HORACE McCOY IL SUDARIO NON HA TASCHE (No Pocket In A Shroud, 1937) ISTRUZIONI PER L'USO Negli anni Trenta l'emigrazione...
12 downloads
672 Views
628KB Size
Report
This content was uploaded by our users and we assume good faith they have the permission to share this book. If you own the copyright to this book and it is wrongfully on our website, we offer a simple DMCA procedure to remove your content from our site. Start by pressing the button below!
Report copyright / DMCA form
HORACE McCOY IL SUDARIO NON HA TASCHE (No Pocket In A Shroud, 1937) ISTRUZIONI PER L'USO Negli anni Trenta l'emigrazione degli scrittori americani verso la mecca del cinema ebbe come conseguenza una gran quantità di romanzi che raccontavano la loro delusione: la letteratura era divenuta un'attività poco remunerativa ed erano stati spinti verso Hollywood dalla grande depressione e dai miraggi che la patria delle stelle e dei compromessi sapeva produrre. Ma insieme al denaro e alla notorietà regnavano anche la corruzione e il fallimento. Così le idee dell'America andavano a morire là, come pachidermi in processione sul «viale del tramonto» verso il loro cimitero pieno di ossa. Mentre Fitzgerald dichiarava la propria sconfitta piegandosi alle esigenze della moda e scrivendo Gli ultimi fuochi, ritratto malinconico e accattivante del mondo del cinema, e lasciava che passassero in secondo piano i suoi racconti caustici con protagonista Pat Hobby, uno sceneggiatore rovinato dall'avvento del sonoro, Nathanael West mandava al rogo la città capace di uccidere le speranze ne Il giorno della locusta, Christopher Isherwood pur di potersi permettere di continuare la sua attività letteraria cedeva alle lusinghe del denaro scrivendo soggetti la maggior parte dei quali non sarebbe mai stata girata, John Fante descriveva, in forma di parodia tinta di autobiografismo, l'affanno, gli incontri e le inevitabili sconfitte di un aspirante sceneggiatore. Hollywood era la patria delle idee sconfitte, dove la generazione bruciata degli anni Venti aveva trovato doloroso ricovero. Tra loro c'era anche Horace McCoy, intimo amico di Scott Fitzgerald, e inflessibile nel descrivere la decadenza e la dissoluzione sociale degli anni Trenta attraverso romanzi tinti di nero. Con Avrei dovuto restare a casa, del 1938, McCoy racconta l'emigrazione fatta di stenti, illusioni e disincanto di due aspiranti attori in una Hollywood che attira nella sua rete emarginati desiderosi di riscatto. Ma l'anelito di successo per Ralph e Mona si trasforma in una verifica amara dei propri limiti esistenziali. In quel romanzo McCoy utilizzò molte delle sue esperienze, visto che era lui stesso un emigrato, uno scrittore divenuto sceneggiatore in California. Nato in Tennesse nel 1897, Horace McCoy partecipò alla Prima Guerra
Mondiale e rimase a Parigi tra gli scrittori espatriati, stringendo amicizia con Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald. Nel 1931 si trasferì a Hollywood per lavorare nel cinema e vi morì nel 1955. Dotato di uno stile secco e molto dialogato, capace di un disincanto ironico e partecipato allo stesso tempo, McCoy ha scritto sotto forma di noir alcuni dei ritratti più crudi dell'epoca che ha vissuto. Dal suo Ai cavalli si spara, del 1935, Sidney Pollack trasse nel 1969 un film di grande successo: Non si uccidono così anche i cavalli? È la storia di un gruppo di uomini e di donne che, nella California del 1931, cercano di vincere la somma di 1500 dollari messa in palio per un'estenuante maratona di ballo. Il determinismo schiacciante che porta la protagonista, al culmine della fatica, a comprendere che qualsiasi somma non riuscirà a strapparla alla desolazione del suo destino, la spinge ad abbandonare la gara per convincere il suo occasionale compagno ad aiutarla a suicidarsi. Il romanzo di McCoy si inserisce in una corrente di naturalismo americano che tendeva ad attribuire al contesto un ruolo determinante nelle scelte etiche dell'individuo. La società degli anni Trenta appariva segnata da scelte e comportamenti individuali che spesso avevano la loro grandezza nel male e conducevano a un inevitabile e drammatico confronto con la morte. L'epopea dei gangster e delle dark lady produsse un intenso rimando tra letteratura del crimine e cinema: già allora l'industria cinematografica cominciò ad avvalersi in larga misura del contributo di scrittori di genere, preparando l'esplosione anni Quaranta delle pellicole tratte da Dashiell Hammett, Raymond Chandler e James Cain. I loro personaggi erano perciò in balia di una società degenerata che tendeva ad applicare le sue regole trascinandoli in un vortice tragico. Il rapporto problematico tra esperienza e scelta morale era spesso incarnato da un protagonista, buono o cattivo che fosse, che si trovava a combattere contro un'intera società la sua battaglia perduta in partenza (e vinta nella sconfitta). Da questo punto di vista il Mike Dolan de Il sudario non ha tasche, con la sua sete di verità e giustizia, con le sue contraddizioni bilanciate dal grande valore morale delle scelte che si è imposto, non è differente dai protagonisti negativi celebrati dal cinema anni Trenta, che nella propria ostinazione al male denunciavano la malattia di un'intera società. Il Paul Muni di Scarface o il James Cagney di Angeli con la faccia sporca, per fare due esempi noti, con la loro dolorosa perseveranza nel rimanere dalla parte sbagliata, incarnavano simmetricamente l'altra faccia nei possibili an-
tagonismi a una società priva di alternative intermedie. Ma in entrambi i casi si tratta di eroi, destinati al sacrificio individuale in nome di una salvezza collettiva. Anche Mike Dolan si avvia sin dall'inizio di questo romanzo per un percorso ineluttabile, disseminato di presagi della fine. Quello che lo rende unico è la sua determinazione morale, capace di riscattare persino la debolezza dei suoi istinti e l'irritante vanità con cui si sente superiore al contesto in cui vive. Ma, a differenza delle altre opere cinematografiche o letterarie del periodo, McCoy lascia emergere nel romanzo una forte identità politica. Al di là delle frequenti allusioni al comunismo, non è una prospettiva ideologica a muoverlo, ma la fiducia che comunque si possa e debba cercare un modo per riscattare una società avviata dalla corruzione verso un'inarrestabile caduta negli abissi magnetici della colpa. L'originalità di McCoy forse sta proprio in questo, nel costruire la perfetta negazione dell'idea di un riscatto individuale, o meglio borghesemente individualistico, e nel rifiutare un romantico intuito artistico come soluzione ai problemi per cedere esplicitamente il passo a quanto un'opera di fiction non può e non deve pretendere di fare: un discorso organicamente politico. D.B. PARTE PRIMA UNO Quando arrivò la chiamata del direttore Dolan sapeva perfettamente che stavolta lo scontro sarebbe stato inevitabile. Erano arrivati alla resa dei conti. Salì al piano superiore con la solita sensazione di disgusto. I giorni belli di Dana e Greeley erano finiti da un pezzo: allora sì che i giornali non avevano paura di nessuno, e si poteva scrivere che un figlio di puttana era un figlio di puttana e fregarsene di tutto il resto. Eh sì: fare il reporter era un'altra cosa. Adesso invece il paese era pieno di miserabili guerrafondai come Hearst e MacFadden, che battevano la grancassa del patriottismo per far crescere le tirature. Così sparavano i titoli in prima con Mussolini che era una specie di Giulio Cesare con i bombardieri e i gas, e Hitler un Federico il Grande armato di tank e circondato da una corte di piromani e omosessuali. Bastava fare scandalo, e poi per vendere andava bene qualunque cosa. Per non parlare del servilismo: «Ci scusi tanto signor sindaco, se non possiamo portarle i camion prima delle sei. Ma le assicuriamo che appena
consegnata l'ultima edizione saremo a sua disposizione...» «Oh, ma certo signor Delancey, comprendiamo perfettamente. E tutto chiaro: le due donne si devono essere gettate sotto l'auto di suo figlio. E sicuramente quell'odore di alcol sui vestiti del ragazzo non è altro che una malaugurata coincidenza: qualcuno al party gli avrà versato addosso un cocktail...» «Bastardi schifosi,» diceva Dolan fra sé mentre entrava nell'ufficio di Thomas. «Da dove salta fuori questa storia?» chiese il direttore agitando i due fogli del suo articolo. «Il pezzo funziona, e dovrebbe anche far rumore,» replicò Dolan. «Non me ne frega un cavolo: ti ho chiesto dove hai preso la storia,» insisté Thomas. «L'altro ieri, allo stadio: ero là per l'ultima di campionato. Cosa c'è che non va?» «Non va che sembra totalmente inverosimile.» «Già. È così vero che sembra inverosimile, il fatto che dei campioni si facciano battere in finale da una squadra di brocchi solo per vincere un sacco di soldi: questo è inverosimile. Non avrai intenzione di cestinarmi anche questo pezzo, spero.» «Invece è proprio quello che farò, ma non è solo di questo che volevo parlarti. Lasciamo perdere l'articolo: il problema è che l'amministrazione...» «Lasciamo perdere un bel niente!» lo interruppe Dolan. «Non possiamo cestinare una storia così. La squadra di baseball è marcia, dentro fino al collo. Fra l'altro, questa cosa non l'ho scoperta io, non abbiamo l'esclusiva. La sanno anche tutti gli altri giornali, e la metteranno nelle edizioni del pomeriggio. Sarà meglio che ci cauteliamo.» «È ancora da vedere se la pubblicheranno o no,» replicò Thomas. «Magari non è una storia così terribile.» «Lo è, lo è. Lo è almeno quanto il vecchio scandalo dei Black Sox. E se allora quella storia non fosse venuta fuori, il baseball sarebbe finito.» «Sì, e Landis sarebbe ancora un piccolo giudice sconosciuto. No, Mike, non ci siamo. Ora stammi a sentire,» fece Thomas scuotendo la testa. «È assurdo che ci mettiamo a discutere ogni volta che ti viene in mente di usare il giornale per versare la tua bile su qualcuno. La nostra testata ha uno stile.» «Ah, certo. Conosco il nostro 'stile': è lo stesso di tutti gli altri giornali di questa fottuta città e di questo fottuto paese. Buoni solo a farsela sotto da-
vanti a chi ha il potere.» «Ma perché devi sempre offendere gli altri, e cercare di sollevare polveroni?» «Io non voglio sollevare niente: è che la storia che ti ho passato è uno scoop, e tu continui a non voler pubblicare tutte le notizie importanti. Come la settimana scorsa, con quella storia del figlio di Delancey.» «Quella l'ho lasciata perdere perché non mi sembrava giusto rovinare la reputazione di un bravo figliolo.» «Sì, eh? Ma il tuo 'bravo figliolo' aveva rovinato la vita a un paio di innocenti. Era ubriaco marcio quando ha tirato sotto quelle due poverette sul marciapiede. Ce l'ha proprio messa tutta per farle fuori. Solo che suo padre è il nostro primo inserzionista. Certamente, questo particolare non c'entra nulla con il fatto che abbiamo taciuto su tutta la storia...» «Adesso mettiti a fare il Don Chisciotte,» lo interruppe Thomas. «Ah, è così che la pensi?» disse Dolan, stringendo per la rabbia le labbra sottili. «E cosa ne dici di due settimane fa, quando avevo quella storia sul Ku Klux Klan?» «Il Klan è finito: morto e sepolto. Quelli non erano il Klan.» «Allora i Crociati, chiamali come ti pare. Una rosa non è la sola cosa che ha sempre lo stesso odore anche se la chiami in un altro modo, e questi indossavano lenzuoli, elmetti e tenevano riunioni segrete.» «Guarda che ti ho già detto che questa faccenda dei Crociati non è roba di cui si possa parlare in città. Lascia perdere, e prima te la dimentichi meglio è per tutti quanti. Non fare il riformatore.» «Dio, il riformatore! Non la smetterai più con questa stronzata? Per quello che mi interessa la gente può fare l'accidente che crede, anche in mezzo alla strada. Questo non c'entra: c'entra che il coraggio di dire che razza di bastardi amministrano questa città non ce l'avete. E quando ti ho portato la storia su quel porco del governatore, riferita e controfirmata da quell'altro alcolizzato del nostro deputato al congresso? Cos'è successo allora? Niente! E lo scandalo del baseball? Ti ho messo in mano una notizia bomba, ti ho dato le prove, e tu sei saltato fuori con un mucchio di fesserie sul fatto che non dovevo illudermi di riformare il mondo. Intanto, centinaia di ragazzi che vanno allo stadio a vedere tutte le partite, credono nello sport e sono disposti a baciare la terra dove i loro idoli mettono i piedi, si fanno prendere per i fondelli da quattro imbroglioni. Cosa ne dici di questo?» Ormai urlava.
«Dico che sei un Don Chisciotte, Mike. Mettiti tranquillo, e lascia perdere.» «Al diavolo, dovrei stare tranquillo! Questo non è un quotidiano indipendente, è uno schifoso organo di partito.» «Va bene allora. Va bene,» disse Thomas con la faccia alterata. «Sono stato ad ascoltarti perché credevo di farti cambiare idea. Avevo delle speranze, lo ammetto. Mi illudevo che avresti capito prima o poi, che saresti diventato un po' più saggio, o almeno più furbo. Se solo sapessi quante volte mi sono battuto per evitare che l'amministrazione ti licenziasse. Quante volte mi hanno chiesto di sbatterti fuori. Non lo sapevi, eh? Allora dai un po' un'occhiata a questo.» Thomas prese una velina dal mucchio delle comunicazioni interne. «Leggi, forza.» Dolan lesse: THE DAILY TIMES-GAZETTE comunicazione interna Data: 10 marzo A: Sig. Thomas Da: Sig. Womack Oggetto: Michael Dolan Il signor Luddy dei Display ha chiamato ieri il negozio di articoli sportivi «O'Hearn» per il rinnovo del contratto. Come lei sa, si tratta di uno dei nostri maggiori inserzionisti. O'Hearn si è rifiutato categoricamente di trattare i termini del nuovo contratto perché sostiene che Dolan deve alla ditta 154 dollari e 50 da più di un anno. Il debito è relativo all'acquisto mai pagato di palle e mazze da golf, racchette da tennis ecc. O'Hearn non desidera fare affari con noi finché i nostri dipendenti non pagano i debiti. Urgente parlarne con lei. «E questo non è niente,» aggiunse Thomas, «qui è un continuo ricevere comunicazioni dall'ufficio contratti per i soldi che devi ai nostri inserzionisti.» «Davvero roba grossa!» fece Dolan ironico. «Ma sì, ammetto di avere qualche debito, ma se il problema è questo, allora è meglio che l'ufficio contratti si preoccupi dei debiti che ha il giornale. I debiti verso i lettori.» «Non ho voglia di tornarci sopra,» lo interruppe Thomas. «Diciamo pure che abbiamo punti di vista diversi, noi due. Magari ti faccio un favore, a
licenziarti.» «Tu non puoi licenziarmi,» rispose gelido Dolan, «per la semplice ragione che mi licenzio io. Da questo momento.» Dolan stava vuotando la sua scrivania quando la porta si aprì ed entrò Eddie Bishop. Bishop era redattore alla nera: quindici anni trascorsi fra la stazione di polizia e i luoghi dei delitti. Somigliava a Pat O'Brien, solo che il giornalista lo aveva fatto per davvero, e non nei film. C'era con lui una ragazza. «Cosa sento!» fece Bishop. «Un uccellino mi dice che ci lasci.» «Ti dice giusto,» replicò Dolan, squadrando rapidamente la ragazza dalla testa ai piedi (l'ufficio era piccolissimo, e le tre persone quasi si toccavano). Aveva le labbra rosse, le più sensuali labbra rosse che lui avesse mai visto. «Myra Barnovsky,» disse Bishop con aria sorniona. «Myra, questo è Mike. Dovresti conoscerlo.» «L'ho vista in qualche commedia al Little Theatre,» disse la ragazza tendendo la mano. «Recita bene.» «Grazie,» disse Dolan. Mentre le stringeva la mano si rese conto che arrossiva, e sentì come un brivido lungo la schiena. Chissà perché, era imbarazzato, ma la ragazza sembrava non accorgersene. «Cosa cavolo è successo?» chiese Bishop. «Ti hanno fatto storie, eh?» «Come sempre: il solito articolo che non va bene.» «Be' Mike, io ti invidio. Sul serio. Hai un bel fegato a mandarli al diavolo. Lo avrei fatto da un pezzo anch'io, se non avessi famiglia. Se non fosse per mia moglie e mia figlia glielo avrei già detto da un secolo a Thomas dove può cacciarsi il suo bel giornale di merda.» «Non volevamo disturbarla,» si intromise Myra rivolta a Dolan, «continui pure con il suo lavoro.» «Se è per questo, ho finito,» disse Dolan. «Non mi resta molto da fare qui. Stavo solo riprendendomi la mia roba.» «E adesso, cosa conti di fare?» «E che ne so. Devo ancora fare mente locale. Tutto è successo così in fretta: non so neppure se ho fatto bene o male.» «Ora non si abbatta, però,» disse la ragazza. Dolan non riusciva a togliere gli occhi da quelle labbra. Erano la cosa più rossa che avesse mai visto. «Hai fatto bene, Mike, dai retta a me,» fece Bishop. «Al tuo posto sarei orgoglioso. Puoi ancora guardarti nello specchio senza sentirti un verme,
puoi avere rispetto di te stesso.» «Almeno quello,» disse Dolan scuotendo la testa. Non riuscì a sorridere a Bishop. Eppure quell'uomo gli piaceva, gli era sempre piaciuto. Era il solo amico che avesse al giornale, quel tipo di collega a cui puoi andare a chiedere come si scrive Goethe o Beethoven senza che dopo rida alle tue spalle. Ora di colpo avrebbe voluto che Bishop fosse venuto solo. Senza quella ragazza, che non conosceva ma che lo turbava ogni volta che gli rivolgeva la parola, facendolo sentire ridicolo. Gli sarebbe piaciuto poter sedere insieme a lui, e confessargli che i tempi del sorriso e dell'indifferenza erano finiti, che aveva una maledetta paura, si sentiva solo e non sapeva che fare. Quello di giornalista era l'unico mestiere che conosceva. Forse sarebbe stato meglio tornare da Thomas, chiedere scusa e promettere di comportarsi bene d'ora in poi. Di tenere la bocca chiusa. Ma Bishop non era venuto solo. C'era quella ragazza. «Vedrai, andrà tutto bene. Ci vediamo a pranzo,» si accomiatò Bishop. «Forse è meglio che non lo lasciamo solo,» intervenne Myra, tenendogli gli occhi addosso. «Forse sta pensandp di tornare dal suo capo, di coprirsi la testa di cenere e pregarlo di ridargli il posto. Così, tanto per essere sicuri che non lo faccia, invitiamolo con noi.» Dolan la guardò trasalendo. Gli aveva letto nel pensiero. «Oh, non si sorprenda. Ce l'ha scritto in faccia, quello che pensa. Guarda come è strana la vita,» fece poi, rivolta a Bishop. «Pensa solo se questa mattina me ne fossi rimasta un po' di più a letto, o due minuti di più in bagno. O se avessi perso l'autobus, o mi fossi fermata come sempre a prendere il caffè. E questo è davvero un caso, non mi succede mai di saltare la colazione. Non sarei stata qui in questo preciso momento, e Dolan avrebbe di sicuro fatto marcia indietro e avrebbe cercato di riprendersi il suo lavoro. E probabilmente ci sarebbe riuscito. Ma ora invece non lo farà. Non è vero, Dolan? E non è strano?» «Be', in un certo senso lo è,» rispose Dolan, provando ancora quel brivido, e guardandola con lo sguardo di un uomo che sente che la donna che ha davanti potrebbe essere sua, solo che lui lo volesse. Pensò che il suo corpo nudo in un letto doveva essere stupendo. Era una donna fatta per il sesso, ma in quell'attimo Dolan sentì con ripugnanza che sarebbe stato come fare l'amore con un meraviglioso cadavere. Era questo che l'aveva fatto trasalire, e Dolan comprese allora il perché di quel brivido quando le aveva toccato la mano. All'improvviso gli fu chiaro ciò che sia pure confusamente lei aveva cercato di fargli capire con tutto quel discorso sui casi della vi-
ta. Anche lei era turbata, ed era stato il suo modo di comunicarglielo. Ora, in quella frazione di secondo, aveva capito tutto. Lei aveva provato la stessa sensazione che aveva provato lui. «Sì, è vero,» pensò Dolan. «Se si fosse fermata un attimo di più a prendere un caffè...» «Sono pronto,» concluse, riscuotendosi dai suoi pensieri e raccogliendo le sue cose per uscire. Myra Barnovsky lo fermò sull'uscio. Lo guardò con un sorriso. «Dia una bella occhiata a questo posto. Ho come l'idea che sarà l'ultima volta che lo vede.» DUE Pranzarono tutti e tre al Rathskellar. Più tardi, nel pomeriggio, Dolan si recò alla Keystone Publishing Company per incontrarsi con George Lawrence. Era il boss della casa editrice, e pubblicavano prevalentemente opuscoli pubblicitari per ditte di vario genere, dalle assicurazioni alle automobili. «Le volevo parlare per questo, signor Lawrence,» cominciò Dolan. «Lei ha una grossa tipografia e io una buona idea per fare una nuova rivista.» «E il suo lavoro al giornale?» Lo interruppe Lawrence. «Stop. Chiuso. Ho lasciato: è una strada che non mi portava da nessuna parte.» «E che tipo di rivista ha in mente?» «Oh, una specie di New Yorker. Magari non così sofisticato. Non ho ancora ben chiari tutti i dettagli, ma direi delle rubriche di cronaca e di svago, e ogni tanto un bell'artìcolo di fondo che parli chiaro.» «Cosa intende per 'parlar chiaro'?» «Oh, be'... tutto quello che succede: politica, sport. Stare attenti a quello che combina la gente, insomma.» «Mi sembra più roba da quotidiani.» «In teoria: ma in pratica non c'è nessuno che lo fa. Hanno paura, anche se la chiamano diplomazia.» «Un bell'eufemismo,» ironizzò Lawrence. «Quante copie vuole, e che carta dobbiamo usare?» «Aspetti un momento. Forse non mi sono spiegato: non sono qui perché voglio pagarla per stamparmi un giornale. Voglio che lo finanzi lei, e io voglio dirigerlo e scriverci.» «Be', avevo proprio capito un'altra cosa,» fece Lawrence aggrottando la
fronte. «Mi spiace. Non voglio la responsabilità di un giornale. Troppe grane.» «Ma lei non avrà nessuna responsabilità!» incalzò Dolan. «Mi occuperò io di tutto.» «Sì, eh? Ma i soldi ce li metto io: e lei questa come la chiama?» «Diciamo che lei ci mette la carta e la stampa e io mi occupo di tutto il resto: redazione, distribuzione, pubblicità...» «È inutile, Dolan: mi dispiace, ma non me la sento proprio.» «Ma lei è l'unica persona in città ad avere i mezzi per farlo! Non le verrebbe neppure a costare molto: ha la carta e le macchine, e un giornale come questo la farebbe guadagnare bene. Senza contare che i quattrocentomila abitanti di questa città potrebbero respirare finalmente un po' d'aria pulita: ma lasciamo perdere questo. Visto che lei è un uomo d'affari, le faccio esclusivamente una proposta d'affari. Se ci sta, le garantisco duemila copie vendute fin dal primo numero. Non è da sputarci sopra, mi pare.» «Questo no.» «E farò molto di più,» riprese Dolan. «Rivolterò questa città come un guanto e tutti vorranno sapere.» «Non le sembra di puntare un po' troppo in alto?» chiese Lawrence. «Qualcuno doveva pur decidersi prima o poi.» La voce di Dolan era dura. «Si farà un bel po' di nemici potenti.» «Può scommetterci, signor Lawrence. Un giornale così finirà conservato allo Smithsonian fra le specie rare. E sa perché? Perché in questo paese non c'è un solo porco giornale che abbia rispetto per i propri lettori. Sono tutti ammanicati con i gruppi politici e legati mani e piedi agli interessi degli inserzionisti. Stia a sentire: questa è un'occasione unica. Certo che ci faremo dei nemici. Le posso assicurare fin d'ora che tutti i ladri e i corrotti ci odieranno. Ma le persone per bene saranno con noi.» «Le brave persone non contano niente,» fece Lawrence scuotendo la testa. «E il punto è proprio questo! Saremo noi a farle contare.» Dolan si stava scaldando, perché Lawrence titubava e non bisognava mollare. «E in tutti i casi, non è che voglia dedicare tutto il giornale a mettere la città a ferro e fuoco. Principalmente dovrebbe essere un periodico di una certa classe, che possa piacere a gente tipo quella che abita a Weston Park. Poi, ogni tanto tiriamo fuori le unghie e diamo il colpo.» «Guardi, Dolan, che ho capito benissimo la sua idea, e in un certo senso
la condivido. Però non me la sento. Si tratta di tirar fuori un sacco di soldi, e non li ho. E poi ci sono troppi rischi.» «Va bene. Quanto pensa che costerà fare uscire il primo numero?» «Così sui due piedi non ne ho idea.» «Approssimativamente.» «Che formato avrebbe?» «Diciamo come il New Yorker. Circa ventiquattro pagine.» «Vediamo un po'...» mormorò Lawrence concentrandosi sul calcolo. «Direi che con millecinquecento dollari si coprono le spese di duemila copie.» «Allora senta: se io riuscissi a mettere assieme i millecinque e il primo numero fosse un successo, cambierebbe qualcosa? Si convincerebbe a finanziarmi?» «Be'... può essere che...» «Allora ci risentiamo,» troncò Dolan, e uscì dall'ufficio. TRE Quella sera, alle prove di Meteor, Dolan bloccò Johnny London nel suo camerino. Due generazioni prima il nonno di London aveva costruito la prima capanna di tronchi nel luogo dove ora c'era la grande Colton, e il palazzo di venti piani dei London che dominava la città sorgeva nel punto esatto della vecchia capanna. «Non scherzare, Johnny. Cosa diavolo sono millecinquecento dollari per uno come te? Hai tutti i soldi che vuoi.» «Tu sei fuori di testa, Mike. Non sono mai stato così in bolletta.» Johnny cercava di arginare l'insistenza di Dolan. «Senti: non hai idea di quanto mi secchi chiederti ancora di aiutarmi, ma per te millecinque sono niente, mentre per me è una questione di vita o di morte.» «Ma si può sapere a che accidente ti servono tutti quei soldi?» «Per fare un periodico. Se me li presti diventi socio al cinquanta.» «Dio. Non oso immaginare che cavolo di periodico hai in mente. E il tuo lavoro al giornale?» «Mollato,» rispose Dolan. «L'ho mollato stamattina.» «Hai fatto una bella stronzata,» disse Johnny scuotendo la testa. «Proprio adesso che stavi sfondando. In città tutti leggevano la tua rubrica.» London cambiò tono di colpo: «Ehi, guarda! sta arrivando David.»
«Per favore, ragazzi: muovetevi,» li apostrofò David, irrompendo nel camerino. «Sta per iniziare l'ultimo atto, e tutti aspettano voi.» «Stavamo discutendo un piccolo affare,» ribatté Dolan seccato. «Ti spiace lasciarci tranquilli un momento?» «Benissimo: ora che avete proprio finito, volete andare in scena?» «Non abbiamo affatto 'proprio finito',» disse Dolan. «Ora veniamo,» tagliò corto Johnny. «Tante grazie, cari, ma sbrigatevi!» David uscì soddisfatto. Dolan era sul punto di esplodere: «Con quale diritto viene a dirci quello che dobbiamo fare? Questa è una compagnia filodrammatica, e nessuno becca un centesimo per recitare.» «Lascialo perdere, Mike. Sai che è fatto a suo modo.» «Non mi frega niente che sia una checca: mi dà fastidio solo quella sua fottuta arroganza.» «Ma è tutto fumo: e poi, come attore ti ammira molto. Ricordati che sei la star dello spettacolo. È meglio che vai in scena e dai il buon esempio a tutti gli altri.» «E per questo prestito, insomma? Cosa hai deciso?» «Ora vai, Mike. Ne parliamo dopo.» «Ne parliamo dopo un accidente. Johnny, per me quei soldi sono vitali.» «Dolan!» tuonò una voce dalla sala. «È il Maggiore,» disse Johnny. «È meglio che tu vada.» «Posso avere l'onore di parlarti un momento, Dolan?» La voce del Maggiore era diversa dal solito. «Ma certo,» bofonchiò Dolan, avanzando sul palcoscenico fino al punto in cui stava seduto il regista con David e altri due tirapiedi. «Lo sai o no che mancano solo sei giorni di prove alla prima?» lo apostrofò il Maggiore furibondo. «Lo so.» «E che c'è ancora un casino di roba da fare, e se tu volessi collaborare sarebbe meglio?» «Ho intenzione di farlo, non ho mai detto il contrario.» «Ho prodotto questa commedia per avere te come protagonista. Hai rotto le scatole a tutti due anni per avere questa parte, ora il minimo che puoi fare è impegnarti per far venire fuori uno spettacolo decente. Ti si chiede solo di essere corretto.» «Stavo solo a parlare un attimo con Johnny.»
«Questo non giustifica la maniera in cui hai trattato David.» «Chiedo scusa. Ho tanti guai per la testa.» «Okay, okay: ma ora dimenticali e prova a concentrarti sulla commedia. Va bene, ragazzi!» Il Maggiore si rivolse alla troupe. «Ora andiamo con l'ultimo atto.» Le prove si protrassero fin dopo mezzanotte. «Né bene né male,» commentò alla fine il Maggiore. «Potete fare molto meglio. Vi conviene dare una ripassata alle parti - soprattutto tu, April - e ci vediamo domani sera alle sette e mezzo. Buonanotte a tutti.» «Soprattutto tu, April,» Dolan le ripeté mentre gli altri rompevano le righe. «Neanche tu sei stato da sballo,» replicò la ragazza. «Certo, in una scena non sei stato male, e ti resta da riprovare la più importante, dove di solito vai alla grande.» «D'accordo, non ero al top,» ammise Dolan, «ma questa parte mi va come un guanto. Certo, se tu mi piangessi sulla spalla invece che sulla guancia, mentre fai il tuo monologo strappacuore... sai che il sapore delle lacrime non mi piace.» «La prossima volta cercherò di ricordarmelo,» disse April allegramente. «Sarà meglio che te ne ricordi bene la sera della prima, o mando a monte la tua scena davanti a tutti. Ci puoi scommettere. Devo riaccompagnarti a casa stasera?» Dolan cambiò bruscamente discorso. «Voglio dire, fino all'ingresso naturalmente, per farti scendere senza che tuo padre mi veda.» «Come mi hai accompagnata qui puoi anche riportarmi,» fece lei. «Veramente sei salita davanti al drugstore. Comunque mi sono offerto perché non so se il tuo fidanzato di sangue blu verrà a prenderti o no. O forse non ha finito la sua riunione d'affari? Gesù Cristo, se non parte bene il ragazzo. Niente di meglio che farli crescere per tempo.» «Allora, dove si va stasera?» li interruppe Johnny. «A casina,» rispose Dolan. «April ha mal di testa.» «Ma io non...» intervenne la ragazza senza capire, ma a un'occhiata di Dolan si bloccò. «Non è vero, April?» Lei annuì. «Peccato,» fece Johnny, «proprio l'unica sera in cui puoi uscire.» «April, ti spiace aspettare un attimo?» disse Dolan prendendo l'amico da parte. «Devo dire due parole a Johnny.» «D'accordo...» I due si allontanarono di qualche passo. «Allora? Che mi dici di quel
prestito?» «Guarda che arriva il tuo amichetto,» fece Johnny invece di rispondere alla domanda. Era David: «Scusa Mike, vorrei parlarti,» disse. Johnny aspettava solo l'occasione per andarsene. «Mi sembra di capire che hai bisogno di soldi, Mike,» cominciò David. «Ti servirebbero millecinquecento dollari?» «Fantastico! Pare che Johnny affitterà una radio per farlo sapere a tutta la città,» lo interruppe Dolan contrariato. «Non me lo ha detto Johnny. Allora, ti servono o no?» «Che domande. Sì, ma...» «Be', non preoccuparti. Te li darò io domattina.» Dolan era sbalordito. Balbettò un grazie. «È... è un po' imbarazzante.» «E perché?» «Non mi sembra che tu e io siamo tanto in confidenza da...» «Ma solo per colpa tua,» replicò David. «Nonostante quello che dicono, non sono poi un verme completo.» «No di certo...» Dolan era sempre più in imbarazzo. «Ma almeno, lo sai perché mi servono?» «Sì, questo me lo ha detto Johnny. Per me va bene.» «Allora ti faccio socio al cinquanta.» «Non ce n'è bisogno.» «Come no? È tuo diritto,» riprese Dolan. «Adesso sono io che insisto: faremo un contratto. L'affare può andare bene, e se dividi i rischi dividi anche i proventi.» «Facciamo come vuoi tu. Intanto, domani mattina passa in teatro che ti do l'assegno. O preferisci contanti?» «Non fa differenza,» rispose Dolan ancora incredulo. «Vedi, mi servono davvero quei soldi più di quanto me ne siano mai serviti in vita mia, ma è giusto che tu sappia di quale reputazione io godo a questo proposito.» David abbozzò un sorriso: «Pensi che non lo sappia? Sei indebitato praticamente con tutta la città. Scommetto che bussando a tutti i tuoi amici non riusciresti a farti prestare in totale più di dieci dollari. Per non parlare dei negozianti: ti sfido a trovarne uno che ti faccia dieci cents di credito. Anzi, se vuoi la verità, Johnny non mi ha chiesto di prestarti dei soldi: mi ha detto solo che glieli avevi chiesti e che pensava di divertirsi alle tue spalle facendoti credere di essere così fesso da darteli.» Dolan non capiva più niente. «Come fai a sapere tutto questo di me?» «Lo sanno tutti, mio caro. Perché credi che ti capitino tutti questi guai
con le ragazzine per bene di Weston Park? Perché sei bruciato, e nessun padre di qualche bella debuttante permetterebbe più alla figlia di uscire con te. Lo sapevi questo?» «Sapevo che un paio di loro...» «No, Mike, non è un paio di loro. Qui tutti parlano di te. Ti sei fatto la fama dell'enfant terrible con una spiccata predilezione per i guai. Tu sei un cane sciolto, ti piace l'avventura. Sei ambizioso, e questo posto ti va stretto.» «Un momento, un momento. Che accidenti stai dicendo?» «La verità,» ribatté David tranquillamente. «Finora sei riuscito a cavartela grazie al tuo tocco di genio e alla tua personalità. Piaci alla gente, e hai questo fisico da dio greco. Dimmi una cosa: perché hai cominciato a frequentare il Little Theatre?» «Non me lo sono mai domandato.» «Te lo dico io, allora: ti mancava il palcoscenico, e per istinto ci sei arrivato.» «Mike!» li interruppe la voce di April. «Vengo subito.» Dolan si rivolse a David: «Voglio che tu sappia che terrò conto di quanto mi hai detto.» «Per cinque minuti,» David sorrise di nuovo. «Vai, April ti chiama. Ti aspetto domattina a teatro.» «Grazie. Grazie davvero.» «Quando vuoi, dopo le dieci,» lo salutò David. Dolan continuò a ringraziare mentre si allontanava. «Mi sono sentito in colpa ad accettare quei soldi,» fece Dolan mentre guidava verso Weston Park. «Non vedo perché: è solo un prestito,» lo contraddisse April. «Sì, ma... a dire il vero David non mi è mai piaciuto. L'ho sempre ignorato, e ora non mi va di sentirmi in debito con lui.» «E perché è così checca? Poveretto. Non è colpa sua.» «Non è questo il punto. Non so, mi pare tutto tanto assurdo. È l'ultima persona al mondo a cui avrei mai pensato di chiedere del denaro.» «Ma se è ricchissimo! I suoi vengono dal Rhode Island... Ma scusa: perché prima non li hai chiesti a me?» «Figurati: ti devo ancora un sacco di soldi.» «E probabilmente sono l'unica fra i tuoi creditori che riuscirà a farsi pagare,» disse April ridendo, e anche lui si mise a ridere: «Penso proprio di
sì,» rispose. «Se non mi avessi prestato i soldi per l'ultima rata si sarebbero ripresi anche questa carretta. Ci facciamo un hamburger?» propose infine Dolan indicando lo «Hot Spot», un drive-in dove si riunivano i giovani nottambuli, uno dei pochi in città a restare aperto fino al mattino. «D'accordo,» approvò April, di buon umore. «Con dentro tutto?» chiese Dolan spegnendo il motore. «Tutto. A meno che...» «Due hamburger e due coche.» Dolan stava già ordinando alla cameriera. «Completi?» «Meglio di no,» rise lui. «Niente cipolla su tutti e due.» «Sai,» cominciò April facendosi seria quando la ragazza si fu allontanata, «a volte mi domando perché non ti ho sposato.» «Dio mi è testimone che le ho provate tutte, ma pare che il tuo vecchio abbia altri progetti. Temevo che gli venisse un colpo il giorno in cui mi ha convocato nel suo ufficio per dirmi di togliermi dai piedi. È stato lui che ha scelto Menefee per te?» «Non essere acido,» lo interruppe April, «Roy è un bell'uomo.» «Già, e ha un'ottima posizione. E poi la famiglia è una delle migliori del mazzo, e lui ha studiato a Yale ed è presidente dell'Aster, il club più esclusivo della città. So tutto, ma la mia domanda era un'altra: come l'hai pescato?» «L'ho conosciuto quando ero al college a New York.» «Capisco. Ma è un bravo ometto come me? Su, puoi confessarmelo.» «Non so di che parli.» «Bugiarda,» la incalzò Dolan ridendo. «Lo sai eccome.» «Mike Dolan, sei il solito disgustoso figlio di puttana!» April si finse offesa. «Ma se proprio vuoi saperlo... in confidenza, no.» «Queste notizie fanno sempre piacere. Bene: fra due settimane sarai una donna sposata. Lui terrà fra le braccia questo splendido corpicino e io sarò a casa come un idiota ad augurargli tutto il male possibile.» «Questa si è recitazione.» «Col cavolo, April: io speravo davvero che la nostra storia potesse funzionare. Non che sia innamorato di te, ma Dio solo sa quanto mi piaci. Peccato che non sia all'altezza della tua famiglia.» «Ora smettila, Mike: sai benissimo che questo non c'entra per niente.» «Lo credi davvero? Ma se sono un pezzente! Il mio vecchio fa il commesso in un drugstore: chi mi credo di essere per aspirare alla mano di A-
pril Coughlin l'ereditiera? Quando tuo padre mi ha detto queste stronzate stavo per spaccargli la faccia.» «Smettila, ora: stai diventando melodrammatico. Non mi piaci quando fai così. Guarda: ci sono Jess e Lita.» «Dove li vedi?» «Proprio dietro di noi. Ciao ragazzi!» salutò April. «Ehi, che sorpresa! Come stanno la nostra Lynn e il nostro Alfred?» chiese per scherzo Lita. «Direttamente da teatro?» continuò scendendo dall'auto, seguita da Jess. «Ti presento la signora Fantanne e il signor Lunt, i protagonisti della nostra commedia.» Jess salutò ridendo. «Ciao,» disse Dolan. «Come è andata la prova?» chiese Lita. «Bene. Dovevate vedere April piangere nella scena madre,» rispose Dolan. Jess gli fece cenno di scendere dall'auto. «Scusatemi un momento, ragazze,» disse Dolan, e raggiunse l'altro a qualche passo di distanza. «Mike,» cominciò Jess abbassando la voce con un certo imbarazzo, «abbiamo fatto la riunione stasera.» «Stasera! Ma non doveva essere per domani?» «No, era stasera,» Jess parlava a voce bassissima. «Be', se continui a scuotere la testa in quel modo non c'è bisogno che ti chieda come è andata,» fece Dolan con sarcasmo. «Fa niente Jess, vecchio mio. Non prendertela troppo a cuore.» «Mi dispiace, Mike.» «Lascia stare. Non è la prima volta che mi sbattono la porta in faccia. Così,» disse Dolan quasi rivolto a se stesso, «il prestigioso Aster Club non mi avrà.» «Mike, credimi. Ho fatto tutto il possibile, ma basta un solo parere negativo...» «Certo, Jess. Non preoccuparti. Ho sbagliato io, non avrei dovuto nemmeno far domanda.» «Jess...» chiamò Lita, «per favore, puoi ordinare?» «Grazie comunque,» concluse Dolan. «Mike!» lo apostrofò Lita quando fu nuovamente seduto in macchina, «April mi ha detto che hai lasciato il giornale.» «È vero.» «Vuoi dire che non farai più neanche le radiocronache di wrestling?»
«Immagino di no.» «Ma è terribile! Pensa che quando sapevo che c'eri tu rimanevo in casa apposta per sentirti.» «Permesso, scusi,» li interruppe la cameriera passando davanti a Lita con i sandwich. «Che diavolo ti importa di entrare in quel fetente di Aster Club?» gli chiese April mentre l'auto correva sotto il grande arco di pietra che segnava i confini di Weston Park, i cancelli del paradiso. «È pieno di snob che sanno solo parlare dei soldi di papà.» «Lo so benissimo. Eppure...» «Non pensarci più,» disse lei prendendogli la mano destra e mettendosela fra le ginocchia, «che ti importa? Dimentica.» Gli strinse la mano con le gambe. «Va bene,» le sorrise Dolan, mentre con le dita le accarezzava l'interno di una coscia. «Maledizione, sei magnifica. Non so proprio come farò quando avrai sposato Menefee.» April sospirò, scoprendo un poco i denti nel buio: «Piano, dimentichi che sono ninfomane.» Stavano sdraiati l'uno accanto all'altra sulla riva di un piccolo ruscello. Dolan aveva steso per terra il vecchio plaid che teneva sempre in auto. Giacevano nudi e in silenzio, ascoltando l'acqua che gorgogliava e i rumori lontani del traffico, soli, a una decina di chilometri dalla città, con gli occhi perduti nel cielo stellato. «Mike...» «Sì?» «A che pensi?» «A niente.» «A qualcosa starai pure pensando.» «Prometti di non ridere se te lo dico?» «Sì.» «A Ezra Pound.» «E chi è?» «Un poeta. È quel poeta che ascolta lo scorrere dell'acqua e prova a riprodurne il suono con le parole.» «Oh...» Caddero di nuovo in silenzio. April mosse la testa per arrivare a baciargli il petto, facendo con la gola un piccolo gemito di rilassatezza appagata.
