Norberto Bobbio
Stato, governo, società Per una teoria generale della politica
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1980, 198r, 1978
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Norberto Bobbio
Stato, governo, società Per una teoria generale della politica
Copyright©
1980, 198r, 1978
e, per la presente edizione in volume, copyright©
1985
Giulio Einaudi editore s. p. a., Torino
Prima edizione nell' E11ciclopedia
Ei11audi
Indice
p.
vn
Premessa
Stato, governo, società I.
5 IO I8 2.
La società civile I.
23 27 3I 35 37 39
2. 3. 4· 5· 6. 3·
2.
3· 4· 5· 6. 7· 8. 4·
Le varie accezioni L'interpretazione marxiana Il sistema hegeliano La tradizione giusnaturalistica Società civile come società civilizzata Il dibattito attuale
Stato, potere e governo r.
43 55 66 77 84 95 1 04 II7
!26 I28 130 137
La grande dicotomia: pubblico/privato r. Una coppia dicotomica 2. Le dicotomie corrispondenti 3. L 'uso assiologico della grande dicotomia 4 · Il secondo significato della dicotomia
3
Per lo studio dello stato Il nome e la cosa Lo Stato e il potere Il fondamento del potere Stato e diritto Le forme di governo Le forme di Stato La fine dello Stato
Democrazia e dittatura r.
La democrazia nella teoria delle forme di governo L'uso descrittivo 3· L'uso prescrittivo 4· L'uso storico 2.
VI
INDICE p. 1 4 1 144 147 149 1 50 1 53 1 55 I 59
5. 6. 7. 8. 9. IO. I I.
La democrazia dei moderni Democrazia rappresentativa e democrazia diretta Democrazia politic a e democrazia sociale Democrazia formale e democrazia sostanziale La dittatura degli antichi La dittatura moderna La dittatura rivoluzionaria
Premessa
Elenco delle opere citate
Raccolgo in questo volumetto, senza sostanziali correzio ni, quattro voci scritte per l'Enciclopedia Einaudi, rispetti vamente nei volumi IV ( 1 978), Democrazia/dittatura, XI (1980), Pubblico/privato, XIII ( 1 9 8 1 ) , Società civile e Stato. Sono temi contigui che si richiamano l'uno con l' altro, talo ra, e me ne scuso con il lettore, non senza qualche inevitabi le ripetizione. Il primo e il secondo sono presentati diretta mente sotto forma di antitesi. Il terzo e il quarto rappresen tano, alla loro volta, i termini di un'altra antitesi, non meno cruciale nella storia del pensiero politico: Società civile / Stato. Una delle idee ispiratrici dell'Enciclopedia, l' analisi di al cuni termini-chiave insieme con il loro contrario, mi era par ticolarmente congeniale. Nel 1 974 scrissi un articolo sulla clas sica distinzione fra diritto privato e diritto pubblico e lo in titolai: La grande dicotomia 1• L'antitesi democrazia/dittatu ra riproduce con termini del linguaggio comune la contrap posizione filosofica, da me piu volte riproposta, attraverso Kelsen e risalendo sino a Kant, fra autonomia ed eterono mia. L'antitesi società civile / Stato era già stata da me illu strata storicamente attraverso l'opera di Hegel \ di Marx, di Gramsci', analiticamente sotto il lemma Società civile del Di zionario politico dell'Utet. La trattazione per antitesi offre il vantaggio, nel suo uso descrittivo, di permettere all'uno dei due termini di gettar luce sull'altro, tanto che spesso l'uno (il termine debole) vie ne definito come la negazione dell'altro (il termine forte) , per esempio il privato come ciò che non è pubblico; nel suo uso assiologico, di mettere in evidenza il giudizio di valore positivo o negativo, che secondo gli autori può cadere sul l'uno o sull'altro dei due termini, come è sempre avvenuto
VIII
PREMESSA
nella vecchia disputa se sia preferibile la democrazia o l' au tocrazia; nel suo uso storico, di delineare addirittura una fi losofia della storia, ad esempio il passaggio da un'epoca di primato del diritto privato a un'epoca di primato del diritto pubblico. Dei quattro scritti il piu ampio di gran lunga è quello su Stato, potere e governo, che riproduce la voce Stato. Esso rias sume e compendia in parte gli altri tre . L'ho concepito come un tentativo, non so quanto riuscito, di abbracciare il vastis simo campo dei problemi dello Stato, considerandoli dai due punti di vista giuridico e politico, spesso disgiunti, ovvero lo Stato come ordinamento giuridico e come potere sovra no. Vi ho espresso alcune idee che non avevo mai esposte prima d'ora con eguale compiutezza, specie per quel che ri guarda il potere, le sue varie forme, e i diversi criteri di le gittimazione. Gli altri saggi, invece, sono rielaborazioni di scritti precedenti o contemporanei: La grande dicotomia: pub blico/privato rinvia in parte a Pubblico-privato. Introduzione a un dibattito ( r 98z)\ in parte a Democrazia e potere invisi bile ( r 980 )'; La società civile rinvia, oltre agli scritti citati poc'anzi, al saggio Sulla nozione di società civile (r968) 6; De mocrazia e dittatura è tratto in gran parte dal corso La teoria delle forme di governo nella storia del pensiero politico ( r976) 7• Si tratta di temi sui quali mi sono esercitato spesso in questi ultimi dieci anni: singolarmente considerati, costituiscono frammenti di una teoria generale della politica, ancora da scri vere. NORBERTO BOBBIO
1 Ora in N. Bobbio, Dalla struttura alla funzione. Nuovi studi di teoria del
diritto, Edizioni di Comunità, Milano 1 9842 , pp. 1 45 -63. 2 In Id., Studi hegeliani. Diritto, società civile, Stato, Einaudi, Torino 1 98 1 , pp. 1 47·5 8. 3 Id., Gramsci e la concezione della società civile, Feltrinelli, Milano 1976, pp. 1 7•43· 4 In «Fenomenologia e società>>, v, n. r8, giugno 1982, pp. r66-77. 5 Ora in Id., Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino 1984, pp. 75 -r oo. 6 In «De homine>>, VII, n. 24-25 , marzo 1 968, pp. 19-36. 7 Giappichelli, Torino 1 976.
Slalo, governo, società
I.
La grande dicotomia: pubblico/privato
I.
Una coppia dicotomica
Attraverso due commentatissimi passi del Corpus iuris [In stitutiones, I, I, 4; Digesto, I, I, I, 2], che definiscono con identiche parole rispettivamente il diritto pubblico e il dirit to privato - il primo « quod ad statum rei romanae spectat », il secondo « quod ad singulorum utilitatem » -, la coppia di termini pubblico/privato ha fatto il suo ingresso nella storia del pensiero politico e sociale dell'Occidente, quindi, attra verso un uso costante e continuo, senza sostanziali mutamenti, ha finito per diventare una di quelle « grandi dicotomie » di cui una o piu discipline, in questo caso non soltanto le disci pline giuridiche ma anche quelle sociali e in genere storiche, si servono per delimitare, rappresentare, ordinare il proprio campo d'indagine, come, per restare nell'ambito delle scien ze sociali, pace/guerra, democrazia/autocrazia, società/comu nità, stato di natura / stato civile. Si può parlare corretta mente di una grande dicotomia quando ci si trova di fronte a una distinzione di cui si può dimostrare l'idoneità: a) a di videre un universo in due sfere, congiuntamente esaustive, nel senso che tutti gli enti di quell'universo vi rientrano, nes suno escluso, e reciprocamente esclusive, nel senso che un ente compreso nella prima non può essere contemporanea mente compreso nella seconda; b) a stabilire una divisione che è insieme totale, in quanto tutti gli enti cui attualmente e potenzialmente la disciplina si riferisce debbono potervi rientrare, e principale, in quanto tende a far convergere ver so di sé altre dicotomie che diventano rispetto ad essa se condarie. Nel linguaggio giuridico la preminenza della distin zione fra diritto privato e diritto pubblico su tutte le altre distinzioni, la costanza dell'uso nelle diverse epoche stori che, la sua forza inclusiva sono state tali da aver indotto un
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STATO, GOVERNO, SOCIETÀ
filosofo del diritto di indirizzo neokantiano a considerare i due concetti di diritto privato e di diritto pubblico addirit tura come due categorie a priori del pensiero giuridico [Rad bruch 1 93 2 , pp . 1 2 2-27]. I due termini di una dicotomia possono essere definiti uno indipendentemente dall'altro, oppure uno solo di essi viene definito mentre l'altro viene definito negativamente (la 'pace' come 'non-guerra'). In questo secondo caso si dice che il pri mo è il termine forte, il secondo il termine debole. La defi nizione di diritto pubblico e di diritto privato su riportata è un esempio del primo caso, ma dei due termini il piu forte è il primo, in quanto accade spesso che 'privato' venga defi nito come 'non-pubblico' («privatus qui in magistratu non est », Porcellini) , raramente il contrario. Inoltre si può dire che i due termini di una dicotomia si condizionano a vicen da, nel senso che si richiamano continuamente l'uno con l'al tro: nel linguaggio giuridico, la scrittura pubblica rinvia im mediatamente per contrasto alla scrittura privata e vicever sa; nel linguaggio comune, l'interesse pubblico si determina immediatamente in relazione e in contrasto con l'interesse privato e viceversa. Infine, all'interno dello spazio che i due termini delimitano, dal momento che questo spazio viene to talmente occupato (tertium non datur), essi alla loro volta si delimitano a vicenda, nel senso che la sfera del pubblico ar riva fin dove comincia la sfera del privato e viceversa. Per ognuna delle situazioni cui conviene l'uso della dicotomia, le due rispettive sfere possono essere diverse, ciascuna ora piu grande ora piu piccola, o per l'uno o per l' altro dei due termini. Uno dei luoghi comuni del dibattito secolare sul rap porto tra la sfera del pubblico e quella del privato è che, au mentando la sfera del pubblico, diminuisce quella del priva to, aumentando la sfera del privato, diminuisce quella del pub blico: una constatazione che è generalmente accompagnata e complicata da contrapposti giudizi di valore. Quali che siano l'origine della distinzione e il momento della sua nascita, la dicotomia classica fra diritto privato e diritto pubblico riflette la situazione di un gruppo sociale in cui è ormai avvenuta la differenziazione fra ciò che appar tiene al gruppo in quanto tale, alla collettività, e ciò che ap partiene ai singoli membri, o piu in generale fra la società globale ed eventuali gruppi minori (come la famiglia) , oppu-
LA GRANDE DICOTOMIA: PUBBLICO/PRIVATO
5
re ancora fra un potere centrale superiore e i pot:eri periferi ci inferiori che rispetto ad esso godono di una re:lativa auto nomia, quando non ne dipendono totalmente. Di fatto alla originaria differenziazione fra il diritto pubblicOil e il privato si accompagna l' affermazione della supremazia d !el primo sul secondo, com'è attestato da uno dei principi k:mdamentali che reggono ogni ordinamento in cui vale la gra:nde divisio ne, il principio secondo cui « ius publicum privatorum pactis mutati non potest » [Digesto, 3 8 , 2 , 1 4] o « ptiVqtorum con vendo iuri publico non derogat » [ibid. , 45, 50, q] . Nono stante il secolare dibattito, provocato dalla vari�tà di criteri in base ai quali è stata giustificata, o si è credQto di poter giustificare, la divisione delle due sfere, il criteri() fondamen tale resta quello dei diversi soggetti cui si può ri ferire la no zione generale di utilitas: accanto alla singuloru'!"m utilitas del la definizione citata, non si dimentichi la celebr:-e definizio ne ciceroniana di res publica, secondo cui essa ìè una « cosa del popolo » quando per 'popolo' s'intenda non Utna qualsiasi aggregazione di uomini ma una società tenuta in.sieme, oltre che da un vincolo giuridico, dalla «utilitatis comlllnione » [De re publica, I, 4 1 , 48]. 2 . Le dicotomie corrispondenti. La rilevanza concettuale e anche classificatori� nonché as siologica della dicotomia pubblico/privato si rivela nel fatto che essa comprende, o in essa convergono, altr e dicotomie tradizionali e ricorrenti nelle scienze sociali, che la comple tano e possono anche surrogarla. S o c i e t à d i u g u a li e s o c i e t à d i d i s u g uE!l i . Essendo il diritto un ordinamento di rapporti sociali, la grande dicotomia pubblico/privato si duplica primamente nella distinzione di due tipi di rapporti sociali: fra uguali e fra di suguali. Lo Stato, e qualsiasi altra società organizzata, dove vi è una sfera del pubblico, non importa se totale o parziale, è caratterizzato da rapporti di subordinazione f.ta governan ti e governati, ovvero fra detentori del potere di comando e destinatari del dovere di obbedienza, che sono rapporti fra
6
STATO, GOVERNO, SOCIETÀ
disuguali; la società naturale, quale è stata descritta dai gius naturalisti, oppure la società di mercato nella idealizzazione degli economisti classici, in quanto vengono di solito elevate a modello di una sfera privata contrapposta alla sfera pub blica, sono caratterizzate da rapporti fra uguali o di coordi nazione. La distinzione tra società di uguali e società di di suguali è non meno classica della distinzione tra sfera priva ta e sfera pubblica. Cosi Vico: « Omnis societas omnino du plex, inaequalis et aequalis » [nzo, cap. LX] . Fra le prime la famiglia, lo Stato, la società fra Dio e gli uomini; fra le seconde, la società tra fratelli, parenti, amici, cittadini, ospiti, nemici. Dagli esempi si vede che le due dicotomie pubblico/privato e società di uguali / società di disuguali non si sovrappon gono del tutto: la famiglia appartiene convenzionalmente alla sfera privata contrapposta alla sfera pubblica, o meglio vie ne ricondotta alla sfera privata là dove è sovrastata da un'or ganizzazione piu complessa, quale è appunto la città (nel senso aristotelico della parola) o lo Stato (nel senso degli scrittori politici moderni) ; ma rispetto alla differenza delle due socie tà è una società di disuguali, anche se dell'appartenenza con venzionale della famiglia alla sfera privata resta la prova nel fatto che il diritto pubblico europeo che accompagna la for mazione dello Stato costituzionale moderno ha considerato privatistiche le concezioni patriarcalistiche o paternalistiche o dispotiche del potere sovrano, che assimilano lo Stato a una famiglia in grande oppure attribuiscono al sovrano gli stessi poteri che appartengono al patriarca, al padre, o al pa drone, signori a vario titolo e con diversa forza della società familiare. D'altra parte, il rapporto fra nemici, che Vico con sidera nell'ambito dei rapporti di uguali, rettamente del re sto perché la società internazionale è astrattamente conside rata una società di enti formalmente uguali tanto da essere stata assimilata, da Hobbes a Hegel, allo stato di natura, viene fatto rientrare abitualmente nella sfera del diritto pubblico, se pure del diritto pubblico esterno regolante i rapporti fra stati distinto dal diritto pubblico interno regolante i rappor ti fra governanti e governati di uno stesso stato. Con la nascita dell'economia politica da cui segue la dif ferenziazione della sfera dei rapporti economici da quella dei rapporti politici, intesi i rapporti economici come rapporti
