WILBUR SMITH. L'UCCELLO DEL SOLE. Gli indigeni le chiamavano le colline del Sangue e raccontavano storie di oscure maled...
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WILBUR SMITH. L'UCCELLO DEL SOLE. Gli indigeni le chiamavano le colline del Sangue e raccontavano storie di oscure maledizioni. Ma il professor Benjamin Kazin era sicuro che in quell'angolo d'Africa, tra quelle rocce brulle e inesplorate, si trovassero le rovine di un'antica città cartaginese. I1 sogno di tutta la sua vita di scienziato si traduce infatti in realtà e una nutrita spedizione di studiosi, fi= nanziata dal ricco industriale Louren Sturvesant, si installa fra le colline del Sangue per portare alla luce i resti di quell'antica civiltà. Ma, sullo sfondo di questa affascinante avventura archeologica, avvolta in un'atmosfera carica di presagi e di mistero, si svolge un drammatico conflitto di personalità: la violenza fanatica di un assistente negro, Timothy Mageba, rischia di far fallire la spedizione, mentre l'incantevole presenza di Sally Benator compromette i rapporti fra il professor Kazin, innamorato di lei, e l'amico e finanziatore Louren Sturvesant. A1 culmine dell'impresa, circondato dai tesori e dai sarcofaghi dei mitici re di quell'antico popolo, Kazin si ritrova inerme e indifeso alle soglie stesse dell'al di là e inizia un lungo viaggio a ritroso nel tempo, rivivendo gli ultimi, tragici avvenimenti della città scomparsa, i drammi e le glorie di un passato, che sembra inesplicabilmente legato al presente. L'IMMAGINE attraversò come una lama il buio della sala di proiezione e si delineò silenziosa sullo schermo... e io non la riconobbi. Attendevo da quindici anni una fotografia del genere e, ora che l'avevo sotto gli occhi, non sapevo trarne alcun significato. Mi aspettavo qualche piccolo oggetto, un teschio, forse... non certo quello schema grigio e surreale. Fu la voce di Louren, vibrante per l'emozione, a mettermi sulla strada giusta. « Presa da diecimila metri, alle sei e trentasette pomeridiane del quattro settembre... Esattamente otto giorni fa. Una fotografia aerea, dunque. Misi a fuoco gli occhi e il cervello e anch'io, quasi istantaneamente, awertii un senso di eccitazione. « Ho mandato un aereo della società a fare una ricognizione su tutti i terreni delle mie concessioni » continuò Louren. « Questa fotografia è soltanto una fra le tante, forse duecentomila... Il pilota non sapeva nemmeno che cosa stesse fotografando. Per fortuna, quelli delle analisi minerarie l'hanno individuata e me l'hanno passata. Girò il viso verso di me, pallido nel raggio di luce del proiettore. « Dimmi tu se hai mai visto una formazione geologica di questo tipo! Ma guarda, Ben! lo schema classico. Doppia cinta di mura e torri falliche... Esagerava. La sagoma ricordava senza dubbio le controverse rovine di Zimbabwe, nella Rhodesia del Sud, ma il disegno era confuso. Rifiutavo di accettare l'idea di una clamorosa scoperta. Non volevo che la speranza mi rendesse di nuovo vulnerabile. « Potrebbe g essere qualsiasi cosa, Lo :D protestai. « Un gioco di luce. E anche ammettendo che fosse opera dell'uomo, potrebbe trattarsi di agricoltura... « A centocinquanta chilometri dalla piú vicina sorgente d'acqua? Non dirlo nemmeno per scherzo, Ben! Sei proprio il peggior pessimista che ci sia in tutta l'Africa. Sai benissimo, come lo so io, che si tratta... » « Non dirlo! :urlai. « Po...porta male! Mi capita talvolta di balbettare, quando sono eccitato, ma questo è il minore dei miei difetti fisici e non me ne preoccupo. « Spiegami soltanto dove si trova. Louren rise, mentre riaccendeva la luce. Fu un piacere, perché
non accadeva spesso di udirlo ridere, in quel periodo. « Il mio piccolo gnomo ebreo! » disse in tono scherzoso. « Ho da dirti un'altra cosa, ma prima voglio che tu riconosca l'importanza della mia scoperta. :~ « E va bene! » Distolsi lo sguardo scegliendo con cura le parole. « A quanto sembra... potresti aver trovato ciò che cercavamo. « Grazie, amico! » esclamò lui. « Mio carissimo amico! :~ Da anni non lo vedevo cosí, lontano le mille miglia dalle preoccupazioni della Compagnia mineraria Sturvesant. « Allora » ripresi, « dov'è? » « Vieni qui » disse, e ci avvicinammo al tavolo sul quale era distesa una carta del Botswana e della Rhodesia occidentale. Era un tavolo abbastanza alto e io mi arrampicai svelto su una seggiola, per arrivare all'incirca all'altezza di Louren, in piedi accanto a me. Il suo dito si spostò lentamente sulla carta, poi si fermò bruscamente... e il mio cuore parve arrestarsi con esso. La latitudine era esattamente quella: tutti i dati che avevo raccolto con tanta fatica indicavano quella zona. « Qui spiegò Louren. « Trecentoquaranta chilometri a sud-ovest di Maun, novanta chilometri dalla torre di segnalazione sud-occidentale della riserva di Wankie, all'ombra di basse colline... « Quando possiamo partire? :domandai. « Ehi! » Louren scosse la testa. « Ci credi, allora! Ci credi! Purtroppo, io non posso muovermi prima di martedí della settimana prossima. » « La settimana prossima! :gemetti deluso. « Ben, venerdí ho la riunione generale annuale della Anglo-Sturvesant e sabato devo trovarmi a Zurigo. « Lascia perdere Zurigo » lo supplicai. « Mandaci unv dei tuoi brillanti giovani funzionari. » « Quando trovi uno che ti presta venticinque milioni di dollari, la piú elementare cortesia impone di andare personalmente a ritirare 10 I'assegno. Non puoi mandare il fattorino! :~ « Maledizione, Lo, quello è soltanto denaro... ma questo, questo è importantissimo. Louren mi fissò con occhi pensierosi. « Venticinque milioni di dollari, per te, sono soltanto denaro? Scosse la testa, stupito, come se avesse udito una inattesa verità. « Forse hai ragione. Sorrise, un sorriso affettuoso rivolto a un amico carissimo. « Dolente, Ben. Martedí. A Maun, abb,iamo appena costruito una pista dove può atterrare anche un aereo a reazione del tipo Lear. Arriveremo a Maun in aereo e, di là, proseguiremo veloci e leggeri. Ci serviremo di una Land Rover e di un paio di autocarri da tre tonnellate. Mentre parlava, Louren mi accompagnò fuori della sala di proiezione, nella lunga galleria dove le opere di artisti sudafricani si alternavano a quelle di autori antichi e moderni di fama internazionale. Louren, come i suoi antenati, sapeva impiegare bene il proprio denaro. Si avviò a gran passi sulla fila di folti tappeti orientali che attutivano ogni rumore, e io l'accompagnai alla stessa andatura. Le mie gambe sono lunghe come le sue, e altrettanto robuste. « Se poi troverai ciò che entrambi speriamo proseguí Louren, « potrai fare le cose in grande stile, con tutto l'equipaggiamento che vorrai. « Ti rendi conto di quanto potrebbe costare? Potremmo arrivare anche a duecentomila dollari! « soltanto denaro... come disse il saggio! Proruppe in quella sua stentorea risata, alla quale non so resistere. Sostammo nell'atrio l'uno di fronte all'altro, guardandoci con un sorrisetto d'intesa, come due cospiratori. Vieni a prendermi al volo da Zurigo, lunedí sera alle sette e mezzo, se puoi. E, nel frattempo, organizza i preparativi... > « Mi servirebbe una copia di quella fotografia. « Ne ho già fatto mandare un ingrandimento all'Istituto. » Diede un'occhiata al suo orologio d'oro. « Accidenti! Sono già in ritardo...
Si girò verso la porta nell'attimo in cui entrava Hilary Sturvesant, proveniente dal patio. Il cortissimo costume da tennis lasciava scoperte le gambe, cosí belle da mozzare il fiato. Era una donna alta, con soffici, lucenti capelli biondo scuro, lunghi fino alle spalle. « Tesoro, te ne vai? « Mi dispiace Hil. Volevo avvertirti che non posso restare a pranzo, ma Ben ha bisogno di qualcuno che lo tenga calmo. « Gliel'hai mostrata? :Si chinò a darmi un bacio sulle labbra, senza ombra di ripugnanza. Ogni volta che lo fa, mi rende suo schiavo per altri cent'anni. « Che te ne pare Ben? possibile? :~ Prima che potessi rispondere, Louren le aveva passato un braccio attorno alla vita, e tutti e due mi guardarono sorridendo. « Sta dando i numeri! Vuole correre subito nel deserto! Poi, Louren strinse a sé Hilary e la baciò. Vedevo in quella coppia la sintesi della perfetta bellezza maschile e femminile. Hilary aveva venticinque anni - dodici meno del marito - ed era la quarta moglie di Louren; soltanto il minore dei sette piccoli~Sturvesant era suo. « Offri qualcosa da mangiare a Ben, tesoro. Io tornerò molto tardi. )> « Sentirò la tua mancanza » mormorò lei, mentre il marito si allontanava. « E io la tua. Ci vediamo lunedí, Ben. Ciao socio. » Hilary mi accompagnò nel vasto patio lastricato. Due ettari di prato e di aiuole fiorite declinavano verso il fiume e verso un laghetto artificiale. Entrambi i campi da tennis erano occupati, e un'urlante masnada di piccoli corpi agitava l'acqua della piscina, mentre due camerieri stavano apparecchiando il tavolo del patio per un pranzo freddo. Vidi cinque o sei giovani signore in costume da tennis distese sulle sedie a sdraio e mi raddrizzai il piú possibile, cercando di aggiungere qualche centimetro alla mia statura. « Ragazze annunciò Hilary, « abbiamo un uomo a tenerci compagnia. Vi presento il professor Benjamin Kazin, direttore dell'lstituto di Antropologia e Preistoria africane. Ben, questa è Marjory Phelps... Ricambiai i saluti un po' troppo calorosi, usando sapientemente gli occhi e la voce, che sono le uniche cose che ho di buono. La situazione per loro, era altrettanto imbarazzante quanto lo era per me: nessuno si aspetta che la padrona di casa gli presenti un gobbo, insieme con gli aperitivi. La salvezza mi venne dai bambini. Bobby mi vide e si precipitò correndo verso di me. « Zio Ben! Zio Ben! » Mi gettò al collo le braccia fredde e bagnate e mi trascinò lontano. Il resto della banda mi sommerse Mi trovo molto piú a mio agio con i bambini: o non notano niente, o se la sbrigano con due parole: « Ma perché diavolo stai tutto piegato a questo modo? » Una volta tanto, tuttavia, non fui alla mia solita altezza. Avevo troppi pensieri per poter dedicarmi con vero impegno ai miei piccoli amici. Hilary mi riportò ben presto in seno al consorzio delle giovani madri e, questa volta, riuscii a essere piú brillante. La tredicenne Bobby Sturvesant ha la mano un po' pesante col whisky di marca, come versasse Coca-Cola, cosicché, quando tornai a veleggiare verso il mio Istituto, le tre erano passate da un pezzo. La busta, con l'annotazione PERSONALE -- RISERVATA", era sulla mia scrivania e, a un angolo, era appuntato un foglietto: "arrivata per te all'ora di pranzo. Ha un aspetto elettrizzante! Sal". Controllai la chiusura della busta, in preda a un subitaneo guizzo di gelosia. Era intatta. Sally non l'aveva aperta e questo doveva avere messo a dura prova la sua capacità di autocontrollo, visto che soffriva di una curiosità morbosa, quasi nevrotica. Lei la chiamava una sottile mente scientifica e indagatrice. Mi aspettavo che sarebbe arrivata nel giro di cinque minuti, perciò cercai il mio pacchetto di pasticche alla menta, nel primo cas-
setto della scrivania, e me ne ficcai una in bocca per attenuare il ~5 sentore di whisky, poi estrassi dalla busta la lucente copia della fox tografia e la misi sotto la lente d'ingrandimento. « Che cosa stai guardando? » indagò Sally, dalla soglia, facendomi sobbalzare sulla sedia. Stava appoggiata allo stipite, con le mani affondate nelle tasche del sudicio camice bianco. Capelli scuri fermati da un nastro per lasciare scoperta la fronte spaziosa, grandi occhi verdi ben distanziati sopra il naso aquilino, zigomi alti, bocca sensuale: una ragazzona dalle lunghe gambe fasciate in un paio di blue-jeans. "Ma perché mi debbono sempre piacere alte?" pensai. « Buono il pranzo? » domandò ancora lei, iniziando la manovra di avvicinamento alla mia scrivania per scoprire le ultime novità. Era bravissima a leggere fogli capovolti, I'avevo imparato a mie spese. « Splendido » risposi, nascondendo deliberatamente la fotografia sotto la busta. « Un'anatra deliziosa e tartufi in gelatina. :~ A cinque passi da me, annusò l'aria. « Con whisky aromatizzato alla menta. Ubriacone! :Venne ad appollaiarsi sull'orlo della mia scrivania. « Coraggio, Ben! Non sto piú nella pelle da quando è arrivata. L'avrei aperta col vapore, se il bollitore elettrico funzionasse. La dottoressa Sally Benator era divenuta mia assistente due anni prima, ed esattamente da allora ero innamorato di lei. Le feci posto dietro lascrivania e le mostrai la fotografia. « E va bene. Vediamo che cosa ci capisci tu. » Si strinse vicino a me, col braccio che mi toccava la spalla... un contatto che mi fece scorrere un brivido in tutto il corpo. In quei due anni, aveva imparato ad accettare con la massima naturalezza, come i bambini, la mia gobba. Dovevo andarci piano, per non allarmarla, ma in capo ad altri due anni l'avrei abituata a vedere in me l'innamorato e il marito. Sally scrutò attraverso la lente d'ingrandimento. Quando tornò a guardarmi, i suoi occhi verdi scintillavano. « Ben! Oh Ben, sono cosí felice per te! Chissà perché, quel suo facile entusiasmo m'infastidí. « Stai met- 13 tendo il carro davanti ai buoi » ribattei seccamente. « Vi possono essere almeno dieci spiegazioni perfettamente naturali. No. Sempre sorridendo, Sally si avvicinò a uno scaffale, prese uno dei dodici volumi che recavano il mio nome come autore, lo aprí e lesse: O~r. Indagine su una civiltà preistorica dell'Africa centrale conoscitrice dell'arte orafa e sulla scomparsa città del Kalahari. molto interessante. Lo hai mai letto? Be', potrebbe anche essere ammisi. « Potrebbe essere, però... « Dove si trova? m'interruppe lei. « Nella fascia dell'oro? :~ Annuii « Esatto, proprio cosí. Con un sorriso di trionfo, Sally si chinò di nuovo sulla lente e sfiorò con la punta di un dito la freccia che, in un angolo della fotografia, indicava il nord. « Tutta la città... Se è una città :D l'interruppi. « Tutta la città ripeté lei calcando le parole, « è orientata verso il sole. Il Sole e la Luna, le due divinità... Le torri falliche... « Sal, quelle non sono torri, sono soltanto macchie scure su una fotografia presa da diecimila metri di quota! « Diecimila metri? Sal rialzò la testa di scatto. « Ma allora è enorme! Nella cerchia di queste mura, Zimbabwe c'entrerebbe sei volte... Però, mi domando perché mai sia disposta cosí a mezzaluna... » Si raddrizzò e, per la prima volta, per la prima meravigliosa volta, mi gettò di slancio le braccia al collo e mi abbracciò. « Oh, sono eccitata da morire! Quando partiamo? Quando andiamo a cercare la tua città scomparsa? Be'... :Soppesai accuratamente le parole. a Louren Sturvesant e io partiamo martedí. Non ha parlato di assistenti, perciò non credo che verrai anche tu. Si scostò di un passo e mi domandò, con ingannevole dolcezza: « Ci vuoi scommettere?
Mi piace avere almeno qualche probabilità di vincere, quando scommetto, perciò le dissi di preparare le valigie. Ventiquattr'ore dopo, eravamo pronti. Sally era una scienziata e i suoi effetti personali stavano tutti in una valigetta; ma, in compenso, i suoi album da disegno e i colori occupavano uno spazio non indifferente, cosicché, con il mio equipaggiamento, le sacche e le casse per i campioni, e la mia valigia di tela, ci ritrovammo con un bagaglio enorme. Per i sei giorni successivi, ammazzammo il tempo litigando a proposito di quella fotografia. Quando la tensione dei nostri nervi stava per raggiungere il limite di rottura, Sally si chiudeva a chiave nel suo ufficio e si metteva a lavorare alla interpretazione delle incisioni ru14 pestri del Driekoppen o delle pitture simboliche del Witteberg. Pitture rupestri, epigrafi, deciframento e traduzione di antiche scritture erano la sua specialità. L UCCELLO DEL SOLE Il giorno in cui Louren doveva tornare, Sally fu cosí agitata all'idea che lui potesse proibirle di venire con noi, da diventare addirittura insopportabile. Per stare lontano da lei, mi rifugiai per un'oretta nel reparto Lingue africane, con il mio gigantesco e arcigno collaboratore di pelle nera, Timothy Mageba. Timothy era venuto all'Istituto dodici anni prima, come uomo delle pulizie. Mi ci erano voluti sei mesi per scoprire che, oltre al sotho meridionale, sua lingua nativa, conosceva altri sedici dialetti africani. In un anno e mezzo, ero riuscito a insegnargli a parlare correntemente l'inglese, e in capo ad altri sei mesi a scriverlo. Cinque anni dopo, si era laureato in Lettere, ed era l'unica persona che conoscessi in grado di esprimersi, come me, sia nei dialetti del nord sia in quelli dei misteriosi boscimani pigmei del Kalahari. Per essere un linguista, era straordinariamente taciturno. Alto un metro e novantacinque e muscoloso come un pugile professionista, sapeva tuttavia muoversi con la grazia di un danzatore. Mi affascinava e, al tempo stesso, mi faceva un po' paura, con quella sua testa senza un capello, rapata e lucida d'unguento, che sembrava una nera palla di cannone. Nemmeno la camicia bianca e il professionale abito scuro riuscivano ad annullare una certa aura satanica che aleggiava intorno a lui e che io non avevo mai osato sondare Sotto la mia sorveglianza, per altro assai elastica, Timothy dirigeva il reparto linguistico dell'Istituto. Aveva pubblicato due libri di storia africana, che gli avevano attirato una bufera di contumelie da parte di studiosi e di critici di pelle bianca. Da piccolo, Timothy era stato allievo del nonno, stregone e custode delle tradizioni della sua tribú e, nel corso dell'addestramento, il vecchio lo aveva sottoposto a ipnosi, imprimendogli nel cervello, come su un nastro, l'intera storia della tribú. Timothy era tuttora capace di cadere in trance e di richiamarsi alla mente una quantità enorme di cognizioni, di fatti storici non documentati per iscritto e di dottrine magiche. Io stesso avevo attinto largamente a quel materiale, soprattutto durante la stesura di Ofir, che tratta dell~antica leggenda dei guerrieri dalla pelle bianca venuti d'oltremare, che scavarono miniere d'oro, ridussero in schiavltú le tribú locali, costruirono città circondate da mura e prosperarono per secoli, prima di svanire quasi senza lasciare tracce. Benché mi rendessi conto che Timothy controllava le ;nformazioni che mi passava - alcune erano di natura troppo segreta - non avevo mai rinunciatO ai tentativi di strappargli altre notizie. Quel lunedí mattina, Mageba si alzò in piedi rivolgendomi il suo abituale benvenuto. r
L UCCELLO DEL SOLE
« No! » mi guardò inferocito. « Nessuno deve entrare qui dentro, tranne noi due. Darò disposizioni in questo senso alle guardie. Ti aiuterò io. » Esplorammo il sotterraneo fino alle sei di sera. « Vediamo dove porta l'altro braccio della galleria » suggerii. « No. » Louren mi fermò. « Non dobbiamo trattenerci qui oltre l'orario normale. Gli altri non devono nemmeno sospettare che abbiamo trovato qualcosa A cena, Louren spiegò che piú nessuno avrebbe avuto il permesso di andare negli archivi, perché lui e io stavamo tentando un esperimento. Fu una serata difficile. Sopraffatto dalle emozioni della giornata, mi scoprivo a ridere troppo forte, a bere senza ritegno. E il tormento della gelosia era piú acuto che mai. Ma, nonostante tutto, non riuscivo a odiarli: li amavo tutti e due, e, proprio per quel motiVO, la situazione era ancora piú dura da sopportare. Non avrei potuto dormire quella notte, perciò andai in cerca di qualche distrazione. Cercai di calmarmi come meglio potei e mi recai al deposito. Il guardiano notturno mi salutò con voce assonnata. Andai alla cassaforte e presi il quarto libro d'oro di Huy, ma, prima di immergermi nella lettura, mi misi accanto la bottiglia del whisky. I miei balsami preferiti: il whisky e le parole.
