WILBUR A. SMITH. L'ORO E' UNA FEBBRE. WITWATERSRAND, la Catena delle Acque Bianche... un nome che tintinna come una mont...
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WILBUR A. SMITH. L'ORO E' UNA FEBBRE. WITWATERSRAND, la Catena delle Acque Bianche... un nome che tintinna come una montagna di monete d'oro. O, per lo meno, cosí pensa Sean Courteney, mentre scruta per la prima volta le tende e i carriaggi dei primi cercatori. Come quella gente, anche lui e il suo socio Duff Charleywood hanno deciso di puntare tutto sulla ricerca del prezioso metallo, la cui scoperta può portare la ricchezza oppure la rovina, e persino la morte. L'ambiente di questo movimentatissimo romanzo è il Sud-Africa del 1880, una terra e un'epoca che videro una corsa all'oro non meno avventurosa, non meno spietata e non meno pittoresca di quella californiana. E Sean e Duff- giovani, belli e spericolati sono due personaggi ai quali tale ambiente e tale epoca si addicono alla perfezione. Il gusto di Sean per una bella, sportiva zuffa, non ha certo difficoltà a trovare sfogo; e quanto a Duff, tutt'altro che insensibile al fascino del gentil sesso, anch'egli non ha da lamentarsi. Cosí, mentre esplode il boom dell'oro, quello che agli inizi era un polveroso villaggio di baracche di legno, piano piano si trasforma in una grande, superba città: Johannesburg; e Sean e Duff ne seguono il destino, protagonisti di un'avventura esaltante, che sfocerà in un finale del tutto imprevedibile. CAVALCAVANO verso nord, attraverso il desolato veld sudafricano, e salivano con andatura costante verso la catena dei Drakensberg, che si stagliava contro il cielo, nera, seghettata come i denti di uno squalo. Faceva freddo. Avvolto nel SUO la coperta di pelliccia, Mbejane si teneva a rispettosa distanza I Idrone, Sean Courteney. Da quando avevano lasciato Pietermaritzbulg, s'erano scambiati sí e no una decina di parole, giacché Sean avcva per la testa pensieri tristi, e il mastodontico zulú gli si tcneva, con discrezione, alla larga. Un uomo che aveva appena lasciato per sempre i propri luoghi nat~li aveva ben diritto di starsene immusonito, per conto suo. Mbejane immerse il pollice e l'indice nella sua piccola tabacchiera, una scatoletta di zucca secca, e annusò con delicatezza la presa. Calato il buio, attraversarono un borro che solcava il veld e prosegUilollO verso le luci che brillavano in fondo alla valle. Dundee, pensò Sean con indifferenza, e già sentiva l'odor di fumo proveniente dalla miniera di carbone. Non aveva avuto intenzione di far sosta nella cittadina, ma quando fu davanti all'albergo, nella strada principale, el~l)e nn'esitazione. Si stava al caldo, là dentro; si udivano voci di uomini; e lui aveva le dita intirizzite. Smontò. Mbejane, prendi il mio cavallo. Scova un posto per accamparci, fuori città, e accendi un falò, in modo che possa ritrovarti. Entrò nell'albelgo. Il bar era affollato di uomini vocianti. Minatori, pCI la maggior parte: gente con la polvere del carbone che segnava lolo in modo ormai indelebile le rughe della pelle. Sean ordinò Ull hrande, addossato al banco, lo bevve in silenzio. Era un giovanotto sui ventitré o ventiquattr'anni, alto, largo di spalle, dalì'aria irrequieta. Bruno di capelli, con la pelle abbronzata, cotta dal sole, aveva due occhi azzurrissimi, che la barba faceva risaltare ancor di piú. (Jli si accostò un ubriaco, un uomo fatto come la Table Mountain di Città del Capo: basso, tozzo e solido. L'uomo dovette mettersi in punta di piedi per posargli un braccio intorno al collo. Bevine uno con me, boero. x No, grazie. Sean non era in vena di aver d'attorno ubriachi. Ma dài, forza! L'ubriaco vacillò, e il brandy di Sean si rovesciò sul banco. Lasciami in pace gli ordinò Sean, liberandosi del braccio con uno scrollone. Che, non ti piace la mia faccia? fece l'ubriaco, accostandola a quella di Sean.