LA GRANDE DICOTOMIA: PUBBLICO/PRIVATO
7
sostanzialmente di disuguali per effetto della divisione del lavoro ma formalmente uguali nel mercato, la dicotomia pub blico/privato si ripresenta sotto forma di distinzione fra so cietà politica (o di disuguali) e società economica (o di ugua li), o dal punto di vista del soggetto caratteristico di entram be, fra la società del citoyen che attende all'interesse pubbli co e quella del bourgeois che cura i propri interessi privati in concorrenza o in collaborazione con altri individui. Die tro la distinzione tra sfera economica e sfera politica riappa re l'antica distinzione fra la « singulorum utilitas » e lo « sta tus rei publicae », con cui era apparsa per la prima volta la distinzione fra la sfera del privato e quella del pubblico. Cosi pure la distinzione giusnaturalistica fra stato di natura e sta to civile si ricompone, attraverso la nascita dell'economia po litica, nella distinzione fra società economica, e in quanto tale non politica, e società politica; successivamente, fra so cietà civile, intesa hegelianamente, o meglio marxianamen te, come sistema dei bisogni, e stato politico: dove è da no tare che la linea di separazione fra stato di natura, sfera eco nomica, società civile, da un lato, stato civile, sfera politica, stato politico, dall'altro, passa sempre fra società di uguali (almeno formalmente) e società di disuguali. Legge e contrat to . L'altra distinzione concettualmente e storicamente rile vante che confluisce nella grande dicotomia è quella relativa alle fonti (nel senso tecnico-giuridico del termine) rispetti vamente del diritto pubblico e del diritto privato: la legge e il contratto (o piu in generale il cosiddetto « negozio giuri dico ») . In un passo di Cicerone che fa testo, è detto che il diritto pubblico consiste nella lex, nel senatus consultus e nel foedus (il trattato internazionale) ; il diritto privato, nelle ta bulae, nella pactum conventum e nella stipulatio [Partitiones oratoriae, 3 7, r 3 I ] . Come si vede, qui il criterio di distinzio ne fra diritto pubblico e privato è il diverso modo con cui l'uno e l'altro vengono ad esistenza in quanto insieme di re gole vincolanti della condotta: il diritto pubblico è tale in quanto è posto dall' autorità politica, e assume la forma spe cifica, e sempre piu prevalente con l'andar del tempo, della « legge », nel senso moderno della parola, cioè di una norma
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STATO, GOVERNO, SOCIETÀ
che è vincolante perché posta dal detentore del supremo po tere (il sovrano) e abitualmente rafforzata dalla coazione (il cui esercizio esclusivo appartiene in proprio al sovrano); il diritto privato o, come sarebbe piu esatto dire, il diritto dei privati, è l'insieme delle norme che i singoli stabiliscono per regolare i loro reciproci rapporti, i piu importanti dei quali sono i rapporti patrimoniali, mediante accordi bilaterali, la cui forza vincolante riposa primamente, e natura/iter, cioè in dipendentemente dalla regolamentazione pubblica, sul prin cipio di reciprocità (do ut des) . La sovrapposizione delle due dicotomie, privato/pubbli co, contratto/legge, rivela tutta la sua forza esplicativa nella dottrina moderna del diritto naturale, per la quale il contratto è la forma tipica con cui i singoli individui regolano i loro rapporti nello stato di natura, cioè nello stato in cui non esi ste ancora un potere pubblico, mentre la legge, definita abi tualmente come l'espressione piu alta del potere sovrano (vo luntas superioris) , è la forma con cui vengono regolati i rap porti dei sudditi fra di loro, e fra lo Stato e i sudditi, nella società civile, cioè in quella società che è tenuta insieme da un'autorità superiore ai singoli individui. A sua volta, la con trapposizione fra stato di natura e stato civile come contrap posizione tra sfera dei liberi rapporti contrattuali e sfera dei rapporti regolati dalla legge è recepita e convalidata da Kant, nel quale giunge a conclusione il processo d'identificazione delle due grandi dicotomie della dottrina giuridica, diritto privato / diritto pubblico, da un lato, diritto naturale / dirit to positivo, dall'altro: il diritto privato o dei privati è il di ritto dello stato di natura, i cui istituti fondamentali sono la proprietà e il contratto; il diritto pubblico è il diritto che promana dallo Stato, costituito sulla soppressione dello sta to di natura, e pertanto è il diritto positivo nel senso proprio della parola, il diritto la cui forza vincolante deriva dalla pos sibilità che venga esercitato in sua difesa il potere coattivo appartenente in maniera esclusiva al sovrano. La miglior conferma del fatto che la contrapposizione fra diritto privato e diritto pubblico passa attraverso la distin zione fra contratto e legge si trae dalla critica che gli scritto ri post-giusnaturalisti (in primis Hegel) muovono al contrat tualismo dei giusnaturalisti, cioè alla dottrina che fonda lo Stato sul contratto sociale: per Hegel un istituto di diritto
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LA GRANDE DICOTOMIA: PUBBLICO/PRIVATO
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privato come il contratto non può essere assunto a fonda mento legittimo dello Stato almeno per due ragioni, stretta mente connesse alla natura stessa del vincolo contrattuale di stinto dal vincolo che deriva dalla legge: in primo luogo, per ché il vincolo che unisce lo Stato ai cittadini è permanente e inderogabile da parte di questi mentre il vincolo contrat tuale è derogabile dalle parti; in secondo luogo, perché lo Stato può pretendere dai suoi cittadini, se pure in circostanze ec cezionali, il sacrificio del maggior bene, la vita, che è un bene contrattualmente indisponibile. Non a caso per tutti i critici del giusnaturalismo il contrattualismo viene respinto in quanto concezione privatistica (e per questo inadeguata) dello Sta to, il quale, per Hegel, trae la sua legittimità, e quindi il di ritto di comandare e di essere ubbidito, o dal mero fatto di rappresentare in una determinata situazione storica lo spiri to del popolo oppure di essersi incarnato nell'uomo del de stino (l' «eroe » o « l'uomo della storia universale »), in entrambi i casi in una forza che trascende quella che può derivare dal l'aggregarsi ed accordarsi di volontà individuali . G i u s t i z i a c o m m u t a t i v a e g i u s t iz i a d i s t r i b u t iv a . L a terza distinzione che confluisce nella dicotomia pub blico/privato, e può illuminarla ed esserne illuminata, è quella che riguarda le due forme classiche della giustizia: distribu tiva e commutativa. La giustizia commutativa è quella che presiede agli scambi: la sua pretesa fondamentale è che le due cose che si scambiano siano, affinché lo scambio possa esse re considerato « giusto », di ugual valore, onde in una com pravendita è giusto il prezzo che corrisponde al valore della cosa comprata, nel contratto di lavoro è giusta la mercede che corrisponde alla qualità o quantità del lavoro compiuto, nel diritto civile è giusta l'indennità che corrisponde all'en tità del danno, nel diritto penale la giusta pena è quella in cui vi è corrispondenza fra il malum actionis e il malum pas sionis. La differenza fra questi quattro casi tipici è che nei primi due ha luogo la compensazione di un bene con un al tro bene, negli ultimi due, di un male con un male. La giu stizia distributiva è quella cui s'ispira l'autorità pubblica nella distribuzione di onori o di oneri: la sua pretesa è che a cia scuno sia dato ciò che gli spetta in base a criteri che possono
IO
STATO, GOVERNO, SOCIETÀ
cambiare secondo la diversità delle situazioni oggettive, op pure dei punti di vista: i criteri piu comuni sono « a ciascuno secondo il merito », « a ciascuno secondo il bisogno », « a cia scuno secondo il lavoro ». In altre parole, la giustizia com mutativa è stata definita come quella che ha luogo fra le par ti, la distributiva come quella che ha luogo fra il tutto e le parti. Questa nuova sovrapposizione fra sfera privata e luo go della giustizia commutativa da un lato, e sfera del pubbli co e luogo della giustizia distributiva dall' altro, è avvenuta attraverso la mediazione della distinzione, già menzionata, fra società di uguali e società di disuguali. Un chiaro esem pio di tale mediazione lo offre lo stesso Vico per il quale la giustizia commutativa, che egli chiama equatrix, regola le so cietà di uguali, mentre la giustizia distributiva, chiamata rec trix, regola le società di disuguali, come la famiglia e lo Stato [I]20, cap . LXIII]. Ancora una volta occorre avvertire che tutte queste cor rispondenze debbono essere accolte con cautela perché la coin cidenza dell'una con l'altra non è mai perfetta. Anche in que sta sede i casi-limite sono la famiglia e la società internazio nale: la famiglia in quanto vive nell' ambito dello Stato è un istituto di diritto privato, ma è insieme una società di disu guali e retta dalla giustizia distributiva; la società interna zionale, che è al contrario una società di uguali (formalmen te) ed è retta dalla giustizia commutativa, è di solito attri buita alla sfera del pubblico, per lo meno ratione subiecti, in quanto i soggetti della società internazionale sono gli Stati, gli enti pubblici per eccellenza. 3. L'uso assiologico della grande dicotomia .
Oltre al significato descrittivo, illustrato nei due paragra fi precedenti, i due termini della dicotomia pubblico/priva to hanno anche un significato valutativo. Siccome si tratta di due termini che nell'uso descrittivo comune fungono da termini contraddittori, nel senso che nell'universo da entrambi delimitato un ente non può essere insieme pubblico e priva to, e neppure né pubblico né privato, anche il significato va lutativo dell'uno tende ad essere opposto a quello dell'altro, nel senso che, quando viene attribuito un significato valuta-
LA GRANDE DICOTOMIA: PUBBLICO/PRIVATO
II
tivo positivo al primo, il secondo viene ad acquistare un si gnificato valutativo negativo, e viceversa . Ne derivano, da questo punto di vista, due concezioni diverse del rapporto fra pubblico e privato che possono essere definite, del pri mato del privato sul pubblico, la prima, del primato del pub blico sul privato, la seconda. I l p r i m a t o d e l p r iv a t o . Il primato del diritto privato si afferma attraverso la dif fusione e la recezione del diritto romano in Occidente: il di ritto cosiddetto delle Pandette è in gran parte diritto priva to, i cui istituti principali sono la famiglia, la proprietà, il contratto e i testamenti. Nella continuità della sua durata e nell'universalità della sua estensione il diritto privato ro mano acquista il valore di diritto della ragione, cioè di un diritto, la cui validità viene ad essere riconosciuta indipen dentemente dalle circostanze di tempo e di luogo da cui ha tratto origine ed è fondata sulla « natura delle cose » attra verso un processo non diverso da quello per cui, molti secoli piu tardi, la dottrina dei primi economisti, poi chiamati classici (come furono chiamati classici i grandi giuristi dell'età aurea della giurisprudenza romana) , verrà considerata come l'uni ca economia possibile perché scopre, rispecchia, descrive, rap porti naturali (propri del dominio della natura o « fisiocra zia ») . In altre parole, il diritto privato romano, pur essendo stato all'origine un diritto positivo e storico (codificato dal Corpus iuris di Giustiniano) , si trasforma attraverso l'opera secolare dei giuristi, glossatori, commentatori, sistematici, in un diritto naturale, salvo trasformarsi di nuovo in diritto po sitivo con le grandi codificazioni dell'inizio del secolo XIX, specie quella napoleonica ( r 8o4), in un diritto positivo cui peraltro i suoi primi commentatori attribuiscono una validi tà assoluta, c •nsiderandolo come il diritto della ragione. Per secoli dunque il diritto privato è il diritto per eccel lenza. Ancora in Hegel Recht senz' altra aggiunta significa di ritto privato, il «diritto astratto » dei Lineamenti di filosofia del diritto (Gnmdlinien der Philosophie des Rechts, r 8 2 1 ) , men tre il diritto pubblico è indicato, per lo meno nei primi scrit ti, col nome di Verfassung 'costituzione'. Anche Marx, quando parla di diritto e svolge la critica (che oggi si direbbe ideolo-
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STATO, GOVERNO, SOCIETÀ
