MARISA FUMAGALLI LE DONNE DEI PRETI
Premessa Donne che amano, riamate, sacerdoti. Storie segrete tra le mura delle can...
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MARISA FUMAGALLI LE DONNE DEI PRETI
Premessa Donne che amano, riamate, sacerdoti. Storie segrete tra le mura delle canoniche. Perpetue «in adorazione» dei loro prevosti. Signorine timorate di Dio che si invaghiscono del confessore. Vedove inconsolabili che finalmente si consolano, inebriate dall’incenso e illuminate dalla luce delle candele. Mi hanno raccontato di una di queste una quarantenne, attratta dal prete della sua parrocchia fin dall’adolescenza. Sposata con un figlio, dopo la morte del marito, avvenuta qualche anno fa, ha realizzato il suo sogno proibito. Adesso, però, vive nella morsa della gelosia. Perché «lui, il parroco», la trascura. Diviso com’è tra i doveri del ministero — messe, confessioni, funerali e conferenze — e l’amante segreta. Ma talvolta l’amore terreno vince su tutto. Sulla Chiesa e sul Padreterno. Molte donne, infatti, riescono a sposare il loro sacerdote. Che getta la tonaca (oggi è solo un modo di dire perché la tonaca non la porta quasi più nessuno) e si avvia verso il tribolato mondo dei laici. In Italia sono circa ottomila i sacerdoti che hanno compiuto il « grande passo » del matrimonio O forse qualche migliaio in meno, stando alle fonti ufficiali vaticane della Congregazione del clero. Comunque sia, la «trasgressione» è diffusa, e non certo da oggi. La legge del celibato obbligatorio (sancita dalla Chiesa) è vissuta sempre di più come un peso. Di cui, forse, ci si potrebbe liberare. Poiché — e sono in molti a sostenerlo (anche tra i teologi) — è possibile essere contemporaneamente buoni sacerdoti e buoni mariti. E padri di famiglia. Il dibattito è aperto. Si vedrà se avranno ragione coloro che profetizzano la caduta, tra dieci vent’anni (magari col prossimo Papa), del vincolo celibatario; o coloro che ritengono che la Chiesa Cattolica Romana non tornerà sui suoi passi. 9 Ma non è questo l’argomento centrale del libro. Qui non si disserta sul celibato obbligatorio (anche se il tema è ben presente e vi sono autorevoli testimonianze e pareri al riguardo); qui si vuole documentare soprattutto una condizione umana. Trascurata e spesso liquidata con superficialità. Forse perché è ancora poco conosciuta, forse perché la,nostra società, pur evoluta e spregiudicata, non l’ha ancora elaborata culturalmente. Intendiamoci, l’atteggiamento della gente è un po’ cambiato. Oggi la «moglie del prete» non è più vista col so spetto di ieri, non è più condannata come un tempo all’emarginazione sociale, Il sacerdote che abbandona il ministero non viene più chiamato con disprezzo «lo spretato». Eppure, a ben guardare, nella cultura corrente le storie sentimental-sessuali che ruotano attorno al clero strappano ancora la battuta, lo sberleffo. Suscitano ilarità. Stimolano rappresentazioni macchiettistiche, stereotipate. Come le barzellette sui tradimenti e gli adultèri che correvano nel linguaggio provinciale dell’Italia di trent’anni fa, quando nel nostro Paese non era stata ancora varata la legge sul divorzio. E i conviventi venivano scandalosamente chiamati concubini. L’idea di approfondire e far conoscere gli amori dei preti mi ha, colto quasi di sorpresa. Nel settembre del ‘94 fui mandata dal «Corriere della Sera» a Riccione, dove si teneva un convegno di Vocatio, l’associazione più rappresentativa dei sacerdoti sposati italiani. Si era sparsa la notizia che, nel corso del meeting, le donne dei preti — mogli e amanti — avrebbero annunciato la nascita di un
loro movimento. Sull’esempio di Claire Voie, l’associazione fondata dalla francese Odette Desfonds. Che ha organizzato più di una manifestazione in Vaticano, davanti a San Pietro. A Riccione, in verità, l’associazione femminile non è nata. Ma durante quel convegno ho avuto occasione di intrattenermi a lungo con, alcune mogli di sacerdoti. Ho ascoltato tante storie. Testimonianze personali e racconti indiretti. Donne che sapevano di altre donne... Ho conversato con ex parroci, ora mariti più o meno «perfetti». E sono rientrata a Milano, con l’idea che l’argomento avrebbe meritato ben più ,di un articolo sul «Corriere». Così, per alcuni mesi, con la collaborazione dei sacerdoti di Vocatio e delle loro mogli, sono andata cercando per l’Italia le coppie «fuorilegge». Volevo capire, meglio questa realtà e raccontarla, dando voce soprattutto alle donne. Ho privilegiato, infatti, le testimonianze femminili. Senza pregiudizi. Senza moralismi. Senza a spirito di crociata. Non è stato facile far parlare le protagoniste di questo libro, Soprattutto. le amanti, coloro che vivono relazioni sentimentali con preti ancora nell’esercizio del ministero ecclesiastico. Le clandestine mi hanno chiesto di cambiare i loro nomi, ,cioè di non farle riconoscere. Pur avendo impresso nel magnetofono le voci, pur conoscendo generalità e indirizzi, ho rispettato l’impegno preso. A Lina, Graziella, Paola... Ognuna con una testimonianza diversa, ma con un dramma comune: l’essere diventate, per la Chiesa, 1e rivali di Dio.
