Wolfgang Schmid
Epicuro e
/epicureismo cristiano Edizione italiana
a cura
I taio Ronca
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Tito...
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Wolfgang Schmid
Epicuro e
/epicureismo cristiano Edizione italiana
a cura
I taio Ronca
di
Paideia Editrice
Titolo originale dell'opera: Wolfgang Schmid art. Epikur, in Reallexikon fur
Antike und Christmtum v (r96r) 68r-8r9
Traduzione italiana di Italo Ronca
© Anto n Hiersemann Verlag, Stuttgart 1961 © Paideia Editrice. Brescia 1984
PREMESSA ALL'EDIZIONE ITALIANA
Nella dedica del fascicolo XI (I 98 I) di «Cronache Ercola nesi» alla memoria di Wolfgang Schmid, Marcello Gigante riservò un intero paragrafo (p. 6) al suo Epikur: Il culmine del suo interesse epicureo (. . . ) può ritenersi, senza ombra di dubbio, la voce Epikur nel Reallexikon fi.ir Antike und Christen tum (V 1961), che non è soltanto un preciso bilancio storiografico, ma soprattutto un approfondimento della interpretazione spiritua listica di Epicuro che ebbe in Ettore Bignone, da Schmid conosciuto e amato, uno dei più autorevoli sostenitori. Questo saggio ebbe una possibilità di essere tradotto in italiano, e sarebbe stata una fortuna per i nostri studi. Ma, svanita l'occasione, l'impresa non è stata più possibile, perché il progresso della ricerca avrebbe richiesto un ag f!.iornamento che Schmid per lo scrupolo che caratterizzava il suo modo di lavorare non ebbe la forza di affrontare. Tuttavia è auspi cabile cbe un giorno tale saggio, messo a punto, possa essere tradot to ,;ella nostra lingua, in cui malauguratamente, per pronto servili smo, è stata tradotta una compilazione del Rist. Una traduzione è tanto più auspicabile in quanto tutti sappiamo che Schmid non tra scurava i contributi degli studiosi italiani, di cui era giudice sereno.
Ecco dunque l'auspicata traduzione italiana, a giustifica zione della quale basti aver citato l'autorevole filologo par tenopeo. Vorrei solo aggiungere che essa deve la sua esisten za all'iniziativa e alla tenacia dell'amico (e maestro) Giu seppe Scarpat, e che non è sorta in séguito agli auspici di M. Gigante (a cui pure mi sento gran debitore), ma fu ini ziata oltre un decennio fa, quando il sottoscritto, che allora insegnava lingua e letteratura italiana nell'Università di Bonn, ebbe la fortuna di seguire per due semestri le lezioni 7
e i seminari su Lucrezio del compianto Wolfgang Schmid. Purtroppo l'autore, scomparso di recente ( 2 3. r r. r980), non ha potuto aggiornare e rivedere il testo, come avrebbe desiderato. Ho cercato di aderire all'originale nei limiti del possibile, talora anche a scapito di una scorrevolezza di comodo, non tanto per far cosa grata all'autore, che preferiva la 'fedeltà' al bello stile, quanto per evitare i trabocchetti di un testo irto di difficoltà di ogni genere. Naturalmente, mi sono preoccupato di interpretare piuttosto lo spirito che la lette ra. Prima di tutto ho dovuto ridurre a un minimo di sop portabilità lo stile pesantemente nominale e periodico del l'originale; poi ho dovuto spesso attenuare le eccessive sfu mature di cautela (le infinite particelle modali); quindi ho dovuto decidere quali fossero i dati parentetici da relegare in nota e quali da lasciare nel testo; infine ho cercato di 'ag g,iornare' le note entro i limiti del possibile e sempre indi cando in parentesi quadre le mie aggiunte all'originale. Quanto alla bibliografia generale, ho creduto opportuno ag giornarla con l'inclusione di opere specialmente su Epicuro e la sua scuola fino a Filodemo. Più che una bibliografia ag giornata in ordine alfabetico e cronologico, sarebbe stato ne cessario un intero capitolo supplementare dedicato a una rassegna critica, per soggetti, della bibliografia epicurea po steriore al 1960. Mi è mancato il tempo; questo compito po trà essere assolto da un futuro borsista del Centro lnterna zionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi o di qualche dot to collega del moderno Circolo Epicureo Campano. Mi auguro che questa traduzione renda accessibile agli studiosi italiani un 'opera importante, il cui originale è let tura non facile per lo stesso pubblico tedesco. Pretoria, settembre 1 9 8 3 .
lTALO RoNcA
PARTE PRIMA
VITA , OPERE, DOTTRINA, SCUOLA
CAPITOLO PRIMO
LA VITA
Epicuro nacque all'inizio del 341 a.C. e trascorse la pri ma giovinezza a Samo, dove suo padre, che la tradizione vuole maestro elementare, era andato a stabilirsi come cle ruco ateniese. All'età di 1 4 anni iniziò lo studio della filo sofia presso il platonico Panfilo 1, il cui insegnamento non poté tuttavia soddisfare lo scolaro e fu di brevissima durata. Maggiore importanza ebbe per lui il triennio ( 3 2 7-324) passato nella città ionica di Teo presso la scuola del demo criteo Nausifane, dal quale poté conoscere la dottrina de gli atomi e del piacere come fine ( "t'ÉÀoc;) ultimo 2• A I 8 anni Epicuro dovette recarsi ad Atene per pre starvi il servizio biennale di efebo. Durante questo biennio fu suo commilitone Menandro, il futuro celebre commedio grafo 3• Nel comunismo cameratesco, quale Epicuro dovette sperimentare nell'istituto dell'efebia, è stata vista l'origine prima di quel sentimento comunitario che più tardi sarà co sì intensamente coltivato da maestro e discepoli nella vita della scuola : la cosa non è improbabile, ma si può affermare con meno sicurezza di quanto non abbia fatto lo Schwartz, I. Cic. nat. deor. 1,72: Pamphilum quendam Platonis auditorem ait a se Sami auditum, ibi enim adulescens habitabat cum patre et fratribus, quod in eam pater eius Neocles agripeta venerai, sed cum agellus eum non satis aleret, ut opinor, ludi magister fuit. 2. Sulle corrispondenze terminologiche e dottrinali fra Nausifane ed Epicuro cfr. W. Schmid, Ethica Epicurea, commento a col . 13,8, e soprattutto Festugiè re, Epicurus, 23 n. 3 3· Cfr. M. Pohlcnz: Il ermes 78 ( 19-B) 274-275 ( 1 959) I/0.
c
W. Schmid: Rh. Mus.
102 l I
Epikur, 144 4 • È possibile che Epicuro, durante il suo pri
mo soggiorno ateniese dal 3 2 3 al 3 2 1, abbia occasionai mente utilizzato il tempo libero per ascoltare le lezioni di Senocrate, del quale lo indica uditore una tradizione risa lente a Demetrio di Magnesia Quando l'infelice esito della guerra lamiaca ( 3 2 3 -3 2 2 ) ebbe segnato la fine del do minio di Atene su Samo e quindi delle possibilità dei co loni attici ivi residenti, Epicuro, terminato il servizio mi litare, si recò a Colofone, dove suo padre era intanto an dato in esilio. Il decennio successivo rappresenta per Epicuro una fase di maturazione interiore, nella quale egli , come si può sup porre, cercò di chiarire e di verificare le sue idee fonda mentali nel dibattito con le filosofie platonica e peripate tica. Poco sappiamo di questo periodo; ma resta del tutto incerta per es. la tesi del De Witt, Epicurus, 5 6-6o, fon data su premesse in parte erronee, secondo la quale, subi to dopo l'efebia, Epicuro a7rebbe studiato a Rodi presso il peripatetico Prassifane 6. Le prossime tappe attestate con certezza nella vita di Epi curo sono Mitilene a Lesbo e Lampsaco sull'Ellesponto . Qui Epicuro allacciò quei rapporti di amicizia che tanta importanza avrebbero avuto per le future sorti della scuo la: Ermarco, suo primo successore, era origin:1rio di Miti5.
-4· Cfr. anch:: sotto, pp . 69 ss.
5· Usener, Epicurea, 366,3 [= Diog. L. 10,1 3 ] : �EJ..rT]'tp�oc; òé cpl)cr�v Ò Mtiy Vl)c; xoct E'Evoxpa:touc; ocù,;òv &:xoi:icroc�; più cautamente Cic. nat. deor. 1 ,72: Xenocraten audire potuit (quem virum, dii immortales!), e t sunt qui put�nt audisse; ipse non vult; credo plus nemini.
6. Questa ipotesi è riferita acriticamente dal Festugière, Epicurus, 23 n. r; ge· neralmente tuttavia si considera il nome eli Prassifane interpolato nell'unica testimonianza addotta a favore di questo discepolato di Epicuro, cioè Diog. L. 10,1 3 ; cfr. F.Jacoby, Apollodors Chronik ( 1902 ) 354, fr. 75; M. Pohlenz in: GGA 1 98 ( 1 936) 525 con nota � e C.O. Brink in: Class. Quart. 40 ( 1 946) 23 ; sull'origine dell'ipotesi del De Wi:t dà un giudizio sostanzialmente giusto il Freymuth, Recensione, 26-29 , che va qui tenuto presente. 12
lene; Metrodoro e il fratello Timocrate, Idomeneo, Leon teo e la moglie Temista , Colote e Polieno, di Lampsaco 7 • Secondo Apollodoro 8, Epicuro iniziò un'attività didattica vera e propria soltanto a 3 2 anni, durante il soggiorno a Mitilene, da dove si trasferì ben presto a Lampsaco. Il suo insegnamento a Mitilene e a Lampsaco va dal 3 r r / 3 r o al 307/ 3 06 , quando il filosofo si stabili definitivamente ad Atene con una parte considerevole dei suoi allievi. Il Bignone 9 ha creduto di poter ricavare da un papiro assai lacunoso, confrontato con lo pseudo-platonico Eryxias 3 99a e con il racconto riferito a Ermarco ed Epicuro del pa piro ercolanese edito dal Cronert, col. 9 8 , una scena che ci mostrerebbe Epicuro nella controversia con un'autorità di Mitilene intervenuta contro di lui a causa della sua dottri na. Si tratta di ingegnose combinazioni per sé non assurde, ma bisogna riconoscere che difficilmente convince il modo particolare della loro connessione con l'ipotesi di pOV1lCrLUcrEwç e i papiri fi!odemei pertinenti alla biografia del primo Giardino
Prima di tutto si deve dire di quanto resta della grande opera di filosofia naturale IIEpÌ. q>UcrEwç, la principale delle opere di Epicuro, che comprendeva 3 7 libri. Se l'Usener ri corse ai Papiri Ercolanesi solo per i titoli e la data di com posizione dei singoli libri (quando essa compaia nei papiri), rinunciando alla pubblicazione dei testi degli stessi papiri 64 , 63. [Tale giudizio v a ridimensionato ora che disponiamo della splendida serie di volumi di Cronache Ercolanesi, diretta da M. Gigante. Su certo scetticismo ancora diffuso circa l'utilità dei papiri ercolanesi per lo studio dell'epicureismo, si veda lo stesso Gigante, Atakta IV: Cron. Ercol. 12 ( 1982 ) 51-65. ] 64. Epicurea, 1 24-28; i pochissimi frammenti d i tradizione diretta ivi pub blicati provengono da altri autori.
ciò era legittimo in un tempo in cui si sarebbero potuti for nire soltanto dei dati assolutamente insufficienti sul IIEpÌ. cpuO'EWLÀocroq>ouv"t'EEocpEr.onc; sul rapporto delle scienze, e specialmente della retorica, con la vita pratica (fr. 4 1 ) 80; finalmente scarse citazioni, dirette o indirette, dalla corrispondenza epistolare di Ermarco (fr. 45-5 7). Il Philippson 8 1 attribui erroneamente a Ermarco il testo noto come Fragmentum ethicum Comparetti 82, che dappri ma fu ritenuto autenticamente epicureo (Comparetti, Zel ler, Sudhaus , Jensen), quindi , sulla base di osservazioni sti listiche, talora attribuito, con una certa verosimiglianza, a Filodemo 83 • Il Philippson ritiene singolare il fatto che mi nacce di sanzioni legali, di cui alla col. 1 2 ,5-10, facciano le va proprio su quel senso di paura che invece, secondo il te trafarmaco ( RS 1-4), va considerato addirittura senza fondamento: tanto più singolare, ove si consideri col Phi lippson circostanza aggravante la presenza di simili minac ce in un passo affine di Ermarco (fr. 24) . D'altra parte c'è da dire che tali comminazioni possono esser valide soltanto per gli stolti, i quali di solito non si attengono certo al tetra farmaco. Contrariamente alle altre maggiori opere di etica ricostruibili dai Papiri Ercolanesi , il Frg. eth. Comparetti =
79. Nuove p ropos t e di testi : Philippson : AJPh 6-t- ( 1 943) 148-62; cfr. Wolf. Schmid, Epicurea in mem. Bignone, 179-95.
