ANNE McCAFFREY LA CERCA DEL DRAGO (Dragonquest, 1971) Per ANNE DOROTHY McELROY McCAFFREY mia madre INTRODUZIONE È una re...
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ANNE McCAFFREY LA CERCA DEL DRAGO (Dragonquest, 1971) Per ANNE DOROTHY McELROY McCAFFREY mia madre INTRODUZIONE È una regola abbastanza comune, tanto al cinema quanto in letteratura, che le «continuazioni» di opere di successo non siano mai o quasi mai all'altezza del «capostipite». Il tentativo di sfruttare un successo genuino e spesso inaspettato conduce infatti il più delle volte a forzature dell'ispirazione: si perdono così la freschezza e l'originalità, e ci si trova di fronte a meccaniche ripetizioni. Diverso ci sembra il caso della McCaffrey. Nelle storie che comprendono Dragonflight, fuse in una sola narrazione nel 1967, la scrittrice offre infatti ai lettori soltanto le quinte del suo palcoscenico. Descrive Pern, i draghi e i loro cavalieri, la Stella Rossa, i Fili; espone l'antefatto della sua epopea; delinea lo scenario nel quale si dipanano le vicende. Il lettore viene avvinto dall'originalità della «mitologia aliena» inventata dalla scrittrice, e trasportato dall'incalzare degli eventi. Il risultato - anche per l'influsso di Campbell, come la McCaffrey riconosce nell'intervista pubblicata qui di seguito - è senza dubbio brillante: lo dimostrano i premi Hugo e Nebula assegnati dai fans e dai colleghi scrittori. Ma Dragonflight, in fondo, rappresentava soltanto la premessa ad una narrazione piena che doveva ancora venire. Era il «retroterra» necessario per dare concretezza, verosimiglianza, «spessore» a Pern ed ai suoi abitanti, uomini e draghi. Il passo successivo - come afferma ancora l'autrice nell'intervista - era inevitabile: Dragonquest (1971) è il vero romanzo, la narrazione effettiva che si svolge nel panorama delineato in Dragonflight. Il lettore se ne renderà conto da solo, osservando la struttura del libro, che è meno concitata del primo episodio del ciclo, concede maggiore spazio all'approfondimento psicologico dei personaggi, ai dialoghi, ai particolari di contorno. In esso viene descritta in tutti i suoi aspetti la struttura sociale di Pern, la vita quotidiana dei suoi abitanti, l'evoluzione prodotta dagli eventi riferiti in Dragonflight. Sono trattati a fondo i rapporti fra
dragonieri del passato e contemporanei; fra questi e i Signori delle Fortezze, gli Artigiani e la gente comune; la vita nei Weyr; la fanciullezza dei permani; l'amore fra esponenti di ceti diversi; i problemi di protocollo e parentela; le modifiche causate dal retaggio scientifico del passato; le astuzie diplomatiche della Corporazione degli Arpisti; lo sconvolgimento provocato dalla capacità dei draghi di viaggiare nel tempo oltre che nello spazio; il nuovo pericolo della Stella Rossa; la scoperta che anche un'altra leggenda, quella relativa alle «lucertole di fuoco», risulta vera; la nascita di un «drago bianco»; la tragedia di un adulterio; la morte di due draghi regina e le relative tremende conseguenze sui loro «doppi» umani; il viaggio sino alla Stella Rossa. Tutti problemi che la McCaffrey risolve brillantemente, con coerenza, padronanza di stile, fascino evocativo e fermezza nel manovrare una folla di personaggi {non manca uno schema ricapitolativo per ricordarli tutti). Il risultato equilibra e completa Dragonflight, e non gli è inferiore. Così è parso anche agli appassionati statunitensi, che hanno fatto entrare il libro nella finale allo Hugo 1972, vinto da To Your Scattered Bodies Go, di Philip José Farmer. Oltre che dal punto di vista letterario e fantascientifico, il ciclo dei «Dragonieri di Pern» è rimarchevole, secondo noi, anche per l'insieme di significati che trasmette indipendentemente dalle intenzioni della sua autrice. Ci sembra da sottolineare, a tale riguardo, l'insistere della McCaffrey sulla «casualità» della sua invenzione letteraria: «Pern mi è venuto in mente quando ho pensato: Beh, cosa scriverò quest'anno? È stata l'unica vicenda che ho veramente cercato d'intessere partendo da zero», afferma nell'intervista. Partendo da zero: cioè facendo tabula rasa e lasciando che alle immagini della sua fantasia si sovrapponesse tutta una serie di simbologie. Chi ci segue da tempo, sa che un concetto base nella nostra interpretazione della narrativa fantastica è proprio quello relativo alla sua capacità di far salire in superficie dei contenuti simbolici «superiori» alla stessa lettera del testo, e ciò anche senza la volontà diretta dell'autore, che segue il libero gioco della propria fantasia. Quanto il ciclo della McCaffrey possa essere analizzato da tale punto di vista, l'avevamo già accennato nella introduzione al primo volume, tre anni fa. Il raffronto può essere portato avanti col secondo romanzo, tenendo presente che la sua trama si sviluppa in una situazione che ha già registrato una frattura del reale (l'arrivo dei Fili ed il «rivelarsi» della leggenda, narrati nel primo libro), per cui i dati
di fatto hanno subito una modifica, e con essi i rapporti interpersonali e generali entro una civiltà che da centinaia d'anni era statica. Il significato effettivo dei valori che circolano in una società fondata su tradizioni radicate viene alla luce in Dragonquest proprio dalla fondamentale contrapposizione che vede gli uni di fronte agli altri i dragonieri del «passato» (e che ritengono quindi di essere più precisi interpreti dei valori in questione) e quelli del «presente», che invece pensano alla necessità di cambiare, di aggiornarsi, di aprire nuovi orizzonti. È la contrapposizione fra chi concepisce la cultura come un guscio dal quale si è protetti, ma che in cambio ci imprigiona, e chi la considera invece come qualcosa di vivo e operante, che cresce e si modifica arricchendosi di ogni nuovo apporto derivato dall'esperienza e della conoscenza. La lezione che - più o meno consapevolmente - insegna Anne McCaffrey è molto importante. Indica infatti il superamento di ciò che è momentaneo e contingente, e quindi finisce senza scampo per trasformarsi in superato e inutile, a favore di ciò che è sempre vivo e attuale in quanto radicato nell'uomo e crescente con lui. Il vero problema non è quello di «conciliare il vecchio con nuovo» (ovvero, le idee dei dragonieri «antichi» con quelle dei «moderni»): bensì l'individuare ciò che dal passato al presente resta valido, e quindi presumibilmente lo sarà anche nel futuro. Nel romanzo, sono ancora una volta i Fili a determinare le scelte. La loro ricomparsa dopo secoli dimostrò a suo tempo che certi insegnamenti del passato non dovevano essere ignorati o, peggio, disprezzati; il modificarsi improvviso del loro comportamento dimostra, in questo libro, che di fronte a situazioni mutate non bisogna aggrapparsi ostinatamente ai modi antichi, ma si deve avere il coraggio di cambiare ciò che va cambiato. In Dragonquest sono F'lar e Lessa (soprattutto il primo), cioè i rappresentanti dei dragonieri «moderni», a comprendere che restare attaccati alle convenzioni avrebbe significato estinguersi senza possibilità di scampo. E sono sempre loro ad indicare la strada giusta da seguire: individuare all'interno del retaggio «antico» ciò che ha valore perenne, e adattarlo alla nuova situazione, lasciando intatto il nucleo dei rapporti interpersonali e intersociali che forniscono l'ossatura della comunità di Pern. «È di questo che abbiamo bisogno soprattutto. Di uomini che pensano, che sanno andare avanti», dice F'lar. E Lessa: «La vera esperienza è la conoscenza». Oltre allo schema ricapitolativo dei personaggi già compreso nell'edizio-
ne originale, abbiamo aggiunto al volume un'intervista all'autrice opera di Paul Walker (apparsa su Luna n. 56 del novembre 1974); un disegno di Virgil Finlay, eseguito in origine per illustrare un'altra opera, ma che sembra fatto apposta per il ciclo della McCaffrey; e la mappa di Pern dovuta a Glauco Cartocci, utile per «visualizzare» il mondo in cui si svolgono le avventure dei dragonieri. G.D.T. - S.F. INTERVISTA CON ANNE McCAFFREY Draghi e astronavi D. - Immagini che le venga chiesto d'intervistare Anne McCaffrey. Arriva nella sua «tana» in Irlanda e viene invitata ad entrare... che aspetto ha, come parla? Che impressione le fa? E cosa ci fa in Irlanda? R. - Beh, se mi dessero l'incarico d'intervistare Anne McCaffrey, non vorrei andarci, perché detesto fare interviste, e detesto le scrittrici di successo. No, non è vero, mi hai però messo in condizione di essere obiettiva sul conto di me stessa, e questo è la MORTE. Voglio dire, mi guardo nello specchio, e poi lascio perdere. Specchio, specchio intraprendente, non capisci proprio niente? Nel sudario mi drappeggio, così va di male in peggio. Chi m'incontra per la prima volta vede una donna piuttosto alta, con i capelli argentei, di solito un po' scomposti, con il rossetto mezzo smangiato, abbigliata normalmente con i jeans scartati dal Figlio Numero Uno, pantofole logore, e la prima camicia pulita che capita a tiro. Una donna che probabilmente se n'esce fuori con osservazioni inaspettate per confonderti e poi ti offre il tè o il caffè o qualcosa per metterti a tuo agio, e poi continua a fare qualcosa di prevedibile. Hai l'impressione di venire travolto e impressionato di proposito, ma magari ti fa piacere, anche se vorresti che io la smettessi di fare la difficile e rispondessi alle domande e mi comportassi come dovrebbe una donna normale di quarantasei anni.
Cosa faccio in Irlanda? Ci vivo; mentre il costo della vita sale e il dollaro scende a causa della svalutazione, sono bloccata. Non ho i biglietti per il volo di ritorno e non ho il danaro per acquistarli, per me, per i miei figli e mia madre. Inoltre, è l'unico paese al mondo dove si vedono annunci sui giornali tipo «Ritrovata una somma di danaro», che viene restituita al proprietario, il quale identifica l'ammontare e il tipo dei biglietti di banca. Approfitto inoltre delle esenzioni fiscali, dei pub, dei cavalli, delle buone scuole e della scarsità di droghe. Perciò non debbo stare a chiedermi: «Capiterà anche ai miei ragazzi?» D. - Uno dei problemi che ogni giovane autore di fantascienza affronta è quello di visualizzare se stesso nel contesto professionale del genere: ci sono tradizioni, criteri, eccetera, da mantenere; attese editoriali e artistiche da soddisfare. Tuttavia, per un giovane scrittore maschio, si tratta di visualizzare se stesso in quello che è de facto un contesto «maschile» di superuomini che idealizzano il maschilismo in una professione praticamente maschile, cioè il volo spaziale. Le strutture delle sue trame seguono preconcetti mascolini, con ritmo rapido, molta azione, descrizioni ridotte al minimo; mentre il suo stile propende verso una sobrietà tipicamente maschile. Ha a disposizione una quantità di frasi e di trovate per sottolineare la mascolinità dei suoi uomini e la posizione subordinata, se non masochista, delle donne. Per una scrittrice deve essere difficile visualizzare se stessa in un simile contesto: soprattutto una che, come te, tiene a presentare come principali personaggi le donne. Cosa ne pensi? R. - Non ho mai avuto difficoltà a scrivere fantascienza, sia che abbia scelto come protagonista una donna sia un uomo. Tanto per cominciare, nessuno mi ha mai detto che una donna non doveva scrivere science fiction, cioè che per il fatto che sono donna, avrei incontrato altri problemi, oltre a quello di raccontare la vicenda che vuoi raccontare. Per questa mentalità, sono riconoscente a Lila Schaffer, ex direttrice di Amazing e Fantastic. (Era diventata la compagna di stanza della mia compagna di stanza, dopo che mi sono sposata, ed è stata molto incoraggiante, quando ha scoperto che mi piaceva la science fiction e che avrei voluto scriverne.) Immagino che, se fossi stata legata al fandom fantascientifico, avrei capito la mia posizione subordinata e non avrei «osato» muovermi in un campo riservato agli uomini immortali. (Ma gli scrittori non ritengono strano che
una donna scriva di questo genere. Tutti mi hanno incoraggiata.) Comunque, nel ruolo di narratore si superano facilmente simili considerazioni secondarie (per quanto riguarda il sesso dell'autore). Conosco abbastanza bene certi tipi di uomini per sapere che Zed reagirebbe in questo modo a un dato stimolo, mentre Xir reagirebbe nell'altro. È vero, di solito ho un'immagine visuale dei personaggi delle mie vicende, che possono essere o non essere legati a persone vere che ho conosciuto o visto. (Una delle mie occupazioni preferite, in viaggio, consiste nell'immaginare le vicende della vita dei passeggeri dalle facce interessanti. Una delle coincidenze più sorprendenti della mia vita è stata aver trovato F'nor e Lessa vivi e vegeti a Dun Laoghaire.) Riconosco che la mia reazione istintiva è femminile, e riconosco che gli uomini hanno reazioni iniziali diverse. Ne ho osservato alcune delle più ovvie, e sono in grado di esprimerle. (In generale, le scrittrici di fantascienza se la cavano meglio, con il sesso opposto, di quanto facciano gli scrittori.) Perciò, quando non sono certa di aver proiettato adeguatamente un'immagine maschile, mi consulto con Keith Laumer o Gordon Dickson o interpello il conoscente più a portata di mano, chiedendogli come reagirebbe, con il pensiero, la parola e l'azione in una data situazione. Ho azzeccato più spesso di quanto abbia sbagliato, perciò il mio senso della narrativa è abbastanza preciso. Ho anche sentito dire che ho una mentalità insolitamente obiettiva, per una donna... quasi maschile nei processi del pensiero... almeno per quanto riguarda il mio lavoro. Beh, amico mio, devi essere obiettivo, per essere un bravo scrittore. Non ho mai dovuto mascherare il mio nome e non mi è mai passato per la mente che fosse necessario farlo, per pubblicare fantascienza. Marion Zimmer Bradley, Andre Norton, Leigh Brackett o C.L. Moore, invece sì. Perché, quando ho cominciato a scrivere, i lettori desideravano identificarsi di più con i personaggi della vicenda. Bene, così ho premuto i tasti emotivi: le emozioni fanno parte del futuro dell'uomo e della donna, come del passato, e non sono cambiate in 4000 anni, quindi perché supporre che le reazioni psicologiche primarie dovranno cambiare nei prossimi 4000? Muteranno solo il tipo e la forza delle pressioni sulla psiche individuale. E c'era l'esigenza di scritti emotivi... pensa all'effetto di alcune delle mie vicende «femminili» sul pubblico maschile, oltre che su quello femminile. Sì mi hanno accusata di essere «emotiva»: ma per me l'emozione è soltanto uno dei vari ferri del mestiere. Un esempio è Restoree (1): fui criticata proprio per le cose che volevo
sfruttare. Era una satira: una vicenda d'azione raccontata dal punto di vista dell'eroina, con tutti gli ammennicoli della fantascienza maschile, un po' svitata. Era un «gotico spaziale»... e credilo o no, viene apprezzato da signore che normalmente non si sognerebbero mai di leggere fantascienza. (I lettori che s'identificano con il protagonista... il sogno di ogni scrittore.) D. - Tra le differenze che noto nelle scrittrici di science fiction, vi è il loro interesse per il «Luogo», la presenza predominante dei loro mondi inventati, il «guardaroba» della situazione immediata: ad esempio, l'aspetto e i suoni e gli odori di Pern; e i sentimenti intimi dei personaggi. Nelle tue opere, soprattutto in Dragonquest, sembra che tu abbia abbandonato il ritmo turbinoso (tipicamente maschile) per disegnare paesaggi interiori ed esteriori, di Pern e delle menti dei protagonisti. Lo trovo tipicamente femminile, ed è la virtù maggiore delle scrittrici (il che non significa che sia un interesse superficiale.) Cosa ne pensi delle virtù tipiche delle scrittrici? R. - In quanto all'importanza letteraria della trama e del ritmo... come fai a raccontare una vicenda, altrimenti? Debbono esistere entrambi gli elementi, altrimenti annoi il lettore. Quando mi accorgo che mi annoio a scrivere una vicenda, mi rendo conto di avere sbagliato e torno indietro, prima dell'inizio della «noia», e libero me stessa ed il futuro lettore di questa noia con una nuova svolta nella vicenda. In questo modo realizzo tanto la trama quanto il ritmo. È un dono che si ha o non si ha. Immagino che si possa imparare, anche se conosco certi ottimi stilisti che non saprebbero riconoscere una trama neanche se li mordesse. Personalmente, dedico molto tempo dall'atto fisico dello scrivere: cioè, starmene seduta alla macchina da scrivere a pestare sui tasti. Ho lavorato anche dodici ore al giorno, quando una vicenda mi veniva bene; ho imparato a non «scrivere» di notte, ma solo a fare revisioni o a pensare alle ramificazioni della trama. Non faccio abbozzi, non prendo appunti, tranne quando parlo con Jack Cohen o John Campbell, Dio lo abbia in gloria. Rivedo e riscrivo abbondantemente, qualche volta per la lunghezza di un altro romanzo. In generale lavoro di mattina, perché se trovo l'avvio, posso tirare avanti per tutto il giorno. L'ho fatto e lo faccio ancora. Poi ci sono giorni in cui alla Parola Uno non riesce a seguire la Parola Due, e allora è meglio lasciar perdere, andare a cavallo o a far spese o accompagnare mia madre in biblioteca. Comunque, questo è l'unico modo in cui compongo le mie opere.
In quanto alle virtù esclusive delle scrittrici, sono esclusive dello scrittore, non del suo sesso. Non si può generalizzare. Sono stata trattata bene sia da critici maschi che da critici femmine. Comunque, è facile che venga riprovata proprio per le cose che mi riescono meglio e che intendo fare... come l'emozione, l'amore, eccetera. (Sono stata, come noterai, il primo autore a mettere un'esplicita scena di sesso in un racconto di Analog, perché era un elemento valido della vicenda, non un elemento ad effetto. Ci sono dei vantaggi, nel mio punto di vista sul passatempo essenziale della vita.) In quanto a Pern ed ai «Luoghi»: scrissi volutamente Dragonflight lasciando fuori i dettagli del «luogo», seguendo l'ottimo esempio di Cecilia Holland. I suoi personaggi parlano dei dettagli che per loro erano insoliti, nonostante il tempo, il luogo, il periodo, e in questo modo il «luogo» diventa più vero per il lettore. Tuttavia, questa omissione mi ha attirato molte critiche e molte domande, perché la gente VOLEVA conoscere meglio Pern; e così ho fornito i dettagli in Dragonquest. Io li avevo sempre conosciuti. Anzi, non ho ancora esaurito tutto il mio bagaglio, per quanto riguarda Pern. Certe vicende richiedono più abbellimenti di altre. So scrivere concisamente come un uomo, se va bene per la storia che sto raccontando e per la personalità del mio personaggio principale. È sempre la storia che stai raccontando ad imporre la forma e la struttura. Secondo me, Pern è un personaggio vero e proprio... o almeno, secondo me ha abbastanza carattere perché io debba tener conto di tutti i calcoli e le ipotesi sul conto di un pianeta che non sappiano se esista. Deve possedere un suo sapore, per aver generato le lucertole di fuoco e i dragonieri...; avere baratri di calcare, con le caverne, niente foreste o quasi (tranne durante un Lungo Intervallo, quando si possono coltivare i boschi senza pericolo). In alcuni aspetti essenziali ma legittimi è simile alla Terra, perché ha un sole di classe G, ma la sua flora deve essere in grado di restare dormiente durante i Passaggi della Stella Rossa, perché altri generi sarebbero stati divorati. Perciò il pianeta e il suo sistema, per me, mentalmente, sono reali come la Terra e il Sole. D. - Hai detto: Come si può scrivere una vicenda, senza trama e ritmo? Beh, si può realizzare in molti modi una parvenza di trama, ma io credo in fantascienza la «Trama» sia uno strumento più formalizzato e convenzionale, che dipende meno dalla drammaticità inerente del contenuto e più
dalla successione meccanica delle sequenze d'azione. Io credo che tu abbia del romanzo una concezione più matura della maggioranza degli autori di fantascienza, e mi domando che cos'è, e come la realizzi. In che modo il romanzo differisce dal racconto? Quali sono i tuoi principi-guida, per pianificarlo e scriverlo? R. - Mi attribuisci troppi meriti. Il processo deve essere intuitivo perché io non do mai consciamente forma ad un romanzo. Si racconta da solo, in un certo modo, e s'impantana se io cerco di forzarlo in un modo diverso. Nel mio lessico, un racconto differisce da un romanzo per la ricchezza di particolari. In un racconto devi attenerti solo ai fatti, per raccontare gli episodi minori e gli eventi principali, ed eliminare tutto il resto. In un romanzo, hai più spazio per descrivere, per sviluppare i personaggi, l'atmosfera, per «rivestire» la sovrastruttura. Io non pianifico un romanzo. Prendo una situazione e le persone coinvolte logicamente in quella situazione. Se è valida, la trama si sviluppa da quelle interrelazioni e da quelle interreazioni, se i personaggi sono vivi. Quando la vicenda s'impantana, allora ho costretto qualcuno a fare qualcosa d'inesatto, e torno indietro al punto in cui io, l'autrice, mi annoio, e cerco di trovare un'altra soluzione o un altro aspetto del conflitto. Personalmente sono il tipo con cui la gente si confida ed ho imparato alcune delle complessità possibili nelle relazioni umane. Mi hanno raccontato molte cose belle, che non sempre finiscono nelle mie vicende, ma da cui prendo continuamente a prestito quell'angoscia, quella gioia, un frammento di storia o di sfondo; e creo una storia diversa, un finale diverso, un diverso problema. Tutto va bene per il mulino dello scrittore, amico mio. Dragonquest è stato scritto come romanzo; non avrei potuto dire quel che volevo, con diversi racconti. Ho tentato una versione che non mi piaceva e l'ho accantonata. Tuttavia ho usato certi episodi nella versione pubblicata. Adesso ho un problema con i miei editori inglesi che vogliono farmi ridurre Dragonquest di almeno settanta cartelle. Dicono che migliorerebbe le qualità letterarie del romanzo. Senza dubbio è così, ma tagliarne pezzi interi non servirebbe a niente... è troppo integrato, ogni episodio porta inesorabilmente a quello successivo. Ho ridotto il testo cancellando una trentina di cartelle, e questo mi ha costretto a lasciar fuori alcune scene che non mi andava di tagliare, ma che non modificavano sensibilmente il quadro generale. Non potevo eliminare di più senza riscriverne intere parti per includere le informazioni necessarie allo sviluppo della trama. Non ho il
tempo né l'inclinazione (per quel che mi pagano gli editori inglesi) per fare una ristesura così ampia, e ho messo loro sotto il naso le recensioni. È la prima volta che mi sono rifiutata di collaborare con gli editori, ma sono convinta di avere ragione. Non so bene se il terzo volume della serie sarà un romanzo o una raccolta di episodi più brevi. (Guadagno di più, quando posso vendere i singoli episodi alle riviste.) Ma non so ancora come andrà a finire White Dragon, se mi deciderò mai a completarlo (2). Saprò mantenere l'elemento cruciale in un terzo libro? Beh, vedremo. Io stessa voglio sapere cosa succederà poi. D. - Come ti è venuta l'idea di Pern? Come l'hai evoluta nelle prime fasi? R. - Pern mi è venuto in mente quando ho pensato: beh, cosa scriverò, quest'anno? È stata l'unica vicenda che ho veramente cercato d'intessere partendo da zero. I draghi godevano di cattiva stampa, ma avevano possibilità immense. Una volta John Campbell mi aveva detto che avrebbe accettato qualunque vicenda con una base razionale, perciò pensai ad una ragione che giustificasse draghi capaci di alitare fuoco... Una minaccia che venisse dall'aria, non fosse indigena del pianeta, e preferibilmente priva d'intelligenza, il che poteva renderla ancora più tremenda. Era maggio, ricordo, e avevo appena letto una storia deliziosa sulle libellule su Fantasy and Science Fiction. Perciò pensai a draghi che alitavano fuoco e combattevano la minaccia, e decisi che erano troppo grossi per andare in giro senza guida, perciò diedi loro cavalieri telepatici, con la necessità di fissare uno Schema di Apprendimento (Impriting) al momento in cui il drago esce dall'uovo: e ne ho fatto una cerimonia. E poi è stato più facile mostrare tutto attraverso gli occhi di qualcuno (Lessa) che non conosceva troppo bene la situazione. Così è nato Weyr Search (3)... e poi ormai avevo preso l'avvio, e tutti sappiamo come sono andate le cose. Fu John Campbell a dirmi che i draghi mangiavano pietre contenenti fosfina, in modo che alitassero fiamme quando il gas entrava in contatto con l'ossigeno, ed il resto è venuto più o meno logicamente, dal fatto che c'era un mondo che aveva bisogno dei draghi. Disegnai persino una carta geografica, per sapere bene dov'ero (4)... D. - Prima hai detto: «Una delle coincidenze più sorprendenti della mia vita è stato aver trovato F'nor e Lessa vivi e vegeti a Dun Laoghaire». Vuoi
spiegarti meglio? R. - Sì, ho incontrato due persone, a Dun Laoghaire, che sono F'nor e Lessa: come se prima li avessi conosciuti e poi li avessi inseriti nella serie di Pern. Ecco com'è andata: Avevo conosciuto un giovane pescatore inglese, di ventitré anni, con gli occhi azzurri e i capelli biondi, con la figura di un giovane Apollo: è amico mio e dei miei figli. Due case più avanti della sua c'è la pensione dove alloggiava David Gerrold quand'era qui in Irlanda. È stato Dave a dirmi che la sua padrona di casa (ex acrobata e domatrice di cavalli) gli ricordava parecchio Lessa. Quando l'ho conosciuta, ho visto che sembrava davvero Lessa... minuta (circa 43 chili vestita), una personalità vibrante, talvolta violenta, con una «nuvola di capelli scuri». Quando ha letto Dragonflight, ha riconosciuto che sotto molti aspetti era «Lessa». «Molto più di quanto mi faccia piacere, Annie,» ha detto, quasi ferocemente... come se le avessi letto nel cervello. Comunque, il vero colpo, per me, è stato vedere la copertina che Betty Ballantine ha commissionato per Dragonquest. Lì sulla copertina, a New York, c'era il mio pescatore. Ho una sua fotografia nella stessa posa di F'nor, e la somiglianza è sorprendente. Bada bene, il disegnatore era americano, e non aveva mai sentito parlare del mio pescatore. La differenza è superficiale, perché F'nor ha i capelli scuri e gli occhi nocciola. E la somiglianza sarebbe stata più sbalorditiva se il pescatore fosse stato un impiegato e se la mia Lessa fosse stata una casalinga: ma come temperamento i due sono adattissimi ai ruoli che avevo già assegnato loro... i cavalieri dei draghi di Pern. PAUL G. WALKER (1) Il primo romanzo della McCaffrey apparso nel 1967 (N. d. C). (2) The White Dragon, terzo romanzo del ciclo dei «Dragonieri di Pern», nel frattempo è stato pubblicato in America dalla Doubleday e dalla Ballantine (N.d.C.) (3) Apparso su Analog dell'ottobre 1967 e compreso poi in Dragonquest (1968) (N.d.C). (4) Su di essa si basa la mappa di Pern elaborato da Glauco Cartocci per i nostri volumi (N.d.C).