Aplii il rotolo a caso e rilessi l'ode di Huy alla sua bipenne, alI ala splendente dell'Uccello del Sole. Come mai un oggetto cosí am.lto era stato abbandonatG con tanta noncuranza? Che ne era stato di Huy il guerriero, e del suo re, e della città di Opet? Continuai a leggere, scegliendo i passi che ancora non conoscevo. Il livello del whisky nella bottiglia scendeva lentamente... Poi, proprio mentre il nuovo giorno stava nascendo, mi imbattei in un toccante brano che scaturiva dal profondo dell'anima di Huy e che fece vibrare in me la corda di una nuova affinità. "Come nella terra vile giace nascosto l'oro" gemeva Huy, "cosí nella mia creta deforme si celano immensi tesori." L essi e rilessi il passo una mezza dozzina di volte, controllando la mia traduzione. Alla fine, dovetti convincermi che Huy Ben-Amon era come me: deforme. RIMIS1 a posto il libro d'oro e tornai lentamente verso la mia baracca Proprio in quel momento, Sally uscí dall'alloggio di Louren e avanzò verso di me. Nella primissima luce del giorno, la vestaglia chiara la faceva sembrare un'apparizione. Rimasi immobile dov'ero nascosto nell'ombra, sperando che non mi vedesse, ma dopo un attimo la udii trasalire dallo spavento. « Non temere, Sally. Sono soltanto io. « Ben? » Ci guardammo senza parlare. « Da quanto... « Da un bel po' » risposi. « Ma non ero qui per spiarti. » « Ti credo. » La sua voce era triste. « Ben, voglio spiegarti... » « Non devi spiegarmi niente. Non importa. :~ « Sí che importa. Non voglio che tu pensi... be', che io sia una donnaccia. Non ho potuto resistere, davvero. » Singhiozzava sommessamente. « Lo so » mormorai, e la accompagnai affettuosamente fin nella camera del suo alloggio. « Oh Ben ho tentato in tutti i modi, credimi... ma è stato piú forte di me. Mi ha come stregata, fino dal primo momento in cui l'ho visto Non volevo ferirti... Oh Ben, che cosa posso fare? « Louren che intenzioni ha, te l'ha detto? Pensa di lasciare Hilary per sposare te? » « No! No.., Per lui sono soltanto un'avventuretta qualsiasi. » Non feci commenti. Mi limitai a guardare in silenzio il suo bel viso angosciato, contento che finalmente avesse capito che Louren era il cacciatore e lei la selvaggina. V'erano già state tante Sally nella vita di Louren e ve ne sarebbero state altre ancora. « Se posso fare qualcosa per te, Sally dissi, avviandomi verso la porta, « dimmelo, ti prego. :~ « Ben:esclamò trattenendomi. « Ben, potrai amarmi ancora? Annuii senza esitare. « Certo. Ti amo e ti amerò sempre. » « Grazie. :Le sfuggí un lieve sospiro. « Credo che non avrei potuto sopportarlo, se tu mi avessi abbandonata. :~ « Questo non accadrà mai, Sal dichiarai, e uscii nella luce delI'alba. LOUREN e io scendemmo i gradini dietro l'immagine del sole. Mentre lui guardava avidamente i mucchi d'oro, io osservavo il suo viso sforzandomi di nutrire una scintilla d'odio per lui. Ma, quando si voltò verso di me sorridendo, non potei fare a meno di ricambiare il suo sorriso. « Diamo un'occhiata al resto, ora :disse Lo. Raggiungemmo il braccio sinistro della biforcazione, scendemmo la scala a chiocciola e ci inoltrammo per un breve corridoio delimitato da un lastrone di pietra, sul quale era incisa un'iscrizione che tradussi ad alta voce. «"Tu che vieni a turbare il sonno dei re di Opet, sappi che lo fai a tuo rischio e pericolo. Che la maledizione di Astarte e di Baal ti perseguiti fino alla morte!" Louren annuí con espressione grave, e si avvicinò al lastrone di
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. pietra, cercando la molla che avrebbe fatto scattare il meccanismo di apertura. Ancora una volta il punto chiave era il simbolo del dio Sole, Baal. La porta si spaiancò girando su sé stessa e noi entrammo nella tomba dei re di Opet. Il silenzio nella piccola cripta dal soffitto a volta era opprimente; nell'aria ristagnava un pesante odore di muffa. I sarcofaghi dei re erano allineati lungo le pareti; ventitré bare di granito, sulle quali erano incisi i magici nomi che echeggiavano nei libri d'oro di Huy. L'ultima era vuota, con il coperchio appoggiato alla parete. Sul pavimento, ai piedi del sarcofago, giaceva supino un uomo. Non portava elmo e il viso dai lineamenti raggrinziti era incorniciato dalla morbida aureola della barba e dei capelli rosso-dorati. La piastra anteriore della corazza era stata rimossa e una freccia spezzata gli sporgeva dal lato sinistro del petto. Indossava ancora un gonnellino di cuoio ornato di borchie di bronzo e le gambe erano protette da gambali di bronzo. Le braccia tese lungo i fianchi e i talloni uniti stavano a testimoniare che il corpo era stato ricomposto con cura e mfinito amore. Sopra di lui, era china un'altra figura, inginocchiata in atteggiamento di preghiera. Portava un'armatura priva soltanto della piastra anteriore della corazza. Il viso era nascosto dai lunghi capelli neri rovesciati in avanti e le mani si stringevano sul petto, trafitto da una spada, la cui impugnatura era saldamente incastrata fra due lastre del pavimento: cosí, un uomo si era sottratto all'estrema vergogna della sconfitta. Di fronte a quell'antica tragedia, Louren e io restammo in religloso silenzio. Non c'erano dubbi circa l'identità di quei due resti umani. Sul gelido pavimento di pietra, giacevano le spoglie di Lannon Hycanus, ultimo re di Opet, e, accanto a lui, era inginocchiato il suo amico e Gran Sacerdote Huy Ben-Amon. Mi sentii stringere alla gola da una sensazione di fatalità, da un angosciosO brivido di paura. Huy Ben-Amon, il difensore degli dèi era gobbo! Dovevo vederlo in faccia. Mi inginocchiai accanto a lui e gli sfiorai la spalla scarna, ricoperta da una tunica di fragile lino giallo. Fu un tocco leggerissimo, quasi un sospiro, ma il cadavere di Huy Ben-Amon cadde in avanti, sopra il corpo del suo re. Il rumore del bronzo contro la pietra echeggiò sinistro nella piccola cripta e le due figure si dissolsero in una piccola, silenziosa esplosione di polvere giallastra Del re e del suo sacerdote non rimasero altro che il metallo delle armature, una spada e due scarmigliati ciuffi di capelli, uno rosso dorato e l'altro nero. Mi rialzai, mezzo soffocato dalla polvere, una polvere gialla che sapeva di muffa. Louren Sturvesant e io restammo a guardarci senza parlare. Eravamo stati testimoni di un evento che le parole non potevano descrivere. Ml DESTAI da un incubo allucinante fatto di sangue e di fumo, di volti neri e di corpi lucidi di sudore, in un bagliore di fiamme crepitanti. Accesi il lume accanto al letto e guardai l'ora. Era ancora presto, nemmeno le undici di sera. Buttai indietro le coperte e mi alzai, scoprendo con stupore di avere le gambe molli e il fiato grosso. Ogni respiro mi causava una fitta di dolore, provavo un senso di oppressione dietro gli occhi e il corpo mi scottava per la febbre. Mi avvicinai al lavandino e mandai giú tre aspirine. Il bruciore nei polmoni si accentuò. Tossii come se fossi abituato a fumare sessanta sigarette il giorno e lo sforzo mi lasciò sudato e tremante. Senza sapere bene perché, infilai la vestaglia e uscii. In cielo, splendeva una falce di luna giallastra. L'incubo notturno tornò a opprimermi con tutto il suo orrore, mentre correvo verso l'ufficio guar-
dandomi intorno con occhiate nervose. Le ombre sotto gli alberi erano cupe e minacciose. Raggiunsi l'ufficio e, non appena ebbi richiuso la porta alle mie spalle, udii qualcosa graffiare il legno all'esterno, come gli artigli di un animale: un rumore che mi squassava i nervi. Mi allontanai dalla porta e mi accucciai dietro la scrivania, tremando. Il rumore ricominciò, ma questa volta sembrava provenire dalla parete accanto a me. Mi girai di scatto. Cercai disperatamente un'arma per difendermi e vidi la grande bipenne di Huy appesa alla parete sopra la scrivania. La strappai dal suo gancio e mi acquattai in un angolo impugnando la bipenne, pronto a colpire. Un'alta pila di fogli che stava sulla scrivania cominciò ad avanzare verso di me. Sentii la pelle accapponarmisi. La candida montagna di carta ondeggiò, strisciò lungo la scrivania e spiegò ali da pipistrello. Poi, l'animale spiccò il volo, puntando contro il mio viso. Vidi la bocca spalancata e la doppia fila di denti, udii le grida stridule con le quali accompagnava l'attacco. Urlando inorridito, abbattei quel mostro e ne vidi sprizzare un fiotto di sangue nero. Mi allontanai indietreggiando e caddi in ginocchio, esausto e atterrito. Un accesso di tosse convulsa mi squassò il corpo, finché non vidi danzarmi davanti agli occhi uno sciame di piccole luci. Mi sentii la bocca piena di saliva salata, e sputai sul pavimento un grumo di sangue. Allora, capii a un tratto che cosa stava accadendomi. L UCCELLO DEL SOLE Louren e io avevamo oltrepassato due porte sigillate, eravamo scesi nella profondità di una tomba che era rimasta ermeticamente chiusa per duemila anni e, là, avevamo respirato aria impregnata di spore di cryptococcus neuromyces. In preda all'entusiasmo, non avevo pensato al pericolo del micidiale fungo, nemmeno quando avevo sentito odore di muffa nella cripta dei re. E ora, il veleno stava aggredendomi il cervello. « Louren! :ansimai. « Devo trovare Louren! :~ Sempre stringendo la bipenne, uscii barcollando in una notte densa di fumo soffocante. Intorno a me, le fiamme awolgevano ogni cosa in un satanico bagliore, carico di ombre cupe e accompagnato da strani rumori. Mi misi a correre ed entrai a precipizio nella baracca del mio amico. « Louren! » urlai, ansimando e tossendo La luce si accese. Sally era sola nel letto di lui. Si alzò a sedere. « Ben, ma che cosa c'è? Sei tutto insanguinato! « Lo, dov'è Lo? « Non lo so. Era qui un attimo fa. Che cosa è accaduto:~ « Il neuromyces! Tossii e mi sentii di nuovo la bocca piena di sangue. « Louren e io abbiamo aperto una cripta segreta. piena di spore. Lui è certamente là, adesso. Devo andare a prenderlo... M'interruppi per respirare. Sally era già fuori del letto e stava infilandosi la vestaglia. « Prendi le maschere e seguimi » ansimai. « Puntellerò le porte per tenerle spalancate. Chiama anche Ral. » Corsi come un pazzo verso le rupi, in mezzo al fumo, alle fiamme, all'oscurità. Sopra di me, torreggiavano alte le mura del tempio, mura scomparse da secoli. Illuminate dalle fiamme che divoravano la città, le grandi torri di Baal svettavano verso la luna. Udivo le urla delle donne bruciate vive insieme con i loro bambini. La mia strada era disseminata di cadaveri dai volti orribilmente sfigurati. « Louren! urlai, attraversando di corsa il tempio. I nemici mi sbarravano la strada, neri e terribili. La possente bipenne prese a disegnare cerchi d'argento nel riverbero degli incendi e io passai in mezzo alla folla, correndo. Raggiunsi la caverna, la vidi illuminata da torce gocciolanti, disposte intorno al laghetto di smeraldo. Per un momento, con un sovrumano sforzo di volontà, costrinsi il mio cervello a bandire quelle
fantasie e a riconoscere la realtà. Vidi la baracca di legno delle guardie all'ingresso della caverna. « Buon Dio, professore, si sente bene? » domandò l'agente. « Il signor Sturvesant... è nella galleria~ « Sí, è venuto poco fa. » Mi precipitai negli archivi, senza dargli spiegazioni. Ci avrebbero pensato gli altri a informarlo dell'accaduto. Continuavo a sentire odore di fumo e a udire i clamori di una città morente. Davanti alI'immagine del dio Sole, lasciai cadere la bipenne. Spinsi la grande porta di pietra e la fermai con uno degli scudi, poi mi precipitai giú per le scale. Fatti pochi gradini, vidi un raggio di luce proveniente dalla cripta. La porta della tomba, con la sua maledizione divina, era spalancata: il cavo della lampada portatile aveva bloccato il perno. Louren giaceva supino ai piedi del grande sarcofago di Lannon Hycanus, ultimo re di Opet: aveva il volto di un pallore mortale e gli angoli della bocca macchiati di sangue. Con l'ultimo brandello di forza rimastomi, mi trascinai fino a lui e caddi in ginocchio. Tentai di sollevarlo, ma la testa gli ricadde alI'indietro e un altro fiotto di sangue gli sgorgò dalla bocca. « Louren! gridai, stringendolo al petto. « Oh Dio, ti prego, aiutami! Lui socchiuse gli occhi, quei suoi occhi azzurro pallido, già incupiti dalle prime ombre della morte. « Ben? » susurrò con voce a malapena percettibile. « Fino alla fine, socio? » « Fino alla fine Lo! Lo tenni stretto a me come un bambino addormentato. Rimase tranquillo per qualche istante, poi ebbe un fremito improvviso e, quando parlò di nuovo, la sua voce echeggiò limpida e forte. « Vola! gridò. a Vola per me, Uccello del Sole! E, insieme con quelle parole, esalò l'ultimo respiro. Inginocchiato accanto a lui, mi sentii cadere in uno stato di incoscienza. Ebbi la sensazione che il mondo si rivoltasse sottosopra. Mi estraniai dalla realtà contingente per scivolare nella turbinante oscurità dei tempi, giú, giú, in una sorta di limbo fra la vita e la morte... E, nella mia agonia, feci un sogno. Nel malefico sonno della morte, che durò un attimo e milioni di anni, sognai di uomini morti da secoli, in un'epoca perduta da millenni PARTSECONDA QuANr)o Lannon Hycanus e la sua scorta giunsero finalmente alla baia del Piccolo Pesce, sull'estrema costa meridionale del Grande Lago, dei trenta giorni imposti dal rituale ne rimanevano soltanto due. Era già buio quando le navi gettarono l'ancora e le lampade di bordo tracciarono lunghi solchi di luce sulle acque nere. Mentre, dal ponte della nave, Lannon osservava la scura distesa dei campi di papiro, vi fu un rumore di passi alle sue spalle. Si voltò e vide la l L UCCELLO DEL SOLE sagoma inconfondibile del suo amico. « Huy! esclamò. « Sono tornati gli esploratori? :~ « Non ancora, ma arriveranno certo prima di domattina. » Il gobbo si avvicinò al suo principe. « Devi dormire, mio signore. Avrai bisogno di mano salda e di occhio sicuro, domani. :~ « A volte mi sembra di avere dieci mogli, invece di nove » rise Lannon, ma si pentí subito della battuta, vedendo il viso del compagno rabbuiarsi. « No, amico mio, stanotte darei inutilmente la caccia al sonno, come invano ho dato la caccia al gry-leone in questi ventotto giorni dopo le esequie di mio padre. » Si girò nuovamente verso il parapetto. Nove navi attorniavano la sua: le navi delle no-
ve famiglie venute per vederlo uccidere il gry-leone, I'impresa che avrebbe consacrato il suo diritto al trono di Opet e dei Quattro Reami. « Guardali, Huy! Quando fu stabilito il sacro rituale, i loro avi avevano forse previsto il giorno in cui il gry-leone sarebbe scomparso da queste terre? Mio padre lo uccise al venticinquesimo giorno, e, già allora, si disse che la specie era ormai estinta. Ora noi gli abbiamo dato la caccia in tutti i covi dove è stato visto negli ultimi duecento anni. » Si mise a camminare su e giú per il ponte, soffermandosi a guardare le file di schiavi seminudi che dormivano incatenati ai loro banchi sottocoperta, prima di tornare vicino a Huy. « Questa distesa paludosa è l'ultimo posto in tutto il reame dove possa nascondersene uno. E se non lo troviamo... Non ho altro modo per provare il mio diritto al trono» « No, mio signore. » Huy scosse malinconicamente la testa. « Se il gry-leone non verrà catturato, Opet rimarrà senza re. « E chi governerà? « 11 consiglio dei nove. Ma non parliamo di cose tristi. Ti ho fatto preparare una brocca di vino caldo aromatizzato. Ti aiuterà a prendere sonno. » « Perché non interpreti l'oracolo per domani, Gran Sacerdote di Baal? :~ « E se gli auspicii fossero infausti... ciò ti aiuterebbe a dormire? :~ Lannon scoppiò in una fragorosa risata. « Hai ragione, come sempre! » S'era appena girato per andarsene, quando dal folto dei papiri una voce roca gridò: « Lasciatemi passare, sono un amico! » Una guardia sul ponte diede il chi va là, cui fece eco una sorta di muggito: « Mursil, maestro di caccia della famiglia Barca. Lannon tornò di corsa al parapetto. « arrivato! :esclamò. Una piccola canoa venne a fermarsi sotto lo scafo e, poco dopo, Mursil salí sul ponte. Il gigantesco uomo, dal viso rosso di sole e di vino, era seguito da un piccolo boscimano bruno, che si guardava intorno con un'espressione di sgomento negli occhi dal taglio obliquo, atterrito dalla novità di tutto ciò che vedeva. « Mio signore! » Mursil piegò un ginocchio a terra. « Ti porto buone nuove. Quest'uomo e indicò quella specie di pigmeo seminudo, « ha trovato un gry-leone. » Lannon si voltò verso Huy con un'espressione di trionfo. « Gh dèi hanno deciso. La famiglia Barca non è ancora finita! » ALL'ALBA, il boscimano guidò Lannon, Mursil e Huy lungo una pista di bufali, una verde galleria di canne, cui le foglie di papiro facevano da volta, che serpeggiava lungo il terreno paludoso. Dietro di loro, si snodava una processione di circa quattrocento uomini, poiché molti patrizi erano scesi a terra per snidare il gry-leone con una congrua scorta di armati. Finalmente, sbucarono in una specie di anfiteatro naturale, una spianata circolare di erba lussureggiante, chiusa su tre lati dalla folta distesa di papiri e larga sei o settecento metri. Al centro di quella radura, giacevano indefinibili forme scure. Mursil interrogò il pigmeo in un dialetto incomprensibile e Huy Ben-Amon si affrettò a prendere qualche appunto: gli sarehbe servito per studiare quella lingua, la sola di tutti e quattro i reami che non conoscesse alla perfezione. « Mio signore, dice che sono bufali uccisi dal gry-leone. » « Ma la belva dov'è? domandò Lannon, e il boscimano indicò un punto nella radura. « là » spiegò Mursil. « Dietro la seconda carcassa. Dice che vede la punta degli orecchi. » « A questa distanza? impossibile. » « Non tanto, signore. Quest'uomo ha occhi d'aquila. « Sarà peggio per te, se sbaglia. » Lannon si rivolse a Huy. « Pre-
pariamoci, Uccello del Sole. » Mentre alcuni del seguito spogliavano Lannon lasciandogli soltanto un perizoma gli altri si sparpagliavano lungo il limitare della scura distesa di canne, sullo sfondo delle quali splendevano al sole le armi e gli sgargianti colori rosso, bianco e porpora delle vesti. Nel silenzio generale, Lannon si girò verso di loro. « Proclamo il mio diritto al trono di Opet e dei Quattro Reami » l 12 disse con semplicità, ma con voce forte e chiara che fu udita da tutti. Huy, che portava pettorale e bracciali di cuoio, sopra una corta tunica di lino e un gonnellino pure di cuoio con borchie di bronzo, porse al principe le armi: prima il grande scudo ovale di pelle di bufalo, alto come un uomo e largo quanto le sue spalle, sul quale erano dipinti due enormi occhi bianchi e gialli che, con la loro espressione aggressiva, avrebbero spinto l'animale a caricare. « Che questo scudo ti protegga da ogni male susurrò Huy. Poi, la lancia da caccia, con l'asta grossa quanto il polso di Lannon e lunga due volte la sua altezza, munita di una lama larga e affilata come un rasoio. « Che questa lama possa trovare il cuore della belva mormorò sommessamente Huy. Poi, aggiunse a voce alta: Ruggisci per me, Gry-Leone di Opet! Lannon batté una mano sulla spalla di Huy. « Vola per me, Uccello del Sole! Con lo scudo sulla schiena, per non mostrare gli occhi il giovane principe avanzò verso la belva in agguato. Ricordava ii consiglio del suo vecchio maestro di caccia: "Fa' in modo che si awicini esponendoti il fianco. Il gry-leone carica a testa bassa ed è vulnerabile in un punto solo, alla base del collo, fra la spalla e la spina dorsale". Poi, ricordò le parole del solo uomo da lui conosciuto che avesse affrontato la belva: suo padre, ventiduesimo Gry-Leone di Opet. "Quando le avrai piantato in corpo la lancia, restale attaccato con tutte le tue forze, figlio mio. Perché l'animale è ancora vivo e quelI'asta è tutto ciò che lo terrà lontano da te finché non sarà morto". Lannon avanzò con passo sicuro, osservando attentamente la carcassa nera del bufalo, senza tuttavia scorgere segno della belva. Nel grande silenzio, poteva udire i battiti del proprio cuore. A un tratto, percepí un rapido movimento, nient'altro che il fremito di due orecchi, ma tanto gli bastò per sapere che l'animale era in agguato. Si sentí i piedi appesantiti dalla paura e dovette fare uno sforzo per proseguire. Poi, il gry-leone balzò in piedi e Lannon soffocò un grido. Alta quanto un uomo e pesante quanto un cavallo, quella belva era il piú pericoloso animale da preda mai conosciuto. Tenendo eretta la testa, piatta come quella di un serpente, quasi a bilanciare il peso delle lunghe zanne candide, e sfenando l'aria con la coda terminante in un ciuffo di peli neri, il gry-leone osservava l'uomo che si avvicinava. Lannon era a un centinaio di passi, quando la fiera si accucciò, appiattendO gli orecchi contro la testa. Il giovane principe ne scorgeva gli occhi gialli nello spigoloso muso color marrone scuro. Con- 113 tinuò ad avanzare e la criniera bruna del gry-leone si drizzò. Cinquanta passi, e la belva ruggí, un ruggito sordo e spaventoso come il romho dei frangenti durante una tempesta. Lannon si fermò, impietrito. Esitò a lungo. Poi, con un movimento brusco che tradiva la paura, fece scivolare lo scudo dalle spalle e mostrò alla belva i grandi occhi dipinti. La coda dal ciuffo nero si sollevò e rimase rigida e immobile L'animale abbassò la testa e partí alla carica. Lannon si rizzò sulla punta dei piedi e, vinta la paura, balzò incontro alla fiera infuriata, poi deviò ad angolo retto, costringendola a girarsi verso di lui e a mostrare cosí il collo e il fianco. Mentre correva, la lama della lancia danzava nel sole davanti a lui. Il gry-leone si avvicinò velocemente, appiattendosi sul terreno, pron-
to a scattare per il colpo mortale. Lannon aspettò fino all'ultimo, poi alzò leggermente l'estremità della lancia, mirando al punto vitale, alla base del collo: il gry-leone fece un balzo e andò a infilzarsi sull'arma, trascinato dal suo stesso peso. La lama si conficcò profondamente nel collo dell'animale e la violenza dell'impatto sbilanciò e spinse all'indietro Lannon, che cadde sulle ginocchia; ma il giovane principe continuò a tenere ben stretta L UCCELLO DEL SOLE I'impugnatura della lancia. La belva si agitava ruggendo negli spasimi dell'agonia e la lancia sobbalzava e sussultava fra le mani dell'assalitore, urtandogli contro le costole. Poi, a un tratto, I'animale fece un balzo all'indietro e Lannon fu scagliato verso il cielo. L'asta della lancia si spezzò come un ramoscello e il giovane venne scaraventato lontano, con l'inutile troncone dell'arma fra le mani. La pesante caduta gli mozzò il respiro. Lannon si mise faticosamente a sedere e si guardò intorno. A dieci passi da lui, il gry-leone si contorceva negli ultimi spasimi della morte. Finalmente, il dorso gli s'inarcò, le zampe si irrigidirono e, con le fauci spalancate in un ultimo ruggito di dolore, I'animale crollò a terra stecchito. Gli uomini del seguito acclamarono il loro re e si mossero lentamente verso la minuscola figura al centro della radura. Huy li precedette andando di corsa incontro al suo principe. Con quelle gambe troppo lunghe per il suo busto rattrappito, pareva danzasse sul terreno, i lunghi capelli neri fluttuanti dietro il capo e la bipenne con incisi gli avvoltoi posata su una spalla. Era a mezza strada da Lannon, quando un secondo gry-leone, rimasto in agguato dietro la carcassa di un bufalo, balzò improvvisamente allo scoperto. Huy fu il primo a vederlo. « Lannon! Attento! Dietro di te! » Il re si girò e vide l'animale, una femmina, piú bionda e piú snella del maschio, ma notoriamente piú feroce, che stava avanzando verso di lui con mortale determinazione. 'Baal, fammi volare!" pregò Huy, vedendo che il suo principe faticava a rialzarsi. La belva procedeva con passi furtivi alternati a brevi scatti. Huy corse verso la fiera, gridando: « Qui! Vieni qui! Soltanto allora l'animale lo vide. Alzò la testa e rimase a fissarlo con i lucenti occhi gialli. « Qui! urlò Ben-Amon. « Sono qui! » La belva partí alla carica. Huy si preparò ad affrontarla, la bipenne sulla spalla, lo sguardo fisso sulla macchia nera fra gli occhi del gry-leone. « Per Baal! » gridò mentre la belva percorreva l'ultimo breve tratto di terreno che li separava. La bipenne fischiò nell'aria. La grande lama spaccò il cranio delI'animale e il manico saltò immediatamente di mano a Huy, mentre il felino, morto sul colpo, gli rovinava addosso con tutto il suo peso. Quando Huy riaprí gli occhi, Lannon Hycanus, ventitreesimo re di Opet, era inginocchiato accanto a lui nello splendore del sole. « Sciocco :mormorò il re. « Piccolo sciocco temerario! « Temerario, forse » susurrò a fatica Huy. « Ma sciocco no di cer- l 15 to, mio signore e sovrano! :E vide un lampo di sollievo illuminare gli occhi di Lannon. 1 16 LE PELLI delle due belve vennero appese all'albero maestro, sotto il vessillo con le insegne dei Barca, e lí Lannon ricevette il giuramento di fedeltà dei capi delle nove famiglie nobili di Opet. Appena terminata la cerimonia, il nuovo sovrano diede ordine di salpare immediatamente verso la capitale. Quando le colline apparvero all'orizzonte, riverberanti la luce crepuscolare del sole al tramonto, Mursil, seguito dal piccolo boscimano, si presentò a Lannon. « Ci hai fatti chiamare, signore? « Ti devo una ricompensa, Mursil. Che cosa vuoi? :~
« Oro, se non ti dispiace, mio signore. « Huy, scrivi un ordine per cinque dita d'oro. « Che la benedizione di Baal ti protegga in eterno, mio signore! :~ Lannon accennò al pigmeo. « Come si chiama? :~ « Xhai, signore. « Domandagli che cosa vuole. La libertà? :~ Mursil e il boscimano parlarono a lungo, prima che il maestro di caccia si rivolgesse di nuovo al sovrano. « Chiede una cosa piuttosto strana. Vorrebbe poter cacciare sempre con colui che ha ucciso il gry-leone. convinto, mio signore... » Mursil appariva a disagio e sudava un poco, « è convinto che tu sia un dio e vuole essere il tuo schiavo. :~ Lannon rise. « Allora lo nominerò capocaccia del re, con relativa paga e privilegi. Portalo con te e insegnagli la nostra lingua. Mentre le navi di Lannon si avvicinavano alla città, la flotta da guerra di Opet uscí dal porto per andare loro incontro. Non appena gli equipaggi videro le due pelli appese all'albero maestro, una entusiastica ovazione si levò sulle acque del lago. Sul molo di pietra sotto la città, migliaia di persone vestite delle loro vesti piú belle e sgargianti erano in attesa di poter dare il benvenuto al re. Le prime a congratularsi con Lannon furono le sue mogli: nove, una per ogni famiglia nobile, giovani matrone d'alto lignaggio, bellissime e orgogliose, che s'inginocchiarono chiamandolo per la prima volta "sire". Huy osservò la scena avvertendo una profonda pena nel cuore. Quelle donne erano ben diverse dalle umili schiave, arrendevoli e sciocche, che erano sempre state la sua sola compagnia. Quelle erano donne nel vero senssdella parola. Lui aveva bisogno di una compagna del genere, ma, in tutte le grandi famiglie dove aveva presentato la sua richiesta, era stato sdegnosamente respinto. Non sapevano vedere altro che la sua gobba, e lui non poteva biasimarli. Sgattaiolò via e si awiò verso la sua casa, nel quartiere dei sacerdoti, fra le due cerchie di mura del tempio. Tutti i suoi vecchi servi vennero ad accoglierlo e si agitarono tremuli e scioccamente premurosi intorno a lui, con le teste canute e le gengive senza denti. Dopo essere stato lavato e rimpinzato di cibi, Huy si rifugiò nelle sue stanze per riposare un poco, ma s'era appena disteso sul letto quando una vociante masnada dei figli piú grandicelli di Lannon infranse le deboli difese dei suoi schiavi e invase la camera senza tanti complimenti. Con un sospiro, Huy rinunciò al riposo e mandò uno dei ragazzi a prendergli il liuto. Non appena cominciò a cantare, i servi si intrufolarono a uno a uno nella stanza e si accoccolarono silenziosi lungo una parete. Huy Ben-Amon era di nuovo a casa. NELLA primavera dell'anno 296 dalla fondazione della città di Opet, sei mesi dopo avere ucciso il gry-leone e avere proclamato il proprio diritto al trono dei Quattro Reami, Lannon Hycanus lasciò la capitale per andare a ispezionare i confini del regno. Aveva ventinove anni, uno piú del suo Gran Sacerdote Si mise in marcia con due legioni di arcieri e di uomini armati di scuri. Poiché tutti i tentativi di allevare cavalli portati dal nord erano falliti, al posto della cavalleria, aveva con sé venticinque elefanti che recavano sulla groppa torrette piene di arcieri. Dato che un elefante infuriato poteva seminare la strage nel suo stesso esercito, gli uomini che li guidavano erano muniti di una mazza e di un punteruolo, pronti a conficcario nel cervello degli animali in caso di necessità. Insieme con il re, partirono Huy Ben-Amon e un'altra decina di sacerdoti, oltre a costruttori, medici, fabbricanti di armature, cucinieri, schiavi, mercanti: tutto il seguito, insomma, di un esercito in marcia, che formava una colonna lenta e disordinata lunga piú di venti chilometri. « Con l'aiuto di Xhai, voglio fare una grandiosa battuta di caccia