8o. V. le note esplicative in Krohn, Hermarchos, u s., dove vengono prese in considerazione anche testimonianze minori. tematicamente affini, riguardo a u no scritto di Ermarco Sulle scienze. 8 r . Mnemosyne Ser. t u , 9 ( 1941 ) 284-92 . 82. Dal nome del suo primo editore ; si veda ora l'edizione commentata di Wolf. Schmi d , Ethica Epicurea [si tratta del Pap. Herc. 1 25 1 ] . 8 3 . Cfr. Wolf. Schmid : Rh. Mus. 9 2 ( 1 943) 39-44 e ultimamente M . Gigante, Epicurea in mem. Big1zone, 1 -28.
non tratta soltanto un settore specifico, ma contiene una e sposizione generale di etica epicurea, toccando brevemente anche teologia e filosofia del diritto: nella col. 6 troviamo espressioni direttamente collegabili con la classificazione dei desideri, come ci è nota dalla lettera a Meneceo e dalle RS; verso la fine è minuziosamente descritto il comportamento degli stolti e del saggio, ciò che, per molti riguardi, ricorda i pensieri sugli stulti e sul sapiens in Cic. de fin. 1 ,5 9-6 2 . Considerato nel suo insieme, il trattato appare relativamen te affine, senza tuttavia essere identico, alla epitome di etica greca che è alla base del I libro De finibus di Cicerone. Fra i trattati di filosofia popolare di Filodemo su temi specifici di etica, basterà ricordare il llEpL Tiapp1JcrLac; (de libertate dicendi) 84, soprattutto perché vi troviamo infor mazioni non irrilevanti sulla prassi della direzione spiritua le epicurea 85• Fondamentali per chiarire e differenziare religiosità e teo logia epicuree sono gli scritti filodemei llEpL EÙO"E�dac; (de pietate) 86 e llEpt l}Ewv (de dis ) 87• Essi mettono in luce il rapporto fra religiosità filosofica di Epicuro e religione 'po sitiva' del tempo più di quanto non sarebbe possibile con siderando soltanto il classico testo teologico della lettera a Menecco e le testimonianze di punti di vista di avversari 88 • In più di un caso appaiono in una nuova luce anche le obie zioni mosse da scuole avversarie alla teologia di Epicuro, per es. il tentativo dell'Accademia di mostrare l'assurdità 8-4. Edizionc: A. Olivieri, Lcipzig (Tb.) 1 9 q ; il t i tolo si potrà rendere con 'Della parola non dissimulata, schietta' e andrà riferito anche e soprattutto al direttore spirituale. 85. Per altri scritti di etica e per quelli di poetica, retorica, ecc. v. pp. 1 1 7 ss.
86. Ediz. T. Gompcrz, Herkulanische Studien I l , Lcipzig x 866. 87. Ediz. c commento H. Diels, Philodemos iiber die Gotter: Abhandlungen der Preuss . Akad. der Wiss., 1 9 1 5- I 6 . 88. S i veda p e r e s . Usencr, Epicurea, xxr [ d e piet . 86 , 1 3 Gomp. ] . 43
della concezione epicurea mettendone allo scoperto le anti nomie interne 89• Inoltre, in questo stesso àmbito di proble mi, i due scritti ci hanno conservato parecchi frammenti au tentici di Epicuro 90• Il De pietate ci ha conservato numero se informazioni sulla critica mossa da Epicuro tanto alla re ligione dei poeti e mitografi quanto a quella di altri indi rizzi filosofici . Questa circostanza, insieme alla considerazio ne di quanta importanza abbia avuto la critica epicurea ai miti anche per i cristiani 9 1 , fa sì che ci occupiamo più par ticolareggiatamente di questo trattato filodemeo. Esso si articola nella critica della religione tradizionale ( r-89 Gomp .) e nell'esposizione e giustificazione della dottrina epicurea della pietà religiosa (93-1 5 1 Gomp.). La prima parte comprende a sua volta: a) la critica della teologia mi tica ( r -64 Gomp.) e, conseguentemente, b) la critica della teologia filosofica ( 65-8 9 Gomp.) . La critica della mitologia (che fra l'altro ci ha conservato parecchie citazioni di poeti) vuole soprattutto sottolineare la caducità e l'infelicità degl i dèi tradizionali, siano essi quelli delle credenze popolari o quelli dei poeti, contrapponendovi le due proprietà essen ziali degli dèi veri, che sono incorruttibilità (àq>i}apcr!.a) e beatitudine (�axapLO"t'T}UtrEwc; e se si separa, come è pur doveroso, dai due tipi rappresen tati rispettivamente dalle lettere a Erodoto e a Meneceo il tipo di comunicazione epistolare schiettamente umana - tale cioè che o non è didascalico o lo è soltanto appa rentemente, tendendo piuttosto verso toni personali -, ec co che sarebbero attestati già quattro diversi tipi della scrit tura di Epicuro. Di questa differenziazione bisogna tener conto per classificare e valutare rettamente le antiche testi monianze sulla lingua e lo stile di Epicuro 1 23• Che i giudizi degli antichi riguardino soprat tutto gli scritti « ipomnema tici » , non ha nulla di sorprendente, dato che questi dove vano essere di gran lunga i più numerosi . Ma tali testimo nianze, se da un lato sottolineano la mancanza dell'ornato nella lingua di Epicuro, dall'altro lato sono quanto mai ina deguate come argomento in favore della non-autenticità del l' epistola a Meneceo 1 24 • È degna di menzione anche la testimonianza del retore Teone di Alessandria (Progymnasmata, in Rhetores Graeci I I , ? I ,7- I 7 Spengel) sullo stile talora «ritmico» di Epicuro, 1 2 3 . Usener, Epicurea, 88-90.
1 24. Negarono così l 'autenticità de}J 'epistola W. Arndt in Norden, Agnostos Theos 390 ( aggic•nte alla p. 9 3 ) , e Mutr.chmann, in: Hermes» 50 ( 19 1 5 ) 3 2 7 ss. Ma si veda la chi:1ra argomentazione dell'Usencr, Epicurea, p. XLII [dove, fra l'altro, è usato l 'aggettivo ipwmzematico, ripreso da Wolf. Schmid: «his obser vationibus non mircr si quis abusus propter ipsam stili elegantiam ab Epicuro non solum neglcctam :.cd ctiàm contcmptam epistulam tertiam in suspicionem vocet. nempe mui tos bodieque latct, quantum discrimen inter duo sermonis pcdestris genem intcrcedat ( ... ): eos dico libros quos publicc cdebant ( ... ) et eos quos sibi suisquc philosophi mm:ime scribebant, quos Ù1tOJ.lVTUJ.tnoc Grae ci, Romani commcntarios dixerunt. ex genere hypomnematico cum Epicuri scripta longc plcraque fu2rint, facile intellegitur guam rccte veteres eius in scribcndo neglegcnti>lm c! incuriam vituperaverint. eundcm si vellet etiam diligentcr adcoque clegmtcr scriberc potuisse quis negaverit ? » ] .
quella À.É;Lç E��E"t'poç xcd Evpul}�oc; che il Norden ha pri ma sfiorato in Antike Kunstprosa (I, 1 24 s . ) , poi approfon dito in Agnostos Theos (93 n. 2 ) 1 25 . In questo suo secondo studio, il Norden riesce a dimostrare la presenza dello stile ritmico, osservato da Teone nell'epistola a Idomeneo, an che nell'epistola a Meneceo, almeno nei passi di argomento più elevato. Così per es . il passo della lettera a Meneceo dove si afferma l'esistenza degli dèi (Diog. L. 1 0 , 1 2 3 ) , mo mento rilevante nella concatenazione logica , invita apertn mente all'analisi ritmica : itEoÌ. [J..È'V yà:p EÌ.O'L\1 l Éva.pyÌ}c; yàp !XÙ"t'WV l ÉO'"t'L\1 'Ìj "('VWO'Lc; m.
Istruttiva, soprattutto l'analisi dell'inizio «protrettico» della lettera, condotta dal Norden con particolare finezza, a cui tuttavia non possiamo che rinviare in questa sede. Purtroppo manca tuttora un'indagine complessiva sulle questioni di lingua ora toccate, che segni veramente un passo in avanti dopo il Norden e le più specifiche ricerche di F. Blass 127• Il Norden ha dato soltanto esempi di un cer1 25. Dopo il Norden, anche lo Jensen: AGG, 1933, _56.63 n. 1 . [ La testimo nianza di Teonc, già in Usener, Epicurea e Norden, Kunstpr., è riportata qui per intero dall'edizione Spengel, con l'aggiunta di emendazioni dell'Usener (Us.) e del Cronert, in: Rh. M . 1906, 422 (Cron.), queste ultime seguite da Arrighetti' (Arr.): Theo, Progymn. II,71,7-17: 'EmJ.lEÀ.l]'"i:ÉOv ( il maestro di retorica) oÈ XOC� "tljç O"UVfrEO"EWç "tWV Òvop,chwv, miv"tOC IÌLOOCO"XOV"tOC È!;, WV 8�rupEu!;ov"tocL "tÒ xocxwç O"UV"tLfrÉvoc�. xoc� J.lOCÀ.�O""tOC oÈ 't'ÌlV �J.l[l.E"tpav XOCL EV pufr!.lov À.É!;,LV' wç "tCÌ 'ltOÀ.À.CÌ "tWV 'HYlJO"�OU "tOU (n'J"topoç, xoct "tWV 'AO"�OCVWV xa.À.aU!.lÉvwv pl]"t6pwv, xoc! "tLVOC "tWv 'Emxoupou, atei 1tou xoct TipÒç 'IIìai.lEVÉoc ypciq>Ev «W 'ltocv"toc "tOCJ.lOC XLVTJJ.lOC"toc "tEP'JtVOC VOJ.lLO"OCç Èx vÉou». ( fr. 1 3 r Us., 57 Arr.) xoct ( ... ) «ÀÉYE Iii] J.lO� IIoMocwE tO"UVOC'ltÉPLJ.lfvt (�O""tLV a 'ltptv (J.Èv Us., a{O"fr'ocm:p 'ÌJJ.li:v Cron./ Arr.) [J.EyocÀlJ x;ocpoc yÉvl]'tOCL (yqÉvl}'tOCL Cron./ Arr.)>>. ( = fr. 105 Us., 87 Arr.).] 126. Due dimetri bacchei ( � ..L. _ '--' ..L. X ) cui segue il tipico colon eretico + trocheo ( _ '--' _ _ '--' ) . 127. [Die Rhythmen der Asianischen u1zd Romischen Kunstprosa, Leipzig 1905, ora rist. I lildesheim (Verlag Gerstenberg) 1972.] =
53
to tipo di analisi da lui ritenuta applicabile anche ad altri scritti epicurei oltre alla lettera a Meneceo. Da quanto si è detto fìn qui risulta fondamentalmente che, nei casi in cui l'attribuzione di un testo a Epicuro o a Epicurei posteriori è tuttora controversa, chi voglia pren der posizione si trova di fronte a considerevoli difficoltà e deve usar prudenza, non solo quando si richiama al mate riale terminologico per decidere la questione dell'autore, ma anche quando per es. argomenta sulla base di certe pecu liarità della koinè. Poiché elementi propri della koinè non possono né escludere a priori la paternità di Epicuro né di mostrare con certezza quella di Epicurei posteriori : si pen si per es . alla discussione filologica nel caso della «lettera alla madre» conservata nell'iscrizione di Enoanda 128 , che la maggioranza degli studiosi , sulle orme dell'Usener (Rh Mus 47, 1 8 9 2 , 424), considerano scritta da Epicuro, men tre il William [ nell'ed. di Diogene di En . ] e A .E. Raubit schek (nella sua dissertazione dattil. Epikureische Untersu chungen, Wien 1 9 3 5 , 1 06-142) hanno supposto la paterni tà di Diogene e quindi datato il testo a circa cinque secoli più tardi . Un giudizio veramente conclusivo sulla questio ne dell'autore resta pertanto sospeso 129• I dubbi del Raubit schek sia sulla lingua che sul contenuto non sono stati fino ra interamente dissipati. Né può dirsi necessariamente con vincente l'argomento, addotto dal Philippson e dal Grilli contro il William come «criterio esterno» accessorio, che la menzione di 'mine' anziché di 'denari' non sarebbe pensa bile nell'Asia Minore del n sec . d.C. 130• Inoltre, il Raubit1 28. Fr. 62 s. Grilli= fr. 63 s. William= Diano, Ethica, fr. 162 [ = Arr. fr. 72 ] . 1 29. [ Si veda ora Arrighetti2, 675 : ucnc;) - vi rientra anche la negazione di ogni intervento degli dèi negli eventi terreni, quindi anche nella vita umana, e il rifiuto della tesi della sopravvivenza individuale dell'anima - permette l'inseri mento tranquillo nel corso del mondo all'Io che aspira alla liberazione dal dolore fisico e dal turbamento spirituale. In questo modo fisica ed etica si compenetrano a vicenda. Dal canto suo, la fisica raggiunge il proprio intento soltanto se la sua coscienza scientifica è illuminata dalla canonica, la quale a sua volta è in relazione con l'etica e i suoi postulati . Cosi risulta evidente il nesso che collega le tre parti princi pali del sistema. La canonica 2, in quanto metodologia e gnoseologia, ha per oggetto i fondamenti di evidenza della conoscenza, le sue norme e i suoi criteri di verità. Data que sta intima connessione fra le diverse parti del suo sistema, Epicuro può benissimo aver tenuto presente l'intera com pagine della filosofia, quando definisce quest'ultima come «ÈVÉpyw:� che ci procura la vita beata mediante ÀoyoL e oLa ÀoyLcr�o!.» 3. In che cosa soprattutto Epicuro veda consiste2. È il titolo del principale scritto di logica di Epicuro. II termine deriva da xocvwv, il filo a piombo dei muratori e dei costruttori, indispensabile al buon esito della costruzione. Cfr. Usener, Epicurea, 104·106. 3· L'espressione À.éyo� xocL o�ocÀ.oy�crtJ.O' va intesa nel senso di 'argomenti e dialoghi (discussioni)', non nel senso di 'Reden und Erwagungen' (discorsi e riflessioni) secondo Oberweg r", 447· Cfr. il parallelo della lettera a Idomeneo 52 Arr.) s�ocÀ.oy�cr� J.lVi)IJ.l), «il ricordo dei [nostri passati] (fr. I38 Us. ragionamenti filosofici» (Arr.) e, sull'argomento, v. infra, pp. 96 ss . .6.�ocÀ.oy�cr J.l6c; è dunque il legittimo dialogo in opposizione alla illegittima dialettica. =
