La Donna Dello Sceicco

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Lynne Graham

La donna dello sceicco The Arabian Mistress © 2001 Prima edizione Harmony Destiny agosto 2002 Prima edizione Collezione Harmony maggio 2002 Seconda edizione Harmony Premium maggio 2007

1 Nella sua villa nel sud della Francia, il principe Tariq Shazad ibn Zachir, regnante assoluto del Jumar, stato del Golfo reso ricco dal petrolio, mise da parte il cellulare e rivolse la sua attenzione al suo più fedele assistente, Latif. «C'è qualcosa che non va?» Abile nel capire gli altri, Tariq aveva notato la tensione sul viso dell'uomo. «Sono dolente di doverla disturbare con questo argomento...» Latif appoggiò sul tavolo una cartella con aria di scusa. «Ma sentivo di doverlo sottoporre alla sua attenzione.» Il documento era un dettagliato rapporto del capo della polizia del Jumar. Scorrendo fino al nome dello straniero che era stato imprigionato per crediti inesigibili, l'uomo raggelò: si trattava di Adrian Lawson, il fratello maggiore di Faye, un altro Lawson colpevole di disonestà e inganno! Nel leggere la spiegazione dei fatti che avevano portato all'arresto di Adrian, il suo volto forte e affilato si irrigidì per il disgusto. Come aveva potuto il fratello di Faye fondare una ditta di costruzioni per derubare i cittadini che lui, Tariq ibn Zachir, aveva giurato di proteggere? Ricordi ancora forti si agitarono in lui, ricordi spiacevoli che Tariq aveva cercato di dimenticare negli ultimi dodici mesi. Quale uomo vorrebbe ricordarsi del suo errore più grande? A differenza di molti altri rampolli reali del Medio Oriente, non era stato educato in Occidente. Era stato invece allevato come i suoi antichi predecessori: scuola militare, tutori, prove di sopravvivenza nel deserto con le forze speciali britanniche. All'età di ventidue anni, provetto pilota ed esperto in ogni possibile forma di combattimento, Tariq aveva finalmente convinto suo padre che, anche se l'abilità nel guidare il suo futuro popolo nella battaglia era importante, cento anni di pace al loro Lynne Graham

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interno e con i loro vicini potevano suggerire che forse una laurea in economia sarebbe stata molto più utile. Tariq aveva presto scoperto un talento naturale per il mondo degli affari e aveva arricchito le casse di uno stato già immensamente ricco. E con il suo ingresso nella cultura più liberale d'Europa, Tariq aveva anche imparato a conoscere i costumi delle donne occidentali. Ma nonostante questo, era stato ugualmente colpito come un facile bersaglio quando aveva incontrato Faye Lawson... «Come desiderate che mi comporti in questa circostanza?» lo sollecitò Latif. «Non ci sono azioni da intraprendere. Lascia che la legge faccia il suo corso» gli rispose Tariq. «Sembra improbabile che Adrian Lawson riesca a procurarsi il denaro necessario per ottenere il proprio rilascio» commentò Latif. «Allora può marcire in carcere.» Dopo un lungo silenzio, il principe aggiunse: «Sì, so cosa faccio...». Anche se a disagio per quella risposta, l'anziano Latif si inchinò e si allontanò. Consapevole del motivo di quell'ansia, Tariq considerò la propria posizione con triste disapprovazione: il suo fiero orgoglio, la sua furia per essere stato incastrato un tempo si erano interposti tra lui e il buonsenso. Ma era ora di troncare del tutto il suo legame con Faye Lawson e di andare avanti. Avrebbe dovuto farlo già da un anno. Non era una situazione che poteva rimanere irrisolta. In particolare, non adesso che aveva la responsabilità di crescere tre bambini. Mettendo da parte la cartella su Adrian Lawson, senza avere letto oltre la prima pagina, Tariq si agitò sulla sua sedia come una tigre insofferente, gli occhi scuri minacciosi e duri come l'acciaio. I fratelli Lawson e il loro rozzo patrigno Percy erano un trio scaltro e avido, privo di scrupoli morali quando si trattava di ottenere un profitto economico. Quanti altri uomini Faye aveva preso per polli? Quante vite aveva rovinato Percy con il ricatto? E ora anche Adrian. Persone del genere dovevano essere punite. Un sorriso gelido gli affiorò alle labbra: non c'era ragione per cui non dovesse prendersi la rivincita in nome della giustizia. Non c'era motivo per cui lui non dovesse approfittare della situazione e divertirsi un po' allo stesso tempo... Lynne Graham

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Faye stava seduta accanto al patrigno sul sedile posteriore del taxi, immersa in un silenzio assoluto. Piccola e di corporatura esile, era sovrastata dal corpo massiccio dell'uomo accanto a lei. Era solo metà mattina, ma faceva caldo, e dopo il lungo volo notturno da Londra era esausta. Il taxi che sfrecciava per le strade ampie e antiche della città di Jumar li stava portando alla prigione dove suo fratello Adrian era rinchiuso. Se non fosse stata così preoccupata per Adrian e se il denaro non fosse stato così limitato, avrebbe rifiutato di dividere quel taxi con Percy Smythe. I legami familiari erano sempre stati molto importanti per lei, ma sapeva che non avrebbe mai perdonato Percy per averla trascinata con sé nel fango, distruggendo la fiducia che il principe Tariq ibn Zachir aveva avuto in lei. «Questa è una perdita di tempo.» La faccia grassoccia e sudata di Percy denotava impazienza. «Devi andare a trovare il principe Tariq e chiedergli di liberare Adrian!» «Non potrei...» Faye si sentì gelare, pallida sotto la cascata di capelli biondo chiaro. «E come ti sentirai se in quel carcere Adrian contrarrà qualche orribile malattia e ci lascerà la pelle?» le domandò Percy con brutale franchezza. «Sai che non è mai stato forte!» Una fitta di paura le contrasse lo stomaco. Da bambino, Adrian aveva avuto la leucemia e, anche se si era ripreso, aveva ancora la tendenza a prendere ogni bacillo di passaggio. La sua salute incerta gli aveva definitivamente distrutto la carriera militare, costringendolo a rivedere il proprio futuro e a lanciarsi nell'impresa commerciale che lo aveva portato al suo attuale stato di difficoltà. «Gli Affari Esteri ci hanno assicurato che lo stavano trattando bene» ricordò Faye agitata. «Finché non è stato rinchiuso in cella! Se io fossi un uomo superstizioso penserei che il tuo guerriero del deserto ha lanciato una maledizione su tutti noi l'anno scorso» si lamentò amaramente Percy. «A quel tempo stavo andando bene, facevo soldi in fretta, e ora sono praticamente rovinato!» Proprio come meriti di essere, rifletté cupa Faye. Il suo patrigno avrebbe calpestato chiunque e fatto qualunque cosa pur di guadagnare soldi. Ma c'era una sorprendente eccezione a questa regola: Adrian in qualche modo Lynne Graham

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gli era diventato caro quanto un vero figlio. Era ironico pensare che Percy aveva dovuto sacrificare la sua stessa sicurezza nel cercare invano di mantenere a galla gli affari di suo fratello. La prigione si trovava al di fuori dei confini della città, ospitata in una cupa fortezza circondata da alte mura e torri di vedetta. Dovettero aspettare un po' prima di essere introdotti in una stanza dove una fila di sedie era disposta di fronte a una parete divisoria di vetro. Faye si rese conto che tra reclusi e visitatori non erano permessi né privacy né contatto fisico. Uno shock ancora più grande fu l'apparizione di Adrian. Aveva perso molto peso e gli indumenti da carcerato gli ciondolavano sul corpo magro. Il pallore tirato dei suoi tratti la allarmò: suo fratello non sembrava stare per niente bene. Gli occhi arrossati erano tesi e si rifiutavano di guardarla. «Non saresti dovuta venire, sorellina» mugolò Adrian al telefono fornito per la comunicazione. «Questo è un mio problema. Sono troppo arrogante e mi sono sopravvalutato, ho lasciato che Lizzie spendesse come se non ci fosse un domani. È il modo in cui vive la gente qui... esci quasi di testa nel tentativo di reggere...» Percy strappò il ricevitore a Faye e ringhiò: «Quando tornerò in patria mi rivolgerò alla stampa e solleverò un tale casino che dovranno farti uscire da questo buco d'inferno!». «Sei pazzo?» mormorò Adrian, osservando il patrigno con palese orrore. Faye riprese il telefono, gli occhi blu pieni di ansia. «Non possiamo trovare il denaro di cui hai bisogno per uscire di qui. Scesi dall'aereo abbiamo incontrato il tuo avvocato che ha detto che non poteva fare più niente per te e che il caso era chiuso. Devi dirci che altro possiamo fare per opporci a questa situazione.» «Niente. Non ti ha detto l'avvocato che non c'è diritto di appello in un caso come il mio? Come se la cavano Lizzie e i ragazzi?» Al nome di sua cognata, Faye si irrigidì perché non aveva buone notizie. «Lizzie non mi ha mandato neanche una lettera...» riferì Adrian cercando di interpretare lo sguardo evasivo della sorella. «È molto giù...» Faye odiava aumentare la sua pena con quell'ammissione. «Mi ha chiesto di dirti che ti ama ma che al momento per lei è molto difficile accettare questa situazione.» Gli occhi di Adrian si inumidirono e lui distolse il viso, deglutendo forte per riprendere il controllo. Faye ricacciò indietro le lacrime davanti all'angoscia del fratello e si Lynne Graham

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affrettò a cambiare argomento. «Come te la cavi? Ti trattano bene?» Era intimidita dai due agenti armati che osservavano ogni loro singolo movimento. «Non ho motivo di lamentarmi... a parte il fatto che è un inferno perché odio il cibo di qui, e in più continuo ad ammalarmi.» La voce convulsa del fratello venne meno. «Ma qualunque cosa tu faccia, non permettere a Percy di andare a lamentarsi coi giornalisti, perché questo potrebbe segnare la mia fine. La gente di qui considera ogni critica al Jumar come una critica al loro regnante, quello schifoso donnaiolo del principe Tariq.» Con un movimento brusco, uno degli agenti armati si fece avanti con aria offesa e strappò il telefono ad Adrian. «Cosa c'è... che succede?» Faye fu presa dal panico. Adrian venne scortato verso la porta attraverso la quale era entrato e scomparve alla loro vista. «Scommetto che lo stanno portando via per picchiarlo.» Percy era esterrefatto. «Ma nessuno dei due ha messo una mano su Adrian.» «Non di fronte a noi... ma come sai che cosa gli stanno facendo ora?» Attesero dieci minuti nella speranza che Adrian riapparisse. Al suo posto, entrò invece un uomo in uniforme dallo sguardo severo. «Voglio sapere cosa sta succedendo qui» lo aggredì Percy. «Le visite sono un privilegio che concediamo ai parenti, non un diritto per legge. La vostra visita ha avuto termine perché non permettiamo che il nostro onoratissimo regnante sia oggetto di termini offensivi. Permettetemi di assicurarvi che noi non malmeniamo i prigionieri. Il Jumar è un paese civilizzato e umano. Potete chiedere un'altra visita in questa settimana.» Per tutto il viaggio di ritorno, Percy inveì in preda a un'ira frustrata. Faye fu grata del fatto che il conducente del taxi sembrasse non capire una parola della feroce invettiva di Percy contro il Jumar e tutto ciò che lo riguardava. Sparlare di Tariq in un posto pubblico equivaleva ad attirarsi un'aggressione fisica. Mentre il suo patrigno si dirigeva al bar dell'albergo, Faye entrò in ascensore per fare ritorno nella propria stanza. Tutto ciò che riusciva a vedere era la disperazione sul volto tirato di suo fratello. Faye si sedette ai piedi del letto con gli occhi fissi sul telefono di fronte a lei. Lynne Graham

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«Il numero si ricorda facilmente» le aveva detto Tariq una volta. «Siamo stati i primi ad avere il telefono in Jumar. Devi semplicemente digitare uno per contattare il centralino del palazzo.» Faye chiuse per un attimo gli occhi smarriti, lacerata dal dolore, il rimpianto e l'amarezza. Le piacesse o no, il principe Tariq ibn Zachir sembrava l'unica possibilità che era loro rimasta. In molti altri paesi Adrian sarebbe stato dichiarato in bancarotta, non imprigionato per debiti come un criminale. Ma lì la legge era quella. Non poteva fare altro che rivolgersi a Tariq e supplicarlo di patrocinare il caso di suo fratello. Il principe avrebbe sicuramente potuto fare qualunque cosa... Che importanza aveva se implorare Tariq la faceva sentire umiliata? Come poteva dare al proprio orgoglio un valore maggiore del benessere di suo fratello? Sentendosi sui carboni ardenti, Faye rifletté misurando a grandi passi la stanza. Tariq avrebbe acconsentito anche solo a vederla? Come poteva chiedere un favore così grande a un uomo che disprezzava sia lei sia il suo patrigno? Il Jumar non era un posto adatto a lei: anche l'aria sembrava odorare di denaro e privilegi legati al successo. E un anno prima si era sentita anche peggio, con un uomo esotico e sofisticato come Tariq ibn Zachir: era stata profondamente stupida a immaginare che qualcosa di duraturo potesse derivare da una relazione così sbilanciata. Ma qualunque cosa Tariq avesse scelto di credere, lei non aveva avuto alcun ruolo nel sordido tentativo di Percy di ricattarlo! Ripetendo a se stessa questa verità, Faye si diresse al telefono. Collegarsi al palazzo fu facile: nei minuti che seguirono, scoprì però che il centralino era gestito da persone che parlavano solo arabo. Interrompendo la telefonata per la frustrazione, Faye prese allora il portamonete dalla borsa ed estrasse un sottile anello d'oro inciso con simboli geroglifici consumati. La mano le tremava. Per un attimo, la memoria tornò al momento in cui Tariq aveva fatto scivolare quell'anello al suo dito nell'ambasciata del Jumar a Londra. Ebbe un brivido, assalita da un'ondata di soffocante umiliazione. Come era stata stupida a credere che fosse una vera cerimonia nuziale! Era stata una farsa organizzata solo per sventare la minaccia di Percy. Lynne Graham

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Usando la carta da lettere dell'hotel, Faye mise l'anello in una busta e scrisse due righe chiedendo un incontro con Tariq. Scese alla reception e chiese come poteva farla recapitare velocemente. L'addetta della reception osservò sorpresa il nome sulla busta, indugiando sulle parole Personale, Privato, Confidenziale che coprivano metà dello spazio. «Questa... è per il principe Tariq?» Faye arrossì e annuì. «Uno dei nostri autisti provvederà a recapitarla, signorina Lawson.» Tornata in camera, Faye si fece una doccia e si cambiò. Poi si sdraiò sul letto. Qualcuno bussò alla porta: era lo stile inconfondibile di Percy. «Adesso!» Il suo patrigno irruppe all'interno, con il duro volto aggressivo e arrossato dall'alcol. «Vai al telefono e chiama Tariq. Speriamo che trovi divertente vederti strisciare ai suoi piedi. E se questo non basta, avvertilo che puoi ancora andare ai giornali e dar loro in pasto la storia di un matrimonio e un divorzio avvenuti nell'arco della stessa giornata!» «Pensi davvero che delle deliranti minacce di uno scandalo possano convincere Tariq ad aiutare Adrian?» Faye scosse il capo. «Ascolta, posso anche aver fatto male i miei calcoli con Tariq l'anno scorso, ma so come si comporta ora quell'individuo. È un osso duro, ma è anche un ufficiale e un gentiluomo ed è molto orgoglioso di questo. Quindi per prima cosa devi sembrare patetica e... bella.» Percy le scrutò la camicia blu, i pantaloni di cotone e i capelli legati. «Devi fare colpo su di lui!» Il colpetto lieve che risuonò alla porta in quel momento fornì un'interruzione provvidenziale. Era il direttore dell'hotel, che li aveva salutati al loro arrivo. Si inchinò come se Faye improvvisamente fosse diventata un'ospite importantissima. «Una limousine è arrivata per portarla a palazzo Haja, signorina Lawson.» Faye deglutì a fatica. Non si era aspettata una risposta così veloce alla sua richiesta di un incontro. «Non si preoccupi... sarà giù tra due minuti.» Percy si rivolse alla figliastra con fare indulgente. «Perché non mi hai semplicemente detto che avevi già iniziato le danze?» Desiderosa di sottrarsi alla compagnia ripugnante del patrigno, Faye si diresse subito all'ascensore. Si sistemò nella lussuosa limousine, Lynne Graham

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sentendosi un pesce fuor d'acqua con i suoi vestiti semplici ed economici. E in effetti lo sono, no? Aveva vissuto tutta la vita in una tranquilla casa di campagna, incontrando raramente qualcuno, a parte i pochi amici di sua madre. Percy aveva sposato Sarah Lawson quando Faye aveva cinque anni. Invalida a causa dello stesso incidente d'auto in cui era morto il suo primo marito, la madre di Faye si era ritrovata confinata su una sedia a rotelle e disperatamente sola. Era però anche una vedova benestante. Dopo il loro matrimonio, Percy aveva continuato ad abitare nel suo appartamento in città, accampando impegni di lavoro, e aveva trascorso solo occasionali fine settimana con la sua nuova famiglia. Faye non era mai andata a scuola come gli altri bambini. Sia lei sia suo fratello erano stati educati in casa dalla madre, ma una volta che Adrian aveva sconfitto la leucemia, Percy aveva convinto la moglie a far completare al figlio la propria educazione insieme ad altri coetanei. A undici anni, agognando amici della sua età, Faye aveva finalmente trovato il coraggio di muovere al patrigno la stessa richiesta. «E tua madre cosa farà tutto il giorno da sola?» L'ira accusatoria di Percy l'aveva scossa duramente. «Come puoi essere così egoista? Tua madre ha bisogno della tua compagnia... non ha altro nella vita!» A diciotto anni Faye era uscita distrutta dalla morte della madre. E solo allora si era resa conto che molti ritenevano che lei avesse condotto una vita innaturalmente protetta per un'adolescente. Infatti, durante il colloquio di ammissione al corso di infermiera che sperava di iniziare in autunno, le erario state mosse molte critiche sulla sua inesperienza del mondo reale. Se si fosse sentita pronta a confidarsi, avrebbe potuto però controbattere che, con un patrigno come Percy Smythe, aveva avuto una grande esperienza delle realtà più disgustose della vita... Dopo avere attraversato le strade ampie e affollate della città, la limousine si fermò di fronte a un immenso edificio antico di arenaria con un'entrata imponente. Faye scese, agitata e confusa. Salì le scale ed entrò in un atrio vasto e maestoso affollato di persone in movimento. Un giovane elegante la avvicinò e con un profondo inchino disse: «Signorina Lawson? La condurrò dal principe Tariq». «Grazie. È questo il palazzo reale?» «In realtà no, signorina Lawson. Anche se la fortezza di Haja appartiene ancora alla famiglia reale, Sua Altezza Reale consente che venga usato Lynne Graham

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come edificio pubblico» la informò il suo accompagnatore. «L'Haja ospita il palazzo di giustizia, le sale delle udienze e alcuni spazi per conferenze o pranzi, con autorità o con uomini d'affari in visita. Anche se mantiene degli uffici qui, il principe Tariq vive a palazzo Muraaba.» Quindi quella non era la casa di Tariq: aveva scelto un ambiente più impersonale per il loro incontro. L'Haja era un centro di grande attività: vide donne velate di nero dalla testa ai piedi, altre donne con eleganti abiti occidentali e visi dolcemente sereni, gruppi di uomini maturi con indosso il tradizionale copricapo maschile, il kaffìyeh, e quelli più giovani vestiti elegantemente e tutti a capo scoperto. «Signorina Lawson...?» Invitata ad affrettare il passo, seguì la sua scorta sotto un'arcata. Guardie tribali armate sia di pistole sia di spade si trovavano davanti alla porta che era stata spalancata per farla passare. Per proseguire dovette far forza su se stessa, con il cuore che batteva all'impazzata e un nodo in gola. Si ritrovò da sola in un bellissimo cortile interno, lussureggiante di isole di vegetazione esotica e abbellito da una tranquilla piscina centrale. Sbatté le palpebre. Udendo il suono di passi, si volse e vide Tariq scendere da una scalinata poco distante. Tariq indossava una polo bianca aperta sul collo, aderenti pantaloni beige da cavallerizzo che ne sottolineavano i fianchi stretti e le gambe lunghe e forti, e lucidi stivali marroni. Lo stomaco le si strinse. Aveva dimenticato quanto il principe fosse alto e quanto fosse maestosa la sua presenza. Era silenzioso come un leone pronto all'agguato: la grazia di movimenti era una delle caratteristiche maggiori del suo fisico. Nella luce del sole i folti capelli neri brillavano, mentre gli stupendi occhi scuri luccicavano indecifrabili. Era incredibilmente bello. La bocca di Faye si inaridì mentre una lenta, dolorosa ondata di rossore si diffuse lentamente sul suo viso nascondendone il pallore. Il cuore le batteva così forte da farla respirare a fatica. «Ti sono molto grata di avere accettato di vedermi con tanta sollecitudine» mormorò Faye rispettosamente. «Sfortunatamente, non ho molto tempo da dedicarti. Ho un incontro di polo di beneficenza tra un'ora.» Tariq si fermò al tavolo di pietra presso la piscina e vi si appoggiò Lynne Graham

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contro. Piegò indietro là testa e la studiò con una intensità tutta maschile, che la fece sentire orribilmente consapevole del proprio aspetto. La bocca di lui si curvò in una smorfia. «Sicuramente Percy non ti avrà consigliato di indossare dei pantaloni per questo incontro. O quel triste completo dovrebbe essere un espediente per attirare le mie simpatie?» le domandò aspro. «No... non riesco a immaginare perché dovresti pensare una cosa del genere...» balbettò lei. «Non fare l'innocente. Ne ho avuto abbastanza dei tuoi modi da vergine pronta ad arrossire. Avrei dovuto capirlo nel momento in cui ti sei svelata apparendo con una scollatura vertiginosa ma, come molti uomini, ero troppo impegnato a cercare di essere cauto.» Dibattendosi sotto un simile attacco, Faye cercò di respirare profondamente in quell'aria calda e immobile. «Tariq... mi dispiace moltissimo per quello che è successo tra noi.» «Ne sono sicuro. Allora non potevi sapere che il tuo prezioso fratello sarebbe stato presto rinchiuso in una cella in Jumar.» «Naturalmente no.» Faye cercò di concentrarsi sul motivo per cui era venuta. «Ma a te Adrian piace. Sai che è stato imprigionato senza che avesse colpe...» «Veramente?» la interruppe Tariq. «Il nostro sistema giudiziario è così ingiusto? Non l'avrei detto.» Cercando di correggere il tiro, Faye aggiunse in fretta: «Non volevo dire questo. Stavo solo notando che Adrian non ha compiuto nessun atto criminale...». «No? Qui in Jumar è un crimine non pagare i dipendenti e i fornitori e non terminare gli edifici per i quali ci si è impegnati con un contratto. Comunque, noi siamo molto pratici: per riavere la sua libertà, Adrian deve solo saldare i suoi debiti.» «Ma lui non è in grado di farlo...» Quella ammissione accrebbe ulteriormente il turbamento di Faye. «Adrian ha venduto la sua casa per mettere su l'impresa edile. Vi ha investito tutto ciò che aveva...» «E poi ha vissuto come un re mentre era qui nel mio paese. Sì, sono al corrente delle circostanze. Adrian si è comportato in modo avventato.» «Ha fatto degli errori, ma non con intenzioni criminali o truffaldine.» «Hai sicuramente sentito parlare del principio dell'irresponsabilità criminale...» Poi, cambiò bruscamente discorso. «Dimmi, perché mi hai Lynne Graham

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mandato questo? Speravi forse che avrei potuto avere qualche ricordo romantico del giorno in cui ti ho infilato quest'anello al dito?» commentò Tariq con un tono derisorio. Un'onda di profonda vergogna avvolse Faye, causandole un terribile nodo in gola. Era difficile accettare il suo disprezzo, senza neppure avere il diritto di protestare: sì, lui l'aveva giudicata male, ma non poteva essere biasimato per questo dal momento che era stato proprio il suo patrigno a cercare di ricattarlo. Tuttavia Faye lo odiava per averla considerata calcolatrice e mercenaria come Percy Smythe. «Dimmi...» continuò Tariq con terribile disinvoltura, «... ti consideri mia moglie o la mia ex moglie?» Faye sollevò il viso. «Difficile rispondere. A quel tempo sei stato molto chiaro nel dire che la cerimonia nuziale era stata una finzione! So fin troppo bene che non sono mai stata tua moglie. A ogni modo, sono qui solo per discutere della posizione di Adrian...» «Adrian non ha una posizione» la interruppe Tariq senza esitare. «La legge lo ha già giudicato. Può tornare libero solo se paga i suoi debiti.» Era un Tariq che non aveva mai conosciuto. Duro, distante, severo. Terribilmente impersonale. Esprimeva una naturale autorità anche in abiti sportivi. Le mani di Faye si strinsero a pugno. «Ma sicuramente tu potresti fare qualcosa... se lo volessi...» «Io non sono al di sopra della legge. Anche se potessi, non interferirei con le leggi del mio paese. È un grave insulto anche solo supporre che approfitterei della fiducia del mio popolo in questo modo!» Faye distolse lo sguardo tremante da lui e cercò di non indietreggiare. Il messaggio era chiaro, ma lei non voleva accettarlo: sapendo di avere solo quella occasione per parlare in favore di suo fratello, insistette: «Adrian però non può lavorare per ripagare i suoi creditori rimanendo in cella...». «No, in effetti, ma per quale motivo tu e il tuo patrigno vi ritrovate in ristrettezze tali da non poterlo riscattare?» domandò Tariq. «Percy ha usato tutto il denaro che aveva per cercare di salvare Adrian. E non dirmi che non lo sapevi.» Faye non riusciva a nascondere la propria amarezza. Le era ormai chiaro che, anche prima del suo intervento, Tariq aveva saputo tutto sul fratello, e aveva già deciso di non intervenire. «Sono qui a implorarti di aiutare mio fratello solo perché non so a chi altro Lynne Graham

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rivolgermi» lo pregò. «Devi ancora spiegarmi perché dovrei desiderare di aiutare Adrian.» «Normale cortesia... umanità...» mormorò Faye. «Perché sei un ufficiale e un gentiluomo.» Tariq sollevò un sopracciglio. «Non quando si tratta della tua disonorevole e calcolatrice famiglia.» «Cosa posso dire per convincerti che...» «Perché non mi chiedi semplicemente in quale modo potresti convincere me a pagare i debiti di Adrian?» «Tu?» Faye studiò Tariq sconcertata. «Quest'idea non mi ha neanche sfiorato...» Quella reazione accese una luce ancora più sarcastica nello sguardo dell'uomo. «Stiamo esaurendo il tempo, quindi sarò molto chiaro. Concediti a me e io tirerò tuo fratello fuori dai guai. È molto semplice, non credi?» Faye rimase a bocca aperta, mentre Tariq proseguiva con cinica freddezza: «Sesso in cambio di denaro. Proprio l'esca che usasti una volta, ma che allora ha fallito il suo scopo». Accaldata e stordita da quella schietta condanna, Faye cercò di allentare il colletto stretto della camicetta. Un rivolo di sudore le corse tra i seni. Lo sguardo intenso di lui le bruciava la pelle, e improvvisamente sentì i seni inturgidirsi, i capezzoli tendersi e un calore segreto diffondersi in lei. Abbassò la testa: aveva bisogno di pensare, doveva concentrarsi sul fatto che Tariq non poteva parlare sul serio. Stava solo cercando di punirla per il passato. Umiliandola. Incoraggiata da quel pensiero, risollevò la testa. I suoi tratti delicati erano tesi per la rabbia e l'orgoglio ferito. «Ovviamente è stato un errore chiederti questo incontro. Qualunque cosa pensi di me, non merito quello che mi hai appena detto. Dovresti vergognarti di te stesso!» Poi, girando sui tacchi, si allontanò dal cortile senza aggiungere altro.

