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BIBLIOTECA DELLA RIVISTA <ECONOMIA E STORIA» ----------------------------------- 9
CESARE CIANO
LA «PRATICA DI MERCATURA» DATINIANA (SECOLO XIV)
Con presentazione di FEDERIGO MELIS
MILANO - DOTT. A. GIUFFRÈ - EDITORE - 1964
PRESENTAZIONE
TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI
Nel programma di lavoro degli Istituti di storia economica (a me aÉEdati) delle Università di Firenze e di Pisa — i quali formano tutt’uno, per questo riguardo — è contemplata, fra l’altro, l’edizione commentata, e per più aspetti elaborata, di collane di testi diretti (denominati anche interni) di storia economica, ossia di quei do cumenti che si sono concretati aid immediato contatto con l’accadimento dei fatti economici, che è quanto dire nell’interno dei sog getti — le aziende — dei fatti medesimi. Si tratta, in sostanza, del l’insieme delle fonti originali e peculiari di questa disciplina, le quali comprendono due nutrite classi: a) testi prodottisi in concomitanza dell’attività aziendale (lettere generiche e lettere specializzate — quali le lettere di cambio e le lettere di vettura — e registri di conta bilità); testi che in quello stesso ambiente sono serviti e di consul tazione e per la preparazione del personale (testi, in qualche caso — che qui sarebbe superfluo riferire —, non di emanazione azien dale, ma di una scuola). Questa seconda classe comprende quattro tipi di libri, che erano immancabili nelle aziende dalle dimensioni maggiori; 1 - la pratica di mercatura', 2 - il manuale d'abaco \ 3 - il manuale di Arte della lana (distinto in due sottospecie: quello di carattere generale riflettente i lineamenti organizzativi e tecnici del ciclo laniero, e quello di carattere specifico, più propria mente tecnico, afferente alle operazioni più delicate e complicate ed ai relativi attrezzi, come per la tessitura);
(1964) Soc. Tip. « Multa Paucis » - Varese, Via G. Gozzi, 29
4 - il portolano (nella accezione descrittiva dello sviluppo co stiero ed in particolare dei suoi punti focali, i porti, ed in quella raffigurativa dei « tolomei » e « mappamondi », cioè, le carte geo-
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grafiche; quest’ultimo gruppo, ovviamente, di realizzazione extra aziendale, come quasi sempre avveniva dei manuali di abaco). L ’edizione di questa seconda serie di fonti viene aperta dai pro fessor Cesare Ciano, da anni mio collaboratore valoroso ed appas sionato, avviato alla specializzazione del periodo di splendore del l’economia toscana, secoli XII-XVI. Come a suo tempo questi testi, vivi e vitali fra le mani del su premo dirigente aziendale, dei fattori, dei « garzoni », dei « fanciul li», erano serviti per conoscere taluni essenziali elementi onde si sarebbe dispiegata una operazione più o meno complessa, concor rendo a costruirla (i termini per ridurre le altrui espressioni di misura e di moneta alle proprie, per completare le serie di costi principali con quelli accessori e segnatamente fiscali, per procedere in rag guagli di cambi, per computare interessi e sconti, per predisporre c concatenare organi e funzioni del decentrato opificio laniero, per preparare e « conducere » un viaggio di navi, persino salendo sul ponte di comando delle medesime): così, oggi, con queste edizioni, ci proponiamo di offrire uno strumento di ausilio a coloro che si adoperano nella ricostruzione delle operazioni economiche del pas sato, dallo studioso che, pur maturo, può sempre incontrare un rap porto incognito di misure, al giovane che comincia ad affacciarsi in questo campo. Fra tutti questi strumenti il più interessante è la pratica di mer catura — e perciò ad essa abbiamo dato la precedenza — poiché spazia su terreni di maggiore ampiezza ed intorno ad aspetti mol teplici (i portolani informano sì su un terreno vastissimo, ma limi tatamente alle fattezze geografiche): e ad essa soltanto, da qui in nanzi, riferirò queste note. L ’importanza sua come fonte primaria della storia economica — che riconduca principalmente al suo oggetto fondamentale e ti pico, le azioni economiche — è stata però talvolta esagerata: è vero che essa permette l’individuazione di centri di produzione dei beni e di altri di loro distribuzione e consumo — delineando implicita mente le correnti di circolazione —; che opera spesso diversifica zioni qualitative delle merci; che sovente dichiara gli oneri accessori delle transazioni e traslazioni mercantili (fra i quali quelli essen ziali per la valutazione economica dei trasporti) e via di seguito: ma