VlRGIL FINLAY (1957) PRELUDIO Rukbat, nel Settore del Sagittario, era una stella dorata simile al Sole. Aveva cinque pianeti, due fasce di asteroidi, ed un mondo randagio che aveva attratto e trattenuto nei millenni recenti. Quando gli uomini avevano colonizzato il terzo pianeta di Rukbat e l'avevano chiamato Pern, non avevano badato molto al mondo estraneo, che ruotava intorno al suo primario adottivo in un'orbita ellittica pazzamente irregolare. Per due generazioni, i coloni prestarono scarsa attenzione al fulgido pianeta rosso... fino a che il percorso disperato del vagabondo lo portò vicino al mondo colonizzato, nel punto più vicino all'astro centrale. Quando tali aspetti astronomici erano favorevoli, e non alterati da congiunzioni con altri pianeti del sistema, gli esseri viventi autoctoni della terra vagabonda cercavano di varcare l'abisso dello spazio per raggiungere l'altro pianeta, più temperato ed ospitale. Le perdite subite inizialmente dai coloni furono terribili, e durante la lunga lotta successiva per sopravvivere e combattere tale minaccia che pioveva dai cieli di Pern sotto forma di fili d'argento, i tenui legami tra Pern ed il pianeta patrio si spezzarono. Per controllare le incursioni dei temutissimi Fili (poiché i coloni di Pern avevano smantellato le astronavi da trasporto già nei primi tempi, ed avevano dimenticato le raffinatezze della tecnologia, così poco adatte a quel pianeta pastorale), quegli uomini pieni d'iniziativa si erano impegnati in un piano a lungo termine. La prima fase consisteva nell'allevare una varietà estremamente specializzata di esseri viventi originari del loro nuovo pianeta. Uomini e donne capaci di elevata sensibilità e di una certa facoltà telepatica innata furono addestrati a servirsi di quegli straordinari animali. I «draghi» (così chiamati in ricordo del mitico essere terrestre cui somigliavano) possedevano due caratteristiche estremamente utili: potevano trasferirsi da un luogo all'altro istantaneamente e, dopo aver masticato certe pietre contenenti fosfina, erano in grado di emettere un gas fiammeggiante. Poiché i draghi sapevano «volare», sarebbero stati capaci di carbonizzare i Fili a mezz'aria, sfuggendo a loro volta il peggio. Occorsero parecchie generazioni per perfezionare questa prima fase. La seconda fase della progettata difesa contro le incursioni delle spore avrebbe richiesto un periodo
molto più lungo per maturare. Infatti i Fili, spore fungiformi capaci di attraversare lo spazio, divoravano la materia organica con cieca voracia e, quando toccavano il suolo, si seppellivano e proliferavano con rapidità terrificante. Gli ideatori del programma di difesa, articolato in due fasi, non avevano tenuto conto a sufficienza del caso, né degli effetti psicologici dello sterminio visibile di questo avido nemico. Infatti, era psicologicamente rassicurante e profondamente gratificante, per i coloni minacciati, osservare il pericolo carbonizzato e frustrato a mezz'aria. Inoltre, il continente meridionale, dove aveva avuto inizio la seconda fase, si era rivelato indifendibile, e l'intera colonia si era trasferita nel continente settentrionale, per cercare rifugio dai Fili nelle grotte naturali delle catene montuose del Nord. Il continente meridionale perse ogni significato, nella lotta immediata per creare nuovi abitati al Nord. I ricordi della Terra si allontanarono ancora di più dalla storia di Pern con il passare di ogni nuova generazione, fino a quando il ricordo dell'origine degenerò, perdendosi nella leggenda e nel mito e dileguandosi nell'oblio. La prima Fortezza costruita sul lato Est della grande catena delle Montagne Occidentali divenne ben presto troppo piccola per ospitare i coloni. Ne venne creata un'altra un po' più a Nord, presso un grande lago annidato nelle vicinanze di un'immensa parete di roccia crivellata di caverne. Ma anche la Fortezza di Ruatha finì per divenire sovraffollata nel volgere di poche generazioni. Poiché la Stella Rossa sorgeva a Est, si decise di creare un fortilizio tra le Montagne Orientali, purché fosse possibile trovare una sistemazione adatta. Ormai, una «sistemazione adatta» significava un complesso di grotte, perché soltanto la roccia compatta ed il metallo (che a Pern purtroppo scarseggiava) erano impenetrabili all'attacco bruciante dei Fili. I draghi alati, caudati ed. alitanti fiamme, grazie ad abili incroci avevano raggiunto proporzioni tali da richiedere assai più spazio di quello che potevano offrire le Fortezze poste sui fianchi dei precipizi. Gli antichi coni dei vulcani spenti denominati Weyr, pieni di caverne, uno dei quali si trovava sopra la prima Fortezza, l'altro tra i monti di Benden, risultarono adatti: necessitavano soltanto poche migliorie per essere resi abitabili. Tuttavia, questi progetti richiesero tutto il combustibile che restava per le grandi macchine tagliapietre (che erano state programmate solo per operazioni minerarie, non per scavi in grande stile nei fianchi dei precipizi), e in seguito le Fortezze ed i Weyr dovettero essere scavati a mano.
I draghi ed i loro cavalieri, nelle sedi elevate, e il popolo nelle sue caverne si dedicavano ai rispettivi compiti; e gli uni e gli altri assunsero abitudini che divennero consuetudini, e queste si solidificarono in una tradizione incontrovertibile come una legge. Poi venne un periodo di duecento Giri del pianeta Pern intorno al suo primario, durante il quale la Stella Rossa si trovava all'altra estremità della sua orbita irregolare, ridotta ad una prigioniera raggelata e solitaria. Nessun Filo cadde sul suolo di Pern. Gli abitanti incominciarono a godersi la vita, così come avevano sperato di fare quando erano sbarcati sull'incantevole pianeta. Cancellarono le tracce delle devastazioni dei Fili e coltivarono cereali e verdure, piantarono frutteti, pensarono di rimboschite i pendii spogliati dai Fili. Riuscirono persino a dimenticare di avere corso il rischio di venire annientati. Poi i Fili ritornarono per un'altra orbita intorno al pianeta verdeggiante - cinquant'anni di pericolo disceso dai cieli - ed i Pernesi ringraziarono ancora i loro antenati di tante generazioni prima, perché avevano fornito loro i draghi che bruciavano a mezz'aria i Fili cadenti con l'alito fiammeggiante. Anche la specie dei draghi aveva prosperato durante quel periodo: si era insediata in altri quattro Weyr, seguendo il piano generale di difesa. Gli uomini finirono per dimenticare completamente che vi era stata una misura difensiva secondaria contro i Fili. Prima del terzo Passaggio della Stella Rossa, si era instaurata una complicata struttura sociopolitico-economica per fronteggiare la calamità ricorrente. I sei Weyr, come venivano chiamate le vecchie sedi vulcaniche dei draghi e dei dragonieri, s'impegnarono a proteggere tutto Pern: ogni Weyr teneva letteralmente sotto le sue ali un settore geografico del continente settentrionale. Il resto della popolazione pagava le decime per mantenere i Weyr, perché i combattenti, i cavalieri dei draghi, non disponevano di terreni arabili nelle loro sedi vulcaniche, e non potevano sottrarre tempo all'allevamento dei draghi per apprendere altri mestieri durante i periodi di pace, né potevano trascurare di proteggere il pianeta durante i Passaggi. Gli abitati, chiamati Fortezze, si svilupparono dovunque si trovassero caverne naturali: alcuni, naturalmente, erano più grandi o piazzati in posizioni strategiche migliori. Occorreva un uomo molto forte per tenere sotto controllo la popolazione resa frenetica dal terrore durante gli attacchi dei Fili; occorreva una saggia amministrazione per conservare i viveri; era impossibile coltivare qualcosa senza pericolo, e ci volevano misure straordinarie per dominare la gente, e farla restare utile e sana fino al momento
in cui la minaccia era passata. Gli uomini esperti nella lavorazione dei metalli, nell'allevamento degli animali, nella coltivazione dei campi, nella pesca, nell'attività mineraria (per quel poco che c'era) e nella tessitura, avevano Sedi in tutte le grandi Fortezze, e in un certo senso dipendevano dalla Sede Centrale, dove venivano insegnati i precetti della loro arte, e le conoscenze erano conservate e tramandate da una generazione all'altra. Perché il Signore di una Fortezza non potesse negare i prodotti della Sede situata nel suo dominio alle altre Fortezze del pianeta, le Arti erano state dichiarate indipendenti ed ogni Maestro d'Arte di una Sede dipendeva solo dal Gran Maestro di quell'arte particolare: era una carica elettiva, basata sull'efficienza e sulle capacità amministrative. Il Maestro dell'Arte era responsabile della produzione dei suoi opifici, e della distribuzione imparziale di tutti i prodotti su di una base planetaria, anziché campanilistica e provinciale. Vi erano certi diritti e privilegi riconosciuti ai vari Signori delle Fortezze e Maestri delle Arti, e naturalmente ai dragonieri, cui tutta Pern chiedeva protezione durante le Cadute dei Fili. La Stella Rossa passava inesorabilmente vicina a Pern, ma poi se ne allontanava, e la vita poteva adagiarsi in un solco meno frenetico. Talvolta, la congiunzione dei cinque pianeti naturali di Rukbat impediva alla Stella Rossa di transitare abbastanza vicina a Pern per lanciare le terribili spore. Ma talvolta, come usano fare i parenti, i pianeti fratelli di Pern sembravano attirare la Stella Rossa ancora più vicina, ed i Fili piovevano implacabili sulla vittima sventurata. La paura crea i fanatici, ed i Pernesi non facevano eccezione a questa regola. Soltanto i cavalieri dei draghi potevano salvare Pern, e la loro posizione nella struttura sociale del pianeta divenne inattaccabile. Ma l'umanità tende a dimenticare ciò che è spiacevole e indesiderabile. Ignorandone l'esistenza, riesce a far scomparire la fonte del Terrore passato. Ci fu un lungo periodo in cui la Stella Rossa non transitò abbastanza vicino a Pern per far cadere i suoi Fili. La popolazione poté prosperare e moltiplicarsi, spargendosi sulle ricche terre, scavando nuove Fortezze nella roccia massiccia; ed era così presa dalle sue attività da non accorgersi che vi erano ormai soltanto pochi draghi nei cieli di Pern, e che restava uno solo Weyr di dragonieri. La Stella Rossa non sarebbe ritornata ancora per molto, molto tempo. Perché preoccuparsi di una possibilità tanto remota? Nel volgere di cinque generazioni, i discendenti degli eroici cavalieri dei draghi caddero in disgrazia. Le leggende delle antiche prodezze e la ragio-
ne stessa della loro esistenza vennero dimenticate o spregiate. Quando, nel corso degli eventi naturali, la Stella Rossa cominciò di nuovo ad avvicinarsi a Pern, ammiccando con l'occhio minaccioso all'antica vittima predestinata, un uomo solo. F'lar, cavaliere del drago bronzeo Mnementh, pensava che le antiche leggende contenessero la verità. Il suo fratellastro F'nor, cavaliere del drago marrone Canth, ascoltava i suoi argomenti, e li trovava più eccitanti delle usanze noiose dell'unico Weyr di Pern. Quando l'ultimo uovo dorato di una regina morente dei draghi giacque, indurendosi, sul Terreno della Schiusa, F'lar e F'nor approfittarono dell'occasione per acquisire il potere sul Weyr. Cercando nella Fortezza di Ruatha una donna dal carattere forte perché cavalcasse la futura regina, F'lar e F'nor scoprirono Lessa, unica superstite del fiero Sangue della Fortezza di Ruatha. Lessa riuscì ad imprimere lo Schema di Apprendimento alla giovane Ramoth, la nuova regina, divenendo così Dama del Weyr di Benden. Quando il bronzeo Mnementh, il drago di F'lar, accompagnò la regina nel suo primo volo nuziale, F'lar divenne Comandante del Weyr degli ultimi dragonieri di Perni F'lar, Lessa e F'nor costrinsero i Signori delle Fortezze e gli artigiani a riconoscere l'imminenza del pericolo ed a preparare contro i Fili il pianeta quasi indifeso. Ma era dolorosamente evidente che i duecento draghi del Weyr di Benden non erano in grado di proteggere tutte le comunità sparse qua e là. Nei tempi antichi erano stati necessari sei Weyr, quando il territorio abitato era assai più ridotto. Imparando a guidare la sua regina in mezzo, cioè tra un luogo e l'altro, Lessa scoprì che i draghi potevano teletrasportarsi in mezzo anche nel tempo. Rischiando la vita e l'unico drago regina di Pern, Lessa si fece condurre da Ramoth indietro nel tempo, di quattrocento Giri, prima della misteriosa scomparsa degli altri cinque Weyr, immediatamente dopo che si era compiuto l'ultimo Passaggio della Stella Rossa. I cinque Weyr, che avevano come unica prospettiva il declino del loro prestigio e la noia dell'inattività dopo tutta un'esistenza di emozionanti combattimenti, accettarono di aiutare il Weyr di Lessa e di spostarsi avanti nel tempo, fino al suo Giro. Sette Giri sono ormai passati dopo quel trionfale viaggio nel tempo, e la gratitudine iniziale delle Fortezze e delle Arti verso i Weyr degli Antichi che avevano salvato Pern è svanita ed inacidita. Ed anche gli Antichi non amano il mondo di Pern in cui ora si trovano a vivere. Quattrocento Giri hanno apportato troppi cambiamenti sottili, ed i dissensi si aggravano.
I Mattino nella Sede Centrale dell'Arte, alla Fortezza di Fort. Parecchi pomeriggi più tardi al Weyr di Benden. Metà mattina (tempo di Telgar) alla Sede dell'Arte dei Fabbri, Fortezza di Telgar. Come incominciare? si chiese Robinton, Maestro Arpista di Pern. Pensoso, aggrottando la fronte, guardò la sabbia umida e spianata nei vassoi disposti sulla sua scrivania. Sul lungo viso s'incisero rughe e grinze profonde, e gli occhi, di solito azzurri e brillanti di una gaiezza interiore, erano velati dall'ombra grigia di un'inconsueta gravità. Fantasticò che la sabbia implorasse di venire violata da parole e note, mentre lui, depositario e dispensatore di ballate, saghe e canzoni, non sapeva che dire. Eppure doveva costruire una ballata per le nozze imminenti del Nobile Asgenar della Fortezza di Lemos e della sorellastra del Nobile Larad, signore della Fortezza di Telgar. Date le recenti segnalazioni di malcontento nell'organizzazione dei Tamburini e degli Arpisti qualificati, Robinton aveva deciso di ricordare agli ospiti, in quella fausta occasione poiché sarebbero stati invitati tutti i Signori delle Fortezze ed i Maestri delle Arti - il debito di riconoscenza che essi avevano contratto con i dragonieri di Pern. Come soggetto della ballata, aveva scelto la fantastica cavalcata, in mezzo al tempo, di Lessa, Dama del Weyr di Benden, sulla sua grande, aurea regina Ramoth. I Signori e i Maestri delle Arti di Pern, allora, erano stati felici di veder giungere i cavalieri dei draghi dei cinque antichi Weyr, provenienti da quattrocento Giri nel passato. Eppure, come tradurre in rima quei giorni affascinanti e frenetici? Neppure gli accordi più esaltanti potevano rendere il pulsare del sangue, e gli ansiti, e il gelo della paura e l'ondata disperata di speranza di quel primo mattino, dopo che i Fili erano caduti sopra la Fortezza di Nerat: quando F'lar aveva radunato al Weyr di Benden tutti i Signori ed i Maestri delle Arti in preda al terrore, e si era assicurato il loro appoggio entusiastico. Non era stata solo un'improvvisa reviviscenza d'una devozione dimenticata a spingere i Signori, ma la sensazione anche troppo reale di un disastro imminente, quando avevano immaginato i loro prosperosi campi anneriti dai Fili per eccessivo tempo considerati un mito, avevano pensato alle tane dei parassiti che si propagavano con fulminea rapidità, a se stessi murati nelle Fortezze sotterranee, al riparo di pesanti porte ed imposte di me-
tallo. Sarebbero stati disposti a promettere a F'lar anche le loro anime, quel giorno, se egli avesse potuto proteggerli dai Fili. Ed era stata Lessa ad assicurare loro quella protezione, e per poco non l'aveva pagata con la vita. Robinton alzò lo sguardo dai vassoi di sabbia, con un'espressione divenuta improvvisamente vacua e mesta. «La sabbia della memoria s'asciuga presto,» disse sottovoce, guardando al di là della valle coltivata il precipizio che ospitava la Fortezza di Fort. C'era un solo guardiano, ai fossati del fuoco. Avrebbero dovuto essere sei, ma era il periodo della semina; il Nobile Groghe di Fort aveva spedito nei campi tutti coloro che erano in grado di camminare diritti, persino i gruppi dei bambini che avrebbero dovuto strappare l'erba primaverile dagli interstizi tra le pietre e staccare il muschio dalle mura. La primavera precedente, il Nobile Groghe non avrebbe trascurato quel dovere, senza pensare all'estensione di terreno che desiderava seminare. Il Nobile Groghe, senza dubbio, in quel momento era nei campi, e passava da un tratto di terra all'altro, in sella ad uno di quegli animali svelti e dalle lunghe zampe che il Maestro Allevatore Sograny andava perfezionando. Groghe di Fort era instancabile: i suoi occhi celesti, un po' sporgenti, non si lasciavano mai sfuggire un albero non potato o un solco tracciato irregolarmente. Era un uomo robusto, dai capelli brizzolati che portava legati in una banda ben ordinata. Aveva una carnagione rubizza, intonata al suo carattere. Ma, se pretendeva molto dai suoi sudditi, non pretendeva meno da se stesso, e non chiedeva alla sua gente, ai suoi figli naturali ed adottivi, nulla di più di quanto era capace di fare lui stesso. Se aveva una mentalità conservatrice, era perché conosceva i propri limiti e si sentiva più sicuro affidandosi alla tradizione. Robinton si tormentò con le dita il labbro inferiore, chiedendosi se il Nobile Groghe costituiva un'eccezione alla regola, in quella trascuratezza verso il dovere tradizionale delle Fortezze, che consisteva nel rimuovere tutta la vegetazione nei pressi dei luoghi abitati per non dare esca ai Fili. Oppure il Nobile Groghe rispondeva in quel modo alla crescente agitazione del Weyr di Fort per via delle immense foreste di proprietà della Fortezza, che i cavalieri dei draghi avrebbero dovuto proteggere? Il Comandante del Weyr di Fort, T'ron, e la sua Dama del Weyr, Mardra, erano divenuti meno scrupolosi nel controllare che nessuna tana dei Fili fosse sfuggita ai cavalieri delle squadriglie, nelle foreste lussureggianti. Eppure il Nobile Groghe era stato assai attento nell'inviare squadre armate di lanciafiamme quando i Fili erano caduti sulle foreste. Nelle sue terre teneva
scuderie di animali corridori, organizzati in una rete efficiente, in modo che, se i dragonieri sapevano il fatto loro in volo, al suolo c'era un'organizzazione adeguata, pronta a liquidare i Fili che fossero sfuggiti all'alito ardente delle grandi bestie alate. Ma Robinton aveva udito di recente voci spiacevoli, e non soltanto quelle provenienti dalle terre di Fort. Poiché, prima o poi, egli veniva a sapere ogni pettegolezzo ed ogni accusa che circolava a Pern, aveva imparato a distinguere la realtà dal dispetto, la calunnia dal crimine. Sebbene non fosse sostanzialmente un allarmista, poiché aveva scoperto che molto di quanto udiva finiva per smentirsi da solo con l'andare del tempo, Robinton cominciava a sentire in fondo all'anima un fremito di preoccupazione. Il Maestro Arpista si abbandonò sulla sedia, guardando la giornata luminosa, il verde fresco e nuovo dei campi, i fiori gialli degli alberi da frutto, le linde Fortezze di pietra che fiancheggiavano la strada diretta alla rocca principale, il gruppo delle abitazioni degli artigiani ai piedi dell'ampia rampa che conduceva alla Grande Corte Esterna della Fortezza di Fort. E se i suoi sospetti erano fondati, che cosa poteva fare? Comporre un canto di rampogna? Una satira? Robinton sbuffò. Il Nobile Groghe era un uomo dalla mentalità troppo cristallina per interpretare una satira, e troppo virtuoso per accettare un rimprovero. Inoltre, e Robinton si puntellò sui gomiti, se il Nobile Ghoghe era trascurato, era una protesta contro la trascuratezza ancora più grande del Weyr. Robinton rabbrividì, al pensiero dei Fili che si seppellivano tra le grandi distese boschive meridionali. Avrebbe dovuto cantare le sue rimostranze a Mardra ed a T'ron, quali Comandanti del Weyr... ma anche quella sarebbe stata una fatica inutile. Negli ultimi tempi, Mardra si era inacidita. Avrebbe dovuto avere il buon senso di tirarsi in disparte e di lasciare che gli uomini implorassero i suoi favori, se T'ron non le piaceva più. A dare ascolto alle chiacchiere delle ragazze della Fortezza, T'ron era abbastanza impetuoso. Anzi, avrebbe fatto meglio a frenarsi un po'. Il Nobile Groghe non era entusiasta all'idea che troppe donne delle sue terre portassero in loro semi di drago. Un'altra situazione senza vie d'uscita, pensò Robinton con un sorriso ironico. I costumi delle Fortezze erano tanto diversi dalla morale dei Weyr. Forse era il caso di parlarne a F'lar del Weyr di Benden? Anche quello sarebbe stato inutile. Innanzi tutto, il cavaliere bronzeo non poteva far nulla. I Weyr erano autonomi, e non solo T'ron poteva risentirsi dei consigli che F'lar avesse ritenuto opportuno impartigli, ma Robinton era certo che F'lar avrebbe finito per condividere il punto di vista dei Signori delle For-
tezze. Non era la prima volta, in quei mesi, che Robinton si rammaricava che F'lar del Weyr di Benden fosse stato così impaziente di abbandonare il comando supremo, dopo che Lessa era tornata indietro in mezzo, per portare avanti nel tempo i cinque Weyr perduti. Allora, per qualche mese, sette Giri prima, Pern si era unito agli ordini di F'lar e di Lessa contro l'antica minaccia dei Fili. I Signori, i Maestri delle Arti, i contadini, gli artigiani, erano stati tutti unanimi. Ma quell'unità si era disgregata quando i Comandanti dei Weyr del passato avevano ristabilito il loro dominio tradizionale sulle Fortezze legate per protezione ai loro Weyr, e Pern, riconoscente, aveva concesso loro tali diritti. Ma in quattrocento Giri l'interpretazione dell'antica egemonia si era modificata, e nessuno era del tutto sicuro della nuova versione. Forse era giunto il momento di ricordare ai Signori i giorni tremendi di sette Giri prima, quando tutte le loro speranze erano state riposte sulle fragili ali dei draghi e sull'abnegazione di duecento uomini. Bene, per l'Uovo, anche l'Arpista ha un dovere, pensò Robinton, spianando soprappensiero la sabbia umida. Ed aveva l'obbligo di farlo conoscere. Tra dodici giorni Larad, Signore di Telgar, avrebbe dato in sposa la sorellastra Famira ad Asgenar, Signore della Fortezza di Lemos. Il Maestro Arpista era stato invitato a presenziare con nuovi canti appropriati per allietare i festeggiamenti. Anche F'lar e Lessa avano stati invitati, poiché la Fortezza di Lemos era vincolata al Weyr di Benden. E vi sarebbero stati altri notabili dei Weyr, e della Nobiltà e delle Arti, per solennizzare la fausta occasione. «E tra i miei canti lieti, ci sarà anche qualcosa di più forte.» Ridacchiando fra sé a quella prospettiva, Robinton riprese lo stilo. «Mi occorre un tema dolce ma elaborato, per Lessa. Lei è già una leggenda.» Inconsciamente l'Arpista sorrise, visualizzando la graziosa, minuta Dama del Weyr, con quella pelle candida, quella nuvola di capelli scurì, il lampo degli occhi grigi, e gli parve di udire le parole pungenti della sua lingua pronta. Nessun uomo di Pern le mancava di rispetto, od osava affrontare il suo sdegno, ad eccezione di F'lar. Ora, un tema spiccatamente marziale sarebbe stato adatto per il Comandante del Weyr di Benden, con i suoi acuti occhi d'ambra, la sua inconscia superiorità, l'intensa energia della sua snella figura di combattente. Era possibile che lui. Robinton, riuscisse a scuotere F'lar dal suo distacco? O
forse si preoccupava eccessivamente di quei dissidi di poco conto tra il Signore della Fortezza ed il Comandante del Weyr? Ma senza i cavalieri dei draghi la terra sarebbe stata inaridita totalmente dai Fili, anche se ogni uomo, donna e bambino del pianeta si fosse armato di lanciafiamme. Una tana, ben piazzata, poteva estendersi per pianure e foreste con la stessa rapidità con cui un drago poteva sorvolarla, consumando tutto ciò che vi cresceva e viveva, tranne la roccia compatta, l'acqua o il metallo. Robinton scosse il capo, irritato dalle proprie fantasie... come se i dragonieri potessero mai tradire Pern ed i loro antichi doveri! Ora... un rullo possente del tamburo più grande per Fandarel, il Maestro Fabbro, con la sua inesauribile curiosità, le grandi mani abili e delicate, la mente impegnata nell'eterna ricerca dell'efficienza, mentre sarebbe stato logico attendersi che un uomo così colossale fosse tardo d'ingegno quanto era lento e ponderato nei movimenti. Una nota triste, ben sostenuta, per Lytol, che un tempo aveva cavalcato un drago di Benden ed aveva perduto il suo Larth in un incidente durante i Giochi di Primavera... era accaduto quattordici o quindici Giri prima? Lytol aveva abbandonato il Weyr, poiché rimanere fra i draghi esacerbava la terribile perdita, e si era dedicato all'arte della tessitura. Era diventato Maestro dell'Arte nelle Terre Alte, ed aveva ancora quell'incarico quando F'lar aveva scoperto Lessa durante la Cerca. F'lar aveva nominato Lytol Nobile Reggente della Fortezza di Ruatha, quando Lessa aveva rinunciato a rivendicare i suoi diritti in favore del piccolo Jaxom. E com'era possibile rappresentare con la melodia i draghi di Pern? Non esisteva un tema abbastanza grandioso per le enormi bestie alate, dolci e miti quant'erano colossali. Avevano ricevuto il loro Schema di Apprendimento al momento della schiusa dagli uomini che li cavalcavano guidandoli contro i Fili, che li curavano, li amavano, che erano uniti a loro, mente a mente, in un vincolo inscindibile trascendente la parola! (Che sensazione doveva dare, tutto questo? si chiese Robinton, rammentando che in gioventù la sua ambizione era stata diventare dragoniere). I draghi di Pern, che potevano misteriosamente trasferirsi in mezzo da un luogo all'altro in un batter d'occhio, in mezzo persino da un tempo all'altro! Il sospiro dell'Arpista gli saliva dall'anima, ma la sua mano si muoveva sulla sabbia, imprimeva la prima nota, scriveva la prima parola; e intanto si domandava se nel canto sarebbe riuscito a trovare una risposta. Aveva appena riempito d'argilla i vassoi per preservare il testo, quando udì il primo rullo di tamburo. Uscì a passo svelto nella piccola corte della
Sede dell'Arte, chinando il corpo per captare i suoni: era proprio la sua sequenza, con un tempo incalzante. Si concentrò così attentamente sul rullo del tamburo da non accorgersi che tutti gli altri suoni erano cessati nella Sala dell'Arpista. «I Fili?» La gola gli s'inaridì, immediatamente. Robinton non aveva bisogno di consultare la tabella dei tempi per rendersi conto che i Fili stavano cadendo prematuramente sulle rive della Fortezza di Tillek. Al di là della valle, sui bastioni di Fort, l'unico guardiano faceva la ronda, ignaro del disastro. Vi era un dolce tepore primaverile nell'aria pomeridiana, quando F'nor ed il suo grande drago marrone, Canth, uscirono dal loro Weyr individuale, nel Weyr di Benden. F'nor sbadigliò leggermente e si stirò, fino a quando sentì scricchiolare la spina dorsale. Il giorno precedente era stato sulla costa occidentale per la Cerca di ragazzi adatti... e di ragazze, perché c'era un uovo dorato che s'induriva nel Terreno della Schiusa, al Weyr di Benden. Senza dubbio, Benden produceva più draghi e più regine dei cinque Weyr degli Antichi, pensò F'nor. «Hai fame?» chiese educatamente al suo drago, guardando nella Conca del Weyr, in direzione del Campo del Pasto. Non c'erano draghi intenti a mangiare e le bestie del branco stavano nei pascoli cintati, con le zampe distese, le teste abbassate verso le ginocchia ossute, sonnecchiando nel sole. Ho sonno, disse Canth, sebbene avesse dormito a lungo e profondamente quanto il suo cavaliere. Il drago marrone si sistemò sul cornicione riscaldato dal sole e si accosciò con un sospiro. «Pigrone,» disse F'nor, rivolgendogli un sorriso affettuoso. Il sole era ormai dall'altra parte dell'enorme conca montuosa che formava l'abitato dei dragonieri, sulla costa orientale di Pern. La parete di roccia era costellata dalle nere imboccature dei Weyr individuali dei draghi, e brillava là dove i raggi del sole si riflettevano sulla mica incorporata nella pietra. Le acque del lago alimentato dalle fonti luccicavano intorno ai due draghi verdi che facevano il bagno, mentre i loro cavalieri oziavano sulla sponda erbosa. Più oltre, davanti alla caserma dei giovani, gli allievi cavalieri formavano un semicerchio intorno al Maestro dei Cadetti. Il sorriso di F'nor divenne ancora più ampio. Si stiracchiò con fare indolente, ricordando le ore di noia trascorse in un semicerchio come quello, venti e più Giri prima. Le lezioni che aveva ripetuto pappagallescamente
quand'era cadetto avevano un significato assai più valido per quel gruppo di giovani cavalieri. Nel suo Giro, i Fili d'Argento dei Canti dell'Insegnamento non scendevano dalla Stella Rossa da più di quattrocento Giri, per bruciare le carni di uomini e draghi e per divorare tutto ciò che vi era di vivente su Pern. Tra tutti i dragonieri dell'unico Weyr di Pern, solo il fratellastro di F'nor, F'lar, il cavaliere del bronzeo Mnementh, aveva creduto che quelle vecchie leggende contenessero la verità. Adesso i Fili erano una realtà irrecusabile, e cadevano dai cieli su Pern con regolarità quotidiana. Ancora una volta, annientarli era lo scopo della vita per i cavalieri dei draghi. Le lezioni che quei ragazzi stavano imparando avrebbero salvato la loro pelle, la loro vita e, cosa ancora più importante, i loro draghi. I cadetti promettono bene, osservò Cantili, ripiegando le ali sul dorso e la gola intorno alle zampe posteriori. Appoggiò la grossa testa sulle zampe anteriori, e l'occhio sfaccettato più vicino a F'nor scintillò dolcemente. Esaudendo quella tacita supplica, F'nor grattò l'arcata sopracciliare, fino a quando Canth cominciò a ronzare sommessamente per il piacere. «Scansafatiche!» Quando lavoro, lavoro, rispose Canth. Senza il mio aiuto, come faresti a capire quale ragazzo delle Fortezze può diventare un buon dragoniere? E non trovo forse ragazze che diventano buone compagne delle regine? F'nor rise indulgente: ma era vero che l'abilità con cui Canth individuava i probabili candidati per i draghi da combattimento e per le regine da riproduzione era molto lodata dai cavalieri del Weyr di Benden. Poi F'nor aggrottò la fronte, ricordando la strana ostilità dei signori e degli artigiani che aveva incontrato nelle Fortezze e nelle Arti del Boll Meridionale. Sì, la gente era stata ostile fino... fino a quando lui si era presentato come dragoniere del Weyr di Benden. Avrebbe immaginato che fosse vero il contrario. Il Boll Meridionale era legato al Weyr di Fort. Secondo la tradizione - e F'nor sogghignò ironicamente perché il Comandante del Weyr di Fort, T'ron, era così inflessibile nel sostenere tutto ciò che era tradizionale, abituale... e statico - secondo la tradizione, il Weyr che proteggeva un territorio aveva il primo diritto di opzione su tutti i possibili cavalieri. Ma i cinque Weyr dell'Antichità raramente andavano in cerca di candidati al di fuori delle loro Caverne Inferiori. Naturalmente, pensò F'nor, le regine antiche non producevano covate numerose come le regine moderne, né molte uova dorate. Anzi, pensandoci bene, solo tre regine erano nate nei Weyr Antichi durante i sette Giri trascorsi da quando Lessa li aveva portati nel tempo presente.