«Mike...» «Sì?» «Mi ami?» «Non so. Di sicuro mi piaci molto.» «Ma ti piace fare l'amore con me?» «Sì.» «Non potremo più farlo molto spesso, sai?» «Lo so.» «Cosa sarà di noi due?» «Niente. Non succederà niente.» «Voglio dire, nel futuro, negli anni a venire.» «Be', sposerai quel bravo ragazzo di Harvard, o Yale, come vuoi, metterai su casa e avrai figli. E quando ne avrai fatti un paio, belli e biondi, entreremo in guerra e i tuoi bellissimi figli verranno spediti al creatore dalle bombe o dai gas, o da qualcos'altro. E io mi troverò disteso proprio come adesso, ma su un campo di battaglia, con la pancia squarciata da qualche scheggia e gli avvoltoi che mi mangeranno le budella.» «Pensi davvero a tutte queste cose orribili?» «Certo: e si stanno avvicinando sempre più. C'è un sacco di deficienti figli di puttana che ci spingono a testa bassa verso la guerra. Prima ha cominciato Mussolini. Poi è venuto Hitler. Poi Mussolini ha detto agli inglesi di baciargli il culo e di dire che era buono. La Società delle Nazioni è senza palle, e dietro l'angolo c'è il Giappone pronto a dire banzai.» «Ma io non credo che il nostro paese entrerà in guerra. La gente è contraria.» «Lo sono finché non ci siamo dentro. Poi, quando qualcuno comincerà a suonare l'inno nazionale e ad agitare la bandiera, nessuno capirà più niente e correranno tutti a farsi ammazzare.» Lei gli prese la mano e si fece più vicina, così che Dolan poté sentire il profumo dei suoi capelli. Si sollevò su un gomito a guardarla. Era una bianca forma sinuosa contro il rosso del plaid e il blu profondo dell'aria notturna, che gemeva per il desiderio di averlo un'altra volta. Si chinò verso di lei prendendola fra le braccia. «Mike,» proferì April in un soffio,» se vai in guerra, c'è una cosa che non ti deve succedere assolutamente. Dio, tutto ma non quello...» QUATTRO
Alle dieci del mattino dopo Dolan si trovava al teatro in attesa di David. Era seduto nella sala di ricevimento al primo piano e sfogliava una rivista tamburellando sulle pagine, ma niente di quanto leggeva gli restava in mente, perché tutti i suoi pensieri erano concentrati su quei millecinquecento dollari. «Salve,» disse il Maggiore uscendo dall'ufficio, «che sorpresa. Sei sicuro di star bene, Dolan?» «Sto da dio, perché?» «Niente. Solo era un sacco di tempo che non ti vedevo da queste parti la mattina presto.» «Nessuno dei vecchi amici si fa più vedere,» replicò Dolan posando la rivista, «e lei sa il perché.» «Allora ho capito qual è il tuo problema.» «È lo stesso di tutti gli altri. Qui le cose sono cambiate, tutto è diventato troppo efficiente. Guardi questa sala, per esempio. Il tappeto... Cristo, questo buco è diventato una reggia. Non è più neanche parente del vecchio granaio di una volta.» «Ma è il miglior Little Theatre del paese,» lo interruppe il Maggiore con una punta di orgoglio. «Ed è proprio questo il punto: è il migliore, ma non è più un teatro filodrammatico, o non esattamente. È un teatro professionistico.» «Vorrai dire semiprofessionistico.» «È la stessa fottuta cosa. Vincere quei premi a New York è stata la rogna peggiore che ci sia mai capitata.» «Ma che diavolo dici? Dovresti vergognarti. E sì che sei stato uno dei fondatori del Teatro!» «Proprio per questo non mi vergogno. È vero o no che recitavamo in un granaio piccolo e fetente? Facevamo Ibsen e Dostoevskij, e le pièce di qualche tanghero di qui.» «Quei drammi locali facevano pena.» «E allora? Cristo santo, almeno qualcuno li ha rappresentati! Abbiamo incoraggiato gli autori. Chi le dice che non avremmo potuto scoprire un O'Neill o uno Shaw? Nessuno ci dava ordini nella compagnia, potevamo usare gente del posto, volti nuovi. Fra loro avrebbe potuto esserci una nuova Bernhardt o Duse o Irving.» «Perché, ti pare che adesso non usiamo gente di qui?» «Qualcuno... ma in maggioranza è una compagnia professionale. Dobbiamo servirci di gente sperimentata e dare spettacoli di richiamo, perché
c'è da pagare l'ipoteca. Ma mi dice che accidente facciamo per i talenti locali? Niente.» «Non ti capisco più, Dolan. Non pensavo che ti avrei sentito dire queste cose, credevo che saresti stato riconoscente per tutto quello che la Camera di Commercio ha fatto per noi.» Dolan scattò in piedi e si mise a camminare intorno: «Riconoscenza? Ma figuriamoci! Mi fanno schifo, i bastardi. Quando stavamo ancora al vecchio granaio sono andato mille volte a chiedergli un po' di denaro e non mi hanno mai dato un centesimo. Dicevano che ero matto. Lo sa o no come ho fatto a raccogliere i soldi per partecipare al nostro primo concorso a New York?» «Lo so, ma ascolta...» «Ah, lo sa? Bravo. Lo sa che ho passato questa città al pettine da Weston Park al fiume, rimediando due dollari qui e uno là? E abbiamo vinto il concorso del cazzo, e poi ne abbiamo vinti altri due. Allora la Camera di Commercio ha deciso di finanziarci: hanno munto i Kiwaniani, i Rotariani e gli altri fottuti circoli di bella gente, ed eccoci qui in un Little Theatre da centocinquantamila bigliettoni, un tempio dell'arte greco-bizantino-goticomaya-marocchina. Così adesso dobbiamo far fronte alle spese e facciamo uscire dalla porta del cane tutto quello per cui il vecchio gruppo lavorava, mentre dall'ingresso principale entrano le fottute dame della buona società, con i politicanti da strapazzo e tutti i finocchi e le lesbiche della città. Sì, il mio problema è proprio la Camera di Commercio.» «Dolan, mi spiace che la pensi così,» disse il Maggiore prendendolo sottobraccio. «Sul serio: qui sei un'istituzione tu, e contavo su di te.» «Non ce l'ho con lei, Maggiore,» rispose Dolan. «Lei non ci può fare niente, e come direttore è bravissimo. Quando hanno preso in mano questo teatro prestigioso gli serviva un direttore professionista, con una reputazione a livello nazionale. Lei non ha colpa.» «Sai che sono tuo amico.» «Anch'io le sono amico: non c'entra nulla con quello che mi sento dentro. È il Teatro, è quella maledetta Camera di Commercio che non ci ha lasciato fare di testa nostra.» «Non prendertela con loro: hanno fatto solo quello che gli sembrava giusto. Mi spiace che la pensi così,» ripeté il Maggiore, «tu puoi essere una forza positiva formidabile quando lo vuoi. Ti piace fare il duro, ma sai anche tu che in fondo sei un buono.» «Oh cristo, Maggiore, non ricominci con questa storia!»
«Va bene, va bene...» il Maggiore era diventato querulo, «vorrei solamente vederti un po' più sereno, ecco tutto!» «Salve,» fece David entrando. «Scusate il ritardo.» «Ciao,» rispose Dolan a bassa voce. Era a disagio: si chiedeva se David avesse origliato. «Allora a stasera, Dolan,» concluse bruscamente il Maggiore entrando nel suo ufficio. «Avete litigato?» chiese David. «Ma no. Conosci il Maggiore. Mi ha fatto un po' incazzare e basta.» «Dovrei farti incazzare anch'io qualche volta,» fece David guardandolo sornione. «Ti ho chiamato alle tre di mattina, e Larry mi ha detto che stavi ancora in giro.» «Difatti.» David si tolse il cappello e aprì una porta invitandolo a entrare. «Questo ufficio mi piace di più di quello del Maggiore,» disse Dolan. «Be', è molto più piccolo,» osservò l'altro lanciando il cappello sul divano e sedendo alla scrivania. «Per questo mi piace. Cristo, se penso al vecchio granaio... avevamo un ufficio un po' più grande di un distributore del caffè, e la sera lo usavamo come camerino.» «Ne ho sentite di ogni, sul vecchio granaio. Devono essere stati bei tempi.» «Dillo forte. Senti un po'... sono nuovi quelli?» chiese Dolan improvvisamente, indicando la parete. «Certo. Li ho dipinti io.» «Sul serio? Be', sono belli. Non sapevo che fossi un acquerellista.» «Non sapevo che fossi un critico,» sorrise David. «Lo sono diventato per motivi di sopravvivenza,» fece Dolan ridendo. «Abito insieme a quattro pittori, un apprendista scrittore e un ex asso dell'aviazione tedesca. Parlano d'arte per notti intere.» «Abiti con gente interessante.» «Questo non lo so: di certo abbiamo un sacco di cose in comune. Ora, David, senti: non vorrei sembrarti scortese, ma... «Ma vuoi l'assegno, eh?» «Precisamente.» «Siedi, Mike.» «Spero che tu non abbia cambiato idea. O non me lo dai più?» Dolan si chiedeva come sarebbe andata a finire.
«Non ho cambiato nessuna idea. Voglio solo capire se ti rendi conto del casino in cui ti stai ficcando.» «Perché casino?» «Johnny mi ha spiegato tutto ieri notte alle prove. Ho paura che tu stia commettendo un errore.» «Non preoccuparti: te li restituirò.» «Questo non c'entra. È l'idea del giornale: non voglio che tu ti metta nei guai.» «Non ne ho intenzione,» ribatté brusco Dolan. «Credi che proverai a essere sincero con me?» «Non c'è niente da provare. Sarò sincero e basta.» «Bene, allora. Hai riflettuto un attimo su cosa ti succederà se pesti il callo sbagliato? Questo è un paese di campagna gonfiato, pieno di burini e di bigotti: gente che si offende appena uno si dà da fare per cambiare qualcosa. Conosco bene le città come questa.» «Anch'io. Ci sono nato, qui.» «Ti metteranno in croce.» «D'accordo, David. Non farmi paternali: sembra che tutti non pensino ad altro che a farmi paternali. So quello che sto facendo. Insomma: mi presti i soldi oppure no?» chiese infine Dolan alzandosi. Si mordeva le labbra. «Okay,» concluse David. Aprì il cassetto e prese il libretto degli assegni. CINQUE Entrando in tipografia Lawrence trovò Dolan e lo fece salire disopra, in un ufficio vuoto. «Questa stanza dovrebbe andar bene,» disse, «gliela farò pulire per domattina. La usavamo per impaginare e come archivio iconografico.» «Andrà benissimo. Mi servono solo una scrivania e una macchina da scrivere. Ah, giusto: una chiave dell'edificio.» «Gliene farò fare una copia. Poi vorrei che parlasse con il signor Eckman degli spazi pubblicitari. È lui che si occupa della pubblicità per i giornali di partito che stampiamo qui. Penserà anche alla vostra. Ora sistemi pure le sue cose,» concluse Lawrence, e se ne andò. «Quando pensa di uscire con il primo numero, Dolan?» domandò Eckman. «Entro una settimana, più o meno.» «Ha in mente qualche possibile inserzionista?»
«Per ora no. Non ho pensato molto a questo lato della cosa.» «Be', è un lato importante, direi. Ci servono le inserzioni per pagare le spese di trasporto, giusto?» «Certo.» «Amici fra i commercianti ne ha? Potremmo iniziare con loro, per avere almeno un acconto.» «Mi spiace,» rispose Dolan, «non ne ho proprio. Sono nuovo di questi affari, ma vedrò se, pensandoci, riesco a suggerirle qualcosa.» «Va bene. Io intanto farò il solito giro. Ha già stabilito come si chiamerà il giornale?» «Credo che lo chiamerò The Cosmopolite» «The Cosmopolite? Niente male. Proprio niente male.» «Crede che riuscirà a trovare qualche inserzionista per il primo numero?» «Non vedo perché no,» rispose Eckman avviandosi alla porta. «Naturalmente, con la pubblicità è sempre dura, ma abbiamo dalla nostra parte la novità.» «Le darò tutto l'aiuto che posso,» disse Dolan. «Intanto io ci provo. Saluti.» «Arrivederci,» lo salutò Dolan e si mise a guardare fuori della finestra, sulla strada che correva in basso. «Ciao.» Era la voce di Myra. «Ciao.» Dolan si volse, stupito di non averla sentita entrare. «Come va?» chiese lei. «Bene.» «Allora,» disse sorridendo, «non mi fai sedere?» «Ma certo. Scusami. Ero soprappensiero.» Girò attorno alla scrivania e prese una sedia per la ragazza. «Ecco fatto.» «Tante grazie... ma cos'è successo alla tua faccia?» «Ah... niente, è perché stamattina non avevo voglia di radermi,» e si passò una mano sulla barba corta e ispida. «Non mi riferivo a quello,» disse Myra scuotendo il capo, «ma a questo segno qui.» Si sporse in avanti e con l'indice gli sfiorò una guancia. «Questo? Dev'essere un livido. Avrò urtato contro qualcosa.» «A me sembra un morso, invece. Di', non andrai mica in giro a farti morsicare dalle donne così, senza dir niente?» Dolan si accorse di essere arrossito. Si sentiva in imbarazzo. «Però è carino questo posto,» riprese lei guardandosi intorno. «Quella
sarebbe la mia scrivania?» «Sarebbe cosa?» «La mìa scrivania. Eravamo d'accordo che ti avrei aiutato, no?» «Non mi serve l'aiuto di nessuno.» «Ti servirà, eccome, se vuoi cavartela in questa faccenda,» disse lei convinta. «Secondo me tu non capisci bene che casino stai per sollevare.» «Non è poi così tragica,» rispose lui sorridendo. «E in ogni caso non sono nella condizione di far lavorare nessuno. Te l'ho già detto ieri che non ho soldi: farò tutta la redazione da solo.» «Facendoti saltare i nervi?» «In un modo o nell'altro. Vedremo.» «E i tuoi nemici?» «Mai avuto nemici.» «Questo è quello che mi piace di più in te,» disse lei sorridendo, dischiudendo quelle labbra più rosse di un sogno. «Ne hai, invece, e devi averne cura. Non lasciare spegnere il tuo odio, perché ti servirà più di ogni altra cosa.» «Ma tu chi sei?» Dolan l'interruppe di colpo, sentendo che stava per rabbrividire nuovamente. «Sono Myra, no?» rispose lei. «Questo lo so. Da dove vieni?» «Da New York. Sono stata là per un paio di mesi.» «Dove hai conosciuto Bishop?» «Qui a Colton. Gli ho portato una lettera per conto di un suo amico di New York e così l'ho conosciuto. Ma perché sei tanto curioso?» «Un canchero se lo so,» rispose Dolan guardando dalla finestra. «Non sono mai stato curioso con le donne. Di solito è prendere o lasciare, senza fare domande, ma questa volta è diverso. C'è qualcosa di maledettamente strano fra te e me.» Si voltò a guardarla. «Di strano, è la parola giusta.» «Così alla fine l'hai capito anche tu.» «Se è per questo, l'ho capito ieri appena ti ho conosciuta. Sai cosa ha continuato a frullarmi nel cervello da quel momento?» «Certo che lo so. Hai continuato a pensare a quel caffè che non ho preso... a cosa potrà significare per il tuo futuro.» «Esatto,» disse Dolan senza più stupirsi di come lei riuscisse a leggergli nel pensiero. «Anche a me capita qualche cosa di simile,» riprese Myra. «Ieri mi sembrava strano, ma solo perché ero sotto l'effetto del nostro primo incontro e
non riuscivo a pensare ad altro. Ci sembra strano perché non siamo ancora capaci di comprenderlo. Ascolta: un uomo si ferma a comprare il giornale nell'atrio del palazzo dove lavora. Questo particolare individuo non aveva mai comprato prima il giornale in quel luogo. Andando al lavoro ha incontrato decine di strilloni che vendevano lo stesso giornale, e lui non l'ha comprato: ma lì, nell'atrio del palazzo, per qualche motivo inspiegabile ne prende una copia. In quell'attimo perde l'ascensore: nell'ascensore c'era una donna che lui avrebbe sposato, o un collega in affari che gli avrebbe fatto guadagnare un milione di dollari in un colpo solo. Oppure... l'ascensore precipita e tutti gli occupanti ci restano secchi. Ma quell'uomo si è fermato per comprare il giornale, cioè per una cosa che non aveva mai fatto prima. Riesci a capire perché lo ha fatto?» «No,» rispose Dolan. «Non esattamente.» «Be', è quello che è successo a noi due: io non mi sono fermata a prendere il mio solito caffè.» «Mi chiedo solo se questo sarà un male per te e un bene per me o il contrario,» fece Dolan. «Me lo chiedo anch'io...» disse Myra. «Ma in ogni caso ho deciso di non mollarti. A che ora devo venire al lavoro domattina?» «Aspetta un momento...» «A che ora arrivi tu?» «Verso le nove, ma...» «Allora ci vediamo alle nove, Michael Dolan,» disse lei alzandosi, e uscì senza voltarsi. SEI Quel pomeriggio Dolan lavorò fino a tardi per progettare il suo settimanale nei dettagli, inventando i titoli per le diverse sezioni e rubriche, e tentando di mettere giù il primo pezzo per «L'asse portante», che avrebbe dovuto avere circa lo stesso tenore dei «Discorsi della gente» del New Yorker. Ma il pensiero di Myra Barnowsky non lo abbandonava: andava e veniva come un mal di denti, e per quanto si sforzasse Dolan non riusciva a scrivere qualcosa di decente. Pensava solo a quelle labbra troppo rosse, e allora fece un errore, e guardò la macchina da scrivere e tirò giù una bestemmia perché non sopportava i fogli pieni di correzioni, gli bastava un solo errore in una pagina per ricominciare daccapo, ma ormai il pomeriggio volgeva alla fine, avrebbe ripreso di buona lena il mattino dopo. Sen-
tiva una gran voglia di andarsene a casa a fare un sonno, perché aveva passato una nottata del diavolo insieme a April, in campagna, sulle rive di un torrente, con i vestiti sparsi attorno illuminati dalla luna, e insomma non aveva proprio dormito granché. «Passerà,» disse fra sé mentre saliva in macchina pensando a Myra. «Per domani mi sarò abituato all'idea di questa donna e potrò mettermi a lavorare in pace.» Arrivò a casa, la grande casa a tre piani che divideva con i quattro giovani pittori, lo scrittore in erba e l'asso dell'aria tedesco: salì in camera e dormì un'ora, un sonno profondo e totalmente senza sogni. Quando si svegliò era già buio. Accese la luce, andò in bagno... e subito ne uscì imprecando. «Ulysses!» gridava, «Cristo di dio, Ulysses!» «Sissignore, signor Mike?» rispose Ulysses, il maggiordomo di colore, salendo per la scala di servizio. «Che Cristo vuol dire questa roba?» chiese Dolan additando il serbatoio del water, dove qualcuno aveva appeso un piccolo quadro incorniciato con la scritta NON FUNZIONA sul verso. «È stato il signor Elbert,» rispose Ulysses. «È uno dei suoi primi dipinti a olio.» «Non me ne frega niente del quadro: che cristo vuol dire il serbatoio! Perché accidenti non l'hanno ancora riparato? Non hai chiamato la signora Ratcliff?» «Io l'ho chiamata, signor Mike. Ha detto che pazienza se noi artisti viviamo qui senza mai pagarle l'affitto, ma niente soldi, niente idraulico.» «Al diavolo,» disse Dolan. «Andrò al piano di sotto. Tu portami la roba da barba, per favore.» «Sissignore. E... una cosa, signor Mike. Le dispiacerebbe se stasera mi mettessi una delle sue cravatte?» «Direi proprio di no, Ulysses. Visto che non riusciamo a pagarti i tuoi venti dollari al mese, mi sembra giusto che almeno ti metta le nostre cravatte. Anzi: è un peccato che tu sia troppo mingherlino per portare i miei vestiti.» «Non fa niente, signor Mike. Il signor Elbert mi ha prestato un vestito, e il signor Walter la macchina.» «Sarà ancora senza benzina.» «Sissignore, proprio così. Gli ho promesso di farne una ventina di litri.» «Così lui si approfitta della tua reputazione di sciupafemmine. Stasera
hai per le mani roba di lusso, eh?» «Sissignore,» confermò Ulysses sogghignando, e prese l'armamentario per la barba dall'armadietto dei medicinali. «Scegli la cravatta che vuoi, dongiovanni. E visto che ci sei, portami qui un paio di calzini puliti, per favore. Farò una doccia al piano di sotto,» concluse Dolan: quindi uscì e scese le scale. «Ulysses è di sopra?» gli chiese Tommy Thornton, uno degli artisti, quando entrò in soggiorno. «Sì, fra un minuto arriva.» «Negro di merda. Ha ammucchiato i piatti sporchi nell'acquaio e li ha lasciati lì.» «Ha un appuntamento.» «Quello lì ha sempre un appuntamento. Sta tutto il giorno al telefono a parlare con le sue baldracche. Comincio ad averne piene le palle di lui.» «È meglio che te lo fai andare bene, finché si può: non è che ne avremo ancora per molto,» osservò Dolan entrando nel bagno. Dentro c'era Walter che si asciugava le mani. «Il fottuto bagno di sopra è ancora rotto,» si giustificò Dolan, «e la Ratcliff dice che non lo fa aggiustare se non le paghiamo l'affitto.» «Sì, Ulysses me lo ha detto.» «Non posso nemmeno darle torto: finora è stata molto gentile con noi.» «Credo che domani potrò darle qualcosa. Dovrei riuscire a vendere un quadro.» «Speriamo, Walter. Metti in tasca i soldi di un paio di quadri e ti sentirai tutto un altro uomo. Appoggia lì la roba, Ulysses.» «Sissignore,» disse Ulysses posando le calze e gli arnesi da barba su una sedia. «Posso fare ancora qualcosa per lei?» «È tutto, grazie.» «Allora buonanotte, signori,» si accomiatò il maggiordomo. «Proprio una perla di negro,» commentò Walter. «Il migliore,» assentì Dolan. «Andrebbe in bocca al diavolo per ciascuno di noi, a parte Tommy. Tommy è uno snob. Almeno sa dipingere?» «Saprebbe, se si impegnasse di più; ma non gli va di far fatica.» «È perché crede di essere un genio. Lui vorrebbe restarsene seduto con il culo al caldo, e che arrivasse la fama e gli dicesse: 'eccomi qui' e gli appoggiasse la testa sulle ginocchia,» fece Dolan incominciando a spogliarsi. «Mi sembra che anche tu vada forte con le donne: ti ho sentito che rientravi stamattina quando è passato il lattaio.»
«Ma sì...» rispose Dolan pensieroso, «ma è oggi pomeriggio che ho parlato con la ragazza più intrigante che abbia conosciuto in vita mia.» «Questa devo averla già sentita,» rise Walter. «No, sul serio: scura di pelle, occhi neri, capelli neri, e le labbra più maledettamente rosse che ti possa immaginare. Uno di quei tipi di donna crudele... forse è una sadica.» «Una misteriosa, quindi.» «Fin troppo,» disse Dolan cominciando a insaponarsi il viso. «E comunque io ho sempre avuto la fissazione per i misteri. Il mio problema è un fottuto eccesso di senso drammatico. Tutto quello che mi succede è una scena di teatro.» «Magari sei un genio anche tu: sarebbe carino che noi tutti fossimo dei geni.» «Mi pare che a questo punto siamo sulla buona strada. Il cesso è rotto, e non abbiamo neanche i soldi per pagare l'affitto. In genere questi sono presupposti classici.» «Mike...» lo interruppe Tommy affacciandosi alla porta del bagno, «qui fuori c'è una signora che vuole vederti.» «Una signora chi?» «Ha detto che si chiama Marsden.» «Mary Margaret?» «Sua madre.» «Non ho tempo di parlarle adesso,» disse Dolan spazientito. «Devo farmi la barba e il bagno, e poi ho la prova.» «Gliel'ho detto, ma non le sembrano motivi validi.» «Okay,» sospirò Dolan. Posò il pennello e si tolse il sapone dal viso. «Credevo che fosse finita con Mary Margaret,» osservò Walter. «Infatti: a parte l'episodio dell'altra notte non l'ho vista per due settimane.» «Questo sì che è understatement: l''episodio', lo chiami. È crollata sull'ingresso principale alle tre di notte gridando 'Mike'!» «Era sbronza,» disse Dolan infilandosi la camicia. «Ha fatto un bordello tale che la sentivano fino a Weston Park. Ma cosa gli fai, Mike?» «Che ne so: più che altro, credo di essere rognato. Tutte quelle che si innamorano di me sono ninfomani. Be', fratello, resta qui in giro in caso di emergenza.» «Mike...» gli disse improvvisamente Walter mentre già stava per uscire,
«per caso hai cinque dollari da prestarmi?» «Mi piacerebbe davvero, Walter, ma non sono così ricco.» «Okay. Te l'ho chiesto solo perché credevo che il giornale ti avesse dato dei soldi quando sei andato via.» «Mi spettava solo un giorno di stipendio, e ho detto al cassiera di comprarci un paio di scarpe nuove per Brandon.» «E chi è Brandon?» «Non sai chi è Brandon? Il direttore della 'Cassa della Comunità'. Be', allora, se mi senti urlare vieni di corsa,» concluse Dolan accingendosi a uscire. «Dov'è la tizia?» chiese poi a Tommy. «Di sopra. Auguri, dongiovanni.» «Guarda che mi confondi con Ulysses.» Quando entrò in soggiorno, vide la signora Marsden che sedeva impettita sul divano osservando i feticci della Costa d'Avorio, allineati con cura sopra la mensola del caminetto. «Salve, signora Marsden.» «Buona sera, signor Dolan,» la voce della donna era pacata. «Volevo parlarle a proposito di Mary Margaret.» «Perché, che ha fatto Mary Margaret?» chiese lui sedendo sul divano. «L'ho costretta a partire, e sono venuta qui per chiederle di non rispondere a nessuna delle sue lettere.» «Non si preoccupi, non ne ho intenzione,» disse Dolan sollevato. «Non sapevo neppure che fosse partita.» «È stato la settimana scorsa: in definitiva mi è sembrata la soluzione migliore. Dopo la morte di mio marito, ho tutta la responsabilità su Mary Margaret, e alla fine ho deciso di mandarla ospite da mia sorella a Città del Messico. È una ragazza tanto giovane e inesperta, come lei sa...» «Come io so, certo. Bene, signora Marsden. Avrebbe potuto anche non sobbarcarsi la fatica di venire. Le assicuro che non risponderò alle lettere. E comunque, perché dovrebbe scrivermi dopo quello che è successo?» «Ora non offenda la mia intelligenza. So perfettamente che Mary era pazza di lei...» «Ma adesso non più. Ci ha pensato lei, signora, a far finire tutto. A proposito, signora Marsden, mi perdoni una domanda: perché ce l'ha tanto con me?» «Prima di tutto, signor Dolan, non mi piacciono gli uomini che si fanno dare soldi dalle ragazzine.»
«Che cosa le fa credere che abbia preso dei soldi?» «Ho visto le matrici degli assegni. Ha preso diverse centinaia di dollari.» «Okay. Ha ragione,» ammise Dolan. «Non credevo che lo sapesse. Ma ho già restituito a Mary cento dollari, e le renderò tutti gli altri appena li avrò.» «Santo cielo!...» disse la signora Marsden, facendoglisi un po' più vicino e scuotendo la testa. «Queste ragazzine... lei con loro fa proprio strage, non è vero?» «Le cose non stanno in questi termini,» replicò lui, guardando l'orologio a muro. «Bene, signora Marsden...» «Del resto, capisco benissimo che perdano la testa,» riprese la signora Marsden senza scomporsi. «Con questa casa da bohémien, i vecchi mobili, i vecchi quadri...» «Sì, certo. Bene, allora...» Dolan si alzò. «E questi libri così affascinanti,» continuò lei prendendo un volume dal tavolino e tenendolo sollevato. «L'ho sfogliato un po' mentre la stavo aspettando. L'ha scritto lei?» «No. Non so come mai sia finito lì,» disse Dolan, arrossendo suo malgrado. «E che splendide illustrazioni! Erano anni che non vedevo un vero libro erotico.» «Qualcuno deve averlo spostato. Di solito lo tengo in libreria nella mia camera.» «E dov'è la sua camera?» chiese la signora Marsden alzandosi con il libro in mano. «Di là, ma...» «Lo voglio rimettere a posto con le mie mani,» disse lei, e incominciò ad attraversare la stanza. «È pericoloso lasciare in giro libri simili.» «Sono spiacente, signora Marsden, ma devo proprio scappare,» fece lui, seguendola in camera da letto. «Sono già in ritardo per la prova.» La mano di Dolan cercò l'interruttore. «Non accendere la luce,» sussurrò lei, facendogli sentire sul collo il suo fiato ardente. «Non provarci nemmeno.» «Be', che mi venga un canchero,» disse Dolan fra sé. SETTE Quando arrivò al Little Theatre e salì sul palcoscenico, erano le otto pas-
sate. «Ferma un momento!» gridò il Maggiore agli attori sul palco, interrompendo la prova, e si voltò verso Dolan guardandolo come se avesse voluto sbranarlo. «Fino a quando credi che durerà questa storia?» gli domandò poi furibondo. «Mi dispiace, Maggiore, ma non ho proprio potuto arrivare prima.» «Credi che teniamo in piedi questo teatro esclusivamente per i comodi tuoi? Allora, che hai da dirmi?» «Le ho già detto che mi dispiace,» disse Dolan nervosamente, rendendosi conto di essere illuminato dai riflettori di fronte a tutta la compagnia. «Be', che sia l'ultima volta,» fece il Maggiore girandosi verso David e gli altri due della produzione che erano seduti in platea vicino a lui. «Vorrei solo che non avessimo già annunciato lo spettacolo, per potere mandare tutto a farsi fottere... e adesso, Dolan, chiedi scusa a tutti.» «Ma, Maggiore...» «Non hai mai mostrato nessuna considerazione per la gente che lavora con te: sei stato rozzo, maleducato, arrogante. Ti sei comportato come se fossi tu l'autore, il produttore, il regista e il primo attore. E io ti ho sempre detto che qui siamo tutti uguali.» «Non volevo offendere nessuno. È solo che non mi riesce di essere puntuale.» «Allora, chiedi scusa?» «... Scusatemi tutti. Davvero,» disse Dolan rivolto alla gente sul palco. «Non succederà più. Così va bene, Maggiore? «Okay. Ti sostituiva Timothy. Va bene, Timothy, puoi andare. Vai avanti tu, Dolan.» «Resta dove sei, Timothy,» disse Dolan. «È anche troppo tempo che ti fanno fare il tappabuchi.» Quindi, rivolgendosi al Maggiore: «Io mollo il colpo. Buonanotte a tutti.» E si allontanò nel buio del ridotto. «Un momento, Dolan! Aspetta!» gli urlò dietro il Maggiore. Lo rincorse giù per le scale, raggiungendolo vicino alla macchina. «È tutto okay, Maggiore. Niente di personale,» fece Dolan spegnendo il motore. «Ma si va in scena la settimana prossima...» «Dia la parte a Timothy: ha tirato la carretta per anni e ha diritto a una chance.» «Dolan... non puoi lasciarmi così nella merda.»
«Sarebbe peggio per lei se restassi. Me ne sono accorto anch'io: non vado più bene per la parte. E poi, rispetto all'inizio, la mia vita è cambiata; non ho più tempo per giocare al teatro.» «Ma guarda che prima non volevo umiliarti di fronte agli altri.» «Adesso basta, Maggiore: ci stiamo comportando come due stupidi. È che io non sono più quello di prima, e non c'è niente da fare. Mi spiace.» «Ma tu sei nato per fare l'attore. Hai bisogno dell'aria del palcoscenico. Ripensaci: fallo per me, piuttosto,» lo supplicò il Maggiore infilando la testa nel finestrino. «Occhio Maggiore: si parte,» fece Dolan brusco, avviando il motore. «Adesso o mai più,» e lasciò andare la frizione, allontanandosi veloce. PARTE SECONDA UNO Il primo numero del Cosmopolite venne distribuito alle edicole nel pomeriggio del mercoledì seguente. Giovedì mattina, entrando in ufficio, Dolan incrociò Bishop che ne usciva. «E bravo il figlio di puttana! Così ce l'hai fatta!» lo salutò allegramente, stendendogli la mano. «Hai visto allora?» chiese Dolan stringendola. «Se ho visto? Al giornale non si parla d'altro.» «Vieni dentro,» fece Dolan prendendolo sottobraccio. «Guarda, Myra: c'è qui il maledetto comunista. Senza l'aiuto di Myra non ce l'avrei fatta.» «Ciao, Ed. Ha chiamato un sacco di gente,» disse Myra rivolta a Dolan. «Ti ho messo la lista sulla scrivania.» «Sono arrivato in ritardo perché sono stato in giro per edicole a vedere come si vende.» «E allora?» domandò Bishop. «Tutto bene. Non è che ci capisca troppo di queste cose, ma mi sembra che tiri. A parte tutto, Ed, come ti sembra?» «Molto buono, Mike: davvero molto buono. Anche se assomiglia un po' troppo al New Yorker.» «Ma un settimanale così deve per forza assomigliare al New Yorker. A parte le scemenze della cronaca mondana.» «Ecco: quella è l'unica parte che non mi è piaciuta. La cronaca rosa.» «Sì, ma lì non c'è niente da fare: pettegolezzi e foto delle debuttanti. Fra
parentesi, hai visto che abbiamo beccato anche un bel po' di inserzionisti?» «Li hai trovati tu?» «No, è stato un tale di nome Eckman. Lavora per Lawrence. Di'... Thomas lo ha visto il pezzo sul baseball?» «E come no? Ha comprato il primo numero. Sono andato su alle quattro a portargliene una copia e l'ho scoperto che l'aveva già letto da cima a fondo.» «E cosa ti ha detto?» «La denuncia della corruzione nel baseball gli ha fatto girare i coglioni, ma mai quanto l'editoriale sui giornali imbavagliati dalla mafia degli inserzionisti. Quello gli ha fatto proprio saltare il coperchio.» «Be', è semplicemente la verità,» disse Dolan. «Certo che è la verità, Mike: è inutile che tu lo venga a dire a me. Io la conosco, la verità del cazzo. Non credere di essere l'unico giornalista al mondo che la cerca, la cerchiamo tutti quanti.» «Libertà di stampa,» disse Dolan. «Vallo a raccontare a qualcun altro.» «Ti dirò una cosa, amico,» replicò Bishop, «ho una paura fottuta che andrai a romperti la testa contro un muro. C'è un sacco di gente che te la giurerà per quello che stai facendo. Prendi Thomas: cosa credi che stia preparando per l'edizione del pomeriggio? Un bell'editoriale per la pagina sportiva, dove risponde alle tue accuse contro la censura alla buona vecchia Times-Gazette.» «È proprio quello che spero: lascia pure che scriva. L'ho appeso per le palle, e lui lo sa. E in ogni caso, per il giornale sarà solo pubblicità. La gente farà a botte per comprarlo.» «D'accordo, ma quale gente? Bifolchi che alla fine non ti crederanno nemmeno.» Dolan alzò la voce: «Vedrai se non mi crederanno! Cristo, gli darò i nomi, i numeri, le date. Gli farò leggere delle deposizioni giurate. E questa storia del baseball è solo l'inizio. Sono partito dal basso per arrivare al municipio, all'ufficio del procuratore distrettuale, al governatore...» «Se ti ci lasceranno arrivare.» «Ci arriverò, stai sicuro.» «Scommettiamo che se vai avanti così in sei mesi ti chiudono questo posto così bene che non lo apri più nemmeno con una camionata di dinamite?» «Ci scommetto quello che vuoi.» «D'accordo, allora. Ma, perdio, non fraintendermi. Io sto dalla tua parte.
Perché sarei qui altrimenti?» «Dimmelo tu.» «Senti: sono quindici anni che faccio la nera, e ne ho viste di schifezze. Se vuoi che ti scriva dei pezzi devi solo parlare. Non me la sento di firmarli, sai... ho moglie e figli. Ma potrei collaborare da anonimo.» «Ti ringrazio, ma roba anonima niente. Voglio che tutte le notizie che scottano siano firmate. Invece, potresti darmi qualche dritta: non ho ancora fatto preventivi, ma non escludo di poterti pagare qualcosa.» «Salve, Dolan,» li interruppe una voce strascicata che veniva dalla porta. «Oh, salve, Thomas. Entra pure.» «Ciao, Tommy,» farfugliò Bishop. «Ma tu lavori per me o per Dolan?» chiese Thomas acido, mostrando solo allora di accorgersi di lui. «Ma per te, che discorsi. Sono solo passato di qui a salutarlo.» «Bene: allora adesso puoi anche togliere il disturbo. O non ti frega un cazzo di quello che succede al distretto di polizia?» Bishop lo incenerì con lo sguardo. «Okay, direttore. Ci si vede in giro, Mike. Ciao, Myra.» «Ciao, Eddie,» fece Myra senza smettere di battere a macchina. «Accomodati pure, Thomas,» disse Dolan. «Sto meglio in piedi, grazie. Cosa ti è venuto in mente di spararmi addosso?» «Non sparo addosso a te, ma a tutti i giornali.» «Già, ma in città tutti sanno che lavoravi per la Times-Gazette, e tutti crederanno che tu ce l'abbia con noi.» «Sei davvero sottile: io non ci sarei mai arrivato.» «Quella storia del baseball finirà su tutta la stampa nazionale. Sei andato a ficcare il naso in un bel sacco di merda. Credo che molto presto Landis si farà sentire.» «Non aspetto altro.» «In tutti i casi, fondamentalmente a me importa solo della TimesGazette. E non ho intenzione di starmene tranquillo ad aspettare che tu mi ricopra di merda.» «Quello che ti spaventa è che la gente capisca che razza di servi siete, voi e gli altri tre giornali di Colton.» «Ti avverto, Dolan: se non la pianti te la faremo vedere più brutta di quanto tu possa immaginare.» «Pensa che invece questo è solo l'inizio. Apetta che incominci a fare sul
serio,» disse Dolan, tirando fuori un foglio dalla giacca. «Questi sono appunti che ho buttato giù nei giorni scorsi. Storie che i giornali avrebbero dovuto riportare da mesi e hanno bellamente ignorato. 'Dottor Carlisle',» cominciò a leggere, «lo conosci, no? È proprio lui, l'eminente ginecologo degli aborti clandestini che ha già accoppato un paio di ragazze e va avanti come se niente fosse per il semplice fatto che suo fratello è il boss della contea. 'Carson', conosci anche lui? L'assessore ai lavori pubblici che si prende una stecca per ogni camion acquistato dal comune. 'Riccarcelli': il galantuomo che tiene una bisca clandestina nell'albergo più lussuoso della città. 'Nestor': il commissario di polizia, un analfabeta che solo sei anni fa spalava sterco di vacca e adesso va in giro in Deusenberg convertibile. E questo solo per darti una vaga idea di come comincerò. Pensa un po' dove andremo a finire quando attacco a scavare sul serio.» «Non hai scoperto l'acqua calda,» ribatté Thomas. «Queste cose succedono in tutte le città d'America. Così va il mondo. E se non sei fuori di cervello, sono argomenti da non sfiorare neppure.» «Ma io non li sto sfiorando, Thomas. Me li ripasso davanti e di dietro. Così quei luminari del Gran Giurì avranno qualcosa di cui occuparsi.» «Tu vuoi morire giovane, non te l'ha mai detto nessuno? Comunque fa' un po' quel che ti pare, ma non tirare più in ballo la Gazette o farai i conti con me,» concluse Thomas dando un calcio al pavimento. Si voltò e uscì. «Che signore simpatico,» commentò Myra smettendo di scrivere a macchina. «Spero non ti abbia spaventato troppo.» «Me la sto facendo sotto,» sogghignò Dolan. «Hai visto l'elenco delle telefonate? Ce n'è un paio importanti: la signorina Coughlin e una certa signora Marsden. Ha chiamato anche il signor Cookson: ha detto che era urgente.» «Ah, sì... è il Maggiore. Il direttore del Little Theatre.» Squillò il telefono. «Sì...?» rispose Myra. «Certo, è Beachwood 4556... Chicago? E chi lo vuole? Ah, bene, centralino. Gli dica di stare in linea.» «Chi è?» chiese Dolan accigliato mentre prendeva la cornetta. «Un tizio che deve avere a che fare con il baseball. Mi pare di aver capito che si chiami Landis...» DUE LANDIS RADIA SEI DEL COLTON
Avevano venduto le finali di Humphrey Presnell «Sei titolari della squadra di baseball di Colton sono stati oggi radiati dalla lega professionistica su decisione del commissario federale Kenesaw Mountain Landis. I giocatori avrebbero ricevuto una somma in denaro per perdere le finali con il Benntwon che hanno assegnato il campionato del 1936. Gli interrogatori sono durati cinque giorni, e sono stati colpiti dal provvedimento di radiazione: Fritz Dockstetter, pitcher; Harodl Mullock, seconda base; Joe Trent, il battitore con il più alto numero di valide della lega; Raoul Deadrick, battitore; Mercer Castle, prima base; Adrian Potts, catcher. Sembra che due giocatori abbiano rilasciato a Landis completa confessione, senza però rivelare da chi abbiano ricevuto le mazzette. Nessuno di loro ha voluto rilasciare dichiarazioni all'Evening Courier. Inizialmente lo scandalo era stato sollevato dal Cosmopolite, il nuovo settimanale fondato un mese fa da Michael Dolan, ex cronista sportivo di un quotidiano di Colton...» «Devo dire che Presnell si è comportato bene,» disse Dolan ripiegando il giornale. «Ci ha messo in prima.» «La storia è una bomba. È su tutti i giornali del paese,» fece Myra. «Mi fa impazzire che li abbiano sbattuti fuori, quei bastardi. Mi piace Landis: non è un burocrate, e non perde tempo. Farà pulizia nel baseball. Mi spiace solo che in politica non ci sia gente come lui: cristo, se ne avremmo bisogno! Un Landis sarebbe più utile che sei Corti Supreme!» «Ehi!» esclamò Bishop. «Sentite questa: è nell'editoriale della Gazette. 'La Times-Gazette si unisce a tutti i veri amanti dello sport nell'auspicare per i sei responsabili una bella vacanza al fresco.'» «Questa è roba di Thomas... 'Vacanza al fresco'... Che stronzata!... Ma vai avanti,» fece Dolan. «'Erano gli idoli dei giovani di questa città, e probabilmente di tutto lo stato, ma si sono dimostrati indegni di tanta fiducia, e ora sono stati banditi per sempre dal mondo del baseball professionistico. Più che giusto. Tutto quanto il nostro giornale ha fatto perché la verità venisse a galla è solo un'ulteriore prova di come la Gazette sia la sentinella vigile di coloro che
non tollerano la corruzione; nello sport come nella politica e nella pubblica amministrazione.' Favoloso...» concluse Bishop con un sogghigno. «Me lo aspettavo,» disse Dolan. «Tutto l'articolo è un esempio di come si possa fare sempre del cattivo giornalismo, e poi all'occasione nascondersi dietro titoloni alla 'Il crimine non paga'.» «Colpito,» fece Bishop, «colpito e affondato. Guarda qui... proprio 'Il crimine non paga'.» «Be', che mi venisse un canchero,» esclamò Dolan guardando il giornale che Bishop gli porgeva. «Questo è davvero grandioso. Sai cosa, Ed? Ti è proprio andata bene che Thomas ti abbia licenziato. Preferisco crepare di fame ma scrivere quello che mi pare piuttosto che lavorare per quel giornale di merda.» «Anch'io, Mike. Ed è quello che sto facendo. Qualche giorno prima che Thomas mi beccasse nel tuo ufficio mi avevano aumentato lo stipendio a cinquantacinque dollari, mentre tu me ne dai venticinque tondi tondi... Naturalmente il vero motivo per cui mi ha silurato è che mi ha trovato qui, e ha pensato che stessimo complottando. Poi a me ha tirato fuori la storia che mi ero fatto scappare l'omicidio di quella puttana. Tutte balle. Quella era una notizia buona al massimo per un trafiletto.» «'Giorno, Dolan. Ciao, Myra,» li salutò allegramente Lawrence entrando nell'ufficio. «Signor Lawrence, le presento il signor Bishop, ex cronista della prestigiosa Times-Gazette.» I due si strinsero cordialmente la mano. «Bishop lavora per me da ieri,» fece Dolan. «Lo hanno licenziato e allora gli ho offerto di venire da noi. Sa, Myra e io non riuscivamo a fare tutto da soli, e Ed ha una grande esperienza. E poi ci sa fare... Ma che cosa ha portato?» «Gli ultimi dati sulla diffusione. Volevo che li vedesse.» «Grazie,» disse Dolan prendendo il foglio. «E a Eckman, com'è andata oggi?» «Non è ancora rientrato, ma credo tutto bene.» «Spero che non sia andato semplicemente 'tutto bene', visto che in città non si parla d'altro che del Cosmopolite.» Dolan diede un'occhiata alle cifre. «Tremila: uno, due, tre; niente male per la quarta settimana. Dovremmo beccarci un sacco di inserzioni ormai.» «Me lo auguro proprio,» riprese Lawrence. «Tremila copie a dieci cents l'una non sono un granché. Va avanti a lavorare stasera?» «Le matrici le abbiamo già controllate, e sono pronte per la stampa. A dire la verità stasera non c'è più niente da fare.»
«Myra, come vanno gli abbonamenti?» chiese Lawrence. «Bene, ho chiamato più o meno cento persone della lista, e ho raccolto una ventina di abbonamenti.» «Bene, avanti così,» concluse Lawrence e si avviò all'uscita. «Non credo di stargli molto simpatico,» disse Bishop. «Gli piaci, invece. È solo che è un po' tirato con i soldi.» «E poi, cosa significa 'tremila copie a dieci cents l'una'?» continuò Bishop. «Non è mica tutto quello che incassiamo, c'è anche la pubblicità, no?» «Be', Eddie, a dire la verità la maggior parte degli annunci erano gratuiti: abbiamo regalato gli spazi alle ditte per dimostrargli che eravamo in grado di attirare l'attenzione del grosso pubblico.» «Sì, ma allora dove pensi di trovare i soldi per andare avanti... e per pagarmi?» chiese Bishop stupefatto. «Sono convinto che li ricaverò dalle vendite, ma non darti troppo pensiero. Se anche all'inizio le cose dovessero andare male, posso sempre attingere alla mia miniera d'oro privata. Non è vero, Myra?» «Sicuro,» confermò Myra. «Una miniera femmina di cinquantacinque anni...» In quel momento un uomo entrò nell'ufficio e si fermò fissando il terzetto. Era sulla trentina, robusto, acchittato. Lo guardarono incuriositi, e per qualche secondo nessuno parlò o si mosse. «Cosa vuoi, Fritz?» chiese alla fine Dolan impassibile. «Lo sai bene cosa voglio,» disse Fritz Dockstetter lentamente e senza muoversi. «Tu sei quel bastardo figlio di puttana che mi ha fatto radiare...» «Aspetta un momento,» lo interruppe Dolan in tono conciliante, facendoglisi incontro da dietro la scrivania. «Personalmente non ho niente contro di te.» «E di quello che hai fatto alla mia carriera non ti ricordi già più niente?» «No, mi ricordo il male che le hai fatto tu. Era da più di un mese che sapevo già tutto, ma la Gazette non osava pubblicare la storia. Ho dovuto licenziarmi per incastrarvi.» «Ah, sì? E allora vaffanculo una volta per sempre!» urlò Dockstetter mettendo la mano destra nella tasca del cappotto. «Occhio!» gridò Bishop. Dolan fece un balzo in avanti e sferrò a Dockstetter un sinistro che lo raggiunse alla tempia, facendolo barcollare pesantemente all'indietro. Dockstetter agitò il suo sinistro per tener lontano l'avversario, mentre feb-
brilmente cercava di estrarre l'altra mano dalla tasca del cappotto. Ma Dolan lo incalzò e lo raggiunse con un formidabile gancio alla mascella, e, subito dopo, con un destro diretto in pieno viso che mandò l'altro a sbattere contro il muro e a crollare sul pavimento. Dolan gli fu sopra in un istante, cercando di afferrare la mano che Dockstetter teneva ancora in tasca. Alla fine ci riuscì, e con uno strattone si impadronì della pistola. «Lo sapevo. Una trentadue: ce l'aveva scritto in faccia, il bastardo.» «Sai che con i pugni non sei niente male?» fece Bishop. «È okay,» gli fece eco Myra. «Per un momento mi ero quasi spaventata.» «Io non sono tranquillo neanche adesso,» replicò Dolan. «Ed, guarda che ci deve essere dell'acqua in anticamera. Vai a prenderla, che svegliamo questo fringuellino. Myra, quella pistola mettila là, sulla mia scrivania. Ti sei eccitata, eh?» «Ed è solo l'inizio. Vedrai quando scendiamo in pista sul serio,» disse lei ammiccando. TRE Quella sera Dolan portò Myra a cena in un roof-garden. «Carino questo posto,» disse lei dopo una lunga parentesi di silenzio. «Sì, non male,» rispose Dolan con un sospiro, guardando distrattamente fuori della finestra le luci della città. «Ora non fare il depresso. Hai tutte le ragioni del mondo per sentirti soddisfatto. In città non si parla d'altro che di te e del tuo giornale. Da quando ci siamo seduti qui sono venute già almeno venti persone a congratularsi con te. Hai ottenuto quello che volevi: fare il lavoro che ti piace nel modo che ti piace. E allora che cavolo ti prende?» «Non stavo pensando a questo,» disse Dolan con gli occhi fissi a una grande tavolata oltre l'orchestra. «Ah, ho capito,» lo interruppe Myra. «Pensavi a lei. Be', scusa tanto allora.» «Quando ti ho proposto di venire qui non sapevo che ci sarebbe stata la sua festa di nozze. Non sapevo neppure che si sposava oggi.» «Anch'io me ne ero completamente dimenticato. Penserà che io sia un vero bastardo a comportarmi così.» «Così come?» chiese Myra. «A venire qui stasera, intendo.»