troppi fattori seminano l’incertezza fra tali dati, per non diflEdare del suo impiego. Anzitutto è da considerare il fattore cronologico, al meno per gli esemplari finora pubblicati (compreso quello procura toci recentemente da Antonia Borlandi): questi, infatti, sono perve nuti a noi in copia, che ne ha livellato tutte le parti, le quali non sono più databili (se non con l’aiuto, ovviamente, di altre fonti: il che fa scadere questa dal rango di fonte primaria). Alludo alle agigiunte ed aggiornamenti apportativi dall’azienda in cui il manuale è stato operante e che lo ha modellato sulle sue esigenze: i quali, attraverso la « mano » e forse all’annotazione di qualche data o della fonte deH’informazione, avrebbero consentito di datare — o per lo meno di circoscriverli in un intervallo di tempo più ridotto — molti particolari significativi. Ed invece, secondo Taccenno fatto, nessun manuale è sopravvissuto in simile condizione: probabilmente, perchè erano proprio queste « brutte copie », questi quaderni impiastricciati, ad essere soppressi nelle occasioni di sfoltimenti archivistici; dopo averne, in molti casi, fissato il contenuto attraverso una copia, ad iniziativa anche di persone estranee all’azienda, che potevano pro durne la moltiplicazione (una sorta di attività editoriale). L ’inter vento degli amanuensi stabilizzava le parti antiquate, che soltanto il competente, entrando una copia in funzione di una nuova azienda, avrebbe poi eliminato o semplicemente trascurato nelle sue consul tazioni. Esemplari, diciamo, così parlanti non sono stati finora reperiti: ed e assai improbabile che se ne incontrino, dopo che abbiamo ac certato la loro assenza nelle più doviziose collezioni di documenti, quasi integre, appartenute al medesimo nesso aziendale, come l’Archivio Datini, che ha emesso appena una delle solite copie « livellate » (e, per giunta, frammentaria), dove, tuttavia, si appalesa un’integra zione autentica, ossia, compiuta dalla compagnia cui appartenne per ultima (la quale, però, sembra aver trascurato in seguito quel ma nuale, lasciandolo immutato per ben 14 anni). Da questa breve esposizione, si deduce la varietà di condizioni (intrinseche ed estrinseche), nelle quali il manuale di mercatura po teva essere stato sorpreso dall’archiviazione storica alla cessazione del suo impiego: da quella di uniformità della copia ultima, non più
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aggiornata, a quella sovraccarica di modifiche e completamenti ef fettuati tutti nella stessa azienda (su una base di partenza — la co pia — di formazione più o meno recente e ricca, che costituisce un motivo di ulteriore diversificazione). Fra tali estremi scorreva la differenziazione dipendente dal grado ed intensità degli aggiornamenti; e gli stessi estremi potevano a loro volta distinguersi: il primo, a seconda che la copiatura che ha de finito il manuale a noi pervenuto sia avvenuta all’ingresso di esso in una data sfera aziendale (come l’esemplare datiniano che qui viene presentato) o alla conclusione di un arco di vita aziendale (come nell’esemplare del Pegolotti, determinatosi in buona misura in vari nuclei operativi Bardi, cioè, in quelli afferenti all’autore principale di esso). Dovremmo, infatti, sempre riferirci ad una certa azienda, per giudicare meglio la validità e la funzione del manuale mede simo. Ed in quest’ultimo caso, quando, cioè, noi riusciamo a stabilire che, pur trattandosi di una copia, essa è promanata dall’effettivo im piego in una stessa azienda, siamo abilitati a ricostruire inclinazioni e interessi operativi dell’ente di provenienza (come l’esempio pegolottiano, riguardo — fra l’altro — all’importanza che per i Bardi avevano assunto le piazze di Venezia, quelle pugliesi e di Cipro, senza dire del « viaggio a! Cataio »); ma resta sempre l’inconveniente dell’isolamento della stratificazione inferiore apportata attraverso quel la copia nell’azienda che, poi, manipolandola alla stregua delle sue esigenze e tendenze, ne avrebbe fatto uno strumento proprio; e senza dire dell’incertczza che può avvolgere la fase della copiatura finale, verificatasi talvolta a troppa distanza di tempo, con conseguente probabile intromissione di altre mani. Quest’ultimo è ancora il caso della «pratica» del Pegolotti, la quale ci è pervenuta in una copia del 1472, distante cioè ben 129 anni dall’estinzione della compagnia dei Bardi. E, continuando ad insistere su questo esemplare — che, d’altronde, è fino ad oggi il più notevole tra queste pubblicazioni —, bisogna anche osservare che gli arricchimenti onde esso ha acquistato originalità sono soltanto quelli prodottisi alla periferia (ove agiva Francesco di Balduccio) e non, invece, alla sommità della compagnia, ehè, altrimenti, essi avrebbero spaziato su un maggior numero di zone.