gica) del diritto, si riferisce sempre al diritto privato, il cui istituto principale, preso in considerazione, è il contratto fra enti formalmente (anche se non sostanzialmente) uguali . Il diritto che attraverso Marx s'identifica col diritto borghese è essenzialmente il diritto privato, mentre la critica del di ritto pubblico si presenta sotto forma di critica, non tanto di una forma di diritto, ma della concezione tradizionale dello Stato e del potere politico. Il primo e maggior teorico del diritto sovietico, Pasukanis, dirà [ r 9 2 4] che «il nucleo piu solido della nebulosa giuridica . . . sta . . . nel campo dei rappor ti di diritto privato », giacché il presupposto fondamentale della regolamentazione giuridica (qui avrebbe dovuto aggiun gere « privata») è « l'antagonismo degli interessi privati », onde si spiega perché « le linee fondamentali del pensiero giuridi co romano abbiano conservato valore fino ai nostri giorni re stando la ratio scripta di ogni società produttrice di merci » (trad. it. pp. 122-27). Infine, criticando come ideologica, e pertanto non scientifica, la distinzione fra diritto privato e diritto pubblico, Kelsen ha osservato [ r 96o] che i rapporti di diritto privato possono essere definiti « come "rapporti giu ridici" tout court, come rapporti "di diritto" nel senso piu proprio e stretto del termine, per contrapporre loro i rap porti di diritto pubblico come rapporti di "potere" » (trad . it. p. 3 1 2) . I l diritto pubblico come corpo sistematico di norme nac que molto tardi rispetto al diritto privato, soltanto all'epoca della formazione dello Stato moderno, anche se si possono trovare le origini di esso fra i commentatori del secolo xrv, come Bartolo di Sassoferrato. Peraltro mentre le opere di di ritto privato, sulla proprietà e sul possesso, sui contratti e sui testamenti, sono trattazioni esclusivamente giuridiche, le grandi trattazioni sullo Stato continuano per secoli, anche quando sono scritte da giuristi, dai Six livres de la Républi que di Bodin ( r 5 76) alla Dottrina generale dello Stato (Allge meine Staatslehre) di Jellinek ( r 9 r o), a essere opere non esclu sivamente giuridiche. Non già che il diritto romano non avesse fornito qualche principio autorevole per la soluzione di alcu ni problemi capitali del diritto pubblico europeo, a comin ciare dalla lex regia de imperio [Digesto, r , 4, r ] secondo cui ciò che il princeps stabilisce ha forza di legge («habet legis vigorem »), quando il popolo gli abbia attribuito questo po-
LA 0GRANDE DICOTOMIA: PUBBUCO/PRIVATO
IJ
teree, che è originariamente del popolo, donde l'annosa di spuuta se il popolo avesse trasmesso o soltanto concesso il po teree al sovrano; ma con la dissoluzione dello Stato antico e conn la formazione delle monarchie germaniche, i rapporti po liticci avevano subito una trasformazione cosi profonda, ed eral.no nati nella società medievale problemi cosi diversi, come qu�llo dei rapporti fra Stato e Chiesa, fra l'impero e i regni, fra i regni e le città, che il diritto romano poteva offrire ben poc:::hi strumenti d'interpretazione e di analisi. Resta ancora da •osservare che nonostante tutto due categorie fondamen talij del diritto pubblico europeo, di cui si servirono per se col.ii i giuristi per la costruzione di una teoria giuridica dello Sta"to, erano derivate dal diritto privato: il dominium, inteso canne potere patrimoniale del monarca sul territorio dello Sta to, che, come tale, si distingue dall'imperium, che rappresenta il P •otere di comando sui sudditi; e il pactum, con tutte le sue spe cie, societatis, subiectionis, unionis, che funge da princi p io di legittimazione del potere in tutta la tradizione con tratttualistica che va da Hobbes a Kant . lUna degli eventi che meglio di ogni altro rivela la persi stetnza del primato del diritto privato sul diritto pubblico è la r esistenza che il diritto di proprietà oppone all'ingerenza del potere sovrano, e quindi al diritto da parte del sovrano di �spropriazione (per causa di pubblica utilità) dei beni del suddito. Anche un teorico dell'assolutismo come Bodio con sid�ra ingiusto il principe che viola senza un motivo giusto e t:'\gionevole la proprietà dei suoi sudditi, e giudica tale atto un::t violazione della legge naturale cui il principe è sottomesso al ?ari di tutti gli altri uomini [15 76, I, 8]. Hobbes, il quale atttibuisce al sovrano un potere non controllato sulla sfera priv ata dei sudditi, riconosce tuttavia che i sudditi sono li beri di fare tutto ciò che il sovrano non ha proibito, e il pri mo esempio che gli soccorre è « la libertà di comprare, di ven dere e di fare altri contratti l'uno con l'altro » [ r 6s r , cap. XXI]. Con Locke la proprietà diventa un vero e proprio dirit to .tlaturale, perché nasce dallo sforzo personale nello stato di natura prima della costituzione del potere politico, e come tale il suo libero esercizio deve essere garantito dalla legge dello Stato (che è la legge del popolo) . Attraverso Locke la inviolabilità della proprietà, che comprende tutti gli altri di ritti individuali naturali, quali la libertà e la vita, e sta ad
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indicare che esiste una sfera del singolo autonoma rispetto alla sfera su cui si estende il potere pubblico, diventa uno dei cardini della concezione liberale dello Stato, che in que sto contesto può essere ridefinita come la piu consapevole, coerente, e storicamente rilevante, teoria del primato del pri vato sul pubblico . L' autonomia della sfera privata del singo lo rispetto alla sfera di competenza dello Stato viene assunta da Constant a emblema della libertà dei moderni contrappo sta alla libertà degli antichi, nel quadro di una filosofia della storia in cui l'esprit de commerce, che muove le energie indi viduali, è destinato a prendere il sopravvento sull'esprit de conquete, da cui sono posseduti i detentori del potere politi co, e la sfera privata si allarga a spese della sfera pubblica, se non proprio sino all'estinzione dello Stato, sino alla sua riduzione ai minimi termini . Riduzione che Spencer celebra nella contrapposizione fra società militari del passato e so cietà industriali del presente, intesa per l'appunto come con trapposizione fra società in cui la sfera pubblica prevale su quella privata e società in cui si dispiega il processo inverso . I l p r i m a t o d e l p u b b li c o . Il primato del pubblico ha assunto varie forme secondo i vari modi con cui si è manifestata soprattutto nell'ultimo secolo la reazione alla concezione liberale dello Stato ed è avvenuta la sconfitta storica, anche se non definitiva, dello S tato minimo . Esso si fonda sulla contrapposizione dell'in teresse collettivo all'interesse individuale, e sulla necessaria subordinazione, sino all'eventuale soppressione, del secon do al primo, nonché sulla irriducibilità del bene comune alla somma dei beni individuali, e quindi sulla critica di una del le tesi piu correnti dell'utilitarismo elementare. Assume va rie forme secondo il diverso modo con cui viene inteso l' en te collettivo - la nazione, la classe, la comunità del popo lo - in favore del quale l'individuo deve rinunziare alla pro pria autonomia . Non già che tutte le teorie del primato del pubblico siano storicamente e politicamente da mettere sul lo stesso piano, ma comune a tutte è l'idea che le guida, ri solvibile nel seguente principio: il tutto è prima delle parti . Si tratta di un'idea aristotelica e poi a distanza di secoli he geliana (di un Hegel che cita espressamente in questa circo-
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stanza Aristotele) , dell'idea secondo cui la totalità ha dei fini non riducibili alla somma dei fini dei singoli membri che la compongono e il bene della totalità una volta raggiunto si trasforma nel bene delle sue parti, o, con altre parole, il mas simo bene dei soggetti è l'effetto non del perseguimento, at traverso lo sforzo personale e l'antagonismo, del proprio bene da parte di ciascuno, ma del contributo che ciascuno insie me con tutti gli altri dà solidalmente al bene comune secon do le regole che la comunità tutta intera, o il gruppo dirigen te che la rappresenta (per finzione o in realtà) , si è imposte attraverso i suoi organi, siano essi organi autocratici od or gani democratici . Praticamente, il primato del pubblico significa l'aumento dell'intervento statale nella regolazione coattiva dei compor tamenti degli individui e dei gruppi infrastatali, ovvero il cam mino inverso a quell'emancipazione della società civile nei riguardi dello Stato che era stata una delle conseguenze sto riche della nascita, crescita, egemonia, della classe borghese (società civile e società borghese sono nel lessico marxiano e in parte anche hegeliano la stessa cosa) . Venendo a cadere i limiti all'azione dello Stato, i cui fondamenti etici erano stati trovati dalla tradizione giusnaturalistica nella priorità assiologica dell'individuo rispetto al gruppo, e nella conse guente affermazione dei diritti naturali dell'individuo, lo Stato è andato a poco a poco riappropriandosi dello spazio conqui stato dalla società civile borghese sino ad assorbirlo comple tamente nell'esperienza estrema dello Stato totale (totale ap punto nel senso che non lascia alcuno spazio al di fuori di sé) . Di questo riassorbimento della società civile nello Stato la filosofia del diritto di Hegel rappresenta insieme la tardi va presa di coscienza e la inconsapevole rappresentazione an ticipata: una filosofia del diritto che si riverbera in una filo sofia della storia in cui vengono giudicate epoche di deca denza quelle in cui si manifesta la supremazia del diritto pri vato, come l'età imperiale romana che si muove fra i due poli del dispotismo pubblico e della libertà della proprietà priva ta, e l'età feudale in cui i rapporti politici sono rapporti di tipo contrattuale, e non esiste di fatto uno Stato; al contra rio, epoche di progresso quelle in cui il diritto pubblico prende la rivincita sul diritto privato, come l'età moderna che assi ste al sorgere del grande Stato territoriale e burocratico.
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Due processi paralleli . Si è detto (pp. 1 6- q) che la distinzione pubblico/privato si duplica nella distinzione politica/economia, con la conse guenza che il primato del pubblico sul privato viene interpre tato come primato della politica sull'economia, ovvero dell'or dine diretto dall'alto sull'ordine spontaneo, dell' organizzazio ne verticale della società sulla organizzazione orizzontale. Pro va ne sia che il processo, apparso sino ad ora irreversibile, di intervento dei pubblici poteri nella regolazione dell'economia viene anche designato come processo di « pubblicizzazione del privato »: è un processo infatti che le dottrine socialisti che politicamente efficaci hanno favorito, mentre i liberali di ieri e di oggi, nonché le varie correnti del socialismo liber tario, sinora politicamente inefficace, hanno deprecato, e con tinuano a deprecare, come uno dei prodotti perversi di que sta società di massa, in cui l'individuo, come lo schiavo hob besiano, chiede protezione in cambio della libertà, a diffe renza del servo hegeliano destinato a diventare libero per ché lotta non per aver salva la vita ma per il proprio ricono scimento . Di fatto il processo di pubblicizzazione del privato è sol tanto una delle due facce del processo di mutamento delle società industriali piu avanzate . Esso è accompagnato e com plicato da un processo inverso che si può chiamare di « pri vatizzazione del pubblico » . Al contrario di quel che aveva previsto Hegel, secondo il quale lo Stato come totalità etica avrebbe finito per imporsi alla frantumazione della società civile, interpretata come « sistema dell'atomistica», i rapporti di tipo contrattuale, caratteristici del mondo dei rapporti pri vati, non sono stati affatto relegati nella sfera inferiore dei rapporti fra individui o gruppi minori, ma sono riemersi allo stadio superiore dei rapporti politicamente rilevanti, alme no sotto due forme: nei rapporti fra grandi organizzazioni sindacali per la formazione e il rinnovamento dei contratti collettivi, e nei rapporti fra partiti per la formazione della coalizione di governo . La vita di uno Stato moderno, in cui la società civile è costituita da gruppi organizzati sempre piu forti, è attraversata da conflitti di gruppo continuamente rin novantisi, di fronte ai quali lo Stato, come insieme di organi
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di decisione (parlamento e governo) e di esecuzione (l' appa rato burocratico) , svolge la funzione di mediatore e di ga rante piu che di detentore del potere d'impero secondo la raffigurazione classica della sovranità. Gli accordi sindacali o fra partiti sono di solito preceduti da lunghe trattative, ca ratteristiche dei rapporti contrattuali, e finiscono in un ac cordo che assomiglia ben piu a un trattato internazionale, con la inevitabile clausola « rebus sic stantibus », che non a un contratto di diritto privato le cui regcle per l'eventuale scioglimento sono stabilite dalla legge . I contratti collettivi rispetto ai rapporti sindacali, e le coalizioni di governo ri spetto ai rapporti fra partiti, sono momenti decisivi per la vita di quella grande organizzazione, o sistema dei sistemi, che è lo Stato contemporaneo, articolato al suo interno in organizzazioni semisovrane, quali le grandi imprese, le asso ciazioni sindacali, i partiti . Non a caso coloro che vedono nella crescita di questi potentati un attacco alla maestà dello Stato, parlano di nuovo feudalesimo, inteso propriamente come l'età in cui, per dirla con Hegel, il diritto privato pren de il sopravvento sul diritto pubblico e questa prevaricazio ne della sfera inferiore sulla superiore rivelerebbe un processo in corso di degenerazione dello Stato . I due processi, di pubblicizzazione del privato e di priva tizzazione del pubblico, non sono affatto incompatibili, e di fatto si compenetrano l'uno nell' altro. Il primo riflette il pro cesso di subordinazione degl'interessi del privato agl'interessi della collettività rappresentata dallo Stato che invade e in globa progressivamente la società civile; il secondo rappre senta la rivincita degli interessi privati attraverso la forma zione deigrandi gruppi organizzati che si servono dei pub blici apparati per il raggiungimento dei propri scopi. Lo Sta to può essere correttamente raffigurato come il luogo dove si svolgono e si compongono, per nuovamente scomporsi e ricomporsi, questi conflitti, attraverso lo strumento giuridi co di un accordo continuamente rinnovato, rappresentazio ne moderna della tradizionale figura del contratto sociale .
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4 · Il secondo significato della dicotomia. Pubblico o segreto .
