale. Colpire la cultura italiana in Pasolini poteva accendere una miecia, con conseguenze imprevedibili. II «Potere», quel potere contro cui Pasolini polcmizzava dalle colonne del «Corriere della Sera» con i suoi scrirri «corsarh) 0 «luterani», sa mettere a tacere ogni cos a con mezzi finissimi: il potere rischia sempre il minimo in casi simi Ii. 0 rischia su un altro piano, complicando e adulterando i fatti: rna allora abbiamo la strage di piazza Fontana, la strage dell"'ltalicus". Sfrutta, senza aver bisogno di nulla sollecitare, tutto il possibile tra Ie zone oscure della nostra vita civile. Eppure un agguato sembrerebbe delinearsi nelle cose. E possibile avanzare pili d'una supposizione intorno alia sua natura. Allo stato presente, I'unico dato di fatto e quanto Pelosi certamente tace. Un agguato di quamo "pappa", partiti dalla Stazione Termini per una tipiea ritorsione di malavita sfociata poi in un delicto? Tutto pub essere credibile - cosl che I'assassinio "politico" prende consistenza solo in un senso traslato, metaforico; nel senso che ogni atto umano pub e deve essere sottratto alia mera casualidl per venir trascritto in termini razionali. Questo assassinio, in obiecto, e stato "politico", per la rilevanza della public figure dell'assassinato. ,
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Detto questa, Ie uniche certezze che gettano luce sulla notte del\'Idroscalo sono segnate nel corpo di Pasolini, nelIe ferite molteplici che 10 hanno ucciso e della cui dina mica non sembra responsabile solt_nto Pino "Ia ran.". Dunque: I_ GT .rriva all'Idroscalo, fa sosta al buio. Pino Pelosi dice d'aver acceso una sigaretta, d'averla fumata. Poi Pasolini gli accarezzo i genitali: «Mi prese il pene in bocca per circa un minuto». Ci fu un coito orale. Dopo di questo, sempre dal verbale della deposizione Pelosi, Pelosi rim.ndo la richiesta delle venti mila lire patmite: .Pensavo che dovevo chiedergliele quando avevamo finito tutto». Pelosi, percio, sa che l'incontro non e concluso. Cosa potra svolgersi, a questo punto, fra i due? Pasolini dovette slacciarsi la cintura, aprirsi la lampo dei pantaloni, e predisporsi a far l'amore. Pelosi dice d'essere sceso dalla macchina, ed' essersi appoggiata i. una rete metallica di recinzione. Perch.:? gli e stata chiesto nel corso del dibattimento. Rispose: .Cosl, per vedere». Pervedere cosa, in un buio pesta? Pelosi sostiene che Pasolini, fuori dell' auto, 10 ha inseguita con un paletto, e con esso ha tentato di creare un rapporta erotico: ecco il trauma, e il furore, la cagione del raptus che 10 ha portato a uccidere. Ma Ie fasi della lotta sono due, non una come Pino "Ia rana" afferma. Qui, il silenzio del ragazzo si fa impenetrabiIe e colpevole. / La mattina dopa, a Casal del Marmo, in cella, a un vicino, il primo venuto, dice: .Ho ammazzata un uomo e precisamente Pasolini». Ancora non 10 ha detto negli interrogatori, ancora non ha "confessato" - e commenta: «Tanto tea poco 10 vengono a sapere; mica so no deficienti quel1i». Intanto non ha confessata. Intanta ha data una pausa aIle indagini: lui che dichiarera d'avere ucciso per legittima
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difesa. Quell'uomo, quel «frocio» 10 aggrediva: 10 aggrediva con un paletto; voleva «fargli iI cuIo» con que! paletto. Un buio pes to. L'agguato pub essere avvenuto menue Pasolini era chino sugI'inguini del ragazzo, ancora dentro I'auto: possono averlo preso di schiena, preso e tirato fuori. Pelosi pub essere uscito via: andato alIa rete, voItando Ia schiena a que! che accadeva, «cosi, per vedere». La Iotta comincia n, a settanta metri daI punto in cui e stato ritrovato iI cadavere. PasoIini e coIpito vioIentemente aI capo, e Ie sue ferite sanguinarono abbondantemente. Ebbe tempo di sfiIarsi Ia camicia di flanella, di asciugarsi con essa iI sangue e di ripiegarla a mucchio, lit alIa porta del campetto da gioco. La camicia e integra in ogni sua parte: non gIi fu strappata: Pasolini Ia sbottono, se Ia sfilb. Con quali armi fu colpito? Sullo sterrato dell'Idroscalo sono stati trovati un bastone e i due pezzi di tavoletta; rispettivamentc a 56 e a 90 meeri dal cadavere. Per la lora consistenza essi sarebbero stati insufficienti a produrre Ie ferite al capo ehe Pasolini ha ricevuto. Probabilmente. egli e staw colpito da altro. Comunque, a questa puntO gronda sangue in faccia. II cuoio eapelluto e riceo di vasi sanguigni: Ie lesioni sono tali da presupporre che vennero offesi anche i vasi arteriosi; non poterono mancare forme emorragiche "a nap po" . Tali zampilli di sangue non poterono non raggiungere gli aggressori o I'aggressore: certo non Pelosi. E Pasolini dovette reagire: 10 suggerisce 10 stato abraso delle sue mani. II tentativo di tamponamento del sangue ehe egli fece con la camicia segna iI concludersi della prima fase della lottao Una sosta, un vuoto. Poi, il percorso dei settanta metri, gli ultimi settanta metri vissuti da Pasolini.
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Se Ie ferite.al capo costituiscono il momento culminante della prima fase di lotta, un calcio ai testicoli e l'attimo decisivo della seconda fase. Pasolini dovette perdere i sensi: la percossa gli aveva provocato al basso ventre un profondo ematoma. La sentenza Moro suppone che il ca1cio «venne assestato da una persona mentre altre tenevano ferma la vittima perch6 subisse il col po di grazia». Pelosi ha detto d'avere agito su Pasolini col bastone e la tavoletta, spezzatasi in due fra i colpi; ha detto d'averli poi «d'istinto» raccolti e gettati via, fuggendo, presso la macchina. Ma prima di questa fuga vi fu un'altra fuga: quella di Pasolini dalla porta del campo sportivo verso illuogo dove infine cadde. Una ciocca dei suoi capelli e stata ritrov.ta sulla strada di terra battura. Lo inseguirono, 10 raggiunsero, 10 afferrarono per i capelli. Forse fu quello il momento del calcio allo scroto. . •
Ed ecco la fuga dell'auro. Pelosi sostiene di non esscrsi accorto, guidando, d'avere invcstito Pasolini esanime a terra. Pasolini e stato ueeiso cosl: il euore scoppiato sotto la pressione dei pneumatici della GT. Dunque, Pelosi non ha visto: eppure quel corpo non era un ostacolo traseurabile. Pelosi dice d'esser stato sconvolto, obnubilato: Ma, intanto, aveva lanciato lontano dal cad averc il bastone e i due tronconi della tavoletta di legno. Ne si mostro obnubilato mezz'ora pill tardi davanti ai carabinieri, ai quali seppe dare risposte a loro modo precise; certamente svianti su quel che poi disse era aceaduto. Si preoccupb delle sigarette, dell'accendino, e di quell'anello trovato accanto al corpo del morto come a predisposta controfirma dell'assassinio. ---La Giulia parte deliberata a schiacciare Pasolini rantolante in terra: Pasolini non occupava naturalmente la strada
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nella sua ampiezza: restavano oltre otto metri su cui I'auto . poteva andare senza ostaeoli. Invece l'auto investe quel corpo e 10 "finisce". Dice Pelosi, nel corso dell'interrogatorio: "Pensai solo di andarmene: non pensavo ehe fosse morto rna in quel momenta, poieh6 il motivo preminente era quello di andare a riprendere la mia macchina, non mi interessava la possibilita che a seguito delle ferite Pasolini, abbandonato, potesse morire». Era fuggito. II suo anello gettato a terra. Pelosi sostiene che nella latta gli e stato strappato dal dito. Ma sui dito quell'anello andava stretto: al mattino ne restava ancora il cerchio rosso inciso sull'epidermide - 10' strappo sarebbe dovuto avvenire nel corso di un corpo-a-eorpo da cui Pelosi non poteva uscire del tutto indenne. Pasolini era uomo asciutto e forte, abituato a un settimanale allenamento sportivo: il gioco del calcio era la sua passione, la sua distrazione, il suo relax: una gioia adolescenziale 10 prendeva se ne parlava; e rendeva attivo questo suo piacere giocando con gli uomini della propria [Coupe cinematografica, can i ragazzi conosciuti in borgata. Giocava can grinta, can futore, can estro. II suo corpo, insomma, non poteva cedere e fiacearsi nel corso d'una colluttazione quale quella descritta da Pelosi. Pelosi non dice con esattezza quando, come I'anello gli e stato sftlato. L'anello, n, vicino al cadavere: un uomo che sta morendo, ridotto alia semicoscienza da un calcio ai genitali, non puo avere avuto la forza di tirar via dal dito di un ragazzo, animato da un raptus omicida, un anello che «va stretto».
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L'assurdo di quell'indizio, di quella prova inconfutabile di colpevolezza, ha alimentato Ie supposizioni pili diverse. Tutte concludono su un interrogativo: e stato costruito un omicidio perch6 quel ragazzo del Tiburtino III ne risultasse indubitabilmente il colpevole, lui che per I'eeil minore poteva cavarsela can una condanna tutto sommato mite?
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Vanello, che sembra gettato II dal caso, solleva, forse, dubbi, su quanto e avvenuto allo sterrato dell'Idroscalo la notte fra ill' e il2 novembre 1975, assai piu concreti di tlltti gli altri sollevati dallo stringato racconto di Pelosi. Perche Pelosi, una volta catturato, parla ai carabinieri dell'anello perduto? Perche lanciare un segno cosl evidente della propria colpevolezza?
II segno, pero, lanciato appunto can tanta evidenza, puo svolgere un ruolo contrario a quanta ho detto fin qui. Dalla notte dell'Idroscalo puo uscire un Pelosi diabolicamente accorto, diabolicamente istruito; rna anche un Pelosi stupidamente, sinisuamente disarmato, che da solo ha ucciso, dominato da una sciagurata semicoscienza. Puo uscirne uno di quei «giovani infelici. di cui Pasolini stesso ha scritto: Non c'e gruppo di ragazzi, incontrato per strada, che non potrebbe essere un gruppo di criminali. Essi non hanno nessuna luce negli occhi: i lineamenti sono lineamenti contraffatti di automi, senza che niente di personale Ii caratterizzi da dentro. La stereotipia Ii rende infidi. II 10TO silenzio pub precedere una trepida domanda . di aiuto (che aiuto?) 0 puo precedere una coltellata. Essi non hanna pi" la padronanza dei loro atti, si direbbe dei lora muscoli. Non san no bene qual e la distanza tra causa ed effetto. Sono regrediti - sotto l'aspetto esteriore di una maggiore educazione scolastica e di una mi-
gliorata condizione di vita - a una rozzezza primitiva. Se da una parte parlano meglio, ossia hanna assimilato i1 degradante it.liano medio - dall'altra so no quasi afasici: parl.no vecchi dialetti incomprensibili, 0 addirittura taeciano, lanciando ogni tanto urH gutturali e interiezioni tutte di carattere osceno. Non sanna sorridere 0 ridere.
Sanno solo ghignare a sghignazzare3•
Dunque: e Pelosi un criminale che non sa d'esserlo perche non controlla i propri muscoli, perche non conosce «la distanza fra causa ed effetto.: un mostro, un automa sgu-
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sciato fuori dallo «sviluppo •• italiano, dall'eca italiana del «benessere»? Ha certo studiato meglio dei suoi padri; si e nutrito meglio di loro: rna questo ragazzo, per tali miglioramenti, ha pagato uno scotto atroce: e regredito ~a una rozzezza primitiva». La illude que! che luccica: ha ucciso un uorna, e mezz'ora dopa, anchilosato dai propri miti, cio di cui parla e un anello, un anello ehe porta incastonata una pietra rossa e stampigliata sopra una seritt. che evidentemente 10 indirizza ad altri miti, a sogni inesplorati, «United States», quello che portavano i Marines. ' Per quanto ha fatto, costui non puo essere accusato d'alcUna menomazione specifica, individuale: la sua menomazione e sociale - e colletti va. Cio significa altresl che Pasolini e stato coinvolto, I'ultima norte della sua vita, da una stereotipia. Pelosi sembrava uno dei tanti ragazzi can i riccetti e la fronte stretta da lui incontr.ti fino a quel momenta - rna non 10 era. II suo «silenzio» puo aver illuso il narratore di Ragazzi di vita: que! silcnzio egli 10 ha interpretato come «una domanda di aiuto»; ne ha rieevuto«una coltellata». Soltanto questa considerazione puo dissolvere l'ipotesi, pur cosl tangibile, delI'agguato. Dunque: Pelosi e apparso a Pasolini, satta i portici delIa piazza dei Cinquecento. Prima di tutto tu sei, e devi essere, moho carino. Ma-
gari non in sensa convenzionale. Puoi anche essere un po' minuto e addirittura un' po' miserello di corporatura.
puoi gia avere nei lineamenti il marchio che, in Iii can gli anni, ti rendera fatalmente una maschera. PerC. i tuoi acchi devono essere neri e bril1anti, la tlla bocca un po' grossa, il tuo visa abbastanza regolare, i cuoi capelli devono essere corti su11a nuea e dietro Ie orecchie, mentre non
ho difficolta a concederti un bel ciuffo, alto, guerresco e magar; anche un po' esagerato e buffo sulla fronte. Non
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mi dispiacerebbe che tu fossi un po' sportivo, e che quin~
di fossi stretto di fianchi e solido di gamba
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Questi era il Gennariello del trattatello omonimo, che Pasolini intraprese a scrivere nella primavera del '75 e lascio a mezzo. II testo avcva scopi didattici; il suo fine: salvare dal «genocidio antropolagica», in quelle isole d'ltalia dove ancora fasse possibile, la genuinita e la creatural ita dei ragazzi sanaproletari. Pelosi, in qualche misura, pateva rispandere fisicamente al ritratta. Ma, da quella immagine ideale, Pasalini era ormai lantana. Aveva serino, in un articala intitolata Abiura dalla «Tnlogia della vita» (ta data e dellS giugna 1975), il proprio «adia» per «i carpi e gli argani sessuali dei nuavi giavani e ragazzi italiani». Aveva scritta che quei corpi e quegli organi sessu.li non avrebbe mai piu patuta rappresentarli cinem.tograficamente con la dolce adesiane can cui Ii aveva rappresentati nel Decameron, nel Canterbury, in Le mille e una notte. Nelle sue parole c'era furore: it furore del disinganno, un furore «retroattivo». Per qualche anno mi e stata possibile iIIudermi. II presente degenerante era compensato sia dalla oggettiva sapravvivenza del passato che, di conseguenza, dalla possibilit. di rievocarlo. Ma oggi la degenerazione dei corpi e dei sessi ha assunto valore retroattivo. Se col oro chea/lora erano cosl e
COS!,
hanno potuto diventare ora cosl e
cas1, vuol dire che 10 erano gia potenzialmente: quindi anche illoro modo di essere di alfora e, dal preSente, svalutato. I giovani e i ragazzi del sattoproletariato romano - che son poi quelli che io ho proiettato nella vecchia e resistente Napoli, e poi nei paesi poveri del Terza Mondo - se om sana immondizia umana, vuol dire che anche aI/ora potenzialmente 10 erano: erano quindi degli im. becilli costretti a essere adorabili, degli sq uallidi criminali costretti a essere santamente innocenti, ecc. ecc. ,
La canelusiane, nel crolla di questa idealira che aveva animato per anni il poeta di Ragazzi di vita come un religia-
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so credo, era amarissima, e bruciante: «La vita e un mucchio
di insignifieanti e ironiehe rovine. 5•
Tra quelle rovine «ironiche. c'era la morte. Ci si chiede, a questo punto: cosa e accaduto perche, una volta riapparso il Gennariello di weno, vero 0 falso che fosse, I'abiura dal suo corpo avesse perduto forza sui sensi di Pier Paolo? II richiamo del sesso e perentorio, 10 sappiamo. Ci si chiede: quella notte di novembre agl soltanto un tale richiamo, 0 si lascio che esso agisse su Pier Paolo per il fine atroce e preordinato dell'assassinio? •
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La notte dell'Idroscalo non e definitivamente lacerata. E chiaro ormai che la disamina della sua verita va a vanificarsi, nella rete delle induzioni: quanto importa, e invade 10 schermo in primo piano, e la sua realta. Non che verita e realta si oppongano, rna la seconda assorbe a se la prima. Pier Paolo e morto, e ilfixing della sua morte sembra incollare caso e necessita cancellando ogni cronaea, sfoeando l'immagine di Pelosi, del bastone, della tavoletta spaccata in due, dell'anello con la pietra rossa, del golf abbandonato dentro l'Alfa GT. Tocna alia mente la sequenza del sogno in Accattone: giovani eorpi nudi, mezzi sepolti sotto maeerie; il sole che sbianca ogni eosa; un sentimento di dilapidazione e irresoluta angoscia; un silenzio allucinato. ,
Eeco, dunque, il terreno vago, rognoso dove questa morte si e consumata. I tre alberelli, la panchin·a, dedicati al poeta da Laura Betti ~ divelti, poi, spariranno. II paesaggio di baracehe, pozzanghere, immondizie pare intoecato: un luogo di rifiuto e di emarginazione, un luogo di macerie. Nel suo orrore, l'Idroscalo e anche un luogo di pieta, un luogo religioso. I suoi connotati so no ormai solarizzati dal destino che vi si e compiuto.
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Alberto Arbasino ha rifiutato di considerare la cosa, come si e visto, alia stregua di una maca bra, sofisticata messa in scena. Ma la questione e appunto questa: che la messa in scena sia stata possibile con tale puntualita, con tale perfezione. C'e una fatalita raccapricciante ne! fatto che Pasolini sia morto n, al punto dove erano piantati la panch ina e gli aI, bereIli, su quella traccia di terreno incerto, e Ie baracche e il campo di calcio vicino. La fatalita da raccapriccio anche se fosse pravato che Pasolini e stato trascinato su quello sterro da un agguato. Moravia ha detto che, al primo vederlo, ha riconosciuto qUe!luogo come 10 avesse giil. vis to altre volte: «Infatti (Pasolini) I'aveva giii descritto sia nei suoi due ramanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta, sia nel suo primo film Accattonc» 6. Questa coincidenza, che e segno di un destino, e che nulla toglie aile ipotesi che si possono pron\lnciare suI delitto, esige una spiegazione, 0 se non una immediata spiegazione, un accertamento. La vita e l'opera di Pasolini, religiosamente, ne racchiudono il senso e il mistera .
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PARTE PRIMA .
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Tal cour di un lru!
UNA CITAZIONE
«II vivere sempre alia presenza di se stesso, sulla punta della spada, e I'incantarsi davanti alia vita, bloccata in episodi chiusi e stupendamente nostalgici, del suo paese, era forse dovuto al suo essere in parte straniero.» Pagina d'autobiografia: la pill vera che Pasolini abbia serino della sua giovinezza friulana: non la niccolse mai in volume; e rimasta chi usa in un fascicolo, I'VIII, di «Botteghe oscurc», la rivista che Marguerite Caetani dirigeva e che Giorgio Bassani curava come redattore. II titolo di quelle pagine e I parianti: Friuli, luogo magico, e «srraniero», per la scoperta della glottologia e della storia. Pasolini aveva scritto parte di quei fogli nel1948: Ii puhblicava nel 195/'. II nobile sangue ravennate di suo padre (nella sua immagi nazi one: un vecchio palazzo nel euore di Ravenna, consunto e sbiadito come in una vecchia stampa, e poi, •
dietro a una rapida e accorata visipne di mare - Porto Cor~ sini -, un interno, fOSSO e malinconico net suo fasto O(tocentesco, dove una vecchia contessa sua remota parente con versa con il Carducci) era venuto a confluire con il
sangue casarsese dei Colussi (a sua volta, nell'immaginazi one: un vecchio barga del paese, grigio e immerso nella pill sorda penombra di pioggia, popolato a stento da antiquate figure di contadini e intronato dal stiono senza tempo della campana).
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rv1a sua nanna, la madre di sua madre, proveniva da Casale Monferrato; un Piemonte dipinto di rosa acceso,
come nell' Adante della sua infanzia che avvolgeva di una scorza ardente e preziosa, Ie immobili vicende della famiglia di sua nonna: una casa di rieovero, una festa da ha1lo, sua nanna giovinetta che si pettinava, una casa
svuatata, ingigantita e annerita dalla mise ria. 1\1a dalle eoUine del Monferrato, che egli non aveva mai visto, alitava nella sua vita una brezza verde e serena, conservata come artificialmeote in una memoria senza piu funzione, sopravvissuta. Era a questa punta, quando pensava al name Monferroto, nome guerresco, a cui poi si foode-
va qualche ferrea vicenda feudale - appresa per cas a e con lieto argaglia al Ginn.sio - che si present.va alia sua immaginazione ormai tradizionale la Polonia. La bisnonna di sua madre era infatti una ebrea polacca - da cui sua madre aveva ereditato it nome di Susanna - sposata e portata in Friuli da un suo antenato, soldato di Na-
poleane. L. Polania che casl autamaticamente e felicemente compariva ai SUOL occhi di ragazzo, era di un colore grigio-topo, ed era tuua venata di tiote e musiche risorgimentali: ad un tratto si squarciava e net suo centro si formava la vecchia immagine del suo trisavolo, che i~ mezzo a una ca1cinante distesa di neve, uccide il suo cavallo, gli squarcia la panda e vi si caccia dentro per ripa-
rarsi dal freddo •martale . Lasciamo adessa la ricreaziane fantastica e affettuosa della mitolagia familiare. La sua musica resti come melodia in eco oltre quel che sta per raccontare. Casa c'era nell'animo di questa bambina «straniero», che sognava la gesta domestica sui colari dell'atlante scalastico? . TAL eOl.iR DI UN FRUT •
Tal courdi un/rut: ne! euare di un fanciullo. Cos a c'era nel euore di Pier Paolo Pasolini fanciulla, nato a Balogna il 5 marzo 1922?
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Bambino elegante, gli occhi scuri e malinconici; la frangena ben pareggiata sulla fronte; un golf alia marinara bianco con disegni geomeuici all' arlo e al bavero; Ie gambe piene dentro calzettoni di fila candido; scarpe di vernice; pantaloni di velluto al ginocchio. Oppure: cappello can la falda arrotonda!a in giro al capo, e pelliccio!to aperto: la fodera deve essere a colori vivaci, geometrizzante, deco. Pier Paolo puo avere due, massimo tre anni. Nella studio del fotagrafo, il fondale dipinto finge un parco, una balaustra e un viale di platani. II bambino e sistemato in piedi su una sedia imbottita, spalliera ad angola reno: la madre 10 tiene per il braccio. Susanna Pasolini nata Colussi: nella fota ha un 'aria di ragazza. Poua avere trentatre anni (e nata ne! 1891): eppure, nella positura del capo, nell'occhio vivace, nel modo in cui indossa gli abiti, mosua una freschezza vitale che e quella d'una gioventli appena assaporata. I capelli sono ragliati corti, non sfumati all'altezza delle orecehie, seriminati sulla de• . sua; alia gala, un vezzo di perle; pelliecia di lapin a spalle easeanti, ampio bavero, abbottonatura studiosamente trasandata, braeeio sinistro rilassato in tasea: in quell'abbandono c'e un sentimento di inappartenenza, e insieme possesso, ehe desta sospeno in chi osservi con serupolo. Quella pellieeia e portata con fatale fragilita, eon pili d'una traccia di esibizionismo e, anche, con geloso senso di proprieta. La pelliccia arriva al ginocchio; di sono, la gonna a tubo, lunga fila di bottoncini suI fianco, calze nere che appaiono alia eaviglia; searpe con tacco sottile, seollate e col einturino. Susanna tiene il bambino a desua, sottabraccio. La sua aria spavalda si spiega in quella vicinanza al bambino: 10 offre, 10 mette in mostra, se ne serve a difesa; Ie sue labbra ben disegnate, ritaccate di rossetto, sono strette in una mossa che dichiara tutto quanto una madre puo provare di bene e di orgoglio investiti in un figlio. Nel euore di quel bambino e affiorata la malinconia. C'e malinconia in una foto di lui ancora pili piccino, in grembo •
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alia nonna Pasolini, una vecchia dalle na·rici dilatate e iI setto nasale schiacciato, simili a quelli di Pier Paolo. La vecchia Pasolini somigliava a suo figlio Carlo Alberto. . Queste fotografie parlano di un ceto sociale piccolo borghese, I'ltalia dei primi anni del fascismo. II 1922 e I'anno in cui Mussolini va al potere. Pasolini nasce in un paese che cambia faccia: che distrugge 0 potenzia la propria rradizione risorgimentale (questo a parere di due schiere opposte di interpreti). La realea del fascismo fu, 10 sappiamo, piccolo borghese: un'intera compagine soci.le si oblitero in essa. Da un I.to, vi si obliterarono i grandi agrari e gli industriali; dall'altro, parte non trascurabile del proletariato urbano e contadino: i primi nella speranza di sventare il «pericolo rosso»; gli altri in quella di rendere possibilmente meno equivoca una incertezza di impiego e lavoro diventata cronica. Ma !'Italia si allontanava a una velocitii geometricamente progressiva dall'Europa; aveva cercato di nutrirsi di essa al tempo delle belle speranze romantiche e postromantiche: e molti, moltissimi consentirono al colpo di stato delle camicie nere nell'ipotesi di farlo strumento ai propri particola• n IOtereSSI. Non fu cos.: nessuno domino iI fascismo, nel senso che nessuno puo dominare Ie proprie pulsioni negative se non Ie riconosce per tali. Sappiamo che I'ubiqua piccola borghesia italian a espresse nella dittatura, non paradossalmente, un metodico riliuto della storia: e la sua ideologia fu un sol vente che animo poi quanto e stato chiamato «consenso». La dittatura fascista non fu un'innocua invenzione, 0 una temporanea malattia dello spirito: fu il denominatore comune, politico e ideologico, per un paese che soffriva di un feroce complesso d'inferiorita in ogni strato, e che trovo nello scarto "a destra", nel populismo e nell'autarchia, il trucco 0 il punto di fuga per non dirsi verita necessarie, ingrate, dolorose. . •
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Per gli italiani, acquistare coscienza antifascista non fu ·semplice. 0 10 consentivano motivazioni "di c1asse": rna il proletariaro cosciente della propria funzione e dei propri disegni etico-politici era, allora, numericamente esiguo, e pertanto accerchiato nella sua esiguitiL 0 10 consentivano motivazioni e riflessioni squisitamente culturali, di {lite. Pier Paolo Pasolini arrivD all'antifascismo amaverso Ie strade della cultura, e quando gia la Resistenza era al proprio culmine. Suo padre era fascista .. CARLO ALBERTO PASOLINI
Figlio di Argobasta Pasolini Dall'Onda, Carlo Alberto era nato a Bologna, 1892. Orfano di padre, rimase accanto alia madre, donna dal carattere bene inciso: nelle scolorite fotagrafl,e: un vol to aspro, senza sorriso, la bocca rinserrata fra Ie guance come suo figlio (e come appunto sara di Pier Paolo); a suo modo snella, e1egante nell'abita di broccato, una corona comitale . di brillantiniappuntata al soggolo (in questa fota, degli anni Novanta, Carlo Alberto, sui quattro anni, vibra in mano un frustino). La van ita comitale fu di Carlo Alberto (in qualche modo, repressa e svelata solo a tratti fugaci, appartenne anche a Pier Paolo). In una fotografia, Carlo Alberto non ancora diciottenne, seduto su una leggcra sedia imbottita (giacca doppiopetto scura, ampiamente sciallata, chi usa da un fermaglio in vita, calzoni bianchi a righe, camicia fantasia con colletta inamidato bianco e cravattino di raso scuro, anello all'indice delIa desera e cercbietto al mignolo della sinistral, forte d'ossatura, i tratti marcati: somiglia nelle linee di un frettoloso abbozzo a suo figlio. Sui retro, la cartolina, stampata presso 10 «Stabilimento fotagrafico F.lli Pasquini di Bologna e Bagni
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Porretta», porta un timbro blu con corona e la dicitura .Pasolini Carlo Alberto». . II ragazzo aveva ereditato aleuni beni di famiglia, rna pare abbia dissipato tutto - si parla di una irrefrenabile passione per il gioco. Altre foto: un ciuffo ribelle, un profilo colto dalJlou de!l'obbiettivo cosl che la guancia risahi scavata, l'occhio cerchiato, la basetta una Ii eve pennellata ad arco. Oppure: sulla spiaggia dell'Adriatico, costume da bagno intero di maglia, maniche corte, braca a mezza coscia, sigaretta accesa fra l'indice e il medio della mano destra appoggiata in vita, la sinistra e ripiegata dietro la schiena: una po. sa spa valda, i capelli sollevati dalla brezza. II corpo non e snello rna asciutto, membruto in ogni parte, l'inguine pesante mente rigonfio, pettorali e polpacei erti, sopracciglia aggrondate: un italiano puro sangue, nelle anche senz'ahro basse, 0 nella psicologia tutta fisicita che trasuda. Ridotto in mise ria, Carlo Alberto abbraccia la vita militare, parte per la Libia. E in fanteria. II 19151'Itaiia interviene nel conflitto europeo. In zona d'operazioni, per meriti di guerra, il sergente Pasolini viene promosso sottotenente. In que! periodo, in Friuli, a Casarsa, conosce una ragazza e se ne innamora: Susanna Colussi. Che un tale uomo potesse diventare fascista non sorprende: sorprenderebbe il contrario. II fascismo apparteneva a Carlo Alberto Pasolini antropologicamente: apparteneva alia sua van ita, al suo evidente vitalismo, all'ombrosita de! suo sguardo; e apparteneva, ancor di pili, all. sua dissestata configurazione soeiale, alia sua aristocrazia di sangue respinta verso Ie terre desolate della piccola borghesia. L' essersi fatto militare e un segno non equivoco, per la tradizione auroritaria, antipopolare di cui, al tempo, l'esercito italiano era portavoce; per il modo col
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quale quella carriera sopperiva a un destino di degradazio•
ne economlca.
Carlo Alberto Pasolini visse tutta la vita ne! .ogno di una idealita militare, anche quando fu congedato: era un «ufficiale» in famiglia; come presso la famiglia di sua moglie, che divento a ogni bisogno la sua famiglia; non dimisemail.altera comportamento del «conte». Incuteva rispetto, anche quando la propria autorevolezza lui stesso indeboll col bere. Eppure, fragile e innocuamente vanesio, fu uomo generosa, animato da un rigore d'altri tempi. Era pazzo per suo figlio, mostrandogli contrastatamente il proprio amore. Insomma, uno di quei padri italiani educati a falsi valori virili e risorgimentali, nei quali era deposta comunque la piccola scaglia d'oro di una personale onesta.
I COLUSSI
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C'e testimonianza della famiglia Colussi, a Casarsa, nella stemma di un architrave aperro sui portone di un lungo sottoportico 1 ingresso alia corte di un' antica casa, oggi restauratissima, e la cui rustica bellezza e sepolta dalla facciata intonacata. Restano I'arco basso e quello stemma: una ruota di carro al centro di un ovale, a sua volta incorniciato dentro il perimetra di una punta di lancia rovesciata. In basso, la divisa dice: «Iaco di Colus - MDCV». Famiglia contadina: la ruota di carro 10 illustra. E di Colussi, Casarsa e piena:ne fan no fede Ie tante lapidi iscritte a quel nome nel cimitero. Dopa Vincenzo, che diciannovenne emigro in America, , Susanna e second age nita ma privilegiata. E terza Chiarina, zitella, comunista da sempre dicono in cas a: ha vissuto un'esistenza errabonda in Cirenaica, prima di stabilirsi a Casarsa per poi morire a San Vito al Tagliamento. Seguono: Enrichetta, sposata Naldini; Gino, antiquario aRoma; Giannina,
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l'ultima, vispa e zitella, gran narr.trice orale, maestro elementare, ha fatro scuola a Pier Paolo. La leggenda che la riguarda contempla vigorose simpatie femminili, anche fughe, negli anni Quaranta e Cinquanta, con motocicliste fra i pioppeti della pianura di qua e di Iii Eal Tagliamento. Rugosa, asciutta, la voce sgranata, la risata secca, i capelli tinti, l'occhiata penetrante, diffidente, Giannina era pronta a leggerti in faccia peccati che non avevi. Enrichetta, invece, ha il sorriso do1cissimo: la testa bianca, il fisico abbandonato in una mollezza da buona madre di famiglia - una corporatura che addita una positiva sensibilita. Susanna, pili simile a Giannina: anch'essa maestra - pri-. rna di sposarsi insegnava: pili simile per l'asciuttezza del corpo, e 10 sguardo acuto, un'aJlegria leggermente spiritata era diversa dalle sorelle per la trasognatezza di cui sapeva anche avvolgere ogni gesto. I Colussi son 0, dunque, d'antica origine contadina: sono piccoli proprietari di terra, conducono in proprio illavoroo Scarsi esempi bracciantili, risalendo agli antenati. II padre Domenico aveva, pero, tentato il saIto qual itativo: si era promosso produttore di grappa: una piccola distilleria, can macchinari di poco canto ma che fornivano un profitto non trascurabile. Aveva anche una trebbiatrice: i rari mezzi meccanici, utili ai lavori agricoli, producevano un ricavato da non sotrovalutare. Tutto questo accadeva negli anni Dieci. II ramo Colussi, cui apparteneva Susanna, poteva considerarsi a quel tempo la prima famiglia di Casarsa. Poi vi fu la guerra - e C.poretto. Al momenta della ritirata di Caporetto, i Colussi sfollarono: si rifugiarono a Ferrara pressoi Naldini, la famiglia del fidanzato di Enrichetta. Al ricorno, Ie case, economicamente, non and arona pili come prima. Comincio per i Colussi la decadenza: la distil-
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leria, Ie altre attivita, tutto venne investito da una crisi finanziaria da cui fu difficile sollevarsi. CiG non significa che la famiglia si ridusse in poverta: Ie donne di casa lavorarono. Enrichetta aprl una cartoleri" accanto al portoncino d'ingresso. Famiglia macriarcale. La madre, Giulia, aveva nelle mani il cuore di tutti: l'alleanza fu con Ie figlie, cos. che gli uomini di casa ne ricevettero liberta e soggezione. Sono, quesci uomini, figure sfumace ne! contorno: nei racconti dei nipoti sono profili appena accennaci. Si confondono, come nella processione di un carnevale friulano, con Ie donne: uomini in abiti femminili, donne in abiti virili. La casa. La casa non" quella che porta sull'arco del soc• toportico 10 stemma della ruota. E una piccola, vecchia cas a a pochi passi dall'incrocio con la Pontebbana: c'" la via che • conduce alIa chiesa di Casarsa e al centro del paese, e n sulla sinistra si apre il portoncino dei Colussi. In faccia, erano prati e frutceti - oggi, c't un caseggiato a diversi pi ani, tutto maioliche rossicce. Attorno, Casarsa pretende ormai un voIco di citta, ed e rimasta solo la casa Colussi, affacciata sulla strada principale, a testimoniare la vecchia fisionomia delle costruzioni contadine, piccole finestre, muri sottili: e appoggiata a un cubo, solo pianterreno, dove •
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ora aglsce una t1ntona.
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Questo cubo venne edificato, col contributo di Carlo Alberto Pasolini, per ospitarvi, ne!1946, l'Academiuta di lenga fur/ana, l'associazione letteraria di poeti e scrittori fondata da Pier Paolo. SuI lato opposto della Pontebbana, la strada prosegue per San Giovanni di Casarsa, e di 11t a Versuta. I campi di San Giovanni e di Versuta - filari di pioppi che appaiono tra Ie nebbiette primaverili come fantasmi, vigneti e frutteci; Ie case coloniche dai poggioli di antico disegno seicentesco -
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costiruiscono i luoghi deputati della poesia del Pasolini friulano, iversi di La meglio gioventu, i capitoli del Sogno di una coso. BREVE STORIA DI UN MATRIMONIO
Susanna, graziosissima, minura, fragilissima, una nuvola di scuri capelli castani, si amava fin da ragazza. Una srudiata indulgenza verso se stessa la disegna nell'adolescenza. Nei ricordi di famiglia, c'e un grande amore che la travolse, prima dell'incontro con Carlo Alberro - un grande amore infelice (non si sa di che infelicitil). Ma e anche una ragazza allegrissima: ama la scuola e Ie lettere, affina se stessa, canta e inventa vi/ole, inventa fiabe.