«Non capisco cosa ci sia di tanto orribile.» «Cristo, davvero non capisci? Qui ci venivo con April e stavo con lei e i suoi amici al tavolo laggiù. Tutti sanno che ero pazzo di lei.» «O forse lei era pazza di te,» lo corresse Myra. «Comunque sia, sono qui a cena nello stesso posto, la sera della sua festa di nozze e per di più con un'altra donna.» «Una donna così, poi,» disse Myra con tono ironico, asciugandosi le labbra. «Una che non si è mai vista qui in giro, magari una puttana.» «Adesso non fare così, cristo.» «E perché, come dovrei fare? Hai appena finito di dirmi che qui tutti ti notano perché sei con una che non è del loro giro, la bella gente piena di merda del jet set?» «Ma tu sei proprio matta. Non mi sono mai sognato di dire niente del genere.» «Qui se c'è uno pazzo sei tu. Sant'iddio, ma cosa t'importa di quello che pensano? Perché vuoi ostinarti a fare finta di non sapere che ti considerano uno zero?» «Credi davvero che non lo sappia?» disse lui calmo. «Hanno rifiutato la tua iscrizione a tutti i circoli della città perché sei cresciuto in mezzo alla strada. Ti disprezzano e ridono alle tue spalle, e tu ti comporti come uno stupido. Sei un uomo pieno di qualità, Mike, e adesso hai potere. Hai trovato la tua strada e puoi andare lontano. Allora smettila di prendertela con quei piccoli parassiti del cavolo.» «È per April che me la prendo. È una ragazza fantastica.» «Il mondo è pieno di ragazze come lei. Non sarai per caso geloso di quel tizio che l'ha sposata... Menefee, o come diavolo si chiama?» «Ma figurati...» «Allora smetti di fare tragedie. Si è sposata, e con questo? Un'altra scopata che esce di circolazione. Dalla faccia che hai messo su in quest'ultima ora e mezzo sembrerebbe che al mondo ce l'abbia solo lei.» «Ti proibisco di parlare così di April.» «Dio santo, lui mi proibisce!» fece Myra con voce annoiata, guardando le stelle artificiali sul tetto. «E smettila di essere così virtuoso! Sto solo dicendo ad alta voce quello che anche tu pensi; sto cercando di convincerti a farla finita con questo tuo maledetto senso di inferiorità sociale. E se ci riesco, allora non ti fermerà più nessuno. Questa è gente che non vale un fico secco: passano la vita a ciondolare senza fare niente di utile, a occupare spazio e a respirare un sacco d'aria che si potrebbe usare meglio per qual-
cun altro.» «D'accordo, d'accordo, avrai anche ragione: ma nonostante tutto quei bastardi rappresentano qualcosa che io non ho mai avuto e che ho sempre sognato.» «Sai cosa ti dico, Mike? Sei un povero frustrato... leviamoci di qui adesso.» «Voglio fare ancora un paio di balli.» «Vuoi dire che vuoi ballare con April.» «Sì, forse.» «Be', allora continua così e fai vedere a tutti che sei un povero fesso,» disse Myra tirandosi il mantello sulle spalle. «Io me ne vado.» «Stai commettendo un errore.» «Lo so, ma mi importa della tua dignità più di quanto importi a te. Ti aspetto a casa tua,» concluse alzandosi in piedi. «Potrei tornare molto tardi.» «Non fa niente... Mi farò accompagnare nella tua camera da Ulysses. Ci saranno gli altri ragazzi, e questo potrebbe rendere la cosa molto interessante.» «Basta che non ti faccia trovare nel mio letto. Se ci provi ti stacco le orecchie.» «Okay... non fare troppo tardi allora,» concluse Myra, e se ne andò. Dolan si alzò e, scansando le coppie dei ballerini, si diresse verso il tavolo di April, che era occupato al centro da un'enorme composizione floreale. C'erano molte sedie libere. «Salve, straniero,» lo salutò con voce suadente April tendendogli la mano. «Felicitazioni,» disse Dolan. «Anche a te, Roy.» «Grazie,» rispose Menefee. «Conosci tutti quanti qui, no? Harry Carlisle...» «Certo che li conosco. Ciao a tutti, ragazzi,» fece Dolan con un cenno del capo, e si mise su una sedia libera a fianco di Lillian Fried, una biondina tutto pepe ex Miss Debuttante dell'anno prima. «Ciao, Lillian.» «'Sera, Mike.» «Ho un conto in sospeso con te, Dolan,» lo apostrofò Menefee. «Mi sei debitore di una luna di miele.» «Ah, sì? Cos'è questa storia?» «Sei stato tu a far entrare April nello spettacolo del Little Theatre. E ora che ci sono le repliche non può più venire via.»
«Ah, ma non è colpa mia. È stato il Maggiore a volerla a tutti i costi. E tu sei stata formidabile,» fece Mike rivolgendosi ad April. «Ho letto le recensioni di oggi: erano eccellenti. Sta andando tutto a gonfie vele, no?» «Davvero benissimo. Avresti dovuto esserci! Anzi, a dire la verità ti aspettavamo tutti alla festa dopo la prima.» «Ero strangolato con il lavoro...» «Ah, Mike... sei il solito maledetto bugiardo.» «No, è proprio così. Dovevamo andare in edicola il giorno dopo.» Furono interrotti da Lillian: «Di', Mike... che fine ha fatto la mia foto che avevi promesso di pubblicare?» «La vedrai nel prossimo numero.» «La tua pagina mondana è un po' stinfia,» lo incalzò Lillian. «Chi se ne occupa? Quella che c'era con te prima al tavolo?» «No, lei non c'entra niente. Perché?» «Così... tanto per sapere.» «È davvero un gran bel tipo,» disse April. «Chi è?» «Oh, risponde al telefono e altre cosette... batte un po' a macchina e scrive qualcosa ogni tanto.» «Guarda, Mike. Penso proprio che sarei perfetta come editor per la rosa,» intervenne Lillian. «Perché non assumi me? Sai, scrivevo anche sul giornale del liceo.» «Ma se non posso neanche pagarti!» «Non ti preoccupare, non voglio uno stipendio. Lo faccio per passione...» «Vuole dire,» intervenne Harry Carlisle ridendo dall'altro lato del tavolo, «che ne varrebbe la pena anche solo per starti intorno...» «Tu sta' zitto, Harry,» lo interruppe Lillian stizzita. «Non prendertela: stavo solo scherzando. Davvero.» Dolan lo guardò gelido: «Uno scherzo non gradito. Non ti sembra?» «Vuoi ballare, Mike?» gli chiese April rompendo la tensione. «Be', se...» Dolan guardò Menefee con aria interrogativa. «Ma perbacco,» rispose l'altro aiutando galantemente April ad alzarsi. «Grazie,» fece Dolan, e si avviò con lei verso la pista da ballo. «Non c'è nulla di male, no?» le sussurrò mentre iniziavano a danzare. «Certo che no. Ma che sciocco.» «Be', sai... dal punto di vista etico, ballare con una donna sposata proprio subito dopo il matrimonio...» «Ma dai, Mike. Ho appena finito di ballare con Roy, e Johnny London, e
Harry Carlisle.» «Ah, c'era anche Johnny? Non l'ho visto.» «Ci credo. Non avevi tempo di vedere nessuno. Avevi occhi solo per quello schianto di ragazza che ti sei portato appresso. A proposito: dov'è finita?» «Mah... credo sia andata via.» «Litigato?» «Non proprio.» «Mi era sembrato... dal tono con cui ne parli. Comunque peccato, perché è davvero bellissima.» «Nulla di grave. È solo che non voleva che io venissi al vostro tavolo, e quindi...» «Già, e tu sei il solito testardo. Ma perché diavolo non voleva?» «Non so. Però mi accorgo che aveva ragione. Sono solo un sacco di stronzi snob. Mi hanno trattato come un appestato. L'unico che mi ha rivolto la parola è stato quel deficiente di Carlisle: e per fare quale battuta di spirito, poi...» «Lascia perdere Carlisle, il successo gli ha dato alla testa. Non ha fatto altro che parlarci tutta la sera della carriera strabiliante che sta facendo.» «Lo credo bene: con le maniglie che si ritrova, quel bastardo.» «Che ne pensi di Fio Rito?» «È la prima volta che lo vedo... di persona, voglio dire. Mi sembra okay.» «Mike,» lo interruppe lei, «dimmi la verità. Perché non sei più venuto al teatro?» «Be', sai... avevo da fare.» «Non dire storie. Non è mai successo che avessi tanto da fare da sparire così. E perché quella volta il Maggiore ti ha costretto a scusarti con tutti?» «No. Cioè: non solo per quello. È che sono davvero presissimo.» «Ti ho cercato tante volte, Mike. Non ti hanno mai lasciato i miei messaggi?» «Sì, li ho avuti, ma non ho voglia di telefonarti a casa, April. Lo sai benissimo. So quello che pensa tuo padre, e poi... proprio adesso che c'era in ballo il matrimonio con Roy... Tra l'altro, se me lo avessi fatto sapere in tempo avrei almeno cercato un regalo.» «Perché credi che ti abbia chiamato questa mattina, se non per parlartene?» «Gesù, sei incredibile,» disse Dolan stringendola di più a sé. «Sai, A-
pril? È proprio un peccato che sia finita così.» «È vero, Mike.» «Davvero un peccato,» ripeté Dolan, mentre la sensazione calda del corpo di lei che si muoveva lentamente contro il suo gli fece tornare in mente in un istante tutte le volte che avevano fatto l'amore. «E il nostro ruscello, Mike?» chiese lei in un sussurro. «Ci andremo ancora qualche sera?» «Sì, cristo. Ci andremo, ci andremo...» «Scusatemi,» li interruppe proprio allora Menefee, quasi insinuandosi fra loro. «Posso finirlo io questo ballo?» «Ma certo,» fece Dolan lasciando andare la ragazza. «Grazie, April. Buonanotte, e ancora auguri,» la salutò ritornando al proprio tavolo dove trovò Carlisle seduto al posto lasciato libero da Myra. «Proprio un peccato che tu non abbia potuto finire quel ballo,» esordì Carlisle. «Lo avevo detto a Menefee di starsene seduto buono e non preoccuparsi, ma sai: non ha voluto sentire ragioni.» «Ma che pensiero gentile da parte tua... Ti ringrazio di cuore.» «Non prendertela, Mike. Non sono stato io a dirgli di venirvi a rompere le scatole...» «Non importa. Lascia perdere,» troncò Dolan mentre chiamava con la mano il cameriere. «Vai già via?» chiese Carlisle. «Ho da fare.» «Ma volevo solo fare due chiacchiere con te.» «Sarà per un'altra volta,» concluse Dolan guardando il conto e sfilando un biglietto da cinque dollari. «Ma insomma: cosa ti ho fatto, Dolan? Tu mi sei sempre stato simpatico. Perché ce l'hai con me?» Dolan gli puntò contro l'indice: «Cazzate, Harry. Questa è aria fritta. Io non ti piaccio. Non ti sono mai piaciuto, fin dai tempi del liceo: e tanto meno ti piaccio ora. Ma se ti puoi consolare, anch'io non ti sopporto. Eri stronzo allora, e stronzo sei rimasto. Questo per mettere le cose in chiaro.» «Eh, già: ora capisco. Per il semplice fatto che ti sono antipatico mi attaccherai sul tuo giornale.» «Cosa ti fa pensare che me la prenderò con te?» chiese Dolan cercando di non tradire la sua sorpresa. «La mia immaginazione. Ma voglio ricordarti questo: se in questa città c'è una persona che ti conviene lasciare in pace sono io.»
«Non pensi che prima di cominciare a minacciarmi sia meglio aspettare di vedere cosa pubblicherò?» chiese Dolan. «Voglio solo che te lo stampi bene in mente fin da ora. Questo per mettere le cose in chiaro,» replicò Carlisle con l'indice puntato. «Grazie,» disse Dolan rivolto al cameriere, prendendo il resto e lasciandogli una mancia. Poi si girò verso Carlisle: «Vuoi dire che tirerai in mezzo il tuo fratellone?» «Mio fratello?» l'altro finse sorpesa. «Ah, vuoi dire Jack? È vero... che idea! Non ci avevo pensato. Certo che è una delle persone più potenti della città. Magari è disposto ad aiutarmi a farti capire il concetto.» «Già. E magari è anche capace di resuscitare quelle tre ragazze che hai massacrato tentando di farle abortire.» Questa volta Carlisle scattò in piedi fuori di sé: «Stai attento, Dolan!» gli urlò. «È meglio che ti procuri delle prove schiaccianti prima di azzardarti a stampare questa roba!» «Stai tranquillo, Harry. Le troverò. Ci puoi scommettere il culo,» concluse Dolan gelido uscendo dal locale. QUATTRO Quando Dolan arrivò a casa, la luce era ancora accesa al pianterreno. Attraverso i vetri riuscì a vedere Elbert, Tommy ed Ernst (l'ex asso dell'aviazione) seduti in cerchio sul pavimento, a parlare con Myra. Sembrava una discussione molto seria. Tirò dritto e salì direttamente in camera: si era già spogliato quando entrò Myra. «Ma non bussi mai? Sono in mutande.» «Mettiti questo,» gli rispose lei prendendo un vecchio accappatoio da una sedia e lanciandoglielo. «Così salviamo il buon nome della casa.» «Non sto parlando di salvare le apparenze, Myra. È solo una questione di educazione... dove sono le mie pantofole? Sarà stato Ulysses... scommetto che le ha portate giù nella sua stanza. Quando non trovo una cosa è sempre lì.» «Se stai parlando di quegli orribili mocassini rossi, sono sotto il tavolo,» fece Myra indicandoglieli. «Immagino che tu sappia che ora è.» «Ho fatto un giretto dopo che sono uscito dal ristorante.» «Un giretto bello lungo. Sono almeno due ore che ti aspetto.» «Non mi sembra però che ti sia annoiata così tanto,» disse Dolan infilandosi le pantofole. «Di che stavate parlando? Qual era il tema? Omoses-
sualità e genio, scommetto.» «No: era Hitler.» «E io che ho detto?» «Ernst è completamente andato sul tema della razza ariana, non è vero?» «Assolutamente, ed è per questo che non riesce proprio a trattenersi con le negre. Pensa che l'altra sera Ulysses si era portato a casa una delle sue amichette, e appena si è girato un attimo, quella era sparita. Ernst se la stava facendo sul pavimento dietro il pianoforte. Abbiamo dovuto trattenerlo, Ulysses: voleva fargli un sette nella pancia. Eh, sì... hai proprio capito tutto. Per Ernst, o sono pure ariane, o niente. E ora, signorina Scassabarnovsky, vuoi andartene a casa al galoppo e lasciarmi dormire?» «Va' pure a letto, scusa. Chi te lo impedisce?» «Insomma, adesso basta.» «Volevo solo parlarti. Possiamo farlo benissimo anche se sei sotto le coperte.» «Il fatto è che non ho voglia di chiacchierare,» fece Dolan seccato. «Sono stanco, e non mi va di sentirmi dire dei miei 'complessi', delle mie 'inibizioni', dei miei 'meccanismi psicologici'. Perché non mi fai il piacere e te ne vai a dormire anche tu?» «Hai visto April, vero?» «Sì.» «Reggeva bene?» «Reggeva cosa?» «La sua croce. Dev'essere una tortura sposarsi con un uomo quando non si è ancora smesso di amarne un altro.» «Ah, è così che la pensi?» la guardò Dolan sarcastico. «Ci hai ballato?» continuò Myra con tono pacato. «Non abbiamo nemmeno finito il giro. Il marito ci ha interrotto quasi subito.» «Be', non molto carino da parte sua.» «Ce l'aveva con me per avergli fatto rimandare il viaggio di nozze. Pensa che sia stato io a fare entrare April nella compagnia. Comunque è stato Harry Carlisle che gli ha detto di fermare il ballo. Mentre mi allontanavo con April ho visto Harry che gli si sedeva vicino: forse gli ha ricordato che avrebbe dovuto essere geloso di me.» «Di questo non credo proprio che Menefee avesse bisogno. «Be', comunque sia è finita. Quando sono tornato al tavolo, ci ho trovato Carlisle. Mi ha minacciato, nel caso avessi voluto pubblicare qualcosa su
di lui.» «Ah, bel tipo questo Carlisle.» «Eh, sì: il famoso medico della buona società.» «Ma come faceva a sapere che vuoi scrivere qualcosa su di lui?» «Vorrei saperlo anch'io. Ne eravamo al corrente solo tu, io e Bishop.» «E Thomas,» disse lei. «Non dimenticare quando ti sei arrabbiato e hai tentato di impressionarlo con tutta quella lista di gente che volevi attaccare.» «Già: c'è anche Thomas,» rifletté Dolan. «È un amico di questo Carlisle?» «Che ne so... penso di sì. Di sicuro conosce Jack, il fratello. L'uomo più importante della contea.» «Spero che tu non ti faccia intimidire da queste storie.» «Non ti preoccupare, Myra. Me ne frego: anzi, sarà un vero piacere. Quel Carlisle non mi è mai piaciuto... ma ora, ti spiace sgomberare?» «Non mi farai tornare a casa a piedi da sola a quest'ora della notte!» «Va bene, va bene... dirò a Ulysses di accompagnarti a casa con la mia macchina.» «Ma perché devi sempre complicare tutto? Non è meglio se facciamo la cosa più semplice?» «Te l'ho già detto,» le rispose Dolan alzandosi. «Non puoi fermarti qui a dormire. Non ho altri letti.» «Mi sembra che quello lì possa andare più che bene.» «Ma quello è l'unico, ed è il mio.» «Lo so che è il tuo. Oltre che ottuso sei anche ostinato.» «Non sono ottuso: capisco benissimo cosa intendi. E poi so di essere irresistibile. Tutte si arrendono al mio sex-appeal. Solo che, vedi, stasera...» «Ecco. Hai capito,» lo interruppe lei. «Ora sì che ti riconosco.» «... stasera, dicevo, non puoi fermarti a dormire qui nel mio letto. Ma non potevi prenderlo altrove quel maledetto caffè?» «Sei bellissimo così. Mi piaci di più quando ti arrabbi.» «Dovresti vedermi buttare fuori di qui a calci le rompicoglioni alle quattro del mattino. Allora sì che sono fantastico. E ora, per favore, vuoi...» Qualcuno bussò. «Avanti!» disse Dolan pensando che fosse uno dei ragazzi, o Ulysses che veniva a lamentarsi del rumore. La porta si aprì, ed entrò la signora April Coughlin in Menefee. «Non sapevo che avessi gente,» disse senza manifestare il minimo stupore alla vista di Myra. «Disturbo, forse?»
«No, perché? Assolutamente,» rispose Dolan imbarazzatissimo. «Molto bene,» commentò April chiudendosi la porta alle spalle. Myra si alzò in piedi respirando profondamente. «Non vada via,» le sorrise April tendendole la mano. «Piacere, April Menefee. Sbaglio o ci siamo già viste?» «Piacere,» rispose Myra stringendole la mano. «Ehm... la signorina Barnovsky,» intervenne Dolan riprendendosi dallo stupore. «È la mia segretaria... sì, la mia segretaria di redazione. Collabora con me per i testi. La signorina Barnovsky...» «Sì, ho capito,» disse April sogghignando. «La signorina Barnovsky.» «È la mia segretaria,» ripeté Dolan con un sorriso idiota. «Bravo! Devo dire che lei è assolutamente bellissima, miss Barnovsky,» fece April. «Grazie...» «Mi dispiace che debba andarsene. Davvero. Vorrei conoscerla meglio.» «Buonanotte, signora Menefee,» salutò Myra avviandosi alla porta. «Aspetta un momento,» intervenne Dolan inseguendola. «Ora dico a Ulysses di accompagnarti in auto.» «Non c'è bisogno,» disse Myra senza voltarsi. E scomparve nel buio del salotto. «È davvero splendida, Mike sembra uscita da un disegno di Benda. Ora capisco perché non ti sei più fatto vedere in giro.» «Al diavolo,» fece Dolan seccato sbattendo la porta. «È possibile che tu non sappia pensare ad altro che al sesso?» «Non è colpa mia, tesoro. Lo sai che sono un caso patologico.» «Tu sei pazza, ecco cosa sei. Come sei entrata qui?» «Dai, non ti scaldare. Dal retro: dalla stanza di Ulysses e poi su per le scale. Perché, c'è qualcosa di male?» «Qualcosa di male? Cristo, sei proprio toccata,» fece Dolan scuotendo il capo. «Ti sei appena sposata, questa è la prima notte di nozze, e mi chiedi se c'è qualcosa di male!» «Massi, cosa c'è di male se sono venuta qui? Mi sembra di non avere violato nessuna legge, e poi sono libera di fare ciò che voglio.» «Ci rinuncio,» disse Dolan sconsolato. Si mise a sedere sul letto con le mani nei capelli. «Ma è possibile che tu non capisca? In città tutti conoscono la tua macchina. Hai pensato cosa diranno vedendola qui davanti? Sanno che questa è casa mia.» «Ho preso un taxi,» lo interruppe April togliendosi il cappotto.
«E a Menefee, cosa hai detto?» «Niente. Cosa avrei dovuto dirgli? Abbiamo avuto una discussione e io l'ho mollato in macchina.» «Una bella maniera di cominciare la luna di miele,» commentò Dolan. April gli si avvicinò e si sedette sul letto accanto a lui. «Abbiamo litigato per colpa tua, lo sai?» Il tono era di finto rimprovero. «Non hai visto come ha interrotto il nostro ballo? E poi ha continuato ad asfissiarmi fino a tardi. È così geloso di te...» «E perché diavolo dovrebbe esserlo?» disse Dolan irritato. «Forse perché è invidioso. Tu sei un amante molto più bravo di lui,» rispose lei sottovoce, guardandolo con quegli occhioni innocenti. «Be', ma questo è pazzesco! E tu questo glielo sei andata a dire?» «Certo.» «O cristo,» gemette Dolan. «Ma non è questa la sola ragione per cui sono venuta... voglio dire... non solo per quello. Ti ho portato un regalino, sai?» disse aprendo la borsetta. «Ho pensato che magari in questo momento hai qualche problema... devi ancora pagare le rate dell'auto...» e gli mise accanto un assegno firmato. In quel momento la porta si aprì di colpo. Era Myra, in preda a una forte agitazione. «C'è un auto che si è fermata proprio qui davanti. È sceso un uomo... penso sia suo marito. Avete una Packard coupé?» «Cristo, è lui,» Dolan scattò in piedi. «April, vattene di corsa. La scala di servizio.» «Lascia prima che salga,» April non si era scomposta affatto. «Per me, chiarire tutto ora o più tardi è uguale.» «Ma dannazione!» esplose Dolan. «Non puoi farti trovare qui!» «Non ho alcuna intenzione di muovermi,» ribadì April con tutta calma. E quasi a rafforzare l'idea si sdraiò sul letto in posizione completamente rilassata. «Si sbrighi!» disse Myra. Dolan scattò, afferrò April recalcitrante per un braccio facendola alzare. Indietreggiò, prese la mira e la colpì al mento con un secco montante. April emise un gemito e cadde svenuta sul letto. Quindi Dolan si chinò su di lei e la sollevò in braccio. «Presto, mettile addosso il cappotto.» «Facciamo in fretta,» disse Myra, coprendo con il soprabito il corpo di April. Dolan uscì di corsa dalla stanza, dirigendosi verso la scala secondaria. Il salotto era buio, ma dalle finestre filtrava abbastanza luce per poter vedere
dove metteva i piedi. Uscì dal soggiorno e arrivò sul pianerottolo davanti alla stanza di Ulysses. Bussò piano alla porta con la punta della scarpa. «Cosa c'è, signor Mike?» La voce di Ulysses che si alzava per aprire la porta era allarmata. «Guai, e grossi,» gli rispose Mike entrando e adagiando il corpo di April sulla branda. «Sono nella merda, e tutto per colpa tua! Ti ho detto mille volte di non fare entrare April dal retro.» «Cosa le è successo, signor Mike?» «Ho dovuto stenderla. Stava andando fuori di testa. Ma ora non ho tempo di spiegarti. Sta arrivando il marito!» «È sposata? Non l'avrei fatta entrare se avessi saputo che era sposata!» «Ma se per cinque dollari lasceresti entrare anche Jack lo Squartatore! Ora stammi bene a sentire, bastardo: io devo tornare su e fare il finto tonto con il marito. Tu coprila, e stai attento che se ne rimanga tranquilla fino a che quello non sparisce. Se riprova a fare casino, addormentala come ho fatto io. Torno subito... appena quello se ne va.» «Okay, signor Mike.» Ulysses stese una coperta sul corpo di April. «Perdono, signor Mike. Non volevo metterla nei pasticci.» «Lascia perdere, Ulysses. La colpa è anche mia,» lo rassicurò Dolan uscendo. Davanti alla porta di camera sua, Dolan si fermò per accendere una sigaretta. Trasse un respiro, poi entrò con aria risoluta. Myra era nel letto, sotto il lenzuolo fino al mento. Roy Menefee era in piedi accanto al tavolino della macchina da scrivere, scuro in volto. «Ah, salve,» disse Dolan fingendosi sorpreso. Il suo sguardo passò dall'una all'altro interrogativamente. «Come mai da queste parti? E April dov'è?» «È proprio quello che vorrei sapere da te,» rispose secco Menefee. «Pensava che fosse qui,» intervenne Myra. «Qui? E a fare cosa? State scherzando! Ora basta, Roy. Cosa significa questo?» «Ho litigato con April mentre andavamo a casa. Ha detto che piuttosto che restare con me tornava a piedi. Credevo che bleffasse e l'ho lasciata scendere. Volevo spaventarla per darle una lezione, e ho fatto il giro dell'isolato, ma quando sono tornato a riprenderla era scomparsa.» «Eh, si vede che non la conosci ancora bene. April non è il tipo che bleffa.» «Certo, ora lo so. Poi sono venuto qui.»
«Come ti è venuto in mente che l'avresti trovata da me?» «Be', non so... April parla sempre di te...» «Ma allora perché non hai telefonato prima?» «Voleva coglierla sul fatto, non è vero? Flagrante delicto, come dicevano i romani,» li interruppe Myra, guardando Dolan. «Be', in questo caso mi dispiace deluderti, caro Roy, ma April non è qui.» «Sì, sì, lo vedo e... be', immagino di doverti delle scuse Dolan,» rispose Menefee imbarazzato. «Lascia perdere. Sono sicuro che tutto andrà a posto. Avrà preso un taxi e sarà tornata a casa.» «Sì, forse hai ragione. Bene... scusa ancora per questa invasione,» fece Menefee, indietreggiando verso la porta. «Hai solo un minuto, Dolan?» «Certo,» rispose Mike accompagnandolo nel soggiorno e accendendo la luce. «Sai, volevo solo chiederti se puoi evitare di fare pubblicità a questo episodio. Sarebbe spiacevole per me se si sapesse in giro.» «Ma certo Roy, non preoccuparti. Te lo prometto. Ma tu mettiti in testa una volta per tutte che non c'è più niente fra me e April. Sì, è vero: un tempo ero pazzo di lei, ma ora è finita e, devo riconoscerlo, anche per colpa di suo padre.» «Ti credo, Mike.» «E poi vorrei anche che tu non dessi retta a Henry Carlisle. Sono sicuro che vuole farti credere un sacco di palle.» «Hai ragione, Dolan. Ora buonanotte. Grazie, e scusa ancora,» concluse Menefee stringendo la mano a Mike. «Per me non è successo niente,» lo rassicurò Dolan accompagnandolo alla porta. «Di nuovo buonanotte.» Dolan lo seguì attraverso il vetro della finestra finché non lo vide salire sull'auto e allontanarsi. A quel punto, scese di corsa da Ulysses. «È ancora nel mondo dei sogni, signor Mike. Cosa ha usato per colpirla, una mazza da baseball?» «Dai, svelto: prendi dell'acqua da spruzzarle in faccia. Il secchio è lì.» Dolan scostò la coperta e cominciò a massaggiarle i polsi. La ragazza non dava segno di riprendere conoscenza: il corpo giaceva abbandonato come un cadavere nella luce giallastra della stanza. «Ecco, signor Mike,» disse Ulysses porgendogli il secchio pieno. «Tutto okay con il marito, vero?»
«Sì, sì... ha persino chiesto scusa per avere disturbato. Ma ora aiutami: prendila per i piedi e mettiamola per terra.» Così fecero, e Dolan, afferrato il secchio, lo rovesciò con forza sul viso di April, che ebbe un fremito violento all'impatto con l'acqua fredda. Lui allora la mise in posizione seduta e cominciò a scuoterla. Di lì a un attimo le labbra di April ripresero colore e si contrassero in una smorfia, come se avesse assaggiato un frutto acerbo: poi sbatté le palpebre e aprì gli occhi. «Svegliati, April, svegliati!» le gridava Dolan nelle orecchie. Lei sorrise e si guardò intorno. «Ora sto bene, Dolan. Non ti preoccupare, sto bene,» ripeté senza smettere di sorridere. «Certo che sei un bel figlio di puttana. Mi hai steso a tradimento.» «Che donna!» esclamò Dolan guardando Ulysses e mettendosi a ridere. «Okay, April: ora devi levarti di torno. Tuo marito se n'è appena andato. E tu, Ulysses, mettiti scarpe e cappotto e accompagna la signorina April fino a un taxi. E ricordati di passare dal cortile.» «Sissignore,» rispose Ulysses, orgoglioso di essere protagonista dell'ennesimo intrigo erotico del suo principale. «Ti puoi scordare di farmi uscire dal retro,» li interruppe April. «Uscirò da dove sono entrata.» «E invece te ne esci dal cortile. Non mi fido affatto di Menefee. Può anche darsi che si sia bevuto la storia che gli ho raccontato, ma è geloso, e un uomo geloso è sempre sospettoso. Niente di più facile che sia qui fuori con l'auto parcheggiata dietro un angolo ad aspettare che tu esca.» «No. E poi ho freddo,» protestò April. «Sono tutta bagnata. Mi hai rovinato la pettinatura, è orribile.» «E tu mi stai rovinando la vita, invece. Ora sbrigati,» fece Dolan aiutandola ad alzarsi. «Va' con Ulysses fino all'angolo e poi chiama un taxi. Li hai i soldi?» «Soldi ne ho sempre, signor Dolan,» disse lei. «Ehi, non prendertela bellezza. È che pensavo che li avessi spesi tutti per ungere questo bel soggetto,» rise Dolan indicando Ulysses. «Ora però vai.» «Vado, vado. Ma non illuderti: tornerò presto.» «Provaci soltanto, e ti spacco quella testaccia ostinata. E tu, Ulysses, che fai lì? Sbrigati.» «Sissignore, signor Mike.» I due uscirono dalla porta posteriore e Dolan, dopo avere chiuso tutto, ri-
tornò disopra. Spense la luce e si avvicinò alla finestra per controllare la strada sottostante. Nessun'automobile in vista: sorrise e rientrò nella stanza. «Bene, bene,» fece, osservando i vestiti di Myra tutti ben piegati sulla sedia, e le scarpe sotto il tavolo. «E qui come ce la passiamo?» «Se n'è andato?» chiese lei girandosi nel letto e tirandosi su con i gomiti. «Sì. Se n'è andato, e vorrei tanto che tu lo imitassi.» «Ma nemmeno per sogno... A proposito: c'è qui un piccolo souvenir che quella toccata della tua amichetta ha lasciato per te,» fece Myra porgendogli l'assegno di April con un sorriso. «Grazie,» disse Dolan seccato. Prese l'assegno e lo mise nella tasca dell'accappatoio con noncuranza. «Ma non hai proprio vergogna ad accettare soldi dalle donne?» gli chiese lei divertita. «No, se me li sono guadagnati.» «Capisco... ma dimmi, le tue nottate sono tutte così eccitanti?» «Eccitanti?» Dolan la guardò ridendo mentre si toglieva l'accappatoio e sedeva sul bordo del letto. «Questa non la chiamerei proprio una nottata eccitante. Anzi, direi che è stata molto tranquilla.» «Confessa: sei un mago?» gli chiese Myra guardandolo affascinata. Aveva adagiato la testa sul cuscino. «Sei il più incredibile miscuglio di fascino, personalità e mascalzonaggine che abbia mai conosciuto...» «E devi ancora vedere il resto,» disse Dolan spegnendo la luce. CINQUE Pochi giorni dopo Lawrence chiamò Dolan nel suo ufficio. «La situazione è preoccupante,» disse in tono serio. «Spiegaglielo tu, Eckman.» «Non c'è molto da spiegare,» disse Eckman.» È semplicemente che non riusciamo a trovare inserzionisti per il giornale. Siamo usciti l'altro giorno con il quinto numero e quanta pubblicità crede che ci fosse?» «Non so,» rispose Dolan. «Dovrebbe essere dalle sei alle otto pagine.» «Cinque pagine e un quarto,» lo interruppe Eckman. «Di cui due già pagate e messe in conto. Il tutto per un totale di duecento dollari.» «E ogni edizione ci costa più di duemila dollari,» aggiunse Lawrence. «Mi sembra che le cifre parlino da sole.» «Senta,» lo interruppe Dolan, «io non capisco molto di questi calcoli, ma
perché dobbiamo sbattere via tre o quattro pagine di pubblicità gratuita per ogni numero? Perché non ci facciamo pagare anche quelle?» «Non possiamo. Ci sono degli accordi che dobbiamo rispettare,» rispose Eckman. «Due mezze pagine sono di pubblicità reciproca per il Courier e la Gazette che hanno messo i nostri annunci sulle loro edizioni. Le altre due pagine e un quarto sono inserzioni dimostrative che offriamo ai clienti più importanti. Se gli facciamo aumentare le vendite la prossima volta pagano.» «E fino a ora, ci siamo riusciti?» chiese Dolan. «Loro sostengono di no,» disse Eckman. «E lei capirà che convincerli a comprare gli spazi diventa sempre più difficile.» «Comunque, nelle ultime due settimane Myra ha raccolto almeno quattrocento abbonamenti annuali, che vogliono dire circa duemila dollari. Non saranno spariti anche quelli?» «Mi sa di sì,» fece Lawrence. «Vuole vedere i conti?» «No, no, cristo. Le credo. Solo, tutto questo mi sorprende. Pensavo andassimo bene.» «Ma in realtà stiamo andando bene,» lo corresse Eckman. «Intendo, per quanto riguarda i contenuti editoriali. Abbiamo messo su un'ottima rivista. C'è di tutto, e ben dosato: forse è solo la cronaca mondana che è un po' troppa.» «Ma è proprio quello che voglio,» disse Dolan. «Sbatti i loro nomi e le loro foto sul giornale e correranno a comprarlo. La conosco bene la gente di questa città.» «Comunque non è questo il punto,» intervenne Lawrence. «Non voglio discutere le sue idee in proposito. La rivista mi piace comunque, e tutta la faccenda del baseball ci ha fatto un bel po' di pubblicità. Siamo sulla bocca di tutti, ma tutto questo non serve se non troviamo abbastanza inserzioni per pagarci le spese.» «Non so che dirle,» ribatté Dolan scuotendo la testa. «Quello che potevo fare l'ho fatto. Ho messo in piedi un buon giornale...» «Certo: ma credo che dovremo lasciar perdere,» disse Lawrence. «Come? Rinunciare? Ora?!» «Sì, a meno che non saltino fuori mille dollari alla settimana, o pressappoco.» «Ma non può correre il rischio per qualche altra settimana, signor Lawrence? Lo sa meglio di me che non può fallire. Sarà un successo sicuro, e poi non mi può mollare proprio adesso... la settimana prossima usciamo
con un servizio che è una bomba. La storia dell'anno! Chieda a Bishop che ci sta lavorando.» «Mi dispiace, Dolan, ma non posso permettermi di rischiare ancora.» «E immagino che non servirà a niente ricordarle i nostri doveri morali nei confronti dei lettori.» «Non ci sono doveri morali che possano farmi sbattere via mille dollari alla settimana,» fece Lawrence, cinico. «Nessuna 'storia dell'anno' vale tanto per me.» «Ma li vale per me! E mettiamo che trovi i soldi per stampare i prossimi due o tre numeri, come ho fatto per il primo...» «Be', allora tutto cambia. Se le spese sono pagate...» «Allora, Eckman: continuerà a vendere la pubblicità per me? Questa rivista potrebbe diventare una miniera d'oro anche per lei, prima o poi.» «Certo che andrò avanti, Mike. Farò per lei tutto quello che posso, e anche di più. Non chiedo di meglio che di darle una mano. Sto dalla sua parte: mi piacciono il suo coraggio e la sua onestà professionale.» «Grazie, Eckman, vecchio mio. Cercherò di trovare i soldi per oggi pomeriggio. Intanto tenete duro, perché al massimo sarà questione di un paio di giorni,» disse Dolan, allontanandosi di corsa per le scale verso il suo ufficio. Myra teneva il telefono con una mano e con l'altra ripassava la lista degli abbonati potenziali, mentre Bishop pestava sui tasti della vecchia Remington. «Dov'è Lillian?» chiese Dolan guardandosi in giro. «È fuori al Country Club, per il servizio sul torneo di golf femminile,» rispose Myra. «A proposito, hai visto Lawrence? Ti cercava.» «Sì, l'ho visto. Ma perché diavolo Lillian è dovuta andare fin là di persona? Poteva usare il telefono, o aspettare domani di vedere i giornali.» «Non certo Lillian,» fece Myra sarcastica. «Se n'è uscita con le sue matitine e il suo blocchetto. Come potrebbe altrimenti giocare a fare la reporter mondana, se resta chiusa in ufficio?» «E a te Eddie, come va?» Dolan si fermò davanti al tavolo di Bishop. «Okay, Mike. Ma andrebbe meglio se la smettessi di spiarmi da dietro le spalle come un avvoltoio. Mi innervosisci e poi sbaglio. Sei peggio di Thomas.» «Scusami, Ed. Ti ho cercato un paio di volte stamattina.» «Ero fuori, a cercare la McAlister. Ma hai idea di dove diavolo abita quella? In capo al mondo. Hai presente Cold Springs, oltre il vecchio orfa-
notrofio...» «L'hai trovata?» «Sì, e ci ho fatto anche una bella chiacchierata. Dice che sua figlia è morta di indigestione acuta, la stessa cosa che sostiene la signora Griffith. Comincio a credere che il vecchio dottor Estil sappia scrivere solo quello, sui certificati di morte.» «E quando hai iniziato a fare domande, hanno mangiato la foglia?» «No, non credo. Le ho fatte cadere nel discorso. E poi ho trovato un'altra cosa che non quadra: nessuna delle due madri conosce personalmente il dottor Estill. Qualcuno suggerì di chiamarlo quando Elsie Griffith era ormai agonizzante. Ovviamente anche la McAlister non lo aveva mai sentito fino a che non lo ha letto sul certificato di morte, ma sua figlia aveva già tirato le cuoia sul tavolo operatorio. Quel figlio di puttana di Carlisle è un vero macellaio.» «Sai una cosa? Mi piacerebbe individuare quelli che le avevano messe incinte.» «Non credo che questo sia difficile, ma prove non ne avrai mai, così come non ne potrai trovare nessuna su tutta la storia. Anche quelle che sono sopravvissute al dottor Carlisle terranno la bocca chiusa. Certo, si può fare una denuncia e provocare un'inchiesta, ma a che pro? Carlisle ne verrà fuori pulito come un angioletto. Anche a fare riesumare i corpi della McAlister e della Griffith, a quest'ora non ci troveresti che ossa.» «Stammi a sentire, Eddie: tu scrivi l'articolo, del resto mi preoccupo io.» «Okay, Mike: come vuoi tu. Ma spero che tu sappia dove stai poggiando il culo, perché quando finirai in tribunale dovrai portargli dei fatti.» «Per allora li avrò. Myra, per favore, cercami la signora Marsden.» «Qual è il numero?» domandò Myra mordendosi il labbro con aria infastidita. «Non lo so. Cercalo sulla guida,» rispose Dolan, e si mise a pensare guardando fisso la parete davanti a sé. «Va bene, Emery, puoi andare ora.» La signora Marsden congedò il cameriere che aveva appena depositato il vassoio sul tavolino stile Rinascimento. «Come lo vuole il tè, Michael? Latte e zucchero o limone?» «Latte, zucchero e limone.» «Tutti e tre?» chiese lei divertita. «Be', sì, grazie,» fece Dolan, realizzando in quell'attimo di avere detto una sciocchezza. «Perché non vanno bene assieme? Non prendo molto
spesso il tè.» «Lei è la persona più deliziosamente naturale che abbia mai conosciuto. Così naif!... Le va bene solo latte e zucchero?» «Benissimo.» «Due zollette?» «Sì, grazie,» rispose Dolan. «Mi dispiace crearle tanto disturbo...» «Nessun disturbo, Mike.» «Notizie recenti di Mary Margaret?» «Mi ha chiamato ieri. Si è follemente innamorata di Città del Messico.» «Ci credo. Anche a me piace molto viaggiare. Un giorno voglio andarci anch'io da quelle parti. E poi nei mari del sud.» «Lei ha mai visto i mari del sud?» «Sì, ma solo al cinema, e dall'ultima fila. Non è che sia molto eccitante.» «Lo sa? Pensavo di andarci quest'autunno. Una crociera per le isole.» «Magnifica idea. Scommetto che Mary Margaret si divertirà moltissimo.» «Veramente non pensavo di portarla con me: sarebbe una palla al piede. Perché non viene lei, invece?» «Io? Ma no... non è possibile.» «E perché no? Potrebbe farsi trovare a Los Angeles, e io passerei di lì a prenderla...» «Certo, sarebbe fantastico, ma...» «Quale ma? Vuole dell'altro tè?» «No, grazie. Sa, non è che proprio non possa, però ho l'impegno del giornale...» «Ma può darsi che per allora non ce l'abbia più.» «Spero proprio di averlo, invece. Certo che, per come stanno andando le cose ora, sarà difficile. Ma è proprio di questo che sono venuto a parlarle. Non sapevo a chi rivolgermi e allora ho pensato che...» «Bisogno di soldi?» «Già: si tratterebbe di un prestito, però. È che il giornale non è ancora lanciato, ma appena le cose andranno meglio le ditte avranno interesse a fare pubblicità, e per chi ci ha finanziato ci saranno dividendi.» «Di quanto ha bisogno per reggere?» «Ci vorranno circa mille dollari la settimana.» «E per quante settimane?» «Un paio, direi: forse tre.» «E se alla fine fossero sei?»