r:ron bisogna confondere la dicotomia pubblico/privato sin . qm 11lustrata con la stessa distinzione, ove per 'pubblico' s'in tenda manifesto, aperto al pubblico, compiuto di fronte a sp�ttatori, e per 'privato' , all'opposto, ciò che si dice o si fa m una ristretta cerchia di persone, al limite, in segreto. Anche questa distinzione è concettualmente e storicamente rilevante, ma in un sistema concettuale e in un contesto sto rico diverso da quelli in cui s'inserisce la grande dicotomia. Tanto diverso che la grande dicotomia mantiene intera la sua validità anche quando la sfera del pubblico, intesa come la sfera di competenza del potere politico, non coincide neces sariamente con la sfera del pubblico, intesa come la sfera dove avviene il controllo da parte del pubblico del potere politi co. Concettualmente e storicamente il problema della pub blicità del potere è un problema distinto da quello della sua natura eli potere politico distinto dal potere dei privati: il po tere politico è il potere pubblico nel senso della grande dico tomia anche quando non è pubblico, non agisce in pubblico, si nasconde al pubblico, non è controllato dal pubblico. Con cettualmente, il problema della pubblicità del potere è sem pre servito a mettere in evidenza la differenza fra le due for m� eli governo, la repubblica caratterizzata dal controllo pub blico del potere e nell'età moderna dalla libera formazione di un'opinione pubblica, dal principato, il cui metodo di go verno contempla anche il ricorso agli arcana imperii, cioè al segreto di Stato che in uno Stato di diritto moderno è previ sto soltanto come rimedio eccezionale; storicamente, lo stesso problema contraddistingue un'epoca di profonda trasforma zione dell'immagine dello Stato e dei rapporti reali fra so vrano e sudditi, l'epoca della nascita del « pubblico politico» nel senso illustrato da Habermas, in cui cioè la sfera pubbli ca politica acquista un'influenza istituzionalizzata sul governo attraverso il corpo legislativo, e acquista tale influenza per ché «l'esercizio del dominio politico viene effettivamente sot toposto all'obbligo democratico di pubblicità » [ 1 964, trad. it. p. 53l
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P u b b l i c i t à e p o t e re i n v i s i b i l e . La storia del potere politico inteso come potere aperto al pubblico si può far cominciare da Kant il quale considera come «formula trascendentale del diritto pubblico » il principio se condo cui « tutte le azioni relative al diritto di altri uomini la cui massima non è conciliabile con la pubblicità, sono in: giuste » [ 1 796, trad. it. p . 3 3 0] . Il significato di questo prin cipio si chiarisce quando si osservi che vi sono massime che una volta rese pubbliche susciterebbero tale reazione da ren dere impossibile la loro attuazione. Quale Stato potrebbe di chiararè, apponendo la firma a un trattato internazionale, che non si ritiene vincolato alla norma che i patti debbono esse re osservati? Con un riferimento alla realtà che abbiamo con tinuamente sotto gli occhi, quale funzionario potrebbe di chiarare, assumendo l'ufficio, che egli se ne servirà per trar ne un profitto personale, o per sovvenzionare nascostamen te un partito, o per corrompere un giudice che deve giudica re un suo parente? Il principio della pubblicità delle azioni di chi detiene un potere pubblico (qui 'pubblico' nel senso di 'politico') si con trappone alla teoria degli arcana imperii, dominante nell'età del potere assoluto. Secondo la quale il potere del principe è tanto piu efficace, e quindi conforme allo scopo, quanto piu è nascosto agli sguardi indiscreti del volgo, quanto piu è, al p ari di quello di Dio, invisibile. Due argomenti princi pali sostengono questa dottrina: uno intrinseco alla natura stessa del sommo potere, le cui azioni possono avere tanto piu successo quanto piu sono rapide e imprevedibili: il con trollo pubblico, anche soltanto di un'assemblea di notabili rallenta la decisione e impedisce la sorpresa; l'altro, derivat� dal disprezzo del volgo, considerato come oggetto passivo, come la « bestia selvaggia » che deve essere addomesticata, dominato com'è da forti passioni che gl'impediscono di for marsi un'opinione razionale del bene comune, egoista dalla vista corta, facile preda dei demagoghi che se ne servono per il loro esclusivo profitto. L'indivisibilità e quindi l'incontrol labilità del potere erano assicurate, istituzionalmente, dal luo go non aperto al pubblico in cui venivano prese le decisioni politiche (il gabinetto segreto) e dalla non pubblicità delle
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medesime decisioni, psicologicamente, attraverso la liceità professata e riconosciuta della simulazione e della dissimula zione come principio dell'azione dello S tato in deroga alla legge morale che proibisce di mentire . I due espedienti, quello istituzionale e quello psicologico, sono complementari, nel senso che si rafforzano l'uno con l'altro: il primo autorizza il sovrano a non far sapere in anticipo quali decisioni pren derà e a non farle conoscere dopo che le ha prese; il secondo lo autorizza a nascondere la decisione presa, cioè a dissimu lare, oppure a presentarla in modo diverso, cioè a simulare . Naturalmente, là dove è invisibile il potere, è costretto a ren dersi invisibile anche il contro-potere: di conseguenza alla se gretezza della camera di consiglio fa riscontro la congiura di palazzo tramata di nascosto negli stessi luoghi dove si nascon de il potere sovrano. Accanto agli arcana imperii gli arcana seditionis. Mentre il principato nel senso classico della parola, la mo narchia di diritto divino, le varie forme di dispotismo, esi gono l'invisibilità del potere e in vario modo la giustificano, . la repubbhca democratica res publica non solo nel senso pr?prio d�lla parola, ma anche nel senso di esposta al pub blico - es1ge che il potere sia visibile: il luogo dove si eser cita il potere in ogni forma di repubblica è l'assemblea dei cittadini (democrazia diretta) dove il processo di decisione è in re ipsa pubblico, come accadeva nell'agorà dei Greci; là dove l' assemblea è la riunione dei rappresentanti del popo lo, e quindi la decisione sarebbe pubblica soltanto per costo ro e non per tutto il popolo, le riunioni dell' assemblea deb bono essere aperte al pubblico in modo che qualsiasi cittadi no possa accedervi . C ' è chi ha creduto di poter cogliere un nesso fra principio di rappresentanza e pubblicità del pote re, come C ari Schmitt, secondo il quale « la rappresentanza può aver luogo soltanto nella sfera della pubblicità » e « non c'è alcuna rappresentanza che si svolga in segreto e a quat tr'occhi », onde « un parlamento ha carattere rappresentati vo solo in quanto si crede che la sua attività sia pubblica» [ 1 9 2 8 , p . 208] . Sotto quest'aspetto è essenziale alla demo crazia l'esercizio dei vari diritti di libertà, i quali permetto no il formarsi dell'opinione pubblica, e assicurano in tal modo che le azioni dei governanti vengano sottratte alla segretez za della camera di consiglio, snidate dalle sedi occulte in cui -
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cercano di sfuggire agli occhi del pubblico, vagliate, giudica te e criticate quando sono rese note . Come al processo di pubblicizzazione del privato si affian ca, non mai concluso una volta per sempre, il processo in verso di privatizzazione del pubblico, cosf la vittoria del po tere visibile su quello invisibile non è mai compiuta del tut to: il potere invisibile resiste all'avanzata di quello visibile, inventa modi sempre nuovi per nascondersi e per nasconde re, per vedere senza essere visto. La forma ideale del potere è quella del potere che viene attribuito a Dio, l' onniveggen te invisibile . Gli arcana imperii si sono trasformati nel segre to di Stato che nella legislazione di un moderno Stato di di ritto si concreta nel punire la pubblicazione di atti e docu menti riservati; peraltro con questa sostanziale differenza, che contro l'arcanum, considerato come strumento essenzia le del potere, e quindi necessario, il segreto di Stato è legit timato soltanto nei casi eccezionali previsti dalla legge. Pari menti non è mai venuta meno la pratica del nascondimento attraverso l'influenza che il potere pubblico può esercitare sulla stampa, attraverso la monopolizzazione dei mezzi di co municazione di massa, soprattutto attraverso l'esercizio spre giudicato del potere ideologico, essendo la funzione delle ideo logie quella di coprire con veli o coltri le reali motivazioni che muovono il potere, forma pubblica e lecita della hesia una classe che ha compiuto la sua emancipazione po litica Ùberandosi dai vincoli dello Stato assoluto e contrap ponendo allo Stato tradizionale i diritti dell'uomo e del cit tadino che sono in realtà i diritti che dovranno d'ora innan zi proteggere i propri interessi di classe. Un passo dello scritto aiovanile Il problema ebraico [I 84 3] chiarisce meglio di ogni discorso il trasferimento dell' immagine dello stato di natura ipotetico nella realtà storica della società borghese: « L'eman cipazione politica fu a un tempo l'emancipazione della so cietà borghese [che in questo contesto non darebbe senso se si traducesse 'civile'] dalla politica, dalla parvenza stessa di un contenuto universale. La società feudale si dissolse nel suo elemento fondamentale, l'uomo; ma l'uomo che ne co stituiva in effetti il fondamento, l'uomo egoistico » (trad. it. p. 3 83 ) . Lo stato di natura dei giusnaturalisti e la società bor ghese di Marx hanno in comune l' «uomo egoistico » come soggetto. E dall'uomo egoistico non può nascere se non una società anarchica oppure, per contrapasso, dispotica. Nonostante la prevalente influenza della nozione marxia na di 'società civile' sull'uso odierno dell'espressione, non si può dire che nella stessa tradizione del pensiero marxisti co l'uso sia stato costante. Quale rilievo abbia la dicotomia società civile / Stato nel pensiero di Gramsci, è stato piu volte riconosciuto. Errerebbe però chi credesse, come si è creduto da molti, che la dicotomia gramsciana riproduca fedelmente quella marxiana. Mentre in Marx il momento della società civile coincide con la base materiale (contrapposta alla so-
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vrastruttura dove entrano le ideologie e le istituzioni), per Gramsci il momento della società civile è sovrastrutturale. Nelle note sugli intellettuali si legge: « Si possono, per ora, fissare due grandi "piani" superstrutturali, quello che si può chiamare della "società civile" , cioè dell'insieme di organi smi volgarmente detti "privati" e quello della "società poli tico o Stato" e che corrispondono alla funzione di "egemo nia" che il gruppo dominante esercita in tutta la società e quello di "dominio diretto" o di comando che si esprime nello Stato e nel governo "giuridico" �> [ ! 9 3 2 , pp. r 5 r 8- r 9] . Per chiarire questa definizione è utile l'esempio storico che Gram sci ha in mente quando parla di egemonia contrapponendola al dominio diretto: l'esempio è la Chiesa cattolica intesa come « l'apparato di egemonia del gruppo dirigente, che non ave va un apparato proprio, cioè non aveva una propria organiz zazione culturale e intellettuale, ma sentiva come tale l'or ganizzazione ecclesiastica universale » [ r930-32b, p. 763]. Non diversamente da Marx anche Gramsci considera le ideologie parte della sovrastruttura, ma diversamente da Marx che chia ma società civile l'insieme dei rapporti economici costituen ti la base materiale, chiama società civile la sfera in cui agi scono gli apparati ideologici il cui compito è di esercitare l'e gemonia e, attraverso l'egemonia, di ottenere il consenso. Non già che Gramsci abbandoni la dicotomia base/sovrastruttu ra, per sostituirla con quella società civile / Stato. Egli ag giunge la seconda alla prima e rende cosf il suo schema con cettuale piu complesso. Per rappresentare la contrapposizio ne tra momento strutturale e momento sovrastrutturale si ser ve abitualmente di queste coppie: momento economico j mo mento etico-politico, necessità/libertà, oggettività/soggetti vità. Per rappresentare la contrapposizione fra società civile e Stato, si serve di altre coppie: consenso/forza, persuasio ne/coercizione, morale/politica, egemonia/dittatura, direzio ne/dominio. Si osservi che il momento economico si contrap pone, nella prima dicotomia, al momento etico-politico. Eb bene, la seconda dicotomia può essere considerata come lo scioglimento della dualità implicita nel secondo momento della prima: la società civile rappresenta il momento dell'eticità, attraverso cui una classe dominante ottiene il consenso, ac quista, con linguaggio di oggi che Gramsci non usa, legitti mità; lo Stato rappresenta il momento politico strettamente
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inteso attraverso cui viene esercitata la forza non meno ne cessar ia del consenso alla conservazione del potere, almeno sino a quando il potere sarà esercitato da una classe ris �retta _ c non dalla classe universale (che lo eserclta attraverso d suo partito, il vero protagonista dell'egemonia). A q� esto punt? si può osservare che i�c� nsa� evo m: nt e �ramso re�u�era 11 _ significato giusnaturalistlco dt soc�eta ovile come socteta on data sul consenso. Con questa dtfferenza: che nel pensiero oiusnaturalistico per cui la legittimità del potere politico di ende dall'esser ; fondato sul contratto sociale, la �ocietà del consenso per eccellenza è lo Stato, mentre nel penster� gram sciano la società del consenso è soltanto quella destmata a sorgere dall'estinzione dello Stato.
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3. Il sistema hegeliano.
Quando Marx scrive che era arrivato alla scoperta della _ società civile sottostante alle istituzioni politiche studtando Hegel e identifica la società civile con la sfera dei rapPorti economici, dà una interpretazione parziale della catego�1_ � he geliana della società civile e la tra smette � tutta la tra tztone _ hege tan della soctet, Cl_ dello hegel-marxismo. La categona � � vile alla cui chiara formulazione e denommazwne Hegel gmn ge soltanto nell'ultima fase del suo pensiero, nei Lineamenti . di filosofia del diritto [ r 8zr], è be� altn_ �� n� 1 1._'1_ �/ c? mplessa _ , e proprio per la sua complesslta dt en pm dt flc�le mterpre _ tazione. Come momento intermediO della etlclta, posto tra la famiglia e lo Stato, permette la costruzi? n� d � no schema triadico che si contrappone ai due modelli dtadto preceden ti, quello aristotelico basato sulla dicoto� a fami�lia/Stato . da czvztas _ cor (societas domestica / societas civilis, dove czvzlzs _ risponde esattamente a 1toÀm:x.6ç da 7t6Àtç) e quello gllls� atu . ralistico basato sulla dicotomia stato di natura / stato c!Vtle. Rispetto alla famiglia essa è già una forma incompiuta di Stato, lo « Stato dell'intelletto »; rispetto allo Stato, non è ancora lo Stato nel suo concetto e nella sua piena realizzazione sto rica. La sezione della società civile è divisa nelle lezioni ber linesi in tre momenti, il sistema dei bisogni, l' ammi� istra zione della giustizia, la polizia (insieme con la corporaziOne! : la sfera dei rapporti economici è ricoperta soltanto dal pn-
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ma, _mentr� il secondo e il terzo momento comprendono parti _ trad1z10nali della dottrina dello Stato. La interpretazione della società civile hegeliana come il luog? la cui anatomia è da cercare nell'economia politica è _ alla comprensione del genuino pensiero di parztale e nspetto Hegel fuorviante. Quale sia stato il genuino pensiero di Be gel, nella costruzione della sezione della società civile è con troverso: si è ritenuto da al �uni che sia stata concepi;a come _ d1_ categona _ restduo dove dopo diversi tentativi u�a. specie _ �l ststem�zl�me della materia tradizionale della filosofia pra tica durati c1rca vent'anni Hegei ha finito di racchiudere tutto quello che non poteva essere fatto rientrare nei due momen ti ben delimitati, e accolti in una sistematica consolidata da s,�coli, della �amiglia e dello Stato. La piu grave difficoltà del l mterpreta�tone sta nel fatto che la maggior parte della se _ zwn � è dedtc�ta n ?n all'analisi dell'economia politica ma a d ue unportantt capitoli della dottrina dello Stato, riguardanti r�_spett:v�mente, per esprimersi con parole di oggi, la funzione _ _ amministrativa (sotto il nome allo e la funzwne gmd1z1ana ra corr�nte di S ta�o di polizia) . Come mai Hegel, che pur fa culmmare la sezwne della eticità nello Stato, cioè in una trattazione di diritto pubblico, la fa precedere da una sezio n� in cui tratta due materie cosi importanti per la delinea Zione dello S tato nel suo complesso come l' amministrazione del�a giustizia e �o Stato amministrativo? La partizione he gehana, pur contm��ndo ad essere difficilmente intelligibile alla luce della tradtztone precedente e anche dei successori può essere compresa, o per lo meno può sembrare meno sin� golare, se si pone mente al fatto che societas civilis che in tedesco diventa biirg�rliche Gesellschaft, aveva signifi�ato per se�oh_ e certamente smo a Hegel (cfr. § 4) lo Stato nella du plice contrapposizione sia alla famiglia nella tradizione ari s to �elica, �ia allo stato di natura nella tradizione giusnatura _ a. C _ o che differenzia la società civile di Hegel da quellistlc � la de1_ suot predecessori non è affatto il suo arretramento verso la società pre-statale, arretramento che avverrà solo con Marx quanto la sua identificazione con una forma statale si m � �mperfetta. Anziché essere, come è stata interpretat� d/poi, tl momento che precede la formazione dello S tato la società civile hegeliana rappresenta il primo momento d�lla forma zione dello S tato, lo S tato giuridico-amministrativo, il cui
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( ompito è d i regolare rappor� i esterni, mer: tre lo S� ato yro� priamente detto rappresenta tl momento ettc? -po�_ t1co, il cu1 , 0mpito è di attuare l' adesione intima del ct� tadmo alla to1 alità di cui fa parte, tanto che Sl_ potrebbe ch� ama�e lo S : ato interno o interiore (lo Stato in interiore homme dt Genttle) . Piu che una successione tra fase pre-statale e fase statale del l' eticità la distinzione hegeliana fra società civile e Stato rap present� la distinzione tra uno Stato inferiore e uno Stato superiore . Mentre lo Stato superiore è caratterizzato dalla costituzione e dai poteri costituzionali, quali il potere mo narchico, il potere legislativo e quell� g? v� r��tivo, lo ? tat? inferiore opera attraverso due poten gmndtCl sub�rdmatl � _ _ che sono il potere giudiziario e il potere ammmtstra � tvo. _D�1 quali, il primo ha il compito pre:r alen�emente negativo d� �1rimere i conflitti d'interesse e dt repnmere le offese al dt�lt to stabilito; il secondo, di provvedere all'utilità c� m�ne, � n tervenendo nella sorveglianza dei costumi, nella dtstnbuzto ne del lavoro, nell'educazione, nel soccorso dei poveri, in tutte le attività che contraddistinguono il Wohlfahrt-Staat, lo Sta to che provvede al benessere est�rno dei s�� i . sudditi. _ . czvzlzs della tradi Che il richiamo al significato dt soczetas zione per una giusta comprensione dell� società civile hege liana non sia arbitrario, può essere ultenormente prov�to dal significato anche polemico che q�esto mome�to dello sviluppo dello spirito oggettivo ha nel ststema hegehan� . Le � atego rie hegeliane hanno sempre, oltre che una funzwne sistema tica anche una dimensione storica: sono nello stesso tempo par ;i fra loro interconnesse di una concezione globale della realtà e figure storiche. Si pensi, per fare un'es� mpio, ali? stato di diritto (Rechtszustand) della Fenomenologza dello spz rito (Phdnomenologie des Geistes, r 8o7) che rappres�� ta, con cettualmente, la condizione in cui vengono esaltati t rappor ti di diritto privato, storicamente, l'impero romano. D�l re sto che la società civile sia nel sistema hegeliano una ftgura sto�ica è dallo stesso Hegel piu volte affermato, là dove è detto �he gli Stati antichi, sia quelli dispotici dell'Oriente immobile sia quelli delle città greche, non contenevano . nel loro seno una società civile e che « la scoperta della socteta, civile appartiene al mondo moderno » [r82 I , trad. it. p. 3?6]; Per H e gel l'errore di coloro che ha� n� scop erto la socteta _ anche pocivile - e in questo rimprovero sta tl stgmflcato
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lemico della collocazione di questa figura non alla fine del proc esso dello Spirito oggettivo ma in una posizione subor dinata allo Stat o nella sua pienezza - sta nell' aver creduto di esaurire in essa l'ess enza dello Stat o. Perc iò la società ci vile non è soltanto una forma inferiore di Stat o nell'insieme del sistema ma rappresenta anche il concetto di Stato cui si so_no arres tati g� scrittori politici e i giuristi del diritto pub blico precedenti, e che si potrebbe chiamare privatistico nel sens o che la sua principale cura è quella di dirim ere i conflit ti d 'interesse che sorgono nei rapporti fra privati attraverso l'amministrazione della giustizia e succ essiv amente quella di curare il benessere dei cittadini difendend oli dai danni che poss ono provenire dal lasciar libero sfogo al particolarismo egoistico dei singoli. Dietro questa concezion e restrittiva della società civile rispetto allo Stato tutto spiegato, si può intra vedere un'allusione sia alla teoria lockiana dello Stat o per cui lo Stato sorge unicamente per impedire la giustizia privata P!opria d ello stato di natura dove non c'è un giudizio impar Ziale al di_ sopra delle part i, e per protegge re la proprietà in tesa come un diritto naturale, sia alla teor ia dello Stato eu demonistico propria dei fautori dell' assolutis mo illuminato che si assume anche il compito di provvede re al benesser� dei sudditi ma non si eleva mai al di sopr a di una concezione individualistica della compagine sociale. Hegel non ignora :'a che lo Stato eudemonistico era stato già criticato da Kan t, 11 qual e peraltro lo avev a respinto in nom e dello Stat o di di ritto, il cui ambito di azione è limitato alla garanzia delle li bertà individuali, su una strada che prosegui va quella di Locke e non anticipava la concezione organica con cui soltanto si sarebbe potu to elevare lo Stato alla sfer a dell' etici tà. La ra gion e infine per cui Heg el ha post o il conc etto di Stato al �i sopra del concetto cui si erano arrestati i suoi predecesso n, deve essere cerc ata nell' esige nza di dare una spiegazione del perché allo Stato si riconosca il diritto di chiedere ai cit tadini il sacrificio dei loro beni (attraverso le imposte) e della stess a vita (quando dichiara la guerra), una spieo-azione che invano si chiede alle dottrine contrattualisti che in �ui lo Stato nasce da un accordo che gli stess i contraen ti possono scio gliere qu�r:d� loro conviene, e alle dottrine eudemonologi _ che 111 cm 1l fme supremo dello Stato è il benessere dei sud diti. In ultima istan za ciò che caratterizza lo Stat o rispetto
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:dia società civile sono i rapporti che solo lo Stato, e non la �;ocietà civile, intrattiene con gli altri Stati, tanto è vero che _ _ In Stato, non la società civile, è il soggetto della s �ona um _ vcrsale con cui si conclude il movimento dello Spmto ogget l i vo. 4·
La tradizione giusnaturalistica.