Ed ancora: che cosa è avvenuto nei rammentati 129 anni nel codice pegolottiano ? Senza scendere alle minuzie, indicherò una «stranezza» che in esso riscontriamo rispetto al limite annuo supe riore della sua funzionalità originaria — o almeno principalmente ori ginaria — presso i Bardi, cioè, il 1343: si parla di panni «catalane schi» importati a Cipro, mentre tale corrente — come in genere tutte quelle della produzione drappiera di Barcellona-Maiorca-Valenza ver so il Levante — cominciò ad affermarsi nella parte finale del ’300. Fra gli esemplari (ipotetici) che ho accennato costituire l’estremo superiore di questo intervallo di assortimento, vi sarebbero quelli cu rati in gran parte personalmente dal dirigente supremo, come cosa propria: i quali avrebbero potuto rivestirsi di quella «segretezza» di cui parlò Franco Borlandi nella lucida introduzione all’edizione del «suo» manuale; ma essi, come tutte le cose riservate e personali, sono periti, purtroppo, con il loro proprietario. E fino ad oggi, sfortunatamente, dagli archivi sono afl&orate « pra tiche » soltanto nella prima condizione (con il relativo campo di va riabilità, secondo quanto ho chiarito sopra): tutte, perciò, di difficol tosa individuazione negU elementi originari, ossia, nella sicura data zione e nell’aggancio all’azienda cui sono appartenute. In quasi tutte, però, vi è un tetto cronologico: costituito dalla espressa enunciazione della data di compilazione ovvero di copiatura (come per l’esemplare di Sanminiato de’ Ricci, « copiato d’uno quaderno fatto 1396 »), o dalla databilità di un’ultima mano (come si verifica per questo manuale datiniano, ove, peraltro, tale mano è la sola differente e nuova), o altro avvenimento sicuramente databile (come la cessazione della Compa gnia dei Bardi, per il manuale del Pegolotti, nel quale però genera dubbi la troppo dilazionata estensione della copia che è giunta ai no stri giorni) e così via. Con questa delimitazione in alto, il nostro compito critico è sem plificato: riducendosi all’isolamento, in basso, delle posizioni anti^ quate che la copiatura precedente l’ammissione nella « nostra » azien da ha perpetuato e ritrasmesso nella medesima. Ma questo lavoro può riuscire bene unicamente per temi grossi e ben conosciuti (quale la trattazione delle Fiere di Champagne nel manuale di cui si era do tata la Compagnia Datini apertasi nel 1383). Ben più arduo è l’isola mento di siffatte posizioni concernenti i rapporti di misura (che, rii-
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peto, rappresentano i dati di gran lunga più interessanti ed efficienti per lo storico), a meno che non si posseggano dati paralleli di fonte sicura (ad esempio, fra le misure di peso del mondo catalano raffigu rate nel manuale datiniano non se ne rinviene una — la rova, che è un quarto di cantaro e che comprende, perciò, 26 libbre maiorchine, tutt’uno con quelle barcellonesi e valenzane —, che ho ritrovato nei carteggi e nei conti di quell’aggregato aziendale). Accennato così, come ho tentato di fare, ai vari problemi che si riconnettono al fattore cronologico, che più di ogni altro insidia que sta fonte, dirò che essa presenta ancora un lato debole: la mancanza di qualsiasi dosaggio quantitativo nei fenomeni principali — per il nostro ordine di studi, beninteso, quali le localizzazioni di produzioni e le circolazioni di beni —, tranne rare occasioni di chiarimento ap prossimativo, del tipo « da Cervia si trae gran sale... » ; « vi si mette poca grana di Provenza... », ecc. E il fatto stesso di leggere il prezzo di trasporto di un bene su un dato itinerario non si può sempre in terpretare come una corrente di circolazione di quei beni: chè po trebbe essersi trattato di