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Prima edizione maggio zoo2
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Prima edizione maggio zoo2
8 2 0 0 2 Bollati Boringhietieditore s.r.l., Torino, corso Vinorio Emanuele II,M I diritti di mcmorizzazione clertronica,di ripnduzionee di adattamento totale o parziale con qwalsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotosratiche) sono risentati
Stampato in Italia dalla Stampatre di Torino ISBN 88-)39-138z-1
Schema grafico drlla cwpertina di Pierliiici Ccrri Sianipatu su carta Palalitia &[le Carricrr Miliani Fabriano
Introduzione I tratti di un impegno (Luigi M.Lomhurdi Satriani)
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Panorami e spedizioni Ninne nanne e giuochi infantili
q7
I.
58
2.
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3 . I lamenci funebri e l'esperienza arcaica della morte
76
4 . Le colonie albanesi calabro-lucane
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5 . Spedizione
i r+
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I1 cerimoniale e i canti deil'amore e delle nozze
in Lucania
6.Dibattito su Ernesro de Mareino Poslfgziotre ErnestodeMartinoallaradio (Le~uzaBindi)
Introduzione
I tratti di un impegno Luigi M. Lornbardi Satriani
Nel 1953, Renzo Renzi, per aver scritto un soggetto cinematografico sulle vicende deli'ocrupazione militare dclla Grccia da parte delle tnippe italiane, L'amata s'agapb (s1agap6ingreco significa ti amo»), e Guido Aristarco, per aver pubblicato tale soggetto rtelia rivista, allora quindicinale, da lui diretta «Cinema Niiovo n, furono arrestati e rinchiusi nelIa fortezza di Peschiera; vennero quindi processari dal Tribunale Militare di Milano, che condannò Renzi a sette mesi e aUa rimozione dal grado e Aristarco a sei mesi. Il reato conrestato era quello di «vilipendio delle Forze Armate e dell'Arma di Cavalleria»; il Tribunale Supremo di Roma confermò successivamente la condanna di primo grado. 11 processo ebbe una vasta eco; si formò un ampio schieramento di solidarietà con gli imputati e Larerza pubblicò un volume intitolato Ilprocesso s'agapò. DalllArcadia a Peschiera ( I 9 5 4 ) che, dopo una densa introdilzione di Piero Calamandrei, conteneva capitoli di Guido Aristarco e di Renzo Renzi, nonché un'ampia antologia di scritti sii1 caso apparsi su giorndi italiani e di altri paesi.' Cfr. anche R. Rmzi, Lo bel& stafione. Sconrn e incontri nqIiannidPorndel cinema i ~ l i a n oBulzoni, , Roma 2001.Si ricordi che su iin argomento simile, nei primi anni novanta, il film Mediterm~o,diretro da Gabriele Salvatores, ha
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LUIGI M. LOMBARDI ShTRiANl
La guerra fredda della quale il processo era frutto quanto mai significativo aveva già marcato decisivamente la campagna elettorale del 1948, giocata tutta, da parte democristiana, sull'appello ai valori del cristianrsirno, della pabia, della famiglia, minacciari da un comuriismo apportarore di minaccia e d i devastazione. S e si esaminano i manifesti elettorali di quella competizione e di quella siiccessiva, del I 953, si pub agevolmente constatare la riduzione dello scontro politico - che è anche scontro etico-politico e contrapposizione di costellazioni d i valori - P una mera, e spesso liturgica, contrapposizione di formule, a uno schematismo estremaniente pericoloso, nella misura in cui fa appello a un'adesione viscerale, fideistica C srimola ai posto di decisioni razionali, coinvolgenti anche a livello emotivo, di un globale e sofferto impegno politico istinti gregaristici e aspettative carismatiche. Vale la pena di sottolineare I'organicità dei valori che Ia Democrazia cristiana assunse, proponendosi come la loro .più valida garante e sottolineandone, implicitamente, l'indiscussa superiorità. Si tratta di un nazionalismo gretto, grossolano e provinciale; dell'appello al valore trainante dell'identificazionc con il tricolore, con l'Italia effigiata, ancora una volta, nella solida donna turrita che, in nome della Patria stessa, della Famiglia C della libertà, oppone ella falce e al martello che stanno per abbattersi su di lei lo scudo croito, mentre implora: aDifeiidetemi! n E allora vengofio .enrrte immagini efficaci quella del gigantesco barbaro vie~ico(in realtà un «mostro») che sta per scavalcare e distruggere l'Altare della Patria; del barbaro che, è il caso di dire, armato sino ai denti di pugnali, di gatto a nove
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il miglore film straniero; come ha rilevato lo stesso Renzi, il 13g1ivi! per6 multo diveno: cfr. Medimneo, lo commedia. E L ~ta&iu?, in Id., Lo Irelb~sbz~ionr cit., pp. 367-69. vinto I'Oscar pcr
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code, arrende di piombare sulltItalia a seminaremorte e distruzione, mentre si domanda agli elettori: « E lui che aspertate?»; del barbaro che, con un piede nudo e un ghigno sinistro, sta per piombare sull'I~aliaimpugnando falce e martelIo. mentre il manifesto invita: Artenzione! I1 comunismo ha bisogno d i uno STIVALE»; d i Stalin sconfitto dalla matita adorna del tricolore che «vota Italia»; delia bandiera italiana che si spezza scontrandosi con la bandiera rossa, mentre un «No! » campeggia sul manifesto; della città iraliana che alza il suo ponte levatojo (lo scudo crociato) per diicndersi dalle bande armate comuniste d i Garibaldi, che scrive a Stalin una diffida perché i comunisti italiani lo «scambiano continuamente» con lui, accostamento «errato» perchi. «io con le Camicie rosse scacciai gIi stranieri dall'Italia mentre t11 ce li hai maridarin; dei fiori del Comune e della l'rovincia minacciati dal moscone (sempre inevitabilmente coniunista) che va catturato dal voto; di Togliatti cararrerizzato come torva straniero scacciato dall'Italia da Garibaldi al comando delle Camicie rosse al canto d i «Va fuori d'Italia / v a fuori o straniero! P>; d i Togliatti e Nenni che volano, con la loro valigetra, sospinti da rin nirbine di voti («Via col voton, recita il maiiilesto). Uno scenario di terrore viene evocato dai manifesti in cili si chiarisce che. se l'italiiirio non voterà secondo l'invito-ordine della DC, il suo «padrone* sarà Ilno scheletro dalla stella rossa, un condannato ai lavori forzati - con pa1Ia di piombo a1 piede C sonregliato da una guardia sovietica armata - e paglicrà con il lavoro, mentre i1 Cremlino si erge minaccioso sullo sfondo, !'ingenuità d i averlo votato per la lista cittadina; o che presentano la scena, che non deve concretarsi in realtà, del Campidoglio sovrastato da una croce spezzata dalla bandiera rossa sventolante, mentre un corteo d i scioperanti agita minacciosamente pugni e cartelli. Del resto, u n iorte impegno propagandistico contro lo sciopero è presente nei mariifesti
I TRATI'i DI U N IMPEGNO
democristiani, che additano all'esecrazjone lo sciopero poli~ico,privilegiando, e non a caso, i sindacati autonomi. Si tratta, ancora, della «fede» cristiana, usata come ricatto per convogliare sulla DC i voti, nell'eqiiazione - imposta c così funestamente redditizia - cattolicesinio - Democrazia cristiana. Il cristianesimo non viene iilai presentato nel suo pur cos~itutivoaspetto di tensiotie alla giustizia, nel dovere cl-ie esso impone dell'amore per gli altri e quindi deIla lotta alla sopraffazione, al domiriio, aiio sfruttamento c al privilegio; esso viene utilizzato, attraverso la ripetizione osscssiva di formule stereotipate, per impadronirsi e per mantenere, in condizioni d i monopolio, un potcre la cui gestione 2 stata in realtà la più radicale negazione dei valori autenticamente evangelici. Anche la famiglia viene usata, attraverso grossolani ricatti emotivi, secondo alcuni tra gli stcreotipi pih vieti. Il padre deve, votando. difendere il figlio dal pericolo sovietico, ché «in Russia i figli sonndello Stato»; e il pugnale deI «voto cristiano» difende il nucleo familiare - una giovane coppia di sposi con in braccio una bambina - dai serpenti del divorzio, del libero amore e d i altri mali inno« Se papà e mamminati. Un gruppo di bambini procla~~ia: ma non votario noi faremo la pipì a letto»; ilità della DC vicne suggerita aitraverso l'indicazione della propria collocazione politica o delle proprie prospettive specifiche, rinviando, magari implicitamente, alla coilocazione politica o alle prospettive specifiche del Partito comunista italiano. Niente di tutto quesio; nessun accenno alla dinamica politica in atto, nessun elemento di riflessione per la for-
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mazione d i un saldo convincimento viene offctto ai destinarari dei messaggi pubblicitari democristiani. Le industrie almeno, fingono di convincere gli eventuali acquirenti dei loro prodotti attraverso tecniche dimostrative. Si intende che anche in questo caso il contenuto reale del messaggio è l'imposizione di qucl determinato prodotto, ma a livello esplicito ciò cui si tende è la persuasione dell'acquirente della superiorità del bene proposto rispetto a rutti gli altri analoghi prodotti dalle ditte concorrenti. La W. era così arrogantemenre abituata al potere, si riteneva così profondamente predestinata a esso che neanche fingeva d i convincere: ciò che solo importava ai detentori del potere era l'imposizione deiia necessita della carializzazione dei voti a loro iavore, al fine di difendersi da un avversario che viene presentato in maniera bassamente caricatiirale, totalmente stereotipata e deformata. I coinunisri, allora, non sono più portatori d i un'alternativa globale aiia struttura e alla cultura della socicrà classista, ma vengono unificati nell'irnmagine di «Bafione» o di figuri minacciosi e armati, pronti a sparare o a pugnalare aiic s p d e e a porre siibdolamerite tagliole all'ignaro italiano. hlinaccioso è i1 nerboruto comunista che nel manifesto «i PETENMNI» impone, revolver in pugno, la petizione per la pace: «O la finna o la vita». I simboli comunisti costituiscono una tagliola, la pace va salvata dai provocatori deIla giicrra - ovviamente i russi e i comunisti italiani, q u i n t a colonna deii'escrcito sovietico» -, rnentre \La assenza perché deteniito, della madre, Francesca Armento. Tricarico significa la Rabara, la siia miseria, i suoi canti! tiitia q iiella passione civile, di cui si tesrimonia in Note Iucanc, su r<Societàa del I 950. Sempre Ira Tricarico e Matera, tiel I 95 I, in collaborazione con la >de Martino l'avesse già detta nelI'orizzonrc dclla grande Kult.ur occidcnta1~e che si trattasse, però, dal suo punto di vista di ripercorrerc a ritroso cluclla sorta di catol~asf nega tiva della ~dialclticadell'illurninisnio~~ di cui ha r a ~ i o n a t o Adoriio calcolandone bene colpe e Iimirazioni, grazie al concreto incontro con I'crnos meridionsIe, per ritrovare infine il senso piano di qiiel Iogos unificante che sul piano ecumenico appartiene ail'Occidcnte. I...] il mcridionaIismo demartiniano appare come un necessario polo dialettica del suo pensiero, rna nnn il polo focalizzante. I'er quanto troviamo bella e scdiicentc la rcsi d i Lombardi Satriani, ci pare, allora, che esista in dc ~Martinouna continua tensione a trascendere verso altro la dimensioiic rneridionalistica, e che il mo-
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ef fecti, la pregnanza del concetto di «etnocentrismo rrltlro» non è in alcun modo attenuata daiia forte sottolineatiIra del de AMartino meridianalista. E tutta L'impalcat lira teorica del1'etnologo napoletano a indurlo all'assunzionr:dell'incontro con l'altro - nel suo caso essenziaImentc aritraverso le ricerche nel Sud - come scaridalo e come « W C asione per il pii1 radicale esame di coscienza che sia t N 3 J I bile aiI'uomo occidentale*. Sulla messa in crisi dclla ProPria cittadinanza occidentale e sul paradosso dell'incontiro etnograiico, de Martino ha scritto pagine di granCIP crlesmre. "tSiigniiicativamenre, George R. Sauriders tnette in connessione, nell'opera dernartiniana, l'interesse per la «CUItiira -.-- dei poveri e dei diseredati d'Europa» e I'anibito delI' emrxenrrismo critico, quale quello delineato dall'etnologo napoletano. T,,, scra comprensione deila nostra propria visione del mondo può e --&ALA.
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deve 2sscre approiondita, esaminandoh in raffronto alle visioni del mondo degli altri. Ed una monaceh z!enuta da Pisa Sefosse stata una monacelh, l'avrebbe avuto lo sua c o n PQPa La mza compagna l'avevo portata, nza su in quei monti me l'hanno ammarraLa Quondo furono su pev Ie scak, la spense il lume, h volle baciave... Qucsta è la regoh delmio conuento,onùurc alletto n lume spento Quundo furono al/ar delgiorno h monacella sb~rcavaa Livorno Babbo miu, ve i'at.euo pur detto che aveva una faccia do ~iovitzetto O/> babbo mio, preparate una culla, se non è rnaschio sarà una fanciulla Babbo mio, ve I'aveuo piir detto che uceca una faccia da giovinetto Che aueua una faccia da timinelio. .. Ora voglio preparare nnu culla, se non è nzascbio sarà una fanciulla Se non i> maschio sarà una,fanciulla... Una canzotie popolare di origine francese, diffusa nel Canada, ha per argomento un'altra situazionc piccante. Una ragazza si innamora del confessore c in confessione non esica a dirgli il suo amore; il Signor Curato, Monsieur Le C;uré,si difende a denti strerri e il grottesco nasce dalla forzata impassibilità dei curato e daiia petulanza della ragazza che sussurra i1 suo amorc dictro la grara del coniessionale. Infine la ragazza chiede: r Ma almeno in caso di morce, non piangerebbe per me? E il Signor Curato, che è cstraneo aiie cose d'amore risponde: «Se ti1 morissi ti porterei al cimitero e ti canterei Requiescat in pace».