6o
re il compito della filosofia - d'accordo con altri indirizzi fi losofici, e tuttavia seguendo una sua linea personale nella e laborazione e nella pratica applicazione del pensiero - lo ma nifesta con particolare evidenza il fr. 2 2 1 Us . ( 247 Arr.) : «È vano il discorso (À.oyoc;) di quel filosofo che non guari sce le passioni umane. Come infatti la medicina non giova a nulla se non guarisce il corpo dalle malattie, cosl anche la filosofia non giova a niente, se non caccia la passione (nci i}oç) dall'anima» . Con questa concezione della filosofia è coeren te anche la riduzione al 'quadrifarmaco' delle RS 1-4 (v. sopra, p . 3 3 ) . Da to lo scopo originario della presente e sposizione, non è stato possibile trattare con pari approfon dimento le varie sezioni principali del sistema filosofico epi cureo. Così si è dovuta escludere la 'canonica', che, nel suo genere , h:1 pure la sua importanza 4• Parimenti, si è dovuta escludere la fisica, che abbraccia anche psicologia e teologia: vi si accennerà brevemente nel prossimo paragrafo e in quel li dedicati alla religiosità e alla teologia di Epicuro. D'altra parte, il fatto che qui si metta particolarmente in rilievo la filosofia epicurea come 'dottrina di salvezza' non deve por tare come conseguenza a un mutamento di prospettiva . In altre parole : ogni eventuale approfondimento dell'aspetto 'soteriologico' può essere giustificato solo se l'interpretazio ne tien conto del sistema nel suo complesso e quindi anche della 'fisiologia ' ( cpucnoÀ.oyl,a) . =
2.
I ;·apporti con i predecessori e con l 'ambiente filosofico del tempo
Gli studi più recenti su Epicuro, se si prescinde dal fatto 4- Si veda Uscner, Epiwrca, fr . 35 s. e 242-65 (pp. 1 77-190), nonché IlEpL cpu O'EWç XXVIII (v. sopra, p. 3 7 ) ; si confronti Filodemo IlEpt O'lJJ..LELW::TEWv (al ri guardo, v. infra, p. 1 1 8 e il commento, nella edizione ivi citata, del De Lacy); cfr. anche Sandgathc. Di c Wabrheit der Kriterien Epikurs ( 1909) e P. De Lacy, Epicurean É-:: L ÀoyL:rr.à:;: AJPh 79 ( 1 958) 179 ss. 61
che la pubblicazione di nuovo materiale ha permesso di chiarire e integrare determinati aspetti della sua filosofia , mirano soprattutto a non isolare l'epicureismo ponendolo quasi al di fuori della grande linea delle 'buone' tradizioni filosofiche della grecità 5, ma a vederlo in vivace polemica con altri indirizzi filosofici, specialmente con l'Accademia e il Peripato, le due scuole fondate in Atene già prima del Giardino 6• In realtà, in non pochi casi si può parlare di un influsso di Platone e Aristotele su Epicuro, almeno nei li miti in cui questi chiaramente reagisce alla nuova proble matica creata da quelli 7• La stessa ampia recezione della fi sica di Democrito presenta non piccole modificazioni di par ticolari che mostrano come Epicuro non prenda alla leggera le obiezioni mosse dalla fisica aristotelica al fondatore del l'atomismo, e che invece è proprio tenendo presenti queste obiezioni che egli è indotto a introdurvi quelle alterazioni che dovrebbero rendere inattaccabile la posizione di Demo crito 8 . Di non poco interesse è qui un caso particolare del la cosmologia riguardante la tesi della mortalitas mundi: Epicuro rappresenta il concetto, tipicamente presocratico, dell'evoluzione del cosmo, o, più precisamente, dei cosmi come fenomeno in tutto analogo all'evoluzione di esseri or ganici 9, nient'affatto come semplice ripristinamento, ma 5· Quando ciò accade, si tratta quasi sempre di inconsci residui di uno schema polemico della Patristica, dr. infra, pp. 163 ss. 6. E. Bignone, L'Aristotele perduto, passim. Vedi sopra, pp. 30 ss. 7 · Cfr. F. Solmsen, Epicu rus and Cosmologica/ Heresies: American Journal of Philology 72 ( r9 5 r ) r-23. 8. Anche se poi questa, come sottolinea soprattutto A.E. Taylor, cpicurus, I 9 I I , 56-7 1 , i11 verità viene a perdere la sua interna omogeneità cd u:�ità. Su quanto debba ad Aristotele il llEpt cpuO'Ewç di Epicuro, v. sopra, p. 38. 9· Fr. 305 Us. [Aetius II,4,10, p. 3 3 1 ,240: 'E1tLXoupoç r:À.ELO'"tOLç ,;p61toLç "tÒ\1 X6CT].l.O\I cpl)E�pEcrfrOCL' XOC� yocp wç stÌJ:l\1 xcd wç .�WV lìt 'toce; OL'occppaoLO'LWV, OCqlOCLPWN oÈ. 'tCÌç oL'cixpoOCJ.lOC'tWV, &:cpocLpwv OE xocL 'tàc; OLrX J.lWPTic; XOC't'otjnv T]lìdocc; xwl]rrHc;. Si confronti la traduzione latina di Cicerone, Tusc. 3,18,,p ( p. 12o,r 8-26 Us.). 20. Non sembra opportuno porre il frammento, con l'Usener, fra le testimo nianze De voluptcte movente. [ Arrighetti Io riporta ad i!lustra2ione di Gnom. Vat. 33 (v. infra ) e fa notare, seguendo Diano, Questioni epicuree: RAL 1 2 ( 1 936) 85o-53, che con «piacere del ventre» Epicuro intendesse i l non aver fame né sete né freddo, quindi il piacere catastematico.] 21. Specialmente tipici due testi di Metrodoro: il fr. 5 K., dove è utilizzata una formula di Epicuro, e i frr. 3 9 -4 2 K., dove Metrodoro polemizza con Timo crate, assertore di opposte opinioni. =
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do provocatorio, di quella concezione fondamentale epicu rea secondo cui il piacere spirituale altro non è che il «ri specchiamento del piacere sensuale nel raziocinio» . Partico larmente avanzata la posizione di Gnom. Vatic. 3 3 : «Grida la carne : non aver fame, non aver sete, non aver freddo. Chi abbia queste cose e speri di averle, anche con Zeus può ga reggiare in felicità» 22 • Sullo sfondo di una simile concezio ne, si comprende come Epicuro, in una lettera a Idomeneo, possa parlare del «sacro corpo» ( Ì.EpÒv crw�a: in nesso con i}Epa7tELa, termine del linguaggio religioso) 23: non si tratta qui del corpo del divinizzato scolarca, come pure è stato inteso 2\ né tanto meno di «our holy body» , presunta designazione dell'intero Giardino 2\ ma del corporeo come latore della pura e incondizionata sensazione di piacere . Certamente l'ambivalenza che risulta dalla valutazione del rapporto di reciprocità fra piacere sensuale e piacere spiri tuale non di rado è soltanto apparente, poiché è importante vedere ogni singola affermazione nel contesto generale di pensiero e soprattutto nel rapporto con il particolare avver sario cui Epicuro si riferisce di volta in volta : ché la neces sità di definire la propria posizione rispetto a quella di altri filosofi può facilmente condurre a eccessi paradossali 26• Ma era fatale che proprio questo punto, scabroso o ritenuto ta le, dovesse continuamente venir preso di mira nella succes siva controversia di altre dottrine con la filosofia epicurea. 22. [Traò. Arrighetti. II testo greco suona: l:ocpxàc; cpwvÌ) 'tÒ !J.Ì) 1tEWi'\v, 'tÒ !J.'ÌJ oLt)iT\v, ,;ò !J.Ì) pLyouv· 'tocu-roc yocp iixwv 'tLe; xoct EÀ.1t(t;wv El;ELv xliv ( 6.LL ) tmÈp EUOa..L!J.Ov(occ; !J.OCXÉO"llL'to.] Si confrontino anche i frr. 200 Us. ( = 225 Arr.) e 602 Us. 23. Fr. 130 Us. ( = 54 Arr . ) : m.!J.1tE ouv OC1tocpxocc; 'ÌJ!J.�V ELc; 'tÌ)V "t"OU �Epou o-W !J.OC'toc; frEpa..-r;docv Ù1tÉP 'tE OCÙ'tOU xcd 'tÉXvwv· oihw ycip !J.OL ÀÉYELV É1tÉPX:E'tOCL. 24. C. Pasca!, La venerazione degli dèi in Epicuro : Riv. Fi!ol. Istr. Class. 34 ( 1906) 2 4 I . 25. B. Russel i , History o f Western Philosophy ( 1 946), 265 e 268. 26. ]. Me\valdt, Die geistige Einheit Epikurs, 1927, 4·
Ad esso attinsero a profusione specialmente gli avversari accademici; esso fu il bersaglio prediletto degli scrittori cristiani nella loro polemica anti-epicurea (v. infra, p. r 6 7 ) . Che la derivazione del piacere spirituale da quello sensua le sia perfettamente accordabile, secondo la concezione di Epicuro, con il fortissimo rilievo dello stato spirituale del la atarassia, è un fatto che troppo spesso i critici hanno passato sotto silenzio. E tuttavia il filosofo di Samo non si stanca di sottolinearlo: si veda, oltre alle già menziona te testimonianze, il fr. 4 2 5 Us . , che fra l'altro illustra bene la metafora, più volte ripresa e rielaborata , della bonaccia ( yr.ù:r)vYJ) : «Come intendiamo per bonaccia quando nep pure il minimo alito di vento muove i flutti, così vediamo tranquillo e placato lo stato dell 'anima quando non c'è al cun turbamento che possa eccitnrla» Il particolare con cetto epicureo di edonismo è tale che affranca l'individuo dalla volontà di raffinare illimitatamente quelle semplici va riazioni di piacere, che in realtà non significano alcun accre scimento del piacere stesso (RS r 5 , Gnom. Vatic. 6 9 ). La natura ( cpucnc;), intesa in senso coerentemente antiteleolo gico 28 , merita veramente un inno di lode e gratitudine, poi ché «ha fatto le cose necessarie facilmente procacciabili e quelle difficilmente procaccia bili non necessarie» 29• Se si consideri questo pensiero insieme con l'altro, deducibile da 27 •
2 7 . [Cic. Tusc. disp. 5,6,r 6 : ut maris igitur tranquillitas intellegitur nulla ne minima quidem aura fluctus commovente, sic animi quietus et placatus statm cernitur cum perturbatio nulla est qua moveri queat . ] Per le varie etimologie di yocÀ:rJVl), cfr. J. Mewaldt, Die geistige Einheit Epikurs, 9 n. 5 · L'immagine opposta della tempesta dell'anima si ha per es. nella Lettera a Meneceo, Diog. L. ro,r28 (XE�J.lWV "fie; IJ;uxfiç) e nel /r. eth. Comparetti, col. 6,9 (xoc'toc�yLoEc;, 'gusts'). Un'altra metafora epicurea affine è quella del porto (À.�J.lTJV): così ancora, epicureizzando, Virgilio, catai. 5,8.