«Forse anche.» «Allora restiamo che le farò un prestito di seimila dollari.» «Grazie, ma naturalmente glieli restituirò.» «Certo, lo so,» rispose la signora Marsden con un sorriso ammiccante, alzandosi in piedi. «Io le farò comunque un assegno, Michael, ma mi dia retta: usi questi soldi per farsi un bel viaggetto da qualche parte, e lasci perdere il giornale. Glieli darei molto più volentieri.» «Non posso. Quel giornale significa troppo per me, e poi la città ne ha bisogno. Lei sa quali sono i miei progetti, no?» «È proprio perché lo so che le dico che è meglio che prenda questi soldi e se ne vada a fare un giretto. Magari a Los Angeles, così poi quest'autunno...» «È fuori discussione,» disse Dolan alzandosi in piedi. «Be', se vuole vivere la sua illusione fino in fondo, non sarò io a impedirglielo. Si rende conto che si è imbarcato in un'impresa impossibile, o no?» «Certo, lo so benissimo.» «Allora... il mio libretto degli assegni è disopra, in camera da letto. Perché non mi accompagna, per accertarsi che non sbagli l'intestazione?» disse la signora Marsden avviandosi lentamente verso la porta. Un metro e ottantatré per settantatré chili. Bud McGonagill, quarantaquattro anni, baffoni scuri da tricheco, aveva esattamente l'aspetto di quello che era: un poliziotto, e per la precisione lo sceriffo della contea di Colton. «Ho pensato che era meglio che venissi qui di persona,» disse, dando un'occhiata alla stanza di Dolan. «Un posticino mica male.» «Sì, Bud. Passabile. Ma ora, sputa il rospo.» «Nessun rospo, Mike. È che non volevo parlarti nel mio ufficio. Sai, è meglio essere prudenti. Ho aspettato che venisse buio e sono venuto a trovarti.» «Hai fatto bene, Bud. Accomodati, dai. Non ti preoccupare, non ci sono microfoni qui. Come te la passi?» «Io bene, e tu? È un mese che non ti vedo.» «Ho avuto molto da fare con il giornale.» «L'ho letto, Mike. È ottimo, davvero. Immagino che per te sia una bella soddisfazione, dopo che hai lasciato la Gazette.» «Puoi dirlo, Bud. Pensa che soddisfazione sarebbe per te se finalmente
te ne potessi andare in giro a beccare tutti i figli di puttana che starebbero meglio al fresco. Ecco, per me è più o meno la stessa cosa.» «Eh, Mike, non mi illudo. Quelli saranno sempre ammanicati con i pezzi grossi. È una cosa che mi va di traverso ogni volta che ci penso, ma non ci posso fare nulla. Dannazione, ho anche tre figli da mantenere all'università...» «A proposito, come stanno? E Terry?» «Bene, benissimo. Terry mi ha scritto che ha saputo di te.» «Sì, gli ho scritto prima di lasciare il giornale. È davvero un bravo figliolo, Bud, e poi gran giocatore di football. Sono pronto a scommettere che la prossima stagione sarà selezionato negli All-Americans.» «Non so, Mike. Tu hai fatto tanto per lui: un sacco di pubblicità e di articoli su tutte le riviste sportive, ma poi hai mollato il giornale...» «Terry non ha bisogno di me, Bud. Sarà All-American senza problemi: ce l'avrebbe fatta anche l'anno scorso se non fosse stato per tutto il casino che hanno fatto Wilson, Grayson e Berwanger. Sai come funzionano queste cose... non basta essere bravi.» «Speriamo... dà fastidio se fumo?» «No, figurati. Ma ora, Bud, vuota il sacco. Sei un pessimo attore, sai?» «Be, Mike,» attaccò lentamente McGonagill, «è un po' che girano voci su di te...» «E che tipo di voci?» «Alcuni dei ragazzi hanno sentito un sacco di chiacchiere su di te e sul giornale all'ufficio della contea. Sembra che tu ti sia messo in mente di ripulire tutto il marcio.» «È quello che voglio fare, Bud: e prima o poi ci riuscirò. Ma tu sei l'ultimo che si deve preoccupare. Sei pulito.» «Non è questo, Mike. Non ho paura per me, non mi spaventa nessuna inchiesta. Sono stato un buono sceriffo. Sono preoccupato per te, invece.» «Per me?» «Sì, e per questo volevo parlarti. Non sapevo se avevi già iniziato a realizzare i tuoi progetti.» «Stai tranquillo, lo farò. Da quando ho cominciato con il giornale la musica è sempre la stessa: quali sarebbero stati gli ostacoli e che cosa poteva capitarmi. Ma non sarà questo a fermarmi, Bud. Sono un tipo testardo e ho fatto il callo a queste cose. Ora ho abbastanza soldi per tirare avanti anche se nessuno mi compra la pubblicità, e sono deciso ad andare fino in fondo.»
«Mike, sai che ti sono amico. Hai fatto moltissimo per me e per Terry: gli hai fatto avere la borsa di studio e tutto il resto, ma ora stai davvero combattendo una guerra persa in partenza. Dammi retta: è da troppo tempo che bazzico questa contea, e conosco i miei polli.» Dolan si alzò e si fermò in piedi di fronte a lui: «Grazie, Bud: sei stato un amico a venire qui, e apprezzo il tuo gesto. Ma ho intenzione di andare per la mia strada. Sono stanco di tutti questi figli di puttana protettori di assassini. Non chiudo occhio la notte, quando ci penso, e non potrei più farlo se mollassi proprio ora.» «Per dio, Mike, sono contento. Sono davvero contento che la pensi così,» disse McGonagill tendendogli la mano. «E lo sapevo. Comunque tieni presente che io sto dalla tua parte. Glielo avevo detto a Jack Carlisle che era inutile provare a farti cambiare idea.» «È stato Carlisle a mandarti qui?» «Mi ha solo chiesto di fare un salto. Sa che siamo amici, e voleva che ti facessi capire che non ama essere seccato da alcun tipo di cattiva pubblicità.» «Quindi è per questo che sei venuto.» «No, Mike: se era solo per questo bastava una telefonata,» si infilò la mano in tasca. «Sono venuto a portarti questi.» Tirò fuori un documento firmato e un distintivo. «Una nomina speciale di agente ausiliario e il distintivo. Ora sei un pubblico ufficiale. Ho pensato che avrebbe potuto farti comodo.» «Grazie, Bud. Grazie davvero,» disse Dolan colpito. «Oh, non è niente. A proposito...» aggiunse estraendo di tasca una pistola nella fondina, «quella roba non ti serverebbe a molto senza questa. È una 38 automatica. Te l'ho caricata con quattro colpi. Era di Percy Yard. Te lo ricordi Percy?» «Certo che ricordo, Bud. Sei un amico, non so come ringraziarti.» «Ho retrodatato la nomina a sei mesi fa, tempi non sospetti. È un'arma ottima, Mike. Spero che tu non debba mai usarla, ma se proprio ti succederà almeno saprò che è per una causa giusta.» «Non so che cosa dirti, Bud. Grazie ancora. Anch'io mi auguro di non doverla usare. Se finisco nei guai, probabilmente sarò così emozionato da spararmi in un piede... anzi, forse è meglio che non me la porti neppure dietro.» «Comunque tienila, Mike. Hai un regolare porto d'armi, e se Jack Carlisle può ottenere nomine speciali per i suoi scagnozzi, allora lo posso fare
anch'io per un mio amico. Ma dimmi... cos'è questa storia che vuoi pubblicare su suo fratello? Roba di aborti clandestini...» «Vuoi dirmi che non ne hai mai sentito parlare?» chiese Dolan sorpreso. «Be', sì... voci, qua e là. Conosco una che lavorava per lui.» «E come si chiama?» «Ora non ricordo, ma posso farti sapere.» «Davvero, Bud, puoi rintracciarla? Mi faresti un grosso favore. Magari sa qualcosa che mi serve.» «Certo, Mike. Controllo e ti telefono. Dove ti trovo?» «Da Lawrence; ma forse è meglio che ti chiami io.» «Va bene, Mike. Qualunque cosa posso fare, nei limiti della mia posizione, fammi un fischio. Sai in che situazione mi trovo, e come stanno le cose...» «Certo, Bud. Starò attento. A presto allora,» disse Dolan, e dopo avergli stretto la mano lo accompagnò fuori. «In gamba, Mike,» lo salutò McGonagill. Dolan finì di leggere l'articolo di Bishop e alzò gli occhi verso Myra. «Cosa ne pensi?» le chiese. «Magnifico. E anche tu hai un magnifico aspetto. È la prima volta che ti vedo in smoking: dove devi andare così acchittato?» «Stavamo parlando dell'articolo,» rispose Dolan seccato. «C'è tutto quanto,» intervenne Bishop. «Continuo a non credere che riusciremo a incastrare Carlisle solo con questa roba, ma almeno tireremo in piedi un gran casino.» «Ti ho già detto di non preoccuparti per il resto,» disse Dolan. «Sai, Mike? È solo che non vorrei finire davanti al giudice con il culo per aria.» «Non succederà, non temere.» «Va bene... mi fido. E chi è il prossimo da spellare?» «Il tuo vecchio amico Nestor. Siamo proprio curiosi di sapere come può un commissario di polizia che becca sì e no quattromila dollari l'anno farsi la villa a Weston Park e girare in Deusenberg.» «Ah, ci sarà da divertirsi,» fece Bishop. «Non vedo l'ora. E il meglio,» soggiunse ridendo, «verrà quando mi bruceranno le chiappe sulla sedia elettrica o mi apriranno un terzo occhio in mezzo alla fronte.» «Non metterla giù così dura,» disse Dolan armeggiando con la cravatta. «Quelli se la fanno sotto più di te.»
«Se lo dici tu... Be', spero proprio che non ti sbagli.» «Guarda che carino...!» intervenne Myra. «Ma che fatica per essere eleganti... Non vuoi che ti dia una mano con quella cravatta?» «No, grazie. Ce la faccio da solo. E piantala con i tuoi sarcasmi da quattro soldi.» «Io sarcastica?» fece Myra rivolgendosi a Bishop. «Sono stata sarcastica? Volevo solo farti un complimento, e tu subito te la prendi. Abbiamo la coda di paglia?» «Macché coda di paglia! E perché, poi?» «E che ne so... molti motivi. Magari perché esci con Lillian, o...» «Lillian? Ma non dire stronzate.» «Veramente applico la logica,» riprese Myra. «Lei è una bella ragazza, è di buona famiglia e suo padre è ricco sfondato. Come se non bastasse, è proprio un caso disperato di quella malattia che definirei 'fregola per Mike'. Mi sembra che tutte queste qualità femminili ti abbiano sempre attratto, per cui deduco che continuino a piacerti.» «Stammi bene a sentire. Lo faccio perché ne ho voglia, e poi saranno due mesi che non mi vesto così,» rispose Dolan alzando le mani al cielo con aria di sopportazione. «E poi non vado in nessun posto speciale. Voglio solo fare un salto al Little Theatre, come se ci capitassi per caso dopo un party o una cena al ristorante. Giusto per dare un'occhiata al nuovo spettacolo che hanno iniziato l'altra sera. Magari faccio un saluto a David, al quale fra l'altro devo ancora millecinquecento dollari, e dico ciao ai pochi amici che ho ancora lì. Soddisfatta ora?» «Non male. Bravo,» rise Myra. «Sembra quasi vero. Sai, è un peccato che tu abbia mollato la tua carriera di attore...» «Per carità, Ed. Portatela via. Fuori di qui, prima che l'ammazzi!» «Eh, lo farei davvero volentieri, Mike. Ma ho moglie e figli. Tra l'altro, uno è anche a letto con l'influenza. Ti serve altro?» «No. L'articolo su Carlisle era tutto. Grazie di avermelo portato.» «Okay. Buona notte a tutti,» salutò Bishop uscendo. «E perché non te ne vai a casa anche tu, Myra?» chiese Dolan, infilandosi il cappotto. «Oh, quel postaccio... non ho proprio voglia di tornarci. Quasi quasi mi fermo qui. Certo, non è un granché, ma mi adatterò.» «Ho capito benissimo: hai paura che mi porti qualche ragazza a casa, non è vero?» «Ma che dici... chi ti ha messo in testa questa idea?» fece Myra sarcasti-
ca. «Io ho fiducia in te, Mike. Fiducia cieca e assoluta. Credimi. È vero, come è vero che sono vergine.» «Oh cristo... piantala!» disse Dolan. «E se fossi in te,» continuò Myra, «non porterei a casa nessuna delle tue puttanelle, non fosse altro perché dormire in tre in quel letto dev'essere scomodissimo... Non dimentichi nulla, caro?» chiese fermandolo sulla porta. «Non vogliamo portarci dietro la nostra bella pistolina nuova?» «Tienila tu. Anzi, fammi un favore. Cacciati in bocca la canna e tira il grilletto. Non sul letto, però. Ho le lenzuola di bucato.» SEI Quando Dolan arrivò dietro le quinte lo spettacolo era quasi finito: si era al quarto atto di Anna Christie, quando Burke dice ad Anna che partirà per Città del Capo con il Londonderry. Dolan rimase a guardare il palcoscenico per qualche minuto chiedendosi chi fosse il nuovo interprete di Burke, poi tornò indietro attraverso la grande porta antincendio e giù per le scale, fino alla Bamboo Room. Johnny London, David e April si stavano riposando sulle poltrone di vimini. «Ciao April.» Lei si alzò. «Ciao Mike.» «Be', vedo che alla fine i capelli ti si sono asciugati.» «La cosa mi rende felice,» ribatté lei, alzandosi di scatto e uscendo. «Che diavolo le ha preso?» chiese Dolan stupito. «Forse è stato lo choc di vederti a teatro,» rispose David. «Cosa ci fai qui?» «Oh, sono venuto solo per il party. Come ti va Johnny?» «Niente male. Tu piuttosto, hai un'aria opulenta.» «Ancora due pagamenti e sono a posto. A proposito... chi è il tizio che fa Burke? Pensavo che la parte sarebbe toccata a Pat Mitchell.» «Si è beccato gli orecchioni. Questo si chiama Wycoff,» rispose David. «Ha imparato la parte in otto ore. Come ti sembra?» «L'ho visto solo pochi minuti. Buono.» «Dovrebbe. È stato per anni in compagnia di repertorio.» «Com'è che April è qui attorno? È nello spettacolo?» «No, è che... be', diglielo tu, Johnny.» «Per carità non sono affari miei, diglielo tu.» «Si è presa una cotta per Emil,» fece David sogghignando.
«Vuoi dire Emil l'elettricista?» «Tombola.» «E da quando?» «Saranno tre o quattro giorni. Il fatto è che stavolta è andata proprio fuori di cervello. Dice che non può più vivere senza di lui. Quando sei entrato ci stava raccontando che ha un'anima da poeta.» «Allora è per questo che è andata via. E Menefee? Cosa ne dice il vecchio Roy, eh Johnny?» «È fuori dagli stracci ma non può farci un bel niente. Povero stronzo, mi dispiace per lui. Se fosse mia moglie le spaccherei la faccia.» «Sarebbe quello che si merita,» commentò Dolan. «Hai visto il Maggiore?» «Deve essere da qualche parte in palcoscenico.» «Bene, io vado a fare quattro passi. Ci vediamo uno di questi giorni, Dave: parliamo un po' e facciamo il punto della situazione.» «Senza fretta, Mike.» «Arrivederci allora,» disse Dolan e uscì. Sulle scale trovò Thimoty Adamson che gli chiese se poteva parlargli un momento. «Certo, Tim, andiamo disopra.» «Sono molto contento che tu sia venuto,» disse Tim seguendolo nel corridoio. «Ti avrei chiamato domani.» «Hai qualche problema?» «Tu sai da quanto tempo lavoro qui, vero Mike?» «Certo, un paio d'anni.» «Fai anche tre. E in questi tre anni non mi hanno mai dato una parte decente. Ho sempre dovuto fare il sostituto di qualcuno, e non mi sono mai lamentato. Anche perché fino a un mese fa non c'erano mai state opportunità di venire utilizzato. Ma poi? Ti ricordi di quando ti sei ritirato da Liliom? Hanno dato la parte a David. Adesso Pat Mitchell prende gli orecchioni e loro per fare Burke scelgono uno nuovo. Un tale che è stato in compagnia di repertorio per un sacco di tempo. È schifosamente scorretto.» «Sono d'accordo con te Tim, ma perché non ne parli al Maggiore?» «Gliene ho parlato, ma dice che non può darmi una parte da protagonista perché non ho esperienza. Ma mi spieghi come cavolo me la faccio se non mi lascia mai recitare? Cristo, Mike... per me fare l'attore è più importante che mangiare. Voglio diventare qualcuno, nel teatro. Non c'era motivo di
dare la parte di Burke a quello nuovo: la conosco benissimo. Come posso diventare un bravo attore se non mi lasciano nemmeno cominciare?» «Hai tutte le ragioni del mondo Tim. Ma io cosa dovrei fare?» «Potresti parlarne con il Maggiore.» «Sarebbe inutile; ormai mi vede come il fumo negli occhi.» «Senti allora: io leggo il tuo giornale e credo che quello che stai cercando di fare sia molto bello. Non puoi scrivere qualcosa sulla situazione qui dentro? Cristo, mi stanno distruggendo. Avrei preferito non farti questo discorso ma, in fin dei conti, dovremmo essere in un Little Theatre dove la gente di talento può avere la sua occasione. In teoria dovrebbe essere aperto a tutti, e invece com'è adesso siamo peggio che a Broadway.» «È vero.» «Scrivi qualcosa sul tuo giornale. Sei l'unico in città che può tirare fuori certe cose.» «D'accordo: ti farò un articolo. Ora mettiti tranquillo.» «Non ce l'avrai con me perché ti ho chiesto questo favore?» «Stai scherzando. Sei tu che mi hai fatto un favore, e poi non avevo mai ricevuto tanti complimenti.» «Grazie, Mike.» «A te, Tim. Hai visto il Maggiore per caso?» «È di là al controllo delle luci.» Dolan annuì e si avviò per il corridoio: passò accanto ai camerini e all'altra porta antincendio, fino all'ingresso a destra del palcoscenico. In quel punto c'erano diverse persone, e quando i suoi occhi si furono abituati all'oscurità riconobbe April ed Emil (l'elettricista) stretti stretti, in piedi vicino alla centralina. «Piccola puttana senza discrezione,» disse Dolan fra sé cercando con gli occhi il Maggiore. Quando lo vide lo raggiunse e gli diede un colpetto sulla spalla, indicandogli il corridoio. Uscirono in punta di piedi. «Devo tenergli un attimo gli occhi addosso,» disse il Maggiore. «Sai com'è, è la prima.» «Gli suggerisce?» «No, gli sto solo vicino. Bene, Dolan, come va?» «Ottimamente.» «Sei uno schianto vestito così. Solo... tu sai dove dovresti essere, vero?» «Veramente no.» «Là fuori a fare Burke. Una parte perfetta, su misura per te.» «Mi sembra che il tizio laggiù se la cavi. Chi è?»
«Si chiama Wycoff. Ha imparato la parte in otto ore.» «Sì, ma voglio dire... da dove sbuca, non ricordo di averlo mai visto in giro.» «L'ho scovato io. A proposito: complimenti per il giornale. Ne parlano tutti.» «E il bello deve ancora venire... almeno spero. Mi dicono che Pat Mitchell ha gli orecchioni.» «Sì, una bella rogna.» «Senta Maggiore: perché non ha dato quella parte a Timothy?» «Andiamo, Dolan. Devo cercare di avere il meglio, e tenere un occhio al botteghino. Perché? Timothy ti ha parlato?» «Non lo vedo da un mese ma so che è stato qui tre anni ad aspettare che gli deste una possibilità e quando ho visto questo attore nuovo in scena mi è venuto in mente.» «La possibilità l'avrà, stai tranquillo. Ma ora parliamo di te.» «Non mi va di parlare di me. Piuttosto mi spieghi che cos'ha intenzione di fare perché questa latrina torni a essere un Little Theatre, cioè un posto dove la gente possa esprimersi.» «Non voglio affrontare questo argomento con te,» disse bruscamente il Maggiore. «La responsabilità del teatro è mia e voglio continuare a dirigerlo come meglio credo.» «Lei dimentica che questa è un'iniziativa sociale, e che la gente che la sostiene ha voce in capitolo.» «Hai intenzione di scrivere questo sul tuo giornale?» chiese improvvisamente il Maggiore. «Può darsi.» «In tal caso non ho niente da dire.» «Benissimo, ma sappia che le concedo una possibilità. Vuole fare scrivere a David una dichiarazione che io possa stampare? Mi interessa avere anche il suo punto di vista.» «Neanche per sogno. Tu sei venuto qui per fare la guerra. Sei in cerca di guai.» «Niente affatto. Sono venuto a salutare qualche amico che non vedevo da molto tempo. Poi ho visto recitare un fottuto sconosciuto e ho pensato: perché non hanno dato un'occasione a Timothy?» «Non mi fai paura, Dolan.» «Non era nelle mie intenzioni.» La porta antincendio si aprì e dalla sala giunse un rumore di applausi.
«Permesso,» disse il Maggiore dirigendosi verso il palco. Dolan si recò nel patio e di lì uscì nel vicolo dietro il teatro dove aveva parcheggiato l'auto. Si mise al volante, accese una sigaretta e restò in attesa. «Dove hai voglia di andare?» chiese Dolan mentre correvano per Sycamore Park. «Allo 'Hot Spot',» rispose Lillian. «Ho fame.» «È meglio di no.» «Perché?» «Semplicemente perché per la prima volta in vita mia voglio comportarmi in modo sensato. Sei l'unica ragazza della città il cui nome non venga collegato al mio e non intendo andare allo 'Hot Spot' a farci vedere insieme da tutti i tuoi amici. Se i tuoi lo venissero a sapere potresti passare un brutto quarto d'ora.» «Non m'importa dei miei. Ho vent'anni.» «Non ci andiamo lo stesso.» «Hai paura di Myra?» «Figuriamoci. Non significa niente per me.» «Ma lei è convinta del contrario. Per esempio, a me ha detto di lasciarti perdere.» «E questo quando?» «Ogni tanto me lo ripete. Per questo sono uscita con te: per farle dispetto.» «Complimenti. Hai un bel fegato,» disse Dolan acido. «Oh, non intendevo solo per quello,» rispose lei andandogli più vicino. «Sai quello che ho sempre provato per te, Mike.» «D'accordo,» disse lui sempre senza guardarla. «Vedrò di farti mettere qualcosa sotto i denti.» Per qualche isolato rimasero in silenzio; poi fu Dolan a parlare per primo: «Cosa ti ha detto esattamente di me Myra?» «Esattamente non me lo ricordo. Ma tipo che avrei fatto meglio a mollare l'osso.» «Non puoi spiegarti meglio?» «Be', mi ha detto che per certi versi tu saresti ancora un bambino. Che ti piacciono le ragazze ricche e introdotte; non so... un sacco di sciocchezze. Non sono nemmeno stata ad ascoltarle.» «Sì eh?» fece Dolan cupo. Ancora silenzio per altri due isolati.
«Lillian», disse poi Dolan. «Ti andrebbe di sposarti?» «Credo di sì.» «Voglio dire: ti andrebbe di sposare me?» «Intendevo proprio questo.» «D'accordo allora. Potresti rimandare il sandwich a dopo che ci siamo sposati?» «Ma non possiamo farlo a quest'ora della notte.» «Come no? Tiro giù dal letto l'ufficiale del registro e chiamo il giudice Palmer. È giudice di pace: ci sposerà lui.» «Ma Mike...» disse Lillian cominciando a sentirsi un po' eccitata. «Come facciamo per gli anelli?» «Li prenderemo in prestito. Palmer è il funzionario che celebra i matrimoni; ne avrà uno di riserva da qualche parte. Ma soldi ne hai?» «Un po', saranno quindici dollari.» «Sono sufficienti. Andiamo su,» disse, invertendo la marcia a metà dell'isolato per tornare indietro al drugstore a telefonare. SETTE Alle due del mattino il signore e la signora Dolan sedevano al banco di un piccolo bar notturno, nella parte bassa di Front Street, vicino al tribunale. Avevano appena finito di mangiare e stavano aspettando che finisse di piovere. «Bene,» disse Lillian. «Eccoci qui.» «Sì, eccoci qui,» ripeté Dolan ridendo. «Conosci il racconto?» «Quale racconto?» «Quello che s'intitola 'Bene. Eccoci qui'.» «È una storia spinta?» «Neanche un po'. È di Dorothy Parker, è comparso su qualche settimanale. Parla di una coppia appena sposata.» «Sì?» «Fa niente, lascia perdere. Ti piace la pioggia?» disse Dolan guardando la finestra, con le gocce d'acqua che scivolavano contro il vetro. «No.» «Io l'adoro. Mi piacerebbe che piovesse sempre, mi fa venire in mente la guerra.» «Come fai a ricordarti volentieri della guerra con la ferita che ti fa ancora male?»
«Non è la guerra in sé. Mi ricorda la Francia.» «Parigi?» «Tours, Blois, la Valle della Loira.» «Comunque io vorrei che spiovesse subito. Dove andremo, Mike?» «Vuoi dire stanotte?» «Sì.» «Non so... tu faresti meglio ad andare a casa. Domattina poi ne parliamo.» «E di cosa dobbiamo parlare? Siamo sposati o no?» «Sì, ma ci restano da fare un sacco di cose. Intanto devo trovarti un anello e restituire questo al giudice; e poi immagino che a un certo momento dovrò parlare con tuo padre.» «È a San Francisco.» «Ah sì? Ottimo; avrò tempo per organizzarmi un po' meglio. Tu per ora non dire niente di questa cosa. Solo per un po', Lillian. Il nostro matrimonio andrà di traverso a parecchia gente e ci servirà certo del tempo per sistemare tutto.» «Ma, Mike, perché non andiamo da qualche parte e ne parliamo stanotte?» «Potremmo farlo anche qui. Non è questo il punto. È che ho bisogno di tempo, devo pensare...» «Due ore fa non dicevi queste cose,» disse Lillian un po' imbronciata. «Adesso non fraintendermi. Non sono certo un tipo che ci ripensa; non rimpiango mai le decisioni che ho preso. Ma devi pure ammettere che tutto è accaduto molto in fretta.» «Perché non andiamo in un hotel? Voglio guadagnarci anch'io qualcosa da tutto questo...» «Coraggio, la pioggia è quasi cessata,» disse Dolan alzandosi. «Ti porto a casa.» Dopo averla fatta scendere davanti all'ingresso principale (senza darle il bacio della buonanotte), Dolan guidò senza meta nella pioggia sottile, incantato come sempre dalle strade luccicanti, dall'odore di bagnato e dal senso di completa solitudine della città: bzzz bzzz bzzz
bzzz bzzz Le rotelle del cervello giravano, la mente non riusciva a pensare a nulla in particolare e si sforzava invano, come un uomo che, rimpinzato di sesso fino alla nausea, tenta di ritrovare interesse e concentrazione quando gli capita sottomano una ragazza da capogiro e non ci riesce, perché gli viene da pensare a tutto, ma non a quella cosa. Alla fine Dolan decise di rinunciare e tornò a casa; entrò da una finestra al pianterreno e nel buio trovò la strada per la camera di Ernst. Accese la luce: Ernst dormiva come un sasso, russando e parlottando. Faceva un casino d'inferno. Dolan gli si avvicinò e lo svegliò con uno scrollone. «Cosa succede?» trasalì Ernst con la sua parlata spessa e carica, strizzando gli occhi e ricomponendosi. «Fammi posto,» disse Dolan, cominciando a spogliarsi. «E perché non vai a letto?» chiese Ernst con calma. «È occupato. C'è Myra.» «Ancora?» «Sì...» «Tu sei scemo, Mike. È una femmina molto attraente.» «Lo so.» «Sta piovendo?» domandò Ernst sollevandosi sul letto e accorgendosi solo allora del ticchettio sulle tegole. «Sì.» Ernst andò a guardare fuori della finestra. Dopo qualche istante tornò al centro della stanza e sorrise. «Mi piace la pioggia,» disse. «Mi ricorda casa mia.» «La Germania?» «Sì,» rispose rimettendosi a letto. «A me ricorda la Francia.» «La guerra?» «In un certo senso.» «Dov'eri diciannove anni fa come ora?» «Al St. Mihiel. E tu?» «Al St. Mihiel. Dalla parte di Mont Sec.» «Buffo. Io ero a Essey. Diciannove anni domani mi sono fatto questo,» disse accennando alla cicatrice della ferita da shrapnel sulla coscia destra che sembrava la carta geografica della Florida. Forse è stata la tua batte-
ria...» «Forse.» Dolan spense la luce a andò a letto cercando a tentoni le coperte. «Fatti in là,» disse infilandosi sotto il lenzuolo. «Ti è andata bene che non ci hai lasciato la pelle.» «Come no,» concluse Dolan girandosi. Quando Dolan arrivò in ufficio la mattina dopo, stava ancora piovendo. Trovò solo Myra che correggeva le bozze. «Buongiorno,» disse lei sfoggiando un sorriso da mille e una notte. «Per esserlo, lo è un buon giorno, no?» disse Dolan mentre appendeva il cappello e l'impermeabile. «Su tutto l'orizzonte non si vedono che queste splendide nuvole grigie. Sembra che si portino dentro tutta la pioggia del mondo.» «Michael Dolan Shelley,» disse Myra sorridendo con minore slancio. «Non sarai una di quelle persone che vanno in giro camminando sotto la pioggia?» «Ci andavo finché non hanno fatto tutta quella pubblicità alla Garbo, poi ho smesso. Non mi piace sembrare snob. Come sono le bozze?» «Queste? Oh, perfette. Gli ho dato una scorsa; c'è solo da rilegare. «Grazie,» disse Dolan, «io ho dormito troppo.» «È stata la stanchezza... o Ernst.» «Come fai a sapere che ho dormito con Ernst?» «Anch'io guardavo la pioggia; ti ho visto arrivare. Sei entrato dalla finestra.» «Credo che dovrei avercela con te; ma non ne sono capace.» «Non c'è motivo. Sono uscita questa mattina presto per permetterti di cambiarti senza sentirti in imbarazzo per la mia presenza. Mike..» «Sì?» fece Dolan senza guardarla, tenendo gli occhi sulla scrivania. «Non intendo più crearti problemi. È stata l'ultima volta che sono venuta a dormire da te.» «Okay, Myra. Così va bene.» «E invece non va bene per niente. Sono stata una stupida, ma credimi,» disse lei alzandosi e avvicinandosi alla scrivania senza smettere di fissarlo, «cercavo solo di aiutarti.» «Aiutarmi? Aiutarmi a fare cosa, cristo santo?» chiese lui, costretto infine a guardarla. «Ora non arrabbiarti e non alzare la voce, non sopporto questo tuo modo
di reagire.» «E io non sopporto questo tuo atteggiamento da mammina irreprensibile. Perché cavolo non la pianti di darmi consigli?» «Perché qualcuno te li deve pur dare. Sono la sola cosa di cui hai bisogno, Mike,» disse lei mettendosi a sedere sulla scrivania. «Potresti essere un grand'uomo, un numero uno, se accettassi consigli. Sei un leader nato, ma sei troppo impulsivo, passionale, cocciuto.» «Per l'amor di dio,» disse Dolan battendo il palmo delle mani sulla scrivania. Si alzò e la guardò fisso. «Non so perché non ti ho ancora dato un pugno.» «Forse perché sai che ho ragione,» replicò Myra senza mostrare timore. Dolan si morse le labbra e volgendosi di scatto andò verso la scrivania di Myra. Afferrò le bozze, scese all'ufficio tecnico e le diede a Cully, il proto. «Okay Cully, puoi stampare,» disse. Tornò alla porta principale e si mise a guardare fuori, fissando con un'intensità morbosa le macchine che scendevano dalla discesa, chiedendosi quanto avrebbe sofferto, quanto tempo mancava alla fine... «Ho appena chiamato Prescott del Courier» gli disse Myra quando rientrò nell'ufficio. «Benissimo. Salve Ed: quando sei arrivato?» «Un minuto fa. Ho parcheggiato nel vicolo. Ti ho dato una voce mentre salivo.» «Sì?» disse Dolan stupito. «Certo. Eri fermo sull'ingresso principale.» «Già. I ragazzi come stanno?» «Ho un figlio solo. Bene. Ha un po' d'influenza.» Dolan sedette e telefonò al Courier chiedendo di Prescott. La centralinista gli disse di chiamare la sala stampa del tribunale. Dolan lo fece immediatamente. «Allan Prescott,» disse. «Salve, parla Mike Dolan... Sì... No, aspetta un momento, Allan, quello non lo puoi stampare. Non ancora, voglio dire... Non so... forse la settimana prossima, o il mese prossimo, o forse non lo utilizzerò mai! Per questo, hai capito?... Questo ha fatto? Bene, dì a quel vecchio figlio di puttana che farò in modo che se ne penta. Ah, sì, sì, sì, stampa pure tutto il cavolo che vuoi...» concluse Dolan riagganciando. Myra e Bishop lo stavano guardando. «Che succede?» chiese Bishop. «Niente. Un cavolo di niente.» «Che c'è, Dolan,» insistette Bishop. «Cristo, non ho potuto fare a meno
di sentire. Che cosa voleva Prescott? Che cosa ha trovato che tu non vuoi pubblicare?» «Niente. Niente.» «Va bene, se ti va di fare così basta. Credevo che fossimo amici ma devo essermi sbagliato.» Dolan non disse niente e rimase seduto guardando i due senza vederli con chiarezza, non riuscendo a mettere a fuoco gli occhi su di loro. «Te lo dirò io,» disse Myra, «questo pazzo bastardo si è sposato ieri notte.» «Cosa ha fatto?» «Sposato. Oh,» si rivolse a Dolan, «è inutile che tu faccia quell'aria sbalordita! Lillian mi ha telefonato stamattina e mi ha raccontato tutta la storia. Non resisteva alla tentazione di farlo sapere a tutti. E con tanto di dettagli. So tutto, dell'anello che hai preso in prestito dal giudice, e di come l'hai portata a casa subito.» «Be', che mi venga un canchero!» disse Bishop sprofondato in una sedia, «e proprio Lillian, con tutte le donne che ci sono al mondo!» «E perché no?» disse Myra. «È bella e ha una buona posizione sociale: il padre è presidente di una delle banche più importanti della costa occidentale, e un ex senatore, per giunta. Quelle sono le cose che interessano a questo pazzo bastardo. Non importa se è una piccola troia da spendere poco. Ha avuto solo la fortuna di nascere ricca. Dolan si alzò di scatto con gli occhi iniettati di sangue e andò verso Myra serrando i pugni. Bishop si mise in mezzo e lo trattenne afferrandolo per le spalle. «Calma, Mike. Siediti adesso.» Dolan rimase immobile nella presa di Bishop, tremando in ogni muscolo e fissando Myra con uno sguardo livido d'odio. «È la verità,» disse Myra, senza cambiare il suo tono malevolo. «È una piccola troia d'alto borgo. Era in fregola per te, ma non aveva abbastanza palle per farsi una scopata e finirla fuori. Doveva sposarti! Be', scommetto che è stata la tua ultima notte, perché a quest'ora starà già cercando il modo per liberarsi di te. Con sua madre, e tutti i suoi amici. E i giornali metteranno questa cosa in prima pagina. Oh cristo, povero bastardo senza cervello!» Si interruppe, si voltò e corse fuori dall'ufficio. «Siedi, Mike,» disse Bishop lasciandolo andare. «Siediti, adesso.» Dolan tornò dietro la scrivania e sedette. «Non credo che non possa esserci una via di uscita,» disse Bishop ac-
cendendosi una sigaretta, «ci deve essere qualcosa che possiamo fare.» «Myra è gelosa come una gatta.» «Questo non lo so. So che non ha torto. Anzi, ha cento ragioni. Io non so come fai a lasciarti accalappiare da queste baldracche, Mike. Ti giuro, non lo so. Quella Lillian ti è stata alle costole da quando è arrivata qui. Non mi sorprenderei se mi dicessero che ha organizzato tutto.» «Non vi sfiora neanche l'idea che io possa essere innamorato di lei, vero?» disse Dolan, un po' più calmo. «Cazzate,» disse Bishop, «scusa se non parlo troppo forbito. Cazzate. Tu sai benissimo che in casa sua impazziranno per questa storia. Figurati, tutti a ovest delle montagne Rocciose sanno che la vecchia signora Fried ha il pallino della nobiltà. Sai quella storiella che raccontano in tutte le redazioni della città, che non accetta neanche di sedersi se sulla sedia non c'è ricamato uno stemma araldico. Ha scarrozzato Lillian per tutta Europa, l'anno scorso, cercando di trovarle un marito con il sangue blu. Non imparerai mai che per i genitori di Weston Park tu sei come la peste? Cosa credi che dirà di tutto questo il padre di Lillian?» «È a San Francisco.» «Vuoi dire che era a San Francisco. Puoi scommetterci il tuo ultimo dollaro che in questo momento sta tornando a casa.» OTTO Dolan si fece un sandwich e un bicchiere di latte nel drugstore ai confini di Weston Park; poi andò al telefono per chiamare di nuovo a casa di Lillian. Né la signora né la signorina Fried erano rientrate, disse il maggiordomo. Dolan chiese l'ora per cui erano attese, ma il maggiordomo rispose che non ne aveva idea. Bene; allora aveva idea di dove si potesse rintracciare la signorina Fried? Il maggiordomo disse di no, ma il senatore tornava dal nord in aereo nel pomeriggio, e lui lo si sarebbe potuto contattare senz'altro per telefono intorno le sette. Dolan sbatté giù il ricevitore, uscì e salì in macchina. Rimase seduto per qualche minuto, fuori di sé dalla rabbia, poi decise di andare personalmente a casa di Lillian. Parcheggiò l'auto a mezzo isolato di distanza e fece a piedi la strada fino agli alti scalini che portavano alla veranda monumentale. Un negro in livrea bianca venne ad aprire la porta, tenendola prudentemente semiaperta. «C'è la signorina Lillian?» chiese Dolan. «No, signore,» rispose il negro con fermezza. Dolan insinuò il piede fra
porta e parete, spinse ed entrò nell'ingresso pieno di specchi e stucchi. Il negro non fece nulla per impedirglielo. «Lillian!» chiamò dalla tromba della scale. «Lillian!». Nessuna risposta. «Le ho detto che non è in casa, signore.» «E dov'è andata?» «Non l'ha lasciato detto. È uscita con sua madre questa mattina presto.» «Le hai dato i miei messaggi?» «Li ho dati alla signora madre. Istruzioni del signor Fried.» Dolan annuì e uscì tornando alla macchina. «Per fortuna continua a piovere,» disse fra sé. Girò senza meta per un paio d'ore e tornò al suo appartamento. Parcheggiò la macchina in garage e salì in soggiorno, dove trovò Ulysses che stava asciugando i davanzali, nei punti in cui era filtrata la pioggia. «Ha chiamato qualcuno?» «Sì, signore. La signorina April e un certo signor Thomas, che ha detto che era importante.» «Nient'altro? La signorina Lillian?» «No, signore.» Dolan entrò nella sua stanza, si tolse il trench e il cappello e li posò sulla scrivania. Accese una sigaretta e si sedette sul letto. Dopo qualche minuto entrò Ulysses. «Ha visto i giornali, signor Mike?» «Parlano di me?» «Sì. Dicono che si è sposato.» «È vero, stamattina.» «È mai venuta qui la signorina Lillian, signore?» «Non direi. È bionda, alta. Carina.» «Ha proprio ragione, signore: c'è la foto sul giornale. È molto carina. Allora va via, signor Mike?» «Non lo so. Siediti, Ulysses.» Ulysses sedette appendendo lo straccio umido al cestino metallico della carta straccia. «Glielo chiedo perché sembra proprio che dovremo andarcene comunque, e il fatto che lei si sia sposato può essere una fortuna. Quell'uomo è stato qui nel pomeriggio...» «Quale uomo?» «L'agente della signora Ratcliffe. Ha detto che hanno fatto un contratto con la compagnia petrolifera per cui abbatteranno la casa e costruiranno al
suo posto una grande stazione di servizio.» «Be', credo che sia proprio ora che ci caccino fuori. Non possiamo andare avanti per sempre a non pagare l'affitto...'» «Ma questa casa è vecchia, va in pezzi, signor Mike. Nessuno la vorrebbe affittare.» «Ecco perché la Ratcliffe ci ha digerito per tutto questo tempo! Be', sarà un casino per gli altri ragazzi.» «Ci può scommettere. Rompendo i salvadanai non mettono insieme due dollari. Se non li avesse aiutati lei sarebbero morti di fame da un pezzo.» «Magari si sarebbero arrangiati meglio, Ulysses. Sei rimasto qui tutto il giorno?» «Sì, signore.» «E sei sicuro che la signorina Lillian non abbia chiamato?» «Sì, signore. Hanno chiamato solo i due che le ho detto, la signorina April e quel tale Thomas della Times-Gazette.» «Va bene. Mi sono messo in un casino, Ulysses.» «A me sembra che lei sia sempre in mezzo ai casini, signore,» disse Ulysses con un sogghigno. «Questo è un fiore di casino.» «Per via dei genitori?» «Sì. Il vecchio è capace di ammazzarmi.» «Lei mi dica che faccia ha e io non lo faccio entrare.» «Non è tanto questo che mi dà fastido, ma il fatto di essere così coglione nelle faccende di donne. Perché sono così, Ulysses?» «Non so, signore. Se lo avessi saputo mi sarei risparmiato un sacco di guai anch'io.» «Va bene, Ulysses. Io provo a farmi un sonno. Svegliami se dovesse chiamare la signorina Lillian.» «Va bene, signore,» disse Ulysses togliendo lo straccio dal cestino. «Posso fare qualcosa per lei, come prepararle un bagno caldo, o altro?» «No, ma c'è qualcos'altro che puoi fare. Se vedi all'ingresso un signore distinto con i capelli grigi e una mitragliatrice, mettiti a gridare e scappa.» Quando Dolan si svegliò, la prima cosa di cui si rese conto fu che pioveva ancora e che c'era qualcosa di caldo e gradevole nel suo stomaco, proprio sotto l'ombelico, quindi realizzò che le luci erano accese, che c'era qualcuno nella stanza e lo stavano scuotendo. Aprì gli occhi e vide Bishop chino su di lui. Bishop si accorse che era sveglio e sedette sul bordo del
letto. «Mike, sei sveglio?» «Sì. Cosa sta succedendo?» «Il giornale.» «Come il giornale? Spiegati,» chiese Dolan alzandosi a sedere sul letto, ormai completamente sveglio. «Carlisle lo ha fatto sparire dalle edicole.» «Carlisle?» «Jack Carlisle. Immagino che sia stato lui. Non c'è più una copia del Cosmopolite in nessuna edicola della città.» «E come ha fatto?» chiese Dolan smettendo bruscamente di dondolare la gamba, e guardando Bishop in cagnesco. «Per quanto ne posso capire c'è stato un vero raid in centro, perfettamente organizzato e studiato nei tempi. Pochi minuti dopo la distribuzione regolare, due o tre gorilloni visitano contemporaneamente tutte le edicole, si fanno consegnare i giornali, li buttano su una macchina e se ne vanno.» «Roba grossa.» «Parecchi edicolanti hanno fatto casino e hanno cercato di resistere, ma i gangster gli hanno detto di tacere o quello sarebbe stato solo l'inizio. Sembra la tecnica del vecchio Carlisle. Vuole essere sicuro al cento per cento che nessuno venga a sapere della storia di suo fratello.» «Non può fare questo!» esclamò Dolan, «Cristo: siamo negli Stati Uniti d'America!» «Mai sentito la vecchia storia su quel povero diavolo che hanno fatto chiudere in galera? Non potevano, ma l'hanno fatto.» «Quindi gli unici giornali rimasti in circolazione sono quelli mandati per posta e quelli dei drugstore nel quartiere.» «A quest'ora le squadre volanti avranno visitato anche i drugstore. Sono le nove passate. Non mi stupirei se Carlisle fosse andato alla posta e avesse preso anche le copie degli abbonati.» «Mi bacio i gomiti se lo ha fatto. Dio, se si fosse messo nei casini con il governo...» «Per quella gente sono cose da ridere. Non gli importa con chi si mettono nei casini. Cristo, ti ho cercato al telefono per due ore, e mi hanno detto che eri fuori.» «Uhu,» disse Dolan accendendosi una sigaretta e raschiando tra i denti con l'unghia del pollice. «Bene, dobbiamo fare un'altra edizione, allora. Figlio di puttana. È convinto di essere Hitler o Mussolini.»
«Ma lo è in formato ridotto. Questo paese è pieno di gente come lui.» Dolan aspirò il fumo con aria meditabonda, si raschiò tra i denti con il pollice ancora due o tre volte, poi improvvisamente si alzò e andò al telefono in soggiorno. Cercò il numero di casa di Lawrence e lo compose. Qualcuno gli rispose che il signor Lawrence era fuori, e non sarebbe tornato prima di mezzanotte. Dolan tornò in camera da letto. «Lawrence è al cinema o roba del genere. Se riesco a beccarlo gli dico di convocare i tipografi e andiamo subito per un'altra edizione. Cristo, con tutte le sere che aveva per uscire...» «Possiamo farlo domattina, se ci sta.» «Cosa vuol dire 'se ci sta'?» «Sai, è un po' una fichetta. È facile che scappi al primo accenno di casino, e questo è altro che un casino. Una parola di Carlisle e Lawrence si ritira come una fisarmonica.» «Lo obbligheremo a stampare!» «No, se non vuole,» replicò Bishop. «L'attrezzatura è sua. Ho idea che siamo nella merda fino al collo.» «Così la pensi?» «Sì. Non fraintendermi, non me la sto facendo sotto,» rispose Bishop. «Ma guarda solo questa sberla che ci ha dato. Carlisle ancora non ci prende troppo sul serio, altrimenti non si sarebbe accontentato di mettere le mani sui giornali...» «Cristo, e non ti sembra abbastanza?» «Non per lui. Questo è solo il suo modo di avvisarti. Da un momento all'altro potremmo trovarci di fronte alla seconda mossa: magari una visita del Führer in persona. Ti immagini che cosa succede se va da Lawrence a dirgli di mollare tutto?» Squillò il telefono. Dolan sobbalzò. «Rispondi tu, dai. Io sono fuori.» Bishop andò al telefono. Dolan lo sentì chiedere scusa, e dopo un minuto fu di ritorno. «Ne stai facendo della strada,» disse beffardo. «Era l'onorevole ex senatore, Mark Fried.» «Dio!» esclamò Dolan, «dimenticavo che mi sono sposato!» «E facevi bene. Tuo suocero, lì, vuole che lo chiami. Dice che non importa a che ora torni. Tra parentesi, hai un bello spazio nei giornali del pomeriggio.» «Non li ho visti. Stammi a sentire, Ed. Siamo in un casino fantastico, no?»