semplici congetture o di episodi isolati. Il progresso degli studi, che li vorrebbe portare ad abbracciare sempre più l’indagine quantitativa, svilisce maggiormente questa fonte, che si degrada a semplice sussidio per il nostro operare fra le congerie di sistemi di misura dell’epoca. Si ritorna, così, al vero, consistente apporto della pratica di mer catura: quello di squadrarci ed inquadrarci in più sorta di misure. Questa materia è, per giunta, la meno variabile e pertanto la più attendibile, nel cammino dei decenni, per lo meno per i secoli XIVXVI (prima metà), ai quali, del resto, si riferiscono i manuali editi e i molti già individuati negli archivi: con ciò, facendo cadere parzial mente le preoccupazioni, sulle quali mi sono qui intrattenuto, in or dine al fattore cronologico. Una conferma di ciò, il lettore può averla dal raffronto dei sistemi rappresentati nei manuali più lontani nel tempo tra quelli editi, ossia quello del Pegolotti (ediz. Evans) e quello attribuito al Chiarini (ediz. F. Borlandi) : nonostante che essi siano di stanziati di un secolo, le variazioni su tale terreno sono piuttosto in frequenti e, comunque, contenute in limiti esigui. A questo raffronto fra elementi della stessa indole, sui quali può insorgere qualche dubbio, unisco la citazione di un altro, che ho com
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piuto fra i dati di tutte le «pratiche» edite e quelli che ho avuto modo di riprendere dalla fonte viva, dalla realtà operativa (vale a dire dai carteggi e dalla contabilità analitica, costituendo una « pratica di mercatura» mia, dotata in ogni suo settore, poiché l’alimento mi è stato elargito da centinaia di migliaia di rapporti semplici e plurimi): ebbene, si può affermare che, per lo meno nel mezzo secolo in sella all’anno 1400, le espressioni di misura tramandateci dalle pratiche di mercatura ritenute contemporanee sono attendibili in loto (salvo pic coli scostamenti, forse dovuti all’amanuense) e che non difFeriscono se non raramente — e sempre per lievi entità — dagli analoghi dati che le altre pratiche di mercatura autorizzano a confinare verso l’inizio del XIV e verso la fine del XV secolo. La pratica di mercatura datiniana che il Ciano oggi pubblica, pur provenendo da una sfera aziendale quanto mai vantaggiosa per il cri tico che abbisogni della conoscenza dell’ambiente in cui essa è stata utilizzata, lascia cadere questo vantaggio, perchè, entratavi nei primi due anni dalla costituzione dell’azienda (quella di Pisa), ed eccettuato il contributo di parziale innovazione delFimpiegato Cristofano Ca rocci (riconoscendo la « mano » giovanile del quale, e perciò il suo periodo di servizio a Pisa, sono stato messo in grado di fissare sul 1385 o 1386 il limite cronologico superiore di questo codice), e rima sta immutata: cioè, non assimilando punto, e non ritrasmettendoci quindi, i molteplici indirizzi propri di quello che avrebbe dovuto es sere il suo ambiente. Ma è con l’edizione che essa vuole acquistare una qualche vita lità e funzionalità: dopo che avevo garantito (al Ciano ed, attraversodi lui, a coloro che utilizzeranno queste pagine) — secondo quanto ho riferito poc’anzi — la perfetta aderenza alla realtà dei dati di fondamentale, se non esclusivo, interesse (i sistemi di misura, ripeto), il Ciano si è adoperato per rendere assai più proficuo questo apporto col legando e coordinando — negli indici finali — siffatta materia a quel la delle altre quattro pratiche edite (Uzzano, Pegolotti, Chiarini e «Tariffa» veneziana; quella del Ricci è stata edita da Antonia Bor landi quando lo scritto del mio collaboratore era già stampato), al fine di servire la causa degli studi, offrendo questo notevole strumento di ausilio.