28. Cfr. Lucr. 5 , r 56-234, qui interprete fedele di Epicuro (v. Bignone, L'Ari stotele perduto II, 433 ss. e Capone Braga, Studi, 54 ss.). 29. Fr. 469 Us. ( 240 Arr.): xcip�c; 'tTI J.lOCXOCp'q: cpUO"E� Il..� "t'lÌ civocyxoc�oc É1tOLl)O"EV Eup6p�O"'tOC, 'tOC oÈ OU0"1t6p�O"'tOC oux civocyxoci:oc. =
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RS 1 9 , che quel che conta per l'uomo non è tanto la lunghez
za quanto l'intensità della vita vissuta, non farà meraviglia che da un freddo calcolo dei piaceri sia potuta scaturire quella disposizione elementare ed esistenziale di gratitudine per la vita, che per secoli ha costituito una irresistibile forza di attrazione verso la dottrina epicurea. È tale disposizione positiva che, al di là del 'senso scolastico' e delle sue sotti gliezze, conferisce all'epicureismo quel senso universale, co me si manifesta nella poesia latina di un Lucrezio e di un O razio 30 • Si prenda ad esempio l'inno lucreziano a Venere: per quanto abbia poco a che fare con l'esposizione della dot trina scientifica, si può dire che in ogni suo verso aleggi lo spirito della filosofia epicurea, altrettanto quanto nell'inno a Zeus di Cleante quello della Stoa 31 • Così pure è genuina mente epicureo l'oraziano motivo del carpe diem unito alla riflessione sulla caducità. Ciò si può osservare con partico lare chiarezza nell 'Ode 4,7 che illustra, contrapponendola alla reparatio cosmica, l'unicità della fugace esistenza indi viduale, per derivare proprio da questa opposizione il dirit to, anzi la necessità, di prender coscienza della gioia di vi vere contenuta nell'oggi �2• 4· L'amicizia e l'ideale di vita epicureo a) Gli ideali del Giardino Sebbene Epicuro fondi l'amicizia (q>LÀLa ) sull 'util ità ( X PELa) 33 , egli la giudica superiore a tutti i beni del mon-
30. Cfr. P. Giufirida, L'Epicureiw;o nella letteratura latina del I seco lo a.C. , Torino 1 94o-48, passim. 3 1 . Cfr. E. Hoffmann, Epikur, in M. Dessoir, Lehrb. d. Phil. I, 1925. 222-5. 32. Cfr. anche Hor., carm. 1 , 1 1 c specialmente 4 ,29,3 1 ss. : quod adest me mento l componere aequos . . . il/e potens sui l laetusque deget, cui licei in diem l dixisse . Su ciò v. >lnche Gnom. Vatic. 1 4 ; l'opposto comporta mento è biasimato in Fr. eth. Comparetti, col . 19,16 ss. 33 . Vedi il fr. 540 Us. ( Diog. L. ro,1 2o) [ tr,tdotto da Arr. r,uoh, p . 28 : =
do :H. Tuttavia non si può dedurre da Gnom. Vatic. 78 che egli l'abbia posta addirittura al di sopra della croq>�a, defi nendo questa valore caduco, quella bene immortale 35• Con la massima disinvoltura, Gnom. Vatic. 2 3 unisce la visione di fondo utilitarista nel giudizio sull'amicizia con la consta tazione che essa « SÌ debba scegliere per se stessa» 36• Che una dottrina , costretta a fondare sull'interesse egoistico gli elementi altruistici dell'amicizia, predichi poi il culto del l'amicizia più delicato che si possa immaginare, è stato spes so rimproverato al Giardino fin dall'antichità come incoe renza del sistema 37• Comunque, va preso in considerazione il fatto che il saggio, nel senso di Epicuro, sa dar prova del la sua saggezza anche nella scelta degli amici , accogliendo nel suo sodalizio soltanto quelli con cui è possibile la reci proca edificazione della EÙÒCX.L�ov�a. Nella vera amicizia , qmle è pensabile soltanto fra i saggi, l'interesse dell'io coin cide quindi con quello del tu '' . Così si può giungere a quel> (Restbestand des Religiosen) la sciato dalla razionalizzazione epicurea della mitologia gre ca. Quando il Wendland per es. cita un altro passo di Lu crezio sulla vera pietas (5 , r 1 9 8-1 203 : nec pietas ullast ve latum saepe videri, etc. ) , per derivarne l'osservazione che i consueti esercizi di pietà sarebbero apparsi assurdi alla con cezione epicurea del divino, questo suo giudizio non tiene conto della necessaria differenziazione. Vero è anche il Wendland deve ammettere che Epicuro non esclude la par tecipazione alla religione tradizionale; ma quale significa to debba avere, dal punto di vista della pietà filosofica del Giardino, l'« adesione alle leggi del culto» 68 , non solo non sconfessata, ma anzi raccomandata da Epicuro, non appare del tutto chiaro dalla suddetta esposizione. Fin dall'antichi66. Sulla valutazione di ulteriori testimonianze epicuree, si veda l'articolo Gotter und Menschen, 104 s., dove, a proposito della ricca silloge di luo ghi paralleli raccolti da Diano, Ethica, 105·7, si difendono le integrazioni pro poste dal Philippson contro opinioni divergenti. 67. Geschichte der griechischen Religion II ( 1 950), 239 ss. 68 . P. Oxy. 2 1 5 (2,30), col. 2,7 : --;-i} -cwv v61.1wv OiJJ.lucrLc;, ma anche per ché attesta chiaramente un fatto tanto spesso ignorato dagli studiosi moderni (per es . nella interpretazione dell'Inno a Venere di Lucrezio) , che cioè nel campo della teologia epi curea la negazione di ogni intervento degli dèi nel mondo non toglie affatto ogni significato alla preghiera; purché si pratichi nella giusta disposizione spirituale, cioè purché si bandisca dalla rappresentazione di Dio ogni riferimento a tutto ciò che è proprio delle umane debolezze: «Se la divi nità dovesse prestare ascolto alle preghiere degli uomini, ben presto tutti perirebbero : tanto è il male che essi conti=
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; r . Contro W . Nestle, Nachsokratikcr r ( 1923), 1 9 5 : « ... i beni più nobili e sublimi>> ; not�\'ole, per la parte finale del frammento, qui non esaminata, la restituzione tcmtale del Diels, Fragm
7 s., 15.
85. Cfr. P . Oxy. 2 1 5 col. 1 ,29 ss. e i l già trattato fr. 1 3 Us., verso l a fine.
è significativo il fatto che l'Epicureismo abbia conservato, sia pure trasponendolo in chiave spirituale, il concetto del la benedizione e maledizione proveniente dagli dèi . b) I problemi teologici fondamentali Se è vero che la 'divinità' del saggio non si distingue es senzialmente da quella degli dèi, essa tuttavia se ne distin
gue per quanto riguarda l'estensione nel tempo : soltanto la felicità degli dèi dura in eterno 86 • Il grande problema della teologia epicurea è come conciliare l "immortalità' degli dèi ( ciq>ìlapcrt:a) coi principi della fisica. Neli 'ambi to della su1 :fi sica, Epicuro si è preoccupato non poco di assicurare l'eter nità degli dèi , rendendo ragione del perché la legge i necce pibile della composizione atomica li abbia dispensati , ed essi soli, dall'essere mortali . È difficile esporre brevemen te i vari problemi relativi a questa antinomia. C'è chi cre de di poter derivare l'immortalità degli dèi dal semplice fatto che essi vivono negli intermundìa (!J.E'"tax6cr(J.La), spie gandone cosi erroneamente la causa con quella che inve ce è la condicio sine qua non : ché in realtà gli dèi non pos sono esser coinvolti nella fine dei XOO"!J.OL 87 • Né è certo suffi ciente constatare, con lo Schwartz , che la costruzione del si stema fisico di Epicuro sarebbe fallita proprio a motivo de gli dèi, e che tale costruzione non sarebbe altro che un dog matismo guidato da impulsi religiosi e mirante a collegare, senza tanti scrupoli, realtà incompatibili fra loro. Ché anzi Epicuro fa proprio ciò che secondo lo Schwartz sarebbe la sciato a desiderare: cioè te:1ta di superare speculativamentc la fondamentale antinomia della sua teologia . Un simile ten tativo deve misurarsi, come Epicuro ben vede, con la que86. Sulla svalutazione dell'aspetto temporale del piacere, si veda anche Mer lan, Epikur. Theol. , 2 1 6 s. 87. Fr. yi4 Us. Scneca, ben. -t, r9 ,2 . =
stione decisiva : come è possibile che le combinazioni meta cosmiche degli atomi degli dèi riescano a possedere una im mutabilità di forma 88 e quindi ad avere quella durevolezza che invece non possiedono le combinazioni cosmiche 'soli de' , cioè degli atomi degli oggetti empirici, percepiti dall'e sperienza dei sensi ( a�cr1h)crLc;) ? E se le figure degli dèi non sono quelle di 'esseri individuali' 89 nel senso valido per i corpi solidi ( cr"t'EpÉ�vLa) , possono forse esserlo in qualche altro significato ancora da stabilire e determinabile tenendo conto della particolarità della loro condizione metacosmica? Sono questi i principali interrogativi che si pongono anche di fronte alle due testimonianze, irte di difficoltà per l'ese gesi filologica (che naturalmente vi si è sempre esercitata con particolare predilezione) , rispettivamente di Cicerone, nat. deor. I ,49 ( fr. 3 5 2 Us . , p. 2 3 5 ) , e dello scolio a RS I ( fr. 3 5 5 Us. ) , due testimonianze che la critica consi dera, a seconda dell'interpretazione e della costituzione del testo, ora come contraddittorie, ora come armonizzabili 90• Ridotta ai minimi termini, la risposta di Epicuro alla sud detta questione è press 'a poco la seguente : nonostante il continuo flusso, e quindi la continua perdita, delle imma gini divine ( E�owÀa) dagli dèi agli uomini, la sostanza divi na si conserva indenne perché continuamente 'rifornita' dal l'infinito 'serbatoio' degli atomi. In questo processo di ri fornimento, la sostanza divina possiede una particolare ca pacità di assimilare quel materiale che le è affine, e di respin gere invece tutto ciò che è estraneo alla sua natura e causa =
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88. ÒJ.lOE�OE�oc nel senso di Lucr. 5 , r q6: forma (deorum) manebat. 89. xoc,;'àpd}J.16V [sv ] , concepito aristotelicamente, lat. ad numerum. 90. Un'agevole guida alla vasta bibliografia, continuamente crescente, sull'ar gomento, in Freymuth, Gotterbilder (passim) e Merlan, Studies, 38-72; a que st'ultimo va aggiunto Pfligersdorffer, in : Wiener Studien 70 ( 1957) 235-5 3 ; per un primo avviamento ai problemi, si veda, oltre ai commenti del Diano, Ethica, r r6-r9, e del Pease, Cic. nat. deor. r, 1955, 3 1 2-23, ].P. Elder, A]Ph 77 ( 1956) 8 2 ss.
86
di rovina 91 • Essa si avvale inoltre del perfetto equilibrio tra
le forze della conservazione e quelle della distruzione : un caso particolare della legge generale dell'isonomia 92• In tal modo è opportunamente regolato l'urto degli atomi liberi, esistenti indipendentemente da qualsiasi combinazione, con gli aggregati atomici che costituiscono gli dèi; ovvero la rea zione degli aggregati all'urto. Si può dire insomma che gli dèi controllano l'afflusso e il deflusso degli atomi in modo tale che sono preservati dal destino della mortalità. In que sto senso vanno intese le due testimonianze di Cicerone (nat. deor. I ,49 ) e dello scolio a RS I : Cicerone: cum infinita simillumarum imaginum species (forse preferibile, anche se non necessaria, la congettura series) ex innumerabilibus individuis (naturalmente gli ato mi; diversamente il Pfligersdorffer, p. 243 n. I5 , che non tiene conto però dell'uso linguistico né di nat. deor. I ,I o 5 ) existat e t ad nos (cosl l'Usener, che segue il Lambino; i co dici hanno deos) adfluat. Lo scolio a RS I : « . . a causa del continuo afflusso delle immagini simili che (in ogni singolo caso) sono tali da pro durre lo stesso risultato, la stessa forma . . 93• Cosi, a fon damento dell'essere divino si trova un flusso continuo di E�OwÀa finissimi e perfettamente identici nella forma. In particolare, sembra trattarsi della concezione che gli atomi della riserva si compongono in aggregati nel preciso mo mento in cui raggiungono l'essenza divina (non prima, men tre ancora sono in cammino verso di essa, come vuole il Frassinetti, pp. I 2 9 s . ) , in séguito al perfetto meccanismo .