«Devo dire di sì. Mike, sei una meraviglia. Sei il più ingenuo figlio di puttana che abbia conosciuto. Non hai la più pallida idea di quello che farai, non è vero?» «Un'idea ce l'ho: Bud McGonagill. Per prima cosa questa mattina ti farò avere una procura speciale, e pubblicheremo la rivista anche se dovessimo rimanere a fare la guardia alle stampatrici. E se dovessimo chiedere l'intervento della polizia territoriale per proteggere le edicole...» «Questa è una buona idea. La procura mi va bene, perché in città ci sono un paio di bastardi a cui non mi dispiacerebbe fare un buco nella fronte. Ma non fare conto sulla territoriale e sugli sbirri della contea. Carlisle li ha tutti sotto controllo. Se riusciamo a fare uscire questo giornale, sarà senza l'aiuto di nessuno. Personalmente, credo che abbiamo le stesse possibilità di uno stronzo in mezzo al mare.» «Potrei riuscire a convincere Lawrence a tenere duro. Ci sono riuscito già un'altra volta.» «Ma allora non c'era la possibiltà che qualcuno gli lanciasse una bomba nell'ingresso di casa, e adesso sì. Ascolta quello che ti dico: quel bastardo va in merda appena Carlisle apre bocca; bisognerebbe solo che sparisse dalla circolazione.» «Ci dev'essere un altro modo.» «Be', trovalo tu.» «Lo troverò. Adesso esco.» «E dove vai?» «A fare un giro in macchina,» disse Dolan prendendo il trench e il cappello e avviandosi. «Ehi, è meglio che ti porti questa,» fece Bishop indicando l'automatica. Dolan rifletté brevemente. «Credevo di averla,» disse, tornando indietro a prendere la pistola. «E stai attento anche a dove metti il naso,» aggiunse Bishop alzandosi. «Preferirei che mi lasciassi venire con te...» «Non preoccuparti. Andrà tutto bene,» disse Dolan. Spense la luce, si mise il cappotto e uscì. Scesero le scale senza dire una parola. Bishop aveva parcheggiato l'auto lungo il marciapiede. Nella luce del lampione sull'angolo della strada Dolan riconobbe Myra seduta all'interno. Gli venne l'impulso di fare il giro della casa fino al garage, dove aveva lasciato l'auto, senza dirle nulla, ma decise che non c'era ragione di rendere le cose ancora più sgradevoli. «Perché non mi hai detto che era qui?» disse rivolto a Bishop, dirigen-
dosi verso l'auto. «Ciao, Myra.» «Ciao, Mike.» «Perché non sei salita?» «Solo Ed ci è riuscito,» disse Myra sorridendo. Questo negrone tuo amico è un cane da guardia ultrafedele... Dove vai in una sera come questa?» «A fare un giro in macchina.» «Mike,» disse Myra con calma, «non avrai intenzione di fare qualche sciocchezza?» «Solo un giro in macchina...» «Dove sta andando, Ed?» chiese Myra volgendosi a Bishop, che si era già seduto al volante. «Non chiederlo a me.» «Mike, non stai andando a metterti nei guai per Carlisle o roba del genere?» «No.» «Ti secca se vengo con te?» «Credevo che non volessi più vedermi,» disse Dolan controvoglia. «Non è il momento di fare i bambini,» replicò Myra bruscamente. «Vengo con te.» Abbassò la maniglia, ma Dolan spinse con tutte e due le mani contro la portiera costringendola a restare dentro. «No, tu resti,» replicò lui. «Per l'amor di dio, mi hai già procurato abbastanza guai. È colpa tua se ho sposato Lillian...» «Lo so. Non ti dico cosa ti taglieresti per fare dispetto a tua moglie.» «Portala al suo appartamento, Ed. Ci vediamo tutti domattina presto, verso le otto.» Girò l'angolo verso il garage ed entrò in macchina. Mentre faceva retromarcia per uscire, Walter arrivò sul sentiero dalla stanza di Ulysses. «C'è un certo Thomas che vuole che tu gli telefoni a casa. Ha detto che è importante.» «Ci scommetto...» disse Dolan, continuando a fare retromarcia. NOVE Guidava nella pioggia senza una meta precisa, per strade gonfie d'acqua fino ai cordoli, quasi senza usare il volante, pensando che era una vergogna che stesse spiovendo e come sarebbe stato fantastico se avesse conti-
nuato a piovere, e questo era il motivo per cui gli arcipelaghi dei mari del sud lo affascinavano tanto: la pioggia perenne. Ma in un angolo della memoria c'erano Carlisle e il Cosmopolite, e in che razza di follia era questo paese per consentire cose del genere, c'era un Carlisle in ogni città del paese, ma milioni di persone erano troppo stupide per preoccuparsi, e andava così in tutto il mondo: c'erano milioni e milioni di persone convinte che Hitler e Mussolini fossero grand'uomini, senza sapere (o preoccuparsi) che invece erano dei pagliacci psicopatici, poveri bastardi malati, che stavano portando un mare di bestie (quegli stessi milioni e milioni) al macello, e avrebbero risucchiato anche noi (Hemingway aveva ragione alla radio, a proposito della prossima guerra, dicendo di immaginare quanto sarebbe servita a rendere isterica la gente): avremmo dovuto fare fuori subito tutti questi Carlisle, Hitler e Mussolini; oh, certo, è tutto zucchero e miele in questo grande, fantastico, meraviglioso paradiso chiamato Stati Uniti d'America, il solo paese dove la radio è libera e non soggetta a censura, e la stampa uguale e la parola idem come sopra - oh, certo, un uomo può dire quello che gli piace quando gli piace - e cristo se può: tu provaci e vedrai che il tuo giornale ti sparisce tra le mani: il lurido bastardo figlio di puttana disse fra sé, intendendo Carlisle (ma pensando anche a Hitler e Mussolini). Poi passò sotto il grande arco di pietra, l'ingresso di Weston Park, e solo allora si rese conto che stava guidando la sua auto e che quello era il quartiere dove abitava Lillian, la sua nuova moglie, e sentì all'improvviso di essere sposato da tanto, tanto tempo, e allungò la mano per toccarsi la barba anche se sapeva di non avere barba. La sua nuova moglie: be', molto lieto, signora Dolan, molto lieto! È stupendo fare la sua conoscenza! E chi è quel distinto anziano gentiluomo che sedeva a capotavola? Non ho capito il nome... ah, certo, certo: il senatore. Ricordo il suo operoso mandato a Washington, l'impegno ragguardevole a vantaggio dei propri elettori. Be', accidenti senatore, ha un aspetto formidabile. Sì, Dolan, Michael Dolan, si ricorda di me, i miei avi sono venuti qui con il Mayflower; certo, proprio quei Dolan, gli antichi sovrani dell'antica, grande Irlanda (solo, ora il mio
stemma porta un badile e un piccone incrociato sotto un'automobile rampante); e cosa ne dice di questo tempaccio, senatore, vecchio figlio di puttana corrotto; e... ne raccontano una bella su di lei, molto divertente (pacca sulla schiena), che ha pagato cinquantamila dollari a Washington per tentare di riavere i poteri che aveva perso (sussurrandogli all'orecchio: ho letto su un giornale un avviso pubblicitario che può aiutarla); oh, ciao tesoro, eccoti qui, tuo padre e io stavamo parlando un po' dei bei tempi; certo senatore, guideremo piano, le strade sono sicuramente scivolose: c'è davvero un tempo orribile, e grazie di nuovo per quella casetta che ci ha regalato per le nozze, è troppo, troppo stupenda e anche la cena è stata troppo stupenda, e andiamo solo a farci qualche mano di bridge con i BurlingtonWhimsey: sì, certo, se vedo il conte gli porgerò i suoi più affettuosi... buona notte, felice notte! Il maggiordomo negro venne ad aprire. «La signorina Lillian è in casa?» chiese Dolan. «Entri, signore. Prego, entri,» disse il maggiordomo con affabilità aprendo la porta. «Sei tu il tizio che mi ha aperto questa mattina?» chiese Dolan entrando. «Certo che sì, signor Dolan,» rispose il maggiordomo aiutandolo a togliersi il cappotto. «Sembri diverso...» «Forse è la livrea nera, signore. Stamattina ne avevo una bianca...» «No, è qualcos'altro. Qualcosa nella tua personalità. Sei diverso...» «Anche lei è diverso, signore,» disse il negro con un sorriso. «Sì, certo. Capisco. Ora sono nella parte. Ho girato due ore qui intorno per entrare nella parte... Vuoi dire alla signorina Lillian che sono qui?» «La sta attendendo, signore. Per di qua.» Dolan lo seguì attraverso il salotto, poi in biblioteca, fermandosi sull'uscio di una stanza. Il negro bussò leggermente, poi infilò la testa nel vano della porta. «C'è il signor Dolan,» disse, e rivolto a Dolan, «prego, signore.» Dolan entrò e sentì che la porta si chiudeva alle sue spalle. Si guardò intorno con curiosità. Era la tana di un uomo, senza dubbio. «Lei è Dolan?» tuonò una voce. «Ehm... sì. Tanto piacere. Mi ha spaventato: non l'avevo vista dietro la sedia.» «Volevo solo essere sicuro. Sono il padre di Lillian.» «Lo so. L'ho riconosciuta dalle foto, senatore. Ma mi sembrava che il ti-
zio avesse detto che ero atteso da Lillian.» «Glielo ha detto su mie istruzioni. Volevo essere certo che l'avrei vista se fosse venuto. Si accomodi.» «Lillian c'è?» «Non credo che desideri vederla.» «In questo caso, non c'è motivo che io rimanga,» disse Dolan, facendo per andarsene. «Si accomodi, le ho detto,» insisté il senatore, indicando la sedia con il sigaro. Dolan sedette. «Come è successo, questa cosa del matrimonio?» «È successo, ecco tutto.» «Perché?» «Per la ragione più naturale del mondo senatore: attrazione reciproca.» «I miei coglioni,» ringhiò il senatore andando avanti e indietro a semicerchio, giocando con il sigaro. Sembrava un procuratore distrettuale durante l'interrogatorio. «Sto per dirle qualcosa che la sorprenderà, Dolan. Non è la prima volta che sento parlare di lei. Fred Coughlin mi aveva spiegato tutto. Lo sapeva lei che, quando ha avuto quella storia con la figlia di Coughlin, lui le ha messo un detective privato alle calcagna per diverse settimane?» «Non per settimane: per una decina di giorni,» disse Dolan lentamente. «Una bella storia, fra l'altro. I miei amici mi dicono che c'è un tizio che gli fa un sacco di domande imbarazzanti. Allora un giorno ne chiamo tre o quattro e gli dico che presto o tardi un tale andrà a trovarli e gli farà un sacco di domande su di me, e allora io voglio che mi telefonino in ufficio. Vado all'ufficio investigativo e ne parlo con l'ispettore Trushka. Mi promette di aiutarmi. Anni fa lavorava alla cronaca nera, e ho parlato bene di lui, di tanto in tanto. Insomma, in pratica sono stato io a farlo diventare ispettore.» «Va bene così, Dolan,» interruppe il senatore. «Sono desolato di annoiarla, senatore, ma se le racconto questa storia c'è un perché. Trushka mi promette di tenere un paio di sbirri a disposizione se dovessi chiamare, e dopo due giorni non vengo a sapere che questo tipo che fa le domande su di me è nell'uffico di un mio amico?! «Chiamo Trushka, che mi manda gli sbirri. Agguantiamo il tipo e lo portiamo alla stazione di polizia. Lui ammette di essere un detective privato, ma non vuole dire altro.
«Bene, gli sbirri non si fanno troppi scrupoli con i privati, per così dire. Così portiamo l'amico in una stanzetta insonorizzata del seminterrato. Una stanza con una sola sedia, senatore, imitazione della sedia elettrica, e un grosso faro rivolto in piena faccia di chi siede. Leghiamo il tipo e gli facciamo qualche livido, ma ancora non parla. Allora passiamo al tubo di gomma, e dopo un paio d'ore ammette di essere stato assunto da Fred Coughlin. «Be', io penso che questa non sia una buona mossa, perché neppure Coughlin è un angioletto. Per un paio di settimane sto all'erta per fregarlo. Ah, sì: dimenticavo di dirle che avevo una vera passione per fare foto con quelle macchine in miniatura, sa... le candid cameras. Dunque una sera i miei agenti mi chiamano per un'informazione riservata: Coughlin è in un certo hotel, in una certa stanza, con una ragazzina - gli piacciono giovani, in età da liceo. Io vado in albergo, nel corridoio, e mi nascondo nell'armadio delle scope, finché non sento che arriva. Lei non ci crederebbe, che sia stato così scemo da arrivare assieme alla ragazza, invece che separatamente, ma lo è stato, e così con il flash ho fatto una foto grandiosa di tutti e due. Ho la negativa nella cassetta di sicurezza di una banca. Se le fa piacere potrei stamparla un giorno o l'altro. Ho mandato una foto a Coughlin: e da allora è diventato un agnello. «Va bene: ho dato una risposta lunga a una domanda semplice, ma questo dovrebbe chiarirle i dubbi a proposito del detective privato.» «Molto interessante,» disse il senatore. «E lei era innamorato della figlia di Coughlin?» «Via, caro senatore: non rivanghiamo il passato. È il presente che ci interessa.» «Non sia teatrale, Dolan, e mi dica cosa intende fare a proposito di Lillian.» «Vorrei prima parlarne con Lillian. Le dispiace se fumo?» «Faccia, faccia. Ovviamente, lei sa che questo matrimonio è del tutto impossibile. Ha intenzione di correggere l'errore lei stesso o devo iniziare io la causa?» «E quale causa potrebbe mai iniziare, senatore?» chiese Dolan accendendosi una sigaretta. «Lillian è mia moglie.» «Non ancora. Potrei ottenere l'annullamento.» «E su quale base?» «Che non è effettivamente sua moglie. Che non avete mai dormito insieme.»
«Quanto a questo, senatore, non diciamo fesserie. Lei sa benissimo che l'unico modo che lei ha per ottenere un annullamento è che io glielo firmi. Altrimenti non può portare questa storia in tribunale. E io non voglio andare in tribunale.» «Be', non mi dica che ha creduto anche solo per un attimo di amare Lillian!» «Non saprei. È bella, è simpatica, e io la trovo molto attraente. Ma amarla... non saprei.» «Naturalmente,» disse il senatore in tono cupo. «Potrei risolvere tutta la faccenda da solo. Ma sarebbe un lavoro sporco, e io non sopporto la violenza.» «Ora smetta lei di essere teatrale. Potrebbe risolvere, ma non lo farà.» Il senatore corrugò la fronte, riflettendo. «Guardi,» disse infine, «io voglio chiudere la questione e mandare Lillian in Europa per un anno o due. Mi appello al suo senso sportivo perché lei rinunci alla ragazza senza suscitare uno scandalo.» «Lei mi tocca nel mio punto debole, senatore. Ho sempre amato la sportività, ma di recente ho imparato che non c'è posto per questa parola nel lessico rutilante del successo, se mi perdona la banalità. Qui il cane mangia il cane, e lei dovrebbe saperlo. Ci è passato in mezzo.» «Che cosa potrebbe indurla a rinunciare a Lillian?» «Mi pare che lei dia un po' troppe cose per scontate. Ammesso e non concesso che io non la ami - e comunque la trovo molto attraente - come sa che lei non ama me?» Il senatore non rispose, ma tirò il nastro di un campanello, e poi si voltò verso la porta, sorridendo come se questa fosse l'opportunità che attendeva. Entrò il negro. «Chiedi alla signorina Lillian di venire qui.» Il negro uscì, con l'ombra di un sorriso sulle labbra, ed entrò Lillian. Evidentemente era rimasta ad aspettare in biblioteca. Dolan fu sorpreso, e si domandò se avesse origliato la loro conversazione. «Ciao, Lillian,» disse alzandosi in piedi e spegnendo la sigaretta. «Ciao. Bene, papà caro, che cosa c'è?» «Mi chiedevo se avresti ripetuto al signor Dolan quanto mi hai detto stasera. Così potrei sistemare...» «Quanto ti ho detto a che proposito, papà?» «Sul fatto che tu non lo ami.» «Oh, certo,» disse Lillian rivolgendosi a Dolan. «Quello che dice papà è
vero. Io non ti amo.» «E questo lo hai stabilito tu, o è stato papà?» «Ma io, naturalmente. Non mi avrai davvero preso sul serio?» chiese poi candidamente. «Per un attimo sì,» disse Dolan ridendo. «Certo, mi hai preso in giro.» «L'ho fatto solo perché mi sembrava una cosa divertente,» ripeté Lillian. «Non credevo che mi avresti preso sul serio.» «Va bene, Lillian, è tutto,» disse il senatore. «Puoi andare, ora.» «Buonanotte,» si congedò Lillian. «'Notte,» disse Dolan. Quando fu uscita si rivolse al senatore: «Ha un fantastico sense of humour.» «Come vede, avevo ragione.» «Senza dubbio. Non credo che mi ami.» «Naturalmente no. E lei non vuole sposare una donna che non lo ama, non è vero? Naturalmente no. Ora, concorda sul fatto che l'annullamento sia la cosa migliore da fare?» «Assolutamente d'accordo.» «Benissimo!» esclamò il senatore. Si fregò le mani nervosamente, fece girare il sigaro nella bocca. «Conosce Oppenheimer, che sta nel palazzo della banca?» «Sì.» «È il mio avvocato. Ci vediamo domattina alle dieci nel suo ufficio; avrà già tutte le carte pronte.» «Ci sarò,» disse Dolan. «Bene: ora...» «Ragazzo mio,» lo interruppe il senatore raggiante, dandogli la mano, «lei è molto saggio. Venga, l'accompagno alla porta.» «Grazie, senatore,» disse Dolan, «ma non ha considerato una cosa.» Il senatore corrugò la fronte. «Io ho qualcosa che lei desidera, e lei ha qualcosa che io desidero. È una premessa eccellente per combinare un buon affare, non le sembra?» «Non capisco dove vuole arrivare.» «Il fatto è, senatore, che ho un maledetto bisogno di soldi.» Il corpo di Mark Fried si irrigidì in ogni muscolo, mentre restava a fissare Dolan da sotto le sopracciglia cespugliose. «Mi serve questo denaro per portare avanti una specie di affare che ho in ballo, e pensavo che probabilmente poteva aiutarmi.» «Bastardo. Così aveva organizzato tutto di proposito.» «Non di proposito. L'idea mi è venuta solo un minuto fa, quando Lillian
ha chiarito in modo così inequivocabile che non mi ama. Si ricorda?... Ha detto che voleva solo divertirsi un po'. Io vengo qui per rimettere le cose a posto e sento che Lillian si è divertita. Tutto questo deve essermi ripagato.» «Non le darò un solo fottuto penny!» «Niente soldi, niente annullamento,» disse Dolan dolcemente. «Me la pagherà per questo. Farò in modo che si occupino di lei, bastardo ricattatore irlandese.» «Nessun ricatto, senatore: solo affari. Ho bisogno di denaro e lei ne ha. Voglio cinquantamila dollari.» «Cinquanta...» «Non ho intenzione di trattare. Voglio cinquanta sacchi.» «Ma... insomma...» balbettò il senatore, «gliene posso dare venticinquemila...» «Trentasettemilacinquecento...» «Trentacinquemila. Prendere o lasciare.» «Accetto. Ci vediamo domattina alle dieci nell'ufficio di Oppenheimer. Non si disturbi: trovo l'uscita da solo.» DIECI Cully, il proto della tipografia, aveva qualche dubbio sul fatto di stampare una nuova edizione del Cosmopolite. Certo, aveva sentito cos'era successo al giornale la sera prima, e pensava che era uno schifo, ma aveva un'agenda da seguire, e quello era il giorno in cui doveva stampare e rilegare la rivista mensile di quella compagnia di assicurazioni, cosa che gli avrebbe portato via buona parte della giornata. Bastava la minima interferenza e il programma sarebbe saltato, così gli operai dovevano entrare in straordinario ed era la volta che Lawrence dava fuori. «Mi prendo tutta la responsabilità,» disse Dolan. «Lo so, Mike. Ma preferirei avere l'okay del signor Lawrence.» «Ti ho detto che non è in casa. Dicono che è andato in ufficio.» «Ma allora dovrebbe essere qui.» «Dovrebbe, ma non c'è; e non ci sarà ancora almeno per un'ora. Non voglio perdere altro tempo: senti Cully. Le matrici sono ancora composte, no?» «Sì, certo. Nessuno le ha toccate.» «Allora, che diavolo. Mettile in macchina e dacci dentro. Che tiratura
avete fatto ieri?» «Duemilaedue e qualcosa...» «Stavolta fai tremilacinquecento.» «Questo mi farà saltare tutta l'agenda...» «Senti, se l'altro lavoro finisce in straordinario, te lo pago io. Adesso dacci dentro, okay?» «D'accordo, Mike: ma se Lawrence si incazza...» «Ci penso io. Tu occupati del lavoro.» «Ciao, Cully.» «Salve, Ed.» «Allora?» chiese Bishop a Dolan. «È tutto a posto. Ora usciamo di qui e lasciamo lavorare Cully,» disse Dolan uscendo dall'ufficio in corridoio. «Hai visto Bud?» «Sicuro. Guarda,» disse, mostrando il distintivo di delegato dello sceriffo. «Questo è un modello a buon mercato. Bud ne ha uno con un diamante incastonato; gliel'hanno dato gli Elk, o Moose o chi altro. Se insistevo altri dieci minuti me lo dava.» «E una pistola te l'ha data?» «No, me ne ha affittata una. Police Positive, calibro 38. Dice che l'ha presa a Pretty Boy Floyd quando lo ha pizzicato qui in città, ma credo che sia un fottuto bugiardo.» «Gli piace fare colpo nominando i grandi criminali che gli è capitato di conoscere.» «Sì, è così. Ma è un bravo cristo.» Entrarono nell'ufficio. «Ce l'hai fatta?» chiese Myra. Bishop annuì, sollevando una falda del cappotto per mostrarle la pistola nella tasca posteriore dei pantaloni. «Distintivo, fondina: ho tutto. Indovina dove ho prestato giuramento?» «Dove?» chiese Dolan. «Nel cesso del barbiere di fronte. Ma gli abbiamo detto che doveva stare attento. Figuratevi un po': in un cesso! Una specie di metafora, no?» concluse ridacchiando. «E con Cully com'è andata?» chiese Myra a Dolan. Il rullo monotono e sferragliante delle rotative precedette la risposta. «È il Cosmopolite?» chiese Myra.
«Sì.» «Grande! Grandissimo! Il figlio di puttana capirà dove va a parare.» «E come facciamo per le edicole?» domandò Bishop. «Carlisle ha già usato le maniere forti, può usarle ancora.» «Lascia che ci provi,» disse Dolan dirigendosi verso la finestra sul retro e invitandoli a seguirlo. «Date un'occhiata laggiù...» Nello spazio per il parcheggio sul retro dello stabilimento, sotto la tettoia del capannone aperto dove Lawrence lasciava i camion, c'erano sette o otto uomini in attesa. «Gorilla,» spiegò Dolan, «picchiatori. Parlano la stessa lingua di Carlisle. E sapete dove li ho presi? Vengono tutti dal Gotha del dipartimento di polizia. È stato Emmett che li ha scelti per me.» «Quando lo hai visto?» chiese Bishop con stupore. «Stamattina alle sei. Sono andato a casa sua, gli ho spiegato quello che è successo e gli ho detto che mi serviva aiuto. Così, eccoli qua. Voglio proprio vedere chi proverà a usare le maniere forti con questi cuccioloni.» «Be', mi venga un canchero se il vecchio figlio di puttana non è andato a chiedere aiuto al capo della polizia,» disse Bishop, mollando una pacca sulla schiena di Dolan. «E quando ti è venuta l'idea?» «L'altra sera, durante quel giro in auto che voi due non volevate che facessi. E non è la sola idea che mi sia venuta in mente...» «Cioè?» chiesero tutti e due contemporaneamente. «Non li ho ancora nella borsa, ma se tutto va bene, i nostri guai sono finiti.» «Soldi?» domandò Bishop. «Certo, soldi. E chi te li dà?» «Fried.» «Così ieri sera ci sei andato,» lo interruppe Myra, «e cosa è successo?» «Non urlarmi in faccia,» disse Dolan rivolgendosi a Bishop per spiegargli. «Ieri sera giravo senza una meta precisa pensando a un mucchio di cose, e alla fine mi trovo sotto casa di Lillian. Non so come ci sono capitato: non ero partito con l'idea di andarci, ma... PAM! mi trovo lì davanti.» «Immagino che si sarà buttata fra le tue braccia,» lo interruppe di nuovo Myra. «Chiudi la bocca,» sibilò Dolan senza guardarla. «Per farla breve, il concetto generale è che lei mi ha sposato solo per divertirsi e che non mi ha mai amato.» «È stato il vecchio che l'ha convinta a dire queste cose?»
«Senza dubbio. Era presente alla conversazione. Ha convocato Lillian come teste numero uno per dimostrare che avrei dovuto chiedere l'annullamento del matrimonio. E lei ha pensato che fosse tutto uno stupendo scherzo della madonna.» «Be', dev'essere stato divertente,» disse Bishop. «Vai avanti...» «È tutto qui. Io dico okay, vada per l'annullamento. Solo, per concederlo, voglio cinquanta sacchi!» «Cristo!» esclamò Bishop facendo un fischio. «Hai detto cinquanta? E te li ha dati?» «Ci siamo accordati per trentacinque. Stamattina mi incontro con Fried nell'ufficio del suo legale per firmare le carte.» «Cristo, sei un mago,» ripeté Bishop scuotendo la testa. «Quei trentacinque, insieme ai quattromila che abbiamo preso con Myra, fanno uscire un sacco di giornali. Forse intanto posso avere un duecento copie in anticipo, sollecitando la tipografia.» «Certo, certo. Ascolta, Ed. Tutta la notte mi sono tormentato.» «E perché, sant'iddio? Le preoccupazioni sono finite, non hai niente per cui tormentarti...» «Per quel denaro che Fried mi ha promesso. Mi sento un mascalzone.» «Hai capito l'uomo?» disse Bishop a Myra. «Ascoltami bene, Mike: quel denaro ti spetta. Sant'iddio, ma ti vuoi mettere in testa che quelli che si fanno scrupoli, oggigiorno, sono sicuri di prenderselo di dietro? E a parte questo, quei soldi vanno in una causa giusta...» «Vuoi dire nel giornale. Certo: questa è esattamente la ragione per cui gli ho fatto la proposta. Tu che ne pensi, Myra?» chiese infine, volgendosi alla scrivania dove Myra stava in piedi, mordicchiando una matita. «Mi sembra che ti sia andata di lusso che non ti ha rotto la testa,» rispose Myra. «Così pensi che sia un mascalzone. Dovrei darti un cazzotto sul naso per convincerti che non me ne importa niente!» «Chissà perché all'improvviso sei diventato così suscettibile,» disse Myra senza scomporsi. «Scommetto che se ci pensi un momento trovi la risposta.» «Uno solo, ma ben centrato, per farti uscire un po' del sarcasmo che hai dentro.» «Basta voi due,» ringhiò Bishop, mettendosi in mezzo. «Non ho mai visto niente di simile. Se un giorno di questi non ci sono quando cominciate ad azzannarvi, chissà come va a finire. Smettetela.»
Dolan ringhiò fra sé qualcosa di incomprensibile, e Bishop si allontanò dai due, spostandosi verso la finestra che dava sulla strada. «Mike...» chiamò a bassa voce. Dolan colse una sfumatura sinistra nel tono della sua voce e lo raggiunse rapidamente, fermandosi a guardare da sopra la sua spalla. Un uomo era appena uscito dall'ufficio e stava attraversando la strada. Era di bassa statura e, visto di spalle, non faceva alcuna impressione. Lo seguirono con lo sguardo mentre attraversava la strada e si fermava ad aspettare il tram. Quando alla fine si voltò verso l'edificio, Dolan e Bishop si ritrassero di scatto dalla finestra per non essere visti. «Strano che non sia salito a parlarci,» disse Dolan. «Strano un bel niente,» replicò Bishop. «Non ci ritiene abbastanza importanti.» «Chi è?» chiese Myra. «Jack Carlisle,» rispose Dolan mordendosi un labbro. Myra si avvicinò alla finestra. «Non fargli capire che lo stai guardando,» disse Dolan. «Non preoccuparti, non guarda da questa parte,» disse lei spiando di sbieco dalla finestra, con la testa appoggiata al muro. «Così quello è il nostro dittatore locale! Bene... il suo aspetto mi spiega un sacco di cose che mi ero domandata.» All'improvviso ci fu un cambiamento. Il monotono sferragliare delle rotative che aveva fornito il sottofondo alla loro conversazione era cessato. Gli sguardi di Bishop e Dolan si incontrarono. «Vieni con me,» disse Dolan. Corse giù per le scale, seguito da Bishop, ed entrò senza bussare nell'ufficio di Lawrence, che si stava ancora togliendo l'impermeabile. «È stato lei a farli smettere?» chiese Dolan. «Sì. E lo farò ancora se qualcuno le farà ripartire senza il mio permesso,» replicò Lawrence sedendosi alla scrivania. «Con che diritto vi mettete a dare ordini qui?» «Ho cercato di contattarla, ma non ci sono riuscito; ed ero ansioso di fare ristampare la rivista,» disse Dolan. «Mi sembra di non aver fatto niente di scorretto.» «Lei sa perfettamente che oggi è il giorno in cui deve essere pronta la pubblicazione di quella compagnia assicurativa. Abbiamo firmato questo contratto da troppo tempo per non rispettarlo adesso.» «Ma non è questa la ragione,» lo interruppe Bishop.
«Aspetta un attimo, Ed,» disse Dolan. «La visita di Jack Carlisle non ha niente a che vedere con l'interruzione della ristampa, vero?» «Carlisle? Cosa vuol dire?» «Non mi prenda per un bambino. L'ho appena visto attraversare qui di fronte.» «Va bene. Il signor Carlisle è stato qui,» ammise Lawrence. «Ha suggerito che noi...» «Un tubo ha suggerito. Ha ordinato. E lei, ha intenzione di lasciarsi intimidire?» «Questa non è intimidazione. È solo che non desidero finire coinvolto in una causa per diffamazione. Ti ho detto subito quando ho letto l'articolo, che pensavo...» «Risponda alla mia domanda. Stamperà il giornale o no?» «Credo di essermi spiegato.» «Te l'ho detto che era verde di paura,» disse Bishop. «Che sarebbe strisciato per terra.» «Okay,» concluse Dolan, «lo farò stampare altrove. Mi porterò dietro le copie tirate fino a questo momento e le matrici, e lo farò stampare altrove. Ha qualche obiezione?» «No, assolutamente,» disse Lawrence, sollevato. «È questo il problema di questo paese,» sibilò Bishop, sporgendosi sopra la scrivania, «che è pieno di piccoli stronzi senza coglioni come te, bastardo.» «Andiamo via,» disse Dolan. Entrarono in tipografia. C'era una serie di fogli di giornale nella macchina tagliatrice e un'altra sul tavolo, dove le operaie li stavano spiegando e legando. Cully venne verso di loro con un'aria di rammarico. «Mi spiace Mike,» disse, «è una brutta faccenda mettersi contro Jack Carlisle.» «Sembra che stia cominciando a diventarlo, sì,» replicò Dolan. «Puoi fare raccogliere tutto e consegnarlo a quei tizi che ci sono lì fuori, quelli con la faccia cattiva?» «Senz'altro.» «Grazie di tutto, Cully.» Tornarono di sopra, dove Myra stava vuotando i cassetti e appoggiando tutto sul piano della scrivania. «Ce ne andiamo,» disse Bishop. «L'ho sospettato quando ho sentito le rotative che si fermavano.
«Ed,» disse Dolan prendendo il trench, «resta qui fino a quando torno. Vado a incontrarmi con quell'avvocato e a procurarmi un camion.» «Ma dove andremo?» «Se non riesco ad avere quel denaro, da nessuna parte. Siamo finiti. Se ci riesco... Tu rimani qui. Parlerò a quelli là fuori. Vuoi che te li mandi su?» «Se dovessero esserci dei problemi.» «Lasciali dove sono. Myra, io e Old Pretty Boy Floyd possiamo cavarcela da soli,» disse, dandosi un colpetto dove teneva la pistola. «Ha appena chiamato Thomas,» disse Myra. «Vorrei che mi lasciasse in pace,» disse Dolan muovendosi verso la porta. «Mike...» lo raggiunse la voce di Myra, «stai attento. Per favore.» «Sì, starò attento.» L'avvocato Oppenheimer camminava lentamente avanti e indietro sul tappeto, con le mani in tasca, guardando ora Dolan, ora la finestra. «Credo che spioverà,» osservò. «Pare che verso nord si stia rompendo. Se si alza un po' di vento, domani sarà abbastanza asciutto per giocare a golf. Lei gioca a golf, Dolan?» «No. Mai in vita mia.» «È un gran gioco, sa.» «Così dicono.» Oppenheimer si fermò davanti a Dolan e lo guardò fisso. «Non credo che la sua gestione di questo affare sia stata molto saggia, Dolan. Il senatore non è il tipo d'uomo che lei possa offendere. Io lo conosco bene. È molto turbato adesso.» «Anch'io lo sono.» «Avrebbe dovuto accettare l'assegno. In pratica, rifiutarlo è stato un insulto.» «Guardi, signor Oppenheimer. Sono venuto qui per firmare la rinuncia, e la firmerò quando sarà tornato con i contanti. Ho rifiutato l'assegno solo perché non voglio dargli la possibiltà di bloccare il pagamento.» «Ma è proprio questa la ragione per cui si è offeso. È come se gli avesse detto che non si fida di lui. Il senatore è un uomo d'onore.» «Lo so, certo: so tutto sul senatore. Dimentica che ho scritto su un giornale per molti anni.» La porta si aprì.
«Oh, entri, entri senatore,» disse Oppenheimer. «Ecco qui,» disse il senatore gettando un pacchetto sulle ginocchia di Dolan, «settanta biglietti da cinquecento. Ora, perdio, firmi quella rinuncia o la faccio volare dalla finestra.» «Grazie,» disse Dolan alzandosi e andando alla scrivania. «Dove devo firmare, signor Oppenheimer?» «Qui, a destra.» Dolan scrisse il suo nome e si aggiustò la cravatta. «Grazie,» ripeté, mettendo il denaro nella tasca interna della giacca, e uscì. UNDICI La segretaria infilò la testa nel vano della porta: «Sono spiacente di interromperla, signor Baumgarten,» disse, «ma le ricordo che lei dovrebbe essere alla Pacific Press alle undici, e sono le dieci e mezzo.» «Va bene,» disse Baumgarten, «ora vado.» La testa della segretaria scomparve e la porta si richiuse. «Stanno installando delle nuove macchine,» disse a Dolan. «Bene. Cosa stavi cercando di dirmi?» «Sto facendo un giornale.» «Questo lo so. Il Cosmopolite. Voglio sapere cosa dicevi a proposito della stampa.» «Sei tu che hai venduto le macchine a Lawrence, vero?» «Certo.» «È quello che volevo sapere. Non faccio più stampare il mio giornale da lui. Ho portato via le matrici, e volevo sapere dove posso trovare in città una tipografia come la sua.» «Vuoi fare il giornale con un altro tipografo.» «Esatto. Ma mantenendo lo stesso formato.» «Ci sono parecchie tipografie come quella di Lawrence. Per esempio, Green.» «Lui no. Suo zio stampa il Courier, e presto o tardi... È fuori discussione.» «Allora Grissom, che sta qui dietro l'angolo. Stampava vari giornali di partito e i pieghevoli dei minatori. Gli ho venduto le macchine nuove un paio di mesi fa.» «Credi che potrebbe essere interessato al Cosmopolite?»
«Non vedo perché no. E comunque, è la tua migliore possibilità. Inutile dirti che il fatto di lavorare insieme a lui non gioverà alla tua immagine.» «Non posso fare lo schizzinoso, devo prendere quello che viene. Perché dici che la mia immagine ne verrebbe danneggiata?» «È il tipografo che stampava quegli opuscoli dei comunisti... Ti ricordi? È anche per questo che adesso i giornali di partito li fa quasi tutti Lawrence.» «Apparentemente, comunque, tu non hai avuto problemi di immagine. Credevo che fossi un attivista della legione americana...» «Gli affari sono affari,» sorrise Baumgarten. «Appartengo alla legione soltanto di sera.» «Grissom, dicevi?» «Qui dietro l'angolo. Ti accompagnerei, ma sono impiccato con il tempo.» «Non preoccuparti. Grazie, Henry.» «Okay, Mike. Fammi sapere come è andata a finire.» Grissom era un uomo di cinquant'anni passati, dall'aria mite, con i capelli bianchi, gli occhi azzurri e la faccia dello studioso. La proposta di Dolan gli piacque immediatamente. Continuava ad annuire e a sorridere mentre ascoltava la storia di quello che era successo al Cosmopolite, e quando Dolan arrivò al punto in cui Lawrence, poche ora prima, aveva bloccato la stampa, si mise a ridere di gusto, come se la storia lo avesse molto divertito. «Bene, signor Dolan,» disse infine, «non deve proprio più preoccuparsi del fatto che hanno smesso di stampare. A costo di sembrare impudente, le dirò che a me Jack Carlisle non fa né caldo né freddo.» «Ha un posto, qui, che potremmo usare come ufficio?» Grissom indicò un balcone chiuso, sul retro dell'edificio. «Quello potrebbe andare. Ci stavano i miei correttori di bozze, quando ancora avevo dei correttori di bozze. Ha uno staff numeroso, se ce l'ha?» «Siamo in tre, me compreso.» «Allora il balcone andrà benissimo.» «Comunque non è questo che importa. Quello che conta è quando possiamo completare la tiratura.» «Quando vuole lei. Se ci fossero le matrici, potrei iniziare anche subito. Dovrò trovare delle ragazze che sappiano piegare e rilegare.» «Possiamo farlo noi, se fosse necessario. Qui ci sono cinquecento dolla-
ri,» disse Dolan mettendo una mano nella tasca interna e scegliendo una banconota, «per dimostrarle che può stare tranquillo sul pagamento.» «Ma... non è necessario.» «Li prenda.» «D'accordo,» disse Grissom prendendo la banconota, ancora sconcertato. «Mi procuro un camion e le porto tutto il materiale. In un'ora sono di ritorno. Se è possibile, vorrei che cominciasse prima di mezzogiorno.» «Vedrò di raccattare una squadra,» concluse Grissom. Dopo mezz'ora Dolan arrivò al parcheggio interno dello stabilimento di Lawrence con un furgone per i traslochi. Tutte le matrici e i fogli, rilegati e no, del Cosmopolite erano all'esterno, appoggiati in ordine su una panca di granito, sotto gli occhi dei gorilla mandati dal capo della polizia. «Caricate quella roba sul furgone, ragazzi, e andiamo a mangiare qualcosa. Ci trasferiamo al centro commerciale e entro oggi pomeriggio potremo distribuire il giornale.» Girò l'angolo, entrò dall'ingresso principale e salì al primo piano. «Allora?» domandarono insieme Myra e Bishop. Dolan tirò fuori il pacchetto e lo posò sulla scrivania. «Trentaquattromilacinquecento dollari. In contanti.» «Be', che mi venga un canchero,» esclamò Bishop prendendo il denaro e facendo scorrere il pollice sul bordo delle banconote. «Non avevo mai visto tanta grana tutta insieme.» «E per il giornale, dove si va? Ho visto che sei venuto con un camion abbastanza grande da spostare lo stabilimento,» disse Myra. «Ho trovato un posto sulla Sesta Avenue, poco oltre il Terminal. L'uomo si chiama Grissom...» «Grissom?» Bishop lo interruppe bruscamente. «Lo conosci?» «So chi è. È un estremista. Ha avuto già un paio di perquisizioni degli sbirri.» «Non mi è sembrato male, comunque. Molto simpatico, con un'aria innocua. Non mi frega niente se è un estremista o che altro. Ha una tipografia, ed è questo che conta.» «D'accordo, io non mi tiro indietro,» disse Bishop. «Ma devo dirti che non c'è bisogno di essere un indovino per immaginare che cosa succederà.» «Per prima cosa succede che io e Myra andiamo in banca. Tu vai laggiù con il camion e i materiali, e noi ti raggiungiamo appena possibile.»
«Non vorrai dire che vuoi depositare tutti questi soldi a mio nome?» chiese Myra prendendo a Bishop la mazzetta di banconote. «Non sarebbe intelligente farlo a nome mio, con tutta la gente che ho contro e le inchieste su di me,» disse Dolan. «È proprio quello che vogliono: scoprire che ho tanti soldi in banca. Li farebbero mettere sotto sequestro prima, senza darmi neanche il tempo di dire 'ba'.» «Ci vediamo da Grissom,» disse Bishop. «Senz'altro. Vieni, Myra.» «Dovresti chiamare Thomas,» disse Myra mettendosi il cappello. «Ti ha cercato già un paio di volte...» «Comincio ad avere l'impressione che si sia preso una cotta per me,» disse Dolan. «Coraggio, andiamo a mettere questi soldi in banca prima che ci scippino.» DODICI Il quinto numero della prima annata del Cosmopolite tornò nelle edicole prima delle cinque di quel pomeriggio più che in tempo per l'ora del rientro. Su grandi manifesti si leggeva: IN VENDITA QUI THE COSMOPOLITE il giornale che hanno tentato di sopprimere in questo numero: LA STORIA SEGRETA DI HARRY CARLISLE THE COSMOPOLITE (la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità) Presso ognuna delle sette edicole più importanti, nei punti di maggiore traffico, accanto alla catasta dei giornali stava uno dei gorilla. Erano equipaggiati con sfollagente di cuoio e binocoli da teatro (che Dolan aveva comprato a un Monte di Pietà), e si guardavano intorno alla ricerca di qualunque indizio di rischio. Avevano ricevuto un addestramento completo, e sapevano cosa fare se ci fossero stati altri tentativi di violenza. Dolan, Bishop e Myra passarono in rassegna tutte le edicole, perlustran-
do i dintorni e controllando con cura. Diedero a ciascun gorilla un biglietto da dieci dollari, e ne promisero un altro se avessero fatto la guardia ai giornali fino alle nove di sera. «Grandioso. Vanno come il pane, e di Cariisle non si vede neanche l'ombra,» disse Dolan quando ebbero finito con l'ultima edicola. «Non cantiamo vittoria,» disse Bishop. «Gli rimane un sacco di tempo per combinare qualcosa.» Questi angioletti sapranno cosa fare. Non aspettano altro: tre di loro hanno lavorato per Bergoff.» «Chi è Bergoff?» «Pearl Bergoff. Mai sentito parlare di lui?» «Mi sembra di ricordare qualcosa,» disse Bishop. «Ne avevano scritto su Fortune, vero?» «Bravo.» «Mike,» disse Myra, «faresti meglio a contattare McGonagill a proposito di quella ragazza che lavorava nell'ufficio di Cariisle. Avrai bisogno di lei: puoi scommettere che il Gran Giurì si interesserà a quello che abbiamo scritto, per non parlare dell'ordine dei medici.» «Lo chiamerò stasera. Oh, non preoccuparti: sarò pronto a dimostrare tutto.» Un semaforo lo fece fermare. «Guarda in quell'auto alla tua sinistra,» disse Bishop in tono calmo. Dolan si voltò: di fianco a loro si era arrestata una berlina lussuosa. Alla guida c'era un uomo, e una donna che gli sedeva accanto stava leggendo ad alta voce un articolo del Cosmpolite. L'uomo teneva la testa inclinata per sentire meglio. «Capito il discorso?» chiese Bishop. «Per sere e sere in città non si parlerà di altro.» «Non si parla d'altro già adesso,» tagliò corto Bishop. Il semaforo diventò verde e Dolan diresse la macchina a sud, verso l'oceano. «Dove andiamo a cena?» chiese Myra. «Dio,» disse Bishop «non avrai ancora fame?» «Potrei mangiarmi un soldato sudista morto,» replicò lei. «Si va alla spiaggia?» «Mi piace la zuppa di molluschi, ma non ne ho mai mangiata alla spiaggia. È troppo vicino all'oceano.» «È di lì che vengono i molluschi, tonta,» intervenne Dolan.
