PUBBLICAZIONI DEL DIPARTIMENTO DI DIRITTO ROMANO E STORIA DELLA SCIENZA ROP/IANISTICA DELL'UNIVERSITÀ' DEGLI STUDI DI NA...
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PUBBLICAZIONI DEL DIPARTIMENTO DI DIRITTO ROMANO E STORIA DELLA SCIENZA ROP/IANISTICA DELL'UNIVERSITÀ' DEGLI STUDI DI NAPOLI « FEDERICO II * VI
FRANCESCA LAMBERTI
«TABULAE IRNITANAE» MUNICIPALITÀ' E « IUS ROMANORUM »
CASA EDITRICE DOTT. EUGENIO JOVENE NAPOLI 1993
—
Opera accolta nella collana su proposta dei professori Vincenzo Giuffrè e Luigi Labruna e pubblicata con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche
DIRITTI D'AUTORE RISERVATI
i Copyright 1993 by Casa editrice Jovene - Napoli
Stampato in Italia
Printed in Italy Cecom snc - Bracigliano (Sa)
INDICE SOMMARIO Presentazione
p.
1
CAPITOLO PRIMO
LO STATUTO MUNICIPALE DELINEATO DALLA «IRNITANA» 1. lus Latii' e province: lo stato della dottrina antecedente la scoperta della lex municipalis ed il dibattito sui 'dati nuovi* forniti dsR'Irnitana » 2. Municipalità e ius honorum nella Hispania ulteriori il caput 21 della legge » 3. Il corpus decurionum (capp. 30-31, 39-43): la composizione, i compiti, l'importanza politica » 4. I decreta del senato municipale: emanazione, pubblicità, ca ducazione » 5. Le cariche municipali alla luce di Irn. 19 e 20, e di Salp. e Irn. 21-29 » 5.1. Il duovirato » 5.1.1. Manumissio apudllvirum » 5.1.2. Il potere di datio tutoris » 5.1.3. Altre competenze duovirali » 5.2. L'edilità » 5.3. La questura » 5.4. Conseguenze giuridiche dell'acquisto per honorem della civitas, alla luce di Irn. 22 e 23 » 55. La prefettura » 6. Le elezioni nei municipia Flavia: in particolare sulla presta zione di garanzie da parte dei neomagistrati »
17 26 32 45 51 51 54 57 64 64 67 69 74 78
VI
INDICE SOMMARIO
CAPITOLO SECONDO
ASPETTI PARTICOLARI DEL REGIME MUNICIPALE ALLA LUCE DELLA «IRNITANA» 1. L"urbanistica' nei municipia. Demolizione e ricostruzione di aedificia, realizzazione di opere pubbliche 2. La finanza municipale: 2.1. Le Voci attive' del 'bilancio' municipale: appalti (in parti colare la riscossione di imposte), irrogazione di multae, altre fonti di introito 2.2. H 'passivo' di 'bilancio': le principali voci di spesa 2.3. L'obbligo di reddere rationem dei magistratus municipii 3. La 'burocrazia' municipale 3.1. I legati municipii 3.2. Ipatronimunicipii 3.3. Gli scribae (e altre figure di apparitores)
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85 96
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96 108 116 129 129 133 135
CAPITOLO TERZO
LA «IURISDICTIO» PROVINCIALE NEL MODELLO DELLA «IRNITANA» 1. La giurisdizione municipale. Irn. 91 e il rapporto fra la lex municipii e la legislazione procedurale augustea 2. La iurisdictio dei magistrati municipali: ripartizione di com petenze, limiti e particolarità 2.1. Ipraeiudicia de capite libero 2.2. Le azioni esperibili dinanzi al governatore 3. Scelta ed assegnazione dei giudicanti 3.1. Iudex unus: redazione dell*album, nomina, cause di incapa cità e di excusatio 3.2. Iudices recuperatores: designazione, ambito d'intervento. Le 'novità' in materia contenute neWIrnitana. 4. I 'tempi' della procedura nei municipia: il 'calendario' giudi ziale 5. Uintertium 6. Ladiffissio ed ü lis damni ludicifieri 7. La mors litis ^
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148 149 153 167
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180 185 191 196
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INDICE SOMMARIO
CAPITOLO QUARTO
STATUTI MUNICIPALI E «FJS ROAMANORUM>>: FRA PRASSI E SISTEMA 1. Il dibattito dottrinale sulla esistenza di una lex municipslis modello 2. La supposta lex lulia procedurale per i municipia 3. Il carattere di leges datae delle leges municipiorum. Le ipotesi sulla loro fattura 3.1. Uaddendum di Domiziano: un indizio 3.2. La ricerca dei materiali normativi confluiti ndì'Irnitana: elementi che se ne ricavano 3.3. Una proposta in ordine a tecnica di redazione e funzione pratica degli statuti municipali. La 'sistematica' nelle leggi còloniarie e municipali 4. Le leggi municipali come momento di fusione fra istanze lo cali e ius Romanorum 5. L'eventualità di conflitto fra statuto municipale e norma ro mana 6. L'interpretazione giurisprudenziale delle leges municipiorum 7. Il profilo dell'ignorantia iuris. Spunti e conferme per più ge nerali ipotesi ricostruttive
p. 201 » 208 » 220 » 224 » 227
» 233 » 239 » 245 » 251 » 257
LA LETTURA DEL DOCUMENTO I.
Il testo
» 265
E.
Frammenti di leggi municipali d'età imperiale a) Lex municipiiItalicensis b) Lex municipii Villonensis e) Lex municipii Ostipponensis d) Fragmenta Lauriacensia e) Fragmenta obscurae legis municipii
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:..
375 377 379 383 385 387
IH. Lessico
» 389
IV. Bibliografia
» 567
Indice degli autori
» 579
Indice delle fonti
» 587
Vorrei esprimere la mia sincera gratitudine alle persone che — con il loro affettuoso interessamento — hanno fornito impulso e sostegno al presente studio: in primo luogo, il Pro fessore Antonio Guarino, che ha benevolmente seguito ogni fase di questa mia ricerca. Un'attenta lettura del manoscritto ha suscitato numerosi, essenziali rilievi da parte dei Professori Luigi Labruna e Tullio Spagnuolo Vigorita; non meno rilevanti gli apporti dei Profes sori Giuseppe Camodeca e franco Salerno su singoli aspetti dell'indagine. Fondamentale anche il sostegno e l'interessa mento del Professor Andreas Wacke, dell'Università di Colo nia. Cosimo Cascione e Giovanni Papa mi hanno affiancato con amicizia nella rilettura del testo, non risparmiandomi os servazioni e preziosi consigli. La costante, affettuosa presenza del mio maestro, Vin cenzo Giuffrè, mi è stata di indispensabile stimolo e ispira zione: a lui, e, con la dedizione di sempre, ai miei genitori, sono dedicate queste pagine. Napoli, 18 febbraio 1993
Presentazione Le circostanze della scoperta delle sei tabulae bronzee contenenti buona parte del testo della cosiddetta lex Imitana sono note *. Il ritrovamento avvenne — grazie a metal1
La prima notizia del ritrovamento è stata fornita da Teresa Giménez-Candela, in una conferenza tenuta nel febbraio 1983 presso lTnstitut de Droit Ro main dell'Università di Parigi, il cui testo è ora riprodotto in RIDA. 30 (1983) 125 ss., La «Lex Irnitana». Une nouvelle loi municipale de la Bétique. Ad essa ha fatto seguito una serie di articoli del d'Ors: «Litern suam facete», in SDHI. 48 (1982, ma 1983) 368 ss.; La nueva copia irnitana de la «lex Flavia municipalis», in AHDE. 53 (1983) 5 ss.; Nuevos datos de la ley Irnitana sobre jurisdicción municipale in SDHI. 49 (1983) 18 ss.; Una nueva lista de acciones infamantes, in Sodalitas. Scritti Guarino 6 (1984) 2575 ss.; De nuevo sobre la ley municipale in SDHI. 50 (1984) 179 ss.; La ley Flavia municipale in AHDE. 54 (1984) 179 ss. Notizia della scoperta è anche in SPITZL, «Lex municipii Malacitani» (München 1984) XII, il quale non ha potuto tuttavia servirsene ai fini della propria dissertazione di dottorato. L'edizione criticamente commeritata del testo è apparsa a cura di GONZALEZ (FERNANDEZ) e CRAWFORD, The «Lex Irnitana»: A New Copy of the
Flavian Municipal Law, in JRS.- 76 (1986) 147 ss. (su cui ree. di SIMSHÄUSER, in ZSS. 107 [1990] 543 ss., LURASCHI, in SDHI. 55 [1989, ma 1990] 349 ss., TALAMANCA, in BIDR. 90 [1987, ma 1990] 583 s.). Ad essa ha fatto seguito (ma si v. più ampiamente infra, nella sezione Documenti) D'ORS A., D'ORS X., «Lex Irnitana» (Texto bilingue) («Cuadernos Compostelanos de Derecho Romano» 1, Santiago de Compostela 1988). All'ulteriore edizione dell' Irnitana, di recente ap parsa, a cura del GONZALEZ FERNANDEZ, Bronces juridicos romanos de Andalucia (Sevilla 1990) 51 ss., si farà soltanto sporadico riferimento (per la minore ac curatezza della pubblicazione, che presenta purtroppo numerosi erjori di stampa). Per ulteriori particolari sull'assetto materiale delle tavole, nonché per tutti i dettagli di ordine tecnico-paleografico ed archeologico, si fa rinvio a FER NANDEZ, D E L AMO, La «lex Irnitana» y su contenuto arqueológico (Sevilla 1990) 29 ss., ove è contenuta un'ulteriore edizione della lex (priva tuttavia delle inte grazioni testuali e delle correzioni usuali, in quanto tesa ad una riproduzione fe dele del solo contenuto materiale delle tabulae). L'edizione del CHASTAGNOL, «Lex Irnitana»e con traduzione francese del L E ROUX, in AE. (1986) 87 ss., non
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PRESENTAZIONE
detectcrs azionati da cercatori clandestini di monete anti che 2 — nella primavera del 1981, in una località chiamata Las ErrÌ2as, a 5 chilometri da Ei Saucejo e 3 da Àlgamitas 3 , nel cuore della Betica romana, l'odierna Andalusia, ovvero (per un riferimento più direttamente romanistico) a 12 chilo metri da quella Osuna, anticamente Urso, sede della colonia Geneivva lidia 4. Il testo della legge di Irni 3 — per buona parte non corrispondente a quello di analoghi statuti di mu nicipio, in nostro possesso — ha destato l'interesse di un gran numero di autori, dando vita, nel volgere di pochi anni, ad una nutritissima serie di studi 6 , la sola consultazione della
si discosta sensibilmente dall'edizione del Journal. 2 II 'mercato nero' dei reperti d'età romana pare, in Spagna, purtroppo assai fiorente: assai spesso, è noto, reperti di straordinaria importanza, quali ap punto tabulae bronzee, epigrafi e monete, approdano in collezioni private, e la loro esistenza è resa nota solo a notevole distanza di tempo dal rinvenimento, rendendo a volte impossibilerisalireal luogo ed alle modalità della scoperta. 3 Situata su una collina di circa cinquecento metri d'altezza, la località si .trova in posizione strategica, circondata com'è dal fiume, il Rio Corbones, che la rende accessibile solo da un lato: per i particolari, si cfr. FERNANDEZ, DEL AMO, o. e. 13. 4 Nel raggio di 20 chilometri si ha, in questa zona, la più alta densità iberica di comunità governate secondo gli schemi romani coloniali o municipali: proce dendo da nord verso sud, e citando solo alcuni dei centri principali, Munigua, Arva, Axati, Igabrum, Astigi, Oningi, Ostippo, Urso, Villo, Irni, Sabora. Si cfr., per un elenco dettagliato delle comunità della Betica romana, GALSTERER, Untersuchungen zum römischen Städtewesen auf der iberischen Halbinsel (Berlin 1971) 105 ss. 5 Sulla probabilità che il nome fosse Irni (e non Irnium), a somiglianza di quello di numerose altre cittadine iberiche dell'epoca (Astigi, Tucci, Iptuci e via dicendo) si v. D'ORS, Nuevos datos cit. 19 nt. 3. 6 Fra gli ormai numerosissimi contributi, oltre quelli ricordati retro, nelle ntt. precedenti: GONZALEZ (FERNANDEZ), LOS «munictpia civium romanorum» y la «lex Irnitana», in Habis 17 (1986) 221 ss.; ID, El «ius Latii» y la «lex Irnitana», in Athenaeum 85 (1987) 317 ss.; BIRKS, A New Argument for a Narrow View of «Litern suam facere»y in T. 52 (1984) 373 ss.; ID., New Light on the Roman Legai System: the Appointment of Judgest in Cambridge Law Journal 47 (1988) 36 ss.; GALSTERER, La loi municipale des Romains: chimère ou realità?, in RHD. 65 (1987) 181 ss.; ID., Municipium Flavium Irnitanum: a Latin Town in Spain, in JRS. 78 (1988) 78 ss.; GIMENEZ-CANDELA, La «Lex Imitano» cit. 125 ss.; ID., Una contribucción al estudio de la ley Irnitana: la manumisión de esclavos municipalesy in Iura 32 (1981, ma 1984) 37 ss.; ID., La contribution des tablettes
PRESENTAZIONE
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quaie incomincia ad essere troppo onerosa per il ricercatore.
pompeiennes au droit romain, in Puteoli 7-8 (1983-1984) 71 ss.; ID., Manurnisión en provincias. in Novedades de epigrafia juridica romana Actas del Coloquio Intern&cional AIEGL. Pamplona 9-11 aprile 1987 (Pamplona 1939) 217 ss.; ID., Los llamados cuasideliios (Madrid 1990) part. 25 ss.; CREMADES, PARI CIÒ, La responsabilidad dei juez en derecho romano cldsico, in AHDE. 54 (1984) 179 ss.; PARICIÒ, Nota minima sulla sicurezza giuridica in Roma, in AA.W. (a cura di SARGENTI e LURASCHI), La certezza del diritto nell'esperienza giuridica romana Atti del Convegno di Pavia 26-27 aprile 1985 (Padova 1987) 191 ss.; LE ROUX, Municipe et droit latin en Hispania sous l'Empire, in RHD. 64 (1986) 325 ss.; ID. «MUnicipium latinum» et «municipium Italiae»: à propos de la «lex Imitane», in Epigrafia. Actes du Colloque en memoire de Attilio Degrassi («Coli. Ecole Franchise» 143, Roma 1991) 565 ss.; ID., Le juge et le citoyen dans la loi du municipe d'Imi, in Cahiers du Centre Gustave Glotz. IL Du pouvoir dans VAntiquité: mots et réalités (Paris 1991) 99 ss.; CROOK, JOHNSTON, STEIN, Intertiumjagd and the «Lex Ir-
nitana», in ZPE. 70 (1987) 173 ss.; JOHNSTON, Three Thoughts on Roman Private Law and the «Lex Imitana», in JRS. 11 (1987) 62 ss.; MOURGUES, The so-Called Letter of Domitian at the End of the «Lex Imitana», ibid. 78 ss. (sui lavori di John ston e Mourgues, si v. TALAMANCA, Re. al JRS. 11 [1987], in BIDR. 91 [1988, ma 1992] 845 ss.); WOLFF, Re. a SPITZL, «Lex municipii Malacitani» cit., in ZSS. 104 (1987) 723 ss.; MURGA GENER, Posible signifìcación del trinomio «actio, petitio persecutio» en las leyes municipales romanas, in Estudios d'Ors (Pamplona 1988) 889 ss.; ID., Las acciones populäres en el municipio de Imi, in BIDR. 88 (1985, ma 1988) 209 ss.; HONORÈ, Ulpian's Method and the «Lex Imitana», in Est. Iglesias 3 (Madrid 1988) 1433; KRANZLEIN, Fragen des kaiserzeitlichen Städtewesen auf Grund neuer Funde auf der Iberischen Halbinsel, in Recht und Geschichte. Fs. Baiti (Graz 1988) 373 ss.; ID., Statuswechsel nach der «lex Imitana», in Tradition und Fortentwicklung im Recht. Fs. von Lübtow (Berlin 1991) 45 ss.; ID., «Sine iniuria privatorum», in «Vestigia iuris romani». Fs. Wesener (Graz 1922) 279 ss.; MENNELLA, Sui.prefetti degli imperatori e dei Cesari nelle città dell'Italia e delle province, in Epigraphica 55 (1988) 65 ss.; ID., I prefetti municipali degli imperatori e dei Cesari nella Spagna romana, in Epigrafia juridica cit. 377 ss.; NICOLS, On the Standard Size of the «Ordo Decurionum», in ZSS. 105 (1988) 712 ss.; HoRSTKOTTE, Decurionat und römisches Bürgerrecht nach der «lex Imitana», in ZPE. 78 (1989) 169 ss.; AMARELLI, Trasmissione, rifiuto, usurpazione. Vicende del potere degli imperatori romani (Napoli 1989) 140 ss.; HANARD, Note a propos des «leges Salpensana» et «Imitana»: faut-il corriger l'enseignement de Gaius?., in RIDA. 34 (1987, ma 1989) 173 ss.; CURCHIN, The Locai Magistrates of Roman Spain (Toronto 1990) passim-, SIMSHÄUSER, La Jurisdiction municipale à la lumière de la «lex Imitana», in RHD. 67 (1989) 619 ss.; ID., Re. a GONZALEZ, The «Lex», D'ORS A., Ley Flavia, D'ORS A., D'ORS X., «Lex Imitana», in ZSS. 107
(1990) 543 ss.; ID., Stadtrömisches Verfahrensrecht im Spiegel der «lex Imitana», in ZSS. 109 (1992) 163 ss.; DOMINGO, Sponsio in probrum, ibid. 419 ss.; MAN CINI, «lus Latii» e «ius adipiscendae civitatis romanae per magistratum» nella «lex Imitana», in Index 18 (Omaggio a F. De Martino) (1990) 367 ss.; LURASCHI,
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PRESENTAZIONE
La pubblicazione delle tabtdae è stata travagliata. Nelle more della messa a punto di un'edizione critica 7 , Alvaro d'Ors aveva anticipato, in numerosi articoli 8 , gran parte dei dati emergenti dalle lamine di Irni; aveva inoltre fornito una trascrizione commentata della legge 9 , purtroppo imprecisa in alcuni punti, essendo l'autore costretto a lavorare su foto-
Sulla «lex Irnitana», in SDHI. 55 (1989, ma 1990) 349 ss.; ZECCHINI, Plinio il Vecchio e la «lex Flavia municipalis», in ZPE. 84 (1990) 139 ss.; FEAR, «Cives Latini», «servi publici» and the «lex Irnitana», in RIDA. 37 (1990) 149 ss.; RODGER, The Jurisdiction of Locai Magistrates: Chapter 84 of the «Lex Irnitana», in ZPE. 84 (1990) 147 ss. e ID., The «Lex Irnitana» and Procedure in the Civil Courts, in JRS. 81 (1991) 74 ss.; LAMBERTI, Alcune riflessioni in tema di «litem suam facere», in Labeo 36 (1990) 218 ss.; PEPPE, L'editto di Cicerone in Calcia, ibid. 37 (1991) 14 ss. part. 73 ss.; RIBAS-ALBA, La «lex Irnitana»: estructura politica y aspectos jurisdiccionales, in Homen. Valls i Taberner 18 (Barcelona 1991) 5419 ss.; LAFFI, Le funzioni giudiziarie dei senati locali nel mondo romano, in Rendic. Acc. Lincei (CI. se. mor. stor. e filol.) 8.44 (1991) 73 ss.; CASTILLO, El progreso de la epigrafia romana en Hispania (1983-1987), in Emerita 59 (1991) 225 ss.; MENTXAKA, Algunas consideraciones sobre el «crimen de residuis» a la luz de la legislación municipal, in RIDA. 37 (1990) 247 ss.; ID., Sobre el capitulo 73 de la «lex Irnitana», in Labeo 38 (1992) 63 ss.; DE MARTINO, «Litem suam facere», in BIDR. 91 (1988, ma 1992) 1 ss.; STURM, «Civitatem Romanam consequi» et la protection des droits acquis dans la «lex Irnitana», in Fs. Wesener cit. 481 ss.; LA ROSA F., La «lex Irnitana» e la nomina del giudice, in Iura 40 (1989, ma 1992) 63 ss.; CARDILLI, Designazione e scelta del «iudex unus» alla luce della «lex Irnitana», in Rendic. Acc. Lincei (CI. se. mor. stor. e filol.) 9.3 (1992) 37 ss.; DE BERNARDI, «Lex Irnitana LXXXIV-LXXXV-LXXXIX». Nuovi spunti per una riflessione sulla «sponsio» nel processo romano, in «Testimonium amicitiae». St. Pastori (Milano 1992) 95 ss.; LEBEK, Textkritisches zur «lex Irnitana», in ZPE. 93 (1992) 297 ss. Si v. altresì CRAVFORD, The Laws of the Romans: Knowledge and Diffusion, LAFFI, I limiti della competenza giurisdizionale dei magistrati locali e GABBA, Riflessioni sulla «lex Coloniae Genetivae luliae», contributi apparsi tutti nel volume AA.W., Estudios sobre la Tabula Siarensis («Anejos de Archivo Espanol de Arqueologìa» 9) (Madrid 1988) 127 ss., 141 ss., 157 ss.; le «ponencias» dedicate aìl'Imitana nel corso della 54a sessione della SIHDA. (Siviglia 2-5 ottobre 1990), per le quali si rinvia alla cronaca della MANCINI, La SIHDA. a Siviglia, in Labeo 37 (1991) 146 ss.; ho inoltre notizia di alcuni seminari siili'Irnitana tenuti nel 1992 a Napoli dal Prof. Galsterer, ed a Trieste dai Professori Kränzlein e Rainer. 7 Pubblicata (retro, nella nt. 1) solo a cinque anni di distanza dalla scoperta del documento, a cura di GONZALEZ e CRAWFORD, The «Lex» cit. 148 ss. 8 Retro, nella nt. 1. 9 La ley Flavia municzpal (Texto y comentario) (Pontifìcia Università Lateranense, Roma 1986).
grafìe 10. A seguito dell'edizione critica pubblicata dal Gon zalez nel Journal of Roman Studies n , Alvaro d'Ors, con la collaborazione del figlio Xavier, ha allestito una nuova edi zione del testo legislativo, completa di traduzione spa gnola 12, «dove corregge gli errori suoi e, a volte, anche al trui, insinuando il sospetto che il documento vada ancora esplorato e meditato» lp . Il presente lavoro è teso ad un riesame organico del do cumento che tenga conto dei contributi intercorsi dalla pub blicazione ad oggi, ad un suo inquadramento ed all'appro fondimento — nonché, talora, all'enucleazione — di talune delle problematiche da esso scaturenti, di ordine sia partico lare che generale. Ho ritenuto opportuno, al fine di non ap pesantire il discorso, non riportare il testo della legge ogni volta che occorresse farvi riferimento, fornendo invece, nella sezione che chiude questa ricerca, una riedizione della lex Ir ritano14, completa della mia lettura' e di un apparato critico. Veniamo ora alla struttura materiale delle tabulae Imita rne. Sei lastre sono venute alla luce in modo quasi completo 10
Sembra che la commissione di esperti inizialmente costituitasi per la edi zione della lex Irnitana, cui appartenevano, fra gli altri, tanto Alvaro d'Ors quanto Julian Gonzalez, nonché Sebastian Mariner e Fernando Fernàndez, non sia riuscita a trovare un punto d'accordo sulle modalità di pubblicazione del do cumento: pubblicazione resa ancora più difficoltosa dalla originaria dispersione delle tabulae in tre diversi musei spagnoli. 11
12
GONZALEZ, The «Lex» cit. 148 ss.
D'ORS A., D'Ors X., «Lex Irnitana» cit. retro, nella nt. 1. 13 LURASCHI, Sulla «lex Irnitana» cit. 351. 14 Una riedizione completa del documento mi è parsa utile anche in consi derazione degli ulteriori lavori di restauro intervenuti sulle tabulae imitane dopo il 1986 — anno della prima pubblicazione —, che hanno consentito di decifrare molti punti originariamente dubbi. Numerose varianti presenta il testo, come ora leggibile, nei confronti sia delle due edizioni curate dal Gonzalez {retro, nella nt. 1), che di quella (la sola attendibile) del d'Ors del 1988 («Lex Irnitana» cit. passim). Ho riscontrato, in taluni passaggi del testo da me esaminato, anche una non corrispondenza con la più recente edizione (valida dal solo punto di vista paleo grafico) di FERNÀNDEZ, DEL AMO, La «lex Irnitana» cit. 72 ss.
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PEESENTAZiOìNt
(di esse una sola pressoché integra, le altre costituite da più frammenti successivamente ricomposti): la III, la V e le ul time quattro (da VII a X) 15; esiste anche una serie di pic coli frammenti, con buona probabilità parti della seconda ta vola, editi soltanto di recente 16. Dimensioni medie delle ta vole sono 57-57,5 cm. di altezza, per 90 di larghezza; lo spes sore vsriä vi£ 4 à 8 inrn. ìuc uieci tubiuae originane erano pro babilmente affisse l'una accanto all'altra, a mo' di polit tico 17, in loco celeberrimo 18 del municipio. A giudicare dal materiale a nostra disposizione, ciascuna tavola doveva contenere tre colonne, ed ogni colonna da 48 a 55 linee: il documento, dunque, nella sua interezza, avrà avuto un'estensione totale di 30 colonne per più di 1500 linee. Sappiamo, da studi precedenti 19 , che la 'pubblica zione' delle leges di tradizione epigrafica avveniva probabil mente tramite l'incisione del testo su materiale bronzeo in modo da riprodurre la disposizione in colonne di un mano scritto contenuto in un rotolo papiraceo 20 : il lapicida rico piava in modo fedele linee e colonne, svolgendo, però, al momento, le eventuali abbreviazioni presenti sul papiro 21 . 15 La tab. UE si compone di una ventina di frammenti; la V è quasi intatta, presentando solo una spaccatura nell'angolo inferiore destro; la VII è divisa in 11 frammenti; la tab. VHI ne conta 15; la EX è composta di 10 frammenti; la X di 8. 16 FERNANDEZ, DEL AMO, o.e. 34 ss. Si v. anche infra, in questa Introdu zione. 17 Per una lunghezza totale di circa nove metri. 18 Irn. 95,1. 9, contenente le disposizioni per la pubblicazione della lex. 19 MALLON, LOS bronces de Osuna. Ensayo sobre la presentación material de la «Lex Coloniae Genetivae Iuliae», in Archivo Espanol de Arqueologia 17 (1944) 213 ss. e ID., LOS Fragmenta de El Rubio et leur appartenance a la «lex Coloniae Genetivae luliae», in Emerita 12 (1944) 193 ss. (= L'écriture. Recueil d'études publiées de 1937 a 1981 [CNRS. Paris 1982]: il primo dei due saggi è ivi riedito in traduzione francese) 47 ss. 55 ss.: l'ipotesi del Mallon, accettata dal FREDERIKSEN, The Republican Municipal Laivs: Errors and Drafts, in JRS. 55 (1965) 188, è ripresa anche dal GABBA, Riflessioni cit. 157. 20 Afferma il GABBA, o.l.u.c. che «questo sistema di disposizione di un testo legislativo sembra normale dall'età sillana in poi». 21 Questo è anche, presumibilmente, il motivo di alcune incongruenze nella consecutio verbale, e di errori materiali quali, ad esempio, lo scioglimento della sigla h.l. in hac lege invece di hanc legem (Irn. 44 1. 51, 67 1. 43, 74 1. 1, 81 1. 23, 93 1. 2).
PRESENTAZIONE
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Le lastre, originariamente custodite in tre diversi musei spagnoli 22 (a causa del rinvenimento non contemporaneo di esse sui 'mercato' delle antichità), sono attualmente riunite presso il Museo Arqueológico Provincial di Siviglia 23. Ogni tavola reca in margine un numero, che permette di classificarle come III, V, VII, Vili, IX e X. I capitoli, per converso, non hanno numerazione. Data la corrispondenza, tuttavia, di alcuni capita àèRIrnitana con quelli — a noi per-., venuti — delle leges Salpensana e Malacitana24 (i quali, in vece, recano una numerazione progressiva), è apparso op portuno contrassegnare anche i capita della legge di Imi 2 3 .
22 Le tavole EU, V e Vili vennero inizialmente collocate nel Museo Ar queológico Provincial di Siviglia (oltre ad alcuni frammenti della VE), parte della VII e la X nel Museo Arqueológico Provincial di Huelva e la EX nel Museo Ar queológico Nacional di Madrid (D'ORS, La nueva cit. 5 e FERNANDEZ, D E L A M O , op. cit. 14). 23 Ivi ho potuto infatti prendere visione personalmente del testo di legge, grazie alla cortesia di Don Fernando Fernandez, direttore del Museo Arqueoló gico di Siviglia, e del Prof. Fernando Betancourt. 24 La tabula denominata Salpensana, e quella detta Malacitana (da lungo tempo nel Museo Arqueológico Nacional di Madrid) furono rinvenute assieme, nei pressi di Malaga, nel 1851, accuratamente avvolte in involucri di tela (la stoffa risultò di antichissima fattura), e riposte in una nicchia di mattoni, come per assi curarne la conservazione. La prima edizione fu a cura del BERLANGA, Estudios sobre los dos bronces encontrados en Malaga a fines de octubre 1851 (Malaga 1853); il primo commentario, con correzione degli errori del precedente editore, risale al MOMMSEN, Die Stadtrechte der latinischen Gemeinden Salpensa und Malaca, in Abhandlungen der Sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften 3 (1855) 361 ss. (= Gesammelte Schriften. Juristische Schriften 1 [Berlin 1965] 265 ss., da cui si cita). Si è supposto (MOMMSEN, ibid. 283) che le due tavole fossero assieme perché la città di Malaga aveva acquistato dal municipio di Salpensa, ad integra zione della propria lexy una tabula\ oppure (DESSAU, ZU den spanischen Stadtrechten. 1. Wie gelangte die «lex Salpensana» nach Malaca? 2. Die Interpolationen der «lex Ursonensis». 3. Ueber ein neues Fragment eines spanischen Stadtrechtes\ in Wiener Studien 24 [1902] 246 s.) che la tavola, incisa a Malaga, fosse in realtà destinata al municipium Salpensanumt ma mai giunta in esso: infatti il nome di Domiziano, raso sulla tabula Malacitana (cap. 59), è intatto su quella Salpensana (cap. 27). Secondo il D'ORS, Epigrafia juridica de la Espana romana (Madrid 1953) 282, la sepoltura delle tavole risalirebbe già ad un'epoca nella quale se ne apprezzava il mero valore archeologico. Per ulteriore bibliografìa sul tema, si rin via in generale a SPITZL, «Lex municipii Malacitani» cit. 123 ss. 25 La corrispondenza del dettato normativo di tutti i capitoli delle tre leggi
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PRESnNTAZICNE
Le prime due tavole contenevano i capitoli da 1 a 18, e la rubrica del 19: i frammenti preservati della seconda tavola sembrano appartenere quasi tutti al cap. 18, concernente po testà e doveri dei duoviri 26 . La terza contiene dodici capita (da 19 a 30 e l'inizio del 31); mancando sia la quarta che la sesta tabula, non risulta possibile determinare con certezza la numerazione dei dieci capitoli che si rinvengono nella tavola V 2 7 . Il contenuto della tab. VI può in gran parte desumersi dai corrispondenti capitoli della lex Malacitana, a cominciare dal cap. 51; la tab. VII delimitarla contiene poi i capp. 5968; la Vili quelli 68-79, la IX i 79-87, la X i capp. 88-97. Quest'ultimo caput è stato definito dal d'Ors 'extrava gante' 28 , poiché, regolando l'ipotesi di conseguimento della cittadinanza romana per honorem da parte dei liberti di municipes rimasti latini e la conservazione dei diritti di patronato su tali liberti, andrebbe collocato subito dopo il cap. 23 (Ut, qui civitatem Romanam consequentur, iura libertorum retineant): segno, questo, che siamo probabilmente di fronte ad un'aggiunta legislativa, operata da Domiziano, ma trasmessa ai municipia iberici troppo tardi per venire inserita nella municipali può utilmente venir raffigurata nel presente schema: Irn. 21-29 = Salp. 21-29; Irn. 59 (VIIA)-69 = Mal. 59-69 (inizio). L'unico elemento rilevante di dif ferenza è costituito dalla diversa previsione del limite massimo quantitativo per la iurisdictio del duoviro, 1000 sesterzi a Imi, certamente più di 1000 sesterzi a Malaca: ciò in base al dato che, mentre nel cap. 69 della Malaàtana la cifra indicata quale limite minimo della competenza decurionale 'estesa* sui giudizi de pecunia communis (infra, nel n. 2.3 del capitolo E) è 1000 sesterzi, analogo valore am monta, in Imi, a 500: dovremo pertanto supporre che le quantità, i limiti pecu niari (ad esempio nel caso della competenza per valore magistratuale) fossero nel municipium Malacitanum, di regola, almeno doppi rispetto a quelli deWIrnitanum. La circostanza si spiega forse con la diversa rilevanza sul piano territoriale e demografico delle due comunità. 26 Si v. infra, in questa Introduzione. 27 II GONZALEZ, The «Lex» cit. 158 ss. e Bronces cit. 61 ss., infatti, con trassegna i dodici capitoli con le lettere A-L. Il D'ORS, Ley Flavia cit. 52 ss. e «Lex Irnitana» cit. 26 ss., invece, adotta la numerazione convenzionale da 39 a 50: nell'edizione del testo, e nell'allestimento del lessico, ho preferito attenermi a tale ultimo criterio di numerazione che, benché impreciso, può servire a facilitare la lettura del documento ed i riferimenti interni. 28 D'ORS, La nueva cit. 12 e Ley Flavia cit. 20, 26, 183 ss.