nel reame meridionale » confidò Lannon al suo Gran Sacerdote. « Una battuta senza precedenti. Quando torneremo verso nord, comunque, faremo tappa a Zeng e, da lí, proseguiremo in schieramento di battaglia con le nostre legioni e quelle di Zeng e andremo a fare una grossa retata di schiavi, per insegnare alle tribú negre del nord che un nuovo re è saiito sul trono di Opet. » Cinque mesi dopo la partenza da Opet, le legioni di Lannon raggiunsero la catena di montagne azzurre che segnava il confine del reame meridionale e lí si accamparono per barattare merci con i b~scimani. « Come si formano queste pietre del sole? » domandò Huy BenAmon al tesoriere Rid-Abbi, esaminando un diamante color paglieriL UCCELLO DEL SOLE no grosso come una nocciola, avuto in cambio di una manciata di perline di vetro. « Quando il sole e la luna appaiono insieme nel cielo, può accadere che i loro raggi si sovrappongano. Allora, si surriscaldano, si appesantiscono e cadono sulla terra; se finiscono nell'acqua si spengono e si solidificano trasformandosi in una di queste pietre, appunto le pietre del sole. La spiegazione parve oltremodo convincente al Gran Sacerdote, che osservò in tono riverente: « Una goccia dell'amore di Baal e di Astarte. Nessuna meraviglia che siano cosí splendide! » Alzò gli occhi e guardò Rid-Abbi. « E dove si trovano? :~ « Dicono che i pigmei vadano a cercarle fra la sabbia dei fiumi e in riva ai laghi spiegò il tesoriere. Nel giro di quattro giorni, il tesoro di Opet s'era arricchito di cinque grandi giare di terracotta colme di diamanti. Al seguito del re, s'erano aggiunti ottantasei bambini boscimani presi come schiavi. I boscimani erano ottimi cacciatori e i piccoli furono affidati alle cure di Xhai. Soltanto dieci o dodici di loro morirono di spavento o di crepacuore durante il viaggio. Finalmente, Lannon levò le tende e piegò verso nord, raggiungendo in breve il margine della fascia dell'oro, che attraversava il reame centrale. Da quella fascia proveniva la maggior parte delle ricchezze di Opet. I cacciatori d'oro del re avevano acquisito un'abilità quasi diabolica nel rintracciare i filoni del prezioso metallo celato tra le rocce, e il minerale veniva estratto da plotoni di schiavi negri che lavoravano nudi negli angusti cunicoli senz'aria. Lannon fece parecchie soste per ispezionare le miniere. In una, gli scavi avevano ormai raggiunto il livello delle acque sotterranee e poiché non si conosceva alcun sistema per farle defluire, la miniera doveva essere restituita ad Astarte, madre della luna e della terra: era stata concessa agli uomini dalla generosità della dea, e a lei doveva tornare. Com'era sua prerogativa, Lannon scelse le vittime sacrificali del rito, consigliandosi con i sorveglianti per decidere quali schiavi sarebbero stati una perdita meno grave per il lavoro. I prescelti, adorni delle simboliche catene del sacrificio, curvi, barcollanti, squassati dalla tosse contratta in miniera, furono condotti nelle gallerie per l'ultima volta. Huy incaricò uno dei suoi sacerdoti di sovrintendere alI'operazione e quando il suo emissario riemerse dalla galleria, intonò gli inni in lode di Astarte mentre gli altri schiavi cominciavano a interrare la miniera. Il rito aveva lo scopo di placare definitivamente la dea e di permettere che si formasse di nuovo altro oro. TRECENTO giorni dopo la partenza da Opet, la colonna di Lannon raggiunse le colline ai piedi dei monti Zeng: lavorate a terrazze e coltivate intensivamente, quelle colline costituivano la dispensa della capitale e la loro roccaforte era una piccola città costruita in vetta a un colle, che aveva preso il nome dal dodicesimo re di Opet: Zeng Annone. Vi erano templi dedicati a Baal e ad Astarte e Huy
trascorse una ventina di giorni in sinodo con i sacerdoti e le sacerdotesse. Passò anche in rivista la sua legione di sacerdoti-guerrieri la Sesta Ben-Amon, una delle due di stanza a Zeng e la sola, delle otto legioni di Opet, composta esclusivamente da guerrieri di sangue nobile. Poiché si stavano organizzando i preparativi per la grande retata di schiavi progettata da Lannon, Huy ebbe lunghi colloqui con gli ufficiali della legione. Una sera, li invitò a cena nella sua splendida residenza all'interno della cerchia di mura del tempio, insieme con le sacerdotesse di Astarte, mentre Lannon fu l'ospite d'onore. Erano tutti inghirlandati di fiori e molto allegri per le abbondanti libagioni. A sera inoltrata, uno dei sacerdoti piú giovani accennò che una novizia del tempio aveva mostrato di possedere insospettate doti profetiche. La Gran Sacerdotessa levò sul giovane i suoi vecchi occhi colmi di saggezza. « Sí, è vero che una delle nostre novizie ha saputo guardare oltre il velo de] futuro » ammise in tono guardingo, « ma la congregazione non ha ancora deciso se mandarla dal Gran Sacerdote perché la metta alla prova. » « Non ne sapevo niente :osservò Huy con interesse, ma in tono leggermente accusatore Da due anni erano senza indovini o sibille e le offerte in denaro per divinazioni e profezie costituivano una parte notevole delle entrate del tempio. Inoltre, ragioni politiche rendevano Huy ansioso di scoprire un nuovo veggente. « Perdonami, Padre Santo. Era mia intenzione discuterne con te in privato. » La Gran Sacerdotessa aveva parlato sottovoce, ma il re aveva ottimi orecchi. « Mandate a chiamare la ragazza » ordinò. Le sacerdotesse si scandalizzarono per quell'appellativo cosí profano. « Che venga a divertircl con le sue profezie. :~ « Cosí comanda il re » mormorò Huy, con un'occhiata di scusa alla Gran Sacerdotessa. Quando la ragazza entrò, tutti i presenti tacquero e rimasero immobili a fissarla. Alta, con polsi e caviglie sottili, portava la lunga tunica verde delle novizie che le lasciava scoperte le braccia, e la sua pelle levigata splendeva nella luce delle torce. I capelli neri e soffici, che le ricadevano fluenti sulle spalle, mettevano in risalto la mezzaluna d'oro, simbolo di Astarte, che le adornava la fronte e gli orecchini con piccole pietre del solc che le brillavano agli orecchi. I suoi occhi verdi, pensò Huy, ricordavano le acque del laghetto di Astarte, nel tempio di Opet. La giovane novizia si inchinò davanti a lui. « Prega per me, Padre Santo. « Rendi omaggio al tuo re, bambina mia mormorò Huy e la ragazza si girò verso Lannon inginocchiandosi in segno di deferenza. « Come ti chiami? :domandò Huy. « Tanith :D rispose lei. Era l'appellativo di Astarte usato dagli antichi cartaginesi. a Un bel nome, un nome che ho sempre amato. « Sei molto buono, Padre Santo mormorò la ragazza con un sorriso Aveva un sorriso caldo e rassicurante e Huy Ben-Amon si innamorò di colpo di lei. Rimase a guardarla, incapace di pronunziare una parola, sentendosi awampare in viso. Fu Lannon a spezzare l'incantesimo. «Fammi una profezia » ordinò alla novizia. « Ti farò una profezia, mio signore, ma prima bisogna stabilire il compenso. :~ « Compenso? Lannon non era avvezzo a tanta franchezza. « Padre Santo, vuoi stabilire il compenso? » domandò Tanith rivolgendosi al Gran Sacerdote. « Cento dita d'oro. » Huy aveva parlato senza rendersi conto delI'enormità della cifra e, vedendo lo scatto di collera di Lannon, si affrettò ad aggiungere: « Per tale compenso, il Gry-Leone avrà diritto a fare tante domande quante sono le dita della sua mano destra ». « Dubito che la sapienza di una bambina possa valere tanto... ma
mi diverte metterla alla prova. » Lannon sembrava tutto meno che divertito. Prese la coppa del vino e bevve un lungo sorso, poi guardò Tanith. « Sto andando al nord per una missione. Dimmi quale sarà il suo esito. :~ Uno schiavo portò un cuscino e la novizia vi si accomodò, allargando intorno a sé le pieghe della tunica. Poi, abbassò il capo e i suoi occhi parvero scrutare dentro sé stessa. Nella sala, corse un mormorio d'attesa. « Vi sarà una grande messe mormorò Tanith con una voce stranamente innaturale e monotona. « Piú grande di quanto il Gry-Leone si aspetti. :~ Lannon si accigliò. « Intendi dire una messe di morte? » 120 « Porterai la morte, ma essa tornerà con te, in segreto e ignorata. Era una predizione infausta. Huy avrebbe voluto intromettersi... Quella faccenda cominciava a non piacergli per niente. « Che cosa mai dovrò temere? » domandò ancora il re, corrucciato. « Ciò che è nero. » « Come troverò la morte? » Lannon tremava visibilmente di collera: la voce gli si era arrochita e gli occhi azzurri mandavano lampi minacciosi. « Per mano di un amico. :~ « Chi regnerà sul trono di Opet dopo di me? » « Colui che ucciderà il gry-leone. » Con un gesto di stizza, Lannon fece cadere dalla tavola la coppa del vino, mandandola a frantumarsi sul pavimento di pietra. « Il gryleone è ormai estinto :urlò. « L'ultimo l'ho ucciso io. Osi forse profetizzare la fine dei Barca? » « Questa è la tua sesta domanda, mio signore. » Tanith rialzò la testa. « Non riesco a vedere la risposta. « Portate via questa strega! » ruggí Lannon. Huy fece un rapido cenno alla Gran Sacerdotessa perché accom- 121 pagnasse fuori la novizia e ordinò a uno schiavo di portargli il liuto. Soltanto dopo la terza canzone, Lannon tornò a sorridere. LA VIGILIA della partenza delle legioni da Zeng Annone, cinque giorni dopo quella cena, Huy fece chiamare Tanith. Gli ci era voluta tutta la sua forza di volontà per non farlo prima. La novizia gli apparve ancora piú graziosa di quanto non la ricordasse. Camminarono insieme sulle mura della città. « Ho dato disposizioni alla Gran Sacerdotessa perché ti mandi con la prima carovana a Opet. Farai parte delle vestali di Astarte... e aspetterai il mio ritorno. :~ « Come comandi, Padre Santo. Il suo tono di umiltà contrastava con l'espressione del volto. Huy scrutò i verdi occhi della ragazza. « Che cosa significavano le parole che hai detto al re, Tanith? » « Non lo so. Prendevano forma nella mia mente, fuori della mia volontà. :~ « Tu credi che io sia l'eletto dagli dèi, Tanith? :~ « Lo credo, Padre Santo. Rispondeva con schiettezza e rispetto cosí evidenti, che Huy non ebbe piú dubbi sulla sua sincerità. L'amava, ma vedeva in lei anche un utile strumento. « Quale sarà il tuo destino, Tanith? domandò a un tratto. Non lo vedo. Ma so che questo nostro incontro fa parte di esso. Huy sentí il cuore gonfiarglisi nel petto, ma la sua voce continuò a essere burbera. « Figliola, come sacerdotessa dovresti sapere che non puoi parlare cosí a un uomo. » « Padre Santo, mi hai fraintesa. Non intendevo in senso sacrilego. » « E come, allora? » insistette Huy, deluso da quelle parole. « Troveremo la risposta quando ci rivedremo a Opet, Padre Santo. :Huy avrebbe giurato di aver visto un lampo di furbesca malizia scintillare negli occhi verdi della ragazza. LANNON era ritto davanti a un plastico di argilla del bacino del Gran-
de Fiume. A occidente, si trovavano le Nubi di Baal, una grandiosa cascata che mandava i suoi spruzzi fino al cielo; dopo il salto, il fiume proseguiva verso oriente lungo una profonda vallata e un'ampia pianura, per allargarsi poi a ventaglio nei numerosi bracci di un ampio delta che sfociava nel mare Orientale. Lannon indicò ai suoi venti ufficiali le caratteristiche principali della vallata, una zona afosa e malsana dove impervi bastioni rocciosi, ammantati di fitte foreste e popolati di elefanti, si ergevano sui due lati del fiume. « Le nostre spie hanno individuato i principali viliagg; dove le tribú negre sono ammassate. Si trovano, per lo piú, in posizione elevata, a una giornata di marcia oltre il fiume, ed è molto importante che tutti vengano attaccati nel medesimo giorno. Proseguí, assegnando a ognuno dei comandanti un obiettivo deterL UCCELLO DEL SOLE minato, un punto dove attraversare il fiume e una strada da seguire al ritorno. « Non correrete alcun pericolo di venire attaccati sulla via del ritorno, purché infliggiate loro un colpo decisivo al primo attacco. Ogni tribú è in guerra con le altre, perciò non riusciranno a trovare un accordo per allearsi contro di noi. » Spiegò loro la logistica dei rifornimenti e le direttrici di marcia quindi fissò la data dell'attacco. « Il dodicesimo giorno da oggi. Cosí, ognuna delle vostre legioni avrà il tempo necessario per raggiungere i villaggi dei barbari. » La legione di Huy doveva attaccare una delle tribú piú numerose e battagliere, quella dei venda, il cui villaggio sorgeva a monte della sponda settentrionale del Grande Fiume, nel punto in cui un affluente scendeva dall'altopiano. Il Gran Sacerdote fece accampare i suoi uomini attorno al presidio di Sett. I fuochi erano vietati durante il giorno e accuratamente schermati di notte, mentre i legionari erano occupati a costruire grandi zattere, poiché piogge torrenziali avevano gonfiato il fiume, rendendo impossibile il guado. Due sere prima che fosse sferrato l'attacco, una bireme sbarcò sulla sponda opposta arcieri e soldati armati di scuri, che, prima delI'alba, provvidero a tendere grosse funi attraverso il fiume; allora si misero in acqua le zattere, che vennero agganciate alle funi scorrevoli. I legionari salirono a bordo a scaglioni di cinquanta e gli elefanti guadarono il fiume seguendo le funi e trainando senza difficoltà le zattere sull'altra riva. L'intera operazione fu condotta a termine con assoluta disciplina e precisione: a metà pomeriggio, tutta la legione si trovava sull'altra sponda del Grande Fiume. Lannon raggiunse Huy e, lasciata una coorte a guardia del punto di traghetto, il re e il suo Gran Sacerdote si misero in marcia verso il villaggio barbarico di Kal, protetti da uno schermo di fanteria leggera. Qualche pastore o cacciatore, che ebbe la sventura di trovarsi sulla loro strada, fu liquidato con una silenziosa grandinata di frecce o con un ben assestato colpo di scure. Al tramonto, i legionari si fermarono a consumare un pasto frugale composto di carne fredda e di focacce di grano, mentre i vivandieri distribuivano il vino. « Guarda! » Huy batté una mano sulla spalla di Lannon e accennò alle colline verso nord. Il cielo era arrossato dal riverbero di migliaia di fuochi. I venda stavano preparando la cena. « Una ricca messe. » Lannon fece un cenno d'assenso. « Proprio come ha profetizzato quella strega. Le sue parole mi hanno turbato. Quella predizione di morte e di oscurità, di tradimento da parte di un amicO. ,> Il re si asciugò le labbra prima di accostarvi la coppa del vino. « Credo che sia una donna perversa. :~ « Mio signore! icosí giovane... e innocente... :Vedendo Lannon che lo scrutava con aria interrogativa, Huy si interruppe. « Che cosa è per te quella strega, mio Uccello del Sole? « Come donna, niente ribatté Huy, rinnegando il proprio amore. « Come potrebbe essere qualcosa? Tanith appartiene alla dea. :~
Lannon grugní, scettico. « Sei saggio in tutto, meno che in faccende di donne, amico mio. Lascia che ti dia un consiglio. Quella ragazza sarà per te soltanto fonte di dispiaceri. » Huy si schiarí la gola. « La sosta è durata abbastanza » disse. « tempo di rimettersi in marcia. » Dopo mezzanotte, raggiunsero la cima della prima ripida collina e si trovarono davanti a un ampio bacino attraverso il quale serpeggiava il fiume Kal. I fuochi s'erano ormai ridotti a macchie rosso cupo e le capanne del popoloso villaggio di Kal, fitte, ma disposte senza alcun ordine, erano avvolte nell'oscurità. « Avevamo calcolato circa cinquantamila abitanti » spiegò Huy, osservando la vallata che si stendeva sotto di loro. « Non abbiamo sbagliato di molto. » Accanto a lui, Lannon annuí. Il Gran Sacerdote ordinò che uno schermo di fanteria leggera e di arcieri coprisse lo schieramento sul fianco orientale. Durante il giorno, gli esploratori avevano rastrellato quattromila capi del piccolo, scarno bestiame appartenente ai venda. « Portatevi dietro la mandria. Ricordatevi l'astuzia di Annibale in Italia... Potrà servire allo stesso scopo anche a noi. » Senza fare rumore, Huy spostò verso ovest quattromilacinquecento soldati - fanteria pesante e uomini armati di scuri - e li fece disporre a mezzaluna attorno al villaggio. Lui e Lannon osservarono le capanne, i cui abitanti erano immersi nel sonno. Il silenzio era rotto soltanto dal solitario abbaiare di un cane randagio. « E il momento buono :bisbigliò il Gran Sacerdote. Lannon annuí. « Vola per me, Uccello del Sole! » « Ruggisci per me, Gry-Leone di Opet! » Huy si allacciò l'elmo e diede un ordine a un centurione. Il soldato si chinò sopra un braciere e, poco dopo, scagliò verso il cielo nero una freccia fiammeggiante. Da oriente, una mandria mugghiante di bestie impazzite si lanciò a precipizio lungo il pendio. Torce unte di pece e di grasso ardevano sopra le corna degli animali, che si trascinavano dietro fasci di rami incendiati, sospinti nella loro folle corsa dal terrore e da una schiera di guerrieri urlanti. Gli armenti piombarono sul villaggio, travolgendo le fragili capanne e calpestando i venda addormentati che trovavano sul proprio cammino. E, dietro di loro, i soldati di Huy Ben-Amon finivano a mazzate i superstiti. Il Gran Sacerdote udiva l'urlo crescente di migliaia di voci terrorizzate riempire il villaggio. « Serrate le fila » ordinò Huy ai suoi uomini. « Non lasciate falle nella rete, nessun pesce deve sfuggire! La notte era piena di movimento, di grida e di fiamme. I venda correvano da una parte all'altra senza meta, come folli, fra il dilagare degli incendi, incalzati dalle risolute schiere dei guerrieri di Opet. Poi, a poco a poco, il disordinato clamore della battaglia si spense. Le fiamme si consumarono e i capi degli schiavi cominciarono a inquadrare i prigionieri in file compatte. Sorse l'alba, rossa e infuocata. Huy si muoveva rapido nel villaggio devastato, per organizzare la ritirata. Due coorti s'erano già avviate verso il Grande Fiume, con il bestiame catturato. Si stavano incatenando gli schiavi, quando un centurione si avvicinò al Gran Sacerdote. « Mio signore, osserva quanto sono rari i giovani fra i prigionieri! » Un'occhiata bastò a Huy per rendersi conto della situazione. Si avvicinò a un giovinetto e gli domandò neila sua lingua: « Dove sono i vostri guerrieri? Il fanciullo abbassò lo sguardo senza rispondere. Il centurione fece l'atto di snudare la spada. Udendo lo stridio della lama, il ragazzo alzò gli occhi, atterrito. « Sono andati al nord, a cacciare i bufali. « Quando torneranno? » domandò ancora Huy. Nessuno lo sa. » Huy si rivolse al centurione. « Fa' muovere immediatamente gli schiavi. L'esercito dei venda è intatto e questo fumo li farà accorrere di volata, come avvoltoi attorno a una carogna. »
I
LA COLONNA di quasi ventiduemila schiavi si snodava per oltre sei chilometri procedendo faticosamente, come un millepiedi storpio, lungo i tornanti che scendevano verso il fondovalle. Il primo attacco venne sferrato dai venda poco dopo la mezzanotte: un attacco in grande stile, lanciato con l'intento di compiere una strage. Soltanto l'addestramento e la disciplina tennero unita la legione di Huy davanti a quel torrente ululante che le si rovesciò addosso, per sparire poi nel buio. Ma, verso l'alba, la tattica dei venda fu ben chiara: ogni metro di strada era conteso da arcieri e da astati, mentre i fianchi e la retroguardia della colonna venivano fatti segno a continue azioni di disturbo. « Non ho mai visto niente di simile osservò Lannon durante una sosta. « Agiscono da truppe esperte e ottimamente addestrate. » A un certo punto, la pista attraversava un modesto corso d'acqua per proseguire poi fra due colline tondeggianti e levigate. Accanto ai guado, erano state piantate nel terreno sedici lance, che portavano con125 L UCCELLO DEL SOLE ficcate sulla punta altrettante teste di legionari, appartenenti alle coorti partite con il bestiame. « La nostra avanguardia non è passata indenne :osservò Huy. « Sedici uomini su dodicimila non costituiscono una gran perdita :~ ribatté Lannon. « E poi, con questo orrido spettacolo, ci hanno rivelato la loro intenzione di difendere il guado... Un errore di strategia, Uccello del Sole! Come il re aveva previsto, i venda presidiavano il torrente e con forze che Huy giudicò almeno il doppio delle sue. Parecchie volte, fu costretto a ritirare i propri uomini dal fango insanguinato del guado per dare loro un momento di respiro e per ricostituire i ranghi. Frattanto, il caldo si era fatto insopportabile e i legionari cominciavano a essere stanchi. Lannon era stato ferito da un colpo di lancia che gli aveva squarciato una guancia. Un medico stava ricucendo il profondo taglio, quando Huy raggiunse il gruppo che attorniava il sovrano. Lannon rispose alle sue ansiose domande con una risatina. « Mi resterà una cicatrice oltremodo interessante » disse. Poi, senza muovere il capo, aggiunse: « Ho trovato la soluzione del mistero. E accennò alla sommità di una delle colline gemelle, oltre il torrente: era una cupola di roccia nuda, sulla quale si stagliava un gruppo di guerrieri negri raccolti intorno a un'imponente figura. Huy avrebbe ricordato per sempre quell'uomo come l'aveva visto in quel giorno fatale, là, sopra il colle: una figura possente, che sovrastava di tutta la testa e le spalle i compagni, con il petto e le braccia, nerissimi e muscolosi, rilucenti al sole, la testa incoronata da un'alta acconciatura di piume di airone azzurro, un gonnellino di code di leopardo legato intorno ai fianchi. « Avrei dovuto immaginarlo » mormorò. « Le tribú hanno trovato un condottiero. :~ « Catturalo » gli ordinò Lannon. « lui che dobbiamo eliminare. Cattura quell'uomo, Huy. » HUY predispose l'attacco per l'ultima ora del giorno, quando le ombre erano lunghe e la luce ingannevole. Scelti cinquanta dei suoi uomini migliori, li fece denudare e spalmare con fango nerastro del
torrente per scurirne la pelle, quindi ordinò di incatenarli come schiavi. Ma invece che con chiodi di ferro, i collari delle catene vennero fissati con sottili aste di legno. Per ultimo, affinché potessero correre senza impacci furono legate loro sulla schiena le armi, spalmate anch'esse di fango per nascondere il luccichio del metallo « Non dimenticate che siete schiavi raccomandò Huy. Quando i finti schiavi sbucarono dal folto degli alberi e si lanciarono verso il fiume, inseguiti dai legionari, una pioggia di frecce ben dirette cadde su di loro e i "fuggiaschi" proruppero in urla di terrore perfettamente simulate. Raggiunsero la sponda cinquecento metri a monte del guado. Il re dei venda li vide e mandò immediatamente due plotoni di guerrieri a proteggere la traversata. Sulle rive del fiume, scoppiò una violenta scaramuccia e, approfittando della confusione Huy portò il suo gruppo al riparo nella foresta sulla sponda opposta, dove gli uomini si liberarono delle catene. Poi, sempre tenendosi nascosto fra gli alberi, il gruppo raggiunse la cima del colle aggirando lo schieramento nemico. Quando le sentinelle videro quelle strane figure nere, era ormai troppo tardi. Ai piedi della cupola di roccia nuda, Huy sostò ancora, aspettando l'attacco diversivo concordato con Lannon. Finalmente, udí un clamore di grida. « Ora » bisbigliò ai suoi uomini. « E tenetevi uniti. Huy era a venti passi dalla cima del colle, quando il re venda si accorse della sua presenza. Due guardie gli balzarono subito addosso, ma, con un solo colpo della bipenne, Huy ne uccise una e fece saltare l'arma di mano all'altra. Poi, si lanciò verso il re. Era l'uomo piú gigantesco che avesse mai visto, con la testa tonda come un ben levigato masso di fiume, rapata e lucida sotto il pennacchio di piume. Il negro avanzò a sua volta verso il Gran Sacerdote, muovendosi leggero sulle gambe poderose, con le code di leopardo che gli ondeggiavano attorno ai fianchi e la lama lucente della lancia minacciosamente puntata contro il ventre indifeso di Huy. Questi si spostò agilmente di fianco e il ferro gli passò accanto con un lieve sibilo. Il gigante nero grugní, poi urlò: la punta della bipenne di Huy gli aveva inciso un solco sul costato. Squarciando l'aria con la lancia, si avventò sulla figura che danzava davanti a lui. Velocissimo, Huy si spostò fuori della portata dell'arma e mirò con la punta della bipenne all'inguine dell'avversario, per recidergli l'arteria femorale. La mancò per un centimetro, ma il colpo fece piegare un ginocchio al re venda. La bipenne si librò alta nell'aria, mentre Huy scattava per il colpo mortale mirando al cranio tondo e nero. « Per Baal! » urlò. Poi, quand'era già lanciato, ebbe un ripensamento improvviso. Senza rendersi conto di che cosa lo spingesse a farlo, frenò l'impeto e, girando l'arma, colpí di piatto, anziché di taglio, cosí che il colpo, invece di uccidere il re, lo fece soltanto crollare privo di sensi a faccia in giú. Il terreno intorno al re caduto era disseminato dei cadaveri dei suoi fedeli Sudicio com'era, Huy, ritto sul culmine del colle, brandí alta sul capo la bipenne e i suoi compagni lo acclamarono agitando le armi. Dal guado, echeggiarono gli squilli di una tromba e Lannon fece avanzare le coorti. Visto cadere il loro re, gli uomini della tribú avevano perso tutto il proprio coraggio. Mentre il sole lambiva l'orizzonte in un trionfo di porpora e d'oro, le trombe di Lannon squillarono di nuovo. La strage e la cattura di schiavi durarono fino a notte inoltrata. LANNON era giubilante. « Mio Uccello del Sole, to ti avevo chiesto! Se avessimo lasciato libero forza ancora per un anno, soltanto gli dèi sanno avrebbe costituito per noi. « Baal si è mostrato benigno con me si schermí Huy.