«Lo so. È proprio per questo che non mi piace.» «A me va bene tutto, fuorché gli hamburger,» disse Bishop, «adesso che siamo in grana non voglio più vedere un hamburger in vita mia.» «Myra,» disse Dolan, «stasera ricordami di staccare un assegno per David e la signora Marsden.» «E perché, canchero?» lo interruppe Bishop. «Quei soldi potrebbero tornarci utili. Non sei obbligato a pagarli proprio adesso.» «Li pago finché ho soldi, e pagherò anche altri conti. Questi sono solo i primi che mi sono venuti in mente,» disse ridendo, e spinse il piede sull'acceleratore, impaziente di arrivare alla spiaggia per cenare e tornare a casa. Il telefono squillò, e pochi minuti più tardi Ulysses entrò nella stanza. «Era il signor McGonagill. Ha detto che lei sa perché lo ha chiamato.» Dolan si alzò dal letto e corse fuori dalla stanza. «Ha riappeso,» disse Ulysses facendo il gesto di fermarlo. «E perché non mi hai chiamato?» lo rimproverò Dolan. «Sapevi che volevo parlargli.» «Non lo sapevo no, signore. Mi aveva detto che non voleva parlare con nessuno, non è vero, miss Myra?» «È vero, Ulysses. Non è colpa sua, Mike dalle otto non ha fatto altro che rispondere al telefono.» «Scusa, Ulysses,» disse Dolan. «Lo chiamerò io.» Dolan andò nel soggiorno e chiamò McGonagill a casa. «Bud?... Sono Mike Dolan, volevi parlarmi?... Grande! Dici sul serio? Aspetta un attimo, prendo una matita e me lo scrivo. Si, Jean Christie. E dove abita?... Dolly Madison Apartments, sì. Va bene. Hai fatto presto? Grande, Bud, lo apprezzo molto. E... hai sentito niente da Carlisle? No, eh? Il giornale è uscito oggi pomeriggio... Ah, l'hai letto? Che ne dici della storia? Mi sembra roba caldissima. Grazie, Bud: grazie davvero.» Dolan tornò nel soggiorno. «McGonagill ha trovato la nostra ragazza. Si chiama Jean Christie, abita ai Dolly Madison Apartments. Meglio ancora: le ha parlato, e dice che è ben contenta di testimoniare, se sarà convocata.» «Dio, ma è fantastico,» disse Bishop. «Lui dice che dovremmo magari cacciarle cinquanta dollari; almeno per il tempo che perde, mi sembra giusto.» Myra, pallidissima, si distese sul letto, e cominciò a farsi aria con un li-
bro. «Cosa c'è? Ti senti male?» chiese allarmato Dolan. «Quei molluschi: mi stanno arando lo stomaco con la fiamma ossidrica. Lo sapevo, accidenti.» «Ti vado a prendere qualcosa?» «No, mi passa subito,» rispose lei in un gemito. «Ed...» disse Dolan. «Penso che farò una corsa a parlare un attimo con questa ragazza, Christie.» «Vai pure se ti pare, ma non vedo che senso abbia. Se Bud le ha parlato non abbiamo niente da preoccuparci.» «In ogni modo mi sentirò meglio se le parlo di persona. Tu, Myra, sei proprio sicura di non volere niente? Non ti devo prendere qualcosa al drugstore?» «È tutto okay,» rispose Myra. «Ma non stare via troppo, per favore. Non sarebbe meglio che andassi anche tu, Ed?» «Ed resta qui,» disse Dolan. «Tornerò presto.» «Sono spiacente di non averla fatta entrare in camera,» si scusò Jean Christie, «ma questo è un pensionato femminile, e hanno idee un po' all'antica.» «L'atrio va benissimo,» disse Dolan. «Grazie di essere scesa.» «Di niente. La stavo aspettando. Il signor McGonagill ha detto che probabilmente avrebbe chiamato...» «Mi sembra che le abbia detto cosa voglio.» «Sì. Mi ha parlato della storia di Harry Carlisle sul suo giornale.» «Lei l'ha già letto?» «Quell'articolo sì. Mi sembra che non abbia avuto peli sulla lingua, o mi sbaglio?» «È il solo modo per trattare una storia come quella. Colpire dritto al mento. Lei ricorda quelle due ragazze, la Griffith e la McAlister?» «Perfettamente. Ero nell'équipe in tutte e due le operazioni. La McAlister è morta fra le mie braccia.» «Davvero?» esclamò Dolan sbalordito. «Dio, non avrei creduto che incastrare Carlisle sarebbe stato così semplice. Signorina Christie, temo che ci sarà un'inchiesta, e mi domando se lei... ecco...» «Racconterò questa storia al Gran Giurì?» «Esattamente. Mi dispiace chiederglielo, ma se non abbiamo prove ci spazzeranno via.»
«La racconterò, ci può scommettere,» disse lei con slancio. «E racconterò ancora dell'altro. Ha fatto abortire anche me illegalmente. Prima mi ha messo incinta, poi mi ha operata lui stesso. E alla fine, un mese dopo, mi ha licenziata.» «Non mi sorprende che gli porti rancore,» disse Dolan, «ne ha tutti i motivi. Ma sinceramente pensavo che lui fosse abbastanza intelligente da non offenderla in questo modo.» «È sorprendente, vero? Forse è stata colpa mia, ho usato la tecnica sbagliata. Gli chiedevo pietà, lo supplicavo... e questo, certo, spinge inevitabilmente un uomo a disprezzare una donna. E poi, lui è abituato a contare sul potere di suo fratello per tirarsi fuori da tutti i guai. Avrà pensato di avermi sistemata. Mi creda, signor Dolan: ho pregato che mi venisse data una possibiltà come questa per pareggiare i conti.» «E l'ha avuta. Ora le dirò quello che penso: faremmo una cosa intelligente se andassimo subito da un pubblico notaio a registrare la sua dichiarazione giurata. Conosco un notaio disponibile. Le dispiacerebbe?» «Come preferisce. Solo, devo essere di ritorno prima delle undici.» «Non c'è problema, ci riusciremo tranquillamente. Mi sentirò molto più tranquillo se ci andiamo.» «Benissimo. Vado su a prendere le mie cose.» «Tenga,» disse Dolan mentre si alzava, passandole una busta. Una busta con cinquanta dollari. «Cos'è?» chiese lei comprendendo di cosa si trattava e diventando rossa. «Un biglietto. Lo apra in camera sua. Io rimango qui ad attenderla...» Lei gli sorrise e si avviò all'ascensore. TREDICI Tre gorilla pendevano dal soffitto, capovolti, con lunghi tubi di piombo fra le mani. Portavano elmetti di rete metallica bianca e guanti rossi di gomma, e guardavano in direzione di Dolan bisbigliando. All'improvviso, incominciarono a colpirlo in testa con i tubi, senza mostrare alcuna ostilità, ma sorridendo e scoppiando a ridere come bambini che giocano. Dolan cercava di evitare i colpi, di alzarsi dal letto, ma si rendeva conto di potersi muovere solo a un rallentatore assurdamente lento. Sentiva i tubi che gli schiantavano il cranio, e pensava: «Accidenti, ma perché non posso muovermi?» Alla fine riuscì a buttarsi dal letto e cominciò a strisciare, con quelli sempre alle sue spalle che brandivano i tubi. In seguito poté alzarsi
in piedi, ma anche le gambe si muovevano a un assurdo, lentissimo rallentatore e lui si chinò, quasi piegandosi a metà, appoggiando le mani al pavimento e spingendo, tentando disperatamente di andare più veloce. I tre gorilla continuavano a colpire con quei loro tubi di piombo... e Dolan urlò e si alzò a sedere sul letto, aprendo gli occhi. «Calma, calma: smetti di picchiare,» stava dicendo Bishop. Per un attimo, Dolan pensò di essere impazzito. Il sole splendeva nel vano della finestra, formando un rettangolo di calore perfettamente delimitato. Un minuto prima tutto era buio, adesso c'era la luce. «Stai sdraiato,» disse Bishop, spingendolo delicatamente contro il cuscino, mentre lui lottava lottava lottava per capire che diavolo stesse succedendo. Toccò il cuscino con la nuca e lasciò uscire un gemito, come se gli avessero rovesciato sulla fronte un bricco d'acqua bollente. Ma ora che si trovava più in basso rispetto al rettangolo di sole, e non ne era più accecato, poteva vedere che si trovava nella sua camera. E che c'erano Bishop, con un'aria sfinita e stravolta, e Myra più o meno come Bishop. Dio mio, pensò, mi hanno ferito, e poi BANG!, il muro mentale che gli impediva di ricordare si infranse e crollò, e tutto fu perfettamente chiaro: aveva accompagnato a casa Jean Christie dopo aver registrato la deposizione, e stava uscendo dall'auto nel garage, quando tre picchiatori... «Cristo!» esclamò. «Mi hanno ferito seriamente?» «Non quanto avrebbero potuto,» rispose Bishop con un sorriso, sedendosi sul bordo del letto. «Sei un Michelino fortunato, lasciatela dire. Devi avere un cranio di marmo.» «Fa un male cane,» disse Dolan passando una mano sulla spessa fasciatura, «cristo, non mi hanno dato nessuna possibilità. Mi hanno steso prima che riuscissi a voltarmi.» «Non capisco perché diavolo non hai gridato,» disse Myra. «Noi non ci siamo accorti di nulla fino a quando abbiamo sentito il rumore della lotta. Quando siamo arrivati stavano già scappando dal parcheggio...» «Gli ho tirato sei colpi,» la interruppe Bishop, «ma ero così fuori di me
che non li ho neanche sfiorati.» «Carlisle, eh?» disse Dolan mordendosi un labbro. «Be', non è stato il mio dentista, ci puoi giurare. Senti, come va adesso? Ti va di parlare?» «Sto benissimo. Che cosa hanno fatto alla mia testa?» «Niente, hai solo un paio di tagli. Ti hanno dato qualche punto. Com'è andata con la Christie?» «Da dio. Harry Carlisle l'aveva addirittura operata. Con la sua testimonianza possiamo fargli dare l'ergastolo. Ho registrato la deposizione.» «Sì? E dov'è?» «Nascosta dietro il sedile della mia macchina. Fai una corsa a prenderla.» «Ci puoi giurare!» disse Bishop, e uscì in un baleno. «Come mai non l'avevi in tasca?» chiese Myra. «Un presentimento.» «Be', è stata una fortuna. Quei bastardi hanno preso tutto quello che avevi addosso. Dovevano essere dei professionisti. Quando abbiamo capito che cosa stava succedendo, ci avremo messo un minuto o due ad arrivare, e ti abbiamo trovato steso per terra, con le tasche rovesciate. Mi domando se Carlisle sapeva che ti saresti incontrato con quella ragazza.» «Non credo. Quei tizi mi hanno frugato le tasche così, non cercavano qualcosa in particolare. Lo hanno fatto per tutte le evenienze. E la mia testa, com'è ridotta? Dammi uno specchio.» «Solo qualche punto, te l'ho detto.» «Non può essere troppo male, se riesco a pensare, parlo e mi ricordo tutto quello che è successo. Fa un male tremendo, però.» «È naturale. Stai tranquillo, Mike.» «Va tutto bene. Che diavolo, non posso neanche parlare?» «Smetti di recitare e riposati.» «Non sto recitando. Maledizione, perché devi sempre pensare che recito e faccio l'eroe? Cristo, guarda qui!» disse, e si alzò prima a sedere e poi in piedi. «Hai visto, signorina So-tutto-io? Non barcollo neanche.» «Vai avanti e cadi e rompiti il fottuto collo, e poi chiedimi se mi dispiace.» Dolan sbuffò e attraversò la stanza fino allo specchio sul cassettone. Inclinò la testa su una spalla e poi sull'altra guardandosi nello specchio e poi si voltò sorridendo. «Anche sotto questo turbante sono il migliore della zona, non ti sem-
bra?» «No, non con quell'impalcatura. Mike, ti spiace tornare a letto, adesso?» Guardò in basso e si rese conto di avere indosso la giacca del pigiama, ma non i pantaloni. «Chi mi ha spogliato?» «Ed e io.» «E come al solito hai capito le cose alla rovescia. Io dormo con i pantaloni e senza giacca. Ricordatelo per il futuro. Intanto, lanciami quell'accappatoio.» Myra gettò l'accappatoio e lui lo indossò. «Sei mai riuscita a capire qualche cosa?» insisté Dolan. «Per carità, torna a letto,» disse Bishop con un'aria disgustata, rientrando nella stanza. «Trovato?» chiese Dolan. «Lo stavo leggendo mentre salivo. Un bell'esemplare per la tua collezione di letteratura erotica.» «È autentico in ogni parola...» «Questo non gli impedisce di essere erotico. Senti un po' qui, Myra.» «Lascia perdere. Posso immaginare.» Myra si rivolse a Dolan: «Non credi che dovremmo mettere la deposizione in un posto sicuro, per esempio la tua cassetta blindata in banca?» «Senza dubbio. Maledizione, non mi piace l'idea di andare in città con questa carnevalata in testa. Dovrò rispondere a un sacco di domande idiote.» «Ma tu non vai in città. Tu resti qui,» ribatté Bishop. «Ci vado eccome. E adesso levatevi di qui. Mi devo vestire.» Bishop diede un'occhiata a Myra. «È inutile discutere con lui; non perderebbe l'occasione neanche se lo paghi a peso d'oro. Sai, è felice quando può fare il superuomo...» «Cosa le è successo?» chiese Grissom a Dolan, quando i tre entrarono in ufficio. «Mi hanno dato una bella ripassata.» «E gli hanno anche fregato la pistola e il distintivo,» aggiunse Myra. «Carlisle?» domandò Grissom senza darle retta. «Immagino di sì,» rispose Bishop. Grissom scosse la testa: «Come cadi, rimbalzi. Hai due belle palle, Dolan.» «Su, Dolan, ammettilo. Almeno questa volta,» sogghignò Myra. Dolan
la guardò torvo. «E dove è successo?» chiese Grissom. «Nel mio garage. Tre o quattro gorilla mi hanno aggredito mentre uscivo dalla macchina.» «Be'... non faresti meglio a startene un po' in casa e rimetterti in sesto?» «Non voglio dare la soddisfazione a quel figlio di puttana.» «Mi rendo conto che lei non conosce bene il nostro eroe, signor Grissom,» disse Myra. Improvvisamente Dolan slanciò una gamba con l'intenzione di tirarle un calcio, che Myra riuscì a evitare per un soffio. «E qui, che c'è di nuovo?» domandò Bishop. «Niente, a parte sei o sette richieste supplementari.» «Da chi?» «Drugstore nei dintorni di Weston Park.» «Proprio dal cortile di casa del dottore,» commentò Dolan. «Glieli mandiamo subito.» «Già fatto: li ha portati il ragazzo, il mio apprendista.» «Non avrebbe dovuto mandarlo,» disse Dolan. «Avrebbe fatto meglio ad aspettare. Non vorrei che il ragazzo si cacciasse in qualche guaio troppo grosso per lui.» «Non credo proprio,» disse Grissom. «Allora va bene,» concluse Dolan salendo gli scalini che conducevano al balcone dove si trovava il suo ufficio. «Comunque sono contenta che abbiamo messo quella deposizione nella cassetta di sicurezza,» disse Myra. «Almeno siamo certi che non le capiterà niente.» «Che facciamo per la prossima settimana?» chiese Bishop. «Prima di tutto voglio scrivere un editoriale sulla situazione del Little Theatre. Non ha più niente del teatro filodrammatico: è una compagnia di professionisti, punto e basta.» «Se è per questo, c'è ben altro da dire,» ribatté Myra dalla sua scrivania, «per esempio, che è un punto di ritrovo di lesbiche e finocchi. Per non parlare delle famiglie che sono andate a pezzi, della gente che si è rovinata per quel teatro.» «Aspetta un momento,» la interruppe Dolan. «Ha anche aiutato un sacco di persone. Le cose andavano molto meglio nel primo periodo del Maggiore.» «Quando c'è di mezzo il tuo caro Little Theatre devi tenere per forza i
piedi in due scarpe.» «La smetti di spiegarmi come vanno le cose in quel posto? Sono uno di quelli che l'hanno creato, e ci ho praticamente vissuto sette o otto anni...» «È proprio quello che intendo. Ci sei troppo attaccato, e tieni i piedi in due scarpe. È meglio che l'editoriale lo scriva io.» «D'accordo allora. Scrivilo e va' in malora, se sei così ben informata.» «In ogni caso, di questa faccenda non frega niente a nessuno,» intervenne Bishop. «Di chi parliamo nel pezzo principale? Carson?» «Carson è robetta.» «Ah sì? Ma se si fa cinquanta sacchi all'anno solo con la vendita dei camion!» «Comunque tutti se ne fottono, stai sicuro. Oggigiorno la gente si aspetta che i funzionari pubblici siano corrotti; probabilmente sarebbe delusa di sapere che sono puliti. No, Carson non esiste.» «Nestor?» «Non so. Come brigante è più grosso di Carson, perché è in rapporti con la malavita. Ha l'aspetto e il modo di parlare di un bifolco nonostante la Deusenberg, ma è furbo come il diavolo. Mi domando solo se dovremmo cominciare dal basso per arrivare gradualmente a Mussohitler Carlisle.» «Naturalmente qualcosa ci sarebbe. Carlisle. Se riuscissimo a farlo saltare scommetto che ci candiderebbero al premio Pulitzer per il servizio pubblico più meritevole.» «Il fatto è che non lo assegnano ai periodici. Che dici, dovremmo dare addosso a Carlisle già nel prossimo numero? C'è solo il problema che siamo un settimanale, e dobbiamo uscire la prossima settimana. Se fossimo un mensile, sarebbe semplice, ma ci serve del tempo per raccogliere i fatti. Non credo che possiamo inchiodare Carlisle in una settimana.» «Nemmeno io,» riprese Bishop. «È meglio che ci occupiamo di Nestor. Su di lui ho già tutte le notizie che ci servono. Posso scrivere il pezzo senza muovermi dall'ufficio.» «È il tuo modo preferito di lavorare, no?» intervenne Myra. «Guarda che è lui quello che devi mordere, non io. Vedi di piantarla,» ribatté Bishop. «Va bene. Forse è meglio attaccare con Nestor... Ah, signor Grissom,» chiamò Dolan sporgendosi sulla balaustra. Grissom si affacciò ai piedi delle scale. «Conosce qualche agente pubblicitario che potrebbe essere interessato a lavorare per il nostro giornale?»
«Nessuno che mi senta di raccomandarle,» rispose Grissom. «Perché non sente Jerges, del Courier? Può darsi che lui conosca qualcuno.» «Farò così,» disse Dolan scendendo le scale per andare al telefono. «Non potrebbe farci avere un'estensione, lassù? Sa, il telefono ci serve in continuazione.» «La ordinerò. Guardi che il numero del Courier è su quell'agenda.» Dolan chiamò il Courier e spiegò a Jerges cosa gli serviva. Jerges disse che sarebbe riuscito a trovare qualcuno sicuramente, ma aveva paura che qualunque agente avrebbe richiesto un minimo di stipendio settimanale e una partecipazione agli utili pubblicitari. Dolan replicò che non c'erano problemi, e che gli mandasse l'uomo all'indirizzo di Grissom. «Mandami anche uno dei tuoi. Voglio comprare mezza pagina del Courier per un mio inserto personale.» Jerges disse che probabilmente non sarebbe riuscito a mandargli nessuno prima del pomeriggio. Lo ringraziò, riappese. Dolan tornò ai piedi delle scale. «Ehi, Ed...» chiamò. «Ti va di venire con me a dare un'occhiata alle edicole?» «Senz'altro.» «Bene così,» disse Myra sporgendosi dalla balaustra. «Continua a strafare, finché non schiatti.» «Tu controlla chi c'è in quei club femminili dell'alta società per il numero della settimana prossima. È tutto quello che devi fare. Non dimenticarti che adesso sei assunta.» «Torniamo in un'ora,» disse Bishop. «Se viene a cercarmi un agente pubblicitario, digli di aspettare,» aggiunse Dolan. «È meglio se la prendi con calma,» disse Myra. «Può darsi che le ferite siano più gravi di quello che pensi...» Dolan non replicò, avviandosi all'uscita insieme a Bishop. Quando furono fuori, disse: «Prima vado a fare una telefonata da quella cabina.» «E perché non chiami dall'ufficio?» «Non voglio che Myra mi senta. Telefono a McGonagill, che mi faccia avere un'altra pistola e un altro distintivo. La prossima volta non mi farò cogliere di sorpresa.» IL DOTTOR HARRY CARLISLE TROVATO MORTO
Il corpo del medico del jet-set scoperto nel bagno, vicino a una pistola. Così dicevano i titoli. «Vicino a una pistola...» commentò Dolan. «Giornali di merda. Non hanno abbastanza coraggio per scrivere che si è suicidato...» Il dottor Harry Carlisle, trentacinque anni, noto chirurgo e leader politico cittadino, è stato trovato morto nel bagno della sua villa a Weston Park poco prima delle undici di questa mattina; un'unica pallottola gli ha trapassato la tempia destra. È stata trovata una rivoltella accanto alla mano destra protesa. Non più tardi di ieri il dottor Carlisle era stato fatto oggetto di un attacco durissimo da parte di un nuovo periodico di Colton, ma nessuno dei suoi amici più stretti ha voluto rivelare se Carlisle aveva visto l'articolo. Suo fratello Jack Carlisle, ben noto negli ambienti politici, è troppo sconvolto dalla tragedia per rilasciare dichiarazioni. «Solo un paragrafo?» chiese Dolan. «No, sono molti paragrafi. Sembra uno solo perché io l'ho letto così.» «Intendevo dire che è scritto da cani.» Non dissero più nulla per un paio di isolati. Bishop, con il giornale in mano, leggeva i titoli, Dolan guardava dritto davanti a sé, tenendo gli occhi sul traffico. «Credo che dovremmo tornare in ufficio,» disse infine Dolan. «Penso anch'io.» Dolan lasciò la macchina nel parcheggio sull'angolo ed entrò con Bishop in ufficio, un paio di porte più in là. Trovarono Grissom e Myra nell'ufficio di Grissom; stavano leggendo il giornale. I due alzarono gli occhi e videro che anche Bishop ne aveva una copia. «Pesante, eh?» disse Grissom. «È inutile dire che non pensavo che avrebbe fatto una cosa simile.» «E cosa pensavi che avrebbe fatto, invece?» chiese Myra. «Adesso non venirmi a dire che l'avevi previsto, maledizione!» replicò Dolan in tono aspro. «No, non lo avevo previsto,» disse Myra. «Ma dio mio, lo avremmo
previsto se solo ci avessimo riflettuto. Non aveva altra scelta: era l'unico modo che gli restava per non finire davanti al Gran Giurì.» «D'accordo: supponiamo pure che noi potessimo sapere quello che lui avrebbe fatto. E allora? Questo non ci avrebbe trattenuto dal pubblicare la storia, no?» «Credo di no,» riconobbe Myra. «Be', diavolo, non ho rimorsi! Non voglio fare l'ipocrita: è sempre stato un mio nemico, da quando mi ricordo. Non lo sopportavo, e lui non sopportava me. E a parte questo, era un nemico pubblico. È una fortuna che la città se ne sia liberata... Questi problemi non mi riguardano: mi domando solo quali conseguenze avrà la morte di Carlisle sul giornale.» «Io non conoscevo quel gentiluomo,» intervenne Grissom, «ma se date retta a me, penso che non avreste potuto avere una pubblicità migliore. Il pubblico può pensare o meno che questa storia sia stata orribile, ma allora cosa si dovrebbe dire dei teppisti del fratello che l'hanno attaccata ieri sera? Anche quello è stato orribile. Avrebbero potuto benissimo ucciderla.» «Dio sa se non ci hanno provato,» disse Dolan. «Se non ci sono riusciti, è solo perché sono male informati sugli irlandesi. Semmai le venisse voglia di uccidere un irlandese, si ricordi che picchiarlo sulla testa non serve a niente.» «Suggerirei,» intervenne Bishop con voce mite, «di fare un po' di pulizia per la visita di Jack Carlisle.» «Non penserai che voglia venire qui, vero,» disse Dolan in tono affermativo, come se il fatto fosse fuori questione. «Non vedo come potrebbe non venire,» ribatté Bishop. «Io non credo che verrà: non adesso. Non sono neanche certo che avremo sue notizie.» «Mi sentirei meglio, se la pensassi come te,» disse Bishop. Entrarono due giovanotti. Uno di loro disse: «Cerchiamo il signor Dolan.» «Sono io. Cosa c'è?» «Mi chiamo Cook,» disse l'uomo, «del Courier. E questo è il signor Gage. Jerges mi ha detto qualcosa riguardo a un inserto che lei voleva mettere sul nostro giornale.» «Esatto.» «Gage è venuto a parlare con lei per quel posto di agente. Credo che abbia parlato a Jerges anche di questo. Lui lavorava per Jerges.» «Venite di sopra, signori,» disse Dolan facendo strada verso il balcone.
«Si direbbe che lei abbia preso una brutta sventola,» disse Cook quando furono di sopra. «È stato un incidente d'auto?» «In un certo senso. Ma non è brutta come sembra. Accomodatevi.» «Oggigiorno le automobili sono bare,» osservò Cook. «Davvero,» disse. «Dunque: voglio mettere un avviso di mezza pagina nel Courier di domani. Voglio che vada in un posto dove tutti lo vedranno.» «Qualunque punto della prima sezione andrà bene, signor Dolan. Al momento ho paura di non poterle garantire un posto specifico, perché la maggior parte del nostro spazio è ceduta a contratto. Ma la metterò senz'altro da qualche parte nella prima sezione.» «E quanto verrà a costare?» «Va impaginato o solo riprodotto?» «Solo riprodotto.» «Duecento dollari. Se vuole che esca domani, deve farci avere la copia prima delle tre. Lo ha già scritto?» «Non mi ci vorrà molto. L'avrà prima delle tre. Mi dà una ricevuta?» chiese poi, tirando fuori un rotolo di banconote e contando duecento dollari. Cook scrisse la ricevuta e prese il denaro. «'Questa ricevuta non impegna in nessun modo il Colton Courier a fornire lo spazio pubblicitario sopra concordato,'» lesse Dolan, in una postilla scritta in caratteri molto piccoli, in fondo al foglio. «'Il Courier si riserva di rifiutare la pubblicazione di qualunque testo si ritenga contravvenire in qualche modo all'etica e agli ideali della sua tradizione.'» «Una semplice formalità,» disse Cook. «Per fortuna è una inserzione personale,» disse Dolan. «Dal tono di questa roba deduco che potrei anche avere problemi a fare pubblicità al mio giornale.» «Se è per questo non ne ha più bisogno,» disse Cook. «In tutti i posti dove sono stato questa mattina si parlava soltanto del Cosmopolite.» «Sì, eh? E ne parlavano bene o male?» «Diciamo fifty-fifty. Ma questo non importa, purché ne parlino... Ci vediamo dopo, Gage. Grazie, signor Dolan,» disse infine avviandosi per le scale. Dolan si rivolse a Gage. «Ha già esperienza come agente?» «È il mio lavoro. Da quattro anni, cioè da quando sono uscito dal
college, in pratica non ho fatto altro. Lavoravo per Jerges.» «E poi cos'è successo?» «Niente di particolare. Gli affari andavano male, e sei mesi fa mi ha licenziato. Ho con me un paio di lettere di presentazione...» aggiunse, frugandosi in tasca. «Non importa. È inutile che le dica che non posso offrirle una retribuzione paragonabile a quella che le dava il Courier. Quanto prendeva con loro?» «Venti alla settimana.» «Venti dollari! Cristo, è un miracolo che non falliscano. Credevo che quelli con il suo incarico ne prendessero sedici o diciassette.» «In effetti credo che alcuni guadagnassero così, ma non io.» «Quanto vuole per lavorare per me?» «Non so, signor Dolan. Vorrei un minimo fisso e una percentuale sulle vendite.» «Mike!» chiamò Bishop ai piedi della scala. «Noi andiamo a farci un sandwich. Vuoi che te ne portiamo uno?» «Anche un paio, grazie,» rispose Dolan sporgendosi dalla balaustra. «Come li vuoi?» «Scegli tu. Va bene, Gage. Lei crede di riuscire a vendere degli spazi nel Cosmopolite?» Gage sorrise: «Posso provarci.» «Non mi sembra troppo ottimista.» «Non sono un mago, signor Dolan. E non credo a tutta quella roba che scrivono sui giornali sui miracoli dell'arte della vendita. Le prometto solo che cercherò di farle guadagnare qualcosa.» «E io le credo. Ha già pranzato?» «No, signore.» «Non è necessario che sia formale qui. Mi chiami Mike. Lei come si chiama?» «Cecil.» «Bene, Cecil: adesso vai a mangiare qualcosa, e poi parleremo delle tariffe e di tutto il resto. La ragione per cui non ne parliamo subito è che in questo momento non ne so nulla. Non ho mai perso il mio tempo con quei problemi... Aspetta un momento: non ci siamo accordati sullo stipendio. Tu prendevi venti dollari alla settimana dal Courier. Da me quanto vuoi?» «Quello che lei crede sia giusto per me.» «Facciamo quindici?»
«D'accordo. Spero solo di procurarle qualche buon contratto.» «Lo spero anch'io. Se non ci riesci, non durerai più di una settimana, stai sicuro. Intanto, prendi questi cinque dollari di acconto.» «Grazie,» disse Gage prendendo il denaro e alzandosi. «Torno fra mezz'ora.» QUATTORDICI Quella notte, Dolan prese cinque pastiglie di anacin in tre quarti d'ora per calmare il dolore che gli martellava il cranio. «Se non continui a camminare avanti e indietro, ti siedi e smetti di tormentarti per cose che non dipendono da te, vedrai che il mal di testa ti passa,» disse Myra. «Carlisle è morto.» «Non sto pensando a lui.» «E allora perché ti tormenti?» «Non mi tormento per niente.» «Non sapevo che quella copia di The New Masses ti avrebbe messo così in agitazione,» disse Myra. «Ti ho fatto leggere quella storia solo per dimostrarti che questa non è l'unica città del paese dove accadono cose strane...» «Non sono agitato,» replicò Dolan, «sono solo indignato. Tutti i giorni scopro nuove ragioni per essere indignato. Per questo voglio fare un giornale più grosso, a diffusione nazionale: per non lasciare le cose come stanno. Io sono convinto che Dorothy Sherwood abbia avuto perfettamente ragione a uccidere suo figlio di due anni, perché sapeva che non avrebbe avuto una possibilità su un milione di essere felice, o di fare una vita rispettabile, o semplicemente di avere abbastanza per mangiare. Ha fatto bene, perché non voleva che suo figlio crescendo la maledicesse per averlo messo al mondo... come facevo io con mia madre, e con mio padre. Come faccio ancora adesso. Che porco diritto avevano di farmi nascere? Non erano in grado di occuparsi di me, e hanno lasciato che imparassi a vivere nei vicoli più schifosi e in mezzo a tutti i generi di merda, che crepino ammazzati...» «Mike!» lo interruppe bruscamente Myra alzandosi e andando verso di lui. «Pensi che questo sia solo un momento, che sia fuori di me? Be', signorina, ti stai sbagliando. So perfettamente quello che dico. So perfettamente come si sentiva Dorothy Sherwood. Che cosa offriva a suo figlio questo
paese? Che accidente offre questo paese a qualunque figlio? Un pezzo di pane, o una scheggia di shrapnel nella pancia? È stata davvero colpevole la madre, se l'ha ucciso? Perché accidenti la giuria non ha condannato alla sedia elettrica gli uomini che l'hanno messa in condizione di farlo? Questo avrebbe avuto senso.» «Mio dio. L'energia, la forza che hai dentro,» disse Myra con dolcezza guardandolo negli occhi. «Michael Dolan, tu diventerai un grand'uomo un giorno o l'altro. Diventerai fottutamente grande...» Bussarono alla porta. «Avanti,» disse Dolan distogliendo gli occhi. Era Ulysses. «C'è giù un uomo che vuole vederla,» disse. «A che proposito?» «Non lo so, signor Mike. Gliel'ho chiesto e mi ha risposto che era una faccenda privata.» «Che aspetto ha?» «Strano. Un piccoletto, con i baffi. Mi è sembrato straniero.» «E non ha detto perché mi vuole parlare?» «No, signore. Io gli ho detto che probabilmente non era in casa. Forse è meglio che finga di non averla trovata...» «Fallo salire.» «Aspetta un momento, Ulysses,» intervenne Myra. «Mike, spero ti renda conto che non dovremmo correre questi rischi. Siamo dentro fino al collo in un affare pericoloso.» «Va' pure, Ulysses,» disse Dolan. «Un giorno o l'altro rimpiangerai di non avermi ascoltata,» sibilò Myra. Dolan le sorrise. Lanciò la cravatta sulla libreria e appese la giacca alla spalliera della sedia, poi andò alla scrivania e tolse la sua sei colpi (quella nuova, che McGonagill gli aveva fatto recapitare nel tardo pomeriggio) dalla tasca dei pantaloni, la mise sulla scrivania e la coprì con un giornale. Sistemò la sedia in modo tale da poter raggiungere immediatamente la pistola restando seduto... e finse la più assoluta naturalezza quando Ulysses entrò con lo sconosciuto. L'uomo era senz'altro straniero, un po' cencioso e molto basso di statura, un peso piuma. Italiano, pensò Dolan. Aveva un'aria preoccupata, ma lui non si fidava. Era arrivato al punto in cui si sospetta di chiunque. «Questo è il signor Dolan,» lo introdusse Ulysses senza troppo garbo, e si avviò alla porta lentamente, come se non sapesse se uscire o restare. Do-
lan gli fece cenno col capo di andare, e lo sconosciuto aspettò che fosse fuori prima di aprire bocca. «Signor Dolan,» disse dopo, «mi serve il suo aiuto.» Dolan fu sorpreso di sentire che l'uomo parlava perfettamente l'inglese. A guardarlo, uno avrebbe giurato che avesse un accento terribile. «Si accomodi,» disse Dolan scrutandolo con attenzione. «Mi chiamo Bagriola,» disse l'uomo, rimanendo in piedi con il cappello fra le mani e guardando Myra con circospezione. «Faccio il barbiere...» «Lei è la signorina Barnovsky, la mia segretaria. Si sieda.» Bagriola salutò Myra con un rapido cenno del capo e quindi sedette sul bordo della sedia. Myra si alzò e andò a mettersi in piedi un poco dietro a lui. Si appoggiò con un gomito alla libreria e lì rimase a fissarlo con un'espressione ostile. Bagriola se ne rese conto, perché si girò un paio di volte a guardarla. C'era spavento nei suoi occhi. «Si tranquillizzi, signor Bagriola,» disse Dolan. Nessuno vuole farle del male. Per quale motivo voleva vedermi?» «Glielo dico subito,» rispose Bagriola un po' rinfrancato, rivolgendosi solo a Dolan. «Sono stato alla polizia e ai giornali, ma sembra che nessuno possa aiutarmi. Stamattina facevo la barba a un tale, e lui parlava a un altro tale del suo giornale e del coraggio che lei ha nel combattere per la giustizia...» «Che vuol dire, la polizia non l'ha aiutata?» «Degli uomini mi hanno portato due volte al fiume e mi hanno frustato. L'ultima volta mi hanno legato a un albero.» «Che cosa dice?» lo interruppe Dolan. «Che uomini?» «Non li ho visti in faccia. Portano mantelli e cappucci. Cospargono la gente col catrame, e poi li coprono di piume.» «Gesù Cristo!» esclamò Dolan. «I Crociati!» Bagriola annuì con un sorriso vago, freddo. Si alzò in piedi e si tolse la giacca, poi allentò la cravatta e iniziò a sbottonarsi la camicia. «Guardi, le faccio vedere,» disse togliendosi la camicia. «Cristo di un dio!» disse Dolan, incredulo. «Myra, vieni a vedere.» La schiena di Bagriola era un'incredibile carta geografica di lividi e di tagli. «Pazzesco. In un paio di queste ferite potrei infilarci il dito,» disse Dolan. «Non ho visto niente del genere in tutta la mia vita.» «Evidentemente non sei molto informato sulle cose che succedono in questo tuo grande paese della libertà,» ribatté Myra senza scomporsi.
«Dovrebbe andare da un medico a farsi suturare. Possono infettarsi,» disse Dolan rivolto a Bagriola. «Sono già stato dal medico varie volte. Questa sera gli dirò di togliermi tutte le bende, così lei potrà vedere bene cosa mi hanno fatto,» disse Bagriola con dignità, rimettendosi la camicia. «Gesù Cristo,» ripeté Dolan, «e... senta: cosa le hanno detto alla polizia?» «Niente. Hanno detto che non possono fare nulla se non identifico quelli che mi hanno preso. Naturalmente però questo non è possibile perché erano mascherati e lavoravano in gruppo. Proprio degli eroi,» concluse Bagriola alzando le spalle mentre si riabbottonava la camicia. «Vuole... vorrebbe un drink, o qualcosa?» chiese Dolan. «No, grazie,» rispose Bagriola con un sorriso. «Voglio solo giustizia.» «Be', mi venga un accidente,» disse Dolan parlando fra sé, ancora impressionato da quello che aveva visto. «Non sia troppo turbato. Io sono solo una delle vittime. Ce ne sono altre,» disse Bagriola in tono di simpatia sincera. «Vuol dire che fatti del genere avvengono comunemente?» «Molto comunemente. Per quanto ne so, ci sono state già decine e decine di casi. Nessuno viene a saperlo perché nessuno ne scrive. È questo che mi fa credere che qualcuno dei giornali o della centrale di polizia sia dentro fino al collo. Altrimenti, perché non dovrebbero parlarne?» «Parla un inglese eccellente, per essere straniero,» disse Myra. «Anche lei,» rispose Bagriola sorridendo con dolcezza. «Ma io non sono straniera...» «Neppure io. Sono nato in questo paese. A volte, quando mi emoziono, faccio qualche errore di grammatica... ma di solito parlo molto bene. Vede, signorina... io sono americano» disse con orgoglio, mettendo mano alla giacca e girandone il risvolto. Al suo interno spiccava il nastro rosso, bianco e azzurro della Distinguished Service Cross. «Ero a Cunel, nelle Argonne, con la prima armata,» concluse. «Certo,» disse Dolan, «lei è americano. Non c'è dubbio. Se io scrivessi questa storia, la gente non ci crederebbe. Direbbero senz'altro che mi sono inventato il particolare della DSC per fare del sarcasmo...» «Ma è successo davvero. Lo hai visto, no?» disse Myra. «Sì, è successo, ma voglio dire che sembra una storia del passato, alla quale oggi non crederebbe nessuno... Ma scusi se l'ho interrotta, signor Bagriola. Continui. Perché l'hanno frustata?»
«Perversione. Così hanno detto...» si interruppe, volgendo a Myra uno sguardo imbarazzato. «Continui, signor Bagriola,» disse Myra. «Hanno detto che dormivo con mia sorella, e mia cognata, e le mie figlie...» «E come mai hanno detto questo?» «Non ci vuole molta fantasia, signor Dolan. Siamo una famiglia numerosa, e viviamo in una casa molto piccola. Se avessi soldi abbastanza, abiterei in una casa grande, dove ognuno potrebbe avere la sua camera...» «Ma lei non è un pervertito, vero?» «No, signore,» rispose Bagriola. «Non sono immorale. Dovete credermi.» «Le crediamo,» disse Myra. «Ma questi uomini come hanno fatto ad arrivare a lei?» «Non so,» disse Bagriola. «Può indagare sul mio conto. Mando i miei figli a scuola. Sono un buon barbiere. Pago le bollette. Non tutte, ma ogni mese ne pago qualcuna. Sono religioso. Non so come possa essergli venuto in mente, forse qualche vicino.» «Qualcuno che voleva vendicarsi di lei?» «Vendicarsi di che cosa? Non ho mai fatto male a nessuno.» «C'è gente a cui non serve un motivo troppo valido per sequestrare le persone e prenderle a frustate,» intervenne Myra. «Lo fanno e basta.» «Sono stati frustati in tanti. Alcuni storpiati. Conosco un uomo che è stato appeso per il collo...» «Cosa?» esclamò Dolan con voce strozzata. «Non è morto,» continuò Bagriola, «volevano solo dargli una lezione. Così sopravviverà, ma rimarrà paralizzato per sempre. Gli hanno leso dei nervi...» «Ascolti: può portarmi da quell'uomo?» «Certamente. Quando vuole.» «Allora ci andiamo adesso. Subito.» «Aspetta un momento, Mike. Tutta questa fretta non serve. Il mondo non finirà stanotte.» «Ma questa è la cosa più rivoltante che io abbia mai sentito,» disse Dolan. Le sue labbra sottili erano diventate bianche. «Non m'importa di sapere che cosa aveva fatto quell'uomo. Nessuna banda di vigliacchi figli di puttana ha il diritto di appenderlo dove gli pare. Erano sempre gli stessi, Bagriola?»
«Portavano mantelli neri e cappucci neri. Probabilmente ci sono diverse bande che fanno tutte capo alla stessa organizzazione.» «Cristo, è la cosa più rivoltante...» ripeté Dolan, mettendosi la cravatta. «Proprio un maledetto divertimento da gentiluomini.» «E sei un pazzo anche tu, a sentirti così eccitato per questa storia,» disse Myra avvicinandoglisi. «Ascolta, Mike. In vita mia mi è già capitato di vedere un po' di cose, e credimi: questo non è che un altro esempio del buon vecchio americanismo. Questo paese è pieno di cose del genere, e tu non puoi batterti da solo contro tutto il sistema. Devi mantenere l'equilibrio e agire con calma, senza farti trascinare dalla passione; non disperdere le energie in tutte le faccende da cui rimani colpito. Sii razionale... Devo credere,» disse poi rivolta a Bagriola, di nuovo con una voce gelida e uno sguardo ostile, «che quanto ha detto è la verità?» «È la verità. Lei sa che è la verità,» disse Bagriola. «E comunque io le credo,» disse Dolan infilandosi la giacca. «Avevo già sentito parlare di questi angeli di carità, ma è la prima volta che vedo un esempio del loro lavoro...» Myra andò alla scrivania e sollevò il giornale da sopra la pistola. Bagriola la seguì con lo sguardo, ma il suo volto pallido non tradì il minimo segno di emozione. Myra prese la pistola e tornò verso Dolan. Gli mise la fondina nella tasca posteriore dei pantaloni, dopo aver slacciato la fibbia, in modo che lui potesse farla scivolare direttamente lungo la scanalatura della fondina. «Signor Bagriola,» disse poi, «anch'io sono propensa a crederle. Ma questo è un caso molto pericoloso, e noi dobbiamo essere prudenti. Se gli verrà il minimo dubbio che. lei lo sta accompagnando in una trappola, Dolan le sparerà senza pensarci due volte. Se lo ricordi.» «Andiamo,» fece Dolan. «Bagriola non è così cattivo.» «Prima che ve ne andiate,» disse Myra a Bagriola, «le dispiace darmi il suo indirizzo di casa e di negozio?» «Il mio negozio di barbiere sta al numero 1038 nord di Las Cruces, e io abito di fianco, al 1040.» «Grazie,» disse Myra scrivendo l'indirizzo. «Mike, se non dovessi avere tue notizie nelle prossime due ore chiamerò McGonagill e andrò con lui a questo indirizzo. Cerchi di fare in modo che ritorni a casa senza neanche un graffio, signor Bagriola.» «Ora, per favore, puoi evitare di telefonare a Ed e di metterlo in allarme? Suo figlio è ancora malato, e probabilmente lui d'ora in poi dovrà lavorare
anche di notte. Quindi ti prego di non rompergli l'anima.» «È esattamente quello che intendo fare,» disse Myra con fermezza, «gli telefonerò subito, poi andrò di sotto a prendere la Luger di Ernst e starò in guardia. La faccia di quest'uomo non mi piace per niente. E se vuoi saperlo, penso che tu sia uno stupido bastardo cocciuto...» «Andiamo, Bagriola,» disse Dolan avviandosi. «A lei piace il melodramma.» Dopo un'ora e mezzo Dolan fu di ritorno al suo appartamento, e trovò Myra e Bishop seduti in attesa. «Mi dispiace che lei ti abbia fatto venire fin qui, Ed. Come vedi, signorina So-tutto-io, sono tornato. Non mi è successo proprio niente. Sapevo benissimo che non mi sarebbe successo un accidente di niente,» disse Dolan con asprezza. «Meglio così,» replicò Myra. «Stavo per chiamare McGonagill e venire a cercarti.» «Immagino che ti abbia raccontato di Bagriola.» «Dalla a alla zeta. Hai visto quel tale che hanno fatto diventare paralitico?» «Sì. Bagriola mi ha presentato anche un negro che è stato frustato a sangue. Queste sono le cose che fanno i Crociati. Io ho tentato di convincere Thomas a pubblicare qualcosa sull'argomento quando stavo al giornale: si sarebbe potuto evitare tutto questo.» «Questo Bagriola è una specie di ambasciatore degli oppressi. Bello.» «Capisco che tu possa trovare la cosa divertente, Ed... ma vorrei che tu avessi visto quello che ho visto io. È stato spaventoso.» «Non ne dubito,» ribatté Bishop. «Il mondo è pieno di cose spaventose. Sei stato in guerra... be', la guerra era spaventosa. Tutto è spaventoso. Ma non capisco perché tu ti scaldi tanto proprio per questa storia. Dovresti mantenere più equilibrio.» «Ho capito,» lo interruppe Dolan. «L'ultima cosa che hai detto spiega tutto. È lei che pensa che tutto quello che faccio sia sbagliato.» «Questa è un'idiozia,» disse Bishop. «Non fa che provocare, criticare, cercare pretesti per potermi mordere.» «Be', stupido bastardo: lo fa perché è innamorata di te.» «Ed!» esclamò Myra. «Certo che è così,» continuò Bishop senza scomporsi, «ed era ora che qualcuno lo dicesse a questo bastardo testa di cazzo.»