.
»
91. OLEPE�OEO"l)a.� 1tpòc; "tÒ cD..McpuÀ.ov, «di opporsi ad esso con fermezza»: Fi lodemo , 1tEp� »Ewv 111, fr. 32a; Lucr. 3,821 ss.: pellere aliena salutis. 92. Sull'isonomia v. infra, pp. 89 s. 93· ÉX ,;fie; o-uvEx;ouc; É1t�ppuo-Ewc; ,;wv ÒJ.lo!wv E�owÀ.wv É1tt ,;ò a.u,;ò cho"tE "tEÀ.Eopivwv. Su È1t� "tÒ a.u,;é, cfr. Cic. nat. deor. r ,ro9: ut e multis una vi deatur.
dell'assimilazione e della repulsa, in modo tale che ogni vol ta ne risulti un nuovo ELOWÀov , assolutamente simile al pre cedente. È insomma un fatto spiegabile secondo i principi della fisica quello che sta a fondamento dell'immortalità de gli dèi : condizione costante come risultato di equilibrio dinamico . La critica accademica (Carneade) , mettendo in risalto le 'contraddizioni interne', ha mosso ad Epicuro l'obiezione che questa sua concezione dell'immortalità degli dèi mal si concilia con la possibilità, da lui ammessa, che gli dèi pos seggano virtù (CÌpE-ra!.) : se la divinità è a priori inattaccabi le da elementi rovinosi (&ol} x-roç Tia1h)-rLxoi:c;), essa non potrà mai trovarsi nella situazione di dover praticare vir tù, particolarmente la fortezza, per cercare di man tenere inalterata la propria forma di esistenza. È questo uno dei casi in cui le schermaglie polemiche degli avversari del Giar dino hanno indotto Filodcmo a descrivere particolareggia tamente la dottrina dello Scolarca. A Filodemo preme di di mostrare con ben fondati argomenti che la teologia epicurea ha il diritto di considerare l" immortalità' degli dèi come lo ro merito personalissimo, effetto della loro CÌpE-ri} 94• Certe testimonianze di Filodemo in TIEpÌ. frEwv e 7tEpÌ. EÙtrE�dac;, oltre a quella di Metrodoro fr. I 2 K. ( tramandata dallo stes so Filodemo), collegate col suddetto scolio a RS I , sono ser vite come fondamento a interpretazioni intese a dimostrare che la distinzione di due categorie o specie di dèi sarebbe una caratteristica essenziale della dottrina epicurea. È tutta via significativo che i diversi interpreti intendano in diverso modo tale distinzione specifica: ingegnoso il Merlan, nel suo recente tentativo di dimostrare essenziale per Epicuro il problema della pluralità e della indistinguibilità non solo dei x6cr�oL, ma anche delle divinità, e di far apparire, ac94·
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W. Schmid, Gotter und Mcnschen ,
141 s.;
cfr. Merlan, Studies,
59
n.
44·
canto agli dèi dall'aspetto individuale ben determinato, al tre figure divine 'indis tinguibili' 95• Certo non si può dire che queste ipotesi interpretative riescano a convincere, tan to più che dallo scolio a RS I , che nell'esegesi non sempre univoca di Filodemo costituisce, metodologicamente, il punto di partenza obbligatorio per ogni serio studio della questione, non risulta necessariamente l'esistenza di una duplice classe di dèi ; poiché la suddivisione, in quel che di ce lo scolio a proposito degli dèi , si può intendere come du plicità non tanto del soggetto, quanto del predicato, nel sen so di «da una parte . . . dall'altra» 96 • Una più esatta esposi zione della problematica, in sé essenziale, ma meno impor tante se considerata dal punto di vista della fortuna della teologia epicurea, esigerebbe un lavoro minuzioso di inte grazione e interpretazione del testo di Filodemo ; cosa che purtroppo non è possibile in questa sede. Né è possibile illu strare qui in particolare l'importanza che la legge dell'iso nomia - esposta da Cicerone in nat. deor. I .49 e sulla quale tanto spesso si son dati giudizi insoddisfacenti - ha per la teologia epicurea. L'autore del presente studio si riserva di riprendere la discussione dell'argomento in altra sede, tan to più che non è d'accordo con le opinioni correnti 97 • La legge dell'isonomia, intesa nel suo valore più generale, dice qual è la posizione della infinitas ( &:rtELpta) nella concezio ne antologica epicurea ; i.crovo(J.ta significa aequabilis tri butio, 'uguale distribuzione', cioè della materia alle passi95· Merlan, Studies, 38-72, che continua lo studio precedente della questione
in Epikur. Theol., 196-2 1 7 ; completamente diversa l'interpretazione del Gigon
(p. XLVIII), il quale per altro non riconosce all'espressione ad numerum il suo significato tecnico. 96. Cosl per la prima volta il Philippson, Gotterlehre I, 579 ss. Per la biblio grafia specifica, frattanto cresciuta considerevolmente, ancora utili Mcrlan, Studies, e Freymuth, Gotterbilder. 97 · Non convince la recente soluzione proposta da G. Preymuth, in : Philologus 98-99 ( 1954-55) ror-15; vedi K. Kleve, in: Sytnb. Osi. 36 ( r 96o) I I9.
bili forme: ogni singola forma, di cui è certa la possibilità, si realizza infinite volte. Per sé, la legge dell'isonomia non dimostra l'esistenza di esseri immortali 98; applicata tuttavia all'esistenza degli dèi come ci vien data nella immediata evi denza della prolessi, essa può render ragione del perché si sia di fatto autorizzati ad ammettere, date le epifanie degli dèi nella nostra mente (v61}crLc;), un numero infinito di esem plari di El:owÀa della medesima forma, senza i quali non sa rebbe concepibile la consistenza dei celesti. L'equilibrio tra forze conservatrici e dissolvitrici (yE\1\11}-rLxci, oLaÀv-rLxci) , presumibile per l'essere divino, non è che un caso partico lare della legge generale. c) Considerazioni conclusive Comunque s'interpreti lo scolio in relazione alla testimo nianza più o meno parallela di Cicerone, nat. deor. 1 ,49 99, è di fondamentale importanza riferire l'enunciato dei fram menti sia all'aspetto 'gnoseologico' che a quello 'antologi co' della teologia di Epicuro; ché in essi l'esperienza del di vino è presentata come correlato della sua esistenza. Ap punto per questo non sembra accettabile ciò che scrive il Pfligersdorffer (p. 2 5 2 ) , che gli dèi sarebbero debitori della loro esistenza agli uomini, essendo nient'altro che «corolla rio logico e conseguenza fisica dell'esistenza di esseri uma ni» . Come si vede, Pfligersdorffer ha portato a una svolta pericolosa un'idea che, opportunamente definita, è senz'al tro giusta : è infatti giusto considerare gli dèi , nella loro esi stenza di felicità serena e di mai turbato godimento di sé negli intermundia, come perfetta personificazione dell'idea le di vita edonistico, e quindi vedere in essi un'immagine 98. Come ha ben visto I 'Amcrio, L'epicureismo, Torino 1953, 42·4. 99· Un nuovo studio è annunciato da K. Kleve, in: Symb. Osl. 35 ( 1959) 62 n. 2. [:B il Gnosis Theon, SO suppl. 19, Osio 1963 . ]
ideale e superlativa di come l'uomo dovrebbe vivere secon do la dottrina epicurea. Ma questa idea, fondamentalmente giusta, non deve portare alla conclusione che chi giudichi lo sviluppo del sistema epicureo dalle sue proprie premesse, considerandolo per così dire dall'interno, faccia per questo anche originare dall'uomo il mondo degli dèi (così espressa mente Pfligersdorffer) , ponendolo quindi come semplice raffigurazione di idee umane 100 • Anche la dottrina della 'so lidità noetica' (7tUXVO't'1}ucnoÀoyt:a) , bandita dal «profeta» e «vate» Epicuro, che si fonda l'inaudita dignità ed autorità del Maestro 176 • 171. é1cpfrocp't6c; J.lOL m:pL1tOC'tEL, «camminami come un immortale». 172. Pr. 132 Us. [ trad. Arr. fr. 5 5 ] Seneca, ep. 2 1 ,3 : si gloria tangeris, notiorem te epistulae meae /acient quam omnia ista quae colis et propter quae coleris. 173. Si veda ad es. I lor. carm. 4,9,30 ss. [Non ego te meis chartis inornatum silebo] . =
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1 74. «Selbstgefalligkeit>> : Diels, Fragment, 897. 175. Sulla questione dell'orgoglio come autocoscienza («Selbstbewusstsein») di Epicuro, cfr. Diels, loc. cit., e le considerazioni assai più differenziate del Gomperz, Lebensau/Jassung der griechischen Philosophen '1927, 257 s . 1 76. Per il linguaggio ora più ora meno figurato dell'annuncio oracolare» e del la «proclamazione profetica», cfr. per es. Gnomo/. Vat. 29, Cicerone, de fin. 2 , ro2 e Lucr. 3 , 1 4 s. Maggiori particolari i n Heidel, in : Zeitschrift fiir Religions psychologie 3 ( 1 9 10) 397 n. 84. III
CAPITOLO QUARTO
L'EPICUREISMO NEL MONDO PAGANO
I. CARATTERI GENERALI E SVILUPPO INTERNO FINO A FILODEMO
Fra la fondazione della scuola epicurea e la sua tarda fio ritura, rappresentata specialmente da testi etici e fisici e culminante nella monumentale iscrizione dovuta allo zelo missionario di Diogene di Enoanda, intercorre mezzo mil lennio. In questo periodo, la storia interna del Giardino è poco movimentata, assai meno di quella per esempio della Stoa. Ciò si spiega con il carattere fortemente conservatore dell'Epicureismo 1 , i cui seguaci, saldamente legati alle ori gini della scuola , al suo fondatore e ai suoi amici Metrodo ro, Polieno ed Ermarco 2, addirittura favorirono l'affermar si di una rigida ortodossia, nella quale, anche dopo parec chi secoli, erano ammesse al massimo amplificazioni margi nali e solo rarissimamente mutamenti o deviazioni di qual che rilievo. Così, dopo cinquecento anni, la posizione dot trinale di un Diogene di Enoanda corrisponde ancora so stanzialmente alla dottrina epicurea originaria 3 . La caratte ristica tendenza degli epicurei verso un credo unitario è I . Sulla wstanza, relativamente tenace, anche della terminologia filosofica, v. supra, p. 49· 2. Mctrodoro è detto «quasi un secondo Epicuro» da Cicerone, de filz. 2 ,9 2 (paene alt�r Epicurus) ; su Polieno ed Ermarco, cfr. quanto si è detto supra, p. 4 1 . 3 · S i veda per esempio i l fr. 4 9 Us. ( p . I I I ,6), per il quale contraddire Epi curo, Metrodoro ed Ermarco è considerato una specie di parricidio.
messa in rilievo già da Numenio 4• Ma anche la necessità di difendersi nella polemica con le scuole avversarie costrinse gli epicurei a riconsiderare certe tesi del Maestro e quindi a sviluppare argomentazioni complementari o addirittura innovative, come sembra sia avvenuto per esempio nella schermaglia con l'abile Carneade in una questione di teo logia Tuttavia casi del genere, venuti alla luce soprattut to in seguito alle scoperte papirologiche, non sono sufficien ti a farci correggere nella sostanza l'impressione generale: che è quella di una dottrina eccezionalmente cos tante lungo oltre cinque secoli di storia . È questa una ragione di più perché, nella rappresentazione che segue, ci permettiamo di trattare sommariamente la «storia interna» dell 'epicurei smo, per soffermarci invece più a lungo sulla «storia della fortuna». Si tratta infatti soprattutto di chiarire quali era no le idee generali correnti sull'epicureismo al momento in cui cominciarono le polemiche degli scrittori cristiani. Per i dati di fatto riguardanti lo sviluppo della scuola , specialmente nel periodo compreso fra la prima generazio ne di discepoli e il contemporaneo di Cicerone Filodemo, si rimanda, oltre che alla parte storica nella prefazione agli Epicurea dell'Usener, anche alle maggiori storie della filo sofia dello Zeller e dell'"Dberweg 6 , ma soprattutto alla mo nografia del Cronert, Kolotes und Menedemos. Il lavoro del Cronert, mentre denuncia lo sforzo della prima interpreta zione diretta di testi fino allora quasi del tutto inesplorati, riesce sorprendentemente a gettare ampi sprazzi di luce su parecchi punti oscuri di quel gigantesco campo di rovine che purtroppo è la letteratura epicurea superstite dell'epo5.