2 Ritrovandosi di nuovo nell'atrio affollato, Faye si nascose dietro una colonna. Lynne Graham

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Era in preda allo stordimento, ed era furiosa per le lacrime che non riusciva a trattenere. Ricacciando il nodo in gola, si sforzò di riprendere il controllo. «Mi permetta di offrirle refrigerio...» disse una premurosa voce maschile. Sussultando nel riconoscere la voce, Faye aprì gli occhi e si trovò di fronte Latif, l'aiutante di Tariq, che si inchinò profondamente per concederle il tempo di ricomporsi. «Latif...» «Mi segua da questa parte...» Latif la condusse in una stanza accogliente arredata in stile europeo. Grata per la piacevole frescura dell'aria condizionata, Faye si lasciò cadere su una poltrona e frugò nella borsa in cerca di un fazzoletto. Rispettosamente, Latif rimase presso la porta. Aveva capito la sua sofferenza e l'aveva portata lì per riprendersi in privato. L'educazione tuttavia gli impediva di lasciarla sola. Poi, una processione di cameriere a piedi nudi entrò nella stanza. A una a una si inginocchiarono ai suoi piedi per servirle caffè e offrirle dolci. Probabilmente era un trattamento riservato a tutti i visitatori, ma Faye si sentì ugualmente a disagio... «Credo che il caldo l'abbia fatta sentire poco bene.» Latif spezzò il silenzio con delicato tatto. «Spero che ora si senta meglio.» «Sì, grazie...» Esitando, ma sicura che l'uomo fosse al corrente, Faye gli chiese: «Ha qualche idea su come posso aiutare mio fratello?». «Le suggerirei di fare un secondo tentativo con il principe Tariq domani.» Che consiglio originale! Faye cercò di non lasciarsi sfuggire una risata amara. Concediti a me. Era già stato molto diretto, non le aveva lasciato adito a fraintendimenti di sorta. Poi una voce dentro di lei si fece sentire: non ti sei forse offerta una volta a Tariq senza mezzi termini? Non gli hai fatto chiaramente capire che saresti stata disposta ad avere rapporti con lui? E non hai poi avuto paura quando hai visto che quell'invito avventato aveva cambiato l'atteggiamento di Tariq nei tuoi confronti? Dal momento in cui si era allontanata dai valori che era stata educata a rispettare, non aveva imparato altro che dure lezioni. Desiderosa ora di lasciare l'Haja, Faye si alzò in piedi. «Grazie per il Lynne Graham

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caffè, Latif.» «Domani le rimanderò un'auto, se posso.» «Tornare ancora sarebbe uno spreco di tempo.» «L'auto rimarrà a sua disposizione per tutto il giorno» insistette l'uomo. Latif desiderava davvero che suo fratello uscisse di prigione. Per quale altro motivo si sarebbe fatto coinvolgere ad agire dietro le quinte?, rifletté Faye mentre tornava in albergo. Non appena entrò nella hall dell'albergo fu accolta da Percy, che l'aveva aspettata al bar. «Ebbene?» la interrogò in tono brusco. «Ne ho ricavato solo una proposta indecente.» «E allora?» sbottò Percy. «Hai il dovere di fare tutto ciò che è necessario per portare Adrian a casa!» Ancora una volta, Faye rimase scioccata. Ma perché, in fondo? Percy non si era mai occupato di lei: per quale ragione avrebbe dovuto difenderla? Solo Adrian aveva importanza per lui. E non sarebbe dovuto essere così anche per lei? Una volta rimasta sola, Faye chiamò il servizio in camera e ordinò lo spuntino più economico del menù. Poi si mise a riflettere sui fatti. Se Adrian non avesse conosciuto Tariq grazie a lei, non avrebbe mai pensato di mettere su un'attività in Jumar. Ed era stata lei a mettere Tariq in una situazione tale da permettere a Percy di minacciarlo. Erano state la sua folle infatuazione, le sue bugie e la sua immaturità a causare quelle conseguenze. Adrian ora stava soffrendo perché Tariq disprezzava tutta la sua famiglia. Chi avrebbe mai potuto immaginare che una bugia apparentemente piccola avrebbe potuto causare tanto dolore? Faye deglutì a fatica. Quando aveva incontrato Tariq per la prima volta, aveva fatto finta di avere ventitré anni prima di confessare che le mancava un mese per compierne diciannove. Lo sdegno di Tariq era stato evidente. Avrebbe anche potuto accusarla di volerlo incastrare: il risultato era stato lo stesso... Era così stanca da provare nausea. Rimase sdraiata sul letto ascoltando il canto suggestivo del muezzin che richiamava i fedeli alla preghiera nella moschea in fondo alla strada. Alla fine si appisolò. Il mattino dopo alle sette e mezzo, con indosso un ampio vestito lilla chiaro, Faye salì sulla limousine inviatale da Latif. Si era resa conto di Lynne Graham

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avere fatto grandi errori con Tariq il giorno prima. Aveva cercato di salvare la faccia parlando solo di Adrian, ma, per quanto potesse essere mortificante, Tariq aveva buone ragioni per pensare che lei fosse una sfrontata sgualdrina. Forse un aperto riconoscimento della realtà, una spiegazione da tempo dovuta e scuse sincere e sentite avrebbero placato la sua animosità. Forse avrebbe preso in considerazione l'idea di prestare i soldi ad Adrian e avrebbe lasciato che il passato rimanesse tale. Questa volta la limousine la portò a un'entrata laterale della fortezza di Haja dove Latif la accolse personalmente salutandola con deferenza. Condotta subito in un ampio ufficio moderno, Faye respirò a fondo e distese le spalle. Elegante e sofisticato in un abito grigio chiaro di squisita fattura che gli modellava le spalle larghe, i fianchi snelli e le lunghe gambe scattanti, Tariq era in piedi accanto alla finestra e parlava al cellulare. Sedendosi, Faye lo osservò. Conosceva quel viso bronzeo e affilato quasi bene quanto il proprio: l'inclinazione leggermente autoritaria delle sue sopracciglia nere, gli occhi straordinariamente limpidi, il naso aristocratico che separava gli alti zigomi da berbero, il mento possente e ostinato, la bocca passionale ma severa. Solo il giorno prima aveva sentito la forza della attrazione magnetica che esercitava su di lei, ma era stato un momento di debolezza. Non era più un'adolescente infatuata, indifesa nella morsa delle sue stesse emozioni e alla mercé di ormoni galoppanti e sciocche fantasie. Era vero che non era più uscita con nessuno da allora, ma questo solo perché lui aveva guastato la sua opinione degli uomini. «Perché sei qui?» Strappata alla ridda di pensieri che le affollavano la mente, Faye sobbalzò. Poi sollevò la testa e ribatté: «Credo di doverti una spiegazione per il modo in cui mi sono comportata l'anno scorso». «Non mi occorre alcuna spiegazione, né ho intenzione di ascoltarne. Se credi che io sia così stupido da darti la possibilità di raccontarmi altre bugie, mi sottovaluti seriamente...» «Forse preferiresti che mi lasciassi calpestare come un tappeto?» ribatté lei, già sul punto di esplodere nonostante tutti i suoi buoni propositi. «Un tappeto è inanimato. Preferisco che le mie donne abbiano energia e movimento.» Nonostante il duro colpo inferto all'umiltà che si era imposta, Faye fece un altro tentativo. «Tariq, ho bisogno di spiegare e di scusarmi. A quel Lynne Graham

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tempo non mi desti la possibilità di farlo.» «Se questa è la sola ragione per cui sei qui, ti suggerisco di andartene. Parole scaltre e lacrime di coccodrillo non mi commuoveranno. Il solo pensiero del tuo sfrontato inganno mi riempie di rabbia.» Faye deglutì a fatica. «Okay... hai il diritto di essere arrabbiato...» «Anche l'ipocrisia strisciante mi fa arrabbiare. Finiscila con i pentimenti fasulli. Ieri ti ho fatto un'offerta ed è per questo che sei qui ora. Solo una sgualdrina accetterebbe una proposta simile, quindi smettila di far finta di essere una dolce innocente incompresa!» Faye, che solitamente aveva l'indole più mite del mondo, si spaventò nel sentire l'ondata di collera crescere dentro di lei come lava incandescente. Si alzò dalla sedia con un movimento brusco. «Non tollererò di essere chiamata sgualdrina! Come lo chiami un uomo che fa una simile offerta a una donna?» «Un uomo privo di illusioni... un uomo che disprezza l'ipocrisia» rispose lui senza scomporsi. «Mi insulti con una proposta che nessuna donna rispettabile prenderebbe anche solo in considerazione, e poi ti lusinghi dall'alto della tua perfezione...» «Tu non sei una donna rispettabile. Tu menti e inganni e non c'è niente che non faresti per denaro.» «Questo non è vero. Tutto è cominciato perché ho detto qualche stupida bugia e so che era sbagliato, ma ero pazza di te...» «Pazza di me?» Tariq piegò indietro la testa e rise. «Mi hai lasciato andare per un misero mezzo milione di sterline. Eri così cieca per l'avidità che ti sei accontentata di poco!» «Ti ho lasciato andare per mezzo milione di sterline? Di cosa diavolo mi accusi ora?» Faye fece un passo indietro e lo guardò meravigliata. Tariq concentrò i suoi vivaci occhi dorati su di lei, la bella bocca indurita. «Sei stata una sposa a buon mercato, devo riconoscerlo. Forse non avevi una dote, ma sono riuscito a liberarmi di te con una miseria.» Faye si lasciò nuovamente cadere sulla sedia, spenta nell'anima. Era evidente che Tariq aveva dato del denaro a qualcuno, di cui lei non sapeva niente. Non doveva sforzarsi molto per arrivare al nome del colpevole più probabile. «Hai forse dato il denaro a Percy?» «Lo diedi a te.» Faye si ricordò della busta che Tariq aveva gettato ai suoi piedi dopo il Lynne Graham

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loro matrimonio fasullo. Non si ricordava di avere parlato arabo in quella circostanza? Lei aveva ingenuamente supposto che in quella busta ci fosse il loro certificato di matrimonio. Quando finalmente si era precipitata fuori dell'ambasciata del Jumar, con il cuore spezzato e l'orgoglio in frantumi, aveva gettato la busta a Percy. «Sei soddisfatto ora che mi hai distrutto la vita? Bruciala, non voglio più ricordarmi di questo giorno!» Erano trascorse alcune settimane prima che si costringesse a rivedere il suo patrigno e a chiedergli il certificato nella speranza che dopotutto non l'avesse distrutto. Ma Percy le aveva riso in faccia. «Non essere più ottusa di quanto sei in realtà, Faye» aveva sogghignato il patrigno. «Quello non è stato un matrimonio legale! Non è stato consumato e lui ti ha ripudiato subito dopo la cerimonia. Il tuo guerriero del deserto stava semplicemente salvando la faccia, cercando di proteggersi con qualche rito incomprensibile. Perché altrimenti avrebbe insistito a compierlo in privato nell'ambasciata?» Percy aveva poi proseguito spiegandole che le ambasciate agiscono sotto la giurisdizione dei paesi a cui appartengono e non sotto quella del paese ospitante. Faye si era sentita troppo mortificata dalla propria ovvia ignoranza per controbattere quell'accusa di rito incomprensibile. Un arabo vestito come un sacerdote cristiano aveva presidiato la prima parte di quella cerimonia, ma aveva parlato solo in arabo e non si poteva negare che lo stesso Tariq aveva definito le loro nozze una totale finzione. Soffocando i ricordi, Faye concentrò i propri confusi pensieri sul denaro che a detta di Tariq si trovava in quella busta: aveva dunque gettato un assegno di mezzo milione di sterline a Percy Smythe! Ma se l'assegno era stato intestato a lei, come diavolo aveva fatto a incassarlo? Perché non aveva il minimo dubbio che doveva averlo incassato! Il silenzio si faceva sempre più pesante. Non c'era da meravigliarsi che Tariq pensasse che lei era una sgualdrina. Non c'era da meravigliarsi che credesse che lei avesse cospirato con il patrigno per attirarlo in un ricatto. Non c'era da meravigliarsi che fosse così sicuro della sua avidità di denaro. Che cosa aveva fatto Percy con quel mezzo milione di sterline? L'unica cosa sicura era che quell'enorme somma di denaro da tempo era svanita. «Non riesco a credere che tu potresti desiderare una donna che non ti desidera.» Faye non poneva più attenzione all'impressione che dava. Era Lynne Graham

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colpevole in ogni caso. Colpevole di stupidità recidiva. Colpevole di essere stata come un'adolescente pazzamente innamorata e di avere agito in modo sciocco e ingenuo. «È una sfida? Sarai la mia amante finché lo vorrò.» Tariq la osservava come se avesse appena apposto su di lei un marchio di possesso. Seriamente innervosita, Faye saltò nuovamente dalla sedia, le mani strette a pugno. «Tu non mi vuoi... non mi hai mai desiderato! Questo è solo un gigantesco atteggiamento egoistico. È una vendetta insensata...» «Non insensata. Non agisco mai senza avere riflettuto.» Tariq allungò una mano con un gesto autoritario. «Vieni qui...» Faye indietreggiò invece di avanzare. «Non ho detto che accetto.» «Allora prendi la tua decisione.» Lei esitò. «Adrian?» «Tornerà a casa con il primo volo disponibile.» Faye scosse la testa. «Io non sono ciò che pensi. Non riesco a immaginarmi come amante di nessuno. Non sarò all'altezza del prezzo...» «Ti sottovaluti.» Tariq allungò nuovamente la mano, gli occhi luminosi fissi su di lei con freddezza. «Se pensi che accorrerò tutte le volte che schioccherai le dita...» «Prima o poi lo farai. Ho una pazienza infinita.» «Tu sei pazzo...» Un leggero sorriso increspò le labbra di lui. «E tu sei impaurita» dichiarò calmo. «Dannazione! Non sono impaurita! Sono semplicemente stufa di tutta questa follia!» Il sorriso di lui sembrò divertito, mentre lo sguardo indugiava sulla sua figura snella. «Non ho dormito la notte scorsa. Non potevo dormire, neanche dopo un paio di docce fredde. Sapevo che saresti stata mia.» «Ma tu... tu mi odi!» ribatté Faye con veemenza. «Odio? È una parola troppo forte.» Tariq le scivolò più vicino, come un cacciatore che si apprestava a uccidere solo per il proprio piacere. «È questo il motivo per cui sembri terrorizzata? La tua fertile immaginazione sta già creando immagini di fruste e catene? Pensi davvero che infliggerei un solo livido alla tua pelle perfetta? Gemerai di piacere, non di dolore, nel Lynne Graham

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mio letto.» Faye era mortificata e cercò di allontanarsi. Fu un errore. Lui la prese tra le braccia, facendola girare verso di sé. Con una mano le sciolse i capelli, gettando via il fermaglio, poi le infilò le lunghe dita tra i capelli biondo chiaro e le tirò la testa indietro con gentilezza. «Tariq...» «Tu mi vuoi.» Con la mano le fece pressione nella parte cava della schiena, curvandola verso un intimo contatto con le proprie anche muscolose. Improvvisamente parlare e respirare nello stesso tempo divenne una sfida. Lei lo fissò, cercando di mantenersi rigida, ma consapevole della forza pervasiva del suo fisico potente. «No...» «Stai tremando...» «Non è vero!» Faye sapeva a malapena cosa stava dicendo. Così vicina a Tariq, la sua mente era un mare di confusione: le sue reazioni fisiche stavano prendendo il sopravvento. «Dici sul serio?» Tariq abbassò la testa scura e orgogliosa, il suo respiro le sfiorava la guancia, il timbro evocativo della sua voce profonda le imponeva l'immobilità. «Chi stai cercando di prendere in giro?» Sentendosi leggera come l'acqua, Faye farfugliò: «Ti prego...». «Ti prego cosa"?» Tariq avvicinò la bocca a pochi centimetri dalla sua e in qualche modo le fece aprire le labbra come a invitarlo, mentre il respiro faceva fatica a uscire e il corpo di lei istintivamente si inarcava per avvicinarsi ancora di più. «Dimmi, ti prego cosa?» Il profumo dell'uomo la avvolse simile a un'invasione furtiva di un afrodisiaco. Così familiare, così speciale, così... lui. Le sue narici si infiammarono, la testa e girava in una giostra di sensuali richiami dal passato, i seni si stavano innalzando e inturgidendo nella costrizione del reggiseno di cotone, mentre un calore fisico le stava nascendo nell'inguine. Era come se il suo intero corpo stesse bruciando e fondendo dall'interno: un cieco senso di febbrile anticipazione la avvinse, sollevandola in alto. «Cosa?» la sollecitò Tariq. Perfino quella profonda voce sexy le causava un brivido guizzante di calda risposta. «Baciami...» Nel momento in cui lei realmente cedette e diede forma alle parole, Tariq la sciolse da suo abbraccio. Lei vacillò all'indietro, impreparata a sorreggersi senza il suo supporto. Sbatté le palpebre come Lynne Graham

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una donna che si era svegliata da un sogno disorientante. «La mia gente preferisce mantenere la propria intimità dietro porte chiuse» mormorò Tariq, la voce morbida come seta. «Questo ufficio è troppo pubblico, ma abbiamo la migliore privacy disponibile, quella negli alloggi dell'harem di Muraaba.» Faye premette una mano incerta sulle proprie labbra frementi come se volesse calmare il puro desiderio che ancora la agitava. «Gli alloggi dell'harem...?» «Essere un'amante a Jumar non è un biglietto per la libertà o l'eccesso. Essere la mia amante vuol dire, soprattutto, essere una donna invisibile» le spiegò Tariq con un sospiro dolente. «Vuol dire vivere dietro alte mura e porte chiuse e accentrare la tua esistenza e ogni tuo pensiero sull'uomo della tua vita, perché lui sarà davvero tutto ciò che ci sarà nella tua vita. Saluta il mondo che conosci per il prossimo futuro.» Faye avrebbe voluto morire mille volte al ricordo di come aveva ondeggiato contro di lui, di come si era allungata in punta di piedi verso di lui, pregandolo di baciarla come una bambola programmata e scellerata. Lui l'aveva spinta a desiderarlo. Con estrema facilità e in pochi secondi. Quella scoperta la distrusse. «D'altra parte, dato che la tua avversione nei miei confronti non sembra essere un ostacolo insormontabile...» osservò Tariq con lo sguardo predatore di un'aquila, «... potresti anche dimostrarti inconsolabile quando mi stancherò di te.» «Harem... pensi di mettere me in un harem?» lo motteggiò Faye con voce malferma. «Sei pazzo a suggerirmi una cosa simile?» «Al contrario. Inoltre, dato che non posso fidarmi di te, tuo fratello non uscirà dalla sua cella finché tu non sarai entrata nell'harem.» «Tariq...» «Temo che il tuo tempo sia scaduto. Sfortunatamente ci sono altre persone che attendono di vedermi. Una macchina ti condurrà alla mia dimora...» «Ora?» Faye lo guardò meravigliata. «La tua stanza d'albergo è stata liberata pochi minuti dopo la tua partenza. Essendo stato informato che tuo fratello potrebbe essere liberato, il tuo patrigno è già in attesa alla prigione. Non rivedrai nessuno dei due finché il nostro accordo non avrà avuto termine.» Faye tentò di deglutire ma il peso dell'incredulità era una pietra enorme Lynne Graham

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sul suo petto. «Tu non stai parlando sul serio... non puoi parlare sul serio...» Tariq le passò accanto e aprì la porta per farla uscire. Con un sorriso mortale che la gelò, le lanciò una sfida: «Fino a che punto ami scommettere? Fino a che punto pensi di avermi mai conosciuto?».

3 Faye si sedette su una panchina di pietra situata vicino all'entrata laterale: da lì poteva scorgere la limousine che la attendeva fuori. Ma per portarla dove? A palazzo Muraaba? O all'aeroporto? Era sua la scelta, giusto? In teoria era libera come l'aria. Fino a che punto pensi di avermi mai conosciuto? Una feroce amarezza si impadronì di Faye. Era forse colpa sua se il suo patrigno era un artista della truffa? Sua madre era morta senza un centesimo, se non il tetto che avevano sulla testa. E a poche settimane dalla defezione di Tariq, Adrian aveva deciso che anche la casa della loro infanzia doveva essere venduta. «Sei d'accordo, sorellina?» le aveva chiesto, ma era stata una domanda retorica. Ad Adrian non interessava sapere che il cuore di Faye si sarebbe spezzato all'idea di perdere la propria casa. Né aveva voluto ricordarsi del suo desiderio di farne una scuola di equitazione; privata invece sia della scuderia sia del recinto, lei aveva dovuto vendere anche il suo amato cavallo. Ma allora Faye non era stata capace di far valere i suoi diritti. Crescendo, non era stata incoraggiata a pensare che le sue necessità o desideri fossero importanti come quelli altrui. Questo non significava necessariamente che fosse priva di volontà, ma... come avrebbe potuto opporsi alla vendita della loro casa di famiglia? Il suo lavoro di impiegata non le permetteva neanche di coprire la sua parte delle spese di manutenzione. Così Adrian aveva venduto la casa, il contenuto e la terra per ottenere i capitali per la sua impresa edile. Le aveva promesso di condividere i frutti dei suoi successi, e sicuramente quei profitti li avrebbe generosamente divisi, se vi fossero stati... E cosa aveva fatto Percy con il mezzo milione di sterline di Tariq? L'aveva intascato falsificando la sua firma? O Tariq aveva reso tutto più Lynne Graham

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semplice emettendo l'assegno a nome del patrigno? Tariq era convinto che tutte le donne facessero affidamento sul primo uomo disponibile per avere sostegno economico. Un pagamento che significava: addio, sparisci e zitta. Faye si strinse le braccia intorno al corpo. Aveva sinceramente creduto che quello fosse il giorno delle sue nozze. Ma dopo la cerimonia Tariq si era rivolto a lei come a un essere spregevole, calpestandone l'orgoglio, le speranze, l'amore. «Il divorzio è molto facilitato nella mia cultura» le aveva comunicato. «Mi basta dire tre volte in arabo Divorzio da te e girare in tondo mentre lo dico. Vuoi osservarmi riacquistare la mia libertà? Vuoi che ti dimostri che inganno sia stata questa cerimonia?» La ferita e l'umiliazione selvaggia di quel giorno non avrebbero mai abbandonato Faye. Tariq aveva calpestato i suoi sentimenti con facilità, come se non contassero niente, come se non fossero degni di considerazione. C'era da meravigliarsi se lei lo odiava? Sì, lei odiava il principe Tariq Shazad ibn Zachir. Nonostante quel desiderio fisico spaventoso che sembrava averla privata dell'intelletto. Perché? Si rifiutava di pensarci. In ogni caso, non aveva la minima intenzione di trasferirsi in un harem! Pensava che fosse un bello scherzo, vero? Be', lei non era certo la stessa donna di una volta. Adrian comunque doveva uscire di prigione prima di ammalarsi seriamente. Da questo punto di vista non c'era scelta, si disse. Quando Adrian si fosse ritrovato sull'aereo che lo riportava a Londra finalmente libero... quello era il momento giusto! Tariq l'aveva chiamata bugiarda e truffatrice. Quindi perché avrebbe dovuto agire diversamente? Tariq meritava di essere ingannato. Per il peccato di avere un patrigno come Percy Smythe, lei aveva già pagato un prezzo abbastanza alto. «Posso esserle di aiuto?» Faye alzò lo sguardo, vide Latif e si alzò in piedi. «Vorrei fare una telefonata.» Il piccolo uomo sembrava a disagio. «Anche un criminale di solito ha diritto a una telefonata... ma forse non nel civile e umano paese del Jumar» convenne Faye con tono amaro. Latif arrossì e chinò il capo. «Venga da questa parte, prego.» La lasciò da sola in un ufficio e Faye chiamò il suo patrigno al cellulare. Lynne Graham

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«Faye?» risuonò la voce di Percy. «Qualunque trovata tu abbia attuato, sta funzionando! Non ne sono ancora sicuro, ma sembra che Adrian sarà liberato questo pomeriggio...» «Rispondi solo a una domanda» lo interruppe Faye con un filo di voce. «Il giorno delle nozze ti ho dato una busta. Che cosa ne hai fatto dell'assegno che conteneva?» Percy si schiarì la gola. «Hai preso il denaro, non è così?» insistette lei disgustata. «Hai lasciato che Tariq pensasse di potermi corrompere come se anch'io fossi una ricattatrice!» «Adrian ha avuto gran parte del denaro senza saperne la provenienza, e tu smettila di parlare di ricatto, Faye. Tutto ciò che ho fatto è stato cercare di proteggere i tuoi interessi, e se Tariq voleva comprare il nostro silenzio, perché non avrei dovuto accettare il denaro?» protestò il patrigno. «È rimasto tutto in famiglia...» «Sei un truffatore e un ladro. Hai derubato mia madre e hai imbrogliato me. Non insultare la mia intelligenza parlando di famiglia!» lo liquidò Faye sbattendo giù il ricevitore. Lentamente si diresse verso la limousine. Fino a che punto pensi di avermi mai conosciuto?', le aveva chiesto Tariq. Bene, un giorno, molto presto forse, sarebbe stato lui a chiedersi fino a che punto lui aveva conosciuto lei! Il viaggio verso palazzo Muraaba fu più lungo di quanto si aspettasse. Una volta che i confini della città furono alle loro spalle, subentrò per miglia il deserto. Faye fu affascinata da quella distesa, a tratti spezzata dalle dune ondulate e ombreggiate, rese torride dal caldo impietoso di metà mattina. Sabbia e ancora sabbia... Era realmente stata così pazza per Tariq da aver ingenuamente creduto di poter vivere con tutta quella sabbia intorno? In lontananza vide un edificio imponente e allungato circondato da mura fortificate che diventavano più alte a mano a mano che si avvicinavano. All'arrivo della limousine alcuni uomini seduti all'ombra balzarono in piedi per aprire i cancelli. C'erano due solidi cancelli di ferro, notò Faye: quello interno era più basso, mentre quello più esterno era così alto da imprigionare il sole. All'interno delle mura, giardini terrazzati di una bellezza mozzafiato si allungavano in ogni direzione sulle pendici delle colline. Ma lei non li Lynne Graham

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guardò. Stava notando il numero di guardie in servizio: il palazzo di Tariq nel deserto sembrava pronto a resistere a un attacco militare. Il cuore le venne meno. Il suo piano nebuloso di tentare una fuga nelle successive ventiquattr'ore svanì come neve al sole. Raddrizzando le spalle, ignorando gli sguardi curiosi e i sussurri che accompagnavano il suo passaggio, Faye entrò nel palazzo. I soldati si misero sull'attenti, presentarono le armi e salutarono. Muraaba era un edificio antico: magnifici pannelli a mosaico in stupendo turchese, verde e oro coprivano ogni centimetro delle pareti del grande ingresso nel quale sentiva risuonare i suoi passi. Un sorprendente pianto di dolore seguito dall'urlo di un bimbo infranse improvvisamente la quiete: Faye raggelò, correndo poi nella direzione da cui proveniva. Se un bimbo era stato ferito... Si fermò sulla soglia di una stanza. Fu così inorridita dalla scena che si offrì al suo sguardo, che inizialmente non riuscì a credere ai suoi occhi. Tre servi gemevano rannicchiati alla parete e una quarta, una donna, si trovava in ginocchio: un ragazzino la stava colpendo con un frustino. Faye aspettò che qualcuno intervenisse, poi si rese conto che nessuno lo avrebbe fatto e che la vittima sembrava troppo spaventata per protestare per un simile trattamento. «Smettila!» esclamò Faye avanzando. Il ragazzino nelle sue minuscole vesti si fermò un attimo per la sorpresa e poi ricominciò. «Fermati subito!» ripeté Faye gelida. Per tutta risposta la piccola peste si lanciò su di lei con il frustino. Faye allora si piegò e lo afferrò, facendogli cadere il frustino di mano. Poi lo tenne a distanza, in modo da fargli sfogare a calci i suoi capricci senza che ferisse lei o qualcun altro. Era molto piccolo, ma il suo visino era deformato in una maschera di furia incontrollabile. «Lasciami andare!» le gridò. «Lasciami andare, o frusterò anche te!» «Ti metterò giù quando smetterai di gridare.» «Sono un principe... sono un principe della stirpe reale del Jumar!» «Sei un ragazzino» ribatté Faye, irrigidendosi per il silenzio che la circondava. Studiò il raffinato ricamo di seta del vestito che il bimbo indossava. Questi le sputò addosso e lei fece una smorfia. «Nessun principe di stirpe reale si comporterebbe così» gli disse. Il labbro del piccolo si imbronciò. I grandi occhi marroni Lynne Graham

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improvvisamente si riempirono di lacrime. «Sono un ibn Zachir. Sono un principe. Fai ciò che ti dico... perché non fai ciò che ti dico?» E in quell'attimo dal piccolo mostro che era si trasformò in un bambino, un bambino afflitto e impaurito. Quando si calmò, Faye lentamente si rilassò e lo attirò a sé. Non poteva avere più di cinque anni, forse meno. «Il principe ha un nome?» «Rafì...» Conscia in ritardo di trovarsi in un paese straniero con una cultura molto diversa e che, per quanto ne sapeva lei, poteva incoraggiare anche i bambini a picchiare i servitori, Faye cercò di mettere giù il bambino. Invece lui la sorprese attaccandosi di più. In quel momento Faye si sentì sfiorare le dita dei piedi. Guardò in giù, al di là della schiena del principe Rafi. La sua vittima stava singhiozzando ai piedi di Faye. Gli altri servitori stavano ora a faccia in giù sul pavimento, come in attesa di una bomba o di qualcuno che li condannasse alla decapitazione. «Ho sonno...» le disse Rafì succhiandosi il pollice. «Qualcuno vuol preparare Rafì... cioè Sua Altezza Reale per un sonnellino?» domandò Faye con la debole speranza che qualcuno parlasse inglese. «Balia... io sono balia...» Era la donna acquattata alle sue caviglie. «È sbagliato e scortese ferire le persone, Rafi» sospirò Faye. «Lui non intendeva ferire» mormorò paurosa la sua balia. «Rafì ha sonno...» Appoggiò la testa scura e morbida sotto il mento di lei. «La signora portare Rafi a letto?» Be', speriamo che questo faccia alzare e muovere tutti di nuovo, pensò Faye. Fu un lungo percorso attraverso i corridoi, lungo il quale si radunò una folla. E a ogni segreto sguardo di meraviglia, a ogni apprezzamento reverenziale che suggeriva che lei stava facendo qualcosa di straordinario, il cipiglio di Faye cresceva. Era una famiglia bizzarra. Forse lei aveva un patrigno infernale, ma Tariq non aveva niente di cui vantarsi riguardo alla propria famiglia. Anche lui picchiava i propri servitori? Il suo cuore ebbe un sussulto di fronte a quell'immagine. Alla fine arrivarono nella camera da letto di Rafi, ricolma di ogni possibile giocattolo. Piccola peste viziata, pensò Faye, rifiutando di farsi intenerire dal dolce sonno innocente del bimbo. Ma l'esempio di una simile Lynne Graham

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brutalità doveva sicuramente provenire da qualche adulto... Un genitore? Evidentemente Tariq divideva il suo palazzo con la sua numerosa famiglia. Con quella convinzione in testa e ignorando che i servitori la stavano seguendo a non più di una dozzina di passi di distanza, Faye si mise a esplorare i corridoi finché non trovò una stanza con le pareti letteralmente coperte di scaffali di libri. La ricerca le portò via del tempo ma alla fine trovò una mappa del Jumar con una indicazione chiara dell'aeroporto. Notando che sembrava essere molto più distante dalla città di quanto in realtà non fosse, suppose che fosse una mappa vecchia, perché la città si era ingrandita negli ultimi tempi. Comunque era tutto ciò che aveva. Nascose la mappa nella borsa e si accomodò in un magnifico salotto su un basso divano tradizionale. Subito le fu portato un rinfresco. La servitù era spaventata e cercava disperatamente di compiacerla. Intanto Faye osservò il locale che la circondava. Ricchi motivi geometrici di piastrelle di Faenza adornavano le pareti, alcune delle quali erano anche tempestate di pietre preziose, e in alto l'elaborato soffitto a cupola sembrava composto di minuscoli mosaici colorati e rilucenti. Superbi tappeti persiani erano stati stesi sul pavimento di marmo chiaro. Il divano sul quale era seduta era invece coperto di seta preziosa dipinta a mano. Questo è il luogo in cui Tariq è cresciuto, si ritrovò a pensare. Un'ondata di ansietà collettiva fece ritirare la servitù pochi minuti prima che Faye sentisse i passi di un uomo risuonare nell'atrio principale. Qualche secondo dopo, Tariq entrò e si fermò a guardarla. «Latif mi ha informato che ci sono stati incidenti tra te e Rafi...» Il suo volto era teso. Con gli occhi fiammeggianti di rabbia, Faye saltò in piedi. «Quindi qualcuno si è lamentato del mio comportamento, non è così? Be', lascia che ti dica che faresti meglio a rispedirmi a casa perché non ho intenzione di rimanere a guardare un bambino, o anche un adulto, picchiare i servitori!» Il suo corpo si irrigidì. «Ripetilo...» «Vuoi dire che una volta non è sufficiente? Che razza di paese primitivo è questo? Che tipo di società permette a un bambino di comportarsi in quel modo?» Pallido di rabbia, Tariq prese fiato. «Mi stai dicendo che Rafi ha picchiato uno dei servitori di famiglia?» Respirando profondamente, Faye descrisse con poche parole concise la Lynne Graham

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scena che aveva interrotto. «Rafi è una questione mia» ringhiò Tariq, gli zigomi fieri accentuati dall'ira. «Noi non siamo un paese primitivo. Ti farò vedere che l'aggressione è aggressione in Jumar, non importa chi sia la vittima e chi l'esecutore. Ti sono molto grata per il tuo intervento, ma non giudicare un intero popolo sulla base del comportamento del mio detestabile fratellino!» «F... fratellino?» Le guance di lei si infuocarono. «Rafi è tuo fratello? Ma se ciò che dici è vero, perché nessuno è intervenuto per fermarlo?» «Chi? Mio padre è morto quando lui aveva tre anni. Sua madre è morta sei mesi fa. Era una donna cattiva, proveniente da un altro stato del Golfo.» Quei magnifici occhi scuri assunsero una luce torva. «Ha insegnato lei a Rafi a comportarsi in quel modo. I servitori che si occupano di lui erano i suoi e il loro spirito è stato piegato molto prima che venissero in Jumar con la loro padrona. Non oserebbero mai cercare di fermare Rafi. È una grave offesa mettere le mani su qualcuno di sangue reale...» «Davvero?» «Ma quella legge non fu creata per permettere a un bambino di scatenarsi senza controllo! Ero riluttante a privare Rafi delle bambinaie che lo hanno seguito da quando era piccolo, ma ora vedo che è necessario. Deve essere educato.» «Quanti anni ha?» «Quattro. È grande e intelligente abbastanza per avere giudizio. Mi occuperò di lui.» Tariq si diresse alla porta con passo determinato. Faye gli corse dietro. «Che cosa hai intenzione di fare?» «Posso capire cosa pensi che farò, ma ti sbagli» enfatizzò Tariq leggendo l'espressione ansiosa di lei. «Posso anche sapere poco di bambini, ma spero di saperne abbastanza per non ripagare la violenza con altra violenza. Parlerò con lui e gli toglierò alcuni privilegi a titolo di punizione.» «Mi dispiace per ciò che ho detto un attimo fa. E che ero agitata per tutta la situazione... ma Rafi è piccolo e, avendo perso entrambi i genitori, probabilmente molto infelice...» «So queste cose, ma temo anche che abbia in sé la crudeltà della madre.» Lasciata sola, Faye si domandò perché era così preoccupata e perché diamine si sentisse così coinvolta. Rafi non aveva niente a che fare con lei e lei stessa non era certo un'autorità in materia di educazione infantile. Comunque, era sollevata del fatto che Tariq si fosse arrabbiato per Lynne Graham