hai fatto piú di quanun nemico di quella quale mortale pericolo modestamente
« E lo stesso farà Lannon Hycanus. A quanto ammonta la nostra messe in schiavi e bestiame, Uccello del Sole? Fa' chiamare Rid-Abbi. Il primo tesoriere del re si presentò con i suoi papiri, le dita macchiate d'inchiostro, gli occhi sospettosi di contabile, e lesse l'elenco del bestiame e degli schiavi catturati complessivamente. « E qual è la parte spettante come premio alla Sesta Ben-Amon? domandò Lannon. Rid-Abbi parve allarmato. « Posso dire soltanto una cifra approssimativa, mio signore. E allora dilla lo esortò il re. « Da un massimo di venticinquemila dita a un minimo... « Non venirP a narlarmi (li minimi Tll anml~Precti il letame anche in un vaso di profumol :D « Come piace al mio signore. Rid-Abbi fece un profondo inchino, mentre Lannon posava una mano sulla spalla di Huy. « La tua parte, che come d'uso è un centesimo di ciò che va alla legione, ammonta quindi a duecentocinquanta dita d'oro, Uccello del Sole. Che effetto ti fa essere ricco? « Be', non mi dà certo la nausea. Lannon rise. « Rid-Abbi, scrivi nel tuo libro che Lannon Hycanus cede metà della sua parte di bottino al comandante della legione, Huy Ben-Amon, come premio per l'abilità con la quale ha condotto le operazioni. :~ « Ma sono piú di mille dita! protestò il tesoriere. « So contare anch'io! lo rimbeccò aspramente il re. « Sarà fatto come comandi :brontolò il vecchio, e Huy si inginocchiò davanti al suo re in segno di gratitudine. « Alzati! gli ordinò Lannon. « Non devi umiliarti davanti a me, amico mio. Huy si rialzò, perdendosi in un estatico sogno di ricchezza, mentre il re premiava gli ufficiali che si erano distinti in battaglia. Era ricco! Poteva permettersi tutti i lussi ai quali aveva sempre aspirato: una villa a Zeng, una compartecipazione in uno dei galeoni mercantili di Habbakuk Lal, un seggio nell'amministrazione di qualche miniera d'oro. Una rendita sicura per il resto della vita. Forse, anche le damigelle delle famiglie aristocratiche avrebbero potuto chiudere un occhio sulla sua schiena, davanti a quell'abbacinante mucchio d'oro... Poi, gli venne in mente Tanith e il suo entusiasmo svaní di colpo. Una sacerdotessa di Astarte non poteva sposarsi. A un tratto, Huy non si sentí piú tanto ricco. « Non ascolti il tuo re quando ti parla? domandò brusco Lannon. 130 « Perdonami, mio signore. Sognavo. Cosa chiede il Gry-Leone? « Ho detto che si dovrebbe far portare qui quel re barbaro. Possiamo giudicarlo ora, davanti alle legioni riunite. « Come il Gry-Leone comanda. :~ Il prigioniero aveva pesanti catene ai polsi e alle caviglie e due sorveglianti lo trattenevano per il collare, come un cane al guinzaglio. Era piú giovane di quanto Huy avesse pensato: il piglio autoritario lo faceva apparire piú vecchio della sua età. Gli avevano medicato la ferita all'inguine con foglie e corteccia, ormai intrise di liquidi corporei, e le carni intorno alla piaga erano gonfie e illividite. Fissava i nemici con occhi carichi di un odio quasi tangibile. « Sei stato capace di catturare questo bestione nero, Huy? Lannon sostenne lo sguardo del gigante scuotendo la testa per lo stupore. Ma Huy non rispose. Stava osservando attentamente il condottiero venda. Come ti chiami? :domandò in tono sommesso. La grossa testa nera si girò di scatto e due occhi fieri si fissarono nei suoi. « Come mai conosci la lingua dei venda? :~ « Conosco molti dialetti. Dimmi chi sei. :~ <Manatassi, re dei venda. Huy tradusse. « Digli che non è piú re :ribatté seccamente Lannon. Manatassi alzò le spalle e sorrise. « Cinquantamila guerrieri venda
continuano a chiamarmi re. « Re schiavo di un popolo schiavo :rise Lannon. « Che ne facciamo, Huy? Possiamo arrischiarci a lasciarlo vivo? Huy distolse lo sguardo da Manatassi e rifletté su quella domanda. Nutriva un profondo interesse per il re schiavo. Ne ammirava incondizionatamente la prestanza fisica e l'abilità militare e lo elettrizzava la prospettiva di poter civilizzare un uomo simile. « Penso proprio di no riprese Lannon rispondendo lui stesso alla propria domanda. « Ho capito subito, non appena l'ho visto, che è un uomo pericoloso. Lo invieremo a Baal quale messaggero della nostra gratitudine. « Mio signore! Huy abbassò la voce. « Penso di poter istruire quest'uomo. Una volta incivilito, potremmo restituirlo alla sua gente e... « Ti ha dato di volta il cervello? Lannon fissò Huy sbalordito. « Perché mai dovremmo restituirlo alla sua gente? :~ « Per servirci di lui come di un alleato. Per mezzo suo, potremmo concludere con le tribú un trattato a garanzia dei nostri confini settentrionali. « Trattare coi barbari? D Lannon era decisamente infuriato. Assurdo. C'è una cosa sola che può garantire la sicurezza dei nostri confini settentrionali: una bella spada affilata. « Signore, ascoltami, ti prego! :~ No, Huy. Basta cosí. Quest'uomo morirà oggi stesso, al tramonto. :Lannon balzò in piedi e se andò a gran passi. L UCCELLO DEL SOLE Huy fece segno ai sorveglianti di portare via il prigioniero. Ma Manatassi fece un passo avanti. « Nobile signore! Il Gran Sacerdote si voltò di scatto, stupito per quell'appellativo ossequioso. « le la morte? domandò il re prigioniero, e Huy annuí. « Ti ho visto batterti per me » insistette Manatassi. « Perché? Huy allargò le braccia, come a dire che non lo capiva neppure lui. « Prima hai girato la lama che avrebbe dovuto uccidermi. Ora parli in mio favore. Perché? » « Non lo so. Non so spiegarmelo. « Tu senti che esiste un legame fra noi due. La voce di Manatassi si fece sommessa. « Il legame dello spirito. Ecco ciò che ci unisce. « No! » urlò Huy, e corse a rifugiarsi nella sua tenda. AL TRAMONTO, Manatassi venne portato sulla sponda del fiume sotto le mura di Sett. Era avvolto in un mantello con i simboli di Baal e portava le auree catene del sacrificio. Quando le guardie lo spinsero avanti, gli occhi fiammeggianti del re prigioniero si fissarono in quelli di Huy come volessero strappargli l'anima, ma il Gran Sacerdote diede inizio al rituale, inchinandosi ripetutamente al dio Sole, rutilante poco sopra la linea dell'orizzonte. Huy, tuttavia, continuava ad avvertire su di sé quello sguardo che lo rodeva fin nelle viscere. Il suo aiutante gli porse la bipenne con gli avvoltoi e i sorveglianti tolsero il mantello dalle spalle della vittima, che rimase vestita soltanto delle catene sacrificali. A un segnale del Gran Sacerdote, il condannato sarebbe stato fatto distendere sul terreno, pronto per la cerimonia della decapitazione. Huy esitava, ipnotizzato da quegli occhi pieni di fierezza. Finalmente, facendo forza su sé stesso, riuscí a distogliere lo sguardo. Abbassò gli occhi e mosse la destra per dare il segnale, ma si fermò di colpo, lo sguardo fisso sui piedi di Manatassi. Intorno a lui, i presenti cominciarono ad agitarsi. Se il sole fosse tramontato, sarebbe stato troppo tardi. Ma Huy continuava a fissare impietrito i piedi del prigioniero. « Il sole sta scomparendo! Muoviti! gridò Lannon incollerito
« Mio signore, c'è qualcosa che devi vedere. Guarda! :Huy puntò un dito. Lannon trattenne per un attimo il respiro, corrugando la fronte, e indietreggiò facendo un gesto rituale per scongiurare il male. Le dita dei piedi di Manatassi erano nettamente separate fra loro come gli artigli di un uccello gigantesco. I
:l « Le dita del sacro Uccello del Sole :susurrò il Gran Sacerdote, e un mormorio corse fra gli astanti. Huy alzò la voce. « Dichiaro quest'uomo segnato dagli dèi. Non possiamo ucciderlo. :D Prima che avesse finito di parlare, il sole calò sotto l'orlo del mondo e nell'aria si diffuse un'ombra gelida. LANNON sedeva nella sua tenda in preda a un violento impeto di collera. « Tu hai osato sfidarmi, amico. Tu vuoi sottrarre quel barbaro al mio potere. Segnato dagli dèi, ma davvero! Sappiamo benissimo entrambi che molte decisioni degli dèi vengono prese soltanto da Huy Ben-Amon, nell'interesse di Huy Ben-Amon. « Mio signore! :esclamò Huy, sconvolto da quell'accusa sacrilega. « Tu ambisci a esercitare il potere politico. :~ « Non è vero. Non oserei mai. :~ « Oh, sí che oseresti, amico! Tu saresti anche capace di strappare i denti a un gry-leone, se te ne venisse il ghiribizzo. :~ « Mio signore, io sono il tuo sincero e leale... :~ « Vacci piano, Huy. Tu conti troppo sull'amicizia. Voli in alto soltanto grazie al mio favore. Ma io posso abbatterti in men che non si dica. » « Lo so benissimo, mio signore. « Allora consegnami quel barbaro. :~ « Non è in mio potere, sire. Egli appartiene agli dèi. Con un urlo di rabbia, Lannon afferrò una grossa anfora di vino e la scagliò contro la testa di Huy. Il Gran Sacerdote la scansò abilmente e l'anfora sbatté contro il lembo della tenda di cuoio, scivolando a terra senza rompersi. Con un lampo minaccioso negli occhi azzurri, il re si alzò e si avvicinò a Huy, agitandogli il pugno sotto il naso. « Vattene, prima che... :~ Huy non rimase ad aspettare che finisse la frase. IL MATTINO seguente, Lannon si mise in cammino verso Opet con la sua guardia del corpo e seguíto, come sempre, dal fedele boscimano Xhai. Dall'alto delle mura, Huy lo vide partire con un senso d'inquietudine nel cuore. Il re salutava sorridendo la folla che lo applaudiva ma, quando alzò gli occhi e vide il Gran Sacerdote, il sorriso si trasformò in un'espressione corrucciata. Huy, sentendosi solo e vulnerabile, tornò alla propria tenda, dove Manatassi giaceva agonizzante. Il re negro gemeva, mentre una vecchia schiava gli bagnava il corpo, cercando di calmare la febbre. AlI'ingresso di Huy, la donna alzò gli occhi, rispondendo con uno sconsolato cenno del capo al suo sguardo interrogativo. L UCCELLO DEL SOLE « Fa' chiamare un sorvegliante perché gli tolga queste catene ordinò in tono irritato il Gran Sacerdote. Era incredibile vedere come la febbre stesse rapidamente consumando quel corpo vigoroso, vedere la pelle nera assumere un colore
grigio cenere e le ossa diventare visibili. Due giorni dopo, Huy salí in pieno meriggio su un'altura, dove la presenza del dio Sole pareva riempire la terra e il cielo. Cantò la preghiera introduttiva, ma lo fece in modo frettoloso, perché era in collera col suo dio e voleva che lui se ne accorgesse. « Grande Baal :mormorò venendo rapidamente al nocciolo della sua proposta, « io ho salvato l'uomo che porta il tuo segno rischiando molto. Ho indebolito la mia posizione di Gran Sacerdote. E con quale risultato? Hai forse deciso che quel barbaro segnato dagli dèi debba morire proprio ora? Fece una pausa. Avrebbe dovuto usare termini piú risoluti? No. Aveva già offeso il re... meglio non correre il rischio di offendere anche gli dèi. Tese le mani nel gesto rituale di saluto al sole e cantò le lodi di Baal con tutto l'ardore di eui era eapaee. Quando l'ultima, limpida nota si fu spenta, tornò al campo e, con un'affilatissima lama di bronzo, ineise il putrido gonfiore ehe s'era formato all'inguine del re sehiavo. Manatassi urlò nel delirio, mentre il venefieo pus, denso e giallastro, sprizzava dalla ferita. Poi, Huy applieò sulla piaga un ealdissimo impaceo di grano bollito, avvolto in tela di lino, per proseiugare la putrefazione. A sera, la febbre era seomparsa e Manatassi dormiva, esausto, ma tranquillo. La veeehia sehiava portò a Huy una eoppa di vino di Zeng, e lui brindò alla salute del gigante addormentato. « Gli dèi ti hanno dato a me. D~ora in poi vivrai sotto la mia protezione, te lo giuro. D E vuotò d'un fiato la eoppa. CHINO sopra un rotolo di cuoio, Huy era intento a serivere eon un inehiostro nero eome la pece. Dal lato opposto della tenda, il re schiavo, disteso su un giaciglio di paglia, osservava attentamente quello strano uomo che trascorreva tanto tempo in un'oceupazione per lui ineomprensibile. Alzò la testa e, guardando le bende di lino ehe ancora lo avvolgevano, sentí di odiare il proprio corpo che lo aveva tradito. Il suo primo pensiero era stato quello di fuggire, ma l'estrema debolezza lo aveva obbligato a rivedere i propri piani. Grazie al potere di cui quel gobbo pareva godere, per il momento era al sicuro, e aveva tanto da imparare! Appena Manatassi aveva mosso il capo, Huy era balzato in piedi. « Aia, porta da mangiare :gridò e sedette su un euseino aeeanto al giaeiglio di paglia. Mentre il re nero mangiava, Huy gli parlò della teoria del simbolismo, spiegandogli che la luna non era proprio la dea Astarte, ma soltanto il suo simbolo. I suoi sforzi per istruire il re barbaro non furono del tutto inutili. Manatassi accettò prontamente Astarte e Baal come dèi. Quando torneremo a Opet gli disse Huy, « verrai consacrato al loro servizio, perché porti il loro segno. Ho seelto per te un nome di fede. D'ora in poi, ti ehiamerai Timone, dal nome del saeerdote-guerriero del quinto Gry-Leone. Un grande uomo! « Timone... :Il re schiavo ne assaporò il suono senza capire, ma soddisfatto di avere il tempo e la possibilità di imparare. Nobile signore, quei segni che fai sopra il cuoio D domandò, a ehe cosa sono? Huy andò a prendere il rotolo di cuoio e spiegò pazientemente al prigioniero i segreti della serittura, soddisfatto della prontezza eon la quale Timone afferrava i prineipii dell'alfabeto fonetieo. Serisse "Timone" su un pezzetto di cuoio, poi ne scandí le sillabe ad alta voce insieme con il suo allievo, che rideva felice della propria bravura. SUL PLASTICO di argilla, il console romano premeva con le sue legioni eontro il punto debole dello schieramento di Annibale, quello eentrale, ehe infatti eedette: gli iberiei e i galli del generale eartaginese si ritirarono, seeondo gli ordini rieevuti. « Lo vedi, Timone? Vedi la genialità della mossa? :domandò Huy in lingua puniea, manovrando eon entusiasmo le opposte sehiere. « E Marhabel dov'era, in quel momento? ribatté nella stessa lin-
gua Timone, non meno eecitato di lui. In quei due anni, aveva imparato a parlare eorrentemente il punieo. Era qui... disse Huy indieando la cavalleria, pronto a intervenire. Dopo aver lasciato penetrare i romani nel proprio schieramento, accerchiandoli, che cosa fa Annibale? « Lancia nella mischia le riserve? arrischiò Timone. Esatto! Le riserve composte di numidi e di africani. :Huy si agitava infervorato. « Con tempismo meraviglioso, le lancia contro i fianchi dei romani, chiudendoli in una morsa. E ora, Timone... ehe aeeade ora? « La eavalleria? Sieuro! La eavalleria... Marhabel, il fedele fratello, ehe è rimasto in attesa per tutta la giornata.Va'!" gli grida Annibale... Huy tese un braeeio in un ampio gesto. a E la eavalleria piomba addosso ai romani. Tempismo perfetto. L~azione giusta al momento giusto. « E il risult~to? domandò Timone. « Fu la vittoria? i Certo. La battaglia di Canne: otto legioni romane spazzate via fino all'ultimo uomo. Con un solo eolpo della mano, Huy roveseiò tutte le legioni romane. Eeeo, abbiamo finito i nostri studi sulle eampagne di Annibale. Timone gli porse il mantello e il Gran Sacerdote ne agganciò la fibbia mentre usciva dalla scuola annessa al tempio, seguito da Timone. Il re venda indossava la corta tunica azzurra della casa di Huy, stretta alla cintola da una leggera catena d'oro, alla quale erano appese una daga e una borsa, segno dell'alta fidueia di cui godeva come guardia del eorpo. Timone eamminava alla sinistra di Huy, a un passo di distanza dal suo padrone, per non intraleiarne i movimenti del braeeio ehe impugnava la spada. Appena uscirono dal cancello principale del muro di cinta del tempio, la folla li riconobbe e si accalcò intorno a loro, acclamando Huy, cercando di toccarlo, ridendo dei suoi motti di spirito e sperando che Timone distribuisse qualche moneta. Huy amava quella popolarità. Generale vittorioso - v'erano state altre due campagne dopo la grande tratta degli schiavi - sacerdote venerato, insigne sapiente e scrittore di inni, ricco filantropo, Huy Ben-Amon era adulato da tutta la città. Attraversata la piazza del mercato, affollatissima e odorosa di spezie, di pellami e di fogne a cielo aperto, i due proseguirono lungo l'argine di pietra che costeggiava il lago. Oltre la rumorosa zona del porto, si stendeva il quartiere dove sorgevano le case delle famiglie nobili e dei ricchi mercanti, protette da alti muri di cinta e da pesanti cancelli di legno scolpito. Lí, si trovava anche la nuova casa di Huy, cui si accedeva da un vialetto chiuso fra due muri. Raggiunto il cortile centrale lastricato, Huy porse a Timone la spada e il mantello. Ad attenderlo, c'erano quattordici giovanissimi principi e principesse, che gli sciamarono incontro, circondandolo. Huy si era assunto il compito dell'istruzione religiosa di tutti i bambini della famiglia Barca e, benché i rapporti fra lui e il re fossero andati progressivamente raffreddandosi, Lannon lo lasciava fare. Sellene, una delle bambinaie della casa reale, dopo che Huy fu entrato in casa con tutti i principini, andò incontro a Timone. Alta e forte, con la vita snella e i fianchi prosperosi, aveva i capelli lucenti d'olio e vestiva alla maniera delle donne venda, perché apparteneva anch'essa alla tribú di Timone. Catturata anche lei nel corso della grande tratta degli schiavi, aveva uno spirito fiero e indomito che l'accomunava al re negro. Timone le fece un cenno e lei lo seguí nella sua piccola stanza, nell'ala degli schiavi. Lo raggiunse sul giaciglio fatto di canne e di pelli e gli posò il capo sul petto. Quando ti stringo cosí, mi sento ancora il re dei venda susurrò Timone. Con quelle sue mani che avrebbero potuto stritolare senza fatica un uomo, slacciò delicatamente la tunica di Sellene. « Sarai la mia regina, la madre dei miei figli. « Quando avverrà? :La voce della donna tremava di commozione. « Presto promise lui. « Ho imparato tutto ciò che volevo sapere.
Sarò il piú grande re che abbia mai regnato sulla nostra tribú! :~ « NOBILI principi e gentili matrone... :I bambini esplosero in clamorosi strilli di gioia: si divertivano un mondo quando Huy si rivolgeva loro chiamandoli in quel modo. « Oggi ho una straordinaria sorpresa per voi. Scoppiò un altro pandemonio. Le sorprese di Huy erano sempre straordinarie. « Stasera conoscerete la sibilla di Opet. :La gazzarra cessò di colpo. Anche i piú piccoli, non ancora in grado di capire, furono contagiati dall'aria di solenne serietà dei fratelli maggiori, che avevano udito parlare piú volte della sibilla: le loro bambinaie ricorrevano spesso al suo nome per ridurli all'obbedienza. E ora che stavano per vedere in carne e ossa quella mitica creatura, si sentivano addosso i brividi. Quando Tanith entrò, rovesciò indietro il cappuccio del mantello e sorrise. « Sono venuta per raccontarvi una storia esordí con dolcezza. Il suo sorriso incoraggiante e quella promessa allentarono la tensione. I bambini le si avvicinarono. « la storia del matrimonio fra il nostro grande dio Baal e la dea Astarte... » Tanith cominciò a narrare le vicende cui era ispirata la festa della Fertilità della Terra, che si celebrava ogni cinque anni, per la durata di dieci giorni. La celebrazione di quell'anno, il 300 dalla fondazione della città, era la sessantesima, e sarebbe cominciata il giorno seguente. I bambini ascoltavano affascinati il racconto di Tanith e Huy guardava la giovane sacerdotessa con tutta l'ammirazione dell'uomo perdutamente innamorato. In due anni, Tanith aveva raggiunto la serenità di mente e di corpo necessaria al suo ruolo di veggente e di occulta consigliera del regno. Anche se le sue predizioni erano ispirate da Huy, era pur sempre lei a pronunciarle, e in tono assai convincente. Molti dei recenti successi del Gran Sacerdote erano dovuti alle risposte di Tanith ai mercanti di Opet che avevano chiesto consigli. Per mezzo suo, Huy riusciva a tenere ancora una mano sul timone dello Stato, benché avesse perduto il favore del re. Lannon, infatti, andava regolarmente a consultare l'oracolo. La festa della Fertilità della Terra sarebbe cominciata appunto con la visita del re al santuario della profetessa, vicino al laghetto di Astarte. Quello era in realtà il vero motivo per cui Huy aveva invitato Tanith a casa sua: doveva istruirla sulle risposte da dare al sovrano. Lui conosceva in anticipo le domande grazie a certi informatori con i quali - Huy ne era certo - Lannon si era lasciato sfuggire di proposito il segreto, ben sapendo che, dalla bocca della sibilla, avrebbe ascoltato il parere del Gran Sacerdote. Da due anni, ormai, Huy non godeva piú delle confidenze e della compagnia di Lannon e il tempo, invece di lenire il suo rimpianto, lo aveva reso piú acuto. Doveva chiedere a estranei notizie dei banchetti ai quali lui non veniva piú invitato. Per il compleanno del re, aveva composto un'ode e l'aveva mandata a palazzo insieme con un regalo: nessuno lo aveva ringraziato per il dono, e l'ode, a quel che gli risultava, non era stata nemmeno letta. Huy, scuotendosi di dosso la malinconia che ogni volta provava pensando a Lannon, tornò a fissare lo sguardo sulla ragazza che amava. Il vederla lí con quei bambini, allegra e sorridente come fosse lei stessa una bambina, aggiungeva una nuova pena ai suoi affanni amorosi. Se gli ci erano voluti due lunghi anni e molta diplomazia per conquistare la sua fiducia, quanto tempo ci sarebbe voluto per conquistare il suo cuore? E quand'anche avesse raggiunto lo scopo, a cosa gli sarebbe servito? Tanith era consacrata alla dea, non avrebbe mai potuto appartenere a un uomo! Quando la sacerdotessa ebbe finito il suo racconto, Huy chiamò le bambinaie dei principini e la sua attenzione si fermò sulla giovane schiava alta e pensierosa, il cui sguardo cupo e impenetrabile gli dava sempre un senso di inquietudine. « Sellene :le disse, « comincia a far buio. Di' a Timone di accompagnarvi con una lampada fino al cancello del palazzo. :La schiava si limitò ad annuire con un lieve
cenno del capo, senza mostrare né gratitudine né risentimento. Partiti i bambini, Huy cenò con Tanith e Aina, la vecchia sacerdotessa mezzo cieca e completamente sorda che lui stesso aveva scelto come compagna della giovane sibilla. Terminata la cena, salí con Tanith su per la scala esterna fino al tetto a terrazza, e, poiché il vento proveniente dal lago era piuttosto fresco, sedette con lei su stuoie di canne al riparo del parapetto. Poi, prese il suo liuto e cominciò a pizzicarne dolcemente le corde, strimpellando il motivo che la ragazza, inconsciamente, aveva imparato ad associare a uno stato di rapimento ipnotico. Mentre le dita scorrevano sullo strumento, Huy si mise a parlare con voce cantilenante e sommessa, che si insinuava suadente nella mente di Tanith, immobile sotto il chiarore delle stelle, con gli occhi fissi nel vuoto. IL PRIMO giorno della festa della Fertilità, Lannon Hyeanus andò in proeessione al tempio di Astarte per consultare l'oracolo. Raggiunta la spaccatura fra le rupi rosse, entrò nella stupenda grotta silenziosa. L UCCELLO DEL SOLE File di sedili di pietra erano allineate attorno al laghetto. Nella parete di fronte, sorgeva il santuario della dea, scavato in parte nella roccia viva, dove si trovavano le celle delle sacerdotesse e l'antro dell'oracolo. Oltre il santuario, si celava l'entrata agli archivi della città, e, ancora piú in là, protetti da una massiccia porta di pietra, v'erano i sotterranei del tesoro e le tombe dei re. Lannon sostò sulla sponda del laghetto e le saeerdotesse gli andarono ineontro per aiutarlo a spogliarsi. Il re rimase nudo, mentre la Gran Saeerdotessa invoeava su di lui il favore della dea, poi seese i gradini ehe portavano al lago e si immerse nelle saere aeque. Due giovani saeerdotesse lo aseiugarono e lo rivestirono di eandide vesti di lino, mentre Huy Ben-Amon eantava le lodi di Astarte. Conelusa quella prima fase della eerimonia, tutti alzarono lo sguardo al grande lastrone di pietra ehe sporgeva dall'apertura al centro della volta della eaverna e Lannon gridò a gran voee: « Astarte, madre della luna e della terra, degnati di aeeogliere il nostro messaggero e di aseoltare le nostre suppliehe! Tutte le persone riunite intorno al laghetto alzarono le mani nel gesto rituale e, a quel segnale, la vittima saerifieale fu gettata dal lastrone. Nella grotta, eeheggiò per un attimo l'urlo del eondannato, poi il suo eorpo urtò la superfieie dell'aequa e il peso delle eatene ehe portava lo traseinò rapidamente nelle verdi profondità. Lannon si voltò ed entrò nel santuario. La eella dell'oraeolo non era vasta. Aleune torce diffondevano una innaturale luce verde nelI'aria, resa densa dal fumo odoroso di erbe che bruciavano lentamente. La sibilla era seduta su un trono, minuseola figura awolta eompletamente in eandide vesti. Lannon si fermò, ammirando suo malgrado gli aeeorgimenti ehe mettevano l'interrogante in una posizione di netto svantaggio. Sealzo, vestito di indumenti insoliti, eostretto a guardare il trono dal basso e a respirare un'aria leggermente drogata, Lannon non poté fare a meno di sentirsi a disagio. In preda alla eollera, il re pose la prima domanda eon voee aspra. Huy osservava la seena attraverso lo spiraglio di una tenda, mentre Tanith rispondeva eon lo stesso tono eantilenante ehe lui aveva usato per istruirla. Quando Lannon aveva già girato le spalle per andarsene, la voee della saeerdotessa lo fermò. C'è dell'altro. Non awezzo a sentirsi dare eonsigli non riehiesti, il re si voltò stupito. Ma Tanith eontinuò a parlare. Il leone aveva un fedele sciacallo che lo awertiva dell'avvicinarsi del eaeeiatore, ma lo ha allontanato da sé. Il Sole aveva un Uccello ehe gli portava in alto la vitti- 139 ma saerifieale, ma ha distolto gli oechi da lui. Ah, orgoglioso leone! Ah, Sole senza fede! Huy trattenne il respiro. Gli erano sembrate parole molto abili,
quando le aveva studiate, ma in quel momento, udendole pronunciare ad alta voce alla presenza del re, gli fecero l'effetto di un pugno nello stomaco. Lannon afferrò immediatamente il sottinteso. « Maledizione a te, strega! urlò. « Anche tu ti ci metti, adesso? Quel dannato sacerdote mi tormenta a ogni passo. Esco per la strada e, intorno a me, tutti cantano le sue canzoni I miei ospiti non fanno altro che ripetere le sue sciocche declamazioni, persino i miei bambini... Lannon s'interruppe e prese a passeggiare su e giú per la cella. Poi, con voce quasi impercettibile, sospirò: « Quanto mi manca quell'uomo terribile! Huy quasi dubitava di avere udito davvero quelle parole, perché il re riprese subito a urlare: « Ma ha osato sfidarmi! Mi ha tolto ciò che mi apparteneva... e questo non posso sopportarlo! Cosí dicendo, il re si girò di scatto e uscí a precipizio dal santuario. L'ULTIMO giorno di festa, Lannon Hycanus ricevette il rinnovato giuramento di fedeltà da parte dei sudditi. Alla cerimonia, partecipavano rappresentanti di ciascuna delle nove famiglie nobili, delle corporazioni artigiane e delle potentissime associazioni mercantili. Mentre un sacerdote prestava giuramento a nome di tutta la casta sacerdotale Lannon brontolò sottovoce: « E il Gran Sacerdote Ben-Amon dov'èi « Mio signore, giuro per lui e per tutti i sacerdoti di Baal. Era la risposta che Huy gli aveva suggerito; Lannon non insistette. Quella sera, la città di Opet si abbandonò alle gozzoviglie che sempre concludevano la festa della Fertilità. Lannon invitò i nobili a palazzo; la popolazione si riversò nelle strade, cantando e danzando; i venditori di vino cominciarono a girare tra la folla, e la baldoria ebbe inizio. Per una notte e un giorno, tutte le regole della convivenza civile sarebbero state messe al bando; né mogli, né mariti avrebbero potuto chiedere conto ai propri coniugi delle loro azioni. Molto prima di notte Lannon era già ubriaco fradicio, espansivo e felice come la maggior parte dei suoi ospiti. L'arte delle giovani danzatrici nude veniva messa a dura prova dal nutrito lancio di chicchi d'uva ben matura da parte dei giovani cavalieri. Tutto preso dal vino e dalle chiacchiere, il re non si rese conto che l'atmosfera era cambiata, finché nella sala non regnò un silenzio quasi assoluto. Allora, si guardò intorno, accigliato, e si accorse che i suonatori avevano smesso di suonare e le danzatrici di ballare. Il suo viso assunse un'espressione addirittura minacciosa, quando vide Huy Ben-Amon avanzare con passo sicuro nella sala. Con espressione solenne, il Gran Sacerdote s'inginocchiò davanti al sovrano e la sua voce risuonò limpida e chiara: « Mio signore, sono venuto a rinnovare il giuramento di fedeltà. Tutti sappiano che io ti onoro sopra ogni cosa e che ti sarò lealmente fedele fino alla morte e oltre. Con la mente offuscata dal vino, Lannon fu colto in contropiede, come Huy aveva calcolato. Prima che riuscisse a spiccicare una parola, il Gran Sacerdote si era rialzato. « E come segno della mia lealtà, ti offro un dono. Dietro di lui, entrò nella sala la figura imponente di Timone, che andò a prostrarsi ai piedi del re. « Ma appartiene agli dèi proruppe Lannon in tono brusco. « Lo hai detto tu stesso che era segnato dal dio! :~ Huy si fece forza. Aveva spiegato a Timone e a Baal che era necessario riguadagnare il favore del re e che quello era l'unico modo possibile, ma ciò nonostante si sentiva a disagio. Aveva chiesto a Baal il permesso di rinnegare il segno che marcava i piedi dello schiavo e la risposta del dio era stata un lontano rumoreggiare di tuono: una risposta non priva di ambiguità. « Mi ero sbagliato, mio signore >mormorò. « Attraverso la preghiera e i presagi celesti, gli dèi mi hanno fatto capire che questi se-
gni non sono sacri. Lannon lo guardò stupefatto. « Vuoi dire che me lo consegni senza condizioni? Che posso spedirlo immediatamente come messaggero, se voglio? « Ho dichiarato il mio amore per il re » mormorò Huy. Con voce profonda e reboante, Timone recitò la sua battuta in perfetta lingua punica: «Vengo a te come prova vivente di questo amore. Lannon si abbandonò sui cuscini, riflettendo. « Tu stai cercando di prendermi al laccio. Porrai condizioni... « No, mio signore! Niente lacci, soltanto i serici legami dell'amicizia. Si fissarono a lungo negli occhi. Lannon aveva aperto la bocca per respingere il dono, ma, invece di urlare di collera, scoppiò in un'omerica risata. « Vola per me, Uccello del Sole! « Ruggisci per me, Gry-Leone di Opet! Huy sedette su un cuscino ai piedi del re e uno schiavo gli portò una coppa di vino. Ne bevve metà, poi porse la coppa a Lannon che la vuotò d'un fiato e la scaraventò sul pavimento. « Abbiamo sprecato troppo tempo, mio Uccello del Sole. Dobbiamo riguadagnarlo. Che cosa proponi, per prima cosa? L UCCELLO DEL SOLE a Una libagione! gridò Huy, scegliendo un'occupazione molto gradita al suo re. « Ben detto, una libagione gli fece eco Lannon. « Vino... Presto, si porti altro vino! HUY alzò gli occhi al cielo stellato, barcollando leggermente. Astarte, madre della terra, la tua bellezza si è moltiplicata fino a inondarmi l'anima... D Sopra la città in festa, vide brillare quattro lune argentee. Huy chiuse un occhio e tre lune svanirono... Io riaprí e le lune riapparvero « Astarte guida tu i passi del tuo servo fedele! Inciampò in un corpo disteso nell'ombra e si chinò barcollando per vedere se dava segni di vita. Lo sconosciuto russava ed emise un rutto odoroso di vino, mentre Huy lo girava pesantemente sulla schiena. Il Gran Sacerdote ripensò alle decine di convitati che aveva lasciato, nelle stesse condizioni, disseminati nella grande sala dei banchetti, primo fra tutti Lannon, che dormiva con un sorriso beato sulle labbra. « Stanotte siete in buona compagnia, cittadini di Opet mormorò con una risatina, mentre caracollava verso casa. A un certo punto, una figura avvolta in un mantello col cappuccio emerse senza far rumore dal vano di una porta e lo seguí, con passi furtivi, ma risoluti Il viottolo che portava alla casa di Huy era immerso nell'oscurità: soltanto una lampada ardeva tenuemente sopra il cancello, in segno di benvenuto al padrone che tornava. Non appena Huy allungò la mano verso il chiavistello, la figura che lo seguiva gli si awicinò di corsa e gli afferrò il polso. Il Gran Sacerdote si sentí spingere contro il muro di cinta. Il vino gli aveva intorpidito i riflessi: prima che potesse aprire bocca per chiamare aiuto, due labbra morbide si posarono sulle sue. Huy cercò di stringere la donna, ma lei s'era già allontanata, scomparendo rapida dentro la casa. Huy la rincorse. Nell'atrio, una sommessa risatina canzonatoria lo trascinò a passo di carica verso la sua stanza. Accanto alla lampada da notte, era ritta la donna del mantello, col viso completamente nascosto dal cappuccio. Huy avanzò verso di lei, e, nello stesso istante, la ragazza si chinò e spense il lume con un soffio. Nel buio, il Gran Sacerdote ritrovò una certa lucidità. Stava rapidamente riprendendosi dalla sbornia e il suo orecchio percepiva sommessi fruscii nell'aria. Fece un balzo e le sue dita sfiorarono una pelle morbida. Chiunque fosse, la donna si era liberata del mantello ed era lí, davanti a lui, nuda come un bimbo appena nato Huy le saltò addosso come un leopardo sulla preda,
la afferrò alla vita e la portò di peso, scalciante, verso la montagna di pellicce che gli faceva da letto. Vi si lasciò cadere sopra, con la donna stretta fra le braccia. « Chi sei? domandò in un susurro. Ma le labbra di lei soffocarono la domanda e, dopo un momento, la risposta non gli sembrò piú tanto importante. QUANDO Huy si svegliò, il rosa tenero dell'aurora tingeva le pareti della camera. Si tirò su appoggiandosi a un gomito e guardò la donna che dormiva al suo fianco. Lei aprí gli occhi. « Che la benedizione di Baal scenda su di te, Padre Santo! « Tanith! esclamò sgomento e in preda a un terrore superstizioso. « Sí, mio signore :mormorò lei con un sorriso. « Abbiamo commesso un peccato contro la dea :susurrò Huy. « Rinnegare il mio amore per te sarebbe stato un peccato contro la natura. Tanith si rizzò a sedere e lo baciò senza rimorsi. « Amore? :Quella parola fugò per un attimo i timori del Gran Sacerdote. « Ma la mia persona... Ia mia schiena... come puoi amare uno come me? « La tua schiena è una parte di te, della tua bontà, della tua saggezza. Huy rimase a fissarla per un lungo momento, poi la strinse impacciato tra le braccia. « Oh Tanith! :ansimò. « Che cosa faremo ora? ERA il tramonto, e Huy, in vetta al colle appena fuori della città, osservava il suo dio che si congedava dalla terra. Aveva trascorso la giornata chino sui libri sacri, studiando a fondo le regole che guidavano la vita dei sacerdoti, analizzando i loro doveri verso gli dèi e verso gli altri componenti della casta sacerdotale. Pensando di avere finalmente trovato una giustificazione per il proprio comportamento, era venuto a perorare la propria causa. Non appena il sole saettò un ultimo strale d'oro sulla cresta del colle, Huy intonò l'inno di lode a Baal, con tutta la devozione e ]a bravura di cui era capace, poi pronunciò l'arringa, basando la propria difesa sul principio che quanto veniva considerato perfettamente naturale fra Baal e la sua compagna Astarte poteva essere giustificato anche fra i loro rappresentanti sulla terra. « Grande Baal e celeste Astarte :concluse, « se il mio ragionamento è errato, merito la vostra collera e, benché sia il vostro servo fedele, la piú severa delle punizioni. Fece una pausa. « Voi che avete amato, abbiate compassione di chi ama. Scese il colle, soddisfatto della propria autodifesa. Quando rientrò in città, il cielo luccicava di stelle e la brezza leggera che gli shorava il viso sembrava la carezza delle morbide trecce di Tanith. Percorse L UCCELLO DEL SOLE le strette strade di Opet crogiolandosi al calore della propria passione. « Tanith! susurrò. « Oh Tanith! » Mentre varcava il cancello del palazzo, notò con la coda dell'occhio una figura muoversi nell'ombra. La luce della lampada vicino alI'entrata illuminò il bel viso di Sellene, la bambinaia. Huy stava per proseguire, quando dall'oscurità emerse un uomo che si diresse verso la schiava, e il viso della ragazza si addolcí in un'espressione di sincero amore. Il Gran Sacerdote riconobbe subito Timone. I due schiavi si abbracciarono, e Huy sorrise intenerito, con tutta la comprensione dell'innamorato per altri innamorati. "Devo parlare con Lannon" pensò. "Potremmo farli sposare, quei due." Una volta nella sua camera, Huy prese un rotolo di cuoio e cominciò a scrivere una poesia dedicata a Tanith e, in breve tempo, si dimenticò completamente di Sellene e di Timone. Poco dopo mezzanotte, il Gran Sacerdote, sopraffatto dalla stanchezza, crollò addormentato con la testa sullo scrittoio.