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sedes materiae, e oerciò incisa nel bronzo subito dopo la saneii provvedimento presenta una struttura di notevole congruenza: è articolato in insiemi tematici, fra loro logica mente connessi, ed è corredato da numerosi e puntuali rinvìi interni 30 . Il che lascia presumere una redazione piuttosto accurata e di elevato livello tecnico. Quanto al testo della legge, si è supposto che derivasse da un 'modello' comune ai diversi municipio, betici 31 , rifaci29 Di diverso parere il MOURGUES, The so-Called cit. 78 ss., il quale ritiene si tratti di un caput intenzionalmente estrapolato dal testo normativo (e non frutto, dunque, di un'aggiunta di età flavia, pervenuta ai copisti troppo tardi per poter essere collocata in sede maieriae), al fine di collegarvi poi il documento domizianeo (che il Mourgues ritiene avere natura di rescritto, e non di epistola, im periale) posto in fondo al testo della legge. H MOURGUES, ibid. 86, suppone che il caso preso in considerazione dovesse essere quello di liberte sposate ad ingenui, i quali avessero acquisito per honorem la civitas Romana: se in passato an ch'esse avevano ottenuto la concessione della cittadinanza, Domiziano avrebbe disposto che, per il futuro, questo non dovesse più verificarsi. Diverse sono le obiezioni opponibili alla tesi dell'a.: intanto il documento di Domiziano concerne matrimoni irregolari, mentre Irn. 97 riguarda i diritti di patronato in capo a li berti divenuti cives romani, e presuppone come validi i matrimoni di detti sog getti (su ciò TALAMANCA, Re. cit., in BIDR. 90 [1987] 846 s.); vi è inoltre la diffi coltà di ipotizzare un'estrapolazione del caput dal seno della legge: il capitolo in esame, infatti, manca anche nella Salpensana, e ciò rende pertanto più probabile l'ipotesi che si tratti di un'aggiunta domizianea, piuttosto che di un capitolo già presente nel testo della legge, ma 'escerpito' dal suo contesto per evidenziare la rilevanza della decisione di Domiziano in tema di acquisto della cittadinanza di liberti di municipes. 30 GALSTERER, La hi cit. 186: «La structure de la loi ... montre de l'ordre et de la cohérence: les magistrats, le conseil, le peuple, Padministration et la Juris diction se présentent dans un'ordre logique»; LE ROUX, «Lex Irnitana», in AE. (1986) cit. 143: «Il convient de remarquer la cohérence profonde du contenu, soulignée encore par les articles qui se répondent deux à deux ou trois à trois»; anche il SIMSHÄUSER, Re. cit. 545 notava come il testo fosse composto da «meh rere aufeinanderfolgende Regelungskomplexe», i quali rendono evidenti l'esi stenza «in viel stärkerem Maße als etwa die lex Ursonensis» di «kohärente. Struk turen einer sachgebundenen Systematik»: sembra di recente aver corretto la propria opinione, nel senso che, pur in presenza di 'strutture sistematiche', «die lex Irnitana folgt in ihrem Aufbau, bei der Gliederung ihrer Einzelregelungen, gewiß keinem begriffslogisch bestimmten System und auch noch keiner strikten systematischen Ordnung» (Stadtrömisches cit. 164). 31 D'ORS, «Litern» cit. 372; La nueva copia cit. 8 ss.; Nuevos datos cit. 29
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mento domizianeo di una precedente lex municipalis generale di fattura augustea 32 : vedremo in seguito in che misura sia da accogliersi tale orientamento 33 . I frammenti attribuiti dall'editore 34 alla II tavola sono tredici, di dimensioni purtroppo poco considerevoli: dodici appartengono alla colonna C della tabula, mentre uno pro viene dalla parte superiore di essa e comprende gli angoli su periore destro e superiore sinistro fra due colonne (probabil mente la B e la C). In questo frammento è visibile il termine [i]ngenuus, che può collegarsi con quanto previsto nel cap. 54 della lex Malacitana (e, con ogni probabilità, anche delYlrnitana) a proposito dell'elezione dei duoviri 35 : costoro devono trarsi da quel genus ingenuorurn hominum, de quo h(ac) liege) cautum conprehensumque est36. In uno dei capi toli iniziali erano dunque contemplate in positivo le condi zioni legittimanti l'accesso alle magistrature municipali. Le cause di esclusione dall'eleggibilità (almeno alcune) erano in vece previste nello stesso cap. 54: non poteva concedersi la candidatura a qui minor annorum XXV erity ed a chi, aspi rante al duovirato, intra quinquennium in eo honore fuerit\ per le altre cause di ineleggibilità (condanne penali e via diss.; «Lex Irnitana» cit. 4; dello stesso avviso GIMENEZ-CANDELA, La «Lex Imitarla» cit. 39 s.; MURGA, Las acciones populäres cit. 218 ss. 225 nt. 44; GONZA LEZ, The «Lex» cit. 150. 32 D'ORS, La nueva cit. 8 ss.; Nuevos datos cit. 30 ss.; Ley Flavia cit. 13 s.; «Lex Irnitana» cit. 4. 33 Infra, nel capitolo IV. 34
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FERNANDEZ, DEL AMO, o.e. 35 ss.
II requisito della nascita a libero fu imposto come, necessario — pare — dalla cd. lex Visellia (su cui ROTONDI, «Leges publicae populi Romani» [Milano 1912; rist. Hildesheim 1992] 464 ss.) del 24 d.C; cfr. CI. 9.21.1 pr. (Diocl. et Max.y a. 300): Lex Visellia libertinae condicionis homines persequitur, si ea quae ingenuorurn sunt circa honores et dignitates ausi fuerint attemptare vel decurionatum adripere, nisi iure aureorum anulorum impetrato a principe sustentantur. 36 L'ipotesi è sorretta dal dato che in nessuno dei capitoli pervenuti per in tero si fa cenno alle condizioni di accesso alla suprema magistratura municipale, per cui è necessario supporre che esse venissero prese in considerazione in uno dei capita iniziali perduti.
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cendo), la lex Malacitana rinvia al diritto di Roma: quive in earum qua causa erit, propter quam si c(ivis) R(omanus) esset, in numero decurionum conscriptorumve eurn esse non licerei (54 U. 66 {col 1] — 3 [col 2]) 37 . II cap. 19, con cui ha inizio la tabula ili, ha riguardo ai poteri-doveri degli edili municipali: la circostanza, connessa aiie prescrizioni intuibili dai frammenti di bronzo attribuiti all'ultima colonna della seconda tavola (pressoché certi gli accenni agli apparitores ed ai servi al seguito dei magistrati, nonché la menzione della possibilità di erogazione della pe cunia sacra del municipio), fa pensare che il capitolo 18 (e forse anche uno o più precedenti 38 ) fosse dedicato alla fi gura ed ai poteri dei duoviri. Per quanto concerne l'ulteriore contenuto delle prime due tavole perdute, può ipotizzarsi — come esordio — Tintestazione della legge ai municipes di Irni. Dovevano esistere, inoltre, disposizioni concernenti lo status di municipes ed incolae (chi non potesse considerarsi municeps, chi fosse legitti mato all'esperimento di vii actio popularis nel municipio 39 , e via esemplificando); forse norme concernenti i conubia dei neolatini (come sembra trasparire da una 'comunicazione' di Domiziano posta in fondo alla legge 40 ), e previsioni sulle magistrature in generale (come può ricavarsi, ad esempio, dal dettato di Mal. 51, ove appare ad eum numerum [seil. magistratum] ad quem creari ex hac lege oportebit, allusione che fa presumere che da qualche parte, fra le disposizioni
37 Non è dunque necessario supporre la menzione, in uno dei capita per duti, delle cause d'ineleggibilità, come vorrebbe invece il D'ORS, Ley Flavia cit. 99, a somiglianza di Tab. Her. 110 ss. 38 Così presume, ad esempio, il D'ORS, Ley Flavia cit. 97: «es evidente que en el capitulo anterior, o, mas probablemente, en variós capitulos anteriores se trataba ... de los dunviros». 39 Sul punto, più dettagliatamente infra, nel n. 2.3 del capitolo II. 40 II GALSTERER, «Municipiwn» cit. 80 reputa l'allusione ad una quaedam lex regolante i matrimoni contenuta néil'epistula (o subscriptió) imperiale «a reference back to the context of the law itself»: ma si v. i dubbi esposti retro, nella nt. 29.
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perdute, si menzionasse appunto anche il numero totale di magistrati da istituire 4 1 ). Il Galsterer 42 congettura inoltre l'esistenza, fra le norme mancanti, di una regolamentazione del cursus honomm nel municipio. Potrebbe anche, a suo avviso, ipotizzarsi una regolamentazione della sfera religiosa, dei sacerdozi e dei culti della comunità 4 ^: ma non sembra esservi traccia di tali prescrizioni nel testo, e neppure nei frammenti a noi per venuti 44 . In ultima analisi, il contenuto dei capitoli iniziali resta in buona parte materia d'illazione. Solo due punti sono presso ché sicuri: il titolo della rubrica del cap. 18, De iure et potestate llvirumy e quello della rubrica di Irn. 19 (che doveva es sere incisa in fondo alla tabula II déH'Irnitana), De iure et potestate aedilium. Passiamo a considerare, adesso, la porzione di docu mento della quale disponiamo (le sei tabulae — più i fram menti — delimitarla, integrate dai capita 51-59 della lex Malatitano), che getta qualche luce sulla realtà municipale del primo principato, ma che — è stato infatti scritto, e certo non a torto — se contribuisce alla soluzione di alcune dibattute questioni, ne solleva in compenso numerose altre, di non mi nore rilevanza 45 . Il primo gruppo di capita (18-29) — si è detto — concerne la disciplina delle magistrature municipali, in particolare at tribuzioni di competenza e poteri-doveri facenti capo ai sin41
H GONZALEZ, The «Lex» cit. 200, ipotizza l'esistenza di un caput relativo aSÌ'adoptio, sulla base della testimonianza di D. 50.1.1 pr. (Ulp. 2 ad ed.): municipem aut nativitas facit aut manumissio aut adoptio, benché non possa, in realtà, reputarsi indispensabile l'esistenza della previsione nella legge. 42 La loi cit. 185; contra, GONZALEZ, The «Lex» cit. 200. 43
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GALSTERER, o.l.u.c.
Unica eccezione, l'accenno di Irn. 11 alle spese per sacra e ludi della co munità, la cui amministrazione è legislativamente devoluta ai duoviri. 45 «While by virtue of the new law a few questions have been brought closer to a solution, many further questions now present themselves, and consequendy require a more detailed examination»: GALSTERER, «Municipium» cit. 90.
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goli genera magistratuum, nonché le questioni connesse all'acquisizione per honorem della civitas Romana: la disposi zione dei capitoli risulta avere un significato peculiare — a mio avviso — se si considera che le previsioni relative all'ac quisto della cittadinanza si trovano, nella sistematica del testo, in posizione immediatamente successiva a quelle dedi cate ai tre tipi di magistrature ordinarie della CVVliäS ( d ü ö v i T i , edili e questori). Segno evidente della volontà legislativa di escludere dall'applicazione di tali previsioni il praefectus, al quale — è detto esplicitamente in Im. 25 1. 30 (= Salp. 25 1. 37) — non spetta il diritto de civitate Romana consequenda46. Collegati all'acquisto della civitas sono poi i temi trattati nei capp. 22, 23 e 97 (il ed. 'extravagante'), relativi al permanere delle situazioni potestative e dei diritti di pa tronato in capo ai nuovi cives. Dopo due capita (24 e 25) rispettivamente dedicati al praefectus municipii (l'imperiale e quello a llviro relictus), la lex torna ad occuparsi delle magistrature ordinarie, con pre visioni intorno al giuramento dei magistrati (26) ed dtiintercessio reciproca (27); chiudono la 'sezione' ideale due capita, dedicati l'uno (28) alla manumissio di servi dinanzi a un duoviro, e l'altro (29) (il collegamento è dato forse dalla presenza in Irn. 28 di una clausola limitativa [1. 9 s.], dum ne quis pupillus neve virgo mulierve sine tutoris auctoritate quem quamve manumittat) alla datio tutoris magistratuale. Il nucleo tematico che si apre con il cap. 30 è invece im perniato sulla curia municipale: il caput in questione è intito lato infatti alla decurionum conscriptorumve constitutio, ed il successivo (mutilo) alla cooptazione di nuovi membri da parte degli appartenenti all'orbo. La quarta tabula doveva ri portare ulteriori disposizioni di analogo contenuto, presumi bilmente intorno alla qualificazione dei decurioni ed ai loro munera41. I capita della tabula V, che abbiamo convenzio nalmente contrassegnati con i numeri da 39 a 50, si occu46
Cfr. infra, nel n. 2 del capitolo I.
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GALSTERER, La hi cit. 185.
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pano, rispettivamente, delle delibere decurionali (39-40), della pubblicazione ed abrogazione dei decreta decurionum (41-42), dello svolgimento del munus legationis da parte dei membri dell'orbo (44-47), di casi, per così dire, di 'interesse privato in atti di ufficio' da parte dei magistrati municipali (48) e delia redazione del calendario delle festività ad opera üei üuoviri (4'7j. Dal caput 50 (che regola la costituzione delle curiae — ri partizioni della popolazione secondo un criterio territoriale, analoghe a quelle da effettuarsi tributim a Roma — al fine dello svolgimento dei comitia nel municipium), fino al 60, si snoda il terzo insieme di argomenti, inerente alle elezioni municipali 48 , e che ci è noto attraverso la lex Malacitana (della quale ci si è appunto serviti per colmare la lacuna della perduta tabula VI dély Imi tana). Qui appaiono le notissime disposizioni sulle candidature (51, 54), sullo svolgimento delle elezioni municipali (52, 53, 55-59) e sulla prestazione del giuramento de pecunia communi da parte dei neo-eletti (60). Il cap. 61 dà inizio .ad una serie di disposizioni concer nenti singoli aspetti salienti della vita municipale 49 : la scelta (61) di un patronus municipio il divieto di demolizione di edifici in oppido (62); la concessione di appalti (63) e la pre stazione di garanzie da parte dei contraenti con il municipio (64 e 65); l'irrogazione di multe (66); l'amministrazione da parte dei magistrati della pecunia del municipio e la regola mentazione dell'eventuale procedura de pecunia communi (6771); lo status dei servi della comunità (72) e degli apparitores dei magistrati (73); norme su associazioni illegali (74) e pre visioni contro l'incetta (75: ne quit coematur supprimatur); h revisione dei confini e dei vectigalia municipali (76); la solu zione delle più ricorrenti questioni su erogazione di pecunia communis (77-79) ed assunzione di danaro a credito (80); i
Sul punto, si v. infra, nel n. 6 del capitolo I. Si v. infra, nel capitolo IL
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posti à sedere negli spettacoli (81); la regolamentazione del regime delle opere municipali (82-83). A partire da Im. 84, e fino al cap. 93, si estende invece l'insieme delle prescrizioni relative alia giurisdizione munici pale 5 0 , senza dubbio la parte della lex che si rivela più ricca di nuove informazioni: competenze per valore e materia dei magistrati municipali (84), regole inerenti all'albo del gover natore provinciale (85), disposizioni relative ai giudicanti (86: album iudicum\ 87: iudex unus\ 88: recuperatores; 89: ri partizione di competenze fra iudex arbiterve da un lato e col legio recuperatorio dall'altro), e quelle concernenti singoli aspetti della procedura (90: intertium\ 91: diffissio, mors litis, lis damni iudici fieri-, 92: ferie giudiziarie). Gli ultimi capita contengono 'norme-cerniera', per ribadire la vigenza del ius urbano in tema di procedura per tutto quanto non previsto dalla Irnitana (93) 51 , regolare la condizione degli incolae (94), disporre l'incisione in aes della legge (95), enunciare la sanzione a titolo generale prevista per chi violi le disposi zioni della stessa (96). Come risulta dalla sommaria descrizione del contenuto della Imitana, ci troviamo dinanzi ad un documento che, per estensione materiale e per portata, costituisce una delle sco perte più rilevanti di questo secolo in materia epigrafica. La legge di Imi fornisce un vivido quadro della vita amministra tiva e giuridica di un municipio latino del primo principato. Nella parte concernente la giurisdizione municipale, inoltre, la legge contiene dati di fondamentale rilievo per la cono scenza del processo civile urbano, al quale è fatto più volte rinvio52. Importanti in particolare le regole che consentivano la progressiva assimilazione di un municeps Latinus à un civis Romanus53, e le norme che in tutto e per tutto parificavano 50
Sul punto, infra, nel capitolo IH. Per l'interpretazione in tal senso del cap. 93, si v. infra, nel luogo relativo della Traduzione, e nel n. 1 del capitolo IH. 52 Infra, nel capitolo IH. 53 Infra, part. nei nn. 1 e 2 del capitolo I. 51
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questo a quello. UIrnitana appare insomma — come è già emerso dagli studi sul tema e come sarà riconfermato nel corso dell'indagine — testimonianza fondamentale del pro cesso di romanizzazione delle province, e dato essenziale per la comprensione di esso. Tutto ciò detto, e ribadito, come si vedrà, mediante la rilettura completa e minuziosa dell'intero documento, si è avvertito poi il dovere, proprio per l'organicità dello studio fatto, e sentita l'esigenza e l'ambizione di andare ancora un po' oltre quel che ha tentato sinora la dottrina. Conferme e novità dell'Imitarla, ormai ricostruite ed acquisite, non de vono essere indagate più solo, a dir così, per sé stesse — è sembrato —, ma da esse può prendersi spunto per considera zioni di più ampio orizzonte. Prima bisognava concentrarsi sul testo. Ora non più. Il lavorìo di tanti ha spianato la strada. E per ciò, accanto alle precisazioni ricostruttive, alle notazioni esegetiche, alle ipotesi su singoli istituti e feno meni, si è ritenuto di dover e poter azzardare un inquadra mento di quel che risulta dalla fonte nella più ampia tematica della natura e della funzione degli statuti municipali, e nella delicata problematica dell'indefinito rapporto (mutevole nel tempo ed in funzione delle realtà locali e dei climi politici) tra esigenze locali ed il 'generale' ius Romanorum. Per il che insperato aiuto è venuto dalla osservazione di talune linee di tendenza della giurisprudenza, specie severiana, in ordine a temi e problemi apparentemente lontani, se considerati in sé ed isolati, dall'oggetto delle nostre ricerche54.
Cfx. specialmente infra, nei nn. 4 ss. del capitolo IV.
CAPITOLO PRIMO
LO STATUTO MUNICIPALE DELINEATO DALLA «IRNITANA» SOMMARIO: 1. Ius Latii e province: lo stato della dottrina antecedente la sco perta della lex municipalis ed il dibattito sui 'dati nuovi' forniti àaStlrnitana. — 2. Municipalità e ius honorum nella Hispania ulterior. il caput 21 della legge. — 3. Il corpus decurionum (capp. 30-31, 39-43): la composizione, i compiti, l'importanza politica. — 4. I decreta del senato municipale: emanazione, pubblicità, caduca zione. — 5. Le cariche municipali alla luce di Irn. 19 e 20, e di Salp. e ìrn. 21-29. — 5.1. Il duovirato. — 5.1.1. Manumissio apud llvirum. — 5.1.2. Il potere di datio tutoris. — 5.1.3. Altre competenze duovirali. — 5.2. L'edilità. — 5.3. La questura. — 5.4. Conseguenze giuridiche dell'acquisto per honorem della civitas, alla luce di Irn. 22 e 23. — 55. La prefettura. — 6. Le elezioni nei municipia Flavia: in parti colare sulla prestazione di garanzie da parte dei neomagistrati.
1. — Universae Hispaniae Vespasianus imperator Augu stus iactatum procellis rei publicae Latium tribuit: la notizia pliniana (N. h. 3.3.30) che riferisce a Vespasiano la conces sione del ius Latii alle comunità iberiche1, «da Mommsen in poi universalmente accettata come sostanzialmente auten tica»2, ha destato però, e proprio a partire dal Mommsen3, un intenso dibattito4. 1 Sui passo di Plinio, fra altri, BERNARDI, «Nomen Latinum» (Pavia 1973) 118 ss.; BOSWORTH, Vespasian and the Provinces. Some Problems of the Early 70's A.D., in Ath. 51 (1973) 49 ss.; BRAUNERT, «IUS Latii» in den Stadtrechten von Salpensa und Malaca, in Corolla Swoboda dedicata (Köln-Graz 1966) 68 ss. (= Gesammelte Aufsätze [Stuttgart 1980] estr.) part. 70 e nt. 14; GALSTERER, Untersuchungen cit. 37 ss.; WIEGELS, Das Datum der Verleihung des «ius Latii» an die Hispanier, in Hermes 106 (1978) 196 ss.; MACKIE, Locai Administration in Roman Spain. A.D. 14-212 (London 1983) 216 ss.; e, da ultimo, ZECCHINI, Plinio il Vecchio e la «lex Flavia municipalis» cit. 139 ss.
.
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MANCINI, «IUS Latii» cit. 377 nt. 4.
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Die Stadtrechte cit. 293 e nt. 22. La discussione più accesa ha fatto seguito, in realtà, ad un contributo del
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CAPITOLO. PRIMO
Il provvedimento di Vespasiano, da alcuni datato al 7071 d.C.5, è stato oggetto di discussione sotto svariati profili. Non mi soffermo, in questa sede, sul problema della colloca zione cronologica dell'atto: l'opinione più convincente6, collegando il provvedimento agli eventi tempestosi del 68-69 d.C, Fanno ed. 'dei quattro imperatori' 7 , ne ipotizza l'ema-
BRAUNERT, «IUS Latii» cit. passim, ed a spunti forniti dallo SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship2 (Oxford 1973: ma la prima edizione risale al 1939) 114 ss. (su cui infra, in questo capitolo);" si v., fra gli altri, SCHILLINGER-HÄFELE, SOlidum civitatis beneficium, in Hermes 98 (1970) 383 ss.; GALSTERER, Untersuchungen cit. 37 nt. 3, 39 ss.; GALSTERER-KRÖLL, Zum «ius Latii» in den keltischen Provinzen des Imperium Romanum, in Chiron 3 (1973) 277 ss.; BERNARDI, «Nomen Latinum» cit. part. 118 ss., 125; WOLFF H., Kriterien für latinische und römische Städte in Gallien und Germanien und die «Verfassung» der gallischen Stammesgemeinden, in Bonner Jahrbücher 176 (1976) 48 ss., 68 nt. 46; ID., Die «cohors II Tungrorum milliaria equitata doram?) Kaudata?)» und die Rechtsform des «ius Latii», in Chiron 6 (1976) 277 ss.; LURASCHI, «Foedus» «Ius Latii» «Civitas» (Padova 1979) 139 ss. e 332 e ntt. ivi (su cui si v., in particolare, la Re. del LABRUNA, Romanizzazione, «foedera», egemonia, in Index 12 [1982-83] 299 ss., ora in Adminicula2 [Napoli 1991] 63 ss.); ID., Sulle magistrature nelle colonie latine fittizie (a proposito di Frag. Atest. linn. 10-12), in SDHI. 49 (1983) 261 ss. e Sulla «lex Irnitana» cit. 362 ss.; HUMBERT, Le droit latin imperiai: cités latines ou citoyenneté latine?, in Ktéma 6 (1981) 207 ss.; VON STYLOW, Apuntes sobre epigrafia de època flavia en Hispania, in Gerión 4 (1986) 285 ss. part. 290 ss. 5 Ho seguito, per la datazione, l'opinione di recente ribadita dallo ZEC CHINI, Plinio il Vecchio cit. 144, sulla scia delle osservazioni già formulate dal BOSWORTH, Vespasian and the Provinces cit. 49 ss., e, prima ancora, da HIRSCHFELD, Zur Geschichte des latinischen Rechtes, in Kleine Schriften (Berlin 1913) 294 ss. e dal BERNARDI, «Nomen Latinum» cit. 125, secondo cui il testo pliniano «sembra implicitamente confermare la estensione indiscriminata del ius Latii du rante il periodo burrascoso dei tre imperatori nel 69 d.C». Altra dottrina vor rebbe invece la concessione effettuata nel 73-74 d.C, durante la censura di Ve spasiano: cfr., da ultimo, WIEGELS, Das Datum cit. 196 ss.; in questo senso, co munque, già SHERWIN-WHITE, The Roman2 cit. 361; BRAUNERT, «IUS Latii» cit. 70 e nt. 14; GALSTERER, Untersuchungen cit. 37 nt. 3, 6 BOSWORTH, o.l.u.c; ZECCHINI, o.l.u.c. 7
Su questo frangente storico, MOMIGLIANO, Vitellio, in St. hai. Filol. Class. 9 (1931) 117 ss.; CORRADI, Galba-Otone-Vitellio (Roma 1941); CHILVER, The Army in Politics, in JRS. 47 (1957) 29 ss.; FUSSHÖLLER, Prinzipatsideologie und Herrschaftsübertragung im Vierkaiserjahr (Bonn 1958); DREXLER, Zur Geschichte Kaisers Othos bei Tacitus und Plutarch, in Klio 41 (1959) 153 ss.; FUHR MANN, Das Vierkaiserjahr bei Tacitus, in Philologus 104 (1960) 250 ss.; BESSONE,
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nazione appunto nel 70-71, nella prima fase del principato di Vespasiano. Vorrei invece dedicare almeno un cenno alla questione, anch'essa profondamente dibattuta, della natura del diritto concesso alle comunità iberiche in epoca fìavia. La questione (e la soluzione che se ne fornisce) rileva sopra tutto per la comprensione dell'assetto politico delle comunità cittadine cui in età imperiale il Latium venne ottriato. Due le concezioni che si fronteggiano in materia. La prima, risalente al Mommsen, vuole il conferimento della la tinità* alle comunità provinciali come un diritto astratto, che si concreta e prende forma soltanto nel momento in cui il singolo centro viene riorganizzato secondo schemi romani, in qualità di municipium o colonia-, «latinisches Personairecht giebt es nur als Konsequenz des einzelnen latinischen Stadt rechts» 8 . Ad essa si è contrapposta, in tempi recenti, a partire dal fondamentale lavoro del Braunert9, la visione del ius Latii quale «Personenrecht». Non dunque un diritto a base terri toriale, bensì un privilegio accordato a titolo individuale, ossia suscettibile di elargizione, di volta in volta, a singoli soggetti, o a singole categorie di soggetti, a prescindere dal l'inquadramento della città di appartenenza in moduli costi tuzionali romani: in pratica, una sorta di 'civitas Latina\ la quale, analogamente alla romana, avrebbe fatto capo a deter minati soggetti, indipendentemente dall'appartenenza o meno di essi ad una collettività fruente di tale diritto 10 .
La rivolta batavica e la crisi del 69 d.C. (Torino 1972); BAUMAN, Impietas in principem (München 1974) 125 ss.; WELLESLEY, The Long Year A.D. 69 (London 1976). 8 MOMMSEN, Das römische Staatsrecht 3.1 (Leipzig 1888; rist. Basel 1952) 626. 9 «Ius Latii» cit. passim. 10 BRAUNERT, o.e. 75: «Der civis Latinus kann in Parallele zum civis Romanus genannt werden; wie beim römischen Bürger war also sein personenrechtlicher Status unabhängig von seiner jeweiligen Gemeindezugehörigkeit». Si v. anche quanto affermato dal D E MARTINO, Storia della costituzione romana2 4.2
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Il Braunert 11 fondava la propria ipotesi in particolare sulla menzione, nelle leggi Salpensana e Malacitana, di edicta di Vespasiano, Tito e Domiziano unicamente a proposito della concessione della civitas a coloro che avessero rivestito una magistratura nel municipio. Questi editti, intervenuti nel periodo fra l'elargizione del ius Latii wiiversae Hispaniae e l'emanazione delle singole leggi municipali, inerivano, se condo il Braunert, soltanto al ius adipiscendae civitatis per honorem, e difficilmente avrebbero potuto regolare l'intera organizzazione della comunità 12 : essi contemplavano proba bilmente la creazione dei magistrati nei singoli centri indi geni, in quanto le leggi municipali davano per scontata l'esi stenza di tali magistrati prima dell'entrata in vigore delle stesse. Se, dunque, non era stata operata, contestualmente alla nomina dei magistrati, una ristrutturazione 'romanizzante' dell'ordinamento comunitario, doveva ritenersi che la con cessione del ius Latii fosse avvenuta su base esclusivamente personale: il governo centrale avrebbe concesso ai membri più in vista di determinate comunità peregrine il ius Latii, promettendo loro la civitas Romana quasi a mo' di ricom pensa per la introduzione, nelle comunità di origine, dello statuto municipale. Concessione effettuata quindi a titolo di
(Napoli 1975) 711: «Poiché esso (sài. il Latium) indicava una condizione perso nale fu anche possibile un conferimento a singole persone». 11 O. e. 68 s. In sostanziale adesione all'ipotesi del Braunert, LURASCHI, «Foedus» cit. 169 ss., Sulle magistrature cit. 262 ss. e, ancora, Sulla «lex Irnitana» cit. 362 ss.; GALSTERER-KRÖLL, Zum «ius Latii» cit. 277 ss.; GRELLE, L'autonomia cittadina fra Traiano e Adriano. Teoria e prassi dell'organizzazione municipale (Napoli 1972) 151 ss. Concordi con la tradizionale ipotesi mommseniana permangono invece SHERWIN-WHITE, The Roman2 cit. 375 ss.; GALSTERER, Untersuchungen cit. 39 ss.; MANCINI, «IUS Latii» cit. 368 ss. 12
La redazione degli statuti dovè rappresentare infatti un lavoro di notevo lissimo impegno, anche al fine di adattarli alle diverse situazioni istituzionali delle comunità iberiche; lavoro completato, secondo il BRAUNERT, o.e. 68, soltanto dopo più di un decennio: questo chiarirebbe anche il distacco temporale fra la concessione dei ius Latii da parte di Vespasiano e l'entrata in vigore delle leges municipii nelle singole collettività.