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l'episodio di cui era stata testimone. Almeno non si era sbagliata del tutto sul suo carattere l'anno prima, quando aveva sinceramente creduto che, con un minimo sforzo, quell'uomo avrebbe potuto camminare sull'acqua... Quattordici mesi prima, Adrian era stato invitato al matrimonio del suo comandante. Essendo in gestazione avanzata, Lizzie, la moglie di Adrian, aveva deciso di rimanere a casa e lui aveva chiesto a Faye di accompagnarlo al posto suo. «Andiamo, sorellina» aveva insistito Adrian quando lei si era rifiutata. «Da quando la mamma è morta, tutto quello che hai fatto è stato andare a cavallo. So che sei timida, ma hai bisogno di uscire ogni tanto.» Il giorno del matrimonio l'auto di Adrian si rifiutò di partire e dovettero usare invece l'antiquata giardinetta di Faye. Quel giorno già poco piacevole si trasformò in un incubo quando, innervosita oltre misura nel tentativo di trovare un parcheggio vicino alla chiesa, andò a sbattere a marcia indietro contro la limousine del principe Tariq, ospite d'onore al matrimonio. Spaventato come se avesse ucciso qualcuno, Adrian la aggredì: «Cosa significa che non l'hai vistai È grande come il Titanici». Appoggiata al cofano della sua auto per rimanere in piedi, Faye osservò degli uomini dalla pelle scura precipitarsi fuori dalla limousine. Poi la portiera del passeggero si aprì, e Tariq uscì. Tacitando le guardie del corpo, attraversò la piazzetta diretto verso Adrian che, dandogli le spalle, stava ancora farneticando. «Come hai potuto fare una cosa così stupida?» stava inveendo furioso. Ma l'attenzione di Faye era già stata catturata dall'uomo alto, scuro, incredibilmente attraente, che le stava sorridendo comprensivo. Il suo cuore iniziò a battere a mille. Quando poi ne incontrò lo sguardo, gli straordinari occhi felini color oro le tolsero il respiro e la volontà. In pochi secondi, Faye fu stregata dalla vista del principe Tariq Shazad ibn Zachir. Ignorando Adrian, Tariq si diresse verso Faye. « È sotto shock. Deve sedersi.» «M-ma... la sua auto...» «Non è niente. La prego di non preoccuparsi.» La sospinse verso la propria limousine dove una guardia aveva già aperto una portiera. Facendola appoggiare sul sedile di pelle, mormorò qualcosa nella sua lingua poi aggiunse, rivolto a lei: «Cerchi di calmarsi. Lynne Graham

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Non è successo niente che meriti il suo turbamento». «Altezza Reale... ehm...» Adrian prese a scusarsi con tono sommesso e agitato. «Principe Tariq... mia sorella... ehm... be', mi occuperò io di lei, non occorre che si disturbi...» «Grazie, ma non è facile disturbarmi.» Tariq mise in mano a Faye un bicchiere di cristallo con acqua minerale gassata. La guardò negli occhi e il cuore di lei cominciò a battere con la violenza di un terremoto, dandole letteralmente le vertigini. Lui sorrise di nuovo. Raddrizzandosi, si girò per allungare una mano al fratello e parlare con lui. Fu Adrian a farla uscire dalla limousine. La sensazione di vuoto nello stomaco e l'eccitazione che provava era ormai incontrollabili. «Non ci ho mai pensato finora, ma suppongo tu debba essere piuttosto bella.» Suo fratello le riservò un'attenzione rabbiosa in chiesa. «Niente come l'aspetto ti salva la pelle, sorellina! Vai a sbattere a marcia indietro contro una gigantesca macchina ferma che anche un cieco avrebbe potuto evitare, e cosa succede? Sua Altezza Reale decide di insistere che la sua limousine era parcheggiata nel posto sbagliato, che una luce del sole inesistente deve essersi riflessa nel tuo specchietto e che lui pagherà le riparazioni della tua auto!» «Oh... lui è... è davvero un principe?» mormorò lei. «Più reale di così non è possibile» le replicò Adrian secco. «Comandante in capo del suo stesso esercito e regnante feudale in carica dello stato del Jumar. Hamza, suo padre, è in fin di vita e il principe Tariq ha già assunto tutti gli impegni pubblici all'estero.» Il suo cuore venne meno alla conferma sconfortante che quell'uomo era fuori dalla sua portata, ma la curiosità doveva ancora essere placata. «È sposato?» «No. Che ti prende?» «Era solo una domanda. È molto gentile...» «Gentile?» Adrian fece una smorfia. «Guarda, gli ho parlato oggi per la prima volta, ma a quanto ho sentito, con le donne non è uno che perde tempo! Grazie al cielo sei troppo giovane per interessarlo.» «Tra un mese avrò diciannove anni!» «Oh, wow!» Adrian roteò gli occhi, per nulla impressionato. «Be', sei ancora in una botte di ferro. Dubito che il principe Tariq sia il tipo di seduttore che si approfitta delle bambine ingenue!» Al ricevimento, Adrian la abbandonò subito per cercare la compagnia Lynne Graham

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più conviviale dei suoi colleghi ufficiali e Tariq ne approfittò per avvicinarsi. «Posso unirmi a lei?» Ancora a distanza di un anno, Faye doveva ammettere che non era più riuscita a mentire con la stessa facilità e naturalezza. Per la prima volta nella sua vita voleva fare colpo su un uomo; sapeva inoltre di avere solo quell'occasione perché c'erano poche possibilità di incontrarlo di nuovo. «Quasi nessuno la conosce qui, ma qualcuno l'ha definita un'adolescente» osservò Tariq, dopo averle chiesto se si era ripresa dall'episodio nel parcheggio della chiesa. «Le persone perdono davvero il senso del passare del tempo quando non ti vedono per qualche anno.» Consapevole di quei lucenti occhi d'oro scuro posati su di sé, Faye fece scorrere pigramente le dita attraverso la cascata di capelli biondi. «Forse non li dimostro, ma al momento ho ventitré anni.» «Non sembra» commentò lui sinceramente. «È il fresco splendore della ragazza di campagna» gli disse lei, sbattendo le ciglia. Era andata così, era stato così facile. Il suo unico obiettivo era stato quello di non perdere il suo interesse solo a causa dell'età. Non aveva pensato ad altro, non aveva previsto possibili complicazioni future perché in quel momento, prima che lui le chiedesse di uscire, non le era neanche venuto in mente che potessero avere un qualunque futuro. «Vorrei vederti di nuovo.» «Quando?» chiese lei ansiosamente, vanificando in un attimo il tentativo di apparire fredda e distaccata. Tariq ammutolì per la sorpresa e poi le sorrise: «Aspetta e vedrai». Le rose iniziarono ad arrivare il giorno dopo. Rose bianche ogni giorno, rose bianche che riempivano la casa con il loro intenso profumo. Non c'era biglietto, ma lei sapeva che venivano da lui e passava le ore a fantasticare, sobbalzando ogni volta che il telefono suonava. Tuttavia, passò una settimana prima che lui la chiamasse. «Digli che sei impegnata!» Lizzie coprì il ricevitore con la mano quando capì che si trattava di Tariq. Faye rivolse alla cognata uno sguardo angosciato. Sarebbe andata a piedi nudi fino a Londra anche in mezzo a una tormenta per vedere Tariq! «Mi dispiace, non posso...» Forse un'altra volta, mimò Lizzie con le labbra, facendo facce terribili finché lei non lo ripeté. Lynne Graham

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«Hai molto da imparare, piccola» brontolò sua cognata, quando Faye pianse dopo che Tariq ebbe riappeso senza aver proposto un'alternativa. «Se vuoi essere liquidata dopo un appuntamento, continua a fargli vedere che non vedi l'ora!» Quando Tariq chiamò Adrian e invitò invece l'intera famiglia a cena, Lizzie prese il marito da parte per avvertirlo di non fare cenno con Tariq dell'età di Faye. «Non mi piace per niente che tu abbia mentito.» Adrian guardò il viso arrossato della sorella con sorpresa e disapprovazione. «Dacci un taglio, Adrian.» Percy fece indietreggiare Faye facendola sobbalzare. «Questa piccola avventura non è cosa di tutti i giorni, non è così? Non con un principe reale. Lascia che tua sorella si diverta. Se un'onesta serata fuori per tutta la dannata famiglia è l'idea di questo tizio di un appuntamento bollente, di cosa ti devi preoccupare?» Nelle settimane che seguirono, Faye si ripeté fino alla nausea che non c'era futuro in una relazione con Tariq, ma questo non le impedì di innamorarsi perdutamente di lui. In effetti, rendersi conto di quanto lo amava la fece sentire presto molto vulnerabile e sempre più disperata. Quando poi il padre di Tariq morì, Faye si convinse che sarebbe stata abbandonata e dimenticata, perché Tariq avrebbe trascorso più tempo in Jumar che all'estero. Convinta che non avrebbe avuto più occasioni e che non avrebbe mai amato nessuno nel modo in cui amava lui, prese alla fine una decisione impulsiva che in seguito si dimostrò l'errore più grande della sua vita. Che ironia!, rifletté Faye mentre faceva ritorno al presente nella tranquilla bellezza di palazzo Muraaba: un anno prima, Tariq era sembrato così scioccato quando lei lo aveva invitato a trascorrere la serata a casa sua, facendogli capire che sarebbero stati soli. Nervosa com'era, aveva cercato di creare un'atmosfera speciale per una serata romantica con l'uomo che amava. Invece, si era versata addosso del vino, era scoppiata in lacrime ed era corsa al piano di sopra. Sentendosi appiccicosa e ridicola, si era infilata sotto la doccia per lavarsi. Quando era tornata nella sua camera da letto, avvolta solo in un asciugamano, aveva trovato Tariq ad aspettarla. Pochi minuti dopo, Percy era entrato e la trappola era scattata senza che lei potesse capire cosa stava succedendo: si era infilata di nuovo in bagno Lynne Graham

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per l'imbarazzo e Tariq aveva lasciato la casa prima che lei ne uscisse di nuovo. Faye chiuse gli occhi, sommersa dai ricordi. Che idiota era stata a gettarsi così fra le braccia di Tariq! Non aveva voluto riconoscere che la storia era esistita solo nella sua testa. La verità umiliante era che, a dispetto di una serie di frasi romantiche, Tariq non aveva mai parlato d'amore. A parte pochi baci leggeri e qualche momento discreto passato mano nella mano, l'aveva trattata come un'amica o poco più. Così non c'era da stupirsi che Tariq si fosse tirato indietro quando lei l'aveva praticamente aggredito in modo così maldestro. Allungandosi sui comodi cuscini, Faye si abbandonò al sonno, sfinita dalle ammissioni inquiete che ancora la riempivano di dolore e profondo dispiacere. Faye si svegliò, vagamente consapevole di un movimento, di un calore diffuso, di una strana sensazione di sicurezza tra due braccia che la tenevano. Braccia? «Tranquilla...» mormorò la voce profonda di Tariq. «Che... d... dove...?» I suoi occhi si aprirono mentre lui la adagiava su una superficie morbida. Ebbe una confusa impressione di una stanza soleggiata: un attimo dopo si rese conto di trovarsi su un immenso letto a baldacchino e ne fu sbigottita. Si riprese in fretta, però. Con incredibile velocità, si drizzò sui cuscini e fece una capriola all'indietro, atterrando sul pavimento con abilità da acrobata. Dall'altra estremità del materasso, Tariq la osservò con ammirazione. «Notevole, davvero...» Faye era furiosa e imbarazzata per la propria reazione istintiva e infantile. La coppia che si era presa cura di sua madre durante la malattia proveniva dall'ambiente del circo. Da bambina, con un fratello spesso malato e un patrigno indifferente come Percy, Faye aveva passato molto tempo con Pearl e Stan, che le avevano insegnato alcune delle loro prodezze circensi. «Come hai fatto?» si stupì Tariq. «E perché?» Come? Faye non voleva raccontare dove aveva imparato a saltare a quel modo, ma il cuore prese a batterle furiosamente alla seconda domanda: perché? Perché lui doveva essere così meraviglioso? Perché lei era così stupida Lynne Graham

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da immaginare loro due avvinti in un'intimità da amanti su quel letto decadente drappeggiato di seta? Semplice desiderio sessuale, le diceva la coscienza con rimprovero, mentre il suo sguardo indugiava sul viso magro e potente di lui e, senza volerlo, si allargava a comprendere ogni centimetro del suo fisico snello e muscoloso. Il calore che disprezzava le accese dentro una fiamma divorante. Arrossì, spostò i piedi, respirò lentamente nel tentativo disperato di spegnere la risposta sleale del suo corpo traditore. «Mi hai fatto paura» lo accusò, sperando di distogliere l'attenzione dai suoi talenti acrobatici. «Come ho fatto a spaventarti?» Tariq sollevò la testa scura, con atteggiamento di sfida. Si stava lanciando sul diversivo che lei aveva offerto. Ma, in un certo senso, era vero che l'aveva spaventata: ciò che Faye temeva davvero era la propria mancanza di controllo e il potere di quell'uomo su di lei. Le bastava guardarlo per sentire il proprio corpo avvampare. «In nessuna circostanza farei del male a una donna» dichiarò Tariq, gli zigomi accesi. «Io non desidero essere qui, e tu lo sai...» «Tuttavia hai fatto una scelta.» Tariq la osservò con freddezza. «Tra l'incudine e il martello?» «Ora sai come mi sono sentito il giorno del nostro matrimonio. In trappola come un animale!» esclamò Tariq, spaventandola con quella allusione. «Nessuna scelta se non quella di acconsentire al male minore, cioè sposarti. Mio padre stava morendo, e tu lo sapevi. Come potevo permettere che nell'ultima settimana di vita venisse a sapere che suo figlio, il suo erede, era su tutti i giornali inglesi, presentato come il sordido seduttore di un'adolescente?» Le ciglia di lei si abbassarono, il suo bel viso perse colore. «Ma tu non hai...» «Non ho bisogno che me lo ricordi.» Dando sfogo a una risata derisoria, Tariq si allungò, catturandole le mani e tirandola a sé. «Quali sono le probabilità che ti lasci andare una seconda volta senza toccarti? Una su un miliardo?» L'atmosfera si riscaldò. La tensione le fece attorcigliare ogni nervo. «Tariq...» Lynne Graham

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Lui le liberò le mani, incorniciandole il viso tra le dita aperte. Occhi dorati appassionati la ispezionarono con bramosa precisione. Il suo sguardo intenso la avvinse, mentre l'eccitazione crebbe veloce come la temperatura del corpo. Un'eccitazione che le consumava ogni pensiero razionale. Con una mano tra i suoi capelli, Tariq le fece scorrere un dito sensuale lungo la linea del labbro inferiore, osservando le sue pupille dilatarsi e le sue tumide labbra rosa aprirsi. E poi rispose a quell'invito con la calda fame divorante della sua bocca. Per lei, l'effetto fu un immediato incendio. Ogni cellula della sua pelle si caricò della passione che lui non le aveva mai mostrato prima. Le sue mani scivolarono sotto la giacca di Tariq, trovarono la camicia di seta, la strapparono via fino a raggiungere la pelle, la calda pelle liscia che copriva i solidi muscoli d'acciaio. Lo sentì tremare contro di lei, con tutto il suo forte potere maschile, e si sciolse in un fluido desiderio. Tariq modellò allora le proprie mani sulla curva femminile dei suoi fianchi e l'attrasse più vicina, premendole i seni contro la solida parete del proprio petto. Dal profondo della gola lei emise un gemito di piacere quando la lingua di lui si insinuò tra le sue labbra. Infiammata, ansimò, tremando violentemente, fuori controllo, inconsapevole... in estasi. Con un gemito protratto, Tariq la allontanò da sé. «Non posso rimanere...» mormorò respirando profondamente. «Ti ho trovato addormentata e ti ho portata a letto, ma ero venuto a casa solo per cambiarmi. Ho le udienze pubbliche questo pomeriggio.» Si sforzò di ricomporsi l'abito e di lisciarsi i capelli neri arruffati. «Tu... hai le udienze... Stai uscendo?» Faye non riusciva a capire fino in fondo. Tariq le lanciò uno sguardo divertito. «Solo pochi minuti fa mi hai detto che non desideravi essere qui. Cambi direzione come il vento. Io stesso non mi aspettavo di vincere la battaglia con un solo bacio...» Faye si impietrì a quelle parole. Il disgusto di sé la stava sommergendo, ma poteva ancora sentire la fitta pulsante del desiderio che lui le aveva suscitato. Come osava parlarle così? Come osava gongolare? I«Così pensi di essere irresistibile?» «No, tu mi fai sentire irresistibile» la contraddisse Tariq dirigendosi verso la porta. «Tu sei cotta di me. Sono sicuro che altri uomini hanno già goduto della stessa risposta, ma in questo momento sei solo mia.» Lynne Graham

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«Hai idea di quanto ti odio?» scattò Faye, le mani strette a pugno. «Perché mi dovrebbe importare? Che significa per me?» Il suo sguardo scuro la trafisse come una lama. «Voglio possederti. Voglio stare a letto con te tutta la notte e fare l'amore con te come e quando voglio. Ma questo è tutto ciò che desidero da te.»

4 Faye continuò a fissare a lungo la porta, con le unghie conficcate nei palmi. La brutalità di quell'uomo l'aveva devastata: tutto quello che voleva era sesso. Be', si era forse aspettata che le confessasse un angosciato desiderio di conoscere il suo cuore e la sua mente? E perché diamine si sentiva ferita? Qualcuno bussò alla porta dall'altra parte della stanza e lei si voltò. Entrarono un paio di giovani ragazze sorridenti, molto simili alla donna che il principino Rafì aveva frustato. «Siamo Shiran e Meyla. Il suo pranzo è pronto, mia signora» la informò timidamente una delle due. Faye scoprì che attraverso quella seconda porta si arrivava a un'intera schiera di appartamenti, ognuno squisitamente arredato. Si sedette a mangiare di fronte a una fantastica serie di piatti preparati su un tavolo basso in una sala elegante; poi, controllando il suo orologio e notando che erano quasi le due del pomeriggio, chiese un telefono. Ancora una volta, compose il numero del portatile del patrigno. «Faye? Adrian è fuori!» Percy sembrava immensamente felice. «Siamo all'aeroporto...» «Bene. Fra quanto vi imbarcate per tornare a casa?» «Tra mezz'ora. Guarda, non posso parlare a lungo. Adrian è in un negozio ma sarà di ritorno tra un attimo. Gli ho detto che tu hai preso un volo questa mattina. Non avrebbe acconsentito a lasciare il paese se avesse saputo la verità» ammise Percy senza un briciolo di imbarazzo. «Sei davvero preoccupato per me, non è così?» «Andiamo, Faye. Scommetto che vivi nel lusso e non è che Sua Altezza Reale sia un tipo che non ti va a genio! Ammettiamolo, sei stata una lagna da quando ti ha scaricata...» Faye chiuse gli occhi e mormorò: «Non posso credere che tu dica una Lynne Graham

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cosa del genere!». «Ora hai finalmente il tuo principe, quindi non vedo perché dovresti lamentarti o dispiacerti. Penso che il nostro Adrian dopotutto ti abbia fatto un favore.» «Grazie, grazie davvero!» Furiosa, Faye scagliò via il ricevitore. Fuggire da palazzo Muraaba sarebbe stata un'impresa. Aveva due alternative, nessuna delle quali le sembrava promettente: prendere in prestito un cavallo è cercare di svignarsela di nascosto, oppure celarsi in un'auto in partenza. Per prima cosa, chiese a Shiran se il palazzo aveva delle stalle e dove si trovavano e poi fece una serie di richieste. In pochi minuti le fu recapitata la sua valigia, insieme al cibo, all'acqua minerale in bottiglia che aveva chiesto e agli abiti maschili completi di copricapo. Le ragazze erano eccitate: forse pensavano che stesse cercando di travestirsi da uomo per fare qualche stupido scherzo infantile a Tariq. Rimasta finalmente sola, Faye si infilò i pantaloni e la camicia e sistemò le provviste e il suo passaporto in uno zaino capiente. Fuori della camera c'era un cortile. Usando l'elaborata fontana a muro come punto d'appoggio, Faye scalò il muro di cinta. Non avendo mai avuto il minimo timore delle altezze, avrebbe potuto camminare sul muro anche bendata. Dopo averlo attraversato proseguì lungo le mura dei cortili adiacenti. Avanzava lentamente e due volte fu costretta a toccare di nuovo terra per passare attraverso gli edifici. Infine, appollaiata sul tetto spiovente della stalla, osservò una coppia di palafrenieri condurre fuori un magnifico cavallo nero e farlo salire su un furgone chiuso. Perfetto! Saltò giù in un angolo in ombra e attese l'occasione di salire sul furgone. Approfittando di un momento di distrazione dell'autista, salì e vide che dentro c'era un solo cavallo. Spaventato dal suo ingresso, lo stallone sollevò la testa, battendo e picchiando gli zoccoli sulle assi. Faye si tuffò nel box successivo, accovacciandosi in un angolo. Lo scivolo si sollevò con un fischio idraulico e pochi minuti dopo le porte si chiusero e il motore si accese. Il furgone oscillò sui ciottoli, facendo agitare ancora di più lo stallone. Dopo una sosta, probabilmente per consentire l'apertura dei cancelli, il veicolo voltò, non in direzione della città, come lei aveva sperato, ma in quella opposta. Oh, grandioso!, pensò esasperata. Fino a dove Tariq si sarebbe spinto per trovarla? Avrebbe semplicemente scrollato le spalle, lasciandola andare? Faye Lynne Graham

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ricordò l'espressione sul suo viso quando aveva fatto riferimento alle docce fredde e fu invasa da un senso di calore. Rifiutando di ammettere che si stava sottraendo al loro accordo, fece una smorfia per i movimenti rumorosi e irrequieti dello stallone. I cavalli arabi erano estremamente eccitabili: era questo il cavallo che aveva in mente di rubare e di cavalcare, all'occorrenza? Il furgone cominciò a rallentare, lento e sussultante. Alzandosi in piedi, Faye si avvicinò all'animale, parlando con voce bassa e suadente e calmandolo con mani sicure. Era molto reattivo e si placò quasi subito. Faye sentì che lo scivolo veniva liberato. Tenendo le redini dello stallone in mano, aprì il cancello del box. Era così folle da correre un simile rischio? Ma lo stallone stava già spingendo in avanti, desideroso di lasciare una prigione che chiaramente detestava, e senza ulteriore esitazione Faye si gettò sulla sella di pelle. Che cosa accadde in seguito fu un susseguirsi confuso di rapidi movimenti. Lo scivolo idraulico scese, lasciando irrompere all'interno la luce del giorno, che la accecò. Ebbe una fugace impressione di stupiti volti scuri, ma a quel punto lo stallone si stava già precipitando fuori, oltre di loro, dirigendosi come un proiettile verso la pianura di sale. Lasciò lo splendido animale libero di galoppare. Sapeva dove si trovava, perché aveva studiato la mappa nel dettaglio. Praticamente tutto quello che doveva fare era tenersi lontana dalla vista della strada e fiancheggiare il deserto finché non arrivava ai confini della città. A un certo punto avrebbe dovuto affidare il cavallo a qualcuno perché lo riportasse a palazzo, ma questa era davvero la sua unica fonte di preoccupazione. Fu sorpresa dalla forza del vento che le spazzava via i capelli dal viso. Anche così però faceva ancora incredibilmente caldo e Faye fermò il cavallo per aprire lo zaino e coprirsi la testa con una sciarpa. Notò che sul sole c'era una debole foschia. Nella prima ora torrida, la pianura di sale cedette il passo alla sabbia e la loro andatura rallentò. Quando poi il paesaggio passò da sabbia e sterpaglia a dune dalle pendenze sempre più ripide, il viso di Faye si corrugò per lo sconforto. Non c'erano dune profonde vicino alla città di Jumar: era ovvio che si era inoltrata troppo nel deserto. Un forte disagio la assalì. La luce sembrava andare svanendo, ma era strano, si disse, perché erano solo le cinque del pomeriggio. Aveva almeno Lynne Graham

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altre tre ore di luce, tempo più che sufficiente per completare il tragitto. Comunque fosse, il sole ora si trovava dietro una densa foschia rossiccia e nuvole scure si stavano addensando in un cielo grigio come un mare in tempesta. Sembra si stia preparando la pioggia, pensò, probabilmente con tanto di tuoni e lampi. Lo stallone soffiò e si agitò, una vibrazione nervosa percorse i suoi fianchi poderosi. Si mise spontaneamente ad andare al trotto, facendo resistenza agli sforzi di lei per trattenerlo. Mentre si inerpicava su una ripida duna, Faye sentì sopra il fischio del vento il rumore di un elicottero in avvicinamento. «Calmati, piccolo...» lo sollecitò, mentre il cavallo cercava di disarcionarla. Tentò di resistere, ma fu gettata a terra su una sabbia dura come pietra che la lasciò senza fiato. Mentre spostava lo zaino che le si era conficcato nella schiena e tentava di alzarsi in piedi, l'elicottero atterrò e una figura maschile le si avvicinò. Era Tariq, ma un Tariq che non aveva mai visto prima. Indossava una tunica nera coi bordi dorati sopra a un'antica camicia color crema, e un kaffìyeh sulla testa orgogliosa: i vestiti gli fluttuavano sul fisico solido e muscoloso a causa del vento flagellante. Dietro di lui, obbediente come un animale domestico, lo stallone nero si fermò. «Sei pazza a correre nel deserto durante una tempesta di sabbia?» le ringhiò Tariq brutale. «Ma ora ne subirai le conseguenze, perché non lascerò certo Omeir qui a morire...» «Tempesta di sabbia?» Tariq si stava già voltando per salire in groppa a Omeir. Poi la sollevò sistemandola davanti a sé. «Come hai fatto a...?» incominciò lei, perplessa. «Fai silenzio!» la interruppe lui. «Non ti rendi conto del pericolo nel quale ci troviamo?» Mentre lui lanciava lo stallone a velocità folle, lei intravide per un attimo l'elicottero abbandonato sulla sabbia. Pericolo? Allora era venuto solo per lei. Il cielo si stava infiammando del rosso più spettrale. Involontariamente Faye ebbe un brivido, e strinse lo zaino sotto il braccio. Omeir galoppava senza posa, mentre il vento li sferzava con forza. Faye piegò la testa e chiuse gli occhi. Lynne Graham

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Qualche tempo dopo, sbirciò da sotto la sciarpa che aveva tirato sugli occhi. Un terrificante muro di sabbia turbinava mescolandosi quasi al cielo, e stava velocemente riducendo la visibilità, ma lei vide di fronte a sé il profilo scuro e irregolare di un affioramento roccioso. Circa trenta secondi dopo Tariq la costrinse a scendere sulla sabbia, facendole temere per un attimo che avesse deciso di abbandonarla perché il suo peso stava rallentando troppo lui e Omeir. Presa da un moto di paura, cercando di resistere alla tormenta che minacciava di spazzarla via, gemette: «Tariq!». «Muoviti!» Tariq era già dietro di lei e la spingeva e solo a quel punto lei notò che davanti a loro si apriva l'ingresso di una grotta. All'interno, Faye si lasciò cadere sulle ginocchia. Omeir si spinse ancora più in profondità, per poi fermarsi di colpo, sudato e tremante. Lei si girò giusto in tempo per vedere una palma da dattero sradicata apparire e atterrare solo a pochi metri dall'ingresso della grotta. Si sforzò di respirare, gli occhi spalancati, il volto pallido e scosso. «Avresti potuto ucciderci... avresti potuto uccidere il cavallo. Anche se lui conosce bene questa oasi, era troppo spaventato per trovare la strada per arrivare qui da solo!» Con una mano sulla sua spalla, Tariq la fece alzare e la spinse in una breccia nelle pareti di roccia. «Il terreno scende a picco qui... fai attenzione.» Il passaggio si aprì in un'altra grotta. La prima cosa che Faye notò con sollievo fu la migliore qualità dell'aria, poi riconobbe l'inconfondibile suono dell'acqua corrente. Appoggiandosi con mano tremante lungo la parete grezza, lasciò cadere lo zaino e lentamente si abbassò sul pavimento sabbioso. L'ultima cosa che si aspettava in quel momento era che Tariq accendesse un fiammifero e facesse luce con una lampada a olio. Una fiamma tremolante illuminò le colonne di roccia antica e la piscina lucente di acqua rinfrescata da una corrente sotterranea. Le mostrò anche una scena che in qualsiasi altro momento le sarebbe sembrata divertente: Omeir arrivò infilandosi a fatica nel pertugio per farsi una rumorosa bevuta nella piscina cristallina. «Ovviamente tu e il tuo cavallo delle meraviglie siete già stati qui.» Tariq gettò da parte il suo kaffìyeh ornato d'oro, i capelli neri scarmigliati sul viso duro, abbronzato e impolverato. Si piegò agile sul bordo dell'acqua e si sciacquò il viso. «Vedo che diventi sarcastica quando Lynne Graham

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fai un errore... non è una sorpresa per me.» «Continua... chiamami truffatrice e bugiarda per aver cercato di...» «Scappare?» «Io non stavo scappando!» gridò Faye, colpita nell'orgoglio da quelle parole. «Non mi hai dato scelta. Mi hai costretta...» «Io non ti ho costretta a niente. Hai accettato le mie condizioni.» «La mia partenza era il mio modo di farti sapere che, proprio come te, io non mi arrenderò al ricatto...» «Io non ho usato alcun tipo di ricatto.» Ergendosi in tutta la sua imponente statura, Tariq la squadrò. «Dammi una buona ragione per cui avrei dovuto accettare di sistemare i debiti di tuo fratello senza esigere qualcosa in cambio!» Faye vide rosso. «Dopo quello che mi hai fatto un anno fa, non penso che sarebbe stato un grande impegno per te farmi un favore gratis!» «Quello che io ti ho fatto?» «Hai trasformato quello che avrebbe dovuto essere giorno più felice della mia vita in un incubo! Non sai neanche di cosa sto parlando, vero?» La voce di Faye tremò. «Sto parlando del giorno delle mie nozze. Mi hai chiesto di sposarti, mi hai fatto indossare un vestito da sposa e qualcosa di blu...» «Qualcosa di blu?» replicò Tariq confuso. «Che cos'è questo qualcosa di blu?» «E per tutto il tempo hai saputo che mi avresti voltato le spalle e avresti divorziato subito dopo la cerimonia. Non perché avevi cambiato idea, ma perché lo avevi pianificato fin dall'inizio!» La rabbia di Faye, a lungo repressa, stava ora crescendo velocemente come il tono della voce. «Mi hai chiesto di sposarti ma non credevi in una singola parola di quella proposta. Io mi sono fidata di te, e tu hai tradito la mia fiducia.» In risposta a quell'accusa, Tariq avanzò, con lo sguardo fiammeggiante. «Come puoi accusarmi di tradimento quando tu hai cospirato con il tuo patrigno per incastrarmi con un ricatto?» «Perché sono stata io ad accusarti, non è vero?» Faye si sforzò di non indietreggiare: non aveva alcuna intenzione di essere trascinata nelle acque torbide del tentativo di ricatto di Percy. «Ti ho sposato in buona fede...» «Ma non hai fatto alcun tentativo per dissuadermi dal divorziare da te» le ricordò lui cupo e duro. «Prego?» Faye fu stravolta da quella affermazione. Lynne Graham