Canone 277 «I chierici sono tenuti all’obbligo di osservare la continenza perfetta e perpetua per il regno dei cieli, perciò sono vincolati al celibato, che è un dono particolare di Dio mediante il quale i ministri sacri possono aderire più facilmente a Cristo con cuore indiviso e sono messi in grado di dedicarsi più liberamente al servizio di Dio e degli uomini. «I chierici si comportino con la dovuta .prudenza in rapporti con persone la cui familiarità può mettere in pericolo l’obbligo della continenza oppure suscitare lo scandalo dei fedeli. » (Canone 277, paragrafi 1 e 2 del Codice di diritto canonico). Il grido d’allarme contro le seduttrici di «tonache» degli anni Novanta — diavolesse consapevoli e inconsapevoli che attentano alla castità dei preti italiani — lo ha lanciato pubblicamente ed esplicitamente un sacerdote di provincia. In una lettera aperta, pubblicata da «L’amico del clero» nel febbraio del 1995, don Fiorenzo Carbonari di Fossombrone scrive: «Il pansessualismo che trasuda dai mass media e penetra nelle case e negli ambienti più discreti non risparmia nessuno. La procacità della moda femminile è diffusa e dovunque tollerata, persino in chiesa; tanto che vediamo sempre più spesso prosperose ,ragazze in minigonna proclamare, dall’ambone, la parola di Dio . E che dire dei contatti del sacerdote col mondo femminile, che si moltiplicano in varie occasioni: campeggi, gite, colonie marine? Sono tutti fattori che rendono più labile la difesa del prete da certe tendenze e tentazioni». La missiva conclude: «I Santi Padri e i maestri di spirito parlano della donna come fuoco che brucia, da cui bisogna guardarsi. Se questo oggi non è materialmente possibile, né pastoralmente consigliabile, come andrà a finire?» La vita affettiva e trasgressiva del clero è antica quanto l’istituzione della Chiesa. Ma ora, a inquinare il profumo d’in13
censo, ad alimentare la fuga dalla castità sacerdotale ci si mettono anche i costumi spregiudicati dei nostri tempi. I mass media, la promiscuità diffusa, la minigonna, denuncia don Fiorenzo. E. perché non aggiungere: il disuso della tonaca, il fatto che baldi e prestanti parroci e cappellani, in jeans, camiciola e pullover, con folte capigliature (la « tonsura» è in declino da un pezzo), si confondano sempre di più tra i giovanotti che a Dio non sono consacrati? Ma se il mondo va così, è sempre più difficile stabilire se è lei a sedurre lui o viceversa. Eppure il mito di Circe resiste. «In una società in cui i divieti e i valori sono diminuiti, una donna ritiene (lei tutto normale manifestare i sentimenti che prova, anche nei confronti di un prete. Io stesso», annota Valerio Albisetti, piscoanalista cattolico, «ho raccolto gli sfoghi e.le sofferenze di tanti sacerdoti, pressati dai corteggiamenti femminili. » Un prete ora felicemente sposato che, a sentirlo parlare, sembra più un ex playboy in disarmo piuttosto che un ex ministro di Dio, mi confida di aver intrattenuto varie relazioni occasionali durante le sue trasferte di padre predicatore nei paesi della Penisola. L’approccio delle « pie donne tentatrici» spiega — avveniva per lo più dietro la grata del confessionale. «Signore e signorine, prima in modo velato, poi palese, dichiaravano di desiderarmi», ricorda l’ex sacerdote. «La mia reazione? Ero sconcertato, ma