Venne svegliato da due mani che lo scuotevano bruscamente. Era Mursil, il maestro di caccia. « Il Gry-Leone ti vuole subito Padre Santo Due schiavi sono fuggiti. Il re ti invita a partecipare all'inseguimento. Benché non fosse ancora del tutto sveglio, Huy capí immediatamente chi fossero i due fuggiaschi e si sentí sconvolgere dalla nausea. Guardò Mursil. « No » mormorò. « Non posso venire. Di' al re che mi sento male. » FAVORITI dalla vivida luce della luna, Timone e Sellene avevano camminato in fretta. Ci sarebbero volute due settimane per raggiungere il Grande Fiume, perciò, in quelle prime ore di fuga, si erano preoccupati di mettere la maggiore distanza possibile fra loro e gli inseguitori. Fecero soltanto una breve sosta a un guado per bere e riposare un poco, poi proseguirono veloci. Ma, quando la luna tramontò, rimasero solo le stelle a illuminare il loro cammino e, in un tratto accidentato del sentiero, Sellene cadde pesantemente Timone si inginocchiò accanto a lei. « La caviglia! gemette la ragazza con voce arrochita dal dolore. La parte offesa scottava e cominciava già a gonfiarsi. Con la spada che aveva con sé, Timone tagliò alcune strisce dal suo mantello e legò stretta la caviglia di Sellene, come Huy gli aveva insegnato Cercò di fare il piú in fretta possibile, morso dalla paura, poi aiutò la ragazza ad alzarsi. « Ce la fai a camminare? :~ Sellene si aggrappò a lui e fece qualche passo, ansimando per il dolore. « Non ci riesco, Timone. Scappa senza di me. Lasciami qui. » Lui la aiutò a distendersi sul terreno, poi annodò i loro due mantelli facendone una specie di ampia fascia che awolse intorno al corpo della donna. Infine, ne legò insieme le estremità, se le passò sopra le spalle, sollevando Sellene, e si rimise in marcia. A mezza mattina, la stoffa aveva profondamente segnato il collo di Timone, il caldo s'era fatto insopportabile e le gambe dello schiavo avevano perso da un pezzo la loro elasticità. Al margine di una radura, Timone si fermò, appoggiandosi a un albero. Non osava metter giú la ragazza, per il timore di non avere piú la forza di sollevarla. « Lasciami qui, Timone susurrò lei, « o finiremo per morire entrambi. Lui le fece segno di tacere e rimase in ascolto, trattenendo il respiro. Allora, anche Sellene udí il lontano abbaiare della muta di cani. « Puoi ancora metterti in salvo insistette. Senza di te, non v'è salvezza. Timone la portò, attraverso la radura, fino ad alcune rocce sporgenti dal terreno, e la posò delicatamente a terra, con la schiena appoggiata a un lastrone, poi ripiegò un mantello per fargliene un cuscino e si accoccolò accanto a lei. « Ai fuggiaschi come noi è riservata una morte orribile :osservò Sellene e Timone le sfiorò lievemente una guancia, senza rispondere. « Non sarebbe meglio darci la morte con la tua spada, prima che arrivino? « Se quel piccolo sacerdote è con loro, abbiamo ancora qualche speranza. Ha molta influenza sul re... e fra lui e me esiste un legame. I cani, ormai, erano vicini. Timone sguainò la spada e andò a spiare fra le rocce. Trenta grossi cani con zanne da lupo stavano attraversando la radura, trascinandosi dietro gli uomini che li tenevano al guinzaglio e, dietro di loro, avanzavano cinque elefanti da guerra con le torrette affollate di cavalieri e di sorveglianti. Timone si arrotolò il mantello attorno all'avambraccio sinistro e strinse piú forte la spada. I cani di testa lo scorsero fra le rocce e il loro abbaiare si trasformò in un latrato frenetico. Il primo animale gli si avventò contro con le fauci spalancate, saltandogli al viso. Timone gli affondò la spada alla base della gola, ma, prima che riuscisse a ritrarre l'arma, un altro cane gli balzò addosso. Lo schiavo gli ficcò fra i denti il braccio pro-
tetto dal mantello e colpí un terzo animale. Ma erano troppi. Quelle bestie inferocite lo fecero cadere sulle ginocchia, lo azzannarono alla schiena e alle cosce. Poi, all'improvviso, gli uomini che tenevano al guinzaglio gli animali allontanarono i cani a frustate. Timone si rialzò in piedi. Aveva perduto la spada e il sangue gli scorreva a rivoli lungo il corpo, mentre fissava senza poter far nulla l'elefante che torreggiava davanti a lui. La sua ultima speranza svaní, quando notò che fra gli inseguitori non c'era Huy Ben-Amon... e che Lannon Hycanus, il Gry-Leone di Opet, stava ridendo soddisfatto. « Sei stato in gamba, schiavo lo scherní Lannon. Ma la pagherai cara. Il re si rivolse a uno dei sorveglianti. « Non vale davvero la pena di riportarli indietro. Uccidili qui. Timone guardò in faccia il re e parlò con voce forte e chiara. « Io sono la prova vivente di quell'amore disse, ripetendo la frase insegnatagli da Huy Ben-Amon. Gli occhi di Lannon si fissarono in quelli dello schiavo. « Benissimo. :Il re fece un cenno al sorvegliante. « Ma giuro che ti farò maledire il momento in cui hai pronunciato quelle parole. Ti manderò a lavorare alla miniera d'oro di Hulya, legato con catene del peso di due talenti. :Piú di cinquanta chilogrammi di catene da trascinare dietro giorno e notte, durante il lavoro e durante il riposo. « Riporteremo indietro anche la donna. Marcerà incatenata alla torretta di uno degli elefanti. Solo allora, Timone parve scuotersi. Fece un passo avanti. « Signore, non può camminare. Ha... « Oh, camminerà! I'interruppe Lannon. « Altrimenti, la trascineremo. Puoi salire in groppa all'elefante e incoraggiarla, se vuoi! HUY si versò una coppa di vino da una delle sue anfore speciali, che teneva in serbo per le occasioni particolari. Canticchiava sommessamente fra sé e, di tanto in tanto, un lieve sorriso gli illuminava fugacemente il viso e gli faceva splendere gli occhi scurissimi. Per la prima volta dal giorno terribile in cui il cadavere straziato di Sellene era stato trascinato in città da un elefante, riusciva a distrarre la mente da quel ricordo e dall'immagine di Timone curvo sotto il peso delle catene, con lo sguardo fisso su di lui e i pugni levati in gesto di minaccia... o forse di supplica. Finalmente, era riuscito a bandire quella visione dalla propria mente. Quel giorno, tutto il suo essere era preso dal pensiero dell'amore per Tanith. Indossate le vesti piú belle, aveva mandato uno schiavo a prendere la giovane sacerdotessa. Con molta attenzione, increspando le labbra in un atteggiamento pensieroso, Huy versò da una fiala di vetro quattro gocce di un liquido trasparente dentro una coppa di vino, lo rimestò con l'indice, poi si succhiò il dito, arricciando il naso al lievissimo sapore di muffa del soporifero Aggiunse un poco di miele per mascherare quel gusto amarognolo e infine, soddisfatto, posò la coppa sopra uno sgabello di legno accanto a una pila di cuscini. Quindi, prese il liuto e salí sulla terrazza, pizzicò le corde per sciogliere le dita, provò la voce e rimase a fiss~re il vialetto d'accesso. Quando due figure, avvolte in mantelli col cappuccio, apparvero in fondo alla stradina, Huy trattenne il respiro. Una stava affrettando il passo e l'altra esclamò con voce senile: « Non correre cosí, mia signora! Ti prego! Huy sorrise. Uno schiavo andò ad aprire il cancello e, mentre le due donne attraversavano il cortile, il Gran Sacerdote trasse una nota dal suo strumento. Tanith si fermò di botto, ma la vecchia accompagnatrice, che non aveva udito nulla, proseguí ed entrò in casa, borbottando. Ií Huy cominciò a cantare la canzone che aveva composto per Tanith t e quando l'ultima nota svaní nell'aria della sera, Tanith scostò il cap-
puccio dal viso e alzò gli occhi verso di lui: le labbra le tremavano. Sceso in cortile, Huy la guidò dolcemente dentro casa. La vecchia sacerdotessa s'era già accomodata sui cuscini e stava lamentandosi dei dolori che l'affliggevano. Huy prese la coppa del vino drogato. « Ha un fisico robusto? domandò a Tanith accennando col capo alla vecchia. « Piú di molti uomini. Perché? :~ « Le ho messo un po' di sonnifero nel vino, ma non vorrei che dormisse in eterno. « Oh Padre Santo, che idea brillante! » Tanith batté le mani, un gesto infantile che inteneriva sempre Huy. « Quanto gliene hai messo? « Quattro gocce. :~ « Forse qualcuna di piú non le farebbe male. . Mentre i due si scambiavano quelle battute, la vecchia sacerdotessa li guardava annuendo con comprensione, come se udisse tutto. Huy la osservò per un momento. « No dichiarò poi. « Quattro sono sufficienti. :~ Tese la coppa ad Aina, il cui viso grinzoso si aprí in un sorriso senza denti. « Hai un cuore gentile, Padre Santo. :9 Huy e Tanith si sedettero di fronte a lei, tenendola d'occhio mentre parlavano. L'anziana sacerdotessa sorseggiò il vino con gusto, finché la coppa ormai vuota non le sfuggii dalle dita e lei si piegò in avanti cadendo in un sonno profondo. Huy si affrettò a sostenerla e la fece sdraiare sui cuscini. Sistemata la vecchia, Huy e Tanith si abbracciarono, stringendosi l'uno all'altra con passione. « Oh, Tanith, ho tante cose da dirti! « Mio signore, la tua voce è la piú dolce che io abbia mai udito, la tua saggezza e il tuo spirito sono famosi in tutti e quattro i reami... Ma, ti prego, non parlare ora! E lo trascinò dolcemente fuori della stanza. Nei mesi che seguirono, I'accompagnatrice di Tanith mostrò una spiccata predilezione per il vino del Gran Sacerdote. Durante le feste al tempio, non perdeva occasione per lodarne la qualità e sempre aggiungeva una parola di elogio per il Gran Sacerdote. « Un uomo tanto, tanto caro » diceva alle altre sacerdotesse. « Non ha grilli per la testa come certi Padri Santi che corteggiavano le novizie quand'ero giovane io... :D E sorrideva, intenerita da quei lontani ricordi. IL GRY-LEONE era molto soddisfatto, ma cercava di non darlo a vedere. Ritto davanti alla finestra, osservava il porto, dove si stava scaricando della merce da cinque galee Nella stanza, alle sue spalle RidAbbi leggeva con voce impersonale: « Arrivate oggi a Opet daile savane meridionali cinquantotto grandi zanne di avorio, per un peso complessivo di sessantanove talenti. « Hai assistito personalmente alla pesatura? domandò Lannon. « Come sempre, mio signore. Lannon emise un lieve grugnito e, quando Rid-Abbi riprese a leggere, si perse dietro ai suoi pensieri. Pensò a Huy e un brivido scosse la sua sicurezza. C'era un'incrinatura nella loro amicizia: Huy non era piú lo stesso con lui, e il re si soffermò a cercarne i motivi. Quel deterioramento dei loro rapporti non era la conseguenza del lungo distacco: c'era qualcos'altro. Il Gran Sacerdote sembrava schivo, chiuso in sé... Lannon corrugò improvvisamente la fronte. Una parte del suo cervello aveva registrato ciò che Rid-Abbi stava dicendo. « Che cosa? Un calo nella produzione d'oro di Hulya? « Mio signore, c'è stata una grossa frana nel lato sud della miniera. :Rid-Abbi non finiva mai di stupirsi del fatto che, fra una caterva di cifre, il re riuscisse immediatamente a individuare il minimo calo nella produzione di una delle decine di piccole miniere. Lannon ordinò di sostituire subito il sorvegliante di Hulya. « Non ammetto negligenze... Si perde oro, si sprecano schiavi di valore.