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«Mi hai almeno chiesto di perdonarti?» «P... perdonarmi?» ripeté Faye con difficoltà. Perché lei avrebbe dovuto tentare di persuaderlo a non divorziare se quella era stata la sua intenzione fin dall'inizio? «No, ben lontana dall'ammettere la verità sul tuo avido inganno, sei sparita a velocità supersonica con un assegno stretto nella tua calda manina!» Il volto severo e forte di lui era irrigidito dal disprezzo. «Avido inganno?» fece eco Faye con tono disgustato. «Tu non hai provato vergogna. Affermi che mi hai sposato in buona fede, ma una vera moglie, una vera sposa non avrebbe mai lasciato l'ambasciata. Una vera moglie mi avrebbe seguito a casa.» «Di che diamine stai parlando?» Faye si stava realmente sforzando di capire, ma non riusciva ancora a seguire il ragionamento. «Perché avrei dovuto seguirti a casa? Non sono mai stata davvero tua moglie. Hai divorziato da me...» «Non ho divorziato da te.» «No?» Quella dichiarazione stupì davvero Faye, che aveva sempre pensato che l'atto del divorzio fosse stato compiuto proprio di fronte a lei quello stesso giorno. «Non allora» continuò Tariq con aspra chiarezza. «E io come avrei potuto sapere cosa stavi facendo quel giorno quando camminavi su e giù ringhiando e farneticando in arabo?» Omeir continuava a muoversi tra loro, passando davanti a Tariq. «Ora sto vedendo il vero carattere che hai cercato accuratamente di tenermi nascosto. Mi stai attaccando come una vecchia bisbetica.» «Se io fossi una vecchia bisbetica, avresti i segni indelebili dei miei denti su di te e invece sei incolume, nonostante tutto quello che mi hai fatto!» sbottò lei. Dopo essersi posto a metà strada tra loro come un goffo cuscinetto, Omeir sbuffò, sollevò la splendida testa e scalpitò sul terreno. «Che cosa gli succede?» chiese Faye. «Tutti gli animali reagiscono alla tensione. Omeir è con me da quando era un puledro. Conosce ogni mio singolo stato d'animo e in questo momento sente che il mio umore non è dei migliori» chiarì Tariq. «Bene, ho solo un'ultima cosa da dirti.» Faye si stava già pentendo delle sue recriminazioni. Ora tutto ciò che le premeva era conservare il proprio orgoglio. «Sono stata veramente felice quando ho creduto che avessi Lynne Graham

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divorziato da me. In effetti, dopo meno di un'ora che avevo lasciato l'ambasciata ho capito che fortuna avevo avuto! Non posso immaginare un'infelicità più grande dell'essere sposata con un verme maschilista e moralista come te!» « È la verità?» L'atmosfera era bollente. Faye gettò indietro la testa, e i lucenti capelli biondi ondeggiarono scoprendole le guance arrossate. «Questo urta il tuo ego, Tariq?» «Assolutamente no.» Tariq avanzò col passo di un predatore a caccia, mentre gli splendidi occhi bruciavano sul viso severo. «Sei già mia tutte le volte che ti voglio e io non desidero che tu rimanga mia moglie.» «Tutte le volte che mi vuoi...?» «Sì.» Attirandola a sé, la baciò con forza esplosiva. Faye si sentì avvolgere da un calore che non aveva niente a che fare con la rabbia. Gli cinse le braccia alla nuca, infilando le dita tra i capelli neri. E per tutto il tempo che lui continuò a baciarla, la sua eccitazione crebbe fino al parossismo. Cercò senza successo di allontanarlo da sé, nel tentativo di alleviare la sensibilità dolorosa dei seni, la tensione che sentiva nel ventre. Poi, con un movimento brusco, Tariq la staccò da sé, respirando profondamente. «Questo non è il momento né il luogo per soddisfare questo tipo di piaceri. Dimmi, piuttosto, quando sei fuggita dove contavi di andare?» la interrogò. Scossa dalla domanda, ma sollevata dal cambio di argomento, Faye si rannuvolò. «All'aeroporto.» «L'aeroporto è a molte miglia da qui.» «Non è possibile.» Faye era felice di avere la scusa di andare verso lo zaino per prendere la mappa. Senza guardarlo, ritornò indietro e gli tese la carta. «Almeno non secondo questa.» «Questa mappa è di almeno cinquant'anni fa. Inoltre è scritta in arabo.» «Non ho bisogno di saper leggere l'arabo per riconoscere il simbolo di un aeroporto!» «In questo caso, il simbolo indica però un aerodromo costruito durante la seconda guerra mondiale e da tempo abbandonato.» «Non può essere.» Faye si avvicinò per studiare nuovamente la mappa. «Questa è la città...» «Abbiamo più di una città» le comunicò Tariq con voce sommessa. «E questa non è la città di Jumar. È Kabeer e si trova sulla costa del Golfo. Lynne Graham

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Allah sia lodato che ti ho trovato prima della tempesta di sabbia...» «Be', hai salvato Omeir, il cavallo prodigio.» «Questo è un argomento troppo serio per liquidarlo con una battuta, come se non avesse valore. Per tutta la vita mi è stato insegnato ad accettare le responsabilità, eppure questo pomeriggio in un attimo ho dimenticato il mio dovere.» Tariq le squadrò il volto con occhi scuri e minacciosi. «Ero nell'Haja quando mi è stata comunicata la tua fuga nel deserto. Sentire delle tue acrobazie sui tetti e le mura di Muraaba mi avrebbe molto divertito se non avessi saputo della tempesta in arrivo. A dispetto del buonsenso, non ho dato ascolto alle preghiere dei miei compagni e ho preso un elicottero. Con delle condizioni così avverse al volo, non avrei chiesto a nessun uomo di rischiare la propria vita per salvare la tua!» Mentre lui parlava, Faye fece un passo indietro, pallida, con i muscoli del viso tirati, provando un'improvvisa vergogna per la situazione che aveva creato. «Non era un rischio che avrei dovuto correre, io che non ho altri eredi tranne un fratellino di quattro anni!» Pallido sotto la pelle abbronzata e rigido per la tensione, Tariq prese il cellulare e con forza selvaggia concluse: «Come se non bastasse, sono qui a perdere tempo con te mentre il mio paese, al quale è rivolto il mio primo dovere, si trova in uno stato di emergenza!». Riconoscendo la profondità del senso di colpa che stava assalendo Tariq, Faye si sentì male. Salvarla gli era costato un prezzo troppo alto. A differenza di lei, lui aveva da vivere due vite, quella pubblica e quella privata, e le responsabilità derivanti dall'essere il regnante del suo paese avevano molto più peso delle inclinazioni personali. «Mi dispiace davvero.» «Non la metà di quanto dispiaccia a me essere venuto meno al mio dovere.» Serio e rigoroso come solo lui sapeva essere, Tariq ritornò verso la grotta più esterna per parlare al telefono. La tempesta era terminata e il vento era cessato senza che se ne fossero accorti. Faye si abbassò per sciacquarsi il viso, turbata da una grande agitazione e da un ancor più grande senso di colpa. Afferrò il kaffiyeh che lui aveva lasciato e si asciugò, sentendo nel tessuto il profumo evocativo di quell'uomo. Legno di sandalo. Maschile, caldo ed esoticamente sensuale. Ma si vergognò subito di quel pensiero fuori luogo. Da qualche parte Lynne Graham

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sentì un basso ronzio vibrante. Forse un motore? Omeir stava nuovamente scivolando nel cunicolo per poter stare vicino al suo signore e padrone. Gli occhi di Faye si riempirono di lacrime. Raccogliendo lo zaino, sgattaiolò fuori della grotta. Il cielo, ora azzurro e terso, era pieno di elicotteri militari. In lontananza, tre jet sfrecciavano lasciando scie d'argento nell'aria. «Vedi che cosa hai causato?» osservò Tariq controllando a stento il tono di voce. «Hanno allestito una ricerca in grande stile, quando quelle risorse sarebbero potute essere usate per aiutare coloro che sono stati danneggiati dalla tempesta!» «Sono davvero desolata» mormorò Faye. «Onestamente, non avevo capito quanto potesse essere pericolosa una tempesta di sabbia. Pensavo che spostasse semplicemente in giro della sabbia.» «Chiudi la bocca prima che ti strangoli» minacciò Tariq cupo. «Dove stavano portando Omeir?» «In questo periodo gli sceicchi delle tribù si riuniscono nel territorio a est. Omeir sarebbe stato preparato per il viaggio e condotto nel deserto in attesa del mio arrivo. Ora arriveremo entrambi in ritardo» concluse lui a mezza voce. «Non intendevo causarti tutti questi problemi.» «Il piacere fisico porta con sé la sua punizione.» Un sorriso ironico e primitivo illuminò momentaneamente la sua tensione minacciosa. «D'altra parte, forse in fin dei conti ho pagato l'intero prezzo del mio desiderio per te e ora posso sperare di goderne la ricompensa.» Al suono di voci nelle vicinanze, Tariq scomparve di nuovo lasciandola confusa. Un gruppo di piloti ansiosi e un'intera schiera di uomini più anziani si stavano ora dirigendo verso Tariq. Avvicinandosi, si inginocchiarono e offrirono preghiere ferventi di gratitudine per la sua salvezza. Era una scena che toccava il cuore: quella gente era sollevata nel vedere Tariq sano e salvo. Non era solo rispettato, era sinceramente amato e stimato. Una volta Adrian le aveva detto quanto lo sceicco fosse amato dal suo popolo, rivelandole che chiunque parlava di lui lo definiva una persona straordinaria. Anche lei una volta aveva avuto la stessa opinione. Ma poi era intervenuto Percy e, nel giro di una notte, Tariq era diventato un estraneo. Faye aveva perso l'uomo che amava senza un motivo plausibile, e lo aveva perso per sempre. Sì, lo amava, si confessò debolmente. Dopo che Tariq aveva rischiato la propria vita per salvare la sua, era inutile continuare a fingere. Forse lui Lynne Graham

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non l'avrebbe mai potuta amare, ma aveva sempre avuto per lei simpatia e rispetto. Questo era ciò che lei aveva veramente perso, con quella fuga.

5 Il freddo che sentiva le fece capire che era ancora mattina presto. Aveva solo un ricordo confuso di essere salita su un elicottero la notte prima, ma non si ricordava affatto di esserne scesa. Il profondo turbamento e lo stress le avevano sottratto le ultime energie. Togliendosi i capelli arruffati dalla fronte, aprì finalmente gli occhi e vide soffici e vaporose pieghe di tessuto riccamente ricamato. L'intero letto era avvolto da tendine. Domandandosi dove diamine si trovasse, si mise a sedere di scatto. «È sveglia, mia signora?» Con mano gentile, Shiran scostò di qualche centimetro una delle tendine. «Sidi Latif sta aspettando di parlare con lei.» «Ma sono a letto...» «La prego di scusare l'interruzione.» Il pacato intervento di Latif sembrò provenire da un punto vicino, ma fuori dalla vista. «Mi trovo fuori della stanza e, con il suo consenso, mi rivolgerò a lei da qui.» Latif diceva di trovarsi fuori della stanza, ma lei si trovava in una tenda! Evidentemente, Tariq aveva deciso di portarla alla sua riunione tribale nel deserto, invece di rimandarla a palazzo Muraaba. «Sì...» esitò Faye, mentre la sua attenzione si posava sugli squisiti arazzi che la coprivano alla vista, il tappeto persiano sul pavimento e i bei mobili di legno intarsiati di complicati ricami in madreperla. Shiran si ritirò uscendo dalla tendina e Latif parlò di nuovo. «Il principe Tariq non dorme da molte ore. Per tutta la notte ha visitato le persone colpite dalla tempesta di sabbia.» «Ci sono stati molti feriti?» «Mi fa piacere che lei desideri sapere.» La risposta di Latif comunicava calore e approvazione. «La tempesta è stata molto violenta nel deserto, ma in città solo poche persone sono state colpite dal crollo dei muri e dai detriti che volavano. Ci sono stati anche incidenti stradali. In tutto, solo tre morti, che è un numero molto più basso di quello che avevamo temuto. Comunque, per amore della sua buona salute, Sua Altezza Reale ora dovrebbe riposare. Le sarei estremamente grato se gli desse questo Lynne Graham

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suggerimento.» «Se vedrò il principe Tariq, farò del mio meglio.» «Lo vedrà senz'altro.» Latif sembrò leggermente teso nel parlare. Lei doveva sollecitare Tariq ad andare a letto? Era sinceramente sconcertata da quella richiesta. Ma, più di tutto, era mortificata dalla chiara supposizione di Latif riguardo alla natura intima della sua relazione con Tariq. Come poteva Tariq mostrare un'amante senza paura della censura? Sicuramente la cultura del suo popolo era troppo severa per ammettere simili esibizioni. Perfino la sua presenza in una tenda a una riunione tribale era decisamente avventata. O era forse il caso del classico uso di due pesi e due misure? Forse i sudditi non si preoccupavano poi troppo di cosa facesse il loro principe regnante, purché la donna con cui lo faceva fosse una straniera. In quel momento sentì dei movimenti oltre la tenda, seguiti dalla voce cupa e profonda di Tariq. Una frazione di secondo dopo, le tendine del letto si aprirono e apparve Tariq in persona. «Le tue domestiche sono abili nel tenerti al riparo da occhi maschili! Mi ci sono voluti dieci minuti per trovarti.» Anche se aveva un aspetto esausto, lo sguardo era brillante come sempre. «Non indossi il vestito tradizionale.» Lei lo fissò con il cuore che batteva all'impazzata e la bocca che si inaridiva. Inguainate in un formale abito nero di raffinata fattura, Tariq aveva un aspetto straordinario. «La tunica viene indossata solo per le occasioni formali e spesso nel deserto, perché in verità è più pratica degli abiti occidentali. Ieri all'Haja portavo il majilis, perché come tutte le settimane tenevo pubblica udienza per dare modo al mio popolo di rivolgersi a me.» Appoggiando una mano sul baldacchino del letto, abbassò verso di lei gli occhi brucianti, che le sfiorarono il viso accaldato e scivolarono sulla pelle liscia, poi indugiarono maliziosi sul lenzuolo che lei ancora teneva stretto. «Hai detto che non riuscivi a trovarmi, ma questa è una tenda» mormorò Faye, cercando disperatamente di spezzare quel silenzio palpitante. «Una tenda che copre molti acri.» Scostando una tendina che lo ostacolava, Tariq si abbassò sul lato del letto con un movimento che la fece smettere del tutto di respirare. «Una tenda che fa da palazzo e che noi Lynne Graham

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spesso usiamo. Siamo un popolo del deserto e il bisogno di sfuggire alle limitazioni delle pareti di mattoni arde ancora in noi. Mio padre ha vissuto spesso qui, a volte per mesi e con molte meno comodità, mandando a chiamare una donna tutte le volte che era in vena...» «Mandava a chiamare una donna?» gli fece eco Faye con un brivido. Tariq aveva posato le sue lunghe dita abbronzate sulle pieghe del lenzuolo che lei stringeva e con noncuranza lo stava attirando a sé centimetro per centimetro. Da sotto le folte ciglia nere le lanciò uno sguardo di torrido divertimento. «Sembri sconvolta. Prima di sposare mia madre, mio padre ha avuto almeno un centinaio di concubine. Il sesso non era decisamente un crimine in quei giorni, ma solo un evento naturale, non degno di commento o di particolare interesse.» «E ora sì?» Faye si strinse al petto il lenzuolo nella speranza di trattenerlo. «Io non devo mandarti a chiamare. Tu sei già qui ad aspettarmi.» Un sorriso rapace gli allargò la bocca: la luce nel suo sguardo le disse che lui sapeva che avrebbe vinto ogni sfida con facilità, se lo avesse voluto. «Alcune cose non cambiano. Ma in questa occasione, la tua presenza qui è pubblica come un comunicato stampa.» «E questo perché?» A quell'affermazione, il suo imbarazzo crebbe a dismisura. «Pensa alle tue avventure di ieri. Non puoi percorrere le mura del Muraaba come una trapezista, rubare Omeir e costringermi a seguirti nella tempesta senza sollevare commenti pubblici di un certo rilievo» la avvisò Tariq con freddezza, guardando i suoi occhi abbassarsi e la bocca stringersi mentre lui parlava. «Ero arrabbiato, ma ora sono calmo. Questa notte verrai da me come avresti dovuto fare un anno fa, e io non avrò bisogno di usare discrezione.» «Venire... da te?» «Come una donna che si offre a un uomo. E non con un asciugamano in una camera da letto piena di impazzi da adolescente, non con un patrigno pronto a interrompere con una volgare simulazione di sorpresa e rabbia. Credimi, stanotte non ci saranno interruzioni di nessun tipo» giurò Tariq con espressione di trionfo. Faye sentì la testa che le girava. «Ma io...» «Cosa potresti dire per controbattere?» I suoi occhi dorati le scivolarono addosso con provocante soddisfazione. «Una volta non sei stata timida nel Lynne Graham

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dimostrare il tuo desiderio per me. Che cosa è cambiato?» «Sono cresciuta e maturata. Pensavo di amarti, ma mi hai guarito in fretta.» «Anch'io pensavo di amarti.» Scoppiando in una risata di scherno, Tariq la squadrò con ironia, il mento proteso. «E anch'io sono guarito quando mi hai attirato nella tua trappola.» Faye cercò di evitare di barcollare, studiandolo con sospetto. Anch'io pensavo di amarti. No, no!, gridava una voce nella sua testa. Era stato molto più tollerabile credere che lui non avesse mai tenuto a lei e che difficilmente lei avrebbe potuto perdere ciò che in concreto non aveva mai avuto. «Tu non mi amavi...» Con un movimento subitaneo, Tariq saltò in piedi, confondendola ulteriormente. Si piegò nuovamente verso di lei e piantò gli occhi neri fiammeggianti di condanna sul suo viso incredulo. «Sai qual è stato il momento in cui hai ucciso tutto ciò che ancora sentivo per te? È stato quando ti ho fatto la proposta di matrimonio e tu hai detto di sì senza esitazione. È stata quella la tua condanna. Era la prova che avevi davvero cospirato con il tuo patrigno per imbrogliarmi e ottenere tutto ciò che potevi!» Sotto l'assalto di quel discorso schietto, il colorito di Faye perse ogni residuo di vitalità. E Tariq non aveva ancora terminato. «Quando ti ho chiesto di sposarmi, sapevi che non era giusto, sapevi che non ero in me, ma non hai detto niente. Hai lasciato che quella sordida messinscena continuasse sotto una gradevole parvenza di normalità, con il tuo vestito da sposa e il tuo indossare qualcosa di blu come portafortuna. Oh, sì, ho saputo cosa significa indossare qualcosa di blu nella tua cultura. Ma quale possibile fortuna potevi sperare di ottenere con un comportamento così palesemente disonesto?» La voce bassa di Tariq vibrava di disgusto sprezzante. «Tariq, per favore...» mormorò Faye dolorosamente, con la morte nel cuore. «No, mi starai a sentire fino in fondo. Avevi solo diciannove anni, ma conoscevi abbastanza il mondo da sapere che non era normale che un uomo ti chiedesse in sposa senza aver mai parlato di amore o impegno!» Tariq non nascose più il suo disprezzo. «Ancora ieri hai osato accusarmi di avere distrutto il giorno delle tue nozze. Come ti dissi quel giorno e come Lynne Graham

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ti dico ora, un matrimonio in cui l'uomo si sente forzato è una farsa e non un vero legame da rispettare.» Le mani di Faye tremarono e lei le strinse con forza, la gola chiusa in un impeto convulso. «Guardavo la mia bella sposa, e tu sembravi davvero adorabile, ma il tuo inganno ti ha reso ai miei occhi sporca come qualunque prostituta di professione! Non accusarmi quindi di avere distrutto il giorno più felice della tua vita. Io almeno sono stato onesto in ciò che sentivo. Rabbia, amarezza, delusione nei tuoi confronti. Non eri degna di amore. Mi vergognavo di essermi lasciato accecare dalla tua bellezza fino a immaginarti perfetta dentro come lo eri fuori.» Faye stava freneticamente lottando contro i singhiozzi che le si affollavano in gola. Non una volta si era concessa di credere che Tariq potesse avere indovinato che cosa c'era nel suo cuore e nella sua mente quel giorno, ciò che aveva celato anche a se stessa nel suo desiderio sfrontato ed egoista di diventare sua moglie. «Questo è ciò che espressi in arabo quando stavo farneticando e ruggendo. Perdonami per essere stato così turbato da avere dimenticato di parlare in inglese» concluse Tariq tagliente, dileguandosi tra le tendine. Faye si lasciò sfuggire un singulto mentre usciva barcollando dal letto. «Mia signora?» chiese Shiran accorrendo. «C'è un bagno in questo posto?» Faye si coprì gli occhi con una mano e si voltò. Per fortuna c'era, racchiuso tra solide pareti di pietra. Davanti a un lavandino inchiodato alle ali spiegate di un magnifico cigno, Faye si studiò allo specchio con occhi gonfi e umidi. Non pensava di riuscire a guardare di nuovo in faccia Tariq, perché ogni dura parola che lui le aveva gettato addosso racchiudeva una terribile e mortificante verità. Non aveva forse scioccamente seguito ogni singolo consiglio di sua cognata su come alimentare l'interesse di Tariq? Lizzie era stata così prodiga di suggerimenti su come comportarsi, quando essere disponibile, quando non esserlo, come essere una buona ascoltatrice, come adulare con il silenzio. E anche se tutta la sua relazione con Tariq non era stata condotta secondo termini così superficiali, era terribilmente ironico che l'unica volta che si era allontanata dalle rigide regole di Lizzie avesse rovinato tutto. Lizzie di certo non aveva suggerito di invitare Tariq a passare la notte Lynne Graham

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con lei. Seduta sul pavimento duro e freddo, strinse le braccia intorno al corpo cercando di calmarsi. Tariq era intelligente: dopo avere bruciato per sempre tutte le illusioni sulla sua presunta perfezione, aveva ripercorso tutto e riconosciuto ogni singola mossa progettata per attrarlo. Faye era profondamente umiliata e non c'era luogo dove potesse nascondersi. Aprendo la porta, tornò indietro verso la sua stanza nella tenda, noncurante delle serve che parlottavano al suo passaggio. Indifferente, non fece obiezioni quando le fu presentato un fresco caftano da indossare. «Possiamo portarle i bambini in visita?» le chiese poi la domestica. Quali bambini? Uno di loro era Rafi? Era forse diventata uno spettacolo da mostrare per scopi ludici? Ma non desiderando offendere nessuno, Faye annuì assente. In effetti, era sorpresa che non ci fosse dell'ostilità nei suoi confronti, dato che il suo tentativo di fuga del giorno prima aveva messo Tariq in grande pericolo. Il principe Rafi arrivò per primo. Come un adulto in miniatura, la avvicinò con un faccino teso e per la prima volta lei notò la sua rassomiglianza con Tariq. «Mi dispiace di averti innervosito ieri.» «È tutto a posto, finché non farai di nuovo qualcosa del genere.» «Non posso, se ne sono andati tutti. Il principe Tariq li ha portati via.» I suoi occhi marroni si riempirono di lacrime inaspettate. Faye suppose che parlasse del suo seguito di umili servitori. Ma perché diceva principe Tariq? Doveva rivolgersi così a un fratello grande abbastanza da essergli padre? Una simile opprimente formalità nella famiglia reale ibn Zachir valeva anche per i bambini piccoli? Sì, pensò con tristezza, doveva essere così: la severa autodisciplina di Tariq ne era la prova. Senza neanche pensarci, prese in braccio Rafi e se lo mise sulle ginocchia. «Sono un ragazzo grande. I ragazzi grandi non vengono coccolati» le disse Rafi con voce soffocata. «Devo metterti giù?» Non stava scherzando. Temeva di mettere in imbarazzo se stessa o lui facendo qualcosa di inaccettabile. Improvvisamente il bambino adagiò la testa sulla sua spalla e singhiozzò forte, attaccandosi a lei in preda a una immensa angoscia. Lei lo assistette finché la tempesta di lacrime non ebbe termine, mossa a compassione dalla Lynne Graham

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profonda infelicità che il piccolo manifestava. Perfino Tariq aveva definito il suo fratellino detestabile, e non era un segno incoraggiante. Quindi a chi doveva rivolgersi quel povero bambino? Non era colpa sua se era stato educato a comportarsi come un piccolo mostro, ma doveva essere altrettanto difficile per Tariq, allevato molto più severamente, valutare quel fatto. «Lei ama i bambini.» Shiran le mostrò un ampio sorriso di sollievo e si volse a indicare i servitori in attesa nel corridoio. Faye sbatté le palpebre sorpresa mentre due balie si avvicinarono con due bambine vestite uguali in braccio. «Basma e Hayat» annunciò Shiran. «Gemelle. Bontà divina, che età hanno?» Faye era incantata. «Nove mesi. Le piacerebbe vederle da vicino?» «Sono solo delle femmine!» esclamò Rafi con aria di superiorità. Ponendo il bambino sulla sedia accanto, Faye sorrise alle gemelle. Le bambine indossavano elaborati vestiti lunghi di satin rosa con gale e sottogonne di trina: così poco pratiche e scomode, rifletté lei con simpatia compassionevole. «Basma e Hayat. Che nomi graziosi!» «Non mi piacciono!» ringhiò Rafi. «A me non piace chi urla, quindi ti prego di comportarti diversamente.» «E non mi piaci neanche tu!» Rafi scese dalla sedia e scappò via. Ignorandolo, Faye continuò a fare conoscenza con le bambine, che erano facilmente distinguibili, perché non erano gemelle omozigote. Basma era allegra e socievole, sua sorella Hayat più ansiosa e timida. Alla fine, Rafi tornò. «Le preferisci a me?» «Naturalmente no» gli rispose Faye con gentilezza. «Mi piacete tutti.» «Nessuno mi vuole bene» mormorò Rafi con rabbia, prendendo a calci la base del divano. Faye abbassò lo sguardo su quel faccino infelice e gli strinse un braccio intorno al corpicino rigido. «Io sì» dichiarò sincera. In quel momento furono portati nella stanza dei giocattoli. Rafi era scontroso: voleva tutta la sua attenzione e le teneva il broncio quando non l'aveva, ma tra un broncio e un abbraccio si stabilì una certa pace. Le ore del mattino passarono e Faye rimase sorpresa quando venne annunciato il pranzo. I bambini furono condotti nelle loro stanze. All'ultimo momento, Rafi Lynne Graham

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però tornò indietro. «Ti rivedrò presto?» «Se lo desideri.» Dopo il pranzo, Shiran le si avvicinò per dirle che era il momento del bagno. Faye si accigliò. «Non è un po' presto?» «Occorreranno molte ore per vestirti per il benvenuto delle signore questa sera, mia signora.» «Oh...» Faye non era sicura di come si sentiva all'idea di un'apparizione pubblica. Non riusciva ancora ad affrontare il pensiero di vedere di nuovo Tariq. La notte che le aveva promesso le sfilò davanti come la peggiore delle minacce e il più dolce dei sogni, a causa delle emozioni conflittuali che la portavano prima in una direzione, poi in un'altra, senza darle requie. Era appena scivolata nell'acqua già pronta per lei, quando le sue cameriere accorsero cariche di cesti di lozioni: si rese conto che anche allora non le era concessa intimità. Petali di rosa furono sparsi in fretta sulla superficie profumata dell'acqua e Shiran insistette per lavarle i capelli. Dopo essersi avvolta in un asciugamano, fu portata in un'altra stanza, piena di vapore. Subito fu convinta a sdraiarsi su un divanetto speciale per i massaggi. Il ricco profumo di olio strofinato sulla sua pelle la indusse in un gradevole stato di torpore... sentiva i muscoli che si rilassavano e le piaceva la sensazione liscia della pelle. I capelli furono asciugati e lucidati con una sciarpa di seta. Seguirono manicure e pedicure e una grande discussione si aprì sulle tonalità di smalto disponibili. Nel frattempo arrivò una sottile scatola di pelle. All'interno c'era un biglietto. Indossa la cavigliera per me, diceva la nota, ed era firmata da Tariq. Cavigliera? Faye infilò un dito in una cavigliera tempestata di grandi zaffiri blu scuro. «Che onore le fa Sua Altezza!» esclamò Shiran. «Questa apparteneva alla madre del principe Tariq.» Faye si domandò se c'era anche una catena. Dato che indossava raramente dei gioielli, le sembrò un oggetto molto esotico, ma le era stato ordinato di indossarlo e un rifiuto poteva sembrare scortese. Un'ora dopo arrivò un mazzo di rose bianche. Le sue accompagnatrici erano estasiate, ma il cuore di Faye si raggelò: quei fiori perfetti nel loro Lynne Graham

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pallore le evocavano troppi ricordi dolorosi. Quando giunse il momento di vestirsi, fu colta di sorpresa dal favoloso abito steso sul letto. Indossò una sottile biancheria di pizzo, poi le fecero scivolare intorno uno straordinario abito di chiffon blu-violetto con uno strascico a ventaglio: ogni centimetro di quel tessuto catturava la luce con ricami dorati raffinati ricoperti di pietre preziose. Le vennero poi infilate ai piedi scarpe dorate con tacchi incredibilmente alti: come diamine si sarebbe mossa in un simile abito? Infine fu consegnata un'altra scatola di pelle. L'eccitazione delle cameriere era alle stelle. Faye aprì la scatola e svelò un diadema mozzafiato di diamanti, un paio di orecchini a goccia e un braccialetto. Perché Tariq le stava inviando quegli oggetti? La risposta si leggeva chiaramente sui volti pieni di ammirazione che la circondavano. Il diadema fu sistemato sulla fronte, gli orecchini inseriti, il braccialetto chiuso al suo polso. «È così bella, mia signora» sospirò Shiran, gli occhi lucidi per la felicità. Sui tacchi che la sollevavano di alcuni centimetri, Faye si riconobbe a fatica. I suoi capelli erano stati trasformati in una capigliatura splendente che supportava il diadema e cadeva morbida come una massa di oro chiaro dietro le spalle. Uscita dalla stanza, dovette camminare a piccoli passi. Fu una lunga camminata fino alla vasta zona di ricevimento gremita di donne in abiti che presto le diedero un'altra visuale del suo stesso fascino teatrale. Aveva ancora un vantaggio, ma minimo. Guidata a una sedia d'onore, al centro dell'attenzione di tutti gli sguardi, fu presentata a una donna dopo l'altra. E poi si avvicinò l'ultima donna, una bellezza appariscente dai capelli corvini, sui vent'anni. Indossava un abito verde smeraldo e aveva la bocca imbronciata. La tensione nella stanza era elettrica. «Sono la prima cugina del principe Tariq, Majida. Non ti offro complimenti.» I suoi occhi sensuali fiammeggiavano di scherno guardando Faye. «Io sostengo che non sei vergine!» Il silenzio fu lacerato da respiri addolorati. Volti scioccati si nascosero imbarazzati. Una donna anziana si alzò pesantemente in piedi e gemette come un'anima in preda al tormento. Le guance di Faye si infiammarono. Come avrebbe dovuto prendere quella accusa così personale che le era stata scagliata in pubblico? E perché quella sgradevole brunetta doveva Lynne Graham

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chiederle se era vergine o no? Come poteva una cosa del genere essere di interesse per qualcuno? Ai suoi piedi, Shiran celò il volto e gemette. «Questo è un insulto grave, mia signora. La donna che si lamenta è la madre della signora Majida. È il suo modo di esprimere la sua vergogna per il comportamento della figlia.» L'arrivo del cibo fu un diversivo molto gradito. Quando il prolungato pasto ebbe termine, Majida la avvicinò nuovamente e le espresse le sue scuse. Sentendo che la scusa era calcolata quanto l'insulto, Faye rispose con un sorriso tirato. In mezzo a quella riunione tutta femminile, rimase sorpresa quando Tariq fece la sua apparizione, salutato da una serie di grida di benvenuto. Magnifico in sete ricche di decorazioni d'oro come le sue, Tariq non aveva mai avuto un aspetto più esotico o attraente. Ma, incapace di dimenticare la sua rabbia di quella mattina, Faye si irrigidì e diresse la propria attenzione sugli altri uomini che lo seguivano. Latif entrò per ultimo, con un sorriso aperto che lasciava intendere il suo ottimo umore. Tariq si sedette accanto a Faye e si chinò verso di lei per mormorare, orgoglioso della propria generosità: «Stabiliamo la pace tra noi ora». «Non credo che ci siano molte possibilità di una guerra questa sera. Anche se secondo te sono così perfida che è un miracolo che un fulmine del cielo non mi abbia incenerito...» osservò lei ironica. «In nome di Allah, non dire una cosa simile neanche per scherzo. Non ci scambieremo più recriminazioni.» «Be', ti ripeteresti se aggiungessi ancora qualcosa.» «Sto tentando di trovare un compromesso.» Intanto i musicisti avevano iniziato a suonare, ma non andavano all'unisono. «Non è come la musica occidentale, ma è una melodia tradizionale che viene sempre eseguita in occasioni come questa» spiegò Tariq, quasi sulla difensiva. Una cantante si mise a cantare. Aveva una voce meravigliosamente roca, ma Faye si risentì del modo suggestivo in cui le ondulazioni della sua figura avvenente sembravano avvenire esclusivamente davanti a Tariq. «Hai una buona opportunità, là» sussurrò, con una lingua velenosa e Lynne Graham

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tagliente che non aveva mai saputo di possedere. «C'è una donna che anela a entrare nel tuo harem.» «Io non ho un harem» le rivelò Tariq nell'orecchio. «Troppe donne ne sono scappate? Un male per la tua immagine di maschio...» «Ancora un'altra parola...» «E tu cosa? Mi rispedisci all'aeroporto? Bene, dovrò essere portata di peso, perché sono letteralmente zavorrata dai miei simboli. Dimmi, dormi solo con vergini?» «Che ti è preso?» la interrogò Tariq con la voce che gli tremava. «Sto accettando il fatto di essere una concubina. Dimmi, verrò infilata in un sacco e gettata in mare quando ti stancherai di me?» «Un sacco tornerebbe utile ora. Tu vuoi che io mi scusi, vero?» «Oh, no, perfino tu non potresti scusarti per l'imbarazzo provocato da una estranea maleducata che afferma a gran voce di fronte a tutte queste persone che io non sono vergine. Permettimi di dirti che l'ho trovato un gesto bizzarro, perverso e medievale...» Stringendo improvvisamente le mani ai braccioli della sedia, Tariq si girò verso di lei come un vulcano in eruzione. «Chi ti ha detto questo? Chi ha osato?» Faye si rese conto che era sconvolto: non si era neppure preoccupato di abbassare la voce. «Per l'amor di Dio, calmati...» «Dopo che ti è stata rivolta una simile offesa? Quale uomo sarebbe calmo di fronte a un affronto di questo genere?» «Mi stai innervosendo.» «Dimmi il nome di chi ti ha offeso.» «No, se te la prendi in questo modo, non te lo dirò. C'è stato anche troppo dramma in una sola serata.» «Ma è un'offesa al mio onore» la informò Tariq con durezza. Faye chiuse gli occhi. Niente le era sembrato comprensibile dal suo arrivo in Jumar. Né il modo in cui veniva trattata, né il modo in cui si comportava Tariq. Lui le prese una mano e la strinse con enfasi. «Il mio onore è il tuo onore.» «Ma io non ho onore, lo hai detto anche tu.» A quell'accenno tutt'altro che generoso, Tariq saltò in piedi, alzando una Lynne Graham

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mano con autorità. Disse poche parole in arabo, poi si girò, sollevò Faye tra le braccia e si allontanò dalla zona di ricevimento, lasciando dietro di sé un silenzio stridente.