«Okay, non cambia niente,» tagliò corto Dolan, «io so quello che ho visto questa sera, e so che niente al mondo mi impedirà di fare qualcosa... Cristo, neanche se dovessero ammazzarmi!» «Benissimo,» riprese Bishop. «Qui nessuno sta tentando di impedirti di fare niente: vogliamo solo darti una mano. Anche noi vogliamo fare qualcosa. Ma non puoi buttarti a corpo morto in una storia simile senza l'aiuto di nessuno, a parte il tuo senso di giustizia oltraggiato. Non puoi ripulire tutto il mondo in una notte.» «No, eh? Be', io ho proprio intenzione di buttarmi a corpo morto, invece.» «E Nestor, allora? E Carlisle? Credevo che prima ci saremmo occupati di loro.» «Avremo un sacco di tempo per pensare a loro. Quello che ho visto stasera è roba grossa. È la cosa più schifosamente grossa che ti sia mai capitata. Ascoltami. Ti ricordi il Ku Klux Klan, vero?» «Me lo ricordo benissimo. Intanto siediti. Togliti il cappello.» «Bene,» Dolan continuò a parlare restando in piedi, con il cappello in testa. «Io non so se questo sia o no il Klan. Questa gente porta mantelli neri e ha preso il nome di Crociati. In ogni caso, il loro modello è il Klan. Dio sa quanti membri ha l'organizzazione: migliaia. È tutto molto misterioso e segreto; e sui giornali nessuno scrive niente. Sequestrano la gente di notte, le frustano, le spalmano di catrame e le impiumano, esattamente come faceva il Klan - gli fanno baciare la bandiera, e tutte le altre stronzate. Cristo, figurati che quel povero Bagriola ha dovuto baciare la bandiera dopo che lo avevano frustato, lui che è un decorato di guerra e un cittadino americano migliore di tutti quei figli di puttana messi insieme. E quel povero diavolo di Trowbridge, che è condannato a letto senza potersi muovere. Non posso farci niente se perdo il controllo; mi va il sangue alla testa.» «Okay,» disse Bishop, «io ho avuto la pazienza di ascoltarti, e adesso tu ascolti me. Ti dirò una cosa che avevo in mente di dirti da un sacco di tempo. Credo che sia molto bello che tu sia indignato per questa storia, e anche Myra lo crede. Ma a Colton succede quello che sta succedendo in tutte le città degli Stati Uniti. La corruzione e le mazzette, la bigotteria, il patriottismo fasullo... sono tutte cose che puoi trovare ovunque. Colton è solo un bell'esempio di questo marciume schifoso. Supponiamo che tu riesca ad averla vinta con questo Klan o questi Crociati, qualunque cosa siano. Supponiamo che l'abbia vinta a Colton...» «Su questo ci puoi giurare.»
«Aspetta un attimo, maledizione, smettila di interrompermi. Supponiamo che a Colton tu li faccia fuori. E cosa farai per il resto del paese? Non combinerai niente di duraturo, se non colpisci questa gente al cuore. Certo, puoi farli sparire dalla città... e dopo un mese salteranno fuori di nuovo. Capisci dove voglio arrivare?» «Francamente no. Non ne ho la minima idea.» «La metterò in un altro modo, allora. Mai sentito parlare di un tale di nome Marx?» «Certo. Ho sentito parlare di Marx, di Engels e di Lenin. E cosa c'entra?» «Ma sai qualcosa di loro?» «Non molto. E non capisco cosa abbiano a che fare con questa faccenda.» Bishop si voltò verso Myra. «Non è straordinario?» disse. «Lo crederesti?» «Con qualche difficoltà.» «Insomma, cosa c'è di straordinario?» chiese Dolan cominciando a perdere la pazienza. «Te l'ho chiesto perché penso che dovresti studiarli,» rispose Bishop. «Avevano il tuo stesso modo di vedere le cose, e ci sono arrivati un bel po' di anni prima.» «Ancora non riesco a capire...» «E io non so come spiegartelo,» disse Bishop. «Tu hai bisogno di disciplina. Hai bisogno di organizzazione. Senza questo, non arriverai mai neanche in prima base. Sarai sempre solo un nai'f pieno di buoni propositi. Sai cos'è il comunismo, o no?» «Sì, vagamente.» «Ma se non fai che dirmi che sono uno schifoso comunista!» «Be', non c'è niente di personale, Ed... è solo un modo di dire.» «Non chiedermi scusa. È una cosa di cui sono fiero. Ma hai ragione sul fatto che è solo un modo di dire. La maggior parte della gente la pensa in questo modo. Per esempio, potrei scommettere che tu sei più comunista di me...» «Tu sei matto,» rise Dolan. «Io non sono comunista.» «Tu sei comunista: solo, non lo sai. Tu odi il modo in cui amministrano questa città, e come amministrano il Little Theatre; odi gli annunci pubblicitari schifosi alla radio, odi i predicatori che belano e supplicano che la gente si converta. Odi tutto il sistema. Cristo se lo odi, me lo hai detto mil-
le volte.» «Senti,» disse Dolan togliendosi il cappello, «questa discussione potrebbe continuare per tutta la notte. Può darsi che io sia un comunista senza saperlo. È vero che odio tutte le cose che hai detto, e anche molte altre che non hai detto, come il racket della giornata del papà e quello della giornata della mamma: ma prima di tutto odio questi bastardi che si mettono il mantello nero e il cappuccio, e portano le persone giù al fiume e le frustano come cani, le operano e gli fanno baciare la bandiera. Può darsi che io abbia bisogno di organizzazione e di disciplina, e può darsi che presto o tardi chiederò a qualcuno di insegnarmele. Ma adesso non ho tempo da perdere con queste cose. Adesso, tutto quello che m'importa è spaccare le ossa a questi Crociati, e ci riuscirò, fosse anche l'ultima cosa che faccio nella mia vita...» «Diventerai ricco in questo modo,» commentò Bishop in tono sarcastico. «Be', un sudario non ha tasche,» replicò Dolan. «Non mi era mai successo di sentirmi così. Certe cose mi davano fastidio, è vero, e volevo fare qualcosa, ma sempre senza troppa convinzione: distribuivo le energie, e la parte maggiore se la prendevano le donne. In questo non c'è niente di strano: tutti sanno che ho un debole per le belle ragazze. Ma non c'è niente di strano neppure nel fatto che all'improvviso mi sono svegliato diverso. Vai a letto stanotte e sei pazzo, ti svegli domattina e sei rinsavito. Non sai spiegare che cosa è successo nel frattempo: sai soltanto che è successo. Io adesso so quello che farò. Non ho la più pallida idea di dove cominciare... ma so che devo farlo. «A me non frega niente del tuo comunismo e di tutte le tue regole e le tue strategie. Quando viene da me gente come Tim Adamson, che mi chiede aiuto per il Little Theatre, o come ha fatto Bagriola stasera, io so di essere sulla strada giusta. Può essere che tu combatta contro queste situazioni usando manuali, norme e tattiche scientifiche, ma io la penso in altro modo. E adesso, fine delle discussioni. Non ascolterò più consigli ambigui: da questo momento, voi due farete quello che voglio io nel modo in cui lo voglio io, altrimenti arrivederci e grazie. E dico sul serio. Prima cosa, domani mattina ci mettiamo alle calcagna di questi sedicenti Crociati senza più pensare a nient'altro. Vi do un secondo per decidere: sì o no? Bishop guardò Myra mordendosi il labbro, ma l'espressione del viso della donna era impenetrabile. «Okay, Myra,» disse alla fine. «È una scelta sbagliata, ma sembra proprio che dovremo restare con lui.»
«Proprio così,» annuì Myra energicamente. «D'accordo, Dolan,» riprese Bishop. «Tu sbagli tutto, ma sei un bastardo cocciuto con il cervello a senso unico, e nemmeno Gesù Cristo in un milione di anni riuscirebbe a convincerti. Ma noi restiamo perché ti vogliamo bene. Se per miracolo riusciamo a venirne fuori, forse avrò tempo di dimostrarti dov'è che il tuo discorso non sta in piedi.» «Benissimo allora,» tagliò corto Dolan. «Adesso vi dispiacerebbe togliervi di qui e lasciarmi andare a dormire? Ho la fottuta testa che sta per scoppiarmi...» I due si alzarono. Bishop prese il cappello dalla scrivania e uscì lentamente, senza nemmeno dire buonanotte. Myra impiegò un'eternità a infilarsi il cappotto. Nessuno aprì bocca. Si sentiva distintamente il ticchettio della piccola sveglia sul comodino. Quando fu sulla porta, Myra si volse verso Dolan, sempre in silenzio, fissandolo soltanto. Poi uscì, e dopo un attimo Mike sentì i suoi passi sulle scale fare eco a quelli di Bishop. Soltanto a letto gli venne in mente che da quando l'aveva conosciuta era la prima volta che se ne andava a casa senza mettersi a discutere per dormire con lui. Non riuscì a dare una valutazione di questa novità. PARTE TERZA UNO La mattina seguente Dolan era andato nella stanza da bagno del piano terra (quella al suo piano era ancora da sistemare. La signora Ratcliff, la proprietaria, su queste faccende non cedeva di un centimetro). Era nella doccia, sotto il getto d'acqua, facendo attenzione a non bagnarsi le bende sulla testa, quando la porta fu aperta all'improvviso. Non si preoccupò più di tanto di chi potesse essere. «Uno dei ragazzi che ha bisogno di qualcosa,» pensò, finché Elbert, che si stava radendo, mandò un gridolino di sorpresa. Dolan aprì le tende per guardare. Appena dentro la porta c'era Roy Menefee, in piedi, con la faccia rossa e stravolta. Aveva in mano una pistola. «Vieni fuori di lì,» urlò a Dolan. «Vengo, vengo,» rispose Dolan, chiudendo l'acqua e aprendo la tendina. «Cosa c'è?» era ancora in piedi nella doccia. «Dov'è April?» «Non ho la minima idea di dove sia. Perché dovrei saperlo?»
«Basta con gli scherzi, Dolan. Fuori la verità!» «Te lo sto dicendo, Roy. Non so dove possa essere. Non la vedo da molti giorni.» «Guarda che ti ammazzo, brutto figlio di puttana!» D'un tratto Dolan colse il ridicolo della situazione. Menefee, il mite Menefee, il gentiluomo, in piedi in un cesso con in mano un revolver; Elbert che lo guardava terrorizzato con il braccio ancora a mezz'aria, il rasoio in mano e la faccia insaponata, senza osare muoversi. E lui era lì nudo nella doccia. Era così buffo... «Aspetta un attimo Roy,» continuò Dolan restando fermo immobile e parlando con calma. «Io non so dove sia tua moglie. È una settimana che non ho neppure il tempo di respirare e non l'ho mai vista neppure di sfuggita. Non solo, ma neppure ho avuto sue notizie. Non è vero Elbert? Diglielo tu. È mai stata qui?» «No,» riuscì a dire Elbert a malapena. «E questa, Roy, è la dannata verità.» Menefee sembrò rilassarsi un attimo. «E dove diavolo può avere passato questa notte? L'ho aspettata a casa ma non si è vista.» «Non so dove abbia passato la notte. Ma sicuramente non qui. Puoi andare a controllare su in camera mia. Ti assicuro che non ha passato la notte in questa casa. Chiedi a chiunque, qui. Ora metti via quella pistola, Roy. Stavolta hai proprio preso un granchio.» Menefee esitò ancora, ma abbassò la canna dell'arma e la rimise in tasca. Era sotto choc. Il viso era ancora paonazzo e aveva una luce folle negli occhi. Dolan si era accorto che stava per crollare e che tratteneva a stento le lacrime. «Elbert,» disse uscendo dalla doccia avvolgendosi un asciugamano addosso, «puoi lasciarci soli un attimo?» Elbert annuì e sgusciò fuori. Aveva ancora il rasoio in mano. «Dai, Roy, siediti qui un momento,» fece Dolan abbassando il coperchio della tazza del gabinetto. Menefee obbedì, come in trance. «Cosa ti ha fatto pensare che April fosse qui?» chiese Dolan. «Da qualche parte dovrà pur essere, e poi sapevo che era pazza di te... ma è tutta colpa di quel Little Theatre... sono mesi che cerco di toglierglielo dalla testa. «Forse la colpa non è tutta del Little Theatre,» lo interruppe Dolan a-
sciugandosi le gambe con la salvietta, «forse il problema sta proprio in April. Non che sia cattiva ma è fatta così: le piace fare colpo e flirtare con gli uomini. Lo avrai capito.» «Sì, lo so che si è fatta sbattere da mezza città. Ora lo so. Non lo sapevo prima di sposarla.» «Be', non proprio.» «Non cercare di difenderla, Dolan. Anche tu sei stato con lei. Lo so benissimo.» «Sì, ma da quando è sposata tutto è finito.» «Se è per questo andavate a letto assieme ancora ai tempi in cui era fidanzata con me. Dov'è la differenza?» «Be', c'è una bella differenza, direi. Ma senti, Roy, non puoi prendertela per questo. È acqua passata. E lascia perdere le armi, portano solo guai.» Menefee lo guardò. «Puoi stare sicuro che ammazzerò come un cane l'uomo con cui mi ha tradito stanotte,» disse con calma. «E poi? Ti rovinerai la vita. Ti impiccheranno. Non sei un poveraccio, Menefee, hai tutto da perdere. Sei una persona importante. E non vale la pena di mandare tutto al diavolo per una puttanella.» «Non m'importa di April. Non è per lei.» «Ah, è per l'onore?'» «Forse. Comunque ora vado. Vado al teatro,» disse alzandosi. «Se non sei tu l'uomo che cerco, scommetto che è lì. E lo troverò, stanne certo.» Dolan lo guardò uscire, quindi raccolse i suoi vestiti, si infilò le pantofole e andò alla finestra della sala. Vide Menefee per strada, salire sulla sua Packard coupé e schizzare via a tutta velocità. Allora prese in mano il telefono e chiamò il teatro. Risposero dietro le quinte; chiese dell'ufficio e dopo un paio di minuti Dave era alla cornetta. «Sono Mike, Dave, Mike Dolan,» disse... «Ah bene, li hai avuti? Grazie ancora del prestito... Ho lasciato l'assegno ad Arlene. Volevo darteli subito, ora che li avevo... Ascolta, Dave, Roy Menefee è appena passato di qui. È fuori di sé. Sta cercando April e ha una pistola. Sta venendo lì e ho pensato che sarebbe meglio che informassi i ragazzi di tenere acqua in bocca sulla storia dell'elettricista, o magari dire al tizio di sparire... No. Non so dove sia, non è tornata a casa ieri sera e Menefee è disperato... Sì, d'accordo... Uno di questi giorni ci vediamo.» Attaccò proprio mentre Elbert era di ritorno. Il sapone da barba gli si era tutto seccato sulla faccia. «Te la sei cavata per un pelo, eh?»
«Davvero.» «Io per un attimo ho temuto il peggio. Diavolo, non sai mai cosa può fare un imbecille fuori di testa con un'arma in mano...» Dolan uscì per le scale senza rispondere. La testa ricominciava a martellargli. «Ehi, sei quasi irriconoscibile con quelle bende,» disse Myra tutta allegra quando entrò nell'ufficio. «Cosa ha detto il dottore?» «Dice che sto migliorando. Un paio di giorni ancora, e tutto sarà a posto.» «Buongiorno, Dolan,» disse Grissom. «Salve,» fece Myra, mostrandogli una lista di nominativi, «già nove persone che hanno chiamato per fare un abbonamento annuale. Di loro spontanea volontà.» «Ti avevo detto che la faccenda Carlisle ci avrebbe fatto vendere,» disse Grissom con aria soddisfatta. «E ha anche chiamato Thomas, già due volte. Dice che vuole vederti e ti aspetta al suo ufficio a mezzogiorno. Dice che è importante. Una grossa riunione...» «Che diavolo di riunione?» «Non me lo ha detto. Ha solo insistito moltissimo sul fatto che era necessario che tu ci fossi. Ha detto che c'erano novità meravigliose per te...» «Non ho tempo da perdere con quello stronzo,» ribadì Dolan irritato. «Cosa diavolo può volere?» «Non ti costa niente fare un salto là, per sapere.» «Be'. Vedremo,» concluse Dolan sedendosi al telefono e facendo il numero del municipio. Chiese dell'ufficio dello sceriffo e alla fine McGonagill fu in linea. Gli disse che era importante che si vedessero subito. McGonagill suggerì di attendere la sera, perché era meglio che Dolan non si facesse vedere troppo in giro da quelle parti. «Non puoi venire tu qui allora?» chiese Dolan. «Non ti disturberei, Bud, se non fosse per qualcosa di grosso. Ti ruberò solo cinque minuti.» McGonagill rispose che andava bene, sarebbe passsato lui. «Sono sulla Sesta Avenue, a due passi dalla stazione, alla GRISSOM PUBLISHING CO... Grazie, Bud.» Riappese la cornetta e si fermò un secondo. «Myra, ottimo lavoro con gli abbonamenti,» iniziò a dirle, quando entrò Bishop.
«Ciao, Ed. Come sta il bambino?» «Meglio grazie.» «Bene, faccio un salto giù a prendere un caffè. Torno subito. Deve arrivare McGonagill.» Quando entrò nel drugstore, notò con piacere che avevano circa una dozzina di copie del Cosmopolite sul banco, in bella vista. Si sedette al bar e ordinò un caffè. Lo sorseggiò lentamente, tutto assorto nei suoi pensieri, prima di rientrare in ufficio e di sentire Myra che, felice, annunciava di avere trovato altri due abbonati... Dieci minuti più tardi arrivò McGonagill. Attraversò l'atrio e, dopo aver parlato con Grissom, si diresse di sopra e l'attese chiacchierando con Myra. «Mi dispiace di crearti tanti guai, Bud,» disse Dolan entrando. «Non ti preoccupare, Mike,» lo rassicurò McGonagill un po' brusco. «Ciao, Eddie, come va?» «Bene, Bud. Accomodati,» rispose Bishop. «Mi è successa una cosa ieri sera, e ho pensato che dovevo parlartene. Tu e l'ispettore Emmett siete gli unici di cui posso fidarmi in questa città. Volevo che tu fossi il primo a sapere.» «Okay, dimmi tutto.» «Hai mai sentito parlare dei Crociati?» «Crociati? No. Chi sono?» «Dai, Bud, sai benissimo chi sono,» ribadì Dolan con calma. «Quando storci gli occhi e ti guardi la punta del naso ti tradisci subito. Cosa ne sai?» «Perdio, Mike, è tutto qui quello che volevi chiedermi?» «Sì, è questo. Non ti sembra basti e avanzi?» «Ti dico che non so cosa dirti. Non ho mai sentito di questi Crociati.» «Sono un po' come l'Esercito della Salvezza, solo un po' diversi,» intervenne Bishop sarcastico. «Bud,» continuò Dolan chinandosi verso di lui, «piantiamola lì. Sai benissimo di chi sto parlando. Dannazione, non puoi non saperlo.» «Quando hai saputo di questa faccenda?» «Ieri notte, anzi stamattina presto.» «Scusa, ma se tu ne sei venuto a conoscenza solo ora, perché io dovrei saperne di più?» «E invece tu ne sai moltissimo. L'altra notte ho visto un tale Trowbridge. Sua moglie sostiene di avere parlato con te personalmente a proposito di questi Crociati.» «Trowbridge? Non mi dice niente questa signora Trowbridge.»
«Che strano, perché questa è la moglie di quel tizio che hanno appeso per i piedi e che è rimasto paralizzato.» «Davvero, non ricordo questa storia,» disse McGonagill scuotendo il capo. «Forse ci ho parlato, ma non me lo ricordo. Conosco un casino di gente. Sai, col lavoro...» «Va bene, Bud. So che tu lo sai, chi sono questi Crociati e sai benissimo che non ti credo quando neghi. Perché te la fai sotto così tanto?» «Non fraintendermi, Mike. Non ho paura. Se sapessi qualcosa, perché non dirtelo?» «Me la dirai, Bud, stanne certo... puoi scommetterci il culo.» «Ora basta, Mike,» replicò McGonagill alzandosi, nero in viso. «È già durata abbastanza. Tu sei un buon diavolo e un amico, ma non per questo sono disposto a sopportare qualunque intimidazione.» «Ma io continuerò a romperti l'anima finché non vuoterai il sacco, Bud. E non mi fanno paura né la faccia cattiva, né la voce grossa o il fatto che porti una pistola. Non sei nella posizione di fare troppo il duro con me. Conosco un sacco di gente che non aspetta altro che bruciarti la sedia sotto il culo e, se non mi dai una mano, ti butto dritto dritto in pasto ai lupi. Ci puoi giurare.» McGonagill si guardò attorno, prima in direzione della finestra e poi verso il balcone. «È meglio che andiamo di sotto,» acconsentì dopo una pausa. «Adesso ragioni,» fece Mike scendendo per primo. Ai piedi delle scale Dolan si girò, per poi fermarsi vicino al bagno. «Non posso dirti di più perché non so altro,» attaccò McGonagill, «ma, che resti fra noi, spero che tu possa fare qualcosa. Altrimenti tra poco saranno loro a comandare in questa contea. Sono peggio del Ku Klux Klan.» «Non so se possono essere peggio. Sei uno di loro?» «Sei pazzo? Non mi hanno mai contattato.» «Conosci qualche affiliato?» «Sono quasi certo che lo è Sam Wren. È uno dei miei agenti. Probabilmente anche Crenshaw. Anzi, è probabile sia uno dei capi.» «Marvin Crenshaw?» «Sì, lui.» «Ma è il vicepresidente della Colton National Bank. È uno dei pezzi grossi della contea. Non è il presidente della camera di commercio?» «Proprio lui. Marvin Crenshaw è uno dei leader. Guarda che non so nulla direttamente. Questo è quello che ho sentito dire in giro.»
«Capisco, Bud. Non ti preoccupare; per questa volta non mi ci butterò a capofitto. Sarò più che cauto e non farò il tuo nome.» «Sì, per carità, vacci piano. Quelli con cui hai avuto a che fare fino a ora sono agnellini, in confronto. Perché credi io abbia sempre chiuso, non un occhio, ma due? Non mi posso permettere di fare l'eroe.» «Un'ultima cosa, Bud, e se mi dai una mano ti giuro che è l'ultimo favore che ti chiedo. Voglio che tu scopra da Wren dove e quando c'è la prossima riunione dei Crociati.» «Sei pazzo, Mike! È una dannata società segreta. Non posso chiedere, come se niente fosse. Quello si insospettirebbe.» «Fai come vuoi, Bud, ma trova il modo di saperlo. Non credo ti manchi l'esperienza in questo tipo di cose. E poi tu sei il suo capo.» «Già, ma vai a sapere in futuro. L'ho visto un po' troppo insubordinato di recente. È più arrogante del solito.» «Penserà che sei alla frutta e se ne frega di te. Forse sta tentando di farti le scarpe.» «È quello che credo anch'io.» «E allora! Proprio per questo rendigli la pariglia e dammi una mano. Fammi sapere quando e dove si incontrano. Voglio schiacciarli come vermi. Te lo prometto.» «D'accordo, farò quello che posso, Dolan, ma per carità...» «Non temere, Bud. Ti terrò fuori e grazie per essere venuto.» McGonagill scosse il capo e uscì, mentre Dolan risaliva in ufficio. «Allora, perché diavolo non voleva cantare?» chiese Bishop. «Non credo che ne sappia più di tanto,» rispose Dolan. «Col cazzo che non ne sa. Anzi, se vuoi saperlo, penso sia uno di loro.» «No, questo non lo credo proprio. E poi mi ha promesso di aiutarmi come può.» «Ah si? È un codardo. Ha un sacco di fegato quando si tratta di sparare a qualche poveraccio, ma se il gioco si fa pesante non vale una cicca. Non sarebbe neanche capace di difendere la sua famiglia.» «Vado a parlare con Thomas,» disse Dolan troncando la discussione e aprendo la porta per uscire. «Mangi con noi?» chiese Myra. «Non so... Non so quanto tempo mi ci vorrà. Sto andando da Thomas,» ripeté Dolan andandosene. DUE
Entrò nell'ufficio di Thomas, chiese di lui e la segretaria lo mandò nella sala riunioni. Thomas era là e aveva lasciato istruzioni che Dolan lo raggiungesse subito, quando fosse arrivato. Dolan uscì e attraversò la redazione, non senza un moto di nostalgia che lo fece fermare un attimo di fronte alla sua vecchia cassetta della posta. Improvvisamente si rese conto di un frastuono terrificante attorno a sé e girò intorno lo sguardo. Era il solito vecchio posto: ticchettio di macchine da scrivere e di telescriventi, gente che correva rumorosamente da un tavolo all'altro. Si rese conto che nulla era cambiato. Solo che non era più abituato ai vecchi rumori e ora gli sembravano suoni estranei. Erano diverse settimane, ormai, che se n'era andato. Ma la nostalgia finì presto e si fermò un attimo a pensare. Era stata una sensazione dolce, sperò ritornasse ancora. Magari più forte, da prendergli lo stomaco, fino al cuore e al cervello. Era come ritornare a casa. Gli avevano sempre detto: «Se sei un reporter lo sei per tutta la vita,» e un sacco di altre balle sull'odore dell'inchiostro nelle narici e il brivido dello scoop. Ma ora sapeva che erano stronzate. Ed era deluso di scoprirlo, come quando crollano i miti della giovinezza. Un gruppetto di giornalisti lo guardava, e anche un paio di vecchi impiegati della copiatrice, ma nessuno fiatò o fece capire di avere notato la sua presenza: non un cenno con la testa o un gesto con la mano. Uscì dall'ufficio e scese le scale, dirigendosi verso la sala riunioni. Era consapevole di imboccare una strada senza possibilità di ritorno, e mentre attraversava la biblioteca il suo cervello ruminava: felice infelice felice infelice felice, infelice, feliceinfelice. Non avrebbe saputo dire come si sentiva. Aprì la porta della sala ed entrò. I sei uomini seduti attorno al tavolo tacquero immediatamente e lo guardarono. C'erano tutti: Thomas a capotavola; Mastenbaum, l'editore dell'Index, il quotidiano del mattino; Havetry del Courier; Riddle, segretario e tesoriere dello Star, il quotidiano della sera; Sandrich, il responsabile editoriale, e Barriger, corrispondente cittadino della Times-Gazette.
«Entra, Dolan,» lo invitò Thomas, alzandosi e indicandogli una poltrona vicino a lui, a capotavola. Siamo contenti che tu sia venuto. Conosci tutti, no?» «Sì, come state?» Dolan salutò con un cenno. «Accomodati, accomodati. Ma cosa hai fatto alla testa?» «Oh, un piccolo incidente, nulla di grave.» «Mi dispiace, siediti pure,» continuò Thomas, e poi rivolgendosi agli altri: «Posso incominciare?» Un paio di presenti annuirono. «Dolan,» attaccò Thomas, «questa è davvero una procedura straordinaria; questa riunione, intendo. Tutti i giornali sono qui rappresentati per una causa comune. Sarà meglio che io ti informi subito che siamo tutti decisi ad andare fino in fondo, per difendere i nostri diritti. E con questo intendo che non ti lasceremo danneggiare le nostre vendite. Ti abbiamo invitato qui per farti una proposta.» Dolan tacque, aspettando che l'altro andasse avanti. «Ci siamo accordati per offrirti duemilacinquecento dollari a testa, per un totale di diecimila dollari, e un posto di reporter in qualunque testata per cui tu desideri lavorare, fuori da un raggio di mille miglia da Colton. Questo, a condizione che rinunci alla tua rivista e firmi un accordo in cui ti impegni a non ricominciare qui una nuova pubblicazione.» «Ma perché questa offerta?» chiese Dolan. «Be', a essere franchi, ci sono un sacco di storie che puoi andare a scavare con la tua rivista. Storie che i nostri giornali non possono certo pubblicare e che per le persone che coinvolgono sarebbe meglio tacere. Purtroppo, però, alla gente interessano. E la gente le compra perché parlano di scandali. Quella del suicidio del dottor Henry Carlisle ne è l'esempio migliore. «È stato un suicidio?» intervenne Dolan. «È ovvio.» «Non sapevo. Non era esplicito da ciò che dicevano i giornali. Nessuno ha parlato di suicidio. Hanno detto che è stato trovato cadavere con una pistola accanto.» «Non cavillare, Dolan. Questo non è un dibattito su perché o come i giornali dovrebbero riportare un fatto o sullo stile con cui lo dicono. Il fatto è che il Cosmopolite è responsabile della morte di Carlisle e questo farà impressione a certa gente. Deficienti che crederanno che la tua rivista non abbia paura di nulla e si batta contro l'immoralità.»
«Signori,» disse Dolan sorridendo e rivolgendosi a tutto il gruppo. «Vi rendete conto che questo è il riconoscimento delle vostre sconfitte professionali? State implicitamente ammettendo che qualunque giornale o periodico, che anche solo sfiori la verità dei fatti, è destinato a spazzarvi via.» «Questo non c'entra,» intervenne Thomas. «Ti abbiamo fatto un'offerta molto generosa. Certo, se non vuoi ragionare, ci saranno anche altre maniere per farti capire le cose.» «Immagino che tu intenda che, a meno che io non intaschi i vostri luridi soldi e me ne vada a New York, farei la fine di Whittelsey. Il suo giornale durò tre mesi, fino a quando non lo obbligarono a chiudere e ad andarsene. È questo che vuoi dire?» «Oh, lascia perdere quella storia,» disse Thomas irritato. «Diecimila dollari non sono merda. E un lavoro dove vuoi. Ci pagherai tutti i tuoi debiti e te ne avanzerà un bel po'.» «Ne ho più di quanto tu creda. Tra l'altro ho appena comprato una mezza pagina del Courier, proprio da oggi pomeriggio.» «Così non accetti?» «No, ma non mi pento di essere venuto qui. Forse non ci crederete, ma questo per me è un trionfo.» «Va bene,» troncò Thomas, «goditelo questo tuo trionfo, perché per il futuro hai chiuso.» «Forse,» intervenne Mastenbaum dall'altra parte del tavolo, «potremmo alzare un po' l'offerta.» «Lasci perdere, signor Mastenbaum,» fece Thomas. «Lo conosco troppo bene. È tempo perso.» Lo osservavano tutti con odio e Dolan capì che non c'era più nulla da dire. Si erano riuniti per fargli impressione con quella specie di fronte comune di pezzi grossi. «Arrivederci, signori,» disse alzandosi, e uscì dall'ufficio. Camminò fino in fondo al corridoio e attese l'ascensore. Un uomo stava scendendo le scale di corsa, di fianco alla gabbia dell'ascensore. Era Bassett, uno dei caporedattori. Girò l'angolo e si avviò velocemente lungo il corridoio. A metà strada bloccò Thomas che usciva dalla sala riunioni. La conversazione fu breve e concitata. Thomas e Barriger corsero giù per le scale, facendo i gradini a due a due, mentre Basset si infilò nell'ascensore con Dolan. Era eccitatissimo. «Che diavolo succede?» chiese Dolan. «Devo avvertire la distribuzione di radunare un po' di gente sveglia. U-
sciremo con un'edizione straordinaria.» «E perché?» «L'omicidio di Weston Park. Roba grossa. Roy Menefee ha appena fatto fuori la moglie con l'amante.» L'ascensore si fermò al piano terra. Bassett si fiondò fuori e si precipitò attraverso una porta dentro l'ufficio commerciale. «Che cosa avete fatto alla testa, signor Mike?» chiese Edward, il vecchio negro che manovrava l'ascensore. Non ebbe risposta. Scosse il capo perplesso, mentre Dolan usciva dal portone sulla strada... TRE C'erano solo due titoli sul giornale del pomeriggio che Dolan lesse fino in fondo. Uno era la storia in prima pagina, con il titolo a caratteri cubitali: DELITTO NELLA SOCIETÀ BENE WESTON PARK: UCCIDE LA GIOVANE MOGLIE E IL SUO AMANTE Roy Menefee ha ucciso Coughlin Menefee ed Emil Video, un tecnico delle luci del Little Theatre. Il marito li ha sorpresi assieme in un albergo a ore. L'articolo però non ebbe il cuore di leggerlo fino in fondo. L'altro titolo era il suo annuncio. Stava nella parte bassa del foglio, a pagina dieci. Era scritto a caratteri enormi ed evidenziati in un riquadro: A TUTTI I MIEI CREDITORI, PICCOLI E GRANDI Sono recentemente entrato in possesso di una cifra considerevole ed è mio desiderio saldare tutti i miei debiti, vecchi e nuovi. Pertanto, se vi devo dei soldi, prestiti o conti da saldare che siano, vi aspetto tutti domani all'812 della Sesta Avenue, alle tre del pomeriggio, per chiudere le partite in sospeso Michael Dolan ex redattore sportivo della Times-Gazette
ora editore e proprietario del Cosmopolite «La verità, tutta la verità, nient'altro che la verità.» Dolan era stato ossessionato dai creditori per così tanti anni, che aveva sempre sognato il giorno in cui avrebbe potuto pubblicare un annuncio così. Era quasi diventata un'ossessione per lui. Ma ora finalmente ci era riuscito. QUATTRO Era partito presto, quel pomeriggio, e aveva guidato fino alla spiaggia. Era stato fuori per diverse ore, ma non avrebbe potuto dire con precisione dove fosse stato o cosa avesse visto. Non era neppure certo di avere mangiato. Quando fu a casa, trovò Bishop e Myra che lo aspettavano. «Siamo stati ore ad aspettarti,» lo apostrofò subito Myra. «Mi dispiace. Sono andato a fare un giro.» «Evidentemente non serve a niente ricordarti che non dovresti fare di queste imprudenze, per cui,» disse Bishop, «risparmierò fiato. Comunque siamo tutti curiosi di sapere che cavolo voleva Thomas.» Dolan raccontò tutto. Bishop non ne fu sorpreso. «È una specie di tributo,» disse. «È la prima volta che succede.» «Mica male come articolo,» intervenne Myra. «Non abbiamo ancora toccato le loro vendite,» continuò Dolan, «ho ragione di credere che abbiano capito che rappresentiamo una minaccia concreta.» «Sai una cosa?» disse Bishop scuotendo il capo. «Io non credo che abbiano paura per le vendite, penso invece che temano di perdere la faccia. È questo che li terrorizza. Che i lettori si accorgano di essere stati truffati per tutti questi anni.» «Forse hai ragione... Ehi, hai visto che casino ha combinato Menefee?» «Sì, ho sentito.» «Che bisogno c'era di sparare a April? Sapeva che tipo era. Ne avevamo parlato stamattina.» «Tu stamattina hai visto Menefee?» chiese Myra. «È venuto a cercarla. Era armato e pensava che lei avesse passato la notte qui.» «Non ci hai detto niente.» «Me ne ero dimenticato. Che diavolo,» disse Dolan voltandosi verso di
lei e alzando la voce. «Devo raccontarti anche quante volte vado al cesso? Me ne sono scordato, punto e basta.» «Okay. Okay, te ne sei scordato,» disse Myra. «...Certo che ha fatto davvero una cazzata,» continuò Dolan, come parlando a se stesso. «Quel tipo aveva tutto quello che voleva: una posizione, soldi, era famoso. È bastato un attimo, un impulso selvaggio e tutto è andato in pezzi. Chissà se ora il vecchio Coughlin non rimpiange di non avere lasciato che April sposasse me.» «Bella fesseria stai dicendo,» lo interruppe Bishop. «Sai bene che non avrebbe mai funzionato.» «Fa lo stesso, mi sarebbe piaciuto avere una chance.» «Perdio, siediti e piantala di camminare come un leone in gabbia,» disse Myra... Qualcuno bussò alla porta. «Avanti,» rispose Dolan. Erano Elbert ed Ernst. «Scusate,» disse Elbert. «Non sapevamo che tu fossi occupato.» «Entrate, entrate,» disse Dolan. «Volevamo solo sapere se hai preso una decisione per la casa.» «Quale casa? Questa? Che decisione?» «Siamo stati sfrattati. Non te lo ha detto Ulysses?» «Non l'ho neppure visto Ulysses,» rispose Dolan. «Lo abbiamo visto noi, e ce lo ha detto,» interruppe Myra. «Mi sono dimenticata di parlartene. Devi andartene.» «E perché?» «La signora Ratcliff ha venduto la proprietà e noi dobbiamo levare le tende,» spiegò Elbert. «Domani iniziano i lavori: ci fanno un'officina.» «Sì, e vogliono cominciare subito ad abbattere la casa,» continuò Ernst. «Perché non cominciano stanotte, visto che ci sono?» disse Dolan. «Ho così poca roba che posso traslocare in un'ora.» «Oggi pomeriggio sono andato con Tommy e Ulysses a cercare un altro posto,» disse Elbert. «Forse ne abbiamo trovato uno a Sycamore Street, più o meno le stesse dimensioni di questo. Se anche per te va bene, possiamo pensarci noi a portarci le tue cose. Non dovrai perderci tempo.» «Non posso venire a vederlo, se va bene per voi ci sto,» lo rassicurò Dolan. «Benissimo, allora continuerai ad abitare con noi, no?» «Certo che continuo.»
«Okay. Volevo solo essere sicuro. Ne parliamo più tardi. Ci sono ancora un paio di dettagli da discutere.» «Va bene.» Fecero un cenno col capo e uscirono, chiudendo la porta. «Dettagli, li chiama!» disse Myra seccata. «Sai cosa intende no? I soldi per l'affitto. Ma perché non apri gli occhi e non cacci a pedate quei parassiti nella fogna da dove sono venuti?» «Non sono per niente parassiti: sono amici,» la aggredì Dolan, questa volta veramente seccato. «Anch'io me la sono passata male un tempo. Sono in gamba e hanno talento: prima o poi sfonderanno. E non hai alcun diritto di essere gelosa di loro.» «Talento? Ma ti prego,» lo interruppe Myra rifacendogli il verso. «Sono dei falliti. E neppure simpatici. Giocano a fare i bohèmien con i soldi degli altri. Roba vecchia e non ci crede più nessuno.» «Perché non la pianti?» grugnì Bishop. «Mike, quel ragazzo che hai messo a cercare inserzioni non è niente male. Ha già trovato un paio di clienti oggi pomeriggio.» «Molto bene. Ma senti un po', Ed, credi che sarò coinvolto in tutta questa storia? Dovrò andare in tribunale?» «Sarebbe un bel guaio...» Bussarono ancora. «Avanti,» disse Dolan. La porta si aprì. Era Ulysses, ma non varcò la soglia e fece cenno a Dolan di uscire. Nella sala, chiuse la porta dietro di sé. «C'è un tizio in macchina giù che chiede di lei,» sussurrò Ulysses. «E chi è?» «Ha detto di dirle che è Bud, e che dovrebbe conoscerlo...» «Ah, certo. Scendo subito,» fece Dolan avviandosi. Ma la voce di Bishop lo richiamò indietro. «Mike! Dove stai andando?» «Giù un attimo a parlare con Bud McGonagill. Hai bisogno?» «Ma sei sicuro che si tratti di McGonagill?» «Per favore, vuoi startene qui tranquillo con Myra e smetterla di preoccuparti sempre?» Scese per strada. McGonagill lo aspettava in un'auto della polizia a luci spente. «Non volevo salire,» gli sussurrò, «d'ora in poi dobbiamo stare molto attenti. Ho saputo dove i Crociati s'incontrano stanotte.» «È per stanotte?»
«Sì. C'è una specie di riunione. Sai dov'è il vecchio aeroporto? A nord, verso il lago artificiale.» «Sì che lo so, dall'altra parte della foce del fiume.» «Giusto. Si riuniscono lì stanotte. Ecco, questo è per te,» disse tirando fuori un pacco avvolto in carta di giornale. «E questo cos'è?» «L'uniforme. Non ti lascerebbero neppure avvicinare senza.» «E dove l'hai trovata? Non mi avevi assicurato che tu non c'entravi?» «E infatti non è mia. È di Sam Wren. L'ho spedito a scortare un paio di prigionieri al penitenziario, oggi pomeriggio. Così ho usato il mio pass e l'ho presa dal suo armadietto. Se me la riporti domani mattina presto la rimetto a posto e non si accorgerà di niente.» «Grazie, Bud,» disse Dolan prendendo il pacco. «Grazie mille. Non ti preoccupare, domani mattina la riavrai.» «Non stare a venire. Passo dentro io andando in ufficio. Non è poi un gran rischio...» «Be', Bud, grazie ancora davvero.» «Lascia perdere,» lo interruppe McGonagill avviando il motore, «tienila da conto e, Mike, non scordarti la pistola. Non credo che ti succederà niente, ma è più prudente se te la porti.» Dolan lo ringraziò un'ultima volta e risalì in casa mentre McGonagill si allontanava. «Cos'hai lì?» chiese Bishop. «Un vestito nuovo,» rise Dolan, iniziando a scartare il pacco. «E da quando McGonagill si è dato alla sartoria?» «Mi ha fatto davvero un gran favore,» commentò Dolan tirando fuori una tunica nera con un cappuccio. «Cristo,» esclamò Bishop. «E che diavolo è?» proseguì Myra. Dolan tirò su la tunica. Era lunga e pesante, grande abbastanza da coprire due uomini. Sul davanti c'era una grossa C bianca in carattere gotico, con una freccia rossa che la attraversava. Il cappuccio era un semplice pezzo di tela nera cucito insieme, con dei buchi per gli occhi, il naso e la bocca. Aveva una piccola C sulla fronte. «Indovinate?» disse Dolan. «È l'uniforme dei Crociati. Ma tu cosa diavolo te ne fai?» «Me la metto stasera per andare alla loro riunione.» «Ma tu sei pazzo,» esclamò Myra.
«Guarda qui che tessuto schifoso,» continuò Dolan ridendo e mostrando la tunica. «Pensa che qualcuno si è arricchito vendendo questa merda.» «Ma allora McGonagill sapeva qualcosa,» disse Bishop. «Sì, ma non ti preoccupare, è dalla nostra,» lo rassicurò Dolan, «e mi sta aiutando molto.» «Certo! Ti sta aiutando a farti ammazzare.» Bishop e Myra si guardarono. Sapevano istintivamente cosa stava passando in testa all'altro: era impossibile convincerlo a non andare. Era una maledetta testa dura, e avrebbe fatto quello che aveva in mente, anche a rischio della pelle. E anche Dolan sapeva benissimo cosa stavano pensando. «È inutile,» disse, «potete risparmiarvi lo sforzo. Ve l'avevo detto che li avrei incontrati, quei bastardi, e state certi che lo farò.» «A questo punto non ci resta che sperare che tu ne esca vivo,» concluse Bishop sconsolato. «Già,» disse Mike... CINQUE Non incontrò molto traffico fino a circa un miglio dalla foce del fiume, lungo la vecchia strada che portava alla riserva idrica. Il fondo era malmesso e la pista era stretta. Perché quasi di sentiero si trattava e il sottile strato di asfalto scompariva in molti punti. Ormai non ci passava più nessuno. Una volta era la via principale verso nord, ma questo molti anni addietro, prima che costruissero l'autostrada. Ora la usavano ancora i contadini che vivevano dietro le colline. Gli agricoltori e i Crociati. Dolan guidava con cautela, tenendosi tutto sulla destra, lasciando molto spazio a sinistra e di fronte. Non voleva assolutamente avere un incidente in quel posto. Anche un piccolo contrattempo, come un parafango ammaccato, poteva essere fatale. Non voleva parlare con nessuno, né desiderava che lo riconoscessero. Per questo aveva il bavero dell'impermeabile rialzato e il cappello calato sugli occhi. C'era una probabilità su mille che qualcuno lo riconoscesse, ma voleva evitare anche quella. Di lì a poco fu in vista di altre auto che si muovevano in colonna nella sua direzione, e dovette rallentare l'andatura. Era successo tutto quasi all'improvviso. Ora c'era un traffico tale che sembrava di essere all'uscita dello stadio dopo una partita del Rose Bowl. Si concentrò tutto sulla guida in maniera da non pensare a quello che avrebbe fatto una volta giunto dove stava andando, dovunque fosse quel luogo. Ma il problema era che neppure lui sapeva dove.