Proprio cosí, a Sean non piaceva. Su, da bravo, togliti di mezzo. Sean trangugiò quel che gli era rimasto nel bicchiere e si voltò per avviarsi all'uscita. Allora, l'ubriaco gli scagliò in faccia il proprio brandv. Sean sentí gli occhi brtlciargli e allungò un pugno allo stomaco dell'uomo. Questi fece una piroetta e stramazzò. Perché l'hai fatto? domandò a Sean un altro minatore, mentre aiutava l'ubriaco a mettersi a sedere. Cosa ti costava bere con lui ? Sean avvertí l'ostilità che aleggiava nel locale contro di lui, lo straniero. Quello va in cerca di rogne! esclamò un tale. Forza, diamogli una lezione! gridò un altro. Sean aveva colpito l'ubriaco quasi senza volere, per pura reazione, e se ne era subito pentito. Ma adesso, nel vedere quella gente che gli si stringeva attorno, il suo senso di colpa svaní. E gli passò anche la malinconia. Un buon pestaggio era proprio quel che gli ci voleva. Ne aveva cinque, di fronte. Uno brandiva una bottiglia, e sulle labbra di Sean apparve un sorriso. Ora vociavano, per infondersi coraggio a vicenda, in attesa che qualcuno partisse all'attacco. Poi, con la coda dell'occhio, Sean scorse un movimento, e allora fece un balzo indietro, mettendosi in guardia. Calma, amico lo esortò una voce, che piú inglese non poteva essere. Le offro la mia assistenza. Ha qualche avversario di troppo. L'uomo che aveva parlato, si trovava in piedi a un tavolo accanto a Sean. Era alto, biondo, con un viso magro, devastato, e indossava un vestito grigio impeccabile. Me li tengo tutti io rispose Sean. Per niente sportivo commentò lo sconosciuto, tentennando il capo. Se mi fa un prezzo ragionevole, le compro i tre signori a sinistra. Se ne prenda due in regalo, e ringrazi la sorte >ribatté Sean, con un sorriso divertito. Lo sconosciuto gli sorrise di rimando. Molto cortese da parte sua. Permette ? Dufford Charleywood. Passò il bastone che aveva in mano nella sinistra, e porse la destra. Sean Courteney si presentò Sean, stringendogliela. Per la miseria ! Allora, ci scazzottiamo o no ? sbottò un minatore, impaziente. Ma certo, mio caro, ma certo gli rispose Duff, e, lieve come un ballerino, gli si accostò sollevando il bastone. Appesantita dal piombo, la mazza colpí l'uomo alla testa con un rumore simile a una palla ben centrata. E ne rimasero quattro commentò Duff mentre, come uno spadaccino, assaliva il minatore successivo, e nel medesimo tempo Sean si tuffava giú a braccia aperte, per abbrancare in un sol colpo tre paia di gambe e toglier loro l'equilibrio. Poi, Sean si levò a sedere in un groviglio di corpi, e si diede a sferrar pugni e calci. A poco a poco, le urla e i tonfi si diradarono, finché venne il silenzio, e Sean si rimise in piedi, con un labbro che gli sanguinava. Un goccetto? gli domandò Duff. Lui sorrise a quell'uomo elegante. Grazie, un brand~. Presero i bicchieri e, scavalcando i corpi proni, se li portarono al tavolo di Duff. Lei è in viaggio? domandò questi. Sí. E lei ? Magari. No, sono assistente ingegnere alle Miniere Dundee. Il padrone del bar si accostò al loro tavolo. Salve, Charlie lo salutò Duff. Dobbiamo rifonderle i danni ? Lasci perdere, signor Charleywood rispose l'uomo. Mica capita tutti i giorni d'aver un bel pestaggio cosí. Paga la ditta. Comunque, non sono venuto a parlarle di questo.