Bene, che gli Antichi si attenessero pure alle loro usanze, se questo li aiutava a sentirsi superiori. Ma F'nor era d'accordo con F'lar. Era semplice buon senso offrire ai draghi appena nati una scelta ampia il più possibile. Sebbene le donne delle Caverne Inferiori del Weyr di Benden fossero senza dubbio molto disponibili, non c'erano abbastanza ragazzi nati nel Weyr, per la quantità dei draghi che nascevano via via. Ora, se uno degli altri Weyr, magari G'narish del Weyr di Igen o R'mart del Weyr di Telgar, avessero dichiarato «aperti» i voli nuziali delle loro regine più giovani, gli Antichi avrebbero forse notato un miglioramento nel numero delle uova deposte e nella qualità dei draghi che ne sarebbero nati. Era una sciocchezza continuare gli accoppiamenti sempre all'interno dello stesso Sangue. La brezza pomeridiana si levò, portando i fumi dell'erba intorpidaria messa a bollire. F'nor emise un gemito. Aveva dimenticato che le donne stavano preparando l'intorpidaria per l'unguento che costituiva il rimedio universale per le ustioni causate dai Fili ed altre afflizioni dolorose. Quella era stata una delle ragioni principali che l'avevano portato in Cerca, il giorno innanzi. L'odore dell'intorpidaria era penetrante. La colazione del giorno innanzi aveva avuto sapore di medicinale, anziché di cereali. Poiché la preparazione dell'unguento d'intorpidaria era un processo tedioso, oltre che troppo odoroso, moltissimi cavalieri preferivano dileguarsi. F'nor guardò, al di là della Conca, il Weyr della regina. Ramoth, naturalmente, era al Terreno della Schiusa, a vegliare sull'ultima covata, ma il bronzeo Mnementh non era appollaiato al suo solito posto sul cornicione. Lui e F'lar erano andati da qualche parte, senza dubbio per sfuggire all'odore dell'intorpidaria ed all'umore incerto di Lessa. Lessa prendeva parte coscienziosamente a tutti i doveri d'una Dama del Weyr, anche i più onerosi: ma questo non significava che ne fosse entusiasta. Nonostante il puzzo dell'interpidaria, F'nor aveva fame. Non aveva mangiato dal tardo pomeriggio del giorno innanzi e poiché c'erano sei ore di differenza tra il Boll Meridionale, sulla costa Ovest, ed il Weyr di Benden, a Est, aveva saltato quella che a Benden si considerava l'ora di cena. Con un'ultima grattatina, F'nor disse a Canth di andare a mangiare, e prese a scendere la rampa di pietra che conduceva giù dal suo cornicione. Uno dei privilegi che spettavano al Vicecomandante era la scelta dell'alloggio. Poiché Ramoth, come regina anziana, ammetteva solo due regine secondarie nel Weyr di Benden, erano liberi due alloggi riservati alle Dame del Weyr. F'nor ne aveva occupato uno, e non aveva bisogno di distur-
bare Canth, se doveva scendere ad un piano più basso. Quando si avvicinò all'ingresso delle Caverne Inferiori, l'aroma dell'intorpidaria che bolliva gli fece lacrimare gli occhi. Avrebbe preso un po' di klah, di pane e di frutta, e sarebbe andato ad ascoltare il Maestro dei Cadetti. Là erano sopravvento. Nella sua qualità di Vicecomandante, F'nor amava approfittare di ogni occasione per valutare i nuovi cavalieri, in particolare quelli che non erano nati e cresciuti nel Weyr. La vita in un Weyr richiedeva certi adattamenti, per coloro che erano nati nelle Arti e nelle Fortezze. La libertà ed i privilegi, talvolta, davano alla testa ad un ragazzo, in particolare quando aveva imparato a portare il suo drago in mezzo, passando in qualunque località di Pern nel tempo necessario per contare fino a tre. F'nor approvava la decisione di F'lar di far partecipare alla Schiusa ragazzi più grandi, sebbene gli Antichi deplorassero quella consuetudine del Weyr di Benden. Ma, per il Guscio, un ragazzo dai quindici Giri in su si rendeva conto della responsabilità della sua posizione (anche se era nato e cresciuto in una Fortezza) come cavaliere. Era emotivamente più maturo e, benché questo non sminuisse la potenza dello Schema di Apprendimento sul suo drago, poteva assorbire e comprendere i significati di un legame destinato a durare tutta la vita, di un contatto mentale profondo, la comunicatività totale fra se stesso ed il suo drago. Un ragazzo già grande non si lasciava trascinare. Ne sapeva abbastanza per compensare gli squilibri fino a quando si dispiegava la sensibilità istintiva del suo drago neonato. Quest'ultimo aveva poco buon senso, e se qualche stupido cadetto permetteva alla sua bestia di mangiare troppo, tutto il Weyr risentiva di quel tormento. Anche le bestie adulte vivevano alla giornata, senza molti pensieri del futuro e con pochissimi ricordi del passato, se non sul piano istintivo. Ed era un bene, pensò F'nor, perché erano i draghi ad addossarsi la parte peggiore delle ustioni causate dai Fili. Forse, se avessero avuto una memoria più acuta o associativa, avrebbero rifiutato di combattere. F'nor trasse un profondo respiro e, sbattendo furiosamente le palpebre per difendersi gli occhi dal fumo, entrò nell'immensa Caverna della cucina, che ribolliva di attività. A quell'operazione doveva partecipare metà della popolazione femminile del Weyr, pensò F'nor, perché grandi calderoni occupavano tutti i focolari scavati nella parete esterna della Caverna. C'erano donne sedute intorno all'ampie tavole, intente a lavare e tagliare le radici da cui si estraeva l'unguento. Altre versavano con i mestoli il liquido bollente in grossi vasi di terracotta. Quelle che rimescolavano il decotto con palette dal lungo manico portavano maschere sul naso e sulla bocca e
spesso si chinavano per asciugarsi gli occhi, lacrimanti per i fumi acri. I bambini già grandicelli portavano rocce combustibili dalle grottemagazzino per alimentare i fuochi, ed i vasi pronti nelle caverne del raffreddamento. Erano tutti indaffarati. Per fortuna il camino notturno, il più vicino all'entrata, funzionava normalmente: l'enorme pentola del klah ed il paiolo dello stufato pendevano dai ganci, al caldo sulle braci. Mentre F'nor finiva di riempirsi la tazza, si sentì chiamare. Si voltò e vide sua madre, Manira, che gli faceva un cenno di richiamo. Il volto abitualmente sereno aveva un'espressione perplessa e preoccupata. Obbediente, F'nor si avvicinò al focolare dove Manora, Lessa e un'altra giovane donna che aveva l'aria familiare, sebbene non gli riuscisse di identificarla, stavano esaminando un piccolo bricco. «I miei omaggi a voi, Lessa, Manora e...» E si fermò, cercando di ricordare il terzo nome. «Dovresti ricordarti di Brekke, F'nor,» osservò Lessa, inarcando le sopracciglia per quella dimenticanza. «E come puoi pretendere che uno veda qualcosa, in mezzo a questo fumo?» domandò F'nor, asciugandosi con ostentazione gli occhi sulla manica. «Non ti ho vista spesso, Brekke, da quando Canth ed io ti abbiamo portata qui dalla sede della tua Arte per imprimere lo Schema alla giovane Wirenth.» «F'nor, sei quasi peggio di F'lar,» esclamò Lessa, in tono un po' stizzito. «Non dimentichi mai il nome di un drago, ma quello di chi lo cavalca, sì.» «Come sta Wirenth, Brekke?» chiese F'nor, senza far caso all'interruzione di Lessa. La ragazza trasalì, ma riuscì a sfoggiare un sorriso esitante, poi guardò con intenzione Manora, nel tentativo di distogliere l'attenzione da sé. Era un po' troppo esile per i gusti di F'nor, non molto più alta di Lessa, la cui statura minuta non sminuiva affatto l'autorità ed il rispetto che ispirava. Tuttavia, c'era un'espressione di dolcezza sul viso solenne di Brekke, incorniciato dai riccioli scuri, che F'nor giudicò affascinante. E gli piacque quella modestia. Si chiese come potesse andare d'accordo con Kylara, la tempestosa e irresponsabile Prima Dama del Weyr Meridionale: in quell'istante Lessa batté la mano sul vaso vuoto che le stava davanti. «Guarda un po', F'nor. Il rivestimento interno si è screpolato, e tutto l'unguento ha cambiato colore.» F'nor zufolò.
«Non sai, per caso, cosa adopera il Fabbro per rivestire il metallo?» chiese Manora. «Non avrei mai il coraggio di usare unguento contaminato, però non vorrei buttarne via tanto, se non ce ne fosse motivo.» F'nor inclinò il vaso verso la luce. Il rivestimento bruno e opaco era segnato da crepe finissime, da una parte. «Vedi come riduce l'unguento?» chiese Lessa, spingendo verso di lui una piccola ciotola. L'unguento anestetico, che di solito era di un giallo chiarissimo, era divenuto brunorossiccio. Un colore abbastanza minaccioso, pensò F'nor. Lo fiutò, v'intinse un dito, e subito si sentì anestetizzare la pelle. «È efficace,» disse, scrollando le spalle. «Sì, ma cosa succederebbe ad un'ustione aperta, con quella sostanza estranea incorporata nell'unguento?» chiese Manora «Giusto. F'lar cosa ne dice?» «Oh, lui.» I lineamenti fini e delicati di Lessa si contrassero in una smorfia. «È andato alla Fortezza di Lemos a vedere come se la cava quell'artigiano del Nobile Asgenar con i fogli di polpa di legno.» F'nor sogghignò. «Non c'è mai quando tu hai bisogno di lui, eh, Lessa?» Lei aprì la bocca per replicargli seccamente, facendo lampeggiare gli occhi grigi, e poi si accorse che F'nor la punzecchiava di proposito. «Sei proprio come lui,» rispose, alzando la testa con un sorriso verso il Vicecomandante che somigliava tanto al suo Compagno di Weyr. Eppure i due uomini, sebbene il marchio del comune genitore fosse evidente nei folti capelli neri, nei lineamenti forti, nei corpi snelli e alti (F'nor aveva un'ossatura più squadrata, ma non abbastanza carne addosso, così che sembrava quasi incompiuto), i due uomini erano diversi per temperamento e personalità. F'nor era meno introspettivo e più disinvolto del fratellastro F'lar, che aveva tre Giri più di lui. Qualche volta, la Dama del Weyr si accorgeva di trattare F'nor come se fosse un'estensione del fratellastro e, forse per quella ragione, riusciva a scherzare con lui. Lessa non era in rapporti tanto amichevoli con molta gente. F'nor ricambiò il sorriso e le rivolse un lieve inchino ironico per ringraziarla del complimento. «Bene, sono disposto a fare la tua commissione alla Sede del Mastro Fabbro. Dovrei essere in Cerca, e posso cercare alla Fortezza di Telgar come altrove. R'mart non è pignolo come gli altri Comandanti dei Weyr Antichi.» Staccò il paiolo dal gancio, sbirciando di nuovo nell'interno, poi si guardò intorno, scrollando il capo. «Porterò il paiolo a Fandarel, mi
sembra però che abbiate già abbastanza intorpidaria da ricoprire tutti i draghi dei sei... scusate, dei sette Weyr.» Sorrise a Brekke, perché la fanciulla sembrava bizzarramente a disagio. Lessa diventava suscettibile, quand'era preoccupata, e Ramoth si agitava per l'ultima covata come se fosse una novizia, e questo tendeva a rendere ancor più irritabile Lessa. Ma era strano che una Dama secondaria del Weyr Meridionale fosse lì, occupata a preparare unguenti a Benden. «L'intorpidaria non è mai troppa, in un Weyr,» disse in tono vivace Manora. «E questo non è neppure l'unico paiolo che presenta delle crepe,» intervenne piccata Lessa. «E se dobbiamo raccogliere altra intorpidaria per supplire a quella che è andata perduta...» «C'è il secondo raccolto al Weyr Meridionale,» suggerì Brekke, che sembrava un pò turbata del proprio intervento. Ma Lessa le lanciò uno sguardo di gratitudine. «Non ho intenzione di privarvene, Brekke, quando il Weyr Meridionale provvede a curare gli sciocchi che non sono capaci di schivare i Fili.» «Porterò il paiolo, porterò il paiolo,» promise allegramente F'nor. «Ma prima devo buttar giù ben altro di una tazza di klah.» Lessa deviò lo sguardo verso l'ingresso, verso il sole del tardo pomeriggio, i cui raggi scendevano obliqui sul pavimento. «Alla Fortezza di Telgar è passato da poco mezzogiorno,» disse lui, paziente. «Ieri sono stato tutto il giorno in Cerca al Boll Meridionale, perciò sono anch'io indietro di diverse ore.» E soffocò uno sbadiglio. «L'avevo dimenticato. Hai avuto fortuna?» «Canth non ha mosso orecchio. Adesso lasciami mangiare e poi fuggire da questo puzzo. Non so come fai a sopportarlo.» Lessa sbuffò. «Perché non posso sopportare i lamenti che lanciate voi cavalieri quando non avete l'intorpidaria.» F'nor sorrise ironicamente alla sua Dama del Weyr, notando che Brekke aveva spalancato gli occhi, sbalordita dei loro amichevoli battibecchi. Era affezionato sinceramente a Lessa come persona, non solo perché era la Dama della prima regina del Weyr di Benden. Approvava di tutto cuore l'attaccamento permanente di F'lar a Lessa... anche se del resto non era molto probabile che Ramoth fosse disposta a permettere ad altri che a Mnementh di accompagnarla nel volo nuziale. Come Lessa era una straordinaria Dama del Weyr per Benden, F'lar era il migliore dei possibili comandanti. Il Weyr di Benden, e tutto Pern, ne
traevano vantaggio: e così pure le tre Fortezze che dipendevano dalla protezione di Benden. Poi F'nor ricordò l'ostilità che gli aveva mostrato il giorno prima la gente del Boll Meridionale, prima di venire a sapere che era un cavaliere di Benden. Stava per parlarne a Lessa, quando Manora interruppe i suoi pensieri. «L'alterazione del colore mi preoccupa molto, F'nor,» disse. «Ecco. Mostra anche queste al Maestro Fabbro Fandarel.» E mise nel recipiente più grande due piccole pentole. «Così potrà vedere esattamente il cambiamento che si produce Brekke, vuoi avere la cortesia di servire F'nor?» «Non ce n'è bisogno,» rispose questi in fretta, e indietreggiò, facendo dondolare il paiolo. L'infastidiva il fatto che Manora, sua madre naturale, non riuscisse a liberarsi dalla convinzione che lui fosse incapace di arrangiarsi. Senza dubbio era bravissima ad insegnare ai figli adottivi a sbrigarsela da soli, così come aveva fatto con lui la sua madre adottiva. «Non lasciare cadere il paiolo quando vai in mezzo, F'nor «fu l'ammonimento con cui Manora si congedò da lui. F'nor ridacchio tra sé. Le madri erano tutte eguali, pensò, dato che Lessa si comportava allo stesso modo con Felessan, l'unico figlio che aveva messo al mondo. Era un bene che i Weyr praticassero l'usanza dell'adozione. Felessan, il ragazzino forse più adatto per un drago bronzeo che F'nor avesse mai visto in tutti i Giri dedicati alla Cerca, stava molto meglio con la sua placida madre adottiva di quanto sarebbe stato con Lessa, se fosse stata lei ad allevarlo. Mentre si versava un mestolo di stufato, F'nor pensò alle stranezze femminili. Le ragazze continuavano a chiedere di venire al Weyr di Benden. Lì non sarebbero state costrette a mettere al mondo un figlio dopo l'altro, fino a invecchiare precocemente. Le donne, nei Weyr, rimanevano attive e affascinanti. Manora aveva il doppio dei Giri dell'ultima moglie del nobile Sifer di Bitra, per esempio, eppure sembrava più giovane di lei. Beh, un cavaliere preferiva scegliersi i suoi amori da solo, senza che nessuno glieli imponesse. In quel momento, nelle Caverne Inferiori c'erano abbastanza donne a disposizione. Il klah esalava un odore fortissimo di medicinale. F'nor non riuscì a berlo. Mangiò in fretta lo stufato, sforzandosi di non sentirne il sapore. Forse avrebbe potuto buttar giù qualcosa alla Sede dell'Arte dei Fabbri, alla Fortezza di Telgar. «Canth! Manora ci ha incaricati di una commissione,» comunicò al drago marrone mentre usciva dalla Caverna Inferiore. Si chiedeva come le
donne riuscissero a sopportare quell'odore. Se lo chiedeva anche Canth, perché il fumo gli aveva impedito di sonnecchiare sul cornicione, al calduccio: ed era altrettanto lieto di avere un buon pretesto per allontanarsi dal Weyr di Benden. F'nor irruppe nel sole del mattino sopra la Fortezza di Telgar, poi guidò Canth verso la parte più alta della lunga valle, dove sorgeva il complesso di edifici, alla sinistra delle Cascate. Il sole lampeggiava sulle ruote dei mulini mosse incessantemente dalle acque possenti delle tre Cascate, che azionavano le forge dei Fabbri. A giudicare dal sottile filo nero che si levava dagli edifici di pietra, la fusione e la raffinazione procedevano a pieno ritmo. Mentre Canth scendeva a quota più bassa, F'nor scorse le lontane nubi di polvere che annunciavano un altro convoglio carico di minerali, in arrivo dall'ultimo sbarco sul fiume principale di Telgar. L'idea di Fandarel, munire di ruote le chiatte, aveva dimezzato il tempo occorrente per trasportare il minerale grezzo da monte e valle lungo il fiume, dalle miniere di Crom e di Telgar fino alle Sedi dell'Arte in tutto Pera. Canth lanciò uno squillante grido di saluto cui subito risposero i due draghi, uno verde e uno marrone, appollaiati su di un piccolo cornicione al di sopra dell'Opificio principale. Beth e Seventh del Weyr di Fort, disse al suo cavaliere; ma F'nor non conosceva quei nomi. Era passato il tempo in cui un uomo conosceva tutti i draghi e tutti i cavalieri di Pern. «Vai con loro?» chiese al suo marrone. Loro sono insieme, rispose Canth in tono così deciso che F'nor ridacchiò. La verde Beth, quindi, aveva accettato la corte del marrone Seventh. Guardandone il colore brillante, F'nor pensò che i loro cavalieri non avrebbero dovuto portare quei due lontani dal loro Weyr, nella fase attuale. Mentre F'nor li guardava, il drago marrone protese un'ala e coprì il drago verde con fare possessivo. F'nor accarezzò il collo lanuginoso di Canth, ma sembrava che il drago non avesse bisogno di conforto. Non gli mancavano certo le compagne, pensò F'nor, con una punta d'orgoglio. Le verdi prediligevano un marrone che era grande come la maggior parte dei bronzei di Pern. Canth atterrò e F'nor balzò rapido a terra. La polvere sollevata dalle ali
del suo drago formò due vortici, ed egli dovette passarvi nel mezzo. Dentro i capannoni aperti che F'nor superò dirigendosi verso la Sede dell'Arte, gli uomini erano intenti a molti lavori, che il cavaliere marrone conosceva piuttosto bene. Ma davanti ad un capannone si fermò, cercando di capire perché quegli uomini coperti di sudore stessero avvolgendo del metallo che facevano passare attraverso una piastra, fino a quando si accorse che ciò che ne usciva era un filo sottile. Stava per fare qualche domanda quando notò le espressioni chiuse e cupe degli artigiani. Salutò con un cortese cenno del capo e proseguì, un po' a disagio per l'indifferenza - anzi, per l'antipatia - che quelli dimostravano nei suoi confronti. Cominciava ad essere un po' pentito di avere accettato la commissione di Manora. Ma il Maestro Fabbro Fandarel era ovviamente la massima autorità in fatto di metalli, e poteva dire perché il grande paiolo aveva improvvisamente alterato il colore del prezioso unguento anestetico. F'nor scosse il paiolo per assicurarsi che dentro ci fossero le due pentole, e sogghignò del proprio gesto: per un istante rivisse l'apprensione di quando era bambino e temeva di perdere qualcosa che gli era stato affidato. L'ingresso della Sede dell'Arte dei Fabbri era imponente: quattro bestie da traino potevano passare affiancate attraverso quell'ampio portale, senza sfiorarsi. Pern produceva Maestri Fabbri in proporzione a quella porta? si chiese F'nor mentre le fauci immense l'inghiottivano, perché i battenti di metallo erano spalancati. Quella che un tempo era stata la Fucina adesso era stata riservata agli artefici. Ai torni ed ai banchi da lavoro, gli uomini lucidavano, incidevano, aggiungevano i tocchi finali ai lavori altrimenti già completi. Il sole entrava dalle alte finestre; le imposte a oriente erano brunite dalla luce del mattino che si rifletteva anche sui campioni di armi e di oggetti metallici sistemati sugli scaffali aperti al centro dal grande stanzone. In un primo momento, F'nor pensò che fosse stato il suo ingresso ad interrompere ogni attività, ma poi scorse due dragonieri che stavano minacciando Terry. Sebbene fosse stupito di percepire la tensione, F'nor era ancora più turbato nel vedere che Terry ne era la causa, perché quell'uomo era il Vice di Fandarel, ed il suo principale inventore. Senza fermarsi a riflettere, F'nor avanzò deciso, mentre i tacchi dei suoi stivali strappavano scintille dalle pietre. «Buongiorno a te, Terry, ed a voi, signori,» disse F'nor, salutando i due dragonieri con disinvolta amabilità. «Sono F'nor, cavaliere di Canth, del Weyr di Benden.»