L'uso hegeliano di società civile per St � to, s: pure per una _ _ _ !orma inferiore di stato, corrisponde al s1gmhcato tradizio llale di societas civilis, dove civilis da civitas è sinonimo di 1t0 Àt--ctx6ç da 1tOÀLç; e traduce esattamente l' espressio?-� xo:vw� (a JtoÀmx-f}. Con essa Aristotele all' inizio d� a Po!ztzca 111d1ea _ _ la 1tOÀLç o città, il cui carattere d1 comumta 1?d1pendent; e _ autosufficiente, ordinata in base a una costituzione (1toÀm.L<X), l'ha fatta considerare nei secoli come l'origine o il preceden te storico dello Stato anche nel senso moderno della parola, se pure con due significati diversi secondo c�e si cont�ap _ ponga in base al modello arist? t�hco, p er cu1 lo St � to e la _ prosecuzione naturale della soc1eta familiare, alla soc1: ta, do mestica o famiglia, oppure in base al modello hobbes1ano (� giusnaturalistica) , per cui l? Stat? è J'anti�esi d :llo � tato �1 _ Ipotetl _ _ natura alla societas naturalts costituita da 111d1v1dU1 camen�e liberi e uguali. La differenza sta in ciò che mentre la societas civilis del modello aristotelico è pur sempre una società naturale nel senso che corrisponde perfettamente alla natura sociale d�ll'uomo (7toÀvnxòv /:c{)ov) , la stessa societas ci vilis del modello hobbesiano in quanto è l' antitesi dello sta to di natura ed è co�tituita median�e accor o degli ir:di:'�d �i che decidono di usCire dallo stato dt natura e una soe1eta Isti tuita o artificiale (l'homo arti/icialis o la machina machinar�m di Hobbes) . Ma nulla prova meglio la vitalità e la longevttà di questa espressione quanto la constata�ion� del su� l�So con corde cosi in contesti in cui il controtermme e la fam1glia come in contesti in cui il controtermine è lo stato di natura. P�r il primo uso si legga un tipico rappresentante del modello �n stotelico, per cui lo Stato è un fatto natu� al� , :o:ne Bodm : « Lo Stato (république o res publica) è la soc1eta c1v1l� che puo, sussistere per se stessa senza associazioni e organism1, I?a non _ secondo s1 legga, lo può senza famiglia » [ 1 576, III, 7]. Per 1l
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per fare un altro esempio autorevole e rapp resentativo del _ aturalistica, modello giUsn Kan t: « L'uo mo deve uscire dallo st� to di na�ura, n l uale ognuno segue i capr � q icci della pro pna fantasia, e umrs1 con tutti gli altri . . . sotto mettendosi a una costrizione esterna pubblicamente legale . . . : vale a dire che ognuno deve, prim a di ogni altra cosa entrare in uno stato c�vile » [r 797, trad. i t. p. 498] . Seno� ché, attraverso la persistenza del modello giusnaturalistica nell' età moder na, da Hobbes a Kant, la contrapposizione della società ci vile alla società naturale ha finito per far prev alere nell' uso dell'espressione 'società civile' il significato di 'società arti ficiale', tanto che un autore tradizionalista com e Haller con siderando lo Stato secondo il modello aristoteli co com� una società naturale a! pari della famiglia, « il grad o piu eminen te d:lla società na u ale o privata » [ r 8 r 6, trad . it. p. 463] , � � _ sosti�ne che « la distr nz10ne, sempre riprodotta nei testi di dottnna at�ualmente accreditati, fra la socie tà civile e ogni . altra socie ta naturale, è senza fondamento », onde « è desid e r � �e �he 1' espres ione di società civile (soci � etas civilis), che si e rnsmuata dal linguaggio dei Romani nel nost presto sban dita interamente dalla scienza giur ro sia ben idic; » [ibid. pp. 4 76-7 7l Un'affermazione di questo gene re non si spie� gherebbe se attraverso l'uso giusnaturalistica di società civi le l'espressione non avesse assunto il significa to esclusivo di Stat? come �ntit� istituita dagli uomini al di sopra dei rap port: naturali �nzi come regolamentazione volo ntaria dei rap ; porti naturah, msomma come società artificial e mentre nel suo significato originario aristotelico la socie �à civile la x�tvwvtcx. noÀ:-rt��' è una società naturale a! pari della f;mi glia. In realta cio che Haller voleva sbandita non era tanto la par�la ma il sign�fi ato che la parola aveva assunto per chi, � _ �ome I g�usnaturah � u, aveva considerato gli Stati, per usare l espress10ne polemica dello stesso Haller , com e « società ar bi�r �riam�nte formate e distinte da tutte le altre per la loro ongme e il loro fine » [ibid. , p. 463] . Sem_t;Jre nel significato di Stat o politico disti nto da ogni forma di Stato non politico l'espressione 'società civile' è stata adoperata comunemente anche per distingue re l'ambito di competenza dello Stato o del potere civile dall' ambito di com pete nza della Chie sa o pote re religioso nella cont rapposizio ne socie tà civile / società religiosa che si aggi unge a quella
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t r;t dizionale società domestica / società civile. Ignota all'an ichità classica, questa distinzione è ricorrente nel pensiero , ristiano. Si consideri uno scrittore cattolico come Antonio 1\osmini. Nella Filosofia del diritto la trattazione della parte , lcdicata al diritto sociale si svolge attraverso l'esame di tre 1 i pi di società necessarie all'organizzazione «perfetta dell'u l l lan genere » [ r 8 4 r -43 , ed. r 967-69 pp. 848 sgg.] Queste tre :;ncietà sono: la società teocratica o religiosa, la società do t ncstica e la società civile. Questa tripartizione deriva mani l estamente dalla congiunzione della dicotomia famiglia/Sta l o , che è il punto di partenza del modello aristot � l�co, con la dicotomia Chiesa/Stato, fondamentale nella trad121one del pensiero cristiano. I due significati di 'società civile' come società politica o Stato, e in quanto tale come società distinta dalla società re l igiosa, sono consacrati dai due articoli dell'Encyclopédie de dicati rispettivamente a « Société civile » [Anonimo q 65 bJ c a « Société » [Anonimo 1 765a] . Nel primo ci viene incon tro questa definizione: « SOCIÉTÉ CIVILE s'entend du corps po litique que !es hommes d'une mème nation, d'un mème �tat, d'une mème ville ou autre lieu, forment ensemble, et de liens politiques qui les attachent les uns aux autres » [1 765b, p . 259]. Il secondo è dedicato quasi esclusivamente al proble ma dei rapporti fra società civile e società religiosa allo sco po di delimitarne rigorosamente il rispettivo ambito. l
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5 . Società civile come società civilizzata. Un'opinione corrente sulle fonti del pensiero di Hegel ri pete da tempo che la nozione di biirgerliche Gesellschaft sa rebbe stata ispirata anche dall'opera di Adam Ferguson An Essay on the History of Civil Society ( 1 767), che era stata tra dotta in tedesco a cura di Christian Garve nel r 768 e che Hegel certamente conosceva. Però altro è sosten:re che Fer guson insieme con Adam Smith sia una fonte di Hegel per quanto riguarda la sezione della società civile eh� tratt a _del _ sistema dei bisogni e pili in generale dell'economia poht1ca, altro lasciar credere, sulla base di questi riscontri fra testi di Ferguson e testi di Hegel, che la biirgerliche Gesellschaft del secondo abbia a che vedere con la civil society del primo.
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Che Hegel abbia tratto da Ferguson spunti per la trattazio ne degli elementi di economia politica che fanno parte della sezione della società civile non vuoi dire che società civile abbia in Ferguson lo stesso significato che in Hegel. Con Fer guson e gli scozzesi 'società civile' ha ancora un altro signifi cato: civilis non è piu aggettivo di civitas ma di civilitas. So cietà civile significa società civilizzata (Smith infatti adope ra l'aggettivo civilized) , che ha un quasi sinonimo in polished. L'opera di Ferguson che descrive il passaggio dalle società primitive alle società evolute è una storia del progresso: l'u manità è passata e continua a passare dallo stato selvaggio dei popoli cacciatori senza proprietà e senza Stato allo stato barbarico dei popoli che si avviano all'agricoltura e introdu cono i primi germi di proprietà, allo stato civile caratterizza to dall'istituzione della proprietà, dallo scambio e dallo Sta to. Non si può escludere del tutto che tanto nella societas ci v�lis dei giusnaturalisti quanto nella bùrgerliche Gesellschaft s1 nasconda anche il significato di società civile nel senso di Fer?�son e degli �cozzesi: basti pensare alla celebre contrap posiziOne hobbes1ana fra stato di natura e stato civile dove fra i caratteri del primo appare la barbaries, del secondo la elegantia [Hobbes r 64 z , X, r], oppure alla ripetuta afferma zione di Hegel che gli Stati antichi, tanto quelli dispotici quan to le repubbliche greche, non avevano una società civile for mazione caratteristica dell'età moderna. Ma rimane pur 'sem pre che la civil society di Ferguson è civil non perché si di stingua dalla società domestica o dalla società naturale ma perché si contrappone alle società primitive. Solo tenendo conto anche di questo significato si può com prendere appieno la société civile di Rousseau. Nel Discours sur l'origine et les fondemens de l'inégalité parmi !es hommes ( 1 754) Rousseau descrive in un primo tempo lo stato di na
tura, cioè la condizione dell'uomo naturale, che non vive an cora in società perché non gli è necessaria, provvedendo la generosa natura a soddisfare i suoi bisogni essenziali ed è felice del suo stato; in un secondo tempo descrive Io ' stato di corruzione in cui l'uomo naturale cade in seguito all'isti tuzione della proprietà privata che stimola, acuisce e perver te gli istinti egoistici, e all'invenzione dell'agricoltura e della metallurgia, oggi si direbbe di tecniche che moltiplicano il suo potere sulla natura e vengono trasformate in strumenti
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d i dominio dell'uomo sull'uomo, da parte dei piu abili e dei piu forti. Questo stato di corruzione Rousseau chiama socié t/ civile, attribuendo chiaramente all'aggettivo civile il signi1 icato di 'civilizzato', se pure imprimendogli una connota l. ione assiologicamente negativa, che contraddistingue la sua posizione nei riguardi della « civiltà » rispetto alla maggior par te degli scrittori del tempo e in generale all'ideologia illumi llistica del progresso. Peraltro, come nella maggior parte de gli scrittori in cui società civile ha il significato principale t li società politica non è escluso anche il significato di sode Là civilizzata, in Rousseau il significato prevalente di società civile come società civilizzata non esclude che questa società s ia anche in embrione una società politica a differenza dello stato di natura, se pure nella forma corrotta del dominio dei forti sui deboli, dei ricchi sui poveri, degli scaltri sui sempli ci, in una forma di società politica da cui l'uomo deve uscire per istituire la repubblica fondata sul contratto sociale, cioè sull'accordo paritetico di ciascuno con tutti gli altri, cosi come secondo l'ipotesi giusnaturalistica che parte da un'inversio ne di giudizio dei due termini l'uomo deve uscire dallo stato di natura. 6. Il dibattito attuale.