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«Personenrecht» a determinati soggetti, e non immediata mente ai centri indigeni stessi, quale «Gemeinderecht»13. Il Galsterer 14 pur riconoscendo che nelle leges munici pali non si conserva traccia di edicta imperiali concernenti T'organizzazione' della comunità, aveva spiegato la circo stanza nel senso che tali previsioni sarebbero state superate da quelle contenute nelle leges municipio non così per la concessione della cittadinanza ai magistratus della comunità, i quali permanevano cives Romani in forza dei suddetti edic ta anche successivamente all'entrata in vigore degli statuti municipali definitivi15. Diveniva così comprensibile la men zione degli edicta solo a proposito del ius adipiscendae avitatis per magistratum: in realtà, però, questi editti avrebbero finito da 'disposizioni transitorie' anche per quanto riguar dava l'organizzazione istituzionale delle comunità, fino all'e manazione delle relative leges municipales16, che ne avreb bero decretato il superamento 17 . La Mancini18, a seguito della scoperta ddl'Imitana, ha 13 BRAUNERT, o.e. 80: «Verleihung der Latinität bedeutete dann nicht die Rangerhöhung von Gemeinden durch einen Rechtsakt, sonder sie war — mit der Zuerteilung des ius Latii an die peregrinen Mitglieder von Gemeinschaften un terschiedlicher Ordnung — lediglich ein Versprechen der Zentralregierung, das römische Bürgerrecht denen zuerkennen zu wollen, die sich bereitfanden, in ihren heimatlichen Gemeinden römische Organisationsformen einzuführen und damit von sich aus den Prozeß der Romanisierung voranzutreiben». 14 Untersuchungen cit. 39 ss. 15
GALSTERER, ibid. 39.
16
II Galsterer pare riprendere una formulazione del Mommsen, secondo cui poteva ipotizzarsi l'intervento, in un momento successivo alla concessione vespasianea, di singoli «Edicte der seit Ertheilung der Latinität an die spanischen Gemeinden regierenden Kaiser» (MOMMSEN, Siadirecbte cit. 234), i quali avreb bero appunto funzionato da 'norme transitorie'. Né tantomeno tali disposizioni edittali avrebbero avuto ad oggetto il conferimento di uno status personale, concretantesi, all'atto pratico, nella possibilità di acquisizione della civitas Romana per qualsiasi appartenente ad una qualunque comunità iberica (anche, dunque, non strutturata secondo modelli coloniari o municipali), purché vi avesse rivestito una magistratura; gli edicta in esame, all'inverso, avrebbero posseduto un carat tere ordinatorio, essendo indirizzati proprio alla ristrutturazione dei centri indi geni secondo i moduli istituzionali romani: MANCINI, «IUS Latii» cit. 370. 17 Critiche alla tesi del Braunert anche in WOLFF, Die Cohors cit. 272 ss. 18
MANCINI, o.e. 368
ss.
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tratto spunto dai dati in essa contenuti per riallacciarsi alla opinione mommseniana. I periodi iniziali dei capp. 19 e 20 della lex municipalis recitano, rispettivamente: Aediles, qui in eo municipio ex e d i e l o imp(eratoris) Vespa siani Caesaris Aug(usti) imperatorisve T(iti) Caesaris Vespasiani Augiusti) aui imp(eraioris) Caesaris Domitiani Aug(usii) creati sunt et in ea aedilitate nunc sunt ... quique ibi postea h(ac) l(ege) aediles creati erunt ...
e Quaestores, qui ex e d i e t o decreto iussue imp(eratoris) Cae saris Vespasiani Aug(usti) imp(eratoris)ve Titi Caesaris Vespasiani Augu sti) aut imp(eratoris) Caesaris Domitiani Aug(usti) ante hanc legem creati sunt, et nunc in ea quaestura sunt... item qui b(ac) l(ege) creati erunt...
Il fatto che l'esistenza di edili e questori sia prevista, per il municipium Flavium, come antecedente la lex municipalis, e derivi (almeno per quanto riguarda gli aediles) da un editto (per i questori anche da decretum o iussum) imperiale ha for nito sostegno alla tesi secondo cui «prima della entrata in vi gore della lex esiste una forma strutturata di ordinamento cittadino, che non è originaria ma che, viceversa, è plasmata su un modello di tipo romano e che è stata data con atti im periali»19. Gli editti in questione sarebbero da porre in rap porto di interdipendenza con gli edicta fondanti il ius adipiscendae civitatis Komanae per magistratum, contemplati dalla stessa legge di Imi (e dalla Salpensana), con formulazione pressoché identica, nei capp. 22 e 23: Qui quaeve ex h(ac) liege) e x v e e d i e t o imp(eratoris) Caesaris Vespasiani Augnasti) imp(eratoris)ve T(iti) Caes(aris) Vespasiani Aug(usti) aut imp(eratoris) Caesaris Domitiani Aug(usti), p(atris) p(atriae)y civitatem Romanam consecutus consecuta erit...
Pertanto, il ius Latii, in quanto accordato tramite editti imperiali a comunità provinciali a seguito di una loro ristrut turazione secondo moduli romani, avvenuta appunto, nelle 19
MANCINI, ibid. 369.
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more dell'emanazione della lex municipii, in base ad editti imperiali, sarebbe definitivamente da considerarsi un «Ge meinderecht», un diritto concesso da Roma su base territo riale20. La ricostruzione della Mancini si fonda però sull'inter pretazione dei termini «aediles» e «quaestores» presenti in Im. 19 e 20, come «coloro che rivestiranno edilità e que stura, magistrature la cui istituzione e l'elezione alle quali sono regolate da edicta di Vespasiano, Tito e Domiziano». Una lettura più vicina al testo potrebbe però far pensare che la nomina di edili e questori nella comunità sia avvenuta mercé atti imperiali ad hoc, in attesa del provvedimento defi nitivo di ristrutturazione secondo schemi romani. Il dettato della lex municipii, insomma, allude in modo significativo alla 'creazione', con atto imperiale, di singoli ae diles e quaestores, tratti dai membri della comunità irnitana, anteriore alla concessione della legge stessa21. Presumibil mente, il governo centrale provvedeva anzi tutto a 'creare' i magistrati in quei centri che sembrassero disposti ad unifor marsi alla nuova situazione politica. La designazione avveniva forse proprio sulla base di edicta imperiali, nei quali si sa ranno indicati i nomi di coloro che, a titolo di rappresentanti della propria comunità, si erano recati a Roma (o presso il governatore della provincia) per comunicare (o meglio, pro mettere) l'adesione della città di appartenenza ai moduli isti tuzionali dei conquistatori. La circostanza servirebbe inoltre a chiarire le iscrizioni commemorative, provenienti da Cisimbrium (Zambra) ed Igabrum (Cabra)22, dell'avvenuto acqui sto beneficio imperatoris della civitas Romana per honorem: se 20
21
MANCINI, ibid. 370.
Improbabile la congettura del GONZALEZ, The «Lex» cit. 201, secondo cui «the edict mentioned in Chs. 19-20 is presumably the edict which promulgated the grant of Latin rights [ossia la concessione vespasianea del ius Latii] and which evidendy contained provisions for some aspects of the govemment of the communities involved pending the completion of the municipal law». 22 Pubblicate dal VON STYLOW, Apuntes cit. 290 ss., e, da ultimo, in A.E. (1986) 143 s.
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l'editto su cui tale acquisizione si fondava fosse stato quelle originario di Vespasiano di concessione del Latium, non tro veremmo, su una delle epigrafi, il nome di Domiziano, come concessore del beneficium20', e su un'altra, associati, Vespa siano e il figlio Tito 24 . Questo è indicativo — credo — del fatto che la nomina a magistratus municipii avveniva inizial mente tramite editti ad hoc, e che i soggetti in tal modo desi gnati, al momento dell'uscita di carica, acquisivano la civitas per honorem, appunto in virtù della nomina a magistratus operata mediante editto. È probabile che, dal momento che non esisteva ancora una regolamentazione del ius adipiscendae civitatis Romanae a seguito dell'espletamento della magistratura, gli edicta di nomina di Ilviri, aediles e quaestores avranno contenuto anche la previsione dell'acquisizione di cittadinanza per co storo 25 , come paiono attestare, oltre alle iscrizioni esami nate, i capp. 22 e 23 delle leges Salpensana e Imitano16. Si rafforza, insomma, l'impressione di una concessione di privi-
23
Già apparsa in AE. (1981) 290: il nome di Domiziano è leggibile nono stante la rasura, dovuta alla intervenuta damnatio memoriae: Veneris Victricis / m(unicipio) F(lavio) C(isimbrensi) beneficio imp(eratoris) Caesaris Aug(usti) / [[Domit[iani] IX co(n)s(ulis) divitatem) R(omanamy\\ / *con*secutus per hono/rem IIvir(atus) Q(uintus) Anni/us Quir(ina tribù) Niger / d(e) s(ua) p(ecunia) d(edit) d(edicavit). 24 Già edita in CIL. H 2096, ora in AE. (1986) 142: [...] / m(unicipio) [F(lavio)] C(isimbrensi) beneficio'] / imp(eratorum) Ca[es]aris Aug(usti) Vespa/sbrani Vili T(iti) Caesaris Aug(usti) fiilii) / VI co(n)s(ulum) divitatem) R(omanam) [c]onsecu[t](us) / cum uxorie ...] / per bon(orem) IIv\i\r(atus) / [.] Valerius C(ai)fiilius)Quiriina tribù) Rufus / d(e) s(ua) p(ecunia) d(edit) d(edicavit). 25 In tal senso gli edicta menzionati ai capp. 22 e 23 delle leges municipii sono gli stessi cui è fatto riferimento in Im. 19 e 20: ciò è rilevato dalla stessa MANCINI, o.e. 369, sia pur in ottica differente, in quanto l'autrice rinviene un'«evidente interdipendenza — se non mera coincidenza — tra edicta fondanti la no mina magistratuale ed edicta fondanti lo ius adipiscendae civitatis Romanae». 26 Un problema di non facile soluzione è se i magistrati nominati ex edicto imperatoris godessero di poteri straordinari, da detenere fino all'entrata in vigore dello statuto definitivo, ovvero se negli stessi edicta venisse prevista la possibilità di successione nelle magistrature.
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legi effettuata ad hoc, e delia quale avranno goduto con ogni probabilità i notabili delle rispettive comunità27. Ultima tappa di tale processo, l'istituzionalizzazione della comunità secondo il modello romano, mediante la lex municipi?*. Il Luraschi 29 ammette che la lex costituisce, nella sua provenienza da un municipium latino e con il proprio carat tere di «modello statutario comune» per i municipio, Flavia, un ulteriore indizio a conforto della tesi del Braunert30; ri tiene, d'altro canto, che molte comunità iberiche, fin dal mo mento della concessione vespasianea del ins Latii, comincias sero ad organizzarsi come municipia, «anche se la loro strut tura complessiva non era del tutto perfezionata e a volte solo abbozzata»31. Intenderei l'affermazione nel senso che le co munità iberiche, per il tramite dei propri 'notabili', finirono per aderire ai modelli romani, senza tuttavia godere di una regolamentazione giuridico-istituzionale completa, posse dendo soltanto i magistrati maggiori. La riorganizzazione de finitiva della comunità, con là regolamentazione delle attività 27 Non mi trova d'accordo l'affermazione del LURASCHI, Sulla «lex Imitana» cit. 362, secondo cui l'editto di concessione del ius Latti da parte di Vespa siano «impostò anche la struttura costituzionale di base delle comunità destinata rie del Latiumy imponendo, ad esempio, l'elezione dei magistrati secondo il mo dello romano ... e costituendo o riconoscendo un senato». Non è affatto detto che l'elezione dei magistrati nel municipio fosse regolata dagli edicta di cui è pa rola in Irn. 19 e 20: perché vi sarebbe stata necessità, altrimenti, di regole così puntuali, in tema di elezioni municipali, come quelle contenute nei capp. 50-60 della lex? 28 GRELLE, L'autonomia cittadina cit. 152: «Si può ritenere che nel disegno originario dei collaboratori di Vespasiano lo ius Latti abbia implicato un rapporto intercomunitario, sia stato assunto cioè come un istituto atto a garantire l'acqui sto della cittadinanza ai peregrini, piuttosto che essere concepito come una forma attenuata di cittadinanza. La considerazione dello ius Latti sembra invece essere mutata con i successivi interventi imperiali in Spagna e la conseguente riorganiz zazione in municipia delle comunità dei nuovi 'Latini', che estingue le civitates peregrinorum preesistenti». 29 O.u.c. 362. 30 L'adesione all'idea del Braunert era dal Luraschi già stata espressa in «Foedus» cit. passim e Sulle magistrature cit. 262 s. 31 Sulla «lex Irnitana» cit. 363.
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delia curia e delie elezioni a cariche municipali, si realizzava in un secondo momento, tramite la effettiva concessione della lex municipii. 2. — In connessione con le finalità del processo ài roma nizzazione, è da esaminare Irn. 21: R(ubricà). Quae ad modum civitatem Romanam in eo municipio consequantur. Qui ex senatoribus decurionibus conscriptisve municipii Flavii Irnitani magistratus, uti h(ac) liege) comprehensum est, creati sunt erunt, ii, cum eo honore abierint, cum parentibus coniungibusque ac liberis, qui legitimis nuptis quaesiti in potestate parentium fuerint, item nepotibus ac neptibus filio natis, qui quaeve in potestate parentium fuerint cives Ro mani sunto, dum ne plures cives Romani sint, quam quod ex h(ac) l(ege) magistratus creare oportet.
Il d'Ors32 ha rilevato l'assenza dei discendenti adottivi nel novero dei soggetti legittimati — assieme al magistrato — all'acquisto della civitas, e l'ha ricondotta alla inesistenza del l'istituto dell'adozione in Spagna. Il Mommsen33 ipotizzava invece un'omissione intenzionale: «si voleva sottrarre alla di screzionalità dei privati un troppo agevole meccanismo di estensione ad libitum della civitasy quale poteva essere il ri corso ad adozioni ed emancipazioni ripetute e meramente strumentali»34. Tutto questo in funzione del «criterio restrit tivo che ispirava ogni concessione di cittadinanza»35. Alle stesse finalità pare ispirarsi la chiusa di Irn. 21: dum ne plures ...oportet. Com'è noto, il primo caput contenuto nel frammento salpensano era proprio il 21, però mutilo del l'inizio: il Mommsen36 ne proponeva l'integrazione Qui Ilvir aedilis quaestor ex hac lege factus erit, cives Romani sunto, cum post annum magistratu abierint..., giungendo alla conclusione che, solo a seguito dell'esercizio di una magistratura per Pin32 33 34 35
36
Ley Flavia cit. 102. Stadtrechte cit. 299. LURASCHI, o.u.c. 366. LURASCHI, o.l.u.c.
Stadtrechte cit. 267.
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tero anno di carica37, un municeps di diritto latino avrebbe potuto conseguire la Civita?*. Disposizione, questa, intesa ad evitare 'speculazioni' da parte delle comunità latine interes sate, le quali, in caso contrario, avrebbero avuto gioco facile (attraverso continue abdicationes e subrogationes) nel gon fiare a dismisura il numero dei nuovi cittadini 39 . L'interpretazione mcmmseniana derivava dalla (suppo sta) integrazione cum post annum magistrato abierint,- rivela tasi — alla luce del dettato di Irn. 21 — inesatta. Ciò non vuol dire, peraltro, che il senso complessivo della disposizione non fosse allo Studioso ben chiaro. L'intento limitativo emerge, da un lato, dalla doppia condizione necessaria all'acquisto della civitas (appartenenza dlì'ordo decurionum ed aver rive stito una magistratura municipale) nel municipium Imitanum (e — quasi certamente — in quelli Salpensanum e Malacitanum e nei restanti municipia Flavia40) e, per altro verso, dalla clausola finale del caput: dum ne plures cives Romani sint, quam quod [=quot] ex hac lege magistratus creare oportef\ Chiare appaiono le finalità di contenimento della dispo sizione in esame, introdotta appunto da un dum ne: ma a quali soggetti deve ritenersi rivolta la limitazione? A coloro che non avessero rivestito la carica per l'intero anno? Eppure 37
«Ein volles Jahr hindurch»: MOMMSEN, ibid. 298. E pertanto esclusi dal benefìcio sarebbero stati «alle subrogierten und alle vor Ablauf der Amtszeit abtretenden oder sterbenden [seil, le famiglie di questi ultimi] Beamten» (MOMMSEN, o.l.u.e). 39 Ibid. 299 nt. 38. ~ 40 Su cui cfr., ancora una volta, le osservazioni di MANCINI, «lus Latii» cit. 371 ss., e infra, in questo capitolo. 41 Su cui si v., oltre all'interpretazione citata del MOMMSEN, Stadtrechte cit. 298 s., CASTELLO, L'acquisto della cittadinanza e i suoi riflessi familiari nel diritto romano (Milano 1951) 80 (con conclusioni, tuttavia, non condividibili). HARDY, Three Spanish Charters cit. 65 s. (che pare seguito, in questo, anche dal GALSTERER, Untersuchungen cit. 49) ipotizzava che la limitazione riguardasse i parenti del magistrato, e andava interpretata nel senso che non più di sei di co storo (la somma delle coppie di magistrati presenti nel municipio) ogni anno, avrebbero potuto civitatern. Romanam adipisci: l'opinione da me espressa nel testo si discosta tuttavia sensibilmente da quest'ultima. 38
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è emerso che la condizione restrittiva post annum, ipotizzata dal Mommsen, in realtà non appare nel caput in esame. Per determinare i destinatari della previsione è oppor tuno richiamare un'ipotesi del Luraschi42, formulata a pro posito delia romanizzazione delle comunità transpadane, e che tuttavia ben potrebbe adattarsi alla ratio legis del capitolo in questione. L'autore, nelTesaminare le vicende della Gallia Cisalpina intorno aU'89 a.C, si sofferma sul notissimo passo di Asconio: In Pis. 3 (12 St.): Neque illud dici potest, sic eam coloniam [seil. Placentiam] esse deductam quemadmodum post plures aetates Cn. Pompeius Strabo, pater Cn. Pompei Magni transpadanas colonias deduxerit. Pompe ius enim non novis colonis eas constituit sed veteribus incolis manentibus ius dedit Latii, ut possent habere ius quod ceterae Latinae coloniae, id est ut petendi magistratus civitatem Romanam adipiscerentur.
Nonostante le difficoltà esegetiche relative al finale della testimonianza in esame (ius quod ceterae Latinae coloniae, id est ut petendi magistratus civitatem Romanam adipisceren tur)^, il Luraschi propende per una lettura del «petendi» alla stregua di «un gerundivo da accordare al nominativo con 'magistrata, per indicare 'le magistrature per le quali si do veva porre regolare candidatura'. L'intera frase verrebbe dunque a significare che solo le magistrature del genere sud detto davano diritto all'acquisto della cittadinanza»44. Pur cosciente dei problemi linguistici e grammaticali
42
Sulle magistrature cit. 273 ss. Sul passo si v., fra i numerosissimi altri, STEINWENTER, SV. «Ius Latti», in PWRE. 10.1 (1918) 1275 s. (ivi bibl. precedente); VITUCCI, sv. «Latium», in Di zionario Epigrafico 4 (1947) 443 ss.; GRELLE, «Munus publicum». Terminologia e sistematiche, in Labeo 7 (1961) 308 ss.; DE MARTINO, Nota storica sui decurioni, in Riv. dir. nav. 29 (1963) 62 ss. (= Diritto e società nell'antica Roma a cura di 43
DELL'AGLI e SPAGNUOLO VIGORITA [Roma 1979] 407 ss.) e ID., Storia2 4.2 cit.
798; BERNARDI, «Nomen Latinum» cit. 122 s.; GALSTERER-KRÖLL, Zum «ius Latii» cit. 280 e nt. 13; LANGHAMMER, Die rechtliche cit. part. 134 ss. 223 ss.; GALSTERER, Untersuchungen cit. 49 s. 44
LURASCHI, O.U.C. 275.
LO STATUTO MUNICIPALE DELINEATO DALLA «IRNITANA»
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sollevati da tale proposta ermeneutica45, troppo invitante appare l'accostamento fra la testimonianza di Asconio (intesa nel senso indicato) e la clausola dum ne plures cives veli, del cap. 21. li quam quod (= quot) ex h. I. magistratus creare oportet ha riferimento — a mio parere — alla creatio comiziale dei magistratus46: soltanto coloro che hanno rivestito, nel municipio, una magistratura ordinaria, a seguito di regolare elezione47, sono da ritenersi legittimati all'acquisto della civitas. Solo coloro i quali hanno posto regolare candidatura, ossia sono stati ritenuti idonei alla petitio dal magistrato ad detto allo svolgimento della procedura elettorale, e sono ri sultati legittimamente eletti48, hanno la possibilità di acce dere alla civitas Romana, unitamente ai congiunti tassativa45
E il LURASCHI, ibid. 276 s., d'altro canto, ne rende ben avvertiti, quando accenna «alla difficoltà di ammettere che 'magistratus petendo (intendendo 'magistratus' nel senso di 'magistratura') possa conciliarsi con 'adipiscerentur* (le magi strature non acquistano, ma, semmai, fanno acquistare a chi le gerisce)» ed ag giungendo inoltre che «se dal significato astratto di 'magistratura' passassimo a quello concreto di 'magistrati' otterremmo un rapporto corretto del sostantivo con il verbo, ma diverrebbe palesemente improponibile l'accostamento di 'magistratus' con 'petendf». 46 Sul verbo creare nel senso di «eleggere»: HEUMANN, SECKEL, Handlexikon zu den Quellen des römischen Rechts2 (Jena 1909), sv. «Creare»: «jemanden zu einem Amte, zu einer Berufsstellung wählen»; Cic. de leg. 3.3.9: Qui comitiatu creare consules rite possint. Intorno ad alcuni aspetti della creatio JANSSEN, Einige Kritische Bemerkungen zum Problem der «creatio», in St. Volterra 4 (Milano 1971) 391 ss.; si cfr., da ultimo, l'esaustiva definizione (concernente la creatio in età repubblicana) di Buri, Appunti in tema di «prorogatio imperii» 1. Scansioni temporali delle magistrature, in Index 19 (1991) 246: «L'insieme degli atti che de terminavano l'assunzione della qualità di magistrato viene di solito indicato col termine creatio: a partire dalla rogatio — la proposta della lista dei candidati all'as semblea elettorale — fino aila proclamazione del candidato che ha riportato ia maggioranza dei voti e perciò è eletto alla carica». 47 Sul problema delle elezioni in età imperiale, part. infra, nel n. 6 di questo capitolo. 48 L'allusione alla petitio nel passo di Asconio (e, credo, quella relativa alla creatio comiziale in Irn. e Salp. 21) non può essere sottovalutata, poiché attesta «non solo l'indispensabile presupposto giuridico di una presumibile procedura elettorale, ma anche, dal punto di vista pratico, lo strumento attraverso cui sa rebbe stato possibile controllare preventivamente, da parte delle oligarchie locali e, per loro tramite, di Koma medesima, l'accesso alle magistrature e, quindi, alla civitas»: LURASCHI, Sulle magistrature cit. 277.
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mente indicati dalla legge49. L'estensione a parente?, conitiges e liberi era di per sé sufficiente, d'altronde, a beneficare un discreto numero di soggetti; temperando perciò il tenore apparentemente assai rigido della norma. Questa interpretazione mi sembra confortata dalla siste matica stessa della lex municipalis: il cap. 21 (relativo, ap punto, alle limitazioni dei ius adipiscendae civitatis) è situato infatti immediatamente di seguito alla trattazione delle magi strature ordinarie, ossia, in successione, subito dopo i capp. 19 (inerente agli edili) e 20 (dedicato ai questori), e, presu mibilmente 50 , un cap. 18 regolante il duovirato 51 ; mentre solo a partire dal cap. 24 si passa a trattare delle diverse fi gure di praefectus municipii, disponendo per giunta, in modo inequivoco (cap. 25, 1. 29 s.), che al praefectus a Ilviro relictus nel municipio spettino gli stessi poteri e facoltà del ma gistrato ordinario, praeter quam de praefecto relinquendo et de civitate Romana consequendc?2. L'intero cap. 21 è quindi ispirato a finalità restrittive, a cominciare dall'esclusione della filiazione adottiva dal novero dei legittimati all'acquisto della civitas53, per finire con il dum 49 Senza limite di numero per costoro (si cfr. invece l'opinione di HARDY, Three Spanish Charters cit. 65 ss., su cui retro nella nt. 42, che riteneva non poter accedere alla cittadinanza più di sei familiari del magistrato). 50 Si vedano le notazioni formulate supra, nell'Introduzione, a proposito dei frammenti appartenenti al cap. 18. 51 Ed è probabile che quelli immediatamente precedenti fossero relativi ai decurioni, cui pure è cenno all'inizio del capitolo 21. 52 II testo del cap. 25 (della Salpensana) è addotto dallo stesso LURASCHI, Sulle magistrature cit. 275 s., a riprova della sua analisi esegetica: «la precisazione che solo un certo tipo di magistrature (quelle, cioè, per accedere alle quali occor reva una regolare petitio, la quale, evidentemente, preludeva ad una procedura elettorale) comportava, per chi lo avesse gerito, il benefìcio della civitasì sarebbe potuta servire ... ad escludere dalla donatio civitatis ogni specie di magistratura straordinaria non elettiva e, si intende, qualunque carica fosse rivestita da funzio nari e da ausiliari scelti dai magistrati». 53 Prescrizione che d'altronde dovè essere presente già nella lex repetundarum (FIRA. P 7), che dispone, per l'accusatore vittorioso (11. 77 ss.): [sei volet ipse filieique, quei eiei gnatei erunt, quom\ ceivis Romanus ex hace lege fiet, nepotesque tum eiei /ilio gnatei ceiveis Romanei iustei sunto, dove l'integrazione mommseniana (Lex repetundarumy in CIL. I 198 [1863] 49 ss. [ = Ges. Schriften 1 cit.
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m ... oportet di chiusura. La previsione ha suscitato dubbi e ripensamenti, in quanto «può fare impressione che ancora alia fine del I sec. d.C. e nonostante la crescente liberalizza zione degli accessi alla civitas e la sostanziale equiparazione d* Quest'ultima alla Latitiitas si ricorra ad espedienti del °e54
nere» .. Non direi, tuttavia, che le disposizioni in esame debbano considerarsi «relitti di una precedente normativa»55. In realtà, dal combinato disposto di esse con altri precetti della legge municipale, si ha l'impressione che i meccanismi pre senti nella lex fossero tesi non ad evitare un'estensione troppo ampia della civitas Romana (si è visto infatti che anche un discreto numero di parenti dei magistrati poteva accedervi), bensì ad impedirne un'estensione incontrollata. Mal. 51, ad esempio, dispone che il llvir che sovraintende alle elezioni municipali abbia il potere di ammettere o meno determinati municipes alla candidatura: ed i primi Ilviri nel municipio erano probabilmente — si è visto — nominati da Roma. Senza contare che, a dirigere le elezioni nel munici pio, avrebbe potuto essere (e spesso sarà stato) un praefectus nominato dall'imperatore, dunque un diretto emissario di Roma. Dall'insieme della disciplina descritta può derivarsi, in somma, il desiderio, da parte del potere centrale, di eserci tare in ogni caso un controllo, sia pure in modo larvato e mediato, sui soggetti destinati a diventare cives. Tutto ciò ben s'intonerebbe, d'altro canto, con la politica, ipotizzata, di conferimento ad personam delle prime cariche nel municipio, con conseguente possibilità di acquisizione della civitas Ro mana: la cittadinanza era (e doveva restare) un privilegio am45, 61]) pare ora confermata dalla lex iudiciaria del fragmentum Tarentinum (1.8) (BARTOCCINI, frammento ài legge romana rinvenuto a Taranto, in Epigraphica 9 [1947] 7 ss. = GIRARD, SENN, Les bis des Romains [Paris 1937; ried. Napoli 1977, a cura di V. GIUFFRE] 53 s.): ... Quei civis / [Romanus non erit ... ipsei liber\isque eius nepotibusque ex {ilio gnatis. 54 LURASCHI, Sulla «lex Irnitana» cit. 366. 55
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bito, e chi era ammesso a goderne doveva, in ogni caso, avere la sensazione che detto privilegio fosse dovuto alla generosità del potere centrale e non all'abilità individuale56. Questa potrebbe essere, in conclusione, la ragione della cautela legislativa, pur nel clima di 'apertura' e liberalizza zione degli accessi alla civitas di fine I secolo. 3. — Di notevole interesse, e non solo ai fini dell'inda gine su portata e limiti della romanizzazione in Betica, la parte della lex dedicata agli organismi istituzionali nel muni cipio. Per quanto riguarda la curie?1\ i dati più rilevanti pro vengono dai capp. 30, 31 e 39-47 della legge di Imi. La sen sazione che deriva dall'insieme del testo legislativo è quella di un ruolo primario del corpus decurionale nella vita muni cipale58, data l'importanza e l'estensione delle competenze 56
Sulla politica di romanizzazione delle province, e nell'ambito della va stissima letteratura in materia, si v., in particolare, MARQUARDT, Römische Staatsverwaltung 1 (Leipzig 1881) 258 ss.; VITTINGHOFF, Römische Kolonisation und Bürgerrechtspolitik unter Cesar und Augustus (Wiesbaden 1952) part. 60 ss.; HUMBERT, «Municipium» et «civitas sine suffragio»: l}Organisation de la conquète jusqu'à la guerre sociale (Rome 1978); MACKIE, Locai Administration cit. part. 54 ss.; JACQUES, Le privilege de liberti: Politique imperiale et autonomie municipale dans les cités de VOccident (Paris 1984); da ultimo, in sede di trattazione generale dell'argomento, LUZZATTO, Roma e le province. 1. Organizzazione, economia, società (Bologna 1985) part. 241 ss., 331 ss. (su cui ree. di CIMMA, in St. romani 34 [1986] 299 ss. e AMELOTTI, in SDHI. 52 [1986] 476 ss.). Su valenza e storia ideologica della romanizzazione, DESIDERI, La romanizzazione dell'impero, in Storia di Roma 2.2 (Torino 1991) 577 ss. 57 Sui decurioni (e con particolare riguardo alla prima età imperiale), KüBLER, sv. «Decurio», in PWRE. 4.2 (1901) 2336; LIEBENAM, Städteverwaltung im römischen Kaiserreiche (Leipzig 1900) 226 ss. 457; ABBOTT, JOHNSON, Munidpal Administration in Roman Empire (Princeton 1926; rist. NewYork 1966) 10 ss.; KORNEMANN, sv. «Munidpium», in PWRE. 16.1 (1933) 570 ss.; LANGHAMMER, Die rechtliche cit. 188 ss.; ORMANNI, SV. Curia, Curiali e GRELLE, SV. «Decuriones», entrambi in NNDI. 5 (1960) 56 s. 309; DE MARTINO, Storia2 4.2 cit. 714 ss.; CURCHIN, The Locai Magistrates cit. 21 ss. 58 ss.; NICOLS, On the Standard Size cit. 712 ss.; LOVATO, SulV«honor decurionatus» nel I libro delle «disputationes» ulpianee, in SDHL 56 (1990; ma 1992) 197 ss. 58 GALSTERZR, «Municipium» cit. 86; RIBAS-ALBA, La «lex Imitane» cit. 5426.