«B'nay, cavaliere di Seventh, del Weyr di Fort,» disse il più alto e brizzolato dei due dragonieri. Evidentemente era risentito per l'interruzione e continuava a battersi nel palmo della mano un pugnale elegantemente ingemmato. «T'reb, cavaliere di Beth, pure di Fort. E se Canth è un bronzeo, digli di stare alla larga da Beth.» «Canth non è un cacciatore di frodo,» rispose F'nor, con un sorriso, mentre pensava che T'reb si lasciava condizionare un po' troppo dagli amori del suo drago verde. «Non si può mai sapere che cosa insegnano al Weyr di Benden,» osservò T'reb, con un tono di malcelato disprezzo. «L'educazione, tra le altre cose, quando ci si rivolge ad un Vicecomandante,» rispose F'nor, sempre in tono cortese. Ma T'reb gli lanciò un'occhiata acuta, accorgendosi del sottile mutamento che si era operato nei suoi modi. «Buon Maestro Terry, posso parlare con Fandarel?» «È nel suo studio...» «E a noi avevi detto che non c'era,» l'interruppe T'reb, afferrando Terry per il pesante grembiule di pelle di wher. F'nor reagì all'istante. La sua mano bruna si serrò intorno al polso di T'reb, le dita si piantarono così dolorosamente nei tendini da intorpidire la mano del dragoniere verde. Terry, liberato, indietreggiò, con gli occhi sfolgoranti ed i denti stretti. «L'educazione del Weyr di Fort lascia parecchio a desiderare,» disse F'nor, scoprendo i denti in un sorriso duro quanto la stretta con cui teneva fermo T'reb. Ma subito intervenne l'altro cavaliere del Meyr di Fort. «T'reb! F'nor!» B'naj separò i due. «Il suo verde è in calore, F'nor. Lui non ne ha colpa.» «Allora doveva restare nel Weyr.» «Non c'è bisogno che Benden faccia da mentore a Fort,» gridò T'reb, cercando di passare davanti al suo compagno e portandosi la mano all'impugnatura del pugnale che teneva alla cinta. F'nor indietreggiò, si fece forza per calmarsi. Quell'episodio era ridicolo. I cavalieri dei draghi non litigavano in pubblico. Nessuno però doveva trattare in quel modo il Vicemaestro di un'Arte. Fuori, i draghi urlavano. Senza badare a T'reb, F'nor disse a B'naj: «Fareste meglio ad andarvene di qui. La verde è troppo vicina all'accoppiamento.» Ma il truculento T'reb non voleva saperne di lasciarsi ridurre al silenzio. «Non spetta a te insegnarmi come devo comportarmi con il mio drago,
specie di...» L'insulto si perse in una seconda raffica di urla dei draghi, cui anche Canth unì il suo grido. «Non fare l'idiota, T'reb,» disse B'naj. «Vieni via subito!» «Non sarei qui se tu non avessi voluto quel pugnale. Prendilo e andiamo.» Il pugnale che poco prima B'naj maneggiava era finito sul pavimento, ai piedi di Terry. L'artigiano lo raccolse in modo tale che F'nor comprese all'improvviso la causa di tutta quella tensione. I dragonieri erano stati sul punto di confiscare l'arma, ed il suo ingresso li aveva interrotti. In quegli ultimi tempi aveva sentito parlare anche troppo spesso di estorsioni di quei genere. «Fareste meglio ad andarvene,» disse ai due, mettendosi davanti a Terry. «Siamo venuti per il pugnale. Ce ne andremo solo quando l'avremo avuto,» urlò T'reb e, fintando con inattesa sveltezza, passò oltre F'nor, e strappò l'arma dalla mano di Terry, ferendogli il pollice nel sottrargliela. F'nor afferrò di nuovo la mano di T'reb e gliela torse costringendolo a lasciar cadere il pugnale. T'reb emise un gorgogliante grido di rabbia e, prima che F'nor potesse schivare o B'naj intervenire piantò furiosamente il suo coltello nella spalla del dragoniere di Benden, affondandolo fino a quando la punta urtò la scapola. F'nor arretrò barcollando, dilaniato da un dolore accecante, udì l'urlo di protesta di Canth, l'abbaiare frenetico del drago verde e il barrito del marrone. «Portalo fuori di qui,» intimò F'nor a B'naj, ansimando, mentre Terry si precipitava a sorreggerlo. «Andatevene!» ripeté il Fabbro in tono aspro. Rivolse un cenno concitato agli altri artigiani che avanzarono con aria decisa verso i dragonieri. Ma B'naj trascinò T'reb fuori dall'Opificio, rabbiosamente. F'nor si oppose quando Terry cercò di condurlo verso la panca più vicina. Era già gravissimo che un dragoniere ne assalisse un altro: ma F'nor era ancora più scandalizzato dal fatto che un cavaliere potesse trascurare il suo animale per un gingillo. Nell'ululato stridulo del drago verde, adesso, c'era un'autentica urgenza. F'nor si augurò che T'reb e B'naj salissero sulle loro bestie e se ne andassero. Un'ombra cadde attraverso l'ampio portale della Sede dei Fabbri. Era Canth, che si lagnava ansiosamente. La voce del drago verde tacque di
colpo. «Se ne sono andati?» chiese F'nor al suo drago. Buon viaggio, rispose Canth , tendendo il collo per vedere il suo cavaliere. Sei ferito. «Non è niente. Non è niente,» mentì F'nor, rilassandosi nella stretta premurosa di Terry. In preda ad uno stordimento che gli faceva vedere tutto nero, s'accorse che lo sollevavano, poi si sentì deporre sulla superficie dura di una panca. Il suo ultimo pensiero conscio fu che Manora si sarebbe irritata perché lui non aveva parlato prima con Fandarel. II Sera (tempo del Weyr di Fort): Riunione dei Comandanti al Weyr di Fort. Quando Mnementh eruppe da in mezzo sopra Fort, era a quota così alta, sulla montagna del Weyr, che questa appariva come un punto nero appena distinguibile sulla terra sottostante ormai quasi buia. L'esclamazione sorpresa di F'lar fu troncata dall'aria fredda e rarefatta che gli bruciava i polmoni. Devi essere calmo e sereno, disse Mnementh, raddoppiando lo sbalordimento del suo cavaliere. Devi predominare tu, in questa riunione. E il drago bronzeo iniziò una lunga planata a spirale verso il Weyr. F'lar sapeva che nessuna ammonizione poteva far cambiare idea a Mnementh, quando usava quel tono fermo. Si stupì dell'iniziativa inaspettata del grande animale. Ma il drago bronzeo aveva tutte le ragioni. F'lar poteva ottenere ben poco se si fosse scagliato su T'ron e sugli altri Comandanti dei Weyr, per ottenere giustizia per il suo Vice ferito; o se si fosse mostrato irritato per l'insulto implicito nell'orario fissato per quella riunione. Nella sua qualità di Comandante del Weyr del cavaliere colpevole, T'ron aveva tardato a rispondere alla educata richiesta, avanzata da F'lar, di una riunione di tutti i Comandanti dei Weyr per discutere lo spiacevole incidente accaduto nella Sede del Maestro dell'Arte. Quando finalmente era giunta, la risposta di T'ron aveva fissato la riunione per il primo turno di guardia, tempo del Weyr di Fort: cioè a notte alta, per il Weyr di Benden, un'ora assurda per F'lar e certamente scomoda per gli altri Weyr orientali, Igen, Ista e persino Telgar. D'ram del Weyr di Ista e R'mart di Telgar, e probabilmente anche G'narish di Igen, avrebbero avuto di che
ridire per quella scelta, sebbene la differenza oraria non fosse sensibile per loro quanto per il Weyr di Benden. Quindi T'ron voleva che F'lar si presentasse alla riunione irritato e infastidito. Perciò, F'lar sarebbe stato tutto gentilezza e amabilità. Si sarebbe scusato con D'ram, R'mart e G'narish per il disturbo loro arrecato, assicurandosi nel contempo che fossero ben certi della responsabilità di T'ron. La questione principale, per la mente ormai calma di F'lar, non era l'aggressione a F'nor. Il vero problema era la violazione di due delle più importanti restrizioni dei Weyr, restrizioni che avrebbero dovuto essere profondamente radicate in ogni cavaliere, e praticamente inviolabili. Era norma assoluta che un cavaliere non conducesse un drago verde o una regina fuori dal suo Weyr quando stava per levarsi nel volo nuziale. Non faceva alcuna differenza che un drago verde fosse sterile perché masticava pietre focaie. La sua libido poteva ispirare appetiti sessuali anche agli individui più insensibili. Un drago femmina che si accoppiava trasmetteva le sue emozioni su di una banda amplissima. Certi accoppiamenti tra i verdi e i marroni erano chiassosi come quelli tra i bronzei e le auree regine. Il bestiame dei dintorni impazziva, i volatili, i wherry e i wher si abbandonavano ad isterismi insensati. Anche gli umani erano suscettibili, e spesso i giovanetti ignari delle Fortezze reagivano con conseguenze imbarazzanti. Quel particolare aspetto degli accoppiamenti dei draghi non preoccupava la gente dei Weyr, che da molto tempo aveva dimenticato le inibizioni sessuali. Però, non si poteva condurre un drago femmina fuori dal suo Weyr, in quello stato. Per F'lar, poco contava che la seconda violazione fosse una conseguenza della prima. Dal momento in cui i cavalieri potevano portare i loro draghi in mezzo, dovevano impegnarsi ad evitare le situazioni che rischiassero di portare ad un duello, soprattutto perché il duello era un'istituzione accettata nelle Arti e nelle Fortezze. I dissidi tra i cavalieri venivano regolati con scontri disarmati, sottoposti ad un rigoroso arbitraggio all'interno del Weyr. I draghi si suicidavano, quando i loro cavalieri morivano. E qualche volta, uno di essi poteva impazzire per il panico, se il suo cavaliere veniva gravemente ferito o restava a lungo privo di sensi. Un drago imbizzarrito era in pratica impossibile da tenere a bada, e la morte di uno dei quei grandi animali sconvolgeva tutto il suo Weyr. Perciò i duelli armati, che potevano portare al ferimento o alla morte di un dragoniere, erano assolutamente proscritti. Quel giorno, un cavaliere del Weyr di Fort aveva volutamente (a giudi-
care dalle testimonianze che F'lar aveva ricevuto da Terry e dagli altri fabbri presenti) violato quelle due restrizioni fondamentali. F'lar non si sentiva tranquillizzato dal fatto che il cavaliere colpevole fosse del Weyr di Fort, anche se T'ron, il critico più accanito della posizione lassista del Weyr di Benden verso certe tradizioni, veniva a trovarsi in una situazione imbarazzante. F'lar poteva sostenere che le sue innovazioni non infrangevano nessuno dei precetti fondamentali dei Weyr, ma i cinque Weyr Antichi ignoravano categoricamente tutte le proposte che provenivano da Benden. E T'ron strillava più di tutti gli altri contro le maniere deplorevoli della gente delle Fortezze e delle Arti, così diversa (così meno servile, pensava F'lar) da quella del loro lontano passato. Sarebbe stato interessante, pensò F'lar, vedere in che modo il tradizionalista T'ron avrebbe giustificato le azioni dei suoi cavalieri, resisi colpevoli di offese ben più gravi contro le tradizioni dei Weyr che non tutte le proposte di Benden. Era stato il buon senso ad ispirare a F'lar la decisione, otto Giri prima, di far partecipare alla Schiusa anche i ragazzi più adatti provenienti dalle Fortezze e dalle Arti: nel Weyr di Benden non c'era abbastanza ragazzi dell'età giusta per pareggiare il numero delle uova di drago. Se gli Antichi avessero ammesso ai voli nuziali delle loro regine secondarie anche i draghi bronzei degli altri Weyr, presto avrebbero avuto covate numerose come quelle di Benden, e probabilmente avrebbero avuto anche uova di regina. Tuttavia, F'lar poteva capirli. I draghi bronzei di Benden e del Weyr Meridionale erano più grossi della maggioranza dei bronzei degli Antichi. Di conseguenza, sarebbero stati loro ad accoppiarsi con le regine. Ma, per il Guscio, F'lar non aveva proposto che fossero accessibili tutti i voli delle regine principali. Non aveva nessuna intenzione di sfidare i Comandanti dei Weyr Antichi con i bronzei moderni: pensava semplicemente che un'immissione di sangue nuovo tra quegli animali sarebbe tornato loro utile. Il miglioramento della razza dei draghi non tornava forse a beneficio di tutti i Weyr? E poi, era questione di diplomazia pratica invitare i notabili delle Fortezze e delle Arti alla Cerimonia della Schiusa. A Pern non c'era un solo uomo che non avesse nutrito segretamente la convinzione di essere in grado di imprimere lo Schema d'Apprendimento a un drago, di potersi legare per la vita all'affetto ed alla gratificante ammirazione di quelle grandi, miti bestie, di poter attraversare Pern in un batter d'occhio, a cavalcioni di un drago, di non dover mai soffrire la solitudine che era sorte comune della
maggioranza degli uomini... poiché un dragoniere aveva sempre il suo drago. Perciò, avessero o meno sul Terreno della Schiusa un parente speranzoso di legarsi a un drago neonato, gli spettatori amavano l'emozione vicaria della partecipazione, ci tenevano ad assistere a quel «rito misterioso». F'lar aveva notato che li rassicurava constatare che tanta fortuna poteva toccare anche a fortunati nati e cresciuti al di fuori dei Weyr. E coloro che erano vincolati ad un Weyr, pensava, dovevano imparare a conoscere i cavalieri, poiché costoro erano responsabili delle loro vite e dei loro beni. Anche l'assegnazione di draghi messaggeri a tutte le Fortezze e le Arti principali era stata una misura pratica, quando Benden era l'unico Weyr di Pern. Il continente settentrionale era vastissimo. Occorrevano giorni per portare un messaggio da costa a costa. Il sistema dei tamburi, ideato dall'Arte degli Arpisti, era ben poca cosa, quando un drago poteva trasportare istantaneamente se stesso, il suo cavaliere ed un messaggio esplicito in qualunque località del pianeta. Inoltre, F'lar si rendeva perfettamente conto dei pericoli dell'isolamento. Nei tempi anteriori al giorno in cui i primi Fili avevano ripreso a cadere su Pern - possibile che fossero trascorsi solo sette Giri? - il Weyr di Benden era quasi rovinato dall'isolamento, e l'intero pianeta era stato sul punto di essere perduto. Mentre F'lar pensava sinceramente che i dragonieri dovessero mostrarsi accessibili e amichevoli, gli Antichi erano ossessionati dall'esigenza di mantenersi nel loro isolamento. E tutto ciò preparava il terreno agli incidenti come quello che si era appena verificato. T'reb, sul dorso di un drago verde in condizioni anomale, era piombato sulla Sede del Maestro dei Fabbri e aveva preteso - non chiesto - che un artigiano gli cedesse un manufatto, preparato su commissione per uno dei potenti Signori delle Fortezze. In uno stato d'animo fatto più di disillusione che di aspirazioni alla vendetta, F'lar si accorse che Mnementh planava rapido verso l'orlo irregolare del Weyr di Fort. La Pietra della Stella e il dragoniere di guardia spiccavano contro il tramonto. Più indietro c'erano le sagome di altri tre bronzei, uno dei quali era di mezza coda più grande degli altri. Doveva essere Orth, e quindi T'bor era già arrivato dal Weyr Meridionale. Ma perché c'erano tre soli draghi bronzei? Chi doveva ancora arrivare alla riunione? Sono assenti Salth delle Terre Alte e Branth con R'mart del Weyr di Telgar, l'informò Mnementh. I Weyr delle Terre Alte e di Telgar erano assenti? Beh, probabilmente T'kul delle Terre Alte era in ritardo di proposito. Ma era strano; quell'Anti-
co così caustico avrebbe avuto di che divertirsi, quella notte. Avrebbe avuto l'occasione di punzecchiare tanto F'lar quando T'bor, e si sarebbe goduto la sconfitta di T'ron. F'lar non aveva mai provato sentimenti di amicizia per l'acido Comandante del Weyr delle Terre Alte, ed era sempre stato ricambiato di egual moneta. Si chiese se era per quello che Mnementh non usava mai il nome di T'kul. I draghi ignoravano i nomi degli umani, quando non li avevano in simpatia. Ma era eccezionale che un drago non nominasse un Comandante di Weyr. F'lar si augurò che arrivasse R'mart di Telgar. Tra gli Antichi, R'mart e G'narish di Igeo erano i più giovani ed i meno fossilizzati. Benché tendessero a schierarsi con i loro contemporanei contro i due Comandanti moderni, F'lar e T'bor, F'lar aveva notato da qualche tempo che i due mostravano una certa comprensione per alcune sue proposte. Poteva approfittarne, quel giorno... quella notte? Gli spiacque che Lessa non avesse potuto venire con lui, perché era abilissima nell'usare sottili pressioni mentali nei riguardi dei dissenzienti, e spesso riusciva a farsi rispondere dagli altri draghi. Certo, doveva farlo con prudenza, perché i dragonieri avrebbero potuto sospettare di venire manovrati. Mnementh era ormai entro la Conca del Weyr di Fort, e stava virando verso il cornicione del weyr della regina principale. Fidranth, il bronzeo di T'ron, non era lì a vegliare la regina sua compagna, come avrebbe fatto Mnementh. O forse Mardra, la prima Dama dei Weyr, era assente. Era pronta a prendersela non meno di T'ron, sebbene un tempo non fosse tanto suscettibile. Nei primi tempi, dopo l'arrivo dei Weyr Antichi, Mardra e Lessa erano state molto vicine. Ma l'amicizia di Mardra s'era trasformata gradualmente in odio. Mardra era una donna molto bella, dalla figura piena e forte, e sebbene non fosse di costumi liberi come Kylara del Weyr Meridionale, era corteggiatissima dai cavalieri bronzei. Era intensamente possessiva e, pensava F'lar, non era troppo intelligente. Lessa, elegante, stranamente bella, già divenuta leggendaria per il suo volo spettacolare in mezzo al tempo, aveva inconsapevolmente distolto l'attenzione da Mardra. Quest'ultima era chiaro, non stava a pensare che Lessa non cercava affatto di sottrarle i favoriti; anzi, non civettava con nessuno... un particolare che faceva un gran piacere a F'lar. A questo si era aggiunta la ridicola questione della loro comune origine ruathana... e Mardra aveva preso a odiare Lessa. Sembrava convinta che Lessa, unica superstite di quel Sangue, non aveva avuto il diritto di rinunciare alle sue pretese sulla Fortezza di Ruatha in favore del piccolo Nobile Jaxom, anche se una Dama del Weyr non po-
teva governare su una Fortezza né teneva a farlo. Ma le basi dell'odio di Mardra per Lessa erano pretestuose. Lessa non poteva fare a meno di essere bella, e non aveva avuto una vera possibilità di scelta, quando aveva rinunciato a Ruatha. Quindi era un bene che le Dame del Weyr non fossero state invitate a quella riunione. Bastava mettere insieme Mardra e Lessa per causare qualche problema. Se poi si aggiungeva Kylara del Weyr Meridionale, capace di combinare guai per la soddisfazione di attirare l'attenzione su di sé, non si sarebbe concluso nulla. Nadira del Weyr di Igen era affezionata a Lessa, ma passivamente. Bedella del Weyr di Tedgar era stupida, e Fanna di Ista era taciturna; Merika delle Terre Alte era un tipo non meno acido del suo Comandante del Weyr, T'kul. E quella era una faccenda che dovevano risolvere gli uomini. F'lar ringraziò Mnementh, mentre si calava sul cornicione, incespicando con i tacchi degli stivali nelle scanalature lasciate sull'orlo dagli artigli dei draghi. T'ron avrebbe potuto appendere fuori un lume, pensò irritato: poi si calmò. Quello era un altro trucco per esasperare il più possibile gli animi di tutti. Loranth, la regina principale del Weyr di Fort, guardò solamente F'lar quando questi entrò nella grande sala del Weyr. Egli la salutò con cordialità, nascondendo il sollievo che provava nel vedere che di Mardra non c'era neppure l'ombra. Se Loranth era solenne, Mardra sarebbe stata decisamente sgradevole. Senza dubbio la Dama di Fort se ne stava nascosta dietro la cortina che divideva il Weyr dalla stanza da letto. Forse quell'orario impossibile era stato un'idea sua. Era passata l'ora di pranzo, a Occidente, ed era troppo tardi per offrire qualcosa di più del vino per i visitatori provenienti da altre zone orarie. In quel modo, Mardra si risparmiava la necessità di fungere da padrona di casa. Lessa non sarebbe mai ricorsa a strategie così meschine. F'lar sapeva che molto di frequente l'impulsiva Lessa aveva trattenuto risposte mordenti, quando Mardra aveva assunto verso di lei atteggiamenti condiscendenti. Anzi, la sopportazione che mostrava nei confronti dell'altezzosa Dama del Weyr di Fort era miracolosa, se si teneva conto del suo caratterino. F'lar riteneva che la sua compagna si sentisse un po' responsabile perché era stata lei a sradicare gli Antichi dal loro tempo. Ma erano stati loro a decidere di trasferirsi nel futuro. Bene, se Lessa riusciva a sopportare per gratitudine la condiscendenza di Mardra, F'lar poteva tentare di sopportare T'ron. Quell'uomo sapeva lottare
contro i Fili in modo efficiente e all'inizio F'lar aveva imparato molte cose da lui. Perciò, in uno stato d'animo volutamente gioviale, F'lar si avviò per il breve passaggio che portava alla Sala del Consiglio del Weyr di Fort. T'ron, seduto sul grande seggio di pietra a capotavola, l'accolse con un rigido cenno del capo. La luce irradiata dai lumi appesi alle pareti gettava ombre poco lusinghiere sulla faccia pesante e segnata dell'Antico. F'lar ebbe la netta sensazione che quell'uomo non avesse mai conosciuto altro che la lotta contro i Fili. Doveva essere nato quando la Stella Rossa aveva incominciato quell'ultimo Passaggio di cinquanta Giri intorno a Pern, ed aveva combattuto i Fili sino a quando la Stella aveva compiuto il circuito. Poi aveva seguito Lessa nel futuro. Un uomo poteva stancarsi di combattere i Fili anche in sette brevi Giri... F'lar scacciò quel pensiero. Anche D'ram del Weyr di Ista e G'narish di Ista si limitarono a rapidi cenni del capo. T'bor, invece l'accolse cordialmente, con gli occhi scintillanti d'emozione. «Buonasera, signori,» disse F'lar a tutti. «Vi chiedo scusa per avervi strappati agli impegni o al riposo con la mia richiesta di una riunione d'emergenza di tutti i Comandanti dei Weyr, ma non potevo attendere fino al regolare Raduno del Solstizio.» «Al Weyr di Fort sono io che presiedo le riunioni, Benden,» disse T'ron, con voce fredda e aspra. «Attenderò T'kul e R'mart prima di ammettere una discussione della tua... della tua lagnanza.» «D'accordo.» T'ron fissò F'lar come se quella non fosse la risposta che si aspettava e come se si fosse preparato ad una disputa che non era venuta. F'lar rivolse un cenno del capo a T'bor, mentre gli sedeva accanto. «Per il momento dirò solo questo, Benden,» continuò T'ron. «La prossima volta che deciderai di trascinarci tutti fuori dai Weyr all'improvviso, prima rivolgiti a me. Fort è il più antico dei Weyr di Pern. Non mandare così irresponsabilmente dei messaggeri a tutti.» «Non mi sembra che F'lar si sia comportato da irresponsabile,» disse G'narish, evidentemente sorpreso dall'atteggiamento di T'ron. Era un giovane robusto, più giovane di F'lar di qualche Giro, ed il più giovane di tutti i Comandanti dei Weyr che si erano trasferiti nel tempo. «Ogni Comandante può indire una riunione congiunta se le circostanze lo richiedono. Ed è appunto il caso!» G'narish sottolineò queste parole con un brusco cenno del capo,e quando vide che il Comandante di Fort gli rivolgeva una smorfia, aggiunse: «Sì, è così.»