Avrei qualcosa da mostrarle, se non le dispiace, visto che lei è nel campo minerario. E gli porse una specie di sasso spigoloso. Che gliene pare ? Duff scrutò il campione di roccia attentamente. Sembrava vetro, ma un vetro grigiastro, chiazzato di bianco e di rosso, solcato nel mezzo da una larga striscia nera. Un conglomerato sentenziò alla fine, senza entusiasmo. Un mio amico sostiene che è aurifero continuò l'altro. L'ha portato giú dal Transvaal, l'altro giorno. C'è stato un grosso rinvenimento in un posto che chiamano Witwatersrand, poco fuori di Pretoria. Questo mio amico dice che i Boeri si sono messi a vendere permessi cli estrazione. Me lo porto via, e domani mattina lo setaccio. In questo momento sono occupato a bere col mio amico, come vede. LA MATTINA dopo, nello svegliarsi, Sean cercò di ricordare dove si trovasse. La testa gli doleva, e aveva nelle orecchie un rumore... una specie di martellamento ritmico e metallico. Voltò la testa dall'altra parte. Nell'altro letto, dalla parte opposta della stanza, c'era uno sconosciuto. Sean cercò a tastoni uno scarpone, e lo scagliò. Si udí un suono gutturale, poi la testa di Duff si alzò. Non potresti russare con un po' piú di delicatezza? gli susurrò Sean. Ti trovi di fronte a un uomo gravemente ammalato. Entrò un cameriere col caffè. Fa' avvisare in ufficio che mi sento male gli ordinò Duff. Già fatto rispose il cameriere, che evidentemente conosceva Duff molto bene. C'è fuori uno che cerca l'altro nkosi. E lanciò un'occhiata a Sean. Ha l'aria molto preoccupata. E il mio zulú, Mbejane rispose Sean. Digli di aspettarmi. Bevvero il caffè in silenzio, poi Duff si alzò e si vestí. Sean notò che, quantunque magro come un adolescente, il suo nuovo amico aveva una muscolatura quasi statuaria. Ma che cosa ci mette Charley, nel liquore che spaccia? si lagnò Duff. Cacciandosi una mano nella tasca della giacca, trovò il campione di roccia, e si mise a guardarlo con espressione infastiditapoi, da un mucchio di cianfrusaglie tipiche di una stanza da scapolo, ammassate in un angolo, prese un pestello d'acciaio, un mortaio e una padella da cercatore d'oro, tutta ammaccata. Frantumò nel mortaio il campione, fino a ridurlo in polvere, poi travasò la polvere nella padella, e andò fuori, al serbatoio, a riempirla d'acqua. Sean si vestí a sua volta e gli tenne dietro. Si sedettero insieme sul gradino d'ingresso. Duff si mise a manovrare la padella, imprimendole con mano esperta un moto ondulatorio che ne faceva turbinare il contenuto come un gorgo, e, a ogni movimento, un po' d'acqua traboccava dall'orlo anteriore di quello speciale setaccio. Poi, riempí di nuovo la padella con acqua pulita. All'improvviso, s'irrigidí. Sean vide il baluginio sul fondo, e avvertí un brivido che gli saliva su per le braccia, facendogli rizzare i capelli sulla nuca. In fretta, Duff versò altra acqua. Due o tre giri, e la fece traboccare di nuovo. Dopo di che, stettero a fissare quella stria che s'incurvava attorno al fondo della padella. Quanti soldi hai? domandò Duff, senza alzare lo sguardo. Poco piú di mille sterline. Addirittura ? Benissimo ! Io posso racimolarne un cinquecento, e in piú ci metto la mia competenza tecnica. Soci al cinquanta... d'accordo ? D'accordo. Allora, che si aspetta ? Vado subito in banca. Ci vedremo tra mezz'ora all'uscita del paese. E il tuo impiego ? volle sapere Sean. L'odore del carbone non posso soffrirlo. Al diavolo l'impiego. Sí, ma Charlie? Quel campione era suo. Charlie è un avvelenatore di professione. Al diavolo anche lui.