I Ci\S'I'I UEl.I.'i\i\IOHE E DELLE NOZZE
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DJoiruener -vous si croité, Monsieur le Cak D'oiì venez-vous si croité, Monsieur le Cuvc' Je rrt 'mrtuiens de mun chemin, mu petite amignole Que m'avez-uousupporté, Monsieur le Cuvé Qzie m'avez - uous apporté, Monsieur Le Curé Des souilleuses pour ùunser, ma petite atnignole ]e voudrais me cunfesser, Monsieur le Curé Je voudrais me confes~su,Monsieuv le Curé Dis-moi tes gros péchés, ma pelite amignole C'est celnì de uozn aimer, Monsieur le Curé CJcstcelui de uous ainzer, Monsieur le Curé Et alors ilfaut se séparerJma petàtc. omignole Peut-etrr que j'en moutrai, Monsicuv le Curé Peut-étrc que j'm rnouwai, Monsieur le Czrré Et hiet! je t'cntewerai, ma prtite am~gnoie Sofiermiamoci ora pcr un inomento a Chitcaiiroux, in Francia, dipartiinento dell'Indrc: i corteggiatori paesani rendono visira alle loro belle, ma, se il sentimento ha la sila parte, la dote dclla ragazza è l'elemento decisivo c perciò loro prinia ciira sarà di sedersi siilla coflre, cioè sulla cassapanca dove la ragazza serba il suo corredo e battervi col rallonc per sentire se è vuota o piena: sc è piena vi resteranno, se è vilota se ile andranno, amore o non amore. La canzone popolare clie il contadino Pierre l'a111 vi canterà ora, nel tipico accento locale, ironizza su questa controiiatissima galanteria dei giovanotti dcl siio paese. Quand la maison est propw Les turs y vont Ifs vont en quatre par quatre Mald'a~noureuxnous donnent M a l d 'mnoureux nous donnent La destinée Iu rose au bois hfuld'amoureux nous donnent 1k 31uonf en quatre par quatre hiald'amoureux nous donnent
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CAPITOLO SECONDO
IIs s 'ussitont sur le coffre En tupant du tulon En tapant du talon
La destinée la roze au bois En tupunt clu talon lfs s'assitont sur fe coflrc En tapant du talon
Si le coflre ilfait le souràe
I CANTI DF.LT.'AMORE E DELLE NOZZE
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.ie irielodie d'occasione, cioè canti per l'accoglimento !li sposi nella loro nuova dimora. Vella entriega che udirete il cantore, dopo aver ricordat o che la coppia è un'jrnmagine deUa prima coppia del Par.adisoTerrestre, e quindi, al pari di questa, legata da un vin colo infrangibile, esorta gli sposi ad accettare in tegralme nte la nuova condizione con tutti gli obbiighi chc essa corriporta..."**
IJesgars non y resteront
Les gan non y resteroirt La destinke h rose au bois Les gas non y resteront Anche l'ideologia popolare della promessa di matrimonio presenta, nei suoi tratti più arcaici, dei motivi magici o almeno gli echi di questi motivi. Nessuno più oggi sarebbe disposto a concedere, tranne che per metafora. che ii bacio scambiato abbia un valore niagico, un atto vincoIantc in modo irresistibile, una fusione di anime e una adozione nuziale, pari per efficacia all'alleanza che deriva dalla mistionc del sangue; tuttavia questa antica ideologia traspare da un canto popolare siciliano.. .*"" Così il bacio al pari defl'anello avevano un tempo il valore magico di trn atto vinmIante in modo irresistibiie, di vera e propria adozioiie nuziale. Le varie fasi del cerimoiGaie nuziale erano dominate da temi tipicamente magici, come la protezione dal malocchio e la separazione rituale della sposa dalla casa dei genitori, l'accoglimento rituale della sposa nella casa dei suoceri, i pericoli della prima notte, le pratiche augurali dcrerrninatrici di fecondrtà, felicità e ricchezza per la nuova coppia. Ne1 Nuovo Messico, dopo la celebrazione del rito nuziale, si forma un corteo che accompagna gli sposi alla nuova casa; alla testa del corteo c'è un poeta che intona
L e nozze rappresentano un mutamento di condizione 3pratcutto per la sposa: essa abbandona la propria familia per quella dciio sposo ed è su di leiche cade, con inag:-r energia, la richiesta sociale di determinati obblighi. g1u lLa separazione della gioviiletta dalla casa dei propri geriitori trova espressione rituale neIle cosiddette lamenr.37 ,a,?, ioni di nozze, neUe quali la futura sposa o i suoi familiari o dcUe sue aiiiiche o delle piangitrici, pagace a questo SCOpo, piangono e deplorano la fine della sua vita di nuh i l r:e il destino che l'attende in una casa straniera. rempi e i modi di queste manifestazioni di cordoglio io strettamente determinate d d a tradizione; resta quinnteso che la futura sposa dovrà piangere cerimonialnte nei quadro del rito e in ogni caso iion dovrà piane una volta che essa mette piede nciia casa deilo sposo >ola cerimonia nuziale. l doveri della sposa ispirano molti canti tradizionali di n02!ze; ed ecco che con garbo e finezza, questi dovcri sono Chamon de h muriée, aricora tradizionale in riccirdati n& Fra ncia neUa provincia di Bcny.. ." "" (zome per
l'amore i canti popolari profani amano spes-
so I e situazioni piccanti o scabrose, così anche per il matri-
mo nio: basterà per tutti il tema deiia mal maritata. In un can.ro vandeano la povera sposa lamenta che il marito la p"' na notte le volta il dorso C si addormenta; allora la sposa, per stuzzicare in qualche modo un marito così pigro,
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CAPITOLO SECOh'UO
I CAN'Z?DELL'AMORE: E DELLE NOZZE
lo punge con una spilla e jl marito, spaventare, se la dà a gambe; ma la sposa lo rincorre, lo acciuffa e lo riporta a casa, richiamandolo ai suoi doveri coniugali, con tre colpi di bastone sulla testa...***
Una danza cilcna impiegata dalle comunità pib isolate delle Ande settentrionali ...*** Una danza nuziale del Madagascar, i n cui si intrec:iano elementi di cultura musicale africana, indiana ed :uropea ...*"*
In un canto deJiYAnjoula situazione d e k mal maritata è precisata, si tratta di una giovanc che ha sposato un vec,-lio. .,?:ned i antichi cerimoniali pagani connessi alla morte e
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CAPl"i~L.0QUARTO
alla resurrezione dello spirito della vegetazione. I1 fantoccio che oggi rappresenta Carnevale e che al termine di una gaia cerimonia viene bruciato o sepolto, fu in passar.o la rappresentazione simbolica della forza vegetale immersa nel sopore invernale e rinascerice in primavera. Dcll'antic0 valore del rito non resta quasi p i ì ~nulla nell'odierno Carnevale, rna il lamento funebre per la morte di Carnevale si ricollcga cerramence a un antico rituale drammatico celebrante la morte del nume. Il la~iientogrottesco di San Demctrio Corone è detto da rm uomo chc rappresenta la moglie di Carnevale, una figura ben nota nel folklore europeo. Il lamento, nello spirito generale della cerimonia, accentua volutamente gli aspetti parossistici della disperazionc lasciando da parte ogni risoliizione più propriamente melodica dello spirito parossistico. Proprio da-questa voluta accentuazione nasce l'elemento grottesco, che ben si accorda con l'atmosfera spregiudicata e orgiastica della festa. Il testo del lamento è quello di una vedova che Iamenta il marito morto:
Scuot~twifondament~! Questi figli me li hai lascioti nudi! Oh, dov'è iiJiumepiÙ kzqo e profondo? M i ci voglio buttare &n!ro DOPPci hai lasciato? Ci hai losciato in tneuo alla stradu... Come dovunque ~rellefornie di vita culturale e folkloristica, accanto agli elcmcnti più arcaici - e tali sono senza dubbio quelli che affiorano nel rituale dcllc nozze e della - morte - ve ne sono altri a carattere sitrcretistico, nati cioè - da una miscela del mondo pagano con quello cristiano. Valga cornc esempio di questo tipo la leggeilda di Lazzaro. Secondo la tesrimoiiianza dello Hahn, in occasione della penultima domenica di Quaresiliia, il giorno dedicato a San Lazzaro, una schiera di bambini mascherati, che agitano sonagli percorre rumorosanente i villaggi al-
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nesi della regione di Risa. Ogni frotta si compone disornatamente di sei bambini, uno dei quali trasporta un nestro per raccogliere le uova che gli verranno regalate; un altro adopera un imbuto a mo' di trombetta e un terzo è mascherato da sposa. E evidente qui il tipo di canto di questua a carattere propiziatorio e magico, e come sia inrito in modo del ciltio esteriore nel ciclo cristiano. Nelcolonie italo-albanesi l'inserzione appare più organica, iché durante la questua viene cantato un adattamerito popolare dell'episodio di Lazzaru. AJla morte e alla resurrezione della natura si è sostituito il tema della resurrezione di Lazzaro, simbolo cristiano della vita eterna:
i Iniò Cristo e andò alsepolcro da solo o chiamò per nome una volta sola Ilrafi, oh Lazzaro! Non domire pia Sotm tre giorni che dormi sottoterra Tuttavia, la trasformazione cristiana del vecchio rito pagano non è in questo episodio così profonda da risolvere turti gli eIemcnti arcaici su cui si è inserita e quel Lazzaro che dorme sottoterra, e che da Cristo è chiamato a nuova vita, consen7aancora una eco lontana del nume della vegetazione che dorme il suo sonno invernale e che risorge a primavera con il ridestarsi della natura. L'antico tema magico e propiziatorio ancora traspare nella chiusa di questa leggenda popolare italo-albanese:
Ctisto questa Pasqua è con noi Tuth i campi ci benedice Molti bozzoli nelle ccsle iMolto olio e molto grano E vino, guanto di acqua in zrn fiume ...'**
Per ritrovare il tema centrale del cristianesimo nella sua purezza occorre lasciare qiiestc forme piti o meno
C U i T O L O QUARTO
LE COLOh'IE ALBANESI
contaminate d i lerteratura popolare sacra e ascoltare il grande annunzio della messa pasquale, celebrata con rito bizantino, nciia Cattedrale di San Demetrio Corone:
Chiesa, furono tollerati come semplici giuochi di Pasqua, come appunto nel caso del giuoco d i Macchia Albanese. Altre voltc il processo d i trasformazione cristiana è andato niolto più innanzi, dando luogo a prodotti culturali siticretistici, come nel caso deI Lazzaro. Particolarmente ricca è, nel foiklore italo-albanese, la lirica d'amore. Le immagini sono quelle correnti nella letteratura popolare d i questo tipo: I'aniata è simile a una corona d'oro che illumina il mondo, risplende come la neve sulla montagna o è paragonata alla pernice che sta acquattata, tinioroca C aggressiva, fra l'erbet ta dei campi. I1 pregio di questi canti non sta in generale nel testo letterario che, considerato in sé, può apparire una povera cosa, ma nella loro reale esecuzione cume canto che si eiionde nelle allegre brigatedurante le serenate o nel corso di una festa o di un banchetto che ha rinsaldato i vincoli di arnicizia e d i fraternità. Si ascolrino questi canti, eseguiti d a quattro voci maschili e chitarra:
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Crisro è isortu dai morti Con la morte calpestando la morte E concedmdo la vitu a colotn che giacevano nei sepolcb.. . Eppure, proprio in occasionc dclla maggiore c e l e b ~ zione cristiana, la Pasqua, affiorano ancora, decaduti a f'c me di semplice giuoco o divertirnerito, antichi residu? pagani della tradizione popolare italo-albanese. In uno di q~icsti giuochi pasquali, ancora in vita a Macchia, presso San De> nietrio Corone, una donna si accoccola per terra a mo chioccia che fa la covata, coprendosi il capo con la gonn Intorno si dispone un cerchio di comari che inizia un di logo cori la donna accoccolata:
l.
- Cus ;hai qui? - Ho un pomo - Fummelu vedere! - Non posso, 2 rancido Dopo un breve scambio d i domande e d i risposte, le donnc in cerchio danno inizio a un ballo tondo cantato, mentre la donna al centro resta accoccolara, unendosi al canto che simula il verso della chioccia.. ."**
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Questo gioco ha per noi un caraetere equivoco, m origine noli era un giuoco, bensì un rito pagano d i fertil i t i agraria. In primavera, al risveglio della natura, una contadina si accoccolava sul tcrreno per promuovere magicamente la vegetazione. Come la chioccia cova i pulcini, la donna covava il frutto dei caiilpj C nc promuoveva la fertilirh. Con l'avvento del cristiariesimo questi riti magici di primavera furono aspramente conibatnrti e, quando non si lasciarono trasformare dall'opera incivilitrice della
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Ohjo;lnciulllu,/;1~lciulhche visplmdi... *" * Dal monte è scesa una nuvola nera.. .* * * Lo luna in questo uialetto esce moDo tardi..."* * Per quanto il folklore italo-albanese presenti elementi suscettibili di adattamento aila situazione storica e sociale attuale, in genere è d a dire che 2 abbastanza stridente il contrasto tra tale situazione e le forine tradizionali di vita culruralt. Si tratta, come si è detto, di mcmorie che rispecchiano altri tenipi e irn altro ambiente, di cosrunianze nate nelIa cerchia feudale di signori ricchi e po[enti, e adottate poi, c mantenute, dalle popolazioni albanesi in-imigratc in Italia. Dal tempo di Giorgio Castrioia Scanderbeg e della lotta contro la 'I'urchia iiiusulniana o delle vicende dinastiche del Regno di Napoli sono passati
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CAPITOLO QUARTO
quasi cinque secoli e oggi gli italo-albanesi appaiono ormai inseriti nella realtà sociale ed economica del Mezzogiorno d'Italia. Il foiklore è oggi appena un legame col passato, ma il vero leganie è dato dalla simazione della società meridionale alla qiiale gli iralo-albanesi partecipano al pari dei calabresi e dei lucani, dei pugliesi e dei siciliani. Né il folklore fa velo alla esatta visione di questa realtà che preme da tutte le parti; uri antico canto degli abitanti di Castrorcgio, al corifine tra la Calabria e la Lucania, glorificava questo paese, esaltandolo «bello -me ilsole, profumato come una rosa» ...*"*
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La realtà è ben diversa ed è appunto questa realt, modificare ciò che forma la passione più viva degG odierni italo-albanesi, che essi coridividono con tuttc Ic altre genti meridionali e che fonda un'allcanza più moderna ed attuale di quella che si collcga aiie memorie d i un passato ormai sepolto...***
T. Spedizione in Lucania*
L'idea di una spedizione in Lucania per la raccolta del materiale relativo alla vita culturale tradizionale del mondo popolate di questa regione può suscitare qualche riserva e qualche diffidenza, soprattutto per l'impiego, a proposito della Lucania, della parola «spedizione», normalrnente usata per viaggi collettivi di studio in regioni lontane c poco conosciute come il Congo o il Tibct. Ma la colpa non è nustra se gli italiani conoscono qualche volta il Congo o il Tibet meglio di alcurii aspetti deiia loro patria e se oggi siamo ancora nella deplorevole condizione di dover organizzare spedizioni per conoscere la storia e la vita di alciini gruppi di cittadini della Repubblica. D'altra parte noi non siamo andati in quelle zone per gusto del pittoresco o per mero gusto erudito, ma per tcn- = tarc di ricostruire la vjta culturale tradizionale delle generazioni contadile che si sono avvicendatc sul suolo 1ucario.--Noi sappiamo bene che la. Lucaliia di oggi non è piìl, o non è soltanto, passato e tradizione e che qualche cosa laggiù si è messo in movimento, sia pure lento e contrastato. Ma appunto per questo, e soprattutto per rendere tutti gli italiani più consapevoli e più partecipi del movi* La trasmissione (durava: rh 12' 12*) tu registrata e irasmessa rnl r9Sj td è, in assoluto, il primo documento radiotonico che riporti un testo firmato da Ernesto de Martino.