«Il tuo cavaliere è stato l'aggressore, T'ron,» disse D'ram con voce severa. Era un uomo alto, reso scarno dall'età; ma i suoi capelli rossi erano appena brizzolati alle tempie. «F'lar era nel suo pieno diritto.» «Tu hai potuto scegliere il tempo e la località, T'ron,» osservò F'lar, tutto deferenza. La smorfia di T'ron si accentuò. «Vorrei che arrivasse Telgar,» disse a voce bassa e irritata. «Bevi un po' di vino, F'lar?» propose T'bor, con un sorriso quasi malizioso, perché sarebbe toccato a T'ron offrirlo immediatamente. «Certo, non è vino della Fortezza di Benden, ma non è male. Non è male.» F'lar lanciò a T'bor un'occhiata d'avvertimento, mentre accettava la coppa offertagli. Ma il Comandante del Weyr Meridionale era intento a scrutare come reagiva T'ron. La Fortezza di Benden non inviava i suoi vini famosi agli altri Weyr con la stessa generosità con cui li dispensava a quello che proteggeva le sue terre. «Quando potremo assaggiare qualcuno dei vini del Weyr Meridionale che tu vanti tanto, T'bor?» chiese G'narish, cercando istintivamente di allentare la crescente tensione. «Certo, adesso da noi incomincia l'autunno,» disse T'bor, in un tono che sembrava dare a Fort la colpa del freddo all'esterno - e all'interno - del Weyr. «Comunque, tra poco comincerà la pigiatura. Distribuiremo a voi settentrionali tutto il vino di cui potremo privarci.» «Come sarebbe a dire? Di cosa potete privarvi?» chiese T'ron, fissando duramente T'bor. «Ecco, il Weyr Meridionale provvede a curare tutti i dragonieri feriti. Abbiamo bisogno di una quantità di vino sufficiente per annegare adeguatamente le loro sofferenze. Il Weyr Meridionale si mantiene da solo, devi ricordarlo.» F'lar pestò il piede a T'bor, mentre si volgeva verso D'ram e chiedeva al Comandante di Ista com'era andata l'ultima Deposizione delle Uova. «Molto bene, grazie,» rispose gentilmente D'ram, ma F'lar sapeva che l'uomo non era entusiasta dell'atmosfera che si andava creando. «Mirath di Fatma ne ha deposte venticinque, e sono sicuro che avremo almeno mezza dozzina di bronzei nella covata.» «I bronzei di Ista sono i più veloci di Pern,» disse in tono solenne F'lar. Quando sentì che T'bor si agitava inquieto, si mise rapidamente in contatto mentale con Mnementh. Chiedi a Orth che avverta T'bor di tenere presenti le possibili conseguenze, quando parla. Non bisogna irritare D'rab e
G'narish. A voce alta, disse: «In un Weyr, i buoni bronzei non sono mai troppi: se non altro, per rendere felici le regine.» Si appoggiò alla spalliera del saggio, sorvegliando T'bor con la coda dell'occhio per cogliere la sua reazione quando i draghi avessero finito di comunicargli il messaggio. All'improvviso, T'bor sussultò leggermente, poi scrollò le spalle, deviando lo sguardo da D'ram a T'ron e poi di nuovo a F'lar. Sembrava più ribelle che pronto a collaborare. F'lar si rivolse di nuovo a D'ram. «Se hai bisogno di qualche candidato adatto ai draghi verdi, c'è un ragazzo...» «D'ram segue la tradizione, Benden,» l'interruppe T'ron. «Per i draghi vanno meglio i candidati nati e cresciuti nel Weyr. Soprattutto per i verdi.» «Oh?» T'bor fissò T'ron con aria maliziosa. D'ran si schiarì in fretta la gola e disse, a voce troppo alta: «Si dà il caso che abbiamo un ottimo gruppo di candidati, nelle nostre Caverne Inferiori. L'ultima Schiusa nel Weyr di G'narish gliene ha lasciati alcuni che si è offerto di cedere al Weyr di Ista. Quindi ti ringrazio moltissimo, F'lar. È un gesto molto generoso da parte tua, dato che anche a Benden vi sono uova che stanno per schiudersi. C'è anche una regina, ho sentito dire.» D'ram non si mostrava invidioso del fatto che al Weyr di Benden vi fosse un altro uovo di regina. E Mirath la regina di Fanna, non aveva deposto un solo uovo dorato da quando era giunta attraverso il tempo. «Conosciamo tutti la generosità di Benden,» disse T'ron in tono sarcastico, mentre il suo sguardo si aggirava fulmineo per la sala, evitando il solo F'lar. «Offre aiuto dovunque. E s'intromette quando non è necessario.» «Non direi che quanto è accaduto nella Sede dei Fabbri sia stata un'intromissione,» obiettò D'ram, assumendo un'espressione grave. «Mi pareva che dovessimo attendere l'arrivo di T'kul e di R'mart,» disse G'narish, lanciando occhiate ansiose verso il corridoio. Dunque, pensò F'lar, D'ram e G'narish sono sconvolti per quanto è accaduto oggi. «Tutti sanno che sono più le riunioni cui T'kul manca che quelle cui presenzia,» osservò T'bor. «R'mart viene sempre,» disse G'narish. «Bene, però non ci sono. E non ho intenzione di aspettare ancora i loro comodi,» annunciò T'ron, alzandosi. «Allora farai bene a chiamare B'naj e T'reb,» suggerì D'ram, con un profondo sospiro. «Non sono in condizione di partecipare ad una riunione.» T'ron sembrava sorpreso della richiesta di D'ram. «I loro draghi sono tornati in volo solo
al tramonto.» D'ram lo fissò. «E allora perché hai indetto la riunione per questa sera?» «Perché F'lar ha insistito.» T'bor si alzò per protestare prima che F'lar riuscisse a trattenerlo, ma D'aratri gli accennò di sedersi e rammentò severamente a T'ron che era stato lui a fissare quell'orario, non F'lar di Benden. «Sentite, ormai siamo qui,» disse T'bor, battendo il pugno sul tavolo con fare irritato. «Andiamo avanti. Nel Weyr Meridionale è notte fonda. Vorrei...» «Sono io che presiedo le riunioni al Weyr di Fort,» disse T'ron con voce alta e ferma, sebbene lo sforzo di controllarsi apparisse evidente dal rossore del suo volto e dal lampeggiare degli occhi. «E allora presiedila,» ribatté T'bor. «Spiegaci perché un cavaliere verde ha condotto il suo drago femmina fuori dal tuo Weyr quando stava per andare in calore.» «T'reb non si era accorto che mancasse così poco...» «Assurdo,» l'interruppe T'bor, con un'occhiataccia a T'ron. «Non fai altro che vantarti di essere tradizionalista, e del perfetto addestramento dei tuoi uomini. E allora non venirmi a raccontare che un cavaliere vecchio ed esperto come T'reb non è in grado di valutare le condizioni del suo drago.» F'lar cominciò a pensare che un alleato come T'bor poteva essere più dannoso che utile. «Un verde cambia colore piuttosto vistosamente,» disse G'narish; con una certa riluttanza, notò F'lar. «Di solito un giorno intero prima del volo nuziale.» «Ma non in primavera,» osservò pronto T'ron. «E non quando cambia alimentazione a causa dei Fili. Allora può accadere molto rapidamente. Come in questo caso.» T'ron parlava a voce altissima, come se il volume della spiegazione potesse avere più peso della sua logica. «È possibile,» ammise lentamente D'ram, chinando più volte il capo prima di voltarsi a vedere che ne pensava F'lar. «Ammetto questa possibilità,» rispose F'lar, in tono calmo. Vide che T'bor aveva spalancato la bocca per protestare, e gli sferrò un calcio sotto il tavolo. «Tuttavia, secondo la testimonianza del Maestro Artigiano Terry, il mio cavaliere ha esortato più volte T'reb a portar via il suo drago. E T'reb ha insistito nel suo tentativo di... di procurarsi il pugnale.» «E tu credi alla parola di un artigiano contro quella di un dragoniere?» T'ron si buttò sull'affermazione di F'lar con un grande sfoggio d'indigna-
zione stupita e d'incredulità. «E che ci guadagnerebbe un Maestro Artigiano,» ribatté F'lar, sottolineando il titolo, «a rendere un falsa testimonianza?» «I fabbri sono gli avari più famigerati di Pern,» rispose T'ron, come se fosse stato insultato personalmente. «I peggiori di tutte le Arti, quando si tratta di cedere un'onesta decima.» «Un pugnale ingemmato non può venire incluso nelle decime.» «E che differenza fa, Benden?» chiese T'ron. F'lar sostenne lo sguardo del Comandante di Fort. Dunque T'ron cercava di far ricadere la colpa su Terry! Quindi sapeva benissimo che il suo dragoniere aveva torto. Perché non poteva ammetterlo e prendersela con il cavaliere? F'lar voleva solo assicurarsi che non si ripetessero più incidenti del genere. «La differenza sta nel fatto che quel pugnale era stato fabbricato per conto del Nobile Larad di Telgar, come dono di nozze al Nobile Asgenar della Fortezza Lemos, che si sposa tra sei giri. Terry non aveva diritto di dare né di tenere quell'arma. Apparteneva già al Signore di una Fortezza. Perciò il cavaliere era...» «È naturale che tu prenda le parti del tuo dragoniere, Benden,» interruppe T'ron con un lieve sorriso sgradevole. «Ma che un cavaliere, Comandante di un Weyr, prenda le parti di un Nobile contro un dragoniere...» E si volse a D'ram e a G'narish con una scrollata di spalle. «Se R'mart fosse qui...» cominciò T'bor. D'ram gli accennò di tacere. «Non stiamo discutendo diritti di proprietà, bensì quella che sembra essere una grave infrazione alla disciplina dei Weyr,» disse, in un tono che stroncò le proteste di T'bor. «Comunque, F'lar, tu ammetti che un drago verde, privato dell'alimentazione abituale a causa dei Fili, possa andare in calore senza preavviso?» F'lar intuiva che T'bor ci teneva a sentirlo negare quella possibilità. Si rendeva conto di aver commesso un errore facendo osservare che il coltello era stato commissionato per il Signore di una Fortezza, e prendendo le parti di un Nobile non vincolato al Weyr di Benden. Se almeno R'mart fosse stato lì a parlare in favore del Nobile Larad! Così come stavano le cose, aveva rovinato tutto. L'incidente aveva tanto turbato D'ram che questi chiudeva deliberatamente gli occhi alla verità e cercava tutte le possibili circostanze attenuanti. Se F'lar l'avesse costretto ad inquadrare con chiarezza quell'evento, cosa avrebbe potuto provare ad un uomo riluttante a credere che i dragonieri potessero commettere errori? Avrebbe mai indotto
D'ram ad ammettere che anche le Arti e le Fortezze avevano dei privilegi? Trasse un respiro lento e profondo per dominare la collera e la frustrazione. «Devo ammettere la possibilità che un drago verde vada in calore senza preavviso, in simili circostanze.» Al suo fianco, T'bor imprecò sottovoce. «Ma proprio per questa ragione, T'reb avrebbe dovuto avere il buon senso di tenere il suo verde nel Weyr.» «Ma T'reb è un cavaliere del Weyr di Fort,» cominciò T'bor, accalorandosi e balzando in piedi. «E mi sono sentito ripetere fino alla nausea che...» «Non hai la parola, Meridionale,» disse T'rom a voce altissima, lanciando un'occhiataccia a F'dar, non a T'bor. «E tu non sei capace di tenere a freno i tuoi dragonieri, F'lar?» «Adesso basta, T'ron,» gridò D'ram, balzando in piedi. Mentre i due Antichi si fissavano, F'lar mormorò segretamente a T'bor: «Non ti accorgi che sta cercando di farci infuriare? Non perdere la calma!» «Siamo qui per cercare di comporre l'incidente, T'ron,» continuò energicamente D'ram. «Non complicarlo con questioni personali che non c'entrano affatto. Poiché sei interessato direttamente al caso, forse sarà meglio che la riunione la presieda io. Con il tuo permesso, naturalmente, Fort.» Secondo F'lar, quella era una tacita ammissione che, per quanto cercasse di sfuggire alla realtà, D'ram si rendeva conto della gravità dell'incidente. Il Comandante del Weyr di Ista si rivolse a F'lar, fissandolo con gli occhi bruni incupiti dalla preoccupazione. F'lar aveva una mezza speranza che D'ram si fosse reso conto dell'ostruzionismo di T'ron, ma le parole dell'Antico lo disillusero subito. «Non sono d'accordo con te, F'lar, nel ritenere che l'Artigiano fosse dalla parte della ragione. Lasciami finire. Noi siamo venuti ad aiutarvi nel momento del pericolo, aspettandoci di venire mantenuti e ricompensati in modo adeguato, ma la qualità e la quantità delle decime pagate ai Weyr dalle Fortezze e dalle Arti hanno lasciato molto a desiderare. Penti produce molto di più che quattrocento Giri fa, ma questa ricchezza non si rispecchia nelle decime. C'è una popolazione quadrupla rispetto a quella del nostro tempo, e molta, molta più terra coltivata. Una pesante responsabilità per i Weyr. E...» S'interruppe con una risata malinconica. «Anch'io sto divagando. Basti dire questo: è evidente che, non appena un cavaliere aveva trovato di suo gradimento il pugnale, Terry aveva il dovere di donarglielo. Come facevano un tempo gli artigiani, senza discussioni né esitazioni. «Allora.» e il volto di D'ram s'illuminò lievemente, «T'reb e B'naj a-
vrebbero potuto andarsene prima che il drago verde andasse nel pieno del calore, e il tuo F'nor non sarebbe stato coinvolto in una disonorevole rissa pubblica. Sì, è tutto fin troppo chiaro.» E D'ram raddrizzò le spalle, come se si scrollasse di dosso il peso della decisione. «Il primo errore di giudizio è stato commesso dall'artigiano.» Guardò uno ad uno gli altri, come se nessuno di loro fosse in grado di controllare quello che poteva fare un artigiano. T'bor rifiutò di sostenere il suo sguardo e strusciò rumorosamente il tacco sul pavimento. D'ram trasse un altro profondo respiro. Forse faticava a trangugiare quel verdetto? si chiese amaramente F'lar. «Naturalmente, non possiamo permettere che si ripeta il caso di un verde in calore fuori dal suo Weyr. O di dragonieri impegnati in un duello armato...» «Non c'è stato nessun duello!» Quelle parale parvero esplodere dalle labbra di T'bor. «T'reb ha aggredito F'nor senza preavviso e l'ha ferito. F'nor non ha mai neppure sguainato il pugnale. Non è stato un duello. È stata un'aggressione ingiustificata...» «Un uomo il cui drago verde è in calore non è responsabile delle proprie azioni,» disse T'ron, abbastanza forte da sommergere la voce di T'bor. «Un drago verde che non avrebbe dovuto lasciare il suo Weyr, tanto per cominciare, qualunque cosa tu dica, T'ron,» insorse T'bor, reso furioso dalla frustrazione. «Il primo errore di giudizio è stato commesso da T'reb. Non da Terry.» «Silenzio!» l'urlo di D'ram l'ammutolì, e Loranth rispose, irritata, dal suo Weyr. «Questo chiude la faccenda,» esclamò T'ron, alzandosi. «Non posso permettere che la mia regina principale venga sconvolta. Hai avuto la riunione che volevi, Benden e la tua... la tua lagnanza è stata esposta. La seduta è aggiornata.» «Aggiornata?» gli fece eco G'narish, sorpreso. «Ma... ma non si è deciso niente.» Il Comandante di Igen guardò prima D'ram poi T'ron, perplesso e preoccupato. «E il cavaliere di F'lar è stato ferito. Se l'aggressione...» «È ferito gravemente, il tuo uomo?» chiese D'ram, volgendosi in fretta a F'lar. «E lo chiedi adesso!» gridò T'bor. «Per fortuna,» fece F'lar, lanciando a T'bor una severa occhiata d'avvertimento, prima di girarsi a rispondere a D'ram, «la ferita non è grave. Non perderà l'uso del braccio.»
G'narish aspirò, sibilando. «Pensavo che si trattasse solo di un graffio. Credo che noi...» «Quando un drago è in calore...» cominciò D'ram, ma s'interruppe quando lesse il furore negli occhi di T'bor, l'espressione decisa di F'lar. «Un cavaliere non deve mai dimenticare la sua missione, la sua responsabilità verso il suo drago o il suo Weyr. Questo non si deve più ripetere. Tu parlerai a T'reb, naturalmente, T'ron?» T'ron socchiuse leggermente gli occhi, alla domanda di D'ram. «Se gli parlerò? Puoi star certo che mi sentirà. E anche B'naj.» «Bene,» fece D'ram con l'aria di chi ha risolto con equità un problema difficile. Rivolse agli altri un cenno del capo. «Sarebbe opportuno che noi Comandanti ammonissimo i nostri cavalieri, perché la cosa non si ripeta. Dobbiamo metterci in guardia. D'accordo?» Poi continuò, annuendo, come per risparmiare agli altri quello sforzo: «È già abbastanza difficile lavorare con quei prepotenti delle Fortezze e delle Arti senza dar loro l'occasione di procurarci fastidi.» D'ram sospirò profondamente e si grattò la testa. «Non ho mai capito come la gente comune possa dimenticare tutto ciò che deve ai dragonieri!» «In quattrocento Giri, un uomo può imparare molte cose nuove,» rispose F'lar. «Vieni con me, T'bor?» Il suo tono era quasi un ordine. «I miei omaggi alle vostre Dame dei Weyr, cavalieri. Buonanotte.» «Uscì a grandi passi dalla Sala del Consiglio, seguito da T'bor che continuò a imprecare rabbiosamente fino a quando arrivarono nel passaggio esterno che portava al cornicione. «Quel vecchio idiota aveva torto, F'lar, e tu lo sai benissimo!» «È evidente.» «E allora perché non...» «Perché non ho insistito?» terminò F'lar, soffermandosi e girandosi verso T'bor, nell'oscurità del corridoio. «I dragonieri non si azzuffano. In particolare i Comandanti dei Weyr.» T'bor si lasciò sfuggire una violenta esclamazione di disgusto. «Come hai potuto lasciarti sfuggire un'occasione simile? Quando penso a tutte le volte che ha criticato te... noi...» T'bor s'interruppe. «Non ho mai capito come la gente comune possa dimenticare tutto ciò che deve ai dragonieri!» E imitò l'intonazione pomposa di D'ram. «Se volessero sapere veramente...» F'lar gli strinse una spalla con la mano: capiva anche troppo bene i sentimenti di T'bor.
«Come puoi dire ad un uomo quello che lui non vuole sentire? Non riusciremo mai neppure a indurli ad ammettere che T'reb aveva torto. T'reb, e non Terry, non F'nor. Ma non credo che ci saranno altri incidenti come quello di oggi, ed era proprio di questo che mi preoccupavo.» «Cosa?» T'bor fissò F'lar, confuso e perplesso. «Il fatto che un simile incidente sia potuto accadere mi preoccupa molto di più che stabilire chi aveva torto e per quale ragione.» «Non riesco a seguire la tua logica più di quanto ci riuscissi con quella di T'ron.» «È semplice. I dragonieri non si azzuffano. I Comandanti dei Weyr non possono. T'ron sperava che io m'infuriassi al punto di perdere l'autocontrollo. Temo che si augurasse che io l'aggredissi.» «Non puoi dire sul serio!» T'bor era chiaramente molto scosso. «Ricordati: T'ron si considera il Comandante principale di Pern, e quindi infallibile.» T'bor sbuffò, sprezzante. F'lar, nonostante tutto, sogghignò. «È vero,» continuò. «Ma non ho mai avuto motivo di sfidarlo. E non dimenticare, gli Antichi ci hanno insegnato molte cose sulla lotta contro i Fili che prima non sapevamo.» «Ma i nostri draghi sono migliori di quelli degli Antichi.» «Questo non c'entra, T'bor. Tu ed io, i Weyr modem abbiamo vantaggi ovvii sugli Antichi... la grandezza dei draghi, il numero delle regine... e preferisco non parlarne perché servirebbe solo a suscitare rancori. Tuttavia, non possiamo combattere i Fili senza gli Antichi. Abbiamo bisogno di loro più di quanto loro abbiano bisogno di noi.» Rivolse a T'bor un sogghigno amaro, sarcastico. «D'ram aveva in parte ragione. Un cavaliere non può mai dimenticare la sua missione, la sua responsabilità. Sbaglia quando dice "verso il suo drago e il suo Weyr". La nostra responsabilità iniziale e suprema è nei confronti di Pern, della gente che dobbiamo proteggere.» Avevano raggiunto il cornicione: videro i loro draghi scendere dall'altro. Ormai sul Weyr di Fort era scesa l'oscurità completa, che sembrava fare eco all'immensa stanchezza di F'lar. «Se gli Antichi sono divenuti introversi, noi di Benden e del Weyr Meridionale non possiamo permettercelo. Noi comprendiamo il nostro tempo, la nostra gente. E in un modo o nell'altro dobbiamo far sì che anche gli Antichi li capiscano.» «È vero, ma T'ron aveva torto!» «E noi avremmo avuto più ragione, se l'avessimo costretto ad ammetter-
lo?» T'bor trattenne a stento una risposta indignata e F'lar si augurò che il suo slancio ribelle si stesse dissipando. Il Comandante del Weyr Meridionale aveva il cuore buono ed una notevole intelligenza. Era un eccellente dragoniere, un combattente superbo, e i suoi Squadroni lo seguivano senza esitate. Quando lasciava i cieli non era altrettanto forte, ma abilmente guidato aveva fatto del Weyr Meridionale un insediamento produttivo e autosufficiente. Istintivamente si rivolgeva a F'lar e al Weyr di Benden per cercare direttive e cameratismo. Un po', F'lar ne era sicuro, questo avveniva a causa del temperamento difficile e inquietante della Dama di Weyr Meridionale Kylara. Talvolta F'lar si rammaricava che T'bor fosse l'unico cavaliere di un drago bronzeo rivelatosi in grado di tener testa a quella donna. Si chiese quale legame profondo e sottile esistesse fra i due, perché Orth, il drago di T'bor, batteva agevolmente gli altri bronzei quando si trattava di accompagnare nel volo nuziale Prideth, la regina di Kylara, sebbene tutti sapessero che Kylara si portava in letto molti uomini. T'bor aveva un carattere impulsivo e non era molto diplomatico, ma era leale, e F'lar gliene era grado. Se avesse tenuto a freno il suo carattere, quella sera... «Bene, di solito tu sai quello che fai, F'lar,» ammise riluttante il Comandante del Weyr Meridionale. «Ma io non capisco gli Antichi, e da un po' di tempo non me ne importa neppure.» Mnementh si fermò accanto al ciglio del cornicione: stava librato in volo, con una zampa protesa. Dietro di lui, i due uomini udirono che Orth batteva le ali nell'aria notturna, per restare in posizione. «Di' a F'nor di prendersela con calma e di guarire. So che è in buone mani, nel Weyr Meridionale,» disse F'lar, arrampicandosi sulla spalla di Mnementh e avvertendolo di lasciare il posto a Orth. «Lo rimetteremo in sesto molto in fretta. Tu hai bisogno di lui,» rispose T'bor. Sì, pensò F'lar, mentre Mnementh s'involava dalla Conca del Weyr di Fort, ho bisogno di lui. Questa sera sarebbe stato utile, per me, averlo accanto. Avrei potuto servirmi dei suoi giudizi sui tentativi invidiosi con cui T'ron ha cercato d'intorbidare le acque. Bene, se si fosse trattato di un altro cavaliere, ferito nelle stesse circostanze, non avrebbe potuto condurre comunque F'nor con sé. E T'bor, con il suo carattere impulsivo, sarebbe stato egualmente presente, e avrebbe
fatto senza volerlo il gioco di T'ron. In tutta sincerità, non poteva biasimare T'bor. Lui stesso aveva provato il desiderio bruciante di costringere gli Antichi a vedere i fatti in una prospettiva realistica. Ma... non si può portare un drago in un luogo che non si è mai visto. E le esplosioni di T'bor non erano servite a nulla. Strano, T'bor non era stato tanto suscettibile, da cadetto, e neppure quando era Vicecomandante del Weyr di Benden. Essere il compagno di Kylara l'aveva cambiato, ma quella donna era davvero sconvolgente: abbastanza, comunque, per sconvolgere D'ram. F'lar raffigurò mentalmente l'immagine della bionda, sensuale Kylara che seduceva lo stolido Antico. Non che avesse mai degnato di uno sguardo il Comandante del Weyr di Ista. E certamente non sarebbe rimasta con lui. F'lar era lieto che fossero riusciti ad allontanarla dal Weyr di Benden. Non era stata trovata nella stessa Cerca in cui avevano scoperto Lessa? Da dove proveniva? Oh, sì, la Fortezza di Telgar. Anzi ripensandoci, era sorella dell'attuale Signore. Era un bene che Kylara fosse passata ai Weyr. Con le tendenze che aveva, in una Fortezza o in una Sede dell'Arte, avrebbe fatto già da un pezzo una brutta fine. Mnementh si trasferì in mezzo, ed il freddo di quel nulla spaventoso fece dolere le ossa di F'lar. Poi emersero al di sopra della Pietra della Stella del Weyr di Benden e risposero alla parola d'ordine della sentinella. A Lessa non sarebbe piaciuto ciò che aveva da raccontarle sull'andamento della riunione, pensò F'lar. Se almeno D'ram, che di solito era un ragionatore onesto, avesse saputo vedere oltre l'ovvio. Aveva l'impressione che forse G'narish ci fosse riuscito. Sì, G'narish era rimasto turbato. Forse la prossima volta che i Comandanti dei Weyr si fossero riuniti, G'narish si sarebbe schierato con i cavalieri moderni. Comunque, F'lar si augurava che non si trattasse di un'altra occasione come quella. III Mattino sopra la Fortezza di Lemos. Ramoth, l'aurea regina di Benden, era nel terreno della Schiusa quando ricevette le frenetiche chiamate del drago verde, dalla Fortezza di Lemos. Fili a Lemos. I Fili cadono a Lemos! annunciò Ramoth a tutti i draghi e a tutti i cavalieri, mentre il suo grido bronzeo, a piena gola, riverberava per
l'intera Conca. Gli uomini balzarono freneticamente dai letti e dalle vasche da bagno, rovesciarono i tavoli e lasciarono cadere gli attrezzi prima ancora che la prima eco si fosse dispersa. F'lar, che osservava pigramente le esercitazioni dei cadetti, era vestito per il combattimento perché il Weyr doveva recarsi alla Fortezza di Lemos quello stesso giorno, sul tardi. Mnementh, il suo magnifico bronzeo, che stava prendendo il sole su un cornicione, si lanciò in picchiata con tanta precipitazione da scavare uno stretto solco nella sabbia del fondo con la punta dell'ala sinistra. F'lar gli balzò sul collo, e i due stavano già sorvolando in cerchio la Roccia dell'Occhio prima ancora che Ramoth avesse avuto il tempo di precipitarsi fuori dalla Grotta della Schiusa. Fili a Lemos da Nord-Est, riferì Mnementh, raccogliendo le informazioni della sua compagna Ramoth, mentre questa si proiettava verso il cornicione del suo Weyr per prelevare Lessa. I draghi stavano ormai uscendo a torrenti da tutte le aperture, mentre i cavalieri indossavano gli abiti da combattimento o prendevano i gonfi sacchi di pietre incendiarie. F'lar non perse tempo a chiedersi perché i Fili stessero cadendo con ore d'anticipo sul previsto ed a Nord-Est anziché a Sud-Ovest. Si trattenne per vedere se c'era un numero sufficiente di cavalieri in volo per formare una squadriglia completa a bassa quota. Esitò il tempo necessario per far ordinare da Mnementh a tutti i cadetti di dirigersi immediatamente a Lemos per aiutare a trasportare i gruppi di terra sull'area attaccata, e poi disse al drago di portare lo squadrone in mezzo. I Fili stavano cadendo davvero, una grandinata fitta che piombava sulle nuove delicate piante di durallegno che costituivano il primo progetto di rimboschimento del Nobile Asgenar. Urlando e fiammeggiando, i draghi irruppero, sorvolarono la foresta primaverile per orientarsi prima di risalire a fronteggiare l'attacco. Incredibilmente, F'lar pensò che erano davvero riusciti ad arrivare alla foresta prima dei Fili. Il cavaliere di quel drago verde avrebbe potuto chiedere tutto ciò che F'lar era in grado di dargli. Il pensiero dei Fili su quei filari di durallegni agghiacciava il Comandante del Weyr più della possibilità di trascorrere un'ora in mezzo. Un drago urlò, direttamente al di sopra di F'lar. Mentre egli alzava lo sguardo per identificare l'animale ferito, drago e cavaliere passarono in mezzo, dove il tremendo freddo avrebbe spezzato il groviglio dei Fili prima che avessero il tempo di scavare membrane e carni.