Mentre Rid-Abbi annotava l'ordine, i pensieri del re tornarono al Gran Sacerdote: la sua presenza era lo zenzero che rendeva piú gustoso ogni trionfo, la consolazione che rendeva piú accettabile ogni sconfitta. In uno dei suoi rari momenti di onestà, Lannon si rese conto che Huy Ben-Amon era il solo essere umano cui potesse guardare come a un amico. La sua posizione di re lo isolava da tutti. "Ho bisogno di lui molto piú di quanto lui non abbia bisogno di me" confessò a sé stesso. "Ma io distruggerò qualsiasi ostacolo che dovesse frapporsi tra noi due!" Pensò all'attuale assenza di Huy. Era proprio necessario che il Gran Sacerdote si sobbarcasse a un viaggio di seicentocinquanta chilometri, portandosi appresso due coorti della sua legione e la profetessa di Opet, soltanto per andare a consacrare un trascurabile santuario nel reame settentrionale? O aveva lasciato la capitale per qualche oscura ragione personale? Un frettoloso trepestio di piedi interruppe il corso dei suoi pensieri. Uno degli alti ufficiali del re irruppe nella stanza, seguito da un centurione vestito di un mantello impolverato e di un'armatura che aveva perduto ogni lucentezza. « Mio signore... pessime notizie. Un'insurrezione di schiavi a Hulya. « Quanti rivoltosi? » « Moltissimi. Non si sa con certezza. Ma quest'uomo era presente. Il re si rivolse al centurione esausto. « Parla. » « Facevo parte di una pattuglia in perlustrazione verso nord, mio signore. Abbiamo visto il fumo, ma, quando siamo arrivati alla miniera, era già troppo tardi. Gli schiavi avevano aperto i recinti e trucidato gli uomini di guardia. Fece una pausa, rammentando i suoi compagni con l'addome squarciato. « Erano già fuggiti, ma per qualche tempo li abbiamo seguiti verso settentrione. Procedevano lentamente, saccheggiando e incendiando tutto ciò che incontravano sul loro cammino. « Quanti erano? « Cinquemila da Hulya, ma hanno aperto una decina di altre miniere e anche gli schiavi delle campagne si sono uniti ai fuggiaschi. :~ « Devono essere almeno ventimila » arrischiò l'alto ufficiale. « Ventimila... :mormorò Lannon. « Per il sacro nome di Baal, quali forze abbiamo per contrastarli? « Due legioni a Zeng rispose l'ufficiale. « Un'altra qui a Opet, e altre due lungo il Grande Fiume. « Tutte troppo distanti. Abbiamo altre truppe disponibili? » « C'è il Gran Sacerdote a Sinal con due coorti :9 mormorò il centurione. Lannon lo guardò stupito. S'era completamente dimenticato di Huy. « Milleduecento uomini contro ventimila :osservò l'ufficiale. « Sarebbe una follia tentare la sorte in simili condizioni... e il mio signore Ben-Amon non è davvero un folle. Non darà battaglia. Lannon sorrise. « Sta' tranquillo, Ben-Amon darà battaglia. Quando e dove, lo sceglierà lui. Io mi metto subito in marcia per accorrere in suo aiuto. Fa' mobilitare immediatamente tutte le legioni di riserva... » « Cl SARA una battaglia? domandò Tanith, con gli occhi che sprizzavano scintille per l'emozione. « Come quelle delle tue canzoni? :~ Huy si limitò a grugnire, mentre scriveva al comandante del presidio di Sett: "Quali guadi sono transitabili? Ti raggiungerò fra sei giorni. Intendo impedire al nemico il passaggio del fiume a..." Tanith scivolò alle sue spalle e gli fece il solletico a un orecchio. « Mio signore... « Ti prego, Tanith! Devo pensare a cose molto piú urgenti. « Niente è piú urgente che rispondere alla mia domanda. Ci sarà una battaglia? « Ma sí che ci sarà rispose Huy, spazientito. « Oh, che bello! Tanith batté le mani. « Non ne ho mai vista una. «E non ne vedrai nemmeno adesso. Tornerai a Opet e ci resterai
finché tutto non sarà finito. :~ Tanith fissò incollerita la nuca del Gran Sacerdote. « Questo, Padre Santo :susurrò con voce quasi impercettibile, « è soltanto ciò che tu hai deciso! Quella notte, la giovane sacerdotessa rimase sveglia ad ascoltare le voci provenienti dalla tenda di Huy, attigua alla sua. Per tutta la giornata, aveva udito storie di stupri e di stragi, raccontate dai profughi. Un grosso esercito di schiavi stava avanzando verso di loro e, per fermare quei selvaggi, c'erano soltanto Huy Ben-Amon e il suo manipolo di eroi, in proporzione di uno contro venti. Era come una leggenda, e Tanith non voleva perdersi lo spettacolo. La mezzanotte era passata da un pezzo, quando la profetessa, scossa da violenti brividi, scivolò nella tenda di Huy, steso sul suo giaciglio al buio. Il Gran Sacerdote domandò allarmato: « Cosa è accaduto, amore mio? « Oh mio signore, ho fatto un sogno! Un sogno di malaugurio. Gli gettò le braccia al collo. « Camminavo di notte in un campo illuminato soltanto da roghi funebri... Huy la strinse forte a sé. Era davvero un presagio funesto. « Io piangevo, mio signore. Poi, a un tratto, ho visto la nostra dea Astarte, che mi rimproverava aspramente. "Questo non sarebbe mai accaduto, Tanith, se tu mi fossi rimasta fedele!" :~ Huy fu subito assalito da un dubbio. Quella storia era troppo ben congegnata per essere vera, e lui sapeva perfettamente che Tanith 150 era capace di qualsiasi cosa, quando aveva uno scopo. « Tanith » I'ammoní severamente, scrutandola in viso, sai bene che è molto grave travisare le parole degli dèi! Lei annuí con convinzione. « Lo so, Padre Santo. Incapace di sostenere un minuto di piú quello sguardo indagatore, nascose il VlSO contro il collo di Huy, provando un brivido di piacere nel ripagarlo con la sua stessa moneta. Lo aveva visto fin troppo spesso servirsi delle sue sacre prerogative per i propri scopi. « E va bene :sbuffò lui. Resterai con me. :Tanith celò un sorriso di trionfo dietro la barba ricciuta del Gran Sacerdote. PER CINQUE giorni, Huy osservò l'imponente orda di schiavi che si spostava verso il Grande Fiume. Il Gran Sacerdote si ritirava davanti a essa, usando con intelligente parsimonia le proprie esigue forze. Il quinto giorno, raggiunse il presidio di Sett e il comandante, I'anziano Gaio, si mise ai suoi ordini con milleottocento tra fanti e arcieri, dodici elefanti addestrati alla guerra, due galee con cento remi e tutto il considerevole arsenale del presidio. Dalle mura della città, Huy e Gaio potevano vedere la gran moltitudine di schiavi che scendeva verso il guado. « Attraverseranno il fiume in quel punto, domani :disse il Gran Sacerdote. « E domani li distruggerò. » Gaio lo guardò di sottecchi. "Distruggere" gli sembrava un vocabolo un po' forte, per un generale che poteva disporre di tremila uomini contro trentamila. Huy, vedendo l'espressione sconcertata dell'anziano comandante, lo prese per un braccio. « Una coppa di vino? :suggerí. « Stare di vedetta e aspettare fa venire una gran sete. Quella sera, I'anith, Huy e i suoi ufficiali cenarono con Gaio, e, dopo avere mangiato, il Gran Sacerdote e la profetessa intrattennero i commensali con i loro canti. Infine, Huy parlò della battaglia imminente, ammonendo i suoi ufficiali a non sottovalutare il nemico. « Per poco, io stesso non ho pagato a caro prezzo un errore del genere :raccontò. « Due giorni fa, ho voluto saggiare la resistenza al centro del loro schieramento e l'ho trovata cedevole come burro, ma, sia lode a Baal proseguí, tendendo le mani nel gesto rituale alla divinità, « quando stavo per impartire l'ordine di sferrare un attacco frontale con tutte le mie forze, sono stato messo in guardia da un'i-
spirazione degli dèi. Ho osservato le ali nemiche, che, naturalmente, sopravanzavano le mie e le ho viste attestate in uno schieramento saldissimo. Anzi, mi parve che le truppe migliori fossero disposte proprio sui fianchi e, improwisamente, mi ricordai di Canne, dello stratagemma col quale Annibale aveva intrappolato il console romano... Huy s'interruppe, mentre il viso gli si illuminava come se avesse fatto un'improwisa scoperta. « Canne! Annibale! Il plastico della battaglia, la propria voce L UCCELLO DEL SOLE che spiegava, Timone che ascoltava intento... Timone era stato mandato alla miniera di Hulya... E chi altri poteva avere trasformato un'orda cenciosa di schiavi in un vero esercito? « E Timone che li guida! esclamò. « Può essere soltanto lui! :D CON amorosa attenzione, Tanith gli intrecciò la barba, poi gliela ripiegò sotto il mento e all'indietro, in modo che non potesse restare impigliata nella corazza o offrire un appiglio a un nemico disperato. Infine, si inginocchiò a legargli i lacci dei gambali e gli sistemò le pieghe del mantello. Sorrideva, ma, nelle sue sommesse parole d'amore, Huy avvertiva il brivido della paura. La baciò. « Oh, Huy :D sospirò lei. « Amore mio! :~ Quand'ebbe finito, andò a prendere la bipenne con gli avvoltoi e avvicinò la lama alle labbra. « Non tradire il mio signore! supplicò. Nel buio che precede l'alba, gli ufficiali fecero una rapida colazione sui bastioni del forte, dai quali si poteva vedere l'esercito degli schiavi accampato lungo il fiume, piú a monte. Quando Huy li raggiunse, gli ufficiali lo accolsero con chiassoso buon umore. Il Gran Sacerdote osservò la fitta nebbia che copriva il fiume. Maledizione! Non si riesce a vedere se le prime linee hanno già attraversato il guado. Devo mandare una galea in perlustrazione? domandò Gaio. « No, non importa. Tanto lo sapremo presto. Non voglio attirare l'attenzione sulle galee. » Huy si versò una coppa di vino caldo e la sollevò all'indirizzo dei suoi compagni. « Che la fortuna guidi le vostre spade augurò sommessamente. Quando il sole apparve sopra l'orizzonte brumoso, Huy intonò il saluto a Baal. In piedi, a capo scoperto, chiese agli dèi il loro aiuto per giungere felicemente alla fine di quella giornata, poi si volse di scatto verso i suoi uomini. « Bene, tutti ai vostri posti! :D Infine, trasse in disparte Gaio. « Hai un uomo fidato per proteggere la sacerdotessa? Gaio chiamò con un cenno un anziano fante brizzolato. a Rimarrò io con lei dichiarò l'uomo. E se dovesse correre il pericolo di cadere in mano dei nemici, la... :~ « Bene I'interruppe Huy. « Se sarà necessario, fallo con un colpo rapido e sicuro. Si allontanò velocemente e scese verso il fiume, dove una piccola imbarcazione l'aspettava per portarlo a bordo della galea piú grande. Lí giunto, si mise a osservare lo svolgersi degli av152 venimenti e attese. Il sole aveva diradato la nebbia e l'esercito degli schiavi era impegnato a guadare il fiume. Venti funi erano state tese dalla sponda meridionale all'isolotto che emergeva in mezzo al corso d'acqua e altre funi stavano per essere lanciate da lí alla sponda settentrionale. Quindici o ventimila uomini erano già scesi in acqua e Huy rimase a osservarli, mentre i primi raggiungevano l'isola con evidente sollievo. Sollievo prematuro, pensò, perché c'era ancora il braccio di acqua settentrionale a frapporsi tra loro e la salvezza. Intanto, gli uomini rimasti sulla sponda meridionale andavano riducendosi di numero e, ben presto, le esigue forze di Gaio avrebbero potuto attaccarli con successo. Quando i primi schiavi cominciarono ad abbandonare l'isola per raggiungere la sponda settentrionale, Huy si trovò davanti a un grave
dilemma: se avesse ritardato troppo l'attacco, molti nemici sarebbero arrivati a rifugiarsi tra le fitte foreste della sponda settentrionale, ma, se avesse attaccato troppo presto, Gaio si sarebbe trovato a dover affrontare forze largamente superiori alle sue. Finalmente, il Gran Sacerdote si rivolse al comandante della galea. « Fa' issare l'aureo stendardo di guerra ordinò. Mentre un'acclamazione si levava dai ponti dei rematori, il segnale di battaglia apparve anche sull'altra galea, ancorata a dritta della prima. I cavi dell'ancora vennero tagliati, le larghe pale dei remi si sollevarono nell'aria e le due navi si mossero veloci controcorrente, dirigendosi ognuna verso il braccio d'acqua in cui doveva dar battaglia. « Puntare al centro delle file nemiche ordinò Huy al comandante, e la galea si lanciò contro le funi cui erano aggrappati grappoli di uomini in lotta contro la corrente, le cui teste affioravano alla superficie simili a grosse perle nere. Un crescente tumulto di grida atterrite si levò ben presto al di sopra del rombo delle acque, degli scricchiolii e dei tonfi dei remi, mentre la nave speronava l'una dopo l'altra le corde sovraccariche e la corrente si portava via file di uomini impotenti, sui quali, come al tiro al bersaglio, si abbattevano le frecce degli arcieri di Huy Ben-Amon. Il Gran Sacerdote corse a poppa per osservare la scena. Il fiume pullulava di schiavi annegati o sul punto di annegare; I'isola era addirittura sommersa da una compatta folla di superstiti tremanti, mentre altri stavano lottando per raggiungere la riva. Quella massa brulicante faceva pensare a formiche, piuttosto che a esseri umani. Con quelI'immagine scolpita nella mente, Huy si apprestò a impartire l'ordine successivo. Il comandante della galea lo guardava impaziente. Benissimo, 153 è giunto il momento :D disse Huy. Le due galee si misero di traverso alla corrente e, un attimo dopo, gli uomini rovesciarono in acqua il cosiddetto "fuoco di Baal~. Un liquido denso e oleoso, maleodorante, sul quale il sole si rifrangeva in tanti piccoli arcobaleni, si allargò pian piano sul fiume; poi, come per magia, esplose in alte fiammate dal calore cosí intenso, che Huy fu costretto a indietreggiare. « Per il sacro nome di Baal mormorò, mentre la ruggente lingua di fuoco arancione si propagava sull'acqua, dilagando da una sponda all'altra del Grande Fiume, e investendo l'isola affollata. Huy osservava sbigottito l'orribile spettacolo, pensando a Timone. Se lui, che aveva ordinato quel flagello, ne era terrorizzato, che cosa doveva provare Timone? In quel momento, un fragore di armi lo fece voltare di scatto: le forze di Gaio stavano abbattendosi sulle retrovie nemiche, rimaste sulla sponda meridionale del fiume. Là, Huy ne era certo, doveva trovarsi Timone. Le galee avanzarono lentamente e, dall'alto delle loro postazioni, gli arcieri scaricarono nugoli di frecce sul nemico. In breve, il colore verdognolo dell'acqua si trasformò in rosso vivo. « Un fiume di sangue commentò in tono indifferente il comandante. Huy annuí senza parlare. Capiva che la battaglia era giunta a un punto critico. Le coorti di Gaio non riuscivano a far indietreggiare nemmeno di un metro il nemico e gli stessi uomini del Gran Sacerdote cominciavano a essere stanchi. Huy prese a camminare irrequieto su e giú per il ponte, sperando che Gaio effettuasse la mossa giusta. "Muoviti, Gaio, muoviti!" supplicò fra sé. Finalmente, emise un grugnito di sollievo vedendo gli elefanti da guerra avanzare contro gli schiavi. In un'esplosione di furiosi barriti, i pachidermi caricarono i superstiti, calpestandoli, sollevandoli con la proboscide e scagliandoli verso il cielo. « Avanti! » ordinò il Gran Sacerdote. Le galee si diressero insieme verso la riva e quattrocento uomini armati di scuri e guidati dallo stesso Huy Ben-Amon si riversarono a terra. « Per Baal! gridò il Gran Sacerdote incitando i soldati. Il ter-
reno si trasformò ben presto in una fanghiglia rossastra, mentre la battaglia infuriava sanguinosa. Nel mezzo della mischia, Huy scorse Timone. « Timone! urlò. « Sono qui! Vieni a sfidarmi! In risposta, I'ex-schiavo gli scagliò contro la lancia. Huy si chinò e l'arma andò a conficcarsi nella gola di un soldato che si trovava dietro di lui. Rimasto disarmato, Timone si lanciò verso il fiume, saltò nell'acqua insanguinata e nuotò verso l'isola. Il Gran Sacerdote si levò di dosso l'armatura. Completamente nudo, tranne che per una cintura che reggeva la bipenne, si tuffò L'UCCELLO DEL SOLE a sua volta senza esitare. Sull'isola, il venda aveva trovato armi in abbondanza: le lance dei soldati carbonizzati. Mentre Huy posava il piede sulla riva, Timone gli scagliò contro la prima, ma Ben-Amon la deviò con un colpo della bipenne, allontanandola da sé come fosse un insetto molesto. Il negro ne lanciò un'altra, poi un'altra ancora, mentre il Gran Sacerdote avanzava verso di lui sul terreno ingombro di cadaveri, ma ogni volta, la bipenne le faceva volare lontano. Disperato, Timone afferrò una pietra, grossa come la testa di un uomo, e la scaraventò contro l'avversario. Il sasso colpí Huy a una spalla, facendolo cadere, e la bipenne gli sfuggí di mano. Reso incauto dalla collera e dall'odio, Timone gli si gettò sopra, ma Huy balzò in avanti come una molla e lo colpí con una violenta testata appena sotto le costole. Mentre il negro cadeva sulle ginocchia, Ben-Amon gli sferrò un pugno violento all'orecchio, e il gigante crollò privo di sensi sugli scogli. « NON POSSO ucciderti, Timone. La voce di Huy giunse fino a lui da un'immensa distanza, in mezzo a una nebbia grigia. « Meriti la morte come nessun altro, ma ho fatto un giuramento agli dèi. Il viso del Gran Sacerdote cominciava a delinearsi chiaramente, e Timone si rese conto di essere inchiodato al terreno con cinghie di cuoio, le braccia allargate tenute ferme da altre cinghie. Girò il capo quanto bastava per capire che si trovava sulla sponda settentrionale dell'isola, lontano da tutti, solo con Huy Ben-Amon. Sulle rocce, accanto a lui, la fiamma di un piccolo falò stava arroventando il ferro di una lancia. « Fra breve, i miei uomini verranno a cercarmi e ti toglieranno dalle mie mani » disse Huy, che stringeva nella destra la bipenne con gli avvoltoi. « Ho commesso un grave errore, con te. Nessuno al mondo riuscirà mai a domare il leopardo. Tu sei rimasto sempre Manatassi, non sei mai stato Timone. Il legame fra noi due è stato un'illusione. Tu sei nato per distrug~ere tutto ciò che per me è caro. Io sono nato per difenderlo. » Il Gran Sacerdote fece una pausa e il rimpianto nel suo cuore era sincero, quando aggiunse: « Non posso ucciderti, ma ho il dovere verso il mio re e verso il mio popolo di fare in modo che tu non possa mai piú impugnare la spada contro di noi :~. La bipenne con gli avvoltoi sibilò nell'aria. Timone lanciò un urlo, poi continuò a gemere sommessamente, mentre la sua mano destra, troncata di netto, tremava e sussultava come un animale agonizzante sulla terra bruciacchiata dell'isola. Huy prese dal fuoco la lancia arroventata e cauterizzò il moncone sanguinante, poi tagliò le cinghie che trattenevano Timone. « Vattene D disse. « Fuggi, prima che arrivino i miei. Cerca di salvarti a nuoto. HUY trovò Tanith nella sua stanza, il viso mortalmente pallido, gli occhi segnati da profonde occhiaie. « Il cuore mi scoppiava dentro il petto, signore, ma soltanto quando mi hanno detto che eri sano
e salvo ho potuto piangere. Huy la strinse a sé. « Ed è stato un avvenimento glorioso ed eroico come cantano i vati? domandò. « stato orribile, mio signore, peggio dell'incubo piú spaventoso. Voi poeti non parlate mai del sangue, delle urla dei feriti... Padre Santo, tu che sei cosí buono, come hai potuto partecipare a una simile carneficina? Il Gran Sacerdote rifletté un istante. Era mio dovere mormorò finalmente. « La legge decreta la morte per gli schiavi ribelli. « La legge è ingiusta. No. La legge non è mai ingiusta. Le leggi sono tutto ciò che abbiamo per salvarci dal nulla. « Allora bisogna cambiare le leggi. « Ah! Huy sorrise. « Cambiarle, forse. Ma finché restano in vigore, dobbiamo rispettarle. IL MATTINO seguente, Lannon giunse a Sett con due legioni al completo e cinquanta elefanti da guerra. « Temo di essere stato troppo avido, mio signore si scusò Huy. « Non ho lasciato neppure uno schiavo per te. Lannon esplose in una delle sue fragorose risate e lo abbracciò. Quella sera, il Gran Sacerdote compose un'ode per commemorare la battaglia. Lannon pianse quando udí quel canto di vittoria, e Huy pianse con lui. Alla fine, il re si alzò. « Non ammetto che versi di tanta bellezza vengano scritti sulla semplice pelle di un animale! » esclamò. « Voglio un rotolo non di cuoio, ma di oro purissimo. Cosí, o mio Uccello del Sole, il tuo canto sopravviverà in eterno. Huy smise di piangere. Subito l'artista prevalse in lui, consapevole del fatto che, forse, il mattino dopo Lannon non avrebbe piú ricordato quella proposta. « Sono profondamente onorato, mio si~nore disse inginocchian~1osi davanti al re. « Vorresti redivere l'or156 dine per il tesoriere? « Scrivilo tu stesso e io lo firmerò subito. Poi, Lannon e Huy si ubriacarono insieme. UNA GOLA profonda spaccava la montagna; tanto profonda che il sentiero s'inerpicava al buio ed era ricoperto da uno strato di muschio sdrucciolevole. Dalle rupi sovrastanti, scendeva una cascatella argentea e il vento sospingeva una nuvola di gelide goccioline contro il viso di Manatassi, che s'arrampicava faticosamente. Il moncone gli doleva in modo atroce, ma il negro proseguiva senza badare al dolore. Piú in alto, sopra un masso che quasi ostruiva la gola, si stagliava la figura di un uomo, immobile, di un'immobilità minacciosa. Poi, altri guerrieri apparvero via via in punti dai quali era facile difendere il passaggio e rimasero a guardare l'uomo che saliva. Quando raggiunse il masso, Manatassi riconobbe nella figura immobile uno dei capi del suo vecchio esercito. Si fermò e lasciò cadere il lembo del mantello che gli nascondeva il viso. L'uomo non riconobbe il suo re in quel volto trasfigurato dalla sofferenza. "Sono cosí cambiato?" pensò Manatassi, amareggiato. "Nessuno mi riconoscerà piú?" I due uomini si fissarono a lungo, prima che Manatassi dicesse: « Cerco Zingala, il fabbro. Durante i pochi giorni trascorsi nel territorio dei venda, era venuto a sapere che il suo trono era stato usurpato dal fratellastro Khani, il quale aveva ucciso la maggior parte dei consiglieri e dei capi militari a lui fedeli. Altri suoi leali sudditi, come Zingala, erano fuggiti e si nascondevano lí, fra quelle montagne. L'uomo accennò con la mano a un punto oltre la gola e Manatassi si rimise in cammino. Non appena uscí dallo stretto passaggio, uomini armati e silenziosi gli si affiancarono e lo accompagnarono verso la colonna di fumo che s'alzava dalla fucina di Zingala. Il vecchio fabbro stava gettando palate di minerale ferroso dentro la bocca di una delle sue fornaci. Quando vide avvicinarsi quel
gigantesco straniero con la sua scorta, si raddrizzò e lo fissò, corrugando la fronte. C'era qualcosa di familiare nel modo di camminare di quell'uomo, nel portamento del capo. E quegli occhi! Istintivamente, Zingala gli guardò i piedi. E cadde prostrato in ginocchio. « Comanda! gridò. « Comanda, Manatassi, Grande Bestia Nera! SECONDO gli ordini di Manatassi, Zingala forgiò una zampa di leone con cinque possenti artigli di ferro. La limò e la levigò, poi la arroventò di nuovo e la temprò tuffandola nel sangue di leopardo e nel grasso di ippopotamo. Un abile artigiano modellò quindi un robusto bracciale di pelle d'elefante per fissare l'arti~lio al moncone di Manatassi, creandogli cosí un terribile arto artificiale. L'usurpatore Khani stava spassandosela con una delle sue donne, quando l'artiglio di ferro gli scoperchiò il cranio. IN CAPO a un annO, Manatassi aveva concluso patti di alleanza con tre delle tribú confinanti e ne aveva sottomesso una quarta con una sola sanguinosa battaglia; invece di uccidere tutti i maschi, come era costume fra le tribú, si era limitato a strozzare i membri della famiglia reale. Poi, aveva radunato l'esercito sconfitto, che gli aveva giurato entusiasticamente fedeltà e obbedienza. L'anno seguente,anatassi fece una spedizione fino alla costa occidentale e, con lo stesso sistema, si procurò altri centomila guerrieri Una sola volta, i suoi luogotenenti lo videro tradire un'emozione. Quelli che gli erano piú vicini sapevano che dormiva molto di rado, come se fosse posseduto da una forza irresistibile che non gli consentiva né riposo né gioia alcuna. Un giorno, mentre gli ufficiali scrutavano l'orizzonte dau~alto di una duna gialla al margine della costa occidentale, una delle veloci galee di Opet emerse come una nave fantasma dai banchi di foschia che stagnavano sul mare, con le file compatte di remi che fendevano ritmicamente le onde. Uno dei capi dell'esercito accennò con la mano alle acque grigie. Manatassi se ne stava un po' in disparte, avvolto nella pelle di leopardo che era il segno della sovranità, le piume di airone azzurro dell'acconciatura regale ondeggianti nella lieve brezza che veniva dal mare. Gli ufficiali videro a un tratto il viso del re imperlarsi di sudore, mentre egli contraeva le mascelle, arrotando i denti con un rumore simile a quello di una macina. Un luogotenente accorse presso di lui, temendo che si sentisse male. <Signore... » Manatassi siirò di scat-
HUY E TANITH erano amanti ormai da cinque anni, anche se non s~mbrava vero che fosse passato tanto tempo. Eppure era cosí, perché la festa della Fertilità della Terra era nuovamente vicina. Huy sorrise al ricordo della celebrazione precedente e di ciò che essa aveva portato con sé. Non vedeva Tanith da quattro giorni, da quando, cioè, era arrivato alle isole del lago per una partita di pesca con Lannon. Ritto a poppa, il Gran Sacerdote vogava con perizia riportando senza scosse l~imbarcazione verso l'isola sulla quale si erano accampati, in una vecchia capanna. Erano state giornate meravigliose, libere dalle preoccupazioni del governo, che affliggevano entrambi. Appena doppiata la punta dell'isola, videro una galea all'àncora nella piccola baia. Sull~albero maestro, era issato lo stendardo dei Barca. L'UCCELLO DEL SOLE
to, infuriato, e gli sferzò il viso con l'artiglio di ferro. Là! urlò, accennando col moncone alla galea che stava scomparendo. « Quello è il vostro nemico. Ricordatevelo!