6 «Sono scoppiate delle guerre per insulti anche più lievi» ansimò Tariq cupo mentre percorreva il corridoio coperto. «Tu non sembri capire quanto sia alto il riguardo che la mia cultura riserva alla virtù di una donna.» Se Faye fosse stata la sua nuova sposa, avrebbe capito la sua furia, ma il suo ruolo era quello di amante e non c'era niente di rispettabile in questo. A suo modesto parere, era stata una follia trattarla come un'ospite d'onore al cospetto di donne che dovevano invece considerarla una sgualdrina del tutto immorale. Era anche vero che, a eccezione di sua cugina Majida, aveva ricevuto solo sorridente cortesia, ma era una semplice conseguenza del potere feudale di Tariq. E ora lui la portava pubblicamente nel suo letto, passando di fronte a infinite guardie che salutavano e si mettevano sull'attenti, e a camerieri che si ritiravano. Faye era esterrefatta. Come poteva Tariq farle una cosa simile? Poi lui si fermò, la mise a terra con cura, lisciandole il vestito là dove era sgualcito, e fece qualche passo indietro. «Che tu non sia vergine riguarda solo me» concluse, la mascella indurita e ostinata. Faye arrossì e tentò di andarsene. Era però costretta a fare passi molto piccoli, barcollando sui tacchi. Sobbalzò quando, a circa dieci passi da lei, qualcosa di metallico volò attraverso la stanza andando a infilarsi con un tonfo nella testiera intagliata del letto: era lo stiletto che aveva notato alla cintura di Tariq. «Mi taglierà io e macchierò di sangue il lenzuolo» mormorò Tariq con tono innaturale. «Non occorre dire altro.» Con difficoltà, Faye distolse la sua attenzione dallo stiletto: la verginità sembrava un fatto molto importante per lui, sotto tutti i punti di vista. Era medievale, ma c'era qualcosa di terribilmente, stranamente, follemente dolce nella sua barbara soluzione: il suo guerriero del deserto era pronto a spargere il suo stesso sangue per celare quella sua mancanza. Lui la guardò con ruvida intensità, come se pensasse che fosse Lynne Graham

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angosciata per quell'insulto: la rabbiosa amarezza della mattina era svanita. «Tariq...» mormorò lei con voce leggermente tremante. I nervi le stavano facendo affiorare una risatina isterica in gola: Faye cercò di soffocarla per paura di offenderlo. «Non riesco davvero a credere che stiamo facendo questa pazzesca conversazione.» «Quando ci siamo incontrati la prima volta, ho fatto l'errore di presumere che tu fossi pura come sembravi.» Tariq sollevò una spalla scrollandola con fare sprezzante. «Ma era una fantasia di ragazzo. Molti uomini arabi accarezzano simili fantasie, ma ora il mio modo di vedere è molto più moderno.» Moderno? Un'emozione potente le stava nascendo dentro, senza che lei riuscisse a darle un nome. Tariq ibn Zachir era ciò che era, un principe feudale: la sua patina di fredda raffinatezza l'aveva ingannata una volta, ma ora sapeva che sotto la superficie si celava l'uomo tradizionale, rimasto sconcertato quando lei gli aveva chiesto di rimanere per la notte. Perché? Prima di quel fatale invito, Tariq l'aveva collocata su un piedistallo elevato con la scritta pura come un giglio. E poi lei aveva incrinato quell'immagine, e lui aveva deciso che in fondo non l'aveva mai veramente conosciuta: questo gli aveva reso molto più facile credere che fosse stata coinvolta nei sordidi piani del patrigno per ricavare denaro dalla loro relazione. Con le guance accaldate, Faye si tolse un filo immaginario dalla manica. «Sembri molto sicuro del fatto che io abbia avuto altri amanti...» «Cos'altro devo credere dopo quell'invito che mi hai rivolto l'anno scorso?» A quel tempo aveva creduto di essere audace e romantica, mentre lui l'aveva vista volgare e meschina. Ma mentre lei era pronta ad ammettere con se stessa che aveva giudicato male il suo uomo e aveva commesso un errore, non era pronta ad ammetterlo con lui. «E se ti dicessi che... ecco... che non ci sono stati altri uomini?» borbottò a denti stretti. «Ti direi che non hai bisogno di mentire su questo punto» le ribatté Tariq spalancando i suoi meravigliosi occhi dorati. «Ma io non starei mentendo se te lo dicessi, e se tu lai un tale rispetto per la virtù di una donna, dovresti tenere le mani lontano da me, non è Lynne Graham

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così?» «No, credimi, tu sei un caso speciale, e tutti questi sforzi estremi per farmi cambiare idea sono destinati a fallire. Non riesco a capire perché dovresti anche solo cercare di cambiare la mia opinione. Con ogni sguardo che mi lanci mi comunichi quanto desideri sentire le mie mani su di te. L'ho visto fin dal nostro primo incontro all'Haja.» «Davvero?» Il volto di lei bruciava più del fuoco. «Vedere quel desiderio in te mi riempie di un pagano senso di trionfo. È una colpa che ammetto spontaneamente.» Tariq si diresse verso di lei e la prese tra le braccia. La depose sul bordo del letto e le tolse il diadema dai capelli, poi con dita sicure le tolse gli orecchini, prima uno, poi l'altro, per passare poi al polso per aprire il braccialetto. Fece tutto con calma, senza fretta. «Io non sono stato cresciuto per essere un buon perdente. Mi è stato insegnato a essere implacabile e competitivo. Mi hanno allevato per essere forte.» Interdetta dalla sua destrezza con i gioielli e dalla sensazione di essere in potere di una forza soverchiante, Faye lo osservò riporre la parure di diamanti su un vassoio d'argento vicino alla specchiera e mormorò: «È una colpa?». «Avrai già notato il mio carattere...» «Ce l'ha anche Rafi.» «Io non ho mai alzato una mano su qualcuno per colpa dell'ira!» Liberandosi della cintura e del kaffiyeh, Tariq le indirizzò uno sguardo di rimprovero. «Rafi ha quattro anni ed è confuso, tu ne hai ventotto e...» Un leggero ansimo le uscì dalle labbra mentre lui si piegava per sfilarle le scarpe. La sua testa orgogliosa e scura era a portata di mano. Strinse le dita per impedirsi di allungare una mano e toccare quella folta massa di capelli neri. Sta davvero per accadere, pensò Faye deglutendo a fatica, stiamo finalmente per dividere il letto. Nessuna tempesta di sabbia, nessun Percy a separarli. Ma ora che alla fine erano sul punto di farlo, Faye semplicemente non riusciva a immaginarsi di stare a letto con Tariq, quando fino ad allora non lo aveva neanche visto a torso nudo. «Ne ho ventotto e...?» la incitò Tariq. «Ho dimenticato cosa stavo per dire. Hai davvero intenzione di andare Lynne Graham

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avanti, non è vero?» «Tu cosa pensi?» le domandò lui beffardo. «Io non riesco proprio a immaginarlo...» «La mia immaginazione basterà per entrambi.» «Be', ne ho abbastanza!» Faye si gettò fuori dal letto con l'intenzione di allontanarsi, ma aveva dimenticato la lunghezza dell'abito che indossava: lo strascico le si arrotolò alle caviglie facendola inciampare. Tariq la riprese tra le braccia per sostenerla. «Io invece sono stanco di sentirti parlare.» Aprendo la lampo del vestito, glielo fece scivolare lungo le spalle. Il solo peso della stoffa ricamata fece scendere l'indumento lungo le braccia, fino ad ammucchiarsi ai suoi piedi. In rapida successione, la sottoveste seguì lo stesso percorso. «Tariq!» Faye, rimasta in reggiseno e mutandine senza quasi accorgersene, era paralizzata per la costernazione e la mortificazione. Scandagliando il suo volto arrossato e le braccia che aveva ripiegato istintivamente sul petto, gli occhi di lui si strinsero. «Dimentica il mio ultimo commento» le consigliò con delicatezza. «Credo che tu debba parlare ancora un po'.» «Riguardo a cosa?» Un improvviso sorriso curvò la bocca passionale di Tariq. Mentre la sollevava e la posava di nuovo sul letto, lei si accoccolò sui bianchi cuscini freschi, conscia solo di un batticuore che sembrava martellare all'impazzata fin nei timpani. Nel silenzio ronzante, Tariq si allungò a prendere lo stiletto dalla testiera. Inguainando la lama, la ripose da parte. Gli ardenti occhi dorati vagarono poi sull'onda piena dei suoi seni, sulla curva femminile del suo fianco e sulla sottile e modellata lunghezza delle gambe, per fare alla fine ritorno al suo volto turbato. «Dunque» mormorò pigramente, «dimmi perché una vergine formulerebbe quel tipo di invito.» «Dato che allora non mi chiedesti spiegazioni al riguardo, non penso tu abbia il diritto di saperlo ora.» «Quando ti vidi nella tua stanza avvolta in quell'asciugamano, avevo tutte le intenzioni di approfittare dell'offerta» replicò Tariq senza ascoltarla. «In ogni caso mi sembra ovvio che il tuo patrigno non deve averti forzato a fare quella telefonata.» «No, non posso lasciare che Percy venga incolpato di questo. Quella Lynne Graham

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telefonata è stata un'idea esclusivamente mia.» «Quindi anche ora non hai intenzione di dirmi la verità!» Sollevando una mano per poi lasciarla cadere in un gesto di sprezzante rifiuto, Tariq si allontanò dal letto, silenzioso e aggraziato. «No» disse Faye decisa, «non ti dirò più bugie... a qualunque prezzo.» Tariq si girò, i freddi occhi brillanti a sfidare i suoi. «Ancora non so come il mio patrigno abbia scoperto che ti avevo chiesto di venire a casa quella notte. Forse è stata solo un'orribile coincidenza il fatto che sia apparso quando invece doveva trovarsi a Londra, facendo irruzione in una situazione che ha poi pensato di usare a suo vantaggio. Ma per quanto mi riguarda, non c'erano montature. Io credevo sinceramente che quella notte saremmo stati soli.» «Non credo a coincidenze di quel tipo. E se non hai il coraggio di ammettere che eri coinvolta fino alla cima dei capelli negli intrighi del tuo patrigno, non abbiamo altro di cui discutere.» «Ma...» Tariq sollevò le mani. «Non voglio sentire altro. Ti ho dato l'opportunità di dirmi la verità e tu l'hai sprecata. Il tuo patrigno è un truffatore e ti ha allevato senza principi. Ora è inutile per te dichiarare la tua innocenza di fronte a fatti che entrambi conosciamo.» Faye fu sommersa dal risentimento: stava dicendo la verità ma lui non voleva accettarla. Rifiutava di credere che lei potesse essere estranea all'improvvisa apparizione di Percy. I fatti rendevano certamente difficile confutare le circostanze, tuttavia lei stava davvero dicendo la verità. Del resto, come poteva dimostrare il contrario? Solo Percy conosceva tutta la vicenda, ed era improbabile che confessasse. Con lo sguardo inquieto, Faye sollevò nuovamente la testa e si irrigidì. Mentre si era persa a pensare, Tariq si era liberato dei vestiti. Come aveva potuto dimenticare anche solo per un momento ciò che stava per accadere tra loro? Lo studiò tremante, vagando dalle ampie spalle abbronzate giù verso le braccia e il petto largo e muscoloso. Una nuvola triangolare di peli scuri sottolineava i suoi potenti pettorali, per poi assottigliarsi in una linea che si stendeva lungo l'addome teso e infine spariva sotto la cintura. Un calore la fece vibrare nell'intimo: si sollevò sul letto e strinse le mani intorno alle ginocchia alzate. Era in preda a una snervante miscela di fascino e imbarazzo. Lo osservò passare davanti alla specchiera e togliersi Lynne Graham

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l'orologio: aveva una sensualità predatoria straordinaria. Il respiro di lei si fece affannoso al solo pensiero di loro due nello stesso letto. Abbassando di nuovo le ginocchia, si aggrappò al lenzuolo, già aperto ad accoglierli, e se lo tirò addosso. Tutto il suo essere era scosso da una tensione aspra. Provava desiderio, ma vedeva anche quale trappola mortale si celasse dietro di esso. Tariq si avvicinò al letto, immagine di uomo dominante dal profilo d'acciaio e muscoli potenti. Era davvero eccitato. Mentre la raggiungeva, Faye era profondamente combattuta tra panico e attrazione. «Abbiamo tutto il tempo del mondo» asserì Tariq soavemente. «Non sono un amante egoista.» Le catturò la bocca con una totalità appassionata: e il suo consapevole erotismo bastò a conquistarla. Le insinuò la lingua nella morbida cavità della bocca e con un guizzo simulò una penetrazione ben più intima. Lei ebbe un brivido, mentre il cuore le batteva impazzito. Lui la portò allora a desiderare di più: fu facile portarla a desiderare molto di più. Tariq sollevò la testa, i capelli già arruffati dalle dita di lei. Faye lo fissò, completamente assorbita nei tratti morbidi del suo volto magro e scuro. Per una frazione di secondo, non esistette altro che la crescente ondata dei suoi stessi sentimenti privi di difesa. Le dita di lei si allargarono sul suo volto scolpito per poi scendere ad accarezzare quella bellissima bocca virile. «Dimmi» mormorò Tariq rauco. «Niente» sussurrò lei con un filo sottile di voce, e in quel momento si sentì terribilmente vulnerabile. Lui la attirò a sé e la baciò di nuovo. Lei chiuse gli occhi, sospendendo ogni pensiero alla forza intensa del desiderio. Con il cuore in tumulto, spalancò gli occhi quando lui si staccò di nuovo da lei, sfilandole abilmente il reggiseno. Abbassò lo sguardo, percependo la nuova libertà dei propri seni nudi. «Sei ancora più bella di quanto immaginassi.» Tariq curvò la mano verso le rotondità che aveva svelato, accarezzando tra le dita un impertinente capezzolo rosa e causandole frammenti di sensazioni tali da strapparle un gemito soffocato. Ogni centimetro della sua pelle reclamava quel tocco e lei si lasciò cadere all'indietro sui gomiti contro i cuscini, soddisfatta per l'apprezzamento che lui mostrava per il suo corpo, mentre un'altra parte di lei si ritraeva tramortita di fronte alla crescente totalità della sua resa. Lynne Graham

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«Tariq...» La voce le morì in gola mentre lui piegava l'arrogante testa scura su un seno per giocare con le labbra e la lingua. Un piacere seducente le fermò il respiro e le fece tendere ogni muscolo. Lui allora la fece sdraiare di nuovo con mani sicure. Mentre impiegava un potere sensuale ancora più grande sui teneri boccioli, esplorando i solidi profili della carne tumida, i denti di lei si strinsero e le dita si tesero: minuscoli gemiti di risposta le sfuggirono dalle labbra. Niente aveva importanza, tranne quel dolce tormento che la rendeva così totalmente dipendente. «Così doveva essere» le sussurrò Tariq con roca soddisfazione. «Così doveva essere il primo giorno che ti ho visto. Inshallah, diciamo noi... sia fatta la volontà di Dio.» Non c'era posto per orgoglio o principi in ciò che lui era in grado di farle sentire, ciò che lui già sapeva che le avrebbe potuto far sentire. Tariq avvolse le lunghe dita abbronzate nei biondi capelli scarmigliati di lei. «Era destino...» «Ma a te piace sfidare il destino. Per quale altro motivo sei corsa nel deserto?» Tariq seguì con la punta della lingua il contorno delle labbra arrossate di lei, le separò, vi si immerse, le tormentò, facendo l'amore con la sua bocca, solleticandole la pelle con il respiro. «Non sai che se tu fossi giunta nelle vicinanze dell'aeroporto lo avrei fatto chiudere facendo atterrare ogni volo? Non sai che, quando ho qualcosa nel cuore, non mi fermo davanti a niente finché non la ottengo?» «Ma io non volevo questo...» Anche nella morsa di un desiderio disperato che si faceva più forte a ogni sua carezza, lei lo sapeva. Anche mentre apriva la bocca, gliela porgeva, spinta da un istinto a cui non poteva resistere, lei lo sapeva. Ma mentre lui le separava le labbra con elettrizzante passione, si rifiutò di pensare. «Ora lo vuoi.» Dorati occhi lampeggianti si posarono su di lei sfidandola a contraddirlo, a sottrarsi a lui. «Sì.» La tirò a sé, sfilandole le mutandine aderenti alla pelle umida. Lei ebbe un tremito. Le mani di Tariq corsero su di lei, giocarono con la sensibilità dei suoi capezzoli tesi, seguirono la curva del suo stomaco tremante fino a separarle le cosce, affinché le dita esperte potessero percorrere i luoghi ben Lynne Graham

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più morbidi e privati coperti da soffici riccioli chiari. Il cuore di lei batteva veloce fin quasi a soffocarla, la sua eccitazione era intensa. Con il suo tocco quell'uomo la controllava, facendola dibattere e gemere e respirare. Lei nascose il volto nella sua spalla, immergendosi nel caldo profumo maschile che le aumentò il potere dei sensi. Si aggrappò a lui, stringendolo a sé. «Mi ecciti più di qualunque altra donna che abbia mai conosciuto...» L'agitato calore che le bruciava dentro era simile a un dolore serpeggiante e avvolgente, ormai divenuto intollerabile. «Per favore, ora...» Senza esitare, il volto febbrile e concentrato, lui la tirò sotto di sé, le sollevò le cosce e si abbassò. Quando sentì la dura prova dell'eccitazione di lui contro la sua morbida carne, lei si tese. «Cercherò di non farti male, ma sei molto contratta...» sussurrò lui. E poi fu là dove lei aveva maggiormente desiderato che fosse. Le mani di lui la sollevarono e la piegarono all'indietro, mentre si spostava lievemente per penetrarla con un affondo potente. Un improvviso, bruciante dolore la scosse, ma quasi altrettanto velocemente tornò quella calda, inebriante ondata di piacere, oscurando il ricordo della prima sensazione dolorosa. «Il paradiso deve essere sicuramente così...» mormorò a denti stretti Tariq, lievemente ansimante. E lei non aveva argomenti per controbattere: era talmente persa nell'inebriante mondo del piacere fisico da non riuscire a mettere insieme due parole. Si mosse sotto di lui, la pelle infiammata e umida, il cuore che andava all'impazzata, la testa gettata all'indietro, senza controllo né pensieri mentre l'eccitazione cresceva. Catturò l'antico ritmo, a lei sconosciuto finché lui non glielo insegnò; nel primitivo dominio di quel corpo potente sopra e dentro di lei, raggiunse l'apice con un grido improvviso, innalzandosi verso un culmine mozzafiato e poi fremendo stretta a lui nell'estatico appagamento senza tempo. In seguito, Faye si sentì semplicemente sconvolta. Sconvolta per la capacità del suo corpo di provare un simile piacere. Sconvolta per il proprio caldo e frenetico abbandono. Sconvolta per l'incredibile sensazione di intimità che percepiva ancora mentre rimaneva tra le sue braccia. Il cuore di lui stava ancora battendo a un ritmo accelerato contro il suo, Lynne Graham

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mentre cercava di controllare il respiro. Tenne le proprie braccia strette intorno a lui, desiderando che il silenzio continuasse per sempre, così che lei potesse far finta che tutto fosse frutto della gioia, tutto fosse un normale segno di... amore. Amore? Faye si irrigidì di fronte a quel pensiero impossibile, causando così proprio ciò che aveva cercato di evitare. Tariq sollevò la testa nera arruffata, gli occhi dorati posati su di lei. «Sono molto compiaciuto di essere il tuo primo amante. Possiamo definirla... giustizia.» Con una mano le toccò le lunghe ciocche di seta sparse sul cuscino. «I tuoi capelli hanno il colore della luce lunare.» «Come sei romantico.» Qualcosa le si strinse nell'intimo causandole dolore. «Una volta fosti tu a farmi sentire molto romantica.» Una volta. L'amarezza minacciò di lacerarla in due. Voleva urlare e gridare. Era giustizia il fatto che lui dovesse diventare il suo primo amante? E che tipo di giustizia? Non era insolente il modo in cui cercava di giustificare il proprio diritto di usare il suo corpo in cambio della libertà del fratello? O, come aveva detto lui con molta più franchezza, di ottenere sesso in cambio di denaro? Ora lei era una prostituta, aveva persino provato piacere nell'essere una prostituta per lui. Avrebbe dovuto giacere lì indifferente, passiva, silenziosa, magari soffocando un casuale sbadiglio. E cosa aveva fatto invece? Ricordi umilianti di se stessa che implorava, gemeva e si stringeva a lui la sommersero e Faye ebbe un brivido. Nessuna odalisca da harem avrebbe potuto solleticare l'ego di un uomo con maggiore efficacia! Tariq la strinse nuovamente a sé, spostandosi per liberarla del suo peso. «Sono troppo pesante per te.» «Oserei dire che questa non è l'unica incombenza di una concubina» dichiarò Faye con voce sottile e atona, il volto rigido come una gelida maschera. «Ma detesto lamentarmi.»

7 «Questo gioco è durato anche troppo. Cos'è questo stupido discorso sulla concubina?» Tariq si mise a sedere di scatto. «Scordatene» rispose fredda Faye, dando uno strattone violento al copriletto per avvolgerselo sul corpo e scendendo dal letto con movimenti Lynne Graham

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fieri e nervosi. «Torna a letto» ordinò Tariq con un tono di comando, il volto esasperato. Faye lo guardò, meraviglioso e sensuale com'era sulle lenzuola bianche, e la sua furia montò come un velo rosso di fronte a lei. «Va' al diavolo!» «Che cosa ti succede?» «Che cosa succede a me?» ripeté lei. Tariq continuò a fissarla, nudo e del tutto indifferente al fatto di esserlo. «Dimmi cosa non va.» «Perché qualcosa non dovrebbe andare? Ti aspetti forse che ora ti lusinghi come una schiava da harem emozionata per la tua attenzione?» «Difficile» commentò secco Tariq. «In Jumar gli harem sono stati messi fuori legge sin dal primo anno di matrimonio di mia madre con mio padre.» «Ma tu hai detto...» Faye fu presa dalla confusione. «Ti stavo prendendo in giro.» Approfittando del suo smarrimento, Tariq la sollevò tra le braccia e si diresse non di nuovo verso il letto, ma fuori della stanza. «Dove mi stai portando ora?» ansimò Faye. Con un sorriso divertito, Tariq entrò in uno splendido bagno di marmo verde, ancora più sorprendente in un posto simile in mezzo al deserto, e chiuse la porta con una spallata. Mettendola a terra, la liberò dalla stoffa avvolgente del copriletto. Prima che lei potesse reagire, l'aveva di nuovo afferrata per immergerla nelle acque spumeggianti di una vasca Jacuzzi. L'acqua fresca le strappò un grido. Poi, rendendosi conto di essere nuda ed esposta a quegli occhi profondi, Faye immerse il corpo tremante il più profondamente possibile sotto la superficie di acqua increspata. Tariq si unì a lei, assolutamente privo di inibizioni. Si allungò sopra di lei per sistemarle i capelli sul bordo perché non si bagnassero. «Ah, gli harem...» ripeté pigramente, immergendosi nell'acqua e continuando a fissare il volto imbarazzato di lei. «Anche se avevi ragione a dire che io sono al di sopra della legge, creerei molto disagio nel mio paese se dovessi dimostrare il desiderio di velare la mia donna o di sottrarla agli occhi degli altri uomini. Gli harem ora sono presenti solo nei nostri libri di storia, nel capitolo dedicato all'emancipazione delle donne.» «Davvero?» Faye non si era mai trovata in una Jacuzzi nella sua vita e si Lynne Graham

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stava già chiedendo cosa sarebbe accaduto ancora. «In tutta la nostra storia, le donne non si sono mai velate. Le donne berbere non coprono il loro volto. Anche l'harem era un concetto sconosciuto, importato in Jumar dal mio bisnonno, il cui appetito per il sesso femminile è diventato una vera leggenda.» «Oh...» «Mio padre si comportò in modo analogo finché non incontrò mia madre, Rasmira.» Disteso di fronte a lei in completo relax, Tariq appariva assorto. «Era la figlia di un diplomatico libanese, estremamente colta e sofisticata. Non avrebbe mai acconsentito a sposare mio padre finché l'harem reale non fosse stato svuotato e chiuso. Fu un corteggiamento lungo e tempestoso.» «Tuo padre doveva essere follemente innamorato» commentò Faye. «Era una donna speciale e mio padre fece una scelta saggia perché lei ebbe una grande influenza sulla nostra cultura: volle aprire delle scuole per le ragazze, guidò l'auto e anche l'aereo. Grazie soprattutto a lei la nostra società è diventata più liberale e giusta.» Faye era sempre più affascinata. «E quando è morta?» domandò. «Dieci anni fa. Venne morsa da un raro serpente velenoso. Le fu dato l'antidoto sbagliato e quando si capì l'errore era troppo tardi per salvarla. Mio padre è quasi impazzito per il dolore.» 1 tratti del viso si oscurarono, la bocca si strinse. «È terribile...» sussurrò lei con comprensione. Quando si trattava della perdita di un affetto, gli incidenti e gli errori che potevano essere evitati rappresentavano l'amarezza più grande. «Vieni qui, sei troppo lontana» la incitò Tariq, facendo seguire alle parole l'azione: si chinò in avanti e la abbracciò. Faye fu presa alla sprovvista: si ritrovò prima in ginocchio e poi girata sopra di lui. Voltandogli la schiena, con i glutei inchiodati tra le sue cosce solide e la testa appoggiata alla sua spalla, tentò convulsamente di continuare una conversazione qualsiasi. «Quindi... ehm... quanti fratelli e sorelle hai?» «Solo Rafi.» «Ma...» Si morse il labbro incerta: la concentrazione era già messa alla prova dall'intimo contatto dei loro corpi e dalla mano di Tariq che, con apparente casualità, la sfiorava scivolando lungo il fianco, facendo correre all'impazzata i battiti traditori. «Tuo padre... tutte quelle concubine?» Lynne Graham

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«Da adolescente mio padre prese gli orecchioni. Era convinto che non avrebbe mai avuto un figlio. Il mio arrivo fu salutato come un miracolo e Rafi fu concepito solo grazie alla fecondazione assistita e alla ferrea determinazione della mia matrigna» ammise Tariq brusco. «Questo non fa di Rafi qualcosa di meno di un fratello» replicò Faye col fiato sospeso mentre quelle snelle mani abbronzate andavano a posarsi proprio sotto i suoi seni. «Dovresti pensare a tuo fratello quando lo guardi, non alla tua matrigna... che non deve essere stata una persona troppo gentile.» Tariq si lasciò andare a una cupa risata. «Sfortunatamente, Rafi è già marchiato in tutta Jumar. Lo considerano della stessa razza.» «Ma è ancora così piccolo! Come può essere?» «La sgradevole reputazione di sua madre è arrivata prima di lui. Era molto impopolare.» Tariq emise un sospiro malinconico, facendo risalire le dita a coprirle i capezzoli rosa tesi. «Se mi dovesse succedere qualcosa nel prossimo futuro, il mio popolo non accetterebbe Rafi come mio successore. Per questa e altre ragioni, dovrò presto prendere una seconda moglie e diventare padre a mia volta.» Strappata all'offuscamento sensuale provocato da quella piccola scorreria sulla sua carne, Faye si irrigidì a quelle parole. Questo significava che, per quanto poco fosse durato, il loro matrimonio era stato un vero matrimonio? Ma che importanza aveva ora, dato che Tariq aveva da tempo divorziato? «Una seconda moglie?» ripeté ad alta voce, pentendosi quasi immediatamente di avere parlato. «Dell'acqua ne ho abbastanza, ma non di te» ribatté Tariq con un filo di stanchezza nella voce sensuale, alzandosi e obbligandola a fare altrettanto. Confusa e distrutta dall'inaccettabile idea di Tariq legato a un'altra donna, Faye rimase in piedi grondante d'acqua mentre veniva avvolta in un enorme asciugamano come una bambina piccola. C'era qualcosa di disorientante nel modo in cui Tariq reagiva con tempismo perfetto, cambiando argomento, qualcosa di terrificante nell'indifferenza con cui aveva menzionato i suoi piani di matrimonio. Eccola lì, a un'ora di distanza dall'averlo reso il suo primo amante, il corpo ancora esultante al minimo tocco, e già lui la stava trattando come una occasionale compagna di letto, un oggetto sessuale che non aveva valore. Un oggetto senza alcun diritto di avere sentimenti propri. Come Lynne Graham