Già una perdita dopo pochi minuti dall'attacco? E fosse pure un attacco imprevedibilmente in anticipo? F'lar rabbrividì. Virianth, il marrone di R'nor, l'informò Mnementh, salendo alla ricerca di un bersaglio. Girò il collo sinuoso in un'ampia curva, scrutando la foresta per timore che i Fili avessero già incominciato a scavarsi le tane. Poi, lanciando un avvertimento al suo cavaliere, ripiegò le ali e si tuffò verso un ammasso particolarmente fitto, frenando la discesa con rapidità squassante. Mentre Mnementh eruttava fuoco, F'lar osservava, sorridendo con intensa soddisfazione nel vedere i Fili raggrinzirsi, trasformarsi in polvere nera prima di cadere, ormai innocui, sulla sottostante foresta. Virianth è stato colpito alla punta di un'ala, fece Mnementh mentre risalivano. Ritornerà. Abbiamo bisogno di lui. Questi Fili cadono in modo sbagliato. «E troppo presto,» disse F'lar, digrignando i denti contro il vento furioso dell'ascesa. Se lui non avesse preso l'abitudine di inviare un messaggero alla Fortezza dove ci si aspettava la caduta dei Fili... Mnementh l'avvertì appena in tempo perché si afferrasse più saldamente, e poi virò all'improvviso verso un ammasso densissimo. Il fetore dell'alito fiammeggiante quasi soffocò F'lar. Levò un braccio per proteggersi il viso dal pulviscolo carbonizzato e ardente dei Fili. Poi Mnementh girò la testa per chiedere un altro blocco di pietra incendiaria, prima di lanciarsi di nuovo, a velocità vertiginosa, in caccia di altri Fili. Non ci fu più tempo di pensare: soltanto per agire e reagire. Scendere in picchiata. Lanciare fiamme. Pietre incendiarie che Mnementh masticava. Chiamare un cadetto perché portasse un altro sacco. Afferrarlo destramente a mezz'aria. Volare al di sopra delle squadriglie che lottavano per controllare lo spiegamento dei draghi. Lingue di fiamma che fiorivano nel cielo. Il sole che scintillava sui dorsi verdi, azzurri, marroni, bronzei, mentre i draghi viravano, cabravano, picchiavano, fiammeggiando all'inseguimento dei Fili. Scorgeva un animale che andava in mezzo, ogni tanto, e restava teso fino a quando lo vedeva riapparire o Mnementh segnalava che si era ritirato. Un settore della sua mente teneva il conto delle perdite, un'altro seguiva la linea dello squadrone, correggendola quando i cavalieri cominciavano ad infittirsi troppo in un punto o a diradarsi in uno spiegamento troppo ampio. Vedeva anche il triangolo aureo della squadriglia delle regine, molto più in basso, impegnato a liquidare i Fili che erano sfuggiti dalle quote più alte. Quando i Fili cessarono di cadere e i draghi iniziarono a scendere a spi-
rale per aiutare le squadre di terra di Lemos, F'lar quasi s'indignò per il rapporto riassuntivo di Mnementh. Nove bruciature di poco conto e solo quattro alle punte delle ali; due brutte ustioni, Sorenth e Relth, e due cavalieri con bruciature alla faccia. Le ferite alle punte delle ali erano causate da errori di calcolo. I cavalieri esageravano in finezze. Non era una gara, quella, ma un combattimento! F'lar digrignò i denti... Sorenth dice che sono usciti fuori da in mezzo e sono finiti in un ammasso che non avrebbe dovuto esserci. I Fili cadono in modo sbagliato, disse il bronzeo. A Relth e T'gor è accaduta la stessa cosa. Questo non alleviò la frustrazione di F'lar, perché egli sapeva che T'gor e R'mel erano esperti cavalieri. Ma come potevano, i Fili, cadere a Nord-Est di mattina, quando non sarebbero dovuti piovere fino a sera, e a Sud-Ovest? si chiese, furioso dalla preoccupazione. Automaticamente, F'lar stava per chiedere a Mnementh di chiamare Canth. Poi ricordò che F'nor era ferito, dall'altra parte del pianeta, nel Weyr Meridionale. F'lar imprecò a lungo, pittorescamente, augurandosi che T'reb del Weyr di Fort finisse prigioniero in mezzo, in compagnia del suo Comandante T'ron. Perché mai F'nor doveva essere assente in un simile momento? A F'lar bruciava ancora che il Comandante del Weyr di Fort avesse tentato di scaricare la responsabilità della zuffa, dal suo cavaliere colpevole a Terry... con le argomentazioni più speciose, forzate, ridicole! Lamanth sta volando bene, osservò il drago bronzeo, interrompendo i pensieri del suo cavaliere. F'lar fu così sorpreso di quella diversione inaspettata che abbassò lo sguardo per vedere la giovane regina. «È una fortuna che ne abbiamo tante, oggi,» disse F'lar, divertito, nonostante le molte preoccupazioni, dal tono fatuo di Mnementh. Lamanth era la regina nata dal secondo accoppiamento di Mnementh e Ramoth. Anche Ramoth vola bene, per una che proviene dal Terreno della Schiusa. Trentotto uova e un'altra regina, aggiunse Mnementh, senz'ombra di modestia. «Dovremo fare qualcosa, con quella regina.» Mnementh borbottò. A Ramoth non piaceva l'idea di dover dividere i draghi bronzei del suo Weyr con troppe regine, sebbene non volesse accoppiarsi con altri che con Mnementh. Molte regine erano il segno della virilità di un bronzeo, ed era naturale che Mnementh ci tenesse a ostentare
le sue prodezze. Il Weyr di Benden doveva tenere più di una regina per placare gli altri bronzei e per migliorare la razza... ma tre? Dopo la riunione della notte precedente al Weyr di Fort, F'lar esitava a far capire agli altri Comandanti che sarebbe stato lieto di accasare la nuova regina: probabilmente l'avrebbero attribuito all'insofferenza di Ramoth o ai capricci di Lessa. Inoltre, le regine di Benden erano più grandi di quelle Antiche, così come i bronzei moderni erano più grandi di quelli venuti dal passato. Forse R'mart del Weyr di Telgar non si sarebbe offeso. Oppure G'narish? F'lar non ricordava quante regine avesse G'narish al Weyr di Igen. Sogghignò tra sé, pensando alla faccia che avrebbe fatto T'ron quando avesse saputo che Benden regalava un drago regina. «Benden è famoso per la sua generosità, ma che cosa sta sotto una simile manovra?» avrebbe detto T'ron. «Non è tradizionale.» E invece lo era. C'erano precedenti. E F'lar avrebbe preferito affrontare i commenti di T'ron piuttosto che le sfuriate di Ramoth. Abbassò lo sguardo, vide il lucente triangolo della squadriglia delle regine, con Ramoth che sfrecciava agile, mentre le bestie più giovani s'impegnavano per reggere al suo ritmo. I Fili che cadevano in modo anomalo! F'lar digrignò i denti. E peggio ancora, cadevano al di fuori dello schema che aveva ricostruito con tanta meticolosità da centinaia di pelli semidisintegrate delle Cronache quando, sette Giri prima, si era sforzato di preparare il suo pianeta malprotetto. Gli schemi, pensò amaramente F'lar, che gli Antichi avevano salutato entusiasticamente ed usato... benché questo non fosse tradizionale. Soltanto utile. Adesso com'era possibile che i Fili, privi di mente e d'intelligenza, deviassero dagli schemi che avevano seguito al secondo per oltre sette Giri? Come potevano cambiare tempo e luogo da un giorno all'altro? L'ultima Caduta nella giurisdizione della Fortezza di Benden era avvenuta al tempo giusto e sulla parte alta del territorio, come era stato previsto. Possibile che egli avesse letto male le tabelle? F'lar rifletté, ma le carte scrupolosamente disegnate erano nitide nella sua mente e, se per caso avesse commesso un errore, Lessa sarebbe riuscita a individuarlo. Avrebbe controllato e ricontrollato, non appena fosse ritornato al Weyr. Nel frattempo, avrebbe fatto meglio ad assicurarsi che tutti i Fili di quella Caduta, da un Orlo all'altro, fossero stati spazzati via. Chiese a Mnementh di trovare il Nobile Asgenar, Signore di Lemos. Mnementh, obbediente, interruppe la tranquilla planata e scese rapido. F'lar poteva ringraziare la buona sorte che fosse il Nobile Asgenar di Le-
mos, l'uomo con cui doveva spiegarsi, e non il Nobile Sifer di Bitra o il Nobile Raid di Benden. Il primo avrebbe imprecato contro l'ingiustizia, e il secondo sarebbe riuscito a far apparire l'arrivo prematuro dei Fili come un insulso personale contro di lui perpetrato dai dragonieri. Qualche volta i Nobili Raid e Sifer riuscivano a mettere a dura prova la pazienza di F'lar. Certo, quelle tre Fortezze, Benden, Bitra e Lemos, avevano sempre coscienziosamente versato le decime per mantenere il Weyr di Benden quando era l'unico di Pern. Ma il Nobile Raid ed il Nobile Sifer avevano la piacevole abitudine di ricordare ad ogni occasione la loro devozione ai cavalieri del Weyr di Benden. La gratitudine è una tunica troppo stretta che può prudere e puzzare, se viene portata per un tempo eccessivamente lungo. Il nobile Asgenar di Lemos, d'altra parte, era giovane, ed era stato confermato nella sua carica dal Conclave dei Signori soltanto cinque Giri prima. Il suo atteggiamento verso il Weyr che proteggeva le sue terre era gradevolmente incontaminato da invidiosi richiami ai passati servigi. Mnementh planò verso la distesa del Grande Lago che separava le terre di Lemos da quelle di Telgar. L'Orlo più avanzato della Caduta dei Fili aveva mancato di poco i boschi verdeggianti che circondavano le rive settentrionali. Mnementh scese in cerchio, costringendo F'lar a chinarsi sul suo gran collo, tenendosi saldamente alle cinghie. Nonostante la stanchezza e la preoccupazione, egli provò l'ardente slancio di emozione che sempre l'afferrava quando faceva volare l'enorme drago bronzeo: quella strana fusione con l'animale, contro l'aria e il vento, così che lui non era soltanto F'lar, Comandante del Weyr di Benden, ma in un certo senso anche Mnementh, immensamente possente, magnificamente libero. Su di un'altura affacciata sopra l'ampio pascolo che scendeva verso il Grande Lago, F'lar scorse il drago verde. Il Signore di Lemos, Asgenar, doveva essere lì vicino. F'lar sorrise sardonicamente a quella vista. Che gli Antichi disapprovassero pure, e borbottassero irritati, quando F'lar poneva sul dorso dei draghi persone non appartenenti al Weyr: ma se non l'avesse fatto, i Fili quel giorno sarebbero caduti su quei boschi di durallegno senza che nessuno se ne accorgesse. Gli alberi! Un altro pomo della discordia tra i Weyr e le Fortezze, con F'lar che sosteneva inflessibile la posizione dei Signori quattrocento Giri prima, quei boschi non esistevano: non si era permesso loro di esistere. Troppa vegetazione da proteggere. Bene, gli Antichi tenevano parecchio a possedere prodotti di legno, e assediavano con le loro richieste Bendarek, il capo carpentiere di Fandarel. D'altra parte, non volevano permettere la
formazione di una nuova Arte diretta da Bendarek. Probabilmente, pensò amaramente F'lar, perché Bendarek voleva restare nei pressi dei boschi di durallegni di Lemos, e in questo modo il Weyr di Benden avrebbe avuto una Sede dell'Arte nella sua giurisdizione. Per l'Uovo, gli antichi causavano quasi più fastidi che altro! Mnementh atterrò con ampi controcolpi d'ala che fecero appiattire la fitta erba del pascolo. F'lar sdrucciolò dal collo del bronzeo per raggiungere il Nobile Asgenar, mentre Mnementh barriva i suoi elogi al drago verde e a F'rad, il cavaliere. F'rad vuole avvertirti che Asgenar... «Non sono molti i Fili che sfuggono agli Squadroni di Benden,» stava dicendo Asgenar, a guisa di saluto, e Mnementh non concluse il suo pensiero. Il giovane si stava ripulendo il volto dalla fuliggine e dal sudore, poiché era uno di quei Signori che dirigevano personalmente le loro squadre di terra, invece di starsene comodamente al sicuro nella Fortezza. «Anche se i Fili hanno incominciato a deviare. Come spieghi tutte le recenti variazioni?» «Variazioni?» F'lar ripeté quella parola, stordito, perché si rendeva conto che Asgenar non si riferiva soltanto all'avvertimento insolito di quel giorno. «Sì! E noi, qui, pensavano che le tue tabelle dei tempi fossero infallibili. Attendibili in eterno, soprattutto perché sono state controllate e approvate dagli Antichi.» Asgenar lanciò un'occhiata di traverso a F'lar. «Oh, non do la colpa a te, F'lar. Sei sempre stato molto aperto, nei nostri rapporti. Mi ritengo fortunato, ad essere vincolato al tuo Weyr. Con il Weyr di Benden, un uomo sa sempre a che punto si ritrova. Il mio futuro cognato, il Nobile Larad, ha avuto dei problemi con T'kul del Weyr delle Terre Alte, lo sai. E dopo le cadute premature su Tillek e sull'Alto Crom, ha organizzato un efficiente sistema di sorveglianza.» Asgenar fece una pausa, accorgendosi all'improvviso dei silenzio teso di F'lar. «Non presumo di criticare i Weyr, F'lar,» disse in tono più formale. «Ma le chiacchiere volano più veloci dei draghi, e naturalmente ho saputo il resto. Capisco che i Weyr non vogliano allarmare la gente comune, ma... ecco, un certo preavviso sarebbe molto gradito.» «Non era possibile predire la caduta di oggi,» rispose lentamente F'lar, ma la sua mente turbinava così rapida da dargli la nausea. Perché non gli avevano detto nulla? R'mart del Weyr di Telgar non si era presentato alla riunione indetta per discutere le trasgressioni di T'reb. Possibile che fosse
stato occupato a combattere i Fili, in quel momento? In quanto a T'kul del Weyr delle Terre Alte che impartiva informazioni, soprattutto notizie che potessero metterlo in cattiva luce... ah, no, quello non avrebbe dato le coordinate neppure per salvare la vita di un cavaliere. No, avevano avuto delle buone ragioni per non parlare a F'lar, quella notte, delle cadute premature dei Fili. Se pure T'kul si era confidato con qualcuno... Ma perché R'mart non li aveva avvertiti? «Ma il Weyr di Benden non si è fatto cogliere nel sonno. Basterebbe una volta sola per distruggere queste foreste, eh, F'lar?» stava dicendo Asgenar, mentre scrutava con aria possessiva le distese spugnose degli alberi. «Sì. Basterebbe. C'è qualche notizia sull'Orlo avanzato di questa Caduta? I tuoi corrieri non sono ancora rientrati?» «La squadriglia delle regine ha riferito che è tutto a posto, due ore fa.» Asgenar sogghignò, dondolandosi sui talloni, con una sicurezza per nulla scossa dagli eventi imprevisti di quel giorno. F'lar l'invidiò. Il cavaliere bronzeo ringraziò ancora la sorte di avere a che fare con il Nobile Asgenar, quel mattino, anziché con il puntiglioso Raid o con il sospettoso Sifer. Si augurò che il giovane Signore non dovesse scoprire di avere mal riposto la sua fiducia. Ma c'era quel problema che l'assillava: come potevano, i Fili, cambiare in modo simile? Il comandante ed il Signore rimasero immobili nel vedere un drago azzurro che volteggiava intento sopra un gruppo d'alberi, a Nord-Est. Quando l'animale proseguì il suo volo, Asgenar si rivolse a F'lar con occhi turbati. «Credi che queste cadute imprevedibili rendano necessario l'abbattimento delle foreste?» «Tu sai cosa ne penso io delle foreste Asgenar. Sono un bene troppo prezioso, troppo utile per sacrificarlo senza ragione.» «Ma occorrono tutti i draghi per proteggerle...» «Tu sei favorevole o contrario?» chiese F'lar, vagamente divertito. Posò una mano sulla spalla di Asgenar. «Dai ordine ai tuoi guardaboschi di stare incessantemente in guardia. La loro vigilanza è essenziale.» «Allora tu non conosci l'andamento dello spostamento dei Fili?» «F'lar scosse lentamente il capo: non voleva mentire a quell'uomo. «Ti lascerò F'rad: ha gli occhi molto acuti.» Un ampio sorriso illuminò il volto scarno e turbato del Signore di Lemos. «Non osavo chiedertelo, ma è un sollievo. Non abuserò di questo privi-
legio.» F'lar gli lanciò un'occhiata acuta. «E perché dovresti abusarne?» Asgenar sorrise sarcastico. «È su questo che trovano da ridire gli Antichi, non è vero? E il trasporto istantaneo in qualunque località di Pern costituisce una grossa tentazione.» F'lar rise, ricordando che Asgenar, Signore di Lemos, stava per prendere in moglie Famira, la sorella minore di Larad, Signore di Telgar. Sebbene le proprietà di Telgar confinassero con quelle di Lemos, le Fortezze erano separate da fitti boschi e da parecchie catene di ripide montagne rocciose. Apparvero tre draghi, che presero a volare in cerchio sopra di loro: i comandanti degli squadroni erano venuti a riferire sulle attività al suolo. Nove infiltrazioni erano state avvistate ed eliminate con perdite minime per la vegetazione. Gli esploratori avevano comunicato che l'area centrale della Caduta era sgombra. F'lar li congedò. Un corriere salì velocemente dal pascolo verso il suo Signore, tenendosi prudentemente a parecchie lunghezze di drago dai due animali. Infatti, sebbene tutti su Pern sapessero che i draghi non avrebbero mai fatto del male ad un essere umano, molti non riuscivano a liberarsi dalla paura. I draghi rimasero confusi da quella diffidenza, e F'lar si avvicinò con noncuranza al suo bronzeo e gli grattò affettuosamente l'arcata sopraccigliare, fino a quando Mnementh, per il piacere, abbassò la palpebra sul fulgido occhio opalescente. Il corriere arrivava da lontano: riuscì a riferire ansimando il suo messaggio rassicurante prima di lasciarsi cadere al suolo mentre il suo petto si sollevava per lo sforzo di riempire i polmoni assetati d'aria. Asgenar si sfilò la tunica e coprì l'uomo, perché non prendesse freddo, e lo fece bere alla sua borraccia. «Le due infestazioni sul pendio meridionale sono state carbonizzate,» riferì poi al Comandante del Weyr, raggiugendolo. «E questo significa che i filari di durallegni sono salvi.» Il sollievo di Asgenar era così grande che bevve anch'egli un sorso. Poi si affrettò a offrirne al dragoniere. Quando F'lar rifiutò cortesemente, proseguì: «Può darsi che ci sia un altro inverno duro, e la mia gente avrà bisogno di quella legna. Il carbone di Crom costa caro!» F'lar annuì. Una disponibilità gratuita di legna da ardere significava un risparmio enorme per gli abitanti di una normale Fortezza, sebbene non tutti i Signor vedessero la cosa sotto questo aspetto. Il Nobile Meron della Fortezza di Nabol, per esempio, rifiutava di permettere alla sua gente di tagliare legna da ardere, e la costringeva a pagare alti prezzi per il carbone
di Crom, aumentando così i suoi profitti. «Il corriere è salito dal pendio meridionale? È molto veloce.» «I miei forestali sono i migliori di tutto Pern. Meron di Nabol ha già cercato due volte di convincere quell'uomo a passare al suo servizio.» «E allora?» Il Nobile Asgenar ridacchiò. «Chi si fida di Meron?» il mio uomo aveva sentito parlare del modo con cui quel Signore tratta la sua gente.» Parve sul punto di aggiungere qualcosa d'altro, ma si limitò a schiarirsi la gola, distogliendo nervosamente lo sguardo come se intravedesse qualcosa, nei boschi. «Ciò che occorre a tutto Pern è un mezzo di comunicazione efficiente,» osservò il dragoniere, guardando il corriere che continuava ad ansimare. «Efficiente?» Asgenar rise forte. «Tutto Pern è stato contagiato dalla febbre di Fandarel?» «È una febbre da cui trae beneficio l'intero pianeta.» F'lar doveva prendere contatto con il Maestro Fabbro non appena fosse rientrato al Weyr. Pern aveva bisogno più che mai, adesso, del genio del gigantesco Fandarel. «Sì, ma poi guariremo dalla smania della perfezione?» Il sorriso di Asgenar svanì mentre egli aggiungeva, in tono fintamente distratto: «Hai saputo se è stata presa una decisione per la Corporazione di Bendarek?» «Ancora nulla.» «Io non insisto che debba per forza venire situata a Lemos la Sede di un Maestro delle Arti...» cominciò Asgenar, in tono concitato e serio. F'lar levò una mano. «Neppure io, sebbene faccia fatica a convincere gli altri della mia sincerità. La Fortezza di Lemos ha le maggiori estensioni boschive, Bendarek ha bisogno di essere vicino alla sua migliore fonte di approvvigionamento, e viene da Lemos!» «Tutte le obiezioni che sono state sollevate sono ridicole,» replicò il giovane Nobile, con gli occhi grigi che scintillavano per la collera. «Lo sai benissimo anche tu, che un Maestro d'Arte non deve obbedienza ad un Signore. Bendarek non ha più pregiudizi di Fandarel per quanto riguarda la devozione alla sua Arte. Lui pensa soltanto al legno e alla polpa e a quelle nuove foglie o fogli di comesichiama che sta lavorando adesso.» «Lo so. Lo so, Asgenar. Larad di Telgar e Corman di Keroon sono dalla tua parte, o almeno così mi hanno assicurato entrambi.» «Quando i Signori si riuniranno in Conclave alla Fortezza di Telgar, ne parlerò apertamente. Il Nobile Raid e Sifer mi sosterranno, se non altro perché siamo legati allo stesso Weyr.»
«Non spetta ai Nobili né ai Comandanti dei Weyr prendere questa decisione,» gli ricordò F'lar. «Ma agli altri Maestri delle Arti. È stato questo il mio pensiero, fin da quando Fandarel ha proposto per primo la costituzione d'una nuova Arte.» «Qual è la causa di questi indugi? Tutti i Maestri saranno presenti alle nozze, a Telgar. Sistema la faccenda una volta per sempre e lasciamo lavorare in pace Bendarek.» Asgenar spalancò le braccia, esasperato. «Abbiamo bisogno che possa mettersi tranquillo, abbiamo bisogno di ciò che sta producendo, e lui non può dedicarsi in piena serenità al suo lavoro, con tutte queste discussioni.» «Ogni proposta che puzzi di novità, in questo momento,» (soprattutto in questo momento, aggiunse mentalmente F'lar, pensando a quella Caduta dei Fili), «allarma inevitabilmente certi Comandanti dei Weyr e certi Signori. Qualche volta penso che solo le Arti cerchino di continuo cambiamenti, e siano abbastanza interessate e flessibili per giudicare cosa costituisce una miglioria o un progresso. I Signori ed i...» F'lar s'interruppe. Fortunatamente un altro corriere si stava avvicinando da Nord, a grande velocità. Passò tranquillamente davanti al drago verde e si fermò davanti al suo Signore. «Nobile Asgenar, il settore settentrionale è sgombro. Sono state bruciate tre tane. È tutto a posto.» «Bene. Hai fatto il tuo dovere in modo ammirevole.» L'uomo, con il volto arrossato dalla fatica e dall'orgoglio per l'elogio, salutò il suo signore ed il Comandante del Weyr. Poi, respirando profondamente ma senza affanno, si avvicinò all'altro messaggero e cominciò a massaggiargli le gambe. Asgenar sorrise a F'lar. «È inutile che continuiamo a ripeterci tra noi questi argomenti. In sostanza siamo d'accordo. Se riuscissimo ad aprire gli occhi anche agli altri!» Mnementh tuonò che gli squadroni stavano segnalando che tutto era a posto. E protese una zampa anteriore con fare tanto deciso che Asgenar scoppiò a ridere. «Questo chiude il discorso,» disse. «Hai idea di quando avremo un'altra Caduta?» F'lar scosse il capo. «F'rad rimane qui. Dovreste avere sette giorni di tranquillità. Ti farò sapere qualcosa non appena avremo notizie precise.» «Tra sei giorni verrai a Telgar, non è vero?» «Sicuro, o Lessa mi taglierebbe le orecchie!»