anche lusingato. E difficilmente, lo ammetto, riuscivo a resistere alle loro avances. I rapporti erano brevi, non più di tre o quattro incontri con la stessa donna. Poi, mi defilavo. Un po’ perché non intendevo correre rischi, e un po’ perché mi pesava vivere in peccato mortale. E Dio ci liberi dalle smaliziate, quelle che vogliono avere rapporti sessuali con un prete per verificare se è un buon amante. Le pare strano? Succede, glielo garantisco.» Donne seduttrici di «tonache»? Sacerdoti vittime delle tentazioni femminili? Non generalizziamo. Descrivere un mondo di signore a caccia di parroci disponibili è fuorviante, eccessivo, falso. Ad ogni modo, le cronache — spia parziale di un fenomeno certamente più diffuso — registrano casi sempre più numerosi che riguardano le trasgressioni del clero. Sui giornali finiscono soprattutto gli episodi più scandalosi. Dal sacerdote sorpreso dalla polizia in una casa d’appuntamenti, al prelato settantenne stroncato da un infarto in albergo, mentre è in compagnia di una prostituta. Le relazioni sessuali e sentimentali dei ministri di Dio alimentano fantasie e morbosità, ispirano romanzi, film, sceneggiati televisivi (chi non ricorda La moglie del prete o Uccelli di rovo?), suscitano ironici apprezzamenti. Raramente, invece, ci si interroga sui drammi vissuti dai sacerdoti innamorati e dalle loro compagne. Insomma, il fenomeno, nella sua complessa e sfaccettata «normalità», è ancora poco conosciuto. Tuttavia, qualche cosa sta cambiando. I preti che si sposano e che fanno figli, oggi, rispetto al passato sono più disponibili a rompere il muro del silenzio. Spesso sostenuti dalle mogli. Per chi vive storie d’amore nella clandestinità, invece, tutto è più complicato. Le coppie di amanti, tra le mura della canonica, sono destinate, se la situazione non esplode, se non c’è una svolta, a portarsi tormenti e segreti fino alla tomba.. Il dramma del sacerdote che abbandona la Chiesa per seguire una donna viene erroneamente paragonato al divorzio; ma è qualcosa di molto più profondo e personale. «Perché qui non si tratta di cambiare partner, ma tutto: posizione sociale, ambiente e... mentalità», spiega monsignor Giovanni Pignata, già vicario episcopale per la formazione permanente del clero di Torino. « Il prete che, ha fatto o medita di fare il “grande passo” vive una crisi molto più lacerante di qualsiasi altra crisi familiare, economica o di prestigio; anzi, una crisi che coinvolge tutti questi aspetti e in più quello molto importante ‘dei suoi rapporti coi Signore.» « In alcuni casi», continua Pignata, « la decisione di lasciare il compito sacerdotale può diventare l’inizio di una resurrezione spirituale.» E ricorda la confidenza fattagli da un sacerdote dopo la
dispensa e il matrimonio religioso con la sua compagna: « io non ero un buon prete. Adesso mi sentirei di esserlo, ma non mi lasciano più > 14-15 E la donna del sacerdote? Soffre quanto e più di lui. Gli sta accanto, nell’ombra, talvolta per lungo tempo, a volte per sempre. E non è raro che 1ui pur nella comprensibile lacerazione, la illuda, le faccia promesse che poi non mantiene; in altre parole, la tratta come un’amante per il tempo libero, usando e abusando di quell’ascendente e persino di quel carisma che gli derivano dal suo particolare status di ministro di Dio.