Forse, l'amore infelice accentuo in lei una bovaristica trepidazione. Poi, l'incontro col cadetto Pasolini. Una fotografia 10 stringe nei panni grigioverdi del fantaccino, breve suI petto il nastro delle decorazioni: dalle sue dita sana spariti gli anellini. Sparita l'aria spavalda dai suoi occhi: i capelli sono tagliati corti, all'Umberto, spessi e tesi. Se i due si incontrarono durante la guerra, la guerra Ii divise. Terminato il conflitto, Carlo Alberto torno da Susanna: era innamorato follemente di quella donna ironica e forse persa dietro a pill di una fantasticheria: pare scrives• se racconn. Susanna nicchiava. Carlo Alberto insisteva. La sposo .per rapina» -I'espressione- si spiega col dire che Carlo Alberto forzo, con la sua irruenza anche sessuale, Susanna al •
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matnmonlO.
D'altra parte, Susanna aveva ormai trent'anni: si avviava ad essere zitella e, dati i tempi, la cosa poteva immalinconi ria. Una considerazione essenzialmente pratica dovette spingerla aile nozze.
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In questa duplice forzatura fu la nascita di un rancore, dapprima latente, poi via via pili esplicito, che segno il rapporto di lei verso il marito - e la conseguente disperazione di lui, il cercare altre donne, e Ie liti, gli abbandoni e i rientri in famiglia. Nel corso degli anni, Carlo Alberto «adoro» sua moglie litigando con lei. Lei, sempre pill elegante, passava Ie ore a ttuccarsi, a farsi pill che mai bella - ptobabilmente per negarsi a lui e insieme irretirlo. Un corteggiamento inconsapeyote, rna che rendeva ferace la vita in casa. Carlo Alberto prosegulla sua carriera militare, e la famiglia 10 accompagno nei trasferimenti: Bologna, Parma, Belluno, Conegliano, Sacile, Cremona, Scandia no, di nuovo Bologna. Pier Paolo nacque ana prima tappa del vagabondaggio. D'estate, la famiglia, Carlo Alberto in licenza,• si affacciava a Casarsa. Fra moglie e marito Ie turbolenze non avevano mai fine. I! sorriso di Susanna poteva essere una sfida per Carlo Alberto. Carlo la abbandonava per qualche tempo: poi tornava. Gli abbandoni erano per Susanna offese sanguinose: rna pure sapeva spiegarli. Col tempo, Susanna si prese in cas a Annie, la nipote, figlia dei Naldini. Annie viveva con i Pasolini ovunque andassera: studiava, e accudiva i cugini. Nel1925 era nato, secondogenito, Guido. Dunque, Carlo Alberto era andato via di cas a da una settimana - era no a Bologna, poteva essere il 1933 0 il 1934-; come per scusare suo marito, Susanna disse ad Annie: «Lui ha bisogno di donne». Intendeva che fra lora non c'erano pill rapporti sessuali? I due coniugi Pasolinidormivano in uno stesso letto. Ciononostante, e pensabile che Susanna si rifiutasse a Carlo Alberto.
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Vamore di Susanna era tutto per i figli - in specie per Pier Paolo. Un amore che ebbe subito del morboso. In Pier Paolo, Susanna rimise ogni ideale, rna anche un trasporto di natura essenzialmente erotica. II rancore nurrito verso suo marito, col crescere di que! figlio, si arricchiva evidentemente di motivi: il figlio soddisfaceva a ogni esigenza affettiva nella fertile immaginazione della donna. II madelia matriarcale della famiglia Colussi si replicava esasperato dentro di lei - Susanna non penso mai di tradire Carlo Alberto can altri uomini. La sua fantasia 10 tradiva quotidianamente can Pier Paolo; e Pier Paolo ricambio la passione. II ragazzo viveva intensamente il rancore di sua madre per il padre, senza rendersi canto che h violenza di lui (su lei) era la ragione biologica de! suo stesso esistere. Per altro verso, I'ingenuo accertamento di cio pate anche essere la radice della tenerezza pili che filiale nutrita da Pier Paolo per Susanna e per il mondo fantastico e morale di lei. Una mezza pagina scritta a macchina, trovata postuma fra Ie carte (forse una dichiarazione dettata per una qualche intervista), dice: Ogni volta che mi chiedono di raccontare qualcosa su mia madre, di ricordare qualcosa di lei, sa irnmagine che mi viene in mente.
e sempre la stes-
Siamo a Sacile, nella primavera del 1929 0 del 1931, mia mamma e io camminiamo per il sentiero di un prato abbastanza fuori dal paese; siamo soli, completamente soli. Intorno a noi ci sana i cespugli appena ingemmati, rna con I'aspetto aneora invernale; anche gli alberi sana nudi, e, attraverso Ie distese dei tronehi neri. si intravedo-
no in fondo Ie montagne azzurre. Ma Ie primule sono gia nate. Le prode dei fossi ne sono piene. Cio mi do una gioia infinit. che .nche .desso, mentre ne pario, mi soffoc •. Stringo forte il braccio di mi. madre (cammino infatti a braccetw con lei) e affondo la guan-
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cia nella povera pelliccia che essa in doss a: in quella pelliccia sento il profumo della primavera, un miscuglio di gelo e di tepore, di fango odoroso e di fiori ancora inodori, di casa e di campagna. Questa odore della povera pelliccia di mia madre e I'odore della mia vita. La memoria dell 'infanzia puo confondere realt1t e sogno. In queste righe c'e la trascrizione in chi ave proustiana di una amOrosa intermittenza. II tepore della pelliccia, it viso che vi affonda metaforizzano una tensione indubbiameme incesmosa: rna Pasolini non si trasse mai indietro di frome a un tale rischio della sua immaginazione e della sua sensibilita. Ne accetto, fino all'ultimo giorno di vita, i comraccolpi, Ie torture, I'assenza persino. Un'altra fotografia. Puo essere una strada di Casarsa: e inverno, gli alberi so no spogli, c'e un leggero lume di sole. Pier Paolo bambino porta un pellicciotto bianco, calzetroni • che gli fanno da ghette sulle scarpine. Susanna gli sorride, il viso chino. I rapporti fra madre e tlgJio furono sempre i piu teneramente straziami. Negli ultimi anni Pier Paolo tendeva il suo braccio sulle sp.lIe d. uccelletto di Susanna: Susanna sorrideva beata: era un replicarsi di diminutivi, di vezzeg• • • gtatlVI. Su un foglio a quadretti di quaderno, scritto in recto etverso, si leggono questi versi, firmati in calee «Bologna 1939, 10 marzo, Pier Paolo»:
Mamma, ti vedo Iriste: e10 stillicidio delle picco/e cose d'ogni giorno, che tliste
Ii china /a fronte, e Iristi Ii piega Ie labbra. E ttl sei nata, mamma, per essere una lodoletta: dare un wlpetto di beceo qua uno la,
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e poi fare uno fru!!atina pel cielo seuzo tcoppo stancarti; oppure come una fariaI/o tieve volare senza una meta precisa pei /lroti, dimenticare il gigtio e il giaggiolo, se tu beva il netlare del/a rosa! ll1a non essen lrisle piiJ bella sei se ti earezza il riso! Sorridi, giacehi 10 vila, 10 earo vita che tu m 'hai dato, do Ie gioie, come i proti i fiori: • Sf uno oppasstsce un altro fiorisee. Se un giorno hoi riso ne! tuo grembo trastullandomi, ora mi ridi se ti prendo in braccio e ti faccio girare i gin' di un va/zer! E poi non somigli ai castani ehe in autunno sana gli u!timi a sfiorire?
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Si potrebbero scremare in questi versi movenze pascoliane, rna non sarebbero essi importanti. Piu importanre e la testimonianza diretta di un sentimento filiale che, una volta cristallizzato, si manrenne sempre idenrico. Quello di un giovane diciassettenne certamenre nutrito della «poesia delIa tradizione», che cereamenre ebbe «Iacrime ... per un'ottava del Cinquecenro», che trasali per «il verso di un anonimo poeta simbolista morto nel» 2: rna che ha codificato anche una duratura, impassibile al tempo, immagine della madre, «ingenua, eternamenre giovane». Quell'immagine pateva essere stata suggerita al figlio dal bavarismo della madre medesima: e certo che egli se ne fece uno scuda di virtu sublimi, specie nell'adolescenza. La memoria ha dettata questi altri versi - il citala, per nulla evasivo, e Un'educazione sentimenta!e:
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Ghi fui? (. .. ) (... ) ero appena partonto a un mondo dove /0 dedizione d'un adoleseente - buono come sua madre, improvvido f
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ammo.w, most11losamente
timido, e ignaro d'ogni oltra omena ehe non fosse ideale - era avvilente segno di scandala, san/ita ndieola (. .. )3.
Tale la sua «educazione»: e I'adolescente «mostruosamente timido», eccolo vestito alia "russa", calzoni cosacchi e stivali, can un violino satta il braccio destro, I'archetto nel, la mano, la sinistra poggiata sui fianco. E il 1936: i Pasolini vivo no a Scandiano, Pier Paolo frequenta la scuola a Reggio Emilia: studia il violino, che lascera quakhe mese dopa per dedicarsi al pianoforte. (Quella della musica fu una brevissima avventura.) La timidezza e nel sorriso appena accenriato, un sorriso sparso sugli zigomi triangolati (come quelli di Susanna). La tirnidezza, ah:ra,
e in una foro scattata a Firenze suI piazza~
Ie Michelangelo, con suo padre: e lui, il ragazzo, porta i calzoni alia zuava, una giacchetta forse troppo ampia, i capelli , lustrati di brillantina e spioventi su gli occhi socchiusi. E 10 stesso ragazzo di quinta ginnasio, fotografia di classe, che pare pio piccino dei com pagni, ancora da sviluppare, can una mestizia contadina dentro Ie pupille, che puo esser quella di Susanna - mesta e sognatrice per il proprio esser "bambina" a vita.
Nel 1960, nel volume Donne di Roma, un insieme di testi ehe aceompagnavano 104 fotografie di Sam Waagenaar, Pasolini seriveva: «Com'e piecolina mia mamma, piccolina come una scolara, diligente, impaurita, rna deeisa a com piere fino in fondo it suo dovere». Giii nel tenersi pill che mai fedele al voeabolo "mamma", piuttosto che a "madre", Pasolini sottolinea un legame fisiologico, viscerale eui non rie-
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sce a negarsi (nella scelta nitida del suo lessico). E questo legame 10 porta a rappresentare sempre che pub la manieristica (ai suoi occhi) "giovinezza" di Susanna. Susanna, fedele at «suo dovere», (~fino in fondo}), e SO~ lerte, (diligente», «impaurita»,
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«triste», per <do stillicidio
delle piccole cose d'ogni giorno»: e la Susanna vittima del proprio uomo, che la passione del figlio intende salvare. La macchia vergognosa che Pier Paolo vuole riscattare nel candore di Susanna e quella prodotta dall'irruenza paterna: irruenza, violenza (che il vi no in tarda eta tramutera in misantropia, in paranoia) erano quelle del maschio che abusa e pretende. La storia del matrimonio fra Carlo Alberto e Susanna si convert! ben presto in quella dei modi con i quali Pier Paolo tollerb, 0 decifrb la loro unione: e tutto per volonta non confessata, inconscia, di Susanna. Si pub dire che Pier Paolo negb sempre al proprio io di ospitare l'immagine del padre: ragazzo non se ne aecorse; poi ne fu del turto consapevole. Non ho mai usato una sola parola usata dai miei padri (eccetto che per ougurargli I'lnferno). La loro criminalita e illoro odio per 10 ragione sono dei puri e semplici pesi nella mia vita. Aneh'io naturalmente percorso un fungo cammino ntl ventre di min madre, e sonG giunto. come un borboro indecifrobi!e, efornito di ogni squisitezza - di unO strano e inammissibile ma/unto - su questa IC17"O, Non fui aceo!to con amore. Non mi si guordo con oechi figlioli. Non ci si stup; per 10 mio aco/ba sapienza. Ebbi su me oechi di padri... Mo basta, con questa storio. Sono morti, accompagnati dallo mio maledizione, dalla mia [indijferenza o dol/a mia piela ( .. ,)'.
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Se qui si parla di «padri», la corretta lettura del simbolo ne vuole la trasposizione al singolare.
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Eppure Carlo Alberto fu sempre orgoglioso di suo figlio: si pub dire che egli 10 fu secondo il cod ice piccolo borghese, per cui si e orgogliosi dei figli se illustrano il cod ice in atto; ma non Ii si ama per que! che essi sono. Carlo Alberto amava che suo figlio avesse successo negli studi; non ne amb, e gliene venne una crisi quando non pote ignorarla, l'omosessualita. Non poteva amarla, lui militare, fascista biologicamente, eccetera. Doveva detestarla poiche rappresentava sia un rifiuto tangibile a lui sia, convertito in un eros tutto sommato misterioso, il sodalizio fra madre e figlio: era il modo vistoso, ossessivamente vistoso, col quale il figlio 10 metteva sotto accusa: metteva sotto ace usa non solo la sua virilita ma la sua stessa presenza esistenziale. PADRE E FIGLIO .
In una intervista resa a Dacia Maraini, Pasalini offre indizi Franchi e spassionati suI proprio rapport" col padreS. «Nei primi tre anni della mia vita per me lui e stato pili importante di mia madre. Era una presenza rassicurante, forte. Un vero padre affettuoso e protettivo. Poi improvvisamente, quando aveva circa tre anni, e scoppiato il canflitta. Da allora c'" sempre stata una tensione antagonistica, drammatica, tragica fra me e lui.» A tre anni, la crisi - prima di allora, il padre era apparso anche «allegro'>. In seguito, diventa «violento, possessivo, tirannico». Da tre anni in poi, la tensione e «antagonistica, tragica»: padre e figlio, rivali. Difatti. La crisi esplode mentre Susanna e incinta di Guido. «Quando mia madre stava per partorire ho caminciato a soffrire di bruciore agli occhi. Mio padre mi immabilizzava suI tavolo della cucina, mi, apriva l'occhio con Ie di. ta e mi versava dentro il colli rio. E da que! momenta "simbalico" che ho cominciato a non amare pili mio padre.» Tutto" chiarissimo. «Ricardo mia madre incinta e io che chiedevo: "Mamma come nascono i bambini?". E lei, mite-
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mente, dolce mente, mi ha risposto: "Nascono dalla pancia della mamma". Una cosa a cui allora pero non ho voluto credere, naruralmente.>,
Naturalmente dovette crederci: per 10 meno ne intese il senso oscuro: e la rivalid col padre non ebbe remore. Una notizia, il cui controllo e difficile: che Pier Paolo abbia sorpreso nella scena prima ria padre e madre, proprio in cue ina. Per induzione si puo dire non sia un caso che egli, ne! ricordo-racconto, identifichi nel «tavolo della cucina. il luogo sui quale suo padre consumava ai suoi danni la replica di quella scena, versandogli nell'occhio il collirio (occhio e collino possono esser letti facilmente come simboli sessuali). . Cio che importa, pero, non e la leggibilita analitica dei fatti (dal «bruciore agli occhi. al collirio versato): tutto e cos. trasparente che pare predisposto a quella lettura. Cio che importa e intendere I'intero racconto come il risultato di • un'autoanalisi durata l'intera vita. E significativo che, intorno alla nascita di suo fratello Guido, Pier Paolo abbia fatto ruotare una erisi cosl determinante: Ia madre partorisce un nuovo figlio, e il primogenito partorisce una nevrosi. In quello stesso tempo Pier Paolo sente di essere fisicamente colpito dal corpo dei ragazzi che giocavano nella piazza davanti casa. Dice: «Ero attratto dalle loro gambe, anzi precisamente dall'incavo dei lora ginocchi ... Questo sentimenta di affetto I'avevo chiamata Teta-veleta. Qualche anna fa Contini mi ha fatta osservare come in greco Tetis voglia dire sesso (sia maschile che femminile) e come Teta-veleta sia un reminder del tipo che si usa nei linguaggi arcaici. Questo stesso sentimento di Teta-veleta 10 pravavo per il seno di mia madre» 6. •
Nel corso della crisi, il padre, da affettuoso e protettivo, diventa «antagonista e tirannico»: nella fantasia infantile del figlio, diventa stupratore. E a quel punta, se il viaggio ver-
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so la madre era stato fatale e inconsapevole, e all'improvviso un viaggio che si svolge alia luce del sole pieno. La scopena del Teta-veleta mette a nudo la verita: «Da allora tutta la mia vita e stata imperniata su [mia madre]». I
1:an no dopo comincia a sognare di perderla: di rincor, rerla su per una scala. E nevroticamente sconvolto dana paura che il cuore gli si fermi ne! petto - e questo accade, a quattro anni per la prima volta, mentre suo padre era «in mezzo ai guai» per debiti. «Mia madre era tomata a fare la maestra. In quell'epoca dormivo nclletto can lei.» Anche a quel tempo scopre, contro suo padre, l' «antifascismo» di Susanna. I Pasolini sono a Belluno: il re e in visita alia citta. La popolazione 10 accoglie con qualche ostilira. Susanna «che era antifascista e teneva inge'nuamente per il re, ha gridato da sola nel silenzio "Viva il• rei". Questo "Viva il re" me 10 ricordo bene. 10 pero non mi ero accorto che la popolazione era ostile. Avevo solo notato la bella voce infantile di mia madre". '" Delle idee politiche del padre dice invece: «Mia padre era un uomo passionale, sensuale, disorientato e ne! , momenta che ha abbracciato I'ordine, I'ha fatto sui serio. E diventato nazionalista fascista». Rivalitil fra padre e figlio. II padre 10 vuole letterato, poetao Aveva un fratello, proprio di nome Pier Paolo, che seriveva poesie: morl a vent'anni affogato in mare .• 10 fino a sedici anni volevo fare I'ufficiale di marina. Lui [il padre] invece diceva che dovevo fare lettere. Poi naturalmente i suoi incoraggiamenti si so no ritorti contro di lui.» Perch" mai «contro di lui»? La risposta di Pasolini, a questa punto, e parzialmente simulatoria: .Perch" lui attribuiva alia poesia un carattere ufficiale. Non pensava che potesse essere eversiva, scandalosa. Lui pensava a Carducci, a D'Annunzio».
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Amaverso la poesia, e la cultura, Pier Paolo si affrancava dal mondo morale del padre, dando voce a quello della madre ( a stento la pelle. Lanciavano manifestini, scrivevano sui muri delle case del paese: L'ORA E VICINA. Alia fine dell'aprile 1944, Guido super!> I'esame di licenZa liceale. II 5 maggio sped} al padre prigioniero una lunga lettera per esporgli i dubbi che nutriva sull'iscrizione riguardo alla facolta universitaria. Susanna vorrebbe si iscrivesse a medicina (.in veritii Ie doti non mi mancano, il polso fermo, la mano sicura, ed una certa inclinazione perquesto genere di vita»), rna lui si sente attirato dalla politica, dalla filosofia ( tutti gli accusati dalle imputazioni di tradimento e di attentato all'integrira territoriale dello Stato, _nche se emise condanne penali. . La certezza che Guido fosse stato ucciso a Porzus, Pasolini la ebbe d_ Cesare Bortotto, il pomeriggio del 2 maggio 1945. Era in compagnia della cugina Annie sulla strada di Versuta: Bortotto tornava partigiano dalla montagna, gli racconti'> i fatti. Pier Paolo resti'> impietrito. La notizia ufficiale, Susanna Pasolini I'avrebbe ricevuta di Il a qualche giorno. La morte di Guido, per madre e figlio, fu «come un'immensa, spaventosa montagna». Oi quella montagna, Pier Paolo scrisse a Serra il21 agosto 1945: «quanto pib ora ce ne allontaniamo tanto pib ci appare alta e terri bile contro I'orizzonte)) 23 . Guido era morto «sui confini •. Quei «confini. svelarono a Pasolini una realta tragica, fino ad allora simulata dietro il velo dei problemi linguistici. II mondo dei «confini. pateva richiedere persino sacrificio di vite umane, e con questa cancellare ogni consolatrice idea letteraria. Un tale evento, per un lato, radicalizzi'> nella esperienza esistenziale di Pier Paolo I'idea della morte; dall'altro, 10 spinse a cercare, se non giustificazioni politiche, per 10 me. no la via politica a rimuovere Ie incomprensioni e Ie conflittualita etniche (dal fascismo e dalla guerra esaltate) che avevano col to nella strage un tragico risultato. . I bombardamenti avevano ormai fatto sparire la Casarsa della giovinezza, la Casarsa «dei sogni», la chiesa in ravina sulle cui pareti trapelavano antichi affreschi «con azzurri un po', freddi e forme vagamente gotiche».
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It maggio del 1945 e la vera Casarsa che si dispiega davanti agJi occhi di Pasolini: avviene in lui un progressivo avvicinamento alia vita politica locale. I momenti caldi della Liberazione, e i mesi che Ii seguirono, richiesero a moltissimi, anche ai pili distratti fra gli intellettuali, uno specifico impegno civile. Questa impegno, in Pasolini, sfuggl a generiche petizioni di principio: fu vissuro problematicamente, e nel mezzo di polemiche. Ne La ricchezza, a dodici e quindici anni di distanza da quel tempo, scrisse che egli arrivo «ai giorni della Resistenza I senza saperne nulla se non 10 stile". Quello «stile" era «pura luce» - «pura luce» la successiva disperazione di Susanna. Venne il gioroo della mone e della liberto, il mondo martoriato si riconobbe nuovo nella luce ... Quella luce era speranza di giustizia: non sapevo quale: 10 Giustioia. La luce t sempre uguale ad altra luce. Poi variiJ: do luce diven/a incerta alba, un 'alba che cresceva, si allargava sopra i campi friulani, sulle rogge. flluminava i braccianti che lotfavano. Cosi I'alba nascente fu una luce fuori dall'cteroito della stile ... 24
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I versi alludono a un trapasso avvenuto: l' «eternita del10 stile» mette a sintesi I'illusione letteraria delle Poesiea Ca- • sarsa e dei primi Siro/iguf; l' «alba nascente», la consapevolezza di concreti problemi che il dopoguerra disegno. Nella ricerca di testimonianze di questa trapasso, due testi sulla morte di Guido, ritrovati fra Ie carte postume e di sicuro compilati per esser letti, dicono come il dolore e I'impietrimento si fossero sublimati nell'animo di Pier Paolo e mutati in un giudizio equilibrata su quanta accaduto.
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II primo dei due scritti deve esser stato coneepito subito dopo la Liberazione, forse per la prima eerimonia eommemorativa degli ueeisi di Porz(ls. L'atto di morre di Guido, spedito a Susanna dal Comando della IV Divisione Osoppo, e firmato dal eomandante «Emilio» della XIV Brigata, porta la data del21 giugno 1945. In que! giorno il corpo di Guido fu tra, sportato a Casarsa, e sepoito. E probabile che Pier Paolo scrivesse la pagina per la traslazione (si intuisce che Carlo Alberto non e presente: non una parola per il dolore di lui)zs.
n
Non patio perch" ho qualche incarieo 0 qualche merito particolare, rna solo perch" so no il fratello di uno di questi martiri. Quanta sia il dolare di mia madre, mia, e di tutti questi frarelli e madri e parenti non mi senta ora
di esprimere. Certo e una realt. troppo grande, questa di saperli morti, per essere contenuta nei nostri cuori di
uomini. Essi sana morti portando via con se cutto iJ pas-
sato delle loro famiglie, tutto il nostro passato, e ci hanna lasciaei soli in questa terra che ci sembra estranea. 10, per mio fratello, posso dire che e Stata la sorte del suo corpo entusiasta che I'ha ucciso, e che egli non poteva sopravvivere al suo entusiasmo. Ora, gli ideali per cui e morto, il suo dolcissimo tricolore, se 10 hanno rapito in un silenzio che non e ormai piu nostro. E con lui tutti i suoi eroiei compagni. E solo noi, low parenti, possiamo
piangerli pur non neg.ndo che ne siamo orgogliosi, pur restando convinti che senza il loro martirio non si sa rebbe trovata I. forza sufficiente a reagire contro la bassezza, e la crudelta, e I'egoismo, in nome di quegli ideali per cui essi sana morti. Solo noi possiamo piangerli, che sappiamo come parlavano, come ridevano, come ci am avano. Solo noi possiamo piangedi, che sappiamo come erano ben vi vi, e come accoratamente desideravano tornare Ira noi, nelle loro case, alia loro cara esistenza. Gli estranei, no, non possono piangerli se non brevemente;
per gli estranei questo non puo essere che un tragieo episodio, un necessaria martirio.
E giusto,· e umana che sia
cosl. Ma noi alia soeiet. non chiediamo lacrime, chiediama giustizia.
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II secondo testo e di due anni appresso: anch'esso probabilmente pronunciato nel corso di una cerimonia commemorativa. Pasolini ormai militante nelle file della sinisera, rna la sua militanza 10 fa essere sottilmente polemico.
e
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Domenica a Subic (avendo impedito il tempo di giungere fino aile Malghe di PorzOs) si e celebraca una cerimonia in memoria di Bolla, Enea e i loro compagni, assassinati da una banda di garibaldini degeneri. Come fracello di Ermes, uno dei martiri, deva innanzi tutto ringraziare gli organizzatori di questa commovente pellegrinaggio e tutti i convenuti, la cui fcdelc. e stata davveroconsolante. Sono passari due anni d.lgiorno dell'eceidio, rna aneora ia non so affrontare quella «difficolta d'infinito» che procegge la vita di mio fratello e il suo sacrificio dalla nostra precaria interpretazione. Troppa generosita e morta con lui, ragazzo ventenne, e c'e troppa purezza nella sua morte affrontaca deliberacamente. Tuctavia di una cosa posso avere la certezza, cioe che mi sia lecito parlare in suo nome. E in suo nome dev'o dire purtroppo che la ce~imonia di Subit e mancata di since rita; di sincerid, dieD, non di buona fede. La morte di Enea, di Bolla e di mio fratello, di D'Orlandi e di tutti gli alui e scaca interpretata in un piano di patrionismo (fino ache punto generico qui non e iI caso di notare), invece che in un piano di moral it•. Per quesco i poveri morti di PorzOs non rivissero tra noi domenica, e non furono che un amacto precesto. 10 credo che illoro rapporto con i garibaldini ehe Ii han no assassinati non sia altw ehe un rapporto tra Bene e Male; cosl essi sono mord in nome di quella spiritualita che e ins ita anche nel comunismo 0 anche nel peggiore degli uomini. Se vogliamo che essi, in nome di quella Spiritualid, continuino a vivere tra noi, e a LORa che dobbiamo pensare, non ai simboli umani per cui hanno dato la vita. Si guardi a mio fratello e al suo arnico D'Orlandi; essi in quel giorno tragico stavano tor- . nando a PorzOs da Musi, e essendo stari avvertiti del tradimento da alcuni compagni che cercavano scam po, non hanno voluto tornare indietro, e 1'eroica deliberazione di portar aiuto alloro eomandante Ii condusse al m.rtirio.
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Come. possiamo ora nai, lora famigliari, considerare inutile que! m.rtirio, perche I'It.li. deve firm.re una p.ce , ingiusta e perdere parte de! territoriol E in que! marri-. rio che si e actuata una incorruttibile utilita. .
V ottica e chiara; polemica comro chi, pur di accettare un compromesso di pace con la Jugosl.via, ameponesse la cessione dell'emroterra carsico • qualsi.si valutazione di «moralita. dell'eccidio. Ne! salvare la .moralita. come espressione di un semimemo civile, Pasolini smtraeva il trauma sofferto per la morte de! fratello alia sfera del privata, Ma quella morte diventava un emblema, la fome di luce nell' alba nasceme, «fuori dall'eternita dello stile».
I
SEGNI NELLE PAROLE
Videale della pura letter.tura, e il sogno classico della poesia, non subiscono in Pasolini il tramomo. Resisteranno, punro di riferimemo di una nostalgia in momemi diversi rinnovata. .
Pier Paolo scriveva a que! tempo versi anche in lingua italiana. Ne pubblico una scelta, in data 1945, un volumetto di 105 copie numerato e fuori commercia, dedicato alia memoria di Guido. Poesie, tipografo il Primon di San Vito al Tagliamemo, il medesimo che stampava i fascicoli dello Stroligut. Sono versi in cui e evideme la passione per Foscolo e Leopardi. La .nota» che Ii accompagna 10 dichiara can umilta: Intorno alia lingua di queste poesie potrei dire trappe case, poiche in questo pro~lema veda ora riassumersi tutti gli altri intiniti, Basti dire ch'io non 10 senta punta risolto in quella sintassi, in quegli aggettivi, in quell. maniera tradizionale. I poeti che si potrebbero nom in are a questa riguardo dai pi" antichi agli odierni, illettor~ appena caIto puo ricordarli da solo; rna confessero una rnia predilezione, a tutto il marzo 1945, per la lingua dell'Ottoeenta con Leopardi, Foscolo, Tommaseo e Cattaneo.
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Pasolini, dunque, lavora a una lingua italiana per poesia, ma 10 scarto definitivo verso essa per ora non e avvenuto . . A Serra, il 24 gennaio 1944, dii una notizia, fra Ie altre: gli scrive di tre libretti «friulani», di cui il terzo dovrebbe essere .di meditazioni religiose: L'usignolo della Chiesa Cottolieo». E prosegue: .In italiano ho molto lavorata, con risultati pili rari pero. Finora fra Ie molte deeine di poesie italiane ehe ho seritto quest'anno solo cinque 0 sei so no pre'l' 2. . senta b1») Sui passaggio all'italiano, sullo svezzamento dalla lingua materna di una ossessione non pili sol tanto liriea, La religione del mio tempo aneora una volta diee quanta puo riehieder. , SI a sp1egazlOne:
.
Eppure, Chiesa, ero venuto ate. Pascal e i Conti del Popolo Greco tenevo strelti in mano, arden/e, COfl1C Sf
i/ mis/ero con/adino, quieto e sordo nell'estate del quaranta/ri,
fro il borgo, Ie viti e il greto del Tagliamento, fosse 01 centro della terra e del delo (",), Tro i libri sparsi, pochi fiori Dzzumni, e i'erba, I'erbo candida
tra Ie saggine, io davo a Cristo tullo /0 min ingctluita e it mio songue. ( ... )
•
( ... ) SpazziJ 10 'Resistenzo con nuovi sogni il sogno delle Regioni Federate in Cristo, e il doleeardente suo usignuolo, Nessuna delle passioni vere del/'uomo si rivell) nelle parole e nelle azioni della Chiesa ( ... )27. ,
,
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II giudizio e amaro: svela la delusione. Que! che doveva apparire a occhi estranei come una compiacenza decadente e estetica per i riti cattolici (penso alia testimonianza di Giovanna Bemporad che, come ho detco, vedeva nelle perlustrazioni pasoliniane della chiesa di Casarsa I. risultanza letteraria d'una tradizione "cattolica", venata di maledettismo e di cocenti sentimenti di colpa, che in Verlaine poteva aver preso Ie mosse) era invece qualcos. di diverso, e di pili: una ide.lita anche "politica" (Ie Regioni Federate in Cristo), nutrita dall 'attenzione per niente sbadata, da parte del giovanissimo poeta, al Friuli cattolico e contadino. Con la Resistenza (che «spazzo» i vecchi sogni)]' «ardore dell'usignolo» si trasformo in riflessione critica, in credito conoscitivo. Oi qui iI bisogno di liberare quell' «ardore» dalla patina canora, «romanza., offerta dal friulano, per fissarlo suI terreno per quanto possibile razionale, ideologizzato dell'italiano. Le «passioni vere dell'uomo. dovevano essere dettate in segni di pili vasta portata comunicativa. L' «usignolo., ne! sentirsi e nell'osservarsi nan.:isisticamente taJe, e per so-
pravvivere alia furia de! male estetico, si trasformava in poeta civile. Tutto cia par chiaro in prospettiva. Pili complesso, affaticato, naturalmente, fu I'evolversi delle cose. Proprio in quei momenti, illS febbraio 19451'''azione friulana" di Pasolini toccava I'acme: veniva fondata I'Academiuta di lenga furlana. . L'Academiuta fu dapprincipio la realizzazione d'un sogno arcadico e felibristico, il recupero di una concezione preziosa e rustica di vita, e anche I'invenzione tutta poetica d'un mondo storico che aveva realta solo nell'immaginazione di alcuni giovani di vent'anni. I due Stroligut gia pubblicati furono dell'Academiuta testimonianze anticipate - a meno di non scovame i primi in-
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dizi nelle poesie friulane di Pasolini, di Riccardo Castellani e Cesare Bortotto, giil apparse sui «Setaccio». I collaboratori di quei due fascicoli diventarono fisicamente i membri dell'associazione: erano gli allievi della scuola privata pasoliniana, ragazzi compresi fra i quindici e i diciassette anni, cui si univano la Kalz, Rico De Rocco, Virgilio Tramontin. Diverso ne! formato, datato agosto '45 «,. E ancora: «Lavoriamo anche noi, con la nostra piccola lin· gua, per una piccola eternita; e, almeno per pochi vorrem-
mo vedere riconsegnati nel suono di certi nomi cosl pove· ramente particolari ("mari", "pais", "camp" ... ) queUe im-
magini universali e assolute, che dalle sue native condizio· ni, ['uomo, pur attraverso quella sua storia irrisolta, non ha mai perduto di vista». Per una intuizione, che dimostra con quale felicita Pa· solini riuscisse a penetrare d'istinto i problemi concreti del· la societ?! italiana, tale esaltazione delle «piccole patrie», cioe delle autonomie regionali, doveva mostrarsi non sem· plice illusione letteraria. II dopo·fascismo passava attraver· so la restiruzione di identita aile molteplici voci locali. In un ambito ristretto, I'Academiuta, e la pubblicazione dello Stroligut n. 1 lion hanno significato diverso. Chiarissi· ma la scelta dell'occhiello in apertura all'antologia di versi: una frase di Carlo Cattaneo, che dice: «rimosso tutto cib che vi e di uniforme, cioe di straniero e fittizio, i fiochi dialetti si ravvivano in lingue assolute e indipendenti, quaJi furono nelle native condizioni del genere umano». ... •
•
Le riunioni dell'Academiuta, che avevano luogo nel ru· stico di Versuta, prevedevano letture di versi: gli accademi· ci giovanissimi, appena adolescenti, leggevano i propri scrit· ti. Pier Paolo vi fungeva da core uta: commentava quanta ve· niva letto, e illustrava la storia e Ja lingua del Friuli occi· dentale, con l'eloquenza appassionata di cui era capace.
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Tutto era nato nel febbraio 1945: Cesare Bortotto scendeva periodicamente dalla montagna e incontrava Pasolini. Interessi culturali legavano i due giovani. Quella volta parlarono del modo di organizzare ilfelibrc casarsese cosl da contrapporlo alia Societii Filologica di Udine. La Filologica udinese non raccoglieva filologi: era soltanto un punto di coagulo conviviale e di passiva glorificazione dello "zoruttismo". Pasolini, invece, cercava nelle parole i segni della storia. Sullo Stroligul n. 2, «Avril MCMXLVI", ne! saggio Volonto poclico cd evoluzione della lingua scrive che ( ... ) nell'epigrafe dell'Academiuta "cristian" e chiamato il friulano (furlanut, I'affettuoso diminutivo), come· lingua rimasta -intera presso Ie origini del "cristiano",
quando la nuova religione albeggiava sull'Europa ins ieme al romanzo. E plen devc{a salu! puo essere attributo di • . quella favella Ie cui parole, udite dalla viva voce, trasportano con SI! in un paesaggio simile a quesro, rna al di Iii di dieci secoii, in un'epoca inconsumata della coscienza,
quando simili parole, sia ne! latino argenteo sia nella zona ignota del preromanzo, indicavano cose e fatti di una verginidi sicura, investiti dalla recentissima religione.
L'isola linguistica non serba dunque solo i caratteri area ici della lingua come dato fisiologico, ma quando quest'isola si collochi ne! tempo oltre che nello spazio, ne serba la forma interiore.