4 · Eusebio, praep. ev. 1 4 , 5 , 3 ( GCS l Dic griecbisch"n cbristlic/)('n Schrift steller der ersten Jahrhundcrte, hrsg. von der Kommission fiir spatantike Re ligionsgeschic-hte der Dcutschen Akademie der Wissenschaftcn zu Ikrlin, r 897 5 - Cf r . p . 88. ss.] 43,2,269 Mras = fr. I Thcd.). 6. Rispettivamente Ill , I , 378-90 c r , 438-4 2 , 444 s . =--
1 14
ca compresa fra il fondatore e Filodemo. Anche se spesso i materiali del Cronert stimolano la curiosità più che soddi sfada 7, tuttavia il suo grande lavoro resta un libro fonda mentale per lo studio del tardo epicureismo fino a Filodemo e può servire ad animare, entro gli esigui limiti del possi bile, i dati generalmente troppo scarni delle storie filosofi che più autorevoli . In questa sede, dovremo accontentarci di brevi cenni. Si è già parlato dei maggiori discepoli 8 e dei loro intimi amici. Di Polistrato, sappiamo che succedette a Ermarco nella guida della scuola e che scrisse un trattato intitolato 11EpL àÀ6you xa-raq>povi)crEIJJ> : Cronert, r67-r7o; v. Westman, Plutarch, 3 1 ss.) ; o nel caso degli scarsi frammenti di Demetrio Lacone, dove riconosciamo, anche se vagamente tratteggi>�to, un rappresentante dell'epicureismo del II secolo, che Sesto Empirico annovera fra gli epicurei famosi (Cronert, r oo-25 ). 8. Gli ÈÀ.À.6yL[!OL (> 13•
Pertanto Epicuro può definirsi per il cristiano, secondo un 'espressione di Pietro Crisòlogo, come ultimus despera tionis et voluptatis auctor 14•
La dedizione al piacere si rivela dai passi fin qui citati come il primum movens della dottrina di Epicuro. Si com prende quindi anche la tendenziosità in combinazioni del tipo dicit Epicurus non esse providentiam, et voluptatem maximum bonum 15 e Epicureorum deliramenta . . . , qui sicut
voluptatem cum virtute, sic deum cum incuria ac torpore iunxerunt 16• Questo ritratto di Epicuro presuppone una
concezione unilaterale della dottrina del piacere. Mentre Seneca aveva distinto fra la sobria ac sicca voluptas della dottrina genuinamente epicurea e il suo abuso da parte di sfrenati libertini che se ne servono come patrocinium ali quod et velamentum alle loro dissolutezze 17 , ai Padri latini del I V secolo Epicuro appare generalmente come il patro nus luxuriae, il defensor voluptatis per eccellenza 18 • In questo grossolano travisamento della dottrina del pia cere, non è sempre facile poter distinguere fino a che punto si tratti di un fraintendimento dovuto all'ambivalenza delle 1 3 ln ls. 7 ,22, 1 2 (PL 24, 272C). 14. Serm. 5 (PL 52, 1 993 ) . AI fallimento degli Epicurei accenna, sebbene in altro contesto, evidentemente anche Ilario (in Ps. 63 9 CSEL 22, 230,19), quando applica a dottrine atee il verso del Salmo 63,9 : scrutati sunt iniquitates, defecerunt scrutantes scrutinio. 1 5 . G irolamo, in Is. 7,1 8,r ( PL 24, z.;;A). 16. Salviano, de gubernatio11e dei r , 5 1 (CSEL 8, 5 . 1 1 ) fr. 363 Us. 17. Seneca, de vita beata I 2 ,.f. 18. Ambrogio, ep. 63 ( PL 16, 1 1 9 5 A ; cfr. anche 1 1 99A: assertor voluptatis ); ofJ. 1,13 (PL 16, 38A ) : magister ... ebrius et volttptatis patronus; 11ssertor vo luptatis anche in Lattanzio, inst. 3 , 1 ; , 3 5 ( CSEL 1 9 , 235,1 ) e Girolamo, adv. Iovin. 1 ,48 (PL 23, 292C) . -
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espressioni dello stesso Epicuro (dr. sopra, pp . 64 ss.) op pure di una deformazione intenzionale. Certo è che pa recchi critici cristiani ben riconobbero la necessità di una interpretazione meno grossolana della dottrina epicurea del piacere. Ne è testimone per es . Lattanzio, quando affer ma che, secondo Epicuro, «acqua e polenta» sono sufficien ti per vivere 1 9 ; ma anche Girolamo, quando osserva in to no canzonatorio che Epicuro, voluptatis assertor omnes li bros suos replevit oleribus et pomis, et vilibus cibis dicit esse vivendum 20, in contrasto con un altro passo dello stes
so libello, dove lo smisurato godimento della vita appare come conseguenza logica di una tesi epicurea fondamenta le : manducet et bibat, qui post cibos expectat interitum, cum Epicuro dicit «post mortem nihil est et mors ipsa nihil est» 21 . Per quanto riguarda Agostino, la sua interpre
qui
tazione unilaterale del piacere epicureo come piacere car nale si ritrova sia negli eleganti clichés epicurei dei Sermo ni che nel più differenziato brano 'de summo bono' dell ep . I I 8, I 3 s . che ho già caratterizzato come in molti aspetti fi losoficamente importante. Si comprende quindi come l'ap pellativo di porcus , già riferito da Agostino alla polemica :fi losofica antiepicurea (cioè precristiana, v. sopra, pp. I 24 ss.), sia poi ripreso dai cristiani e attribuito al fondatore del Giardino 22• Sintomatico il commento agostiniano al Salmo '
1 9 . Inst. 3 , 17, 5 (r. 467 Us. : qui nimium parcus est, discit [ab Epicuro1 aqua et polenta vitam posse tolerari. 20. Adv. Iovin. 2,1 1 (PL 2 3 , 3 14A) fr. 466 Us. Si veda E. Bickel , Diatribe in Senecae /ragmenta ( 1 9 1 5 ) , p. 4 I I. 2 r . Ad v. Iovin. 2,6 ( PL 2 3 , 307C). Il termine /rugalitas offre a Tcrtulliano, ad nationes 2,4,1 5 ( CSEL 20 . 1 0 1 ,20 p. 229,2 Us.), il destro per una frecciata polemica, con allusione alla grandezza del disco solare, secondo g li Epicurei non maggiore di un piede: sed Epicurus, qui dixerat quae super nos nihil ad no.>, mm et ipsc cael�<m inspicere desiderai, solis orbem peda!:••11 depre hendit. 22. Aug. in Ps. 73,2 5 ( PL 36, 944 ) : quem ipsi... pbi/osophi porwm •:r;min:t verunt. =:
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73 ,25 (PL 3 6 , 944) : qu i voluptatem corporis summum bo num dixit, hunc philosophum porcum nominaverunt volu tantem se in caeno carn ali. Isidoro di Siviglia (etym. 8,6 , 1 5
s . ) trasmetterà al Medioevo quest 'immagine distorta di E picuro usando quasi le stesse parole. Girolamo, polemiz zando con Gioviniano , esclama : Procul Epicurus, longe A ristippus, subulci non aderunt, feta scrofa non grunniet 21 •
Per lui, Aris6ppo, Epi curo e compagni non solo altro che le «bestie tra i filosofi » : pecudes philosophorum 24• Per concludere la pr esente rassegna, va ancora accennato alla tendenza assai diffusa negli scrittori cristiani di bollare la filosofia epicurea come traviamento spirituale. Così [ il ve scovo di Brescia ] Filas trio [ Iv sec. ] parla della Epicurea . . . dementia 25 e Girolamo della stulta Epicuri sententia u . Lat tanzio è indubbiamente il più generoso e non si stanca di qualificare con questi e simili appellativi i filosofi avversari, in modo del tutto par ticolare Epicuro e Lucrezio 27• Egli commenta per es. Lucr . 1 , 1 5 9 s . e 205-207 con l'espressio ne: quis hunc putet habuisse cerebrum, cum haec dice ret? 28 • Altrove contrappone il «delirante Epicuro» ai filo sofi che credono alla p rovvidenza 29; o gli attribuisce tutto ciò in cui «delira Lucrezio» 30• Rientra in questo contesto 23. Ep. 50,5 (CSEL 54, 394 ,1 8). Vedi, per la polemica, p. 1 77 ; cfr. anche la qualifica di porcus applicata ai seguaci di Gioviniano, I'Epicurus Christianorum , in adv. Iov. 2 ,38 (PL 2 3 , 349A ) : quoscumque formosos, quoscumque calamistra tos ... videro, de tuo armento sunt, immo inter tuos sues grttnniunt.
24. Cosi in Ecci. 9 (PL 23, I I 38c). 25. Diversarum haereseon liber, 5,2 (CSEL 38, 3,22 ) . 2 6 . I n Is. r r ,39,r6 (PL 2 4 , 3 9 5 B ). 27. Si veda per es. Brandt, Jah rb. f . Klass. Phil. 37 ( r 89 1 ) , 246 s . 28. Ira ro,r7 (CSEL 27, 87,20 ) . 2 9 . Inst. 2,8.49 (CSEL 1 9 , 1 38,r6): delirus Epicurus. 30. Opi/. 6,r (CSEL 27, 22,1 ) : non possum ... teneri quomi?tus Ep icuri stulti tiam rursum coarguam; illius enirll sunt omnia quae delirat Lucretius. Pe r il «delirio» di Lucrezio, si veda Brandt. art. cit. Da questa metafora polemica trae
l 'altro passo di Lattanzio, nel quale si afferma che la fisica atomistica di Leucippo supera per assurdità le fantastiche rie di un malato e i sogni di un dormiente: excors fuit, qui
ea loqueretur, quae nec aeger quisquam delirare nec dor miens posset somniare 31 • Similmente , Agostino parla di un innumerabiles mundos cum Epicuro somniare 32 e Paolina da Nola ammonisce ne vagus innumeros, Epicuri somnia, mundos / . . . quaeras 33 •
Le varie testimonianze fin qui esaminate permettono di riconoscere una certa continuità ed omogeneità della tradi zione antiepicurea negli scrittori precristiani e cristiani. Questa impressione generale è confermata, almeno per quanto riguarda i due aspetti di Epicuro 'sovvertitore' e 'delirante', da alcuni passi del libello Adversus Coloten di Plutarco 34• Del resto, tali accuse e polemiche antiepicuree spesso non sono altro che giuste recriminazioni per accuse e polemiche suscitate o fomentate dagli stessi Epicurei . I I . S VALUTAZIONE DI EPI CURO
RI S PETTO AD ALTRI F I L O S OFI
L'atteggiamento rozzamente sprezzante degli scrittori cristiani nei confronti dell'epicureismo suggerisce ora la domanda : come fu giudicata la filosofia del Giardino nei suoi rapporti con le altre correnti di pensiero? Prescindia mo senz'altro da quei contesti tipicamente dossografici in probabilmente origine la notizia della follia del poeta; cfr. W. Schmid, in: Gnomon 20 ( 1 944) 5.10 s., in linea con K. Ziegler, in : Hermes 7 1 ( 1936) 3 r . Ira ro,3 (CSEL 27, 8 5 , 1 ). 421 ss. 32. Civ. I I ,J (CSEL 40, 1 , 517,16). 3 3 · Carm. 22,35 s . (CSEL 30, 1 88 ). 34· Specialmente uo8f, I I 16e, I I 19ab, r 125cf, dove si incontrano le espressio ni O'UYXEÌ:\1, civa.LpEÌ:v, xoc,;a.Àuav, à.va.,;pÉTIEL\1, tutte più o meno corrispon· denti all 'evertere e il dissolvere degli apologeti cristiani; cfr. sopra, pp. 75 s . ; nel passo r r 23b-r r24a troviamo invece l e corrispondenze a Epicurus demens, dellrans e simi l i .