«Sono la compagna di un prete da quasi tre anni. Vivo un rapporto d’amore profondo, intenso, provato da sofferenze e da tanta solitudine. Perché spesso il mio uomo e io dobbiamo rinunciare a noi stessi, al desiderio di vederci, di stare assieme, di amarci», confida una lettrice al settimanale femminile « Grazia » (dicembre ‘93). E spiega: «Il solo pensiero che ci consola è che il nostro amore travagliato travalica la presenza fisica... Abbiamo scelto di viverlo segretamente, non abbiamo voluto venire allo scoperto perché questo comporterebbe una sofferenza immane per le persone che amiamo e che credono in noi. Del resto, io non vorrei mai che lui rinunciasse alla sua vocazione... » E un’altra donna racconta: «Al mio sacerdote è mancato il coraggio di fare una scelta, di rompere con la Chiesa. Ha preferito tirarsi indietro, per paura di perdere la sua identità, la stima degli altri. Per paura delle sue emozioni. Mi ha chiesto scusa, si è addossato ogni colpa, mi ha chiesto di sparire. Eppure io mi arrovello e mi chiedo: è giusto rimanere preti per paura?» A fronte di tante rinunce, sono però in aumento i sacerdoti che lasciano il ministero per seguire la vita di coppia. Ormai non si sposano più «con discrezione», come avveniva un tempo. Molti lo fanno pubblicamente, a testa alta, con una cerimonia festosa e talvolta fastosa. E, persino tra i cittadini cattolici praticanti, cresce la tolleranza, se non addirittura la benevolenza nei confronti dei preti che scelgono di sposarsi. Le società occidentali. sembrano ormai mature per accettare un eventuale mutamento di rotta nelle leggi ecclesiastiche. Anche i cattolici italiani si stanno avvicinando alle posizioni dei correligionari centroeuropei e statunitensi. Un sondaggio contenuto nel volume La religiosità in Italia (Mondadori, 1995), che raccoglie i risultati di una ricerca realizzata dall’Università Cattolica in collaborazione con la Conferenza episcopale italiana indica con chiarezza la nuova tendenza: il 45 per cento del campione intervistato, infatti, si dichiara contrario al celibato dei preti, il 20 per cento non sa esprimere un’opinione al riguardo e solo un terzo si pronuncia per il suo mantenimento I dati ufficiosi registrano nel nostro Paese circa 8000 sacerdoti sposati (quelli ufficiali qualche migliaio in meno); ma, al momento, non sono certo le statistiche a far retrocedere la Chiesa dalle sue leggi.. Giovanni Paolo II non perde occasione per riaffermare la regola del celibato. Eppure, nonostante le ricorrenti esortazioni del Papa («Guardate alle donne come sorelle e come madri. Lottate per mantenervi fedeli alla vostra vocazione....», scriveva in una mini-enciclica diffusa il giovedì santo del 1994), il richiamo del sesso è fortissimo per molti dei 55 mila tra preti e religiosi italiani. Negli uffici «affari riservati» delle 229 diocesi si moltiplicano le denunce (spesso anonime) di relazioni clandestine e perfino di abusi sessuali. Ma talvolta è lo stesso interessato a rivolgersi al vescovo, confidando il suo dramma di sacerdote innamorato. La reazione?
Meno severa di quanto si possa immaginare. Un sacerdote di un paese della Lucchesia mi racconta la sua esperienza: «Ho chiesto di essere ricevuto, con la mia donna, dal vicario generale del vescovo. Gli abbiamo confidato la nostra tormentata vicenda sentimentale. No, non si è scandalizzato. Ci ha ascoltato, ha capito il nostro dramma, alla fine ci ha consigliato: se proprio non riuscite a lasciarvi andate in Brasile. O in Africa. In terra di missione tutto è più semplice per i sacerdoti che vogliono vivere una vita di coppia. Lontananza e tolleranza? Lorenzo Fioretti, ex parroco, ha affidato la storia del suo «strappo» alle pagine di un libro: Un prete allo specchio (Perugia, 1992). A proposito delle tentazioni carnali, fra l’altro, annota: «Ho fatto domande a sacerdoti di tutte le età. Nessuno mi ha detto di non sentire stimoli sessuali, nessuno ha negato scappatelle saltuarie o legami affettivi di durata più o 16 17 meno lunga, sia con donne nubili, sia, e più frequentemente, con donne sposate. Ma ho trovato anche una regola comune a tutti: mai ammettere pubblicamente i propri sentimenti e i propri rapporti E’ stato un sacerdote più anziano di me a ricordarmelo: avventure si, ma con cautela: retaggio di un insegnamento che avevo dimenticato. Chi non rispetta questa regola è immediatamente soggetto a provvedimenti disciplinari, come il trasferimento o la sospensione, se non la scomunica con la conseguente riduzione allo stato laicale». Fioretti, tuttavia, spiega come la punizione sia l’extrema ratio. Più spesso — se certe cose non sono state fatte con cautela — vige la prassi: promoveatur ut amoveatur. Così il parroco birichino.... diventa monsignore... « In de sexto. non datur parvitas materiae» (I peccati che riguardano il sesto, comandamento sono tutti mortali). ‘Sorride Lorenzo Maestri, 63 anni, di Luino, autorevole esponente di Vocatio, associazione italiana che riunisce i preti sposati, ricordando quel motto minaccioso dei suoi lontani anni di seminario. «Oggi probabilmente la situazione è mutata, ma’ ai miei tempi il terrorismo sessuale era la regola. Ai giovani aspiranti preti si paventava perfino che la masturbazione costituisse un “omicidio in potenza”..’. Tra i principi e la realtà», spiega, «corre un abisso. Ma l’importante è negare, occultare, fingere. Turbamenti sessuali e amorosi non devono affiorare. Un seminarista o un sacerdote non racconterà mai, neppure all’amico più caro, di essere innamorato di una donna, di sentire il richiamo della carne. La sfera personale non deve aprirsi all’esterno. Intendiamoci, si tratta di un fenomeno soprattutto italiano. Negli altri Paesi c’è più apertura. Il problema dell’affettività dei preti, delle loro relazioni sentimentali, viene affrontato e discusso Tanto che negli Usa, per esempio, esistono statistiche ufficiali sulle trasgressioni sessualsentimentali dei sacerdoti. Venti preti su cento», elenca Maestri, «hanno un rapporto stabile con una donna, cinquanta su cento intrattengono rapporti saltuari. In Italia non vi sono dati attendibili al riguardo, ma credo che le cifre degli Stati Uniti possano fare testo.» Nella cattolicissima Spagna (per certi versi più vicina al nostro Paese) le cifre sono ancora più sorprendenti.. Pepe Rodriguez, giornalista, ha pubblicato di recente La vida sexual del clero (Ediciones B., 1995), un saggio sociologico attorno alla sessualità dei preti. Che contiene, fra l’altro, un interessante sondaggio. Due dati significativi: il 95 per cento dei preti spagnoli intervistati dichiara di masturbarsi, il 60 di mantenere relazioni sessuali. Fuga dalla castità, dunque. E dal celibato, legge, ecclesiastica, ma non divina. Come spesso sottolineano i sacerdoti che hanno «gettato la tonaca». E che gridano apertamente la loro
condizione, battendosi affinché le cose cambino. Profetizzano: tempo dieci-vent’anni, e anche la Chiesa cattolica concederà ai preti di sposarsi Troppo ottimisti? Forse. Comunque, possono contare sul sostegno di autorevoli teologi. Di Bernhard Haring per esempio. Che, nel libro Preti di oggi preti per domani (ed. La Queriniana, 1995), disegnando una figura di sacerdote sempre più vicino alla gente comune, si dice convinto che la Chiesa rivedrà l’attuale norma sul celibato. D’altronde, il celibato ecclesiastico quale condizione per l’ingresso nel ministero ordinato, e mezzo per far osservare finalmente la lex continentiae (largamente e pubblicamente disattesa nelle epoche passate; basti dire che ci sono stati sette papi sposati, di cui cinque con figli; tredici papi figli di papi o di preti, come rileva una statistica pubblicata da «Sulla Strada.>> fu ufficialmente sancito nel 1139, sotto il pontificato di Innocenzo II, durante il Concilio Lateranense II. «Nel Vangelo si parla solo di un dono del celibato come libera scelta», sostiene la teologa Adriana Valerio, ricercatrice di Storia del cristianesimo all’Università di Napoli. « Non certo come una legge obbligata >> Anzi. Nella Prima Lettera a Timoteo, Paolo, parlando dell ”episcopo” lo esorta ad avere una sola moglie. Ed è un buon consiglio; poiché chi dirige bene la famiglia può dirigere bene una Chiesa Dunque, nella Chiesa ci si sposava…. Soltanto nel IV secolo si comincia a porre il problema. E lo si pone per un’esigenza di purezza rituale. Si tratta», spiega la teologa, «di una vecchia concezione dell’Antico Testamento, secondo cui l’atto liturgico doveva richiedere una purezza da parte del