A questo pun to, problema secondo e per nulla secondario: estendere l'esperienza della lengafurlana; non pili la rieerca della lingua «pura per poesia», il ritorno 0 il regresso «al momento in cui Adamo ha pronunciato Ie prime parole»: «Per noi ormai 10 scrivere in friulano e un fortunato mezzo per fissare cio che i simbolisti e i musicisti dell'800 hanno tanto ricercato (e anche il nostro Pascoli, per quanto disordinatamente), cioe una "me!odia infinita", 0 il momento poetico in cui ci e concessa un'evasione estetica in quell'in-
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finito che si estende vicino a noi, eppure "invinciblement cach! dans un secret impenetrable" (Pascal)>>. Dove scoprirlo un simile secret impenetrable? In una immedesimazione Ii rica con l'esistenza quotidiana. Nei due Stroligut si possono leggere cronache di vita vissuta a firma Tonuti Spagnolo il ragazzo racconta scene di campagna, illavoro dei campi, senza alcuna indulgenza sentimentale. Trascrive dialoghi, botta e risposta, intercalando con grazia alla narrazione il discorso diretto. Cosa, in quei testi, e «natura»? Dove prende corpo «il progetto»? In questo, e in altro di simile -Ie citbule impastate d'un acre sentimento del presente, che 10 stesso Pasolini dettava firmandosi Pier Fumul-, va ricercato un contenuto per niente esortativo nell'attivitil. dell'Academiuta. Lo sperimentalismo pasoliniano nasceva cosl, per invenzione fantastica, rna anche per succhiare alla vita tutto cib che essa poteva offrire al fine di mutare immagine alla letteratura. Ma nasceva anche come arcana vendetta, oriparazione, per I'atroce sorte sofferta da Guido.
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Epos friulano
VITA A CASARSA
A Casarsa - ( ... ) nella Casarsa vecchia, con la sua dozzina di case decrepite, del Cinquecento, il cui sottopor~ tieo, che immette in quelle zone invecchiate con Ie generazioni, dalla pesta tettanica di orti interni, broli, stabhi, recinti, muretti di sasso, non di cado espone nel cen-
tro gli azzurri teneri 0 i morelli di qua1che pittore rozz.mente rinascimentale - si parla un friulano solido e grigio ancora intatto ed esemplare nella sua arcaicitl. Parlano questo casarsese vecchie famiglie di piccoli proprietari, in cui non sono stati cari i matrimoni fra parenti, e che per tradizione so no attaccati alia chiesa: cio spiega da una parte la sopravvivenza di cene tradizioni altrimenti inspiegabili in questo incrocio stradale, e puo dall'altra parte giustificare la sensazione di chi colga in questa parlata qualcosa come un grigio adore di incenso, una immobile noia domenicale, un'eco di cori liturgici canrari
nella penombra dell'abside da giovinetti e anziani tutti pettinati, per tradizione cattolica, con la riga da una par-
te e il ciuffo alto sui visi legnosi e irregolari. Al di Iii della stazione, percorso il lungo e squallido vi.le dallinguaggio franco che unisce i due paesi, si en- . tra in San Giovanni. Che allegrezza, se non sempre espressa, certo sempre sospesa nell'aria di San Giovanni! Che possibilita continua di incontri fortunati con compagnie propense ai pill caldi e sgolati cameratismi! Ci sono cerce sere d'estate in cui, dopo aver attraversato tre 0
quattro paesi in bicicletta, accade di passare per San Gio-
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vanni e di sentirvi in tutta la sua serena estensione di Iu· ei, di eanti a mezza voce, di rumori perduti nelle loro vi· bratili risonanze dentro un 'atmosfera di polvere, di ru-
giada, il genio dell'estate paesana. Non C't; borgo che possa paragonarsi a San Giovanni per freschezza di estro nel congegnare i gruppi di amici tra Ie ombre della grande piazza, nel popolare Ie strade, nell'alzare gridi improvvisi da qualche orta perduta ne! tepore, nell'evocare motivi di canzoni accennate di lontano. ( ... ) l:eco delle risate, delle sfide, dei pugni che battono la mora, non vi dilegua mai '. Pili belle Ie domeniche, finita la guerra: gioioso il lavoro: gioiosa la possibilita di infrangere Ie abimdini quotidiane. Pier Paolo viveva a Casarsa, definitivamente abbandonata Bologna - Bologna restava quale luogo di studi, luogo dove incontrare gli amici, poco di pili. II Friuli materna aveva colmato la sua immaginazione. E i due poli della rimalira cattalica e della festosita paesana disinibita e lieta si incarnavano nei caratteri dei due paesi fra i quali la sua esistenza si svolgeva: Casarsa e Versuta, cioe il borgo di San Giovanni .. A Casarsa Pier Paolo organizzb un cineclub: arrivb a proiettarvi Fritz Lang; e, lui regista e attare, cuel una compagnia di prosa can la quale mise in scena autori contemporanei: fra gli altri Eugene O'Neill (['atto unico La corda). La vita comunitaria sembra strappare Pasolini aile ombre della sua coscienza: la morte di Guido, la difficile tranquillita interiore. Per via del figlio ucciso, a Carlo Alberto Pasolini ,e concesso un ritorno anticipato dalla prigionia del Kenia. E a Casarsa ne! tardo autunno del 1945. Sempre in quell'autunno, il 26 novembre, Pier Paolo si laurea in lettere con il massimo dei voti e la lode. Discussa con Carlo Calcaterra, secondo i propositi, la tesi e intitalata
Antologia della linca pascoliana (introduzione e commenti) 2.
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. L' originalita dell 'antologia - trascelta anche sulla base di criteri non tanto lontani da quelli croci ani della poesia-non poesia - sta nell'accento linguistico e glottologico. Se 10 stile e determinato dalla finalitii. accademica, seppure venata da una aggettivazione squisita, non e difficile avvertire ne! testo il tratto autobiografico. In Pascoli, Pasolini legge il poeta che possiede la lingua «attraverso il dialetto materna e nativo», seziona 10 scrittore di un «italiano moderno famigliare romanzo, quasi dialettale, cioe minore». Si compiace di raffrontargli il Tommaseo per «una specie di gusto sordo e monotono, di delicatezza inamabile, di troppa mancanza di sensualidt». Attraverso questo, getta sonde nel rimosso romanticismo delle Myricae e dei Poemi conviviali: .Lo sforzo di conoscenza usava della parola come del solo mezzo sicuro; e I'aver scoperto un'immagine, un nesso originari, era un entrare pill addentro nell'indifferenza dell'inconoscibile mondo». A mez• za strada fra la religiosa disperazione di Rimbaud e la «terribiIe inquietudine» esistenziale di Rilke, Pascoli non sarebbe riuscito a vivere fino all'estrema conseguenza la propria saison en enfer, cioe I'ulcerante assenza di Dio, per la neghittosita di una tradizione morale e letteraria da cui non riusciva a spogliarsi - sia lui sia la cultura italiana che gli era coeva. Dovel'autobiografismo in questo? Si tratta di un autobiografismo inesplicito. In questa tesi di laurea e sottintesa una poetica che ha cominciato a prendere fisionomia, ricerca controprove, si disegna come progetto critico. Tali controprove sono anche quelle che la vita puo suggerire. N el vivere tanto in profondita la vita comunitaria di Casarsa - Ie invenzioni teatrali 0 la partecipazione aile sagre, aile collettive "trasgressioni" domenicali, aile balere che nei giorni di festa sembravano zattere land ate in mezzo alia folia semimpazzita d'allegria - oltre all'espandersi naturaledi una giovanile freschezza, v'e anche sentore di volontarismo.
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Chi vuol vivere cosl intensamente la vita di tutti, spesso desidera sfuggire aHa propria. La vita interiore di Pasolini era, a lui stesso, una scena nitidamente illuminata; que I che vi avveniva esigeva un compenso. La vita casarsese, gustata in tuete Ie sue possibili forme, era certo un compenso, ma un compenso che a sua volta richiedeva un sovrappiu di chiarezza e di luce. La primitiva scena si apriva su altra scena; un teatro richiamava altro teatro. In tal modo la riflessione inteHettuale si nutre dell'esistere. Gli amici, natural mente, erano chiamati a queHe scene. Ma da essi Pasolini non esigeva sol tanto la comparsa. Dava del suo, e stimolava e giudicava, con una passione generosa fino al rischio. Giovanna Bemporad tornava a trovarlo. In quel dopoguerra la ragazza si era stabilita, tappa neHa sua continua erraticiti!, a Venezia. Alcune giornate di festa Ie passava a Casarsa; en Pier Paolo la costringeva a partecipare ai baHi paesani, aHe bevute, invitandola a liberarsi dal martirio del suo • estetlsmo. In una lettera del 20 gennaio 1947 Ie scriveva (Giovanna doveva aver trascorso it Capodanno can lui); Cara Giovanna, non ho salutato Ie cue immagini; queSto tuo desiderio mi e parso troppo egoista. Possibile che proprio non ti sia saltaro in mente di farmi salutare invece il povero gruppo casarsese dei nostri amici di Capodanno? Assolutamente non vuoi loro perdonare la colpa di non scrivere poesie? Lo so, adesso ti senti vituperata; scusami. La gente
e sciocca, vile, confusa; rna c'e in es-
sa un'aspirazione, un complesso di inferioriti\ che possono essere aneora considerati un residuo di astratta bonea; questo vale, e non deve ,essere trascurato da noi che abbiamo una coscienza. In fondo, tu hai un concetto molto romantico del poeta, e vuoi farti perdonare troppe Ca-
se perch" scrivi dei versi, cioe hai del divino. Ma non sei ancora tanto superiore agli altri per non affiiggerti se non ti perdonano.
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Undici giorni dopo, in risposta a una lettera di evidenti spiegazioni, Pier Paolo scriveva ancora: Cara Giovanna, grazie della tua buona Iettera. Quando sembri persa dentro un inquieto e fatale buio, ecco che riemergi con ingenuid e candore; hai i tuoi amabili
recuperi. Quando, questi recuperi, si rifletteranno all'esterno? Quando aoche il tuo viso, i tuoi occhiali, i tuoi calzettoni, saranno luminosi di bondi? Quando canterai I. Settima silenziosamente, senza insult.re gli altti declamandola ad alta voce? Di III dall'occasione, in queste parole appare chiaro il sentimento pedagogico che animava Pasolini, non solo nei rapporti con gli amici, ma anche verso la comuniti'i casarsese. Tale pedagogismo e espressione di un sentimento che ogni intellettuale, a suo giudizio, dovrebbe in s6 attivamente coltivare ( Gallo. E, oltre loro, Adriana Asti, Elsa De Giorgi, Laura Betti.
e
Pier Paolo passe. per i salotti della mondanita letteraria can un lampo lieve. Non era uomo da salotto: vi si muove-
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va con cauta ironia, rifiutava qualsiasi ritualira laica. Ne amava manierismi nei rapporti d'amicizia. Oi fronte ai manierismi galateali diventava sfuggente, negli ultimi anni • sarcasnco. Duratura, appassionaca, un'amicizia di vent'anni e pill, in cui spese dolcezze, affettuosita delicate, fu quella che nutr! per Alberto Moravia e Elsa Morante. E ne fu ricambiaro. Pier Paolo conobbe Elsa al tempo in cui era amico di Toti Scialoja - il cristianesimo ereaturale, I'istintiva sensibilita per i miti deeadenti, poterono unirli. Ma Ii univa anche I'assillo di essere veritieri fino alia sofferenza. Nella loro amicizia c'era una parte ludica assai cospicua: il gioco, ad esempio, del raccontarsi reciprocamente i sogni, e interpretarli, e interpretare i gesti propri e quelli alcrui sulla linea di fuoco della psicoanalisi. II rapporro fra Elsa e Pier Paolo era segnato dal sentimen to religioso dell' esistenza; iI rapporto fra Moravia e Pier Paolo, invece, dal serrato sctutinio dei fani politici e culturali. Talvolta il dissenso fra loro era grande: la matrice illuministica e cosmopolita della cultura moraviana reagiva al sotterraneo cristianesimo pasoliniano. Quelle reazioni, piuttosto che port are a ronura il rapporto, servivano a cementarlo di pill: l'uno spiegava aWaltro, inconsapevolmente, Ie personali qualita di intelletto e giudizio - e cia, nella divergenza, rendeva ininterrotto il colloquio. C'era in Moravia un interesse affascinato per nulla segreto verso Ie civilta arcaiche: I'interesse che 10 spingeva a percorrere Ie strade del terzo mondo dello spirito e non soIa dello spirito. Pasolini, in questo, 10 soccorse, entusiasta compagno di viaggio in India, in Africa. Moravia e Pasolini furono il simbolo della "cultura letteraria romana": la prontezza della loro reanivica intellettuale, la disinvoltura d'approccio ai pill diversi problemi, Ii rese vulnerabili a molteplici critiche, provoco contro di loro
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certa giornalistica insofferenza. Nonostante questa, la capacid\ istintiva di cogliere I'attualita nei punti pili sensibili una capacita che Ii accomunava - Ii rese figure necessarie del dibattita culturale.
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Moravia conobbe Pasolini pili tardi di Elsa Morante. II legame si strinse nel 1955. Elsa porto a Moravia Le ceneri di Gramsci, it poemetto «civile» appena scritto, perch6 fosse pubblicata su «Nuovi argomenti». . «Nuovi argomenti» era la rivista di cultura e politica che Moravia dirigeva con Alberto Carocci: era una rivista che tendeva a rompere 10 schematismo anticomunista e antimarxista. Di questa tendenza i saggi di Norberta Bobbio sulla indipendenza della cultura dalla politica furono la testimonianza pili concreta e problematica. Ma la rivista offriva spazio anche alia nuova narrativa italiana. Poesia in versi non ne pubblicava . Per un tale criterio, Alberto Caracci discusse il poemetto di Pasolini: era in versi, e, anche se il suo contenuto aderiva ai telui del periodico, non poteva esscrc pubblicato. La difesa di Moravia fu appassionata, e Le ceneri uscirono suI numera datato «novembre 1955-febbraio 1956», il 17-18. Era il momento in cui pili infuriava la polemica su
Ragazzi di vita. Gli amici si ritravavano di frequente la sera in trattoria. Moravia e Elsa Morante quotidianamente cenavano fuori casa. Pasolini prese I'abitudine di unirsi a lora, e Bassani, Penna, Parise, Bertolucci, Augusto Frassineti volta a volta partecipavano del gruppo. Cenavano d'inverno di soli to alia "Campana" in via della Campana, 0 al "Bolognese" in piazza del Popolo; anche alia "Carbonara" in Campo de' Fiori; in Trastevere al "Pastarellaro" 0 da "Carlo". D'estate, preferita era una trattoria della via Appia Antica, a un pas so dalla porta San Sebastiano, al di 10. delle mura: era un locale che metteva all'aperco, ,
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sotto una tettoia, a!cune panche e qua!che tavolo di legno grezzo; c'era la ferrovia a un pas so. Gli amici chiamavano il posta ~'i treninj", ci andavano per mangiare particolarmente fettuccine e costolette d'abbacchio "alia scottadito". Erano schermaglie verbali fra Elsa e Moravia, fra Bassani e Elsa. Pier Paolo si accendeva all'improvviso, con una battuta secca, pungente, 0, pill usualmente, dolcemente paternalistica. . Non fu mai molto loquace: esprimeva il suo dissenso, se era il caso, con lealta, in pieno viso. Amava negli altri la comicita, anche tratrandosi di pettegola comicita come nel caso di Penna, maldicente oltre ogni limite . .
Resto sempre legato a Elsa De Giorgi, che can gli altri suoi amici aveva rapporti non strerti. A lei, con una divertita soggezione, dedicava - e la cos a duro anni - akune serateo Andavano a cena fuori: in quei tempi, un ristorante in via della Vite, "da Mario". Elsa De Giorgi, che amava stendere attorno a se un qualche alone di spettacolo - il cinema anni Quaranta, telefoni bianchi, di cui era staca con fortuna una star -, sofisticati il trucco e la pettinatura dei bei capelli biondi, usciva portando una grande borsaj"rigidaire bianca al braccio: il suo champagne non Ie doveva mancare a tavola. Bevendo champagne, mangiando di preferenza steak tartare, lasciava che aile labbra Ie venisse, con una foga insolica, certa cultura c1assica che amava coltivare. Pier Paolo ascoltava. L'amicizia intensa e durevole can Laura Betti ebbe in izio incorno al 1958. Fu via via rinsaldaca e sempre rinnovata dalla tenacia di Laura, che, per vorace furore di intellettualita e successo, non poteva non venir rapita dal progress pasoliniano. . Uaggressivira di Laura coinvolgeva Pier Paolo. Per converso, I'aggressivita di lui, il suo fulmineo ribattere aile po-
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lemiche che gli si scatenavano attorno, coinvolgeva lei: e fu questo, all'inizio un gioco, che la spinse, nellampo di un flash', a prenderio soccobraccio e a dire, come una stida, ma una stida medicaca anzitutto contro se stessa, a dire in pub, blico, ripeco: .E mio marito». Correva giil la svolta degli anni Sessanca. Laura Betti era sui rococalchi .Ia giaguara»: caschetto di capelli platino, gli occhi tirati dal tmcco come due virgole verso Ie tempie. Era famosa per Ie liti violente con chiunque, e improvvisi trasporci amorosi. La sua scena era non solo il teatro, ma anche la strada: sua, come una regina, via del Babuino, dove abitava. La sua voce agra cantava canzoni di scrittori - Laura Ii cereava e Ii rineorreva vociferante e chiassosa; rna era pure rincorsa da loro: e tanto Ie dava la bramata soddisfazione. Aveva inventaco un tipo nuovo di glamour: un modo diverso di essere prima donna, facendo uso d'una tecniea a shock per attirare su di se I'attenzione dei cronisci: la lusinga e I'insulco. Questo era il suo volto in pubblico; in privato, I'aucoironia non Ie consentiva una coatta fedelta al proprio cliche. Amava organizzare cene un po' baraecone e confuse in cas a, due stanze a cannocchiale, una cueina a destra, diecro la porta d'ingresso. Per quelle stanze passava di turco: il cinema, la letteratura, il giornalismo, I'alta moda, i ragazzi di borgata. Quella mista concertazione di rapporti era il segno d'una vita di soeieta che cambiava: una vita che tendeva a legittimare pill d'una effrazione al vecchio cod ice mondano. Quelle cene divertivano Pier Paolo: cene che Laura talvolta imbandiva mettendo all'asta il brie-a-brae di cui si circondava. Ma Laura aveva anche la capacita di farsi protagonista nella vita delle persone cui si legava d'affetco. Convineeva coppie in difficolt1i al matrimonio; faceva in modo che legami eftimeri, all'apparenza profondi, si dissolvessero. In Pier Paolo invest! tanti frantumi di vita.
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Fu arnica di Susanna: I. sapeva divenire, inc.nt.re can la propria invadenza. Capl qu.nto importante fosse per Pier Paolo I'uso di tavola, del cibo - e lei, per via di nascita, ottirna cuoca di tradizione bolognese, per lui mise su «cucina». La «cucina» di Laura, negli anni, dlvento un rito, e una met.fora nel lessico degli amici comuni: significava arch itettace rapporti e "comunicati stampa" come fossero ricette da eseguire accuratamente, fra pentole e mestoli. I
Era questa Ia "dolce vita", quella vita realmente dolcissima, pur essendo fin troppo sfogata, magari inelegante, caotica, che venne vissut. aRoma fra gli anni del tramonto delle ideologie e la girandola del "miracolo economico". Fellini, nell'emblema di un film, ne rended il profumo: gia nostalgico nell'attimo di viverla e rappresentarla. IIIusoria e domestica, era un'esistenza dentro Ia quale andavano a sperdersi e a spegnersi gravi problemi politici e sociali. II govemo Tambroni sognera nel 1960 il "col po" di destra: giomate difficiIi, manifestazioni di piazza. Sara I'aspro passaggio per la panecipazione dei socialisti al governo; sara anche I'avvisaglia d'un futuro tormentato e tragico, amaro, che gli anni nuovi avrebbero preparato. Pasolini, con Sergio Citri, scrivera una scena per il film felliniano - sono alcune batture messe in bocca a un gruppo di marchettari omosessuali nella sequenza dell'orgia: nit segno del suo attraversare la "dolce vita". Un segno infinitesimo - in punta di piedi. Ma Pasolini non viveva "con dolcezza". C'era troppa macerata dolcezza in lui perche potesse viverla spassionatamente. Le difficolta erano nel suo cuore e gli si proiettavano can facilita attomo. Comincio presto a contare suI Ie dita gli amici scrittori con i quali avere un rapporto inalterabile: era la piccola schiera degli intellettuali romani che sappiamo, cui vanno
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aggiunti Calvina, Zanzotta, Volponi, Leonetti. Con gli altri, i rapporti si deteriorarono rapidamente. II fulmineo successo di Ragazzi di vita spiaceva alia piccola societa letteraria. Da ogni goccia d'acqua, quella piccola societa e disposta a sollevare tempeste. Net 1957 Le ceneri di Gramsci venne proposta per il premia "Viareggio": 10 vinse, rna dopa una lunga discussione che vide affiancargli due ex aequo, Ie Poesie di Sandro Penna e Quasi una vicenda di Alberto Mondadori. Nel 1959, Una vita viotenta tamed a essere proposto per il "Viareggio" delIa narrativa: il rifiuta fu pesante e espliciro da parte dei giu• rati; cosicche, per iniziativa di Giacomo Debenedetti, il romanzo riceveva quell'anno il premia "Crotone". Aneora i premi letterari svolgevano un ruolo di indicaziane privilegiata presso il pubblica: ancora rappresentavano la seleziane della qualita. La discussiane per un premia era una discussione culturale. Nella resistenza che taluni facevano all'opera di Pasolini eneravano com'ponenti psicalogiche, moralismi. Ma i1 caso diventava immediatamente cul•
curate e politico, sia pure insidiato da pettegolezzi.
Tutto questa era chiaro alia mente di Pier Paolo. Ai letterati «suoi contemparanei» diceva addio in un epigramma del 1958, e non per jatto personale: Vi vedo: esistctc, continuiamo a essere amici, fetici di vederei e salutarci, in qualche caffi, nelle case delle ironiche signore romane ... Ma i nostri saluti, i sorrisi, ie comuni passion;. sonG att; di una terra di nessuno: una.,. waste land, pervai: un margine, per me, Ira una stona e I'a/lro.
Non possiamo pili rea/mente cssere d'oerordo: ne (remo, zz ma ein no; che il mondo enemico 01 mondo . •
Tale "inimicizia del mando" eresceva dentra il suo animo: disegnava ai suai occhi la sinopia di una pubblica persecuzione. Nutri in que I tempo la speranza in altri privati legami da stringere attraverso la letteratura.
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In quegli anni Pier Paolo aveva conosciuto Massimo Ferretti. Ferretti era di Jesi, di famiglia bOfghese: ammalato di endocardite reumatica fin da bambino, di questa malatria, di cui conosceva Ie gravissime conseguenze, e daUa quale era tenuto aU'erta neU'attesa deUa morte, doveva precocemente. spegnefsi il 19 novembre 1974. II sapersi malato, e condannato - rna nel suo aspetto c'era qualcosa di trepidante, di vitale e beUo -, 10 portava a una sorta di rabbioso dispetto, 0 di «allergia" (come usava dire), verso gli altfi. La conoscenza con Pasolini era avvenuta nel modo piil naturale. Ne1 1955, aU'uscita di «Officina», Ferretti, ventenne, aveva spedito a Pier Paolo alcuni versi; e i versi erano stati pubblicati.
, Da qui, scambi epistolafi e incontri frequenti aRoma e anche a Bologna. Pier Paolo fu coinvolto da quel ragazzo ammalato e desideroso di vita. Nel cuore del giovane Ferretti egli rappresentava «J'uniea amicizia vera» -Massimo gli scriveva cos. in una lettera del 10 gennaio 1959. Cib significava un limite invalieabile di sentimenti. Pasolini si illuse di poter valicare quel limite. Ferretti, sempre il 10 gennaio 1959, gli scrisse: «Non ho provato orrore per la tua sensualira ... Abbiamo deU'amicizia concerti assolutamente diversi: io ti voglio bene, rna mi eo impossibile pensarei come oggerto d'amore». Un gesto di Pasolini, un rifiuto di Ferretti: questo pote accadere. E doveva essere accaduro gia tempo avanti. Ferretti, il 5 febbraio 1958, aveva serino: 10 ei tengo alia cua amicizi., e la gratitudine che ho per te va ben oltfe la pubblicazione su .Officina» d'un pugno di versi. La tua opera m 'ha aperto un mondo nuovo: tra tanta confusione sei stato per me un punto di riferi~ mento, un esempio morale ... Voglio dire ehe la tua influenza intellettuale su di me e stata totale, formativa: e ne ho raeco!ti i frutti nei "partico!ari" della mia vita pra-
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tica. I\.1a avevo vent'anni e t'ho fattD diventare un eroe
(
rico della Chiesa con la classe sfruttatrice, cia non significa che 10 puoi fare sempre. ( ... ) II Papa si e tolto dalla testa la mitra e I'ha donata ai poveri, sollevando un alto applauso [fa tutti i vescovi e cardinali avanzati che pen19 sanD la Chiesa come Chiesa dei poveri • Fuori del dima giovanneo, e del Concilio vaticano II un dima ancora vivo ai primi momenti del pontificato di Paolo VI -, e impossibile comprendere Ie motivazioni, non
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solo individuali, rna quelle obiettive, che portarono alia realizzazione di un film come l/ Vangelo secondo Matteo. Elsa Morante si entusiasmb del progetto: Pier Paolo voIle associarla a se nella scelta delle musiche per la colonna sonora, e nella sceha dei volti. Elsa, dal canto suo, fece un'ampia selezione di dischi, Bach, Mozart, fino a contemporanei come Leos Janacek, e la sottopose a Pier Paolo. Le discussioni furono lunghe. Ahrettanto lunghe e laboriose furono Ie discussioni inrorno agli attori: alcuni furono raccolti fra gli amici intelletmali, altri in borgata. Alfonso Gatto, Giorgio Agamben, Ferruccio Nuzzo, Giacomo Morante, nipote di Elsa, figurarono nel ruolo degli apostoli; anch'io ero cra loro. Leonetti interpretb Erode II; Rodolfo Wilcock, Caifa; Mario Soc rate, Giovanni il Battista; Marcello Morante, fratello di Elsa, San Giuseppe. Natalia Ginzburg diede il vi so a Maria di Betania, e, nella scena in cui apparve, naturalmente come suo sposo, apparve anche Gabriele Baldini.
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Piu difficile fu trovare il Cristo in uno studente spagnolo di Barcellona, Enrique Irazoqui. lrazoqui chiese casual mente a Pier Paolo un appuntamento: studiava economia; aveva letto in traduzione Ragazzi di vita: arrivato in vacanza a Rorna, desiderb conoscerne l'autore. Pier Paolo, che aveva anche pensato di affidare la parte del Cristo a Evgenij EvtuSenko, appena 10 vide, decise subito per lui. Di lui alcuni dissera che pareva disceso da una tela del Greco, e che cib era iconograficamente troppo lontano dal gusto visivo di Pasolini. Ma Pier Paolo ebbe raglone: 10 sguardo pcnetrante di Enrique, oscurato da un'ira frenata, fu la novita del suo Crisro. Aiuto concreto al film 10 diede, dunque, la Pro Civitate Christiana di Assisi: alia quale, dal Breve Pontificio di Giovanni XXIII, novembre 1959, era statu imposto il fine di «ricondurre 1. soeieta ai princlpi del Vangelo».
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Quell'aiuro fu un atto di coraggio. Molti, nel cinema e nella Chiesa, giudicavano folie l'impresa. Ci furono polemiche. La Cittadella di Assisi rispose: Di Pier Paolo Pasolini abbiamo avuto un'impressione bellissima, come di ognuno che abbiamo la ventura di avvicinare. In agoi volta umana vediamo infatei fiflesso
quello meraviglioso del Signore. ( ... ) A quanti ci dicono che Pasolini oltre che incredulo e anche peccatore, rispondiamo umilmente che, se pur cia fosse verD, non ci
sembra questO un motivo per chiudergli la porta in faceia e negargli l'aiuto che ci ha chiesto. Gesu amb tutti, rna predilesse i pubblicani, i peccatori, i ladroni, e anche Ie povere creature cad ute nella pill angosciosa miseria
morale, come la Maddalena, l'adultera, la samaritana. Agli attacchi di certa stampa non abbiamo risposto, non
e nelle abitudini della Pro Civitate Christiana polemizzare. Sommessamente perb abbiamo osservato che se tutti fossimo veramente cristiani, su agoi piaga umana • non verseremmo ace to rna olio di bonta. Gesu marl per
. . per f alUtare tutti, arel sa ' Vi tuttI·20 .
A queste ragioni "evangeiiche" se ne aggiungono· alue di natura "pratica". Si diffondeva un principio politico e culturale fr~ cattolici: l'uso del cinema, un uso non propagandistico rna evangelico. Era nelle risoluzioni del Concilio ecumenico l'affermazione per la quale i mass media, «se adoperati bene», apportano «ingenri benefici. .. alia famiglia umana •. La Pro Civitate Christiana chiariva l'indicazione conciliare: «Adesso il cinema pub assumere il ruolo che nei secoli passati aveva la cosl detta "Bibbia dei poveri", cioe i grandi affreschi, Ie sculture, insomma tutta l'arte sacra. 2I •
In una lettera a Bini, del giugno 1963, Pier Paolo scriveva: Dal punto di vista religioso, per me, che ho sempre tentato di recuperare al mio laicismo i caratteri della religiosita, valgono due dati ingenuamente ontologici: l'umanita di Cristo
e spinca da una tale forza interiore, da
una tale irriducibile sete di sapere e di verificare il sape-
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re, senza timore di nessuno scandala e ness una contraddizione, che per essa la metafora "divina" e ai Jimiti della metaforicita, fino a essere idealmente una realta. Inoltre: per me la bellezza e sempre una "bellezza morale": rna questa bellezza giunge sempre a noi mediam: attra-
verso la poesia,
0
la filosofia,
0
la pratica: il solo caso di
"bellezza morale" non mediata. rna immediata, alia stato puro, io l'ho sperimentata nel Vangelo.
Quanto al mio rapporto col Vangelo, esso
e abbas tan-
za curiosa: tu forse sai che, come scritcore nato idealmente dalla Resistenza, come marxista eee., per tutti gli
anni Cinquanta iI mio lavoro ideologico
e stato verso la
razionalita, in polemica coll'irrazionalismo della Jetteratura decadente (su cui mi em Formato e che tanto ama-
yo). l.:idea di fare un film sui Vangelo, e la sua intuizione
(eenica, e invece, devo confessarlo, frutto di una furiosa oodata irrazionalistica. Voglio fare pura opera di poesia,
rischiando magari i pericoli dell'esteticiti\ (Bach e in parte I\1ozart, come com men to musicale; Piero della Francesca e in parte Duecio per l'ispirazione figurativa; la realra, in fonda preistorica ed esotic3, del mondo arabo come fondo e ambience). Tutto questa [imcne pericolo-
samente in ball a tutta la mia carriera di scrittore, 10 so. Ma sarebbe bella che, amanda cos. svisceraramente il Cristo di Matteo, temessi poi di rimettere in balla qualcasa 22 •
II Vange/o secondo Matteo rappresento un deciso scarto creativo: 10 scrittore viveva la crisi di Poesia in forma di rosa. Uirrazionalismo deIla sua sensibilira era assediato da un'urgenza di testimonianza soggettiva, e, insieme, dall'urgenza opposta - queIla di obliterare la soggettivita in un trasumanante abbraccio con la vita. Nonostante questa, (Tin forza di questo, egli partecipava del can vinci menta che il cinema avesse in se la potenzialita comunicativa della "Bibbia dei poveri" - e a quel fine lavoro. Pier Paolo and" pili volte ad Assisi: i laici deIla Cittadella, 10 stesso don Giovanni Rossi, seguirono iI suo lavoro. Lo
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seguirono due gesuiti del Centro di San Fedele; il teologo Romano Guardini, che esprimeva una merodica sfiducia nella possibilita di rappresentare, attraverso un attore, Gesu; talvolta; aile discussioni, fu presente 10 scrittore Stefan Andres. Agli inizi della primavera 1964 il Vangelo entro in lavorazione. Le prime inquadrature girate furono quelle del battesimo di Gesu - e il Giordano venne "trovato" fra One e Viterbo in una fessura scavata da un torrente in mezzo a rocce aspre e selvagge. In quell'occasione Pier Paolo scoprlla torre di Chia, di cui letteralmente si innamoro: decise di acquistarla, rna l'acquisto gli riusci dopa non pochi anni. A Chia, nel paesaggio forte e soave dell'alto Lazio, pervaso di un'arcaica malinconia, Pier Paolo avrebbe costruito la cas a dei suoi estremi ritiri, sotto un rudere medievale dall'aria 50litaria e inaccessibile. Al battesimo, segul la sequenza del Monte degli Olivi, ambientata a mezza costa fra Villa Adriana e Tivoli. Poi la troupe pard per Matera e per Crotone. Agli "attori" - e nessuno 10 sarebbe diventato, come invece accadde a Franco Citti dopo Accattone- Pier Paolo non chiedeva di recitare: chiedeva l'espressione consueta, essere quel che si era. Inquadrature brevi, per 10 piu mute: si lavorava l'intera giornata, Pier Paolo era instancabile. Ripeteva ai suoi attori di non preoccuparsi: «L'obiettivo cinematografico e il siero della verita. Verrete fuori per quel che siete, e a me non importa a\tra». Sull'Etna furono girate Ie tentazioni del demonio. La sequenza piu tormentata fu quella del discorso delle Beatitudini. Alia fine, proprio agli ultimi giorni di lavorazione, Pier Paolo la risolse can una serie di primi piani a Irazoqui realizzaci in studio, contro un fondo scura, illuminandogli a lampi il viso: una soluzione che gli parve estemporanea e rinunciataria, e che, invece, per via del montaggio, si rivelo quanto mai originale. .
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Scelta sintomatica di un viso: quello di Susanna, per incamare la Madonna travolta dal dol ore sui Golgota, sotto la croce del figlio. Pier Paolo "scrisse", immagino, creo visivamente il proprio Stabat Materper lei. Questa scelta fu un gesto dichiarativo e d'amore, rna segna anche l'esplicarsi di un cristianesimo arcaico, quasi inactingibile dalla ragione: interpretare la figura di Maria di Nazareth come madre "unica", identificabile soltanto nella propria madre. Pier Paolo curo l'edizione del film l'intera estate. Il4 settembre 1964 II Vang>!lo secondo Matteo veniva presentato alla XXIV Mostra internazionale d'aete cinematografica a Venezia. Fu una serata non tranquilla: i fascisti inscenarono la 10ro solita gazzarra, con lancio di manifestini e insulti ad aleuni spectatori. Aggredirono fra gli altri Renato Gutruso e Paolo Val marana, il critico cinematografico di «II Popolo», quotidiano della DC. La proiezione del film si concluse con un cal do, lungo applauso. Felice ehilanti scrisse della serata: S'efa formato, quella sera, per quella cLrcostanza, un
incredibile punto d'incrocio al quale confluivano filosofie diverse e contrapposte; su quello stesso incrocio interessi, forze politiche inconciliabili si sanD trovati cos} vicini da confondersi, un poco, fra loro. Sol tanto i fascisri si disringuevano bene, elanD da soli, parlavano e ge-
sticolavano da soli. AI termine della serata, anche certe persone che non parlavano da sole non sapevano piu a cosa credere, ne come pensarla. II fat to che si e svolto era -come e noto-Ia proiezione di un film ricavato dal Vangelo, annunciato come una rappresencazione fedele di que! racconto e nella spirito di esso, diretto da uno scrittore che poche are prima della proiezione aveva ripetuto, parlando con i giornalisti, d'essere marxista e quindi anche ateD.
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Fra i personaggi che vennero a trovarsi in difficoltl non va scordato il que store, che penso di far fronce a con-
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trasti e contraddizioni politiche e ideologiche dell'avvenimenta triplicando il numero degli agenti e dei carabinieri in servizio davanti al palazzo del cinema. E cosl quella sera anche i ricchi signori in smoking e Ie signore in gran gala, adorne di gioielli e protette dai visoni, co-
me gli intellettuali e gli scrittori, i critiei, gli attori sfitavano sotto gli sguardi di quegli armati, alia luce abbagliante dei riflettori 1'\,23. Dedicato .alla cara, Iiera, familiare ombra di Giovanni XXIII», il film fu premiato dall'Ufficio internazionale cattolico del cinema, I'oclc. La motivazione spiegava: .L'autore, di cui si dice che non con divide la nostra fede, ha data prova nella scelta dei testi e delle scene di rispetto e delicatezza. Egli ha fatto un bel film, un film cristiano che produce una profonda impressione •. Le parole di Chilanti chiariscono la qualita del successo conquistato da Pasolini - un successo che guadagnava credito da opposte sponde ideologiche e politic he. Solo i fascisti restavana isolati. E Chilanti racconta che anch'essi, al finale della proiezione, ebbero a tacere. Non tutto si risolse nella serata veneziana, e con la diffusiane del Vangdo secondo Matteo: rna ormai era chiaro a chi unque che I'opera di Pasolini, regista e scrittare, richiedeva meditazione, coinvalgeva problemi di vasta eCa morale. .