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pensava che sarebbe stato essere l'amante di un principe arabo? «Un'altra m...?» provò a ripetere tremando, alzando lo sguardo verso quegli scintillanti occhi felini, mentre la voce le veniva meno al cadere dell'asciugamano ai suoi piedi. «Ti voglio di nuovo» le confidò Tariq rauco. «Ma c'era da aspettarselo dato che è passato molto tempo dall'ultima volta che sono stato con una donna...» «Così tanto?» Le sopracciglia autoritarie di Tariq si aggrottarono mentre la tirava a sé con mani decise. «Per tutto l'anno passato sono stato doverosamente in lutto per le morti tragiche nella mia famiglia.» Suo padre, la sua matrigna, suppose lei distrattamente. Un lutto ufficiale per mostrare rispetto per i defunti? Che cosa ne sapeva lei? Ma lo rispettava per quel sacrificio di sé. O era solo il fatto che l'assenza di donne dopo il loro primo incontro le dava la sensazione vitale di non essere solo uno dei tanti corpi femminili disponibili? Perché ci sarebbero sempre state donne, soprattutto occidentali, per Tariq. Quando lei lo aveva visto per la prima volta, era stata dolorosamente consapevole dell'attrazione che esercitava sul sesso femminile. «Faye, ti desidero così tanto che potrei divorarti qui dove mi trovo» ammise Tariq. Le ciglia di lei si sollevarono, ogni pensiero razionale la abbandonò. Alzò lo sguardo verso di lui, scossa dal fuoco primitivo nei suoi occhi; lui le intrecciò lentamente le dita nei capelli, tirandola inesorabilmente verso di sé, ancorandola al proprio corpo grande e forte. Faye sentì le gambe indebolirsi, la mente cancellarsi: non poteva più distogliere gli occhi dalla lusinga selvaggia dei suoi. Il desiderio era tornato vendicativo, più caldo e ancora meno controllabile di prima. Poteva sentire quel bisogno umido pulsarle tra le cosce, un bisogno che le stava diventando incredibilmente familiare. Lui la prese in braccio e la portò fuori dal bagno. Come una bambola senza volontà né voce, lei non obiettò, vergognandosi profondamente di desiderare solo di tornare a letto il più velocemente possibile. Bastava quella nota ruvida nella voce, un singolo tocco, un solo sguardo rovente di puro desiderio, e qualcosa in lei si scioglieva, portandola ad arrendersi incauta e avventata al suo dominio, le difese abbassate. Come poteva opporsi a se stessa? Lynne Graham

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«Avevo intenzione di possederti solo una volta questa notte» mugolò Tariq. «Ma quella volta è stata solo l'interruzione di un digiuno, e non è sufficiente. Avrei potuto prenderti nella Jacuzzi, avrei potuto prenderti sul pavimento, contro il muro... L'alba è lontana ma già mi minaccia, perché domani devo trascorrere tutto il giorno a colloquio con gli sceicchi.» «Il muro?» Lei spalancò gli occhi, stupita. «Dovunque desideri, in qualunque modo desideri.» «Conosco solo un modo.» Tariq la distese sul letto. Le narici di Faye si infiammarono, sorprese per il profumo delle lenzuola fresche di bucato. Evidentemente anche nello spazio della loro breve assenza il letto era stato cambiato. «Quelle erano le prime basi» mormorò rauco Tariq. Il volto di lei era accaldato dall'imbarazzo ma il suo corpo sfacciato bruciava in segreto. Passerai il resto dei tuoi giorni a pentirti, la avvertì la sua coscienza. Arriverai a odiarti. «Pensa a un piacere che vada oltre le tue fantasie più libere.» Tariq si abbassò su di lei centimetro dopo centimetro, intrappolandole il respiro in gola, caricandola dell'attesa più intensa. Be', forse poteva imparare a non odiarsi. Destino, l'aveva chiamato: non aveva senso opporsi al destino, non aveva senso negare che quel suo malizioso sorriso sensuale la privasse del tutto della capacità di ragionare. «Pensare...» «Sentire» corresse Tariq, scivolando tra le sue cosce aperte con la lenta perizia di un uomo che ama tentare ed eccitare. «Finché non ti importerà di sapere che giorno è o che ora è, finché la brama e il bisogno di me controllerà ogni pensiero, ogni tua singola azione...» Un gelido presentimento la toccò nell'intimo. «Tu vuoi che io ti ami.» «Sì.» Tariq la studiò con occhi scuri e infossati, l'espressione di una calma imperscrutabile. «Così dopo potrai respingermi» interpretò lei. «Se mi soddisferai abbastanza, potrò al massimo spedirti nella mia villa in Francia» spiegò Tariq con pigra indifferenza. «Dove potrei farti visita a mio piacimento e la situazione si capovolgerebbe, perché saresti tu a saltare tutte le volte che suona il telefono, pregando che sia io, e non oseresti mai negarti.» «Ecco le tue intenzioni» mormorò Faye con divertimento forzato. «Non l'harem, ma in una condizione di completa schiavitù.» Lynne Graham

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«L'unico giocatore sarei io.» «Be', non ci sarebbe davvero spazio per qualcun altro con un ego come il tuo.» Lui gettò indietro la nera testa orgogliosa e rise, poi avvicinò la propria bocca sulla sua e la baciò togliendole il fiato. Finché tutto ciò di cui lei ebbe coscienza fu la sensazione di lui, il suo sapore e il proprio desiderio infinito e profondo. Faye si mosse nella luce dell'alba, svegliandosi lentamente, consapevole di una miriade di sensazioni: Tariq che la stringeva a sé, la sensazione impalpabile dei suoi fianchi e un livello di dolce appagamento superiore a ogni immaginazione. «Felice, aziz?» mormorò lui, attirandola nel riparo caldo del suo corpo forte e snello. «Beata.» Sentì il suo petto sfiorarle la pelle della schiena, le sue lunghe cosce possenti appoggiarsi al retro delle sue gambe. Un foglio di carta non avrebbe potuto trovare spazio tra loro: questa era la sua definizione di beatitudine. Fu assalita dalle immagini erotiche della notte che avevano condiviso, immagini che la scossero ma la colmarono ancora di un calore inebriante a cui non poteva resistere, come non aveva potuto resistere a lui. Ora comprendeva cosa l'aveva resa del tutto pazza di lui. Non era stato solo il suo aspetto affascinante o la sua personalità dominante, ma anche l'eccitazione fisica che lui evocava anche solo entrando in una stanza. Quella incandescente sensualità era parte di lui tanto quanto la fredda autodisciplina che la controllava. Era dunque questo essere l'amante di un principe arabo?, si chiese, in un confuso stato di piacere che non aveva niente a che fare con la mente. Era il biglietto per il paradiso dei sensi, e lei non voleva che quella notte finisse, non voleva che la luce che filtrava nella stanza portasse l'irruenza del sole del mattino. «Bene.» Tariq le fece scivolare le mani sui seni, accarezzandoli lievemente, e lei inarcò la schiena, spingendo istintivamente la carne verso i suoi palmi, guidata dal bisogno fremente del suo corpo. «Va tutto bene» borbottò lei, sorpresa dalla propria risposta immediata, scossa dal calore sempre latente che lui sapeva accendere quando voleva; per una frazione di secondo si chiese se fosse lei l'insaziabile, se fosse Lynne Graham

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normale desiderare un uomo come lei sembrava desiderare lui. Sempre. «Allora sono felice anch'io.» Con le dita seguì la turgida prominenza dei capezzoli, accarezzandoli e stuzzicandoli sapientemente. Lei si rannicchiò contro di lui, un lungo respiro scosso da singulti le sfuggì dalla gola e chiuse gli occhi, lasciandosi travolgere dal piacere come da una droga. «Anche se felice significa minimizzare» continuò rauco Tariq. «Sei molto passionale.» Faye non era in grado di parlare. Non c'era ieri, oggi, domani, si disse febbrile, non c'era ragione per cui dovesse pensare, perché pensare poteva significare incrinare quella felicità. «In effetti alla nascita devono averti modellata esclusivamente per me.» Una nota lievemente amara (gli indurì il tono della voce, poi Tariq nascose la bocca sul collo di lei. Quando premette con sconvolgente precisione là dove il sangue pulsava, lei gemette in risposta. Mentre la lenta fiamma del desiderio la invadeva con calore, non ebbe più bisogno di costringersi a non pensare. Lui si stava muovendo su di lei, le faceva sentire la sua potente eccitazione; lei giaceva contro di lui, tremante e in attesa. Con una cura che era tanto tenera quanto stuzzicante, Tariq le sollevò le ginocchia, la avvicinò nuovamente, cercò con dita esperte il suo centro umido e gonfio e vi giocò a lungo, finché gemiti torturati le sfuggirono dalla gola. «Tariq...» «Aspetta...» «Non voglio aspettare, non posso!» Ma conosceva il motivo di quel piccolo intervallo, sapeva che lui si stava assicurando che il loro amplesso non portasse a una gravidanza. «Sì che puoi.» Tariq la tirò nuovamente a sé e la penetrò con forza crescente. La sensazione era così deliziosa da portarla a inarcarsi indietro, spinta da un piacere senza difesa. Ma una cosa lui le aveva già insegnato: non c'era fine, né limite al piacere. Le prese il mento e le voltò il viso in modo da poter prendere possesso della sua bocca con un bacio caldo ed esigente. Mentre la faceva sua con slanci che la torturavano per la loro lentezza e profondità, lei si perse nella crescente eccitazione che la consumava. Era come se lui la avvolgesse completamente: Faye si sentì totalmente Lynne Graham

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posseduta da lui e gemette il suo nome, guidata da ogni successivo movimento verso un'altezza sempre più grande. E poi il ruggito di Tariq giunse simile a un'ondata: lo sentì tremare nella morsa di una soddisfazione affamata, potente e incontrollabile, e per lei fu una gioia anche più grande del proprio devastante appagamento. In seguito, Tariq la fece distendere di nuovo sui cuscini e la fissò. Le tolse i capelli biondi scomposti dalla fronte umida e lei notò che la sua mano tremava. La fissava con occhi dorati da falco, la mandibola stretta. «Sicuramente ora sei indolenzita... Non intendevo possederti di nuovo. Il tuo piacere non dovrebbe essere minore del mio.» Faye arrossì e distolse il viso, perché non si poteva negare che dopo una notte passata a fare l'amore lei fosse dolorante, ma non avrebbe potuto resistergli più di quanto avrebbe resistito di fronte all'acqua dopo una settimana senza bere sotto un sole cocente. «Non lo è stato» mormorò. «Non ti credo. Nessuna donna mi ha mai desiderato come te. Se ti trattengo ancora qui, non credo che sarai in grado di alzarti da questo letto e di camminare fino a domani, aziz.» «Quindi non resterò qui?» chiese Faye prima di poter trattenere quella domanda. «Penso sarebbe meglio che tu tornassi a Muraaba.» Farle credere che aveva una scelta fu un debole tentativo: era evidente che non la voleva intorno. Dopo la notte che avevano passato, quel rifiuto la lasciò attonita. «In ogni caso, nei prossimi giorni sarò sempre a colloquio, troppo impegnato per darti attenzione» concluse Tariq. Attenzione? Come quella che un bambino o un animale spera di ricevere? Faye era diventata ipersensibile a ogni parola che veniva detta. L'harem poteva anche essere stato abolito, ma lei non poteva evitare di pensare a suo padre che mandava a chiamare una concubina ogni volta che gliene piaceva una. E lei, dopo una sola notte, era destinata a essere rimandata a palazzo. «Spero che non ti dispiacerà fare il viaggio di ritorno in auto, invece che in elicottero. Sarà un viaggio lungo» la avvertì lui. «E perché dovresti offrire un elicottero a una persona insignificante come me?» Faye si girò sulla pancia e nascose il volto nel cuscino, imbarazzata dal tono immaturo della propria replica. «Non è così» rispose Tariq con severa compostezza. «Si tratta solo di Lynne Graham

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amministrazione oculata.» Nessuna donna mi ha mai desiderato come te. Faye ebbe un brivido di vergogna per il fatto che lui l'avesse capito. Quanto sono attraenti per gli uomini le donne che li trovano irresistibili? Una donna troppo collaborativa non solleticherebbe il cacciatore che si trova nell'intimo di ogni uomo. Ma lei aveva appena passato l'intera notte travolta dal suo modo fantastico di fare l'amore. «Faye, la stai prendendo troppo sul personale.» «Forse vorresti dirmi tu come non prenderla sul personale» lo punzecchiò lei. «Il sesso è una forza seducente. Ho percorso il paradiso con te la notte scorsa» mormorò Tariq, «ma devo affrontare altre responsabilità.» Quel freddo monito la colpì come una frustata sulla pelle indifesa. Ma poi si rese conto che già durante le lunghe ore appassionate di quella notte aveva perso un intero strato di pelle protettiva e in qualche modo si era trasformata in qualcun altro, perché non conosceva più la donna che era diventata. Lui la stava mandando via e lei stava discutendo per questo. Non poteva credere di essersi abbassata a tal punto. E Tariq aveva un modo meravigliosamente suggestivo di esprimersi. Aveva dato all'espressione percorrere il paradiso il gusto malizioso del proibito. «Se tu rimanessi qui, costituiresti una distrazione troppo grande. Farei di ogni pausa una scusa per un baccanale privato» mormorò lui cupo a mezza voce. Una distrazione? La sua immagine era scaduta davvero in poco tempo! Intorpidita, cercò di concentrarsi su di lui: la pelle degli zigomi era tesa, la mandibola era sollevata in modo aggressivo. La lunga curva abbronzata della schiena, liscia come seta, mostrava i segni dei graffi lasciati dalle sue unghie, e su una spalla aveva un livido provocato dai suoi denti. Tariq sembrava quasi uscire da uno scontro ravvicinato con una donna affamata di sesso, forse con un intero branco. Ma anche non sbarbato e con i capelli arruffati per le continue incursioni delle sue avide dita, era incredibilmente bello. Faye si sentiva come se il suo cuore si trovasse tra le mani di quell'uomo, già spezzato, maltrattato nel peggiore dei modi e gettato via. E mentre lo osservava vestirsi con quella naturale grazia silenziosa che gli era così peculiare, non poté più nascondere a se stessa la verità dei suoi Lynne Graham

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sentimenti. «Vorresti non avere mai messo gli occhi su di me» affermò Faye con dolore. «Non presumere di sapere cosa mi passa nella testa» ribatté Tariq con gelida immediatezza, gettandole uno sguardo che la trafisse. «Una volta mi insegnasti a rimpiangere ma non lo farai una seconda volta. Una volta hai avuto il potere di farmi ignorare il buonsenso. Non accadrà mai più.» Come messaggio per il futuro non era certo incoraggiante.

8 Erano trascorse solo due ore da quando si era svegliata tra le braccia di Tariq. Due ore da quando aveva fatto l'errore di credere di essergli necessaria. Subito dopo Tariq aveva però messo le cose in chiaro: lei era semplicemente lo svago della camera da letto, niente di più. Si era sbagliata anche quattordici mesi prima, quando Tariq l'aveva corteggiata con rose bianche e cene a lume di candela. Sì, corteggiata, parola antiquata ma molto appropriata per quei due mesi in cui erano usciti insieme prima che Percy rovinasse tutto. Naturalmente allora Tariq aveva pensato di amarla, tuttavia non aveva menzionato l'amore, né fatto false promesse. No, anche allora Tariq non le aveva chiesto di amarlo, né l'aveva incoraggiata a farlo. Ma, a dispetto del buonsenso, lei si era innamorata e non aveva mai smesso di amarlo, riconobbe con una stretta al cuore. Amare Tariq l'aveva posta in suo potere. L'uomo che amava la disprezzava, ma continuava a desiderarla. E ora che aveva appagato la sua brama, desiderava solo allontanarla, bandirla a Muraaba. Come poteva abbassarsi a voler rimanere con lui? Non aveva proprio nessun orgoglio. Il sesso è una forza seducente, aveva affermato lui. Bene, nel suo caso il sesso era una forza distruggente. Con il corpo aveva già acconsentito a essere la sua amante. Questo era... La sua amante. Non aveva neanche più la fede nuziale. L'aveva trattenuta lui. Si rannicchiò, incapace di accettare la donna che era diventata durante quelle ore di oscurità. Mentre spostava il piede avvertì il peso della cavigliera di zaffiri, Lynne Graham

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bloccata da una chiusura che si rifiutava di aprirsi. Fece scivolare una mano tremante lungo la gamba e cercò di strapparla via, ritenendola un segno di schiavitù. «Shiran, desidero che qualcuno parli con Sua Altezza Reale e scopra come liberarmi da questa cosa...» La cameriera se ne andò, per riapparire dopo quindici minuti. Si inginocchiò ai suoi piedi e le sussurrò: «Il principe Tariq afferma che è suo piacere che lei porti il suo regalo, mia signora». Suo piacere? Faye ebbe un brivido di ribellione: le sembrava che l'intera nazione del Jumar ruotasse intorno al piacere del principe Tariq ibn Zachir. «Sua Altezza Reale ha anche detto...» Shiran deglutì visibilmente. «Sì, cosa ha detto?» La domanda di Faye era carica di tensione. «La prega di non annoiarlo con questioni futili mentre è impegnato in affari di stato.» In quel momento Rafi irruppe nella stanza come un missile, seguito dai servitori. Gettandosi su Faye, si aggrappò al suo vestito estivo con mani agitate. «Tu non puoi andare via! Tu mi porti con te, tu porti anche Rafi!» «Che cosa...?» Faye sollevò il ragazzino nel tentativo di calmarlo. «Il principe Rafi sa che lei sta tornando a Muraaba» sospirò Shiran con un'ombra di costernazione. Rafi si strinse a Faye. «Vengo anch'io... io sarò buono, sarò davvero un bambino buono.» «Il principe Rafi accompagnerà noi e le bimbe?» le domandò la cameriera. «Non ho l'autorità di prendere una decisione come questa.» «Solo il principe Tariq può farlo, ma sarà troppo occupato per i bambini, ora che si trova con gli sceicchi» osservò Shiran. «Posso venire, posso venire?» insistette Rafi. «Sicuramente le gemelle avranno dei genitori» commentò Faye sorpresa. «No, mia signora. La loro intera famiglia è andata perduta.» «Perduta?» chiese Faye. «Le persone vanno via... muoiono» mormorò Rafi tra le sue braccia. «Bum! L'aereo cade dal cielo... tutti muoiono.» Quella spiegazione gelò il sangue nelle vene di Faye, che impallidì. «Un giorno terribile, terribile» sussurrò Shiran con la voce spezzata e gli Lynne Graham

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occhi umidi. «Il principe Tariq non piange, il principe Rafi non piange» intervenne Rafi, ma il visino agitato era bagnato di lacrime. Stringendosi il bimbo al petto, Faye lo abbracciò, a un passo anche lei dalle lacrime. Non avrebbe mai affrontato l'argomento dei genitori di Basma e Hayat se avesse saputo che erano morti. «Bene, se a nessuno dispiace, tu, io e le gemelle possiamo tornare insieme a palazzo» promise. Rafi affermò che doveva andare a prendere i giocattoli e sparì di corsa. «Raccontami dell'incidente aereo» chiese Faye a Shiran quando furono rimaste sole. La madre di Rafi, suo cugino e sua moglie, che erano i genitori delle gemelle, e anche i nonni delle gemelle erano tutti morti nella stessa tragedia. Durante un volo tra la città di Jumar e Kabeer sulla costa del Golfo, l'aereo aveva avuto problemi al motore e aveva tentato un atterraggio di fortuna, che però era fallito. Il padre di Basma e Hayat nel suo testamento aveva affidato le sue figlie alle cure di Tariq, ma certo il poveretto non aveva immaginato di morire così giovane, lasciando al cugino la responsabilità di due bambine di appena pochi mesi. In un solo spaventoso giorno, Tariq aveva perso un buon numero dei suoi parenti più prossimi. Non c'era da meravigliarsi che non volesse farla viaggiare in elicottero, ammise Faye pallida, profondamente turbata. Ci vollero quattro Toyota Land Cruiser per trasportare un gruppo così numeroso verso Muraaba, e durante quel viaggio Faye ebbe molto tempo per riflettere su ciò che aveva appreso. Ora comprendeva pienamente perché Tariq avesse trascorso un intero anno in lutto e si sentì in colpa per non averlo saputo, perché la tragedia doveva aver avuto una grande risonanza. Ma lei guardava raramente la televisione e l'unico giornale che leggeva a casa era un'edizione locale che non si occupava degli eventi internazionali. Tariq aveva quindi la responsabilità di crescere ben tre bambini rimasti orfani. L'ingresso del Muraaba era gremito di servitori inginocchiati e silenziosi. «Chi stanno aspettando?» sussurrò Faye. «Stanno mostrando il loro rispetto, mia signora» le spiegò Shiran. Lynne Graham

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«Saluti con la mano e torneranno alle loro mansioni.» Faye fece così e la jeep passò oltre. Con Rafi sempre appresso fu condotta in un lussuoso appartamento che si apriva su una grande terrazza affacciata sul giardino. Dappertutto c'erano segni della presenza di Tariq. Trofei di polo, fotografie di famiglia, il ritratto di una stupenda donna bionda con meravigliosi occhi scuri. Sua madre, le indicò Shiran con sentita deferenza. Il pranzo fu servito in una sala imponente, ma la presenza di Rafi, Basma e Hayat rese l'occasione vivace. Faye trascorse il resto della giornata con i bambini, sollevata dalla loro incapacità di percepire il doloroso conflitto delle sue contrastanti emozioni. Perché non appena si era separata da Tariq si era sentita vuota, abbandonata e miserabile, e si era arrabbiata molto con se stessa per i sentimenti che non riusciva a controllare. Alle undici Faye era a letto a leggere il romanzo storico che si era portata in Jumar, ma che non era ancora riuscita a iniziare. Era un buon libro. Al rumore di un elicottero che atterrava, alzò la testa, per poi concentrarsi di nuovo sulla lettura. Un attimo dopo, Tariq apparve sul vano della porta: «Pensavo di sorprenderti». Con una camicia bianca a maniche corte aperta sul collo e morbidi pantaloni di cotone color crema aveva un aspetto sensazionale: elegante, sexy e sofisticato. «Ci sono riuscito, vedo» mormorò, chiudendo indolente la porta e avanzando nella stanza. «Sei perfetta nel mio letto.» «Credevo tu avessi altre responsabilità» commentò lei senza fiato. «Tornerò ai colloqui all'alba.» «Non penso tu sappia cosa vuoi.» «È semplice, voglio te.» Gli occhi blu di lei si dilatarono per l'effetto bruciante del suo sguardo infiammato e del timbro intimo e rauco della sua voce profonda. Sotto il sottile cotone della camicia da notte, fu mortificata di sentire il moto di languore dei seni e la tensione dei capezzoli contro la stoffa. Sedendosi sul bordo del letto, Tariq chiuse le mani sulle sue spalle e la attirò tra le sue braccia. Sarò gelida, non avrò reazioni, giurò lei a se stessa con forza. Lynne Graham

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«Il ghiaccio è una sfida per chi nasce nel deserto» sussurrò Tariq con percepibile divertimento, mentre il suo profumo riscaldato dal sole le stuzzicava le narici. «Sai che anche tu ardi per me.» Non più, si disse lei febbrile. Dieci per uno fa dieci, cantilenò dentro la propria testa mentre stringeva le labbra con un tremito, soffrendo anche solo per l'attesa in se stessa. Dieci per due fa venti, continuò, sforzandosi di non piegarsi verso di lui, sforzandosi di non gemere mentre con un moto sensuale lui inseriva la lingua tra le sue labbra aperte. Labbra aperte? Chiudile! Pensa a qualcos'altro, la incitò la disperazione. Tariq le infilò una mano tra i capelli e la baciò con lentezza e in profondità, finché il sangue che le pulsava nelle vene raggiunse il delirio. All'ultimo istante però le parole una seconda moglie le riemersero alla memoria. Allontanò allora la testa da lui. «Ieri notte, hai usato l'espressione una seconda moglie» gli ricordò. «Sì.» «Questo faceva intendere che hai avuto una moglie... voglio sapere se era a me che ti stavi riferendo» insistette Faye goffamente. «E a chi altro?» confermò secco Tariq. Improvvisamente Faye non ebbe più bisogno delle tabelline per mantenere la mente concentrata. Si scostò da lui con uno sguardo confuso. «Quindi stai dicendo che siamo realmente stati sposati, veramente sposati, anche se non è durata a lungo?» «Che altro dovrei dire?» Che altro? Che altro? Sconvolta, Faye si ritirò da lui, la schiena tesa appoggiata ai cuscini accatastati dietro di lei. Lo studiò con occhi agitati, immensi. «Mi avevi detto che la cerimonia nuziale era stata una finzione!» «No» la contraddisse Tariq con freddezza. «Ti ho detto che una cerimonia nella quale mi sentivo obbligato era come una finzione, ma non ho in nessun modo insinuato che agli occhi della legge non fosse un vero matrimonio.» «Vuoi dire che ero veramente tua moglie dopo quella cerimonia?» «Cos'altro avresti potuto essere?» domandò Tariq con un tono sempre più ironico. «Eri la mia sposa.» «Quando gli riferii che avevi già divorziato da me, Percy mi disse che la cerimonia poteva essere stata solo una sorta di rituale del Jumar...» «Io non avevo già divorziato da te e non c'è alcun rituale nella legge del Lynne Graham

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Jumar» replicò Tariq, gli occhi scuri e infossati resi duri dal disgusto. «Come poteva il tuo patrigno dare un simile giudizio visto che non era presente? Certo che era un matrimonio legale, e considerando che siamo stati prima sposati da un religioso cristiano, come hai potuto credere altrimenti? Diversamente dal tuo patrigno, io sono un uomo d'onore.» «Ma il ministro cristiano non usò la lingua inglese e io non ero sicura che lui fosse ciò che pensavo. Ho creduto che fosse tutta una finzione perché tu dicesti che lo era. E tu sapevi che io pensavo che...» Per quanto Faye cercasse di dominare il turbamento che la stava sommergendo, non ci riuscì. «Nella grotta, hai detto qualcosa sul fatto che non ti ho seguito in Jumar... hai detto che una vera moglie non avrebbe mai lasciato l'ambasciata. Mi stavi forse dicendo che un anno fa mi avresti accettato come tua moglie se io fossi rimasta o se in seguito fossi venuta in Jumar?» «Non ho la sfera di cristallo per sapere che cosa avrei potuto fare in circostanze che non si sono verificate, quindi è una domanda senza senso» ribatté lui. «Una domanda senza senso! Non mi sembra che tu abbia tentato di impedirmi di fuggire via quel giorno.» «Naturalmente no.» «Perché in tal caso non avresti potuto liberarti di me abbastanza velocemente! Almeno sii onesto su questo.» «Ero ancora arrabbiato con te, ma non sono stato responsabile delle decisioni che tu hai preso.» «Ma non sapevo che stavo prendendo una decisione! Pensavo che la decisione fosse stata presa per me!» Tariq la soppesò, con le labbra increspate. «Forse ora vorresti essere mia moglie, solo perché il denaro che ti diedi è finito...» «Non ti degnerò neanche di una risposta per questo!» Si stava rendendo conto troppo tardi del più grave difetto di Tariq: un orgoglio ostinato e inflessibile che la spaventava. Era stato così dannatamente orgoglioso da rovinare il matrimonio per sempre, senza mai pensare che lei potesse avere frainteso la situazione o essere innocente. «Mi hai mal giudicato, ma io ti avrei perdonato per quello.» Un sorriso privo di umorismo le sfuggì dalle labbra. «Ma tu non puoi accettare di avere torto. A parte la bugia sulla mia età, che è una cosa che le Lynne Graham

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adolescenti di tutto il mondo fanno, il mio unico peccato è stato accettare la tua proposta di matrimonio.» «Faye...» Lei sollevò una mano tremante, troppo ferita per guardarlo. «Ma tu mi stavi offrendo ciò che io desideravo di più al mondo. Ti amavo... Sì, di questo sono colpevole, di aver disperatamente voluto essere tua moglie!» Gli voltò le spalle, sopraffatta dall'amarezza e dalla mortificazione. Come aveva potuto parlargli così? Come aveva potuto rivelargli così tanto? «Ho ancora solo una cosa da dire.» Incerta, prese fiato. «Tu dell'amore vero ne sai quanto ne so io su come si governa il Jumar, quindi non prendermi in giro col fatto che era amore quello che sentivi! Il tuo cavallo ha una maggiore sensibilità. Percy cercò di renderti ridicolo e questo ti ha oltraggiato perché scommetto che nessuno aveva mai osato farlo prima. Così l'hai fatta pagare a me e stai ancora facendomela pagare per il tuo orgoglio ferito...» «Hai finito?» Il ghiaccio polare sarebbe stato più caldo di quella domanda. Faye chiuse gli occhi in preda all'infelicità. Orgoglio ferito. Due parole che il suo virile guerriero del deserto non le avrebbe mai perdonato. Ma del resto lui non era disposto a perdonare niente, quindi perché preoccuparsene? Tu eri in torto, io no. Tremò. No, non era stato amore, non ciò che lei riconosceva come amore. «Se avessi fatto pagare la mia rabbia al tuo patrigno, se mi fossi avvicinato a dieci passi da lui, lo avrei ucciso a mani nude. E non per il tentativo di ricatto, ma per quello che aveva fatto di te, una donna avida e senza scrupoli!» Nel silenzio gelido che seguì, Faye lo sentì spogliarsi. In quel momento giurò a se stessa che non avrebbe più ripensato a quel giorno disastroso. Aveva sprecato un anno intero della sua vita a rimpiangerlo. Poi il materasso si piegò sotto il peso di lui, e le luci si spensero. Senza preavviso, Tariq invase la sua parte del letto. «Lascia che ti abbracci.» La sua voce era morbida. «No!» scattò lei. «Non posso neanche sentirmi triste da sola?» «Non quando stai facendo sentire triste anche me» gemette Tariq, attirandola tra le sue braccia forti, stringendola ancora di più quando lei fece un tentativo di liberarsi. «Non ti toccherò. Possiamo sentirci tristi Lynne Graham

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insieme. Rimani semplicemente ferma» le sussurrò. Il calore e la solidarietà del suo corpo si insinuarono in lei furtivi. Lentamente la tensione la abbandonò. «Sai, oggi ho saputo per la prima volta del tremendo incidente aereo.» Sentiva di dover dire qualcosa su quell'argomento. Tariq si irrigidì. «Mi dispiace davvero. Tuo padre, la tua matrigna... L'ultimo anno deve essere stato un incubo per te.» «Sicuramente sui giornali inglesi si è parlato dell'incidente» sottolineò lui. «Sono sicura di sì, ma sei mesi fa la mia vita era in totale sconvolgimento» gli confidò Faye in segno di scusa. «La casa era stata venduta e io stavo pensando al trasloco ed ero alla ricerca di un luogo in cui vivere. Così probabilmente non ho visto l'annuncio dell'incidente. Subito dopo il mio arrivo qui hai parlato della scomparsa della tua matrigna, ma non avevo idea che insieme a lei fossero morti altri tuoi parenti.» «Quale casa era stata venduta?» la interruppe Tariq. «Cosa vuoi dire con quale?» Si accigliò. «La casa di tuo fratello o la tua?» «Adrian viveva negli alloggi dell'esercito, non possedeva una casa sua e quando lasciò la vita militare dovette sistemarsi. Sto parlando della casa in cui siamo cresciuti...» «Ma perché fu venduta?» Faye sospirò. «Adrian e io eravamo comproprietari, ma era troppo lontana da Londra per lui e Lizzie, così io acconsenti alla vendita. Ti dissi che ha usato il ricavato per avviare la sua attività...» «Ma non avevo capito che avevi sacrificato la tua stessa casa. Come hai potuto lasciare che il tuo stupido fratello vendesse il tetto che avevi sulla testa?» «Per favore Tariq, non chiamare Adrian stupido.» «E dove hai vissuto da allora?» domandò lui. «Ho trovato un monolocale vicino al posto dove lavoro, anche se non penso che avrò più un lavoro quando tornerò, perché avrei dovuto stare via solo pochi giorni.» «Un monolocale?» Lei sorrise nell'oscurità al tono inorridito di lui: in effetti, con tutti gli Lynne Graham