celebrante; e quindi si 18-19 chiedeva al clero ammogliato di astenersi da rapporti sessuali. Dal momento in cui la liturgia della messa diventa più frequente, è evidente che c’è necessità di astenersi dai rapporti sessuali quotidianamente, e allora, pian piano si chiede al clero, prima di dividere il letto, poi le case, poi di mandare via la moglie. Con conseguenze drammatiche... Perché mandare via la moglie significava prima liberarla dal vincolo matrimoniale e quindi lasciarla in una condizione di abbandono e di inferiorità grave. » Gianni Baget Bozzo, al contrario, è un acceso sostenitore del celibato ecclesiastico. La sua, sia chiaro, non è una tesi dottrinale. Ma spirituale. Egli, infatti, pone l’accento sulla spiritualità del prete, quale raffigurazione di Cristo, « sposo della Chiesa». «Purtroppo, dagli anni SessantaSettanta in poi», spiega il teologo, « si è avviato un processo di secolarizzazione. Con il Concilio Vaticano II, nella Chiesa il linguaggio mistico ha perduto quota in favore del linguaggio sociale. E in quest’ottica anche il celibato perde valore. Ma se cade questa regola», avverte Baget Bozzo, «il sacerdote cattolico finisce col trasformarsi in operatore sociale, in una sorta di funzionario di Stato: figura tipica di altre Chiese, come la protestante e l’ortodossa. Credo, invece, che fino a quando il Papa sarà infallibile, fino a quando il prete resterà celibe, resisterà anche il Cattolicesimo. Poi, non so. Anche se le vie del Signore sono infinite.» Il dibattito, comunque, è più che mai aperto. Oggi le associazioni dei preti sposati che chiedono l’abolizione dello stato celibatario (o almeno la non obbligatorietà) si incontrano, organizzano convegni, prendono pubbliche posizioni. Sia dalle colonne della loro stampa militante sia, sempre più spesso, attraverso i mass media. Romeo Fabbri, a chiosa di una ricerca storica sull’introduzione del celibato nella Chiesa cattolica (« Sulla strada », 1994, n. 31), così conclude: « Ciò che si può sperare, alle soglie del terzo millennio, è che Giovanni Paolo Il, dopo aver riabilitato Galileo e Campanella a distanza di quattro secoli, tolga definitivamente quel nefasto obbligatorio legame tra celibato e ministero ordinato che è stato
introdotto all’inizio del secondo millennio; legame che, dopo quella data, non è stato osservato dalla maggior parte dei preti e che ha procurato troppi misfatti nella vita personale dei ministri e in quella pubblica delle comunità cristiane... E’ ora di riconoscere un celibato-carisma credibile agli occhi del mondo e delle comunità ecclesiali può essere solo quello liberamente scelto per amore del regno dei cieli... » Ma il teologo Sergio Quinzio (scomparso nell’inverno del 1996), pur riconoscendo il realismo di certe argomentazioni, smorza gli entusiasmi: «La Chiesa di Roma procede a piccoli passi, poi torna indietro. Lascia cadere qualcosa, qualcos’altro no, dovendosi districare fra dottrina tradizionale e problemi della vita attuale Insomma, non cambia mai radicalmente rotta E credo che in ciò stia la sua forza e la sua tenuta millenaria
Amori a rischio Colloquio con Petr Zivn È una donna in cerca di guai quella che decide di amare un. sacerdote » dice Petr Zivn «Idealista, romantica, combattiva, di fronte alle difficoltà non si tira indietro. Anzi. E’ attratta dalle sfide. In una società sempre più dura, cattiva, egoista, è il tipo che vuole trovare a ogni costo bontà, onestà e fiducia Per lei è facile convincersi che,a differenza di altri uomini (da cui magari è fuggita per delusione) il ministro di Dio sia l’uomo ideale. Ideale anche perché irraggiungibile. O quasi.» Parola di esperto. In sette anni di attività svolta in Italia, ne ha conosciute da vicino almeno una cinquantina: amanti e mogli di preti. Sono passate nel suo studio di psicoterapeuta (da sole o talvolta col compagno) con pesanti fardelli sulle spalle: storie da dimenticare, drammatici dilemmi da sciogliere, personalità da ricostruire. Gli hanno aperto il cuore e l’anima. Petr Zivn trentasettenne, di nazionalità ceca, laureato in Teologia e Psicologia presso l’Università Carlo di Praga. Prima di trasferirsi nel nostro Paese, ha svolto la sua attività nella ex Cecoslovacchia. Oggi Zivn dirige l’Istituto di Psicologia