L'excursus storico ha mostrato la varietà di significati an che contrastanti fra loro con cui è stata usata l'espressione 'società civile' . Riassumendo, il significato prevalente è sta to quello di società politica o Stato, usato peraltro in diversi contesti secondo che la società civile o politica sia stata di stinta dalla società domestica, dalla società naturale, dalla so cietà religiosa . Accanto a questo l'altro significato tradizio nale è stato quello che appare nella sequenza società selvag ge, barbare, civili, che ha costituito a cominciare dagli scrit tori del Settecento uno schema classico per la delineazione del progresso umano, con la eccezione di Rousseau per cui la società civile, pur avendo il significato di società civilizza ta, rappresenta un momento negativo dello sviluppo storico. Una storia completamente diversa comincia con Hegel per il quale per la prima volta la società civile non comprende piu lo Stato nella sua globalità ma rappresenta soltanto un
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momento nel processo di formazione dello Stato, prosegue con Marx il quale concentrando la sua attenzione sul siste ma dei bisogni costituente solo il primo momento della so cietà civile hegeliana, comprende nella sfera della società ci vile esclusivamente i rapporti materiali o economici e con un'inversione ormai completa del significato tradizionale non solo separa la società civile dallo Stato ma ne fa il momento insieme fondante e antitetico. Gramsci infine, pur mante nendo la distinzione fra società civile e Stato, sposta la pri ma dalla sfera della base materiale alla sfera sovrastrutturale e ne fa il luogo della formazione del potere ideologico distin to da quello politico strettamente inteso, e dei processi di legittimazione della classe dominante . Nel dibattito attuaJe, come si è detto all'inizio, la contrap posizione è rimasta. E talmente entrata nella pratica quoti diana l'idea che la società civile sia l' antefatto (o il contraf fatto) dello Stato che bisogna fare uno sforzo per convincer si che per secoli la stessa espressione è stata usata per desi gnare quell'insieme di istituzioni e di norme che oggi costi tuiscono ciò che si chiama Stato, e che nessuno potrebbe piu chiamare società civile senza correre il rischio di un totale fraintendimento. Naturalmente, tutto questo non è accadu to per un capriccio degli scrittori politici o per caso. Non bi sogna dimenticare che societas civilis traduceva la xotvwv(oc 1toÀmx1) di Aristotele, un'espressione che designava la città come forma di comunità diversa dalla famiglia e ad essa su periore, come l'organizzazione di una convivenza che aveva si i caratteri dell'autosufficienza e dell'indipendenza che sa ranno anche in seguito caratteristici dello Stato in tutte le sue forme storiche, ma non si distingueva o non era mai sta ta consapevolmente distinta dalla società economica sotto stante, essendo l' attività economica un attributo della fami glia (donde il nome di economia al governo della casa) . Che lo Stato fosse definito come una forma di società poteva con siderarsi ancora corretto lungo i secoli della controversia fra lo Stato e la Chiesa per la delimitazione dei rispettivi confi ni, controversia che fu rappresentata da una parte e dall'al tra come un conflitto fra due società, la societas civium e la societas fidelium; né del tutto improprio quando con la dot trina del diritto naturale e col contrattualismo lo Stato fu visto soprattutto nel suo aspetto di associazione volontaria
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1 1 1 difesa di alcuni interessi preminenti come la difesa della ,. 1 1 a, della proprietà, della libertà. Non è da escludere che h identificazione tradizionale dello Stato con una forma di ·
' ll:ietà abbia contribuito a ritardare la percezione della di
.1 i nzione fra il sistema sociale nel suo complesso e le istitu i. toni politiche attraverso cui si esercita il dominio (Herrschaft t 1 d senso weberiano), distinzione che si era venuta ormai sem
piu accentuando nell'età moderna con lo sviluppo dei rap economici oltre il governo della casa, da un lato, e del l 'apparato dei pubblici poteri, dall'altro. Sta di fatto però che ' nn Machiavelli, anche per questo degno di essere conside rato il fondatore della scienza politica moderna, lo Stato non J >tlÒ piu essere in alcun modo assimilato a una forma di so cietà e solo per abitudine di scuola può essere ancora defini I o come societas civilis. Quando Machiavelli parla dello Sta l o intende parlare del massimo potere che si esercita sugli :tbitanti di un determinato territorio e dell'apparato di cui :dcuni uomini o gruppi si servono per acquistarlo e conser varlo. Lo Stato cosi inteso non è lo Stato-società ma lo Stato macchina. Dopo Machiavelli lo Stato può ancora essere de finito come societas civilis ma la definizione si palesa sempre piu incongrua e fuorviante. La contrapposizione fra la socie tà e lo Stato che si fa strada con la nascita della società bor ghese, è la naturale conseguenza di una differenziazione che avviene nelle cose e insieme di una consapevole divisione di compiti, sempre piu necessaria, fra chi si occupa della « ric chezza delle nazioni » e chi si occupa delle istituzioni politi che, fra l'economia politica in un primo tempo e la sociolo gia in un secondo tempo, da un lato, e la scienza dello Stato con tutte le famiglie di discipline affini, la Polizeiwissenschaft, la cameralistica, la statistica nel senso originario del termine, la scienza dell'amministrazione, ecc., dall'altro. In questi ultimi anni si è posta la domanda se la distinzio ne fra società civile e Stato che ha avuto corso per due secoli abbia ancora la sua ragion d'essere. Si è detto che al proces so di emancipazione della società dallo Stato è seguito un pro cesso inverso di riappropriazione della società da parte dello Stato, che lo Stato, trasformatosi da Stato di diritto in Sta to sociale (secondo l'espressione divulgata soprattutto da giu risti e politologi tedeschi) , appunto perché « sociale » mal si distingue dalla società sottostante che esso pervade tutta quan\ ' rc
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STATO, GOVERNO, SOCIETÀ
ta attraverso la regolazione dei rapporti economici. Si è no tato, dall'altra parte, che a questo processo di statalizzazio ne della società ha corrisposto un processo inverso ma non meno significativo di socializzazione dello Stato attraverso lo sviluppo delle varie forme di partecipazione alle scelte po litiche, la crescita delle organizzazioni di massa che esercita no direttamente o indirettamente un potere politico, onde l'espressione ' S tato sociale' può essere intesa non solo nel senso di S tato che ha permeato la società ma anche nel senso di S tato che la società ha permeato. Queste osservazioni sono giuste, eppure la contrapposizione fra società civile e Stato continua ad essere d'uso corrente, segno che rispecchia una situazione reale. Pur prescindendo dalla considerazione che i due processi dello Stato che si fa società e della società che si fa S tato sono contradditori, perché il compimento del pri mo condurrebbe allo Stato senza società, cioè allo Stato to talitario, il compimento del secondo alla società senza Stato, cioè all'estinzione dello Stato, i due processi sono tutt' altro che compiuti e proprio per la loro compresenza nonostante la loro contraddittorietà non suscettibili di compimento. Que sti due processi sono bene rappresentanti delle due figure del cittadino partecipante e del cittadino protetto che sono in conflitto fra loro talora nella stessa persona: del cittadino che attraverso la partecipazione attiva chiede sempre maggiore protezione allo S tato e attraverso la richiesta di protezione rafforza quello Stato di cui vorrebbe impadronirsi e che in vece diventa suo padrone. Sotto questo aspetto società e Stato fungono come due momenti necessari, separati ma contigui, distinti ma interdipendenti, del sistema sociale nella sua com plessità e nella sua interna articolazione.
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Stato, potere e governo
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Per lo studio dello stato.
Le d i s c i p l i n e s t o r i c h e . Per lo studio dello Stato le due fonti principali son° la ;L oria delle istituzi?ni poli � ic?e e la : toria delle dottrine l i Liche . Che la ston.a delle Istltuzt.?m possa essere t �atta LI storia delle dottnne non vuoi dire che le due stone debba . · stoI l O essere conf use. Per far sub Ito un esempio: a1 tro e I a p rittori 1 i a dei parlamenti in Europa, altro la storia degli sc �r hmentari. Niun d�bbio sulla import� nza eh� p.uò �ve�e 1 ,era politica di Anstoteie per Io studio delle IStltuZIom f: . . 1 iche delle città greche, o il libro VI delle Storie dt PolibiO per lo studio della costituzione della repubblica romana . M a ;1cssuno si accontenterebbe di leggere Hobbes per cono ;ce: eta re l'ordinamento dei primi grandi Stati territoriali dell m o dell moderna, o Rousseau per conoscere l'ordinament e � , Jerne democrazie. D'altronde, se lo studio delle opere di An stotele o delle storie di Polibio è importante per la conosc n a rispettivamente dell'ordinamento delle città greche e e . a repubblica romana, ben altre fonti, letterarie e non, e vi� via crescenti dall'età antica all'età contemporanea, s ono neces· · ta1 ora rnolto com-. sarie per conoscere a fondo 1· meccamsmi plessi attraverso cui vengono istituiti o modificati � r �p ? di potere in un sistema politico. Per ragioni non dtffictA1 comprendere, ma essenzialmen�e per la m�ggi?r � if�t_ �olt � de . . reperimento delle fonti, la stona delle IstltuziOm s1 e sv:t.lu P_ pata piu tardi della storia delle dottrine, sicché spesso g$! or dinamenti di un determinato sistema politico sono star t .co nosciuti o ci si è accontentati di conoscerli attraverso la neo· struzione, talora l a de formaz10ne o 1 a 1·de al'tzzaztone, f attane dagli scrittori . Si sono identificati Hobbes con lo S tato
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STATO, GOVERNO, SOCIETÀ
assoluto, Locke con la monarchia parlamentare, Montesquieu con lo Stato limitato, Rousseau con la democrazia, Hegel con la monarchia costituzionale, ecc. La prima fonte per uno studio delle istituzioni autonomo rispetto alle dottrine è costituita dagli storici: Machiavelli ri costruisce la storia e I' ordinamento delle istituzioni della re pubblica romana, commentando Livio; Vico, per ricostruire la storia civile delle nazioni dallo stato ferino sino ai grandi S tati del suo tempo, denunzia la boria dei dotti « i quali, ciò ch'essi sanno, vogliono che sia antico quanto che 'I mondo » (1 744, ed . 1 967 p. 72] e per la sua ricerca intende che « si dee far con to come se non vi fussero libri nel mondo » [ibid. , p. 1 1 5] . Allo studio della storia segue Io studio delle leggi, che re golano i rapporti fra governanti e governati, il complesso delle norme che costituiscono il diritto pubblico (una categoria essa stessa dottrinale) : le prime storie delle istituzioni sono state storia del diritto, scritte da giuristi che spesso hanno avuto pratica diretta negli affari di S tato. Oggi la storia delle isti tuzioni non solo si è emancipata dalla storia delle dottrine ma ha allargato lo studio degli ordinamenti civili ben al di là delle forme giuridiche che li hanno modellati, e indirizza le sue ricerche verso l'analisi del concreto funzionamento in un determinato periodo storico di uno specifico istituto at traverso i documenti scritti, le testimonianze degli attori, i giudizi dei contemporanei, progredendo dallo studio di un istituto fondamentale come il parlamento e le sue vicissitu dini nei diversi paesi a quello d'istituti particolari, come il segretario di Stato, l'intendente, il gabinetto segreto, ecc . , attraverso i quali si riesce a descrivere il passaggio dallo Sta to feudale alla monarchia assoluta , o la graduale formazione dell'apparato amministrativo, attraverso cui si ricostruisce il processo di formazione dello Stato moderno e contemporaneo. Fil o s o f i a e s c i e n z a p o l i t i c a . Oltre che nel suo sviluppo storico lo S tato viene studiato in se stesso, nelle sue strutture, funzioni, elementi costituti vi, meccanismi, organi, ecc . , come un sistema complesso di per se stesso considerato e nei suoi rapporti con gli altri si stemi contigui . C onvenzionalmente oggi l'immenso campo
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, l i ricerca è diviso tra due discipline anche didatticamente l i stinte: la filosofia politica e la scienza politica. Come tutte l(· distinzioni convenzionali, anche questa è labile e discuti b i le. Quando Hobbes chiamava philosophia civilis l'insieme , Ielle analisi sull'uomo nei suoi rapporti sociali vi compren ' leva anche una serie di considerazioni che oggi si farebbero rientrare nella scienza politica; al contrario, Hegel diede ai �;uoi Lineamenti di filosofia del diritto ( r 8 2 r ] il sottotitolo di Staatwissenschaft im Grundrisse ' Lineamenti di scienza dello S tato' . Nella filosofia politica sono compresi tre tipi di ri cerca: a) della miglior forma di governo o dell'ottima repub blica; b) del fondamento dello Stato, o del potere politico, con la conseguente giustificazione (o ingiustificazione) del l'obbligo politico ; c) della essenza della c� tegoria del P ol�ti . co o della politicità, con la prevalente disputa sulla d!stm zione fra etica e politica. Queste tre versioni della filosofia politica sono esemplarmente rappresentate all'inizio dell'età moderna da tre opere che hanno lasciato tracce indelebili nella storia della riflessione sulla politica: l' Utopia di Moro ( r 5 r 6], disegno di repubblica ideale, il Leviathan di Hobbes ( r 65 1], che pretende di dare una giustificazion� �az�onale e qu�nd� universale dell'esistenza dello Stato e d1 md1care le rag10111 per cui i suoi comandi debbono essere ubbiditi; il Principe di Machiavelli (1 5 1 3], nel quale, almeno in una delle sue in terpretazioni, l'unica del resto che dà origine a un « ismo » (il machiavellismo), si mostrerebbe in che cosa consista la pro prietà specifica dell'attività politica e come si distingua in quanto tale dalla morale . Per 'scienza politica' oggi s'intende una ricerca nel cam po della vita politica che soddisfi a queste tre condizioni: a) il principio di verificazione o di falsificazione come criterio dell'accettabilità dei suoi risultati; b) l'uso di tecniche della ragione che permettano di dare una spiegazione �ausale in senso forte o anche in senso debole del fenomeno mdagato; c) l'astensione o astinenza da giudizi di valore, la cosiddetta « avalutatività » . Considerando le tre forme di filosofia poli tica dianzi descritte, si osservi come a ciascuna manca alme no una delle caratteristiche della scienza. La filosofia politi ca come ricerca dell'ottima repubblica non ha carattere ava lutativo · come ricerca del fondamento ultimo del potere non intende 'spiegare il fenomeno del potere ma giustificarlo, ope,
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razione �he h� pe! sc�po di qualificare un comportamento . c?me leCito o llleCito, Il che non si può fare senza richiamar si a valori; come ricerca dell'essenza della politica si sottrae a ogr:i v �rificazione o falsificazione empirica, in quanto ciò che s1 ch1am � l?resuntuosamente essenza della politica risul . ta da una def1mz10ne nominale e come tale non è vera né falsa. P u n t o di v i s t a s o c i o l o g i c o e g i u r i d i c o .