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Sottoponiamo allo studioso questo primo saggio di edizioni delle fonti elencate come secondo gruppo di tutte quelle scaturite dalFambiente autentico: e siccome esse comportano una notevole elabora zione (i ricordati « indici » di composizione delle fonti analoghe), nel la quale gli autori possono errare e peccare, chiediamo ai colleglli, agli appassionati, maturi e giovani, di questi problemi ed ai competenti in generale di edizioni di testi, il loro giudizio, per migliorare le pub blicazioni successive, per le quali è stata già superata la fase dell’acquisizione dei testi originali alla grafia attuale. F
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L e f in a l it à e l a g iu s t if ic a z io n e d e l p r e s e n t e lavo ro .
Se per un momento ci fosse concesso di andare a ritroso nel tempo e rivedere il tavolo di lavoro di un grande mercante del Medio Evo e della Rinascenza, noteremmo come su di esso si distendessero, rac colti in libri o affidati a fogli sciolti, due ordini ben differenti di docu menti. Il primo gruppo era costituito da una serie di testimonianze concretatesi in concomitanza con il fatto aziendale, quali il carteggio, scritto dal mercante stesso e conservato in copia o da lui ricevuto, i libri contabili, le lettere di cambio, di vettura^ le liste di carico e così via. Al secondo gruppo appartenevano, invece, i documenti che non si erano formati contemporaneamente all’accadimento del fatto, ma che si raccoglievano presso il dirigente di azienda, in quanto necessari a lui per istruirsi, per aggiornarsi, per conoscere ed investigare su par ticolari questioni; tali erano i manuali d’abaco^ i manuali di mercatura e, talvolta, i portulani. Tra di essi i secondi, più comunemente cono sciuti come « pratiche di mercatura », per generalizzazione di un titolo specifico ormai assunto a definire tutta una classe, rappresen tavano gli strumenti idonei per la cognizione delle zone ove s’inten deva operare, delle merci che vi si trattavano, dei sistemi di computo che vi avevano vigore e degli oneri che vi si dovevano sostenere. Per tanto, il mercante che dirigeva una impresa considerevole se ne dotava e, soprattutto, ne curava via via l’aggiornamento e li arricchiva con nuove e peculiari notizie. Questa specifica funzione esercitata da tali manuali quando erano vivi e vitali, fa sì che essi conservino oggi una certa importanza e portata quale fonte storica, per la conoscenza delle piazze commer ciali del passato, denunciando, oltretutto, spede negli aggiornamenti, le tendenze particolari dell’azienda che li possedeva. Inoltre, note vole è il loro contributo chiarificatore per rintelligenza dell’intri-
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cato groviglio delle misure e monete medievali e dei rapporti che, relativamente alle stesse, venivano allacciati. È evidente perciò, come, nel bagaglio di cui dovrebbe dotarsi lo storico dell’economia, un posto rilevante sia da riservarsi ad una o più « pratiche di mercatura », con buoni indici, al fine di riconnettere tutta la materia e poter svolgere, con prontezza, le riduzioni ed i implicano lo studio ed il dosaggio quantitativo dei fenomeni facenti capo a dati luoghi (i). Questa dotazione non può però, oggi, andare oltre i pochi manuali resi disponibili attraverso la loro pubblicazione a stampa, quali gli ormai celebri: Libro di divisamenti di paesi e di misure di mercatantie e d'altre cose bisognevoli di sapere a mercatanti di Francesco Balducci Pegolotti, Libro di ga belle, e pesi, e misure di più e dit'ersi luoghi di Giovanni da lizzano, El libro di mercatantie et usanze de’ paesi di Giorgio Chiarini e, final mente, la veneziana Tarifa zoè noticia dy pexi e mexure di luogi e tere che s’adovra marcadantia per el mondo
Mi è sembrato, perciò, opportuno aumentare tale disponibilità, attraverso l’edizione di una « pratica » atta ad essere comparata con quelle già note e per la sua congetturata data di compilazione, inserentesi cronologicamente fra le stesse ; e questo manuale ho potuto rac coglierlo sul tavolo di un grande mercante che illoimina di sè la Storia economica d’Italia nell’Età di Mezzo, su quello cioè di Fran cesco di Marco Datini da Prato (3). Il prontuario che qui presento avrebbe però, nella sua ori ginale forma, soddisfatte solo in parte le esigenze dello studioso e, di conseguenza, ho voluto renderlo più efficace e funzionale, attra verso una determinata elaborazione ed integrazione del materiale nello