E ingenuo, Pasolini, ed e,
insieme, scanzonatissimo. E pieno di istinti e di passioni; ed e carico, insieme, di cultura. Geme di tutti i desideri; e, insieme, si ricorda di
tutti i libri che ha letto, e Ii ha letti tutti. ( ... ) Questa va bene, e anche questa non sarebbe un guaio. Il guaio e, semplicemente, che lui non fa nessuoo sforza, rna proprio ness uno nessuno, non dieD per giungere, neanche per avviarsi a una composizione, a una sintesi. II Pietro e it Paolo che so no in lui sembra che non possano rnai fon-
dersi in un nome solo: i due sensi della religione, quello naturale ed evolutivo (Pietro) e quello dogmatico (Paolo) sembrano, in lui, destinati a una straziante, perenne
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separazione: straziante perch6 l'ingegno di Pasolini e sommo, e non puo non soffrirne: perenne perch6 la sua
cattiva volont' e altrettanto somma, 0 piuttosto e assolu-
ra la sua mancanza di huon a volonrn per superare questa fondamenrale rnanicheismo, e cercare, sia pure da lontano, sia pure velleitariamente, una qualunque unita 24 .
Mario Sold.ti, recensendo il Vangelo, individuava coslla contraddittoriet' sistematica di Pasolini. Diciamo che illirismo del film ha tadice nell'ambiguita, nel sovrapporte via via, inquadratura per inquadratuta, la ragione alia fede, usando come solvente un'idea ereaturale della vita, quel['idea scoperta e definita da Spitzer e da Auerbach negli incunaboli romanzi della poesia europea. Ma questo trascolorare non placato del sentimento poteva essere ragione di dubbio e .nche di rifiuto d. una parte degli spetratori. II rifiuto fu di Franco Fortini. Fortini scrisse una lettera a Pier Paolo il 19 ottobre 1964. Gli disse della propria partecipazione al film «oltre illimire del pianto», rna aggiunse: Quel Gesu-Pierpaalo manca il punta centrale del cristianesimo, ossia la necessita della croce, e si riduce allora all"'umanesimo", al cristianesirno socialista, insomrna al pasticcio. Cristo non e Salvatore Carnevale, ne Giordano Bruno ne Fra Michele Minarit.; assia 10 e srato, storicamente, rna aHora non e Dio, e bisogna dirlo.
Quale ['accusa di Fortini? Che Pier Paolo puntasse a «vincere su due tavoli». E ancora: Dovrei comandarti umilra. (. .. ) Troppo godi delle invettive di que! Gesu. Non puo (ne posso) aiutarti. ( ... ) Non so se capirai l'intenzione di questa mia. Ho del rancore verso di te, perche la cua vita pubblica porta i segni di calcoli brutti, e anche goffi; ho rabbia, per il male 0biettivo (cioe controrivoluzionario) che i cuoi aspetti pubblici hanno contribuito a fare; ho speranzache tu possa cantraddirti fino al punta di non valerti piu contraddire, speranza che tu possa, come diceva quello, «moTi-
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re (m. davvero) e diventare». Preferisco affidare l'affetto aile parole disamorate. Non basta, caro Pierp.olo, disprezzare l'adulazione; bisogna meritarla.
Fortini si firmo «il tuo amico», Pier Paolo pens.va che quel suo amico fosse vittima di un irriducibile «moralismo», e che il moralismo contenga in se vistosi rischi «controrivoluzionari». Ma nella lettera di Fortini si delineano chiari un atteggiamento e un giudizio: quelli di chi non consente piu a capire cio che in P.solini era disperatamente essenziale e determinante, «Ia spina nella carne» - quella «spina» che, Kierkegaard diceva, se gli fosse manc.ta, sarebbe morto. Ed essa, in Pasolini, la .spina», per analogia, era ragione della croce per il suo Cristo. L'ABIURA «DAL RIDICOLO DECENNIO»
Oi questi anni Pasolini tenne un diario lirico: 10 raccol• se in Poesia in forma di rosa. 11 volume fu distribuito in libreria nella tarda primavera del 1964. Era un diario frantumato nei fatti narrati, in aleune parti; disperso nell'ideologia, in altre. V'I! il diario del processo per La ricotta: il suo titolo I! Pietro fl, il nome dell'ultimo pontefice secondo Ie leggende, a significare il ravinare della "vera religione" sotto i colpi del clericalismo. V'I! il diario di Mamma Roma, col titolo Poesie mondant; dei sopralluoghi per il Vangelo in lsraele, e nel Meridione italiano. V'e il Progttto di operefuture; la testimonianza di una discussione con Leonetti e Calvina in Poesia in forma di rosa. E, naturalmente, altro ancora. Tecnicamente, I. terzina caratterizza la prima parte, rna scompare nella seconda. Subentra l'endecasillabo sciolto; quindi la prosa ritmica, e una geometria da calligramma nel Libro delle croci e nella Nuova poesia in forma di rosa. Su tutto, il tono profetico domina rabbioso e dolorante: , e I. profezia e oscura, angosciata. E il sentimento della vita che sembra qui essersi ischeletrito.
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(, , ,) La vita si stanco di chi dum, Ah, Ie mie passion; recidive costnttt a non avere residenzo! ( ... )
Oi queste passioni, il sesso e sempre inevasibile: (.. ,) lo, cupo d'amore, e, intomo, il coro dei lieti, cui 10 realtii eamico, Sono miglioio. Non possa amarne uno. Ognuno halo sua nUO'{)(J, 10 suo ontieo bel/ezza, ch'e di tutti: bruno o biondo, lieve 0 pesante, e if mondo ." to amo In ' l Ut ' ( ..• )"• cne
II sentimento di quei sesso che e «pura sensuaiir3», ripetuto nclle «valli sacre della libidine, / sadica, masochista», e perenne: e un gesto sacro, Non cerca l'individuo, cerca «l'incanto della specie», «la norma che fa dei figli teneri padrh) - e castoro •
(,' ,) piano piano sono divenuti monumenti di pietro che a migliaia affollano 10 mia soliludine'",
Oal sesso all'amicizia: sfocari i margini dell'esistenza, gii amici, scambiandosi vol to, si configurano come i giocatori di una onirica «partitella»; Correndo Giorgio ha /0 faccia di Carlo Levi, divinita propizio,/ocendo una rovesciato, Giannetto ha I'ilanta di Moravia, il Moro nmandando, e Vigorelli, quando s'arrabbia abbraccia, e Coen, e Alicata, ,Elsa Morante, e i redafton del Paese Sera 0 dell'Avanti I, e Libero Bigiaretti, giocano con me, tra gli alberetti del Trullo, chi in dijesa, chi al/'aftacco, Attn, con Pedalino dol maglione arancion, o Ugo coi bluejeans del/'anno scorso manchi suI grembo, stanno appoggiati lungo il muro color mide della prigione de/Ie loro case, Benedetti, Debentdetti, Nenni,
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Bertolueci con fa faccia un po' sbiancata dol sole, sotto 10 fiacca falda del cappello, e il dolce ghigno della cel1ezzo sacra degli ineel1i. E oceanto a un doroto immondezzoio c'e Ungaretti, che ride. E i giavani, cAe, ai giovani del Trullo, son fratelli, Siciliano, Dacia, Garboli, Bel10lucci figlio; e, come Sordello, disapprovante e innamorato, Citati. E chi ela, su queI/o terro con un barattolo rosa e un torsola giallo?
Baldini e Natalia. E dentro un cortile tagliato dalla luee come in un caravaggesco senza nen, Longhi, 10 Banti, con Gadda e Bassani. Roversi e Leonetti e F ol1ini, scendono 0110 fermata dell'autobus, con i saluti di Contini e non so che sociologo tedesco ( ... )". I rapporti non sono perduti, rna la disperazione annienta la percezione, acutizza il senso di isolamento - e, nell'isolamento, cresce la tragedia dell 'errore.
Ho sbagliato futto. Sbagliava, spaunto 01 microfono, • con 10 preporente incel1ezza del brulto, de! soave pocta, que! mio omonimo, che ancora Aa il mio nome. Si chiamava Egoismo, Passione.
Sbagliava, con 10 sua balbettanfe bravura ( ... lB. II sentimento dell'errore, in questo .Maciste magretto della letteratura» (parole sue), diventa ossessivo. Ma errore su che? Errore di giudizio storieD: e la sua disperazione individuale cresce ( Ie consuetudini di lui: Ie cene in trattoria, gli incontri in borgata, la «partitella». Al contrario di quanto accade solitamente ai registi di grido, non viveva circondato da un gruppetto di fedeli. Viveva solo: Ninetta e Sergio Citti, al massimo, radunavano tutro il suo entourage. In casa, Graziella apprese ben presto come tenere alia distanza clientes e affini - can essi, perC>, Pier Paolo era paziente e, quando il cas a 10 esigeva, gene rosa. La vita accanto a Susanna era chiusa in un miro: ne! mito ricadevano i trasporti affettuosi che la scandivano. Talvolta Pier Paolo accompagnera sua madre a Casarsa, d'estate, fra Ie sorelle; altra volta la accompagnera in montagna, in villeggiatura - corse in macchina amaverso l'Italia per ferragosto. Susanna amera il giardino della nuova casa: scaldera al solicello romano gli anni della sua vecchiaia. Ma alia vec-
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chiaia non si abbandonera: dalla gioventlI portava con s6 il piacere di un leggero tocco di rossetto aile labbra,la cura per i capelli - che tingeva di un castano appena ramato. Pier Paolo desiderava strap pari a al correr via degli anni: volle sottoporla alia cura della dottoressa Asian, il Gerovital. Susanna accettava mtto come un corteggiamento - e per un verso, in effetti, 10 era. PROGE·ITI E SOGNI DANTESCHI
La fertile immaginazione di Pier Paolo disegnava romanzi e film ogni giorno differenti. Regalava soggetti agli amici, titoli per i libri da stampare. Tornava a pill riprese su idee di romanzi, come II rio de/la Grana, rna gli fu sempre impossibile assolare di nuovo il mondo romano andato in nero con Una vita violenta. Tracce di parlato romanesco, confuso all'esigenza dichiarativa della scrittura cinematografica, stanno in Raton e Rital Z - il paesaggio e mutato: l'Algeria, la guerriglia di liberazione, Parigi; il mondo e il Terzo mondo. Ma il testo ha evidenza per l'e1eganza ellittica dello stile, satta la quale Pasolini simula la reale difficolta a impadronirsi di un dima morale e umana che gli e lontano. •
Pensava malta, e ne parlava con frequenza, a un rifacimenta della Divina Com media. Un progetto ambizioso, cui si sentiva chiamato per sorte - alcuni critici avevano confrontato la sua letteratura al madelia dantesco, per ricchezza linguistica. Pier Paolo si propose una gara can q uel madelia. A q uesta idea lavoro e rilavorn a pill riprese, dal 1963 e il1965, fino al 1967. Fu un fascicoletto di appunti, di frammenti in prosa com pi uti restarono soltanto i primi due «canti». II mtto venne approntato per la stampa da lui medesimo, aggiungendovi alcune fotografie in append ice, quale «Iconografia ingial-
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lita». La divina mimesis - tale it titolo del testo - doveva uscire a qualche settimana dalla sua morte, nel dicembre 1975. «Do aile stampe oggi queste pagine come un "documenta", rna anche per fare dispetto ai miei unemici": infatti, offrendo loro una ragione di pi" per disprezzarmi, offro loro una ragione di pi" per andare all'Inferno.» Cosl, nella «prefazione» 1975. I suoi nemici: un avviso per loro. L'incompiutezza del testo poteva essere motivo di soddisfazione per qualcuno. La sua giusrificazione era polemica, di polemica letteraria. Ca1co critico della Commedia divina, La divina mimesis e disegnata come un viaggio. I primi due canti sorprendono il poeta «nel mezzo del cammin»: 10 sorprendono nella scontro con un altro se stesso: un se stesso realizzato, che si muove spedito, spudorata• mente felice per una conquistata razionalita. L'altro, il soggetto del racconto, e dice «io», e «vede», ha perso ogni allegrezza vitale: scopre davanti ai propri occhi Ie bestie che gli furono stanate «dai ripostigli comuni. dell'anima, il suo stesso inconscio dilapidato. II viaggio prende il via una mattina di domenica a Rorna, in un cinema di periferia, mentre fra bandiere rosse si festeggiano i nuovi iscritti alia locale sezione del PCI. In questa festa c'e qualcosa di slontanato e fioeo: la crisi delle ideologie rende l'adunanza ritualistica. Su essa vaga uno spirito di rinuncia, anche se tutto - a confronto del passato - sembra identico: il sorriso dei ragazzi e dei vecchi, il colore delle bandiere. Di qui inizia it viaggio amaverso I'Inferno. Ma quale Inferno? ,
E l'Inferno del consumismo, del neocapitale. II diktat del neocapitale alia letteratura e chiaro: impegno sia parol a •
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priva di senso, la Ietteratura sia attivita che risolve all'interno di se stessa il proprio problema. Niente pili mieaggio di rosse bandiere. La letteratuea riduca la sua paro!a all'«obbedienza». Queste pagine feammentarie paiona il controcanta al(,esasperata individualismo di Poesio informa di rosa- ne sona la chiosa: armanizzana la disperazione pasoliniana. Una «Nota dell'editore» (di Pasalini medesimo, ciae), intercalata ai frammenti del Canto VII, spiega il sensa di quella disperazione. Nella «Nota. si dice che I'autore del testo e morto: ha lasciato paginette e appunti della sua opera canservati in cassetti e nella «borsa interna della sportella della sua macchina». Alcune di queste paginette sano incamprensibili; altee sano perfettamente leggibili e datate: ('opera dell'editore (ripeto, iI medesima Pasalini) da tutta cio e facilitata: bastera raccogliere i fogli e, seguenda Ie date in calce, situarli in successione. Commento alla morte di que! simulato «aurore»: «Macabro dettaglio, rna anche - 10 si cansenta - cammavente, un biglietta a quadretti (strappato evidentemente da un blocknates) riempito da una decina di righe molta incerte, e stato trovata nella tasca della giacca del sua cadavere (egli e marto, uccisa a calpi di bastone, a Palerma, ('anna scarsa) •. Queste righe portana per data «1966 a '67». Nel1965 si era svalto a Palerma un secanda canvegna del Gruppo 63, pili che mai palemica versa la letteratura del «ridicola decennia» e dell'impegno. Pasolini, che fina a quel punta, nanastante Ie palemiche anche frontali, aveva pensato di pater man tenere rapporti dialettici can la neaavanguardia, davette canstatare e accettare il propria «isalamento». II paeta, in quell'«isalamenta», era stata uccisa, in me3 tafara, a bastonate • Di un tale sentirsi isalato e rifiurato, Pasalini saffriva 10 «scadimenta di una certa purezza e passiane - residuo degli
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anni della Resistenza, ecc. ecc.». In quell'eccefera - scrivendolo come risposta a un lettore di «Vie nuove» - Pier Paolo siglava il carico di rimorsi e memorie da cui era lacerato. SI, Ie polemiche letterarie: erano riflesso di altro. Alia stesso lettore di «Vie nuove» - e il3 giugno 1965 • agglUnge: •
E indubbio che i tempi sana cambiati. Fino a qualche an no fa c'era tutto un sistema di allusioni, di riferimentl camuni, che rendeva significativa anche una frase in se ban ale, e magari anche retorica. Ora q uella serie di allusioni e di riferimenti (in una parola l'ontologia e I'escawlogia della "Speranza") e scad uta. Que! tanto di irrazionale che essa implicava ha dunque perso la sua viraIita. Non si pub piu fare affidamenw su que! fonda di forte, di frarerna, di esaltante che c'e in una camune fede po I·· ltIca4.
"Crisi delle ideologie", e una profonda st.nchezza personale. . s La Rivoluzione non epi;:' me un sentimento . Nel pieno di queste amare riflessioni, Pasolini prese partito per se stesso, per una "opposizione" contro tutto e tutti. Ma la creativita letteraria, incessante, folie, quale gli era apparrenuta fino a que! punto, in lui si sperse. In un dibattiro tenuto aRoma, al Centro sperimentale di cinematografia, il27 maggio 1964, avrebbe confessata: «II dire mi scarica un po' dal desiderio del fare. C't stato un libro che a farza di parlame prima, mi si e scaricato interamente e credo che non 10 scrivero pili». Can l'autunna del 1965 si chiuse la collaborazione a «Vie nuove». Pier Paolo sosteneva d'esser diventato «egoista., di tenere malta pili di prima a que! che individualmente poteva produrre - il cinema 10 assarbiva. It sentirsi vivo, in Pier Paolo, armai non and.va pili slegato dal rap porto di provocaziane col pubblico. La sua esi-
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stenza si svolse sempre pili allo scoperto. Egli finiva irresistibilmente nel coincidere col proprio personaggio. LA DEGRADAZIONE LINGUISTICA
Mutava l'Italia e mutava la sua lingua. «Si potrebbe dire, insomma, ehe centTi «eatoTi, elaboratoTi e unificatoTi di linguaggio, non sono pi" Ie universitii, ma Ie aziende. Si osservi per esempio il potere di suggestione linguistica enorme ehe hanno gli slogans nel "Iinguaggio della pubblieita,,6.» Nasceva ]' «espressivita di massa», un mons/rum: Pasolini prese ad analizzarla. Fino ad allora non e'era stata lingua nazionale, se non come un'aspirazione ingenua e retorica - era l'aspirazione delIa letteratura 0 delle universit:1. I mass media stravolgevano la tradizione: partorivano un linguaggio «omologato» che poteva chiamarsi «italiano medio». Negli anni Cinquanta, I'italiano parlato era «neorealistico», fomanesco -Ia lingua diffusa attraverso il cinema. Negli anni Sessanta, e il Nord, col patrimonio dei linguaggi tecnici elaborati - non coi suoi dialetti -, a offrire il modello di . una «omologazione». Quali saran no Ie caratteristiche piLI importanti di tale it.liano nazionale? Essendo i linguaggi tecnologici per formazione internazionali e per tendenza strettamente funzionali, essi apporteranno presumibilmente all'ita-
liano aleune abitudini tipiche delle lingue romanze pili progredite, con una forte accentuazione della spirito comunicativo, pressappQco secondo queste tre tendenze: I) una certa propensione alia sequenza progressiva C.. ),
2) La cessazione dell'osmosi collatino Coo). 3) II prevalere del fine comunicativo sui fine espressivo7. Pasolini aveva manifestato queste idee in una conferenza, Nuove questioni linguistiche, pubblicata su «Rinascita» il26 dicembre 1964.
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Ne nacque un dibattito: risposero per primi Alberto Moravia, Umbereo Eco, Andrea Barbato. Si accusava Pasolini di aver «scoperto l'ombrello. (un italiano medio sarebbe sempre esistito: questa la tesi di Moravia), 0 di aver escogitato l'esistenza di una lingua che an•
cora non eSlsteva.
La polemica si sposto da «Rinascita. a «L'Espresso», nel corso del gennaio 1965. Su questo settimanale, il 7 febbraio 1965, Pasolini rispondeva che egli non voleva esser padrino di nulla: aveva soltanto registrato un evento «ben piu profondo e violento d'un normale assestamento della societa.. Spariva la vecchia barghesia «umanistica.: subentrava una nuova borghesia «tecnocratica. dalle rilevanti tendenze egemoniche: «tale borghesia e insieme irradiatrice di potere economico, di cultura, quindi di lingua» 8. Pasolini testimoniava di un fenomeno: conduceva una diagnosi, non sposava un nuovo linguaggio (come, non tanto velatamente, sostenevano i suoi interlocutori) .• La nuova lingua tecnologica della borghesia, di per se, non m'interessa, personal mente la detesto, e il mio assunto di , seritto-
re e quello di opparmi ad essa: ma non ignorandola. E un fenomeno reale 9 .» I·
..
,
Altri interlocutori: Enrico Emanuelli sui «Carriere delIa sera», Piero Citati, che offrl a Pasolini suffraganti eSemplificazioni attraverso Ie colonne del «Giorno •. E sui «Giorno., nel mese di marzo 1965, Pier Paolo rispondeva che quanto aveva davanti era il «vagito» di un italiano, se non nuovo, per 10 meno «diverso»: burocratizzante, gergale, certo «comunicativo», rischioso da usare. La polemica si protrasse per mesi, quasi un gioco di societi! - per 10 meno cosl appaeve. Ma Pasolini aveva coiro, da rabdomante, una direzione in corso: non depurandosi a contatto con una "civiltil piu efficiente di quella rurale, I'italiano imbarbariva. Era questo, attraverso la lingua, il modo per intuire un futuro imbarbarimento dei costumi.
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II resistere di Pasolini sulla soglia della civiltit rurale e cristiana, secondo la secolare tradizione italiana, aveva un compenso: egli pote individuare quanto la novitil sociale che il paese sembrava aver preso ad accudire - novitil nei moduli di vita - poteva ossidarsi al nascere e distorcersi. Pier Paolo aveva, negli anni Cinquanta, respirato, e fatto proprio, il dima anti-irrazionalistico che, sull'ond. di una pill 0 me no precisa conoscenza della lukacsiana Distruzione della ragione, era sospeso sulla cultura italiana - lui che, aIle esigenze dell'irrazionale e dell'individualitit, aveva cereato di dar voce e risposta. II goyesco sonno-della-ragione-cheingenera-mostri aveva rapito anche la sua sensibilitit, pure se il cuore del suo cuore sapeva distinguere nello schematismo post-marxista un uso pill efficace degli strumenti delIa ragione. Ciononostante, del marxismo egli aveva nutrito una concezione vagamente mistica: il marxismo era per lui, come per molti, mera teologia della storia, un sistema chiuso, provvidcnzialistico, nel quale I'assillo dell'irrazionale poteva venir cancellato. Coinvolto nella "crisi delle ideologie", sopraggiunto un tempo diverso, Pier Paolo dil spazio al dato esistenziale: scrive la disperazione di Poesia in forma di rosa; ne vive intensamente, dolorosamente la solitudine: dichiara di non aver con alui un linguaggio «in comune •. La «solitudine» 10 lihera imprevedibilmente da ogni metafisica -l'ideologia, si pouebbe dire, e solo il riflesso di un collettivo rito religioso: una volta che esso sia disperso, di quell a non resta traccia. Pasolini pare farsi metodologo: la glottologia e l'antropologia, coi loro criteri sperimentali e intuitivi, 10 lusingano. Anche it marxismo si fa, in quel quadro, metodologia. Siamo, cioe, agli Appunti en poete per una linguistica marxista, 0 al saggio Dal laboratorio, scritto condusivo sulle «nuove questioni linguistiche» 10.
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Dallaboratorio si limita a un ambito corsivo - corsiva e la sua scrinura, tenuta suI filo della comunicativica. Cia era gi:; accaduto negli articoli indirizzati a giarnali, settimanali e quatidiani. Sembrerebbe che Pasolini abbia derogato alia sua «voglia di stile», e che, rispetto alia situaziane linguistio ca descritta, si trovi lui stessa in saggezione. E in Pasolini medesimo, ciae, che il lettore verifica il rivolgimento lessicale e sintanico del "nuovo" italiana. Egli did di aver buttata giu «ipacritamente» 11 quelle pagine, cosciente della propria malafede. Un fatto e certo: Pasolini non si sottrasse all'italiana «segnaletica»; ne subiva il diffondersi, verificandolo. «La ricerca e in carsa, illibro e aperto".» Quali furona Ie canclusiani provvisarie? Dal vecchia Bertani a Levi-Strauss, a Hjelmslev, attraversa Croce, Saussure e Gramsci: nella sua attenziane antrapalagica, Pasalini asservava la ofuga urbanacentrica della seconda rivoluziane industriale. E il mutaisi del «pensiero selvaggia», rurale, da Terza manda, quel che gli stava a cuareo came I'arcaicitii dellinguaggia resistesse a si addizianasse alia navica che Ie accelerazioni ecanamiche impangana agli umani. Ancara, e l'anima papalare che Pasalini scrutava con clinica distacca. Ninetta per la prima volta in vita sua vede la neve (e di origine calabrese: era troppa piccalo per la nevicata di Roma del '57, a forse non era ancora venuto dalla Calabria). Siamo appena arrivati a Pescasseroli, Ie distese di neve I'hanno gil fatto gioire di pura sorpresa un po' trOppo infantile per la sua eta (ha sedici anni). Ma can 10 scendere della notte, il delo si fa d'improvviso bianco, e, co-
me usciamo dall'albergo per fare due passi ne! paesello deserta, eeco che I'aria si anima; per uno strano effetto ottico, dato che i piccolissimi fiocchi vanno verso terra, pare di innalzarsi verso il cielo. rna irregolarmente, perche la loro cad uta non e continua. un bizzoso vento mon. tano Ii fa vorticare. Guardanda in alto gira la testa. Pare
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che cutto il ciela ci stia cadendo addossa sciogliendosi in quella sagra felice e cattiva di neve appenninica. Figurarsi Ninetto. Non appena percepisce l'avvenimento mai visto, quello sciogliersi del ciela sulla sua testa, non conoscendo ostacoli di buona educazione alIa manifestazione dei propri sentimenti, si abbandona a una gioia pri-
va di ogni pudore. Che ha due fasi, rapidissime: prima e una specie di danza, con delle cesure ritmiche ben precise (mi vengono in mente i Denka, che battona il terreno col ta]]one, e che, a loro volta mi avevano fatta ve~ire in mente Ie danze greche come si immaginano leg-
gendo i poeri). La fa appena appena, l'accenna, que! rirrna che percuote]a terra coi caUoni, muovendosi su e giu con Ie ginocchia. La secunda fase
e or~le: consisre in un
grido di gioia orgiasrico-infantile che accompagna Ie acmi e Ie cesure di quel cirmo: «He-eh, he-eh, heeeeeeh». Insomma un grido ehe non ha corrispettivo grafieo. Una vocalita dovuta a un memoriel, cAe congiunge in un continuo senza intenuzione il Ninetto di adesso a Pescasseroli al Ninetta della Calabria area-marginale e eonservatriee della eivi!t. greca, al Ninetto pre-greco, puramente barbarieD, che bane il taHone come adesso i preiscorici,
di Denka del basso SUdan
l3
•
nu~
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II saggio per un verso deserive, per I'altro polemizza. Polemizza eon 10 strutturalismo, ehe disegna «geometrie» e «proiezioni formali»14. Un poeta e un marxista non possono aceontentarsi di esso: il poeta perch': e portaro a vivere nel magma, a impossessarsene; il marxista pereh': ne! magma desidera «apponare I'ordine sia nella conoscenza, sia nell'azione»: ed entrambi «si ribellano all'ondata di formalismo e di empirismo della grande rinascita europea neoeapitalista» 15. •
Dunque: quali Ie eonclusioni? Rifiuro sistematico del neoilluminismo: sia della neoavanguardia (quale suo vistoso eorrispettivo letterario)I", sia delle tecniche propagandistiche ormai in usa nell'editoria, a esempio. Pasolini antivedeva un rovinoso avvenire: un avvenire ino di difficolta sociali nelle quali veechi e consoli dati sche-
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mi, antic he certezze (i1 «pacifismo democratico., ad esempio) non avrebhero pili avuto senso . . Nella fuga dalle campagne verso Ie citta (una fuga anche «linguistica.), egli leggeva sinistri presagi, I'apocalittica fine di cio che aveva pili amato. IL CORVO
Un saggio quasi drogato, un amabile beatnik, un poeta senza pili nulla da perdere, un personaggio di Elsa Moran-tet un Bobi Bazlen, un Socrate sublime e ridicolo, che non si arresta davand a nulla, e ha I'obbligo di non dire mai bugie, quasi che i suoi ispiratori fossero i filosofi indiani 0 Simone Wei\. (. .. ) II corvo ... - una specie di metafora irregulare dell'autore \J. Nel 1965, Pasolini penso a un film che chiamo «in prosa.: Ueeel/aeci e uece//ini. La comicira tramuto quella prosa in • • poes.a. Al fondo della disperazione pasoliniana c'era radicata una antic. virtli: la pazienza. Pier Paolo era convinto rhe, a lungo andare, Ie sue idee avrebbero avuto credico, sempre pili credico. Profetizzava I'apocalisse, convinto che Ie sue parole l'avrebbero esorcizzata. Comicamente, egli sapeva vedersi come un grillo parlante: un grillo che preannuneia naufragi, e sa anche ridere della propria petulanza. •
Ecco il corvo - gli diede la voce del suo carissimo Francesco Leonetti. Accanto c' erano Toto e Ninetto. Ho parlaco di disperazione: l'allegria di Ninetto riuscl a stemperarla. Proprio amaverso I'invenzione di Ueee//aeci e uceel/ini si puo misurare l'intensita del rap porto che lego Pier Paolo a Ninetto - quanto di simbolico Pier P.olo investl in quel r.pporto. Puo app.rire 0 folie 0 banale, di un banale romanticismo, ehe Pier Paolo abbia prestato gran parte di s6 all'immagine di Ninetto. Ma tale fu, semplicemente, la forza poetic. del suo amore.
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Si vide come il grillo parlante, un querulo maestro: un maestro da apologo, il quale non puo che finir male: la sua verita non puo non diventare alia lunga irritante. Spennato e farto arrostD, il maestro finiril nella stomaco di chi ha scelto come oggetto di cura pedagogica: Ninetto e Toto, scambievolmente, nuovi Don Chisciotte e Sancho Panza. Ma quale destino e pili felice, per un maestro assillato da una puntigliosa voglia di insegnare, se non quello di mutarsi in vivo nutrimento dei propri allievi? l8
Una fclicita «elegiaca» e «monuaria», si dira • Ma una tale inclinazione, nel corso di Uccel/acci e ucal/ini, viene sottoposta a una perpetua metamorfosi, a un continuo gioco di comiche allusioni. II ,tema del film e classico, fra i pili classici della lerteratura. E il tema del viaggio di ricerca - anzi, e il "viaggio" per •
antonomaSJa.
Toto e Ninetta vanno sulle strade del mondo e della storia in cerca di cibo materiale e morale. Son a Don Chisciotte e Sancho Panza, ho detto: e, natural mente trattandosi di cinema, sana anche Charlot. Essi rappresentano la mitezza e la forza del euore: sono anche la fede, la fede franceseana, depurata del furore incollerito che aveva ossessionato il Cristo secondo Matteo. Nel viaggio, Toto e Ninetto incontrano un complice, il cacasenno, il corvo - e il viaggio ha lui per protagonista. II corvo vuole insegnar loro a guardare oltre l'apparenza: vuoIe insegnare come si puo conoscere il mondo can la ragione oltreche col euore. Non sopravviveri't al proprio destino - il mondo ha la meglio sull'ingenuita di Toto e Ninetto; oppure, ambiguita della metaforat, la ragione, esaurito il proprio eompito, non puo che laseiarsi digerire da quella ingenuita. II film ha una trama astratta e impalpabile: Ie avventure so no aeree e simboliche -Ie salva I'irresistibile funambolismo di Toto e I'inequivoea vitalita di Ninetta.
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Dunque, attraverso cos a viaggiano i due personaggi? Cosa e cifrato nei loro comici panni, e, ancor di piu, nel frenetico gracidare del corvo? IJ marxismo innestato come una norma innocente, palingenesi non tuttavia mana rna ragionat3, su una incrinatura della norma, suI trauma (ta nostalgia della vita, il distacco da essa, la solitudine, la poesia come compenso, il dovere naturale della passione, ecc. ecc.). Ma I'autobiografia S1 manifestava soprattuuo nel tipo di marxismo del corvo. Un marxismo, cioe, aperto a tutti i possibili sincretismi e regressi, restanda ferma sui punti piil sal-
di, di diagnosi e di prospettiva
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I due personaggi viaggiano amaverso "Ia crisi delle ideologie": cercano, per bocc. delloro aurore, 0 del corvo, una possibile continuita, fosse pure "irregalare", col mondo delle belle speranze resistenziali. II corvo guarda all'ilarit. proletaria di Ninetto e di Toto come a un bene storico da non disperdere, 'da non seppellire: guarda altresl aile borgate come a un luogo ave la palingenesi c possibilc. La sacralid della storia: la sacralit. dell'ideologia non e qui spenta: saccorre I'ironia, e anche la comicita. II viaggio e quindi «elegiaco» e «nostalgico»? 81, nel senso che quell'elegia era la misura del sorriso di Pasolini. . Ma il viaggio era anche una liaba - Fedro e La Fontaine i padrini. Nella liaba la crudezza della disperazione pasoliniana trovava un momento di sosta, se non il risolvimenta 2o • LA VITA, LA MALATTIA
«Nan patro rnai dimenticare che la sacieta italiana mi ha condannato attraversa i suai tribunali 21.» Nonastante il sorrisa e la liaba, Pasalini nan dimentica. Avrcbbe anche aggiunta d'aver fatta cinema "per ripudiare can la lingua il paese da cui sana stata Ie cento valte sui punto di fuggire».
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La sua «opposizione»
e ormai «su due fronti, contro la
piccola borghesia e contco que! suo specchio che eo certo conformismo di sinistra. 2Z • Disperato e tenace, Pasolini non si escJude peril, nella precostituita solitudine, dal dibattito culturale. E catturato dal cinema sempre di pili: e al cinema dedic. adesso una in. .. . tensa attlvlta teonea.
God.rd in Franci., Pasolini in It.li •. 0.11. Francia vengono Ie .nalisi critiche e semiologiche dei «Cahiers du Cinema» 0 di Roland Bacthes, 0 di Christian Metz. ARoma, si era coagulato un gruppo di giovani cineasti intorno a un periodico, .Cinema e Film_: sono, fra gli altri, Adriano Apr~, Luigi Faccini, Maurizio Ponzio La loco attenzione e voltata a un possibile catalogo dellinguaggio cinematografico. Momento di raccolta e sperimentazione per questi interessi divenne il Festival di Pesaco, indicato come quello del «Nuovo cinema». Ne e organizzatare Lino Micciche. A Pesaro, settembre 1965, fu indetta, accanta aile pcoiezioni, una tavola cotonda di studio. Pasolini vi Jegge la sua prima tesi, II cinema di poesia, esemplificando su Antonioni, Bertolucci, Godard, Glauber Rocha, e Milos Forman. La lingua del cinema e «rozza», priva di dizionario, «irrazionalistica», «onirica», «eJementare», «barbariea». Quel-
la lingua e «Ia realt~»: il cinema di poesia ne e la resa assoluta e immediata. La letteratura lavora su un lessico stabilizzato: il cinema no - «mentre I'operazione della scrittore e un'invenzione estetica. quella dell'autore cinematografico e prima linguistica poi estetica. z,. AII'appuntamento di Pesaco venne anche Barthes. Barthes discusse a lungo can Pier Paolo suI far grammatica
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delle immagini cinematografiche, rna ribadl anche, in ogni incontro, quanto importante fosse in un film la dina mica delIa narrazione, la messa in atto di una logica per cui un film ucomincia" e ufinisce", descrive la parabola di un destino. Nell 'autunno del 1965 Pasolini ripose grande fiducia in una iniziativa letteraria. II rinnovarsi di «Nuovi argomenti», la rivista diretta da Alberto Carocci e Moravia - col 1963 il suo ruolo di mediazione politico-culturale si era indebolito. Altre riviste - «Quaderni piacentini», ad esempio - si erano sostituite a que! ruolo e1aborando da sinistra una linea critica verso la politica del PCI. Le polemiche della neoavanguardia avevano imposto un improvviso black-ou! sulla letteratura. Moravia penso a una nuova serie di «Nuovi argomenti» dove la letteratura, la letteratura creativa, avesse parte determinante. Pasolini fu entusiasta dell'iniziativa: anzi, accelero la decisione di Moravia prendendo contatti con gli Editori Riuniti, la casa editrice del PCI, percht assumesse stampa e diffusione del periodico. La cosa era giii quasi -in porto, quando, per un ripensamenta estremo - il timore che I'editoria di partita potesse inavvertibilmente condizionare una rivista di letteratura -, Moravia e Pasolini interpellarono Livio Garzanti. Garzanti accetto di stampare e diffondere «N uovi argomenti»: accetto I'idca che la rivista potesse diventare uno strumento per scovare nuovi scrittari: fidava nel talento rabdomantico di Pasolini. Per mia parte, fui chiamato per allora al\'incarico di segretario di redazione. Pier Paolo non teneva pill a fissare scelte parziali e coerenti, come gli era accaduto con «Officina»: la linea di «Nuovi argomenti» si rivelo possibilistica, legata al criterio della qual ita. Dalla selezione dei manoscritti ricevuti, vennero ritagliati alcuni nomi: Dario Bellezza, Giorgio Manacorda, Renzo Paris. -
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Fra questi, Bellezza, per l'istinto naturalmente lirico dei suoi versi, convinse Pier Paolo pill di altri. Oi Bellezza 10 divertiva a!tresl I'inclinazione al folIe pettegolare. Pier Paolo diceva che Bellezza era il «prete di se stesso», in una forma inconsapevolmente comica. Quella comicita riscattava tracce di vecchio maledettismo: siglava uno scrittore modemo. Bellezza abbandono la famiglia: aveva bisogno di sbarcare un difficile lunario. Per qualche anno, fra i Sessanta e i Settanta, Pier Paolo 10 incarico di sbrigare la sua corrispondenza non strettamente personale. In questo modo, occhiaIi pesanti suI naso, falti capelli nerissimi, Bellezza guadagnava un mensile, per quanta minima, e poteva scrivere In-
vettive e /icenze. La letteratura, per Pasolini, non era sfuggita d'orizzonteo Presto comincera a scrivere poesie «su ordinazione», «5U commissione» - Ie prime di Trasumonar e organizzar -; andra, nella sua fantasia, prendendo forma «un nuovo tipo di buffone»: il poeta, la cui «purezza» pub essere anche «mistificazione». Scrivera: La mistijicazione eleggerezzo.