Era difficile distrarre la mente da questa domanda. Poteva sentire il cuore battere sempre più velocemente, mentre un senso di mistero e di pericolo imminente lo assaliva. Anche il respiro gli si fece affannoso per l'eccitazione. Pensò che forse era un bene essere lì, intrappolato con l'auto in colonna. Anche volendo, non avrebbe potuto tornare indietro. Certo, ormai era deciso ad andare fino in fondo, ma era meglio che l'occasione di ripensarci non si presentasse neppure. La colonna si snodava sempre più lentamente, e a un certo punto si ritrovò a doversi spostare verso il centro della carreggiata per evitare le auto parcheggiate sulla destra. Si domandò - non senza panico dato che non aveva precedentemente considerato la possibilità - se non gli avrebbero richiesto qualche tessera di identificazione. Forse era proprio quello il motivo del rallentamento: c'era qualcuno in testa alla fila che fermava le vetture per vedere le tessere di riconoscimento. Più ci pensava e più credeva che fosse proprio così: in tal caso era la fine. Ma perché non aveva chiesto a McGonagill la tessera di Wren? Forse non sarebbe servito a nulla. Ma certo, dannazione. Il tipo addetto ai controlli sicuramente conosceva Sam Wren e si sarebbe subito accorto che lui era un'altra persona. E se McGonagill faceva il doppio gioco? Il pensiero lo paralizzò per un attimo: sicuramente li aveva avvertiti del suo arrivo. Certo, ma come aveva fatto a non pensarci prima: «State attenti, si chiama Dolan, alto uno e ottanta, capelli neri, ha una vecchia Chevrolet cabrio. È lì per denunciarvi. È meglio che controlliate tutti accuratamente...» Ma no! Il vecchio Bud non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere! Tentò di esaminare i fatti razionalmente, ma la remota possibilità di sbagliarsi gli fece balzare il cuore in gola. Meglio non fidarsi mai di nessuno. Cristo! Bud era un vecchio amico. Era stato lui ad aiutarlo ad avere il posto di sceriffo. E poi il figlio non avrebbe mai avuto la borsa di studio per il college senza il suo aiuto. Lo aveva anche fatto entrare nella selezione degli All-Americans. Aveva scritto personalmente ai pezzi grossi Christy Walsh, Grant Rice e Corum. No. Bud era un onest'uomo, era a posto. La prudenza non è mai troppa: il suo subconscio continuava a insinuargli il dubbio. Meglio parcheggiare subito l'auto da qualche parte e fermarsi a riflettere. «Ottima idea,» disse Dolan fra sé. Superò un paio di buchi liberi, prima di poter decidere di fermarsi. Poi vide un posto fra due auto, manovrò velocemente e ci si infilò, spegnendo subito motore e fari. Scese dalla parte opposta alla carreggiata. Più avanti, vide le luci di al-
cune auto ferme in mezzo a un campo. Quando gli occhi si abituarono all'oscurità - era una notte senza luna - riuscì a distinguere diversi uomini che, in piedi vicino alle macchine, stavano indossando le tuniche. Trattenne a stento un grido di gioia. Voleva dire che non avrebbe avuto bisogno di nessuna tessera. Si affrettò ad aprire il baule, a vestire la sua tunica e a calarsi il cappuccio in testa. Si stupì del magico effetto tranquillizzante di quei due semplici pezzi di tela. Appena indossati, il suo cuore aveva smesso di battere all'impazzata e il respiro era ritornato regolare. Ora era al sicuro, nascosto nell'anonimato generale, e gli venne da sorridere. Era stupito. Aveva scoperto che un semplice travestimento poteva dare un senso incredibile di sicurezza. E di impunità. Si incamminò lungo il bordo della strada verso il punto di riunione... In mezzo al prato, in un'ampia spianata, c'era una folla di figure incappucciate, diverse centinaia di persone, che si stavano ammassando nel buio della notte. Era il vecchio campo di atterraggio abbandonato dopo la guerra. I contorni del vecchio hangar, l'unico rimasto in piedi, erano illuminati e attraverso le vetrate rotte e l'apertura dell'ingresso filtravano delle luci. Si avvicinò lentamente al portone e diede un'occhiata all'interno, dove un folto gruppo di Crociati incappucciati erano riuniti in cerchio. Ai piedi di una parete sorgeva una piattaforma di legno, rozzamente costruita, con sopra alcune sedie, circa una dozzina, del tipo usato dalle pompe funebri per le veglie. Superò le porte e proseguì verso l'altro lato della costruzione. C'erano diverse auto parcheggiate in file ordinate. Tutte grosse auto costose: modelli di lusso, berline, coupé. I proprietari non dovevano certo essere dei poveracci. «Gente importante,» pensò Dolan superando le file fino alla fine dell'hangar. Nel punto in cui la strada si univa alla vecchia pista di aviazione, due tizi incappucciati dirigevano il traffico, controllando che gli affiliati semplici non occupassero il parcheggio riservato ai capi. Dolan rise fra sé, pensando al paradosso di tutte queste limitazioni in una società che poneva al primo posto il principio dell'uguaglianza. Da sotto la tunica, Dolan estrasse un block-notes e una matita e iniziò ad annotare i numeri di targa delle macchine di lusso. Non poteva vedere bene cosa stava scrivendo, ma aveva molti foglietti bianchi e stava tentando di copiare i numeri con la massima precisione. Improvvisamente, da qualche parte dietro di lui, risuonò un fischio acuto. E subito ci fu un movimento generale verso l'ingresso dell'hangar. Dolan tirò fuori l'orologio dalla tasca: mancava poco alle dodici. Si incammi-
nò con gli altri, esultando in cuor suo per il colpo delle targhe. Sarebbe stato un gioco da ragazzi, a questo punto, risalire ai proprietari. L'hangar era ormai pieno, ma il flusso dei Crociati non diminuiva. Dolan spinse fino a portarsi in posizione centrale, proprio di fronte alla piattaforma sulla quale in quel momento erano in attesa sette uomini, e un ottavo stava salendo le scale. Avevano tuniche e cappucci, esattamente identici a tutti gli altri - varie centinaia di persone che si accalcavano in basso - tranne che per alcuni simboli sulla parte frontale dei cappucci. Piccoli segni bianchi che sembravano gradi o lettere dell'alfabeto greco. Ma erano molto piccoli e Dolan troppo distante per distinguerli con esattezza. Sulla piattaforma i capi parlottarono fra loro per qualche minuto, fino a che un altro fischio acuto scosse l'assemblea. Uno degli otto fece un cenno con la mano e le grandi porte dell'hangar si richiusero cigolando. Immediatamente il mormorio delle voci della folla cessò. Quello che aveva dato il segnale avanzò sulla piattafroma e, rivolgendosi all'assemblea, fece il saluto nazista. Ora non si sentiva volare una mosca. L'uomo alzò un braccio come a dirigere un coro, quindi lo riabbassò con un movimento della testa. My country, it is of thee iniziarono tutti a cantare Sweet land of liberty Of thee I sing I love thy rocks and rills Thy woods and templed hills, From every mountain-side, Let freedom ring! Il canto si innalzò in un gran brivido di emozione e poi cessò. Gli occhi di tutti erano puntati sull'uomo sulla piattaforma. Un altro dei capi avanzò, fece il solito saluto nazista e poi reclinò di colpo la testa. Dolan si accorse che tutti intorno a lui avevano chinato il capo e si affrettò a imitarli, senza peraltro perdere di vista ciò che stava accadendo in cima alla piattaforma. «Oh Dio, nostro padre celeste,»
attaccò il predicatore, «noi ti chiediamo, questa sera, di benedire la nostra assemblea. Che la tua saggezza continui a indirizzare noi Crociati, nobile progenie dei cavalieri medievali che attraversarono il Mar Rosso per combattere i neri infedeli che avevano profanato i tuoi templi. Aiutaci a essere forti e coraggiosi e a infondere terrore nel cuore dei tuoi nemici. Amen.» Il predicatore risollevò il capo e indietreggiò. Un mormorio si levò dall'assemblea. Dolan sorrise sotto il suo cappuccio, chiedendosi quanti di quelli sapevano che il loro predicatore aveva fatto un po' di confusione con i testi sacri e con la storia medievale. In quel mentre, il primo cerimoniere, quello che aveva diretto il coro, avanzò e attese che il pubblico cessasse di muoversi. Infine sollevò una mano. «Ri-i-poso!» ordinò. Il comando esplose e rituonò tutto attorno alle pareti metalliche dell'hangar. «Crociati,» attaccò, «questa notte ha luogo la settima riunione generale della nostra grande organizzazione. Giorno dopo giorno, in una battaglia quotidiana, affrontiamo una realtà che vogliamo cambiare, e giorno dopo giorno i risultati del nostro impegno si vedono! Ogni giorno le nostre file si ingrossano di americani onesti, che si uniscono a noi perché sono stufi di questi sistemi legali garantisti e libertari. Stufi che la legge si intrometta in tutti i sacrosanti aspetti della nostra vita quotidiana. L'America agli americani!» «L'America agli americani!» ruggì la folla. Il predicatore fece un ultimo rapido saluto nazista e subito dopo uno dei suoi otto colleghi sulla piattaforma gli portò uno scritto. Lo tenne in fronte a sé e cominciò a leggere. «Crociati,» disse, «bollettino numero sette. Si ordina che a partire da ora venga boicottata la birreria di Zellerwein. Questa disposizione ha effetto immediato. La ragione è che quando i membri del comitato per l'elezione del senatore Otto Henry hanno contattato il signor Zellerwein per un contributo sia finanziario sia di propaganda presso i suoi mille dipendenti, il suddetto signor Zellerwein non solo si è rifiutato, ma ha anche minacciato di usare la violenza contro i membri del comitato. Ora il signor Zellerwein è sì naturalizzato, e quindi cittadino americano, tuttavia non dimentichia-
moci che è nato in un paese straniero e di conseguenza le sue idee sul buon governo sono ovviamente aberranti. Segue l'elenco di negozi e ditte che, per una serie di altri motivi andranno boicottati: il Midway Market, al 1215 di Endicott Boulevard, il ristorante Mossmann, al 415 della Sesta Avenue, e l'emporio Grayson sulla Southern Avenue.» Fece una pausa, e in quel momento uno degli altri sette gli si avvicinò per sussurrargli qualcosa. «Vengo informato in questo momento,» disse rivolgendosi all'assemblea,» che tre membri della nostra organizzazione lavorano da Grayson. Ora voglio che costoro inviino al comitato un rapporto completo sulla loro attività, quanto guadagnano, la composizione delle loro famiglie e quanti risparmi hanno in banca. Il comitato provvederà a piazzare questi individui presso altri negozi, i cui proprietari siano dei nostri. La lista di boicottaggio sarà disponibile alla fine della riunione ed esigo che tutti ne prendano visione e ne memorizzino nomi e indirizzi. È fatto assoluto divieto di concludere affari con costoro: ciò è considerato reato grave e come tale verrà punito. I tre che lavorano da Grayson sono autorizzati a continuare a farlo fino a che non riceveranno dal comitato comunicazione in proposito. «E ora: Abraham Washington!» gridò, girando il capo verso l'ingresso. Ci fu un movimento alla base della piattaforma, il suono sordo di piedi trascinati e i gemiti di un uomo. In un attimo due Crociati salirono le scale trascinando di peso un negro di circa quarant'anni. Lo trasportarono sulla piattaforma, dove lo lasciarono andare facendo un passo indietro. L'uomo si girò a guardare quelle centinaia di figure incappucciate ai suoi piedi e cominciò a balbettare lamentandosi. Era impossibile capire cosa dicesse. Il predicatore lo guardò: «Abraham Washington!» disse, «ti hanno udito più volte insultare la nostra organizzazione. Sei un sovversivo e un disfattista.» «Ma padrone... padrone,» disse il negro, «non volevo, padrone, lo giuro davanti a Dio, non pensavo quello che ho detto. Volevo solo...» «Hai tentato di sobillare la popolazione negra del tuo quartiere invitandoli a denunciarci. I Crociati vedono e sanno sempre tutto. Porti i nomi di due grandi e immortali americani e noi ti insegneremo a rispettarli di più.» «Ma padrone, padrone...» «I negri devono imparare a stare al loro posto. Questa lezione che stiamo per impartirti potrai ancora ricordartela, ma se non terrai la bocca chiusa la prossima volta ti impiccheremo a queste travi.» «Pece e piume,» urlò il capo.
«Sì! Sì! Pece e piume,» fecero eco i Crociati applaudendo. Altri due Crociati salirono le scale seguiti da un terzo. Trasportavano un comune catino, con pesanti stracci avvolti sulle maniglie per non ustionarsi le mani. Il fondo del catino era coperto da qualcosa di nero. L'uomo dietro di loro portava un grande sacco e un grosso pennello da pittura. Avanzarono fino al centro della piattaforma e si fermarono. «Spogliatelo!» ordinò il predicatore. Abraham Washington non oppose resistenza, continuava a scuotere la testa e a lamentarsi. «Potrei sparare a questi bastardi ora,» pensò Dolan tastando la pistola sotto la tunica, «sei di loro non tornano di sicuro a casa a raccontarla.» I tre Crociati che avevano portato la pece e le piume finirono di spogliare il negro. Gli lasciarono solo calze e scarpe. Dolan poteva vederne i muscoli tesi e tremanti sotto la pelle nera. Il capo fece un altro saluto nazista. Uno dei Crociati inzuppò il pennello nella pece e iniziò a cospargere il capo del negro che continuava la sua nenia lamentosa scuotendo la testa, senza peraltro gridare. Quando ebbero finito con la pece, uno dei due infilò la mano nel sacco, ne estrasse una manciata di piume e cominciò a tirarle addosso al negro. Ci fu una pioggia di piume, che lentamente ricoprì il corpo nero dell'uomo facendo sparire qualunque forma umana riconoscibile. Alla fine del trattamento non sembrava più un uomo, ma una specie di grosso uccello goffo e grottesco. Il predicatore in persona diede il tocco finale: inzuppò il pennello nella pece e la spalmò sulla faccia del negro; quindi prese una grossa manciata di piume e gliela strofinò in testa. «Portatelo via,» ordinò. Due Crociati fecero girare Abraham Washington su se stesso e lo guidarono giù dalle scale, mentre gli altri li seguivano col pennello e il catino della pece. Gli spettatori si accalcavano alla base della piattaforma, urlando e applaudendo fino a che, improvvisamente, in un attimo la sala tornò al silenzio più totale. Il predicatore avanzò e salutò. «L'America agli americani!» «L'America agli americani!» rispose in coro la folla. Dolan non aprì la bocca, le sue labbra erano serrate in una smorfia. «Arnold Smith,» chiamò il predicatore ad alta voce. Arnold Smith salì le scale circondato da tre Crociati. Era sulla quarantina, vestito in maniera dozzinale, ma a suo modo un bell'uomo. Il suo viso
era cupo. «Abbi il coraggio di guardare i Crociati,» gli intimò il predicatore. Arnold Smith si voltò verso l'assemblea. Dolan studiò il suo volto. Non c'era alcun segno di emozione, solo quell'espressione scura e rabbiosa. «Già tre volte sei stato ammonito dal comitato per le questioni morali. Sei un recidivo, lo sanno tutti.» «Gente,» fece Arnold Smith calmo rivolgendosi all'assemblea, «quest'uomo si sbaglia.» «Zitto!» gli urlò il predicatore. «Non so cosa mi succederà,» continuò Arnold Smith senza perdere il suo tono tranquillo, «ma posso spiegare tutto. Gente, lo ammetto, ho messo nei guai quella ragazza. Ma poi ho pagato per l'operazione. A chi di voi non è capitato almeno una volta? Solo che questa si dà il caso che sia la sorella di...» Le guardie lo afferrarono premendogli le mani sulla bocca. Arnold Smith non tentò di ribellarsi. Quelli continuavano a tenerlo stretto. «Signori,» iniziò il predicatore, «è una minaccia per ogni giovane donna nel distretto di Bay Shore. È stato avvisato già per tre volte di correggersi e non infastidire le donne. E ogni volta ha ignorato gli ammonimenti. Questa, Crociati, è la tipica situazione che noi dobbiamo essere pronti a fronteggiare. La legge è impotente nei confronti di quest'uomo, nonostante sia chiaramente colpevole di comportamenti immorali. Tocca a noi insegnargli la lezione!» «Sì, sì,» urlarono tutti i presenti. Il capo fece un cenno con la mano, al che due degli otto fecero un passo avanti. Uno aveva in mano una piccola borsa di cuoio nera. La aprì, ed estrasse una scatoletta di metallo e una maschera per l'etere. Altri due uomini spinsero avanti un tavolino. Arnold Smith fu sollevato di peso e disteso sul tavolo. Solo allora, d'un tratto, capì cosa stavano per fargli e con un urlo diede un tremendo scrollone alle guardie riuscendo a liberarsi. Il suo volto era una maschera di terrore. Esitò un attimo, guardandosi intorno, e poi saltò giù dalla piattaforma in mezzo alla folla. Di fronte a Dolan si scatenò il pandemonio. «Calma, calma,» disse il capo dalla piattaforma levando le braccia nel tentativo di tranquillizzare la folla. «Non ci scapperà,» disse. «Prendetelo e portatelo qui!» urlò. In tanti afferrarono Arnold Smith e dopo averlo sopraffatto lo riportarono sul palco. Forzarono il suo corpo che si dibatteva fino a inchiodarlo di-
steso sul tavolo. Gli fu applicata la maschera sul naso e aprirono il gas... Dopo un paio di minuti Arnold Smith aveva cessato di dibattersi, e quelli che lo avevano tenuto poterono lasciare la presa e ritornare al loro posto, giù dal palco. «Ora vedrete cosa succede a coloro che minacciano la moralità della nostra comunità,» sentenziò il predicatore. «La punizione è severa, ma assolutamente necessaria per preservare le nostre case, le nostre donne, le nostre sorelle!» Fece un cenno al Crociato con la borsa e l'intero gruppo sulla piattaforma si mise all'opera, stringendosi attorno al tavolo e impedendone la vista alla folla assiepata in basso. Attraverso la calca Dolan poté vedere gli umini armeggiare e diverse volte colse il riflesso delle lame del bisturi nella luce del padiglione... Dolan non riuscì a formulare pensieri o parole. Il suo cervello era una massa fredda di cellule. Sapeva che sarebbe stato un suicidio tentare di fermarli uscendo allo scoperto. Iniziò a muoversi indietro lentamente, verso l'uscita, un passo dopo l'altro, per non attrarre l'attenzione. Ma nessuno aveva occhi per lui. Erano tutti troppo interessati a ciò che stava accadendo sul palco. SEI Bishop scosse la testa mordendosi le labbra. «Patria e onore,» disse, «cristo! Mike, è incredibile. Questa storia non puoi scriverla. Non ci crederà nessuno.» «Sì che la crederanno, se riuscirò a far testimoniare Arnold Smith.» «E come lo ritrovi? Non è certo sull'elenco telefonico. Non correranno di sicuro il rischio di farlo ricoverare in un ospedale.» «Lo troverò. A costo di passare al setaccio tutto il distretto di Bay Shore, da cima a fondo. Non ti preoccupare, lo troverò!» «Cristo!» esclamò Bishop nuovamente, sospirando e strofinandosi la faccia con le mani. «Ma come hai resistito alla tentazione di sparargli, a quei bastardi figli di puttana. Ecco cosa fa il tuo capitalismo alla gente, li trasforma in porci sadici. Forse non vivrò abbastanza per vederlo, ma creperò felice di sapere che verrà un giorno in cui il castello crollerà.» «Questa sì che dovrebbe farti fare un bel salto...» lo interruppe Dolan allungandogli una lista.
Bishop scorse i primi nomi e indirizzi e alzò il capo: «E questi chi sono?» «I capi, i capi dei Crociati.» «E come te li sei procurati?» «Non ci crederai. C'era una zona riservata vicino all'hangar. Tutte le auto di lusso erano parcheggiate lì e ho preso i numeri di targa. Poi stamattina, prima cosa, sono andato all'ufficio registro in centrale, ho controllato ed ecco i nomi e gli indirizzi.» Bishop restò sbalordito. «Sei un bel figlio di puttana...» «Ma non ti fermare, vai avanti e leggili tutti.» Bishop scorse la lista fino in fondo. Alla fine deglutì. «Cazzo, ci sono tutti! Sembra il Who's Wbo della contea.» «Dovrebbero stare bene in prima pagina, no?» «Cristo, sarà peggio di un bombardamento. Ragazzi! Che idea hai avuto a prendere quelle targhe!» «È stata fortuna. All'inizio non ci avevo pensato, ma poi, stamattina, ho avuto l'ispirazione. Ora sta a sentire, fanne una copia e mettila da qualche parte al sicuro. Io vado a cercare Arnold Smith.» «Non posso venire con te?» «No, meglio di no.» «Okay, non discuto. Ma spero ti renda conto che ogni giorno che passa ci avviciniamo al casino finale. Non ti scordare di Carlisle.» «Non me lo scordo, ma non ho tempo per pensarci ora.» «Va bene, ma almeno tieniti in contatto telefonico con noi. Per sapere dove sei.» «Va bene, Ed. Quando arriva Myra dille di preparare quella roba per la cronaca mondana. Può essere che si debba andare in stampa con un paio di giorni in anticipo.» «Certo. Come va la testa? Dove sono le bende?» «Me le ha tolte il dottore stamattina.» «Sai che mi ero abituato a vederti con quel turbante. Ora sembri buffo senza.» «Già, è come sentirsi un po' nudo. Ah! Di' a Myra di preparare anche il pezzo sul Little Theatre. Sai quale?» «Dobbiamo tirare fuori ancora Menefee?» «Eh... magari sì. Voglio scrivere un seguito su Tim Adamson. Poveraccio. Ti occupi tu di mandare avanti la baracca per un po'...» «Sì, ma i tuoi creditori? Ti sei dimenticato l'annuncio di ieri.»
«Sarò di ritorno in tempo, non preoccuparti: non vorrei perdermi la scena per tutto l'oro del mondo.» Mike scese la scala e uscì in strada. Mentre entrava in macchina, Grissom gli urlò un saluto. Dolan fece un cenno di risposta e accese il motore; girò attorno all'isolato dirigendosi verso il distretto di Bay Shore. Era un quartiere residenziale per classi medio-alte. Viveva grazie ai posti di lavoro di due grandi fabbriche di arredamento. Quando si attraversava il viadotto e si scendeva dalle colline verso la zona pianeggiante si sentiva distintamente l'odore di legnami. Dolan si fermò alla prima delle fabbriche ed entrò nell'ufficio del custode, presentandosi come un reporter della Times-Gazette e chiedendo informazioni su Arnold Smith. Il sorvegliante controllò gli elenchi e disse che gli spiaceva, ma nessun Arnold Smith risultava impiegato lì, né ora né in passato. Almeno fino a due anni addietro. Dolan ringraziò e uscì. Alla seconda fabbrica fu più fortunato. C'era un Arnold Smith, gli confermò il custode. Lo avevano assunto sei mesi prima, ma ora era stato licenziato. Dolan gli chiese di descriverglielo e l'uomo, masticando la matita, gli mugugnò una breve descrizione. «Potrebbe essere,» disse Dolan. «Ce l'ha l'indirizzo?» L'uomo guardò un cartellino. «Tre-uno-cinque Perry Street. Perché lo cerca?» chiese incuriosito. «Un lascito,» tagliò corto Dolan, «una bella cifretta. Avete detto tre-unocinque Perry Street, eh? Grazie mille.» Guidò fino all'indirizzo. Era un piccolo bungalow su un unico piano. Bussò, e una donna sulla sessantina venne ad aprire. «Mi scusi, signora,» chiese Dolan, «abita qui Arnold Smith?» «Sì,» fece la donna. «Sono sua madre. Cosa vuole da lui?» «È che non sono sicurissimo che sia l'Arnold Smith che cerco,» rispose Dolan. «Disturbo se entro un attimo?» «No, si accomodi pure,» disse la signora Smith aprendo la porta. Dolan entrò in un piccolo ingresso. «Mi chiamo Dolan,» esordì. «Dov'è il signor Smith, posso vederlo?» «Non è in casa, ma perché lo vuole vedere?» insisté la signora Smith, con voce un po' preoccupata. «Oh, niente di grave, volevo solo parlargli qualche minuto. Giusto un paio di domande.» «È lei quello che ha telefonato per lui ieri notte? È lei quello che gli aveva offerto quel lavoro?»
«Esatto, è per questo che volevo vederlo,» bluffò Dolan con noncuranza. «Ma di che lavoro si tratta? E ora dov'è?» La voce della donna era allarmata. «Signora, non è che ha una sua fotografia? Non vorrei aver sbagliato persona.» «Ma signore, cosa è successo? Che ha fatto?...» «Ora non si preoccupi signora Smith. Non è niente di grave,» la rassicurò Dolan mostrandole il suo distintivo di vicesceriffo. «Sono dell'ufficio del dipartimento e suo figlio non è in alcun guaio. Vorrei solo essere sicuro che lui è l'Arnold Smith che sto cercando.» La donna lo guardò dubbiosa, per un attimo. Poi, forse convinta, si allontanò e scomparve in una stanza. Dolan si accese una sigaretta e notò con sorpresa che il palmo della sua mano era fradicio, come se lo avesse appena immerso nell'acqua. La donna tornò in fretta e gli porse una fotografia. Dolan la scrutò con attenzione. «È questo Arnold Smith?» «È lui. È mio figlio.» «Mi dispiace di averle causato tutto questo disturbo, signora,» Dolan scosse il capo, rendendo la fotografia alla donna «Ma non è lui. Questo non è l'uomo che sto cercando. Grazie infinite.» Si congedò e uscì, domandandosi fra sé e sé se aveva fatto bene a mentire a quella poveretta. Riattraversò il viadotto e si fermò a un drugstore per bere una coca. Da lì telefonò in ufficio. Bishop non aveva novità di rilievo. Era passato Ox Nelson, che aveva bisogno di parlargli. E poi era arrivata una raccomandata della signora Marsden, che lo ringraziava per l'assegno con cui aveva saldato il debito. Il timbro era di Los Angeles. Sì, Myra era lì che lavorava sul pezzo. Gli chiese come era andata con Arnold Smith e Dolan rispose che non lo aveva trovato, ma che aveva parlato con la madre. E comunque era una storia lunga e gliela avrebbe raccontata al ritorno. Attaccò e compose il numero della centrale di polizia. Chiese del tenente Nelson. Il tenente sembrò sollevato nel sentirlo. Aveva da parlargli in privato di una faccenda importante. Era meglio che si incontrassero subito. No, non si poteva rimandare. C'era un tono perentorio nella voce di Nelson e Dolan acconsentì. Sarebbe andato subito in centrale. SETTE
«Dài Mike, sii ragionevole. Non sei più un bambino, Cristo!» fece Nelson alzandosi dalla scrivania e guardando Dolan. «Come l'hai saputo?» domandò Dolan. «Saputo? Sono il capo della squadra politica, no? Come credi che abbia fatto?» «Balle,» fece Dolan. «Chi te lo ha detto?» «Sono io che faccio le domande. Non ti deve interessare chi me lo ha detto. Quella ragazza e Bishop sono due maledetti comunisti ed è meglio che tu parli chiaro con loro, altrimenti li sbatto dentro per attività sovversiva.» «Tu mi dici di essere ragionevole, ma anch'io ti dico di essere ragionevole. Bishop è sempre stato così da quando lo conosciamo. E tu lo sai benissimo perché ha bazzicato la centrale per anni. Come mai tutto d'un tratto hai deciso di cacciarlo dalla città?» Tu invece rispondi a questo,» lo aggredì Nelson. «Cosa sai di quella Barnovsky?» Un bel niente. È saltata fuori all'improvviso e non si sa da dove. E tu l'hai assunta. Sei un fesso! Lo sai che è stata dentro nel Texas per aver diffuso libelli sovversivi? Lavora per Mosca. Questo non te lo ha detto, eh?» «Io ti ho solo chiesto perché tutto d'un tratto hai deciso di cacciare Bishop dalla città,» ripeté Dolan con calma. «Non sono tenuto a rispondere a domande idiote,» incalzò Nelson. «Sono io che ti dico cosa devi fare. Ascolta, Mike, tu mi sei simpatico. Qui sei simpatico a tutti. Questi due sono amici tuoi. E per riguardo a te ho voluto anticiparti quello che dovrò fare. Se vuoi evitarmi l'imbarazzo di eseguire di persona gli ordini, convincili tu.» «Ma se sei passato dall'ufficio un'ora fa, perché non lo hai fatto subito?» «Dannazione, sei duro a capire,» rispose Nelson con rabbia. «Sto tentando di spiegartelo, è per riguardo a te. Sono o non sono amici tuoi, cristo?» «Va bene, Ox. Ci penso io. Magari non servirà a niente, ma ci parlerò io con loro. Ma ora fammi un favore. Chi ha messo in piedi questa storia?» «Questo non posso dirtelo, Mike. Comunque gli ordini vengono da molto in alto.» «Gli ordini?» «Cristo! Puoi anche scherzarci, ma ti assicuro che non c'era molto da discutere.»
«Carlisle?» «Non l'ho detto.» «Non sapevo che controllasse anche il dipartimento di polizia. Credevo che Emmett lo odiasse.» «Dici tutto tu...» «E va bene,» fece Dolan sorridendo e alzandosi. Quando fu in piedi il sorriso svanì dal suo volto. «Sai Ox,» disse, «sei il più grande figlio di puttana che abbia mai conosciuto.» Nelson spalancò gli occhi e le sue labbra abbozzarono un sorriso che si trasformò in smorfia. «Dico davvero,» ripeté Dolan, «il peggiore figlio di puttana che abbia mai conosciuto.» Così dicendo si girò e uscì. Al ritorno in ufficio trovò Bud McGonagill che lo aspettava. «Ciao, Bud,» lo salutò. «Devo parlarti,» disse McGonagill. «Qui, o vuoi scendere in ufficio?» «Qui va benissimo,» tagliò corto McGonagill. «Cosa cazzo hai detto a quella vecchia di Perry Street?» «Detto? Cosa vuol dire che le ho detto?» «Non fare lo gnorri! Ha telefonato in ufficio e ha detto che un agente di nome Dolan era andato a trovarla. Per fortuna ho risposto io al telefono. Piangeva e si lamentava che qualcuno aveva fatto qualcosa a suo figlio. Ha detto che un tizio ha chiamato l'altra notte per offrirgli un lavoro. Poi è uscito e da allora non l'ha più visto. Che cazzo è questa storia?» «Ne so quanto te. Sono andato lì, da questa signora Smith, per cercare suo figlio. Le ho fatto vedere il distintivo, perché era l'unica maniera di farmi mostrare una foto dell'uomo.» «Capito?» intervenne Bishop rivolgendosi a McGonagill in tono sarcastico. Dolan fece cenno a lui e a Myra di stare zitti. «Perché diavolo volevi vedere questa fotografia?» «Per identificarlo. Magari lo avevo già visto da qualche parte.» «Lo hai riconosciuto?» «Sì, ma con la madre ho negato. Per paura che si preoccupasse...» «Be', se vuoi saperlo ora è davvero molto preoccupata. Ma chi è poi quel tizio? Ne hanno denunciato la scomparsa e ora devo ritrovarlo, ma non so da che parte incominciare.»
«Anch'io vorrei ritrovarlo, ma temo sarà un po' difficile. Si deve rimettere da un'operazioncina che gli hanno fatto ieri notte...» «Ma sai dov'è ora?» «Se lo sapessi...» «Che tipo di operazioncina?» «Prova a indovinare...» «Cristo! Ma dici sul serio?» esclamò McGonagill. «Eh già! I Crociati, i nobili Crociati...» «Dio e Patria...» canticchiò Bishop sottovoce. «Diavolo!» disse McGonagill. «Ecco cosa intendeva la vecchia.» Subito dopo che ve ne siete andati mi ha detto che aveva telefonato qualcuno dicendo di essere il tale che aveva chiamato per quel lavoro la sera prima. Ha detto che Arnold era in partenza per l'America del Sud e non aveva tempo di telefonare: aveva da fare con i suoi nuovi impegni, ma le avrebbe scritto da New Orleans. Evidentemente è questo che ha tanto preoccupato la vecchia: non riusciva a capire come mai il figlio non l'avesse nemmeno salutata.» «Lei non capiva,» intervenne Dolan, «ma noi sì. Noi sappiamo che questo vuol dire che Arnold Smith è morto...» «Secondo il calcolo delle probabilità non dovrebbe: gli uomini non muoiono per questo. Ma comunque è un casino.» «Non tutti muoiono,» disse lentamente Dolan. «Non tutti, ma Arnold Smith è morto, come è vero che io sono qui. Come è vero che il fottuto mare è pieno di fottuta acqua. Morto. Secco.» «Ma allora...» disse McGonagill. «Senti, Bud: la sola cosa che puoi fare è startene tranquillo e incrociare le dita,» riprese Dolan. «Non ti devi preoccupare di niente finché non trovano il corpo... se lo trovano. Sei stato un amico con me, e non lo dimenticherò: cercherò di tenerti fuori dal guano. Non so neppure come andrò a finire io... ma ci sono dentro fino ai capelli, e non voglio mollare proprio adesso.» McGonagill se ne andò senza dire più niente. Dolan lo vide uscire in strada, poi si chinò sulla righiera e disse: «Grissom, fai venire quei giornalisti del cavolo domani mattina presto.» Quel pomeriggio alle tre arrivarono i creditori, a due o tre alla volta, per riscuotere quanto spettava loro. Si congratularono con lui perché l'avviso sul giornale era stato grandioso. Per Dolan l'evento ebbe un sapore deludente: erano anni che aspettava quel momento, ma la cerimonia reale non
gli diede più soddisfazione dell'avviso che aveva pubblicato il giorno prima. Alla fine, anche l'ultimo se ne andò. «Sei un cattivo profeta,» commentò Myra. «Sono rimasti solo cinquemila e spiccioli.» «Lo sapevo benissimo che. sarebbe finita così,» replicò Dolan, raccogliendo il denaro e mettendoselo in tasca. «Adesso andiamo.» «Stai scherzando. Dobbiamo fare un sacco di lavoro se vogliamo andare in stampa in mattinata.» «Saremo di ritorno fra mezz'ora. Andiamo.» «Andiamo dove? Cosa ti è saltato in mente?» «Andiamo. Ci sposiamo. Io sposo te.» «Mike,» intervenne Bishop, «ti dà di volta il cervello?» «Andiamo...» ripeté Dolan. OTTO Dolan posò le bozze che stava leggendo e si alzò dal letto per aprire la porta. Era Ulysses. «Le chiedo scusa, signor Mike, ma domani c'è il trasloco, e...» «Capisco sempre quando mi vuoi chiedere dei soldi, Ulysses. Quant'è stavolta?» «Be', signore... quello dei traslochi ha detto venti dollari per due viaggi, ma credo che a noi ne serviranno quattro...» Dolan tirò fuori un biglietto da cinquanta e glielo porse, dicendo: «Questi però vanno nel trasloco, non in qualche gambalunga.» «Certo, signore. Ci trasferiamo proprio in un bel posto, sa signor Mike? Lei non l'ha ancora visto se non sbaglio.» «No. Me ne ha parlato stasera Ernst.» «Ha avuto la stanza migliore, signor Mike. Me ne sono accertato personalmente. Devo, come dire, prendermi io un po' cura di lei, dato che è così occupato.» «Va bene. Grazie, Ulysses. Adesso fila.» «Sissignore,» fece Ulysses uscendo. «Le farò trovare la stanza pronta per domani notte. Fa effetto, signore,» disse poi fermandosi sulla porta, «ma domani sera a quest'ora non resterà molto in piedi di questa vecchia casa. Hanno cominciato a tirare giù l'altra estremità oggi pomeriggio.» Dolan si immerse nuovamente nelle bozze e pochi minuti dopo entrarono Bishop e Myra.
«La seconda signora Dolan,» disse Bishop con solennità, tenendo la mano di Myra, «riportata al letto del suo padrone sana e salva, e con la pancia piena di sandwich al prosciutto e frappé... come una dannata capitalista.» «Questa roba mi sembra vada bene,» disse Dolan indicando le bozze. «Voi cosa ne pensate?» «Una bomba,» rispose Bishop. «Ma cristo, è una storia che non ha neanche bisogno di essere scritta bene. È roba così grossa che tira da sola. Novità dalla signora Smith?» «L'ho chiamata poco fa. Lei non ha sentito nessuno. Per forza, il tipo è morto. Quando tiriamo fuori la storia vedrai che troveranno il corpo.» «Se non l'hanno cremato,» osservò Myra. «Ci ho pensato. Poi ho deciso di no, non avrebbero fatto questo. È omicidio.» «È omicidio comunque,» replicò lei. «A ogni modo sono contento che alla fine abbiamo incastrato Jack Carlisle. E Thomas, naturalmente. Non avrei mai sospettato di lui.» «E Crenshaw, allora? Ex presidente della camera di commercio...» «Era Carlisle a farmi prudere le mani, specie da quando Nelson...» «Nelson? Cosa c'entra Nelson?» «Adesso ci arrivo. È per questo che vi ho fatto venire qui stasera. Stamattina Nelson mi ha catechizzato...» «Su di me?» chiese Bishop. «Su tutti e due.» «Allora è per questo che ti voleva parlare.» «Difatti. Ha detto che dovete andarvene dalla città, altrimenti...» «Sta bluffando.» «No, non bluffa. Ha preso ordini da qualcuno. Cioè da Jack Carlisle. È l'inizio della sua vendetta.» «Ma perché non ce lo hai detto prima?» chiese Myra. «Oh, non volevo che vi preoccupaste. L'ho tenuto per me finché ho potuto.» «Adesso capisco perché mi hai sposata,» disse Myra. «Siediti e sta' zitta un attimo,» intervenne Bishop. «È così? È per questo che mi hai sposata?» «Insomma...» «È per questo, vero?» «Senti, la stai prendendo nel modo sbagliato,» disse Dolan cercando le parole per spiegarsi.
«Sei un bastardo,» disse Myra sferrandogli uno schiaffo in pieno viso. Dolan strinse le labbra, ma restò a guardarla senza dire nulla. Lei lo colpì di nuovo, ancora più forte. Bishop si gettò su di lei afferrandola per la vita; l'urto li fece volare entrambi sul letto. «Ti spezzo la mascella,» ringhiò Bishop. Dolan, che era rimasto immobile, gli si rivolse con voce tranquilla, dicendo semplicemente: «Ed.» Bishop si alzò in piedi. Myra si girò sullo stomaco e scoppiò a piangere. «Ed,» ripeté Dolan tirando fuori dalla tasca il rotolo di banconote, «questi sono cinquemila. Prendi la tua famiglia e va' via.» Bishop sorrise. Poi fece un ghigno. Poi si mise a ridere. «No,» rispose, scuotendo la testa. «Prendili, ho detto,» ripeté Dolan porgendogli il denaro. «No.» Con un gesto improvviso Dolan gli infilò il rotolo in una tasca della giacca, dicendo: «Cerca di usare il cervello.» «Io non mi muovo, Mike,» ribatté Bishop. Si tolse di tasca il denaro. «Riprendi questa roba o voglio crepare se non la butto dalla finestra.» Myra aveva smesso di piangere e si era alzata a sedere. «Aspetta un momento, Ed. È per i bambini. So che hanno bisogno di un sacco di cose... è per le medicine, i dottori e tutto quanto.» La mano tesa ricadde lungo il fianco di Bishop. «Io resto,» ripeté ostinatamente. «Porta i soldi a tua moglie. Dille che sono per...» «Va bene. Ma resto.» «Sei un fottuto pazzo.» Il telefono squillò. «Vado io?» chiese Bishop. Dolan annuì e l'altro uscì dalla stanza. «Alzati e smettila di comportarti come una sciocca,» disse Dolan. «Per amor del cielo, non volevo farti niente di male. Cercavo solo di aiutarti.» «Stavo chiedendomi una cosa prima,» rispose lei. «Ti spiace se do un'occhiata alle tue mani?» Dolan si avvicinò e le porse le mani; lei le voltò e osservò i palmi. Poi alzò lo sguardo su di lui, sorridendo con gli occhi ancora pieni di lacrime. «Che diavolo...?» chiese lui, sconcertato. «Cercavo i segni delle unghie.» Bishop rientrò nella stanza eccitatissimo: «Per poco non mandavo tutto a puttane. Le ho detto che non c'eri. È in linea.»
«Lei chi?» «La signora Smith. Vuole parlare con te.» Dolan si precipitò fuori, e Bishop si rivolse a Myra con aria di rimprovero: «Non vorrai fare la stupida per tutta la vita. Mike è il più fantastico figlio di puttana in circolazione. E poi è innamorato di te.» «Ha uno strano modo di dimostrarlo,» replicò Myra. «Be', lo è comunque. Perché non provi ad andarci d'accordo?» «Ci proverò.» «Dovrei prendere le vostre teste e sbatterle una contro l'altra.» Dolan rientrò di corsa con gli occhi che gli scintillavano. «Arnold Smith è tornato a casa,» disse ansante. «È appena arrivato. Questo taglia la testa al toro. So che ci aiuterà. Vado subito a fare due chiacchiere con lui.» «Vuoi dire che andiamo tutti,» disse Bishop. «Vieni anche tu?» chiese Dolan a Myra, con un'ombra di incertezza nella voce. «Certo che vengo.» «Così va meglio,» commentò Bishop, «ora sbrighiamoci.» NOVE Nel tardo pomeriggio il Cosmopolite sparò fuori tutta la storia, nomi e fatti. Dolan aveva ritardato di proposito la distribuzione oltre le quattro, per essere sicuro che redattori e tipografi dei giornali pomeridiani avessero concluso la giornata. Non voleva rischiare di vedersi lo scoop plagiato su qualche ultima edizione: CITTADINI IN VISTA A CAPO DEI CROCIATI JACK CARLISLE E CRENSHAW DIETRO LA BANDA DEGLI INCAPPUCCIATI CHE MUTILANO UN UOMO DI BAY SHORE SENSAZIONALI RIVELAZIONI SU UNA SOCIETÀ SEGRETA SUL COSMOPOLITE - IN VENDITA ADESSO Questo strillavano i manifesti affissi in tutta la città. Dolan cercò di comprare uno spazio di cinque minuti sulle tre stazioni radio locali, offrendosi di pagare per un normale spazio di un quarto d'ora; ma ogni volta che spiegava il contenuto del suo comunicato gli rispondevano di no. Si sentiva bruciare dall'odio, e voleva che tutta la città sapesse. In effetti,
prima delle sei di sera nessuno parlava d'altro: la gente confabulava per strada, le linee telefoniche ronzavano, le telescriventi ticchettavano... Se Arnold Smith fosse stato mutilato da una banda di sconosciuti, la notizia avrebbe fatto ugualmente una grande impressione, ma con i capi che erano personalità cittadine, e i loro nomi sparati in un titolo a tutta pagina, diventava esplosivo ad alto potenziale. Con un solo pugno Dolan aveva mandato a gambe all'aria la città. Era solo in ufficio quando sentì armeggiare alla porta sul retro; andò ad aprire e si trovò davanti la versione sconvolta di Bud McGonagill. «Cristo santo, devi andartene da qui,» disse il poliziotto. «Arrivo giusto dal tribunale, dove il giudice Pentland ha convocato una seduta speciale del Gran Giurì. In questo momento staranno andando a palazzo di giustizia.» «Bene, proprio quello che volevo,» disse Dolan. «Così potrò parlargli.» «Rimanda a domani mattina, invece, e intanto nasconditi da qualche parte. Prendi tempo e cerca di dare solidità alla tua posizione.» «Ma se è solida da fare schifo! È tutto sul giornale, e poi abbiamo nascosto Smith in un posto sicuro, da dove posso farlo uscire al momento opportuno. Siamo pronti.» «Ma per amor del cielo, Mike, vuoi ascoltarmi? Sto cercando di evitarti dei guai... Intendono spiccare contro di te un mandato di comparizione immediato. Non devi andare in tribunale stasera. Non si sa che cosa può succedere.» «Senti, Bud...» «Senti tu, brutto testardo figlio di puttana! Non puoi andarci stasera. Aspetti fino a domani mattina, poi mi telefoni, e io e i miei uomini veniamo a guardarti le spalle. Cristo, sembra che tu non capisca... hai rivoltato questa città come un guanto; hai tirato fuori nomi che nessuno si sarebbe mai sognato... nomi di giudici, persino un deputato. Adesso non puoi rimanere qui.» «E va bene,» concluse Dolan, «me ne vado. Ma vado a casa mia. Ma cristo, se qualcuno vorrà provarci, gli farò vedere che non ho dimenticato come si usa una pistola.» «Me ne frego di dove cazzo vai... ma esci di qui. Questo è il primo posto dove ti cercheranno.» «D'accordo, Bud. Grazie. Ora è meglio che vai.» «Mi giuri che uscirai da qui?» «Il tempo di mettermi il cappotto.»
«E che domani mattina per prima cosa mi chiami?» «Giuro. Anche questo.» «Ti venga un canchero, che cos'hai da ridere? Credi che stia scherzando? Non capisci che Carlisle se ne fotte di quello che c'è scritto sul giornale se riesce a impedirti di deporre? Ci si pulisce, con il tuo giornale!» «Va bene, ci si pulisce.» «Mike, non posso più stare qui.» «Va bene, Bud, vai avanti. Non credo che tu stia scherzando, vai tranquillo. Prendo il cappotto ed esco. Dovevo aspettare qui Grissom, Bishop e Myra per le sette, ma vado subito.» «Bene, ciao allora.» «Ciao.» Dolan seguì con lo sguardo l'altro che usciva dal retro; poi salì al piano di sopra, si infilò il cappotto e telefonò al suo nuovo numero. Rispose Ulysses, e disse che certo, miss Myra era proprio lì. «Ciao, tesoro,» disse Dolan. «Ascolta: è appena andato via McGonagill, tutto eccitato per quello che sta succedendo in tribunale. Ci sarà una seduta speciale del Gran Giurì sulla faccenda dei Crociati, e non vuole che io mi presenti stasera... dice di aspettare domani mattina quando potrà garantirmi protezione. Strana la vita, eh?... Cristo, ma sei peggio di lui... Ma che diavolo, no, non sono spaventato, è quello che volevo. Comunque, avverti Bishop e Grissom che non devono tornare qui, digli che ci vediamo da noi. Ti piace la casa nuova? Bella, eh?... Ma sì, vengo via subito. Ciao, angelo.» Dolan riattaccò e spense le luci dell'ufficio; poi si diresse verso l'ingresso principale. Spense la luce sulla strada e fece per uscire, ma cambiò idea e fece dietrofront verso l'uscita sul retro. Uscì sbattendo la porta, e si avviò nel vicolo che portava al parcheggio. Girando l'angolo l'oscurità lo fece inciampare in una scatoletta scivolata dal mucchio di rifiuti ammonticchiati sul retro di un bar di infimo ordine. Prima di riprendere l'equilibrio si trovò a sbattere contro un bidone delle immondizie senza il coperchio, e sentì il puzzo rancido delle bucce di pomodoro e dei fondi di caffè. «Porca puttana!» esclamò, non perché era inciampato, ma perché il tanfo era nauseabondo. Fondi di caffè... «Ma guarda,» si disse mentalmente; poi udì un lieve rumore alle sue spalle e per qualche ragione incomprensibile di colpo si sentì terrorizzato come non era mai stato in vita sua; era un terrore disumano, da animale braccato. Prima che riuscisse a muoversi si sen-
tì toccare da dietro la falda del cappello e seppe di colpo che stava per accadergli una cosa orribile, che non era che a un soffio dalla morte. La fine del vicolo con il minuscolo punto luminoso che significava salvezza era lontana un milione di miglia. Un urlo di terrore gli salì dalla gola, ma prima che la voce uscisse sentì i timpani che gli esplodevano e il punto di luce, cioè no, tutto il vicolo, gli venne addosso a una velocità spaventosa, rosso e rombante e assolutamente inarrestabile. Sapeva che lo stavano ammazzando, eppure la sola cosa che gli riuscisse di pensare era: e se invece Myra quel giorno si fosse fermata a bere il solito caffè? Poi la sommità della testa gli volò via, e Dolan crollò faccia a terra contro il bidone della spazzatura, sforzandosi disperatamente di trattenere il naso con le mani. FINE