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ad esso attribuite 59 . Le dimostra, fra l'altro, proprio la re gola contenuta nel già discusso esordio di Im. 21, Qui ex senatoribus decurionibus conscriptisve municipii Flavii Imitarti magistratus, uti h(ac) l(ege) comprehensura est, creati sunt erunt. ii ... cives Romani sunto. La disposizione non può in terpretarsi nel senso che tutti i magistrati dovessero essere già decurioni^ (e, d'altronde, se così fosse, dovrebbe esservi, nei requisiti previsti da Mal. 54 per accedere alle magistra ture, anche lo status decurionale, del quale invece non è af fatto menzione): di recente è stato proposto 61 — con buon fondamento — di intendere il dettato di Im. 21 nel senso che «soltanto i magistrati che fossero stati [anche] decurioni avrebbero potuto conseguire la civitas»62. Apprendiamo in sintesi (ed è una delle novità rilevanti che emergono dal nostro documento) che la qualifica di de curione è presupposto per l'acquisto della cittadinanza ro mana, ma non anche per l'elezione ad ima magistratura mu nicipale: di difficile comprensione sarebbe, altrimenti, la di stinzione fra decurioni e magistrati63. Da non trascurare, ad ogni modo, che probabilmente almeno i magistrati maggiori del municipio, all'uscita di carica, saranno stati ammessi nei ranghi decurionali: non credo, però, che Pacquisizione dello status di decurio fosse automatica, dato il ristretto numero di membri dell'orbo previsto per Imi. Non improbabile, infatti, che l'acquisto della qualifica di decurio si producesse solo al momento della lectio dell'ex-magistrato nella curia64. 59 60
Per un elenco esaustivo, RIBAS-ALBA, ibid. 5427 ss. Così sembrane infatti interpretarla GALSTERER, «Municipium» cit. 90 e
GONZALEZ, The «Lex» cit. 215. 61 Da HORSTKOTTE, Dekuriortat cit. 172 s.; si v. anche le argomentazioni in proposito della MANCINI, «IUS Latii» cit. 372 e del LURASCHI, Sulla «lex Imitarla» cit. 365. 62 È la sintesi dell'ipotesi di Horstkotte (retrot nella nt. precedente) come formulata dal LURASCHI, o.l.u.c. 63
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LURASCHI, ibid. 365.
H KRÄNZLEIN, Statuswechsel cit. 45, si è pronunciato invece per un'au tomaticità dell'acquisto dello status di decurio, all'uscita di carica di ogni magi strato. Solo così risulterebbe comprensibile l'esclusione, dal novero dei legitti-
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L'esigenza di questa doppia condizione è certo indica tiva dell'importanza rivestita dalia curia nel municipio. D'al tro canto è. da intendersi, ancora una volta, come un criterio di carattere restrittivo, in sintonia con quanto apprendiamo da Gai 1.95-96 sui modi d'essere del Latium: 95. Alia causa est eomm, qui Latti iure cum liberis suis ad civitatem Romanam perveniunt; nam borum in potestate fiunt liberi. Quod ius quibusdam peregrinis civitatibus datum est vel a populo Romano vel a senatu vel a Cesare. 96. Huius autem iuris duae species sunt; nam aut maius est Latium aut minus: maius est Latium, cum et hi, qui decuriones leguntur, et ei, qui honorem aliquem aut magistratum gerunt, civitatem Romanam consecuntur; minus Latium est, cum hi tantum, qui vel magistratum vel honorem gerunt, ad civitatem Romanam perveniunt: idque compluribus epistulis principum significatur.
Non escluderei che la seconda delle ipotesi elencate da Gaio sia la stessa presa in considerazione dalla nostra legge: solo coloro che rivestono una magistratura (e forse è sottin tesa la preesistenza dello status decurionale) ad civitatem Ro manam perveniunt. Oppure al tempo di Gaio — come pure è possibile — era caduta la necessità di previa appartenenza alla curia, grazie anche ai complures interventi imperiali in mate ria attestati dal giurista. Non è possibile, naturalmente, affermare che il regime delineato ää]i'Imäana fosse quello generalmente in vigore a cavallo fra I sec. a. C. e I sec. d . C : lo era, però, ad Irni, e — con ogni verosimiglianza — nei restanti municipia Flavia della
mati alla candidatura, ex Mal. 54, di qui ... in earum qua causa erit, propter quam, si divis) Riomanus) esset, in numero decurionum conscrìptorumve eum esse non liceret. A mio giudizio, però, non è necessario supporre un'automaticità di ingresso nella curia, per gli ex-magistrati. H cap. 54 è formulato con intento cautelativo, in quanto si muove dal presupposto che gli ex-magistrati potessero (non dovessero) diventare decuriones: per evitare situazioni aberranti all'uscita di carica di co storo, la legge prevede, in via cautelare, che si ammettano alle candidature solo coloro che fossero in possesso dei requisiti necessari all'ammissione nel consesso decurionale. Un'ulteriore forma di controllo (successivo) doveva essere costi tuita, altresì, dalla lectio (effettuata probabilmente dai Ilviri) degli ex-magistrati nella curia.
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Betica65. Esso, ad ogni modo, ben s'inquadra in quelle cau tele — di cui si è detto — adottate da Roma nella politica di concessione delia civitas, formalmente amplissima (si pensi aäiuniversae Hispaniae di Plinio), nella realtà, tuttavia, sem pre sottoposta ad un controllo del potere centrale. Benché la previsione dei requisiti regolanti l'accesso 'à&orào non sia esplicita nel testo 60 , essa sembra presupposta dal cap. 86, quando dispone che i giudici delle controversie private debbano essere tratti ex reliquis municipibus qui prae ter decuriones conscriptosve ingenui erunt ... non minores quam XXV annorum, quibus ipsis quorumve cuius patri avove pa terno proavove paterno aut patri cuius in potestate erit non minor quam HS V (milia) res sit67. Il praeter decuriones con scriptosve è da estendersi in via di interpretazione anche alla condizione del censo minimo, prevista nel periodo quibus ipsis ... res erit. Ciò anche in considerazione di quanto affer mato nel prosieguo del caput, a proposito delle cause di esclusione-dal novero dei giudici: non è ammesso a fungere da iudex colui che sia inidoneo a far parte dell'orbo decurionumy a meno che tale inidoneità non derivi ob eam rem ... quot minor ei patri avo paterno proavove paterno aut patri in cuius potestate sit res sit, ut quam eum in numerum decurio65
Per Pesame di altri due casi analoghi (Tergeste e Novum Comum),
MANCINI, «IUS Latti» cit. 373 66
ss.
Avanzerei l'ipotesi che la previsione si trovasse in uno dei capita iniziali perduti, e non nella tabula IV, che pure era la sedes materiae delle competenze decurionali. Questo per un duplice ordine di motivi: anzitutto, perché si tratta di una disposizione di carattere generale, e relativa ad un organo 'di governo' del municipio; ed in secondo luogo perché Im. 21 — come si è visto — prevede, ai fini dell'acquisizione della cittadinanza da pane dei municipes, le due condizioni preliminari della qualifica di magistratus> da un lato, e di quella di decurio cor.scriptusve dall'altro. Segno, questo, che la legge (come avviene per i magistracus municipii, regolati, almeno per quanto riguarda aediles e quaestoresy nei capp. 19 e 20) doveva dettare, in uno dei suoi capita iniziali, misure anche a proposito dei decurioni: che una qualche previsione relativa dovesse esservi, nella parte iniziale del documento, è detto, fra l'altro, nella stessa Irnitana (cap. 30 1. 36 s.: qui eorum omnium ex hac lege decuriones conscriptive esse debebunt). 67 Sul punto, cfr. anche le osservazioni del GONZALEZ, The «Lex» cit. 215 e 231.
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mim conscriptorumve legi esseve in eo numero oporteat. La clausola68 rende esplicito -— a mio parere — quanto sottinteso nel periodo ex reliquis municipibus ... quibus ipsis ... res sii, ossia l'equivalenza del censo minimo necessario a far parte debordo decurionum con quello richiesto per l'inserimento nelle liste dei giudici privati69. Per assurgere alla posizione di decurio ccnscriptusve era quindi necessario, ad Imi, un patrimonio superiore ai 5000 sesterzi. Tale principio censitario è attestato ad esempio, nelle fonti letterarie, da Plinio (ep. 1.19.2: Municeps tu meus ... esse autem tibi centum milium censum, satis indicat quod apud nos decurio es), per il caso di Comum70. Fra gli altri requisiti richiesti, l'ingenuità (anche questo è fatto palese, oltre che dalle numerose testimonianze giuridi che in proposito, dal caput 86: qui praeter decuriones conscriptosve ingenui erunt)y la maggiore età (non minores quam
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Che si concilia con quanto sappiamo della tendenza dei provinciali ad aggirare l'adempimento dei munera ad essi spettanti, e con le informazioni che provengono da D. 50.2.12 e 50.4.15: infra, nella nt. 70. 69 Non mi trova concorde l'interpretazione fornita in materia dal GALSTERER, «Municipium» cit. 80 (e accolta dal CURCHIN, o.e. 25), che presume l'esi stenza di due limiti censitari, ossia uno, di 5000 sesterzi, necessario all'iscrizione nelle liste dei giudicanti, l'altro, maggiore (ma sconosciuto) necessario all'ammis sione nell'orbo decurionum: «eh. 86 presumes the existence of a city register in which it was possible to check who (or whose father) owned property worth more than 5,000 HS, but less than the minimum census for decuriones». 70 Ancora nel IQ secolo troviamo echi di questa regola, in particolare in un frammento attribuito a Callistrato (6 cognit.), D. 50.2.12: Eos, qui utensilia negotiantur et vendunt, licet ab aedilìbus caeduntur, non oportet quasi viles personas neglegi. denique non sunt probibiti huiusmodi homines decurionatum vel aliquem honorem in sua patria petere: nee enim infames sunt, sed ne quidem arcentur honoribus, qui ab aedilibus flagellis caesi sunt, quamquam iure suo ita aediles officio isto fungantur. inhonestum tarnen puto esse huiusmodi personas flagellorum ictibus subiectas in ordinem recipi, et maxime in eis civitatibus, quae copiam virorum honestorum habeant: nam paucitas eorum, qui muneribus publicis fungi debeant, necessaria etiam hos ad dignitatem municipalem, si facultates habeant, invitai. Analoga mente Papiniano (5 resp.), il quale pure fa cenno alla necessità di facultates, per gli appartenenti all'or Jo: D. 50.4.15: ... cum ei decurioni sufficientes facultates pater reliquerit.
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XXV annorum), probabilmente la discendenza da un decurio conscriptusve. Nulla è detto (ma la disposizione era probabilmente nella parte perduta) sull'acquisto della qualifica di decurio a seguito della gestione di magistratura municipale: assai vero similmente — s'è visto — l'acquisto non era automatico all'u scita di carica, ma (come anche a Roma in età repubbli cana71) occorreva una lectio apposita, come regolata nel (mutilo) Im. 31. Non pare necessario il requisito dell'orbo 72 , ossia l'ap partenenza, per nascita, al municipio in questione: ad atte stare la partecipazione di non municipes al senato municipale sono diverse testimonianze epigrafiche (di cui una proprio di età flavia proveniènte da Axati e relativa all'ingrèsso di un incoiò10 — ossia di un semplice residente nel municipio — nell'ordo decurionum: CIL. II 1055: In municipio Flavio Axatitano ex incolatu decurioni1*). Le cause di esclusione dall'orbo ci sono note, per l'età repubblicana, da un elenco contenuto nella tabula Heracleensis (11. 108 ss.) 75 : si tratta, per lo più, di cause di limita71 Cenni sul problema della praeteritio di ex-magistrati in attesa di chiamata al senatus romano, da ultimo, in CASSOLA, LABRUNA, Linee di una storia delle istituzioni repubblicane? (Napoli 1991) 172 s. 72 Cfr. NORR, «Origo». Studien zur Orts-, Stadt- und Reichszugehörigkeit in der Antike, in T. 31 (1963) 556 ss. 73 Sugli incolae, LEONHARD, sv. «Domicilium», in PWRE. 5.1 (1903) 1299 ss. e BERGER, sv. «Incoia», ibid. 9.2 (1916) 1249 ss. 74 Si v. anche CIL. X u 1585 (Lugduni): Adlecto in curiam Lugdunensium nomine incolatus e Plin. ep. 10.114: le fonti (CIL. m 1100, 1141; V 5036, 6955; XIV 341) testimoniano anche la possibilità di contemporanea appartenenza a più di un senato municipale. Ben diversa, dunque, la situazione, da quella ài appena un secolo prima, descritta da Cicerone in de off. 1.34.125: Peregrini autem atque incolae officium est nihil praeter suum negotium agere, nihil de alio anquirere minimeque esse in aliena re publica curiosum. 75 ...nei. quis in eorum quo municipio colonia praefectura [foro] conciliabulo [in] senatu decurionibus conscreiptisque esto, neve quoi ibi in eo ordine sentemtiam deicere ferre liceto; quei furtei, quod ipse fecit fecerit, condemnatus pactusve est erit; queive iudicio fiduciae pro socio, tutelae, mandatei, iniuriarum, deve d(olo) m(alo) condemnatus est erit; queive lege Plaetoria ob eamve rem, quod adversus eam legem fecit fecerit, condemnatus est erit; queive depugnandei caussa auctoratus est
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zione della capacità iure publico (quali la condanna in un giudizio infamante, la falsa testimonianza, l'insolvenza patri moniale, la sottoposizione a honorum vendalo, e così via), cause il cui novero si sarà ulteriormente ampliato a seguito del vastissimo programma di riforme di Augusto. Non è dato sapere se nèHIrnitana esse fossero elencate per esteso o ri portate solo per reiaHonem: la disposizione era probabil mente in uno dei capita perduti. Veniamo adesso all'effettiva costituzione del senato mu nicipale. Su Irn. 30, dedicato appunto alla «decurionum conscrìptorumve constitutio», si impongono in particolare due osservazioni: la frase iniziale Qui senatores prove senatoribus, decuriones conscriptive ... fuerunt16, e l'esordio del cap. 21, Qui ex senatoribus decurionibus conscriptisve ... magistratus ... creati sunt erunt, costituiscono gli unici due usi del ter mine Senator nella parte giuntaci della legge. La circostanza potrebbe spiegarsi con l'ipotesi di una redazione frettolosa dei due capitoli, nella quale non si sarebbe provveduto ad eliminare, dal precedente cui ci si rifaceva, l'allusione ai seerit fuit fuerit; queive in iure [bonam copiam abiurava] abiuraverit, bonamve copiam iuravit iuraverit; quei[ve] sponsoribus creditoribusve sueis renuntiavit renuntiaverit, se soldum solvere non posse, aut cum eis pactum est erit, se soldum solvere non posse; prove quo datum depensum est erit; quoiusve bona ex edicto eius, quei i(ure) ddcundo) praefuit praefuerit, praeterquam sei quoius, quom pupillus esset reive publicae caussa abesset, neque d(olo) m(alo) fecit fecerit quo magis r(ei) p(ublicae) ciaussa) a(besset), possessa proscriptave sunt erunt; queive iudicio publico Romae condemnatus est erit, quo circa eum in Italia esse non liceat, neque in integrum restitutus est erit; queive in eo municipio colonia praefectura foro conciliabuio, quoius erit, iudicio publico condemnatus est erit; quemve k(alumniae) praevaricationis caussa accussasse fecisseve quod iudicatum est erit; quoive aput exercitum ingnominiae caussa ordo ademptus est erit; quemve imperator ingnominiae caussa ab exercitu decedere iusit iuserit; queive ob caput divis) R(omanei) referundum pecuniam praemium aliudve quid cepit ceperit; queive corpore quaestum fecit fecerit; queive lanistaturam artemve ludicram fecit fecerit; queive lenocinium faciet. 76 Si v., in proposito, il periodo d'esordio del cap. 66 della lex Coloniae Genetivae, della cui formulazione pare risentire Irn. 30: Quos pontifices quosque augures G. Cesar quive iussu eius colon(iam) deduxerit, fecerit ex colon(ia) Genet(iva), ei pontifices eique augures doloniae) G(enetivae) I(uliae) sunto, eiq(ue) pontifices auguresque in pontificum augurum conlegio in ea colon(ia) sunto, ita uti qui optima lege optumo iure in quoque colon(ia) pontifiices) augures sunt erunt.
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natore?1. Più probabile, tuttavia, che, in questi due punti in particolare 78 , la legge, mediante un generico riferimento a «senaèores», abbia inteso omnicomprensivamente alludere a qualsiasi tipo di «houle» della comunità indigena, precedente alla sua 'ristrutturazione' secondo forme romane 79 : sarebbe ancora un indizio nel senso che, prima della promulgazione dello statuto, la comunità interessata manteneva le proprie strutture organizzative, pur dirigendosi verso un adegua mento ai moduli romani 80 . In più, la previsione in esame pare tendere alla legitti mazione di una situazione di fatto: coloro che, già prima della lex municipiiy appartenevano al 'consesso degli anziani' della comunità, potranno conservare tale status. Intento, d'altronde, confermato dal successivo cap. 31, ove è contem plata la nomina di un pool integrativo di decurioni, per rico stituire il numero di 63, quod ante h(anc) l(egem) rogatam iure more eius municipi fuerunt81. È infatti evidente che, in un municipio di ridotte dimensioni quale l'imitano, difficil mente avrebbero potuto rinvenirsi nuovi 'notabili' da sosti tuire ai precedenti. Né Roma poteva permettersi l'inimicizia
77 Infatti altrove (capp. 24, 25, 28, 29 etc.) la lex accenna ai soli decuriones conscriptive. 78 E (non è da escludere) in taluno dei capita perduti. 79 È quanto osservato dal D'ORS, Ley Flavia cit. 114 («Que se hable aquì de senatores junto a decuriones parece deberse al deseo de abercar todos los posibles distintos regìmenes municipales, puesto que se trata precisamente de los curiales anteriores a la ley municipal»); Il GONZALEZ, The «Lex» cit. 203, ritiene in vece che «Senators ... occur of course at any early stage of Roman municipal legisl&ticn ... but this chapter [seil. 21] may, and eh. 30 must, refer to them cnly as existing up to the granting of the Havian municipal law». 80 Si v. quanto osservato supraf nel n. 1 di questo capitolo. 81 È stato di recente notato (NICOLS, On the Standard Size cit. 712 ss.) come la previsione irnitana costituisca un notevole argomento contro la communis opinio che fìssa a cento il numero standard dei decurioni nelle curie provin ciali. Da tenere in conto, inoltre (ibid. 718 s.), che non tutti i membri dell'orbo erano da considerarsi ordinari': esisteva infatti, accanto ai membri regolari della curia} un certo numero di soggetti (i conscripti?) che, pur non avendo diritto di sententiam dicere in seno al consesso, «nonetheless enjoyed the ride, the immunities and some of the rights of the regulär decurions».
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CAPITOLO PRüviO
delle oligarchie locali, che, anzi — si è visto — tentava larvata mente di porre il più possibile sotto il proprio controllo82. Nella tavola IV, la lex conteneva ulteriori disposizioni sulla curia. Dopo quelle concernenti la lectio ordinis (cap. 31 e quasi senz'altro anche il 32, dato che il primo dettava re gole soltanto sulla convocazione dell'orbo, ai fini dello svolgi mento delia lectio J), e presumibilmente i requisiti necessari a far parte del senato municipale, è da supporre la presenza di norme dedicate alia redazione e pubblicazione dell'album decurionum. In un frammento ulpianeo (3 de off. proc, D. 50.3.1 pr.) leggiamo infatti che decuriones ita scriptos esse oportet ut lege municipali praecipitur. il passo attesta che le varie leges municipiorum stabilivano un ordine di elenca zione, all'interno dell'album decurionale, dettando i criteri che dovevano governare la redazione della lista84. 82 L'uso dei verbi legere e sublegere, quale si rinviene in Irn. 30 e 31, è ti pico delle formulazioni legislative epigrafiche, ed è probabilmente inteso a co prire tutte le situazioni che possano verificarsi: tali forme sono presenti anche in tab. Heracl. 86 (nei quis ... in senatum decuriones conscriptosve legito neve sublegito neve coptato), ed il sublegi presente anche in D. 50.2.2 pr. (Ulp. 1 disp.: nam et sublegi in locum eius [seil, decurionis] potest) lascia presumere che si trattasse di una formula standard per il caso della nomina di nuovi decuriones. 83 In tema, è da osservare che, benché le parti preservate della lex non ap portino lumi sul punto, dovevano essere i Ilviri ad effettuare la lectio, da appro varsi probabilmente con successivo decreto decurionale: le disposizioni di tab. Heracl. 83 ss. depongono infatti in tal senso, è, come osservato dal GONZALEZ, The «Lex» cit. 208, «nothing in the text of our chapter as preserved implies that the existing decuriones played any active pan in the actual choice of new decu riones». 84 Per tale lettura dell'espressione ut lege municipali praecipitur, cfr. G A L STERER, La loi cit. 202 nt. 79: «comme dans beaucoup de textes comparables, on peut se demander si certe lex municipalis est une loi municipale de portée gene rale ou la loi d'une cité spécifìque (par ex. Dig. 50,3,1 pr. et CTh. 12,1,5)». Sul tema si v. anche infra, nel n. 3 del capitolo IV, e part. nella nt. 39. Per quanto ri guarda la lectio di membri dell'orbo (da svolgersi — s'è detto — senz'altro sotto la direzione di un llvir) si cfr. le (restrittive) previsioni di tab. Heracl. 1. 85 ss.: nei quis eorum [seil, llviriei) IIIIvir(ei)] quem in eo municipio colonia praefectura foro conciliabulo [in] senatum decuriones conscriptosve legito neve sublegito neve cooptato neve recitandos curato, nisi in demortuei damnateive locum eiusve, quei confessus erit, se senatorem decurionem conscriptumve ibi h.l. esse non licere, e quelle di lex Col. Gen. 67. — Per esempi di album decurionum, CIL. LX 338 (Canusium,
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È probabile che nella parte mancante fosse disciplinata anche la procedura dell'espulsione dall'orbo, per mancanza dei requisiti necessari85. Un indizio in tal senso ci è fornito, per la prassi urbana, da Plinio {ep. 10.114[115]): Lege [seil. Pompeia] sanciiur, quibus de causis e senatu a censoribus eiciantur. In un punto imprecisato della tabula IV iniziava la trat tazione della materia dei decreti decurionali, che si estende fino al cap. 42. Im. 39, il primo capitolo (mutilo dell'inizio) della quinta tavola, riguarda la richiesta di discussione di de terminate questioni in seno alla curia municipale. Quel che rimane in ombra è l'identità dei legittimati a sollecitare un dibattito e l'eventuale emanazione di un decreto decurionale. A tale previsione doveva affiancarsi inoltre un elenco delle materie che potevano formare oggetto di discussione in se nato: l'osservazione si fonda sullo stesso tenore di Im. 39, che doveva contenere almeno gli argomenti per i quali si ri chiedesse la maggioranza semplice dei votanti (Quodque maior pars decurionum conscriptorumve de ea re censuerit ...); dette materie dovevano essere elencate nella parte del caput incisa sulla tavola perduta, stante la formulazione del periodo finale, si qua praeter ea erunt, de quibus ad decuriones refe rendum esse ... videbitur. Di particolare rilevanza, per la disposizione in esame, la questione del quorum di presenze necessario per la validità della seduta. Il Mommsen86 non dubitava della generalità dell'assunto ulpianeo (3 de appell.) contenuto in D. 50.9.3: Lege municipali autem cavetur ut ordo non aliter habeatur quam duabus partibus adhibitis. D'altronde, anche in nume223 d.C.) e VHT 12903 (Thanugadi, seconda metà del IV sec): si v., su tali docu menti, in particolare CHASTAGNOL, Recbercbes sur ['Historie Auguste (Bonn 1970) 45 ss.; HORSTKOTTE, Magistrates und Dekurionat im Lichte des Albums von Canusium, in ZPE. 51 (1984) 211 ss.; NICOLS, Prefects, Patronage and the Administration of Justice, ibid. 72 (1988) 201 ss. 85 Cfr. tob. Heracl. 87 s. (cit. retro, nella nt. precedente) e 108 ss. (cit. retro, nella nt. 75). 86 Stadtrechte cit. 305 s.
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rosi capita dell'Imitanti87 appare previsto l'obbligo di pre senza di duae tertiae partes della curia: è assai dubbio, però, che la regola sia da intendersi in senso assoluto; Intanto, per ché non si può escludere con certezza che il passo di Ulpiano avesse riferimento ad una specifica lex municipii (la cui men zione potrebbe essere successivamente caduta) 88 ; e, in se condo luogo, perché in almeno due punii àéiìrnitana si di spone la necessità unicamente della maggioranza semplice89 (62, 1. 41 s.: nisi <de> decurionum conscriptorumve sententia, cum maior pars eorum adfuerit\ 79, 11. 9 ss.: de is ad decuriones conscriptosve referatur, dum ne ad minorem partem eorum referatur), ed in altri tre luoghi T'obbligo della presenza di al87 29: nomina del tutor; 42: abrogazione di decreti decurionali (ma con quorum dei 3/4 dei votanti); 45: invio di ambascerie (dietro approvazione dei 2/3 dei presenti); 50: costituzione delle curiae (con decisione di maggioranza); 61: cooptazione di un patronus municipii; 64: vendita dei beni oggetto di garanzia per obbligazioni contratte con il municipio; 67: revisione della contabilità del municipio; 68: scelta di patroni per Peffettuazione dei rendiconti; 69: giudizio de pecunia communi; 70: scelta di actores o cognitores municipii per le cause relative alla pecunia communis; 72: manomissione di schiavi della comunità; 76: revisione dei terreni del municipio e delle rendite fondiarie pubbliche. 88 La regola ivi enunciata potrebbe, per vero, essere sorta in periodo suc cessivo alla nostra lex municipii; ovvero Ulpiano poteva, nel contesto originario, fare riferimento a delibere decurionali su materie specifiche. La norma in que stione sembra, per la verità, presupposta da alcuni testi in tema di nomina déì'actor municipum (D. 3.4.2; 3; 4; 5; 6) su cui infra, nel n. 6 del capitolo IV. 89 Della menzione della maior pars erano state fornite dal MOMMSEN, Stadtrechte cit. 306 e nt. 54, due spiegazioni. La locuzione potrebbe essere stata contenuta in capitoli aggiunti alla lex successivamente alla sua originaria reda zione, e non coordinati con le restanti previsioni; oppure potrebbe intendersi, per maior pars (sulla scia del SAVIGNY, System des heutigen römischen Rechts 2 [Berlin 1840] 326 s.), l'abituale maggioranza di due terzi del consesso (questa ipotesi tuttavia non appare probabile, in quanto dovrebbe poi assumersi tale si gnificato di maior pars come due terzi anche per quantoriguardail quorum effet tivo di validità delle votazioni); più plausibilmente, i due casi di cui sopra sono fattispecie cui il legislatore non conferiva eccessiva importanza: questo emerge, in particolare per l'ipotesi regolata da Irn. 79, dall'insieme della formulazione legis lativa, dove — mentre per l'erogazione di pecunia communis nei casi non espres samente fatti salvi dalla lex è necessaria una maggioranza qualificata (più il voto per tabellam e sotto giuramento) — nei casi elencati nella seconda parte del capi tolo, i decurioni possono legittimamente deliberare anche senza voto segreto né previo giuramento.
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meno 3/4 del consesso (79. li. 50 ss.: ne referto ad decuricnes ... cum pauciores quam, qui tres quartas partis tothis numeri àecurionurn explere possine, aderunt; 80, i. i7: cum eorum non minus tres partes adfuerint) 83, 1. 37: ita uti non minus quam tres quartae partes decunonum ... adessent). Ciò non toglie che nella gran parte dei casi sia disposto il quorum ai due terzi per la validità delia seduta. Quello che tuttavia non mi sentirei di affermare, è l'esistenza di un 'prin cipio' in questo senso, insuscettibile di deroghe. L'Irnitana — non può dimenticarsi — fa fede unicamente per quanto con cerne il municipium di Imi o, al più, se si tien conto della corrispondenza con le leggi di Salperisa e Malaca, nonché dei frammenti attribuibili ad altre leggi di municipia betici, per un dato gruppo di comunità in un dato terne di tempo. Non può escludersi, dunque, che altre leges municipii preve dessero un diverso regime. Altra è la questione del quorum necessario per la vali dità delle delibere: in questo caso prevale la necessità di ap provazione da parte della maggioranza (semplice) dei decu rioni presenti, benché non manchino ipotesi in cui è richiesto l'assenso dei due terzi90 (o addirittura dei tre quarti91) dei presenti. Non può parlarsi dunque — a mio giudizio — di una re gola definitiva in tema di deliberazioni del senato munici pale: nella nostra legge, quantomeno, si preferì regolare caso per caso — ed a seconda dell'importanza delle materie trattate — le maggioranze necessarie alla validità delle sedute ed a quella dei decreti92.
90 Irn. 45, 1. 30: non minus quam duae tertiae partes censuerint; 72, 1. 11: si eorum qui aderunt non minus duae partes manumitti censuerint; 83, 1. 39: exque iis qui adessent non minus quam duae tertiae partes consentirent. 91 Irn. 42, 1. 40: ex is qui ita adfuerint, non minus quam tres quartae partes ... censuerint. 92 In tal senso, anche LIEBENAM, Städteverwaltung cit. 243, che osservava che, alla luce degli statuti municipali e coloniali a noi-pervenuti, «von einer allge mein giltigen Regel nicht die Rede sein kann, und der Satz der Rechtsbücher, wonach zwei Drittel des Rates bei Beschlüssen zur Stelle sein müssen, so allge-
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CAPITOLO PRIMO
L'esistenza di un elenco di argomenti su cui occorresse una pronuncia ddì'ordo sembra — si è visto — trovare con ferma nella frase si qua praeter ea erunt, in fine di Irn. 39, che allude presumibilmente ad una lista di materie per le quali determinati soggetti (gli stessi decurioni e forse taluni altri specificati nella parte perduta) potevano richiedere la pub blica discussione e l'emanazione di un decreto. Altro argo mento in favore di tale supposizione è fornito da analoga previsione presente nel cap. 96 della lex Coloniae Genetivae, dedicato ai decurionum consulta: Si quis decurio eius colon(iae) ab llvirio) praef(ecto)ve postulabit, uti ad decuriones referatur, de pecunia publica deque multis poenisque deque locis agris aedificis publicis quo facto quaeri iudicarive oporteat: tum Ilvir quive iure dicundo praerit d(e) e(a) r(e) primo quoque die decuriones consulito decurionumque consultum facito fiat, cum non minus m(aior) p(ars) decurionum atsit, cum ea res consuletur. Uti m(aior) p(ars) decurionum, qui tum aderint censuer(int), ita ius ratumque estó93.
Problematica, ad ogni modo, qualsiasi ricostruzione ipotetica dell'esordio del cap. 39 94 . Mi sembra però proba bile che la sua formulazione non dovesse discostarsi di molto dalla citata disposizione di Urs. 96 95 (eccezion fatta, forse, mein in der ersten Kaiserzeit nicht gegolten hat»; analogamente DE MARTINO, Storia2 4.2 cit. 730 s. 93 Da notare che, nella lex coloniae, il quorum di presenza standard pare essere quello della maggioranza: indizio di una disciplina più antica, o meramente di una regolamentazione diversa, e meno rigida, per le coloniae, rispetto a quella vigente nei municipia? 94 E infatti sembrano rinunciarvi tanto il GONZALEZ, The «Lex» 158 e 209 e Bronces cit. 61, quanto il D'ORS, Ley Flavia cit. 52 e «Lex Irnitana» cit. 27, che pure ricostruisce, in via ipotetica, il titolo della rubrica: De rebus ad decuriones conscriptosve referendis. 95 Se mi è permesso avanzare un'ipotesi ricostruttiva dell'inizio del cap. 39, proporrei la seguente: R(ubrica). De rebus ad decuriones referendis. Si quis decurio conscriptusve eius municipii a Uviro postulabit, uti ad decuriones referatur, de pecunia publica deque multis poenisque deque locis agris aedificis publicis deque ... quo facto quaeri iudicarive oporteat ... Ilvir, qui iure dicundo praerit, primo quoque tempore decuriones conscriptosve hac lege convocato, ad eosque, cum non minus duae tertiae partes decurionum adfuerint, de bis rebus, dum id adversus h(anc) Kegem) non fiat, referto ...
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per quella menzione della maior pars quale quorum di pre senze necessario alla validità dei consulta decurionali). 4. — I capp. 40-42 sono dedicati agli aspetti dell'emana zione, pubblicazione ed eventuale caducazione dei decreta. Irn. 40 introduce i criteri previsti dalla legge per la rile vazione dei voti decurionali: * ... decuriones primos sententias interrogato, ut quisque in suo ordine plurimos liberos iustis nuptis quaesitos habebit, aut in ea causa erit, essetve si civis Romanus esset, ut proinde sii ac si tum liberos habeat. Si duo pluresve in eadem causa erunt, liberosve non habebunt neque ius liberorum, ut supra scriptum est, tum eos primos sententiam interrogato, qui Ilviri fuerint, uti quisque prior fuerit, tum ex ceteris uti quisque primus in decuriones conscriptosve lectus erit.