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' ' 'rale dello Stato», mentre la dottrina giuridica si occupa delle .. 1 1orme giuridiche che in quella esistenz a reale debbono ma " i l cstarsi » [ 1 900, trad. it. I, p. 73] e aveva fondato la di :t i nzione sulla contrapp osizione , destinat a ad aver fortuna, ber, ini t r;J la sfera dell'essere e la sfera del dover essere. W e è consi cui di a, giuridic ia sociolog di ne · i ando la trattazio di parla si «quando che afferma ri, fondato dei ' k:rato uno l i ritto, ordinamento giuridico, norma giuridica, è necessa rio un particolare rigore nel differenziare il punto di vista �·. i uridico da quello sociologico » [Weber r 9o8-2o, trad. it. I, l ' · 309]: una distinzione che egli riconduce alla differenza fra validità ideale, di cui si occupano i giuristi, e validità empi rica delle norme di cui si occupano i sociologi . Per Weber , J uesta distinzione era una premess a indispensabile per fare i ntendere che egli si sarebbe occupato dello Stato da socio e non da giurista. Tale trattazione diventa un capitolo lono b della teoria dei gruppi sociali, di cui una specie sono i grupp1 politici, i quali alla loro volta diventano S tati (nel senso di « Stato moderno») quando sono dotati di un apparato ammi l listrativo che avanza con successo la pretesa di valersi del monopolio della forza su un determinato territorio. Solo con Kelsen [ 1 9 2 2] che critica il duplice punto di vista di Jellinek (che chiama Zweiseitentheorie) lo Stato viene risolto totalmente nell'ordinamento giuridico e quindi scompare come entità di versa da quella del diritto che ne regola l'attività consistente nella produzione e nell'esecuzione di norme giuridiche. Di tutte le tesi kelseniane la riduzione radicale dello Stato a or dinamento giuridico è quella che ha avuto minor fortuna . Con la trasformazione del puro Stato di diritto in Stato sociale, le teorie meramente giuridiche dello Stato, condan nate come formalistiche, sono state per lo piu abbandonate dagli stessi giuristi, e hanno ripreso vigore gli studi di socio logia politica che hanno per oggetto lo Stato come forma com plessa di organizzazione sociale (di cui il diritto è solo uno degli elementi costitutivi) . ,
Oltre la distinzione dei due campi chiamati convenzional me_nte « filosofia» � « scienza» della politica, il tema dello Stato puo essere aggredito da diversi punti di vista. Con la Dottri na generale dello Stato [ r 9 r o] di Georg Jellinek è entrata per lungo tempo nell'uso delle teorie dello Stato la distinzione f�a ot�rina sociol?gica e dottrina giuridica dello Stato. Questa d1s �mzwne e:a diventat a necessaria in seguito alla tecniciz . zazwne del dmtto pubblico e alla considerazione dello Stato come persona giuridica che ne era derivata. A sua volta la tecnicizzazione el diritto pubblico era la naturale conseguen za della conceziOne dello S tato come Stato di diritto come S ta�o concepito pr ncipalmente come organo di prod zione _ hca, _ _ gmn e r:el suo ms1eme come ordinamento giuridico. Que � sta ncostruz10ne dello Stato come ordinamento giuridico pe raltro non aveva fatto dimenticare che lo Stato era anche attraverso il diritto, una forma di organizzazione sociale � che come tale non poteva essere dissociato dalla società e dai rapporti sociali sottostan ti. Di qui la necessità di una distin zione fra punto di vista giuridico, da lasciare ai giuristi che el resto erano stati per secoli i principali artefici dei tratta ti sullo Stato, e punto di vista sociologico che avrebbe dovu to v�le�si del cor:tributo dei sociologi, degli etnologi, degli st � d�os1 delle v � ne forme di organizzazione sociale: una di stmzwne che pnma dell'avvento della sociologia come scienza _ genera e mgloban te la teoria dello Stato non poteva essere percepita. La distinzione di Jellinek fu riconosciuta come rilevante e accredita ta da Max Weber, il quale, proprio prendendo l s p�nt? a a Dottri_na generale dello Stato, sostenne la neces Slt � d1 d1st�nguere Il punto di vista giuridico da quello socio logico . Jellinek aveva affermat o che la dottrina sociale dello Stato «ha per contenuto la esistenza obiettiva, storica o na-
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F u n z i o n a l i s m o e m a rx i s mo . Fra le teorie sociologiche dello Stato due soprattutto hanno tenuto il campo in questi ultimi anni, spesso in polemica fra loro ma ancora piu spesso ignorandosi, procedendo ciascuna
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per la propria strada come se l'altra non esistesse: la teoria marxistica e quella funzionalistica, dominante nella polìtical science americana, che ha avuto grande influenza anche in Europa ed è stata accolta per anni come la scienza politica per eccellenza. Fra le due teorie vi sono differenze sia rispetto alla concezione della scienza in generale sia rispetto al meto do. Ma la differenza essenziale riguarda la collocazione del lo Stato nel sistema sociale considerato nel suo insieme. La concezione marxiana della società distingue in ogni società storica, per lo meno da un certo momento dello sviluppo eco nomico, due momenti, che non vengono posti, rispetto alla loro forza determinante e alla loro capacità di condizionare lo sviluppo del sistema e il passaggio da un sistema all'altro, sullo stesso piano: la base economica e la sovrastruttura. Le istituzioni politiche, in una parola lo Stato, appartengono al secondo momento. II momento sottostante, comprendente i rapporti economici, caratterizzati in ogni epoca da una de terminata forma di produzione, è il momento determinante, anche se non sempre, secondo alcune interpretazioni, domi nante. Al contrario, la concezione funzionalistica (che discen de da Parsons) concepisce il sistema globale nel suo comples so distinto in quattro sottosistemi (patter-maintenance, goal attainment, adaptation, integration), caratterizzati dalle fun zioni ugualmente essenziali che ciascuno svolge per la con servazione dell'equilibrio sociale, e in quanto tali reciproca mente interdipendenti. Al sottosistema politico spetta la fun zione del goal-attainment, il che equivale a dire che la fun zione politica esercitata dall'insieme delle istituzioni che co stituiscono lo Stato è una d�lle quattro funzioni fondamen tali di ogni sistema sociale. E pur vero che anche nella con cezione marxiana il rapporto fra base economica e sovrastrut tura politica è un rapporto di azione reciproca, ma resta fer ma l'idea (tolta la quale uno dei caratteri essenziali della teo ria marxistica verrebbe meno) che la base economica sia pur sempre determinante in ultima istanza. Nella teoria funzio nalistica non vi sono diversità di piani fra le diverse funzioni di cui ogni sistema sociale non può fare a meno. Se mai il sottosistema cui viene attribuita una funzione preminente non è il sottosistema economico ma quello culturale, perché la massima forza coesiva di ogni gruppo sociale dipenderebbe dall'adesione ai valori e alle norme stabilite, attraverso
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i l processo di socializzazione d� un lat� (interiorizzazione dei v;tlori sociali) e di controllo sociale dali altro (osservan�a delle 1 1orme che regolano la generalità dei comportamenti) . Le due diverse, anzi opposte, concezioni possono ess�re 1 i condotte al diverso problema di fondo che si pongono e 111l cndono risolvere. Mentre la teoria funzionalistica, specie n�l la sua versione parsonsiana, è dominata dal tema hobbesla1 10 dell'ordine, quella marxisti� a è domina� a dal tema della , rottura dell'ordine, dal passaggiO da u� ordme �ll altr�, con L"cpito come passaggio da una forma d_t p ro?� zwne all a�tra, attraverso l'esplosione delle contradd1z10m mtern� al siste ma, in specie della contraddizione. tra f?rze produttive e r�p porti di produzione. Mentre la pnma si preoccupa essenzial mente del problema della conservazione sociale, la seconda . si preoccupa essenzialmente del muta:nento soCl�le Da un : . lato i mutamenti che interessano la teona funzwnah� tica sono . quelli che avvengono all'inter�lO del siste ma � che 1l sis� ema . . aggmsta�ent1 �re� ha la capacità di assorbire mediante piccoli visti dal meccanismo stesso del sistema. Marx e 1 marxisti hanno sempre preconizzato, analizzato e prefigurat? , il gr�nde mutamento, quello che mette in crisi � �etermmato siste ma e ne crea, attraverso un salto qualitativo, un altro. Se condo un luogo comune (ma non per questo erroneo) del pen� siero sociologico, la grande divisione è quella che �PJ? One � . e al sis em1 sistemi che privilegiano il momento della coesw � ? . che privilegiano il momento dell'antagonis� o, 1 si� teml. c� siddetti integrazionistici ai sistemi cosiddetti co? fhttua�Isti ci . Sarebbe difficile trovare nella storia del pens1er� socwlo gico due prototipi di questa grande divisione pi� pun del mar xismo e del funzionalismo. Si può anche aggiUngere che la concezione funzionalistica è sotto certi aspetti analoga a que�a contro cui Marx ebbe a combattere una delle sue battaglie teoriche piu celebri, la concezione dell'econ�m�a classica se . condo cui la società civile, nonostante i confhttl che la agita no ubbidisce a una sorta di ordine prestabilito, e gode del va�taggio di un meccanismo, il me:cato, de stinato a mante � . nere l'equilibrio attraverso un contmuo aggiUstamento deg l1 interessi concorrenti. Negli ultimi anni il punto di vista che ha finit� col [; n�va lere nella rappresentazione dello Stato è quello sisteJ�JICO r1 cavato, se pure senza troppo rigore, e con alcune van;t z l o l l l ,
STATO, GOVERNO, SOCIETÀ dalla teoria dei sistemi (in primis, David Easton e Gabr iel A� m �nd) . Il ra�porto fra l'insieme delle istituzioni politi che e 11 sistem a soc1ale nel suo complesso è rappresentato come un rappo�to domanda-risposta (input-output) . La funzio ne del . le 1st1tuz1ont. politiche è quella di dare risposte alle doma nde che p �ovengono dall'ambiente sociale o, secondo una termi �ologia corrente, di convertire le domande in rispos te. Le n spos�e de�le istituzioni politiche vengono date sotto forma d1. dects1.o111 collettive vincolanti per tutta la socie tà. A loro volta 9ueste risposte retroagiscono sulla trasformazione del l'ambiente � ociale, da cui, in seguito al modo con cui vengo n? date le nspo ste, nascono nuove domande in un proce sso mu �amento continuo, che può essere gruaduale quando vi e cornspond�nza fra domande e risposte, brusco quand o per �n sovrac� anco d�lle doman�e sulle risposte si interrompe l� flusso dt ��troazwn , e le vigenti istituzioni politiche � non nuscen?o p1u a dar� nsposte soddisfacenti subiscono un pro cesso d1 trasformaziOne che può giungere alla fase finale del loro completo cambiamento. La rappresentazione sistem ica dello St� to è perfettamente compatibile con entrambe le teorie generali della società di cui si è parlato poc' anzi. Ferm a re stando la diversa interpretazione della funzione dello Stato nella società, la rappresentazione sistemica dello Stato inten de prop o�re u?? schema concettuale per analizzare come le isti �Zlom pohtiche funzionano, come esercitano la funzione che e loro propn. a, quale ne sia la loro interpretazione.
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S tato e societ à . Ciò che è cambiato, che anzi si è completamente inverti to ne1 corso della riflessione secolare sul problema dello Sta . t? , e, Il r�ppor�o fra S �ato e società. Per secoli 1'organizza z�one poht1c � e sta �a l ogge,tto per eccellenza di ogni rifles slO r:e sulla vita soctale dell uomo, sull'uomo come animale sociale, come 7t_oÀ:·nxòv (4)ov, dove in 1toÀvnx6v era compreso . se�za d�ff�renz1az1one l'odierno duplice significato di 'sociale' . e politico C �n quest ? �on si vu �1 dire che il pensiero an ti c ? non abbia nlevato l esistenza d1 forme associative umane d tverse dell� Stato, ma la famiglia viene presa in considera ; Zione da Anstotele come prima forma embrionale e imper fetta della 7tOÀLç e la sua trattazione viene collocata all'inizio ·.