La sincerita epesante e volgare: con essa e10 vita che vinet. Deve vineen, invtce, /a giovinezza, e di efJrazioni insolent; e graziose - e pazienti: percht pazienti sono i giovani, non i vecchio Torni il Falsctto. Tutto cio mi esuggerito dalla grazia degli Eritrei 24 • Questi versi, dettati ai primi mesi del 1969, costituiscono la summa d'una esperienza esistenziale che aveva preso Ie masse al tempo di Uccellacci e ucce/lini. Esperienza esplicita di gioco, di maschere: la sacral ita del gioco e della maschera nietzscheana. Non vi fu mai un esplicito, consapevole accostarsi di Pasolini a Nietzsche. Nietzsche era per lui que! che Lukacs
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aveva deciso fosse per tantissimi suoi lettori: I'immagine negativa e esemplare dell'irrazionalismo borghese. Ma alcune sintonie si sviluppano spesso irresistibili. Olere il volto dell'erudito, non c'era in Pier Paolo il discepolo «di un dio sconosciuto»,
0
{'Iun'anima mistica e quasi menadica»?
Era tale interiorira che gli faceva parlare di «Ieggerezza». E la «Ieggerezza» non era obbligatoria per il discepolo di Zarawsera? «Leggerezza» in Pier Paolo significava anche attivita, frenetica, dissanguante attivitil creativa. Una sera di marzo, 1966, a cena in un ristorante del Portico d'Ottavia, in ghetto, aRoma, ebbe una crisi d'ulcera. Con lui erano Moravia e Dacia Maraini. Pier Paolo si era alzato dal tavolo, era andato in gabinetta. Passo del tempo, un po' troppo. Poi la porta si spalanco e lui venne avanti a terra in un Jago di sangue, in piena emorra-
gia. Dacia si affretto a sollevarlo, e Ie svenne per tre volte fra Ie braccia. Rinvenendo, Ie chiedeva: «Non rn'i lasciare, non mi lasciare». Lei gli bagnava la fronte, lui sembrava morto. Aiutata dai camcricri, Dacia 10 porto fuod, fino alia macchina. Can Moravia, 10 accompagnarono da un medico di fiducia. Gli venne praticata un'iniezione, Pier Paolo si riprese. Dovette stare circa un mese a letto, immobile. Guarito, dira a Giorgio Bocca: «Certi mattini, al risveglio, il pensiero dell 'eta eo come una folgore. L'ulcera, un mese a letto, la debolezza, i riguardi. Mi sono sentita vecchio, per la prima volta» ZS. Pesava cinquanta chili - fu scrupolosissimo nella dieta. Beveva latte, mangiava in bianco. Le consuete cene a cas a di Laura Betti, per qualche anno, furono ispirate a un menu • ngoroso. Pier Paolo, nel giro di due tre anni arrivo a ristabilirsi, e tocno a nutrirsi secondo la regola antica. Ma la malattia, la lunga e attenta convalescenza segnarono la sua vita. Quelle parole - «mi sana sentita vecchio, per la prima volta» - non furono casu ali.
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La vecchiaia - ceno, un'ironia. A quarantaquattro anni, Pasolini non poteva dirsi «vecchio». Ma la solitudine, la riflessione che fu inevitabile durante la degenza, 10 ponarono a guadagnare que!lo stato di «Ieggerezza», di «mistificazione» positiva, cui era stato gia "chiamato" dal "corvo" di Uccellacci e ucce/lini. La «Ieggerezza» era un'arma ironica: un acquisto di liben3, e di maturitii. Torno fra gli amici dicendo: «A letto ho scritto sei tragedic». Era vero: aveva abbozzato in que! mese i sei testi che costituiscono il suo corpus teatrale: Calderon, Pilade, Affabulazione, Porcile, Orgia, Bestia do stile. Delineo 10 schema, anche, di Teorema. Con Moravia e Dacia, avevamo dato vita a un teatro di scrittori italiani in una cantina del centro di Roma, il Teatro del Porcospino di via Belsiana: una piccola compagnia guidata da Carlotta Barilli e Paolo Bonacelli, regista Roberto Guicciardini. Fra contrasti, it teatro si mantenne in vita per due stagioni: Guicciardini ando via, subentrarono altri registi; la fisianomia dominante voleva essere offerta dai testi. Del fare teatro discutemmo a lungo in quei mesi. Accuse a scrittori, accuse a attori - Pier Paolo sosteneva che gli attori non si sarebbero mai liberati del «birignao» tradizionale: diceva che il suo teatro .scritto» non sarebbe stato mai «recitato., e che mai 10 avrebbe affidato al «Porcospino». Cos] accadde. Stampo, dopa molte esitazioni, su .Nuovi argamenti», Pilade il 1967, e Affabulazione ill969 26: era no stesure di transiziane. All'intero suo teatro pensava di dar definitiva sigillo ancora nel 1975. Compiuto e ultimata di mana propria si puo cansiderare sol tanto Calderon, pubblicato in volume nel 1973. Quanta al rappresentarla, quel tearro: can regia sua, a Torino, diede in prima, il 27 novembre 1968, Orgia; attori,
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Laura Betti, Luigi Mezzanotte e Nelide Giammarco. Lo dominava, verso questa forma d'e'spressione, una scontentezza mai sopita: 0 la necessita di soluzioni non semplicemente stilistiche. La sacralita dell' esistenza, cosl come si manifesta nel n ucleo familiare, nella vita sociale: questo il tema del corpus tragico pasoliniano, abbozzato in quella primavera del 1966. Egli aveva idea, gia chiara in Poesia in forma di rosa, che il "potere" neocapitalista, violando storici valori morali, compisse un oltraggio irreversibile alIa socied: Pasolini intendeva dar voce lirica e drammatica agli effetti di quell'oltraggio. La sofferenza conseguente - sociale, esistenziale - era figurata come fosse un atto di individuale contrizione compiuto sot to l'occhio di Dio e del fato. II teatro pasoliniano nasce cosl, sacrale, monologante privo di uscite di sicurezza. E Ie sei tragedie paiono l'una co• rollario dell'altra, ruotando intorno ai rapporti conflittuali fra padri e figli, alle uropie politiche della gioventu, ai rischi autoritari della civil til. di massa. II verso sparisce dentro scagJie di saggismo, si stende in impcrturbati laghi paesaggistici. I personaggi, Ie voci concertanti, frantumano la propria esperienza vitale assaporandola particola per particola. Non fa differenza il cinema pasoliniano, compos to di tessere su tessere - inquadratura su inquadratura - e dove la vita e rappresentata come su tavolette devozionali. «Evito il piano-sequenza: perch': esso e naturalistico, e quindi ... naturale. II mio amore feticistico per Ie "cose" del mondo mi impedisce di considerarle naturali: 0 Ie consacra ole dissacra con violenza, una per una: non Ie lega in un giusto fluire, non accetta questo fluire. Ma Ie isola e Ie idolatra, ',,' pill 0 me no Intensamence, una per una 27 .» Idolatria del reale: la vita si perde nel pragma. Di qui l'imperativo a rincorrerla, a immergersi in essa. Profondo, in questo, eil pessimismo intellettuale; profondo I'anelito mistico.
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Geno Pampaloni, recensendo i saggi raccolti in Empirisma eretico, circoscrisse tale pessimismo e iI suo rovescio religioso: Perduta la certezza ideologica e morale del marxismo egemonico, l'idea]e di Paso]ini e sempre pill rivolta verso un manda pluraHsta. spontaneo, libertario. I sooi interessi si concentrano verso una problematicita 0 politicita generale, ne]]a ricerca non pill di un ordine rna di un sensa della vita. In quesro spazia religiosoegli trova i sliol accenti pill veri. Come nessun altfo, oggi, il Pasolini riesee a trasmetterci l'affanno, 10 sgomento, la miseria di un'epoca che, neJ marire, accantona distrattameote gli stessi travagli, odi e rimpianti che I'avevano attraversata
di luce drammarica. Da queste pagine spesso irte e rabbiase di farmule, di sottigliezze teo riche, si ricava 80prattutto un sentimento dolce mente carastrofico, come
di un'intelligenza sopraff.tta dalla pieta 28 •
La religione, un particolare rapporto con la realta. Tale il pensiero di Pasolini, e l'accento della sua «pietil". Ma in questo religioso sentire apparivano trasparenti ombre del passato: D'Annunzio in primo luogo, quindi i romantici innamorati di civilta barbariche e sepolte. II modello della flaubertiana Salammbo non e lontano. II pauperismo figurativo del Vangelo poteva gia lasciar supporre un Pasolini perduro dentro Ie spire del mito 0 di un passato sogn.to.1 di Iii della storia. La scrittura delle tragedie, l'invenzione visiva che Ie domina, conferma la sup• poslzlOne. •
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Ciononostante, nella evocazione d i archetipi psicologici e morali, Pasolini sea pre dimenticata materia di se - di quel suo io languente fin dagli anni della giovinezza. II rapporto col padre, la sua nostalgia per I'immagine di lui: Pier Paolo , scopre la sacralita di un rapporto che per anni ha odiato. E questo il tema specifico di AfJabulazione, forse il piu srraziante di quel fascio di testi.
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Si dice che Ie malattie del corpo siano esplosioni visibiIi degli invisibili mali dell'anima. All'origine somatica delI'ulcera di Pier Paolo S(anno inveterate costrizioni del cuore, e, forse, i lunghi silenzi rotti da mute risate, 0 dagli scritti, dai film: certamente vi stan no anche Ie dolorose esperienze della vita familiare, l'amore per Susanna, la morte di Guido, la ripulsa nei confronti di Carlo Alberto. Questa ripulsa cova a lungo nella sua mente - la sua mente inseguiva attentamente i propri moti: la piu impalpabile fibrillazione era motivo d'esame. , Arrivo dunque la malania, la convalescenza. Quell'esame, nelle settimane di letto, dovette accentuarsi acuto, su, bentrando il sentimento di una maturita, di una «vecchiaia», che avanzava sempre pili. E l'immagine incombente del padre, immagine simbolica - e il caso di dirlo -, dovette farsi • • netta nel contornI. ~ Che in primo piano, protagonista, in Ajfobu/ozione, sia il padre - 0 in Pi/ode la deliberata nostalgia di esso, architrave della societa - non avviene quindi a sorpresa. In Ajfobu/ozione, il padre ricerca, esige un confronto positivo col figlio: la sua disperazione e non trovare altra via d'uscita a tale confronto se non l'assassinio. ' Crono divora la propria stirpe - Pasolini, ne! ripercorrere sotto spoglie mod erne i passi del mito, sceglie non a caso l'ottica di Crono.
Ebbent ;0, onzichC voler uccidere m;o figlio .. , va/evo essere tJcciso!! Non Ii pore slronoP E lui, onzichi voler uccidermi - 0 losciarsi uccidere volenteroso e rassegnoto come i suo; coetanei obbedienti non vo/evo ne uccide;mi nllasciorsi uceidere!!! ( ... )
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Non glient importovo niente di me, e di tutte Ie uccisioni veechie e nUOVf, che /egano un padre e un fig/io .. . Quindi si era liberalo di tulto .. .
Ma la favola di Crono andava a impressionare altra pellicola che scorreva nell'immaginazione pasoliniana. Gill Pasolini vedeva i figli borghesi, stimolati dall'euforia del boom neocapitalistico, «Iiberarsi di turro», tramutare il senti mento della liberta in indifferenza, negarsi all'appello religioso dei mid attamo ai quali ruotano psicologia e staria. La disperazione di Crono specchiava, e non di srretra misura, il pessimismo radicale dell'autore di quella nuovafabuta. Quale altra speranza egli poteva nutrire? Se questo era i/ futuro, era del Iullo imprevedibi/e. (. .. )
E i/ futuro imprevedibile che mi ha armato 10 mono eproprio questo, del decennio che viviamo. Esso ha fOlio decadere il passato, e prematlJramente domino gli uomini. Oli lJomini 10 vivono con inconsapevolezzo. senlendolo in rea/til piuttosto come morte di valo,; passuti che come "ascila di nuovi. Cio Ii ami/ia, eli fa regredire a empietil infantile. Equesta che, in realla, mi no reso assassino di un jig/io abu/ico, anacronislicamenfe innocente (a meno che non si trotli di una innocenza anacrvnisticamenle nuova)Z9.
Nel cinema, ecco, dunque, Edipo re, nel 1967 - film di impasti barbarici, incorniciato fra due tessere "padane". I colori pastello di una dolce Lombardia vista nel primo dopoguerra e nella contemporaneitil: al centro, la gemma di un tempo che precede la storia e che, pure nella sua anticatura, possiede il brivido di tormentose anticipazioni. Edipo re, e la gemella tragedia della madre, Medea, compongono la vera SalammbO pasoliniana, per fasto decorati-
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yo, per simulatissimi giochi allusivi, per preziosissimi panneggi formali - rna, accanto a questo, vi convive I'idea, che parrebbe da lung (0 da Nietzsche?) suggerita, per cui nei simboli archetipici e contenuta, come nel seme, tutta la vicenda umana. Scrivendo del proprio film, Pasolini parlo di «estetismo» e «umorismo»: racchiuse nelle proprie parole una sorta di ironico ripiegamento. Anche se presente, e «sembrerebbe battere Marx», Freud e «inserito» nel film «come potrebbe inserirlo un dilettante». Ma il ripiegamento edell'anima, anzi nell'anima: quella che nasconde il pili crudele sentire. Perche Edipo? Pier Paolo si dichiara fuori, ormai, «a quarantacinque anni., da ogni viluppo freudiano e marxista: accetta la propria condizione di intellettuale «borghese», con tutte Ie ambiguita e gli obbligati retaggi: per questo, in Edipo, racconta «cose da cui ormai e lontano». Si e forse ispirato alia tragedia sofoclea' per spiegare la violenza dell'ascendente materno su di se? «Non ho mai sognato di fare I'amore con mia madre. Neanche sognato.» II caso e diverso, illuminato in alcune righe che suonano confessione distratta, addirittura inutile: «Ho piuttosto sognato, se mai, di fare I'amore con mio padre (contro il como della nostra povera camera di fratelli ragazzi), e forse anche, credo, con mio fratello; e con molte donne di pietra»30. Sulla bocca di Pasolini medesimo ela spiegazione - ascosamente disperata - dell'urgenza del SaCro nella sua immaginazione, di quel sacro che si annidava ne! segno invisibiIe dell'albero paterno. Parrebbe scandaloso chiedergli ancor pili esplicitezza, 0 pili veggente conoscenza di se stesso.
Edipo re venne presentato alia XXVIII Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, nel settembre 1967. Franco Citti protagonista convinse poco: convinse Silvana Mangano quale Giocasta, un totem di topazi affilati e duri
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di colore (sl, una «donna di pietra»); e convinse ancora di pio il paesaggio marocchino scelto a rappresentare I'antica Tebe e i suoi monti. Ne scrisse Guido Piovene e ne difese l'estetismo, il dannunzianesimo: «Vi e oggi di mol eo peggio che il dannunzianesimo; e D'Annunzio e un poeta molto pio grande della maggior parte degli idoli che oggi la folia critica e letterari. incensa. Cosl per I'estetismo: vi e cerro in Pasolini una parte notevole di estetismo stilistico; tanto meglio per lui ... ». La sagacia eritica di Piovene si spingeva pio al fondo: ?Il punto ultimo di arrivo della ricerca e della cecitil. di Edipo, gia implicito del reseo nell'opera di Pasolini, e che il dolore umano non e occasionale, ne legato per quanta ha di pio intimo e cocente a questa 0 a quella causa seorica; bensl esistenziale, fatale, legato al sangue e al destino del sangue, non storico rna metastorieo, Iii dove I'hanno posto i grandi miti tragici»31. AMERICA AMERICA
La Maserati 3500 GT: Pier Paolo l'aveva acquistata, sia pure di seconda mano, pcr quell' estate 1966. Passo qualche giorno con Susanna in villeggiatura a Piano d'Arta, in Carnia. Gli si porrebbe rimproverare la civetteria dell'auto di grossa cilindrara. Pier Paolo prendeva a amare un abbigliamento vis to so, quasi per adeguarsi alia moda "giovane" in yoga: golf di lana dai colori spericolati, i pantaloni di pelle, i giubbetti di renna, i polacchetti ai piedi. Con gli anni Settanta prese a scurirsi i capelli. Faceva ironia su tutto questo: parlava di obbligo erotico: unica famicil. In questo tearrino, invadente oggetto pop, esorbitante, era piazzata la Maserati. I viaggi 10 portavano in Cecoslovacchia, in Ungheria, in Romania, e negli USA.
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Nelle repubbliche democratiche dell'Europa orientale Pasolini si convinse dell'obsolescenza cui il marxismo pareva condannato. In Cecoslovacchia, in U ngheria, in Romania, incontro intellettuali: Attraverso lora, attraverso la lora inquietudine. il Joro malessere, ( ... ) he sentite l'inquietudine, il m.lessere di quei paesi: di cui credo si possa schematicamente e som· mariamente indicare la causa ne! fatto che ul a rivoluzione non e continuata", ossia che 10 Stato non si e decentraro, non e scomparso, e gli operai neHe fabbriche non sono veramente partecipi e respens.hili del potere politico, e sana invece dominad - chi non 10 sa, ormai, e non 10 ammette? - da una burocrazia che di rivoluzionario ha so 10 I'1 nome32 .
Nell'ottobre 1966 fece un breve viaggio a New York, il primo negli USA. Lo travolse I'atmosfera di novita che si re. spirava in quel paese. In America, sia pure nel mia brevissimo soggiorno, ho vissuto molte ore nel clima clandestino, di lotta, di Ufgenza rivoluzionaria, di speranza che appartengono alI'Europa del '44, del '45. In Europa tutte e finite: in America si ha l'irnpressione che tutto stia percorninciare. Non voglio dire che ci sia. in America, la guerra civile, e forse neanche niente di simile, ne voglio profetarla: tuttavia si vive, la, come in una vigilia di grandi cose33 .
New York 10 ha eccitato - in interviste ripete frasi di gioia: «Vorrei avere diciotto anni per poter vivere tutea una vita quaggiu» 34. Ma, di Iii da questa gioia, distingue, e distingue con forza: Tutte quello che ho visto, oppure ho creduto di vedere. New York, si staglia COntro un fondo cupo - e per nei inconcepibile almena in quanta inammissibile - ossia contro la vita americana di ogni giorno, la vita della con~ servazione, che si svolge in un silenzio ben piu intenso degli "urli" che ci giungono dalla sinistra35 .
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Se in America si scopre «Ia sinistra pili bella che si possa scoprire», una sinistra non comunista ma dominata dal «misticismo della democrazia», e vero che essa si barte contro un establishment solido quanto il granito - ma e quella lotta, animata da «scontento», da «esaltazione» a entusiasmare Pier Paolo: e 10 convince che la rivoluzione e un mito an•
cora VlVO.
Due tre fotografie di Pier Paolo a New York, scattate a Times Square, a Broadway. Era andato Iii in occasione del Festival del cinema, dove \Ceniva proiertato Uccel/acci e uccellini·". Organizzata da Richard Roud, in parallelo a una rassegna londinese, la mostra di New York costituiva la cassa . di risonanza di turta la cinematografia "nuova", quella giil radunat. a Pesaro. Pier Paolo non vi poteva mancare: era il lancio internazionale dei suoi film. Nelle fotografie, indossa un impermeabile leggero, i jeans di velluto beige, Ie Clarks beige ai piedi: sulla camicia a scacchi chiari gli sventola la cravatta, I'aria minerale della citta gli soffia tra i capelli - ha il vi so segnato, scarnificato. Evitn gli inviti mondani: la notte correva per Harlem sfidando tutto quanto era sfidabile, irridendo a chi 10 invitava a temere. Correva al Greenwich Village, a Brooklyn. Una notte, ad Harlem, ho stretto la mana (rna loro me la stringevano con sospetto, perche ero bianco) a un gruppo di giovani negri che avevano suI maglione I'insegna del leopard 0: un movimento estremista che si prepara a una vera e propria latta armata. ( ... ) Ho seguito un giovane sindacaEsta negro, che mi ha . porcato aHa sezione del
~uo
movimento, un piccolo mo-
vimento che conta ad Harlem solo qualche centinaio di iscritti - che lotta contro la disoccupazione dei negri; rho seguito a casa di un suo campagno, un muratoce che si era fer ito allavoro e ci ha accolto steso suI suo povero letto, col sorriso amico, complice e invaso da questa nastra
dimenticato amore partigiano. Sono salito nell' appartamenta "borghese" nella parte pili sordida del Village, a
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sentire Ie risate isteriche e l'acrimonia aberrante di una intellettua]e, sposata a un negra, che farneticava rancori contro it vecchio comunismo america no e contra la Sini-
stra della Draga 37 • Quel che racconta e certamente una parte minima delle sue avventure. II fascino della citta, la sua bellezza inusitata - Pier Paolo fu travolto da una erotica sfibrante euforia. Accanto a questo - poiche questo era il suo modo di conoscenza - fu rapito dal fervore morale della contestazione americana in atto, dalla scoperta di una democraricita dello spirito, in Italia inesistente. • L'esaltazione non gli vieto uno scrupoloso scrutinio del fenomeno "America". In Italia intorno ai beatniks, intorno alIa rivoha americana contra iI consumismo, c'era «pura curiosira», e anche «ironia»; Pasolini invece scriveva che «nelIe grandi citta americane .. chi si ubriaca, chi si droga, chi rifiuta di integrarsi nel sieuro mondo dellavori>, eompie qualeosa di piLI di una serie di veechi e codificati atti anarchici: . una trage d·la» 3.. vlve
f
I
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Anche New York, con Ie sue periferie, il problema razziale e Ie tante derive umane che aceoglie, e Terzo mondo: «Non sono bastate due 0 tre gener.zioni per trasformare fino in fondo la psicologia delle enormi masse di immigrati»39. Pasolini non si soma sse ai suoi metodi interpretativi della vita soeiale. Capl quanta «Ia "paura di perdere la presenza" e 10 snobismo della neocittadinanza impediscono all'americano - questa strana mescolanza, in concreto, di sottoprolet.riato e di borghese profondamente e onestamente ehiuso nel proprio lealismo borghese - di riflettere sull'idea che egli ha di se. Che resta dunque "falsa"». Eppure, all'interno di un simile tessuto soeiale, la coscienza di classe albeggia (. .. ) in situazioni del tutto nuove e quasi scandalose per il marxismo ( ... ), nelIe manifestazioni pacifiste e non violente, dominate ( ... )
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da un intelligente spiritualismo. Che
e del resto, ogget-
tivamenre, almena per me, un fatto stupendo, che mi ha ,
fatto innamorare dell'America. E la visione del mondo di
persone giunre, attraverso strade che noi consideriamo sbagliarc - rna che invece sono storicamenre quelle che sana, cioe giuste - ana maturazione di un'idea di se come semplice cittadino (forse come gli ateniesi 0 i romani?), possessore di una nozione anesra e profonda della . 41l d emocrazla .
Cos a innamora Pier Paolo degli Stati Uniti? La convinzione - proieniva quanta 5i vuole, rna «onesta» - che la si arrivasse a una rin'novata concezione della democrazia, abbracciando «il calvario dei Negri» e di tutti i possibili emarginati. Lo innamorava la lotta per i diritti civili e morali: la stessa che era stata in qualche modo sua in Le ceneri di Gramsci, e che ora gli appariva vincente in un intero p"ese. Quel che vedeva accadere in America non era «rivoluzione», forse era preludio di «guerra civile». Eppure, la «novita» americana era cunfortata da segni per lui carichi di energia vitale - i segni della poesia: «Era dai vecchi tempi di Machado, che non facevo una lettura fraterna come quella di Ginsberg. E non e stato meraviglioso il passaggio di Kerouac ubriaco per I'Italia, a suscitare I'ironia, la noia, la disapprovazione degli stupidi letterati e dei meschini giornalisti italiani?» 41. . Si sperdevano nella intelligenza pasoliniana gemme decadenti - il piacere per la vitalid, un piacere che si esaltava alia vista di se stesso -: cos1, non importava se il Kerouac che passo per l'Italia in quell'autunno 1966, trascinato dagli uffici stampa di una cas a editrice, fosse il resto opaco di se stesSo, sconvolto dall'alcool, con in bocca parole che erano ben lontane dalla sua natura di poeta. Pier Paolo scambiava per vital ita creativa gli sbandamenti della fisiologia, e, nella solitudine cui si era condannato, tanto gli basta va. Sempre pili convinto che un poeta, un intellettuale, dovesse sfuggire ai
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valori della convivenza borghese, esaltava tutto quanto apparisse liberato da ogni obbligatorietil. Avrebbe amato percorrere Ie strade dell' estasi fisica, dello stordimento vitalistico, di una irrelata, abbandonata volutta. II viaggio a New York 10 fece parlare in nome di una giovinezza perenne, quasi di una insperata permutazione di cellule. Superate malattia e convalescenza, si puo vivere di tali accensioni - e Pier Paolo volle viverci. l\fa in lui c'era un'ulteriore convinzione, una convinzione filosofica: andava scoprendo 10 spontaneismo; al fondo del suo sentirsi ineliminabilmente «borghese», e solo contro tutti, scopriva la dannazione dirompente dell'anarchismo morale. Oltre a questo, nel rifiuto, ormai consolidato, della letteratura - egli non voleva pill esser marchiato come «bestia da stile. -, anelava a una totaliti'! suprema, «sacra •. L'inedita intervista in versi del 1966, dett~ta proprio per un ipotetico giornalista newyorkese, offre spiegazione: ( ... ) io vorrei so/tanto vivere pur essendo poeta perch{ la vita si esprime anche solo con Sf stessa. VOlTei espn'mermi con g/i .semp;. Geffare ;1 mio corpo nella lotta. Ma St Ie tlzioni della vito sana espressivc, anent I'espressione eozione. Non questa min espressionc di poeto n"mJnciatario, che dice solo cose, e usa 10 lingua come te, povero diretto strumento,' ma I'espressione siaccato dalle COSf, ; segni fatti musica, 10 poesia cantata e oscura, che non esprime nulla Sf non Sf Slessa, per tina barbara e squisi/a idea clt'tssa sia mis/eriosa suano nei segni orali d; una lingua. 10/10 abbandonato ai mit; coetane; e onche ai piii g;ovoni tale barbara e squisita illusione: e ti parlo bruta/mente. E, paicAI non posso (ornare indietro,
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efingermi un ragazzo barbaro, che crede 10 sua lingua runica lingua del mondo, e nelle sue sil/abe sente misteri di musica che solo i suoi connazionali, simi/j a lui per caraftere e letteroTia fol/ia, possono sentire - in quanta poeta saro poeto di cose. Le azioni della vita saranno solo comunicote. e soranno esst, 10 poesio, poichi, ti Tipeto, non c', a/tra poesia che I'azione reale (tu !remi solo quando la Titrovi nei versi, 0 nelle pagine di prosa, quando 10 loro evocazione, peifetta). Non faro questo con gioia. Avro sempre il rimpianto di quella poesia che eazione cssa stessD, nel suo dis/acco dalle COSt, nella sua musica che non tsprime nulla se non /0 propria arida e sublime passione per se stessa. Ebbene, ti confidero, prima di lasTiarti, che io votTe; essen scrittore dt musica, vivere con degli stromen!; denlro 1o tOfTC di Viterbo che notl rifseo a compron, ne! paesaggio pi!) bello del mondo, dove I'ATiosto sarebbe impazzito di gioia ne! vedersi riereato con tanto innocenzo di querce, colli, acque e botri, eli comporre musica, I'uniea azione espressiva forse alta, e indefinibile come /e azioni della realta. Dunque, 0 la musica 0 l'azione - «gettare il mio corpo nella lotta». La sfiducia nelle possibilitil mediatrici della letteratura e radicale. Pasolini sembra ormai soggiogato dallinguaggio cinematografico - 0, meglio, e soggiogato dall'idea da lui stesso elaborata dellinguaggio cinematografico. E confessa di non nutrire pili «illusioni»: la realta, bene supremo, resta incatturata dalle parole. La poesia e l'azione stessa: per affermarlo non bisogna aver paura della «natura» 0 del «naturalismo»). " . Io oso infatti dire: «Se amaverso il linguaggio cinematografico io voglio esprimere un facchino, prendo un
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facchino vera e 10 ripraduco: corpo e voce», Allora Mo, ravia ride: «(Ecco, iJ cinema e naturalistico, come vedi. E naturalistico, e naturalistico! J\1a it cinema e immagine. E solo rappresentando un face hi no muto (bene) tu puoi fare in qualche modo del cinema non naturalistico~). «Niente affatto,» dieD io «i1 cinema e "semiologicamente" una tecnica audiovisiva.- Quindi facchino in carne, ossa e voce.»
.Ah, ah, il neorealismo!» fa Moravia, .Sl, io, facendo del cinema -"on un mio film - facendo del cinema, se cleva esprimere un facchino 10 esprimo
prendendo un facchino vero, con la sua faecia, la sua carne e la lingua con cui si esprime.»
«Ah no, qui ti sbagli,. e Bernardo Bertolucci che 10 dice «perch': far dire a un facchino quello che dice lui? Bisogna prendere la sua bocca, rna dentro la sua bocca bisogna mettere parole filosofiche (come suol fare Godard, naturalmente)42.» •
La conversazione e fedelmente trascritta, e tante, interminabili discussioni ebbero un simile andamenta, con Ie risate di Moravia, la perseveranza did attica di Pier Paolo, e Bernardo Bertolucci, che, pre so allora da Godard, inseguiva , un sogno neoromantlco, lVIa Pier Paolo, nell'esercizio di quei sottili distinguo, salvava se stesso dal possibile naufragio in una forma di irrazionalismo del tutto sfiammata, II cinema, il «Iinguaggio scritto della real til», sostituendosi alia letteratura, proponeva a Pasolini un !eorema, una sacra, dimosrrabile meditazione - che la realta fosse insieme se stessa e il suo specchio, , E dimostrabile, cioe,l'ineffabilita del reale in se, se non si presuppone in esso una presenza, 0 la visita del divino? Implicata, parrebbe, nei grandi temi del deeadentismo europeo, Pasolini cereava - lontanissimo dal rigido marxismo degli anni Cinquanta - inveee che un terreno nuovo d'espressione (I'aveva gia trovato nel cinema), una diversa, o nuova verita di se stesso, .
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La visita negli Stati U ni ti 10 aveva esaltato - il gettarsi con il corpo nella lotta era evento che avrebbe preso forma un domani -: per ora egli viveva il cocente bisogno di sacralizzare la propria esperienza conoscitiva. Tutte Ie sue intuizioni storiche e sociologiche della vita americana, pur nella loro evidenza e pregnanza, vanno, a petto di quel bisogno, sotto la linea dell' orizzonte. « TEOREMA»
Un film, un libro. L'idea e minuziosamenteesposta nell'intervista in versi del 1966. II film doveva esser ambientato a New York, capitale del mondo occidentale, del mondo borghese. Era l'idea della visita di Dio, che tutti coinvolge e domina - una visita che esplica e rende dimostrabile la sacralid del reale. Era I'idea del teorema, appunto.
Teorema venne girato a Milano, «Ia citra piiI europea d'ltalia», quella dove la borghesia ha volto piiI compatto, e ., . pill agglOrnato. La borghesia ha cambiato aleuni ideali, quello del possedere e del conservare: vuole ormai produrre e consumare. In questo la sua irrealdi e completa: «orrende convenzioni, orrendi princlpi, orrendi doveri, orrenda democraticita, orrendo fascismo, orrenda oggettivitii, orren do sorriso» 43, Pier Paolo dipingeva cosl quella borghesia - e in tanto orrore pensava potesse scatenarsi il miracolo, e realizzarsi il teorema. II miracolo avrebbe vanificato tanto orrore? II film si chiude con un urlo -l'urlo e ambiguita, contempera sentimenti liberatori e raccapriccio. II vero miraco10 e che Dio appaia, null'altro. E Dio appare, sotto Ie spoglie di un giovane enigmatico e bellissimo, e conquista carnalmente un'intera famiglia: il padre industriale, la madre, due figli, la serva Emilia - quindi sparisce. La sua sparizio-
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ne genera in tutti una crisi: it padre donera agli operai la sua fabbrica, si spogliera nudo fra i binari della Stazione centrale di Milano; la serva, assoluto candore e assoluta identificazione con il divino, levitera santa in cielo, dalla sua tomba scaturira una fonte d'acqua benedetta. Dunque, il film venne girato nella primavera del 1968 Pasolini, con la sua camera,, tornava alia sfumata luminositii del paesaggio lombardo. E, se possibile, quella di questo film, una superficie senza screpolature (Ie screpolature che davano forza e violenza ai film del Pasolini "romano"). II libro venne pubblicato nella stessa primavera, prima che il film raggiungesse gli schermi. Nella bandella editoriale, Pier Paolo scriveva: Teorema e nato, come su fonda cro, dipinto con la mana destra~ mentre con la mana sinistra lavoravo ad affre-
scare una grande parete (il film omonimo). In .tale natura anfibologica, non so sinceramente dire Quale sia pre·
valente: se quella letteraria 0 quella filmic •. Per I. verira, Teorema era nato come piece in versi, circa tre anni fa; poi si e tramutato in film, e, contemporaneamente, nel racconto da cui il film e tr.tto e che dal fiI m e stato carretta 44.
Una pittura devozionale, il "fondo oro" - la castita espressiva e legata a uno stile pauperistico per sintassi e lessico. II presente indicativo uniforma la narrazione, come sempre nel treatment cinematografico - e vi sono Ie sommarieta, Ie ellissi grezze che scandiscono Ie sceneggiature .. Ma 10 scrittore e in possesso di troppa perizia manieristica a suo vantaggio: quella sommarieta, quelle ellissi diventano, nelle sue mani, i tratti caratteristici di un "primitiva", di un pittore che appunto usa il "fondo oro" con reverenza sacrale. Tale reverenza e, perb, tutto sommato, fra virgolette: troppa esperienza di cultura e in Pasolini. II suo sentimento e e non e nativo: e una conquista, 0 addirittura una ricon-
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quista, se si pensa all'aura verginale di Potsit a Casarsa. L'Oscar Wilde delle favole fu evocato da Cesare Garboli sui conto di Teorema 45 • II "fondo oro" pasoliniano trascolora in una reviviscen· za di gusto preraffaellita: un sublimato sogno d'innocenza, dove l'eros si fa divino.