Quisque in suo ordine allude alla posizione occupata da ciascun decurione all'interno della curia96: in genere, si co minciava a raccogliere il voto dai decurioni di nomina impe riale e dai patroni ciarissimi viri (cittadini onorari del munici pio), passando poi ai quinquennaliciiy e proseguendo con gli ex-duoviri, gli ex-edili e via di seguito97. 96 Cfr., per analoga formulazione, D. 50.2.6.5 (Papin. 1 resp.): Privilegiis cessantibus ceteris eorum causa potior habetur in sententiis ferendis, qui pluribus eodem tempore suffragiis iure decurionibus decorati sunt, sed et qui plures liberos habet, in suo collegio primus sententiam rogatur ceterosque honoris ordine praecellit. 97 Si v. ancora, in proposito, Gell. N.A. 14.7.9: Senatusque consultum fieri duobus modis, aut per discessionem, si consentiretur, aut, si res dubia esset, per singulorum sententias exquisitas; singulos autem debere consuli gradatim incipique a considari gradu; e D. 50.3.1 pr.-l (Ulp. 3 de off. proc): Decurione: in albo ita scrìptos esse oportet, ut lege municipali praecipitur: sed si lex cessai, tunc dignitates erunt spectandae, ut scribantur eo ordine, quo quisque eorum maximo honore in municipio functus est: puta qui duumviratum gesserunt, si hic honor praecellat, et inter duumvirales antiquissimus quisque prior: deinde hi, qui secundo post duumviratum honore in re publica functi sunt: post eos qui tertio et deinceps: mox hi qui nullo honore functi sunt, prout quisque eorum in ordinem venit. In sententiis quoque dicendis idem ordo spectandus est, quem in albo scribendo diximus. La dignitas si pone come dato tipico, «Merkmal» déì'bonor decurionatus. Secondo il GRELLE, «Munus publicum» cit. 318, essa è «espressione degli ideali borghesi delle aristocrazie provinciali». Sui significati del vocabolo, CERAMI, Potere ed or-
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Ciascuno di tali raggruppamenti di ex-magistrati era de finito ordo o collegium98. La regola introdotta dalla lex municipii stabilisce che, all'interno di ogni ordo, cominciando dai decurioni onorari, deve riceversi anzi tutto il voto di chi possieda un numero maggiore di figli, o il ius liberomm che lo equipari ad un coniugato con figli". Regola ancora atte stata, per l'età dei Severi, da Papiniano (1 resp.), in D. 50.2.65: Sed et qui plures liberos habeat, in suo collegio primus senientiam rogatus ceterosque honoris ordine praecelUt100. In caso di pari condizione di due o più decurioni, si fa luogo al criterio dell'anzianità di carica101, cominciando dagli ex-IIviri102. Im. 41 si occupa della declamazione dei decreti dinanzi al consesso decurionale, tesa all'approvazione definitiva (come pare emergere dalla espressione ita uti recitatum atpròbatumque erit) della delibera, ed alla pubblicazione di essa negli archivi municipali 103 , a cura del llvir di turno, dinamento nella esperienza costituzionale romana2 (Torino 1987) 80 nt. 135. Ulte riore letteratura sul tema in LOVATO, SuW«honor decurionatus» cit. 199 ntt. 7 ss. 98 Retro, nella nt. 96. 99
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D'ORS, Ley Flavia cit. 118.
II riferimento al ius liberorum, come regolato dalla lex Julia de maritandis ordinibus è contenuto anche in Gell. N.A. 2.15.4: Siculi capite VII. legis Iuliae priori ex consulibus fasces sumendi potestas fit, non qui pluris annos natus est, sed qui pluris liberos quam collega aut in sua potestate habet aut bello amisit. Le stesse previsioni in tema di ius lìberorum sono rinvenibili anche in Mal. 56 (infra, nel n. 6 di questo capitolo), in tema di criteri di preferenza in caso di parità di voti fra due o più candidati. 101 II D'QRS, o.l.u.c. suppone che le ipotesi di equiparazione ai coniugati con figli, cui è cenno néì'Irnitana (in ea causa esset, essetve si civis Romanus esset ut proinde sit ac si tum liberos habeat) non costituiscano previsioni originarie della legislazione matrimoniale augustea «sino que se fueron concediendo por la indulgencia de algunos emperadores posteriores». 102 Forse, ad Imi (date le minuscole dimensioni della comunità), gli ordines erano soltanto due, gli ex-IIviri da un lato, e tutti gli altri ex-magistrati dall'altro: così pare dedursi dal finale del caput: Si duo pluresve in eadem causa erunt ... tum eos primos sententiam interrogato, qui Ilviri fuerint, uti quisque prior fuerit, tum ex ceteris uti quisque primus in decuriones conscriptosve lectus erit. 103 Sulla pubblicazione dei decreti decurionali, part. LIEBENAM, Städtever-
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entro i dicci giorni successivi \IÌ,L%ZÌ€ ùtn'ìi ni tabul&s COITIfiiuitcs eius municipii ... referto in diebus X proximis)104'. Un breve riassunto del contenuto dei decreto era — come sappiamo — pubblicato nel commeniarius cottidianus municipii, un 'giornale' municipale , la cui esistenza è at testata nelle testimonianze epigrafiche: CIL. XI 3614 (Caere): descriptum et recognitwn factum in pronao aedis Martis ex commentario, quem iussit proferri Cuperius Hostilianus per T. Rustium Lysiponium scribam.
Il successivo cap. 42 detta regole sulla 'rimozione' dei decreti decurionali: la sequenza in esso usata, decretum tollere, perducere, inritum facere, appare tecnica, nella sua esau stività. La legge pare voler ricomprendere ogni ipotesi possi bile di caducazione di decreta, dettando per queste eventua lità una disciplina assai rigorosa. Con la locuzione inritum facere™ si vuol forse alludere a 'vizi di legittimità' dei dewaltung cit. 244 ss. (con abbondanti citazioni epigrafiche); MOMMSEN, Staatsrecht 2 cit. 1015 e nt. 2; KÜBLER, SV. «Decurio» cit. 2336; LANGHAMMER, Die rechtliche cit. 205; DE MARTINO, Storia2 4.2 cit. 732. 104 Ben più complesse le norme relative alla relatio dei decreti decurionali in tabulas publicas predisposte dalla lex Coloniae Genetivde, che all'argomento dedica due lunghi capita (130 e 131), che prevedono, fra Paltro, maggioranze qualificate per l'approvazione di decreti su argomenti di particolare interesse per la comunità (cooptazione di patroni, concessione di hospitium nel territorio colo niale). 105 II D E MARTINO, Storia2 4.2 cit. 732 parla di «una specie di protocollo del comune ... ordinato in paginas e kapita». 106 Nel Digesto essa compare spesso in relazione a testamenti confezionati da un soggetto damnaius o capite minutus (a seguito quindi di sopravvenuta per dita della testamenti factio attiva), oppure andati deserti: si cfr. in particolare D. 28.3 {De iniusto rupto irrito facto testamento), e il lungo excursus di Gai 2.146148. Precipuamente sulla scia di Gai 2.146 (Hoc autem casu inrita fieri testamenta dicemus, cum alioquin et quae rumpuntur inrita fiant ((et quae statim ab initio non iure fiunt inrita sint; sed et ea, quae iure facta sunt et postea propter capitis deminutionem inrita fiurit)) possunt nihih minus rupta dici. Sed quia sane commodius erat singulas causas singulis appellationibus distingui, ideo quaedam non iure fieri dicuntur, quaedam iure facta rumpi vel inrita fieri), il Voci, Diritto ereditario romano 2 (Milano 1963) 993 ha riferito la portata del termine inritum alle ipotesi di invalidità sopravvenuta del testamento. Il MITTEIS, Kömisches Privatrecht bis
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creti, per i quali risulti necessario porne nel nulla gli effetti: l'ambito semantico del termine inritum risulta, dalle fonti, comprendere tanto l'invalidità degli atti presi in considera zione perché (in tutto o in parte) contra legem o sforniti di un elemento essenziale107, quanto l'inefficacia di talune ipotesi negoziali, per lo più successiva al sorgere dei negozi stessi108. La rimozione, forse a causa di incompatibilità con un successivo provvedimento decurionale, appare implicata dal verbo tollere109. Il termine perducere, il cui significato è di cancellazione di un atto, per lo più per motivi contenuti stici110, potrebbe infine riferirsi alla necessità di 'revoca' dei
auf die Zeit Diokletians (Leipzig 1908) notava come irritus fosse, nelle fonti, pre valentemente espressivo di «nachträgliche Unwirksamkeit» o di «Verbotswidrig keit». Di diverso parere (ma ingiustificatamente) HELLMANN, Terminologische Untersuchungen über die rechtliche Unwirksamkeit im römischen Recht (München 1914) 144 ss., che rende il termine con «völlig wirkungslos». 107 È il caso, ad esempio, di D. 4.4.44 (Ulp. 5 opin.), 12.6.59 (Pap. 2 de/in.), 16.1.7 (Pap. 9 quaest.), 18.1.52 (Paul. 54 ad ed), 24.13A (Ulp. 32 ad Sah.), 24.1.7.6 (Ulp. 31 ad Sah.), 24.1.31.4 (Pomp. 14 ad Sah.), 24.1.32.19-20 (Ulp. 33 ad Sah.), nonché di molti dei frammenti contenuti nel menzionato titolo 28.3 (retro, nella nt. precedente). 108 In tal modo sembrano potersi intendere, fra altri, D. 5.2.16.1 (Pap. 2 resp.), 19.1.11.6 (Ulp. 32 ad ed.), 20.1.1.3 (Pap. 11 resp.), 26.7.39.5 (Pap. 5 resp.), 28.6.41.2 (Pap. 6 resp.). Diversamente HELLMANN, Terminologische cit. 150. 109 A chiarire il senso di tollere (anche se nell'ambito di un excursus dedi cato alle leges, e sotto il profilo della rogatio di esse) sovvengono i Tituli ex corpore Ulpiani, più precisamente il frammento 1.3: Lex aut rogatur, id est fertur, aut abrogatur, id est prior lex t olii tur, aut derogatur, id est pars primae legis tollitur, aut subrogatur, id est adicitur aliquid primae legi, aut obrogatur, id est mutatur aliquid ex prima lege (sul frammento, fra altri, ROTONDI, «Leges publicae» cit. 165; SCKMIEDEL, «Consuetudo» im klass. und nachklass, röm. Recht [Köln-Graz 1966] 54 ss.; una panoramica sulle teorie della formazione dei tituli da ultimo in MERCOGLIANO, Un'ipotesi sulla formazione dei «Tituli ex corpore Ulpiani», in Index (De Martino) 18 [1990] 185 ss.). Si v. anche, per analogo si gnificato, fra i frammenti provenienti dalla Compilazione, D. 42.1.14 (Cels. 25 dig.: Quod iussit vetuitve praetor, contrario imperio tollere et remittere licet: de sententiis contra)-, D. 46.8.3 (Ulp. 48 ad Sab.: Acceptum fieri non potest, nisi quod verbis colligatum est: acceptilatio enim verborum obligationem tollit, quia et ipsa verbis fit: neque enim potest verbis tolli, quod non verbis contractum est). 110 Per tale accezione di perducere, riguardo al contenuto di un testa mento, D. 29.1.20.2 (lui. 27 dig.: Cum aliquis facto testamento militare coeperit, id
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decreti appunto per motivi di 'merito'. Non mi sembra per tanto postulabile una valenza sinonimica delle tre espres sioni, nonostante nella rubrica del capitolo si parli soltanto di tollere, senza riferire per esteso i tre sintagmi. Per la validità della delibera di Ritiro' dell'atto, la legge prevede una maggioranza particolarmente qualificata (pre senza dei due terzi della curia, ed approvazione dai tre quarti dei presenti): anche il tenore negativo della formula zione {ne quis ad decuriones ... referto) sembra implicare un deciso intento di 'salvaguardia' delle delibere già approvate. Tale principio permase valido nei decenni successivi, come attesta un passo di Callistrato (2 de cognit.)y in cui è ri ferimento ad un rescritto adrianeo in materia: D. 50.9.5: Quod semel ordo decrevit, non oportere id rescindi divus Hadrianus Nicomedensibus rescripsit nisi ex causa: id est si ad publicam utilitatem respiciat rescissio prioris decreti.
Rescindi è un vocabolo di tenore generale, e sembra, nel contesto sintetizzante del passo di Callistrato, comprendere in sé le diverse ipotesi — elencate invece in modo dettagliato nidi9Irnitana — di caducazione di un decreto 111 . Pare che quoque testamentum, quod ante quam militare coeperit fecerat, aliquo casu intellegitur militiae tempore factum, veluti si tabulas inciderit et legerit testamentum ac rursus suo signo signavit, amplius si et aliquid interleverit perduxerit adiecerit emendaverit: quod si nihil bonorum inciderit, testamentum eius ad privilegia militum non pertinebit); si v. andie infra, nella nt. 46 alla Traduzione della lex Imitana. 111 Piuttosto intenso il dibattito sul significato di rescindere in riferimento agii atti negoziali privati. Il Di PAOLA, Contribuii ad una teoria della invalidità e della inefficacia in diritto romano (Milano 1966) 43, 60, vi attribuisce il significato di «produrre l'inefficacia degli atti» cui è rivolto. D MASI, SV. Nullità, in ED. 28 (1978) 859 ss., sostiene invece che rescindere implichi il fatto di considerare non avvenuto (quindi inesistente) l'atto. Media sententia quella del BRUTTI, SV. Invalidità (storia), in ED. 22 (1972) 560 ss., part. 568 s.: «Gli usi di tale verbo ci mo strano come alla figura giuridica dell'inesistenza corrispondesse in concreto niente più che una forma particolarmente intensa di rimozione degli effetti della fattispecie infirmata ... In definitiva i vari impieghi del verbo rescindere ... per mettono di accomunare entro un medesimo quadro concettuale una serie di casi diversi, caratterizzati ora dalla scoperta della inesistenza di fattispecie che pure
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l'indirizzo imperiale si sia evoluto in un senso ancora più re strittivo, rispetto a quello testimoniato dalla nostra lex muni cipi^ se Adriano prescrive la necessità di una 'causa' di pub blico interesse. Anche la notizia delia caducazione del decreto doveva essere soggetta ä reiatio nelle tabulae municipales. nonostante néH'Irnitana non compaia la relativa disposizione. Im. 43 prevede l'impossibilità, per uno dei duoviri, di convocare il consesso decurionale in luogo diverso, mentre esso sia già riunito a seguito di convocazione da parte del Ilvir conlega: non è da escludere, pare, la possibilità di con trasti fra i magistrati maggiori che portassero a tentativi di intercessio reciproca 112 . Dal tenore della norma (che mensembravano regolarmente poste in essere, ora dal fatto che fattispecie in tutto ri spondenti alle norme dello ius civile vengano svuotate — causa l'intervento del pretore — degli effetti che dovrebbero produrre». — Rescindere a proposito di atti 'amministrativi' è usato da Pap. 15 resp. D. 40.10.2 e da Paul. 3 resp. D. 42.1.42 (a proposito di sententiae emanate in sede di cognitio extra ordinem), da Callistrato nel citato D. 50.9.5 e da Ulpiano (lib. sing, de off. cur. reip.) in D. 50.9.4 pr.: Ambitiosa decreta decurionum rescindi debent, sive aliquem debitorem dimiserint, sive largiti sunt (su cui infra, nel n. 2.2 del capitolo II). Segno, questo, di un'utilizzazione ormai diffusa e 'tecnica' del termine, per le ipotesi di caduca zione di un provvedimento. Cfr. anche la definizione fornita dal VIR, sv. «Rescindo» 159: Translate = irritum facete, tollere, ed i frammenti ivi citati, nonché quella — parallela — contenuta in HEUMANN, SECXEL, Handlexikon cit. 512: «Rescindere = ... 2) aufheben, ungültig, wirkungslos machen». 112 Tanto il GONZALEZ, The «Lex» cit. 209, quanto il D'ORS, Ley Flavia cit. 120 s. citano, in proposito, un passo gelliano, ove si fa riferimento ad un brano del de auspiciis di Messalla (N.A. 13.16.1): Consul ab omnibus magistratibus et comitiaium et contionem avocare potest. Praetor et comitiatum et contionem usquequaque avocare potest nisi a consule. Minores magistratus nusquam nec comitiatum nec contionem avocare possunt. Ea re, qui eorum primus vocat ad comitiatum, is recte agii, quia bifariam cum populo agi non potest nec avocare alius alii potest. Il D'ORS, ibid., 121 pretende che il passo citato abbia diretto riferimento alla lex municipalis. Lo escluderei, per due motivi: anzitutto, perché in tale testo è parola di consules e praetores (e dunque la testimonianza ha valore essenzialmente per la pratica urbana); in secondo luogo, perché là disposizione è relativa alla convocazione del comitiatus o della contio (ossia la riunione cittadina in ordine sparso, non suddivisa in centurie), e non a quella del senatus. Non impossibile che la regola fosse, invece, ben più risalente, tanto per quel che riguarda i comitia quanto per ciò che inerisce al senatus: non mi trova d'accordo, quindi, l'affer mazione che «estas palabras de Mesala parecen referirse directamente a la ley municipal de su amigo Augusto».
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ziona soltanto i duoyiri) può presumersi che edili e questori non godessero delia facoltà di convocazione della curia. La deduzione trova conferma, peraltro, nei frammenti attribuiti al cap. 18 della legge di Imi (che si è visto inerire a poteri e facoltà duovirali), nei quali è leggibile l'espressione \hd\bendi consulen[di\ in due linee successive113, mentre si : mile locuzione non si rinviene nei capita dedicati ai poteridoveri edilizi e questorii. A partire dal cap. 44, e fino al 47, si dipana una serie di disposizioni relative allo svolgimento del munus legationis> uno dei più rilevanti e — probabilmente, dato il tenore 'co gente' della previsione legislativa — anche fra i più onerosi doveri municipali114. Di quest'argomento tratterò in se guito, in connessione con le figure di 'funzionari' munici pali 115 . Dei capp. 48 e 49 della legge, relativi a materie di particolare importanza su cui ottenere un decreto dei decu rioni, ho analogamente posposto l'esame, data, appunto, la loro rilevanza nel contesto legislativo116. 5. — Nuova luce proviene dalla Irnitana anche sul re gime degli honores municipali. I capp. 19 e 20 (uniti ai fram menti attribuiti al cap. 18) forniscono interessanti dati sulle regole relative ad edilità e questura, ed importanti indizi sul duovirato nei municipia Flavia. 5.1. -— Finora le notizie sui llviri municipali117 deriva113 In un caso l'attività di convocazione potrebbe riferirsi al senato municipale, nell'altro al collegium dei magistrati del municipio: ma si tratta di mere con getture, che solo un consistente dato testuale sarebbe in grado di suffragare. 114 Sui munera in generale, KÜBLER, SV. «Munus», in PWRE. 16.1 (1933) 644 ss., e LANGHAMMER, Die rechtliche cit. 237 ss.; sul munus legationis in parti colare, infra, nel n. 3.1 del capitolo E. 115 Infra, nel n. 3.1 del capitolo II. 116 Si v. infra, nel n. 2.1 del capitolo E, e nel n. 4 del capitolo EL 117 Sulla magistratura duovirale, in generale, MOMMSEN, Staatsrecht 3.1
cit. 773 s.; LIEBENAM, sv. «Duoviri», in PWRE. 52 (1905) 1798 ss; ABBOTT, JOHN
SON, Municipal 1 cit. 56 ss.; LANGHAMMER, Die rechtliche cit. 59 ss. e passim-, D E MARTINO, Storia2 4.2 cit. 704 ss.; CURCHIN, The Locai Magistrates cit. 27 ss. 60 ss.
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vano sopra tutto dai capita malacitani dedicati alle elezioni municipali. Elemento comune a detti magistrati, quanto ad edili e questori, sono i presupposti necessari all'assunzione della carica118: ingenuità119, come prescritta dà Mal 54, re quisito sicuramente richiamato in uno dei capitoli iniziali della legge (Ilvir(os). qui iure dicundo praesint, ex eo genere ingenuorum hominum, de quo h(ac) l(ege) cauturn conprehensumque est ... creandos curato), come si evince anche dal frammento intercolumnare — di cui s'è detto — attribuito alla seconda tavola120; assenza di infamia o altra causa di inde gnità 121 ; compimento del venticinquesimo anno d'età (da Mal, 54, 11. 60-65) 122 ; corresponsione di cauzioni, quanto meno da parte dei magistrati {Ilviri e quaestores) che diretta mente maneggiavano i fondi del municipio, ai sensi di Im. 60 123 . La lex municipii fornisce anche informazioni sul li mite massimo della giurisdizione duovirale nel municipio, fissato, per Irni, a 1000 sesterzi dal cap. 84 124 , che stabili sce, a tal proposito, una competenza per valore analoga e concorrente degli edili: Ilvir(i), qui ibi i(ure) d(icundo) praeerit, iuris dictio, iudicis arbitri recuperatorum ... iudici datio addictio, item eadem condicione, de eo quod HS (sestertium) co (mille) minorisve erit, aedilis qui ibi erit iuris dictio iudicis ar bitri reciperatorum ex eodem genere iudicique datio addictioq(ue) esto.
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Sul tema, già MOMMSEN, Stadtréchte cit. 110 ss.; LIEBENAM, Städtever waltung cit. 268 ss.; KÜBLER, SV. «Magistrata», in PWRE. 14.1 (1928) 400 ss.; LANGHAMMER, ibid. 62 ss.; D E MARTINO, ibid. 706 ss.; CURCHIN, ibid. 27 ss.
119 Requisito, questo, previsto dalla lex Visellia del 24 d.C. (supra, nella nt. 35 dell'Introduzione). 120 Infra, in sede di edizione critica della legge. 121 Sono le prescrizioni che ci provengono, oltre che (implicitamente) da Mal. 54, da tab. Heracl. 108 ss. (retro, nella nt. 75). 122 Regola, tuttavia, oscillante, già all'età di Augusto, il quale pare averla introdotta: si cfr. Plin. ep. 10.80, dove è citata la lex Pompeia, che permetteva alle comunità di Bitinia di avere magistrati ventiduenni, ed i documenti epigrafici ci tati da LIEBENAM, O.U.C. 269 nt. 2. 123 Su quest'ultimo punto, infra, nel n. 6 di questo capitolo. 124 Sul punto, infra, nel n. 2 del capitolo IL
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Sul bronzo appare però, in Irn. 19, la cifra CC, a deli mitare la competenza giurisdizionale degli aediles\ e tuttavia, sulla base del combinato disposto dei capp. 19 e 84 della lex (in particolare in base alla clausola iiem eadern condicione, che introduce l'equiparazione fra le competenze per valore dei due ordini di magistrati), riterrei doversi correggere il testo in ( | ) (mille), presupponendo un errore del lapicida o — quanto meno — una mancata coordinazione fra le previ sioni di Irn. 19 e quelle di Im. 84 125 . Ai soli duoviri — si è visto 126 — è riservato il diritto di convocare i decurioni. Come la legge non dispone per edili e questori la facoltà di convocare il consesso decurionale, così (Mal. 52) sembra escludere la possibilità, per essi, di riunire i comitia nel municipio, attribuendola unicamente ai Ilviri, e, tra questi, al maior natu. Nulla è detto in tema di operazioni censitane. Non è dato sapere se vi abbiano atteso i Ilviri (quinto quoque annoi121) magari avvalendosi, nel compito, dei propri seribae12S. Solo per i vectigalia municipali esiste una disposi zione esplicita in tal senso, Irn. 76, che contempla la revi125 Dello stesso avviso il LURASCHI, Sulla «lex Irnitana» cit. 366 ss., ed il RIBAS-ALBA, La «lex Irnitana» cit. 5462. 126 Supra, nel n. 4 di questo capitolo. 127 II GALSTERER, «Municipium» cit. 81, ipotizza che «the censorial functions, which in Rome were divided into periods of five years, must in Latin communities have coincided with the normal year of office of the chief magistrates». In realtà, per YHispania, possediamo una sola testimonianza epigrafica atte stante Pespletamento di funzioni censitane da parte di un magistrato locale: CIL. II 1256 (Osset): L. Cassio L.f. Pollioni aeddli) Ilvirio) censu et duomviratu bene et e r(e) p(ublica) acio munid[p(es)'}. Il MACKIE, Locai Administration cit. 153 s. considera la circostanza significativa nel senso che le operazioni di censo, almeno in Spagna, venissero condotte generalmente da emissari del governo centrale (e di ciò abbiamo più di una attestazione epigrafica: CIL. X 680 [Lusitania], che menziona un eques, leg[ato ab imp(eratore)] Caesare Aug[usto misso pro] censore ad LusVtanos]; e ancora CIL. VI 332 e 1463, VIE 19428, AE. [1939] 60, testi monianze relative tutte alla Tarraconensis): e ciò, naturalmente, per evitare il pe ricolo di falsificazione (certo più forte se ad effettuare le operazioni fosse stato un esponente locale) di documenti su cui doveva basarsi l'imposizione di tributi alla comunità. 128 Su tale figura di apparitores} infra nel n. 3.3 del capitolo II.
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sione annuale dei confini e dei terreni municipali oggetto di concessione a privati. Forse la legge dettava regole anche in ordine ai sacra della comunità 129 , ed alle connesse cariche sacerdotali, mo menti della vita municipale cui probabilmente dovevano at tendere proprio i duoviri (nonché l'eventuale prae/ectus130). Direttive esistevano forse anche in ordine all'obbligo duovi rale di sovrintendere all'operato degli altri magistrati (nonché degli ausiliari) nel municipio. 5.1.1. — Per quanto attiene alle attività duovirali nel mu nicipio, la nostra legge — attraverso la peculiare distribuzione dei capita — sembra porre in particolare rilievo due ipotesi, considerate in sede immediatamente successiva alla tratta zione delle magistrature municipali (e prima di passare alla regolamentazione del consiglio decurionale) rispettivamente nei capp. 28 e 29: si tratta, in ordine, della manumissio apud Ilvirum di uno schiavo. privato, e del potere duovirale di datio tutoris. Sulla manumissio di schiavi privati 131 devono formu larsi talune osservazioni. Il testo precisa, anzi tutto, che il manumissor deve essere municeps e Latinus: la volontà legislativa è probabilmente quella di riservare ai municipes che siano anche cittadini ro mani le manomissioni proprie del ius civile, permettendo in vece ai municipes Latini di Irni solo di adire il magistrato municipale ai fini della manomissione132. La circostanza si 129
L'unica prescrizione presente nella parte esistente del documento — come già accennato retro, nella nt. 44 dell'introduzione — è costituita dal cap. 77: R(ubrica). De inpensis in sacra ludos cenasque faciendas. Uviri, qui in eo municipio iure dicundo praerunt, primo quoque tempore ad decuriones conscriptosve referunto quantum in inpensas sacrorum et quantum in cenas, quae municipibus aut decurionibus conscriptisve communibus dentur, erogetur, quantumque maiior pars eorum censuerint, tantum eroganto uti quod recte factum esse volent. 130 Come previsto da lex Coi. Gen. 68. 131 Su cui cfr., da ultimo, GIMENEZ-CANDELA, Manumisión en provincias cit. 217 ss. 132 Sul punto, si v. le osservazioni del MOMMSEN, Stadtrechte cit. 326 ss.
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spiega con la precisazione successivaljo di Irn. 28, che ri serva ai manomessi dinanzi ai duoviri la condizione di Latini libertini. Non poteva certo permettersi a municipes con ius Latii, adendo il governatore della provincia, di creare, attra verso la manumissio, nuovi cittadini romani: i liberti di muni cipes latini possedevano analoga condizione dei manumisscres, permanendo latini (ex cap. 23) anche qualora il patrono acquistasse la civitas. In questo sistema ben s'inquadra la te stimonianza di PS. 2.25.4, secondo cui apud magistratus municipales, si habeant legis actionem, emancipati et manumitti potesti la legis actio poteva attribuirsi ad un magistrato muni cipale solo mediante la lex municipii, e non è questo il caso dello statuto imitano (come non doveva esserlo dei restanti municipi con ius Latii134), dove la disposizione di Irn. 28 (Si quis municeps ... qui Latinus erit, aput Ilvirum ... manumiserit) sembra invece escluderlo. Interessante l'iter procedurale dell'atto: non è prevista la presenza di un adsertor libertatis, come nella tradizionale ma numissio vindicta135. È tuttavia risaputo che «in periodo classico il favor libertatis indusse ad ammettere che la manu missio si facesse anche senza l'intervento dell5adsertor in li bertatem: bastava cioè che il dominus toccasse egli stesso con la vindicta, davanti al magistrato, il servus, accompagnando l'atto con la dichiarazione di volerlo rendere libero»136. Non 133
Su cui infra, in questo capitolo. Questa è l'opinione del MOMMSEN, O.U.C. 329, secondo cui non è possi bile che il frammento paolino riguardasse «latinische Municipien», «da die Juri sten nicht latinisches Recht vortragen, sondern römisches; es muss vielmehr einer Anzahl römischer Bürgergemeinden das gleiche Recht einer Legisaction vergönnt gewesen sein». 135 U richiamo del GONZALEZ, The «Lex» cit. 205, al Frg. Dosith. 11 (FIRA. LT2 615: Sed in urbe Roma tantum censum agi notum est: in provinciis autem magis professionibus utuntur) non sembra pertinente al LURASCHI, Sulla «lex Irnitana» cit. 367 nt. 147, in quanto «nel nostro caso il censo è irrilevante, in più si tratta di municipia per molti aspetti equiparati ai municipia italici». 136 GUARINO, DPR9. (Napoli 1992) 60.4.1; sulla manumissio vindicta, cfr. inoltre WEISS, SV. «Manumissio»y in PWRE. 14 (1940) 1367 ss.; ARU, Breve nota sulla «manumissio vindicta»y in St. Solmi 2 (Milano 1940) 301 ss.; KÄSER, Über Verfügungsakte Gewaltunterworfener mit Studien zur Natur der «manumissio vin134
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improbabile che la manumissio in questione fosse una sorta di manomissione vindicta 'snellita' per le province 137 : la for mulazione rnanumittere liberum esse iubere pare assai simile al liberum esse aio della corrispondente manumissio vindicta, e può forse dirsi mutuata dai linguaggio testamentario 138 . Pure motivo di discussione costituisce la formulazione legislativa uti qui optumo iure Latini libertini liberi sunt erunt, che allude ad una latinitas certo diversa da quella Iuniana, in quanto i servi cui essa si riferisce sono stati liberati in modo pienamente regolare, circostanza peraltro resa pa lese dail'optimo iure. La latinitas dei liberti segue quella lati nitas menzionata, all'inizio del caput, in riferimento ai pa troni: la locuzione è da leggersi come «parimenti Latini quanto i propri manumissores»139. Latinitas, ad ogni modo, non del tutto 'piena' in quanto il liberto, di per sé, non può conseguire la cittadinanza per honorem: possibilità aperta però ai suoi figli, se nati ingenui, qualora rivestano una magi stratura: essi potranno poi comunicarla al pater ex cap. 21140
Da ricordare, infine, l'esigenza di una insta causa manudicta», in SDHL 16 (1950) 59 ss. e ID., RPR2. 1 cit. part. 116 s. Si v., per una pa noramica generale, FRANCIOSI, SV. Schiavitù, in ED. 41 (1989) 620 ss. Sul rap porto fra manumissio e cittadinanza, VOLTERRA, Manomissione e cittadinanza, in St. Paoli (Firenze 1956) 695 ss. e ID., Manomissioni di schiavi compiute da peregrini, in St. De Franósa 4 (Milano 1959) 75 ss. (= Scritti giuridici 2 [«Antiqua» 58, Napoli"1991] 395 ss. 363 ss.). 137 Anche il LURASCHI, Sulla «lex Irnitana» cit. 367 è dello stesso avviso, ammettendo «la possibilità che almeno una delle forme di manumissio iuris civilis, quella vindicta, fosse accessibile ai Latini, e che di essa appunto sia traccia nelle formule che leggiamo nella legge». Si cfr. anche PUGLIESE, Il processo civile romano 1. Le legis actiones (Roma 1962) 236, che ritiene la manomissione in esame138un'applicazione della vindicatio ex Servitute in lihertatem. GIMENEZ-CANDELA, o.u.c. 222. 139 II MÒMMSEN, Stadtrechte cit. 295, riteneva si trattasse di una latinitas dallo stesso contenuto di quella dei Latini coloniarii, sulla base di Gai 1.22 (...Latini luniani appellantur: Latini, ideo quia adsimulati sunt Latinis coloniariis) e 3.56 (... Latinos ideo, quia lex eos liberos perinde esse voluit, atque si essent cives Romani ingenui qui ex urbe Roma in latinos colonias deducti Latini coloniarii esse coeperunt). 140 Si v. quanto osservato infra, nella nt. 17 alla Traduzione.
missionis per il mi della Ccrnoikzione concernenti la (Irn. 28 11. 12 ss.: foris ^ ^ doversi i a q u a l e p r £ v e deva numittat, si causam^ wtio da una commissione di notabili curionum, per quer^Put rato giusdicente: suerit): requisito kftive^s dito in numerosi ^ a t t i t ^ adhibetur in urbe Koma quiaem quinque legge de tnanutnis n Romanorum puberum; in provinciis autem esaminare la causai Romanorum, idque fit ultimo die conventus;
raccolta mtorno al r .A _ solito, l'esame della insta causa sbordo deGai 1.20: ConsiliuRömisc senatorum et qutnque - cit. t .