cui Epicuro si cita indifferentemente insieme ad altri filoso fi 35• Al confronto, un passo come Tertulliano, De anima 3 , 2 , contiene una chiara differenziazione: prout aut Platonis
bonor aut Zenonis vigor aut Aristotelis tenor aut Epicuri stupor aut Heracliti maeror aut Empedoclis /uror persua serunt 36. Fin dagli Atti degli Apostoli ( 1 7 , 1 8 ) è frequente,
spesso addirittura topico, l'accostamento del Giardino col Portico 37 . Agostino fa rivivere ai suoi ascoltatori la disputa di Paolo con gli epicurei e gli stoici sull'Areopago: itaque,
fra tres, velut ante oculos nostros Epicurei et Stoici cum apostolo contulerunt et collatione sua nos quid reicere et quid deberemus eligere docuerunt 38 • Come qui Paolo è pre
sentato in opposizione ad 'Epicurei e Stoici', così è significa tivo che Agostino contrapponga sfavorevolmente entrambe le scuole ai 'Platonici' : qui fruendum dea . . . unum atque summum bonum nostrum esse dicunt 39; certamente Ago stino avrà visto un motivo particolare nel fatto che alla di sputa di Paolo sull'Areopago non hanno partecipato i pla tonici. Per Boezio, l'Epicureum vulgus ac Stoicum rappre sentano ormai forme degeneri della Filosofia, partecipi sol tanto di qualche barlume della sua verità 40• L'apologeta Giustino ha buone ragioni per non menzionare gli edoni sti e gli scettici quando, riassumendo la sua formazione fi losofica nel prologo del Dialogo con Trifone, dice di es sere stato a scuola da Stoici, Peripatetici, Pitagorici e Pla tonici : evidentemente era convinto che edonisti e scetti ci non avevano niente da offrirgli . Che la dottrina stoi ca della provvidenza costituisca il motivo principale per ché spesso si preferisca lo stoicismo all'epicureismo, ap-
35· Per es. Tcrt. rmim. 5 , 3 (CSEL 20, 304 , q ). 36. CSEL 20, 3 0 � . 6 . 3 7 · Cfr. per e s . Tertulliano, d e pallio 5,.j. ( CSEL ;6, 1 22 .46 ) : cum ad Epicuros et Zenonas ventum est. 38. Sern1. 1 50,1 ss. ( PL 38, 807 ss.; cfr. ibid. cap. 9, PL 3 8 , 8 1 2 ) . 40. Cons. 1 ,3 ,6 39· Ep. I I 8 , r 6 (CSEL 34,2, 68 1 , 1 ) .
pare dal semplice fatto che l'opposta dottrina epicurea, cioè la negazione della provvidenza, è considerata non di ra do come la caratteristica per eccellenza del Giardino 4 1 • Cle mente Alessandrino fa notare a proposito dell'attacco pao lina contro la filosofia in Col. 2 ,8 che il passo «non intende denigrare ogni filosofia, soltanto la filosofia epicurea, men zionata dall'apostolo anche negli Atti, perché essa nega la provvidenza e divinizza il piacere» 42 . Si osserva quindi spesso un vero e proprio deprezzamen to del Giardino nei confronti con altre scuole, specialmente con il platonismo, e non soltanto da parte dei Padri pla tonizzanti . Trattando dell'affermazione e negazione della provvidenza, Tertulliano contrappone la Epicuri duritia alla Platonis humanitas 43; e a proposito dello stesso tema Lattanzio esclama enfaticamente: Denique a primis illis
septem sapientibus ad Socratem usque ac Platonem pro con fesso et indubitato habitum est, donec unus multis post sae culis extitit delirus Epicurus, qui auderet negare id quod est evidentissimum 44•
Simili contrapposizioni troviamo in campo etico: Giro lamo oppone la Pythagorae continentia alla Epicuri luxu ria 45• Il comune atteggiamento sostanzialmente edonistico spiega come Girolamo ponga Epicuro sullo stesso piano di Aristippo: Docebo inter philosophos virtutes voluptatibus,
id est Pythagoram, Platonem . . . Aristippo, Epicuro . . . ab om nibus praeferri 46• Che gli stessi filosofi non prendano sul se4 1 . Cosi per es. Agostino, civ. r 8 ,4 r (CSEL 40,2, 332,23). 43· Nat. 2,3,4 (C.SEL 2 n . 9/l .rol. 42. Strom. r , r r (2,33,8 St.). 44· Inst. 2,8,49 (CSEL 19, J 38,1 3). Ciò fa pensare a una simile critica d i Plu tarco (adv. Col. n 22f-I I 23a: (..teiXEO"l)oc� "toi:c; ÈvocpyEO"L), che ritorce sugli stes si epicurei un'accusa da loro mossa contro altri filosofi. 45. Adv. lovin. 2,38 (PL 23, 352c). 46. Adv. I ovin . I o4 (PL 23, 225A ); cfr. anche e p. 50,5 (C..'ìEL 54, 394, 1 8 ) : pro eu[ Epicurus, longe Aristippus; ep 33,6 (CSEL 5 4 , 249 , 1 5 ) : si Ep;curos et Aristippos cogitetis. Si veda anche pp. r 66, q6.
rio Epicuro, è sottolineato da Ambrogio: Epicurum magi strum velut ebrium et voluptatis patronum ipsi qui putan tur sobrii irrident philosophi 47; altrove Ambrogio osserva categoricamente : quem ipsi philosophi a suo excludunt con sortio tamquam patronum luxuriae 48•
Proprio perché Epicuro è contrapposto cosi spesso e così sfavorevolmente ai più significativi filosofi, dobbia mo ricordare un caso in cui lo si preferisce a Platone ed Aristotele : discutendo la tesi dell'eternità del mondo, Lat tanzio dice di lui : unus . . . Epicurus auctore Democrito ve ridicus in hac re fuit A torto il Rapi sarda collega questo passo con quella che secondo lui sarebbe un'affinità conti nuamente riaffìorante dell'apologeta con l'Epicureismo 50• L'espressione auctore Democrito indica già chiaramente che a Lattanzio qui non interessa tanto lodare Epicuro quanto rilevare il paradosso che filosofi ben altrimenti su periori, in quest'unica tesi dell'eternità del mondo si siano stranamente sbagliati. Altrove, lo stesso Lattanzio dice in tutta chiarezza di non trovare l'encomio di Lucr. 3 , 1 043 s . tanto ridicolo se riferito a Socrate e Platone, reges philoso phorum, quanto invece lo è se riferito ad Epicuro 5 1 • 49 •
' III. L EPI CUREI S M O MARCHIO DI ERE S I A
La valutazione negativa di Epicuro, diffusa sia fra i pa gani che fra i cristiani, condusse ben presto questi ultimi a bollare come epicurei movimenti e correnti di pensiero che sembravano loro deviare dall'ortodossia. Già Ireneo (n secolo) definisce gli eretici (gnostici) come Epicurii . . . in47· O ff. r ,r3 (PL r6, 38A-B).
48. Ep. 63,19 (PL r6, r 195A). 49· Inst. 7,I ,ro (CSEL 19, 582,2 1 ). 5o. E. Rapisarda, Arnobio ( 1 946), 155 s. 51. Inst. 3,1 7,29 (CSEL 19, 233,14).
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venientes deum neque sibi neque aliis aliquid praestantem, hoc est, nullius providentiam habentem 52• Tertulliano, in
un attacco polemico di particolare forza d'urto, arriva per fino ad affermare che Marcione per la sua teologia sarebbe andato a scuola da Epicuro: . . . longum est. . . ostendere hac sententia omnes haereses danmari, quod omnes ex subtililoquentiae viribus et philosophiae regulis con stent. Sed Marcion principalem suae fidci terminum de Epicuri scho· la agnoscat, [ dominum inferens hebetem, ne timeri dicat eum, collo cans et cum deo creatore materiam de porticu Stoicorum, negans carnis resurrectim;em de qua proinde nulla philosophia consentit l 53 •
Cosi Tertulliano definisce Epicuro «Consigliere di Marcio ne» 54• L'anonimo autore dello scritto antimarcionita ed antignostico De recta in deum fide imputa a Marcione, con raggiro sofistico della linea dialogica, l'adozione della dottri na epicurea dell' povE�v) 56 • Epicu reismo e Gnosi sarebbero in contrasto con ogni altro siste ma di pensiero postulante la divinità ed avente per fine il bello (xaÀ6v) e la virtù (tipE"t'l} ), entrambi invalidando il cosmo . In questo notevole passo, Platino pensa soprattutto a parentela morfologica, difficilmente a dipendenza storica . Quanto sia facile, nella schermaglia polemica, mettere la speculazione gnostica in relazione più o meno vaga con la teologia epicurea, è indicato da un passo di Tertulliano:
Sedet itaque Bythos iste infinitis retro aevis in maxima et altissima quiete, in otio plurimo placidae et ut ita dixerim stupentis divinitatis, qualem iussit Epicurus 57 • Tuttavia si
deve riconoscere che vi sono casi in cui questo o quell'ele mento epicureo è veramente penetrato nella speculazione gnostica. Cosi, quando Isidoro, discepolo (e figlio) di Basi lide, applica alla morale sessuale la distinzione fra desideri naturali e necessari , egli non fa che adattare al suo sistema gnostico un pensiero del Giardino 58 • Probabilmente lo gno stico Basilide deve alla mediazione della fisica di Epicuro anche quei termini epicurei di provenienza presocratica e designanti la composizione fine e quella grossolana della materia (ÀE'lt"t'O!J.Epl}c; e 'ltCX.XU!J.Epl}c;) , che egli adopera per differenziare le tre filiazioni del principio divino inteso ma-
56 . Enn. 2 ,9 , 1 5 [6 �Èv 'Er:�xoupoç "tTJV 1tp6vouiv &.vocLpwv "tTJV Tjoovi]'J xoct "tÒ i)oEtrfrocL, 01tEP Tjv À.OLr:év, "tOU"tO OLWXELV 1tOCPOCXEÀ.EUE"tOCL. 6 oÈ ).6yoç oihoç g"tL VEOCVLXW"tEpov ,;Òv ,;Tjç 1tpovo�ocç xupLav xoct ocu,;i]v "tTJV 1tp6voLocv !J.E�\)Jci�Evoç xoct 1tciv,;occ; v6�ouc; ,;ave; Év,;ocufroc oc"tL�cÌ.trocc; xoct ,;i]v cÌ.pE"tTJV -:i]v Èx r.ocv,;òc; ,;au xp6vou cÌ.VlJUPEIJ.ÉVT]'J 1:6 "tE O'WcppovEi:v "tOU"to Év yÉÀ.W"tL frÉ!J.Evoc;, rvoc �l)OÈV xocÀ.Òv Év"tocufroc oi] òcpfrdl) tmocpxov, OCVEi:À.E ,;6 "tE O"w cppovEi:v xoct "tTJV f.v "toi:c; i\frEO'LV 0'\J�cpu"tov OLXOCLOO'uVl)V "tTJV "tEÀELOU�Évl)'J Èx À.éyou XOCL cÌ.O"XlJO'EWc; xoct oì.wc; xocfr·li 0'7:0\JOCl.LO> . Per l'utilizzazione cristiana del passo di Epicuro si veda per es. G. Lazzati, L'Aristotele perduto e gli scrittori cristiani, Milano 1 9 3 3 , 3 3 . 3· Cfr. E . Bignone, L'Aristotele perduto 1 , 1 2 4 ; n , 580 n. 4 ·
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cristiano, conscio del fatto che la sua religione, al pari della filosofia pratica ellenistica, si rivolge a tutti incondizio natamente 4• Nella sua riflessione sull'essenza della fede e sul rapporto fede-gnosi, Clemente Alessandrino non disde gna il ricorso ad Epicuro e concepisce la fede come una spe cie di 'prolessi' epicurea, come il concetto ancora indefinito che precede e su cui si fonda la nostra naturale inclinazione verso la chiara conoscenza di un determinato oggetto 5 • Dobbiamo ancora a Clemente Alessandrino l'informazione che Epicuro considerava l'autarchia come la massima ric chezza e l'atarassia come frutto della giustizia 6 • A quanto si è già osservato a proposito di una remini scenza di Epicuro in Basilio si può ora aggiungere un passo di Gregorio di Nazianzo, suo ex compagno di studi , che giunge ad elogiare la temperanza di Epicuro facendo notare che nel sistema dell'edonista il piacere è concepito come «premio alle fatiche» , e non esaltato per motivi di comodo, e che pertanto Epicuro può ben raccomandare la dottrina 4 · Si veda per esempio il passo di La.ttanzio, inst. 3 ,2 5 ,4 ss.