chio
' « 11 mondo ci ha ritrovati, Huy. » Pochi minuti prima, ridevano insieme felici, come ragazzi; in quel momento, invece, la voce di Lannon tradiva un'improvvisa stanchezza. « Sei un ottimo compagno per me, amico mio. Non abbandonarmi mai! Huy arrossí, imbarazzato. « Sta' tranquillo, mio signore :rispose con voce un po' roca. « Sarò sempre al tuo fianco. Nella cabina di poppa della galea, sotto la lampada che oscillava disegnando ombre irreali sui loro volti, ascoltarono incupiti le ultime notizie. Disordini lungo i confini settentrionali, movimenti di grandi masse avvistati a distanza; spie che riferivano voci di uno strano, nuovo dio con artigli di leone, che avrebbe guidato le tribú fino a una terra di erba e di acqua. La tensione fra le popolazioni negre stava crescendo e manovre segrete erano in corso. Lannon rimase qualche istante in silenzio, poi si rivolse all'ammiraglio della flotta reale, Habbakuk Lal. « Dobbiamo tornare immediatamente a Opet. Ritti davanti al parapetto di poppa, Lannon e Huy videro scomparire nel buio la loro isola, mentre la galea si allontanava veloce. « Mi sembra di avere lasciato qualcosa, laggiú » mormorò il re. « Hai anche tu questa sensazione, Huy? « Forse, abbiamo lasciato laggiú la nostra giovinezza. Forse, questi quattro giorni ne hanno segnato la fine... » Rimasero a lungo silenziosi, seguendo il ritmico movimento impresso alla nave dai colpi dei remi. Soltanto quando l'isola fu scomparsa del tutto, Lannon parlò di nuovo. « Andrai al confine, Huy. Devi essere il mio occhio e il mio orec-
« NON SARA per molto, amore si scusò Huy, benché Tanith non avesse aperto bocca, apparentemente occupatissima a divorare un enorme grappolo di uva. « D'altra parte, il re non poteva fidarsi di nessun altro, per una missione del genere. « Ne sono certa » mormorò Tanith, leccandosi le dita. « Cosí come nessun altro avrebbe potuto andare con lui a pescare. « Lannon e io siamo stati sempre insieme fin dall'infanzia, mia cara. Quando eravamo giovani, andavamo spesso alle isole. Questo è stato una specie di pellegrinaggio. In fondo, si è trattato soltanto di quattro giorni. :D « Soltanto quattro giorni! Tanith gli rifece il verso. Francamente, non ti capisco. Dici di amarmi alla follia... e poi, basta che 159 Lannon ti faccia un fischio, e corri da lui scodinzolando come un cagnolino e ti rotoli sulla schiena per farti grattare la pancia. L UCCELLO DEL SOLE « Tanith! :Huy scoppiò a ridere. « Sei gelosa! « Certo che lo sono. Lei balzò dal divano e gli si piantò davanti, bene in vista. « Dimmi, non noti niente di diverso in me? Huy scosse la testa, continuando a sorridere. « Guarda meglio :~ insistette lei e inarcò il ventre, facendolo sporgere in avanti e ridendo. « Mangi troppo » osservò Huy. « Stai ingrassando. Tanith scosse la testa. « Il mangiare non c'entra, Padre Santo. :~ Il sorriso si spense di colpo sulle labbra del Gran Sacerdote, mentre la fissava sbalordito. Aveva finalmente capito che cosa Tanith volesse dirgli e si rendeva conto che bisognava fare qualcosa. Il pensiero gli corse per un attimo, ma subito se ne ritrasse, alle sordide vecchie del porto che si occupavano di risolvere situazioni del genere. Forse, gli sarebbe riuscito di organizzare la consacrazione di un nuovo tempietto in qualche zona lontana, dove Tanith avrebbe potuto portare a termine la gravidanza al riparo da occhi
indiscreti. Dopo, gli sarebbe stato facile scovare una nutrice fidata in qualcuno dei suoi possedimenti e loro due sarebbero potuti andare di tanto in tanto a trovare il bambino. A un tratto, immaginò la scena e presentí la felicità di vedere suo figlio scalciare e borbottare di gioia all'aria aperta. Tanith gli si accostò e lo abbracciò. « Sei in collera con me, mio signore? » « Ma no; anzi, sono felice. « Speravo che lo saresti stato. Lei sorrise soddisfatta e gli si rannicchiò contro. « Voglio dire, una volta che ti fossi abituato all'idea. Poco dopo, Huy sentí sul collo l'umido tepore delle sue lacrime. « Proprio non posso venire con te al nord? » Tanith fece un ultimo tentativo. « Te ne prego, Padre Santo, amore mio! Huy la strinse forte, carezzandole i capelli, e l'intensità del suo amore Per lei gli gonfiò il petto. Era commosso fino alle lacrime. « No. Dovrò marciare a tappe forzate... e tu devi pensare al bambino. :D Finalmente, Tanith si rassegnò, ma non riuscí a scrollarsi di dosso una sensazione di tristezza. Come talvolta accadeva, le cortine del tempo si erano aperte davanti a lei, lasciandole intravedere ombre oscure che l'atterrivano. Si aggrappò a Huy, che cercò di consolarla e di farle coraggio come meglio poteva. COMANDANTE delle legioni e delle fortificazioni lungo il confine set160 tentrionale era Marmon, vecchio amico di Huy, benché avesse trent'anni piú di lui. Il giorno dell'arrivo, il Gran Sacerdote cenò con Marmon sui bastioni per godere la fresca brezza della sera. I due uomini esaminarono la situazione su un plastico di argilla, perché Huy potesse rendersi conto di come stavano le cose. « Sto organizzando una rete di spie fidate gli spiegò l'amico. « 11 mio informatore piú sicuro è un certo Storch, un ex-schiavo venda. Dovrebbe essere qui fra un'ora. » Alto, agile e armonioso nei movimenti come moltissimi venda, Storch aveva le spalle segnate dalle frustate. Accortosi dell'occhiata del Gran Sacerdote, si affrettò a nascondere le cicatrici con il mantello. A Huy parve di notare un lampo di sfida nei suoi occhi. La spia lo fissò per un momento, poi disse a Marmon: « Eravamo d'accordo che nessun altro mi avrebbe visto in faccia ». « Ma questo è Huy Ben-Amon, Gran Sacerdote di Opet e generale del re. Storch annuí, mantenendo tuttavia un'espressione impassibile. Parlarono per un'ora, poi Huy si rivolse a Marmon. « Tutto ciò è in contrasto con quanto mi avevi detto tu. Quest'uomo non ha mai sentito parlare di un dio con gli artigli di leone. « Quelle voci provengono da una zona piú a est spiegò Marmon. « Allora mi recherò a est » annunciò il Gran Sacerdote. « Partirò domattina all'alba. » « Ti farò trovare pronta una scorta. » « No. Attirerò meno l'attenzione viaggiando da solo. Se quest'uomo è fidato come dici, mi farà lui da guida. » Quando Storch fu uscito, Huy domandò: « Quanto lo paghi? « Oh, assai poco ammise Marmon. « Sale, perline di vetro, qualche ornamento di rame... « Perché lo fa, allora? » mormorò Huy. « Come mai lavora per noi, quando ha ancora sulle spalle i segni delle nostre frustate? « Le azioni degli uomini non mi stupiscono piú! » ribatté l'altro. « Ho visto troppe stramberie per stare ancora a domandarmene il perché. » DURANTE il viaggio, Huy tentò invano di saperne di piú sul conto della sua guida-spia. Storch era un uomo di poche parole; parlava soltanto quando era interrogato e senza guardare mai direttamente negli occhi l'interlocutore. Inoltre, in due dei capisaldi fortificati di-
sposti lungo la sponda meridionale del fiume, il Gran Sacerdote raccolse notizie di prima mano che contrastavano con le assicurazioni di Storch, secondo il quale tutto era tranquillo di là dal fiume. Il quarto giorno di viaggio, i due raggiunsero la sommità di un colle roccioso dal quale si dominava il fiume, che, in quel punto, formava un'ampia ansa protesa verso sud. Aggirare l'ansa significava 162 dover percorrere, secondo i calcoli di Huy, una quarantina di chilo,metri; invece, tagliando per la via piú breve, in territorio nemico, il percorso sarebbe stato sí e no di otto chilometri. « Storch » disse il Gran Sacerdote, « pensi sia meglio fare tutto il giro, o possiamo fidarci ad attraversare il fiume? Ci sono uomini delle tribú ribelli, da queste parti? » La spia evitò lo sguardo indagatore di Huy. « Vado a vedere. Tu aspettami qui. » Tornò un'ora prima del buio e condusse Huy fino alla riva del fiume. Nascosta fra le canne, v'era una piroga mezzo marcia, puzzolente di pesce, che destò subito i sospetti del Gran Sacerdote. « Dove l'hai trovata? « Ci sono dei pescatori accampati laggiú, lungo il fiume. » « Venda? « No. Altra gente. » « Hai parlato loro di me? « No. Huy fissò Storch negli occhi. « Ho cambiato idea )> disse finalmente. « Seguiremo la via piú lunga. Voleva mettere alla prova la sua guida, sapere se avrebbe cercato di persuaderlo ad attraversare il fiume. « Sei tu a decidere. » Storch cominciò a ricoprire la canoa con alcune canne. « E va bene. Portami di là tagliò corto il Gran Sacerdote. Raggiunta l'altra sponda l'uomo nascose la canoa, poi guidò Huy verso una radura, dove si affondava nell'erba alta fino alla cintola. Al centro dello spiazzo, la guida si fermò bruscamente, alzando la testa, e fece segno al compagno di non muoversi. Rimasero a lungo cosí, immobili, poi Storch riprese ad avanzare. Percorse un centinaio di passi, si girò a guardare Huy e il suo viso si illuminò di una luce di trionfo mentre gridava: « Eccolo! qui! Prendetelo! Prendetelo Dall'erba emersero una dopo l'altra file e file di guerrieri venda che avanzarono in cerchi concentrici fino a chiudersi in una morsa fatale sulla loro preda. Huy si guardò intorno freneticamente, cercando una via di scampo, ma non ne vide alcuna. Allora, roteò nell'aria la bipenne con gli avvoltoi. « Per Baal! » urlò, e si lanciò a capofitto contro le file dei nemici. COME voleva la tradizione, il primo giorno della festa della Fertilità della Terra, Lannon si recò al santuario presso il laghetto di Astarte. Alzando lo sguardo sulla profetessa seduta sul trono, gli tornarono alla mente le numerose occasioni in cui quella strega lo aveva contrariato e irritato. Detestava quegli incontri, e, quando cominciò a interrogare l'oracolo, la regaleIterigia del suo tono era accentuata dal malumore. Tanith era impaurita. Di solito, Huy si trovava dietro la tenda per darle coraggio, ma quel giorno era sola; sola e sconvolta dalla nausea. La notte era stata calda e afosa e il bambino le pesava come fosse di pietra nel grembo. S'era alzata di malavoglia e si era sforzata di mandar giú la leggera colazione preparata da Aina, ma l'aveva vomitata subito dopo e, in quel momento, si sentiva soffocare. Il re camminava avanti e indietro, formulando domande, ma lei non era preparata, le sue risposte erano parole vuote, proferite senza convinzione. « Avanti, è una domanda molto semplice! Rispondi! Il re s'era fermato con un piede sul primo gradino del trono; nella
sua voce era vibrata una nota di scherno. Tanith cercò disperatamente le parole. Una nuova ondata di nausea la travolse: intorno a lei, tutto si fece buio e negli orecchi le risuonò un rombo simile a quello di una bufera in mezzo a una foresta. Poi, qualcuno parlò e Tanith si rese conto sbalordita che quella voce bassa e roca usciva dalla sua gola. « Lannon Hycanus, ultimo Gry-Leone di Opet, non indagare oltre il tuo futuro. Il futuro per te è soltanto oscurità e morte! » La sibilla vide il proprio turbamento riflettersi sul volto del re, che impallidí violentemente. Lannon tracciò nell'aria il gesto rituale del sole, come per allontanare da sé quelle parole che affondavano nel suo animo come frecce nella carne. « Lannon Hycanus, i tuoi dèi volano verso l'alto e ti lasciano nell'oscurità... » Il re indietreggiò alzando le mani a proteggersi il viso, ma la voce penetrò oltre quel fragile schermo. « Sappi che il futuro ti attende al varco, come un leone affamato attende il viaggiatore ignaro. » Il terrore del re esplose feroce e immediato. « Maledetta! » urlò Lannon, salendo di corsa i gradini del trono. « Strega! » Schiaffeggiò Tanith con tale violenza, che il cappuccio del mantello le cadde dal capo, spettinandole i capelli. « Arpia! sibilò il re, trascinandola giú per i gradini. Tanith crollò sul pavimento e il primo calcio la colse nel ventre, facendola piegare in due. Senza smettere di colpirla, Lannon si guardò intorno alla ricerca di un'arma per distruggere quella donna e, insieme con lei, le parole che aveva pronunciato. Numerose sacerdotesse accorsero subito nella cella dell'oracolo, e il re indietreggiò ansimando, gli occhi azzurri scintillanti di follia. « Signore! La Gran Sacerdotessa avanzò verso di lui e la rabbia di Lannon svaní di colpo. Si girò e uscí a gran passi, lasciando Tanith a gemere sul pavimento. L'UCCELLO DEL SOLE
164 IL SACRO consiglio di Astarte si riuní quella sera stessa nella stanza della Gran Sacerdotessa. Quando la convocarono, Tanith entrò sorretta da Aina: camminavano curve entrambe, l'una per l'età, l'altra per la sofferenza. Si tenevano strette l'una all'altra e l'anziana accompagnatrice susurrava parole di conforto alla giovane profetessa, che aveva il viso tumefatto e coperto di lividi. « La ragazza non si regge in piedi » squittí Aina rivolgendosi alle sacerdotesse. « Permettetele di sedersi. Sta male. « Nessuno può sedersi davanti al consiglio » ribatté la Gran Sacerdotessa. « In nome della dea... « Non bestemmiare, Aina! Vattene. Lascia qui Tanith. Il tono della Gran Sacerdotessa non ammetteva repliche e Aina si ritirò, lasciando Tanith sola davanti al consiglio. La ragazza si reggeva in piedi a fatica, sconvolta da ondate di sofferenza, e non riusciva a mettere bene a fuoco le domande che le venivano rivolte La Gran Sacerdotessa temeva che Tanith avesse danneggiato l~interb sodalizio inimicandosi il re e tornava insistentemente sulla domanda fondamentale: « Che cosa gli hai detto? » « Non riesco a ricordarlo, Madre Santa. Non erano parole mie. « E di chi allora? Di chi erano? Della dea? » « Non lo so. » Una fitta di dolore al basso ventre le mozzò il respiro. « Vuoi dire che la dea avrebbe parlato per bocca tua? » « Oh vi prego... :gemette Tanith, le mani strette contro l'addome. « Vi prego... sto male. »
Le sacerdotesse, che la guardavano sbigottite, videro una macchia rosso scuro allargarsi sul davanti della tunica, poi Tanith si piegò in due e stramazzò sul pavimento. « NON risponderò. » Tanith era stata a letto due giorni e si sentiva ancora debolissima. « Non dirò mai il suo nome. « Bambina I'ammoní la Gran Sacerdotessa, « ne va della tua vita! » « Me l'avete già tolta la vita. E allora fatela finita. Prendetevi tutto. » Lo sguardo di Tanith si posò su Lannon Hycanus, ritto accanto alla finestra. « Qualsiasi cosa dica, non potrà cambiare la vostra decisione. Perciò, non rivelerò il nome, per me tanto caro, del padre del bambino. » « Sei stupida e testarda » la redarguí la Gran Sacerdotessa. « Sai che finiremo ugualmente per scoprirlo. :~ « Basta cosí » proruppe il re, allontanandosi dalla finestra. « Non ho altro tempo da perdere. Guardò la Gran Sacerdotessa. « Fa' chiamare la vecchia che accompagnava questa strega. » Quando Aina fu davanti a lui, tremante di paura, il re la guardò senza collera. « Hai doveri ai quali non puoi sottrarti. Dimmi il nome del toro che ha montato la giumenta della dea. :~ Aina protestò la propria ignoranza, inginocchiandosi con fatica ai piedi del re. Lannon l'allontanò rabbiosamente con un calcio. « Spezzatele le braccia e tenete questa strega vicino a lei, perché possa osservare lo spettacolo. Aina fu rimessa in piedi a strattoni. « No! » urlò Tanith. « Aspettate! Lannon sorrise. « Lasciatela! ordino. Tanith accompagnò fuori Aina, sorreggendola con tenerezza, poi tornò davanti al re. « Ti dirò il nome dichiarò. « Ma a te solo. « Fuori tutti ordinò il sovrano. Quando furono soli, Tanith gli gettò in faccia, in tono di sfida, il nome di Huy Ben-Amon. Vide Lannon barcollare come se fosse stato colpito da un pugno. « Da quanto tempo è il tuo amante? :domandò il re dopo un lungo silenzio. « Da cinque anni. « Ah, è cosí! esclamò Lannon, intravedendo finalmente la risposta a tanti interrogativi. « Sicché, a quanto pare, eravamo in due a dividerci il suo cuore. « No, signore. Il suo cuore apparteneva soltanto a me. « Fai bene a parlare al passato. « In che modo ucciderai una sacerdotessa di Astarte? Userai la spada o il veleno? Hai forse dimenticato che appartengo alla dea? « Non l'ho dimenticato. Sarai la messaggera di Opet, il decimo giorno della festa della Fertilità della Terra. « Huy non lo permetterà! susurrò lei inorridita. « Il Gran Sacerdote è lontano, al confine settentrionale. E mancano solo sei giorni al termine delle celebrazioni. » « Ti odierà a morte, se farai una cosa simile. Lo perderai per sempre. Lannon scosse la testa. « Non saprà mai che sono stato io a dare l'ordine, cosí come non saprà mai che tu lo hai tradito. Sorrise, un sorriso raggiante eelido. « No, sarai tu a perderlo e io lo avrò per sempre. I desideri del re sono molto piú importanti dei tuoi. I VENDA IO avevano trasportato in lettiga, mentre era privo di sensi, perciò non sapeva da che parte si fossero diretti. Poi, quando lo avevano costretto a camminare, era stato bendato. Durante la lotta, aveva riportato molte contusioni, ma nessuna ferita grave; non avevano voluto ucciderlo, benché la bipenne con gli avvoltoi avesse compiuto una strage prima che fossero riusciti a sopraffarlo. Finalmente, sopra il cadenzato rumore dei piedi nudi della sua scorta, Huy udí un lontano mormorio di voci e un trambusto che
gli fecero indovinare la presenza di un gran numero di persone. Dopo un po', infatti, i suoi accompagnatori si fermarono, e una voceridò: « Chi cerca Artiglio di Leone? Chi vuole vedere Piede di Uccello? Huy rimase zitto, in attesa che i suoi carcerieri gli facessero capire che cosa doveva fare. Poi, una lama tagliò le corde che lo stringevano, la benda gli cadde dagli occhi e Huy sbatté le palpebre alla luce violenta del sole. Erano al centro di un'ampia pianura circondata da basse colline e, tranne che nello spiazzo del diametro di un centinaio di passi dove Ben-Amon si trovava, il terreno nereggiava di guerrieri. Huy non avrebbe saputo calcolarne neppure lontanamente il numero. Ma la cosa piú impressionante era la loro assoluta immobilità: soltanto le piume delle loro acconciature si agitavano leggermente nella pigra brezza meridiana. A pochi passi di distanza, Storch, con la bipenne di Huy appoggiata su una spalla, osservava un gruppo di capi militari riuniti attorno a uno spoglio monticello di terra, che attirava l'attenzione di tutti come un palcoscenico vuoto. La voce domandò di nuovo: « Chi viene a cercare la Grande Bestia Nera? » A un tratto, quell'immensa folla di guerrieri si agitò con un lieve mormorio. Un uomo avvolto in una pelle di leopardo, con una corona di piume di airone, salí sul monticello, rimanendovi immobile come un albero poderoso, mentre un'entusiastica ovazione scuoteva la terra e il cielo. Storch depose ai piedi di Manatassi la bipenne con gli avvoltoi e il re fissò lo sguardo su Huy Ben-Amon che, cercando di non zoppicare, si accostò al monticello e alzò a sua volta gli occhi verso l'ex-schiavo. « Avresti dovuto uccidermi disse Manatassi, in lingua punica, e sfilò di sotto il mantello di leopardo l'artiglio di ferro. « Invece mi hai dato quest'arma. « La tua vita non mi apparteneva. Avevo fatto un giuramento. « C'è ancora un uomo che mantiene la sua parola... Huy cercò 166 invano un'ombra di derisione nella sua voce. Manatassi accennò ai ranghi compatti del suo esercito. « Guarda tu stesso quale spada mi sono forgiato. Chi potrà resistermi? » L UCCELLO DeL SOLr « Molti lo tenteranno. « Compreso te? Huy sorrise. « Non credo che ne avrò l'occasione. » Manatassi guardò attentamente quel gobbo, battuto, ma non umlliato. « Ti aspettavo; sapevo che saresti venuto. Ho bisogno di te. :~ « Che cosa vorresti da me? ,> « Che ti schierassi al mio fianco contro Opet e la sua disumana oppressione. Con l'aiuto della tua sapienza e della tua bontà, regnerò sul mondo intero. « Non posso tradire la mia patria. « Sai che col tuo rifiuto scegli la morte? «Lo so. « Credevo che fossi un uomo ragionevole. « La ragione può guidare fino a un certo limite » ribatté Huy. « Oltre quello, I'uomo deve affidarsi al proprio cuore. Manatassi sospirò. « Tu mi hai risparmiato un giorno, e io risparmierò te riprese dopo un momento. « Torna indietro e di' al tuo re che Manatassi scenderà dal nord per distruggerlo. Parlagli di questo esercito. Ne sarà atterrito. Digli che di lui non resterà nemmeno il ricordo a infettare questa terra. Digli che verrò, e presto! :Tese a Huy la bipenne. « Va' ora! Ho saldato il mio debito verso di te. Quando ci incontreremo ancora, ti ucciderò. Huy si voltò e se ne andò zoppicando lungo il varco aperto dai
guerrieri, e nessuno cercò di fermarlo. LA NOTTE del nono giorno di festa, Tanith fu svegliata da mani che la scuotevano con dolcezza. « Bambina! Bambina! arrivato il Padre Santo! » le disse Aina gongolando. « Dicono che è venuto fin qui in soli tre giorni. « Oh, Aina... Tanith abbracciò la vecchia sacerdotessa. « Deve avere saputo ciò che è accaduto. Rise, eccitatissima. « Dov'è ora? :~ « Con il re. andato dritto a palazzo. « Per parlare al Gry-Leone... Oh, sia lode alla dea! Credi che otterrà qualcosa? Con lui qui, non posso morire! « Huy Ben-Amon sarebbe capace di far cambiare idea persino a Baal! « Oh, sono cosí felice, Aina! esclamò Tanith, stringendosi alla vecchia sacerdotessa. Le due donne si consolarono a vicenda. QUANr~O Huy arrivò, nel cuore della notte, senza preavviso, il primo pensiero del re fu quello di non riceverlo. Doveva avere saputo del rito sacrificale che si preparava per il giorno seguente. Ma Huy oltreL UCCELLO DEL SOLE passò le guardie, esclamando ansante: « Perdonami, mio signore! Ti porto notizie gravissime. Al vedere gli occhi spiritati del Gran Sacerdote, le sue occhiaie marcate, la tunica polverosa e i capelli in disordine, Lannon gli si avvicinò subito, sorreggendolo affettuosamente per un braccio. « Che cosa è accaduto, Huy? Non appena Ben-Amon gli ebbe fatto il suo rapporto, il sovrano convocò il consiglio dei nove, firmò le necessarie disposizioni militari e sciolse l'assemblea. « Ci riuniremO di nuovo subito dopo la cerimonia conclusiva della festa della Fertilità della Terra. Preparate le coorti e prendete commiato dai vostri familiari. Quando furono soli, il re si rivolse in tono affettuoso al Gran Sacerdote. « Sarà meglio che tu resti qui a dormire... Ma Huy dormiva già, appoggiato sul tavolo. Lannon lo portò di peso, come un bambino, in una delle camere per gli ospiti. Fra poche ore, avrebbe avuto luogo il sacrificio, e Huy era caduto in un sonno di piombo che sarebbe potuto durare anche qualche giorno. Il re lo lasciò a letto e andò a prepararsi per la processione. LANNON si rendeva conto che il rituale conclusivo della festa doveva essere rispettato con la massima scrupolosità. Si trovava di fronte a una gravissima situazione d'emergenza che investiva tutto il Paese ed era necessario placare gli dèi adirati. Mentre pronunciava la supplica alla dea, nel tempio di Astarte, il suo tono era inequivocabilmente sincero. Poi, la Gran Sacerdotessa gli mise al collo una ghirlanda di gigli purpurei: era giunto il momento di cantare le lodi della dea, alle quali sarebbe seguita l'offerta. Lannon era contento di avere scelto una messaggera tanto importante da inviare ad Astarte. Ormai, non erano piú in gioco soltanto dei meschini rancori personali; un dono simile sarebbe servito a indurre la dea a stendere sopra il Paese le sue ali protettrici, in quel momento di pericolo tanto grave. A un tratto, nel canto di osanna echeggiò una voce inconfondibile. Il re si guardò intorno e rimase senza fiato vedendo il Gran Sacerdote attraversare a lenti passi la caverna, dirigendosi verso di lui. Quando il canto finí, Huy era al suo fianco e lo guardava con un'espressione di affetto leale e sincero. « Huy! Che cosa fai qui? Perché non sei rimasto a riposare? « In questo momento il mio posto è qui, accanto a te. « Non dovevi venire! » Per un momento, Lannon pensò di sospendere la cerimonia, ma non osò correre il rischio di offendere la dea Allibito, fece un passo verso Huy, tendendo una mano come a chie-
dere perdono. « Ho tanto bisogno di te » mormorò con voce strozzata. Senza capire, il Gran Sacerdote strinse la mano del suo re e amico, sorridendogli mentre intonava l'inno dell'offerta. La sua voce s'innalzò armoniosa e potente fino alla piattaforma sacrificale e tutti gli sguardi si fissarono lassú, mentre nella caverna scendeva un religioso silenzio. Tanith non poteva credere che fosse vero. Quando erano venuti a prenderla nella cella, all'alba, aveva pensato che fosse Huy ed era balzata dal giaciglio per corrergli incontro. E invece erano le sacerdotesse che dovevano condurla su per i gradini segreti e abbigliarla con le vesti e le catene del sacrificio. La piattaforma di pietra scolpita era cosparsa dei sacri fiori gialli della mimosa che Tanith, a piedi nudi, calpestava avanzando sotto il peso delle catene d'oro. A un tratto, si fermò, impietrita dalla voce che saliva fino a lei dal tempio. « Huy! :susurrò. « Mio signore... Ma il suo sollievo ebbe breve durata, perché quella voce stava cantando l'inno dell'offerta. Era Huy dunque, che la inviava alla dea! Un abisso di desolazione si aprí davanti a lei. Il suo signore l'aveva abbandonata. E, all'improvviso, divenne estremamente facile percorrere quei pochi passi che la separavano dalla morte. Sostò un attimo sull'orlo della piattaforma, allargando le braccia nel segno del sole, poi guardò giú, nella voragine scura della caverna. Le acque del laghetto erano nere e immobili e, sulla sponda, una vicina all'altra, si scor~evano le minuscole figure del re e del Gran Sacerdote. Tanith si chinò sopra il baratro e, nell'attimo in cui perdette l'equilibrio, Huy s'interruppe a metà di una parola. La sibilla udí di nuovo la voce del Gran Sacerdote mentre precipitava a capofitto, una voce resa stridula dallo sbigottimento e dalla disperazione: « Tanith!... Il violento urto contro l'acqua l'uccise sul colpo e le catene la trascinarono a fondo con tale rapidità, che Huy fece appena in tempo a vedere nell'acqua trasparente un fugace bagliore d'oro, come se un grosso pesce si fosse girato su un fianco per afferrare un boccone. L'INVERNO dell'anno 306 dalla fondazione di Opet, Manatassi varco il Grande Fiume con tre eserciti. Il piú piccolo, composto di soli settantamila armati, raggiunse rapidamente le sponde occidentali del lago, da dove partiva lo stretto canale che permetteva alle galee di Opet di raggiungere l'oceano: lo avevano chiamato il Fiume della Vita, perché nutriva il cuore del reame. I guerrieri di Manatassi tagliarono quell'arteria vitale. Trucidata la guarnigione e incendiate la maggior parte delle navi di Habbakuk Lal tirate in secco sulla sponda, il piú piccolo esercito di Manatassi, ormai ingrossato da decine di migliaia di schiavi liberati, demolí un'intera collina di roccia e la fece precipitare nel canale, tagliando cosí ogni via di comunicazione tra Opet e il mondo esterno. Contemporaneamente, un secondo esercito dilagò oltre i confini orientali, piombando come una valanga nera sulle colline di Zeng, mentre il terzo e piú potente, forte di oltre settecentomila uomini agli ordini dello stesso Manatassi, straripava oltre il fiume lungo il confine settentrionale. L'anziano Marmon cercò di resistere, ma fu travolto e ucciso con tutti i suoi uomini al primo sanguinosissimo scontro. Manatassi si lanciò come una furia sulla strada di Opet, lasciando dietro di sé soltanto terra bruciata, senza prendere né prigionieri né bottino, ma incendiando, uccidendo, distruggendo tutto ciò che incontrava. Le forze militari di Opet assommavano a nove legioni: di queste, una - quella comandata da Marmon - era già stata completamente distrutta e altre due erano state smembrate sui terrazzamenti di Zeng. Lannon marciò dunque incontro a Manatassi con le sei rimastegli.