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municipali nella costituzit ^^1 Istituto Veneto 112 (191 ID., Tutele e curatele, in m aut{ » ^ - « [19435 263 ^ cap. 29 una lex Ursonent. . r
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1
ivi
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Fra i punti oggetto di discussione, la presenza di 'inter polazioni' in Im. (e Salp.) 29, che taluni riconducono a varia zioni apportate dai redattori della legge municipale al dettato di analogo caput contenuto in una legge anteriore (general mente identificata nella lex Coloniae Geneiivae luliae144), mentre altri ritengono derivare dalle modifiche apportate al testo di una generica legge-modello145. Alla base delle diverse suggestioni interpretative sta la formulazione alquanto involuta del cap. 29. Esso sembra prendere in esame le due distinte ipotesi di tutoris datio al minore e di nomina del tutor muliebris: di mulier, però, non è parola nella disposizione in esame, l'allusione a costei è ef fettuata attraverso una perifrasi {cui tutor non erit, si is eave municeps ... erit, et pupillus pupillave non erit146). Appunto per questa evenienza, la legge consente al magistrato, se anche un solo collega sia presente nel municipio, causa co gnita e si ei videhitur (purché di comune accordo con il o i colleghi presenti), di assegnare un tutore alla donna147. In assenza di colleghi, per quanto concerne la nomina del tutore muliebre, e in ogni caso, per quel che riguarda la Los bronces de El Rublo, in.Emerita 9 (1941) 138 ss. ed in Emerita 14 (1946) 222 ss.; Epigrafìa cit. 298 ss.; Todavia sobre la ley Salpensana cap. 29, in St. ArangioRuiz 3 (Napoli 1953) 415 ss.; ARANGIO-RUIZ, Due nuove tavolette di Ercolano relative alla nomina di tutori muliebri, in St. De Francisci 1 (Milano 1956) 3 ss. part. 15 ss. (= Studi epigrafici e papirologia, a cura di BOVE [Napoli 1974] 450 ss.); COSENTINI, Salp. 29 e il suo modello, in St. Sanfilippo 7 (Catania 1987) 164 ss., nonché i citati infra, nelle ntt. successive. 144 È l'opinione dello SCHULZ, Lex Salpensana cit. 451 ss., che non esclu deva la possibilità di una legge intermedia fra Ursonense e Salpensana, che avesse funto da modello a quest'ultima. 145
MOMMSEN, o.u.c. 330 ss.; GRADENWITZ, Die Stadtrechte cit. tav. 8;
D'ORS, Epigrafìa cit. 298 ss., e Ley Flavia cit. 112 ss.; COSENTINI, Salp. 29 cit. 164 ss. 146 Sul supposto motivo di tale perifrasi, COSENTINI, o.l.u.c, e, con visuale diversa, infra, in questo capitolo. 147 L'interpretazione che riferisce la frase si is eave municeps ... erit, et pupillus pupillave non erit, et a Ilviro iure dicundo eiius municipi postulaverit, uti sibi tutorem det alle sole mulieres è comunemente accolta in dottrina: MOMMSEN, Siadtrecbte cit. 330; SCHULZ, Lex Salpensana cit. 455; COSENTINI, Salp. 29 cit. 166; D'ORS, Epigrafia cit. 299; Ley Flavia cit. 112.
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Anche ai sensi àé&Imitana il contravventore è soggetto ad actio poenalis, nei controvalore dell'edificio6. Da notare come nessuna delle tre leggi imponga l'ob bligo della ricostruzione: la lex Coloniae Genetivae e Vintitana, infatti, nel prevederla, la riducono a presupposto per evitare la sanzione; una volta tuttavia che il proprietario sia incorso nella violazione abbattendo il fabbricato senza previa delibera decurionale e senza intenzione di riedificarlo, il comportamento illecito risulta perseguibile mediante actio popularis, e dunque unicamente con condanna pecuniaria. Il Mommsen 7 vedeva invece adombrato da tali disposi zioni l'obbligo di riedificazione8 per il dominus dell'edifìcio abbattuto, oppure — quantomeno — l'imputazione a suo ca rico delle spese sostenute dalla comunità per il ripristino: se 6
II RAINER, Bau- und nachbarrechtliche cit. 284 nota come «während das älteste Gesetz offenbar überhaupt keine Fristsetzung noch Sicherheitsleistung kannte, verfeinerten sich die Bestimmungen zwar zusehends, doch allein mit dem Hinweis der redaedificatio war der Bauherr vorläufig geschützt». Si v., in propo sito, anche le notazioni del SARGENTI, La disciplina cit. 270: «Già è significativo che proprio la legge più antica si riferisca all'ente collettivo municipium e le più recenti alla collettività dei coloni e dei municipes. Ma più significativo che in que ste non sia previsto alcun intervento dei magistrati per Yexactio e la utilizzazione della somma, che non si prescriva, come nella lex municipii Tarentinif di in publicum referre almeno una parte di essa né si diano altre disposizioni sulla sua desti nazione». 7 Stadtrechte> cit. 371 ss. 8 MOMMSEN, ibid. 373: «Es ist das Prinzip, dass jeder Eigenthümer eines städtischen Gebäudes verpflichtet sei dasselbe weder niederzureissen noch es einstürzen zu lassen ohne es wieder aufzubauen, wohl auch in unsern Rechts quellen anerkannt ... nicht eigentlich als allgemeine Vorschrift, sondern als eine durch die Localsatzungen der einzelnen Gemeinde regulierte Bestimmung». Cfr. anche HOMO, Koma imperiale cit. 463 ss. Nel senso da me accolto, da ultimo, SPITZL, «hex municipii» cit. 81: «Aus den zitierten Stadtrechten kann eine gene relle Verpflichtung zur Wiederaufbau abgebrochener Gebäude nicht abgeleitet werden» {contra invece WOLFF, RC. cit. 728).
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costui avesse rifiutato il rimborso, sarebbe stato possibile, per la comunità, vendere Pedificio e rifarsi sul ricavato, come risulta da D. 1.8.7 (Ulp. 3 opin.f e da D. 39.2.46 pr.-l (Paul. 1 seni.)-. Ad curatoris rei publicae officium spectat, ut diruiae dornus a dominis extruantur. Dcmiim sumpiu publice extructam, si -dominus ad tempus pecuniam impensam cum usuris restituere noluerit, iure eam res publica distrahit. L'interpretazione mommseniana10 stavolta non mi trova concorde: i frammenti di Ulpiano e Paolo — sostanzialmente genuini11 — attestano con buona probabilità una disciplina più tarda12, come risulta, almeno per il secondo, dalla menzione del curator rei publicae11\ introdotto da Traiano (e per l'Italia) agli albori del II secolo d.C, e solo successivamente diffusosi anche nei restanti municipia imperiali. Inoltre, a me sembra che la frase domum sumptu publico extructam presente nel testo paolino potesse avere intonazione di mera eventualità («qualora l'edificio — per l'utilità pubblica da esso rivestita?14 — venga ricostruito a spese della comunità»), e non alludesse ad una prassi generalizzata di ricostruzione delle aedes illeci tamente abbattute15.- Per finire, occorre osservare che i due 9 Praéses provinciae inspectis aedifieiis dominus eorum causa cognita reficere ea compellat et adversus detractantem competenti remedio deformitati auxilium ferat. 10 E, sulla stessa scia, la concezione del WOLFF, o.l.u.c. 11 Per il testo ulpianeo, SANTALUCIA, I «libri opinionum» di Ulpiano 2 (Mi lano 1971) 39 ss.; il testo paolino è considerato classico, benché non privo di al terazioni, da: VOLTERRA, Sull'uso delle «Sententiae» di Paolo presso i compilatori del Breviarium e presso i compilatori giustinianei, in Atti Congr. Int. dir. rom. Bologna 1 (Pavia 1934) 102; LEVY, «Pauli Sententiae». A Palingenesia of the Oper ning Titles as a Specimen of Research in West Roman Vulgär Law (Ithaca 1945) 39 ss.; per la sostanziale classicità, da ultimo CAMODECA, Ricerche cit. 466 s. nt. 58. 12 Come osservato da ultimo, dal RAINER, ZU den Abbruchbestimmungen cit. 327. 13 Su tale figura, CAMODECA, ibid. 453 ss. 14 I municipia avranno senz'altro avuto necessità di edifìci da destinare ad uffici, depositi, corpi di guardia, e via dicendo: ed è probabile che non sempre (anzi, forse quasi mai) detti fabbricati fossero di proprietà del municipio stesso, ma oggetto di un contratto locativo fra privato e comunità. 15 Da non dimenticare, ad ogni modo, la consapevole politica urbanistica realizzata dagli imperatori antonini, che «prevedeva un vasto, sistematico piano
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testi in esame non riguardano l'ipotesi di un edificio abbat tuto dal proprietario, prendendo in considerazione invece il caso di dornus in cattivo stato di manutenzione, o perico lanti16. Non può sostenersi — a mio modo di vedere — che il dettato delle due leges più tarde implichi che la somma ver sata dal contravventore a seguito di condanna pecuniaria ve nisse impiegata dal municipio nella refectio dell'edificio17: nessuna prescrizione in tal senso mi pare contenuta nella lex coloniae, né nél'Irnitana; la Tarentina addirittura dispone, si è visto, che la somma di danaro così ricavata sia versata per metà nelle casse municipali e per l'altra metà impiegata nel l'organizzazione di giochi nel mzmicipium1*. Nonostante ciò, in tempi recenti, è stato ancora affermato19 che, discostan dosi dalle regole vigenti a Tarentum, la legislazione di Urso e quella flavia avrebbero, invece, inteso devolvere l'importo della multa (anche) al fine della ricostruzione dell'edificio, calibrandolo sul valore attuale della riedificazione (motivo della condanna al quanti ea res erit e non fuerit)20. Se però la ratio delle disposizioni in esame fosse stata quella della resti tutio delle aedesy la legge difficilmente avrebbe mancato di disporre in termini espliciti l'impiego delle somme ottenute ai fini della ricostruzione. Importantissimo, in questo ambito, l'impulso di parte pri vata, cui è demandata la repressione dell'illecito21, median te azione popolare 22 : lo schema delatorio, già sfruttato di interventi a sostegno delle costruzioni pubbliche e private nelle città» (CAMODECA, ibid. 468). 16 17 18 19
E analoga è l'ipotesi prevista da D. 1.8.7: retro, nella nt. 9. Come invece asserito dal WOLFF, o.l.u.c: cfr. infra, nella nt. 20. Cfr., ancora, SPITZL, «Lex muniàpii» cit. 82. WOLFF, Re. cit. 728 s.
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WOLFF, ibid. 728: «Da nämlich das Gebäude bereits ein Jahr zerstört war, bezieht sich quanti ea res erit notwendigerweise auf die Kosten des Ersatzes, nicht auf den (kaum mehr feststellbaren) letzten Wert des verfallenen oder Zer störten Vorgängerbaus. Die harte Strafe zeigt wohl auch ..., daß das Gebot des Ersatzes von Gebäuden im Bereich des oppidum munieipii grundsätzlicher Art war». 21
Cfr. SARGENTI, La disciplina cit. 271.
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da tempo nella legislazione repubblicana23, viene ripreso dalle leges ài età flavia per la persecuzione di numerose fattispecie di illecito. La comunità faceva leva, da un canto, sul senso civico dei propri membri 24 , dall'altro non man cava eli prevedere una ricompensa per l'attività di impulso processuale e realizzazione della sanzione da essi prestata 25 . Ciò sembra potersi presumere — come mostrerò più avan22
Sulle azioni popolari esiste una vastissima letteratura: BRUNS, Die römischen Popularklagen, in Zeitschr. f. Rechtsgesch. 3 (1864) 341 ss. (si v. la tr. it. di SCIALOJA, Le azioni popolari romane, in AG. 28 [1882] 166 ss. e 29 [1883] 279 ss. [ = Studi giuridici 1. Diritto romano 1, Roma 1933, 108 ss.]); MASCHKE, Zur Theorie und Geschichte der Popularklagen, in ZSS. 6 (1886) 226 ss.; COSTÀ, A proposito di alcuni recenti studi sulle azioni popolari romane, in RISG. 11 (1891) 358 ss.; PADDA, L'azione popolare. Studio di diritto romano e attuale. Parte storica. Diritto romano (Napoli 1894); MOMMSEN, Die Popularklagen, in ZSS. 24
(1903) 1 ss. (= Ges. Sehr. 3 cit. 375 ss.); CASAVOLA, Studi sulle azioni popolari romane. Le «actiones populäres» (Napoli 1958) e ID., «Actio petitio persecutio» (Na poli 1965); KASER, RZP. cit. 118, 255 e ID., RPR2. 1 cit. 610; FUENTESECA, Reflexiones sobre la tricotomia «actio petitio persecutio», in Investigaciones de derecho procesai romano (Salamanca 1969) 93 ss.; DANILO vie, Ohservations sur les «actiones populäres», in St. Grosso 6 (Milano 1974) 18 ss.; MURGA GENER, Posihle cit. 889 ss. e ID., Las acciones populäres cit. 209 ss.; MÉNTXAKA, Algunas consideraciones cit. 312 ss.; MANTOVANI, Il problema d'origine dell'accusa popolare. Dalla «quaestio» unilaterale alla «quaestio» bilaterale (Padova 1988). 23
Sul punto, cfr. le osservazioni di SPAGNUOLO VIGORITA, «Exsecranda
pemicies». Delatori e fisco nell'età di Costantino (Napoli 1984) 183 ss. part. 186 s. e nt. 5. 24
Si v., in proposito, quanto evidenziato dal MURGA GENER, Las acciones
populäres cit. 227 s.: «las susodichas acciones populäres ... sin duda constituyen algo mas que una mera via procesai para la exacción de multas, ya que con ellas pasaban a los munieipos mas alejados un profundo sentido del civismo urbano ...: la comunidad es de todos, y por serio, cada ciudadano de Roma dentro de la Urbe, cada colono en su colonia y cada municipe en su pequeno nucleo urbano, puede incoar la acción de multa para reprimir delitos e infracciones, cometidos contra la comunidad, haciendo el papel de actor porque realmente es parte interesada en el asunto». 25 II punto è peraltro assai controverso: nel senso che la sanzione fosse in tegralmente lucrata dalla comunità, fra altri, SARGENTI, o.l.u.c; MURGA GENER,
o.u.c. 225; di diverso avviso CASAVOLA, Studi cit. 16 ss. e «Actio petitio persecutio» cit. 86 ss. e KASER, RZP. cit. 255, per i quali era l'attore a incamerare la con danna. In realtà, in molti processi per multa di età tardorepubblicana ed augustea, è previsto che la somma sborsata dal condannato sia destinata in dimidium alla comunità e per l'altra metà all'accusatore: si v. gli esempi citati in SPA GNUOLO VIGORITA, O.U.C. 186 nt. 5, ed in particolare l'excursus in tema di actio
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ti 26 — almeno per Imi, e costituisce probabilmente un'in novazione rispetto alla disciplina presente nella Tarentina, che non prevedeva, almeno per questa ipotesi specifica, un pre mio per il promotore dell'azione27. Di rilievo, infine, la circostanza che nessuna delie tre leggi consideri l'eventualità di differenze nello stato materiale degli edifici: non esiste diversità di disciplina, infatti, per il caso di edifici fatiscenti rispetto a quello di abbattimento di immobili ancora in discreto stato d'uso. Segno questo, credo, dell'embrionalità dell'interesse alla tutela dell'assetto urbanistico della comunità: le tre analoghe disposizioni legis lative documentano, certo, l'esistenza di tentativi in tal senso; tentativi tuttavia temperati e limitati dal diritto all'in violabilità della proprietà privata, dalla possibilità di disporre del bene in modo illimitato, giungendo finanche a distrug gerlo 28 . de testamento aperto di Gai. 17 ad ed. prov. D. 29.5.25.2: Ex hoc edicto actio proficiscitur contra eum, qui adversus edictum praetoris tabulas testamenti aperuisse dicetur vel si quid aliud fecisse dicetur: ' nam ut ex supra dictis apparet, plura sunt propter quae poena edicti constituta est. palam est autem populärem actionem esse, cuius poena in centum ex bonis damnati extenditur: et inde partem dimidiam ei, cuius opera convictus erit, praemii nomine se daturum praetor pollicetur, partem in publicum redacturum. Sull'itp. della menzione deH'actio popularis nel passo gaiano, LENEL, EP}. cit. 365; WLASSAK, Der Judikationsbefehl der römischen Prozesse (Wien 1921) 272 ss. Sembra considerare genuino il carattere di actio popularis KASER, RPR2. 1 cit. 610 e nt. 10; in senso positivo già MOMMSEN, Römisches Strafrecht (Leipzig 1899; rist. Darmstadt 1955) 508 nt. 2; DANILOVIC, Observations cit. 34 ss. 26 Infra, nel n. 2.3 di questo capitolo. 27 D CASAVOLA, Actio petitio persecutio cit. 87, nel notare Pinnovazione, la considera «parallela a quelle ragioni politiche e ideologiche, che sul finire della Repubblica sollecitarono le promesse pretorie di actiones populäres', nelle quali ... l'attore, qualificato solo dalla sua appartenenza alla comunità dei cives (come qui, nelle legesy dei coloni o dei municipes), agisce uti singulus e guadagna la con danna». 28 Sull'ampio quadro di misure contro l'impoverimento immobiliare delle città, PHILLIPPS, The Roman Law cit. 86 ss.; GARNSEY, Urban Property Investment. Appendix: Demolition of Houses and Law, in FINLEY (ed.), Studies cit. 133 ss.; MURGA GENER, El senadoconsulto Aciliano cit. 155 ss.; CAMODECA, Ricer-
che cit. passim; HOMO, Roma imperiale cit. part. 459 ss. Sul punto, cfr. anche RAINER, ZU den Abbruchbestimmungen cit. 327 s.
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Sconosciuto, finora, il precetto di cui ai cap. 82, relativo alla costruzione o modifica di strade ed acquedotti, ed alla deviazione del corso di fiumi, che potevano essere disposte dai duoviri, secondo le istruzioni contenute in un decreto decurionale: è possibile anche in questo caso instaurare un con fronto fra le regole ivi contenute e quelle stabilite dalla lex Tareniina e dalla lex Coloniae Genetivae: Irn. 82: R(ubrica). De viis itineribus fluminibus fossis cloacis. Quas vias itinera flumina fossas cloacas inmittere commutare eius municipi Ilviri ambo alterve volet, dum ea ex decurionum conscriptorumve decreto et intra fines eius municipi et sine iniuria privatorum fiant, Uviris ambobus alterive facere ius potestasque esto. Si quaequ'e ita immissa commutata erunt, ea ita esse haberi ius esto.
lex Tar. 5: Sei quas vias fossas cloacas IJIlvir Ilvir aedilisve eius municipi caussa publice facere inmittere commutare aedificare munire volet intra eos fineis quei eius municipi erunt, quod eius sine iniuria fiat, id ei facere liceto.
lex Col. Gen. 77: Si quis vias fossas cloacas Ilvir aedili(is)ve publice facere inmittere commutare aedificare munire intra eos fines, qui colon(iae) Iul(iae) erunt, volet, quot eius sine iniuria privatorum fiet, it is facere liceto.
La differenza di maggiore entità, rispetto al dettato delle altre due leggi, sta nel fatto che YIrnitana non dispone espli citamente una competenza degli edili in materia di costru zione o ristrutturazione di opere pubbliche 29 . Nel caput suc cessivo è previsto che gli edili debbano praeesse alia realizza zione dell'opera municipale, ossia sorvegliare la corretta ese cuzione di essa; la direzione dei lavori è però affidata ai soli duoviri, ex decurionum decreto. È da osservare, inoltre, che solo YIrnitana contempla la necessità di una delibera decu29 D D'ORS, Ley Flavia cit. 168, ipotizza che i poteri edilizi in tal campo siano andati progressivamente restringendosi, tino a ridursi alla mera sorveglianza sul corretto compimento dei lavori.
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rionale sul tema30, mentre la Tarentina e YUrsonensis richie dono, più semplicemente, che l'intervento venga effettuate intra fines della comunità, e sine iniuria privatorum. La co stante presenza di questi due requisiti indica che si trattava di condizioni essenziali per la legittimità dei lavori31. Parrebbe quasi potersi dedurre che l'interesse delia col lettività (alla costruzione o modifica di un'opera pubblica) sia subordinato a quello privatistico (e la preminenza dell'inte resse privato era d'altronde emersa chiaramente già dall'ana lisi del cap. 62): non chiaro, tuttavia — e nessuna delle tre leggi lo esplicita — il tipo di sanzione predisposta per il magi strato che causasse danno ad un privato cittadino nell'intraprendere una delle suddette attività. Irn. 83 si riconnette alle previsioni del precedente cap. 82, disponendo le modalità di realizzazione di lavori nel municipium. Nel cap. 82 — si è visto — si prevedeva che immissio e commutano di strade, fiumi, fosse e canali di scolo do vessero approvarsi ex decreto decurionum. Nell'83 si precisa che, per queste e qualsiasi altro tipo di opera pubblica, dev'essere reso un decreto in presènza dei tre quarti della curia, approvato dai due terzi dei presenti. Credo che un quorum così elevato fosse richiesto sopra tutto perché la de cisione non riguardava solo la realizzazione dell'opera, ma anche la partecipazione dei municipes a tale 'impresa munici pale'. Il decreto decurionale doveva anche stabilire a chi 30
In corrispondenza con l'intensificarsi della potestà decretale dei senati provinciali, dato chiaramente attestato anche dalla nostra lex. 31 II RI3AS-ALBA, La «lex Irnitana» cit. 5445 ritiene che la locuzione sine iniuria privatorum sia espressiva di «un doble condicionamiento del ius potestasque de los dunviros en està materia. La necesidad de realizar un proyecto racional que produzea el minimo de trastorno a los particulares afectados. La exigencia de indemnización cuando se exproprie tanto bienes privados corno el ager vectigalis». Una panoramica delle fonti in cui compare il sintagma, e delle diverse interpretazioni dottrinali di esso, è in KRÄNZLEIN, Sine iniuria privatorum cit. 279 ss., secondo il quale la locuzione ha il significato «unter tunlichster Vermeidung von Unrecht gegenüber Privaten» (282): il duoviro cui è affidata la conduzione dei lavori, se v'è un'alternativa nell'esecuzione di essi che consenta di apportare minor danno ad un privato, deve optare per questa.
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(edili o altri municipes) affidare la sorveglianza sul corretto svolgimento dei lavori e la coazione dei soggetti tenuti all'a dempimento di essi. L'ingaggio di costoro e dei loro animali da soma è pre cisamente regolato nei limiti quantitativi e temporali: ut ne amplius in annos singulos hornines <singulos> et iuga singula iumentorum, qui hornines quaeque rumenta intra fines eius municipi erunt, quam operae quinae exigantur decernantur*2. Analoga prescrizione si rinviene in Urs. 98, dove pure vengono regolati i limiti di età del soggetto a cui può legitti mamente imporsi la prestazione d'opera: ad Irni si va da un minimo di 15 anni ad un massimo di 60, ad Urso l'età mi nima pare essere stata quattordici anni 33 . La legge prevede anche (ed è un affinamento rispetto all'analoga normativa della lex colonialis) il risarcimento, da parte del municipio, degli eventuali danni causati ad un sog getto, durante l'esecuzione dei lavori: dum si quit in eo opere eave munitione damni cui factum erit ex re communi it aestimetur. Soggetti all'obbligo di cooperazione ad opere del muni cipio sono quicumque municipes incolaeve eius municipi erunt aut intra fines municipi eius hahitahunt agrum agrosve habebunt?4. La legge coinvolge tutti i residenti ed i proprietari di terreni entro i confini del municipio, i quali, direttamente o indirettamente, potrebbero trarre giovamento dalla realizza zione dell'impresa. Può congetturarsi che i 'notabili' del mu nicipio avranno comunque aggirato la prescrizione, fornendo
32 lugum, quale unità di misura, avrebbe riguardo, per metafora, all'area di terreno che una pariglia di buoi riesce ad arare in un giorno (ZACKARIAE VON LINGENTHAL, Zur Kenntniss des röm. Steuerwesens in der Kaiserzeit, in Mém. de VAcad. impér. de St. Petersburg 7.6.9 [1866] 21 ss.): sul iugum come unità fiscale, con ampia panoramica della dottrina precedente, D E MARTINO, Storia* 5 cit. 390 ss. 33 II D'ORS, Ley Flavia cit. 170 legge invece, per la lex Ursonensis, 12. 34 Previsione anch'essa già presente nella legge coloniale di Urso, dove si legge (98): Qui in ea colon(ia) intrave eius colon(iae) fines domicilium praediumve habebit neque eius colon(iae) colon(us) erit, is eidem munitioni uti colon(us) parete.
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— in luogo della propria — le prestazioni lavorative di servi o clientes. h'Imitana attribuisce infine — come sopra osservato — agli edili la supervisione sull'esecuzione dei lavori, e la pote stà di muliae dictio e pignoris cupio nei confronti degli even tuali recalcitranti alla prestazione, in linea con le facoltà ad essi riservate da Im. 19 (e forse da altre disposizioni perdute: la formula legislativa è infatti ut aliis capitibus cauturn conprehensumque est)33. 2. — L'Imitarla predispone una regolamentazione assai puntuale anche per quanto concerne la materia finanziaria nel municipio 36 . Per grandi linee, la disciplina può sintetizzarsi così: a) entrate: da appalto delle imposte (capp. 63, 64, 65); irrogazione di multe (66); ulteriori fonti (67); b) uscite: acquisto, mantenimento e manomissione di servi communeSy in quanto produttiva di un depauperamento del patrimonio municipale (cap. 72); aes apparitorium da ver sarsi ai 'segretari' municipali (part. 73); spese per sacra, gio chi e cene da offrire a decurioni e municipes (77); spese per opere pubbliche (79); varie altre spese della comunità (79); pecuniam publice mutuarn sumere (80)37. A tutto ciò è da aggiungere e) l'obbligo di reddere rationem da parte dei magistrati che abbiano maneggiato denaro dei municipes, ed il connesso iudicium, argomenti oggetto dei capitoli 67-71. 2.1. — Quanto alle Voci attive' del 'bilancio' municipale, la legge si occupa, in primo luogo (cap. 63), del tema degli
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Sui poteri degli aediles, si v. supra nel n. 5.2 del capitolo I. Sulla 'finanza municipale', in generale: MOMMSEN, Staatsrecht 3.1 cit.
819; LIEBENAM, Städteverwaltung cit. 328 ss.; KORNEMANN, SV. «Municipium» cit. 626 ss.; LANGHAMMER, Die rechtliche cit. 95 ss. 37 Sull'ambite interpretativo della disposizione, infray nel n. 2.2 di quesio capitolo.
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appalti^8: spetta ai duoviri fissare le condizioni contrattuali degli appalti di imposte e servizi nel municioio 39 . E assente un'ingerenza preventiva da parte del consesso decurionale: non si richiede infatti, per l'ipotesi in esame, un decreto di autorizzazione dell'operato duovirale. Questo, forse, in quanto il magistrato è sottoposto sempre all'obbligo di raiiones reddere al momento dell'uscita di carica: ex Im. 67, in fatti, si dispone per il magistrato l'obbligo di rendiconto non solo per le somme amministrate nel corso della carica, ma anche per le attività negoziali intraprese. Inoltre, la legge sembra prediporre, per l'ipotesi in esame, la possibilità di un controllo successivo della comunità: infatti le condizioni di contratto, e gli appalti stipulati, sono soggetti a pubblicità. D magistrato che se ne è occupato deve far redigere negli ar chivi municipali ed esporre in luogo pubblico le locationes stipulate, le condizioni di contratto, il prezzo pattuito, le ga ranzie reali e quelle personali accettate per la conclusione del negozio40.
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Sul tema, KORNEMANN, o.l.u.c; LANGHAMMER, o.e. 96 ss.; SPITZL, «Lex
municipii» cit. 83 ss. 39 Fra i servizi pubblici che potevano essere oggetto di appalto, nell'anti chità, oltre naturalmente la riscossione di imposte personali e fondiarie, può ri cordarsi, ad esempio, l'esazione di tasse per l'uso di opere pubbliche come ac quedotti, bagni, terme, ovvero il pedaggio su strade, ponti, porti, e così via. In particolare in tema di acquedotti, fornisce una vivida testimonianza Yedictum Augusti de aquaeductu Venafrano (emanato fra il 18 e l'I 1 a.C, FIRA. F 67) 11. 37 ss.: Quaeque aqua in oppidum Venafranorum it fiuti ducitur, eam aquam distribuere discribere vendundi causa, aut ei rei vectigal imponete constituere, Ilviro IIviris praefecito) praefectis ... ius potestatemque esse placeat. 40 Irn. 63, 11. 5 ss: Quasque locationes fecerit quasque leges dixerit, et quanti quit locatum sit et qui praedes accepti sint quaeque praedia subdita subsignata obligatave sint quique praediorum cognitores accepti sint... Per quel che concerne il termine leges, si dubita se intenderlo nel senso di condizioni contrattuali da sta bilirsi, di volta in volta, in comune intesa fra magistrato e singola controparte, re lativamente a quanti quid locatum sit et qui praedes accepti sint, oppure se dovesse trattarsi di vere e proprie leges contractus, stabilite una volta per tutte dal magi strato, per un certo tipo di appalti cittadini, rese note prima della conclusione del contratto, ed in relazione alle quali il singolo contraente doveva incondiziona tamente aderire. Propende per la seconda interpretazione SPITZL, «Lex municipii» cit. 85: si v. anche infra, in questo capitolo. Sul tema delle ed. leges dictae.