(i) Assai rilevante è infatti l’impiego che oggi si fa di queste raccolte di notizie nei lavori di Storia economica; si pniò dire non vi sia saggio sul Medio Evo o sulla Rinascenza che non abbia fatto ricorso alle stesse e la loro utilizzazione si estende ad altre discipline affini. Così, ad esempio, la consul tazione delle « pratiche » può dimostrarsi di qualche utilità nella ricostruzione d d pensiero economico dell’Età di Mezzo (cfr. F a n f a n i A ., Stona delle dottrine economiche dalVantichità al X I X secolo, Milano-Messina 1955, p. 78). Non dimeno, nello studio dei fenomeni economici relativi a certe piazze, occorre tener presenti le limitazioni di carattere informativo alle quali siffatti codici sono soggetti, sì che pericoloso sarebbe, per ipotesi, tentare di dimostrare la esistenza ed il persistere di certe correnti di traffico sulla sola scorta delle affermazioni, sovente anacronistiche — rispetto alla presunta data di compila zione — contenute nei prontuari. I manuali di mercatura, in altre parole, offrono appena un’indicazione sull’attività che si è annodata tra le varie piazze e, soprattutto, servono allo storico per fargli conoscere le misure e le monete vi genti nei vari luoghi e per orientarlo su tutti gli oneri accessori che vi s’impo nevano nelle translazioni dei beni. In altre parole è opportuno ridimensionare certe affermazioni sulle possibilità chiarificatrici ed informative sui fatti econo mici che ci giungerebbero da simili prontuari, riconducendo quel contributo entro più ragionevoli confini. (2) La « pratica » attribuita a Francesco di Balduccio Pegolotti, fattore dei Bardi, il cui originale trovasi nella Biblioteca Riccardiana di Firenze, ms.
2441, fu pubblicata da A l l a n E v a n s {1m pratica della mercatura, Cambridge [M ass.] 1936). Questo codice, che si è detto scritto verso il 1340 ma che po trebbe essere m olto anteriore, era stato in precedenza edito nel III volume di G . F. P a g n in i D el V e n t u r a , Della decima e di varie altre gravezze imposte dal Comune di Firenze, della Moneta e della Mercatura dei Fiorentini sino al see. X V I , vv. 4, Lisbona-Lucca L ’opera del Pagnini contiene, inoltre, il prontuario attribuito a G io v a n n i d ’A n to n io b a U z z a n o , e posteriore di un secolo al precedente. Il trattato di G iorgio d i L o ren zo C h ia r in i , invece, ebbe una prima pubblicazione nel 1481 e fu oggetto di una edizione critica da parte di F ranco B o rlan d ! nel 1936, in (( Docum enti e studi per la Storia del Commercio e del Diritto com m erciale italiano, pubblicati sotto la direzione di Federico Patetta e Mario Chiaudano », e, finalmente, la veneziana « Tarifa » fu messa a stampa per inte ressamento dell’istituto Superiore di Scienze economiche e commerciali di Ve nezia nel 1925 ed a cura di G in o L u z z a t t o . S u ll’argomento cfr. F a n f a n i A ., Storia economica dalla crisi dell’impero romano al principio del secolo X V III, IV ediz., Milano-Messina 1956, p. 264, M e l i s F ., Note di Storia della Banca pisana nel Trecento, Pisa 1955, p. 31, nota n. 97, S apori A ., Studi di Storia economica, secoli X III, X I V , X V , F i renze 1955, V. I, pp. 525, 560 ed, ancora, in generale, F a n f a n i A ., Introduc ztone allo studio della Storia economica, Milano i960, p. 37, dello stesso A ., La préparation intellectuelle et professionnelle à l’activité économique, en Italie du XIV^ au X V l ‘ siècle, estratto dalla rivista « Le Moyen Age », n. 3-4, 1951 e PiATToLi R ., L ’origine dei fondaci datiniani di Pisa e Genova in rapporto agli auvenimenti politici. Prato 1930, p. 80, nota n. i. (3) L a « pratica di mercatura » in questione mi venne segnalata da Fede rigo M elis, che dal 1950 aveva iniziato lo studio integrale ed analitico del colos sale archivio di quel mercante. C fr. M e l is F., Aspetti della vita economica me dievale {Studi nell’Archivio Datini di Prato), Siena 1962, p. 118, nota n. 5.