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CAPITOLO QiJiNTO
mento deiia Lucania verso il mondo moderno, ci setnhta venuta l'ora di far conoscere la sua vita culturale più trascurata dagli storici, la vita culturale e tradizionale dei suoi contadini e dei suoi pastori. E se con il nostro racconto saremo riusciti a dare un contributo, sia pure modesto, per il riscatto d d e plebi meridionali dal giudizio mitico che ancora ne danno molti italiani del Sud e del Nord, è lecito concludex che spedizioni di questo genere sono non soltanto conformi alla dignità nazionale, ma costituiscono in certo senso una tes tirnonianza di caldo patriottismo. Finora le cosiddette plebi del Mezzogiorno solio state oggetto djstudio nell'ambito di due distinti e irrchpendenri settori di ricerca: da una parte, sorto l'impulso dclla «quistione meridionale» furono condotte importanti inchieste s d e condizioni economiche e sociali di quelle plebi, nel quadro della societh meridionaIe e della sua storia; d'altra parte, soprattutto per l'impulso e l'esempio di Giuseppe Pitré, sono state largamente raccolte e indagate le loro tradizioni culturali, il folklore - cioè la loro cultura non scritta, ma affidata aiia trasmissione orale e visiva, come si convicnc che sia L cultura in un mondo di uomini che non possiede il mezzo tecnico d e h scrittura. A noi sembra che la separazionc, I'indiperidenza di questi due ordini di ricerche abbia nuociuto non poco aUa esatta valutazione del mondo contadino meridionale e che oggi stia davanti a noi il conipito di fonderli organicamcntc valutando le tradizioni culturali popolari del Mezzogiorno nei loro moltepljci nessi, con ciò che, con rina frase divenuta ormai di i n d a , si suo1 chiamare «la condizione umana o. In conformità di queste premesse, il nostro metodo di lavoro è stato ispirato, nel corso della spedizione in Lucania, a una visione unitaria della vita culnucale: infatti noi ci siamo sforzati di considerare patrinionio meldico, testi letterari, danze, custumanze e superstizioni come espressione di un'unica visione del mondo adottata da certi suati
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SPEDIZIONE
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LUCANJA
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sociali in condizioni determinate di esistenza, e speriamo di essere riiisciti nel nostro intento almeno in qualche misura. Cogliamo I'occasione per ringraziare tutti gli enti e le sociazioni che hanno reso possibile questa nostra fatica e modo particolare il Centro nazionale di mtrsica popolare ,esso l'Accademia di Salita Cecilia che, in coilegamenro con la mr, ci ha fornito i mezzi tecnici di registrazione.*""
Chi dall'alto del colle di Colobraro ha visto h tragica [valle dei Sinni, ampia, sconvolta. lunare o, percorrendo la strada da Ferrandina a I-listicci,ha rivolto lo sguardo aU'arida creta del paesaggio si rende conto di quel che significa un mondo precario che si disfa lentamente e retrocede verso il caos. Conteniplando quest'aspetto ricorrente del Materano, il tema della nascita sventurata, cosl diffuso nella letteratura popolare dell'ltalia meridionale, acquista per noi il suo esatto significato. Fu un bracciantc di Irsina, che per la prima volta ci cantò la nascita dell'uorno come nodo di assurditi e come maligna inversione della norma:
Quando io nacqui 1Mia madre non c 'era
Era andata a lavare lefasce La culla che mi doveva cullare Era dr ferro .e non si dondoiaua Il prete che cluvaia bnttezrami Sapeva Leggere e non sapeva scrivere Avemmo occasione una volta di incontrare a Savoia di ucania una quasi centenaria, Caterina Guglia. Essa non cordava eesttamentel'anno della sua nascita, ma solo di ;sere nata l'anno del terremoto; ricordava però, con ronta memoria, i versi della nascita come catastrofe:
Qualtdo io nacqui
Mia rnudre morì
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SPEDLZIONE IN LUCANIA
Motì mio padre ilgiomo dopo E anche la levatrice mon' M i andoi a batrerzare Nessuno attorno Ma lasciamo che sia proprio Catcrina a dirci qriesti versi...*** Altre volte, il tema della nascita sventurata si accende di immagini che parlano di una vera catastrofe cosmica che accompagna la nascita:
Quando io nacqui Il mare piìì profondo si asciugò E per quell'a~zno Non ci fu almondo primavera Quando io nacqui Si oscurarono lP stelle E il sole cessò di risplendme oppure:
Lefasce in cuifui infasciato Erano tessute di melanconia e i d i n e il disperato lamento che spiega la profonda motivazione esistenziale di tutta questa tematica deiia nascita sventurata:
Sto a questo mondo come non ci stessi Mi />annomesso nel libro degli spersi I1 tema della nascita sventurata si riflette nelle ninne nanne:
Quando nmcesh fu, bello di mamma Ctisto p'oveva e nevicavn a Spagna dice il primo distico di una tiinna nanna di Pisticci nella qiiale la catastrofe cosrnica che accompagna la nascita è concepita questa volta come pioggia diluviale sui mondo
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e freddo e gelo persino nei paesi caldi come la Spagna, secondo la fantasia popolare; ma neiia ninna nanna prevale il valore magjco del sonno da incantare e l'augurio, anch'esso magico, di un destino fortunato. La realtà dura e sordida deil'esistcnza contadina è sottoposta al sortilegio deii'amore materno:
Domi, figlia mio, d o m i e riposa Letto di mcnìa e cuscino di rosa Il sonno si è promesso, ma non viene Un altro&/io cli mamma se 10 tiene Sonno con sonno vanno combattendo Gli occhi delninno mio si vanno addomentando Chiudili gli occhi tuoi che sono helli Fontana che ci vivono gli uccelli Chiudili gli occbi ruoi che oanno chiusi Rnmi di corulli preziosi Kinna tznnna e ninnn ttennella Cerasa rossa e puma m~nunellcl Puma rumunella della mamma Tempo uenÀ che metterai le rame Dormi mio figlio, lu mamma ti canta Figlio dì cavalieb, nipote di regnanti Fammi il sonno che nefanno i santi Figli son tutti quanti «Figli son tutti quanti»,figqhie son tutte quavrte: questo è d a w e r o l'augurio più alto, il niagico augurio che nel ino~idonel quale taluni stanno come se non ci stessero, scritti nel libro degli spcrsi, tutti possoiio diventare figli e vivere sempre, in ogni momento deiia loro vita, gli uni verso gli altri nella commossa eguaglianza della giiistizia inateriia. AscoItiamo questo incantesimo per tutti, questo universale augurio magico, nella ninna nanna di zia Kosa di Grottole che negli ottant'anni della sua vita ha cullato il sonno di figli, nipoti e pronipoti al ritmo eguale del dondoiio dell'amaca. ..***
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CAPITOLO QUTNTO
Tuttavia, malgrado la nenia augurale di zia Rosa la vita è quella che 6 : svanito il letto profumato di menta e il cuscino di rose, resta la povera culla concadina sospesa alla volta della grotta; dileguato il figlio di cavalieri e il nipote di rcgnariti, resta una fragile esistenza nellc fasce tessute di melanconia. Gli anni dell'infanzia contadina trascorrono ttroppo presto e l'epoca dei giuochi è troppo breve; c'è appena il tempo di qualche semplice giuoco infantile:
Sotto a chi tocca La vitd incalza Tocca a te R occo Oppure a te, Rosina La cita incalza Ma ciò c l ~ cpuò toccare a Rocco e Rosina quando diventeranno grandi è una vicenda sempre uguale: è la vicenda dell'amorc, dclla fatica e della morte. L'amore, trepida attesa per la donna, nella cui fantasia l'uomo che Ie toccherà in sorte, e che ancora non conosce, si raffigura come un nibbio che vola a largtii giri per l'aria e si appresta a piombare su di lei, come in un giuoco campestre delle donne di Grottole.. .**"
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SPEDIZIONE 1N LUCANIA
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legar10 a sé dato che il costume paesano le vieta di alzare lo s,wrdo su di un tiomo. La ragazza ricorre allora a cerci atroci intrugli di cui taccremo la composizione, consacrandoli in chiesa al momento dell'elevazione con scongiuri tremendi, quasi iurenti, come questo:
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San~ue(le Cristo, Demonio Attaccarne u chisto Tanto Jme attaccà Che de me non s'ha da scordà Sangue de Cristo, Demonio Attaccami a questo Tanto lo devi uttrlccare Che di me non .s'ahhia a scordare Oppure l'incantesimo d'amore assumer5 la fortna appassionata e tuttavia gentile e maliziosa di questo canto al lavatoio delle donne di Colobraro:
Dammelo amore, ilfazzo(ettino Quando lo porlo alfiume a lavà Poi te lo stri.qo su una pictru d'umore O ~ nstricuta i lo v02 /io vasà Poi te lo spando in mezzo a duefiori Vento d 'amorefallo asciugà Poi te lo sriro colfeno a vapore Ogni stirata lo voglio vasi Poi te lo/accio pieghine pieghinr Ognipiegbina un bacino d'umor E poi te lo porto la sera all'oscuro Cori h gente non potc par.& Poi te lo metto sofloal cuscino Stu fazzole t lo potesse parlà Rla non soltanto per le donne l'amore è incantesiiiio, potente magia che si dispiega nella formula c nel canto; anche per l'iiomo I'espressione tradizioiiale del senti-
Quando l'angoscia per la propria sortc di donna diventa più intensa, la giovinetta da marito porge l'orecchio al canto del cuculo e chiede il responso:
C ~ ~ u lche o , assomigli o pignotello Quanto debbo ospettà pe' asé l'ancL?o Se l'uccello tace vuol dire che il nibbio è vicino, sta E calare su lei, ma se risponde con una lunga serie di cuicu allora significa che molti anni pasceranno prima che po:csa sentire il fremito d'ali dell'uccdlo di rapina. Viene il tempo in cui il cuore della giovinetta si accenae per qualcuno, ma come costringerlo a &chiararsi, come
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mento amoroso appare in qualche modo legata al mondo oscuro deile forze magiche, da sottoporre all'umano con-
troiio. I1 grande incantesimo maschile è la serenata, nella qiiale il giovane versa tutto l'essere suo con una intensith che sfiora I'iricantesimo magico e che si suppone dehba " avere effetti irresistibili. Ecco il resto di una serenat tirottole:
Vengo a cantà ca' site corcata Cu' una stella lucmte voi dormite Quando rlomnattina voi vi alzate
Vi troz;atem li occhi a c a h i t a Andate a 1t~bacile C vi h a t e Bianco huak e rosso mettere At~datea la tovaglia e vi pulit~ Non vi pulite cchiù ca scumpante A ndate a fu specchiale e vi mirate Non vi mirate cchiù, bello pan'te Andate a la finestra e v 'aflacciate Li mci de lu sole voi facite
Ma come lungo e conteso è il cammino per giungere alla lunga e sospirata effusione amorosa, la dimora della bella si configura alla fantasia dell'amante come un gigantesco palazzo a cui neanche il Sole può arrivare C chc lui, povero ragazzo innamorato, dovrà pur scalare:
Madonnota, quanto è ìrtu >tupalazzo Manco fu Sole fu pote anivare cod comincia una serenata di Ferrandina; ascoltatene il bellissimo tema melodico, non importa se cantato da una donna...""" Spesso Ia galera, la guerra, la morte intervengono a sconvolgere i progetti umani e a separare i due arnaiiti. La galera:
Fmata ca ' la noite stai inserrata O ~phitlomoaperio mefai mtdn Fai murì gli amici e li parenti
Fai murire a me, povero amante Funesta famme a me d'ambasciatrice Fammela aflacczà la car(1pace Fmitemela aflacciù, pc' carità Quand'elia purh t.pui vc ILZtrasite A'on se può affncciù,sta impedita Sta molto cosh.etta, carcerala Carceratcli mia, carcerdteli IMO' li cuinpa~nituoi so' le cancella ,a guerra:
Domani poi domani aggia a parti Domani sera un saccio a do ' tniscure a morte:
Fenesta ce' lucive e mo' n m luce
I1 tema melodico di questa Fenesta ca' lucice è assai probabilmerrte la forma popolare prcbclliniana da cui Bellini attinse. Altre traversie d'amore possono capitare ai due amanti oltreI alla galera, alla guerra C alla morte: per esempio l'imposi:zione del padre di lei a noti sposare l'uomo del cuore c a s posare ~ un uomo chc non ania; la canzone d i Fronda ivo riflette una situazionedi questo tipu. E una canzopico-lirica il ciii ccntro d'origine C probabilmente da a r s i ncU'Italia centrale e la cui area di diffusione fino)ra accertata si spinge nel Nord fino in R o m a g i ~ ae i n Iscri;a e nel Sud fino alla Puglia e alla Lucania. FI-onda d'Ulivo, che è appunto l'eroina della versioire Iucana che abbiamo raccolto, riceve dal padre l'annunzio di disporsi alle nozze:
Frnnne dJalia,auaccate li trecce CQ' lu tuo padre /e vole marztrài
CAPITOLO Qmm
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Pa&; bhi,dimme u ci me dai A Contu Maggio nun h vogkihio io Che Contu Scello è l'amore mio Nclla versione marchigiana, Coniii Maggio diventa Conte Marco, Contu Scello Conte Gnagni e Fronda d'Ulivo Nardolina; nella versione umbra Contu Sccllo è Conte Gelli, mentre in quella Romagnola è niente meno che il Conte Cembalo, Come che sia, nella versione originale ci dovcvano essere una ragazza e due conti; lasciamo da parte i loro nomi e torniamo alla versione lucana. Diinque, il padre aveva ordinar0 alla figlia di sposare Contu Maggio e la figlia, benche amasse Canru Scello, ubbidisce; ma la ragazza cova un suo piano di ribellione all'imposizione paterna. La canzone narra che il ~natrimonio quindi viene celebrato e raffigura la scena della prima notte: Finnate, Contu Magqio, nun me toccà Aggio fafio lu vofoa Santa Rita Ce meface rta tre notti zita
Inucce di tre, pi~liafinequattro Restituisce lu voto a chi I'haìfano Contu iMaggio rassegnato rinunzia ai suoi diritti rnsritali e si addormenta, ma Fronda d'Ulivo, approfitt:ando del sonno di Lonzu Maggio abbandona il Ict to e via diLcorsa al castello dell'amato Contu Sccllo. Nel corso della norte Contu Maggio si svegha, grida alla madre di accendere la candela, perché la stacca, cioè la giumenta, è fuggita:
O mamma, mamma, allurna lu candelotto C'aggio perso h stacca stanotte
SPEDIZT0,NE IN LUCANIA
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Conru Scello:
O Conlu Sccllo aprimi Zc porte 'Ca so' scappata da la malasorte Quando eri ziielh tu non m'haz va~uco Afo ca ' sì maritata sii .venuta
Zitella ero e zita sono ancora, se non so zita Troncarne la vita Contu Scello commosso apre a Fronda d'Ulivo le porte -1 suo castello e intanto Contu Maggio arriva affannato aste110 di Contu ScelIo:
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Ohfi&iu, figghiu santu ti vuoi cede' Manco 'nadonna a lato sai tmé La scena della canzone cambia ancora e raffigura Fronda d'Ulivo che intanto ha raggiunto iI castello dell'amato
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O Contu .Scello aprirne le poute Che agio pmo la stacca rtlrnotte è stacca h porta h sella Fronda d'alia è giuntu al mio castello Ed ecco vra il canto di Fronda d'Ulivo, così come lo !VOTI
abbiamo registrato a Pisticci. Da notare che i singoli personaggi deiia vicenda non sono interpretati da singoli cantanti distinti: due voci femminili impersonano il padre di Fronda, Contu iMaggio, la rnadrcdi Contu Maggio e Cotitu Scello ...*"" Zuando, dopo avere sfidato la galera, la guerra, la morle alrre traversie d'amore, gli amanti si trovano finalmerite l'lino di fronte all'altro resta ancora tutto un cerimotuale da consumare prima deUa sospirata effusione amorosa. L'amplesso, coiiie la nascita, come tutti i momeriti critici dcll'esistenza è esposto a particolari rischi niagjci, aUe forze oscure dell'ilividia e del malocchio e va pert anco difeso e protetto da questi rischi. Ma anche indipcmdenteinente da essi, all'effusione amorosa non si giurige prima di aver recitato una comniedia rituale in cui ajl'u iomo è assegnata la parte dell'eroe intraprendente, donna queUa dell'eroina che si sottrae e si scherrniscc ocando. Rcsta però inteso che, recitata la comniedia,
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CAPITOLO QUINTO
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scontato il ccrimotiiale, il destino d'amore si compie e potrà essere addirirtora la donna, in tutta semplicirà, a sollecit:irlo. Si ascolti questo canto della colomba, diiiuso anche in Lucania:
Vola colomhd, U O ~ Uqndnto ~ i t oVO& i
],i2 alto delle stelle t?on ci puoi andà E io da cacciatore ti vengo a sparà .Te tu da cacciatore mi uieni a sparù io mi focciri suora c alcottvento me ile andrò Se tu tifai suora e alcont:ento devi sta E io dujraticello ti cenò a confessà Se t14da firiticello mi t'ieni a co?ifersu lo mifaccio rosa e al giadiro m e ne andrò Se t g tifai roxa e algiardino devi sta E io da giardiniere ti zjeqo ad annacqu; mi ~iejziad anzacquà Se tu da lo mi faccio pesce e al mure mc ne andrò Se tu tijai pesce ~zell'ac~ua devi sta E io da pescatore ti vengo a ripescà Se tu da pescatore mi vieni a ~iprscà l o mi faccio albero r in compagno me ne andrò
Se tcr tifai albero in cumpagtia d a i sta E io da canzpa,qnolo ti z;cngo o coltivi
Se tu da cnmnpgnolo mi vieni a coltivi lo prendo il veleno e sottena 9nr ne atldrò Se tu preadi il veleno soitewa dmi S L ~ E io da topicello ti ticngo a rosiccbià Comefaccio/accio, mi ~ i e nai n ' ~ à Andiamo amore mio,andifimoci a co~cà I1 canto della colotnba ci aiuta comprcndere quel sottile incantcsiiiio iiiimico del corteggjamento amoroso che
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t la carantella: dal cerchio degli spettatori-attori si stacca a ritmo del tamburello e del canto una contadinella che avanza verso il centro danzando a piccoli passi e soIlevand o Ji poco le cocche del grembiale; subito dopo irrompe nella pista il baileriiio, mentre gli spettatori-attori batton o le mani a reinpo e schioccano Ic dita e mentre le piastre di latta e i campanellutzi di otrone del tamburello scuotono l'aria. D'un tratto si Ieva la voce del contaditio che dirige il ballo: «Come si fa la giara?» Ubbidicrite e plastica 1a ballerina fa la giara al suo cavaliere, cioè danza, tenendo entrambe le mani all'anca in modo da somigliare proprio a una giara. Ecco iin nuovo comando: G Conie si fa la mezza giara?* La ballerina rompe la figura delia giara, rnanticnc una mano ail'anca, ma curva l'altra in aIto sulla testa. Nuovo coruando: «Facciamo u n giro! E iin mezzo giro!D Là coppia esegue inarcando lc mani intrecciate. E infine: c.In epoche in cui non era ancora nata la possibilità storica di altre forme di lotta, questi individui isolati, soanzialmente impartecipi della società ufficiale, di cui brmalmente erano membri, soddisfacevano, attraverso magia, l'esigenza di lottare in qualche modo per non ;sere travolti dai momenri critici del1'esistenza, cioè l'aiore, la fatica e la morte. La forma più caratteristica di questa passione magica cana è il malocchio ofascinatz~ru.Ilfascinato è colui che 'improwiso, senza una causa apparente, si sente psichiimcnte a disagio in una condizione di maligno impedienro, che può anche fissarsi nella inibizione a compiere 'termina ti atti importanti stenza, I,er esempio sol\vese i doveri della prim a notte. .. l - - - 1 Questo senso di misterioso legarne cne par vincolare il ngue nelle vene e che non è risolubilc per atto di volon, comporta quasi sempre il pensicro di essere influen.to da quaIcuno e cioè il pensiero del malocchio o incia, sia nella forma di influenza altrui inconsapevolmente ercitata sia neile forme di una vera e propria faltura tenzionale. Molto spesso la fascinatura si annuncia col sintomo terno del mal di testa e pertanto gran numero di sconuri sono destinati a guarire da questo speciale mal di sta psichico che non ha nulla a che vedere nella fantasia ,polare con i comuni mal di testa per cause organiche. Uno scongiuro di questo tipo che abbiamo raccolto a ~lobrarodice:
Fascino che vai per la via, da Francesca non ci iue Che E bona nata, battezzata, cresimata Da notare che qui la Cresima e il Battesimo sono conce'piti come garanzie magiche contro il malocchio. Chi ?
SPEDGiIONE iN LUCAMA
battezzato e cresimato è magicamente protetto dal malocchio. Proprio per questa sua interpretazione magica la cerimonia al Fonte battesimale non ha sempre completamente soddisfatto il mondo popolare lucano, tanto che si è sentito il bisogno di un Battesimo aggiuntivo da celebrarsi misticameilte accanto alla culla del neonato, sesond o questa costilmanza, la sera del giorno in cui il Battesimo C stato celebrato. Si dispongono intorno alla culla sette sedie, una bacinella colma d'acqua e un asciugamarii e sulla culla si stende i1 corredino del neonato. A mezzanotte in punto verranno sette fate, si siederanno siille sette sedie e niormoreranno formulc augurali, quindi si alzeranno e benediranno culla, nconato e corredino atriiigend o acqua lustralc dalla bacinella e asciiigandosi poi all'asciugamani. Questo Battesiino aggiuntivo, che potremmo chiamare il Battesimo magico delle fate, gararitisce ulteriormente il nconato dall'invidia e dal malocchio. Dcl rcsto il fatto che i1 Battesirno abbia questa funzione magica & confermato dal fatto che per curare il maialc dal tnalocchio, cioè dal dcperimcnto, si improwisa un Batte: per il maialc, evidentemente per tramutare anche il m; in carne battezzata e dunque magicamente garantita. La fascinatura è la mahttia magica per eccellenza e rutte le altre malattie si collegano alla fondamentale esperienza d i essere preda d i forze occulte e misteriose da idenrificare secondo gli schemi della tradizione e da debellare secondo appropriati rituali ancli'essi tradizionalmente fissati. Ncl caso dell'itterizia o male de1'1'art-o, la tradizione è la seguente: qualcuno si alza la mattina e scopre nella sua persona un inquietante aspetto giallo, tra lo spettro C il cadavere. Ciò vuol dire secondo la tradizione che ha urinato inavvertitamente contro I'atcoba!cno, assumendo in tal modo il giallore che ora gli trasfigura il sangue e la pelle. Per espcllcre il colore maligno non c'è che un mezzo: restituirlo aii'arcobalcno che lo ha trasmesso, tna poi-
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ché non si può sempre avere a disposizione un arcobaleno naturale, vale come cura magica riversare il colore su d i iin arco in muratura che non manca mai nei paesi lucani. Chi è dunquc affetto da irterizia dovrà la mattina, prima dei sorgere deI sole, uscire di casa senza rivolgere la parola a nessuno, anche se interrogata; fasciato d i giaIlo, il povero malato percorre in silenzio le strade del paese finché, raggiunto un arco in muratura, vi passerà sotto tre volte mormorando:
B U O I ~ R ~cumpa' O ~ O , arco T'aggiopurtato lu male clc Z'drco E p i ~ h i a t c114 male de I'n~co Buozrgimo. cnmpa ' arco Con questa operazione il giallo della pelle che proviene dal giallo dell'arcobalcno è stato trasferito all'arco in muratura. Particolare rilievo ha nel moiido magico lucano il monacelh o, come ci dice iri dialctto lucano, monachiccbio. Nella sua forma p i ì ~diffiisa il monncello è uno spiritello domestico dall'aspetto di un batiibiilo ricciuto e biondo e che, come ogni bambino, fa ogni sorra d i dispetti e birichinate. I1 monacello si affaccia facendo sberleffi nei riquadri dei finestrini, ia rovinare piatti e s tovighc, tagliuzza i corredi delle ragazze da marito, suona a mo' di tarnburello con le nocche sulle a s s e , strappa coperte e lenzuola di dosso ai dormienri e cento e cento altri dispettuzzi qualche volta preoccupanti e fastidiosi. Se si riesce a strappargli dal capo il cappuccecto rosso si può poi ricattarlo, chiedendogli in cambio della restituzione del cappuccio cliialche notizia su tesori nascosti o anche, sul momento, un bel gnizzolo di monete d'oro vere e sonanti. I n questa fornia il monacello è uno spiritcllo a cui non si associa mai nella fantasia popolare un senti--cnto di sgurnento o di raccapriccio. Ma non sempre il w;ace!lo ha questo carattere addomesticato, gioviale e
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CAPITOLO QUINTO
innocuo: i peiiosi incubi noi-tiuni dei ragazzi nel periodo della pubertà sono per esempio associati al rnonncello; altre volte questo spiritello ci mette s d o stomaco e impedisce la respirazione, anzi in questa forma più arigosciosa prende anche il nome di gracandulo, ci& spiriteiìo che grava sullo stornaco e che soffoca. Qualche volta, infine, il sereno e salte1Iante monacelh lascia il posto a un vero e proprio spirito malefico che si impossessa della persona e la tormenta. È il caso di una ragatzetta di Savoia, figlia di iin contadino, che un bel giorno cominciò a veder apparire s d a sua veste dei ragli a forrna d i croce e da allora non ebbe più pace. Lo spirito prese a perseguitarla, a lanciarle pietre rncnrre andava a prei-idere acqua, a tormentarla i n mille guise finché la madre, dopo aver fatto ricorso al prete, si decise a rccarsi da una fattucchiera. I1 padre della ragazza vi racconterà i particolari di questa singolare vicenda che per quasi un mese renne in siibbuplio la sua casa:
- Cos'è contadino? - Agricoltore. - Agticoltore, coltivatore diretto. - Sissignore. - Lei ci ha detto un fatto che è accaduto a l;ostrafiglia... come sj chiatna vostrafiglia? - Varalla Raflaeh. - Vostrafiglza? - Sisszgnorc. - Li allora, cos 'è successo a uostrafiglia? - Eh, una mattina, una bclla tnatlina In mamma tm;ò srn kruuolino della culla tagliato. Uno grande in mezzo r quattro pilì piccoli ai quattro angoli delh culla. Ilgiorno successìuo la ragazza era a casa, guarduua un bambino, non c ' m nessuno. LA mamma l'ha hsciato n casa e k~è uenrrta a lavorare e quando è tornata ha trovab la bnmhina con uno svenimento e tagliata lo vesta. iMi venne a
SPmIZIONE IN LUCANTA
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chiamare a me e mi disse così COI?,dice, non si sente bene. Vieni a vedere un po' a casa e allora, svenuta com'era, E'abbia~omessa sul letto e aveva utra croce sopra la vt=stina,al centro delh uesta, davanti. L'abbiamo messa sul letto e non parlava, poi verso la sem Ic abhamn chiesto e Cbe ti senti, che ti è at.uenz~to?»«Ho sentito stringmmi alh gola, ma non ho visto nessunoD, come se si .rcntirse soflocarc. E poi la notk 2 stata senza Foce, la mattina appresso ha incominciato a parlare sottovoce. E dice: «M2 sono sentita stringere la gola, ma io non ho uisto niente, per quale motivo, Ai mi abbia s k t ~ la o goh D. E parhva sempre in sottovc)CE, sempw in . soti01ioce. E il giorno appresIo, I" ,,,,; dumcntavano giorno pergiomo; dauanti, da dietro, ai lati:queste Cfoci aumentavano sempre di piiì. Cominciauano ad appczrire vetro le undici,rnczzugiomo e ueno sera aurnentouano queste croci, rnupgionnente. Dopo ci~lque,sci giorni c/)e Iei st~zvaammalata, incominciarono a buttarle questcl pieìre mentre andaua a prendere l'acqua; la ragazza anduua a prendere l'acqua e si vedevd cascare 'stepietre. E poi abbiamo chiamato il prete, dice: «Sì, ci vengo senz 'altro itz campa,qna, t'engu a fare delle benedizioni; gli iascio un crocifsso, delle immagini egli mando un lihri cino, pqherau; il prete ha benedetto ia casa, ha benedetto ka fi~ntanae poi se n 'è atrdato. Dopo ancora, visto che kr ragazza not?fuariva, mia moglie, domandando in paese, k hanno indicato di ut~darc~ a 1Montesano che lì, dicecano: ci staua m a donna che potrebbe essere adatta per questo male. - Voi avete pe~satoa h fattura.. . - Eh si, dice, yucste so 'fatture... so' cose che non vi erano a curzoscenza, so' capitate... andando a Montesano può iìuni che intrecciate lo strada. Mia moglie si è recata a M onterano, portatzdo con sé un veshtino delh ragazza. - Quello tagliuzzato. - Quello tag/iuzzato, sissignore.. .