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, Iella Politica. Quanto alle altre forme di società o xmvwv(ott , che vengono costituite per accordo o per necessità dagli in dividui allo scopo di raggiungere fini particolari, sono trat tate dallo stesso Aristotele nel capitolo dell'Etica Nicomachea dedicato all' amicizia, e proprio in quanto vengono formate per il raggiungimento di fini particolari, la navigazione da parte dei naviganti, la vittoria in guerra da parte degli uomi lli d'arme, il piacere e lo svago da parte di coloro che si riu niscono per banchettare, sono subordinate alla società poli tica che mira non a un'utilità particolare o momentanea ma all'utilità generale e durevole coinvolgente tutta la vita del l'uomo [r r 6oa] . Il rapporto fra società politica che sola è la societas perfecta e le società particolari è un rapporto fra il tutto e le sue parti, in cui il tutto, l'ente inglobante, è la 7tOÀLç, le parti inglobate sono la famiglia e le associazioni . In tutta la trattatistica politica sino a Hegel incluso, questo rapporto fra lo Stato e le società minori o parziali rimane costante. Nel Leviathan di Hobbes [ r 65 r], oltre al capitolo sulla fami glia e sulla società padronale, che è comune a tutti i trattati di politica del tempo, c'è anche un capitolo (il xxn) sulle so cietà parziali chiamate grecamente systems, delle quali viene presentata una ricca esemplificazione con relativa tipologia, che costituirebbe oggi uno dei capitoli principali di un trat tato di sociologia. La teoria politica di Hegel, quale viene esposta nella parte III dei Lineamenti di filosofia del diritto [r 8z r], è una teoria dello Stato come momento culminante dello Spirito oggettivo, culminante nel senso che risolve e supera i due momenti precedenti della famiglia e della socie tà civile; e ove viene collocata, fra l'altro, la trattazione del le corporazioni, tipiche società parziali e con fini particolari nel senso tradizionale . Con l'emancipazione della società civile-borghese, nel senso marxiano, o della società industriale, nel senso saintsimoniano, dallo S tato, il rapporto fra istitu zioni politiche e società viene invertito. A poco a poco la so cietà nelle sue varie articolazioni diventa il tutto di cui lo Stato, considerato restrittivamente come l'apparato coatti vo con cui un settore della società esercita il potere sull'al tro, viene degradato a parte. Se il corso dell'umanità si è svolto sinora dalle società minori come la famiglia allo Stato, ora finalmente, da un lato, con la scoperta delle leggi economi che che permettono all'uomo una convivenza armonica con
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un bisogno minimo di apparato coattivo e quindi di potere politico, dall'altro, con lo sviluppo dell'organizzazione indu striale cui provvedono gli scienziati insieme con gli stessi in dustriali che faranno a meno d'ora innanzi della spada di Ce sare, si svolgerà con un processo inverso dallo Stato oppres sivo alla società liberata. Da questa inversione nasce una delle idee dominanti del secolo XIX, comune tanto al socialismo utopistico quanto al socialismo scientifico, tanto alle varie forme di pensiero libertario quanto al pensiero liberale nelle sue espressioni piu radicali, della inevitabile estinzione dello Stato o almeno della sua riduzione ai minimi termini. Per quel che riguarda le trattazioni sullo Stato, queste diventa no sempre piu trattazioni parziali rispetto alla trattazione ge �erale della società. Pochi anni dopo la morte di Hegel esce Il Cours de philosophie positive di Comte ( r 830-42) che cul mina nella teoria generale della società o sociologia di cui il tema dello Stato costituisce solo una parte. Nella stessa Ger mania di Hegel con Lorenz von S tein scompare la gesamte Staatswissenchaft ' scienza generale dello Stato', e a una Staats wissenschaft, sempre piu ristretta nel suo oggetto e ridotta a una trattazione dello Stato distinto dalla società globale, . SI contrappone una Gesellschaftswissenschaft 'scienza della so cietà' . Oggi la sociologia politica è una parte della sociologia generale, la scienza politica è una delle scienze sociali. Lo Stato come sistema politico è rispetto al sistema sociale un sottosi stema. D al l a p ar t e d e i g o v e r n a n t i o d e i g o v e rn a t i . Accanto alle diverse maniere di considerare il problema dello S tato, esaminate sin qui, rispetto all'oggetto, al meto do, al punto di vista, alla concezione del sistema sociale' oc corre far menzione di una contrapposizione che in genere vie ne trascurata ma che divide in due campi opposti le dottrine politiche forse piu che ogni altra dicotomia: ci si riferisce alla contrapposizione che deriva dalla diversa posizione che gli scrittori assumono rispetto al rapporto politico fondamenta le, governanti-governati, o sovrano-sudditi, o Stato-cittadini, rapporto che generalmente viene considerato come rapporto tra superiore e inferiore, salvo in una concezione democrati ca radicale dove governanti e governati s'identificano alme-
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"" i dealmente in una sola persona e i l governo s i risolve nel I ' : I I Llogoverno. Considerato il rapporto politico come un rap I H >L'lO specifico tra due soggetti, dei quali l'uno ha il diritto , l i comandare l'altro il dovere di ubbidire, il problema dello : ; 1 ato può ess �re trattato prevalentemente dal punto di vista 1,·1 governante oppure dal punto di vista del governat� : ex . /''trte principis o ex parte populi. In realtà per lunga tradlZl� , ,,. che va dal Politico di Platone al Principe di Machiavelh, h !la Ciropedia di Senofonte al Princeps christianus di Erasmo ( L ) I 5), gli scrittori politici hanno trattato il problem� dell� \ rato principalmente dal punto di vista dei governanti: temi ,·ssenziali, l'arte di ben governare, le virtu o abilità o capaci l ;L che si richiedono al buon governante, le varie forme di ! •,overno, la distinzione fra buongoverno e malgoverno, la fe1 Lomenologia della tirannia in tutte le sue piu diverse for n:e, , ! iritti, doveri, prerogative dei governanti, le diverse funzw r li dello Stato e i poteri necessari a svolgerle adeguatamente, le varie branche dell'amministrazione, concetti fondamen1 ali come dominium, imperium, maiestas, auctoritas, potestas c summa potestas che tutti si riferiscono a uno solo dei due soggetti del rapporto, a quello che sta in alto e che diventa i n tal modo il vero soggetto attivo del rapporto, l'altro es sendo trattato come il soggetto passivo, la materia rispetto alla forma (formante) . Non già che sia stata completamente assente l'altra prospettiva, la società politica vista dal basso, dagl'interessi, dai bisogni, dai diritti, dei destinatari del b � neficio (o maleficio, secondo i casi) del governo, ma la persi stenza e la insistenza di certe metafore, il pastore che pre suppone un gregge, il gubernator (nel senso originario di 'ti moniere') che presuppone una ciurma, il padre che presup pone figli minorenni e bisognosi di protezione, il padrone ��e presuppone dei servi, mostrano piu che una l �nga es.emplifi: cazione il senso e la direzione prevalente nel secoli passati del discorso politico. Anche la metafora, adoperata da Pla tone nel Politico, del governante-tessitore - «il fine della tela dell'azione politica è una buona tessitura» [3 r r b] - non esce da questa prospettiva: l' arte del tessere è quella che « in dica a ciascuno quali sono le opere da portare a termine» [ibid. , 308e] . I l capovolgimento, l a scoperta dell'altra faccia della luna, rimasta sino allora nascosta, avviene all'inizio dell'età mo,
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derna con la dottrina dei diritti naturali che appartengono all'individuo singolo. Questi diritti sono precedenti alla for mazione di qualsiasi società politica e quindi di ogni struttu ra di potere che la caratterizza. A differenza della famiglia o della società padronale, la società politica comincia ad es sere intesa in modo prevalente (precedenti ce n'erano stati anche nell'età classica) come un prodotto volontario degli in dividui che decidono con un accordo reciproco di vivere in società e istituire un governo. Johannes Althusius, uno dei maggiori artefici di questo nuovo modo di vedere, definisce la politica in questo modo : « La politica è l'arte per mezzo della quale gli uomini si associano allo scopo di instaurare, coltivare e conservare tra di loro la vita sociale. Per questo motivo è definita simbiotica » [ r 6o3 , ed. 1 9 3 2 I, r ] . Althu sius parte dagli ubbliche che da una città prendevano il nom� , c �me l � :e
di Venezia, l'esigenza di avere a propna d!spos:zw un termine di genere piu adatto a rappresentare la situa �: ione reale dovette essere piu forte del vincolo di una lunga l " autorevole tradizione . Di qua la fortuna del termine ' Sta l o ' che passò attraverso mutamenti non ancora ben chiariti da un significato generico di situazione a un significat? spe � cifico di condizione di possesso permanente ed esclusivo d1 nn territorio e di comando sui relativi abitanti, come appare dallo stesso brano di Machiavelli, in cui il termine ' Stato', appena introdotto, viene subito assimilato al termine 'domi nio'. Nonostante la novità del brano, in cui 'Stato' viene usato come il termine di genere, e 'repubblica', come termine di specie, per indicare una delle due forme di gover�o, e l'im � portanza che ha avuto per la formazio?e del !esslc� c he s1 . usa tuttora, il significato tradizionale di questi termm1 non viene abbandonato neppure da Machiavelli, e l'uso loro con tinua a essere promiscuo, come risulta da questo brano dei Discorsi sopra la prima deca, in cui Machiavelli introduce il discorso sulle forme di governo, avendo per guida Polibio: « Dico come alcuni che hanno scritto delle repubbliche dico no essere in quelle uno de' tre stati, chiamati da loro Princi pato, Ottimati e Popolare; e come coloro che ordinano una città debbono volgersi ad uno di questi, secondo p are loro piu a proposito » [ r 5 1 3 - I 9 , ed. 1 977 p. 1 30] . l >ubblica l lC
A r g o m e n t i i n f a v o r e d e l l a d i s c o n t i nu i t à . Il problema del nome ' Stato' non sarebbe cosi importan te se l'introduzione del nuovo termine alle soglie dell'età mo derna non fosse stato occasione per sostenere che esso non corrispose soltanto a un'esigenza di chiarezza lessicale ma andò incontro alla necessità di trovare un nome nuovo per una real tà nuova : la realtà dello Stato appunto moderno da conside rarsi come una forma di ordinamento tanto diverso dagli or dinamenti che lo avevano prece�uto da non poter essere piu chiamato con gli antichi nomi. E infatti opinione diffusa, e sostenuta autorevolmente da storici, giuristi e scrittori poli-
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tici, che con Machiavelli non cominci soltanto la fortuna di una parola ma la riflessione su una realtà sconosciuta acrli scrito tori antichi, e di cui la parola nuova è una spia, sicché sarebbe opportuno parlare di ' Stato' unicamente per le formazio ni politiche che nascono dalla crisi della società medievale e non per gli ordinamenti precedenti. In altre parole il ter� mine ' S tato' sarebbe da usarsi con cautela per le organizza zioni politiche esistenti prima di quell'ordinamento che di fatto fu chiamato per la prima volta ' Stato ' : il nome nuovo non sarebbe altro che il segno di una cosa nuova. Il dibattito ha assunto spesso la forma di una risposta a domande di questo , genere: « E esistita una società politica che possa chiamarsi " S tato" prima dei grandi Stati territoriali con cui si fa co minciare la storia dello Stato moderno? » Oppure: « L' agget tivo "moderno" è necessario per contraddistinguere una realtà che è nata col nome " S tato" e per la quale quindi ogni altra specificazione è inutile? » O ancora: « Cosa aggiunge al signi ficato pregnante di " S tato" l' aggettivo "moderno" , che non ci sia già nel sostantivo che infatti gli antichi non conosce vano? » Domande di questo genere si ricollegano a un problema ancor piu vasto e sul quale le risposte sono infinitamente va rie e radicalmente contrastanti: il problema dell'origine del lo Stato. Negli storici delle istituzioni che hanno descritto il formarsi dei gtandi Stati territoriali sulla dissoluzione e tra sformazione della società medievale c'è una tendenza a so stenere la soluzione di continuità fra gli ordinamenti dell'an tichità o dell'età di mezzo e quelli dell'età moderna, e di con seguenza a considerare lo Stato come una formazione stori ca che non solo non è sempre esistita, ma è nata in un'epoca relativamente recente. Gli argomenti a favore di una tesi di questo genere non mancano. Il maggiore argomento è il processo inesorabile di concentrazione del potere di coman do su un determinato territorio anche molto vasto, che av viene attraverso la monopolizzazione di alcuni servizi essen ziali per il mantenimento dell'ordine interno ed esterno, quali la produzione del diritto attraverso la legge, che è emanazio ne, a differenza della consuetudine, della volontà del sovra no, e l' apparato coattivo necessario all' applicazione del di ritto contro i renitenti, nonché attraverso il riordinamento dell'imposizione e dell'esazione fiscale, necessario all'effe t-
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tivo esercizio degli accresciuti poteri. Chi ha descritto con straordinaria lucidità questo fenomeno è stato Max Weber il quale ha visto nel processo di formazione dello Stato mo derno un fenomeno di espropriazione da parte del potere pub blico dei mezzi di servizio come le armi, che va di pari passo con il processo di espropriazione dei mezzi di produzione pos seduti dagli artigiani da parte dei possessori di capitali. Da questa osservazione deriva la concezione webetiana, diven tata ormai communis opinio, dello Stato moderno definito mediante i due elementi costitutivi della presenza di un ap parato amministrativo che ha la funzione di provvedere alla prestazione di servizi pubblici, e del monopolio legittimo della forza. Quali che siano gli argomenti pro o contro la continuità di un'organizzazione politica della società, la question� se sia sempre esistito lo Stato oppure se si possa parlare d1 Stato soltanto a cominciare da una certa epoca è una questione la cui soluzione dipende unicamente dalla definizione di Stato da cui si parte: se da una definizione piu larga o piu stretta . La scelta di una definizione dipende da criteri di opportuni tà e non di verità. Si sa che quanto piu numerose sono le connotazioni di un concetto tanto piu si restringe il campo da esso denotato, cioè la sua estensione . Chi considera come elemento costitutivo del concetto di Stato anche un certo ap parato amministrativo e l'adempimento di cette funzioni che solo lo Stato moderno svolge, dovrà necessariamente soste nere che la 1toÀtç greca non è uno Stato, che la società feuda le non aveva uno Stato, ecc. Il problema reale di cui chi ha interesse a capire il fenomeno dell'ordinamento politico deve preoccuparsi non è dunque se lo Stato esista solo dall'età mo derna in poi, ma se vi siano analogie e differenze fra il cosid detto Stato moderno e gli ordinamenti precedenti, se siano da mettere in evidenza piu le une che le altre, qualunque sia poi il nome che voglia darsi ai diversi ordinamenti. Chi ri tiene che possa parlarsi di Stato solo a proposito degli ordi namenti politici di cui hanno trattato Bodin o Hobbes o Be gel , si comporta in questo modo perché vede piu la disconti nuità che la continuità, piu le differenze che le analogie. Chi parla indifferentemente di Stato sia per lo Stato di Bodin sia per la 7t6Àtç greca, vede piu le analogie che le differenze, piu la continuità che la discontinuità. Posta la questione in
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questi termini, si tratta di andare oltre la questione lessicale per individuare e descrivere i mutamenti che sono avvenuti nel passaggio da una forma di ordinamento all' altra, ciò che è rimasto e ciò che è cambiato, gli elementi di discontinuità, e anche gli elementi di continuità senza lasciarsi abbagliare dall' apparizione di un nome nuovo. A r g o m e n t i a f a v o r e d e l l a c o n t in u i t à . S e in favore della discontinuità valgono gli argomenti so pra addotti, per la continuità valgono altri argomenti non meno forti. Prima di tutto la constatazione che un trattato di politica come quello di Aristotele volto all'analisi della città greca non ha perduto nulla della sua efficacia descrittiva ed esplicativa nei riguardi degli ordinamenti politici che si sono susseguiti da allora sino ad oggi. Si pensi, per fare un' esem pio, alla tipologia delle forme di governo che è giunta sino a noi, e che è stata adoperata, se pure con correzioni e adat tamenti, dai maggiori scrittori politici che hanno fatto og getto delle loro riflessioni lo Stato moderno. O, per fare un altro esempio, alla definizione che Aristotele dà di « costitu zione» (7toÀt-cdcx), come ordinamento delle magistrature, e alle magistrature che costituiscono l'ordinamento di una città alla distribuzione delle cariche e alla distinzione delle funzioni che consentono analisi comparate illuminanti con gli ordina� menti politici moderni. Oppure all'analisi dei mutamenti, cioè delle varie forme di transizione da una forma di governo a un' altra, cui è dedicato il libro V, un'analisi in cui qualsiasi lettore del giorno d'oggi può trovare elementi utili di raffronto con gli analoghi fenomeni cui sono sempre stati soggetti gli S tati nel corso della loro evoluzione storica. Non altrimenti accade per quel che riguarda i rapporti fra le città greche, rapporti caratterizzati da guerre, rappresaglie, tregue, trat tati di pace che si riproducono a un livello quantitativamen te superiore, ma non qualitativamente diverso, nei rapporti fra gli Stati dall'età moderna in poi. Chi legga il De iure belli ac pacis di Grazio [ r 625] non dovrà stupirsi se s'imbatte in una miriade di esempi di ius gentium tratti dal mondo antico quando gli Stati moderni, nel senso che a questa espressione attribuiscono i modernisti, non esistevano ancora. Come la Politica di Aristotele per i rapporti interni, cosi le Storie di
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Tucidide per i rapporti esterni sono ancor oggi una fonte ine sauribile di insegnamenti e di punti di riferimento e di con fronto. Del resto lo stesso Machiavelli lesse e commentò la storia romana, non da storico, ma da studioso di politica per trarne ammaestramenti pratici da applicare agli Stati del suo tempo. Lo studio della storia romana attraverso i grandi sto rici, da Livio a Tacito, è sempre stata una delle fonti princi palì della trattatistica politica che accompagna la formazio ne e la crescita dello Stato moderno. Anche Montesquieu scri ve le sue Considérations sur les causes de la grandeur des Ro mains et de leur décadence [1 734]. Rousseau dedica l'ultima parte del Contrat social [ 1 762] a un esame delle magistrature romane, i comizi, il tribunato, la dittatura, la censura, non certo allo scopo di sfoggiare una facile e inutile erudizione ma essenzialmente per mostrarne la loro perenne vitalità. Non si spiegherebbe questa continua riflessione sulla storia anti ca e le istituzioni degli antichi se a un certo momento dello sviluppo storico ci fosse stata una frattura tale da dare origi ne a un tipo di organizzazione sociale e politica incompara bile con quelle del passato, tanto incomparabile da meritare esso solo il nome di ' Stato ' . L o stesso discorso s i può fare e s i è fatto per i l lungo pe riodo di storia che va dalla caduta dell'impero romano alla nascita dei grandi Stati territoriali, e per il quale si è posta con particolare interesse la questione della continuità, sia al l'inizio, cioè rispetto alla società e alle istituzioni economi che e sociali del basso impero, con due diverse domande: « r i :