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appartamenti che aveva a disposizione, una sola stanza doveva sembrargli decisamente angusta. Gli descrisse il suo appartamento. «Supponevo che tu vivessi con il tuo patrigno o con tuo fratello.» «Adrian ha la sua famiglia ed è venuto qui con loro» gli ricordò lei. «In quanto a Percy, mi ha ricontattato solo quando Adrian è finito in prigione. Sai che il cuore di Percy si spezzerebbe se sapesse che noi eravamo realmente sposati.» Smorzando uno sbadiglio, Faye si arrese alla stanchezza e appoggiò la testa sulla spalla di Tariq. Lui se ne era andato quando lei si svegliò il mattino dopo, alle sette. Cercando con la mano non trovò altro che il vuoto accanto a sé, ma sobbalzò al suono di qualcosa che sembrava stare sotto il letto. Sedendosi di scatto, fece appena in tempo a vedere Rafi saltar fuori in pigiama. «Buh! Ti ho spaventata? Ti ho spaventata?». «Sì! Che ore sono?» domandò lei. Rafi si inerpicò sul letto e le si gettò nel grembo. «Possiamo fare un picnic oggi?» «Forse.» «Mi piaci...» «Per favore fammi tornare a dormire» lo pregò Faye. Rafi si intrufolò sotto il lenzuolo e si rannicchiò su di lei. «Hai visto Tariq andare via?» gli chiese Faye. «Ho visto il suo elicottero.» Rafi ne imitò il rumore e iniziò a girare le braccia a cerchio. «Io non andrò in elicottero, potrebbe cadere giù dal cielo ed esplodere e uccidere mio fratello...» «Oh, Rafi, Tariq starà bene. Tariq è un magnifico pilota» gemette Faye e, rinunciando all'idea di dormire, si girò e iniziò a fargli il solletico finché le loro risate crebbero a tal punto che Shiran accorse a vedere che cosa stava succedendo. Faye pensava che Tariq sarebbe tornato la notte seguente, ma non lo fece. Riapparve solo il pomeriggio del giorno successivo. Dopo essersi tolta le scarpe, Faye stava camminando nella vasca ampia e bassa di una fontana isolata all'ombra di un pergolato. La sensazione dell'acqua fresca che le lambiva la pelle surriscaldata era un sollievo. Con il vestito sollevato Lynne Graham

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all'altezza delle ginocchia calciava l'acqua, osservando lo scintillio nelle gocce. Quando alzò la testa, fu sorpresa di vedere Tariq sdraiato sull'erba curata e rigogliosa a solo una dozzina di passi da lei. «Sei una visione affascinante e rinfrescante» mormorò lui rauco, avvicinandosi e allungando una mano per afferrare la sua e aiutarla a uscire dalla vasca. «Stavi ridendo...» «Ci sono state poche occasioni di ridere nelle ultime trentasei ore» le confidò Tariq, continuando a tenerle le dita sottili e guardandola con un'intensità magnetica che aggiunse colore alle guance già infervorate di lei. «Sono rimasto in piedi per metà della notte ad ascoltare due ostinati anziani litigare per diritti di pascolo di cui nessuno dei due ha bisogno. Ma ora sembra che ne sia valsa la pena, perché sono con te prima di quanto avessi sperato.» «Le mie scarpe» mormorò Faye. «Non preoccuparti delle scarpe, anche se sei piuttosto bassa senza.» Tariq la strinse a sé, sollevandola e mettendosi le braccia di lei al collo. «Aggrappati.» «Io non mi aggrappo» disse lei secca, combattendo il bisogno di afferrarlo e stringerlo per immergersi nel suo familiare profumo. «Per favore...» «Stai sprecando il tuo tempo.» Lui la sollevò più in alto, baciandola tra i seni con forza. Presa di sorpresa da quell'approccio inaspettato, Faye percepì un fiume di calore attraverso il proprio corpo ed emise un mugolio sommesso. «Credi?» Tariq si diresse verso la panchina di pietra sotto l'albero e si abbassò, tenendola intrappolata tra le braccia. «Desidero passare il mio tempo con te.» «Bene, immagino di essermi impegnata a farlo» mormorò Faye riluttante. «Cosa dovrebbe significare questo?» «Sono la tua amante. Mi è difficile evitare di passare del tempo con te.» Tariq si irrigidì e poi inspirò lentamente, i tratti del viso tesi. «Ho considerato quello che hai detto l'altra notte. È possibile che in qualche modo io ti abbia giudicato male...» «È stato Percy a sottrarre il tuo mezzo milione. E ben ti sta!» gli disse Lynne Graham

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Faye apertamente, con soddisfazione. «Devi avergli intestato l'assegno...» «Naturalmente. Credevo che tu vivessi ancora con lui e che si sarebbe preso cura delle tue necessità.» «Percy non si è mai curato di me nella sua vita e non ha quasi mai vissuto con noi, tranne in qualche occasionale fine settimana. Non si è neanche preso cura di mia madre. Ha solo pagato della gente per farlo.» «Questa non è l'immagine della felice famiglia unita che mi facesti la prima volta che ti ho incontrato.» «Certo che non lo è» concordò Faye con dolore. «Chi espone i panni sporchi di famiglia quando può evitarlo? E tu devi ammettere che Percy è un bell'esempio di panni sporchi. Pensi che non abbia visto come lo evitavi? Pensi che non mi accorga di quanto il mio patrigno offenda le persone?» «Perché diamine tua madre ha sposato un uomo tanto sgradevole?» «Se se ne è mai pentita, non l'ha dato a vedere» sospirò Faye. «E, per essere giusta, lui non le ha mai rivolto una parola scortese, ma misteriosamente durante il loro matrimonio la nostra condizione economica è peggiorata.» «Adrian una volta mi ha accennato che tuo padre aveva fatto degli investimenti azzardati.» «Adrian? Perché non lo ha mai accennato a me?» domandò Faye esasperata. «Credo di essere stato negligente nelle mie responsabilità verso di te» commentò Tariq piatto. Faye si irrigidì. «No, non lo sei stato. Per quanto mi riguarda, non sono mai stata tua moglie. In effetti non voglio neanche più pensare a tutta questa assurda storia.» E in fretta si liberò dal suo abbraccio, alzandosi in piedi. Avendo però dimenticato di non avere scarpe, sentì la pietra bollente sotto i piedi nudi. «Fa male!» gridò facendo un salto nell'erba. «Una principessa dovrebbe mostrare più dignità!» «Ti auguro di... saresti così gentiluomo da prendermi le scarpe?» Tariq saltò su e le prese le mani, sorprendendola. Le coprì la bocca morbida con la propria, con un desiderio divorante che si infranse in lei come un'onda d'urto. Poi la sollevò e la sistemò sulla panchina. Faye lo osservò recuperare le scarpe e tornare. «Proprio come Cenerentola» mormorò lui in tono scherzoso piegandosi Lynne Graham

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per infilarle i sandali ai piedi. «No, lei trovò il principe delle fiabe. Io ho trovato il rospo di poca fede...» «Prego?» «Mi hai sentito.» Tariq si mise a ridere, la prese per mano e la riaccompagnò giù per la collina verso il palazzo. «Sei venuto là fuori solo per ricondurmi all'interno, non è così?» «Sono venuto a cercarti, ma hai ragione. Ti sto portando di nuovo nella mia stanza, dove intendo toglierti ogni indumento che indossi e fare appassionatamente l'amore con te» ammise lui. «Il dovere chiama» scherzò Faye, prima di sentire il desiderio avvolgerla nell'intimo. E questo non la rendeva affatto migliore di lui. Lui le lanciò un'occhiata stupita. «Sei cambiata.» «Pensi?» «Ora stai scherzando sul fatto di dividere il mio letto.» «Che strano.» Scrollò le spalle. «Ora hai un piccolo problema però, no? Invece di subire la tua vendetta, mi sto divertendo.» «Non sto più pensando alla vendetta.» «Non mi importa. Per quanto mi riguarda, sto considerando tutto questo come una vacanza prolungata.» «Davvero? E io suppongo di essere l'avventura romantica della vacanza» osservò lui con sarcasmo. «Nessun commento.» In silenzio, Faye si liberò delle scarpe con un calcio e si sdraiò sul letto. «Pensi di potermi togliere questa cavigliera ora?» «Mi piace vedere che la porti.» «Tutto il tempo... sempre? Anche quando cammino nell'acqua?» «Stai resistendo» mormorò lui dolcemente. Poi, liberatosi dell'ultimo indumento, si diresse verso il letto. La luce del sole che filtrava attraverso le porte spalancate del balcone avvolgeva il suo splendore abbronzato: Faye sentì la gola stringersi. Non c'è oggi, non c'è domani, si disse febbrile. Stava vivendo il momento presente. «Non puoi vincere.» Tariq si abbassò sul letto, da vero predatore. «Tu sei la mia donna, aziz.» «Finché ti desidero ancora» puntualizzò Faye. Lynne Graham

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Le dita snelle di lui si fermarono per un attimo sui bottoni del vestito. «Non ho intenzione di lasciare che tu smetta di desiderarmi...» «Be', puoi sempre provarci.» Lui le allargò i lembi del vestito come se stesse scoprendo oro prezioso. Faye non portava reggiseno. «Non sono sorpreso che i diritti di pascolo non siano riusciti a ottenere la mia attenzione la notte scorsa» le confidò rauco, facendo scorrere una mano su quelle rotondità. «Sei mirabile.» Lei fu scossa da un brivido, ma schiacciò la schiena sul letto. «È normale pensarla così dopo un anno di celibato...» «E cosa ne vorresti sapere? Solo qualche giorno fa eri vergine.» Tariq le lanciò uno sguardo di sfida. «Stavo solo esprimendo un'opinione.» «Non farlo.» «Pensi allora che altri uomini sarebbero della stessa opinione?» Un diavoletto si stava aggirando nella testa di Faye, istruendone la lingua. Tariq esplose. «Perché mi rivolgi una domanda così inappropriata?» «Lo è quanto la tua riguardo a quanti altri uomini avrei invitato a cena per poi andarci a letto.» «Ero adirato per il tuo comportamento.» «Davvero? Pensavo che stessi solo cercando di farmi sentire una persona da quattro soldi» disse lei. «È stato un comportamento da quattro soldi.» Infilandole le mani nei capelli scarmigliati, Tariq prese possesso delle sue labbra aperte con una tale forza che lei perse il controllo sui propri pensieri. Si aggrappò alle sue spalle, confusa di piacere. Ma poi lui si interruppe per sfilarle il vestito. «E tu non sei una donna da quattro soldi...» «No, in effetti. A oggi, secondo i miei calcoli, ti sono costata più di un milione di sterline! Nessuno potrebbe definirli quattro soldi» concordò Faye. Tariq la guardò torvo, pallido sotto la pelle scura. «Li vali. Sei soddisfatta, ora?» Non lo era, ma annuì, desiderando di non aver mai fatto accenno al denaro. Tariq seguì il profilo della sua bocca tremante con l'indice, nel tentativo di calmarla. Lei cercò di soffocare le lacrime, ma lui se ne accorse. «Alla fine siamo insieme. Pensa solo a questo.» Lynne Graham

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Nel momento in cui lui la baciò di nuovo, il desiderio irruppe ancora. Lo amava. Lo desiderava. Non avrebbe permesso a se stessa di pensare in altri termini. Le sue mani vagarono su di lui, adoranti e audaci. Fremendo sotto quell'esplorazione, Tariq la attirò a sé bloccandola contro il suo corpo eccitato, mentre le devastava le labbra. «Mi fai impazzire» le disse esausto, mentre lei cercava di prendere fiato. Ma anche respirare era una sfida, con le mani esperte di lui sul corpo e la sua bocca che le tirava i capezzoli. L'eccitazione cresceva rapidamente, Faye vi era già persa, muovendosi contro di lui, aprendo le cosce con un sospiro al suo primo tocco. Il desiderio non era mai stato così intenso, non l'aveva mai assorbita così completamente. Il cuore le batteva all'impazzata, non poteva respirare, non poteva pensare ad altro che... Mentre Tariq si immergeva in lei con un unico slancio vigoroso, Faye si sollevò verso di lui con un gemito e ciò che seguì fu il più sfrenato piacere che avesse mai conosciuto. Con il cuore martellante, si lasciò andare alla pura eccitazione, al desiderio, al bisogno, infiammandosi con avida impazienza e poi innalzandosi a tal punto da pensare di poter toccare il cielo nella morsa dell'estasi più dolce. Riemerse al mondo reale con una sensazione meravigliosa. Tariq la teneva ancora stretta, e Faye non sapeva dove aveva inizio lei e dove terminava lui, ed era una bella sensazione. «Sei davvero speciale» mormorò Tariq. «Anche tu.» «Potrei anche non lasciarti andare mai.» Lei sorrise, simile alla Sfinge, femminile e compiaciuta. Enigmatica. «Dove pensi che io sia?» C'era qualcosa di molto sensuale in Tariq al telefono, rifletté Faye in uno stato di beata astrazione, anche quando parlava delle cose più banali. Solo due settimane prima lo aveva definito un rospo, si ricordò con un sorriso indolente, ma il suo rospo si era trasformato di nuovo in un principe. «Stai tornando a casa?» gli chiese in tono eccitato. «No.» «Tra quanto ci sarai?» «Dove sei tu?» Lynne Graham

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«All'esterno... dovrai cercarmi.» «Potresti dubitarne?» mormorò lui con un tono rauco di promessa che le inviò un brivido lungo la schiena. Faye ripose il telefono, concentrandosi nuovamente sui bambini. Era arrivata l'ora del sonnellino, decise. Avevano fatto un picnic in giardino, ed erano seduti su tappeti distesi sotto l'ombra degli alberi. Hayat si aggrappò al braccio di Faye per sostenersi e le schioccò un bacio sulla guancia. Basma si trovava già nel suo grembo con Rafi. Quando Tariq non era nei paraggi, Faye stava sempre con i bambini. In effetti, si era domandata se Tariq avesse un'idea di quante ore al giorno lei trascorresse in loro compagnia, ma dato che lui non aveva mai affrontato l'argomento era stata attenta a fare lo stesso. A ogni modo, quando lei e Tariq erano insieme, non esisteva altro al mondo. Certo, se pensava al futuro incerto, si spaventava, perché era innamorata di Tariq come non lo era mai stata. Ma per tutto il resto del tempo, si accontentava di lasciare che il domani si creasse da solo. Immersa com'era nelle sue fantasticherie, si stupì quando le due domestiche che ripulivano i resti del picnic improvvisamente si inginocchiarono. Sollevò lo sguardo e fu sorpresa di vedere Tariq a poca distanza da lei. Le aveva detto che non stava tornando a casa: ciò che non le aveva detto era che era già tornato. Nell'osservare il quadretto che lei formava con i bambini riuniti intorno, Tariq non poté nascondere il suo stupore. «Quando avete fatto amicizia?» Senza il minimo avvertimento, Rafi saltò su dal grembo e gridò qualcosa in arabo che fece gelare Tariq. «Smettila, Rafi» lo pregò Faye costernata. Rafi si placò immediatamente. «Sembrerebbe che tu ti sia resa indispensabile» sottolineò Tariq con ironia, osservando le gemelle scoppiare a piangere all'unisono e aggrapparsi a Faye in cerca di sicurezza. «Per caso o di proposito?» Poi girò sui tacchi e si allontanò. «Che cosa hai detto, Rafi?» sussurrò lei scossa. «Tu sei la mia mamma segreta e se lui ti porta via, io verrò con te!»

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Faye lo trovò in uno dei salotti al pianoterra. «Tariq...?» sussurrò con apprensione, fermandosi subito sulla porta. Lui si girò, il volto inespressivo. «Sei riuscita a calmare l'isteria di massa provocata dal mio arrivo?» «Sono tutti a riposare ora. Tariq, non immaginavo che Rafi ti avesse tenuto nascosto il fatto che trascorressi del tempo con lui, né certamente che mi stava considerando la sua nuova mamma.» «Non posso dire che mi abbia fatto piacere essere trattato come il grosso lupo cattivo» mormorò Tariq amaramente. «Persino da Basma e Hayat, che di solito mi salutano con sorrisi e risatine.» «E così avrebbero fatto questo pomeriggio se non fossero state esauste e quindi facilmente eccitabili» lo rassicurò. «Non è così che descriverei la situazione» la sorprese Tariq con una risata addolorata. «Avevo notato l'evidente miglioramento nel comportamento del mio fratellino, ma avevo supposto che fosse dovuto all'allontanamento delle sue precedenti balie.» «No, questo lo aveva lasciato più infelice e confuso che mai e penso che forse è stato questo il motivo per cui si è rivolto a me.» Tariq sospirò. «E poi improvvisamente Rafi diventa felice e cessa i suoi capricci e il suo costante lamento notturno. A essere sincero, ero così profondamente sollevato da quel cambiamento, che non mi sono chiesto il motivo del miracolo. Il suo comportamento era fonte di vera preoccupazione per me, e non mi aiutava il fatto che fosse stato cresciuto per temermi...» «E tu dovevi sempre rimproverarlo. Lo so e lo capisco. Sono stata terribilmente avventata ed egoista» mormorò Faye, il volto segnato da pentimento e senso di colpa. «Ho lasciato che i bambini si attaccassero a me e questo non è giusto verso di loro.» «È davvero incredibile come tu sia riuscita a rendere unito il gruppo a mia insaputa.» «Se ho danneggiato il tuo rapporto con Rafi, mi dispiace.» «No. Rafi si è dimostrato molto più rilassato con me da quando ha messo le mani sulla sua mamma segreta...» mormorò lui. «È un bimbo molto affettuoso.» «E tu sei una donna molto affettuosa. È ironico che sia stato io l'ultimo a scoprire quanto ami i bambini.» Per caso o di proposito?, le aveva chiesto. Ma quale proposito poteva Lynne Graham

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avere avuto nel far amicizia con i bambini? E poi avvampò. Sospettava forse che stesse cercando di conquistarsi il cuore dei bambini per rendergli difficile una rottura della loro relazione? «Ancora più ironico è il fatto che non mi sarei mai sognato di esibire Rafi così com'era qualche settimana fa» commentò Tariq, prendendole le mani contratte e accarezzandole. «In effetti, molte donne se la sarebbero data a gambe davanti al vecchio Rafi, ma tu hai un cuore grande.» «Ma non ho sempre buonsenso... Non ho considerato la cosa in una prospettiva a lungo termine.» «Non credo che tu abbia mai avuto una prospettiva a lungo termine su niente.» Tariq rimase a guardarle le mani incantato. «Io, d'altra parte, tendo a essere spesso molto risoluto, ma fortunatamente non lo sono stato quando si è trattato di divorziare da te.» «Divorziare da me? Quando... quando te ne sei occupato?» bofonchiò lei a denti stretti. Tariq inspirò profondamente e poi espirò, senza una parola. Lei lo osservò stupita, notando il colore che stava affluendo sui suoi zigomi. «In realtà... mai» tagliò corto Tariq alla fine. «Non aveva senso dirtelo tre settimane fa. Ero ancora convinto che avrei finito per chiederlo. All'inizio pensavo solo che stavo coltivando delle false speranze, e poi ho creduto che ti avrebbe addolorato...» «Quindi in realtà tu non hai divorziato da me?» «Sei ancora mia moglie, non sei mai stata altro.» «Penso di aver preso troppo sole.» Le gambe le vennero meno, mentre lo stomaco si ribellava. «Stai impallidendo.» Tariq la fece sdraiare sul ricco sofà dietro di lei. «Il giorno della tempesta di sabbia ho acconsentito a un comunicato stampa in cui ti riconoscevo come mia moglie. In realtà avevo poca scelta. Una volta che la tua presenza nella mia vita era diventata di pubblico dominio, ho dovuto prendere una decisione: creare uno scandalo che macchiasse per sempre la tua reputazione o dirti la verità» concluse l'uomo, continuando a tenere ben strette le sue dita ora prive di forza. «La verità... sai, pensavo che tu mi avessi sempre detto la verità» sussurrò Faye. «Sono arrivato recentemente a capire che la verità omessa evitata una volta può diventare estremamente difficile da dire.» Oh, che opportunismo! Mentre le sue patetiche bugie sull'età le erano Lynne Graham

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state imputate come il peggiore dei peccati, Tariq ora stava cercando di scusarsi per la stessa disonestà. «Mi hai mentito.» «No, mai una volta ti ho detto di aver divorziato.» «Ma sapevi che io credevo fossimo divorziati.» «Se tu me lo avessi chiesto direttamente, non ti avrei mentito» dichiarò lui. «Ma quando te l'ho domandato nella grotta hai risposto non allora» gli ricordò lei vibrante. «Come sei riuscito a spiegare l'apparizione dal nulla di una moglie misteriosa?» «La mia famiglia non ha mai fatto delle nostre vite private una questione di interesse pubblico, il che non vuol dire che pettegolezzi, voci e scandali non abbondino» ammise lui. «In ogni caso, ho riconosciuto di averti sposato un anno fa, e verrà supposto, che mi piaccia o no, che io abbia deciso di non dare inizio al nostro matrimonio finché ero in lutto.» «Faresti miracoli per la tua immagine.» «Mi vergogno.» Tariq respirò profondamente. «Ma è il minimo che merito per aver dato l'avvio a una serie di eventi che potevano solo portare al disastro.» Disastro? Tutto quello che non aveva compreso fino ad allora le divenne chiaro. «Il nostro matrimonio è stato festeggiato a quel ricevimento a cui ho preso parte nel deserto! E nessuno ha fatto cenno alle nozze, neppure una parola...» «La mia gente, e questo include anche i miei parenti, non intavolerebbe una conversazione con te, o con me, se non siamo noi a iniziare. Si tratta di semplice etichetta. In più, le spose normalmente conversano solo con i loro mariti. Ma all'inizio di quella giornata credevo che avresti capito ciò che stava accadendo.» «E tu eri arrabbiato con me, furioso per la posizione nella quale ti eri messo» lo condannò Faye, liberandosi improvvisamente da lui e saltando in piedi. «Quella è stata la nostra prima notte di nozze, ma tu hai preferito farmi credere che fossi la tua amante, ostentata di fronte a tutti!» «In un certo senso è vero, ma il buonsenso avrebbe dovuto dirti che non avrei potuto comportarmi così in Jumar con una donna che non fosse stata mia moglie» puntualizzò Tariq. «Oh, so esattamente cosa avevi in mente. Ti saresti tagliato la lingua prima di darmi la soddisfazione di sapere che ero tua moglie!» sussurrò Faye con amarezza. «Ti prego di prendere nota del fatto che non sto Lynne Graham

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provando soddisfazione. Che razza di ego hai!» Tariq si allungò per stringerla di nuovo a sé. «Smettila. Ho fatto degli errori, come te, ma al contrario di te ho notato come sono cambiate le cose tra noi nelle ultime settimane. Io ti voglio come mia moglie. Sarò onorato di chiamarti mia moglie.» «Da quando?» Le sfuggì una risata di scherno: era così arrabbiata, ferita e confusa da tremare. «Per tutto questo tempo sono stata tua moglie ed ero l'unica a non saperlo. Ancora una volta mi hai reso ridicola e non ti perdonerò mai per questo!» Tariq la strinse ancora più forte tra le braccia. «Solo io so che non sapevi di essere ancora mia moglie.» «E pensi che questo migliori qualcosa... il fatto che non possa neanche fidarmi dell'uomo con cui ho dormito? No, sono stanca di te, tra noi è finita! Allontanati da me!» «No, non finché non ti avrò fatto ragionare e tu non sarai più calma.» «Più calmai» Faye liberò una mano e gli diede un sonoro schiaffo su uno zigomo. «Così ora potrai gettarmi nella cella di una prigione e liberarti finalmente di me per sempre!» Poi si precipitò fuori dalla stanza. Non sapeva neanche dove stava correndo, dato che non c'era luogo lontano abbastanza dove potersi nascondere dall'umiliazione che lui le aveva inflitto. Accecata dalle lacrime, conscia del fatto che lui la stava inseguendo e desiderando disperatamente di rimanere sola, si diresse verso la scala più vicina: una scala a chiocciola in pietra di solito usata solo dalla servitù. «Faye!» la chiamò Tariq da un punto vicino dietro di lei. Lei si girò a metà, dimenticando di essere su una scala a chiocciola, e improvvisamente uno dei piedi si ritrovò a cercare un appoggio a mezz'aria. Con un grido soffocato, cercò di correggere l'errore ma era troppo tardi: cadendo, sbatté la testa contro il muro. Avvertì la momentanea esplosione di dolore, poi fu presto avvolta da una profonda oscurità. «È solo uno stupido bernoccolo sulla testa, Rafi. Sono stata veramente sciocca a correre su quegli scalini.» Faye accarezzò la sua manina aggrappata alla camicia da notte finché lo sentì rilassarsi grazie alle sue coccole. «Sto bene e sono felice di essere uscita dall'ospedale.» «Posso restare?» Lynne Graham

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«Faye ha bisogno di riposare per un po'» mormorò Tariq, piegandosi per prendere il fratellino tra le braccia. «La potrai vedere più tardi, te lo prometto.» Faye non voleva guardare Tariq. Dopo avere perso conoscenza il giorno prima per la caduta, era stata trasportata in ospedale dove era stata esaminata da tre specialisti, che l'avevano medicata e poi dimessa. Tariq era sempre rimasto vicino a lei, ma non lo aveva guardato per tutta la notte. Neanche quando lui le aveva preso la mano pregandola di perdonarlo. Quando la porta si chiuse alle spalle di Rafi, Tariq respirò dolorosamente. «Vuoi che me ne vada?» Lei strinse forte gli occhi e annuì convulsamente. La porta si aprì allora silenziosa per poi richiudersi. Cosa le rimaneva da dirgli? Cosa avrebbe potuto avere lui da dirle? La faceva sentire anche peggio pensare che, in un certo senso, lui aveva fatto bene a comportarsi così. Perché che senso avrebbe avuto per lei sapere di essere ancora sposata con lui quando il divorzio sarebbe avvenuto in ogni caso? Sarebbe stato come subire le stesse angosce due volte. C'era un'unica via d'uscita dalla situazione attuale: il divorzio. Basta tentennare! Perché diamine aveva lasciato che rimanessero sposati per un anno intero? Un grande vuoto la avvolse nell'intimo e il mal di testa le peggiorò, ma a un certo punto riuscì ad abbandonarsi al sonno. Quando si svegliò un paio d'ore più tardi, il mal di testa le era passato e poté esaminarsi l'ecchimosi bluastra sulla tempia destra: fortunatamente era in gran parte coperta dai capelli. Dopo un bagno e un pranzo leggero, decise di cercare qualcosa da mettere. Il suo guardaroba ora era immenso: prendeva una stanza intera. Solo una settimana prima Tariq aveva fatto arrivare dozzine di completi firmati dall'estero, dei quali lei aveva fatto una selezione. All'inizio si era sentita profondamente imbarazzata dalla sua generosità, ma la tentazione aveva avuto la meglio sui suoi principi. Tariq era abituato a donne eleganti che indossavano capi d'alta moda. Quale donna innamorata avrebbe scelto di continuare a farsi vedere negli abiti sobri e semplici contenuti nella sua unica valigetta? La vanità e il desiderio che lui la ammirasse avevano trionfato sulla sua coscienza. Arrossendo a quel pensiero, ora Faye avrebbe voluto indossare i propri vestiti di sempre, ma sfortunatamente se ne era disfatta. Scelse Lynne Graham

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allora un elegante completo con gonna in una ricca tonalità di oro antico. Voleva avere un bell'aspetto nel momento in cui avrebbe detto a Tariq che voleva il divorzio. Dopo aver indossato scarpe dello stesso colore con i tacchi alti, Faye scese giù, solo per scoprire che Tariq non era a casa: era nel suo ufficio all'Haja. Dopo una lunga ed esasperante attesa alla sua richiesta di un mezzo di trasporto, finalmente apparve una limousine con due piccole bandiere del Jumar sul cofano. Fu sorpresa quando due poliziotti motociclisti presero posizione davanti all'auto fuori dal cancello, e si sentì ancora più a disagio quando diede un'occhiata allo specchietto retrovisore e vide altre due auto immettersi dietro a loro. Per la prima volta, cominciò a capire che essere sposata con Tariq non era come essere sposata con chiunque altro e che anche la cosa più piccola che poteva fare aveva delle conseguenze. Latif la attendeva all'entrata laterale del gigantesco edificio. Era molto preoccupato per la sua caduta e le assicurò che ogni scala a chiocciola di Muraaba sarebbe stata rinnovata. Mentre veniva introdotta nell'ufficio di Tariq, il cuore di Faye iniziò ad accelerare. «Sono rimasto sorpreso nel sentire che stavi venendo qui. Sei molto pallida, siediti» si preoccupò per lei. «I dottori hanno detto che dovresti prenderla calma per qualche giorno.» «Preferirei restare in piedi.» Vedendo il suo sguardo sincero, Faye reagì, cercando la guerra invece della cortesia. «Proprio come mi hai lasciato in piedi nel caldo del cortile poche settimane fa.» «La mia mancanza di cortesia non era deliberata, ma una distrazione. Anch'io ero sotto pressione per quel colloquio. È stata una sorpresa quel giorno scoprire che mia moglie non sembrava avere la minima idea di essere mia moglie» spiegò Tariq con ironia. «Bene, tutto questo ora non ha importanza. Non so neanche perché vi ho fatto cenno.» «Davvero, aziz? Pensi che io non sappia che stai buttando giù una lunga lista di ogni mio peccato, passato e presente, per usarli come barriera tra di noi?» Spiazzata, Faye ansimò. «Io...» «Un tempo ci sono passato anch'io. Anche senza vederti, sono riuscito ad addossarti molti peccati. Non mi hai neanche scritto una lettera di condoglianze quando è morto mio padre» puntualizzò Tariq. «Eravamo Lynne Graham

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estranei, ma tu eri mia moglie e io non l'ho mai dimenticato. Pensavo tu fossi senza cuore.» «Ho davvero pensato di scriverti» mormorò Faye, profondamente turbata per quel riferimento a una mancanza che ora sembrava imperdonabile. «Ma non sapevo cosa dire, così alla fine non ho fatto niente.» «Non eri consapevole di essere mia moglie, ma io questo non lo sapevo» le rammentò Tariq. «Quando sei mesi fa l'aeroplano cadde e io persi mio cugino, che era il mio più caro amico fin dall'infanzia, sua moglie e i suoi genitori, mio zio e mia zia, che erano come una seconda famiglia per me, cosa credi abbia pensato di te, non ricevendo di nuovo notizie?» Notando che la situazione si era capovolta a suo svantaggio, Faye si sentì a disagio e non riuscì più a guardarlo: gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime. «Non sapevo dell'incidente.» «Sì, ora lo so e non sto cercando di farti stare male. Voglio solo mostrarti in che modo la rabbia e l'orgoglio ferito conducano a errori e fraintendimenti. Non farlo a noi ora che abbiamo già trovato una via per superare questi ostacoli» la invitò Tariq pacato. «Cosa vuol dire già? Dov'ero io quando questo miracolo terapeutico ha avuto luogo?» «Faye, se mi ami, non ci sono veri ostacoli e non c'è niente che con il tempo non possa essere superato.» Faye era ormai in preda all'ira. Era venuta per avere un confronto dignitoso. Si era sentita forte, decisa nel suo proposito. Ma dal momento in cui era entrata nel suo ufficio, Tariq l'aveva sommersa di parole e l'aveva fatta sentire una goffa scolaretta in presenza di un adulto. Non poteva sopportare che le venisse ricordato che era arrivata fino a quel punto per il fatto di essere stata pazza di lui solo un anno prima. «Il punto è che non ti amo» sbottò a denti stretti. «Ho scoperto le gioie del sesso con te, questo è tutto!» «Fa piacere sapere che mi sono distinto in qualcosa.» Tariq la studiò con freddezza. «Sono venuta qui per discutere del nostro divorzio» continuò Faye. «Non potevi aspettare un'ora, fino al mio ritorno a casa?» «Tariq...» «Non ho intenzione di continuare questa conversazione nel mio ufficio. Ora vai a casa.» Tariq le passò davanti spalancando la porta. Lynne Graham

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Lei strinse furiosa le mani a pugno. «Io...» «Latif, Sua Altezza Reale desidera tornare a casa prima che inizi l'ora di punta.» Faye fu così interdetta nel sentirsi definire Sua Altezza Reale che andò quasi a sbattere contro Latif. L'uomo la scortò a una panchina di pietra e attese. «Sono una principessa?» La domanda le scappò dalle labbra facendola arrossire. «Da questo momento» la informò Latif. «Conferire il titolo è esclusiva prerogativa del principe Tariq. Lei è la seconda principessa nella storia della nostra famiglia reale.» «Veramente?» sussurrò lei confusa. «La signora madre del principe Tariq fu la prima a godere di questo segno distintivo, ma solo alla nascita del figlio. Comunque ritengo più appropriato che, in tempi di progresso come questi, Sua Altezza Reale le renda onore fin dall'inizio del matrimonio.» «Rendermi onore...» gli fece eco Faye debolmente. «Ora può sedersi in pubblico in presenza di Sua Altezza Reale e camminare al suo fianco come sua pari senza che si dica che sta mostrando mancanza di rispetto.» Latif raddrizzò le spalle con immensa soddisfazione. «Sì, stiamo assistendo a un evento significativo in questa parte del mondo.»