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CAPITOLO QCTINTO
- Anche il lenruolo ha portato? non l'ha portalo il lenzuolo... solamente qualche vestitino hgliuzzato dello ragazza ... e questa donna k ha d c ~ t oquesta ha pirso uno spi~itomolto... la ragazza.. . dice, io mi intcrexrerò, rcricerù a P a h a , ai fiati?; di Sant 'A~ztorzio,Ià pig/ierat?nopis~v~iedimet~to. manderanno delle figure, manderanno... voi fate delle ofierte, fate delle cadà ... - Questa magara eru stafapagota anche? - Beh! gli ha dato qualche regalo nzia tnoglie,forse un po' di fowfiagio e ci ha detto pure di prendere I'acqza ranta che l'ha portata pure Don Francesco, I'acyidd santil benedetta e l'ha Iltuasta anche in casa l'acqua santa e g!ie!o ha detta ancbe questa di Montesano. Conte ha detto il p e r e , ha detto anche qz~elladi il4unte~an0(!i pi-tw&re l'acqua santa c di Imcrkr it! casa, dice chc era IIUOTZO; di verc;urnequalche po' (li gocce s:ll!u rapzza. Mjlz moglie ci è andata u iPlontcsa~zo,do questa donna, tre volte. Dopo qualche giorno che era skata a hlontcxuno la ragazza ha cominciato a miglioraw! la voce è toi~atonormaL e lentanzentc è guarita e dopo un po' di giorni ri i) messa a sistema come primo quesu ragazza.
- No,
Senza dubbj.0 rnolro d i questo mondo magico d i pensieri e di esperienze è avviato al tramonto in Lucania: anche riellc zone più arretrate il inondo moderno batte d e porte. A parle l'emigrazione e le guerre, i contadini lucani stanno yartecipando iicgli ultimi vent'anni a esperienze la loro visione decisive che trasiormano deUa vita e del mondo; alrncno gli strati più evoluti sanno ormai bene che per ii~igliorarele foro condizioni di vita e per superare i momenti critici dell'esisrenza nrin giova la soluziorie disperata della magia, nia piuccosto I'isrruzione e la cultura, e soprattutto una coscienza sindacale e politica che li trasformi i n f'orza storica naziotiale.
L e potenze oca~ltcdella magia, il malocchio, l'invidia, la fattnra cedono il posto, nella coscienza contadina lucaalle forze reali che sono il vero ostacolo alla realizzazione di u n mondo migliore. Pertanto lo stesso patrimonio culturale tradizionale comincia a riflettere i nuovi eventi e le nuove esperienze. il Stigliano ci è accaduto di udire il vecchio tema melodico del cupa cupa interpretato da dtie contadini, uno dei quali lo interpretava secondo il più rigido stile tradizio--le, mentre I'aicro che aveva combattuto in Francia con illaquis e che con i partigiani a17evacantato il famoso ro Fischia ilvcnto urla la bufera versava nell'alitica canzone di questua della sua terra la sua iiuova esperienza canora e dalle viscere stesse del canto di qiiestua tradizionale insorgeva, chissà per quali scgrctc vie d i melodica rimenerazione, un accento che ricordava il carito partigiano ; d i a Ì!uento urla la bufera. M,
Questo soffio di tempesta puo spavericare, ma in sostanza il messaggio culturale dei contadini lucani, cyucllu che accenna a sviluppi chc sono già in atto, è già t u t t o potenzialmente racchiuso neil'uitimo verso delia ninna nna di zia Rosa di GrottoIe: «Figli son tutti quanti, al là dei cavalieri, al di 1à dei regnanti, a l di là degli stessi iti. li& son nitti quanti n. E noi pensiamo che ogni uomo I;hero può sottoscrivere questo niessaggio che sta alle raciici del destino deìl'uomo nel mondo. .A"
DIBATTITO SC ERNESTO DE
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Di\>attitosu Ernesto de Martino*
EP Il 6 maggio 1965 è morto Ernesto de Martino, un grande studioso italiano di etnologia. S0r.u qui con me per commemorarlo Carlo Levi, Diego Carpitella, Giovanni Jervis. ' Dc Martino era nato nel 1908; il suo primo libro è stato hruturalismoe rtoricismo nell'etno!o~iadel 194I , seguito dopo qualche tempo dal Mondo magico del r 948. La for~nazionedi studioso di de Marcino deve molto allo storicismo crociaiio, ma lo storicismo crociano egli ha saputo trasformare, ha saputo rendcrc qualcosa di molto diverso tanto da potcr permettere a questo scoricismo idealistico di coniprcndere degli orizzonti lontani come appunto l'orizzonte etnologico e di inserirsi in a!cuni problemi di carattere storico e di carattere sociale, decisivi non soltanto per lo studio del mondo niagico o dei popoli primitivi o delle aree piimitive di cultura, ma anche per la comprensione che l'uomo civile o cosiddetto occidcnrale può avcre di se stesso. Il tema, forse, fondameiitale della ricerca di dc Martino era il problema della presenza dell'uorno nel mondo,
* La iresmissione (durata: 373 tu regismta m1 1965, p c a dopo la mortedi Ernesto dc Martino. Vi parteciparono: Carlo Lavi, Diego Carpitella e Giovann i J e ~ smdemtorc ; Enzo Paci. Una trascrizionedel dibrtito fu pubblicata con i ) tiralo Ricordo di E m t o & Madno in *Quaderni dell'rsst-*(Sassari), I, 1966.
MAK'rINO
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il problema storico della presenza dell'uomo nel mondo, ed egli sentiva che questa presenza poteva essere minacciara, coine lo era nei popoli primitivi, ma come anche lo JÒ essere nei popoli civili. La risposta a questa minaccia - e la forma più tipica di iesta minaccia è la morte - è la cultura. I1 pianto rituale è un modo, L. il primo germe della culira, la nascita della cultura stessa con la quale la cultura, ie per de Martino P un valore, risponde alla miniiccia :lla presenza. Qucsto tema della presenza si è poi allarito in de Martirio, è diventato non solo il tema della orte, ma è diventato anche il tenia deiia a terra del riorso» - per ricordare un suo libro del 1961 -; è divento poi anche il tcma dclla colpa clie p~ibavere il inondo hcidenrale rispetto ad altre civiltà, rispetto ad aitre eltc. Ma egli non ha studiato iprimitiri come aItri etnogi - che egli p ~ m ha studiato e ha criticato, per esempio :vy-Bruhl e Durkheim -, ma ha studiato delle forme di ;ilti, che pure hailili0 tuttc) il diritto di chiamarsi tali, e e sono vicinissime:a noi, ccm e ad eserripio 1.1 civiltà delcalia meridionale di cui egli ha fatto 1e storia, di cui ha rcato di comprendere i motivi profondi da1 punto di sta etnologico, e dal punto di vista storico C socialc, uesta esperienza della civiltà dell'lcalia meridionale, e si esprime soprattutto negli studi del tarantismo, è ito ilno dci temi fondamentali di de Martino: egli dice e la Puglia è la terra del rimorso, ma che la terra del norso oggi può essere anche tutto i1 mondo per la no-a cultura e per la nostra civiltà. E certamente egli ~ t spinto o a qiiesta ricerca di carattereetnologico anche dei motivi profoiidaniente umani, profondamente ra:ari ,nella storia d'Italia che egli sentiva molto. Forse Carlo Levi può dirci qualcosa di questo perch6 Martino spesso parla del suo libro Cmto n èfemato ad poli, e ne parla come di un motivo ispirarorc.
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CAPITOLO SESTO
CL Certo t che nel pensiero C nella figura di Ernesto de Martino la scoperta o la riscoperta del mondo meridionale rappresenta un punto fondamenrale, direi una svolta fondamentale del suo pensiero, perché, mentre neiie sue opere precedenti alla guerra, come appunto :Vaturaljrmu e storicismo nell'etnologia, e fino a quella che, almeno dal punto di vista tcorerico, rimane la sua opera principale, ci& Ilmondo nzagico del 1948,il suo studio, il suo lavoro sull'etnologia, sul mondo magico, primitivo, ha ancora un carattere, direi, molro generale, cioè Kon riferito particolarmente ad una realtà vissuta e presente. Dopo il mando magico e dopo il suo ritorno nel Sud, dove lui cra nato, il siio interesse e il valore della sua opera acquistafio un carattere estremamente concreto, preciso e veramente storico, perché il suo pensiero si è niodificato, partendo appuiito, come si è detto poco fa, da un crocianesimo storicistico molto moderno e inolto vivo. Egli parlava, s t ben ricordo, di astoricisrno eroico», come quella forma di riciqmo necessaria, che egli contrappor,er7a alla fornia di storicismo accademico che non comprendc\:a la larghezza Dro_ dei probleini e che restava dtnrro i limiti astratti di , blemi già posti. Ma, partendo da questo storicismo d'origine idealistico-crociana, egli rovesciò, in un certo senso, Ic sue posizioni filosofiche arrivando ad una psizionc che rimane storicistica, ma in un senso dialettico, in iin sienio chc si può dire iiiarxistico. Ma il canibiamento di 1msizione, l'evoluzione successiva di de iMartino non fu t anto una semplice meditazione di carattere teoretico, qu anto piuttosto il contatto con la realtà viva che egli seritiva profondamente. Io ne fui testimone, ne fui direttam ente testimone: io conobbi de Martino poco dopo la gutm a . proprio quando uscl il mio libro Cristo si èf m a t o a Ehoti' e ritrovai nel 1Mundo magico delle posizioni che erano sd i tcoreticamente a quelle che io avevo adombrata intuitivamente senza pretesa di sistcrnazione scientifica nel mio ....W
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libro, e anche in q~iell'altroinio precedente libro. Paura della 6ibwtà. Vale a dire quel riportare il problema essenziale del mondo magico aii'jnterpretazione storica e soprattutto ad un'idea che in dc Martino rimase permanente, sempre pih arricchendosi, del rischio della perdita della preseriza, deila perdita dei mondo, della perdita del. :sistema e del modo per riscattarsi da questo rischio,
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mché la sua intuizione del morido magico come quel ~ n d in o cui la presenza non è ancora una certezza o un to, ma è essa stessa Lin rischio attuale, è una formazione e si va tormando, e un'attualità che sta diventarido atale e quindi i. sempre soggetta alla propria perdita, seme minacciata. Ora, quesea mi pare sia l'inririzione fondamentale dcl nsicro di de ~Martino;e se egli agli inizi la risco~itròsu i dati etnologici che naturalmente non potevano essere prima mano - come sono quelli studiati dagli etnologi Africa, in Oceania, in Amcrica del Sud, i11Siberia nei r-'esi degli sciamani ecc. -,quando dopo la guerra il conrar to cori il grande caporoigirnento della vira d'Italia, POIrtato daila guerra, dalla Resistenza, dal movimento contaclino meridionale - cui egli si sencl immediatamente vic ino - cgli portò la sua atteiisione sui caratteri arcaici, ma gici presenti attualmente i11 quesro mondo, ci diede un;a testimonianza sempre piìi ricca di una realtà che 2 la nostra realtà di oggi ed è lì, forse, la maggiore originalità,, la maggiore importanza deii'operazione di de Martino. E qriello che ne fa una figura non soltanto di uno sciidioso lace e intelligente, ma di un uomo completo perché in :i problemi lui portò contetnporancarnente, ed è queil loro valore, I'intcresse dello scienziato e l'interesse deii'uomo. EP L'esperienza dell'uomo clie pcr lei è anche I'esperienza dell'artista ... cioè in lei è stata un'csperienxa artistica ...
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Mentre iii de Martino è stata irn'esperienza di scienziato, ma intesa come atto attuale, cioè come una vera esperienza storicistica, o storica, portata sii1 piano dclla partecipazione attuale e della comprensione - se è vero quello che de ~Martinososteneva - cioè che la funzione deii'ecnologia storicistica è I'allargarriento dell'autocoscienza della nostra civiltà. .. ci& irna funzione umanistica di a1largamento di coscienza. 'I'ale funzione di allargamento di coscienza egli poteva risco~itrarlanel dopoguerra italiano a contatto col mondo contadino mcridionale proprio perché il movimento contadino, il mutamento delle dimensioni culturali di questo niondo arcaico e magico, che si stava svegliaiido alla civiltà attuale e presente, era già in sé questo allargamento dell'aiitocoscicnza. Quindi l'opera di de ~Martinocome etiiologo coincideva di fatto con la situazione storica: questo fa la sua grandezza e il suo valore e lo imrnertc cffettivarnente in Lin periodo storico di cui egli diverira un protagonista effettivo ed è per questo chc io credo che i suoi libri, i suoi saggi, tutto il suo lavoro di questi anni rimangano non solo per il loro valore prettaiiientc: scientifico e teoretico, ma rimangono anche un documento iimanistico e un contributo al mutamcrito della realtà, noli soltanto alia sua astratta conosccnza, una coiiosccnza come mutamento; ed S la ragione per cui egli poté esseic al tempo stesso scienziato c uomo di azione nel iiiondo del Mezzogiorno e la ragione per cui egli ha portato un contributo effettivo a questa conosccnza nel mondo contemporaneo.
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rsij Dicevo anch'io conternporanco, perché la Puglia per lui è il simbolo di tutto il mondo contemporaneo ...
CL Quando Iiii ha parlato della Tma ddnhorso, c ha scritto delle pagine che sono anche molto belle dal punto
DIBATMTO SU ERNESTO DE M A R n N O
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di vista letterario sii questo morso della tarantola che è un ari-morso», che è il simbolo del rimorso, di una coscienza non piena e non completa di quello che 6 uno sviluppo storico, eccetera... e ha riscontrato tutto ciò nella storia deiia Puglia, neiia storia dello svolgersi della civiltà, ci ha dato un vero esempio di quello che è uno storicismo effettivo, di queiio che lui chiamava «storicismo eroico». EP
Quindi la presenza è lo storicismo effettivo..