~-EI.I A notte, Sean e Duff s'accamparono all'imbocco di un valico, e davanti a loro s'ergevano le montagne del Drakensberg. .vevano viaggiato tutto il pomeriggio ad andatura forzata, e adesso stanchi, i cavalli brucavano l'erba secca, invernale, volgendo la coda al vento diaccio come neve. Mbejane accese un falò al riparo di un masso di pietra rossa, e tutti e tre si accovacciarono accanto al fuoco. Terminato di mangiare, Mbejane si rannicchiò a terra, si tirò il kaross fin sopra la testa e si addormentò. Quanta strada c'è ancora, per arrivare al Witwatersrand? domandò Sean. \lorl ne ho proprio idea confessò Duff. Domani ci avvieremo pel il valico... ottanta, cento chilometri... dopo di che sbucheremo nella parte alta del veld. E poi, ancora una settimana, direi. I)i`, non staremo dando la caccia alle chimere continuò Sean, versando il caffè per tutti e due. Te lo saprò dire quando saremo arrivati. Non è la prima volta che mi metto in una corsa all'oro. Chi tardi arriva, male alloggia, c ome dice il proverbio. Magari, una volta là, per un raggio di ottanta chilometr i troviamo il terreno fitto di paletti di concessione, piú di quanto la schiena di un porcospino sia fitta di aclllei. Bevve un sorso di caffè. Però, abbiamo i soldi: ecco il nostro asso nella manica. Se piantiamo un paletto di concessione, abbiamo anche il capitale per farlo rendere. E se arriviamo tardi, possiamo rilevare la concessiorle da qualcuno che ha fatto bancarotta. Se poi neanche questo funziona... be', ci sono sempre tanti modi di fare oro: un emporio, un saloon, un'impresa di trasporti. I)uff, dove hai imparato a fare il minatore In Canada. Ho girato parecchio, sai, ragazzo mio. Dammi una gilirlea, e ti racconto la storia della mia vita. l'rima racconta, e poi si vedrà se vale il prezzo. Sean tirò su la coperta, rimboccandosela intorno alle spalle e si accinse ad ascoltare. Ti faccio credito senza timore accettò Duff; poi, con aria drammatica, tacque un attimo. Sono nato trentun anni fa. Quarto ed ultimo figlio del sedicesimo barone Roxby. Ah, sangue blu. Ovviamente. Guardami un po' il naso. Armato di frustino, mio padre non ci mise molto a distruggere l'affetto che i figli gli dovevano. Gli stavamo sempre alla larga, finché, un bel giorno, il suo cavallo ebbe l'encomiabile idea di sparargli un calcio in testa. Dopo la sua morte, io mi sono trasferito in Canada. Tutto quel che i miei fratelli hanno saputo dirmi, è stato: "Non disturbarti a scrivere". In Canada, guadagnavo bene, e spendevo altrettanto... ma il freddo è stato piú forte di me. Cosí, ho cominciato a sognare di terre tropicali, di frutta esotiche, e di fanciulle ancora piú esotiche. Le circostanze che, alla lunga, mi convinsero a piantare il Canada- sono troppo penose perché abbia voglia di rievocarle. Ti basti sapere che, per modo di dire, sono partito nel mezzo di un temporale. E adesso, come vedi, eccomi qua a morire lentamente di freddo, con un marrano barbuto per tutta compagnia, senza l'ombra di una ragazza esotica per miglia e miglia. Racconto avvincente. E la ghinea se la merita, e come. Un racconto vale l'altro. Avanti, sentiamo la tua triste istoria. Il sorriso svaní delle labbra di Sean. Sono nato qua, a Port Natal. Me ne sono venuto via da casa una settimana fa. Anch'io, in circostanze penose... Era evidentemente restio ad andare avanti; ma, incitato dall'amico, riprese a parlare, poi le parole gli sgorgarono in fretta. Dopo aver terminato le scuole, spiegò, aveva lavorato come un uomo, nell'allevamento di bestiame del padre, e aveva vissuto una vita da uomo.
Qualche anno addietro, nel 1879, aveva partecipato alla spedizione contro gli zulú. Suo padre era caduto a Rorke's Drift, e anche lui, Sean, ci avrebbe lasciato la pelle, se non ci fosse stato il fedele Mbejane a salvargliela. Poi, tornato alla fattoria, si era trovato davanti al fratello, che ormai aveva preso il comando dell'azienda e si era sposato con una donna che li aveva messi uno contro l'altro. Alla fine, c'era stata una lite feroce e la conclusione era stata che lui aveva sgombrato il campo: per mettersi a vagabondare, e, adesso, a seguire il sentiero dell'oro. IL VALICO serpeggiava in mezzo alle montagne glabre e nere. Cavalcavano sempre all'ombra, fuorché nelle ore intorno a mezzogiorno. Poi, a