( fr. 227a Us.). dove tuttavia la lode non è limitata ad Epicuro, ma si estende anche ad altre correnti, come lo Stoi�ismo: . . . quod si natura hominis sapientiae capax rst, oportuit opifices et rusticos et mulieres et omnes denique qui humanam for mam gerunt doceri ut sapia n t popu!umque ( sapientium ) ex omni lingua et condicione et sexu et a eta t e con/lari ... senserunt hoc adeo Stoici, qui et servis et mulieribus philosophandum esse dixerunt; Epicurus quoque, qui rudes omnium litterarum ad philosophiam invitat . . . 5· Strom. 2,4 ( 2, 1 2 1 ,8 St. fr. 255 Us.}: voct J.l'ÌJV :x:oct ò 'E1tlxoupoç, ò [tri À.Lcr"toc -rl)ç cÌ.À.l)frEiocç 1tpo'tLJ.ll}crac; -ri]v l]oovl}v, 1tp6À.l)\jJLV dvocL liLocvo�occ; -ri)v 1t�Cl''tLV U1tOÀ.OCJ.l�OCVEL' 1tp6À.l)\jJLV oE ci1too�lìwcrw È1tL�oÀ.i]v È1t� 'tL É.vocpyi:c; XOCL ém 'tTJV Èvocpyfj 'tOU 1tpcÌ.yp.oc-roc; im�voLocv· 1-l'Ìl ouvoccrfrocL oÈ J.ll)OÉvoc J.ll}':c SlJ"tfjcrocL J.ll}"tz cÌ.;topl)crocL J.ll)OÈ. J.lDV oo!;cicrocL, ci).).' OÙOE ÈÀ.Éy!;,aL xwptc; 7tp0· ).1)\j;Ewc;. Su tutto il passo, vedi M. Pohlenz, Klemens von Alexandreia, in : Nachrichten der Gescllschaft der Wissenschaften, GOttingen 1943, 152. 6. Grazie alle sue citazioni di due passi che formano ora i fr. 476 e 5 19 lkgl i Epicurea: rispettivamente strom. 6,2 ( 2,441 ,r8 St. ) : 1tÀ.OUC'LW'tOC'tOV aù-;cip· :X:ELOC miv-:wv e strom. 6,2 ( 2 ,44 r ,22 S t . ) : OLXOCLOC'uvl)c; J�rlp7tÒç J.lÉYLCl'-roç à:-rrx pocl;Ca. =
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con l'esempio della vita 7• Così non fa meraviglia che, spe cialmente in ambiente greco (dove sembra che fra i dotti si sia mantenuto più a lungo il senso per la figura reale del fi losofo-pensatore Epicuro), occasionalmente questo o quel l'elemento dell'epicureismo sia stato utilizzato dai cristiani per il perfezionamento etico e la parenesi o anche per il mi sticismo e la contemplazione. Cominciamo da alcuni esem pi nell'ambito della filosofia morale. Il pensiero di Basilio sull'invidia, che i buoni non la meritano e che i cattivi do vrebbero piuttosto essere oggetto di compassione che d'in vidia 8, dipende forse 9direttamente dalla sentenza 5 3 del Gnomologio Vaticano • Quanto al �E"t'EWpr.cr(l6c; (o IJ.E"t'EW pl�Ecroar.) inteso nel senso di 'distrazione o evasione dell'a nima' e sulla cui dannosità per la vita interiore lo stesso Ba 1 silio insiste nei Sermones ascetici 0, si potrà ricordare che esso è espressamente attestato nelle discussioni epicuree di 11 questioni di dietetica e terapeutica dell'anima • Talora la comparsa di elementi epicurei nel bel mezzo di trattati eti ci cristiani si potrà spiegare con un giudizio analogo a quel lo dell'Usener sugli Epicurea cum Pythagoricis (ve! Plato..
7 · Greg. Naz., carm. I,2,Io, 787-792 (PG 37, 736 s.) : 'E1tlxoupoç #iovi)v (.�lv i)ywvli;E'to Eiva.� 'tÒv à.lH ov 'tWV ÉJ.lOL 1tOVOUJ.lÉVwv, E�ç fìv 'tEÀ.Eu'tci miv't'a. 't'civl)phl,twv xa.À.ci. 'fie; liv OÈ J.lTJ 06sm.v 'Ì]OOvU 't'W� Ta.u't'T}V È1ta.wE�v. XOOllLwç xa.t O"Wcpp6vwç "Esl]V, aol)l)wv Éx 'tp61tou 't'Q o6yJ.lOC't�. 8. Basilio di Cesarea, invid. 5 (PG 3 1 , 381C ss.). 9· Gnom. Vat. 5 3 : oùOEvt cpl)ov1]'tÉov · &:ya.&ot yocp oùx «s�o� cpl)6vou, 1tOV1Jpot ISO'ftl liv 1-léi)..)..ov EÙ't'UX:W�, 'tOO"OU't!p J.l«i)..)..o v OCÙ'to�ç À.U!J.OCLvov'ta.�. Sull'or dinamento di questa sentenza in Epicuro, si veda Bignone, L"Aristotele per ..
li�
duto
1,
I46 .
Io. Bas., serm. ascet. 1 ,2 (PG 3 1 , 873AB) e 2,2 (PG 3 1 , 885c). I�: Tanto più che nei sermones ascetici, come ha ben visto I'Usener
(presso Korte, M trodori Epicurei fragmenta [ I 890 ] , 573 n. r ), si possono rintracciare � anche altri dementi epicu rei.
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nicis) mixta 12• In questo cont�sto andranno anche collocati i casi di infiltrazione di sentenze epicuree in florilegi cri stiani. Si pensi per es . alla raccolta parenetica dell'abate Nilo, ove accanto a massime di varia provenienza, per lo più stoica, se ne trovano alcune di origine epicurea 13 • Fors e in questo campo è ancora possibile qualche piccola scoper ta. Così è molto probabile che abbia ragione A. Grilli a ri tenere che la sentenza riportata da Nilo &.pxi} crw··c"r]p� ac; i] Éau"t'ou xa"t'ayvwcrt.c; riproduca il testo originale di un det to epicureo finora noto soltanto nella versione latina di Sc neca : initium est salutis notitia peccati 14 • Che l'ammonimento di Epicuro a far vita ritirata 15 potes se facilmente assumere una connotazione cristiana e quindi essere favorevolmente accolto nella letteratura patristica, lo dimostra l'esempio di Teodoreto di Ciro che, in un passo affine a quello di Clemente Alessandrino citato all'inizio di questa sezione, afferma di non trovar nulla di sconvenien te nel riprendere ed assimilare l'utile 'anche dagli altri' (cioè, verosimilmente, anche da un Epicuro) 16• Per la 'cristianiz zazione' dell'otium epicureo è illuminante un passo di Gre gorio Nazianzeno, dove specialmente la frase usata nel sen so di futuri temporis bonum spe percipiendum assume una connotazione più o meno epicurea 17, sebbene riferita alla speranza nell'aldilà. Giovanni Crisostomo afferma che per la contemplazione noetica e quindi il successo dell'atto di pietà è condizione indispensabile l'esser liberi da qualsiasi forma di pathos 18 ; anche se questo pensiero dovesse con ��. '
. ,
1 2 . Epicurea, LX-LXIV. L'Usener adduce, fra l'altro, esempi da Giovanni Cri sostomo. Notevoli, gli echi (già rilevati da Pier Gassendi) del fr. 548 Us. in Giovanni Crisostomo, hom. in Rom. 1 ,4 ( PG 6o, 400) sul tema de honore et 1 3 . Nilo, Capita paraenetica (PG 79, 1 249 ss.). gloria: v . Epicurea, 325 s. 14. Sen. ep. 28,9 fr. 522 Us. r6. Ep. 62 (PG 83, 12 3 3A ) . 1 5 . Cfr. fr. 551 Us. : ).cilh: �Lwcrocc;. 1 7 . Or. 2,6 s . (PG 35, 413A-C, 4 1 6A). Cfr. P.E. More, Epicurus, in Helle nist ic Philosophies, Princeton 1923, 32 s. r8. In Io. hom. 2,4 (PG 59, 3 5 ). =
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nere soltanto vaghe reminiscenze di cose epicuree, magari confuse con altre di tutt'altra natura e provenienza 19, non c'è dubbio che in tale concezione le immagini epicuree del le ' tempeste' interiori (i 'J'ttiih) intesi come xu�a"t'a, stiÀT} e simili), dell'atarassia come 'bonaccia' (yaÀ'i)v1}) e della filosofia come 'porto' (ÀL�'i)v) abbiano potuto incontrare un certo favore 20• Chi, richiamandosi alla circostanza che tali immagini sono abbastanza frequenti, più tardi, anche in ambiente non epicureo, negasse un preciso nesso con l'epi cureismo in casi come per es . l'omelia 2 2 sulla prima lettera ai Corinzi di Giovanni Crisostomo 21, consideri altre espres sioni dello stesso autore ancor più caratteristiche, nelle qua li si avverte chiaramente il riferimento consapevole al lin guaggio del Giardino. Così, per es. , all'inizio del De bapti smo Christi, Giovanni Crisostomo paragona le chiese urba ne ai porti marittimi , dove i credenti trovano rifugio con tro la vita tumultuosa e possono godere della calma per fetta della bonaccia 22• Tuttavia si deve riconoscer.:! che, qui come pure altrove, l'epicureizzazione riguarda gli elementi espressivi, gli stilemi, piuttosto che la sostanza filosofica . Non bisogna inoltre dimenticare che più d'una volta anche nella caratterizzazione neoplatonica della serenità unita al piacere catastematico riecheggiano formulazioni epicuree, 19. Sulla questione, v. W. Schmid, in: Rh. Mus. 94 ( 1951 ) 143 · 20. Ciò che - vale forse la pena ricordarlo - non sembra si sia veriGcato in ugual misura in ambiente latino.
2 r . Giov. Crisostomo, in ep. I ad Cor. hom. 2 2 (PG 6 1 , r 8 8 ) : ò 'tOU'tWV 1tOCV 'tWV a1tT)À.À.ocyiJ.Évoc; 'tWV XUJ.lOC'tWV, XOCL W0'1tEP Èv À.�J.lÉV� ,;fi cptÀ.OO'Ocp� xoc
lhiJ.lEvoc;. Cfr. id., adv. Iudaeos 6,1 (PG 48, 904 s.): (o� J.l(ip,;upEç) OC1tl)À.À.oc Yl)O'ocv ,;fi e; stiÀ.l)c; 'tWV ��W't�XWV -r:pOCyJ.lchwv, dc; 'tÒV EUO�OV XOC'tÉ7tÀEUO'OCV À.�IJ.Évoc... ll. Giov. Crisostomo, de baptismo Christi r (PG 49, 363 ) : "H ciyvoE�'tE c't� ocM1tEp À.�IJ.Évocc; Èv 1tEÀ.ocya, oihw ,;occ; ÈxxÀ.lJO',occ; Èv ,;oc�c; 1t6À.E�v E1tlJSEV x Ò 9 E6c; , rvoc OC1tÒ ,;fie; socÀ.l)c; 'tWV � �'t�XWV fropu�wv Èv'tocufroc XOC'tOCqm)yov 'tEç, 'YOCÀ.T}vl)c; J.lEY�O''tl) ) in relazione con quello della presunta luxuria ( 't'puqrr) ) degli abitatori degli intermundii , distruggendo così, con la parodia, !'«apocalisse» epicurea 5 . 3 . Ambrogio, la cui controversia ci dà, tutto sommato, un ritratto relativamente favorevole di Epicuro, non riesce 3. Clcm. strom. 5 , 1 4 ( z,. p9,21-24 St.) e Metrod., fr. 3 7 K. Gnom. Valic. ro. [Ml)"tpaowpou "tE XOCL"tOL 'EmxoupELou yEvo[l.Évou Èvl)Éwç ,; ocu"toc YE dpn· x6,;oç· «J.lÉJ.lvl}o-o, ME.VÉC""tpa"tE, oL6"tL, l)vlJ,;Òç cpùç xoct À.a�wv �Lov WpLO'[tE vov, civoc�ocç ,;n IJ;uxn Ewç btt ,;àv ocLwvoc xoct ,;l)v ci;.:npLocv ,;wv 1tpayrt&. -twv xoc"tEi:oEç xoct ',;oc trro-6J.1Evoc 1tp6 ,;'E6v,;a'» . ] 4· C!em. strom. J ,9 ( 2 ,365,7 S t . ) . [eu [16VOL a poc o t IIu&ocy6pnaL xoct ilÀ..&."tW\1 "tOC 1tOÀ.À.oc É1tEXpU1t"tOV"tO, ocÀ.À.oc xoct ot 'EmxoupELOL cpoco-L "tLVOC xoct -:tocp a9 "tOU OC1t6pPYJ"tOC EivocL xoct !.liJ 1tiio-w È1tL"tpÉ.1tELv Év,;uyxocvnv ,;ou,;oLç "toLç yp