della Religiosità dell’Università Internazionale di Milano. E’ ormai da un quindicennio si dedica, come consulente e psicoterapeuta ai vescovi, ai sacerdoti cattolici e alle loro mogli. Studia inoltre il rapporto tra formazione religiosa e salute mentale. Professor Zivny, quali rischi corre una donna che si innamora e sposa un prete? Rispetto ai matrimoni tra laici, quali difficoltà caratterizzano questo genere di rapporti? « Si tratta di unioni ad altissimo rischio. Per una ragione precisa: la formazione del sacerdote. Che comincia dal seminario dove, adolescente, viene educato nell’idea ossessiva di 23 essere un prescelto da Dio, un privilegiato. Un “diverso”, in virtù della altissima vocazione al sacerdozio. Senza contare le pressioni psicologiche finalizzate à inculcare in lui l’esaltazione della purezza e la negazione del sesso; Castità e celibato, promessi ancora prima dell’ordinazione,
culminano in un solenne giuramento o in un voto (ancora più vincolante) quando si tratta di un monaco. Con queste premesse, la personalità del seminarista non può uscirne che deformata. La psiche viene segnata profondamente. Di conseguenza, il prete che, poi, si trova coinvolto in una relazione amorosa, che pensa al matrimonio, deve fare i conti, spesso molto pesanti, con la sua personalità complessata. Tra l’altro, non ha esperienza con le donne, e del sesso di solito conosce solo la masturbazione. o l’omosessualità.» Prosegue Zivn «Il prete è destinato a rimanere un eterno adolescente. Il suo sviluppo praticamente si ferma ai quindici anni... Inoltre, l’educazione repressiva ricevuta smorza la sua spontaneità, e, al contrario, enfatizza l’autocontrollo. A controllarlo, del resto, ci pensano i fedeli. Che seguono, passo passo; le sue azioni e i suoi comportamenti. Conclusione? Il marito-sacerdote nella coppia e nella famiglia rischia fortemente di caratterizzarsi come elemento di squilibrio. Ciò detto, non bisogna generalizzare. In molti casi le eventuali difficoltà vengono appianate e, dunque, anche questo tipo particolare di unione funziona». Dalle sue osservazioni, tuttavia, dovremmo provocatoriamente dedurre che è auspicabile e conveniente che il sacerdote non abbandoni la «via maestra»? « Affatto. Sono convinto del contrario. Personalmente mi batto contro il celibato obbligatorio, legge imposta dalla Chiesa cattolica di Roma di cui i sacerdoti sono vittime. L’interdizione dal matrimonio è un vincolo che, a mio avviso, non ha fondamento nella Sacre Scritture. Cristo nel Vangelo, riferendosi agli “eunuchi che rinunciavano a sposarsi per il. regno dei cieli”, si pronunciava infatti in un contesto storico-sociale che esaltava l’obbligatorietà del matrimonio. Gesù, quindi, si prefisse di liberare la gente dall’obbligo di sposarsi... non di imporre la condizione opposta. « Il celibato», incalza Zivn « è solo una sovrastruttura ecclesiastica che si inserisce in una organizzazione paramilitare, -nella quale i soldati devono essere totalmente disponibili, anzi asserviti. Ascolti bene: alla Gerarchia non importa se un prete non è molto intelligente conta innanzitutto che sia celibe. Per me, vale il contrario. E’ meglio un sacerdote equilibrato realizzato con moglie e figli (se lo desidera), che dedica magari meno tempo alla catechesi, ma lo fa con preparazione e competenza, piuttosto che un celibe poco preparato. Insomma, privilegio la qualità, non la quantità. Oggi, per esempio,si fa un gran parlare di crisi delle vocazioni occidentali, contrapposta all’incremento delle chiamate a Dio nei paesi del Terzo Mondo. Ebbene, non esito a dire che molte vocazioni africane o sudamericane non sono di qualità. La Chiesa offre cibo,alloggio, affrancamento dalla povertà, privilegi….. e non è difficile capire perché in certe regioni del mondo i preti non mancano. Del resto molti di loro non si preoccupano del celibato e vivono in totale promiscuità>>
Da più parti, tuttavia, oggi si sostiene che siamo vicini alla fine del celibato obbligatorio. Che la Chiesa cattolica, magari col prossimo Papa, rivedrà questa legge. Che insomma, i tempi sono maturi per la svolta. Del resto, anche gli ultimi sondaggi indicano che persino molti cattolici praticanti sono favorevoli al matrimonio dei preti. Lei che ne pensa?