Direi di sì, questa era l'idea di de Martino e credo e egli ne abbia dato veramente una prova.. . CL
Unc) storicisrno in cui I'aiiargamento ddla coscicntende al![a trasfor.maxionc di una situazione storica in un 'altra. Questo è Lino degli element i fotidanientalj; ma c'è anche tutto l'ele mento sc:ieritifico che, pur arricchito da questo elemento umano, t.ia delle Caratteristichc particol'ari in dc Martino nel senso chc egli t un etnologo ed è un'o storico, come abbiamo visto, e, pur cssendoetnologo e storico, è anche uno scienziato, o perlomcno si serve di alt ri campi della ricerca, tanto che aveva bisogno di più aiu[ti, di piii collaborazioni, aveva bisogno, direi, di una si ntesi delle scienze ,in atto, per cui qui la scienza, i11qual.. che modo, diventava una funzione di questa posizione storicistica. Le sue stesse iicerchc dovevano dunque enrrare nel10 studio del folklore, come si usa dire, ma anche studiare cosa significa il rimorso dal punro di vista psicologico, cosa significa la risposta al rimorso non solo psicologicamente i-iormalc, ma anche valutabjle, st~idiabiledal o vista psidiiatrico, cccodunque tutto il suo penep111~ t di tra re nel mondo della psicologia, proprio ne110 studio dei tarantismo e, se si tiene presente la tecnica che i tarantati usavano per curarsi, cioè la musica, le canzoni, ecco d o r a che entrava tutto un altro modo di vedere la stessa teraEP
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pia, la stessa arte in una certa funzione, per cui c'era oltre che uno storicismo effettivo anche una sintesi delle scienze in atto, interne a questo. Qui per esempio Diego Carpitella mi seiiibra che ci potrebbe aiutare nel dirci qlialche cosa di questa sintesi effettiva.. . DC ... di quecra tecnica sul campo, diremmo cosl, questa verifica neUa realta ... A me sembra che qucsra collaborazione interdisciplinarc, che de iMartino ha sempre sostenuto cosl caldamen te, specialmente negli ultimi anni, derivasse da una grande sprcgiudicntezza nel guardare Ia realtà ... ciol., questa realtà sii1 campo ci veniva di fronte in tale maniera clie egli srcssa si accorgeva che c'era bisogno di stmmeiiti supplementari per guardarla e per analizzarla. De Mar~inosi accorgeva che noil si può fare una storia del rnoildo meridionale italiano sen;sa tener conto degli elementi storico-religiosi e senza terier conto degli elementi, per esempio, musicali. Insomma era impossibile che in una raccolta J i eleincnti sia relativi alla magia. sia relativi alla superstizione, sia al lainenco funebre, sia alle crisi di tarantisiiio non venisse ncccssariamente avanti anchc qiiesta realtà musicale e di danza. .. quindi era una necessità quella di cercare anche collaborazioni in questo senso. I miei ricordi su de Martino, che conobbi tredici anni fa, risalgono proprio al maggio del '5 2 , quando io lo incontraj C lili mi parlò proprio del suo prima viaggio a Tricarico, mi parlb di Carlo Levi, di Rocco Scotellaro, deI1a Rabata, dei Sassi di Matera c di11ani.i a questo discor~o - io allora ero un bartokiano esasperato, ammiravo Bartòk, leggevo Rartòli, e soprattutto il Bartòk che per anni era stato riell'Europa sudorientale e aveva raccolto migliaia di canti - e gli dissi, certo che sarebbe molto bello pubblicare in Itaiia gli scritti di Bartòlc sulla musica popolare e lui fu subito aperto a questo argomento, tanto è vero che il libro iii poi pubblicato neila G Collana Viola della
Einaudi. Poi, due mesi dopo, lo ricordo perfrttarneiite, nel settembre del 1952,mi telefonò e mi disse: «Andiamo giù, facciamo - un termine che fu molto criticato una spedizione». Molti si scandalizzarono perché dissero: come? una spedizione, una spedizione ndl'Italia meridianalc? Siamo anagraficamente tiitti italiani; eppure se si tiene conto dell'abisso psicologico, se si ticne conto di quel Cris~osi èfennatu a EUoli veramente I'andare in qiiel iriondo e affondare in quel mondo in maniera spregiudicata, senza paternalisrno e senza la freddezza dei questionari, era quello che si dice una spedizione uiuaiia della verifica della r a l t à )>.Da1 '52 fino al '59, e ancora nel '6 I , io ho fatto quasi tutti i viaggi che de Martino ha fatto n d l'Italia meridionale: in Lucania, in Calabria, in Puglia e insieme sono stati registrati circa quattrocento documenti musicali. Oltre ai soliti canti che nei manuali di folklore si chiamano «dalla culla alla bara», abbiaino registrato dei documenti che sono veramente dei pezzi rari e che sono oggi registrati ncll'Archivio del Centro di musica popolare dell'nccademia di Santa Ceciiia e della R A ~ Certo . l'esperienza più forte è stata senza dubbio quella del lamento funebre C dcl tarantismo. Veramente mi sento di dire con assoliita certezza che l'esperienza di ricerca e i documenti corcutico-musicaIi che erano stati raccolti ncl corso del viaggio in Puglia, per esaminare e studiare i fenomeni del tarantismo, sono verametite tra i dociitncnti p i ì ~preziosi che I'etnomusicologia eiiropea abbia potuto mai raccogliere. 111questa Europa occidentale del 1959sono state raccolte forme di terapia corcutico-musicale che erano assolutamente impreviste e delle qiiali altri studiosi, che l'avevano forse a portata di mano, non avevano saputo cogliere I'importanza e la complessità. Oltre a questo, vorrei soltanto sottolineare un'altra cosa.. . il ricordo di de Martino. per noi che abbiamo lavorato insieme a liii - mi riferisco a n d ~ al e mio amico Jervis -, era il metodo e il clima di questo lavoro sul campo. Chi ha esperienza di
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DIBATTITO SU ERNESTO DE MARTTNO
raccolta ctnografica sul campo sa comc qncsto lavoro sia estremamente faticoso; faticoso perchk non sono né le pietre degh archeologi, né gli insetti dei naturalisti, ma sono uomini. .. e afferrare la situazione, non passare con l'emozione, come accadeva per molti di noi, che eravamo quasi t u t t i meridionali i t i questi viaggi, razionalirzare c sapcrc qiirllo che uno andava cercaildo era veramenre una grossa fatica.. .
l'altro per il ricercatore è uii'esperieriza di ora, per I'indagato è l'eredità di un passato che rivive, di un morso e un «ri-morso)>...
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Per il senso d~distacco che era necessario..
IX Partecipazione e discacco nello stesso tempo.. . io mi ricordo molte volte - e tu lo sai Jervis -, sia per esempi di lamenti funebri, sia per esempi di terapia del tarantismo, possiamo anche nasconderci, ma eravamo molto emozionati, emozionari proprio nel senso più profondo.. . ma mentre eravamo emozionati urnanamenre, dovevamo capire che il pianto era un modulo rituale, che si ripeteva, che potevamo capire la adjstrazicrne» di qualcuno mentre piangeva, che mentre c'era una terapia si poteva parlare deiie cose più disparate ed erano a~iclieq u e h moduIi corcutici, che la danza non era iin caos, un disordinc. ma che aveva delle norme rimali ben precise. E questa fatica, questo sforzo di afferrare la realtà era quello che rimane forte per noi dell'irtsegnarnento di de Martino come lavoro sci1 campo; cioè partecipazione umana che non sia freddo inve~itarioetriograiico e che tion sia neanche freddo questionario sociologico e neìio sresso tempo non avecosì difiuso rc né il paternalismo, né I'«aniniabelIismo~~ negli studi folkloristici: questa è I'espcriem molto fortc che noi sul campo abbiamo avuto. EP Oltre tutto q.ueUo che abbiamo detto, è anche un difficile processo di carattere psicologicu ... in cui interviene 1s persona del ricercatore e la persona del ricercato in un accoppiamento particolarmente complicato, che tra
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Irif'atri c'era questo problema: da una partc biso~c gnava partire eimbottitim della letteratuw sull'argomenro, ma bisognava al momento esatto dimenticarsi questo imbottimento e afferrare la situazione umana; perché o si diventava Iibreschi nel voler verificare la realth, oppure si era coggiogari da un ideologisrno u da uno schema, ma il punto critico della ricerca era esattamente questo: dimenticarsi, afferrare l'oggetto e nello stcsso tempo razionalizzarlo difendendosi dalla passione e dall'emozione umana. EP E una deiie ragioni per cui de Martino combatte I'irraziomlismo, che sarebbe abbandonarsi senza comprendere razionalmente il I'enomeno che viene studiato.. . DC Esartamentc... un'ultima cosa, se coniideriamo il panoratiia delle discipline etnografiche e storico-reIigiose specjalmente in ItaIia, in conseguenza di urla scarsa ereU -':-à IL positivistica e in conseguenza di un'eredità idealisric:a, di qualsiasi tipo essa sia, i latlori di dc Martirio e i lavori nati cori de Martino, halino decisamente un sa--ure, diciamo pure la parola, rivoluzionario. GJ IO sono staro verarricntc concento di sentire quebca passione di Carpitella ne1 descrivere queste nostre
esperienze comuni e devo dire che la sottoscrivo pienamente. Vorrei aggiungere quaIche cosa: nello studio che de Martirio conduceva delle popolazioni iiiettera te dcll'ltalia meridionale esiste un atteggiamento molto particolare e positivo, nonché estremamente indicativo per la personalità dcil'uomo, ci02 esiste in de Martino una costante
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T)TRATTiTO SU ERNESTO DE MARTINO
sorvcglianza e consapevoIetza deUa propria posizione e formazionc culturale. De Martino era pienamente conscio di due rischi: il primo era il rischio della vecchia etnologia, che considerava le popolazioni iIIetterate dall'alto della propria maturità e della propria cultura occidentale senza rendersi conto delle differenze che intercorrevano tra le due cultiire, senza rendersi conto che la cultiira occidentale non era soltanto, o a n i pitittosto, ii compimento di un ciclo storico, il perfe.~ioiialirentodi un ciclo storico quanto piuttosto una cultura particolare che poteva avere i siioi difetti e comunque aveva delle differenze qualitative e non soltanto qi~antitativerispetto a h cultura delle popolazioni illetterate. Insomma, da iin lato dc Martino combatteva il vecchio pregiudizio etnocentrico. Dall'altro lato de Martino era altrettanto, o forse ancor pii1 polemico, contro un pregiudizio opposto, cioè il pregiudizio di poter studiare l'individuo oggetto della ricerca etnoiogica, ovvero della ricerca storico-religiosa, soltanto rnectendosi a1 livello, cioè portandosi a1 livejlo della mentalità dell'indiriduo in oggetto. De Marti~io combatteva in fondo I'illusione di poter parlare lo sresso linguaggio deii'individuo illetterato, combatteva l'iiiusione di poter studiare la popolazione illetterata perdendo di vista il fatto che chi conduceva lo studio era in fondo coridizionaro daUa propria cultura. Quiadi de Martirio aireva piena consapevolezza di essere, lui stesso, condizionato da una certa formazione culturale e di non poterla abbandonare. Direi che questo punto di vista è particoIarmente importailte perché de Martino ha subito rutta un'evoluziom ne1 corso del suo pensiero, è passato dal crocianesimo fino ad accettare alcuni aspetti del marxismo, ma anche qui è m l t o interessante, e simpatico, notare che egli ha seiiipre mantenuto tina piena consapevolezza che la sua formazione crociana era, in un certo senso, i n e h n a b i i e . Cost
come, studiando le popolazioni dell'ltalia meridionale, le popolazioni iiietkrate, egli era sempre profondamente conscio Jel fatro che i1 silo particolare punto di vista non poteva essere tolto dall'equazione che lo legava al1 'oggetto dello studio, anzi doveva essere continuamente tenuto presente, continuamente riproposco, continuamente tenuto in conto come punto di partenza di un dialogo che non poteva ignorare questa ineliminabiie differenza di valori.
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EP In questo i-iietodo, che Jervis ha cosi ben descritto, forse è interessato anche a un fatto di natura psickiatrica, nel senso che l'oggetto studiato, anzi vorremmo dire, meglio, i soggetti srudiati, nel modo e nella forma in c i l i venivano st~idiati,sono in una situazione di crisi e colui che deve studiare qilcsri soggct t i deve comprendere la crisi, ma non cadere lui stesso nella crisi dclla presenza o nella situazione patologica che sta studiaiido. Vorrei che Jervis ci dicesse, come psichiatra, q~ialcosadi pii1 su questo aspetto.. .
Certamente ... Credo che qui ci possiamo richiaGJ mare a quanto CarpiteIla diceva prima. Esiste in qualsiasi situazione psichiatrica, e in particolare in alcune situazioni, che riguardano due ambiti specifici della psichiatria, le psicosi e la sociopsichiatriu, esiste il pcricolo di perdersi nella malattia; cioè esiste il pcricolo da parte dell'oscervatore, da parte dello studioso di vivere uii'empatia, di identificarsi con la malartia fino al punto di perdersi in essa, di rischiare la propria presenza, la propria sanità mentale talvolta, il suo equilibrio, ma soprattutto al punto di perdere la qualificazione della posizione storico-cuIturale deìi'ossen-atore, fino al punto di perdere la consapevolezza chc I'ossenratore è anch'egli condizionato dalla propria cultura, diiferente da quella del pazietire o dell'individuo di cui si studiano le manifestazioni patologiche. Ora, esiste
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DTRA~TITO SL' EHk-EST0 DE MARTINO
CAPITOLO SESTO
che c'è tra questi momenti storici diversi, dal punto di visra di uno storicismo attiialc. Perché altrimenti si potrebbe pensare, un p' parsdossalrnente, che lo stesso metodo scientifico diventi n sua volta un modo amagico,~ per impedire quella identificazione, quella perdita nella crisi dell'oggerto, mentre invece perde Marrino devo ammettere che questo pericolo è lontano e superato. Cioè, non è che egli usasse mai gli strumenti, lo storicismo dal punto di vista crociano o marxista, come un metodo inagico di superarncnto della crisi esistenziale.. .
questa tensioiie tra srudiare freddametite e distacatamente un fenomeno patologico e invece il tendere a comprenderlo dal di dentro fino al perdcrsi in esso. Questo comprcndere dal di dcntro può essere pericoloso perché piiò creare talvolta l'iiiusionc di riuscire a cogiiere determinate essenze che soprattutto esistono nella testa dello studioso e non certo nella resta del malato. Questa tendenza ì. altrettanto pericolosa nello studio deUe manifestazioni patologiche delle popolazioni a basso livello culturale, o comunque illetterate, perché anche in questo caos lo studioso cerca di rivivere il vissuto del malato e in quesra situazione commette sempre un errore nella misura in cui no11 si accorge che i due vissuti sono coridizionati da esperienze storiche diverse. Eppure C'? anche un altro fatto, cioè Ia crisi del mondo contemporaneo al quale apparriene lo studioso. .. CP
GJ Certamente, ma non so se le due crisi possano essere accostare. Indubbiamente esiste una crisi delle popolazioni rurali, sottosviluppate, illetterate del Sud italiano, ed è una crisi di un mondo particolare, che per certi lati si va disfacendo e per certi lati si va traslormando. Non so se si può a~sirnilarequesta crisi dell'uomo contcmporaneo, dell'uomo colto occidentale a questa crisi particolare del Siid rurale. IJiiì, darsi chc le crisi siano diverse, C valori messi in crisi siano diversi e che i modi per cupe la crisi siano totalmente diversi ... EP
Forse Levi voIeva aggiungere qualcosa.. .