poco a poco, si lasciarono le montagne alle spalle, e davanti si trovarono l'altopiano del veld, piatto e deserto, coperto d'un manto d'erba bruna, che fuggiva verso l'orizzonte a incontrarsi col cielo pallido e vuoto. Ma quella solitudine non smorzò minimamente la febbrè che li aveva presi. Anzi, a ogni chilometro percorso, a ogni accampamento superato lungo il nastro della pista, essa s'accresceva, finché avvistar~no la scritta. Desolato come uno spaventapasseri, il cartello indica~d PRETORIA" a destra, e, a sinistra, "WITWATERSRAND". I l~onti delle Acque Bianche bisbigliò Sean. Un nomc che squillava, che tintinnava come centinaia di milioni in monete d'oro. . . Arrivarono alla sommità di un crinale non diverso dai tanti e tanti altri che avevano valicato, e si fermarono a guardare in basso. Piú avanti, a sette od otto chilometri di distanza, correva da oriente a occidente un'alta giogaia. E giú, nella vallata in mezzo, il sole traeva riflessi metallici dagli stagni fangosi che davano a quelle colline il loro nome. < Guardali! esclamò Sean, con voce strozzata. La valle era cosparsa di tende e di carriaggi, e le trincee scavate dai cercatori erano altrettante ferite fresche, aperte nell'erba in una linea continua che ne solcava il centro. Eccolo lí, il giacimento disse Duff. La linea dove la vena è affiorata alla superficie. E noi siamo arrivati troppo tardi. E tutto palettato! Potrebbe esserci anche qualche angolo di cui non si sono allcora accorti. Quella è gente che non si lascia sfuggire nulla replicò Duff. Sprorlò il cavallo, e tutti e tre cominciarono a scendere. (luarda L~`l, v iCillO al torrente. Hanno già un frantoio in funziorle, che macina la roccia. Un iìnpianto da dilettanti, da quel che seml)ra. Cavalcarono fino a uno degli accampamenti piu vasti. Tellde, carr i, donne affaccendate intorno ai fuochi, e uomini seduti in attesa della cena. Ora m'informo sulla situazione dichiarò Sean. Smontò da cavallo, e Duff, con un sorrisetto ironico, stette a guardarlo mentre, UtlO dopo l altro, cercava di attaccare bottone con tre uornini. Ogni ~olta, la vittima prescelta cercava d'evitare gli occhi di Sean, faríugliava qualche risposta vaga, e poi si allontanava. Alla fine, Sean tornò indietro. .Ia che, ho la lebbra? si lamentò. Duff ridacchiò. Sono loro i malati. Hanno la febbre dell'oro, e tu, potenzialmente, sei un loro rivale. Potresti morire di sete, e non ti sputel ebbel o nemmeno addosso, per paura che lo scaracchio ti desse forza sufficiente a palettare un pezzo di terreno che a loro è sfuggito. Poi, diventò serio: Ci vuole un'ora, prima chc faccia bulo. Avanti, andiamo a dare un'occhiata per conto nostro. S'allontanarono al trotto verso le trincee. C'erano al lavoro uomini armati di picconi e di pale, alcuni asciutti, forti, attorniati ciascuno da una decina di indigeni anch'essi all'opera, altri grassi per la palese abitudine di essersene stati a sedere in un ufficio, sudati, COtl i denti stretti per resistere al dolore delle bolle nelle mani. E tutti accolseto Sean e Duff con la medesima aria sospettosa e ostile.
O,gtli cento metri, con regolarità scoraggiante, i due trovavano un paletto, SELE~IONE DEL LIBRO con inchiodato in cima un brandello di tela. Sulla tela, scritto in rozzo stampatello, si leggeva il nome del concessionario e il numero di matricola della concessione. Scesa la notte, si accamparono sul crinale battuto dal vento. Siamo arrivati troppo tardi ripeté Sean, guardando accigliato il fuoco. Ragazzo mio, hai notato quante di quelle concessioni sono ancora intatte ? Appartengono agli speculatori, e, se l'intuito non m'inganna, sono lí per essere vendute. In ogni modo, ci vogliono quattrini per sfruttare una vena aurifera: quattrini per comprare il macchinario, quattrini per le paghe, per le condutture dell'acqua e per i carrelli. La maggior parte della gente che abbiamo visto, è gente che si nutre di speranze, non di bistecche e di patate. E hanno già dipinti in faccia i primi segni della disperazione. Aspetta qualche settimana, e vedrai chi è veramente un uomo e chi un bambino. Detto questo, Duff si accese un sigaro Manila. Cos'è questo rumore? domandò Sean. Sembrava il battito sordo di un tam-tam della notte. Ti ci abituerai rispose Duff. Sono le aste di frantumazione di