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La pubblicità è necessaria, nel municipio, anche ad un altro scopo: si intende impedire che i magistrati, o (più fre quentemente) persone a loro vicine, magari per via di rap presentanti, qualora stia per realizzarsi una vendita o un af fare particolarmente vantaggioso per la parte privata, tentino di arricchirsi a spese della comunità, accaparrandosi il bene o l'appalto de quoHl. La legge vieta infatti in modo esplicito, al cap. 48, cointeressenze di ogni tipo, cum publica locabuntur venibunt, da parte di duoviri, edili o questori, o di cuiius eorum filius nepos, pater, avus, frater, scriba, apparitor, usando una formulazione estremamente esaustiva, per esclu dere qualsiasi tipo di speculazione: nessuno di tali soggetti può essere conduttore o acquirente di un bene del munici pio, né costituire una società o ricevere denaro per trasmet tere informazioni riservate, né agire a mezzo rappresentante quo quid ex earum qua re ob earumve quam rem eove nomine postea at eum perveniat. Per quanto relativo, in particolare, alla prestazione di garanzie, reali e personali, da parte dei contraenti col muni cipio, la legge predispone regole dettagliate nei capp. 64 e 65, con riferimento esplicito alla disciplina più propriamente romana vigente in materia. Im. 64 è stato, assieme al successivo — in quanto corri spondenti ai 64 e 65 della tabula Malacitana —, abbondante mente discusso in dottrina 42 . Basterà, in questa sede, dare TIBILETTI, «Leges dictae», in St. Passerini (Milano 1955) 179 ss., ID., Sulle «leges Romanae», in St. De Francisci 4 (Milano 1956) 593 ss. e sv. «Lex»t in DE. (a cura di De Ruggiero) 4 (1957) 779 ss.; SERRAO, SV. Legge, in ED. 23 (1973) 794 ss.; MAGDELAIN, La loi à Rome. Histoire d'un concept (Paris 1978) 29 ss. 41 Si cfr., per taluni esempi di questo tipo di speculazione nelle province, benché ad opera di magistrati romani, il racconto di Cicerone della pretura di Verre (Cic. in Verr. act. l e u ) . Come esempio di mancata pubblicazione di un'asta da appalto, Cic. in Verr. II 1.54.141, ove è descritto il comportamento di Verre nella famosa causa luniana: Iste vero non procrastinai; locare incipit non proscripta neque edicta die, allenissimo tempore, ludis ipsis Romanis, foro ornato. 42 A partire, appunto, dal MOMMSEN, Stadtrechte cit. 357 ss.; KNIEP, «SOcietas publicanorum» 1 (Jena 1896) 211 ss.; KARLOWA, Römische Rechtsgeschichte 2.1. Privatrecht (Leipzig 1901) 47 ss.; VIARD, Le «praes» (These, Dijon 1907) 141
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conto dei capisaldi della disciplina, rinviando, per ogni ulte riore approfondimento, alla letteratura esistente. Il cap. 64 prevede la sostanziale equiparazione dei contraenti col muni cipio, dei garanti di questi ultimi, e dei beni dati in garanzia per gli appalti, a coloro che contraggono obbligazioni con il popolo romano 43 . Costoro, oltre ad essere obbligati col municipio come lo sarebbero a Roma, apud eos qui Rornae aerano praeessent, in caso di inadempimento dell'obbligazione principale, o di tentativo doloso di far apparire un bene oggetto di garanzia come libero da vincoli44, sono soggetti ad una procedura esecutiva, da decretarsi in sede decurionale (in presenza del solito quorum di due terzi) e da effettuarsi sotto la direzione dei duoviri. Il dettato legislativo, che concede a detti magi strati il potere, alle condizioni suddette, di eosque praedes eaque praedia eosque cognitores ... vendere legemque eis venss.; SETHE-PARTSCH, Demotische Urkunden zum ägyptischen Bürgschaftsrecht vorzüglich der Ptolmäerzeit. 2. Juristischer Teil, in Abb. bayer. Akad. der Wiss. Ph.bist. Klasse 32 (München 1920) 659 ss.; TALAMANCA, Contributi allo studio delle vendite all'asta nel mondo classico (Roma 1954) 173 s.; WUBBE, «Usureceptio» und relatives Eigentum, in RHD. 28 (1960) 30 s. part. nt. 54; CERAMI, «Contrabere cum fisco», in AUPA. 34 (1973) 277 ss. part. 293 ss. e La «lex in vacuom vendendis» e la genesi dell'ipoteca legale del «fiscus», in AUPA. 36 (1976) 89 ss.; da ultimo, con vasta discussione della dottrina precedente, SPITZL, «Lex municipio cit. 88 ss. 43 Destinatari del precetto in particolare quicumque in municipio Flavio Irritano in commune municipum eius municipi praedes facti sunt erunt, quaeque praedia accepta sunt erunt, quicumque eorum praediorum cognitores facti sunt erunt. Sul significato di praes, praedia, praediorum cognitores, già MOMMSEN, o.l.u.c. e, da ultimo, D'ORS, Ley Flavia cit. 146 s.: «Los praedes son los fìadores de los conductores publicos, que, en tanto no se extingue su garantia y quedan soluti liberatique, responden del pago del vectigal con sus bienes presentes y futuros ... Los praedia subsignata son inmuebles hipotecados, pero que siguen La bien un régimen püblico distinto del pignus conventum privàdo ... los cognitores son personas que garantizan, no la deuda, corno los praedes, sino la condición (ante todo la pertinencia al conductor) y cabida de los praedia hipotecados, y que por esto tan sólo responden en caso de no ser veridica su declaración». Si v. anche infra, nel luogo corrispondente della Traduzione. 44 E non, come invece ritiene SPITZL, «Lex municipii» cit. 90, relativamente alla solutio dell'obbligazione principale, cosa che implicherebbe difatti dolus non nel garante, ma nel principale obbligato.
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dendis dicere, aveva indotto il Mommsen45 a supporre che fosse ancora possibile, pure in epoca flavia, un'esecuzione personale nei confronti dei praedes di contraenti col munici pio e dei cognitores dei fondi oggetto di garanzia, esecuzione destinata a risolversi con la riduzione in schiavitù di tali soggetti 46 . La congettura mommseniana è stata tuttavia in tempi recenti abbandonata, sulla base in particolare della constata zione che la legge allude a clausole «is rebus vendundis»*1\ mentre in essa non è mai menzione di un'esecuzione perso nale su garanti o praediorum cognitores-, è da presumere che nel nostro testo legislativo sia riportata una formulazione, molto antica e tralaticia, la quale, tuttavia, aveva senz'altro dismesso il significato originario, per riferirsi alla sola esecu zione patrimoniale. Anche il d'Ors 48 esclude che i garanti fossero esposti ad una esecuzione personale, della quale la lex non conteneva menzione peraltro neanche per gli stessi conductores, debitori principali 49 . Relativamente alla procedura esecutiva da usarsi, Ylrnitanay come la Malacitana, contempla la seguente alternativa: o si procede alla vendita dei beni oggetto di garanzia (o dei beni in proprietà dei garanti o, in extrema ratio, dei cognito res) secondo le modalità di quella che a Roma è detta lex 45
Stadtrechte cit. 362 ss. Si sarebbe trattato (MOMMSEN, o.l.u.c.) di un procedimento analogo a quello decemvirale di manus iniectio, ed altrettanto (se non più) antico, con iden tiche conseguenze: «Die beiden entscheidenden Sätze, dass diese Schuld nicht zum Prozess führte, sondern sofort zur Execution, und dass die letzere bestand in einem Verkauf des Schuldners mit Habe und Gut, sind im prädiatorischen und im Zwölftafelrecht gleichmässig anerkannt». 47 SPITZL, «Lex municipii» cit. 91, che segue, in questo, il KARLOWA, Römische 2 cit. 56. 48 Ley Flavia cit. 147. 49 D'ORS, o.l.u.c: «a pesar de las apariencias del tenor legal, no parece concebible que los garantes {praedes y cognitores) quedaran expuestos a una ejecución personal de la que se veian libres los mismos conductores, deudores principales. Antes bien, tales garantes, lo mismo que los ordinarios del derecho privado, debian de responder exclusivamente con su patrimonio presente o fu turo». 46
0) (ad' ASPETTI PARTICOLARI DEL REGIME MUNICIPALE
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praediatoria praedibus praedisque vendendis (Irn. 64, 1. 40 (=); oppure, se la vendita secondo dette modalità sia andati serta, si passa all'esecuzione nei modi delia lex in vaca) ('"rj (o in vaquunP1) vendendis. ™om * Si impone un tentativo di chiarimento sul piano tß32) nologico, delle locuzioni lex praediatoria e lex in vacuumwm * dendis. Taluni hanno attribuito al termine lex un valore *°ntl mativo, mentre una parte della dottrina ne ha sostenu 73 yy!X valenza, più circoscritta, di clausola contrattuale52. \ustun\ Difficilmente si può pensare ad una legge comiziale. *-r abbia dettato regole in tema di procedura esecutiva di JJ des praediaque: non è possibile, infatti, addurre alcuna I w * dell'esistenza di una simile legge53. Senza contare che, s^ssés^f essa fosse stata, avrebbe, come d'uso, portato il noms ° suo, o dei suoi proponenti. Più plausibile, dunque, che 1 (oppi\_ sposizione della lex municipii intenda riferirsi a leges comdera)\ tus, predisposte dal magistrato (analogamente alle legè1™ &* cationis del capitolo immediatamente precedente), con dalità analoghe a quelle adottate a Roma in situazioni 2) stesso tipo. .[) Quali fossero tali regole non è possibile, allo stato *) (Ne nostre conoscenze, precisare54. Vi è certezza solo sul ,} che la lex praediatoria e quella in vacuum vendendis tano, alla luce di Irn. e Mal. 65, due distinte modalità di 50
Mal 64,1. 55. Irn. 64,1. 43. 52 Nel primo senso, MOMMSEN, Stadtrechte cit. 364, secondo cui «< praediatoria ist die über Realisierung der für die Gemeindeschulden bestell cherheiten bestehende Ordnung»; KNIEP, Societas cit. 211; DERNBURC Pfandrecht nach den Grundsätzen des heutigen römischen Rechts (Leipzig
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nel secondo, KARLOWA, Römische 2 cit. 57; D'ORS, Epigrafia cit. 33'
RAMI, La «lex in vacuom» cit. 104; SPITZL, «Lex municipii» cit. 92 s. 53 II TALAMANCA, Contributi cit. 173 nt. 2, scrive però che: «L'esprO (Q«-_ lex praediatoria si riferisce evidentemente alle condizioni di vendita: dal e« co. sembrerebbe però trattarsi quasi di disposizioni legislative (legem ...e legò) (si r~ àiatoria dicere oportet)', il contenuto di queste condizioni di vendita era prtf); 97a mente fissato per legge». vnae a 54 Pare avervi rinunciato, in tempi non lontani, anche il CERAMI, La vacuom» cit. 105 s. „. , . A (si »_ 3) (si
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dita. La locuzione si lege praediatoria emptorem non invenerint, disponendo l'adozione della modalità alternativa venditio in vacuum, lascia presumere che quest'ultima si realizzasse a condizioni meno gravose per l'acquirente. La questione della differenza fra le due leges contrarius ha sollevato diverse proposte ricostruttive. Il Mommsen, se guirò da numerosi akrr°, vedeva il fondamento della distin zione nel fatto che, mentre con la venditio lege praediatoria l'acquirente permaneva esposto al rischio di un 'riscatto' del bene da parte del dominus debitore, sempre lecito, la vendi tio in vacuum avrebbe avuto l'effetto di trasferire il bene li bero da ogni diritto del precedente proprietario56. Lo Spitzl ha di recente proposto una nuova interpreta zione, ritenendo che la lex in vacuum si svolgesse, certo, a condizioni meno sfavorevoli all'acquirente, ma non perché consentiva il trasferimento del bene libero da pretese altrui. La differenza fondamentale era data dalla possibilità di effet tuare una vendita all'incanto senza necessità di un prezzobase dal quale far partire le offerte, quale invece presupposto dalla lex praediatoricP1. È forse possibile addurre dati a conforto della configu razione mommseniana58. È noto come, nelle fonti, si parli di vacuam possessionem tradere appunto per alludere al trasferi mento di un bene libero da vincoli di garanzia o da pretese 55
KARLOWA, Römische 2 cit. 47 ss.; WUBBE, «Usureceptio» cit. 31 nt. 54;
CERAMI, «Contrahere» cit. 293 ss. e La «lex in vacuom» cit. 106 ss. 56 MOMMSEN, Stadtrechte cit. 364 ss., sulla base di Suet. Claud. 9; Gai 2.61; Cic. in Verr. H 1.54.142. D TALAMANCA, o.l.u.c. aggiunge, a tale ipotesi, il caso che «Sofferta minima non poteva essere inferiore al credito vantato dall'era rio». 57 SPITZL, o.e. 96 s.; ma si v. TALAMANCA, o.l.u.c. nt. 2, il quale ritiene che in entrambi i casi «si sarà sempre fissato ... Pammontare dell'offerta». 58 Cui aderisce lo stesso TALAMANCA, ibid. 174: «La venditio ex lege praediatoria era una vendita fatta a condizioni particolari, quasi sicuramente onerose per l'acquirente»: in nota l'autore esemplifica: «queste condizioni potevano es sere ... a vantaggio del garante (ad esempio si assicurava allo stesso il diritto di ri scatto entro un determinato periodo)»; oppure «ove non si fosse trovato un com pratore a queste condizioni, si doveva procedere alla vendita in vacuom» (o.l.u.c).
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di altri soggetti^9. In Cicerone troviamo la locuzione praedia vacua alicui tradere usata per l'ipotesi di trasferimento di fondi a terzi, sui quali nessuno possa in seguito accampare pretese. È il caso, ad esempio, di Cic. pro Tuli. 7.17: Ulis absentibus finis Acerronio demonsiravii neque iamen hanc ceniuriam Vopuliaìiam vacuata tradidit. L'Arpinate descrive la situazione di Tullio, suo patroci nato, il quale si è visto 'spossessare' di fatto di un'estensione di terra, a lui appartenente, dal proprio vicino Fabio, che l'a veva successivamente addirittura alienata a terzi, pur sapendo bene che la centuria non era vacua, ossia immune da pretese altrui. E ancora in Cicerone {pro Sext. Rose. 9.26) appare — sempre nello stesso senso — l'espressione sese praedia vacua filio traditurum a proposito del figlio di Sesto Roscio, al quale doveva trasmettersi la proprietà del padre proscritto, libera da vincoli60. Non penso che la venditio in vacuum possedesse un nome assegnatole a caso: della circostanza era ben conscio il Mommsen, che ne ipotizzava le modalità in relazione a tale dato. Non direi perciò — perché la terminologia sarebbe del tutto nuova (oltre al rilievo che la supposizione si presenta eccessivamente macchinosa) — che la denominazione si ba sasse sul fatto che la precedente venditio ex lege praediatoria fosse andata deserta, ossia 'vuota'. Il suo significato — direi —
59 Si v., per tutti, KASER, RPR2. 1 390 e ntt. ivi. Fra le fonti, Cic. pro Tuli. 7.17 (su cui infra, nel testo), pro Sest. Rose. 9.26; FIRA. ITI 80d, 94, 95; D. 18.1.78.1 (Lab. 4 la», epa.); 19.1.48 (Scaev. 2 resp.); 39.5.35.1 (Scaev. 31 dig.). 60 Sulla pro Sex. Roscio Amerino, sotto il profilo della sectio honorum, da ultimo SALERNO, Dalla «consecratio» alla «publicatio bonorum» (Napoli 1990) 172 ss. Si cfr., sempre in Cicerone, il passo di Verr. II 4.10.23: Mamertini soli vacui, expertes, soluti ac liberi fuerunt ab omni sumptu, molestia, munere.
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è quello di vendita effettuata su un bene libero {«in vacuurn», appunto) da pretese altrui 61 . Meno rischiosa, quindi, una simile procedura, e tale probabilmente da consentire quasi sempre il reperimento di un compratore che, invece, alle condizioni più gravose det tate dalla lex praedibus praediisque vendendis sarebbe stato più difficile rinvenire. Da menzionare, sempre in connessione con la vendita di praedes praediaque, le disposizioni del cap. 65, che con cede a coloro qui eos praedes cognitores ea praedia mercati erunt, nonché ai praedes sodi heredesque ed a tutti gli aventi causa di costoro la possibilità di agire in giudizio a tutela dei diritti sui beni acquistati a seguito di pubblico incanto. I praediatores cui fa riferimento il caput erano soggetti arricchitisi acquistando beni messi all'asta dallo stato, per poi rivenderli, facendone una vera professione62. La figura è attestata in particolare in un passo gaiano relativo all'usureceptio ex praediatura: Gai 2.61: item si rem obligatam sibi populus vendiderit eamque dominus possederit, concessa est usureceptio; sed hoc casu praedium biennio usurecipitur. Et hoc est quod vulgo dicitur ex praediatura possessionem usurecipi; nam qui mercatur a populo, praediator appellatur .
Ai nostri fini interessa soprattutto l'ultimo periodo: qui mercatur a populo praediator appellatur, parallelo alla defini zione contenuta in Irn. 65, qui eos praedes, rell ... mercati erunt. Se il riferimento legislativo anche ai praedes sodi here desque eorum debba implicare l'esistenza di sodetates praediatorum, analoghe a quelle publicanorum, non si può asse61 62
Sul punto concorda anche il CERAMI, La «lex in vacuom» cit. 106. Su tale figura, HUG, sv. «Praedium», in PWRE. 22.1 (1953) 1214, WESE NER, sw. «Praediatura» e «Praes», ibid. Suppl. 14 (1974) 454 ss.; VIARD, Le «praes» cit. 152. 63 Sul passo gaiano, si cfr. WUBBE, «Usureceptio» cit. 132 ss.; MAYER-MALY, sv. «Usureceptio», in PWRE. 9.1 (1961) 1131 s.; KÄSER, RPR . 1 cit. 385; BÖHM, Gaiusstudien 13-14 (Freiburg 1976) 453; CERAMI, La «lex in vacuom» cit. 106; SPITZL, «Lex municipii» cit. 100 ss.
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rire con certezza: questa, ad ogni modo, l'ipotesi formulata dallo Spitzl64, almeno in relazione ai municipio, iberici. Irn. 65 è però l'unica fonte che parrebbe, ed indirettamente, atte stare l'esistenza di simili societates. Colore ad qtios ea res pertinebit seno infine gli aventi causa dei praediatores: la tutela è talmente ampia, che anche a costoro viene concessa la possibilità di adire la giustizia per difendere i diritti acquisiti65. Altra notevole fonte di incrementi patrimoniali per il municipio doveva essere costituita dalle multae> minuziosa mente regolate nel cap. 6666: possono imporne i duoviri, i prefetti e gli edili. Gli edili erano tenuti a notificare ai duoviri le multe da essi imposte, perché venissero da questi tra scritte nei registri del municipio67. La frase multas ... dictas ... ab aedilibus quas aediles dixisse se aput duumviros ... professi erunt ha fatto pensare ad alcuni68, sulla base del solo dato malacitano, che il potere
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«Lex municipii» cit. 101: «Die Erwähnung von sodi 'in lex Malacitana LXV läßt darauf schließen, daß nach dem Vorbild der societas publicanorum zu mindest im Bereiche spanischer Munizipien Prädiatorengesellschaften tätig waren». 65 SPITZL, «Lex municipii» cit. 102; non così il D'ORS, «Lex Irnitana» cit. 46, che traduce «y aquellos a quienes interese». 66 Sul capitolo, oltre ai commentari dello SPITZL, «Lex municipii» cit. 104 s., del GONZALEZ, The «Lex» cit. 220 e del D'ORS, Ley Flavia cit. 151, si v. LAFFI, Le funzioni cit. 73 ss. 67 Nella sua formulazione, Irn. 66 sembrerebbe disporre che i soli Ilviri possano ordinare la pubblicazione, nei tabularia della comunità, delle multe irro gate. Parrebbe dunque che anche il prefetto fosse tenuto a riferire al duoviro delle multe somministrate. Ma il praefecius, tenendo luogo in ogni situazione, ex cap. 25, dei Ilviri, probabilmente provvedeva da sé ad ordinare la pubblicazione. Se ciò è vero, diviene più plausibile la 'lezione' AMBO ALTERVE di Mal. 66 (ri spetto ali'ambo alterumve di Irn. 66): difatti la specificazione che attiene alla di chiarazione degli edili potrebbe essere letta nel senso che la professio poteva es sere effettuata anche da uno solo degli edili (ambo alterve ex bis). La legge pre cisa dunque che l'obbligo di dichiarazione sussiste solo per gli edili: la precisa zione non avrebbe senso, nella forma attuale, se anche il prefetto avesse dovuto riferire delle multe da lui irrogate. 68 MOMMSEN, Stadtrechte cit. 342; HARDY, Tbree Spanish Charters cit. 114 nt. 49; SPITZL, «Lex municipii» cit. 105 ss.
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edilizio di incassare ed incamerare multe e maneggiare de naro della comunità fosse andato riducendosi, rispetto a quello riconosciuto a tali magistrati in epoca repubblicana69, anche in considerazione della circostanza che Mal. 60 70 pre vedeva doversi prestare giuramento de pecunia communi solo da parte di duoviri e questori 71 . Il Mommsen in particolare si spingeva più in là, nelle proprie supposizioni, asserendo72 che agli edili era del tutto sottratta, in età imperiale, la possibilità di maneggiare denaro dei municipes73. Risulta però ora, dai capp. 19 e 45 (nel quale è previsto, in particolare, l'obbligo di recidere rationern per tutti i magistrati municipali, edili compresi, come ri sulta dalla formulazione in esso contenuta: llviratus adi aedilitatis quaesturaeve actae74), che anche gli edili godevano di tale facoltà, anche se in modo più circoscritto rispetto ai duoviri. 69
Ed attestato, per il periodo repubblicano, in CIL. VHI 972 (Neapolis Africana): ... aediles super quantitatem ex multis redactam altera tanta de sua erogata pecunia posuerunt; ed in CLL. XII • 1377: Bf.. J Veratius Rusticus aeddlis) pag(i) Bag... legiata et) beneficiaria [lege beneficiaria, HIRSCHFELD] (restituii) ex mul(tis) et aerefracto. Cfr. MOMMSEN, O.U.C. 342 e nt. 175. 70
Supra, nel n. 5.2 del capitolo I. Anche una testimonianza di Tacito (Ann. 13.28) riferisce di restrizioni introdotte da Nerone a tale potere edilizio: Cohibita artius et aedilium potestas, statutumque quantum curules quantum plebei pignoris caperent vel poenae inrogarent. Non è da escludersi che la disposizione imperiale 'restrittiva' sia in seguito confluita nella nostra lex, al cui cap. 19 è previsto il potere edilizio di pignoris copio, tuttavia in homines diesque singulos quod sit non pluris quam HS X (milia) nummorum, e di multae dictio, ma dumtaxat in homines diesque singulos HS V (milia) nummos (si v. infra, nel n. 3 del capitolo IV). Può, pertanto, facilmente presumersi che il perduto capitolo relativo ai poteri duovirali contenesse precetti analoghi per la multae dictio dei duoviri, fissando però a quest'ultima un limite più alto rispetto a quello disposto per gli edili (LANGHAMMER, Die rechtliche cit. 75), o effettuando la concessione tout court della facoltà di multare. 72 MOMMSEN, o.u.c. 342. Lo Studioso attribuiva la regolamentazione così ipotizzata al fatto che (343) «das Kaiserregiment, um die Zahl der Kassenbeam ten der Gemeinden zu Vermindern, den Municipalaedilen das Dispositionsrecht über die Bruchgelder nahm». 73 Nello stesso senso, HARDY, o.l.u.c. e ancora SPITZL> o.e. 106. 74 Né esistevano altre leges con disposizioni analoghe a quelle emerse dalYlrnitana. 71
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Sembra, dalla lettura di Im. 66, che all'irrogazione della multa non faccia seguito l'immediata esecuzione75. Al duoviro (e probabilmente ai praefectus) spetta ordinare la pub blicazione delle multe inflitte da lui, o dagli edili, perché il multato possa appellarsi al consesso decurionale. Se i decuriones avranno giudicato non iniusta la multa somministrata, sarà possibile al magistrato provvedere all'esecuzione76. li si stema, come si può vedere, è legalistico': probabilmente teso ad evitare abusi di potere da parte dei magistrati cittadini. Per quanto concerne Yappellatio nei confronti di multe, il Laffi77 ha ipotizzato che detto procedimento fosse model lato su quello della provocalo ad populum78: nei municipia, in sostituzione dell'assemblea popolare, competente sarebbe stato il senato locale, con l'instaurazione di «un vero e pro prio iudicium, finalizzato alla ratifica o alla cassazione della multa inflitta»79. È forse preferibile, sul punto, sospendere il giudizio, in quanto troppo poco ci è noto, dalle fonti, sulla provocalo urbana a seguito della comminazione di multe esorbitanti80. Im. 66 prevede infine che, a seguito del giudizio decu75
II regime della Imitarla è analogo a quello attestato dalla lex Latina Tabulae Bantinae (FIRA. P 6) 2 I 9 ss., e dalla lex Mia agraria (FIRA. F 12) 5: a seguito dell'imposizione della multa si poteva aprire un iudicium recuperatorium di accertamento, e solo in caso di condanna del multato passare ad esecuzione. Su queste figure processuali, per tutti, PUGLIESE, Il processo 2.1 cit. 83 ss. 76 Cfr. infra, nel n. 1 della sezione 'Documenti', la traduzione del cap. 66. 77 Le funzioni cit. 1'4. 78 Seguendo in questo un'antica opinione del HUSCHKE, Die «Multa» und das «Sakramentum» in ihren verschiedenen Anwendungen (Leipzig 1874) 86 ss.: le congetture di Huschke erano accolte anche dal MCMMSEN, Stadtrechte cit. 307 s. 79 LAFFÌ, o.l.u.c. Il procedimento delineato nel cap. 96 della lex Col. Gen. lui. è invece promosso da uno degli appartenenti alla curia stessa, e, sempre se condo il Laffì (ibid. 74), il decretum emanato in questa ipotesi non' avrebbe carat tere di liudicatum\ «quanto di una deliberazione politico-costituzionale». Si v., sul punto, in senso analogo, D'ORS, Nuevos datos cit. 32 s. 80 Per un primo approccio al tema, KUNKEL, Untersuchungen zur Entwicklung des römischen Kriminalverfahrens in vorsullanischer Zeit, Ahh. Akad. d. Wiss. 56 (München 1962) 131; SANTALUCIA, Diritto e processo penale nell'antica Roma (Milano 1989) 34 ss. Non vi fa riferimento, invece, GAROFALO, Il processo edilizio. Contributo allo studio dei «iudicia populi» (Padova 1989).
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rionale siano sempre i duoviri a riscuotere e riversare le multe in publicum municipum eius municipio1: ciò consen tiva forse di limitare le responsabilità relative alla pecunia multaticia esclusivamente a quest'ordine di magistrati. Un'altra fonte di reddito era costituita per il municipio dai vectigalia da esso incassati per i fondi oggetto di conces sione agraria: ad essa è dedicato Irti. 76, che dispone il do vere per i duoviri, annualmente, di richiedere una delibera decurionale per la nomina di un'ispettore di terreni, confini e vectigalia municipali, intendendo evidentemente con que st'ultimo termine tanto i fondi della comunità dati in conces sione a privati, quanto i proventi lucrati da dette conces sioni82. Ulteriori fonti di entrata non sono esplicitamente men zionate dalla legge di Irni: se ne ricava la previsione impli cita, però, dal dettato del cap. 67 83 , relativo alla posizione di chiunque, a qualsiasi titolo rationes communes negotiumve quot commune gesserit tractaverit, disponendo nei confronti di costoro l'obbligo di resa dei conti e di illustrazione del proprio operato. 2.2. — Fra le voci 'passive' della finanza municipale, YIr~ nitana prende in considerazione: a) mantenimento, acquisto e manomissione di servi della comunità (benché forse della manomissione la legge disponga in questa sede solo per accessionem); b) emolumenti da versare ai 'funzionari' del mu81 II MOMMSEN, Stadtrechte cit. 336 intendeva invece la previsione nel senso che, se il privato non versava la multa, il duoviro avrebbe potuto agire nei suoi confronti ex iudicato: ciò tanto se la multa fosse stata decretata a seguito di actio popularis (e dunque in presenza di un vero e proprio indicatimi), quanto se fosse stata irrogata in via immediata dal magistrato, e dunque valesse pro indicato. 82 Si v., per la nozione da me accolta di vectigal, infra, nel n. 1 della sezione 'Documenti', la traduzione di Irti. 76. Sulle concessioni di suolo pubblico in pro vincia, LIEBENAM, Städteverwaltung cit. 2 ss. 324 ss. Sugli agri vectigales, DE MARTINO, «Ager privatus vectigalisque», in St. De Francisci 1 (Milano 1956) 557 ss. (= Sor. 1 cit. 357 ss.); BOVE, Ricerche sugli «agri veciigales» (Napoli 1960). 83 Su cui si v. infra, nel n. 2.3 di questo capitolo.
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nicipic: legati, aciores de pecunia communi e (su un piane a parte, in quanto veri e propri apparitores) scribae\ e) spese per opere pubbliche; d) organizzazione di cerimonie reli giose, ludi e banchetti municipali. Ai servi municìpii sono dedicati diversi precetti nel testo legislativo84: quelli che accompagnano gli edili (e, con ogni probabilità, i duoviri85), ad esempio, devono essere limo ane ti, devono cioè indossare un grembiale di porpora, ex cap. 19. Lo stesso non è disposto per i servi dei questori. Il cap. 78 attribuisce al consiglio decisionale il potere di assegnare, mediante decreto, a ciascun servo le mansioni da svolgere {quos servos publicos cuique negotio praesse placeat). Il 79, nel regolare le modalità di emanazione dei 'decreti di spesa' a cura dei decurioni, elenca, fra i possibili oggetti di una deli bera di spesa, cibaria vestitus emptionesque eorum qui munitipibus serviant: l'espressione allude, da un lato, ai costi per vitto e vestiario dei servi civitatis-, dall'altro agli esborsi necessari per l'acquisto di nuovi schiavi (cui sarebbe da rife rirsi la parola emptiones)86. Le disposizioni- maggiormente innovative delle nostre conoscenze in materia sono però contenute in Im. 72 87 , de servis publicis manumittendis. Il duoviro deve avanzare la proposta di manomissione dinanzi al senato municipale, in presenza di almeno due terzi dei componenti la curia. Anche per la delibera è richiesta la maggioranza qualificata, costi84
Sulla condizione dei servi civitatium, oltre a MOMMSEN, Staatsrecht 1.2 cit. 306 ss., 1.3 cit. 321 ss., ed HALKIN, Les esclaves publics chez les Romains (Bnixelies 1397; rist. Roma 1965), in generale BUCKLÀND, The Roman Law of Slavery (Cambridge 1908) 327 ss.; LIEBENAM, o.e. 66 ss.; da ultimo, ROBLEDA, Il diritto degli schiavi nell'antica Roma (Roma 1976) 64 ss.; ROULAND, A propos des «servi puhlici populi Romani», in Chiron 7 (1977) 263 ss.; REDUZZI MEROLA, Servo parere (Napoli 1990) 176 ss.; FEAR, «Cives Latini», «servi puhlici» and the «Lex Irnitana» cit. 149 ss. 85 Nei frammenti attribuiti a lrn. 18 (supra, nell'edizione del Testo) è chia ramente leggibile la parola servost da integrare con communes, come per i capp. 19 e 20. 86
D'ORS, Ley Flavia cit. 165.
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Su cui, in particolare, GIMENEZ-CANDELA, Una contrihución cit. 37 ss.
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tuita dai due terzi dei presenti: il decreto deve contenere, oltre alla concessione della manumissio, le modalità cui essa è subordinata, ossia la quantità di denaro che si pretende lo schiavo versi ob libertatem. L'atto di manomissione è subor dinato all'effettivo esborso da parte del servus, in publicum municipibus\ la formula impiegata dalla lex è identica a quella prevista per ia manomissione dinanzi ai magistrato di schiavi privati {manumittere, liberum esse iubere)ss. Conseguenza è l'acquisto di libertas e latinitas per il ma nomesso: il municipio ha gli stessi diritti sul proprio liberto che quelli di un privato cittadino appartenente ad un muni cipio italico; il liberto (ex capp. 21 ss.) ha, analogamente agli altri municipes irnitani, la possibilità di comunicare la propria latinitas ai figli, ed acquista la patria potestas su di essi. Dalla rubrica del cap. 97 (P'extravagante') risulta che era possibile, per il liberto, acquisire la civitas, se taluno dei suoi figli, inge nuo per nascita, rivestisse una magistratura nel municipio (come per la liberta, se il marito di lei, ingenuo, divenisse magistratus): Ut in libertos libertas civitatem Romanam consecutos cpnsecutas per honores liberorum suorum aut virorum patroni it ius habeant, quod antea habuerunt. La regola inque eius, qui ita manumissus manumissave erit, hereditate bonorum possessione petenda ... idem ius esto contenuta in Irn. 72, si riallaccia a quella riferita da Ulpiano (49 ad ed.) in D. 38.3.1 pr.: Municipibus plenum ius in bonis libertorum libertarum defertur, hoc est id ius quod etiam pa trono. E infatti, alla morte del liberto, metà dei suoi beni
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II GOMEZ Ruiz, Las manumisiones de esclavos privados en la «lex Imitarla» (relazione tenuta alla SIHDA. di Siviglia nell'ottobre '90, di cui notizia in MANCINI, La SIHDA. cit. 147) sembra dell'avviso che il manumittere costituisca un modo di liberazione differente (e di tipo pubblicistico) dal liberum esse iubere, che invece avrebbe riguardo ad una forma di manomissione fondata sul ius civile, ossia (credo) la manumissio vindicta. Un tale tipo di manomissione sarebbe attestato, a dire dello studioso, anche da D. 40.1.14 (Paul. 16 ad ed.): Apud eum cui par imperium est, manumittere non possumus: sed praetor apud consulem manumittere potest. 1. Imperator, cum servum manumittit, non vindictam imponit, sed cum voluit, fit liber is qui manumittitur ex lege Augusti.