CL Sictirameiice lc due crisi sono diverse e appartengono a dei contesti storici diversi, ma proprio - come mi pareva aver accennato prima - la caratteristica di de Martino era quella di cercare di tenere insieme questi contesti storici diversi, vale a dire cercare di trovare il rapporto
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Cioè come un metodo di salvezza.. .
cz Era ariche, probabilmente, iin metodo di salvezza, ma quello che impediva il distacco tra i due momenti e allo stesso tenipo impcdiva anche quella identificazione che porta a una perdita, o perlomeno ad una perdita delle capacità dcl comprendere, era un elemento cornune sia nel metodo di dc Martino e deUa sila persona sia iiel mondo che egli andava studiando; era cioè in entrambi i casi una posizione che poneva la libertà come il vero fine, e il vero strumento nel medesimo tempo, di superamcnto della crisi. Naturalniente l'interesse così vivo che de Martino ha avuto a quel mondo non era tanto nel suo essere un residuo di tempi storici passati da illuminarsi al lume di Iuna ragione che stava di fuori, quanto invecc di cssere eff et tivamente un movimento che portava da iin moment 0 di perdita della presenza ad un momcnto di affermaZIO'ne della presenza come libertà. Non soltanto per il car attere sociale del movimento e anchc del rituale, e anc:he della crisi e del mondo magico, che è sempre, in questo senso, portato fuori dell'individuale, come dice de Martino quando polemizza con coloro che sostenguno che il mondo iuagico appartiene semplicemente alla patologia e che può avere rapporti solo con la schizofrenia o con altre malattie mentali. Anche perche lui dice no, q u i
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CAPITOLO
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non siamo in una crisi di carattere strettamente individuale, staccata dal suo contesto storico, ma siamo in una crisi che sta nel suo contesto storico. Ma voglio dire inoltre che il suo interesse, la sua partecipazione effettiva credo venisse dalla convinzione che il movimento d i e spingeva, che creava questa stessa crisi non era tanto legato al ìatto che si trattasse di un residuo storico destinata alla sconiparsa, e dunque puramente negativo, ina un movimento individuale e collettivo nel senso della liberazione, della libertà, che corrispondeva anche al metodo che I'etnologo porta nell'esame di questi fenomeni.
noi, questo studio dell'aItro, deli'aitra civiltà, deli'altro popolo ci interessa profondamente e ci interessa neiia nostra contempraneità. Non diciamo che il mondo dci primitivi, a il mondo magico è qualcosa che è anche nostro, ma diciamo che per comprenderlo dobbianio rinnovarci, noi, dobbiamo assumere un'altra coscienza e dobbiamo acquistare un senso della storia con un significato diverso da quello che, prima di questo stiidio, la storia aveva e questo è forse lo storicismo cui pensavamo tutti quariti a proposito di dc Martino.. . Era un controllo dei residui arcaici. Nei momenti in cui i residui si esauriscono, come diceva Levi, c'è una reintcgraziot~ein un orizzonte di libertà. DC
Quindi si potrebbe dire, forse, che lo studio di questo fatto storico determinato, diverso dalla situazione storica nella quale si trova l'etnologo, aiutava I'etnologo a prendere coscienza della propria civiltà in rapporto a quella civiltà.. . EP
GJ
Sì, io vorrei dire che in de Marrino, per quanto
riguarda questi problemi psicologici e psicopatologici, esistono due tendenze, e questo forsc p i ~ òchiarire anche il problema di cui si è parlato finora. Esiste in lui la tcndenza a ritenere che fenomeni psicopatologici possano essere vettori di dimensioni, di valori, di contenuti utuversali, quindi validi per spiegare la crisi di rutti gli uoinini C quindi anche dell'uomo colto occidentale. Quindi esiste questa sua tendenza all'uriilicazione, cioè la tendenza a ritenere che rutti questi fenomeni psicopa rologici che vengono così beli studiaii nclle popolazioni illetterate forniscono delle misure liniversali, dei modelli che sono utili anche a noi per capire le nostre crisi, d i e forse si esplicano in modo diverso da quelle. ma noil di meno hanno degli aspetti comuni. EP Quindi possiamo dire in ultima analisi che questo studio, che a prima vista può sembrare cosi lontano da
EP
Quindi può concludere Levi.. .
Vorrei concludere che 2 appunto in questo senso della libertà che va preso essenzialmente l'insegnamento di dc Martino. Quando partecipai ai funerali di de Martino nii fu chiesto di fare una cosa che è lontana da tiitte lc forme della mia vita che è così restia a tiitte le forme ritiiali: mi fu chicsto di dire alcune cose, di proriunziare quello che è iin nlainento funebrcrz c io mi trovai veramente di fronte a una reaItà - natiiralmente i lamenti funebri che possiamo aver comunicato noi, Calogero e io, erano dei lamenti Iaici, erano dei lainenti moderni, non eraiio dei lamenti magici -, tuttavia mi trovai a pensare a come coincidcsscro queste realtà lontanc, come la contemporaneità dei moiiienti storici fosse un elemento reale e oggettivamente presente di fronte al fatto della morte e di ttonte al fatto delh vita, C quindi forse capii meglio quello che in de Martino era un elemento essenziaIe: questo rapporto di contemporaneità e di libertà che si istituisce nel movimento della storia. CL
Pos@azione Ernesto de Martino alla radio Letizia Bindi
Ernesto de Mutino approda aUa radio intorno agli anni cinquanta, intrattiene rapporti con molti di coloro che allora animavano il Tcrzo Programma della radiofonia e profitta deiia strumentazione tecnica messa a disposizione dal Centro nazionale di studi di musica popolare, costituito dall'hccademia nazionale di Santa Cccilia e dalla stessa R A r e presieduto Ja Ildebrando Pizzetti,' che renderli possibili - come lo stesso de Martino esplicita nella premessa aiia trasmissione del 1953 sulla spedizione in Lucania - le registrazioni storiche che l'etnologo italiae la Siid composita kquipe realixzcranno nel corso delle -o numerose «spedizioni>,. L'interesse della radio italiana per il folklorc si era d'altrcjnde intensificato a parrire dal dupguerra, dando vita a tr2ismissioni come la rubrica settimanale Funte viva. Musicbc della nortragenre, «iin'etictietta dietro la quale si na~ndeval'apprezzato lavoro di ricerca del Indestro GiorCfr. EM.Annua~io&gli A d i v i di Etnomusicologia deli'Accademia naziordiSanfa CPn'Ita, 1993, n. r . In particolare i saggi di C. Natalerci, In camno e in anhivio (15d31, pp. 33-45; D.Carpiteb, Idieci anni &l Centro naandi studi di musica popohrr, pp. 47-53; E. de ~Martinoe D. Csrpirella, Uno &ione in I-ucania, pp. 53-60 Sulla storia di questo Centra di studi cfr. hc il volume a cura di D.Carpircila e G . Nataletti, 3tudirncmhe delCenfm i m l e di riudi di muriui popokrre. Roma 196I .
EXNESTO DE MARTiNO ALLA RADIO
gio Nataletti attraverso lo sconosciuto e sterminato territorio del folklore na~ionalefi,~ di cui già jn anni precedenti si era avuta eco sul i(Radi~corriere».~ Sono questi gli anni in cui l'interesse per le culture locali e tradizionali aumenta nella programmazione radiofotiica come forma di diffusione e divulgazione di una conoscenza più ampia dell'ltalia neUa sua interna diversità culturale. Tnsirnie a trasmissioni come queIIe demartiniane e quelle precedentemente citare, legate esplicitamente alla raccolta di canti e racconti popolari, si diffonde l'interesse per documentari e cronache dalle varie regioni d'Italia e in genere una curiosità per le scene di vita qiiotidiana e i racconti di vita popolare che fanno degli anni cinquanta alla radio un patrimonio prezioso di documenti sulla cultura tradizionale italiana del primo decennio repubblicano. La radio « tentava la riscoperta delle tradizioni popolari, superando la mortificazione del dopolavorisrico foklore di regime»." I nuovi mezzi di registrazione - agli stessi nimii si;cccssivamentea disposizione dalla WJ e daUaAccademia di Santr Cec~liaper la reali7zazione dellc spedizioni demartiniane in Lucania e in l'ugliam dlspoiiibili dopo la Liberazione, contribuiscorro a n~jluppareiin r~uovotipo di gior~ialisnoradiofonico, piìi agile, pii1 presente e più attento iUa docuii.icntazione dclla realtà. Nascono così trasmissioni come Senzd invito, zecit., p. I 0 2 .
ERVESTO DE klARTIN0 ALLA M D I O
valenza e consentono di vedere al lavoro un antropologo diviso tra l'aspirazione verso una posizione di tipu relativista e il permanere, nel suo linguaggio e nelle sue scelte di tessitura del discorso radiofonico, di forri elementi di etnocentrismo e di ciò che l'alicropologia degli ultimi decenni dct'inirebbc senza dubbio il «parlare al posto d'altri », tipico del discorso ~oloniale.'~ D'altronde è forse proprio tale ambivalenza, insieme all'itidubbio valore divulgativo delle trasmissioni dtmartiniane, che rese possibile l'accesso di un intellertualc, così politicamente caratterizzato, ai microfoni di una radio nazionale fortemente impegnata, tra la fine degli anili quaranta e la met8 degli anni cinquanta, in uno sforzo unificatore all'inscgna del più severo aiiticomunismo e improntara a una missione di vero e proprio apostolato cattolico, che riportava il mczzo radiofonico alla sua e missione» originaria dopo le ubriacature toraliratic del regime.19 Per comprendere tuttavia la coinplessitl di atteggiamenti che animano la riflessione dernartiniana degli anni cinquanta e queste trasmissioni, che di quella rappre tano la forma divulgativa e sintetica, sarà probabilm% necessario tornare alla formazione di questo aurore e ambivalcnze che segnarono la siia riflessione su alcun i dei temi cenuali del dibattito antropologicu di quei dccc:nni: q~iellidi «arcaico », di «sacro », di c.'" L'adesione demartiniana al progetto crociano dello storicismo non risulta pertanto iié lineare, n6 totale, ma costringe a una rivisitazione continua della metodologia e dei suoi assunti teorici, anche a causi della sorrapposizione deteriilinante, all'interno del siio lavoro, della dimensione storico-religiosa con quella più srrettarnente ernologica. De Martino cercò pcr primo, anche in profondo dissenso con Croce, di assumere una metodologia storicista all'interno degli studi etnologici, per sottrarli al naturalismo che li aveva caratterizzati fino ad allora e traslormarli in sapere storico. Oinodeo stesso critjcì, come impraticabilc la preresa dernartitiiana di andare oltre la matrice positivista degli studi etnologici, riscnlando solo alla più specifica storia deUe religioni la valcnza di disciplina autenticamente storica, Pur restando profondamente legato alla lezione di Omodeo, de Martino seppe bene infatti che il suo tentativo di allargare l'approccio storicislico agli studi ernologici, rappresentava uri enorme avanzamento della sua metodologia rispetto a quella del maestro. Ne individua tutti i limiti idealistici e l'incapacità di cogliere nell'interesse verso oggetti di carattere etnologico il vero incremento teorico per la teoria della storia e per la storia delle rcligioni in particolare. L'incontro con le società e le ciilture eriiologiche mette alla prova una ~netodolo~ia fino ad allora applicata solo a civiltà storiche e afferenti alllambito
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della cultura occidentale o a essa, per ragioni diverse, estremamente omogenee. L'incontro ctnografico diviene la via all'approfondimento anchc dcl patrimonio culturalc dell'occidente, creando le condizioni per u n nuovo rapporto anchc con le civiltà antiche e tradizionali facenti parcc di qiiest'area culturale. La varietà dei suoi interessi, se da un lato rende difficile quel Icntn lavoro della siia maturità pcr ricostruire uii'immagine unitaria di sé come studioso, impegnato culturalmente e politicamente, dall'altro consente, proprio pcr l'interesse elaborato verso lc società craltre», di riconsiderare anche il rappono con le civiltà antiche del bacino mediterraneo, in una complessità di livelli e piani di interesse che riesce a tenere insieme materiali estremaniente disparaci ed eterogenei. La nozione di «arca euromediterraneab>ha nei lavori storici, ma anche etnologici, di dc Martino un'impurtanza fondamentale, dal momento che si presenta al tempo stesso come origine della cultura occidentale, ma da essa anche distinta quanto all'uso e ali'efficacia dei simboli mitico-rituali, dcUe pratichc e deile teorie religiose C dcll'idea di comiinità di cui lc civiltà in essa comprese erano portatrici. Lentamente dunque de Martino si concede maggiore libertà nell'uso della metodologia storicistica e il suo rapporto con Croce resta piuttosto legato a un problema di coerenza della propria tormazione e allo sviluppo del proprio pensiero; tuttavia, se vi è un aspetto rispetto al quale egii resta assoliiramente fedele allo storicismo crociano, è proprio qucllo della metodologia, laddove invece gli oggetti e le conclusioni della ricostruzione storica potranno allontanarsi profondameirte da quelli ritenuti legittimi dal maestro. Se ci si t così daungati su questa sorta di «archeologia» deiia formazione demartiniana è perché la si ritiene utile per comprendere il modo in cui, neiia riduzione radiofonica degli studi fino ad allora condotti, pensata da dc
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Martino di certo iri funzione divulgatjva, scompaiano buona parte delle preoccupazioni criticlie sottili e complesse tili qui presentate, e come si giunga al conuario a ii~i storicistico piuttosto semplificato, sc non addirittura uri po' grossolano, i n cui le diverse forme di esprersinnc culiurals tradizionale vengono impilate in u n percorso « evoliirivo » di facile cornprensionc per l'ascoltatore mcdm, nis indiibbiamente lesivo delle cautele teoriche fino a cjuel momento maturate da d e hiartino in ambito scientifico. Scompaiono qiiari del tiitto, dagli scritti radiofolici, le ~ ~ c c i s a i i o nrelative i alla complessiti dei concetti d i «arcaico» c d i «relitto», e si aiiaccia l'ossatura più consiieta del pensicro positivistico soggiacente peralrro a tutto l'idealismo crociano i n cui l'idea di frattura temporale nel processo storico lascia il posto a un conti~zuumdi facile accezione che proierta su di un'unica linea progrcssiva l'arcaico, le formc della reljgiosità e della cult~iracristiana, infine l'acquisizione di un pensiero laico e scicntifico come punto d i arrivo del «progresso- intellettuale. Negli stessi anni invece, all'interno dei suoi saggi uitici, de Mnrtino continuava a insisterc sulla quesrionc dell'arcaico e del primitivo riformulandola, coi1 unJoscillazione piiittosto interessante. In primo luogo si attcsta.c:ano nei suoi scritti la cautela storicistica che lo spinse - fin da Naiu~alzsmoc stouicisrno nell'clnohgia -- a rifiutare le facili dicotomic Iévybruhliane, nonché le poco rigorose fascinazioni irrazionalistiche verso iin'ipotetica modalità primitiva di espressione della religiosità e del sacm - prese a prestito da lavori come quelli di O t t o sul nnurni~ioso)~ e il sacro o gli itiidi, talora r sclvagpiameiite)r comparativi. di Eliade sullc forme anriche di religiosità mediterranea e Ie forriie corrispondenti in arec culturali diverse, come, per esempio, qiicUa indiana. L'approccio di de Martino alle fornie religiose iiiiriche mutò dunque in ragione della sua revisione teorica delle
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categorie storicis tiche crociane. Al tempo stesso però I'csperietiza dell'incontro etilogrrifico sul campo, nonché l'apertura teorica ad altre scuole di pensiero e d i indagirie, conrribuirono iti de Martino alla costruzione di un dispositivo interpreta tivo molto complesso, attraverso il qrialc lo studio delle civilrà antiche e d i quelle tradizionali che afferirano all'area mcditcrranea-occidentalerisultò proiondamcnte mutato e portò a una revisione complessiva dcJh valtitazione di qiielle stesse civiltà. La nozione di religione, di sacralith, di simbolo miticoritude sono i vcicoli principali di questo pcrcorso demartinianci attraverso le epoche che conduce dall'AntichitP *arcaica>>,iion ancora fornializzata, delle civiltà agrarie fino alle fornic c(rcsiduali» di rcligiosità presenti negli strati inaiginali e subalterni dclla moderna cultura occidentale, passarido attraverso una fasc come quella dclla cultura greca classica - situabilc nel v e rv secolo a . C. che rapprcscnta una sorta di moineriro mediano tra la aarcaicità delle origitii>)e la siibalterr1it;i dell'cpnca moderna. Questa Iase mediana è caratterizzata ancora dal patrimonio d i immagini e simboli «arcaici», ma prcsenta -. come si E d t t t n sopra - iina formalizzazione e razionalixzazione multo avanzate di questi stessi materiali, attraverso le forme della ridiizione a testo, conten~~tisticamcntc e stilisticamentc distinto. Qiiesto cleniento prepara già la iorme di esperienza dclla lenta perdita di potere di rcligiosità, che non a caso saranno destinate a ricomparire, in torma di arelitto foJklorico» nelle moderne culture p o p o l ~ r europee. i Già traccialido sernplicetiiente la linea sommaria di qiicsto processo di «decadenza» del simbolo i-ilirico-rituale e della sua efficacia culturale, si piiò comprendere come d e Martino inserisca il discorso slilla religione e sul patrimonio cdturale antico all'interno d i iin percorso lincarc di mutamcnto che, se da i111 lato va verso sempre più alti livelli di laicizzazione e razionalizzazione - di
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certo graditi alla sua formazione idealistica -, dall'altro inserisce ampiamente, nella valutazione del apresente folkbrico~osservabile sul campo, un elemento di negatività e di crisi che è l'altro grande tratto teorico di cui de Martino ; cfr. in particolare gli appunti sparsi raccolti sotto il titolo Il dmbolo rnitico-&m&,pp. 159+.