«I miei omaggi alla tua Dama.» Mnementh lo portò verso l'alto in un volo ellittico che consentiva loro di effettuare un'ultima ispezione sulle foreste. A Nord e più lontano, a Est, si levavano spirali di fumo, ma Mnementh non sembrava preoccupato. F'lar gli disse di andare in mezzo. Il freddo assoluto di quella dimensione irritò dolorosamente le ustioni dei Fili sul suo volto. Poi si trovarono al di sopra del Weyr di Benden. Mnementh annunciò barrendo il suo ritorno e rimase librato, quasi immobile, fino a quando udì la risposta tonante di Ramoth. In quell'istante, Lessa comparve sul cornicione del Weyr: sembrava ancora più minuta, a quella distanza. Mentre Mnementh iniziava la planata, ella scese la lunga rampa di scale con la stessa precipitazione che entrambi rimproveravano al loro figlio, Felessan. E i rimproveri non sarebbero serviti a far perdere quell'abitudine neppure a Lessa, pensò F'lar. Poi notò ciò che Lessa teneva in mano, e protestò indignato con Mnementh. «Sono stato appena toccato, e tu sei andato a raccontare chissà cosa, come se fossi un bambino!» Mnementh, per nulla contrito, frenò con le ali possenti per atterrare leggermente accanto al Campo del Pasto. I Fili fanno male. «Non voglio che Lessa si preoccupi per niente!» Ed io non voglio che Ramoth si arrabbi! F'lar si lasciò scivolare giù dal collo del bronzeo, dissimulando le fitte che provava a causa del vento sabbioso, proveniente dal Campo del Pasto, che aggravava le lacerazioni rese più dolorose dal freddo. Era uno di quei momenti in cui il duplice legame tra cavalieri e draghi diventava un serio svantaggio. In particolare quando Mnementh prendeva l'iniziativa, il che non era, in generale, una caratteristica dei draghi. Mnementh spiccò goffamente un mezzo balzo verso l'alto, lasciando libero il passaggio a Lessa. Lei indossava ancora l'abito da volo, di cuoio di wher, e sembrava più giovane di quanto potesse esserlo una Dama del Weyr. Correva verso di loro, e la lunga treccia le sventolava alle spalle. Sebbene né la maternità né sette Giri avessero aggiunto peso a quel corpo dall'ossatura minuta, il seno e i fianchi erano un po' più torniti, e negli occhi grigi vi era un'espressione che F'lar sapeva riservata a lui solo. «E tu ti lamenti della puntualità degli altri dragonieri!» esclamò lei, ansimando e fermandosi bruscamente al suo fianco. Prima che F'lar potesse protestare che le sue lezioni erano insignificanti, lei prese a spalmargli l'intorpidaria sulle ustioni. «Dovrò lavarle appena saranno diventate insensibili. Non hai ancora imparato a schivare le ceneri? Virianth si rimetterà
presto ma Sorenth e Relth hanno subito ustioni gravissime. Vorrei che quell'artigiano vetraio di Fandarel... si chiama Wansor, vero?... completasse quei paraocchi di cui va tanto parlando. Manora conta di poter salvare la bella faccia di P'ratan, ma dovremo aspettare e vedere cosa possiamo fare per il suo occhio.» S'interruppe per riprendere fiato. «E forse è un bene, perché se non la smette di andare a caccia di nuove amanti nelle Fortezze, non saremo più in grado di mantenere tutti i suoi figli. Le ragazze nate e cresciute nelle Fortezze sono convinte che abortire sia un male.» S'interruppe di colpo e strinse le labbra in una smorfia che F'lar riconobbe: Lessa faceva così quando voleva allontanarsi da un argomento doloroso. «Lessa! No, guardami.» Le alzò la testa a forza, perché lo guardasse negli occhi. Una donna che non poteva concepire doveva trovare molto doloroso aiutare le altre a porre fine a gravidanze indesiderate. Non avrebbe mai smesso di desiderare un altro figlio? Come poteva dimenticare che mettere al mondo Felessan per poco non le era costata la vita? Per lui era stato un sollievo che Lessa non fosse più rimasta incinta. Non poteva neppure pensare all'idea di perderla. «Volgare tanto spesso in mezzo rende impossibile a una Dama del Weyr portare a termine una gravidanza.» «Sembra che a Kylara non faccia questo effetto.» disse Lessa, con amaro risentimento. Aveva girato la testa, e guardava Mnementh impegnato a sbranare una grossa bestia, con un'espressione così intensa che F'lar non ebbe difficoltà a intuire che avrebbe preferito vedere Kylara dilaniata in quel modo. «Quella!» fece F'lar, con una brusca risata. «Tesoro mio, se devi prendere Kylara come esempio, per mettere al mondo dei figli, ti preferisco sterile!» «Abbiamo cose più importanti di lei da discutere,» disse Lessa, volgendosi verso di lui con improvviso cambiamento d'umore. «Cosa ti ha detto il Nobile Asgenar circa la Caduta dei Fili? Vi avrei raggiunti sul pascolo, ma Ramoth si è messa in testa che non può lasciare la sua covata senza che qualcuno vada a spiare le uova. Oh, ho mandato messaggeri agli altri Weyr per informarli di quanto è accaduto qui. È giusto che lo sappiano e che stiano in guardia.» «Sarebbe stato molto gentile da parte loro se avessero provveduto a informarci per primi,» disse F'lar, in tono tanto iroso che Lessa alzò lo sguardo verso di lui, trasalendo. Egli le riferì ciò che il Signore di Lemos gli aveva raccontato. «E Asgenar pensava che tutti lo sapessimo? Che si trattasse semplice-
mente di cambiare le tabelle dei tempi?» Il turbamento svanì dal volto di lei, gli occhi si socchiusero, lampeggianti d'indignazione. «Adesso sono pentita di essere tornata indietro nel Tempo a prendere gli Antichi. Tu avresti trovato comunque un modo che ci permettesse di cavarcela.» «Mi attribuisci troppo merito, amore.» F'lar l'abbracciò, riconoscente. «Comunque, gli Antichi ormai sono qui e dobbiamo fare i conti con loro.» «E li faremo. Li aggiorneremo noi se...» «Lessa.» F'lar la scrollò, leggermente: il suo pessimismo si disperse per la veemenza della reazione di lei, la trasparenza dei rapidi calcoli per l'attuazione di quei cambiamenti. «Non puoi trasformare un wher da guardia in un drago, amor mio...» Chi vuol fare una cosa simile? chiese Mnementh, ormai sazio, dal Campo del Pasto. L'osservazione stizzita del drago bronzeo strappò un risolino a Lessa. F'lar tornò a stringerla a sé. «Bene, possiamo farcela,» disse lei, con fermezza, lasciando che F'lar le cingesse le spalle con un braccio mentre si avviava verso il Weyr. «E mi aspetto di tutto da quel T'kul delle Terre Aite. Ma R'mart del Weyr di Telgar?» «Da quanto tempo sono partiti i messaggeri?» Lessa alzò gli occhi verso il cielo fulgido di metà mattina, aggrottando la fronte. «Da pochissimo. Prima ho atteso gli ultimi particolari riferiti dagli esploratori.» «Sono affamato quanto Mnementh. Fammi portare da mangiare, donna.» Il drago bronzeo era volato sul cornicione per sistemarsi al suo solito posto quando nella galleria incominciò un tramestio. Mnementh spiegò le ali per lanciarsi in volo, tendendo il collo verso l'unico ingresso per via di terra. «È il convoglio del vino che arriva da Benden, sciocco,» gli disse Lessa, ridacchiando quando Mnementh fece udire un sonoro borbottio bronzeo e tornò a riassestarsi, completamente disinteressato ai convogli del vino. «Non dire a Robinton che è arrivato il vino nuovo, F'lar. Prima deve riposare per depositarsi, lo sai.» «E perché dovrei dire qualcosa a Robinton?» domandò F'lar, chiedendosi come faceva Lessa a sapere che lui aveva appena cominciato a pensare al Maestro Arpista. «Non ci siamo mai trovati di fronte ad una crisi senza che tu mandassi a chiamare il Maestro Arpista e il Maestro Fabbro.» Lessa sospirò profon-
damente. «Se almeno potessimo avere la stessa collaborazione dai nostri.» S'irrigidì, sotto il braccio di lui. «Sta arrivando Fidranth: dice che T'ron è molto agitato.» «T'ron è agitato?» La collera di F'lar si infiammò istantaneamente. «Proprio come ho detto,» rispose Lessa, liberandosi dall'abbraccio e salendo i gradini a due per volta. «Ti ordinerò da mangiare.» Poi si fermò di colpo, voltandosi per dire: «Controllati. Sospetto che T'kul non abbia informato nessuno. Non ha mai perdonato a T'ron di averlo convinto a venire qui, lo sai.» F'lar attese accanto a Mnementh, mentre Fidranth entrava nel Weyr, volando in cerchio. Dalla Caverna della Schiusa giunse la sfida stizzita e ossessiva di Ramoth. Mnementh le rispose, tranquillizzandola che l'intruso era solo Fidranth, non una minaccia. Almeno non per la sua covata Poi il bronzeo girò verso il suo cavaliere un occhio scintillante. Quel breve scambio di battute, così simile a quelli tra lui e Lessa, smorzò la collera di F'lar. E fu un bene, perché le prime parole di T'ron non furono molto diplomatiche. «L'ho trovato! Ho trovato che cos'avevi dimenticato d'incorporare nelle tue cosiddette infallibili tabelle!» «Che cos'hai trovato, T'ron?» chiese F'lar, controllandosi a fatica. Se T'ron aveva trovato qualcosa che poteva tornare utile, non era il caso di provocarlo. Mnementh si era cortesemente scostato per lasciare a Fidranth lo spazio per atterrare: ma con quei due enormi draghi bronzei sul cornicione c'era così poco posto che T'ron scivolò davanti al Comandante di Benden, agitandogli sotto il naso il frammento di una pelle delle Cronache. «Ecco la prova che le tue tabelle dei tempi non includevano tutte le informazioni reperibili nelle nostre vecchie Cronache!» «Prima non le avevi mai contestate, T'ron,» gli ricordò F'lar, con calma. «Non contraddirmi, F'lar. Hai appena mandato un messaggero per informarmi che i Fili cadevano in modo imprevisto.» «E sono venuto a sapere che i Fili erano già caduti in modo imprevisto anche su Tillek e l'Alto Crom, negli ultimi giorni!» L'espressione traumatizzata e inorridita di T'ron era troppo profonda per essere simulata. «Faresti meglio ad ascoltare ciò che dice la gente comune, T'ron, invece di isolarti nel Weyr,» gli disse F'lar. «Asgenar lo sapeva già, ma T'kul e R'mart non hanno pensato ad informare gli altri Weyr, in modo che potes-
simo prepararci e stare in guardia. Per fortuna avevo mandato F'rad...» «Non avrai installato altri dragonieri nelle Fortezze, per caso?» «Io mando sempre un messaggero il giorno prima di una Caduta. Se non avessi seguito questa abitudine, ormai le foreste di Asgenar non esisterebbero più.» F'lar si pentì subito di quella frase avventata: avrebbe offerto a T'ron il destro per un'altra delle sue tirate contro il rimboschimento eccessivo. Per distrarlo, F'lar tese la mano verso il frammento delle Cronache, ma T'ron glielo sottrasse. «Devi credermi sulla parola...» «Ho mai messo in discussione la tua parola, T'ron?» Anche quella frase gli sfuggì prima che egli avesse il tempo di censurarla. Mantenne un'aria impassibile, sperando che T'ron non vi leggesse un'altra allusione a quella famosa riunione. «Vedo che la Cronaca è molto erosa, ma se tu l'hai decifrata e se ha qualche riferimento al cambiamento imprevisto di questa mattina, te ne saremo tutti debitori.» «F'lar?» la voce di Lessa echeggiò nel corridoio. «Hai dimenticato le buone maniere? Il klah si sta raffreddando, a per T'ron non è ancora l'alba.» «Ne gradirei una tazza,» ammise T'ron, evidentemente sollevato non meno di F'lar da quell'interruzione. «Ti chiedo scusa per averti fatto svegliare...» «Non devi scusarti, quando c'è di mezzo una notizia di questo genere.» Inspiegabilmente, F'lar provò un senso di sollievo nel rendersi conto che T'ron, a quanto pareva, non aveva saputo nulla, delle altre Cadute dei Fili. Si era precipitato lì alla carica, felice dell'occasione di far fare una brutta figura a F'lar ed a Benden. Non sarebbe stato così sollecito (come testimoniavano la sua esclusività e le sue contraddizioni a proposito della zuffa per il pugnale) se l'avesse saputo. Quando i due uomini entrarono nel Weyr della regina,. Lessa portava un abito lungo, con i capelli racchiusi in una lenta reticella lavorata, e stava graziosamente seduta al tavolo: come se non avesse volato per tutta la mattina e non si fosse appena tolta l'armatura protettiva. Quindi Lessa si accingeva di nuovo a incantare T'ron, eh? Nonostante gli eventi terribili, F'lar si sentiva divertito. Comunque, non era certo che quel sistema avrebbe sminuito l'antagonismo di T'ron. Non sapeva quanto ci fosse di vero nelle dicerie secondo le quali T'ron e Mardra non erano in rapporti troppo buoni, per un Comandante e una Dama del Weyr.
«Dov'è Ramoth?» chiese T'ron, mentre passava davanti al weyr vuoto della regina. «Al Terreno della Schiusa, naturalmente, a sorvegliare la sua ultima covata,» rispose Lessa, con il giusto tono di indifferenza. Ma T'ron aggrottò la fronte: senza dubbio ricordava che c'era un altro uovo di regina, sulle calde sabbie di Benden, e che le regine degli Antichi deponevano poche uova dorate. «Ti chiedo perdono per aver fatto incominciare così presto la tua giornata,» proseguì Lessa, servendogli con garbo un frutto già affettato e preparandogli il klah come piaceva a lui. «Ma abbiamo bisogno del tuo consiglio e del tuo aiuto.» T'ron borbottò un ringraziamento, posando con cura la Cronaca a faccia in giù sul tavolo. «I Fili potrebbero cadere quando vogliono, se non avessimo tutte quelle maledette foreste cui badare,» disse T'ron, fissando severamente F'lar attraverso il vapore del klah, mentre si portava il boccale alle labbra. «Cosa? E fare a meno del legno?» lamentò Lessa, passando le mani sulla sedia scolpita che Bendarek aveva fabbricato con consumata maestria. «I seggi di pietra possono andare bene per te e per Mardra,» aggiunse in tono dolce e insinuante. «Ma io avevo sempre il posteriore gelato.» T'ron sbuffò divertito, scrutando la graziosa Dama del Weyr in modo tale che Lessa si tese bruscamente e batté le dita sulla Cronaca. «Non dovrei farti perdere del tempo prezioso con le mie chiacchiere. Hai scoperto qualcosa, qui, che a noi era sfuggito?» F'lar strinse i denti. Non aveva trascurato una sola parola leggibile di quelle Cronache muffite: perché lei accettava con tanta leggerezza l'idea d'una negligenza? Ma la perdonò quando T'ron rispose girando la pelle. «La Cronaca è molto mal conservata, naturalmente.» Lo disse come se la colpa fosse di Benden, che l'aveva custodita male, non dei quattrocento Giri di abbandono. «Ma quando hai mandato quel cadetto a portare il messaggio, ho ricordato di aver visto un'allusione ad un Passaggio in cui tutte le Cronache preesistenti non servirono a nulla. È una delle ragioni per cui noi non ci eravamo mai preoccupati di preparare le tabelle dei tempi.» F'lar stava per chiedere come mai nessuno degli Antichi aveva ritenuto di accennare a quel particolare, in passato; ma notò l'occhiata severa di Lessa e stette zitto.
«Vedi, questa frase, qui, è in parte mancante, ma se aggiungi 'cambiamenti imprevedibili'; in questo punto, diviene chiarissima.» Lessa, con gli occhi grigi spalancati in un'espressione di sincera reverenza (e F'lar si sentì quasi soffocare alla vista di tanta dissimulazione), alzò lo sguardo dalla Cronaca a T'ron. «Hai ragione, T'ron. È verissimo. Questa è una delle pelli più antiche, che avevo dovuto rinunciare a decifrare.» «Naturalmente, era molto più leggibile quando la studiai per la prima volta quattrocento Giri fa, prima che sbiadisse così.» I modi tronfi di T'ron erano difficili da sopportare: ma era più facile trattare con lui quando era così, che non quando era insospettito o sulla difensiva. «Ma la Cronaca non ci dice come avvenne il cambiamento, né per quanto durò,» disse F'lar. «Debbono esserci altri indizi, T'ron,» suggerì Lessa, curvandosi con fare seducente verso il Comandante del Weyr di Fort, quando questi mostrò di risentirsi per le parole di F'lar. «Perché mai i Fili dovrebbero cadere al di fuori di uno schema che hanno seguito al secondo per sette terribili Giri, durante questo Passaggio? Tu stesso mi avevi detto che nel tuo Tempo osservavano un certo ritmo. Variava di molto, allora?» T'ron guardò le righe sbiadite, aggrottando la fronte. «No,» ammise lentamente, e poi abbatté il pugno sul frammento. «Perché abbiamo perduto tante tecniche? Perché queste Cronache ci hanno traditi proprio quando ne avevamo più bisogno?» Mnementh cominciò a gridare dal cornicione, e Fidranth gli fece eco. Lessa «ascoltò», inclinando il capo. «D'ram e G'narish,» disse. «Non credo che dobbiamo aspettarci T'kul, ma R'mart non è un uomo arrogante.» D'ram di Ista e G'narish di Igen entrarono insieme. Erano entrambi agitati e non persero tempo in convenevoli. «Cos'è questa storia della Caduta prematura?» domandò D'ram. «Dove sono T'kul e R'mart? Hai mandato ad avvertire anche loro, vero? I tuoi squadroni hanno subito gravi perdite? Quanti Fili sono riusciti a farsi la tana?» «Nessuno. Siamo arrivati all'inizio della Caduta. E i miei squadroni hanno subito poche perdite, ma ti ringrazio dell'interessamento, D'ram. Abbiamo mandato a chiamare anche gli altri.» Sebbene Mnementh non avesse dato nessun preavviso, qualcuno stava arrivando di corsa dal passaggio che portava al Weyr. Tutti si voltarono,
aspettandosi che fosse uno dei Comandanti ancora assenti, ma quello che entrò precipitosamente era uno dei cadetti messaggeri. «I miei omaggi, signori,» ansimò il ragazzo. «Ma R'mart è gravemente ferito e nel Weyr di Telgar vi sono moltissimi uomini e draghi malconci: è uno spettacolo terribile. E si dice che metà delle Fortezze dell'Alto Crom siano carbonizzate.» I Comandanti del Weyr balzarono in piedi. «Devo mandare qualche aiuto...» cominciò Lessa, e subito s'interruppe, scorgendo la strana espressione di D'ram ed il corruccio di T'ron. Poi sbuffò, spazientito. «Avete sentito cos'ha detto il ragazzo: uomini e draghi feriti, un Weyr demoralizzato. Un aiuto in un momento critico non è un'interferenza. Quell'antica lagna sull'autonomia dei Weyr qualche volta è un'esagerazione. Come in questo caso. È assurdo, pensare di non dare aiuto al Weyr di Telgar!» «Ha ragione,» disse G'narish, e F'lar comprese che quell'uomo si era avvicinato di un altro passo alla mentalità moderna. Lessa uscì dalla sala, mormorando la sua intenzione di recarsi personalmente al Weyr di Telgar. Il cadetto la seguì, dopo che F'lar l'ebbe congedato con un cenno. «T'ron ha trovato un accenno a cambiamenti imprevedibili nelle Cadute, in questa antica Cronaca,» disse F'lar, prendendo l'iniziativa. «D'ram, ricordi qualcosa dei tuoi studi delle Cronache di Ista, quattrocento Giri fa?» «Vorrei riuscire a ricordarlo,» rispose lentamente il Comandante di Ista, poi guardò G'narish, che stava scuotendo il capo. «Prima di venire qui, ho ordinato subito di organizzare turni di ispezione in volo, e propongo che si faccia tutti altrettanto.» «Avremmo bisogno di un servizio di guardia esteso a tutto Pern,» cominciò F'lar, soppesando con cura le parole. Ma T'ron non si lasciò ingannare e batté il pugno sul tavolo con tanta forza da far sobbalzare il vasellame. «Aspettavi solo l'occasione per installare altri draghi nelle Fortezze e nelle Sedi delle Arti, eh, F'lar? I cavalieri devono essere uniti...» «Come hanno fatto T'kul e R'mart che non ci hanno avvertiti?» chiese D'ram in tono così acido che T'ron si azzittì. «Veramente, perché i dragonieri dovrebbero stancarsi tanto quando ci sono molti uomini disponibili nelle Fortezze, adesso?» chiese G'narish, in tono sorpreso. Sorrise leggermente, innervosito, quando vide che gli altri lo fissavano. «Voglio dire, le varie Fortezze potrebbero fornire i sorve-
glianti che ci occorrono.» «E ne hanno anche i mezzi,» ammise F'lar, senza badare all'esclamazione sbalordita di T'ron. «Non molto tempo fa c'erano fuochi di segnalazione su tutte le catene montuose, attraverso le pianure, sulle colline, nell'eventualità che Fax intraprendesse un'altra delle sue marce di conquista. Non mi sorprenderei se molti di quei fari esistessero ancora.» L'espressione degli altri tre lo divertì. Gli Antichi non avevano mai mandato giù il supremo sacrilegio di un Signore che aveva tentato di dominare più di un territorio. F'lar non |dubitava che questo spingeva i conservatori come T'kul e T'ron a ricordare alla gente comune, appena se ne presentava l'occasione, che dipendeva completamente dai dragonieri, e per questo essi cercavano di limitare la libertà ed il lassismo contemporanei. «Dite agli abitanti delle Fortezze di accendere i fuochi quando i Fili si ammassano all'orizzonte... pochi cavalieri piazzati in posizioni strategiche potrebbero sorvegliare aree molto vaste. Servitevi dei cadetti: in questo modo non combineranno guai, e per loro sarà un'esercitazione utile. Quando sapremo come cadono i Fili, adesso, saremo in grado di giudicare i cambiamenti.» F'lar s'impose di rilassarsi, sorridendo. «Non credo che sia una faccenda grave come sembra a prima vista. Soprattutto se già in passato vi sono stati cambiamenti. Naturalmente, se potessimo trovare qualche indicazione sulla durata del cambiamento e sull'eventuale ritorno allo schema precedente, ci sarebbe d'aiuto.» «Ci sarebbe stato d'aiuto se T'kul avesse inviato messaggi come hai fatto tu,» borbottò D'ram. «Beh, lo sappiamo tutti com'è fatto T'kul,» disse F'lar, in tono tollerante. «Non aveva il diritto di nasconderci un'informazione d'importanza vitale,» disse T'ron, battendo di nuovo i pugni sul tavolo. «I Weyr dovrebbero fare causa comune.» «Ai Signori delle Fortezze questo non piacerà,» osservò G'narish, pensando senza dubbio al Nobile Corman di Keroon, il più difficile di tutti i Signori vincolati al suo Weyr. «Oh,» replicò F'lar, ostentando più diffidenza di quanta ne provasse, «se diciamo loro che ci eravamo aspettati un cambiamento del genere in questa fase del Passaggio...» «Ma... ma le tabelle dei tempi che loro hanno? Non sono poi degli sciocchi,» balbettò T'ron. «I dragonieri siamo noi, T'ron. Non è necessario che quelli sappiano ciò che non possono capire... o che se ne preoccupino,» rispose con fermezza
F'lar. «Non è affar loro pretendere spiegazioni da noi, dopotutto. E non ne otterranno.» «Stai cambiando musica, eh, F'lar?» chiese D'ram. «Se ci pensi bene, D'ram, non mi sono mai spiegato con loro. Dicevo quel che dovevano fare, e loro lo facevano.» «Avevano perso la testa per la paura, sette Giri fa,» osservò G'narish. «Erano abbastanza spaventati da accoglierci a braccia aperte.» «Se vogliono proteggere tutte queste foreste e queste colture, faranno quello che suggeriremo loro, o dovranno cominciare a bruciare i loro profitti.» «Se il Nobile Oterel di Tillek o quell'idiota del Nobile Sangel di Boll cominciano a discutere i miei ordini, andrò personalmente a incendiare le loro foreste,» fece T'ron, alzandosi. «Allora siamo d'accordo,» disse prontamente F'lar, prima di lasciarsi sopraffare dal disgusto per la propria ipocrisia. «Organizziamo turni di guardia, con l'aiuto dei Signori, e seguiamo il nuovo cambiamento. Presto saremo in grado di giudicarlo.» «E T'kul?» chiese G'narish. D'ram lo guardò in faccia, «Gli spiegheremo la situazione.» «Ha molto rispetto per voi due,» riconobbe F'lar. «Comunque, sarebbe più prudente non fargli capire che sapevamo...» «Possiamo sbrigarcela con T'kul senza bisogno dei tuoi consigli, F'lar,» l'interruppe bruscamente D'ram, e F'lar si rese conto che la temporanea armonia stabilitasi tra loro era già finita. Gli Antichi serravano le file per difendere il loro contemporaneo colpevole, come avevano fatto durante la fallita riunione di qualche sera prima. Poteva consolarsi pensando che non erano riusciti a chiudere gli occhi davanti al significato di questo incidente. In quel momento Lessa rientrò nel Weyr, rossa in viso, con gli occhi accesi. Pensino D'ram s'inchinò profondamente davanti a lei nel congedarsi. «Non andatevene, D'ram, T'ron. Ho buone notizie dal Weyr di Telgar,» gridò lei, ma poi, notando l'occhiata di F'lar, non cercò di trattenerli quando insistettero per andarsene. «R'mart sta bene?» chiese G'narish, cercando di superare l'imbarazzo. Lessa si riprese e rivolse un sorriso al Comandante di Igen. «Oh, quel messaggero ha esagerato... è soltanto un ragazzo. Ramoth ha parlato con Solth, la regina principale del Weyr di Telgar. R'mart è ustionato in modo grave, sì. Bedella, evidentemente, gli ha dato una dose troppo forte di polvere d'intorpidaria. È stata lei che non ha avuto il buon senso
di avvertire gli altri. E il Vicecomandante ha creduto che fossimo stati tutti informati, perché aveva udito R'mart dire a Bedella di inviare dei messaggeri, e non pensava che lei avesse trascurato di farlo. Quando R'mart ha perso i sensi, lei non ha capito più niente.» Alzando le spalle, Lessa fece capire cosa ne pensava di Bedella. «Il Vicecomandante dice che ti sarebbe molto grato se potessi consigliarlo.» «Il Vicecomandante del Weyr di Telgar è H'ages,» disse G'narish. «Un buon cavaliere, ma non ha spirito d'iniziativa. Ehi, ma anche tu sei stato ustionato dai Fili, F'lar.» «Non è nulla.» «Sanguina,» lo contraddisse Lessa. «E tu non hai mangiato niente.» «Mi fermerò al Weyr di Telgar, F'lar, e parlerò con H'ages,» promise G'narish. «Vorrei venire con te, G'narish, se non hai obiezioni...» «Le obiezioni da fare le ho io,» s'intromise Lessa. «G'narish è capace di accertarsi dell'estensione della Caduta, laggiù, e può comunicarci le informazioni. L'accompagnerò io al cornicione, mentre tu cominci a mangiare.» Il suo tono era così autoritario che G'narish ridacchiò. Lessa lo prese sotto braccio e si avviò verso il corridoio. «Non ho salutato Gyarmath,» disse sorridendo dolcemente a G'narish. «Ed è uno dei miei preferiti, lo sai.» Stava civettando così scopertamente che F'lar si stupì che Ramoth non ruggisse per protestare. Come se Gyarmath fosse stato capace di raggiungere Ramoth in volo! Poi udì il rombo divertito di Mnementh, e si sentì rassicurato. Mangia, gli consigliò il drago bronzeo. Lascia che Lessa aduli G'narish. A Gyarmath non importa. Né a Ramoth. Né a me. «Cosa mi tocca fare per il mio Weyr,» disse Lessa con un sospiro esagerato, quando rientrò dopo pochi istanti. F'lar le lanciò un'occhiata cinica. «G'narish ha una mentalità più moderna di quanto sappia lui stesso.» «Allora noi dovremo fare in modo che se ne renda conto,» disse con fermezza Lessa. «Purché siamo 'noi' a farlo,» rispose F'lar, con finta severità, prendendola per mano e attirandola a sé. Lessa atteggiò una resistenza, come faceva sempre, rivolgendogli smorfie feroci, e poi gli si abbandonò di colpo contro la spalla. «Le segnalazioni con i fuochi ed i servizi di vigilanza non sono sufficienti,» disse pensierosa. «Anche se penso che ci siamo preoccupati troppo del cambiamento
nella Caduta dei Fili.» «Queste sciocchezze le ho dette per imbrogliare G'narish e gli altri, ma pensavo che tu avresti...» «Ma non ti accorgi che avevi ragione?» F'lar le lanciò un lungo sguardo incredulo. «Per l'Uovo, Comandante del Weyr, tu mi sorprendi. Perché non possono esservi deviazioni? Perché tu hai compilato le tabelle basandoti sulle Cronache e, a dispetto degli Antichi, debbono rimanere infallibili? Per le grandi Uova d'Oro, uomo, c'erano gli Intervalli durante i quali i Fili non cadevano... adesso lo sappiamo. Perché non potrebbe esserci un cambiamento nel ritmo della Caduta, durante un Passaggio?» «Ma perché? Spiegami perché deve essere così!» «Spiegami tu perché non dovrebbe essere così! La stessa cosa che influisce sulla Stella Rossa, in modo che non sempre ci passa abbastanza vicino da lanciarci addosso i Fili, potrebbe deviarla dalla sua rotta quanto basta per modificare la Caduta! La Stella Rossa non è l'unico astro che sorge e tramonta con le stagioni. Potrebbe esserci un altro corpo celeste che influisce non solo su di noi, ma anche sulla Stella Rossa.» «Dove?» Lessa scrollò le spalle, spazientita. «Come posso saperlo? Non ho l'occhio acuto come F'rad. Ma possiamo tentare di scoprirlo. Oppure sette Giri completi di certezze hanno smussato la tua intelligenza?» «Stammi a sentire, Lessa...» All'improvviso, lei gli si strinse contro, tutta contrizione per quel commento tagliente. F'lar la tenne abbracciata: si rendeva conto che aveva ragione. Eppure... c'era stata quell'attesa lunga e solitaria, prima che lui e Mnementh potessero prendere il loro posto. La terribile dicotomia tra la fiducia nella sua profezia che i Fili sarebbero caduti e la paura che nulla potesse scuotere i dragonieri dal loro letargo. Poi la schiacciante certezza che quei pochi cavalieri non potevano salvare un intero mondo dalla distruzione; i tre giorni di tortura fra la Caduta iniziale alle Fortezze di Nerat e di Telgar, mentre Lessa era chissà dove. Non aveva il diritto di allentare la sua vigilanza? Di liberarsi per un po' del peso della responsabilità? «Non ho il diritto di dirti queste cose,» bisbigliava Lessa, sommessamente, in tono di rimorso. «Perché no? È vero.» «Non dovrei mai sminuire te, e tutto quello che hai fatto, per placare un terzetto d'individui dalla mentalità ristretta, conservatrice, provinciale...»