«Nella Chiesà tutto è possibile, ma io sono scettico. Certo, può venire un altro Giovanni XXIII (egli dichiarò pressappoco così: “Potrei abolire il celibato con una firma, ma non lo faccio, tengo conto di un’esperienza millenaria consolidata»); tuttavia, nel panorama dei cardinali papabili vedo una linea — fortemente ostile all’abolizione del celibato. Gli aperturisti sono una minoranza senza potere. » Come valuta questa linea oltranzista di conservazione? « La Chiesa cattolica è una monarchia assoluta. Ed è per lo più circondata da forze che vogliono distruggerla. Dunque, dal suo punto di vista, occorre serrare i ranghi; occorrono soldati fanatici che difendono gli interessi della grande azienda vaticana. Permettere ai sacerdoti di sposarsi, significherebbe rivedere tutta la loro formazione. Significherebbe non riu 24-25 scire più a incidere sulla loro psiche, sullo sviluppo emotivo e sessuale. I preti-mariti verrebbero influenzati, invece, dalle mogli; distratti dagli interessi familiari ed economici; meno assorbiti dalla spiritualità. Immagini i problemi! Per la Chiesa è molto più conveniente avere alle dipendenze dei robot che obbediscono ciecamente e non creano ostacoli. « Scendiamo nel concreto», osserva Zivn « Prendiamo la contraccezione. Come è noto, i pronunciamenti della Chiesa cattolica sono contrari alla pillola e a tutti i metodi non naturali. La Gerarchia come la metterebbe allora con i sacerdoti sposati? Il loro dovere è di diffondere la parola di Cristo e le direttive del Papa; ma essi stessi si troverebbero a vivere tutte le contraddizioni delle coppie cattoliche praticanti. Usare contraccettivi o fare troppi figli? Per non parlare della cultura laica della separazione e del divorzio, affermatasi nelle società contemporanee. Paradossalmente, sarebbe stato più semplice per la Chiesa chiudere col celibato obbligatorio cent’anni fa, quando l’istituzione del matrimonio era più forte. Oggi, rompere gli argini significherebbe mettere in pericolo l’autorità dei ministri di Dio. E se crolla tutto, si entra nel protestantesimo. La Chiesa, quindi, preferisce non correre rischi. «D’altra parte», aggiunge Zivny «non mi convincono neppure le soluzioni di compromesso. Penso, per esempio, alle regole della Chiesa cattolica di rito orientale. Qui, anche gli uomini già sposati possono essere ordinati sacerdoti. Ma sono perplesso perché essi, rispetto ai celibi, vengono considerati preti di serie B. Se la moglie muore, infatti, al sacerdote è proibito prenderne un’altra. E inoltre nessun vescovo può essere sposato.» «La Chiesa di Roma», lamenta Zivny «è la Chiesa dei vergini. Si comincia dalla Sacra Famiglia di Nazareth: vergine Maria, vergine Giuseppe, vergine Gesù. I santi? La maggioranza sono vergini. Da psicoanalista, dico che così la Chiesa di Roma dimostra grande immaturità. E non vuole crescere! »
Veniamo al tema più specifico della nostra conversazione: le donne dei preti. Professor Zivn, lei, attraverso, la sua attività di psicoterapeuta, ha avuto modo di avvicinarne parecchie. C’è un filo che le unisce? «Il sentimento d’amore per un prete attecchisce se il terreno è fertile. Voglio dire che, di solito, colpisce solo un certo tipo di donne: le deluse, le idealiste, le romantiche. O, talvolta, coloro che
hanno un forte (e a volte perverso) gusto del proibito. Infine, le situazioni-limite: non di rado accade che la relazione sessual-sentimentale sia imposta alla donna, attraverso una sorta di plagio, dal prete-tiranno. »
Può raccontarmi qualche caso? « Sì. Cominciamo con una storia collettiva. Protagoniste,una quindicina di donne, tutte invaghite del parroco del paese. Lui, convinto fino in fondo della regola del celibato, non si sognerebbe mai di fidanzarsi con nessuna. Ma accetta la corte delle parrocchiane. Loro gli scrivono, gli telefonano, gli mandano regali. E il prete ne è lusingato. Concretamente, si lascia andare solo a qualche carezza, forse a qualche bacio. Lui un tipo alto, prestante. Dolce, sensibile. Tra le donne in competizione c’è una forte rivalità si odiano perché l’una ritiene che l’altra goda di maggiori attenzioni da parte del parroco, e così via.» Ma questo che cos’è? Non certo amore... «Be’ qui, oltre all’ evidente gusto del proibito scatta il desiderio di entrare nelle grazie di un uomo carismatico una star, a modo suo. E l’essere prescelta da lui significa ottenere una sorta di riconoscimento, sentirsi privilegiata. In un. certo senso, migliore delle altre...