Teorema fu accolto dai critici, tranne I'eccezione di Gar· boli, come Fosse un treatment e null'altro: uno stratagemma di ex narratore preoccupato, occhio al mirino della camera, di farsi vivo nell'arengo letterario. Ebbene, della sfiducia filosofica di Pasolili.i nella lette· ratura si e detto: Teorema nasce all'interno di essa, rna ne e la testimonianza poetica, non ne e la merce. Erano gli anni nei quali la domina dell'antiromanzo, del· I'antinarrativa dominava il campo: il referto figurale, cine· matografico, di Teorema rappresenta, di quella dottrina, il conforto e la smentita. Con Teorema, Pasolini decise di concorrere al premio "Strega", cos1 come aveva deciso con Ragazzi di vita e Una vita violenta. Lo decise con quel gusto alia sfida che era in lui ragione anche di divertimento. Pier Paolo era ormai del tutto lontano dalle cerchie Jet· tcraric: ai letterati indirizzava, quando voleva, critiche viru· lente. «II mondo della cultura - in cui vivo per una vocazio· ne letteraria, che si rivela ogni giorno pili estranea a tale so· cieti! e a tale mondo - e illuogo deputato della stupiditi!, della vilti! e della meschinita. (. .. ) Diciamolo pure, sono ri· masID isolalD, a ingiallire con me stesso e la mia ripugnanza a parlare sia di impegno chelli disimpegn046 •• II tutto accadeva nel fatidico 1968, primavera. .
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Contro i premi letterari, gia nei due anni precedenti, si erano levate voci di opposizione, da parte degli editori me· desimi che vi partecipavano e che Ii adulteravano - politique d'abord. '
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L'electorato del premio "Strega", allargatosi a dismisura, aveva perso i connotati originari, familiari. Tirava "aria di contestazione": ogni obiettivo era buo· no, anche il pill inoffensivo. Allo stato delle cose, il premio "Strega" non era certo quello dove il pocere dell'industria culturale pesasse pill che in altri. Ma J'"aria di contestazione" si confondeva con I"'aria di gioventlI" in quella primavera - quando, invece, per molti, era occasione di sfogatoio per istinti e desideri lungamente • • • repress! 0 sopm. In Pasolini non v'era niente di sop ito, ne certamente qualeosa che esigesse sfogo contro la letteratura. II senso della sua "stida" si indirizzava altrove. La prima votazione del premio avveniva il 18 giugno, come al solito in casa Bellonci, via Fratelli Ruspoli 2, a Romao Corse voce che gli studenti universitari, spinti dall'urgenza di ridicolizzare i cabotaggi di una cultura sc1erotizzata, avrebbero marciato sugli scrittori radunati: Non vi fu aleuna marcia. Nella votazione risulto primo il romanzo di Alberto Bevilacqua, L'occhio del gatlo; seguiva Teorema. Pasolini decideva di ritirarsi dal premio, e con lui 10 decideva Antonio Barolini, quindi Cesare Zavattini e Giulio Cattaneo, tutti partecipanti. Riunioni, conciliaboli, telefonate - settimane caldissime nel piccolo mondo della letteratura romana. Giochi di schieramenti. Maria Bellonci desiderava ricucire la diaspora. Tutto fu inutile. Quale il motivo della diaspora? Tutti denunciavano la dose non scarsa di spregiudicatezza con la quale i sostenitori del romanzo di Bevilacqua avevano agito nella raccolta dei voti. Anche Pasolini aveva scritto ad amici alcune lettere, con richiesta di sostegno e voto, rna q uesto rientrava ne! gioco tradizionale della "Strega". La vera diaspora riguardava il valore espressivo di L'occhio del gatto, cui non si negava abilita, quanto necessita, de-
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terminazione poetica. L'occhio del gallo veniva giudicato come esemplare di que! decadimento della letteratura e della narrativa perseguito da aleuni uffici stampa editoriali innescando la logica delle tirature alte costi quello che costi. Si diceva: gli editori fanno illoro gioco: non e dena che l'elettorato dello "Strega" debba assecondarIo con tanta ac• qUlescenza. In q uesto era la radice della sfida pasoliniana. Pasolini slidava, parteeipando al premio e quindi ritirandosi da esso, la fragilita d'una parte della critica letteraria italiana - quella ehe aveva accolto il romanzo di Bevilacqua con disattente quanto calorose esaltazioni. E ancora: Ie r.gioni della slida erano tutt'altro che contingenti: la spiegazione andava cereata in parole non equivoehe serine due anni avanti da Pier Paolo nel saggio Lafi-
ne del/'avonguordio: L'azione - in certo modo necessaria - compiuta dall'avanguardia per il ripensamento e il sovvertimento dei va~
lori letterari che si andava codificando ha finito, naturalmente, col dare dei risultati controproducenti (di cui del resto a me non importa proprio nulla:
e una consratazio-
ne che faccio): ossia la bomba di carta fatta esplodere dagli avanguardisti sotto il fortino codificato dei valori letterari vi ha facto sciamare denrro attraverso]a breccia un bel gruppetto di letterati di second'ordine (Berta, Bevilacqua, il buon Prisco eee.): sicche la letteratura italiana
e retrocessa in serle B. Ma va benissimo, perche questa e la sua vedra, e dunque bisognera essere grati aWavanguardia per averla a suo modo ristabilita47.
Ragioni di aspra ironia ~ e ironicamente Pasolini fece esplodere la sua bomba carta ne! tranquillo sal otto del premia UStrega", a verificare,
di nuovo, la
Hverita"
di una let-
teratura. La sera del 4 luglio 1968, al Ninfeo di Villa Giulia, ultima votazione, L'occhio del gotto di Alberto Bevilacqua vince-
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va con 127 voti: di contro, 117 schede bianche. Alcuni elettori, intervistati alla televisione, indirizzarono a Pasolini insulti plateali. Anche Piero Dallamano, qualche giorno avanti, aveva mosso critiche: Diciamo la verita: questa contestazione alia "Screga" salta fuori nel momento in cui sana di mada Ie contestazioni. Ne sana tutti agnellini i finalisti che si ritirano mentre e in corso la volata, denunciando a gran voce (pe-
raltro senza nominarlo mail alla giuria e al pubblico Ie scorrettezze del vincitore che sta tagliando il traguardo. Povero Bevilacqua""! •
Pasolini non ave va intenzione di vittimizzare ness uno: c'era in lui, come sempre, I'ambiguissimo desiderio dell' «evangelico scandalo», per cui una situazione, anche la piiJ futile, fosse ponata al punto del veridico svelamento. Le polemiche ebbero fiato per qualehe fempo. II gossip voleva che Pasolini, per via della sua assenza dalla scena letteraria, avc;sse disegnato [icntIarvi col chiasso della «contestazione globale alle istituzioni». II premio "Steega" non rappresentava agli occhi di lui .istituzione» aleuna: al massimo rappresentava .il trionfo dell'atroce connubio fra illetterato perbene e la signora perbene nel salotto buono» 49. Egli veniva accusato d'una intemperanza: se era quello il conto che faceva del premio, perche parteciparvil Vinterrogativo ricadeva nel quadro di un'etica della responsabilita - rna Pasolini si sentiva obbligato a rispondere forse a quell'etica? Teof'l!ma fu presentato alia XXIX Mostra internazionale
d'arte cinematografica di Venezia nel settembre 1968. Anche a Venezia il dima era di violenta cantestaziane. Luigi Chiarini, il presidente della Mostra, aveva invitata il film alla rassegna. «Dapprincipio aveva deciso di spedire il film alla Mastra perche Chiarini m'aveva promesso che sa-
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rebbe stato un Festival senza premi, senza polizia, e che si sarebbe ten uta la costituente del cinema, tutte cose che non sono avvenute. E per questo che ho ritirato Teoremo»so: questa la risposta di Pier Paolo all' invito. II film venne ptoiettato per i critici cinematografici iI mattino del4 settembre. All'inizio della proiezione Pasolini chiese che i presenti abbandonasseto la sala per protestare contro il presidente Chiarini che difcndeva, nella so- . stanza, 10 stOIUS quo della Mostra. Una Mostra turbolenta, con giovani e cineasti chc facevano sit-in: gli interventi della polizia non furono scongiurati ne seongiurabili. Di qui proteste e controproteste. Comunque, iI pubblico degli specialisti non diserto la proiezione di Teoremo. Segul, nei giardini dell'hotel Des Bains, al Lido, una conferenza-stampa improvvisata. Pier Paolo venne aceusato di far «capriole»: contestava e insieme trovava il modo di non spiacere agli obblighi contratti col prod uttore, si salvava I' anima con la contestazione e non perdeva d'occhio il box-office. Pasolini scavaleo con buona dialettica queste accuse: accett. •
lJidea era che la rivolta dovesse essere anzitutro spettacolo di se stessa, azione che metteva il proprio manifestarsi fra virgolette. lJazione si scollava dall'agire e si citava. lJepidemia dei metalinguaggi era arrivata a tal puma, nei sacelli universitari, da occultare elementari esigenze politiche. A tutto cia non mancava verita, non mancavano ragioni: vi fu una febbre di travestimenti, e la verita sparl sotto la nebbia dei lacrimogeni. La ventata di giovinezza che il Sessantotto fece respirare aU'Europa parve una rigenerazione. La permissivitii fu la bandiera - non che il mondo non bisognasse di permissivita. Ma bisognavadi riappropriazioni. II freudismo invitava I'individuo a riappropriarsi del proprio corpo - ma Ie individualita sociali avrebbero dovuto
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riappropriarsi della propria storia. Tale compiro, e tale obbligo, in una sociera che rendeva latitante ogni tradizione bollandola in fascio come oscurantista, avrebbero dovuto esser valutati per que! che erano: passi necessari alia sopravvivenza antropologica. Ciascun Sessantotto, in Francia, in Germania, in I talia, ebbe la sua speciflca soluzione. La societa permissiva, denominatore comune della of fluent society, volle negarsi a qualunque fondata critica storica di se stessa, e si risolse, nel tempo, regressivamente. Motivi politici, schematizzati su linee di vendicativo conservacorismo, seppero imporsi. La febbre nuova si mostro per quel che era: giovanile malattia che porea rischi gravi can se, se non ben curata. L'Italia rischio, pertanto, grave mente. . Ma iI "caso italiano" - allora all'alba - era complesso. Le ragioni del suo movimento studentesco erano: reale partecipazione alia vita del paese da paree delle nuove generazioni; riduzione del potere discrezionaJe per tradizione connaturato ai ceti dirigenti. Significava questo, suI terreno propriamente politico, promozione di una efficace politica di riforme . . II boom economico, il miracolo degli anni Sessanta, aveva mostrato immediatamente il suo volco "povero", impotente a mutare un paese squilibraro (il Nord e il Sud, vecchia cancerosa questione), e il eui squilibrio produeeva effetti morali, soeiali preoeeupanti (emigrazione interna di proporzioni impensate, depauperamento del patrimonio agricolo), Le fondate ragioni del dissenso politico furono sconvolte, travisate da un mancato 10ro posses so culturale. La teatralizzazione della rivolta, I'iscrizione di essa alI'interno di una figurazione pop - contano pili i manifesti, la mitizzazione di un'immagine, che Ie idee - svento, dissolse
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ogni ragionato progetto culturale. E di cultura diversa c'era una folie esigenza. Ma questa esigenza, come un'ondata che si fiacchi sulla sabbia, ando a spegnersi sulle labbra enigmatiche e ascet, tiche di Ho Chi Minh 0, ancor di pill, sui volto bello, bellissimo, del Che Guevara. Nasceva un nuovo romanticismo. Pareva che i borghesi italiani, piccoli borghesi per censo, a null'altro pensassero che asofisticare la figura di un nuovo Santorre di Santarosa attraverso Ie foto di quel Cristo lievemente fiorito di pelo sulle gore. La foto Correva per il mondo, e ognuno pote leggerla come pote: non contava saper qualcosa di quell'eroe; contava che egli fosse un martire, e che i martiri avessero quell'espressione sui volto, quella barba. II Sessantotto italiano, nato nelle universita - Torino, • palazzo Fontana; Roma, facolra di Architettura a Valle Giulia -, chiedeva alia cultura di farsi I'esame: ma, a quell'esame, impose la conclusione. Rinasceva il politicismo: l'attivita culturale doveva «servire il popolo». Questa formula, inizialmente, non ebbe altro senso che estetico: un estetismo voltato al basso. Passe. poco, e si rivelo una reviviscenza stalinista. II piccolo borghese italiano mutava in repressione i propri freschi ideali di permissivita. Apparve nelle case di alcuni intellettuali romani un gruppetto di ragazzi: si definivano "uccelli" - pigolavano, saccheggiavano i frigoriferi, evitavano metodicamente la parola, sporcavano pareti, se la prendevano con gatti e cani. Alia fine, la loro invasione, che pretendeva probabilmente di essere "festa", situazionistica festa, disegno il volto ottuso, ine· spressivo della· violenza: Ii muoveva un istintivo, penoso squadrismo. Costoro non vivevano alcuna felicita: erano vissuti da una rabbia cui precludevano ogni sorte espressiva. Quale la radice di quella rabbia? .
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Forse in una generalizzazione di bisogni e desideri, mutuati da proposizioni ideologiche invece che da necessit. di vita. Quella rabbia, quella mutuazione erano confortate da un assetto sociale dove Ie richieste, qualsiasi fossero, slittavano suI piano incJinato del consumismo. Cosicche nessuna risposta poteva dirsi soddisfacente - perche immediatamente bruciata al suo profiJarsi. •
La radice della rabbia era anche nella fisiologia della societa. La crescita incontrollata degli agglomerati utbani, Ie universita trasformate in contenitori di apprendisti intellettuali, promossero forme di massificazione dai connotati del tutto nuovi: una massificazione che alimentava crisi esistenziali e sociali. Che sbocco pratico si preparava, ad esempio, per i tanti apprendisti stipati nelle diverse facolta universitarie?
II Sessantotto italiano, da questo PUntO di vista, non somigliava a nessun altro. Se in esso dominavano, come altrove, inclinazioni anti-istituzionali e di critic a a ogni supposta forma di autoritarismo, la questione socia Ie sottintesa era specifica, e a essa fu posta scarsa attenzione anche da parte di chi avrebbe dovuto. I partiti politici, il governo per la sua responsabilita non solo amministrativa, si mostrarono non allertati alia cosa. Si parlo di una generica rivolta dei figli contro i padri periodica manifestazione generazionale -, rna non si cerco di comprendere il senso pericoloso, social mente pericoloso, che nella psicologia collettiva avrebbero potu to radicare i diffusi sentimenti di frustrazione.
Rivolta, e non rivoluzione. Un tale distinguo ebbe qualche efficacia, rna dalla parte della rivolta si leggeva in positiva un'intrapresa Hselvaggia" di cui, come un salasso, la civilta occidentale, non solo I'ltalia, aveva bisogno urgente. Nei partiti politici, anche in quelli marxisti che avrebbero dovuto piu di aleri esser sensibili culturalmente ai ri-
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schi impliciti ne! concetta di "rivalta" (come apposta a "rivoluziane"l, illibertarismo venne presa per buona, abliteranda la considerazione che l'euforia anarchica, can gesti anche generosi, copre fantasmi regressivi. Alia lunga, quei fantasmi sona venuti in ribalta, e hanno lasciato luogo a interpretazioni delleninismo tutte azzerate al cannatato della violenza e della sua programmatica spe•
•
nmentazlOne.
II progetto - deliberata, oscuro: non facile decifrarlo, poiche la su perficie ha tramiti insondabili col profondo - era quello, metodico nella piccola borghesia, di indebolire il peso politico del proletariato e dei suoi partiti, anche appropriandasi dellaro linguaggia, sfruttanda la loro idealagia. Fra i camunisti vi fu acquiescenza, a adesiane, came altfove.
Senza dubbio, nel '68, durante quello che fu chi.mato l'.nno degli smdenti, 10 sbandamema finl per verificarsi un po' dappertutto, e riconosco che nemmeno noi ne fummo pienamente immuni. In altri termini, la 00-
stra colpa fu di dare nei confronti di quella irruzione giovani1e un apprezzamento eccessivamente positivo, seoza comprendere che ]a classe operaia era estranea a simili fenomeni, specie quando mettevano a capo a casi di
degradazione, di intolleranza, di violenza vera e propria '. Sana parole di Giargia Amendola, pronunciate a dieci anni di distanza, e sottintendono con chiarezza il problema che il PCI, nel sua complesso, accantono. La fall ita "primavera di Praga" costitui un colpo alia coscienza camunista dell'Occidente pari, se nan pili grave, a quella infertale nel1956, con l'auwnna di Budapest. La ragian di stata s.avietica stabiliva di liquidare agni speranza per Ie cosiddette "vie nazianali al sacialisma". Nei partiti comunisti occidentali si reagi enfatizzando 10 spirito libertario - ma un conto e praticare quello spirita a
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Praga, un conto verificarlo aRoma, 0 a Parigi. E, per quel che riguarda Roma, non bisognava dimenticare un carattere del piccolo borghese italiano: esso, coi suoi valori irrinunciabili, e «ubiquo», come ha scritto Paolo Sylos Labini. •
Negli strati piil colri della piccola borghesia passon a essere frequenti coloro che si sentono solidali con gli operai non tanto per ragioni economiche, quanto per ra-
gioni ideali a di progresso civile; e si comprende allora perch" vi spno persone che appoggiano anche provvedimenti dannosi per i propri interessi economici immediati. La scelta dei piccoli horghesi che si dedicano alia vita politica 0 sind~cale puo essere decerminara da rnotivazioni ideali, rna puo essere anche (e contemporanea-
mente) determinata dalla piil 0 meno consapevole considcrazione che andando dalla parte degli operai essi possana divenire leaders, mentre volgendosi verso la grande borghesia essi diverrebbero ufticiali subalterni z. Sylos Labini pare descrivere quella generazione di figli di preti, di sottufficiali, di mercanti, di nobili decad\Jti, di contadini inurbaei descritta da Trotzkij: gli studenti russi d'oltre un secolo fa che fra dense nebbie ideologiche partorirono il rivoluzionarismo nihilista con I'idea di impugnare Ie sarti del paese. Tale scontentezza sociale,le sue richieste di ricambi generazionali, avrebbe potu to essere riscattata solo con oculate scelte politiche: la c1asse dirigente del paese non mostro lungimiranza. I partiei, la DC, il PCI, i socialisti, si trovarono fessurati al proprio interno: rapiti dal desiderio di non mancare alia spirito di rinnovamento - il richiamo accelerante della gioventue, insieme, rapiti dalla necessita di non mutar niente. La fiammata della rivolta fu una lusinga per la sinistra: gran parte del ceto intellettuale si lascia coinvolgere da quel fuoco. Le universit1t bruciavano i Iibri di testo: gli studenti indicevano "controcorsi" sulla guerra del Vietnam: sembrava
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percorrere Ie coscienze un'ansia di totalita non provata mai con simile ampiezza. II turbamento era grande, ma esplodeva quella che Alberto Ronchey ha chiamato la «rivoluzione sperimentale»: questa rivoluzione «di tipo nuovo» si realizz" «secondo varianti non previste da Marx ne da Gramsci 0 da chiunque». La sua caratteristica fu la parcellizzazione: Come nella produzione industriale, i vaTi acti sana parceJ]jzzati. Come nella Jetteratura sperimentale, i tempi sana scomposti. Come nel cinema e nelle arti figurative,
si vedono spezzoni d'immagini che vanna ricostruite. Come nella musica sperimentale, agoi gerarchizzazione sonora e abolita. Ma di fatto, d.1 '68-'69 in poi co avvenuta la sistematica e graduale distruzione di tutti i pateri politici 0 economici, delle podesta di decisione e direzione sulle f.bbriche e sui rapporti di produzione, sulle scuole, sugli apparati amministrativi, sui grandi servizi e sui mezzi di informazione 0 di acculturazione" mentre il legislativo legiferava in realta senza oggctto certo e co3 nosel'b'l Ie.
Questa «parcellizzazione» significava volatilizzare qualsiasi finalita conclusiva: ness una immagine unificante di societi. La rivolta naufragava cra Ie insidie pili lampanti che 10 spirito piccolo borghese usa porre in atto: il corporativismo. Le battaglie sindacali dell'autunno 1969-anch'esse giustificate da sclerotizzate e penose situazioni di fatto - furono viziate da un mancato equilibrio fra consumi privati e spesa pubblica. II corporativismo, pur vestito di un drappo rosso, rendeva problematica ogni reale prospettiva rivoluzionaria. Per la psicologia di massa, la politica dei "sacrifici" risultava offensiva; e offensiva 10 era natural mente, per tutti coloro che non potevano tacersi Ie evasioni fiscali dei ceti abbienti, Ie fughe di capitali alrestero. L'interrogativo fu: chi paga i sacrifici? Soltanto illegislativo avrebbe potuto risolvere in positiva tante contrastanti spinte. Ma illegislativo si pose in aspet-
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tativa riottosa, ottenendo il risultato di una rissa che divento •• sempre pm oscura. Nel dicembre 1969, con la strage della Banca nazionale dell'agricoltura a Milano, piazza Fontana, si aprila lunga e losca stagione destabilizzatrice. II 1968 significava, fra Ie sue ambiguita, bisogno di una partecipazione larga delle masse alia vita dello Stato. Contro questa richiesta si mise in moto un disegno ostile, dapprincipio coi colori della destra estremistica, quindi della sinistra c1andestina, Ie cui implicazioni sono tuttora non chiarite. Stragi e anentari, assassini e drammatiche com prom issioni politiche: il carissimo prezzo di un'ltalia diversa. Pasolini soffrl di queste ambiguita collettive: aveva deciso di essere insieme razionale e irrazionale, aveva istituzionalizzato dentro di se la libert' di contraddirsi. Egli sperimentava alia luce del sole quanto l'io fosse "diviso", sia nel suo volto pubblico sia nel suo volto privato. Disponibile a contraddirsi, disponibile a un'opposizione radicale contro qualsiasi preconcetto politico 0 etico, Pier Paolo intul il contenuto regress iva, piccolo borghese della "rivolta" del Sessamotto. La borghesia, da ragazzo, nel momento piu delicato della mi. vita, mi ha escluso: mi ha eleneato nelle liste dei reietti, dei diversi: e io non posso pill dimenticarlo. Ne e rimasto in me un sen so di offesa, e appunto, di ma-
le: 10 stesso che deve provare un negro di Harlem quando passeggia per la Quinta Strada. Non e una pura coincidenza, it farto che io abbia trovato consolazione, caeciato dai cenrri, nelle periferie4.
Scrisse queste parole, dedieandole al Sessantotto: il sentimento di quel «male. 10 aveva reso sensibilissimo a avvertire dove si annidasse il rimosso di imolleranza e disgregazione che il borghese, e il piccolo borghese, coltiva dentto di se.
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Pasolini intul in antieipo su moltissimi ehe il "maggio" studentesco italiano era una eifrata rivolta della borghesia contro se stessa. CARl STUDENT!...
Una bellissima mattina di precoee primavera - il primo di marzo 1968, a Roma. Quasi per caso: scontri gravissimi fra polizia e studenti universitari sui viali di Valle Giulia. Cariche di camionette, spari di candelotti: Ie rampe che porta no in via Antonio Gramsei, dove ha sede la faeoltit di Architettura, furono invase da una battaglia vera e propria. Se ne sparse la notizia in citta coine di un evento inusitato, cui non c'era confronto nel passato - ed era vero. Quella mattina di marzo entro a buon diritto nella mitologia del Sessantotto. . •
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Pasolini serisse dei versi, a caldo - Ii disse «brutti versi», voltati al consumo di una polemica, un pamphlet. Li aveva preparati per «Nuovi argomenti». La rivista, con uno sforzo critico, cercava di seguire gli avvenimenti: aveva commentato nel primo fascicolo dell'anno i fatti torinesi e Ie polemiche "culturali" di «Quaderni piacentini»; prosegul, col fascicolo successivo, in un'analisi di quanto era accaduto a Romas. I versi di Pasolini uscirono, in ante prima, su «L'Espresso», e non per intero - comunque, anche se trascelti (e la eosa suscito protesta in Pier Paolo), aecesero un dibattito6• Titolo del pamphlet era II PCI ai giovani!!'.
E triste. La polemica contra il PCI andava Jatta nel/a prima metO del decennio passato. Sittt in ritardo, fig/i. • • • In questione non vi era soltanto il rapporto, di confronto duro e irrisolto, fra i giovani e it Partito comunista, rna il contenuto politico, e socia Ie, della "rivolta".
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Quando ieri a Volle Giulia ovete fatto 0 botte eoi po/izio/ti, io simpatizzavo coi poliziotti! Perch! i poliziotti sono jigli di poveri. Vengono do periferie, con/adine 0 urbane che siano.
In queste parole - dichiarative e sliricizzate - c'era I'esca di un incendio. Nelle polemiche della sinistra la polizia era stata considerata sempre come rarma della repressione: la polizia era la divisa indossata, e la divisa indossata era mero segnale .. Pasolini, quasi in uno scoppio di furore, metteva a nudo psicologia, antropologia, storia. I poliziotti «figli di poveri» appartengono, per lui, alla galassia spersa dei «dannati del· la terra» di cui aveva scritto Frantz Fanon. Erano, quei po· liziotti, i figli di un sottoproletariato povero, emarginato dal· la socicta borghese nella polizia. E poi, guardateli come /i vestono: come pag/iacci, con quello stoffa ruvida me puzzo di roncio fureria e popolo. Peggio di tufto, natura/mente, e10 stato psic%gico cui sono ridotti (per una quorontina di mille lire 0/ mese): . , . senzo pru S0177S0, senzo pii) omicizia col mondo, separati, esclusi (in uno esc/usione che non ha ugua/i); umi/iati dalla perdita del/a qualitlJ di uomini per quella di poliziotti (!'essere odiati fa odiore). Hanna vent'anni. la vos/ro ela, cori e care.
Di contro, chi erano gli studenti? «Figli di papa», ani· mati da «sacro teppismo (di eletm tradizione I risorgimen· tale}»: erano «i ricchi» che avevano «bastonato» - «benche dalla parte I della ragione» - «i poveri». •
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Questo il contrasto che, ritagliato sulle pagine di un ro· tocalco, dette letteralmente fuoco alle pol veri. Da Vittorio Foa a Johannes Agnoli si rimprovero a Pasolini di aver risu·
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scitato argomentazioni da «stampa fascista e moderata. B• Gli studenti, in dibattiti, eternarono la polemica per anni; e fu I'ostinazione di Pasolini, il suo non somarsi mai all'interlocurore, a scardinare in alcuni il con vinci men to schematico che il testo - non si era mai letto in versi qualcosa di piu ostico alia poesia - aveva accreditato. II convincimento di Pasolini era ahro: prendeva Ie mosse da quel pensiero che, latente, 10 aveva accompagnato nei conflitti con la neoavanguardia. La neoavanguardia aveva dato aspetto pratico aile proprie polemiche prendendo a bersaglio un supposto, sclerotizzato establishmentletterarioanch'essa si poneva suI filo di una lotta [ra generazioni. Pasolini aveva gia risposto, quanto a questo, che la vera presa del potere non andava condotta per redazioni di case editrici 0 per stalli universitari: andava condotta sulla storia, sui contenuri morali di una letteratura, sui processi delle forme • espresslve. • Stavolta, Pasolini estendeva I'argomento alia politica. L'esortazione agli studenti diceva: . Smeltetela di pensore 0; vostri dirilti, snietfetela di chiedere il potere. Un borg/use redento deve rinunciore a tutti i suoi diritti, e bandire dalla sua anima, "no volta per sempre, I'ideo del potere. Tulto ciil elibera/ismo; fasciatdo . a Bob Kennedy.
In questa idea del «potere», 0 della sua distruzione - come di una anchilosante eredita psicologica -, stava il veleno del pamphlet. .. Se c'era un «potere» da prendere, era quello «di un Partito che e tuttavia all'opposizione». Anche se maleoncio, per I'autorilli di signori in doppiopetto, bocciofili, amanti della litote, borghesi coetonci dci vostri slupidipodri, •
il Partito comunista ha per 10 meno «come obiettivo teorico la distruzione del Potere •.
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II contrasto fra generazioni era ricondotto da Pasolini al suo perno, orrendo marivaudage che ha per fine non la «Iiberazione dalle catene del capitale», rna una nuda sostituzione di pedine sulla scacchiera dell'economia borghese. I.:invito di Pasolini era - II PCI ai giovan"!! - dialettico: spostava i fini in un orizzonte diverso, ten en do conto che «buona razza non mente», il borghese non cambiera, nel mutare d'abito, cervello e strategia. La polizia. Non considerata come garanzia dell'ordine costituzionale, rna come espressione di un potere repressivo: indice di una distanza fra paese reale e Stato. Non era cons iderata altrimenti, al tempo, fra gli stessi partiti di sinistra che, pure, dell'osservanza costituzionale si facevano garanti. Palizia come residua «fascista» nella Stato. Anche per Walter Benjamin essa ha aspetto «ignominioso»: in essa sarebbe «soppressa la divisione fra violenza che pone e violenza che conserva la legge». Per Benjamin, 10 Stato medesimo, «vuoi per impotenza, vuoi per Ie connessioni immanenti di ogni ordinamento giuridicQ», si trova davanti a essa scoperto. Le ragioni di sicurezza per cui la polizia pUD intervenire, quando e come vuole, a giudizio di Benjamin, fanno SI che 10 Stato veda fallire «gli scapi empirici» che si pone". Una concezione, questa, attinente a immagini statu ali prebelliche - quelle che avevano favorito e consentito i fascismi diversi dominanti l'Europa dagli anni Venti fino al secondo conflitto mondiale. Tutto, perD, cambiava -ed era cambiato in Italia. La concezione benjaminiana della violenza poliziesca andava integrata can idee che contemplassero i mutamenti politici e antropologici in corso. Quando Pasolini segnava che il conflitto fra studenti e poliziotti era quello fra due bande che, arcaicamente e en poNe, chiamava dei «ricchi» e dei «poveri», svolgeva un'argomentazione totta in favore di un 'attica avvertita delle dinamiche sociali e non irretita da idola fori.
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Parlo di mutamenti in corso - e sono gli anni oscuri degli attentati, per i quali alcune responsabilitil. della polizia vennero additate. Restava che i poliziotti, .figli di poveri», figli delle periferie, e dannati della teTTa, erano altro dagli schemi: e 10 erano proprio perche il boom economico, con errari e sllccessi, aveva rotto ogni schema avanti che I'intelletto critico potesse rilevarlo. Pasolini era convinto che la borghesia tentasse di .trasumanare» - e questo il tema sottinteso di Teorema. Questo anche il tema del pamphlet in versi II PC! oi giovani!! Ma tali intenzioni - in tempi di pronunciamenti univoci, volutamente non sfumati - fu difficile chiarirle. E, se anche furono chiarite - Pasolini, aneora su «L'EspressQ», scrisse: .Per questo provoco i giovani: essi sono presumibilmente I'ultima generazione che vede degli operai e dei contadini: la pros sima generazione non vedra intomo a se che l'entropia borghese» 10 -, nOn c'era voglia di comprenderle. IL CORPO NELLA LorIA Verso «l'entropia borghese» - un'atroce omologazione di costume e moralita cui si doveva sfuggire, dalla quale era urgente salvarsi, e pronunciare tutte Ie parole possibili per salvarsi, anche a costo d'essere dapprincipio equivocati. Pasolini abbraccio COn sprezzo la sorte d'essere equivocato. Ospite scomodo, «perturbatore della quiete»": questi e stato Pasolini nell'orizzonte della cultura italiana. In quegli anni egli senti dominante il bisogno di un colloquio pili teso con l'opinione pubblica. II suo conflittuale rapporto con il "pubblico" era cronicizzato in sfida. II Vaticano aveva protestato che Teoremo avesse ricevuto il premio dell'OCIC - il cinema pasoliniano sfidera anCor di
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pill pubblico e censori con Ie ragioni «del corpo», intese come Ie uhimative ragioni dello spirito. I1 nuda apparso fugacemente in Teorema preludeva al nudo replicato, esibito nella Trilogia della vita. Non erano pill i tempi giovannei: Pasolini aveva progettato un film su san Paolo. I cattolici, a differenza di quanto era accaduto col Vangelo, gli negarono ogni aiuto. II film resto parola scritta. San Paolo ha demolito rivo]uzionariamenrej con la
semplice farza del sua messaggia religioso, un tipadi saciedi fondata sulla violenza di dasse, l'imperialismo e so-
prattutto ]0 schiavismo; ed e dunque di conseguenza chiaro che aJla aristocrazia TOm3fi3 e aBe varie classi dirigenti collaborazioniste va soscicuita per analogia 1'0-
dierna cIasse borghese che ha in mana il capitale, menHe agli umili e ai sortomessi vanna sostituiti, per analogia, i borghesi avanz3ri, gli operai, i sottoproletari del . giarno d'aggi I2 . L'opposizione programmatica «COntro tutto e tutti», I'isolamcnto, ave va no estremizzato in Pasolini I'inclinazione psicagogica: la profezia si confondeva, ormai, nell'azione. La spirito del Sessantotto aveva, a scoma di riliuti e diflidcnze, contagiato Pier Paolo: I'azione, anzitutto. Uazione poteva essere "cinema"; poteva esserc, pero, ancor pi ll, parola. «Perturbatore della quiete. - la definizione torna comoda. E Pasolini getto «il proprio corpo nella lotta •. La decisione fu ovvia, naturale - era una decisione presa lin dagli anni del Friuli .. II suo corpo e la sua parol a erano tutt'uno - rna, se dapprincipio la sintesi si realizzava nella poesia, adesso la parola si spogliera di ogni lenocinio letterario, e vorra farsi semplicemente "politica". I.:esempio di questo san Paolo, predicatore di qua e di Iii dell'Atlantico, pastore della spirito ne! mezzo della vio-
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lenta societa tecnologica, si specchiera, di n a qualche anno, sulle pagine del .Corriere della sera», nel Pasolini «corsaro» e «]uterano».
Dapprincipio, quel «corsaro» nc», «it Gracco»:
e «il nuovo tipo di buffo-
Quel buffone Ie spara grosse. E vero, scnve con questo stesso mio stile. Deve ottenere battimani do mani giovanili: epera. costreffo a sparade pii) grosse di loro. Ma: il contenuto del/a demagogia ela demagogia. E: ogni demagogia eogni altra demagogia. Per opposizione, io conoseo, e onnai voglio, I'inutilita [di ogni parola. Getter" (a parole) questo manoscritto . net Lago Vittoria, diaamo in una bottiglia di Coca Cola ( ... )13.