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sa essere oggi messa in discussione c sottoposta a seria revisione, anche se di certo essa rappresenta una delle acquisizioni rilevanti della storia delle religioni. Omogeneità di contenuti e forme espressive dunque tra patrimoni culturali antichi ed esperienza religiosa delle «plebi rustiche), del Meridione d'Italia, pur nelle forme «decadute» e marginali del «relitto folklorico~e disomogeneità, frattura netta invece rispetto alle iorme ufficiali della . . religione che da h teva del rimorso in poi saranno cln amate «dominanti». La religione ufficiale intatti si car atterizza per un'alternanza dialettica, po!emica pcrsi~o, petto alle fornie mitico-rituali arcaiche, come nuova eiigiosità e come vera e propria teologia. Nelle sue for~ne ,erarchizzatee razionalizzate essa non tarda a determinare 3 svilimento c la marginalizzazione delle forme religiose .*eccdenti, per conferire invece valenza sernprc più forte ;imboli evangelici e vetero-testamentari. In realtà questo doppio percorso culturale - piano folk.--ico e piano ufficiale della rdigiosità - può essere, dagli scritti demartiniani, ricomposto in un u~iicopercorso lineare che si può sommariamente tracciare così: un'idmlogia - arcaica e pagana della religione (nellesue diverse forme di espressir,ne rituale: lamento funebre, rituali della t raiIta, teoriie apocalittjche di vario genere ecc.), progres. - - .,-Crorrnalizzata e testualizzata in epoca classica; va mence sura e l'opposizione dell'ideologia cristiana, nelle iorn ii si accennava in precedenza; il mantenimento del pat onio mitico-rituale - o talora solo dell'aspetto ritua decontestualizzato e ridotto a arnonconcu irrelato - riei presente, dotato di una tunzione protettiva, o altrimeriti «di resistenza», neiie aree culturali arretrate della stessa i d t à occidentale. Merita qui far notare - come già ha avuto modo di senalarc Clara Gallinijc - l'insufficienza dcll'idra di suc"'Cfr. C >altrimenti niinato dall'assurdità e dall'iiisoddisfazione anche delle fondamentali esigenze umane.
ERNESTO DE MARTINO ALLA RADIO
Questo argine aila deriva esistenziale sembra allora essere fornito, secondo d e Martino, proprio dall'ancoraggia alla memoria mitico-rituale antica, dal ricorso ai simboli che fi~ronoun tempo agenti di cocsione culturale per le civiltà agrarie e che raggiunsero una formalizzazione reorica ed estetica piU compiuta proprio aii'interno della criltura classica. I miti e i rituali antichi forniscono una sorta di puntello alla crisi culturale cd csistenziale ingenerata nelle comunità t'olkloriche dalla marginalità e dalla subalternità sociale, politica e ciilturale. In essi le «plebi rustiche» ritrovano iina sorta di coesione che il conironro - che le vede tra l'altro necessariamelite perdenti, «vinte» - con la cultura doiiiinante, ufficiale e moderna, cattolica C scientisra, ha loro tolto. ~-2ttravcrsole antiche forme rituali csprcssive esse ritrovano una forma d i a trascendimento» che consente loro di affrontare la crisi drammatica del loro orizzonte culturale ed esistenziale. Questo stcssu simbolo mitico-rituale di ascelidenza arcaica, con funzione protettiva, si presenta però nella fornia residuale e decaduta di «relitto folklorico» di una cultura anticamente cmsa e i cui diversi aspetti furono un tempo organicamente integrati; non iina coiiiunità dispersa e sofferente di individui sottoposti e impossibilitati a decidere della propria vicenda storica ed esistenziale quali cluelle che oggi si presenrar.0 agli occhi deìi'etnologo sul campo. La perrnancnza in contcsti folklorici di aspetti della religiosirh antica prcscnta dunque talora, nell'opera demartiniana, delle sfumature nostalgiche. I simboli miticorituali d i cui essa testimonia non sono piìi - come all'interno della polzx greca classica, a d esernpio espressione di un'umanità pareecipe del proprio destino e consapevole del rischio delia crisi deiia presenza individuale e socialc e delle forme culturali dcputatc ad arginarla: capace persino di teatralizzare la crisi nella forma estrema del «ri-
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schio tragicoo, perché certa di saperla comporre nella superiore sintesi di iina formalizzazione coricettiiale ed estetica. Le forme a residualibr della possessione ad opera della taranra e delle tecmiche del cordoglio c del lamento funebre lucano, invece, non sono che schegge impazzite di un universo disperso e riemcrgente solo in queqta forma monca all'interno di comunità destrutturate, dominate e inserite, pur nel mantenimento di una rigida marginalità, d ' i n t e r n o di un contesto culturale, etico e politico che ha scelto per sempre altri nessi spaziali, temporali e causali. Si tratta di «Atlantidi sommerse», con il fascino e la nostalgia di cib che è perduto - almeno nella sua forma pii! piena e l'etnologo finisce quasi per vestire panni di archeologo; può ritrovare una via alla comprensione solo nella ricostruzione d i ciò che un tempo quei tiessi miticorituali vollero sigiiiiicare, sperando così che gli divenga piìi intelligibile ciò che oggi può ancora osservare in queste comunità; e qilesto nella speranza di avvicinarsi niaggiormente anche a l a comprensione del dramma culturale ed esistenziaIe di un vissuto dclla nienìoria che è anche incapaciti, e soprartiltto impossibilità, d i affacciarsi pienamente sul presente. Se frattura c'è stata, nel percorso storico-religioso delI'Occidenre, essa risiede nel po1emico e sofferto avvicendarsi - a livello di ci~lruraegernone - tra forme arcaiche del rniro e del rito e forme cristiane della religiosità. Questa frattura tuttavia non ha potiito totalmente cancellare I'cfficacia c la memoria dei nessi rnitico-rituali antichi affercnti all'area mediterranea. Questi simboIi dunque ricompaiono - seppur in forma «corrotta» - nei materiali e nelle testimonianzc folkloriche riguardanti la sacralità e la ritiialità, e l'etnologo avvia allora un percorso a ritroso, che d a qoelle testimonianze aresiduali W contemporanee e marginali, lo riconduce verso It origini aritiche di quegli stessi cornplessi mitico-rituali.
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LETIZIA BINDI
PKiVESl'O UE MAH'l'INO ALLA RADIO
Un'idea, oggi ampiamente elaborata, di disotriogciieità storica avrebbe probabilmetrre facilitaco I'interpretazione demartjniana della documcntazionc sril terreno e dei riscontri coinparativi in senso diacronico; ma essa eri1 di {atto troppo lontana - per formazione e prima ancora, proprio per determinazione anagrafica - dal pensiero dcrnartiniano. Tanto pih l'idea d i una doppia rottura del contesto folklorico sia rispetto alla cultura domiiianre. saldamente ancorata a iina linearirà storica e all'escatologia cristiana, sia rispetto alle forme cicliche, mistericke e iniziaticlie della reIigiosith. Tuttavia, tra le righc del discorso demartiniano sulla nozione di erelit to folklorico», pur nelle torzarure idealistiche e nell'eccessiva preoccupazione di ricostruire una successione storica lineare, si può leggere anche la notevcle modernità e la potenze etica e culturale della sua jiiterpretazione storica. D e Martino induce di fatto a rifletrcre sui liiiiiti del sistema, sulle contraddizioni, s d o scarro tra codici - pur su110 sfondo deila sila crociana idea della storia -; egli soUccita l'attenzione aiie dinamiche culturali, ai procesti trasformativi e, contro ogni facile relativismo culturale, mette infine in guardia dalla tende~izaa considerare i codici come assolutamente arbitrari, al linrite della casualità. Accanto a questo fronte di riflessione si deve tener conto - come ricorda anchc Carlo Levi in un passaggio dcl dibattito su Erncsro d e Martino3" - il peso che, nelle
considerazioni demartiniane, riveste sempre la dimensione dell'irnpegrio politico a fianco delle popolazioni subaltcriie del Mezzogiorno, quella spinta d i «libertà» che fu il vero elemento d i coesione tra la riflessiolie deiiiartiiiiana e quella dello stesso Jxvi sul Mezzogiorno, queIl'urgenza d i riscatto accanto alla piena consapevolezza del ritardo e deiia aresidualità,> d i alcune manifestazioni culturali dei contadini pugliesi e lucani. Accanto a ciò il taglio metodologico e le intuizioni teoriche che caratterizzano i lavori di d e Martirio in Puglia e Lucania, iionchk le sue ultime note sulla noziotie d i apocalisse, raccolte in La f i e del momìo, impongono iina rivalutazione del modo in cui egli seppe intrecciare i due piani, etnologico e storico, anclie attraverso il ricorso a cematiche e prospettive legate al piano deIl'irrazionale, del corpo e della gestualità nei diversi complessi miticorituali presi iti esariie. D e Martino ebbe sempre, nelle siie ricerche, grande attenzione alle modalità tecniche di passaggio di contenuti :no dclle comunità, e questa tendenza il di scnsc : le sue pluntuali e acutissime «riote d i caratteri2 - - -..- - . cura del dettaglio nell'osservanione campo», ueriuxi uris che nun si stenta ad attribuire alla sua forrriazione di storico delle religioni, assetato di dettagli capaci di illuiiiinare co~irestireligiosi altritnetiti oscuri e asoininersi~,e che allude a un paradigma «indiziarion della riccrca, cui tiitti i suoi lavori ctnografici sembrano ispirarsi.40 L'esperie~izadell'al~erith- che è iti d e Martiiio esperienza dell'incontro con le culture distanti non necessariamente sul piano geografico, ma storicarrietite e cul-
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39 Cfr. J ~ M p., 128: u [...l i1 suo interesse. la sua partecipazione effetriua credo venissero dalla convinzione che il movimento &e spingeva, che creava . questa stessa crisi non era tanto legato al fatto che si trattaqse di iin residuo stcrico destinato alla scomparsa, e dunque puramente negativo, ma un mwirncnto individuale e collertivo nel senso della liberazione, dclia libertà, che corrispondeva anche al metodo che I'etnolopo porta neii'esame di questi fenomeniw- Per Levi dunque sia le comunità popolari osservate sia I'ernolqn siil campo rispondono alla stessa urgenza di liberi4 e riscatto che inquadra fin dall'inizio I'irnpegno dcmartiniano nel quadro di una prospettiva positiva di irnpegnopoliticoe di azione a favore degli oppressi, elemento che lo differenzia ncttamcnte dall'immagine dcll'etnologo distaccato chc osserva il proprio iartccippronosociologi e storici animari dall'interessc per le condizior:i ma:crisli dclia popolazione imliana, n d e diversc aree del paese, a diverso circi10 svantaggi:ata per ragioni sia professionali sia culturali. Su questo non a i25o veiiiiri pro^wsta, tra l'altro, anche una puntara delia nota uasmissione fI 6zcrgnn &i C;i nquc in cili, oltre a presentare i risultati delk'inchicsta governativa. si cercava di ir,dividiiare lc principali strategie di risoluzione delle siniazioni di mnggiorc poverri c di pii1 grave marpjnalirà nel paese. Cfr. E. de .Mare :i no. t 'opero cr eri: ~ L O ~ Y Appnpirrnru J . critico e documm>iroriodella eSpedizione in l.rrcdnja>..a cura di C Gailini, Argn. Lccce 1996.pp. n g sgg. l2
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Con notevole schiettezza, ben maggiore dei toni pur dichiarati, m dccisamente più morbidi con cui la questione del folklore come elemento di resistenza delle popolazioni subalterne emerge nella forma del discorso radiofonico, dc Martino chiarisce qiri le finaliti cultiirali e politiche del suo iiiteresse per le «plebi rustiche insistendo sull'al-
'' Ibid., pp. 38 sg.
LETIZIA BTXDI
ERNESTO DE MAW'PLYO URADIO
tro vcrsante del suo impegno intellettuale: non più I'interesc;e «archeologicon, storico-religioso, n sprazzi persino rin verso i «reli t t i folklorici~,ma l'espe-..-r30' «nntiqi~ario» i la loro