10 Tariq non rientrò a Muraaba fino alle otto di sera. Passò dal salotto dove lei stava camminando nervosamente e le rivolse un sorriso caldo, come se tutto tra loro andasse bene. «Vado a farmi una doccia. Sarò subito da te, oppure puoi raggiungermi» aggiunse. «Come osi proporre questo?» «Era solo per sondare l'atmosfera. Non c'era nessun doppio senso.» Faye si contenne per dieci minuti, poi si diresse nella loro camera da letto. La porta del bagno era aperta, Tariq era sotto la doccia. Lei riprese a muoversi per la stanza, fermandosi solo quando sentì chiudere l'acqua. «Perché non hai divorziato da me un anno fa?» lo interrogò. «Perché non volevo spezzare quest'ultimo legame, anche se poteva Lynne Graham

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sembrare molto tenue. E temo, a questo proposito, di non avere buone notizie da darti.» «Cioè?» Osservandolo asciugarsi, Faye poté sentire il familiare calore crescerle all'inguine e in fretta distolse gli occhi. «Questa sera ho imparato molte cose che non sapevo. Nessuno dei miei predecessori ha mai fatto domanda di divorzio. Di conseguenza non ci sono facilitazioni per il regnante del Jumar in casi del genere, nessuna legge, niente di niente» dichiarò Tariq con secca enfasi. «E allora il fatto di girare in tondo tre volte, dire che divorzi, e così via?» «Andava compiuto in un tribunale davanti a un giudice della corte suprema, e in ogni caso sarebbe servito per uno qualunque dei miei sudditi. Ma non per me» ammise Tariq a denti stretti. «Ma tu devi poter ottenere il divorzio...» «Probabilmente la legge troverebbe il modo di permettermi di divorziare, ma io non voglio divorziare.» Faye tremò. «Certo che lo vuoi. Be', lo volevi, dato che hai fatto fare delle verifiche.» «No, è stato mio padre a far fare delle verifiche alcuni mesi prima di morire.» «Tuo padre?» «Non avevo idea che stesse considerando l'ipotesi di divorziare dalla madre di Rafi, ma evidentemente era così. È stato Latif a illuminarmi stasera.» Con l'asciugamano legato in vita, Tariq attraversò la stanza e la prese per le spalle per impedirle di sfuggire. «Te lo ripeto. Non voglio divorziare.» «Ma noi non possiamo rimanere insieme. Io torno a casa e la questione legale può essere risolta tra qualche tempo, o magari mai! Non mi importa proprio di come o quando.» «Faye...» Tariq respirò profondamente. «Fino a ieri eri felice. Non c'è ragione per cui questa felicità debba andare perduta.» «Forse ti piacerebbe che continuassi a fare la parte della tua amante!» «Dato che credere di essere la mia amante sembrava emozionarti, solo tu puoi rispondere a questa domanda. Io ci tengo a te e non voglio perderti, ma la mia pazienza si sta esaurendo...» «Proprio come la mia quando continuavi a giudicarmi male per quel maledetto ricatto!» ribatté lei. «Ma io ho smesso di giudicarti» dichiarò Tariq con forza gelida. Lynne Graham

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«Dicesti che più di qualunque cosa al mondo volevi essere mia moglie perché mi amavi e nell'arco di alcune ore io ho dimenticato tutto, liberandomi di ogni amarezza. Pensi che io non abbia cuore? Pensi che non abbia sentito la tua sincerità?» «Mi hai perdonato per il ricatto?» Faye non voleva che le fossero ricordate le cose più imbarazzanti che aveva compiuto in preda a devastanti emozioni. «Dato che stavo progettando di sposarti in ogni caso» le comunicò Tariq con tono flautato, «non è stato un problema insormontabile.» Faye vacillò turbata: combattere Tariq era impossibile, conobbe con furiosa frustrazione. Era quasi ai suoi piedi e continuava a sorprenderla. «Continui però a non fidarti della mia parola» riuscì a replicare, rifiutando quel ramo d'ulivo. «Io ho ogni diritto di lasciarti.» «Cosa significa diritto] Vuoi annientare Rafi, di cui hai già conquistato l'amore, e che è molto meno in grado di me di sostenere un'altra perdita nella sua vita?» si infuriò Tariq. «Prima di fare i bagagli, vai a dirgli perché lo lasci dopo avergli insegnato ad amarti, perché io non parteciperò a questo dialogo!» E senza aggiungere altro le passò davanti e si diresse nello spogliatoio. Come se si fosse appena destata da un sogno, Faye ripercorse con la mente le ultime ventiquattr'ore e si sentì a disagio. Ricordò di averlo ignorato per tutta la notte mentre lui era rimasto a sedere accanto al suo letto in ospedale. Aveva agito come una bambina stizzita e maleducata, ma lui non le aveva mosso una parola di rimprovero. Si era comportato come se l'incidente fosse stato colpa sua: aveva piegato la testa orgogliosa e l'aveva pregata di perdonarlo. E lei era rimasta là, godendo del proprio potere come una vera bisbetica. Lo amava. Ma Tariq aveva ferito il suo orgoglio. «Tariq...?» mormorò esitante, seguendolo. «Cosa?» «Niente...» «Non sei ancora stanca, vero?» ringhiò lui. «Abbastanza. Non farei mai del male a Rafi, o a Basma, o a Hayat» lo rassicurò Faye. «Se sei davvero intenzionata ad andartene, dovresti farlo ora perché, più a lungo rimani, più difficile sarà per i bambini» sibilò Tariq. «Non ho altro da dire. Ho già detto tutto.» Lynne Graham

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«Mi sono lasciata trasportare» replicò lei con la bocca secca e una nuova paura nell'intimo. «Mi dispiace.» Tariq non disse niente. Lei lo osservò infilare dei jeans sbiaditi e una camicia verde scuro, gli abiti più sportivi che gli avesse mai visto indosso. «Mi dispiace per... tutto.» In quel momento la parola tutto sembrava significare così tanto che Faye non sapeva da dove cominciare. «A me dispiace, a te dispiace, anche ai bambini dispiacerà.» I bei tratti tesi e i magnifici occhi celati, Tariq si diresse alla porta della camera da letto. La stava abbandonando senza una parola. Aveva mantenuto il controllo e spiegato ogni cosa, ma non era servito e ora sembrava aver deciso che la sua partenza era probabilmente la cosa migliore. «Tariq...?» La voce di lei emerse aspra. «Vorrei poter dire qualcosa di profondo, ma tutta la nostra relazione è stata una commedia degli errori e io ho esaurito le parole. Inshallah.» Aprì la porta e si fermò. «Che cosa devo fare con la cavalla?» «Quale cavalla?» Si girò accigliato. «Doveva essere una sorpresa... si tratta di Delilah, la cavalla che hai dovuto vendere l'anno scorso. L'ho rintracciata e ricomprata, ma finché non avrai di nuovo una stalla... Non preoccuparti, me ne occuperò io.» Faye rimase là a bocca aperta, e quando finalmente si decise a corrergli dietro, era scomparso. Davvero scomparso, perché assolutamente nessuno sembrava avere la più pallida idea di dove fosse andato. Chiamò allora Latif, che si offrì subito di recarsi a palazzo. «Non c'è bisogno di preoccuparsi. Il principe Tariq è al sicuro» la informò al suo arrivo. «Volevo solo sapere dov'è...» «Sua Altezza Reale ha dei luoghi dove si reca quando desidera rimanere solo. Potrebbe essere sulla spiaggia. Potrebbe essere nel deserto. Potrebbe vagare in auto per la città, forse perfino camminare per strada, come una persona qualunque.» «Come può essere al sicuro se non si sa neanche dove si trova? Non può essere sicuro per lui comportarsi così!» Latif abbassò gli occhi saggi sul tappeto. «Non è affatto da solo... non lo è mai, è così?» si rese conto Faye. «Lo tenete sempre sotto la sorveglianza del servizio di sicurezza.» Lynne Graham

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«Non c'è ragione di preoccuparsi.» Latif risollevò la testa. «Noi comprendiamo che il principe Tariq ha enormi responsabilità e sopporta molte esasperanti restrizioni senza un lamento. È ancora un uomo giovane. Non ha mai conosciuto la libertà di cui ha goduto suo padre e, purtroppo, non potrà mai averla perché il mondo è cambiato troppo.» Fece un sospiro. «L'anno scorso è stato per lui un periodo di tensione quasi intollerabile» aggiunse, «ma nelle ultime settimane la tensione sembrava svanita.» «Svanirà di nuovo» promise Faye. Andò a letto, ma rimase sveglia. Era grata a Latif per il consiglio. Le aveva dato una nuova immagine dell'uomo che aveva sposato, e lei non l'avrebbe perduto. Quando tornò a casa all'alba, Tariq si mosse come un silenzioso predatore nella camera da letto. Lei giaceva immobile, senza quasi respirare. «Quando dormi, il tuo respiro si fa più pesante» la informò Tariq scivolando tra le lenzuola. «Sapevo che eri sveglia fin da quando sono entrato nella stanza.» «Oh...» La mano di lui le sfiorò le dita. Poteva essere stato un caso, ma Faye non era nello stato d'animo di sopportare le sottigliezze e si gettò letteralmente tra le sue braccia. Ascoltò il battito del cuore di Tariq e lentamente osò riprendere a respirare. Le sue forti braccia si strinsero intorno a lei e fu più che sufficiente. «La curiosità mi sta uccidendo. Che cosa ti ha detto Latif?» Lei si tese. «Sai che è stato qui?» Tariq emise una risata rauca. «Ho i miei sistemi.» «E io che ero preoccupata... davvero stupida.» «Premurosa» la contraddisse Tariq. «Avrei voluto andare in spiaggia a fare una nuotata, ma sono sempre preoccupato che uno di loro abbia un incidente al buio nel tentativo di non farsi vedere.» «Quindi sai di avere compagnia.» «Ho così tanta compagnia che talvolta mi sembra di dare una festa, ma per gli uomini del mio servizio di sicurezza è una ragione di grande orgoglio credere di essere invisibili ai miei occhi.» Accarezzandole i capelli arruffati e scostandoglieli dalle guance, la fissò con occhi resi lucenti dalla luce della luna. «Ho girato in auto per metà della notte pensando.» Lynne Graham

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«Non pensare» lo sollecitò lei, la voce calda. «Rimani, Faye.» Non era una domanda. «Sì.» Le sembrò naturale dirlo. «Sì» ripeté. «Un uomo generoso ti farebbe scegliere, ma io non posso fingere una generosità che non sento.» «Va bene.» Tariq si sdraiò e la fece scivolare su di sé, allargando le mani sulle rotondità dei suoi fianchi, facendole assaporare l'immediatezza della sua eccitazione. «Sarebbe crudele condannarmi ad altre docce fredde» osservò lui. «Concordo.» «Improvvisamente sei molto accondiscendente. Allora esiste una vera parità nelle gioie del sesso» commentò Tariq dolcemente. E mentre la testa di lei si alzava e le labbra si aprivano confuse, le catturò la bocca in un bacio avido ed esigente, del tutto irresistibile.

11 Tre giorni dopo, Faye partecipò al suo primo impegno pubblico con Tariq. Era stato costruito un nuovo centro per bambini con problemi di apprendimento e Tariq era stato invitato all'inaugurazione ufficiale. Faye era molto in ansia, ma i suoi nervi si distesero quando si rese conto che si trattava semplicemente di parlare con la gente, chiacchierare con i bambini ed elargire molti sorrisi. Solo quando fu servito il rinfresco, Faye riconobbe la cugina di Tariq, Majida. Un sorriso stucchevole sul viso, la figura modellata in un completo di broccato rosso ciliegia, Majida si avvicinò a Faye mentre Tariq era impegnato. Faye le sorrise. «Come stai? Non ti ho notata prima, ma sono certa che hai contribuito in qualche modo alla costruzione del centro.» «Ho organizzato la raccolta di fondi. Posso congratularmi per il suo tocco meravigliosamente abile con i bambini, Altezza Reale?» «Grazie.» Sospettando una nota di sarcasmo, Faye si irrigidì. «Naturalmente, con tre bambini già da crescere e un bisogno estremo di averne uno tutto suo, il principe Tariq sapeva esattamente quali virtù materne cercare in sua moglie» mormorò. «Meglio tu di me, dunque.» Lynne Graham

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Quando Majida abbassò la testa e si ritirò, Faye era pallida come un cencio. Le frecciate della bruna avevano colpito un bersaglio delicato. Virtù materne? Nello spazio di dieci secondi, l'intima felicità di Faye si era trasformata in un nodo di dolore. Come si sarebbe comportato Tariq verso il loro matrimonio se lei non avesse avuto successo con Rafi, Basma e Hayat? Inoltre, era vero che Tariq aveva un bisogno urgente di un proprio figlio per assicurare la successione, tuttavia aveva protetto Faye dalla gravidanza con cura attenta. Forse non si fidava ancora abbastanza di lei. Forse desiderava essere sicuro che il loro matrimonio sarebbe durato, prima di affrontare l'argomento di un figlio. Lo sguardo di Faye fu catturato dalla testa di Tariq piegata verso quella della cugina. Si irrigidì, a disagio nel vederlo in compagnia dell'altra donna. Quali intelligenti considerazioni stava seminando Majida nella testa di Tariq? Quando però si voltò di nuovo poco dopo, vide Majida scivolare fuori dalla porta, pallida e infuriata. Nella limousine che li riportava a Muraaba, Tariq la sorprese portandosi la sua mano alle labbra e baciandole le dita. «Eri magnifica. Sono stato molto fiero di te.» Lei sorrise, mentre la tensione si allentava. «Finché la gente non si aspetterà di vedermi seguire l'esempio di tua madre. Allora sarei sicura di deluderli.» «È questo che ti rendeva così apprensiva?» Al suo riluttante cenno di assenso, Tariq rise con una nota malinconica. «Mia madre era una persona molto colta, ma non era una santa. Era troppo aggressiva nel sostenere le cause a cui aderiva e spesso offendeva le persone con il suo parlare franco. Era il suo calore naturale a conquistarle il perdono, e tu hai la stessa qualità, senza il desiderio di cambiare il mondo in una notte.» Commossa dalla sua onestà, Faye si risollevò. «Mia cugina Majida non ti disturberà più» continuò Tariq con calcolata indifferenza. «Ero molto irritato quando l'ho sentita parlare con te in quel modo.» «Hai sentito"?» Faye arrossì. «Stavo ascoltando e non per caso. Sapevo già con sicurezza che poteva essere stata solo Majida a insultarti la sera del nostro matrimonio.» Il suo sguardo scintillò di ironico divertimento. «Conosco molto bene i miei Lynne Graham

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parenti. Solo Majida poteva essere infelice nel vedermi con una moglie giovane e bella, mentre il resto della mia famiglia era ansiosa di vedermi sposato.» «Immagino che pensasse di essere una candidata migliore» sospirò Faye. «I matrimoni tra cugini di primo grado sono frequenti nei paesi arabi, ma la mia famiglia è sempre stata contraria.» Faye si irrigidì. «Quindi anche se avessi voluto sposarla, non avresti potuto farlo.» «Ho sempre avuto libertà di scelta. Tuttavia Majida non mi è mai piaciuta, ha una grande opinione di sé ed è gelosa. Ma d'ora in poi starà attenta a trattarti con il dovuto rispetto.» Rilassandosi, Faye si protese verso di lui, appoggiando la testa sotto il suo mento e assorbendone il caldo profumo con piacere. Forse non la amava, ma sicuramente teneva a lei. Il telefono dell'auto squillò. Con un sospiro d'impazienza, Tariq lo afferrò e ascoltò cupo. «Che cosa è successo?» lo sollecitò Faye, quando lui ebbe riappoggiato la cornetta. «Non si tratta dei bambini, vero?» «No» la rassicurò lui. «Ma sembra che questo sia il giorno eletto dalle nostre reciproche famiglie per imbarazzarci. Il tuo patrigno ci aspetta a Muraaba e Latif, che è a colloquio con le teste coronate d'Europa, sembra avere molto bisogno di una mano» le riferì. «Percy è qui in Jumar... di nuovo?» annaspò Faye sconcertata. «Che cosa devo fare con lui?» chiese Tariq. «Non hai bisogno di preoccuparti. Mi sbarazzerò io di lui» rispose Faye. «Non sono preoccupato. Anzi, non vedo l'ora di incontrarlo.» Tariq fece sorriso beffardo. «No, non sto progettando di ucciderlo a mani nude. Percy può essere molto divertente, a modo suo.» «Cosa diamine vuole?» «Forse il tuo fedele e premuroso fratello si è sforzato di ricordarsi dell'esistenza della sua sorellina e ha alla fine notato che è scomparsa.» «Questo non è molto gentile, Tariq.» «Non mi fa piacere sentirti chiedere sempre se ci sono lettere o telefonate per te» ribatté lui. «La tua famiglia non ti merita.» Faye era turbata dal modo in cui Tariq notava tutto. Pensando che Adrian e la sua famiglia stessero con Percy, aveva telefonato a casa del suo patrigno diverse volte ma, nonostante i messaggi che aveva lasciato nella Lynne Graham

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segreteria telefonica, non era stata contattata. Anche la sua lettera non aveva ricevuto risposta. «Adrian non è stato mai bravo a mantenere i contatti. Gli uomini non lo sono» osservò. «Ma lui ti deve la sua libertà» ricordò lui. «Adrian non è al corrente del patto che tu e io abbiamo stretto.» «Anche l'uomo più ottuso deve aver fatto un collegamento tra il suo miracoloso rilascio dalla prigione e la sparizione di sua sorella.» «Vedrò Percy da sola» decise lei seria. Giunti a palazzo, trovarono Latif che li attendeva nell'atrio e che si rivolse a Tariq in arabo. Un inaspettato sorriso si allargò sui tratti di Tariq. «Pare che Percy sia venuto in possesso di una grande somma di denaro.» «Da dove?» «La lotteria inglese ha elargito la sua generosità a uno degli uomini più immeritevoli.» Quando entrarono nel sontuoso salotto, Percy teneva in mano un finissimo vaso. «Suppongo di stare osservando il risultato di quattrocento anni di saccheggio e razzia» commentò. «Benvenuto a Muraaba, Percy» mormorò Tariq con un pigro sorriso. «Hai decisamente ragione. I miei antenati sono stati spietati fino all'estremo. Sono arrivati a uccidere per la supremazia.» Percy gli rivolse uno sguardo di approvazione. «Sapevo che non avresti serbato rancore, Tariq. Sei un uomo d'affari come me.» Gli occhi guizzarono in direzione della figliastra. «Hai un aspetto magnifico, Faye. Ma ora sparisci, devo discutere di affari privati con Sua Altezza.» Faye incrociò le braccia. «Io non vado da nessuna parte. Come sta Adrian e come mai non ho avuto sue notizie?» «Ho spedito lui e Lizzie per due settimane in Spagna con i ragazzi. Non ha ancora idea che tu sia qui. Bene, non menerò il can per l'aia» annunciò Percy. «Sono qui per riportare Faye a casa, Tariq.» Sbatté un assegno sul tavolo. «Sono sicuro che il vecchio Latif ti avrà riferito sulla mia buona sorte alla lotteria. Quindi, ecco tutto ciò che ti è dovuto, inclusi gli interessi maturati.» Tariq sollevò un sopracciglio. «Sei qui per ripagarmi per aver sistemato i debiti di Adrian?» Lynne Graham

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«E del denaro che hai sborsato per tenere buona Faye l'anno scorso dopo quella geniale trovata delle nozze...» «Hai cercato di ricattarmi» gli ricordò Tariq. «Sii giusto. Ti ho solo preso in disparte e ti ho chiesto che effetto ti avrebbe fatto leggere sui giornali che un uomo nella tua posizione aveva avuto una relazione con una ragazzina dell'età di Faye.» «Avevo diciannove anni» digrignò Faye, disgustata. Ignorandola, Percy continuò: «Era compito mio vegliare su Faye». «Non hai tutti i torti.» Faye rimase stupita nel sentire Tariq ammetterlo. Percy sorrise. «Non mi dispiace confessare che rimasi allibito quando alzai la derivazione del telefono e la sentii offrirti la cena e il dopocena. A guardarla penseresti che sia una santarellina, ma in quel momento stava parlando come una vera donna di mondo.» Il viso infiammato, Faye stava fissando nel vuoto. «A proposito, ho investito quei cinquecentomila dollari per Faye in un'attività di famiglia. Quindi se Faye ti ha suggerito che l'ho imbrogliata, è la vecchia storia della volpe e l'uva» sostenne Percy con tono decisamente aggressivo. «Bene, Faye, sono sicuro che Sua Altezza è un uomo impegnato. Raccogli le tue cose.» «Perché vorresti portarmi a casa? Non ti importa un accidente di ciò che mi succede» rispose Faye rigida. «Guarda, Faye, posso anche non essere stato un grande patrigno, e so di non esserti mai piaciuto, ma non c'è motivo che tu ti sacrifichi per la famiglia restando ancora qui. Tanto non ne ricaverai mai un anello di nozze.» «Non deve ricavare proprio niente. Faye è mia moglie» tagliò corto Tariq. «Diavolo... come ci sei riuscita, Faye?» Percy la studiò con gli occhi quasi fuori dalle orbite. «Siamo sposati da un anno» precisò Tariq. «Vuoi dire...?» Percy quasi ansimava. «Che il nostro matrimonio era legale» spiegò Faye. «Perciò non credo che abbiamo più nulla da dirci. Addio, Percy» concluse senza rimpianto. Più tardi, quando Faye e Tariq restarono soli nella loro stanza, lei si concesse un attimo di malinconia. Lynne Graham

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«Mi chiedo se rivedrò mai più Adrian...» «Certo che lo rivedrai. Se necessario strapperò tuo fratello e la sua famiglia dagli artigli del tuo patrigno» cercò di calmarla Tariq. «Sai che ha chiesto a Latif quale fosse la tariffa corrente per una donna in Jumar?» «Ha chiesto... cosa?» «Voleva riscattarti al prezzo di una serva...» Tariq gettò la testa indietro e rise. «Tu, la donna che non cederei a nessun prezzo! Faye, ti devo delle profonde scuse per avere dubitato della tua parola a proposito del tentativo di ricatto di Percy.» «Ti ho sicuramente dato l'impressione sbagliata con quella telefonata» arrossì Faye. «Vedi, non avevo la minima idea che tu avessi intenzioni serie con me e sapevo che tuo padre stava morendo... pensavo solo che stavi per svanire dalla mia vita. È stato un impulso folle e pensavo di essere incredibilmente romantica...» «Be', eri certamente molto più romantica di quanto fossi io quella notte. Ero irato con te perché ero sconvolto all'idea che tu considerassi il sesso come qualcosa di casuale, che potessi non sentire lo stesso legame speciale che io sentivo per te. Avevo paura che tu pensassi a me come a un semplice amante, mentre io ero disperatamente innamorato di te.» «Lo eri davvero?» sussurrò Faye. «Onestamente?» «Sì, e per la prima volta. Avevo sperimentato il sesso, ma non l'amore» le rivelò Tariq. «E ammetto che ne avevo paura. Volevo conoscerti veramente bene prima di parlare di amore o matrimonio. Le seconde nozze di mio padre hanno avuto un effetto negativo su di me. Non era un uomo stupido, ma ha commesso un errore.» «Questo deve averti reso molto cauto.» «Faye, io ho fatto un errore anche più grande. Ti ho sposato continuando a desiderarti, ad amarti, ma il mio orgoglio, il mio carattere duro e la mia ostinazione ti hanno allontanata. Non ho conosciuto un solo momento di felicità l'anno scorso, ma neanche un carro armato avrebbe potuto trascinarmi indietro da te.» «Percy ha fatto molti danni. Non è stata colpa tua.» «Lo è stata invece» ribatté Tariq. «Ho aspettato per ventiquattr'ore all'ambasciata che tu tornassi, poi sono andato a casa in preda a una furia assoluta e non ho detto a nessuno di essermi sposato perché non avevo una moglie da mostrare! Smettila di piangere, non merito le tue lacrime.» Gemette. «Ti ho lasciata sola senza neanche il mio sostegno finanziario e questo mi mortifica. Io ho permesso che la tua famiglia approfittasse del tuo buon carattere. Ma Lynne Graham

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all'inizio credevo davvero che tu tenessi a me, e poi ho dovuto affrontare il fatto che non era così» raccontò ancora. «Quando non ho ricevuto da te neanche una parola dopo l'incidente aereo, mi è nata dentro molta amarezza.» Faye appoggiò la fronte sulla sua e lo abbracciò. «E poi hai iniziato a desiderare vendetta.» «Ciò che desideravo era una scusa per riportarti indietro senza dover ammettere che ero io a volerlo. Quel giorno all'Haja ero sorpreso quando mi hai comunicato che credevi che avessi divorziato da te ed eri convinta che il nostro matrimonio fosse stato una finzione, ma erano novità gradite...» «Non posso credere di essere stata così stupida da accettare la situazione senza discutere.» «Sei scusata. Dopotutto, io sono stato anche più stupido.» Mentre lui continuava a parlare, Faye iniziò ad accarezzarlo sulla schiena. «E poi mi hai spaventato prendendo Omeir. Ero così spaventato di non trovarti prima della tempesta, che ho finalmente ammesso a me stesso di essere ancora innamorato di te.» «Ancora innamorato di me?» Gioia e sollievo la sommersero. «Follemente. Invece tu mi valuti solo per la mia prestazione atletica a letto...» Tariq la guardò con occhi adoranti pieni di giocoso rimprovero. «Sono pazza di te e tu lo sai.» «Così avevo sperato finché non hai scoperto che eri legata a me per la vita e sei andata su tutte le furie.» La adagiò sul letto e la liberò della giacca. «Sono stata orribile.» «Non quanto me. Non sono molto bravo a sopportare le urla. Pensavo davvero che volessi partire...» «E così te ne sei andato lasciandomi libera di farlo» si lamentò Faye. «Non prima di essermi assicurato che il tuo passaporto fosse in mio possesso. Non avrei potuto permetterti di uscire dalla mia vita. Sono così incredibilmente felice con te.» In risposta a quella confessione, Faye si sistemò sul letto, invitante. Tariq la squadrò con apprezzamento. «Sei fatta per me.» «Tu sei fatto per me. Dimmi...» Faye si appoggiò su un gomito con una nuova sicurezza. «Quando proveremo ad avere un bambino?» «Forse tra qualche anno» propose Tariq. «Sono consapevole di averti già Lynne Graham

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caricato di tre bambini.» «Io li amo e non mi dispiacerebbe avere un bambino nostro.» «Ma io sono egoista e per un po' non voglio dividerti con nessuno. Queste prime settimane che abbiamo vissuto l'uno per l'altro sono state un paradiso.» «È per questo che non mi hai mai parlato dei bambini?» sorrise Faye maliziosa. «Perché mi volevi tutta per te?» «Avevo anche paura che saresti rimasta terrorizzata se te li avessi presentati come un'inevitabile condizione per vivere con me» ammise Tariq con sincerità. «La notte che sono tornato a casa dai colloqui, incapace di sopportare di stare separato da te, sapevo che non avrei mai voluto lasciarti andare.» «Ti amo così tanto» sospirò lei sognante, facendogli scivolare le dita nei capelli. «Me, un rospo di poca fede?» la stuzzicò Tariq, facendole scivolare il vestito con grande abilità e avvolgendola tra le braccia. «Molto raramente i rospi si trasformano in principi. Ma se succederà, ti avvertirò.» Diciotto mesi dopo, Faye sistemò il suo bambino nella carrozzina all'ombra degli alberi. Il principino Asif era stato una sorpresa per i suoi genitori. In realtà avevano pianificato di aspettare un altro anno, ma una crociera ai Caraibi l'anno prima li aveva resi incauti. Asif si allungò assonnato, i grandi occhi blu scintillanti lentamente si chiusero. Era un bambino molto tranquillo. Basma e Hayat, con pantaloncini e magliette uguali, stavano camminando nella vasca della fontana mandando gridolini. Sollevandole per farle uscire e ascoltando Rafi chiacchierare della sua giornata a scuola, Faye riusciva solo a pensare a quanto fosse soddisfatta. Con tante persone pronte ad aiutarla e tanto spazio a disposizione, fare da genitore ai bambini non era il fardello che Tariq aveva temuto. Un mese prima Adrian, Lizzie e i loro bambini erano rimasti con loro per una settimana. Suo fratello ora lavorava per Tariq a Londra, svolgendo un lavoro che era stato letteralmente creato su misura per lui. Secondo Adrian, Percy stava facendo fortuna nel campo della speculazione edilizia. Lasciando le cameriere a sorvegliare il pasto serale dei bambini, Faye andò a fare la doccia. Quando uscì dal bagno, avvolta in un soffice Lynne Graham

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asciugamano, nella stanza da letto trovò Tariq. «Tempismo perfetto.» Faye studiò il marito dagli occhi lucenti. «Pensi che questa sia una coincidenza?» Lo sguardo di lui scivolò sulla sua figura snella. Le guance di Faye si infiammarono. «Non quando capita tre volte in una settimana.» «Ti stai lamentando?» mormorò lui rauco attirandola a sé. «Tu cosa pensi?» replicò lei senza fiato. «Credo, come sempre, che la pensiamo allo stesso modo.» Tariq assaporò la sua bocca con bruciante desiderio, attirandola contro il proprio corpo sodo e muscoloso. «Felice?» «Completamente» sussurrò lei beata. «Sai, non mi hai mai detto quando ho abbandonato la mia condizione di rospo...» «Oh, ti sei trasformato da rospo a principe in un lampo!» Abbassandosi sul letto, Tariq si allungò su di lei con pura sensualità. «Dillo ancora...» «Probabilmente quando la mia cavalla, Delilah, è arrivata. Era la cavalla più brutta che tu avessi mai visto, ma hai mentito per non ferire i miei sentimenti.» «Te ne sei resa conto?» Tariq era sconcertato. «O quando hai organizzato quel lavoro per Adrian e lui lo ha ottenuto senza rendersi conto che era merito tuo... o quando hai finto che io fossi la donna più sensuale al mondo mentre ero incinta di Asif... o quando hai fatto costruire la piscina perché potessimo divertirci senza altri nuotatori intorno.» «Nient'altro?» Tariq la studiò con occhi divertiti. Faye si rese conto che c'erano probabilmente un centinaio di buone ragioni per amarlo ogni giorno di più, ma non voleva dirgliele tutte insieme. «È il mio turno? Bene. Stai studiando l'arabo» le disse lui. «E tu non ridi dei miei errori.» «Sei semplicemente te stessa. Una moglie meravigliosa, una splendida principessa, una madre favolosa, e l'amante del mio cuore, aziz.» Ogni frase fu sottolineata da baci, poi il dialogo si affievolì fino a fermarsi e passò molto tempo prima che avesse di nuovo inizio.

Lynne Graham

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FINE

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