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spetterà al municipio, il quale, a mo? ài patrono, sarà legitti mato ad acquisirne la bonorum possessio^9. Non si tratta, dunque, di un'attività in perdita per il municipio, il quale riceve, subito, una summa manumissionis dall'ex-schiavo; in vita di questi ha diritto alle stesse operae cui è legittimato qualsiasi patrono privato cittadino; alla sua morte, lucrerà metà del patrimonio del liberto. Dato tuttavia che la manumissio, quale effetto princi pale, e nell'immediato, ha quello di privare il municipio di un bene patrimoniale, il capitolo è situato in una sede in cui la legge pare trattare delle situazioni in qualche modo 'depauperative' del patrimonio municipale90. Fra le altre 'passività', gli emolumenti da corrispondere ai legati, regolati in Im. 46, che predispone un viaticum da
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La GIMENEZ-CANDELA, Una contribucción cit. 4^ s., emenda, sulla scia òsRlrnitana, una costituzione di Diocleziano e Massimiano, contenuta in CI. 7.9.31 (a. 290 o 293): Si itaque secundum legem *vetti libici*, cuius potestatem senatus consulto luventio Celso iterum et Neratio Marcello consulibus facto ad provincias porrectam constitit, manumissus civitatem Romanam consecutus es, post vero ut libertus tabularium administrando libertatem quam fueras consecutus non amisisti, nee actus tuus filio ex liberis ingenuo suscepto, quominus decurio esse possit, obfuit. La crux interpretis relativa alle incomprensibili parole vetti libici viene dalla studiosa spagnola risolta in municipio ossia nel senso di una lex municipalis generalis, relativa — in qualche suo caput — anche alla manomissione di servi civitatis. Se della nostra lex si trattasse, tuttavia, gli schiavi manomessi (appartenenti a comunità provinciali, come pare emergere dall'attributiva ad provincias porrectam) non avrebbero sempre acquisito la civitas Romana (in quanto all'epoca di Celso non era ancora stata emanata la constitutio Antoniniana che estendeva il benefìcio della civitas a tutte le comunità provinciali), come è previsto nella costi tuzione, ma, il più delle volte, soltanto la Latinitas; in secondo luogo, non è chiaro se la* costituzione abbia riferimento ai servi civitatium, oppure a schiavi privati, appartenenti a municipes e manomessi in modo solenne. Infine, la lex in questione è detta ad provincias porrecta da un senatusconsultum reso durante il consolato di Giuvenzio Celso e Nerazio Marcello, ossia nel 129 d.C: un po' tardi, dunque, se è vero che tale supposta lex generalis augustea era già stata estesa almeno alle comunità iberiche sotto i Flavi. Troppi i dubbi inerenti a que sta costituzione imperiale, dunque,, per poterla ritenere utilizzabile in un senso qualsiasi. 90
Non può escludersi, comunque, che la disciplina delle manomissioni di servi publici sia situata in questo punto della legge per accessionemt attratta per vischiosità dagli altri capitoli concernenti schiavi della comunità.
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versarsi a ciascun legato, diariorum nomine: l'entità di esso deve esser stabilita da decreto decurionale. Altri esborsi — re golati, questi, in sede materiae — sono costituiti da: il com penso cui hanno diritto gli actores del municipio, nei pro cessi de pecunia communi', ex cap. 70 91 ; Yaes apparitorium da corrispondersi, sempre dietro decisione decurionale, a scribae ed altri apparitores dei magistrati municipali ai sensi del cap. 73 92 ; le erogazioni necessarie all'organizzazione di ceri monie religiose, giochi e banchetti da offrire a decuriones, conscripti o municipes, ex cap. 77. Per tutte tali spese, da considerarsi 'ordinarie', è previsto, dalla seconda parte del cap. 79, un decreto decurionale a maggioranza semplice: de is ad decuriones conscriptosve referatur, dum ne ad minorem partem eorum referatur, quantasque pecunias in easdem res decuriones conscriptive post hanc legem datam erogandas, etiam si neque iurati neque per tabellam sententis latis, censuerint, erogentur, b(ac) l(ege) nihilum minus rogatur. Sono incluse nella previsione anche ipotesi non specifi camente prese in esame dalla legge (almeno, non nei capita a nostra disposizione), quali opera eius municipi facienda reficienda9*, nonché aedium sacrarum monumentorumque custodia94, mantenimento ed acquisto di schiavi del municipio, attività di celebrazione dei sacra municipum nomine riservata ai magistrati cittadini, nonché ulteriori compiti inerenti all'ordinaria attività magistratuale: tutti 'capitoli di spesa' sui quali il senato deve pronunciarsi a maggioranza semplice. L'elencazione è da ritenersi vincolante: infatti è previsto che, per queste materie, i decurioni (oltre a non dover espri91
Su tale argomento, si v. infra nel n. 2.3 di questo capitolo. Sugli scribae si v. MENTXAXA, Consideraciones sobre el caputilo 73 cit. 63 ss. Sul cap. 73, si v. infra nel n. 3.2 di questo capitolo. 93 Si è visto, infatti, che il cap. 83, dedicato ad opera e munitiones, inerisce unicamente alle giornate lavorative che i singoli municipes sono tenuti a prestare al fine della realizzazione di questi: supra, nel n. 1 di questo capitolo. 94 Compito, questo, tipicamente edilizio: a riprova, ancora una volta, del fatto che gli edili dovevano poter disporre di pecunia communis per intraprendere tali attività, e le somme da destinarsi venivano stabilite dai decuriones. 92
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mere che una decisione di maggioranza) non siano soggetti all'obbligo di votare per tabellam93, né debbano sottoporsi a giuramento. Tali adempimenti, assieme a quello di una maggioranza qualificata (tre quarti dei presenti per la validità della seduta, e — benché non esplicitamente previsto — la maggioranza per la validità della delibera), sono invece imposti dalia prima parte del capitolo, qualora occorra deliberare de pecunia, quae communis municipum erit ... alienanda diminuenia eroganda mutua danda municipum nomine deve remissione fa cienda ei, quem municipihus eius municipi quid dare facere praestare oportebit. La legge prevede ancora, nei casi sud detti, la necessità di giuramento da parte dei decurioni, se eam sententiam laturos quam maxime e re communi munici pum esse censeant. Quali le spese 'straordinarie', per le quali la legge im pone tante cautele? Può ipotizzarsi, col d'Ors 96 , che YImitana alluda a largitiones da decretare nei confronti dei municipes: la prima disposizione del capitolo sancisce infatti il di vieto de pecunia [communi] ... distribuenda dividenda discribenda inter municipes interve decuriones conscriptosve. Ad essa si aggiunge, il divieto ulteriore di distribuzione di somme appartenenti al municipio inter colonos interve decuriones conscriptosve91. L'attenzione mostrata dalla legge nei riguardi delle deli bere di spesa si perpetua anche nei decenni successivi, come attesta il secondo dei e d . rescritti di Vardagate98 (che pro95 96 97
Cioè, come è ben noto, mediante voto segreto. Ley Flavia cit. 164 s. Sul termine colonus, si v. quanto osservato infra, nella nt. 124 alla Tradu
zione. 98
In realtà si tratta di tre precetti, in forma epistolare, iscritti su bronzo, ed indirizzati da un imperatore (il cui nome è illeggibile) a tale Godio Secondo di Vardagate: ARANGIO-RUIZ, VOGLIANO, Tre rescritti in tema di diritto municipale, in Ath. 20 (1942) 1 ss. (= Studi epigrafici e papirol cit. 231 ss.); FRACCARO, Vardacate?, ibid. 10 s.; DEGRASSI, Mittente e destinatario di rescritti imperiali riguardanti il municipio di Vardacate, in Ath. 26 (1948) 254 ss. (= Scritti vari di antichità [Roma 1962] 593 ss.); TIBILETTI, Italia Augustea, in Mei. Carcopino (Paris
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babilmente sono da attribuirsi a Nerva 99 ): Pecuniae quae sine decurionum decreto erogatae sunt ab iis restimi rei publicae oportet qui eas dederunt sua sponte ita ut petitio eis sit adversus eos quibus crediderunt.
II caso è qui parzialmente diverso: si tratta infatti di somme della comunità erogate senza previo decreto decurionaie. L'imperatore ne stabilisce la restituzione, concedendo tuttavia a chi sua sponte la effettui, un rimedio giudiziario nei confronti di coloro che abbiano illegittimamente mutuato pecunia communis. Ancora in D. 50.9.4 pr.-l, Ulpiano (lib. sing, de off. cut. reip.) commentava la nullità degli ambitiosa decreta decurio num, ossia dei decreti emanati in materia di pecunia del mu nicipio senza l'approvazione della necessaria maggioranza: Am bitiosa decreta decurionum rescindi debent, sive aliquem debitorem dimiserint sive largiti sunt. Proinde ut solent, sive decreverint de publico alicuius vel praedia vel aedes vel certam quantitatem praestari, nihil valebit huiusmodi decretum100. A chiusura di questa 'sezione ideale' sugli esborsi della comunità v'è il cap. 80, de pecunia publice mutua sumenda. Orbene, sinora si è ipotizzato 101 che la fattispecie ivi contem plata concernesse l'indebitamento pubblico del municipio, tramite l'assunzione di denaro a mutuo, probabilmente presso banchieri 102 . Ad una più attenta lettura, però, par1966) 924 (= Storie locali dell'Italia romana [Pavia 1978] 18); DE MARTINO, Sto ria2 4.2 cit. 692 nt. 21; ECK, Die staatliche Organisation Italiens in der hohen Kai serzeit (München 1979) 22 nt. 60; HARRIS, The Imperial Rescript of Vardagate, in Ath. 59 (1981) cit. 338 ss. L'ARANGIO-RUIZ, ibid. 232 leggeva tuttavia nella prima riga del bronzo [P]RO[CV]RATOR AVGVSTT, escludendo dunque che si trattasse di un'epistula imperiale; HARRIS, The Imperiai cit. 340 s. ha invece fondatamente ipotizzato che l'intestazione del documento sia [IMP NERVA] CAESAR AVG[VSTVS]. 99 HARRIS, o.l.u.c. e retroy nella nt. precedente. 100 Su tale passo, NÖRR, «Imperium» und «Polis» in der hohen Prinzipatszeit (München 1966) 25; GONZALEZ, The «Lex» cit. 225. 101
D'ORS, Ley Flavia cit. 166; GONZALEZ, The «Lex» cit. 226.
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Si cfr., per un'episodio emblematico di indebitamento pubblico, il rac-
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rebbe possibile che Im. 80 abbia riferimento all'ipotesi di as sunzione forzosa {publice) di denaro dai rnunicipes. ìl prelievo infatti dev'essere disposto in usus reipublicae, ossia per esigenze del municipio di Imi. È previsto inoltre, per l'eventualità de qua, che si emani un decreto decurionale in presenza dei 3/4 della curia, dietro giuramento e con voto segreto: garanzie, queste, che si giustificano solo per Testrema gravità del provvedimento. Il decreto doveva stabilire la cifra che fosse possibile prelevare da ciascun municeps (degli incolae non è fatta menzione, ma deve supporsi l'e stensione analogica anche a costoro della previsione, ex Irn. 94), purché in misura non superiore a 50mila sesterzi {pro ca pite?) all'anno: era possibile una deroga ex auctoritate a que sto limite, tramite decreto del praeses. Questa ipotesi di lettura non contrasta con l'uso, nel testo di legge, di una terminologia tipica delle fattispecie ci vilistiche di mutuo 103 (1. 15: pecunias mutuas ... sumendas\ 1. 18: pecuniae ... expensae latae). La norma può ben interpre tarsi nel senso ipotizzato: i rnunicipes avrebbero dovuto ver sare le somme alla comunità, che le avrebbe iscritte nei pro pri registri contabili (questo il senso di expensae latae), re stando (almeno in linea di principio) obbligata alla restitu zione delle somme così accreditate. Il finale del caput recita infatti: eas pecunias, quae ita expensae latae*que* erunt municipe municipi Flavi Irnitani diari) debeto. Sono stati avan zati diversi tentativi di correzione paleografica104: a prescin dere dall'accusativo eas pecunias (che va letto col d'Ors eae pecuniae), però, mi sembra che il testo possa mantenersi
conto di Cicerone (ad Att. 5.21.10 frg.; 6.1-3) sulla comunità di Salamina nell'i sola di Cipro. 103 D GONZALEZ, The «Lex» cit. 226 affermava che «what is involved here is a mutuum», sul presupposto che Vexpensilatio (come è ben noto obligatio litteris) 'coprisse' ^obligatio re costituita dal mutuo. Analoga la posizione del D'ORS, Ley Flavia cit. 166, secondo cui addirittura «esas cantidades prestadas al munici pio le son abonadas en cuenta bancaria [siel], y no materialmente entregadas (numeratae)». 104 Si cfr. GONZALEZ, The «Lex» cit. 174; D'ORS, «Lex Irnitana» cit. 63.
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pressoché inalterato nell'attuale redazione, se lo si intende nel senso che «quelle somme, che saranno state accreditate (al municipio), per decreto decurionale, debbano essere ver sate da ogni singolo municeps del municipio di Imi». Probabilmente analoga era l'ipotesi presa in considera zione da Ulpiano (10 ad ed.) in D. 12.1.27: Civitas mutui daHone obligari poiesi, si ad uiilitatem eius pecuniae versae sunt, se si ammette l'interpolazione della chiusa alioquin ipsi soli qui contraxerunt, non civitas tenehuntur (forse ad opera di un incauto glossatore che non aveva compreso la fattispecie de scritta da Ulpiano) 105 . 2.3. — L'Irnitana tratta dei rendiconti municipali e della pecunia communis nei capitoli (67-71) immediatamente suc cessivi a quelli dedicati alle Voci attive' del bilancio munici pale. Si tratta di un nucleo unitario di capita106 che vertono sulle diverse possibilità di acquisizione e restituzione di pecu nia communis del municipio. Si ha l'impressione che la legge riproduca, in questo punto, la disciplina giulia in tema di re siduo e peculato 107 , con la differenza che la repressione di questi illeciti è affidata, nel municipio, ad actiones populäres, e non a quaestiones apposite, come a Roma. Irn. 67 si rivolge a due categorie di soggetti: a chi sia en105
Sul passo, fra gli altri, LIEBENAM, Städteverwaltung cit. 340. Un'ipotesi di 'prelievo forzoso' di pecunia nei confronti dei contribuenti sembra essere co stituita altresì dal complesso regime predisposto dalla ed. tabula alimentaria di Veleia, dell'età di Traiano (ossia distante appena un ventennio dalla legge di Imi): sul tema, da ultimo CRINITI, La «tabula alimentaria» di Veleia (Parma 1991) 257, e PAPA, Note sulla «tabula alimentaria» di Veleia, in corso di pubbli cazione in Labeo (con ampia panoramica sulla letteratura precedente). 106
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LAFFI, o.u.c. 76.
Sul punto, MENTXAKA, o.e. 248 ss., e LAFFI, o.l.u.c. Sulla nozione di pecunia residua e sul relativo iudicium, GNOLI, Ricerche sul «crimen peculatus» (Mi lano 1979) 155 ss. Notevoli dubbi permangono sull'identificazione della lex Iulia de residuis con la lex Iulia peculatus, e sulla datazione del provvedimento legisla tivo, che non è senz'altro da ascriversi ad Augusto, potendo esso risalire anche a Cesare: si v. la discussione di queste problematiche in GNOLI, o.e. 13 ss. 24 ss. 155 ss.
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trato in possesso di denaro del municipio, a qualsiasi titolo (at quem pecunia communis municipum eius municipi pervenerit)108, la legge £a obbligo di restituire la somma nei vol gere di trenta giorni; chi invece rationes communes negotiumve quot commune ... gesserit tractaverit (ossia, oltre ai magistrati della comunità, chiunque sia stato da questa inca ricato di un affare del municipio109) dovrà — anche qui nei termine di trenta giorni — effettuare un rendiconto della pro pria attività, ai decurioni o a delegati di essi110 (i patroni regolati da Irti. 68). L'obbligo della restituzione del danaro dei municipes, e quello del reddere rationem per tutti i prepo sti ad affari della comunità, si estendono anche agli eredi o aventi causa di costoro 111 . 108
Anche, dunque, a seguito di acquisto in buona fede di essa: MENT-
XAKA, o.l.u.c. 109
Come, ad esempio, un legatus municipii cui fossero state erogate somme della comunità per lo svolgimento della propria missione, ex cap. 46 (infra, nel n. 3.1 di questo capitolo): la suggestione è in MENTXAKA, Algunas consideraciones cit. 276 s. 110 La regola rappresenta un affinamento rispetto alla disciplina di Tarentum ed Urso, dove si disponeva doversi effettuare il redde rationem unicamente presso i decurioni. 111 Comparabili con le disposizioni riportate in questo capitolo quelle di lex Col. Gen. 80 (Quot cuique negotii publice in colon(ia) de decurdonum) sentenza datum erit, is cui negotium datum erit eius rei rationem decurionib(us) reddito refertoque in dieb(us) CL proxumis [quibus] it negotium confecerit quibusve it negotium gerere desierit, quot eius fieri poterit s(ine) d(olo) m(alo)) e di Tar. 2, 1. 21 ss. (...quodve quoique negoti publice in municipio de s(enatus) s(ententia) datum erit, negative publicei gesserit pequniamque publicam dederit exegerit, is quoi ita negotium datum erit negotive quid publice gesserit pequniamve publicam dederit exegerit, eius rei rationem senatui reddito refertoque in diebus X proxumis quibus senatus censuerit sine aiolo) m(alo)). La lex coloniaey pur non contenendo riferi mento esplicito ai magistrati della comunità, dispone solo per coloro che abbiano gestito affari pubblici per mandato di essa (quod cuique negoti publice ... datum erit). Di maggiore completezza le formulazioni irnitana e tarentina, che dispon gono per qualsiasi eventualità taluno si trovi in possesso di denaro della colletti vità. Diversità esistono anche nelle scadenze imposte al redde rationem. Ad Imi colui che ha compiuto una qualche attività nell'interesse del municipio, è tenuto a restituere o render conto del proprio operato entro 30 giorni dalla cessazione della causa dell'attività. A Tarentum il termine previsto è di 10 giorni, mentre ad Urso ne vengono concessi ben 150. Può darsi che si tratti di mere particolarità locali, ma non può escludersi che la scadenza di trenta giorni fosse stata ritenuta,
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Verso tali soggetti è concessa, per la mancata restitu zione della pecunia communis o il mancato rendiconto, un'a zione popolare in duplum112. Può fare impressione che un'azione penale venga estesa anche ad eredi ed aventi causa dei responsabili, come è nei cap. 67: la deroga al principio dell'intrasmissibilità dell'azione penale 113 derivava forse dalla natura 'contabile', pubblicistica e meramente patrimo niale, della responsabilità, e rispondeva all'esigenza di sco raggiare chi, non intendendo restituire il danaro dei municipes, tentava di liberarsi della responsabilità trasferendolo ad altri. Il cap. 68 si sofferma su un aspetto della procedura del reddere rationem, ossia sulla nomina di patroni, cioè di 'revi sori dei conti' municipali114. Irti. 69 si ricollega invece alla previsione conclusiva del cap. 67, nel regolare la procedura
in prosieguo di tempo, la più adeguata alle esigenze di restituzione e rendiconto, almeno nei municipio. Flavia "(MENTXAXA, Algunas consideraciones cit. 282). Per l'ulteriore comparazione fra differenze ed analogie esistenti nelle tre leges, D'ORS, Ley Flavia cit. 151 ss. 112 L'azione «si configura come provvista di una duplice funzione, afflittiva e al contempo risarcitoria, in quanto diretta a risarcire l'erario cittadino dal danno derivante dalla mancata disponibilità della pecunia indebitamente ricevuta e non rendicontata»: LAFFI, ibid. 77. 113 Si v., sul punto, le considerazioni di MURGA, Las acciones populäres cit. 247 s., e di MENTXAKA, O.U.C. 278, i quali riprendono un'opinione del CUQ (sv. Peculatus, in DS. 4.1 [1907] 366 s.) ritenendo gli eredi e aventi causa obbligati nei limiti dell'arricchimento. H che tuttavia non mi pare conciliabile con la previ sione finale di Irn. 67 che prevede la condanna al duplum della somma illecita mente ritenuta anche per eredi e aventi causa, e non solo per i titolari in prima persona della responsabilità penale. 114 La circostanza che Irn. 67 menzioni sia l'eventualità del reddere rationem presso la curia al completo, sia quella di rendiconto dinanzi ad una commis sione ristretta, non implica che al soggetto all'obbligo fosse rimessa la scelta fra l'una e l'altra possibilità: lo Spitzl («Lex municipii» cit. 114, seguito, in questa af fermazione come in molte altre, dalla MENTXAKA, o.u.c. 284 ss.) ipotizza che i patroni fossero chiamati in causa qualora eccessivo sembrasse dover coinvolgere l'intero consesso decurionale, come in caso di controlli su piccole somme, o su spese o entrate 'ordinarie': «bei... regelmäßig wiederkehrenden Einnahmen und Ausgaben» (ibid. nt. 481).
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dell'azione utilizzabile per la persecutio ài pecunia communis11''. La Mentxaka 116 ha suggerito che la procedura deli neata in Im. 69 possa essere quella generalmente applicabile in caso di azioni a legittimazione popolare nel municipio117. La deduzione si fonda sulla formulazione estremamente generale di Irn. 69, riferita a qualsiasi cosa quod municipum municipi Fla vi Irnitani nomine peteiur ab eo, qui eius municipi municeps incolave erit, quoàve cum eo agetur. il fatto che l'azione sia promossa municipum ... nomine induce effettivamente a pensare che oossa trattarsi di uno schema tipico di azione popo lare1*5. Si può aggiungere che l'azione appare promovibile non solo per la repetitio di somme pecuniarie, cui inerisce l'e spressione quod ... petetur, ma per qualsiasi violazione com piuta da un municeps incolave di Imi, anche se non concre t a t e s i nel guadagno illecito di denaro della comunità119, 115 La successione delle disposizioni è esposta in modo piuttosto confuso dal GONZALEZ, The «Lex» cit. 221, secondo cui «what we have, split between the end of Ch. 67, Ch. 68 and Ch. 69, is a series of rules for (a) the trial of someone who prevents money being returned or accounts being rendered, (b) the rendering of accounts conducted as a trial, (e) the recovery of money due». 116 0.u.c. 309 ss. 117 Per quanto inerisce alle azioni a legittimazione popolare previste nella stessa legge di Imi, essa sarebbe dunque, stando alla MENTXAKA {ibid. 310 ut. 114, e 312 s., con due elenchi non coincidenti), utilizzabile nei seguenti casi: 1) cap. 26 (giuramento di duoviri, edili e questori); 2) cap. 45 (mancato compimento della legatio, mancata accettazione della excusatio o mancata o inidonea presentazione di un vicarius); 3) cap. 47 (mancata obbedienza al decreto decurionale relativo alla gestione della legatió); 4) cap. 48 (interesse privato del magistrato nella vendita o appalto di beni del municipio); 5) cap. 58 (ostacolo alla celebrazione dei comizi nel municipio); 6) cap. 61 (illecita cooptazione di un patrono municipale); 7) cap. 62 (abbattimento illecito di edifìci); 8) cap. 67 (l'ipotesi de qua); 9) cap. 72 (il lecita manomissione di schiavi della comunità); 10) cap. 74 (riunioni e collegia illeciti); 11) cap. 75 (incetta di beni); 12) cap. 90 (mancata concessione ddl'intertium da parte del magistrato). Manca, stranamente, la previsione generale di azione popola re contenuta nella sancito di Irn. 96, per l'enorme somma di centomila sesterzi. — Per la letteratura su dette azioni, retro, nella nt. 22. 118
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MENTXAKA, ibid. 311.
Non contrasta con l'interpretazione proposta il fatto che la rubrica di Irn. 69 sia De iudicio peeuniae communis: abbiamo già visto altrove (ad esempio
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come sembra implicare la locuzione quodve cum eo agetur120. Rileva, d'altronde, la corrispondenza fra la formula zione generica del cap. 69 (dove non è specificato che Fattore debba essere municeps o incola, come invece per il conve nuto), e la concessione della facoltà di esperire simili azio ni ad un novero indeterminato (e per ciò amplissimo) di legit timati, operata dalla legge con la formula eiusque pecuniae deque ea pecunia municipum eius municipi qui volet, cuique per h.L licebit, actio petititio persecutio esto: la formulazione sembra riservare l'iniziativa processuale non solo ai municipes, ma a chiunque cui per h.L licebit. La terminologia usata trova corrispondenza anche nel dettato di Irn. 70, che prevede la nomina del soggetto speci fico cui affidare l'impulso processuale: quoi quibusve mandetur permittaturve ut nomine municipum ... agant petantve quii. Il corpus decisionale può incaricare taluno di rappre sentare il municipio in giudizio, ma deve anche permittere (a chi, logicamente, intenda esperire l'azione popolare) di agire giudizialmente, riscontrando la sussistenza dei requisiti di le gittimazione all'azione. Si' richiede nel soggetto la presenza delle caratteristiche previste dall'editto del praeses provinciae per essere procurator o cognitor (quindi anche convenuto, in rappresentanza del municipio) 121 : evidentemente, il decreto decurionale doveva contenere un giudizio di conformità alle previsioni dell'edictum, in caso taluno manifestasse l'in tenzione di esperire l'azione nella comunità. Se il soggetto nel caso di Irn. 22 [supra, nel n. 5.3 del capitolo I], o di Irn. 42 [supra, nel n. 4 del capitolo I]) come i titoli delle rubriche non sempre coincidano con il conte nuto di essi, essendo a volte meramente indicativi. 120 Diversa (e più macchinosa) interpretazione fornisce la MENTXAKA, ibid. 316 s., ai due segmenti della frase: quod ... petetur sarebbe relativo ai casi in cui un quivis esperisse l'azione nel municipio; quodve cum eo agetur sarebbe invece ri ferito al caso di rendiconto presso i patroni, i quali, dopo averriscontratoillegalità, avrebbero istruito (e — stando alla Mentxaka, che però identifica i patroni con gli actores — anche promosso in prima persona) la controversia de pecunia communi. 121 Regola finora sconosciuta, benché sia da ritenersi presupposta in alcuni frammenti del Digesto relativi all'argomento: D. 3.4.1.2-3 (Gai. 3 ad ed. prov.) e 3.4.3 (Ulp. 9 ad ed.).
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non fosse stato in possesso dei requisiti richiesti, è probabile che nella delibera decurionale si sarebbe nominato un altro per fungere da actor, ovvero che l'iniziativa processuale sa rebbe stata delegata ad un magistrato della comunità. Se Yactor municipum preso in esame da Im. 70 coincide con il quivis legittimato a promuòvere l'azione nel municipio122, si risolve anche la questione del se all'accusatore in tali actiones spettasse o meno un compenso: il decreto decurionale di nomina deve specificare anche il praemium da corrispondere all'attore per la sua opera. Anche qualora il meccanismo processuale previsto in Im. 69-70 fosse applicabile al le sole controversie sulla restituzione di somme della comunità, non si vede perché anche per le altre actiones a legittima zione popolare non potesse stabilirsi, sulla falsariga di quel la de pecunia communi, un premio per l'accusatore123. Sulla figura dellWor deve infine precisarsi che essa non coincide affatto con quella dei patroni regolata da Im. 68. I patroni, come gli actores, vengono designati dalla curia (ma per essi la legge specifica che la nomina deve avvenire a voto segreto e dietro giuramento, mentre non prevede le stèsse cautele per gli actores ex cap. 70). Diversamente dall'attore, essi costituiscono però una commissione. Una volta nomi-' nati, devono chiedere al consesso un termine per poter cau sam cognoscere ed actionem suam ordinare124. Parte della dottrina 125 , conferendo alle espressioni cau sam cognoscere e actionem suam ordinare un significato tec nico, ha sostenuto che l'attività dei patroni consistesse ap punto nell'egire per conto del municipio nei processi rego lati dal cap. 69: ha identificato, cioè, i patroni con gli actores 122
Le riflessioni in esame sono del tutto assenti in MENTXAKA, O.U.C. Si v. quanto già riferito supra, nel n. 1 di questo capitolo, a proposito delle azioni popolari a seguito di abbattimento di aedes. 124 Vale a dire, difendano gli interessi del municipio nell'esame della con tabilità dei magistrati e di chiunque altro abbia maneggiato pecunia communis-. anche il D'ORS, «Lex Irnitana» cit. 50, interpreta il tenore della disposizione in questo senso. 123
125
SPITZL, «Lex municipii» cit. 116 s.; MENTXAKA, o.e. 300.
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CAPITOLO SECONDO
di Irn. 70 126 . L'affermazione non è convincente. Innanzi tutto, se le due locuzioni avessero tenore tecnico, dovremmo vederle usate sia nel cap. 68 che nel 70: in quest'ultimo, in vece, a proposito delle funzioni dél'actor, si parla — s'è visto — di agere e petere. Inoltre, non si vede perché regolare no mina e compiti delio stesso soggetto in due distinti capitoli, per giunta non contigui: senza contare che Irn. 68 prevede una commissione di tres patroni, mentre Irn. 70 {de actore municipum constituendo) e 71 {acturo de pecunia communi testibus denuntiandi ut ius sit) fanno riferimento a soggetti sin goli. I patroni sono in realtà, come abbiamo visto, consulenti, 'revisori dei conti' municipali 127 , che entravano in funzione in sostituzione di decurioni e conscripti, probabilmente quando si trattava di affari intricati e occorreva predisporre delle attività, nei confronti di chi avesse reso il conto, tali che un consesso comunque nutrito non fosse in grado di esami nare e determinare. Magari essi suggerivano anche quali azioni intraprendere nei confronti del responsabile. Per tornare a Irn. 69, è necessario soffermarsi anzi tutto sulla natura del iudicium in esso regolato. Manca, qui, uh elemento essenziale del processo criminale, ossia la nominis delatio128: la terminologia usata dalla legge è, anzi, tipica della sfera processuale privata {agere, petere, litem aestumaré). Tuttavia, la presenza dell'inciso si privatim ageretur nel periodo iniziale del caput, in netta contrapposizione alla procedura in esso disciplinata, rende chiaro che non ci tro viamo dinanzi a un giudizio privato. II Laffi129 ha voluto vedervi un processo analogo a quelli recuperatorì utilizzabili in caso di multe 130 , con la dif126
MENTXAKA, o.l.u.c.
127
II D ? ORS, Ley Flavia cit. 153 parla infatti di «una comisión de 'contadores' mas o menos permanente». 128
129
LAFFI, Le funzioni cit. 81.
Ibid. 82 s. 130 Si v. quelli regolati dalla lex Latina tabulae Bantinae e dalla lex lulia agraria, citt. retro, nella nt. 15.
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ferenza, tuttavia, che, mentre in questi ultimi la nomina del 1*I/IO*'
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