r IN TRO D UZIO N E
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stesso contenuto. Ho cercato, cioè, di dotarlo di particolari chiavi di ricerca che permettano l’immediato ritrovamento della notizia di mer catura voluta, sia essa riguardante le merci, che le locaUtà o gli stru menti metrologici, senza dover scorrere più pagine e molte righe del manuale (4); necessità alla quale non avrebbero ovviato gli indici com pilati nella forma tradizionale. Infine, ho corroborato i rapporti rife riti nel codice stesso con molti altri, contenuti nei prontuari prece dentemente menzionati (5).
(4) Circa questa elaborazione, come del resto per ogni altro argomento trattato in questa edizione, il Melis mi è stato prodigo di preziosi consigli, notizie e chiarimenti. Sopra ogni cosa, pertanto, mi auguro di aver saputo trasferire nel presente lavoro tanta dovizia d ’insegnamento, per il quale assicuro al M aestro illimitata gratitudine e affettuosa riconoscenza. (5) A dimostrazione di quanto asserito nel testo, circa la disponibilità di « pratiche di mercatura » nelle biblioteche ed archivi di Toscana, richiamo, qui di seguito, i pili tardi prontuari giacenti presso la BibUoteca Nazionale di F i renze. Questi codici si differenziano notevolmente da quelli utilizzati nel pre sente lavoro, sia perchè vi sono inclusi elementi di aritmetica e computisteria che, in alcuni casi, li avvicinano, piuttosto, ai manuali d’abaco, sia perchè le piazze ed i prodotti trattati ne pongono in evidenza la loro più recente compi lazione. Così le fiere di Lione, Io zucchero di Lisbona, la piazza di Livorno, ci ricordano i grandi spostamenti verificatisi nel mercato mediterraneo rispetto alle posizioni medievali. Si ritrova dapprima una edizione a stampa della « Pratica Mercantile mo derna » del P a g n i n i , che sino a p. 36 tratta di operazioni di aritmetica e poi si articola come segue: p. 36-ss. « Tramutation delle monete di Lucca », p. 67-ss. « A valutar marchi d’oro», p. 74-ss. «Regola del 3 » , p. 88-ss. «Guadagni e perdite», p. 99-ss. « Compagnie », p. iii-ss. « Baratti », p. 114-ss. « Raffinar ori et argen ti », p. 122-SS. « Meriti e sconti simplici e a capo d’anno », pp. 132-137 M odo di fare i cambi per Lione con più piazze», pp. 138-141 «Seguono le valutation delle monete, pesi e misure, di più paesi e prima di Lione », pp. 142-155 cc Co minciano i cambi », pp. 156-164 « Condutte di più mercantie » ( P a g n in i G., Pratica mercantile moderna, Lucca 1562, B ib l io t e c a N a z . d i F i r e n z e , 20 /. 3 8 .B 32). Il secondo codice, invece, non ha alcuna intestazione e pare acefalo. Si compone di cc. 85, tutte, a quanto sembra, della stessa mano, che trattano, le prime 12 cc., le piazze di Lione ed Anversa, le seconde 17 cc., la seta (nelle quali si menziona la « compera » del 1569 di seta in Almeria ed i