quel frantoio che abbiamo visto dall'alto. E a circa due chilometri da qui. Domani mattina ci passiamo vicino. Prima che sorgesse il sole, erano di nuovo in marcia, e arrivarono al frantoio nella luce incerta dell'alba. Nero e brutto, l'impianto stava accovacciato sulla parte liscia del crinale; le sue ganasce emettevano tonfi cupi nel masticare la roccia, sbuffava rumorosamente vapore e strideva con suono metallico. Si vedevano uomini muoversi accanto ad esso, intenti a provvedere alle sue necessità, a dargli roccia in pasto, a trafficare intorno alle piastre di rame sulle quali rovesciava le sue secrezioni pregne d'oro. Un uomo si accostò a Sean e Duff. I turisti non sono graditi, qua. Forza, circolare. Era un ometto vivace, con una faccia tonda e bruna, e una bombetta calcata sino alle orecchie. I barn gli spuntavano irti e duri come quelli di un fox terrier. Senti, Fran~ois replicò Duff, continua con quel tono, e ti sfondo la faccia a pugni. L'ometto vivace si fece piú d'appresso. Duff! strillò, tutto contento. Spiccò un balzo in avanti, per stringere la mano a Duff, e poi, mentre questi smontava, gli diede una pacca sulla schiena. Sean osservava la scena con a~ia divertita. La cosa andò avanti finché Duff non riuscí a trascinare l'amico accanto a Sean, per fare le presentazioni: Francois du Toit, Sean Collrteney. Seguí una cordiale stretta di mano. JG~u~ ~T~ Senti, Duff, in questo momento sono occupato a pulire le piastre dell'amalgama fece Franc~ois, tutto eccitato. Andate nella mia tenda, tutti e due. Io vi raggiungo tra mezz'ora. Dite al mio inserviente di prepararvi la colazione. Rimasto solo con Sean, Duff spiegò: Siamo stati nei campi diamantiferi di Kimberley insieme, io e Fran,cois. Una volta, gli ho fatto un favore... l'ho tirato fuori da un crollo con le gambe rotte. Averlo ritrovato qua è una grazia ricevuta. Se, per caso, lui non sa dirci una cosa, a proposito di questo giacimento aurifero, non c'è nessun altro al mondo in grado di dircela . Non passò molto che Francois fece irruzione nella tenda, e, durante la colazione, fu tutto uno scambio di "Ti ricordi... ?", "E che se n'è fatto del tale?", e cosí via.
Poi, quando i piatti furono vuoti e vennero riempite le tazze del caffè, Duff domandò: Allora, Franz, che ci fai da queste parti? E di tua proprietà, il frantoio ? . No, sono ancora alle dipendenze della Società. Ancora con Hradsky ? Non dirmelo ! esclamò Duff, con ironico spavento E una no-no-notizia f-f-ferale! soggiunse, con finto balbettio. Fran~cois apparve allarmato. Smettila. Il mio inserviente parla l'inglese. Vuoi farmi perdere il posto? Duff si rivolse a Sean. Il balbuziente Norman Hradskv e il Padreterno sono colleghi; ma, in questa parte della terra, è il Padreterno a prendere ordini da Hradsky. Piantala, Duff. Francois era profondamente scandalizzato. Duff continuò, imperturbabile: Quando si nomina l'azienda di Hradsky, si dice semplicemente, con riverenza, La Società. La sua ragione sociale, per esteso, è Società Mineraria e Terriera Sudafricana. E se si è messa a lavorare da queste parti, significa che qua c'è parecchio da fare . E come! confermò Francois, sollevato, ora che si trovava su terreno meno pericoloso. Dimmi tutto lo spronò Duff. Questo posto, lo chiamano la Barriel I Marcia... "barriera" significa "giacimento", signor Courteney. O anche il Banket, che è il termine transvaaliano per roccia aurifera. Il fatto, comunque, è che ce ne sono tre, di vene. Corrono lungo tutta la vallata. E tutte e tre dànno oro ? FranJcois tentennò il capo. No.in quella superiore ce ne sono solo delle tracce. Quella di mezzo è un pochino meglio- in-alcuni punti ha uno spessore di circa due metri; ma va solo a tratti. Si protese sul tavolo, entusiasmandosi. E la vena piú profonda, quella che vince la gara. La chiamiamo la Barriera Numero Uno. Ha uno spessore di appena qualche centimetro, e in certi punti smette addirittura di esistere, ma è fitta d'oro come una ciambella lo è d'uvetta. Una cosa incredibile, finché non la si vede! < Io ti credo, sí rispose Duff. E ora dimmi, dove posso prenderne una parte per me, di questa Barriera Numero Uno ? Francois si fece di colpo serio, come se gli fosse calata una saracinesca sugli occhi. E tutta palettata dichiarò. Siete arrivati troppo tardi.