E un «buffone» che abbraccia la contraddizione, la teo•
rizza e se ne fa vanto: «Ie spara grosse». Quindi, non si sottrarra alia serieta del proprio gioco. . I suoi interventi cominciano col prendere forma corsiva. Una rubrica sui settimanale «Tempo iIIustrato.: si intitolera «II Caos», zibaldone d'ogni pensiero, dialoghi coi lettori, spunti di critica cinematografica e letteraria, appunti di costume e politica. La rubrica prende il via il 6 agosto 1968; avril corso fino al 24 gennaio 1970. II tono e personale. «Ho parlato troppo di me» scrivera Pier Paolo alia scadenza del primo anno. Ma il parlare «troppo» di se e inevirabile: e il suo stile di "predicazione" . «Per un viaggio sulla luna quanti regressi sulla terra.» Pasolini fa politica attraverso la morale: questa la tentazione, I'insidia della sua glottologia, della sua antropologia. Ebbene, se la morale 10 coinvolge, Pier Paolo non scantona da un obbligo verso «piccole battaglie quotidiane»: «II Caos e un fronte di piccole battaglie quotidiane. 14 •
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I1lavoro cinematogTafico di Pasolini prosegue infaticabile. La sequenza del fiore di carta, episodio di Amore e robbia (1968). Porei!e e Medea nell969; e, sempre nello stesso 1969, Appunti per un film sufl'India e Appunti per una Ore-
stiade africana. II tema della "divcrsit1l" in Pordle, alternando due storie complementari: la Germania di oggi, e una mistica fiaba spagnolesca e quattrocentesca. Comun denominatore: il cannibalismo. Nella fiaba, un giovane uccide il padre, e, nel delirio delI'espiazione, si fa brigante e continua a uccidere per nutrirsi. Fuori della fiaba, nell'cpisodio "tedesco", la prospettiva si rovescia. Invece di far I'amore con gli umani, il protagonista si dii a amori suini: nel far !'amore con i maiali, i maiaIi 10 divoreranno. II cinema di Mizoguchi, il cinema di Jean-Marie Straub: il manierismo di Pasolini si arricchiva di modelli. PardI, e iI film di una catastrofe storica e soeiale: Pasolini prese a modello due registi della eatastrafe, distanti di stile e eta. Solennidl tragica e rituale: Pordle racchiude I'ispirazione Ietteraria, la rettoriea eomhinatoria di astorieira e eontemporaneita. Non solo: racchiude anche il messaggio crudamente "edipico", l'uccisione del padre, cui, non casualmen~ te, fa da contrappunto, come in un caso da Psicopathia Sexualis, la zoofilia. •
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Medea, invece, scava fiel gusto deeorativo, barbaricodannunziano di Edipo reo Pasolini si era convinto che uno scrittore potesse avere sol tanto «un rap porto sacrale con gli oggetri •. Confessava, con ossessionata precisione: «Non riesco a vedere la natura con naturalezza.!s. Medea riflette un'ottica che ha perso spontaneid. Ormai, 10 scrittore che rcsisteva in Pier Paolo cristallizzava sempre
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pill il proprio rapporw con la realta attraverso la macchina da pre sa. ,
Appunti per una Orestiade africana: un viaggio in Tanzania, in Uganda, in Tanganica. Pasolini realizzo il documentario per la RAI-TV - ne fu padrino Angelo Romano, l'amico del tempo di «Officina», diventaw nel frattempo direttore ai programmi di una rete televisiva di Staw. Pier Paolo viaggio con la camera in mana: frugo l' Africa nera, individuo personaggi e luoghi, mescolb materiale di repertorio (Ie guerre, Ie rivolte, Ie stragi): tento l'invenzione d'un lacerto di racconto. A film concluso, Moravia si chiese: «Perche Pasolini ha abbandonaw it realismo dei suoi primi film e dei suoi romanzi?». Rispose: «Forse Pasolini ha voluto evitare Ie interpretazioni obbligate, forgiate per Ie necessita pratiche dell'azione politica, spostandosi ad un livello piu ambiguo». E ancora: «La spiegazione pill semplice e che in'Pasolini la mediazione culturale e ormai una necessita poetica» 16. Quanto dire che nell'ispirazione pasoliniana la realta aveva perduw spessore - e restava la cultura. La cascata di gioielli che e l'abito di Medea: una sensualid torva, animale. Le Furie -Ie Furie dominano l'animo di Medea, cosl come dominavano in Pi/ode l'animo di Electra. Ma cosa sono Ie Furie? Le Furie, nell'Orestiadeafricana, erano Ie radici mostruose, antropomorfiche, dei giganteschi alberi del continente nero. Medea ricorda quelle figurazioni con un gravame di gemme e pietre dure, di panni neri e irti. Medea e Giasone -Ia maternitil aspra e scura di Medea; la virilitil franca e elegante di Giasone. Giasone e la civilt1i, e l'allievo del Centauro; e il Centauro 10 ammaestra alia cultura: «Tutto e santo, tutto e santo, tutto e santo. Non c'e niente di naturale nella natura, ra-
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gazzo mio, tientelo bene in mente. Quando hi natura ti sembred; namrale, mtto sara finito - e comincera qualcos'altro. Addio cielo, addio mare!» 17. Medea incarna la preistoria, dove si vive solo di sensi, e dove la natura e un fascio di forze negre e inesplicabili. La magia e la cultura di Medea. Vedendo il film ci si chiedeva: in quale dei personaggi Pasolini si e identificatol Nel Centaurol Nella sventata giovinezza di Giasone, nel Giasone che danza lieto fra amici sotto Ie mura chiare della pisana piazza dei Miracolil 0 nella disperata maschera di Medea? La duplicita psicologica di Pier Paolo ospitava in se il Centauro e Medea - poli complementari dell'ideale, candida e tragica, carnale bellezza di Giasone.
In Medea, nella sua disperazione, Pasolini rappresentava la propria disperazione culmrale - rna la sigillava nel mito, la imbeveva della inatmalita propria della figurazione decadente. Era il suo gusto per il brico/age a trionfare - trionfava nella scelta del paesaggio: la Turchia e l'isola di Grado; Ie antiche celie cristiane affrescate di grezze immagini bizantine, e Pisa. Accanto a questo: invenzione di riti cannibalici, invenzione di costumanze elleniche. Quindi, il volta, la presenza magnetica di Maria Callas. Maria Callas coincideva prevedibilmente can il personaggio di Medea, fin da quando alia Scala, 1953, era stata ripresa la Aledea di Luigi Chembini, direttore d'orchestra Leonard Bernstein. Pier Paolo scherniva , il melodramma, irrideva i melomani. Diceva sferzante: «E da checche spasimare per I'opera». Amava la musica settecentesca, e il romanticismo musicale sembrava non interessarlo.
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II nome di Maria Callas, per il personaggio di Medea, glielo suggerl Franco Rossellini, produttore delegato del film .. La Callas, attrice tragica: possedeva uno suepitoso istinro della scena e della liturgia gestuale che accompagna il canto. Quell'istinto venne "lavorato", messo a punto dagli insegnamenti di Luchino Visconti: Ie regie di Visconti - Vestale, Traviata, Sonnambula - portarono la Callas al vertice delle possibilita espressive. Ragioni artistic he e ragioni di box-office: Maria Callas, abbandonato il teatro, era ancora un nome abbagliante per it pubblico. Pier Paolo la scelse: e la sua Medea 10 accompagno verso gli Inferi della musica lirica e del canto:
pOr/anda teca quell'adard'a/tretambo, conti orie compaste do Verdi e divenute rosse de) songue /0 cui esperienza (ehe non ne pronuncio /0 por%) insegno /0 da/cezzo, /0 vera do/cezza 18. Nacque, dall'incontro fra i due, fra autore e personaggio, la leggenda di un amore. Fotografie sui rotocalchi: fotografarono un bacio sulle labbra, scambiato, forse, in un aeroporto. Pier Paolo segul Maria in una vacanza nelle isole greche -la Grecia dei "colonnelli". (E lui dedicava versi a Panagulis.) La segul a Parigi - lei venne a Roma. Con lei, Moravia e Dacia, in quatrro, compl un viaggio in Africa, fra il dicembre 1970 e il gennaio 1971. La chiamava: «U ccellino con potente voce d'aquila / e aquila tremante»19. La grande tragica, artista difficile, che aveva artigliato Milano con i suoi «caleoli» oltre ehe con la inimitabile bravura, era poi dolcemente ingenua, quasi una ragazza, ai suoi , . quarant anm. La sua misteriosa leggerezza affascino Pier Paolo - il faseino che su lui esercitava la femminilica, specie se vi av-
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veniva I'eco della simbolica Madre, la repress a, tenura ai margini della vita urbana e civile. Uamicizia con Maria gli confermo la giustezza della propria intuizione: I'ingenuita di lei, «una giovinetta assetata d'incruente stragi. zo , era il riflesso di una inconsapevolezza erotica, di una "repressione", che si scioglieva sol tanto nel canto. La ritrasse piiJ volte in disegni che amo colorare con i fondi di caffe, con I'olio, I'aceto e il vino - anche Victor Hugo usava disegnare adoperando materie vive come il tabacco. Ninetto era sempre vicino a Pier Paolo. Ninetto stava sotro naja a quel tempo, a Trieste: e Pier Paolo 10 inseguiva, talvolta con disperazione. • Maria appariva incredula suI rappono fra i due - Pier Paolo, forse, arrivo a giocare la lontananza di Ninetto sull'incredulita di lei. Maria ando nella casa di via Eufrate, conobbe Susanna e GrazieIla: lunghe telefonate da Parigi. A Parigi Pier Paolo ascolto can lei musica: capl che la musica di Verdi era qualcosa di immensamente diverso da quanta aveva creduto. Poi, entrambi si arresero alla natura invalicabile di una • • • amorosa amlClZla. Una poesia di Pier Paolo testimonia dell'impossibilita di superare quella soglia.. II titolo, Timordi me?-tirolo "verdiano", parole per Leonora, IITrovotore,dettate da Salvatore Cammarano. E il momento in cui Leonora, sotto.!a torre dove Manrico e prigioniero, una «oscura notte», piange il suo perduro «amof sulI'ali rosee •. II senso della tenebra, l'arcana risolutezza vitale, la passione interamente nascosta nelle celie segrete del CUore: Maria Callas sapeva cantare tutto questo con voce mira bile e viva sensibilita femminea.
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011, un tmibile timore; La lietezzo esplode eontro quei vern suI buio. Ma tale lietezzo, ehe tifo cantore in voce. i un ritoroo dol/a morteZ!. La donna e per Pier Paolo «riapparizione ctonia»: riapparizione da un viaggio compiuto in luoghi da lui mai percorsi. La donna torna con una notizia, la notizia del vuoto nel cosmo. Clli c'e, in quel vuoro DEL COSMO, che lu porti nei tuoi desideri t conosci? C', il padre, si, lui! Tu cred; che io 10 conosco? Oh, come ti sbogli; come ingenuamente doi per certo ciil ehe non 10 eoffatto; fond; tutto if discorso, ripreso qui, cantando, su questa presunzione cite per Ie, umile . e non sai ifIVtce quanto sin superbo essa porta in st i segni della volonto mortale del/a [maggioronzo -
In Maria, Pier Paolo - una sera a Parigi (" con la risultante di «qualcos. di •
erOlco»:
Questo e infotti il necrologio di un'eroina. Bisogna aggiungere che era mol to spiritosa, e un'eccellente Clloca. Cosl Pier Paolo concludeva. Laura era stata innamorata di un giovane scenografo te-
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deseo: poi era rimasta sola. Nei giorni della rottura con 10 seenografo, uno seaffale di libri Ie era rovinaro addosso. Sempre in gran traffieo fra medici e fleboclisi, a mezza strada tra immaginari mali e malattie reali, quella voltaLaura si ammalo davvero. Crolli emotivi, improvvise stizze e disperazioni - Pier Paolo l'aiota. Presto, tutto torno normale: Ie cene la domenica, e progetti di cinema discussi fino alia sfibramento. Aile cene si aggiunsero vacanze al mare. Moravia prendeva in affitto una casa, d'cstate, sulle dune di Sabaudia. Ancora poco frequentata, quella spiaggia, estesa come una lunga lama di falce sotto la roccia verde del Circe 0, era stata scoperta da un amico pittore, Lorenzo Tornabuoni. Nella casa di Moravia, Pier Paolo passava qualche settimana: anche Madame prese in affitto una villa, non sulle dune, rna sulla pietraia del promontorio, can vista fino a Ponza. Pier Paolo si divise fra I'ultravioletto della roccia e i riposi sulla sabbia di Sabaudia. Anche di Hi, fuggiva verso Ie sue "abirudini" notturne. Raggiungeva Nettuno, dove aveva amici fra gli allievi della scuola di polizia. Diceva che erano ragazzi «dolcissimi», figli di meridionali della vecchia Italia. A Sabaudia, nell'agosto del 1973, con Dacia Maraini scrisse la sceneggiatura di Ilfiore delfe .MiJle e una nolle. Lavorare al mare fu il suo modo di far vacanza - poi raggiunse Susanna in montagna, e can settembre era di nuovo aRoma, preso dai cento impegni simultanei della sua vita. Conclusa la Trilogia, progetto il San Paolo, ho detro. Ma sui finire del 1973 aveva confidato a Enzo Golino un diverso progetto: Sl, nel film che faro dopo aver terminatoLe Millee una notte. I protagonisti saran no due napoletani, e uno di 10-
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vorrei fosse imerpretato da Eduardo De Filippo. II film comincia a Napoli e si svolge ne! corso di un lungo viaggio in cui questa cop pia di napoletani incontra tanti napoletani in giro per il mondo. ( ... ) Napoli e rimasta fO
l'unica vera grande citta dialettale. L'adeguamento ai
modelli del centro, a norme imposte dall'alto nella lin-
gua e nel comportamento, e soltanto superficiale. Sana secoli che i na~oletani si adattano mimeticamente a chi
e sopra di loro
2.
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II progetto, di cui resta un treatment di settamacinque cartetle can alcune correzioni a mana, porta il titalo di Porno-Teo-Kolossal. I protagonisti designati erano Eduardo e Ninetta: replica anni Settanta di Uccellacci e ucce/lini, il film e un viaggio immaginario atrraverso tre citta simboliche, Sodoma (Roma), Gomorra (Milano), Numanzia (Parigi), coneluso a Ur ([,Oriente indiana). I due personaggi seguono Ie indicazioni fat~te di una cometa, che Ii guida alia scoperta di una nuova "buona novella»: e Ie tappe che devono obbligatoriamente percorrere (Ie rre citra), rispettivamente, inscenano I'insensata permissivita, la violenta rivolta contra qualunque diversita, il fascisma neocapitalista al potere. Per «stoica» ironia, Pasolini doppiava se stesso nella figura di un vecchio ingenuo e saggio, dist.ccato e partecipe, segnato dalla squisita aristacrazia dell'intelligenza che soltanto i veri popolani han no. L'immagine cui Eduardo De Filippo, in Porno-Teo-Kolossal, avrebhe dovuto dare vita era quella di un poeta che insegue I'utopia nel cielo della propria anima: un 'utopia politica e religiosa, alonata di sorriso. II progetto di Porno-Teo-Kolossalvenne rimandato. Pasolini realizzo invece SaIl! 0 Ie 120 giornate di Sodoma ai primi mesi del 1975, fino in primavera avanzata, in una villa presso Mantova.
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Sergio Citti e Pupi Avati avevano collaborato alIa see· neggiatura. Circolo Ia Ieggenda che Ie scene erotiehe del film venissero interpretate con intera verita dagli attori -Iu· bricita, masochismi, e sadismi, scandali. Le nudira sono visibili: visibile e la crudezza delle si· tuazioni. Ma visibile e anche la cioccolata investita di ruolo escrementizio nelle scene di coprofagia. Ogniset, quando il regista e di fama, e il soggetto del film pub alimentare il subisso delle chiacchiere, non , si sottrae al· la leggenda: ecompito degli uffici stampa. E un modo per tenere desto il meraviglioso di cui la macchina produttiva ci· nematografica si nurre. II soggetto di Sa/O possedeva in eccesso i numeri per il pettegolezzo piu sfrenato: e cosl fu. Pier Paolo, per sua parte, nelle scene piillaceranti, pro· . vocava gli interpreti con i sottili sarcasmi di cui era capace. Forzare un eterosessuale maturo a baciare appassionata. mente Ie Iabbra di un ragazzo (attori non professionisti en· trambi) era per lui un gioco - ma, insieme, l'espressione di un convineimento radicato: quello per cui tutti, non incon· sciamente, ospitassero in Ioro porzioni cospieue di omoses· sualita, represse per mero obbJigo soeiale. Nei mesi di Mantova scrisse l'incompiuto trattato peda· gogico, che intitolo Gennariello: 10 scriveva, a puntate setti· . manali, per «II Mondo». , Gennariello voleva essere il suo Emile - epifania del suo forsennato pedagogismo. A un ragazzo «napoletano», comunque meridionale - e percib storicamente disponibile a soffrire la violenza del po· tere -, insegnava il modo per salvarsi: vivere nella societii contemporanea e insieme resistere alIa sua influenza cor· • ruttnce. Vabiura, l'utopia - e la speranza. Coltivava questa spe· ranza.
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I mesi di Man·tova. Non lontano, a pochi chilometri, nella campagna parmigiana, Bernardo Bertolucci girava Novecento. A Pier Paolo non era piaciuto Ultimo tango a Parig;: ne ave va parlato in termini eccessivamente critici. Lo giudicava un cedimento di Bertolucci al cinema commerciale. Frizioni, rivalitil avevano incrinato I'antico rapporto fra maestro e allievo: per qualche tempo Pier Paolo e Bernardo avevano cercato di non incontrarsi. Adesso si trovavano vicini, entrambi impegnati nel lavoro. Laura Betti faceva parte del cartdi Novecento. I duefilm erano prodotti da Alberto Grimaldi. Nico Naldini era presente per motivi di lavoro sui due sets. Le due troupes si sfidarono in una partita di calcio. Pier Paolo gioco. I due amici tornarono a abbracciarsi. Pier Paolo ultimo Ie riprese in velocita: ('estate la trascorse lavorando al montaggio e all'edizione del film. Qualche anno avanti, con Moravia, aveva acquistato un terreno sui Ie dune di Sabaudia. Insieme avevano messo fine a una casa lasCiata a mezzo su quel terreno, e I'avevano divisa a meta. Quell'estate la casa era pronta. Moravia vi passo Ie vacanze; Susanna e Graziella abitarono la parte loro. Con Graziella c'era Vincenzo Cerami, 10 studente della scuola a Ciampino: aveva scritto un romanzo, • • scnveva vefSl. Solo era pronto alia fine di ottobre. Pier Paolo gia discuteva, sulla via di concludere, can Eduardo De Filippo per Porno-Teo-Kolossal. Eppure, con alcuni amici aveva parlato del bisogno di allentare i propri impegni col cinema: parlava di portare a termine il romanzo che stava scrivend0 9'. Nell'urgenza del cambia mento, che pure 10 inseguiva, Pier Paolo sembrava assediato dalle proprie abirudini - e il cinema era ormai per lui un'abirudine ..
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Usciva in Svezia un'antologia di sue poesie. L'ultima settimana dell'onobre 1975, parti per Stoccolma. Nel mese, era andato e venuto da Parigi; curava i dialoghi francesi di Sa/o.
SolO 0 /e 120 giornate di Sodoma e una sorta di saggio critieo per immagini. Tema del saggio, nel quale il romanzo postumo di Sade viene ass unto come provocazione intellettuale, e la mentalit3 eoneentrazionaria nazifascista, istigatrice di violenza. Ma suoi temi sono anche la trasgressione del sesso e la morte . . Nei titoli di testa impaginati, secondo la consuetudine pasoliniana, su fondo bianco a caraneri Bodoni, figura un cartello che dice: «Bibliografia essenziale». Vi sono indicati gli scrini su Sade di Barthes, Klossowski, Blanchet e alui, L'aurore del film mostra di aver vagliato e recuperato alia propria opera i'risultati essenziali di alcuni interpreti sadiani. Primo fra tutti: ehe la scrinura di Sade sia uno dei monumenti massimi al nominalismo. Sade mette in boeca ai propri personaggi discorsi di incontinente verbosita e narrazioni di una programmatica astranezza. Ebbene, tanta spreco di parole e discorsi ha un fine preciso: ridurre l'azione romanzesca a'rito e a emblema. In Sa/o, ritualismo e emblematicit3 sadiani filtrano interio I personaggi di Les 120 journies de Sodome interpretano, sulla pagina scritta, Ie proprie azioni al modo degli anori, non coincidendo mai con esse. Si verifica cosi un calcolato scollamenta fra cia che dicono e cia che fanno. Pasolini punta deliberatamente a questa scollamento, a questa «estraneazione tearrale», di cui Brechre stata il tearico. Sa/o, film "brechtiano", film "critico", film ritualistico, si apre con immagini di campagna pad ana: i nazifascisti vi compiono razzia di giovani. II colore e acquarellata e dolce, spento 0 inazzurrato dalla nebbia. Siamo all'/ntroibo della cerimonia - la cerimonia avra inizio una volta che la razzia e accuratamente ultimata.
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Quattro signori e quattro signore-narratrici si rinchiuderan no in una villa neoclassica per attuare in centoventi giornate i regolamenti di un codice orrifico. II potere e anarchia, dice Pasolini: iI potere vuole abolire la storia e sopraffare la natura. Storia e natura possono essere abolite e sopraffatte attraverso il sesso. La cronaca dei fatti umani suggerisce che durante la repubblica di Salb, col dominio dei nazisti, una tale sopraffazione, radicale e totale, avrebbe potuto compiersi. Ecco, quindi, nel film, sotto il suggerimento di Sade, rendersi esplicita la metafora di quella apocalisse. Si rappresenta l'inferno del dolore e dell'angoscia, organizzato, a struttura chi usa sulla base delle successive narrazioni che Ie donne-celebranti ordiranno can odiosa delizia nella Sala delle Orge. Le celebranti raccontano, e i signori vorranno adeguarsi aile loro parole us an do come oggetti di esemplificazione Ie ragazze e i ragazzi sequestrati nelle campagne vicine. Nudi illividiti dal gelD: sana corpi, questi che Pasolini ci mostra in SaM, senza il povero e casto splendore della Trilogia della vila. Sana carpi che il colore fa grigi, certamente belli, ben proporzionati, ma annientati, cancellati nella loro bellezza, dall'inferno in cui sono stati rapiti. La loro dolcezza di vitti me impietrisce, poiche, nel men• • • • tre sono Vlttlme, non possono non mtreCCIare un rappono velenosamente consensuale con i propri carnefici. Cib che suscita spavento e illoro dibattersi fra consensual ira e rifiuto. L'anarchia della situazione -regolatissima- fa sl che, sentendosi essi a tratti liberi, si illudano di poter offrire in piena liberta la propria amorosa dedizione a qualcuno. A quel punto, l'irrazionalira del potere agisce: Ii piega aIle pratiche piu turpi, coprofagia compresa, fmo alia "soluzione finale", quando tutti vengono uccisi. A turno, ciascuno dei quattro signori osservera Ie scene dello scempio da una finestra della villa con un binocolo, che
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talvolta roveseia per fomire a cib che vede - rimpicciolito, . . un estetlca cornIce. Cruda resa all'ine!uceabile - anche se, messaggio estremo del film, il ballo, che due ragazzi (due ragazzi della guardia fascista liberi nel pieno dell'orrore di essere se stessi) increcciano, allude a un ineeno rivolo di speranza. Ma, quale speranza? Seguendo Georges Bacaille, si pocrebbe dire ehe in quesco film la conoscenza della mone non fa pill raccapriccio del nascere alia vita. II Pasolini «corsaro» e «Iuterano» sembra in Sali! nutrire al fondo di s6 null'altro che il misticismo delI'anniencamenco - e gli dii plastica visualizzazione con rifinice misure di dettaglio. La vitalira, il riso dell'effrazione erotica- cioe, i segni pill smaglianti del Fiore delle Mille e una nofte -, paiono spariti dalI'octica pasoliniana; 0, meglio, paiono ricondotti alia ritualita calcolata, talvolta melo, di una Grande Messe des Morts. L' eros, In IIliore delle Millet una notte, era propriamente amore: in Salo e odio. Fu , quella, forse, una contrapposizione dialectical E vero, come e stato scricco, ehe in SalO «Pasolini si serve di Sade per smaseherare Pasolini» 94, rna 10 smaseheramento prende il tono di una res.senza eondizioni: e l' eros, una volta messo a nudo, diventa eolpa. Era questa la colpa da purgare, la colpa sulla quale Paolo di Tarso serisse Ie parole pill tormencate: una eolpa che nell'animo di Pasolini pareva risorgere dalle oscure angosce della giovinezza e specchiarsi in que! ehe chiamava «genocidio antropologieo». La disperazione contenuta nei pamphlet politici va a sommarsi a quella delle pagine "erotiehe" di Vas, dilaga a programma sullo schermo di Salo. La speranza affiorata a momenti diversi in questi anni, il gusto utopistico di prevedere il bene - cutto viene smembrato dall'assedio di un incaleolabile Male.
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Anche in Sala e contenuta una utopia che, per quanto vestita nei panni degli anni Quaranta, e proiettata al futuro: • • e nera prevlslOne. A scars a salvezza e il fox-trot intrecciato dai due ragazzi in finale. Le Erinni scmbrano richiedere, nel cuore di Pasolini, il lutto e la morte. ,
E vero che egli non provasse pili la gioia dell' eras - e vero che la sua angoscia fosse inca pace di tacerla. L'abiura dal corp 0, dal sessa dei ragazzi di vita non era frutta di un manierismo intellettuale. II fiume del tempo aveva tracimato immagini e ideali. Susanna gia mostrava tenui opacita fisiche. Pier Paolo I'abbraceiava, Ie sussurrava Ie tenerezze della propria passione: rna nellc sclerc di lei spurgava il tremulo liquore della vecchiaia. Sulla terrazza della casa di Sabaudia, Susanna, quell'estate 1975, fra i lampi della sua accesa sensibilitil, mormorava da sola al mare chissa quali antiche [antasie. Erano i mesi di un funesto tramonto. La gioia dell'eras si era fatta scura net cuore di Pier Paolo, cio significava scoramento e disfatta. Ma Pier Paolo non cedeva una infinitesima porzione delIa sua vitalita a que! destino. Progettava, lavorava: nascondeva satta l'enormitii delle intraprese la disperazione e l'angoscia. Disegnava per se una diversa vita quotidiana: per l'inverno, disse, avrebbe amato frequentare i concerti, riascoltare can metoda la musica. Poi, c'era sempre l'idea di tarnare a farsi pittore, e, comunque, di tornare a farsi ro•
manzlere.
Ma \e abitudini erano recidive, come Ie sue passioni. Nei suoi vagabondaggi, da ultimo, aveva sofferto aggressioni: si era trovato a tu per tu can la de!inquenza. Iscriveva questi eventi nella sorte deragliata della societa italia-
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na: per se non aveva paura. II non nutrire paura rientrava ne! suo eroico, personale destino. Dunque, pard per Stoccolma la domenica 26 ottobre. Nel corso della settimana, da Stoccolma an do a Parigi, sempre a causa dell'edizione francese di Sa/o. Torno aRoma il 31 ottobre. Sabato 1 novembre fece colazione a cas a: Susanna aveva cucinato per lui. La sera decise di andare a pranzo con Ninetto. II pranzo al "Pommidoro", a San Lorenzo. Il Jotojinish della sua vita 10 vede sparire quella notte sulla Giulia GT. Le sue ultime parole sono Ie consuete, di saluto: Ie parole qualsiasi di una qualsiasi sera. In quel che avviene dopa, Pier Paolo e mUID: e la sagoma muta che si muove sulle righe di una confessione resa ai carabinieri da un «Gennariello» assassino. 0
Abitudini e passioni ebbero la meglio, ne! poeta, su ogni abiura, su ogni ulDpia. Pier Paolo era ormai un corpo sfigurato che l'alba del 2 novembre 1975 scopriva pian piano can debole luce a-cavallo (come si dice nel gergo del cinema) suI terreno vago dell'Idroscalo di Ostia.
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EPILOGO
•
,
Volonta di vivere
Pasolini chiese a se Stcsso di morire? II suo assassinio fu un suicidio per delega? Mi domandavo, nel prologo a questa narrazione, quale fosse il senso della fatalita denero cui la morte di Pier Paolo e racchiusa: coincidenza di paesaggio e immaginazione, risoIuzione di un destino che sembra calcolare la propria parabola al millesimo. Parlavo di «fatalita raccapricciante» . •
La vita di Pasolini parrebbe spiegare tutto: Ie «cacee», replicate notte su notte, sembrano contenere Ia conferma irrefutabile che egli si predisponesse quotidianamente al supplizio: asseeonderebbero il richiamo di un eros dai funebri eolori. Pasolini avrebbe cereato Ia morte nella caligine notturna - finch" la morte gli si e offerta nella rna no di Pelosi, 0 di supposti altri con lui. Antica, contraddittoria repugnanza nei confronti del proprio eros. Pasolini e vissuto nell'assillo di non poter dare a esso quanta gli ehiedeva - e la riehiesta era oseura, appunto caliginosa, notturna. Era un eros ehe non chiedeva I'incesto, e neanche la fantasia dell'ineesto: forse esigeva il supplizio per I'assenza di questa fantasia. Simultaneamente, esigeva eompensi per tutto cib che significava nostalgia per il padre odiosamato e perduto.
Sl1
Quindi, i ragazzi: Sono mig/iaia. Non posso amarne.uno ( ... )'. Ognuno con la sua bellezza, la sua eternitii: ognuno esca di un annichilirnento, di una sublimazione impossibile. Tutto cib non e induzione arbirraria: Pasolini "confessava" se stesso nei versi non ponendosi remore. Eccomi nel chiaroTe di un vecchio aprile, a con/essarmi, inginocchiato, fino in fondo, firlO a morire ( ... )'.
•
Ma, quale significato attribuire a un tale genarsi a terra e piangere? La confessione. Se dovessimo andare con la mente ai si. gnificati complessi che I'ano del confessarsi ha reso espJiciti nella tradizione canolica, dovremmo evocare davanti alla nostra immaginazione Ie pili atroci sofferenze del!'io. E I'io piagata, diviso, che, confessandosi genuflesso, raccolto cioe quanta pili vicino alla terra (alla madre), tenta, attraverso l'atrace irnpresa della verbalizzazione, di sconfiggere ogni schio zofrenia, di radunare Ie membra sparse. E una volonta di guarigione: poiche il peccato e malattia - una panicolarissima malania,la cui cura consiste nella sua stessa pronuncia. Ma la pronuncia del peccaro pub realisticamente schiudere al peccatare i cam pi aperti della salure? II cattolico (e il cristiano) ritiene di sI. Non v'e necessita di ribadire a questa punto !'ispirazione cristiana di Pasolini. Pasolini si gena in terra, si confessa, o
Poi... ah, nel sole eta mia sola lietezza ( .. }. La pronuncia del peccato era per lui liberatoria - ma non fu liberante. J'ai fait Ie premier pas et Ie plus penible dans Ie labyrinthe obscur et fangeux de mes confessions. Ce n'est
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pas ce qui est criminel qui coOte Ie plus adire. c'est ce qui est ridicule et hontcux. Des it present je suis sur de moi; apres ce que je viens d'oser dire, rien ne peut plus , • 4 m arreter .
Cosl Jean-Jacques Rousseau nelle sue Confessions. II «ridicolo .. , il «vergognoso ... Jean-Jacques confessava il momento ne! quale si era imbattuto nel proprio masochismo, 10 stupefatto godimento pravato sono Ie dure ram pogne di mademoiselle Lambercier. Rousseau non crede nella mera pronuncia del peccato: crede nella forza eonoscitiva della «confessione ... Rousseau era un laieo. Ma aneh'egli si esalta, confessandosi, all'idea di una propria, incommensurabile ~diversita .. , lui, unico depositario del vero. Pasolini, nell 'atto di confessare il peccato, fa altrettanto: cresce in lui I'ardore «inammissibile»:
10 devo diJendere questa enonnita di disperata tenerezza ' s che, pari 01 mondo, ho avuto nascendo . La confessionc del peccato diventa cosl celebrazione d'eseasi. Se I'estasi fosse venuta a mancare, «meglio la morte I che rinunciarvi! .. 6. L'abiura costituiva rinuncia - quindi, «meglio la morte ... Tuno parrebbe spiegato: Pasolini parrebbe confitto alia conciliazione degli opposti in cui visse. Ogni illazione sa rebbe tacitata. La mone e un'assoluzione dell'esistenza: e una immediata siseemazione di cib che era informe e confuso. In questo caso, cib che appariva contraddittorio acquisterebbe • una traglca compostezza. •
Ma tuttO eib ehe riguarda Pasolini non sfugge tuttora all'ossimoro, alia figura retorica che denuncia il contrasto e la disparitii.. La sentenza di appello del processo Pelosi, firmata il 4 dicembre 1976 da Ferdinando Zucconi Galli Fonseca, ricosttuisce la notte dell'Idroscalo ponendo soli protagonisti del
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fatto Pasolini e Pino detto "Ia rana": uno contra !'altro. Esaminando dett.gliatamente Ie prove avanzate sulla partecipazione di terzi al delitto (il plantare e il golf trovati all'interno della Giulia GT, Ie impronte di scarpe gommate rilevate suI campo da pallone, la scarsid di tracce di sangue su Pelosi, la presenza di residui ematici suI tetto dell'auto, e il resro), la sentenza conclude: «Che questi e1ementi possano spiegarsi con I'ipotesi della partecipazione di pill persone C indubbio; che ne siano indizi sicuri e incontrovertibili e da negare». Difatti: il plan tare era situato sotto il sedile: Graziella Chiarcossi, pulendo !'auto, puo non averlo visro; il golf pub esservi stato lasciato da qualcuno nel corso della giornata dell' novembre (Pier Paolo usc1 que! po meriggio da solo); Ie impronte di scarpe gommate suI terreno dell'Idroscalo possono .ppartenere a persone and ate Iii in ore precedenti l'assassinio; su Pelosi Ie tracce di sangue sono scarse poiche il ragazzo ha attaccato per primo e di sorpresa Pasolini; i residui ematid suI tetto dell'auto possono provenire da un paletto volato in aria. Ogni pro va, cioe, si sdoppia in una controprova.
Su un punto ]a nuova sentenza insiste: !,inattendibilitil del racconto reso dal giovane assassino. Pelosi mente. Cib prova il suo dolo: prova che egli non ha compiuto «un atto gratuito e irresponsabile». Era perfettamente a conoscenza di chi fosse Pasolini e di quanto poteva .vvenire nell'incontro can lui. La sentenza dissipa anche I'ipotesi di un atteggiamento sadico, comunque aggressivo, in Pasolini: ' La corte riJeva che se si ricerca a fondo ne] racconto
(di Pelosi), anche senza voler tener canto delle incongruenze di cui e jnfarcito, in quale modo l'aggressione stessa si sia estrinsecata, non si trova nulla che possa far credere che la Ii bert. sessuale dell'imputata a la sua integrica fisica siano state veramente messe in pericolo 0 siano patute a lui apparire gravemente minacciate. Se
pure Pasolini abbia potu to pretendere qualcosa che Pe-
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losi, magari per una resipiscenza 0 una repugnanza insorte in lui all'ultimo momento, non volle accettare, nes- , sun tentativo di sottoposizione violcnta del ragazzo ai suoi desideri emerge dalla narrazione.
Pelosi disse che Pasotini tente. di fargli violenza con un paletto. La sentenza obietta che, se il gesto «fu attu,ato come forma abnorme di approccio 0 mezzo di eccitazione, non sarebbe stato reiterato ne accompagnato dal tentativo di abbassare con forza al ragazzo i pantaloni, sicche a esso Pelosi non avrebbe avuto bisogno di resistere 0 reagire violentemente».
A conclusione di queste analisi, dovendo motivare il delitto, la sentenza d'appello parla pero di «circostanze non chiare» nelle quali i farti, tutto sommato, si sarebbero svolti; e conclude nell' «impossibitita di identificare la causale del rea to». Pelosi ha ucciso: rna non dice perche ha ucciso, ne il suo comportamento 10 spiega. , E legirtimo allora, come a rimertere in moto la ruota del destino, che, nella rice rca d'una purchessia motivazione, l'ipotesi dell'agguato si riaffacci, si giustifichi, forzando I'alone di dubbi che la fasciano. Ma anche in que I caso (quale il motivo dell'agguato?), turto non si placa: il contrasto e la disparira riprendono il sopravvento. Se i fatti tacciono, la psicologia puo aiutare a spiegarli. I motivi dell'aggressione possono essere molti e non Ii conosciamo. Ma la morte di Pasolini, nella realta psicologica che e la sola che conta,
e stata certamente provocata
dall'odio dell'assassino verso se stesso e dalla sua identificazione can Pasolini nel momento del delitto. Uccidcndo Pasolini, l'assassino ha voluto punirsi; l'omicidio e ' stato, dunque, una sorta di dissociato e oggettivo suicidio.
Questa e 1'idea di Moravii.
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II suicidio per delega sarebbe stato compiuro, percio, da , Pelosi su Pasolini. E un'idea convincente: molti assassin! di omosessuali, perpetrati da mercenari del sesso, sono innescati da quella logica. Ciononostante, non sappiamo cosa abbia scatenato in Pelosi il raptus sanguinario. La contrattazione del denaro era , risolta. Le prestazioni erano chiare. E probabile che da parte di Pasolini sia stata avanzata una richiesta, forse sotto foerna di peovocazione - usando il paletto. In quel momento, convergendo in un gesto una seeie di malintesi, puo esseesi addensata la carica pili sinistea di fatalira. II gesto di Pasolini ,simulava una forma di masochismo? Simulava una sfida al sangue? L'urgenza della delega suicida eea presente anche in lui? La ruota delle ipotesi non ha sosta: giea su se stessa trascolorando, sempre che altri fatti, finora a noi sconosciuri, non arrivino a dirci la veeita su quel che avvenne, Ma, ripeto cio che sceissi: e la rea/ta di questa morte quel che conta, non la sua verita, La vicenda umana e la vicenda letteraria di Pasolini dicono che egli dovette trovarsi davanti al proprio assassino armato di un coraggio ad altri sconosciuto. Quale la natura di questo coeaggio? Se fosse uscito vivo da quell'oeribile notte, sostenne Rossana Rossanda, Pasolini saeebbe stato «dalla parte del diciassettenne che 10 ammazzava di botte. Maledicendolo, rna con lui. E cosl fino all'inevitabile, forse prevista e temuta, altra occasione . 8 di morte» . Pasolini sapeva che Ie ragioni della vita e della morte degli uomini sono storiche e non sono occasionali - era questa una forma di coraggio conoscitivo che non gli era estranea. Non gli eea estranea neanche la pietas cristiana di cui Rossana Rossanda 10 vede nutrito: eea unapietas resa complessa ed esplosiva dal con vinci men to marxista. II coraggio di cui parlo e peeo esistenziale, e non cultu,
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rale. Vivere oltraggiosamente la propria vita, fino al rischio estremo: q uesto fu il coraggio di Pasolini. Egli oltraggiava la propria esistenza di intellettuale illustre rendendosi disponibile a ogni contraddizione, negando la propria persona a qualsiasi bene educata immagine. L'immotivato e il vergognoso sembravano il suo dominio - e 10 furono, comunque siano and ate Ie cose, suI campetto dell'Idroscalo. Contemporaneamente, non negava alle proprie parole la fataliea del messaggio morale, I'asprezza di un loro razionaIe rigore. 11 suo destino di "maledetto" era di continuo compromesso dalle esigenze della ragione. Tutto cio significava sprezzo di ogni convenzione, e sprezzo anehe della convenzione ultima da tenersi davanti alia vita: salvaguardarsi. La sua "malafede": Pasolini usa spesso 10 schermo delle "maschere". La maschera delI'''usignolo'', '0 del Cristo sputato e deriso; la maschera del "corvo", 0 del vaneggiante Don Chisciotte delle idee; la maschera paolina. Erano maschere che suggerivano collettiva salvezza. La profonda, irrisoha contraddizione pasoliniana nasceva dal fatto che egli era cerro, incontrovenibilmente e angosciosamente certo, di non pater salvare nessuno: neanche se stesso. Per questo Ie sue parole di speranza, ogni volta pronimciate, hanno un suono fioco e mesto. Dunque, Pasolini non chiese alia vita un suicidio per delega. Guardava alia morte col coraggio di chi non guarda al di Iii del proprio destino. Era un uomo profondamente religioso, rna nella sua religione il vocativo "Dio" era assente: "trascendenza", presso di lui, e una parola afona. La sua religiosita era animata da orgoglio "dantesco": non contemplava i valori della filialita e della sottomissione al divino: col divino il rappono era di sfida. Per converso, il
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divino, se prendeva il volto della "creatura" ,10 rapinava,lo riduceva a se: rna non come figlio. La sua "maschera" pill usata fu quella di negare dentro la propria anima ogni aspetto di figlio investendosi di quella del "maestro". Solo una tale investitura gli dava la forza di tollerare il "martirio" - un martirio che, d'altra parte, sapeva evocare, provocare, catalizzare con intuito raro e per•
•
ntCIOSO.