Il primo scontro si concluse con una vittoria che gli fece guadagnare tre chilometri di terreno e una giornata di respiro, ma che gli costò quattromila uomini. Gaio, che aveva assunto il comando della Sesta Ben-Amon in assenza del Gran Sacerdote, scomparso da Opet dopo la cerimonia, si recò nella tenda di Lannon, mentre il cielo rosseggiava ancora come una fornace per il riverbero dei roghi crematori. « Hanno perduto dieci dei loro per ognuno dei nostri » riferí in tono esultante. Lannon sedeva sul giaciglio, mentre il medico gli fasciava una leggera ferita a un braccio. « Quando sarai in grado di dare nuovamente battaglia? domandò. « Fra quattro o cinque giorni. I miei uomini sono esausti. « Dovremo batterci prima » I'ammoní il re. I combattimenti ripresero iliorno successivo e una nuova vittoria, pagata a caro prezzo, arrise a Lannon, che non poté però mantenere le proprie posizioni e fu costretto ad arretrare su una nuova linea difensiva, lasciando i suoi feriti in pasto alle iene e agli sciacalli. Vi furono altre sei battaglie nei successivi settanta giorni. Le legioni 170 del re riportarono vittorie clamorose e uccisero duecentomila nemici, ma alla fine si ritrovarono a soli trenta chilometri dalla capitale. Le legioni di Lannon erano ormai ridotte a tre, mentre da oriente e da ~` `' s
: L'UCCELLO DEL SOLE occidente nuovi eserciti accorrevano in aiuto di Manatassi. Il GryLeone si ritirò sulle sponde del lago davanti alle mura di Opet. Gaio raggiunse il re ai margini dell'accampamento e gli si avvicinò premurosamente. Portava la prima buona notizia da tanti giorni. « 1stato rintracciato Huy Ben-Amon, signore. Lannon sentí allargarglisi il cuore. Huy era corso fuori della caverna subito dopo il sacrificio ed era scomparso senza lasciare traccia. E Lannon aveva profondamente avvertito la mancanza della sua compagnia, dei suoi consigli, dei suoi incoraggiamenti. Quante volte, in mezzo al fragore della battaglia, aveva teso l'orecchio sperando di udire il grido di Huy "Per Baal!" e il sibilo della sua possente bipenne! « Dov'è? » domandò. « Un pescatore lo ha visto sulle isole. PER HUY, i giorni erano trascorsi in uno stordimento di dolore. Nella capanna dov'era stato tante volte con Lannon, aveva lavorato ¨ ai suoi rotoli d'oro, raccontando la storia di Tanith e del loro amore, della vita e della morte di lei. Si nutriva di pesci, era dimagrito, non aveva piú cura della propria persona. Il suo strazio si rivelava negli occhi infossati, splendenti di una luce un po' folle. Una sera, mentre, seduto sulla sabbia, fantasticava sugli dèi, che avevano preteso per il sacrificio proprio la persona amata dal loro servo fedele, rimpianse di non avere parlato a Lannon di Tanith. Se avesse saputo del loro amore, il re l'avrebbe certamente protetta. Fino a quel momento, lo aveva odiato perché era stato lui a scegliere Tanith per il sacrificio, ma ora cominciava a capire che Lannon aveva agito in buona fede: sapeva che il Paese correva un pericolo mortale e che, di conseguenza, era necessario inviare agli dèi un messaggero d'eccezione. Suo malgrado, Huy riconobbe che era stato logico pensare alla profetessa e scoprí di non odiare piú il re, ma gli dèi crudeli e spietati che lo avevano costretto a prendere quella deci-
sione. Piú tardi, quella stessa sera, mentre era seduto nella capanna, udí un rumore attutito di passi sulla sabbia e alzò gli occhi: Lannon era sulla soglia. « Ho bisogno di te » disse semplicemente il re. Huy non rispose. « Proprio qui, un giorno avevi promesso che non mi avresti mai abbandonato, ricordi? » continuò Lannon. Huy notò i segni della sofferenza sul viso dell'amico. Lí, davanti 172 a lui, c'era un uomo che era giunto al limite delle proprie forze, che aveva in bocca l'amaro sapore della sconfitta. « Sí ,> mormorò. « Ricordo. » Si alzò e si avvicinò al re. Rimasero a parlare tutta la notte. Lannon lo mise al corrente delI'inarrestabile avanzata delle orde nere, della crescente disperazione dilagante fra le legioni, della distruzione di buona parte della flotta, dello sbarramento del canale. « Quante navi ci restano? :domandò Huy. «ove galee e qualche barca da pesca. « Bastano per portarci sull'altra sponda del lago? « No., Lannon scosse la testa. « Nemmeno pensarci. Era quasi l'alba, quando Lannon si decise finalmente a porre l'imbarazzante domanda: « Perché mi hai abbandonato? Doveva fingere di non saperlo. Huy doveva credere che lui non fosse a conoscenza dei suoi rapporti con la sacerdotessa. Solo cosí il Gran Sacerdote avrebbe potuto credere che la scelta della vittima era stata casuale. « Non lo sai? ribatté Huy fissando intensamente l'amico. « So soltanto che hai gridato il nome di quella strega e che, un attimo dopo, eri scomparso., Gli occhi azzurri di Lannon sostennero con fermezza lo sguardo del Gran Sacerdote. « Che cosa è accaduto, Huy? Cosa ti ha indotto a fuggire dal tempio? « Tanith. L'amavo., Il re parve sinceramente colpito. « Oh, amico mio caro, che cosa ti ho fatto! Ma io non lo sapevo, Huy, non lo sapevo! ,> Ben-Amon distolse lo sguardo da lui, fissando il fuoco. « Ti credo. « Invoca il perdono di Baal per me, Huy. Ah, non ti avessi mai dato questo dolore! » « No, Lannon, non pregherò mai piú. Ho perduto la donna che amavo e ora non mi rimane plU nulla. » « Hai ancora me, amico mio. » Huy lo guardò e sorrise. « Sí » susurrò. « Ho ancora te. » Insieme, portarono i rotoli d'oro fino alla spiaggia dove li aspettava l'equipaggio di un battello da pesca e, la mattina stessa, di buon'ora, raggiunsero Opet. Acclamati dai soldati, il re e il Gran Sacerdote fecero il giro dell'accampamento. A mezzogiorno, pranzarono con gli ufficiali delle legioni, poi salirono sulla rupe per osservare le orde di Manatassi che dilagavano oltre le colline: una fiumana senza fine che si riversava sulle sponde del lago. Lannon e Huy rimasere ammutoliti di fronte a quell'impressionante spettacolo. Al tramonto, il re e il Gran Sacerdote scesero al porto, dove le donne e i bambini di Opet stavano imbarcandosi sulle poche galee rimaste indenni, che li avrebbero portati al largo finché la battaglia non si fosse risolta. Se le sorti fossero state avverse ai soldati del re, le galee avrebbero sbarcato le donne e i bambini sulla sponda L UCCELLO DEL SOLE opposta del lago, da dove avrebbero proseguito verso sud. I superstiti della battaglia li avrebbero raggiunti come e quando avessero potuto. Lannon si accomiatò dalle mogli e dai figli, ma quasi evitò di guardarli quando, I'uno dopo l'altro, vennero a inginocchiarsi davanti a lui. Poi, tutti baciarono un'ultima volta Huy, che rispose ai saluti con voce strozzata. Quando il re e il Gran Sacerdote tornarono al campo, le strade
della capitale erano affollate di ubriachi: il popolino voleva godersi quelle ultime ore di libertà, prima del temuto domani. Ombre nere sgattaiolavano nell'oscurità, chine sotto pesanti fardelli. Gli sciacalli avevano trovato un facile bottino nelle case dei ricchi ormai deserte. Huy sentí una fitta al cuore, pensando ai suoi libri d'oro. « Signore, concedimi un'ora di permesso. Devo congedarmi dai miei servi e scioglierli dai loro obblighi: gli schiavi boscimani non c'entrano per niente in questa catastrofe. E poi, devo mettere al sicuro i miei piccoli tesori. « Come vuoi, concesse Lannon. « Mi raggiungerai nella mia tenda quando avrai sistemato le tue cose. Gli schiavi piú vecchi non volevano saperne di andarsene. « Questa è la nostra casa, protestarono. « Non mandarci via! Li lasciò stretti gli uni agli altri nelle cucine, confusi e atterriti, mentre lui e uno degli schiavi piú giovani trasportavano nella caverna di Astarte, ormai deserta, i rotoli d'oro. Sulla riva del lago, Huy sostò un momento, fissando le insondabili acque verdi. « Aspettami, amore mio, susurrò. « Verrò presto a raggiungerti. » Le guardie del tempio lo salutarono calorosamente e lo aiutarono a mettere i rotoli dentro piccoli orci, che vennero sigillati e nascosti dietro gli orci piú grandi, sui ripiani di pietra degli archivi. Poi, la piccola schiera - cento uomini in tutto - seguí il Gran Sacerdote all'accampamento militare, dall'altra parte della città. Lannon rivolse loro poche parole. « Voi costituirete la mia guardia personale. Quando lo scontro avrà inizio, tenetevi sempre vicino a me e a Huy Ben-Amon., Il re e il Gran Sacerdote rimasero alzati fino a mezzanotte a preparare il piano di battaglia. « Il resto è nelle mani degli dèi concluse Lannon. « Un'ultima coppa di vino, e poi cerchiamo di riposare un poco. » Si fermarono ancora davanti alla tenda, chiacchierando e bevendo nella fresca brezza che spirava dal lago. « Ricordi la profezia, Huy? domandò il re. Il Gran Sacerdote annuí: la ricordava benissimo. « Chi regnerà sul trono di Opet dopo di me? » « Colui che ucciderà il gry-leone :rispose Huy. « Che cosa devo temere?, ~; « Ciò che è nero. Lo sguardo di Huy si rivolse verso nord, dove la Grande Bestia Nera era in agguato, e i pensieri di Lannon corsero nella stessa direzione. ¨ « Sí, Huy, ciò che è nero. » Il re finí di bere il vino e gettò la coppa vuota nel fuoco che ardeva davanti alla tenda. « E la morte per mano di un amico :aggiunse, ripetendo le ultime parole della profezia. Poi, vide un'ombra di tristezza sul volto di Huy. « Perdonami, amico mio, non avrei dovuto ricordarti quella povera ragazza!, Anche il Gran Sacerdote finí il vino e gettò la coppa nel fuoco. Una vampata di scintille volò nell'aria. Non era necessario che qualcuno gli ricordasse Tanith: non cessava mai di pensare a lei. « Andiamo a riposare, ora! » disse. Fu svegliato da un clamore di grida, cui si mescolavano gli squilli delle trombe. Era ancora buio, e, pensando a un attacco notturno, Huy indossò precipitosamente l'armatura e uscí dalla tenda. Sopra il lago, il cielo era illuminato di bagliori. Lannon, ancora mezzo addormentato, raggiunse l'amico. « Cosa c'è Huy? « La flotta 3 rispose il Gran Sacerdote intuendo a un tratto ciò che era accaduto. « Le donne! » « In nome di Baal! » ansimò il re. Si precipitarono insieme verso il molo. Dalle ga]ee catturate, Manatassi aveva prelevato i tubi incendiari e li aveva installati a prua di due barche da pesca che, in quel momento, al largo dell'imboccatura del porto, stavano riversando in acqua il "fuoco di Baal". Le fiamme erano esplose in una muraglia ruggente che illuminava il cielo di una falsa aurora. Sul molo, il re e il Gran Sacerdote rimasero impotenti a osservare
la scena. In mezzo al mare di fuoco, spiccavano come isolette nere le galee di Habbakuk Lal, con i ponti gremiti di donne e di bambini che urlavano atterriti. Gli infelici si agitavano e correvano di qua e di là senza scopo, come formiche su un tizzone ardente. Infine, il cerchio di fiamme si chiuse su di loro, carbonizzandoli. Quando l'incendio si spense, le barche da pesca issarono le vele e si allontanarono verso nord, dove l'esercito di Manatassi cominciava a dare segni di vita, simile a un animale mostruoso che stesse destandosi alle prime luci dell'alba. QUELLO era lo stato d'animo giusto per combattere l'ultima battaglia, pensò Huy, mentre passava in rassegna con Lannon le schiere di 175 soldati: un amaro miscuglio di tristezza e di collera. Il re camminava con un passo scattante, che contrastava con l'espressione sconvolta del viso; il Gran Sacerdote lo seguiva, con la bipenne appoggiata su una spalla e l'armatura lucidissima e scintillante nel primo sole del mattino. Gaio e un gruppo di ufficiali li accompagnavano nell'ispezione. Alla loro sinistra, si stendeva la superficie azzurra del lago; sulla destra, si ergeva l'aspro baluardo delle rupi, sfumato di un delicato color rosa e incappucciato di verde. Ma Huy, osservando quello spettacolo, vedeva nel lago e nelle rupi soltanto due potenti difese che proteggevano le ali del suo schieramento. Era una posizione favorevole per dare battaglia. Davanti, si apriva uno spazio aperto, un fronte di oltre un chilometro privo di qualsiasi riparo che potesse favorire azioni di sorpresa; alle loro spalle, si trovavano gli edifici e le strade della città bassa e, piú indietro ancora, le massicce mura del tempio. Le legioni erano disposte in schieramento di battaglia, con la fanteria leggera in prima linea, a formare uno schermo dietro il quale era allineata la fanteria pesante, robusti soldati armati di scuri e di lance da guerra; poi, c'erano gli arcieri, schierati in blocchi compatti, cosí da poter lanciare fitti nugoli di frecce sopra le teste dei compagni. In coda, infine, si trovavano le salmerie con riserve di frecce e di giavellotti, cesti colmi di carne fredda e di focacce di grano, anfore d'acqua e di vino, elmi, spade e scuri di ricambio e tutto ciò che può essere consumato o distrutto nel corso di una battaglia. « Lasciane qualcuno anche per noi, Uccello del Sole! ,> gridò un anziano fante armato di scure. « Non temere, ce ne saranno abbastanza per tutti ,> ribatté Huy. « Anche troppi » osservò un altro. « Questo mai ,> ribatté Lannon. « Perché non v'è nessun Ben-Amon fra coloro che ci stanno di fronte. » Un'entusiastica ovazione salutò il re e il Gran Sacerdote quando essi presero posto al centro della fila, sotto gli stendardi splendenti d'oro e di nastrini multicolori, attorniati dalle cento guardie del tempio. Huy osservò per un istante quegli uomini con un lampo di orgoglio negli occhi: un'ottima compagnia con la quale intraprendere il viaggio verso la morte. « Del vino! ,> ordinò. Brindò ai suoi ufficiali alzando la coppa, poi si girò verso Lannon. l due amici si guardarono negli occhi. 176 « Vola per me, Uccello del Sole! » susurrò il re. « Ruggisci per me, Gry-Leone di Opet! » Bevvero, poi infransero le coppe e risero insieme per l'ultima volta. Manatassi cominciò ad avanzare verso la metà del mattino, un mattino caldo e splendente di sole. Giunse con uno schieramento che riempiva l'intera pianur~, dal lago ai piedi delle rupi. Giunse accompagnato dal canto di cinquecentomila voci e dal cadenzato rumore di piedi nudi e di armi che riecheggiava nell'aria come il rombo di un tuono. Giunse in ranghi ordinati, che lasciavano a ogni uomo
spazio per combattere, benché ogni fila seguisse da presso quella che la precedeva, pronta a colmarne i vuoti. Giunse, rango dopo rango, in un'avanzata senza fine, ritmata da un canto intenso e ossessivo. Giunse come l'ombra delle nubi temporalesche, muovendosi lento e solenne attraverso la pianura, nero come la notte e fitto come i fili d'erba dei campi, e il canto assunse un tono piú aspro e minaccioso. Huy sollevò alta sopra la testa la bipenne con gli avvoltoi, guardò a destra e a sinistra per essere certo che tutti i comandanti degli arcieri avessero visto il segnale, poi rimase a osservare la marea nera che avanzava verso di lui. Il canto mutò ancora di tono, si levò acuto in un grido sanguinario, un ululato agghiacciante quale Huy non aveva mai udito. Il Gran Sacerdote sentí i capelli rizzarglisi in testa. Ancora cento passi. Huy abbassò la bipenne e istantaneamente nelI'aria risuonò il sibilo sommesso delle frecce. Un urlo inumano si alzò dalla massa nera, il ringhio rabbioso della bestia inferocita, che si avventava contro i giavellotti. La fanteria leggera di Huy indietreggiò sotto l'urto massiccio. Pareva che niente potesse frenare quell'impeto furioso. Poi, inaspettatamente, la massa nera smise di avanzare. E, un minuto dopo, fu costretta a ritirarsi davanti ai reparti armati di lance e di scuri che formavano il centro dello schieramento di Huy. Immediatamente, i fanti leggeri si lanciarono all'inseguimento del nemico per disturbare la ritirata e ricostituire lo schieramento iniziale. Le voci degli astati giungevano chiarissime fino a Huy. « Serrare le fila! Riempire quel vuoto! « Uomini qui! :« Presto! Manatassi riorganizzò le proprie forze e si gettò avanti di nuovo, guadagnò un palmo di terreno e tornò a ritirarsi per prendere lo slancio e abbattersi un'altra volta contro le linee di Huy. A mezzogiorno, il re e il Gran Sacerdote furono costretti ad arretrare dalle loro posizioni. Un'ora dopo, Huy richiamo in prima linea le ultime riserve, tenendo in serbo soltanto le guardie del tempio. Contrastò metro per metro l'avanzata nemica, ma, alla fine, le orde di Manatassi furono dentro la città e là, nel dedalo delle anguste stradette, il Gran Sacerdote perdette il controllo visivo della battaglia nel suo insieme. Per la prima volta nella giornata, si trovò coinvolto direttamente nei combattimenti. Un manipolo di negri dagli occhi spiritati sfondò lo schieramento davanti a lui. Huy ne fece strage e ordinò alle guardie del tempio di tamponare la falla, ma ormai si rendeva conto di avere perduto il controllo della situazione. Lui e Lannon erano isolati, in grado di comandare soltanto gli uomini a portata della loro voce. Da un punto imprecisato della città giunse fino a loro un animalesco ruggito di trionfo. Lannon afferrò l'amico per una spalla. « Hanno sfondato! :urlò. Huy annuí. Ormai la battaglia si sarebbe trasformata in una rotta disordinata. Non rimaneva altro che ripiegare verso il tempio. Radunò le guardie e ordinò la ritirata. Ma le truppe di Manatassi avevano appiccato il fuoco alla città bassa e le fiamme si propagavano rapidamente. Le strade erano gremite di gente atterrita e di soldati in preda al panico e coperti di sangue. Il re e il Gran Sacerdote si aprirono un varco fino alla porta principale del tempio; mentre Huy con dieci uomini proteggeva la ritirata, Lannon chiuse i pesanti battenti. Mentre riprendevano fiato, appoggiati alle armi insanguinate, allentandosi le cinghie degli elmi, Huy si girò di scatto verso il re. « L'ingresso a est è custodito? Lannon lo guardò con un'aria sbigottita che fu da sola una risposta eloquentissima. Il Gran Sacerdote chiamò un gruppo di armati con un rapido gesto del braccio. « Voi... venite con me! Ma era già troppo tardi. Un'orda di guerrieri negri, penetrata nel recinto del tempio, stava dilagando attraverso la piccola porta orientale.
« Indietro! Alla caverna! :urlò Huy e tutti si lanciarono in gruppo serrato verso l'ingresso della caverna. Ma soltanto quattro lo raggiunsero: il re, il Gran Sacerdote e due legionari. « Eccoli! gridò Lannon, e Huy levò in alto la bipenne. Difesero l'entrata, finché non fu il mucchio dei cadaveri negri a ostruirla. Poi, sopraggiunsero gli arcieri di Manatassi e un nugolo di frecce 179 si abbatté sui quattro difensori. Un legionario venne colpito. « Siamo troppo allo scoperto :gridò Huy. « Al tempietto interno, via! :9 Mentre fuggivano, un'altra pioggia di dardi si rovesciò su di loro. Una freccia fece volar via l'elmo di Huy e un'altra si conficcò in una giuntura della corazza dell'ultimo legionario, che crollò a terra. Il re e il Gran Sacerdote proseguirono di corsa attraverso la caverna di Astarte e raggiunsero la porta del tempietto interno nell'attimo in cui un nuovo nugolo di frecce sibilò sopra le loro teste. Lannon incespicò, ma finalmente i due furono all'interno del tempio. « Credi che sia possibile bloccarli qui? domandò il re, ansimando. « No. :Huy si fermò per riprender fiato. « imeglio rifugiarci negli archivi. :Poi, guardò Lannon. « Che c'è, mio signore? « Mi hanno colpito. Una freccia spuntava dalla giuntura della corazza sotto l'ascella sinistra e Huy si sentí sconvolgere da una gelida ondata di disperazione. Era palesemente una ferita mortale. « Non mi fa male :D riprese Lannon. « Non può essere grave. « Ti è andata bene » mormorò Huy. Spezzò l'asta della freccia e sorresse affettuosamente il re mentre attraversavano gli archivi. « La porta del Sole? domandò Lannon. « Come estrema risorsa. Soltanto se non avremo piú scampo. Il Gran Sacerdote condusse il re fino a una delle nicchie scavate nelle pareti. Mentre fissava Huy alla luce tremula delle torce, Lannon notò uno squarcio che attraversava una guancia dell'amico. « La tua faccia! esclamò. a Sarà certo piú interessante :ribatté Huy, mentre si strappava dalla tunica una striscia di stoffa, facendone una rozza benda per legare il braccio dell'amico. « Puoi muoverlo? domandò, e Lannon mosse le dita, aprendole e chiudendole. « Bene. Huy piegò leggermente la testa, tendendo l'orecchio al rumore di passi pesanti che stavano avvicinandosi. « Arrivano :D susurrò. Il re e il Gran Sacerdote. si diressero all'entrata del corridoio, pronti ad affrontare l'ondata di corpi neri che stava per abbattersi su di loro. DAL TEMPIO di Astarte, Manatassi fissava la nera imboccatura della galleria dov'erano scomparsi tanti suoi uomini e dove i due demoni battaglieri di Opet resistevano ancora, a dispetto di tutti i suoi sforzi per snidarli. In quello stesso momento, i suoi guerrieri stavano trascinando fuori da quel maledetto passaggio morti e feriti. Uno aveva il braccio troncato di netto sopra il gomito e Manatassi sapeva fin troppo bene quale arma micidiale avesse inflitto quell'orrenda ferita. Un superstizioso terrore lo strinse alla gola. Aveva imparato abbastanza sugli dèi di Opet per averne paura e sapeva di trovarsi nella loro roccaforte, nel luogo consacrato a loro. Rammentò di avere udito parlare di un segreto santuario e di una maledizione mortale che lo difendeva. « Portate il fuoco » ordinò. « Snidateli dal loro covo affumicandoli come cani! :~ Accesero un gran falò davanti all'entrata della galleria e lo alimentarono con rami verdi. Un fumo denso riempí il tempio. Gli uomini di Manatassi si disposero a semicerchio attorno all'imboccatura, con le armi in pugno, ma nessuno uscí. Quando il fuoco fu quasi spento, Manatassi afferrò una torcia ed entrò nella galleria, facendosi strada in mezzo ai cadaveri. La torcia
illuminava via via le nicchie ricavate nella roccia, con i loro ripiani carichi di orci. Manatassi pensò di sapere che cosa contenessero: aveva visto fin troppe volte Huy occupato con i suoi rotoli di cuoio. Cercò disperatamente qualche traccia del Gran Sacerdote, ma non ne scoprí alcuna. Giunse in fondo al corridoio, e la luce della torcia illumino a un tratto l'immagine del dio Sole, incisa sulla parete che lo delimitava. Tutto il suo coraggio svaní di fronte a quel segno della potenza divina. Qualcosa che giaceva sul pavimento sotto l'effigie del sole attrasse la sua attenzione. Manatassi soffoco a stento un grido. Era la bipenne con gli avvoltoi, posata come un'offerta davanti al dio. E il corridoio era deserto. Se n'erano andati dai loro dèi. Lo avevano defraudato della sua vendetta e lo avevano attirato in un pericolo mortale: il confronto diretto col soprannaturale. Manatassi indietreggiò passo passo, finché l'immagine del dio non scomparve nel buio. Poi, si girò di scatto e fuggí a precipizio da quel posto maledetto, sbucando di nuovo nelI'immensa caverna. Ormai al sicuro, si voltò a guardare l'imbocco della galleria. « Reclutate dei muratori fra gli ex-schiavi e fate murare l'ingresso. :~ Mentre i suoi uomini si precipitavano a eseguire l'ordine, Manatassi ritrovò il proprio coraggio. « Distruggerò questo maleficio. Che questo posto e queste rupi siano maledette. E che la maledizione duri in eterno! :La sua voce salí di tono fino a diventare un grido. « Bruciate tutto! Abbattete tutto! un male che deve essere spazzato dal mondo e dalla mente degli uomini, per sempre! :D I muratori lavorarono con l'abilità che avevano imparato dai loro 181 padroni e, quand'ebbero finito, l'ingresso alla tomba dei re era perfettamente dissimulato. Poi, Manatassi distrusse la città. Trucidò tutti gli esseri viventi e ne gettò i cadaveri sui roghi funebri che infuriavano nella città bassa, quindi guardò le mura e le torri e alzò l'artiglio di ferro. I suoi uomini demolirono uno dopo l'altro i massicci blocchi di pietra, fino alle fondamenta; divelsero i levigati lastroni delle pavimentazioni, smantellarono i moli del porto; rasero al suolo ogni cosa, finché della città non rimase piú traccia. Poi, trasportarono le macerie fino alla caverna e le gettarono nel verde laghetto senza fondo di Astarte. E il laghetto era cosí profondo - o la dea cosí avida - che l'intera città fu inghiottita, senza che il livello delle acque si alzasse di un centimetro. Quando se ne andò da Opet per completare la distruzione del regno, Manatassi non si lasciò alle spalle altro che cumuli di cenere che il vento cominciava a disperdere in pallide nuvole di polvere. Il re nero sguinzagliò i suoi armati per tutti e quattro i reami, con l'ordine di cancellare ogni traccia delle città, delle miniere e dei giardini della gente di Opet, ma il suo odio, ormai, si era consumato come l'incendio di una foresta, quando tutti gli alberi sono carbonizzati. Era rimasto svuotato e senza vigore, il corpo gigantesco, rotto a ogni fatica, ridotto a un involucro insensibile, gli ardenti occhi fulvi ormai spenti e inespressivi. Si recò a Zimbao, la grande città fortificata del reame centrale, e trovò tutti gli abitanti uccisí. La città, come il corpo del re nero, era un guscio vuoto e deserto. Manatassi si avvolse in un mantello di pelle di leopardo e si coricò accanto al fuoco. Al mattino, lo trovarono gelido e irrigidito, ormai privo di vita. Venne seppellito sotto le mura della città, poi i capi militari litigarono e si batterono fra di loro per assumere il comando, perché il re non aveva nominato un successore. Ognuno si attribuí un titolo regale, e il potente esercito di Manatassi si frantumò in centinaia di piccole tribú. Col passare del tempo, nella memoria degli uomini non rimase piú traccia né di Manatassi, né della città di Opet.
QUANDO si sentí vecchio e ormai alle soglie della morte, il boscimano Xhai, capocaccia del re, tornò a Opet. Isolato dal mare, il lago si era rimpicciolito: le sue sponde si trovavano ormai a trenta chilometri dalle rupi rosse e le sue acque erano ridotte a una palude fangosa. 18' Senza riconoscerlo, Xhai camminò sopra il punto dove un tempo sorgeva il tempio di Baal, finché non vide la spaccatura nella roccia che portava al tempio di Astarte. Si accampò sulla sponda del laghetto, accese un focherello e sedette accanto a esso, borbottando fra sé come fanno i vecchi. A poco a poco, i ricordi cominciarono a riaffiorare nella sua memoria: ricordi ingigantiti e meravigliosi, che Xhai si sforzò di riordinare e di fissare nella mente. Raccattò la sua cintura, cui erano appesi piccoli recipienti di corno pieni di colori, si avvicinò alla parete in fondo alla caverna e cominciò a disegnare col carbone, sul tratto piú levigato, una grande figura. Lavorava lentamente, con grande impegno e con profonda devozione. Poi, mescolò i colori e li spalmò sull'immagine, che era simile a quella di un dio, con il viso bianco, la barba rosso-dorata, la prepotente virilità. Mentre lavorava, gli pareva che voci spettrali provenissero dal profondo delle rocce, dalla remota cripta dei re. "Huy, ho tanto freddo. Aiutami, amico mio. Uccidimi come l'oracolo aveva predetto." "Non posso, Lannon. Non posso farlo." "Ho freddo e sto tanto male, Huy. Fallo, se mi ami." "Io ti amo." "Vola per me, Uccello del Sole..." E, mentre il vecchio boscimano lavorava, il vento susurrava e mormorava fra le rupi, e il suo sibilo era simile al lamentoso sospiro di un uomo che ha perduto la donna che ama e la propria terra, che ha rinnegato i propri dèi e inferto il colpo mortale all'amico piú caro. Era il gemito di un uomo che prende la spada ancora macchiata del sangue del suo re, ne incastra saldamente l'elsa fra due pietre del pavimento, ne appoggia la punta al proprio petto e IL MILIARDARIO LOUREN STURVESANT DECEDUTO PER UNA MISTERIOSA MALATTIA Johannesburg, 23 settembre Il noto magnate della finanza, miliardario e sportivo Louren Sturvesant, di Klein Schuur, Sandown, Johannesburg, è deceduto ieri dopo una brevissima malattia. Aveva contratto una rarissima infezione virale nel corso di una visita agii scavi della città cartaginese di Opet, scoperta di recente. Anche il professor Benjamin Kazin, capo della spedizione archeologica, ha contratto la stessa infezione. Il professor Kazin è attualmente ricoverato in un ospedale di Johannesburg e, secondo le dichiarazioni di un portavoce, le sue condizioni sarebbero estremamente gravi.
Dallo Star di Joharcnesburg HA RIPRESO CONOSCENZA IL NOTO ARCHEOLOGO Johannesburg, 3 ottobre Secondo un portavoce dell'ospedale, il professor Benjamin Kazin ha ripreso conoscenza oggi, dopo un periodo di coma durato dieci giorni. Il professor Kazin ha ricevuto la visita della sua assistente, la dottoressa Sally Benator, che, uscendo dall'ospedale, ha dichiarato che il professor Kazin'sta molto meglio, ma è ancora sconvolto
per la morte del suo amico Louren Sturvesant".
Dallo Star di Johannesburg NOZZE DI DUE FAMOSI ARCHEOLOGI Città del Capo, 6 febbraio Con una breve cerimonia civile, si sono uniti oggi in matrimonio il professor Benjamin Kazin, lo scopritore della città cartaginese di Opet, e la dottoressa Sally Benator, sua assistente da molti anni. La sposa ha detto che è loro intenzione trascorrere la luna di miele presso gli scavi dell'antichissima città. WILBUR SMITè nato nel 1933 a Broken Hill, nell'allora Rhodesia del Nord, I'odierna Zambia. Fin dall'età di sette anni, quando annunciò alla madre che ormai aveva imparato a scrivere e non aveva piú bisogno di tornare in collegio, ha coltivato l'ambizione di diventare scrittore. Laureatosi in economia e commercio, si sposò e andò a stabilirsi nella fattoria paterna. Con il suo primo lavoro, L'oro è una febbre, da cui fu tratto anche un film con Peter O'Toole e Peter Ustinov, conquistò immediatamente fama internazionale. A esso, fecero seguito altre opere ricche d'azione, imperniate su personaggi duri, formatisi attraverso un'aspra esistenza nelle terre africane, come I cacciatori di diamanti, pubblicato anche da SELEZIONE DELLA NARRATIVA MONDIALE. L'ispirazione per l'ultima fa~ica di Wilbur Smith, L'Uccello del Sole, risale a un lontano episodio dell'infanzia. Portato dai genitori a visitare le celeberrime rovine della misteriosa città di Zimbabwe, nella Rhodesia del Sud, ne approfittò per abbandonarsi al suo gioco preferito, quello di spaventare la sorellina con storie di fantasmi. Ma l'incantesimo della città stregò anche la mente del piccolo Wilbur, che venne trovato dai genitori a tremare in un angolo, atterrito. Quell'avventura risvegliò in lui un profondo interesse, che dura tuttora, per il nebuloso passato dell'Africa: cominciò ad ascoltare religiosamente i racconti dei portafucili indigeni durante le battute di caccia e diventò addirittura intimo amico di uno dei piú autorevoli stregonì, Credo Mutwa, ii primo zulú che abbia mai raccontato a un bianco le segrete leggende della sua gente. Un giorno, le teorie degli archeologi circa una migrazione cartaginese lungo le coste occidentali dell'Africa vennero a confermare i racconti uditi intorno ai fuochi degli accampamenti: nacque cosí L'Uccello del Sole, una storia affascinante e originale, basata su severe ricerche oltre che sulla fantasia dello scrittore. Attualmente, Wilbur Smith vive a Città del Capo, in Sudafrica. con la moglie Danielle e i suoi tre bambini. FINE.