F'lar interruppe quelle parole con un bacio, che divenne all'improvviso appassionato. Poi rabbrividì quando le mani di Lessa, incurvandoglisi sinuosamente intorno al collo, toccarono la pelle ustionata dai Fili. «Oh, scusami, scusami. Ecco, lascia che...» e le parole di Lessa si spensero, mentre lei si girava per prendere il contenitore dell'intorpidaria. «Ti perdono, tesoro, per tutte le tue macchinazioni quotidiane,» le assicurò F'lar in tono sentenzioso. «È più facile adulare un uomo che combatterlo. Vorrei che F'nor fosse qui adesso!» «Non ho ancora perdonato quel vecchio sciocco di T'ron,» disse Lessa, socchiudendo gli occhi e sporgendo le labbra. «Ah, perché F'nor non ha lasciato che T'reb si tenesse il pugnale?» «F'nor ha agito benissimo,» ribatté F'lar, in tono di ferma approvazione. «E allora avrebbe dovuto schivare più prontamente il colpo. E tu non sei meglio di lui.» Il tocco delle sue dita era delicato, ma le ustioni bruciavano. «Uhm... Io ho schivato la mia responsabilità nei confronti del nostro Pern portando in questo tempo gli Antichi. Ci siamo lasciati impantanare in mille inezie, come stabilire di chi è stata la colpa di quella zuffa asinina nella Sede del Maestro Fabbro. Il vero problema è riconciliare il vecchio con il nuovo. E forse potremo riuscire a far sì che questa crisi torni a nostro vantaggio, Lessa.» Lei sentì il tono squillante nella voce di F'lar e gli sorrise con approvazione. «Quando mandavamo all'aria le tradizioni, prima che arrivassero gli Antichi, scoprivamo anche quanto erano vuote e restrittive alcune di esse: per esempio, la faccenda dei contatti minimi tra Fortezze, Arti e Weyr. Oh, è vero, se noi vogliamo parlare con un altro Weyr, possiamo andare là in pochi secondi, a dorso di drago, ma per un abitante delle Fortezze o per un artigiano ci vogliono giorni per recarsi da un luogo all'albo. Sette Giri fa, avevano cominciato ad abituarsi alle comodità. Non avrei mai dovuto arrendermi, permettere che gli Antichi mi convincessero a rinunciare all'idea di lasciare dei draghi a disposizione delle Fortezze e delle Arti. I fuochi di segnalazione non serviranno a niente, e neppure i servizi di pattugliamento. In questo hai perfettamente ragione, Lessa. Ora, se Fandarel riesce ad escogitare qualche metodo alternativo per... Cosa c'è? Perché sorridi in quel modo?» «Lo sapevo. Sapevo che volevi vedere il Fabbro e l'Arpista e perciò li ho mandati a prendere; ma non saranno qui se non dopo che tu avrai mangiato
e riposato.» Toccò l'intorpidaria fresca, per vedere se si era indurita. «E naturalmente, anche tu hai mangiato e riposato?» Lessa si alzò dalle ginocchia di lui con un movimento fluido; i suoi occhi erano diventati quasi neri. «Io avrò il buon senso di andare a dormire quando sarò stanca. Tu continuerai a parlare con Robinton e Fandarel anche dopo aver discusso e ridiscusso lo stesso argomento fino alla nausea. E berrai... come se non avessi ancora imparato che solo un drago potrebbe bere di più di quell'Arpista e di quel Fabbro...» S'interruppe di nuovo, e la sua smorfia si mutò in un cipiglio pensieroso. «Ora che ci penso, faremmo bene ad invitare Lytol, se verrà. Mi piacerebbe sapere esattamente quali sono le reazioni dei Signori delle Fortezze. Ma prima... mangia!» F'lar obbedì ridendo, chiedendosi come mai poteva sentirsi all'improvviso tanto ottimista, quando era così evidente che i problemi di Pern tornavano ad appollaiarsi di nuovo sul cornicione del suo Weyr. IV Mezzogiorno al Weyr Meridionale. Kylara girò su se stessa davanti allo specchio, voltando la testa per scrutare la sua immagine snella e osservando come cadeva la pesante stoffa dell'abito rossocarico. «Lo sapevo. Gli avevo detto che l'orlo era irregolare,» disse, fermandosi di colpo di fronte alla propria immagine, scorgendo la sua affascinante smorfietta. Si esercitò a ripetere quell'espressione, trovò un atteggiamento che non le piaceva e, con scrupolo, si disse di non usarlo più inavvertitamente. «Un aggrottar della fronte è un'arma potente, cara,» le aveva detto e ripetuto la sua madre adottiva. «Ma coltivane uno grazioso. Pensa che cosa accadrebbe se il tuo viso si bloccasse in quell'espressione.» Si contemplò, affascinata, fino a quando si girò, cercando di valutare il proprio profilo, e scorse di nuovo l'ondeggiare dell'orlo colpevole. «Rannelly!» chiamò, spazientendosi quando la vecchia non rispose immediatamente. «Rannelly!» «Vengo, bamboletta. Le ossa vecchie non si muovono in fretta. Avevo messo i tuoi abiti a prendere aria. Quell'albero in fiore esala un profumo così dolce. Sì, è un prodigio, un albero di fellis così cresciuto.» Rannelly continuava sempre un monologo incessante, ogni volta che veniva chiama-
ta, come se il suono del suo nome le mettesse in movimento la mente Kylara era certa che fosse così, perché la sua vecchia nutrice esprimeva, come un'eco smorzata, solo ciò che udiva e vedeva. «Questi sarti non sono troppo abili, e così trascurati nelle finiture,» continuò a borbottare Rannelly, quando Kylara interruppe brusca le sue chiacchiere per esporle il problema. Espirò con una nota di basso, mentre s'inginocchiava e rivoltava la gonna imperfetta. «Sì, e guarda questi punti. Sono stati cuciti in fretta, e con il filo troppo lungo...» «Quell'uomo mi aveva promesso il vestito in tre giorni, e lo stava terminando quando sono arrivata. Ma ne ho assolutamente bisogno.» Le mani di Rannelly si fermarono, i suoi occhi si levarono verso la giovane donna. «Non ti eri mai allontanata dal Weyr senza lasciar detto niente...» «Io vado dove mi pare,» ribatté Kylara, pestando il piede. «Non sono una bambina, per doverti riferire i miei movimenti. Sono la Dama del Weyr Meridionale. Cavalco la regina. Nessuno può farmi niente. Non dimenticarlo.» «Non c'è nessuno che dimentichi come la mia bambola...» «Non che questo sia un Weyr come si deve, anzi...» «...e questo è un insulto alla mia figlia di latte, certo, essere...» «Non che a loro gliene importi, ma capiranno che non possono trattare una del Sangue di Telgar con tanta scortesia...» «... E chi è stato scortese con la mia piccola...» «Aggiustami l'orlo, Rannelly, e non metterci tutta la settimana. Devo fare bella figura, quando tornerò a casa,» disse Kylara, girando il busto e studiandosi i folti capelli biondi e ondulati. «L'unica cosa buona di questo posto orribile. Il sole mantiene lucidi i miei capelli.» «Come una cascata di raggi di sole, dolcezza mia, e io te li spazzolo in modo da farne risaltare tutto lo splendore. Te li spazzolo mattina e sera. Lo faccio sempre. Tranne quando tu sei via. Lui ti ha cercata, poco fa...» «Lascialo perdere. Aggiustami l'orlo.» «Oh, sì, questo posso farlo. Togliti l'abito. Ecco. Ooooh, mio tesoro, bamboletta mia. Chi è che ti ha trattata così! È stato lui a farti quei segni sul...» «Stai zitta!» Kylara scavalcò prontamente il vestito che le era caduto ai piedi, fin troppo conscia dei lividi che spiccavano sulla sua pelle chiara. Una ragione di più per indossare l'abito nuovo. Sebbene fosse senza maniche, copriva con le pieghe quasi completamente il grosso livido sul braccio
destro Poteva sempre attribuirlo ad una caduta. Non che le importasse un accidente di quel che pensava T'bor, ma si sarebbe risparmiata le recriminazioni. E poi, lui non sapeva mai quel che faceva, quando aveva bevuto troppo vino. «Non ne verrà niente di buono,» stava gemendo Rannelly, mentre raccoglieva l'abito rosso e cominciava ad avviarsi a passo strascicato verso il suo cantuccio. «Adesso appartieni al Weyr. Non può venirne niente di buono, quando quelli dei Weyr se l'intendono con quelli delle Fortezze. Resta fra i tuoi. Qui tu sei qualcuno...» «Stai zitta, vecchia sciocca. Il vero vantaggio di essere Dama del Weyr è che posso fare quello che voglio. Non sono mia madre. Non ho bisogno dei tuoi consigli.» «Sì, lo so,» rispose la vecchia nutrice con tanta amarezza che Kylara la fissò stupita. Ecco, aveva aggrottato la fronte in modo sgraziato. Doveva ricordarsi di non contrarre le sopracciglia in quel modo: le venivano le rughe. Kylara ripassò le mani lungo i fianchi, controllando le curve armoniose e passandosi una mano sul ventre piatto. Piatto anche dopo cinque marmocchi. Bene; non ce ne sarebbero stati altri. Adesso conosceva il sistema. Bastava restare in mezzo qualche attimo di più al momento giusto e... Piroettò, ridendo, levando le braccia verso il soffitto, di scatto, e sibilò quando il muscolo dolente le diede una fitta. Meron non doveva... Kylara sorrise, languidamente. Meron doveva, perché lei ne aveva bisogno. Lui non è un dragoniere, disse Prideth, svegliandosi. Il tono del drago dorato non era di critica: la sua era una constatazione. Soprattutto del fatto che Prideth si annoiava delle escursioni che la conducevano nelle Fortezze anziché nei Weyr. Quando il capriccio di Kylara la portava a far visita ad altri draghi, Prideth era d'accordo. Ma una Fortezza, con l'unica compagnia di un wher da guardia, atterrito e sconvolto, era tutta un'altra faccenda. «No, lui non è un dragoniere,» riconobbe Kylara, di slancio, mentre un sorriso di piacere le sfiorava, al ricordo, le labbra rosse e carnose. Le conferivano un aspetto misterioso e affascinante, pensò, chinandosi verso lo specchio. Ma la superficie era chiazzata, e quell'esame attento faceva apparire malsana la sua carnagione. Ho prurito, disse Prideth, e Kylara sentì che il drago regina si muoveva. Il terreno, sotto i suoi piedi, riverberò di quel movimento. Kylara rise indulgente e, con un'ultima piroetta ed una smorfia allo spec-
chio difettoso, uscì per grattare Prideth. Se almeno avesse trovato un vero uomo che sapesse capirla e adorarla come faceva il drago. Se, per esempio, F'lar... Mnementh è di Ramoth, notò Prideth, quando lei fece il suo ingresso nella radura che serviva da Weyr all'aurea regina nel Continente Meridionale. Il drago femmina aveva grattato via la coltre di terra dallo stato di roccia, poco al di sotto della superficie. Il sole del Sud riscaldava il lastrone di pietra, che anche nelle notte più fresche irradiava un piacevole tepore. Tutto intorno s'incurvavano i grandi alberi di fellis, profumando l'aria con i fittissimi fiori di un rosa acceso. «Mnementh potrebbe essere tuo, sciocca,» replicò Kylara alla sua bestia, grattandola con la spazzola dal lungo manico. No, io non contendo con Ramoth. «Ti affretteresti a farlo, se fossi in calore,» rispose Kylara, augurandosi di poter avere il coraggio per un simile colpo di mano. «Non è che ci sia mente d'immorale ad accoppiarti con tuo padre o a metterti in concorrenza con tua madre...» Kylara pensò alla propria madre, una donna troppo presto usata e gettata in disparte dal Nobile Telgar, che le preferiva compagne di letto più giovani e vitali. Oh, se non l'avessero trovata durante la Cerca, forse sarebbe stata costretta a sposare quell'idiota... come si chiamava? Non sarebbe mai diventata Dama di Weyr, non avrebbe mai avuto l'affetto di Prideth Grattò energicamente la pelle del drago femmina che, con un sospiro di sollievo, fece volare via dai ramoscelli tre grappoli di fiori. Mia madre sei tu, disse Prideth, volgendo i grandi occhi opalescenti sulla sua Dama, con un tono soffuso d'amore, ammirazione, affetto, reverenza e felicità. Nonostante le riflessioni che la turbavano, Kylara sorrise teneramente al suo drago. Non riusciva a restare in collera con Prideth, quando la guardava in quel modo. Prideth amava proprio lei, Kylara, escludendo tutte le altre considerazioni. Riconoscente, la Dama del Weyr grattò la sensibile arcata sopracciliare dell'occhio destro di Prideth, fino a quando le palpebre protettive si chiusero una ad una per la soddisfazione. La giovane donna si appoggiò alla grande testa a forma di cuneo, temporaneamente in pace con se stessa, con il mondo: il balsamo dell'amore di Prideth leniva il suo malcontento. Poi udì in lontananza la voce di T'bor che impartiva ordini ai cadetti, e si allontanò da Prideth. Ma perché doveva essere proprio T'bor? Era così
inefficiente. Non riusciva mai a farle provare ciò che le faceva provare Meron, tranne naturalmente quando Orth accompagnava Prideth nel volo nuziale e allora... allora era sopportabile. Ma Meron, anche senza drago, quasi le bastava. Meron era spietato ed ambizioso a sufficienza, e forse, insieme, avrebbero potuto dominare tutto Pern... «Buongiorno, Kylara.» Kylara non rispose al saluto. Il tono forzatamente gaio di T'bor le fece capire che era deciso a non litigare con lei, qualunque cosa avesse in mente al momento. Si chiese quale attrazione aveva mai esercitato su di lei, sebbene fosse alto e non brutto: i dragonieri brutti erano ben pochi. I segni sottili delle cicatrici lasciate dai Fili davano loro spesso un'aria canagliesca, ma non ripugnante. T'bor non aveva cicatrici, ma l'aria apprensiva ed il movimento inquieto degli occhi guastava l'effetto della sua figura. «Buongiorno, Prideth,» aggiunse T'bor. A me è simpatico, disse Prideth alla sua Dama. E ti è veramente devoto. Tu non sei buona con lui. «La bontà non serve a niente,» ribatté brusca Kylara, rivolta al suo drago. Con indolente riluttanza, si girò verso il Comandante del Weyr. «Che cosa c'è?» T'bor arrossì, come faceva sempre quando sentiva quella nota nella voce di Kylara. Lei faceva apposta per sconcertarlo. «Ho bisogno di sapere quanti Weyr abbiamo liberi. Lo chiede il Weyr di Telgar.» «Domandalo a Brekke. Come posso saperlo io?» Il rossore di T'bor si fece più profondo. L'uomo strinse i denti. «È consuetudine che la Dama del Weyr diriga personalmente...» «Che i Fili divorino la consuetudine! Lo sa Brekke. Non io. E non capisco perché il Weyr Meridionale debba continuamente ospitare tutti quegli idioti di cavalieri che non sono neppure capaci di schivare i Fili.» «Tu lo sai benissimo, Kylara, perché il Weyr Meridionale...» «Non abbiamo subito una sola perdita di alcun genere in sette Giri di Fili.» «Noi non abbiamo le Cadute continue e pesanti del continente Settentrionale, e adesso capisco...» «Beh, io non capisco perché i loro feriti debbano prosciugare di continuo tutte le nostre risorse...» «Kylara, non contestare ogni parola che io dico.» Sorridendo, Kylara gli voltò le spalle, soddisfatta di averlo quasi spinto
al punto di infrangere la sua puerile decisione. «Chiedilo a Brekke. A lei fa piacere svolgere le mie mansioni.» Girò la testa per vedere se T'bor aveva compreso esattamente oiò che lei intendeva. Era sicura che Brekke divideva il letto di T'bor, quando lei aveva altro da fare. Ancora più sciocca, quella Brekke, dato che spasimava per F'nor, come Kylara sapeva benissimo. La ragazza e T'bor dovevano avete delle fantasie molto interessanti: ognuno di loro immaginava di vedere nell'altro il vero oggetto del proprio amore infelice. «Brekke è meglio di te, e più degna di essere la Dama del Weyr!» disse T'bor con voce tesa e controllata. «Questa me la pagherai, mascalzone, pederasta,» gli urlò Kylara, infuriata da quell'inattesa rappresaglia. Poi scoppiò a ridere, al pensiero di Brekke nel ruolo di Dama del Weyr, o di amante esperta e appassionata come sapeva d'essere lei stessa. Brekke l'Ossuta, con il seno piallato come il petto d'un ragazzo. Caspita, persino Lessa sembrava più femminea! Il pensiero di Lessa gelò di colpo Kylara. Tentò nuovamente di convincersi che Lessa non avrebbe costituito un ostacolo al suo piano. Lessa, ormai, era troppo soggetta a F'lar, e smaniava dalla voglia di avere un'altra gravidanza, recitava la parte della diligente Dama del Weyr, troppo contenta per vedere ciò che accadeva sotto al suo naso. Lessa era una sciocca. Avrebbe potuto dominare su tutto Pern, se avesse voluto. Aveva avuto la grande occasione e se l'era lasciata sfuggire. Che stupidaggine, tornare indietro nel Tempo per andare a prelevare gli Antichi, quando avrebbe potuto avere la supremazia su tutto il pianeta, come Dama del Weyr dell'unica regina di Pern! Bene, Kylara non aveva nessuna intenzione di rimanere nel Weyr Meridionale, a curare docilmente i cavalieri feriti di tutto il mondo ed a coltivare acri ed acri di terra per tutti, tranne che per se stessa. Ogni uovo si schiudeva in un modo diverso, ma una spaccatura al momento opportuno accelerava le cose. E Kylara era prontissima a spaccare parecchie uova, a modo suo. Il Nobile Larad, Signore della Fortezza di Telgar, poteva aver dimenticato d'invitare lei, la sua unica vera sorella, alla cerimonia nuziale; ma non c'era motivo perché lei se ne rimanesse lontano quando la sua sorellastra sposava il Signore di Lemos. Brekke stava cambiando la fasciatura al braccio di F'nor quando questi sentì che T'bor la stava chiamando. La ragazza si tese al suono di quella voce, ed un'espressione di pietà e di preoccupazione le rannuvolò fugge-
volmente il viso. «Sono nel Weyr di F'nor,» rispose, girando la testa verso la porta aperta e alzando la voce leggera. «Non so perché ci ostiniamo a chiamare Weyr un fortilizio fatto di legno,» disse F'nor, stupito della reazione di Brekke. Era una fanciulla così seria, più vecchia della sua età. Forse essere Dama secondaria del Weyr, sotto Kylara, l'aveva invecchiata precocemente. F'nor era riuscito, finalmente, a indurla ad accettare le sue punzecchiature. O forse lei si sforzava semplicemente di assecondarlo, per tenerlo buono, pensò F'nor, durante la dolorosa medicazione della ferita. Brekke gli rivolse un lieve sorriso. «Un Weyr è là dov'è un drago, comunque sia costruito.» T'bor entrò in quel momento, chinando la testa, sebbene la porta fosse abbastanza alta per lui. «Come va il braccio, F'nor?» «Migliora, grazie alle cure esperte di Brekke. Ho sentito dire,» aggiunse F'nor, rivolgendo alla ragazza un sorriso malizioso, «che gli uomini mandati al Weyr Meridionale guariscono più in fretta.» «È per questo che ne tornano sempre tanti. Le assegnerò altri compiti.» T'bor parlò con un tono così rabbioso che F'nor lo fissò. «Brekke, quanti altri feriti possiamo ospitare?» «Soltanto quattro; ma Varena, all'Ovest, può sistemarne almeno venti.» Guardandola in viso, F'nor capì che sperava che i feriti non fossero tanto numerosi. «R'mart ha chiesto di poterne mandare dieci: uno solo è grave,» disse T'bor, ma era ancora risentito. «Sarebbe meglio se restasse qui, allora.» F'nor fece per osservare che secondo lui Brekke si stava prodigando troppo. Sebbene avesse pochi privilegi, si era assunta tutte le responsabilità che sarebbero dovute spettare a Kylara, mentre questa faceva ciò che più le garbava... si lagnava persino che Brekke schivava questo o quel compito. La regina di Brekke, Wirenth, era ancora abbastanza giovane per richiedere molte cure; Brekke allevava come figlia adottiva la giovanissima Mirrim, sebbene non avesse avuto figli e nessuno dei cavalieri meridionali, a quanto pareva, dividesse il suo letto. Eppure Brekke si addossava anche il compito di curare i dragonieri più gravi. Non che F'nor non le fosse riconoscente. Lei pareva dotata di un sesto senso, che le diceva quando c'era bisogno di rinnovare l'intorpidaria, o quando la febbre era alta e dava il
delirio ai suoi pazienti. Le sue mani erano miracoli di serena delicatezza: ma lei sapeva anche essere implacabile, quando si trattava d'imporre le cure ai feriti «Ti sarò grato del tuo aiuto, Brekke,» disse T'bor. «Sinceramente.» «Mi domando se non si dovrebbero prendere altri accordi,» propose F'nor. «Cosa vorresti dire?» Oh-oh, pensò F'nor, l'uomo è suscettibile. «Per centinaia di Giri, i dragonieri sono riusciti a cavarsela bene, nei loro Weyr. Perché quelli del Weyr Meridionale debbono addossarsi il peso inutile di tutti i feriti che vengono loro scaricati continuamente addosso?» «Benden ne manda pochissimi,» disse sottovoce Brekke. «Non mi riferivo soltanto a Benden. Metà degli uomini che sono qui ora provengono dal Weyr di Fort. Potrebbe starsene a crogiolarsi al sole sulle spiagge di Boll Meridionale...» «T'ron non è un comandante...» cominciò T'bor, in tono di disprezzo. «Quindi Mardra vorrebbe farcelo credere,» interruppe Brekke, con un'asprezza così inconsueta che T'bor la fissò, sorpreso. «Non sono molte le cose che ti sfuggono piccola signora,» fece F'nor, scoppiando a ridere. «È quello che dice anche Lessa, ed io sono d'accordo.» Brekke arrossì. «Cosa intendevi dire, Brekke?» chiese T'bor. «Soltanto che cinque degli uomini feriti più gravemente volavano nella squadriglia di Mardra!» «La squadriglia di Mardra?» F'nor lanciò un'occhiata acuta a T'bor, domandandosi se anche per lui quella era una novità. «Non l'avevi saputo?» chiese Brekke, quasi rabbiosamente. «Da quando D'nek è stato colpito dai Fili, lei fa volare..» «Una regina che mangia pietre incendiarie? È per questo che Loranth non si è levata per il volo nuziale?» «Non ho detto che Loranth abbia mangiato pietre incendiarie,» contestò Brekke. «Mardra ha ancora un pò di buon senso. Una regine sterile è meglio di una verde. E Mardra non sarebbe Dama principale del Weyr. No, adopera un lanciafiamme.» «Ad alta quota?» F'nor era stordito. E T'ron aveva il coraggio di sostenere che il Weyr di Fort era il baluardo della tradizione? «È per questo che tanti uomini vengono feriti, nella sua squadriglia: i
draghi volano vicini per proteggere la loro regina. Un lanciafiamme getta le fiamme verso il basso, ma non verso l'esterno e con un'ampiezza sufficiente per colpire