Quel martirio, pero - qui la sua "malafede" -, gli serviva per rendere paradossale e aguzzo il proprio pensiero, per portarlo fino a una luminositii. folgorante. E quel pensiera poteva anche essere contraddittorio e distruttivo - rna esso, soltanto esso, era la via, a suo giudizio, attraverso cui raggiungere i luoghi aspri, difficili, dove si possono pranunciare Ie pill crud eli verita su noi stessi. •
Al punto in cui decise per la politica, e decise di «gettare il proprio corpo nella lotta», Pasolini resto irrimediabilmente un artista. Aile sue parole desiderava donare il fuoco dell'azione: rna cio che 10 assillava erano i fantasmi della sua coscienza malata. Non fu un decadente che amasse obliterarsi nell'agire. Persino un narratore come Joseph Conrad pote scrivere: , .L'azione e consolante. E nemica del pensiero ed e arnica delle seducenti illusioni». Pasolini non aveva alcun disprezzo per Ie idee: anzi, Ie inseguiva, Ie lusingava al calor bianco. II suo eloquio era tessuto sullessico razionalizzante della psicoanalisi e del marxismo. Eppure, non v'l: dubbio che sia il cinema sia la scrittura giornalistica degli ultimi anni hanno in lui un colore d'azione: possiedono l'empito di oggetti ani mati, lanciati contra superbe difficoltil. Se torniamo col ricordo ai suoi primi anni, quando 10 scoprimmo ubriacato e esaltato dai profumi pill intensi della pura letteratura - i versi foscoliani,l'amorde loinh, Ie sedu-
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zioni gidiane -, ci renderemo con to che Pier Paolo era allora come morto. Geniale indubbiamente, e poeta delicatissimo, 10 scrivere era un morbo da cui l'esistenza non riusciva a guarirlo. II sentimento della realtii si stornava in delittuosi e sensuali abbraeci con la vita. Pier Paolo intul ehe la salvezza gli sarebbe venuta da un meditato rapporto con I'azione. Aiutarono Ie eontingenze storiche: il fervore intellettuaIe del dopoguerra, la passione a non dilapidare il piccolo patrimonio di cultura rimasto indenne sotto Ie macerie del fascismo, la speranza in un futuro di giustizia sociale. II messaggio di Gramsci, insomma, aiuto Pasolini. II maledettismo, i legami strangolanti con la fisiologia, Ie battaglie annichilenti del corpo: tutto questo, dentro di lui, fu poi vinto, 0 quietato, dal sogno della pedagogia cristiana. La tradizione delle «picco Ie patrie» si confuse, nella sua mente, con quella delle «piccole pievi». Nell'equilibrio di tutto cio, egli vi sse la felice stagione creativa degli anni Cinquanta. Poi sopravvenne il mucamento. Pasolini aveva riposto la propria fiducia sull'oggettivitil della storia: la sua vita interiore era radicata al legame dialettico can la collettivitii. Egli viveva dell'intesa che si era creata era cultura e politica nell'area della sinistra: a quell'intesa dava un significato emblemaeico, di ptospettiva. Nei rapporti col Partito comunista - rapporti non pacifici - non fu mai porcato a mettere in crisi que! significato. Anzi, per tenerlo in vita e rinnovarlo di contenuti, si batteva strenuamente. Pasolini non credo avesse conereea idea di cosa fosse la . "dittatura del proletariato": il socialismo, nella sua coscienza, e il comunismosi sovrapponevano in una entiea felice dove Ie sofferenze umane, Ie storiche sofferenze di una nazione, avrebbero Trovato sollievo. Era un utopista: ma non ebbe dubbi a lacerare questo
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utopismo per Ie esigenze inevasibili dell'eros. La sua originalira scaturl di Iii.: non ebbe paura del proprio demone. II sopravvenire della crisi delle ideologie, 10 sfigurarsi il mondo delle «piccole patrie», 0 delle «piccole pievi», 10 privb di un nutrimemo che era stato per lui fecondissimo. Per dare plasticita visiva ai frutti della sua immaginazione amropologica e poetica fu spimo al cinema, «Ia lingua scritta della realta». II cinema gli suggerll'idea di poter ceIebrare un mistico rito conoscitivo. II cinema poteva essere la nuova "Bibbia dei poveri". II male incurabile della letteratura sarebbe stato aDcor pill felicememe vinto. . Ma ormai ogni equilibrio era spezzato: il poeta era entrato nel dominio delle illusioni, 0 dei gesti grandiosi, epici. Vepos esigeva battaglie, lotte: erano lotte e battaglie indirizzate a reimegrare, denunciando, uno stato di grazia tramomato. Sembrava che Pasolini si muovesse secondo l'impcrativo nietzscheano: «Ancora
nOll
basta! Ancora non basta
dimostrare una cos a, si deve sedurre gli uomini a essa, oppure innalzarveli. Percib il sapieme deve imparare a dire la sua saggezza: e spesso in modo tale che essa suoni come follia!» '. Suona nelle patole di Pasolini I'eco della follia filosofica: i suoi argomemi non sono funzionali ne alia destra politica ne alia sinistra - anche se egli resta fedele alia prospettiva di sinistra. Ancora non basta! Pasolini si dette al vaticinio: e il suo vaticinare diventb l'arma di una polemica che travaglib per quasi due anni l'opinione pubblica italiana. II delicato poeta dell' Usignolo anima va argomenti, ormai, che investivano i responsabili della cosa pubblica: Ii chiamaya al rendiconto, al «processo». Sottimeso al vaticinare, c'era in Pasolini una percezione realistica di quanto avvenuto in Italia dagli anni Sessanta in poi.
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Questo scrittore forsennatamente manierista - e di un manierismo barocco, amante delle asimmetrie, delle versificazioni tormenrate e materiche, che faceva del proprio stile un esempio splendente dell'illecito, che si compiaceva di una "poetica della regressione" per rompere gli involucri dorati dell'accademismo novecentesco, e che rievocava i grandi eroi della tragedia greca (nel teatro e nel cinema) non per vizio neoclassico rna per dare voce, con nostalgia straziante, a passioni e sentimenti che hanno vol to perento questo scrittore, e regista, sembrava sceso nell'arengo della politica per un crudo scrutinio dei facti. •
La polemica suI malgoverno italiano per gli anni del boom economico si incentra tuttora su questioni che erano limpide agli occhi di Pasolini - i danni provocati dagli squilibrati insediamenti umani, il depauperamento del patrimonio agricolo, l'inquinamenro delle coste, la dispersione delle risorse idriche, gli effecti pericolosissimi dell'emigrazione interna, I'atmosfera con centra zion aria degli agglomerati urbani: tutto cia gli era chiaro. Ma era una chiarezza che si offuscava. Per via di tanto, non riusciva a considerare nella giusta luce altri as petti del "caso italiano". Non riusciva a considerare fattore positivo di sviluppo la quadruplicazione del reddito nazionale. La stessa predisposizione degJi italiani a abbandonare un tempo di mise ria gli appariva una iactura. Questa cecit. - una cecita di cui si aiutava ne! vaticinare - fece sl che egli partecipasse del dima irrazionalistico e "antindustriale" favorito dalla crisi del Sessantotto. II sistema scolastico esplodeva, i disadattati intellettuaIi si moltiplicavano: Pasolini vedeva con chiarezza quali fossero state Ie distorsioni di gestione politica che avevano innescato quella tramaesplosiva. Cinture di bidonvilles da Terzo mondo intorno ai grandi agglomerati cictadini: Pasolini, al vivo, conosceva che serbatoi di violenza esse fossero. A tanta chiarezza, cosa mancaval
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Molti enigmi in lui. II piu visibile di essi riguarda una natura di scrittore - fin troppo delicata, fin troppo vulnerabile: _I pUntO che si direbbe necessitasse manifestarsi in segreto, e non nell'urro violento col pubblico, come invece accadde. A soluzione di questo enigma diro che Pasolini lascia violare delicatezza e vulnerabilita, in una gene rosa sete di vita. Altro enigma, per cui il suo bisogno di ragione fu annientato dall'empito psicagogico e naufrago, puo spiegarsi sottolineando quanto egli mancasse di una cultura pragmatica. Parlo di empirismo filosofico - ma l'empirismo era per Pasolini un peccato di laicita. Percio 10 rifiutava. Uomo per intero del suo tempo, scelse di vivere in campo nemico, sferrando polemiche e accuse: spingendo al paradosso la sua insostenibile situazione personale, e non preoccupandosi d'altro. Per tal verso la sua chiarezza di intelletto si intorbidava: e il peso dell'ideologia si faceva grave. Fu piu ora tore che politico, e non si libera dalla prigionia delle sue realra psicologiche. Avrebbe desiderato esser libero da esse - e campi sforzi assidui in tal sensa, quando tento, per "ironia", di farsi simile a uno "stoico" sapiente,
capace di salvare gli uomini in virtu del suo gelido esempio, in virtu delle pratiche austere con Ie quali aveva salvato se stesso. Ma la sua austerita non conobbe alcun gelo e fu solo un'ipotesi di vita. Peso dell'ideologia: era questa l'eredita degli anni Cinquanta che resisteva in Pasolini, e che 10 porro a giudicare la complessa unificazione culturale avvenuta nel paese come una funesta "omologazione". Su questa scaglio la sua rabbia. La sua "follia" pretendeva guardare al di Ja delle minuziose commisurazioni fra mezzi e fini, fra risorse e u teo rie dei bisogni" 0 "dei desideri". II benessere gli appariva veicolo di infelicitii. Egli divenne vittima del moralismo. Prevaricazione dell'ideologia, rifiuto di ogni filosofia dell'esperienza, rischio di caduta nell'irrazionale:sono con nota-
522
•
ti squisitamente italiani, che in Pasolini salgono all'incandescente. I suoi enigmi, in quella incandescenza, vanno a eelissarsi. Per q uanto sembri perfettamente in sintonia con certo spirito italiano, ecco, poi, Pasolini esorbitare da esso: trovarsi con esso non conciliato. (... ) 10 amvero aI/a fine senza aver jaffo, nella mia vita 10 provo essenziale, I'esperienza che accomuna gli uomini, e da loro un 'idea COSI dolcemente definita di jratemita almeno neg!i atli del/'amore! Come un cicco: a cui sara sfuggita, nella morte, una coso che coincide con la vita stessa ( ... )10.
La sua individualita finiva col prendere il.sopravvento su qualsiasi altra considerazione: insorgeva strazio e offesa, agiva il dolore dell'antic. e segreto ferit •. A questo, e all'erosione del vissuto, Pasolini sottopose ogni conquista di intelligenza, di moralita, di forma. La presa dell'irrazionale, su di lui, agl per quelle vie -Ie difficili e imperscrutate vie dell'inconscio. In un fascio di carte, databili 1969 0 1970, e stato trovato un disegno: unico suo disegno "astratto". II foglio e quadrigliato da ripiegature -Ie stesse che quadrigliano i fogli sui quali disegno i ritratti di Maria Callas, colorati con il vino, con l' aceto, col caffe. In questo foglio, in ciascuno scomparto, appare in diagonale ripetuta una linea che potrebbe assomigliare a labbra 0 a colline 0 a uccello in volo. La ripetizione e ossessiva; ma incorniciata nei vari quadrati l'ossessivitil pare placata, ridotta a consiglio. In basso, al centro del foglio - uno di quei fogli detti "da
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spolvero" -, Pier Paolo scrisse: «Il mondo non mi vuole pili e non 10 sa». II vertice dell'orgoglio - 0 il vertice della disperazione? Pasolini era dominato dal sentimcnto della sopravvivenza. Questa sentimento impuro nasceva dentro di lui ogni volta che \'aggressione della realta, diretta 0 indiretta che gli apparisse, si face va pili crudele. La sua morte, forse, fu il modo, coraggioso, di chiedere al mondo di "sapere" di lui, quando pure non 10 "volesse" pili.
•
•
524
Note
PRO LOGO
L'IDROSCALO DI OSTIA
1. Venne detta che l'utilitaria era
2. 3.
4.
5. 6.
5l «condominiale», rna che cia-
seuna del tce proprietari possedeva copia delle chiavi. Alberco Arbasino, Troppe coincidenze nella morte di Paso/ini, «Carriere della sera-, 5 novembre 1975. • Pier Paolo Pasolini, Lettere luterone, Torino, 1976, pp. 8·9. LeI/ere luterone, cit., pp. 16·17. II trattatello Gennoriello venne pubblicato a puntatc settimanali su «Il Mondo» dal 6 marzo 1975 al 5 giugno del medesimo anno, ragliaro per ragioni tipografichci I'uniea sua lezione legittima e quella contenuta nel volume citato. Lenere Illterane, cit., p. 73. Alberto Moravia, Come in una vio/rota sequenza di t(Accattone», iiCorriere della sera», 4 novembre 1975.
PARTE PRIMA TAL COUR DI UN FRUT
Oggi, in Rogoz.; di vito, Torino, 1979. 2. Pier Paolo Pasolini, Lepoesie, Milano, 1975, pp. 670-672 passim. I.
3. 4.
Ibidem, p. 193. Ibidem, p. 573.
.
5. Dacia Maraini, E tu chi eri?, Milano, 1978, pp. 259-269. 6. Pier Paolo Pasolini, Empirismo eretico, Milano, 1972: alia pagina 72 l'episodio e narrato per disteso. Vi si legge anche: -In quel periodo a Belluno, appunto dai ere anni ai tre anni e mezzo, ho
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•
provato Ie prime morse dell'amore sessua]c: idenriche a quelle che avrei provato finora (atrocemente acute dai sedici ai trent'annil: quclJa dolcezza terri bile e ansiosa che prende Ie viscere e Ie consuma, Ie brucia, Ie cootoTee, come una ventata ealda, scruggenre, davanti all'oggetto dell'amore. Oi tale oggcno ricordo, credo, solo Ie gam be, e precisamentc ]'incavo dietra il ginocchio COL tendini tesi,.. 7. Pier Paolo Pasolini, AJfabulazione, Pi/ode, Milano, 1977, p. 124. La sottolineatura e origina1e. 8. Ibidem, p. 129. La sottolineatura, anche qui, e originale.
IL TEMPO DELL'ANALOGICA 1.
z. 3.
4.
5. 6.
7. 8.
9.
Franco Farolfi, Un n"cordo, in «Nuovi argomenti», gennaio-marzo 1976, pp. 85-88. Pier Paolo Pasolini, Let/en a Franco Faro/fi. in «Nuovi argomenti» cit., p. 21. Ibidem, p. 6. Pier Paolo Pasolini, Lettere ug/i amici (1941-1945), Milano, 1976, p. 7. Ib,dem, pp. 15-16. Giacomo Leopardi, Zib",ldone, 3837-38. Lettereogli amici, cit., pp. 29-31. Letterea Franco Faro/ji, cit., p. 12. Pier Paolo Pasolini, AI let/ore nuow, in Poesie, Milano, 1970, p. 6.
10. Ibidem. 11. Luciano Serra, Prefazione a
Letlere agli amici, cit., p. XI. 12. Cfr. per tutto quanta riguarda la rivista: Paso/in; t «11 Setnccio», 1942-1943, a cura di Mario Ricci, Bologna, 1977. 13. Ncl testoAllettore nuovo, in Poesie, cit., Pasolini segna]a data del 1937. Rinaldi, in Pasolini 0 della stato di .guerriglia permanente., «Salvo imprevisti», gennaio-aprile 1976, p. I, corregge la data con quella dell'anna scalastica 1938-1939. 14. Lettere a Franco Farolji, cit., p. 12. 15. Ibidem, p. 21. . 16. Lettere agli amici, cit., pp. 17-18.
17. Ibidem, pp. 33-34. 18. A/leftore nuovo, in Poesie, cit., p. 7. 19. Prefazione a Lettere agli amici, cit., pp. XI-XII. 20. Empirismo erelico, cit., pp. 62-63. 21. «Botteghe Oscure», VIII, pp. 405-436.
22. La terza persona singolare non inganni; e questa, ancora, una citazione da I par/anti, «Bottcghe Oscurc», cit., p. 430.
526
,
23, Le potsie, cit., p, 467, 24, Alberto Asor Rosa, Serittori, popolo, Roma, 1966 2, p, 73, 25, Le poesie, cit., pp. 454-456. 26.
La cicazione traeta in questo capitola da Poesie a Gasarsa (iJ cui eitolo, dieD qui, roi pare un calco traslato da Morto oi pats; di Alfonso Gatto) appartiene all'edizione 1942 del volume. In seguiro, sia in Tal cour di un frul, Udine, 1953 (dove si trova una nuova redazione dt La domenico u/iva), sia in La meglio giovenliJ,
Firenze, 1954, Pasohni ricorse a una trascrizione pili semplificata del dialetto, un dialetto daHa ,sonorita me no irca. LA «PURA LUCE» DELLA RES]STENZA
I.
2, 3.
4. 5. 6.
7.
8.
AI/eltore nuo'Vo, in Poesie, cit., p. 8. Cfr. Lettere agli amici, cit., p. 37. Allettore "UOVO, in Poesie, cit., p. 9. Pier Paolo Pasolini, I tures tal FriUl, Udine, 1976, postfazione di Andreina Ciceri, p. 59. Le poesie, cit., p. 217. Passion" ideologia, Milano, 1960 pp. 136-137. • La meglio giO(!fntu, Firenze, 1954, p. 149, e La nuovagiO'lJentu, Torino, 1975, p. 157. -Questo era }'unico modo di conoscenza (dcll'autore di Poesie (J Casarsa): se aile origini della sua sensualira c'era un impedimento a una forma di eonoseenza diretta dall'interno all'esterno,
d.1 basso all'alto -I'effusione, il calore puro e accecante dell'adoleseenzai se uno sehermo era eaduto tra lui e il monda verso cui provava una cosl violenm, infantile euriosita. Non potendo impadronirsene per Ie vie psicologicamente normali del razionale, non poteva ehe reimmergersi in esso: tornare indietra: rifare quel cammino in un punto del quale la sua fase di felicira coincideva can l'ineantevo]e paesaggio easarsese, can una vita rustica, resa epica da una carica accorante di nostalgia. Conoscere equivaleva a esprimere. Ed ecca la rattura linguistica, il ritorno a una lingua pili vicina al mondo.)J. Cfr. Possione e ide%gio, cit., p. 187.
Ibidem, p. 198. 10, Ibidem, p. 196.
9.
11. ). I contributi critici sana redatti in italiano; Pasolini vi ristampa i suoi artieoh sull'autonomismo dettati per la «Liberr:h; vi e ospitata una antologia di poeti eatalani; una scelta di friulani. N, aldini, Bartotto, la Cantarutti, Tonuti Spagnal e De Giconeoli. E un fascicolo cui manea, nonostante l'ampiezza dei contributi, l'aggressiva freschezza dei precedenti. Dopo di eSSQ non ne verranno pill alia luce, quasi l'attivita dell'Academiuta andasse spegnendosi. 6. DeIl'interesse che i suoi articoli suscitavano anche fra scrittori ancora sconosciuti, fa fede questa lettera di E]io Pagliarani, spedita da Viserba il 27 marzo 1947 a Giovanna Bemporad: .A proposito della "Fiera letteraria": vi ho letta un bell'artieolo - un po' trappo fareito di citazioni, a dire il vera - di P. Pasolini, sull'ispi-
529
razione: cosl consono al1c mic idee (persina un accenno alia riprovevo]e definizione del Bo sul1a poesia come assenza, di cui mi ero occupato) da farmi piacere e rabbia insieme (eeca cioeho pensato - un miD importante articolo futuro sfumato). ~'li rallegro moltissimo, comunque, con P.P. Pasolini.). 7. Ne] volumetto e anche cantenuto EI testament; coran, compreso poi nell'edizione definitiva di La meglio gioventiJ, poetica pronuncia di un giovane contadino impiccato dai nazisti subito dopa aver assaporato la prima volta I'amore. Un incant thentha prefho, dice un verso: «un incanto senza prezzo», questa la sintesi epico-lirica cui Pasolini affidava la propria autenticita: l'io sommerso dalle ondate della vita, appena avvertibile negli impalpabili profili della forma. s. Le poesie, cit., pp. 58·63. 9. Ora in «Rinascita., 4 novembre 1977, p. 48. , 10, E il easo de1 giudizio sui «Politecnico» di Vittorini. Al «Poiirec-
nieo» Pasolini dedica alcune parole del1'intervento: la rivista ha favorito una letteratura di denuncia, la Resistenza ]'ha nutrica, rna essa non e «"nuova" in quanta linguisticamente eaneora prodotta da matrici letterarie magari. alrissime, rna dal nostro punto di vista negative», Una colorazione d'opaco marxismo determinista in quel «negative» - si tratra di un cenno, fortunatamente subito lasciato cadere. 11. Notevolissimo illibro Pasolim', II sogno di uno coso (Milano, 1985) di Enzo Golina. II cfitieD sa fitrovare nella «pedagogia» non solo un 3rgomento rna i1 soggetto stesso dell'espressivit3. di Pasolini. 12. Pier Paolo Pasolini. Opinioni sui latino, in «L'Illustrazione italiana», maggio 1959, p. 62. 13. Le due poesie, con altre ne, sono state pubblicare Sll «Confronto», cir. Le accompagna una nota che Ie dice rinovate in un quaderno dell'ex allievo Francesco Scodellaro, oggi insegnanre a San Ivfartino a1 Tagliamenro. Pasolini Ie aveva improvvisate in classe su richiesta degli srudenti, dedicandole ai loro paesi di origine. Sempre a Scodellaro si deve un Ricordo del prof Poso/ini, firmaro con Mariannina Lenarduzzi, in AA.VV., Pasolini in FriuIi, Udine, 1976, p. 144. Nel mellesimo volume sana ristampate Ie poesie cirare. 14. Andrea Zanzorro, Perunapedagogia.~, in «N uovi argomenri», ,gennaio-marzo 1976, pp. 47·51. 15. Amado mio, con uno scrirto di Anilio Berroiucci, Milano, 1991. 16. Fra essi, si ]eggano queste due terzine, gia COSI anticipatrici dell'ispirazione dell' Usignolo della Chiesa Coltolico: «Trcma, fanciul· 10. I L'ombra si chiude I suI tuo villag)!:io. II Ah che dol are I co· glierti nuda I dcntro il mio raggio».
530
success iva di lavoro, ai primi anni Cinquanta, il fascio slegato dei capitoli prese il titolo di I giorni dellodo De Ga-
17. In una fase
speri. lB. Cfr. la sezione .Paolo e Baruch- in L 'usignolo della Chiesa Cat-
to/ieo. 19. Nella raccoha inedita dei Diari in versi. fca i t~sti datati 1948, in un poema in prosa dal titola L 'unica divinita si lcgge: «Specchio contro specchio i misteri si specchiano fin dove finisce 10 spazio e i) tempo, ne) cuore di un fanciullo che non sa j) suo mistera. Muoio percheS mi sana rassegnato trappe volte. ~fuoio solo con la mia mania. :Muoio nell'adore dj una latrina della mia infanzia, legato per sempre al1a vita da una vespa che accende neW aria )'oro dell'Estate)). 20. Cfr.l'intervento al I Congresso della Federazione provinciale comunista di Pordenone, ora in «Rinascita», 4 novembre 1977, cit. 21. AA.VV., Ritroni SN misllrtJ, a cura di E.F. Accrocca, Venezia, 1960, p.321. 22. I.e poesit, cit., p. 255. 23. Baudelaire, (EU'Ores completes, II, Paris, 1975, p. 677: .La femme est
Ie co"train du Dandy. ( ... ) La femme est "ature/le, c'est-ii-dire abominable». _ 24. Pasolini imiwla cosl una lunga poesia del 1948, una mofa della quale appare come ]a prima di «< Le primule», in L'lIsign%. 25. n testa della 1ettera fu riportato la prima volta da Ferdinanda
Bandini in M.VV., Paso/in'-: cronaco giudizioria. persecuzione. morte, Milano, '1977, pr. 48-54. COME IN UN ROMANW
, 1.
2. 3.
4.
5. 6.
7. 8. 9.
E una leltera di datazione difficile, scritta un 25 ottobre 19470 1948. M.W., Pasolini: cronaeD giudiziaria. persecuzione, motte, cit., p. 46. Ibidem, p. 45. L.lettera porta il tirnbro poStale del31 oltobre, rna certameme fu scritta nella serata del 29, il mattino del quale «L'Unitil» aveva pubblicato la notifica di espulsione. AI /eltore nUOf)O in Poesie, cit., p. 9. Le poesit, cit., pp. 219-220. Per Ie poesie friulane, vedi La Cresimo, a cura di A. Giacomini, Pordenone, 1985. Pietro Cit.d, II te del cappellaio matto, Milano, 1972, p. 227. Cfr. C. Baudelaire, (Euvres complNes, I, cit., pp. 676-708 passim. Per tutle Ie citazioni di L 'usignolo della Chiesa Cattolira, cfr. il volume edito a Milano, 1958.
531
PARTE SECONDA SCOPERTA DI ROMA .
Cesare Garbol!. Ricordo di Longhi, in «Nuovi argomenti», aprilegiugno 1970, p. 36. 2. In una lenera spedita a Luciano Serra da Rama, presumibilmente nei primissimi mesi del 1950 - una [eetera citata nella spettaeolo f campi del Friu/i: /eggendo e rileggendo Pasolini, curato da Roberto Roversi, 1978 - Paso1ini scriveva: «Caro Luciano, ho ricevuro una tua incredibiJe lettern: incredibile perche credevo tu sapessi che io sana a Rama, fuggito un mese fa circa con mia madre da Casarsa. Prima di partice infatti ti avevo seritto un bi· glietto per avvertirti: la cosa poteva anche finice maieo male. E infani sta fin en do male. ~1ja madre e a servire: io non trovo lavoro, mi sento solo, incapace, in condizioni tremende. Per adesso mi mantiene mio zio. La fug;a da Casarsa e dovuta al fatto che ormai mio padre era intollerabile: mia madre avrebbe finito col marime. Infatti ora Ie nascondo Ie mie condizioni spirituali da suicidio - si e rimes sa in modo che mi sembra tamata ai tempi di Bologna». 3. Pier Paolo Pasolini, Roma 1950: Diario, Milano, 1960, pp. 40, ora in Beslemmia, op. cit., vol. II, pp. 1479-1495. 4. Non e ancora la ]ezione definitiva di Ragazzi di vita, che per co'modo de11ettore rimetto qui di seguito: «Riccetto s'allontanava, trascinato forte dall'acqua, La videro che rimpiccioliva, che arrivava a bracciate fin vicino aHa rondinc, sullo specchio d'acqua sugnantc, e che tentava dtaechiapparla. "A Riccettooo," gridava :tYlarcello can quanta flato aveva in gala, ·'perche nun la piji?" II Riccetto davette sentirJo perche si ud} appena la sua voce che gridava: u!\'1e puncica!". "Li mortaeci ma" gridb ridendo ~1arcello, II Riccetto cercava di acchiappare ]a rom~ine, che gli scappava sbattendo Ie ali e tutti e due ormai erano trascinati verso il pilane daHa corrente che n sottO si faceva forte e piena di mulinelli. "A Riccetto," gridarono i com pagni dalla barca lie lassala perde!" !\-13 in quel momento i] Riccetto stera deciso ad acchiappar]a e nuotava can una mana verso Ia riva. "Tamamo indietfO, daje" disse Marcello a quello che remava. Girarono. II Riccetto Ii aspenava seduto sull' erba sporca della riva, can la rondine tra Ie mani. liE che l'hai sarvata a fra," gli disse Marce]]a "era cos} bello , vedella che se morival" 11 Riccetto non gli rispose subito. liE tutta fracica," disse dopo un po' "aspettamo che s'asciughi!" Ci volle poco perch6 s'asciugasse: dopa cinque mi1.
532
I
nuti era la. che rivolava tra Ie campagne, sopra i] Tevere, e il Riccerto ormai non ]a distingueva pili dalle altre». 5. Quasi tutti gli elzeviri "romani" usciti fra il1950 e il195 1 sui giornali ricordaci sopra sana srad poi, con Ie pagine sparse seritte in quegli anni e nei successivi, radunati in Pier Paolo Pasolini, Ali dagli occhi azzurri, Milano, 1965, particolarmente, pp. 5·102. 6. Sulla natura manieristica di questa primo Pasolini "romano", efr. Marco Vallora, All dogli ocehi impuri, in «BN », gennaio-aprile 1976, pp. 156-204. 7. Cfr. Un poeta e Dio, in Passion" Ide%gio, cit., pp. 354-373. B. Se un'influenza gaddiana e rilevabile in Pasolini, essa c'e in Giubileo (relitto di romonzo umoristico), citolo che dice bene il punto di congiunzione fra i due scrittori: il tentativo di «umorismo» esercitato su un personaggio di estrazione piccolo-borghese terreno d'esplorazione quanta mai gaddiano. Cfr. Ali dagli occhi azzurri, cit., pp. 53-63. 9. AA. VV., Pasolini: cronoco giudiziario, persecuzione, morte, cit., pp. 52-53. 10. Cfr. P.P. Pasolini, /I portico della mOTte, a c. di Cesare Segre, Associazione «(Fonda P.P. Pasolini», Rama, 1988. 11. Pier Paolo Pasolini, Gli «Appunti. d; Sandro Pennp, .11 Popolo di Roma-, 28 settembre 1950. 12. Pier Paolo Pasolini, La eaponno indiana, «II Giornale», 18 agosto 1951. 13. Cfr. Antonio Gramsci. Quademi dol canere, a c. di V. Gerratana, Torino, 1975, II, p. 1384. 14. An dog/i occhi a.zurri, cit., pp. 80-88. 15. Lettera trascrirta in parte anche in AA.VV., Pasolini: cronoco giudiziorio, perstcuzione, morte, cit., pp. 58-59. 16. Le antologie furono comprese nella coUana «La Fenice» deJl'editore Guanda di Parma. Era diretta da Attilio Bertolucci. 17. Le poes;e, cit., pp. 23-31. 18. Pier Paolo Pasolini, Sonefto primllfJerile (1953), Milano, 1960, pp.
38pass;m. 19. Lepoes;e, cit., pp. 161-162. 20. Ibidem, pp. 108-104. IL POETA DELLE «CENERI»
1. AA.W.,
Paso/ini: cronaeo giudiziaria, perseellzione. morte, cit., pp.
63-68. 2. Ora in Carlo Salinari, Pre/udio e fine del realismo ;n /talia, Napoli, 1967, pp. 55-59 passim.
533
3. Un'eccezione, fra i letterati di fede comunista, fu Niccolo Gallo, il quale su «II Lavoro», esponendo il proprio dissenso da Salinari come da altri, quali Gaetano Trombarore, scriveva che Ragazzi di vita era «importante soprattutto per il temativo operato da Pasolini, e in gran parte riuscito, di trasferire la rappresentazione di una reald. aspra e scottante su un piano di riflessione morale e culturale» (cfr. ora in N.G., Scrim letterari, Milano, 1975,
pp. 138-139). 4. Ora in Pietro Citati, II te del cappellaio motto, cit., p. 230. 5. Sull'incontro con i fratelli Citti: Pier Paolo Pasolini, Iffamma Roma, Milano, 1962, pp. 134-137. 6. Dal1957 al 1961, finche non prepara Aecattone, Pasolini fece apprendistato cinematografico lavorando a undici sceneggiature di film. La sua partecipazione e visibilissima tal volta nella scelta di titoii azzeccati in chiave Ragazzi di vita: cioe, La notte bravo, 0 La gioroata balorda. Oltre a Le Rollj di Cabina, i film sono: ll/ansa 10
, 28 novembre 1975. 30.
•
TEOREMA
Le po",ie, p. 348. A/i dag/i occhi oZ%urn, cit., pp. 494-513. 3. Quando quelle righe furono lette po stu me, alcuni ne denero una
I. 2.
interpretazione profetica. Pasolini avrebbe previsto la propria morte, lui ucciso a bastonate, presso la propria automobile. Chi
serive ne ricercb invece una intcrprccazione ietterale; si trattava di un residua di palcmica letteraria, suffragato anche da una fatografia (compresa nella «Iconografia ingiallita»), dove crano ritrani, a convegno, alcuni rappresentanti de] Gruppo 63. Questa interpretazione (efr. Enzo Siciliano, L 'inferno pos/llmo di Pasolini, «II Mondo>, 25 dicembre 1975) e stata falta propria da Gian Carlo Ferretti in Pasolini, L'universo orrendo, Roma, 1976, p. 53, e nella prefazione a Le belle bondien, cit., pp. 15-16; e da Luigi Malerba in Ce mo/-aime qui aimoit Ie scanda/e, «Le Pont de I'epee., 1976, pp. 56-57. 4. Le belle bondiere, cit., p. 343. 5. Le poesie, cit., p. 531. 6. Empirismo ere/ieo, cit., p. 22. 7. Ibidem, pp. 25-26. 8. Ibidem, p. 29. 9. Ibidem. 10. Ibidem, pp. 55-81. [I. Ibidem, p. 53. [2. Ibidem. 13. Ibidem, p. 73-74.
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Ibidem, p. 80. 15. Ibidem, p. 8!. 16. Ibidem, pp. 85-107 (Interomto sui Discorso Libero Indiretto), e pp. 119-125 (La fine dell'avanguardio). 17. Pier Paolo Pasolini, Uccdlocci e uccel/ini, Milano, 1966, p. 57. 18. A. Ferrero, II cinema di P.P. Pasolini, cit., p. 7!. 19. Uccellocci e uccel/ini, cit., p. 58.
14.
20, Aneora fiaba sono due episodi cinematografici, girati nel1966 e ne11967: La ferro vista dol/a luna e Che coso sono Ie "«vole. Ancofa Toto e Ninetta vi sono protagonisti. Ancora, tenue, sottile, in essi il cerna di La divino mimesis e di Uccellacci e uccellini: gli uo-
mini vanna verso il futuro abbandonando gli antichi strumcnti della ragione; che sopravvivenza avra in loro l'innocenza 0 it can.
dore? La speranza del futuro, come alimentarla? Gli interrogati• • • VI restano, per ora, mevasi.
21. Pier Paolo Pasolini, dichiarazione suI easa Siniavski-Daniel, «II 22. 23. 24. 25.
Giorno», 17 febbraio 1966. Giorgio Bocca, L 'ofTobbialo sonG ;0, «II Giorno}), 19 luglio 1966. Empirismo eretico, elr., p. 174. Le poesie, cit., p. 608. G. Bocca, .11 Giorno», 19 luglio 1966, cit. _
26. Cfr. rispettivamente (~Nuovi argomenti», luglio-dicembre 1967; e eo